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Il sostegno psicologico al paziente affetto da patologia neurodegenerativa ed alla sua famiglia Azienda per l’Assistenza Sanitaria n° 5 ”FRIULI OCCIDENTALE” S.C. Neurologia Dott.ssa Barbara Zanchettin Centro Disturbi Cognitivi – SOC Neurologia – ASS 5 “Friuli Occidentale” Clinica Neurologica e Neuroriabilitazione - Azienda Ospedaliero-Universitaria “Santa Maria della Misericordia” UDINE Consulente Associazione Famigliari Alzheimer Pordenone, Associazione Sclerosi Laterale Amiotrofica, Associazione Ictus Pordenone

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Il sostegno psicologico al paziente affetto da patologia

neurodegenerativa ed alla sua famiglia

Azienda per l’Assistenza Sanitaria n° 5

”FRIULI OCCIDENTALE”

S.C. Neurologia

Dott.ssa Barbara Zanchettin

Centro Disturbi Cognitivi – SOC Neurologia – ASS 5 “Friuli Occidentale”

Clinica Neurologica e Neuroriabilitazione - Azienda Ospedaliero-Universitaria “Santa Maria della Misericordia” UDINE

Consulente Associazione Famigliari Alzheimer Pordenone, Associazione Sclerosi Laterale Amiotrofica, Associazione Ictus Pordenone

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SLA

Riorganizzazione delle proprie abitudini di vita in numerose aree

(limitazioni nei lavori pesanti, in alcune attività domestiche e del tempo libero)

I sintomi che il paziente può manifestare hanno una ricaduta rilevante sulla salute

psicofisica e sulla qualità di vita, come per esempio aumento dell’ansia, flessione del

tono dell’umore, ritiro sociale, disturbo del sonno/alimentazione

La valutazione psicologica ha come obiettivo quello di esaminare questi aspetti per

comprendere meglio gli aspetti emotivi e l’atteggiamento verso la malattia, al fine di

potenziare le risorse psicologiche ed ambientali che consentono di fronteggiare

efficacemente le situazioni di stress associate alla malattia

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Spesso la diagnosi di malattie giunge quando il paziente è proiettato a realizzare ancora i

propri progetti esistenziali e si trova improvvisamente ad affrontare:

• una situazione di estrema precarietà;

• iniziare un processo di adattamento emotivo complesso e continuamente ridefinibile

ADATTAMENTO “ACCETTAZIONE DI MALATTIA”

…venir meno dell’affidabilità del proprio

corpo

(Smith, 2000)

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Le reazioni più comuni alla diagnosi di malattia e a seguito della graduale perdita delle capacità

motorie e della conseguente diminuzione dell’autonomia e dell’indipendenza, sono di due generi:

A- angoscia, rabbia, tristezza, senso di isolamento, passività

B- incredulità, rifiuto, per poi arrivare all’anticipazione del peggioramento

La prima reazione è tipica di chi accoglie immediatamente la diagnosi, lo stato

d’animo che si presenta comporta:

1. ansia e angoscia (le prime reazioni emotive, sono legate al non capire che cosa stia succedendo

nel proprio corpo, al crollo della propria identità come persona che fino a quel momento si è

riconosciuta nel suo ruolo di lavoratore/trice, padre/madre, marito/moglie e al non sapere quali

prospettive siano possibili per la propria vita futura, nonché alla paura di essere abbandonati dai

propri cari vs. quella di divenire un peso per loro).

2. rabbia (può essere legata anch’essa al non capire cosa stia succendo, al sentirsi impotenti perché

si perde il controllo sul proprio corpo, ed in parte, sul modo consueto di entrare in relazione con gli

altri, non ultima la rabbia può derivare dalla fatica del confronto con un mondo, quello dell’assistenza

sanitaria, che offre poco tempo e poco spazio per la gestione dello stato d’animo).

3. senso di isolamento (nasce da un lato, dall’essere l’unica persona del proprio contorno

famigliare ed assistenziale a sentire che cosa stia accadendo nel proprio corpo e nel proprio animo

e, dall’altro, dalle caratteristiche della malattia che rendono molto complesso l’incontro con l’altro).

