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G I O V A N N I S C H I O P P O IL SOGNO DI ASIMOV LINEAMENTI DI FISICA STORICA E POLITICA OVVERO FISICA SOCIALE

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G I O V A N N I S C H I O P P O

IL SOGNO DI ASIMOV

LINEAMENTI DI FISICA STORICA E POLITICA

OVVERO

FISICA SOCIALE

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Prefazione.

Per molti anni ho desiderato di dare corpo ad un’ idea nata

nella mia mente quando avevo circa venticinque anni, e dopo

aver letto la maggior parte delle opere di Bertrand Russell e

tutti i romanzi e i racconti di Isaac Asimov.

Dal primo ho imparato a gustare il valore della libertà del

pensiero non legato ad alcuna ideologia: “Dalla libertà dei

pensieri sgorga l’intiero mondo dell’arte e della filosofia, e

quella visione della bellezza grazie alla quale, infine,

riconquistiamo a metà il mondo riluttante” 1.

Dal secondo, che si è ispirato a “Declino e caduta

dell’Impero Romano” di Gibbon nello scrivere la sua “Trilogia

della Fondazione” 2

, ho ereditato la passione per la storia scritta

da uomini del calibro di Momsen, Gibbon e Pirenne.

Da allora due domande hanno sempre fatto compagnia ai miei

pensieri: quali sono i valori e i limiti di una ideologia? E’

possibile costruire l’ “embrione” di una scienza simile alla

“psicostoriografia” di cui parla Asimov nella sua trilogia?

La risposta a queste due domande ha preso corpo quando ho

cominciato a “navigare in internet” e mi sono imbattuto nell’

“Indice di sviluppo umano”. Da allora i pensieri e le idee si

sonno accumulati ed accavallati per molti anni nella mia mente

finché è nato “Il sogno di Asimov – Lineamenti di fisica storica

e politica”.

Il lavoro è un tentativo di descrivere, con l’uso dell’Indice di

sviluppo umano (ISU) i principali fenomeni della storia e della

politica applicando ad essi i principi e i metodi della fisica

classica. Ciò mi è stato possibile con l’introduzione di due

concetti assolutamente nuovi; il primo di questi è quello di

oggetto politico, che può essere costituito da una Nazione, un

partito politico, un sindacato, un’organizzazione terroristica o

un ordine religioso; il secondo è la massa politica che

caratterizza ogni oggetto politico.

Con questi soli due concetti ho tracciato le linee generali

della “Meccanica politica” e della “Termodinamica politica”

trattando i principi e i concetti più importanti con spiegazioni

ed esempi semplici ed immediati tratti da esperienze note a

tutti.

Nella trattazione, all’embrione di questa che potrebbe essere

una nuova disciplina, ho dato il nome di “fisica politica”.

Il lavoro si compone di una parte introduttiva, dove vengono

discusse le principali critiche che possano giungere dagli

studiosi di quelle discipline che non hanno uno marcato

fondamento matematico e che in qualche modo, possano essere

coinvolte in questa trattazione; ci riferiamo, ad esempio, alla

storia, alla demografia, alla sociologia, alla scienza politica ed

alla filosofia politica.

Nella stessa parte introduttiva vengono poi esposti i concetti

e le nozioni basilari che consentiranno al lettore una agevole

lettura e comprensione.

Un’altra parte è dedicata alla Meccanica politica, dove, dopo

aver descritto il moto e l’equilibrio di un oggetto politico

(cinematica e statica), applico a questo i tre principi della

dinamica descrivendo le forze in gioco tra due o più oggetti

1 Russell B., “Il culto dell’uomo libero”, in “Misticismo e logica”, p. 71,

Longanesi &

C., Milano 1964. 2 Nella sua “Trilogia della Fondazione” (Cronache della Galassia, 1963,

Il crollo della Galassia centrale, 1964, L’altra faccia della spirale,

1964, Mondatori, Milano) e nei romanzi ad essa collegati, Isaac Asimov

immagina che il matematico Hari Seldon, ultimo grande scienziato del

primo Impero Galattico, abbia scoperto che, mentre il comportamento

del singolo individuo è imprevedibile, i comportamenti delle masse

possano essere studiati non solo statisticamente, ma che alle masse sia

possibile applicare le leggi della fisica. Seldon, poi, perfeziona la sua

disciplina – alla quale dà il nome di “psicostoriografia”– al punto che è

in grado di prevedere non solo il prossimo crollo del Primo Impero

Galattico, ma che questo crollo sarà seguito da un periodo di trentamila

anni di barbarie. Organizza così due “Fondazioni” il cui compito è quello

di ridurre, con lo strumento della “psicostoriografia”, il periodo di

oscurantismo a soli mille anni.

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politici e deducendo delle ipotesi sulla conservazione

dell’energia che vi è legata.

Concludo la meccanica con lo studio degli urti tra due o più

oggetti politici.

Nella parte successiva, dedicata alla termodinamica politica,

introduco il concetto di “gas politico” che risulterà molto utile

nella descrizione di alcuni fenomeni storici e politici, e quello

di temperatura politica, alla quale ho attribuito i valori

dell’indice del PIL. (prodotto interno lordo) pro capite. Con

questi due concetti ho delineato i principi della termodinamica

parlando di equilibrio termico, dell’energia interna di un gas

politico, dei processi di trasformazione di questa e

dell’entropia.

Propongo, poi, nella stessa parte, un metodo molto semplice

per valutare in maniera oggettiva il rendimento, ovvero,

l’efficienza del governo di una Nazione.

L’ultima parte, che è preceduta da una analisi critica delle

ideologie, e dalla descrizione qualitativa di alcuni fenomeni

storici e politici, come la lotta per il potere, le guerre e le

rivoluzioni, sia politiche che culturali, le forze che si

manifestano nelle Nazioni democratiche e in quelle rette da

regimi dittatoriali e teocratici, è dedicata alle applicazioni della

fisica politica ad alcuni fatti della storia antica, moderna e

contemporanea. In particolare vengono analizzati

quantitativamente: la battaglia di Teutoburgo del 9 d.C., lo

“Scisma anglicano” di Enrico VIII, alcune conseguenze legate

alla unificazione europea, la riunificazione delle due Germanie,

un immaginario attacco terroristico e, infine, una previsione per

l’Unione Europea.

L’opera, infine, è corredata da due appendici dedicate a

tavole numeriche e grafici, e dalla consueta bibliografia.

Ma ora, per onestà intellettuale, faccio un po’ di autocritica.

Fin dalle prime pagine di questo lavoro, in particolare da

quando ho definito la massa politica, mi sono imbattuto in un

paradosso, una incongruenza che sembra non poter essere

eliminata. Questa è insita nella definizione stessa di massa

politica che è il prodotto di un numero di “particelle” (gli

individui del genere umano) per l’indice di sviluppo umano (I):

m = nI. Poiché adopero I anche per definire lo “spazio

politico”, nel caso particolare che n = 1, risulta m = I; e da

quest’ultima uguaglianza si vede chiaramente che la massa

politica è equivalente ad uno spazio politico.

Se in fisica esiste una teoria che preveda o dimostri

l’equivalenza della massa oltre che con l’energia anche con lo

spazio, allora il problema è risolto. Ma sembra che le cose non

stiano così, a meno che non siano vere le analoghe ipotesi che il

fisico inglese Stephen W. Hawking propone nell’opera scritta

assieme al fisico Roger Penrose “La natura dello spazio e del

tempo”, edita da Sansoni editore, 1996.

Premesso che anche la fisica, sia classica che moderna,

presenta molti aspetti che non sono tra loro coerenti, se da un

lato non riesco a vedere come sia possibile giungere ad una

definizione diversa della massa politica, dall’altro ci tengo a

sottolineare il fatto che i risultati ottenuti mi dicono che la

strada intrapresa non è molto lontana da quella indicata dalla

dinamica delle vicende storiche e politiche.

Molto probabilmente un lettore non provvisto di buone

conoscenze di fisica non noterà il problema e, forse, sarà anche

entusiasta nel vedere la possibilità di affrontare i fatti della

storia e della politica con un metodo completamente nuovo. Ma

se chi vorrà leggere il lavoro sarà un fisico, allora da queste

pagine mi rivolgo a lui per chiedergli scusa dell’incongruenza

e, magari, di usare la sua maggiore competenza nel tentativo di

aiutarmi a trovare una soluzione a questo increscioso

problema. Perciò, nel chiedere scusa ai fisici per l’uso forse

troppo libero che faccio della loro disciplina, e agli storici per

aver proposto loro un metodo di valutazione che,

probabilmente, li obbligherà a rivedere un po’ di matematica,

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mi congedo dai lettori ricordando che Einstein diceva che una

teoria nata per interpretare e descrivere le leggi della natura, e

che fosse perfettamente coerente in tutte le sue parti, ha

moltissime probabilità di essere completamente errata,

diversamente da quella teoria non coerente in tutte le sue parti

che, invece, ha buone probabilità di essere parzialmente

aderente alla realtà.

Buona lettura.

Napoli, giugno 2008. Giovanni Schioppo

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“…il corpo di quel grande

che temprando lo scettro a’ regnatori

gli allor ne sfronda, ed alle genti svela

di che lagrime grondi e di che sangue;”

(Ugo Foscolo, “Dei sepolcri”)

Nozioni e concetti introduttivi

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1 Premessa.

Prima di iniziare la trattazione riteniamo doveroso anticipare

le critiche che possano giungerci da storici, sociologi, studiosi

di scienza politica, studiosi di filosofia politica, e da tutti coloro

i cui interessi culturali possano essere in qualche modo

coinvolti nel presente lavoro, nonché le nostre argomentazioni e

soluzioni ai problemi che tali critiche pongono. Queste possono

essere distinte in due categorie, la prima delle quali vuole che la

natura estremamente aleatoria delle singole azioni umane

avvolge la loro conoscenza con un alone di indeterminazione

molto denso, e ciò, alla fine, renderebbe qualsiasi insieme di

individui non idoneo ad uno studio “fisico”.

Premesso che lo studio del comportamento sociale del

singolo individuo non è oggetto di questo lavoro, vogliamo

mostrare con argomentazioni ed esempi come e perché le sue

azioni influiscono in modo trascurabile sul comportamento di

un numerosissimo gruppo di persone. A questo scopo

osserviamo che, se da un lato è vero che le azioni del singolo

sono spesso imprevedibili, dall’altro, poi, bisogna ritenere che,

come l’indeterminazione da cui è affetta la conoscenza delle

particelle elementari studiate in fisica diventa minima a livello

macroscopico3, così pure l’indeterminazione che caratterizza la

conoscenza delle azioni dei singoli individui tende ad un

minimo quando questi vengono studiati nel contesto di un

sistema il cui numero di individui tende a valori molto grandi.

In altre parole la somma di tutte le indeterminazioni nella

conoscenza delle azioni dei singoli individui non corrisponde

all’indeterminazione totale nella conoscenza del

comportamento del sistema di cui i singoli fanno parte; e questo

è tanto più vero quanto maggiore è il numero di individui che lo

compongono.

I fisici potrebbero poi obiettare ― e questa ci sembra la

critica più intelligente ― che se esistono le leggi che regolano

la corrente elettrica o quelle della teoria cinetica dei gas, ciò è

stato possibile perché si conoscono le leggi alle quali

obbediscono gli elettroni e le molecole di un gas; e, pertanto,

non conoscendo le leggi che regolano il comportamento del

singolo individuo, non è possibile costruire una fisica che

spieghi il comportamento di grandi masse.

A questo tipo di critica possiamo solo rispondere che la non

conoscenza di tali leggi non implica la loro non esistenza.

Riteniamo, poi, che queste leggi non si conoscono, sia perché,

quasi certamente, sono molto più complesse di quelle

dell’elettrone o delle molecole di un gas, sia perché il

comportamento del singolo individuo è stato studiato

principalmente da menti che non conoscono né la fisica né la

matematica che ne costituisce il principale strumento.

Agli inizi del XVII secolo i fisici, armati del metodo

scientifico elaborato da Galilei e di buone conoscenze di

matematica, hanno costruito, alternando spesso successi a

fallimenti, l’edificio scientifico che oggi ci consente di

“navigare” in internet e di spostarci in poco più di sei ore da

Milano a New York. Per contro, gli studiosi di scienza e

filosofia politica, nonché molti sociologi, non avendo

dimestichezza con le cosiddette scienze esatte (in particolar

modo con la fisica), non hanno potuto intraprendere un

cammino analogo, ed è principalmente per questo che le leggi

che governano il comportamento dei singoli sono ancora

avvolte da una fitta nebbia di mistero.

Osserviamo poi che, se da un lato l’uomo è capace di

espressioni intellettuali la cui singolarità non è riconducibile

(almeno per il momento) ad alcun principio razionale4,

dall’altro, ove si escludano queste ultime, l’agire individuale

3 L’indeterminazione che caratterizza la nostra conoscenza di tutti gli elettroni che fluiscono in

un conduttore, andando a costituire la corrente elettrica del circuito, non diminuisce la nostra

certezza del fatto che quando schiacceremo l’interruttore la lampadina si accenderà. 4 Ci riferiamo alle espressioni artistiche, letterarie, musicali, affettive e tutte quelle dove la

razionalità svolge un ruolo minimo.

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non è poi tanto imprevedibile, anche perché il comportamento

generale del singolo è soggetto a tre principi, il primo dei quali

è l’istinto innato dell’autoconservazione che, a sua volta, è in

stretta relazione con il secondo, cioè quello della conservazione

della specie. Entrambi questi principi, poi, funzionano in modo

tale da rispettare il terzo che è quello dell’azione minima, e del

quale parleremo in seguito.

Aggiungiamo ancora che le nostre azioni sono in parte

dettate “a priori” dal nostro patrimonio genetico ― c’è, infatti,

chi nasce con una particolare predisposizione per la

matematica, chi con quella letteraria, chi con quella artistica o

musicale, chi ancora con quella della delinquenza o con altre

ancora ― e in parte dettate “a posteriori” dai condizionamenti

familiari e sociali. Tutti, poi, rispondiamo allo stesso modo a

particolari stimoli sociali: tutti abbiamo acquistato

un’automobile, tutti abbiamo acquistato un televisore, tutti

abbiamo acquistato un telefonino cellulare. Infine, in tutte le

società, l’uomo, tranne poche eccezioni, impara ad accettare fin

da piccolo, uniformandosi ad esse, la gran parte delle regole di

convivenza.

Da tutte queste considerazioni nasce, allora, la nostra

convinzione che non esistono serie ragioni che impediscano

l’applicazione dei metodi fisici allo studio del comportamento

di insiemi molto numerosi di individui.

La seconda categoria di critiche prevede che lo studio di

periodi storici caratterizzati dall’opera di grandi uomini

sfuggirebbe ad una trattazione di tipo fisico proprio perché le

particolari direzioni della storia determinate dalla loro opera

sarebbero il frutto del lavoro di singoli individui, e, perciò,

imprevedibili; e questo fatto ci riconduce alla prima categoria

di critiche. In ogni caso è necessario tener presente che molti

grandi uomini della storia sono stati tali sia per la estrema

nefandezza della loro opera che per il grande e positivo

contributo profuso per il progresso dell’umanità. In molti casi

la loro nefandezza è scaturita semplicemente dall’uso

indiscriminato e deplorevole del loro libero arbitrio; e qui la

storia si è subito “richiusa” su di essi, per poi riprendere il suo

“normale” corso. E’ il caso, ad esempio, di alcuni imperatori

romani come Caligola, Domiziano, Commodo ed altri ancora.

In altri casi, invece, la loro pessima opera ha trovato l’incipit

nel sostegno di un grande numero di individui e nella volontà di

grandi complessi industriali e finanziari: in definitiva, nella

volontà politica di una grandissima parte della loro Nazione,

della quale, perciò, hanno rappresentato l’espressione prima ed

ultima. Questo accadeva, ad esempio, per Hitler, Mussolini e

Stalin.

Grandi uomini come Cristo, Maometto e Gandhi hanno

effettivamente determinato il corso della storia successiva; ma,

se esaminiamo i momenti storici in cui essi hanno operato, non

possiamo fare a meno di capire che la loro “missione” non ha

fatto altro che rispondere alle richieste sociali ed economiche

delle popolazioni che li hanno generati in quel particolare

contesto storico, politico e sociale.

Poi, menti eccelse come Galilei, Newton, Einstein hanno fatto

grandi scoperte sia per il loro genio, sia perché tali scoperte

erano “nell’aria”. Il lavoro di Galilei, ad esempio, fu preceduto

da quello di Tycho Brache e di Copernico; Newton scoprì il

calcolo differenziale e integrale contemporaneamente a

Leibniz, ma in modo del tutto indipendente da quest’ultimo. Le

scoperte di Einstein furono precedute e rese possibili dagli studi

di Maxwell e Lorentz.

Ora neanche in questi casi ci sentiamo di affermare che il

corso della storia sia stato determinato, in modo imprevedibile

ed imprevisto. Sosteniamo, invece, che grandi uomini come

quelli citati abbiano semplicemente individuato particolari

percorsi del cammino dell’umanità rendendoli più praticabili.

