IL SOSTEGNO DELL’INAIL ALLE AZIENDE: … · Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione...

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ATTI - Volume secondo 4° SEMINARIO DI AGGIORNAMENTO DEI PROFESSIONISTI CONTARP IL SOSTEGNO DELL’INAIL ALLE AZIENDE: DALL’ASSICURAZIONE ALLA PREVENZIONE. IL RUOLO DELLA CONTARP ASSISI, 22 - 24 NOVEMBRE 2005

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ATTI - Volume secondo

DIREZIONE REGIONALE UMBRIAVia G. Battista Pontani, 12 - 06128 PerugiaTel. 075/50151 - Fax 075/5015201 e-mail: [email protected]

DIREZIONE GENERALE - CONTARPConsulenza Tecnica Accertamento Rischi e PrevenzioneVia Roberto Ferruzzi, 40 - 00143 RomaTel. 06/54872349 - Fax 06/54872365e-mail: [email protected]

www.inail.itDIREZIONE CENTRALE COMUNICAZIONEPiazzale Giulio Pastore, 6 - 00144 RomaFax 06/54872363e-mail: [email protected]

4° SEMINARIO DI AGGIORNAMENTODEI PROFESSIONISTI CONTARP

IL SOSTEGNO DELL’INAIL ALLE AZIENDE:DALL’ASSICURAZIONE ALLA PREVENZIONE.IL RUOLO DELLA CONTARP

ASSISI, 22 - 24 NOVEMBRE 2005

4° SEMINARIO DI AGGIORNAM

ENTO DEI PROFESSIONISTI CONTARPIL SOSTEGNO DELL’INAIL ALLE AZIENDE: DALL’ASSICURAZIONEALLA PREVENZIONE. IL RUOLO DELLA CONTARP

ATTI - Volume prim

o

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CONTARP - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione

ATTI - Volume secondo

4° SEMINARIO DI AGGIORNAMENTODEI PROFESSIONISTI CONTARP

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ASSISI, 22 - 24 NOVEMBRE 2005

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CCOOMMIITTAATTOO SSCCIIEENNTTIIFFIICCOO

Uberto Verdel - Direzione Generale - CONTARP

Piero Altarocca - Direzione Generale - CONTARPRaffaele d’Angelo - Direzione Regionale Campania - CONTARPEugenio Davì - Direzione Regionale Sicilia - CONTARP Giuseppe Gargaro - Direzione Generale - CONTARPFederico Ruspolini - Direzione Regionale Umbria - CONTARPGiuseppe Spada - Direzione Generale - CONTARPRiccardo Vallerga - Direzione Generale - CONTARP

SSEEGGRREETTEERRIIAA SSCCIIEENNTTIIFFIICCAA

Maria Ilaria Barra - Direzione Generale - CONTARPLiliana Frusteri - Direzione Generale - CONTARP

SSEEGGRREETTEERRIIAA OORRGGAANNIIZZZZAATTIIVVAA

DDIIRREEZZIIOONNEE RREEGGIIOONNAALLEE UUMMBBRRIIAA

Anna Rita Cappabianca Roberto GoriCarmela Nicolo’Sergio SpinosiNicola SemeraroGioiella Boccolacci

DDIIRREEZZIIOONNEE GGEENNEERRAALLEE -- CCOONNTTAARRPP

Enrica CicerchiaTiziana VanzoliniMaria Grazia CalvaniPaola PesciAngelica Schneider GraziosiAntonio TerracinaDonatella Velardi

Per informazioni

INAIL - Direzione Generale - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione (CONTARP)Via Roberto Ferruzzi, 40 - 00143 RomaTel. 06/54872349 - Fax 06/54872365e-mail: [email protected]

INAIL - Direzione Centrale ComunicazionePiazzale Giulio Pastore, 6 – 00144 RomaFax 06/54872363e-mail: [email protected]

Foto di copertina realizzata da Roberto Gori della Direzione Regionale Umbria

Questa pubblicazione viene diffusa gratuitamente dall’INAIL. Ne è vietata la vendita

Stampato dalla Tipolitografia INAIL - Milano - Ottobre 2005

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L’INAIL sta vivendo un forte impulso al cambiamento. Ai consolidati processi

istituzionali si sono affiancate nuove funzioni volte ad assicurare la tutela

globale dei lavoratori. In particolare, è emersa la necessità di soddisfare la

richiesta del mondo produttivo di informazione, consulenza e assistenza per il

miglioramento degli ambienti di lavoro.

La CONTARP, Consulenza Tecnica dell’INAIL, mette in campo la propria

professionalità, un’esperienza di diversi decenni e la sua competenza come

interlocutore tecnico dell’Istituto, sulle tematiche più tradizionali così come su

quelle più innovative.

Nel corso del 4° Seminario vengono presentati numerosi contributi che nel loro

insieme offrono una panoramica sull’evoluzione dell’igiene industriale e della

sicurezza del lavoro, sul contenuto tecnico dei processi più strettamente

assicurativi, sulle nuove e promettenti frontiere della cultura della prevenzione.

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SOMMARIO

Volume Primo

I SESSIONE “IL FUTURO DELLA PREVENZIONE NEI SISTEMI DI GESTIONE DELLA SICUREZZA (SGSL) NELPIÙ VASTO QUADRO DELLA RESPONSABILITÀ SOCIALE DELL’IMPRESA”

Presentazioni Orali

F. Benedetti: “I sistemi di gestione della sicurezza nella realtà italiana” 15

L. Manfrin, F. Benedetti: “Aiutare le imprese all’implementazione dei SGSL: modelli applicativi dei SGSL e loro diffusione” 21

R. Nitti, C. Rangoni: “La gestione della sicurezza nelle P.M.I. della provincia di Treviso” 27

L. Mercadante: “Modelli applicativi per una cultura di responsabilità sociale di impresa” 39

Poster

L. Filosa, G. Mancini: “Integrazione e futuro della Responsabilità Sociale di Impresa (RSI)” 47

C. Peroni, G. Ricupero: “Applicazione di un sistema di gestione della sicurezza sul lavoroad attività lavorative particolari” 55

II SESSIONE “STRATEGIE E CRITERI DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO CHIMICO E BIOLOGICO”

Presentazioni orali

E. Incocciati, P. La Pegna, S. Massera, D. Rughi, U. Verdel: “Accertamento del rischioda silice libera cristallina: le novità introdotte dalle linee guida del Network Italiano della Silice” 65

L. Nori, U. Caselli, A. Rossi, E. Siciliano, G. Visciotti: ”Recenti tecniche statistiche per la valutazione del rischio da agenti chimici pericolosi a fini prevenzionali e tecnico-assicurativi” 73

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M. Albertazzi, R. Gallanelli, C. Guidi, M. Mattarelli, T. Valente, E. Zunino: ”Valutazione del rischio per gli addetti ai laboratori di analisi e per gli operatori delleunità operative servizi territoriali dell’ARPAL” 81

Poster

D. Antoni, E. Ferro, S. Nidasio: “Rischi emergenti nelle falegnamerie: dalle polveri di legnoalla formaldeide. La realtà piemontese” 91

L. Argenti, M.I. Barra, S. Di Stefano, E. Incocciati: “La valutazione del rischio chimiconei laboratori INAIL di sviluppo di lastre radiografiche: considerazioni metodologiche” 99

L. Argenti, S. Di Stefano: “Analisi delle malattie professionali da radiazioni ionizzanti: verso una valutazione quantitativa del rischio” 107

E. Barbassa, L. Frusteri: “Esposizione professionale a sostanze con potenziale attività endocrina e valutazione del rischio per la salute” 113

E. Barbassa, G. Gargaro, C. Kunkar, G. Marena, F. Pisanelli, G. Tamigio, L. Tripi:“Rischi chimici e fisici in serre di floricoltura: valutazione dell’esposizione all’“iprodione” e studio del microclima” 121

G. Barcellona, S. Di Chiara, E. Nucaro: “Malattie professionali da agenti chimici: un confronto tra le esperienze della CONTARP Sicilia e della CONTARP Toscana” 129

B. Brunetto, L. Frusteri, R. Giovinazzo, E. Guerrera, P. Iacovacci, M. Mameli, D. Sarto:“Allergeni indoor: un rischio anche per panifici e falegnamerie?” 137

D. Candido, A. Carella, R. Compagnoni: “Rischio di inquinamento da polveri nel compartodelle fonderie della regione Marche” 141

D. Candido, A. Carella, R. Compagnoni: “Un esempio di sinergia tra INAIL e Regione Marche:la mappatura del rischio chimico nel comparto della lavorazione del legno” 147

D. D’Amico, C. Gargano, G. Giaquinta, R. Sciarrino, G. Barcellona, D. Bellomo, E. Davì, S. Di Chiara, G. Giannettino, R. Li Causi, L. Schifano: “Esposizione ad asbestoper addetti al trattamento di rifiuti contenenti amianto e pagamento del relativo sovrappremio” 155

E. Della Penda, M. Mecchia: “Esposizione a silice libera cristallina nello scavo di gallerie stradali in provincia di Perugia” 163

E. Della Penda, F. Ruspolini: “Problematiche di applicazione del sovrappremio silicosi: l’influenza delle condizioni ambientali meteo-climatiche“ 171

R. Giovinazzo, F. Venanzetti, L. Frusteri, E. Guerrera, D. Sarto, P. Anzidei: “Il monitoraggio microbiologico degli ambienti di lavoro. Proposta CONTARP di linee guida per il campionamento e l’analisi” 177

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E. Guerrera, L. Pitzurra: “Le falegnamerie in Umbria: confronto tra metodologie di campionamento microbico dell’aria” 185

M. Gullo: “Amianto e dintorni: impatto, dimensione e conseguenza del rischio in Valle d’Aosta” 193

E. Incocciati, P. La Pegna, F. Nappi: “Esposizione a radon in ambienti di lavoro sotterranei: aree caratterizzate da litologia piroclastica” 201

E. Incocciati, S. Massera, F. Nappi: “Fibre vetrose artificiali: quali analisi per la loro classificazione come agenti cancerogeni?” 209

P. La Pegna, S. Marcellino, A. Schneider Graziosi, S. Severi: “Premio supplementare silicosi: analisi territoriale per comparto produttivo” 215

C. Peroni, G. Ricupero: “Criteri di classificazione degli agenti chimici pericolosi per una corretta valutazione e gestione del rischio chimico” 223

L. Taglieri, F. Ruspolini: “Comparto produttivo umbro della seconda lavorazione del legno: rischio espositivo dovuto a polvere di legno inalabile” 233

L. Taglieri, B. Sebastiani: “Il rischio di esposizione ad idrocarburi policiclici aromatici: risultati ottenuti con un metodo analitico ad elevata sensibilità” 239

F. Venanzetti, P. Anzidei, E. Guerrera, D. Sarto, R. Giovinazzo: “Identificazione molecolare di miceti ambientali: un utile strumento per l’igiene occupazionale” 247

III SESSIONE “STRATEGIE E CRITERI DI VALUTAZIONE DEI RISCHI FISICI”

Presentazioni orali

P. Panaro, G. Stefani: “Soluzione di alcune problematiche applicative della normativa vigente in tema di rischio da Whole Body Vibration (W.B.V.) nelle attività della CONTARP” 253

C. Martin, T. Mastromartino, M. Pagliaro, A. Zannier: “Rischio da vibrazioni: misure sul campo e implementazione di un database per la gestione dei rilievi strumentali” 261

A. Baldacconi, E. Marchesi, G. Rosci: “Il rischio da vibrazioni in attività con esposizioni prevalentemente discontinue: valutazioni ai fini assicurativi” 269

D. Gilioni, D. Marzano: ”Vibrazioni al corpo intero (WBV) trasmesse dalla guida di veicoli” 277

Poster

A. Baldacconi, P. De Santis: “Il rischio da vibrazioni trasmesse al corpo intero nel settore degli autotrasporti” 289

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R. Bevilacqua, E.S. Margarese: “Valutazione delle condizioni di benessere termico in ambienti adibiti ad attività terziarie” 297

A. Bianconi: “Misure di vibrazioni al corpo intero in alcune lavorazioni di cantieristica stradale e valutazione del rischio per gli addetti” 305

G. Brambilla, P. Nataletti, G. Rosci: “Il taglio silenziato nel comparto lapideo come misura per la protezione del lavoratore” 313

F. Cavariani, R. Leonori, S. Ponticiello, D. Rughi, G. Stefani, A. Quercia: “Rischio da sovraccarico biomeccanico in ceramica: risultati di uno studio che mette a confronto rischio e danno” 321

M. Cerioni, F. Renzetti, I. Rinaldini, L. Trimarchi: “Valutazione del rischio da movimenti e sforzi ripetitivi in una azienda di produzione e lavorazioni carni” 327

P. De Santis, P. Nataletti: “La valutazione del rischio professionale da rumore per operatori muniti di dispositivi di ricetrasmissione: la realtà dei call center e delle centrali telefoniche di servizio” 313

M. Della Pasqua, R. Armuzzi: “Confronto di vibrazioni di tipo WBV in agricoltura misurate per attività su terreni pianeggianti e su terreni collinari” 345

C. Esposito, A. Mazzei, N. Mazzei: “Valutazione dei rischi derivati dall'elettricità statica: individuazione e valutazione delle misure di prevenzione e protezione” 353

D. Ferrante, F. Salierno, M. Casale: “Proposta di un criterio valutativo del rischio da CTD nelle realtà produttive caratterizzate da cicli complessi” 361

E. Guerrera, M. Giuliani: “La movimentazione manuale dei carichi in Umbria: valutazione del rischio e protocollo medico-legale” 369

G. Visciotti, L. Nori, A. Rossi, U. Caselli, E. Siciliano, M. Pesolillo: “Rischio da patologie lavoro-correlate agli arti superiori, in uno stabilimento industriale finalizzato alla macellazione e lavorazione delle carni avicole” 377

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Volume Secondo

IV SESSIONE “STRUMENTI ASSICURATIVI E PREVENZIONE”

Presentazioni orali

R. Vallerga: “Il ruolo dei professionisti CONTARP: una proposta operativa per la gestione degli strumenti assicurativi e prevenzionali” 399

M.R. Fizzano, A. Schneider Graziosi, S. Toriello: “Instaurazione e gestione del rapporto assicurativo: gli interventi relativi agli aspetti tecnici” 407

C. Gargano, G. Giaquinta, D. D’Amico, G. Barcellona, D. Bellomo, E. Davì, S. Di Chiara, G. Giannettino, R. Li Causi, L. Schifano: “Orientamenti classificativi per strutture eroganti “prestazioni sociosanitarie” 413

A. Iotti, G. Ortolani: “Gli infortuni sul lavoro in Italia: analisi secondo il nuovosistema ESAW/3” 421

Poster

C. Breschi, S. D’Agliano, D. Gilioni, M. Mameli, E. Mastrominico, E. Nucaro, F. Pini:“La classificazione a tariffa delle attività complesse: i risultati di un monitoraggio territoriale in Toscana” 441

E. Ferro, M.R. Fizzano, G. Zarrelli: “Risultato, formazione, intervento: un nuovo sistema per la riduzione del premio assicurativo” 449

M.R. Fizzano, A. Schneider Graziosi: “Cento anni di assicurazione per la prevenzione” 455

F. Renzetti: “Il nuovo modello OT24” 463

V SESSIONE “IL SOSTEGNO ALLE PMI IN TEMA DI PREVENZIONE TRA INCENTIVI E ATTIVITÀ CONSULENZIALE”

Presentazioni orali

P. Desideri: “L’analisi delle congruenze organizzative: dall’organizzazione aziendale alla valutazione dei rischi trasversali nella PMI” 473

L. Frusteri, A. Guercio, L. Quaranta: “Individuazione e diffusione di modelli di buone prassi e buone tecniche: un supporto per le PMI” 481

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G. Pol, C. Buffa, C. Correzzola, A. Piccioni: “Esperienza dell’AUVA (A), della CNAM (F) e del SUVA (CH): modelli di prevenzione nell’ambito dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro” 487

M.I. Barra, L. Filosa, P. Fioretti, G. Mancini, P. Ricciardi, A. Terracina, P. Andriotto:“L’INAIL verso la consulenza alle aziende: un investimento economico e sociale” 499

Poster

D. Antoni, E. Ferro, S. Nidasio: “Salute e sicurezza nel comparto legno: dati INAIL e programmi di adeguamento in Piemonte” 507

D. Antoni, E. Ferro, S. Nidasio: “Obiettivo prevenzione in agricoltura: dagli incentivi alle imprese piemontesi una proposta esportabile?” 513

G. Barcellona, D. Bellomo, D. D’Amico, E. Davì, S. Di Chiara, C. Gargano, G. Giaquinta, M. Montana, R. Li Causi, L. Schifano: “Iniziative per la prevenzione dei rischi sul lavoro: un’esperienza concreta dell’INAIL Sicilia a favore delle imprese” 521

G. Barcellona, D. Bellomo, D. D’Amico, S. Di Chiara, C. Gargano, G. Giaquinta, E. Davì, G. Giannettino, R. Li Causi, L. Schifano: “Il settore vitivinicolo nella provincia di Trapani. Analisi e studio dei processi lavorativi ai fini prevenzionali” 529

A. Bianconi, E. Della Penda, E. Guerrera, F. Ruspolini, L. Taglieri: “Valutazione della politica aziendale nella gestione della sicurezza ed igiene del lavoro” 535

C. Breschi, E. Mastrominico, F. Pini: “Acconciatori e rischio lavorativo in Toscana: progettazione di interventi mirati di prevenzione” 543

P. Fioretti, A. Guercio, B. Principe, P. Santucciu: “La consulenza alle imprese di gestione dei rifiuti: metodologia e risultati” 551

M. Gullo: “Rischio e prevenzione nel comparto vinificazione: gli interventi attuati con i contributi INAIL” 559

L. Mangieri, A. Prezioso, A. Traficante: “Linee guida per un piano regionale di coordinamento delle attività per coinvolgere le PMI sui problemi della sicurezza” 565

I. Menditti, N. Papapietro: “Regione Puglia: analisi degli incentivi alle imprese (D.Lgs. 38/2000) nel settore delle costruzioni” 577

F.R. Mignacca: “Incentivi di sostegno alle imprese: monitoraggio relativo al primo bando in merito all’asse di finanziamento N° 5” 585

L. Quaranta: “Incentivi alle imprese del settore chimico: analisi delle richieste e valutazioni particolari” 593

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Poster a tema libero

P. Anzidei, R. Giovinazzo, F. Nappi, F. Venanzetti: “Infortuni sul lavoro: nuove tecnologie e nuovi strumenti di analisi” 599

R. Bevilacqua: “Evoluzione tecnologica nella produzione di fotoceramica e vetro decorato a scopo funerario: alcuni esempi“ 603

D. Gilioni: “Infortuni stradali in occasione di lavoro: il ruolo del professionista CONTARP per le azioni di rivalsa” 609

A. Locatelli, A. Prezioso: “Proposta di una procedura per valutare, gestire e migliorare la sicurezza dell’ambiente nella Pubblica Amministrazione” 617

R. Luzzi: “Il progetto INAIL-Politecnico Torino “L’impiego dell’intelligenza artificiale nella valutazione del rischio professionale” 629

R. Luzzi: “Le grandi opere in Piemonte: un bilancio finale del fenomeno infortunistico nei cantieri alta velocità Torino-Milano” 635

G. Mancini, G. Castellet y Ballarà, C. Salvati: “La “Direttiva macchine”. Effetti sulla sicurezza e salute nei luoghi di lavoro: primi risultati” 643

G. Mazzoli, A. Prezioso: “Orientamenti per la gestione dell’attività di controllo e verifica degli impianti elettrici nella Pubblica Amministrazione” 651

A. Menicocci, G.B. Perrone, G. Petrozzi, N. Todaro: “Rischi per gli addetti nelle aziende produttrici di cartoncino” 659

G. Petrozzi, M. Sordilli: “Atmosfere esplosive: quadro normativo e sintesi delle procedure operative” 665

G. Petrozzi, A. Menicocci, G.B. Perrone, V. Quadrini, N. Todaro: “Cartiere: rischi di ieri - rischi di oggi” 673

A. Prezioso, F. Spalluto, L. Pantile: “Proposta per una procedura di gestione della sicurezza contro il rischio incendio nell’amministrazione pubblica e nel terziario” 681

C. Resconi: “Per un ospedale più sicuro: il “Progetto ospedali” 687

A. Rossi, E. Siciliano, U. Caselli, L. Nori, G. Visciotti: “Gli infortuni mortali in Abruzzo nell’anno 2003: sviluppo di una metodica di analisi” 691

E. Siciliano, U. Caselli, L. Nori, A. Rossi, G. Visciotti: “Infortuni mortali in Abruzzo nell’anno 2003: due “interessanti” casi a confronto” 699

N. Todaro, A. Menicocci, G.B. Perrone, G. Petrozzi: “Mappa del rischio nel comparto dell’industria cartaria: confronto tra ditte produttrici di cartoncino” 707

S. Tramuto, L. Valori: “La Magona d’Italia: la sicurezza in pratica” 715

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IV SESSIONE

STRUMENTI ASSICURATIVI E PREVENZIONE

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IL RUOLO DEI PROFESSIONISTI CONTARP: UNA PROPOSTA OPERATIVA PER LAGESTIONE DEGLI STRUMENTI ASSICURATIVI E PREVENZIONALI

R. Vallerga** INAIL - Direzione Generale - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione

RIASSUNTO

Obiettivo dell’articolo è quello di esporre le potenzialità di una maggiore integrazione dei tec-nici CONTARP nelle attività dell’Istituto, sia per quanto concerne gli aspetti gestionali del rap-porto assicurativo (informazione alle aziende, modulistica, banche dati, ecc.), sia per quelliprevenzionali (pubblicistica, forme di incentivazione, ecc.).A tal fine viene descritto il recente ampliamento dell’ambito operativo della CONTARP a livellocentrale e territoriale e vengono analizzati alcuni importanti prodotti della linea premi, relati-vamente ai quali la CONTARP ha fornito un contributo rilevante, ma che in futuro potrà ulterior-mente evolversi anche attraverso l’ampliamento dei prodotti e dei servizi offerti alle aziende.

SUMMARY

This paper explores the possibilities of a better integration of the CONTARP staff in INAIL acti-vities. It is argued that these possibilities will concern both the management of insurance acti-vities (information conveyed to companies, forms, etc.) and the planning of prevention pro-ducts (guidebooks, incentives of any kind, etc.).With this aim in mind, the author describes the recent widening of the operating range in CON-TARP participation at the central as well as local level. Furthermore, a few important productsof the premium line are also analised, for which CONTARP provided a relevant contribution.Such a contribution in the future could grow even further through a greater widening of therange of products and services offered to companies.

1. LO SVILUPPO DELLE ATTIVITÀ DELLA CONTARP ALL’INTERNO DELL’INAIL

Nell’ultimo decennio l’organico dei professionisti tecnici dell’Istituto ha visto un notevole incre-mento, passando dalle 9 unità incardinate presso l’allora Servizio Rischi alle attuali 194 unità ope-ranti presso le Direzioni Regionali e presso l’autonoma sede centrale. Nella prima fase di taledecentramento ai professionisti assunti negli anni dal 1994 al 1996 (circa 50) sono state affidate,senza variazioni di rilievo, le linee di attività storiche della CONTARP Centrale (redazione di pareritecnici sulla sussistenza delle condizioni di rischio ai fini del riconoscimento di malattie professio-nali, per la classificazione a tariffa e l’effettuazione di indagini ed analisi di igiene industriale). Successivamente, a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. 626/94 e del D.Lgs. 242/96, i pro-fessionisti CONTARP sono stati incaricati di svolgere attività anche in campo prevenzionaleinterno (servizio di prevenzione e protezione) ed esterno (effettuazione di corsi di formazioneper altri Enti della PP.AA., predisposizione di opuscoli informativi, ecc.).

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Successivamente, anche grazie all’entrata in servizio di ulteriori risorse a far data dalla fine del1999 (circa 100 professionisti tecnici), si è assistito ad un progressivo ampliamento dello spet-tro di attività della Consulenza e ad una crescente diversificazione tra quelle svolte nelle dire-zioni regionali e quelle svolte presso la CONTARP Centrale.Uno schema puramente indicativo delle principali linee di servizio che vedono attualmenteimpegnati in maniera diversa i professionisti centrali e regionali è visibile in Tabella 1. Se da un lato questo fenomeno è stato la naturale conseguenza della differenziazione dell’in-terlocutore istituzionale (Direzioni Regionali e Direzione Generale) e della necessità di assicu-rare lo svolgimento omogeneo delle attività professionali sul territorio - fatto che richiede ilpotenziamento a livello centrale dei servizi di formazione e aggiornamento, di supporto anali-tico, ecc. - dall’altro è risultato anche un processo involontario, causato per certi versi sempli-cemente dall’aumento delle risorse, che hanno reso possibile l’apertura di nuovi fronti di atti-vità prima impensabili.

Tabella 1: Linee di servizio differenziate fra CONTARP Regionali e CONTARP Centrale

C. Centrale C. Regionali

Attività analitica sì limitata

Redazione di pareri tecnici per malattie professionali e infortuni limitata sì

Revisione dei nomenclatori tariffari sì -

Revisione dei prodotti interni in tema di tariffe sì -(Repertori Analitici, Istruzioni Tecniche, Modulistica OT24, ecc.)

Collaborazione all’aggiornamento di procedure informatiche sì -

Redazione di opuscoli informativi in tema di prevenzione sì sì

Pianificazione e programmazione dell’attività formativa sì limitata

Redazione di linee guida sì -

D.Lgs. 626/94: Partecipazione a progetti formativi sul territorio limitata sì

Attività del Tavolo Ministeriale sull’amianto sì -

Attività di supporto tecnico alle azioni di regresso promosse - sìdall’INAIL

Un esempio che vale a chiarire quanto detto è la stretta collaborazione con la DirezioneCentrale Rischi per l’effettuazione, da parte dei professionisti del Settore Tariffe della CONTARPCentrale, di monitoraggi sulla corretta applicazione del D.Lgs. 38/2000 e del D.M. 12.12.2000,che nel periodo 2001/2004 ha portato a individuare circa 16.000 aziende suscettibili di appro-fondimenti in merito al corretto inquadramento nella gestione o la classificazione a tariffa (perun rapporto fino al 2003 cfr. FIZZANO & SCHNEIDER, 2004). Tale attività non ha precedentinegli anni passati ed è divenuta non solo possibile, ma è stata istituzionalizzata grazie al mag-gior numero di professionisti dedicati e al miglioramento delle tecnologie informatiche.

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Un altro esempio di nuovo fronte di attività è dato dalla partecipazione dei professionisti allapredisposizione di una parte della modulistica dell’Istituto, come i modelli OT20 e OT24 e ilmodello di denuncia di nuovo lavoro temporaneo, di cui uno stralcio è riportato in FIGURA 1.Paradossalmente però, all’ampliamento dello spettro di attività della CONTARP a livello territo-riale e centrale non ha fatto seguito una corrispondente ed adeguata crescita dell’integrazio-ne con le altre strutture dell’Istituto; probabilmente ciò è dovuto, almeno in parte, allo statuscontrattuale dei professionisti, che vede il loro contributo alle diverse attività istituzionaliinquadrato nell’ambito della consulenza interna e non inserito nella “gerarchia” dei diversiprocedimenti amministrativi. Altri motivi possono essere dati dal decentramento piuttostorecente della Consulenza e dalla presenza dei tecnici CONTARP nelle Direzioni Regionali, ma nonnelle Sedi, vero luogo nevralgico di contatto con le aziende.Per quanto detto, il principale obiettivo del presente contributo è quello di sensibilizzare i pro-fessionisti e la dirigenza dell’Istituto sulle potenzialità di una maggiore integrazione dei tec-nici CONTARP nelle attività assicurative: sia per i fini strettamente gestionali del rapporto conle aziende (modulistica, banche dati, ecc.), sia per quelli che presentano ricadute prevenzio-nali (oscillazione del tasso di tariffa, informazione, formazione, assistenza e consulenza). A talfine nel seguito verranno analizzate alcune importanti linee di prodotto, nelle quali l’apportodella CONTARP è divenuto nel tempo più rilevante e ad alto valore aggiunto.

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Figura 1: Stralcio del Modello INAIL di denuncia di nuovo lavoro temporaneo.

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2. LA REVISIONE DEI NOMENCLATORI TARIFFARI

Le tariffe dei premi costituiscono da sempre lo strumento che traduce sul piano applicativo iprincìpi della tecnica assicurativa, così come essi promanano dalle disposizioni legislative vigentiin materia di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali(INAIL, 2001). Si tratta quindi di uno strumento che garantisce non solo la distribuzione deglioneri sulle diverse “lavorazioni” (Modalità di applicazione delle tariffe allegate al D.M.12.12.2000) e la discriminazione, ai fini assicurativi, delle aziende in funzione dello specificoandamento infortunistico, ma consente anche di fornire preziose informazioni utilizzabili dallestesse aziende per migliorare le condizioni di igiene e sicurezza nei propri luoghi di lavoro.In questo settore il ruolo dei professionisti nel corso degli anni è mutato in maniera significa-tiva, in quanto fino alla revisione della tariffa ‘88 (D.M.18.06.1998) l’ambito di competenza eralimitato alla semplice valutazione tecnica delle problematiche di carattere tecnico-assicurativorelative alla rappresentazione dei processi produttivi all’interno del nomenclatore tariffario.Nel corso della revisione delle tariffe di cui al D.M. 12.12.2000 si è invece ampliato all’analisidelle banche dati dei datori di lavoro, alla ricerca, anche tramite internet, delle aziende aven-ti ciclo produttivo omogeneo e alla definizione di procedure per l’attribuzione, da parte dellealtre strutture dell’Istituto, delle posizioni assicurative territoriali (PAT) alle diverse voci.Anche grazie al netto miglioramento degli strumenti informatici dal 1988 al 2000, è stato poipossibile acquisire più agevolmente i dati relativi alle aziende e procedere alla “migrazione”dalla Tariffa Unica Industria alle quattro gestioni delle nuove tariffe.Uno scenario piuttosto prossimo potrebbe vedere i professionisti collaborare ancora più stret-tamente alla realizzazione di una nuova architettura delle tariffe dei premi, più orientata delleprecedenti a rappresentare il panorama produttivo italiano, nel quale la continuità del proces-so produttivo è ormai fortemente compromessa dalla frammentazione dovuta alla terziarizza-zione di molte fasi.

3. LE “ULTERIORI SPECIFICHE DI RISCHIO”

Nell’intento di pervenire al prossimo aggiornamento delle tariffe disposto dall’art.3, comma 2,del D.Lgs. 38/2000, la CONTARP fin dal 2000 ha collaborato all’approntamento, nella procedu-ra di gestione del rapporto assicurativo (GRA), di un sistema di sottocodifica delle attivitàaziendali denominato “Ulteriori specifiche di rischio”1 (USR) che, dalle prime risultanze di unmonitoraggio condotto nel corso del 2003 (FIORETTI et al. 2004), contiene già dati più detta-gliati sul processo produttivo per circa 350.000 PAT.Infatti, è importante rilevare come la conoscenza puntuale dei processi produttivi, abbinata aduna parimenti puntuale conoscenza delle modalità di accadimento degli infortuni e delle con-dizioni di insorgenza delle malattie professionali, consenta all’INAIL di condividere con i dato-ri di lavoro gli strumenti primari, i dati statistici, che rappresentano la base per le successiveelaborazioni, ad esempio degli interventi prevenzionali specifici da adottare in relazione allesingole realtà operative.Tutto ciò sembrerebbe una banalità se non si andasse a verificare in concreto la tipologia deidati statistici attualmente forniti dall’Istituto; dati che sono indissolubilmente legati alla for-mulazione generica delle attività all’interno dei nomenclatori tariffari e che quindi non con-sentono, se non in casi particolari, di associare gli eventi infortunistici ad un singolo processoproduttivo.

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1 Per maggiori dettagli si veda SPINELLI et al. 2001.

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Per chiarire quanto detto con un esempio si può osservare che i processi produttivi (per nonparlare dei prodotti) sono sicuramente migliaia, mentre le voci delle tariffe dei premi sonomeno di 3502; ne consegue che all’interno di ciascuna voce di tariffa vengono rappresentateintere famiglie di processi o servizi, che tra loro differiscono anche in maniera rilevante. Risultaquindi impossibile discriminare, anche mediante elaborazioni statistiche personalizzate, glieventi infortunistici delle aziende che, ad esempio, effettuano il riciclaggio delle materie pla-stiche rispetto a quelli delle aziende che producono scafi di imbarcazioni in vetroresina, o aquelli delle aziende che impermeabilizzano tessuti e ciò perché queste aziende ricadono tuttenell’ambito della stessa voce di tariffa (2197).Al momento il sistema contiene 2.450 cicli produttivi, definiti “omogenei”dalla CONTARP sullabase delle conoscenze delle attività aziendali, che, per la prima volta, sono riportati per este-so all’interno dei certificati di assicurazione. Il datore di lavoro potendo vedere in che modol’INAIL ha recepito la sua denuncia di iscrizione ha così la possibilità di proporre modifiche ochiedere chiarimenti all’Istituto. Le funzionalità della procedura sono però piuttosto limitate,poiché non è prevista la possibilità di modificare le USR se non simulando una variazione clas-sificativa, e in questo caso si avrebbero inevitabili e pesanti ricadute economiche per l’azien-da, che - in positivo o in negativo - vedrebbe azzerata la propria oscillazione del tasso perandamento infortunistico.Non sono inoltre presenti procedure che consentano il controllo della correttezza delle USRattribuite, cosa che a lungo andare potrebbe portare ad una cristallizzazione del sistema.Per ovviare a questi inconvenienti la CONTARP ha formulato la proposta di rendere modificabi-li le USR attribuite ad un’azienda da parte dei professionisti stessi, attraverso l’introduzionenel GRA di un pacchetto applicativo che salvaguardi comunque le altre tipologie di dati (ana-grafici, classificativi, ecc.), evitandone una modifica anche accidentale.L’aggiornamento in continuo delle informazioni sul processo produttivo si inserirebbe così inun filone di miglioramento delle banche dati dell’Istituto al quale, per gli aspetti infortunisti-ci, concorre anche la procedura ESAW (IOTTI & ORTOLANI, 2001) e, benché oneroso, potrebbeperò costituire la base per una più partecipe collaborazione dei professionisti alla gestionedelle banche dati dell’istituto.

4. IL RAPPORTO ASSICURATIVO CON L’AZIENDA

Un altro ambito in cui la CONTARP è stata chiamata a fornire il proprio contributo solo recen-temente, ma che potrebbe rappresentare in futuro un importante filone di attività dei profes-sionisti, è quello della definizione degli aspetti tecnici della modulistica dell’Istituto. Nel corsodel 2001 si è iniziato a collaborare con la Direzione Centrale Rischi alla predisposizione deimodelli e delle guide per le istanze di riduzione del tasso di cui all’art.24 delle modalità perl’applicazione delle tariffe (mod. OT20 e OT24); modelli e guide che sono stati recentementeaggiornati. La CONTARP ha inoltre collaborato alla realizzazione di un’applicazione softwareche, ricalcando la struttura del modello OT24, a breve potrà consentire la rilevazione a livelloinformatico degli interventi migliorativi delle condizioni di igiene e salute nei luoghi di lavoroattuati dalle aziende. Il database nel quale confluiranno i dati permetterà la valutazione quan-titativa e qualitativa degli interventi e sarà utile al futuro aggiornamento della modulistica, adesempio attraverso l’eliminazione degli interventi poco o affatto selezionati o l’inserimento diquelli proposti liberamente dalle stesse aziende.

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2 Tenendo conto che la maggior parte delle voci è formulata in modo simile nelle quattro gestioni, il numerodelle voci che rappresentano attività effettivamente diverse è inferiore a 350.

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Su un altro fronte si è poi operato ad un progetto di revisione delle sezioni riguardanti il pro-cesso produttivo all’interno del modulo di denuncia di iscrizione ed è stato completato l’ag-giornamento del modello di denuncia di nuovo lavoro temporaneo riportato in FIGURA 1.In questo campo, la conoscenza dei processi produttivi abbinata a quella dello strumento tarif-fario ha permesso alla CONTARP di strutturare i campi tecnici contenuti nei modelli in manierainnovativa rispetto al passato, richiedendo alle aziende solo le informazioni strettamentenecessarie alla corretta classificazione; si è quindi giunti ad un prodotto che, pur nella suamaggiore semplicità e trasparenza, non ha perso contenuto informativo e, soprattutto, rendepiù difficile una compilazione superficiale o erronea, salvaguardando così maggiormente l’a-zienda dalle successive conseguenze di carattere economico.Questo aspetto è particolarmente importante se si considera che il T.U. per l’assicurazione(D.P.R. n.1124/65) dispone che i datori di lavoro debbano denunciare all’Istituto assicuratorele “modificazioni di estensione e di natura del rischio già coperto dall’assicurazione” (art.12),“sui moduli dallo stesso predisposti” (art.13) e si raffronta il basso numero di denunce di varia-zione con quello complessivo delle PAT gestite dall’INAIL (circa tre milioni e mezzo). Ne emer-ge che un ingente numero di aziende non ha mai aggiornato il proprio rapporto assicurativo edè quindi potenzialmente esposto ai provvedimenti amministrativi dell’Istituto.D’altro canto, l’alto numero di PAT gestite in rapporto alle risorse umane a disposizione nonconsente di effettuare la ricognizione di ogni singolo rapporto assicurativo a cadenza ravvici-nata3 (almeno annuale), cosa che garantirebbe maggiormente sia il datore di lavoro nei con-fronti della retroattività dei provvedimenti e dell’eventuale applicazione di interessi e sanzionicivili, che l’Istituto dal versamento di premi inferiori al dovuto.Potrebbe essere utile, pertanto, fronteggiare le possibili criticità derivanti dalla natura tecnicadell’assicurazione obbligatoria, che richiede la descrizione e la rappresentazione nelle tariffedei processi produttivi, mediante l’apporto dei professionisti CONTARP, ai quali potrebbe esse-re demandato il compito di elaborare una serie di strumenti, ad esempio una collana di guidetecniche, che mettano i datori di lavoro nelle condizioni di meglio comprendere il tipo di infor-mazioni da fornire al momento dell’instaurazione o dell’aggiornamento del rapporto assicura-tivo. L’apporto del professionista potrebbe essere anche rivolto, in via sperimentale, alla con-sulenza diretta presso gli sportelli delle sedi territoriali riservati ai datori di lavoro.

5. IL MANSIONARIO DEL REGISTRO NAZIONALE DELLE MALATTIE PROFESSIONALI

Con l’istituzione del Registro nazionale delle malattie causate dal lavoro presso la Banca datidell’INAIL, per il quale è previsto l’accesso da parte di organismi e istituzioni e soggetti concompiti in materia di protezione della salute e di sicurezza dei lavoratori sui luoghi di lavoro,la CONTARP ha avuto l’occasione di collaborare all’elaborazione di un mansionario innovativorispetto a quello utilizzato a fini interni per la rilevazione degli infortuni e delle malattie pro-fessionali. Il prodotto, che tiene conto anche dei rischi cui sono soggetti i lavoratori non tute-lati dall’INAIL, è stato realizzato prendendo a riferimento la classificazione ISTAT delle qualifi-che professionali, in modo da consentire per quanto possibile l’equiparabilità dei dati ai finistatistici; considerata tuttavia la diversa finalità dei due strumenti, le mansioni individuatesono state definite raggruppando qualifiche professionali ISTAT aventi omogenee condizioni di

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3 Infatti, se anche per ipotesi un funzionario ispettivo definisse compiutamente due incarichi (aziende) algiorno per 220 giorni lavorativi (e ciò è chiaramente un tempo troppo ristretto, per i tempi richiesti dall’ac-cesso in azienda, lo studio della documentazione, il riesame finale, ecc.), occorrerebbero quasi 8000 funzio-nari per monitorare annualmente il sistema produttivo del Paese dal punto di vista assicurativo.

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rischio. E questo anche perché il mantenimento dell’elevato numero delle voci ISTAT (oltre6.000) avrebbe potuto compromettere la leggibilità e l’effettiva fruibilità dello strumento daparte degli operatori del settore. Inoltre, per facilitarne la consultazione, il mansionario èstato elaborato sia in forma cartacea che in formato elettronico ed è accessibile durante lacompilazione del modulo di denuncia/segnalazione ex art.139 T.U. su rete internet, intranet enelle procedure dell’Istituto.La rilevazione continua dei dati fornirà quindi a breve utili indicazioni per l’aggiornamento intempo reale del mansionario.

BIBLIOGRAFIA

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DECRETO LEGISLATIVO 23 FEBBRAIO 2000, n. 38: Disposizioni in materia di assicurazione con-tro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, a norma dell’articolo 55, comma 1, dellalegge 17 maggio 1999, n. 144, in G.U. n. 50 del 1° marzo 2000

DECRETO MINISTERIALE 18 GIUGNO 1988: Nuova tariffa dei premi per l’assicurazione controgli infortuni sul lavoro e le malattie professionali per il settore industriale e relative modalitàdi applicazione, in G.U. n. 152 del 30.06.1988.

DECRETO MINISTERIALE 12 DICEMBRE 2000: Nuove tariffe dei premi per l’assicurazione con-tro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali delle gestioni industria, artigianato, ter-ziario, altre attività e relative modalità di applicazione, in G.U. n. 17 del 22.01.2001 - S.O. n.15.

P. Fioretti, A. Schneider Graziosi, A. Terracina, N. Todaro: Le ulteriori specifiche di rischio perla classificazione dei processi lavorativi per scopi assicurativi, Atti del 3° Seminario di aggior-namento Contarp, 2004, 93-99.

M.R. Fizzano, A. Schneider Graziosi: L’applicazione del D.Lgs. 38/2000: analisi delle classifi-cazioni tariffarie ai fini dell’ottimizzazione delle tariffe, Atti del 3° Seminario di aggiorna-mento Contarp, 2004, 87-92.

INAIL, Istruzioni tecniche delle tariffe dei premi, 2001, Edizioni INAIL, Roma, 11.

A. Iotti, G. Ortolani: ESAW: Europa e prevenzione infortuni, Atti del 2° Seminario di aggiorna-mento Contarp, 2001.

A.E. Spinelli, P. Fioretti, P. Panaro, A. Terracina, G. Zarrelli, R. Vallerga: Un possibile quadroevolutivo della classificazione dei cicli tecnologici, Atti del 2° Seminario di aggiornamentoContarp, 2001, 85-92.

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INSTAURAZIONE E GESTIONE DEL RAPPORTO ASSICURATIVO: GLI INTERVENTIRELATIVI AGLI ASPETTI TECNICI

M.R. Fizzano*, A. Schneider Graziosi*, S. Toriello*** INAIL - Direzione Generale - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione.* INAIL - Direzione Generale - Direzione Centrale Rischi

RIASSUNTO

L’INAIL si impegna costantemente ad implementare i servizi mirati allo snellimento delle pro-cedure che regolano il rapporto assicurativo; la CONTARP, in qualità di struttura tecnica, si inse-risce in tali dinamiche fornendo un contributo non solo alla costruzione e all’aggiornamentodel nomenclatore tariffario e alla classificazione a tariffa delle attività denunciate ma anche almiglioramento di strumenti, come ad esempio le denunce di esercizio, che sono alla base delrapporto tra Istituto e utenti.

SUMMARY

INAIL, step by step, is building new systems in order to simplify mechanisms of insurance rela-tionship. CONTARP, Technical Advisory Department for Risk Assessment and Prevention, can givea great contribute to these new systems having a part in building and adjourning Tariff Table,classifying employers activities according to the Tariff Table and planning technical parts ofinstitutional forms.

1. PREMESSA

L’INAIL, nell’ottica della semplificazione del rapporto tra cittadini e istituzioni, si impegnacostantemente ad implementare i servizi mirati allo snellimento delle procedure che regolanoil rapporto con i propri utenti, siano essi lavoratori o datori di lavoro. In particolare, a questiultimi sono indirizzate molte delle attività istituzionali che riguardano la gestione del rappor-to assicurativo e che, grazie allo sviluppo dei mezzi informatici e telematici, hanno come obiet-tivo una gestione più agile e veloce degli iter burocratici.Sono proprio tali mezzi che permettono di affrontare processi considerati in genere solo di tipoamministrativo, in modo più puntuale da un punto di vista tecnico.La CONTARP, quale struttura tecnica dell’INAIL, si inserisce in tali dinamiche di tipo assicurati-vo fornendo un contributo alla costruzione e all’aggiornamento del nomenclatore tariffario edalla classificazione a tariffa delle attività denunciate. Inoltre la Consulenza può intervenirenella realizzazione di strumenti di tipo comunicativo, volti ad assicurare un miglioramento con-tinuo dei rapporti dell’Istituto con l’utenza.Per quanto concerne gli aspetti assicurativi, una delle principali fonti di conoscenza è il ricor-so amministrativo, che può essere considerato un indicatore della situazione del mondo lavo-rativo e produttivo. Infatti, proprio tramite il ricorso vengono acquisite informazioni circanuovi cicli produttivi e nuove tipologie di organizzazione del lavoro e sul grado di conoscenza,

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da parte dei datori di lavoro e dei loro consulenti, dei temi inerenti la tariffa dei premi e lenorme di oscillazione del tasso.

2. IL RICORSO AMMINISTRATIVO ALL’INAIL

Il D.P.R. del 14 maggio 2001 n. 314 ha riformato il procedimento per la presentazione dei ricor-si concernenti l’applicazione delle tariffe dei premi e l’oscillazione del tasso.In particolare vanno presentati al Consiglio di Amministrazione (C.d.A.) i ricorsi riguardantil’applicazione delle Tariffe dei Premi ed alla Sede territorialmente competente quelli in tema dioscillazione del tasso medio di tariffa . Il numero totale dei ricorsi presentati all’INAIL si aggira sui 2000 casi l’anno, ossia riguardauna percentuale estremamente limitata dei clienti dell’Istituto, il quale gestisce un totale dioltre tre milioni di posizioni assicurative territoriali (PAT).L’Istituto, attraverso le proprie banche dati, è in grado di monitorare il numero e la tipologiadi tali ricorsi. Oltre che per fini di gestione interna, queste informazioni possono anche esse-re studiate per ricavarne interessanti spunti di riflessione.Dall’analisi della totalità dei ricorsi presentati nel corso dell’anno 2004 (Figura 1) si evince chela maggior parte del contenzioso amministrativo è rivolto al C.d.A. e quindi di competenza dellaDirezione Generale (Direzione Centrale Rischi).L’andamento del contenzioso in funzione della gestione è riportato in Figura 2.

Un’ulteriore analisi degli stessi dati, ripartiti per sede di competenza, suggerisce anche che leSedi maggiormente interessate dal contenzioso amministrativo sono quelle che fanno capo alleDirezioni Regionali del Veneto, della Lombardia e dell’Emilia Romagna. Tale dato non deve sor-prendere se si considera la distribuzione geografica dei distretti industriali: è naturale che adun maggior numero di aziende, e quindi di PAT, corrisponda un maggior numero di ricorsi.

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Figura 1: Competenza del contenzioso amministrativo nell’anno 2004

Figura 2: Contenzioso amministrativo in funzione dellagestione

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Un’analisi della tipologia di ricorsi di competenza della Direzione Generale presentati nel corsodell’anno 2004 mostra un quadro interessante, riassunto in Figura 3.

Oggetto del maggiore numero di ricorsi è il DM 12/12/2000, in particolare gli articoli 11, 16,17 che riguardano rispettivamente le denunce di variazione, la rettifica delle classificazionid’ufficio e su domanda del datore di lavoro, e gli art. 22 (competenza Sedi) e 24 (competenzaC.d.A.) inerenti l’oscillazione del tasso medio rispettivamente per andamento infortunistico eper prevenzione dopo i primi due anni di attività. Una parte di contenzioso riguarda alcuni articoli del Testo Unico sull’assicurazione obbligato-ria concernenti l’obbligo assicurativo e le omissioni salariali (artt. 12, 16, 28, 29 e 44 del T.U.1124/65) ed anche la qualificazione e la sussistenza del rapporto di lavoro (D.Lgs 124/2004art. 17 - razionalizzazione delle funzioni ispettive). In questi casi l’esito è sempre la inammis-sibilità stante l’incompetenza dell’Istituto.E’ anche interessante individuare le voci di tariffa maggiormente oggetto di ricorso. Esclusi icasi di ponderazione, le polizze artigiane e quelle speciali, le principali voci interessate sonoriportate di seguito.

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Figura 3: Tipologia del contenzioso amministrativo nell’anno 2004

Figura 4: voci di tariffa oggetto di ricorso negli anni 2004

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All’analisi qualitativa delle voci più frequentemente oggetto di ricorso, riportate in Figura 4, nonsfugge che alcune di esse sono di nuova istituzione, ad esempio quella dei bar con servizio di cuci-na (0211) o quella della vendita all’ingrosso (0121) che comprende anche la vendita al dettaglioo quella del personale impiegatizio che effettua accessi in cantieri, opifici e simili (0724). Potrebbe invece sorprendere la presenza delle voci relative all’uso dei videoterminali (0722) edel mezzo privato (0723) che l’esperienza ci dice vengono piuttosto chieste e non contestate.Tuttavia un simile dato non può essere molto indicativo perché le voci che risultano essere piùfrequentemente oggetto di ricorso sono anche le più applicate in generale e, quindi, si puòdedurre un’informazione più accurata solo rapportando tale dato al numero di PAT per ciascu-na voce (Figura 5).Pur tenendo presente il valore assoluto del rapporto determinato (0.17 - 2.80), riferendosi a1000 PAT assicurate in ciascuna voce, si nota come le voci maggiormente oggetto di conten-zioso siano, in realtà, alcune del Grande Gruppo 6, la 0724, la 2197, la 3620, la 9121. Ciò può essere ricondotto alla molteplicità delle lavorazioni nell’ambito dell’industria dei mate-riali metallici e alla conseguente difficoltà di riferimento ad una unica voce di tariffa. Si nota,invece, come le voci relative all’uso dei videoterminali e all’uso del mezzo privato, non sonoparticolarmente rappresentate se rapportate al relativo totale di PAT.

4. IL QUADRO SUL CAMPO

Il precedente quadro statistico porta a fare alcune considerazioni di tipo tecnico. La prima èche molte delle voci oggetto di ricorso sono quelle che maggiormente suscitano difficoltàinterpretative perché non sempre si hanno precise e complete informazioni sulla struttura dellatariffa, sui suoi formalismi e sul significato che certi termini, usati correntemente nella linguaitaliana con significato più ampio, assumono nel contesto tecnico. Altra problematica che si presenta non semplice è quella della definizione della retroattività deiprovvedimenti, per la cui decisione, almeno per gli aspetti tecnici, si ricorre all’analisi delledenunce di esercizio presentate dalla ditta. L’individuazione e la definizione della voce di tariffa passano, infatti, attraverso la valutazio-ne dell’attività svolta dalla azienda e il riferimento di essa ad una o più voci. Talora, ciò non è

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Figura 5: numero di ricorsi per 1000 PAT assicurate in ciascuna voce.

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immediato perché la Tariffa dei Premi è concepita in modo da essere il più rappresentativa pos-sibile ma proprio per questa sua caratteristica spesso, al momento di essere calata nella sin-gola realtà produttiva, risulta generica nelle definizioni.Spetta allora ai tecnici cercare di trovare la migliore associazione tra attività effettuata e lavo-razione così come descritta nella voce di tariffa e tale compito viene espletato in momenti dif-ferenti: alla presentazione della denuncia di esercizio, se la Sede lo ritiene opportuno, e nel-l’esame dei ricorsi al C.d.A.. Tale tipo di incarico può essere svolto servendosi di vari elementiche hanno in comune la caratteristica di acquisire quanto più possibile informazioni, notizie,testimonianze sulla effettiva attività e anche quelli deducibili dalle denunce di esercizio, dinuovo lavoro, di aggiornamento che la ditta ha precedentemente presentato.Una così attenta ricerca assicura al datore di lavoro un giudizio non approssimato; tuttavia èimportante che al datore di lavoro, o al consulente che ne cura gli interessi, siano chiari alcu-ni passaggi chiave. E’ proprio la Consulenza tecnica che in questo ambito può giocare un ruoloimportante, fornendo indicazioni su quali elementi sono importanti nel processo di classifica-zione, a qualunque livello esso si esplichi.

5. IL CONTRIBUTO DELLA CONTARP NELLA CONSULENZA AI DATORI DI LAVORO

Nello svolgimento dei loro compiti istituzionali, i professionisti della CONTARP hanno occasio-ne di prendere contatto con i datori di lavoro, secondo modalità che comportano uno scambiodi informazioni a livello tecnico tra le parti. Infatti, in occasione di sopralluoghi per ricorsi edi incontri con le associazioni datoriali, il datore di lavoro, il consulente aziendale o altri chelo rappresentano, forniscono informazioni circa le modalità di svolgimento del ciclo produtti-vo in termini sia tecnici che di organizzazione del lavoro; d’altra parte i rappresentanti delmondo del lavoro chiedono e ottengono informazioni circa le modalità di applicazione dellatariffa dei premi, i meccanismi di oscillazione del tasso medio di tariffa e, più in generale, sugliaspetti tecnici del rapporto assicurativo.Simili processi si configurano, nei confronti dei datori di lavoro, come una sorta di consulenzaspecifica, anche se di entità piuttosto limitata. Si pensi ad esempio ai sopralluoghi effettuatidai professionisti CONTARP: questi, non essendo delle figure di controllo amministrativo, maessendo interlocutori tecnici, interessati ai soli aspetti tecnici e tecnologici del ciclo produtti-vo, che spesso costituiscono un vanto per l’azienda, hanno la possibilità di instaurare un rap-porto sereno con la ditta. Ne consegue che possono avere con il datore di lavoro un proficuoscambio di informazioni e quindi anche la possibilità di fornire dettagli su aspetti proceduraliper la richiesta di riduzione del tasso.La stessa opportunità si presenta durante gli incontri con le associazioni datoriali durante iquali vengono esaminate problematiche generali, mutamenti del settore, cambiamenti dellatecnologia.Vi sono, poi, una serie di interventi concretizzati dalla CONTARP che si configurano come unasorta di consulenza indiretta.Il primo approccio che il datore di lavoro ha con l’INAIL è la denuncia di esercizio. A tal pro-posito la CONTARP può fornire una consulenza interna all’Istituto che si concretizza nel suoinserimento nei processi amministrativi di redazione e aggiornamento dei moduli e delle guide,soprattutto nel momento attuale in cui si stanno anche modificando le modalità di presenta-zione delle denunce stesse.In particolare, è stata recentemente varata la denuncia on-line, accessibile dal portale INAIL,consistente nella possibilità di compilare il modulo via internet. Nella revisione della guida è statoampliato lo spazio riservato alla compilazione del quadro C, spazio in cui sinteticamente si è cer-

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cato di chiarire quali elementi è opportuno fornire per assicurare un corretto inquadramento clas-sificativo. Ad esempio, sono stati riportati in modo sintetico i significati di operazioni comple-mentari e sussidiarie ed è stata precisata la necessità di descrivere in modo conciso ma chiaroquanto realizzato e se svolto solo per le necessità aziendali o anche per conto terzi.Le stesse informazioni sono state specificamente richieste nei moduli di denuncia di nuovolavoro, attualmente in fase di revisione; infatti, spesso è proprio da questo tipo di denunce chesi può desumere se la classificazione attribuita all’azienda è ancora valida.All’interno dell’obiettivo di diffusione al maggior numero di utenti possibili delle informazionirelative alla stessa Tariffa dei Premi trovano collocazione anche tutte quelle occasioni, qualiconvegni, workshop, ecc., in cui possono essere illustrati i fondamenti tecnici delle Tariffe deipremi e i meccanismi di oscillazione del tasso anche con esempi concreti di quanto, annual-mente, e non in dipendenza di finanziamenti particolari, un datore di lavoro può risparmiareattuando politiche preventive.Inoltre trovano collocazione anche quei lavori che tramite prodotti cartacei vogliono informa-re sui meccanismi assicurativi e, a questo proposito, si può citare un progetto che mira allaredazione di una sorta di “Glossario” in cui siano riportati i significati di termini tecnici pre-senti nelle voci di tariffa.

RINGRAZIAMENTI

Si ringraziano la Dott.ssa Paola Andrei e il sig. Dante Gurrieri della Direzione Centrale Rischiper l’indispensabile contributo nella ricerca dei dati statistici.

BIBLIOGRAFIA

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DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 14 MAGGIO 2001, N. 314: Regolamento di sem-plificazione dei procedimenti per la presentazione dei ricorsi avverso l’applicazione delle tarif-fe e dei premi assicurativi per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, nonché per lacomposizione del contenzioso in materia di premi per l’assicurazione infortuni, in G.U. n. 179del 3/8/2001.

DECRETO LEGISLATIVO 23 APRILE 2004, N. 124: Razionalizzazione delle funzioni ispettive inmateria di previdenza sociale e di lavoro, a norma dell’articolo 8 della legge 14 febbraio 2003,n. 30, in G. U. n. 110 del 12/5/2004.

DECRETO MINISTERIALE 12 DICEMBRE 2000: Nuove tariffe dei premi per l’assicurazione con-tro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali delle gestioni: industria, artigianato, ter-ziario, altre attività, e relative modalità di applicazione, in G.U. n. 17 del 22/1/2001.

DECRETO PRESIDENTE REPUBBLICA 30 GIUGNO 1965, N. 1124: Testo unico delle disposizioniper l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, inG.U. n. 257 del 13/10/1965 - Suppl. ord.

DECRETO DEL 20 GIUGNO 1988: Nuova tabella dei tassi di premio supplementare per l’assicu-razione contro la silicosi e l’asbestosi, e relative modalità di applicazione, in G.U. n. 151 del29/6/1988.

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ORIENTAMENTI CLASSIFICATIVI PER STRUTTURE EROGANTI “PRESTAZIONISOCIOSANITARIE”

C. Gargano*, G. Giaquinta*, D. D’Amico*, G. Barcellona*, D. Bellomo*, E. Davì*, S. Di Chiara*, G. Giannettino*, R. Li Causi*, L. Schifano** INAIL - Direzione Regionale Sicilia - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione

RIASSUNTO

Il lavoro prende spunto da un’attività di accertamento rischi ai fini classificativi realizzata suvarie strutture eroganti “prestazioni sociosanitarie” presenti in Sicilia. Il contesto di riferi-mento vedeva (e vede tuttora), in generale, un certo grado di difficoltà per la classificazione,da parte delle Sedi INAIL, delle attività sopra citate o nella voce relativa alle ”StruttureAssistenziali” - v. 0312 - della gestione Terziario della Tariffa dei Premi (D.M. 12/12/2000) o inquella relativa alle “Strutture Sanitarie” - v. 0311. Di contorno la circostanza secondo cui lestrutture eroganti “prestazioni sociosanitarie” espletano attività sia nell’ambito della“Assistenza” che in quello della “Sanità”.Attraverso la disamina dell’attività di assistenza e terapie erogate, della tipologia di assistiti,del regime di permanenza nelle strutture e delle figure professionali coinvolte, si prospettanoorientamenti classificativi fortemente integrati al complesso quadro normativo di riferimento.

SUMMARY

This paper starts from an assessment risks activity carried out on several “social and health ser-vices” structures in Sicily to obtain correct “Italian Workers Compensation Authority” (INAIL)work classification. At the moment, local INAIL offices have some difficulties to point correctwork classification and insurance premium that structures have to pay. Not only do structureshave to deal with welfare services but also with sanitary services.By examining welfare and sanitary services, patients, activity and professional workers, authorsprovide to suggest work classification guidelines as mirror of national rules.

1. INTRODUZIONE

Con la Tariffa dei Premi approvata con D.M. 12/12/2000 il Legislatore ha proposto, nell’ambi-to del G.G. “0”, il sottogruppo 0310 attraverso cui si prospetta una netta separazione fra le atti-vità relative alle Strutture Sanitarie ed alle Strutture Assistenziali. In funzione di ciò è propo-sta la nuova voce 0312 in cui sono contemplate alcune attività lavorative che, nell’ambito dellaTariffa dei Premi approvata con D.M. 18/06/88, erano inquadrate nella v. 0110 assieme ad“alberghi, locande, pensioni”, ecc.: si tratta degli “ospizi, orfanotrofi, brefotrofi, istituti di cor-rezione”. Alcune attività vengono inserite ex novo nella declaratoria della v. 0312: si tratta dei“pensionati”, dei “centri di recupero tossicodipendenti e alcolisti e simili”.Tutte quelle indicate nella voce 0312 sono strutture che operano nel campo dell’assistenza afavore di soggetti con problematiche di tipo sociale/familiare (anziani, bambini, neonati) e/o

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con patologie geriatriche e/o in condizione di disagio psico-fisico (tossicodipendenti e alcoli-sti). Sfuggono, ancora, da un esplicito riferimento tariffario le attività lavorative svolte a van-taggio di soggetti che manifestino condizioni di disabilità fisica, psichica e sensoriale, compre-si coloro che siano affetti da patologie psichiatriche: questi ultimi, infatti, sono un sott’insiemedei soggetti con deficit fisico, psichico e sensoriale ma le problematiche di sicurezza che con-traddistinguono le patologie psichiatriche, le strutture ricettive e l’organizzazione dei Servizi diTutela della Salute Mentale sono del tutto peculiari. Per le persone che si trovino in tali stati dibisogno la legislazione italiana ha previsto numerosi livelli di assistenza-cura-riabilitazione infunzione della tipologia/gravità della patologia e dell’esistenza o meno di un nucleo familiarein grado di gestire la patologia del congiunto, anche sotto il profilo economico. In Sicilia sono state analizzate nel dettaglio strutture ospitanti soggetti con problematiche deltipo sù richiamato e se ne sono analizzati gli elementi caratterizzanti in termini di: regime assi-stenziale, qualifica e mansioni dell’organico, attività effettuate. Sono stati ricercati nel com-plesso quadro normativo che regola la materia i riferimenti di legge degli elementi conoscitiviraccolti.

2. ORGANIZZAZIONE DELLE STRUTTURE EROGANTI PRESTAZIONI SOCIOSANITARIE CON RIFERIMENTO ALLE NORME

E’ da premettere che la Legge 23/12/78, n. 833, di istituzione del Servizio Sanitario Nazionale,ha demandato alle Regioni la possibilità di organizzare autonomamente i livelli di assistenza,cura e riabilitazione rivolti ai soggetti affetti da disabilità fisica, psichica e sensoriale, con idovuti distinguo per quelli affetti da patologie psichiatriche; ciò ha comportato la prolifera-zione di denominazioni diverse relative a strutture analoghe e, conseguentemente, per gliautori, difficoltà nel definire dal punto di vista tecnico assicurativo la tipologia di strutturaricettiva e, contestualmente, l’obbligo di riferirsi ai servizi offerti dalla stessa ed alla tipologiadi utenza. E’ da precisare che il concetto di “disabilità” fa riferimento alla capacità della persona di esple-tare autonomamente (anche se con ausili) le attività fondamentali della vita quotidiana e siriconduce alla legge n. 104 del 1992 (“Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e idiritti delle persone handicappate”). Spesso, però, si usano impropriamente come sinonimi itermini “invalido”, “handicappato”, “disabile” o “inabile”. Nel presente lavoro ci si riferisce ai soggetti affetti da minorazioni, singole o plurime, come diseguito definite, ed a soggetti affetti da disturbi psichiatrici. I primi sono coloro i quali abbia-no ridotta l’autonomia personale tanto da rendere necessario un intervento assistenziale per-manente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione: si tratta, com-plessivamente, di soggetti con deficit neurologici congeniti e/o acquisiti (p.es.: questi ultimisono quelli derivanti da traumi cranioencefalici, stati di coma, malformazioni vascolari, lesio-ni midollari cervicali complete, cardiopatia ischemica, scompenso cardiaco, insufficienza respi-ratoria). Fra i secondi valga il seguente, non esaustivo, elenco: disturbi dell’umore, demenze,stati depressivi, episodi maniacali, schizofrenia, psiconevrosi, disturbi della personalità, ecc.. I principi legislativi che regolano gli interventi rivolti ai soggetti affetti da disabilità che assu-mano connotazione di gravità, risalgono già alla metà del 1800 (Legge 753/1862) e si evolvo-no fino alla Legge 05/02/92, n. 104. La Norma risponde ad un criterio rispetto al quale si sta-biliscono tutti i diritti dei disabili portatori di handicap e si delegano le attività legislative diattuazione delle disposizioni generali a livello delle regioni. Nelle regioni, però, la disomogeneaproduzione di norme e disposizioni rallenta la piena attuazione di quanto delegato dalla Legge-quadro, come accade in materia di prevenzione e servizi per le persone in situazioni di gravità.

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I principi legislativi che regolano gli interventi rivolti ai soggetti affetti da disturbi psichia-trici, a partire dall’emanazione della Legge 180 del 1978, c.d. legge Basaglia (“Accertamentie trattamenti sanitari volontari e obbligatori” - quasi del tutto confluita nella L. 833/78),hanno comportato l’affiancamento alla tipologia di intervento fondata sul ricovero ospeda-liero (limitata a casi particolarmente gravi ed acuti) quella presso “servizi territoriali”.L’assistenza psichiatrica è, a partire dall’emanazione del D.P.R. 07/04/94 di approvazione del“Progetto-obiettivo di tutela della salute mentale 1994-1996”, organizzata nei Dipartimentidi Salute Mentale (D.S.M.), cui fanno capo tutte le attività, sia “ospedaliere” che “territoria-li”. Il D.S.M. è dotato delle seguenti strutture: Centro di Salute Mentale (C.S.M., svolge fun-zioni organizzative, ambulatoriale e domiciliare), Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura(S.P.D.C.), strutture per attività in regime “semiresidenziale” (Centro Diurno, C.D., e DayHospital, D.H.), e strutture per attività in regime “residenziale”. Ogni regione determinal’organizzazione dei D.S.M., ed in particolar modo delle strutture residenziali, adeguandolaalla specificità delle diverse situazioni locali.Le norme che, a partire dal ‘78, si sono succedute, hanno, spesso, inserito elementi di nonchiara lettura, se non di contrasto, nel quadro di riferimento legislativo sia per le disabilitàfisiche, psichiche e sensoriali che per le patologie psichiatriche; nel tentativo di mettereordine nelle varie tipologie di strutture, anche nell’ottica della classificazione proposta conla Tariffa dei Premi INAIL, gli scriventi hanno distinto, in funzione della tipologia/gravità s.l.della patologia:1 a) pazienti disabili per i quali si configura la necessità di un ricovero ospedaliero in conse-

guenza del verificarsi di condizioni di sofferenza di grado elevato (riconducibile o all’acu-tizzarsi della specifica disabilità o a patologia generica); b) pazienti con patologie psichiatriche gravi/acute per i quali, durante periodi di “crisi psi-chiatrica”, è necessaria un’osservazione continuata, ben definita nel tempo, con ricoveroospedaliero nei S.P.D.C., in Trattamento Sanitario Obbligatorio (T.S.O.) e/o Facoltativo;

2 a) pazienti con disabilità tali da causare una pressoché totale mancanza di autosufficienzache comporta un elevato livello di tutela sanitaria/assistenziale per il mantenimento/svol-gimento delle funzioni vitali; fra le strutture di riferimento per tali casi vanno segnalate leResidenze Sanitarie Assistenziali (R.S.A.);b) pazienti con patologie psichiatriche di media/alta gravità “non stabilizzate” ad anda-mento cronico, più o meno autosufficienti, che richiedono un’assistenza continuativa e dilungo periodo: per questi soggetti è prevista l’erogazione di prestazioni sanitarie/assisten-ziali dirette al recupero funzionale e sociale in strutture residenziali, semiresidenziali e/o inregime ambulatoriale;

3 pazienti con disabilità fisica, psichica e sensoriale cronica in condizioni di parziale autosuf-ficienza: questi richiedono erogazione di prestazioni continue per periodi lunghi e trovanocollocazione in strutture residenziali, semiresidenziali ed in regime domiciliare, in cui pre-vale l’attività assistenziale rispetto alla riabilitativa ed alla sanitaria. Fra coloro che corri-spondono ai bisogni assistenziali appena citati sono presenti anche gli anziani ed i sogget-ti dell’area materno-infantile. Sono altresì ricompresi nella tipologia di struttura in esamepazienti con malattie psichiatriche “stabilizzate” che sono in grado di stare temporanea-mente da sole o in comunità senza sorveglianza, senza con ciò rappresentare un pericolo perse stesse o per altri. Dal punto di vista delle denominazioni, l’ampia autonomia regionale ha permesso il prolife-rare di una gran varietà di termini anche per strutture analoghe; sono, infatti, strutture dicui al presente punto le seguenti: Case di Riposo, Case Albergo per minori, inabili ed anzia-ni, Comunità Alloggio, Istituti di Ricovero per Minori, ecc. Alcune denominazioni si diffe-renziano, a parità di tipologia di assistiti, per il numero massimo di utenti presenti.

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Le strutture di cui al punto “1” esulano dalla trattazione del presente lavoro in quanto si trat-ta a tutti gli effetti di strutture che accolgono pazienti in condizione di emergenza sanitariaprovenienti pure dal Pronto Soccorso; di solito si tratta di degenza ospedaliera di breve dura-ta. Le attività operative sono del tutto inquadrabili come “Sanitarie” e, pertanto, non si deter-mina la necessità di ulteriori approfondimenti ai fini tariffari. Le strutture di cui al punto “2a”non sono state oggetto di esame in Sicilia ma se ne troveranno evidenze nelle considerazionifinali. Le strutture di cui ai punti “2b” e “3”, la tipologia di pazienti, le figure professionali ope-ranti, i regimi assistenziali, le prestazioni socio-sanitario-assistenziali erogate sono oggettodel seguente paragrafo.

3. ANALISI DELLE STRUTTURE EROGANTI PRESTAZIONI SOCIOSANITARIE ESAMINATE IN SICILIA

Le strutture studiate in Sicilia e riferibili ai punti “2b” e “3” del precedente paragrafo sono“Istituti o Centri di Riabilitazione” che operano in convenzione con la Regione Sicilia ai sensidell’articolo 26 della L. 833/78 che recita: “Le prestazioni sanitarie dirette al recupero funzio-nale e sociale dei soggetti affetti da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali, dipendenti daqualunque causa, sono erogate dalle unità sanitarie locali attraverso i propri servizi. L’unitàsanitaria locale, quando non sia in grado di fornire il servizio direttamente, vi provvedemediante convenzioni con istituti esistenti nella regione in cui abita l’utente (omissis)”. Neldettaglio si tratta di Comunità Terapeutiche Assistite e Associazioni Assistenziali.Con il termine Comunità Terapeutica Assistita (C.T.A.) si intende una struttura creata a seguitodell’emanazione del Decreto Assessoriale della Regione Siciliana del 08/07/81 il quale appro-vava il “Piano relativo alla programmazione sul territorio delle strutture per la realizzazione delServizio Territoriale di Tutela della Salute Mentale”. La C.T.A. è una struttura protetta previstaper i pazienti cronici, più o meno autosufficienti, anche dimessi da ospedali psichiatrici, chelamentino ancora disturbi per i quali venga richiesto il ricovero con lunga permanenza in isti-tuzioni psichiatriche e parapsichiatriche, le cui finalità non sono esclusivamente assistenzialima, soprattutto, per quanto possibile, riabilitative e risocializzanti. In altri contesti regionalile citate strutture assumono altre denominazioni: per esempio in Lombardia esistono le“Comunità Protette” con finalità analoghe alle C.T.A..Le Associazioni Assistenziali visitate ospitano soggetti con disabilità stabilizzate di natura fisi-ca, psichica e sensoriale derivanti da patologie encefaliche che non possono essere assistiti incasa (per le difficoltà da parte della famiglia ad affrontare la situazione di disagio o per l’ele-vato livello assistenziale di cui la persona ha bisogno) per le quali, nelle strutture di cui trat-tasi, vengono garantiti interventi riabilitativi finalizzati al mantenimento delle autonomie fun-zionali conseguite dal soggetto ed alla prevenzione delle possibili ulteriori involuzioni. In que-sto contesto, assume maggiore valenza l’intervento assistenziale su quello sanitario. L’esame delle strutture presso le quali sono stati effettuati sopralluoghi ha consentito di acqui-sire gli elementi conoscitivi utili ai fini classificativi.Le strutture di cui ai punti “2b” e “3” esaminate in Sicilia svolgono le seguenti “attività”: ospita-lità residenziale temporanea o stabile; assistenza alle principali funzioni di base dell’utente;espletamento di prestazioni igienico-sanitarie; somministrazione di terapie farmacologiche; ero-gazione prestazioni riabilitative individualizzate e/o di gruppo come attività di socializzazione edi inserimento sociale, nei limiti consentiti dalla gravità della situazione di disabilità dell’utente. Le figure professionali operanti all’interno di entrambe le tipologie di strutture sono di segui-to elencate:• Psicologi: offrono il proprio servizio sia entro i locali dell’associazione che a domicilio e

presso le scuole dove affiancano gli insegnanti di sostegno per i cosiddetti “gruppi H”;

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• Infermieri professionali: somministrano le medicine quando sono previste terapie farmaco-logiche (p.e.: psicofarmaci ed antiepilettici);

• Ausiliari socio-sanitari: accompagnano gli assistiti in tutti i movimenti negli ambienti inter-ni, realizzano la pulizia e curano l’igiene degli stessi;

• Terapisti della riabilitazione: realizzano il programma di intervento riabilitativo; per i sog-getti con patologie psichiatriche ci si riferisce più propriamente a Terapisti della riabilita-zione psichiatrica;

• Assistenti sociali: curano i rapporti con le famiglie e seguono i casi dal punto di vista del-l’adempimento formale delle pratiche burocratiche, p.e.: raccolta notizie anamnestiche,aspetti pensionistici, ecc.;

• Educatori/Animatori: sono impegnati con gruppi di pazienti con i quali realizzano, in classee/o in laboratori, la conduzione di piccoli lavori manuali (ceramica, decoupage, piccola fale-gnameria con vimini, sartoria, ricamo, ecc.);

Nell’ambito delle Associazioni Assistenziali che ospitano disabili fisici, psichici e sensoriali (dicui al gruppo “3” del precedente paragrafo) sono presenti in qualità di specialisti medici:Neurologi che realizzano la diagnosi e programmano la terapia in termini di “progetto riabili-tativo”; Neuropsichiatri infantili; Fisiatri.Nell’ambito delle strutture che ospitano soggetti con malattia psichiatrica (di cui al gruppo“2b” del precedente paragrafo) sono presenti in qualità di specialisti medici gli Psichiatri; oltrea questi sono pure presenti i Pedagogisti.Circa il regime di permanenza all’interno delle due tipologie di strutture si distinguono:• Regime residenziale: consiste nella totale presa in carico di pazienti; per le C.T.A è l’unico

regime compatibile con le condizioni dei pazienti;• Regime semiresidenziale: solo per le Associazioni Assistenziali, prevede che i pazienti arri-

vino in mattinata, seguano le terapie riabilitative previste (individuali e di gruppo), consu-mino il pasto di metà giornata e lascino i locali dopo circa n. 8 ore di permanenza;

• Regime ambulatoriale: solo per le Associazioni Assistenziali, prevede che il paziente effettuil’ingresso nei locali ad orari prestabiliti per la somministrazione della terapia riabilitativaindividuale.

Le prestazioni riabilitative erogate nell’ambito delle C.T.A. sono quelle di seguito indicate:• Intervento “Testologico”: si tratta dell’applicazione degli strumenti standardizzati per la

valutazione, semestrale, delle abilità e/o capacità residue del paziente negli ambiti relativia: autonomia personale; area cognitive; area affettiva - emotiva; area socio - relazionale;

• Intervento psico - socio - riabilitativo: tende a sviluppare e mettere in luce le abilità e/ocapacità presenti e residue del paziente in modo da permettergli un effettivo inserimentoall’interno del sistema sociale;

• Intervento psicofarmacologico: consiste nella somministrazione di psicofarmaci.Le prestazioni riabilitative erogate solo nelle Associazioni Assistenziali sono quelle di seguitoindicate:• kinesiterapia: consiste nel far praticare movimenti di vario tipo al paziente con deficit moto-

ri, psicomotori e cognitivi di varia natura; le manovre sono eseguite dal paziente, disteso sulettino o seduto o in piedi, con l’ausilio ed il controllo del terapista il quale utilizza le pro-prie mani e/o semplici ausili quali bastoni di legno, spalliere da palestra, parallele da gin-nasta, “piano di statica” (piano reclinabile che serve per favorire la verticalizzazione delpaziente), tappeti, mattoni in legno, birilli, sacchi di sabbia, specchi, pesi, scale oblique,“cyclette”, funi e corde, ecc.;

• logoterapia, o terapia del linguaggio: si prefigge l’obiettivo di correggere disturbi del lin-guaggio e della comunicazione; si pratica su un paziente seduto davanti ad uno specchio enon necessita di nessun ausilio particolare;

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• terapia occupazionale: serve per migliorare la funzionalità degli arti superiori su soggetti(traumatizzati o portatori di patologie) con difficoltà al coordinamento motorio; è finaliz-zata allo stimolo delle attività espressive, manuali rappresentative, ludiche e della vita quo-tidiana e si realizza con il paziente in posizione seduta grazie anche all’utilizzo, da partedello stesso, di piccoli strumenti quali giocattoli per l’infanzia o l’adolescenza;

• terapia psicomotoria, praticata in area pediatrica: è finalizzata allo sviluppo dell’identitàsoggettiva attraverso il miglioramento della coordinazione motoria del corpo intero e si rea-lizza grazie al gioco ed all’utilizzo di strumenti semplici quali palline, cerchi, birilli, percor-si guidati da nastri applicati sul pavimento, percorsi coperti che simulano l’attraversamen-to di tunnel, ecc..

Per ciò che riguarda le terapie riabilitative di gruppo, pratiche, espressive e creative, in entram-be le tipologie di strutture si realizza quanto segue:• Attività Intramurarie - Laboratori: falegnameria; cuoio; bigiotteria, cucito, lana, uncinetto;

estetica; vimini - cesteria; artistico; sughero; decorazioni floreali; culturale; intreccio tap-peti; teatro, canto, danza; fotocinematografico; didattico, pittura ed arti espressive; ginna-stica ed espressione corporea; musicoterapia; attività socio - ricreative e ludiche;

• Attività extramurarie: gite, visite naturalistiche, visita mercati rionali, bagni al mare, parte-cipazione a manifestazioni organizzate da enti ed associazioni culturali, ecc.

4. CONSIDERAZIONI FINALI

Il quadro fin qui esposto evidenzia come le finalità assistenziali e di accoglienza della personasi compenetrino con quelle riabilitativo/sanitarie. In funzione di tale fattore, le due tipologiedi strutture esaminate manifestano differenze sottili anche se sostanziali: basti considerareche nell’un caso si tratta di pazienti psichiatrici cronici non stabilizzati che non possono rice-vere trattamenti riabilitativi fisioterapici ma richiedono interventi riabilitativi di tipo psico-sociale, nell’altro caso i deficit motori dei pazienti con disabilità fisica, psichica e sensoriale,possono assumere rilevanza in termini di impegno da parte del personale addetto alle terapieriabilitative e/o ai bisogni primari dell’assistito.Sotto l’aspetto delle attività di riabilitazione, le “Linee Guida del Ministro della Sanità” defini-scono le due tipologie di pazienti come “disabili importanti con possibili esiti permanenti” eper questi è prevista una “presa in carico a lungo termine” ed una “attività di riabilitazioneestensiva o intermedia” caratterizzata da “un moderato impegno terapeutico a fronte di unforte intervento di supporto assistenziale”.Sotto il profilo della integrazione fra prestazioni sociali (assistenziali) e sanitarie l’art. 3 - sep-ties del D. L.gs 19/06/99, n. 229, contenente Norme per la razionalizzazione del Servizio sani-tario nazionale, riporta importanti innovazioni integrate e meglio delineate dall’Atto di indi-rizzo e Coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitaire, approvato con D.P.C.M.14/02/01; si riportano, da queste norme, gli elementi di interesse.“Le prestazioni sociosanitarie comprendono:a) prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, cioè le attività finalizzate alla promozione della

salute, alla prevenzione, individuazione, rimozione e contenimento di esiti degenerativi oinvalidanti di patologie congenite o acquisite contribuendo alla partecipazione alla vitasociale e alla espressione personale;

b) prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, cioè tutte le attività del sistema sociale che hannol’obiettivo di supportare la persona in stato di bisogno, con problemi di disabilità o di emar-ginazione condizionanti lo stato di salute: fra queste vale la pena elencare gli interventi disostegno e promozione a favore dell’infanzia, dell’adolescenza e delle responsabilità fami-

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liari; gli interventi per contrastare la povertà nei riguardi dei cittadini con limitazioni per-sonali o sociali; gli interventi di sostegno e di aiuto domestico familiare finalizzati a favori-re l’autonomia e la permanenza nel proprio domicilio di persone non autosufficienti; gliinterventi di ospitalità alberghiera presso strutture residenziali e semiresidenziali di adultie anziani con limitazione dell’autonomia, non assistibili a domicilio; gli interventi, anche dinatura economica, atti a favorire l’inserimento sociale di soggetti affetti da disabilità opatologia psicofisica e da dipendenza, fatto salvo quanto previsto dalla normativa vigentein materia di diritto al lavoro dei disabili;

c) prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria sono caratterizzate da partico-lare rilevanza terapeutica e intensità della componente sanitaria e attengono prevalente-mente alle aree materno-infantile, anziani, handicap, patologie psichiatriche e dipendenzeda droga, alcool e farmaci, patologie per infezioni da HIV e patologie in fase terminale, ina-bilità o disabilità conseguenti a patologie cronico-degenerative. Tali prestazioni sono quel-le, in particolare, attribuite alla fase post-acuta caratterizzate dall’inscindibilità del concor-so di più apporti professionali sanitari e sociali nell’ambito del processo personalizzato diassistenza. Esse possono essere erogate in regime ambulatoriale domiciliare o nell’ambito distrutture residenziali e semiresidenziali e sono in particolare riferite alla copertura degliaspetti del bisogno socio-sanitario inerenti alle funzioni psicofisiche e alla limitazione delleattività del soggetto, nelle fasi estensive e di lungo assistenza”.

Dalla lettura di tali indirizzi normativi, sembrerebbe che il Legislatore abbia inteso accorparele prestazioni erogate dalle strutture prese in esame nel presente lavoro (quelle precedente-mente indicate come “2b” e “3”) fra quelle denominate “prestazioni sociosanitarie ad elevataintegrazione sanitaria”; non può non essere osservato il fatto che vengano pure classificatecome tali strutture che, nell’ambito della Tariffa dei Premi dell’anno 2000, sono inquadratecome tipiche strutture assistenziali.Dal complesso (ed a volte contraddittorio) quadro normativo di riferimento possono trarsi alcuneconsiderazioni:• Preliminarmente va osservato come le attività previste sotto la denominazione di “strutture

assistenziali”, in Tariffa INAIL, in effetti espletino funzioni di elevata integrazione socio-assistenziale e sanitaria;

• In generale, l’inquadramento tariffario delle attività svolte dalle strutture appena citate puòessere effettuato attraverso un processo che, in prima battuta, individui un’analogia con letipologie di strutture codificate nella complessa normativa nazionale di riferimento e, in unsuccessivo passaggio logico, ricerchi riscontri fra quanto normato e quanto indicato esplici-tamente in Tariffa INAIL;

• Nella prospettiva di una prossima revisione tariffaria si potrebbe ipotizzare la creazione diuna nuova voce cui riferire le attività, omologhe dal punto di vista dei profili di rischio pro-fessionale, svolte nell’ambito di strutture eroganti servizi sociosanitari ad elevata intensitàsanitaria.

BIBLIOGRAFIA

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LEGGE 23 DICEMBRE 1978, N. 833: Istituzione Del Servizio Sanitario Nazionale, in G.U. n. 360del 28 dicembre 1978 (S.O.)

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DECRETO ASSESSORIALE DELLA REGIONE SICILIANA 08 LUGLIO 1981: Approvazione del PianoRelativo alla Programmazione sul Territorio delle Strutture per la realizzazione del ServizioTerritoriale di Tutela Della Salute Mentale, in G.U.R.S. n. 51 del 31 ottobre 1981.

DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 8 AGOSTO 1985: Atto di indirizzo ecoordinamento alle regioni e alle province autonome in materia di attività di rilievo sanitarioconnesse con quelle socio-assistenziali, ai sensi dell’art. 5 della legge 23 dicembre 1978, N.833, in G.U. n. 191 del 14 agosto 1985.

DECRETO MINISTERIALE 18 GIUGNO 1988: Nuova tariffa dei premi per l’assicurazione controgli infortuni sul lavoro e le malattie professionali per il settore industriale, e relative modalitàdi applicazione, in G.U. n. 151 del 29 giugno 1988.

LEGGE 05 FEBBRAIO 1992, N. 104: LEGGE - Quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e idiritti delle persone handicappate, in G.U. n. 39 del 17 febbraio 1992.

DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 7 APRILE 1994: Approvazione del progetto-obiettivo tutela della salute mentale 1994 - 1996, in G.U. n. 93 del 22 aprile 1994.

PROVVEDIMENTO - CONFERENZA PERMANENTE PER I RAPPORTI TRA LO STATO LE REGIONI E LEPROVINCIE AUTONOME DI TRENTO E BOLZANO 7 MAGGIO 1998: Linee-guida del ministro dellasanità per le attività di riabilitazione, in G.U. n. 124 del 30 maggio 1998.

DECRETO LEGISLATIVO 19 GIUGNO 1999, N. 229: Norme per la razionalizzazione del serviziosanitario nazionale, in G. U. n. 165 del 16 luglio 1999.

DECRETO MINISTERIALE 12 DICEMBRE 2000: Nuove tariffe dei premi per l’assicurazione con-tro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali delle gestioni: industria, artigianato, ter-ziario, altre attività e relative modalità di applicazione, in G.U. n. 17 del 23 gennaio 2001(S.O.).

DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DEL 14 FEBBRAIO 2001: Atto di indi-rizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio- sanitarie, in G.U. n. 129 del 06 giugno2001.

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GLI INFORTUNI SUL LAVORO IN ITALIA: ANALISI SECONDO IL NUOVO SISTEMA ESAW/3

A. Iotti*, G. Ortolani*** INAIL - Direzione Regionale Emilia Romagna - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi ePrevenzione** INAIL - Direzione Generale - Consulenza Statistico Attuariale

RIASSUNTO

Il nuovo sistema europeo di codifica delle modalità di accadimento degli infortuni sul lavoro(ESAW/3) è in funzione dal 2002. Superata la fase sperimentale d’inizio, dopo un monito-raggio di qualità semestrale, si è giunti a dati abbastanza consolidati da consentirne una ana-lisi in termini anche di contenuti. Sono qui esaminati per la prima volta, secondo le ottovariabili previste dal sistema stesso, gli infortuni avvenuti in Italia nel primo anno di daticompleti, non più sperimentali, il 2003. Nell’ambito dell’analisi specifica, si pone particola-re attenzione all’identificazione delle cause di infortunio ma anche dei fattori concomitantie delle conseguenze. L’obiettivo ultimo è quello dell’identificazione di possibili macro-areedove attuare interventi di prevenzione efficaci a prevenire almeno le tipologie di eventi conmaggiore rilevanza.

SUMMARY

The new European code system for accident at work (ESAW/3) is active since 2002. After a firsttraining phase, and a quality monitoring on six months basis samples, a quite good quality datawas reached, consistent enough to allow a first qualitative analysis. The results of the accidentsat work that happened in Italy during 2003 - the first year of complete data not experimentalanymore - are analyzed for the first time here, by mean of the eight variables of the systemitself. Within the specific analysis, particular attention is paid to identifying the causes of acci-dents and also the side factors and consequences. The final aim is to identify possible macro-areas where to set prevention measures effective enough to prevent at least the most relevanttype of events.

1. INTRODUZIONE

Escludendo la fase strettamente sperimentale del primo semestre del 2001, anno in cui è entra-to in vigore in Italia il nuovo sistema di codifica delle modalità di accadimento degli infortunisul lavoro, denominato ESAW/3, sui dati del 2002 è stato fatto un monitoraggio su campionisemestrali, per tenere sotto controllo la qualità della codifica, che è andata nettamente miglio-rando nel tempo, anche a seguito di aggiornamenti formativi. I dati analizzati qui riguardanoun totale di 595.108 infortuni, riconosciuti dall’INAIL, avvenuti durante il 2003 nel settoreIndustria e Servizi e 57.827 nel settore Agricoltura. Essi includono sia gli infortuni sul lavoro insenso stretto, sia quelli in itinere, e ciò fa notevolmente aumentare gli infortuni stradali e damezzo di trasporto in genere.

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2. MATERIALI E METODI

Per semplicità di analisi ed economia di esposizione, ci si limita al “gruppo” principale (ossiaalla prima cifra) di ciascuna variabile, alcuni dei quali riportati in Tabella 1.

Tabella 1: Gruppi principali delle 3 variabili associate ad Agenti Materiali.

Gruppo ATTIVITA FISICA SPECIFICA DEVIAZIONE CONTATTO

(10) Operazioni di macchina Elettr., esplosione, Con elettricità, incendio temperatura, sostanza

(20) Lavoro con utensili a mano Fuoriuscita, emanazione Asfissia, annegamento,seppell.

(30) Alla guida, a bordo di mezzo Rottura, crollo dell’A.M. Schiacciamento di trasporto su/contro oggetto

(40) Manipolazione di oggetti Perdita di controllo Urto di oggetto in movimento

(50) Trasporto manuale Caduta Con ag.m. tagliente, duro, ecc.

(60) Movimenti Movimento Incastramento, (lesione esterna) schiacciamento

(70) Presenza Movimento Sforzo fisico o psichico(lesione interna)

(80) / Sorpresa, violenza, Morso, calcio, ecc. da presenza esseri viventi

Tabella 2: Incidenza di casi INDETERMINATI nelle diverse variabili.

INDUSTRIA AGRICOLTURA

TIPO DI LUOGO 30,5% 28,8%

TIPO DI LAVORO 31,1% 29,1%

CONTATTO 31,4% 30,1%

DEVIAZIONE 31,5% 30,0%

ATTIVITA FISICA SPECIFICA 32,0% 30,3%

(TOTALE INFORTUNI) (595.108) (57.827)

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Piuttosto rilevante (Tabella 2) appare la percentuale di eventi in cui una o più variabili risulta-no indeterminate, con distribuzione analoga sia nell’Industria e Servizi che in Agricoltura: sipassa da valori minimi per il tipo di Luogo a valori massimi (ma non molto distanti) perl’Attività Fisica Specifica, con valori medi di 31,6% nell’Industria e 29,6% in Agricoltura, matali valori comprendono sia i casi indeterminati in senso stretto (variabili non codificate), siaquelli in cui non vi era nessuna informazione disponibile che permettesse di definire la varia-bile (codici di tipo “00”), e, per gli Agenti Materiali, anche i casi in cui di fatto non esiste nes-sun agente materiale.Le Figure 1 e 2 mostrano le percentuali di casi di Agenti Materiali (AM) indeterminati secondo letre variabili cui essi sono associati (le categorie in ascissa, del tipo “(10)”, “(20)”…, sono le stes-se identificate in Tabella 1): la situazione è decisamente (e sorprendentemente, dal momento chetrattasi del tipo di codifica più difficile) migliore, infatti con le sole eccezioni descritte di segui-to, le percentuali di indeterminatezza non superano il 18% per Industria e Servizi, ed il 23% perl’Agricoltura. Le maggiori quote di AM indeterminati in entrambe le gestioni, si hanno per il grup-po 60 per Attività Fisica Specifica (movimenti) e Deviazione (movimento - lesione esterna), e peril gruppo 70 per il Contatto (sforzo fisico o psichico): è abbastanza comprensibile il caso del-l’attività specifica “movimento”, fra cui la semplice circolazione con o senza mezzi di trasporto,cui spesso non è di fatto associato nessun AM, ed analogamente anche per lesioni causate dasemplici sforzi fisici come contatto, quali ad esempio il classico “colpo della strega” oppure unostiramento muscolare, anch’essi privi di AM associato. Meno giustificabile è invece il caso delladeviazione - movimento con lesione esterna, dove nella maggior parte dei casi un AM di fattoesiste ma o non è identificabile o non corrisponde a nessuna delle tipologie comprese nei codi-ci. Per la Deviazione, spicca anche il caso delle cadute (gruppo 50) in Agricoltura, che non trovaspiegazione logica immediata e necessita di un’analisi più approfondita. L’analisi che segue è stata fatta eliminando i casi indeterminati e riportando al 100% irimanenti. Infine, per tutte le variabili esiste anche un codice 99 o 999 che indica che l’infor-mazione è nota ma che non vi è un codice corrispondente nell’elenco, cioè si tratta della clas-sica tipologia “altro”, che invece è stata inclusa nei dati che verranno analizzati, e che saràutile fonte di suggerimenti in fase di aggiornamento delle tabelle del sistema in sede Eurostat.

3. RISULTATI

3.1 Analisi delle singole variabili: tipo di luogo

La Figura 3 riporta una rappresentazione percentuale degli infortuni secondo le principali cate-gorie di luoghi di lavoro in cui è avvenuto l’infortunio. La distribuzione nell’Industria e Serviziè tutto sommato abbastanza simile a quella dell’Agricoltura, con le debite proporzioni, fattaeccezione per i luoghi agricoli.La maggior parte degli infortuni in Agricoltura avvengono in Luoghi Agricoli (86,5%), che com-prendono anche luoghi in cui sono svolti lavori di natura forestale, ittica, al coperto o no (es.:stalle, serre, campi, vigne, orti, vivai, giardini). Seguono i luoghi di trasformazione industrialedei prodotti agricoli (quali frantoi o fabbriche di prodotti alimentari, comprese quelle di prodot-ti agricoli, oppure magazzini agricoli o altro) e i Luoghi Pubblici quali le strade e i luoghi ad esseassimilabili ma anche i mezzi di trasporto stessi: se si articola questo dato alla seconda cifra signi-ficativa del codice, si ottiene che la coppia di codici 061- 062 (incidenti stradali nelle loro varietipologie) assommano una quota superiore al 90% del gruppo stesso mentre la quota residualeriguarda gli infortuni occorsi in aree pubbliche sì, ma riservate all’accesso di personale autoriz-zato. Non molto differente, se non nelle proporzioni e nelle partizioni interne, appare la situa-

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zione dell’Industria e dei Servizi dove si riscontra come il 44,4% dei casi avvenga in SitiIndustriali, che comprendono fabbriche o più in generale luoghi destinati alle operazioni di tra-sformazione di prodotti di qualsiasi genere, tutti i luoghi in cui sono prodotti beni o oggetti, maanche le aree destinate ad operazioni di manutenzione e riparazione come nel caso di officine diriparazione di motori, di macchine. Una buona parte degli infortuni (22,7%) avviene in LuoghiPubblici: la percentuale è dovuta all’elevato numero di infortuni stradali che non è possibile evi-denziare se ci si ferma al raggruppamento. Anche qui, si tratta per il 90% circa di infortuni stra-dali e una frangia tutto sommato meno esigua di quanto si sarebbe potuto pensare (0,6%) è rap-presentata da eventi per cui trattasi di luogo diverso da quelli elencati come categorie specifiche,pertanto gli è stato attribuito il codice 069. Va ricordato anche che quasi la metà dei casi morta-li avviene appunto in luoghi pubblici ed anche la percentuale di infortuni che provocano meno-mazioni permanenti è piuttosto considerevole (circa il 30%).Sono abbastanza frequenti anche i luoghi di produzione Terziaria (12,1%), che comprendono luo-ghi in cui viene svolto un lavoro di natura terziaria, intellettuale o di servizio, quali ad esempiogli uffici, i negozi, le lavanderie automatiche, ma anche i luoghi di creazione artistica come glistudi di radiotelevisione e di ripresa cinematografica, i commissariati di polizia, le caserme. Taledato è comprensibile se si pensa che più della metà della forza lavoro considerata appartiene aiServizi. Va inoltre sottolineato il fatto che, pur essendo numerosi, tali infortuni presentano gra-vità in media notevolmente più contenuta rispetto a quella che caratterizza l’industria in sensostretto e le costruzioni. Ugualmente rappresentativi (11,8%) sono gli eventi lesivi avvenuti neiCantieri, che comprendono cantieri di costruzioni nuove e non (rinnovo, manutenzione) e di lavo-ri pubblici, cave, miniere a cielo aperto, cantieri sotterranei oppure sull'acqua, cantieri sottoma-rini o sott'acqua; fra questi, una elevata componente è data dai soli infortuni mortali, a riprovadella marcatissima gravità media degli infortuni che caratterizzano il settore delle costruzioni.

3.2 Analisi delle singole variabili: tipo di lavoro

Questa variabile rappresenta il lavoro in generale svolto dalla vittima al momento dell’infortu-nio, l’attività reale cui nel momento del trauma il lavoratore era dedito, indipendentementedalla sua qualifica, dalla sua mansione, dal suo consueto lavoro effettivo giornaliero. Una stes-sa persona può avere, nel corso della sua giornata, mansioni lavorative di vario genere. Sonotali mansioni, nel senso più ampio del termine, a essere qui codificate. Ad esempio, un lavora-tore (edile, carpentiere, addetto ai forni o altro) che stesse sistemando, al momento dell’in-fortunio, un carico di materiale (non importa se di mattoni, legno o altro) in un apposito spa-zio, si stava dedicando ad un “tipo di lavoro” individuabile come “attività di magazzinaggio”indipendentemente dall’essere, lui, un edile o altro e dalla mansione specifica che contraddi-stinguono la sua normale attività quotidiana. La Figura 4 rappresenta la distribuzione percentuale delle attività secondo i principali Tipi diLavoro. Industria e Servizi ed Agricoltura presentano in questo caso una diversa distribuzione: 1)in Agricoltura, la maggior parte degli infortunati al momento dell’evento lesivo svolgeva attivitàa carattere prettamente agricolo, come facilmente prevedibile, in chiave con le risultanze del “Tipodi luogo”. Il residuo 20% circa è distribuito in attività complementari di installazione, manuten-zione, pulizia, ecc. oppure di produzione e magazzinaggio o di circolazione, quest’ultima catego-ria comprendente anche gli infortuni avvenuti come passeggeri o conduttori di mezzi di trasporto.Sul fronte Industria e Servizi più di un terzo degli infortuni hanno come tipo di lavoro, attivi-tà afferenti alla produzione strettamente industriale (produzione, trasformazione e magazzi-naggio) che raggruppa anche le attività di magazzinaggio di ogni tipo, compresi i carichi e gliscarichi inerenti allo stoccaggio. Segue poi la semplice circolazione, camminando, spostando-

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si a piedi o con mezzi di trasporto (20,3%); occorre sottolineare anche in questo caso, in accor-do con i dati rilevati a proposito del “Tipo di luogo”, la gravità del tipo di infortuni, infatti siala mortalità (oltre il 50% dei casi mortali) che la percentuale di menomazioni permanenti sonoelevate. Quasi parimenti rappresentate sono le attività complementari, che comprendonolavori di installazione, manutenzione, sorveglianza e simili e quelle di servizio alle imprese e/oalla persona umana, cioè i lavori di tipo “intellettuale”. Infine, i lavori di edilizia e sterro, checomprendono oltre alla costruzione anche la manutenzione e demolizione edili, temporanee ono, le attività di riparazione e manutenzione di fabbricati e di opere pubbliche: la percentuale(10,8%) è in pieno accordo con quella del relativo Tipo di Luogo.

3.3 Analisi delle singole variabili: attività fisica specifica

Questa variabile, insieme al suo AM, rappresenta l’azione che fotografa il gesto preciso che illavoratore infortunato stava compiendo al momento dell’infortunio. In questo caso la distribuzione, visibile in Figura 5, fra Agricoltura e Industria è diversa e lalettura dei dati va fatta considerando anche la distribuzione degli AM nelle due aree (Figure 6e 7: le frecce in basso a destra stanno ad indicare il senso in cui crescono le percentuali di atti-vità specifica). Si riporta in Tabella 3 l’elenco dei 20 gruppi principali (cioè limitandosi allaprima coppia di cifre, mentre i codici completi sono di 4 coppie di cifre) degli AM per megliofacilitare la comprensione dei grafici.

Tabella 3: Agenti Materiali - Gruppi principali

CODICE SIGNIFICATO

00 Nessun agente materiale oppure nessuna informazione01 Edifici, costruzioni, superfici - a livello (interno o esterno, fissi o mobili,

temporanei o meno)02 Edifici, costruzioni, superfici - in altezza (interno o esterno)03 Edifici, costruzioni, superfici - in profondità (interno o esterno)04 Dispositivi di distribuzione di sostanze, di alimentazione, canalizzazioni05 Motori, dispositivi di trasmissione e di stoccaggio di energia06 Utensili a mano - senza motore07 Utensili tenuti o manovrati a mano - meccanizzati08 Utensili a mano - senza precisazione di motorizzazione09 Macchine e attrezzature - portatili o mobili10 Macchine e attrezzature - fisse11 Dispositivi di convogliamento, trasporto e stoccaggio12 Veicoli terrestri13 Altri veicoli di trasporto14 Materiali, oggetti, prodotti, elementi costitutivi di macchine, detriti, polveri15 Sostanze chimiche, esplosive, radioattive, biologiche16 Dispositivi e attrezzature di sicurezza17 Attrezzature per ufficio e personali, attrezzature sportive, armi,

apparecchiature domestiche18 Organismi viventi e esseri umani19 Residui alla rinfusa20 Fenomeni fisici e elementi naturali99 Altri agenti materiali non indicati nella presente nomenclatura

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In Agricoltura, le attività specifiche più frequenti sono le manipolazioni di oggetti, precisa-mente la manipolazione di oggetti appartenenti per la maggior parte (Figura 7) al gruppo 14degli AM (“materiali, oggetti, prodotti, …”) oppure al gruppo 18 (“organismi viventi …”,in questo caso ovviamente si tratta per la maggior parte di animali o piante). Seguono poi imovimenti su elementi di edifici (e superfici/pavimenti) sia a livello del suolo (gruppo 01)che in elevazione (gruppo 02) oppure movimenti associati a macchine e attrezzature portati-li o mobili (gruppo 09; comprese le macchine agricole quali ad es. trattori, falciatrici, ecc.).Hanno incidenza significativa anche le attività di lavoro con utensili a mano, che interessanoovviamente soprattutto gli utensili senza motore (gruppo 06) ma anche quelli meccanizzatitenuti o manovrati a mano (gruppo 07). Nell’Industria e Servizi al primo posto troviamo i movimenti, ma qui sono associati principal-mente (Figura 6) solo ad elementi di edifici (e superfici/pavimenti) sia a livello del suolo(gruppo 01) che in elevazione (gruppo 02). Quasi con la stessa incidenza vi sono le manipola-zioni di oggetti, anche qui soprattutto di oggetti appartenenti per la maggior parte al gruppo14 degli AM (“materiali, oggetti, prodotti…”) e solo in minor misura al gruppo 11 (“dispo-sitivi di convogliamento, trasporto e stoccaggio”; ad es. ganci, uncini, argani, gru, nastri ditrasporto, ecc.). Rispetto all’agricoltura si inserisce al terzo posto l’attività svolta come con-ducente o passeggero di mezzi di trasporto, quasi esclusivamente associata a veicoli terre-stri (gruppo12; comprende automobili, camion, moto, bus, ecc.) e solo in minima parte a di-spositivi di convogliamento, trasporto e stoccaggio (gruppo 11: presumibilmente trattasi digru, muletti, carrelli, ecc.). Segue quindi il lavoro con utensili a mano, come in Agricolturaassociato ad utensili senza motore (gruppo 06) e in minor misura meccanizzati tenuti omanovrati a mano (gruppo 07), ed il trasporto manuale di carichi (gruppo 14). Al momentodegli infortuni i lavoratori svolgevano invece solo in minima parte operazioni di macchinaquali ad es. avvio, alimentazione, sorveglianza delle stesse. La semplice presenza del lavora-tore al momento sbagliato e nel posto sbagliato, non associata ad alcun agente materiale, hala stessa bassa incidenza dell’Agricoltura.