4. Passività (si presenta abbastanza frequentemente all’inizio, anche come prima modalità per

sentirsi, rimanendo con la malattia senza provare ad opporsi, può diventare in seguito uno stato di

resa vera e propria verso la stessa e verso la vita, con la conseguente perdita di interesse anche

nella relazione con gli altri).

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La seconda reazione tipica, caratterizza le persone che sono meno in contatto

con ciò che sentono, quindi con il proprio corpo:

1. incredulità rispetto a quello che i medici comunicano.

2. rifiuto di una dimensione tanto tragica da non poter essere tollerata a livello mentale.

3. negazione vera e propria per cui la persona agisce come se non stesse accadendo nulla,

ignorando tutte le informazioni che confermano la presenza della malattia.

4. inevitabilmente, a queste prime fasi, ne segue una di contrattazione, perché ad un certo punto

la malattia prorompe e non può più essere ignorata, perché arriva ad invadere in modo evidente

la quotidianità del paziente. Può seguire a questa fase, l’anticipazione del peggioramento con

fantasie e pensieri invasivi e catastrofici circa il prossimo futuro.

Ad entrambe le reazioni segue

una fase depressiva

Elaborazione di malattia

=

Accettazione

(riorganizzazione della propria vita

in base alle nuova situazione)

Subentra un ampio e diffuso

stato di rassegnazione,

chiusura e disinteresse

per il mondo circostante,

che si mantiene durevolmente

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A chi è rivolto il supporto psicologico?

Quando la malattia progredisce, il malto si trova a dover fare i conti con enormi cambiamenti sul

piano personale che si percuotono modificando notevolmente le consuetudini nella relazione con

chi si prende cura di lui.

la sua qualità di vita dipende non soltanto da come

questi affronta la vita con la malattia, ma anche da

come chi gli sta intorno, e si prende cura di lui, fa fronte

alla nuova situazione

È tutta la famiglia e non il solo malato a dover fare i conti con il radicale cambiamento dei

propri ritmi di vita, delle proprie priorità e a trovarsi a dover ricercare informazioni per

orientarsi, scontrandosi con una mancanza di comprensione esterna di quelle che sono le

esigenze del malato e del peso caricato sulle spalle della famiglia

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LA FAMIGLIA DEL MALATO

La presenza e la cura di un malato di SLA incidono profondamente sull’equilibrio dei singoli

membri della famiglia e sulle loro relazioni: i coniugi sono spesso i più coinvolti nell’evento

malattia, che può generare una progressiva modificazione e alterazione dell’assetto familiare

• la malattia rappresenta un evento drammatico a cui corrisponde spesso una crisi del sistema

famigliare

• impone un carico emotivo enorme che va ben oltre il carico assistenziale

• percorso di perdita e dolore che inizia al momento della diagnosi

• ristrutturazione continua, seguendo disagio e bisogni del malato (notevole investimento di

risorse relazionali, affettive,economiche, di tempo ecc)

• la coartazione del tempo libero, il ritiro dei rapporti con la parentela e, più in generale, nel

sociale sono indici di tali cambiamenti

• l’aumento di dipendenza può alimentare senso di costrizione, percezione dell’intrusività

dell’altro,

• risentimento per le rinunce alla realizzazione dei propri progetti, senso di colpa per non dare

abbastanza, intensificazione dei sentimenti ambivalenti, utilizzo strumentale dei sintomi nella

relazione.

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ESITI E COSTI EMOTIVI DI QUESTA CRISI

• RISORSE EMOTIVE DELLA FAMIGLIE

• ADEGUATO SUPPORTO A LIVELLO SOCIALE ED ISTITUZIONALE

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Quali gli obiettivi del sostegno psicologico?

1. ACCETTAZIONE DELLA MALATTIA

Imparare a convivere con le restrizioni da questa portate, accettando la nuova condizione con i suoi

limiti e ricercando le nuove possibilità da questa offerta.