In definitiva, siamo del parere che neanche la singolarità

dell’azione di questi grandi personaggi impedisca un approccio

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di tipo fisico ai processi storici, ma che tale approccio è reso

persino più agevole.

Ricordiamo, poi, che fra le scienze sociali ne esiste una che

ha come soggetto l’uomo e che è sottoposta a leggi

matematiche ben precise, risultando in questo modo essere la

più quantificata e quantificabile fra le discipline sociali, ed è

l’economia; e questo fatto ci rende ancora più certi della

possibilità di affrontare con metodi fisici alcuni fenomeni

macropolitici e macroeconomici.

Concludiamo questa premessa osservando che da Auguste

Comte in poi, cioè dalla nascita della sociologia, non è stato

proposto alcun modello matematico, statistico o fisico che

abbia oggettive potenzialità euristiche e descrittive per spiegare

il comportamento di insiemi molto numerosi di esseri umani.

Ciò è anche dovuto al fatto che la maggior parte dei teorici

della sociologia, della scienza politica e della filosofia politica,

nonché moltissimi storici, per loro indole, sono privi delle

adeguate conoscenze matematiche e fisiche che

consentirebbero loro di capire nel modo appropriato il valore

del metodo scientifico e l’importanza metodologica dei modelli

matematici.

In queste pagine è descritto, sia nella teoria che nelle

applicazioni, il tentativo di costruire un tale modello dei

fenomeni storici e politici. E’ il primo tentativo in questa

direzione. Senza dubbio non è privo di errori e di illazioni, ma,

in ogni caso, traccia, anche se in modo ancora incompleto e

impreciso, le linee di nuovi percorsi per l’indagine storica,

politica e sociologica.

2 La “massa politica”.

Anticipiamo ora, almeno qualitativamente, il concetto di

“massa politica” sia perché questa è il “cuore” di tutta la fisica

politica, sia perchè il lettore non “ferrato” in fisica sia messo in

condizione di poter comprendere e valutare, fin da queste prime

pagine, il significato e lo scopo di questo lavoro.

Quando ascoltiamo un professionista della politica usare

l’espressione “massa politica”, intuitivamente sia egli che noi

comprendiamo bene a cosa si riferisce questa espressione, ma

nel momento in cui tentiamo di attribuirle un significato

oggettivo e un valore misurabile, l’unico risultato che

otteniamo, senza usare numeri e formule matematiche, è quello

di produrre infinite parole che si prestano ad infinite critiche e

interpretazioni diverse e che generalmente dividono i pensatori

in due categorie: i sostenitori della tal teoria e i suoi oppositori.

Per poter dare un significato oggettivo all’espressione

“massa politica” dobbiamo necessariamente trovare una

pertinente analogia con la massa fisica. Pertanto incominciamo

col dire che in fisica la massa è quell’attributo di un corpo

materiale che gli consente di offrire resistenza all’azione di

forze che agiscono su di esso. In fisica essa è definita attraverso

il secondo principio della dinamica come il coefficiente di

proporzionalità che lega la forza esercitata su un corpo alla

accelerazione (cioè la variazione di velocità) impressa al corpo

stesso : F = m x a (dove m è la massa del corpo). Il

significato di questa semplice relazione è il seguente: se

vogliamo imprimere ad un corpo di massa m una

accelerazione a dobbiamo esercitare sul corpo una forza F; se,

poi, la massa del corpo non è m ma 2m (cioè doppia) per

imprimergli la stessa accelerazione dobbiamo esercitare su di

esso una forza doppia. Per questi motivi è lecito associare alla

massa la quantità di materia di cui è composto un corpo. Si

osserva, poi, come la massa di un corpo sia il fattore che offre

resistenza alla variazione della velocità del corpo; per cui,

maggiore sarà la massa del corpo, tanto maggiore sarà la

resistenza che il corpo offre alla variazione della sua velocità.

Ciò accade perché in natura è valido il primo principio della

dinamica (detto anche principio di inerzia) che impone che ogni

corpo non soggetto a forze permanga nel suo stato di moto

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rettilineo uniforme o resti immobile rispetto ad un determinato

sistema di riferimento.

Se la materia non fosse caratterizzata dalla massa, tutta la

fisica non sarebbe possibile5. Analogamente, anche la fisica

politica non sarebbe possibile senza poter associare ad insiemi

molto numerosi di esseri umani qualcosa che abbia in maniera

inequivocabile le stesse caratteristiche della massa fisica. A tale

scopo proponiamo due esempi che, a prima vista, possono

sembrare banali, ma che, alla fine, risulteranno estremamente

illuminanti.

- Un uomo povero, ignorante e malato è in grado di offrire

una resistenza estremamente debole a qualsiasi tipo di

sollecitazione sociale e, viceversa, è in grado di esercitare sul

suo mondo sociale azioni quasi insignificanti. Per contro, un

uomo molto ricco, molto istruito e molto sano è in grado di

offrire una resistenza di gran lunga maggiore a qualsiasi tipo di

sollecitazione sociale e, viceversa, è in grado di esercitare sul

suo mondo sociale azioni molto più intense.

- Estendendo lo stesso concetto ad insiemi molto numerosi di

esseri umani possiamo dire che Una Nazione povera, con un

basso livello medio di istruzione e con un’aspettativa di vita

media molto bassa per ogni individuo è in grado di offrire, nel

suo contesto geo-politico, una resistenza molto debole a forze

socio-politiche, economiche, militari e naturali e, viceversa, è

in grado di esercitare verso il suo contesto geo-politico forze

estremamente deboli. Per contro, una Nazione molto ricca, con

un livello medio di istruzione molto alto e con una lunga

aspettativa di vita media per ogni individuo è in grado di

esercitare sul suo contesto geo-politico forze significativamente

notevoli.

In entrambi gli esempi ciò che fa la differenza tra i due

uomini e le due Nazioni è costituito dai corrispettivi elementi

sociali di povertà, istruzione e salute, ai quali corrispondono,

nelle statistiche socio-economiche, i seguenti indici: PIL pro

capite annuo, aspettativa media di vita alla nascita, livello

medio di istruzione.

Con questi due esempi abbiamo, perciò, messo in evidenza

gli elementi socio-politici che sono in grado di caratterizzare

insiemi molto numerosi di esseri umani e fanno si che questi si

comportino come se fossero corpi materiali, cioè, come se

avessero una massa. Questi tre elementi, a loro volta, danno

luogo all’Indice di sviluppo umano (ISU6) con il quale siamo

ora in grado di definire in termini oggettivi la massa politica di

un oggetto politico: essa è il prodotto del numero dei suoi

abitanti per il suo ISU.

Per poter rendere ancora più chiaro il suo significato

applichiamo l’espressione “massa politica” alla Francia (circa

60 milioni di abitanti) e all’Etiopia (circa 63 milioni di abitanti)

e domandiamoci cosa è che ci fa dire che la Francia ha una

massa politica maggiore dell’Etiopia, dal momento che il

numero delle loro popolazioni è molto simile. Si capisce,

perciò, che abbiamo bisogno di uno o più parametri da usare

assieme al numero della popolazione per tentare di definire ciò

che fa la differenza tra le due masse politiche.

Ciò che risulta subito evidente agli occhi di tutti è la

differenza tra il “tenore medio” di vita delle due popolazioni.

La prima cosa che ci viene in mente per quantificare questa

differenza è quella di prendere in considerazione la ricchezza

delle due Nazioni; ma questa, che generalmente è indicata dal

prodotto interno lordo, non è né sufficiente né adeguata per il

semplice motivo che in moltissime Nazioni non è equamente

distribuita. Perciò l’unica alternativa che abbiamo è quella di

5Uno degli esperimenti a cui stanno lavorando i fisici del Cern è volto,

attraverso l’uso dell’ acceleratore di particelle indicato dalla sigla Lhc

(Large hadron collider), alla ricerca di una particella elementare chiamata

“bosone di High” la cui importanza risiede nel fatto che questa particella

darebbe massa a tutta la materia. 6 V. pag. 24.

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prendere in considerazione l’ISU. Questo indice non tiene

conto solo del PIL, ma anche della condizione sia culturale che

sanitaria della popolazione di una Nazione. E’ ovvio,

comunque, che questi tre parametri, la cui media dà luogo

all’ISU, non rappresentano, da soli e in modo esaustivo, ciò che

fa la differenza tra le due Nazioni, in termini di benessere

sociale e tenore di vita, a parità di popolazione. Ma, purtroppo,

oggi disponiamo solo di questo per poter quantificare, almeno

grossolanamente, questi due ultimi attributi sociali.

Usando la definizione precedentemente data otteniamo per

la Francia una massa politica pari a

60.000.000 x 0,952 = 57.120 Kgm,

mentre per l’Etiopia una massa politica pari a

63.000.000 x 0,406 = 25.178 Kgm.

Ma cosa significa e cosa implica il fatto che la Francia ha

una massa politica più che doppia di quella dell’Etiopia? Se

vogliamo aumentare di una unità la velocità con la quale

“migliora” il tenore di vita medio dei Francesi7 dobbiamo

esercitare una forza doppia rispetto a quella che occorrerebbe

se volessimo ottenere lo stesso risultato per gli Etiopi. Ma

esercitare una forza significa, sia in fisica che nelle scienze

sociali, “spendere” una certa quantità di energia; e questa, sotto

qualsiasi forma si presenti, ha sempre un costo. Quindi per la

Francia spenderemmo una cifra doppia di quella che

occorrerebbe per l’Etiopia.

Vediamo ora, in termini più vicini alle scienze sociali, il

perché di questa sostanziale differenza di spesa.

Per fare questo confronteremo tra loro i parametri che

intervengono nel calcolo degli ISU dei due paesi.

I dati che ci occorrono sono evidenziati nella seguente

tabella, e si riferiscono al 2005.

Nazione Indice

PIL

Speranza di vita Indice

istruzione

ISU

Francia 0.954 0,919 0,982 0.952

Etiopia 0,393 0,446 0,380 0,406

Dai valori esposti si evince subito che il sistema produttivo

francese, intimamente connesso con quello economico, è molto

più sviluppato e complesso nelle sue strutture rispetto a quello

etiope; le stesse osservazioni possono senz’altro essere fatte per

gli altri due sistemi, quello sanitario e quello scolastico -

universitario. Bisogna aggiungere, inoltre, che questi tre sistemi

sono supportati da altri sistemi nazionali, altrettanto sviluppati e

complessi, che, direttamente o indirettamente, ne garantiscono

il funzionamento; e ci riferiamo a quello dei trasporti, a quello

delle comunicazioni, a quello della produzione e distribuzione

dell’energia, a quello della distribuzione idrica, e, non ultimo, a

quello politico. I corrispondenti sistemi etiopi, rispetto a quelli

francesi, risultano, se dobbiamo credere agli indici cui danno

luogo, quantomeno sottosviluppati. E’ più che evidente, allora,

che per elevare la qualità di vita dei Francesi bisogna

intervenire in sistemi sociali, politici ed economici la cui vastità

e complessità richiede investimenti economici di gran lunga

superiori rispetto a ciò che possano richiedere gli analoghi

sistemi etiopi di gran lunga meno sviluppati.

Nella dinamica politica vedremo, poi, come sarà possibile

calcolare per ogni singola Nazione la somma di denaro da

spendere per elevarne di una data “quantità” la qualità media

7 Questi concetti verranno chiariti e precisati in termini matematici nei capitoli dedicati alla

cinematica e alla dinamica politica.

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della vita della sua popolazione.

3 L’indice di sviluppo umano

Alcuni decenni or sono l’O.N.U. mise a punto un programma

chiamato UNDP8 con lo scopo di migliorare le condizioni

umane in ogni parte del mondo. Il primo problema che dovette

essere risolto all’interno di questo programma fu quello di

stabilire attraverso quali parametri fosse possibile definire la

condizione umana della popolazione di una Nazione.

Secondo la definizione data dall’UNDP, lo sviluppo umano è

“un processo di ampliamento delle possibilità umane che

consenta agli individui di godere di una vita lunga e sana,

essere istruiti e avere accesso alle risorse necessarie ad un

livello di vita dignitoso”.

Per dare un significato oggettivo a tale definizione fu

formulato e proposto l’HDI9 che fu usato per la prima volta nel

1990 nel “Primo rapporto sullo sviluppo umano”10

ad opera

delle Nazioni Unite.

L’ISU11

, calcolato per un determinato anno e riferito ad una

certa Nazione, indica, quindi, lo sviluppo umano della

popolazione di quella Nazione e attribuisce un valore compreso

fra 0 e 1 al livello sociale economico e culturale di quella

Nazione.

Nel determinare il suo valore gli esperti tengono conto dei

seguenti fattori:

a) condizioni economiche, attribuendo un indice al PIL12

pro capite;

b) condizioni sanitarie, ed in particolare l’aspettativa di

vita alla nascita di ciascun individuo;

c) condizioni culturali, ossia il livello di alfabetizzazione

della popolazione adulta, tenuto conto anche del numero di anni

trascorsi a scuola da ciascun individuo.

Poiché le scelte politiche di uno Stato danno un indirizzo

preciso all’utilizzo delle risorse umane e materiali della

Nazione, è evidente che tali scelte determinano anche

l’andamento dell’ISU nel tempo.

Ci si domanda ora se i tre parametri che determinano l’ISU

siano sufficienti a descrivere la condizione politica di una

Nazione. Certamente no, e per diversi motivi, i più importanti

dei quali sono legati al fatto che l’ISU non tiene conto: del

livello di tecnologia raggiunto da una determinata Nazione e

della sua diffusione tra la popolazione; della sua competitività

commerciale; della sua competitività bellica; delle infrastrutture

che rendono possibile un determinato tenore di vita; del tipo di

giustizia e del modo in cui questa è amministrata dallo Stato e,

probabilmente, di molti altri parametri.

Sembra logico, quindi, far intervenire nella determinazione

della condizione politica e sociale di una Nazione altri elementi

che tengano conto dei fattori esposti.

Per il primo di questi si può fare riferimento all’ IPT13

; per il

secondo si potrebbe tenere conto del rapporto tra il valore della

totalità delle importazioni e quello della totalità delle

esportazioni; il terzo potrebbe essere calcolato come il rapporto

percentuale tra la spesa militare di uno Stato in un determinato

anno e la sua spesa totale nello stesso periodo.

L’importanza della competitività bellica, poi, sta nel fatto

che ogni Nazione, ciascuna in ragione delle sue condizioni

politiche, è pronta a difendere anche militarmente le proprie

8 UNDP = United Nations Development Program = Programma delle Nazioni Unite per lo

Sviluppo.

9 HDI = Human Development Index; in Italia tale indice viene indicato con la sigla ISU =

Indice dello Sviluppo Umano.

10 I rapporti annuali sono disponibili sul sito www.undp.org.

11 Da ora in poi useremo la sigla ISU invece di HDI. 12 PIL = prodotto interno lordo. 13 Indice del progresso tecnologico; questo tiene conto del livello di tecnologia raggiunto

da una Nazione e della sua diffusione tra la popolazione.

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12

risorse energetiche ed il benessere raggiunto. Inoltre, la potenza

bellica di una Nazione deve essere considerata non solo in vista

di guerre da combattere, ma anche in previsione di una difesa

da attacchi esterni.

Per quanto riguarda l’ultimo punto, la valutazione del tipo di

giustizia amministrata dovrebbe tener conto dell’indipendenza

della magistratura dagli altri poteri dello Stato, della parità tra

le prerogative della accusa e della difesa sia nei processi penali

che in quelli civili, e, inoltre, della presenza o meno di una

giuria popolare nei procedimenti penali.

Ciò premesso, l’ISU è attualmente lo strumento statistico che

descrive nel modo più vicino alla realtà il tenore di vita delle

popolazioni delle singole Nazioni.

Bisogna poi sottolineare il fatto che i mezzi e i metodi di

rilevamento dei dati utili alla sua determinazione sono stati

all’inizio inadeguati ed insufficienti, raggiungendo solo con il

tempo un’attendibilità sempre maggiore ma che è, a nostro

avviso, ancora lontano dalla precisione che occorrerebbe per i

nostri scopi. E’ inoltre sensato pensare che tale attendibilità

debba essere sottoposta a ulteriori critiche quando l’ISU vuole

descrivere la condizione umana di Nazioni soggette a regimi

dittatoriali ed ancor più di quelle dove la religione assume un

ruolo fortemente politico e di sostegno al regime.

Tuttavia lo useremo per la costruzione dello strumento

euristico che impegnerà le prime due parti di questo lavoro.

Non possiamo fare diversamente, almeno fino a quando gli

esperti di indagini statistiche, i sociologi e gli economisti non ci

metteranno a disposizione uno o più altri parametri che siano in

grado di sostituire l’ISU.

4 Calcolo dell’indice di sviluppo umano.

Per calcolare l’indice di sviluppo umano dobbiamo tener

presente che esso è la media aritmetica di tre parametri:

Is = indice di speranza di vita alla nascita;

Ia = indice di alfabetizzazione;

Ip = indice del PIL pro capite annuo14

;

questi tre indici, a loro volta, vengono calcolati tenendo conto

dei valori minimi, massimi ed attuali delle seguenti quattro

grandezze:

S = speranza di vita alla nascita;

A = alfabetizzazione adulta;

Ai = Iscrizioni congiunte;

P = PIL pro capite annuo.

