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G I O V A N N I S C H I O P P O
IL SOGNO DI ASIMOV
LINEAMENTI DI FISICA STORICA E POLITICA
OVVERO
FISICA SOCIALE
2
Prefazione.
Per molti anni ho desiderato di dare corpo ad un’ idea nata
nella mia mente quando avevo circa venticinque anni, e dopo
aver letto la maggior parte delle opere di Bertrand Russell e
tutti i romanzi e i racconti di Isaac Asimov.
Dal primo ho imparato a gustare il valore della libertà del
pensiero non legato ad alcuna ideologia: “Dalla libertà dei
pensieri sgorga l’intiero mondo dell’arte e della filosofia, e
quella visione della bellezza grazie alla quale, infine,
riconquistiamo a metà il mondo riluttante” 1.
Dal secondo, che si è ispirato a “Declino e caduta
dell’Impero Romano” di Gibbon nello scrivere la sua “Trilogia
della Fondazione” 2
, ho ereditato la passione per la storia scritta
da uomini del calibro di Momsen, Gibbon e Pirenne.
Da allora due domande hanno sempre fatto compagnia ai miei
pensieri: quali sono i valori e i limiti di una ideologia? E’
possibile costruire l’ “embrione” di una scienza simile alla
“psicostoriografia” di cui parla Asimov nella sua trilogia?
La risposta a queste due domande ha preso corpo quando ho
cominciato a “navigare in internet” e mi sono imbattuto nell’
“Indice di sviluppo umano”. Da allora i pensieri e le idee si
sonno accumulati ed accavallati per molti anni nella mia mente
finché è nato “Il sogno di Asimov – Lineamenti di fisica storica
e politica”.
Il lavoro è un tentativo di descrivere, con l’uso dell’Indice di
sviluppo umano (ISU) i principali fenomeni della storia e della
politica applicando ad essi i principi e i metodi della fisica
classica. Ciò mi è stato possibile con l’introduzione di due
concetti assolutamente nuovi; il primo di questi è quello di
oggetto politico, che può essere costituito da una Nazione, un
partito politico, un sindacato, un’organizzazione terroristica o
un ordine religioso; il secondo è la massa politica che
caratterizza ogni oggetto politico.
Con questi soli due concetti ho tracciato le linee generali
della “Meccanica politica” e della “Termodinamica politica”
trattando i principi e i concetti più importanti con spiegazioni
ed esempi semplici ed immediati tratti da esperienze note a
tutti.
Nella trattazione, all’embrione di questa che potrebbe essere
una nuova disciplina, ho dato il nome di “fisica politica”.
Il lavoro si compone di una parte introduttiva, dove vengono
discusse le principali critiche che possano giungere dagli
studiosi di quelle discipline che non hanno uno marcato
fondamento matematico e che in qualche modo, possano essere
coinvolte in questa trattazione; ci riferiamo, ad esempio, alla
storia, alla demografia, alla sociologia, alla scienza politica ed
alla filosofia politica.
Nella stessa parte introduttiva vengono poi esposti i concetti
e le nozioni basilari che consentiranno al lettore una agevole
lettura e comprensione.
Un’altra parte è dedicata alla Meccanica politica, dove, dopo
aver descritto il moto e l’equilibrio di un oggetto politico
(cinematica e statica), applico a questo i tre principi della
dinamica descrivendo le forze in gioco tra due o più oggetti
1 Russell B., “Il culto dell’uomo libero”, in “Misticismo e logica”, p. 71,
Longanesi &
C., Milano 1964. 2 Nella sua “Trilogia della Fondazione” (Cronache della Galassia, 1963,
Il crollo della Galassia centrale, 1964, L’altra faccia della spirale,
1964, Mondatori, Milano) e nei romanzi ad essa collegati, Isaac Asimov
immagina che il matematico Hari Seldon, ultimo grande scienziato del
primo Impero Galattico, abbia scoperto che, mentre il comportamento
del singolo individuo è imprevedibile, i comportamenti delle masse
possano essere studiati non solo statisticamente, ma che alle masse sia
possibile applicare le leggi della fisica. Seldon, poi, perfeziona la sua
disciplina – alla quale dà il nome di “psicostoriografia”– al punto che è
in grado di prevedere non solo il prossimo crollo del Primo Impero
Galattico, ma che questo crollo sarà seguito da un periodo di trentamila
anni di barbarie. Organizza così due “Fondazioni” il cui compito è quello
di ridurre, con lo strumento della “psicostoriografia”, il periodo di
oscurantismo a soli mille anni.
3
politici e deducendo delle ipotesi sulla conservazione
dell’energia che vi è legata.
Concludo la meccanica con lo studio degli urti tra due o più
oggetti politici.
Nella parte successiva, dedicata alla termodinamica politica,
introduco il concetto di “gas politico” che risulterà molto utile
nella descrizione di alcuni fenomeni storici e politici, e quello
di temperatura politica, alla quale ho attribuito i valori
dell’indice del PIL. (prodotto interno lordo) pro capite. Con
questi due concetti ho delineato i principi della termodinamica
parlando di equilibrio termico, dell’energia interna di un gas
politico, dei processi di trasformazione di questa e
dell’entropia.
Propongo, poi, nella stessa parte, un metodo molto semplice
per valutare in maniera oggettiva il rendimento, ovvero,
l’efficienza del governo di una Nazione.
L’ultima parte, che è preceduta da una analisi critica delle
ideologie, e dalla descrizione qualitativa di alcuni fenomeni
storici e politici, come la lotta per il potere, le guerre e le
rivoluzioni, sia politiche che culturali, le forze che si
manifestano nelle Nazioni democratiche e in quelle rette da
regimi dittatoriali e teocratici, è dedicata alle applicazioni della
fisica politica ad alcuni fatti della storia antica, moderna e
contemporanea. In particolare vengono analizzati
quantitativamente: la battaglia di Teutoburgo del 9 d.C., lo
“Scisma anglicano” di Enrico VIII, alcune conseguenze legate
alla unificazione europea, la riunificazione delle due Germanie,
un immaginario attacco terroristico e, infine, una previsione per
l’Unione Europea.
L’opera, infine, è corredata da due appendici dedicate a
tavole numeriche e grafici, e dalla consueta bibliografia.
Ma ora, per onestà intellettuale, faccio un po’ di autocritica.
Fin dalle prime pagine di questo lavoro, in particolare da
quando ho definito la massa politica, mi sono imbattuto in un
paradosso, una incongruenza che sembra non poter essere
eliminata. Questa è insita nella definizione stessa di massa
politica che è il prodotto di un numero di “particelle” (gli
individui del genere umano) per l’indice di sviluppo umano (I):
m = nI. Poiché adopero I anche per definire lo “spazio
politico”, nel caso particolare che n = 1, risulta m = I; e da
quest’ultima uguaglianza si vede chiaramente che la massa
politica è equivalente ad uno spazio politico.
Se in fisica esiste una teoria che preveda o dimostri
l’equivalenza della massa oltre che con l’energia anche con lo
spazio, allora il problema è risolto. Ma sembra che le cose non
stiano così, a meno che non siano vere le analoghe ipotesi che il
fisico inglese Stephen W. Hawking propone nell’opera scritta
assieme al fisico Roger Penrose “La natura dello spazio e del
tempo”, edita da Sansoni editore, 1996.
Premesso che anche la fisica, sia classica che moderna,
presenta molti aspetti che non sono tra loro coerenti, se da un
lato non riesco a vedere come sia possibile giungere ad una
definizione diversa della massa politica, dall’altro ci tengo a
sottolineare il fatto che i risultati ottenuti mi dicono che la
strada intrapresa non è molto lontana da quella indicata dalla
dinamica delle vicende storiche e politiche.
Molto probabilmente un lettore non provvisto di buone
conoscenze di fisica non noterà il problema e, forse, sarà anche
entusiasta nel vedere la possibilità di affrontare i fatti della
storia e della politica con un metodo completamente nuovo. Ma
se chi vorrà leggere il lavoro sarà un fisico, allora da queste
pagine mi rivolgo a lui per chiedergli scusa dell’incongruenza
e, magari, di usare la sua maggiore competenza nel tentativo di
aiutarmi a trovare una soluzione a questo increscioso
problema. Perciò, nel chiedere scusa ai fisici per l’uso forse
troppo libero che faccio della loro disciplina, e agli storici per
aver proposto loro un metodo di valutazione che,
probabilmente, li obbligherà a rivedere un po’ di matematica,
4
mi congedo dai lettori ricordando che Einstein diceva che una
teoria nata per interpretare e descrivere le leggi della natura, e
che fosse perfettamente coerente in tutte le sue parti, ha
moltissime probabilità di essere completamente errata,
diversamente da quella teoria non coerente in tutte le sue parti
che, invece, ha buone probabilità di essere parzialmente
aderente alla realtà.
Buona lettura.
Napoli, giugno 2008. Giovanni Schioppo
5
“…il corpo di quel grande
che temprando lo scettro a’ regnatori
gli allor ne sfronda, ed alle genti svela
di che lagrime grondi e di che sangue;”
(Ugo Foscolo, “Dei sepolcri”)
Nozioni e concetti introduttivi
6
1 Premessa.
Prima di iniziare la trattazione riteniamo doveroso anticipare
le critiche che possano giungerci da storici, sociologi, studiosi
di scienza politica, studiosi di filosofia politica, e da tutti coloro
i cui interessi culturali possano essere in qualche modo
coinvolti nel presente lavoro, nonché le nostre argomentazioni e
soluzioni ai problemi che tali critiche pongono. Queste possono
essere distinte in due categorie, la prima delle quali vuole che la
natura estremamente aleatoria delle singole azioni umane
avvolge la loro conoscenza con un alone di indeterminazione
molto denso, e ciò, alla fine, renderebbe qualsiasi insieme di
individui non idoneo ad uno studio “fisico”.
Premesso che lo studio del comportamento sociale del
singolo individuo non è oggetto di questo lavoro, vogliamo
mostrare con argomentazioni ed esempi come e perché le sue
azioni influiscono in modo trascurabile sul comportamento di
un numerosissimo gruppo di persone. A questo scopo
osserviamo che, se da un lato è vero che le azioni del singolo
sono spesso imprevedibili, dall’altro, poi, bisogna ritenere che,
come l’indeterminazione da cui è affetta la conoscenza delle
particelle elementari studiate in fisica diventa minima a livello
macroscopico3, così pure l’indeterminazione che caratterizza la
conoscenza delle azioni dei singoli individui tende ad un
minimo quando questi vengono studiati nel contesto di un
sistema il cui numero di individui tende a valori molto grandi.
In altre parole la somma di tutte le indeterminazioni nella
conoscenza delle azioni dei singoli individui non corrisponde
all’indeterminazione totale nella conoscenza del
comportamento del sistema di cui i singoli fanno parte; e questo
è tanto più vero quanto maggiore è il numero di individui che lo
compongono.
I fisici potrebbero poi obiettare ― e questa ci sembra la
critica più intelligente ― che se esistono le leggi che regolano
la corrente elettrica o quelle della teoria cinetica dei gas, ciò è
stato possibile perché si conoscono le leggi alle quali
obbediscono gli elettroni e le molecole di un gas; e, pertanto,
non conoscendo le leggi che regolano il comportamento del
singolo individuo, non è possibile costruire una fisica che
spieghi il comportamento di grandi masse.
A questo tipo di critica possiamo solo rispondere che la non
conoscenza di tali leggi non implica la loro non esistenza.
Riteniamo, poi, che queste leggi non si conoscono, sia perché,
quasi certamente, sono molto più complesse di quelle
dell’elettrone o delle molecole di un gas, sia perché il
comportamento del singolo individuo è stato studiato
principalmente da menti che non conoscono né la fisica né la
matematica che ne costituisce il principale strumento.
Agli inizi del XVII secolo i fisici, armati del metodo
scientifico elaborato da Galilei e di buone conoscenze di
matematica, hanno costruito, alternando spesso successi a
fallimenti, l’edificio scientifico che oggi ci consente di
“navigare” in internet e di spostarci in poco più di sei ore da
Milano a New York. Per contro, gli studiosi di scienza e
filosofia politica, nonché molti sociologi, non avendo
dimestichezza con le cosiddette scienze esatte (in particolar
modo con la fisica), non hanno potuto intraprendere un
cammino analogo, ed è principalmente per questo che le leggi
che governano il comportamento dei singoli sono ancora
avvolte da una fitta nebbia di mistero.
Osserviamo poi che, se da un lato l’uomo è capace di
espressioni intellettuali la cui singolarità non è riconducibile
(almeno per il momento) ad alcun principio razionale4,
dall’altro, ove si escludano queste ultime, l’agire individuale
3 L’indeterminazione che caratterizza la nostra conoscenza di tutti gli elettroni che fluiscono in
un conduttore, andando a costituire la corrente elettrica del circuito, non diminuisce la nostra
certezza del fatto che quando schiacceremo l’interruttore la lampadina si accenderà. 4 Ci riferiamo alle espressioni artistiche, letterarie, musicali, affettive e tutte quelle dove la
razionalità svolge un ruolo minimo.
7
non è poi tanto imprevedibile, anche perché il comportamento
generale del singolo è soggetto a tre principi, il primo dei quali
è l’istinto innato dell’autoconservazione che, a sua volta, è in
stretta relazione con il secondo, cioè quello della conservazione
della specie. Entrambi questi principi, poi, funzionano in modo
tale da rispettare il terzo che è quello dell’azione minima, e del
quale parleremo in seguito.
Aggiungiamo ancora che le nostre azioni sono in parte
dettate “a priori” dal nostro patrimonio genetico ― c’è, infatti,
chi nasce con una particolare predisposizione per la
matematica, chi con quella letteraria, chi con quella artistica o
musicale, chi ancora con quella della delinquenza o con altre
ancora ― e in parte dettate “a posteriori” dai condizionamenti
familiari e sociali. Tutti, poi, rispondiamo allo stesso modo a
particolari stimoli sociali: tutti abbiamo acquistato
un’automobile, tutti abbiamo acquistato un televisore, tutti
abbiamo acquistato un telefonino cellulare. Infine, in tutte le
società, l’uomo, tranne poche eccezioni, impara ad accettare fin
da piccolo, uniformandosi ad esse, la gran parte delle regole di
convivenza.
Da tutte queste considerazioni nasce, allora, la nostra
convinzione che non esistono serie ragioni che impediscano
l’applicazione dei metodi fisici allo studio del comportamento
di insiemi molto numerosi di individui.
La seconda categoria di critiche prevede che lo studio di
periodi storici caratterizzati dall’opera di grandi uomini
sfuggirebbe ad una trattazione di tipo fisico proprio perché le
particolari direzioni della storia determinate dalla loro opera
sarebbero il frutto del lavoro di singoli individui, e, perciò,
imprevedibili; e questo fatto ci riconduce alla prima categoria
di critiche. In ogni caso è necessario tener presente che molti
grandi uomini della storia sono stati tali sia per la estrema
nefandezza della loro opera che per il grande e positivo
contributo profuso per il progresso dell’umanità. In molti casi
la loro nefandezza è scaturita semplicemente dall’uso
indiscriminato e deplorevole del loro libero arbitrio; e qui la
storia si è subito “richiusa” su di essi, per poi riprendere il suo
“normale” corso. E’ il caso, ad esempio, di alcuni imperatori
romani come Caligola, Domiziano, Commodo ed altri ancora.
In altri casi, invece, la loro pessima opera ha trovato l’incipit
nel sostegno di un grande numero di individui e nella volontà di
grandi complessi industriali e finanziari: in definitiva, nella
volontà politica di una grandissima parte della loro Nazione,
della quale, perciò, hanno rappresentato l’espressione prima ed
ultima. Questo accadeva, ad esempio, per Hitler, Mussolini e
Stalin.
Grandi uomini come Cristo, Maometto e Gandhi hanno
effettivamente determinato il corso della storia successiva; ma,
se esaminiamo i momenti storici in cui essi hanno operato, non
possiamo fare a meno di capire che la loro “missione” non ha
fatto altro che rispondere alle richieste sociali ed economiche
delle popolazioni che li hanno generati in quel particolare
contesto storico, politico e sociale.
Poi, menti eccelse come Galilei, Newton, Einstein hanno fatto
grandi scoperte sia per il loro genio, sia perché tali scoperte
erano “nell’aria”. Il lavoro di Galilei, ad esempio, fu preceduto
da quello di Tycho Brache e di Copernico; Newton scoprì il
calcolo differenziale e integrale contemporaneamente a
Leibniz, ma in modo del tutto indipendente da quest’ultimo. Le
scoperte di Einstein furono precedute e rese possibili dagli studi
di Maxwell e Lorentz.
Ora neanche in questi casi ci sentiamo di affermare che il
corso della storia sia stato determinato, in modo imprevedibile
ed imprevisto. Sosteniamo, invece, che grandi uomini come
quelli citati abbiano semplicemente individuato particolari
percorsi del cammino dell’umanità rendendoli più praticabili.
In definitiva, siamo del parere che neanche la singolarità
dell’azione di questi grandi personaggi impedisca un approccio
8
di tipo fisico ai processi storici, ma che tale approccio è reso
persino più agevole.
Ricordiamo, poi, che fra le scienze sociali ne esiste una che
ha come soggetto l’uomo e che è sottoposta a leggi
matematiche ben precise, risultando in questo modo essere la
più quantificata e quantificabile fra le discipline sociali, ed è
l’economia; e questo fatto ci rende ancora più certi della
possibilità di affrontare con metodi fisici alcuni fenomeni
macropolitici e macroeconomici.
Concludiamo questa premessa osservando che da Auguste
Comte in poi, cioè dalla nascita della sociologia, non è stato
proposto alcun modello matematico, statistico o fisico che
abbia oggettive potenzialità euristiche e descrittive per spiegare
il comportamento di insiemi molto numerosi di esseri umani.
Ciò è anche dovuto al fatto che la maggior parte dei teorici
della sociologia, della scienza politica e della filosofia politica,
nonché moltissimi storici, per loro indole, sono privi delle
adeguate conoscenze matematiche e fisiche che
consentirebbero loro di capire nel modo appropriato il valore
del metodo scientifico e l’importanza metodologica dei modelli
matematici.
In queste pagine è descritto, sia nella teoria che nelle
applicazioni, il tentativo di costruire un tale modello dei
fenomeni storici e politici. E’ il primo tentativo in questa
direzione. Senza dubbio non è privo di errori e di illazioni, ma,
in ogni caso, traccia, anche se in modo ancora incompleto e
impreciso, le linee di nuovi percorsi per l’indagine storica,
politica e sociologica.
2 La “massa politica”.
Anticipiamo ora, almeno qualitativamente, il concetto di
“massa politica” sia perché questa è il “cuore” di tutta la fisica
politica, sia perchè il lettore non “ferrato” in fisica sia messo in
condizione di poter comprendere e valutare, fin da queste prime
pagine, il significato e lo scopo di questo lavoro.
Quando ascoltiamo un professionista della politica usare
l’espressione “massa politica”, intuitivamente sia egli che noi
comprendiamo bene a cosa si riferisce questa espressione, ma
nel momento in cui tentiamo di attribuirle un significato
oggettivo e un valore misurabile, l’unico risultato che
otteniamo, senza usare numeri e formule matematiche, è quello
di produrre infinite parole che si prestano ad infinite critiche e
interpretazioni diverse e che generalmente dividono i pensatori
in due categorie: i sostenitori della tal teoria e i suoi oppositori.
Per poter dare un significato oggettivo all’espressione
“massa politica” dobbiamo necessariamente trovare una
pertinente analogia con la massa fisica. Pertanto incominciamo
col dire che in fisica la massa è quell’attributo di un corpo
materiale che gli consente di offrire resistenza all’azione di
forze che agiscono su di esso. In fisica essa è definita attraverso
il secondo principio della dinamica come il coefficiente di
proporzionalità che lega la forza esercitata su un corpo alla
accelerazione (cioè la variazione di velocità) impressa al corpo
stesso : F = m x a (dove m è la massa del corpo). Il
significato di questa semplice relazione è il seguente: se
vogliamo imprimere ad un corpo di massa m una
accelerazione a dobbiamo esercitare sul corpo una forza F; se,
poi, la massa del corpo non è m ma 2m (cioè doppia) per
imprimergli la stessa accelerazione dobbiamo esercitare su di
esso una forza doppia. Per questi motivi è lecito associare alla
massa la quantità di materia di cui è composto un corpo. Si
osserva, poi, come la massa di un corpo sia il fattore che offre
resistenza alla variazione della velocità del corpo; per cui,
maggiore sarà la massa del corpo, tanto maggiore sarà la
resistenza che il corpo offre alla variazione della sua velocità.
Ciò accade perché in natura è valido il primo principio della
dinamica (detto anche principio di inerzia) che impone che ogni
corpo non soggetto a forze permanga nel suo stato di moto
9
rettilineo uniforme o resti immobile rispetto ad un determinato
sistema di riferimento.
Se la materia non fosse caratterizzata dalla massa, tutta la
fisica non sarebbe possibile5. Analogamente, anche la fisica
politica non sarebbe possibile senza poter associare ad insiemi
molto numerosi di esseri umani qualcosa che abbia in maniera
inequivocabile le stesse caratteristiche della massa fisica. A tale
scopo proponiamo due esempi che, a prima vista, possono
sembrare banali, ma che, alla fine, risulteranno estremamente
illuminanti.
- Un uomo povero, ignorante e malato è in grado di offrire
una resistenza estremamente debole a qualsiasi tipo di
sollecitazione sociale e, viceversa, è in grado di esercitare sul
suo mondo sociale azioni quasi insignificanti. Per contro, un
uomo molto ricco, molto istruito e molto sano è in grado di
offrire una resistenza di gran lunga maggiore a qualsiasi tipo di
sollecitazione sociale e, viceversa, è in grado di esercitare sul
suo mondo sociale azioni molto più intense.
- Estendendo lo stesso concetto ad insiemi molto numerosi di
esseri umani possiamo dire che Una Nazione povera, con un
basso livello medio di istruzione e con un’aspettativa di vita
media molto bassa per ogni individuo è in grado di offrire, nel
suo contesto geo-politico, una resistenza molto debole a forze
socio-politiche, economiche, militari e naturali e, viceversa, è
in grado di esercitare verso il suo contesto geo-politico forze
estremamente deboli. Per contro, una Nazione molto ricca, con
un livello medio di istruzione molto alto e con una lunga
aspettativa di vita media per ogni individuo è in grado di
esercitare sul suo contesto geo-politico forze significativamente
notevoli.
In entrambi gli esempi ciò che fa la differenza tra i due
uomini e le due Nazioni è costituito dai corrispettivi elementi
sociali di povertà, istruzione e salute, ai quali corrispondono,
nelle statistiche socio-economiche, i seguenti indici: PIL pro
capite annuo, aspettativa media di vita alla nascita, livello
medio di istruzione.
Con questi due esempi abbiamo, perciò, messo in evidenza
gli elementi socio-politici che sono in grado di caratterizzare
insiemi molto numerosi di esseri umani e fanno si che questi si
comportino come se fossero corpi materiali, cioè, come se
avessero una massa. Questi tre elementi, a loro volta, danno
luogo all’Indice di sviluppo umano (ISU6) con il quale siamo
ora in grado di definire in termini oggettivi la massa politica di
un oggetto politico: essa è il prodotto del numero dei suoi
abitanti per il suo ISU.
Per poter rendere ancora più chiaro il suo significato
applichiamo l’espressione “massa politica” alla Francia (circa
60 milioni di abitanti) e all’Etiopia (circa 63 milioni di abitanti)
e domandiamoci cosa è che ci fa dire che la Francia ha una
massa politica maggiore dell’Etiopia, dal momento che il
numero delle loro popolazioni è molto simile. Si capisce,
perciò, che abbiamo bisogno di uno o più parametri da usare
assieme al numero della popolazione per tentare di definire ciò
che fa la differenza tra le due masse politiche.
Ciò che risulta subito evidente agli occhi di tutti è la
differenza tra il “tenore medio” di vita delle due popolazioni.
La prima cosa che ci viene in mente per quantificare questa
differenza è quella di prendere in considerazione la ricchezza
delle due Nazioni; ma questa, che generalmente è indicata dal
prodotto interno lordo, non è né sufficiente né adeguata per il
semplice motivo che in moltissime Nazioni non è equamente
distribuita. Perciò l’unica alternativa che abbiamo è quella di
5Uno degli esperimenti a cui stanno lavorando i fisici del Cern è volto,
attraverso l’uso dell’ acceleratore di particelle indicato dalla sigla Lhc
(Large hadron collider), alla ricerca di una particella elementare chiamata
“bosone di High” la cui importanza risiede nel fatto che questa particella
darebbe massa a tutta la materia. 6 V. pag. 24.
10
prendere in considerazione l’ISU. Questo indice non tiene
conto solo del PIL, ma anche della condizione sia culturale che
sanitaria della popolazione di una Nazione. E’ ovvio,
comunque, che questi tre parametri, la cui media dà luogo
all’ISU, non rappresentano, da soli e in modo esaustivo, ciò che
fa la differenza tra le due Nazioni, in termini di benessere
sociale e tenore di vita, a parità di popolazione. Ma, purtroppo,
oggi disponiamo solo di questo per poter quantificare, almeno
grossolanamente, questi due ultimi attributi sociali.
Usando la definizione precedentemente data otteniamo per
la Francia una massa politica pari a
60.000.000 x 0,952 = 57.120 Kgm,
mentre per l’Etiopia una massa politica pari a
63.000.000 x 0,406 = 25.178 Kgm.
Ma cosa significa e cosa implica il fatto che la Francia ha
una massa politica più che doppia di quella dell’Etiopia? Se
vogliamo aumentare di una unità la velocità con la quale
“migliora” il tenore di vita medio dei Francesi7 dobbiamo
esercitare una forza doppia rispetto a quella che occorrerebbe
se volessimo ottenere lo stesso risultato per gli Etiopi. Ma
esercitare una forza significa, sia in fisica che nelle scienze
sociali, “spendere” una certa quantità di energia; e questa, sotto
qualsiasi forma si presenti, ha sempre un costo. Quindi per la
Francia spenderemmo una cifra doppia di quella che
occorrerebbe per l’Etiopia.
Vediamo ora, in termini più vicini alle scienze sociali, il
perché di questa sostanziale differenza di spesa.
Per fare questo confronteremo tra loro i parametri che
intervengono nel calcolo degli ISU dei due paesi.
I dati che ci occorrono sono evidenziati nella seguente
tabella, e si riferiscono al 2005.
Nazione Indice
PIL
Speranza di vita Indice
istruzione
ISU
Francia 0.954 0,919 0,982 0.952
Etiopia 0,393 0,446 0,380 0,406
Dai valori esposti si evince subito che il sistema produttivo
francese, intimamente connesso con quello economico, è molto
più sviluppato e complesso nelle sue strutture rispetto a quello
etiope; le stesse osservazioni possono senz’altro essere fatte per
gli altri due sistemi, quello sanitario e quello scolastico -
universitario. Bisogna aggiungere, inoltre, che questi tre sistemi
sono supportati da altri sistemi nazionali, altrettanto sviluppati e
complessi, che, direttamente o indirettamente, ne garantiscono
il funzionamento; e ci riferiamo a quello dei trasporti, a quello
delle comunicazioni, a quello della produzione e distribuzione
dell’energia, a quello della distribuzione idrica, e, non ultimo, a
quello politico. I corrispondenti sistemi etiopi, rispetto a quelli
francesi, risultano, se dobbiamo credere agli indici cui danno
luogo, quantomeno sottosviluppati. E’ più che evidente, allora,
che per elevare la qualità di vita dei Francesi bisogna
intervenire in sistemi sociali, politici ed economici la cui vastità
e complessità richiede investimenti economici di gran lunga
superiori rispetto a ciò che possano richiedere gli analoghi
sistemi etiopi di gran lunga meno sviluppati.
Nella dinamica politica vedremo, poi, come sarà possibile
calcolare per ogni singola Nazione la somma di denaro da
spendere per elevarne di una data “quantità” la qualità media
7 Questi concetti verranno chiariti e precisati in termini matematici nei capitoli dedicati alla
cinematica e alla dinamica politica.
11
della vita della sua popolazione.
3 L’indice di sviluppo umano
Alcuni decenni or sono l’O.N.U. mise a punto un programma
chiamato UNDP8 con lo scopo di migliorare le condizioni
umane in ogni parte del mondo. Il primo problema che dovette
essere risolto all’interno di questo programma fu quello di
stabilire attraverso quali parametri fosse possibile definire la
condizione umana della popolazione di una Nazione.
Secondo la definizione data dall’UNDP, lo sviluppo umano è
“un processo di ampliamento delle possibilità umane che
consenta agli individui di godere di una vita lunga e sana,
essere istruiti e avere accesso alle risorse necessarie ad un
livello di vita dignitoso”.
Per dare un significato oggettivo a tale definizione fu
formulato e proposto l’HDI9 che fu usato per la prima volta nel
1990 nel “Primo rapporto sullo sviluppo umano”10
ad opera
delle Nazioni Unite.
L’ISU11
, calcolato per un determinato anno e riferito ad una
certa Nazione, indica, quindi, lo sviluppo umano della
popolazione di quella Nazione e attribuisce un valore compreso
fra 0 e 1 al livello sociale economico e culturale di quella
Nazione.
Nel determinare il suo valore gli esperti tengono conto dei
seguenti fattori:
a) condizioni economiche, attribuendo un indice al PIL12
pro capite;
b) condizioni sanitarie, ed in particolare l’aspettativa di
vita alla nascita di ciascun individuo;
c) condizioni culturali, ossia il livello di alfabetizzazione
della popolazione adulta, tenuto conto anche del numero di anni
trascorsi a scuola da ciascun individuo.
Poiché le scelte politiche di uno Stato danno un indirizzo
preciso all’utilizzo delle risorse umane e materiali della
Nazione, è evidente che tali scelte determinano anche
l’andamento dell’ISU nel tempo.
Ci si domanda ora se i tre parametri che determinano l’ISU
siano sufficienti a descrivere la condizione politica di una
Nazione. Certamente no, e per diversi motivi, i più importanti
dei quali sono legati al fatto che l’ISU non tiene conto: del
livello di tecnologia raggiunto da una determinata Nazione e
della sua diffusione tra la popolazione; della sua competitività
commerciale; della sua competitività bellica; delle infrastrutture
che rendono possibile un determinato tenore di vita; del tipo di
giustizia e del modo in cui questa è amministrata dallo Stato e,
probabilmente, di molti altri parametri.
Sembra logico, quindi, far intervenire nella determinazione
della condizione politica e sociale di una Nazione altri elementi
che tengano conto dei fattori esposti.
Per il primo di questi si può fare riferimento all’ IPT13
; per il
secondo si potrebbe tenere conto del rapporto tra il valore della
totalità delle importazioni e quello della totalità delle
esportazioni; il terzo potrebbe essere calcolato come il rapporto
percentuale tra la spesa militare di uno Stato in un determinato
anno e la sua spesa totale nello stesso periodo.
L’importanza della competitività bellica, poi, sta nel fatto
che ogni Nazione, ciascuna in ragione delle sue condizioni
politiche, è pronta a difendere anche militarmente le proprie
8 UNDP = United Nations Development Program = Programma delle Nazioni Unite per lo
Sviluppo.
9 HDI = Human Development Index; in Italia tale indice viene indicato con la sigla ISU =
Indice dello Sviluppo Umano.
10 I rapporti annuali sono disponibili sul sito www.undp.org.
11 Da ora in poi useremo la sigla ISU invece di HDI. 12 PIL = prodotto interno lordo. 13 Indice del progresso tecnologico; questo tiene conto del livello di tecnologia raggiunto
da una Nazione e della sua diffusione tra la popolazione.
12
risorse energetiche ed il benessere raggiunto. Inoltre, la potenza
bellica di una Nazione deve essere considerata non solo in vista
di guerre da combattere, ma anche in previsione di una difesa
da attacchi esterni.
Per quanto riguarda l’ultimo punto, la valutazione del tipo di
giustizia amministrata dovrebbe tener conto dell’indipendenza
della magistratura dagli altri poteri dello Stato, della parità tra
le prerogative della accusa e della difesa sia nei processi penali
che in quelli civili, e, inoltre, della presenza o meno di una
giuria popolare nei procedimenti penali.
Ciò premesso, l’ISU è attualmente lo strumento statistico che
descrive nel modo più vicino alla realtà il tenore di vita delle
popolazioni delle singole Nazioni.
Bisogna poi sottolineare il fatto che i mezzi e i metodi di
rilevamento dei dati utili alla sua determinazione sono stati
all’inizio inadeguati ed insufficienti, raggiungendo solo con il
tempo un’attendibilità sempre maggiore ma che è, a nostro
avviso, ancora lontano dalla precisione che occorrerebbe per i
nostri scopi. E’ inoltre sensato pensare che tale attendibilità
debba essere sottoposta a ulteriori critiche quando l’ISU vuole
descrivere la condizione umana di Nazioni soggette a regimi
dittatoriali ed ancor più di quelle dove la religione assume un
ruolo fortemente politico e di sostegno al regime.
Tuttavia lo useremo per la costruzione dello strumento
euristico che impegnerà le prime due parti di questo lavoro.
Non possiamo fare diversamente, almeno fino a quando gli
esperti di indagini statistiche, i sociologi e gli economisti non ci
metteranno a disposizione uno o più altri parametri che siano in
grado di sostituire l’ISU.
4 Calcolo dell’indice di sviluppo umano.
Per calcolare l’indice di sviluppo umano dobbiamo tener
presente che esso è la media aritmetica di tre parametri:
Is = indice di speranza di vita alla nascita;
Ia = indice di alfabetizzazione;
Ip = indice del PIL pro capite annuo14
;
questi tre indici, a loro volta, vengono calcolati tenendo conto
dei valori minimi, massimi ed attuali delle seguenti quattro
grandezze:
S = speranza di vita alla nascita;
A = alfabetizzazione adulta;
Ai = Iscrizioni congiunte;
P = PIL pro capite annuo.
I valori di queste quattro grandezze sono riassunti nella
seguente tabella.
Min Max
S 25 85
A 0 100%
Ai 0 100%
Diamo qui di seguito i valori attuali di alcune Nazioni.
S A Ai P
Canada 79,1 99,0 100 6.231
Brasile 66,6 86,3 72 5.928
Egitto 64,8 51,4 69 3.829
14
L’indice Pil si calcola nel seguente modo: posto N = indice PIL, si ha:
N = (gdp = PIL pro capite annuo)
13
Bangladesh 56,9 38,1 37 1.382
Brunei 75,1 88,2 74 6.283
Lussemburgo 76,1 99,0 58 6.287
Il calcolo è svolto nel seguente modo:
Is = Va(s) - min(s)
Max(s) - mim(s)
Ia = 2[Va(A) - min(A)] + Va(Ai) - min(A)
3[max(A) - min(A)] 3[max(Ai)-min(Ai)]
Ip = Va(P) - min(P)
Max(P)- min(P)
(Va = valore attuale);
infine:
ISU = Is + Aa + Ip.
3
5 La Fisica Politica.
Molto spesso, e specialmente attraverso i “mass media” si
sentono espressioni come: “la pressione politica esercitata da
tale Stato…”, “la potenza economica espressa da quella
Nazione…”, “la forza bellica usata da…”; in queste espressioni
vengono usati termini come potenza, forza, pressione, ed altri
che trovano la loro definizione ed applicazione in fisica. Ci si
chiede, a questo punto, se sia possibile, nel trattare le vicende
umane, usare gli stessi concetti e lo stesso formalismo
matematico della fisica. La fisica politica tenta di dare una
risposta a questo interrogativo.
Vediamo quale potrebbe essere la risposta.
L’Indice di sviluppo umano precedentemente descritto è una
grandezza che varia nel tempo e perciò può essere
caratterizzato da una velocità e da una accelerazione. Per
questo motivo esso può essere assunto come una delle
grandezze fondamentali di questa nuova disciplina.
La fisica politica, quindi, proponendosi di studiare il
comportamento e l’evoluzione nel tempo di grandi agglomerati
umani alla luce delle leggi della fisica classica, farà uso degli
stessi concetti quali spazio, tempo, massa, velocità, forza, ed
altri ancora, con i dovuti adattamenti e modifiche.
Bisogna precisare che, non trattando di oggetti materiali
caratterizzati da dimensioni, moti e masse reali, l’analogia di
questa disciplina con la fisica classica è puramente formale.
La fisica politica farà uso dell’ISU il quale, risultando essere
un utilissimo strumento nel descrivere con buona
approssimazione la condizione sociale, economica e politica
delle Nazioni, sarà indispensabile nella trattazione fisica dei
fenomeni umani quando questi interessano un grande numero
di persone.
L’ISU, che è un indice statistico, intervenendo nella maggior
parte delle leggi della fisica politica, renderà quest’ultima, al di
là del suo formalismo meccanicistico, una disciplina di natura
sostanzialmente statistica.
L’oggetto della fisica politica, ovvero il suo campo di
indagine, sarà costituito dalla storia, dalla politica interna delle
singole Nazioni e dalla politica internazionale.
Come per la fisica, la descrizione di questa disciplina si
articolerà attraverso il seguente schema:
a) Meccanica, suddivisa in:
statica, che studierà l’equilibrio delle forze che si
14
esercitano tra oggetti politici15
o all’interno di questi;
cinematica, che tratterà del moto degli oggetti politici
indipendentemente dalle forze che lo generano;
dinamica, che si occuperà del moto degli oggetti politici in
relazione alle forze che lo generano;
urti tra particelle, al fine di costruire una “teoria cinetica
umana” volta ad una descrizione quantitativa delle energie in
gioco nei processi di interazione rapida ed intensa fra uno o più
oggetti politici.
b) Termodinamica, che, proponendo definizioni oggettive di
calore e temperatura, studierà le trasformazioni dell’energia in
lavoro, e viceversa, nelle interazioni di più oggetti politici.
Nella trattazione che segue si farà uso di un livello di
conoscenza medio della matematica per dar modo ad un elevato
numero di persone di accostarsi a questa disciplina senza
eccessive difficoltà di comprensione e studio.