In definitiva accettare la malattia significa porre i presupposti per poter migliorare la qualità di vita.

COME PUO’ ESSERE PERCEPITO QUESTO CAMBIAMENTO?

Si passa dal “perché proprio a me?” a considerazioni del tipo: “Cosa posso fare adesso?”

La persona riscopre la possibilità di essere attiva, attraverso una conoscenza dell’evoluzione della

malattia, che consenta di poter lavorare per prendere coscienza della stessa, mantenendo il

polso della situazione e la decisionalità sulle misure presenti e future, rispetto alla gestione degli

aspetti fisici ed emotivi legati alla malattia

“NON SAPERE COSA SUCCEDERA’ RISULTA SPESSO PIU’ ANSIOGENO DEL SAPERE”……non

bisogna mai forzare le difese del malato, lasciando che sia il malato a chiedere spiegazioni,

perché deve essere pronto per sapere, questo però senza dare false informazioni o aspettative

non realistiche”.

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Di fronte ad una diagnosi di malattia incurabile e a prognosi infausta, l’intera famiglia si trova a

dover gestire quello che gli esperti definiscono il lutto anticipatorio.

Queste malattie non procurano la morte nell’immediato, ma portano la persona a spegnersi

lentamente, giorno dopo giorno, aggravando le sue condizioni fisiche. Si parla quindi di lutto

anticipatorio perchè i familiari e il paziente stesso dovranno prendere coscienza che niente sarà

più come prima e dovranno prepararsi al distacco

Elevati livelli di stress e a uno stato di

smarrimento

Speranza (spesso alimentata dalla fede)

che ci possa essere un miracolo di

guarigione o che la diagnosi sia sbagliata

Senso di disperazione pensando all’esito

inevitabile

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Come avviene per la morte di una persona cara, anche con il lutto anticipatorio i familiari attraversano 5 fasi di

elaborazioni:

• negazione di malattia (“ma è sicuro che le analisi siano fatte bene? Non è possibile, si sbaglia!”)

• rabbia (perché proprio a lui? Spesso coincide con il momento di massima richiesta di aiuto oppure di chiusura e ritiro in sé)

• contrattazione (si è accettata la condizione e si è capito che l’ira non cambierà la situazione)

• disperazione (inizia ad esserci consapevolezza per la perdita; la depressione può essere reattiva o preparatoria)

• accettazione (consapevolezza ed accettazione, possono comunque permanere momenti di rabbia e depressione con intensità

minore)

Alcuni mettono a TACERE LE PROPRIE EMOZIONI dedicandosi agli aspetti pratici della malattia a non

capire la gravità della situazione;

A volte si sviluppano SENSI DI COLPA che portano ad una SIMBIOSI vera e propria con il malato (si annientano vita

sociale e lavorativa…e assentarsi anche per un paio d’ore diventa impensabile);

Quando frustrazione e stanchezza aumentano ci possono anche essere pensieri dove si spera la morte del malato (per

porre fine alla sua sofferenza) ma questi pensieri INCIDICIBILI finiscono per aumentare ei sensi di colpa e di rimorso.

IL PROCESSO DI ACCETTAZIONE DELLA DIAGNOSI E’ LUNGO E DOLOROSOE D E’ BENE CONCEDERSI DEL TEMPO

PER AFFRONTARLO.

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FASE 1: SPERANZA IN UN MIRACOLO

- Tentare di curare la medicina con una terapia alternativa

- Imparare ad essere un caregiver

FASE 2: PRENDERSI CURA DEL MALATO

Prendersi cura del malato significa fare tutto ciò che è necessario per venire incontro ai bisogni del malato. Il caregiver deve

gestire:

- gestione quotidiana delle cure

- soddisfacimento dei bisogni del malato

- affrontare il conflitto morale (quando il malato non vuole curarsi)

FASE 3: ACCETTAZIONE DEL PROCESSO DI MORTE

Coincide con la comprensione dell’inevitabilità della morte (coincide con un peggioramento clinico), scatta allora un processo

psicologico incentrato sulla morte: garantire al proprio caro una morte serena priva di sofferenze.