I valori di queste quattro grandezze sono riassunti nella

seguente tabella.

Min Max

S 25 85

A 0 100%

Ai 0 100%

Diamo qui di seguito i valori attuali di alcune Nazioni.

S A Ai P

Canada 79,1 99,0 100 6.231

Brasile 66,6 86,3 72 5.928

Egitto 64,8 51,4 69 3.829

14

L’indice Pil si calcola nel seguente modo: posto N = indice PIL, si ha:

N = (gdp = PIL pro capite annuo)

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13

Bangladesh 56,9 38,1 37 1.382

Brunei 75,1 88,2 74 6.283

Lussemburgo 76,1 99,0 58 6.287

Il calcolo è svolto nel seguente modo:

Is = Va(s) - min(s)

Max(s) - mim(s)

Ia = 2[Va(A) - min(A)] + Va(Ai) - min(A)

3[max(A) - min(A)] 3[max(Ai)-min(Ai)]

Ip = Va(P) - min(P)

Max(P)- min(P)

(Va = valore attuale);

infine:

ISU = Is + Aa + Ip.

3

5 La Fisica Politica.

Molto spesso, e specialmente attraverso i “mass media” si

sentono espressioni come: “la pressione politica esercitata da

tale Stato…”, “la potenza economica espressa da quella

Nazione…”, “la forza bellica usata da…”; in queste espressioni

vengono usati termini come potenza, forza, pressione, ed altri

che trovano la loro definizione ed applicazione in fisica. Ci si

chiede, a questo punto, se sia possibile, nel trattare le vicende

umane, usare gli stessi concetti e lo stesso formalismo

matematico della fisica. La fisica politica tenta di dare una

risposta a questo interrogativo.

Vediamo quale potrebbe essere la risposta.

L’Indice di sviluppo umano precedentemente descritto è una

grandezza che varia nel tempo e perciò può essere

caratterizzato da una velocità e da una accelerazione. Per

questo motivo esso può essere assunto come una delle

grandezze fondamentali di questa nuova disciplina.

La fisica politica, quindi, proponendosi di studiare il

comportamento e l’evoluzione nel tempo di grandi agglomerati

umani alla luce delle leggi della fisica classica, farà uso degli

stessi concetti quali spazio, tempo, massa, velocità, forza, ed

altri ancora, con i dovuti adattamenti e modifiche.

Bisogna precisare che, non trattando di oggetti materiali

caratterizzati da dimensioni, moti e masse reali, l’analogia di

questa disciplina con la fisica classica è puramente formale.

La fisica politica farà uso dell’ISU il quale, risultando essere

un utilissimo strumento nel descrivere con buona

approssimazione la condizione sociale, economica e politica

delle Nazioni, sarà indispensabile nella trattazione fisica dei

fenomeni umani quando questi interessano un grande numero

di persone.

L’ISU, che è un indice statistico, intervenendo nella maggior

parte delle leggi della fisica politica, renderà quest’ultima, al di

là del suo formalismo meccanicistico, una disciplina di natura

sostanzialmente statistica.

L’oggetto della fisica politica, ovvero il suo campo di

indagine, sarà costituito dalla storia, dalla politica interna delle

singole Nazioni e dalla politica internazionale.

Come per la fisica, la descrizione di questa disciplina si

articolerà attraverso il seguente schema:

a) Meccanica, suddivisa in:

statica, che studierà l’equilibrio delle forze che si

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14

esercitano tra oggetti politici15

o all’interno di questi;

cinematica, che tratterà del moto degli oggetti politici

indipendentemente dalle forze che lo generano;

dinamica, che si occuperà del moto degli oggetti politici in

relazione alle forze che lo generano;

urti tra particelle, al fine di costruire una “teoria cinetica

umana” volta ad una descrizione quantitativa delle energie in

gioco nei processi di interazione rapida ed intensa fra uno o più

oggetti politici.

b) Termodinamica, che, proponendo definizioni oggettive di

calore e temperatura, studierà le trasformazioni dell’energia in

lavoro, e viceversa, nelle interazioni di più oggetti politici.

Nella trattazione che segue si farà uso di un livello di

conoscenza medio della matematica per dar modo ad un elevato

numero di persone di accostarsi a questa disciplina senza

eccessive difficoltà di comprensione e studio.

Lo scopo di queste pagine è quello di proporre un modello di

natura matematica idoneo a determinare, attraverso l’analisi

dell’evoluzione socio-politica dei singoli oggetti politici e delle

interazioni fra di loro, gli interventi necessari per migliorare le

condizioni umane di tutte le popolazioni, ed in particolare

modo di quelle del “terzo mondo”.

6 – Alcune definizioni.

Nelle pagine precedenti abbiamo usato diverse volte i termini

“Stato” e “Nazione”; da questo momento essi verranno usati

indicando col primo l’insieme formato da tutti gli apparati

burocratici preposti al governo di una popolazione (quali

Governo, Parlamento, Magistratura, Esercito, enti locali,

sistema sanitario e previdenziale nazionale, sistema scolastico

ed universitario, rete nazionale dei trasporti, e tutti gli

organismi che operano come espansione di tali enti); con il

secondo l’oggetto costituito dallo Stato e dalla popolazione da

esso governata.

Le leggi della fisica descrivono il comportamento di

“oggetti” le cui dimensioni spaziali variano da quelle

infinitamente piccole delle particelle sub-nucleari a quelle

infinitamente grandi delle galassie. Quelle della fisica politica,

invece, descrivono il comportamento di “oggetti politici” le cui

dimensioni sono di natura completamente diversa.

Per precisare meglio quanto abbiamo detto, innanzitutto

definiamo come oggetto politico un insieme di almeno

100.000 persone legate assieme da interessi comuni 16

.

Il termine “oggetto politico” può essere attribuito ad uno

Stato, ad una Nazione, ad una popolazione, ad un esercito, ad

una organizzazione terroristica, ad una associazione sindacale o

politica, ad un ordine religioso o ad altri insiemi di persone che

abbiano in comune una attività e/o uno scopo. Aggiungiamo,

inoltre, che la popolazione di un oggetto politico può

appartenere totalmente o in parte ad un altro oggetto politico.

E’ il caso, ad esempio, della popolazione dell’oggetto politico

costituito da un sindacato italiano: la sua popolazione

appartiene anche all’oggetto politico più grande che è costituito

dalla Nazione italiana.

Ogni oggetto costituito da una Nazione è caratterizzato da un

ISU che viene calcolato dall’ UNDP 17

. Se, invece, l’oggetto

politico è diverso, il suo ISU viene calcolato, per i nostri scopi,

con metodi di estrapolazione dal contesto globale della Nazione

15

Per la definizione di oggetto politico cfr. pag. 30. 16

Un oggetto politico composto da un numero di individui inferiore a

centomila sarebbe troppo piccolo perché il suo impatto sociale sarebbe

del tutto trascurabile.

17

Ogni anno l’UNDP pubblica un “Rapporto sullo sviluppo umano” che

contiene, tra le altre cose, l’elenco degli ISU di circa 170 Nazioni. Ogni

rapporto pubblicato si riferisce, poi, alla condizione socio-economica

mondiale relativa a due anni prima.

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15

a cui appartiene, con l’ausilio di altre discipline come la

demografia e la demografia storica, la sociologia, l’economia, o

attraverso congetture e deduzioni che di volta in volta saranno

specificate; inoltre un oggetto politico è da intendersi come un

organismo dotato di una vita propria e legato ad altri oggetti

politici mediante interazioni di natura economica, culturale,

sociale e politica, e, fino a quando è “vivo”, ha la capacità di

auto sostenersi, nel senso che è in grado di prendere dalla

natura o da altri oggetti politici tutto ciò che gli serve per

vivere. Da queste considerazioni emerge anche il fatto che la

principale attività di ogni oggetto politico è quella di auto

sostenersi, anche a danno di altri oggetti politici. Esistono poi

oggetti politici che, per loro natura, inserendosi in altri oggetti,

vi svolgono attività parassitarie; è il caso, ad esempio, delle

organizzazioni malavitose di tipo mafioso o camorristico,

confessioni e ordini religiosi e, non ultime e non sempre,

organizzazioni sindacali. La capacità di un oggetto politico di

auto sostenersi non è, comunque, costante, ma è soggetta ad

oscillazioni più o meno ampie che dipendono non solo dalla

bontà ed efficienza dei suoi rapporti con la natura e con altri

oggetti, ma anche dal “funzionamento” dei suoi “meccanismi”

interni . Quando tale capacità tende a diminuire l’oggetto

politico tende a scomparire dal contesto sociale in cui “viveva”;

ma la scomparsa di un oggetto politico non implica

necessariamente la scomparsa dei singoli individui che ne

facevano parte; questi ultimi, in genere, saranno parte di un

diverso oggetto politico. Va aggiunto, poi, anche il fatto

essenziale che le azioni di ogni oggetto politico obbediscono al

principio di autoconservazione per cui nessun oggetto politico

desidera scomparire dal contesto sociale nel quale vive; e ciò

determina anche la sua etica di base che consiste, appunto, nella

tendenza a non attuare azioni che possano compromettere la

propria esistenza. Infine sottolineiamo la circostanza che ogni

oggetto politico ha un centro di potere18

che è gestito, in genere,

da persone prive di scrupoli. Quest’ultima caratteristica fa in

modo che esistano molte organizzazioni che, mascherandosi in

altri oggetti politici con aspetti e scopi umanitari, abbiano

come scopo primario ed occulto l’arricchimento delle persone

che ne gestiscono la guida e l’estensione del loro potere.

Le grandezze fondamentali della meccanica classica sono la

lunghezza, il tempo e la massa; a queste tre grandezze faremo

corrispondere in fisica politica rispettivamente lo spazio

politico, rappresentato dalla scala dei valori di I 19

, lo stesso

tempo della fisica, e la massa politica, prodotto tra il numero

di individui di cui è composto un oggetto politico e il suo ISU.

Osserviamo che, mentre in fisica vengono affrontati

prevalentemente problemi in cui la massa è costante, in fisica

politica, per i fattori che intervengono nella sua definizione, la

massa risulterà variabile. Comunque, se si considerano

intervalli di tempo sufficientemente brevi in relazione al

problema da trattare si ha ragione di credere che l’errore che si

commette nell’assumere la costanza della massa politica sia di

grandezza trascurabile 20

.

Queste tre grandezze verranno trattate con lo stesso

formalismo matematico usato nella fisica. Esse, come altre,

che, per essere espresse, hanno bisogno solo di un numero,

vengono dette grandezze scalari, per distinguerle da altre

grandezze, come forza, velocità, accelerazione ed altre, che

vengono dette vettoriali e per le quali è necessario stabilire una

intensità, cioè un numero che esprime la grandezza del vettore,

una direzione, chiamata retta d’azione, cioè quella lungo la

quale agisce il vettore, ed un verso, che indica uno dei due

sensi in cui può essere orientata la retta d’azione.

18 V. p. 153, “alcuni princîpi”.

19 In fisica politica, come verrà spiegato, lo spazio ha una sola dimensione.

20 Ad esempio, per un ∆t = 5 anni risulta una variazione media della massa politica del

4% circa. Per le Nazioni più progredite, poi, tale variazione si riduce, per lo stesso

intervallo di tempo, all’1-2%.

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16

In fisica politica la retta lungo la quale agiscono tutti i vettori

è unica; non esistono, cioè, altre direzioni percorribili (l’ISU

può solo aumentare o diminuire). Per questo motivo in fisica

politica le grandezze vettoriali verranno trattate come quelle

scalari.

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17

“…Conviene di necessitade tutta la terra, e quanto l’umana generazione a

possedere è dato, essere monarchia, cioè un solo principato, e uno principe

avere; lo quale, tutto possedendo e più desiderare non possendo, li regi

tegna contenti ne li termini de li regni, sì che pace intra loro sia, ne la quale

si posino le cittadi… ”

(Dante, “De Monarchia”)

P A R T E P R I M A

Meccanica - politica

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18

Capitolo I: Cinematica.

I - 1 Moto politico.

Quando un oggetto cambia la sua posizione nello spazio

siamo soliti dire che “si è mosso”. Vogliamo ora capire cosa

intendiamo quando diciamo che un oggetto politico si muove;

perciò, per introdurre il concetto di moto politico dobbiamo

innanzitutto precisare che non ci riferiamo a spostamenti reali,

e, quindi, dobbiamo definire uno spazio “diverso” da quello

fisico in cui sia possibile considerare che la posizione di un

oggetto politico possa cambiare, ossia uno spazio in cui si

possa dire che un oggetto politico si è mosso.

Questo spazio non è tridimensionale come quello della fisica

classica, ma è caratterizzato da una sola dimensione che è

quella di una semiretta ai punti della quale vengono associati i

valori dell’ISU dell’oggetto politico. Se in un determinato

intervallo di tempo l’ISU dell’oggetto è cambiato allora

diciamo che l’oggetto stesso si è mosso.

Con queste premesse possiamo allora dire che il moto di un

oggetto politico è semplicemente determinato dall’evoluzione

nel tempo dell’ISU che lo caratterizza; pertanto, un oggetto

politico può essere in quiete, in moto uniforme, in moto

accelerato o vario a seconda che il suo ISU resti lo stesso nel

tempo o cambi con o senza regolarità.

Con riferimento alla figura, in cui è rappresentata la

variazione dell’ISU di un oggetto politico al variare del tempo,

assumendo come spazio percorso da un oggetto politico in un

intervallo di tempo la corrispondente variazione dell’ISU,

possiamo dire che un oggetto ha percorso uno spazio Δs = I2 –

I1. Ponendo Δs = ΔI, avremo allora

ΔI = I2 – I1 .

ISU

I2 s2

I1 s1

t1 t2 tempo

Non dovendo trattare oggetti materiali per i quali il moto può

avere tre componenti spaziali, lo studio del moto politico

risulterà molto più semplice. Tale moto potrà infatti essere

rappresentato graficamente in un sistema di riferimento

cartesiano ortogonale bidimensionale in cui l’asse delle ascisse

rappresenta il tempo t e quello delle ordinate lo spazio I

(ovvero i valori di I ), come mostrato nella figura precedente.

Per misurare lo spazio politico utilizzeremo il metro

politico, con la convenzione che 1 metro politico corrisponde

ad una variazione di I pari a 0,001.

Per il tempo assumeremo come unità di misura l’anno21

.

I - 2 Moto uniforme.

Ora che abbiamo capito come un oggetto politico si possa

muovere, vogliamo stabilire quali sono le caratteristiche di

questo moto. Per fare ciò abbiamo bisogno di introdurre il

concetto di velocità politica: questa è il rapporto tra lo spazio

politico percorso ed il tempo impiegato a percorrerlo. La sua

unità di misura è il metro politico all’anno, e corrisponde a

quella di un oggetto politico il cui ISU sia variato in un anno di

21

Per i nostri scopi non è necessario distinguere tra anno solare e anno

commerciale

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19

10-3

.

Ora possiamo classificare il moto politico in relazione alla

sua velocità. In particolare il moto viene detto uniforme

quando spazi uguali vengono percorsi in tempi uguali, ovvero,

quando la sua velocità è costante.

Facciamo un esempio pratico. Immaginiamo un oggetto che

all’istante t0 abbia un ISU pari a I0. Se all’istante generico t

il suo ISU sarà diventato It lo spazio percorso nell’intervallo

di tempo Δt = t - t0 sarà

ΔI = It - I0

per cui la velocità nel percorrere lo spazio politico ΔI sarà

data da

v = (1)

da cui si ricava subito:

It = I0 + v Δt; (1’)

questa espressione ci dice che la posizione It occupata da un

oggetto politico all’istante generico t è data dalla sua posizione

iniziale aumentata del prodotto della velocità per il tempo in cui

il moto è durato. In altri termini la (1’) ci dice quale sarà l’ISU

di un oggetto fra t anni, noto quello attuale e la sua velocità

politica, se questa è costante.

Nel nostro esempio la velocità è costante, e, in tal caso, il

moto dell’oggetto politico viene detto uniforme; ma può anche

accadere che non sia così. In questo caso la v della (1)

rappresenta solo la velocità media con cui l’ISU cambia

nell’intervallo di tempo considerato; è possibile, infatti, che in

tale intervallo di tempo v abbia assunto valori diversi da

quello calcolato tramite la (1) che ne rappresenta, appunto, il

valore medio nell’intervallo di tempo Δt.

Immaginiamo ora di rimpicciolire l’intervallo di tempo Δt

in uno sempre più piccolo fino a che questo non diventi così

piccolo da poter essere considerato un singolo istante; quello

che succede è che anche ΔI diventerà molto piccolo

rappresentando in tal modo il movimento effettuato in un

intervallo di tempo grande come un istante. Ma dividere tra loro

il ΔI e il Δt “istantanei” equivale effettuare un’operazione

matematica detta calcolo del limite di una funzione e che viene

indicata, nel nostro caso con

cioè: in un determinato istante la velocità istantanea è la

derivata 22

prima dello spazio rispetto al tempo.