Lo scopo di queste pagine è quello di proporre un modello di
natura matematica idoneo a determinare, attraverso l’analisi
dell’evoluzione socio-politica dei singoli oggetti politici e delle
interazioni fra di loro, gli interventi necessari per migliorare le
condizioni umane di tutte le popolazioni, ed in particolare
modo di quelle del “terzo mondo”.
6 – Alcune definizioni.
Nelle pagine precedenti abbiamo usato diverse volte i termini
“Stato” e “Nazione”; da questo momento essi verranno usati
indicando col primo l’insieme formato da tutti gli apparati
burocratici preposti al governo di una popolazione (quali
Governo, Parlamento, Magistratura, Esercito, enti locali,
sistema sanitario e previdenziale nazionale, sistema scolastico
ed universitario, rete nazionale dei trasporti, e tutti gli
organismi che operano come espansione di tali enti); con il
secondo l’oggetto costituito dallo Stato e dalla popolazione da
esso governata.
Le leggi della fisica descrivono il comportamento di
“oggetti” le cui dimensioni spaziali variano da quelle
infinitamente piccole delle particelle sub-nucleari a quelle
infinitamente grandi delle galassie. Quelle della fisica politica,
invece, descrivono il comportamento di “oggetti politici” le cui
dimensioni sono di natura completamente diversa.
Per precisare meglio quanto abbiamo detto, innanzitutto
definiamo come oggetto politico un insieme di almeno
100.000 persone legate assieme da interessi comuni 16
.
Il termine “oggetto politico” può essere attribuito ad uno
Stato, ad una Nazione, ad una popolazione, ad un esercito, ad
una organizzazione terroristica, ad una associazione sindacale o
politica, ad un ordine religioso o ad altri insiemi di persone che
abbiano in comune una attività e/o uno scopo. Aggiungiamo,
inoltre, che la popolazione di un oggetto politico può
appartenere totalmente o in parte ad un altro oggetto politico.
E’ il caso, ad esempio, della popolazione dell’oggetto politico
costituito da un sindacato italiano: la sua popolazione
appartiene anche all’oggetto politico più grande che è costituito
dalla Nazione italiana.
Ogni oggetto costituito da una Nazione è caratterizzato da un
ISU che viene calcolato dall’ UNDP 17
. Se, invece, l’oggetto
politico è diverso, il suo ISU viene calcolato, per i nostri scopi,
con metodi di estrapolazione dal contesto globale della Nazione
15
Per la definizione di oggetto politico cfr. pag. 30. 16
Un oggetto politico composto da un numero di individui inferiore a
centomila sarebbe troppo piccolo perché il suo impatto sociale sarebbe
del tutto trascurabile.
17
Ogni anno l’UNDP pubblica un “Rapporto sullo sviluppo umano” che
contiene, tra le altre cose, l’elenco degli ISU di circa 170 Nazioni. Ogni
rapporto pubblicato si riferisce, poi, alla condizione socio-economica
mondiale relativa a due anni prima.
15
a cui appartiene, con l’ausilio di altre discipline come la
demografia e la demografia storica, la sociologia, l’economia, o
attraverso congetture e deduzioni che di volta in volta saranno
specificate; inoltre un oggetto politico è da intendersi come un
organismo dotato di una vita propria e legato ad altri oggetti
politici mediante interazioni di natura economica, culturale,
sociale e politica, e, fino a quando è “vivo”, ha la capacità di
auto sostenersi, nel senso che è in grado di prendere dalla
natura o da altri oggetti politici tutto ciò che gli serve per
vivere. Da queste considerazioni emerge anche il fatto che la
principale attività di ogni oggetto politico è quella di auto
sostenersi, anche a danno di altri oggetti politici. Esistono poi
oggetti politici che, per loro natura, inserendosi in altri oggetti,
vi svolgono attività parassitarie; è il caso, ad esempio, delle
organizzazioni malavitose di tipo mafioso o camorristico,
confessioni e ordini religiosi e, non ultime e non sempre,
organizzazioni sindacali. La capacità di un oggetto politico di
auto sostenersi non è, comunque, costante, ma è soggetta ad
oscillazioni più o meno ampie che dipendono non solo dalla
bontà ed efficienza dei suoi rapporti con la natura e con altri
oggetti, ma anche dal “funzionamento” dei suoi “meccanismi”
interni . Quando tale capacità tende a diminuire l’oggetto
politico tende a scomparire dal contesto sociale in cui “viveva”;
ma la scomparsa di un oggetto politico non implica
necessariamente la scomparsa dei singoli individui che ne
facevano parte; questi ultimi, in genere, saranno parte di un
diverso oggetto politico. Va aggiunto, poi, anche il fatto
essenziale che le azioni di ogni oggetto politico obbediscono al
principio di autoconservazione per cui nessun oggetto politico
desidera scomparire dal contesto sociale nel quale vive; e ciò
determina anche la sua etica di base che consiste, appunto, nella
tendenza a non attuare azioni che possano compromettere la
propria esistenza. Infine sottolineiamo la circostanza che ogni
oggetto politico ha un centro di potere18
che è gestito, in genere,
da persone prive di scrupoli. Quest’ultima caratteristica fa in
modo che esistano molte organizzazioni che, mascherandosi in
altri oggetti politici con aspetti e scopi umanitari, abbiano
come scopo primario ed occulto l’arricchimento delle persone
che ne gestiscono la guida e l’estensione del loro potere.
Le grandezze fondamentali della meccanica classica sono la
lunghezza, il tempo e la massa; a queste tre grandezze faremo
corrispondere in fisica politica rispettivamente lo spazio
politico, rappresentato dalla scala dei valori di I 19
, lo stesso
tempo della fisica, e la massa politica, prodotto tra il numero
di individui di cui è composto un oggetto politico e il suo ISU.
Osserviamo che, mentre in fisica vengono affrontati
prevalentemente problemi in cui la massa è costante, in fisica
politica, per i fattori che intervengono nella sua definizione, la
massa risulterà variabile. Comunque, se si considerano
intervalli di tempo sufficientemente brevi in relazione al
problema da trattare si ha ragione di credere che l’errore che si
commette nell’assumere la costanza della massa politica sia di
grandezza trascurabile 20
.
Queste tre grandezze verranno trattate con lo stesso
formalismo matematico usato nella fisica. Esse, come altre,
che, per essere espresse, hanno bisogno solo di un numero,
vengono dette grandezze scalari, per distinguerle da altre
grandezze, come forza, velocità, accelerazione ed altre, che
vengono dette vettoriali e per le quali è necessario stabilire una
intensità, cioè un numero che esprime la grandezza del vettore,
una direzione, chiamata retta d’azione, cioè quella lungo la
quale agisce il vettore, ed un verso, che indica uno dei due
sensi in cui può essere orientata la retta d’azione.
18 V. p. 153, “alcuni princîpi”.
19 In fisica politica, come verrà spiegato, lo spazio ha una sola dimensione.
20 Ad esempio, per un ∆t = 5 anni risulta una variazione media della massa politica del
4% circa. Per le Nazioni più progredite, poi, tale variazione si riduce, per lo stesso
intervallo di tempo, all’1-2%.
16
In fisica politica la retta lungo la quale agiscono tutti i vettori
è unica; non esistono, cioè, altre direzioni percorribili (l’ISU
può solo aumentare o diminuire). Per questo motivo in fisica
politica le grandezze vettoriali verranno trattate come quelle
scalari.
17
“…Conviene di necessitade tutta la terra, e quanto l’umana generazione a
possedere è dato, essere monarchia, cioè un solo principato, e uno principe
avere; lo quale, tutto possedendo e più desiderare non possendo, li regi
tegna contenti ne li termini de li regni, sì che pace intra loro sia, ne la quale
si posino le cittadi… ”
(Dante, “De Monarchia”)
P A R T E P R I M A
Meccanica - politica
18
Capitolo I: Cinematica.
I - 1 Moto politico.
Quando un oggetto cambia la sua posizione nello spazio
siamo soliti dire che “si è mosso”. Vogliamo ora capire cosa
intendiamo quando diciamo che un oggetto politico si muove;
perciò, per introdurre il concetto di moto politico dobbiamo
innanzitutto precisare che non ci riferiamo a spostamenti reali,
e, quindi, dobbiamo definire uno spazio “diverso” da quello
fisico in cui sia possibile considerare che la posizione di un
oggetto politico possa cambiare, ossia uno spazio in cui si
possa dire che un oggetto politico si è mosso.
Questo spazio non è tridimensionale come quello della fisica
classica, ma è caratterizzato da una sola dimensione che è
quella di una semiretta ai punti della quale vengono associati i
valori dell’ISU dell’oggetto politico. Se in un determinato
intervallo di tempo l’ISU dell’oggetto è cambiato allora
diciamo che l’oggetto stesso si è mosso.
Con queste premesse possiamo allora dire che il moto di un
oggetto politico è semplicemente determinato dall’evoluzione
nel tempo dell’ISU che lo caratterizza; pertanto, un oggetto
politico può essere in quiete, in moto uniforme, in moto
accelerato o vario a seconda che il suo ISU resti lo stesso nel
tempo o cambi con o senza regolarità.
Con riferimento alla figura, in cui è rappresentata la
variazione dell’ISU di un oggetto politico al variare del tempo,
assumendo come spazio percorso da un oggetto politico in un
intervallo di tempo la corrispondente variazione dell’ISU,
possiamo dire che un oggetto ha percorso uno spazio Δs = I2 –
I1. Ponendo Δs = ΔI, avremo allora
ΔI = I2 – I1 .
ISU
I2 s2
I1 s1
t1 t2 tempo
Non dovendo trattare oggetti materiali per i quali il moto può
avere tre componenti spaziali, lo studio del moto politico
risulterà molto più semplice. Tale moto potrà infatti essere
rappresentato graficamente in un sistema di riferimento
cartesiano ortogonale bidimensionale in cui l’asse delle ascisse
rappresenta il tempo t e quello delle ordinate lo spazio I
(ovvero i valori di I ), come mostrato nella figura precedente.
Per misurare lo spazio politico utilizzeremo il metro
politico, con la convenzione che 1 metro politico corrisponde
ad una variazione di I pari a 0,001.
Per il tempo assumeremo come unità di misura l’anno21
.
I - 2 Moto uniforme.
Ora che abbiamo capito come un oggetto politico si possa
muovere, vogliamo stabilire quali sono le caratteristiche di
questo moto. Per fare ciò abbiamo bisogno di introdurre il
concetto di velocità politica: questa è il rapporto tra lo spazio
politico percorso ed il tempo impiegato a percorrerlo. La sua
unità di misura è il metro politico all’anno, e corrisponde a
quella di un oggetto politico il cui ISU sia variato in un anno di
21
Per i nostri scopi non è necessario distinguere tra anno solare e anno
commerciale
19
10-3
.
Ora possiamo classificare il moto politico in relazione alla
sua velocità. In particolare il moto viene detto uniforme
quando spazi uguali vengono percorsi in tempi uguali, ovvero,
quando la sua velocità è costante.
Facciamo un esempio pratico. Immaginiamo un oggetto che
all’istante t0 abbia un ISU pari a I0. Se all’istante generico t
il suo ISU sarà diventato It lo spazio percorso nell’intervallo
di tempo Δt = t - t0 sarà
ΔI = It - I0
per cui la velocità nel percorrere lo spazio politico ΔI sarà
data da
v = (1)
da cui si ricava subito:
It = I0 + v Δt; (1’)
questa espressione ci dice che la posizione It occupata da un
oggetto politico all’istante generico t è data dalla sua posizione
iniziale aumentata del prodotto della velocità per il tempo in cui
il moto è durato. In altri termini la (1’) ci dice quale sarà l’ISU
di un oggetto fra t anni, noto quello attuale e la sua velocità
politica, se questa è costante.
Nel nostro esempio la velocità è costante, e, in tal caso, il
moto dell’oggetto politico viene detto uniforme; ma può anche
accadere che non sia così. In questo caso la v della (1)
rappresenta solo la velocità media con cui l’ISU cambia
nell’intervallo di tempo considerato; è possibile, infatti, che in
tale intervallo di tempo v abbia assunto valori diversi da
quello calcolato tramite la (1) che ne rappresenta, appunto, il
valore medio nell’intervallo di tempo Δt.
Immaginiamo ora di rimpicciolire l’intervallo di tempo Δt
in uno sempre più piccolo fino a che questo non diventi così
piccolo da poter essere considerato un singolo istante; quello
che succede è che anche ΔI diventerà molto piccolo
rappresentando in tal modo il movimento effettuato in un
intervallo di tempo grande come un istante. Ma dividere tra loro
il ΔI e il Δt “istantanei” equivale effettuare un’operazione
matematica detta calcolo del limite di una funzione e che viene
indicata, nel nostro caso con
cioè: in un determinato istante la velocità istantanea è la
derivata 22
prima dello spazio rispetto al tempo.
Bisogna comunque osservare che l’operazione di limite
necessita di una condizione precisa a cui devono obbedire le
grandezze coinvolte nell’operazione. Più precisamente, per
rimpicciolire a piacere gli intervalli ΔI e Δt, questi devono
essere “continui”; Ciò significa che, comunque piccolo si
22
Diamo qui la definizione analitica di derivata di una funzione.
Sia y = f(x) una funzione reale della variabile reale x, definita in un
sottoinsieme di R (R = campo dei numeri reali); quando la variabile
indipendente passa da un particolare valore x0 al valore x diciamo che ha
subito l’incremento Δx = x – x0; contemporaneamente la sua immagine
(ordinata) è passata dal valore f(x0) al valore f(x), subendo l’incremento
Δf(x) = f(x)-f(x); il rapporto Δf(x)/Δx viene chiamato rapporto
incrementale. Il limite di tale rapporto quando Δx tende a zero, se esiste
ed è finito, viene chiamato derivata prima della funzione nel punto x0 e si
indica con f’(x0). Ora, osservando che le quantità ΔI e Δt non sono
altro che gli incrementi sui rispettivi assi della funzione I = f(t), si vede
come il limite del loro rapporto, per Δt tendente a zero, non è altro che la
derivata prima dello spazio rispetto al tempo.
20
scelga un intervallo spaziale o temporale, in esso devono
esserci sempre infiniti punti. Ora, mentre per il moto di un
oggetto fisico lo spazio e il tempo sono grandezze che variano
con continuità, in fisica politica il tempo è sempre lo stesso,
mentre lo spazio, ossia l’ISU, è diverso e perciò vogliamo
vedere se è possibile trattarlo come una grandezza continua ed
entro quali limiti. A tal proposito ricordiamo che l’ISU viene
calcolato ogni anno per ogni singola Nazione e, perciò, se ci
riferiamo ad intervalli di tempo lunghi un anno, il suo variare
avviene per quantità discrete, non continue. Ciò nonostante
nulla ci impedisce di pensare che, se I1 e I2 sono i valori
dell’ISU di un oggetto politico relativi a due anni successivi, tra
di essi ci sia una successione infinita di valori che uniscono con
continuità I1 e I2.
I - 3 Moto uniformemente accelerato.
Se la velocità non è costante vuol dire che spazi uguali non
vengono percorsi in tempi uguali; quando questo accade si
parla di moto accelerato.
Si definisce accelerazione politica il rapporto tra la
variazione della velocità politica Δv e l’intervallo di tempo
Δt in cui avviene tale variazione. Se la velocità varia in modo
costante, cioè a Δt uguali corrispondono Δv uguali,
l’accelerazione sarà costante ed il moto verrà detto
uniformemente accelerato.
L’unità di misura dell’accelerazione è il metro
politico/anno2.
Indicando con a l’accelerazione, con v0 la velocità del
moto politico di un oggetto all’istante t0, con vt la velocità
all’istante t, l’incremento della velocità e l’intervallo di tempo
saranno rispettivamente
∆v = vt - v0 e ∆t = t - t0
per cui l’accelerazione sarà data da
a = ∆v = vt - v0 (2)
∆t ∆t
da cui si ricava:
vt = v0 + a∆t . (3)
Quest’ultima espressione, che rappresenta la legge con cui la
velocità cambia nel tempo, può essere letta dicendo che la
velocità politica al tempo t è data da quella iniziale aumentata
del prodotto dell’accelerazione per l’intervallo di tempo
considerato.
Nella (2) a rappresenta l’accelerazione media calcolata
nell’intervallo di tempo ∆t.
Analogamente a quanto detto per la velocità, è possibile, che
in tale intervallo di tempo a abbia assunto valori diversi da
quello medio e che la (2) non ci consente di conoscere. Può,
comunque, risultare interessante conoscere l’accelerazione che
caratterizza il moto politico in un determinato istante; questa è
detta appunto accelerazione istantanea ed è definita nel
seguente modo:
a = lim ∆v = dv
∆t→0 ∆t dt
21
cioè: l’accelerazione istantanea in un determinato istante è la
derivata prima della velocità rispetto al tempo 23
.
Il concetto di accelerazione istantanea va accettato con le
stesse considerazioni fatte per la velocità istantanea.
Se a è costante il moto politico viene detto uniformemente
accelerato.
Esaminiamo ora il seguente grafico. In esso è mostrato
l’andamento della velocità in funzione del tempo di un oggetto
politico in moto uniformemente accelerato.
velocità
v0 + at B
v0 A
O t0 t C
tempo
L’oggetto parte all’istante t0 con velocità v0. Poiché I = vt,
cioè spazio = velocità x tempo, dalla figura si vede come lo
spazio politico percorso nell’intervallo di tempo Δt = t - t0 è
dato dall’area del trapezio OABC 24
. Ricordando che l’area del
trapezio è data dal prodotto della semisomma delle basi per
l’altezza, ed essendo OA = v0, BC = v0+at e OC = t, si
ottiene:
I = (v0 + v0 + at)t
2
da cui si ricava la legge che descrive il modo in cui lo spazio
percorso varia nel tempo:
I = v0 t + 1at2. (4)
2
Questa esprime il fatto che nel moto uniformemente
accelerato lo spazio politico percorso nel tempo t è dato dal
prodotto della velocità iniziale per il tempo in cui la variazione
viene considerata, aumentato del semiprodotto
dell’accelerazione per il quadrato del tempo. Inoltre, indicando
con I0 la posizione iniziale e aggiungendola alla (4) si
ottiene, infine:
23
Risulta, poi, che l’accelerazione è la derivata seconda dello spazio
rispetto al tempo: a = d2I
dt2
24 Se dividiamo il segmento OC in n intervallini Δt1, Δt2, … Δtn , e ad
ognuno di questi associamo un’ordinata v compresa tra v0 e v0 + at,
otteniamo n trapezi che sono tanto più assimilabili a rettangoli quanto
più n è grande. I prodotti vΔt (che sono le are dei rettangolini)
rappresentano gli spazi percorsi negli intervalli di tempo Δt, per cui lo
spazio totale è dato dalla somma delle are di tutti i rettangolini; cioè:
n
I = ∑i vi∆ti
i=1
e, per n → ∞ , si ottiene: I = ∫vdt, ed è facile vedere che questo
integrale non è altro che l’area del trapezio OABC.
22
I(t) = I0 + v0t + 1at2. (4’)
2
Quest’ultima ci dice quale sarà il valore dell’ISU tra t anni,
noti i valori di I, v e a nell’istante t0 scelto come iniziale.
I - 4 Moto vario.
Se velocità ed accelerazione di un moto non sono costanti nel
tempo il moto viene detto vario e, per descriverlo, occorrerebbe
far intervenire nelle equazioni di questo moto derivate di ordine
superiore al secondo.
Nella realtà, come si può osservare dai grafici in appendice
che illustrano l’andamento di I nel tempo, il moto politico di
uno Stato è generalmente vario, e, nella maggioranza dei casi e
negli intervalli di tempo considerati nei grafici, è descritto con
sufficiente approssimazione da funzioni logaritmiche o da
funzioni razionali di grado superiore al secondo.
I -5 Esempi di calcolo.
a) Supponiamo che l’ISU di una Nazione sia oggi pari a
0.72 e che la velocità del suo moto politico sia v = 25m/anno,
cioè in un anno il suo ISU varia di 0.025; considerando il moto
uniforme, vogliamo calcolare quale sarà il valore del suo ISU
tra cinque anni.
Applicando la (1’) si ottiene subito:
I(5) = 0.72 + 0,025 x 5 = 0,845.
b) Supponiamo ora che l’ISU di una Nazione sia pari a
0,681, che la sua velocità politica sia oggi v0 = 0,5 m/anno ed
il suo moto, uniformemente accelerato, sia caratterizzato da una
accelerazione a = 0.005 m/anno2; vogliamo calcolare quale
sarà il suo ISU tra sei anni. Applicando la (4’) si ottiene subito
I(6) = 0.681 + 0.0005x6 + 0.005x36 = 0.699.
c) Supponiamo che i moti politici di due Nazioni siano
descritti il primo dalla (1’) ed il secondo dalla (4’); il primo è,
quindi, un moto uniforme, mentre il secondo è uniformemente
accelerato.
Siano allora: I01 = 0,752 e v1 = 8m/anno la posizione iniziale
e la velocità del primo moto, I02 = 0,381 e v02 = 1,5 m/anno
e a = 1,3 m/anno2 la posizione iniziale, la velocità iniziale e
l’accelerazione del secondo moto; si vuole calcolare tra quanti
anni gli ISU delle due Nazioni saranno uguali.
La soluzione del problema si trova risolvendo rispetto a t il
sistema formato dalle (1’) e (4’):
It1 = I01 + v1t
It2 = I02 + v2 + 1at2
2
Sostituendo i dati si ottiene:
It1 = 0,752 + 8x10-3
t ,
It2 = 0,389 + 1,5x10-3
t + 1,3x10-3
t2;
Imponendo la condizione It1 = It2, con semplici calcoli si
ottiene l’equazione risolvente:
1,3t2 – 6,5t - 363 = 0
23
che è di secondo grado del tipo ax2 + bx + c = 0, per la quale,
a seconda del valore della quantità Δ = b2 – 4ac, si
distinguono i seguenti tre casi:
1) se Δ < 0 l’equazione risolvente non ammette soluzioni e le
due Nazioni non avranno mai lo stesso ISU;
2) se Δ = 0 l’equazione risolvente ammette un’unica soluzione
data da t = -b/2a , che rappresenta un solo istante in cui le due
Nazioni avranno lo stesso ISU;
3) se Δ > 0 le soluzioni sono due, e cioè:
t1 = -b - Δ½
2a
t1 = -b + Δ½
2a
quindi ci saranno due istanti, t1 e t2 , nei quali le due Nazioni
avranno lo stesso ISU.
Nel caso specifico dell’esempio le soluzioni sono t1 = -14,88
(cioè 14,88 anni fa) e t2 = 19,38 (cioè tra 19,38 anni).
24
Capitolo II: Statica e dinamica.
II - 1 Considerazioni introduttive.
Fino ad ora ci siamo interessati di cinematica, ossia abbiamo
studiato il moto senza interrogarci sulle sue cause.
Lo studio delle cause del moto è oggetto della statica e della
dinamica. La prima studierà le condizioni dell’equilibrio di un
oggetto politico soggetto a forze interne ed esterne; la seconda
analizzerà il moto degli oggetti politici in relazione alle cause che lo
generano, e che perciò non sono in equilibrio. Ma per fare questo
abbiamo bisogno di introdurre nuovi e fondamentali concetti.
Innanzitutto è opportuno dare una definizione di forza che sia
compatibile con i fenomeni che si verificano all’interno di un oggetto
politico o tra più oggetti. Pertanto definiamo forza: qualsiasi evento
naturale, sociale, politico, economico, individuale o collettivo che sia
in grado di modificare la struttura di un oggetto politico o di
alterarne il moto.
Per i nostri scopi è utile classificare le forze agenti all’interno di un
oggetto politico o tra più oggetti in due tipi:
a) forze di tipo violento25
; tra queste consideriamo le
rivoluzioni, le rivolte, le guerre civili, le guerre tra Stati, attuazioni di
strategie terroristiche, di guerriglia o patriottiche.
b) forze di tipo non violento; tra queste consideriamo quelle di
natura politica, economica, sociale, manifestazioni pubbliche.
Più avanti verrà data una definizione matematica di forza in modo
da poterne definire anche l’unità di misura.
Come si è detto precedentemente, non dovendo trattare di moti
curvilinei, ma solo di quelli rettilinei, lo studio dell’equilibrio delle
forze che agiscono su oggetti politici risulterà più semplice che in
fisica.
II - 2 Condizione di equilibrio di un oggetto politico.
Se si applicano due o più forze ad un qualsiasi oggetto politico,
questo raggiungerà una condizione di equilibrio o varierà il suo moto.
Se esiste la possibilità di ottenere lo stesso effetto applicando
all’oggetto una sola forza in sostituzione delle altre, questa verrà
detta risultante delle forze applicate.
Per calcolare la risultante di più forze che agiscono sullo stesso
oggetto politico assumeremo che tutte le forze agiscano lungo la
stessa retta d’azione, non potendo essere diversamente.
Consideriamo, allora, due serie di forze:
la prima F1 + F2 + … + Fn , che agisce in un senso;
la seconda F’1 + F
’2 + … + F
’n che agisce nel senso opposto.
Alla prima serie può essere sostituita la sua risultante F = F1 + F2 +
… + Fn ; alla seconda serie la risultante F’ = F
’1 + F
’2 + … + F
’n.
La risultante di F e F’ sarà data dalla somma algebrica:
Fr = F + F’ 26
.
Fr è dunque la risultante di tutte le forze che agiscono
contemporaneamente su un oggetto politico; il suo verso sarà quello
della componente di intensità maggiore.
Se risulta :
Fr = F + F’ = 0
allora l’oggetto politico è in equilibrio.
Si può a questo punto enunciare l’unica condizione di equilibrio di
un oggetto politico: un oggetto politico è in equilibrio, cioè la
velocità del suo moto politico è costante, se e solo se, è nulla la
risultante di tutte le forze che agiscono contemporaneamente su di
esso27.
II - 3 La massa politica.
Prima di trattare i principi della dinamica occorre precisare che un
principio, in quanto tale, non può essere dimostrato; se fosse
possibile dimostrarlo non sarebbe più un principio ma un teorema. Si
25 L’aggettivo va inteso, in questo caso, con la sua accezione usuale. 26
Le forze, ovviamente, vanno prese con i loro segni.
27
In questo paragrafo si è sottinteso il fatto che le forze agenti su un
oggetto politico non producano deformazioni dell’oggetto stesso, nel
senso che la sua struttura resti inalterata.
25
chiama principio proprio perché si colloca alla base di una teoria:
prima di esso possono esserci solo altri principi. Tuttavia è possibile
verificare un principio attraverso più o meno numerosi riscontri
qualitativi e quantitativi con la realtà.
La massa politica, precedentemente definita come m = nI , è uno
dei concetti che stanno alla base degli argomenti trattati; occorre,
quindi, definirne l’unità di misura. Per questa si assumerà quella di
un oggetto politico composto da 106 individui e caratterizzato da un
ISU pari a 10-3
. L’unità di massa politica sarà chiamata chilogrammo
massa e verrà indicato con il simbolo Kgm. Ad un Kgm viene
quindi associato il numero:
1Kgm = 106x10
-3 = 10
3;
tale numero viene chiamato “numero unitario di massa” ed indicato
con la lettera greca “ν” .
Indicando con n il numero di individui di un oggetto politico,
ogni volta che ne verrà calcolata la massa bisognerà rapportare a ν il
prodotto n x I. La massa politica sarà quindi data da
m = nxI
ν
II - 4 Sistema di riferimento.
Un altro concetto essenziale per l’enunciazione dei principi della
dinamica è quello di sistema riferimento.
In fisica assume grandissima importanza quello che viene
chiamato sistema di riferimento inerziale28
. E’, infatti, rispetto ad un
tale sistema di riferimento che vengono studiati i moti dei corpi del
sistema solare. Analogamente in fisica politica bisogna stabilire
rispetto a quale sistema di riferimento viene studiato il moto di un
oggetto politico. Non dovendo essere contemplati moti curvilinei o
relativi, e, perciò, non dovendo trattare problemi relativistici, ed
essendo unica la direzione lungo la quale avviene il moto, il nostro
sistema di riferimento sarà costituito da una retta sulla quale vengono
rappresentati i valori di I.
Poiché, inoltre, I può assumere solo valori positivi, il nostro
sistema di riferimento si ridurrà ad una semiretta. Attribuire il valore
zero all’ISU di un oggetto politico significa attribuire lo stesso valore
ai parametri che concorrono alla sua determinazione; in particolare la
popolazione di un oggetto politico con I = 0 avrebbe un PIL = 0,
un indice di istruzione nullo e nessuna speranza di vita alla nascita:
una comunità di scimmie antropomorfe ha un I senz’altro maggiore
di zero.
Poiché, infine, il moto di tutti gli oggetti politici è riferito alla
stessa semiretta, non ha senso attribuire l’aggettivo inerziale ad un
simile sistema di riferimento29
.
II - 5 Primo principio.
Introduciamo il primo principio della dinamica con le parole di un
uomo che, forse più di ogni altro, ha contribuito alla nascita della
fisica moderna30
: “Supponiamo che un uomo segua una strada dritta
e piana, spingendo innanzi a sé un carrello a quattro ruote e che ad
un tratto cessi di spingere. Il carrello non si fermerà subito ma
continuerà a muoversi per una breve distanza. Domandiamoci: come
faremo per accrescere questa distanza? I mezzi idonei sono diversi e
cioè ungere le ruote e spianare meglio la strada. Quanto più
facilmente gireranno le ruote e quanto più liscia sarà la strada tanto
più a lungo seguiterà a muoversi il carrello. Ma che cosa è avvenuto
in realtà con la lubrificazione delle ruote e con il levigamento della
strada? Semplicemente questo: le influenze o resistenze esterne sono
state ridotte. Gli effetti di ciò che si chiama «attrito» tanto fra le
ruote ed il carrello, come fra le ruote e la strada, sono scemati. …
Figuriamoci una strada perfettamente piana e liscia, nonché ruote
assolutamente senza attrito. In tal caso nulla arresterebbe più il
carrello, cosicché esso continuerebbe a muoversi indefinitamente.
28
In fisica un sistema di riferimento rispetto al quale sia possibile
stabilire che un oggetto si muove di moto rettilineo uniforme è detto
inerziale.
29
Almeno fino a quando non entreremo in contatto con civiltà
extraterrestri.
30 EINSTEIN A., INFELD L., L’evoluzione della fisica, Universale
Scientifica Boringhieri, Torino 1990, p. 19 e ss.
26
Siamo giunti a questa conclusione valendoci di un esperimento
ideale che in realtà non può mai venire eseguito, poiché è
materialmente impossibile eliminare tutte le influenze esterne.
Questo esperimento ideale conduce all’indizio basilare della
meccanica del moto. … Secondo Galileo, un corpo né spinto, né
tirato, né comunque sollecitato, od in altre parole un corpo sul quale
non agisce nessuna forza esterna, si muove uniformemente, vale a
dire sempre con la stessa velocità e lungo una linea retta. … La
conclusione di Galileo, che è la giusta, venne enunciata una
generazione più tardi da Newton, sotto forma della «legge
d’inerzia». Questa è generalmente la prima cosa, in fatto di fisica,
che a scuola s’impara a memoria e che forse qualcuno dei lettori
ricorda ancora. E cioè: «Ogni corpo persevera nel suo stato di
riposo, oppure di moto rettilineo uniforme, a meno che non sia
costretto a cambiare tale stato da forze agenti su di esso.»”
Tradotto nel linguaggio della fisica politica il primo si enuncia
dicendo che: in assenza di forze esterne o interne o, se la risultante di
tutte le forze agenti su un oggetto politico è nulla, il moto
dell’oggetto politico è uniforme.
Ciò implica che in tali condizioni la velocità dell’oggetto politico
sia costante.
La capacità di un oggetto politico di conservare la sua condizione
di moto uniforme è detta “inerzia” politica e dipende dalla sua massa:
tanto più grande è la massa di un oggetto politico, tanto maggiore
sarà la sua inerzia.
Questo principio ci fa capire perché le azioni politiche dei governi
sono estremamente lente: ogni politico, infatti, per sua natura tende a
conservare il suo potere e, se ne ha l’opportunità, ad estenderlo; ogni
sua azione che abbia uno scopo diverso porta con sé una percentuale
di rischio di fallimento (che, anche se minima, è sempre e comunque
maggiore di zero) e un dispendio di energie che potrebbe far vacillare
il suo potere; per tale motivo il politico tende a rimanere inattivo.
II- 6 Secondo principio.
Se osserviamo una sferetta rigida di un materiale qualsiasi
muoversi lungo un percorso rettilineo e con velocità costante, ci
aspettiamo che essa continui a muoversi allo stesso modo; ma, se
inaspettatamente la sferetta cambia la direzione del suo moto, o
cambia la sua velocità, oppure osserviamo entrambe le cose, siamo
portati a chiederci quale sia stata la causa di tale variazione; per il
primo principio, infatti, la sferetta tende a conservare tutte le
caratteristiche del suo moto. Perciò imputiamo la variazione del suo
moto ad una causa esterna alla quale i fisici danno il nome di forza,
legandola matematicamente alla variazione di velocità, cioè
all’accelerazione impressa ad un corpo con una relazione che va sotto
il nome di “secondo principio della dinamica”. La relazione è la
seguente:
F = ma,
ed esprime il fatto che, in un sistema di riferimento cartesiano
ortogonale che abbia la sua origine coincidente con il baricentro del
sistema solare e gli assi puntati verso tre stelle fisse, se si esercita su
un punto materiale una forza F, questa imprime al punto
un’accelerazione a tale che la forza esercitata è proporzionale
all’accelerazione impressa; al coefficiente di proporzionalità i fisici
danno, poi, il nome di massa inerziale.
Questo principio, che, come tale, non può essere dimostrato, è
tuttavia verificato sperimentalmente con grandissima
approssimazione.
Per analogia con quanto abbiamo detto per la sferetta rigida, se
osserviamo che un oggetto politico, animato da un moto rettilineo
uniforme, varia una o tutte le caratteristiche del suo moto, dobbiamo
imputare tale variazione all’intervento di un fatto nuovo al quale
diamo il nome di forza.
A questo punto possiamo enunciare il secondo principio della
dinamica politica: se ad un oggetto politico si applica una forza F ,
questa imprime su di esso una accelerazione a (= variazione nel
tempo della velocità dell’oggetto politico) tale che la forza applicata
è proporzionale all’accelerazione impressa31:
F = ka;
31 Anche in questo caso abbiamo sottinteso che la forza applicata non produca
deformazioni nell’oggetto politico.
27
Il coefficiente di proporzionalità è la massa politica, cioè k = m e
la precedente relazione diventa:
F = ma. (1)
Poiché deve essere rispettato il primo principio, la massa politica
deve essere considerata come la proprietà di un oggetto di opporsi
alla variazione della propria velocità.
Una necessaria conseguenza di questo principio è che quanto più
grande è la massa di un oggetto politico, tanto maggiore dovrà essere
la forza da applicare ad esso per imprimere una determinata
accelerazione al suo moto.
Il secondo principio, fornendo una espressione matematica della
forza in funzione di parametri noti, consente anche di stabilirne
l’unità di misura che verrà chiamata Newton (e sarà indicata con la
lettera N) per analogia con la fisica; 1N corrisponde alla forza che
bisogna applicare ad un oggetto politico di massa unitaria per
imprimergli un’accelerazione di 1m/anno2.
II - 7 Esempi di calcolo.
Supponiamo di avere un oggetto politico con una popolazione di n
= 20x106 individui. L’ISU di questo oggetto sia I1 = 0,50;
si vuole calcolare la forza da applicare all’oggetto politico affinché il
suo ISU passi in 10 anni dal valore I1 = 0,5 al valore I2 = 0,7.
Calcoliamo.
La massa politica dell’oggetto è data da m = nxI , cioè:
ν
m = 20 x 106 x 0,5 = 10Kgm;
106
l’accelerazione media voluta è data da:
a = I2 - I1 = 0,7 – 0,5 = 0,2 = 2m/anno2 ;
t2 10
2 10
2
la forza da applicare sarà allora:
F = m x a = 2 x 104N.
II - 8 Considerazioni sulla definizione di massa politica.
Dopo tutte le considerazioni e i risultati ottenuti siamo giunti al
“cuore” della fisica politica: la massa politica. La sua definizione è
fondamentale per la costruzione di tutta la fisica politica; senza di
essa non sarebbe possibile definire altre grandezze come forza, peso,
pressione, e tutte quelle legate a loro volta al concetto di energia.
Perciò riteniamo importante approfondire ulteriormente l’argomento.
In fisica la massa viene definita a posteriori come il coefficiente di
proporzionalità tra la forza applicata ad un corpo e l’accelerazione
impressa al corpo stesso: F = Ka; al coefficiente di proporzionalità K
viene dato il nome di massa inerziale ed indicato con m; alla massa
inerziale viene poi associata intuitivamente la quantità di materia di
cui un corpo è composto e questa è considerata come ciò che si
oppone alla variazione della sua velocità, perché maggiore è la massa
di un corpo, maggiore deve essere la forza da esercitare sullo stesso
per imprimergli una determinata accelerazione.
In fisica politica, invece, la massa è definita a priori come il
prodotto del numero di individui di un oggetto politico per il suo
ISU (m = n x I).
Perché n e perché I ?
Se n1 e n2 , con n2 > n1 , sono le popolazioni di due oggetti politici
con lo stesso ISU, per imprimere ai due oggetti una stessa
accelerazione bisognerà esercitare su di essi due forze F1 e F2 tali
che F2 > F1. Analogamente, se I1 e I2 sono gli ISU di due oggetti
politici caratterizzati dallo stesso valore di n e ad essi si vuole
imprimere una stessa accelerazione, dalla relazione I2 > I1 segue che
sui due oggetti bisognerà esercitare due forze F1 e F2 tali che F2 >
F1.
Da quanto detto risulta che il prodotto di I ed n influenza la
relazione (1) così come la massa “K” influenza l’espressione F =
28
Ka. Da ciò segue la necessità dell’introduzione di entrambi i fattori
nella definizione della massa politica.