3.4 Analisi delle singole variabili: deviazione

La “deviazione” è senza dubbio la variabile più importante, soprattutto per individuare le pos-sibili aree di intervento ai fini preventivi: rappresenta la deviazione dalla normalità, ciò chenon ha funzionato, l’evento che porta all’infortunio. Se espressa da più eventi concatenati,viene registrato l’ultimo evento della catena, quello cioè temporalmente più prossimo al con-tatto lesivo.La distribuzione percentuale nelle diverse categorie principali di Deviazione è riportata inFigura 8.In Agricoltura circa un terzo degli infortuni avviene per caduta di persona dovuta a scivola-mento o inciampamento, incluse le cadute dall’alto, ed associata principalmente (Figura 10) adelementi di edifici (e superfici/pavimenti) sia a livello del suolo (gruppo 01) che in elevazio-ne (gruppo 02) oppure a macchine e attrezzature portatili o mobili (gruppo 09; comprese lemacchine agricole quali ad es. trattori, ecc.). Si tratta di una tipologia in cui i casi di meno-mazione permanente rappresentano una quota numericamente importante ma con una gravitàmedia complessiva piuttosto contenuta. In seconda posizione troviamo le perdite di control-lo, principalmente di utensili senza motore (gruppo 06), di organismi viventi… (gruppo 18:si tratta per la maggior parte di animali), oppure di macchine e attrezzature portatili o mobi-li (gruppo 09) quali ad es. trattori (eventi questi caratterizzati da elevata gravità, spesso mor-tali), di materiali, oggetti, prodotti, … (gruppo 14, comprende anche parti di macchina) o di

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veicoli terrestri (gruppo12), molto più raramente di macchine e attrezzature fisse. È però giàdi per se piuttosto importante poter dire che alla base dell’infortunio c’è stata una perdita dicontrollo cui si potrebbe porre rimedio, o comunque far diminuire, con un aumento di dimesti-chezza con il proprio lavoro (ovvero formazione adeguata del personale) e consapevolezza deirischi associati. Al terzo posto vi sono i movimenti del corpo che portano ad una lesione inter-na o esterna (una ferita, una contusione ma anche uno strappo). Una certa frequenza hannoanche le deviazioni dovute a sorpresa, spavento, violenza, aggressione, minaccia, o presen-za, con una significativa associazione ad agenti materiali del gruppo 18, ossia organismiviventi … (principalmente animali).La situazione per Industria e Servizi differisce per la maggiore incidenza delle perdite di con-trollo: in Figura 9 si osserva la diversa distribuzione degli AM, si vede come una parte prepon-derante, che rappresenta la massima incidenza fra gli agenti materiali, riguarda i mezzi di tra-sporto (veicoli terrestri - gruppo12), seguita dagli oggetti (gruppo 14) e dagli utensili senzamotore (gruppo 06). Altra diversità riguarda le cadute di persona, più contenute rispettoall’Agricoltura, anche se ugualmente associate principalmente ad elementi di edifici (e super-fici/pavimenti) sia a livello del suolo (gruppo 01) che in elevazione (gruppo 02) e, al contra-rio, quasi mai invece a macchine e attrezzature portatili o mobili (gruppo 09).Seguono poi i movimenti associati principalmente ad oggetti (gruppo 14: spesso si tratta dicarichi movimentati a mano e comprende anche parti di macchina): anche in questo caso unabuona formazione sulla corretta movimentazione dei carichi avrebbe effetti migliorativi. Moltomeno significative rispetto all’Agricoltura sono invece le deviazioni dovute a sorpresa, spa-vento, violenza, aggressione, minaccia, o presenza.

3.5 Analisi delle singole variabili: contatto

La Figura 11 riporta le percentuali relative alle diverse tipologie di contatto, mentre nelleFigure 12 e 13 sono rappresentati gli AM. Come nel caso della deviazione, si osserva una dis-tribuzione simile fra Agricoltura e Industria e Servizi, ad eccezione di uno scambio nell’ordinedi importanza delle due principali categorie e di una certa quota di infortuni in agricolturaascrivibili ad aggressione, violenza da parte di esseri viventi - principalmente animali - ed aven-ti pertanto come contatto un morso, un calcio, ecc. da parte degli stessi.Il tipo di contatto più diffuso in Agricoltura è quello per schiacciamento in movimento verti-cale o orizzontale su/contro oggetti immobili (gruppo 30), individuabili (Figura 13) quasiesclusivamente in elementi di edifici (comprese superfici/pavimenti) a livello del suolo (grup-po 01), ed in macchine e attrezzature portatili o mobili (gruppo 09), trattori compresi; trat-tasi di contatto con la vittima in movimento che sono la logica conseguenza delle cadute indi-viduate fra i tipi di deviazione. Seguono i contatti lesivi con agenti contundenti (taglienti,appuntiti, duri, abrasivi, gruppo 50), quali elementi di edifici (comprese superfici/pavimenti)a livello del suolo (gruppo 01), oppure (a sorpresa) utensili senza motore (gruppo 06) oppu-re oggetti (gruppo 14, comprende anche parti di macchina) od anche organismi viventi eesseri umani (gruppo 18: soprattutto animali). Gli urti da parte di oggetti in movimento (convittima ferma, gruppo 40) sono al terzo posto, si tratta ovviamente di urti con oggetti delgruppo 14, comprese anche le parti di macchina, oppure con organismi viventi (gruppo 18)animali inclusi. Seguono poi gli altri tipi di contatto meno frequenti, con distribuzione analo-ga all’Industria, con unica eccezione, come naturale conseguenza dell’analoga eccezioneriscontrata per la deviazione da aggressione, per i morsi, calci, ecc. da parte di esseri viven-ti (gruppo 80), ovviamente causati in gran parte da animali (gruppo 18). Nell’Industria e Servizi la situazione è simile, ma con le prime due categorie invertite: al primo

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posto abbiamo qui il gruppo contatti lesivi con agenti contundenti (taglienti, appuntiti, duri,abrasivi, gruppo 50), associati però in minor misura ad elementi di edifici (comprese superfi-ci/pavimenti) a livello del suolo (gruppo 01), assai più spesso invece si tratta di oggetti (grup-po 14, comprende anche parti di macchina), oppure utensili senza motore (gruppo 06), rara-mente di macchine (gruppo 10); al contrario dell’Agricoltura, mancano quasi completamentegli organismi viventi (gruppo 18). Al secondo posto vi sono invece i contatti derivanti dallecadute (vedi deviazione) e risultanti in schiacciamento in movimento verticale o orizzontalesu/contro oggetti immobili (gruppo 30), oggetti che analogamente all’Agricoltura si possonoindividuare (Figura 10) quasi esclusivamente in elementi di edifici (comprese superfici/pavi-menti) a livello del suolo (gruppo 01) o in altezza (gruppo 02), ma mancano invece le mac-chine mobili del gruppo 9 (leggasi: non ci sono trattori o simili); anche questi contatti preve-dono la vittima in movimento e sono la logica conseguenza delle cadute individuate fra i tipidi deviazione. Quasi in ugual misura incidono gli urti con agenti materiali in movimento convittima ferma: si tratta sia di oggetti vari del gruppo 14, ma a differenza dell’Agricoltura pre-valgono nettamente i mezzi di trasporto terresti (gruppo 12). Una certa qual rilevanza hannoanche gli sforzi fisici o psichici, cui spesso non è associato alcun agente materiale oppureoggetti (gruppo 14).

3.6 Analisi comparata delle variabili

Delle otto variabili ESAW/3 le prime quattro rappresentano lo scenario dell’infortunio, mentrele seconde quattro ci raccontano l’avvenimento. Il tipo di luogo, l’incombenza svolta o l’esat-to gesto che la vittima stava compiendo nel momento dell’evento lesivo, possono concorrere,e di certo concorrono quasi sempre, al determinismo del fatto lesivo ma non ne rappresentanol’accadimento. Ben altro discorso va fatto per le altre quattro variabili, Deviazione, Contatto e relativi loro AM.Qui c’è tutto l’evento: la causa prossima, l’impatto lesivo, gli strumenti di cui il caso o chi perlui si sono avvalsi. Fino al 2000, INAIL fondava la sua conoscenza dell’accadimento lesivo solosul Contatto e quindi, anche a prescindere dalle quinte dello scenario un tempo assolutamenteignote, il quadro che se ne poteva trarre era assai più limitato e parziale: indiretto direi, in quan-to si cercava di apprezzare la causa o le cause dell’impatto lesivo attraverso l’impatto stesso: unasorta di procedimento tautologico. Con ESAW si è cercato di aggirare a monte il problema insor-to con il sistema precedente: non usando mai, per Deviazione e Contatto, il termine “causa”,realizzando un nuovo modulo di denuncia in grado di facilitare l’esposizione complessiva e fra-zionata dell’avvenimento, aprendo la porta alla denuncia on-line in cui le informazioni sullemodalità di accadimento sono rese obbligatorie nel senso che la denuncia non può essere mate-rialmente inviata senza di esse. Il possesso di una serie storica di dati sulla coppia forma/agen-te materiale (dal 1974 al 2000: più di un quarto di secolo) consente una sorta di verifica dellacoerenza tra dati nuovi e vecchi, per ciò che riguarda il solo contatto e, nella misura in cui ciòè possibile, sulla base di tabelle di passaggio, come sempre imprecise e insoddisfacenti, macomunque utili. Ora, nei limiti della validità di tali confronti, i nuovi dati ESAW/3 appaiono suf-ficientemente prossimi a quelli ottenuti per il passato con il vecchio meccanismo, come già evi-denziato nel Rapporto Annuale 2004. A questo punto appare di notevole interesse, nel quadrodi questo approccio che cerca di individuare gli schemi in grado di far parlare al meglio i nuovidati, il confronto complessivo, a prima vista, tra le risultanze di Deviazione e Contatto. Nel pros-simo futuro,INAIL (CSA) si propone, di sviluppare un sistema complessivo di analisi di tali dati,in modo da realizzare di volta in volta delle analisi di settore, nella consapevolezza che il siste-ma ESAW/3 esprime il meglio di sé quando viene utilizzato su collettività al loro interno omo-

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genee rispetto al rischio. Quindi a questo punto non resterebbe che dar corso ad un’analisi com-plessiva dei dati a disposizione relativi alle quattro variabili di Deviazione e Contatto. Sì, certo,a patto che ciò sia possibile sulla base dei dati a disposizione, che riguardano le singole varia-bili o al massimo le tre coppie che si ottengono tra AFS, Deviazione e Contatto insieme ai rispet-tivi AM . Ma, in realtà, non lo è: un congruo numero di infortuni avviene per caduta in piano odall’alto o, ancora, in profondità. Un’analisi prevenzionale corretta di tali cadute dovrebbe arti-colare la collettività di coloro che hanno subito un infortunio in cui la Deviazione è stata unacaduta secondo le categorie del Contatto e quindi secondo tutti i possibili incroci della tabellaa doppia entrata <Contatto/AM del Contatto>. Non quindi prendendo tutte le lesioni da “cadu-te” del Contatto e ponendole a raffronto con le cadute della Deviazione. Nel caso delle cadute,tra i due modi di agire, forse, non ci sarebbe grande divario, ma per altre tipologie di infortu-nio senz’altro sì. Occorre, in pratica, costruire un <albero> che colleghi le due coppie di varia-bili: se ci si ferma alle prime cifre di AM e alla prima cifra del Contatto si arriva ad un insieme didati complesso. Abbiamo poi detto che le prime quattro variabili hanno esse stesse un ruolo siapure concausale nel determinismo dell’evento. Ciò porta ad infittire paurosamente l’intreccio dirami del nostro <albero>: solo tali quattro variabili, sempre nel caso riduttivo di due cifre perl’AM dell’AFS e di una sola cifra per le altre tre variabili si avvicina a circa ventimila possibilità dicui anche in questo caso molte vuote; se si uniscono i due fronti e si dilata la scena alle altrecifre significative si capisce che la situazione diviene facilmente configurabile da un punto divista meramente logico ma assolutamente ingestibile sotto un profilo pratico, se non con mezziinformatici idonei. Seguire un ben preciso tipo di infortunio (es.gli eventi lesivi avvenuti nelpiazzale del cantiere edile che abbiano visto il coinvolgimento di un camion che facendo marciaindietro abbia investito un operaio) diventa uno studio di grande interesse conoscitivo a fini diprevenzione ma di considerevole difficoltà pratica. E’ cioè necessario costruire una Banca-datidelle modalità di accadimento che non si limiti peraltro ad elaborare dati relativi alle sue soleotto variabili ma consenta l’aggancio tra alcune di queste otto con le altre variabili ESAW logi-camente antecedenti al trauma (settore di attività, dimensione d’impresa, caratteristiche dellavittima) ed altre conseguenti (conseguenze assicurative, natura e sede della lesione, giorni per-duti e via di seguito).

4. RISULTATI

Nonostante la quota di errori (in tendenza al miglioramento) evidenziata dai monitoraggi el’incidenza marcata delle indeterminatezze (mediamente pari a 31,6% nell’Industria e 29,6% inAgricoltura, per le cinque variabili principali, e a circa il 20%, salvo eccezioni, per gli AM), ilnumero sufficientemente elevato di infortuni analizzati porta a dati relativi alle singole varia-bili che appaiono a prima vista fra loro estremamente coerenti e si possono pertanto giudica-re rappresentativi ed attendibili, il che rappresenta già un buon risultato.In Italia nell’Industria e Servizi ci si infortuna più frequentemente in Siti industriali e Luoghipubblici quali le strade, un po’ meno negli uffici e nei cantieri, mentre si svolgono mansioniprevalentemente relative a produzione industriale, magazzinaggio, oppure circolazione (cono senza mezzi di trasporto), un po’ meno durante attività complementari (es. manutenzione,controlli) o intellettuali e di servizio. Nello specifico, ci si fa male soprattutto nel compiere movimenti, quali anche solo spostarsi inpiano o sulle scale, o nel manipolare oggetti, un po’ meno come guidatori o passeggeri dimezzi di trasporto o lavorando con utensili a mano, mentre sono pochi gli infortuni avvenutidurante operazioni di macchina (avviamento, alimentazione). L’evento che più frequentemente fa deviare dalla normalità è la perdita di controllo, sia essa

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di mezzo, oggetto o utensile, oppure la caduta (in piano o no), o ancora i movimenti, qualiad esempio la movimentazione manuale di carichi, o la rottura di un agente materiale; raresono invece fuoriuscite varie, aggressioni, esplosioni, incendi o incidenti legati all’elettricità,tutti eventi caratterizzati però da elevata gravità. Le lesioni risultato degli infortuni sono per lo più causate da contatto con agenti materialitaglienti, duri, ecc. inclusi muri o altri elementi di edifici (ovvio risultato delle suddette per-dite di controllo), oppure da schiacciamento su/contro qualcosa (principalmente elementi diedifici, superfici e pavimenti) (anche in questo caso, risultato delle suddette cadute), o da col-lisione con oggetti (ma soprattutto mezzi di trasporto) in movimento. Fra gli Agenti Materialiin generale negli infortuni intervengono assai raramente le macchine, mentre i più pericolosisono mezzi di trasporto, edifici (incluse superfici e pavimenti), oggetti vari, fra cui carichimanuali e parti di macchine, ed infine utensili manuali.In Agricoltura, con le debite proporzioni, si osserva una situazione tutto sommato analogafatta eccezione per: 1) il luogo, quasi sempre ovviamente agricolo o di allevamento; 2) il lavo-ro svolto, anch’esso prevalentemente agricolo; 3) minor frequenza di infortuni a bordo di mezzidi trasporto, 4) in generale diverso tipo di AM coinvolto, con particolare rilevanza di organi-smi viventi, soprattutto animali, coinvolti, ma anche trattori, carri agricoli ed altre attrezza-ture mobili; 5) prevalenza di cadute, ma anche una certa incidenza di aggressioni di animali,con conseguente schiacciamento al suolo o contro oggetti fermi (es. alberi), oppure morsi,calci, ecc.Da questa prima sommaria analisi sembra quindi che la prevenzione debba esplicarsi soprat-tutto attraverso interventi efficaci di informazione sui rischi, formazione ed addestramento delpersonale, molto meno sembrano infatti incidere gli accorgimenti tecnici su macchine edimpianti.Ma un’analisi realistica e di dettaglio sarà possibile solo mediante una Banca-dati delle moda-lità di accadimento costruita appositamente.

BIBLIOGRAFIA

A. Iotti: “Sistema Europeo di registrazione delle cause e delle circostanze relative agli infortu-ni sul lavoro”, Manuale d’uso, Gennaio 2002, INAIL.

G. Ortolani: “Rapporto Annuale 2004”, Luglio 2005, INAIL.

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Figura 1: Casi INDETERMINATI di AM- INDUSTRIA.

Figura 2 : Casi INDETERMINATI di AM- AGRICOLTURA.

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Figura 3: Variabile ESAW “Tipo di Luogo” - Infortuni 2003.

Figura 4: Variabile ESAW “Tipo di Lavoro” - Infortuni 2003.

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Figura 5: Attività Fisica Specifica - Infortuni 2003.

Figura 6: Attività Fisica Specifica e Agente Materiale - INDUSTRIA - Infortuni 2003.

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Figura 7: Attività Fisica Specifica e Agente Materiale - AGRICOLTURA - Infortuni 2003.

Figura 8: Deviazione - Infortuni 2003.

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Figura 9: Deviazione e Agente Materiale associato - INDUSTRIA - Infortuni 2003.

Figura 10: Deviazione e Agente Materiale associato - AGRICOLTURA - Infortuni 2003.

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Figura 11: Contatto - Infortuni 2003.

Figura 12: Contatto e Agente Materiale associato - INDUSTRIA - Infortuni 2003.

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Figura 13: Contatto e Agente Materiale associato - AGRICOLTURA - Infortuni 2003.

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LA CLASSIFICAZIONE A TARIFFA DELLE ATTIVITÀ COMPLESSE: I RISULTATI DI UN MONITORAGGIO TERRITORIALE IN TOSCANA

C. Breschi*, S. D’Agliano*, D. Gilioni*, M. Mameli*, E. Mastrominico*, E. Nucaro*, F. Pini** INAIL - Direzione Regionale Toscana - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione

RIASSUNTO

La CONTARP Toscana ha avviato un monitoraggio territoriale sullo stato di applicazione dellaTariffa dei Premi focalizzando l’attenzione sulle attività complesse (ovvero attività costituitedall’insieme di più cicli operativi), in quanto sussistono oggettive difficoltà nella riconduzionedelle operazioni fondamentali che compongono l’attività esercitata a specifiche previsionitariffarie. Il lavoro descrive i criteri per l’elaborazione dei dati contenuti negli archivi gestio-nali dell’INAIL e riguardanti le ditte attive nell’anno 2004 intestatarie di PAT (posizioni assicu-rative territoriali) classificate con più voci di tariffa; l’analisi statistica dei dati che ha consen-tito di redigere una mappa provinciale delle attività complesse e di evidenziare specifiche pro-blematiche territoriali; la successiva estrazione di un primo elenco di ditte da monitorare; leazioni di verifica finora intraprese per testare l’efficacia della metodologia adottata e le azio-ni correttive che si prevede di mettere in atto.

SUMMARY

CONTARP Toscana has started a regional monitoring on the Tariff Table application, focusing oncomplex activities (meaning activities composed by several operative cycles together), becau-se there are objective difficulties in retracing fundamental operations that form the workingprocess to specific tariff records.This work describes criteria for data elaboration, data contained in INAIL databases referringto 2004 active firms with PAT (territorial insurance position) classified to several tariff records;a data statistic analisys that has led to build a complex activites province map and to stressspecific territorial problems; a subsequent firm list extraction to monitor; control actions per-formed until now to test efficacy of adopted methodology and the corrective actions that weintend to apply.

1. INTRODUZIONE

Come è noto l’INAIL adotta una classificazione delle attività produttive basata su una chiaracorrispondenza tra l’attività produttiva dell’azienda e la definizione di lavorazione contenutanella nomenclatura tariffaria. Ne deriva che, per alcune tipologie di aziende che esercitanoattività complesse, sussistono oggettive difficoltà nella riconduzione delle operazioni fonda-mentali che compongono l’attività esercitata a specifiche previsioni tariffarie. Tali difficoltà diinterpretazione hanno comportato disuniformità classificative sul territorio regionale, anchedopo l’entrata in vigore della nuova Tariffa dei Premi nel gennaio 2000.

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Infatti, la quantità e la tipologia delle problematiche tariffarie, così come emergono dallerichieste dell’area ispettiva, dai ricorsi per classificazione presentati dalle aziende e dallesollecitazioni delle Associazioni di categoria, sono da imputarsi proprio al divario neces-sariamente presente fra il mondo produttivo reale e la sua rappresentazione a fini assicu-rativi.Nella consapevolezza che solo un’adeguata conoscenza di tali problematiche può consentireuna corretta pianificazione delle iniziative da intraprendere per disciplinare l’attività classifi-cativa secondo criteri di omogeneità, la CONTARP Toscana ha avviato un monitoraggio territo-riale sullo stato di applicazione della Tariffa dei Premi nelle attività complesse.

2. IL QUADRO DI RIFERIMENTO IN TOSCANA

Il Portafoglio assicurativo in Toscana comprende, al 31/12/2004, 281.129 PAT; di queste,32.706, pari all’11,63% del totale, sono relative ad attività complesse così come definite dal-l’art. 6 delle “Modalità per l’applicazione delle tariffe e per il pagamento dei premi assicurati-vi”, adottate con il D.M. 12/12/2000. In Tabella 1 sono riportati, distinti per Gestione, i datiriguardanti le aziende classificate a più voci di tariffa, le relative PAT e i totali delle voci di affe-renti a queste PAT1.

Tabella 1: Attività complesse: il quadro di riferimento in Toscana

GESTIONE

INDUSTRIA ARTIGIANATO TERZIARIO ALTRE ATTIVITÀTOTALI

PAT 6.492 9.628 15.859 727 32.706

AZIENDE 5.653 9.350 14.270 540 29.813

VOCI DI TARIFFA 14.019 20.432 32.485 1.685 68.621

Si può notare che quasi la metà (48,5%) delle PAT relative ad attività complesse appartienealla Gestione Terziario, alla quale però afferisce solo il 38,9% del Portafoglio PAT 20032 inToscana. Il tessuto produttivo regionale risulta invece caratterizzato soprattutto da azien-de le cui posizioni assicurative sono comprese nella Gestione Artigianato (46,2%). Ciò por-terebbe a ritenere che le ditte del Terziario esercitano attività più difficilmente riconduci-bili ad un’unica previsione tariffaria. Inoltre, essendo il rapporto PAT/aziende solo di pocosuperiore all’unità, la quasi totalità delle aziende in questione ha in essere una sola PAT cuiafferiscono più voci di tariffa. Analizzando più in dettaglio la distribuzione per Gestionedelle aziende sulla base del numero di voci in cui sono inquadrate (Grafici 1-4), emerge che,

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1 Fonte: INAIL Consulenza Statistica Attuariale2 Fonte: INAIL, Rapporto Annuale Regionale 2003 Toscana. I dati relativi al 2004 non sono ancora disponibili.

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in media, l’82% delle aziende è classificato a due voci di tariffa, con un massimo del 92,76%nella Gestione Terziario.

La Gestione Altre Attività presenta una percentuale di aziende con attività riconducibili a più diquattro voci di tariffa molto più elevata rispetto alle altre Gestioni; ciò è principalmente dovu-to al fatto che in essa vengono inquadrati gli enti locali, le cui lavorazioni sono molto diversi-ficate. Nelle altre Gestioni le aziende con un numero di voci maggiori di quattro non raggiun-gono complessivamente l’1% del totale, ad eccezione dell’Industria, per la quale in ogni casola percentuale si attesta al 5,5%.La distribuzione delle lavorazioni afferenti ai diversi grandi gruppi (g.g.)3 di ogni Gestione èriportata nei Grafici 5-8 di pagina seguente.

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3 Sintesi delle definizioni dei dieci grandi gruppi secondo le Tariffe dei premi INAIL: g.g. 0 Attività varie; g.g. 1Lavorazioni agricole, allevamento, alimenti; g.g. 2 Chimica, carta, pelli; g.g.3 Costruzioni, impiantistica; g.g. 4Energia elettrica, gas, acqua; g.g. 5 Legno e affini; g.g. 6 Metallurgia, macchine, strumenti; g.g. 7 Mineraria, vetro;g.g. 8 Tessile e confezioni; g.g. 9 Trasporti, magazzinaggio.

Grafici 1-4: Aziende inquadrate in attività complesse. Distribuzione percentuale per N° di voci di tariffa. In parentesi è ripor-tato il numero di aziende)

Grafico 1: Gestione INDUSTRIA (Aziende totali: 5.652) Grafico 2: Gestione ARTIGIANATO (Aziende totali: 9.350)

Grafico 3: Gestione TERZIARIO (Aziende totali: 14.270) Grafico 4: Gestione ALTRE ATTIVITÀ (Aziende totali: 540)

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2.1 Analisi dei dati

L’analisi della distribuzione per grandi gruppi delle aziende complesse evidenzia una significa-tiva presenza di lavorazioni afferenti al g.g. 0 e in particolare alle voci di tariffa 072244 e07235 ... Ciò è ancora più vero nella Gestione Industria, dove le aziende sono più strutturate equindi hanno fasce di dipendenti che svolgono in via esclusiva compiti di tipo amministrativo-gestionale (cfr. Grafici 5 e 6). Oltre alle lavorazioni afferenti al g.g. 0, per quanto concerne leGestioni Industria e Artigianato risultano rilevanti le percentuali di lavorazioni inquadrate nelg.g. 3 (Industria 14,39%, Artigianato 20,41%) e nel g.g. 6 (Industria 8,60%, Artigianato18,97%). Tale andamento rispecchia la composizione complessiva del tessuto produttivo regio-nale. Infatti, escludendo il g.g. 0, le realtà aziendali toscane ricadono in questi due grandigruppi6, che, oltre tutto, comprendono il maggior numero delle voci di tariffa rispetto alla

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4 0722: Personale che per lo svolgimento delle proprie mansioni fa uso diretto di videoterminali e macchineda ufficio; personale addetto a centri di elaborazione dati, a centralini telefonici, a sportelli informatizzati, aregistratori di cassa e simili.5 0723: Personale non previsto in altre voci di tariffa che per lo svolgimento delle proprie mansioni fa uso, invia non occasionale, di veicoli a motore personalmente condotti.6 Cfr. Nota 1.

Grafici 5-8: Attività complesse:distribuzione percentuale delle voci di tariffa per grande gruppo.

Grafico 5: Gestione INDUSTRIA (N° voci di tariffa totali: 14.019) Grafico 6: Gestione ARTIGIANATO (N° voci di tariffa: 20.432)

Grafico 7: Gestione TERZIARIO (N° voci di tariffa totali: 32.485) Grafico 8: Gestione ALTRE ATTIVITÀ (N° voci di tariffa totali: 1.685)

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quasi totalità degli altri; questo fatto rispecchia una più elevata differenziazione delle lavora-zioni dei settori delle costruzioni e della metalmeccanica. Si può inoltre supporre che in que-sti due settori stesse attrezzature o macchine possano essere impiegate per lavorazioni diffe-renti, con conseguente inquadramento a più voci dello stesso grande gruppo. Ciò può essereplausibile anche per il g.g. 5 della Gestione Artigianato, per il quale una presenza di voci ditariffa pari all’11,81% non è correlabile con il numero di aziende toscane del settore legno eaffini, che nel 20027 costituivano poco più del 5% delle aziende artigiane. Il Grafico 9 evi-denzia la distribuzione percentuale, per provincia, delle voci di tariffa dei grandi gruppi 3, 5 e6, nelle Gestioni Industria e Artigianato, mentre nel Grafico 10 è riportato l’andamento per-centuale, per provincia, delle aziende inquadrate nei g.g. 3, 5 e 6, nelle Gestioni Industria eArtigianato.

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7 Fonte: INAIL, Banca Dati Statistica. I dati relativi al 2004 non sono ancora disponibili.

Grafico 9: Attività complesse: distribuzione percentuale per provincia delle voci di tariffa per i grandi gruppi 3, 5 e 6.

Grafico 10: Attività complesse: distribuzione percentuale per provincia delle aziende inquadrate nei grandi gruppi 3, 5 e 6.

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Da un primo confronto emerge che, in generale, per entrambe le Gestioni, i valori percentualidelle voci di tariffa sono sempre inferiori a quelli delle aziende inquadrate nei tre grandi grup-pi considerati; unica eccezione è costituita dalla provincia di Firenze, per la quale, nellaGestione Artigianato, l’attività classificativa ha fatto ricorso ad un numero maggiore di voci.Sarebbe quindi opportuno verificare se l’attività produttiva dei settori in questione giustificaquesta classificazione così articolata. Quanto sopra si evidenzia particolarmente nel grandegruppo 5 della Gestione Industria, per il quale i valori percentuali delle aziende sono circa ildoppio di quelli delle voci di tariffa; ciò può essere correlato al fatto che, rispetto agli altri due,il grande gruppo 5 presenta un numero inferiore di voci, ma anche ad una maggiore specializ-zazione dell’attività industriale toscana in questo settore produttivo. Per un’analisi più accura-ta della classificazione delle lavorazioni nei tre grandi gruppi individuati, sarebbe stato inte-ressante valutare il rapporto tra il numero totale di aziende toscane e il numero di aziende adattività complesse di questi settori produttivi; i dati relativi alle aziende suddivise per voci ditariffa sono stati estratti dalla Banca Dati Statistica dell’INAIL, che al momento è aggiornataal 2002 e presenta i dati distinti per aziende “a carattere artigianale e non”. Si è pertanto deci-so di estrarre i dati relativi alle sole aziende a carattere artigianale, in modo da poter fare unprimo confronto, anche se solo indicativo, con i dati forniti dalla Consulenza StatisticoAttuariale (Tabella 2).

Tabella 2: Valori percentuali, per provincia, delle aziende artigiane inquadrate nei g.g. 3, 5 e 6

Sigla provincia AR FI GR LI LU MS PI PO PT SI

Aziende ad attività

complesse (2004)* 79,6 32,0 85,6 82,7 70,1 76,2 50,4 52,5 68,7 78,5

Aziende totali (2002)** 62,9 53,9 60,3 59,4 62,8 59,0 56,9 37,9 52,1 61,6

* Numero totale aziende ad attività complesse, Gestione Artigianato, anno 2004: 9.350.

** Numero totale aziende toscane a carattere artigianale, anno 2002: 124.320.

Fermo restando che il confronto tra i dati riportati in Tabella 2 può fornire solo indicazioni dimassima, si può tuttavia sottolineare che la percentuale delle aziende ad attività complesse èquasi sempre più elevata rispetto a quella relativa alle aziende artigianali dei tre comparti presiin considerazione; le sole eccezioni riguardano le province di Firenze, Pistoia e, in misura mino-re, Pisa. Uno sviluppo futuro del presente studio potrebbe di conseguenza approfondire se que-sta situazione è dovuta a peculiarità del tessuto economico provinciale oppure ai diversi crite-ri classificativi adottati.

3. MONITORAGGIO TERRITORIALE

3.1 Criteri del monitoraggio

Considerata la mole dei dati pervenuti relativi alle PAT inquadrate a più voci di tariffa (quasi350.000 record), si è creata la necessità di definire dei criteri che permettessero di ricavare unnumero ragionevole di PAT, e di conseguenza di aziende, su cui poter effettuare un primo moni-

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toraggio territoriale. In questa fase iniziale l’indagine si è rivolta pertanto alla GestioneIndustria, anche perché eventuali problematiche classificative possono avere ripercussioni eco-nomiche più significative, essendo le masse salariali coinvolte più elevate. Sono state consi-derate in primo luogo le PAT attive nell’anno 2004, sono state escluse dal computo le voci ditariffa 0722 e 0723, in quanto si suppone che sulle posizioni amministrative vi siano minoridifficoltà di classificazione. Per ogni Sede sono state quindi estratte le aziende classificate apiù di due voci di tariffa. I risultati di questa elaborazione, raggruppati per provincia, sonoriportati in Tabella 3.

Tabella 3: Monitoraggio territoriale: prima elaborazione dei dati sulle attività complesse(Dati riferiti alla Gestione Industria, anno 2004, con esclusione delle voci 0722 e 0723)

Numero aziende Provincia Numero aziende con più di 2 voci di

tariffa

Arezzo 49 8

Firenze 696 131

Grosseto 126 35

Livorno 200 48

Lucca 281 70

Massa-Carrara 167 30

Pisa 260 56

Pistoia 253 53

Prato 343 42

Siena 195 47

Totale 2.570 520

3.2 Primi risultati del monitoraggio

Dapprima è stata condotta una verifica nell’archivio interno per accertare se, per le 520 azien-de estratte, fossero stati redatti dei pareri classificativi da parte della Consulenza, sia perrichieste dalle Sedi che per Ricorsi delle ditte al Consiglio di Amministrazione: è emerso chesolo per nove aziende erano presenti dei pareri. Di norma la redazione di un parere classifica-tivo implica un sopralluogo per la valutazione tecnica del ciclo produttivo; l’esito di questaverifica ha evidenziato che solo un numero esiguo di aziende con attività complesse era statovisitato dai tecnici CONTARP; questo fatto ci ha ulteriormente confermati nella necessità dimonitorare, a livello di Sede, gli interventi eventualmente intrapresi per questa tipologia diaziende. Gli elenchi contenenti le Ragioni Sociali delle aziende estratte, suddivise per Sedecompetente, sono stati pertanto inviati alla Funzione Ispettiva di Sede, al fine di ottenereinformazioni, per il periodo 2000-2004, riguardanti le visite ispettive effettuate, le eventualidenunce di variazione di esercizio, l’eventuale annullamento del sovrappremio silicosi/asbe-

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stosi. Infatti la denuncia di variazione e l’annullamento del sovrappremio possono essere con-nesse a modifiche del ciclo produttivo. Veniva infine richiesto di indicare se si prevedeva, inseguito, di effettuare visite ispettive alle suddette aziende. Dagli elenchi compilati con i crite-ri elencati emerge che solo il 12% delle aziende era stato visitato dalla Funzione Ispettiva negliultimi quattro anni e che per oltre il 50%, per un totale di 272 ditte, sono previsti sopralluo-ghi a breve termine. In alcune Sedi è stato deciso di condurre visite ispettive per la quasi tota-lità delle aziende estratte ed in particolare per quelle mai visitate negli ultimi quattro anni.

4. CONCLUSIONI E SVILUPPI FUTURI

Il lavoro fin qui svolto e le attività avviate hanno prodotto un utile terreno di riflessione sullemodalità di applicazione della Tariffa dei Premi nella classificazione di attività non riconduci-bili ad un’unica previsione tariffaria, confermando in generale la correttezza della metodolo-gia adottata volta a far emergere le caratteristiche peculiari del portafoglio PAT delle varie sedi.Il monitoraggio territoriale delle aziende classificate ad attività complesse avviato dalla CON-TARP Toscana ha avuto un ritorno positivo da parte delle Funzioni Ispettive di Sede. Tuttavia,un primo vero bilancio dell’attività complessiva sarà possibile solo in seguito alle risultanze deisopralluoghi programmati. Già da ora si può in ogni caso evidenziare che le peculiarità territo-riali emerse dall’analisi dei dati disponibili necessitano di ulteriori approfondimenti nei setto-ri delle Costruzioni, del Legno e della Metallurgia e macchine. Successive iniziative sarannoconcordate con la Funzione Ispettiva, la cui collaborazione, proficua già nella prima fase dellostudio, dimostra che l’apporto tecnico nell’analisi di cicli complessi e l’esperienza sul campo dichi da anni opera sul territorio sono complementari per garantire una corretta applicazionedella Tariffa dei Premi.

RINGRAZIAMENTI

Si ringraziano per la cortese collaborazione Giuseppina Maruti (D.R. Toscana, Ufficio AttivitàIstituzionali - Linea Aziende) ed Antonio Ghelli (Sede di Carrara, Funzione Ispettiva).

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RISULTATO, FORMAZIONE, INTERVENTO:UN NUOVO SISTEMA PER LA RIDUZIONE DEL PREMIO ASSICURATIVO

E. Ferro*, M.R. Fizzano*, G. Zarrelli** INAIL - Direzione Generale - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione

RIASSUNTO

Nel presente studio viene descritta una nuova proposta per l’oscillazione del tasso di premio.La struttura della nuova norma premiante si articola su tre livelli:• Il risultato • La formazione• L’interventoIl risultato mira a premiare l’assenza o il ridotto numero di infortuni. È legato sia al raggiun-gimento di un obiettivo comune, sia al conseguimento di prefissati livelli migliorativi specificidi ogni ambito tariffario.La formazione, invece, premia l’impegno dell’azienda nel diffondere la cultura della sicurezzanon solo per quanto riguarda gli aspetti generali ma, soprattutto, quelli legati in modo speci-fico alle diverse realtà aziendali.L’intervento è il parametro mediante il quale si mira a premiare la capacità di analisi e l’impe-gno mostrato dall’azienda nell’affrontare le situazioni critiche. Esso si realizza attraverso l’im-plementazione di sistemi di gestione della sicurezza.Nell’ambito della valutazione delle richieste si inserisce il ruolo di supporto alle aziende.Infatti, nel parere tecnico, che motiva il diniego dell’istanza, dovranno essere presenti indica-zioni mirate alla soluzione delle criticità individuate o suggerimenti per il miglioramento dellasituazione esistente.

SUMMARY

In this study a new method for premium rate oscillation calculation is described. The new pri-ming norm structure is organized according to three levels:• Result• Training• InterventionThe result aims to reward work accidents absence or decreasing. It is based on reaching a com-mon aim and fixed improvement levels for every tariff ambit.Training rewards factory’s care about safety culture spreading and, in particular, about thoseaspects which are especially joined to specific topics.The aim of intervention level is to reward analysis ability and factory’s care to manage criticalsituation. It comes true by improving a management safety system.In request evaluation come true factory’s assistance.In case of dismissing application, a Technical report will suggest solutions and improvement aboutcritical situations and this aspect is CONTARP contribution to INAIL assistance activity to factories.

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1. INTRODUZIONE

A sancire il diritto dei lavoratori alla tutela dell’integrità fisica e il dovere del Datore di Lavorodi assicurare un luogo di lavoro sicuro, sono alcuni articoli della Costituzione e l’art. 2087 delCodice Civile che impone al Datore di Lavoro di adottare “nell’esercizio dell’impresa tutte lemisure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie atutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.Tali aspetti di tipo prevenzionale sono stati ampiamente enfatizzati anche dalla normativa sul-l’assicurazione che ha sempre cercato, anche se in diversi modi, di incoraggiare il Datore diLavoro all’attuazione di misure finalizzate a ridurre i rischi, ponendo così in risalto l’inscindi-bile legame esistente tra assicurazione e prevenzione.Recentemente un’ulteriore spinta in tale direzione è stata esplicitata dal D.Lgs. 38/2000 che,nel capo V, prevedeva l’erogazione di finanziamenti a favore di interventi per il miglioramentodelle misure di prevenzione.Tuttavia non può sfuggire che questo importante provvedimento si aggiungeva ad altri già dadiversi anni presenti nel sistema assicurativo: i meccanismi di riduzione del tasso di premio.Questo tipo di meccanismi, consistenti sostanzialmente in sconti sul tasso dovuto dal singoloDatore di Lavoro all’INAIL, sono proprio finalizzati all’incentivazione di comportamenti idoneia ridurre il rischio di infortuni o malattie professionali.I meccanismi attuali prevedono sconti diversificati a seconda degli anni di attività e della gran-dezza dell’azienda; senza addentrarsi nei particolari, il sistema può essere esemplificatoponendo, come condizioni per l’ottenimento delle agevolazioni, l’applicazione delle norme ine-renti la sicurezza e la mancanza di eventi dannosi, ma solo per le aziende con altre un bienniodi attività. Inoltre, sulla scia del D. Lgs 38/2000, con l’entrata in vigore del DM 12/12/2000 è stata intro-dotta un’oscillazione per prevenzione (art 24) che non dipende solo dal semplice rispetto dellanormativa prevenzionale ma anche, e ciò rappresenta la profonda innovazione, dall’attuazionedi interventi migliorativi rispetto alle prescrizioni minime.Questo aspetto rispecchia pienamente l’attuale cultura che è orientata all’adozione, da partedi molte ditte, di sistemi di gestione su base volontaria.Affinché, però, un simile strumento sia effettivamente promotore di iniziative all’interno delleaziende e portavoce di impegno nel campo della sicurezza sul lavoro, deve essere costante-mente aggiornato e i risultati ottenuti mantenuti sotto monitoraggio.

2. UNA NUOVA PROPOSTA PER UN SISTEMA PREMIANTE

Affinché risulti effettivamente uno strumento valido ed incentivante per le aziende, il sistemadeve innanzitutto presentarsi di facile utilizzo, libero da eccessivi legami burocratici, conmodulistica semplice da compilare e, inoltre, facilmente gestibile all’interno dell’Istituto. Inoltre deve sensibilizzare le aziende ad effettuare tipologie di interventi per il miglioramentodelle condizioni di igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro che costituiscano interessanti spuntiper altri soggetti che siano così spinti alla realizzazione di analoghi interventi.Il sistema deve essere concepito in modo che sia facilmente fruibile sia da parte degli utenti siada parte dell’Istituto: in questo senso la prerogativa fondamentale è quella di poter essere gesti-to tramite i moderni mezzi informatici. Questo, infatti, da una parte non obbliga il Datore diLavoro a recarsi presso le sede competente ma offre la possibilità di reperire tutte le informa-zioni necessarie tramite la rete Internet e, dall’altra, la garanzia all’Istituto di una gestione tra-mite procedure che non aumentino il carico di lavoro e il tempo di definizione delle pratiche.

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Il sistema che si propone prevede uno sconto alle aziende articolato in tre livelli, differenti eindipendenti l’uno dall’altro, ma attuabili contemporaneamente: uno legato all’andamentoinfortunistico, uno legato all’impegno mostrato dall’azienda nella formazione, uno legatoall’impegno mostrato dalla stessa nell’analisi e continua ricerca di soluzioni alle eventuali cri-ticità riscontrate.I tre livelli apportano ciascuno uno sconto che possono sommarsi tra di loro: si può otteneresolo il primo livello oppure il secondo e il terzo o anche il solo terzo e così via.

2.1 Livello 1: il risultato

Con questo livello si vuole premiare l’impegno dell’azienda applicando una riduzione del tassosulla base dell’andamento infortunistico e quindi sul rapporto oneri/retribuzioni.L’agevolazione viene calcolata automaticamente dall’INAIL ed evidenziata al Datore di Lavorotramite le apposite comunicazioni.Se il Datore di Lavoro non presenta alcuna domanda, questa è l’unica agevolazione che saràapplicata.La prospettiva è quella di premiare le aziende che, nel corso di un certo periodo di tempo, pre-sentino un andamento del livello infortunistico caratterizzato da una costante riduzione deglieventi critici.È possibile stabilire un traguardo comune per tutte le attività che consiste nel ridurre, ad esem-pio del 10 %, il numero di infortuni nel triennio e, contemporaneamente, legarlo alle specifi-che lavorazioni. In quest’ultimo caso si premia annualmente l’azienda che presenta un anda-mento infortunistico inferiore ad un certo livello, caratteristico della voce di tariffa, alla qualel’attività dell’azienda è riferita.In questo modo si interviene non solo su quelle realtà lavorative contraddistinte da rischi spe-cifici elevati, come riscontrabile dagli alti tassi di premio, ma anche in quelle situazioni chesono caratterizzate da un tasso di premio più basso e che interessano un elevatissimo numerodi lavoratori; in questi ambiti, infatti, in valore assoluto, abbiamo un alto numero di eventiinfortunistici.Ad esempio, nell’ambito del gruppo 0700 (Attività Varie), le cui voci sono associate a tassi piut-tosto contenuti, nell’anno 2003 sono stati denunciati oltre 97.000 infortuni. Nello stesso anno,nel gruppo 5100 (Conservazione e Prima Lavorazione del Legno) al quale afferiscono voci carat-terizzate da tassi elevati, sono stati denunciati poco più di 1.400 infortuni.

2.2 Livello 2: la formazione

L’obiettivo è quello di premiare le aziende che diffondono e promuovono la cultura della sicu-rezza, nei rispettivi ambiti operativi. Ovverosia si intende premiare le aziende che, in relazionealla propria specificità, intervengono proprio su quegli aspetti che, per il rispettivo settore,risultano maggiormente critici a livello di infortuni.Occorre innanzitutto ottenere un quadro dell’azienda relativamente alle attività svolte, chepossono essere specifiche (es. produzione di plastica, lavorazione del legno, industria metal-meccanica, estrattiva ecc.) oppure generali (es. trasporti, magazzino, amministrazione,impianti ed attrezzature). In questo quadro, che indica, in sintesi, quelli che sono gli ambitioperativi, si ha l’immagine dell’azienda.Ad ogni attività, specifica o generale, va associato un codice. Va da sé che un’attività che perun’azienda è specifica per un’altra può essere generale (es. trasporti o attività amministrati-

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va); questo aspetto, tuttavia, non comporterà differenza di codice, in quanto questo è legatoall’attività in sé e non al contesto nel quale è svolta.Contemporaneamente si definisce un elenco di corsi ai cui argomenti sono associati codici checonsentono di associarli alle attività di cui sopra.Per usufruire dello sconto occorre innanzitutto che il corso sia congruente con quanto illustra-to nel quadro azienda; dall’incrocio dei codici è possibile rilevare tale congruenza.Inoltre, tramite Esaw, deve essere definito un punteggio per ogni corso; tale punteggio saràfunzione della gravità e della frequenza degli eventi infortunistici e consente di conseguire unosconto proporzionale.È evidente che maggior punteggio avranno quelle ditte che avranno fatto corsi di formazioneche, oltre ad essere attinenti alla propria realtà, riscontrabile dalla compilazione del primo qua-dro, presentano un maggior profilo di rischio, così come desunto da Esaw.Il sistema di codifica, infatti, consentirà sia di determinare l’attinenza del corso con le attivi-tà aziendali, sia di definirne il punteggio e quindi lo sconto.

2.3 Livello 3: l’intervento

Il terzo livello prevede uno sconto se l’azienda implementa un sistema di gestione per la sicu-rezza sul lavoro (SGSL); tale sconto sarà maggiore o minore se al sistema per la gestione per lasicurezza viene o meno affiancato un sistema per la qualità e per l’ambiente. Si intende premiare le aziende che adottano un SGSL in quanto tale sistema prevede un pro-cesso dinamico di miglioramento continuo, costituito da una successione di fasi quali la piani-ficazione, l’attuazione, il monitoraggio e il riesame del sistema stesso.L’SGSL si adatta quindi alla specifica realtà aziendale, ne individua le criticità a tutti i livel-li, sia di gestione del processo che di organizzazione, e pianifica l’intervento specifico; irisultati di tali interventi vengono monitorati, valutati e migliorati attraverso un cicloautoadattivo.Lo sconto è dato nel caso in cui il sistema implementato sia certificato da organi competentiquali l’IMQ, Certiquality, DNV, Bureau Veritas, RINA, BVQI ecc., oppure sia aderente alle lineegiuda UNI-INAIL o OHSAS 18001. Se il sistema è integrato lo sconto sarà maggiore, secondo ilseguente ordine decrescente:1. sistema di gestione per la sicurezza, qualità e ambiente certificati.2. sistema di gestione per la sicurezza e qualità certificati.3. sistema di gestione per la sicurezza e ambiente certificati.4. sistema di gestione per la sicurezza qualità e ambiente conforme.

3. LA CONSULENZA AI DATORI DI LAVORO

Affinché il sistema risulti effettivamente strumento utile per il miglioramento della sicurezzasui luoghi di lavoro, è fondamentale la diffusione delle informazioni ad esso relative e l’evi-denza circa l’effettiva concretezza dei risultati ottenibili da parte delle aziende stesse.I risultati ottenuti dovrebbero evidenziare quanto investire in sicurezza comporta una diminu-zione dei costi: in generale le misure preventive e protettive hanno un effetto a medio e lungotermine ma una agevolazione annuale sul premio INAIL sicuramente non è trascurabile e rap-presenta un effetto a breve termine.E’ necessario, dunque, l’implementazione di un sistema semplice di trasmissione delle infor-mazioni destinate all’utenza che si svolga sia attraverso canali tradizionali che alternativi.

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Pertanto occorre incrementare le informazioni presenti nel sito Internet e definire appositimoduli e guide semplici, di facile consultazione.In caso di diniego, dovrà essere redatto un provvedimento che ne spieghi i motivi in modo par-ticolareggiato: è evidente che dalla sua lettura si devono trarre spunti sui provvedimenti effet-tivamente da attuare.

BIBLIOGRAFIA

D.M. 12 DICEMBRE 2000: Nuove tariffe dei premi per l’assicurazione contro gli infortuni sullavoro e le malattie professionali delle gestioni: industria, artigianato, terziario, altre attività,e relative modalità di applicazione. In Suppl. Ord. G.U. del 22 gennaio 2001 n. 17.

DELIBERA INAIL - CONSIGLIO DI INDIRIZZO E VIGILANZA - N. 11 DEL 4 MAGGIO 2004:Monitoraggio delle gestioni tariffarie separate con riferimento all’oscillazione del tasso medioper prevenzione.

A. Iotti, G. Ortolani: “Primo monitoraggio delle codifiche secondo Esaw/3” 3° seminario diaggiornamento dei professionisti Contarp - Napoli 2004.

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CENTO ANNI DI ASSICURAZIONE PER LA PREVENZIONE

M.R. Fizzano*, A. Schneider Graziosi** INAIL - Direzione Generale - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione

RIASSUNTO

Pur se apparentemente la normativa assicurativa e quella prevenzionale hanno avuto un propriosviluppo indipendente, in realtà la prima ha recepito lo sviluppo della cultura nel campo della pre-venzione, disponendo, in vario modo, agevolazioni per i datori di lavoro che mostravano parti-colare impegno in questo ambito. Le tariffe dei premi che si sono succedute rappresentano cosìuno specchio dell’evoluzione nel tempo del rapporto tra assicurazione e prevenzione.

SUMMARY

The insurance legislation in Italy has always kept into account the different degree of risk of acti-vities due to the work conditions. The adoption of safety procedures, or the full compliance withlaws on prevention of accidents at work have been considered from the beginning of the past cen-tury, as elements for the reduction of the insurance premium. Authors analyse the evolution ofthe insurance legislation with regards to the development of the prevention culture.

1. INTRODUZIONE STORICA

La cultura della sicurezza sul lavoro rappresenta una conquista del mondo industrializzato inquanto ha come fine il miglioramento delle condizioni di vita. Tuttavia la tutela dell’integritàfisica dei lavoratori è stata una questione affrontata dal legislatore relativamente tardi rispet-to all’espandersi dell’industria perché l’infortunio, nelle prime teorie giurisprudenziali, eraconsiderato imputabile solo alla colpa, alla disattenzione, all’incapacità del lavoratore e non viera alcuna concezione della possibilità di prevederlo ed evitarlo. Nonostante ciò, con l’inizio del diffondersi dell’idea che l’infortunio era un caso inevitabil-mente legato al lavoro e di cui, pertanto, il datore di lavoro doveva rispondere, cominciò a pro-pagarsi l’iniziativa di stipulare polizze assicurative. Nel 1883 fu istituita la “Cassa nazionaleinfortuni” con la quale i datori di lavoro potevano, per propria iniziativa, sottoscrivere polizze;pur nella difficoltà causata dalla mancanza quasi totale di dati statistici nazionali, l’anno suc-cessivo venne approvato il regolamento relativo alla prima tariffa dei premi.Nel frattempo, si sviluppava in Italia un ampio dibattito sulla tutela infortunistica, testimonia-to dai numerosi disegni e progetti di legge presentati in materia (CATALDI, 1983). Finalmente,alla fine del XIX secolo, venne approvata la L. 80/1898 con la quale si sancivano gli obblighiper il datore di lavoro che esercitava le lavorazioni che sarebbero state definite nel 1903, diassicurare contro i rischi di infortuni i propri dipendenti e di adottare misure tecniche la cuidefinizione venne rimandata a successivi regolamenti specifici.

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Con tale legge, quindi, da una parte si tutelavano i lavoratori, offrendo loro la certezza di unindennizzo in caso di infortunio e ponendo le basi per lo sviluppo della prevenzione, dall’altrasi tutelava il datore di lavoro, con la traslazione del rischio a un istituto assicurativo.Dal punto di vista applicativo, nel 1899 fu varato il “regolamento generale di prevenzione” cheera indirizzato alle imprese e alle industrie alle quali si applicava la legge sull’assicurazioneobbligatoria, al quale si susseguirono altri regolamenti speciali, relativi ad alcuni settori lavo-rativi considerati particolarmente rischiosi.La normativa in materia di sicurezza e infortuni sul lavoro fu ordinata e raggruppata nel 1904con la realizzazione di un testo unico secondo il quale l’obbligo di assicurazione da parte deldatore di lavoro poteva essere assolto attraverso la costituzione di casse private, l’associazio-ne a un sindacato di assicurazione mutua, o la stipula di polizze con la Cassa nazionale infor-tuni o con compagnie di assicurazione private. Nel 1929, l’assicurazione obbligatoria fu estesa anche alle malattie professionali attraverso unsistema che prevedeva una lista chiusa di patologie riconosciute per legge. Nel 1933, quindi, dopoche già nel 1926 erano state abolite le casse private e quelle consorziali ed era stata vietata allecompagnie private la possibilità di stipulare polizze assicurative contro gli infortuni sul lavoro, l’as-sicurazione obbligatoria per il settore industriale venne accentrata in un unico ente¸ l’IstitutoNazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro1, che in breve arrivò ad assorbire glienti che avevano gestito l’assicurazione di particolari categorie di lavoratori o per specifici eventi.Con la nuova legge per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le tecnopatie nell’industriadel 1935, si determinò il carattere pubblicistico dell’assicurazione con l’introduzione di alcuniprincipi di base ancora validi: la costituzione automatica del rapporto assicurativo, l’automatici-tà delle prestazioni, l’erogazione di prestazioni sanitarie, la revisione delle rendite e l’istituzionedella rendita al posto dell’indennizzo in capitale in caso di inabilità permanente o morte.Con il Testo Unico sull’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionalidel 1965, tuttora vigente, furono poi introdotte altre importanti innovazioni come la tuteladegli artigiani e di altre figure che operano in modo autonomo, la previsione di quote integra-tive della rendita in ragione della composizione della famiglia dell’infortunato.In tempi più vicini, il D.Lgs. 626/1994 nel recepire la legislazione europea in materia di sicu-rezza sul lavoro ha creato un raccordo tra le diverse norme emanate in particolare dagli anni‘50; più recentemente, il D.Lgs. 38/2000 ha previsto, tra l’altro, interventi mirati a favorire ilmiglioramento delle misure di prevenzione.In tutto questo arco di tempo le tariffe dei premi che si sono succedute hanno tenuto conto invario modo del diverso rischio conseguente alle modalità di svolgimento delle lavorazioni eall’adozione di misure di sicurezza, ponendosi così come strumento per lo sviluppo della cultu-ra prevenzionale.

2. GLI INTERVENTI DI PREVENZIONE NELLE TARIFFE DEI PREMI

2.1 Le tariffe dei premi del 1884 e 1888

Con R.D. 26 marzo 1884, n. 2153 venne approvato il regolamento relativo alla prima tariffa deipremi. Questa è basata su diverse tabelle che permettono di calcolare il premio tenendo contodel tipo di assicurazione che si intende stipulare, dell’inclusione o meno della copertura dellaresponsabilità civile dei padroni, delle conseguenze dell’infortunio che si intende coprire e del

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1 La denominazione iniziale, fino al 1943, fu in realtà quella di Istituto Nazionale Fascista per l’Assicurazionecontro gli Infortuni sul Lavoro - INFAIL .

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grado di rischio al quale sono esposti gli operai; il premio è inoltre determinato in proporzio-ne all’indennità assicurata. Il grado di rischio è espresso in una tabella di classificazione relativa sia a mansioni (accendilam-pade, conciatori di pelli, lustrascarpe ...), sia a processi produttivi (fonderie di ferro, fabbrica di mac-cheroni, pulitura chimica dei metalli ...). Un grado di rischio maggiore viene riconosciuto per lelavorazioni svolte con macchine particolari o in condizioni operative o ambientali sfavorevoli.Lo stile è strettamente assicurativo, tanto che vengono esclusi dal campo della polizza i lavo-ratori più vulnerabili (ciechi, sordi, muti, ecc.). Inoltre, il regolamento di applicazione dellatariffa non prevede nessuna facilitazione in caso di adozione di misure che riducano la perico-losità delle lavorazioni. L’unico riferimento alla prevenzione degli infortuni si riscontra nell’art. 2, laddove si dice cheil Consiglio superiore della Cassa avrà facoltà di determinare nelle polizze quelle cautele gene-rali di sicurezza alle quali dovranno conformarsi gli assicurati. Nonostante questa possibilità, laprevenzione è ben lontana dall’essere un processo organizzato, tant’è vero che l’art. 24 espli-cita la possibilità che la Cassa fornisca gratificazioni agli operai che in occasione di sventure(incendi di fabbriche, inondazioni sotterranee in gallerie di miniere, ecc.) abbiano contribuitocon la loro opera a salvare operai assicurati.Con la successiva tariffa del 1888 (R.D. 29 dicembre 1888, n. 5888 sexies) il quadro primadescritto non muta in maniera sostanziale.

2.2 La tariffa dei premi del 1903

Con R.D. 13 dicembre 1903, n. 524, venne approvato il regolamento dei premi e delle indenni-tà e le tariffe della Cassa nazionale infortuni. Rispetto alle precedenti tariffe, restano, pur semodificati, alcuni meccanismi di calcolo del premio, in quanto le polizze possono essere limi-tate alla copertura degli obblighi di legge o avere una maggiore estensione.Cambia inoltre la “Classificazione delle voci” per la determinazione delle classi di rischio asso-ciate a mansioni e processi produttivi, che si sviluppa su una suddivisione per gruppo, sotto-gruppo e voci dalla quale poi, per cambiamenti successivi, si è giunti all’attuale nomenclatoretariffario. Resta la considerazione del legislatore per le condizioni di lavoro che comportanoun maggiore rischio, per cui molte lavorazioni sono associate a due voci, a seconda se svoltecon o senza macchine.Inoltre, per la prima volta, è esplicitamente previsto dal regolamento un aumento o piuttostouna diminuzione del premio quando risulti una differenza dal rischio normale, con riferimentoa operazioni che entrino in sensibile proporzione a costituire il rischio complessivo dell’indu-stria, e non piuttosto a lavori transitori o intermittenti (Tabella 1).

Tabella 1: Condizioni di aumento e riduzione del rischio nella tariffa del 1903

Condizioni di aumento del rischio Condizioni di riduzione del rischio

uso di seghe meccaniche o circolari uso di motori elettriciuso di motori o meccanismi pericolosi adozione di mezzi preventivi efficaci Trasporti di speciale importanza condizioni di esercizio di un’industria evidentemente inferiori

per rischio a quelle degli esercizi similari.lavori eseguiti su ponti, impalcature, ecc.lavori eseguiti in luoghi dove possono avvenire franamenti o cadute di materiale,uso di sostanze pericolose (esplosivi, sostanze corrosive, ecc.)

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2.3 La tariffa dei premi del 1915

Il regolamento dei premi e delle indennità approvato con R.D. 15 aprile 1915, n. 612 rispecchianelle sue parti generali quello del 1903, con alcune modifiche. In particolare, le condizioni chepossono comportare aumenti di premio in funzione del rischio riprendono, in linea di massima,quelle già definite, ma ne vengono anche introdotte altre che si riferiscono esplicitamenteall’organizzazione del lavoro e alle capacità lavorative della manodopera: l’esecuzione di lavo-ri durante la notte o in forma di cottimi, la precarietà ed urgenza dei lavori, l’impiego di ope-rai in condizioni personali aggravanti il rischio (vecchi, ragazzi, donne, persone affette dapreesistenti infermità, avventizi), la giacitura dell’impresa in località disagevole o pericolosa.Viene anche considerata l’anormale frequenza di sinistri accertata per il biennio precedente.Le condizioni che invece possono comportare una riduzione del premio sono espresse in ter-mini piuttosto generali, ovvero l’adozione di efficaci mezzi di prevenzione dei sinistri, le con-dizioni materiali e tecniche di esercizio, le condizioni personali della manodopera impiegata.Inoltre, nella tariffa dei premi vera e propria sono esplicitate condizioni peggiorative o miglio-rative di gruppi omogenei di lavorazioni che possono comportare rispettivamente un aumentoo una diminuzione del premio stabilito. Resta anche per molte lavorazioni l’associazione a duevoci a seconda dell’utilizzo o meno di macchine.

2.4 La tariffa dei premi del 1940

Con il R.D. 25 novembre 1940, n. 1732 venne approvata una tariffa dei premi le cui norme diapplicazione rispecchiano il nuovo quadro giuridico dell’assicurazione per gli infortuni sul lavo-ro e in particolare l’abolizione delle casse private, l’istituzione dell’INAIL e l’emanazione delTesto Unico del 1935 sull’assicurazione obbligatoria per gli infortuni sul lavoro e le malattieprofessionali.Scomparsi tutti i meccanismi di personalizzazione della polizza presenti nelle precedenti tarif-fe dei premi, questa tariffa consiste in una classificazione di lavorazioni definite da voci orga-nizzate su quattro livelli e abbinate a un tasso di premio che corrisponde al rischio medio nazio-nale della lavorazione contemplata in ciascuna voce. Per la prima volta, viene definita l’entità dell’aumento o della riduzione del premio in relazio-ne a situazioni di maggiore o minore rischio. Il tasso di tariffa potrà infatti essere applicato inmisura inferiore o superiore a non più del 20% del tasso medio in rapporto a criteri di indoleambientale della zona nella quale si effettua la lavorazione e ai metodi e criteri particolariadottati per la lavorazione. In particolare, le condizioni di aumento del rischio sono analoghea quelle già enunciate per le precedenti tariffe, mentre non vengono esplicitate le condizioniche ne comportano una riduzione.Oltre a indicare questi aspetti generali che possono incidere sul rischio determinando un aumen-to o una diminuzione del tasso medio, vengono esplicitate, nella tariffa dei premi, le condizio-ni operative determinanti un rischio massimo, medio o minimo, con tassi differenziati.

2.5 La tariffa dei premi del 1962

La successiva tariffa e le relative modalità di applicazione furono approvate con il D.M. 3novembre 1962. Considerando in particolare gli aspetti legati alla prevenzione, si rileva che,rispetto al regolamento del 1940, risulta aumentata dal 20 al 30% la variazione in diminuzio-ne o in aumento del tasso in relazione all’andamento infortunistico aziendale e ai metodi e cri-

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teri particolari di esecuzione della lavorazione, ai mezzi di prevenzione, alle misure igienicheadottate e ai relativi controlli, all’organizzazione aziendale della sicurezza, alle località dove sisvolgono i lavoro, all’impiego di sostanze, ordigni o meccanismi pericolosi e alla composizionedella mano d’opera occupata.Tali modifiche del tasso possono essere applicate trascorso almeno un biennio dall’inizio del-l’attività assicurata.Nella tariffa scompaiono le differenziazioni di tasso, per una stessa voce, in funzione delle con-dizioni di maggiore o minore rischio, che erano state adottate nella tariffa del 1940. A ciascu-na voce è quindi associato un unico tasso.

2.6 Le tariffe dei premi del 1971 e 1978

Con il D.M. 10 dicembre 1971 relativo ad una nuova tariffa con relative modalità di applica-zione, cambia il meccanismo di variazione in diminuzione o in aumento del tasso medio ditariffa, che viene da qui in poi definito “oscillazione” e che si basa su due distinti mecca-nismi:- con riferimento al tasso specifico aziendale, viene stabilito che l’INAIL può applicare un

tasso in misura inferiore o superiore a non più del 20% del tasso medio di tariffa, purchésiano trascorsi almeno due anni dall’inizio dell’attività assicurata. In pratica, al tasso medioè tolta o aggiunta una parte della differenza con il tasso specifico aziendale del triennioprecedente. In particolare, la riduzione o l’aumento interessano un’aliquota di tale diffe-renza in rapporto alla dimensione aziendale, come rappresentato in Tabella 2.

Tabella 2: Misura della riduzione o dell’aumento in riferimento al tasso specifico aziendale

Retribuzioni complessive nel triennio Aliquota della differenza con il tasso (come operai-anno) specifico aziendale oggetto di riduzione o di aumento

Minori o uguali a 100 1/3

Maggiori di100 e minori o uguali a 200 _

Maggiori di 200 e minori o uguali a 500 2/3

Maggiori di 500 l’intera differenza

- nei primi due anni di attività, durante i quali non può essere applicata la suddetta oscil-lazione, può essere applicata una riduzione o un aumento del tasso medio di tariffa inmisura fissa del 10%, in relazione al rispetto delle norme in materia di prevenzione infor-tuni e igiene sul lavoro nell’azienda; trascorsi i primi due anni, l’oscillazione del 10% puòessere applicata in aggiunta all’oscillazione relativa all’andamento infortunistico azien-dale, nei casi in cui il tasso specifico aziendale differisca di oltre il 50% da quello mediodi tariffa.

Con la successiva tariffa, approvata con il D.M. 14 novembre 1978, tali meccanismi di oscilla-zione non vengono modificati.

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2.7 La tariffa dei premi del 1988

Con la tariffa dei premi del 1988 (D.M. 18 giugno 1988) i meccanismi di oscillazione del tassovengono ulteriormente articolati, secondo i seguenti meccanismi:- oscillazione del tasso medio nei primi due anni di attività in misura fissa del 15% in rela-

zione all’effettiva situazione dell’azienda per quanto riguarda il rispetto delle norme di pre-venzione infortuni e igiene sul lavoro;

- oscillazione in riduzione o in aumento del tasso medio dopo i primi due anni di attività inrelazione al tasso specifico aziendale, calcolato sui primi tre anni del quadriennio prece-dente (o su un periodo inferiore nel caso di inizio da meno di tre anni). In particolare, lariduzione o l’aumento interessano una parte della differenza del tasso medio con il tassospecifico aziendale secondo le modalità già definite per le tariffe precedenti (Tabella 2).

A questa seconda oscillazione ne viene aggiunta un’altra pari al 5, 10, o 15 % a seconda delladimensione aziendale e dello scarto tra tasso specifico aziendale e tasso medio di tariffa.Un’oscillazione del 15% può comunque essere ottenuta indipendentemente dalla dimensioneaziendale se nel periodo di riferimento non si sono verificati infortuni o malattie professiona-li e se sono state attuate le norme di prevenzione infortuni e di igiene del lavoro. Analogamente, può essere applicato l’aumento del 15% indipendentemente dalla dimensioneaziendale qualora risulti che non sono state osservate le norme suddette.

2.8 Le tariffe dei premi del 2000

Si giunge così alle attuali tariffe dei premi, approvate con D.M. 12/12/2000, nelle cui modali-tà di applicazione sono presenti diversi articoli relativi all’oscillazione del tasso: - art. 19: oscillazione del tasso medio nei primi due anni di attività in misura fissa del 15%,

in relazione al rispetto della normativa prevenzionale;- art. 22: variazione, in aumento o in diminuzione, dopo i primi due anni di attività, in fun-

zione del tasso specifico aziendale, secondo le modalità già adottate per le precedenti tarif-fe (Tabella 2), con l’aggiunta di un limite massimo di sconto pari rispettivamente al 7, 10,13, 20% per le quattro aliquote fissate; un’ulteriore oscillazione dipende dal numero didipendenti dell’azienda e dall’entità dello scarto fra il tasso medio di tariffa ed il tasso spe-cifico aziendale;

- art. 24: oscillazione in funzione degli investimenti dell’azienda per la sicurezza, purché nelrispetto delle normative vigenti in ambito di sicurezza, igiene e prevenzione sui luoghi dilavoro ed in regola con gli adempimenti contributivi ed assicurativi. La riduzione del tassodel 5 o 10% a seconda del numero di lavoratori-anno, viene applicata a fronte di documen-tati interventi di tipo tecnico e/o organizzativo che tengono anche conto delle specifichecaratteristiche aziendali.

3. CONSIDERAZIONI

La normativa assicurativa ha sempre, necessariamente, attribuito un notevole peso alle condi-zioni di rischio dello svolgimento delle lavorazioni, in quanto a queste corrispondono oneridiversi per l’Istituto assicuratore. Le modalità per tenere conto di tali condizioni e degli accor-gimenti adottati per ridurle, sono state diverse nel tempo.Si può infatti individuare negli ultimi anni del XIX secolo una primissima fase in cui, in assen-za di un obbligo legislativo di tutela dei lavoratori, i regolamenti emanati rispecchiano la natu-

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ra puramente assicurativa della Cassa nazionale infortuni, escludendo dal campo dell’assicura-zione i soggetti più esposti, e prevedendo, per altro verso, gratificazioni per gli operai cheavessero salvato la vita altrui in caso di sciagure.A partire dalla tariffa del 1903, che segue la definizione dell’obbligo assicurativo e l’emana-zione del primo regolamento generale di prevenzione, si apre una nuova fase in cui viene rico-nosciuta la possibilità di aumenti o riduzioni del premio a seconda del sussistere di condizionidi aumento o di diminuzione del rischio. In considerazione della crescente meccanizzazione edell’elevato rischio conseguente, molte lavorazioni sono associate a due voci a seconda se svol-te con o senza macchine.Questo approccio permane per diversi decenni con alcune modifiche, quali, ad esempio, la con-siderazione del tipo di manodopera e delle condizioni ambientali di svolgimento del lavoro.Con la tariffa del 1962, vengono quindi eliminate le associazioni delle lavorazioni a più voci ditariffa a seconda dell’utilizzo o meno di macchine, mentre con la tariffa del 1971 scompaionogli elenchi di condizioni che possono comportare aumenti o riduzioni del rischio e vengonoinvece introdotti meccanismi di oscillazione del tasso in funzione dell’andamento degli infor-tuni specifico dell’azienda e del rispetto della normativa di igiene e sicurezza sul lavoro. Questosecondo aspetto rende conto dello sviluppo della normativa di igiene e sicurezza sul lavoroavuto fin dal 1955 e dell’emanazione del Testo Unico del 1965.Il riferimento al rispetto della normativa vigente quale elemento cardine per la riduzione deltasso permane fino alle attuali tariffe e dimostra l’importante azione dell’Istituto nell’inco-raggiare l’osservanza delle misure prevenzionali previste. Con il D.Lgs. 38/2000 e con le tariffe del 2000, viene compiuto un ulteriore passo in avanti conla previsione rispettivamente di incentivi e di riduzioni del tasso a fronte di investimenti che vada-no oltre il rispetto della normativa vigente. E’ questa peraltro la direzione in cui sta evolvendo lacultura della prevenzione, orientata adesso verso il superamento su base volontaria delle pre-scrizioni di legge, come evidenziato dall’adozione da parte di molte ditte dei sistemi di gestionedi sicurezza e salute sul lavoro o dallo sviluppo del concetto di responsabilità sociale di impresa.

BIBLIOGRAFIA

E. Cataldi: L’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro(Testimonianza di un secolo), INAIL, Roma, 1983.

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R.D. 29 dicembre 1888 n. 5888 sexties: Regio Decreto che approva il regolamento e le tarif-fe dei premi e delle indennità della cassa nazionale di assicurazione per gl’infortuni degli ope-rai sul lavoro, in G.U. del 22 gennaio 1888, n. 18.

R.D. 13 dicembre 1903 n. 524: Regio Decreto che approva il regolamento dei premi e le inden-nità e le tariffe della cassa nazionale di assicurazione per gli infortuni degli operai sul lavoro,in G.U. del 20 gennaio 1904, n. 15.

R.D. 15 aprile 1915 n. 612: Regio Decreto che approva il regolamento dei premi e delleindennità Cassa Nazionale per gli infortuni degli operai sul lavoro, in G.U. del 17 maggio1915, n. 121.

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R.D. 25 novembre 1940-XIX n. 1732: Approvazione delle tariffe dei premi di assicurazionedell’Istituto nazionale fascista per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, in Suppl. G.U.del 31 dicembre 1940-XIX, n. 305.

D.M. 3 novembre 1962: Approvazione della deliberazione adottata in data 24 ottobre 1962 dalConsiglio di amministrazione dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sullavoro, concernente la nuova tariffa dei premi e relative modalità di applicazione, in Suppl.G.U. del 10 novembre 1962, n.285.

D.M. 10 dicembre 1971: Approvazione della deliberazione adottata in data 30 novembre 1971dal Consiglio di amministrazione dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortunisul lavoro, concernente la nuova tariffa dei premi e relative modalità di applicazione, in Suppl.G.U. del 27 dicembre 1971, n. 327.

D.M. 14 novembre 1978: Approvazione della deliberazione adottata in data 24 ottobre 1978dal consiglio di amministrazione dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortunisul lavoro, concernente la nuova tariffa dei premi e relative modalità di applicazione, in Suppl.ord. G.U. del 30 dicembre 1978 n. 362.

D.M. 18 giugno 1988: Nuova tariffa dei premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavo-ro e le malattie professionali per il settore industriale, e relative modalità di applicazione, inG.U. del 30 giugno 1988 n. 152.

D.M. 12 dicembre 2000: Nuove tariffe dei premi per l’assicurazione contro gli infortuni sullavoro e le malattie professionali delle gestioni: industria, artigianato, terziario, altre attività,e relative modalità di applicazione, in Suppl. Ord. G.U. del 22 gennaio 2001 n. 17.

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IL NUOVO MODELLO OT24

F. Renzetti** INAIL - Direzione Regionale Emilia Romagna - Consulenza Tecnica Accertamento Rischio ePrevenzione

RIASSUNTO

Per l’anno 2005, al fine di semplificare gli adempimenti a carico delle Aziende per richiedere lariduzione del tasso applicato, è stato predisposto un prospetto unico (0T24), che sostituisce iquattro precedentemente in uso. Il nuovo modello, valido quindi per ogni tipo d’azienda, pre-senta tra i prerequisiti richiesti, una parte comune a tutte le aziende e parti specifiche aggiun-tive (per gli stabilimenti a rischio di incidente rilevante e per i cantieri temporanei o mobili).Le varie sezioni sono state riviste rispetto alle precedenti e ci sono novità importanti. Una diqueste novità riguarda interventi ascrivibili alla “responsabilità sociale delle imprese” (CSR),che è una tematica che riguarda, tra l’altro, la salute e la sicurezza sul lavoro ad ampio spet-tro. La CSR (Corporale Social Responsibility) è l’adozione volontaria di una politica aziendale chesappia conciliare gli obiettivi economici con quelli sociali ed ambientali. E’ fortemente soste-nuta dalla Comunità Europea e dal nostro Governo. Altre novità sostanziali riguardano adem-pimenti ad iniziative curate dall’Istituto, come i finanziamenti alle imprese (progetto ISI) e l’a-dozione di un sistema di gestione della sicurezza (SGSL).

SUMMARY

This work informs about the new process (starting in the year 2005) of reduction of the insu-rance premium for the enterprises that have already implemented good or best health andsafety measure in order to prevent accidents at work. The presented application forms allow toexamine what has been the improvement of health and safety level on workplace, when self-certified by the employer. In this year, we have some innovation in the application formsrespect the older one. The most important innovation is, surely, the introduction of the“Corporate Social Responsibility” (CSR) for the enterprises. The CSR Project draws on theEuropean Commission’s concept of CSR whereby “companies integrated social and environmen-tal concern in their business operations and in their interaction with their stake-holders on avoluntary basis”. Other important innovations are the consideration of the employer’s effortsto create in his organization systems of management of health and safety level on workplace(SGSL) and the participation at the INAIL enterprises programs of financing.

1 PRECEDENTI MODELLI

1.1 Descrizione

Fino al 2004 erano utilizzati quattro prospetti, a seconda della tipologia o dimensione del-

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l’azienda: OT/24/01 aziende fino a 10 addetti, OT/24/02 aziende con più di dieci addetti,OT/24/03 cantieri temporanei o mobili, OT/24/04 per stabilimenti a rischio di incidenti rile-vanti. Tutti avevano la stessa struttura, basata su tre parti: 1) scheda informativa generale;2) domanda di riduzione; 3) dichiarazioni del richiedente. Quest’ultima, resa sotto forma diautocertificazione, richiedeva il rispetto delle principali norme in materia di prevenzioneinfortuni e di igiene del lavoro (D. Lgs. 626/94, D.M. 10/03/98, D.P.R. 547/55, D.P.R.303/56, ecc.).

1.2 Definizione delle domande

Le domande, compilate e sottoscritte dal Datore di lavoro, venivano presentate in forma car-tacea alla Sede di competenza che, in caso di soddisfacimento dei requisiti minimi indicati nelmodulo stesso e nella relativa guida alla compilazione, e salvo l’eventuale esito negativo dellasuccessiva istruttoria tecnica, la accoglieva. In caso di dubbi o per verifiche a campione veni-vano interessate le CONTARP regionali, che esprimevano parere. Il quadro su cui i professioni-sti erano chiamati in causa era sempre quello relativo all’osservanza delle disposizioni obbli-gatorie in materia di prevenzione infortuni e di igiene del lavoro. I dubbi maggiori si sonoriscontrati, almeno nell’ambito della Regione Emilia Romagna, sulla mancata selezione dellecaselle relative a:• i lavoratori sono sottoposti ai previsti accertamenti sanitari preventivi e periodici;• l’azienda ha definito un piano d’emergenza ed evacuazione dei lavoratori.Altri dubbi, in misura notevolmente ridotta, hanno riguardato i seguenti altri punti:• l’installazione dei ponteggi avviene seguendo il progetto o gli schemi previsti dal costrut-

tore;• gli ambienti di lavoro sono dotati di agibilità ed abitabilità;• i lavoratori ed il rappresentante per la sicurezza hanno ricevuto un’adeguata formazione.Nel caso di accoglimento della domanda era prevista la possibilità, da parte dell’Istituto, diverificare quanto dichiarato in sede di autocertificazione.

2. IL NUOVO MODELLO

2.1 Descrizione e modalità operative

Il nuovo modello (MODELLO UNICO DI DOMANDA), strutturalmente e graficamente, non si dis-costa dai precedenti. Rimangono, anche nello stesso ordine, le tre parti fondamentali (schedainformativa generale; richiesta di riduzione del tasso; dichiarazioni obbligatorie e facoltative).Le prime due parti sono praticamente le stesse di prima; la terza parte è invece quella che dif-ferisce dai modelli passati, per lo meno per quanto riguarda i prerequisiti e i requisiti in termi-ni di adempimenti e miglioramenti delle condizioni di sicurezza ed igiene nei luoghi di lavoro.Infatti, questa parte è a sua volta divisa in tre “paragrafi”, di cui il primo prevede assolta laregolarità contributiva ed assicurativa nei confronti dell’Istituto (la prima “conditio sine quanon”), esattamente come in precedenza. Il secondo paragrafo è quello che si riferisce ai pre-requisiti in termini di sicurezza ed igiene. Questi, che non debbono essere più contrassegnatiintegralmente, ma vengono dati per acquisiti, sono per una parte comuni ad ogni tipologiaaziendale (PER TUTTE LE AZIENDE) ed in parte peculiari per due particolari tipologie aziendali(PER GLI STABILIMENTI A RISCHIO DI INCIDENTE RILEVANTE; PER I CANTIERI TEMPORANEI MOBI-LI). Ciò vuol dire che per tutte le aziende debbono essere stati assolti gli obblighi previsti dal

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D. Lgs. 626/94, mentre per le altre due tipologie di aziende, per cui sono ipotizzabili ulterioririschi, debbono essere soddisfatti gli obblighi di normative specifiche (D. Lgs. 334/99, per glistabilimenti a rischio di incidente rilevante, ovvero la cosiddetta Direttiva Seveso bis; D. Lgs.494/96, ovvero la Direttiva Cantieri). Questa costituisce la seconda “conditio sine qua non”,ovvero se non si è in regola con questi adempimenti minimi è inutile proseguire con la compi-lazione del modello: non si può richiedere la diminuzione del tasso.Il terzo paragrafo costituisce, da un lato, la novità saliente per le richieste di diminuzione deltasso e, dall’altro, l’elemento qualificante di un’azienda riguardo alla politica della sicurezzasul lavoro.In esso figurano 9 sezioni, individuate con le lettere dell’alfabeto, da A ad I, almeno in partegraduate secondo l’importanza. La sezione A è quella più innovativa rispetto ai precedentimodelli, in quanto compendia alcuni INTERVENTI PARTICOLARMENTE RILEVANTI. Tra le altresezioni, è considerata preminente la E - FORMAZIONE.Il regolamento prevede che se si è attuato anche un solo intervento dei tre previsti nella sezio-ne A si può ottenere la riduzione del tasso. Se invece non si è attuato alcuno di questi inter-venti, per avere lo stesso beneficio occorre aver attuato almeno tre interventi tra quelli indi-cati nelle altre sezioni, con il vincolo che uno di questi deve ricadere nell’ambito della sezioneE, ovverosia uno o più interventi debbono aver riguardato la formazione o l’informazione delpersonale. La domanda può essere presentata “dopo il primo biennio di attività” e tutti gliinterventi debbono essere stati realizzati nell’anno 2004.Considerato che è facoltà dell’INAIL procedere alla “verifica tecnica” delle domande, l’Istitutoha dato istruzioni affinché siano eseguite verifiche a campione, programmate, organizzate egestite secondo criteri individuati dalle strutture regionali. Saranno soggette tutte a verifica,invece, le domande in cui risultino barrate caselle appartenenti alla sezione A e le domande incui siano compilati i campi della sezione I - ALTRO.L’organo tecnico preposto a tali verifiche è la CONTARP, che a tal fine si avvale dei professioni-sti dislocati sul territorio.

2.2 Dettagli

Dato il rilievo dato dall’Istituto alla sezione A, è bene soffermarsi su di essa. Tale sezione, d’al-tronde, rappresenta la novità saliente di quest’anno.Ulteriori elementi di novità si colgono anche scorrendo le altre sezioni e anche su queste è benesoffermarsi.

2.2.1 Sezione A - Interventi particolarmente rilevanti

Le voci di tale sezione così recitano:a) L’azienda ha adottato o mantiene un comportamento socialmente responsabile secondo i

principi CSR (responsabilità sociale delle imprese) stabiliti dal Ministero del Lavoro e dellePolitiche Sociali ed ha conseguentemente attuato interventi migliorativi delle condizioni disicurezza e salute nei loghi di lavoro.

b) L’azienda ha implementato o mantiene un sistema di gestione della sicurezza che rispondeai criteri definiti in standard, linee guida, norme, riconosciute a livello nazionale e interna-zionale (escluse le aziende a rischio di incidente rilevante di cui all’art. 2, comma 1, e art.8 del D.Lgs. 334/99).

c) L’azienda ha implementato o mantiene un sistema di gestione della sicurezza certificato.

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Gli standard o linee guida relativi ai tre punti su riportati, che sono tutti, ovviamente, a carat-tere volontario, sono i seguenti.1. SA 8000 (Social Accountabilily 8000), basata sulle convenzioni fissate dall’ILO; AA1000

(Acdount Abilily 1000); (GBS Gruppo di studio per il Bilancio Sociale); GRI (Global ReportingIniziative); Q-Res (Qualità delle Responsabilità etica d’impresa); ecc.

2. Norma OHSAS 18001/1999; linee guida OHSAS 18002/2000; linee guida BS 8800/96; lineeguida UNI-1NAIL; linee guida UNI 106 17/1997 e D.M. 09/08/2000 (specifici per impianti diprocesso a rischio di incidente rilevante).

3. Come il punto 2, con in più la certificazione rilasciata da un organismo notificato (perl’Italia, riconosciuto dal CEPAS, che è a sua volta accreditato dal SINCERT, omologo italianodegli organismi internazionali EA e IAF).

2.2.2 Sezioni da B a I

I titoli delle sezioni successive alla A, sono i seguenti:B. Prevenzione e protezione (voci da 1 a 11).C. Attrezzature, macchine e impianti (voci da 12 a 16).D. Sorveglianza sanitaria (voci da 17 a 19).E. Formazione (voci da 18 a 24).F. Stabilimenti a rischio di incidente rilevante (voci da 25 a 26).G. Cantieri temporanei e mobili (voci da 27 a 34).H. Attività di trasporto (voci da 35 a 38).I. Altro (voci, in bianco, da 39 a 41).Le voci da 1 a 38 prevedono interventi che vanno oltre quanto prescritto dalla normativa vigen-te; in qualche caso, semplicemente ampliando concetti o prescrizioni già insiti nella normativadi riferimento. Un esempio per tutti: la voce n°17 “Il medico competente ha visitato gli ambien-ti di lavoro almeno due volte l’anno e ha redatto un verbale di sopralluogo, anche congiunta-mente al servizio di prevenzione e protezione”.Alcune voci (11, 16, 24) fanno riferimento agli interventi di sostegno alle imprese promossidall’INAIL in questi ultimi anni e che, se approvati tutti, consentono da soli di ottenere la ridu-zione del tasso. In quest’ultimo caso, anche se non espressamente previsto, è pensabile chenon siano necessari controlli di sorta, in quanto la documentazione probante ha già subito unesame tecnico da parte dell’Istituto, ed in particolare della CONTARP.

3. RESPONSABILITÀ SOCIALE DELLE IMPRESE (CSR)

Il tema della responsabilità sociale delle imprese si dibatte a livello europeo già da qualcheanno ed è sfociato nel “LIBRO VERDE”. Il nostro Ministero del Lavoro e delle Politiche Socialiha voluto dare il suo contributo promuovendo il progetto nazionale Corporate SocialResponsibility - Social Committment (CSR - SC), affidato all’Università Bocconi dì Milano. Tra levarie indicazioni suggerite figura quella di istituire, da parte del Governo, “un sistema premia-le per le imprese che intendono andare oltre la CSR e dimostrare un forte Social Commitment”(impegno sociale). Il modello OT dell’INAIL si inserisce in un sistema premiale per le imprese,per cui l’introduzione di questa tematica nel nuovo modello è il risultato della volontàdell’Istituto di seguire sempre nuove strade per incentivare l’adozione di interventi migliorati-vi delle condizioni di igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro. D’altronde l’INAIL da sempre operanel mondo del lavoro e fornisce ai lavoratori un sistema di tutela globale ed integrata, che puòessere inteso anche come salvaguardia del benessere psicofisico.

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A questo punto occorre capire bene che cosa si intenda per CSR, anche per far fronte alle richie-ste di chiarimenti pervenute dalle aziende. L’argomento è nuovo e la sua conoscenza non èancora molto diffusa, come testimoniano le numerose richieste di delucidazioni al riguardo rac-colte dalla CONTARP Emilia Romagna. E le aziende di questa regione, da sempre proiettate suimercati internazionali, in genere sono ben informate.La migliore definizione della CSR è quella data dal già citato Libro Verde, Capitolo 2, pag. 7:essa è “l’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle impresenelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”. Un’azienda chesi assume, volontariamente, tale responsabilità, è un’azienda che ha cuore la società che lacirconda e le problematiche ambientali. “Nell’ambito dell’impresa, le prassi socialmenteresponsabili hanno riflessi in primo luogo sui dipendenti e riguardano ad esempio gli inve-stimenti nel capitale umano, nella salute e nella sicurezza e nella gestione del cambio, men-tre le prassi ecologiche responsabili riguardano soprattutto la gestione delle risorse natura-li utilizzate nelle produzione” (Libro Verde, pag. 8). Nella pagina seguente del Libro Verde siparla di “forme complementari di promozione della salute e della sicurezza” che vanno oltrele imposizioni di legge ed oltre il perimetro aziendale. Si fa riferimento alla tutela delle con-dizioni di lavoro anche presso i fornitori, che debbono adottare misure prevenzionali o com-portamenti etici, anche se la normativa del Paese di appartenenza non prevede nulla alriguardo. Si pensi, ad esempio, al ben noto caso della multinazionale che produceva pallonida calcio in Paesi in cui era (ed è) lecito il lavoro dei bambini. Il coinvolgimento dell’opi-nione pubblica mondiale ha convinto l’azienda in questione a cambiare sistemi di produzio-ne, pena una drastica riduzione delle vendite. La Responsabilità Sociale dell’impresa dunquenon si improvvisa, ma nasce da una vera e propria cultura d’impresa orientata verso la tra-sparenza e l’acquisizione di coscienza, fondata sulla necessità di far interagire al meglio gliinteressi economici delle singole imprese con quelli sociali e ambientali del contesto di rife-rimento.L’impresa che assume comportamenti socialmente responsabili genera effetti diretti e indirettisia al suo interno che sulla collettività. Un esempio di effetto diretto è il miglioramento dellecondizioni di lavoro. L’adozione di questo criterio si traduce in una vantaggiosa gestione dellerisorse umane (lavoratori, fornitori, ecc.) che ha come conseguenza un’influenza positiva sullaproduzione.Uno degli effetti indiretti è l’importanza che l’azienda dà alla sua reputazione, valore intangi-bile che grava sul marchio e dunque sulla sua immagine. Infatti la crescente attenzione dei con-sumatori e degli investitori su questioni quali lo sfruttamento del lavoro minorile, la gestionedei rifiuti inquinanti, l’utilizzo di materiali eco-compatibili e altro ha indotto alcune imprese adassumere comportamenti etici nei confronti di queste problematiche. Questo atteggiamento èpremiato dalla collettività che apprezza le imprese socialmente responsabili accrescendone illoro valore sul mercato.Quindi, l’assunzione di Responsabilità Sociale da parte di un’impresa non è solo un atto volon-tario, ma una naturale conseguenza della trasformazione avvenuta nei mercati internazionalinell’ultimo decennio. Per un’impresa oggi un comportamento socialmente responsabile è uninvestimento strategico che concorre a creare profitto e competitività. Contribuendo infatti adobiettivi sociali e alla tutela dell’ambiente l’impresa produrrà un plusvalore per se stessa e perla società il cui impatto economico sarà quantificabile nel lungo periodo, trattandosi questo diun nuovo campo d’azione.Alcuni Stati europei (soprattutto scandinavi) hanno introdotto sistemi di etichettatura deiprodotti per rendere visibili i comportamenti etici, sociali e di rispetto dell’ambiente delleaziende.

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3.1 Social Statement

Una volta compreso, in grandi linee, quali sono i comportamenti delle aziende che consenta-no di affermare che esse stanno adottando una politica di responsabilità sociale e di attenzio-ne verso l’ambiente, si pone il problema di misurare e di monitorare questo impegno, fermorestando che l’argomento non è facilmente inquadrabile dentro confini prestabiliti. Con ciò siintende dire che, mentre aspetti come la gestione della qualità, della sicurezza, sono rieondu-cibili a standard più ristretti e più condivisibili a livello internazionale, con i comportamentisociali e di rispetto dell’ambiente, ci si muove in un ambito molto ampio e più legato alla cul-tura, alla storia ed anche alla politica dei singoli Stati.Per quanto riguarda il nostro Paese, il Governo ha deciso di avvalersi di una qualificata istitu-zione culturale come l’Università Bocconi, per giungere alla definizione di uno standard di CSR.Questo standard prevede la realizzazione di un Social Statement, che ha il duplice scopo diessere: 1) strumento di guida per le imprese al miglioramento dei propri comportamenti socia-li; 2) documento di comunicazione delle imprese, ai soggetti interessati o portatori di interes-si (stakeholder), delle prestazioni conseguite in ambito sociale, ambientale e di sviluppo soste-nibile.Il Social Statement che ha, dunque, lo scopo complessivo di far accrescere la consapevolezzadelle aziende ai temi della responsabilità sociale, deve essere uno strumento agile, modulare,flessibile, perché rivolto ad imprese che operano nei settori più disparati (finanza, commercio,produzione, ecc.), di dimensioni diverse. Siccome il quadro italiano delle imprese è dominatodalle piccole e medie imprese (PMI), è normale che a questa tipologia di aziende si sia dataun’attenzione particolare.

3.2 Gli indicatori

Servono alla misurazione delle prestazioni raggiunte una volta introdotto il Social Statement.Quelli individuati dagli esperti dell’Università Bocconi sono stati fatti propri dal Ministero delLavoro e sono stati adottati anche dall’INAIL. Le aziende che avranno barrato o barreranno lacasella “a” -Sez. A del Modello OT dovranno aver ben presenti questi indicatori; essi costitui-scono il linguaggio comune tra le aziende e il valutatore delle domande di riduzione del tasso.La correttezza della risposta sarà data in base alla loro conoscenza ed applicazione, non su con-cetti aleatori ed opinabili. Nella pubblicazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Socialitroviamo, oltre che una descrizione completa, la definizione del set di indicatori. Esso è arti-colato in:• “categorie”, gruppi di stakeholder cui sono rivolti specifiche famiglie (cluster) di indicatori;• “aspetti”, aree tematiche monitorate da gruppi di performance indicator (indicatore di pre-

stazione), nell’ambito di un determinata categoria di stakeholder;• “indicatori”, ovvero misure qualitative e quantitative che forniscono informazioni relative a

uno specifico aspetto. Possono essere utilizzati per controllare e dimostrare le performancedi un’organizzazione.

Le otto categorie di stakeholder in cui sono suddivisi gli indicatori sono:1) Risorse Umane2) Soci/Azionisti e Comunità Finanziaria3) Clienti4) Fornitori5) Partner finanziari6) Stato, enti locali e Pubblica Amministrazione

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7) Comunità8) AmbienteGli indicatori possono essere qualitativi (ad esempio, laddove si richieda la descrizione di unprogetto o di un’iniziativa realizzata dall’azienda) e quantitativi (nei casi in cui l’informazionerichiesta debba essere espressa sotto forma numerica).Il set di indicatori è stato suddiviso in due tipologie principali:• indicatori comuni (C), che devono essere utilizzati da tutte le imprese per la realizzazione

del Social Statement (dalle PMI alle grandi aziende);• indicatori addizionali (A), che si possono applicare alle imprese di maggiore dimensione (a

partire da 50 dipendenti) in base a specifici criteri, affiancando ed integrando gli indicato-ri comuni.

4. CONCLUSIONI

L’INAIL non si limita a valutare i Modelli, ma si rende disponibile a fornire consulenza alleaziende, ciò anche alla luce del ruolo dell’Istituto nel campo della prevenzione. Nel caso spe-cifico degli interventi particolarmente rilevanti (la Sezione A), ha provveduto a formare un con-gruo numero di esperti di SGSL e di CSR. Su quest’ultimo tema, poi, si sta adoperando a dif-fonderne i concetti ispiratori e, per l’anno 2005, concederà alle aziende non ancora pronte, diapprofondirne le conoscenze e di ripresentare le richieste eventualmente non rispondenti aquanto previsto dal Social Statement.Con l’introduzione del nuovo modello OT24 si è rafforzato e ampliato, in sostanza, l’impegnodell’INAIL a tutelare le condizioni lavorative e a diffondere la cultura della prevenzione. In taledirezione, la riduzione del tasso di premio applicato alle aziende che abbiano attuato interventimigliorativi delle condizioni di sicurezza e di igiene nei luoghi di lavoro si pone sempre piùcome strumento globale, orientato anche alla valutazione degli interventi che agiscono inmaniera indiretta in campo prevenzionale.

BIBLIOGRAFIA

COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, 18.07.2001: Libro Verde - Promuovere un quadroeuropeo per la responsabilità sociale delle imprese

MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI, 2003: Progetto CSR-SC – Il contributoitaliano alla campagna di diffusione della CSR in Europa

UNIVERSITÀ BOCCONI, 13.12.2002: Proposta Per uno Standard Csr-Sc - Progetto di ricerca peril Ministero del Welfare

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V SESSIONE

IL SOSTEGNO ALLE PMI IN TEMA DI PREVENZIONE TRA INCENTIVI E ATTIVITÀ CONSULENZIALE

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L’ANALISI DELLE CONGRUENZE ORGANIZZATIVE: DALL’ORGANIZZAZIONE AZIENDALE ALLA VALUTAZIONE DEI RISCHI TRASVERSALI NELLA PMI

P. Desideri** INAIL - Direzione Regionale Lazio - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione

RIASSUNTO

La CONTARP è una struttura professionale dell’INAIL, altamente specialistica nel settore dellasicurezza e salute sul lavoro. La nuova “mission” aziendale, la Tutela Globale del Lavoratore,coinvolge la Consulenza in pieno nello sviluppo di interventi prevenzionali di informazione, for-mazione, assistenza e consulenza rivolti alle Aziende, ai Lavoratori, al Territorio. La prevalen-za di aziende con numero di dipendenti sotto le dieci unità e l’esiguità delle risorse umane edeconomiche per le attività di controllo nel settore della sicurezza ed igiene industriale richie-de una rete di sinergie tra le parti interessate alla prevenzione, dove la flessibilità delle strut-ture che operano deve soddisfare le diverse esigenze del territorio. Il Metodo delle CongruenzeOrganizzative (OC) consente di evidenziare le costrittività organizzative per la futura attività diconsulenza della CONTARP. Lo stesso metodo consente l’ottimizzazione dell’integrazione dellerisorse interne ed esterne; è inoltre un’unica metodologia nell’analisi del rischio sul lavoro eduno strumento efficace di ricerca e valutazione delle misure di prevenzione e protezione soste-nibili dalle Piccole e Medie Imprese (PMI).

SUMMARY

CONTARP is a highly skilled technical advisory board of INAIL in the field of health and safetyat work. The new mission of INAIL, the Global Tutelage of the Worker, asks the Advisory Boardto develop preventional services aimed to information, training, assistance and consultancysupport to Enterprises, Workers and Territory. The prevalence of firms with less than ten wor-kers, the exiguity of human and economical resources involved in inspection activities in thefield of industrial health and safety requires a network of synergisms among stakeholders ofprevention, where the flexibility of operating bodies has to fulfil the various needs of the ter-ritory. The Method of Organisational Congruences (OC) helps in finding the organisational con-straints of the future activity of consultancy of CONTARP. The same method allows to optimizethe integration of internal and external resources; it also represents a unique tool in risk analy-sis at workplace and in the research and evaluation of sustainable prevention and protectionmeasures for Small and Medium Enterprises (SME).

1. INAIL E PREVENZIONE: IL CONTESTO

1.1 Il contesto interno

L’azione attualmente svolta dall’Istituto punta alla Tutela Integrata del Lavoratore, la mission

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aziendale, nel quadro delle profonde modifiche apportate dal Decreto 38/2000 al concetto diassicurazione sociale obbligatoria. Le prestazioni oggi garantite sono arrivate ad includere sia irischi tradizionali che i fenomeni emergenti (mobbing, infortunio in itinere e danno biologico) enuovi soggetti sono stati inseriti nella tutela assicurativa, come risposta dovuta al disposto costi-tuzionale di cui l’Istituto è garante. Nuovi compiti sono stati poi declinati in ambiti nuovi, qualila prevenzione, la riabilitazione ed il reinserimento lavorativo. Necessita avviare un circolo vir-tuoso che porti alla doverosa riduzione degli incidenti sul lavoro e delle patologie da esso deri-vanti. Le attività di prevenzione del fenomeno infortunistico e delle malattie professionali sonoriconosciute come la naturale forza motrice del processo e per la CONTARP si prefigura un ruolofondante nella definizione delle strategie più efficaci da indirizzare verso la migliore delle opzio-ni percorribili, quella della tutela preventiva della integrità psico-fisica dell’assicurato. Un obiet-tivo di questa portata non può che coinvolgere l’Istituto in azioni di innovazione dell’Impresa,che si traducono nel supporto operativo al passaggio dal concetto di comunità di fabbrica ad unavisione della produzione come simbiotica con la comunità territoriale in cui è inserita.

1.2 Il contesto esterno

L’Istituto non può che interpretare un ruolo determinante di sentinella dei fenomeni emergen-ti e di catalizzatore per le attività delle parti interessate alla sicurezza e salute sul lavoro. Ladefinizione delle soluzioni ottimali a problematiche di natura complessa deve essere articola-ta su più fronti, ove la cooperazione di più professionalità e competenze capaci di intercettarele esigenze del territorio si materializza in una razionale e capillare dislocazione di risorseumane e strumentali. Si affacciano nuovi orizzonti, traguardando i quali è possibile intravede-re una profonda evoluzione del compito storico dell’Istituto e della CONTARP verso una politi-ca di interventi diretti nella limitazione delle cause originanti incidenti e patologie, con unanuova ipotesi di lavoro con i vari attori del panorama della prevenzione verso la creazione diun sistema integrato prima al proprio interno e poi all’esterno, con un salto di qualità chegarantisca agli obiettivi istituzionali piena declinazione sul territorio. La nuova sfida è quelladella costruzione di un SISTEMA INTEGRATO DELLA PREVENZIONE, nella quale il ruolo di ogniattore pubblico è quello di pilastro portante del sistema stesso, nel reciproco rispetto di ambi-ti e competenze in capo ad ognuno. Sfida possibile, in quanto tutte le risorse professionalidell’Istituto, e la CONTARP tra loro e per prima, se pienamente valorizzate nelle loro compe-tenze specifiche in una efficiente rete interna, possono apportare un fondamentale contribu-to all’ideazione, realizzazione, gestione e controllo del Sistema Integrato della Prevenzionemediante la leva di una politica istituzionale adeguata per indirizzi e risorse a supportare l’a-zione di cooperazione con gli altri operatori del complessivo panorama della prevenzione,attraverso il proprio compito di tutela della salute e sicurezza sui posti di lavoro.

1.3 La prevenzione e l’ambito operativo

Oggi la partita più importante da giocare per l’Istituto si svolge sul terreno della prevenzione,quale processo logico - operativo di trasformazione dell’insieme delle informazioni che costi-tuiscono la conoscenza del fenomeno in atti miranti alla riduzione della frequenza di accadi-mento degli effetti dannosi. Diventa perciò prioritaria e richiesta la partecipazione della CON-TARP in qualità di struttura professionale competente in materia di prevenzione, come logicaconseguenza delle competenze specialistiche in essa collocate. L’apporto fornito deve esseretarato adeguatamente in relazione all’ambito di intervento, inteso come connotazione geogra-

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fica ed economica (dimensione azienda, distretto, comparto ed area economica) in grado diidentificare la scala operativa dell’intervento (puntiforme, locale, regionale o nazionale). Irisvolti positivi dell’operato di una organizzazione interna integrata a rete nelle funzioni ecompetenze possono poi rivolgersi all’esterno con risposte adeguate alle necessità del conte-sto operativo, in termini di cooperazione nel processo di recupero della piena legalità di terri-tori ove la mancata sicurezza e salute del lavoro è confinante, se non frammista, con i contor-ni della criminalità organizzata.