Bisogna comunque osservare che l’operazione di limite

necessita di una condizione precisa a cui devono obbedire le

grandezze coinvolte nell’operazione. Più precisamente, per

rimpicciolire a piacere gli intervalli ΔI e Δt, questi devono

essere “continui”; Ciò significa che, comunque piccolo si

22

Diamo qui la definizione analitica di derivata di una funzione.

Sia y = f(x) una funzione reale della variabile reale x, definita in un

sottoinsieme di R (R = campo dei numeri reali); quando la variabile

indipendente passa da un particolare valore x0 al valore x diciamo che ha

subito l’incremento Δx = x – x0; contemporaneamente la sua immagine

(ordinata) è passata dal valore f(x0) al valore f(x), subendo l’incremento

Δf(x) = f(x)-f(x); il rapporto Δf(x)/Δx viene chiamato rapporto

incrementale. Il limite di tale rapporto quando Δx tende a zero, se esiste

ed è finito, viene chiamato derivata prima della funzione nel punto x0 e si

indica con f’(x0). Ora, osservando che le quantità ΔI e Δt non sono

altro che gli incrementi sui rispettivi assi della funzione I = f(t), si vede

come il limite del loro rapporto, per Δt tendente a zero, non è altro che la

derivata prima dello spazio rispetto al tempo.

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20

scelga un intervallo spaziale o temporale, in esso devono

esserci sempre infiniti punti. Ora, mentre per il moto di un

oggetto fisico lo spazio e il tempo sono grandezze che variano

con continuità, in fisica politica il tempo è sempre lo stesso,

mentre lo spazio, ossia l’ISU, è diverso e perciò vogliamo

vedere se è possibile trattarlo come una grandezza continua ed

entro quali limiti. A tal proposito ricordiamo che l’ISU viene

calcolato ogni anno per ogni singola Nazione e, perciò, se ci

riferiamo ad intervalli di tempo lunghi un anno, il suo variare

avviene per quantità discrete, non continue. Ciò nonostante

nulla ci impedisce di pensare che, se I1 e I2 sono i valori

dell’ISU di un oggetto politico relativi a due anni successivi, tra

di essi ci sia una successione infinita di valori che uniscono con

continuità I1 e I2.

I - 3 Moto uniformemente accelerato.

Se la velocità non è costante vuol dire che spazi uguali non

vengono percorsi in tempi uguali; quando questo accade si

parla di moto accelerato.

Si definisce accelerazione politica il rapporto tra la

variazione della velocità politica Δv e l’intervallo di tempo

Δt in cui avviene tale variazione. Se la velocità varia in modo

costante, cioè a Δt uguali corrispondono Δv uguali,

l’accelerazione sarà costante ed il moto verrà detto

uniformemente accelerato.

L’unità di misura dell’accelerazione è il metro

politico/anno2.

Indicando con a l’accelerazione, con v0 la velocità del

moto politico di un oggetto all’istante t0, con vt la velocità

all’istante t, l’incremento della velocità e l’intervallo di tempo

saranno rispettivamente

∆v = vt - v0 e ∆t = t - t0

per cui l’accelerazione sarà data da

a = ∆v = vt - v0 (2)

∆t ∆t

da cui si ricava:

vt = v0 + a∆t . (3)

Quest’ultima espressione, che rappresenta la legge con cui la

velocità cambia nel tempo, può essere letta dicendo che la

velocità politica al tempo t è data da quella iniziale aumentata

del prodotto dell’accelerazione per l’intervallo di tempo

considerato.

Nella (2) a rappresenta l’accelerazione media calcolata

nell’intervallo di tempo ∆t.

Analogamente a quanto detto per la velocità, è possibile, che

in tale intervallo di tempo a abbia assunto valori diversi da

quello medio e che la (2) non ci consente di conoscere. Può,

comunque, risultare interessante conoscere l’accelerazione che

caratterizza il moto politico in un determinato istante; questa è

detta appunto accelerazione istantanea ed è definita nel

seguente modo:

a = lim ∆v = dv

∆t→0 ∆t dt

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21

cioè: l’accelerazione istantanea in un determinato istante è la

derivata prima della velocità rispetto al tempo 23

.

Il concetto di accelerazione istantanea va accettato con le

stesse considerazioni fatte per la velocità istantanea.

Se a è costante il moto politico viene detto uniformemente

accelerato.

Esaminiamo ora il seguente grafico. In esso è mostrato

l’andamento della velocità in funzione del tempo di un oggetto

politico in moto uniformemente accelerato.

velocità

v0 + at B

v0 A

O t0 t C

tempo

L’oggetto parte all’istante t0 con velocità v0. Poiché I = vt,

cioè spazio = velocità x tempo, dalla figura si vede come lo

spazio politico percorso nell’intervallo di tempo Δt = t - t0 è

dato dall’area del trapezio OABC 24

. Ricordando che l’area del

trapezio è data dal prodotto della semisomma delle basi per

l’altezza, ed essendo OA = v0, BC = v0+at e OC = t, si

ottiene:

I = (v0 + v0 + at)t

2

da cui si ricava la legge che descrive il modo in cui lo spazio

percorso varia nel tempo:

I = v0 t + 1at2. (4)

2

Questa esprime il fatto che nel moto uniformemente

accelerato lo spazio politico percorso nel tempo t è dato dal

prodotto della velocità iniziale per il tempo in cui la variazione

viene considerata, aumentato del semiprodotto

dell’accelerazione per il quadrato del tempo. Inoltre, indicando

con I0 la posizione iniziale e aggiungendola alla (4) si

ottiene, infine:

23

Risulta, poi, che l’accelerazione è la derivata seconda dello spazio

rispetto al tempo: a = d2I

dt2

24 Se dividiamo il segmento OC in n intervallini Δt1, Δt2, … Δtn , e ad

ognuno di questi associamo un’ordinata v compresa tra v0 e v0 + at,

otteniamo n trapezi che sono tanto più assimilabili a rettangoli quanto

più n è grande. I prodotti vΔt (che sono le are dei rettangolini)

rappresentano gli spazi percorsi negli intervalli di tempo Δt, per cui lo

spazio totale è dato dalla somma delle are di tutti i rettangolini; cioè:

n

I = ∑i vi∆ti

i=1

e, per n → ∞ , si ottiene: I = ∫vdt, ed è facile vedere che questo

integrale non è altro che l’area del trapezio OABC.

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22

I(t) = I0 + v0t + 1at2. (4’)

2

Quest’ultima ci dice quale sarà il valore dell’ISU tra t anni,

noti i valori di I, v e a nell’istante t0 scelto come iniziale.

I - 4 Moto vario.

Se velocità ed accelerazione di un moto non sono costanti nel

tempo il moto viene detto vario e, per descriverlo, occorrerebbe

far intervenire nelle equazioni di questo moto derivate di ordine

superiore al secondo.

Nella realtà, come si può osservare dai grafici in appendice

che illustrano l’andamento di I nel tempo, il moto politico di

uno Stato è generalmente vario, e, nella maggioranza dei casi e

negli intervalli di tempo considerati nei grafici, è descritto con

sufficiente approssimazione da funzioni logaritmiche o da

funzioni razionali di grado superiore al secondo.

I -5 Esempi di calcolo.

a) Supponiamo che l’ISU di una Nazione sia oggi pari a

0.72 e che la velocità del suo moto politico sia v = 25m/anno,

cioè in un anno il suo ISU varia di 0.025; considerando il moto

uniforme, vogliamo calcolare quale sarà il valore del suo ISU

tra cinque anni.

Applicando la (1’) si ottiene subito:

I(5) = 0.72 + 0,025 x 5 = 0,845.

b) Supponiamo ora che l’ISU di una Nazione sia pari a

0,681, che la sua velocità politica sia oggi v0 = 0,5 m/anno ed

il suo moto, uniformemente accelerato, sia caratterizzato da una

accelerazione a = 0.005 m/anno2; vogliamo calcolare quale

sarà il suo ISU tra sei anni. Applicando la (4’) si ottiene subito

I(6) = 0.681 + 0.0005x6 + 0.005x36 = 0.699.

c) Supponiamo che i moti politici di due Nazioni siano

descritti il primo dalla (1’) ed il secondo dalla (4’); il primo è,

quindi, un moto uniforme, mentre il secondo è uniformemente

accelerato.

Siano allora: I01 = 0,752 e v1 = 8m/anno la posizione iniziale

e la velocità del primo moto, I02 = 0,381 e v02 = 1,5 m/anno

e a = 1,3 m/anno2 la posizione iniziale, la velocità iniziale e

l’accelerazione del secondo moto; si vuole calcolare tra quanti

anni gli ISU delle due Nazioni saranno uguali.

La soluzione del problema si trova risolvendo rispetto a t il

sistema formato dalle (1’) e (4’):

It1 = I01 + v1t

It2 = I02 + v2 + 1at2

2

Sostituendo i dati si ottiene:

It1 = 0,752 + 8x10-3

t ,

It2 = 0,389 + 1,5x10-3

t + 1,3x10-3

t2;

Imponendo la condizione It1 = It2, con semplici calcoli si

ottiene l’equazione risolvente:

1,3t2 – 6,5t - 363 = 0

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23

che è di secondo grado del tipo ax2 + bx + c = 0, per la quale,

a seconda del valore della quantità Δ = b2 – 4ac, si

distinguono i seguenti tre casi:

1) se Δ < 0 l’equazione risolvente non ammette soluzioni e le

due Nazioni non avranno mai lo stesso ISU;

2) se Δ = 0 l’equazione risolvente ammette un’unica soluzione

data da t = -b/2a , che rappresenta un solo istante in cui le due

Nazioni avranno lo stesso ISU;

3) se Δ > 0 le soluzioni sono due, e cioè:

t1 = -b - Δ½

2a

t1 = -b + Δ½

2a

quindi ci saranno due istanti, t1 e t2 , nei quali le due Nazioni

avranno lo stesso ISU.

Nel caso specifico dell’esempio le soluzioni sono t1 = -14,88

(cioè 14,88 anni fa) e t2 = 19,38 (cioè tra 19,38 anni).

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24

Capitolo II: Statica e dinamica.

II - 1 Considerazioni introduttive.

Fino ad ora ci siamo interessati di cinematica, ossia abbiamo

studiato il moto senza interrogarci sulle sue cause.

Lo studio delle cause del moto è oggetto della statica e della

dinamica. La prima studierà le condizioni dell’equilibrio di un

oggetto politico soggetto a forze interne ed esterne; la seconda

analizzerà il moto degli oggetti politici in relazione alle cause che lo

generano, e che perciò non sono in equilibrio. Ma per fare questo

abbiamo bisogno di introdurre nuovi e fondamentali concetti.

Innanzitutto è opportuno dare una definizione di forza che sia

compatibile con i fenomeni che si verificano all’interno di un oggetto

politico o tra più oggetti. Pertanto definiamo forza: qualsiasi evento

naturale, sociale, politico, economico, individuale o collettivo che sia

in grado di modificare la struttura di un oggetto politico o di

alterarne il moto.

Per i nostri scopi è utile classificare le forze agenti all’interno di un

oggetto politico o tra più oggetti in due tipi:

a) forze di tipo violento25

; tra queste consideriamo le

rivoluzioni, le rivolte, le guerre civili, le guerre tra Stati, attuazioni di

strategie terroristiche, di guerriglia o patriottiche.

b) forze di tipo non violento; tra queste consideriamo quelle di

natura politica, economica, sociale, manifestazioni pubbliche.

Più avanti verrà data una definizione matematica di forza in modo

da poterne definire anche l’unità di misura.

Come si è detto precedentemente, non dovendo trattare di moti

curvilinei, ma solo di quelli rettilinei, lo studio dell’equilibrio delle

forze che agiscono su oggetti politici risulterà più semplice che in

fisica.

II - 2 Condizione di equilibrio di un oggetto politico.

Se si applicano due o più forze ad un qualsiasi oggetto politico,

questo raggiungerà una condizione di equilibrio o varierà il suo moto.

Se esiste la possibilità di ottenere lo stesso effetto applicando

all’oggetto una sola forza in sostituzione delle altre, questa verrà

detta risultante delle forze applicate.

Per calcolare la risultante di più forze che agiscono sullo stesso

oggetto politico assumeremo che tutte le forze agiscano lungo la

stessa retta d’azione, non potendo essere diversamente.

Consideriamo, allora, due serie di forze:

la prima F1 + F2 + … + Fn , che agisce in un senso;

la seconda F’1 + F

’2 + … + F

’n che agisce nel senso opposto.

Alla prima serie può essere sostituita la sua risultante F = F1 + F2 +

… + Fn ; alla seconda serie la risultante F’ = F

’1 + F

’2 + … + F

’n.

La risultante di F e F’ sarà data dalla somma algebrica:

Fr = F + F’ 26

.

Fr è dunque la risultante di tutte le forze che agiscono

contemporaneamente su un oggetto politico; il suo verso sarà quello

della componente di intensità maggiore.

Se risulta :

Fr = F + F’ = 0

allora l’oggetto politico è in equilibrio.

Si può a questo punto enunciare l’unica condizione di equilibrio di

un oggetto politico: un oggetto politico è in equilibrio, cioè la

velocità del suo moto politico è costante, se e solo se, è nulla la

risultante di tutte le forze che agiscono contemporaneamente su di

esso27.

II - 3 La massa politica.

Prima di trattare i principi della dinamica occorre precisare che un

principio, in quanto tale, non può essere dimostrato; se fosse

possibile dimostrarlo non sarebbe più un principio ma un teorema. Si

25 L’aggettivo va inteso, in questo caso, con la sua accezione usuale. 26

Le forze, ovviamente, vanno prese con i loro segni.

27

In questo paragrafo si è sottinteso il fatto che le forze agenti su un

oggetto politico non producano deformazioni dell’oggetto stesso, nel

senso che la sua struttura resti inalterata.

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25

chiama principio proprio perché si colloca alla base di una teoria:

prima di esso possono esserci solo altri principi. Tuttavia è possibile

verificare un principio attraverso più o meno numerosi riscontri

qualitativi e quantitativi con la realtà.

La massa politica, precedentemente definita come m = nI , è uno

dei concetti che stanno alla base degli argomenti trattati; occorre,

quindi, definirne l’unità di misura. Per questa si assumerà quella di

un oggetto politico composto da 106 individui e caratterizzato da un

ISU pari a 10-3

. L’unità di massa politica sarà chiamata chilogrammo

massa e verrà indicato con il simbolo Kgm. Ad un Kgm viene

quindi associato il numero:

1Kgm = 106x10

-3 = 10

3;

tale numero viene chiamato “numero unitario di massa” ed indicato

con la lettera greca “ν” .

Indicando con n il numero di individui di un oggetto politico,

ogni volta che ne verrà calcolata la massa bisognerà rapportare a ν il

prodotto n x I. La massa politica sarà quindi data da

m = nxI

ν

II - 4 Sistema di riferimento.

Un altro concetto essenziale per l’enunciazione dei principi della

dinamica è quello di sistema riferimento.

In fisica assume grandissima importanza quello che viene

chiamato sistema di riferimento inerziale28

. E’, infatti, rispetto ad un

tale sistema di riferimento che vengono studiati i moti dei corpi del

sistema solare. Analogamente in fisica politica bisogna stabilire

rispetto a quale sistema di riferimento viene studiato il moto di un

oggetto politico. Non dovendo essere contemplati moti curvilinei o

relativi, e, perciò, non dovendo trattare problemi relativistici, ed

essendo unica la direzione lungo la quale avviene il moto, il nostro

sistema di riferimento sarà costituito da una retta sulla quale vengono

rappresentati i valori di I.

Poiché, inoltre, I può assumere solo valori positivi, il nostro

sistema di riferimento si ridurrà ad una semiretta. Attribuire il valore

zero all’ISU di un oggetto politico significa attribuire lo stesso valore

ai parametri che concorrono alla sua determinazione; in particolare la

popolazione di un oggetto politico con I = 0 avrebbe un PIL = 0,

un indice di istruzione nullo e nessuna speranza di vita alla nascita:

una comunità di scimmie antropomorfe ha un I senz’altro maggiore

di zero.

Poiché, infine, il moto di tutti gli oggetti politici è riferito alla

stessa semiretta, non ha senso attribuire l’aggettivo inerziale ad un

simile sistema di riferimento29

.

II - 5 Primo principio.

Introduciamo il primo principio della dinamica con le parole di un

uomo che, forse più di ogni altro, ha contribuito alla nascita della

fisica moderna30

: “Supponiamo che un uomo segua una strada dritta

e piana, spingendo innanzi a sé un carrello a quattro ruote e che ad

un tratto cessi di spingere. Il carrello non si fermerà subito ma

continuerà a muoversi per una breve distanza. Domandiamoci: come

faremo per accrescere questa distanza? I mezzi idonei sono diversi e

cioè ungere le ruote e spianare meglio la strada. Quanto più

facilmente gireranno le ruote e quanto più liscia sarà la strada tanto

più a lungo seguiterà a muoversi il carrello. Ma che cosa è avvenuto

in realtà con la lubrificazione delle ruote e con il levigamento della

strada? Semplicemente questo: le influenze o resistenze esterne sono

state ridotte. Gli effetti di ciò che si chiama «attrito» tanto fra le

ruote ed il carrello, come fra le ruote e la strada, sono scemati. …

Figuriamoci una strada perfettamente piana e liscia, nonché ruote

assolutamente senza attrito. In tal caso nulla arresterebbe più il

carrello, cosicché esso continuerebbe a muoversi indefinitamente.