Un’importante conseguenza di questa considerazione è che la
massa politica risulta essere una grandezza variabile.
Indicata con n = f(I) la funzione che lega il numero degli
individui che compongono un oggetto politico al relativo ISU, la
massa politica sarà data da:
m = If(I)
e la (1) assume la forma
F = If(I)a . (1’)
Inoltre, poiché
a = dv e v = dI ,
dt dt
risulta
a = d2I,
dt2
e la (1’) diventa:
F = If(I)d2I . (1’’)
dt2
Tenendo presenti gli elementi che concorrono alla determinazione
dell’ISU, risulta che la popolazione di un oggetto politico con un alto
valore di I ha un tenore di vita più elevato; gode, cioè di un
maggiore benessere economico, usufruisce di un migliore servizio
sanitario, ha un livello culturale più alto. Tutto ciò presuppone che un
tale oggetto sia dotato di strutture politiche, sociali ed economiche
molto evolute e complesse che, se da un lato garantiscono una
migliore qualità della vita, dall’altro, proprio per la loro mole e
complessità, aumentano notevolmente l’inerzia dell’oggetto politico
rendendolo poco incline a rapidi processi evolutivi.
Queste considerazioni, ben note ai politici, danno luogo a due
dottrine politiche contrapposte. La prima propone lo snellimento
delle strutture degli organi32
che governano e indirizzano la vita di
una Nazione in modo che, riducendone la massa politica e, quindi, la
sua inerzia, sia possibile ottenere un determinato cambiamento
esercitando forze più piccole.
Una delle conseguenze negative di questa dottrina sta nel fatto che
uno snellimento eccessivo rende l’oggetto politico più vulnerabile ad
influenze ed attacchi interni o esterni da parte di altri oggetti politici.
Ad esempio, le Nazioni dell’America centrale e dell’Africa
centrale, caratterizzate da bassi valori di m , sono state storicamente
più soggette (e lo sono ancora) a sfruttamenti di potenze straniere ed
a colpi di Stato.
La seconda, invece, teorizza la moltiplicazione e l’amplificazione
delle strutture dello Stato in modo che questo possa interessarsi in
maniera più capillare di ogni singolo cittadino. Una conseguenza
negativa di quest’altra dottrina sta nel fatto che il moltiplicare e
l’amplificare eccessivamente le strutture dello Stato conferisce a
questo una eccessiva massa politica che ne aumenta in modo
abnorme l’inerzia, rendendolo incapace di ogni sorta di
cambiamento. Inoltre l’interesse sempre più capillare nei confronti di
ogni singolo cittadino porta poi lo Stato a privare quest’ultimo di
“quote di libertà” sempre più grandi. In tali condizioni le
responsabilità personali di ogni individuo perdono valore; le
iniziative individuali, frenate dagli apparati burocratici dello Stato,
diminuiscono e la loro incisività scema fino al punto da rendere
l’individuo privo di ogni interesse per la società che lo circonda.
Nelle Nazioni a regime socialista l’applicazione di questa teoria ha
32
L’insieme di questi dà luogo ad un particolare oggetto politico: lo
Stato.
29
contribuito, insieme ad altri fattori, a mantenere basso il tenore di vita
delle loro popolazioni. Questo fatto è facilmente e immediatamente
verificabile confrontando i valori dei loro ISU con quelli delle
Nazioni più progredite e nelle quali lo Stato lascia al cittadino quote
di libertà che gli garantiscono una aspettativa di vita più gratificante.
II - 9 Terzo principio.
In natura una qualsiasi forza non agisce mai da sola, ma sempre in
coppia con un’altra. Consideriamo, ad esempio, una palla appoggiata
al suolo. In virtù dell’attrazione gravitazionale la terra esercita la sua
forza attrattiva sulla palla e questa esercita la sua forza attrattiva sulla
terra. Per la condizione di equilibrio (la palla è ferma rispetto alla
terra e viceversa) la somma delle due forze deve essere nulla. Detta
allora la F1 la forza esercitata dalla terra e F2 quella esercitata dalla
palla, deve essere:
F1 + F2 = 0
Cioè:
F1 = - F2
Questa è l’espressione matematica del terzo principio della dinamica
secondo il quale, in un sistema isolato, se un corpo A esercita una
forza F su un corpo B , questo esercita su A una forza della
stessa intensità, lungo la stessa direzione, ma con verso opposto.
Questo è il terzo principio della dinamica, conosciuto come
principio di “azione e reazione”. Per enunciarlo anche in fisica
politica abbiamo bisogno di definire una nuova grandezza: la
quantità di moto. Questa, che indichiamo con la lettera q, è definita
come il vettore prodotto della massa per la velocità di un oggetto
politico:
q = mv .
Con questa definizione il terzo principio afferma che: la quantità
di moto di un oggetto politico isolato o di un sistema isolato di
oggetti politici è costante.
Questo enunciato è solo una delle varie forme in cui il principio
viene espresso e va accettato con la limitazione che non debbano
verificarsi fenomeni che producano una sensibile variazione delle
risorse naturali alle quali l’oggetto politico attinge normalmente33
.
Studiamo il caso semplice di un sistema isolato34
composto da due
oggetti politici e supponiamo che la quantità di moto totale di questo
sistema sia pari a zero; siano m1 , v1 , m2 , v2 le rispettive masse
politiche e velocità; le quantità di moto associate ai due oggetti
saranno allora:
q1 = m1v1 e q2= m2 v2 .
In base a quanto affermato dal terzo principio, se i due oggetti sono
isolati, si avrà :
q1 + q2 = 0 ,
ovvero:
q1 = -q2
e, quindi:
m1v1 = -m2v2 ;
dividendo entrambi i membri per uno stesso intervallo di tempo ∆t
si ricava:
m1v1 = -m2v2 ;
∆t ∆t
33
Quest’ultima considerazione va accettata con un significato più largo;
ad esempio l’oggetto politico costituito da un’organizzazione sindacale
non attinge risorse dalla natura, ma da altri oggetti politici.
34
Un oggetto politico o un sistema di oggetti politici si dice isolato se su
di esso non agiscono forze esterne. A questo proposito precisiamo che
se la risultante delle forze esterne che agiscono sull’oggetto o sul sistema
di oggetti politici è nulla non possiamo affermare che l’oggetto è isolato.
In ogni caso l’aggettivo “isolato” va accettato con la limitazione
precisata nella nota 23 pag. 53.
30
i rapporti v1 e v2 sono le due accelerazioni politiche a1 e a2 a
∆t ∆t
cui sono sottoposti gli oggetti politici del sistema. Si può allora
scrivere:
m1a1 = - m2 a2 ;
per il secondo principio il prodotto ma è una forza, per cui alla fine
si ottiene:
F1 = -F2 (1’’’)
Questa è una diversa formulazione del terzo principio (azione e
reazione) il cui significato è il seguente: se un oggetto politico
esercita su un altro una forza F1 , quest’ultimo esercita sul primo
una forza F2 di pari intensità ma di verso opposto.
Bisogna tener presente che l’azione della forza che interviene nella
(1’’’
) non è semplicemente immediata ed istantanea.
Un oggetto appoggiato su un tavolo esercita su questo una forza
pari al proprio peso ed il tavolo, per reazione, esercita una forza
uguale e contraria in modo da mantenere l’equilibrio. In casi come
questo l’azione delle due forze è esercitata istante per istante e
l’equilibrio è assicurato fino a quando il tavolo sarà in grado di
esercitare la sua reazione. Analogamente, se un oggetto politico,
esercitando su un secondo oggetto politico ne suscita la reazione,
questa potrà essere esercitata a sua volta fino a quando il secondo
oggetto politico sarà in grado di farlo. Ma, per esercitare una forza
occorre spendere una certa quantità di energia, e questa, come è stato
detto già altre volte, ha un costo economico. Perciò l’oggetto politico
potrà esercitare la sua reazione fino a quando le sue risorse
economiche glie lo consentiranno.
Poiché è impossibile esercitare una forza per un intervallo di
tempo ∆t = 0, l’intervallo durante il quale viene esercitata la forza,
comunque piccolo, sarà sempre maggiore di zero.
Da queste considerazioni nasce l’esigenza di introdurre una nuova
grandezza fisica che tenga conto dell’intervallo di tempo durante il
quale viene esercitata una forza: l’impulso. Questo è il prodotto di
una forza per l’intervallo di tempo durante il quale agisce la forza;
indicando con h l’impulso, si ha:
h = F∆t.
Per l’impulso sussiste la relazione che ne stabilisce l’uguaglianza
numerica con la quantità di moto:
F∆t = m∆v35
;
Da quest’ultima ricavando:
∆v = F∆t
m
si ottiene una relazione che afferma che se su un oggetto politico di
massa m si esercita per un intervallo di tempo ∆t una forza F, la
velocità dello stesso cambierà di una quantità ∆v secondo la
relazione trovata.
35
Tale relazione in fisica prende il nome di “teorema dell’impulso”.
31
Capitolo III: L’energia.
III - 1 Lavoro ed Energia.
Quando si parla di energia in genere si fa riferimento al
combustibile che serve per far muovere un’automobile, a quello
che occorre per far funzionare le centrali elettriche, all’energia
nucleare, a quella eolica e ad altre sue forme.
In virtù di queste considerazioni e del fatto che ogni forma di
energia può essere trasformata in un’altra, è facile vedere la sua
analogia con il denaro, infatti anch’esso può essere trasformato,
spendendolo, in qualche forma di energia e, perciò, e anche per
il fatto che l’energia, in qualsiasi forma si manifesti, ha un
costo, postuleremo l’uguaglianza denaro = energia.
Da questo punto di vista si capisce come la ricchezza di un
oggetto politico consista nel disporre di denaro o di energia o di
entrambe le cose. Tuttavia non si può affermare che una
comunità primitiva sia ricca per il semplice fatto di risiedere su
un immenso giacimento di petrolio: una simile comunità non ha
la capacità tecnologica per trasformare petrolio in energia
disponibile. Perciò parte della ricchezza di una Nazione è legata
alla sua capacità di “estrarre” energia dalla natura e di renderla
fruibile dalla popolazione per i suoi bisogni primari, che sono
quelli legati alla sopravvivenza (acqua, nutrimento e farmaci),
e secondari (tutto ciò che rende serena ed interessante la vita
individuale, sociale ed intellettuale di un popolo).
Da quest’ultimo punto di vista, ed in accordo con la
definizione dell’ISU, si può affermare che il livello di sviluppo
di un popolo dipende da diversi fattori, tra i quali i più
significativi sono:
a) la capacità di attingere energia dalla natura e renderla
fruibile;
b) l’aspettativa di vita alla nascita di ogni individuo, e ciò
presuppone capacità e volontà politica di investimenti
economici nei servizi sanitari nella qualità e nella quantità che
il governo dell’oggetto politico rende alla popolazione;
c) il livello tecnologico e l’efficienza delle strutture
dell’oggetto politico;
d) il livello culturale della popolazione;
e) la capacità della popolazione di poter attingere all’energia
resa fruibile dalle strutture dell’oggetto politico.
Fatte queste considerazioni e capito cosa intendiamo quando
parliamo di energia, introduciamo adesso il concetto di lavoro
fatto da una forza.
In fisica se vogliamo sollevare un oggetto da una altezza h1
ad una altezza h2 dobbiamo esercitare su di esso una forza che
agisca, contro il suo peso, per tutto il percorso ∆h = h2 - h1; ma
ogni volta che si usa una forza bisogna attingere energia da
qualche parte. La quantità di energia che occorre per sollevare
l’oggetto della quantità ∆h , e che viene chiamata lavoro, è
esattamente pari al prodotto della forza esercitata per lo
spostamento che ha prodotto.
In fisica politica se si esercita su un oggetto politico una
forza F e questa produce una variazione dell’ISU dal valore I1
ad un altro I2, detta ∆I = I2 - I1 la variazione, diciamo che la
forza F ha eseguito un lavoro L dato da:
L = F ∆I.
Una forza F per poter eseguire un lavoro deve
necessariamente “usare” una certa quantità di energia, nel
senso che deve trasformare una certa quantità di energia in
lavoro; la quantità di energia trasformata è esattamente uguale
al lavoro eseguito, cioè:
E = L = F∆I. (1)
Questa uguaglianza numerica tra energia spesa e lavoro
32
svolto è vera solo se non intervengono altre forze a dissipare
parte dell’energia che si vuole trasformare in lavoro.
L’unità di misura del lavoro e, quindi, dell’energia, è il Joule.
Un Joule equivale al lavoro eseguito dalla forza di 1 N nel
produrre un incremento ∆I = 1m sulla massa unitaria.
Ci proponiamo ora di tradurre in termini di denaro il lavoro
di un Joule.
Per fare ciò premettiamo che gli esperti dell’UNDP hanno
attribuito al PIL pro capite minimo il valore di 100$. Gli altri
parametri che determinano l’ISU36
sono dello stesso ordine di
grandezza e rappresentano indirettamente l’entità degli
investimenti economici che uno Stato fa nelle direzioni che essi
indicano e, quindi, li possiamo ritenere omogenei, cioè
grandezze della stessa specie. Per questi motivi attribuiremo ad
ognuno di essi lo stesso valore che, sostituito in
ISU = Is + Aa + Ip ,
3
dà luogo al valore monetario minimo di I pari a 102$.
Ricordando che
1 Joule = 1N x 1ISU = 1kg x 1m/anno2 x 1ISU,
associando la cifra di 102$ ad ogni elemento della massa
unitaria otteniamo che 1kgm = 106x10
2$
(37) e, perciò
1J = 106x10
2 x 1m/s
2 x 1ISU = 10
8$.
III - 2 Energia cinetica.
Il termine “energia cinetica” viene usato dai fisici per riferirsi
ad una particolare forma di energia associata al movimento di
un corpo (dal greco: κινέω = muovo). Questo vuol dire che un
corpo in movimento rispetto ad un determinato sistema di
riferimento possiede una quantità di energia che dipende non
solo dalla sua massa ma anche dalla sua velocità.
Cerchiamo di chiarire meglio il concetto.
Se scagliamo con la nostra mano una biglia di ferro contro
una parete, la biglia probabilmente riesce appena a scalfire il
muro. Ma se la stessa biglia la “spariamo” con un arma da
fuoco contro la stessa parete il danno prodotto sarà senz’altro
maggiore. La differenza tra le due esperienze sta nel fatto che
con la nostra mano la biglia può raggiungere una velocità di
circa trenta metri al secondo, mentre con l’arma da fuoco la
velocità della biglia può arrivare anche a cinquecento metri al
secondo. Perciò non è solo la massa che determina l’entità del
danno prodotto sulla parete; infatti se la massa è la stessa nei
due casi, è la velocità della biglia a determinare la differenza;
maggiore è la velocità, maggiore sarà il danno prodotto dalla
biglia.
Dall’esempio risulta in modo naturale che, se vogliamo
determinare matematicamente ciò che effettivamente rende
differenti le due esperienze, dobbiamo associare ad un corpo
una nuova grandezza che dipende sia dalla sua massa che dalla
sua velocità.
Ricordando le relazioni:
F = ma e I = v2
2a
dalla (1), III - 1 si ricava:
36
Ricordiamo che questi sono: Is = indice di speranza di vita alla nascita,
e Ia = indice di alfabetizzazione. 37
In questo modo viene anche introdotto il concetto di
equivalenza tra massa ed energia.
33
E = ma x v2
2a
cioè:
E = 1mv2; (1)
2
a quest’ultima quantità diamo il nome di energia cinetica.
La (1) esprime il fatto che un oggetto politico di massa m in
movimento possiede una quantità di energia cinetica che
dipende principalmente dalla velocità v del suo moto politico.
Poiché, inoltre, m e v dipendono da I , la (1) è anche la
misura della intensità delle attività lavorative, commerciali,
economiche e sociali dell’oggetto politico a cui si riferiscono.
Inoltre, se si applica una forza ad un oggetto politico di massa
m il cui effetto è quello di far variare la sua velocità dal valore
v1 al valore v2 , anche la sua energia cinetica varierà e il
lavoro L eseguito dalla forza sarà pari alla differenza di
energia cinetica dell’oggetto cui la forza è applicata:
L = 1mv22 - 1mv1
2 (2)
2 2
III - 3 Energia potenziale.
Riprendiamo ora il discorso sulla biglia da un altro punto di
vista e immaginiamo di prenderla con due dita, di portarla a due
metri di altezza dal pavimento e poi di lasciarla cadere; anche
in questo caso la biglia riuscirà a mala pena a scalfire il
pavimento; se, invece, la lasciamo cadere da un’altezza di
trenta metri sullo steso pavimento, il danno che produrrà sarà
molto più grande ed evidente.
Cosa è successo?
Per portare la biglia a due metri di altezza dal pavimento
abbiamo fatto un lavoro molto più piccolo di quello che è stato
necessario per portarla a trenta metri di altezza. Supponiamo
che per fare questo lavoro abbiamo usato la nostra forza. Perché
abbiamo dovuto usarla? Il motivo sta nel fatto che la biglia è
attratta verso il pavimento dalla gravità terrestre, cioè, è
sottoposta ad una forza che dipende dalla sua massa e da una
particolare accelerazione: quella di gravità. Questa forza è il
peso stesso della biglia; perciò, per elevarla ad una determinata
altezza abbiamo dovuto fare un lavoro contro la forza peso.
Come tutte le forze possono essere espresse dal prodotto di
una massa per una accelerazione, la forza peso associata ad un
corpo è data dal prodotto della sua massa per l’accelerazione di
gravità:
p = mg.
Il lavoro fatto per portare la biglia prima a due metri di
altezza e poi a trenta metri di altezza è stato, nei due casi,
L1 = mg x 2 e L2 = mg x 30.
Come si vede, in entrambi i casi il lavoro dipende
dall’altezza, oltre che da m e g, come pure il danno fatto dalla
biglia al pavimento. Il lavoro fatto è servito, quindi, a dare alla
biglia la capacità di produrre un danno la cui entità dipende
dall’altezza raggiunta dalla biglia, o meglio, dalla sua distanza
dal centro della Terra: come se avessimo caricato la biglia di
qualcosa, come si fa quando si comprime una molla a spirale.
A questo “qualcosa” i fisici danno il nome di energia
potenziale che ora siamo in grado di definire.
Se indichiamo con h l’altezza da terra di un corpo di massa
m la sua energia potenziale è data dal prodotto del suo peso per
l’altezza:
34
Ep = mgh.
Per definire l’energia potenziale abbiamo dovuto introdurre
l’accelerazione di gravità g38
; questa è l’accelerazione con la
quale tutti i corpi cadono sulla Terra.
Per misurare g si può lasciare un corpo da una certa altezza
in caduta libera, nel vuoto, e misurarne le velocità ad intervalli
uguali di tempo; rapportando le variazioni di velocità ai relativi
intervalli di tempo si verifica che tali rapporti, nei limiti degli
errori di misura, sono tutti uguali e pari a 9,81.
Per energia potenziale riferita ad un oggetto politico
dobbiamo intendere tutto il lavoro svolto dalla sua popolazione
per portare il proprio ISU all’attuale valore. In altri termini
possiamo anche dire che l’energia potenziale di un oggetto
politico rappresenta la sua ricchezza distribuita secondo i
parametri di calcolo dell’ISU. È chiaro, perciò, che, anche in
meccanica politica, l’energia potenziale è una funzione che
dipende dalla posizione, cioè dall’ISU; a parità di massa
politica è maggiore l’energia potenziale dell’oggetto con un
ISU più elevato.
Per analogia con l’esperienza di un corpo in caduta libera,
siamo in grado di capire cosa rappresenti g in fisica politica:
essa è l’accelerazione con la quale l’ISU di un oggetto politico
cadrebbe dal suo valore attuale al valore zero se l’oggetto
venisse isolato completamente dal contesto delle Nazioni della
Terra e dalla natura, o, diversamente, se all’oggetto venissero
interdette tutte le fonti di approvvigionamento energetico ed
alimentare. In pratica, noto il valore di g, potremmo anche
sapere in quanto tempo un oggetto politico passerebbe dal suo
attuale livello di civiltà allo stato di barbarie pura.
Fortunatamente per l’umanità un esperimento con lo scopo di
misurare questo tempo non è possibile, né teoricamente né
praticamente. Tuttavia è di grande importanza, per la fisica
politica, attribuire un valore a g. Assumeremo, perciò, per
analogia con la fisica, ma in modo completamente arbitrario, il
valore: g = 9,81 m/anno2.
Fatte queste premesse, siamo in grado di calcolare l’energia
potenziale di un oggetto politico:
Ep = mgI = ngI2.
Inserendo, poi, il valore di g nell’equazione detta di “caduta
libera” di un oggetto politico, si ottiene:
It – 1gt2 = 0
2
da cui si ricava:
t = (2 I0)½
m
In questo caso t rappresenta il tempo che un oggetto
politico di massa m e ISU = It impiegherebbe a “precipitare
in caduta libera”, dal valore I = It al valore I = 0, cioè allo stato
di barbarie.
Per paesi come l’Italia o l’Inghilterra una tale circostanza si
verificherebbe in cinque mesi e nove giorni; e questo risultato
ci conforta, perchè è in accordo con le tesi degli autori di molti
romanzi catastrofici di fantascienza39
.
III - 4 Conservazione dell’energia.
Prima di affrontare lo studio sulla conservazione dell’energia
in fisica politica dobbiamo esaminare alcuni concetti e nozioni
della fisica classica riguardanti l’energia e le sue
trasformazioni.
38
g = 9,81 m/s2
39 Christopher J, Morte dell’erba, Mondadori Urania, 1967.
35
Campi di forza conservativi.
In fisica un campo di forza è una regione di spazio dove è
possibile misurare in ogni punto l’intensità, la direzione e il
verso di una determinata forza.
La Terra è sede, o meglio, genera il suo campo
gravitazionale. E questo vuol dire che in ogni punto che si trova
al suo interno, sulla sua superficie o distante da essa (ma non
eccessivamente) è possibile misurare quella che viene chiamata
forza gravitazionale, cioè la forza responsabile della caduta
della mela di Newton, che poi è la stessa che fa sì che tutti i
corpi dell’universo si attraggono. In un tale campo di forza se
trasportiamo con un montacarichi un oggetto pesante dal piano
terra di un edificio fino al decimo piano, il montacarichi esegue
un lavoro contro la forza del campo. Viceversa, se si lascia
cadere liberamente dal decimo piano lo stesso oggetto, in
questo caso è la forza del campo che esegue un lavoro. Se si
esclude l’attrito con l’aria e l’aumento di temperatura del
motore del montacarichi dovuto ai suoi attriti interni, si trova
che i due lavori sono esattamente opposti e, quindi, la loro
somma è zero.
In fisica per spiegare questo fatto si dice che il campo
gravitazionale è un campo “conservativo”. Più propriamente un
campo si forza si dice conservativo se il lavoro eseguito lungo
una qualsiasi linea chiusa è nullo, e le forze che eseguono il
lavoro vengono dette conservative. Tutto questo implica anche
che il lavoro eseguito da una forza conservativa non dipende
dal particolare percorso seguito
Ci sono altre forze, invece, che non sono conservative, nel
senso che il lavoro eseguito da esse dipende dal percorso
seguito; una di queste è l’attrito. Infatti, se spostiamo un
oggetto su un piano scabro per portarlo da un punto A ad un
punto B lungo la retta che congiunge A e B , il lavoro
eseguito in questo percorso è sempre minore di quello eseguito
lungo un qualsiasi percorso non rettilineo che conduca da A a
B.
Nella realtà, per l’esistenza di infiniti attriti, una forza
conservativa è solo un modello teorico, e ciò significa che il
lavoro fatto da una qualsiasi forza conservativa lungo una linea
chiusa non è mai esattamente nullo. Inoltre, una parte
dell’energia usata per compiere un lavoro viene
necessariamente persa trasformandosi, ad esempio, in calore
che non può più essere riutilizzato. In sostanza possiamo
affermare che la natura è un po’ sprecona, e, da questo punto di
vista, quando si usa il principio di conservazione dell’energia
meccanica, bisogna sempre fare i conti con gli sprechi della
natura. Va aggiunto, inoltre, che solo in sistemi isolati si può
parlare di conservazione dell’energia, e che, infine, anche un
sistema isolato è solo un modello matematico.
Se la natura è un po’ sprecona, l’uomo lo è molto di più e,
perciò, il principio di conservazione dell’energia meccanica che
stiamo per affrontare, applicato alla fisica politica va usato con
estrema cautela.
Come vedremo in seguito, un sistema composto da un certo
numero di persone non è mai isolato: tra esso e gli altri sistemi
umani, e tra questi e la natura esistono sempre numerosissimi
scambi di tipo energetico, per cui in un qualsiasi approccio ad
una analisi energetica di un insieme di sistemi sociali che
interagisce con la natura è quasi impossibile tenere conto di
tutti gli scambi energetici.
Con queste premesse affrontiamo ora lo studio della
conservazione dell’energia in fisica politica.
Sia Ep1 l’energia potenziale di un oggetto politico all’istante
t1 ed applichiamo all’oggetto una forza F per un intervallo di
tempo Δt = t2 – t1 che ne faccia diminuire l’energia potenziale.
Sia Ep2 l’energia potenziale dell’oggetto all’istante t2 ; dovrà
essere: ΔEp = Ep1 – Ep2; ciò vuol dire che la forza F ha
eseguito il lavoro L = Ep1 – Ep2. Contemporaneamente la
velocità dell’oggetto sarà passata dal valore v1 al valore v2, e
36
questo comporta una variazione di energia cinetica pari a:
ΔEc = 1mv22 – 1mv1
2.
2 2
Inoltre deve anche essere:
Ep1 – Ep2 = 1mv22 – 1 m v1
2,
2 2
Cioè:
Ep1 + 1mv12 = Ep2 + 1mv2
2.
2 2
Quest’ultima equazione prende il nome di teorema della
conservazione dell’energia meccanica, ed esprime il fatto che,
se su un oggetto politico non agiscono altre forze se non quella
che ha prodotto la variazione di energia potenziale, la somma
algebrica dell’energia potenziale e dell’energia cinetica
dell’oggetto politico è costante:
Ep + Ec = E = K,
dove E rappresenta l’energia meccanica totale dell’oggetto
politico.
Il teorema implica anche che le due forme di energia possono
trasformarsi l’una nell’altra mantenendo K costante; ovvero, se
aumenta l’energia potenziale di un oggetto politico, quella
cinetica deve necessariamente diminuire affinché la loro
somma si mantenga costante.
Da quanto detto all’inizio di questo paragrafo risulta evidente
che questo principio di conservazione è solo un modello
teorico. Inoltre possono verificarsi casi in cui, mentre l’energia
cinetica di un oggetto politico resta costante, si assiste ad una
variazione della sua energia potenziale, e viceversa.
Poiché, infine, in fisica politica la principale espressione con
cui si manifesta l’energia è il denaro, solo attraverso un’attenta
valutazione delle condizioni economiche e sociali in cui
avviene un fenomeno si potranno stabilire i limiti e la validità
dell’uso del principio di conservazione enunciato.
III - 5 Peso politico.
Con i risultati del paragrafo precedente siamo ora in grado di
dare significato oggettivo alle espressioni tanto spesso usate dai
politici di tutto il mondo quali peso politico e pressione
politica.
In meccanica il peso è una forza, cioè è il prodotto di una
massa per l’accelerazione di gravità.
Per analogia, in meccanica politica risulta che il peso di un
oggetto politico è dato dal prodotto della sua massa per
l’accelerazione politica di gravità:
p = mg = nIg .
C’è da osservare che, se da un lato un oggetto politico è in
grado di esercitare il suo peso su un altro oggetto, dall’altro
bisogna sottolineare il fatto che ogni oggetto politico è
sottoposto al proprio peso. Ciò implica il fatto che ogni oggetto,
per rendere e mantenere progressivo il proprio moto politico
con velocità costante, per il primo principio, deve esercitare
costantemente una forza che faccia equilibrio al proprio peso e
alla somma algebrica di tutte le altre forze che agiscono su di
esso con verso opposto. Da qui si capisce anche che un oggetto
politico per continuare ad esistere, dovendo esercitare
costantemente una forza che faccia equilibrio almeno al suo
37
peso, deve continuamente assorbire energia dalla natura o da
altri oggetti politici.
Per le Nazioni con ISU medio-alto, la forza principale che
contribuisce a mantenere l’equilibrio politico è costituita dal
lavoro attivo di tutta la Nazione, al contrario di quanto avviene
per le Nazioni con ISU molto basso il cui equilibrio, se esiste,
è mantenuto da Nazioni più ricche con forze che spesso
vengono espresse attraverso contributi umanitari.
III - 6 Pressione politica.
In fisica la pressione è il rapporto tra una forza e la superficie
sulla quale tale forza è applicata. Spieghiamo il concetto con un
esempio.
Se diamo una martellata ad un chiodo mantenuto
verticalmente su un pezzo di legno il chiodo riuscirà a
conficcarsi nel legno; se invece diamo la stessa martellata
direttamente al legno il martello non vi si conficcherà. Nel
primo caso abbiamo esercitato una forza su una parte della
superficie del legno pari a quella della punta del chiodo, e
perciò la pressione esercitata, risultante dal loro rapporto, era
molto più grande che nel secondo caso dove la superficie
interessata, uguale a quella di contatto tra il martello ed il
legno, era molto più estesa . Questo vuol dire che se
applichiamo due forze della stessa intensità su due superfici
diverse, sarà maggiore la pressione a cui risulta sottoposta la
superficie più piccola.
In fisica politica la pressione politica è definita in modo
analogo, e cioè come il rapporto tra la forza esercitata da un
oggetto politico sulla superficie espressa da un altro. Ciò vuol
dire che, avendo assunto I come lunghezza politica,
assumeremo come superficie di un oggetto politico il quadrato
del suo I, per cui la pressione esercitata da un oggetto politico
su un altro sarà data da:
p = F
I2
Se la forza esercitata è pari al peso dell’oggetto attivo,
indicando con I1 e I2 gli ISU del primo e del secondo
oggetto, sarà;
F = mgI1 = ngI12
e la pressione alla fine sarà:
p = ngI12 ,
I22
cioè, proporzionale al quadrato del rapporto degli ISU.
III - 7 L’ “attrito interno” di un oggetto politico.
Ora introduciamo con un semplice esempio un’importante
caratteristica di ogni oggetto politico che chiamiamo attrito
interno.
Quando la nostra automobile ci trasporta da un luogo ad un
altro, non tutta l’energia sviluppata dal carburante usato dal
motore si trasforma in energia cinetica (cioè quella che fa
muovere l’automobile); una parte di essa, infatti, viene usata
per vincere l’attrito che si genera tra le ruote e la strada e tra la
carrozzeria e l’aria; un’altra parte, poi, va a riscaldare il motore
che, proprio per questo, disperde nell’aria una parte non
trascurabile di calore; una parte ancora fa funzionare i
dispositivi elettromagnetici del veicolo, e, infine, un’ultima
parte si trasforma in rumore.
Perché il motore si riscalda? La cause sono sostanzialmente
due. Una è dovuta alle continue e rapide combustioni che
avvengono nelle camere da scoppio dei cilindri, un’altra è
38
dovuta al fatto che nel motore ci sono molte parti mobili che
scorrendo le une sulle altre, generano attrito con conseguente
produzione di una notevole quantità di calore che viene
dispersa nell’ambiente sia attraverso la superficie del motore a
contatto con l’aria, che attraverso il sistema di raffreddamento
del motore stesso. Alla somma di tutti gli attriti che si
sviluppano in un motore in moto daremo il nome di attrito
interno del motore. Gli attriti che si generano nel motore sono
delle forze che resistono, cioè si oppongono, ai suoi movimenti
interni dissipando una certa quantità di energia. Per ridurre al
minimo l’attrito interno vengono usati dispositivi particolari,
come i cuscinetti a sfere o a rulli, e oli lubrificanti che vanno
poi sostituiti periodicamente andando così ad incidere
ulteriormente sul rendimento del sistema.
Qualcosa del genere accade all’interno di qualsiasi oggetto
politico.
Se, in particolare, ci riferiamo ad una Nazione, dobbiamo
necessariamente prendere atto che le istituzioni preposte al suo
governo, attraverso la continua produzione di leggi e
regolamenti, generano burocrazia, e questa ha la tendenza ad
opporsi allo sviluppo delle attività di una Nazione con una
forza tanto maggiore quanto più è diffusa. Non è casuale
l’espressione “lubrificare la burocrazia” quando si vuole
indicare la necessità di accelerare il cammino burocratico di
una certa “pratica” (ed il termine “lubrificante” sta per denaro
da versare illegalmente al burocrate di turno per vincere la sua
resistenza). Non dimentichiamo, poi, che ogni burocrate è
sottoposto al 1° principio della dinamica che, appunto, lo vuole
inerte se non è sottoposto a sollecitazioni. Se poi consideriamo
l’insieme di tutti i burocrati di una Nazione come un oggetto
politico, questo, sempre per il primo principio, è dotato di
un’inerzia che è pari alla somma delle inerzie dei singoli
burocrati. Ciò implica che se vogliamo che la burocrazia di una
Nazione sia snella e rapida nell’agire dobbiamo imprimere ad
essa una forza che sarà tanto più grande quanto maggiore è la
sua massa politica. Poiché, inoltre, l’uso di qualsiasi forza si
traduce necessariamente in una spesa in denaro, se si vuole
ridurre questa spesa bisogna necessariamente ridurre la massa
politica della burocrazia.
Ora ci proponiamo di costruire un indice che tenga conto
degli effetti della burocrazia sullo sviluppo di un oggetto
politico; e questo può essere fatto rapportando al numero della
popolazione di un oggetto politico il numero dei suoi burocrati.
Perciò, detto Ib l’indice di burocrazia, b il numero dei
burocrati, avremo:
Ib = b
n
dove n è il numero della popolazione dell’oggetto politico cui
l’indice si riferisce.
Ma non è solo la burocrazia che rallenta il ritmo delle attività
di una Nazione. Molti altri fattori contribuiscono in misura
significativa ad ostacolare lo sviluppo di un popolo, e che,
quindi, costituiscono, insieme alla burocrazia, quello che
abbiamo definito attrito interno di un oggetto politico. E’
difficile elencarli tutti. Esiste, però, un indice particolare che è
stato introdotto per la prima volta nel 1995 dalla Heritage
Foundation di Washington40
: Index of economic freedom
(Indice di libertà economica) che può soccorrerci nel nostro
intento. Questo «indice41
misura in modo sintetico il grado di
libertà economica esistente in un numero crescente di paesi
40 La Heritage Foundation si avvale del contributo del Centro Einaudi
(www.centroeinaudi.itcome) collaboratore ufficiale per l'Italia
dell'Economic
Freedom Network.
41
Così come è espresso dal politologo Andrea Mancia in
www.ideazione.com.
39
(156 stati nell’ultima edizione). L’analisi affronta una
cinquantina di variabili indipendenti che vengono poi
raggruppate in 10 fattori-chiave: politiche commerciali,
pressione fiscale, intervento pubblico nell’economia, politiche
monetarie, flussi di capitali e investimenti stranieri, attività
bancaria, salari e prezzi, diritti di proprietà, regolazione,
mercato nero. Ogni paese riceve, in ognuno di questi fattori, un
punteggio compreso tra 1,00 (massimo grado di libertà
economica) e 5,00 (minimo grado di libertà economica). E la
media ponderata di questi risultati fornisce il punteggio finale
complessivo (indicatore del grado di libertà economica) per
ciascuno Stato. Punteggi tra 1,00 e 1,95 connotano paesi come
"liberi", tra 2,00 e 2,95 "prevalentemente liberi", tra 3,00 e
3,95 "prevalentemente non liberi", tra 4,00 e 5,00 "repressi”».
Ciò premesso, riteniamo che questo indice debba essere
sottoposto alle stesse critiche a cui abbiamo sottoposto l’ISU
all’inizio di questo lavoro e a quelle proposte dal dott. Andrea
Forti dell’Università di Trento e dal dott. Pippo Ranci
dell’Università Cattolica del Sacro Cuore:
«Le variabili di base costituiscono infatti un insieme non
illogico ma certo molto incompleto, e non vi è esplicita
quantificazione di ciascuna di esse. I punteggi attribuiti a
ciascuno dei dieci fattori sono in cifra tonda. Evidentemente si
è attribuita un’elevata discrezionalità dei compilatori nelle
valutazioni. Ma quando un gruppo di valutatori gode di
discrezionalità, probabilmente riporta le opinioni prevalenti
dell’ambiente in cui vive ed opera: e di fatto i giudizi non
riportano mai fatti specifici ma citano frasi tratte da fonti
giornalistiche disponibili, come l’Economist Intelligence Unit,
trascinando a volte per inerzia, da un anno all’altro, giudizi
che andrebbero invece aggiornati. Ciò non stupisce. Disporre
di indicatori confrontabili per 161 paesi è attraente, ma ha un
costo: i giudizi sono tremendamente sommari; gli indicatori
che servono per un paese africano sono diversi da quelli che
servono per un paese europeo cosicché lo stesso indicatore
riferito a contesti molto diversi riflette realtà molto diverse e il
suo valore numerico è in realtà assai poco confrontabile nel
tempo. Inoltre mancano alcune variabili che pur sarebbero
necessarie e coerenti con la logica sottostante allo IEF, mentre
altre sono definite in un modo che fatica a “catturare” la
realtà delle cose, o l’andamento recente delle politiche. Ecco
pochi esempi, che, se inclusi nel calcolo, porterebbero
probabilmente ad un peggioramento del valore dell’indice e del
giudizio sulle tendenze in atto: (a) la perdurante mancanza di
concorrenza in alcuni settori (tra cui i servizi pubblici)
documentata dalle relazioni dell’Antitrust; (b) il graduale42
appesantirsi della tassazione locale a seguito dei tagli nei
trasferimenti statali agli enti locali; (c) la rischiosa confusione
dei nuovi compiti assegnati alla Cassa Depositi e Prestiti, che
ora non si limita al finanziamento degli investimenti pubblici
con la raccolta del risparmio postale garantito dallo Stato, ma
procede al finanziamento di investimenti privati e assume
partecipazioni in imprese private finanziandosi con l’emissione
di obbligazioni non garantite dallo Stato. Per converso, è
possibile che alcuni i giudizi, come quello sulla rigidità del
mercato italiano del lavoro, risentano di una ripetizione anno
dopo anno, in presenza di una realtà che invece si va
modificando. Per il fattore “regolazione”, ad esempio, si
prende atto del fatto che lo sportello unico ha ridotto i tempi di
attesa per aprire un’impresa, ma lo score non diminuisce
perché “molte procedure rimangono complicate”. Ma questo
era vero anche prima: perché in questo caso il miglioramento
continua a non riflettersi nello score? Dall’altra parte, resta un
dubbio di fondo sull’impostazione dell’IEF, per il quale la
spesa pubblica e la regolazione sembrano essere considerate
42 Misurato dall’indice di corruzione percepita di Transparency International, che utilizza
congiuntamente il parere di manager e analisti residenti e non residenti.