2. INAIL E PREVENZIONE: LE ATTUALI POTENZIALITA’ DELLA CONTARP

2.1 Il ruolo e le funzioni: il talento insito nell’autonomia professionale

Il risultato atteso è senza dubbio l’attivazione di sinergie future, sia interne che esterne, a con-figurare l’Istituto come organismo in grado di fornire servizi di formazione, informazione, assi-stenza e consulenza alle PMI, ai Lavoratori ed al Territorio in cui essi operano. Alcune di que-ste attività sono già svolte egregiamente dalla CONTARP, e tra queste la produzione di prodot-ti editoriali e multimediali, i corsi di formazione per le figure della prevenzione, studi di com-parto con indagini ambientali sui posti di lavoro nell’ambito delle convenzioni stipulatedall’Istituto, oltre alla tradizionale consulenza al committente interno sui molteplici aspetti delrischio industriale. Allo stato attuale, non è individuabile una uniformità di azione sul territo-rio, in quanto molto è legato all’iniziativa locale di Professionisti e/o Dirigenti. Altre attivitàsono da organizzare o definire ed in questo nuovo auspicato contesto integrato del mondodella prevenzione occorre privilegiare la realizzazione di interventi calibrati ed improntati agliinderogabili criteri della qualità, nel momento della progettazione e nelle successive fasi di rea-lizzazione, verifica dell’efficacia e rielaborazione migliorativa. Preliminare allo sviluppo diqualsiasi progetto di interrelazione con altri organismi verso gli obiettivi sopra delineati è laverifica di una organizzazione interna adeguata nei ruoli e nelle funzioni ad operare e a sup-portare la necessaria integrazione operativa con altri attori del panorama della prevenzionecon cui saremo chiamati a collaborare. I punti di forza utilizzabili nel breve periodo per l’im-pulso iniziale all’attivazione del Sistema Integrato della Prevenzione, come anche le debolez-ze della struttura organizzativa professionale, debbono essere oggetto di attenta riflessioneper identificare i settori operativi interni a maggiore impatto verso l’esterno su cui concentra-re le risorse a disposizione per il raggiungimento dell’obiettivo di pieno coinvolgimento nelSistema Integrato, con azioni e competenze immediatamente realizzabili e fruibili. Un primopassaggio è legato in modo basilare alla piena ricognizione delle competenze tecniche e scien-tifiche interne: i Professionisti sono stati reclutati per concorso pubblico nazionale ed hannoperciò già dimostrato le loro capacità. Molti di essi hanno competenze e professionalità deri-vanti sia dalla loro formazione, sia dall’aver ricoperto incarichi e funzioni anche di rilevanteresponsabilità professionale presso altri committenti. Ritengo sia altamente strategica per l’o-perato futuro della Consulenza la predisposizione di una banca dati ad uso istituzionale conte-nente i curricula professionali dei Professionisti della CONTARP e delle altre Consulenze, utileper la costituzione dei Gruppi di Lavoro, a garanzia della partecipazione delle competenze eprofessionalità più attinenti al lavoro da svolgere. Lo strumento è parimenti fruibile e validoper il quotidiano operato dei Professionisti, che possono recuperare utili informazioni e cono-scenze specifiche attraverso uno scambio con il collega più competente nella materia. Infinel’Istituto, in presenza di una particolare attività interna o esterna da svolgere, potrebbe con-tare sulla scelta di una risorsa propria ad alta qualificazione per portarla a compimento.Sostanziata da motivazioni analoghe, l’istituzione di una banca dati nazionale degli incarichi

IL SOSTEGNO DELL’INAIL ALLE AZIENDE: DALL’ASSICURAZIONE ALLA PREVENZIONE. IL RUOLO DELLA CONTARP

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assegnati ai Professionisti è, a mio avviso, ugualmente strategica e funzionalmente utile. Datiquesti presupposti di partenza, la realizzazione delle banche dati delle soluzioni, delle buonetecniche e delle buone prassi porterebbe a buon punto la fase costruttiva di solide fondamen-ta interne per costruire poi, con la malta della personale responsabilità e autonomia profes-sionale ed i mattoni di un apporto qualitativamente definito dalla normativa ordinistica, lacasa comune del Sistema Integrato della Prevenzione.

2.2 L’approccio scientifico: il Metodo delle Congruenze Organizzative

Il Metodo delle Congruenze Organizzative (O.C. = Organizational Congruences) è uno dei pos-sibili strumenti utili nella ricerca delle risposte ai precedenti interrogativi, in quanto consente,attraverso l’analisi della attuale realtà organizzata della Consulenza, di porre in evidenza lecostrittività organizzative in essa presenti per il pieno raggiungimento dell’obiettivo desidera-to, la realizzazione di un Sistema Integrato della Prevenzione funzionale al tessuto produttivoitaliano, costituito prevalentemente da PMI con numero di occupati inferiore alle dieci unità.Il Metodo O. C. è affrontato nei suoi presupposti teorici e nei suoi risvolti applicativi al benes-sere del lavoratore nella pubblicazione citata in bibliografia (MAGGI, 1995). L’individuazionedegli obiettivi (risultati attesi) dettati dall’azione istituzionale dell’organizzazione, l’insiemedelle azioni tecniche volto al loro conseguimento, il controllo e coordinamento (struttura)costituiscono gli elementi componenti del processo organizzativo. In ogni caso obiettivi, tec-niche e struttura sono frutto di scelte, che per i primi due, derivanti dal contesto operativo,sono scelte soggette all’incertezza di contesto. La correlazione individuata dal Metodo O.C.nelle tre componenti determina come riflesso un grado di incertezza anche nella struttura del-l’organizzazione. L’azione strutturale è lo strumento principale con cui il processo organizzati-vo fronteggia e tenta di ridurre il livello di incertezza delle altre componenti. La presenza diincertezza in ogni componente del processo implica per ognuna di esse il concetto di variabi-lità, intesa come variabilità di specie e variabilità nel tempo, che concorrono a definire la com-plessità del processo e conseguentemente la complessità dell’azione strutturale della realtàorganizzata che contrasta l’incertezza. Gli elementi dell’azione strutturale dell’organizzazionesono la struttura dei compiti, determinata dalle attività che debbono essere condotte, e lastruttura sociale, costituita dai soggetti incaricati di compiere le attività; questi elementi sonoin relazione tra di loro, in relazione con gli elementi di conoscenza necessari per le azioni tec-niche, con gli elementi alla base della scelta degli obiettivi e con le alternative possibili per laricerca delle soluzioni. La valutazione del processo organizzativo passa per la determinazionedelle congruenze tra le componenti analitiche di scelta dei risultati, scelta tecnica e scelta distrutturazione, reciprocamente influenzabili ma non in stretto rapporto di determinazione.L’azione organizzativa, forza motrice del processo di organizzazione, comporta inevitabilmen-te costrittività per i soggetti agenti all’interno dell’organizzazione, e perciò la valutazione dellacongruenza contiene in sé la valutazione delle costrittività organizzative. Riportando l’analisiteorica alle necessità di risposta sulle capacità delle Professionalità di operare entro un SistemaIntegrato della Prevenzione, è possibile un approccio procedurale ben definito all’esame del-l’attuale organizzazione della CONTARP, nel quale possono essere individuati tre risultati desi-derati (D.O. = Desired Outcomes), costituiti da:1. Attività di consulenza erogata direttamente ai Committenti Interni.2. Attività di consulenza erogata direttamente ai Committenti Esterni (Aziende ed in partico-

lare PMI, Lavoratori, Pubblica Amministrazione).3. Attività di consulenza erogata ai Committenti Esterni in un sistema integrato di prevenzione.La scelta dell’ordine è volutamente formulata nella direzione di complessità crescente, sulla

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base delle entità coinvolte e considerando che ognuno dei tre obiettivi deve essere perseguitoattraverso gli strumenti operativi dell’informazione, della formazione e dell’erogazione di ser-vizi tecnico scientifici, ad ognuno dei quali può essere. La valutazione può essere condotta conil livello di dettaglio desiderato, potendo riguardare ad esempio l’organizzazione dell’interaConsulenza nei suoi rapporti istituzionali con la Direzione Centrale di riferimento o conIstituzioni partner nel sistema integrato, ovvero l’organizzazione della stipula di una conven-zione diretta tra una Consulenza presso una Direzione Regionale ed un’Azienda per la fornitu-ra di prestazioni nel campo delle indagini ambientali, ovvero l’organizzazione delle attivitàinterne alla Consulenza Regionale per lo svolgimento delle stesse indagini.Una volta scelto il livello di dettaglio, si descrive ed analizza la realtà organizzata secondo lecomponenti precedentemente indicate e riportate nella Tabella 1:- la struttura dei compiti, costituita dalle attività caratteristiche del processo, con le relative

configurazioni dei compiti e delle relazioni tra i compiti da svolgere (TCC = Tasks’Coordination and Control); sono compiti da individuare all’interno del processo anche le atti-vità di governo, verifica e regolazione;

- la struttura sociale, definita attraverso gli elementi di strutturazione dello svolgimento delleattività (ICC = Individuals’ Coordination and Control) costituiti dall’attribuzione dei compiti,luoghi, modi e tempi di svolgimento, modalità di coinvolgimento dei soggetti agenti;

- gli elementi di conoscenze tecniche (TK = Technical Knowledge) sull’oggetto dell’attività, suimezzi con cui essa viene condotta e sul processo in generale che la annovera come parte.

L’approccio si presta ad una rappresentazione tabellare, che può anche contenere ulteriori colon-ne in cui si possono riportare il giudizio sintetico, in termini di costrittività evidenziate, dell’in-terpretazione del processo organizzativo esaminato e le soluzioni individuate per l’eliminazione.Infatti l’analisi delle soluzioni può essere impiegata sia per attività di comparazione di diversipossibili processi di organizzazione in alternativa all’esistente, sia per vere e proprie attività diprogettazione del processo organizzativo più appropriato all’obiettivo desiderato, sia per la valu-tazione delle costrittività per la salute e sicurezza sul lavoro. Il Metodo O. C. consente, nella suaapplicazione di dettaglio alle singole fasi di un ciclo produttivo o di una organizzazione azienda-le, l’individuazione delle migliori soluzioni disponibili per la ottimizzazione delle risorse econo-miche ed umane a disposizione. L’aggiunta al prospetto tabellare di colonne relative agli aspettiprevenzionali ed economico finanziari, o alle possibili criticità nella fase di correlazione con glialtri partner del Sistema, porta ad una descrizione della realtà dell’intervento in tutti i suoi aspet-ti, evidenziando anche quei fattori di natura organizzativa e psicosociale che possono influirenegativamente nella efficiente ed efficace realizzazione delle attività.

IL SOSTEGNO DELL’INAIL ALLE AZIENDE: DALL’ASSICURAZIONE ALLA PREVENZIONE. IL RUOLO DELLA CONTARP

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TCC

Configurazione dei compiti

Relazioni tra i compiti

Governo

Verifica

Regolazione

ICC

Attribuzione dei compiti

Luoghi di svolgimento

Modi di svolgimento

Tempi di svolgimento

Modalità di coinvolgimentodei soggetti

TK

Conoscenze tecniche:

sull’oggetto

sui mezzi

sul processo

Costrittività Soluzioni

Tabella 1: Forma tabellare del Metodo delle Congruenze OrganizzativeObiettivi del Processo (DO)

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3. INAIL E PREVENZIONE: IPOTESI PER L’ATTIVITA’ DI CONSULENZA ALLE PMI

3.1 L’energia potenziale: l’indirizzo, gli operatori e le risorse attuali

L’indirizzo fornito dal Piano Pluriennale 2005 - 2007 adottato dal Consiglio di Amministrazionedell’INAIL (Delibera n. 33/2005) individua all’Area Tematica F relativa alla Prevenzione obietti-vi strategici ed operativi, evidenziando per alcuni la natura prioritaria degli interventi da rea-lizzare. In questa griglia di indirizzo nel breve e medio periodo sono collocati i dovuti riferi-menti alle azioni da porre in essere (formazione e qualificazione del personale, redazione dilinee guida, sistema delle relazioni con i partners sul territorio) per giungere alla naturale col-locazione dell’Istituto nel panorama della prevenzione, secondo logiche di integrazione tra lediverse parti interessate. L’energia attualmente disponibile e potenzialmente in grado di costi-tuire l’impulso necessario risiede nel patrimonio informativo dell’Istituto e nella sua rapidafruibilità per le componenti specialistiche delle sue risorse umane, che attraverso opportunetecniche di analisi multidimensionale dei dati possono gestire le informazioni disponibili perl’elaborazione di interventi specifici negli ambiti individuati. Medici, Legali Tecnici del Rischio,Informatici, Statistici e le altre professionalità, inquadrate o meno nel Ruolo Professionale,dovranno essere adeguatamente supportate da strumenti e capacità gestionali della Dirigenzaper poter pienamente attuare il sistema delle relazioni interne quale fase propedeutica all’in-terazione con i soggetti esterni.

3.2 L’energia cinetica: la rete delle responsabilità

La posizione delle professionalità e dei Professionisti INAIL, e CONTARP in particolare, entroquesta rete interna ed esterna da costruire può già essere definita dalle attività caratteristicheche quotidianamente vengono svolte e il passo obbligatorio è la valorizzazione dell’apporto delsingolo in una logica di responsabilità personale derivante dall’autonomia professionale, checonfluisca e si sostanzi nella responsabilità collettiva di struttura per le risorse che debbonoessere messe a disposizione delle varie attività. Possono essere costruite reti operative (Figura1) dedicate agli strumenti dell’informazione, della formazione e dei servizi di assistenza allePMI, Lavoratori e Territorio nelle quali l’intersezione tra funzione e competenza rappresentauno snodo operativo di responsabilità, paritetica alle altre in campo nel concorrere all’obietti-vo di realizzazione del progetto specifico di consulenza richiesto dal contesto. Le funzioni indi-viduabili sono quelle di indirizzo, gestione, azione, verifica dei risultati ed elaborazione delleazioni di miglioramento, mentre le competenze afferiscono alla responsabilità del partecipan-te al progetto, per la professionalità e la specificità del contributo che può apportare. A titolodi esempio, possiamo individuare la funzione di indirizzo nella erogazione di pacchetti forma-tivi nella azione di ricognizione delle dinamiche infortunistiche svolta attraverso la codificaESAW degli eventi dannosi operata in sede statistica, assegnando l’elaborazione del pacchettofinalizzato alla competenza della Direzione Centrale Prevenzione e la fase di rielaborazione edadattamento dei contenuti al contesto locale alle strutture e professionalità locali, cui potreb-be essere assegnata la funzione di verifica dei risultate ed elaborazione delle possibili azioni dimiglioramento.

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3.3 L’energia applicata: l’azione strutturale dell’organizzazione

Una efficace ed efficiente azione qualificata di elaborazione e realizzazione di interventi inse-rita nel contesto di un Sistema Integrato della Prevenzione deve forzatamente prescindere dastrutture organizzative piramidali o ad obelisco, per privilegiare approcci di natura matricialecon responsabilità diffusa su tutti gli snodi operativi, tale da garantire che l’azione struttura-le dell’organizzazione derivante dalla rete operativa e dai livelli di interazione tra snodo ope-rativo e progetto da realizzare sia flessibile ed adattabile alla complessità connessa con le pro-blematiche di natura prevenzionale e con lo scenario operativo di intervento. La responsabili-tà inserita in ciascuno degli snodi della struttura deve essere associata a gradi di libertà tali daassorbire e superare le costrittività organizzative di volta in volta presentate dal progetto, dallapianificazione ai meccanismi di retroazione per il miglioramento. La personale assunzione diresponsabilità del singolo, intrinseca nell’azione di chi fornisce un apporto professionale, devetrovare il necessario sostegno e riscontro operativo in una struttura professionale deputata allalogistica di supporto, gestita dall’Amministrazione ed in grado di garantire mezzi e strumentiadeguati ed efficaci attraverso logiche gestionali di qualità ed efficienza. Alle Direzioni Centraliil compito di indirizzo generale, finanziamento dei progetti in qualità di sponsor delle azionilocali, monitoraggio dei risultati ottenuti. Alle strutture professionali locali, organizzate instaff multidisciplinare a supporto della Dirigenza Regionale, Provinciale e di Sede Territoriale,il compito di intercettare le esigenze specifiche del Territorio, contestualizzando le linee guidadelle strutture professionali centrali. L’autonomia organizzativa delle strutture professionali,centrali e territoriali, nel determinare il loro futuro è e sarà la garanzia di un apporto qualifi-cato, di qualità al Sistema Integrato della Prevenzione.

BIBLIOGRAFIA

Maggi: Razionalità e Benessere - Studio Interdisciplinare dell’organizzazione, 1995, Etas Libri,Milano, pagg. 103 - 178.

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Figura 1: Relazioni tra gli elementi dell’azione organizzativa, in termini di competenze e funzioni

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INDIVIDUAZIONE E DIFFUSIONE DI MODELLI DI BUONE PRASSI E BUONE TECNICHE: UN SUPPORTO PER LE PMI

L. Frusteri*, A. Guercio*, L. Quaranta*** INAIL - Direzione Generale - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione ** INAIL - Direzione Generale - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione c/o D.C. Prevenzione

RIASSUNTO

Sia in ambito nazionale che internazionale è ormai consolidata l’importanza dell’applicazionedi buone prassi e norme di buona tecnica da parte delle aziende ai fini di una efficiente ed effi-cace politica di prevenzione e sicurezza. Pertanto, l’INAIL si è mobilitato per venire incontroalle esigenze reali delle imprese tramite il progetto di creazione di una Banca Dati di BuonePrassi (BP) e Buone Tecniche (BT), fruibile da tutti coloro che sono coinvolti nella gestionedella salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Tale progetto si inserisce nella mission stes-sa dell’INAIL che si vede attribuita un’importante funzione di riferimento e consulenza nei con-fronti delle aziende, soprattutto Piccole e Medie Imprese (PMI).

SUMMARY

Nowadays, the importance of applying good practices and norms of good techniques on behalfof enterprises as to guarantee an efficient and effective policy of prevention and safety hasbeen accepted on national as well as on international level. Therefore, INAIL (Italian Workers’Compensation Authority) is acting in favour of enterprises trying to meet with their real needsby promoting a project aimed at the creation of a Database of Good Practices and GoodTechniques, which is usable by everyone involved in the management of health and safety atwork. This project is part of INAIL’s mission, since it has been attributed an important referen-ce and counselling role for firms, especially for Small and Medium Enterprises (SME).

1. INTRODUZIONE

Si stima che circa il 40 % degli infortuni sul lavoro (circa 350.000 in Italia) avvenga per unacattiva ed insufficiente organizzazione aziendale. Le cause spesso sono legate ad una scarsitàdi risorse finanziarie, a limitate conoscenze ed informazioni, all’incapacità di affrontare lagestione della salute e sicurezza sul lavoro e, spesso, alla mancanza di applicazione di buoneprassi e buone tecniche dovuta a lacune informative e formative in tema di sicurezza e salutenei luoghi di lavoro proprie delle piccole e medie imprese.In base al Testo Unico (T.U.) in materia di salute e sicurezza sul lavoro, ritirato prima di esse-re discusso in sede legislativa, il panorama legislativo delineato avrebbe portato ad una con-versione di alcuni articoli di legge in “buone prassi” (BP) e in “norme di buona tecnica” (BT),con l’obiettivo di tenere conto delle innovazioni tecnologiche, organizzative e procedurali inmateria di SSL, innalzandone gli standard ma sganciandoli da norme di legge che solitamentehanno bisogno di tempi lunghi per l’applicazione.

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In tale contesto, secondo quanto previsto dalla suddetta bozza del T.U., l’INAIL, insieme a Regioni,ISPESL ed Enti Bilaterali, sarebbe stato chiamato a svolgere un ruolo importante nella raccolta,validazione e diffusione delle buone prassi, affinché queste fossero coerenti con le leggi vigenti erispondessero a criteri validi ed innovativi da un punto di vista tecnologico in tema di SSL. Nonostante non si preveda, allo stato attuale, l’emanazione di un Testo Unico in materia di SSL,sia in ambito nazionale che internazionale è ormai consolidata l’importanza dell’applicazionedi buone prassi e norme di buona tecnica da parte delle aziende ai fini di una efficiente ed effi-cace politica di prevenzione e sicurezza. Pertanto, l’Istituto si è mobilitato per venire incontroalle esigenze reali delle imprese tramite il progetto di creazione una Banca Dati di Buone Prassi(BP) e Buone Tecniche (BT), fruibile da tutti coloro che sono coinvolti nella gestione della salu-te e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Tale progetto si inserisce nella mission stessa dell’INAILche si vede attribuita un’importante funzione di riferimento e consulenza nei confronti delleaziende, soprattutto Piccole e Medie Imprese (PMI). In tale contesto, un ruolo particolarmen-te strategico viene ad essere assunto dai professionisti CONTARP il cui ruolo consulenziale nellapromozione di sistemi preventivi fornisce un importante valore aggiunto all’attività svoltadall’Istituto.

2. COLLOCAZIONE STRATEGICA DELLA BANCA DATI BP E BT NELL’AMBITO DELLA MISSION DELL’ISTITUTO

L’ipotesi di creazione di una banca dati, mirata allo sviluppo della cultura della prevenzione, sicolloca all’interno degli obiettivi prioritari del piano pluriennale 2005-2007 dell’INAIL e degliobiettivi strategici pluriennali 2005-2007. L’obiettivo strategico di costruire un Sistema infor-mativo da utilizzare a fini prevenzionali si colloca nella mission dell’Istituto delineata già conil decreto legislativo 242/1996 e rafforzata con il decreto legislativo 38/2000. La prevenzione è uno dei versanti nei quali si sostanzia la tutela integrale, integrata ed uni-forme del lavoratore, della quale l’INAIL è complessivamente garante in concorso con altreIstituzioni.In ambito prevenzionale, l’INAIL negli ultimi anni ha già definito e realizzato numerose inizia-tive rivolte alla prevenzione, in maniera autonoma e di concerto con altri Enti operanti nel ter-ritorio. Queste iniziative poggiano sul proprio sistema informativo, in evoluzione rispetto alleesigenze originarie prioritariamente legate alle attività assicurative e riabilitative.E’ previsto nel Piano Triennale per l’Informatica 2005-2007 la realizzazione di un “Portale perla Prevenzione” per una più efficace interazione con il mondo del lavoro e per un potenzia-mento delle interazioni sistematiche tra INAIL e Parti Sociali, ai diversi livelli di azione e per ilcollegamento in rete dei soggetti che operano sul territorio a tutela della salute e della sicu-rezza sul lavoro (SSL). Il portale, oltre a svolgere un ruolo informativo/informatico, potrà fornire una serie di prodot-ti e servizi, diversificati in base all’utenza, mirati ad incrementare l’interattività con l’interlo-cutore; esso includerà sia le banche dati istituzionali già esistenti, sia altre che verranno pro-gettate allo scopo.In tale contesto si inseriscono le sinergie attivate con gli altri attori istituzionali della sicurez-za del lavoro ai fini dello sviluppo di un Sistema della prevenzione, mirato al contenimento delfenomeno infortunistico, con particolare riguardo a quei settori nei quali l’incidenza dello stes-so mantiene livelli ancora elevati.Nell’insieme delle iniziative già in attuazione s’inserisce la raccolta sistematizzata delle infor-mazioni in materia di Buone Prassi e di Buone Tecniche che costituirà un nuovo servizio e chesi colloca funzionalmente a fianco di altri servizi di accesso a Banche Dati.

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Il progetto allo studio mira in particolare a favorire la crescita del know how istituzionale diOrganizzazioni, sia nazionali, sia internazionali in materia di SSL con la diffusione di misurepreventive adottate con successo nei vari settori produttivi a fronte di diversi agenti di rischio. A tal fine si propone di riunire in un Repository documentale le esperienze maturate nei diver-si settori, mettendo a disposizione strumenti di navigazione per la migliore fruibilità delleinformazioni.Grazie alla disponibilità di una Banca Dati dinamica, aggiornata e accessibile per i soggettideputati alla gestione della SSL, si potrà consentire una maggiore facilità di applicazione dellanormativa e delle moderne procedure in tema di BP e BT.In tale contesto, si potrà avere una più ampia ed aggiornata diffusione della cultura della sicu-rezza insieme con una maggiore interazione impresa-istituzioni.L’impegno dell’INAIL nella diffusione delle BP e BT a livello capillare potrebbe avere riscontripositivi nella politica prevenzionale delle imprese, sia in termini di riduzione degli infortuni edelle malattie professionali e quindi dei costi delle prestazioni per le prestazioni temporanee opermanenti, sia di abbattimento dei costi sociali di cura e riabilitazione.

3. PRINCIPI ISPIRATORI E CONTESTO OPERATIVO

Per “buone prassi” si intendono soluzioni organizzative o procedurali coerenti con la normati-va vigente e generalizzabili, che permettono di ottenere una riduzione dei rischi, miglioramentidelle condizioni di lavoro e in generale la promozione della salute e sicurezza nei luoghi di lavo-ro (definizione fornita nella proposta del nuovo Testo Unico sulla sicurezza). Le buone prassi possono anche essere definite come esempi di innovazione riuscita, di proce-dure, di soluzioni, di servizi e processi reingegnerizzati che riescano ad imprimere un realemiglioramento alla gestione della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro in termini di efficacia,efficienza e sostenibilità. Una BP dovrebbe mostrare i passaggi ed i metodi che possono esse-re sviluppati all’interno di un posto di lavoro o di una organizzazione per ridurre i rischi per lasalute e la sicurezza dei lavoratori.Per “norma di buona tecnica” si intende una specifica tecnica emanata dai seguenti organismi,internazionali e nazionali: CEN (Comitato Europeo di Normalizzazione), CENELEC (ComitatoEuropeo per la standardizzazione Elettrotecnica), ISO (Organizzazione Internazionale per laStandardizzazione), IEC (Commissione Internazionale Elettrotecnica), UNI (Ente Nazionale diUnificazione), CEI (Comitato Elettronico Italiano). Secondo la Direttiva Europea 98/34/CE del22 giugno 1998 "norma" è la specifica tecnica approvata da un organismo riconosciuto a svol-gere attività normativa per applicazione ripetuta o continua, la cui osservanza non sia obbli-gatoria e che appartenga ad una delle seguenti categorie:• norma internazionale (ISO) • norma europea (EN) • norma nazionale (UNI)Le norme tecniche non sono leggi, ma documenti che definiscono le caratteristiche (ad esem-pio, dimensioni, aspetti di sicurezza, requisiti prestazionali) di un prodotto, processo o servi-zio secondo lo stato dell’arte tecnico/tecnologico. Sono elaborate da esperti che rappresenta-no le parti economiche e sociali interessate (produttori, utilizzatori, commercianti, centri diricerca, consumatori, pubblica amministrazione), organizzati in gruppi di lavoro, sottocommis-sioni e commissioni, secondo le procedure dell’ente di normazione nazionale. Tenuto conto della mission dell’Istituto orientata verso la prevenzione anche attraverso unamirata attività di consulenza, e del fatto che è ancora carente un sistema nazionale di rac-colta e diffusione di buone prassi e buone tecniche a disposizione delle imprese, è nata l’e-

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sigenza di creare una Banca Dati che raccolga le BP e le BT definite a livello nazionale edinternazionale, ispirata al lavoro svolto dall’Agenzia Europea per la Sicurezza sul Lavoro, ilcui compito istituzionale è di indirizzare la politica europea in tema di SSL, per la costitu-zione, dal 1998, di centri per la raccolta, la valutazione e la diffusione di buone prassi dicarattere informativo.Obiettivo fondamentale della Banca Dati è quello di costituire un valido strumento, fruibile,dinamico ed implementabile, per agevolare ed indirizzare l’accesso alle BP e alle BT da partedei soggetti deputati alla gestione della SSL ed essere di rilevanza strategica per le imprese(soprattutto PMI) ai fini di una crescita aziendale in termini di innovazione tecnologica e com-petitività in un quadro di sviluppo sostenibile. In altre parole si intende creare uno strumentoin grado di diffondere la cultura della salute e sicurezza sul lavoro che tenga conto delle esi-genze delle aziende, attraverso la realizzazione di un luogo virtuale dove sono concentratetutte le notizie in proposito, con l’ambizione di divenire punto di riferimento nazionale di gros-sa valenza politico-sociale.Gli utenti primari dovrebbero essere i RSPP ed il management delle aziende e, più in generale,chiunque opera nel campo della SSL. In particolare, potranno usufruirne coloro che sono chia-mati ad effettuare consulenza alle imprese, tra cui anche i professionisti della CONTARP e quan-ti si trovano ad operare e ad attuare misure preventive all’interno delle imprese stesse ai finidi un’efficace politica di prevenzione aziendale mirata a ridurre il rischio di infortuni e malat-tie professionali, nonché i costi sociali.Infatti, la maggior parte delle imprese, in particolare delle PMI, ha bisogno di consulenzaed assistenza diretta per far fronte ai propri obblighi di sicurezza e salute poiché non esi-ste, come detto, a tutt’oggi una fonte di informazione unitaria, universalmente fruibile ecompleta.La creazione del database costituirebbe sicuramente sostegno e coronamento all’attività chel’Istituto intende intraprendere in tema di consulenza diretta alle aziende: sostegno in termi-ni di supporto informativo nei confronti dei professionisti chiamati a svolgere questa attivitàsul campo; coronamento in termini di base fondamentale per il miglioramento delle condizio-ni di SSL raggiunte in seguito alla consulenza effettuata dall’INAIL. Validità, completetezza, fruibilità, dinamicità ed implementabilità dovrebbero essere caratteri-stiche e connotazioni imprescindibili per agevolare ed indirizzare l’accesso alla Banca Dati daparte dei soggetti deputati alla gestione della SSL ai fini di una reale crescita aziendale.I risultati che si intendono raggiungere attraverso la creazione della Banca Dati sono:• la riduzione dei livelli di rischio nell’impresa;• il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro;• la promozione di una gestione efficiente ed efficace della SSL;• la costituzione di una cultura europea della prevenzione.

4. I CRITERI DI SCELTA DELLE BUONE PRASSI

La fase di selezione delle BP sarà sicuramente un momento delicato; essa sarà supportata daicriteri presentati dall’Agenzia Europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, espressi nelleLinee Guida del 2000 “Guidelines on the collection, evaluation, and dissemination of good prac-tice information on the internet”. Le BP potranno provenire sia dall’esperienza INAIL sia da fonti accreditate istituzionali o pri-vate, nazionali ed internazionali. Rientrano tra queste le Linee Guida stilate da organi di ispe-zione, di ricerca o altro, esempi di casi-studio di fonti accreditate che dimostrino effettivemisure per prevenire il rischio, prodotti di organizzazioni nazionali od internazionali (check-

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list, materiali visivi o audiovisivi elaborati per la formazione). L’Agenzia europea per la salutee sicurezza nei luoghi di lavoro identifica nelle linee guida prima citate tre livelli di fonti:1. fonti ufficiali;2. fonti private;3. imprese.Tra le fonti ufficiali rientrerebbero ad esempio l’INAIL, gli Istituti nazionali e internazionali diricerca, i Servizi di prevenzione della salute e sicurezza sul lavoro, l’Ispettorato del lavoro,l’ISPESL, la stessa Agenzia europea per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro, così come alivello internazionale gli istituti governativi che si occupano di salute e sicurezza nei luoghi dilavoro (ad esempio NIOSH, OSHA, HSE). Tra le fonti private rientreranno invece le associazionidi categoria: sindacali e datoriali, società no profit che si occupano di SSL, studi professionali,società di editoria, società di formazione, o altre organizzazioni, oltre alle stesse aziende.Al passare dal primo al terzo livello l’attendibilità della buona prassi può richiedere un gradodi valutazione crescente in merito alle informazioni reperite. Le buone prassi individuate devono possedere le seguenti caratteristiche:• efficacia, ossia la capacità di raggiungere l’obiettivo previsto;• riproducibilità, ossia la capacità di risolvere problemi in situazioni analoghe;• trasferibilità, ossia la capacità di risolvere problemi di natura analoga ma in situazioni e con-

dizioni diverse.Potrebbero essere considerate soluzioni che dimostrino effettive misure per prevenire il rischio,attuate in seguito ad un’opportuna valutazione dei fattori di rischio. Gli esempi raccolti dovreb-bero focalizzarsi su azioni efficaci di gestione della SSL come:• interventi sulle fonti di rischio;• interventi nell’ambiente di lavoro;• interventi di separazione uomo/fonte di pericolo;• efficacia nel tempo della soluzione adottata;• maggiore livello di accettabilità della soluzione rilevato presso i lavoratori;• maggiore estensibilità delle soluzioni proposte ad altre imprese dello stesso o di altri settori;• maggiore integrazione e coerenza delle soluzioni proposte con le esigenze produttive tec-

nologicamente innovative e/o economicamente e qualitativamente più competitive;• programmi formativi per incrementare la consapevolezza delle problematiche associate alla

salute e sicurezza nei luoghi di lavoro;• un’efficace attività di comunicazione delle conoscenze su pericoli, rischi e soluzioni median-

te il ricorso a strumenti quali addestramento, interventi formativi ed ulteriori attività svol-te da rappresentanti della sicurezza.

Le informazioni relative alle buone prassi potranno presentarsi sotto diverse forme, quali:• procedure da seguire per ridurre i rischi;• linee guida per la risoluzione di determinati problemi anche gestionali;• casi-studio che dimostrano un reale (e non teorico) intervento per la prevenzione dei rischi;• check-list per tenere sotto controllo attività ricorrenti che focalizzino l’attenzione su proce-

dure corrette da seguire;• istruzioni operative;• materiale audiovisivo;• campagne informative.

5. LA COSTRUZIONE DELLA BD ED IL FLUSSO OPERATIVO

La realizzazione della Banca Dati prevede le seguenti fasi di lavoro:

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1) Data Collection2) Workflow redazionale: attivazione di un procedimento per la valutazione delle BP da parte

dei redattori, di comunicatori e dirigenti e di figure di coordinamento intermedie, con l’as-sistenza di idonee strutture informatiche e di comunicazione.

3) Gestione del repository documentale 4) Editing e pubblicazione su WEB5) Avvio del processo a regime Il Progetto, oltre agli obiettivi già dichiarati, si propone anche di monitorare le Buone Prassidi origine INAIL al fine di attestarne l’efficacia teorica secondo i parametri di letteratura e l’ef-ficacia effettiva dopo opportuno periodo di osservazione pre-post intervento, secondo i crite-ri di valutazione del controllo di gestione.

6. CONCLUSIONI

L’impegno da parte dell’INAIL nella diffusione delle BP e BT a livello capillare, potrebbe avereun riscontro positivo nella politica prevenzionale delle imprese, sia in termini di riduzione degliinfortuni e delle malattie professionali e quindi dei costi delle prestazioni per le indennità tem-poranee o permanenti, sia di abbattimento dei costi sociali di cura e riabilitazione.Grazie alla disponibilità di una Banca Dati fruibile da tutti, dinamica e accessibile ai soggettideputati alla gestione della SSL all’interno dell’azienda, le imprese potrebbero avere una mag-giore facilità di applicazione della normativa e delle moderne procedure in tema di BP e BT,insieme alla possibilità di monitorare continuamente la propria politica di SSL. In tale conte-sto, si potrebbe dunque avere una più ampia ed aggiornata diffusione della cultura della sicu-rezza insieme ad una maggiore interazione impresa-istituzioni. D’altra parte, l’operazione di raccolta, selezione e diffusione di BP e BT, potrà essere un’utilebase di partenza per la validazione delle stesse da parte degli Enti deputati e offrire una mag-giore garanzia delle condizioni di SSL nell’ambito delle imprese. La creazione della suddetta Banca Dati potrebbe rappresentare un’importante occasione dicooperazione non solo con le istituzioni nazionali e le parti sociali che operano nel campo dellaprevenzione ma anche con le più importanti istituzioni internazionali tra cui, in primis,l’Agenzia per la Salute e Sicurezza sul Lavoro di Bilbao, e potrebbe fornire un contributo signi-ficativo al rafforzamento di quella “rete” nel campo della prevenzione, necessaria per l’innal-zamento “globale” delle condizioni di salute e sicurezza sul lavoro.Un ulteriore e rilevante sviluppo del progetto di raccolta e diffusione di BP e BT potrebbe essere lacreazione di servizi satelliti di informazione nell’ottica del sostegno, dell’innovazione tecnologicae dello sviluppo delle imprese, attraverso una mirata attività consulenziale da parte dell’INAIL.

RIFERIMENTI NORMATIVI E BIBLIOGRAFICI

DELIBERA INAIL n. 33 del 25 gennaio 2005: Piano Pluriennale: 2005 -2007.

DELIBERA CdA INAIL n. 34 del 25.01.2005: Piano Pluriennale per l’informatica 2005-2007Piano Triennale 2005-2007.

DELIBERE CdA del 6 dicembre 2001 n. 692 e del 14.3.2002 n. 95: INAIL- Regioni -ISPESL -Nuovi flussi informativi.

AGENZIA EUROPEA PER LA SICUREZZA E LA SALUTE SUL LAVORO: Guidelines on the collection,evaluation, and dissemination of good practice information on the internet” (2000).

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ESPERIENZA DELL’AUVA (A), DELLA CNAM (F) E DEL SUVA (CH) : MODELLI DI PREVENZIONE NELL’AMBITO DELL’ASSICURAZIONE CONTRO GLIINFORTUNI SUL LAVORO

G. Pol*, C. Buffa**, C. Correzzola**, A. Piccioni*** INAIL - Direzione Provinciale di Bolzano - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione** INAIL - Direzione Regionale Trentino - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione

RIASSUNTO

Nell’ambito dell’evoluzione normativa in materia di sicurezza ed igiene sul lavoro, con la pro-gressiva responsabilizzazione dei protagonisti della sicurezza, appare interessante l’esperienzadi enti o istituti che in altri stati europei si occupano dell’assicurazione contro gli infortuni sullavoro e le malattie professionali. Vengono brevemente descritti i sistemi nazionali di Austria,Francia e Svizzera nell’ambito dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro ed in modo piùdettagliato l’organizzazione dell’attività di prevenzione, con particolare attenzione alla consu-lenza tecnica alle aziende ed al ruolo dei tecnici nella prevenzione. In alcuni casi attività diconsulenza specifica e sistemi di incentivazione alla prevenzione possono rappresentare un’in-teressante esperienza da cui importare alcuni modelli nella realtà italiana.

SUMMARY

The development of health and safety legislation has increased the responsibility of the safetyprotagonists in the European Community. The experience of some authorities and institutescharged with insurance against work-related accidents and diseases in other European statesrepresents a very interesting example of this development. The article describes the Austrian,French and Swiss national systems of insurance against accidents at work and how they per-formed the prevention activity, with particular attention to the role of the technicians as com-panies’ advisors. The approach used by these insurance systems in the prevention activity is aninteresting example and some models could be applied to the Italian system.

1. INTRODUZIONE

Da vari anni per quanto attiene la normativa nazionale in materia di sicurezza ed igiene negliambienti di lavoro si assiste ad un progressivo cambio di mentalità: partendo dai concetti didiritto positivo espressi nei DPR 547/55 e DPR 303/56 si è passati alla distribuzione dei ruolieffettuata dal DLgs 626/94 e modifiche successive. L’attuale revisione del testo unico in mate-ria di sicurezza ed igiene negli ambienti di lavoro, la diffusione sempre più massiccia dei siste-mi di gestione per la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e la certificazione di responsabili-tà sociale di impresa sembrano proseguire su questa strada di responsabilizzazione dei prota-gonisti della sicurezza introducendo concetti mutuati dal diritto anglosassone quale quellodelle “penalty default rules” tipico del sistema assicurativo. In questo contesto l’esperienza dianaloghi enti o istituti europei che si occupano dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavo-ro quali l’AUVA (Istituto Austriaco per l’Assicurazione Sociale contro i Rischi Occupazionali), la

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CNAM (Cassa nazionale dell’assicurazione malattia dei lavoratori dipendenti francese) ed ilSUVA (Istituto Svizzero di assicurazione contro gli infortuni), possono rappresentare un utileesempio da cui importare alcuni modelli nella realtà italiana. E’ ovvio che questi modelli svi-luppati in Europa risentono anche di come i sistemi nazionali sono organizzati per quel riguar-da l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, la vigilanza ed il controllo, i rapporti relativitra aziende, lavoratori, enti assicurativi ed organi dello stato. Nel seguito andremo a descrive-re brevemente i relativi sistemi nazionali e più nel dettaglio a parlare dell’organizzazione del-l’attività di prevenzione e nello specifico della consulenza tecnica alle aziende e del ruolo deitecnici della prevenzione. L’analisi ha il fine di evidenziare per i progetti di maggiore interes-se gli aspetti mutuabili nella realtà italiana.

2. DESCRIZIONE MODELLI

2.1. Austria (AUVA)

2.1.1. Descrizione del sistema paese

In Austria, i principali enti che si occupano di prevenzione sul lavoro risultano:- l’AUVA (Allgemeine Unfallversicherungsanstalt), l’ente assicuratore austriaco contro gli

infortuni sul lavoro e le malattie professionali che assicura 3 milioni di lavoratori, 1.3 milio-ni di studenti ed un numero non meglio definito di volontari di organizzazioni della prote-zione civile;

- l’Ispettorato del lavoro (Arbeitsinspektorat) che effettua i controlli sul rispetto della nor-mativa di sicurezza nei luoghi di lavoro;

- gli Uffici per le imprese (Gewerbebehörde) che rilasciano alle imprese le autorizzazioni peril loro insediamento ed esercizio, relative a: strutture edili, impianti produttivi, salvaguar-dia dell’ambiente, sicurezza del lavoro, etc;

- le altre assicurazioni sociali che hanno un numero di assicurati minore, quali: l’assicurazio-ne delle Ferrovie Austriache, degli agricoltori e degli impiegati statali.

2.1.2. Descrizione dell’AUVA

I premi raccolti dall’AUVA sono a carico delle imprese che pagano un contributo fisso pari al 1,4 %del salario lordo dei dipendenti, non esiste infatti un sistema tariffario con un premio assicurati-vo correlato al rischio infortunistico di settore, comparto e azienda. Nel 2003 l’AUVA aveva 5131dipendenti di cui 3781 impiegati nelle strutture di cura/riabilitazione. L’AUVA viene consultata incaso di emanazione o variazioni di disposizioni e leggi che riguardano la prevenzione infortuni,inoltre suoi tecnici sono presenti nelle commissioni dell’Istituto Austriaco di Normazione e nellocommissioni europee di normazione. All’AUVA sono affidati per legge i seguenti compiti: - indennizzo, l’AUVA indennizza ogni anno 70000 casi di infortunio e di malattia professionale;- cure, ogni anno vengono curati 300.000 infortunati, di cui 180.000 sul lavoro, nei 7 ospe-

dali specializzati gestiti dall’AUVA in Austria; - riabilitazione, l’AUVA provvede alla riabilitazione degli infortunati sotto l’aspetto fisico,

psicologico, sociale e lavorativo, presso 4 centri specializzati;- ricerca, l’AUVA svolge attività di ricerca su materiali, macchine ed attrezzature, orientata

alla prevenzione degli infortuni ed al miglioramento delle condizioni del lavoro, disponeanche di un laboratorio tecnico per il controllo e la certificazione di d.p.i. ed attrezzature.

- prevenzione.

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2.1.3. Attività di prevenzione

L’AUVA effettua attività di prevenzione tramite i Servizi di Prevenzione Infortuni, sia delle SediRegionali che della Sede centrale, la loro struttura organizzativa è di tipo multidisciplinare edhanno autonomia operativa e finanziaria, nel 2003 questi uffici disponevano di 123 persone(tecnici, medici del lavoro). Detti servizi svolgono sul territorio le attività seguenti.Lo studio a fini di prevenzione delle cause degli infortuni sul lavoro e delle malattie pro-fessionali - Una attività importante è l’accertamento delle cause degli infortuni, come puredelle condizioni lavorative nei casi di denuncia di malattia professionale, eventuali esposizioniprofessionali ad agenti inquinanti vengono rilevate a mezzo di misure strumentali. Nel 2003 iServizi hanno effettuato oltre 9000 accertamenti per infortuni, malattie professionali e misu-re di agenti inquinanti. In caso d’infortunio dovuto a negligenza grave, l’AUVA agisce in regres-so contro il datore di lavoro, i Servizi in tal caso supportano il lavoro dell’avvocatura con accer-tamenti tecnici ed altre informazioni.La profilassi dei lavoratori a rischio di malattie professionali - L’AUVA effettua la sorve-glianza medica, le vaccinazioni (su base volontaria) e le audiometrie dei lavoratori esposti tra-mite le sue unità mobili. Nel 2003 sono stati eseguiti oltre 9000 audiogrammi, misurazioni delrumore in ca 900 ditte e 200 consulenze tecniche sempre per la riduzione del rumore.La collaborazione con le imprese e la consulenza ai datori di lavoro ed ai lavoratori - Sul ter-ritorio i Servizi di P.I. Regionali hanno per legge il compito di collaborare con le aziende nellaimplementazione delle prescrizioni infortunistiche e del servizio di pronto soccorso. Le visite aditte servono da un lato al controllo dell’osservanza alle prescrizioni di sicurezza, dall’altro allaconsulenza ai datori di lavoro e ai lavoratori. Le consulenze nelle aziende, vengono svolte,comprese eventuali misurazioni e rilievi con riferimento a tutti i possibili agenti di rischio. Lemancanze rilevate e le possibili soluzioni vengono comunicate per iscritto al datore di lavoro,le misure proposte non hanno effetto cogente, ma in caso di infortunio a seguito di una man-canza accertata, il datore di lavoro può essere chiamato a risarcire le prestazioni dell’assicura-zione. (Nel 2003 sono state effettuate 9800 visite alle aziende).La formazione - L’AUVA organizza numerosi corsi e seminari, anche presso le aziende, o inoccasione di convegni e congressi. Nel 2003 sono stati tenuti 180 corsi di formazione preva-lentemente per addetti alla sicurezza ma anche per preposti e dirigenti, 3500 corsi di adde-stramento per il pronto soccorso ed anche 5400 interventi in occasione di corsi organizzati daditte o da altri enti. Altri temi sono stati: il trasporto delle merci pericolose, il coordinamentonei cantieri ed il SGM (Modello di gestione della sicurezza e salute). La collaborazione con le scuole - Nel 2003 sono state effettuate 1300 visite presso istituti sco-lastici. Tra l’altro 5000 alunni delle scuole hanno partecipato alle giornate sugli sci per acqui-sire un comportamento sicuro sulle piste.La pubblicità della prevenzione - Molto curata è l’informazione al pubblico sulle attività pre-venzionali dell’AUVA, attraverso conferenze stampa e partecipazioni a fiere ed esposizioni spe-cializzate. Inoltre si utilizzano i diversi mezzi di comunicazione per la diffondere la cultura dellaprevenzione: dalle riviste per il grande pubblico (“Sicherheitsmagazin”) e per i tecnici (“SichereArbeit”) agli opuscoli informativi, dai video ai CD-Rom e il web (sito internet www.auva.at.)La cooperazione con i servizi di pronto soccorso - Esiste una collaborazione con la Croce RossaAustriaca per la realizzazione dei servizi di pronto soccorso.La cooperazione con le autorità e le associazioni di categoria - L’AUVA collabora con gli entideputati alla prevenzione e con le associazione datoriali e sindacali, grande importanza rive-stono anche le collaborazioni con gli ispettorati della motorizzazione, le associazioni automo-bilistiche, le scuole guida, il ministero dell’istruzione per la prevenzione degli incidenti stra-dali di lavoratori e studenti.

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Oltre a queste attività l’AUVA ha realizzato altri specifici progetti per la prevenzione. Concedealle imprese finanziamenti per progetti relativi ad interventi di prevenzione negli ambienti dilavoro; i tecnici dell’AUVA sono coinvolti nell’esame dei progetti, nella loro realizzazione e nelcontrollo dell’efficacia. Altra iniziativa importante è il progetto “GIB ACHT” (Fà attenzione!)rivolto alla prevenzione infortuni dei giovani lavoratori e realizzato con campagne di informa-zione attraverso i media e con la diffusione di vario materiale. Un altro progetto è il coordina-mento territoriale per l’implementazione presso le aziende del modello di gestione della sicu-rezza e dell’igiene (SGM) elaborato dall’AUVA. Inoltre in ambito regionale sono state realiz-zate altre iniziative, direttamente gestite dai Servizi o su incarico a terzi, su diversi argomen-ti: sicurezza nel traffico, uso del casco in bicicletta, cadute in edilizia, occhiali di sicurezza,protezione della pelle, i fluidi lubrorefrigeranti, olimpiadi della sicurezza per i ragazzi, ergo-nomia, problema dell’alcol, etc.

2.1.4. Programma AUVA Sicher - La consulenza alle piccole imprese

Il legislatore ha assegnato all’AUVA il compito di assistere in modo gratuito le piccole impre-se sia sotto il profilo tecnico della sicurezza, sia per la medicina del lavoro. Infatti in Austriaè previsto che il “servizio di prevenzione nelle imprese” reso obbligatorio dalla legge, possain alternativa essere svolto: da consulenti esterni (tecnici e medici) incaricati dal datore dilavoro, dai centri di prevenzione dell’AUVA su richiesta del datore di lavoro o dai datori dilavoro stessi se dispongono della necessaria preparazione. L’obiettivo del programmaAUVASicher è chiaramente quello di diminuire gli infortuni sul lavoro e le malattie profes-sionali raggiungendo il maggior numero di aziende. L’attività è svolta dai “Centri diPrevenzione territoriali” creati presso le sedi Auva regionali preesistenti, essi hanno auto-nomia operativa e finanziaria ed attualmente vi lavorano 242 persone di cui 80 dipendentidell’AUVA (70 tecnici e 10 medici) e 162 consulenti a contratto (38 tecnici e 124 medici). Ilpersonale amministrativo che lavora nel centro organizza gli incontri, le missioni mensili econtrolla che il programma proceda come previsto. L’assistenza dell’AUVASicher dal 1998,anno d’inizio del programma, è stata offerta a tutte le imprese con un numero di dipenden-ti inferiore a 50 ed in particolare a quelle con meno di 10 che rappresentano il 70% delleimprese austriache. Il ricorso all’assistenza dell’AUVASicher da parte dei datori di lavoro èfortemente cresciuto negli anni, nel 2003 sono state assistite il 40% delle imprese fino a 10dipendenti, il 68% delle imprese tra 11 e 20 dipendenti e il 70% di quelle tra 21 e 50.L’AUVASicher è partner delle aziende in tutte le questioni che riguardano l’igiene e la sicu-rezza del lavoro, informa le aziende su le prescrizioni che le riguardano, assiste e consiglia idatori di lavoro nell’adempimento degli obblighi di legge (valutazione e istruzione), nei rap-porti con le autorità competenti e negli investimenti per la sicurezza, fornisce informazionie suggerimenti pratici per migliorare l’igiene e la sicurezza sui posti di lavoro e non ultimo,permette al datore di soddisfare l’obbligo di legge della nomina dell’esperto in sicurezza edel medico del lavoro. Tuttavia è sempre responsabilità del datore di lavoro, nonostante ilricorso all’AUVASicher, procedere alla valutazione dei rischi e mantenere aggiornata tutta ladocumentazione relativa alla sicurezza e alla salute dei lavoratori. I tecnici dell’AUVASicheragiscono come consulenti dell’azienda nella massima riservatezza ovvero il rapporto dellavisita alla conclusione del sopralluogo viene consegnato solo al datore di lavoro o alla per-sona da lui designata. Viene consegnato anche un questionario per la rilevazione della sod-disfazione dell’azienda, al fine di migliorare costantemente la qualità del servizio erogato. I“Centri di Prevenzione territoriali” possono su richiesta offrire a titolo oneroso i servizi pre-venzionali anche ad imprese oltre i 50 dipendenti.

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2.2. FRANCIA (CNAM & CRAM)

2.2.1. Descrizione del sistema paese

In Francia il legislatore ha previsto due ordini di competenze complementari in materia di pre-venzione dei rischi professionali: i poteri pubblici e gli organismi della Sicurezza Sociale.Tutte le informazioni di seguito presentate riguardano solo le imprese di competenza del regi-me generale della Sicurezza Sociale ed interessano circa l’80% dei lavoratori attivi in Francia,in quanto altri settori professionali, quali ad esempio estrattivo, agricoltura, funzione pubbli-ca, ecc., sono di competenza di altri organismi.I poteri pubblici sono rappresentati dai Ministeri incaricati del lavoro e della Sicurezza Sociale,che definiscono la politica nazionale di prevenzione, preparano i regolamenti e vigilano sullaloro applicazione. Il servizio dell’ispettorato del lavoro, servizio esterno del Ministero del lavo-ro, è costituito da 23 Direzioni Regionali del lavoro e dell’impiego (DRTE), 103 DirezioniDipartimentali, 430 Ispettori del lavoro e 860 Controllori di sicurezza. Gli Ispettori del lavorosono incaricati di vigilare sull’applicazione dei dispositivi legislativi e regolamentari, ma hannoal tempo stesso anche un ruolo di consiglio e di informazione presso i datori di lavoro ed i lavo-ratori. Il Ministero incaricato della Sicurezza sociale dispone di un potere di tutela sugli organismidella Sicurezza Sociale, rappresentati a livello nazionale da due organismi pubblici parite-tici: la Cassa nazionale dell’assicurazione malattia dei lavoratori dipendenti (CNAM oCNAMTS) e la Commissione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali (CATMP),che si occupa in particolare di tariffa dei premi, risarcimento e prevenzione. La CNAM e laCATMP sono assistiti dai Comitati tecnici nazionali (CTN) per quanto riguarda gli aspetti tec-nici e dall’INRS (Istituto nazionale di ricerca e sicurezza) per ricerca, formazione e infor-mazione. A livello locale vi sono 15 Casse regionali dell’assicurazione malattia (CRAM), coordinatedalla CNAM. Si tratta di organismi di diritto privato con consiglio di amministrazione pari-tetico, che hanno il compito di: sviluppare e coordinare la prevenzione degli infortuni sullavoro e delle malattie professionali, concorrere all’applicazione delle norme di classifica-zione a tariffa, effettuare visite, controlli, sollecitazioni, ecc. Tali attività vengono svoltedal Servizio di prevenzione, costituito da 270 consulenti tecnici e 460 controllori di sicu-rezza. Le CRAM hanno a loro disposizione anche 8 laboratori interregionali di chimica tos-sicologica e 8 centri di misure fisiche. I Comitati tecnici regionali (CTR), composti di rap-presentanti dei datori di lavoro e dei dipendenti, hanno il compito di assistere le CRAM pertutti gli aspetti tecnici. In Francia il sistema di pagamento dei contributi per gli infortuni sul lavoro e per le malat-tie professionali prevede contributi differenziati per i diversi settori di attività (circa 1120posizioni ripartite in 15 grandi rami di attività, ognuno dei quali fa riferimento ad un CTN)ed il tasso di contribuzione viene determinato annualmente dalla CRAM per ogni categoria dirischio. Il sistema fa variare il tasso di contribuzione tenendo conto del “costo del rischio”,cioè in funzione dell’ammontare totale delle prestazioni erogate, nel periodo di riferimento,in relazione al totale dei salari. Per le ditte con meno di 10 dipendenti è prevista una “tarif-fazione collettiva”, in cui i tassi vengono determinati annualmente per la categoria profes-sionale in funzione dei dati statistici dell’ultimo triennio, per le ditte con più di 200 dipen-denti vi è una “tariffazione individuale” o reale, il cui tasso si calcola sul costo del rischio esui salari della ditta sui dati dell’ultimo triennio; per le ditte con un numero di dipendenticompreso tra 10 e 199 si applica una “tariffazione mista”, cioè una combinazione dei duemetodi collettivo e individuale.

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2.3.2. Attività di prevenzione

Per condurre bene la loro azione di prevenzione, portando in maniera indissociabile consiglio,formazione e controllo, le CRAM dispongono di mezzi tecnici, regolamentari e di incitamento,messi in opera all’interno del Servizio di prevenzione, tramite i suoi tecnici (consulenti tecni-ci e controllori di sicurezza). Mezzi tecnici - I consulenti tecnici ed i controllori di sicurezza hanno il diritto di entrare intutti gli stabilimenti assoggettati al regime generale della Sicurezza Sociale. Possono fareeffettuare tutte le misure, analisi, campionamenti d’aria che giudicano utili. Sono invitati alleriunioni dei “Comitati di igiene, sicurezza e condizioni di lavoro” (CHSCT) delle imprese edeffettuano inchieste in seguito ad infortunio, non con lo scopo di ricercare le responsabilità,ma per determinare le cause dell’infortunio al fine di trarne un insegnamento e di consigliarele misure da prendere. Effettuano studi tecnici, danno vita a giornate di informazione e ses-sioni di formazione destinate ai datori di lavoro e ai dipendenti.Mezzi regolamentari - Il legislatore ha dato agli organismi della Sicurezza Sociale il potere diinvitare, per mezzo di regolamenti chiamati disposizioni generali, l’insieme dei datori di lavo-ro che esercitano la medesima attività a sottomettersi a certe misure di prevenzione. Questi dis-positivi devono essere sottoposti ai CTR competenti ed essere omologati dalle DirezioniRegionali del Lavoro. La CNAM su iniziativa di un CTN, può domandare al Ministro incaricatodella Sicurezza Sociale di estendere per decreto queste disposizioni a tutto il territorio.Mezzi di incitamento - Le CRAM, che giocano essenzialmente un ruolo di consulenza, nondevono fare riferimento a dei testi regolamentari per domandare a un capo di stabilimento disoddisfare certe misure di sicurezza, in effetti possono sempre invitare individualmente ognidatore di lavoro a prendere tutte le misure di prevenzione previste (art. L.422-4 del Codicedella Sicurezza Sociale). In caso di grave rischio o di inadempienza da parte delle imprese, leCRAM dispongono di mezzi di coercizione di ordine finanziario (contributi supplementari). Alcontrario le imprese che hanno compiuto uno sforzo particolare in favore della prevenzionepossono beneficiare di una riduzione del loro tasso di contribuzione e, per loro domanda, diprestiti o di sovvenzioni. Le proposte di aumento, riduzione, di prestito o di sovvenzioni ven-gono accordate alle imprese da parte della CRAM, dopo l’indagine del Servizio di prevenzione.In particolare i mezzi di incentivazione di natura finanziaria di cui dispongono le CRAM sono iseguenti.

a) Contributi supplementari In caso di rischi eccezionali rilevati per infrazioni di norme o per inosservanza di misure diprevenzione prescritte dalla CRAM o rese obbligatorie da disposizioni generali, la CRAM puòimporre una maggiorazione del tasso, previo parere favorevole del CTR. I contributi supple-mentari vengono imposti solo dopo ingiunzione preliminare che invita il datore di lavoro aprendere le misure. L’ingiunzione è fatta dai consulenti tecnici o controllori di sicurezzadopo inchiesta sul posto e deve indicare tra l’altro le misure da prendere, le possibilità tec-niche di realizzazione e la data entro cui devono essere realizzate. Dopo aver fatto le misu-re il datore di lavoro avvisa la CRAM che può procedere alla verifica. Il contributo supple-mentare può arrivare fino al 25% del contributo normale, ma aumentare fino al triplo incaso di recidiva e di mancata realizzazione di misure prescritte.

b) ScontiLo sconto è una riduzione del tasso di contribuzione per infortuni sul lavoro concessa dalleCRAM al datore di lavoro per tenere conto di misure di prevenzione prese nel suo stabili-mento. Viene concesso dalla CRAM sulla base di un rapporto motivato del rapporto del con-

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sulente tecnico o del controllore di sicurezza del Servizio di prevenzione (che deve conte-nere una descrizione dettagliata delle misure prese così come una proposta di tasso di ridu-zione ed eventualmente della sua durata di applicazione), dopo parere del CHSCT dell’im-presa e dopo parere favorevole del Direttore Regionale del Lavoro e del CTR competente.Possono beneficiarne gli stabilimenti sottoposti alla “tariffazione collettiva e mista”. Ildatore di lavoro deve fornire tutti gli elementi che permettono di apprezzare il grado dimiglioramento e la giustificazione delle spese sostenute. La durata degli sconti non puòsuperare l’anno senza un nuovo esame del CTR interessato. La percentuale di riduzione deltasso non può superare il 25% della frazione del tasso collettivo.

c) Prestiti a tasso ridotto (nelle condizioni fissate dalla CNAM)Le CRAM possono concedere dei prestiti, suscettibili di essere trasformati in sovvenzioni, perla realizzazione da parte delle imprese, a titolo di esperimento e sotto il controllo dellacassa, di certe misure che rivelano un netto progresso rispetto alle realizzazioni ordinarie,dal punto di vista della loro efficacia, o per accelerare la realizzazione di sistemazioni impo-ste dalla regolamentazione di qualsiasi origine. I prestiti sono concessi per una durata mas-sima di 5 anni ed il tasso di interesse varia da 2 a 10% in funzione della durata del prestitoe dell’ammontare del prestito concesso. La richiesta di prestito deve contenere tra l’altrol’utilità degli interventi o impianti progettati, un prospetto descrittivo e di stima dei lavori.Il fascicolo della domanda deve contenere oltre ai pareri del CHSCT, della DirezioneRegionale del lavoro e del CTR interessato, il rapporto del Servizio di prevenzione sullesistemazioni progettate, sul loro interesse nel campo della prevenzione nell’ambito delladitta e sulla situazione di rischio per infortuni sul lavoro e malattie professionali nell’im-presa. I prestiti danno luogo alla stipula di un contratto tra la CRAM e la ditta, nel qualedovrà essere indicato il periodo di esecuzione dei lavori.

d) Prestiti concessi nel quadro degli “accordi di obiettivo”Le imprese con meno di 200 dipendenti che fanno parte di un ramo professionale che haconcluso un “accordo di obiettivo” a livello nazionale o regionale, possono firmare con laCRAM un “contratto di prevenzione” che permette loro di ottenere un prestito per investirenella prevenzione. Gli accordi di obiettivo nazionali e regionali fissano un programma di azioni di prevenzionespecifica ed intervengono nei settori professionali dove i rischi risultano importanti e neiquali le modalità abitualmente utilizzate non hanno apportato dei progressi sufficienti.L’accordo deve includere anche delle disposizioni enuncianti le obbligazioni reciproche delleparti, le modalità di applicazione e di valutazione dell’esecuzione degli interventi. L’accordo,di durata variabile, ma comunque non superiore a 4 anni, prevede l’obbligo di fare ognianno, così come alla fine del contratto, una valutazione delle azioni effettuate in favoredella prevenzione. L’ammontare del prestito (eventualmente trasformati in sovvenzioni) èdeterminato dopo un’analisi dei rischi effettuata con l’aiuto del Servizio di prevenzione ed,secondo le situazioni, può variare tra il 15 ed il 70% dei mezzi necessari per effettuare gliobiettivi annunciati nell’accordo. In caso di mancata esecuzione parziale o totale degliobblighi contrattuali, le condizioni di rimborso possono includere il pagamento di interessi. La procedura di concessione di tali prestiti prevede innanzitutto la redazione, in base degliorientamenti del CTN e previa consultazione del Ministro incaricato del lavoro, degli accor-di d’obiettivo a livello nazionale, che vengono firmati tra CNAM e organizzazioni di catego-ria e prevedono anche l’elaborazione di un contratto-tipo. Successivamente, con riferimen-to agli orientamenti del CTN e del CTR e previa consultazione della DRTE e della CNAM, ven-gono stilati, a livello locale, degli accordi d’obiettivo regionali, concordati con le parti socia-

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li, e firmati tra la CRAM e le organizzazioni di settore regionali interessate. Infine vi è l’ela-borazione, previa consultazione del CHSCT, della DRTE e informazione alla CNAM, di un con-tratto di prevenzione, tra la CRAM e l’impresa, che firma così l’adesione all’accordo d’obiet-tivo nazionale o regionale. Il contratto deve contenere: analisi dei rischi e definizione dellostato iniziale, valutazione e studio preliminare, obiettivi, azioni da fare, controllo, valuta-zione di fine lavori, finanziamento, calcolo del prestito, condizioni di concessione e di rim-borso eventuale del prestito. Il totale delle autorizzazioni di programmi accordati annualmente all’insieme delle CRAM peri prestiti nel quadro degli accordi d’obiettivo, è limitato allo 0,60% dell’ammontare dellecontribuzioni per infortuni sul lavoro versati nel corso del precedente anno conosciuto. Ognianno la CNAM notifica a ciascuna CRAM l’ammontare dell’autorizzazione del programma dicui può disporre, che è proporzionale al numero di imprese con meno di 200 dipendenti dellasua circoscrizione.

2.3. SVIZZERA (SUVA)

2.3.1. Descrizione del sistema paese

In Svizzera il legislatore ha previsto per i lavoratori salariati (dipendenti, apprendisti, tiroci-nanti, volontari, stagisti, lavoratori a domicilio) una forma di tutela assicurativa obbligatoria.Il quadro normativo è costituito dalla “Legge sull’assicurazione contro gli infortuni” (LAINF),dalla “Legge sul lavoro” (LL) e dalla “Legge federale sulla sicurezza delle installazioni e degliapparati tecnici” (LSIT). La copertura assicurativa prevista dalla legge copre infortuni e malat-tie di origine professionale e gli infortuni di origine non professionale, in più la “Legge fede-rale sull’assicurazione malattie” (LAMal) prevede un’assicurazione per il rischio di malattiaobbligatoria per tutta la popolazione residente.I principali enti interessati alla sicurezza e prevenzione degli infortuni sui luoghi di lavorosono:- il SUVA (Schweizerische Unfallversicherungsanstalt) che è il principale Istituto Svizzero di

assicurazione contro gli infortuni; per legge vi sono assicurati la maggior parte dei lavora-tori a tutela obbligatoria, ma possono iscriversi volontariamente anche le altre figure (lavo-ratori autonomi, lavoratori non salariati, datori di lavoro, familiari collaboranti, ecc.);

- altri assicuratori autorizzati per legge (assicurazioni private, casse malati, casse pubblichedi assicurazione infortuni);

- gli Ispettorati del lavoro (due federali e 26 cantonali) che si occupano di vigilanza e con-trollo;

- l’UPI (Ufficio svizzero per la prevenzione infortuni) che si occupa di prevenzione sul pianoextraziendale;

- la CFSL (Commissione federale di coordinamento per la sicurezza sul lavoro) che coordinal’attività di tutti gli enti che si occupano di prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro; ècomposta da rappresentanti degli assicuratori, dell’Ispettorato del lavoro, dei datori di lavo-ro e dei lavoratori.

2.3.2. Descrizione del SUVA

Il SUVA è un’azienda autonoma di diritto pubblico senza fini di lucro e finanziariamente auto-noma, ha il compito di gestire l’assicurazione infortuni obbligatoria nel campo d’attività asse-gnatole dalla legge federale LAINF, in base ad essa alcune categorie di lavoratori (la quasi tota-

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lità dei dipendenti) devono obbligatoriamente essere assicurati con il SUVA. Esiste dal 1918, lasua sede principale è a Lucerna, ha 2500 dipendenti,è organizzata sul territorio con 20 agen-zie ognuna in grado di proporre una consulenza completa grazie a team specializzati ed ad unservizio medico. Dispone inoltre di 2 cliniche per la riabilitazione a Bellikon e Sion. Il SUVAassicura circa 1.800.000 lavoratori (pari ai 2/3 degli occupati) in 110.000 aziende (pari a 1/3di tutte le imprese, aziende ed amministrazioni). L’assicurazione copre gli infortuni di origineprofessionale e le malattie professionali, nonché gli infortuni di natura extraprofessionale, l’o-nere economico dei premi è a carico dei datori di lavoro per quanto attiene infortuni e malat-tie professionali ed è direttamente a carico del lavoratore per gli infortuni extraprofessionali.Fra le prestazioni offerte vi sono indennità giornaliere, prestazioni sanitarie e rimborso dispese mediche (presso centri convenzionati), cure per la riabilitazione, rendite d’invalidità edai superstiti. Non riceve sovvenzioni dallo stato e garantisce l’equilibrio tra entrate e uscitemediante il ricalcolo dei premi in funzione dei costi e degli investimenti. I premi sono per leggedifferenziati in base al diverso rischio che presentano le diverse categorie di attività. Infatti leaziende assicurate sono riunite in comunità di rischio (classi e sottogruppi) autosufficientisotto il profilo finanziario, ossia i premi raccolti devono coprire, nel lungo periodo, i costi degliinfortuni e delle malattie professionali della specifica comunità di rischio. Di fondamentaleimportanza è il sistema bonus malus per cui le aziende che hanno un numero di sinistri supe-riore alla media degli infortuni delle aziende che appartengono alla stessa comunità di rischioavranno un aumento del premio, viceversa quelle con andamento infortunistico favorevolepotranno ottenere uno sconto. Questo sistema di oscillazione, simile a quello italiano, è natosu richiesta delle stesse aziende assicurate.Le prestazioni economiche offerte dalla SUVA ai propri assistiti sono calcolate in percentualeal salario assicurato AVS (dove la AVS è la “Cassa cantonale di compensazione” equivalente alnostro INPS) che viene stabilito dal “Consiglio Federale svizzero” ed aggiornato periodicamen-te. Il SUVA non agisce in totale monopolio, quei lavoratori che vogliono ottenere prestazionimaggiori o che non devono obbligatoriamente assicurarsi alla SUVA (ad esempio i lavoratoriautonomi, datori di lavoro, collaboratori familiari, ecc.), possono assicurarsi presso altri isti-tuti assicuratori autorizzati con polizze complementari e/o alternative.Il SUVA è organizzato in 4 distinti settori di attività ognuno caratterizzato da una propria sigla:• SuvaRisk - assicurazione infortuni e malattie sul lavoro;• SuvaPro - attività di prevenzione;• SuvaLiv - assicurazione infortuni extraprofessionali;• SuvaCare - cura e riabilitazione. Il Suva e gli “Ispettorati del lavoro”, coordinati dal CFSL, sorvegliano l’esecuzione delle pre-scrizioni relative alla sicurezza sul lavoro in azienda e le prescrizioni sulla prevenzione dellemalattie professionali. I tecnici del Suva in questi casi, mediante accessi in azienda, controlla-no i posti di lavoro e consigliano e informano i datori di lavoro sulle soluzioni di eventuali pro-blemi di sicurezza. Se necessario possono ordinare le misure di sicurezza mediante una deci-sione formale scritta ed imporre i provvedimenti con i mezzi della coazione amministrativa. Inpratica i sopralluoghi in azienda sono finalizzati ad integrare meglio fra loro i processi produt-tivi con la sicurezza (20.000 accessi all’anno e 100.000 tra visite d’idoneità e misurazioni disostanze nocive), i tecnici eventualmente possono prescrivere anche misure di prevenzione.Nel SUVA oltre ai tecnici o ingegneri che si occupano di prevenzione in senso stretto ed hannoil compito di valutare i potenziali rischi di infortunio, esistono anche tecnici o ingegneri chehanno il compito di analizzare i costi degli infortuni ed il rischio economico che si accompagnaalle diverse attività, questo per poter calcolare i premi assicurativi per la copertura dei detticosti. Particolare importanza viene riconosciuta infatti alle leve economiche date dal sistemaassicurativo bonus malus ai fini di incrementare lo stimolo alla prevenzione.

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2.3.3. Attività di prevenzione

La legge federale affida al SUVA anche il compito di promuovere la sicurezza sul lavoro e la pro-tezione della salute. Le divisioni competenti svolgono tra l’altro i seguenti compiti:- consigliare ed appoggiare datori di lavoro ed i lavoratori in questioni relative alla sicurezza

sul lavoro e alla protezione della salute;- concepire, attuare ed analizzare programmi strategici;- esaminare ed analizzare infortuni sul lavoro e malattie professionali;- misurare le concentrazioni di sostanze nocive nonché le esposizioni a rumori e radiazioni sui

luoghi di lavoro;- pubblicare i valori limite d’esposizione sul posto di lavoro per le sostanze e gli agenti peri-

colosi per la salute (divisione medicina del lavoro).In particolare il SUVAPro offre i seguenti servizi (alcuni a pagamento):- organizzazione di corsi di formazione;- pubblicazione e distribuzione di opuscoli e materiale informativo;- pubblicazione della rivista “Benefit” che tratta i temi della sicurezza negli ambienti di

lavoro;- pubblicazione di studi e statistiche sugli infortuni e sui costi di assicurazione, in colla-

borazione con la Commissione delle statistiche dell’assicurazione contro gli infortuni(CSAINF);

- la consulenza per la realizzazione di sistemi di gestione della sicurezza;- la progettazione e la certificazione di nuove sicurezze per le macchine.

Particolare attenzione è data all’attività di certificazione, nello specifico è stato creato un set-tore il “SuvaPro CERTIFICATION” (accreditato come ente di certificazione) che supporta leaziende nella verifica della conformità delle macchine e dei dispositivi di protezione individua-le alle normative tecniche. L’attività ha coinvolto ad oggi la certificazione di macchine (ades.marchio CE) nei diversi settori produttivi, la certificazione di componenti e comandi di sicu-rezza nei diversi aspetti (elettrici, elettronici, elettromeccanici, ecc.) e la certificazione dei dis-positivi di protezione anticaduta. L’attività di certificazione si estende anche alle persone edalle loro competenze: a tale scopo il SUVAPro ha istituito una lista di esperti e di ingegneri disicurezza certificati.

3. ASPETTI MUTUABILI NELLA REALTÀ ITALIANA

Molte delle iniziative prevenzionali esposte sembrerebbero interessanti così come auspicabile èuna loro importazione anche nel sistema italiano di tutela dai rischi professionali. Alcune diesse, quali ad esempio le attività formative, le collaborazioni con gli istituti scolastici, l’attivi-tà di ricerca e le forme di incentivazione economica alle imprese, hanno avuto in effetti unaprima rispondenza in analoghi programmi avviati dall’Inail in Italia negli ultimi anni. Anche inquesti casi comunque le modalità di svolgimento sono risultate molto differenti, così comeinferiori le aspettative di dette iniziative ed i risultati ottenuti. Alcuni programmi comunque sievidenziano per originalità ed efficacia e sono: il “Programma AUVASicher” in Austria, gli“Accordi di obbiettivo” in Francia e l’attività di certificazione in Svizzera.Non si può ignorare però che fin da un primo approccio emerge evidente la difficoltà ad adat-tarle alla realtà italiana in generale e più in particolare ad inserirle nelle attività istituzionalidell’Inail; ci si riferisce alla specificità del ruolo tecnico nel sistema Italia e allo stato delle nor-mative che regolano il funzionamento dell’Istituto in relazione agli altri enti della P.A. che si

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occupano a vario titolo della sicurezza. Gli aspetti più problematici per la loro applicazionesono i seguenti.• Ruolo non ancora ben definito dei professionisti tecnici. Sussiste infatti l’obbligo di denun-

cia di inadempienze normative accertate da parte dei tecnici dipendenti della P.A. quandovisionano un ambiente di lavoro, non pienamente conciliabile con una attività di consulen-za alle imprese.

• Ruolo e funzioni dell’INAIL nell’ambito della prevenzione infortuni negli ambienti di lavoro.Al momento l’assetto normativo non definisce come l’INAIL possa fare la prevenzione;sarebbe auspicabile una base legislativa più coerente che permetta di agire con maggior cre-dibilità ed autorevolezza.

• Gestione efficace delle iniziative specifiche. Dal confronto con analoghi enti stranieriemerge come i programmi prevenzionali altrove siano stati elaborati e gestiti dalle pro-fessionalità tecniche e mediche specifiche. La componente più propriamente amministra-tiva degli enti si è riservata la programmazione di massima, l’azione di controllo e la for-nitura del necessario supporto, ma poi ha demandato la progettazione e la realizzazionedei programmi a centri tecnici specializzati disposti sul territorio (sedi regionali) chehanno agito con ampia indipendenza. La struttura Inail ad oggi risulta al confronto piùaccentrata e vede i ruoli professionali in secondo piano rispetto alla componente ammi-nistrativa; in effetti progetti e programmi di natura essenzialmente tecnica e/o medicaandrebbero più propriamente gestiti da professionalità specifiche, piuttosto che affidatiad una dirigenza che storicamente vanta essenzialmente competenze gestionali-ammini-strative in ambito assicurativo. D’altra parte le iniziative effettuate ad oggi in Italia hannomirato più alla semplicità di accesso da parte delle ditte che ad una reale efficacia degliinterventi, per la quale è necessario un maggior grado di approfondimento nella valuta-zione degli interventi e una programmazione e gestione più dettagliata e completa setto-re per settore, come evidente nell’esempio francese. L’Eurosha in una sua pubblicazioneparlando del programma AUVASicher, in merito alla sua trasferibilità ad altre nazioni, hainfatti precisato che “… sembra difficoltoso ottenere un successo comparabile in altripaesi, richiederebbe il supporto di una organizzazione nazionale come l’AUVA che ha soli-de basi ed è di riconosciuta credibilità in tutto il paese …”.

4. CONCLUSIONI

Molte delle iniziative intraprese in altri paesi europei sono suscettibili di proficua applicazioneanche in Italia, ma dovrebbero potersi inserire in un contesto in cui le competenze ed i ruolitra gli enti che compongono il sistema di tutela e prevenzione siano più chiare ed organiche.Ossia un sistema coordinato e congruente di: • leggi e norme sulla sicurezza in generale, • funzioni e regole ben definite per l’ente assicurativo,• funzioni e ruolo dei tecnici all’interno dell’ente.E’ solo in un simile contesto che ci si può interfacciare positivamente con gli altri enti ed orga-nismi della sicurezza e con le associazioni sindacali e datoriali, al fine di guadagnare operati-vamente sul campo quella credibilità sul piano tecnico, e non solo, necessaria per ottenererisultati concreti, come rileva anche l’Eurosha nelle sue note.

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BIBLIOGRAFIA

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AUVA: Legge sulla tutela dei lavoratori (AschG) artt.73 - 85.

AUVA: Rapporto Annuale 2003.

AUVA Sicher: “A programme to provide assistance to SMEs” - European Agency for safety andHealth at Work 2002.

CNAM - INRS: “Les cotisations d’accidents du travail et de maladies professionnelles.Tarification - Cotisations supplémentaires et ristournes - Avances” Aide-Mémoire Juridique2004, n°9, TJ 9, Paris.

M. Pietruszynski: “Prévention des risques professionnels en France. Structures et fonctionne-ment” Aide-Mémoire Juridique, 1996, n°6, 43 TJ, INRS, Paris.

SUVA: «Guida all’assicurazione contro gli infortuni».

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L’INAIL VERSO LA CONSULENZA ALLE AZIENDE: UN INVESTIMENTO ECONOMICO ESOCIALE

M.I. Barra*, L. Filosa*, P. Fioretti*, G. Mancini*, P. Ricciardi*, A. Terracina*,P. Andriotto*** INAIL - Direzione Generale - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione** Consulente di Direzione ed Organizzazione Aziendale

RIASSUNTO

La legislazione assegna nuovi compiti all’INAIL, volti al sostegno delle aziende per la preven-zione. Il nuovo approccio richiede modalità di intervento consulenziale, anche diretto, nellaattività aziendale, specificamente nel settore della Sicurezza e assetti organizzativi aggiornatiper le Strutture Tecniche Professionali dell’Istituto.

SUMMARY

Italian Legislation assigns to INAIL (Italian workers Compensation Authority) a new role for thesupport of enterprises in the prevention of work accidents and professional diseases . This newapproach foresees direct intervention and advice in prevention-related activities and an up-to-date working organization for INAIL Professional Departments.

1. INTRODUZIONE

L’art 11 del D.Lgs. 242/96 assegna a diversi enti statali o parastatali, tra cui l’INAIL, il compi-to di svolgere “attività di informazione, consulenza e assistenza in materia di sicurezza e salutenei luoghi di lavoro, in particolare nei confronti delle imprese artigiane e delle piccole e medieimprese delle rispettive associazioni dei datori di lavoro”.Il D.Lgs. 38/2000 nel rivedere alcune delle funzioni dell’Istituto dà un forte stimolo da unaparte alla tutela del lavoratore in quanto persona fisica, dall’altra all’attività di prevenzionedefinendo all’art. 23 le modalità di assistenza alle piccole e medie imprese e dei settori agricoloe artigianale, seppur in via sperimentale e per un singolo triennio.Nella scelta dei parametri utili alla individuazione delle aziende destinatarie delle attività diassistenza e consulenza il legislatore stesso prende in considerazione le dimensioni aziendali.Tale criterio è importante nel contesto produttivo italiano: nel nostro Paese, infatti, sopravvi-ve ancora forte il modello dell’azienda familiare e, quando questo viene superato, nella mag-gioranza dei casi, le aziende restano comunque piccole o medie. In tali realtà è straordinaria-mente difficile sopravvivere in concorrenza con multinazionali o aziende di paesi emergenti edi conseguenza è facile porre in secondo piano, in termini di risorse umane e finanziare, i pro-blemi di igiene e sicurezza sul lavoro.Conclusosi il triennio sperimentale previsto dall’art. 23 del D.Lgs. 38/2000, è il momento difare un ulteriore passo in avanti cercando di dare risposte fattive alle PMI non solo nel sensodell’erogazione di fondi, ma anche intervenendo direttamente nella Prevenzione aziendale conle Professionalità tecnichedell’Istituto. Infatti, un contatto diretto con il mondo produttivo è

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sicuramente il più efficace per divulgare la cultura della prevenzione e ove possibile interveni-re anche tecnicamente per la risoluzione di specifici problemi al fine del miglioramento dellecondizioni di salute e sicurezza sul lavoro.

2. INTERVENTI

2.1 Investimenti

L’INAIL in pieno accordo con i suoi compiti istituzionali può portare un contributo fattivo allepiccole medie imprese agendo tramite le associazioni datoriali. In tal modo l’Istituto evitereb-be di porsi sul mercato in concorrenza con le tante società di consulenza che operano in que-sto settore ed eviterebbe di snaturare il concetto di ente pubblico, che si finanzia con il con-tributo delle aziende e che a queste intende erogare un servizio senza fini di lucro. Le associazioni di categoria facendo da tramite tra l’Istituto e la singola azienda, consentireb-bero prima di tutto di superare la comprensibile diffidenza da parte di qualche imprenditoreche potrebbe temere degli intenti vessatori da parte dell’INAIL; e consentirebbero una più age-vole individuazione delle macroaree che necessitano interventi, consulenze o eventualmentefinanziamenti.Tutto ciò premesso, l’affiancamento alle aziende al fine di ottimizzare i benefici sia per leimprese che per l’Istituto, potrebbe essere così articolato:• definizione dei contenuti e delle modalità di erogazione del servizio di concerto con le asso-

ciazione datoriali;• organizzazione delle proprie risorse professionali in pool multidisciplinari capaci di affron-

tare di volta in volta le problematiche del rischio specifiche della realtà produttiva oggettodella consulenza;

• erogazione di finanziamenti atti a supportare fattivamente l’attuazione dei programmi dimiglioramento elaborati a seguito dell’attività consulenziale.

2.1.1 Criteri di scelta delle aziende

Si pone a questo punto il problema dell’individuazione dei destinatari, cioè dell’individuazionedelle caratteristiche delle singole realtà produttive che consentano di stilare un ordine di prio-rità per poter essere oggetto di attenzione da parte dell’Istituto. In termini di criteri generali potremmo dire che per prima cosa andrebbero selezionati i com-parti produttivi che comportano maggiori oneri per l’Istituto, quelle quindi con i tassi di tarif-fa più alti anche in funzione della gestione (artigianato, industria ecc.): da un punto di vistastrettamente finanziario infatti queste realtà produttive non coprono con i premi gli oneri perl’istituto e costituiscono pertanto un costo che viene ripartito su tutte le altre categorie.Ovviamente ed è ben più importante queste sono anche le aree con i costi sociali più elevati intermini di infortuni e malattie professionali; quindi sono quelle che necessitano di immediataattenzione.In seno a questi comparti è possibile individuare le singole aziende che pagano un premio gra-vato da un MALUS e che quindi concorrono in maniera maggiore ai costi finanziari e sociali. In definitiva, utilizzando gli strumenti a disposizione delle banche dati del nostro Istituto, glistep da seguire potrebbero essere i seguenti:• individuazione delle voci della tariffa dei premi assicurativi, in funzione della gestione, alla

quali è associato un tasso medio nazionale elevato.

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• confronto dei valori dell’indice di frequenza e/o dell’indice di gravità dell’azienda negli ulti-mi anni con i valori caratteristici del comparto;

• confronto del tasso specifico aziendale con il tasso medio nazionale; Infine, allo scopo di erogare dei finanziamenti a supporto dell’attuazione dei programmi dimiglioramento sarà opportuno valutare la situazione finanziaria dell’azienda in relazione alsegmento di mercato a cui appartiene e al proprio bilancio aziendale. In linea di massima infat-ti, dovrebbero essere supportate le aziende che, in funzione della propria situazione finanzia-ria, hanno oggettive difficoltà a destinare delle risorse per il miglioramento degli ambienti dilavoro. Oltre all’aspetto finanziario sarà opportuno valutare con particolare attenzione l’effi-cacia dei singoli interventi in termini di diminuzione del rischio per i lavoratori.A tal fine verranno presi in considerazione i seguenti parametri:• il costo dell’intervento in relazione alla specifica voce di bilancio relativa alla sicurezza e al

rapporto utile/fatturato dell’azienda;• il coinvolgimento di un numero significativo di dipendenti in relazione alle dimensioni

aziendali;• la possibilità di eliminare o abbattere un fattore rischio correlato ad una fase particolar-

mente pericolosa del ciclo produttivo.La destinazione di risorse pubbliche per creare una situazione di minor rischio tra i lavoratoririsponde pienamente alla missione dall’Istituto così come rivista dai decreti leggi 38/2000 e242/96 su richiamati.Inoltre l’attività di consulenza e l’erogazione di fondi in questo contesto possono essere con-siderati per l’INAIL dei veri e propri investimenti da un punto di vista sociale e finanziario; saràpossibile, infatti, stimare il risparmio dovuto ai minori costi delle prestazione ed effettuare unbilancio rapportando tale dato con le risorse impiegate.

2.2 CONSULENZA: COME?

Per progettare la consulenza ma soprattutto per implementarla in modo efficace ed efficienteall’interno di realtà produttive ed organizzate; bisogna predisporsi con metodologie ed arte-fatti di riferimento. Progettare una attività di consulenza vuol dire definire: - il target committente dell’attività consulenziale: essa richiede una differente applicazione

metodologica soprattutto se il cliente ha una dimensione strutturale che lo pone nell’areadella grande azienda oppure della piccola o media impresa. E’ inoltre necessario stabilire iltempo dell’intervento, non tanto nella sua estensione temporale, quanto nel momento pre-ciso dell’intervento. Esistono, difatti, due grandi aree, la prima, detta di Green Field, azien-de appena nate, o che devono ancora entrare in esercizio operativo e quindi nella possibili-tà di accettare gli orientamenti legislativi imposti dalla legge sulla sicurezza;

- la seconda, detta Brown Field, in cui si richiede di interviene in strutture già presenti e con-solidate nel processo produttivo, che riportano a maggiori difficoltà di accettazione deicambiamenti richiesti;

- le capacità, qualità e caratteristiche del consulente: I professionisti che forniscono la con-sulenza alle aziende devono possedere, oltre alle proprie competenze tecniche specifiche;anche quelle competenze di natura relazionale in grado di agevolare il rapporto con l’uten-te ed in particolare le capacità di comunicazione, di imprenditorialità, flessibilità, integritàe senso etico;

- l’identificazione di un idoneo gruppo di progetto: una corretta ed attenta analisi dellenecessità del cliente e della tipologia dell’intervento richiesto, deve integrarsi con l’identi-

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ficazione delle competenze e dei relativi professionisti in grado di formare un efficiente edefficace gruppo di lavoro. Sarà necessario, pertanto, definire una metodologia operativache consenta di intervenire su clienti tipologicamente differenti con una modularizzazionestandard che richiama la struttura a matrice;

- i necessari supporti da erogare ai consulenti per lo svolgimento dell’attività, dalla strumen-tazione tecnica, alle possibilità di accedere a corsi di formazione ed aggiornamento;

- le modalità per fidelizzare il cliente: Il reale coinvolgimento è reso possibile attraverso lascoperta delle specifiche esigenze con la relativa strutturazione di un intervento in grado diinserirsi nel suo processo produttivo, coinvolgendo l’utente in prima persona.

- come continuo miglioramento saranno adottati i principi della Customer Sactisfaction. Per il perseguimento degli scopi illustrati è in fase di avanzato sviluppo il Progetto“Prevenzione: Linee Guida per la Consulenza in Azienda”, di cui si dettagliano nel seguito i con-tenuti salienti.

2.2.1 Contesto organizzativo

L’Istituto, con un nuovo approccio, intende intervenire a sostegno delle aziende, in particola-re le medie, piccole e le “microimprese”, fornendo capacità attuative, risorse professionali egestionali per “ l’emergenza sicurezza sui luoghi di lavoro “.Questo nuovo approccio richiede una attenta riconsiderazione delle modalità operative dellestrutture professionali, particolarmente CONTARP, chiamate a impostare, realizzare e dare assi-stenza a “progetti” per implementare cultura, coinvolgimento, conoscenza e predisporre inter-venti mirati per le singole imprese. E’ nostra convinzione che la CONTARP costituisca il noccioloattorno al quale e attraverso il quale queste attività possano coordinarsi e svilupparsi, in raccor-do con le altre strutture, in particolare le altre Consulenze Professionali e le Direzioni Regionali.

2.2.2 Obiettivi

E’ nostro profondo convincimento che la Prevenzione trovi ottimale compimento nelle fasi diavvio di qualsiasi iniziativa imprenditoriale e che la capacità progettuale1 assuma ruolo cen-trale: gli interventi non previsti in queste fasi, oltre ad assumere inevitabilmente carattere pal-liativo, si risolvono in costose e parziali compensazioni a quanto non previsto e realizzato.Partendo da questo assunto, gli obiettivi del progetto sono stati focalizzati nella valorizzazio-ne delle risorse professionali tecniche e delle loro qualità di intervenire appropriatamente e digestire efficacemente, offrendo valida interfaccia a tutti i soggetti della Prevenzione.Particolare rilievo hanno assunto i criteri seguenti:- sistematizzazione delle Consulenze- eccellenza dei risultati;- modalità per identificare l’oggetto della Consulenza, caratterizzare l’azienda, il contesto

sociale e istituzionale in cui opera;- specifici bisogni prevenzionali;- selezione delle modalità di intervento;- organizzazione della CONTARP per allinearne le prestazioni alle esigenze- sviluppo di procedure formalizzate per gli interventi.

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1 Da intendersi all’inglese “design”, ossia la capacità di coordinare il processo specialistico dallo sviluppo ecalcolo fino alla gestione dell’esecuzione, e dei rapporti con le parti interessate.

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2.2.3 Esigenze e problematiche

Il contesto cui si rivolge l’opera di consulenza è formato dal tessuto delle piccole, medie, mapiù spesso microimprese. Queste, che costituiscono il fronte più diretto di contatto con l’uten-za, l’eccellenza nella qualità e nella flessibilità produttiva, soffrono, per la ridotta dimensionee per le scarse risorse umane e finanziarie, l’incapacità di gestire processi che, seppur strate-gici, non sentono costituire il loro core business, quale il caso, appunto, della Sicurezza neiluoghi di Lavoro. La consulenza della CONTARP deve giungere a rivestire quel carattere diaggiornamento, tempestività, informazione che il singolo imprenditore trova, di fatto, troppoonerosa in termini di costi e tempi, da svolgere in proprio.Emerge, successivamente, la differenza della Consulenza dagli altri compiti istituzionali finoraaffidati alla CONTARP e, più in generale, alle Strutture Professionali dell’Istituto. Il funziona-mento dell’Istituto, e delle prestazioni richieste da Questo alla CONTARP, è prevalentementebasato sul concetto di “gestione delle operazioni”, ossia su strutture gerarchizzate vertical-mente, ognuna con un ambito proprio e tendenzialmente esclusivo di competenze. L’elemento di raccordo e coordinamento è costituito, secondo l’articolazione centrale o terri-toriale, dalla Direzione Generale o dal Direttore Regionale. Questa organizzazione offra van-taggi in termini di efficienza e efficacia nella gestione delle “partite correnti”, gestite in“serie”, è rigidamente legata a “funzioni” e gerarchia, da ripensare per offrire servizi, quali laconsulenza in prevenzione, il cui prodotto è, per definizione, un “prototipo”, ritagliato sulleesigenze del singolo cliente. Questa richiede il coordinamento limitato nel tempo, nei costi enegli scopi di competenze e risorse professionali sparse tra le strutture centrali e territoriali. Ilruolo specificamente tecnico e intrinsecamente gestionale dei Professionisti deve superare ledifficoltà opposte dalla “attitudine verticale”, e sviluppare strutture, spesso temporanee, inter-professionali, agili, flessibili, orientate al cliente e al coinvolgimento, in grado di esprimereleadership nel condurre attività, prendere decisioni, saper identificare criticità, monitorarecostantemente tempi, modi e costi di esecuzione.In sintesi, la Prevenzione si ottiene con intervento Professionale, tecnico sì, ma con unaforte autonomia gestionale, specifica dell’esecuzione del lavoro per Progetti secondo i princi-pi del “Project Management”.

2.3.4 Requisiti di eccellenza

Risolvere il conflitto tra obiettivi e problematiche richiede un attento esame delle interazionitra i diversi soggetti della Consulenza in Prevenzione, enucleando quei principi base irrinun-ciabili per operare con successo. Questi, una volta identificati, sono stati qualificati comerequisiti d’eccellenza, considerati costantemente nelle fasi di sviluppo e riesame dell’articola-zione del Progetto: - raccordo con la Dirigenza dell’Istituto;- flessibilità nei confronti degli obiettivi strategici dell’INAIL;- attenzione ai clienti: sviluppare l’attitudine della CONTARP e dei singoli Professionisti a

identificare tutte le controparti, porsi in ascolto, interpretare esigenze e identificareopportunità,

- leadership: formare professionalmente, aggiornare i professionisti, attribuendo rilievo allecompetenze gestionali, di relazione, di smorzamento dei contrasti, di organizzazione, docu-mentazione e monitoraggio; ultimo, ma non meno importante, saper costituire un gruppodi progetto, una squadra unita e efficace, dove siano chiari e condivisi ruoli, scopi e moda-lità operative;

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- conoscenza: curare la formazione, l’aggiornamento, porre impegno assoluto nell’apprende-re problemi e valutare soluzioni laddove si palesano ossia sul campo, nelle aziende;

- acquisire, sviluppare, mantenere la capacità di lavorare in squadra, anche e soprattuttomultidisciplinare, in più squadre, disponibili ad assumere responsabilità, impegni diversi earticolati, interagendo con tutte le strutture dell’Istituto, in particolare con le altreConsulenze Professionali;

- aggiornamento costante sulle tecnologie, servizi, prodotti con l’intento di conseguire lamassima efficacia e compatibilità tecnico/economica.

2.2.4 Opportunità

L’intervento qualificato di Consulenza per le aziende si propone di colmare il crescente ritardoculturale e applicativo nei riguardi della SSL e inserisce l’INAIL, quale attore primario dellaPrevenzione, nell’ottica di un intervento progettuale, in grado sia di modificare, ma soprattut-to di intervenire direttamente nel ciclo lavorativo.L’organizzazione per “Progetti” e la riconfigurazione della struttura CONTARP e delle sue rela-zioni con le parti interessate (Direzioni Centrali e Regionali, altre Consulenze Professionali,associazioni, enti territoriali e, in massimo grado, con le aziende) adempie al mandato istitu-tivo e la pone come “parte dirigente” tecnica nel cuore dei processi dell’Istituto. Questonuovo approccio ripropone l’urgenza e la opportunità di una approfondita e condivisa rifles-sione sul ruolo dei Professionisti nel INAIL e l’attribuzione loro di funzioni di rilevanza legale,attualmente non risolto.

3. CONCLUSIONI

L’INAIL si pone con approccio innovativo ed ambizioso nei confronti dei bisogni delle azien-de, con interventi mirati e diretti. Il rinnovato ruolo dei Professionisti della CONTARP offriràflessibilità, rapidità decisionale e operativa che non possono trovare riscontro nella prassicorrente. E vincente realizzare il coinvolgimento di tutte le Strutture nelle esigenze di unaattività strategica che, inevitabilmente, deve muoversi in ambiti di tempi, costi e certezza dirisultati definiti. Il rischio da contrastare costantemente non è tanto quello del fallimentodi una singola operazione, insito in ogni singola iniziativa, quanto quello di anteporre esi-genze organizzative al conseguimento dell’obiettivo strategico, fondante, costituito dall’in-tervento prevenzionale.L’organizzazione della CONTARP per “Progetti”, basata sulla Gestione Professionale costituiscel’elemento determinante per il successo e l’eccellenza dei risultati.

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SALUTE E SICUREZZA NEL COMPARTO LEGNO: DATI INAIL E PROGRAMMI DI ADEGUAMENTO IN PIEMONTE

D. Antoni*, E. Ferro*, S. Nidasio** INAIL - Direzione Regionale Piemonte - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione

RIASSUNTO

Il presente lavoro illustra i risultati di un’analisi condotta sui progetti di miglioramento dellecondizioni di sicurezza elaborati dalle aziende del settore del legno, inquadrate dalD.M.12/12/2000 nei Gruppi tariffari 5100 e 5200, sulla base di quanto stabilito dall’art.23 delD.Lgs.38/2000 e dal suo regolamento di attuazione. Partendo dal raffronto della rilevanza delsettore con il contesto produttivo piemontese, sono state poi evidenziate le preferenze tra gliassi di finanziamento previsti dal decreto e le peculiarità dei progetti. Sono state consideratein particolare la tipologia delle aziende, riferita al quadro del settore, il grado di attuazionedella sicurezza al loro interno e il tipo di interventi migliorativi progettati in materia di sicu-rezza. Infine la distribuzione dei progetti per asse di finanziamento è stata confrontata conl’andamento infortunistico e delle malattie professionali del settore.

SUMMARY

In order to solve the most serious problems relevant to improving safety, legislation has entru-sted INAIL with the task of setting up incentives destined to companies. This system consistsin the funding of technological innovation projects improving safety at work and providing wor-kers with information and training initiatives. In Piedmont, wood enterprises positively answe-red this initiative, proposing 89 demands for financing. The projects permitted to study thesensibility of the particular sector regarding safety at work. Most of the proposed improvementwere about the substitution of old machines, the improvement of dust suction systems and thestructures adaptation. This confirm that the culture of safety is still limited to an instrumentaland not management point of view. At the end, the proposed projects have been compared withdistribution of work related accidents and diseases.

1. INTRODUZIONE

L’INAIL ha promosso iniziative di finanziamento per programmi di adeguamento alla normativasulla sicurezza secondo quanto previsto dall’art.23 del D.Lgs.38/2000; queste iniziative, chehanno riscosso in ambito piemontese un buon successo, hanno previsto il sostegno alle impreseper differenti tipologie di interventi in diversi assi: sostituzione o messa a norma di macchine,interventi su impianti, installazione di sistemi di monitoraggio per fattori di rischio, interventi dibonifica o miglioramento delle strutture, implementazione di sistemi di gestione. In tale ambitoè stata particolarmente consistente la risposta delle aziende piemontesi del comparto legno, siaper il primo bando emanato dall’INAIL nel 2002, sia per il secondo emanato nel 2004.

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Questa analisi è stata impostata considerando in primo luogo la rilevanza del settore rispettoalla realtà produttiva piemontese e, successivamente, esaminando la distribuzione dei proget-ti per assi di finanziamento.In Piemonte sono presenti oltre 300.000 aziende; 6.000 (il 2% circa) svolgono lavorazione dellegno e sono suddivise tra i Gruppi 5100 e 5200 delle Tariffe dei premi INAIL (D.M.12/12/2000).Nello specifico, il Gruppo 5100 riguarda la conservazione e prima lavorazione del legno (tra-sformazione dei tronchi in legname mercantile da costruzione: tavolame, traverse, stagionati, sfo-gliati, tranciati, pannelli, ecc.), il gruppo 5200 comprende le aziende che effettuano la secon-da produzione ottenendo, mediante trasformazione meccanica del legname elaborato, i manu-fatti finiti. Il numero di aziende del settore assume maggiore rilevanza se raffrontato al nume-ro di aziende del comparto a livello nazionale (87.000), di cui rappresenta circa il 7%.Viste la particolarità (di nicchia) che riveste il settore nel comparto piemontese e la rilevanzadelle malattie professionali e dell’andamento infortunistico (FERRO et al., 2004), è stato repu-tato di interesse confrontare il tipo di interventi proposti dalle aziende nei progetti finanziaticon i rischi individuati elaborando i dati INAIL relativi agli infortuni e alle malattie professio-nali nel settore.

2. ANALISI DEI PROGETTI

A livello regionale da questo comparto sono state presentate 89 domande, ripartite tra il primobando (53 domande) e il secondo (36 domande); è opportuno sottolineare che 5 aziende hannopartecipato ad entrambi i bandi. Quindi, complessivamente, hanno presentato domanda 84diverse aziende, pari al 1,4% delle aziende del settore in regione e al 4% delle domande pre-sentate complessivamente in Piemonte: queste percentuali indicano come da parte del com-parto vi sia stato maggiore interesse verso l’iniziativa, rispetto ad aziende di altri settori. Danotare come le aziende della provincia di Cuneo, che costituiscono un polo d’eccellenza nel-l’industria mobiliera italiana, siano state le più attive nel presentare domanda dimostrandodunque maggior sensibilità e disponibilità all’innovazione (Figura 1).

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Figura 1 - Confronto tra la distribuzione del numero di aziende per provincia e del numero di domande presentate per SedeINAIL di competenza.

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Le domande di finanziamento sono pervenute in prevalenza (89%) da aziende di seconda tra-sformazione del legno, classificate al gruppo delle Tariffe dei premi 5200. E’ interessante esa-minare, oltre alla tipologia di attività, le dimensioni e la natura sociale di queste imprese. Comeprevisto dal bando, sono state ammesse al finanziamento solo le piccole e medie imprese, cosìcome individuate dalla normativa: in particolare per il settore legno hanno partecipato albando in prevalenza aziende di tipo artigiano (il 58%) ed aziende di piccole dimensioni: 52domande su 89 sono state presentate da aziende con meno di 10 lavoratori e 26 da impresecon un numero di dipendenti compreso tra 11 e 50, le restanti 11 contano da 50 a 200 dipen-denti. Dalle informazioni riportate sulle domande risulta inoltre che a beneficiare direttamente deimiglioramenti degli interventi sarà il 60% dei lavoratori di queste aziende, cioè circa unmigliaio di persone, ovvero il 6% dei lavoratori del settore in regione.Dalle informazioni riportate nei progetti esaminati è stato possibile valutare il livello della cul-tura nella gestione della sicurezza, stimando il grado di attuazione del D.Lgs.626/94 tramitealcuni parametri oggettivi, come ad esempio la percentuale di imprese in cui è presente la figu-ra del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS): ne emerge un quadro non comple-tamente soddisfacente, in quanto solo il 66% delle aziende ha designato uno o più RLS e solouna piccola percentuale (7%) di imprese che non ha nominato il RLS ha un unico dipendente.In particolare, delle 30 imprese senza RLS, 26 contano meno di 10 dipendenti e 4 hanno unnumero di dipendenti compreso tra 11 e 50; inoltre il 77% delle aziende senza RLS sono dinatura artigiana. In altri termini, le imprese artigiane e quelle di piccole dimensioni sono quel-le in cui si è maggiormente riscontrata la carenza della figura del RLS. D’altro canto, dai pro-getti è emerso che hanno presentato domanda anche società altamente organizzate, con più di50 dipendenti e più di un RLS: il che fa comprendere come vi sia l’interesse verso interventimigliorativi per la sicurezza anche da parte di strutture ben organizzate.Dall’esame delle domande pervenute è emerso che quasi la metà dei progetti finanziati si svi-luppa su più di un asse e quasi il 10% comprende tre assi di finanziamento (Figura 2), con-templando peraltro interventi sostanziali mirati ad una riduzione dei rischi a tutto campo.Questi interventi di ampia portata sono stati volti a migliorare le condizioni di sicurezza degliimpianti a servizio delle macchine, come ad esempio potenziare le aspirazioni localizzate, alcontempo migliorare le stesse macchine, acquisendone di più efficienti dal punto di vista dellasicurezza, e infine migliorare gli ambienti di lavoro.