28

In fisica un sistema di riferimento rispetto al quale sia possibile

stabilire che un oggetto si muove di moto rettilineo uniforme è detto

inerziale.

29

Almeno fino a quando non entreremo in contatto con civiltà

extraterrestri.

30 EINSTEIN A., INFELD L., L’evoluzione della fisica, Universale

Scientifica Boringhieri, Torino 1990, p. 19 e ss.

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26

Siamo giunti a questa conclusione valendoci di un esperimento

ideale che in realtà non può mai venire eseguito, poiché è

materialmente impossibile eliminare tutte le influenze esterne.

Questo esperimento ideale conduce all’indizio basilare della

meccanica del moto. … Secondo Galileo, un corpo né spinto, né

tirato, né comunque sollecitato, od in altre parole un corpo sul quale

non agisce nessuna forza esterna, si muove uniformemente, vale a

dire sempre con la stessa velocità e lungo una linea retta. … La

conclusione di Galileo, che è la giusta, venne enunciata una

generazione più tardi da Newton, sotto forma della «legge

d’inerzia». Questa è generalmente la prima cosa, in fatto di fisica,

che a scuola s’impara a memoria e che forse qualcuno dei lettori

ricorda ancora. E cioè: «Ogni corpo persevera nel suo stato di

riposo, oppure di moto rettilineo uniforme, a meno che non sia

costretto a cambiare tale stato da forze agenti su di esso.»”

Tradotto nel linguaggio della fisica politica il primo si enuncia

dicendo che: in assenza di forze esterne o interne o, se la risultante di

tutte le forze agenti su un oggetto politico è nulla, il moto

dell’oggetto politico è uniforme.

Ciò implica che in tali condizioni la velocità dell’oggetto politico

sia costante.

La capacità di un oggetto politico di conservare la sua condizione

di moto uniforme è detta “inerzia” politica e dipende dalla sua massa:

tanto più grande è la massa di un oggetto politico, tanto maggiore

sarà la sua inerzia.

Questo principio ci fa capire perché le azioni politiche dei governi

sono estremamente lente: ogni politico, infatti, per sua natura tende a

conservare il suo potere e, se ne ha l’opportunità, ad estenderlo; ogni

sua azione che abbia uno scopo diverso porta con sé una percentuale

di rischio di fallimento (che, anche se minima, è sempre e comunque

maggiore di zero) e un dispendio di energie che potrebbe far vacillare

il suo potere; per tale motivo il politico tende a rimanere inattivo.

II- 6 Secondo principio.

Se osserviamo una sferetta rigida di un materiale qualsiasi

muoversi lungo un percorso rettilineo e con velocità costante, ci

aspettiamo che essa continui a muoversi allo stesso modo; ma, se

inaspettatamente la sferetta cambia la direzione del suo moto, o

cambia la sua velocità, oppure osserviamo entrambe le cose, siamo

portati a chiederci quale sia stata la causa di tale variazione; per il

primo principio, infatti, la sferetta tende a conservare tutte le

caratteristiche del suo moto. Perciò imputiamo la variazione del suo

moto ad una causa esterna alla quale i fisici danno il nome di forza,

legandola matematicamente alla variazione di velocità, cioè

all’accelerazione impressa ad un corpo con una relazione che va sotto

il nome di “secondo principio della dinamica”. La relazione è la

seguente:

F = ma,

ed esprime il fatto che, in un sistema di riferimento cartesiano

ortogonale che abbia la sua origine coincidente con il baricentro del

sistema solare e gli assi puntati verso tre stelle fisse, se si esercita su

un punto materiale una forza F, questa imprime al punto

un’accelerazione a tale che la forza esercitata è proporzionale

all’accelerazione impressa; al coefficiente di proporzionalità i fisici

danno, poi, il nome di massa inerziale.

Questo principio, che, come tale, non può essere dimostrato, è

tuttavia verificato sperimentalmente con grandissima

approssimazione.

Per analogia con quanto abbiamo detto per la sferetta rigida, se

osserviamo che un oggetto politico, animato da un moto rettilineo

uniforme, varia una o tutte le caratteristiche del suo moto, dobbiamo

imputare tale variazione all’intervento di un fatto nuovo al quale

diamo il nome di forza.

A questo punto possiamo enunciare il secondo principio della

dinamica politica: se ad un oggetto politico si applica una forza F ,

questa imprime su di esso una accelerazione a (= variazione nel

tempo della velocità dell’oggetto politico) tale che la forza applicata

è proporzionale all’accelerazione impressa31:

F = ka;

31 Anche in questo caso abbiamo sottinteso che la forza applicata non produca

deformazioni nell’oggetto politico.

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27

Il coefficiente di proporzionalità è la massa politica, cioè k = m e

la precedente relazione diventa:

F = ma. (1)

Poiché deve essere rispettato il primo principio, la massa politica

deve essere considerata come la proprietà di un oggetto di opporsi

alla variazione della propria velocità.

Una necessaria conseguenza di questo principio è che quanto più

grande è la massa di un oggetto politico, tanto maggiore dovrà essere

la forza da applicare ad esso per imprimere una determinata

accelerazione al suo moto.

Il secondo principio, fornendo una espressione matematica della

forza in funzione di parametri noti, consente anche di stabilirne

l’unità di misura che verrà chiamata Newton (e sarà indicata con la

lettera N) per analogia con la fisica; 1N corrisponde alla forza che

bisogna applicare ad un oggetto politico di massa unitaria per

imprimergli un’accelerazione di 1m/anno2.

II - 7 Esempi di calcolo.

Supponiamo di avere un oggetto politico con una popolazione di n

= 20x106 individui. L’ISU di questo oggetto sia I1 = 0,50;

si vuole calcolare la forza da applicare all’oggetto politico affinché il

suo ISU passi in 10 anni dal valore I1 = 0,5 al valore I2 = 0,7.

Calcoliamo.

La massa politica dell’oggetto è data da m = nxI , cioè:

ν

m = 20 x 106 x 0,5 = 10Kgm;

106

l’accelerazione media voluta è data da:

a = I2 - I1 = 0,7 – 0,5 = 0,2 = 2m/anno2 ;

t2 10

2 10

2

la forza da applicare sarà allora:

F = m x a = 2 x 104N.

II - 8 Considerazioni sulla definizione di massa politica.

Dopo tutte le considerazioni e i risultati ottenuti siamo giunti al

“cuore” della fisica politica: la massa politica. La sua definizione è

fondamentale per la costruzione di tutta la fisica politica; senza di

essa non sarebbe possibile definire altre grandezze come forza, peso,

pressione, e tutte quelle legate a loro volta al concetto di energia.

Perciò riteniamo importante approfondire ulteriormente l’argomento.

In fisica la massa viene definita a posteriori come il coefficiente di

proporzionalità tra la forza applicata ad un corpo e l’accelerazione

impressa al corpo stesso: F = Ka; al coefficiente di proporzionalità K

viene dato il nome di massa inerziale ed indicato con m; alla massa

inerziale viene poi associata intuitivamente la quantità di materia di

cui un corpo è composto e questa è considerata come ciò che si

oppone alla variazione della sua velocità, perché maggiore è la massa

di un corpo, maggiore deve essere la forza da esercitare sullo stesso

per imprimergli una determinata accelerazione.

In fisica politica, invece, la massa è definita a priori come il

prodotto del numero di individui di un oggetto politico per il suo

ISU (m = n x I).

Perché n e perché I ?

Se n1 e n2 , con n2 > n1 , sono le popolazioni di due oggetti politici

con lo stesso ISU, per imprimere ai due oggetti una stessa

accelerazione bisognerà esercitare su di essi due forze F1 e F2 tali

che F2 > F1. Analogamente, se I1 e I2 sono gli ISU di due oggetti

politici caratterizzati dallo stesso valore di n e ad essi si vuole

imprimere una stessa accelerazione, dalla relazione I2 > I1 segue che

sui due oggetti bisognerà esercitare due forze F1 e F2 tali che F2 >

F1.

Da quanto detto risulta che il prodotto di I ed n influenza la

relazione (1) così come la massa “K” influenza l’espressione F =

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28

Ka. Da ciò segue la necessità dell’introduzione di entrambi i fattori

nella definizione della massa politica.

Un’importante conseguenza di questa considerazione è che la

massa politica risulta essere una grandezza variabile.

Indicata con n = f(I) la funzione che lega il numero degli

individui che compongono un oggetto politico al relativo ISU, la

massa politica sarà data da:

m = If(I)

e la (1) assume la forma

F = If(I)a . (1’)

Inoltre, poiché

a = dv e v = dI ,

dt dt

risulta

a = d2I,

dt2

e la (1’) diventa:

F = If(I)d2I . (1’’)

dt2

Tenendo presenti gli elementi che concorrono alla determinazione

dell’ISU, risulta che la popolazione di un oggetto politico con un alto

valore di I ha un tenore di vita più elevato; gode, cioè di un

maggiore benessere economico, usufruisce di un migliore servizio

sanitario, ha un livello culturale più alto. Tutto ciò presuppone che un

tale oggetto sia dotato di strutture politiche, sociali ed economiche

molto evolute e complesse che, se da un lato garantiscono una

migliore qualità della vita, dall’altro, proprio per la loro mole e

complessità, aumentano notevolmente l’inerzia dell’oggetto politico

rendendolo poco incline a rapidi processi evolutivi.

Queste considerazioni, ben note ai politici, danno luogo a due

dottrine politiche contrapposte. La prima propone lo snellimento

delle strutture degli organi32

che governano e indirizzano la vita di

una Nazione in modo che, riducendone la massa politica e, quindi, la

sua inerzia, sia possibile ottenere un determinato cambiamento

esercitando forze più piccole.

Una delle conseguenze negative di questa dottrina sta nel fatto che

uno snellimento eccessivo rende l’oggetto politico più vulnerabile ad

influenze ed attacchi interni o esterni da parte di altri oggetti politici.

Ad esempio, le Nazioni dell’America centrale e dell’Africa

centrale, caratterizzate da bassi valori di m , sono state storicamente

più soggette (e lo sono ancora) a sfruttamenti di potenze straniere ed

a colpi di Stato.

La seconda, invece, teorizza la moltiplicazione e l’amplificazione

delle strutture dello Stato in modo che questo possa interessarsi in

maniera più capillare di ogni singolo cittadino. Una conseguenza

negativa di quest’altra dottrina sta nel fatto che il moltiplicare e

l’amplificare eccessivamente le strutture dello Stato conferisce a

questo una eccessiva massa politica che ne aumenta in modo

abnorme l’inerzia, rendendolo incapace di ogni sorta di

cambiamento. Inoltre l’interesse sempre più capillare nei confronti di

ogni singolo cittadino porta poi lo Stato a privare quest’ultimo di

“quote di libertà” sempre più grandi. In tali condizioni le

responsabilità personali di ogni individuo perdono valore; le

iniziative individuali, frenate dagli apparati burocratici dello Stato,

diminuiscono e la loro incisività scema fino al punto da rendere

l’individuo privo di ogni interesse per la società che lo circonda.

Nelle Nazioni a regime socialista l’applicazione di questa teoria ha

32

L’insieme di questi dà luogo ad un particolare oggetto politico: lo

Stato.

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29

contribuito, insieme ad altri fattori, a mantenere basso il tenore di vita

delle loro popolazioni. Questo fatto è facilmente e immediatamente

verificabile confrontando i valori dei loro ISU con quelli delle

Nazioni più progredite e nelle quali lo Stato lascia al cittadino quote

di libertà che gli garantiscono una aspettativa di vita più gratificante.

II - 9 Terzo principio.

In natura una qualsiasi forza non agisce mai da sola, ma sempre in

coppia con un’altra. Consideriamo, ad esempio, una palla appoggiata

al suolo. In virtù dell’attrazione gravitazionale la terra esercita la sua

forza attrattiva sulla palla e questa esercita la sua forza attrattiva sulla

terra. Per la condizione di equilibrio (la palla è ferma rispetto alla

terra e viceversa) la somma delle due forze deve essere nulla. Detta

allora la F1 la forza esercitata dalla terra e F2 quella esercitata dalla

palla, deve essere:

F1 + F2 = 0

Cioè:

F1 = - F2

Questa è l’espressione matematica del terzo principio della dinamica

secondo il quale, in un sistema isolato, se un corpo A esercita una

forza F su un corpo B , questo esercita su A una forza della

stessa intensità, lungo la stessa direzione, ma con verso opposto.

Questo è il terzo principio della dinamica, conosciuto come

principio di “azione e reazione”. Per enunciarlo anche in fisica

politica abbiamo bisogno di definire una nuova grandezza: la

quantità di moto. Questa, che indichiamo con la lettera q, è definita

come il vettore prodotto della massa per la velocità di un oggetto

politico:

q = mv .

Con questa definizione il terzo principio afferma che: la quantità

di moto di un oggetto politico isolato o di un sistema isolato di

oggetti politici è costante.

Questo enunciato è solo una delle varie forme in cui il principio

viene espresso e va accettato con la limitazione che non debbano

verificarsi fenomeni che producano una sensibile variazione delle

risorse naturali alle quali l’oggetto politico attinge normalmente33

.

Studiamo il caso semplice di un sistema isolato34

composto da due

oggetti politici e supponiamo che la quantità di moto totale di questo

sistema sia pari a zero; siano m1 , v1 , m2 , v2 le rispettive masse

politiche e velocità; le quantità di moto associate ai due oggetti

saranno allora:

q1 = m1v1 e q2= m2 v2 .

In base a quanto affermato dal terzo principio, se i due oggetti sono

isolati, si avrà :

q1 + q2 = 0 ,

ovvero:

q1 = -q2

e, quindi:

m1v1 = -m2v2 ;

dividendo entrambi i membri per uno stesso intervallo di tempo ∆t

si ricava:

m1v1 = -m2v2 ;

∆t ∆t

33

Quest’ultima considerazione va accettata con un significato più largo;

ad esempio l’oggetto politico costituito da un’organizzazione sindacale

non attinge risorse dalla natura, ma da altri oggetti politici.

34

Un oggetto politico o un sistema di oggetti politici si dice isolato se su

di esso non agiscono forze esterne. A questo proposito precisiamo che

se la risultante delle forze esterne che agiscono sull’oggetto o sul sistema

di oggetti politici è nulla non possiamo affermare che l’oggetto è isolato.

In ogni caso l’aggettivo “isolato” va accettato con la limitazione

precisata nella nota 23 pag. 53.

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30

i rapporti v1 e v2 sono le due accelerazioni politiche a1 e a2 a

∆t ∆t

cui sono sottoposti gli oggetti politici del sistema. Si può allora

scrivere:

m1a1 = - m2 a2 ;

per il secondo principio il prodotto ma è una forza, per cui alla fine

si ottiene:

F1 = -F2 (1’’’)

Questa è una diversa formulazione del terzo principio (azione e

reazione) il cui significato è il seguente: se un oggetto politico

esercita su un altro una forza F1 , quest’ultimo esercita sul primo

una forza F2 di pari intensità ma di verso opposto.

Bisogna tener presente che l’azione della forza che interviene nella

(1’’’

) non è semplicemente immediata ed istantanea.

Un oggetto appoggiato su un tavolo esercita su questo una forza

pari al proprio peso ed il tavolo, per reazione, esercita una forza

uguale e contraria in modo da mantenere l’equilibrio. In casi come

questo l’azione delle due forze è esercitata istante per istante e

l’equilibrio è assicurato fino a quando il tavolo sarà in grado di

esercitare la sua reazione. Analogamente, se un oggetto politico,

esercitando su un secondo oggetto politico ne suscita la reazione,

questa potrà essere esercitata a sua volta fino a quando il secondo

oggetto politico sarà in grado di farlo. Ma, per esercitare una forza

occorre spendere una certa quantità di energia, e questa, come è stato

detto già altre volte, ha un costo economico. Perciò l’oggetto politico

potrà esercitare la sua reazione fino a quando le sue risorse

economiche glie lo consentiranno.

Poiché è impossibile esercitare una forza per un intervallo di

tempo ∆t = 0, l’intervallo durante il quale viene esercitata la forza,

comunque piccolo, sarà sempre maggiore di zero.

Da queste considerazioni nasce l’esigenza di introdurre una nuova

grandezza fisica che tenga conto dell’intervallo di tempo durante il

quale viene esercitata una forza: l’impulso. Questo è il prodotto di

una forza per l’intervallo di tempo durante il quale agisce la forza;

indicando con h l’impulso, si ha:

h = F∆t.

Per l’impulso sussiste la relazione che ne stabilisce l’uguaglianza

numerica con la quantità di moto:

F∆t = m∆v35

;

Da quest’ultima ricavando:

∆v = F∆t

m

si ottiene una relazione che afferma che se su un oggetto politico di

massa m si esercita per un intervallo di tempo ∆t una forza F, la

velocità dello stesso cambierà di una quantità ∆v secondo la

relazione trovata.

35

Tale relazione in fisica prende il nome di “teorema dell’impulso”.

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31

Capitolo III: L’energia.

III - 1 Lavoro ed Energia.