(http://legacy.transparency.org/cpi/2005/dnld/methodology.pdf)
40
sempre ed in sé negative. L’IEF esprime una sconfinata fiducia
che il mercato, lasciato a sé, risolve ogni problema. Come se
una spesa pubblica di buona qualità orientata a migliorare il
capitale umano, la ricerca e l’innovazione, non servisse a
favorire la crescita economica e la stessa libertà dei cittadini
“di realizzare le loro aspirazioni”. Come se non servisse alla
libertà economica una seria regolazione del risparmio (ecco un
altro punto a rischio per l’Italia, dato il ritardo con cui
procede la riforma) o una regolazione che limiti i monopoli e
assicuri un “terreno di gioco ben livellato” per tutti i
concorrenti. Tra gli ostacoli alla libertà economica, ad
esempio, risulta incluso il controllo pubblico sulle tariffe
dell’acqua, dell’elettricità, del gas, delle ferrovie e delle
autostrade. Se attuati in modo opportuno, però, questi controlli
servono a tutelare i consumatori su mercati di per sé non
concorrenziali: perché questo sarebbe un ostacolo alla libertà
economica? L’IEF, insomma, ci dice alcune cose che sapevamo
già, altre cose poco plausibili e altre ancora arbitrarie e
“ideologiche”. Il suo significato è incerto e troppo soggetto a
variazioni “umorali” degli intervistati. L’intenzione di fornire
uno strumento utile sembra quindi rimasta tale, almeno per
ora»43
.
Ora definiamo l’attrito.
In fisica questo è una forza non conservativa, e, quindi,
dissipativa, nel senso che, eseguendo un lavoro, una certa
quantità di energia viene irrimediabilmente perduta.
L’attrito, per definizione, è una forza che si genera quando
due corpi incominciano a scorrere uno sull’altro, ha la stessa
direzione del movimento, verso opposto e intensità
proporzionale alla forza premente; quest’ultima, in un sistema
di riferimento in cui uno dei corpi è fermo, è la componente
della forza che agisce sul corpo mobile perpendicolare alla
superficie di contatto. Indicando con Fa la forza d’attrito, con
Fp la forza premente e con k il coefficiente di proporzionalità,
si ha:
Fa = kFp.
Nella figura che segue è rappresentato un oggetto su un
piano inclinato. Su di esso agisce il suo peso ( P ) che viene
scomposto in due componenti: una ( Fp ), perpendicolare al
piano inclinato, è la “forza premente”, cioè quella che mantiene
l’oggetto attaccato al tavolo, mentre l’altra ( F ), parallela al
piano inclinato, è la “forza attiva”, cioè quella che fa scorrere
l’oggetto lungo il piano inclinato; a quest’ultima si oppone,
lungo la stessa direzione e con verso opposto, la forza d’attrito (
Fa ). Se Fa < F, allora l’oggetto scorre lungo il tavolo animato
da una forza il cui modulo è dato dalla differenza delle due; se
Fa ≥ F, allora l’oggetto resta fermo nella sua posizione.
In fisica politica, non essendoci particolari direzioni da
privilegiare, assumeremo che Fp sia costituita dal peso polittico
dell’oggetto stesso. Al coefficiente di proporzionalità k daremo
il nome di coefficiente di attrito indicandolo con la lettera
greca λ44
.
A questo punto, nonostante tutte le critiche, e ritenendo che i
contenuti dell’IEF lo rendano adatto ai nostri scopi, per lo meno
43
In: www.astrid-online.it/Economia-e/Studi 18 gennaio 2006. 44
In fisica, in effetti, esistono due coefficienti di attrito, quello statico e
quello dinamico, (con λ1 > λ2 ); ma per i nostri scopi
supporremo che λ rappresenti il coefficiente di attrito dinamico, non
potendo esistere un oggetto politico privo di moto.
41
nelle intenzioni con cui è stato proposto e definito, lo useremo,
assieme all’indice di burocrazia, per definire il coefficiente di
attrito e che, in fisica politica sarà espresso dalla media
aritmetica dei due indici.
Allora, detto Ie l’indice di libertà economica, λ sarà dato
da:
λ = Ib + Ie .
2
Inoltre, λ dovrà essere reso numericamente omogeneo all’ISU.
L’attrito interno di un oggetto politico, infine, sarà data
dall’espressione :
Fa = λ mg
III - 8 Urti45
.
Quando si parla di urti viene in mente, non a caso, il gioco
del biliardo. In effetti in questo gioco una delle cose che
accadono più frequentemente è l’urto di una biglia contro
un’altra.
Vediamo più in particolare quello che succede quando due
biglie si urtano.
Innanzitutto dobbiamo precisare che i percorsi delle biglie
hanno un punto di intersezione, altrimenti le biglie non si
urterebbero. Inoltre le caratteristiche dei due moti, e, in
particolare le loro direzioni, sono generalmente diverse; la
probabilità che, prima dell’urto, entrambi i moti abbiano la
stessa direzione è molto bassa. Il moto delle biglie, poi, è quello
che risulta dalla combinazione tra la rotazione su sé stesse e la
traslazione sul tavolo.
Per il fatto di avere una certa velocità, le biglie hanno una
certa quantità di energia cinetica che viene in parte dissipata
dall’attrito con il piano del biliardo. Ciò significa che la loro
velocità diminuisce rendendo il loro moto uniformemente
ritardato. Per ridurre l’attrito esiste, nei biliardi più sofisticati,
un sistema di riscaldamento che rende tiepido il panno che
copre il piano del biliardo.
Veniamo ora al momento in cui le biglie si incontrano, cioè,
si urtano. Quando questo accade, per effetto delle forze in
gioco, c’è uno scambio di energia tra le due sfere.
Immediatamente dopo l’evento i moti delle due biglie
cambiano sia nella rotazione che nella traslazione, ma in modo
tale che la quantità totale di energia cinetica posseduta dal
sistema delle due sfere immediatamente prima dell’urto sia
“quasi” uguale a quella posseduta immediatamente dopo l’urto.
Il “quasi” significa che, durante l’urto, una parte più o meno
piccola dell’energia totale in gioco si è trasformata in lavoro
che ha prodotto rumore, calore e piccolissime deformazioni
nelle biglie stesse. Questo ultimo fatto ci porta a stabilire cosa
si intende quando si parla di corpo rigido. A questo scopo
osserviamo che se le deformazioni prodotte dagli urti sulle
biglie modificassero significativamente la forma delle sfere, i
giocatori sarebbero costretti a cambiarle molte volte durante il
corso di una sola partita. Perciò il presupposto del gioco del
biliardo è che le biglie mantengano sostanzialmente invariata la
loro forma. Perciò il concetto di rigidità coinvolge sia le forze
in gioco agenti su un corpo che la sostanza di cui questo è fatto.
Possiamo quindi dire che un corpo può essere definito rigido
rispetto all’azione di una determinata forza se le deformazioni
prodotte su di esso sono trascurabili rispetto alle sue
dimensioni.
45
Uno dei metodi più usati dai fisici per studiare le proprietà delle
“particelle elementari” è quello di farle collidere tra loro ad altissime
velocità studiandone poi il comportamento immediatamente prima e
dopo l’impatto. E’ nato in questo modo un capitolo della fisica
interamente dedicato agli urti e dal quale prendiamo la definizione per la
fisica politica.
42
Ritornando al gioco del biliardo trascuriamo l’attrito con
l’aria, l’unica forza “visibile” diversa da quelle agenti tra le
biglie nell’urto, e il loro attrito sul tavolo. Quest’ultimo è reso
minimo dalla qualità dei materiali di cui è fatto il tavolo. La sua
influenza, poi, può essere trascurata perché l’urto stesso, che
avviene in un intervallo di tempo molto piccolo, genera delle
forze molto più intense dell’attrito stesso.
Allora le caratteristiche che devono essere prese in
considerazione per definire oggettivamente un urto sono
determinate dall’intervallo di tempo in cui avviene il fenomeno
e dalla intensità delle forze esterne che possono intervenire nel
fenomeno stesso.
A questo punto siamo in grado di definire un urto come:
l’interazione molto intensa e rapida tra due oggetti che
collidono con velocità diverse in un intervallo di tempo tanto
piccolo da poter trascurare gli effetti di forze esterne.
Dalla definizione segue che durante l’urto il sistema formato
dagli oggetti collidenti può essere considerato isolato.
A seconda delle velocità relative, delle masse dei corpi
collidenti e delle energie in gioco prima e dopo l’evento
possono verificarsi diversi tipi di urti.
I fisici per poter studiare più agevolmente i processi d’urto
ne costruiscono un modello teorico e lo definiscono “urto
perfettamente elastico”. In questo modello, per definizione, la
quantità di moto totale del sistema prima e dopo l’urto si
mantiene costante e, perciò, durante l’urto non viene dissipata
energia.
Affrontiamo ora il problema quantitativamente e nei tratti
che interessano il nostro lavoro.
Se ma, va e mb, vb sono le masse e le velocità di due “sfere
politiche” perfettamente rigide prima dell’urto (che
supponiamo frontale), qa1 = mava e qb1 = mbvb saranno le
loro quantità di moto prima dell’urto. Supposto che le masse,
diverse fra loro, restino costanti, ciò che varia per effetto
dell’urto sono le loro velocità; per cui, dette Va e Vb le
velocità dopo l’urto, le quantità di moto saranno:
qa2 = maVa e qb1 = mbVb.
Per la conservazione della quantità di moto deve essere:
qa1 + qb1 = qa2 + qb2
mava + mbvb = maVa + mbVb. (1)
Inoltre, per la conservazione dell’energia cinetica deve
anche essere:
1mava2 + 1mbvb
2 = 1maVa
2 + 1mbVb
2. (2)
2 2 2 2
La (1) e la (2) formano un sistema di equazioni che ci
consente di conoscere le velocità delle sfere dopo l’urto.
Ridotto il sistema alla forma più semplice si trova:
Va = 2mbvb - (mb - ma)va (3)
ma + mb
Vb = 2mava - (ma - mb)vb . (4)
ma + mb
Se ma = mb, il sistema fornisce: Va = vb e Vb = va, cioè in
un urto frontale i due oggetti di uguale massa si scambiano le
velocità.
Se mb = ∞ e vb = 0 (urto di una sfera contro una parete
43
fissa di massa infinita46
), dalla (3) si ricava:
Va = - (mb - ma)va ; (5)
ma + mb
poiché
lim mb - ma = 1 (6)
mb→∞ ma + mb
si ottiene Va = -va; in questo caso si vede come la sfera,
rimbalzando contro la parete, torna indietro con velocità
opposta a quella con cui ha urtato.
Inoltre, poiché
lim 2mava = 0 ,
mb→∞ ma + mb
dalla (4) si ricava Vb = 0 , cioè la parete resta ferma.
Se vb ≠ 0 e mb= ∞ (urto di una sfera contro una parete
mobile) allora, riferendo l’urto ad un sistema di riferimento
solidale con la parete, possono verificarsi due casi:
a) va e vb sono concordi, con va > vb; allora la velocità
con la quale la sfera raggiunge le parete è va’ = va - vb
(velocità relativa) e, sostituendo nella (5), si ottiene:
Va - (mb - ma)(va - vb)
ma + mb
e, per la (6), si ricava:
Va = vb - va = -va’ ,
cioè la sfera dopo l’urto ritorna indietro con velocità relativa -
va’ , mentre parete e sfera si
allontanano tra loro con velocità relativa Va + va.
b) va e vb sono discordi e si avvicinano; allora la velocità con
cui la sfera raggiunge la parete è
va’ = va + vb.
Per le (5) e (6) sarà:
Va = va + vb = -va’
e la velocità di allontanamento reciproco è:
Va - va = vb
Nella realtà le cose stanno diversamente, perché durante
l’urto una parte dell’energia cinetica del sistema viene spesa per
provocare deformazioni permanenti più o meno grandi negli
oggetti collidenti; un’altra parte ancora viene trasformata in
forme di energia non recuperabili; tutto ciò avviene in modo
tale che l’energia cinetica del sistema dopo l’urto risulta sempre
inferiore a quella del sistema prima dell’urto e perciò questo
viene detto anelastico.
Ritornando alla fisica politica bisogna tener presente che un
qualsiasi oggetto politico dissipa energia in qualsiasi situazione,
nel senso che una parte di quella che assorbe per la sua “vita”
viene restituita all’ambiente che lo circonda in una forma che
46
Nel senso che la massa della sfera è trascurabile rispetto a quella della
parete; cioè: ma/mb ≈ 0
44
non può più essere utilizzata. Per questi motivi un urto tra due
oggetti politici sarà senz’altro di tipo anelastico. Inoltre,
l’intervallo di tempo che interessa l’urto tra oggetti politici è
estremamente più lungo di quello relativo all’urto tra due
oggetti materiali. Ciò nonostante, tale intervallo di tempo,
dovendo essere confrontato con la scala dei tempi della storia,
in molti casi può essere ritenuto sufficientemente piccolo da
poter trattare come urti eventi come: attentati terroristici,
sommosse popolari, rivoluzioni, guerre ed altri eventi simili,
purché durante il fenomeno da studiare non intervengano forze
sensibili di natura diversa. Sotto queste ipotesi un urto tra
oggetti politici può essere trattato come un urto anelastico
frontale tra due corpi non rigidi.
Attraverso lo studio dell’ISU siamo in grado di calcolare, in
un opportuno intervallo di tempo, le quantità di moto e le
energie cinetiche degli oggetti politici prima e dopo l’urto e da
ciò ricavare anche l’energia dissipata nell’urto.
Indicando con Ec1 e Ec2 (Ec2 < Ec1) le energie cinetiche
totali del sistema prima e dopo l’urto, il loro rapporto
η = Ec2
Ec1
è compreso tra zero e uno (0 < η < 1).
Il rapporto η , che dai fisici viene chiamato coefficiente di
restituzione, varia in maniera sensibile al variare della natura
degli oggetti politici collidenti e dell’intervallo di tempo
durante il quale avviene l’urto; infatti, quanto più grande è
l’intervallo Δt , tanto maggiore è l’azione delle forze
dissipative durante l’urto.
45
“…colui che sa, colui che è davvero un uomo politico
in pratica farà molte cose con arte senza punto
curarsi delle scritture, quando qualche altra
cosa gli sembri migliore di ciò che fu scritto…”
(Platone, “Il Politico)”
P A R T E S E C O N D A
Termodinamica - politica
46
Capitolo I: I gas politici.
I -1 Che cosa è un gas.
Con il termine di gas viene indicato uno stato di aggregazione
della materia sostanzialmente diverso dagli altri due stati di
aggregazione, cioè lo stato solido e quello liquido47
.
Nello stato solido le particelle che costituiscono la materia (atomi e
molecole) sono strettamente legate tra loro in strutture ordinate da
legami chimici molto forti, e ciò fa si che la materia allo stato solido
sia caratterizzata da una propria forma e un proprio volume.
Nello stato liquido i legami chimici che uniscono le particelle sono
molto deboli rispetto a quelli dello stato solido e ciò non consente la
formazione di strutture ordinate; le sue particelle possono scorrere le
une sulle altre, e ciò fa si che un liquido abbia un proprio volume ma
assuma la forma del recipiente che lo contiene.
Un gas è caratterizzato dal fatto che le sue particelle non sono
unite tra loro da legami chimici; esse si muovono liberamente
all’interno del recipiente che le contiene, urtandosi fra loro,
cambiando direzione ad ogni urto, e urtando contro le pareti del
recipiente. Per questi motivi un gas, che non ha forma e volume
propri, può essere compresso.
I - 2 Il “gas politico”.
Nello studio della termodinamica si lavora con grandezze quali
volume, pressione e temperatura che trovano una loro definizione
nella teoria cinetica dei gas. Questa lega con semplici relazioni
matematiche le grandezze ora citate con altre già incontrate
nell’ambito della meccanica, quali lavoro ed energia.
Nella termodinamica politica verrà adottato lo stesso formalismo
matematico per ottenere dei risultati analoghi a quelli della
termodinamica, con la differenza che, mentre in fisica l’oggetto delle
leggi è l’atomo o la molecola di un gas (teoria cinetica), in
termodinamica politica le stesse leggi verranno applicate all’uomo
inteso come particella di un gas ideale.
Per procedere nel nostro lavoro da un lato dobbiamo considerare
che la maggior parte degli individui svolge il proprio moto politico,
ovvero la ricerca di condizioni migliori di vita, all’interno dei confini
della Nazione di cui fa parte, e ciò è dovuto al fatto che ogni
individuo è legato alla propria comunità dalla condivisione degli
interessi che ne caratterizzano la vita e gli scopi; dall’altro dobbiamo
ammettere necessariamente l’analogia tra gli elementi che
costituiscono un oggetto politico con le particelle che compongono
un gas reale. Tale analogia è dovuta principalmente alla libertà di
movimento che caratterizza la maggior parte degli uomini all’interno
del sistema sociale in cui vivono. Da queste considerazioni, allora, si
vede come gli individui che costituiscono un oggetto politico possano
essere considerate come le particelle di un “gas politico” ideale
contenuto in un cubo (non fisico48
). All’interno di questo cubo si
svolge il cammino politico di ognuna di queste persone che
interagiscono tra loro. La natura di questa interazione può essere
paragonata alla molteplicità degli urti che avvengono tra le particelle
di un gas e tra queste e le pareti del recipiente che le contiene.
Il paragone è utile per dare significato agli urti tra le molecole di
un gas politico. Osserviamo poi che nelle comunità umane più
individui possono incontrarsi o scontrarsi sia fisicamente che
economicamente e socialmente; in eventi di questo tipo c’è sempre
uno scambio di qualcosa che può essere tradotto in termini energetici,
come lo scambio di parte dell’energia posseduta da particelle
materiali di un gas che si urtano.
Nelle conflittualità politiche, economiche e commerciali possono
esserci scambi pacifici per i quali i singoli moti politici ne risultano
avvantaggiati, o bellicosi, ed in tal caso c’è una dissipazione di
energia a svantaggio delle parti contendenti. Inoltre, una molecola di
un gas politico contenuto in un cubo non fisico è vincolata49
a
muoversi solo al suo interno. Perciò, come è stato necessario
47
In questo paragrafo ci riferiamo alla definizione classica degli stati di
aggregazione della materia 48 L’introduzione di questo cubo non fisico nella teoria che stiamo per costruire non ha
alcuna attinenza alla realtà; l’analogia con la fisica è solo formale, ma la sua introduzione
ci consente di giungere a risultati di interesse specifico per la termodinamica politica che,
come vedremo, trovano numerosi riscontri nella realtà.
49
Questo vincolo è generato, oltre che dai legami affettivi che ogni
essere umano nutre nei confronti del proprio gruppo familiare e sociale
e della terra natia, anche dalle abitudini, dalle usanze, dalle tradizioni
culturali e religiose, dalla lingua e dai rapporti lavorativi ed economici
con la propria comunità.
47
associare un volume ad un gas politico, allo stesso modo assoceremo
ad esso una pressione ed una temperatura che ci accingiamo a
definire.
I - 3 Teoria cinetica dei gas politici.
Ricordando che in meccanica l’ISU è stato assunto come misura
della lunghezza politica, abbiamo associato ad ogni oggetto politico
un cubo contenente un gas le cui particelle sono gli individui
dell’oggetto politico medesimo. Il sistema costituito dal contenitore e
dal gas in esso contenuto può essere studiato costruendone un
modello più semplice. Questo è definito da un numero di ipotesi
semplici che permettono di analizzare il sistema usando leggi già
note, nel nostro caso quelle della meccanica politica. Il modello
semplificato, se ben costruito, può dare delle buone approssimazioni
del sistema reale. Nel costruire tale modello chiameremo “gas
politico” l’insieme costituito dalla popolazione di un oggetto politico
e faremo le seguenti ipotesi:
le particelle che costituiscono un gas politico sono i singoli
individui
della popolazione di un oggetto politico e verranno chiamate
molecole;
viene assunto come moto di ogni molecola il proprio moto
politico;
il moto di ogni molecola rispetto alle altre è casuale50
;
il numero delle molecole di un gas politico è grande;
il volume di una singola molecola è trascurabile rispetto a quello
occupato da tutto il gas politico;
ad ogni molecola viene associata la massa m = I51
.
I - 4 L’Equazione di stato.
In termodinamica esiste una relazione che lega la pressione ed il
volume di un gas contenuto in un recipiente al numero delle molecole
ed alla temperatura del gas stesso; questa relazione è detta
“equazione di stato” ed è la seguente:
pV = K
nT
dove p e V sono rispettivamente la pressione e il volume del gas,
T è la temperatura assoluta e n indica il numero di particelle che
compongono il gas, mentre K è una costante e viene chiamata
“costante dei gas perfetti”.
La relazione descrive lo stato di equilibrio termodinamico del gas
in un determinato istante. Se il gas subisce una trasformazione che lo
porti in uno stato di equilibrio termodinamico diverso dal precedente
l’equazione di stato ci dice che i nuovi valori dei parametri che lo
caratterizzano devono comunque essere legati tra loro nello stesso
modo matematico.
Ci proponiamo ora di trovare la grandezza da adottare come
temperatura nella termodinamica politica. A questo proposito
facciamo alcune considerazioni.
Precedentemente abbiamo fatto riferimento alla temperatura
assoluta senza definirla. Incominciamo col dire che lo “zero” della
scala termometrica assoluta, detta scala Kelvin, corrisponde sulla
scala centigrada52
, detta Celsius, alla temperatura di +°27353
. Inoltre
ad intervalli uguali di una scala corrispondono intervalli uguali
dell’altra.
Lo zero della scala Kelvin viene detto “zero assoluto” e ha un
significato importantissimo. Infatti, poiché in fisica la temperatura di
un corpo indica lo stato di agitazione termica delle particelle che lo
compongono, lo zero assoluto, teoricamente e praticamente
irraggiungibile, indica quello stato in cui tutte le particelle che
50
Questa ipotesi va accettata con la limitazione dovuta al fatto che ogni
essere umano vive in un contesto organizzato, come ad esempio
l’ambiente di lavoro, dove ognuno svolge le proprie attività per
l’interesse proprio e della collettività e, pertanto, la casualità del proprio
moto politico si manifesta principalmente al di fuori di tali contesti. 51
Dove I è l’ISU dell’oggetto politico di cui la molecola fa parte. 52
E’ quella usata, ad esempio, nei nostri termometri clinici.
53
Viceversa, lo zero della scala centigrada corrisponde alla temperatura
di -°273.
48
compongono la materia sono ferme54
. Questo fatto ci dice anche che
non ha senso, riferendosi alla scala Kelvin, parlare di temperature
negative.
Ritorniamo alla termodinamica politica e ricordiamo che uno dei
parametri che concorrono a alla determinazione dell’ISU è il PIL.
Questo, in macroeconomia, esprime l’intensità e la produttività di
tutte le attività lavorative di una Nazione; perciò, per analogia con la
termodinamica, possiamo dire che esso rappresenta lo stato di
“agitazione termica” di un oggetto politico, ovvero, la sua
temperatura. Ma l’analogia non si ferma qui. Basti pensare che al
valore 0 del PIL di una Nazione corrisponde una totale assenza di
attività lavorative, così come all’assenza di moto nelle particelle della
materia corrisponde lo zero della scala Kelvin.
E’ per questi motivi che adotteremo, per la termodinamica politica,
una scala termometrica assoluta i cui valori sono costituiti da quelli
dell’indice PIL.
Ci proponiamo ora di vedere come sia possibile giungere ad una
relazione analoga all’equazione di stato della termodinamica che sia
in grado di descrivere lo stato di un gas politico in un determinato
istante. Per fare questo dobbiamo cercare una espressione matematica
che definisca la pressione interna di un gas politico.
Siano Sa e Sb due facce opposte del cubo precedentemente
definito; sia poi m = I la massa politica di una molecola e v la
velocità del suo moto politico. In un sistema di riferimento cartesiano
ortogonale Oxyz le componenti della velocità saranno vx, vy, vz;
poiché il moto politico di una molecola si svolge lungo una sola
direzione possiamo far coincidere con questa l’asse delle ascisse del
nostro sistema di riferimento; in questo modo il valore della
componente vx coinciderà con il modulo v della velocità: vx = v.
Quando una particella urta la parete Sa55
perpendicolare all’asse x,
se l’urto è elastico, nel senso che la quantità di moto totale in gioco
prima e dopo l’urto è la stessa, rimbalza e v cambia segno
diventando -v; essendo vy e vz sempre uguali a zero, la differenza
tra quantità di moto finale della molecola e quella iniziale sarà: -mv -
(+mv) = -2mv. Se la particella raggiunge Sb senza averne urtate
altre56
, il tempo che occorre ad attraversare il cubo andata e ritorno è
t = 2nI/v, e questo è anche il tempo che intercorre tra due urti
successivi su una stessa parete. Tenendo presente il teorema
dell’impulso (FΔt = mΔv) e sostituendo I ad m, la forza media
esercitata dalla particella su Sa è:
F = 2Iv = v2 ;
2nI/v n
Se v1, v2, ... , vn sono le velocità delle particelle 1, 2, … , n, la forza
esercitata su Sa da tutte le particelle è data da:
F = v2
1 + v2
2 + … + v2n ;
n
la frazione a secondo membro non è altro che la media aritmetica dei
quadrati delle velocità (che indicheremo con v), per cui F = v2, e
quindi, sulla parete viene esercitata una pressione (definita dal
rapporto tra una forza e una superficie) data da:
p = _v_2 .
n2I2
Moltiplicando entrambi i membri di quest’ultima per V (V = n3I3)
si ottiene:
pV = v2V = v
2n
3I3
n2I2 n
2I2
54 Ciò è vero nella termodinamica classica.
55
L’urto di una molecola di un gas politico contro una parete significa,
in termini di fisica politica, esclusivamente l’inversione del suo moto
politico indipendentemente dagli urti con altre molecole.
56
Il problema di urti con altre particelle non si pone perché in un urto
elastico particelle uguali si scambiano semplicemente le velocità e,
pertanto, per ogni molecola che raggiunge una parete ce n’è sempre
un’altra che raggiunge la parete opposta con la stessa quantità di moto.
49
da cui infine:
pV = v2nI;
dal confronto di questa con l’equazione di stato, e ricordando che per
la temperatura abbiamo assunto la scala degli indici PIL, si ottiene:
nIv2 = nKT,
cioè:
Iv2 = KT.
A quest’ultima daremo il nome di “equazione dei gas politici”.
Sostituendo m (massa politica del gas) ad nI e dividendo per due
entrambi i membri dell’ultima uguaglianza si ottiene infine:
1mv2 = 1 nKT;
2 2
da quest’ultima si vede come l’energia cinetica di un gas politico sia
proporzionale alla sua temperatura, cioè al suo indice PIL.
I - 5 Calcolo di K.
Ci proponiamo ora di dare un valore a k e osserviamo che, come
in fisica l’equazione di stato è valida solo per i gas “perfetti” in
equilibrio termodinamico, l’equazione dei gas politici avrà un valore
attendibile solo per quelle Nazioni ove le rilevazioni di dati
demografici vengano effettuate in condizioni di tranquillità politica e
sociale, cioè in equilibrio termodinamico.
Quest’ultima espressione ha bisogno di essere spiegata.
Quando si parla di equilibrio termodinamico si fa riferimento al
fatto che i valori che caratterizzano lo stato di un sistema (pressione,
volume e temperatura) siano ben definiti e restino tali in un certo
intervallo di tempo e siano legati tra loro dall’equazione di stato. E’
proprio questa condizione di equilibrio a darci la possibilità di
misurare il valore della costante k. La condizione di equilibrio
implica, inoltre, che la risultante di tutte le forze esterne ed interne al
sistema sia nulla. Inoltre dobbiamo aggiungere che i valori dell’ISU
di molte Nazioni vengono stabiliti attraverso stime statistiche fornite
dall’UNESCO, o sono concordati a priori direttamente con gli Stati
interessati, o, ancora, dedotti con metodi di estrapolazione da serie di
valori precedenti. Inoltre, in molti casi, per la determinazione degli
gli indici relativi ai parametri che compongono l’ISU di un certo
anno, si fa riferimento ai valori dell’anno precedente. Peraltro, per
quelle Nazioni governate da regimi dittatoriali o teocratici, e per altre
dove sono presenti diffusi fenomeni di nomadismo ed emigrazione, o
in altre ancora dove continue guerre impediscono corrette
rilevazione, è lecito supporre che i valori dell’ISU siano attendibili
entro limiti molto larghi. Ricordiamo, inoltre, che l’ISU, per il modo
in cui viene determinato, è attualmente insufficiente ad individuare e
caratterizzare completamente la condizione sociale, politica ed
economica di una Nazione.
Per tutti questi motivi, ma principalmente per il fatto che ogni
nazione al mondo è sempre sottoposta a forze interne ed esterne la
cui risultante non è mai uguale a zero, non è lecito parlare di stato di
equilibrio termodinamico, e, quindi, il valore di K che stiamo per
proporre assumerà un significato puramente teorico.
Dall’equazione dei gas politici, sostituendovi nI ad m e
semplificando, si ottiene: Iv2 = KT, da cui risulta:
K =Iv2 .
T
I calcoli forniscono per K il valore medio di 28,343x10-6
.
Per ottenere questo valore ci siamo serviti dei dati di dieci Nazioni
relativi agli anni 1998, 2000, 2002, 2004. Per le rispettive velocità
politiche abbiamo usato le velocità medie calcolate ciascuna
sull’anno precedente a quello considerato.
Quando le tecniche di rilevamento dei dati avranno assunto livelli
di precisione opportuni ed uguali per tutto il globo, questo risultato
potrà assumere una grande importanza. Infatti, legando con una
relazione matematica le grandezze I, v e T, esso costituirà una
conferma della validità delle leggi della fisica politica.
I - 6 Lavoro eseguito da un gas politico.
Supponiamo che la faccia superiore del cubo considerato
50
precedentemente sia in grado di scorrere senza attrito come un
pistone in un cilindro e che su tale faccia un altro oggetto politico
eserciti una forza; supponiamo inoltre che le pareti del cubo siano
adiabatiche, ovvero tali da non consentire scambi di calore, tranne
quella opposta a quella scorrevole. Se la faccia superiore del cubo è
in equilibrio vuol dire che la pressione esercitata dal gas all’interno fa
esattamente equilibrio alla pressione esterna. Se si comunica calore
all’interno del cubo attraverso la faccia inferiore, il gas politico si
espande facendo sollevare di una quantità dI la faccia scorrevole del
cubo; in questo modo il gas interno ha eseguito un lavoro meccanico
dato da:
L = ∫FdI = -∫pn3I3dI.
51
Capitolo II: Il calore e il primo principio.
II - 1 Capacità termica e calore specifico.
Fa parte dell’esperienza comune il fatto che, se si mettono a
contatto due oggetti a temperature diverse, quello più caldo
cede calore a quello più freddo in modo che, dopo un certo
tempo, entrambi raggiungano una stessa temperatura finale di
equilibrio, intermedia tra quelle iniziali. Questo fatto è ben noto
ai barman di Napoli i quali, prima di versare il buon caffè
bollente nella tazzina, per evitare che questo si raffreddi
cedendo calore alla tazzina fredda, riscaldano questa in acqua
bollente.
Il fenomeno che abbiamo descritto viene chiamato scambio
termico spontaneo.
In termodinamica politica accade qualcosa del genere; infatti,
tra un oggetto politico e l’ambiente circostante o, comunque,
tra due oggetti politici a contatto, avvengono in ogni istante
scambi di natura commerciale, economica e di altro tipo che,
comunque, comportano uno scambio di energia tra le parti.
Per poter valutare quantitativamente uno scambio termico
abbiamo bisogno di definire tre nuove grandezze: il calore, la
capacità termica ed il calore specifico di un oggetto politico.
Il primo è definito come la quantità di energia che transita
da un oggetto all’altro in questi scambi.
La capacità termica è il rapporto tra la quantità di calore
ceduto ad un oggetto politico e la corrispondente variazione di
temperatura dell’oggetto Stesso.
Detto Q il calore e C la capacità termica, questa è data da:
C = Q . (1)
∆T
Infine, il calore specifico, indicato con c , è il rapporto tra
la capacità termica di un oggetto politico e la sua massa:
c = C = Q ; (2)
m ∆T
quindi il calore specifico di un oggetto politico può anche
essere definito come la sua capacità termica per unità di massa.
Dalla (2) si ricava anche:
Q = mc∆T,
cioè, la quantità di calore scambiata (ceduta o assorbita) da un
oggetto politico è proporzionale al prodotto della sua massa per
la corrispondente variazione di temperatura.
Calcoliamo ora la temperatura comune raggiunta da due
oggetti politici a contatto. Sia m1 la massa di un oggetto
politico che si trovi alla temperatura T1 e m2 la massa di un
altro oggetto politico che si trovi alla temperatura T2 (T1 > T2).
Dopo un po’ di tempo i due oggetti politici raggiungeranno una
temperatura finale comune intermedia T . Cosa è successo?
La massa m1 ha ceduto la quantità di calore Q1 = m1c(T1 - T),
e la massa m2 ha assorbito la quantità di calore Q2 = m2c(T -
T2), essendo c il calore specifico dei due oggetti politici che,
per il momento, supponiamo uguale per entrambi.
Poiché deve necessariamente essere Q1 = Q2, si ottiene:
m1(T1 - T) = m2(T - T2)
da cui si ricava la temperatura finale intermedia:
52
T = m1T1 + m2T2 .
m1 + m2
Questa, come si vede, dipende solo dalle masse e dalle
temperature iniziali.
Non potendo considerare a priori costanti la capacità termica
e il calore specifico dobbiamo supporre che questi siano
funzione di T. Per un intervallo di temperature ∆T = T2 - T1
le (1) e (2) indicano solo valori medi di C e c.
Se vogliamo determinare la quantità di calore che occorre
fornire ad un oggetto politico per elevarne la temperatura dal
valore T1 al valore T2 dobbiamo procedere dividendo
l’intervallo ∆T in N intervallini uguali e molto più piccoli e
sommando le quantità di calore necessarie per ognuno di questi
intervallini. Indicando con ∆Tn uno di questi, si ottiene:
N
Q = ∑ mcn∆Tn ;
n=1
facendo tendere ∆T a zero e supponendo m costante avremo:
N T2
Q = lim ∑ mcn∆Tn = m∫cdT
∆T→0
n=1
T2
essendo c funzione di T.
II - 2 Energia interna di un gas politico e primo principio.
Se comprimiamo una molla di metallo a spirale di una
lunghezza Δl e poi la blocchiamo, questa ha la capacità di
compie un lavoro, e tale capacità è tanto più grande quanto
maggiore è Δl. Diciamo allora che la molla, in questa sua
condizione, ha una certa quantità di energia, e che quest’ultima
è misurata dal lavoro che è in grado di compiere.
Una sfera di un certo materiale alla temperatura di °50C è
in grado di sciogliere una certa quantità di ghiaccio; se, invece,
la temperatura della sfera è di °80C la quantità di ghiaccio che
può essere fuso dalla sfera sarà maggiore. Come per la molla,
anche in questo caso diciamo che la sfera possiede una quantità
di energia e che questa è più grande alla temperatura di °80C.
Le molecole di un gas contenute in un recipiente chiuso e che
non consenta scambi di calore con l’esterno posseggono
un’energia cinetica totale che è proporzionale alla temperatura
del gas stesso.
In tutti e tre i casi l’energia posseduta dipende solo dallo
“stato” della materia dell’oggetto, e per questo la chiameremo
energia interna.
Ritorniamo al modello di gas politico.
Se facciamo un lavoro sul gas contenuto nel cubo dobbiamo
spendere una quantità di energia pari al lavoro svolto.
Avendo definito
T1
Q = m∫cdT ,
T2
si vede anche come Q dipenda dalla temperatura; inoltre,
poiché l’energia interna di un gas politico è proporzionale alla
temperatura, si vede come Q e L siano due aspetti diversi
della stessa grandezza: l’energia; e questo ci fa capire che, sia
facendo un lavoro meccanico che scambiando calore, è
possibile trasferire energia da un sistema termodinamico
all’ambiente circostante e viceversa.
Non dovendo prendere in considerazione moti rotatori,
dobbiamo concludere che l’energia interna di un gas politico sia
interamente costituita da energia cinetica di traslazione:
53
Eint = 1mv2 = 1nKT,
2 2
e da quest’ultima si vede come l’energia interna di un gas
politico dipenda solo dalla temperatura.
Se facciamo un lavoro L sul gas, supponendo che il sistema
termodinamico sia adiabatico, per la conservazione dell’energia
deve essere ∆Eint = L ; in tal caso il lavoro fatto sul gas è
l’unica causa della variazione della sua energia interna.
Se forniamo una quantità di calore Q ad un gas, la sua
temperatura passerà da una valore iniziale T1 ad un valore
finale T2 in modo da far variare la sua energia interna di una
quantità ∆Eint= Q; in assenza di lavoro scambiato con l’esterno
la quantità di calore Q è l’unica causa della variazione
dell’energia interna del gas politico. Se poi vengono scambiate
con l’ambiente esterno le quantità di calore e lavoro Q ed L
possiamo scrivere:
∆Eint = Q + L57
.