IL SOSTEGNO DELL’INAIL ALLE AZIENDE: DALL’ASSICURAZIONE ALLA PREVENZIONE. IL RUOLO DELLA CONTARP

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Figura 2 - Distribuzione dei progetti per assi di finanziamento.

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In genere il tipo di progetti presentati, sia quelli di ampia portata sia quelli per singoli assi,hanno focalizzato gli interventi sull’ammodernamento delle macchine, l’adeguamento degliimpianti e la bonifica e la ristrutturazione degli ambienti lavorativi. L’asse 1, relativo all’elimi-nazione e alla sostituzione di macchine, ha riscosso il maggiore interesse; la sostituzione dellemacchine, a sua volta, ha comportato in molti casi l’adeguamento degli impianti elettrico e diaspirazione, ricompresi nell’asse 2. Anche il 4° asse ha suscitato un discreto interesse, mentrenon sono stati presentati progetti per gli assi 3 e 5. Ciò dimostra che le aziende aspirano pri-mariamente a benefici immediati in ambito di sicurezza, quindi i sistemi di monitoraggioambientale o di gestione della sicurezza sono ancora percepiti come poco concreti.Scendendo nel dettaglio delle domande, è emerso che il numero di macchine sostitutive richie-ste è stato inferiore al numero di macchine eliminate, in quanto sono state predilette macchi-ne polifunzionali e più efficienti. Ciò ha consentito in taluni casi una riduzione delle movi-mentazioni di materiale e un guadagno dal punto di vista degli spazi in azienda, migliorandoquindi non solo gli aspetti di sicurezza legati alla macchina, ma anche quelli conseguenti allacircolazione e alla movimentazione dei materiali in azienda. Le macchine maggiormente sosti-tuite sono state quelle per la rifinitura e per il taglio (Figura 3). L’età delle macchine sostitui-te era uniformemente distribuita tra i 10 e i 45 anni di servizio, senza la prevalenza di una par-ticolare anzianità d’uso. Ciò fa presupporre che anche macchine di più recente costruzionesiano state giudicate altrettanto insicure e che comunque nel settore ci sia stato un ricambiodel parco macchine abbastanza costante nel tempo, dovuto alla necessità di adeguarsi all’evo-luzione tecnologica per mantenere la competitività.

Nell’ambito dell’asse 2 di finanziamento i progetti sono stati orientati prevalentemente allariduzione del rischio di folgorazione ed innesco di incendi con l’ammodernamento degliimpianti elettrici, alla diminuzione del rischio da esposizione a polveri di legno con l’adegua-mento o il rafforzamento degli impianti di abbattimento delle polveri, e all’adeguamento degliimpianti antincendio. I progetti per l’asse 4 erano invece più vari, pur se nell’ambito specifico del miglioramento deilocali a servizio della lavorazione. Un gruppo di queste domande (48%) ha riguardato proget-ti per la rimozione di coperture in cemento amianto, dimostrando così l’attenzione da partedelle aziende anche verso rischi non propri del settore. In questo contesto sono stati ammes-

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Figura 3 - Distribuzione del tipo di macchine sostituite.

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si al finanziamento anche interventi di costruzione ex novo di ambienti lavorativi destinati alconfinamento delle attività generatrici di polvere, considerando la riduzione del numero degliesposti un valido criterio di ammissibilità.Riassumendo quanto esposto finora, i progetti si distribuiscono sul 1°, sul 2° e sul 4° asse difinanziamento. La tipologia e la distribuzione degli interventi attuati rispecchia la distribuzio-ne delle cause degli infortuni nel settore, come è evidenziato in Figura 4: il maggior numero dieventi è causato da macchine operatrici, il che è indice di come le aziende siano consapevolidelle priorità di investimento in termini di sicurezza. Naturalmente, una parte di infortuni(voce “altro” in Figura 4) è stata causata da agenti non riconducibili ad interventi previsti nelbando come, ad esempio, nel caso degli infortuni in itinere. Sul fronte delle malattie profes-sionali, la dispersione del dato non consente una valutazione similare, ma emergono netta-mente le patologie da polveri di legno (ANTONI et al., 2005); anche in questo caso le aziende,con il gran numero di progetti relativi all’adeguamento dell’impianto di aspirazione, hannodimostrato consapevolezza dei rischi peculiari.

3. CONCLUSIONI

Dall’analisi delle domande pervenute, il primo dato interessante è rappresentato dalla mag-giore partecipazione alle iniziative di incentivazione della sicurezza aziendale da parte delleaziende del comparto legno rispetto ad altri settori della regione. Una delle ipotesi possibiliper spiegare questa adesione ha origine nell’antica tradizione che caratterizza il comparto, inparticolare nella provincia di Cuneo che, come si è visto, è stata maggiormente rappresentata.Dallo studio di insieme delle domande è emersa una tipologia complessa ed articolata dei pro-getti presentati, che in molti casi hanno riguardato tre dei cinque assi proposti: sul fronte deirischi specifici le aziende hanno rinnovato e adeguato macchine e impianti e sul fronte deirischi generali sono state bonificate numerose coperture in cemento amianto e sono stati otti-mizzati i lay-out aziendali.L’esame approfondito delle tipologie di interventi proposti e dei rischi connessi ne ha mostra-

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Figura 4 - Distribuzione degli agenti causali degli infortuni (dati INAIL) in Piemonte nel quinquennio 1999-2003, confrontaticon la distribuzione degli assi di finanziamento richiesti.

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to la buona corrispondenza con la distribuzione degli agenti causali degli infortuni e dellemalattie professionali; ciò fa ritenere che vi sia una discreta consapevolezza, da parte dei dato-ri di lavoro, sulle priorità da affrontare. D’altra parte, l’assenza di progetti inerenti interventiorganizzativi e con risultati a lungo termine (assi 3 e 5) fa presagire la necessaria programma-zione di un’attività mirata di formazione e sensibilizzazione degli operatori del settore.Le iniziative intraprese dall’INAIL hanno quindi concretizzato interventi con sicuri riscontripositivi sull’andamento infortunistico nell’immediato e tecnopatico sul lungo termine, ed èprevedibile che l’attuazione dei progetti porti beneficio alle aziende in termine di riduzione deicosti del lavoro.Inoltre l’attivazione di un sistema di incentivazione della sicurezza sul lavoro ha avuto ancheun ruolo importante nel sensibilizzare le aziende ad acquisire informazioni in materia di sicu-rezza e ad aggiornare le proprie conoscenze in merito; questo coinvolgimento rappresenta unrisultato di notevole importanza e in linea con la politica dell’Istituto, da sempre attivo nel-l’attività di formazione e informazione attraverso numerosi canali (cartacei, multimediali),finalizzata ad una sempre più capillare diffusione della cultura della sicurezza.

BIBLIOGRAFIA

D. Antoni, E. Ferro, S. Nidasio: Il comparto legno in Piemonte: rischi, infortuni e malattie cor-relate, Atti Dell’xi Convegno Di Igiene Industriale “Le Giornate Di Corvara”, 2005.

DECRETO LEGISLATIVO 23 febbraio 2000, N. 38: Disposizioni in materia di assicurazione con-tro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, a norma dell articolo 55, comma 1, dellalegge 17 maggio 1999, n. 144, in G.U. n. 50 del 1 marzo 2000.

DECRETO LEGISLATIVO 25 febbraio 2000, N. 66: Attuazione delle direttive 97/42/ce e1999/38/ce, che modificano la direttiva 90/394/cee, in materia di protezione dei lavoratoricontro i rischi derivanti da esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro, inG.U. n. 70 del 24 marzo 2000.

DECRETO LEGISLATIVO 19 settembre 1994, N. 626: Attuazione delle direttive 89/391/CEE,89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE e 90/679/CEEriguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro, inG.U. n. 265 del 12 novembre 1994 - Suppl. ord.

DECRETO MINISTERIALE 12 dicembre 2000: Nuove tariffe dei premi per l’assicurazione controgli infortuni sul lavoro e le malattie professionali delle gestioni: industria, artigianato, terzia-rio, altre attività, e relative modalità di applicazione, in G.U. n. 17 del 22 gennaio 2001.

E. Ferro, G. Fois, R. Luzzi, S. Nidasio: Tumori professionali riconosciuti nella provincia di tori-no: analisi degli agenti di rischio e riflessioni in termini di prevenzione, Rapporto Annuale Inail2003 - Regione Piemonte, 2004, pagg. 45-61.

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OBIETTIVO PREVENZIONE IN AGRICOLTURA: DAGLI INCENTIVI ALLE IMPRESE PIEMONTESI UNA PROPOSTA ESPORTABILE?

D. Antoni*, E. Ferro*, S. Nidasio** INAIL - Direzione Regionale Piemonte - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione

RIASSUNTO

Sono state esaminate le domande relative al settore agricolo, pervenute a livello regionale, nel-l’ambito dei programmi di finanziamento ai sensi dell’art.23 comma 1 lett. a) e b) delD.Lgs.38/2000, al fine di proporre un modello di investimento specifico che, in risposta alleesigenze tipiche e peculiari del comparto, possa promuovere interventi mirati di grande impat-to a miglioramento della salute e sicurezza nell’ambiente di lavoro.

SUMMARY

They have been examined the demands for financing of the agricultural field, reached regionallevel, regarding of incentives according to D.Lgs.38/2000, with the aim to propose a model ofspecific investment that, in answer to the typical and peculiar requirements of the agriculturalfield, can promote investments of great impact to improve health and safety at work.

1. INTRODUZIONE

In risposta alla previsione normativa (D.Lgs.38/2000) l’INAIL ha attivato un sistema di soste-gno alla prevenzione attraverso l’erogazione di forme di finanziamento alle imprese; tali incen-tivi sono volti alla realizzazione di iniziative di informazione e formazione, nonché di pro-grammi di adeguamento, attraverso la modernizzazione delle macchine e degli impianti, eall’introduzione di nuove tecnologie mirate alla riorganizzazione aziendale, in un’ottica sem-pre più orientata alla prevenzione. Un attento esame dei progetti presentati nell’ambito dei finanziamenti INAIL dalle aziende ope-ranti in uno specifico comparto, in particolare per i programmi di adeguamento alle normative disicurezza e igiene del lavoro, può fornire le indicazioni necessarie per individuare e “calibrare” gliinterventi più urgenti per il miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori.In Piemonte sono state presentate oltre 2.000 domande per il finanziamento in conto interes-si e la cospicua adesione delle imprese agricole, unitamente all’esame delle peculiarità del set-tore e dell’andamento infortunistico-tecnopatico, ha consentito di utilizzare i progetti relativia questo comparto come strumento e punto di partenza per l’approntamento di un nuovomodello di finanziamento mirato e specifico.Il comparto agricolo piemontese rappresenta, specie in alcuni settori, una delle maggiori real-tà in ambito nazionale; basti pensare, ad esempio, che la realizzazione del canale Cavour, idea-ta da Camillo Benso conte di Cavour nel 1835 e terminata nel 1866, mettendo in comunicazio-ne il Po, la Dora Baltea, la Sesia, il Ticino e il Lago Maggiore, ha creato un comprensorio irri-

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guo di 400.000 ettari che ancora oggi è il cuore della risicoltura nazionale con oltre il 55%(SOSTER, 2004) della produzione (fonte Ente Nazionale Risi). A livello provinciale occorre rile-vare il peso della Provincia di Cuneo per i fruttiferi, la forte caratterizzazione viticola dellaProvincia di Asti, la preponderanza dei seminativi nelle Province di Vercelli e Novara e la con-notazione prevalentemente silvo-pastorale del Verbano-Cusio-Ossola. Per quanto concerne l’allevamento, il Piemonte è la terza regione italiana, sia per numero diimprese che per numero di capi. La Provincia di Cuneo emerge per l’importanza relativa degliallevamenti bovini, con oltre la metà del totale regionale, e suini, con oltre i due terzi del patri-monio piemontese (PEROSINO, 2001).Queste attività sono praticate da oltre 120.000 aziende (dati ISTAT: 5° censimento generaledell’agricoltura, anno 2000), in maggioranza medie e piccole, che assorbono all’incirca 70.000lavoratori (INAIL, 2003); una frazione non trascurabile di queste imprese è costituita da lavo-ratori autonomi.L’importanza del comparto agricolo nel panorama produttivo nazionale si riflette anche in unelevato indice di frequenza degli infortuni professionali, che è paragonabile a quello del set-tore Costruzioni (7,5%) e ben superiore alla media generale dell’industria e dei servizi (4,5%)(BINDI, 2003). In particolare, le macchine motrici ed operatrici sono la principale causa diinfortunio, provocando circa il 18% degli eventi totali; i trattori agricoli sono il secondo agen-te materiale per importanza dopo le superfici di transito e le scale. Le attività agricole piùrischiose sono, nell’ordine, le lavorazioni ausiliarie, la raccolta e la trasformazione dei prodot-ti, la riproduzione e l’allevamento di animali, la preparazione del terreno e le lavorazioni suc-cessive alla semina (LICAUSI et al., 2003). Sul fronte delle tecnopatie, prevalgono le ipoacusie,le asme bronchiali e le alveoliti allergiche, con un aumento progressivo delle tendiniti; il set-tore ha visto 49 infortuni mortali nel triennio 2001-2003 (INAIL, 2003).Scopo del presente lavoro è l’individuazione degli interventi più idonei a soddisfare le esigenzepeculiari del comparto agricolo, proponendo quindi un modello esportabile a scala sovraregio-nale. Lo studio è stato effettuato sulla base di quanto emerso dall’esame dei 170 progetti per-venuti con il bando del 2002 (ANTONI et al., 2004), e dei 439 pervenuti con il bando del 2004.

2. ANALISI DEI DATI

L’interesse delle imprese agricole piemontesi per i finanziamenti INAIL è stato sempre crescen-te, tanto che la percentuale di domande è passata dal 3% del primo bando (ISI1 nel 2000) al41% dell’ultimo (ISI2bis nel 2004) (Figura 1).

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Figura 1 - Percentuale di domande relative al settore agricolo rispetto alla totalità delle pervenute in Regione.

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Lo scarso interesse del settore per il bando che ha promosso la formazione e l’informazione perle diverse figure coinvolte nella sicurezza in azienda, rappresenta di per sé un indicatore dellacarente sensibilità del comparto verso interventi che sono percepiti come poco “concreti”.L’elevata adesione delle aziende del comparto agricolo al primo ed al secondo bando per l’a-deguamento alla normativa di sicurezza, mostra invece una significativa convergenza tra inter-venti proposti ed esigenze specifiche del comparto. I 439 progetti per i programmi di adeguamento pervenuti in regione, relativi all’ultimo bando,sono stati esaminati seguendo il metodo già adottato per lo studio dei progetti presentati conil bando precedente (ANTONI et al., 2004).Per ogni domanda si è annotato il tipo di attività dell’azienda, se inerente la sola agricoltura,il solo allevamento o entrambe le tipologie, la presenza del Rappresentante dei Lavoratori perla Sicurezza (RLS), il rapporto tra numero di lavoratori e di beneficiari dell’intervento. Inoltreè stata effettuata una analisi di dettaglio per ogni Asse:

- Asse 1 “Eliminazione di macchine prive di marcature CE e loro sostituzione con macchinemarcate CE…” � distinzione delle trattrici dalle altre macchine e, ove indicato, annotazione dell’anno di

immatricolazione.

- Asse 2 “Acquisto, installazione, ristrutturazione e/o modifica di impianti, apparecchi e dis-positivi…”� distinzione tra impianti, apparecchi e dispositivi.

- Asse 3 “Installazione di dispositivi di monitoraggio dello stato dell’ambiente di lavoro…”� distinzione tra agenti chimici, fisici e biologici e annotazione del sistema di monitorag-

gio richiesto.

- Asse 4“Ristrutturazioni e/o modifica strutturale degli ambienti di lavoro”� distinzione tra ristrutturazioni dell’ambiente di lavoro in senso generale ed interventi

finalizzati alla rimozione di coibentazioni in materiali contenenti amianto, in quantocategorie di interventi maggiormente rappresentate.

- Asse 5 “Implementazione di sistemi di gestione aziendale della sicurezza” � conteggio delle aziende che hanno indicato come sistema di gestione della sicurezza

l’SGSL UNI-INAIL (2001) o altre linee guida.

Conformemente a quanto potuto osservare circa i progetti pervenuti con il bando ISI2 (ANTO-NI et al., 2004), la distribuzione delle domande per tipologie di aziende presenta una nettapreponderanza delle imprese dedite all’agricoltura a supporto dell’allevamento. Tra ledomande pervenute sul fronte delle coltivazioni, sono prevalenti le foraggiere e le colturecerealicole; nell’ambito dell’allevamento, sono più numerose le aziende che allevano bovinie suini. Il primo dato significativo emerso dall’analisi effettuata riguarda la scarsa adesione delleaziende al finanziamento in conto capitale (solo il 27%), ammissibile per interventi di rior-ganizzazione e reingegnerizzazione e basato quindi su una “progettazione” a priori. Inoltreè risultato che solo pochi progetti (13 su 439 pari al 3%) prevedevano interventi più ampidi quelli richiesti e soltanto 2 riguardavano progetti per interventi finalizzati all’adegua-mento a Direttive Comunitarie non ancora recepite in Italia. Quanto sopra, contestualmen-te al fatto che appena il 25% del numero di aziende esaminate ha dichiarato di aver nomi-

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nato l’RLS, evidenzia la scarsa cultura della sicurezza del comparto. E’ da considerare ancheche l’efficacia del D.Lgs.626/94 per il settore agricolo, risulta in parte ridotta dall’esclu-sione dall’applicazione della norma stessa delle aziende agricole condotte in forma direttae familiare, costituenti in realtà il principale segmento della tipologia di aziende presentiin agricoltura. Entrando nello specifico degli assi di finanziamento, dall’esame della Figura 2, emerge chiara-mente che il maggior capitale finanziato in conto interessi è stato richiesto per l’Asse 1, inlinea con quanto già osservato per il bando del 2002.Dal momento che nessun progetto ha riguardato l’Asse 3 e, tra i 386 progetti finanziati, unosolo era relativo all’Asse 5, appare evidente che questi due Assi di finanziamento non hannotrovato riscontri nel comparto agricolo. A differenza delle imprese dei settori industriale edartigianale, gli imprenditori agricoli hanno mostrato un chiaro disinteresse verso sistemi digestione della sicurezza integrati: l’implementazione di un SGSL necessita di una specifica “cul-tura della sicurezza di base” che ha un ritorno economico difficilmente quantificabile, mentreil settore agricolo è più portato verso la concretezza nell’immediato. Molto evidente è il consenso circa la possibilità di sostituire macchine “datate” con altre piùmoderne e attuali, con una ricaduta positiva anche sugli aspetti inerenti la sicurezza. La tipo-logia delle macchine operatrici utilizzate è varia, ma la macchina più usata nelle aziende agri-cole è sicuramente la trattrice. Negli anni la trattrice ha subito notevoli cambiamenti tecnici,volti a migliorare l’esecuzione delle lavorazioni, che hanno contemporaneamente influito sullasicurezza dell’operatore, sugli aspetti ergonomici e sul comfort. Le trattrici agricole sono escluse dal campo di applicazione del D.P.R.459/96 ma sottostanno alD.P.R.547/55. La loro intrinseca pericolosità è da tempo conosciuta in relazione ai numerosiinfortuni, anche con esiti gravi e mortali, che avvengono durante le fasi di lavorazione del ter-reno (aratura, estirpatura, preparazione del terreno, semina, ecc.) e che si manifestano conribaltamenti, cadute, impigliamenti con organi in movimento, ecc. Gli ultimi dati riferiti all’a-gricoltura italiana riportano che l’agente materiale prima causa di infortunio è l’ambiente dilavoro, seguito appunto dalle trattrici; gli infortuni dovuti a macchine sono oltre il doppiorispetto a quelli dell’industria e del terziario e sono circa il 18% degli infortuni sul lavoro (LICAUSI, 2003).

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Figura 2 - Distribuzione degli Assi richiesti.

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Asse 1

Entrando più nel dettaglio dei dati esaminati, il grafico in Figura 2 evidenzia la netta prepon-deranza di interesse per l’Asse 1 (da solo o contestualmente ad altri assi), con una richiesta disostituzione di macchine non marcate CE con macchine marcate CE, presente in 340 domandesu 439. Tale andamento ricalca la situazione già verificatasi nel 2002, con un ulteriore incre-mento dell’interesse per questo Asse che passa dal 63% di richieste di ISI2 a oltre il 77% diISI2bis; con i due bandi è stata ammessa al finanziamento la sostituzione di oltre 1000 mac-chine non marcate CE.Compatibilmente con i dati a disposizione è stata effettuata una valutazione sulla distribuzio-ne della età media delle macchine da eliminare.

Sono state distinte due categorie: trattrici e macchine da collegare a motrici, queste ultime uti-lizzate in particolare per attività di raccolta e di distribuzione sul suolo di ammendanti natu-rali. Le macchine motrici risultano ben distribuite nei quattro decenni con netta prevalenza dimacchine con oltre 20 anni. Per quanto riguarda le altre macchine, si nota il loro massiccioingresso nei cicli produttivi a partire dagli anni ‘80. (Figura 3)Dal punto di vista della prevenzione degli infortuni, il grande interesse per questo Asse ed ifinanziamenti concessi dimostrano l’efficacia dell’Asse 1 in quanto in grado di promuovere unsignificativo rinnovamento del parco macchine.

Asse 2

Per quanto riguarda l’adesione all’Asse 2, questa si è concretizzata in 47 domande; la granparte degli interventi, analogamente al bando del 2002, prevedeva la messa a norma degliimpianti elettrici. I rischi tipici, derivanti dall’inadeguatezza degli impianti elettrici (normatidalla L.46/90), sono quelli di elettrocuzione e di innesco di incendi od esplosioni, in caso dicorto circuiti o surriscaldamento di componenti inadeguati.Più specifici per il comparto in esame sono i rischi legati ad impianti utilizzati nell’allevamen-to: ad esempio, nel caso dell’allevamento di bovini da latte, una significativa suddivisione delleaziende dedite può essere effettuata in base al tipo di stabulazione adottata. La stabulazione

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Figura 3 - Distribuzione degli anni di costruzione delle macchine sostituite.

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libera infatti, a differenza della stabulazione fissa, annulla completamente i rischi connessi allaergonomia, alla postura, ma soprattutto a reazioni non previste degli animali, che possono cau-sare infortuni gravi, anche mortali.Altro pericolo caratteristico di queste lavorazioni è rappresentato dal trattamento delle deie-zioni degli animali, che nelle moderne stalle a stabulazione libera viene effettuato da macchi-ne semiautomatiche, con netta diminuzione della esposizione a rischio biologico (zoonosi) eda rischio di esposizione a gas di fermentazione prodotti dalle concimaie. Per le aziende agricole, in linea con il bando del 2002, è emersa una scarsa sensibilità in relazio-ne al rischio chimico, in particolare al rischio di intossicazioni legate all’utilizzo di fitosanitari.Sebbene il numero di infortuni strettamente connessi all’impiantistica sia relativamente infe-riore rispetto ad altri agenti di rischio, l’adesione agli interventi previsti dall’Asse 2 mostra unacerta disponibilità del settore a rinnovare ed adeguare gli impianti, con ricadute benefichesugli aspetti inerenti la sicurezza.

Asse 4

Molto rilevante, tanto da essere il primo tra gli agenti materiali causa degli infortuni del set-tore, è l’ambiente di lavoro, con particolare riguardo ai locali fissi; qui si svolge una parte con-sistente dell’attività agraria ed avviene una quota di infortuni estremamente significativa intermini di gravità, di frequenza e di incidenza. I dati epidemiologici relativi all’andamentoinfortunistico consentono di correlare all’ambiente di lavoro, inteso come luogo confinato(diverso dal terreno agricolo), circa il 40% degli infortuni (dati INAIL). Tale rilevanza può esserspiegata dal fatto che in ogni azienda agricola, indipendentemente dall’ampiezza e dall’indi-rizzo produttivo, è presente un ambiente destinato agli interventi di riparazione e manuten-zione dei mezzi meccanici. Spesso l’officina è ricavata in uno spazio interno del ricovero attrez-zi o automezzi, riducendo al minimo gli spazi necessari per il controllo preliminare, per le ope-razioni di agganciamento e le successive manovre delle macchine.Relativamente all’Asse 4 sono stati presentati 27 progetti di ristrutturazione e ampliamentolocali, più numerosi rispetto al precedente bando. Una maggiore adesione si è avuta anche rela-tivamente alla bonifica di materiali contenenti amianto, con 40 progetti riguardanti principal-mente la rimozione di vetuste coperture in cemento-amianto, molto utilizzato per le tettoie peri foraggi e gli attrezzi e per i ricoveri degli animali.

3. CONCLUSIONI

L’esame delle domande di finanziamento presentate dalle aziende operanti nel compartoagricolo della Regione Piemonte ha evidenziato che gli incentivi, strutturati in 5 Assi, sonorisultati solo in parte rispondenti alle necessità del settore: a fronte di una grande disponi-bilità ad investire nel rinnovo del parco macchine, ma anche nell’ammodernamento degliimpianti e delle strutture, si è riscontrato un interesse pressoché nullo per gli interventi pre-visti dagli Assi 3 e 5.Il beneficio ottenuto in termini di miglioramento della salute e sicurezza nell’ambiente di lavo-ro, appare come evidente conseguenza dell’innovazione tecnologica di macchine ed impianti edegli interventi mirati alla salubrità dei luoghi di lavoro.Il progressivo interesse mostrato dalle aziende del comparto agricolo piemontese, unitamenteal peso delle stesse nel panorama produttivo nazionale, consente di ipotizzare un modello di

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finanziamenti “mirati” alle esigenze caratteristiche del settore.Tale modello può ragionevolmente rappresentare una risposta “calibrata” alle richieste evi-denziate dai progetti presentati, invogliando gli imprenditori ad investire maggiormente in unammodernamento che si traduce in una maggiore sicurezza nel lavoro.Decisivo a tal fine può rivelarsi l’interessamento delle Associazioni di categoria mediante ini-ziative in grado di coinvolgere in modo diffuso e capillare le imprese agricole e stimolare la par-tecipazione degli operatori.

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INIZIATIVE PER LA PREVENZIONE DEI RISCHI SUL LAVORO: UN’ESPERIENZACONCRETA DELL’INAIL SICILIA A FAVORE DELLE IMPRESE

G. Barcellona*, D. Bellomo*, D. D’Amico*, E. Davì*, S. Di Chiara*, C. Gargano*,G. Giaquinta*, M. Montana*, R. Li Causi*, L. Schifano* * INAIL - Direzione Regionale Sicilia - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione

RIASSUNTO

Nel 2004, l’INAIL Sicilia ha sottoscritto un Protocollo d’intesa con le Associazioni Industriali diTrapani e di Messina, finalizzato a promuovere e coordinare azioni comuni in tema di prevenzione.L’articolo presenta i risultati delle prime iniziative poste in essere sul territorio per sostanzia-re gli accordi del Protocollo, riguardanti un’esperienza combinata di studio dei rischi lavorati-vi e di consulenza aziendale in tema di prevenzione e miglioramento delle condizioni di sicu-rezza nel lavoro, in settori produttivi d’interesse per le economie locali.

SUMMARY

During 2004 in Sicily Region the Italian Workers’ Compensation Authority (INAIL) signed anagreement with the Industrialists Association of the Trapani and Messina cities to provide moreadequate "prevention" services. The present paper reports the first result of a workers’ health and safety risk assessment study,both industrialists and INAIL technical consultants carried out, to improve prevention andreduce accidents and industrial diseases in those sectors useful for local economy.

1. INTRODUZIONE

Da diversi anni, l’INAIL sta operando nell’ambito delle attribuzioni previste dall’articolo 24 delD. Leg.vo 626/1994, e successive modificazioni, che conferisce all’Istituto compiti di assisten-za, informazione e consulenza alle imprese in materia di protezione e sicurezza dei lavoratoridurante il lavoro. Il successivo D. Leg.vo 38/2000 ha ampliato il campo d’interventodell’Istituto per la prevenzione dei rischi, permettendo anche di finanziare programmi e pro-getti in tema di sicurezza e igiene del lavoro delle PMI e dei settori agricolo e artigianale (arti-colo 23). In tale cornice normativa, l’INAIL Sicilia ha sottoscritto nel 2004 un Protocollo d’in-tesa con le Associazioni Industriali della Provincia di Trapani e della Provincia di Messina (ter-ritori con notevole fenomeno infortunistico), finalizzato a promuovere e coordinare un pro-gramma annuale o pluriennale di azioni comuni in tema di prevenzione e con l’impegno perl’Istituto di attivare forme di assistenza, consulenza e informazione in materia di sicurezza esalute nei luoghi di lavoro, attraverso la partecipazione a seminari, incontri, conferenze.L’accordo prevede, tra l’altro, che l’INAIL Sicilia e l’Associazione degli Industriali realizzino eagevolino la raccolta di conoscenze in materia di rischi e danni derivanti dal lavoro, anche consopralluoghi concordati su campioni di aziende per settore di attività, al fine di una più appro-fondita analisi del rischio specifico, con finalità di prevenzione.

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Di seguito, si riferisce in merito alle iniziative poste in essere nel territorio, per dare sostanzaagli accordi intrapresi, insieme ai primi risultati ottenuti.

2. LE INIZIATIVE TERRITORIALI

Le prime iniziative riguardano un’esperienza combinata di studio dei rischi lavorativi e di con-sulenza aziendale in tema di prevenzione e miglioramento delle condizioni di sicurezza nellavoro, in settori produttivi d’interesse per le economie delle provincie di Trapani e di Messina.Le locali Associazioni Industriali hanno individuato e proposto quattro aziende disponibili alprogetto, denominato “studi di settore”, operanti rispettivamente nei comparti produttivi dellapideo e del vitivinicolo a Trapani, e della cantieristica da diporto e della lavorazione agruma-ria a Messina. Nel corso dei lavori, si è coinvolta un’ulteriore azienda (B) appartenente al set-tore vitivinicolo e collegata alla produzione dell’azienda vinicola A (Tabella 1).

Tabella 1: Aziende coinvolte negli Studi di settore

Azienda Attività produttiva Tipo di DittaDimensione Grado di sviluppo Ubicazione (n. operai) tecnologico stabilimento

A Produzione vinicola1 Industria 13 Elevato

B Coltivazione di vitigni2 Azienda 12/13 Basso Paceco (TP)

agricola

C (*) Estrazione di marmo3 (cava) Industria 6 Medio

Taglio e trasformazione di marmi Industria 35 Elevato Custonaci (TP)

a partire da blocchi di cava

(segheria)

D Trattamento agrumi Industria 11/13 Medio - elevato Pace del Mela

(ME)

E Cantieristica da diporto a motore Industria < 15 Medio - elevato Pace del Mela(ME)

Note: (*) l’azienda produce in due segherie di marmi e due siti estrattivi. Lo studio di settore riguarda una segheria ed una cava.

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1 4.000.000 di bottiglie annue pari a circa 40.000 hl/anno di vino. L’azienda non possiede vigne proprie maacquista uva da altre aziende che eseguono la coltivazione di vitigni.2 L’estensione dei terreni coltivati è di 42 ha . La ditta B vende l’uva alla ditta A, avente medesimo proprie-tario.3 Coltivazione per fette discendenti esaurite a trance orizzontali affiancate alte 5-7 m, con impiego di mac-chine a filo diamantato e uso di esplosivo per lo spostamento da monte delle bancate.

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Fase

1. Richiesta dei principali documenti tecniciaziendali attinenti alla salute ed alla sicurez-za sul lavoro.

2. Analisi e valutazione della documentazionepervenuta.

3. Incontro con i rappresentanti aziendali ed isuoi consulenti tecnici per discutere degli ele-menti evidenziati dall’analisi documentale.Acquisizione di informazioni al fine di megliopianificare i successivi sopralluoghi in azien-da (MESSINA).

3. Accesso/i presso le unità produttive indivi-duate (TRAPANI).

4. Sopralluoghi presso le unità produttive indivi-duate, al fine di acquisire tutti gli elementitecnici utili agli studi di settore (MESSINA).

4.Confronto con le aziende (TRAPANI).

5. Confronto con le aziende (MESSINA).

6. Individuazione di un numero congruo di altreaziende del comparto, con acquisizione diinformazioni sulle diverse realtà lavorative, alfine di pianificare iniziative prevenzionalicoerenti ed efficaci.

7. Attivazione di momenti di divulgazione dellacultura per la prevenzione dei rischi e pubbli-cazioni informative (seminari, convegni,ecc.).

Azioni conseguenti

Selezione e richiesta della documentazione.

Studio della documentazione e richiesta dieventuali chiarimenti ed integrazioni. Preparazione di incontro/accesso con aziende inpresenza o meno dell’Associazione Industriale.

Discussione post esame documentale.Pianificazione degli accessi in azienda per stu-diare in posto il ciclo tecnologico, le modalitàoperative di lavoro ed i rischi connessi.

Studio del ciclo produttivo ed individuazione deirischi, in riscontro, anche, a quanto prodottonegli atti di cui alla fase precedente; eventualicampionamenti di agenti patogeni o fattori dirischi infortunistici

Studio del ciclo lavorativo ed individuazione deirischi, attuazione delle misure di igiene e sicu-rezza, acquisizione di foto, ecc.Programmazione ed effettuazione di eventualicampionamenti ed analisi di alcuni agenti dirischio fisico e chimico (rumore, polveri, sostan-ze chimiche).Analisi ed evidenze su quanto rilevato a seguitodelle attività di cui alle precedenti fasi colresponsabile aziendale. Discussione dei risultati di campionamenti, seeseguiti; consulenza su eventuali problematichedi rischio irrisolte e suggerimenti per migliorarele condizioni di salute e sicurezza del lavoro, ecc.

Analisi ed evidenze su quanto rilevato a seguitodei sopralluoghi col responsabile aziendale. Discussione dei … (come fase 4 Trapani)

Completamento degli studi di comparto (lavora-zioni, tecnologie, rischi, misure di prevenzione eprotezione).

Strutturazione, preparazione ed erogazione dicorsi di informazione/formazione per i soggetticoinvolti nella gestione della sicurezza (dirigen-za, lavoratori, RSPP, ecc.); produzione di opusco-li informativi sui rischi di comparto.

Soggetti coinvolti

INAIL CONTARP, Aziende

INAL CONTARP, Aziende

INAIL CONTARP e Settoresanitario, Aziende,Associazione Industriali(eventualmente)

INAIL CONTARP e Settoresanitario, Aziende,Associazione Industriali(eventualmente)

INAIL CONTARP e SettoreSanitario, Aziende,Associazione Industriali(eventualmente)

INAIL regionale, Aziende,Associazione Industriali

INAIL regionale, Aziende,Associazione Industriali

I Tecnici della CONTARP Sicilia hanno predisposto un percorso operativo, che si è preliminar-mente presentato, discusso e condiviso con le aziende e le Associazioni Industriali.Le fasi del percorso e le azioni concordate con le aziende sono riassunte nella sottostanteTabella 2.

Tabella 2: Percorso operativo degli studi di settore

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I percorsi operativi ideati per le due provincie differiscono sostanzialmente al livello della fase3: per le aziende di Messina, si è preferito, infatti, fare un incontro post esame documentalecon i datori di lavoro, prima dei sopralluoghi; mentre nel territorio di Trapani si è ritenuto piùopportuno rimandare ad un secondo momento (fase 4) la discussione in azienda per proporreeventuali perfezionamenti nella valutazione dei rischi. Di fatto, già durante la prima visitanegli stabilimenti trapanesi, i Tecnici CONTARP hanno segnalato qualche aspetto della sicurez-za da curare più adeguatamente. La scelta fatta per le aziende di Messina si è rivelata, in itinere, ben oculata. Sebbene infattile ditte siano state scelte direttamente dall’Associazione Industriali, l’analisi della documenta-zione tecnica è stata spunto di alcune osservazioni sulla valutazione dei rischi e sulla gestionecomplessiva della sicurezza. I Tecnici CONTARP hanno richiesto alle aziende - in sede di incon-tro preliminare congiunto con datore di lavoro e Associazione Industriali - di provvedere adaggiornare, per quanto possibile, i documenti tecnici esaminati, prima che iniziassero gli acces-si negli stabilimenti, mettendo anche in atto i suggerimenti generali forniti.Viste le problematiche evidenziate, si può immaginare che il contesto generale di riferimentoin fatto di prevenzione infortuni e malattie professionali nel territorio non sia dei migliori.

4. ATTIVITÀ REALIZZATE

L’odierno stato di attuazione degli “studi di settore” è giunto allo sviluppo delle fasi 3-4, rela-tive ai sopralluoghi negli stabilimenti e all’impostazione dei confronti di sintesi con le azien-de. Inoltre è già in preparazione un primo corso di formazione sui rischi per i lavoratori.Ciascun passaggio del percorso è stato, ed è, formalizzato con la comunicazione e/o la verba-lizzazione di ogni accordo, richiesta, incontro o sopralluoghi, a favore di tutti gli attori coin-volti, esterni ed interni all’INAIL. Per massimizzare i risultati di incontri e visite si è operato,da un lato, preferendo il team di lavoro dotato di competenze varie, e dall’altro, adeguandosiil più possibile agli impegni delle aziende in modo da essere certi di dialogare con i soggettigiusti e pienamente disponibili. Invero, tali scelte hanno talvolta rallentato lo sviluppo delleattività.Fondamentale il primo incontro tenutosi tra i diversi soggetti. Dopo le presentazioni, i TecniciCONTARP hanno esplicitato i contenuti del percorso operativo da seguire per raggiungere irisultati prefissati nel Protocollo d’Intesa INAIL - Associazione Industriali, sottolineando ilruolo informativo/consulenziale dell’Istituto, sancito nell’articolo 24 del D. Leg.vo 626/1994 esuccessive modificazioni. Il confronto ha permesso inoltre di ottenere garanzia di reciproca col-laborazione. La prima fase di lavoro ha visto impegnati i Tecnici CONTARP a selezionare e richiedere la docu-mentazione relativa alla valutazione dei rischi ed alla gestione delle emergenze. Oltre alDocumento di valutazione dei rischi (DVR) o al Documento di sicurezza e salute (DSS, per lacava), si è richiesto di produrre la documentazione tecnica collegata, e specificamente: rela-zione fonometrica, indagini ambientali (polveri, amianto, agenti biologici, microclima, ecc.),valutazione del rischio da agenti chimici pericolosi ai sensi del D. Leg.vo 25/2002, valutazionedel rischio da movimentazione manuale dei carichi (MMC) e del rischio da video terminali,manuale di corretta prassi igienica ai sensi del D. Leg.vo 155/1997, documenti di consegna deidispositivi di protezione individuale, piani di emergenza, registrazioni su informazione/forma-zione dei lavoratori e degli addetti alle emergenze, test di valutazione apprendimento, docu-mentazione sullo smaltimento fanghi e rifiuti di lavorazione, registro infortuni, eventuali pre-scrizioni AUSL. Si è reso inoltre necessario richiedere integrazioni informative riguardo a ciclotecnologico, materie prime, strumenti, macchine ed ambienti di lavoro, altre sostanze utilizza-

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te, maestranze presenti e mansioni con relativa anzianità, turni di lavoro. Alle aziende messi-nesi si è anche chiesto di evidenziare eventuali importanti modifiche aziendali, avvenute nelcorso degli anni, relative a utensili/macchine/impianti, sostanze utilizzate nel ciclo produtti-vo, organici, ecc..Raccolta la documentazione, si è passati alla fase di studio e analisi che ha condotto a fare deirilievi, attualmente in fase di discussione all’interno della Consulenza regionale al fine di sta-bilire le modalità con cui prospettarli alle aziende coinvolte.In generale, nel territorio trapanese si è evidenziato un notevole impegno delle aziende pergestire correttamente ed efficacemente le problematiche dei rischi per la salute e la sicurezzanel lavoro, pur rilevando talvolta una genericità descrittiva e qualche incompletezza nelle regi-strazioni documentali. Per le aziende del messinese, si è osservata invece minore concretezzanelle fasi di identificazione e valutazione dei rischi specifici e nell’indicazione delle azionimigliorative o correttive intraprese o da intraprendere. Soltanto per l’azienda agricola (TP), sideve dire che il lavoro da fare sul piano documentale è ancora parecchio, sebbene sul campo,si sia osservato che la sicurezza dei lavoratori correlata all’impiego di macchinari e attrezzatu-re è di fatto piuttosto buona (i macchinari sono nuovi e ben tenuti, i lavoratori sono addestratial relativo uso). Completato l’esame documentale, si è passati ad effettuare i primi accessi nelle aziende, tal-volta con la partecipazione di un Medico del Settore Sanitario. Nel corso dei primi due o tresopralluoghi - là dove già espletati - si è sostanzialmente osservato il ciclo produttivo e lemodalità operative di lavoro, raccogliendo informazioni ed impressioni di massima sui possibi-li rischi (macroscopici) presenti e sulle patologie correlabili. Dove necessario, si è richiestaun’integrazione di materiale. Nel complesso, le visite negli stabilimenti e nei terreni sono state svolte con completo accessoai reparti ed ai luoghi di lavorazione, con ampia disponibilità del personale che ha fatto daguida. Soltanto durante il primo accesso nelle aziende A e B del settore vitivinicolo, si è veri-ficato che gli accompagnatori non erano quelli direttamente coinvolti nelle problematiche disicurezza aziendale, non permettendo di conseguenza una discussione con l’interlocutore ade-guato. Tale pecca è di rilievo per lo sviluppo futuro dell’iniziativa, nel senso che, programman-do i prossimi incontri/visite, bisognerà essere più chiari con le aziende riguardo ai soggetti daincontrare e con cui dialogare. Con i prossimi sopralluoghi si cercherà di mettere meglio a fuocole principali fonti di rischio lavorativo e l’effettiva risoluzione delle problematiche connesse, inriscontro anche a quanto registrato nella documentazione tecnica. Nell’azienda C (segheriamarmi) sono state eseguite misure di esposizione a polveri ad al rumore nel reparto taglio edè già in preparazione un incontro con l’azienda per fornire alcuni suggerimenti migliorativisulla prevenzione dei rischi. Il primo accesso nell’azienda E, ha rivelato una certa inconsape-volezza sull’importanza della sicurezza nel lavoro.

5. ASPETTATIVE E PRIMI RISULTATI

Il Protocollo d’intesa stipulato tra INAIL e Associazione Industriali di Trapani e Messina mettein rilievo le motivazioni che sono alla base della strutturazione di azioni e progetti comuni: trale prime, la crescita e lo sviluppo delle aziende, anche sotto l’aspetto imprescindibile della pre-venzione degli infortuni e della sicurezza dei lavoratori. Le attese più immediate delleAssociazioni riguardo agli “studi di settore” intrapresi sembrano essere, da una parte, l’impor-tante occasione di informazione e aggiornamento per le aziende stesse e, nel futuro, per ilcomparto produttivo, riguardo alle novità normative sulla sicurezza, cui adeguarsi; da un’altraparte, l’offerta alle aziende di un’assistenza per individuare eventuali problematiche di pre-

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venzione degli infortuni, non integralmente affrontate al proprio interno. In concreto, leAssociazioni Industriali hanno mostrato un forte interesse nello sviluppo degli “studi di setto-re”, agevolando incontri e visite, mediando nei rapporti INAIL - Aziende, proponendo da subi-to il coinvolgimento di altri comparti produttivi (per esempio, la cantieristica navale a Trapani). Dal canto loro, le singole aziende ad oggi interessate, dopo avere manifestato un’iniziale per-plessità sugli scopi dell’iniziativa, lasciano percepire una presa di coscienza ed un forte inte-resse per l’attivazione/il miglioramento del processo “gestione della sicurezza”. Da parte INAIL, oltre all’obiettivo primario di “studiare” e comprendere a fondo le lavorazionie le tecnologie applicate con i relativi pericoli e rischi, si è sperimentata immediatamente lapossibilità di offrire in concreto una forma di assistenza/consulenza integrativa agli imprendi-tori, segnalando aspetti inerenti alla sicurezza non presi debitamente in esame. Per megliocomprendere i primi risultati dell’intervento, è esemplare il caso dell’azienda C del compartolapideo, cui, in sede di prima visita in stabilimento si era accennato riguardo all’incompletez-za riscontrata nella valutazione del rischio chimico, che non considerava tutte le sostanze chi-miche effettivamente impiegate nelle lavorazioni di finitura, e riguardo ad un difetto di valu-tazione del rischio derivante dalla presenza di beni con amianto. Ebbene, a fronte di un sem-plice rilievo preliminare, la risposta aziendale è stata immediata ed efficace, quantomeno daun punto di vista dell’adempimento formale di legge, avendo provveduto a far integrare la valu-tazione del rischio chimico e a far valutare il rischio da beni contenenti amianto. Le condizioni più precarie sulla sicurezza rilevate nella visita dei terreni coltivati ad uva dalladitta B del trapanese e nell’azienda E che produce imbarcazioni a Messina sono sembrateemblematiche di una realtà aziendale purtroppo ancora viva nel territorio: la sicurezza dei lavo-ratori non è considerata come un processo aziendale trasversale che valorizza il lavoro. I TecniciCONTARP, ove necessario, hanno fatto leva sull’imprenditore per fare affrontare adeguatamen-te la prevenzione dei rischi. Hanno inoltre dato alcune istruzioni di base ai lavoratori agricolisul diritto di denuncia di infortuni e malattie professionali, essendo emersa una loro totaleignoranza a fronte della lamentela di disturbi fisici forse correlati all’attività.Più in generale, l’intervento diretto dei Tecnici INAIL ha già sortito i risultati di: sensibilizzareulteriormente sull’importanza di promuovere la salute e l’igiene dei luoghi di lavoro, preve-nendo e minimizzando i rischi lavorativi; sollecitare azioni per completare/aggiornare/predi-sporre la relativa documentazione tecnica; interagire con il tessuto produttivo attraverso espe-rienze concrete di assistenza e consulenza in materia di prevenzione dei rischi professionali,accreditando nel contempo l’Istituto come soggetto competente e disponibile. Resta da evi-denziare che per un efficace sviluppo degli studi di settore è necessario liberare e disporre diparecchie risorse. L’analisi di grossi incartamenti, le condizioni meteorologiche sfavorevoli perle visite di siti produttivi all’aperto (cava, terreni coltivati), la marcata stagionalità delle lavo-razioni (comparto vitivinicolo), la disponibilità contemporanea dei Tecnici INAIL e dei Medicioperanti in team, altri impegni delle aziende e dei propri Consulenti, sono tutti elementi checontribuiscono a dilatare fortemente i tempi di realizzazione degli “studi di settore” così comeattualmente concepiti.

6. SVILUPPI FUTURI E CONCLUSIONI

Alcuni sviluppi futuri degli “studi di settore” sono già delineati nel loro percorso operativo.Innanzitutto, lo studio di comparto va completato con l’esame di altri stabilimenti che opera-no con tecnologie diverse, coinvolgendo anche realtà produttive più tradizionali. Le aziendeprescelte nel trapanese e nel messinese sono infatti a medio - alto grado di evoluzione tecno-logica: non sono, quindi, rappresentative delle reali condizioni di lavoro di comparto, dei rischi

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e delle soluzioni tecniche e/o organizzative adottate per minimizzarli, dei livelli di sicurezzaconseguenti. In seguito, si proporranno seminari, corsi, incontri di informazione ed orientamento verso lacultura della prevenzione, focalizzando quegli aspetti irrisolti o più delicati emersi per i diver-si settori produttivi (un primo corso per i lavoratori è già in preparazione). Ciò significa che,oltre ad affrontare tematiche generalizzate in materia di rischi, sicurezza e salute dei lavora-tori, si potrebbe mirare a proporre moduli specialistici indipendenti di informazione/formazio-ne su rischi specifici a maggiore peso infortunistico, o su quelli “meno curati”. In tal senso, laConsulenza regionale ha già fatto un’esperienza significativa sul rischio cancerogeno da pol-veri di legno in aziende della 2a lavorazione del legname e derivati. L’esperienza sin qui maturata dimostra consenso da parte delle aziende, ma anche la necessi-tà di individuare quelle forme di assistenza/consulenza/informazione più adatte per le specifi-che realtà produttive. E’ senz’altro fondamentale partire con lo studio approfondito delle tec-nologie produttive e del sistema di gestione della sicurezza del potenziale fruitore dei “serviziper la prevenzione degli infortuni” (le aziende di un territorio), al fine di definire e calibraregli interventi più idonei, da avviare magari in partnership con altri organismi accreditati.L’attendibilità del soggetto pubblico (INAIL) erogatore dei servizi, l’offerta di un supportoinformativo integrativo - senza altre finalità se si eccettua lo studio del comparto -, la chia-rezza e la trasparenza dei rapporti tra i diversi attori coinvolti, la disponibilità di tempo, costi-tuiscono i principali punti di forza per il successo di analoghe iniziative.

RINGRAZIAMENTI

Si ringraziano le Aziende e le Associazioni Industriali per la disponibilità agli “studi di settore”.

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IL SETTORE VITIVINICOLO NELLA PROVINCIA DI TRAPANI. ANALISI E STUDIO DEI PROCESSI LAVORATIVI AI FINI PREVENZIONALI

G. Barcellona*, D. Bellomo*, D. D’Amico*, S. Di Chiara*, C. Gargano*, G. Giaquinta*, E. Davì*, G. Giannettino*, R. Li Causi*, L. Schifano** INAIL - Direzione Regionale Sicilia - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione

RIASSUNTO

Questo lavoro rappresenta la fase iniziale dello studio del settore vitivinicolo in Sicilia, attiva-to a seguito della stipula di un protocollo d’intesa tra l’INAIL - Direzione Regionale per la Siciliae l’Associazione degli Industriali della Provincia di Trapani.Il lavoro si limita all’analisi del ciclo produttivo e dei rischi associati alle lavorazioni svolte incantina e si prevede di estendere lo studio alle lavorazioni di coltivazione dei vitigni.

SUMMARY

The collaboration with the Regional Italian Workers Compensation Authority (INAIL) and theIndustrialists Association of Trapani City has provided the first step to characterize the activi-ties of wine producers in Sicily. The present paper reports the result of a study about industrialwine cellars work-related risks. Authors also forecast to extend this analysis on vineyard culti-vation.

1. INTRODUZIONE

1.1 Premessa

La Direzione Regionale Sicilia ha sottoscritto nel 2004 con l’Associazione degli Industriali dellaProvincia di Trapani uno specifico Protocollo d’Intesa che fra le azioni di comune interesse pre-vede anche la conoscenza in materia di rischi e danni del lavoro in vari settori produttivi.Successivamente è stato concordato uno studio specifico nel settore vitivinicolo regionale perl’analisi del ciclo produttivo con particolare attenzione ai rischi correlati. Tale studio è condot-to presso le aziende del settore vitivinicolo individuate dall’Associazione Industriali quali rap-presentative del comparto. Questo lavoro, pertanto, rappresenta la fase iniziale degli accordisopra citati, a cui seguirà lo studio delle lavorazioni agricole e la redazione di “Linee guida diindirizzo in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro nel settore vitivinicolo”, e svilup-po di pacchetti formativi per i lavoratori del settore.

1.2 Il comparto vinicolo in Sicilia

Il comparto vinicolo siciliano, uno dei più importanti in ambito nazionale, consta di 303 azien-de, delle quali 69 (22%) di tipo cooperativo, 79 (26%) cantine e 155 (52%) individuali o con

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altra forma societaria. La quota più cospicua di presenze, oltre la metà sul totale regionale(51%), ricade nel Trapanese. Segue Palermo, con il 19%, e Agrigento, con il 10%. Nella Tabella1 è riportata l’indagine effettuata dall’Istituto Regionale della Vite e del Vino di Palermo.

Tabella 1: Aziende produttrici di vino in Sicilia

Provincia Cooperative CantineAziende individuali/ Totale per

Quotaaltre forme societarie provincia

Agrigento 13 13 6 32 10,6%Caltanissetta 2 2 4 1,3%Catania 1 1 16 18 5,9%Enna 1 1 0,3%Messina 3 1 12 16 5,3%Palermo 15 10 32 57 18,8%Ragusa 2 1 12 15 5,0%Siracusa 1 1 3 5 1,7%Trapani 32 52 71 155 51,2%Totale per struttura aziendale 69 79 155 303 100,0%Quota 22,8% 26,1% 51,2% 100,0%

Nota: Nella rilevazione sono incluse tutte le cooperative (cantine sociali e cooperative vitivinicole), nonché le altre formesocietarie e le aziende individuali che imbottigliano per la vendita.

2. MATERIALI E METODI

Lo sviluppo dello studio in argomento ha comportato l’analisi preliminare della documentazio-ne tecnica fornita dall’azienda interessata allo studio, l’accesso presso la cantina, lo studio delciclo produttivo e l’analisi dei rischi individuati.

3. DESCRIZIONE GENERALE DEL CICLO DI LAVORAZIONE E RISCHI ASSOCIATI

Le principali fasi del ciclo produttivo delle aziende del comparto possono essere così elencate:

Fase 1: Conferimento dell’uva, pesatura, prelevamento campione per analisi del grado zuccherino.L’uva in genere giunge alla cantina vinicola su carrelli rimorchiati da trattori oppure su camioncon cassone ribaltabile. Quando il mezzo carico d’uva giunge alla cantina vinicola esso vienepesato sul piazzale esterno dello stabilimento. Contestualmente si preleva un campione d’uvaper l’analisi del grado zuccherino. Il prelievo avviene con una piccola coclea mobile in varipunti del carico e lo strumento di analisi in pochi istanti mostra sul proprio display il grado zuc-cherino.

Rischi: Transito di veicoli, lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento.

Fase 2: Scarico uva, pigiatura-diraspatura, solfitazione.

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L’uva viene scaricata in un’apposita tramoggia sul cui fondo è presente una coclea.La coclea presente nella tramoggia spinge l’uva direttamente nella macchina pigiatrice o pigia-diraspatrice a seconda del tipo di vino da produrre.La diraspatrice ha la funzione di separare i chicchi d’uva (acini) dalla parte legnosa (raspi).Questi ultimi sono temporaneamente accumulati all’uscita della diraspatrice, mentre il mosto(massa costituita da succo, polpa, bucce e semi degli acini d’uva) è trasportato fino ai vasi difermentazione (fermentini).La pigia-diraspatrice esegue contemporaneamente la pigiatura e la separazione dei raspi inte-ri. Questa macchina è costituita da uno o da due cilindri concentrici (buratti) di lamiera fora-ta, nel cui interno ruota un albero munito di aspi e pale elicoidali (battitore). L’apparato dira-spante disposto verticalmente e orizzontalmente, è montato su un telaio metallico. L’uva intro-dotta attraverso una tramoggia viene sbattuta dal battitore contro le pareti del buratto: gliacini sono schiacciati e dai fori escono il mosto e le bucce, che scendono in una vasca di rac-colta sottostante, mentre i raspi passano in un secondo cilindro concentrico al fine di liberareil mosto residuo e sono espulsi.La lavorazione può cambiare a seconda del tipo di vino che si intende produrre, come di segui-to descritto.- Per i vini rossi viene effettuata la pigiatura insieme alla diraspatura, e la massa ottenuta

viene lasciata fermentare (fermentazione in rosso). Nel caso del vino novello, l’uva nonviene preventivamente pigiata ma inserita direttamente nei tini (in questo caso sono soli-tamente vasche di cemento) e la fermentazione avviene nel chicco dell’uva.

- Per i vini rosati la fermentazione con le bucce deve avvenire per un periodo molto breve (24-36 ore) e poi i vini sono separati e chiarificati.

- Per i vini bianchi, viene effettuata la cosiddetta fermentazione in bianco, ossia la fermen-tazione del mosto senza le bucce. L’uva viene pigiata in presse pneumatiche che sono ingrado di schiacciarla in modo soffice. Per separare le bucce dal mosto (sgrondo) si utilizza-no le sgrondatrici, costituite da un tamburo forettato di grandi dimensioni che ruota lenta-mente lasciando scolare il mosto e convogliando le vinacce ad una tramoggia di scarico.

Le pigiatrici si trovano in prossimità dei fermentini nei quali il mosto giunge direttamenteattraverso una tubazione tramite una pompa fissa.Nel mosto vengono addizionati lieviti selezionati e anidride solforosa (o metabisolfito) alloscopo principale di selezionare i lieviti in esso presenti. Questa operazione viene chiamata sol-fitazione o solforazione.

Rischi: Caduta dall’alto su organi meccanici in movimento, lavoro in prossimità di organi mec-canici in movimento, lavoro in prossimità di aperture nel pavimento, lavoro in postazionisopraelevate, esposizione a rumore, esposizione ad anidride solforosa, manipolazione di pro-dotti chimici.

Fase 3: Fermentazione tumultuosaIl mosto è introdotto tramite pompe nei fermentini. Il mosto, ottenuto dalle uve dopo la pigia-tura, è un liquido zuccherino semidenso che contiene il 65-80% di acqua e il 15-30% di zuc-cheri, per lo più fruttosio e glucosio. La maggior parte di questi ultimi saranno poi trasforma-ti in alcool durante la fermentazione, grazie all’azione dei lieviti. Per favorire una perfetta fer-mentazione alcolica vengono aggiunti al mosto lieviti selezionati.L’anidride carbonica che si sviluppa nel mosto durante la fermentazione provoca, nel caso dellavinificazione in rosso, l’affioramento delle vinacce, il cosiddetto cappello, che deve essere dinuovo immerso e mescolato. Ciò avviene tramite follature e rimontaggi. Nel primo caso siaffondano le vinacce con appositi organi lavoratori incorporati nei moderni tini in acciaio; nel

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secondo caso invece è il liquido che viene pompato da una spina di base del tino è reimmessodall’alto investendo il cappello. Follature e rimontaggi hanno anche lo scopo di arieggiare ilmosto e attivare, grazie all’ossigeno presente nell’aria, i lieviti della fermentazione. La fermentazione avviene in genere in recipienti a temperatura controllata, con la possibilitàdi riscaldare o refrigerare il mosto.

Rischi: Esposizione ad anidride carbonica, movimentazione manuale dei carichi, utilizzo diattrezzature ad alimentazione elettrica in ambiente umido, esposizione a rumore, rischi diinciampo/scivolamenti.

Fase 4: Svinatura, pressatura vinacceNelle fermentazioni in rosso, terminata la fermentazione tumultuosa, viene effettuata l’opera-zione chiamata svinatura, la quale consiste nel prelevare dal fermentino la parte più liquida delmosto fermentato (chiamata vino fiore), mentre la parte solida viene convogliata - tramite unacoclea - alla pressatura. La fase di pressatura delle vinacce è anche chiamata torchiatura. Dopo la svinatura le vinacce(bucce e semi) sono pressate tramite una apposita pressa che ha la funzione di estrarne il succoresiduo.In alcune cantine viene invece effettuata direttamente la pressatura senza effettuare la svina-tura.Fino alla svinatura la fermentazione è anche chiamata fermentazione tumultuosa per distin-guerla dalla fermentazione lenta che continua a svolgersi anche nelle fasi successive del pro-cesso produttivo del vino.

Rischi: Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento, esposizione ad anidride carbo-nica, esposizione a rumore, posture, movimenti ripetitivi e lavoro disagevole, transito su pavi-menti resi scivolosi e ingombrati da tubi e cavi.

Fase 5: Fermentazione lenta, elaborazione, invecchiamentoLa fermentazione lenta, l’elaborazione del vino per ottimizzarne le caratteristiche organoletti-che ed anche la sua conservazione avvengono entro vasi vinari chiamati botti.I tini in acciaio (o cemento o vetroresina) vengono utilizzati per la fermentazione dei vini menopregiati, mentre per quelli di notevole qualità vengono utilizzate botti in legno le quali, duran-te la fermentazione lenta cedono al vino molti dei suoi costituenti, tra i quali tannini, aldeidiaromatiche e sostanze odoranti e aromatizzanti. Periodicamente, a causa dell’evaporazione delmosto/vino ancora in fermentazione, le botti vengono rabboccate (colmatura) per evitarefenomeni ossidativi da parte dell’aria.

Rischi: Movimentazione manuale dei carichi, esposizione a microclima sfavorevole, utilizzo discale portatili, transito su pavimenti resi scivolosi e ingombrati da tubi e cavi.

Fase 6: Trattamenti di stabilizzazione chimico-fisiciI principali trattamenti che vengono effettuati sui vini prima di essere confezionati sono la fil-trazione e la chiarificazione.La filtrazione in genere ha lo scopo di ottenere vari gradi di limpidezza, eliminando le parti-celle solide disperse nel vino.Le filtrazioni fondamentali nel ciclo di preparazione del vino per l’imbottigliamento sono tre:una si esegue subito dopo la chiarificazione con filtri a farina fossile; una seconda filtrazioneè eseguita dopo la refrigerazione, anch’essa in genere con filtri a farina; l’ultima, dopo le pic-

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cole correzioni per perfezionare la stabilizzazione del vino. Questa terza filtrazione si esegueper ottenere la finitura e la limpidezza assoluta.La chiarificazione è eseguita sui vini per renderli dall’aspetto pulito e limpido. Sono tratta-menti chimici che rendono limpidi i vini a mezzo di sostanze colloidali che, precipitando informa irreversibile, ne inglobano ed eliminano le sospensioni. Il deposito viene quindi separa-to dal vino tramite un travaso e una filtrazione.

Rischi: Esposizione a polveri silicee, esposizione a rumore, lavoro in prossimità di organi mec-canici in movimento, transito su pavimenti resi scivolosi e ingombrati da tubi e cavi, movi-mentazione manuale dei carichi.

Fase 7: Pastorizzazione/refrigerazione, microfiltrazione e Imbottigliamento Per raggiungere una rapida stabilizzazione ed un miglioramento dei caratteri organolettici, ivini vengono artificialmente sottoposti all’azione del caldo e del freddo. La pastorizzazioneconsiste nel portare il vino, per breve tempo, a temperature sufficienti ad uccidere i microrga-nismi e a coagulare i colloidi. Segue la refrigerazione, che permette la completa precipitazio-ne dei tartrati e la insolubilizzazione di diverse sostanze colloidali che possono poi venir eli-minate per filtrazione.Nelle cantine più moderne, in alternativa alla pastorizzazione viene effettuata la microfiltra-zione. L’imbottigliamento prevede il lavaggio delle bottiglie, il riempimento con il vino, la tap-patura, l’incapsulamento e l’etichettatura delle bottiglie, per poi inscatolarle e preparare i pal-lets per la spedizione. Questa fase è in genere completamente automatizzata .Le bottiglie nuove arrivano in pallet dalla vetreria: su una base costituita da un pancale dilegno sono disposti vari strati di bottiglie posizionate verticalmente, con ogni strato separatoda un foglio di cartoncino; in cima alla pila è posto un cappuccio di cartone ed il tutto è avvol-to da un foglio di plastica trasparente.I pallets di bottiglie sono movimentati dagli addetti tramite carrelli elevatori e disposti sullerulliere della linea di alimentazione delle bottiglie.Gli addetti rimuovono manualmente il foglio di plastica utilizzando un trincetto e il cappucciodi cartone utilizzando un’asta di metallo con punta a forcella.Un sistema robotizzato preleva uno strato di bottiglie alla volta e lo pone sul trasportatore anastri metallici; quindi un altro braccio robotizzato, dotato di una serie di ventose, prelevaautomaticamente il foglio di cartoncino (che separa lo strato di bottiglie successivo) e lo lasciacadere in un sistema di raccolta in pila. Il trasportatore a nastri metallici porta le bottiglie alla macchina che ne effettua il lavaggio.Dopo il lavaggio, le bottiglie passano automaticamente alla macchina riempitrice e quindi allatappatrice. Le bottiglie tappate sono quindi inviate alla incapsulatrice che ha funzione di coprirne il collocon una capsula che può essere di stagnola, plastica o altro. Segue la macchina etichettatriceche ha la funzione di incollare le etichette sulle bottiglie. A questo punto le bottiglie sono pronte e devono essere inscatolate, in genere in confezioni da2, 4 o 6 bottiglie.Le scatole di cartone arrivano dallo scatolificio già stampate. Esse sono piegate e disposte inpile che vengono inserite tal quali nell’alimentatore della prima macchina della linea di insca-tolamento.Questa ha lo scopo di spiegare le scatole, aprendole. È inoltre presente una macchina cheinserisce nelle scatole i cosiddetti alveari (setti di cartone posti a separazione delle botti-glie, con lo scopo di proteggerle dagli urti reciproci dopo che saranno state inserite nellescatole).

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Rischi: Esposizione a rumore, lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento, utilizzodi attrezzature taglienti.

Fase 8: Immagazzinamento, spedizione e consegnaI prodotti finiti imballati in pallets sono immagazzinati e successivamente caricati, tramite car-relli elevatori, su automezzi per la spedizione.

Rischi: Movimentazione meccanica dei carichi con carrelli elevatori, lavoro in prossimità diorgani meccanici in movimento, esposizione a gas di scarico, esposizione a rumore, esposizio-ne a vibrazioni.

RINGRAZIAMENTI

Si ringrazia la “Firriato industria vinicola s.r.l.” per la gentile collaborazione e la disponibilitàprestataci durante i sopralluoghi in Azienda.

BIBLIOGRAFIA

ISTITUTO REGIONALE DELLA VITE E DEL VINO: L’industria vinicola siciliana.

http://www.vitevino.it/pubblica/news/sivis/sivis.htm (Feb-Mar 2005).

C. Cantarelli: Principi di tecnologia delle industrie agrarie, 1981, edagricole pgg. 112-258

A.R.P.A.T.: Agenzia regionale per la protezione ambientale della toscana - profilo di rischio"cantine vinicole" nell’area di Firenze e Siena http://www.arpat.toscana.it/ (Feb-Mar 2005).

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VALUTAZIONE DELLA POLITICA AZIENDALE NELLA GESTIONE DELLA SICUREZZAED IGIENE DEL LAVORO

A. Bianconi*, E. Della Penda*, E. Guerrera*, F. Ruspolini*, L. Taglieri** INAIL - Direzione Regionale Umbria - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione

RIASSUNTO

Si illustra uno strumento di lavoro elaborato ed ottimizzato dalla CONTARP regionale per svol-gere una attività di monitoraggio nel territorio di competenza allo scopo di valutare, nel suocomplesso, la politica di gestione della sicurezza ed igiene del lavoro aziendale riconducendoil giudizio ad una procedura standard per rendere la valutazione uniforme e condivisibile.

SUMMARY

The following is illustrating a work method elaborated by CONTARP in order to carry out theactivity of monitoring the territory in order to evaluate the management of safety and hygie-ne at work. It follows a standard procedure to obtain an objective evaluation of the company’ssafety management.

1. PREMESSA

La valutazione della “eccellenza” in ambito della politica gestionale di una Azienda nel settoredella prevenzione ed igiene del lavoro implica una stima prevalentemente qualitativa della docu-mentazione di merito predisposta, degli adempimenti, delle strategie e soluzioni adottate perrisolvere le varie problematiche di sicurezza correlate all’attività produttiva svolta. La stima dellaqualità del comportamento aziendale si basa su valutazioni necessariamente soggettive chesono anche funzione del bagaglio di competenza ed esperienze in possesso del professionistachiamato a svolgere tale compito. Questa soggettività di giudizio, comunque imprescindibile,deve essere tuttavia ricondotta ad una procedura standard al fine di uniformare e rendere il piùpossibile condivisibile sia il processo di valutazione sia l’omogeneità del giudizio finale.

2. MATERIALE E METODI

E’ stato predisposto un modello informatizzato che prevede 4 distinte schede riferite ai setto-ri strategici più significativi dal punto di vista prevenzionale: Caratterizzazione degli impianti- Organizzazione del lavoro - Gestione della politica aziendale di sicurezza ed igiene del lavoro- Attività di formazione ed informazione interna.Per ogni singolo settore sono stati considerati gli aspetti più importanti ed influenti per quan-to riguarda la “sicurezza” aziendale a cui vanno attribuiti dei punteggi per la relativa valuta-zione ed il risultato finale di ogni scheda è stato normalizzato a dieci decimi.

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Il punteggio di ogni settore citato è stato “pesato percentualmente” in maniera differente pergiungere alla definitiva valutazione complessiva in quanto si è ritenuto di dover ponderare inmaniera diversa l’importanza dell’impatto sugli aspetti prevenzionali delle quattro aree strate-giche considerate: Caratterizzazione degli impianti 40% - Organizzazione del lavoro 30 % -Gestione della politica aziendale 10% - Formazione ed informazione 20%.

3. RISULTATI

Il sistema di valutazione così strutturato è stato testato individuando trenta aziende di mediedimensioni afferenti a vari settori produttivi del territorio. Gli interventi effettuati singolar-mente da tutti i professionisti della CONTARP regionale hanno portato a dei risultati paragona-bili tra loro e la valutazione di massima del caso derivante dalla stima soggettiva del profes-sionista ha trovato concordanza con il risultato fornito dalla procedura adottata.

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ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONECONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO

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ACCONCIATORI E RISCHIO LAVORATIVO IN TOSCANA: PROGETTAZIONE DI INTERVENTI MIRATI DI PREVENZIONE

C. Breschi*, E. Mastrominico*, F. Pini** INAIL - Direzione Regionale Toscana - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione

RIASSUNTO

L’analisi delle malattie professionali denunciate in Toscana nel comparto acconciatori e laconstatazione che la corretta applicazione della normativa in materia di valutazione deirischi lavorativi (D. Lgs. 626/94, D.Lgs. 25/02) risulta per l’attività in questione estrema-mente difficoltosa hanno orientato la CONTARP regionale a progettare interventi di preven-zione mirati alla tutela e alla promozione della salute dei lavoratori del settore. Il progettoè frutto di una collaborazione con le associazioni datoriali e gli Enti preposti alla tuteladella salute e sicurezza dei lavoratori e dell’ambiente. Il presente lavoro illustra i risultatipreliminari delle varie fasi dello studio: per valutare la reale entità del rischio professiona-le relativo alla esposizione dei lavoratori ad agenti chimici, ma anche ad altre tipologie dirischio ancora non approfonditamente studiate, è stato redatto e validato un questionarioper gli addetti del settore ed è stato implementato un archivio delle composizioni dei pro-dotti cosmetici impiegati nei saloni.

SUMMARY

The analisys of hairdresser occupational diseases denounced inTuscany to INAIL and the con-trol of application about health and safety working laws, in particular assessment of workingrisk (D.Lgs. 626/94, D.Lgs. 25/02), show an extremely difficulty to apply them in hairdresseractivity.Those features have oriented regional CONTARP to plan interventions aimed to injuryprevention, health promotion and working safety for the enterprises of the field. The project isrealized in collaboration with enterprises associations and with Public Istitutions devoted tohealth and environmental protection and to safety at work. It is articulated in more steps; thepresent job illustrates the results of beginning phases of the plan: in order to estimate the realentity of professional risks due to worker exposure to chemical agents, but also to other pro-fessional risks actually less studied, it has been written and validated a questionnaire foremployees of the field and it has been implemented a data-base of the cosmetic products usedin the hairdressing salons with their chemical compositions.

1. IL COMPARTO ACCONCIATORI IN TOSCANA

I dati pubblicati dall’ISTAT relativi all’8° censimento generale dell’industria e dei servizi (2001)consentono di cogliere la realtà delle imprese operanti nell’acconciatura maschile e femminile.Il Grafico 1 si riferisce alla categoria acconciatori nella sua globalità (barbieri e parrucchieri)negli anni 1991, 1996 e 2001.

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Infatti, nel censimento ISTAT i dati sono riportati per le due categorie economiche in cui sonoinquadrate le aziende del comparto: codici ATECO 93021 (Servizi dei saloni di barbiere) e 93022(Servizi di parrucchiere). Da un’indagine a campione effettuata sui saloni della provincia diFirenze è emerso che in realtà questa codifica spesso non rispecchia l’effettiva attività svolta(l’attività di barbiere comprende frequentemente quella di parrucchiere anche femminile). Leimprese nel complesso (barbieri e parrucchieri), in calo rispetto agli anni precedenti, sono oltre101.000, con un numero di addetti pari a circa 170.000, di cui oltre 52.000 dipendenti. Leaziende sono per la quasi totalità artigiane: nel 2001 costituivano infatti il 99,1% del totale.La percentuale dei lavoratori dipendenti è pressoché costante nei tre anni considerati e pari acirca il 30% degli addetti. Ulteriori analisi dei dati 2001 evidenziano che le aziende di piccolae piccolissima dimensione sono circa 52.000. Il rapporto addetti/imprese rimane in ogni casosostanzialmente invariato negli anni, e risulta, nel 2001, pari a 1,8 nel settore parrucchieri e a1,2 in quello dei barbieri. Nel 2004 nella provincia di Firenze le imprese sono 1664, per un tota-le di 2449 addetti, di cui 167 dipendenti1. Il rapporto addetti/imprese per la provincia diFirenze è in linea con il dato nazionale, essendo pari a 1,5; il 64,5% dei saloni (1074) è gesti-to dal solo titolare.

2. LE MALATTIE PROFESSIONALI NEL COMPARTO ACCONCIATURA

Il Grafico 2 raccoglie i dati statistici forniti dalla Consulenza Statistico Attuariale (CSA) relati-vi alle malattie professionali denunciate e a quelle indennizzate in Italia e in Toscana nel com-parto acconciatura; il periodo considerato è compreso tra il 19942 ed il 2004.

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Grafico 1: Andamento delle imprese di acconciatura in Italia

1 Fonte INAIL.2 Anno di entrata in vigore del D.P.R. n. 336 del 1994 con le nuove tabelle delle malattie professionali.

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Il Grafico evidenzia un andamento decrescente nel corso degli anni, con una inversione nettadi tendenza negli anni 2003 e 2004, dovuta probabilmente all’aumento delle richieste di rico-noscimento delle malattie a carico dell’apparato muscolo-scheletrico, che a livello nazionalesono in crescita già a partire dal 2000. Una sommaria e preliminare analisi dei dati per codicenosologico (estratti dalla Banca Dati interna Data-Warehouse) evidenzia il prevalere di malat-tie lavoro correlate oramai note (cutanee e osteoarticolari). Tuttavia, non essendo disponibiliper la Toscana dati validati distinti per codice M (nosologico) non è possibile al momento per-venire ad un’analisi più approfondita delle tipologie di malattie professionali verificatesi. Lemalattie professionali denunciate in Toscana nel periodo considerato sono, in media, il 15,5%del totale, con un minimo dell’8% nel 2003 e massimi nell’intorno del 21% negli anni 2000-2002. Le indennizzate sono in media il 16,6 % di quelle a livello nazionale, con dei picchi del36 e del 34% rispettivamente nel 2001 e nel 2002. Gli addetti del comparto in Toscana (ca.14400) costituivano nel 2001 quasi l’8,5% degli addetti italiani3. Questi valori percentualimalattie vs addetti, lasciano ipotizzare una maggiore consapevolezza, da parte sia dei lavora-tori sia dei medici che li hanno in cura, dei rischi connessi alla professione.

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Grafico 2: Andamento delle malattie professionali denunciate e indennizzate per la voce di tariffa “Barbieri, parrucchieri esimili”.

3 Fonte INAIL.

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3. IL CICLO LAVORATIVO

Lo schema che segue riassume le varie fasi del ciclo lavorativo dell’acconciatore, descritte sottopiù in dettaglio.

3.1 Lavaggio

Questa operazione può essere collocata in momenti diversi del ciclo lavorativo. Il lavaggio è laprima operazione eseguita, nei casi in cui si faccia solo taglio dei capelli e/o messa in piega edha come finalità principale quella di pulire il capello e il cuoio capelluto. Nel caso di modifica-zioni del colore e/o della forma dei capelli, il lavaggio viene eseguito dopo le specifiche ope-razioni richieste, con la finalità di rimuovere i residui degli specifici prodotti usati.

3.2 Lavori tecnici

3.2.1 Modifica del colore dei capelli

Le varie tecniche di modifica del colore dei capelli differiscono tra loro per il grado di resistenzanel tempo e per il tipo di colorazione ottenibile. La decolorazione è il processo per cui, median-te un’ossidazione dei pigmenti melaninici del capello, una capigliatura naturale viene schiari-ta o trattata per eliminare una tintura precedentemente applicata. Per quanto concerne lacolorazione, le tinture sono classificate in temporanee, semipermanenti, permanenti. Solo letinture semipermanenti e permanenti sono significativamente usate dai parrucchieri. Le primesono in genere usate per effettuare colorazioni di teste con un 20% di capelli grigi; resistonoper 6-12 lavaggi e in genere non implicano l’uso di agenti ossidanti né di ammoniaca. Le tin-ture semipermanenti, più versatili, sono costituite da parafenilendiammine. Le tinture perma-nenti, o di ossidazione, sono in grado di colorare in modo permanente il capello, con un otti-mo grado di copertura dei capelli bianchi. Il capello viene tinto attraverso l’ossidazione amono- o di-immina di un intermedio primario (ammine primarie orto o para sostituite), chereagisce con una sostanza aromatica con almeno un gruppo elettrodonatore (resorcinoli, m-

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Figura 1: Schema del ciclo lavorativo

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amminofenoli, m-fenilendiammine o naftoli) sviluppando quindi il colore, che penetra nellefibre del capello, dove reagisce col perossido di idrogeno.

3.2.2 Modifica della forma dei capelli

Si tratta della permanente o stiratura, processo per cui si ha l’ondulazione o la stiratura per-manente del capello mediante reazioni di ossidoriduzione (acido tioglicolico e suoi derivati perla riduzione e perossido di idrogeno per l’ossidazione) a carico dei gruppi disolfuro della cisti-na, amminoacido costituente del capello. La reazione avviene in ambiente alcalino per ammo-niaca o monoetanolammina. In passato il trattamento era effettuato a caldo, mentre oggi ven-gono eseguite esclusivamente le “permanenti a freddo”.

3.3 Lavori stilistici

Sono costituiti da taglio, messa in piega, asciugatura ed implicano l’uso di lozioni fissatrici elacche. Le lozioni fissatrici, a base di polimeri filmogeni, resine copolimeriche, acriliche, poli-meri quaternari, ecc. servono a mantenere più a lungo l’acconciatura desiderata. Le lacche pos-sono essere confezionate sia in contenitori pressurizzati (in presenza di gas propellenti qualipropano/butano o dimetiletere) che non; in questo secondo caso le formule sono riconducibi-li a quelle delle lozioni fissatrici.

4. IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO

Anche gli acconciatori, come tutti i lavoratori e i datori di lavoro, sono soggetti alle norme pre-viste dal D.Lgs. 626/94; in particolare il datore di lavoro ha l’obbligo di valutare tutti i rischiconnessi all’attività lavorativa e nella fattispecie il rischio chimico, così come previsto dalD.Lgs. 25/02, che estende tutti gli obblighi previsti precedentemente per gli agenti chimicianche alle sostanze e ai preparati che non rientrano attualmente nel campo specifico di appli-cazione del D.Lgs. 52/974 e del D.Lgs. 65/035. E’ quindi sufficiente che un agente chimico cor-risponda ai criteri di classificazione individuati da questi decreti per essere considerato “agen-te chimico pericoloso”. Anche i prodotti cosmetici, pur essendo tuttora non soggetti agli obbli-ghi di classificazione, imballaggio ed etichettatura dei preparati pericolosi (il D.Lgs. 65/03all’art.1 c. 5 li esclude espressamente) devono essere oggetto di indagine relativamente alrischio chimico. I prodotti utilizzati nell’attività di acconciatura professionale rientrano nelladefinizione di prodotto cosmetico e, come tali, sono disciplinati in Italia dalla L. 713/86 (e suc-cessive integrazioni), recepimento della Dir 76/768/CEE. La normativa in materia è comunquein continua evoluzione, sia in relazione al progresso tecnico della scienza, che aggiunge sem-pre nuove conoscenze circa la tossicità delle sostanze chimiche, sia perché oggi maggioreattenzione viene prestata alla salute e sicurezza dei consumatori e degli addetti ai lavori. Delle5000 sostanze censite nell’inventario europeo degli ingredienti cosmetici6, dopo il recepimen-

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4 D.Lgs. 03/02/97 n. 52 Attuazione della dir. 92/32/CEE concernente classificazione, imballaggio ed etichet-tatura delle sostanze pericolose.5 D.Lgs. Governo 14/03/03 n. 65 Attuazione delle dir. 1999/45/CE e 2001/60/CE relative alla classificazione,all’imballaggio e all’etichettatura dei preparati pericolosi.6 Decisione CEE/CEEA/CECA n° 335 del 8/05/96 96/335/CE: Decisione della Commissione del 08/05/96 cheistituisce l’inventario e la nomenclatura comune degli ingredienti utilizzati nei prodotti cosmetici

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to7 delle più recenti Direttive europee, quasi 1500 sono citate nella legge 713/86 e quindi sot-toposte a vincoli. Per altre 1000 sostanze circa è invece esplicitamente proibito l’utilizzo nellaformulazione dei cosmetici. 61 sostanze sono autorizzate in via provvisoria fino al 31/12/2005,in attesa che a livello europeo siano portati a termine gli studi tossicologici ed epidemiologi-ci. Tra le innovazioni più significative introdotte dal recente D.Lgs. n. 50 del 15/02/2005, rece-pimento delle Direttive europee n. 15 e n. 80 del 2003, figura la possibilità di accesso del pub-blico alle informazioni sui quantitativi delle sostanze classificate come pericolose presenti nelprodotto cosmetico. Ciò rappresenta un utile strumento a supporto della valutazione delrischio chimico nel comparto acconciatura.

5. LO STUDIO SUL COMPARTO ACCONCIATORI IN TOSCANA

5.1 Genesi del progetto

Molti sono gli studi sul settore, condotti negli Stati Uniti, in Canada e nel nord Europa, chehanno coinvolto popolazioni di lavoratori assai numerose; in Italia, nonostante l’elevato nume-ro di addetti, gli studi epidemiologici sono scarsi. La CONTARP Toscana ha pertanto avviato unprogetto di ricerca sul comparto acconciatori volto a valutare l’esposizione dei lavoratori nonsolo al rischio chimico, ma anche ai rischi di contrarre malattie a carico dell’apparato musco-lo-scheletrico, allo stress psicofisico, ai rischi per la salute riproduttiva; lo studio si proponeanche di valutare la percezione che gli addetti hanno dei rischi cui sono esposti, al fine di ren-dere il più possibile efficaci gli interventi formativi. Oltre alle associazioni datoriali(Federacconciatori della CNA Toscana e Confartigianato), l’INAIL Toscana ha coinvolto in que-sto studio altri Enti preposti alla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori (anche in quan-to cittadini) e dell’ambiente, quali la ASL 10 di Firenze, l’ARPAT e il Centro Studi PrevenzioneOncologica (CSPO). Lo studio prevede un monitoraggio globale dei rischi nel comparto accon-ciatura ed è articolato in più fasi:a) Raccolta e analisi di dati di letteratura (studi epidemiologici, ricerche ecc.) per un primo

monitoraggio delle evidenze di connessione tra particolari patologie e l’attività di accon-ciatore.

b) Raccolta e catalogazione dei prodotti cosmetici utilizzati, per la realizzazione di un archivioinformatico degli ingredienti e per l’individuazione di sostanze da sottoporre ad analisi chi-mica.

c) Preparazione, validazione e somministrazione di un questionario.

5.2 Raccolta e analisi preliminare dei prodotti cosmetici

Sono stati raccolti e catalogati i cosmetici impiegati da alcuni acconciatori. La catalogazione èstata condotta mediante archiviazione informatica degli astucci dei prodotti e registrazionedegli ingredienti ivi riportati, cui ha fatto seguito una rielaborazione dei dati per individuarele sostanze chimiche maggiormente presenti, che in una seconda fase del progetto sarannoquantificate mediante analisi chimica e, se del caso, monitorate nell’ambiente di lavoro e neiliquidi biologici. Fra gli 80 prodotti catalogati sono state selezionate in particolare le tinture

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7 D.M. 08/02/05, Aggiornamento degli elenchi, allegati alla legge 11/10/86, n. 713, sulla produzione e la ven-dita dei cosmetici, in attuazione della direttiva della Commissione delle Comunità europee 2003/83/CE, del24/09/03.

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(46) ed è stata analizzata la frequenza con cui i diversi componenti sono presenti, indipen-dentemente dalla posizione occupata nell’elenco degli ingredienti sulle etichette, che, ad ecce-zione dei coloranti, riportati in genere alla fine, è un indice relativo della loro concentrazione.Ciò è in ogni caso utile per indirizzare in via preliminare la ricerca dei composti chimici dadeterminare quantitativamente. I dati così rielaborati evidenziano che, delle quasi 330 sostan-ze diverse presenti negli 80 prodotti presi in esame, oltre la metà sono costituenti delle tintu-re e che di fatto vi sono dei componenti base validi per tutte o molte formulazioni (es. acqua,alcool cetearilico, idrossido di ammonio, acido ascorbico, profumo). Tra gli intermedi primari,quelli maggiormente presenti risultano la p-fenilendiammina ed il p-amminofenolo; tra icouplers i più rappresentati sono il resorcinolo, il 2-ammino 4-idrossietil ammino anisolo sol-fato, il 2-metilresorcinolo. Per valutare poi la presenza, nelle tinture considerate, di sostanzesoggette per legge a limiti quantitativi, gli ingredienti individuati sono stati confrontati con icomposti citati nella L. 713/86 e nella Dir 76/768/CE e loro modifiche e integrazioni; da ciò èemerso che, di 158 composti, 26 sono sottoposti a limiti definitivi o temporanei. Gli ingredientipresenti in almeno 10 delle 46 tinture prese in esame sono complessivamente 53. Delle sostan-ze individuate, 9 sono soggette a limiti di concentrazione e per 7 sono state individuate le frasidi rischio ai sensi del D.M. 03/12/1985 e successive modifiche e integrazioni: sei sostanze susette risultano nocive. Questi composti così individuati saranno sottoposti a indagine quanti-tativa, insieme ad altri i cui metaboliti sono dannosi per la salute umana.

5.3 Il questionario

Lo strumento individuato per indagare, oltre alle condizioni igienico - sanitarie dei luoghi dilavoro, anche le eventuali problematiche di salute fisica e di stress psicologico degli addetti delsettore è costituito da un questionario, i cui contenuti sono riassunti in Tabella 1.

Tabella 1: Schema del questionario

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Obiettivi

Valutazione generale del luogo di lavoro.Rischio chimico: individuazione della tipolo-gia e dei quantitativi delle sostanze, nonchédella frequenza di utilizzo.

Raccogliere informazioni da poter elaborareper categorie (sesso, età, anzianità lavorati-va ecc.) sull’esposizione professionale asostanze chimiche, allo stato di salute fisico,agli eventuali disagi psicologici ed all’atteg-giamento verso il lavoro, nonché alla perce-zione del rischio.

Valutare l’importanza effettiva che il datoredi lavoro dà alla formazione e informazionedei propri dipendenti

Informazioni richieste

Tipo di attività, caratteristiche degliambienti, degli impianti, postazioni di lavo-ro, attrezzature e sostanze impiegate,numero di clienti

Suddivisa in tre sezioni:1. Dati sull’intervistato2. Attività svolte nel salone3. Notizie sullo stato di salute

Suddivisa in due sezioni:1. Atteggiamento verso il lavoro2. Percezione dei rischi professionali

Rapporto con i dipendenti sul rispetto dellanormativa in materia di sicurezza; descrizio-ne delle iniziative specifiche intraprese inmateria di sicurezza

Parte

ICaratteristiche del salone

II

III

IVAzioni per migliorare la

sicurezza

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Per verificare l’efficacia e la semplicità delle domande, il questionario è stato sottoposto ad uncampione significativo di addetti (per età anagrafica, anzianità lavorativa, tipo di salone). Unavolta validato, è stata avviata la fase, tuttora in corso, di somministrazione del questionarioad un gruppo di saloni della provincia di Firenze stratificati sulla base del numero di addetti.E’ in avanzata fase di realizzazione un archivio informatico che consentirà la raccolta e la suc-cessiva elaborazione dei dati.

6. CONCLUSIONI E SVILUPPI FUTURI

Il presente lavoro ha descritto la genesi, l’avvio e le fasi preliminari del progetto sul compartoacconciatura avviato dalla CONTARP Toscana. L’obiettivo a lungo termine è quello di offrire aidatori di lavoro e ai lavoratori un valido supporto per affrontare le questioni riguardanti lasalute e la sicurezza sul lavoro. Nell’intento di divulgare su vasta scala gli obiettivi del proget-to, sono state coinvolte le associazioni di categoria, che hanno supportato la CONTARP nel con-tattare i lavoratori del comparto tramite mailing, incontri organizzati a livello provinciale,informazioni divulgate sul sito web dell’associazione. Ciò nonostante, la validazione del que-stionario ha evidenziato la reticenza dei datori di lavoro nel fornire alcune informazioni (nume-ro di teste lavorate, quantitativi di sostanze impiegate, malattie pregresse, ecc.) a causa del-l’errato timore che i dati potessero essere utilizzati per accertamenti fiscali. E’ stato realizza-to un archivio informatico per la raccolta e la elaborazione dei dati ottenuti tramite i questio-nari, la cui somministrazione verrà effettuata da personale esperto nell’ambito di una collabo-razione già avviata con il CSPO. Per quanto riguarda più propriamente lo studio dei prodotti uti-lizzati, è in fase di avvio una collaborazione con l’ARPAT per sottoporre ad analisi circa 20 agen-ti chimici presenti nei cosmetici, mentre è stata richiesta la collaborazione della ASL 10 diFirenze per le eventuali indagini sui fluidi biologici.

BIBLIOGRAFIA

C. Breschi: Il rischio professionale nel comparto acconciatura: valutazioni preliminari, Tesi delMaster Universitario di I livello in Igiene Industriale, Università degli Studi di Pisa,Dipartimento di Chimica e Chimica Ind.le, a.a. 2003-2004.

INAIL: Il rischio chimico nel settore acconciatura, 2004.

L. Quaranta, M.C. Casale, P. La Pegna, P. Ricciardi: Il rischio da utilizzo di sostanze chimichenell’attività di parrucchiere, Atti del 3° seminario aggiornamento dei professionisti Contarp,Napoli, 2004.

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LA CONSULENZA ALLE IMPRESE DI GESTIONE DEI RIFIUTI: METODOLOGIA E RISULTATI

P. Fioretti*, A. Guercio*, B. Principe**, P. Santucciu*** INAIL - Direzione Generale - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione** INAIL - Direzione Regionale Lombardia - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione

RIASSUNTO

Le aziende che gestiscono gli impianti di trattamento rifiuti ed acque reflue rientrano general-mente nella definizione di “piccole e medie imprese”. Questo contributo presenta i risultaticonseguiti, a livello di incremento della Sicurezza e Salute sul Lavoro (SSL), di un’attività diconsulenza presso alcune imprese del settore il quale, essendo in continua espansione, è carat-terizzato da una conoscenza ancora parziale dei rischi connessi ai cicli di lavorazione. Il meto-do di lavoro, utilizzato per lo sviluppo dell’attività di consulenza, ha preso come riferimento ilmodello di gestione PDCA (Plan-Do-Check-Act) ed è partito dalla valutazione dello stato attua-le con il procedimento logico di un’analisi di rischio.Gli autori ritengono che il metodo, opportunamente modulato, possa essere proposto ed appli-cato ad altre realtà produttive e considerato un punto di partenza per giungere ad un approc-cio di tipo integrato; ciò consentirà la gestione della Sicurezza sul Lavoro, dell’Ambiente e dellaQualità, quanto mai necessaria ed opportuna nel settore lavorativo della gestione dei rifiuti. Oltre a rendere fruibili le informazioni acquisite, l’Istituto potrà agire direttamente sui com-parti interessati, sia attualizzando l’inquadramento, con revisioni, dell’impianto delle Tariffedei Premi, sia concretizzando ed estendendo, nella propria struttura tecnico-organizzativa,l’approccio progettuale e realizzativo.

SUMMARY

Aim of this study is to show, throughout a real case, the application at SME of counsellingapproach, focused on workers’ health and safety. The positive results encourages to go aheadin these activities, that can be extended to other situation

1. PREMESSA

Gli impianti di trattamento dei rifiuti e delle acque reflue sono in gran parte dei casi gestiti daaziende che rientrano nella definizione di “piccole e medie imprese” (PMI). In considerazionedel crescente numero di addetti impegnati nelle aziende dei settori in esame, è stata condottaun’analisi delle cause e delle dinamiche degli eventi lesivi, dalla quale risulta che le impresepresentano un’organizzazione aziendale insufficiente in materia di SSL sia per una scarsità dirisorse finanziarie sia per limitate conoscenze ed informazioni che determinano un’incapacitàgenerale di affrontare tali problematiche.Un’azione prevenzionale incisiva non può prescindere dalle criticità delle PMI legate a fattoridimensionali, economici, organizzativi; di questa situazione il legislatore ne ha tenuto conto

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affidando all’Istituto un’attività consulenziale nei confronti di tali strutture. L’INAIL quindi,alla luce di questo mandato, in cui le competenze della Consulenza Tecnica Accertamento Rischie Prevenzione assumono un ruolo di primo piano, può, attraverso questa attività improntataalla consulenza, anche arricchire le proprie informazioni su processi lavorativi e modalità orga-nizzative, sulla base dei quali sono già in atto interventi migliorativi per la revisione delle tarif-fe premiali ed analitica.In questo lavoro sono descritte le modalità di consulenza ed i risultati conseguiti nel caso diuna moderna azienda, impegnata nel trattamento dei rifiuti e produzione CDR.

2. DESCRIZIONE DELLE ATTIVITÀ DI CONSULENZA ED OBIETTIVI

L’attività di consulenza condotta dall’Istituto in collaborazione e sintonia con l’aziendaconiuga da un lato la presa di coscienza da parte dell’impresa di una realtà i cui rischi nonsono ancora completamente noti e la volontà di perseguire migliori condizioni per i lavora-tori, dall’altro consente all’Istituto di tradurre l’approccio partecipativo alla sicurezza negliambienti di lavoro in una logica simile all’approccio gestionale del miglioramento continuo.Il metodo adottato, ispirato al modello gestionale PDCA (Plan-Do-Check-Act) volto al miglio-ramento continuo, si è posto l’obiettivo di avviare, attraverso interventi concreti, un proces-so dinamico della prevenzione, per alcuni aspetti, simile all’implementazione di sistemi digestione SGSL. A monte di ogni processo virtuoso di miglioramento continuo vi è l’esame iniziale che consen-te di identificare una priorità di rischi associati all’attività svolta ed alla struttura organizzati-va, per definire quali obiettivi e quale livello di sicurezza sono realizzabili per l’azienda e comequesta debba mutare la propria gestione per raggiungere quanto prefissato. La definizione del-l’assetto aziendale richiede una conoscenza dei processi attuati in termini tecnici (ciclo tecno-logico, macchine, impianti e sostanze presenti, grado di automazione, sistemi di prevenzionee protezione), sanitari (documentazioni sui rischi connessi all’impiego e/o esposizione adagenti chimici, fisici e biologici, indagini ambientali) ed infortunistici (indici di infortunio,descrizione delle dinamiche di infortunio e di quasi incidente). L’analisi integrata di questi ele-menti si propone di individuare i punti di debolezza ed i punti di forza dell’intero sistema(senza tralasciare le risorse umane, economiche e gestionali) e quindi di individuare gli obiet-tivi per le fasi successive.Pianificazione (Plan): questa fase fondamentale dell’attività di consulenza, svolta in collabo-razione con le figure aziendali, si propone di pianificare le attività partendo da una “fotogra-fia” (esame iniziale) della sicurezza nello specifico contesto aziendale. Attuazione (Do): in questa fase le soluzioni individuate di gestione sono messe in opera con-formemente alle priorità ed alla tempistica già individuata.Monitoraggio (Check): le modalità di esecuzione di questo punto sono state previste durantela pianificazione e si propongono di verificare il raggiungimento dell’obiettivo; quest’opera-zione può essere eseguita facendo ricorso sia a personale interno (operatore/preposto) siaattraverso rilievi strumentali per riconoscere non solo che il sistema funzioni correttamente mache sia correttamente applicato, mantenuto attivo e che consenta di raggiungere gli obiettividefiniti nella pianificazione.Riesame (Act) delle attività lavorative attraverso strumenti, ad esempio statistiche infortuni,risultati dei monitoraggi, rapporti su emergenze, al fine di stabilire nuovi obiettivi per il rag-giungimento di un miglioramento continuo, per la salute e sicurezza negli ambienti di lavoro.Questa fase può fornire utili indicazioni per ripercorrere il ciclo a partire dalla fase di pianifi-cazione.

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3. APPLICAZIONE AD UN CASO REALE

3.1 Descrizione dell’impianto

L’insediamento produttivo opera il trattamento e la valorizzazione di RSU-RSAU e frazioni deri-vanti dalla raccolta differenziata. La forza lavoro è composta di tre addetti all’esercizio, unimpiegato ed un responsabile di struttura. Dopo la raccolta, i rifiuti, provenienti dai Comunicircostanti, sono inviati all’impianto di trattamento. Sono trattati:

- Rifiuti Solidi Urbani non direttamente riciclabili come materia seconda; - Frazione Secca proveniente dalla raccolta differenziata e non direttamente inviata a riciclo

e/o proveniente dalla selezione meccanica dei RSU;- Rifiuti Solidi Assimilabili agli Urbani.

A valle della sezione di raffinazione meccanica, sfruttando il processo di bioessiccazione, sonoprodotti:

- materiale combustibile (CDR ai sensi del D.M. 05.02.98) per l’utilizzo in impianti di combu-stione a norma di legge (circa 55% in peso del rifiuto in ingresso);

- materiali metallici ferrosi e non ferrosi da inviare a recupero (circa 5% in peso); - sottovaglio da inviare in discarica (circa 15% in peso).

Lo stoccaggio, la movimentazione e la bioessiccazione dei rifiuti hanno luogo all’interno di unedificio prefabbricato chiuso costituito da due navate adiacenti. La navata più grande è utilizzata per la ricezione, la triturazione e la bioessiccazione dei RSU-RSAU; la seconda navata è adibita al trattamento degli RSAU ed alle operazioni di raffinazio-ne meccanica del materiale bioessiccato per produrre il CDR. All’interno della seconda navata è collocata una pressa per la compattazione ed il carico delprodotto in uscita sui mezzi e delle vasche di stoccaggio dei RSAU e del CDR. Due palazzine, realizzate con strutture prefabbricate a tre piani, contengono tutti gli ausiliaridei servizi di impianto, gli spogliatoi, le sale controllo e gli uffici. Gli edifici sono privi di qualsiasi collegamento o apertura con l’interno del capannone e l’aria,opportunamente condizionata, proviene dall’esterno. I piani delle palazzine servizi sono acces-sibili per mezzo di scale in carpenteria metallica esterne al fabbricato, che consentono l’acces-so al tetto ed ai sistemi antincendio. L’intero processo può essere seguito e controllato sia visivamente, attraverso ampie vetrate disicurezza sigillate, sia con monitor collegati a telecamere poste all’interno ed all’esterno delcapannone. Gru a ponte automatiche, carri ponte, trituratori a lenta rotazione, impianti di estrazione epressatura con tramoggia, nastri trasportatori ed impianti di aerazione e aspirazione sono con-formi a quanto riportato nel D.P.R. 459/96. Sono attivi impianti di monitoraggio collegati al sistema di aerazione per il rilevamento dellatemperatura ed il controllo del processo di biodegradazione e di abbattimento delle emissioni.La lavorazione all’interno dell’insediamento industriale segue lo schema di flusso riportato infigura 1.

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3.2 L’attività di consulenza secondo lo schema miglioramento continuo

Il progetto di consulenza all’Azienda è stato avviato con la fase di pianificazione (Plan) delle atti-vità da svolgere; a tale scopo è stato preliminarmente condotto uno studio dell’impianto attraver-so il quale è stato possibile analizzare sia le tecnologie sia il processo attuato (esame iniziale),attraverso sopralluoghi, interviste ed acquisizione di documentazione, tra cui il documento di valu-tazione dei rischi, nonché l’analisi dell’andamento infortunistico e delle malattie professionali.Tenuto conto delle tecnologie adottate e delle soluzioni impiantistiche introdotte sin dalla fasedi progettazione dell’insediamento industriale, è stato valutato che un approfondimento sul-l’esposizione ad agenti di rischio chimico-fisico-biologico, individuati durante l’attività lavora-tiva, potesse consentire di individuare aspetti non completamente sviluppati in occasione dellavalutazione dei rischi.Una volta identificato il problema, sono state pianificate le azioni necessarie per la sua com-pleta analisi, in modo da individuarne le cause tecniche, gestionali/organizzative o comporta-mentali e, successivamente, applicare gli interventi correttivi più idonei. E’ stato stabilito un programma di indagini ambientali relative ai punti critici per la SSL, defi-nendone le professionalità dell’Istituto competenti e le strutture aziendali coinvolte (direttoretecnico, capo impianto, RSPP), nonché la strumentazione da utilizzare ed i tempi entro i qualiil monitoraggio doveva essere svolto.In particolare, per ciò che riguarda gli agenti microbiologici, sono state utilizzate risorse stru-mentali in dotazione al Laboratorio Biologico della CONTARP Centrale per campionamenti sta-gionali, al fine di individuare l’andamento della contaminazione batterica in funzione dellecondizioni ambientali esterne. La valutazione dell’esposizione ad agenti chimici è invece stataaffidata alla CONTARP Lombardia.La determinazione e la valutazione degli indici di contaminazione ambientale e di origineantropica è stata effettuata individuando, preliminarmente, i punti di campionamento, posti inaree interne all’impianto e scelti in funzione delle diverse tipologie di ambienti lavorativi, dellemansioni e delle postazioni normalmente frequentate dai lavoratori.Le aree di prelievo per la valutazione dell’esposizione ad agenti microbiologici sono state gliuffici direttivi, le sale di controllo dell’impianto (area ricezione e area raffinazione), l’areainterna del capannone adiacente alla fossa di ricezione rifiuti.