FASE 4: ADDATTAMENTO AD UN NUOVO PERIODO DI VITA

Si deve porre fine al ruolo di ceregiver, bisogna riconnettersi alla propria vita e questo richiede uno sforzo enorme.

Vengono individuati due momenti in questo processo:

1) Affrontare il dispiacere per la morte del proprio caro ed i rimpianti;

2) Trovare nuovi scopi/obiettivi nella propria vita

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2. RIORGANIZZAZIONE DELLA QUOTIDIANITÀ E MANTENIMENTO DI UN RUOLO ATTIVO

DEL MALATO NEL SUO AMBIENTE

• Aiutare la persona a riorganizzare la quotidianità individuando quelle attività che possono nuare

ad essere a suo carico, che hanno una funzione di mantenimento cognitivo, ma anche una finalità

volta a mantenere uno stato emotivo tollerabile per il soggetto, nonché un’utilità nel rapporto con il

caregiver

• Quando lo stato della malattia è molto avanzato, sarebbe ottimale poter arrivare a configurare una

situazione in cui il malato agisce come “la mente” e il “caregiver” come il braccio. Ovviamente

questa situazione è positiva se non viene portata all’eccesso, per cui il caregiver si trova poi

frustrato, sentendosi considerato dal malato come un braccio privo di emozioni e limiti, mentre il

malato può arrivare anche a modalità d’azione sadiche

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3. ALLENAMENTO ALL’ESPRESSIONE DELLE PROPRIE EMOZIONI

• Con il malato ha un grande peso il lavorare per favorire l’espressione della rabbia, per facilitarne

così la sua trasformazione. Frequentemente si assiste ad una dinamica relazionale in cui il malato

trattiene la rabbia dentro di sé, mentre il caregiver la manifesta in modo potente e rumoroso,

caricando su di sé, in una dinamica proiettiva, anche quella del famigliare malato. Il sostegno

psicologico ha, tra gli obiettivi primari, l’espressione di questi vissuti rabbiosi, così da poter portare

il soggetto all’emozione, che da questi è coperta, e che costituisce la loro base: la tristezza.

A partire dallo stato depressivo può cominciare la risalita.

• Nel sostegno psicologico al caregiver è fondamentale prevedere un momento di lavoro

individuale, che lo aiuti a comprendere l’importanza dell’espressione delle proprie emozioni

dapprima a se stesso, per poi comunicarle al coniuge malato. Esprimendo il proprio disagio al

malato, il famigliare lo aiuta a sentirsi libero di esternare i suoi sentimenti ed imposta la relazione

tra i due come di reciproca cura ed accoglienza di quanto stanno vivendo. In questo modo si

consente alla coppia malato-caregiver di poter mantenere una relazionalità sullo stesso piano,

dove entrambi i membri della coppia mantengono un ruolo attivo e propositivo.

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4. RIORGANIZZAZIONE DELLA RELAZIONE TRA I CONIUGI

• una delle difficoltà maggiori del malato, nel rapporto con il coniuge, è relativa all’accettare di dover

dipendere. L’accettazione di uno stato di dipendenza fisica, può sottendere un vissuto d’inutilità e

una perdita di senso nell’essere nella relazione con l’altro

• aiutare la persona malata a riprendere un ruolo attivo nella relazione evitando che la dipendenza

fisica non debba necessariamente coincidere con una dipendenza anche emotiva

• trovare delle strategie che consentano al malato di comunicare correttamente con il coniuge

evidenziando limiti sia fisici che di comunicazione….(tendenza del famigliare ad interpretare i

messaggi dei propri cari)

• il lavoro sulla relazione di coppia è centrato dunque sull’identificazione dei limiti propri e del

coniuge, nonché sulle risorse di entrambi, riprendendo gli aspetti che hanno sempre fatto parte

della relazione coniugale ed integrando le novità, seguite all’avvento della malattia nella loro

relazione. Molta confusione deriva dal mantenere un’idea del rapporto che lo cristallizza sul

modello relazionale passato, non considerando tutte le modifiche che la malattia ha introdotto

• in queste situazioni per sopravvivere, è fondamentale far appello alle modalità relazionali della

coppia, positive o connotabili positivamente.