Questa è la forma matematica del primo principio della
termodinamica che possiamo enunciare nel seguente modo : in
ogni trasformazione termodinamica la variazione di energia
interna del sistema è pari alla somma algebrica del calore e
del lavoro scambiati con l’ambiente esterno.
Nelle trasformazioni dove la temperatura resta costante
(trasformazioni isoterme) non c’è variazione di energia interna,
perciò L + Q = 0.
Nelle trasformazioni dove non c’è variazione di volume
(trasformazioni isocore) L = 0 e ∆Eint = Q.
Nelle trasformazioni cicliche (cioè quelle dove una serie di
trasformazioni riportano il sistema alle condizioni iniziali) la
variazione di energia interna è zero e quindi L + Q = 0.
In una espansione libera il gas inizialmente concentrato in un
volume è libero di uscire dal contenitore e, non avendo
pressioni da equilibrare, non compie alcun lavoro e, perciò,
∆Eint = 0; pertanto in un gas politico ideale libero di espandersi
l’energia interna rimane costante; in realtà ciò non è vero, ma la
supposizione può essere ritenuta lecita se si tiene presente che
in un piccolo intervallo di tempo (es: cinque anni) le variazioni
di I sono dell’ordine di grandezza di 10-3
.
Ritorniamo ora ai calori specifici, ed osserviamo che in
fisica c varia da sostanza a sostanza, ed il suo valore per una
determinata sostanza, che non sia allo stato gassoso, dipende
dalla temperatura assoluta.
Per i gas, invece, bisogna distinguere tra calore specifico a
volume costante (cv) e calore specifico a pressione costante
(cp).
Infatti, se in una trasformazione a volume costante si
comunica calore ad un gas, questo non compie alcun lavoro
verso l’esterno ed il calore comunicato serve unicamente ad
aumentare la sua temperatura.
In una trasformazione a pressione costante, invece, il gas è
libero di espandersi, e, perciò, mentre una parte del calore che
gli viene comunicato va ad aumentare la sua temperatura, la
rimanente parte viene spesa dal gas per eseguire un lavoro
verso l’esterno pari a PΔV. Da ciò si deduce che cp > cv.
Per i gas perfetti, inoltre, esiste la seguente relazione:
cp + cv = R58
.
57
L’espressione L + Q è semplicemente una somma algebrica, nel senso
che le grandezze L e Q vanno “prese” con i loro segni; si userà il
segno + per un lavoro fatto sul sistema termodinamico o per il calore ad
esso ceduto, mentre il segno - indicherà un lavoro fatto dal sistema o
per una quantità di calore da esso ceduta.
54
In fisica politica, invece, c assume, ad una determinata
temperatura, e per ogni oggetto politico, sempre lo stesso
valore; ciò è dovuto al fatto che ogni oggetto politico è
composto esclusivamente dallo stesso tipo particelle: gli
individui del genere umano.
Anche per i gas politici devono essere considerate valide le
stesse considerazioni che hanno portato alla distinzione tra
calore specifico a volume costante e calore specifico a
pressione costante.
Bisogna però osservare che, mentre è possibile sottoporre un
gas reale ai due tipi di trasformazioni e determinarne i due
calori specifici, non è altrettanto possibile isolare un oggetto
politico dalla realtà e sottoporlo alle stesse trasformazioni ed
effettuare le stesse misure. Ciò nonostante, dall’analisi
dell’andamento dell’ISU dell’oggetto politico e dalla
valutazione delle sue condizioni politiche ed economiche è
possibile stabilire se l’oggetto politico, in un determinato
periodo, sia sottoposto ad una trasformazione isocora o
isobarica.
58
Questa è nota come “relazione di Mayer”, ed in essa R è la costante dei
gas perfetti.
55
Capitolo III: Entropia e secondo principio.
III - 1 Trasformazioni reversibili e irreversibili.
Consideriamo un cilindro contenente n particelle di un gas;
il cilindro è munito di un pistone in grado di scorrere senza
attrito al suo interno; se in un dato istante il gas è in uno stato di
equilibrio, esso è caratterizzato da particolari valori di
pressione, volume e temperatura legati dall’equazione di stato:
pV = K .
nT
Effettuiamo sul sistema due tipi di trasformazioni simili tra
loro che indichiamo con a e b:
a) - sia Sa lo stato iniziale del sistema caratterizzato dai valori
p1, V1 e T1 di pressione, volume e temperatura. Si abbassi
molto rapidamente il pistone di una altezza ∆h; dopo un
intervallo di tempo più o meno breve il gas raggiunge un nuovo
stato Sb caratterizzato dai valori p2 , V2 e T2 .
Durante la trasformazione il gas assume un regime
turbolento per cui non è possibile descrivere in ogni istante il
suo stato termodinamico.
b) – Dopo aver riportato il gas nelle condizioni iniziali, questa
volta abbassiamo il pistone della stessa altezza ∆h in modo
estremamente lento. In questo caso, essendo la trasformazione
molto lenta, è lecito supporre che questa proceda istante per
istante per stati di equilibrio successivi caratterizzati, perciò, da
valori noti di p , V e T. E’ perciò lecito pensare che durante
la trasformazione il gas sia passato dallo stato Sa allo stato Sb
attraverso una successione di stati S1, S2, … , Sn i cui termini
saranno tanto più numerosi quanto più lento è il processo che
porta il gas dallo stato Sa allo stato Sb.
Nel caso a) non è possibile, in qualsiasi istante, tra quello
iniziale e quello finale, invertire il senso della trasformazione
con una piccolissima variazione di uno dei parametri che
definiscono lo stato termodinamico del gas per il fatto che si
conoscono solo i valori che caratterizzano lo stato iniziale e lo
stato finale del gas.
Nel caso b) , invece, data l’estrema lentezza della
trasformazione, questo è sempre possibile.
Una trasformazione che avviene secondo le modalità
descritte in a) si dice irreversibile, mentre una trasformazione
che avviene secondo le modalità descritte in b) si dice
reversibile.
III - 2 Macchine termiche e secondo principio.
Una macchina termica è un sistema termodinamico che
trasforma calore in lavoro utile.
Se comunichiamo calore al nostro cilindro, il gas in esso
contenuto si espande ed il pistone si solleva, cioè il gas ha
compiuto un lavoro pari al prodotto dello spostamento del
pistone per il suo peso, ma non è successo solo questo; infatti
contemporaneamente è anche aumentata la temperatura del gas,
ovvero una parte dell’energia termica comunicata al cilindro è
servita ad aumentare l’energia interna del sistema e la
rimanente è stata trasformata in lavoro. Per poter riutilizzare il
sistema, cioè per poter ripetere la trasformazione bisogna
ricondurlo alle condizioni iniziali, cioè il sistema deve
compiere un ciclo. Questo è definito come l’insieme delle
trasformazioni attraverso le quali il sistema termico prima
definito trasforma calore il lavoro e ritorna nelle condizioni
iniziali.
Si capisce allora come una macchina termica per poter essere
utile debba essere in grado di ripetere lo stesso ciclo un numero
indefinito di volte.
Definiamo ora il rendimento di un ciclo come il rapporto η
tra il lavoro prodotto e il calore assorbito:
56
η = L ;
Q
Poiché
L = Q - ΔE,
si ha59
:
η = Q - ΔE = 1 - ΔE ;
Q Q
Essendo ΔE e Q quantità entrambe positive e tali che ΔE
< Q , si vede come il rendimento di un ciclo sia sempre minore
di 1.
Si potrebbe pensare di costruire una macchina termica con
rendimento pari a 1, cioè che sia in grado di trasformare tutto il
calore assorbito in lavoro utile. Ciò implica che la variazione di
energia interna di una tale macchina sia pari a zero, e, quindi,
nemmeno una macchina termica ideale, cioè priva di qualsiasi
attrito interno e funzionante con un gas perfetto, trasforma in
lavoro tutto il calore assorbito da una sorgente esterna, perché
una parte del calore fornito dall’esterno va ad aumentare la sua
energia interna; a maggior ragione una macchia termica politica
è ben lontana dalla perfezione teorica, ed il gas politico
adoperato è tutt’altro che perfetto, per cui, normalmente, una
sensibile parte dell’energia assorbita dall’esterno per funzionare
va ad aumentare la temperatura del gas. Quest’ultimo concetto,
tradotto in termini reali, significa enormi sprechi ed ingenti e
spesso illeciti arricchimenti di politici, funzionari e burocrati
dello Stato, intendendo quest’ultimo come macchina termica il
cui lavoro dovrebbe essere esclusivamente quello di migliorare
le condizioni di vita della Nazione governata.
A questo punto possiamo concludere enunciando il secondo
principio della termodinamica: in una trasformazione ciclica
non è possibile trasformare completamente il calore fornito ad
un sistema termodinamico in lavoro utile, ovvero, il rendimento
di qualsiasi macchina termica è sempre minore di 1.
III - 3 L’entropia.
Appartiene all’esperienza comune il fatto che il calore passi
spontaneamente per conduzione da un corpo con temperatura
T1 ad un altro corpo con temperatura T2 < T1. Questa
affermazione è un altro modo di esprimere il secondo principio
che ci fa capire come i fenomeni naturali evolvono sempre in
una direzione e mai in quella opposta.
Questa caratteristica di irreversibilità dei fenomeni naturali è
stata definita dai fisici con l’introduzione di una nuova funzione
di stato: l’entropia. Un sistema termodinamico è caratterizzato,
in un determinato istante, oltre che dai valori di pressione,
volume e temperatura, anche da un determinato valore
dell’entropia.
Cerchiamo di capire.
Supponiamo che un sistema termodinamico passi attraverso
una trasformazione reversibile da uno stato A ad uno stato B
assorbendo le quantità di calore Q1, Q2, … ,Qn da altrettante
sorgenti che si trovino alle temperature T1, T2, … , Tn.
Consideriamo la somma
n
S = ∑ Qi = Q1 + Q2 +...+ Qn ,
i=1 Ti T1 T2 Tn
facendo tendere n → ∞ , si ottiene:
59
In questo caso Q ha segno positivo e L ha segno negativo.
57
n B
S = lim ∑ Qi = ∫ dQ ; n →∞ i=1
Ti A T
Alla grandezza S si dà il nome di entropia: in fisica si
dimostra che il valore dell’integrale che la definisce non
dipende dalla particolare trasformazione seguita, ma
unicamente dagli stati iniziale e finale della trasformazione.
Le principali proprietà dell’entropia sono le seguenti:
- detti S(A) e S(B) i valori di S relativi agli stati iniziale e
finale di una trasformazione a cui è stato sottoposto un sistema
termodinamico, la variazione dell’entropia ∆S = S(B) - S(A)
nel passare da A a B è sempre la stessa, e, per una qualsiasi
trasformazione reversibile che porti il sistema da A a B, ed è
data da:
B
∆Srev = ∫ dQ ; A
T
Mentre per una trasformazione irreversibile è sempre:
∆Sirr > ∆rev;
- in un sistema termodinamico isolato la variazione di
entropia è pari a zero in ogni trasformazione reversibile; mentre
è maggiore di zero in ogni trasformazione irreversibile.
Poiché in natura non esistono e non possono essere costruiti
sistemi perfettamente isolati, né esistono trasformazioni
reversibili, l’ultima disuguaglianza stabilisce che il senso di
evoluzione naturale dei fenomeni è quello che conduce ad un
aumento dell’entropia di tutti i sistemi. Inoltre, poiché in ogni
trasformazione irreversibile solo una parte dell’energia
comunicata al sistema si trasforma in lavoro utile, ogni
aumento di entropia è sempre accompagnato da un aumento
della quantità di energia che non può più essere riutilizzata.
I fisici sono anche in grado di mostrare come l’entropia
rappresenti il grado di disordine di un sistema; pertanto
l’affermazione precedente può essere interpretata dicendo che i
fenomeni naturali evolvono nella direzione che conduce ad un
aumento del grado di disordine del sistema che genera il
fenomeno. L’esempio60
che segue chiarisce meglio quanto
detto.
In un bicchiere sono collocate inizialmente due quantità di
polverine, una di colore bianco e una di colore rosso, e incapaci
di reagire chimicamente tra loro; queste, separate da un sottile
diaframma, all’inizio sono disposte in un ordine ben preciso
come mostrato in figura.
Se si toglie il diaframma le due polverine verranno a contatto
tra loro
e alcuni granelli dell’una si mescoleranno con alcuni granelli
dell’altra. Se immergiamo un cucchiaino nel bicchiere e
incominciamo a girare come si fa con il caffé, le polverine a
poco alla volta si mescoleranno alterando sensibilmente
l’ordine iniziale. Questo tipo di trasformazione è irreversibile.
60 Mendelssohn K., Sulla via dello zero assoluto, Il Saggiatore, Milano 1966, p. 96.
58
Infatti, se si arresta la rotazione del cucchiaino i singoli granelli
non ritorneranno mai a ricostruire spontaneamente61
l’ordine
iniziale; se poi si inverte il senso di rotazione le polverine si
mescoleranno sempre di più e la loro condizione sarà sempre
più disordinata e lontana da quella iniziale.
Cosa è successo?
Immergendo il cucchiaino nel bicchiere e facendolo girare
abbiamo comunicato alle polverine una certa quantità di
energia meccanica che, con l’attrito tra il cucchiaino e le
polverine e tra i granelli, si è trasformata in energia termica
producendo un aumento della temperatura del sistema.
L’entropia aumenterà finché il cucchiaino continuerà a girare, e
la trasformazione potrà continuare solo nella direzione che
porta ad un maggiore disordine del sistema.
Per trasferire i concetti espressi ai fenomeni della fisica
politica dobbiamo ricordare che un qualsiasi oggetto politico
“vive” in virtù dell’esistenza di altri oggetti politici con i quali
ha continui scambi di natura economica, politica e sociale, e
perciò deve essere considerato un sistema non isolato e, poiché
la storia non annovera fatti e fenomeni uguali in luoghi e tempi
diversi, la sua evoluzione nel tempo deve essere considerata
come una successione infinita di trasformazioni irreversibili.
Dunque, ogni oggetto politico evolve necessariamente verso un
aumento della sua entropia e, quindi, del suo disordine.
III - 4 Entropia e processi di evoluzione sociale: dalla
Rivoluzione industriale ai nostri giorni.
Facciamo ora qualche riflessione su alcune conseguenze
della Rivoluzione Industriale del XVIII secolo che, come una
successione di onde, si sono propagate nel tempo facendo
sentire i loro effetti ancora oggi e che trovano la loro
spiegazione fisico-politica nel concetto di entropia.
La Rivoluzione Industriale, conseguenza necessaria di quella
scientifica del secolo precedente, rese progressivamente
disponibili quantità e tipi di energie precedentemente
impensabili, determinando nelle società di allora trasformazioni
sostanziali nell’organizzazione del lavoro ed altre che
coinvolsero tutti gli aspetti evolutivi delle società stesse, fra cui
l’aumento della velocità di urbanizzazione. Infatti, mentre la
scienza progrediva, proponendo moderne e più vantaggiose
soluzioni a vecchi problemi, nuovi metodi e nuove tecnologie
soppiantavano i vecchi sistemi di gestione dell’industria,
dell’agricoltura, dell’allevamento del bestiame e di tutte le
attività ad esse connesse. Contemporaneamente, nelle periferie
delle città sorgevano industrie per la lavorazione delle materie
prime e dei prodotti che dalla campagna arrivavano in quantità
sempre maggiore.
La conseguenza principale di queste trasformazioni fu quella
di convogliare verso le città una buona parte della mano
d’opera delle campagne, attratta dalla prospettiva di un lavoro
nelle fabbriche. Le città furono lentamente circondate da
periferie e borghi sempre più vasti che accoglievano un
sottoproletariato sempre più numeroso, costretto spesso a
vivere ai limiti della sopravvivenza.
Accadeva poi che, mentre nelle campagne si produceva una
maggiore quantità e varietà di beni, nelle periferie le nuove
industrie rendevano disponibili prodotti finiti in numero molto
più grande di prima, favorendo, tra l’altro, un forte sviluppo del
commercio e della finanza. Tutto ciò produsse un aumento
della velocità di crescita del prodotto interno lordo delle
Nazioni coinvolte nella rivoluzione industriale.
In questi frangenti nacque la nuova classe operaia che,
essendo composta da titolari di un salario, a poco alla volta
prese coscienza di possedere un potere contrattuale, prima
61
In fisica statistica esiste ed è diversa da zero la probabilità che possa
essere ricostituito l’ordine iniziale, ma, a causa del grande numero di
granelli, tale probabilità è molto prossima a zero.
59
inesistente, e incentivò la nascita delle prime forme di
organizzazioni sindacali che trasformarono progressivamente e
radicalmente i rapporti tra il proletariato e i ceti ricchi.
Il concetto di entropia può spiegare l’origine e l’evoluzione
di questi eventi, ma per poterlo fare dobbiamo pensare alle
società umane come a dei sistemi termodinamici in continua
evoluzione costituite da gas le cui particelle sono i singoli
individui delle società stesse. Se si accetta questa nuova visione
si vedrà come il concetto di entropia applicato alle società
umane possa diventare fertile.
L’organizzazione delle società pre-industriali era ancora di
tipo feudale: i ceti sociali erano nettamente separati, e l’assenza
di forze economiche nuove e diverse assicurava un costante e
preciso ordine sociale.
L’aumento del prodotto interno lordo generato dalla
rivoluzione industriale causò un aumento dell’entropia dei
sistemi sociali dell’epoca che significò l’evoluzione dello stato
di equilibrio termodinamico iniziale (quello precedente la
rivoluzione industriale) verso un nuovo stato termodinamico di
non equilibrio, e, perciò, disordinato ed in continua evoluzione.
Ritornando all’esempio del bicchiere con le polverine
diversamente colorate, la rivoluzione industriale non fece altro
che eliminare gradualmente il diaframma ideale che teneva
separate le classi sociali. In questo modo si diede inizio,
principalmente in occidente, alla fusione e al mescolamento
delle classi. Questo fenomeno per molti anni si sviluppò con
estrema lentezza, ma con velocità sempre più sostenuta per
tutto il XX secolo e fino ai nostri giorni.
Questo radicale e profondo processo di trasformazione da un
lato ha visto il progressivo dissolversi del precedente ordine,
dall’altro il nascere e l’evolversi di stati di disordine sociale e
politico che continuano ancora oggi, anche se in forme diverse.
L’attuale processo evolutivo dell’Occidente, che non può
essere analizzato senza far riferimento alla Rivoluzione
Industriale, che ne è stata l’origine, è poi continuato con
l’eliminazione di altri diaframmi ideali, specialmente dopo la
fine della seconda guerra mondiale, dando ogni volta un forte
impulso all’aumento dell’entropia globale.
Questi fenomeni sociali vanno visti, in ordine cronologico,
nella istituzione della NATO, nella occidentalizzazione del
Giappone, negli eventi del ’68, nella creazione del MEC, nella
caduta del muro di Berlino e nella dissoluzione dell’Unione
Sovietica, nella diffusione di Internet, nell’introduzione dell’
Euro, nella creazione del WTO62
, nell’ingresso della Cina nei
mercati mondiali e, infine, nell’estensione dell’UE a quasi tutte
le repubbliche occidentali dell’ex Unione Sovietica.
Gli studiosi, gli intellettuali e i politici sono in grado di
leggere in questi fatti la rapidità di un processo di
trasformazione che sta coinvolgendo tutto il mondo e le cui
conseguenze sono visibili già oggi nelle società occidentali.
L’economia degli Stati Uniti è entrata in un periodo di profonda
crisi con il dollaro che precipita paurosamente ed il prezzo del
petrolio, che, sollecitato dalla crescente richiesta dei paesi
orientali, è in continua fibrillazione. L’economia europea segna
il passo e tutto l’Occidente è sempre più sconvolto dalla
concorrenza che i prodotti cinesi e del sud-est asiatico stanno
facendo ai nostri; l’aumento degli stipendi dei lavoratori
europei non riesce più a reggere il ritmo di crescita dei prezzi
dei prodotti di largo consumo.
“Cosa è successo in questi anni in Europa, cosa ha cambiato
la nostra vita?...Perchè abbiamo buttato via la civiltà
contadina, ma non sappiamo più gestire la modernità?...Perchè
62 Il WTO (Organizzazione Mondiale per il Commercio) è stato istituito il 1
gennaio 1995 ed ha sostituito il precedente GATT (General Agreement on
Tariffs and Trade, Accordo Generale sulle Tariffe ed il Commercio)
60
abbiamo scambiato gli interessi con i valori, l’avere con
l’essere, il consumismo con l’umanesimo?...Perchè stiamo
perdendo il nostro tessuto connettivo?...Perchè ci sono più
turisti fuori che fedeli dentro le nostre cattedrali?....Che
origini, che intensità hanno le forze che tra loro combinate ci
lavorano contro?”.
Queste sono solo alcune delle domande che il Professor On.
Giulio Tremonti63
ci propone drammaticamente e che qualsiasi
persona attenta alla realtà non può, a sua volta, non porsi.
La “globalizzazione” porta con sé la risposta a queste
domande. Il mercato globale che è stato costruito non è un
sistema in equilibrio ed il suo processo evolutivo è irreversibile;
può solo evolvere verso un aumento della sua entropia, cioè del
suo disordine, e ciò sarà accompagnato da profondi
sconvolgimenti economici che mieteranno molte vittime. E’
molto probabile che nei prossimi decenni l’Europa sarà una di
queste.
La profonda crisi economica che investì gli Stati Uniti nel
1929 coinvolse tutta l’Europa, e questa reagì favorendo la
nascita di regimi autarchici la cui politica fu rivolta a
proteggere la propria economia, la propria agricoltura, la
propria industria, il proprio commercio.
Oggi, purtroppo, l’UE sta reagendo all’incalzare di questi
problemi con la “politica del non fare”64
, limitandosi a
verificare che i bilanci dei singoli Stati vadano in pareggio con
un adeguato aumento del debito pubblico, emanando regole di
comportamento politico ed economico che non fanno altro che
imbrigliare l’economia e lo sviluppo delle singole Nazioni. Non
ha una politica estera perché ogni Stato se la fa in casa; non ha
ancora proposto e, tanto meno, attuato una propria politica
energetica che riduca drasticamente la dipendenza dal petrolio.
Tutte queste verità ci portano ad una sola conclusione: l’UE
è molto più vicina all’essere un’espressione geografica che uno
Stato federale, e ciò la mette nelle condizioni ideali per essere
conquistata, un pezzo alla volta, da coloro che gestiscono le
nuove e sconvolgenti forze economiche nate nel mercato
globale.
63
Tremonti G., La paura e la speranza, Mondatori, Milano, marzo 2009. 64
Tremonti G. op. cit.
61
Capitolo IV: Il terzo principio.
IV - 1 Il terzo principio.
In termodinamica una delle formulazioni del terzo principio
afferma che l’entropia di un sistema termodinamico tende a
zero al tendere a zero della temperatura assoluta; un’altra
formulazione, invece, afferma che le capacità termiche65
delle
sostanze tendono a zero al tendere a zero della temperatura
assoluta. Entrambe queste formulazioni, che comunque si
equivalgono, possono trovare una loro interpretazione in
termodinamica politica.
Per quanto riguarda la prima, tenendo presente che l’entropia
rappresenta il grado di disordine di un sistema, si può osservare
che nelle comunità primitive, dove T (cioè il PIL) è prossimo
a zero, ogni individuo ha un suo ruolo preciso nella rigidità
della scala gerarchica di quel tipo di società, e ciò contribuisce
a mantenere un ordine molto più rigoroso rispetto a quello delle
società moderne dove T è molto più grande.
Per quanto riguarda la seconda formulazione, essa può essere
tradotta in termini di termodinamica politica affermando che,
per aumentare di una quantità ΔI l’ISU di una comunità
primitiva composta da n individui occorre spendere una
quantità di energia E1, mentre per aumentare di una stessa
quantità l’ISU di una comunità evoluta, a parità di n ,
occorre una quantità di energia E2 > E1.
In termini più semplici e più vicini alla realtà ciò significa
che un sensibile miglioramento del tenore di vita di una
Nazione poco sviluppata con un certo numero di abitanti può
essere ottenuto con investimenti di denaro relativamente bassi
rispetto a quelli che occorrono a migliorare il tenore di vita di
una società evoluta con lo stesso numero di abitanti. Ciò è
dovuto al fatto che in una società poco evoluta anche le
strutture che servono a reggerla sono poco evolute e diffuse66
.
Dalle tabelle degli ISU si vede come le Nazioni della terra
possano essere divise in tre gruppi caratterizzati da alti, medi e
bassi valori I.
In queste pagine auspichiamo che le Nazioni caratterizzate
da alti valori di I sacrifichino una piccola parte del loro
benessere a vantaggio delle popolazioni di quelle Nazioni che
versano in condizioni umane estremamente misere. In fondo,
per il terzo principio, costa poco alle Nazioni ricche emancipare
il tenore di vita di quelle povere che attualmente è talmente
basso da risultare una vergogna per quella parte di umanità che
si autodefinisce civile.
IV - 2 Calcolo dei calori specifici.
Anche qui premettiamo le stesse considerazioni fatte per il
calcolo della costante k (pag. 115); inoltre aggiungiamo che la
misura delle grandezze termodinamiche che caratterizzano lo
stato di un sistema può essere effettuata solo se il sistema è in
equilibrio. Un oggetto politico, invece, non è mai in equilibrio;
tuttavia, se la trasformazione termodinamica dell’oggetto è
esaminata in un intervallo di tempo sufficientemente piccolo,
anche l’errore nella determinazione del suo calore specifico
diventa piccolo. Tuttavia, poiché non siamo in grado di stabilire
a priori se un oggetto politico, ed in particolare una Nazione, è
sottoposta ad una trasformazione a pressione costante o a
volume costante, i risultati dei calcoli avranno solo un valore
indicativo.
Ricordando che
c = ΔQ
mΔT
65
E, quindi, i calori specifici. 66
Ci riferiamo, ad esempio, alle reti di distribuzione idriche, a quelle di
distribuzione elettriche, ai sistemi di trasporto, alla qualità e quantità
delle strutture scolastiche e sanitarie, e a quante altre occorrono per un
buon livello di vita collettiva e individuale.
62
e che
ΔQ = 1mv22 – 1mv1
2 (
67)
2 2
Si ottiene:
c = v22 - v1
2
2ΔT
I calori specifici proposti sono stati calcolati su una serie di
Nazioni caratterizzate valori alti, medi e bassi di I, e, come si
vede, i loro valori, tranne in alcuni casi, mostrano la tendenza a
decrescere al tendere di I a zero, come previsto dal terzo
principio.
Nazione T c x 10-6
Spagna 0.92 2298
Argentina 0.82 2000
Cile 0.78 1886
Messico 0.77 1769
Turchia 0.73 560
Cina 0.68 832
Giordania 0.64 1250
Marocco 0.63 1199
India 0.58 1068
Cambogia 0.53 1808
Mongolia 0.50 635
Eritrea 0.38 725
Nella tabella precedente abbiamo riassunto i risultati dei
calcoli. Questi sono stati ordinati in modo da mostrare la
tendenza di c a diminuire al decrescere di T. Inoltre, i valori
indicati in grassetto indicano che, secondo il nostro giudizio, le
Nazioni alle quali si riferiscono stanno attraversando una fase
politica ed economica assimilabile ad una trasformazione
termodinamica isobarica; ciò spiega la differenza tra i valori dei
loro calori specifici, calcolati a pressione costante, e quelli delle
altre Nazioni per i quali si deve ritenere che siano stati
calcolati. a volume costante68
.
67
Nei calcoli ci siamo riferiti al 2004 e abbiamo ritenuto costanti i valori
delle masse per l’intero anno. Come è stato spiegato all’inizio del lavoro,
la massa di un oggetto politico non è costante perché il suo valore
dipende, oltre che dall’Isu, dalla popolazione. Questa è stata ritenuta
costante per l’anno a cui ci siamo riferiti. L’ordine di grandezza
dell’errore che si commette nel fare questa approssimazione nella
maggioranza dei casi non supera il 2%. 68
Ricordiamo che cp > cv .
63
“… la natura de’ populi è varia;
ed è facile a persuadere loro una cosa,
ma è difficile fermarli in quella persuasione.”
(Nicolò Machiavelli, “Il Principe ”)
P A R T E T E R Z A
Analisi storico-politica
64
Capitolo I - Analisi dei fenomeni politici.
I - 1 Il Metodo.
Per studiare un fenomeno i fisici lo isolano dal suo contesto
naturale, lo analizzano e ne creano un modello ideale che, per la
sua maggiore semplicità, si presta ad essere studiato in modo
più completo ed efficace. Per questo motivo nei paragrafi che
seguono ci occuperemo dei principali fenomeni politici e li
analizzeremo nella loro più semplice manifestazione.
Utilizzando poi la definizione di oggetto politico data
all’inizio di questo lavoro, vedremo quando e come sia
possibile ed utile scomporre un oggetto politico in altri più
piccoli e semplici mettendone in evidenza, ove sia possibile, le
caratteristiche più significative. In questo modo sarà più
agevole capire la natura di un fenomeno e studiare le
interazioni tra gli oggetti politici che concorrono a
determinarlo. Va inoltre precisato che quando l’oggetto politico
costituito da una Nazione viene scomposto in altri più piccoli,
l’attribuire a questi un ISU sarà un’operazione impropria per il
fatto che al diminuire del numero di individui di un oggetto
politico aumenta il grado di indeterminazione della conoscenza
del comportamento dell’oggetto stesso. E’ necessario, perciò,
introdurre altri tipi di parametri che consentano la costruzione
di una altro indice dello stesso ordine di grandezza dell’ISU e
che abbia la sua stessa valenza nella definizione della massa
politica di un qualsiasi oggetto politico.
In alcune parti di questo lavoro è stato usato l’ISU per
definire la mazza politica di oggetti diversi da una Nazione.
Anche se i risultati ottenuti sono verosimili, la sua applicazione
è stata, per le ragioni esposte, impropria ed arbitraria.
L’operazione, comunque è stata fatta sia per mostrare l’effettiva
esigenza di un nuovo indice, che per mettere in evidenza le
possibilità potenziali insite nel metodo.
Non siamo attualmente in grado di colmare questa
deficienza, anche perché i settori delle discipline più adatte a
questo scopo sono quelli della statistica sociale, della
demografia e della demografia storica, nelle quali il nostro
livello di competenza non è sufficiente.
I - 2 Alcuni principi.
Nell’esposizione che segue assumeremo alcuni principi
senza i quali la trattazione risulterebbe carente.
La principale “molla” che spinge molti uomini ad
interessarsi attivamente della politica è la ricerca, il
raggiungimento e l’estensione del proprio potere. Questo
principio va esteso alla ricerca del potere in qualsiasi oggetto
politico.
Il potere si lascia servire solo da persone prive di scrupoli;
quanto più grande è il potere da servire tanto più marcata è
l’assenza di scrupoli negli individui che lo servono.
Lo strumento principale del potere è il denaro: dove ci sono
forti concentrazioni di denaro esistono forti concentrazioni di
potere.
Ogni oggetto politico ha almeno un centro di potere.
Ogni centro di potere esercita una forza attrattiva sugli
individui del proprio oggetto politico e verso gli altri oggetti
politici
Esistono idee come libertà, progresso, uguaglianza sociale,
giustizia, fede religiosa, ma anche filosofie, ideologie politiche
ed altre simili, che, venendo incontro ad esigenze umane sia
intellettuali che materiali, solleticano molto dolcemente e
sensualmente le menti di gran parte del genere umano. Per
questa loro caratteristica queste idee si prestano facilmente ad
essere usate da politici ambiziosi e privi di scrupoli, o,
comunque, da persone che ambiscono al potere, per
strumentalizzare grandi masse di persone con lo scopo
principale di rafforzare ed estendere il loro potere.
Ogni cosa in natura obbedisce al principio dell’azione
65
minima69
, e ciò vale anche per l’uomo.
Osserviamo che l’assenza di scrupoli ed il massimo potere non
escludono la possibilità che vi possano essere governi e
“prìncipi illuminati”. La storia annovera molti casi di
personaggi che, avendo raggiunto il massimo potere con
qualsiasi mezzo, si siano poi rivelati grandi e saggi servitori
della Nazione da essi governata.
I - 3 Attrazione politica.
Differentemente dalla fisica che annovera tra le sue leggi
quella di attrazione gravitazionale, in fisica politica, non
potendo determinare il valore di una costante di gravitazione
universale, non è possibile, almeno per il momento,
determinare una legge analoga che descriva matematicamente
la forza che spinge tutti gli uomini ad aggregarsi in tribù, clan,
bande, associazioni di vario tipo, sindacati, partiti politici,
gruppi etnici, Stati e federazioni di Stati. Tuttavia, per quanto
detto, è innegabile l’esistenza di una tale forza che è provata dal
comportamento di quasi tutti gli organismi viventi. Infatti, in
situazioni di pericolo o, comunque, in circostanze dove occorre
esercitare una maggiore forza per risolvere problemi comuni,
l’unione di più individui genera una forza molto più grande e,
quindi, più utile allo scopo comune e che può anche essere
messa a disposizione del singolo individuo.
La natura, ad esempio, aggrega molte specie di animali in
branchi perché nel branco il singolo individuo ha la più bassa
probabilità di essere predato ed il predatore la massima
probabilità che la sua caccia abbia successo.
Per il genere umano quanto detto si traduce, oltre che in una
maggiore probabilità di sopravvivenza, in una maggiore
probabilità di accedere ad un tenore di vita più alto.
A differenza degli animali, l’uomo si unisce ai suoi simili
anche per altri motivi. Tra questi l’attrazione generata da una
forte concentrazione di potere o di ricchezza e il fascino delle
ideologie politiche e delle dottrine religiose. Queste, infatti,
oltre a indurre la formazione di folti gruppi di individui nei
quali il singolo vede aumentata la probabilità di sopravvivenza,
offrono modelli di vita semplici e schematici ai quali risulta
molto facile uniformarsi.
La formazione di gruppi di persone è poi favorita
principalmente da individui che ambiscono al potere o ad
aumentare quello che già hanno. Essere a capo di un gruppo di
individui comporta la gestione ed il controllo di una
determinata massa politica; aumentare il numero degli individui
sul quale si esercita il potere implica l’aumento della massa
politica del gruppo stesso e, quindi del potere. Inoltre, quanto
maggiore è la massa dell’oggetto politico, tanto maggiore sarà
la sua forza attrattiva sugli individui che ne fanno parte e su gli
altri oggetti politici70
.
Per accedere al potere, le persone che ad esso ambiscono
usano, senza alcuno scrupolo la forza, il denaro e le ideologie,
politiche o religiose, e senza credere necessariamente in esse.
69
Tale principio, che fu enunciato per la prima volta dal matematico-fisico e
naturalista francese Pierre-Louis Mapertuis (1698 - 1759), postula che tutti i
processi naturali avvengono in modo che la funzione dinamica detta
“azione”, sia minima, ovvero nella direzione che conduce al consumo
minimo di energia. 70
Sembrerebbe che tale forza possa essere descritta da una relazione del
tipo
F = K(m1 m2)
ΔI2
dove m1 e m2 sono le masse degli oggetti politici interessati e ΔI
rappresenta la differenza degli indici ISU dei due oggetti; ma, come è
stato detto precedentemente, non abbiamo la possibilità di fare delle
misure per determinare il valore della costante K.
66
Poiché, inoltre, un oggetto politico è caratterizzato da una
energia potenziale, tale energia, può essere adoperata per
indurre determinati comportamenti negli individui dello stesso
oggetto politico o in altri oggetti politici, e ciò può essere fatto
in due modi71
: mostrando semplicemente l’energia sotto forma
di potenza; oppure usando direttamente l’energia, ed in questo
caso parte di essa viene necessariamente dissipata con la sua
trasformazione in lavoro fisico.
I - 4 La lotta per il potere.
In virtù di quanto detto precedentemente si può stabilire la
dinamica di un oggetto politico dotato di un consistente centro
di potere, ma privo di guida, o retto da persone deboli e
incapaci.
Il centro di potere genera un campo di forze attrattivo che ha
l’effetto di scindere un oggetto che gli si avvicina in due o più
oggetti politici72
. Gli oggetti generati dalla scissione sono, poi,
attratti reciprocamente e verso il centro di potere, producendo
prima un’alleanza tra di loro e, successivamente, un urto che, in
termini politici, può significare l’inizio di accese ostilità che
possono manifestarsi sotto la forma di una guerra civile nelle
Nazioni con un ISU basso; mentre nei paesi con un ISU alto si
esprime solo ad alti livelli di potere e si manifesta, come lotta
politica, a colpi di atti giudiziari. E’ quello che è successo in
Italia nella prima metà degli anni ’90.
Analizziamo i fatti.
La particolare posizione geografica nel Mediterraneo
conferisce all’Italia una grande importanza strategica sia dal
punto di vista commerciale che da quello militare.
L’Italia, inoltre, dalla fine della seconda guerra mondiale ha
avuto il più numeroso partito comunista dell’Europa
occidentale.
Queste due caratteristiche hanno trasformato il paese in uno
dei “campi di battaglia” dove si è combattuta la cosiddetta
“guerra fredda” tra l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti
d’America. La prima, fino alla sua dissoluzione, usando il
Partito Comunista Italiano, esercitava sull’Italia una forza che
era esattamente equilibrata da quella esercitata dagli Stati
Uniti73
sulla stessa Nazione usando il “centrosinistra” di allora.
Questo equilibrio di forze economiche esercitate dagli stati
contendenti generò in Italia una stabilità politica che per
decenni produsse governi quasi tutti uguali.
Con la caduta del muro di Berlino e la successiva
dissoluzione dell’Unione Sovietica, venne a mancare la forza
che questa esercitava sull’Italia, rendendo inutile quella analoga
ed opposta esercitata dagli Stati Uniti. La scomparsa di queste
due forze “liberò” gli oggetti politici che ne erano tenuti
“prigionieri”74
. L’attrazione reciproca di questi oggetti generò
tra loro un urto, che si espresse come lotta per il potere
determinando la scomparsa quasi totale della vecchia classe
politica.