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Figura 1: Schema di flusso del materiale trattato

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L’esito di tali rilevazioni ha messo in evidenza un’alta carica fungina con potenziali effetti aller-gizzanti, infettivi e tossici, una contaminazione antropica elevata e, di conseguenza, scarsaqualità dell’aria indoor, oltre alla presenza di specie potenzialmente patogene e di mosche (vei-colo di infezione per contatto con superfici, oggetti e utensili da lavoro), nonché un’elevatacontaminazione da agenti microbiologici negli uffici. Quest’ultima situazione di rischio non era stata presa in considerazione in occasione della valu-tazione dei rischi compiuta dall’Azienda. E’ stato inoltre possibile fornire all’Azienda un’ulteriore serie di informazioni, dopo aver valutato gliesiti delle indagini finalizzate all’individuazione di agenti chimici presenti nelle aree di lavorazione.Potenziali situazioni di esposizione ad agenti chimici per gli addetti sono legate ad interventidi pulizia ed alla manutenzione in caso di guasto. Tali attività sono straordinarie, di durata limitata e condotte utilizzando corrette procedure perridurre il rischio di contaminazione, non sono state oggetto di ulteriori approfondimenti.L’unica situazione esaminata è stata l’attività di pulizia ordinaria svolta, con cadenza settima-nale ad impianto fermo, da operatori di una Ditta specializzata che accedono alla zona di pro-duzione CDR dove operano mediamente tre ore. I lavoratori, dotati di mascherine antipolvere,utilizzano attrezzi manuali (spazzolone e badile) per la rimozione della polvere dal pavimentoe dal punto di raccolta del cascame. I campionamenti hanno evidenziato quantità di polverevariabili secondo la postazione dell’operatore. La fase attuativa (Do) è stata sviluppata, in collaborazione con il Servizio di Prevenzione eProtezione aziendale, attraverso l’identificazione e l’applicazione di soluzioni tecniche ed orga-nizzative, ed alla formulazione di una buona prassi da attuare durante le fasi lavorative. In tale ottica, sono stati sviluppati insieme alla compagine aziendale, i contenuti di un percor-so formativo rivolto ai lavoratori ed agli operatori esterni presenti nel sito aziendale durantele operazioni di conferimento dei rifiuti.Allo scopo di ridurre l’elevata contaminazione microbica, è stata consigliata l’adozione di pro-cedure estese a tutti i lavoratori per l’accesso agli uffici affinché pongano maggiore attenzio-ne al mantenimento della separazione tra aree “contaminate” ed aree “pulite” e l’impiego disistemi di prevenzione negli ambienti in cui sono presenti gli operatori. Tali procedure prevedono la pulizia e la disinfezione delle mani e delle scarpe prima dell’acces-so, la deposizione dei DPI usati in aree lontane dagli uffici, l’ubicazione del punto di aspira-zione dell’aria in ingresso negli uffici e nelle sale controllo ed il controllo della tenuta delleaperture sul bacino di bioessiccazione, manutenzione dei sistemi di condizionamento e sanifi-cazione dell’aria, l’installazione di lampade e tappetini germicidi.Il rischio biologico nell’impianto è intrinsecamente limitato per la tipologia di trattamento deirifiuti; essendo il processo gestito con modalità remota dalla Sala Comandi attraverso video-terminali, il contatto diretto del personale con gli RSU è circoscritto alle operazioni di puliziadei punti di scarico ed interventi di manutenzione.Tuttavia, i monitoraggi ambientali eseguiti presso l’impianto, hanno rilevato una carica microbicaaerodispersa importante all’interno delle aree utilizzate dal personale addetto alla conduzione. Sono state, pertanto, poste in atto soluzioni tecniche ed organizzative: - individuazione e selezione di presidi per la pulizia dell’ambiente di lavoro- adozione di procedure per il controllo delle fonti di contaminazione esterna, generata in

occasione di ingressi con indumenti e calzature sporche. In una sala comando dell’impianto sono stati installati:- tappetino bio-decontaminante con superficie adesiva addittivata con sostanza battericida

posizionato all’ingresso della sala comando in modo da disinfettare le suole delle scarpe,- germodepuratore d’aria a flusso continuo, con lampada a radiazione UV completamente

schermata, con il quale abbattere i microrganismi.

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Il contenimento del rischio residuo prevede l’adozione di misure preventive e protettive edorganizzative per il personale:- protocolli di sorveglianza sanitaria che, sotto il controllo del Medico Competente, prevedo-

no l’obbligatorietà della vaccinazione antitetanica e la possibilità di accedere volontaria-mente alle vaccinazioni antiepatitiche

- adozione di DPI per tutte le attività che comportano il potenziale contatto con i rifiuti (perl’ingresso negli impianti è obbligatoria l’adozione di: scarpe antinfortunistiche, tuta emascherina per polveri monouso). Tale obbligo, oltre ad essere riportato sulle proceduredella gestione degli impianti, è ricordato con segnaletica di sicurezza istallata in corrispon-denza di tutti gli ingressi.

- procedure per l’eliminazione dei DPI monouso al termine delle attività all’uscita degliimpianti e di pulizia personale prima di entrare all’interno di aree “pulite” (spogliatoi e salecomandi).

Le procedure sono illustrate nell’ambito dei programmi di formazione e di informazione delpersonale svolti a cura dal Servizio di Prevenzione e Protezione aziendale e sono rivolti agliaddetti ed ai dipendenti delle aziende terze impiegate stabilmente presso l’impianto (manu-tentori). I contenuti dei corsi puntano alla sensibilizzazione verso il rischio biologico, all’adozione siste-matica delle cautele e le buone norme igieniche e sanitarie (lavaggio frequente delle mani,pronta disinfezione e medicazione di eventuali piccole ferite, segnalazione ai responsabili incasi di puntura con aghi).Al fine di ridurre la potenziale esposizione alle polveri respirabili durante la fase di pulizia emanutenzione, è stata suggerita l’aspirazione delle zone polverose prima di eseguire qualun-que intervento e l’elaborazione di idonee procedure da seguire durante gli interventi.La fase di verifica (Check) è stata attuata svolgendo il monitoraggio sull’efficacia delle solu-zioni tecniche introdotte e della prassi organizzativa predisposta.Sono state, pertanto, condotte:- una nuova campagna di rilevazioni strumentale;- una verifica sul campo dei comportamenti adottati da tutti gli operatori. L’esito della verifica dell’efficacia dei sistemi e delle procedure adottate, ha evidenziato:- la necessità di prolungare i tempi di accensione del germodepuratore; - il posizionamento del germodepuratore in prossimità della porta di accesso della sala

comandi;- l’efficacia dell’aspirazione delle polveri durante la fase di pulizia.La fase di riesame (Act), prevista per attuare il miglioramento continuo, è stata sviluppata sullabase dei risultati forniti che sono stati utilizzati per intervenire e correggere gli aspetti tecni-ci degli interventi proposti e quelli connessi con la percezione del rischio.

4. CONCLUSIONI

Gli obiettivi, individuati e condivisi in forma partecipativa con le Direzioni aziendali sono: lariduzione dei livelli di rischio nell’impresa e il miglioramento delle condizioni di lavoro, l’au-mento della percezione del rischio da parte degli operatori, la promozione di una gestione effi-ciente ed efficace della SSL, la costituzione di una cultura della sicurezza, l’integrazione “aregime” dei sistemi di gestione qualità, ambiente e sicurezza e l’accesso a forme di sconto,dagli Enti Assicuratori, e di incentivi, nazionali e comunitari.Lo studio ha evidenziato la possibilità di esposizione ad agenti microbiologici e chimici per lariduzione dei quali esistono soluzioni efficienti, facilmente realizzabili.

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L’Azienda, coinvolta dalla attività di consulenza, ha recepito le proposte e le ha rapidamenteattuate, ottenendo immediati benefici, sui quali esistono ancora margini di miglioramento. L’esperienza può essere ritenuta positiva per la fattiva partecipazione, alle attività proposte, delleDirezioni aziendali, degli RSPP, degli RLS e degli Enti Locali; infatti, attraverso l’indagine su alcu-ni aspetti non compresi nella Valutazione dei Rischi aziendali, sono state proposte soluzioni tec-nologiche di tipo SMART (Suitable, Measureable, Achievable; Result Based, Time Based) ed orga-nizzative che, valutate in un’ottica di tipo economico, hanno condotto, oltre ad un miglioramen-to delle condizioni di lavoro, un innalzamento del livello di competitività aziendale. L’approccio alle imprese con modalità di consulenza, attuato con i criteri esposti, consente diutilizzare appieno le risorse disponibili all’interno della CONTARP.

RINGRAZIAMENTI

Gli autori intendono ringraziare i Colleghi che partecipano al progetto “Sicurezza negli impian-ti di gestione dei rifiuti”; senza il loro contributo al gruppo di lavoro, lo sviluppo del progettoe le attività effettuate in occasione dell’intervento descritto in questo lavoro, non sarebberostati possibili.

BIBLIOGRAFIA

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P. Fioretti, L. Frusteri, R. Giovinazzo, A. Guercio, N. Todaro, B. Altamura, B. Principe, P.Santucciu: “Aspetti tecnologici e rischi lavorativi in alcuni impianti di trattamento di rifiuti” -Atti dei Seminari di Ecomondo - Rimini 2003.

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RISCHIO E PREVENZIONE NEL COMPARTO VINIFICAZIONE: GLI INTERVENTI ATTUATI CON I CONTRIBUTI INAIL

M. Gullo** INAIL - Direzione Regionale Piemonte - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione

RIASSUNTO

Viene presentato l’esito del monitoraggio effettuato sulle richieste di accesso ai finanziamen-ti INAIL finalizzati all’attuazione di programmi di adeguamento alla normativa sulla sicurezzae la prevenzione degli infortuni sui luoghi di lavoro (art. 23 comma 1a D.Lgs. 38/2000) pre-sentate dalle aziende che operano nel comparto vinificazione.Lo studio è stato effettuato sulle domande pervenute a scala nazionale nell’ambito del bando2002 per i finanziamenti in conto interesse ed è stato implementato dallo studio del ciclo lavo-rativo tipico del comparto e dei rischi a questo connessi.L’obiettivo è stato quello di comprendere la congruità degli interventi prevenzionali attuati daidatori di lavoro con il ciclo lavorativo e con i rischi specifici aziendali.

SUMMARY

Are here illustrated results of studies carried out on the financial applications coming from thefirms active in the wine production, in conformity to the prevention support measures promo-ted by INAIL (art. 23 comma 1a D.Lgs. 38/2000).The study has been carried out on the applications for financing granted by line of creditthrough an interest free, presented in Italy during the 2002.To have a more correct evaluation in which the specific occupational risks has been consideredin the right way by applicants, wine-production cycle as well as related occupational risks arealso analysed.

1. INTRODUZIONE

A marzo 2004 le associazioni di categoria (CNA e Confagricoltura) hanno organizzato ad Astiun convegno nazionale incentrato sui temi della tutela dell’ambiente e della sicurezza dei lavo-ratori nel comparto vinificazione. In tale occasione è stato chiesto alla Direzione RegionalePiemonte un intervento relativo agli infortuni ed alle malattie professionali che si registrano inquesto settore. Questa sollecitazione è stata accolta volentieri dall’Istituto e si è rivelataun’occasione preziosa per affrontare, con un certo grado di dettaglio, lo studio del rischio lavo-rativo di un comparto altrimenti poco esplorato, essenzialmente per la dimensione del datooccupazionale tale da non stimolare approfonditi studi di settore. È stato quindi effettuato lo studio degli interventi prevenzionali che le parti datoriali hannoposto in essere per la loro mitigazione accedendo ai finanziamenti in conto interesse, messi adisposizione dall’ INAIL per l’attuazione di programmi di adeguamento alla normativa sullasicurezza e la prevenzione degli infortuni sui luoghi di lavoro. Tale studio è stato implementa-to dall’analisi, sulla base del portafoglio clienti, dei caratteri del fenomeno infortunistico, perquanto attiene l’aspetto degli infortuni denunciati e definiti nel periodo 2000-2003 sul terri-

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torio nazionale oltre che su quello della regione Piemonte, nonché dallo studio del ciclo lavo-rativo e dei rischi a questo connessi come rilevati su base bibliografica oltre che attraversoaccessi in aziende del comparto.L’obiettivo è stato quello di una più puntuale conoscenza del rischio lavorativo del comparto intutti i suoi aspetti e come, attraverso il sostegno economico fornito dall’INAIL, le parti dato-riali hanno effettuato interventi per il suo mitigamento nonché di verificare la congruità degliinterventi attuati con la specifica realtà aziendale.Fra i risultati conseguiti, qui vengono presentati quelli relativi ai caratteri del rischio lavorativodel comparto oltre che agli interventi prevenzionali che le parti datoriali hanno posto in essere,per la sua mitigazione, attraverso i finanziamenti INAIL rimandando il lettore alla monografiacontenuta nel Rapporto Annuale Regione Piemonte 2003 per ulteriori dettagli (Gullo, 2004).I risultati qui presentati sono stati ottenuti attraverso l’analisi delle domande di accesso aifinanziamenti in conto interesse pervenute, nell’ambito del bando 2002, da quelle aziende chesvolgono attività classificate alla classe di rischio della voce di tariffa 1413 delle gestioniIndustria, Artigianato e Terziario delle Tariffe dei Premi INAIL 2000. Per ragioni di identifica-bilità tariffaria non è stato possibile includere nello studio le aziende che espletano la vinifi-cazione all’interno della Gestione Assicurativa Agricoltura.

2. IL RISCHIO LAVORATIVO NEL COMPARTO VINIFICAZIONE

La Figura 1 contiene uno schema a blocchi che sintetizza il ciclo lavorativo effettuato, nellageneralità dei casi, nella produzione dei vini rossi.

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Figura 1: Schema a blocchi esemplificativo del ciclo lavorativo per la produzione dei vini rossi. Ridisegnato e modificato daBanchi et. al. (2002).

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Nella Tabella 1 sono descritte le attrezzature e i macchinari utilizzati e i relativi fattori di rischiocome rilevati su base bibliografica (Banchi et. al., 2002) oltre che sulla base di accessi inaziende del comparto.

Tabella 1: Fattori di rischio connessi al processo produttivo della vinificazione.

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Operazioni

Conferimento uve, pesa-ta,prelievo del campione,scarico dell’uva, pigiatura,diraspatura, trasporto delmosto e dei raspi

Fermentazione tumultuosa,solfitazione, follatura

Svinatura

Pressatura vinacce

Fermentazione lenta, ela-borazione, invecchiamento

Trattamento e correzionedei vini

Pulizia e manutenzione deivasi vinari

Pulizia e manutenzione deilocali

Imbottigliamento e insca-tolamento delle bottiglie

Confezionamento di bagging box

Imballaggio pallets e pro-dotti finiti

Movimentazione meccani-ca, magazzino, spedizione

Centrale termica-produzio-ne di vapore

Trattamento scarichi idrici

Macchine/attrezzature/Impianti

Coclea mobileTramoggia con cocleaDiraspatricePompa fissaAutocisterna

Pompa di travaso, Fermentini (o tini), Bomboleper anidride carbonica, Bombole per N (azoto),Generatore di azotoBombole per anidride solforosa, Attrezzatura disolfitazione, Follatore, Compressori frigoriferi

Tramoggia con coclea a pompa

Pressa per vinacce

Botti

Centrifuga, Filtri (a farina fossile, a tamburo,tangenziali)

Attrezzatura mobile di lavaggio

//

Trasportatori a nastri metallici, Robot di carica-mento bottiglie, Cabina di lavaggio, Macchinadi riempimento, Macchina di alimentazionetappi, Etichettatrice, Alimentatore scatole dicartone, Robot inscatolatore, Pallettizzatore,Recipiente di azoto liquido

Riempitrice di bagging box

Macchina imballatrice

Carrelli elevatoriScaffalature

Demineralizzatori acqua a osmosi inversa,Demineralizzatori a resine scambiatrici di ioni,Caldaie a metano

Impianto di depurazione aerobico a fanghiattivi

Fattori di rischio

Transito di veicoli, Caduta dall’alto su organi in movimento Lavoro inprossimità di organi meccanici in movimento , Lavoro in prossimità diaperture dei piani di calpestio, Lavoro in postazioni sopraelevate,Movimentazione manuale dei carichi. Esposizione a rumore

Lavoro in altezza, Esposizione ad agenti chimici: anidride carbonica, ani-dride solforosa, alcol etilico, Utilizzo e stoccaggio di bombole contenen-ti gas a pressione, Movimentazione manuale dei carichi, Lavoro all’aper-to (fattore clima), Utilizzo di attrezzature ad alimentazione elettrica inambienti umidi

Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento, Ergonomia delluogo di lavoro (ambiente ristretto), Esposizione ad anidride carbonica,Esposizione a rumore, Posture incongrue, Movimenti ripetuti, Lavoroall’aperto (fattore clima)

Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento, Esposizione arumore

Movimentazione manuale dei carichi, Microclima sfavorevole, Utilizzoscale portatili

Esposizione a polveri (silice libera cristallina), Lavoro in prossimità diorgani meccanici in movimento, Esposizione a rumore, Movimentazionemanuale dei carichi

Lavoro in ambienti ristretti con possibile presenza di gas asfissianti,Utilizzo di soluzioni a base di soda caustica, Transito su piani di calpe-stio scivolosi e ingombrati da tubi e cavi, Movimentazione manuale deicarichi, Installazioni elettriche in luoghi soggetti a spruzzi d’acqua

Utilizzo di soluzioni a base di ipoclorito di sodio

Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento, Esposizione arumoreUtilizzo di materiale frangibile (vetro)Utilizzo di attrezzature taglientiUtilizzo di azoto

Movimentazione manuale dei carichiPosture incongrue e movimenti ripetuti

Lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento

Utilizzo di scaffalature metalliche verticaliMovimentazione meccanica dei carichi con carrelli elevatori, Lavoro inprossimità di organi meccanici in movimento, Movimentazione manualedei carichi, Esposizione a prodotti della combustione diesel, Esposizionea rumoreEsposizione a vibrazioni, Manipolazione di oli minerali, Esposizione aacidi di accumulatori elettrici, Sviluppo di sostanze capaci di crearemiscele esplosive con l’aria

Esposizione a prodotti chimici: soda, acido cloridrico, idrazina,Esposizione a gas di combustione, Movimentazione manuale dei carichi,Esposizione a rumore, Esposizione a microclima sfavorevole, Esposizionead amianto (eventuale), Incendio-esplosione

Contatto con policloruro di alluminio, Contatto con solfato di alluminio,Contattto con calce bianca superventilata, Movimentazione manuale deicarichi, Lavoro in postazioni sopraelevate e scivolose, Esposizione a gasasfissianti, Esposizione a rischio biologico

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3. GLI INTERVENTI DI PREVENZIONE NEL COMPARTO VINIFICAZIONE

Nell’ambito dei finanziamenti in conto interesse, erogati dall’INAIL con bando 2002, sono per-venute complessivamente 36 richieste di finanziamento la cui distribuzione regionale è rap-presentata in Figura 2. Costituiscono lo 0,5 per cento del totale delle richieste pervenute(7.146) e sono rappresentative dello 1,8 per cento delle aziende vinificatrici (calcolato sul valo-re medio delle aziende attive nel periodo 2000-2003) presenti nel territorio nazionale e classi-ficate alla voce di tariffa 1413. La ripartizione percentuale del numero di assi di finanziamen-to richiesti, rappresentata in Tabella 2, indica che per la maggior parte le preferenze sono staterivolte all’asse 2. La tipologia dei rischi lavorativi che si sono intesi eliminare o contenere e gli interventi diattuazione sono sinteticamente rappresentati nella Tabella 3. Il quadro delineato evidenzia unaprecisa attenzione al contenimento di rischi specifici aziendali, quali il rischio connesso al con-tatto con materiali frangibili, il rischio di cadute dall’alto, il rischio di scivolamento su pavi-menti bagnati. Infatti la presenza di vetro (imbottigliamento), di tini elevati in altezza e dipavimenti spesso interessati da sversamento di mosto sono fattori che tipicamente caratteriz-zano il lavoro in cantina. É stato altresì evidenziato un diffuso interesse al contenimento delrischio chimico attraverso l’installazione di dispositivi di monitoraggio dell’anidride carbonica,del rischio legato all’ergonomia dei luoghi di lavoro attraverso la ristrutturazione degli ambien-ti, e del rischio da esposizione a polveri sclerogene attraverso la sostituzione di filtri a farinefossili con filtri tangenziali.

Sono stati anche oggetto di attenzione rischi che possono essere considerati trasversali a tuttigli ambienti di lavoro quali il rischio elettrico e il rischio incendio. In particolare è stato rile-vato un generalizzato interesse all’eliminazione di un residuale rischio amianto connesso allapresenza di coperture in cemento-amianto negli ambienti di lavoro.

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Figura 2: Distribuzione per regione delle richieste di accesso al finanziamento in conto interesse pervenute nell’ambito delbando 2002.

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Tabella 2: Ripartizione percentuale del numero di assi di finanziamento richiesti

Assi richiesti Percentuale di richieste

Asse 1: sostituzione di macchine non marcate CE con macchine marcate CE 31%Asse 2: installazione e/o modifica di impianti su macchine, attrezzature, dispositivi etc. finalizzati alla riduzione della esposizione dei lavoratori ad agenti chimici, agenti fisici, agenti biologici, all’incremento del livello di sicurezza contro gli infortuni, all’eliminazione o riduzione dell’impiego di sostanze pericolose dal ciclo produttivo 40%

Asse 3: installazione di dispositivi di monitoraggio dello stato dell’ambiente di lavoro al fine di controllare l’esposizione dei lavoratori ad agenti chimici, fisici e biologici 4%

Asse 4: ristrutturazione o modifica strutturale degli ambienti di lavoro 18%

Asse 5: l’implementazione di sistemi di gestione aziendale della sicurezza, secondo parametri conformi alla normativa internazionale 7%

Tabella 3: Quadro riassuntivo dei rischi lavorativi e degli interventi proposti per la loro eliminazione e/ocontenimento come rilevati attraverso l’analisi delle domande di accesso ai finanziamenti INAIL.

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TIPOLOGIA DEI RISCHI RILEVATI

rischio macchine (sostituzione dimacchine non marcate CE)

rischio movimentazione manuale deicarichi

Rischio elettrico

rischio chimico

rischio polveri minerali silicotigene

rischio di caduta dall’alto

rischi da scivolamento

rischio da schiacciamento mani eferimento con cocci di vetro

rischio radiazioni ionizzanti

rischio amianto

gestione del rischio

Rischio incendio

rischio rumore

INTERVENTI PER I QUALI E’ STATO CHIESTO IL FINANZIAMENTO

imbottigliatrici, tappatrici, etichettatrici, carrelli elevatori idropulitrice, pompe, dera-spapigiatrice filtri, muletti, sterilizzatrici, pastorizzatore, lavabottiglie, presse di vini-ficazione, compressori, capsulatori, centrifughe, cisterne

installazione di piattaforme idrauliche

Adeguamento impianti elettrici

dispositivi monitoraggio CO2, aspiratori gas, aeratori, installazione serbatoi a bassaemissione, misuratori di ossigeno, eliminazione linee lavamacero (idrossido di sodio),rivetrificazione dei silos

sostituzione di filtri a farine fossili con filtri tagenziali

installazione di passarelle con parapetti per l’accesso ai serbatoi

ricopertura piani di calpestio con vernici anti sdrucciolo, ripristino pavimentazionepiazzali

automatizzazione lavaggio e sterilizzazione fusti, monitoraggio linee imbottigliamen-to e depallettizzatori automatici dei palletts bottiglie

monitoraggio radon nei locali in sotterraneo adibiti alla barriccatura

bonifica coperture in eternit

implementazione linee guida SGSL (UNI- INAIL-ISPESPEL-PARTI SOCIALI)

Adeguamento impianti antincendio, installazione di porte REI

cofanatura insonorizzante per presse, insonorizzazione uffici

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A tal proposito va rilevato che l’amianto è stato utilizzato anche come elemento accessorio nelciclo lavorativo della vinificazione. Infatti, sino all’entrata in vigore della L. 257/92 che ha det-tato le norme per la sua dismissione, il minerale era utilizzato come additivo in polvere dellefarine fossili attraverso le quali i vini venivano filtrati. Assume, infine, rilevanza la circostanza che il 14 per cento delle aziende richiedenti ha pre-sentato programmi per l’implementazione di sistemi di gestione della sicurezza.

4. CONCLUSIONI

Lo studio effettuato ha rivelato come il processo di vinificazione, pur nell’inferiorità numericache investe l’aspetto occupazionale, meriti una più puntuale attenzione per via dei rischi lavo-rativi sempre più nuovi e diversificati che lo caratterizzano, conseguenza della profonda e con-tinua innovazione tecnologica che ha avuto una forte accelerazione a partire dal secondodopoguerra e che ha sostituito le tradizionali attrezzature della cantina con un’impiantisticaconfrontabile a quella utilizzata in alcuni processi chimico-fisici.I risultati ottenuti attraverso l’analisi delle richieste di accesso ai finanziamenti INAIL perve-nute dalle aziende del comparto vinificazione, pur nella limitata adesione dimostrata all’ini-ziativa, hanno rilevato un’attenzione mirata alla mitigazione dei rischi lavorativi specifici delsettore. Ciò indica che in questo settore produttivo, per quanto rappresentato da piccole e pic-colissime aziende, per lo più a conduzione familiare, matura la consapevolezza che l’approfon-dita analisi del ciclo lavorativo e dei rischi connessi siano totalmente fondanti della scelta deisistemi di prevenzione e delle buone prassi da attuare nel perseguire l’obiettivo dell’abbatti-mento dei costi materiali, sociali e morali che comportano gli infortuni.Non ultimo, lascia ben sperare la circostanza che una percentuale non del tutto trascurabiledelle aziende del comparto che ha presentato istanza ha chiesto l’ammissione al finanziamen-to di programmi mirati all’implementazione di sistemi di gestione della sicurezza nel sistemadi gestione aziendale. Segno questo della crescita della consapevolezza che in una modernacultura di impresa la gestione della sicurezza sia da considerare un fondamentale complemen-to alla gestione aziendale e non un accessorio collaterale.

BIBLIOGRAFIA

Di fonte pubblicistica

G. Banchi, C. Nobler, D. Scala: Cantine Vinicole (produzione vino), 2002, A.R.P.A.T., ricercafinanziata da ISPESL - Istituto Superiore Prevenzione e Sicurezza del Lavoro, 111 p.,http://www.ispesl.it/profili_di_rischio/_cantine_vinicole/, ultima consultazione 28/04/2005.

M. Gullo: Nella terra di Bacco: dimensione e carattere del rischio lavorativo nel comparto vini-ficazione, 2004, Rapporto Annuale Regionale 2003 Piemonte, pp. 63-84.

Di fonte normativa

LEGGE 27 MARZO 1992 N. 257: Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto, inG.U. n. 87 del 13.04.92, S. O.

DECRETO LEGISLATIVO 23 FEBBRAIO 2000 N. 38: Disposizioni in materia di assicurazione con-tro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, a norma dell’articolo 55, comma 1, dellalegge 17 maggio 1999, n. 144", G. U. n. 50 del 1 marzo 2000.

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LINEE GUIDA PER UN PIANO REGIONALE DI COORDINAMENTO DELLE ATTIVITÀ PER COINVOLGERE LE PMI SUI PROBLEMI DELLA SICUREZZA

L. Mangieri*, A. Prezioso**, A. Traficante**** INAIL - Sede Milano Porta Nuova - Area Vigilanza** INAIL - Direzione Regionale Lombardia - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione*** INAIL - Direzione Regionale Lombardia - Attività Istituzionali e Sede di Como - Direzione

RIASSUNTO

Il presente lavoro si propone di approntare uno strumento operativo per individuare, selezio-nare e pianificare, nel breve e medio termine, una serie di interventi, nell’ambito della pre-venzione e sicurezza sui luoghi di lavoro, destinati alle PMI. La matrice è ottenuta attraverso l’adattamento, del modello strategico di analisi economica,della domanda e dell’offerta nel mercato concorrenziale elaborato da Porter, alle peculiaritàdella P.A. ed al nuovo ruolo che l’INAIL intende rappresentare nel prossimo futuro.La scelta dei destinatari è ricaduta sulle PMI, operanti sul territorio della Regione Lombardia eche rispondono a tre criteri discriminanti predeterminati: voci di tariffa, costi della sicurezza,rapporto costo beneficio. In concreto l’INAIL nell’offerta deve rispondere alle domande che nel modello astratto condi-zionano le c.d. scelte razionali dell’operatore di mercato. Quali beni e servizi produrre? Comeprodurli? Con quali modalità, tecniche e risorse? In quale quantità e Per chi ? Quindi decidere un mix di interventi, da definire in ragione delle caratteristiche soggettive(età, scolarità, livello di formazione professionale) del cliente-imprenditore, realizzando un“pacchetto ottimale” previa pianificazione degli interventi e le risorse destinate all’investi-mento attraverso una analisi input-output.La peculiarità del bene (la tutela e l’integrità psico fisica del soggetto lavoratore) offertodetermina, per l’assenza di una cultura della sicurezza, una scarsità di domanda, non corri-spondente agli standard richiesti dalla legge. Dunque richiede un impegno nel rendere il pro-dotto “appetibile”, corrispondendo agevolazioni e benefici, incentivi finanziari, finanziamenticreditizi a tassi agevolati o a costi concorrenziali. Tali azioni in funzione di obbiettivi mirati alla sicurezza e prevenzione, alla riduzione degliinfortuni e malattie professionali. Sono questi gli aspetti più interessanti ma anche difficili daraccogliere, analizzare e valutare, al fine della formulazione di un piano che sia efficace e pro-duttivo dei benefici attesi e che si è intesi perseguire.

SUMMARY

Assurance costs of safety risks of workers are expensive in Italy and increase the national workcost. It is important to reduce these costs and to implement the prevention strategy. The bigproblems is that number of company is high (in Lombard region there are 20% of Italian com-panies) and, at same time, the Public resources (person hours, economic, financial) are veryfew, therefore, it is very important check efficacy and efficiency of strategy implemented andto define priority because we think is impossible to contact and to instruct all companies. Thisstudy present a logic pragmatic cognitive model to orient Inil’s prevention resources by imple-mentation marketing theory on prevention market. The proposed theory analyses what exi-

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sting, before confronts coherence between demand (company types: dimension, sector, expe-rience,...) supply (offered products of prevention strategy) and at end implement segmenta-tion market theory.

1. INTRODUZIONE AL PROBLEMA

Il successo e l’insuccesso di una iniziativa volta alla prevenzione e sicurezza sui luoghi dilavoro, alle misure predisposte e adottate, conformi alle disposizioni normative, sono instretta relazione con il coinvolgimento e le motivazioni dei soggetti interessati. In altreparole è necessario che le modalità e le misure proposte siano opzionate, misurando e cali-brando le iniziative attraverso “modelli” partecipati in grado di motivare tutti i soggetti:“promotori” e “beneficiari”. Il problema che si vuole affrontare è quello degli infortuni sullavoro: sia quelli con esiti mortali, quelli di elevata gravità, sia quelli che producono lesionicon danno permanente e/o indennizzabili con la sola indennità temporanea. Il fenomenoassume aspetti socio economici sempre più rilevanti sia in termini di “costi sociali”, che ilsistema deve sostenere, sia in termini di “dignità del lavoratore” quale valore umano e per-sona, quale componente della comunità.L’idea di base è che, bisogna introdurre “nuovi modelli operativi e comportamentali” capaci diincidere sulle forme tradizionali consolidate e stimolare verso un “cambiamento culturale”. Perfare ciò è necessario studiare e proporre programmi di “interventi differenziati” in relazione altipo di azienda, ai limiti dimensionali della stessa, all’ambiente ed alle strutture, ai lavoratori occu-pati e al loro grado di conoscenza e professionalità. La proposta di nuovi modelli nasce anche dalleaspettative degli operatori del settore e dai lavoratori in relazione alle mutate esigenze della socie-tà, dalle nuove politiche sociali, dalle quali non si può prescindere: ai “nuovi rapporti” che supe-rano gli “atteggiamenti tradizionali di assistenza” affidati allo Stato. La gestione del problemadeve necessariamente coinvolgere le istituzioni pubbliche ma anche datoriali, le associazioni dicategoria, enti e associazioni di volontariato e cittadini o gruppi che si riconoscono nelle iniziati-ve, organizzandoli intorno a “progetti costruiti insieme”, indicando percorsi ed indirizzandone l’a-zione. (esempio: corsi di studio e formazione professionale per immigrati, centri di raccolta esostegno, finanziamenti casa lavoro, sportelli o punti di informazione, consulenza gratuita, ecc.).

2. IL MODELLO TEORICO DELLA PROPOSTA.

Il paradigma proposto è quello elaborato da Porter nel suo lavoro “analisi e strategia” delladomanda e dell’offerta nell’ambito di un mercato competitivo, per adattarlo concettualmentee concretamente, agli strumenti ed ai bisogni della amministrazioni pubbliche oggi competen-ti in materia di Welfare (sanità, prevenzione e sicurezza sui luoghi di lavoro,…). Ogni modelloteorico è “un tentativo di tradurre un’idea in ipotesi di lavoro e di azioni” la cui scelta implical’accettazione di particolari ipotesi empiriche o astratte da cui discendono, in maniera conse-quenziale uno o più risultati soggetti a continue verifiche, in relazione all’obbiettivo scelto.Queste ipotesi possono basarsi su studi sperimentali, su teorie, e su risultati conseguiti da pro-getti, a volte su esperienze accumulate o percorsi già sperimentati.. Il modello proposto è articolato in cinque fasi successive:1) analisi della domanda e della offerta: prevede l’individuazione del bene/servizio e dei

bisogni che i clienti intendono soddisfare in un determinato momento;2) analisi delle opportunità e delle minacce: consiste nella valutazione delle potenzialità di

sviluppo e le variabili che potrebbero influenzare in negativo e in positivo il mercato;

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3) posizionamento e definizione del prodotto da offrire: opera una sintesi delle informazioniacquisite nelle precedenti fasi per scegliere il bene/servizio da confezionare rispetto al cliente;

4) definizione del marketing: marketing-mix significa scegliere coerentemente le seguenti 4variabili che lo caratterizzano: prodotto (inteso come cosa scelgo di fare e distinguendo traquello fatto internamente e cosa esternare), prezzo (costo servizi per l’impresa), comunica-zione (strutturazione della pubblicità) e distribuzione (canali usati per proporre i servizi);

5) pianificazione: è una verifica della sostenibilità concreta dell’idea, cioè un raffronto tra lerisorse in concreto disponibili e quelle in astratto previste.

Rappresentazione grafica delle varie fasi descritte.

3. COME SI INTENDE USARE IL MODELLO TEORICO

Il modello concorrenziale verifica periodicamente la strategia adottata al fine di realizzare unaposizione di vantaggio sul mercato che garantisca all’impresa (il suo utile economico). Ilmodello proposto potrebbe, come quello concorrenziale, essere usato per verifiche periodiche.Nel nostro caso l’utile e/o profitto, che giova non solo all’imprenditore ma anche alla colletti-vità, consiste nel miglioramento del sistema produttivo in termini di sicurezza e prevenzione,nel rapporto costi/benefici dell’operazione I costi sono quelli connessi alla realizzazione delprogetto. I benefici (rilevabili e rilevanti) sono da individuare e ricercarsi nei diversi settori, insintesi, di seguito indicati:- costi aziendali (ore non lavorate);- premi e benefici premiali;- spese ospedaliere per ricoveri e interventi operatori;- cure fisiche e riabilitative;- protesi e soggiorni climatici;- indennità per inabilità permanenti e temporanee;- danno biologico ed esistenziali.Appare di tutta evidenza che la misura dei benefici economici rappresentano di contro “l’u-tile e/o profitto” che le aziende iscrivono nei loro bilanci, ma in realtà la singola aziendanon li percepisce come vantaggi legati alla sicurezza perché essi rappresentano componen-ti negativi del reddito d’impresa. I vantaggi diventano apprezzabili solo in occasione diinfortuni occorsi ai propri lavoratori. Tali “benefici” sono apprezzabili anche dall’Istituto inoccasione della compilazione del bilancio e nelle evidenze del rapportopremi/indennità/rendite erogate ai soggetti assicurati, ma di difficile comprensione perchéda analizzarsi alla luce di fattori e variabili, con le approssimazioni tipiche dei modelli dianalisi economica (per sua natura e per le sue implicazioni sociali e/o sociologiche diffici-li da qualificare, quantificare e prevedere in termini numerici ). Nel modello applicato silavora in termini macroeconomici e si considera il costo della sicurezza proporzionale alpremio pagato dalle aziende di un comparto, che a sua volta può essere correlato ai bene-fici della sicurezza attesi da un certo intervento (i benefici attesi possono determinarsi

IL SOSTEGNO DELL’INAIL ALLE AZIENDE: DALL’ASSICURAZIONE ALLA PREVENZIONE. IL RUOLO DELLA CONTARP

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come proporzionali ai costi sostenuti nel comparto). In pratica è difficile utilizzare l’outputcome riferimento visto che il parametro dei premi ha una notevole aleatorietà (è un indicemacroeconomico che contiene la casualità dei modelli macroeconomici e il ritardo nellerisposte tipico di queste variabili, inoltre, non è possibile avere il “concorrente” come rife-rimento - l’azienda che propone al cliente un prodotto-servizio sul mercato riesce a vederel’efficacia della sua strategia osservando il suo andamento delle vendite rispetto ai concor-renti), quindi, il controllo viene più facilmente implementato sull’input ecco la necessità diun piano delle attività per implementare il controllo stesso.

4. GLI ASPETTI RILEVANTI DEL MODELLO TEORICO

Come detto, il concetto di utilità si riferisce al ritorno sociale. I clienti sono le imprese pro-duttive di un determinato settore e specificatamente gli imprenditori delle stesse PMI. Quandoparliamo di prodotto, per ora, si intende la promozione della sicurezza dei lavoratori nelle PMI.Quali altri aspetti sono rilevanti?La valutazione dell’offerta: vuole dare una mappatura di quanto viene offerto ai clienti; loscopo è quello di trovare spazi e strade che permettono di meglio proporre il prodotto (la sicu-rezza dei lavoratori) nell’ambito produttivo scelto. Inoltre, ha lo scopo di verificare quello chegià esiste (che è già presente nel settore) per coordinare e sfruttare la sinergia con altri orga-nismi propositivi. Alcune domande utili quando si opera in questa fase: “COSA FARE? Quali iniziative possonoavere il miglior rapporto cosi/benefici?”; CON CHI FARE? Può essere utile conoscere e valutarei potenziali: associazioni di categoria, sindacati, altre PA, privati… Chi sono i partner più adat-ti, per quali scopi specifici?L’analisi della domanda: ha lo scopo di verificare le esigenze e le richieste del cliente, maanche le sue caratteristiche distintive (età, scolarizzazione, propensioni,…). Le domande sono:“Quali punti di forza e debolezza ha il sistema imprenditoriale? Quali problemi hanno gliimprenditori? Come possono essere motivati a impegnarsi nella sicurezza gli imprenditori?Quali organizzazioni usano?…”Definizione del posizionamento: si tratta di scegliere quando e come intervenire per promuo-vere la sicurezza dei lavoratori nelle PMI tenendo conto della esplorazione fatta tra domandae offerta in una prospettiva futura. Definire quanto e come intervenire significa caratterizza-re le componenti del “prodotto-servizio” nell’iniziativa (dire concretamente cosa voglio farenel settore). Definizione marketing mix: partendo dalle componenti caratterizzanti del prodotto-serviziobisogna definire coerentemente tra loro le variabili di marketing mix che si vuole attuare con-cretamente nel settore.La pianificazione segue per confrontare attività che si ritiene di svolgere nel settore e le risor-se disponibili.

5. IL MARKETING MIX NEL MODELLO

Il marketing mix è costituito da 4 variabili che sono: prodotto-servizio, prezzo, comunica-zione e distribuzione; in seguito cerchiamo di osservare queste 4 componenti che lo costi-tuiscono.Il prodotto inteso come “sicurezza dei lavoratori nelle PMI” è l’obbiettivo che ci si prefig-ge, qui bisogna concretizzarlo nelle componenti che lo costituiscono nel caso che ci riguar-

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da. La sicurezza nelle aziende può essere guardata dalla parte di chi la propone e dalla pro-spettiva dell’azienda. E’ possibile che le aziende percepiscono la sicurezza come un costo;inoltre, per qualcuno è ipotizzabile che la sicurezza genera una differenza competitiva sulmercato (della serie: chi spende in sicurezza è più caro, di contro, chi rischia costa meno,quindi vince sul concorrente). Da questo può discende la propensione a fare meno sicu-rezza possibile.Dalla prospettiva di chi propone sicurezza alle aziende i suoi costi sono percepibili a livello glo-bale nazionale nei conti INAIL e di altre PA. La domanda che ci si pone è: “La sanzione centraqualcosa con il prodotto-servizio che si intende proporre?”. Agli autori sembra che la sanzionenon possa essere esclusa dalle componenti che caratterizzeranno l’intervento nel settore edebba tenersene conto nella pianificazione. Gli autori propongono una schematizzazione di prodotto, dal lato del proponente, che si carat-terizza delle seguenti componenti (coordinate e calibrate tra loro nel settore): prodotti infor-mativi e formativi ad uso e consumo delle persone dell’azienda (lavoratori, addetti, rappre-sentanti dei lavoratori,…) proposte su cartaceo (1), su portale (2) o con convegni (3); con-trollo/sanzione (4) (in modo spot) per verificare l’applicazione della legge e sanzionare chila elude; sostegno (5) alle imprese sulla base di progetti di miglioramento (incentivi econo-mici); consulenza tecnica (6): cerca di dare soluzioni tecniche e indicazioni per individuarerischi e strategie di difesa con il miglior rapporto costo/benefici e rispettando la legge… . Lafigura sotto mostra anche un mix minimo necessario (entro la zona colorata la proposta nonfunziona); i lati della stella possono essere gestiti da diverti organismi, ma coordinati dalpiano.

La propensione al rischio è un problema rilevante e sembra crescere in modo inversamente pro-porzionale alla dimensione dell’azienda (le aziende piccole pare che rischiano di più oppuresono peggio informate).Quale prezzo dare ai servizi offerti? Potrebbero essere gratuiti, ma forse per motivare di piùchi li acquisisce bisognerebbe dargli un prezzo di uso, anche se inferiore al reale costo diproduzione.La distribuzione riguarda l’individuazione dei canali che possono meglio proporre alle aziendei servizi che vengono forniti. Le strategie di distribuzione potrebbero essere 2: quella di pro-porsi direttamente e quella di delegare ad altri operatori o intermediari (altre PA, associazio-

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ni, sindacati, privati fornitori di servizi alle imprese,…); questa valutazione deve essere fattaper ogni lato della stella che rappresenta il prodotto-servizio anche per tener conto della limi-tatezza delle risorse a disposizione nell’INAIL e in generale nella PA (soprattutto al nord doveil numero delle aziende per ogni funzionari della PA è maggiore).La strategia di organizzare, le attività previste nel piano, un settore produttivo alla voltasembra l’unica percorribile se si vogliono anche coinvolgere in modo costruttivo gli organi-smi esterni alla Regione (le parti INAIL centrali e/o le altre PA come VVFF, ISPESL,… peresempio nella produzione dei supporti informativi e formativi da proporre alle aziende nelsettore). La comunicazione riguarda tutta quelle fasi e quelle azioni che sono necessarie e utili per pub-blicizzare quanto si è deciso. Questa è una parte estremamente delicata infatti se si ha succes-so in questa azione probabilmente si raggiunge il successo su tutto il progetto. La PA probabil-mente non viene percepita come capace di pianificare, portare avanti e concludere un procedi-mento di questa portata, inoltre, spesso viene considerata poco adeguata alle aspettative delcliente, le aziende in questo caso. E’ sempre importante che la comunicazione chiarisca con pre-cisione quello che riesce a dare e quello che non riesce a fare il progetto, a maggior ragione perla scarsa “affidabilità” che la PA comunica ai suoi clienti. La cattiva informazione potrebbe crea-re delle aspettative, nel caso non fossero mantenute si perderebbe rovinosamente la fiducia. Si sottolinea la necessità di un piano puntiglioso nelle varie fasi per verificarne e valutarne gliimpatti che l’organizzazione dell’Ente subirebbe, è utile ricercare le strategie che possano ridi-mensionare e ridurre il più possibile gli impatti sull’organizzazione dell’Ente a livelli sostenibili. Si potrebbe ipotizzare che la comunicazione possa passare attraverso i consulenti fiscali delleaziende (vedi quanto l’INAIL ha fatto con il portale orizzontale e verticale verso le aziende).L’importanza di considerare il controllo (anche sanzionatorio) nel piano è stato già chiaritoprecedentemente, comunque è importante sottolineare che l’azione di controllo non deve esse-re comunicata come sanzionatoria e punitiva, ma come necessaria ai fini di stabilire equità egiustizia tra le aziende. Questo atteggiamento è molto importante per quanto dice Levine (nelsuo libro “il consulente”), che sottolinea l’importanza di lavorare sulla parte positiva (motiva-zione) quando si influenzano le organizzazioni sociali e non agire negativamente (punizione);il cambiamento sociale centrato sulla strategia punitiva riesce a dare dei risultati subito, mapoi si ritorna nella situazione iniziale (un esempio di ragionevolezza delle idee di Levine si èavuto nell’applicazione della patente a punti: ha dato risultati iniziali positivi e poi c’è statauna regressione progressiva). La punizione non funziona!

6. LA PROGRAMMAZIONE

Vuole determinare COSA fare, QUANDO e con quali RISORSE. Problema della PA può essere coin-volgere le risorse scarse su nuove attività, ma anche controllare i risultati delle stesse (sull’in-put visto che non si può controllare l’output). Le fasi principali del piano si possono vedere nello schema GATT allegato sotto. La FASE (0)non è indicata ed è quella della pianificazione generale ove si determina la priorità con cuitrattare i vari gruppi di aziende; in questo articolo non viene qui conclusa, di seguito, sono datii criteri guida per svolgerla.Le FASI da (1) a (6) applicano il modello descritto sopra, nell’articolo, su un insieme dato diaziende; l’insieme può qualificarsi con i gruppi o i sottogruppi di tariffa). La FASE (1) è quel-la di pianificazione sull’intervento noto il gruppo (si dovrebbe concludere in 5 mesi). La FASE(2) genera le varie componenti del prodotto-servizio da offrire (durerebbe circa 8 mesi). LaFASE (3) promuove l’intervento in maniera opportuna alle imprese. Nella FASE (4) si l’approc-

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ciano le aziende del settore (durata circa 4-6 mesi). Durante il periodo di FASE (5) si lascia chele aziende compiano le loro azioni per poi partire con la FASE (6) di controllo anche sanzio-natorio sulle aziende del comparto. Non basta 1 anno al progetto e tutto dipende dalle risor-se assegnate ovviamente.

Di seguito si elencano le attività rilevanti di ogni fase:

1) FASE ESPLORATIVA: si raccolgono i nominativi delle aziende coinvolte; si possono fare acces-si sulle aziende con campione significativo (random o con altro criterio) per meglio classi-ficare i rischi del comparto e, quindi, costruire gli strumenti (prodotto-servizio di cui alpunto successivo); si raccolgono dati sulle caratteristiche distintive degli imprenditori delcomparto (età, scolarità, …), per il marketing.

2) GENERAZIONE SUPPORTI FORMATIVI/INFORMATIVI: definizione del contenuto tecnico; grafi-ca, impaginazione e stampa supporti su carta; definizione altri strumenti (portale, conve-gni,…);… .

3) PUBBLICITA’ SULL’INIZIATIVA: definizione del targhet degli imprenditori; scelta dei canali dicomunicazione e del messaggio comunicativo; pianificazione e definizione della campagnapubblicitaria.

4) PROPOSTA ALLE AZIENDE: comunicazione scritta alle aziende; organizzazione di convegni;mantenimento di un eventuale portale e/o forum; distribuzione dei supporti informativi eformativi; consulenza aziendale; eventuale attività di coaching telefonica alle aziende;…

5) STOP: è una fase in cui si potrebbe solo rispondere alle richieste via internet delle aziende.6) CONTROLLO: è una fase che potrebbe solo essere random. La % dei controlli deve essere perce-

pibile dalle aziende e si potrebbe fare in collaborazione con altre PA (ASL, Ispettorato delLavoro,…). Per quanto detto sopra è una fase necessaria, ma nel contempo non deve essere per-cepita dalle aziende come punitiva, ma come necessaria per ristabilire equità tra le aziende.

Dopo la fase 6) si potrebbe pensare di fare un altro ciclo delle fasi da (4) in poi per dare un’al-tra spinta.

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7. LE PMI LOMBARDE ASSICURATE INAIL

Le aziende della Lombardia sono poco meno di un milione (dati rilevati da elaborazioneEurispes su dati Infocamere 2004). Il dato in valore assoluto comprende anche altri settori(agricoltura, caccia, pesca , finanziario, servizi pubblici e sociali, ecc.). Le PMI iscritte all’INAILsi possono stimare intorno a 600.000 (dati infocamere e confrontati con gli archivi Inail dellePAT e delle Polizze Assicurative).

8. UN OBBIETTIVO RAGIONEVOLE SUL N°AZIENDE DA ESPLORARE

Le aziende assicurate dall’INAIL sono tante e le risorse della PA sono limitate, quindi, nascel’esigenza di verificare se il progetto sia sostenibile ed a quali condizioni.Supponiamo che la distribuzione di queste aziende sia di tipo paretiano, cioè si ipotizza che il20% dei soggetti (nel nostro caso le aziende) inglobano e rappresentano l’ 80% del nostroscopo e/o obbiettivo; con questa ipotesi cerchiamo di verificare il macro obbiettivo su tutta laregione Lombardia.Se 600.000 sono le PMI il Lombardia, nella ipotesi di distribuzione paretiana, è possibile affer-mare che 120.000 di esse inglobano 80% dei miglioramenti più opportuni fare in questomomento. Continuando a ragionare nella medesima ipotesi è possibile affermare che solo24.000 aziende (il 20% dei 120.000 selezionati prima) riescono a contemplare almeno il 60%dei miglioramenti più opportuni attualmente e le restanti 96.000 aziende contemplano ilrestante 20 % del miglioramento possibile.

L’obiettivo che ci si pone pari a: 7.200 aziende da verificare, 24.000 aziende da contat-tare in modo più diretto e 96.000 aziende da contattare in modo più indiretto sembra unobbiettivo ragionevolmente raggiungibile in circa 5 o 6 anni se ben organizzato e pianifi-cato.Il prodotto che viene proposto alle 96.000 aziende (di seconda scelta) potrebbe essere gestitosoltanto in maniera indiretta (comunicazioni via posta o con portale) escludendo tassativa-mente la fornitura di consulenza diretta o anche i convegni. Questa possibilità si potrebbe uti-lizzare per le aziende più microscopiche ove i rischi possono essere parcellizzati all’uso di alcu-ne macchine o attrezzi.Il prodotto che viene proposto alle 24.000 aziende di prima scelta in sostanza contienetutte le parti che si ritiene opportune e tendenzialmente dovrebbero essere le aziende chehanno una dimensione medio alta, quindi, il processo produttivo potrà avere una certacomplessità.

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9. I CRITERI DI RIDUZIONE DEL NUMERO DELLE AZIENDE DA ESPLORARE

La ipotesi base di struttura paretiana fatta al precedente capitolo risolve il problema dei nume-ri, ma resta il grande interrogativo di verificare se questa ipotesi fatta realmente vale nelnostro caso. Dato un insieme, l’ipotesi paretiana vale, oppure non vale, in funzione dei critericon cui vado a discriminare la popolazione, cioè un insieme può avere distribuzione paretianarispetto a un criterio di discriminazione, potrebbe non averla con un criterio diverso. Quali cri-teri discriminatori è possibile adottare nel nostro caso?Sembra che si possano adottare i seguenti 3 criteri:

1) CRITERIO DELLE VOCI DI TARIFFA: questo criterio cerca di vedere come le aziende si distri-buiscono nell’ambito delle voci della tariffa INAIL. E’ un criterio sicuramente semplice daverificare e la ratio di questa scelta nasce dal fatto che le voci di tariffa identificano le lavo-razioni, quindi, possono utilizzarsi come strategia per diversificare i gruppi di rischi tra leaziende assicurate; in pratica le aziende che sono classificate alla stessa voce di tariffaavranno le stesse lavorazioni e stessi rischi, quindi, è possibile offrire lo stesso prodotto-servizio per la sicurezza. Questo criterio guarda il lato tecnico da offrire.

2) CRITERIO DEL COSTO DELLA SICUREZZA: quello che realmente bisogna ridurre, in ogniazienda e in tutte, è il costo della sicurezza e cioè il costo degli infortuni e delle malattieinfortunistiche. Se il tasso a cui viene assicurata un’azienda dall’INAIL è proporzionale alrischio che quella azienda ha per unità di lavoratore (o di competenza), il premio che quel-l’azienda paga (Premio=Tasso*Competenze) è proprio il rischio dell’azienda intera. Ridurreil rischio, in un comparto, significa in fondo ridurne il premio dello stesso. La ratio di que-sto parametro di classificazione è evidentemente economico infatti l’azienda che ha un altopremio andrebbe “migliorata” prima delle altre.

3) CRITERIO DEL RAPPORTO COSTO BENEFICIO: quando si opera, come per il nostro caso, insituazione di risorsa scarsa (le energie e le persone in rapporto al numero di aziende) lapriorità degli interventi da farsi si potrebbe fare in funzione del minor rapporto tra costi ebenefici. Il beneficio dell’intervento fatto su un’azienda dovrebbe essere proporzionale al costo dellasicurezza della stessa azienda:

Beneficio = K1 * Premio = K1 * Tasso * Competenze (di 1 oppure n. aziende)

Il costo dell’intervento viene considerato costante per ogni azienda. Questo è ragionevole siaper contattare ogni aziende, ma soprattutto per le persone necessarie in PA per concludere ilprogetto quindi:

Costo = K2 * N° aziende

Quindi: rapporto costo beneficio = (K2 * N° aziende) / (K1 * Tasso * Competenze)Questo è un criterio di convenienza nei casi in cui si lavora con risorsa scarsa.

10. RIDUZIONE DEL NUMERO DELLE AZIENDE DA ESPLORARE

Quali criteri di riduzione adottare dei 3 presentati al capitolo precedente?

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Si potrebbero adottare tutti parallelamente. Chiaramente se un insieme di aziende ha alta prio-rità con tutti i criteri conviene processarlo con massima priorità. Se invece la priorità è diversada un criterio all’altro conviene fare qualche specifica valutazione.Il disegno seguente mostra come la definizione della priorità d’intervento venga fatta con-frontando i 3 criteri di riduzione che guardano da 3 diverse prospettive: quella tecnica, quellaeconomica e quella di convenienza.

Osservando quanto detto al cap. 8 precedente è ragionevole effettuare il passaggio dalliv.1 al liv.2 applicando i 3 criteri sulle aziende assicurate a ogni voce di tariffa INAIL,quindi, costruire una priorità ragionata tra le voci di tariffa da esplorare. Il passaggio liv.2al liv.3 viene fatto segmentando le voci di tariffa sulle competenze per esempio nelleseguenti 5 classi: da 1 a 10 dipendenti; da 11 a 30; da 30 a 60; da 60 a 120 e da 120 a 250.

11. APPLICAZIONE DEI CRITERI TECNICI

E’ stato possibile applicare il criterio di classificazione tecnica andando a raccogliere informa-zioni dal data base INAIL. Il risultato ha dimostra una fortissima distribuzione paretiana conquesto criterio classificativo.Si osservano le polizze e si può affermare che: in tariffa i grandi gruppi 4, 7, 8 e 9 hannoun peso inferiore al 1% (sul gruppo 8 e 9 sono necessari approfondimenti). Il gruppo 0 pesaoltre il 47%, segue il gruppo 3 con 24% e il gruppo 6 con il 16 %. I gruppi 1, 2 e 5 sono dal3.6% al 3%.All’interno dei vari gruppi esiste una fortissima concentrazioni di polizze su poche voci di tarif-fa; unica eccezione riguarda il grande gruppo 6 ove in effetti esiste una situazione un po’ piùdistribuita. A conferma di quanto detto si osserva che nel gruppo 0 il 40% delle sue polizze è sulla voce0722 (ufficio). Le altre voci rilevanti sono: 0111, 0112, 0211, 0212, 0311, 0411 e 0721 con una% che va dal 13% al 3,5%. Le altre voci pesano 27.6% e hanno % irrisorie. Da quanto detto sicapisce che la 0722 deve comunque essere presa in considerazione visto che vale il 20% di tuttele polizze.Per il gruppo 1 il 42% delle polizze è nella voce 1444 (panifici).Nel gruppo 2 le voci dominanti sono 2197, 2231 e 2233 con un loro peso totale del 61% sulgruppo.

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Il gruppo 5 ha il 55% nelle voci 5212 e 5213; la 5214 ha il 19% e il 26% restante è sparso sullerestanti voci.Nel gruppo 6 c’è una notevole distribuzione infatti le voci 6211 e 6212 pesano il 10%, la 6321pesa 8.8% e la 6221 pesa il 6.2%; poi le voci: 6215, 6223, 6279, 6561 e altre il peso è intornoal 3%. Le voci più grosse non raggiungono il 50% di peso totale.

L’elaborazione simulata è stata riferita al solo criterio classificativo tecnico e non al criterio delcosto della sicurezza e al criterio del rapporto costo/benefici in quando il Data Base INAIL, checontiene le informazioni sui Premi pagati dalle aziende, non consentiva l’accesso esplorativosu queste variabili per manutenzioni e implementazioni sul sistema. Tali accessi saranno con-sentiti successivamente.

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12. CONCLUSIONI

L’individuazione del target ci permette di conoscere le principali caratteristiche dei destinata-ri, il grado di coinvolgimento, l’interesse suscitato, tutti quegli aspetti valoriali e comporta-mentali collegati alla problematica affrontata. Questione molto importante per conoscere leditte che aderiscono all’iniziativa, le scelte e le priorità che l’Istituto intende perseguire, lemodalità di intervento, le risorse da destinare al progetto, i criteri e i contributi disponibili perfinanziare i piani di lavoro, la selezione delle domande. L’altro aspetto rilevante è quello di for-nire una formazione costante e periodica dei soggetti coinvolti.Il progetto potrebbe realizzarsi nell’ambito di iniziative già esistenti (c.d. finanziamento alle impre-se) e conosciute, modificando i criteri di accesso e le caratteristiche di erogazione del servizio. Il progetto potrebbe rappresentare un momento di partecipazione di strutture ed Enti esterniinteressati all’iniziativa e quindi frutto di una collaborazione di più soggetti. Non sfugge ad unaanalisi attenta e lungimirante come sia importante, al fine di una prevenzione primaria, lariduzione degli infortuni e delle malattie professionali nel periodo lungo, modificando i com-portamenti a rischio per la popolazione lavorativa.Ulteriori elementi di valutazione potrebbero essere forniti da uno screening sulla forza lavoroal fine di una prevenzione secondaria o di riduzione degli effetti collaterali.In questo contesto l’Istituto sarà chiamato a svolgere un proprio ruolo di attore attivo ed inno-vativo proponendosi quale soggetto di riferimento nel modello di welfare e offrendo alle impre-se nuovi servizi nel campo della prevenzione e della tutela della salute. E’ però necessario chei progetti siano mirati e partecipati e in grado di coinvolgere le imprese, le associazioni di cate-goria, Enti e soggetti diversi per le loro peculiarità e competenze.

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REGIONE PUGLIA: ANALISI DEGLI INCENTIVI ALLE IMPRESE (D.LGS. 38/2000)NEL SETTORE DELLE COSTRUZIONI

I. Menditti*, N. Papapietro** INAIL - Direzione Regionale Puglia - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione

RIASSUNTO

Il comparto delle costruzioni ha il primato delle morti per infortunio e quello delle malattieprofessionali riconosciute. In Puglia operano nel settore in questione 76.800 addetti, di cui24.000 sono autonomi, 46.500 sono dipendenti da imprese al di sotto del limite dei 30 addet-ti e 6.300 operano in imprese di dimensioni superiorei.Per quanto riguarda il rischio complessivo di infortunio, il dato medio nazionale per il settoredelle costruzioni è pari a 70,90 infortuni/1000 addetti a tempo pieno mentre per la Puglia èpari a 75,65. In questo contesto va ad inserirsi l’iniziativa degli incentivi alle imprese - ISI 1 eISI 2 - dell’INAIL per la prevenzione. Vengono qui presentati, pertanto, i dati relativi alledomande di finanziamento pervenute nella regione Puglia.Nell’ambito del finanziamento alle aziende dei programmi di Formazione ed Informazione (ISI1), il numero delle aziende del settore che è stato ammesso a tale tipo di finanziamento harappresentato il 16,8% del totale sul territorio regionale.Di altro tenore è la situazione legata ai finanziamenti relativi ai programmi di adeguamento(ISI 2). In questo caso, solo il 3,7% delle domande pervenute e solo il 3,1% delle domandeammesse al finanziamento riguardano il settore in esame.E’ evidente, per quanto esposto, che il settore delle costruzioni è stato abbastanza attento aiprogetti di Formazione ed Informazione ai lavoratorim mentre non ha mostrato interesse per iprogrammi di adeguamento.Si analizza il fenomeno e si tenta di fornire una chiave di lettura delle motivazioni che hannocontribuito a tale scenario nel territorio pugliese.

SUMMARY

The construction sector has the supremacy of the number of workers dead for accidents and ofrecognized professional diseases. In Apulia 76,800 workers operate in this field. As regards thetotal risk of accident, national mean value for constructions sector is equal to 70,90 acci-dents/1000 full time workers, while for the Apulian Region it is equal to 75,65. In this contesxt it’sinserted the initiative of the inducements Inail to enterprises - ISI 1 and ISI 2 - for the prevention.Data regarding the requests of financing in the Apulian region are here presented and discussed.The number of the enterprises admitted to the financing for the programs of Formation andInformation (ISI 1) is the 16,8% of the total on the regional territory while only the 3,7% offinancings requested concerns the Adaptation programs (ISI 2).It’s obvious that the constructions sector has been enough careful to the plans of Formationand Information to the workers, while it has no shown interest for the Adaptation programs.The phenomenon is analyzed and we try to supply a key of reading of the motivations.

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L’edilizia è uno dei settori produttivi più a rischio per la salute dei lavoratori. Il compartodelle costruzioni ha, infatti, il primato delle morti per infortunio e quello delle malattieprofessionali riconosciute che, a partire dal 1998, ha superato anche il settore metalmec-canico. In Italia le imprese del settore delle costruzioni sono circa 670.000 di cui mezzomilione sono artigiane; 169.000 delle non artigiane hanno una dimensione aziendale infe-riore ai 30 addetti.In Puglia, su un totale di 31.500 imprese, solo circa 120 sono sopra al limite dei 30 addet-ti. Nel settore in questione operano 76.800 addetti, di cui 24.000 sono autonomi, 46.500sono dipendenti da imprese al di sotto del limite dei 30 addetti e 6.300 operano in impre-se di dimensioni superiori.Per quanto riguarda il rischio complessivo di infortunio, il dato medio nazionale per il settoredelle costruzioni è pari a 70,90 infortuni/1000 addetti a tempo pieno mentre per la Puglia èpari a 75,65. Il rischio è fortemente correlato con la dimensione dell’impresa: da 59.56 infor-tuni/1000 addetti a tempo pieno delle imprese artigiane più grandi si giunge al massimo di112.54/1000 delle piccolissime imprese artigiane.Una nota della FILLEA1-CGIL riguardante gli infortuni mortali avvenuti nel settore delle costru-zioni nell’anno 2004, indica che in quell’anno le vittime nei cantieri edili italiani sono state231. In Puglia si sono verificati 15 casi, di cui 1 ha riguardato un lavoratore straniero. Rispettoal 2003 si è verificato un aumento del 50%.

Infortuni mortali - Settore Costruzioni- Gennaio/Dicembre 2003/2004

Regioni N casi N casi % su Variaz. % di cui % su di cui % su Variaz. %totale stranieri totale stranieri totale

2003 2004 2004 su 2003 2003 2004 2004 su 2003

VALLE D’AOSTA 3 1 0,43% -66,67%PIEMONTE 10 22 9,52% 120,00% 1 3,13% 10 26,32% 900,00%LIGURIA 10 11 4,76% 10,00% 1 3,13% 4 10,53% 300,00%LOMBARDIA 39 34 14,72% -12,82% 9 28,13% 8 21,05% -11,11%TRENTINO 2 4 1,73% 100,00%ALTO ADIGE 4 3 1,30% -25,00% 1 3,13%FRIULI VENEZIA GIULIA 3 4 1,73% 33,33% 1 3,13% 2 5,26% 100,00%VENETO 24 12 5,19% -50,00% 3 9,38% 1 2,63% -66,67%EMILIA ROMAGNA 13 17 7,36% 30,77% 2 6,25% 3 7,89% 50,00%TOSCANA 23 14 6,06% -39,13% 6 18,75% 1 2,63% -83,33%MARCHE 4 9 3,90% 125,00% 2 6,25%UMBRIA 3 8 3,46% 166,67% 3 7,89%LAZIO 16 11 4,76% -31,25% 3 9,38% 4 10,53% 33,33%CAMPANIA 8 13 5,63% 62,50% 1 3,13%ABRUZZO 11 12 5,19% 9,09%MOLISE 1 2 0,87% 100,00%PUGLIA 10 15 6,49% 50,00% 1 3,13%BASILICATA 3 3 1,30% 0,00%CALABRIA 10 9 3,90% -10,00% 1 2,63%SICILIA 11 18 7,79% 63,64%SARDEGNA 7 9 3,90% 28,57% 1 3,13% 1 2,63% 0,00%TOTALE 215 231 100,00% 7,44% 32 100,00% 38 100,00% 18,75%

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1 FILLEA - Federazione Italiana Lavoratori del Legnom dell’Edilizia e delle Industrie Affini - “Infortuni mortalinel settore delle costruzioni: 231 le vittime nel 2004”.

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Nella stessa nota si evidenzia come la maggior parte delle vittime ha un’età compresa tra 26 e35 anni. Tra le violazioni, il dato più allarmante riguarda la mancata esecuzione degli accerta-menti sanitari per i dipendenti e la mancata formazione dei dipendenti stessi.

I dati statistici presentati fotografano ovviamente il lavoro ufficiale e non tengono conto delfatto che è diffusa la consuetudine di concedere lavori in subappalto, di lavorare a cottimo eche i lavoratori incidentati sono spesso irregolari e quindi non registrati né dall’anagrafe delleCasse Edili né da quella dell’Inail. Spesso questi ultimi sono di origine extracomunitaria e senzauna adeguata formazione sulla sicurezza. Va inoltre evidenziato che il costo degli infortuni nelsettore delle costruzioni si aggira intorno ai 5 milioni di euro, l’8% del PIL.

I programmi di attuazione del D.Lgs. n. 38/2000, art. 23 (Programmi e progetti in mate-ria di sicurezza ed igiene del lavoro)In questo contesto si inserisce l’azione che l’INAIL ha intrapreso, a seguito dell’emanazione delD.Lgs. 38/2000, per favorire nelle aziende la diffusione della cultura della sicurezza e della pre-venzione, attraverso una serie di programmi di finanziamento alle stesse. Tre sono state lelinee seguite:• finanziamento alle imprese per la Formazione ed Informazione ai lavoratori (cd. ISI 1)• finanziamento per la realizzazione di prodotti multimediali per la diffusione della cultura

della sicurezza• finanziamento (in conto interessi e/o in conto capitale) ai programmi di adeguamento a

norme di sicurezza o miglioramento ulteriore delle stesse condizioni già a norma (cd. ISI 2). Al momento, possono essere così riassunte le cifre in gioco, con un particolare riguardo allasituazione del settore delle costruzioni della regione Puglia.

PROGETTI FORMAZIONE/INFORMAZIONERegione Domande pervenute Regione Domande pervenute

Valle d’Aosta 18 Marche 238Piemonte 583 Lazio 300Lombardia 891 Abruzzo 138Trentino Alto Adige 47 Molise 49Bolzano 78 Campania 481Veneto 892 Puglia 263Friuli V. G. 167 Basilicata 89Liguria 193 Calabria 241Emilia Romagna 632 Sicilia 346Toscana 435 Sardegna 162Umbria 97 Totale regioni 6340

Grafico 1: Infortuni mortali lavoratori delle Costruzioni - Cause - Anni 2003/2004

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PROGRAMMI DI ADEGUAMENTO-Fase di approvazione

Regione domande ammesse inail non ammesse non ammesse importo contributopervenute banche inail banche finanziabile inail

Piemonte 964 645 77 242 57.020.131 10.526.943Valle d’Aosta 18 11 2 5 704.987 130.153Lombardia 1010 706 74 230 63.573.655 11.736.844Trentino 27 17 4 6 1.247.295 230.273Veneto 607 420 55 132 39.999.048 7.384.548Friuli 168 125 6 37 11.278.131 2.082.147Liguria 151 72 34 45 5.397.290 996.436Emilia Romagna 1000 697 108 195 58.485.385 10.797.457Toscana 907 624 142 141 50.560.712 9.334.417Umbria 247 180 13 54 17.541.876 3.238.547Marche 476 312 29 135 26.934.125 4.972.526Lazio 422 179 45 198 16.433.302 3.033.883Abruzzo 152 90 16 46 7.684.867 1.418.765Molise 88 20 15 53 1.693.047 312.566Campania 226 97 28 101 9.415.878 1.738.340Puglia 219 130 23 66 10.210.456 1.885.032Basilicata 80 48 3 29 4.525.745 835.534Calabria 73 33 9 31 2.855.129 527.108Sicilia 185 86 28 71 6.290.138 1.161.272Sardegna 86 48 5 33 3.533.301 652.311Bolzano 40 19 0 21 2.141.932 395.440Totale 7146 4559 716 1871 397.526.430 73.390.542

PROGRAMMI DI ADEGUAMENTO-Numero lavoratori beneficiari riportati per assi

Regioni Tot. Lav. Tot. Ben. Ben. Ben. Ben. Ben. Ben.A. 1 A. 2 A. 3 A. 4 A. 5

Abruzzo 3.104 2.471 911 1.417 3 965 715Basilicata 1.141 706 562 407 26 507 258Bolzano 972 803 352 507 70 110 352Calabria 1.851 825 213 373 121 385 207Campania 5.402 3.972 1.246 2.103 183 1.665 915Emilia Romagna 21.505 15.193 4.561 8.573 224 6.116 1.663Friuli Venezia Giulia 3.410 2.306 720 1.105 33 841 269Lazio 8.067 6.809 1.986 3.453 612 2.538 1.845Liguria 2.436 1.768 598 1.073 80 904 157Lombardia 22.638 15.731 4.708 8.483 715 6.068 1.888Marche 8.419 5.589 1.898 2.894 83 2.015 491Molise 1.333 1.224 389 521 196 369 275Piemonte 20.619 14.742 4.003 8.475 293 5.883 2.593Puglia 3.350 2.861 750 1.701 117 1.142 612Sardegna 1.010 949 305 676 25 272 252Sicilia 3.956 3.217 616 2.149 437 1.067 1.554Toscana 15.522 11.603 3.601 6.763 292 4.205 1.602Trentino Alto Adige 604 442 67 138 11 55 233Umbria 5.301 3.937 1.026 2.800 398 1.545 819Valle d’Aosta 638 463 142 269 0 359 5Veneto 16.226 11.345 2.599 6.365 171 4.059 2.585Totali 147.504 106.956 31.253 60.245 4.090 41.070 19.290

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Progetti in materia di sicurezza ed igiene del lavoro (art. 23, D.Lgs. 38/2000) relativi alcomparto delle costruzioni - ISI 1 e ISI 2 Volendo eseguire un’analisi più dettagliata della situazione che si è delineata con l’emanazio-ne del bando relativo ai finanziamenti in questione, possono esporsi i seguenti dati:• tenuto presente che il 18.4% delle aziende pugliesi è rappresentato da ditte del settore delle

costruzioni è stato verificato che: � nel corso del finanziamento alle aziende relativo ai progetti per favorire l’applicazione

degli articoli 21 e 22 del D.Lgs. 626/94, il numero delle aziende del settore che è statoammesso a tale tipo di finanziamento(ISI 1- Formazione ed Informazione), ha rappre-sentato il 16.8% del totale sul territorio regionale

� tale dato appare notevolmente diverso da quanto rilevato su tutto il territorio nazionale,dove le domande ammesse per lo stesso settore hanno rappresentato il 9% del totale.

IL SOSTEGNO DELL’INAIL ALLE AZIENDE: DALL’ASSICURAZIONE ALLA PREVENZIONE. IL RUOLO DELLA CONTARP

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Grafico 2: Incidenza delle aziende del settore costruzioni in Puglia

Grafico 3: ISI 1 - Formazione ed informazione

Grafico 4: Ripartizione domande ISI 1

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La situazione cambia notevolmente nella successiva tranche dei finanziamenti (Programmi diadeguamento), infatti:� per l’intero territorio nazionale l’incidenza percentuale delle imprese del settore costruzio-

ni si attesta al 6% del totale;� in Puglia le domande presentate dalle aziende del settore subisce un’ulteriore diminuzione

portandosi ad appena il 3.7% del totale regionale. Questo 3.7%, poi, si riduce al 3.1% perle domande ammesse al finanziamento.

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Grafico 5: Programmi di adeguamento

Grafico 6: ISI 2 - Programmi di adeguamento conto interessi

Grafico 7: ISI 2 - Programmi di adeguamento

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Analisi dei dati

Dai dati sopra esposti, possono trarsi le relative conclusioni.⇒ ISI 1:• Le aziende del settore delle costruzioni operanti nel territorio della regione Puglia che

hanno ottenuto i finanziamenti relativi a questa parte del programma, rappresentano il16.8% del totale regionale. Ciò dimostra un’attenzione al problema della Formazione edInformazione. Inoltre, tale dato, non tiene conto di quei corsi di formazione attivati da ditteterze per conto di aziende di dimensioni minori (ad esempio, corsi attivati da associazionidi categoria, ecc.).

• Tale percentuale è al di sopra della tendenza nazionale dove le aziende dello stesso settorehanno rappresentato solo il 9% dei finanziamenti ottenuti.

⇒ ISI 2:• Di altro tenore è la situazione legata ai finanziamenti relativi ai programmi di adeguamen-

to. In questa occasione, solo il 3.7% delle domande pervenute e solo il 3.1% delle doman-de ammesse al finanziamento provengono dal settore in esame.

• Anche in relazione all’incidenza nazionale il dato si inverte: nel totale nazionale, infatti, leaziende del settore che hanno presentato domanda di finanziamento rappresentano il 6%del totale a fronte del 3.7% pugliese.

A questo punto si impone una riflessione: quali sono i motivi per cui in Italia in genere, ma inPuglia in particolare, le domande relative ai programmi di adeguamento provenienti dal setto-re delle costruzioni rappresentano una porzione così limitata? E perché lo stesso ha invecerisposto in modo - tutto sommato - positivo al bando relativo ai programmi di Formazione edInformazione ai lavoratori?Molteplici possono essere le chiavi di lettura di tale situazione. Proviamo ad analizzarne le pos-sibili cause. L’art. 4, ultimo comma del Regolamento di attuazione del D.Lgs. 38/2000, prevedeva che pos-sono essere ammesse ai finanziamenti le imprese in possesso della regolarità contributiva.Potrebbe essere stato questo uno dei motivi per cui molte imprese (non perfettamente in rego-la soprattutto nel settore pugliese delle costruzioni) potrebbero aver rinunciato. Al contrariotale requisito non era richiesto per i programmi di formazione ai quali, pertanto, avrebberopotuto aderire le stesse imprese.D’altra parte, molte imprese del settore delle costruzioni hanno un ciclo di lavoro piuttosto ele-mentare se paragonato, ad esempio, ai cicli produttivi di industrie manifatturiere. Ciò rende deltutto improbabile che un’azienda del tipo in esame possa ricorrere ad un finanziamento previ-sto negli Assi 22, 33 e 44 semplicemente perché essi riguardano aspetti produttivi che mal siadattano alle effettive condizioni di lavoro di un’impresa di costruzioni che spesso non è dota-ta di un vero e proprio impianto produttivo come, ad esempio, una linea di produzione (Asse2) o un ambiente di lavoro, e di un suo lay-out, la cui modifica potrebbe apportare migliora-menti sugli standard di sicurezza (Asse 4).

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2 Asse 2 :modifica e reingegnerizzazione di impianti e processi finalizzati alla riduzione della esposizione deilavoratori ad agenti chimici, fisici e biologici.3 Asse 3 :modifica o reingegnerizzazione di macchine ed apparecchi finalizzate alla eliminazione o riduzionedell’impiego di sostanze pericolose.4 Asse 4 :ristrutturazioni o modifiche rilevanti degli ambienti di lavoro conseguenti alla riorganizzazione deilay-out che abbiano uno specifico impatto diretto e sostanziale sulla sicurezza.

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L’unico asse5 che avrebbe in qualche modo potuto interessare il settore edile è l’Asse 1 (“modifi-ca e reingegnerizzazione di impianti, macchine e dispositivi riguardanti singoli reparti di produzio-ne ... Non sono finanziabili in conto capitale i soli acquisti e installazioni”) nel quale era previstala sostituzione di macchine non marcate CE (ad es., gru, ecc.) con analoghe aventi la citata mar-catura; ma in questo caso veniva escluso il finanziamento in conto capitale, ovvero la più impor-tante molla che avrebbe in qualche modo interessato le aziende ad accedere al finanziamento.Il solo finanziamento in conto interessi, probabilmente, non rappresenta, da solo, un congruoincentivo.Al contrario, i progetti relativi ai programmi di Formazione ed Informazione ai lavoratori sonostati accolti favorevolmente dalle ditte del settore che hanno avuto accesso ai finanziamenti.Anche in questo caso vi possono essere più chiavi di lettura, peraltro convergenti tra loro:a) La mancanza della necessaria regolarità contributiva, che ha aperto la via anche a ditte non

perfettamente in regola;b) L’importo concesso che, nei limiti dei 100 milioni di Lire, copriva il 75% della spesa a fondo

perduto, rappresentando, quindi, una notevole occasione di risparmio per adempiere ad unobbligo di legge (previsto espressamente dal D.Lgs. 626/94);

c) Conseguentemente, la possibilità di adempiere ad un obbligo di legge con una spesa minima.

CONCLUSIONI

Per quanto sinora detto, il settore delle costruzioni è stato abbastanza attento ai progetti diFormazione ed Informazione ai lavoratori, mentre non ha mostrato interesse per i programmidi adeguamento. Ciò sembrerebbe poco logico alla luce dei dati relativi all’alto tasso di infor-tuni legato allo specifico settore, che si colloca come uno di quelli a maggior rischio lavorati-vo. La risposta a tale apparente contrasto potrebbe trovare spiegazione in quanto esposto nelparagrafo precedente.Se si considera che l’intento dei programmi di finanziamento alle imprese non era quello di pri-vilegiare un solo aspetto della sicurezza, bensì tutto ciò che è ad esso correlato, è evidente chenon è stato pienamente raggiunto(almeno per questo settore, in particolare nella regionePuglia) lo scopo che ci si era prefissati al momento del lancio del bando. Questo, però, potràdiventare un sicuro obiettivo futuro andando ad analizzare più a fondo le cause ed eliminan-done i motivi.

BIBLIOGRAFIA

BANCA DATI INAIL

G. Ortolani: I dati degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali nelle costruzioni. Attidel Convegno “Costruiamo la sicurezza: la prevenzione degli infortuni e delle malattie profes-sionali in edilizia”, Altamura (BA), 27 aprile 2004.

G. Mosconi, M.M. Riva: Le malattie da lavoro e la sorveglianza sanitaria in edilizia. Atti delConvegno “Costruiamo la sicurezza: la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionaliin edilizia”, Altamura (BA), 27 aprile 2004.

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5 Discorso a parte merita l’asse 5 che fa riferimento all’implementazione di Sistemi di Gestione della sicurezza.

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INCENTIVI DI SOSTEGNO ALLE IMPRESE: MONITORAGGIO RELATIVO AL PRIMOBANDO IN MERITO ALL’ASSE DI FINANZIAMENTO N° 5

F.R. Mignacca** INAIL - Direzione Generale - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione c/o D.C. Prevenzione

RIASSUNTO

Scopo del lavoro è analizzare le domande di finanziamento in conto interessi rientranti nel 1°bando del 2002, giudicate definitivamente ammissibili e finanziabili. Nello specifico, sonostate investigate quelle domande che hanno richiesto il finanziamento per l’Asse 5(Implementazione di sistemi di gestione aziendale della sicurezza secondo parametri conformialla normativa internazionale). L’indagine è stata condotta attraverso le seguenti fasi: 1)Acquisizione delle liste definitive delle domande ammissibili per l’Asse 5. 2) Selezione degliambiti da analizzare. 3) Elaborazione statistica e grafica dei dati raccolti. Si è preso in consi-derazione: 1) Provenienza geografica delle domande. 2)Attività svolta dalle aziende richieden-ti. 3) Numero di dipendenti. 4) Norma tecnica di riferimento. 5) Coinvolgimento dei lavoratorinel sistema di gestione. 6) Tipo di auditors. 7) Eventuale consulenza esterna. 8) Richiesta delfinanziamento integrativo in conto capitale. L’analisi ha permesso di tracciare un quadro d’in-sieme sull’approccio delle aziende italiane verso nuove strategie prevenzionali, consistenti nel-l’adozione di Sistemi di Gestione della Sicurezza e salute sul Lavoro.

SUMMARY

This paper aims to analyze those applications for “interest-account” financing, covering the 1stproclamation (2002), which have been finally judged as suitable to being financed. In parti-cular, the scrutinized ones have required financing for Axis number 5 (Implementation ofOccupational Health and Safety Management Systems, according to parameters conformant tointernational Standards). The study has been carried out through the following steps: 1)Acquisition of the lists of those applications allowed for Axis 5. 2) Selection of topics to beanalyzed. 3) Statistical and graphical output of collected data. The considered topics havebeen: 1) Geographical origin of applications. 2) Activities of applying enterprises. 3) Numberof employees. 4) Referring Standard. 5) Involvement of workers within the managementsystem. 6) Kind of auditors. 7) Optional external advice. 8) Request for the “capital-account”supplementary financing. The analysis has allowed to trace an overall framework about theapproach of Italian enterprises towards new prevention strategies: implementation ofOccupational Health and Safety Management Systems.

1. INTRODUZIONE

Questo lavoro intende sondare l’approccio complessivo delle imprese italiane verso i sistemi digestione aziendale della sicurezza (SGSL). Il campione di riferimento è formato da quelle azien-

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de che hanno presentato, presso l’INAIL, domanda di finanziamento per implementazione diSGSL (ISI- Programmi di adeguamento: Asse di finanziamento n° 5, 1° bando, 2002) e chesono state ammesse al finanziamento, a seguito d’istruttoria tecnica e bancaria.

2. MATERIALI E METODI

Dal sito dell’INAIL sono state ricavate le liste, datate luglio 2003, delle domande richiedentil’Asse 5, risultate finanziabili, in conto interessi. In seguito, si sono acquisiti i file .rtf dei cor-rispettivi moduli di domanda. In Italia sono state inoltrate 641 istanze di finanziamento perl’Asse 5; tra queste, quelle approvate e ritenute finanziabili sono 249. Su queste ultime 249 domande è stata poi eseguita un’analisi statistica, concernente 8 para-metri: 1) Regione di provenienza. 2) Attività svolta, secondo i Grandi Gruppi di Tariffa INAIL.3) Numero di dipendenti. 4) Norma tecnica di riferimento per l’implementazione del SGSL. 5)Percentuale dei lavoratori coinvolti del SGSL, rispetto alla totalità dei dipendenti. 6) Tipo diauditors chiamati a verificare la conformità del SGSL alla Norma scelta o a parti di essa. 7)Eventuale consulenza esterna per la progettazione e l’implementazione del SGSL. 8) Eventualerichiesta del finanziamento integrativo in conto capitale.

2.1 Distribuzione geografica

Il grafico 1 illustra la provenienza delle domande.

La Regione maggiormente rappresentata (13,6%) è il Veneto, seguita da Emilia Romagna(11,3%) e Piemonte (10,4%). Di contro, si classificano agli ultimi posti la Valle d’Aosta (0%),il Trentino Alto Adige (0,4%) e la Sardegna (0,8%).

Grafico 1: Regione di provenienza

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2.2 Attività svolta dalle aziende

Il grafico 2 rappresenta la distribuzione del campione in base all’attività svolta, secondo iGrandi Gruppi di Tariffa INAIL.

Al primo posto (29,7%) si trova il Grande Gruppo 6; al secondo (20,5%) il Grande Gruppo 0 eal terzo (14,1%) il Grande Gruppo 2. Di contro, i Grandi Gruppi meno presenti nel campionesono il 3 (4%), l’8 (3,6%) e il 4 (0,4%).

2.3 Dimensioni aziendali

Il grafico 3 illustra le dimensioni aziendali.

Grafico 2: Attività svolta (Grandi Gruppi di tariffa)

Grafico 3: Numero di dipendenti

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Poco più della metà (51,4%) delle aziende ha un numero di dipendenti compreso fra 10 e 50;il rimanente 19,7% è costituito da piccolissime imprese (fino a 10 addetti). Le grandi (tra 200e 250 addetti) invece sono rappresentate da una percentuale esigua (1,6%); le rimanenti(27,3% complessivo) oscillano tra 50 e 200 dipendenti.

2.4 Norma tecnica di riferimento

Nel grafico 4 è illustrato il tipo di Norma Tecnica di riferimento per l’implementazione del SGSL.

Le aziende che hanno scelto, come riferimento per l’implementazione del loro SGSL, le LineeGuida UNI- INAIL - ISPESL- Parti sociali, sono una percentuale considerevole (78,7%). Il 20,1%si è invece ispirato allo standard OHSAS 18001, mentre il rimanente 1,2% ha seguito altreNorme (soprattutto BS 8800).

2.5 Coinvolgimento dei lavoratori nel SGSL

Il grafico 5 mostra la percentuale dei lavoratori coinvolti nel SGSL, rispetto al totale dei dipen-denti.

Grafico 4: Norma di riferimento

Grafico 5: Percentuale lavoratori coinvolti

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Una maggioranza consistente di aziende (79,1%) è contraddistinta da un totale coinvolgimen-to (100%) dei lavoratori nel SGSL; l’11,7% vede coinvolto tra il 50% e il 100% dei dipendentied il 9,2%, meno della metà.

2.6 Utilizzo di consulenza esterna

Nel grafico 6 è mostrato l’impiego o meno di consulenza esterna per l’implementazione delsistema.

La stragrande maggioranza delle imprese campione (92,4%) intende avvalersi, per la proget-tazione e l’implementazione del SGSL, della collaborazione di consulenti esterni, mentre appe-na il 7,6% è intenzionato a non usufruirne.

2.7 Scelta degli auditors

Il grafico 7 riguarda la tipologia di auditors scelti.

Grafico 6: E’ stata utilizzata una consulenza esterna?

Grafico 7: Tipologia di auditors

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Si nota un sostanziale equilibrio, con leggera prevalenza (39%) dell’impiego di consulentiesterni come auditors; nel 36,1% si è invece optato per l’esecuzione di audit da parte deglistessi dipendenti e nel 24,9% per una cooperazione tra ambedue.

2.8 Richiesta del finanziamento in conto capitale

Il grafico 8 si riferisce alla richiesta o meno del finanziamento in conto capitale.

Si ha una netta predominanza (88,8%) di aziende che, al quesito “Intende richiedere, per il pro-getto presentato, il finanziamento in conto capitale?”, hanno risposto “Sì”; d’altra parte solol’11,2% ha fornito risposta negativa.

3. RISULTATI

Le 249 domande di finanziamento ammesse per l’Asse 5, rientranti nel 1° bando, sono moltopoche rispetto alle 7146 totali (3,5% scarso). Nel nostro Paese l’adozione di SGSL, come stru-mento di prevenzione d’infortuni e malattie professionali, è relativamente recente. Inoltre, percom’è concepito un SGSL, è necessaria un’organizzazione aziendale sufficientemente articola-ta, difficilmente realizzabile dove vi sono, poniamo il caso, 1 o 2 dipendenti!!La distribuzione geografica del campione rispecchia fedelmente l’attuale tessuto produttivoitaliano, dal momento che in Veneto ed Emilia Romagna si concentra una miriade di piccole emedie imprese. Comunque, sono ben rappresentate anche certune regioni del Centro-Sud(Lazio, Puglia, Campania, Sicilia).Le attività prevalenti rientrano nel Grande Gruppo 6 (industrie meccaniche, autofficine, car-penteria metallica) e nel 2 (stampaggio di materie plastiche, tipografie). In questi ambiti pro-duttivi è necessaria una grande attenzione alla sicurezza, essendovi spesso macchine, attrez-zature pericolose e/o rischi ambientali elevati (rumore, sostanze chimiche nocive). Di contro,il Grande Gruppo 3 (Costruzioni edili, stradali, impiantistica) appare defilato. L’edilizia è unsettore lavorativo notevolmente a rischio, caratterizzato da un elevato numero d’infortuni sullavoro; ciò malgrado, vi sono poche richieste per l’implementazione di SGSL in tale ambito. A

Grafico 8: E’ stato richiesto il finanziamento in conto capitale?

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questo proposito, si tenga presente che in edilizia, soprattutto a livello artigianale, non sem-pre vi sono mansioni lavorative ben distinte ed i luoghi di lavoro sono variabili. La maggioranza delle aziende ha meno di 50 dipendenti. La flessibilità di esse ha consentito dicogliere al volo quest’opportunità per gestire al meglio la sicurezza e la salute dei lavoratori.Il discorso può essere diverso per aziende con più di 100 addetti, ossia è molto probabile cheal loro interno vi sia già da tempo un’organizzazione della sicurezza che implica competenze,ruoli e responsabilità ben definiti.La scelta delle Linee Guida UNI/INAIL/ISPESL/Parti Sociali, come Riferimento per il SGSL, assu-me carattere di “plebiscito”. L’enorme seguito delle Linee Guida appare un segnale incorag-giante per l’INAIL, in seno alle sue funzioni di consulenza ed assistenza alle imprese nel campodella prevenzione e della sicurezza sul lavoro. Il resto delle aziende ha invece scelto le NormeOHSAS 18001 ovvero BS 8800; in fondo le Linee Guida traggono spunto proprio da esse!! Inparticolare, OHSAS 18001 va per la maggiore in Puglia, Veneto e Sicilia.Secondo le Norme, la Politica per la sicurezza aziendale dovrebbe prevedere il coinvolgimentodell’intera organizzazione (dal Datore di Lavoro fino ad ogni singolo dipendente, anche attra-verso i RLS). Dal grafico 2.5 si desume che in gran parte delle imprese esaminate è previsto uncoinvolgimento nel SGSL del 100% dei lavoratori; ciò potrebbe essere indice di conoscenzaapprofondita delle Norme di riferimento. Per di più, all’interno della Sezione H5 del Modulo didomanda (Figura 1), c’è un quesito obbligatorio posto sotto forma di “messaggio subliminale”:

Si nota che più del 90% delle imprese intende usufruire dell’apporto di consulenze esterne(studi e/o singoli professionisti) per la progettazione e l’implementazione del SGSL. In picco-le realtà produttive, è molto frequente il ricorso a terzi per la gestione dei rischi professionali(e.g. RSPP, Medico Competente); anche in questa sede se ne avverte fortemente l’esigenza,specialmente se ci si cimenta per la prima volta con i SGSL. Un punto focale del SGSL è l’effettuazione di verifiche ispettive interne (audit). Gli auditors,indipendenti dal settore di lavoro ove eseguono la verifica, possono essere consulenti esterni,dipendenti aziendali, ovvero entrambi. Vi è una leggera prevalenza di casi di ricorso ad audi-tors esterni; presumibilmente è necessario integrare le competenze e le capacità dei dipenden-ti con quelle di altro personale specializzato.In ultima analisi, al quesito “Intende richiedere, per il progetto presentato, il finanziamento inconto capitale?”, numerosissime aziende hanno risposto “Sì”. Il contributo integrativo, pari al30% di quanto già concesso in conto interessi, verrebbe erogato, sempre previa istruttoria delledomande, a favore di programmi aventi elevata valenza ed efficacia prevenzionale. L’altonumero d’adesioni porta ad ipotizzare che quasi tutte le imprese intenzionate ad implementa-re un SGSL siano persuase di migliorare, in maniera efficace e risolutiva, le condizioni di sicu-rezza e salute dei lavoratori.

Figura1: Sezione H5 del Modulo di domanda

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4. CONCLUSIONI

Il 1° bando (2002) di finanziamenti INAIL per la realizzazione di programmi di adeguamentodelle piccole e medie imprese alle norme di sicurezza è stato un esperimento dall’impatto nonindifferente. Tuttavia, le richieste accolte per l’Asse di finanziamento n° 5 sono state nelcomplesso esigue. In seno al bando successivo (2004) si è invece registrato un notevole incre-mento nelle richieste d’implementazione di SGSL: circa + 36%!Dall’analisi statistica delle 249 domande investigate, sono emersi da un lato segnali certa-mente lusinghieri, dall’altro lacune da colmare. Dal punto di vista geografico, si nota una pre-senza notevole d’aziende site in Regioni del Centro-Sud; come Standard di riferimento, le LineeGuida UNI/INAIL/ISPESL/Parti Sociali hanno riscosso un consenso pressoché plebiscitario. Ciòè presumibilmente dovuto alla grande semplicità ed adattabilità del documento. D’altronde, non manca il risvolto della medaglia. In primis, un settore tradizionalmente rischio-so come l’edilizia è stato caratterizzato, anche a livello di grandi imprese, da scarsissima sen-sibilità verso i SGSL, fatte salve le condizioni lavorative tipiche dei cantieri edili. In secondoluogo, l’utilizzo di consulenti esterni, sia come progettisti di sistema sia come auditors, appa-rirebbe eccessivo (considerandone anche i costi).Andrebbero potenziate l’informazione e la formazione, in materia d’implementazione di SGSLe di effettuazione di auditors di sistema, a livello capillare e territoriale, nei settori dove lagestione della sicurezza è carente. L’analisi dell’approccio delle imprese italiane verso i SGSL necessiterebbe, al termine dell’i-struttoria del 2° bando, un’ulteriore indagine. A tal fine, si potrebbe porre, a tutte le aziendebeneficiarie di finanziamenti per l’Asse 5 (2002 + 2004), un questionario contenente doman-de a scelta multipla, in merito ai punti cardine del SGSL. L’iniziativa avrebbe lo scopo di verifi-care più approfonditamente quanto dichiarato nella domanda di finanziamento, considerandoche si tratta di un’autocertificazione.

BIBLIOGRAFIA

INAIL: http://www.inail.it (gennaio 2005).

DECRETO LEGISLATIVO 23 FEBBRAIO 2000, n° 38: “Disposizioni in materia di assicurazionecontro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, a norma dell’articolo 55, comma 1,della legge 17 maggio 1999, n. 144”.

ART. 23 DEL REGOLAMENTO DI ATTUAZIONE DEL D.LGS. 38/2000: “Programmi e progetti inmateria di sicurezza ed igiene sul lavoro”.(Testo coordinato dei decreti 7 febbraio 2001 e 15settembre 2000).

UNI-INAIL-ISPESL-PARTI SOCIALI: Linee Guida per un sistema di gestione della salute e sicu-rezza sul lavoro (SGSL), 2001.

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INCENTIVI ALLE IMPRESE DEL SETTORE CHIMICO: ANALISI DELLE RICHIESTE E VALUTAZIONI PARTICOLARI

L. Quaranta* * INAIL - Direzione Generale - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione c/o D. C.Prevenzione

RIASSUNTO

Gli interventi di sostegno alla prevenzione previsti all’articolo 23 lettera a) del D.Lgs. 38/2000si sono realizzati attraverso i due bandi pubblicati nel maggio 2002 e maggio 2004. L’analisi chesi presenta è riferita alle richieste pervenute dal settore chimico a fronte di questa iniziativa.Si è studiata la significatività del numero di richieste presentate da tale settore, espressionedell’interesse all’iniziativa ed al tema della prevenzione.

SUMMARY

The incentives for enterprises as provided for by low making by decree 38/2000, art. 23 let. a)have been enforced by two announcements in may 2002 and may 2004. This analysis concernsthe interest of chemical sector in this initiative. The number of requests represents how muchis important the prevention action.

1. PREMESSA

Come noto il D.Lgs. del 23 febbraio 2000 n. 38 alla lettera a) dell’articolo 23 prevede interventidi sostegno ai programmi di adeguamento delle strutture e dell’organizzazione alle normativedi sicurezza e igiene del lavoro delle piccole e medie imprese e dei settori agricolo e artigiana-le in attuazione del D.Lgs. 626/1994 e successive modificazioni.Le risorse economiche per incentivare l’iniziativa da dedicare in conto interessi per i programmidi adeguamento ammontavano, per il bando 2002, a euro 180.759.915, distribuite a livelloregionale tenendo conto del numero degli addetti alle imprese destinatarie dell’iniziativa e dellarilevanza del fenomeno infortunistico nel territorio di competenza di ciascuna regione. Le risor-se economiche non sono state esaurite con il bando del 2002 per cui le risorse residue, pari aeuro 106.804.748, sono state destinate alla ripetizione dell’iniziativa con il bando del 2004.Gli assi di finanziamento previsti sono 5:Asse 1: Eliminazione di macchine prive di marcatura CE e loro sostituzione con macchine marcate CE;Asse 2: Acquisto, installazione, modifica di impianti, apparecchi e dispositivi per incremento livellodi sicurezza, per riduzione esposizione ad agenti fisici, chimici, biologici, per eliminazione oriduzione dell’impiego di sostanze pericolose;Asse 3: Installazione di dispositivi di monitoraggio al fine di controllare l’esposizione ad agen-ti chimici, fisici e biologici;Asse 4: Ristrutturazione e/o modifica strutturale degli ambienti di lavoro;Asse 5: Implementazione dei sistemi di gestione aziendale della sicurezza.

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2. DISTRIBUZIONE ED INCIDENZA DELLE AZIENDE DEL SETTORE CHIMICO

L’analisi delle richieste presentate per i programmi di adeguamento parte dal considerare lanumerosità delle aziende del settore chimico rispetto al numero totale delle aziende.Sono stati presi in considerazione gli anni 2001 e 2003 per l’analisi del numero di imprese, diaddetti, di infortuni e malattie professionali: sono gli anni immediatamente precedenti quellidegli incentivi alla prevenzione in modo da avere dati confrontabili sull’incidenza della rispo-sta da parte del tessuto produttivo.Le aziende chimiche prese in considerazione sono state le aziende appartenenti al grandegruppo 2 della TARIFFA dei premi INAIL: Chimica, materie palastiche e gomma. Carta e poli-grafia. Pelli e cuoi: ciascun titolo trova corrispondenza rispettivamente nei gruppi 2100, 2200,2300.Sia nel 2001 che nel 2003 la percentuale delle aziende chimiche rispetto al totale delle azien-de assicurate INAIL è pari al 2%; la percentuale degli addetti del settore chimico è invece del4% con un valore che nel 2003 è pari a 633.398 addetti contro i 17.437.367 lavoratori totali.La distribuzione territoriale delle aziende chimiche è mostrata in figura 1.

Nord ovest: Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, LombardiaNord est: Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Emilia RomagnaCentro: Toscana, Lazio, Marche, UmbriaSud: Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, CalabriaIsole: Sicilia, Sardegna

Figura 1: distribuzione territoriale delle aziende chimiche

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Rimasta pressoché invariata anche per l’anno 2003, la distribuzione territoriale vede una pre-valenza delle aziende appartenenti al settore carta e poligrafia.

3. INCIDENZA DELLE RICHIESTE PERVENUTE DAL SETTORE CHIMICO

Le richieste relative ai programmi di adeguamento presentati nel 2002 dal settore chimico sonorappresentate in figura 2.

La percentuale delle richieste nel bando 2004 passa dall’8% al 6% per le imprese artigiane edal 10% al 9% per le PMI rimanendo ancora nulla per le imprese agricole.Appare pertanto degna di rilievo la risposta che il settore chimico ha dato all’iniziativa.In merito alla tipologia di assi prescelto nel bando 2002 la ripartizione degli importi per asse,sempre per il settore chimico, prevedeva: il 42% per l’asse 1;il 36% per l’asse 2;l’1% per l’asse 3;il 19% per l’asse 4;il 2% per l’asse 5.Le percentuali sono variate nel bando del 2004 in cui prevale una richiesta per l’asse 2:il 33% per l’asse 1;il 43% per l’asse 2;l’1% per l’asse 3;il 22% per l’asse 4;il 2% per l’asse 5.

Figura 2: Incentivazione all’adeguamento alle norme sulla sicurezza- richieste pervenute: totale ed incidenza del settore chimico.

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Nel bando 2002 il totale delle richieste provenienti dal settore chimico è pari a 568: di queste162 provengono dal mondo artigiano e 406 dalle piccole e medie imprese. Nel bando 2004 ilnumero di richieste è sceso a 435 di cui 95 artigiane e 340 piccole e medie imprese.A fronte di una presenza sul territorio maggiore delle aziende appartenenti al gruppo 2200, siriscontra un numero di richieste maggiore per le aziende del gruppo 2100, numero che aumen-ta nel bando 2004.Considerando i beneficiari coinvolti nelle richieste pervenute dal settore chimico l’iniziativavede interessati circa 10.000 lavoratori. La tipologia di interventi per l’asse 2 è mostrata in figura 3 ed è relativa al bando 2002 rima-nendo più o meno stabile anche per il bando 2004.

4. CONCLUSIONI

La risposta del settore chimico all’iniziativa finalizzata alla prevenzione appare abbastanzarilevante sia per numero di aziende interessate che per importi richiesti che per lavoratori coin-volti.La tipologia di intervento per l’asse 2 più marcata è relativa alla riduzione delle sostanze chi-miche puntando in parte alla loro eliminazione. Il tutto rimane indice di sensibilizzazione delsettore nei confronti della riduzione dei rischi favorendo pertanto iniziative che prediligono laprevenzione.

RINGRAZIAMENTI

Si ringrazia la Consulenza Statistico Attuariale dell’INAIl ed il dott. Carmine Salvati dellaDirezione Centrale Sistemi Informativi e Telecomunicazioni per aver fornito i dati presentati.

Figura 3: tipologia interventi per l’asse 2.

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POSTER A TEMA LIBERO

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INFORTUNI SUL LAVORO: NUOVE TECNOLOGIE E NUOVI STRUMENTI DI ANALISI

P. Anzidei*, R. Giovinazzo*, F. Nappi*, F. Venanzetti** INAIL - Direzione Generale - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione

RIASSUNTO

La CONTARP, in collaborazione con la D.C. Prestazioni, la D.C. Rischi e la C.I.T., si propone di svi-luppare un Sistema Informativo Geografico (GIS) con i dati relativi alle aziende produttive assi-curate INAIL. La possibilità di analizzare le informazioni sui fenomeni infortunistici e sulle malat-tie professionali in sovrapposizione alle diverse caratteristiche territoriali (distribuzione dei sitiproduttivi e dei centri abitati, rete viaria, natura del territorio, dati demografici, ecc.), consenti-rà l’integrazione di tutte le informazioni disponibili e soprattutto l’analisi delle possibili relazio-ni tra esse esistenti, fornendo un valido ausilio in fase di valutazione del rischio lavorativo ed evi-denziando i possibili fattori di confondimento di origine ambientale o antropica.Un primo approccio a questo tipo di analisi del fenomeno infortunistico riguarderà gli infortu-ni nel settore dei trasporti. Il GIS consentirà non solo l’analisi spaziale dell’andamento infor-tunistico in relazione alle infrastrutture stradali, ma anche l’elaborazione di modelli preven-zionistici, grazie alla contemporanea disponibilità di informazioni relative alle strade maggior-mente interessate dagli incidenti e alla lunghezza media dei percorsi effettuati. La possibilitàdi indagare sulle varie cause di infortunio permetterà di proporre soluzioni economicamentevantaggiose anche solo attraverso la verifica di tragitti alternativi “più sicuri”.