Quando si parla di energia in genere si fa riferimento al

combustibile che serve per far muovere un’automobile, a quello

che occorre per far funzionare le centrali elettriche, all’energia

nucleare, a quella eolica e ad altre sue forme.

In virtù di queste considerazioni e del fatto che ogni forma di

energia può essere trasformata in un’altra, è facile vedere la sua

analogia con il denaro, infatti anch’esso può essere trasformato,

spendendolo, in qualche forma di energia e, perciò, e anche per

il fatto che l’energia, in qualsiasi forma si manifesti, ha un

costo, postuleremo l’uguaglianza denaro = energia.

Da questo punto di vista si capisce come la ricchezza di un

oggetto politico consista nel disporre di denaro o di energia o di

entrambe le cose. Tuttavia non si può affermare che una

comunità primitiva sia ricca per il semplice fatto di risiedere su

un immenso giacimento di petrolio: una simile comunità non ha

la capacità tecnologica per trasformare petrolio in energia

disponibile. Perciò parte della ricchezza di una Nazione è legata

alla sua capacità di “estrarre” energia dalla natura e di renderla

fruibile dalla popolazione per i suoi bisogni primari, che sono

quelli legati alla sopravvivenza (acqua, nutrimento e farmaci),

e secondari (tutto ciò che rende serena ed interessante la vita

individuale, sociale ed intellettuale di un popolo).

Da quest’ultimo punto di vista, ed in accordo con la

definizione dell’ISU, si può affermare che il livello di sviluppo

di un popolo dipende da diversi fattori, tra i quali i più

significativi sono:

a) la capacità di attingere energia dalla natura e renderla

fruibile;

b) l’aspettativa di vita alla nascita di ogni individuo, e ciò

presuppone capacità e volontà politica di investimenti

economici nei servizi sanitari nella qualità e nella quantità che

il governo dell’oggetto politico rende alla popolazione;

c) il livello tecnologico e l’efficienza delle strutture

dell’oggetto politico;

d) il livello culturale della popolazione;

e) la capacità della popolazione di poter attingere all’energia

resa fruibile dalle strutture dell’oggetto politico.

Fatte queste considerazioni e capito cosa intendiamo quando

parliamo di energia, introduciamo adesso il concetto di lavoro

fatto da una forza.

In fisica se vogliamo sollevare un oggetto da una altezza h1

ad una altezza h2 dobbiamo esercitare su di esso una forza che

agisca, contro il suo peso, per tutto il percorso ∆h = h2 - h1; ma

ogni volta che si usa una forza bisogna attingere energia da

qualche parte. La quantità di energia che occorre per sollevare

l’oggetto della quantità ∆h , e che viene chiamata lavoro, è

esattamente pari al prodotto della forza esercitata per lo

spostamento che ha prodotto.

In fisica politica se si esercita su un oggetto politico una

forza F e questa produce una variazione dell’ISU dal valore I1

ad un altro I2, detta ∆I = I2 - I1 la variazione, diciamo che la

forza F ha eseguito un lavoro L dato da:

L = F ∆I.

Una forza F per poter eseguire un lavoro deve

necessariamente “usare” una certa quantità di energia, nel

senso che deve trasformare una certa quantità di energia in

lavoro; la quantità di energia trasformata è esattamente uguale

al lavoro eseguito, cioè:

E = L = F∆I. (1)

Questa uguaglianza numerica tra energia spesa e lavoro

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32

svolto è vera solo se non intervengono altre forze a dissipare

parte dell’energia che si vuole trasformare in lavoro.

L’unità di misura del lavoro e, quindi, dell’energia, è il Joule.

Un Joule equivale al lavoro eseguito dalla forza di 1 N nel

produrre un incremento ∆I = 1m sulla massa unitaria.

Ci proponiamo ora di tradurre in termini di denaro il lavoro

di un Joule.

Per fare ciò premettiamo che gli esperti dell’UNDP hanno

attribuito al PIL pro capite minimo il valore di 100$. Gli altri

parametri che determinano l’ISU36

sono dello stesso ordine di

grandezza e rappresentano indirettamente l’entità degli

investimenti economici che uno Stato fa nelle direzioni che essi

indicano e, quindi, li possiamo ritenere omogenei, cioè

grandezze della stessa specie. Per questi motivi attribuiremo ad

ognuno di essi lo stesso valore che, sostituito in

ISU = Is + Aa + Ip ,

3

dà luogo al valore monetario minimo di I pari a 102$.

Ricordando che

1 Joule = 1N x 1ISU = 1kg x 1m/anno2 x 1ISU,

associando la cifra di 102$ ad ogni elemento della massa

unitaria otteniamo che 1kgm = 106x10

2$

(37) e, perciò

1J = 106x10

2 x 1m/s

2 x 1ISU = 10

8$.

III - 2 Energia cinetica.

Il termine “energia cinetica” viene usato dai fisici per riferirsi

ad una particolare forma di energia associata al movimento di

un corpo (dal greco: κινέω = muovo). Questo vuol dire che un

corpo in movimento rispetto ad un determinato sistema di

riferimento possiede una quantità di energia che dipende non

solo dalla sua massa ma anche dalla sua velocità.

Cerchiamo di chiarire meglio il concetto.

Se scagliamo con la nostra mano una biglia di ferro contro

una parete, la biglia probabilmente riesce appena a scalfire il

muro. Ma se la stessa biglia la “spariamo” con un arma da

fuoco contro la stessa parete il danno prodotto sarà senz’altro

maggiore. La differenza tra le due esperienze sta nel fatto che

con la nostra mano la biglia può raggiungere una velocità di

circa trenta metri al secondo, mentre con l’arma da fuoco la

velocità della biglia può arrivare anche a cinquecento metri al

secondo. Perciò non è solo la massa che determina l’entità del

danno prodotto sulla parete; infatti se la massa è la stessa nei

due casi, è la velocità della biglia a determinare la differenza;

maggiore è la velocità, maggiore sarà il danno prodotto dalla

biglia.

Dall’esempio risulta in modo naturale che, se vogliamo

determinare matematicamente ciò che effettivamente rende

differenti le due esperienze, dobbiamo associare ad un corpo

una nuova grandezza che dipende sia dalla sua massa che dalla

sua velocità.

Ricordando le relazioni:

F = ma e I = v2

2a

dalla (1), III - 1 si ricava:

36

Ricordiamo che questi sono: Is = indice di speranza di vita alla nascita,

e Ia = indice di alfabetizzazione. 37

In questo modo viene anche introdotto il concetto di

equivalenza tra massa ed energia.

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33

E = ma x v2

2a

cioè:

E = 1mv2; (1)

2

a quest’ultima quantità diamo il nome di energia cinetica.

La (1) esprime il fatto che un oggetto politico di massa m in

movimento possiede una quantità di energia cinetica che

dipende principalmente dalla velocità v del suo moto politico.

Poiché, inoltre, m e v dipendono da I , la (1) è anche la

misura della intensità delle attività lavorative, commerciali,

economiche e sociali dell’oggetto politico a cui si riferiscono.

Inoltre, se si applica una forza ad un oggetto politico di massa

m il cui effetto è quello di far variare la sua velocità dal valore

v1 al valore v2 , anche la sua energia cinetica varierà e il

lavoro L eseguito dalla forza sarà pari alla differenza di

energia cinetica dell’oggetto cui la forza è applicata:

L = 1mv22 - 1mv1

2 (2)

2 2

III - 3 Energia potenziale.

Riprendiamo ora il discorso sulla biglia da un altro punto di

vista e immaginiamo di prenderla con due dita, di portarla a due

metri di altezza dal pavimento e poi di lasciarla cadere; anche

in questo caso la biglia riuscirà a mala pena a scalfire il

pavimento; se, invece, la lasciamo cadere da un’altezza di

trenta metri sullo steso pavimento, il danno che produrrà sarà

molto più grande ed evidente.

Cosa è successo?

Per portare la biglia a due metri di altezza dal pavimento

abbiamo fatto un lavoro molto più piccolo di quello che è stato

necessario per portarla a trenta metri di altezza. Supponiamo

che per fare questo lavoro abbiamo usato la nostra forza. Perché

abbiamo dovuto usarla? Il motivo sta nel fatto che la biglia è

attratta verso il pavimento dalla gravità terrestre, cioè, è

sottoposta ad una forza che dipende dalla sua massa e da una

particolare accelerazione: quella di gravità. Questa forza è il

peso stesso della biglia; perciò, per elevarla ad una determinata

altezza abbiamo dovuto fare un lavoro contro la forza peso.

Come tutte le forze possono essere espresse dal prodotto di

una massa per una accelerazione, la forza peso associata ad un

corpo è data dal prodotto della sua massa per l’accelerazione di

gravità:

p = mg.

Il lavoro fatto per portare la biglia prima a due metri di

altezza e poi a trenta metri di altezza è stato, nei due casi,

L1 = mg x 2 e L2 = mg x 30.

Come si vede, in entrambi i casi il lavoro dipende

dall’altezza, oltre che da m e g, come pure il danno fatto dalla

biglia al pavimento. Il lavoro fatto è servito, quindi, a dare alla

biglia la capacità di produrre un danno la cui entità dipende

dall’altezza raggiunta dalla biglia, o meglio, dalla sua distanza

dal centro della Terra: come se avessimo caricato la biglia di

qualcosa, come si fa quando si comprime una molla a spirale.

A questo “qualcosa” i fisici danno il nome di energia

potenziale che ora siamo in grado di definire.

Se indichiamo con h l’altezza da terra di un corpo di massa

m la sua energia potenziale è data dal prodotto del suo peso per

l’altezza:

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34

Ep = mgh.

Per definire l’energia potenziale abbiamo dovuto introdurre

l’accelerazione di gravità g38

; questa è l’accelerazione con la

quale tutti i corpi cadono sulla Terra.

Per misurare g si può lasciare un corpo da una certa altezza

in caduta libera, nel vuoto, e misurarne le velocità ad intervalli

uguali di tempo; rapportando le variazioni di velocità ai relativi

intervalli di tempo si verifica che tali rapporti, nei limiti degli

errori di misura, sono tutti uguali e pari a 9,81.

Per energia potenziale riferita ad un oggetto politico

dobbiamo intendere tutto il lavoro svolto dalla sua popolazione

per portare il proprio ISU all’attuale valore. In altri termini

possiamo anche dire che l’energia potenziale di un oggetto

politico rappresenta la sua ricchezza distribuita secondo i

parametri di calcolo dell’ISU. È chiaro, perciò, che, anche in

meccanica politica, l’energia potenziale è una funzione che

dipende dalla posizione, cioè dall’ISU; a parità di massa

politica è maggiore l’energia potenziale dell’oggetto con un

ISU più elevato.

Per analogia con l’esperienza di un corpo in caduta libera,

siamo in grado di capire cosa rappresenti g in fisica politica:

essa è l’accelerazione con la quale l’ISU di un oggetto politico

cadrebbe dal suo valore attuale al valore zero se l’oggetto

venisse isolato completamente dal contesto delle Nazioni della

Terra e dalla natura, o, diversamente, se all’oggetto venissero

interdette tutte le fonti di approvvigionamento energetico ed

alimentare. In pratica, noto il valore di g, potremmo anche

sapere in quanto tempo un oggetto politico passerebbe dal suo

attuale livello di civiltà allo stato di barbarie pura.

Fortunatamente per l’umanità un esperimento con lo scopo di

misurare questo tempo non è possibile, né teoricamente né

praticamente. Tuttavia è di grande importanza, per la fisica

politica, attribuire un valore a g. Assumeremo, perciò, per

analogia con la fisica, ma in modo completamente arbitrario, il

valore: g = 9,81 m/anno2.

Fatte queste premesse, siamo in grado di calcolare l’energia

potenziale di un oggetto politico:

Ep = mgI = ngI2.

Inserendo, poi, il valore di g nell’equazione detta di “caduta

libera” di un oggetto politico, si ottiene:

It – 1gt2 = 0

2

da cui si ricava:

t = (2 I0)½

m

In questo caso t rappresenta il tempo che un oggetto

politico di massa m e ISU = It impiegherebbe a “precipitare

in caduta libera”, dal valore I = It al valore I = 0, cioè allo stato

di barbarie.

Per paesi come l’Italia o l’Inghilterra una tale circostanza si

verificherebbe in cinque mesi e nove giorni; e questo risultato

ci conforta, perchè è in accordo con le tesi degli autori di molti

romanzi catastrofici di fantascienza39

.

III - 4 Conservazione dell’energia.

Prima di affrontare lo studio sulla conservazione dell’energia

in fisica politica dobbiamo esaminare alcuni concetti e nozioni

della fisica classica riguardanti l’energia e le sue

trasformazioni.

38

g = 9,81 m/s2

39 Christopher J, Morte dell’erba, Mondadori Urania, 1967.

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35

Campi di forza conservativi.

In fisica un campo di forza è una regione di spazio dove è

possibile misurare in ogni punto l’intensità, la direzione e il

verso di una determinata forza.

La Terra è sede, o meglio, genera il suo campo

gravitazionale. E questo vuol dire che in ogni punto che si trova

al suo interno, sulla sua superficie o distante da essa (ma non

eccessivamente) è possibile misurare quella che viene chiamata

forza gravitazionale, cioè la forza responsabile della caduta

della mela di Newton, che poi è la stessa che fa sì che tutti i

corpi dell’universo si attraggono. In un tale campo di forza se

trasportiamo con un montacarichi un oggetto pesante dal piano

terra di un edificio fino al decimo piano, il montacarichi esegue

un lavoro contro la forza del campo. Viceversa, se si lascia

cadere liberamente dal decimo piano lo stesso oggetto, in

questo caso è la forza del campo che esegue un lavoro. Se si

esclude l’attrito con l’aria e l’aumento di temperatura del

motore del montacarichi dovuto ai suoi attriti interni, si trova

che i due lavori sono esattamente opposti e, quindi, la loro

somma è zero.

In fisica per spiegare questo fatto si dice che il campo

gravitazionale è un campo “conservativo”. Più propriamente un

campo si forza si dice conservativo se il lavoro eseguito lungo

una qualsiasi linea chiusa è nullo, e le forze che eseguono il

lavoro vengono dette conservative. Tutto questo implica anche

che il lavoro eseguito da una forza conservativa non dipende

dal particolare percorso seguito

Ci sono altre forze, invece, che non sono conservative, nel

senso che il lavoro eseguito da esse dipende dal percorso

seguito; una di queste è l’attrito. Infatti, se spostiamo un

oggetto su un piano scabro per portarlo da un punto A ad un

punto B lungo la retta che congiunge A e B , il lavoro

eseguito in questo percorso è sempre minore di quello eseguito

lungo un qualsiasi percorso non rettilineo che conduca da A a

B.

Nella realtà, per l’esistenza di infiniti attriti, una forza

conservativa è solo un modello teorico, e ciò significa che il

lavoro fatto da una qualsiasi forza conservativa lungo una linea

chiusa non è mai esattamente nullo. Inoltre, una parte

dell’energia usata per compiere un lavoro viene

necessariamente persa trasformandosi, ad esempio, in calore

che non può più essere riutilizzato. In sostanza possiamo

affermare che la natura è un po’ sprecona, e, da questo punto di

vista, quando si usa il principio di conservazione dell’energia

meccanica, bisogna sempre fare i conti con gli sprechi della

natura. Va aggiunto, inoltre, che solo in sistemi isolati si può

parlare di conservazione dell’energia, e che, infine, anche un

sistema isolato è solo un modello matematico.

Se la natura è un po’ sprecona, l’uomo lo è molto di più e,

perciò, il principio di conservazione dell’energia meccanica che

stiamo per affrontare, applicato alla fisica politica va usato con

estrema cautela.

Come vedremo in seguito, un sistema composto da un certo

numero di persone non è mai isolato: tra esso e gli altri sistemi

umani, e tra questi e la natura esistono sempre numerosissimi

scambi di tipo energetico, per cui in un qualsiasi approccio ad

una analisi energetica di un insieme di sistemi sociali che

interagisce con la natura è quasi impossibile tenere conto di

tutti gli scambi energetici.

Con queste premesse affrontiamo ora lo studio della

conservazione dell’energia in fisica politica.

Sia Ep1 l’energia potenziale di un oggetto politico all’istante

t1 ed applichiamo all’oggetto una forza F per un intervallo di

tempo Δt = t2 – t1 che ne faccia diminuire l’energia potenziale.

Sia Ep2 l’energia potenziale dell’oggetto all’istante t2 ; dovrà

essere: ΔEp = Ep1 – Ep2; ciò vuol dire che la forza F ha

eseguito il lavoro L = Ep1 – Ep2. Contemporaneamente la

velocità dell’oggetto sarà passata dal valore v1 al valore v2, e

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36

questo comporta una variazione di energia cinetica pari a:

ΔEc = 1mv22 – 1mv1

2.

2 2

Inoltre deve anche essere:

Ep1 – Ep2 = 1mv22 – 1 m v1

2,

2 2

Cioè:

Ep1 + 1mv12 = Ep2 + 1mv2

2.