Le vicende di “mani pulite” e di “tangentopoli”, che
impegnarono una parte della magistratura italiana nella prima
metà degli anni ’90, ci danno l’indicazione di come la guerra fu
combattuta a colpi di atti giudiziari, carcerazioni – a volte
71
“…un potere scaturito da una forza potenziale non è una quantità
definita, che si consuma una volta usata. La forza, invece, in quanto tale
se viene utilizzata ad uno scopo, non può esserlo contemporaneamente
ad un altro, e una volta usata, si consuma ipso facto”, in: LUTTWAK
E. N.. La grande strategia dell’Impero romano, BUR, Milano 2002, p. 51.
72
E’ evidente l’analogia con l’effetto “frantumazione” prodotto
dall’attrazione gravitazionale del sole su corpi poco densi che vi si
avvicinano. 73
E’ fisicamente evidente e storicamente provato che tali forze venivano
esercitate con frequenti e abbondanti elargizioni di denaro.
74
Questi erano costituiti dalla vecchia classe politica dirigente e da
quella emergente.
67
anche di persone innocenti – e “tintinnii di manette”.
La parte politica che si aspettava di uscire vittoriosa non
aveva previsto il verificarsi di una marcata polarizzazione in
due oggetti politici di quell’unico oggetto che, prima di “mani
pulite”, era concordemente e tranquillamente governato dai
partiti del cosiddetto “arco costituzionale” in un equilibrio che
era durato per decenni.
La parte politica che aveva condotto l’attacco contro la
vecchia generazione, e che riteneva di uscire vittoriosa dalla
lotta, si trovò “spiazzata” dalla “discesa in campo”
dell’imprenditore Silvio Berlusconi che, in questo modo, diede
un forte impulso al nascente fenomeno politico della
polarizzazione, per altro nuovo per gli Italiani.
Da allora l’attrazione tra due poli, e tra questi ed il centro del
potere, ha determinato uno scontro politico che dura tutt’ora.
Una delle conseguenze di questo scontro sta nel fatto che le
forze usate hanno dissipato, e continuano a farlo, inutilmente e
pericolosamente per la Nazione, una grande
quantità di energia.
I - 5 Le ideologie.
Le ideologie, sia di natura politica che di natura religiosa,
devono essere considerate con estrema cautela.
Premesso che la storia annovera moltissimi casi di stragi e
carneficine consumate in loro nome, esse, infatti, contengono
cinque macroscopici errori di fondo:
hanno la pretesa di indicare la verità assoluta, considerando
eretico tutto ciò che non è ad esse conforme;
hanno la pretesa di contenere ed indicare la strada per la
risoluzione di tutti i problemi. Inoltre, quando sono
profondamente radicate, instillando odio e disprezzo per culture
diverse, rendono i popoli più rissosi e inclini alla guerra;
quando una ideologia è entrata nella mente di qualcuno,
questi ne diventa prigioniero e la sua mente viene devastata; di
conseguenza diventa incapace di ragionamenti liberi o che,
comunque, prescindano dalla ideologia che ha abbracciato;
quando una ideologia entra a far parte delle azioni e dei
pensieri quotidiani degli individui di un oggetto politico è
estremamente difficile sradicarla dalle loro menti.
nei regimi dittatoriali hanno il rischio di assumere le
connotazioni di una religione di stato.
Facendo riferimento al primo dei cinque errori e,
premettendo che una verità in quanto tale non deve aver
bisogno della forza della legge o delle armi per essere
sostenuta, ci teniamo ad osservare che i regimi dittatoriali o
teocratici, imponendo le “verità” della loro ideologia come
“dogma di fede”, e comminando pene severe a tutti coloro che
sono animati da ragionevoli dubbi, mostrano di temere che si
possa scoprire che le loro verità non sono poi tanto vere, e ciò
potrebbe minare la base ideologica del loro potere.
Fu il caso di Galilei, che nel 1632 pubblicò il suo “Discorso
sopra i due massimi sistemi del mondo”, nel quale confutava la
fisica aristotelica e la concezione tolemaica dell’universo.
I rappresentanti della Chiesa incaricati di “valutare” l’opera
di Galilei, avendola letta, non pensarono neanche lontanamente
di verificare le tesi sostenute nel trattato; ma, temendo che
queste potessero essere vere e che avrebbero potuto intaccare il
potere della Chiesa, bastò ad essi il fatto che quelle
affermazioni contraddicessero le verità della fede per
condannarlo ed imporgli di ritrattare pubblicamente le sue
teorie.
In virtù dei cinque errori esposti, che spesso vengono
presentati come pregi, i regimi dittatoriali che, fra i loro
strumenti di potere, usano le ideologie, attuano strategie
inquisitorie che, sottoponendo la popolazione ad un diffuso
stato di paura, se non di terrore, nei confronti del regime, fanno
ottenere un più ampio controllo dell’oggetto politico governato.
68
Inoltre, tra le strategie adottate dai regimi dittatoriali per
preservare la “purezza” della ideologia adottata, vi è una
censura molto marcata. L’effetto di questa è quello di limitare
notevolmente le libere espressioni del pensiero umano. In tali
paesi si osserva, infatti, un diffuso ristagno delle espressioni
letterarie, artistiche e musicali di tutta la popolazione.
Ciò nonostante, in tempi e luoghi dove il livello culturale
medio della popolazione è molto basso, le ideologie svolgono
l’importante ruolo che è quello di contribuire al mantenimento
di un determinato ordine sociale.
L’occidente ha goduto, in passato, di circa duecento anni
ininterrotti di pace in concomitanza con l’assenza di ideologie
di particolare rilievo. Ci riferiamo al periodo dell’Impero
romano che va dall’inizio del principato di Augusto (31 a.C.)
alla morte di Comodo (198 d.C.). Durante questo periodo, ad
eccezione dei problemi endemici ai confini dell’Impero, degli
intrighi e delle congiure di palazzo ed epurazioni ad altissimi
livelli, i popoli dell’Impero hanno prosperato in pace. L’unico
neo dell’impero era costituito dalla Palestina, dove
l’intolleranza della religione ebraica rendeva il popolo
fortemente rissoso ed ingovernabile: “Non v’è un altro popolo,
all’infuori di Israele, così arrogante da pretendere di
conoscere la verità intera nei limiti angusti di una sola
concezione divina, insultando così la molteplicità del dio che
tutto contiene; non v’è altro dio che abbia ispirato ai suoi
fedeli disprezzo e odio per coloro che pregano ad are
diverse”75
.
I - 6 Regimi democratici.
Ogni oggetto politico definito come Nazione a regime
democratico può essere scomposto in un oggetto A, cioè lo
Stato, nel senso della definizione data a pagina 20, e un oggetto
B, ovvero il Popolo, cioè la rimanente parte della Nazione; ma
può essere scomposto anche nei due oggetti costituiti uno
dall’insieme degli individui che esprime il governo di una
Nazione, l’altro, invece, dall’insieme degli individui che ne
esprime l’opposizione. Questi possono essere considerati due
oggetti politici perché possono essere caratterizzati da una loro
massa e da una loro velocità politica.
Facendo riferimento alla prima scomposizione osserviamo
che nei regimi democratici esiste una costante ed intensa
interazione tra i due oggetti politici. Le principali espressioni di
tale interazione sono costituite da libere elezioni degli organi
governativi e parlamentari, libere attività degli organismi
sindacali e delle magistrature, e da interventi dello Stato volti a
favorire lo sviluppo della Nazione.
Le forze che si esercitano tra i due oggetti non sono
completamente ed esclusivamente determinate da uno dei due;
è la valutazione reciproca dei singoli comportamenti che
determina la natura e l’entità delle forze di interazione; queste
ultime, esercitate reciprocamente, sono normalmente dello
stesso ordine di grandezza in modo da generare un equilibrio
politico stabile nel tempo. L’intensità della risultante dei due
sistemi di forze contrapposte è quindi molto prossima a zero:
questo fatto, che è vero nelle Nazioni rette da regimi
democratici, può essere verificato osservando il tipo di moto
politico di queste ultime che, in questi casi è pressoché
uniforme. Le piccole deviazioni indicate dall’andamento
dell’ISU delle Nazioni oggetto di studio sono generalmente da
imputare da un lato ad errori (sempre presenti in qualsiasi tipo
di misura) nella determinazione dell’ISU da parte degli
organismi preposti a tale scopo, dall’altro a forze interne alla
Nazione stessa, ma di natura diversa da quelle di interazione tra
i due oggetti politici in cui questa può essere scomposta, e a
75
YOURCENAR M., Memorie di Adriano, Einaudi, Torino 1988, p.
220.
69
forze esterne alla Nazione.
Facendo ora riferimento al secondo tipo di scomposizione,
indicheremo con A l’oggetto che esprime il governo della
Nazione e con B l’altro.
Questi due oggetti non sono completamente isolati tra loro;
in ognuno esiste un certo numero di individui che,
principalmente in prossimità di scadenze elettorali, si sposta da
un oggetto all’altro assumendo frequentemente la funzione di
“ago della bilancia” e riuscendo spesso a determinare la
vittoria dell’uno o dell’altro schieramento.
In assenza di eventi eccezionali per la Nazione, poiché il
numero degli elettori dei due schieramenti è quasi sempre dello
stesso ordine di grandezza, le elezioni premiano A o B con
uno scarto minimo di voti. Solo fatti eccezionali possono
determinare la netta prevalenza di un oggetto politico rispetto
all’altro.
Per la conquista del potere gli oggetti A e B sono in
continua “lotta”76
fra loro e, nel tentativo di aumentare la
propria massa politica e, quindi, il loro potere, cercano di
accaparrarsi l’uno parte dei voti dell’altro, esercitando, l’uno
contro l’altro due tipi di forze: una direttamente contro i
rappresentanti dello schieramento opposto, l’altra verso il
proprio elettorato.
La prima viene esercitata con tutti gli strumenti possibili,
palesi o occulti, ma in modo da non compromettere la propria
credibilità politica all’interno dello schieramento, come, ad
esempio, leggi che abroghino provvedimenti legislativi utili e
vantaggiosi allo schieramento politico opposto, e leggi volte a
compromettere l’attività politica degli avversari. L’altra viene
espressa favorendo con ogni mezzo, palese o occulto, il proprio
elettorato.
Forze intense e costanti vengono poi esercitate dai due
oggetti politici per il controllo del proprio elettorato.
Questo controllo viene realizzato in tre modi diversi:
a) creando sedi di partiti politici in tutti i comuni e centri
minori e, in ogni caso, in maniera estremamente capillare;
fondando associazioni culturali di vario genere; promuovendo
manifestazioni pubbliche e facendo un uso frequentissimo di
tutti i mezzi di comunicazione di massa per la diffusione delle
proprie idee e dei propri programmi politici.
b) creando o rendendo palese un problema, amplificandolo,
imputandone la causa alla parte opposta e convincendo
l’elettorato delle proprie capacità a risolverlo, ma senza
impegnarsi esplicitamente e direttamente nella risoluzione del
problema. In questo modo il problema diventa un’arma contro
la parte antagonista, e la tendenza dei politici è quello di
renderlo annoso in modo da poterlo proporre con frequenza ed
in particolari momenti della vita politica della Nazione.
c) affidando, spesso in modo illecito, a persone fidate del
proprio elettorato incarichi importanti nei punti nevralgici delle
istituzioni statali e degli enti locali.
In particolari circostanze, poi, la parte politica che governa la
Nazione crea, sostiene e diffonde con determinazione falsi
problemi che hanno lo scopo di distogliere l’attenzione
dell’oggetto governato da manovre politiche e finanziarie la cui
conoscenza metterebbe in serio pericolo la propria credibilità e,
quindi, il proprio potere.
Infine, ognuno dei due oggetti esamina costantemente le
caratteristiche principali del proprio elettorato in modo da
determinare un modello teorico del proprio elettore; ciò serve
particolarmente a quello dei due oggetti che esprime il governo
per fare approvare dal potere legislativo particolari
provvedimenti giuridici e attuare strategie politiche utili alla
creazione di sempre nuovi elettori.
76
Nei regimi non democratici e nelle Nazioni con valori di I molto bassi
questa lotta assume spesso connotazioni estremamente violente e
sanguinarie.
70
I - 7 Regimi non democratici.
In virtù del primo principio della dinamica le istituzioni di
ogni Stato (Governo, Parlamento, Magistratura ed enti locali)
resterebbero inerti se non fossero continuamente sollecitate da
spinte di natura economica, sociale, sindacale e politica. Ciò è
verificabile in maniera diretta osservando le Nazioni nelle quali
tutto il potere politico è concentrato nelle mani di un
ristrettissimo numero di persone: i regimi dittatoriali, le
monarchie assolute e le teocrazie.
In questi tipi di regimi un numero relativamente piccolo di
persone riesce a controllare tutta la massa politica della
Nazione e l’equilibrio politico è assicurato dal fatto che lo Stato
esercita sulla popolazione due tipi di forze: una di natura
militare e, quindi violenta, l’altra di natura ideologica o
religiosa. Queste due forze fanno esattamente equilibrio alle
spinte progressiste (tendenza ad un migliore e più libero tenore
di vita) esercitate dal popolo.
In questa condizione di equilibrio l’oggetto politico che
detiene il potere non ha forti interessi ad esercitare altre forze
volte ad aumentare l’ISU della Nazione governata, sia perché
tutta la Nazione, in quanto oggetto politico, obbedisce al
principio di inerzia, sia perchè ciò implicherebbe un consumo
di energia che potrebbe compromettere la stabilità del potere
raggiunto.
C’è da aggiungere, inoltre, che una parte discreta
dell’energia disponibile è usata dal regime per far funzionare un
corpo di polizia politica e una fitta rete di informatori il cui
compito è quello di monitorare l’integrità ideologica del popolo
e deferire ai tribunali politici tutti quei cittadini il cui pensiero e
le cui azioni li mostrano come reazionari agli occhi della classe
dirigente.
Per tutti questi motivi il “motore” della Nazione viene
mantenuto ad un “regime minimo di giri” imponendo al popolo
di sopportare gran parte della spesa necessaria per farlo “girare
al minimo”.
Questo tipo di regime genera un importante effetto: l’ISU
della classe dominante tende ad aumentare a dismisura mentre
quello del popolo si colloca intorno a valori molto bassi e
l’economia dell’intera Nazione regredisce sensibilmente.
Conseguenza di questo fatto è una notevole povertà e ignoranza
del popolo che, perciò, diventa più governabile77
.
I - 8 Potere politico e potere religioso.
Una particolare attenzione va rivolta alle religioni,
specialmente a quelle che sono riconosciute come ufficiali.
Tutte le religioni, ed in particolar modo quelle monoteistiche,
sono, per loro natura, tradizionaliste ed intolleranti verso i
cambiamenti sociali. I loro rappresentanti, facendo leva sul
sentimento religioso (che rasenta tanto più il fanatismo quanto
più il popolo è ignorante) riescono a far convergere intorno a sé
una buona parte della massa politica della Nazione nella quale
operano. Ciò ci dà modo di distinguere all’interno della
Nazione considerata due oggetti politici: l’insieme degli
individui che fa capo al potere politico e quello degli individui
che fa capo al potere religioso.
Il primo insieme è costituito, oltre che dal gruppo politico
locale, da grandi imprenditori, ricchi finanzieri e un certo
numero di importanti professionisti e commercianti; mentre il
secondo è costituito da impiegati, operai e manovali, contadini,
piccoli commercianti ed artigiani più un nutrito gruppo di
disoccupati, indigenti e facinorosi. Questi due oggetti politici,
in virtù dell’attrazione reciproca, interagiscono tra di loro con
delle forze che possono determinare o rompere l’equilibrio
77
A parità di n , tra due oggetti politici avrà massa politica maggiore
quello caratterizzato da un maggiore valore di I ; per determinare uno
stesso ∆I sui due oggetti politici bisognerà usare una quantità
maggiore di energia per l’oggetto di massa politica maggiore.
71
politico della Nazione in cui agiscono.
Dunque, dette m1 e m2 le masse dei due oggetti politici, la
loro coesistenza può evolvere verso uno stato di conflittualità
nel seguente modo.
Se le masse m1 e m2 sono dello stesso ordine di grandezza
i due oggetti politici hanno bisogno, per ottenere il consenso
della Nazione, l’uno della legittimazione dell’altro78
.
L’eventuale equilibrio politico raggiunto è fortemente instabile
per il fatto che ognuno dei due oggetti, ottenuto il consenso
della Nazione, tende occultamente ad estendere il proprio
potere sull’altro79
; non appena la differenza tra le masse dei due
oggetti politici diventa sostanziale l’oggetto di massa maggiore
prevaricherà l’altro dopo una situazione di belligeranza più o
meno lunga ed intensa, e l’oggetto di massa minore sarà
assorbito dall’altro.
Se la differenza delle due masse è inizialmente già
sostanziale la situazione può solo evolvere nel modo appena
indicato.
Questo processo può essere descritto in maniera più preciso
con la teoria degli urti nel modo seguente.
Quando la differenza tra le masse diventa sostanziale, la
forza attrattiva esistente tra i due oggetti imprime ad essi le
accelerazioni a1 e a2 , tale che a1 > a2 , fino all’urto che
avviene con le velocità v1 e v2 (v1 > v2).
Poiché alla fine del processo i due oggetti ne formeranno uno
solo, l’urto sarà completamente anelastico ed il nuovo oggetto
“viaggerà” con velocità V tale che v1 < V < v2.
Durante l’urto una certa quantità di energia viene dissipata e
ciò implica che sia la quantità di moto politico che l’energia
cinetica del nuovo oggetto siano inferiori a quelle del sistema
prima dell’urto.
La perdita di energia durante l’urto comporta una variazione
della velocità politica della Nazione e, quindi, può essere
calcolata, con le leggi della dinamica, attraverso le variazioni di
I nell’intervallo di tempo durante il quale si è verificato l’urto.
Dopo l’urto se la Nazione è governata dall’oggetto A ,
quello che resta di B , anche viaggiando assieme ad A con la
stessa velocità politica, non perde la sua connotazione politica;
questo fatto, poi, implica che l’oggetto politico che si trova in
tale situazione è costretto a nascondersi o a mascherarsi con la
connotazione dell’altro, ma con lo scopo ultimo di aumentare
nuovamente la sua massa politica per rovesciare la situazione.
Dopo l’urto il nuovo sistema può essere analizzato
termodinamicamente considerando gli oggetti collidenti come
due gas politici che, venendo in contatto, si mescolano ed
evolvono raggiungendo una temperatura di equilibrio Te
intermedia tra le temperature iniziali dei due gas80
.
I - 9 Terrorismo.
Apparentemente un’organizzazione terroristica opera per
raggiungere gli scopi della propria dottrina ideologica
attraverso un unico mezzo: la violenza contro una parte del
genere umano.
Riteniamo invece che un’organizzazione terroristica, per il
modo in cui è strutturata, sia un centro di potere gestito dal
vertice di una piramide ideale che ne determina
l’organizzazione; per questo motivo è altamente probabile che,
mentre gli individui che ne costituiscono la base credono
ciecamente nella dottrina ideologica che caratterizza
l’organizzazione, il vertice sia costituito da un piccolissimo
78
Il potere politico ha bisogno della investitura divina, mentre quello
religioso ha bisogno della “spada” del potere politico 79
Questi processi sono magistralmente descritti da Pirenne H. in “Storia
d’Europa dalle invasioni barbariche al XVI secolo”, Newton & Compton
Editori, Roma 1999.
80 Ta < Te < Tb se Ta < Tb; Tb < Te < Ta se Tb <
Ta.
72
numero di individui i quali, obbedendo ai princìpi esposti nel
primo paragrafo di questo capitolo, sono caratterizzati da una
totale assenza di scrupoli e si servono della ideologia solo per
strumentalizzare quelli che stanno alla base ed il cui lavoro non
fa altro che aumentare ed estendere il loro potere.
Le organizzazioni terroristiche sono generalmente formate da
un certo numero di “cellule” che può variare da poche unità
fino a diverse centinaia, ed ogni cellula è costituita al massimo
da una o due decine di individui. Le cellule, attraverso i loro
capi, fanno riferimento ad un gruppo di addestratori ed
indottrinatori che a loro volta prendono ordini da un organismo
superiore il quale, sotto la probabile supervisione di un
eventuale capo supremo, provvede alle seguenti attività:
dotare tutta l’organizzazione di viveri, denaro, documenti
falsi, armi, munizioni e quant’altro possa servire alla vita
dell’oggetto politico;
progettare nei minimi particolari e pianificare le azioni
terroristiche;
verificare e sostenere costantemente il livello di
indottrinamento ideologico e di sottomissione psicologica di
ogni singolo individuo nei vari livelli della scala gerarchica
dell’organizzazione;
reclutamento costante di nuovi adepti.
L’assenza di scrupoli che caratterizza il vertice di
un’organizzazione terroristica determina poi le fonti alle quali
attingere i fondi necessari alla vita e al lavoro
dell’organizzazione, e cioè: sequestri di persona, rapine, fondi
neri di gruppi politici compiacenti o di servizi segreti deviati,
Stati compiacenti o mandanti, traffici internazionali di armi e di
stupefacenti, raccolta di fondi in ambienti compiacenti.
Da quanto esposto risulta che organizzazioni terroristiche,
mercanti di armi, narcotrafficanti, frange estreme di partiti
politici e organizzazioni religiose integraliste sono accomunati
da un unico scopo: la conquista, il mantenimento del potere e la
sua espansione.
Dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi abbiamo
visto all’opera organizzazioni terroristiche come quelle per
l’indipendenza altoatesina, della Sardegna e della Corsica, il
terrorismo irlandese e quello basco, le cellule italiane
dell’estremismo politico, ed abbiamo assistito al loro svanire.
Contemporaneamente alle azioni di questo tipo di terrorismo
abbiamo assistito al progredire di quello palestinese e, infine,
alla nascita di quello legato all’integralismo islamico, e sembra
che quest’ultimo abbia sostituito tutti gli altri. Che i predicatori
del terrorismo ed i trafficanti di armi e di droga si siano messi
d’accordo nel ritenere che sostituire il terrorismo occidentale
con quello di matrice integralista islamica sia un operazione
molto più redditizia? O forse dietro tutto ciò si nascondono
forze di natura più oscura?
Ma queste, probabilmente, sono solo ipotesi la cui natura
appartiene alla fantapolitica.
Un attacco terroristico contro un oggetto politico può essere
trattato, per la rapidità dei suoi tempi, come un processo d’urto,
e, in questo caso, le dimensioni e le velocità delle masse in
gioco determineranno l’esito del processo stesso.
Può, inoltre, essere applicato il terzo principio della dinamica
per determinare l’entità della reazione provocata dall’attacco.
I - 10 Le guerre.
Quando inizia una guerra si dice, nel linguaggio comune, che
la causa è stata la rottura degli equilibri politici tra le Nazioni
belligeranti. In fisica politica ciò significa che la risultante di
tutte le forze che due o più oggetti politici esercitano tra loro è
passata rapidamente dal valore zero (condizione di equilibrio
politico) ad un altro sensibilmente diverso da zero.
In relazione alle cause che le generano sono possibili diversi
tipi di guerre. In particolare distinguiamo:
73
a) guerre di conquista, che vengono fatte per conquistare
territori o mercati;
b) guerre di saccheggio, che vengono combattute per
impadronirsi di nuove fonti energetiche (tale espressione va
intesa nel senso più generale possibile);
c) guerre egemoniche per stabilire la supremazia su altri
oggetti politici;
d) guerre civili e rivoluzioni, che vengono fatte per rovesciare
un regime politico.
e) guerre economiche e commerciali, che vengono fatte con
consistenti strumenti finanziari allo scopo di accaparrarsi
determinati mercati finanziari e commerciali.
A titolo di curiosità riportiamo il fatto che solo gli Aztechi e
le popolazioni contigue combattevano un altro tipo di guerra
che veniva chiamata “guerra fiorita”81
. Questa consisteva nel
fatto che i capi delle popolazioni più evolute del Messico
precolombiano, in periodi di calamità naturali o in coincidenza
di particolari date del loro calendario, ritenevano opportuno
calmare l’ira degli dei o propiziarsene i favori con un grande
numero di sacrifici umani. A tale scopo concordavano tra loro
una guerra con il solo scopo di fare prigionieri da sacrificare.
Venivano perciò stabiliti la data ed il luogo dell’inizio delle
ostilità; queste, poi, venivano sospese non appena si riteneva
che fosse stato raggiunto un numero sufficiente di prigionieri da
sacrificare.
Esaminiamo ora i motivi che determinano le guerre. A
questo scopo osserviamo che un oggetto politico può essere
considerato come un organismo vivente che, come tale, ha
bisogno di nutrirsi e, perciò, deve essere in grado di reperire
tutto ciò che occorre alla sua vita.
La storia ci insegna che, finora, non è mai esistita una
Nazione che sia stata completamente autosufficiente. Per
questo motivo ogni oggetto politico è indotto a stabilire
rapporti economici, commerciali, e, perciò, politici, con altri
oggetti.
Accade che in momenti particolari della vita di un oggetto
politico si verificano delle condizioni tali che il rapporto tra
l’energia disponibile e quella necessaria subisca, più o meno
rapidamente, delle sensibili variazioni dal suo valore medio.
Indicate con E1 e E2 la quantità di energia disponibile e
quella necessaria e con ρ il rapporto E1/E2 , sempre positivo e
minore di uno, possono verificarsi due casi: ρ < 1, ρ << 1.
Nel primo caso l’energia disponibile non è sufficiente a
bilanciare la richiesta interna, ma, poiché lo scarto è piccolo,
l’oggetto politico è sempre in grado di bilanciare la richiesta
interna attraverso rapporti economici e commerciali con altri
oggetti politici.
Se ρ << 1 bilanciare la richiesta interna di energia diventa
oltremodo onerosa per l’oggetto politico, esponendolo a forti
indebitamenti con oggetti esterni. In questo caso la situazione
evolve in maniera diversa a seconda che la condizione si
verifichi in regimi democratici o in regimi non democratici. In
ogni caso saranno il mantenimento e la ricerca del potere della
classe dirigente a determinare le caratteristiche del processo
evolutivo.
Distinguiamo, comunque, due casi:
a) Regimi democratici (repubbliche e monarchie costituzionali).
La condizione ρ << 1 implica un ISU molto piccolo (3°
fascia) che rende piccola anche la massa politica (m = nI) e
questo fatto espone l’oggetto politico a colpi di Stato
militaristici e a guerre di saccheggio da parte di oggetti politici
esterni.
La condizione, inoltre, genera la scomposizione dell’oggetto
politico in quattro oggetti: A1 , la classe politica dirigente, A2 ,
81
JENNINGS G., “L’Azteco”, B.U.R., Milano 1984.
74
la parte del popolo che sostiene A1, B1, la classe politica che si
oppone ad A1, e B2 , la parte del popolo che sostiene B1.
Posto A = A1 + A2 e B = B1 + B2 , la conflittualità tra A
e B è intensa e tale da determinare spesso fenomeni di lotta
armata, guerriglia e rivolte. Se poi i valori di ρ e I sono
eccessivamente bassi la conflittualità tra A e B si inasprisce
degenerando in guerra civile o in colpo di Stato.
b)Regimi non democratici (monarchie assolute, dittature,
teocrazie).
Se ρ << 1 la quantità di energia disponibile è molto più
piccola di quella necessaria. In questa condizione il potere
politico e quello economico tendono ad accaparrarsi una gran
parte dell’energia disponibile lasciando quello che resta all’altra
parte dell’oggetto politico. In questo modo l’oggetto politico si
è scomposto in altri due oggetti: A (il potere dominante) e B
(il popolo) caratterizzati da valori di I molto diversi tra loro e
tali che I(A) >> I(B). L’oggetto A tende a mantenere
militarmente e ideologicamente l’equilibrio politico con
l’oggetto B. Quest’ultimo, a sua volta si scompone in altri due
oggetti: B1 (il gruppo dei rappresentanti di B) e B2 (la
rimanente parte di B). B1 determina le azioni di B2 . Se m(B)
< m(A) allora B1 viene assorbito da A per attrazione politica,
dando luogo all’oggetto A + B1 che riesce a controllare meglio
B2. Se m(B) > m(A) allora B1 usa B2 per attaccare A
(rivoluzione). In caso di vittoria B1 assorbe quello che resta di
A lasciando B2 nelle condizioni precedenti. In caso di
sconfitta A elimina B1 e assorbe quello che ne resta, e,
perciò, controlla meglio e più liberamente B2 .
In conclusione, da quanto detto risulta che una rivoluzione
non è mai determinata dal popolo, ma da persone avide di
potere che lo usano come strumento contro l’ “oppressore” del
quale bramano prendere il posto.
Una rivoluzione, quando ha successo ha, comunque, due
risultati certi; il primo è la sostituzione della vecchia classe
politica, mentre il secondo vede il popolo in condizioni
peggiori di prima. Infatti, poiché la rivoluzione ha dissipato una
grande quantità di energia, sia in termini di vite umane che in
termini economici, il nuovo regime induce la popolazione a
sacrifici maggiori di quelli ai quali era già abituata.
Una rivoluzione può essere trattata sia come un processo
d’urto tra gli oggetti politici contendenti, costituiti uno dalla
classe politica opprimente (oggetto A) e l’altro dalla
popolazione oppressa (oggetto B), che termodinamicamente. In
questo ultimo caso l’oggetto B viene trattato come un gas
politico contenuto in un recipiente adiabatico sul quale
l’oggetto A esercita la propria pressione facendo aumentare
quella dell’oggetto B.
I - 11 Le rivoluzioni culturali.
Quando il regime di una Nazione viene violentemente e
rapidamente rovesciato, il potere viene poi esercitato da una
dittatura.
Questa, normalmente, per poter meglio controllare il popolo,
impone una nuova ideologia, la stessa con la quale aveva
costruito la sua massa politica per rovesciare il regime
precedente. Questa ideologia può essere di tipo politico,
religioso o di tipo politico e religioso assieme.
La nuova ideologia viene diffusa nel tentativo di imputare i
mali della società al vecchio regime o alle culture delle
Nazioni che non la condividono. Buona parte della popolazione
accetta passivamente la nuova ideologia (in parte per ignoranza
ed in parte perché, essendo ogni giorno alle prese con la
miriade di piccoli problemi che la vita propone, non è allenata
ad interessarsi attivamente ed a ragionare di problemi diversi da
quelli che esulano dalla quotidianità) ed accetta la nuova
ideologia perché questa offre ragionamenti già confezionati e,
in modo spesso artificioso, adatti a giustificare la necessità del
nuovo regime.
75
Le persone che, invece, per attitudine personale o per
professione, sono allenate a ragionare in modo autonomo
possono essere divise in due categorie: una che comprende
quelle che per convenienza personale accettano il nuovo regime
con la sua ideologia, un’altra che è costituita dagli oppositori
del regime. Questi ultimi vengono resi inoffensivi con la
soppressione fisica, con il carcere politico o con l’espulsione
dalla Nazione (quest’ultimo metodo è poco praticato perché gli
espulsi farebbero altrove propaganda negativa contro il regime
inducendo gli altri Stati ad esercitare forti pressioni sulla neo-
dittatura con il rischio di generare condizioni di belligeranza).
L’ideologia del nuovo regime, in genere, viene proposta
sotto forma di “rivoluzione culturale” e la sua attuazione
avviene attraverso percorsi diversi. Innanzitutto viene rivolta
una grande attenzione alla scuola, sia perchè le menti giovani
offrono una minore resistenza all’indottrinamento ideologico,
sia per preparare ideologicamente le generazioni future. Ciò
viene fatto selezionando opportunamente i dirigenti scolastici, i
docenti ai vari livelli di istruzione e le materie e discipline da
insegnare.
Per l’indottrinamento della rimanente popolazione da un lato
vengono usati tutti i mezzi di comunicazione di massa per
costruire dei rituali collettivi che, assieme alla diffusione di
forti simboli inneggianti al regime ed alla nuova ideologia,
prevedono frequenti riunioni di “partito” e, in momenti
significativi della vita sociale della Nazione, grandi adunanze di
masse popolari accompagnate da discorsi ufficiali, inni politici
e parate militari più o meno spettacolari; dall’altro si induce ad
accettare la nuova dottrina ostacolando l’accesso al lavoro o gli
avanzamenti di carriera a coloro che mostrano resistenza e,
comunque, impedendo loro il regolare svolgersi della vita
sociale.
Oltre a quello già accennato, nella velleità del regime di
durare in eterno, l’attuazione della rivoluzione ha anche lo
scopo di tagliare le radici culturali del popolo e, quindi, di
privarlo delle sue tradizioni e della sua identità. Venendo meno
queste, che costituivano un modello di vita al quale la società
era già uniformata, il regime deve compiere uno sforzo minore
per imporre la nuova ideologia che poi indicherà il nuovo
modello di vita.
In questa logica la rivoluzione culturale prevede, inoltre,
l’isolamento politico della popolazione con la motivazione
apparente di evitare che culture diverse inquinino la “purezza
ideologica” della nuova, ma con la motivazione reale e occulta,
di evitare che la popolazione ambisca a modelli di vita diversi e
più liberali82
.
I - 12 Sistemi dissipativi e rendimento di un oggetto
politico.
Qualsiasi oggetto politico è un sistema dissipativo, nel senso
che una parte dell’energia che assorbe per svolgere le sue
funzioni viene necessariamente dispersa nell’ambiente
circostante. Questa dispersione, espressa in termini matematici
dal primo e dal secondo principio della termodinamica, ha due
cause fondamentali riconducibili alla natura dell’essere umano.
Il primo motivo è dovuto al fatto che l’uomo, in quanto
essere vivente, disperde necessariamente nell’ambiente che lo
circonda i propri rifiuti organici e tutto ciò che non può più
riutilizzare. Il secondo sta nel fatto che in qualsiasi attività
umana, individuale o collettiva, sono sempre presenti sprechi di
qualsiasi cosa e che, comunque, possono essere tradotti in
termini di energia dissipata.
In termodinamica è stato definito il rendimento di una
macchina termica come il rapporto tra il lavoro utile prodotto
dall’assorbimento di calore e lo stesso calore assorbito. Tale
82
E ciò è tanto più vero quanto più alto è il tenore di vita delle Nazioni
più vicine.
76
rendimento, per il secondo principio della termodinamica, è
sempre inferiore ad uno.
E’ interessante calcolare il rendimento del governo di una
Nazione inteso come misura del proprio lavoro volto a
migliorare il tenore di vita della società governata.
Per calcolare il rendimento di un oggetto politico occorre
definire un intervallo di tempo nel quale sia possibile stabilire
l’inizio, lo svolgimento e la conclusione di un’attività rispetto
alla quale lo si vuole calcolare83
, cioè, bisogna definire un
ciclo84
di lavoro.
Poiché ogni governo presenta annualmente un rendiconto
consuntivo delle entrate e delle spese, si potrebbe pensare di
poterne determinare il rendimento calcolando il rapporto tra la
totalità delle spese sostenute in un anno e la totalità delle
entrate relative allo stesso anno, ma questo semplice rapporto
direbbe ben poco sull’efficienza di un governo dal punto di
vista del miglioramento delle condizioni di vita della società
che rappresenta e governa.
E’ perciò utile, a questo scopo, far intervenire l’ISU.
Quest’ indice, come già è stato precedentemente precisato,
indica le principali direzioni degli interventi finanziari dello
Stato volti a migliorare le condizioni di vita della società
governata, cioè interventi in materia di PIL, sanità ed
istruzione. Per quanto riguarda il PIL c’è da dire che, se da un
lato rappresenta il prodotto interno lordo di tutta la Nazione,
dall’altro i suoi incrementi sono determinati in misura sensibile
dalle condizioni che lo Stato crea con gli interventi volti ad
aumentare e migliorare le strutture che rendono possibile una
buona quantità e qualità del lavoro di tutta la società.
Ciò premesso, vediamo ora, come sia possibile servirci
dell’ISU per valutare il rendimento del governo di una Nazione.
A tale scopo osserviamo che, detta m la massa politica di
una Nazione e detto L il lavoro per portare l’ISU di tale massa
dal valore I1 al valore I2 (I2 > I1), l’energia cinetica della
Nazione subisce un incremento ΔE pari al lavoro eseguito:
L = ΔE = 1mv22 - 1mv1
2 = 1nIv2
2 - 1nIv1
2 =
2 2 2 2
= 1n(I2v22 - I1v1
2).
2
Poiché, inoltre, l’unità di misura del lavoro (Joule) è stata
tradotta in termini di denaro, risulta che il lavoro stesso e la
spesa pubblica sono due grandezze della stessa natura e,
pertanto, possono essere rapportate fra loro.
A questo punto possiamo assumere come misura del
rendimento del governo di una Nazione il rapporto η tra il
lavoro svolto nell’aumentare l’energia cinetica e la spesa
pubblica S durante un ciclo:
η = L = n(I2v22 - I1v1
2)
S 2S
dove v1 e v2 sono le velocità istantanee dell’oggetto politico
calcolate all’inizio e alla fine del ciclo considerato.
Questa espressione del rendimento, che fa riferimento alla
variazione del tenore di vita, tradotta in termini numerici, offre
una comoda e semplice valutazione, comprensibile da tutti,
dell’operato del governo di una Nazione in un anno o,
comunque, nel periodo in cui il governo ha esercitato le sue
funzioni.
83
Termodinamicamente, bisogna stabilire l’inizio e la fine del processo
di trasformazione del calore assorbito in lavoro prodotto.
84
Cfr. pag. 105.
77
Capitolo II - Analisi storica.
Premessa
Nei paragrafi che seguono verranno trattati fatti della storia
passata e contemporanea che, per le loro particolari
caratteristiche, si presentano in modo alquanto circoscritto
rispetto alla normale complessità dei fenomeni storici e politici,
e che, per questo, si prestano a semplici applicazione della
fisica politica.