SUMMARY

The Technical Advisory Department for Risk Assessment and Prevention, in cooperation with D.C.Rischi, D.C. Prestazioni and C.I.T., intends to set a Geographic Informative System (GIS) with datarelevant to INAIL insured enterprises. The analysis of industrial injuries and occupational diseasesrelated to territorial peculiarities (manufacturing sites and town’s distribution, road network, natu-re of the region, demographic data, etc.) will allow both the integration of the whole availableinformation and the analysis of their possible connections. This will be very helpful during workingrisk assessment and will point out any element of confusion of environmental and anthropic origin.In the first phase, this kind of analysis will regard the accidents related to the transportindustry. Owing to the contemporary availability of different kinds of data, the GIS will allowboth the spatial analysis of the industrial accidents trend and the processing of precautionarymodels. The investigation over accidents causes will suggest economically favourable solutions,simply by looking for safer roads.

1. INTRODUZIONE

Oggi è forte l’esigenza di informazioni di qualità sempre più ricche e approfondite che consen-

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tano la tempestiva produzione di dati a vari livelli di dettaglio territoriale. Le aziende di servi-zi pubblici, gli istituti di credito, le assicurazioni, i servizi socio-sanitari, le società di traspor-to e di distribuzione, i ministeri, le province, i comuni, le università e molti altri ancora, gra-zie allo sviluppo di nuove tecnologie, stanno profondamente trasformando i processi di pro-gettazione, gestione e controllo.La tecnologia offre all’Istituto, impegnato sul fronte della valutazione del rischio di infortunioe malattia professionale e della prevenzione, nuovi strumenti di analisi e di controllo dei feno-meni indagati nonché di supporto alle azioni da intraprendere.L’uso dei Sistemi Informativi Geografici (GIS) nelle indagini statistiche è sempre più diffuso nel-l’ambito di progetti aventi rilevanza tanto internazionale quanto nazionale e locale. Questo per-ché i GIS consentono una gestione più razionale dei dati e aumentano la possibilità di accedere,anche in modo personalizzato, alle informazioni riferite ad aree di interesse. Essi permettonoinoltre la costruzione di modelli interpretativi e predittivi di qualsiasi fenomeno i cui dati possa-no essere opportunamente riferiti al territorio. L’esame delle informazioni sul fenomeno infortu-nistico e/o di malattia professionale in sovrapposizione alle diverse caratteristiche territoriali(distribuzione dei siti produttivi e dei centri abitati, dati demografici, natura del territorio, reteviaria, ecc.) consente non solo l’integrazione delle informazioni disponibili ma anche e soprat-tutto l’analisi delle possibili relazioni tra esse esistenti, fornendo un valido aiuto nell’esecuzionedi inferenze statistiche e permettendo, in sede di valutazione del rischio lavorativo, di tenerconto di tutti i possibili fattori di confondimento, di origine tanto ambientale quanto antropica.Il settore dei trasporti su strada, che vede circa 25.000 infortuni sul lavoro ogni anno, potreb-be essere un primo ambito dell’approccio INAIL a questo nuovo tipo di analisi del fenomenoinfortunistico. Grazie alle informazioni contenute nelle denunce di infortunio e alla disponibi-lità di cartografie molto dettagliate che descrivono sia la rete stradale che gli elementi geo-grafici (laghi, mari, fiumi, ecc.) e amministrativi (limiti provinciali, regionali, comunali, ecc.),è possibile posizionare i singoli eventi lungo la rete viaria in associazione alle informazionirelative a ciascun evento. Avvalendosi dei dati INAIL relativi alle aziende assicurate, una voltalocalizzati sul territorio anche i principali nuclei produttivi del Paese, il GIS consentirebbe nonsolo l’analisi dell’andamento infortunistico in relazione alle infrastrutture stradali, ma anchel’elaborazione di modelli prevenzionistici, grazie alla contemporanea disponibilità di informa-zioni relative alle strade maggiormente coinvolte, alla lunghezza media dei percorsi e allepotenziali migliorie nella gestione dei tragitti ottimali.

2. I SISTEMI INFORMATIVI GEOGRAFICI

Tra i prodotti che lo sviluppo informatico ci ha fornito, i Sistemi Informativi Geografici (GIS)rappresentano un’innovazione straordinaria nella gestione di dati geo-referenziabili (posizio-nabili mediante punti a coordinate note nella rispettiva zona di territorio reale secondo un datosistema di riferimento) e nella produzione di analisi spaziali che hanno il grande vantaggio diessere sintetizzate in immagini e, come tali, di risultare estremamente più eloquenti e sugge-stive nel senso più ampio del termine. Una cartografia tematica infatti, a differenza dei classi-ci report tabellari, oltre a rappresentare un’analisi, rende intuitivo il riconoscimento di rela-zioni spaziali tra i fenomeni o i dati in genere e suggerisce ulteriori relazioni. Infatti i GIS, ini-zialmente considerati semplici strumenti di visualizzazione, sono rapidamente evoluti in stru-menti completi per l’analisi spaziale, consentendo di presentare i dati con efficaci rappresen-tazioni visive e permettendo di costruire utili modelli interpretativi.I GIS sono un insieme di hardware e applicazioni software per l’acquisizione, il processamen-to, l’immagazzinamento e la restituzione in forma grafica o alfanumerica di dati riferiti al ter-

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IL SOSTEGNO DELL’INAIL ALLE AZIENDE: DALL’ASSICURAZIONE ALLA PREVENZIONE. IL RUOLO DELLA CONTARP

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ritorio. In un GIS vengono rappresentati graficamente degli “oggetti” che, opportunamentegeo-referenziati, sono posti in relazione con tabelle di attributi di tipo geografico, alfanume-rico (testo) o statistico. La misura di distanze, di aree, la ricerca di centroidi, i percorsi minimi che si ottengono consi-derando la rete stradale esistente (come le operazioni di ottimizzazione dei percorsi utilizzatidai sistemi di navigazione satellitare delle automobili), sono operazioni facilmente eseguibilicon le applicazioni GIS. Le potenzialità sono davvero tante: a titolo esemplificativo si può quiricordare la funzione di “overlay”, che consente di integrare le informazioni contenute in “stra-ti” informativi diversi. Ogni “strato” ha i propri attributi riferiti a oggetti diversi che possonoessere rappresentati come punti, linee o poligoni (per esempio, la cartografia della rete stra-dale e la cartografia dei limiti provinciali o comunali). L’operazione di sovrapposizione deglistrati permette di generare una nuova mappa che presenti le aree e/o gli elementi geograficie i loro attributi ricavati dai dati di partenza secondo criteri decisi dall’utente.

3. OBIETTIVI

L’obiettivo che ci si propone di raggiungere è quello di progettare un Sistema InformativoGeografico che, attraverso la verifica della distribuzione spaziale degli incidenti stradali nelsettore dei trasporti, della localizzazione su scala nazionale delle attività produttive e dell’e-same delle origini/destinazioni dei trasporti considerati, suggerisca modelli di prevenzionemediante l’analisi della rete infrastrutturale o anche differenti strategie di collegamento tra gliattori del sistema produttivo nazionale.In questa prima fase si è scelto di focalizzare l’attenzione su tre regioni Italiane (Veneto, Lazioe Sicilia) rappresentative, rispettivamente, delle differenti realtà che si possono incontrare alnord, al centro e al sud della penisola.Nella Tabella 1 sono riportati i dati relativi agli infortuni denunciati nelle tre regioni campione pergli anni 2000 e 2001 (l’inserimento nella banca-dati INAIL dei dati successivi al 2001, codificatisecondo il sistema ESAW, non è ancora completo), suddivisi per denunce totali e infortuni in iti-nere relativamente all’agente materiale 11 (trasporto su gomma) e alle modalità di accadimento91 (alla guida di) e 92 (a bordo di). Si può notare come la percentuale di infortuni in itinere varimolto tra le regioni considerate e come, a fronte di una tendenza alla diminuzione degli inciden-ti totali, quelli in itinere sembrino invece costanti o in aumento negli anni presi in considerazio-ne. Nelle Tabelle 2 e 3 sono riportate le voci di tariffa maggiormente interessate dagli infortuni(almeno 100 denunce in due delle tre regioni) rispettivamente per l’anno 2000 e per l’anno 2001.A questo proposito va sottolineato che per la regione Veneto si è riscontrato, per molte voci ditariffa (non tutte elencate nelle due tabelle) un numero di denunce per anno spesso molto mag-giore di 100. Risulta inoltre evidente come ad alcune voci di tariffa apparentemente non interes-sate dal trasporto su gomma corrispondano numeri insolitamente alti di infortuni - esclusi ovvia-mente quelli in itinere - riferibili alle modalità di accadimento 91 e 92.

Tabella 1: Infortuni totali e in itinere denunciati all’INAIL relativamente all’agente materiale 11 e alleforme di accadimento 91 e 92.

RegioneInfortuni denunciati Infortuni in itinere % di infortuni in itinere2000 2001 2000 2001 2000 2001

Veneto 16515 13146 8931 8397 54% 64%Lazio 4309 3208 597 884 14% 28%Sicilia 1807 1706 371 494 21% 29%

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Tabella 2: Infortuni denunciati nell’anno 2000 per le regioni Veneto, Lazio e Sicilia relativamente alle vocidi tariffa con più di 100 denunce.

Voce di tariffaVeneto Lazio Sicilia

Infortuni Infortuni % infortuni Infortuni Infortuni % infortuni Infortuni Infortuni % infortunidenunciati in itinere in itinere denunciati in itinere in itinere denunciati in itinere in itinere

0311 628 418 67% 313 58 19% 151 49 32%

0712 141 42 30% 192 12 6% / / /

0721 552 197 36% 322 34 11% 141 23 16%

0722 2555 1581 62% 760 169 22% 204 69 34%

0723 550 189 34% 253 21 8% 120 17 14%

9123 222 39 18% 104 2 2% / / /

Tabella 3: Infortuni denunciati nell’anno 2001 per le regioni Veneto, Lazio e Sicilia relativamente alle vocidi tariffa con più di 100 denunce.

Voce di tariffaVeneto Lazio Sicilia

Infortuni Infortuni % infortuni Infortuni Infortuni % infortuni Infortuni Infortuni % infortunidenunciati in itinere in itinere denunciati in itinere in itinere denunciati in itinere in itinere

0311 486 354 73% 231 94 41% 129 47 36%

0712 119 34 29% 150 42 28% / / /

0721 480 164 34% 266 54 20% 140 27 19%

0722 2040 1475 72% 517 188 36% 190 75 39%

0723 492 230 47% 178 32 18% 109 27 25%

Legenda:

0311: Strutture sanitarie, per cure estetiche, per il benessere fisico e simili. Ambulatori medici ed odontoiatrici ecc.. Laboratori di analisi, ecc..

0712: Guardie giurate.0721: Personale con mansioni operative in genere: fattorini, autisti, inservienti, portieri ecc.. Portalettere. Addetti ai

caselli autostradali.0722: Personale che per lo svolgimento delle proprie mansioni fa uso di videoterminali e macchine da ufficio.0723: Personale che per lo svolgimento delle proprie mansioni fa uso di veicoli a motore condotti personalmente.9123: Trasporto di merci e di valori postali con autoveicoli.

4. CONCLUSIONI

L’approccio di studio del fenomeno infortunistico, qui descritto, che prevede l’analisi integra-ta dei dati disponibili, consentirà la produzione di carte tematiche con rappresentazioni grafi-che delle aree a maggior rischio di incidente; il rischio potrà essere analizzato rispetto al tempomedio trascorso alla guida e alla tipologia e complessità della strada percorsa (dislivelli, curve,ecc.). Inoltre, conoscendo la frequenza di trasporto per tipologia di carico, sarà possibile foca-lizzare l’attenzione non solo sul lavoratore, ma anche sul possibile rischio ambientale in segui-to ad accidentali perdite di particolari carichi trasportati.La costituzione del sistema sopra descritto getterebbe inoltre le basi per affrontare con la stes-sa metodologia di analisi lo studio di altre tipologie di infortunio o di malattie professionalitabellate ed emergenti riferibili a specifici settori di attività.

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EVOLUZIONE TECNOLOGICA NELLA PRODUZIONE DI FOTOCERAMICA E VETRODECORATO A SCOPO FUNERARIO: ALCUNI ESEMPI

R. Bevilacqua** INAIL - Direzione Regionale Marche - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione

RIASSUNTO

La creazione di arredi per sepolture e lo sviluppo dell’arte funeraria hanno caratterizzato dasempre, con tradizioni antichissime, le varie civiltà umane che si sono avvalse, nel tempo, disvariate tecniche produttive: oggi, lo sviluppo delle tecnologie informatiche e della fotografiadigitale consente alle imprese del settore funerario-cimiteriale di riprodurre immagini, foto-grafie e decorazioni a scopo commemorativo su oggetti in ceramica, porcellana, vetro, di note-vole qualità, permettendo la creazione di prodotti innovativi ed una notevole versatilità nellaproduzione. Nel presente lavoro sono illustrati i cicli tecnologici, analizzati per la classifica-zione a scopo assicurativo, di alcune imprese produttrici di tali articoli funerari: l’evoluzionenel settore con l’applicazione di moderne tecnologie consente alle aziende di produrre con curaartigianale quantità industriali di singoli pezzi, limitando al minimo il ricorso a manodoperaspecializzata e mantenendo costi di gestione molto contenuti.

SUMMARY

The creation of burial fittings and funeral art development have always characterized, withancient traditions, the various cultures that have been using, during the centuries, various pro-ductive techniques: nowadays, thanks to the development of information technology and ofdigital imaging, funeral branch enterprises are able to reproduce high quality images, photosand decorations for memorial purpose on clay goods, porcelain and glass, creating new pro-ducts with a wide versatility. In the paper some funeral enterprises’ productive cycles areexplained and analyzed in order to allow a classification for social insurance purpose. The evo-lution in the branch through the application of modern technologies allows enterprises toobtain with handicraft accuracy mass production of a single piece, reducing the need of spe-cialized labour and keeping low production costs.

1. INTRODUZIONE

La creazione di arredi per sepolture e lo sviluppo dell’arte funeraria hanno caratterizzato da sem-pre, con tradizioni antichissime, le varie civiltà umane che si sono avvalse, nel tempo, di svaria-te tecniche produttive dando vita ad una variegata attività ornatistica e all’arte lapidaria per ilsettore sepolcrale e cimiteriale. Con l’invenzione delle tecniche fotografiche si è andato svilup-pando dal secolo XIX un settore a parte, specifico dell’arte funeraria, che riguarda un’articolataproduzione di fotoriproduzioni a scopo commemorativo sia da apporre sulle lapidi, sia per ogget-tistica funebre e per la realizzazione di cartoncini ricordo. Si tratta più in particolare di fotopor-

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cellane in bianco e nero e a colori, fotominiature su porcellana e vetro, fotoricordo su carta pla-stificata in PVC. Insieme alle tipiche fotoceramiche, con o senza bordo (cioè placche in porcella-na con impressa la foto del defunto da apporre sulla lapide), vengono realizzate infatti anchefotografie a colori su libri o pergamene in porcellana, ad uso tombale o come suppellettili. In passato la fotoceramica era prodotta in bianco e nero, le foto a colori venivano realizzatecon procedimento manuale colorando singolarmente ogni particolare dell’immagine. Negli ulti-mi cinquant’anni il settore si è molto evoluto. Esiste oggi la fotoceramica in quadricromìa, rea-lizzata con una tecnica particolare che prevede la stampa su porcellana mediante cottura adalte temperature e che permette all’immagine di rimanere vivida e inalterabile nel tempo.Superati i tempi del lavoro manuale, attraverso la continua ricerca ed applicazione di modernetecnologie, le aziende riescono a produrre con cura artigianale quantità industriali di singolipezzi. La tradizionale unicità del prodotto necessita di una cura e attenzione particolare in ognisingola fase della lavorazione. L’impiego di tecnologie innovative permette la stampa di fotodigitali ricevute anche tramite posta elettronica dai clienti che vogliono usufruire di tale oppor-tunità. La crescita ha allargato gli orizzonti delle aziende portandole a proporsi con decisionesul mercato internazionale. I punti forti continuano ad essere l’attenzione alla qualità e ai det-tagli. In tutti i prodotti realizzati si evidenzia l’abilità nell’arte del fotoritocco. Infatti, graziealle tecnologie informatiche di cui si avvalgono, le imprese del settore possono ottenere risul-tati quasi perfetti a colori o in bianco e nero. E’ possibile intervenire sullo sfondo, sull’abbi-gliamento del defunto, personalizzando e reinventando una foto. Dai cataloghi emerge unaricca e variegata campionatura: sfondi, abiti, e tutto ciò che è possibile aggiungere ad unafotografia che per qualche motivo si vuole migliorare. Da una foto vecchia e sgualcita, magarilacerata, grazie alle moderne tecnologie si possono ottenere notevoli risultati.La nuova tecnologia digitale per ceramica viene utilizzata in alternativa alla serigrafia. Purattestandosi ad un alto livello, per l’utilizzo di questo sistema non occorrono particolari cono-scenze tecniche, abilità manuale o personale qualificato: l’immagine viene ‘fusa’ assieme allasuperficie dell’oggetto da decorare, rimanendo così indelebile nel tempo. E’ possibile realizza-re pezzi singoli, mantenendo costi di gestione molto limitati.

2. DESCRIZIONE DEI PRINCIPALI PRODOTTI REALIZZATI

I prodotti realizzati dall’industria fotoceramica sono costituiti da un supporto in ceramica oporcellana e consistono in targhette-ricordo con la foto del defunto da utilizzare come suppel-lettili e varia oggettistica decorata con immagini fotografiche (piatti in ceramica ecc.), maprincipalmente in ovali o rettangoli con impressa la foto della persona deceduta da apporresulla lapide. I principali clienti delle imprese del settore fotoceramico sono infatti marmisti,agenzie di pompe funebri e fotografi. La produzione comprende principalmente placche fune-rarie di diversi formati e modelli che fungono da supporto per la stampa di immagini fotogra-fiche del defunto, con una resa di alta qualità quasi inalterabile nel tempo. I formati prodottisono ovale, rotondo, rettangolare, quadrato, in diverse misure, ma anche libri e pergamene inporcellana, personalizzabili con un’ampia scelta di fondi e caratteri. Le aziende del settorefotoceramico riproducono, secondariamente, immagini fotografiche anche su piastrelle cera-miche, che possono essere installate a scopo decorativo o pubblicitario, come tessere di unmosaico, su pareti di abitazioni e centri commerciali, fondi di piscine, ecc.. I prodotti ceramicisolo in parte sono acquistati già pronti (ad esempio piatti da decorare e piastrelle). In molticasi gli ovali o rettangoli in porcellana per lapidi su cui viene stampata la foto del defunto sonoinfatti prodotti all’interno dei laboratori ceramici delle ditte del settore fotoceramico, a parti-re dagli impasti, mediante pressatura, cottura e con successiva smaltatura.

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La riproduzione di immagini fotografiche su lastre di vetro è anch’essa eseguita a scopo fune-rario, per l’apposizione sulla lapide mediante viti. I prodotti in vetro (principalmente plac-che ovali, rotonde e rettangolari) vengono acquistati in genere già pronti da terzi. Le imma-gini stampate su vetro rappresentano un’interessante alternativa alle tradizionali fotocera-miche su porcellana. La resa fotografica è perfetta, anche grazie al senso di profondità crea-to dallo spessore del vetro. Questi prodotti sono realizzati in formato ovale e rettangolare,in diverse misure. Nell’intento di offrire un servizio più ampio ai clienti le aziende propongono anche immaginiricordo e fotoricordo plastificate. I ricordini sono immagini plastificate, tradizionalmente conun testo stampato sul retro. Le immagini ricordo sono biglietti in cartoncino personalizzati conun’immagine a scelta in prima pagina e all’interno la fotografia ed il testo stampato. E’ possi-bile scegliere la decorazione sia dell’interno che dell’esterno del biglietto. Questi prodotti ven-gono commissionati in concomitanza di cerimonie funebri, per cui i cartoncini ricordo sono cor-redati dell’immagine del defunto con brevi frasi d’occasione.

3. DESCRIZIONE DEL CICLO PRODUTTIVO

Di seguito sono illustrati i cicli tecnologici, analizzati per la classificazione a scopo assicurati-vo, di alcune imprese marchigiane produttrici di tali articoli. La produzione di fotoriproduzioni (prevalentemente per il settore funerario) si articola dunque in:- linea ceramica/porcellana- linea vetro- linea carta.Le commesse vengono impartite generalmente con l’invio alle ditte, da parte dei clienti, diesemplari delle immagini da riprodurre (soprattutto fotografie): l’invio avviene tramite postaelettronica od ordinaria. Il personale aziendale provvede all’acquisizione informatizzata del-l’immagine (tramite scanner se spedita in formato cartaceo) ed alla conseguente elaborazionecomputerizzata tramite software grafici, apportandovi ritocchi e migliorìe, anche cromatiche,ed eliminando i difetti.

Figura 1: Elaborazione computerizzata e fotoritocco.

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Le immagini acquisite e ritoccate vengono impaginate tramite computer, poi il film recordercrea una foto dall’immagine, che viene passata al laboratorio fotografico, ove la macchina svi-luppatrice provvede allo sviluppo. I negativi fotografici vengono posti nell’essiccatoio e suc-cessivamente inseriti nel mini-lab per le prove di stampa su carta fotografica in serie. Soltantoper la realizzazione delle immagini da applicare su vetro e ceramica vengono realizzate dellepellicole di stampa in quadricromìa (rosso, giallo, blu e nero) su poliestere, che sono poi stam-pate su quattro fogli (uno per ogni colore), mediante espositore UV -A (macchina che impres-siona la pellicola) su cromalin (pellicola fotosensibile). La pellicola viene poi staccata dallacarta trattata con fondente e sottoposta alla macchina di colorazione. Per la stampa dei foglisi impiegano due torchi che utilizzano inchiostri liquidi. Le materie prime impiegate per la pro-duzione degli articoli fotografici sono: carta fotografica, carta normale, pellicole fotografiche,colori per fotografie, fondenti, collodio, liquidi di sviluppo, fissaggio e sbianca. I fogli stam-pati sono controllati al fine di rilevare eventuali imperfezioni delle immagini. A seconda dellalinea di produzione (carta, vetro o ceramica), cioè del tipo di materiale sul quale le immaginidevono essere riprodotte, il ciclo lavorativo segue un percorso diverso.

3.1. Linea ceramica

In alcune ditte si esegue la produzione di placche ceramiche per lapidi a partire dall’impasto cera-mico crudo (atomizzato per grés fine porcellanato); sono predisposti dei tamponi con l’impastoche viene schiacciato da una pressa formatrice e dopo lo stampaggio si esegue la sbavatura delpezzo mediante carteggiatrice, mentre i bordi delle placche sono levigati manualmente; le formecrude ottenute vengono introdotte nell’essiccatore a circa 80° C, dopo essere state disposte sucarrelli. Viene utilizzato il trapano a colonna per l’effettuazione di fori sul pezzo ceramico cheverrà poi fissato sulla lapide ed il durometro, apparecchio per la misura della durezza del pezzoceramico. Le placche ceramiche infatti sono controllate al fine di rilevare eventuali difetti.

Viene poi eseguita la cottura dei pezzi in ceramica in forni a tunnel (a rulli) a temperature cheraggiungono anche i 1250° C; il prodotto risultante dalla cottura è chiamato ‘biscotto’ (pro-dotto vetrificato non smaltato). Si provvede poi alla smaltatura del pezzo ceramico, in genere

Figura 2: Placche crude pronte per la cottura nel laboratorio ceramico

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con smalto bianco. Questo è ottenuto da una fritta per ceramica miscelata ad acqua in mulino-miscelatore e passata al setaccio. Il pezzo da smaltare è inserito previamente in un forno deltipo ‘scaldavivande’e riscaldato a circa 70° C prima della smaltatura, che viene eseguita inserendo il pezzo nellacampana di smaltatura. La smaltatura di piastrelle di dimensioni particolari è effettuata inve-ce a spruzzo mediante aerografo in apposita cabina. Successivamente i pezzi smaltati sonocotti in speciali forni per smalti a temperatura di circa 1000°C.A differenza degli ovali per lapidi, le piastrelle per la casa ed eventuali altri oggetti ceramiciquali piatti, ecc., vengono acquistati già pronti da terzi e presso le imprese produttrici di foto-ceramica viene eseguita esclusivamente la loro decorazione.Dopo la produzione del supporto ceramico, le fotografie stampate sono tagliate a misura eposte in una vaschetta piena d’acqua con l’effetto di permettere il distacco della sottile pelli-cola che ricopre la carta speciale per ceramica, successivamente l’immagine stampata su cartaviene collocata bagnata sul pezzo di ceramica da decorare e posta in forno ad una temperatu-ra di circa 800° C. Dopo la cottura, le placche di ceramica o porcellana decorate sono imballa-te per il trasporto e la consegna al cliente. In alcune ditte del settore non si esegue la produzione delle placche in porcellana che vengo-no acquistate già pronte da terzi (ciclo produttivo incompleto). Inoltre alcune ditte non utiliz-zano il laboratorio fotografico in quadricromìa per la realizzazione delle fotografie a colori, mariproducono le immagini ritoccate al computer tramite stampante laser su di una appositacarta, mediante inchiostri e toner ceramici. Le fotografie così stampate sono poi tagliate amisura manualmente con le forbici e poste in una vaschetta piena d’acqua, con l’effetto di per-mettere il distacco della pellicola che ricopre la carta speciale per ceramica; successivamentel’immagine stampata su carta viene collocata bagnata sul pezzo di ceramica da decorare eposta in forno a muffola ad una temperatura di circa 800° C. Dopo la cottura, le placche diceramica o porcellana sono imballate per la consegna al cliente.

3.2 Linea vetro

Il ciclo procede come per la ceramica: le fotografie stampate sono tagliate a misura e poste inuna vaschetta piena d’acqua, con l’effetto di permettere il distacco della pellicola che ricoprela carta speciale, successivamente l’immagine stampata su carta viene collocata bagnata sulpezzo di vetro da decorare e posta in forno ad una temperatura di circa 600° C.

Figura 3: Forno cosiddetto ‘a cassa da morto’ per la cottura delle foto su vetro.

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In alcune ditte, come variante del ciclo produttivo, il pezzo decorato viene posto sulla macchi-na serigrafica ad azionamento manuale: nella parte posteriore della lastra di vetro viene appli-cato, passando attraverso il setaccio della macchina, un fondente di colore bianco (prodottochimico per vetro sciolto in base acquosa od alcolica utilizzato nelle tecniche serigrafiche arilievo), successivamente cotto in forno una seconda volta. Ciò al fine di ‘sigillare’ l’immagineche diviene opaca su vetro, perdendo la trasparenza che aveva inizialmente. Oppure, prima del-l’attaccatura su vetro, sono gli stessi fogli stampati ad essere trattati con un’applicazione difondente. Alla fine viene eseguito l’imballaggio dei prodotti come per la linea ceramica.

3.3 Linea carta

Le immagini ricordo sono stampate su carta fotografica per realizzare i ricordini funebri etagliate a misura dal tagliatore automatico; poi l’incollatrice automatica provvede ad incollarela foto su carta, mentre la macchina plastificatrice la ricopre di PVC; successivamente il pro-dotto finito passa all’imballatrice che la avvolge di plastica termoretraìbile per la consegna alcliente.

4. CONCLUSIONI

Le imprese del settore dell’arte funeraria, grazie alle moderne tecnologie, hanno sviluppato laproduzione in senso “industriale” perdendo progressivamente il proprio carattere “artigiana-le”, riuscendo a produrre grandi quantitativi di singoli pezzi di elevata qualità a costi moltocontenuti e riducendo al minimo la manodopera specializzata. Sebbene lavorino su commessa,basandosi sull’elaborazione grafica di immagini tramite personal computer, tali imprese pos-sono variare la produzione in maniera molto versatile, a seconda delle esigenze del cliente,spaziando dalla produzione e decorazione di ceramiche, alla seconda lavorazione del vetro, allacartotecnica.

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INFORTUNI STRADALI IN OCCASIONE DI LAVORO: IL RUOLO DEL PROFESSIONISTA CONTARP PER LE AZIONI DI RIVALSA

D. Gilioni** INAIL - Direzione Regionale Toscana - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione

RIASSUNTO

Gli infortuni su strada, costituiscono ormai da diversi anni una quota consistente di eventiinfortunistici che interessano l’INAIL, basti pensare che solo nel 2003 sono stati denunciatiall’Istituto quasi 70.000 infortuni in itinere dei quali circa 300 mortali. Di conseguenza, l’INAILè chiamato ad erogare prestazioni per importi notevoli. Il lavoro illustra il ruolo che il profes-sionista potrebbe avere all’interno del processo operativo, attraverso la descrizione di un casoreale per il quale la Contarp Toscana è stata chiamata ad elaborare un’integrale ricostruzionedel sinistro, al fine di fornire un obiettivo parere all’Avvocatura di Sede in merito alla sussi-stenza di condizioni favorevoli per l’eventuale avvio di un’azione di rivalsa.

SUMMARY

Accidents on the road are, already in the last years, a considerable number of accident eventsthat interests INAIL. Only in 2003 have been denounced at the Institue around 70.000 “in iti-nere” accidents (meaning accidents happened in the itinerary between work and home), com-prised 300 deadly. For this reason INAIL is due to deliver services for big amounts of money.This work shows the role that professional technicians could have inside the operative process,through the description of a real case for which CONTARP Toscana has been called to elaboratea complete reconstruction of the accident, with the aim to give local office lawyers an objecti-ve report in order to establish if there are favorable conditions to institute an eventual redraft.

1. PREMESSA

Ogni anno in Italia perdono la vita sulla strada circa 6000 persone. E’ evidente la necessità diassumere il tema della sicurezza stradale come impegno comune e responsabilità condivisa daistituzioni, parti sociali, organizzazioni private e singole persone. Solo così sarà possibile ridur-re il numero delle vittime del 40% entro il 2010, come indicato dalla Commissione Europea. Gliinfortuni su strada, sia “in occasione di lavoro” (cioè occorsi a coloro che, per motivi di lavoro,sono obbligati anche ad essere utenti della strada, siano essi conduttori di un mezzo di tra-sporto, passeggeri a bordo dello stesso o pedoni), sia “in itinere” (cioè verificatisi lungo il tra-gitto casa-lavoro o luogo di ristoro e viceversa o in occasione di spostamenti necessari per rag-giungere eventuali altre sedi di servizio), costituiscono ormai da diversi anni una quota consi-stente di eventi, basti pensare che più del 50% degli infortuni mortali avvengono su strada. Afronte di tale situazione è chiaro che l’Istituto deve sostenere oneri prestazionali non indiffe-renti, oneri che, qualora vi siano responsabilità altrui che hanno causato l’incidente, bisogne-rà in parte recuperare, appunto tramite adeguate azioni di rivalsa attivate dall’area Legale.

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2. LE AZIONI DI RIVALSA

E’ noto che la Direzione Generale in tempi recenti ha avviato iniziative per il recupero della cen-tralità strategica delle azioni di rivalsa, mirata non soltanto ad ottenere il rimborso dellesomme erogate, ma anche all’individuazione di strategie per una efficace prevenzione delfenomeno. A tal proposito a cura della Direzione Generale sono state redatte le Linee Guida perla Gestione delle Azioni di Rivalsa proprio per favorire la trattazione di tale tipo di pratiche cherichiedono la valutazione e la soluzione di complesse questioni giuridiche. Nelle suddette LineeGuida fondamentalmente si danno istruzioni per la gestione del processo operativo di:A) Azioni di Surroga - Laddove esista la responsabilità civile di un terzo estraneo al rapporto

assicurativo (infortuni da circolazione stradale, da trasporto di persone, da proprietà di edi-fici crollati in tutto o in parte, ecc.);

B) Azioni di Regresso per Infortuni sul Lavoro - Laddove esista la responsabilità civile del dato-re di lavoro, configurabile soltanto se il fatto che ha causato l’infortunio costituisce reato per-seguibile d’ufficio commesso dal datore di lavoro, o da persona (compresi i “compagni dilavoro”) del cui operato egli debba rispondere secondo il codice civile;

C) Azioni di Regresso per Malattie Professionali - (vedi Linee Guida).Da quanto descritto nelle Linee Guida la Contarp entra nel processo delle Azioni di Rivalsa soloper le Azioni di Regresso per Infortuni sul Lavoro (punto B) per le quali l’operatore rivalse hail compito di richiedere “alla CONTARP regionale la valutazione sulle cause e circostanze dell’e-vento con particolare riguardo al rispetto delle norme di prevenzione, semprechè tale valutazionenon sia ricavabile da altra documentazione probante già disponibile;”. In effetti, come dimostrail caso trattato in seguito, la Consulenza Tecnica potrebbe avere un ruolo anche nella tratta-zione delle Azioni di Surroga.

3. CASO REALE TRATTATO DALLA CONTARP TOSCANA

Il caso in esame riguarda una collaboratrice domestica che alla fine del proprio turno di lavo-ro, rientrando verso casa in bicicletta, rimane vittima di un incidente “in itinere”. I postumidell’infortunio sono permanenti e gravi al punto da impedire la deambulazione. L’INAIL ha ero-gato prestazioni per € 470.000; nonostante le evidenti responsabilità dell’assicurata (nonrispettava un segnale di stop) che facevano apparentemente escludere responsabilità di terzi,tuttavia l’area legale della Sede, di concerto con l’Avvocatura Regionale, ha ritenuto opportu-no richiedere un parere alla CONTARP Regionale. Di seguito si riporta la relazione integrale, for-nita dalla CONTARP Regionale Toscana all’Avvocatura di Sede. La relazione contiene parte deirilievi dell’incidente così come sono stati forniti dagli Organi di Polizia intervenuti, alcuni rife-rimenti sono stati variati volutamente per non violare le norme sulla privacy.

OGGETTO: Pratica RC Rossi M. del 05.10.2001 (incidente stradale).

RELAZIONE PER LA RICOSTRUZIONE DINAMICA DEL SINISTRODATA ED ORA DEL SINISTRO: 05 Ottobre 2001 ore 13.05LOCALITÀ: incrocio tra via Vecchia Fiorentina II° Tronco e via delle Piastre

in località Tizzana nel comune di Quarrata (PT) PERSONE COINVOLTE: Bianchi G. - Rossi M.MEZZI COINVOLTI: [A] Autovettura Marca Fiat modello Punto targata AA 000ZZ

[B] Velocipede Bicicletta marca Atala da donnaAUTORITÀ INTERVENUTE: Polizia Municipale

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IL SOSTEGNO DELL’INAIL ALLE AZIENDE: DALL’ASSICURAZIONE ALLA PREVENZIONE. IL RUOLO DELLA CONTARP

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3.1 Il fatto in sintesi

Alle ore 13:05 del 5 Ottobre 2001 nel comune di Quarrata in località Tizzana si verificava l’in-cidente stradale di cui sopra, nel quale rimanevano coinvolti il signor Bianchi G., alla guida diun’autovettura Fiat Punto, e la signora Rossi M., alla guida di una bicicletta. L’automobilistapercorreva la via Vecchia Fiorentina II° tronco diretto da Catena verso Quarrata cioè da Estverso Ovest, mentre la ciclista stava percorrendo da Sud verso Nord la via delle Piastre che con-fluisce da sinistra su via Vecchia Fiorentina. Sull’intersezione avveniva l’urto tra i due mezzi,con l’automobilista che tentava l’arresto del veicolo frenando e dirigendo istintivamente versodestra, e la ciclista che a seguito dell’urto cadeva riportando danni fisici, purtroppo, in unsecondo tempo rivelatisi permanenti.

3.2 Stato dei luoghi

Lo scenario dell’incidente è l’intersezione a livello tra la via Vecchia Fiorentina II° Tronco (per-corsa dal veicolo [A]) e la via Delle Piastre (percorsa dal veicolo [B]) in località Tizzana del comu-ne di Quarrata (PT). Trattasi di strade comunali locali (fondamentalmente strade di campagna)entrambe ad unica carreggiata con ampiezza limitata a circa 4,65 m che attraversano zone abi-tate alternate a zone di campagna, in definitiva si possono definire strade secondarie. Le anzi-dette strade sono a doppio senso di circolazione e ciò comporta una limitazione al traffico vei-colare che è misto e soprattutto locale, finalizzato al raggiungimento di contrade e località cir-costanti. In particolare, all’incrocio, le due strade, entrambe in pendenza, si presentano per-pendicolarmente l’una all’altra e con assi rettilinei. Il giorno dell’incidente le condizioni di visi-bilità erano normali, le condizioni atmosferiche segnalavano nuvoloso, il traffico era scarso e ditipo misto. Le strade di cui sopra riportavano la segnalazione dell’incrocio, la via Delle Piastreera munita di segnaletica verticale ed orizzontale (seppur quest’ultima sbiadita), mentre la viaVecchia Fiorentina era munita di sola segnaletica verticale; le strade risultavano ambedue asfal-tate (l’asfalto era asciutto). Inoltre erano e sono tutt’oggi presenti su ambedue le direzioni dimarcia specchi atti alla visibilità. Constatato che i luoghi sono rimasti pressochè immutati, peruna migliore comprensione si allegano alla presente le foto scattate in occasione del sopralluo-go, effettuato in data 20/12/04: foto n. 1 (vedi figura 1) che riporta la direzione del veicolo [A]e la foto n. 2 (vedi figura 2) riportante la direzione del veicolo [B].

Figura 1 Figura 2

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3.3 Stato dei veicoli coinvolti

VEICOLO [A]: Fiat Punto targata AA 000ZZ cc 1242 colore blu scuro, anno di IA immatricolazio-ne 15/05/2001. I danni visibili riferibili all’urto sono costituiti da:- sulla parte anteriore sinistra: rottura del copri fanale in plastica a sinistra, tre segni di

colore viola posizionati sul paraurti (2 appena sotto il fanale, 1 ancora più giù) ed il piùesterno riporta anche segni di colore bianco; serie di graffiature di colore viola sul cofa-no a fianco del fanale ed altri segni bianchi più in alto a sinistra; sempre sul cofano vici-no al tergicristallo risulta una parte pulita apparentemente con pelle umana; raggiaturadel parabrezza anteriore sulla parte più esterna presso il montante dello sportello; sullastessa raggiatura del parabrezza sono rilevabili piccolissime tracce di pelle umana (nocapelli); rottura del paraurti all’altezza della targa immediatamente sopra la scritta “01”riferita all’immatricolazione; targa piegata sulla quale è visibile sopra e sotto un segnoabraso bianco.

- sulla fiancata sinistra: affossatura del parafango e rottura della freccia laterale (affossatu-ra accentuata in corrispondenza della freccia laterale); rottura dello specchietto retrovisoreesterno con specchio mancante; due graffiature sullo sportello più una graffiatura sullaparte centrale dello stesso sportello; due affossature sul bordo dello sportello correnti soprail montante.Il veicolo, anteriormente all’incidente, è risultato in perfetta efficienza tecnica essendo direcente immatricolazione.

VEICOLO [B]: Bicicletta da donna marca Atala colore viola munita di seggiolino per bambini ecestino portaoggetti in vimini. I danni visibili riferibili all’urto sono costituiti da:- sulla parte anteriore: rottura del cestino portaoggetti (parte dei resti erano sparsi sul luogo

dell’incidente); piegatura della forcella anteriore con conseguente piegatura e distacco dellaruota anteriore, piegatura del parafango anteriore, piegatura del parafango posteriore; leg-gera piegatura del copricatena; piegatura del telaio; asportazione catarifrangente posterio-re (non rinvenuto sul luogo dell’incidente).Il veicolo, anteriormente all’incidente, è risultato in perfetta efficienza tecnica.

3.4 Ricostruzione della meccanica dell’incidente

3.4.1 Metodologia

Gli elementi oggettivi raccolti con estrema accuratezza nell’area teatro dell’incidente dagliagenti della Polizia Municipale, consentono di ricostruire la meccanica e quindi di risalire allecondotte adottate negli istanti antecedenti dai due conducenti dei veicoli coinvolti. Si esami-neranno ed elaboreranno tali elementi con lo scopo di: - stimare la velocità di marcia dell’autovettura nel momento in cui il conducente ha avuto la

percezione della necessità di frenare, soprattutto per stabilire se la stessa fosse commisura-ta alle circostanze di tempo e luogo;

- quantificare a quale distanza dalla zona di collisione si trovava l’autovettura, nell’istante incui la ciclista ha iniziato la manovra di immissione sulla strada prioritaria;

- accertare se la velocità eventualmente superiore alla max consentita o non moderata rispet-to alle circostanze di tempo e di luogo, abbia avuto efficienza casuale nella produzione del-l’incidente o possa comunque essere messa in rapporto di causa con gli effetti che ne sonoderivati.

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3.4.2 Tipo d’urto e zona di collisione

Come riportato nel paragrafo relativo allo stato dei veicoli coinvolti, le deformazioni residuatedopo lo scontro sono chiaramente indicative delle parti che sono entrate a contatto diretto:l’autovettura ha riportato danni prevalentemente nella parte anteriore sinistra, mentre la bici-cletta ha subito i danni prevalentemente sulla parte anteriore ed esattamente sulla forcella. Siè trattato perciò di un urto frontale-laterale che si è concretizzato in prossimità del centro car-reggiata di via Vecchia Fiorentina, nell’intorno del punto 9 della planimetria allegata (vedifigura 3) dopo che l’autovettura aveva percorso sotto l’azione frenante ben 11.20 metri. Dopolo scontro la bicicletta, colpendo per lo più le parti basse dell’autovettura, è rimbalzata, sub-endo anche un moto rotazionale antiorario intorno al proprio asse verticale vista la torsionesubita dal sellino, approssimativamente nella sua stessa direzione di provenienza arrestando ilproprio moto in corrispondenza del muro (punti 2 e 3 Figura 3 come testimoniato dai segniviola) che costeggia a sx (direzione bicicletta) via Delle Piastre e prosegue a sx (direzione auto-vettura) su via Vecchia Fiorentina. Simultaneamente il corpo della ciclista per effetto dell’iner-zia posseduta e del baricentro più alto rispetto a quello del veicolo, andava a sbattere sullaparte sx del parabrezza dell’autovettura che, vista la violenza dell’urto, si raggiava e per effet-to del proprio moto, scaraventava la ciclista nella stessa direzione, seppur con un certo ango-lo di divergenza, ad una distanza di 6.0 metri dal punto d’urto (punto 9 Figura 3) in prossimi-tà dei punti 7 e 8 dove sono state rinvenute tracce di sangue. L’autovettura, non avendo smal-tito nell’urto l’energia connessa al moto che la animava, proseguiva sotto azione frenante peraltri 6.60 metri oltre il punto d’urto.

Figura 3

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3.5 Analisi dinamica del sinistro e ricerca della velocità

Gli elementi oggettivi disponibili attraverso i rilievi degli organi di Polizia intervenuti consen-tono di eseguire l’analisi dinamica volta alla ricerca della velocità con la quale il veicolo [A](Fiat Punto) procedeva negli istanti immediatamente antecedenti lo scontro. Considerando iseguenti dati:

I IPOTESI:

L’autovettura ha esaurito il suo moto al termine delle tracce di frenata, ipotesi che, pur gene-rando una velocità inferiore qualora la vettura avesse proseguito il moto, si rende necessariavisto che la vettura era stata spostata per consentire il passaggio dei mezzi di soccorso e per-tanto non è stata rinvenuta nella sua originaria posizione di quiete.

mA = 990 Kg massa del veicolo [A] (compreso il conducente)fA = 0.7 fattore frenante veicolo [A] fP = 0.04 [fattore frenante per effetto della pendenza della strada]fcA = fA + fP = 0.74 [fattore frenante complessivo veicolo A] sA1= 11.20 m [spazio di frenata dell’autovettura prima dell’urto]sA2= 6.60 m [spazio di frenata dell’autovettura dopo l’urto]g = 9.81 m/s2 [accelerazione di gravità]mc = 60 Kg [massa ciclista]fc = 0.45 [coefficiente d’attrito rotolamento/scivolamento corpo ciclista]sc= 6.20 m [spazio percorso da corpo del ciclista dopo l’urto]L1 = mA g fcA sA2 = 47433 Joule [lavoro compiuto per smaltire l’energia che residuava

all’autovettura dopo l’urto]L2 = mc g fc sc = 1642 Joule [lavoro compiuto per lo spostamento del corpo della ciclista]L3 = mA g fcA sA1 = 80492 Joule [lavoro di frenatura compiuto prima dell’investimento]

Poiché i lavori di cui sopra risultano tutti a carico dell’autovettura

LA = L1 + L2 + L3

si ricava la velocità dell’autovettura all’inizio della frenataVA = √2(LA/ mA) = 16,2 m/s (58 Km/h) [vel. posseduta dal veicolo A all’inizio dell’azione frenante]

3.5.1 Spazio totale percorso prima dell’urto

Da opportune considerazioni si ritiene che l’intervallo di tempo intercorso tra l’istante incui il conducente ha percepito il pericolo e l’istante in cui ha messo in atto l’azione fre-nante:

tps = 1 s [intervallo psicotecnico]tempo durante il quale l’autovettura ha percorso uno spazios = VA tps = 16.2 m pertanto lo spazio totale che l’autovettura ha percorso tra l’istante in cui il conducente ha per-cepito il pericolo e l’urto è:stA = s + sA1= 27.4 m

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3.6 Distanza di percezione del pericolo

Alla luce dell’analisi fin qui compiuta, possiamo conoscere a quale distanza si trovava l’auto-vettura dalla zona di collisione nell’istante in cui il conducente ebbe la percezione del perico-lo costituito dall’immissione della ciclista, quindi della necessità di frenare. Come emerge daicalcoli eseguiti, la Fiat Punto ha percorso circa 16.2 metri nell’intervallo psicotecnico e circa11.2 metri dall’inizio della frenata all’urto; dunque nel momento in cui il conducente ha avutopercezione del pericolo, vale a dire quando ha visto la ciclista inserirsi dalla sua sinistra, dis-tava circa 27.4 metri dalla zona in cui si è poi concretizzato l’urto.Per poter arrestare il veicolo nei termini e nello spazio di cui sopra, tali da evitare la collisio-ne, l’autovettura avrebbe dovuto viaggiare a velocità

VA < √ [(g fcA )2 + 2 g fcA stA] - g fcA = 13.9 m/s (50 Km/h) [velocità prudenziale]

3.7 Conclusioni del caso

Pur riconoscendo che la ciclista non ebbe ad osservare il segnale di “STOP” che regolamentaval’accesso da via Delle Piastre sulla via Vecchia Fiorentina, dalla suesposta ricostruzione delladinamica del sinistro, è risultato che vi fu l’evidente responsabilità del conducente dell’auto-vettura il quale viaggiava ad una velocità di circa 58 Km/h, superiore a quella consentita, vio-lando così l’art. 142 del codice della strada. Si vuole evidenziare inoltre, che la velocità di mar-cia dell’autovettura oltre ad essere superiore al limite massimo consentito, comunque non eracommisurata allo stato dei luoghi, in quanto:

- si trattava di strada di campagna a carreggiata limitata con conseguente riduzione delledimensioni delle corsie, inoltre non erano presenti banchine transitabili;

- l’intersezione era segnalata su ambedue le strade, - i veicoli provenienti da via Delle Piastre non sono visibili (come si può notare dalle foto)

salvo quando sono giunti già (con parte del veicolo) sulla via delle Piastre. Infatti un ango-lo dell’intersezione luogo dell’incidente è costituito dai muri perimetrali di una civile abita-zione; non a caso, l’ente proprietario della strada ha ritenuto opportuna l’installazione inambedue le direzioni di marcia di due specchi il cui uso necessita una notevole moderazio-ne della velocità;

- proseguendo per circa 30-40 metri sulla strada via Vecchia Fiorentina nella direzione dellaFiat Punto, esisteva un’altra intersezione a destra con via “Della Costaglia” e subito a segui-re una curva a destra: ciò per far notare che l’autovettura si stava approssimando ad unazona che avrebbe richiesto maggiore prudenza dal conducente.

Tutto ciò induce a concludere che vi è stata da parte del conducente dell’autovettura ancheuna plausibile violazione dell’art. 141 del c.d.s. poiché non ha adottato tutte quelle misu-re prudenziali, commisurate alla zona che stava percorrendo, che gli avrebbero consentitodi compiere le manovre necessarie per l’arresto tempestivo ed in sicurezza del veicolo. Siconclude quindi che l’incidente è stato causato in concorrenza sia dalla ciclista signoraRossi Maria che non osservava la segnaletica di STOP ma anche dall’eccessiva, e sicura-mente non commisurata allo stato dei luoghi, velocità dell’autovettura condotta dal sig.Bianchi Giovanni. Tant’è che la vettura si sarebbe potuta arrestare, evitando cosi la colli-sione dei due veicoli, se la velocità di marcia della stessa fosse stata contenuta entro i 50 Km/h.

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4. CONCLUSIONI

Sebbene se le linee guida operative per le azioni di rivalsa non prevedano espressamente unintervento della Contarp nell’ambito delle Azioni di Surroga, tipiche degli incidenti stradali, ilcontributo che la Consulenza può fornire al suddetto processo è da ritenersi non trascurabile.Infatti, grazie alla ricostruzione del sinistro, tramite considerazioni e calcoli di natura pretta-mente tecnica, sono state riscontrate responsabilità di terzi nelle cause dell’incidente. Il casoesposto non è certamente dei più complessi, ma appunto per questo è evidente l’utile contri-buto che il Consulente CONTARP può dare alla linea di processo per la trattazione delle Azionidi Surroga nel caso degli infortuni da circolazione stradale, tant’è che in seguito alla suespo-sta relazione la competente area legale di sede ha ritenuto opportuno avviare un’Azione diSurroga che in un primo momento poteva sembrare superflua.

BIBLIOGRAFIA

DIREZIONE GENERALE INAIL: Linee Guida per la Gestione delle Azioni di Rivalsa, 2004.

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PROPOSTA DI UNA PROCEDURA PER VALUTARE, GESTIRE E MIGLIORARE LASICUREZZA DELL’AMBIENTE NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

A. Locatelli*, A. Prezioso*

* INAIL - Direzione Regionale Lombardia - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione

RIASSUNTO

Questo articolo descrive ed introduce lo strumento operativo delle check list sia in ambito diprima valutazione del rischio, sia in ambito di verifiche periodiche. Nella realizzazione di que-ste ultime si ritiene importante dare la possibilità di coinvolgere le ditte di manutenzione che,essendo nella maggior parte dei casi esterne, necessitano dell’introduzione dello strumentodelle check list anche nel capitolato d’appalto. A tale scopo è stata redatta un’apposita checklist le cui voci possono essere correlate a quelle tipiche della valutazione iniziale del rischio esoprattutto alla Norma di riferimento. I rischi presi in considerazione nel presente lavoro sonoquello architettonico e quello ambientale. In particolare le tabelle, contenenti oltre alle pre-dette check list, anche i principali interventi e misure da adottare, nonché i riferimenti legis-lativi e normativi, sono suddivise in funzione dei seguenti fattori di rischio: inquadramento ter-ritoriale ed aree esterne; aree di transito interne; spazi di lavoro interni; ventilazione, micro-clima e inquinamento indoor; illuminazione. Gli ambiti applicativi riguardano le pubblicheamministrazioni e il terziario con prevalenza di uffici.

SUMMARY

The aim of the present study is to provide an item list of contract terms usable as base in con-tracts with scope to transfer some tests and control on Safety System in building maintenancecontract. The list will be effective tool, and, at the same time, of easy consultation, addressedto all those Members of Safety System, and specifically the contract writers whiteout technicaland safety architectonically aspect in the buildings. Experiences and controls have demonstra-ted that more controls and safety tests are note completed with normal regularity in PublicAdministration buildings and this is a big problem in Public buildings.

1. INTRODUZIONE

Data la vastità e la complessità delle problematiche inerenti la sicurezza sui luoghi di lavoro el’altrettanto abbondante legislazione sull’argomento, uno dei principali problemi riscontrabilinella gestione della sicurezza nell’ambito della Pubblica Amministrazione e del terziario ingenere è rendere comprensibile la materia anche ai non tecnici e nel contempo fornire unostrumento per l’individuazione delle criticità nella fase dei controlli periodici, la loro soluzioneed il successivo mantenimento degli standards acquisiti. Gli autori si pongono come obiettivodi compiere un’operazione di sintesi e comparazione che conduca all’elaborazione di check list,costruite per ambienti di lavoro costituiti prevalentemente da uffici, fruibili anche da persona-

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le non tecnico che riveste spesso, soprattutto nell’ambito della Pubblica Amministrazione, ruolidi rilievo nell’ambito della gestione routinaria della sicurezza. L’immediatezza, la completezzae la facilità di consultazione costituiscono quindi i requisiti fondamentali dello strumento checi si accinge a proporre. Una volta raggiunto un adeguato livello di sicurezza degli ambienti dilavoro, l’obiettivo seguente diviene quello di mantenere e migliorare ulteriormente gli stan-dards. Secondo gli scriventi diviene indispensabile attribuire molta importanza alle proceduredi stesura dei capitolati di appalto dei lavori di manutenzione per non tralasciare la possibili-tà di coinvolgere nell’attività di gestione routinaria della sicurezza le aziende appaltatrici dellamanutenzione. In questo caso le check list sono proposte come uno strumento indispensabilenei capitolati di manutenzione, per gestire il mantenimento e l’incremento della sicurezza deiluoghi di lavoro. Qui si è scelto di affrontare solo le problematiche relative ai rischi architettonico ed ambienta-le anche per limitare lo scritto a un articolo.

2. RISCHI ARCHITETTONICI ED AMBIENTALI IN UN EDIFICIO AD USO UFFICI

In generale la classificazione dei fattori di rischio è solitamente strutturata in tre gruppi e pre-cisamente: Rischi per la sicurezza dei lavoratori; Rischi per la salute dei lavoratori; Rischi lega-ti ad aspetti organizzativi e gestionali. Questa classificazione guarda agli effetti del rischio; inalcuni casi può essere più efficace guardare alle fonti di rischio nell’ambiente. Nell’ambito diun edificio del settore terziario si ritiene più semplificativa la seconda classificazione, pratica-mente i rischi sono classificabili come:

• Rischio architettonico: inerente la localizzazione, la struttura e le modalità costruttive del-l’edificio.

• Rischio ambientale: inerente le caratteristiche fisiche intrinseche dell’ambiente di lavoroquali qualità dell’aria, illuminazione, disposizione dei posti di lavoro, ecc. rapportate aiprincipi di abitabilità, vivibilità ed ergonomia degli ambienti.

• Rischio incendio: (inerente la prevenzione incendi e la gestione dell’emergenza).• Rischio impiantistico in generale ed in particolare elettrico (inerente l’utilizzo e la condu-

zione dei principali impianti e dei centri di produzione e/o smistamento dell’energia da essigestita, sia essa elettrica, termica, frigorifera, ecc.).

• Rischio chimico (inerente presenza di eventuali prodotti chimici pericolosi).• Rischi ergonomici: legata alla ergonomia delle singole postazioni di lavoro.

Nel presente articolo sono trattate le problematiche relative ai primi due tipi di rischio.L’esperienza diretta degli autori, per quanto riguarda l’attenzione ai rischi architettonico edambientale, nota una maggiore trascuratezza o quanto meno una sottovalutazione rispettoagli altri tipi di rischio, sia per oggettive difficoltà a individuare i fattori di rischio, sia, avolte, per l’abitudine a convivere con un rischio potenziale per il mancato riconoscimentodello stesso. A tale proposito si pensi, ad esempio, ad un cornicione pericolante nell’ambi-to di un edificio situato in un centro storico; questa situazione di potenziale rischio potreb-be persistere per molto tempo se non venisse sistematizzata la verifica periodica. Tuttaviatrascurare un rischio potenziale potrebbe essere molto costoso anche per l’immagine dataall’esterno e potrebbe pregiudicare la credibilità e la fiducia nell’intero sistema di gestionedella sicurezza.Per quanto riguarda infine l’importanza della valutazione del rischio ambientale basti ricor-dare che l’articolo 3, comma 1, lettera f) del D.Lgs. 626/94 inserisce tra le “misure genera-

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li di tutela” il “rispetto dei principi ergonomici nella concezione dei posti di lavoro, …, ancheper attenuare il lavoro monotono e ripetitivo”. Questa norma si riferisce agli aspetti stretta-mente ergonomici delle postazioni di lavoro (suppellettili, arredamento e accessori adotta-ti), ma con evidente chiarezza esiste una correlazione con gli aspetti ambientali, infatti cisono una serie di fattori di rischio ascrivibili a carenze nella progettazione di ambienti eprocessi di lavoro secondo principi di ergonomia degli spazi che sono coinvolti. Infine l’ap-profondimento può estendersi verso aspetti più complessi e più difficilmente individuabili,comunque legati alla qualità generale dell’ambiente e ai processi di lavoro, quali i fattori distress, le malattie professionali e i disagi di origine psicosociale legati al carico di lavoro eai problemi relazionali, etc. i quali hanno le principali cause nei fattori sociali, ma l’abita-bilità degli ambienti può aggravarle.

3. COSA È LA CHECK LIST, PREGI E LIMITI

La check list rappresenta un ausilio per la verifica puntuale di tutti gli adempimenti normativie tecnici; essa è uno strumento propedeutico e di supporto per la valutazione dei rischi e perla conoscenza, ricerca e gestione dei fattori di rischio specifici. La correlazione delle Norme diLegge e/o regole di buona tecnica con i fattori di rischio è essenziale al fine di non trascurarealcuno dei rischi, ma soprattutto quelli così noti da essere già normati e la cui violazione è, opuò essere, sanzionata.E’ opportuno ricordare che le check list non possono inglobare la valutazione dei rischi, comerichiesta dal 626, perché essa, ben oltre i rischi specifici (normati oppure no), deve prevederela verifica di tutti i rischi esistenti, inclusi i rischi residui o collegati alle interazioni tra le diver-se fonti di pericolo: interazioni uomo-ambiente-macchina, ecc.Inoltre, il problema della sicurezza è un problema complesso, quindi, le check list, come ognialtro strumento di questo tipo, non possono assolutamente ambire all’esaustività, né nel sensodi ricoprire tutte le realtà aziendali, né nel senso di assicurare automaticamente a chi lo utiliz-za una verifica completa rispetto a tutti i possibili fattori di rischio in materia di sicurezza edigiene del lavoro.Fatta questa dovuta e, per qualche verso, ovvia premessa, si possono elencare pregi e vantag-gi che lo strumento delle check list presenta:A. una ragionevole esaustività per quanto riguarda l’elencazione dei generali fattori di rischio

e delle fonti di pericolo;B. efficace guida nella verifica della conformità normativa;C. un buon grado di applicabilità per la maggioranza delle realtà lavorative per quanto riguar-

da il dettaglio dei punti di verifica;D. una intrinseca trasparenza nelle modalità d’uso per l’utente e per tutte le figure coinvolte

nella sicurezza aziendale;E. una facilità ad essere aggiornata e integrata da parte dell’utente stesso per poter rispon-

dere alle esigenze di particolari realtà aziendali esaminate ed all’evoluzione della Norma;F. una forte valenza autoeducativa e formativa in materia di sicurezza ed igiene del lavoro per

coloro che debbono affrontare il problema della valutazione (soprattutto se il verificatoreè un interno che ha mansione e compito non esclusivamente nel settore della salute e dellasicurezza, o la lettura avviene, come auspicabile, con molti lavoratori).

G. un fondamentale sussidio nella predisposizione della gestione e manutenzione necessarie almantenimento del sistema di difesa implementato per la sicurezza e la salute dei lavoratori.

Viceversa i limiti di una check list possono essere considerati i seguenti:1. non mettere a fuoco in modo immediato le interazioni fra le varie differenti fonti di rischio;

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2. non rilevare, sempre, l’adeguatezza e soprattutto l’efficacia di eventuali misure già presen-ti, essendo impostata su risposte di tipo si o no a domande prestabilite.

Sarà quindi compito del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP), graziealla sensibilità e all’intuito acquisiti con l’esperienza professionale, integrare la sistematicitàdella check list con la necessaria valutazione di tutte le condizioni al contorno.

4. AMBITI E MODALITÀ DI UTILIZZO DELLE CHECK LIST

Le check list sono comunemente adottate in tutti i processi di audit su problemi, come quellodella sicurezza sul lavoro, che richiedono la raccolta di serie consistenti di dati oggettivi moltodiversificati (aspetti tecnici, organizzativi, procedurali, psicologici, comportamentali, etc.),difficilmente elaborabili con metodologie rigide o pseudomatematiche.L’identificazione puntuale delle problematiche è la fase forse più cruciale dell’intero processovalutativo, poiché se si trascurano dei rischi potenziali si potrebbe pregiudicare l’efficacia del-l’intero sistema di gestione della sicurezza, quindi fallire nell’obiettivo finale.In particolare si ritiene sicuramente utile riproporre il metodo operativo basato sulla raccoltaed elaborazione di rilievi effettuati attraverso check list dedicate, per:

A. l’espletamento della prima fase della valutazione dei rischi, ossia l’individuazione dellefonti di pericolo presenti, accompagnato dalle fonti normative, preziose per eventualiapprofondimenti.

B. la predisposizione progettuale generale sulle misure da adottare e sugli interventi da ese-guire per correggere livelli di rischio non accettabili;

C. predisporre un capitolato contrattuale utilizzabile con una eventuale ditta di manutenzio-ne al fine di garantire nel tempo gli standard di sicurezza e benessere ambientale predi-sposti;

D. monitorare una specifica realtà lavorativa senza perdere di vista quegli aspetti che potreb-be sembrare secondari o dimenticati nell’abitudine routinaria e/o con assenza di eventi par-ticolari che ricordano l’importanza della sicurezza;

E. audit interni e/o esterni per la verifica della validità della valutazione del rischio in rela-zione a variazioni in termini di pericoli, persone esposte, normativa, conoscenze scientifi-che, soluzioni tecniche e obiettivi di sicurezza aziendale.

L’utilizzatore, in ogni caso, deve sicuramente farsi carico di alcuni compiti preliminari:• familiarizzare con la realtà aziendale di cui dovrà occuparsi, in tutti i suoi aspetti di sicu-

rezza;• conoscere la passata storia d’infortuni sul lavoro e di igiene del lavoro aziendale;• riflettere e comprendere a fondo il significato di ogni punto delle liste di controllo che si

appresta ad usare in modo da appropriarsene e farla propria;

Le misure suggerite non devono, in alcun modo, recepirsi acriticamente, ma vanno usate comesupporto utile per indirizzare verso una possibile soluzione in funzione delle esigenze norma-tive e tecniche; sono utili le indicazioni dei criteri d’intervento. Ove si sono fornite indicazionioperative di dettaglio, è assolutamente indispensabile che il verificatore rielabori le soluzioniin stretto riferimento alle specificità della realtà che si trova ad analizzare. Usare in manierasemplicistica la tabella potrebbe comportare l’errore di sostituire un semplice strumento diindividuazione degli orientamenti all’articolato processo di valutazione dei rischi, che implicainvece l’applicazione, alle specifiche e multiformi situazioni concrete, di tutta una serie di stru-menti diversificati (organizzativi, di esperienze, attenzione, intelligenza, capacità di analisi,comunicazione, decisione e progetto,...).

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5. CAPITOLATO DELLA MANUTENZIONE ORDINARIA E DELLA SICUREZZA

Come premesso nel punto C. del precedente paragrafo, si ritiene importante, per mantenereelevati gli standard di sicurezza, coinvolgere l’attività di manutenzione ordinaria sugli aspettidella sicurezza. Gli esercenti della manutenzione sono ben coscienti, grazie alla funzione svol-ta, delle caratteristiche strutturali ed ambientali dell’edificio e delle loro problematiche.Sarebbe quindi molto sensato sfruttare questa conoscenza ai fini del miglioramento e del man-tenimento della sicurezza. Poiché tuttavia l’attività manutentiva è affidata molto spesso a ditteterze, occorre uno strumento per poter instaurare questo rapporto mediante la definizione diun capitolato d’appalto della sicurezza. Anche per questa applicazione la chiarezza e la sem-plicità delle check list si rivelano utili ed efficaci. Questo strumento deve essere costruito pernon comportare necessariamente un incremento del livello di professionalità del personale adi-bito alla manutenzione rispetto a quello normalmente utilizzato; di questo bisogna tenerneconto nella valutazione iniziale e nella implementazione del sistema di gestione della sicurez-za. Ovviamente la check list da usare in ambito manutentivo, per le verifiche periodiche dellasicurezza, deve tenere strettamente conto di quella utilizzata per la valutazione dei fattori dirischio, quindi deve essere da questa ricavata con opportune modifiche ed integrazioni, rical-candone i principi filosofici di base.

6. STRUTTURAZIONE DELLA TABELLA

In questo capitolo viene descritto come è stata concepita la tabella allegata all’articolo. Essaè strutturata in varie parti, le parti identificano i fattori di rischio analizzati e in particolaresono: 1. inquadramento territoriale ed aree esterne;2. aree di transito interne;3. spazi di lavoro interni; 4. ventilazione, microclima e inquinamento indoor;5. illuminazione;La prima colonna della tabella rappresenta le tipologie di verifica inerenti la prima valutazio-ne del rischio ed eventuali verifiche successive alla prima qualora subentrino modifiche sostan-ziali di: ambiente; attività svolta; organizzazione del lavoro; introduzione di nuovo personale,etc... Le tipologie di verifica sono le eccezioni che si possono fare nella valutazione; in caso di“NO” si esplora la riga perché non rispettata e in caso di “SI” si salta alla riga successiva.La seconda colonna suggerisce i principali interventi e le misure da adottare qualora l’esitodella verifica di cui alla prima colonna abbia esito negativo. La terza colonna individua gliestremi delle Leggi e delle Norme di riferimento, utili per un accurato approfondimento tecni-co e legale.La quarta colonna esplicita gli interventi routinari e periodici che possono essere affidati anchea una ditta di manutenzione. Queste descrizioni possono essere introdotte nel capitolato diappalto delle manutenzioni ordinarie.

BIBLIOGRAFIA

INAIL: Pacchetto formativo per RLS ed addetti alla sicurezza, ex 626/94.

INAIL: L’ambiente di lavoro igiene e sicurezza negli uffici, 1992.

IL SOSTEGNO DELL’INAIL ALLE AZIENDE: DALL’ASSICURAZIONE ALLA PREVENZIONE. IL RUOLO DELLA CONTARP

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AATTTTII 44°° SSEEMMIINNAARRIIOO DDEELLLLAA CCOONNTTAARRPP

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DOSSIER AMBIENTE (Trimestrale della Associazione Ambiente e Lavoro – I trimestre 2004) Sicurezza sul lavoro Rischi, Fonti, Misure.

INQUADRAMENTO TERRITORIALE, AREE ESTERNE E ACCESSI, ESTERNO DELL’EDIFICIO

TIPO DI VERIFICA

E’ stata effettuata l’analisi dei rischi connessicon gli incidenti che possono verificarsi nelle viedi comunicazioni limitrofe

Si è a conoscenza dei rischi territoriali naturali(alluvione, terremoto, etc.) che interessano l’a-rea in cui si trova l’edificio

Esiste coordinamento con i titolari di altre atti-vità che condividono l’edificio e si è a conoscen-za di eventuali rischi specifici che possono coin-volgere l’intero edificio

La regolazione della circolazione esterna all’in-sediamento lavorativo garantisce un accessosicuro ai lavoratori ed ai mezzi dell’azienda

Le zone di transito, di manovra e di sosta deiveicoli di pertinenza dell’azienda sono idonea-mente progettate e segnalate

Sono stati previsti accessi e passaggi pedonaliseparati da quelli dei mezzi di trasporto

Gli accessi stradali all’area di pertinenza azien-dale consentono l’agevole transito dei veicoli disoccorso

Il fondo delle aree esterne è regolare ed unifor-me. Le aree di transito non presentano fontid’inciampo, buche o avvallamenti pericolosi

Nell’area esterna è presente idonea cartellonisti-ca orizzontale e verticale che regolamenta la cir-colazione

Nelle aree esterne non vi sono depositi improv-visati e temporanei di materiali di scarto, obso-leto, etc.

Viene effettuata una verifica periodica degli ele-menti a possibile rischio di caduta dall’alto

I cancelli motorizzati dispongono di un sistemadi arresto d’emergenza, di azionamento anchemanuale (in caso di mancanza di energia elettri-ca), e le parti scorrevoli sono rese inaccessibili alcontatto mediante opportune reticolati metallicie/o protezioni di altra natura

I terrazzi e le coperture accessibili dispongonodi parapetti

INTERVENTI

Effettuare l’analisi dei rischi connessi con gliincidenti che possono verificarsi nelle vie dicomunicazione limitrofe

Individuare i rischio territoriali naturali e adot-tare idonee misure di emergenza per la salva-guardia dei lavoratori e di tutte le persone pre-senti all’interno dell’insediamento

Coordinarsi con i titolari delle altre attività evalutare i rischi specifici che possono coinvolge-re l’intero edificio, al fine della valutazione deirischi generali e della pianificazione delle emer-genze

Richiedere all’Ente competente che venganoeffettuati interventi atti a garantire la sicurezzadei lavoratori e temporaneamente prenderemisure preventive (cartelli segnalatori, etc.)

Organizzare gli spazi e definire le destinazionid’uso delle varie aree in modo da individuarespecifiche zone in rapporto alle operazioni dasvolgere (carico, scarico, manovra, passaggio,etc.) e utilizzare coerentemente gli spazi.Quando per ragioni tecniche non si possono eli-minare dalle zone di transito ostacoli fissi omobili pericolosi, gli ostacoli devono essere ade-guatamente segnalati

Prevedere la separazione dei percorsi pedonalida quelli dei mezzi, anche attraverso specificasegnaletica orizzontale e verticale. Garantire peri pedoni una larghezza di passaggio di almeno70 cm oltre l’ingombro dei veicoli

Adeguare gli accessi in modo che consentano perdimensione e struttura l’accesso dei mezzi disoccorso a tutte le parti dell’area che potrebbeessere necessario raggiungere

Rendere uniforme il fondo delle aree di transitoesterne, ad es. posando idonea pavimentazione,raccordando i dislivelli mediante scivoli o rampe,installando balaustre e/o coprendo eventualibuche o sporgenze pericolose

Adeguare la segnaletica delle aree esterne

Le aree esterne devono essere mantenute liberee pulite. Destinare appositi spazi al deposito dimateriali di scarto e obsoleto

Verificare periodicamente lo stato di conserva-zione e la stabilità di parapetti, balconi, tegole ecoppi, antenne televisive, etc.

Adeguare le porte o sostituirle con altre cheabbiano un sistema di arresto di emergenza, unsistema di azionamento manuale e l’interdizionidelle parti eventualmente scorrevoli

Installare i parapetti.

LEGISLAZIONE

D.Lgs. 626/94 art.12

-

D.Lgs. 626/94 art.3 e 12D.M. 10/3/98 All.VIII

D.Lgs. 626/94 art.33, 35

DPR 547/55 art. 8D.Lgs. 626/94 art.33

DPR 547/55 art. 8D.Lgs. 626/94 art.33, 35

D.Lgs. 626/94 art.12

DPR 547/55 art.11D.Lgs. 626/94 art.33

DPR 547/55 art. 8D.Lgs. 626/94 art.33

DPR 547/55 art. 8

-

DPR 547/55

DPR 547/55 art.10, 26

CAPITOLATO MANUTENTIVO

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-

-

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-

-

Controllo e report seme-strale del fondo delle areeesterne.

Verifica e report seme-strale della presenza dellacartellonistica come daelaborati grafici esecutivi

Eliminazione su richiestadi depositi improvvisati etemporanei di materiali discarto, obsoleto, etc.

Verifica e report seme-strale dello stato di con-servazione e stabilità diparapetti, balconi, tegolee coppi, antenne televisi-ve, etc.

Verifica e report seme-strale dei sistemi di arre-sto d’emergenza, di azio-namento manuale e delleprotezioni delle partiscorrevoli

Verifica e report annualesullo stato e sulla stabili-tà dei parapetti

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AREE DI TRANSITO INTERNE, PORTE, VIE E USCITE D’EMERGENZA, SCALE E RAMPE

TIPO DI VERIFICA

Il pavimento dei corridoi e dei passaggi è rego-lare ed uniforme. Le aree di transito non presen-tano fonti d’inciampo, buche o avvallamentipericolosi

Il pavimento dei corridoi e dei passaggi vienemantenuto pulito in particolare da sostanzesdrucciolevoli

I dislivelli del pavimento dei corridoi e passaggivengono coretti con rampe di pendenza inferio-re all’8%

Eventuali aperture nel pavimento (cavedi) e pas-saggi sopraelevati sono protetti

Le zone di transito interne sono mantenute libe-re da ostacoli pericolosi

Il livello di illuminazione è adeguato in ognizona di transito interna

Le porte dei locali di lavoro hanno larghezzaadeguata (imo 0,80 m) e sono in numero suffi-ciente a consentire una rapida uscita, in partico-lare:fino a 25 lavoratori 0,80 m; da 26 a 50 lavora-tori 1,20 m; da 51 a 100 lavoratori 2 m;nei locali con più di 100 lavoratori 2 m ed inol-tre una porta di almeno 1,20 m ogni 50 lavora-tori o frazione compresa tra 10 e 50 calcolata ineccedenza a 100

Le porte apribili nei due sensi di transito sonotrasparenti o munite di pannelli trasparenti erecanti un segnale indicativo ad altezza d’occhi

Le porte trasparenti sono realizzate con materia-li sicuri fino all’altezza di un metro dal pavimen-to o non si trovano in corrispondenza delle vie dicircolazione

Le porte scorrevoli dispongono di sistema disicurezza e blocco

Le porte ad azionamento meccanico dispongonodi un sistema di arresto d’emergenza e di azio-namento anche manuale (in caso di mancanza dienergia elettrica)

Nel luogo di lavoro esistono uscite di piano dicaratteristiche e numero adeguate

Le uscite di piano hanno un’altezza minima di2 m

INTERVENTI

Rendere uniforme la superficie delle aree ditransito, realizzando scivoli di raccordo tra pic-coli dislivelli; levigando i materiali di pavimenta-zione; coprendo buche; ecc.

Migliorare le condizioni di pulizia

Predisporre rampe di pendenza inferiore all’8%,obbligatorie in presenza di lavoratori disabilimotori

Predisporre protezioni (parapetto normale comedefinito all’art. 26 del DPR 547/55) e passaggipedonali sicuri e segnalati

Vietare il deposito di materiali nelle zone di pas-saggio, Eliminare gli oggetti con spigoli spor-genti e provvedere a proteggerli contro urti acci-dentali

Aumentare la potenza delle singole sorgentiluminose e/o il numero delle stesse in modo cheil livello di illuminazione non sia inferiore a 20lux. Verificare che non si creino coni d’ombra ofenomeni d’abbagliamento

Adeguare le aperture ai requisiti dimensionali dilegge (con tolleranza del 2% per porte di 0,80 me del 5% per quelle di almeno 1,2 m)

Sostituire le porte con quelle trasparenti o inse-rire pannelli trasparenti in quelle esistenti; inse-rire inoltre un segnale indicativo ad altezza occhi

Sostituire con porte costruite con materiali disicurezza o con porte antisfondamento o adotta-re provvedimenti atti ad evitare che i lavoratoripossano urtarle e rimanere feriti qualora essevadano in frantumi

Sostituire con porte con sistema di blocco che neimpediscano l’uscita dalle guide e la caduta

Adeguare le porte o sostituirle con altre cheabbiano un sistema di arresto di emergenza ecomunque un sistema di azionamento manuale

Predisporre un adeguato numero di uscite dipiano di larghezza rispondente ai requisiti dilegge

Adeguare le uscite di piano

LEGISLAZIONE

DPR 547/55 art. 8D.Lgs. 626/94 art.33

DPR 547/55 art. 8D.Lgs. 626/94 art.32, 33

DPR 547/55 art. 8D.Lgs. 626/94 art.33; L. 13/89;D.M. 236/89

DPR 547/55 art.10, 26

DPR 547/55 art. 8D.Lgs. 626/94 art.32, 33

DPR 303/56 art.10

DPR 547/55 art.14D.Lgs. 626/94 art.33

DPR 547/55 art.14D.Lgs. 626/94 art.33

DPR 547/55 art.14D.Lgs. 626/94 art.33

DPR 547/55 art.14D.Lgs. 626/94 art.33

DPR 547/55 art.14D.Lgs. 626/94 art.33

DPR 547/55art.14; D.Lgs.626/94 art. 33;DM 10/3/98 all.III

DPR 547/55 art.13D.Lgs. 626/94 art.33

CAPITOLATO MANUTENTIVO

Verifica e report annualesullo stato delle pavimen-tazioni delle aree ditransito

Pulizia periodica stabilitacontrattualmente dellepavimentazioni.

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Pulizia annuale dei corpiilluminanti delle zone ditransito

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Verifica e report seme-strale dei sistemi di sicu-rezza e di blocco delleporte scorrevoli

Verifica e report seme-strale dei sistemi di arre-sto d’emergenza e diazionamento manualedelle porte ad aziona-mento meccanico

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TIPO DI VERIFICA

Nei luoghi di lavoro a rischio di incendio le usci-te di piano rispondono ai requisiti previsti dallanormativa antincendio

Le uscite di piano e le porte installate lungo levie di fuga si aprono nel verso dell’esodo confacilità (utilizzare maniglioni antipanico)

Le uscite di piano, le porte situate lungo le vie diemergenza e le vie di fuga sono sgombre daqualsiasi ostacolo e consentono l’uscita rapida esicura

Le uscite di piano su aree esterne sono adegua-tamente segnalate in modo da evitare che ven-gano ostruite (parcheggi di veicoli o depositi dimateriali)

Lungo le vie di fuga è presente la cartellonisticacon l’indicazione del percorso

Le eventuali porte resistenti al fuoco sono muni-te di dispositivo di autochiusura

Le scale che presentano dislivelli pericolosi dis-pongono di parapetti sui lati aperti

Le rampe delimitate da due pareti dispongono dialmeno un corrimano

Le scale fisse a gradini sono realizzate a regolad’arte, cioè, indicativamente, la somma di duealzate e di una pedata ha misura compresa fra 62e 64 cm, la pedata è di almeno 30m cm, l’alzatanon più di 17 cm, le diverse pedate ed alzatesono della stessa misura. I gradini non sono sci-volosi in relazione alle condizioni di utilizzodella scala.

Le scale ed i relativi pianerottoli sono adeguata-mente illuminati, anche con impianto di illumi-nazione di sicurezza.

INTERVENTI

Adeguare le uscite di piano e le vie di fuga allespecifiche normative tecniche, se esistenti, e,comunque, a quanto previsto nel progettoapprovato ai fini del rilascio del certificato diprevenzione incendi

Garantire l’apertura delle porte nel senso dell’e-sodo.

Rendere libero il passaggio lungo le vie di fuga ele uscite di piano da ingombri temporanei e per-manenti che possono essere di impedimentoall’uscita. (O chiuse a chiave o con altri mezzi)

Prevedere idonee aree di rispetto anche all’e-sterno delle uscite di piano

Apporre l’idonea cartellonistica

Munire le porte resistenti al fuoco di dispositivodi autochiusura. Se è necessario tenerle aperteoccorre dotare le porte di dispositivi elettroma-gnetici di rilascio attivati da un sistema di rile-vazione incendi o dalla mancanza di energiaelettrica, o da comando manuale.

Installare i parapetti. Prevedere la protezionedei dislivelli in genere, soprattutto lungo aree dipassaggio frequente

Installare un corrimano e, se la rampa è di lar-ghezza notevole (indicativamente oltre 1,5 m),aggiungerne un secondo sull’altro lato

Modificare e/o sostituire le pedate delle scalenon a norma. Provvedere a rendere la superficieuniforme ed a installare bande antiscivolo.Effettuare la pulizia delle scale con cura e idoneafrequenza.

Provvedere alla corretta illuminazione dei vaniscala.

LEGISLAZIONE

DPR 547/55 art.14; D.Lgs. 626/94a r t . 3 3 ;D.M.10/3/98 all.III

D.Lgs. 626/94 art.33; D.M.10/3/98all. III; UNI 7546

DPR 547/55 art.14; D.Lgs. 626/94art. 33,D.M.10/3/98 all.III

-

D.M.10/3/98 all.III

D.M.10/3/98 all.III

DPR 547/55 art.16

DPR 547/55 art.16

-

D.M. 10/3/98 All.III

CAPITOLATOMANUTENTIVO

-

Verifica semestrale ereport sul corretto funzio-namento dei maniglioniantipanico.

-

Verifica e report seme-strale della presenza dellacartellonistica come daelaborati grafici esecutivi

Verifica e report seme-strale della presenza dellacartellonistica come daelaborati grafici esecutivi

Verifica e report seme-strale del corretto funzio-namento dei dispositivi diautochiusura

Verifica e report annualesulla stabilità dei para-petti

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Pulizia periodica contrat-tuale delle scale

Pulizia annuale dei corpiilluminanti delle scale

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SPAZI DI LAVORO INTERNI E STRUTTURE

TIPO DI VERIFICA

Il pavimento degli spazi di lavoro è realizzatocon materiali idonei

Il pavimento delle zone di lavoro è regolare eduniforme

Per ogni lavoratore sono garantite adeguatesuperfici e cubature minime (previste anche dairegolamenti d’igiene locali)

L’altezza minima del soffitto è adeguata

Le condizioni di illuminazione generale, sianaturale che artificiale, sono idonee al tipo dilavorazione

Le pareti ed i soffitti sono tinteggiati con colorichiari

Le aperture nelle pareti che presentano pericolodi caduta da quota superiore a un metro sonoprotette da rischio caduta

Gli spazi di lavoro non presentano segni di infil-trazioni d’acqua o tracce d’umidità

Le strutture all’interno delle quali si trovano glispazi di lavoro non presentano segni di dissestostrutturale (crepe, fessure, distacchi murari,etc.)

In caso di presenza di lavoratori disabili sonostati effettuati gli interventi di superamentodelle barriere architettoniche

I locali destinati a deposito hanno chiara indica-zione del carico massimo del solaio espresso inkg/mq

L’immagazzinamento è effettuato evitando l’im-pilamento dei materiali o l’accatastamento allarinfusa

Se i materiali sono immagazzinati in scaffalatu-re queste sono stabili.

Le scaffalature hanno forma e caratteristiche diresistenza adeguate ai materiali che vi si imma-gazzinano

INTERVENTI

Adeguare la pavimentazione alle specifiche esi-genze.

Rendere uniforme la superficie della pavimenta-zione

Rivedere il lay out delle aree di lavoro per garan-tire il rispetto delle prescrizioni dei regolamentid’igiene edilizia locali

Adeguare l’altezza minima in modo che rispettile prescrizioni dei regolamenti d’igiene locali

Adeguare il numero o la potenza delle fonti lumi-nose in modo da raggiungere i livelli di illumina-mento previsti. La tipologia ed il posizionamen-to dei corpi illuminanti non deve produrre feno-meni di abbagliamento o costringano il lavorato-re a posture scorrette.

Prevedere tinteggiatura degli ambienti con ido-nea frequenza, preferendo i colori chiari

Predisporre solide barriere o parapetti normali.Per le finestre sono consentiti parapetti di altez-za non minore di 90 cm.

Effettuare i necessari interventi di tipo idraulicoe/o di impermeabilizzazione in caso di infiltra-zioni dall’esterno. Provvedere al risanamento edalla tinteggiatura degli ambienti danneggiati.

Provvedere al consolidamento delle lesioni e senecessario richiedere un intervento di verifica daparte degli enti preposti (VVFF)

Effettuare gli interventi come previsto dalla nor-mativa vigente in materia di superamento dellebarriere architettoniche, in particolare per aper-ture, vie di circolazione, scale, bagni e postazio-ni di lavoro direttamente occupate.

Dotare i locali di adeguata indicazione collocatasu parete o in altro punto ben visibile. I carichinon devono superare tale massimo e devonoessere distribuiti razionalmente ai fini della sta-bilità del solaio

Evitare, per quanto possibile, l’immagazzina-mento con accatastamento alla rinfusa e/o impi-lamento dei materiali uno su l’altro in manierainstabile.

Migliorare la stabilità delle scaffalature fissan-dole agli elementi strutturali degli edifici

Sostituire con scaffalature idonee o diminuire oriequilibrare i carichi, etc.

LEGISLAZIONE

D.Lgs. 626/94 art.33

DPR 547/55 art. 8D.Lgs. 626/94 art.33

DPR 303/56 art. 6

DPR 303/56 art. 6

DPR 547/55 art.28, 29DPR 303/56 art.10

-

DPR 547/55 art.10, 26

DPR 303/56 art. 7

-

L. 13/89D.M. 236/89DPR 503/96 (luo-ghi pubblici)D.lgs 626/94 art.30

-

D.Lgs. 493/96

-

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CAPITOLATO MANUTENTIVO

-

Verifica e report annualesullo stato delle pavimen-tazioni dei locali

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Pulizia annuale dei corpiilluminanti

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Verifica e report annualesulla stabilità dei para-petti

Verifica e report seme-strale sulla presenza diinfiltrazioni e/o tracced’umidità

Verifica e report annualesulla presenza di segni didissesto strutturale

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Verifica e report seme-strale della presenza dellacartellonistica come daelaborati grafici esecutivi

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Verifica e report annualesulla stabilità e sullostato di conservazionedelle scaffalature

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VENTILAZIONE DEI LOCALI, INQUINAMENTO INDOOR E MICROCLIMA TERMICO

TIPO DI VERIFICA

I locali di lavoro dispongono di sistemi di aera-zione e ventilazione, naturale o forzata che assi-curino l’effettuazione di un ricambio minimopari a 30 mc d’aria per persona l’ora

I sistemi di ventilazione naturale o forzata dis-ponibili sono stati progettati in modo che i lavo-ratori non siano investiti da flussi d’aria perico-losi

Esistono locali separati per fumatori

Nei servizi igienici privi di aperture verso l’ester-no è assicurato un numero adeguato di ricambid’aria

Il sistema di immissione-estrazione dell’aria ècorrettamente dimensionato (portate, pressioni,perdite di carico, ecc.) ed è disponibile la relati-va documentazione tecnica.

Le prese d’aria esterne sono lontane da punti diemissione dell’aria esausta e comunque in zoneadeguate

I sistemi di ventilazione forzata sono regolar-mente manutenuti e puliti

Le tecniche di pulizia prevedono procedure cor-rette per garantire la qualità dell’aria dei localidi lavoro

E’ stata verificata l’assenza di sostanze nocivenei prodotti utilizzati per le pulizie.

E’ stata effettuata la valutazione dei materialicontenenti amianto presenti in coibentazioni,rivestimenti, tubature , ecc., e sono state attua-te le conseguenti misure

Le fotocopiatrici sono collocate in un ambienteaerato e separato dagli ambienti con permanen-za di persone

INTERVENTI

Garantire una corretta ventilazione dei locali dilavoro. Per l’aerazione naturale i regolamenti diigiene locale normalmente prescrivono superficifinestrate apribili minime pari a 1/8 di quellacalpestabile

Verificare che le postazioni di lavoro non sianosituate nel flusso principale di correnti d’aria ecolpiscano il lavoratore con velocità superiore a0,15 m/s. Se non può essere ridotta la velocitàdell’aria con accorgimenti tecnici, rivedere il layout delle postazioni e/o dei sistemi di aerazione.

I locali devono essere perimetralmente delimita-ti da pareti a tutt’altezza; essere dotati di portaa chiusura automatica normalmente chiusa;essere dotati di adeguato sistema di ricambioaria (108 mc/persona) che produca una depres-sione interna di 5 Pascal; essere dotati di ade-guata segnaletica luminosa e non; non rappre-sentare un passaggio abbligato per i non fuma-tori.

Assicurare almeno 6 ricambi/ora per aspirazionecontinua e 12 ricambi/ora per aspirazione dis-continua.

Procedere ad una verifica dell’impianto di venti-lazione. L’impianto deve essere realizzato inbase ad un progetto redatto da un professionistaspecializzato.

Riposizionare le prese d’aria esterna, in modoche non siano interessate dalla presenza disostanze tossiche, nocive, infiammabili, o altriinquinanti (traffico veicolare, ecc.)

Prevedere ed effettuare adeguata manutenzionee pulizia periodica dei sistemi di ventilazione,secondo quanto indicato dal costruttore.Effettuare verifiche periodiche di efficacia del-l’impianto.

Applicare corrette procedure di pulizia (rimuove-re la polvere con panni umidi; utilizzare prodot-ti acaricidi se necessario; lavare frequentementei tessuti con acqua molto calda)

Consultare le schede di sicurezza delle sostanzee dei prodotti per le pulizie, degli insetticidi, deideodoranti ecc., verificando che in essi nonsiano contenute sostanze pericolose ed even-tualmente sostituirle con preparati innocui.

Provvedere valutazione dei materiali e manufat-ti e quindi, almeno, al controllo periodico emanutenzione di quelli integri, e alla bonifica diquelli danneggiati, secondo le metodologie tec-niche prescritte dalla normativa: rimozione,incapsulamento, confinamento.

Le fotocopiatrici devono essere collocate in unambiente aerato e separato dagli ambienti conpermanenza di persone

LEGISLAZIONE

DPR 303/56 art.9

DPR 303/56 art.9

DPCM 23/12/2003

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UNI 10339

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DPR 303/56 art. 9D.Lgs 626/94 art.35

DPR 301/56 art. 9

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D.Lgs. 277/91L. 257/92D.M. 06/09/94D.M. 14/05/96

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CAPITOLATO MANUTENTIVO

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Verifica e report annualedei dispositivi e della car-tellonistica previsti dallanormativa

Pulizia annuale degliimpianti di ventilazione(diffusori, griglie, ple-num e per quanto possi-bile canalizzazioni).Verifica e report seme-strale sul funzionamentodegli impianti.

Verifica e report seme-strale sulla funzionalitàdegli impianti.Sostituzione periodicacontrattuale dei filtri edei materiali di consumo.

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Pulizia annuale degliimpianti di ventilazione(diffusori, griglie, plenume per quanto possibilecanalizzazioni).

Presentazione al RSPPdella documentazioneinerente le procedure ed imateriali utilizzati per lepulizie.

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IL SOSTEGNO DELL’INAIL ALLE AZIENDE: DALL’ASSICURAZIONE ALLA PREVENZIONE. IL RUOLO DELLA CONTARP

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La temperatura di lavoro è al di fuori del range21/26 °C e l’umidità relativa è al di fuori delrange 30/70 %

Le finestre, i lucernari e le pareti vetrate sonotali da evitare un soleggiamento eccessivo dellepostazioni di lavoro

Le correnti d’aria calde/fredde sono opportuna-mente controllate

Nello svolgimento delle mansioni non si verifica-no bruschi sbalzi di temperatura

Realizzare provvedimenti tecnici per il controllodella temperatura e dell’umidità. Gli impiantidevono essere realizzati in base ad un progettoredatto da un professionista specializzato.

Adottare idonei schermi di protezione e di isola-mento (veneziane, tende, vetri o pellicole riflet-tenti, frangisole, ecc.)

Adottare provvedimenti atti a controllare veloci-tà, temperatura e direzione delle correnti d’aria.

Evitare, per quanto possibile, il verificarsi dibruschi sbalzi di temperatura durante lo svolgi-mento dei compiti lavorativi.

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DPR 303/56 art.11D.Lgs. 626/94 art.33

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Verifica e report seme-strale sullo stato e la fun-zionalità degli schermi diprotezione

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CAPITOLATOMANUTENTIVO

TIPO DI VERIFICA

Il luogo di lavoro dispone di luce naturale, suffi-ciente per salvaguardare la sicurezza, la salute eil benessere di lavoratori

L’incidenza diretta o riflessa del flusso di lucenaturale non crea fenomeni di abbagliamento

Le postazioni per lavori d’ufficio hanno livelli diilluminazione medi di 400 lux e comunque noninferiori a 300 lux, possibilmente regolabili infunzione di eventuali lavorazioni a videotermi-nale.

La temperatura di calore della luce artificiale èneutra

Gli impianti di illuminazione sono collocati inposizione corretta

Gli impianti di illuminazione sono tali da evitareabbagliamento dei lavoratori o zone d’ombra

I corpi illuminanti sono dotati di diffusori,schermature o altri sistemi atti ad evitare feno-meni di abbagliamento

Esiste un programma di manutenzione e puliziapreventiva e periodica degli impianti di illumina-zione e delle superfici vetrate, con immediatasostituzione dei corpi illuminanti avariati

Prevedere tinteggiature chiare e materiali opachidelle pareti

Nei luoghi di lavoro o di passaggio obbligatodove i lavoratori sono esposti a rischi in casomancanza dell’illuminazione artificiale, ocomunque privi di illuminazione naturale, vi èadeguata illuminazione di sicurezza

INTERVENTI

Salvo deroghe i luoghi di lavoro devono disporredi sufficiente luce naturale. I regolamenti d’igie-ne locali normalmente prescrivono superfici illu-minanti minime pari ad 1/8 di quella del pavi-mento

Adottare schermature, tendaggi, veneziane pre-feribilmente a lamelle orizzontali, in modo dacontrollare l’apporto di luce. Posizionare corret-tamente postazioni di lavoro rispetto alla luce,che deve essere preferibilmente laterale

Installare impianti che garantiscano livelli diilluminazione pari ad almeno 300 lux sul pianodi lavoro.

L’impianto di illuminazione deve fornire unatemperatura di calore neutra, indicativamentefra 3300 e 5300 K

Collocare i punti luce rispetto alle postazioni dilavoro in modo tale da garantire una loro corret-ta e sufficiente illuminazione

Predisporre impianti di illuminazione tali da evi-tare abbagliamento o zone d’ombra.

Prevedere elementi diffusori, schermature oprovvedimenti alternativi contro l’abbagliamen-to

Predisporre un piano di pulizia e manutenzioneperiodica

Operare tinteggiature periodiche con colori chia-ri e utilizzare materiali opachi delle pareti

Fornire illuminazione di sicurezza di sufficienteintensità, atta a garantire la sicurezza dei lavo-ratori in caso di guasto

LEGISLAZIONE

DPR 303/56 art.10D.Lgs. 626/954art. 33

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DPR 303/56 art.10D.Lgs. 626/954art. 33

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DPR 303/56 art.10D.Lgs. 626/954art. 33D.M. 10/03/98all.III

CAPITOLATO MANUTENTIVO

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Verifica e report seme-strale sulla efficienza efunzionalità dell scherma-ture, tendaggi, venezia-ne, ecc.

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Attuare il piano di puliziae manutenzione periodicadei corpi illuminanti edelle superfici vetrate

Attuare il piano di tinteg-giatura periodico dellepareti

Verifica e report seme-strale sulla efficienza efunzionalità della illumi-nazione di sicurezza.

ILLUMINAZIONE

TIPO DI VERIFICA INTERVENTI LEGISLAZIONE

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IL PROGETTO INAIL-POLITECNICO TORINO: “L’IMPIEGO DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE NELLA VALUTAZIONE DEL RISCHIO PROFESSIONALE”

R. Luzzi** INAIL - Direzione Regionale Piemonte - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione

RIASSUNTO

La collaborazione tra INAIL ed Università, sui temi della sicurezza e prevenzione, ha datoluogo nella realtà piemontese ad un progetto che ha come primario obiettivo l’abbattimen-to del rischio professionale. Il presente lavoro si propone di illustrare quali siano le attivitàpreviste per sviluppare una metodologia di analisi dei fenomeni infortunistico e tecnopaticobasata su tecniche avanzate derivate dall’Information Technology e dalle applicazioni dellacosiddetta “intelligenza artificiale”. In particolare, l’analisi del rischio infortunistico saràbasata sui dati codificati ESAW, relativi a singoli settori produttivi, integrati con le informa-zioni raccolte sul campo in alcune aziende campione individuate all’interno di ciascun com-parto. Il risultato del progetto costituirà uno strumento decisionale per la scelta delle misu-re di prevenzione più opportune sia per comparti lavorativi che per singoli siti produttivi ocantieri complessi.

SUMMARY

The cooperation between INAIL and the Italian University, around the topics of safety and pre-vention at work in the regional context of Piedmont has originated a project that has thedecreesing of the professional risk as principle aim. This paper has the purpose of illustratingthe scheduled activities in order to develop a methodology of analisys regarding the accidentat work and occupational desease phenomena; a methodology based on advanced technics ofthe Information Technologies and oriented to the application of the Artificial Intelligence. Inparticular, risk-analysis will be based on ESAW codified data for each single manufacturing sec-tor; these data will be integrated by information collected in some selected plants, in thosefirms wich will be involved in the project. The results of this research project will allow to choo-se opportune solutions in order to prevent accidents and to provide best practices both forindustrial sectors and for single firm.

1. PREMESSA

In un’ottica di diffusione della cultura della prevenzione e di sviluppo dei relativi strumentioperativi, il progetto “L’IMPIEGO DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE NELLA VALUTAZIONE DELRISCHIO PROFESSIONALE” si propone di sviluppare una metodologia di analisi del fenomenoinfortunistico basata su tecniche avanzate derivate dall’Information Tecnology, quale è lacosiddetta “intelligenza artificiale”. Un’analisi del rischio a livello di comparto, basata sui datiESAW relativi a singoli settori produttivi avrà un fondamento senz’altro più oggettivo rispetto

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alle attuali metodologie che tendono a dare per il rischio delle stime basate sull’esperienza delvalutatore e su dati infortunistici di solito troppo approssimativi o macroscopici.Secondo gli obiettivi prefissati, il risultato del progetto costituirà uno strumento decisionaleper la scelta delle misure di prevenzione più opportune sia per comparti lavorativi che per sin-goli siti produttivi o cantieri complessi.L’applicazione di una metodologia basata sull’intelligenza artificiale per l’analisi dei dati infor-tunistici (codificati con il sistema internazionale ESAW) e dei dati tecnopatici INAIL può darerisultati più che interessanti anche laddove altre metodologie statistiche non permettono diavere alcun risultato significativo dal punto di vista prevenzionale, per la numerosità dellevariabili in gioco.Al di là dei risultati concreti che si vogliono raggiungere (metodologie, studi di settore ed indi-ci di rischio specifici dei comparti produttivi) è chiaro che un alto valore aggiunto è dato dallacollaborazione con la realtà universitaria piemontese, che costituirà senz’altro un’occasione diarricchimento per le strutture dell’Istituto coinvolte.

2. COINVOLGIMENTO DEL TESSUTO SOCIALE

Le tematiche da trattare e le attività di ricerca da svolgere nel corso del progetto interessa-no direttamente lavoratori ed aziende, e quindi richiedono quantomeno una intensa ed effi-cace comunicazione verso i rappresentanti delle parti sociali e datoriali. Quindi, al fine dievitare di far procedere gli attori della ricerca in modo avulso dal contesto sociale, si è cer-cato di coinvolgere i rappresentanti delle varie organizzazioni interessate, attraverso unseminario “NUOVI STRUMENTI DECISIONALI PER LA RIDUZIONE DEI RISCHI LAVORATIVI” fina-lizzato da un lato alla presentazione del suddetto progetto e dello stato dell’arte e dall’altroal coinvolgimento attivo, sin dall’inizio, delle parti sociali ed imprenditoriali. Si è svolto undibattito sugli orientamenti da seguire, per far sì che i risultati siano più proficui e mag-giormente ampie le ricadute. Le parti sociali hanno mostrato un vivo interesse a riguardo edhanno auspicato che i risultati della ricerca possano essere effettivamente utilizzati nellagestione d’impresa.E’ opportuno che in una prima fase siano avviate le attività di ricerca presso ditte di particola-ri comparti nell’ambito delle piccole e medie imprese, ove la situazione si ritiene più critica perla sicurezza, in base ad indici di frequenza e gravità. Nel contempo è stata redatta la convenzione tra INAIL e Politecnico di Torino, in virtù dellaquale l’Istituto si è impegnato, tra l’altro, a finanziare una borsa di studio di Dottorato, fina-lizzata allo svolgimento delle attività di ricerca.

3. RISCHIO LAVORATIVO E SCELTE IMPRENDITORIALI

In quanto esposizione ad un potenziale pericolo il rischio è funzione di:- probabilità di accadimento dell’evento lesivo: (infortunio, malattia professionale)- entità del danno per il lavoratore (per l’azienda e per la collettività)

ed è determinato da fattori organizzativi e tecnici (durata dell’esposizione, misure protetti-ve, ecc.)

I fattori organizzativi e tecnici sono definiti in fase di pianificazione del business ed in faseprogettazione (o modifica) del prodotto e dei processi tecnologici. Sono proprio queste le fasidei processi decisionali in cui è necessario che accanto alle scelte tecnico-economiche si con-siderino in modo integrato quelle relative alla sicurezza in chiave prevenzionale perchè siano

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efficacemente attuate. Ed è proprio in quest’ambito che il progetto si propone di offrire utilisoluzioni alle imprese ed alle parti interessate.

4. IL PROGETTO

In linea con gli obiettivi generali dichiarati in premessa, i risultati del progetto costituirannouno strumento decisionale per la scelta delle misure di prevenzione più opportune sia per com-parti che per singoli siti produttivi. A questo punto, è sicuramente interessante fornire alcune informazioni sulle tecniche basatesull’intelligenza artificiale, in particolare sulla Fuzzy Logic, che ha dato risultati con importantiimplicazioni anche in altri campi applicativi quale ad esempio quello economico per la valuta-zione del rischio di investimento azionario. L’approccio all’analisi infortunistica con tali tecniche permette di interpretare il fenomeno con-siderando vari aspetti e varie angolazioni (PICCININI, 2004): parametri legati alla frequenza diaccadimento, all’entità del danno, alle fasi di lavorazione, alle macchine ed ai dispositivi uti-lizzati, ecc.. Fornendo al sistema Fuzzy questi dati di input, questi vengono elaborati (fuzzifi-cazione) con procedimenti associativi che sono frutto di un precedente “addestramento” delsistema (come se per eseguire una somma il sistema venga addestrato fornendo sequenze dinumeri 2, 2, 4; 3, 3, 6; 4, 4, 8; 2, 3, 5; 3, 4, 7; ecc.).

Si può prevedere che nel caso del rischio infortunistico si potrà addestrare il sistema condelle sequenze “frequenza, magnitudo, rischio, ecc.” ricavati dalla casistica dei databaseINAIL, applicando delle regole logiche IF - THEN [Esempio di regola: If (F is Bassa) and (Sis Bassa) then (R is Basso)]. Infine, il sistema Fuzzy restituisce come risultati dei valori dioutput (defuzzificazione) che sintetizzano il rischio previsto per definiti valori dei parame-tri di input.

Figura 1: Schema di principio della Fuzzy Logic

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Nelle figure seguenti vengono illustrate alcune tra le principali tipologie di funzioni e variabi-li che interessano la presente ricerca (MURE’, 2004).

Da quanto si può dedurre da questa esposizione semplificata, i risultati della ricerca permette-ranno di ottenere il rischio effettivo e qualora sia non accettabile si potrà scegliere i parame-tri di processo in modo da ottenere un rischio (R in Figura 4) più basso accettabile.