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5. ACCOMPAGNAMENTO ALLA MORTE

• preparazione all’evoluzione della malattia e l’accompagnamento nelle scelte inerenti

all’accettazione, o meno, di alcuni interventi invasivi, necessari per sopravvivere nello stadio

terminale della malattia

• questo lavoro viene effettuato individualmente con il paziente e parallelamente con il famigliare,

che quando la situazione si aggraverà ricoprirà un ruolo decisionale

• questi aspetti sono di fondamentale importanza affinché il malato possa arrivare a spegnersi con

la maggiore serenità possibile, sapendo di aver meditato e concordato con le persone che gli

saranno vicino le sue volontà in merito

• la serenità nel morire è strettamente legata alla salvaguardia della dignità, che è

imprescindibilmente connessa al mantenimento della decisionalità rispetto alla propria

persona…spesso la scelta del malato non corrisponde con il bisogno del famigliare

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IL COPING

L’adattamento ad una malattia cronica-invalidante è considerato il risultato dell’interazione

dinamica tra la natura delle difficoltà legate alla malattia, come la disabilità, e da processi di

mediazione (Lazarus R.S., Folkman S., 1984).

VALUTAZIONE COGNITIVA DELLE FONTE DI STRESS

• interpretazione soggettiva dell’evento

• strategie emotive e comportamentali utilizzate per affrontare il disagio

• modalità di risposta e gestione del problema

l’insieme di tentativi cognitivi-comportamentali messi in atto da un individuo per far fronte ad una

particolare condizione percepita come stressante con lo scopo di superarla, di evitare

l’esposizione ad essa o di ridurne gli eventuali svantaggi:

1. PIANIFICAZIONE E PROGRAMMAZIONE della strategia utilizzata per risolvere un problema

2. MESSA IN ATTO DELLA STRATEGIA CORRISPONDENTE

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CFP(problem-focused coping)

CFE(emotion-focused coping)

• risoluzione del problema attraverso

il compimento di azioni che tendono

a cambiare le cose, cercando

informazioni su cosa fare, tenendo a

freno azioni impulsive e

confrontandosi con le eventuali

persone responsabili di quel

problema specifico

• reazioni emotive finalizzate a ridurre

l’impatto emotivo di situazioni

stressanti. Alcune strategie di

alleviamento dello stress che le

persone utilizzano spontaneamente

si basano su una rivalutazione

cognitiva delle situazioni, mirata a

renderle meno

spiacevoli o difficili da tollerare

L’efficacia del coping non si misura attraverso il grado di riduzione della situazione stressante

ma dal grado di attenuazione dello stress emotivo da essa prodotto

La scelta della strategia risente di:

• risorse esterne: (familiari, amici, ambiente lavorativo, personale medico, supporto

psicologico..);

• risorse interne: strategie di coping che il paziente ha utilizzato in precedenza e confronto

con la malattia

RISORSE IMPORTANTI: AUTOSTIMA, FIDUCIA NELLE PROPRIE CAPACITÀ E REALISMO

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SUPPORTO PSICOLOGICO

Intervento volto a ripristinare un equilibrio emotivo e relazionale ottimale in una persona ammalata

ed in difficoltà, promuovendo le risorse dell’individuo e dell’ambiente

Promuove il processo di accettazione e adattamento di malattia

• ridefinire il concetto di “se”

• ristrutturare le relazioni con gli altri ed il proprio progetto di vita

• accrescimento autostima del malato

• recupero di aspetti motivazionali come curiosità, passione, padronanza,

TERAPEUTICO

=

ASCOLTO DELLA SOFFERENZA EMOTIVA E RICONOSCIMENTO DEL

MALATO COME PERSONA