Supporremo, inoltre, che il lettore conosca i fatti storici
oggetto delle applicazioni; pertanto tali fatti saranno esposti in
quei loro tratti che consentono l’individuazione del tipo di
applicazione.
II - 1 Impero Romano - La battaglia della selva di
Teutoburgo.
Trattamento: meccanica; urto tra due oggetti politici.
Primo oggetto politico: l’Impero Romano di Augusto.
Secondo oggetto politico: i Cherusci e le popolazioni
germaniche alleate.
Nel 9 d.C. fu combattuta nella foresta di Teutoburgo in
Germania una battaglia tra l’esercito del legato imperiale
romano Publio Quintilio Varo e quello comandato da Arminio,
capo della tribù germanica dei Cherusci85
. Le tre legioni che
costituivano l’esercito di Varo (circa 18.000 uomini) furono
attirate in un’imboscata e completamente annientate dai 17.000
guerrieri di Arminio.
Alcuni storici86
sostengono che quella battaglia abbia
fermato il processo di espansione dell’Impero romano. Questa
affermazione, tradotta in termini di fisica politica, implica che
lo scontro di Teutoburgo abbia esercitato sull’Impero una forza
tale da determinare una sensibile diminuzione della velocità del
suo moto politico e, quindi, la fine delle mire espansionistiche
di Roma.
Vogliamo invece provare che, secondo le leggi della fisica
politica, non fu così, e che gli effetti della battaglia furono del
tutto trascurabili ed ininfluenti sul moto politico dell’Impero
romano.
A tale scopo premettiamo alcune considerazioni.
Per la conservazione dell’energia meccanica di un oggetto
politico, all’aumentare della sua energia potenziale, la sua
energia cinetica deve necessariamente diminuire, e ciò implica
una corrispondente diminuzione della velocità del suo moto
politico.
Poiché con Augusto l’Impero romano aveva quasi raggiunto
la sua massima estensione territoriale, anche la sua massa
politica ed il suo ISU erano quasi giunti ai loro valori più alti,
rendendo quasi massima l’energia potenziale dell’Impero e,
quindi, quasi minima quella cinetica; conseguentemente la
velocità del suo moto politico si era attestata su valori quasi
costanti e molto prossimi allo zero indipendentemente dalla
battaglia.
Se confrontiamo l’esito della battaglia di Teutoburgo con
quello della battaglia di Canne del 216 a.C. (seconda guerra
punica) ci rendiamo conto che la disfatta di Canne fu ben più
disastrosa di quella di Teutoburgo: 50.000 legionari morti a
Canne contro i 18.000 caduti nell’imboscata di Teutoburgo.
Se la disfatta di Canne non fu sufficiente a fermare le
tendenze espansionistiche di Roma, perché avrebbe dovuto
esserlo quella di Teutoburgo? Inoltre, se Cesare con sei legioni
aveva assoggettato la Gallia, perché Augusto e, poi, Tiberio,
con otto legioni stanziate ai confini renani e danubiani non
85
Questi abitavano la regione nord-occidentale della Germania compresa
tra il Weser e l’Elba.
86
WELLS P. S., La battaglia che fermò l’Impero, Il Saggiatore, Milano
2004, p. 11, p. 200 e ss. CLEMENTE G., guida alla storia di Roma,
Oscar saggi Mondadori, Milano 1990, p. 235.
78
riuscirono ad annettere ai territori dell’Impero neanche quella
parte della Germania che si insinua nell’angolo formato dal
Reno e dal Danubio?87
La risposta a queste domande sta ancora
una volta nella conservazione dell’energia meccanica. Infatti,
poiché la massa politica della compagine romana all’epoca
della seconda guerra punica e prima della conquista della Gallia
era ben più piccola rispetto a quella dell’età di Augusto, la sua
velocità politica era molto più elevata rispetto a quella che
aveva nel primo secolo dell’Impero che, come abbiamo già
detto, era prossima a zero.
L’effetto della disfatta di Varo fu, dunque, solo quello di far
prendere atto ad Augusto della impossibilità e della sostanziale
inutilità di intraprendere ulteriori campagne di conquista ai
confini dell’Impero88
.
Analizziamo la battaglia di Teutoburgo quantitativamente.
Abbiamo già anticipato che l’evento può essere trattato come
un urto tra due oggetti politici caratterizzati da diverse masse e
velocità. A questo scopo dobbiamo fare alcune ipotesi per
determinare con una discreta verosimiglianza gli ISU, le masse
e le velocità degli oggetti politici costituiti dall’Impero e dalle
popolazioni germaniche che ebbero parte attiva nel determinare
l’evento.
- Impero romano.
La fine delle guerre civili, l’ottima rete stradale, l’efficiente
approvvigionamento alimentare e idrico, la raggiunta
tranquillità dei mari, furono fattori che influirono in misura
notevole nel determinare, con la stabilità politica, una
espansione più capillare ed intensa del commercio, sia terrestre
che marittimo, un progredire dell’agricoltura, sia nella quantità
che nella qualità dei prodotti, ed un forte incremento delle
attività industriali ed artigianali. La conseguenza di questi fatti
fu un netto miglioramento delle condizioni di vita in tutti i
territori dell’Impero.
Tutto ciò ci autorizza a credere che il tenore di vita a Roma e
nelle province dell’Impero avesse raggiunto a quel tempo un
livello abbastanza elevato che, inoltre, rapportato al mondo
contemporaneo, potrebbe essere paragonato a quello di una
Nazione moderna caratterizzata da un valore medio-alto
dell’ISU. Per questi motivi attribuiremo all’ISU dell’Impero il
valore 0,750.
Per determinare la massa politica dell’Impero ci occorre
conoscere il numero dei suoi abitanti nei primissimi anni della
nostra era. A tale scopo facciamo riferimento a quanto ci
dicono gli studiosi di demografia storica Lorenzo Del Panta e
Rossella Rettaroli89
che assegnano alla sola Europa, per l’epoca
in questione, la cifra di 31.000.000 di abitanti, e a Claude
Nicolet90
che, per il solo Egitto propone la cifra di 7.500.000
abitanti. Dovendo considerare nel computo totale degli abitanti
dell’Impero anche quelli del Nord Africa e del Medio Oriente,
e, prendendo in considerazione la cifra indicativa di
60.000.000 per tutto l’Impero proposta dallo storico Guido
Clemente relativamente ai primi due secoli91
, ci sembra del
tutto ragionevole la cifra proposta nel sito www.imperium-
romanum.it di 55.000.000 di abitanti.
87
La conquista di questo territorio avrebbe comportato una sensibile
riduzione del “limes” in quella parte dell’Impero.
88
Nelle sue memorie, “Res gestae Divi Augusti”, l’imperatore
raccomanda ai suoi successori di evitare altre guerre di conquista; e
questa raccomandazione, se si esclude la spedizione di Claudio in
Britannia, viene accolta da tutti i suoi successori fino a Nerva e, poi,
dopo Traiano, dagli imperatori adottivi. 89
DEL PANTA L., RETTAROLI R., Introduzione alla demografia
storica, Laterza, Roma 1994, p. 77.
90
NICOLET C., L’inventario del mondo: geografia politica alle origini
dell’Impero Romano, Bari Laterza, Bari 1989, p. 141
91
CLEMENTE G., op. cit., p. 260.
79
La forza militare era espressa da 28 legioni, due flotte
principali dislocate a Miseno e a Ravenna, flotte secondarie nei
mari minori e piccole flotte fluviali, per un totale di circa
200.000 uomini; con gli ausiliari provenienti dagli Stati
“clientes” e quelli “amici del Popolo Romano” si arrivava, alla
morte di Augusto, a circa 300.000 unità92
. Questi numeri danno
luogo al rapporto militari/abitanti 36/10.000, cioè 36 militari
ogni 10.000 abitanti e ad una massa politica (m=nxI/ν) pari a
41.250 Kg.
Per quanto detto all’inizio del paragrafo, assumeremo per il
moto politico dell’Impero la velocità di 0,1 m/anno al
momento della battaglia.
- I Cherusci.
Le condizioni di vita delle popolazioni germaniche stanziate
oltre il Reno e, quindi, dei Cherusci, erano notevolmente
diverse da quelle romane, sia per l’organizzazione sociale, di
tipo tribale, sia per la presenza di tecnologie rudimentali; Paolo
Emilio Taviani sostiene che “la Germania era,
economicamente, molto in ritardo nei confronti della Gallia:
essa non doveva contare allora più di due o tre milioni di
abitanti”93
; Tuttavia i Germani erano in grado di costruire
artigianalmente manufatti per la vita quotidiana, attrezzi per
l’agricoltura, carri per il trasporto e armi.
Tra i villaggi, che distavano tra loro da poche centinaia di
metri fino a qualche chilometro, esisteva una discreta rete di
commercio che consisteva principalmente nello scambio di
manufatti, di prodotti dell’agricoltura e di bestiame. Questi
scambi erano comunque frenati dalla assenza di una efficiente
rete stradale e dalla inesistenza di un sistema monetario.
Per tutti questi motivi riteniamo che il livello di sviluppo
umano di queste popolazioni doveva essere molto inferiore a
quello delle popolazioni dell’Impero. Ciò consente di attribuire
loro l’ISU di una Nazione moderna caratterizzata da un basso
livello di sviluppo umano: I = 0,300.
Varo era stato inviato in quella parte della Germania nord-
occideltale, considerata già conquistata, per organizzarvi la
provincia politicamente e fiscalmente; ma “l’applicazione
dell’intero sistema di tassazione e coscrizione imperiale
provocava – nei popoli assoggettati – una resistenza spesso
violenta, talvolta anche più di quanto lo fosse stata la
resistenza alla conquista iniziale”94
. Questa resistenza, si
trasformò in una reazione che indusse i capi delle tribù
germaniche ad unirsi in una coalizione avente i Cherusci di
Arminio come fattore aggregante, ed implicò un reclutamento
militare molto più serrato rispetto a quello romano, per il quale
supporremo un rapporto di 36/1.000, cioè 36 militari ogni
mille abitanti. Questo rapporto ci consente di calcolare il
numero complessivo della popolazione germanica che
collaborò a realizzare l’attacco a Varo.
Poiché il numero dei guerrieri germani impegnati nell’attacco
è stimato intorno a 17.000 95
, possiamo stabilire la seguente
proporzione:
36:1.000 = 17.000:x
dove x è il numero della popolazione. Si ricava allora per x il
valore 472.000.
Da questi valori (I e n) risulta una massa politica di 141 Kg.
92
GARNSEY P., SALLER R., Storia sociale ed economica dell’Impero
Romano, Lateerza, Bari, 1989, p.181. 93
TAVIANI P. E. distribuzione geografica e struttura della popolazione
attraverso la storia e nel tempo presente, Giappichelli, Torino 1953, p.
50. 94
LUTTWAK E. N., op. cit., p. 32.
95
WELLS P. S., op. cit., p. 166.
80
Infine bisogna considerare il fatto che il lavoro della
coalizione volto ad attrezzare, armare e preparare l’esercito
abbia dato una spinta notevole allo sviluppo delle popolazioni
che ne facevano parte, e che tale spinta ne abbia elevato
l’indice dal valore I1 = 0,3 al valore I2 = 0,31, con un
incremento complessivo ΔI = 0,01. Perciò, nel periodo di circa
due anni necessari alla preparazione dell’imboscata, il moto
politico dei Cherusci e dei loro alleati fu caratterizzato da una
velocità media di 5m/anno; quindi al momento dell’impatto la
massa politica era diventata 146 Kg.
Le perdite dei Romani ammontarono a 18.000 legionari,
mentre quelle della coalizione germanica a circa 500 uomini96
.
Queste perdite, confrontate con il numero delle rispettive
popolazioni prima dello scontro, furono dell’ordine dello 0,03%
per l’Impero romano e dello 0,1% per la coalizione,
determinando una variazione delle rispettive masse politiche
del tutto trascurabile.
Per questo motivo l’urto sarà considerato elastico.
Riassumiamo nella seguente tabella i valori supposti al
momento della battaglia.
Calcoliamo ora la velocità delle due masse dopo l’urto. Per fare questo
bisogna attribuire un segno alle due velocità.
Tenendo presente che prima della battaglia entrambi i moti politici
Abitanti ISU Massa
politica
Velocità
politica
Impero
romano
55x106
0,75 ma=41.250Kg va=0,1m/anno
Cherusci 472x103
0,31 mb=146 Kg vb = 5m/anno
andavano nella direzione che conduceva ad un aumento di I,
attribuiremo alle due velocità il segno positivo. Indicando poi
con Va e Vb rispettivamente le velocità dell’Impero e quella
dei Cherusci dopo l’urto, e ricordando che:
Va = 2 mbvb - (mb - ma)va
ma + mb
e
Vb = 2mava - (ma - mb)vb , 97
ma + mb
sostituendo i valori della precedente tabella nelle due ultime
equazioni, si ottiene:
Romani Cherusci
Va = 0,13m/anno e Vb = -4,8 m/anno.
Come si vede, contro ogni aspettativa, l’Impero si ritrovò,
dopo l’urto, con un incremento positivo della sua velocità
politica Δv = 0,13 – 0.1 = 0,03 m/anno, pari al 3% della
velocità al momento dell’urto.
Risulta, allora, in pieno accordo con le ipotesi fatte, che la
velocità politica dell’Impero rimase sostanzialmente invariata;
ciò vuol dire che la forza esercitata dall’attacco di Arminio fu
completamente irrilevante nel determinare la fine delle guerre
di espansione di Roma, la cui politica era già orientata sia al
rafforzamento dei confini che alle strategie di prevenzione
contro attacchi esterni.
Quello che invece subì una sostanziale variazione fu la
96
WELLS P. S., op. cit., p. 175, p. 200. 97
Cfr. pag. 96.
81
velocità politica della coalizione germanica che assunse un
valore negativo.
Ciò implicò una sensibile e rapida diminuzione di I e,
perciò, un regresso nelle condizioni di vita delle tribù che
ebbero parte attiva nel progettare l’imboscata. I fatti storici
confermano questa conclusione.
Infatti la coalizione che aveva consentito il reclutamento di
17.000 guerrieri si disgregò e si verificarono conflitti più o
meno violenti tra le tribù con la conseguente dissipazione di
buona parte dell’energia che aveva caratterizzato la coalizione
immediatamente prima dell’attacco. Tale perdita fu pagata dalle
popolazioni con un sensibile calo del loro tenore di vita.
Paradossalmente si potrebbe affermare che, se l’energia spesa
nell’attacco alle legioni di Varo fosse stata usata diversamente,
la coalizione non si sarebbe frantumata e avrebbe potuto dare
luogo alla nascita di uno Stato germanico98
.
II - 2 Lo scisma anglicano.
Trattamento: termodinamica; fusione di due gas politici,
raggiungimento dell’equilibrio termico.
Oggetto politico A: lo Stato d’Inghilterra di Enrico VIII.
Oggetto politico B: il clero inglese prima della riforma di
Enrico VIII.
Mostriamo ora come sia possibile determinare con la fisica
politica gli effetti dello scisma d’Inghilterra sulla Nazione dal
punto di vista sociale ed economico. Premettiamo allo scopo
una breve sintesi dei fatti che determinarono l’evento.
In Inghilterra, durante il regno di Enrico VII e nei primi anni
di quello di Enrico VIII, era sorta una fortissima avversione
verso il clero per la corruzione che dilagava tra i prelati e per il
fatto che i vescovi inglesi dirottavano in modo continuo ingenti
risorse finanziarie verso Roma. Il clero inglese, inoltre, non
essendo rappresentato in Parlamento, non partecipava alla vita
politica della Nazione e si riteneva sottoposto solo alla autorità
del Papa.
Tale situazione ci consente di definire in modo netto due
oggetti politici: il clero inglese (potere religioso) e il resto della
Nazione inglese (potere politico).
Il processo storico che portò allo scisma trovò le sue cause da
un lato, come abbiamo già detto, nel trasferimento continuo, ad
opera del clero, di denaro pubblico e privato dall’Inghilterra
alla Chiesa di Roma, dall’altro nel dissesto finanziario della
corona inglese causato dalle guerre che Enrico VIII aveva
intrapreso contro Francia e Scozia.
Il “casus belli” che portò allo scontro tra i due poteri fu dato
dal rifiuto del Papa Clemente VII di annullare il matrimonio del
sovrano con Caterina d’Aragona, zia di Carlo V, che non aveva
dato al re un erede maschio. Il divorzio avrebbe consentito al
sovrano di sposare la bella dama di corte Anna Bolein che
stava per dargli un figlio.
L’insuccesso del tentativo del cardinale Wolsey di ottenere il
divorzio per il sovrano, e il rifiuto di Thomas More, succeduto
a Wolsey, di operare nella stessa direzione, indussero il sovrano
a separarsi dalla chiesa di Roma.
La separazione fu attuata con i seguenti provvedimenti:
“Atto di sottomissione”: nel 1531 il clero inglese è
costretto a sottoscrivere questo atto con il quale perde la
propria autonomia;
“Atto di supremazia”: nel 1533 con la sottoscrizione di
questo atto il clero inglese delega al sovrano ogni potestà
98 In effetti, dopo il disastro di Teutoburgo, una delle maggiori
preoccupazioni di Augusto e, successivamente di Tiberio, fu quella che
Arminio riuscisse a ricompattare la coalizione per sferrare un attacco
massiccio alla Gallia. Il fatto che ciò non avvenne conferma ancora le
nostre tesi, se si considera che un altro effetto dell’urto fu quello della
frantumazione del secondo oggetto politico, i Cherusci.
82
giuridica in materia ecclesiastica e lo riconosce capo supremo
della Chiesa d’Inghilterra;
“Atto di successione”: nel 1534: l’aristocrazia inglese
approva questo atto che autorizza il sovrano ad esercitare la
funzione di capo della Chiesa su tutti i sudditi del regno.
L’ “Atto di supremazia” servì ad Enrico VIII per confiscare i
possedimenti territoriali del clero, la cui estensione era pari a
circa un quarto del territorio inglese99
, e i piccoli e grandi
monasteri.
Terre e monasteri in gran parte furono venduti alla
aristocrazia ed il ricavato andò a sanare il dissesto finanziario
della corona.
Analizziamo ora i fatti dal punto di vista della fisica politica.
Come si è visto, il potere politico e quello religioso erano
nettamente divisi prima dello scisma e ciò ci consente di
trattarli come due oggetti politici. Il secondo di questi,
sottraendo rilevanti quantità di energia dal primo, ne
diminuisce la massa politica, e tale diminuzione è ulteriormente
incrementata dalla energia spesa nelle guerre sostenute da
Enrico VIII.
L’intervallo di tempo che va dalla nomina di Thomas More a
capo del governo alla confisca dei beni del clero non è
sufficientemente breve da consentire il trattamento dell’evento
come un urto tra due oggetti politici. Invece, il fatto che questi,
alla fine del processo, si trovarono fusi in un solo oggetto
politico, suggerisce di trattare il fenomeno termodinamicamente
considerando i due oggetti come due gas politici occupanti due
contenitori contigui separati da un sottile diaframma adiabatico.
Per il nostro scopo dobbiamo determinare i valori delle
seguenti grandezze utili per caratterizzare termodinamicamente
i due oggetti politici prima dello scisma:
Popolazione;
PIL;
livello di istruzione;
speranza di vita;
la conoscenza di questi valori ci consente di calcolare l’ISU e
la massa politica dei due oggetti.
Oggetto A.
Sappiamo che la popolazione della Nazione inglese,
all’epoca della riforma, contava circa 2.000.000 di abitanti100
con una speranza di vita media di 32101
anni. Le condizioni
economiche del paese, meno floride di quelle dei principali
paesi europei, non ci consentono di attribuire al PIL un indice
superiore a 0.40, e al livello di istruzione un indice non
superiore al valore di 0.30. Perciò, facendo la media dei tre
valori calcolati, risulta un ISU pari a:
I = 0,32 + 0,4 + 0,3 = 0,34
3
e, quindi, una massa politica m = nI/ν = 680 Kgm.
Oggetto B.
Incominciamo col determinare la popolazione del clero.
Sappiamo che, durante il regno di Maria Tudor (1553 –
1558), circa 12.000 sacerdoti, che per effetto dello scisma e
delle influenze luterane si erano sposati sotto il regno di
Edoardo VI (1547 – 1553), furono deposti102
. Supponendo che
99
BRIGGS A., Storia sociale dell’Inghilterra, Oscar Mondatori, 1993,
p. 151. 100
LIVI BACCI M., Storia minima della popolazione del mondo, il
Mulino, Bologna 2002, p. 111.
101
LIVI BACCI M., op. cit., p.44, 103. 102 ALZATI C., L’anglicanesimo, Marietti, Genova 1992, p.153.
83
tale cifra rappresentasse solo la metà del clero maschile inglese
e che quello femminile lo uguagliasse in numero, possiamo
ipotizzare che la popolazione totale del clero raggiungesse le
50.000 unità che andranno sottratte dall’oggetto A, la cui
massa, perciò, diventerà pari a 663 Kg. Inoltre, il possesso di
circa un quarto delle proprietà terriere di tutta l’Inghilterra, con
le relative rendite, lo rendeva ricchissimo, e ciò ci consente di
attribuire al suo PIL un indice pari a 0,90. La disponibilità di
laute mense e di ospedali ne rendeva, poi, la vita media molto
più lunga rispetto a quella della popolazione inglese; inoltre il
possesso di scuole e biblioteche ne elevava grandemente il
livello di istruzione.
Questi due fatti ci consentono di attribuire alla speranza di
vita media e al livello di istruzione del clero inglese gli indici
0.75, e 0.90.
Da questi elementi si ottiene un ISU pari a:
I = 0,9 + 0,9 + 0,75 = 0,85
3
e una massa politica pari a m = nI/ν = 42.5 Kgm.
Riassumiamo nella seguente tabella i valori desunti.
oggetto popolazione PIL istruzione Speranza
di vita
ISU m
nazione 1.950.000 0,4 0,3 0,32 0,34 663
clero 50.000 0,9 0,9 0,75 0,85 42,5
Indicate con ma e Ta e con mb e Tb le masse e le
temperature iniziali dei due oggetti politici, questi, messi a
contatto, raggiungeranno, dopo un intervallo di tempo Δt, una
temperatura finale di equilibrio intermedia Te tale che:
Ta < Te < Tb.
Durante il processo che porta al raggiungimento
dell’equilibrio termico l’oggetto B , quando la sua temperatura
passa dal valore Tb al valore Te , cede la quantità di calore
ΔQb = mbc(Tb - Te ),
dove c è il calore specifico;
l’oggetto A , invece, quando la sua temperatura passa dal
valore Ta al valore Te , acquista la quantità di calore
ΔQa = mac(Te - Ta).
Per l’equilibrio termico deve essere Qa = Qb , cioè:
mac(Te - Ta) = mbc(Tb - Te),
da cui, supponendo uguali i due calori specifici,con un po’ di
algebra, si ottiene:
Te = ma Ta + mb Tb
ma + mb
Sostituendo i valori ai simboli, si ottiene: Te = 0,43.
Calcoliamo ora l’ISU della Nazione inglese relativo agli anni
che videro il definitivo distacco della Chiesa inglese da quella
romana. A tale scopo dobbiamo attribuire nuovi valori
all’indice del livello medio di istruzione della popolazione e a
quello della speranza media di vita. Per determinare questi
valori facciamo la media tra gli stessi valori che l’oggetto
84
politico A aveva prima della Riforma e quelli del nuovo
oggetto, A + B, che si era venuto a costituire dopo la fusione.
Per il primo indice otteniamo il valore 0,315 e per il secondo il
valore 0,33. Perciò l’ISU del nuovo oggetto politico è dato da:
I = 0,43 + 0,315 + 0,33 = 0,358.
3
Riassumiamo nella seguente tabella i nuovi valori, con i
relativi incrementi, degli indici PIL., speranza di vita e
istruzione.
PIL Speranza di vita istruzione ISU
valori 0,43 0,33 0,315 0,358
incrementi 0,03 0,01 0,015 0,018
Esaminando i primi tre indici della tabella notiamo subito
che, fra i relativi incrementi, il più grande è quello che si
riferisce al PIL che risulta doppio di quello riferito
all’istruzione, seguito a sua volta da quello relativo alla
speranza di vita.
Questi tre incrementi e, perciò, quello relativo all’ISU,
trovano riscontri sostanziali nel periodo storico
immediatamente successivo a quello che vide lo Scisma
Anglicano.
Riferendoci al PIL, sappiamo che la confisca dei beni
ecclesiastici iniziata da Enrico VIII e completata dal figlio
Edoardo VI, diede un notevole impulso al mercato della terra,
influenzando tutta l’economia dell’epoca dei Tudor, al punto
che questa riuscì ad assorbire, senza eccessivi problemi, la
grande eccedenza demografica che si verificò in Inghilterra a
partire dall’ultimo quarto del XVI secolo.
Le due maggiori industrie, quella tessile e quella carbonifera,
ebbero una forte espansione che determinò una sostanziale e
maggiore offerta di lavoro in tutti i settori dell’economia.
L’incremento dell’indice di istruzione trova riscontro nella
proliferazione di nuove scuole, sia pubbliche che private, e
nell’aumento del numero degli studenti universitari, e nel fatto
che una gran parte della fascia sociale più numerosa, quella dei
criminali londinesi, sapeva leggere e scrivere103
.
Infine, a testimoniare l’incremento dell’indice di speranza di
vita, benché minimo, si riscontra, durante il regno di Enrico
VIII, un primo aumento degli interventi economici dello Stato
destinati alle fasce più deboli della società e, successivamente,
la destinazione di parte delle risorse finanziarie, provenienti
dalle confische di Edoardo VI, alla fondazione di ospedali per
la popolazione ed ospizi per i poveri.
II - 3 Unione Europea.
Trattamento: rendimento di un oggetto politico.
Oggetto politico: Unione Europea.
In questo paragrafo analizzeremo uno dei motivi che rendono
l’Unione Europea, per il modo in cui è stata costruita,
economicamente svantaggiosa per tutti i suoi cittadini tranne
che per i politici.
Precedentemente abbiamo definito il rendimento di un
oggetto politico ed abbiamo visto che questo è sempre minore
di uno perché, per il secondo principio della termodinamica,
una parte dell’energia che gli viene fornita per aumentarne il
valore dell’ISU si disperde senza poter più essere utilizzata104
.
L’Unione Europea è costituita da un insieme di Nazioni, ed
103
BRIGGS A., op. cit., p. 147.
104
Riteniamo che un’abbondante quota di tale parte sia da imputare
all’eccessivo costo della politica.
85
ognuna di queste è governata da uno Stato che ne è il “motore”.
Questo motore disperde una certa quantità di energia, che
chiameremo ΔE1, e che si traduce in un costo per ogni
cittadino dello Stato in questione. A sua volta, il “motore”
costituito dal governo dell’UE, disperde un’altra quantità di
energia, che chiameremo ΔE2, e che si traduce in un ulteriore
costo per tutti i cittadini dell’Unione.
Se indichiamo con N il numero della popolazione dell’UE
e con ni quello dell’i-esima Nazione dell’UE, il costo medio
per ogni cittadino europeo sarà pari a
Cmedio = ΔE2 ,
N
mentre quello riferito alla i-esima Nazione, che indicheremo
con C, sarà pari a:
C = niΔE2 .
N
Precedentemente abbiamo definito il rendimento di uno Stato
come:
η = n (I2v22 - I1v1
2)
2S
dove S è la spesa sostenuta dallo Stato in un ciclo105
, per
portare l’ISU dal valore I1 al valore I2. Aggiungendo ad S la
quantità
C = niΔE2
N
il rendimento diventa:
η = ni (I2v22 - I1v1
2) (1)
2(S + ni ΔE2)
N
cioè:
η = niN (I2v22 - I1v1
2)
2(SN + ni ΔE2)
Quest’ultima ha un valore puramente teorico perché è
praticamente impossibile determinare il valore di ΔE2; ciò non
ostante, poiché la quantità 2(SN + niΔE2) è necessariamente
maggiore di 2SN si vede in modo chiaro, come il rendimento
di uno Stato appartenente all’ UE sia inferiore a quello che
potrebbe caratterizzare lo stesso Stato se questo non facesse
parte dell’ UE.
Ciò è particolarmente vero per l’Italia che è attualmente
strutturata in: Stato, Regioni, Province, Comuni e Municipalità.
In Italia ci si potrebbe affrancare dall’ulteriore costo del
governo dell’UE intervenendo sulle regioni, estendendone
notevolmente i territori, e sopprimendo le Province.
Da quanto detto risulta evidente che, per quanto i flussi di
105
Per ciclo intenderemo l’intervallo di tempo di una “finanziaria”, cioè
il tempo che intercorre tra l’approvazione, da parte del Parlamento, del
preventivo di spesa di uno Stato e la presentazione al Parlamento stesso
del relativo consuntivo. Questo intervallo di tempo normalmente ha la
durata di un anno.
86
denaro e di merci all’interno dell’UE possano essere
razionalizzati con l’obbiettivo di diminuire in valore di C , per
il secondo principio della termodinamica, ci sarà sempre, e
necessariamente, una quantità Cx , dipendente dall’esistenza
dell’ UE, che dovrà essere aggiunta alle spese degli Stati
nazionali.
II - 4 Riunificazione delle due Germanie106
.
Trattamento: meccanica; valutazioni energetiche e calcolo
del costo della riunificazione107
.
Oggetto politico A: Germania occidentale dal 1990 al 2000.
Oggetto politico B: Germania orientale nel 1990.
Nel trattare il processo socio-economico iniziato
ufficialmente nell’ottobre del 1990 con la riunificazione della
Germania occidentale con la Germania orientale, mostreremo
come si possa giungere, con la fisica politica, a conclusioni,
peraltro confortate dai fatti, analoghe e della stessa portata
globale di quelle cui sono giunti, per altre vie, i più esperti ed
accreditati economisti e politologi di tutto il mondo. Vogliamo,
infatti, provare che il grande sforzo economico sostenuto dalla
Germania occidentale per elevare al proprio livello economico-
sociale la Germania orientale (obbiettivo attualmente non
ancora raggiunto), ha determinato parallelamente una
diminuzione della velocità del suo moto politico; più
precisamente, la Nazione nata dalla riunificazione delle due
Germanie ha iniziato il suo moto politico con una velocità
inferiore a quella che aveva la sola Germania occidentale; ed
inoltre, che questo fatto si è tradotto, in termini reali, in un
tenore di vita caratterizzato da un ISU sensibilmente più basso
di quello che avrebbe avuto la sola Germania Ovest se avesse
continuato a “viaggiare da sola”.
I due grafici che seguono evidenziano l’andamento dell’ ISU
nel tempo. Il primo si riferisce alla sola Germania ovest nella
condizione politico-geografica fino al 1990, mentre il secondo
si riferisce alla Germania nella configurazione attuale dal 1990
in poi. In ascisse è stata riportata la scala dei tempi, e in
ordinate la scala dei valori dell’ISU. I grafici, inoltre, riportano
le equazioni che, a nostro avviso, interpretano nel modo
migliore i dati numerici108
.
Grafico 1
Grafico 2
106
Il termine “riunificazione” viene usato in contrapposizione al termine
“unificazione” che si riferisce a quella avvenuta nel 1871. 107
In questo paragrafo vanno tenute presenti le considerazioni fatte nella
Parte Prima, III - 4, a proposito della conservazione dell’energia.
108 Non è stato possibile elaborare un grafico relativo alla Germania Est per mancanza dei
dati necessari. Il primo valore dell’ISU del grafico 1, non essendo disponibile, è stato
calcolato per estrapolazione.
germania dal '90 al 2003
0,93
0,925
0,921
0,925
0,921
0,911
0,906
0,911
0,887
y = 0,01500Ln(x) + 0,88446
0,860
0,870
0,880
0,890
0,900
0,910
0,920
0,930
0,940
1990 1995 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003
germania ovest fino al '90
0,853
0,860
0,868
0,887
y = 0,0017x3 - 0,0095x2 + 0,0238x + 0,8370
0,830
0,840
0,850
0,860
0,870
0,880
0,890
0,900
1975 1980 1985 1990
87
Calcoliamo ora le velocità politiche dai due grafici, per il
1990 dal primo e per il 1990 e il 1995 dal secondo. Indicando
con P1 e P2 i polinomi al secondo membro delle due
equazioni, e con v1, v2 e v3 le tre velocità, le equazioni
relative sono:109
v1 = y’P1(1990)
v2 = y’P2(1995)
v3 = y’P2(2000)
dalle quali otteniamo:
v1 = 0,0051x2 – 0,019x + 0,0238
v2 = 0,00006x2 – 0,0008x + 0,00607
v3 = 0,00006x2 – 0,0008x + 0,00607;
sostituendo alla x il valore 3110
nella prima equazione e i
valori 0 e 5 nella seconda e nella terza, si ottiene: v1 =
0,0127, pari a 12,7m/anno, v2 = 0,0061 pari a 6,1m/anno, e v3
= 0,00347, pari a 3,47m/anno; cioè, la Germania “arriva” da
sola alla fine del 1990 con la velocità 12,7m/anno e “riparte”
assieme alla Germania Est con la velocità di 6,1m/anno,
velocità che poi continua a diminuire (infatti nel 1995 è pari a
3,47m/anno).
Ora calcoleremo l’ISU che avrebbe avuto la Germania ovest
nel 2000 se non ci fosse stata la riunificazione e lo
confronteremo con quello reale relativo allo stesso anno.
Supponendo questa volta che l’equazione dello spazio sia di
tipo lineare, e che la velocità sia quella calcolata dal grafico 1
per il 1990, avremo:
I = I0 + 0,0127t;
sostituendo in quest’ultima ad I0 il valore 0,887, otteniamo,
per il 2000 il valore di I pari a 0,950 che, poiché appare
inverosimile, ridimensioniamo a 0,940, che è dello stesso
ordine di grandezza di quello delle nazioni più progredite nello
stesso anno, contro il valore 0,925, ben più basso, rilevato
nello stesso anno per la nuova Germania.
Ora affronteremo il processo dal punto di vista energetico e,
per fare questo, calcoleremo per l’anno 2000 il valore
dell’energia potenziale della Germania ovest con il valore reale
di I e con quello che la stessa avrebbe avuto se avesse
continuato a “viaggiare da sola”.
Per fare questo, oltre ad aver bisogno di due valori dell’ISU,
ci occorre conoscere i valori delle due masse politiche e, perciò,
il numero della popolazione della sola Germania ovest nel 1990
e nel 2000. Nel 1990 la popolazione della Germania Ovest
ammontava a 62.000.000 di abitanti, mentre quella della
Germania Est non superava i 16.000.000 di abitanti, per un
totale di 78.000.000 di abitanti. Per quanto riguarda la
Germania Unita nel 2000 la sua popolazione ammontava a
82.188.000111
abitanti. Supponendo che il rapporto tra le
popolazioni dei due territori sia rimasto invariato e pari a 1,054,
con una semplice proporzione otteniamo, per la popolazione
109 Ricordiamo che la velocità istantanea è la derivata prima dello spazio
rispetto al tempo, ed il simbolo y’ indica la derivata. 110
Abbiamo effettuato un cambiamento di riferimento avendo posto
1975 = 0 nel primo grafico e 1990 = 0 nel secondo, e avendo
assunto come unità temporale l’intervallo di cinque anni nel primo
grafico e un anno nel secondo. 111
Per le cifre sulla popolazione Cfr.: U.S. Bureau of the Census.
88
relativa al territorio della sola Germania Ovest, la cifra di
64.928.000, e quella di 17.260.000 per il territorio della
Germania Est. Inoltre alla cifra della Germania Ovest
aggiungeremo il 10% di quella della Germania Est dovuta alla
emigrazione dall’ Est all’ Ovest incominciata con la caduta del
muro di Berlino (riteniamo che la percentuale proposta sia
approssimata per difetto se si considera il fatto che solo alla
fine dell’’89 emigrarono nei territori dell’ovest circa 500.000
persone)112
. In questo modo otteniamo, alla fine, la cifra di
66.654.000 per la popolazione della Germania Ovest.
Indicando con n, I1, I2, m1, m2 la popolazione, gli ISU e le
masse politiche della Germania ovest per l’anno 2000 calcolate
con I1 (valore reale) e I2 (valore teorico in assenza della
riunificazione), riassumiamo nel seguente prospetto i dati
ricavati:
n = 66.654.000
I1 = 0,925
I2 = 0,940
m1 = 61.655 Kgm
m2 = 62.654 Kgm
Indicando con Ep l’energia potenziale, è: Ep = mgI; sarà,
allora:
ΔEp = m2gI2 - m1gI1 = g(m2I2 - m1I1)
dove, sostituendo i valori pel precedente prospetto, otteniamo:
ΔEp = 18.286J. Questa è la quantità di energia potenziale spesa
dalla Germania Ovest per la riunificazione.
Poiché, inoltre, 1J = 108$, il costo della riunificazione risulta
pari a 1.828,6 x 109$, che sono pari a circa 1.463 x 10
9 €.
L’effetto di questo sforzo economico è stato, dunque, in
termini di fisica politica, quello di rallentare il ritmo di crescita
dell’ ISU dei lander occidentali a vantaggio di un più rapido
progresso dei lander orientali.
La cifra calcolata è abbastanza vicina alla realtà113
, se si
pensa che la “Freie Universität Berlin”114
stima a tutt’oggi il
costo della riunificazione in 1.500 miliardi di Euro.
II - 5 Un attacco terroristico115
.
Trattamento: urto tra due oggetti politici; valutazioni
energetiche.
Oggetto politico A : organizzazione terroristica ipotetica.
Oggetto politico B; Nazione progredita ipotetica.
Tratteremo ora un immaginario attacco di un’organizzazione
terroristica contro una Nazione progredita. Per fare questo
supporremo che l’oggetto A sia composto da 10.000 individui e
l’oggetto politico B abbia una popolazione di 50.000.000
abitanti.
Per descrivere il processo d’urto abbiamo bisogno di
conoscere per i due oggetti i dati relativi alla loro popolazione,
al loro ISU, alle loro masse politiche e alla loro velocità
politica.