Figura 2: Esempi di funzioni per frequenza di accadimento e di magnitudo

Figura 3: Variabile di output rischio

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Al fine di esporre come il progetto sia strutturato e come ne sia prevista la gestione, si ripor-tano quelle che si ritengono essere le fasi pricipali, per le quali tra l’altro sarà monitorato l’a-vanzamento.1. Sviluppo metodologie di estrazione dei dati INAIL con prevalente interesse per quelli codi-ficati con ESAW, al fine di realizzare flussi informativi procedurizzati con il Politecnico di Torino. 2. Sviluppo di metodologie per l’analisi e l’interpretazione dei dati INAIL, tenendo conto degliattuali standard e delle più appropriate tecniche statistiche (quali quelle utilizzate in campoepidemiologico).3. Applicazione delle suddette metodologie ai fenomeni infortunistici dei comparti produttivipiemontesi.4. Studio del rischio del comparto produttivo indicato dalle parti sociali e datoriali (settoredella lavorazione del legno), quale primo caso pilota, per mezzo delle tecniche basate sullaFuzzy-logic. Sviluppo di una metodologia che consenta di trasformare i dati statistici INAIL invalutazioni del rischio relativo alle fasi di lavorazione ed ai processi tecnologici utilizzati.Questa fase può richiedere più accessi nelle ditte (indicate dalle parti datoriali).5. Applicazione dei modelli sviluppati a specifici comparti, anche al fine della verifica dei risul-tati. Sviluppo delle linee guida di prevenzione, con indicazione delle “possibili” buone pratichee delle misure di abbattimento dei rischi infortunistici, relativamente ai singoli comparti indi-viduati.6. Indicazione delle metodologie di esportabilità dei risultati a comparti ed a singole realtàproduttive. Realizzazione di procedura informatizzata per la definizione dei parametri e deicoefficienti necessari alla valutazione del rischio, utilizzabile almeno dalle aziende dei settoriproduttivi esaminati.7. Reporting semestrale sull’avanzamento del progetto e sui risultati parziali raggiunti; attivi-tà di divulgazione presso le parti sociali e datoriali interessate; rapporto finale sui risultati.

5. CONCLUSIONI

Si ritiene che il nucleo centrale del progetto sia lo sviluppo della metodologia relativa all’ap-plicazione dell’intelligenza artificiale al rischio di comparto e all’elaborazione delle relative

Figura 4: Output: superficie del rischio e curve “isorischio”.

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linee guida per l’indicazione di “buone pratiche”. Le tecnologie informatiche sono già maturee si sono applicate già ad alcuni siti produttivi o cantieri; perseguendo questo progetto si potràarrivare a coprire un numero notevolmente maggiore di aziende, soprattutto delle dimensionimedie e piccole. Il diretto coinvolgimento delle parti sociali e delle aziende sin dalle prime fasi,favorisce un reale interesse per il progetto, segnando un avvio positivo per il successo dellaricerca.

BIBLIOGRAFIA

S. Murè: Valutazione del rischio d’infortuno attraverso un modello di analisi basato sulla logi-ca Fuzzy. Atti Convegno Tecniche di analisi a confronto 10/3/2004 - ASL 7 Torino.

N. Piccinini: L’analisi dei rischi negli ambienti di lavoro. Atti Convegno Tecniche di analisi aconfronto 10/3/2004 - ASL 7 Torino.

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LE GRANDI OPERE IN PIEMONTE: UN BILANCIO FINALE DEL FENOMENO INFORTUNISTICO NEI CANTIERI ALTA VELOCITÀ TORINO-MILANO

R. Luzzi** INAIL - Direzione Regionale Piemonte - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione

RIASSUNTO

L’INAIL Direzione Regionale Piemonte è impegnata congiuntamente con la Regione in attivitàper la prevenzione e la tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro delle “Grandi opere”.Sono stati presi in considerazione gli infortuni relativi alla linea Alta Velocità Torino-Milano, lacui istruttoria è stata accentrata presso la Direzione Regionale per favorire la comunicazionedei dati all’Osservatorio epidemiologico predisposto dalla Regione (Assessorato Sanità).L’analisi del fenomeno è stata condotta sui dati relativi ai cantieri della linea ferroviaria, dagiugno 2002 a marzo 2005. Gli eventi infortunistici sono stati codificati con il sistema europeoESAW (European Statistic on Accident at Work), che permette di registrare le circostanze del-l’infortunio.A lavori pressocchè ultimati nei cantieri TAV, ci si propone di stilare un bilancio del fenomenoinfortunistico focalizzando l’attenzione sui risultati, evidenziando le criticità emerse ed i fat-tori di rischio da tener presenti in un’ottica di prevenzione.

SUMMARY

The principal aims of the agreement between INAIL Piedmont Regional Department andPiedmont’s Regional Government are prevention and safety in the work places of the “GrandiOpere” (i.e.: new railways and highways, 2006 Winter Olympic Games stadiums and infrastruc-tures, etc.) . In particular, we have considered the accidents occurred during the works of theHigh Capacity Railroad Turin-Milan. The injury bureaucratic trials have been focalised in theINAIL Piedmont Regional Department to facilitate the data communication to the RegionalInjuries Observatory.The analysis of the phenomenon regards many cases of accidents occurred in the railroad sitesduring the period from June 2002 to March 2005. The events has been codified using theEuropean procedure ESAW (European Statistic on Accident at Work), which allows to registerseveral data about the injury circumstances.The aim of this paper is to draft an assessment with reference to the accident rate, focussingon the results, evidencing the critical aspects and the risk factors which have to be consideredfor prevention.

1. PREMESSA

L’INAIL Direzione Regionale Piemonte sta svolgendo attività di collaborazione con la Regioneper lo sviluppo della prevenzione e della cultura della sicurezza nell’ambito delle “Grandi

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Opere”, nei cantieri in cui si stanno realizzando le infrastrutture per le Olimpiadi invernali2006. Un contributo particolare è stato fornito dall’INAIL per il monitoraggio del fenomenoinfortunistico, collaborando con l’Osservatorio epidemiologico della Regione Piemonte “Orme-TAV”, a cui sono stati trasmessi i flussi informativi riguardanti gli infortuni sul lavoro codifica-ti con il sistema europeo ESAW, comprendenti anche dati relativi ai postumi (prognosi e gradodi inabilità).Per esaminare il fenomeno infortunistico nei cantieri ferroviari dell’Alta Velocità, a lavori quasiterminati, sono stati analizzati gli infortuni sul lavoro accertati e quelli in fase di accertamen-to (138 casi). Sono stati esclusi gli infortuni in itinere (circa 2,5%) e quelli la cui causa accer-tata non è lavorativa. La scelta di includere i casi in fase di accertamento è dovuta al fatto cheper il 94% circa degli infortuni denunciati se ne è riconosciuta la causa lavorativa. In definiti-va, con queste condizioni, si hanno a disposizione per l’analisi 1785 infortuni fino al marzo2005.Comunque, al fine di comprendere meglio le ricadute delle attività svolte per le “Grandi Opere”,si è ritenuto opportuno effettuare uno studio comparativo, confrontando i dati relativi a 1607casi degli anni 2003 e 2004.

2. RISULTATI

Nei due anni considerati si sono avuti rispettivamente 747 infortuni nel 2003 e 860 nel 2004.Nei seguenti paragrafi i risultati sono riportati in grafici e tabelle per confrontare i valori otte-nuti ed evidenziare alcuni aspetti interessanti. E’ opportuno richiamare l’attenzione sul fattoche il numero di lavoratori operanti nei cantieri è continuamente cresciuto sino a tutto il 2004.E’ stato rilevato dalle ditte che collaborano al progetto, un incremento di oltre 1000 unità tragiugno 2003 e giugno 2004, arrivando ad oltre 5400 operai e 1000 impiegati.

2.1 Gravità degli infortuni

Come indicatori dell’entità dei danni conseguenti all’infortunio sono stati considerati:- il numero di giorni di prognosi - Tabella 1, Figure 1 e 2 - il grado di inabilità (in percentuale), laddove siano stati accertati dei postumi - Tabella 2.

Tabella 1: Numero di casi e giorni di prognosi.

Gravità Numero infortuni(gg. prognosi assegnati) ANNO 2003 ANNO 2004

da 1 a 3 giorni 35 48

da 4 a 7 giorni 174 158

da 8 a 14 giorni 159 199

da 15 a 30 giorni 207 195

oltre 30 giorni 162 201

Totale annuo 737 801

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La figura 1 mostra che nel 2004 si è avuto un piccolo incremento degli infortuni più gravi pergiorni di prognosi (oltre 30 giorni) e, comunque, una tendenza in aumento: il 26% dei casi finoa 7 giorni di prognosi nel 2004, contro il 29% relativo al 2003. Questo dato sembra esser cor-relato al brusco incremento avutosi nell’andamento del numero di infortuni in corrispondenzadel secondo quadrimestre del 2004 (Figura 2).Comunque, è da notare il fatto nettamente positivo che il numero di infortuni con conseguen-ze permanenti più gravi (inabilità oltre il 5%) è drasticamente diminuito, da 10 a 4 casi, comeriportato in tabella 2.Per quanto riguarda i casi di incidente mortale, si osserva che con tale esito nel 2003 si sonoavuti 2 infortuni sul lavoro e nel 2004 un infortunio sul lavoro ed uno in itinere.

Figura 1: Confronto 2003 - 2004: distribuzione delle conseguenze dell’infortunio.

Figura 2: Andamento temporale degli infortuni (numero di casi per quadrimestre)

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Tabella 2: Infortuni con postumi di inabilità permanente.

INABILITA’ (%) Anno 2003 Anno 2004

1 2 8

2 7 9

3 6 7

4 1 5

5 1 1

Totale < 6% 17 306 4 1

7 - 1

8 1 -

9 - 1

10 2 -

12 1 -

13 1 -

16 - 1

18 1 -

Totale >5% 10 4Totale 27 34

2.2 Tipo di luogo e Tipo di lavoro

Gli infortuni nei due anni in esame si sono verificati prevalentemente all’interno di cantieri (discavo, di costruzione, ecc.), con oltre il 90% dei casi. Inoltre, anche se nell’anno 2003 moltiinfortuni sono avvenuti in luoghi destinati alla circolazione o trasferimento, poi nel 2004 que-sta eventualità si è verificata per un numero di casi più che dimezzato. Per quanto riguarda l’aspetto della tipologia di lavorazione, gli infortuni si sono verificatiprevalentemente durante le attività di costruzione (attività dirette di realizzazione delleopere): da circa l’82% dei casi nel 2003 al 95% nel 2004. Al contempo, si osserva una ridu-zione dell’incidenza del numero di casi avvenuti durante le attività complementari di pre-parazione e di controllo, nonchè quelle relative alle attività di circolazione. In definitiva, sinota un andamento in sintonia con quello della prima variabile del sistema di codificaESAW.

2.3 Attività fisica specifica

La variabile Attività fisica specifica indica l’operazione che stava compiendo la vittima almomento dell’infortunio; i dati sono stati aggregati per classi di attività ed i valori relativi aidue anni in esame sono riportati in tabella 3, con la relativa percentuale di incidenza sul nume-ro totale di infortuni considerati nell’anno, per facilitarne la comparazione. Si nota una ten-denza alla sistematicità del verificarsi dell’infortunio rispetto all’attività svolta dal lavoratoregiacchè si rileva la quasi costanza delle rispettive incidenze nei due anni:

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- più frequenti gli infortuni durante semplice movimento della persona, cioè non durante l’u-tilizzo di attrezzature, mezzi o materiali (35% nel 2003 ⇒ 34% nel 2004);

- segue come frequenza la manipolazione di oggetti, materiali, prodotti finiti, ecc. (25% nel2003 ⇒ 27% nel 2004)

- inoltre, si può notare quasi a pari merito il trasporto manuale (16% nel 2003 ⇒ 17% nel2004) ed il lavoro con utensili a mano (16% nel 2003 ⇒ 15% nel 2004).

Tabella 3: ESAW - Attività fisica specifica.

Codice Descrizione2003 2004

N. casi % N. casi %

00 Nessuna informazione 17 2% 12 1%

10 Operazioni di macchina 8 1% 14 2%

20 Lavoro con utensili a mano 119 16% 128 15%

30 Alla guida, a bordo di un mezzo di trasporto/attrezzatura di movimentazione 30 4% 21 2%

40 Manipolazione di oggetti 190 25% 228 27%

50 Trasporto manuale 118 16% 142 17%

60 Movimenti 259 35% 289 34%

70 Presenza 6 1% 26 3%

Nella tabella 4 si riportanto, tra le classi di Agenti materiali dell’attività specifica, quelle per cuisi sono rilevate per ciascun anno le percentuali di incidenza più alte.

Tabella 4: ESAW - Classi di Agenti materiali dell’attività fisica specifica.

Codice Descrizione2003 2004

N. casi % N. casi %

01.00 Edifici, costruzioni, superfici - a livello (interno o esterno, fissi o mobili, temporanei o meno) 158 21% 180 21%

02.00 Edifici, costruzioni, superfici - in altezza (interno o esterno) 67 9% 69 8%

06.00 Utensili a mano - senza motore 82 11% 69 8%

07.00 Utensili tenuti o manovrati a mano - meccanizzati 29 4% 66 8%

12.00 Veicoli terrestri 68 9% 63 7%

14.00 Materiali, oggetti, prodotti, elementi costitutivi di macchine, detriti, polveri 193 26% 278 32%

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Si nota che mentre per le costruzioni e le superfici a livello si riscontra il 21% di incidenza inentrambi gli anni, per i materiali e per gli utensili meccanizzati vi è un significativo aumento:ciò è probabilmente dovuto ad un significativo cambiamento delle lavorazioni, procedendo dal2003 al 2004. Con l’avanzare dei lavori, le operazioni possono aver comportato un maggiorimpegno di attrezzature ed utensili motorizzati e materiali da costruzione, essendo passati inmodo rilevante dalle iniziali fasi di scavo e movimento terra alle successive fasi di costruzionee finitura delle strutture e a fasi di lavori impiantistici.

2.4 Deviazione

Relativamente alla Deviazione, cioè la circostanza “anomala” che ha determinato l’infortunio,si osserva (tabella 5) che nella maggior parte dei casi si è verificata una situazione di perditadi controllo di un mezzo, di un attrezzatura o di un oggetto. Altra causa frequente è lo scivo-lamento, seguito dal movimento del corpo o di una sua parte.Rimangono marginali gli infortuni correlabili a problemi propriamente tecnici come può esse-re, per esempio, il cedimento strutturale.Per ciò che concerne l’Agente materiale della deviazione (tabella 6), si può notare che sono moltofrequenti cause di infortunio correlate a superfici, costruzioni a livello (tra cui per esempio unsuolo ingombro o accidentato), oppure a materiali, oggetti, ecc. Queste tipologie di agenti sonofrequenti in quanto correlati allo scivolamento o alla perdita di controllo di mezzo o materiale.

Tabella 5: ESAW - Deviazione

Codice Descrizione2003 2004

N. casi % N. casi %

00 Nessuna informazione 19 3% 12 1%10 Deviazione per problema elettrico, esplosione,

incendio 2 0% 3 0%20 Deviazione dovuta a traboccamento,

rovesciamento, perdita, scorrimento, vaporizzazione, emanazione 26 3% 51 6%

30 Rottura, frattura, scoppio, scivolamento, caduta, crollo dell’agente materiale 24 3% 13 2%

40 Perdita di controllo totale o parziale di una macchina, di un mezzo di trasporto/attrezzatura di movimentazione, di un utensile a mano o oggetto, di un animale 238 32% 263 31%

50 Scivolamento o inciampamento - con caduta di persona 184 25% 197 23%

60 Movimento del corpo senza sforzo fisico (che porta generalmente a una lesione esterna) 92 12% 103 12%

70 Movimento del corpo sotto sforzo fisico (che porta generalmente ad una lesione interna) 150 20% 192 22%

80 Sorpresa, spavento, violenza, aggressione, minaccia, presenza 12 2% 26 3%

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Tabella 6: ESAW - Classi di Agenti materiali della deviazione

Codice Descrizione2003 2004

N. casi % N. casi %

01.00 Edifici, costruzioni, superfici - a livello (interno o esterno, fissi o mobili, temporanei o meno) 226 30% 259 30%

02.00 Edifici, costruzioni, superfici - in altezza (interno o esterno) 61 8% 65 8%

06.00 Utensili a mano - senza motore 66 9% 56 7%

14.00 Materiali, oggetti, prodotti, elementi costitutivi di macchine, detriti, polveri 193 26% 279 32%

2.5 Contatto

La variabile Contatto, che indica la modalità in cui si è provocata la lesione, risulta anch’essa esse-re quasi costante nei due anni 2003 e 2004, come da tabella 7. Anche per il contatto e il relativoagente materiale sussiste una chiara corrispondenza, come si è visto nel caso della Deviazione.Nella maggior parte dei casi il contatto si è avuto con materiali duri o taglienti. A seguire sihanno lo sforzo fisico e lo schiacciamento della vittima in movimento verticale contro unoggetto immobile.Per quanto riguarda l’Agente materiale del contatto (tabella 8), mentre altre classi di agenti piùfrequenti sono rimaste quasi costanti, l’incidenza dei contatti con materiali, oggetti, detritiecc. è aumentata nel 2004, rispetto al 2003.

Tabella 7: ESAW - Contatto

Codice Descrizione2003 2004

N. casi % N. casi %

00 Nessuna informazione 17 2% 12 1%10 Contatto con corrente elettrica, temperatura,

sostanza pericolosa 43 6% 86 10%20 Annegamento, seppellimento, immersione

in un gas 1 0% 0 0%30 Schiacciamento in movimento verticale o

orizzontale su/contro un oggetto immobile (vittima in movimento) 144 19% 168 20%

40 Urto da parte di oggetto in movimento, collisione con 87 12% 106 12%

50 Contatto con agente materiale tagliente, appuntito, duro, abrasivo 202 27% 203 24%

60 Incastramento, schiacciamento, ecc. 105 14% 83 10%70 Sforzo fisico o psichico 148 20% 196 23%80 Morso, calcio, ecc., da parte di animali o

di esseri umani 0 0% 6 0%

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Tabella 8: ESAW - Classi di Agenti materiali del contatto

Codice Descrizione2003 2004

N. casi % N. casi %

01.00 Edifici, costruzioni, superfici - a livello (interno o esterno, fissi o mobili, temporanei o meno) - non precisato 223 30% 241 28%

02.00 Edifici, costruzioni, superfici - in altezza (interno o esterno) - non precisato 60 8% 57 7%

06.00 Utensili a mano - senza motore - non precisato 60 8% 56 7%

14.00 Materiali, oggetti, prodotti, elementi costitutivi di macchine, detriti, polveri - non precisato 222 30% 319 37%

3. CONCLUSIONI

Dai risultati sinteticamente esposti ed in base all’andamento generale dei fenomeni infortuni-stici, in definitiva, si può trarre una valutazione positiva.La formazione sulla sicurezza erogata ai dipendenti delle imprese e la presenza collaborativadella Regione e degli organi di sorveglianza nei cantieri hanno determinato una situazione diattenzione ai rischi di origine tecnica e un incremento delle misure di protezione, che hannolimitato l’entità delle conseguenze degli incidenti.Il fatto che gli infortuni siano correlabili in prevalenza a fattori umani (come la perdita di con-trollo di oggetti, di macchine e attrezzature oppure come la disattenzione nei movimenti) sem-brano essere dovuti più che alle inevitabili difficoltà organizzative e gestionali, soprattutto acarenze formative del personale, che hanno innescato comportamenti non consoni rispetto aiprincipi prevenzionali. Queti limiti nella diffusione e recepimento profondo della formazione,probabilmente, sono conseguenza dell’elevato turnover delle maestranze e dell’ingresso dinuove ditte, in particolare nel corso del 2004. Infatti, con il cessare di alcune tipologie di atti-vità nei cantieri e con l’inizio di nuove, si è verificata una continua sequenza di dimissioni edassunzioni (queste in misura maggiore). L’aumento degli addetti ed una diversa distribuzionedelle mansioni hanno determinato un notevole cambiamento di configurazione dei processiproduttivi sulle varie tratte della TAV. L’ingresso di nuove ditte, con il sovrapporsi temporale dipiù attività nello stesso sito, ha reso la situazione ancora più complessa. Quindi, se da un latosi è cercato di far fronte con un maggiore impegno nel coordinamento e nel controllo delle atti-vità, dall’altro non si è potuto rendere abbastanza capillare la diffusione della formazione spe-cifica in materia di sicurezza e prevenzione.Seppur con queste limitazioni, considerando la totalità dei risultati ottenuti nell’ambito dilavorazioni così vaste e complesse, si può ritenere di aver raggiunto buona parte degli obietti-vi, avendo comunque ottenuto l’importante risultato di aver mantenuto molto al di sotto deivalori nazionali le frequenze relative di infortunio con inabilità permanente (circa 1 - 2 per1000 addetti, contro il valore di 5,37 [INAIL,2005] sul territorio nazionale, riferito al settore“Strade e ferrovie” media nel triennio 1999-2001).

BIBLIOGRAFIA

INAIL: http://www.inail.it/statistiche/statistiche.htm Banca dati statistica (31/3/2005).

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LA “DIRETTIVA MACCHINE”. EFFETTI SULLA SICUREZZA E SALUTE NEI LUOGHI DILAVORO: PRIMI RISULTATI

G. Mancini*, G. Castellet Y Ballarà*, C. Salvati*** INAIL - Direzione Generale - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione** INAIL - Direzione Centrale Servizi Informativi e Telecomunicazione

RIASSUNTO

A quasi dieci anni dal recepimento in Italia delle quattro direttive europee concernenti il riav-vicinamento delle legislazioni degli stati membri relative alle macchine, è importante analiz-zare l’impatto sulla salute e sicurezza dei lavoratori avuto dall’applicazione del D.P.R. n°459 del24 luglio 1996 “Direttiva Macchine” (G.U. n°209 del 06/09/1996). L’Istituto, che da sempre haavuto un ruolo fondamentale nel supportare le piccole e medie imprese ad incrementare il livel-lo di sicurezza e salute dei loro lavoratori, negli anni passati ha promosso per tale tipologia diaziende il progetto “incentivi alle imprese” proponendo il finanziamento di interventi per cin-que tipologie di attività, i ben noti cinque assi. Il primo asse era relativo all’eliminazione dimacchine prive di marcatura CE e loro sostituzione con macchine marcate CE”. Dall’analisi deidati ottenuti da questa campagna di incentivi è risultato evidente che il rinnovamento delparco macchine nelle aziende italiane è un problema molto sentito. Il 34 % delle domande diincentivazione, infatti, sono state presentate per il primo asse, ciò vuol dire che sono statirichiesti 294 milioni di euro per rinnovare il parco macchine delle piccole e medie imprese ita-liane. Scopo di questo lavoro è quello di elaborare un’analisi preliminare per poter valutare glieffetti della “Direttiva Macchine” sull’andamento infortunistico legato all’uso delle macchine.A tal fine è necessario conoscere gli infortuni accaduti negli anni precedenti e successivi all’e-manazione della “Direttiva Macchine”, gli infortuni avvenuti su macchine con certificato di con-formità, il numero di infortuni avvenuto in aziende di nuova costituzione, che in virtù delladirettiva stessa dovrebbero avere un parco macchine nuovo o conforme alle leggi preesistenti,con conformità dichiarata da relativa documentazione. Da questa prima analisi dei dati a nostradisposizione emerge che: mentre a più di dieci anni dall’emanazione del Decreto Legislativo626/94 non si può purtroppo dire che c’è stata una diminuzione degli infortuni, soprattuttodegli infortuni più gravi, si può forse dire che c’è stata una diminuzione degli infortuni sullemacchine utensili in seguito al D.P.R. n° 459/96. Tenendo sotto controllo gli infortuni avvenu-ti su macchine messe in commercio con i certificati di conformità e con il marchio CE si potràarrivare, in una fase successiva, ad identificare la percentuale di macchine dichiarate conformialla direttiva stessa ma che in realtà non lo sono, ciò potrebbe avvenire, ad esempio, nei casiin cui il fabbricante o il suo mandatario stabilito nella comunità europea possa dichiarare laconformità della macchina assumendosene la responsabilità.

SUMMARY

Purpose of this paper is reporting on INAIL studies on impact of EU “Machine Directives”(89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/ CEE) on safety at work in the Small and Mediumsized Enterprises (SME) since acknowledgement in Italy (1996). INAIL interest is mostly due to

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the economic incentives for prevention which are being distributed o SME’s. These incentiveswere addressed to five fields of possible improvement of work safety: replacement of machineswithout CE mark with machines with CE mark; new equipment installation or plant modificationto improve safety; measuring machines installation for evaluation of working environment con-tamination; working environment renovation; safety management system implementation.Almost 34% SME’s applied the first field: this means that around 294 million euro will beexpended for machinery renovation. A statistical evaluation on the accidents at work and pro-fessional disease on the machines is necessary. Aims of this activity are: investigation on thenumber of accidents at work on the machines and how they are happened in two period - theyears before and the years after - the acknowledgement of the directives, the number of acci-dents at work on the machines and how they are happened in the young enterprises. It is pos-sible investigate, also, how many machines with CE mark are not agree with directives require-ments. A questionnaire is also being prepared for a representative sample of enterprises. Isimportant the way to identify a representative sample of SME in the private sector. The givenpoints are a first approach to the topic, and for each of them more specific consideration couldbe developed.

1. INTRODUZIONE

La “Direttiva Macchine” D.P.R. del 24 luglio 1996 n° 459, recepimento di quattro direttive euro-pee concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relative alle macchine,è ormai in vigore in Italia da quasi dieci anni. Nasce quindi la necessità di verificare gli effettiche tale direttiva ha avuto sulla sicurezza e salute dei lavoratori, anche alla luce di una suafutura revisione. Se volessimo applicare all’attività legislativa un approccio come quello teoriz-zato da Deming per il miglioramento continuo, Plan - Do - Check - Act, ci troveremmo nel pienodella fase Check. Dopo dieci anni di applicazione del decreto relativo alle macchine, mentre silavora in sede europea per una revisione delle relative direttive comunitarie, la verifica deglieffetti fin ora ottenuti è il punto di partenza per esaminare possibili miglioramenti del decre-to. È quindi necessario analizzare l’impatto che tale direttiva ha avuto sulla salute e sicurezzadei lavoratori. L’analisi degli effetti di una legge non sempre è di facile realizzazione, in quan-to gli indicatori potrebbero non essere immediatamente individuabili e/o reperibili. Sarebbeutile, infatti, che contestualmente all’emanazione di una legge, di un decreto o di un regola-mento venissero individuati anche gli indicatori e le modalità di reperimento dei dati per unconseguente monitoraggio efficace; ciò permetterebbe di avere a disposizione, come nel casoin esame, dati ufficiali acquisiti durante il decennio di applicazione della “Direttiva Macchine”,indispensabili per determinarne l’efficacia.

2. IL RUOLO DELL’INAIL

Nell’attività di prevenzione, svolta in maniera sempre più incisiva dall’Istituto, il “monitorag-gio legislativo” di leggi, norme, direttive, in materia di sicurezza ed igiene nei luoghi di lavo-ro, deve essere considerato come una attività fondamentale necessaria ad individuare eventualicriticità da migliorare o punti di forza da mantenere ed enfatizzare. Tale monitoraggio si basasulla analisi di indicatori misurabili e comparabili. Data la particolarità della realtà italiana incui le Piccole e Medie Imprese (PMI) rivestono un ruolo predominante, L’INAIL ha rivolto unaattenzione sempre crescente verso tali categorie di imprese, anche perché esse rappresentanola maggior parte delle imprese assicurate (Tabella 1).

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Tabella 1: Numero delle PMI assicurate all’Inail

NUMERO DI DIPENDENTI IMPRESE ASSICURATE

0-15 2.028.804

16-50 70.719

51-250 20.976

Totale 2.124.533

L’Istituto ha promosso, in seguito all’emanazione del D.Lvo del 23 febbraio 2000 n° 38, attivi-tà dedicate alle PMI tese ad incentivare concretamente l’impegno delle aziende ad investire insicurezza e prevenzione. Tali “incentivi alle imprese” hanno finanziato interventi per cinquetipologie di attività. Nell’ambito dei cinque assi , il primo si riferiva al finanziamento di pro-getti per l’ “eliminazione di macchine prive di marcatura CE e loro sostituzione con macchine mar-cate CE”. Dalla valutazione delle richieste di finanziamento presentate e dall’analisi dei dati daqueste estrapolati, è risultato evidente che il rinnovamento del parco macchine nelle aziendeitaliane è un problema molto sentito. Il 34 % delle domande di incentivazione, infatti, hannoriguardato il primo asse. Sono stati richiesti 294 milioni di euro per rinnovare il parco macchi-ne delle PMI italiane. I dati ottenuti dalle richieste di incentivi si sono rivelati utili per il pre-sente studio nella valutazione degli effetti della direttiva sull’andamento infortunistico relati-vo all’uso delle macchine.

3. MATERIALI E METODI - GLI INDICATORI E LA LORO ACQUISIZIONE

Sarebbe stato ottimale definire indicatori efficaci per il monitoraggio degli effetti della diret-tiva fin dal momento del recepimento in Italia, in modo da mettere a punto metodologie effi-caci per il reperimento dei dati ed avere oggi a disposizione dieci anni di monitoraggio per valu-tazioni ed analisi. Per questa carenza, ci troviamo oggi ad avere dati disomogenei provenientida banche dati diverse. Per una analisi preliminare del fenomeno è stato scelto come campio-ne quello costituito dalle 14127 aziende che hanno richiesto il finanziamento come previsto dalD.Lvo del 23 febbraio 2000 n° 38. Fra tutti i campi di applicazione della direttiva, si è limitatolo studio alle sole macchine utensili ed ai relativi infortuni, rimandando l’analisi degli altricampi di applicazione e delle malattie professionali ad una fase successiva. Sono stati quindiindividuati gli indicatori che ci permettono di “misurare” gli effetti, risultanti dall’applicazio-ne del decreto, sugli infortuni dei lavoratori connessi con l’uso di macchine utensili. Gli indi-catori individuati sono:1. il numero degli infortuni per macchine utensili denunciati negli anni precedenti all’emana-

zione della “Direttiva Macchine”;2. il numero degli infortuni per macchine utensili denunciati negli anni successivi all’emana-

zione della “Direttiva Macchine”;3. il numero degli infortuni per macchine utensili con certificato di conformità denunciati dopo

l’entrata in vigore della “Direttiva Macchine”.4. il numero di infortuni per macchine utensili denunciati in aziende costituitesi dopo il 1996.Per i primi due indicatori sono disponibili dati ufficiali che sono stati forniti dalla DirezioneCentrale Sistemi Informativi e Telecomunicazione (DCSIT). Per il primo indicatore i dati sono

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riferiti agli infortuni denunciati dalle aziende campione dal 1994 al 2003 (Figura 1). Dal tota-le degli infortuni sono stati successivamente estrapolati gli infortuni relativi all’uso delle mac-chine utensili, per il secondo indicatore. La Figura 2 mostra l’andamento degli infortuni cau-sati dall’agente materiale “macchine utensili” nelle aziende campione dal 1994 al 2003.Considerando che la “Direttiva Macchine” è stata recepita in Italia nel luglio 1996 e non essen-do possibile individuare una netta linea di demarcazione per valutare l’efficacia di tale diretti-va, gli anni 1997 e 1998 sono stati individuati come anni di transizione per l’effettivo recepi-mento della “Direttiva Macchine” sul territorio nazionale. Per una analisi più dettagliata del-l’andamento infortunistico sulle macchine utensili sono stati elaborati anche i dati relativi allediverse regioni italiane ed alcuni di questi sono illustrati nelle figure 3, 4, 5 e 6.

Figura 1: Totale infortuni avvenuti nel periodo 1994-2003 nelle aziende campione

Figura 2: Infortuni avvenuti nel periodo 1994-2003 nelle aziende campione per macchine utensili

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Figura 3: Infortuni avvenuti nel periodo 1994-2003 per macchine utensili in Piemonte

Figura 4: Infortuni avvenuti nel periodo 1994-2003 per macchine utensili in Lombardia

Figura 5: Infortuni avvenuti nel periodo 1994-2003 per macchine utensili in Emilia Romagna

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Non è stato possibile reperire il numero di infortuni avvenuti su macchine con certificato diconformità (indicatore 3) e gli infortuni denunciati da aziende costituitesi dopo il 1996 (indi-catore 4). L’acquisizione dei dati relativi agli infortuni si ottiene dalla lettura delle denuncie diinfortunio redatte su appositi modelli nei quali, purtroppo, non sono previsti specifici campidove poter inserire informazioni sulla macchina coinvolta nell’incidente ne tantomeno notiziesulla rispondenza della stessa alla Direttiva Europea. Anche il progetto europeo, EuropeanStatistical Accident at Work (ESAW), per una codifica comune fra tutti gli stati europei degliinfortuni, che consentisse un confronto dei dati fra i Paesi Membri, non permette la lettura diqueste importanti informazioni. Per poter meglio “misurare” gli effetti dell’applicazione della“Direttiva Macchine” sarebbe necessario apportare una modifica nel modello predispostodall’INAIL per la denuncia di infortunio. Per tutti gli infortuni avvenuti sulle macchine, il dato-re di lavoro dell’infortunato dovrebbe indicare l’anno di costruzione della macchina e la suaeventuale “marcatura CE”. La scelta come indicatore del numero di infortuni denunciati inaziende costituitesi dopo il 1996 è basata sulla regolamentazione per l’acquisto di macchineusate, prevista dal D.P.R. n° 459/96. Infatti dal 21 settembre 1996, tali macchine possonoessere acquistate solo se dotate di un documento attestante la conformità della stessa alleleggi previgenti. Ciò garantisce una certa qualità del parco macchine. In questo caso il dato dif-ficilmente rilevabile è l’individuazione delle aziende di nuova costituzione, in quanto fra que-ste ci sono effettivamente aziende che hanno avviato una nuova attività ma anche aziende chehanno solo cambiato ragione sociale o si ritrovano classificate come nuove aziende per motividiversi.

5. RISULTATI E CONCLUSIONI

L’andamento infortunistico delle aziende campione nel periodo che va dal 1994 al 2003 illu-strato in figura 1 è tendenzialmente in aumento di circa il 30%. In controtendenza è invece ilnumero di infortuni occorsi sulle macchine utensili, che per lo stesso campione di aziende enello stesso intervallo temporale è diminuito di circa il 70% con un incremento dal 1999 al2001 di circa il 30% (figura 2). Tale deflessione non è, quindi, associata a quella del numerodi infortuni totali. L’analisi degli stessi dati nelle diverse regioni italiane riflette chiaramentel’andamento dei dati nazionali, come mostrato nelle figure 3,4,5,6. Per approfondire l’indagi-

Figura 6: Infortuni avvenuti nel periodo 1994-2003 per macchine utensili nelle Marche

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ne sono necessari i dati per gli indicatori 3 e 4. Per sopperire alla carenza di dati esistenti edufficiali, sono stati predisposti due brevi questionari, da inviare ad aziende campione, elabo-rati per l’acquisizione dei dati per gli indicatori 3 e 4. Il primo questionario richiede se esisto-no e quanti sono gli infortuni avvenuti su macchine conformi al D.P.R. n° 459/96. Le aziendea cui verrà sottoposto il questionario saranno quelle che hanno richiesto il finanziamento pergli incentivi alle imprese, relativamente all’asse 1. Il secondo questionario, utile per reperiredati per il quarto indicatore, sarà inviato alle aziende che hanno chiesto gli incentivi dell’INAIL,che sono iscritte al registro delle imprese dopo il 1° gennaio 1999, (per un totale di 2533), eche hanno richiesto il finanziamento per l’asse 1, ovvero 1252 aziende. Reperire i dati con que-ste modalità sicuramente non è semplice, i dati saranno meno affidabili ed i tempi molto piùlunghi, ma potranno avallare la tesi che emerge da questa prima analisi dei dati a nostra dis-posizione che: mentre a più di dieci anni dall’emanazione del Decreto Legislativo 626/94 nonsi può purtroppo dire che c’è stata una diminuzione degli infortuni, soprattutto degli infortu-ni più gravi, si può forse dire che c’è stata una diminuzione degli infortuni sulle macchine uten-sili in seguito al D.P.R. n° 459/96. Tenendo sotto controllo gli infortuni avvenuti su macchinemesse in commercio con i certificati di conformità e con il marchio CE si potrà arrivare, in unafase successiva, ad identificare la percentuale di macchine dichiarate conformi alla direttivastessa ma che in realtà non lo sono, ciò potrebbe avvenire, ad esempio, nei casi in cui il fab-bricante o il suo mandatario stabilito nella comunità europea possa dichiarare la conformitàdella macchina assumendosene la responsabilità.

BIBLIOGRAFIA

DECRETO LEGISLATIVO 23 FEBBRAIO 2000, N. 38: Disposizioni in materia di assicurazione con-tro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, a norma dell’articolo 55, comma 1, dellalegge 17 maggio 1999, n. 144.

DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 24 LUGLIO 1996, N. 459: “Direttiva Macchine”,Regolamento per l’attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e93/68/CEE, in G.U. n. 209 del 06/09/1996.

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ORIENTAMENTI PER LA GESTIONE DELL’ATTIVITÀ DI CONTROLLO E VERIFICADEGLI IMPIANTI ELETTRICI NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

G. Mazzoli*, A. Prezioso** INAIL - Direzione Regionale Lombardia - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione

RIASSUNTO

Nel presente lavoro viene illustrata una procedura sintetica per gestire le attività di verificadegli impianti elettrici in una tipica Sede di Pubblica Amministrazione, caratterizzata dall’ave-re una distribuzione in più Sedi sul territorio con tournover reciproci. La procedura, con unostrumento semplice ed immediato, vuole aiutare chi si occupa della sicurezza a generare lo sca-denzario, con le relative periodicità, e facilitare la gestione riducendo le possibilità d’errore perinadempienze o dimenticanze.

SUMMARY

This work illustrates a synthetic procedure, which manages the control activities of the electricsystems in a typical seat of the public administration characterized by a supply in more seats onthe territory with mutual turnover. With a simple and immediate instrument, this procedure wantsto help who is concerned with safety to give birth to the tickler, with its relating recurrences,making the management easier by reducing the probabilities of mistake for default or neglects.

1. INTRODUZIONE

Il corretto esercizio e la regolare manutenzione degli impianti, unitamente ad una progetta-zione a regola d’arte, rappresentano l’azione più efficace per contribuire ad aumentare la sicu-rezza di funzionamento degli stessi, tutelando quindi maggiormente la sicurezza e l’incolumi-tà delle persone presenti nella struttura. La reale applicazione della legislazione tecnica è tut-tavia raggiungibile soltanto se i garanti dell’attuazione della legge assicurano i necessari con-trolli; la regola dell’arte e i controlli devono quindi viaggiare a braccetto. Infatti quanto benprogettato e realizzato deperisce velocemente se non adeguatamente mantenuto. Per il conse-guimento e la conservazione di un determinato livello di sicurezza, pertanto, un ruolo impor-tante è quello riguardante le verifiche, che si possono inquadrare quindi sotto due aspetti:quelle previste dalle Norme Tecniche e quelle previste dalla Legge attraverso le autorità com-petenti. Per specifiche esigenze, correlate alla struttura in esame, si possono aggiungere delleverifiche periodiche non specificate da Leggi e Norme. L’esperienza maturata nell’implementa-re e verificare la sicurezza nelle sedi INAIL ha portato a individuare come punto critico impor-tante l’attività periodica di controllo e verifica degli impianti. Questa criticità deriva essenzial-mente dalle seguenti situazioni:• il datore di lavoro (direttore di sede) ha una spiccata propensione verso la gestione di aspet-

ti amministrativi e legali mentre spesso ha scarsa esperienza tecnica;

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• il responsabile del servizio di prevenzione e protezione RSPP ed il medico competente MCoperano spesso lontano dalla sede nella quale sono responsabili;

• la legislazione in materia è molto vasta;• notevole complessità degli impianti.La procedura qui illustrata ha lo scopo di aiutare i responsabili della sicurezza, ma soprattuttogli addetti al servizio di prevenzione e protezione, ad evitare situazioni che potrebbero con-correre ad abbassare la guardia soprattutto per gli aspetti di controllo e verifica periodica degliimpianti elettrici.

2. LEGISLAZIONE PRINCIPALE DELL’IMPIANTISTICA ELETTRICA

Legge 5 marzo 1990 n. 46: “Norme per la sicurezza degli impianti”.Sono soggetti all’applicazione della presente legge gli impianti elettrici all’interno degli edifi-ci adibiti ad uso civile, ad attività produttive, al commercio, al terziario e ad altri usi.Tale legge segna una svolta importante nel settore degli impianti, in quanto ha fissato ed hadato una visione d’insieme dei provvedimenti e delle figure professionali chiamate ad attuarela sicurezza degli impianti. Da tempo organismi Normatori nazionali ed internazionali, comeil CEI, il CENELEC, l’IEC, l’UNI, danno indicazioni per orientare l’attività dei progettisti e degliinstallatori. Con la 46/90 viene messa in evidenza la sicurezza, responsabilizzando l’installa-tore il quale deve possedere requisiti tecnico-professionali che gli consentano di svolgere lapropria attività; questi al termine dei lavori deve rilasciare la dichiarazione di conformità conla quale dimostra perché l’impianto è stato realizzato a norma di legge. L’installatore ha cosìuna grande responsabilità, ma certamente c’è responsabilità anche da parte del progettista,nonché da parte del committente che in base alla legge deve affidare i lavori ad impresa inpossesso dei requisiti tecnico-professionali previsti. L’installatore viene visto così come l’ulti-mo stadio, prima del datore di lavoro, di un processo che richiede assolutamente l’esistenzadi altri stadi (progettista, verificatore, Ente Locale) ai quali il legislatore ha dato specificheresponsabilità. Nel sottoscrivere la dichiarazione di conformità l’installatore dichiara di averseguito la normativa tecnica applicabile all’impiego (citando le norme tecniche e di legge), diaver installato componenti e materiali costruiti a regola d’arte e adatti al luogo di installa-zione, e di aver controllato l’impianto ai fini della sicurezza e della funzionalità con esito posi-tivo avendo eseguito le verifiche richieste dalle norme e dalle disposizioni di legge. Questalegge tuttavia non può che essere vista all’interno delle leggi e dei decreti che hanno regola-to e regolano i comportamenti in campo impiantistico; quali ad esempio la legge 186/68, ilD.P.R. 547/55.Art. 7 (installazione degli impianti). 1. Le imprese installatrici sono tenute ad eseguire gliimpianti a regola d’arte utilizzando allo scopo materiali parimenti costruiti a regola d’arte. Imateriali ed i componenti realizzati secondo le norme tecniche di sicurezza dell’Ente italiano diunificazione (UNI) e del Comitato elettrotecnico italiano (CEI), nonché nel rispetto di quanto pre-scritto dalla legislazione tecnica vigente in materia, si considerano costruiti a regola d’arte.Art. 9 (dichiarazione di conformità). 1. Al termine dei lavori l’impresa installatrice è tenuta arilasciare al committente la dichiarazione di conformità degli impianti realizzati nel rispetto dellenorme di cui all’art. 7. Di tale dichiarazione, sottoscritta dal titolare dell’impresa installatrice erecante i numeri di partita IVA e di iscrizione alla camera di commercio, industria, artigianato eagricoltura, faranno parte integrante la relazione contenente la tipologia dei materiali impiegatinonché, ove previsto, il progetto di cui all’art. 6.La legge 46/90 chiede la regola dell’arte, quindi, per transitività, chiede che vengano applica-te le norme di prodotto e di impianto.

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Legge 186/68: “Disposizioni concernenti la produzione di materiali, apparecchiature, mac-chinari, installazioni e impianti elettrici”.Stabilisce che gli impianti elettrici ed elettronici siano costruiti a regola d’arte, e che siritengono a regola d’arte quelli realizzati secondo le norme del Comitato ElettrotecnicoItaliano.Questa legge è richiamata dalla legge 46/90 che all’art. 7 dispone che le imprese installatricisono tenute ad eseguire gli impianti a regola d’arte utilizzando allo scopo materiali parimenticostruiti a regola d’arte.

D.P.R. 547/55: “Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro”.Le norme del presente decreto si applicano (art. 1) a tutte le attività alle quali siano addetti lavo-ratori subordinati o ad essi equiparati, dove (art. 3) per lavoratore subordinato si intende coluiche fuori del proprio domicilio presta il proprio lavoro alle dipendenze e sotto la direzione altrui,con o senza retribuzione, anche al solo scopo di apprendere un mestiere, un’arte o una profes-sione. Sempre agli effetti dell’art. 1 sono equiparati ai lavoratori subordinati:a) i soci di società e di enti in genere cooperativi, anche di fatto, che prestino la loro attività per

conto delle società e degli enti stessi;b) gli allievi degli istituti di istruzione e di laboratori-scuola nei quali si faccia uso di macchine,

attrezzature, utensili ed apparecchi in genere), comprese quelle esercitate dallo Stato, dalleRegioni, dalle Province, dai Comuni, da altri Enti pubblici e dagli Istituti di istruzione e di bene-ficenza…

Art. 267: Gli impianti elettrici, in tutte le loro parti costitutive, devono essere costruiti, installatie mantenuti in modo da prevenire i pericoli derivanti da contatti accidentali con gli elementi sottotensione ed i rischi di incendio e di scoppio derivanti da eventuali anormalità che si verifichinonel loro esercizio.Art. 374. … Gli impianti, le macchine, gli apparecchi, le attrezzature, gli utensili, gli strumenti,compresi gli apprestamenti di difesa, devono possedere, in relazione alle necessità della sicurez-za del lavoro, i necessari requisiti di resistenza e di idoneità ed essere mantenuti in buono statodi conservazione e di efficienza.

D.Lgs. 626/94: “Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE,90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 95/63/CEE, 97/42,98/24, e 99/38 riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sulluogo di lavoro”.

Il decreto prescrive misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori durante illavoro, in tutti i settori di attività privati o pubblici.Tra le misure generali di tutela il decreto prescrive all’art. 3, comma 1, lettera r): … regolaremanutenzione di ambienti, attrezzature, macchine ed impianti, con particolare riguardo ai dispo-sitivi di sicurezza in conformità alla indicazione dei fabbricanti.Art. 32 (Obblighi del datore di lavoro).1. Il datore di lavoro provvede affinché: …b) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare manutenzione tec-

nica e vengano eliminati, quanto più rapidamente possibile, i difetti rilevati che possano pre-giudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori;

c) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare pulitura, onde assi-curare condizioni igieniche adeguate;

d) gli impianti e i dispositivi di sicurezza, destinati alla prevenzione o all’eliminazione dei peri-coli, vengano sottoposti a regolare manutenzione e al controllo del loro funzionamento.

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In sintesi in questo capitolo si vuole evidenziare in particolare che:• la responsabilità dell’installatore nel rilasciare la dichiarazione di conformità; così egli

fornisce garanzia, necessaria per legge, sulla “VERIFICA INIZIALE” (vedi tabella allegata);

• l’obbligo giuridico del datore di lavoro di effettuare la regolare manutenzione degli impianti;• per dimostrare di aver adempiuto all’obbligo di legge della regola dell’arte, basta appli-

care le norme CEI; in teoria si potrebbero applicare altre “regole”, ma nessuno ha chia-rito come dimostrare la regola dell’arte ai sensi della legge 186/68 (Norme CEI ugualelegge).

3. LEGISLAZIONE IN TEMA DI VERIFICHE DEGLI IMPIANTI ELETTRICI

D.P.R. 462/01: “Regolamento di semplificazione del procedimento per la denuncia diinstallazioni e dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche, di dispositivi dimessa a terra di impianti elettrici e di impianti elettrici pericolosi”.

Il decreto disciplina i procedimenti relativi alle installazioni ed ai dispositivi di protezionecontro le scariche atmosferiche, agli impianti elettrici di messa a terra e agli impianti in luo-ghi con pericolo di esplosione collocati nei luoghi di lavoro. All’art. 1, comma 2, affermache l’individuazione degli impianti oggetto del decreto verrà effettuata con successividecreti ministeriali; in altri termini quali siano gli impianti a cui si applica il decreto non èchiaro. Nel frattempo sembra ragionevole applicare il DPR 462/01 agli impianti di terra diprotezione dai contatti indiretti per interruzione automatica dell’alimentazione e non aquelli di terra funzionali, ai luoghi con pericolo di esplosione indicati nelle tabelle A e B delDM 22/12/58, ai dispositivi di protezione contro la fulminazione diretta degli edifici e strut-ture metalliche all’aperto.Bisogna distinguere tra verifiche ispettive o di legge e verifiche per la manutenzione, entrambepreviste dal D.P.R. 462/01 agli artt. 4 e 6. Le prime riguardano gli impianti di terra, gli impian-ti di protezione contro le scariche atmosferiche e gli impianti nei luoghi con pericolo di esplo-sione; queste verifiche sono svolte dall’autorità ispettiva (ASL, ARPA, ISPESL) ovvero, in alter-nativa, dagli Organismi Abilitati dal Ministero delle attività produttive. La regolare manuten-zione comporta l’effettuazione di verifiche volte ad accertare lo stato di salute degli impianti,da effettuare con le modalità e la frequenza della regola dell’arte (ad esempio seguendo leindicazioni delle norme CEI); queste verifiche possono essere svolte da liberi professionisti,installatori, manutentori. L’autorità deve accertare, tramite le verifiche di legge, il buon risul-tato della regolare manutenzione, limitatamente agli impianti di cui al D.P.R. 462/01. Il dato-re di lavoro ha quindi un duplice obbligo giuridico: regolare manutenzione (verifiche per lamanutenzione) e verifiche di legge. Inoltre il datore di lavoro deve richiedere le verifiche perio-diche all’ASL/ARPA o ad un Organismo Abilitato. Il decreto introduce il terzo verificatore(Organismo Abilitato da affiancare all’ASL, ARPA e ISPESL); questo nuovo soggetto deve garan-tire il requisito dell’indipendenza dalle parti interessate (norma UNI CEI EN 45004), ed inoltrenon può essere il progettista, il costruttore, il fornitore, l’installatore, l’acquirente, il proprie-tario, l’utilizzatore o il manutentore degli impianti ispezionati, né deve essere impegnato inattività che possono entrare in conflitto con l’indipendenza di giudizio e con l’integrità pro-fessionale in relazione alle attività ispettive. La richiesta di verifica periodica deve essere bien-nale per gli impianti nei luoghi con pericolo di esplosione, per quelli installati nei cantieri, neilocali ad uso medico, negli ambienti a maggior rischio in caso di incendio, mentre deve esserequinquennale negli altri casi.

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4. NORME CEI DI VERIFICHE DEGLI IMPIANTI ELETTRICI

La verifica ai fini della regola dell’arte accerta se l’impianto elettrico è conforme alle prescri-zioni delle norme CEI di buona tecnica, controllando anche aspetti relativi alle prestazioni del-l’impianto. Le verifiche possono essere iniziali e periodiche, in relazione al momento in cui ven-gono effettuate. La verifica iniziale è quella che l’installatore dichiara di aver eseguito quandorilascia la dichiarazione di conformità: se questa non esiste, o non è conforme alla struttu-ra/impianto, bisogna fare le “VERIFICHE INIZIALI” come in tabella allegata . Le verifiche perio-diche sono effettuate allo scopo di determinare se l’impianto, o sue parti, non si sia deterio-rato in modo tale da renderne non sicuro l’uso e se esso sia in accordo con le prescrizioni nor-mative. Scopo delle verifiche periodiche è anche quello di esaminare gli effetti di qualsiasicambiamento intervenuto nell’uso dell’immobile rispetto a quello per il quale era stato prece-dentemente previsto. E’ opportuno che le verifiche periodiche vengano effettuate, nei casi incui le norme non ne prevedono la frequenza, con intervalli minimi determinati dalle caratteri-stiche dell’impianto, dal suo uso e dalle condizioni ambientali.

5. SCHEDE PER LA GESTIONE DELLE ATTIVITA’ DI VERIFICA E CONTROLLO

Noto l’ambiente da verificare sono individuati l’oggetto dell’intervento (cosa verificare), leleggi, norme e guide di riferimento, la periodicità, il soggetto che effettua la verifica, la docu-mentazione da predisporre e aggiornare. Nella tabella seguente è riportato un esempio di comestrutturare le schede. Per ragioni di spazio non si allegano tutte le schede; chi interessato puòrichiederle ai seguenti riferimenti: [email protected]; [email protected]

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6. CONSIDERAZIONI E CONCLUSIONI

La gestione dell’attività di verifica degli impianti elettrici, tenuto conto di quanto sopra ripor-tato, è di non facile svolgimento: alta è la probabilità di incappare in dimenticanze, soprattut-to per impianti estesi e complessi come normalmente sono quelli delle sedi della PubblicaAmministrazione. Si pensi ad esempio alle difficoltà che può incontrare il datore di lavororesponsabile di una struttura (edificio) alimentata da propria cabina di trasformazione, dota-ta di gruppo elettrogeno, comprensiva di archivio, locale medico, centrale termica, ad elevatadensità di affollamento, ecc.; senza contare che in caso di mancata verifica il datore di lavorone è responsabile e potrebbe incappare in sanzioni penali (in caso di controllo da parte delleautorità che svolgono attività di vigilanza pubblica) e/o responsabilità penali e civili (in casodi infortunio imputabile alla mancata verifica). Perciò è auspicabile, fermo restando che le veri-fiche periodiche possono essere eseguite solo da ASL/ARPA oppure da organismo abilitato, chele verifiche ai fini manutentivi riportate nelle schede vengano inserite in un capitolato ad hocda affidare alle imprese che effettuano la manutenzione degli impianti.

BIBLIOGRAFIA

DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA N. 547/55: “Norme per la prevenzione degliinfortuni sul lavoro”. S. O. G. U. 12 luglio 1955, n. 158.

LEGGE 5 MARZO 1990, N. 46: ”Norme per la sicurezza degli impianti”. G. U. 12 marzo 1990 n. 59.

DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 6 DICEMBRE 1991 N. 447: “Regolamento diattuazione della legge 5 marzo 1990, n. 46”. G. U. 15 febbraio 1992 n. 38.

LEGGE N. 186/68: “Disposizioni concernenti la produzione di materiali, apparecchiature, mac-chinari, installazioni e impianti elettrici”. G. U. 23 marzo 1968, n. 77.

DECRETO LEGISLATIVO N. 626/94: “Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/655/CEE,89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 95/63/CEE,97/42, 98/24, e 99/38 riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavorato-ri sul luogo di lavoro.” S. O. G. U. del 12 novembre 1994, n. 265.

DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA N. 462/01: “Regolamento di semplificazionedel procedimento per la denuncia di installazioni e dispositivi di protezione contro le scaricheatmosferiche, di dispositivi di messa a terra di impianti elettrici e di impianti elettrici pericolo-si.” G. U. 8 gennaio 2002, n. 6.

CEI 64-8/1: “Impianti elettrici utilizzatori a tensione nominale non superiore a 1000 v in cor-rente alternata e a 1500 V in corrente continua. Parte 1: Oggetto, scopo e principi fonda-mentali”.

CEI 64-8/7: Impianti elettrici utilizzatori a tensione nominale non superiore a 1000 v incorrente alternata e a 1500 V in corrente continua. Parte 7: Ambienti ed applicazioni par-ticolari”.

CEI 64-14: “Guida alle verifiche degli impianti elettrici utilizzatori”.

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CEI 64-56: “Edilizia ad uso residenziale e terziario. Guida per l’integrazione degli impianti elet-trici utilizzatori e per la predisposizione di impianti ausiliari, telefonici e di trasmissione datinegli edifici. Criteri particolari per locali ad uso medico”.

CEI 0-10: “Guida alla manutenzione degli impianti elettrici”.

UNI CEI EN 45004: “Criteri generali per il funzionamento dei vari tipi di organismi che effet-tuano attività di ispezione”.

TUTTONORMEL, 2002, n. 4

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Tabella Allegata: STRUTTURA SCHEDE

AMBIENTEVERIFICHE

DOCUMENTAZIONEATTIVITÀ INIZIALI PERIODICHEIMPIANTO

Oggetto Fonte Verificatore Oggetto Frequenza Fonte Verificatoredi intervento di intervento

Locale medicodi gruppo 1 e 2

Interoimpiantoelettrico

Legge 46/90

DPR 447/91

CEI 64-8/6rif. 61

CEI 64-14

CEI 64-8/7rif. 710.6

CEI 64-50 rif.6, 7.2

CEI 64-56rif. 6

Installatore Impianto diterra

Dispositivi diprotezione

contro le sca-riche atmo-

sferiche

Prova di fun-zionamento

dei dispositi-vi di control-lo dell’isola-

mento

Controllovisivo delletarature deidispositivi diprotezioneregolabili

Misure perverificare il

collegamentoequipoten-

ziale supple-mentare

Prova funzio-nale dell’ali-mentazionedei servizi disicurezza con

motori acombustione:

- a vuoto- a carico peralmeno 30’

prova funzio-nale dell’ali-mentazionedei servizi disicurezza a

batteriasecondo le

istruzioni delcostruttore

Prova dell’in-tervento, con

Idn, degliinterruttoridifferenziali

Interoimpiantoelettrico

2 anni

2 anni

6 mesi

1 anno

3 anni

1 mese4 mesi

6 mesi

1 anno

DPR 462/01

DPR 462/01

CEI 64-8/7rif. 710.6

CEI 64-8/6allegato E

CEI 0-10 all. C

ASL oppureARPA oppureorganismoabilitato

Tecnico qua-lificato

Dichiarazione di confor-mità

Progetto

Registro riportante ledate ed i risultati delleprove e delle misure di

ciascuna verifica

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RISCHI PER GLI ADDETTI NELLE AZIENDE PRODUTTRICI DI CARTONCINO

A. Menicocci*, G.B. Perrone*, G. Petrozzi*, N. Todaro** INAIL - Direzione Generale - Consulenza Tecnica Accertamenti Rischi e Prevenzione

RIASSUNTO

All’interno del progetto “Mappa del rischio negli impianti dell’industria cartaria” sono stateeffettuate delle campagne di campionamenti al fine di valutare l’entità di alcuni dei rischia cui sono esposti i lavoratori delle aziende analizzate, situate nell’area della Valle del Liri,che realizzano principalmente cartoncino e carta per cartone ondulato. In ogni ditta sonostati misurati i livelli di rumorosità, le condizioni microclimatiche, i livelli di contaminazio-ne microbiologica, nonché effettuate prove preliminari per l’accertamento della presenza diIPA e polveri.

SUMMARY

One of the main activities of the project “risk mapping in the pulp and paper industry” was asampling campaign, that had the aim of evaluating the level of the risks to which workers areexposed. For this purpose some firms in Valle del Liri district, producing board or waved card-board, were chosen. In every firm levels of noise, microbiological contamination, climatic con-ditions were analysed, and tests were done for IPA and dusts.

1. PREMESSA

Per realizzare una valutazione dei rischi per gli addetti delle aziende analizzate sono stateeffettuate una serie di analisi riguardanti alcuni aspetti rilevanti di Igiene Industriale. I risul-tati raccolti sono stati successivamente riuniti con valutazioni riguardanti aspetti di sicurezzae organizzazione del lavoro, ottenendo un quadro generale che può dare indicazioni sulla situa-zione generale delle aziende e su quali sono le possibilità di intervento.

2. MATERIALI E METODI

Sono state analizzate tre ditte, di cui due produttrici di cartoncini pesanti ed una di cartaper cartone ondulato. Per ogni ditta è stato effettuato un sopralluogo preliminare neces-sario per definire le caratteristiche dell’attività e individuare i punti in cui effettuare icampionamenti. Per la valutazione del rumore è stato utilizzato un fonometro integratore del tipo Brüel & KjaerType 2231, con curva di ponderazione “A”. Data la notevole lunghezza della macchina continuae la disparità dei livelli di emissione rumorosa a opera delle diverse sezioni della stessa i cam-

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pionamenti per la macchina continua sono stati effettuati ogni 5 metri. Gli altri campionamentisono stati effettuati in punti significativi degli altri ambienti analizzati.Per la valutazione del microclima è stata utilizzata una centralina microclimatica multiacquisi-tore (BABUC/A - LSI). La centralina era equipaggiata con globotermometro, termometro abulbo secco e umido ventilato, termometro a bulbo umido a ventilazione naturale, anemome-tro a filo. Le misure sono state eseguite in diversi punti significativi dello stabilimento, e incorrispondenza dei punti utilizzati per il campionamento microbiologico. I campionamenti microbiologici sono stati effettuati in corrispondenza dei punti più rappre-sentativi e critici dell’impianto, scelti in considerazione delle diverse tipologie di ambienti incui il lavoratore può essere esposto a maggior rischio biologico per contatto accidentale conmateriali potenzialmente infetti e/o inalazione di batteri o spore fungine. Per la valutazionedella carica microbica dell’aria è stato utilizzato il campionatore SAS Super 100 (PBIInternational). Sono stati valutati i seguenti parametri microbiologici: carica batterica totale(mesofila e psicrofila); carica micotica e particolari categorie microbiche (batteri GramNegativi, Pseudomonas spp.). I terreni di coltura utilizzati sono stati: PCA (Plate Count Agar)per la carica batterica totale, MSA (Mannitol Salt Agar) per stafilococco, VRBA (Violet Red BileAgar) per i coliformi, Slanetz Bartley Agar + TTC per gli enterococchi, XLD (Xylose LysineDehoxycholate) per Salmonella spp., Pseudomonas Cetrimide Agar per Pseudomonas spp.,Sabouraud Agar con aggiunta di cloramfenicolo per i miceti. I campionamenti microbiologicisono stati tutti effettuati nei mesi invernali.Per alcune mansioni sono stati fatti campionamenti personali per la presenza di IPA, tramite ilmetodo NIOSH 5506, utilizzando campionatori SKC AIR CHEK 2000 operando con flusso di 2,2l/min, con sistema captante composto da filtro in PTFE di 2µm - 37 mm ∆ con fiala XAD 2. Sono state anche ricercate le polveri totali, tramite campionamenti personali sugli addetti(pompe SKC AIR CHEK 2000; flusso 2 l/min). Per le polveri viene dato un valore qualitativo rela-tivo tra le diverse mansioni indagate.

3. RISULTATI E DISCUSSIONE

3.1 Rumore

Sono stati analizzati vari punti lungo le macchine continue in tondo. Una di queste (macchina3) era dotata di taglierina finale, producendo fogli tagliati, mentre le altre due producevanobobine. A causa della disomogeneità del rumore presente sono stati effettuati rilievi in varipunti lungo tutta la macchina. I risultati delle indagini fonometriche sono riportati nella tabel-la seguente (Fig. 1).I valori riscontrati sono compresi tra 76 e 86 dB(A), con valori superiori a 85 dB(A) in aree par-ticolari che non risultano presidiate (testa macchine, zona umida), e nell’area della taglierinaal termine della macchina 3, che rappresentano i punti più rumorosi dell’impianto: la taglieri-na infatti è composta da lame che battono su piastre di acciaio, mentre la testa della macchi-na presenta sia ugelli che lanciano acqua in pressione per il lavaggio del feltro, sia le pompedi alimentazione dei cilindri di formatura del foglio. Per i conduttori delle macchine, che simuovono comunque tra i diversi punti, l’esposizione personale giornaliera Lep(d) risulta com-presa tra 80 e 84 dB(A); gli addetti alla taglierina, che operano nella stessa posizione per tuttoil turno, sono costantemente esposti a valori superiori agli 85 dB(A), con un’esposizione per-sonale Lep(d) calcolabile come circa 85.6 dB(A).Superano il livello degli 85 dB(A) anche alcuni punti di rilievo situati presso gli spappolatori enegli impianti che precedono la macchina continua (pompe delle tine, centrifughe, cicloni), ma

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queste zone, ad eccezione dello spappolatore, non sono stabilmente presidiate. Dato che ilcarico dei pulper in genere avviene tramite muletto o nastro trasportatore, anche per gli addet-ti al carico l’esposizione giornaliera a rumore è inferiore a 85 dB(A), mentre è difficilmente cal-colabile l’esposizione dell’addetto al carico manuale dello spappolatore, che non segue deitempi di intervento stabiliti, ma carica carta di qualità diversa quando necessario. In altri punti analizzati (accoppiatrice, cabine di controllo, magazzini, piazzali, uffici) i livellidi rumorosità restano al di sotto di 85 dB.

3.2 Microbiologia

I risultati dei campionamenti microbiologici relativi alla carica batterica totale mesofita e psi-crofila ed alla carica micetica per i punti intorno alle macchine continue ed agli spappolatorisono riportati nella Figura 2 seguente (2A: carica batterica mesofila, 2B: carica batterica psi-crofila, 2C: carica micetica), dove per confronto sono riportati anche i valori rilevati nell’am-biente del magazzino, in genere aperto. I valori del bianco, rilevati su un piazzale lontano dallemacchine e dai depositi di materiale, oscillano tra 100 e 260 UFC/m3 per i batteri mesofili,mentre arrivano a 300 UFC/m3 per gli psicrofili. Gli uffici direzionali presentano in generaleuna carica batterica e micetica molto ridotta, mentre gli uffici-centri controllo in prossimitàdelle macchine mostrano una contaminazione molto elevata. Per la ditta 1 sono state analiz-zate anche delle aree presso la raffinazione e le vasche di equalizzazione, dove sono statiriscontrati valori di contaminazione simili a quelli dell’area iniziale della macchina continua.Rilievi fatti presso altre macchine dove vengono tagliati o incollati i cartoni prodotti mostranouna contaminazione limitata.Non sono risultati presenti batteri del genere Salmonella, mentre si sono occasionalmenteosservate Pseudomonas (centro continua ditta A), Enterococchi (lungo la macchina continua,un punto per ditta) o coliformi (lungo la continua e sullo spappolatore. La ditta C presentavaanche una contaminazione diffusa da Stafilococchi, tra cui si è stato rilevato in molti punti

Figura 1: valori di rumorosità (Leq) lungo la macchina continua

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anche S. aureus, rilevato anche vicino allo spappolatore e in due punti della macchina conti-nua della ditta A.

Figura 2: A-B-C. Contaminazione microbiologica osservata. (*) indica un punto assente. Negli altri casi il valore 0 indica uncampione non leggibile. Per la ditta C, che dispone di due macchine continue e di due spappolatori, è stato preso un solopunto per il magazzino.

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Le lavorazioni effettuate comportano l’amplificazione della carica biologica, soprattutto in cor-rispondenza della parte “umida” della macchina continua, con alti livelli di contaminazioneanche nella zona di stoccaggio della materia prima, rappresentata in tutti i casi da carta direcupero o cartaccia.

3.3 Microclima

Le condizioni osservate, pur non essendo ottimali, sono in genere all’interno di limiti di accet-tabilità con abbigliamento pesante, considerando anche che i campionamenti sono stati fattinel periodo invernale e con temperature esterne intorno ai 15°. In un caso si sono riscontrativalori di umidità relativa superiori al 70% o 80% lungo la macchina continua, associati a tem-perature molto basse. È stato osservato, e confermato dagli operai di due delle ditte analizza-te, come in inverno al mattino il vapore prodotto dalla seccheria condensi sulla copertura, goc-ciolando poi nell’ambiente sottostante e causando il ristagno di acqua sul pavimento. Nellecondizioni osservate le condizioni climatiche interne richiedono comunque un abbigliamentoappropriato, che garantisca protezione dalle basse temperature e dall’umidità. Inoltre in alcu-ni casi il capannone resta aperto per consentire il movimento dei mezzi di trasporto dei palleto delle bobine.

3.4 Polveri

Le valutazioni delle polveri sono state condotte solo a livello qualitativo, rapportando i risul-tati al massimo rilevato, e sono quindi puramente indicativi. I risultati indicano una forte pro-duzione di polvere nelle aree di taglio e allestimento, nonché della zona della preparazione del-l’impasto, come si vede nel grafico seguente (Fig. 3)

Figura 3: Livelli di polveri per gli addetti alle diverse macchine (valori relativi in % sul massimo osservato)

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3.5 IPA

È stata indagata la possibile di presenza di IPA dovuti al transito del muletto diesel utilizzatoin una cartiera per la movimentazione dei pallet di cartone tagliato dalla fine della macchinacontinua al magazzino. Sono stati effettuati due campionamenti personali, sul guidatore delmuletto che raccoglie i pallet di cartoni tagliati dal termine della macchina continua e su quel-lo che dispone i prodotti nel magazzino dove entrano i camion per il carico della merce, effet-tuando anche il carico. Le prove analitiche non hanno evidenziato valori superiori al limiteminimo di sensibilità della prova.

4. CONCLUSIONI

Dalle indagini eseguite è emerso che i rischi più evidenti sono il rischio biologico, amplificatonotevolmente dalla possibile formazione di aerosol, ed il rischio rumore, elevato soprattuttoall’inizio della macchina continua, e in corrispondenza delle operazioni di taglio. Si è visto chein alcuni casi possono essere superati per gli addetti i livelli di rumorosità che richiedano l’a-dozione di misure specifiche di protezione. Relativamente ai livelli di rumorosità, si è visto inol-tre che i valori rilevati sembrano legati all’età delle macchine e alle migliorie che sono stateapportate nel corso degli anni. Per quanto riguarda la contaminazione microbiologica, le lavorazioni effettuate possono com-portare l’amplificazione della carica biologica, in presenza di ristagni di acqua di ricircolo uti-lizzata per lavaggi o diluizione, e in casi di forte creazione di aerosol (inizio continua) o schiz-zi (spappolatore). Inoltre si nota come i batteri psicrofili siano distribuiti ampliamente, men-tre i mesofili sono più frequenti nelle aree dove i livelli di temperatura ed umidità sono piùfavorevoli, verso il termine della macchina continua. Si rilevano anche buoni livelli di conta-minazione nella zona di stoccaggio della materia prima, rappresentata in tutti i casi da cartadi recupero o cartaccia. Dalle osservazioni effettuate è risultato che alcune aree dove non sitrovano fonti di contaminazione possono venir contaminate dalla dispersione di microrganismiprovenienti da aree vicine, se non adeguatamente separate. Non è stata evidenziata presenzadi IPA nei punti analizzati, mentre i livelli delle polveri totali richiederanno ulteriori approfon-dimenti, specialmente per gli addetti allo spappolatore e alle taglierine. Si è verificato comunque che tutti i rischi presenti possono essere ridotti da una correttagestione rivolta alla sicurezza, dato che la presenza di rischi legati alle attività svolte viene con-tenuta dagli interventi effettuati per ammodernare gli impianti e l’intera infrastruttura dell’a-zienda, introducendo macchine con cabinature o confinate, evitando la diffusione dei materia-li contaminanti e del rumore e cercando di impedire che si stabiliscano condizioni favorevolialla proliferazione di microrganismi.

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ATMOSFERE ESPLOSIVE: QUADRO NORMATIVO E SINTESI DELLE PROCEDURE OPERATIVE

G. Petrozzi*, M. Sordilli*** INAIL - Direzione Generale - Consulenza Tecnica Accertamenti Rischi e Prevenzione** AUSL - Servizio Pre.S.A.L. distretto B Frosinone

RIASSUNTO

Il presente lavoro, a distanza di circa due anni dal recepimento delle Direttive Europee in mate-ria, è finalizzato alla fornitura di elementi essenziali alla comprensione della normativa chedisciplina la sicurezza nei luoghi di lavoro interessati dalla presenza d’atmosfere esplosive.L’analisi dell’argomento, dopo aver focalizzato i punti salienti della normativa ATEX, propo-ne una serie di indicazioni operative sulle procedure di valutazione del rischio e delle misu-re di prevenzione e protezione da adottare. La sicurezza in questi luoghi di lavoro è regola-mentata dal D.Lgs. 233 del 12/06/03 “Attuazione della direttiva 1999/92/CE relativa alle pre-scrizioni minima per il miglioramento della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratoriesposti al rischio di atmosfere esplosive” e dal D.P.R. 126 del 23/03/98 “Regolamento recan-te norme per l’attuazione della direttiva 94/9/CE in materia di apparecchi e sistemi di pro-tezione destinati ad essere utilizzati in atmosfera potenzialmente esplosiva”. Nel D.Lgs233/03, il legislatore ha introdotto il titolo VIII bis del D.Lgs. 626/94, attribuendo nuoviobblighi ai datori di lavoro in materia di sicurezza, inoltre sono chiamate in causa diversefigure professionali. Il rischio di esplosione interessa diversi settori produttivi, che vannodalle aziende agricole e alimentari, a quelli della produzioni di carta a quelli di prodotti chi-mici e farmaceutici etc.

SUMMARY

The following paper comes after two years from the application of the European CommunityDirectives on explosive atmospheres, and its aim is to supply the basic elements to understandthe laws and regulations that discipline the Safety in workplaces with risk of explosive atmo-sphere.Our analysis, after focusing on the main point of the ATEX resultions, proposes a series of ope-rative indications about the procedures of risk assessment and the prevention and protectionsystems which must be adopted. Emergency in these workplaces is regulated by D.Lgs. 233/03. Concerning the Actuation ofdirective 1999/92/CE by D.P.R. 126/98 regarding the actuation of directive 94/9/CE. Specific attention must be kept to D.Lgs 233/03, with which the Legislator has introduced thetitle VIII bis of D.Lgs. 626/94, attributing new obligations on security matter to the employers,and introducing some new professional figures, such as R.S.P.P., planners and systems instal-lators, verifiers and advisers engaged in the actuation of the rules contained in the D.Lgs. Theexplosion risk is of interest for a variety of different productive sectors, spanning from the agri-cultural and alimentary companies, to the papermaking companies, to chemical and pharma-ceutical companies etc.

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1. DEFINIZIONI D’ATMOSFERE ESPLOSIVE ED ESPLOSIONE

Un’atmosfera esplosiva è “una miscela con aria, a condizioni atmosferiche, di sostanze infiam-mabili combustibili allo stato di gas, vapori, nebbie o polveri in cui, dopo l’accensione, la com-bustione si propaga all’insieme della miscela incombusta”. Gli elementi essenziali affinché avvenga l’esplosione sono: • il combustibile (sotto forma di gas, vapori, nebbie e/o polveri); • il comburente (l’ossigeno presente nell’aria in conc. del 21%) • l’innesco, elettrico (scintilla provocata da una scarica, etc.) oppure termico (temperature

eccessive provocate da fiamme, etc.). Il pericolo d’esplosione è strettamente legato ai materiali ed alle sostanze trattate all’internodell’ambiente lavorativo. Affinché vi sia un’esplosione non basta la presenza della miscela com-bustibile, ma deve aversi una concentrazione di combustibile e comburente compresa entrodeterminati limiti d’esplodibilità; si parla in questo caso di “percentuale minima e massima”ricavate sperimentalmente e denominate come, “Limite Inferiore d’Esplodibilità” (LEL: LowerEsplosive Limit) e “Limite Superiore d’Esplodibilità” (UEL: Upper Esplosive Limit). L’esplosione avviene solo in determinate condizioni infatti essa dipende dalla concentrazione(inferiore al LEL o superiore al UEL), dalla temperatura (superiore o inferiore della T d’infiam-mabilità), dalla forma granulometrica e della quantità del prodotto messo a reagire.Oltre a quelli fondamentali già osservati, intervengono anche altri fattori tra i quali la “sovra-pressione” ed il “fronte di fiamma”. Si ha deflagrazione quando il fronte di fiamma segue lasovrapressione, si ha invece detonazione quando la sovrapressione che si genera in un puntoè tale da comportare temperature e pressioni tali da generare esplosioni secondarie, prima cheil fronte di fiamma arrivi. La soglia di valori previsti corrisponde al valore di danni gravi allapopolazione sana (lesioni irreversibili) come definito dalle Linee Guida Nazionali per la piani-ficazione dell’emergenza esterna (Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento dellaProtezione Civile - Gennaio 1994), dal D.M. 15 maggio 1996 e dal D.M. 9 maggio 2001.Un’esplosione, può causare indirettamente conseguenze ancora più gravi, innescando altrieventi incidentali a catena, i cosiddetti effetti domino. Le Direttive europee e quindi il titoloVIII-bis del D.Lgs 626/94 considerano, ai fini della valutazione del rischio, soltanto le atmo-sfere esplosive in aria a pressione ordinaria (0,8-1,1 bar) ed a temperatura ordinaria (-20 /+60°C), ma non prendono in considerazione i serbatoi in pressione contenenti miscele , materialiesplosive e apparecchiature per gas, poiché soggetti già ad altre disposizioni legislative.

2. ADEMPIMENTI DI LEGGE

L’applicazione delle disposizioni previste dal D.Lgs. 233/03 è obbligatoria in tutte le attività oluoghi di lavoro dove possono essere presenti atmosfere esplosive dovute a gas, vapori, nebbiee polveri; rientrano nella tipologia anche i lavori svolti in sotterraneo ed i veicoli destinati adessere utilizzati in atmosfere potenzialmente esplosive. Invece esso non si applica a:a) aree utilizzate direttamente per le cure mediche dei pazienti;b) uso d’apparecchi a gas di cui al D.P.R. n.661 del 15/11/96;c) produzione, manipolazione, uso, stoccaggio e trasporto d’esplosivi o di sostanze chimica-

mente instabili;d) industrie estrattive soggette al D.Lgs. n. 624 del 25/11/96;e) impiego di mezzi di trasporto terrestre, marittimo, fluviale ed aereo per i quali si applicano

le pertinenti disposizioni d’accordi internazionali (diritto pattizio).Gli obblighi che il decreto impone al datore di lavoro possono essere così riassunti:

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Adempimenti entro il 10/09/2003:• Effettuare la valutazione del rischio d’esplosione (art. 88-quinquies);• Porre in atto le misure di prevenzione, protezione ed organizzative (art.88-quater, art.88-sexies) • Classificare le zone con pericolo d’esplosione (art. 88-octies, comma 1) • Attuare procedure di coordinamento (art. 88-septies), obbligo già previsto dall’art. 7 • Redigere il documento contro le esplosioni (art. 88-novies) • Verifiche periodiche (art. 88-undecies) obbligo già previsto DPR 462/01 • Attuare le misure di sicurezza previste nell’allegato XV-ter punto A • Attuare le misure di sicurezza previste nell’allegato XV-ter punto B

Adempimenti entro il 10/06/2006:• Segnalazione delle zone con pericolo d’esplosione (art. 88-octies, comma 3)• Attuare le misure di sicurezza previste nell’allegato XV-ter punto A

Gli ambienti di lavoro devono rispondere alle disposizioni di seguito elencati:• Luoghi di lavoro esistenti devono essere conformi all’allegato XV-ter punto A, entro il

30/06/2006.• Attrezzature di lavoro già in uso devono essere conformi all’allegato XV-ter punto A dal

30/06/2003.• Luoghi di lavoro nuovi devono essere conformi all’allegato XV-ter punto A dal 30/06/2003.• Attrezzature di lavoro nuove devono essere conformi all’allegato XV-ter punto B dal

30/06/2003.L’art. 3 del D.Lgs. 233/03 modifica l’art. 89, com. 2) lett. a) del D.Lgs. 626/94 introducendonuove sanzioni penali per eventuali inadempienze (arresto o ammenda ) a carico del datore dilavoro in particolare come mostra la seguente tabella:

Tabella 1

Articolo violato Inadempienze (prescrizione)

Art. 88-quater, co.2 Mancata adozione di provvedimenti finalizzati ad evitare l’accensione d’atmosfe-re esplosive ed a ridurre gli effetti di un’esplosione, in modo da garantire la salu-te e la sicurezza dei lavoratori

Art. 88-sexies Mancata adozione di provvedimenti atti a garantire il controllo degli ambienti conpericolo d’esplosione favorendo lo svolgimento del lavoro in condizione di sicurezza.

Art. 88- Mancato coordinamento ai fini della sicurezza delle imprese esterne presenti insepties, co.2 azienda e/o mancata specificazione, nel documento sulla protezione contro le

esplosioni, dell’obiettivo delle misure e delle modalità d’attuazione di tale coordinamento.

Art. 88-octies, co.1 Mancata effettuazione della classificazione delle zone con pericolo d’esplosioneai sensi dell’allegato XV-bis.

Art. 88-octies, co.1 Mancato utilizzo d’attrezzature e/o sistemi di protezione tale da rendere i luoghidi lavoro non conformi ai requisiti di cui all’allegato dell’allegato XV-ter.

Art. 88-undecies Mancata effettuazione, nei luoghi con pericolo d’esplosione (zone 0; 20; 1; 21)della prevista verifica dell’impianto elettrico biennale.

Art. 4-co.2 Mancata redazione del documento delle esplosioni (estensione del documentodella valutazione dei rischi).

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Il D.Lgs. 233/03 abroga e modifica il Capo X del D.P.R. 20 marzo 1956, n. 320.Al D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, sono apportate le seguenti modifiche:a) gli articoli 329, primo comma, lettera a) e 331 sono abrogati;b) all’articolo 389, primo comma, lettera b), la parola: «331» e’ soppressa.Le voci da 1 a 50 della tabella A e la tabella B allegate al decreto del Ministro per il lavoro e laprevidenza sociale del 22 /12/1958, pubblicato nella G.U. n. 23 del 29 gennaio 1959, sonoabrogate.

3. CLASSIFICAZIONE DELLE AREE

Il D.Lgs. 233/03 nell’art. 88-octies impone al datore di lavoro di ripartire in zone (secondo l’al-legato XV-bis), le aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive. Una volta effettuata taleclassificazione, se dovessero rilevarsi zone caratterizzate da una quantità di atmosfera esplo-siva tale da richiedere provvedimenti di protezione per la tutela della sicurezza e della salutedei lavoratori, si effettuerà la scelta delle adeguate apparecchiature ed attrezzature di prote-zione. I provvedimenti che si adotteranno, in ottemperanza con quanto stabilito dall’allegatoXV-ter, parte A, saranno proporzionati alla classificazione effettuata. La ripartizione delle areein zone avviene in base alla frequenza ed alla durata della presenza di atmosfere esplosive. Il decreto citato, prevede la classificazione delle aeree in diverse zone:

Zona 00 Area in cui è presente in permanenza o per lunghi periodi o frequentemente un’at-mosfera esplosiva consistente in una miscela di aria e di sostanze infiammabili sottoforma di gas, vapore o nebbia

Zona 01 Area in cui la formazione di un’atmosfera esplosiva, consistente in una miscela diaria e di sostanze infiammabili sotto forma di gas, vapori o nebbia, è probabile cheavvenga occasionalmente durante le normali attività.

Zona 02 Area in cui la formazione di un’atmosfera esplosiva, consistente in una miscela diaria e di sostanze infiammabili sotto forma di gas, vapori o nebbia, è probabile cheavvenga occasionalmente durante le normali attività.

Zona 20 Area in cui e’ presente in permanenza o per lunghi periodi o frequentemente un’at-mosfera esplosiva sotto forma di nube di polvere combustibile nell’aria.

Zona 21 Area in cui la formazione di un’atmosfera esplosiva sotto forma di nube di polverecombustibile nell’aria, e’ probabile che avvenga occasionalmente durante le norma-li attività.

Zona 22 Area in cui durante le normali attività non è probabile la formazione di un’atmosfe-ra esplosiva sotto forma di nube di polvere combustibile o, qualora si verifichi, siaunicamente di breve durata.

Per la classificazione delle aree si possono utilizzare le norme tecniche armonizzate, in parti-colare il D.Lgs. 233/03 segnala la EN 60079-10 (CEI 31-30) per la presenza di gas, vapori e neb-bie e la EN 50281-3 (CEI 31-52) per la presenza di polveri combustibili. La CEI 31-30 effettuala classificazione in base alle caratteristiche dell’ambiente (aperto, chiuso ecc), delle sostan-ze (densità relativa rispetto all’aria, etc.), delle sorgenti di emissioni (grado e portata di emis-sione), del grado di ventilazione (portata minima volumetrica , concentrazione) e della dispo-nibilità della ventilazione. La CEI 31-52 distingue i casi in cui la presenza di atmosfere esplosi-ve sia dovuta a nube e/o a strati di polvere. La classificazione viene effettuata in base allecaratteristiche dei materiali (dimensioni delle particelle, contenuto di umidità, temperaturaminima di innesco della nube e dello strato etc.), ai punti nei quali possono essere presenti

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contenimenti di polvere o sorgenti di emissione ed alla probabilità di emissioni di polvere datali sorgenti. Solo dopo queste fasi si possono definire le zone e le loro estensioni. In defini-tiva la classificazione delle zone pericolose per la presenza o probabilità dell’atmosfera esplo-siva è il punto di partenza per una corretta valutazione dei rischi.

4. LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO DI ESPLOSIONE

Il processo di valutazione del rischio di esplosione va effettuato caso per caso, non presentan-do una soluzione aprioristicamente valida. Il decreto dispone, infatti, all’art. 88- quinquies,che nell’assolvere gli obblighi stabiliti dall’articolo 4, il datore di lavoro valuta i rischi spe-cifici derivanti da atmosfere esplosive, tenendo conto almeno dei seguenti elementi:a. Probabilità e durata della presenza di atmosfere esplosive b. Probabilità che le fonti di accensione, comprese le scariche elettrostatiche, siano presenti e

divengano attive ed efficaci c. Caratteristiche dell’impianto, sostanze utilizzate, processi e loro possibili interazioni d. Determinare i possibili effetti prevedibili di un’esplosionee. I rischi di esplosione sono valutati complessivamente. f. Nella valutazione dei rischi di esplosione vanno presi in considerazione i luoghi che sono o

possono essere in collegamento, tramite aperture, e quelli in cui possono formarsi atmosfe-re esplosive.

4.1 Le metodologie applicabili

Per la valutazione dei rischi non esistono metodologie obbligatorie da seguire, ma bisognatener conto della complessità dell’azienda/impianto produttivo che si sta valutando. Definendoil rischio R = P x D, i fattori Probabilità (P) e Danno (D) possono essere così stimati:

• per le piccole e medie imprese (impianti semplici) si può utilizzare, la linea guida“Comunicazione della commissione relativa alla Guida di buone prassi a carattere non vinco-lante per l’attuazione della direttiva 1999/92/CE” del Parlamento Europeo e del Consigliorelativa alle prescrizioni minime per il miglioramento della tutela della sicurezza e dellasalute dei lavoratori che possono essere esposti al rischio di atmosfere esplosive, oppure ilmodello elaborato da cinque organismi notificati (per la direttiva ATEX) “Methodology for theRisk Assessment of Unit Operations and Equipment for Use in Potentially Explosive Atmosphereselaborata dal EU Project N: SMT4-CT97-2169”;

• nelle aziende con rischi di incidente rilevante (impianti complessi) come quelle soggetteal D.Lgs. 334/99 (ex DPR 175/88) si potrà ricorre ad altre metodologie statistiche, quali:- FMEA (identificazioni degli effetti conseguenti a guasti singoli di componenti o dispositivi

di sicurezza)- HAZOP (identificazioni degli effetti conseguenti a deviazioni dei parametri di processo)- FAULT TREE (combinazione di eventi che comportano un effetto indesiderato - TOP EVENT).- EVENT TREE (sequenze incidentali originate da un Top Event, in concomitanza di eventi che

ne condizionano l’evoluzione)

Inoltre è necessario utilizzare le Norme UNI, CEI, EN di volta in volta applicabili e rivolgersi apersonale competente con maturata esperienza nel settore.

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5. PREVENZIONE, PROTEZIONE ED ORGANIZZAZIONE

5.1 Misure di prevenzione

1) Evitare l’atmosfera esplosiva (Prevenzione dall’esplosioni)

Il primo passo per una corretta prevenzione è quello di agire sulla sostanza e sulle caratteri-stiche dei parametri di processo come: la sostituzione delle sostanze infiammabili e polvericombustibili, l’inertizzazione, l’impianto di ventilazione, l’eliminazione delle sorgenti di emis-sione, la concentrazione della sostanza al di fuori dei limiti di esplodibilità, la temperaturadella sostanza al di sotto della temperatura di infiammabilità, il sistemi di controllo dell’e-splodibilità, la rimozione delle polveri, l’incremento della granulometria delle polveri e le misu-re adottate per evitare nubi di polvere.

2) Evitare sorgenti di accensione efficaci

Questa misura consiste nell’eliminazione, all’interno delle zone pericolose classificate, dellesorgenti di accensione; se ciò fosse possibile, bisognerà rendere le sorgenti inefficaci tenendoconto dei sistemi previsti dalla norma UNI EN 1127-1.

5.2 Misure di protezione

Le misure di protezione devono essere messe in atto successivamente alle misure di prevenzio-ne: esse infatti devono essere soppressione dell’esplosione, scarico dell’esplosione, progetta-zione resistente all’esplosione e prevenzione della propagazione dell’esplosione

5.3 Misure organizzative

Dopo aver agito sulle caratteristiche delle sostanze e del processo , dopo aver attuato le misu-re di prevenzione e protezione, in base ai principi del D.Lgs. 626/94 si possono mettere in attole misure organizzative di qualificazione e formazione del personale, la stesura di istruzionioperative, le autorizzazioni al lavoro, le specifiche cautele nella manutenzione, la segnalazio-ne delle zone con pericolo di esplosione e il controllo e sorveglianza.

6. REQUISITI DELLE APPARECCHIATURE E DEGLI IMPIANTI

I requisiti minimi delle apparecchiature da installare o da utilizzare nei luoghi di lavoro sog-getti ad atmosfere esplosive devono soddisfare la direttiva 94/9/CE. Questa direttiva è stata datempo recepita in Italia con un decreto, il DPR 126/98, ed è in regime di applicazione facolta-tiva già dal 1° marzo 1996. Pertanto, il termine dello slittamento è ormai scaduto il 1° luglio2003. Da tale data infatti ogni apparecchiatura deve essere realizzata con materiali che rispon-dono a questa direttiva. La direttiva 94/9/CE non si applica alle apparecchiature utilizzate nei locali medici, agliapparecchi a gas in ambiente domestico e nei luoghi con presenza di sostanze esplosive,nei dispositivi di protezione individuale, e nei mezzi di trasporti terrestri, marittimi, flu-viali ed aerei.

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7. REDAZIONE DEL DOCUMENTO SULLA PROTEZIONE CONTRO LE ESPLOSIONI

Il datore di lavoro in fase di valutazione dei rischi nella propria attività così come previstoall’art. 4 del D.Lgs. n.626/1994 effettua anche la valutazione del rischio di esplosione per lapresenza di atmosfere esplosive. Redige il documento sulla protezione contro le esplosioni,anche in aziende con meno di dieci dipendenti, e obbligatoriamente lo aggiorna quando ci sonodelle modifiche.Il documento deve contenere almeno: i dati della azienda e del datore di lavoro; la descrizionedel luogo di lavoro, la descrizione delle fasi del processo produttivo e/o delle fasi aziendali, ladescrizione delle sostanze impiegate, l’elaborazione ed elencazione dei risultati dell’analisi delrischio, la descrizione delle misure tecniche di prevenzione dalle esplosioni, la descrizione dellemisure tecniche organizzative dalle esplosioni, il coordinamento tra più imprese esterne (oveprevisto) e il programma del miglioramento dei livelli di sicurezza nel tempo; gli Allegati piùimportanti sono: Planimetrie con indicazione delle zone, aree, reparti, ecc. classificati perico-losi, i risultati di calcoli eseguiti, i piani di emergenza interni (DM 10/03/1998), il piano diemergenza esterno (ove richiesto DPR 25/02/2005), le schede di sicurezza delle sostanzeinfiammabili e polveri combustibili, i libretti di uso e di manutenzione delle apparecchiaturefisse e mobili, la dichiarazione di Conformità L. 46/90 completa per impianti elettrici e mecca-nici, la denuncia e verifica periodica degli impianti elettrici Ex, DPR 462/01 (datore di lavoro),la dichiarazione CE di conformità (allegate alle apparecchiature Ex dotate di marcatura CE), lamanutenzione ai fini della protezione contro le esplosioni e i formulari, le liste di valutazione,per la verifica dei punti precedenti (linee guida comunitarie).

BIBLIOGRAFIA

Guida all’applicazione della direttiva 94/9/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del23/03/94, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli stati membri relative agli appa-recchi e sistemi di protezione destinati a essere utilizzati in atmosfera potenzialmente esplosiva.

EU Project N° SMT4-CT97-2169: Methodology for the Risk Assessment of Unit Operations andEquipment for Use in Potentially Explosive Atmospheres

COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE NELL’AMBITO DELL’APPLICAZIONE DELLA DIRETTIVA94/9/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, concernente il ravvicinamento delle legisla-zioni degli Stati membri relative agli apparecchi e sistemi di protezione destinati a essere uti-lizzati in atmosfera potenzialmente esplosiva (2002/C 213/02) Testo rilevante ai fini del SEE.

C. Ponzinibio, M. Silingardi: Impianti elettrici nei luoghi con pericolo di esplosione, Ed. TNES.r.l.

M. Carescia: La nuova legislazione sui luoghi con pericolo di esplosione, Ed. TNE S.r.l.

COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE DEL 25.8.2003 COM(2003) 515, relativa alla Guida dibuone prassi a carattere non vincolante per l’attuazione della direttiva 1999/92/CE delParlamento Europeo e del Consiglio relativa alle prescrizioni minime per il miglioramento dellatutela della sicurezza e della salute dei lavoratori che possono essere esposti al rischio di atmo-sfere esplosive.

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CARTIERE: RISCHI DI IERI - RISCHI DI OGGI

G. Petrozzi*, A. Menicocci*, G.B. Perrone*, V. Quadrini**, N. Todaro** INAIL - Direzione Generale -Consulenza Tecnica Accertamenti Rischi e Prevenzione ** Comune di Isola del Liri - Fr

RIASSUNTO

Il lavoro che andremo ad esporre fa riferimento all’evoluzione industriale ed ai rischi ad essocorrelati che hanno caratterizzato l’industria cartaria della Valle del Liri dalla fine del XIX seco-lo ad oggi.In questo lavoro oltre a valutare le evoluzioni tecnologiche si prendono in considerazione icambiamenti nelle operatività delle persone e le trasformazioni nella forza lavoro.Viene inoltre presentata l’evoluzione delle malattie professionali e si danno indicazioni sul-l’andamento infortunistico dal 1958 ad oggi.

SUMMARY

The study that we are going to expose is about the industrial evolution and the risks thathave characterised the paper industry of Valle del Liri from the end of the XIX century tilltoday.In this work we evaluate the evolution in technology, in the working conditions and in the typeof manpower. Besides we present the evolution in professional disease and we give some indi-cations on the industrial injuries from 1958 till today.

1. INTRODUZIONE

In preparazione del lavoro "Cartiere: Rischi di ieri - Rischi di oggi" sono state fatte dellericerche che permettessero di inquadrare le ditte della Valle del Liri in un contesto storicodi evoluzione delle tecniche lavorative e dei rischi a cui i lavoratori sono stati esposti.Ritenendo questa tematica di interesse, viene qui presentato un estratto delle informazio-ni raccolte. In particolare si è data una breve descrizione delle attrezzature e dei macchi-nari utilizzati, ieri ed oggi, al solo scopo di comprendere la differenza dei rischi ad essiconnessi. Pertanto il lavoro non si soffermerà più di tanto alle spiegazioni dei perché dialcune attività, ma si limiterà a darne un'idea schematica, per facilitare un confronto epermettere di cogliere l’impatto dell’evoluzione tecnologica sui rischi propri delle lavora-zioni in esame.Per far meglio comprendere il lavoro svolto nelle cartiere, si precisa che, tali attività alla finedel XIX secolo erano svolte prevalentemente da manodopera femminile e infantile, mentreattualmente esse sono monopolio esclusivo di manodopera maschile a causa della complessitàe manualità richieste.

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2. EVOLUZIONE TECNOLOGICHE

2.1 Tecniche di ieri

Alla fine del XIX secolo in quasi tutta l’Italia la carta si produceva esclusivamente a partiredagli stracci. Gli stracci venivano selezionati per qualità e colore; venivano poi lavati in enor-mi pentoloni e asciugati al sole, tagliati per eliminare bottoni e pezzi metallici; poi essi veni-vano immersi in vasche, dette tine, lisciviati ,e lasciati fermentare con l’aggiunta di calce, perammorbidire l’impasto. Questo passava poi alle “pile a maglio” (vasche di pietra o rame in cuibattevano dei pestelli in legno e metallo) dove veniva triturato e completamente sfibrato;quindi mandato in un’altra tina, riscaldata per non far coagulare le fibre. Qui l’operaio specia-lizzato immergeva un telaio mobile, detto “staccio”, e con cui formava i fogli. I fogli di cartavenivano impilati con feltri interposti tra l’uno e l’altro, e la pila veniva pressata (prima pres-satura) per eliminare l’acqua. I fogli parzialmente asciugati venivano impilati senza i feltri epressati nuovamente, quindi immersi nella colla e fatti asciugare all’aria. Questo processo, che era poco diverso dal processo conosciuto fin dal 1100, cambia radical-mente con l’introduzione intorno alla fine del 1800 delle prime macchine continue, che sosti-tuivano il lavoro di formatura dei fogli. Iniziò ad essere utilizzata anche la carta da macerocome materia prima, con un processo produttivo che partiva dalle pile a magli.Successivamente venne introdotto l’utilizzo della pasta di legno, ottenuta da pioppi coltivatilocalmente o da legna importata. La pasta di legno veniva lavorata per mezzo degli sfibratorimeccanici, che consentivano la produzione di un impasto meno denso di quella ricavato daglistracci o dalla carta da macero. Successivo è l’utilizzo della cellulosa.

2.2 Tecniche di oggi

Attualmente il processo produttivo utilizza principalmente carta riciclata e si utilizza la cellu-losa solo per la produzione di carta pregiata o per usi particolari.La carta viene trasformata in pasta all’interno dei “pulper”, poi la pasta viene purificata neicicloni separatori, dove viene separata dalle impurezze (materiale metallico, plastico, ecc.). Aquesto punto, secondo le caratteristiche del prodotto che si vuole ottenere, possono essereaggiunti additivi o coloranti. La pasta viene addizionata con acqua ed inviata prima al tino dimescola, poi alla centrifuga ed al vibrovaglio, dove subisce un’ulteriore raffinazione con elimi-nazione delle impurezze più piccole, poi giunge ad una vasca dove viene portata alla diluizio-ne ottimale. La pasta è poi distribuita alla macchina continua, che può essere a “tavola piana”oppure “in tondo”. Sulla tavola piana la pasta è distribuita in uno strato sottile su un setaccio, sotto il quale sitrovano sistemi di aspirazione che estraggono l’acqua lasciando un velo di pasta di carta.Questo strato viene inviato a cilindri pressatori che completano l’eliminazione dell’acqua, esuccessivamente alla sezione della seccheria dove cilindri ad alta temperatura completano l’a-sciugatura del foglio. Nella macchina continua in tondo la pasta di carta viene raccolta sulla superficie di rulli, chela trasferiscono ad un feltro: la presenza di rulli successivi permette di formare un fogliocostituito da più strati: questa metodica è utilizzata principalmente per la produzione di car-toni ad alto spessore. Il foglio viene poi asciugato e pressato come nel caso della macchinaa tavola piana.Le macchine continue producono la carta o il cartoncino sotto forma di nastri continui, ingenere avvolti su bobine. Per ottenere dei fogli dal nastro di carta si utilizzano le taglierine,

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macchine dotate di coltelli trasversali e/o lame longitudinali, che permettono di tagliare ilnastro nei formati desiderati.I fogli di cartone con grammatura molto elevata, che non possono essere prodotti direttamen-te dalla macchina continua, vengono ottenuti per accoppiamento di fogli di cartone più legge-ro utilizzando un'accoppiatrice, (macchina che svolge le bobine, distribuisce su questi la collae li unisce pressandoli tra rulli ad alta temperatura).

3. RISCHI NELLE LAVORAZIONI

3.1 Rischi di ieri

I rischi più comuni presenti nelle lavorazioni alla fine del secolo XIX erano legati all’insalubri-tà degli ambienti e del materiale utilizzato, oltre che alla poca attenzione alla sicurezza, tipicadi un periodo in cui veniva utilizzata estesamente la forza lavoro umana.Possiamo individuare in particolare:rischio biologico, dovuto alla scarsissima igiene degli stracci utilizzati come materia prima,nonché alle procedure di fermentazione;rischio ergonomico: tipico del periodo, dovuto alle lavorazioni quasi totalmente manuali,soprattutto per la movimentazione dei materiali, che costituivano carichi molto pesanti, maanche per la ripetitività e velocità dei movimenti richiesti in molte fasi di lavorazione (es.: for-matura);rischio chimico: alla pasta venivano aggiunti collanti e sostanze chimiche (allume, calce, ecc.)a cui i lavoratori erano esposti senza conoscerne il rischio e senza adeguate protezioni, com-portando sia esposizione cronica che infortuni di notevole gravità;rischio polveri: era un rischio presente in molte fasi della lavorazione, a partire dalla cernitadegli stracci, fino alla asciugatura e confezionamento in risme;rischio microclimatico: gli ambienti presentavano temperature estremamente variabili, inoltrel’uso dell’acqua in quasi tutte le fasi della lavorazione, spesso associata ad alte temperature,rendeva i luoghi saturi di umidità e vapore;rischio meccanico: in alcune fasi della lavorazione erano presenti lame o coltelli, utilizzati daglioperai o come parte di macchine, che frequentemente causavano ferite alle mani o ad altreparti del corpo. Con l’introduzione della macchina continua a rulli gli organi di movimento mec-canico divennero un pericolo costante per gli operatori;rischio rumore: causato soprattutto dall’attività delle tine prima, e dalla macchina continuasuccessivamente. Organizzazione del lavoro: va considerato che i turni di lavoro erano di circa 12-14 ore al gior-no, su tutti i giorni della settimana.

3.2 Rischi di oggi

Attualmente la tipologia dei rischi non sembra molto cambiata, in quanto un semplice raffron-to dei rischi ci mostra dati molto simili. In realtà i rischi, soprattutto nei tempi più recenti, sonostati grandemente ridotti e confinati. Possiamo considerare attualmente:rischio rumore: dovuto alla rumorosità di alcune parti della macchina continua, al pulper, aimezzi di trasporto e soprattutto alle taglierine;rischio polveri: dovuto soprattutto alle operazioni di taglio, ma è presenti in quasi tutti gliambienti;

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rischio microbiologico: esso è dovuto alla carta "sporca" essenzialmente nelle cartiere che uti-lizzano carta riciclata come materia prima, ma anche al riutilizzo delle acque nel processo, edalla presenza di ristagni favorevoli all’incubazione dei microrganismi;rischio ergonomico: tale rischio è presente soprattutto nella movimentazione delle risme dicarta, che si ha presso le taglierine e le fustellatrici; in alcuni casi anche dovuto ad alcune ope-razioni di caricamento manuale del pulper;rischio meccanico: è presente in molte parti dell’impianto, in particolare presso gli spappola-tori, presso le taglierine, presso le bobinatrici e in vari punti dalla macchina continua per lapresenza di parti in movimento non protette;rischio chimico: è dovuto essenzialmente all'uso di additivi, sbiancanti e colle.

4. MALATTIE PROFESSIONALI

È difficile ottenere informazioni sulle malattie professionali presenti in passato in quantogli operatori addetti alle cartiere nel XIX secolo dichiaravano pochissime malattie, ancheper paura di licenziamenti. Dai dati storici ottenibili, risulta che le malattie che più spes-so portavano alla morte gli operai, particolarmente la manodopera femminile, erano ditipo polmonare (tubercolosi) ed infettivo (febbri tifoidi), dovute al lavoro in ambientiumidi e polverosi, con facile diffusione degli agenti patogeni. Attualmente l’evoluzionedegli ambienti e delle lavorazioni (oltre alla politica sanitaria) ha portato alla scomparsadella tubercolosi e delle malattie infettive come patologie professionali tra i lavoratoridelle cartiere.Di altre patologie, come ad esempio l’ipoacusia da rumore o patologie dovute alla movimenta-zione di carichi, non esistono riscontri a causa dell’inesistente attenzione che veniva ad esseriservata.Attualmente una maggiore attenzione alle relazioni tra lavoro e specifiche patologie haportato, come risulta da dati di letteratura (per alcuni lavori vedi Carel et al. Langseth eAndersen, Jappinen el al.), a segnalare il possibile legame di neoplasie e patologie respi-ratorie di vario tipo con il lavoro in cartiera (a causa dell’esposizione a polveri o sostanzechimiche).