2 2

Quest’ultima equazione prende il nome di teorema della

conservazione dell’energia meccanica, ed esprime il fatto che,

se su un oggetto politico non agiscono altre forze se non quella

che ha prodotto la variazione di energia potenziale, la somma

algebrica dell’energia potenziale e dell’energia cinetica

dell’oggetto politico è costante:

Ep + Ec = E = K,

dove E rappresenta l’energia meccanica totale dell’oggetto

politico.

Il teorema implica anche che le due forme di energia possono

trasformarsi l’una nell’altra mantenendo K costante; ovvero, se

aumenta l’energia potenziale di un oggetto politico, quella

cinetica deve necessariamente diminuire affinché la loro

somma si mantenga costante.

Da quanto detto all’inizio di questo paragrafo risulta evidente

che questo principio di conservazione è solo un modello

teorico. Inoltre possono verificarsi casi in cui, mentre l’energia

cinetica di un oggetto politico resta costante, si assiste ad una

variazione della sua energia potenziale, e viceversa.

Poiché, infine, in fisica politica la principale espressione con

cui si manifesta l’energia è il denaro, solo attraverso un’attenta

valutazione delle condizioni economiche e sociali in cui

avviene un fenomeno si potranno stabilire i limiti e la validità

dell’uso del principio di conservazione enunciato.

III - 5 Peso politico.

Con i risultati del paragrafo precedente siamo ora in grado di

dare significato oggettivo alle espressioni tanto spesso usate dai

politici di tutto il mondo quali peso politico e pressione

politica.

In meccanica il peso è una forza, cioè è il prodotto di una

massa per l’accelerazione di gravità.

Per analogia, in meccanica politica risulta che il peso di un

oggetto politico è dato dal prodotto della sua massa per

l’accelerazione politica di gravità:

p = mg = nIg .

C’è da osservare che, se da un lato un oggetto politico è in

grado di esercitare il suo peso su un altro oggetto, dall’altro

bisogna sottolineare il fatto che ogni oggetto politico è

sottoposto al proprio peso. Ciò implica il fatto che ogni oggetto,

per rendere e mantenere progressivo il proprio moto politico

con velocità costante, per il primo principio, deve esercitare

costantemente una forza che faccia equilibrio al proprio peso e

alla somma algebrica di tutte le altre forze che agiscono su di

esso con verso opposto. Da qui si capisce anche che un oggetto

politico per continuare ad esistere, dovendo esercitare

costantemente una forza che faccia equilibrio almeno al suo

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37

peso, deve continuamente assorbire energia dalla natura o da

altri oggetti politici.

Per le Nazioni con ISU medio-alto, la forza principale che

contribuisce a mantenere l’equilibrio politico è costituita dal

lavoro attivo di tutta la Nazione, al contrario di quanto avviene

per le Nazioni con ISU molto basso il cui equilibrio, se esiste,

è mantenuto da Nazioni più ricche con forze che spesso

vengono espresse attraverso contributi umanitari.

III - 6 Pressione politica.

In fisica la pressione è il rapporto tra una forza e la superficie

sulla quale tale forza è applicata. Spieghiamo il concetto con un

esempio.

Se diamo una martellata ad un chiodo mantenuto

verticalmente su un pezzo di legno il chiodo riuscirà a

conficcarsi nel legno; se invece diamo la stessa martellata

direttamente al legno il martello non vi si conficcherà. Nel

primo caso abbiamo esercitato una forza su una parte della

superficie del legno pari a quella della punta del chiodo, e

perciò la pressione esercitata, risultante dal loro rapporto, era

molto più grande che nel secondo caso dove la superficie

interessata, uguale a quella di contatto tra il martello ed il

legno, era molto più estesa . Questo vuol dire che se

applichiamo due forze della stessa intensità su due superfici

diverse, sarà maggiore la pressione a cui risulta sottoposta la

superficie più piccola.

In fisica politica la pressione politica è definita in modo

analogo, e cioè come il rapporto tra la forza esercitata da un

oggetto politico sulla superficie espressa da un altro. Ciò vuol

dire che, avendo assunto I come lunghezza politica,

assumeremo come superficie di un oggetto politico il quadrato

del suo I, per cui la pressione esercitata da un oggetto politico

su un altro sarà data da:

p = F

I2

Se la forza esercitata è pari al peso dell’oggetto attivo,

indicando con I1 e I2 gli ISU del primo e del secondo

oggetto, sarà;

F = mgI1 = ngI12

e la pressione alla fine sarà:

p = ngI12 ,

I22

cioè, proporzionale al quadrato del rapporto degli ISU.

III - 7 L’ “attrito interno” di un oggetto politico.

Ora introduciamo con un semplice esempio un’importante

caratteristica di ogni oggetto politico che chiamiamo attrito

interno.

Quando la nostra automobile ci trasporta da un luogo ad un

altro, non tutta l’energia sviluppata dal carburante usato dal

motore si trasforma in energia cinetica (cioè quella che fa

muovere l’automobile); una parte di essa, infatti, viene usata

per vincere l’attrito che si genera tra le ruote e la strada e tra la

carrozzeria e l’aria; un’altra parte, poi, va a riscaldare il motore

che, proprio per questo, disperde nell’aria una parte non

trascurabile di calore; una parte ancora fa funzionare i

dispositivi elettromagnetici del veicolo, e, infine, un’ultima

parte si trasforma in rumore.

Perché il motore si riscalda? La cause sono sostanzialmente

due. Una è dovuta alle continue e rapide combustioni che

avvengono nelle camere da scoppio dei cilindri, un’altra è

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38

dovuta al fatto che nel motore ci sono molte parti mobili che

scorrendo le une sulle altre, generano attrito con conseguente

produzione di una notevole quantità di calore che viene

dispersa nell’ambiente sia attraverso la superficie del motore a

contatto con l’aria, che attraverso il sistema di raffreddamento

del motore stesso. Alla somma di tutti gli attriti che si

sviluppano in un motore in moto daremo il nome di attrito

interno del motore. Gli attriti che si generano nel motore sono

delle forze che resistono, cioè si oppongono, ai suoi movimenti

interni dissipando una certa quantità di energia. Per ridurre al

minimo l’attrito interno vengono usati dispositivi particolari,

come i cuscinetti a sfere o a rulli, e oli lubrificanti che vanno

poi sostituiti periodicamente andando così ad incidere

ulteriormente sul rendimento del sistema.

Qualcosa del genere accade all’interno di qualsiasi oggetto

politico.

Se, in particolare, ci riferiamo ad una Nazione, dobbiamo

necessariamente prendere atto che le istituzioni preposte al suo

governo, attraverso la continua produzione di leggi e

regolamenti, generano burocrazia, e questa ha la tendenza ad

opporsi allo sviluppo delle attività di una Nazione con una

forza tanto maggiore quanto più è diffusa. Non è casuale

l’espressione “lubrificare la burocrazia” quando si vuole

indicare la necessità di accelerare il cammino burocratico di

una certa “pratica” (ed il termine “lubrificante” sta per denaro

da versare illegalmente al burocrate di turno per vincere la sua

resistenza). Non dimentichiamo, poi, che ogni burocrate è

sottoposto al 1° principio della dinamica che, appunto, lo vuole

inerte se non è sottoposto a sollecitazioni. Se poi consideriamo

l’insieme di tutti i burocrati di una Nazione come un oggetto

politico, questo, sempre per il primo principio, è dotato di

un’inerzia che è pari alla somma delle inerzie dei singoli

burocrati. Ciò implica che se vogliamo che la burocrazia di una

Nazione sia snella e rapida nell’agire dobbiamo imprimere ad

essa una forza che sarà tanto più grande quanto maggiore è la

sua massa politica. Poiché, inoltre, l’uso di qualsiasi forza si

traduce necessariamente in una spesa in denaro, se si vuole

ridurre questa spesa bisogna necessariamente ridurre la massa

politica della burocrazia.

Ora ci proponiamo di costruire un indice che tenga conto

degli effetti della burocrazia sullo sviluppo di un oggetto

politico; e questo può essere fatto rapportando al numero della

popolazione di un oggetto politico il numero dei suoi burocrati.

Perciò, detto Ib l’indice di burocrazia, b il numero dei

burocrati, avremo:

Ib = b

n

dove n è il numero della popolazione dell’oggetto politico cui

l’indice si riferisce.

Ma non è solo la burocrazia che rallenta il ritmo delle attività

di una Nazione. Molti altri fattori contribuiscono in misura

significativa ad ostacolare lo sviluppo di un popolo, e che,

quindi, costituiscono, insieme alla burocrazia, quello che

abbiamo definito attrito interno di un oggetto politico. E’

difficile elencarli tutti. Esiste, però, un indice particolare che è

stato introdotto per la prima volta nel 1995 dalla Heritage

Foundation di Washington40

: Index of economic freedom

(Indice di libertà economica) che può soccorrerci nel nostro

intento. Questo «indice41

misura in modo sintetico il grado di

libertà economica esistente in un numero crescente di paesi

40 La Heritage Foundation si avvale del contributo del Centro Einaudi

(www.centroeinaudi.itcome) collaboratore ufficiale per l'Italia

dell'Economic

Freedom Network.

41

Così come è espresso dal politologo Andrea Mancia in

www.ideazione.com.

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39

(156 stati nell’ultima edizione). L’analisi affronta una

cinquantina di variabili indipendenti che vengono poi

raggruppate in 10 fattori-chiave: politiche commerciali,

pressione fiscale, intervento pubblico nell’economia, politiche

monetarie, flussi di capitali e investimenti stranieri, attività

bancaria, salari e prezzi, diritti di proprietà, regolazione,

mercato nero. Ogni paese riceve, in ognuno di questi fattori, un

punteggio compreso tra 1,00 (massimo grado di libertà

economica) e 5,00 (minimo grado di libertà economica). E la

media ponderata di questi risultati fornisce il punteggio finale

complessivo (indicatore del grado di libertà economica) per

ciascuno Stato. Punteggi tra 1,00 e 1,95 connotano paesi come

"liberi", tra 2,00 e 2,95 "prevalentemente liberi", tra 3,00 e

3,95 "prevalentemente non liberi", tra 4,00 e 5,00 "repressi”».

Ciò premesso, riteniamo che questo indice debba essere

sottoposto alle stesse critiche a cui abbiamo sottoposto l’ISU

all’inizio di questo lavoro e a quelle proposte dal dott. Andrea

Forti dell’Università di Trento e dal dott. Pippo Ranci

dell’Università Cattolica del Sacro Cuore:

«Le variabili di base costituiscono infatti un insieme non

illogico ma certo molto incompleto, e non vi è esplicita

quantificazione di ciascuna di esse. I punteggi attribuiti a

ciascuno dei dieci fattori sono in cifra tonda. Evidentemente si

è attribuita un’elevata discrezionalità dei compilatori nelle

valutazioni. Ma quando un gruppo di valutatori gode di

discrezionalità, probabilmente riporta le opinioni prevalenti

dell’ambiente in cui vive ed opera: e di fatto i giudizi non

riportano mai fatti specifici ma citano frasi tratte da fonti

giornalistiche disponibili, come l’Economist Intelligence Unit,

trascinando a volte per inerzia, da un anno all’altro, giudizi

che andrebbero invece aggiornati. Ciò non stupisce. Disporre

di indicatori confrontabili per 161 paesi è attraente, ma ha un

costo: i giudizi sono tremendamente sommari; gli indicatori

che servono per un paese africano sono diversi da quelli che

servono per un paese europeo cosicché lo stesso indicatore

riferito a contesti molto diversi riflette realtà molto diverse e il

suo valore numerico è in realtà assai poco confrontabile nel

tempo. Inoltre mancano alcune variabili che pur sarebbero

necessarie e coerenti con la logica sottostante allo IEF, mentre

altre sono definite in un modo che fatica a “catturare” la

realtà delle cose, o l’andamento recente delle politiche. Ecco

pochi esempi, che, se inclusi nel calcolo, porterebbero

probabilmente ad un peggioramento del valore dell’indice e del

giudizio sulle tendenze in atto: (a) la perdurante mancanza di

concorrenza in alcuni settori (tra cui i servizi pubblici)

documentata dalle relazioni dell’Antitrust; (b) il graduale42

appesantirsi della tassazione locale a seguito dei tagli nei

trasferimenti statali agli enti locali; (c) la rischiosa confusione

dei nuovi compiti assegnati alla Cassa Depositi e Prestiti, che

ora non si limita al finanziamento degli investimenti pubblici

con la raccolta del risparmio postale garantito dallo Stato, ma

procede al finanziamento di investimenti privati e assume

partecipazioni in imprese private finanziandosi con l’emissione

di obbligazioni non garantite dallo Stato. Per converso, è

possibile che alcuni i giudizi, come quello sulla rigidità del

mercato italiano del lavoro, risentano di una ripetizione anno

dopo anno, in presenza di una realtà che invece si va

modificando. Per il fattore “regolazione”, ad esempio, si

prende atto del fatto che lo sportello unico ha ridotto i tempi di

attesa per aprire un’impresa, ma lo score non diminuisce

perché “molte procedure rimangono complicate”. Ma questo

era vero anche prima: perché in questo caso il miglioramento

continua a non riflettersi nello score? Dall’altra parte, resta un

dubbio di fondo sull’impostazione dell’IEF, per il quale la

spesa pubblica e la regolazione sembrano essere considerate

42 Misurato dall’indice di corruzione percepita di Transparency International, che utilizza

congiuntamente il parere di manager e analisti residenti e non residenti.

(http://legacy.transparency.org/cpi/2005/dnld/methodology.pdf)

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40

sempre ed in sé negative. L’IEF esprime una sconfinata fiducia

che il mercato, lasciato a sé, risolve ogni problema. Come se

una spesa pubblica di buona qualità orientata a migliorare il

capitale umano, la ricerca e l’innovazione, non servisse a

favorire la crescita economica e la stessa libertà dei cittadini

“di realizzare le loro aspirazioni”. Come se non servisse alla

libertà economica una seria regolazione del risparmio (ecco un

altro punto a rischio per l’Italia, dato il ritardo con cui

procede la riforma) o una regolazione che limiti i monopoli e

assicuri un “terreno di gioco ben livellato” per tutti i

concorrenti. Tra gli ostacoli alla libertà economica, ad

esempio, risulta incluso il controllo pubblico sulle tariffe

dell’acqua, dell’elettricità, del gas, delle ferrovie e delle

autostrade. Se attuati in modo opportuno, però, questi controlli

servono a tutelare i consumatori su mercati di per sé non

concorrenziali: perché questo sarebbe un ostacolo alla libertà

economica? L’IEF, insomma, ci dice alcune cose che sapevamo

già, altre cose poco plausibili e altre ancora arbitrarie e

“ideologiche”. Il suo significato è incerto e troppo soggetto a

variazioni “umorali” degli intervistati. L’intenzione di fornire

uno strumento utile sembra quindi rimasta tale, almeno per

ora»43

.

Ora definiamo l’attrito.

In fisica questo è una forza non conservativa, e, quindi,

dissipativa, nel senso che, eseguendo un lavoro, una certa

quantità di energia viene irrimediabilmente perduta.

L’attrito, per definizione, è una forza che si genera quando

due corpi incominciano a scorrere uno sull’altro, ha la stessa

direzione del movimento, verso opposto e intensità

proporzionale alla forza premente; quest’ultima, in un sistema

di riferimento in cui uno dei corpi è fermo, è la componente

della forza che agisce sul corpo mobile perpendicolare alla

superficie di contatto. Indicando con Fa la forza d’attrito, con

Fp la forza premente e con k il coefficiente di proporzionalità,

si ha:

Fa = kFp.

Nella figura che segue è rappresentato un oggetto su un

piano inclinato. Su di esso agisce il suo peso ( P ) che viene

scomposto in due componenti: una ( Fp ), perpendicolare al

piano inclinato, è la “forza premente”, cioè quella che mantiene

l’oggetto attaccato al tavolo, mentre l’altra ( F ), parallela al

piano inclinato, è la “forza attiva”, cioè quella che fa scorrere

l’oggetto lungo il piano inclinato; a quest’ultima si oppone,

lungo la stessa direzione e con verso opposto, la forza d’attrito (

Fa ). Se Fa < F, allora l’oggetto scorre lungo il tavolo animato

da una forza il cui modulo è dato dalla differenza delle due; se

Fa ≥ F, allora l’oggetto resta fermo nella sua posizione.

In fisica politica, non essendoci particolari direzioni da

privilegiare, assumeremo che Fp sia costituita dal peso polittico

dell’oggetto stesso. Al coefficiente di proporzionalità k daremo

il nome di coefficiente di attrito indicandolo con la lettera

greca λ44

.

A questo punto, nonostante tutte le critiche, e ritenendo che i

contenuti dell’IEF lo rendano adatto ai nostri scopi, per lo meno

43

In: www.astrid-online.it/Economia-e/Studi 18 gennaio 2006. 44

In fisica, in effetti, esistono due coefficienti di attrito, quello statico e

quello dinamico, (con λ1 > λ2 ); ma per i nostri scopi

supporremo che λ rappresenti il coefficiente di attrito dinamico, non

potendo esistere un oggetto politico privo di moto.

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41

nelle intenzioni con cui è stato proposto e definito, lo useremo,

assieme all’indice di burocrazia, per definire il coefficiente di

attrito e che, in fisica politica sarà espresso dalla media

aritmetica dei due indici.