Supponiamo che questi dati siano quelli rappresentati nella
seguente tabella:
112
Cfr.:www.pubblinet.com/varie/bandiere/guessb1.htm 113
Questo risultato assumerà una grande importanza in fisica-politica perché
ci conferma indirettamente che la scelta intuitiva di attribuire a g il valore
9,81m/anno2 (come risulta peraltro dalla fisica
classica) è stata più che mai opportuna. 114
Per ulteriori e più dettagliate informazioni sull’argomento si veda anche:
PARISE M., Dipartimento di scienze economiche, Università di Padova, in:
“L’opzione della piccola impresa nello sviluppo economico della ex RDT
dopo la riunificazione”. 115
In questo paragrafo vanno tenute presenti le considerazioni fatte nella
Parte Prima, III - 4, a proposito della conservazione dell’energia.
89
oggetto popolazione ISU Massa Velocità
A 10 0.700 0,007Kg 3m/anno
B 50.000.000 0,920 46.000Kg 2m/anno
A differenza di tutti gli altri dati che sono perfettamente
compatibili con la realtà, quelli che si riferiscono alla velocità
politica e alla popolazione dell’oggetto A esprimono le
conseguenze delle seguenti argomentazioni. Il primo dato, ossia
la velocità, è stata assegnata considerando il fatto che solo un
ristrettissimo gruppo dell’organizzazione partecipi alla
progettazione, alla preparazione e alla fase conclusiva
dell’attacco; il secondo, cioè la popolazione, tiene conto del
fatto che un attentato terroristico viene programmato e
preparato in tutti i suoi particolari molto tempo prima della sua
realizzazione. Durante il periodo di preparazione c’è un
sostanziale incremento nella intensità di tutte le attività dei
terroristi che ha l’effetto di trasformare parte dell’energia
potenziale di questo oggetto in energia cinetica provocandone
un sostanziale aumento. Questo aumento, a sua volta, implica
un incremento positivo della velocità politica che, perciò,
risulta maggiore di quella dell’oggetto B. In pratica è come se
tutta l’organizzazione terroristica lanciasse i dieci prescelti,
probabilmente votati al suicidio, a grande velocità contro
l’oggetto da attaccare, come se fossero proiettili.
Un numero maggiore di prescelti aumenterebbe la probabilità
che il gruppo venga intercettato nelle maglie della rete
investigativa dell’oggetto B.
Supponiamo che, immediatamente prima dell’urto, entrambe
le velocità abbiano segno positivo.
Dette ma e mb le rispettive masse politiche, poiché mb >>
ma il processo verrà trattato come l’urto di una particella
contro una parete mobile.
Siano va e vb le velocità politiche dell’oggetto A e
dell’oggetto B. Appena prima dell’urto questi avranno
rispettivamente un’energia cinetica
EA = 1mava2 e EB = 1mbvb.
2 2
I due oggetti politici, in virtù della definizione di urto,
possono essere considerati, nell’intervallo di tempo durante il
quale avviene l’urto, un sistema isolato; perciò, in questa
ipotesi, possiamo considerare costante la somma delle due
energie cinetiche, cioè: EA+ EB = costante.
Detta ora Va la velocità dell’oggetto A dopo l’urto, il suo
valore sarà dato da:
VA = vb - va = 2 - 3 = -1 m/anno
e pertanto l’ energia cinetica dopo l’urto vale:
EA = 1mVa2
2
Per cui l’oggetto avrà perso nell’urto una quantità di energia
cinetica pari a:
ΔEA = EfA – EiA = 1m(Va2 - va
2) = 0,028J
2
che è pari a 2,8 x 105 $.
Poiché la velocità dell’oggetto B resta sostanzialmente
invariata, cioè Va ~ va, l’energia cinetica di B sarà:
90
EB = 1mbvb2 + 1maVa
2.
2 2
Il rapporto tra le energie cinetiche possedute dall’oggetto B
dopo e prima dell’urto vale 1,0000003; cioè le due energie sono
praticamente uguali.
Questo risultato ci fa capire che l’attacco terroristico ha
inferto danni materiali insignificanti alla Nazione attaccata e
che questa eserciterà in breve tempo una reazione che si
manifesterà, ad esempio, come una maggiore efficienza nelle
indagini volte sia alla cattura dei terroristi che alla prevenzione
di altri attacchi.
I capi delle organizzazioni terroristiche, che saranno
senz’altro delle menti acutissime, oltre ad aver progettato
l’attentato nei minimi particolari, avranno certamente calcolato
anche la perdita economica subita nell’attentato. Se ciò è vero,
perché è stato realizzato l’attacco e chi ci ha guadagnato?
Questa domanda ha due risposte. La prima è che l’attentato
ha dimostrato a tutta l’organizzazione, ed in particolare ai
propri “manovali” che l’organizzazione stessa è estremamente
efficiente e che essa opera esclusivamente per gli scopi dettati
dall’ideologia che la caratterizza. In questo modo i “manovali”,
che prima dell’attacco avrebbero potuto nutrire dubbi sull’
l’efficienza dell’organizzazione e scrupoli sulla validità
dell’ideologia, ora, essendo compromessi, possono essere
successivamente indotti, anche con il ricatto, a compiere rapine,
sequestri di persona a scopo di estorsione, commerciare droga e
trafficare in armi; cioè tutti lavori altamente remunerativi per i
capi dell’organizzazione.
La seconda risposta è che la classe politica dirigente della
Nazione attaccata, vedendo aumentato enormemente il suo
credito nei confronti della Nazione, è ora in grado di chiedere a
questa adeguati e urgenti sacrifici per scongiurare successivi
pericoli.
Osserviamo ancora che un attacco terroristico, in virtù della
grande massa politica e della pronta reazione della Nazione
attaccata, non produce mai i cambiamenti che i capi
dell’organizzazione prevedevano e promettevano ai militanti
esecutivi e che, trascorsi i primi momenti (qualche mese)
caratterizzati da una spiccata emotività delle masse, la Nazione
attaccata riprende il moto politico che la animava prima
dell’attacco; e ciò vuol dire che, tranne un gruppo di persone
(molto piccolo rispetto al numero della popolazione) che ha
visto i suoi cari vittime dell’attacco, il resto della popolazione
riprende le normali attività quasi come se nulla fosse successo.
Inoltre, per il fatto che la conclusione dell’attacco sembra
premiare sia i capi dell’organizzazione terroristica che quelli
della Nazione attaccata, non vediamo remota la probabilità che
le due parti abbiano progettato l’attacco di comune accordo: il
potere si lascia servire solo da persone prive di scrupoli!
II - 6 Una previsione per l’Unione Europea116
.
Trattamento: termodinamica: equilibrio termico;
meccanica: valutazioni energetiche117
.
Oggetto politico A: Europa dei 15;
Oggetto politico B: Europa dei 10 (le adesioni del 2004).
Abbiamo già proposto uno strumento matematico per valutare
uno degli svantaggi118
economici ai quali sono stati sottoposti i
paesi dell’Unione Europea; ora vedremo quali saranno le
conseguenze economiche per i due oggetti politici dopo la loro
fusione, premettendo che i risultati che otterremo avranno una
validità oggettiva (nei limiti delle approssimazioni fatte e degli
116
L’elenco dei paesi membri dell’UE è esposto nelle tabelle 1 e 2
dell’appendice A. 117
In questo paragrafo vanno tenute presenti le considerazioni fatte nella
Parte Prima, III - 4, a proposito della conservazione dell’energia. 118
Cfr. pag. 201..
91
errori con i quali sono determinati gli indici PIL e ISU) qualora
si manterranno costanti gli scambi energetici (in sostanza
denaro, materie prime, risorse energetiche e tecnologie) tra i 25
paesi, il resto del mondo e la natura.
Il processo, per i lunghi tempi necessari al suo
completamento, non può essere trattato come un urto, perciò
verrà studiato termodinamicamente considerando i due oggetti
come due gas politici che vengono a fondersi per dar luogo ad
un nuovo oggetto politico.
In questa visione del fenomeno, con la creazione del nuovo
oggetto politico (A + B), dette T1 e T2 le temperature dei due
gas (T1 > T2), il primo oggetto, all’inizio del processo, nel
2004, ha incominciato a cedere al secondo una quantità di
calore
Q1 = m1c1(T1 - T),
mentre il secondo, contemporaneamente, ha incominciato ad
assorbire dal primo la quantità di calore
Q2 = m2c2(T - T2),
essendo m1, m2, c1 e c2 le rispettive masse politiche e i relativi
calori specifici. A questo punto abbiamo davanti due problemi
da affrontare: quello di determinare la temperatura T di
equilibrio termico, cioè l’indice PIL del nuovo oggetto politico,
e quello di stabilire in quanto tempo verrà raggiunta questa
temperatura. Incominciamo dal primo.
Dovendo essere necessariamente Q1 = Q2, per transitività,
avremo:
m1c1(T1 - T) = m2c2(T - T2),
da cui, con semplici passaggi, si ottiene la seguente espressione
della temperatura intermedia:
T = m1c1T1 + m2c2T2 .
m1c1+ m2c2
I dati esposti nella seguente tavola119
, sostituiti nella precedente
equazione, ci consentono ora di calcolare il nuovo indice PIL.
Massa T=indice PIL Calore specifico
Europa 15 370 x103 0.938 5250
Europa 10 61 x103 0.828 1954
T = 370x103x5250x0.938 + 61x10
3x1954x0.828=
370 x103x5250 + 61 x10
3x1954
= 0.932.
Per determinare, poi, il tempo necessario affinché la nuova
Unione Europea raggiunga la temperatura calcolata dobbiamo
studiare l’andamento nel tempo degli indici PIL dei due oggetti
politici. I dati che ci occorrono per questo scopo (tabelle
numeriche e grafici) sono stati raggruppati nell’Appendice A.
Incominciamo con l’esaminare i grafici 1 e 2. Questi
rappresentano l’andamento nel tempo dell’indice PIL dei due
oggetti politici dal 1997 al 2003, cioè prima dell’integrazione
dell’oggetto B. Quello che risulta evidente è che l’andamento
nel tempo di questi indici è pressoché lineare, ed è
rappresentato, con sufficiente approssimazione, dalle rette di
equazione:
oggetto A: y = 0.009x + 0.877 (1)
119
Questi valori sono stati calcolati con i dati dell’UNDP relativi al
2003.
92
oggetto B: y = 0.015x + 0.728 (2)
Come si vede la prima retta ha un coefficiente angolare (0,009)
sensibilmente inferiore a quello della seconda (0,015), e questo
significa che la velocità di crescita del PIL pro capite
dell’oggetto A è sensibilmente inferiore a quella dell’oggetto B.
Dopo l’integrazione dell’oggetto B (grafici 3 e 4) la linearità
dei due andamenti è meno marcata e le due rette hanno
coefficienti angolari sensibilmente inferiori rispetto ai
precedenti (0,002 contro 0,009 per l’oggetto A, e 0,008 contro
0,015 per l’oggetto B) con una diminuzione delle due velocità
rispettivamente del 77,7% e del 46,6%. Questo fatto ci fa capire
come l’ultima integrazione sia stata possibile con uno sforzo
economico che ha implicato un sensibile rallentamento della
velocità di crescita dell’economia di entrambi gli oggetti.
Esaminiamo ora il problema dal punto di vista (non reale)
che vede i due oggetti politici uniti prima del 2004.
Anche in questo caso, come si vede dal grafico 5,
l’andamento dell’indice PIL risulta pressoché lineare ed è
rappresentato dalla retta di equazione:
y = 0,012x + 0,802
il cui coefficiente angolare risulta esattamente pari alla media di
quelli delle due equazioni precedenti; questo vuol dire che la
velocità con cui cresceva l’indice PIL medio dei due oggetti
prima dell’integrazione era la media delle singole velocità.
Esaminiamo, infine, il grafico 6, che rappresenta
l’andamento dell’indice PIL dell’oggetto A + B dopo
l’integrazione; da questo si evince ancora una sostanziale
linearità. La retta che lo rappresenta ha equazione:
y = 0.005x + 0,893. (1)
Quello che si nota con sorpresa, in quest’ultimo caso, è che il
valore del coefficiente angolare della retta è meno della metà di
quello della retta del grafico 5.
Cerchiamo di capire che cosa significano queste ultime
considerazioni.
La linearità del grafico (entro gli errori con i quali viene
determinato l’indice PIL) implica un moto politico uniforme e,
per il primo principio della dinamica, assenza di accelerazioni
e, quindi, assenza di spinte economiche che possano imprimere
sostanziali variazioni alla velocità con cui aumenta l’indice PIL
dell’Europa estesa all’Est. Il fatto poi che la velocità
dell’oggetto A + B si sia più che dimezzata dopo l’integrazione
può significare una sola cosa: l’ultima integrazione non è stata,
per il momento, almeno dal punto di vista economico, un
“affare conveniente” per entrambi gli oggetti.
Ora, infine, servendoci dell’equazione del grafico 6,
calcoliamo il periodo di tempo occorrente affinché l’indice PIL
dell’oggetto A + B raggiunga il valore 0,932 previsto. Per fare
questo basta semplicemente sostituire alla y dell’ultima
equazione questo valore. Si ha, perciò,
0,005x + 0,893 = 0,932
da cui si ricava:
x = 0,932 - 0,893 = 7,8;
0.005
In questa ultima equazione la variabile x rappresenta il
punto dell’asse dei tempi di ascissa 21,5 (grafico 6), ove si sia
posto 2004 = 0; per cui nell’anno 2004 + 7,8 = 2011,8 ≈ 2012
l’Europa dei 25 avrà un indice PIL pari a 0,932 (che
93
corrisponde ad un PIL pro capite annuo pari a 26.615 $) .
Vediamo ora cosa sarebbe successo all’indice PIL dei due
oggetti se questi non si fossero integrati. Questo lo possiamo
fare sostituendo il valore 14,8120
al posto della x nelle
equazioni (1) e (2) (grafici 1 e 2). In questo modo otteniamo i
valori 1,010 e 0,950(che corrispondono rispettivamente ai
valori 42467 $ e 29.645 $ dei PIL pro capite annui)
rispettivamente per gli oggetti A e B. Ma cosa significano
questi due risultati? Semplicemente che i loro indici PIL
avrebbero raggiunto (da soli), nello stesso periodo di tempo,
valori ben più alti rispetto a quelli previsti con la loro
integrazione.
Ma vediamo ora quanto sarà costata fino al 2012
l’integrazione del 2004, e, per questo, facciamo le seguenti
considerazioni.
Poiché l’indice PIL è uno dei tre parametri che concorrono a
determinare l’ISU, ed è, ovviamente, legato agli altri due, un
aumento della velocità di crescita dell’ISU è resa possibile da
un corrispondente aumento della velocità di crescita dell’indice
PIL e viceversa,
Riassumiamo nella seguente tabella i valori dell’indice ISU
che ci occorrono.
1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005
Europa
15
0.903 0.908 0.917 0.921 0.924 0.929 0.936 0.940 0.943
Europa
10
0.809 0.827 0.835 0.842 0.847 0.858 0.865 0.872 0.877
Totali 1.712 1.735 1.752 1.763 1.771 1.787 1.801 1.812 1.820
Europa
25
0.856 0.867 0.876 0.881 0.885 0.893 0.900 0.906 0.910
I valori relativi all’Europa dei 25 ci consentono di costruire il
grafico 7 che mostra come sarebbe variato nel tempo l’ISU
dell’UE fino al 2005 se A e B non si fossero integrati..
Da questo grafico si vede come l’andamento dell’ISU sia
pressoché lineare ed è rappresentato con sufficiente
approssimazione dalla retta di equazione:
y = 0,007x + 0,853; (2)
da questa possiamo estrapolare il valore 0,957 (che
corrisponde al valore di 30.915 $ per il PIL pro capite annuo)
per l’indice ISU del 2012.
Poiché, come abbiamo più volte detto, i rapporti annuali
dell’UNDP riportano dati relativi a due anni precedenti, non
abbiamo quelli dal 2007 in poi; perciò, possiamo solo
ipotizzare, per l’ISU fino al 2007 un andamento più lento
rispetto a quello dell’equazione (2); pertanto, anche per non
essere eccessivamente pessimisti, proponiamo la seguente
equazione che ha un coefficiente angolare intermedio tra quelli
delle equazioni (1) e (2):
y = 0,006x + 0,900
Da questa estrapoliamo il valore 0,946 per l’indice ISU del
2012.
Dal confronto dei due valori, che indichiamo rispettivamente
con I2 e I1, risulta che nel 2012 l’UE avrà un’energia
potenziale reale:
Ep1 = mgI1,
mentre avrebbe avuto un’energia potenziale
Ep2 = mgI2
120
Il valore 14,8 invece di 7,8 è dovuto al cambiamento di riferimento
2004 → 1997.
94
se i due oggetti avessero continuato a “viaggiare” da soli dal
2004 in poi. La differenza tra le due, che rappresenta il costo
dell’integrazione fino al 2012, è pari a:
ΔEp = mg(I2 - I1) = 431x103x9,81x(0,957 – 0,946)= 46509 J.
Poiché 1J = 108 $, si ottiene:
ΔEp = 4.650.900.000.000 $121
(quattromilaseicentocinquanta miliardi e ottocento milioni di
dollari).
Questa è la cifra che rappresenterà nel 2012 il costo per tutti i
cittadini europei dell’integrazione del 2004.
E’ più che ovvio, comunque, che una previsione a lunga
scadenza come questa è alquanto aleatoria. Infatti essa non
tiene conto degli eventuali e futuri interventi del governo
dell’Unione Europea ed è stata fatta considerando l’UE isolata
dal contesto politico ed economico globale e dalla natura. Ciò
nonostante, se consideriamo gli effetti della attuale politica
economica della Cina, quelli dovuti alle attuali migrazioni di
popolazioni dal Medio Oriente, dall’Africa e dal sud dell’Asia
verso l’Europa, le conseguenze economiche derivanti dal
graduale esaurimento delle risorse petrolifere, le conseguenze
delle attuali e future variazioni bio-climatiche, e numerosi altri
fattori, riteniamo che qualsiasi previsione sulla crescita
economica dell’UE non potrà certamente essere ottimistica.
Al lettore che, a questo punto, si chiederà perché abbiamo
fatto questa previsione rispondiamo semplicemente che
abbiamo voluto mostrare da un lato le potenzialità euristiche
che potranno caratterizzare il nostro metodo portandolo ad una
maggiore coerenza e precisione con la collaborazione di tutti
quegli studiosi i cui interessi culturali ed intellettuali possano
essere in qualche modo legati alla fisica politica; dall’altro, poi,
la grande e oltremodo incerta e, quanto meno, rischiosa
avventura nella quale si sono imbarcati gli Stati europei.
Alcuni studiosi hanno avanzato critiche negative ad altre e
simili previsioni sostenendo che i vantaggi dell’unificazione
europea non vanno visti solo dal punto di vista di un’ottica
macroeconomica. Noi, invece, sosteniamo l’importanza del
punto di vista economico per il semplice fatto che se
l’economia di un paese è florida, questa offre la possibilità di
investire adeguate risorse finanziarie nelle direzioni indicate dai
parametri che determinano l’ISU, producendo in questo modo
un migliore e più alto tenore di vita.
Supponiamo ora che la nostra previsione abbia delle buone
probabilità di essere vera; in tal caso il Consiglio e il
Parlamento europeo e tutti i paesi membri avrebbero il compito
oltremodo oneroso di portare l’Unione fuori da questo lungo
periodo di depressione economica. In merito a tale problema
avanziamo una critica a tutta una serie (quasi infinita) di
direttive e regolamenti emanati finora dagli organismi direttivi
dell’UE allo scopo di disciplinare il commercio tra gli stati
dell’Unione e di migliorare i nostri prodotti commerciali sia in
termini di qualità che in termini di sicurezza. A questo
proposito ricordiamo la massima latina: “summum ius, summa
iniuria”, che interpretiamo dicendo che quanto maggiore è il
numero dei diritti che si vogliono garantire, tanto maggiore è la
probabilità che molti di questi vengano disattesi.
La nostra critica si articola nei seguenti tre punti:
l’azione dei Parlamenti, dei Governi, delle
Magistrature e delle forze di polizia dei singoli Stati
dell’Unione, trovandosi questi organi nella condizione di dover
gestire un numero sempre maggiore di nuovi casi, è
121
Riteniamo che tale cifra non sia lontano dal vero; essa, infatti, è dello
stesso ordine di grandezza di quella relativa al costo della riunificazione
delle due Germanie (v. pag.204).
95
estremamente dispersiva ed ha una probabilità molto bassa di
raggiungere gli obiettivi imposti dall’Unione e una probabilità
molto alta di gravare con un elevato costo sui bilanci dei singoli
Stati.
la grande proliferazione di tutte le direttive e
regolamenti europei rende le strutture governative e
amministrative dei singoli Stati dell’Unione rigide e lente ad
operare nelle giuste direzioni.
l’attuazione delle normative europee afferenti
l’industria, l’agricoltura, l’artigianato e il commercio da un lato
si traduce in un costo aggiuntivo per le aziende interessate,
producendo un danno economico ai singoli cittadini e all’intera
comunità; dall’altro imbrigliano il commercio dei singoli Stati
rendendo i prodotti europei sempre meno competitivi rispetto
ai prodotti di quei paesi dove non esistono regole o, se esistono,
vengono troppo spesso disattese.
Premettendo, comunque, che non abbiamo la pretesa di
sostituirci a politici ed economisti nel proporre strategie e
quantificare cifre, anche perché ciò ci farebbe esulare dagli
scopi di questo lavoro, riteniamo che qualsiasi azione del
Consiglio e del Parlamento europei, e dei Governi e Parlamenti
dei singoli Stati volta a risolvere il grave ed impellente
problema non possa e non debba prescindere dalle critiche
esposte.
Sarà possibile trovare le giuste e rapide soluzioni?
Nutriamo ragionevoli dubbi che derivano dal fatto che per
attuare un programma del genere non servono politici, ma
grandi statisti dei quali oggi, purtroppo, si avverte la scarsità, se
non, addirittura, l’assenza.
96
Conclusione.
Quasi sempre, alla fine di ogni lavoro, ci si chiede se si è
raggiunto lo scopo prefisso. Certamente non sono mancate le
inesattezze e le imperfezioni che sono tipiche di ogni prima
volta. Tuttavia ci piace sottolineare il fatto che con pochissimi
dati, facilmente reperibili, Indice di sviluppo umano e
popolazione delle Nazioni della terra, e due nuovi concetti,
oggetto politico e massa politica, dopo aver dato vita
all’embrione della fisica politica, abbiamo affrontato
praticamente fenomeni e problemi storici e politici proponendo
per essi soluzioni che, a nostro giudizio, sono molto vicine alla
realtà dei fatti accaduti.
Tra le altre cose è emerso, poi, il fatto che episodi e processi
storici che apparivano molto complessi sia politicamente che
economicamente si sono rivelati abbastanza semplici
nell’essere trattati con la fisica politica. E’ il caso, ad esempio,
dello Scisma anglicano e della riunificazione delle due
Germanie.
I fenomeni storici e politici trattati nell’ultima parte di questo
lavoro mostrano come sia stata fertile l’idea di aver applicato
ad essi le leggi della fisica classica. Se poi riflettiamo sul fatto
che l’uomo è caratterizzato da una vita media, da una massa e
da una quantità di moto, ci viene in mente una sua strana
analogia con alcune particelle elementari della materia, e, da
qui, la tentazione di andare oltre i confini della fisica classica
per considerare e trattare l’uomo come il “quanto” elementare
del genere umano. Auspichiamo, perciò, in una trattazione
futura, l’applicazione della fisica quantistica all’uomo.
Ma, al di là di questi che, per il momento, sono solo vaghi
entusiasmi, abbiamo in mente nuove applicazioni di grande
interesse, quali, ad esempio, l’interpretazione fisica del
processo storico-politico che portò prima alla formazione
dell’URSS e, poi, alla sua dissoluzione; lo studio della attuale
anomalia del Sud Africa nel suo contesto geografico e politico;
o, ancora, l’analisi della estrema complessità dei problemi
politici legati al medio oriente.
Ci affascina, inoltre, l’idea di costruire un progetto che abbia
lo scopo di dare finalmente dignità e decoro a molte Nazioni
africane che attualmente sono caratterizzate dai valori più bassi
dell’Indice di sviluppo umano e che sono endemicamente
afflitta da guerre, epidemie ed estrema povertà.
Nella speranza che queste pagine siano un buon seme, ci
congediamo dal lettore e lo ringraziamo per la paziente
attenzione che lo ha condotto fino a queste ultime righe.
97
Appendice A
Tabelle e grafici integrazione europea 1997-2007
98
1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003
Austria 0.90 0.91 0.92 0.93 0.93 0.95 0.95 Belgio 0.91 0.91 0.92 0.94 0.92 0.94 0.94 Danimarca 0.91 0.92 0.93 0.94 0.95 0.96 0.96 Finlandia 0.89 0.89 0.91 0.92 0.92 0.93 0.94 Francia 0.90 0.89 0.91 0.92 0.91 0.93 0.94 Germania 0.89 0.90 0.91 0.92 0.92 0.94 0.94 Grecia 0.81 0.82 0.84 0.85 0.86 0.82 0.88 Irlanda 0.90 0.90 0.93 0.95 0.96 0.98 0.99 Italia 0.89 0.89 0.90 0.91 0.92 093 0.94 Lussembug 0.96 0.97 1.00 1.00 1.00 1.00 1.00 Olanda 0.89 0.90 0.92 0.93 0.94 0.95 0.95 Portogallo 0.83 0.83 0.85 0.86 0.87 0.87 0.87 Regno uni 0.89 0.89 0.90 0.91 0.92 0.93 0.94 Spagna 0.85 0.85 0.87 0.88 0.89 0.90 0.90 Svezia 0.88 0.89 0.90 0.92 0.92 0.93 0.93 Totali 13.3 13.36 13.61 13.78 13.83 14.01 14.07 Medie 0.886 0.891 0.907 0.919 0.922 0.934 0.938
Tabella 1: valori dell’indice PIL dei 15 paesi dell’Unione
Europea dal 1997 al 2003. Questi valori sono stati dedotti da
www.undp.org.
2004 2005 2006 2007
Austria 0.96 0.97 0.96 0.98
Belgio 0.96 0.96 0.96 0.97
Danimarca 0.96 0.97 0.98 0.99
Finlandia 0.95 0.96 0.96 0.97
Francia 0.95 0.95 0.95 0.96
Germania 0.94 0.95 0.95 0.96
Grecia 0.90 0.91 0.90 0.91
Irlanda 1.00 0.99 1 1
Italia 0.94 0.94 0.94 0.95
Lussembug 1.00 1.00 1 1
Olanda 0.96 0.97 0.95 0.96
Portogallo 0.88 0.89 0.88 0.88
Regno uni 0.96 0.97 0.95 0.96
Spagna 0.92 0.93 0.92 0.94
Svezia 0.95 0.96 0.95 0.96
Totali 14.23 14.32 14.25 14.39
Medie 0.949 0.955 0.950 0.959
Tabella 2: valori dell’indice PIL degli stessi 15 paesi
dell’Unione Europea dal 2004 al 2007. I valori dell’indice fino
al 2005 sono stati dedotti da www.undp.org, , mentre gli altri
sono stati elaborati sulla base dei valori del pil pro capite
dedotti da www.indexmundi.com. e da Wikipedia.
1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003
Cipro 0.83 0.86 0.88 0.89 0.89 0.87 0.87 Estonia 0.66 0.72 0.74 0.77 0.77 0.80 0.82 Lettonia 0.61 0.68 0.69 0.71 0.73 0.75 0.77 Lituania 0.62 0.70 0.70 0.71 0.74 0.77 0.79 Malta 0.81 0.85 0.84 0.86 0.81 0.86 0.86 Polonia 0.70 0.72 0.74 0.75 0.76 0.78 0.79 Rep. Ceca 0.78 0.80 0.81 0.82 0.83 0.84 0.85 Slovacchia 0.73 0.76 0.78 0.79 0.80 0.81 0.82 Slovenia 0.80 0.83 0.85 0.86 0.86 0.87 0.88 Ungheria 0.71 0.77 0.79 0.80 0.80 0.82 0.83 Totali 7.25 7.69 7.82 7.96 7.99 8.17 8.28 Medie 0.725 0.769 0.782 0.796 0.799 0.817 0.828
Tabella 3: valori dell’indice PIL dal 1997 al 2003 dei 10 paesi
che hanno aderito all’Unione Europea nel 2004
99
2004 2005 2006 2007
Cipro 0.91 0.90 0.897 0.908
Estonia 0.83 0.84 0.862 0.887
Lettonia 0.79 0.82 0.821 0.847
Lituania 0.81 0.83 0.821 0.840
Malta 0.87 0.88 0.882 0.892
Polonia 0.81 0.82 0.814 0.828
Rep. Ceca 0.88 0.89 0.884 0.899
Slovacchia 0.83 0.85 0.850 0.869
Slovenia 0.89 0.90 0.896 0.910
Ungheria 0.86 0.87 0.850 0.863
Totali 8.48 8.60 8.577 8.743
Medie 0.848 0.860 0.858 0.875
Tabella 4: valori dell’indice PIL dal 2004 al 2007 dei 10 paesi
che hanno aderito all’Unione Europea nel 2004.
1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003
PIL 15 0.886 0.891 0.907 0.919 0.922 0.934 0.938
PIL 10 0.725 0.769 0.782 0.796 0.799 0.817 0.828
Totali 1.611 1.660 1.689 1.715 1.721 1.751 1.766
PIL 25 0.805 0.830 0.844 0.857 0.860 0.875 0.883
Tabella 5: quadro riassuntivo dal 1997 al 2003
2004 2005 2006 2007
PIL 15 0.949 0.955 0.951 0.960
PIL 10 0.848 0.860 0.858 0.874
Totali 1.797 1.815 1.809 1.834
PIL 25 0.898 0.907 0.903 0.917
Tabella 6: quadro riassuntivo dal 2004 al 2007.
Grafico 1
Grafico 2
Europa 10 Indice PIL 1997-2003
0,8280,817
0,7990,7960,782
0,769
0,725
y = 0,015x + 0,728
0,640
0,660
0,680
0,700
0,720
0,740
0,760
0,780
0,800
0,820
0,840
0,860
1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003
Europa 15 Indice PIL 1997-2003
0,938
0,934
0,922
0,919
0,907
0,891
0,886
y = 0,009x + 0,877
0,850
0,860
0,870
0,880
0,890
0,900
0,910
0,920
0,930
0,940
0,950
1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003
100
Grafico 3
Grafico 4
Grafico 5
Grafico 6
Europa 10 PIL 2004-2007
0,875
0,857
0,860
0,848
y = 0,008x + 0,841
0,830
0,835
0,840
0,845
0,850
0,855
0,860
0,865
0,870
0,875
0,880
2004 2005 2006 2007
Europa 15 PIL 2004-2007
0,949
0,955
0,950
0,959
y = 0,002x + 0,947
0,942
0,944
0,946
0,948
0,950
0,952
0,954
0,956
0,958
0,960
0,962
2004 2005 2006 2007
Europa 25 Indice PIL 1997-2003
0,883
0,875
0,860
0,8570,844
0,830
0,805
y = 0,012x + 0,802
0,740
0,760
0,780
0,800
0,820
0,840
0,860
0,880
0,900
1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003
Europa 25 PIL 2004-2007
0,917
0,903
0,907
0,898
y = 0,005x + 0,893
0,880
0,885
0,890
0,895
0,900
0,905
0,910
0,915
0,920
0,925
2004 2005 2006 2007
101
Grafico 7
Europa 25 Andamento ISU 1997-2005
0,910
0,906
0,900
0,893
0,885
0,881 0,876
0,867
0,856
y = 0,007x + 0,853
0,820
0,830
0,840
0,850
0,860
0,870
0,880
0,890
0,900
0,910
0,920
1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005
102
Appendice B
Grafici dell’andamento dell’ISU di alcune Nazioni.
103
104
105
106
107
108
109
B I B L I O G R A F I A
Alzati C., L’anglicanesimo, Marietti, Genova 1992.
Asimov I., Cronache della Galassia, 1963, Il crollo della
Galassia centrale, 1964, l’altra faccia della spirale, 1964,
Mondatori, Milano.
Briggs A., Storia sociale dell’Inghilterra, Oscar Mondatori,
Milano 1993.
Clemente G., Guida alla storia di Roma, Oscar saggi
Mondadori, Milano 1990.
Christopher J, Morte dell’erba, Mondatori Urania, Milano
1967.
Del Panta L., Rettaroli R., Introduzione alla demografia
storica, Laterza, Roma 1994.
Einstein A., Infeld L., L’evoluzione della fisica, Universale
Scientifica Boringhieri, Torino 1990.
Garnsey P., Saller R., Storia sociale ed economica dell’Impero
Romano, Laterza, Bari, 1989.
Hawking W. S., La natura dello spazio e del tempo, Sansoni,
1996.
Jennings G., L’Azteco, B.U.R., Milano 1984.
Livi Bacci M., Storia minima della popolazione del mondo, il
Mulino, Bologna 2002.
Luttwak E. N., La grande strategia dell’Impero romano, BUR,
Milano 2002
Mendelssohn K., Sulla via dello zero assoluto, Il Saggiatore,
Milano 1966.
Nicolet C., L’inventario del mondo: geografia politica alle
origini dell’Impero Romano, Bari Laterza, Bari 1989.
Parise M., L’opzione della piccola impresa nello sviluppo
economico della ex RDT dopo la riunificazione, Dipartimento
di scienze economiche, Università di Padova.
Pirenne H., Storia d’Europa dalle invasioni barbariche al XVI
secolo, Newton & Compton Editori, Roma 1999.
Russell B., “Il culto dell’uomo libero”, in “Misticismo e
logica”, p. 71, Longanesi & C., Milano 1964.
Taviani P. E., Distribuzione geografica e struttura della
popolazione attraverso la storia e nel tempo presente,
Giappichelli, Torino 1953.
Tremonti G., La paura e la speranza, Mondatori, Milano,
marzo 2008.
Yourcenar M., Memorie di Adriano, Einaudi, Torino 1988
110
I N D I C E
Prefazione…………………………………………………............
N O Z I O N I E CO N C E T T I I N T R O D U T T I V I….
1 Premessa………………………………………………….
2 La massa politica…………………………………………
3 L’indice di sviluppo umano………………………………
4 Calcolo dell’indice di sviluppo umano…………………
5 La Fisica Politica………………………………………….
6 Alcune definizioni………………………………………
P A R T E P R I M A - Meccanica-politica…………………...
Capitolo I: Cinematica…………………………………………….
I - 1 Moto politico……………………………………………..
I - 2 Moto uniforme……………………………………………
I - 3 Moto uniformemente accelerato………………………….
I - 4 Moto vario………………………………………………..
I - 5 Esempi di calcolo………………………………………
Capitolo II: Statica e dinamica……………………………............
II - 1 Considerazioni introduttive………………………………
II - 2 Condizione di equilibrio di un oggetto politico…….........
II - 3 La massa politica…………………………………………
II - 4 Sistema di riferimento……………………………………
II - 5 Primo principio…………………………………………
II - 6 Secondo principio………………………………………
II - 7 Esempi di calcolo………………………………………
II - 8 Considerazioni sulla definizione di massa politica………
II - 9 Terzo principio…………………………………………
Capitolo III: L’energia…………………………………………….
III - 1 Lavoro ed Energia…………………………………..........
III - 2 Energia cinetica……………………………………..........
III - 3 Energia potenziale…………………………………..........
III - 4 Conservazione dell’energia………………………………
III - 5 Peso politico……………………………………………
III - 6 Pressione politica…………………………………………
III - 7 L’ “attrito interno” di un oggetto politico………………
III - 8 Urti………………………………………………..............
P A R T E S E C O N D A - Termodinamica politica………......
Capitolo I: I gas politici…………………………………...............
I - 1 Che cosa è un gas………………………………………
I - 2 Il gas politico……………………………………………
I - 3 Teoria cinetica dei gas politici…………………………
I - 4 Equazione di stato………………………………………
I - 5 Calcolo di K……………………………………………
I - 6 Lavoro eseguito da un gas politico……………………...
Capitolo II: Il calore e il primo principio………………………….
II - 1 Capacità termica e calore specifico………………………
II - 2 Energia interna di un gas politico e primo principio……..
Capitolo III - Entropia e secondo principio……………………….
III - 1 Trasformazioni reversibili e irreversibili…………………
III - 2 Macchine termiche e secondo principio………………….
III - 3 L’entropia………………………………………………
III - 4 Entropia e processi di evoluzione sociale……………
Capitolo IV: Il terzo principio…………………………………….
IV - 1 Il terzo principio…………………………
IV - 2 Calcolo dei calori specifici……………………………….
P A R T E T E R Z A – Analisi storico-politica………………...
Capitolo I: Analisi dei fenomeni politici………………………….
I - 1 Il metodo………………………………………………..
I - 2 Alcuni principi…………………………………………
I - 3 Attrazione politica………………………………………
I - 4 La lotta per il potere……………………………………
I - 5 Le ideologie……………………………………………
I - 6 Regimi democratici……………………………………
111
I - 7 Regimi non democratici………………………………
I - 8 Potere politico e potere religioso………………………
I - 9 Terrorismo………………………………………………
I - 10 Le guerre………………………………………………
I - 11 Le rivoluzioni culturali…………………………………
I - 12 Sistemi dissipativi e rendimento di un oggetto politico
Capitolo II: Analisi storica………………………………………...
Premessa………………………………………………..
II - 1 Impero romano - La battaglia della selva di Teutoburgo.
II - 2 Lo Scisma anglicano……………………………………
II - 3 Unione Europea………………………………………...
II - 4 Riunificazione delle due Germanie……………………..
II - 5 Un attacco terroristico…………………………………..
II - 6 Una previsione per l’Unione Europea…………………..
Conclusione…………………………………………….
Appendice A: Tabelle e grafici dell’ UE 1997-2007……………...
Appendice B: Grafici dell’andamento dell’ISU di alcune Nazioni.
Bibliografia………………………………………………………..
Indice………………………………………………………………