5. INFORTUNI

Nelle prime lavorazioni delle cartiere, la maggior parte degli infortuni erano dovuti, oltre chealla movimentazione dei carichi, all’utilizzo di lame, con frequenti riferimenti a ferite alle manio alle gambe delle donne addette al taglio degli stracci. Venivano anche riportate infortunimortali dovuti alla caduta in tine o bollitori. Inoltre con l’introduzione della macchina conti-nua iniziano a presentarsi casi di operatori che finiscono intrappolati tra i rulli durante opera-zioni di controllo o manutenzione. In generale la meccanizzazione ha portato ad un cambia-mento nella tipologia degli infortuni (esempio: spappolamento ).Oggi gli incidenti più comuni riguardano gli arti superiori, in particolare dita o mani trascina-te negli organi in movimento (soprattutto tra i rulli), oltre a incidenti dovuti a cadute (spessoper scivolamento sul pavimento o da scale sporche di residui di pasta di carta), infortuni peral-tro comuni a molte altre tipologie di lavorazioni.Nei grafici a pagina seguente (Fig. 1, Fig. 2, Fig. 3) vengono mostrati l’andamento infortuni-stico nel periodo 1958-2004 in due aziende oggetto di studio, ed il numero di giorni di infor-tunio che si sono avuti nello stesso periodo.

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Dal conteggio degli infortuni vediamo come si evidenzia un miglioramento dell’andamentoinfortunistico nel lungo periodo, mentre su tempi brevi non riesce spesso ad emergere un chia-ro miglioramento. L’introduzione di nuove normative di sicurezza ha grandemente ridotto ilnumero degli infortuni nel corso degli anni, per cui attualmente anche pochi eventi risultanoevidenziati. Dalle osservazioni fatte è emerso come attualmente il verificarsi degli infortuni siadovuto a fattori estranei alla vera e propria sicurezza delle macchine, avendo come cause primedei fattori esterni, come le esigenze di produzione che spingono ad utilizzare le macchine inmodo improprio, associate a scarso addestramento o all’opposto ad eccessiva confidenza nellapropria esperienza.

Figura 2: Andamento delle assenze per infortunio per anno dal 1994 al 2004 (aziende A-B)

Figura 1: Andamento degli infortuni dal 1994 al 2004 (aziende A-B)

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6. CONCLUSIONI

L’evoluzione delle lavorazioni ha portato ad una diversa distribuzione dei rischi presenti, facen-do scomparire totalmente alcuni di questi. L’applicazione delle norme di sicurezza attualmenteha ridotto grandemente l’esposizione a rischi, ma non risulta ancora tale da proteggere com-pletamente gli operatori dai pericoli connessi alle lavorazioni svolte.

RINGRAZIAMENTI

Si ringrazia il Vice Sindaco del Comune di Isola del Liri Prof. Luciano Duro per i testi e le imma-gini forniti.

Figura 3: Andamento dei giorni di infortunio e delle assenze relative espressi per anno nel periodo 1958-2004 (azienda A)

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Si ringraziano i sigg. Cerrone e Casinelli per i dati e le informazioni forniti.Si ringraziano le ditte, gli operai e gli ex-operai che con le loro testimonianze hanno fornitoinformazioni sulle attività svolte in passato.

BIBLIOGRAFIA

R. Carel et al.: Exposure to asbestos and lung and pleural cancer mortality among pulp andpaper industry workers. J Occup Environ Med. 2002 Jun;44(6):579-84.

E. Gianni: Industria Cartaria, 1951, Ed. Ulrico Hoepli - Milano.

H. Langseth, A. Andersen: Cancer incidence among male pulp and paper workers in Norway.Scand J Work Environ Health. 2000 Apr;26(2):99-105.

Martini: Biografia di una classe operaia I cartai della Valle del Liri (1824-1954), 1984, Ed.Bulzoni - Roma.

M.R. Protasi: Operai e contadini della valle del Liri, 2002, Ed. Centro Studi Sorani - Sora

P. Jappinen et al.: Cancer incidence of workers in the Finnish pulp and paper industry. ScandJ Work Environ Health. 1987 Jun;13(3):197-202.

http://it.geocities.com/cartaartigianale/tecnica/strumenti/evoluzione3.htm (aprile 2005).

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PROPOSTA PER UNA PROCEDURA DI GESTIONE DELLA SICUREZZA CONTRO ILRISCHIO INCENDIO NELL’AMMINISTRAZIONE PUBBLICA E NEL TERZIARIO

A. Prezioso*, F. Spalluto, L. Pantile** INAIL - Direzione Regionale Lombardia - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione

RIASSUNTO

La normativa antincendio attualmente in vigore nel nostro Paese si presenta, nel suo comples-so, assai rigorosa, dal momento che prevede la scrupolosa osservanza di tutta una serie di benprecisi obblighi per mantenere un adeguato livello di sicurezza contro il rischio d’incendio;essa, tuttavia, non sempre appare facilmente comprensibile, soprattutto per i “non addetti ailavori”, essenzialmente per via del suo carattere ampio, della specifica natura dei suoi conte-nuti e della sua terminologia tecnica, che non permettono una sua immediata applicazione aicasi concreti da parte dei soggetti meno esperti in materia.Benché la gestione dei molteplici problemi riconducibili alla sicurezza, nell’ambito generaledelle attività lavorative del settore terziario, sia pubbliche che private, finisca col condurre,inevitabilmente, al coinvolgimento ed alla responsabilizzazione dell’Addetto al Servizio diPrevenzione e Protezione (ASPP), va sottolineato che l’incarico in questione può essere asse-gnato, talvolta, a dei soggetti privi di una conoscenza approfondita della suddetta normativa,i quali, spesso, si trovano a dover affrontare le complesse problematiche relative alla sicurez-za, nell’ambito limitato della propria realtà lavorativa, solo per pochi giorni al mese.Partendo sia dal complesso della legislazione attualmente in vigore, sia dalle esperienze per-sonalmente maturate nel proprio campo di attività professionale, gli autori si ripropongono,attraverso la redazione del presente articolo, di compiere un’operazione di sintesi e di compa-razione, la quale, per mezzo dell’elaborazione di alcune procedure operative e di “check list”,arrivi ad evidenziare le eventuali criticità legate alla gestione delle emergenze, in una manie-ra che sia semplice ed al tempo stesso immediata, allo scopo di diffondere la “cultura dellasicurezza” anche tra quei soggetti, numerosi, non propriamente “addetti ai lavori”.Obiettivo dell’articolo in questione è, pertanto, quello di fornire uno strumento efficace, e altempo stesso di facile consultazione, destinato a tutti quegli ASPP che, benché poco esperti inmateria di disposizioni antincendio, si trovano a dover operare all’interno di ambienti lavora-tivi dominati dalla presenza di uffici, offrendo loro, così, un valido aiuto per individuare il pro-blema e portarlo all’attenzione del Datore di Lavoro, del Medico Competente e del Responsabiledel Servizio di Prevenzione e Protezione.La lista a cui viene fatto riferimento al termine del presente articolo, infine, offre una valida“base di partenza” per poter condurre, nei diversi contratti di manutenzione, quelle verificheperiodiche che risultano indispensabili per mantenere in piena efficienza il sistema aziendale,adeguatamente implementato, di gestione della sicurezza dei lavoratori.

SUMMARY

The aim of the present study is to provide an effective tool, and, at the same time, of easy con-

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sultation, addressed to all those Members of Safety System, that, although poorly expert inanti - fire law dispositions, have to operate in office environments, offering them, therefore,a valid support in order to characterize the problem, and to carry it to the attention of theEmployer, of the Qualified Doctor, and of the Responsible of Safety System.

1. INTRODUZIONE

Lo scopo del presente articolo è, dunque, quello di proporre un agile strumento operativo, assaiutile per il mantenimento della sicurezza nei vari ambiti lavorativi della PubblicaAmministrazione, rivolto a quei tanti addetti che risultano non particolarmente esperti degliaspetti più strettamente tecnici delle questioni legate alla sicurezza dei lavoratori; in particolare:1. Il secondo capitolo traccia la storia della legislazione dedicata al rischio incendio;2. Il terzo capitolo delimita l’ambito di applicazione della procedura proposta, vale a dire, le

attività lavorative riconducibili alla Pubblica Amministrazione, al terziario ed ai servizi;3. Il quarto capitolo, infine, giunge alla definizione dello strumento centrale che implementa

la procedura in questione (la “Tabella Base”), ed alla sua possibile applicazione al caso con-creto.

2. LA LEGISLAZIONE VIGENTE E LA SUA EVOLUZIONE

Per quanto riguarda l’evoluzione degli aspetti della legislazione italiana che trattano la pre-venzione del rischio incendio, va innanzitutto precisato che al Ministero della Sanità, alMinistero dell’Industria e del Commercio ed al Ministero dell’Interno si deve riconoscere il meri-to di aver elaborato la parte più significativa della normativa presa in considerazione.Già il D.P.R. n. 547 del 27 Aprile 1955 prevedeva tutta una serie di misure di sicurezza controil rischio incendio, ed identificava due grandi categorie di attività e di lavorazioni, elencate,dettagliatamente, dal D.P.R. n. 689 del 26 Maggio 1959:a) Aziende e lavorazioni che utilizzano o detengono prodotti infiammabili, incendiabili o esplo-

denti;b) Aziende che danno luogo a condizioni di pericolo per i lavoratori addetti in relazione alle

dimensioni, alla posizione, ecc.Le suddette attività e lavorazioni erano tenute all’osservanza di specifici obblighi di preven-zione per garantire l’incolumità dei lavoratori addetti, e venivano assoggettate a visite ed acontrolli periodici da parte del competente Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco, ed even-tualmente, se nuove o sottoposte a modifiche, all’esame preliminare dei progetti.La Legge n. 966 del 26 Luglio 1965, avendo introdotto il “Certificato di Prevenzione Incendi”(C.P.I.), ha imposto i primi, significativi obblighi relativamente al rischio in questione.Il D.M. del 16 Febbraio 1982, oltre ad aver aggiornato, e notevolmente esteso, l’elenco delleattività per le quali si deve richiedere il C.P.I. (introdotto dalla suddetta Legge n. 966 del 1965),portandolo ad un totale di ben 97 attività interessate, ha definito la frequenza dei sopralluo-ghi per la prevenzione degli incendi in funzione del pericolo delle attività. Il D.P.R. n. 577 del 29 Luglio 1982 ha quindi introdotto la possibilità delle “procedure di dero-ga” per le attività economiche non del tutto rispondenti alle norme di prevenzione in vigore.In seguito, però, si è venuto delineando un quadro sostanzialmente negativo, per via di nonindifferenti ritardi nella concessione del C.P.I. da parte dei competenti Comandi Provinciali deiVigili del Fuoco, con i conseguenti, inevitabili danni economici per i soggetti interessati, dovu-ti al mancato avvio delle attività produttive.

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La Legge n. 818 del 7 Dicembre 1984 ha parzialmente mitigato il suddetto quadro negativo,introducendo, per i soggetti titolari delle attività produttive, la facoltà di avvalersi del “NullaOsta Provvisorio” (N.O.P.), il quale, destinato a sostituire temporaneamente il C.P.I., pur con-servando i suoi stessi effetti legali, ha rappresentato un primo, decisivo passo verso la regola-rizzazione di molte situazioni irregolari presenti sul territorio italiano, ed allo stesso tempo hapermesso il normale esercizio delle attività produttive.Tra il 1984 ed il 1994, sempre per ciò che concerne la prevenzione del rischio incendio, nelpanorama legislativo italiano non sono intervenuti dei cambiamenti notevoli.Il D.Lgs. n. 626 del 19 Settembre 1994 ha introdotto delle novità di portata, per così dire,rivoluzionaria, attribuendo al Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco degli incarichi che non silimitano ai tradizionali compiti di controllo (previsti, ad esempio, dall’articolo 23 del Decreto),ma che contemplano lo svolgimento di interventi di formazione e di informazione, mentre lafigura del datore di lavoro viene investita di nuove e rilevanti responsabilità, che si traducononello svolgimento di molteplici compiti, consistenti, ad esempio:1. Nel designare preventivamente i lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di preven-

zione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori in caso di pericolo grave eimmediato, di salvataggio, di pronto soccorso e, comunque, di gestione dell’emergenza(articolo 4, comma 4, lettera a);

2. Nell’adottare le misure per il controllo per le situazioni di rischio in caso di emergenza e neldare istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato e inevitabile,abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa (articolo 4, comma 4, lettera h);

3. Nell’informare il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave eimmediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di prote-zione (articolo 4, comma 4, lettera i);

4. Nell’adottare le misure necessarie ai fini della prevenzione incendi e dell’evacuazione deilavoratori, nonché per il caso di pericolo grave e immediato. Tali misure devono essere ade-guate alla natura dell’attività, alle dimensioni dell’azienda ovvero dell’unità produttiva, e alnumero delle persone presenti (articolo 4, comma 4, lettera q);

5. Nello svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e prote-zione dei rischi (articolo 10);

6. …Ecc.Nel 1998 sono stati emanati i tre seguenti, importanti atti normativi, dedicati alla preven-zione del rischio incendio: D.M. 10 Marzo 1998; D.P.R. n. 37 del 12 Gennaio 1998; D.M. 4Maggio 1998.Il D.M. 10 Marzo 1998 segue la stessa via del D.Lgs. n. 626 del 19 Settembre 1994 sotto moltiaspetti, in quanto entrambi i suddetti Decreti, di tipo sostanzialmente “non prescrittivo”, nonfissano degli obblighi da osservare in maniera rigida, ma, da un lato, individuano tutta unaserie di obiettivi da raggiungere, e dall’altro definiscono dei contenuti o livelli minimi dagarantire, mentre al professionista, chiamato ad applicare al caso concreto le norme dei Decretiin esame, spetta l’incombenza di adottare quelle soluzioni che ritenga più idonee. In quest’ot-tica, il Legislatore, non essendo in grado di rimanere al passo con il rapido e crescente svilup-po tecnologico, rinuncia all’elaborazione di normative di contenuto prettamente tecnico, chefinirebbero, ben presto, coll’apparire inadeguate e superate, ma preferisce affidare alla figuradel datore di lavoro il compito, tutt’altro che indifferente, di valutare e di ridurre i rischi pre-senti sul luogo di lavoro.In dettaglio, il D.M. 10 Marzo 1998, rappresentando l’attuazione di quanto previsto dall’arti-colo 13 del D.Lgs. n. 626 del 19 Settembre 1994, non soltanto stabilisce i criteri necessari persvolgere la valutazione dei rischi, ma fornisce svariate indicazioni, riguardanti, ad esempio:1. Le misure preventive, protettive e precauzionali di esercizio;

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2. Le modalità di controllo e di manutenzione degli impianti e delle attrezzature antincendio;3. La gestione dell’emergenza in caso di incendio;4. Le modalità di designazione degli addetti al servizio antincendio;5. La formazione degli addetti alla prevenzione incendi, la lotta antincendio e la gestione del

piano di emergenza;6. …Ecc.Il D.P.R. n. 37 del 12 Gennaio 1998 ha apportato tutta una serie di disposizioni, volte, adesempio, alla riduzione dei tempi massimi di attesa, alla semplificazione delle procedure neces-sarie, ecc., in maniera tale da permettere ai titolari delle attività produttive di ottenere più age-volmente il C.P.I., rilasciato dai competenti Comandi Provinciali dei Vigili del Fuoco.Infine, il D.M. del 4 Maggio 1998, emanato per dare concreta attuazione a quanto previsto dalD.P.R. n. 37 del 12 Gennaio 1998, non soltanto ha definito il contenuto della relazione da alle-gare all’esame del progetto (es. descrizione dell’attività, individuazione dei pericoli, valutazio-ne dei rischi, descrizione delle misure adottate, indicazione delle scelte gestionali in grado dieliminare i rischi residui, ecc.) e della documentazione da trasmettere al Comando Provincialedei Vigili del Fuoco, ma ha anche cercato di omogeneizzare, a livello nazionale, svariati aspet-ti procedurali.

3. AMBITO DI APPLICAZIONE DEL PROGETTO

Sfruttando l’esperienza personalmente maturata dagli autori nell’ambito della PubblicaAmministrazione, il presente articolo mira ad estendere la proposta formulata a tutte quelleattività del terziario (o dei servizi) in cui gli ambienti lavorativi siano rappresentati, in preva-lenza, da uffici.Le suddette attività possono avere la loro sede in strutture edilizie autonome e dedicate, ma pos-sono anche trovarsi a contatto con diverse strutture abitative, talvolta nell’ambito del medesi-mo edificio. Gli stabili interessati, generalmente, dispongono di annessi impianti tecnologici,tra i quali: impianto idrico di pompaggio, con eventuali riserve idriche, che fornisce acqua siaagli apparecchi igienico - sanitari, sia all’impianto antincendio di spegnimento; impianto dicondizionamento, con possibili tubazioni di alimentazione dell’aria primaria; impianto diriscaldamento, dotato di centrale termica alimentata con svariati combustibili (es. gasolio, gasliquefatti, metano, ecc.); cabina elettrica di trasformazione MT/BT, fornita di quadri (con osenza sganci, sia automatici che manuali, delle alimentazioni elettriche); gruppi elettrogeni e/odi continuità, funzionanti a batteria (al piombo o alcaline, con emissione di gas o ermetiche);ascensori, per il trasposto delle persone; montacarichi, per il trasporto delle cose; ecc. Altri aspetti di rilievo, al fini del presente studio, sono rappresentati dall’esistenza, ad esem-pio, di archivi di materiale cartaceo, di garage con più di nove posti auto, ecc.

4. LA PROCEDURA PROPOSTA

Fermo restando che la sicurezza delle attività produttive va considerata, essenzialmente, comeun’integrazione tra una fase iniziale (comprendente la valutazione del rischio e l’eventualeimplementazione del sistema aziendale di difesa) e le successive verifiche periodiche (neces-sarie per il mantenimento del suddetto sistema aziendale di difesa), la procedura che si vuoleproporre può essere ricondotta alle seguenti tre fasi principali:1) Valutazione iniziale: condotta generalmente da un soggetto assai esperto, comprende,

oltre alla vera e propria valutazione iniziale dei rischi, l’implementazione dei sistemi di dife-

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sa, e si presenta sia quando una struttura nuova subisce una prima valutazione, sia quandouna struttura non nuova è interessata da lavori di manutenzione che hanno un impatto con-sistente sul rischio incendio. Nell’ambito di questa fase possono essere redatti i documentiindispensabili per le verifiche periodiche, di cui al successivo punto 3);

2) Rivalutazione dei rischi: consiste, nell’evenienza di una modifica strutturale tale da avereuna ripercussione sul rischio d’incendio, in una revisione della documentazione di cui al pre-cedente punto 1), e comporta la rivalutazione sia dei rischi che delle misure di prevenzionee protezione;

3) Verifica periodica: si prefigge lo scopo di mantenere il sistema di difesa in condizioni di per-fetta efficienza, così come è stato pensato e progettato. Attraverso questo articolo, si vor-rebbe semplificare e standardizzare la fase presa in esame, in maniera tale che possa richie-dere un impegno di “bassa professionalità”; ad esempio, potrebbe essere affidata a dei sog-getti esterni, per mezzo dei contratti di manutenzione periodica delle varie strutture.

In sostanza, la procedura proposta fa riferimento al “buon senso pratico”, nel momento in cui,già nella fase della prima valutazione, prevede di demandare le verifiche periodiche anche alle“basse professionalità”, o, addirittura, alle imprese incaricate della manutenzione periodica. Latabella allegata al presente articolo chiarisce la fase sia di valutazione (o rivalutazione) chedi verifica, e non a caso, nel merito della singola situazione (riga della tabella) la valutazio-ne (o rivalutazione) appare correlata, concettualmente, alla sua stessa verifica.

Schematizzazione di quanto detto a proposito dell’uso e dello scopo della tabella.

5. STRUTTURA DELLA “TABELLA BASE”

Si cercherà ora di descrivere, sinteticamente, la “Tabella Base”, citata nel presente articolo.Essa appare formata dai seguenti tre gruppi di colonne:1) Il primo gruppo, formato da almeno due colonne, descrive gerarchicamente, attraverso le

righe, l’attività da svolgere nella fase sia di valutazione iniziale che di verifica periodica;2) Il secondo gruppo, formato anch’esso da almeno due colonne, fornisce delle indicazioni

sulla LEGGE e/o NORMA tecnica di riferimento per la valutazione e/o rivalutazione. Poiché siritiene che il soggetto interessato sia un esperto di questioni tecniche legate alla sicurezza,e pertanto in grado di interpretare correttamente le Norme e le Leggi, le indicazioni forni-te in questa sede possono essere anche sommarie. Nell’ultima colonna di questo gruppo,denominata “documenti per verifica periodica”, viene fatto riferimento a quei documenti

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che, elaborati nella fase di valutazione e/o di rivalutazione, vengono poi utilizzati nelleverifiche periodiche successive, o allegati ai contratti di appalto per le manutenzioni perio-diche;

3) Il terzo gruppo di colonne, infine, si riferisce alle verifiche periodiche, e definisce la perio-dicità e le varie informazioni che permettono di stabilire come condurre le verifiche in que-stione. Anche in quest’ambito, le disposizioni ed i documenti adottati dovrebbero esserefacilmente applicabili da parte di persone poco esperte, in maniera tale da evitare dei con-tenziosi nel caso di ricorso a soggetti esterni per eseguire le verifiche periodiche.

I gruppi della “Tabella Base” indicano: il piano di emergenza; i sistemi di protezione attiva e diprotezione passiva contro il rischio incendio; le tipologie degli impianti presenti nelle struttu-re (es. condizionamento e riscaldamento; cabina di trasformazione; gruppi elettrogeni;gruppi di continuità; ascensori e montacarichi; ecc.); ambienti tipici, quali: archivi cartaceie garage interrati; prove varie (es. pressione degli idranti, evacuazione, ecc.).

6. USO DELLA “TABELLA BASE”

Le righe della “Tabella Base” sono state strutturate secondo i seguenti principi logici:A. Valutazione ai sensi del D.Lgs. n. 626/94;B. Verifica della destinazione degli ambienti alla luce della normativa vigente contro il rischio

incendio (C.P.I.). Un elenco, o una planimetria, ecc., che pongano gli ambienti in relazionecon i parametri più significativi per la valutazione del rischio incendio (es. attività svolta,carichi termici, destinazioni d’uso, ecc.), permetteranno, anche ai soggetti tecnicamentemeno esperti, di condurre le verifiche periodiche. E’ però importante verificare che le strut-ture architettoniche non siano mutate (es. porte, finestre, passaggi vari, ecc.);

C. Si elencano, quindi, alcuni ambienti comunemente presenti (es. garage interrati, archivi car-tacei o depositi di altri combustibili, centrale termica, ecc.);

D. L’organizzazione e le sue strategie d’azione, in relazione alle variabili organizzative (es.ingressi e uscite del personale dall’organizzazione, handicappati, informazione e formazio-ne, ecc.), ed alla prova di evacuazione, che verifica l’efficacia dell’organizzazione adottata;

E. Per quanto riguarda i sistemi di protezione passiva, analogamente, appare necessario dis-porre di uno strumento di facile utilizzo anche da parte delle persone poco esperte, comeuna planimetria opportunamente adattata;

F. Con riferimento ai sistemi di protezione attiva, invece, occorre approntare una planimetriaed una lista di controllo relativa ai diversi impianti;

G. Infine, il registro antincendio, diligentemente compilato, rappresenta, in un certo senso, il“diario di bordo” della sicurezza contro il rischio incendio, in quanto riporta tutti i control-li effettuati, e le variazioni verificatesi, che possano essere di specifico interesse.

Vista la limitatezza dello spazio disponibile per la stesura del presente articolo, si ritiene nonopportuno allegare la tabella - base. Chi fosse interessato, potrà tuttavia richiederla, semplice-mente, contattando gli autori ai seguenti indirizzi: [email protected], e [email protected].

BIBLIOGRAFIA

Corbo: “Manuale di prevenzione incendi nell’edilizia e nell’industria” (tredicesima edizioneampliata), 1998, Il Sole 24 Ore Pirola S.p.A., Milano.

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PER UN OSPEDALE PIÙ SICURO: IL “PROGETTO OSPEDALI”

C. Resconi** INAIL - Direzione Generale - Consulenza Tecnica Accertamenti Rischi e Prevenzione

RIASSUNTO

Nel 2002 l’INAIL ha intrapreso un progetto da una parte atto alla verifica della sicurezza e del-l’igiene nelle strutture ospedaliere e dall’altra atto a fornire delle indicazioni per l’implemen-tazione di un sistema di gestione della sicurezza. Negli ultimi anni gli ospedali hanno avuto una rapida trasformazione: da luoghi per le cure edanche la lunga degenza a luogo d’assistenza per casi sempre più critici. Il cambiamento ha portato a problemi a livello organizzativo, al rispetto di leggi di sicu-rezza ed igiene, all’umanizzazione dei servizi e dei luoghi, all’ottimizzazione delle presta-zioni.La metodologia adottata è quella riconducibile all’utilizzo di liste di controllo distinte perrischio, per unità operativa e per livello di analisi : generale, progettazione, sorveglianza,gestione ed organizzazione di un sistema della sicurezza. Tali liste di controllo sono state realizzate in collaborazione con diverse strutture ospedaliereitaliane. La fase successiva alla realizzazione del prodotto finale sarà quella di affiancare i ser-vizi di prevenzione e protezione per un’assistenza nella valutazione dei rischi.

SUMMARY

In 2002 the INAIL, by means of its Technical Directorate for Risk Assessment andPrevention, has started a research project with the aims 1) to investigate the hygiene andsafety conditions in hospitals and 2) to give advises on how a safety management systemcan be organized.In last years Italian hospitals, traditionally long term stay structures, have rapidly evolved inorder to manage mainly emergencies and critical patients. This change has caused several pro-blems, for instance in the management of hygiene and safety both for healthcare workers andpatients. The working group occupied in the project produced a check list which is organized at differentlevels corresponding to risks, hospital departments and different analysis targets. Namely, theanalytical levels vary from a general one, basically represented by a check of compliances withlaws, to suggestions on safety management system planning and organizing.The check list was realized in collaboration with some health care structures representative ofItalian context.Collected data will be further analyzed in order to identify the main critical aspects in themanagement of health and safety in Italian hospitals. After the check list final product is fullycompleted, the next step will be the collaboration between INAIL and hospital’s health andsafety risk assessment services.

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1. PREMESSA

Il “Progetto Ospedali” dell’INAIL è nato dalla constatazione delle difficoltà a gestire la sicu-rezza all’interno delle strutture ospedaliere italiane.Le cause sono riconducibili a molteplici fattori concomitanti, tra i quali le esigue risorse umanemesse a disposizione per la gestione della sicurezza e dell’igiene, la scarsa programmabilitàdelle attività lavorative, la presenza di un numero indefinito di persone (lavoratori, specializ-zandi, volontari, assistenti sociali, religiosi, pazienti ricoverati ed ambulatoriali, visitatori,ditte esterne), molte strutture antiche o vetuste, orari di accesso al pubblico sempre più pro-lungati, persone con particolari esigenze da considerare in caso di evacuazione, garanzia delmantenimento di alcune attività vitali anche nei casi di emergenza grave, mantenimento dicondizioni ambientali controllate, accessibilità ed agibilità in ogni locale con accesso al pub-blico, diversificazione di percorsi per il personale e per il pubblico, etc.La gestione, la valutazione, la sorveglianza, l’analisi, la progettazione o la supervisione allaprogettazione, la programmazione di eventuali adeguamenti/miglioramenti di quanto sopraespresso non solo richiedono una competenza in materia, ma anche il coinvolgimento di unnumero elevato di persone esperte di organizzazione, igiene e sicurezza. Non sempre nelle strutture ospedaliere si è riusciti a creare una struttura organizzata, ove ilrisultato ottenuto è frutto di una corretta analisi da parte del Datore di Lavoro ed una pienacollaborazione tra il servizio di prevenzione e protezione, il direttore sanitario, il medico com-petente, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ed ogni singolo lavoratore, ognunoper quanto di sua pertinenza.

2. IL “PROGETTO OSPEDALI”

Il “Progetto Ospedali” dell’INAIL, ideato e realizzato interamente dalla CONTARP, si è postocome obiettivo primario di aiutare e di supportare le strutture ospedaliere nella valutazione,nella sorveglianza e nella gestione della sicurezza e dell’igiene.Le attività in corso sono atte alla redazione di liste di controllo suddivise per rischio, per unitàoperativa e per livello di analisi; tali liste di controllo potranno costituire un importante sup-porto nella valutazione del rischio e nella gestione della sicurezza, potranno uniformare e ren-dere omogenee le valutazioni nelle diverse strutture, potranno costituire un valido riferimen-to per ciò che è richiesto dalla normativa, per ciò che è contenuto nelle norme tecniche, perciò che è consigliato in base all’esperienza effettuata in alcune strutture e per ciò che potreb-be essere contenuto in procedure ai fini di un’eventuale implementazione di un sistema digestione della sicurezza. Il prodotto finale, disponibile nei primi mesi del 2006, sarà costituito da una lista di controllogenerale ove saranno riportate tutte quelle domande che coinvolgono l’ospedale nel suo insie-me. Tutte le altre liste di controllo sono relative alle diverse tipologie di rischio riscontrabili inospedale (biologico, chimico e fisico, rifiuti, radiazioni, antincendio, impianti elettrici, movi-mentazione manuale dei carichi e dei pazienti, videoterminali, sorveglianza sanitaria, ambien-ti di lavoro, formazione, informazione e addestramento, gestione emergenze, manutenzione,etc.) sono distinte, ove necessario, nelle diverse unità operative e sono suddivise in livelli inbase alla tipologia di analisi effettuata, all’utilizzatore, al livello di approfondimento.Il PRIMO livello è destinato agli esperti della materia con domande dettagliate, specifiche edapprofondite; questo fase è prevista in occasione di una valutazione ex novo, ad esempio incaso di nuovo datore di lavoro, creazione/ristrutturazione di un reparto.Il SECONDO livello è destinato ai preposti, lavoratori costantemente presenti nei luoghi di lavo-

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ro, che possono effettuare un controllo cadenzato, secondo quanto previsto dalla Direzione, ditutte le problematiche relative alla loro unità operativa, ma possono anche, se ben formati edinformati, effettuare una sorveglianza in continuo; le verifiche sono perlopiù visive, immedia-te e facilmente riscontrabili da parte di un operatore.Il TERZO livello, facoltativo, prevede invece un riscontro della presenza di procedure o iter con-solidati relativamente alle situazioni più delicate per ciò che concerne la sicurezza e l’igiene sullavoro. Questo livello misura il grado di gestione della sicurezza in ordine all’organizzazione,alle responsabilità, ai mezzi di comunicazione, alla completezza delle tematiche trattate. Alcune delle domande sono obbligatorie per legge e pertanto un’eventuale anomalia compor-terà una non conformità da sanare con priorità elevata, altre domande sono fortemente consi-gliate in quanto contenute in norme tecniche volontarie (UNI, CEI, etc.) ed altre ancora sonoproposte in quanto contenute in studi di settore e pertanto la loro attuazione comporta un’ul-teriore valutazione da parte del Datore di Lavoro.

3. SVILUPPI FUTURI

Una volta terminata la redazione, la verifica e la pubblicazione delle liste di controllo, per i pro-fessionisti comincerà una nuova attività che rientra più direttamente in quelle di assistenza,consulenza ed informazione che l’Istituto va continuamente incrementando.Mediante l’utilizzo delle liste di controllo, su richiesta delle strutture ospedaliere, può esserefornito un servizio di assistenza nella valutazione dei rischi; tale assistenza può dar luogo adun vantaggio immediato per le strutture stesse in quanto “occhi esperti” esterni all’organizza-zione aiutano nella rilevazione di eventuali migliorie da apportare.Va considerato inoltre il vantaggio a posteriori che se ne può trarre in quanto, una volta indi-viduate le problematiche comuni a numerose strutture ospedaliere o più gravose, saranno pro-dotte delle linee guida, pubblicazioni, opuscoli specifici atti a proporre delle soluzioni orga-nizzative, gestionali e/o tecniche.L’attività di assistenza alle strutture ospedaliere e l’utilizzo, anche parziale, delle liste di con-trollo saranno gestiti centralmente e previo coordinamento del responsabile del progetto; ciòper garantire uniformità di comportamento e di gestione e per avere un’ulteriore possibilità diraccolta dati, oltre a quelli forniti in forma anonima dagli ospedali e aziende ospedaliere e dalleRegioni coinvolte.Sfruttando questa sinergia tra enti ed aziende, si cercherà di affrontare in modo sistematico ecapillare la gestione della sicurezza e dell’igiene sul lavoro, nella speranza di poter ridurre dra-sticamente gli incidenti e gli infortuni sul lavoro in ambiente ospedaliero che già di per se stes-so è di difficile e complessa organizzazione. Le normative di sicurezza ed igiene sul lavoro (ameno della gestione delle emergenze) non tengono conto dei pazienti e dei visitatori, ma unabuona gestione della sicurezza e dell’igiene dei lavoratori avrà sicuramente dei risvolti positivianche sugli utenti.

RINGRAZIAMENTI

Si ringraziano per l’impegno profuso nelle attività previste dal progetto:Dott.ssa Patrizia Anzidei, Dott.ssa Maria Ilaria Barra, P.I. Pietro De Blasi, Dott.ssa Maria RosariaFizzano, Dott.ssa Liliana Frusteri, Dott.ssa Raffaella Giovinazzo, Ing. Ruggero Maialetti, Ing.Salvatore Marcellino, Dott.ssa Paola Ricciardi, Dott. Antonio Terracina, Dott.ssa FedericaVenanzetti.

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GLI INFORTUNI MORTALI IN ABRUZZO NELL’ANNO 2003: SVILUPPO DI UNAMETODICA DI ANALISI

A. Rossi*, E. Siciliano*, U. Caselli*, L. Nori*, G. Visciotti** INAIL Direzione Regionale Abruzzo - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione

RIASSUNTO

Le cause che portano all’incidente che provoca un infortunio (morte o invalidità) sono nume-rose ma nella generalità dei casi possono essere ricondotte all’interno di un numero limitato dicategorie come ad esempio i comportamenti oppure l’ambiente. Per questo motivo ogni annoviene effettuato ad opera della CONTARP Abruzzo una analisi degli infortuni mortali occorsinella regione attraverso uno studio sistematico delle cause e delle circostanze che caratteriz-zano un infortunio.Il lavoro è stato svolto utilizzando in via preliminare tutte le informazioni desumibili dai rap-porti ispettivi inviati dalle sedi. Come prima valutazione è stata eseguita una cluster analysis;questa analisi si utilizza con il fine di individuare a livello qualitativo se sono presenti alcunifattori comuni tra quelli individuati nei diversi incidenti. In altre parole l’algoritmo individuaalcuni gruppi omogenei lasciando al tecnico ed alla sua esperienza il compito di individuare ifattori che i singoli raggruppamenti hanno in comune. Nella fase successiva, con l’ausilio degli elementi desumibili dalla cluster analysis, si è procedu-to ad individuare sul territorio e tra gli incidenti in itinere e sul lavoro alcuni elementi comuni. I risultati di questo studio oltre ad evidenziare una semplice ed a volte arida statistica dell’an-no potrebbero, se condotti con regolarità, e nel medio periodo fornire elementi utili per indi-rizzare le attività di prevenzione mirate sul territorio.

SUMMARY

The causes that provokes an accident (dead or invalidity) is numerous but generally they canbe led back to a limited number of categories like the behaviors or the envirinment. For thisreason every year the CONTARP Abruzzo carried out an analysis of the mortal accidentsthrough a systematic study of the causes and the circumstances that characterize an acci-dent.The job has been carried out using preliminary all the known informations from the inspectingrelationships. As first step we have made a cluster analysis; this analysis is used with the aimto characterize qualitatively if some common factors, between those present, is common bet-ween the various incidents. In other words the algorithm find some homogenous groups, lea-ving to the technician, and to its experience, the task to individuate the factors that the sin-gle groups (clusters) have in common. In the final step, we inspect between the two kind ofincidents (‘in itinere’ and ‘on the job’) some common elements. The aim is not to do a simpleand barren statistics of the year; if this activity will carried out regularly in the medium periodit shall supply elements useful in order to address the activities of prevention aimed on the ter-ritory.

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1. ANALISI PRELIMINARE

Sono state esaminate le relazioni degli infortuni mortali per l’anno 2003 avvenuti nella regio-ne Abruzzo, ed i dati sono stati raccolti secondo 9 diverse categorie come di seguito elencate.In via preliminare utilizzando sia gli indici di categoria sia le variabili è stata eseguita una clu-ster analysis al fine di individuare se presenti alcuni fattori comuni tra i diversi incidenti.

SEDE ETA' SETTORE LUOGO COME MEZZO ORA Cardinale ORA Solare MESE

L’Aquila Agricoltura Itinere Annegamento AutoPescara Autotrasporti Lavoro Caduta AutotrenoTeramo Costruzioni Incerto Caduta dall'alto CamionChieti Industria Elettrocuzione CaricoAvezzano Servizi Intossicazione Gru

Malore MotoSchiacciato PaloPerdita controllo SerbatoioScontro SolaioTamponamento SoleNon so TrattoreInfezione VirusNon so

Gli istogrammi evidenziano la presenza grosso modo di 5 possibili gruppi in cui i singoli inci-denti possono essere raggruppati ma solo uno supera la decina e solo in due superano le cin-que unità; tutti i restanti gruppi sono composti da 2-3 incidenti. Nel grafico principale nonsono visibili evidenti separazioni tassonomiche tra gruppi in base alle variabili considerate,mentre è prevalente il numero di gruppo con piccola numerosità dei dati e piccola separazionetra gli stessi. In sintesi, l’analisi non evidenzia la presenza di significativi e particolari schemi,raggruppamenti o configurazioni tra i dati stessi, per cui non è possibile trarre definitive con-clusioni quantitative riguardanti il comportamento differenziato di gruppi di dati omogenei.

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IL SOSTEGNO DELL’INAIL ALLE AZIENDE: DALL’ASSICURAZIONE ALLA PREVENZIONE. IL RUOLO DELLA CONTARP

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Alcune analisi preliminari di tipo semiquantitativo dei dati indicano alcune situazioni partico-lari che, però, riguardano al momento solo l’anno 2003, oggetto dello studio. Definitive con-clusioni a più ampio respiro ed utili a fini decisionali di tipo preventivo richiederebbero alme-no 3-4 anni di osservazioni simili. In altre parole i dati qui raccolti necessitano di una ricon-ferma statistica per confronto con quanto avvenuto negli anni precedenti prima di trarre affret-tate conclusioni.

2. DATI GLOBALI

Complessivamente nello scorso anno si sono verificati 41 infortuni mortali con una incidenzadello 0.12 0/00 a fronte di una incidenza dello 0.08 0/00 della media nazionale; il numero deilavoratori per Sede di competenza territoriale utilizzati per l’elaborazione è stato calcolato apartire dei dati tratti dal database Inail di pubblico dominio (dati storici sul numero dei lavo-ratori per Sede, fino al 2002) e dai dati storici del DNA per il 2003. Il totale dei lavoratori com-prende la categoria dei co.co.co. La distribuzione tra le diverse province del territorio regiona-le è la seguente:

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Si pone in evidenza che appare significativa la maggiore incidenza riscontrata nella provinciadi Teramo. Tale osservazione conferma quanto noto da precedenti studi di settore.Complessivamente dall’analisi dell’evento infortunistico è emerso che 23 infortuni mortalisono avvenuti all’interno dei luoghi di lavoro, 15 infortuni sono avvenuti durante la conduzio-ne di veicoli (incidenti stradali); tra questi ultimi 12 infortuni sono da classificare come infor-tuni in itinere ovvero lungo il tragitto che collega l’abitazione degli infortunati con i luoghi dilavoro; 2 sono ancora all’esame dell’istituto perché di causa incerta.

3. ANALISI PER FATTORI

Nei grafici che seguono sono stati riportati l’età dei malcapitati e l’ora dell’evento sia quellasolare sia quella cardinale (ora trascorsa dall’inizio del lavoro).Negli istogrammi sono stati distinti le due tipologie di infortunio allo scopo di evidenziare sepresenti le differenti dinamiche.

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Dai grafici è possibile osservare come siano presenti alcune sostanziali differenze nei due tipidi infortuni. L’età media del lavoratore che incorre in un infortunio mortale in itinere è di 30-40 anni mentre quella dell’infortunio nei luoghi di lavoro è di 50-60 anni. Chiaramente l’infor-tunio in itinere non può che verificarsi all’inizio od alla fine del turno di lavoro (nei casi stu-diati non compaiono incidenti in itinere relativi alla pausa pranzo); i dati del 2003 evidenzia-no come siano più frequenti quelli che si verificano alla fine del lavoro quando si fa ritorno allapropria abitazione; in maniera simile, gli stessi infortuni in itinere sono più frequenti negli ulti-mi giorni della settimana lavorativa.

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Nell’istogramma per ora cardinale l’ora 12, nella quale si concentra gran parte degli infor-tuni in itinere, indica le ore successive alla ottava e suggerisce che la maggior parte di que-sti infortuni avviene durante il rientro serale alla fine della giornata lavorativa, includendoeventuali periodi di lavoro straordinario. Nel caso degli infortuni nei luoghi di lavoro la dis-tribuzione dei dati riguardanti l’ora solare in cui è accaduto l’evento ha un andamentobimodale, con massimi presenti a cavallo dell’ora di pranzo. Circa il giorno della settimanain cui si è verificato l'evento, gli infortuni sul luogo di lavoro fanno registrare dei massimiin corrispondenza di martedì, venerdì e sabato, e un minimo in corrispondenza di mercole-dì; quelli in itinere, invece, si concentrano nella giornata di mercoledì. L’infortunio strada-le trova una maggiore occorrenza nei mesi invernali mentre l’altro tipo ha una frequenza tri-pla nel mese di giugno.

4. ANALISI PER MACROSETTORE

La differenza tra infortuni in itinere e sui luoghi di lavoro si mantiene anche quando si vannoa considerare i settori. Infatti mentre gli infortuni nei luoghi di lavoro prevalgono nel settoredelle costruzioni (caratterizzate da brevi pause pranzo consumate in cantiere) quelli in itinerenell’anno 2003 sono stati maggiori nell’industria e nei servizi.

I dati estrapolati dalle relazioni sono stati raggruppati in analogia a quanto fatto lo scorsoanno ovvero sono state individuate 4 macro aree. I principali comparti per numerosità nel 2003risultano essere state le costruzioni e quella che si ottiene riunendo il comparto dell’industriacon quello dei servizi. All’interno delle due principali aree sopra elencate si sono analizzati gliincidenti sul lavoro veri e propri e gli incidenti in itinere. Infine per gli incidenti sul lavoro sisono analizzate le cause.

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Nelle tabelle che seguono sono riportati per singolo settore i valori assoluti e le percentuali.

INDUSTRIA COMMERCIO E SERVIZI 23

Infortuni stradali e in itinere 15 65.2%

Infortuni in itinere 12 52.2%

Incidente stradale (sul lavoro) 3 13.0%Camion 2 66.7%Auto 0 0.0%Moto 1 33.3%

Annegamento 1 12.5%Malore 2 25.0%

Altri infortuni 8 34.8% Caduta dall'alto 1 12.5%Intossicazione 1 12.5%Schiacciamento 3 37.5%

COSTRUZIONI 13

Infortuni stradali e in itinere 2 15.4%

Itinere 1 7.7%

Incidente stradale (sul lavoro) 1 7.7%

Caduta dall'alto 4 36.4%

Malore 4 36.4%

Altri infortuni 11 84.6% Intossicazione 1 9.1%

Crollo 1 9.1%

Elettrocuzione 1 9.1%

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Come è possibile osservare passando da un comparto all’altro si inverte la tipologia di incidente(sul lavoro e stradale) anche se la presenza di morti per malore e caduta dall’alto è evidente inambedue i casi.Nel settore dell’agricoltura, non riportato per l’esiguità dei numeri, in due casi su tre l’inci-dente si è avuto a causa del ribaltamento di un trattore con conseguente schiacciamento delmalcapitato; nel terzo caso il lavoratore è stato schiacciato dalla ruota nel tentativo di balza-re sul mezzo in moto.

BIBLIOGRAFIA

INAIL: Rapporto Annuale Nazionale 2003 - Ed. INAIL.

A. Basilevsky: Statistical factor analysis and related methods: Theory and applications. Wiley& S. New York, 1994.

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INFORTUNI MORTALI IN ABRUZZO NELL’ANNO 2003: DUE “INTERESSANTI” CASI A CONFRONTO

E. Siciliano*, U. Caselli*, L. Nori*, A. Rossi*, G. Visciotti** INAIL Direzione Regionale Abruzzo - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione

RIASSUNTO

E’ oramai il terzo anno consecutivo che la CONTARP della regione Abruzzo effettua l’analisi tec-nica degli infortuni mortali accaduti nella regione (nel caso in specie il riferimento è agli infor-tuni mortali accaduti nel 2003). L’attività si concretizza in un esame sistematico infortunio perinfortunio delle cause e circostanze, e la dove è possibile viene anche fissata l’attenzione sullerealtà organizzative e gestionali del sistema di prevenzione e protezione interno alle aziende. Di seguito verranno illustrati due casi oggetto di approfondimento ed apposito accesso: nelprimo infortunio abbiamo la morte per asfissia da monossido di carbonio di un giovane operaio,avvenuta all’interno di tombino, in uno stabilimento chimico - alimentare. Il secondo incidentemortale è dovuto alla caduta dall’alto, di un operaio intento ad effettuare con una scala lavoriin quota ad un palo di un elettrodotto. L’articolo si pone l’obiettivo di evidenziare come possa-no essere fonte di tragici avvenimenti sia le lacunose ed errate valutazione dei rischi effettuatein fase preventiva dal datore di lavoro e dal suo staff e sia il non corretto utilizzo delle proce-dure di lavoro e delle prescrizioni di sicurezza in fase operativa da parte del lavoratore.

SUMMARY

The study of fatalities on the worksite in the Abruzzo Region, Italy, is an activity which hasbeen carried out for 3 years by the authors, as a part of INAIL’s institutional activity. Each fata-lity is systematically analyzed, examining causes and circumstances; where possible, attentionhas been focused upon safety management and preventional measures adopted by the emplo-yer within the working environment. Two cases histories have been singled out, both related tofatalities occurred during the year 2003. The first example deals with a young worker in a sugarproduction plant, dead after the inhalation of carbon monoxyde in a pit. The second exampleis related to an elder and experienced worker, dead after a fall from a ladder occurred whileworking on power lines. Causes of these job-related deadly accidents have been wrong andimproper hazard assessment by the employer and his staff in the former case examined, andlack of following the proper safety procedures in the latter.

1. ANALISI DELL’INCIDENTE MORTALE AVVENUTO PRESSO LO STABILIMENTO SADAM IL 6/10/2003

1.1 Circostanze e cause dell’accaduto

Nel caso in oggetto si è analizzato un infortunio ad un giovane operaio avvenuto all’interno diuno stabilimento chimico - alimentare dell’aquilano.

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Il giorno 6/10/2003 un operaio dipendente di un ditta di costruzioni, mentre eseguiva unlavoro di riparazione nello zuccherificio SADAM, all’interno di un pozzetto per il riciclo del-l’acqua acida, molto angusto della profondità di 2 metri circa, perdeva conoscenza e mori-va.Nell’incidente mortale rimanevano coinvolti altri 5 operai (1 collega e 4 operai della SADAMfacenti parti della squadra di soccorso e di emergenza) che, nel tentativo di soccorrere il mal-capitato, rimanevano intossicatiLa prima analisi effettuata sul luogo è stata quella di intossicazione da biossido di carbonio acausa della perdita di qualche compressore presente nel reparto. Più avanti dopo l’autopsia(anche se qualche VVFF intervenuto sul posto lo aveva subito ipotizzato) si scoprirà che il gasvenefico era l’ossido di carbonio, di cui l’azienda fino a quel momento ignorava l’esistenza ela presenza almeno in quella fase del processo.

1.2 Il processo produttivo e l’impianto

Gli impianti di produzione dello zucchero lavorano solo in presenza della materia prima e devo-no avere una notevole capacità produttiva, dal momento che la campagna della barbabietola sieffettua nel periodo luglio-agosto/settembre ottobre. La produzione dello zucchero è articola-ta in una fase iniziale chiamata diffusione, ovvero estrazione con acqua calda dello zuccherodalla bietole opportunamente tagliate da appositi macchinari, ottenendo il sugo grezzo. Ed inuna fase successiva denominata epurazione o depurazione, nella quale il sugo grezzo vieneliberato dalle impurità. In questa seconda fase si ha lo scopo di eliminare nella maggior misu-ra possibile il non-zucchero, utilizzando idrossido di calcio ed anidride carbonica. La prima operazione di questa seconda fase si chiama defecazione, durante tale operazio-ne gli acidi citrico, tartarico, malico e fosforico passati nel sugo insieme al saccarosiodurante l’operazione di diffusione vengono precipitati proprio per mezzo dell’idrossido dicalcio dosato in eccesso. La calce favorisce anche la flocculazione delle sospensioni e larelativa separazione.Nella operazione successiva detta saturazione la calce in eccesso viene fatta precipitare adopera della CO2.In questo modo al termine dei trattamenti chimici e fisici di pressatura si ottiene un sugo leg-gero pronto per le operazioni finali successive (concentrazione e cottura per l’ottenimentodello zucchero cristallino).L’idrossido di calce è un prodotto povero ed in genere è preferibile produrlo nel sito parten-do dal Carbonato di Calcio. La reazione è una semplice decomposizione termica secondo lareazione:

CaCO3(s) Æ CaO(s)+CO2(g) H° 42.5 kcal

successivamente l’ossido di calce, che è molto reattivo, si ‘spegne’ con acqua ottenendo l’i-drossido

CaO(s) + H2O(l) Æ Ca(OH)2(aq)

Come si può osservare dalla reazione si ottengono ambedue i prodotti necessari per la depura-zione del sugo zuccherino.Nello stabilimento SADAM Abruzzo la calce viene prodotta all’interno di un forno alto 10-15 mt.Il carbonato viene caricato dall’alto opportunamente miscelato con del carbone coke (circa il

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7.2% in peso). Attraversando il forno dall’alto verso il basso il calcare si decompone; la CO2 cheè un gas viene fatto fuoriuscire dalla testa del forno, mentre la soluzione acquosa del latte dicalce viene raccolta nella parte bassa dello stesso dove c’è anche l’immissione dell’aria di com-bustione del coke.La CO2 dopo un lavaggio con acqua viene pompata da un gruppo di compressori per essere invia-ta al processo di saturazione della calce in eccesso. L’acqua nel processo di lavaggio del bios-sido si acidifica secondo la nota reazione:

H2O+CO2 ⇔ H2CO3 pH all’equilibrio 4.5

Per questo motivo l’acqua prima della depurazione può essere riutilizzata in altre parti dell’im-pianto; nella stessa batteria dei compressori si usa per il raffreddamento del gas.Il sistema di compressione del biossido di carbonio, infatti, prevede oltre al compressore unserbatoio da 300-400 lt di acqua a valle da cui si libera la CO2 in pressione. Il livello è mante-nuto costante da un apposito controllo che fa scaricare l’eccesso in un apposito collettore chefa confluire le acque nel pozzetto incriminato da dove poi l’acqua viene rimandata ai servizi peril tramite di una pompa.Nello schema semplificato in Figura 1 si è evidenziato con i colori bianco la parte gas del pro-cesso, con quello grigio la parte liquido del processo e con il nero la parte solido del processo.L’incidente si è verificato proprio all’interno del pozzetto per il riciclo dell’acqua profondo circa2 metri che per la riparazione era stato opportunamente svuotato.

Figura 1: Schema del processo di trattamento delle acque, lungo il quale è avvenuto l’infortunio

Trattamento CO2

Serbatoio H2O

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1.3 Considerazioni conclusive

L’evento era stato da molti classificato come una triste fatalità e come tale imprevedibile edimponderabile. Dalla documentazione e da quanto osservato nel corso del sopralluogo si èeffettuata una nuova analisi del processo, dell’impianto e delle procedure relative alla sezionedove si è verificato l’incidente. Lo studio ha portato ad individuare alcune possibili cause chepotevano essere previste e prese in considerazione nella valutazione dei rischi. Infatti, è indub-bio che laddove sia presente una combustione vi possa essere, anche se solo a livello di prin-cipio, la possibilità di formazione di ossido di carbonio. Numerose sono le tecnologie e gliaccorgimenti che in campo industriale sono utilizzati per migliorare il rendimento di combu-stione limitando al minimo la formazione dell’ossido di carbonio che comunque resta sempreun inevitabile prodotto della combustione soprattutto se condotta in difetto di ossigeno.Nel caso studiato nella fase di spegnimento viene fermata l’alimentazione dell’ossigeno e riem-pita la sommità del forno con calcare onde evitare che l’eccesso di temperatura danneggi il por-tellone superiore. Ambedue le operazioni favoriscono la formazione di ossido di carbonio; que-sto in condizioni normali si pone con l’ossigeno residuo sulla parte superiore del forno (le duedensità sono molto simili tanto da rendere quasi impossibile una stratificazione); la CO2 resi-dua, invece, occupa la parte più bassa dell’impianto torre di lavaggio e compressori.Dovrebbe essere a tutti noto che i transitori legati alle accensioni od alle fermate di eserciziorappresentano delle situazioni molto delicate per gli impianti; purtroppo questi non avendouna diretta influenza sul fenomeno produttivo e sulla conduzione a regime dell’impianto sonosottovalutati e poco studiati. Nel nostro caso il sistema per la gestione della salute e sicurez-za ed emergenze della fabbrica non ha garantito la giusta prevenzione e la giusta reazioneall’evento perché non erano state studiate ed approfondite con la dovuta attenzione proprio lefasi non produttive quali possono essere l’avviamento e soprattutto la messa fuori servizio diuna apparecchiatura. Infatti, commettendo un tragico errore, il giorno dell’incidente, per con-sentire agli operai di eseguire ‘in sicurezza’ la riparazione del pozzetto, si era provveduto asvuotare i serbatoi eliminando così la chiusura idraulica garantita dalla presenza dell’acquaacida e innescando un risucchio dei gas verso il pozzetto a causa della depressione che imman-cabilmente si crea all’interno di un serbatoio quando viene svuotato rapidamente.

2. ANALISI DELL’INCIDENTE MORTALE AVVENUTO PRESSO IL CANTIERE DI ATRI (TE)

2.1 Circostanze e cause dell’accaduto

Questo caso è relativo al decesso di un lavoratore che, nel corso di oltre 40 anni, ha sempresvolto lavorazioni nel settore della costruzione e manutenzione di elettrodotti. L’infortunio èavvenuto nel comune di Atri, TE, durante l’esecuzione di lavori di traguardatura. Il lavoratoreoperava su linee elettriche di bassa e media tensione, di proprietà dell’ENEL; il datore di lavo-ro occupa attualmente 25 dipendenti, tra cui 4 impiegati e 21 operai. Le lavorazioni si svolgo-no in squadre costituite da un minimo di 2 a un massimo di 6 persone; in un giorno lavorativopossono lavorare contemporaneamente 6-8 squadre; i cantieri sono ubicati nel territorio dellaregione Abruzzo. L’infortunato, prima dell’evento, stava installando la apposita scala di allu-minio componibile (progettata e approvata dall’ENEL) per salire su di un palo in lamiera diacciaio a sezione ottagonale, appartenente a elettrodotto di media tensione. L'operazione chedoveva essere svolta era la verifica della freccia di posa ossia la misurazione della deviazionedel cavo dall'orizzontale; l'altezza massima richiesta dall'operazione è stata stimata essere paria 8.2 metri al livello del piano di appoggio dei piedi. Il collega dell'infortunato stava consul-

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tando le tabelle di calcolo nella vettura di servizio a trenta metri di distanza quando ha uditoil rumore causato dall’urto del corpo dell'infortunato contro il suolo. Non esiste alcun testi-mone oculare della dinamica dell'accaduto. L'infortunato, deceduto successivamente in ospe-dale per trauma multiplo, è stato rinvenuto al suolo con la corda di sicurezza sganciata e lafune di fissaggio alla scala non agganciata. La procedura di lavoro prevede che gli operatori,dopo aver indossato una cintura di sicurezza, rigorosamente collaudata dal produttore e sotto-posta a uno stretto programma di verifica e manutenzione dal personale addetto, aggancino ilcavo di sicurezza con dissipatore a una slitta fissata alla scala; la slitta scorre lungo il binariodella scala se trascinata verso l'alto; se sollecitata verso il basso si blocca. Per scendere l'ope-ratore deve azionare una maniglia che sblocca il fermo. L'operatore deve anche utilizzare unafune che, fissata alla cintura, viene fatta passare lungo perimetro del palo dalla parte oppostadell’operatore e di nuovo agganciata alla cintura tramite un moschettone con doppia sicurez-za; il moschettone non può sganciarsi accidentalmente, e la fune viene sempre lasciata aggan-ciata, anche per favorire l'esecuzione dei lavori in posizione di stazionamento. Esiste unaseconda fune di sicurezza, che viene utilizzata durante il superamento di ostacoli quandodev'essere sganciata la prima fune di sicurezza, in modo che l'operatore risulti sempre legatoal palo. L'infortunio è potuto accadere poiché questo doppio, o triplo sistema di sicurezza nonè stato utilizzato. La fune di fissaggio alla slitta non è stata agganciata; il collega del decedu-to ha riferito che questo sistema non veniva quasi mai utilizzato in pratica, poiché i lavoratoritrovavano che ostacolava e rallentava i movimenti. Sul motivo del non utilizzo della fune disicurezza, possono soltanto essere avanzate ipotesi. L'ipotesi più verosimile e che l'infortuna-to sia stato colto da malore in uno dei momenti in cui ha sganciato e riagganciato il moschet-tone per superare un ostacolo, oppure che, fallito il primo tentativo di aggancio, perdesse l'e-quilibrio per afferrare la fune e ritentare l'operazione. Il lavoratore, molto esperto nella speci-fica lavorazione (erano oltre 40 anni che lavorava nel settore, ed era stato sempre prevalente-mente adibito ad attività in quota su pali o elettrodotti), in prima istanza non ha agganciatola fune di fissaggio alla scala, ed in seconda istanza non ha utilizzato il sistema della doppiafune di sicurezza per rimanere comunque in sicurezza anche durante il superamento di ostaco-li. A detta del DL, questa situazione appare anche anomala, poiché il lavoratore utilizzava sem-pre il sistema della doppia fune di fissaggio. Secondo la testimonianza del DL e dei colleghi, ildeceduto era in ottima forma fisica, praticava lo sport della maratona, non beveva alcolici enon fumava, e al tempo dell'infortunio, avvenuto dopo la pausa di pranzo, non manifestavaalcun segno di anomalia fisica o psichica. Al lavoratore era stato inoltre intimato di non dedi-carsi più a lavorazioni che comportavano la salita su pali, in quanto, data l'esperienza accu-mulata e data la vicinanza alla pensione, era più opportuno che si dedicasse all'addestramen-to e formazione del personale più giovane e alla supervisione dei lavori. Secondo quanto rife-riscono il DL e i colleghi, il lavoratore non aveva accettato di buon grado tale comunicazione,tanto che aveva continuato a svolgere operazioni lavorative su pali.

2.2 Adempienza alle normative sulla sicurezza

È stata visionata la documentazione relativa alle procedure di sicurezza in possesso del DL. Nelcomplesso il grado di adempimento alla normativa sulla sicurezza, come anche verificato tra-mite un apposito questionario già descritto nella letteratura tecnica (Siciliano et al., 2001),può essere valutato come buono. La procedura di controllo sull’utilizzo dei DPI in azienda ini-zia dalle verifiche sul materiale effettuate dal preposto, e continua con la sorveglianzadell’RSPP (con presenza non assidua) e del direttore tecnico (presenza assidua). Non esiste unsistema codificato di gestione sulla sicurezza. Tuttavia, la Procura della Repubblica competen-

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te per il territorio ha rinviato a giudizio varie figure di responsabili aziendali, per le seguentiipotesi di inadempienze riguardanti la normativa sulla sicurezza nei cantieri edili: Art. 41 e 589c.p.: colpa consistita nella inosservanza delle disposizioni di legge; Art. 4 del DPR 547/55:dirigenti e lavoratori dell’azienda non hanno disposto e preteso che l’infortunato osservasse lenorme di sicurezza e facesse uso dei mezzi di protezione; Artt. 2 e 9 D.Lgs. 494/96: incom-pletezza del POS (carenza criteri di valutazione dei rischi e programma delle misure di miglio-ramento); Art. 4 del D.Lgs. 626/94: mancanza di richiesta al lavoratore di utilizzo dei dispo-sitivi di protezione messi a disposizione dello stesso; mancanza di adeguate istruzioni relativeal rischio grave e specifico; Artt. 37/38 del D.Lgs. 626/94: mancanza di informazione e for-mazione sull’utilizzo dell’attrezzatura di lavoro ed in particolare della scala; Art 5 D.Lgs.494/96: mancanza della verifica dell’idoneità del piano operativo di sicurezza da parte delresponsabile dell’ente committente.

2.3 Considerazioni conclusive

Da quanto sopra esposto, possiamo concludere che, nel caso in esame, la causa diretta dell’in-fortunio è certamente da ricercarsi nella non osservanza delle procedure lavorative. Il lavora-tore quantunque svolgesse tali lavorazioni da 40 anni circa e fosse stato addestrato e formatocon regolarità, anche dal più recente DL, non avrebbe agganciato la propria cintura di sicurez-za alla struttura della scala (era abitudine, da parte di tutti i lavoratori, di non utilizzare il fis-saggio di sicurezza alla scala) e non ha utilizzato la seconda corda di sicurezza (da avvolgereattorno al palo) al momento di sganciare la prima. Il DL avrebbe potuto esercitare mezzi straor-dinari per imporre il fissaggio di sicurezza alla scala; tuttavia, lo stesso dichiara che, durantele ispezioni, i lavoratori provvedevano ad utilizzare detto fissaggio per cui non era possibilerichiamare ufficialmente alcuno degli stessi sulla base di un solo sospetto e non di un eventoeffettivamente constatato. Il DL, almeno formalmente, pare avere adempiuto alle disposizionidi legge riguardanti l’utilizzo di dispositivi di protezione e la formazione e informazione deilavoratori Infatti la situazione lavorativa è quella di una azienda con buon adempimento degliobblighi formali sulla normativa per la sicurezza; le consuetudini di lavoro del personale, tut-tavia, non rispecchiano sempre la completezza dell’addestramento, della formazione e dell’in-formazione che viene a loro impartita. Il datore di lavoro non è stato in grado, ammesso checiò potesse essere possibile, di imporre integralmente l’osservanza degli accorgimenti atti aproteggere l’incolumità fisica dei lavoratori durante lo svolgimento di operazioni pericolose,con una vigilanza più accurata e continua. Appare sconcertante che, in lavorazioni ad elevatorischio quali quelle eseguiti sugli elettrodotti, le consuetudini di lavoro degli operatori preve-dano di trascurare sistematicamente il fissaggio di sicurezza alla scala del cordino con dissipa-tore. Se tale sicurezza è fonte di disagio e rallentamento del lavoro, il sistema dovrebbe esse-re adeguatamente riesaminato e eventualmente modificato alla fonte, da parte del DL e del-l’ente committente.

3. CONCLUSIONI

I due infortuni mortali descritti evidenziano come anche in aziende strutturate ed organizzatecon un Servizio di Prevenzione e Protezione presente con procedure di lavoro opportunamenteformalizzate, possono comunque accadere infortuni molto gravi per cause tutt’altro che acci-dentali.Infatti nel primo caso le procedure di lavoro si sono rivelate non adeguate a causa di una non

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completa e puntuale valutazione. L’azienda certificata ISO 9000, dopo l’incidente, ha modifi-cato le istruzione operative per la gestione ed il controllo degli impianti, incluse le fasi di avvia-mento ed arresto del forno prevedendo una serie di controlli sulla linea gas per l’estrazione deifumi.Nel secondo caso il rischio caduta dall’alto era ben presente e conosciuto in azienda, infatti

esistevano delle procedure rigide e collaudate di lavoro che purtroppo non sono state seguitecon la dovuta attenzione, dal momento che almeno uno dei DPI previsto non era stato attiva-to. Infatti “l’eccessiva confidenza con l’attività” che veniva espletata da decenni e la troppasicurezza nelle proprie abilità psico - fisiche possono aver tradito il lavoratore con una con-dotta non improntata alla necessaria prudenza e cautela. Inoltre, dal momento che era risapu-to che spesso, o quasi sempre, le prescrizione lavorative impartite non erano completamenterispettate, si può ravvisare una insufficienza vigilanza della direzione aziendale e la mancanzadi un riesame critico di dette scorrette abitudini lavorative, che avrebbe potuto portare a dellemodifiche operative tempestive.In ultima analisi, dal momento che comportamenti attenti e virtuosi, possono essere più facil-mente e completamente praticati solo quando si matura una effettiva coscienza e conoscenzadelle situazioni di rischio che si stanno fronteggiando; il dato comune alle due situazione ana-lizzate appare proprio essere la non completa e mirata valutazione dei rischi, anche in relazio-ne alle specifiche modalità operative ed a una informazione e formazione insufficiente a deter-minare la giusta consapevolezza ed attenzione alla sicurezza nelle varie fasi lavorative.

BIBLIOGRAFIA

E. Siciliano, F.R. Mignacca, L. Nori, G. Visciotti: Monitoraggio sul grado di attuazione delD.Lgs. 626/94 nella regione Abruzzo, 2° seminario dei professionisti CONTARP “dal controlloalla consulenza di azienda”, Cuneo, 2001, pagg. 95-126.

IL SOSTEGNO DELL’INAIL ALLE AZIENDE: DALL’ASSICURAZIONE ALLA PREVENZIONE. IL RUOLO DELLA CONTARP

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MAPPA DEL RISCHIO NEL COMPARTO DELL’INDUSTRIA CARTARIA: CONFRONTO TRA DITTE PRODUTTRICI DI CARTONCINO

N. Todaro*, A. Menicocci*, G.B. Perrone*, G. Petrozzi** INAIL - Direzione Generale - Consulenza Tecnica Accertamenti Rischi e Prevenzione

RIASSUNTO

Nell’ambito delle attività svolte dalla CONTARP di analisi dei rischi nei vari comparti produttivi,è stato attivato un progetto relativo alla valutazione dei rischi nelle ditte del comparto del-l’industria cartaria. Questo progetto, dopo un’analisi iniziale sulle diverse tipologie di aziendedel comparto ed una ricerca sui rischi dovuti alle diverse attività, si è inizialmente rivolto allavalutazione di aziende produttrici di cartoncino di diversa tipologia, operanti nel distretto dellaValle del Liri. Si tratta di aziende piccole o medie, che presentano notevoli differenze dal puntodi vista delle problematiche relative alla sicurezza.Sono stati effettuati una serie di sopralluoghi, che hanno permesso di valutare alcuni dei rischipresenti: rumore, microclima, rischio biologico, rischio ergonomico, rischi legati alla sicurezzaper macchine e impianti, fattori organizzativi.

SUMMARY

Among the different CONTARP activities focused on risk analysis in various production divi-sions, a project regarding risk analysis in the pulp and paper industry was started. The pro-ject, after an initial stage used to gather information on the different types of firms invol-ved and on the different kinds of risks related to their activities, has now turned to the eva-luation of companies producing board of different size and type which operate in “Valle delLiri” district. They are small or medium size companies with very different health and safetyproblems. Investigations have been carried out about some of the existing risks: noise, microclimate, bio-logical and ergonomic risk, risks related to the safety of machines and plants and organisatio-nal factors.

1. PREMESSA

Questo lavoro si è sviluppato all’interno del progetto “Mappa del rischio negli impianti dell’in-dustria cartaria”. Il progetto prevede l’analisi dei rischi presenti in ditte che fanno parte delcomparto cartario, e si articola in più fasi che seguono la linea di produzione a partire da cartae cartoncini, per passare successivamente alle varie tipologie di cartotecnica. Questo lavororiporta alcuni risultati iniziali, relativi all’attività di ditte produttrici di carta per cartone ondu-lato e di cartoncino, localizzate nel distretto della Valle del Liri.

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2. METODI UTILIZZATI

Sono stati effettuati una serie di sopralluoghi per ogni ditta, durante i quali sono stati analiz-zati gli aspetti organizzativi dell’attività, ed alcuni aspetti della sicurezza, evidenziando alcuniparametri che risultano indicativi per il rischio di incidenti. Sono stati effettuati inoltre deicampionamenti per analizzare alcuni fattori di rischio presenti: indagini fonometriche, analisidel microclima, analisi della contaminazione microbiologica, campionamenti di polveri e, inalcuni casi, analisi per la presenza di IPA.

Analisi del ciclo produttivoLe ditte utilizzano come materia prima carta riciclata. Il processo produttivo è schematizzatonel diagramma di Figura 1.Si possono evidenziare le fasi seguenti1) approvvigionamento delle materie prime (carta riciclata, sostanze chimiche)2) spappolamento, miscelazione, eventuale colorazione dell’impasto3) fasi di purificazione e eliminazione dei contaminanti4) realizzazione del foglio (tramite macchina continua o tavola piana) ed asciugatura5) taglio in fogli o bobinatura6) eventuale ribobinatura o accoppiamento di fogli7) eventuale fustellatura8) packaging e stoccaggio prodotto9) raccolta e imballaggio dei contaminantiGli impianti tecnologici connessi comprendono:1) centrale termica2) linea di raccolta e purificazione acque di ricircolo3) impianto di trattamento acque reflueSono presenti anche aree di stoccaggio dei prodotti di rifiuto e zone di stoccaggio delle sostan-ze chimiche utilizzate.

Figura 1: schema operativo di un impianto di produzione della carta

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Al fine di organizzare le informazioni raccolte, sono state individuate delle aree specifiche traquelle dove normalmente operano gli addetti: l’area di preparazione, che comprende lo spap-polatore e la sua alimentazione, con gli addetti al carico e al controllo, l’area della macchinacontinua, a cui fanno riferimento gli addetti al controllo, il termine della macchina continua(bobinatrice e taglierina) con i propri addetti, e l’area magazzino.È emersa una notevole diversificazione dei rischi presenti per gli addetti, pur in presenza della stes-sa tipologia di attività. Le osservazioni hanno permesso di individuare alcuni aspetti rilevanti.

3. ANALISI DEI RISCHI PRESENTI

Per valutare il rischio connesso alle lavorazioni effettuate e per individuare i punti critici del-l’impianto sono stati analizzati una serie di indicatori relativi ad alcuni aspetti operativi, cherisultano connessi al rischio infortunistico. Le analisi effettuate sono state basate su alcuniindicatori già utilizzati in letteratura, modificati per adattarli alla realtà da noi osservata edagli scopi di questo lavoro.

MacchineNell’analisi delle macchine possiamo distinguere le macchine tipiche delle cartiere (spappola-tore, sistemi di purificazione, macchina continua, bobinatrici, accoppiatici, taglierine) dallemacchine accessorie, quali mezzi di sollevamento e trasporto. Le macchine acquistate recente-mente sono a marcatura CE, ma nella maggior parte dei casi le macchine incontrate hannoun’anzianità di diversi anni: possono essere stati eseguiti interventi a maggiore o minoreimpatto per migliorare la sicurezza e prevenire la possibilità di incidenti. Sono state analizza-te le macchine proprie dell’attività, e sono stati definiti i punteggi sulla base della presenza disistemi di blocco di emergenza, di protezioni nel caso in cui le parti pericolose della macchinasiano accessibili, e di accessi stabili e sicuri per le operazioni di manutenzione e controllo.

ViabilitàÈ stata analizzata la disposizione delle vie di movimento nelle aree intorno alle macchine. Perquesta valutazione viene dato un punteggio positivo nel caso in cui le vie di transito dei mezzimeccanici vicino alle postazioni osservate siano definite e separate dalle vie di transito deipedoni, siano indicate le zone di sicurezza intorno alle macchine stesse, e le vie di transito(pedonale o dei mezzi) siano sgombre. Il punteggio è considerato positivo anche nel caso incui le macchine non richiedono una particolare area di sicurezza, essendo già confinate, e nonapplicabile se non sono presenti mezzi meccanici nell’area analizzata.

Igiene industrialeSono stati analizzati alcuni fattori misurabili: rumore, contaminazione microbiologica, micro-clima, IPA (alcune posizioni). Sono stati dati dei punteggi negativi per i casi in cui venivanosuperati i limiti stabiliti da norme o leggi (rumore, polveri o IPA), o in presenza di situazionidefinite non accettabili per quanto riguarda il microclima e la microbiologia. Nel caso non sianostati effettuati i rilievi nell’area il punteggio non è applicabile.

Utilizzo dei DPIPer molte lavorazioni è previsto l’utilizzo dei DPI (scarpe di sicurezza, guanti, mascherine, occhia-li, otoprotettori): in relazione alle diverse situazioni, è stato verificato l’utilizzo dei DPI appro-priati. Dalle osservazioni è risultato che mentre alcuni dispositivi vengono utilizzati correntemen-te (scarpe di sicurezza) in altri casi essi vengono trascurati: è stato dato un punteggio negativo per

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i casi in cui, pur essendo appropriato l’utilizzo dei DPI, questi non venivano utilizzati, mentre nelcaso in cui non sia verificata la necessità di DPI l’osservazione risulta non applicabile.

Movimentazione dei carichiLe osservazioni sono state esclusivamente qualitative. In questo caso è stato dato un punteg-gio positivo ai casi in cui la movimentazione dei carichi viene effettuata dagli operatori conl’ausilio di sistemi automatici, che riducono il rischio legato al sollevamento dei carichi, enegativo se la operazioni sono effettuate manualmente. Il punteggio è considerato non appli-cabile nel caso in cui le operazioni vengano svolte esclusivamente tramite muletti o carri ponte.

DislivelliVengono valutate le condizioni generali intorno alle macchine relativamente alle vie di trans-ito che comportino la presenza di dislivelli o cambi di piano. Si segnalano punteggi positivi nelcaso in cui scale e passerelle siano a norma e gli eventuali dislivelli/aperture nel pavimentosiano adeguatamente segnalati o protetti. Il punteggio non è applicabile se non si presentanoqueste situazioni di rischio nell’area in esame.

Impianti non presidiatiSi tratta degli impianti che non richiedono la continua presenza degli operatori, ma che sonosolo oggetto di manutenzione periodica o occasionale: impianto di trattamento acque (ricirco-lo o scarico), complesso di filtraggio ed equalizzazione, generatori. Per questi impianti vengo-no considerati alcuni aspetti legati alla sicurezza, in particolare la presenza di protezioni, lasicurezza degli accessi per manutenzione, la presenza di ingombri al passaggio, la pulizia del-l’ambiente, la sicurezza delle scale e dei dislivelli. Viene assegnato un punteggio positivo sesono assenti situazioni di rischio sull’indicatore analizzato.

4. RISULTATI

Nella Tabella 1 viene mostrato come appare una griglia di analisi per due delle aree di impian-to indagate.

Figura 2: punteggi positivi o negativi relativi alle 4 aree di lavoro analizzate: 1) spappolatore, 2) inizio macchina continua, 3)termine macchina continua, 4) magazzino prodotti finiti.

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Analizzando le diverse caratteristiche delle attività svolte, sono stati assegnati punteggi posi-tivi o negativi a seconda che venissero rispettati i parametri previsti. Tutti i dati sono stati poiraccolti in un unico foglio riassuntivo e sono stati calcolati i totali dei punti positivi e negati-vi, rapportati successivamente al totale delle osservazioni. I dati ottenuti possono essere uti-lizzati per generare un grafico, che permette di individuare rapidamente la situazione genera-le delle ditte analizzate, in riferimento alle aree osservate. Nella Figura 2 seguente vengonopresentati i risultati finali delle osservazioni.Le aziende analizzate presentano delle situazioni molto diversificate. Dalla tabella riassuntivasi vede come nelle quattro aree considerate l’azienda 3 sia quella che presenta delle condizio-ni migliori, con molti punti risultati positivi e pochi negativi, mentre l’azienda 1 presenta moltipunti negativi, in particolare nell’area 3, relativa alla fine della macchina continua.Analizzando in dettagli quali indicatori contribuiscono a formare un punteggio negativo, sivede come risultino negativi alcuni indicatori relativi alle vie di transito, alle protezioni sullemacchine, all’utilizzo di DPI, ad alcune analisi di fattori di rischio.Lo stesso tipo di analisi è stato effettuato per gli impianti generali, per i quali i risultati ven-gono riportati nella Figura 3.Anche in questo caso la ditta 1 risulta particolarmente ricca di situazioni a rischio, dovuteper la maggior parte alla mancanza di protezioni e ai rischi legati alle vie di accesso, a scalee passaggi relativamente agli impianti di trattamento acque e per la linea di filtraggio edequalizzazione. Per la ditta 3 non sono presenti informazioni relativamente all’ambiente delgeneratore.

Figura 3: osservazioni positive o negative nelle aree non presidiate 1) filtraggio/equalizzazione, 2) trattamento acque e 3)generatore.

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5. CONCLUSIONI

Gli ambienti delle cartiere analizzate sono diversi per tipologia: sia aziende di piccole dimen-sioni, ospitate in strutture non moderne che hanno visto il succedersi di interventi di amplia-mento, come per le ditte 1 e 2, sia aziende le cui strutture sono state ampiamente rinnovate esono stati attuati molteplici interventi di miglioramento delle strutture in un’ottica di atten-zione alla sicurezza, come è per la ditta 3.Le condizioni igieniche, molto buone in una ditta, sono invece scadenti per le altre due, e ciòsi evidenzia subito a colpo d’occhio e trova conferma nei risultati dei campionamenti micro-biologici effettuati. Scale e passerelle risultano per lo più pericolose a causa delle condizionidi sporcizia, del cattivo rapporto alzata/pedata e dell’assenza in alcuni casi di corrimano a cuiaggrapparsi. Complessivamente si nota una scarsa attenzione ai pericoli generati dalla presen-za di dislivelli non adeguatamente protetti e spesso scarsamente segnalati. Nel caso della ditta1 inoltre le macchine presentano numerose parti in movimento non protette legate alla pre-senza di alberi in movimento e di cinghie di trasmissione scoperte.Tutte queste situazioni comportano una complessiva situazione di maggior rischio per gli ope-rai della ditta 1, mentre nella ditta 3 le condizioni di rischio sono più circoscritte. Questa diver-sa situazione potrebbe essere indicativa di un maggior rischio di incidenti per gli addetti delladitta 1, ma attualmente non sono disponibili sufficienti informazioni per effettuare un rilievostatistico sugli incidenti occorsi nelle diverse ditte. La differenza osservata negli indicatori scelti è anche il risultato della diversa attenzione alletematiche di sicurezza, che si riflette in una diversa distribuzione a questo fine delle risorse intermini finanziari e di personale, tra le ditte interessate dallo studio. Questa azione di eviden-ziazione dei rischi presenti potrebbe essere molto utile per focalizzare l’attenzione sui punti cri-tici dell’impianto, e per evidenziare la necessità di attuare azioni di prevenzione specificamen-te progettate.

BIBLIOGRAFIA

G.A. Smook: Handbook for pulp and paper technologists, 2002, Angus Wilde Publications Inc.,Vancouver, B.C., Canada.

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Tabella 1: Punteggi relativi ad alcuni aspetti analizzati per area. Il valore 1 indica una osservazione, che puòessere positiva o negativa, o non applicabile, sia perché non congruente alla situazione presente o perchénon osservata.

area dello spappolatore area termine continua

A B C1 C2 A B C1 C2

MACCHINE si no n/a si no n/a si no n/a si no n/a si no n/a si no n/a si no n/a si no n/a

blocco emergenza 1 1 1 1 1 1 1 1

protezioni 1 1 1 1 1 1 1 1

accessi 1 1 1 1 1 1 1 1

VIABILITA'

vie separate 1 1 1 1 1 1 1 1

sgombre 1 1 1 1 1 1 1 1

aree di sicurezza 1 1 1 1 1 1 1 1

CAMPIONAMENTI

rumore 1 1 1 1 1 1 1 1

microclima 1 1 1 1 1 1 1 1

microbiologia 1 1 1 1 1 1 1 1

IPA 1 1 1 1 1 1 1 1

USO DPI

scarpe 1 1 1 1 1 1 1 1

otoprotettori 1 1 1 1 1 1 1 1

MOVIMENTAZIONE CARICHI

sistemi automatici 1 1 1 1 1 1 1 1

GENERALE

dislivelli segnalati 1 1 1 1 1 1 1 1

scale e passerelle 1 1 1 1 1 1 1 1

Totale osservazioni 15 15 15 15 15 15 15 15

Di cui positive 6 4 8 9 5 6 10 8

Di cui negative 6 3 4 1 7 3 0 1

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LA MAGONA D’ITALIA: LA SICUREZZA IN PRATICA

S. Tramuto*, L. Valori** INAIL - Direzione Regionale Toscana - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione

RIASSUNTO

Nell’ambito del variegato panorama delle aziende toscane, gli autori hanno avuto la possibi-lità di approfondire la gestione della sicurezza della Magona d’Italia (stabilimento diPiombino). L’azienda si è impegnata a tutti i livelli per perseguire l’obiettivo di ridurre pro-gressivamente a zero gli infortuni. Al primo punto pertanto della politica aziendale sono statiposti gli aspetti relativi alla sicurezza sul lavoro di quanti operano in stabilimento sia comedipendenti interni sia come dipendenti delle ditte appaltatrici. Il risultato di questo modo dioperare è stato il coinvolgimento di tutto il personale che opera nell’azienda a tutti i livelli euna drastica diminuzione degli infortuni sia dei lavoratori dello stabilimento che di quellidelle ditte esterne. Nel lavoro si prende in considerazione il sistema sicurezza dell’azienda esi mettono in evidenza gli aspetti più qualificanti dello stesso, le strategie usate, il metodomesso a punto, le pratiche operative cercando di mettere in evidenza quegli aspetti che pos-sono costituire un modello per altre organizzazioni.

SUMMARY

In the wide spectrum of Tuscany firms, the authors have had the opportunity do deeply analy-se safety management of Magona d’Italia, Piombino’s plant. The factory, in the last years, hasbeen involved at all levels to reduce progressively accidents at work to zero, with a specialeffort to those deeply connected to the operations performed by workers during specific pro-duction phases. For this reason at the first point of the firm policy have been considered thesafety at work aspects of whom operate in the plant, as inside workers or outsourcing ones.The result of this way to operate has been the involvment of all workers at all levels and a dra-stic reduction of accidents at work both of firm itself workers and of external firm ones, inorder to reach the target “zero accidents at work”. In this report we scan the firm safetysystem and we underline its characteristic features and the running procedures, trying tofocuse on those operating aspects that could become a model for other organisations.

1. LA REALTÀ PRODUTTIVA

L’Azienda “La Magona d’Italia” è oggi uno dei più qualificati produttori del panorama siderur-gico europeo. Nata nel 1891 come unico produttore italiano di banda stagnata, oggi è leadernei prodotti laminati d'acciaio sottili zincati e preverniciati. Dal 1998 è passata al gruppoUsinor, primo produttore europeo d'acciaio, per poi entrare a far parte del gruppo Arcelor,primo produttore mondiale di acciaio, dal mese di febbraio 2002. La Società può contare su 4

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divisioni dislocate sul territorio nazionale e di un sito di produzione in Piombino oggetto dellapresente relazione. Lo stabilimento di Piombino si sviluppa su una superficie di 270.000 m2 di cui 123.000 coper-ti da capannoni industriali ed edifici. La ditta è specializzata nella laminazione e nel rivesti-mento di laminati piani di acciaio utilizzati sia nell’edilizia che nella realizzazione di elettro-domestici, scaffalature, celle frigo, plafoniere, canalizzazioni elettriche, ecc.

1.1 Ciclo produttivo

Il ciclo produttivo inizia al porto con l'arrivo della materia prima: i "coils d'acciaio". Il coil cheentra nello stabilimento viene inizialmente decapato, laminato, zincato, verniciato per termi-nare infine nei Magazzini da dove viene spedito ai clienti. La linea di decapaggio è una lineacontinua che permette di eliminare dai rotoli che fuoriescono dal laminatoio a caldo l’ossidosuperficiale che si è formato durante la fase di raffreddamento (calamina). Il decapaggioavviene mediante immersione del nastro nell'acido cloridrico alla velocità di 160 m/min. Lalaminazione a freddo porta i nastri a spessori non ottenibili con la laminazione a caldo conuniformità di spessore e di planarità mediante l'azione combinata di carichi e tiri esercitati daquattro coppie di cilindri. L’effetto di variazione delle caratteristiche meccaniche del materia-le detta “incrudimento” viene attenuato successivamente nei forni delle zincature. Gli spes-sori ottenibili variano da 0,23 a 1,5 mm, la larghezza massima è di 1.250 mm. Le linee conti-nue di zincatura sono 4 e riescono a garantire una velocità di processo costante e senza arre-sti grazie ad accumulatori posti nelle sezioni di entrata ed uscita di ogni linea. Con la zinca-tura si ottiene la pulizia della superficie della lamiera e la modifica delle caratteristiche mec-caniche, il rivestimento della lamiera con bagno di zinco fuso, il miglioramento dell’aspettosuperficiale e la preparazione per la verniciatura (Skin Pass), la protezione contro gli effettidi ossidazione del rivestimento. Le quattro linee di zincatura possono produrre ad una veloci-tà compresa tra 100 e 150 m al minuto per gli spessori tradizionali. Gli impianti continui diverniciatura utilizzano il processo denominato coil-coating. Le fasi produttive sono, insequenza: sgrassatura della superficie, pre-trattamento chimico, stesura ad umido della ver-nice primer, cottura della prima mano, stesura della vernice top ad umido, cottura ed avvol-gimento del nastro. Le velocità delle linee variano da 60 m/min per la verniciatura di prodot-ti destinati all'elettrodomestica, fino a 150 m/min per la produzione di preverniciati destina-ti all'edilizia. A valle della verniciatura ci sono due linee di Slitting, impianti discontinui tra-mite i quali viene modificato il prodotto zincato e preverniciato per renderlo compatibile allerichieste del cliente (film plastici).

2. OBIETTIVO INFORTUNI ZERO

Il ciclo produttivo sopra descritto è attuato in uno stabilimento con una struttura organizza-tiva moderna che si è sviluppata in un territorio in cui la lavorazione del ferro risale all’epo-ca etrusca. Il numero degli addetti che operano presso lo stabilimento di Piombino è variato nel corsodegli ultimi anni prevalentemente per la decisione di Arcelor di trasferire alcuni serviziamministrativi e commerciali ad una società esterna. Il numero degli addetti alla produzio-ne è invece rimasto pressoché invariato ed oscilla oggi intorno alle 700 unità. Gli addettidelle ditte esterne che frequentano giornalmente lo stabilimento di Piombino sono circa160.

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Attualmente lo Stabilimento di Piombino è certificato per la Qualità secondo la norma UNI ENISO 9001:2000 e per l’Ambiente secondo la norma UNI EN ISO 14001:1996. La ditta non è cer-tificata per la sicurezza solo per scelta nonostante abbia di fatto implementato un sistema digestione molto accurato e sicuramente già predisposto per essere sottoposto alla verificadegli enti certificatori. L’attenzione verso la Sicurezza sul Lavoro è una priorità in comune con le politiche del grup-po Arcelor che ha sempre inserito al primo posto della politica aziendale del gruppo la sal-vaguardia della salute e sicurezza dei propri dipendenti ed il rispetto dell’ambiente in cuivivono.

2.1 Politica Aziendale

Di seguito si riporta il testo della politica aziendale in materia di sicurezza sul lavoro:

• Il rispetto della salute e della Sicurezza fa parte delle nostre maggiori responsabilità, versoi nostri dipendenti, verso coloro che abitano in prossimità degli stabilimenti e più in gene-rale verso le generazioni future.

• La sicurezza è una responsabilità di tutta la gerarchia, che anima e gestisce la sicurezza allostesso livello di tutte le altre attività.

• La sicurezza è interesse di tutti: ciascuno di noi è coinvolto e implicato per ciò che è la suafunzione, dalla prevenzione dei rischi alla loro padronanza e alla sicurezza collettiva.

• La sicurezza è una priorità ed un impegno costante da applicarsi in tutte le attività.

La Direzione de La Magona d’Italia, in un processo finalizzato al miglioramento continuo basa-to sui principi sopra enunciati, s’ impegna a:

• Garantire il rispetto delle Leggi e Normative Nazionali e della Comunità Europea vigenti inmateria di Salute e Sicurezza;

• Minimizzare i rischi connessi all’attività dell’Azienda tenendo conto delle caratteristiche deinostri processi produttivi per i lavoratori e per tutte le persone che accedono all’Azienda;

• Coinvolgere personalmente tutti i propri dipendenti ed in particolare i responsabili dal piùalto al più basso livello,< la sicurezza non riguarda gli specialisti ma tutti>;

• Agire sui comportamenti al fine di sviluppare la cultura della sicurezza, la presa di coscien-za della responsabilità individuale in questo campo;

• Assicurare la comprensione, l’applicazione ed il mantenimento a tutti i livelli dell’organiz-zazione aziendale delle corrette procedure operative, delle norme di sicurezza vigenti, delledisposizioni della Direzione;

• Informare l’esterno, le società collegate ed i terzi della propria Politica di Sicurezza.

Per il conseguimento degli obiettivi sopra elencati la Direzione de La Magona d’Italia provvede a:

• Mantenere nei propri stabilimenti un’organizzazione in grado di gestire le problematicherelative alla Salute e Sicurezza;

• Fornire gli elementi conoscitivi necessari allo stanziamento di adeguate risorse per il man-tenimento ed il miglioramento della Salute e Sicurezza degli stabilimenti divisionali;

• Effettuare studi per il miglioramento dei prodotti e dei processi produttivi;• Effettuare la revisione delle procedure e delle pratiche operative finalizzate al “migliora-

mento continuo”;

IL SOSTEGNO DELL’INAIL ALLE AZIENDE: DALL’ASSICURAZIONE ALLA PREVENZIONE. IL RUOLO DELLA CONTARP

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• Assicurare che i lavoratori a qualsiasi livello ricevano adeguata formazione ed abbiano lecompetenze necessarie per svolgere i compiti loro affidati;

• Sviluppare e mantenere aggiornate le procedure d’emergenza interna ed esterna, la colla-borazione con le Autorità competenti;

• Effettuare le riunioni periodiche di Prevenzione e Protezione previste dal D.Lgs. 626/94,art.11 c.1 con RSPP, RLS, medico competente e tutte le funzioni aziendali interessate;

• Effettuare il periodico riesame della politica aziendale e della sua efficacia.

A tal fine, è responsabilità:

• Della Direzione de La Magona d’Italia applicare la Politica Sicurezza e vigilare sul suorispetto;

• Del personale operare nel rispetto dei principi e delle regole Aziendali;• Dei terzi che cooperano con La Magona d’Italia agire secondo i principi della Politica

Sicurezza.

2.2 Azioni intraprese

A partire dalla fine degli anni ‘90 l’azienda si è ancor più impegnata a tutti i livelli allo scopodi perseguire l’obiettivo di ridurre progressivamente a zero gli infortuni con particolare atten-zione a quelli strettamente collegati alle operazioni svolte dagli addetti durante lo svolgi-mento dei compiti specifici. Sono state intraprese tutte una serie di iniziative che hanno avutoil loro fondamento nella presa di coscienza, da parte della dirigenza, che esistevano notevolimargini di miglioramento e che l’approccio al problema doveva avere come scopo la mitiga-zione o addirittura l’eliminazione alla radice di ciò che poneva a rischio la sicurezza e la salu-te dei lavoratori. La direzione aziendale ha iniziato ad operare ed opera tutt’oggi con interventi incisivi, medi-tati e programmati su due versanti:

• il versante interno, costituito dal personale, dallo stabilimento, dagli impianti Magona;• il versante esterno costituito da tutto ciò che gravita attorno allo stabilimento e consente la rea-

lizzazione della missione aziendale; pertanto si sono resi necessari interventi sulla platea, ini-zialmente numerosa, di ditte che operano all’interno della Magona o comunque per la Magona,comprendendo quelle che eseguono la manutenzione e quelle che forniscono i servizi.

Sul versante interno la prima tappa di questo percorso è stata chiaramente una presa dicoscienza della situazione iniziale con l’evidenziazione delle maggiori criticità e l’individua-zione e successiva attuazione delle varie iniziative da intraprendere.Per grandi linee tali azioni possono essere così riassunte:

• Ammodernamento degli impianti, revisione della viabilità (riorganizzazione dei flussi inter-ni/esterni, realizzazione di camminamenti, revisione della segnaletica);

• Costruzione di un’organizzazione della sicurezza che coinvolge tutte le funzioni aziendali;la sicurezza viene vista come un qualcosa che riguarda non solo tutti i dipendenti dellaMagona ma anche tutti quelli che si trovano ad operare all’interno dello stabilimento;

• Programmi di formazione e sensibilizzazione che si sono estrinsecati in:- Migliaia di ore di formazione ogni anno che hanno coinvolto tutto il personale de La

Magona;

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- Corsi di formazione estivi in occasione delle fermate annuali di agosto degli impianti;- Allestimento di un ufficio di prevenzione con l’aiuto e la collaborazione dell’ASL;

• Motivazione del personale attraverso l’istituzione di un premio sicurezza per le squadreche, nella massima attenzione del rispetto della sicurezza, da molti mesi non hanno subi-to alcun infortunio;

• Istituzione di figure di riferimento: quattro animatori della sicurezza nelle differenti areedello stabilimento oltre ad un corrispondente della sicurezza per ogni servizio. Questi ulti-mi hanno avuto una formazione sia interna che presso altri stabilimenti del gruppo Arcelor;

• Formazione di auditor che regolarmente visitano le varie sezioni dello stabilimento ese-guendo dei veri e propri audit codificati con relativo verbale per poter dar vita, se neces-sario, alle azioni correttive; ciò ha permesso di evidenziare un gran numero di disfunzionia cui hanno fatto seguito le azioni correttive. Sulla base di tali monitoraggi vengono defi-niti nei diversi servizi i piani di azione per la sicurezza;

• Predisposizione delle schede di sicurezza per mansione e procedure; • Realizzazione di un incontro mensile tra la direzione aziendale, RSPP, RLS e rappresentan-

ti di vari servizi.

Questi sono stati essenzialmente i principali “strumenti” individuati e messi a punto dallaMagona nel corso degli ultimi anni che hanno richiesto cospicui investimenti per la formazio-ne, per le risorse umane impegnate a tempo pieno sui temi della sicurezza (7 uomini), per imiglioramenti (manutenzione e modifiche produttive), ecc..E’ chiaro che alla base di tutto ciò c’è la chiara volontà della direzione Aziendale nel perse-guire gli obiettivi e la coerenza nel perseguimento degli stessi. Accanto alle iniziative di for-mazione e sensibilizzazione del personale e l’ammodernamento degli impianti infatti non èmai mancata la partecipazione e l’attenzione continua dei capi che ha permesso di fare dellasicurezza un obiettivo condiviso da tutti. Il risultato più importante raggiunto da La Magona è stato sicuramente la sensibilizzazione ela responsabilizzazione in materia di sicurezza di tutti i dipendenti operanti all’interno dellostabilimento a partire dalla figura del leader da sempre esempio per gli operai in tutte le orga-nizzazioni industriali. La Magona è riuscita a fare diventare i propri leader di reparto esempioesclusivamente positivo per il rispetto delle norme e delle disposizioni interne in materia disicurezza. La sensibilizzazione e la responsabilizzazione di tutto il personale ha permesso epermette ad ogni operaio di essere in grado di segnalare disfunzioni sugli impianti o situa-zioni critiche e, tramite gli RLS, intervenire direttamente sulla Direzione per ottenere lasospensione immediata dell’operazione ritenuta a rischio. Tutti gli operai sono a conoscenzadelle procedure che bisogna mettere in atto per segnalare le anomalie e sono in grado senzaesitazioni di individuare le figure da coinvolgere per la segnalazione o la risoluzione imme-diata del problema. A tale scopo esiste all’interno di ogni capannone uno spazio apposito incui trovano posto dei cartellini di segnalazione delle anomalie (relative alla sicurezza, al mal-funzionamento, ecc.) che ciascun addetto deve compilare quando si accorge che qualcosa nonva; tali schede sono colorate in modo diverso secondo un codice cromatico tipo pronto soc-corso che consente subito di mettere a fuoco quali sono i problemi che necessitano di solu-zione rapida. Il compilatore deve indicare il tipo di anomalia, le probabili cause e proporre lasoluzione. Sul versante esterno c’è stata la presa in carico delle ditte che lavorano in regime di appaltoall’interno dello stabilimento che ha comportato:

• una diminuzione degli attori esterni e una stabilizzazione dei fornitori di servizi;

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• la valutazione e accreditamento delle imprese esterne;• una formazione (accompagnamento) iniziale di almeno due ore di tutti i dipendenti delle

ditte esterne operanti all’interno dello stabilimento.

Le ditte esterne che lavorano in Magona si trovano a cooperare per la realizzazione degliobiettivi comuni che consistono nella realizzazione del compito o servizio specifico richie-sto da La Magona in un rapporto che mira ad un modello di “partnership” e che pone sem-pre in primo piano i problemi relativi alla sicurezza. Nel 1998 è stato avviato un progettodi coinvolgimento e miglioramento delle imprese esterne che partiva dalla analisi di queifattori che potevano avere dei risvolti negativi sulla sicurezza e approdava alla indicazio-ne, da parte de La Magona, degli interventi migliorativi da attuare. Ciò allo scopo di inne-scare un processo virtuoso di miglioramento nelle aziende esterne che si sottoponevano aquesta analisi. Tale sistema, volto all’accreditamento finale delle ditte, ha permesso dauna parte la selezione naturale delle imprese che non erano in grado di garantire gli stan-dard richiesti dalla Direzione, dall’altra la crescita professionale di quelle che sono riusci-te a “tenere il passo”. E’ stata predisposta una procedura in base alla quale tutte le operesvolte da terzi devono essere precedute da un sopralluogo a cui partecipano l’appaltatore,l’appaltante ed il capo reparto in cui si definiscono le operazioni da svolgere in sicurezzaper l’espletamento dell’intervento e si prendono in visione le condizioni ambientali; all’i-nizio dei lavori ci si assicura, inoltre, che le condizioni non siano cambiate rispetto a quan-to visto in fase di sopralluogo e si esegue la vera e propria consegna in sicurezza dei luo-ghi; la ditta appaltante vigila sull’operato dell’appaltatore in modo da garantire che i lavo-ri siano eseguiti secondo le previste procedure. La Magona pretende, quindi, che le azien-de che operano al suo servizio si dotino di attrezzature efficienti e sicure e che il loro usosia affidato a personale competente in modo da mitigare alla radice il rischio connesso acerte operazioni.Durante la pausa estiva la Magona organizza anche corsi di formazione per le ditte accredi-tate.

3. LA PREVENZIONE DEGLI INFORTUNI

Al momento in cui avviene un infortunio viene avviata una procedura interna che si pone comeobiettivo l’individuazione degli interventi necessari a capire ciò che non ha funzionato e lapredisposizione delle necessarie correzioni. In pratica si svolge:

• Indagine a caldo allo scopo di chiarire cosa non ha funzionato, cioè se c’è stato un difettonei materiali, nella mancanza o disapplicazione di procedure, se c’è stato un difetto di for-mazione, o un comportamento non rispondente alla attività che si doveva svolgere; taleindagine, che non ha lo scopo di accertare solo le responsabilità ma soprattutto cosa nonha funzionato, viene svolta sul luogo dell’infortunio subito dopo l’evento dal primo prepo-sto raccogliendo la dichiarazione dell’infortunato e/o dei presenti. Particolare attenzioneviene riservata alla verifica del rispetto delle procedure.

• Analisi mediante il metodo dell’albero delle cause; tale analisi parte ovviamente da quan-to rilevato con l’indagine a caldo e mira alla ricerca delle possibili cause (immediate esoprattutto remote) dell’incidente; alla fine dell’analisi chi conduce l’indagine (che colla-bora alla redazione dell’albero delle cause) redige le schede di disfunzionamento. In unaparte delle stesse viene individuata una proposta di intervento nonché le misure adottateimmediatamente.

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La suddetta indagine sugli infortuni è solo una delle azioni messe in atto dall’azienda impe-gnata sensibilmente soprattutto nell’individuazione di tutte le situazioni ed i comportamenti arischio prima che possano determinare situazioni di infortunio sia tramite lo studio degli infor-tuni mancati sia tramite l’analisi continua delle attività svolte in stabilimento.Agli infortuni mancati viene applicata la stessa procedura di analisi prevista per quelli acca-duti.L’analisi delle attività assume una importanza fondamentale per Magona in quanto è questoil momento in cui si possono mettere in atto le vere e proprie azioni preventive; ciò avvieneanalizzando tutto quello che riguarda le singole attività svolte a partire dai materiali usati,dal modo di eseguire il compito specifico da parte dell’addetto che, se viene riconosciuto cor-retto, viene acquisito come procedura di lavoro altrimenti si studia un nuovo modo di opera-re che diventerà la procedura da realizzare; è chiaro che questo richiede una formazione deglioperatori a vari livelli per correggerne o indirizzarne il comportamento e una successiva atti-vità di verifica dell’applicazione del comportamento corretto.Tra le varie misure di prevenzione attiva che consentono di determinare le criticità ci sono,inoltre, visite settimanali; ispezioni pianificate di sicurezza (IPS); incontri con RLS con visitasui reparti; analisi dei compiti critici; osservazione dei compiti svolti; visita sugli impianti perla verifica delle attrezzature.I dati forniti da La Magona sono confortanti come indica il grafico 1 (il dato 2004 è relativoai primi sei mesi):

Un primo confronto con i dati INAIL degli infortuni indennizzati dal 2000 al 2003 ha eviden-ziato uno scostamento rispetto ai dati forniti dall’Azienda. Infatti, non rientrano negli obiet-tivi e nelle statistiche de La Magona quegli infortuni riconosciuti dall’INAIL che sono accadu-ti all’esterno dello stabilimento (per circolazione stradale) o all’interno dello stabilimento manon durante operazioni collegate direttamente a procedure previste nel ciclo. La ditta, anchein una prospettiva di confronto con le altre realtà appartenenti al gruppo Arcelor, ha infatti

Grafico 1: Numero di infortuni in relazione agli obiettivi Magona

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impostato la propria lotta agli infortuni e tarato i propri obiettivi di miglioramento concen-trandosi su quelli collegati ai comportamenti intorno alle macchine e alle procedure di lavoroche comunque di solito hanno le conseguenze più gravi.I dati sulle frequenze relative elaborati sulla base degli infortuni presenti sulla PosizioneAssicurativa INAIL dello stabilimento di Piombino confrontati con i dati regionali e nazionalipresenti nella Banca dati INAIL per il corrispondente Gruppo di Tariffa (relativi al triennio1999 - 2001) evidenziano un trend nettamente al di sotto delle medie (grafico 2).

Il caso de La Magona d’Italia è l’esempio che una corretta ed organizzata lotta al fenomenoinfortunistico, supportata adeguatamente da risorse umane e finanziarie, può portare a risul-tati più che soddisfacenti.

Grafico 2: Frequenze relative degli Infortuni (dati INAIL)

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