Allora, detto Ie l’indice di libertà economica, λ sarà dato

da:

λ = Ib + Ie .

2

Inoltre, λ dovrà essere reso numericamente omogeneo all’ISU.

L’attrito interno di un oggetto politico, infine, sarà data

dall’espressione :

Fa = λ mg

III - 8 Urti45

.

Quando si parla di urti viene in mente, non a caso, il gioco

del biliardo. In effetti in questo gioco una delle cose che

accadono più frequentemente è l’urto di una biglia contro

un’altra.

Vediamo più in particolare quello che succede quando due

biglie si urtano.

Innanzitutto dobbiamo precisare che i percorsi delle biglie

hanno un punto di intersezione, altrimenti le biglie non si

urterebbero. Inoltre le caratteristiche dei due moti, e, in

particolare le loro direzioni, sono generalmente diverse; la

probabilità che, prima dell’urto, entrambi i moti abbiano la

stessa direzione è molto bassa. Il moto delle biglie, poi, è quello

che risulta dalla combinazione tra la rotazione su sé stesse e la

traslazione sul tavolo.

Per il fatto di avere una certa velocità, le biglie hanno una

certa quantità di energia cinetica che viene in parte dissipata

dall’attrito con il piano del biliardo. Ciò significa che la loro

velocità diminuisce rendendo il loro moto uniformemente

ritardato. Per ridurre l’attrito esiste, nei biliardi più sofisticati,

un sistema di riscaldamento che rende tiepido il panno che

copre il piano del biliardo.

Veniamo ora al momento in cui le biglie si incontrano, cioè,

si urtano. Quando questo accade, per effetto delle forze in

gioco, c’è uno scambio di energia tra le due sfere.

Immediatamente dopo l’evento i moti delle due biglie

cambiano sia nella rotazione che nella traslazione, ma in modo

tale che la quantità totale di energia cinetica posseduta dal

sistema delle due sfere immediatamente prima dell’urto sia

“quasi” uguale a quella posseduta immediatamente dopo l’urto.

Il “quasi” significa che, durante l’urto, una parte più o meno

piccola dell’energia totale in gioco si è trasformata in lavoro

che ha prodotto rumore, calore e piccolissime deformazioni

nelle biglie stesse. Questo ultimo fatto ci porta a stabilire cosa

si intende quando si parla di corpo rigido. A questo scopo

osserviamo che se le deformazioni prodotte dagli urti sulle

biglie modificassero significativamente la forma delle sfere, i

giocatori sarebbero costretti a cambiarle molte volte durante il

corso di una sola partita. Perciò il presupposto del gioco del

biliardo è che le biglie mantengano sostanzialmente invariata la

loro forma. Perciò il concetto di rigidità coinvolge sia le forze

in gioco agenti su un corpo che la sostanza di cui questo è fatto.

Possiamo quindi dire che un corpo può essere definito rigido

rispetto all’azione di una determinata forza se le deformazioni

prodotte su di esso sono trascurabili rispetto alle sue

dimensioni.

45

Uno dei metodi più usati dai fisici per studiare le proprietà delle

“particelle elementari” è quello di farle collidere tra loro ad altissime

velocità studiandone poi il comportamento immediatamente prima e

dopo l’impatto. E’ nato in questo modo un capitolo della fisica

interamente dedicato agli urti e dal quale prendiamo la definizione per la

fisica politica.

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42

Ritornando al gioco del biliardo trascuriamo l’attrito con

l’aria, l’unica forza “visibile” diversa da quelle agenti tra le

biglie nell’urto, e il loro attrito sul tavolo. Quest’ultimo è reso

minimo dalla qualità dei materiali di cui è fatto il tavolo. La sua

influenza, poi, può essere trascurata perché l’urto stesso, che

avviene in un intervallo di tempo molto piccolo, genera delle

forze molto più intense dell’attrito stesso.

Allora le caratteristiche che devono essere prese in

considerazione per definire oggettivamente un urto sono

determinate dall’intervallo di tempo in cui avviene il fenomeno

e dalla intensità delle forze esterne che possono intervenire nel

fenomeno stesso.

A questo punto siamo in grado di definire un urto come:

l’interazione molto intensa e rapida tra due oggetti che

collidono con velocità diverse in un intervallo di tempo tanto

piccolo da poter trascurare gli effetti di forze esterne.

Dalla definizione segue che durante l’urto il sistema formato

dagli oggetti collidenti può essere considerato isolato.

A seconda delle velocità relative, delle masse dei corpi

collidenti e delle energie in gioco prima e dopo l’evento

possono verificarsi diversi tipi di urti.

I fisici per poter studiare più agevolmente i processi d’urto

ne costruiscono un modello teorico e lo definiscono “urto

perfettamente elastico”. In questo modello, per definizione, la

quantità di moto totale del sistema prima e dopo l’urto si

mantiene costante e, perciò, durante l’urto non viene dissipata

energia.

Affrontiamo ora il problema quantitativamente e nei tratti

che interessano il nostro lavoro.

Se ma, va e mb, vb sono le masse e le velocità di due “sfere

politiche” perfettamente rigide prima dell’urto (che

supponiamo frontale), qa1 = mava e qb1 = mbvb saranno le

loro quantità di moto prima dell’urto. Supposto che le masse,

diverse fra loro, restino costanti, ciò che varia per effetto

dell’urto sono le loro velocità; per cui, dette Va e Vb le

velocità dopo l’urto, le quantità di moto saranno:

qa2 = maVa e qb1 = mbVb.

Per la conservazione della quantità di moto deve essere:

qa1 + qb1 = qa2 + qb2

mava + mbvb = maVa + mbVb. (1)

Inoltre, per la conservazione dell’energia cinetica deve

anche essere:

1mava2 + 1mbvb

2 = 1maVa

2 + 1mbVb

2. (2)

2 2 2 2

La (1) e la (2) formano un sistema di equazioni che ci

consente di conoscere le velocità delle sfere dopo l’urto.

Ridotto il sistema alla forma più semplice si trova:

Va = 2mbvb - (mb - ma)va (3)

ma + mb

Vb = 2mava - (ma - mb)vb . (4)

ma + mb

Se ma = mb, il sistema fornisce: Va = vb e Vb = va, cioè in

un urto frontale i due oggetti di uguale massa si scambiano le

velocità.

Se mb = ∞ e vb = 0 (urto di una sfera contro una parete

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43

fissa di massa infinita46

), dalla (3) si ricava:

Va = - (mb - ma)va ; (5)

ma + mb

poiché

lim mb - ma = 1 (6)

mb→∞ ma + mb

si ottiene Va = -va; in questo caso si vede come la sfera,

rimbalzando contro la parete, torna indietro con velocità

opposta a quella con cui ha urtato.

Inoltre, poiché

lim 2mava = 0 ,

mb→∞ ma + mb

dalla (4) si ricava Vb = 0 , cioè la parete resta ferma.

Se vb ≠ 0 e mb= ∞ (urto di una sfera contro una parete

mobile) allora, riferendo l’urto ad un sistema di riferimento

solidale con la parete, possono verificarsi due casi:

a) va e vb sono concordi, con va > vb; allora la velocità

con la quale la sfera raggiunge le parete è va’ = va - vb

(velocità relativa) e, sostituendo nella (5), si ottiene:

Va - (mb - ma)(va - vb)

ma + mb

e, per la (6), si ricava:

Va = vb - va = -va’ ,

cioè la sfera dopo l’urto ritorna indietro con velocità relativa -

va’ , mentre parete e sfera si

allontanano tra loro con velocità relativa Va + va.

b) va e vb sono discordi e si avvicinano; allora la velocità con

cui la sfera raggiunge la parete è

va’ = va + vb.

Per le (5) e (6) sarà:

Va = va + vb = -va’

e la velocità di allontanamento reciproco è:

Va - va = vb

Nella realtà le cose stanno diversamente, perché durante

l’urto una parte dell’energia cinetica del sistema viene spesa per

provocare deformazioni permanenti più o meno grandi negli

oggetti collidenti; un’altra parte ancora viene trasformata in

forme di energia non recuperabili; tutto ciò avviene in modo

tale che l’energia cinetica del sistema dopo l’urto risulta sempre

inferiore a quella del sistema prima dell’urto e perciò questo

viene detto anelastico.

Ritornando alla fisica politica bisogna tener presente che un

qualsiasi oggetto politico dissipa energia in qualsiasi situazione,

nel senso che una parte di quella che assorbe per la sua “vita”

viene restituita all’ambiente che lo circonda in una forma che

46

Nel senso che la massa della sfera è trascurabile rispetto a quella della

parete; cioè: ma/mb ≈ 0

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44

non può più essere utilizzata. Per questi motivi un urto tra due

oggetti politici sarà senz’altro di tipo anelastico. Inoltre,

l’intervallo di tempo che interessa l’urto tra oggetti politici è

estremamente più lungo di quello relativo all’urto tra due

oggetti materiali. Ciò nonostante, tale intervallo di tempo,

dovendo essere confrontato con la scala dei tempi della storia,

in molti casi può essere ritenuto sufficientemente piccolo da

poter trattare come urti eventi come: attentati terroristici,

sommosse popolari, rivoluzioni, guerre ed altri eventi simili,

purché durante il fenomeno da studiare non intervengano forze

sensibili di natura diversa. Sotto queste ipotesi un urto tra

oggetti politici può essere trattato come un urto anelastico

frontale tra due corpi non rigidi.

Attraverso lo studio dell’ISU siamo in grado di calcolare, in

un opportuno intervallo di tempo, le quantità di moto e le

energie cinetiche degli oggetti politici prima e dopo l’urto e da

ciò ricavare anche l’energia dissipata nell’urto.

Indicando con Ec1 e Ec2 (Ec2 < Ec1) le energie cinetiche

totali del sistema prima e dopo l’urto, il loro rapporto

η = Ec2

Ec1

è compreso tra zero e uno (0 < η < 1).

Il rapporto η , che dai fisici viene chiamato coefficiente di

restituzione, varia in maniera sensibile al variare della natura

degli oggetti politici collidenti e dell’intervallo di tempo

durante il quale avviene l’urto; infatti, quanto più grande è

l’intervallo Δt , tanto maggiore è l’azione delle forze

dissipative durante l’urto.

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45

“…colui che sa, colui che è davvero un uomo politico

in pratica farà molte cose con arte senza punto

curarsi delle scritture, quando qualche altra

cosa gli sembri migliore di ciò che fu scritto…”

(Platone, “Il Politico)”

P A R T E S E C O N D A

Termodinamica - politica

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46

Capitolo I: I gas politici.

I -1 Che cosa è un gas.

Con il termine di gas viene indicato uno stato di aggregazione

della materia sostanzialmente diverso dagli altri due stati di

aggregazione, cioè lo stato solido e quello liquido47

.

Nello stato solido le particelle che costituiscono la materia (atomi e

molecole) sono strettamente legate tra loro in strutture ordinate da

legami chimici molto forti, e ciò fa si che la materia allo stato solido

sia caratterizzata da una propria forma e un proprio volume.

Nello stato liquido i legami chimici che uniscono le particelle sono

molto deboli rispetto a quelli dello stato solido e ciò non consente la

formazione di strutture ordinate; le sue particelle possono scorrere le

une sulle altre, e ciò fa si che un liquido abbia un proprio volume ma

assuma la forma del recipiente che lo contiene.

Un gas è caratterizzato dal fatto che le sue particelle non sono

unite tra loro da legami chimici; esse si muovono liberamente

all’interno del recipiente che le contiene, urtandosi fra loro,

cambiando direzione ad ogni urto, e urtando contro le pareti del

recipiente. Per questi motivi un gas, che non ha forma e volume

propri, può essere compresso.

I - 2 Il “gas politico”.

Nello studio della termodinamica si lavora con grandezze quali

volume, pressione e temperatura che trovano una loro definizione

nella teoria cinetica dei gas. Questa lega con semplici relazioni

matematiche le grandezze ora citate con altre già incontrate

nell’ambito della meccanica, quali lavoro ed energia.

Nella termodinamica politica verrà adottato lo stesso formalismo

matematico per ottenere dei risultati analoghi a quelli della

termodinamica, con la differenza che, mentre in fisica l’oggetto delle

leggi è l’atomo o la molecola di un gas (teoria cinetica), in

termodinamica politica le stesse leggi verranno applicate all’uomo

inteso come particella di un gas ideale.

Per procedere nel nostro lavoro da un lato dobbiamo considerare

che la maggior parte degli individui svolge il proprio moto politico,

ovvero la ricerca di condizioni migliori di vita, all’interno dei confini

della Nazione di cui fa parte, e ciò è dovuto al fatto che ogni

individuo è legato alla propria comunità dalla condivisione degli

interessi che ne caratterizzano la vita e gli scopi; dall’altro dobbiamo

ammettere necessariamente l’analogia tra gli elementi che

costituiscono un oggetto politico con le particelle che compongono

un gas reale. Tale analogia è dovuta principalmente alla libertà di

movimento che caratterizza la maggior parte degli uomini all’interno

del sistema sociale in cui vivono. Da queste considerazioni, allora, si

vede come gli individui che costituiscono un oggetto politico possano

essere considerate come le particelle di un “gas politico” ideale

contenuto in un cubo (non fisico48

). All’interno di questo cubo si

svolge il cammino politico di ognuna di queste persone che

interagiscono tra loro. La natura di questa interazione può essere

paragonata alla molteplicità degli urti che avvengono tra le particelle

di un gas e tra queste e le pareti del recipiente che le contiene.

Il paragone è utile per dare significato agli urti tra le molecole di

un gas politico. Osserviamo poi che nelle comunità umane più

individui possono incontrarsi o scontrarsi sia fisicamente che

economicamente e socialmente; in eventi di questo tipo c’è sempre

uno scambio di qualcosa che può essere tradotto in termini energetici,

come lo scambio di parte dell’energia posseduta da particelle

materiali di un gas che si urtano.

Nelle conflittualità politiche, economiche e commerciali possono

esserci scambi pacifici per i quali i singoli moti politici ne risultano

avvantaggiati, o bellicosi, ed in tal caso c’è una dissipazione di

energia a svantaggio delle parti contendenti. Inoltre, una molecola di

un gas politico contenuto in un cubo non fisico è vincolata49

a

muoversi solo al suo interno. Perciò, come è stato necessario

47

In questo paragrafo ci riferiamo alla definizione classica degli stati di

aggregazione della materia 48 L’introduzione di questo cubo non fisico nella teoria che stiamo per costruire non ha

alcuna attinenza alla realtà; l’analogia con la fisica è solo formale, ma la sua introduzione

ci consente di giungere a risultati di interesse specifico per la termodinamica politica che,

come vedremo, trovano numerosi riscontri nella realtà.

49

Questo vincolo è generato, oltre che dai legami affettivi che ogni

essere umano nutre nei confronti del proprio gruppo familiare e sociale

e della terra natia, anche dalle abitudini, dalle usanze, dalle tradizioni

culturali e religiose, dalla lingua e dai rapporti lavorativi ed economici

con la propria comunità.

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47

associare un volume ad un gas politico, allo stesso modo assoceremo

ad esso una pressione ed una temperatura che ci accingiamo a

definire.

I - 3 Teoria cinetica dei gas politici.

Ricordando che in meccanica l’ISU è stato assunto come misura

della lunghezza politica, abbiamo associato ad ogni oggetto politico

un cubo contenente un gas le cui particelle sono gli individui

dell’oggetto politico medesimo. Il sistema costituito dal contenitore e

dal gas in esso contenuto può essere studiato costruendone un

modello più semplice. Questo è definito da un numero di ipotesi

semplici che permettono di analizzare il sistema usando leggi già

note, nel nostro caso quelle della meccanica politica. Il modello

semplificato, se ben costruito, può dare delle buone approssimazioni

del sistema reale. Nel costruire tale modello chiameremo “gas

politico” l’insieme costituito dalla popolazione di un oggetto politico

e faremo le seguenti ipotesi:

le particelle che costituiscono un gas politico sono i singoli

individui

della popolazione di un oggetto politico e verranno chiamate

molecole;

viene assunto come moto di ogni molecola il proprio moto

politico;

il moto di ogni molecola rispetto alle altre è casuale50

;

il numero delle molecole di un gas politico è grande;

il volume di una singola molecola è trascurabile rispetto a quello

occupato da tutto il gas politico;

ad ogni molecola viene associata la massa m = I51

.

I - 4 L’Equazione di stato.

In termodinamica esiste una relazione che lega la pressione ed il

volume di un gas contenuto in un recipiente al numero delle molecole

ed alla temperatura del gas stesso; questa relazione è detta

“equazione di stato” ed è la seguente:

pV = K

nT

dove p e V sono rispettivamente la pressione e il volume del gas,

T è la temperatura assoluta e n indica il numero di particelle che

compongono il gas, mentre K è una costante e viene chiamata

“costante dei gas perfetti”.

La relazione descrive lo stato di equilibrio termodinamico del gas

in un determinato istante. Se il gas subisce una trasformazione che lo

porti in uno stato di equilibrio termodinamico diverso dal precedente

l’equazione di stato ci dice che i nuovi valori dei parametri che lo

caratterizzano devono comunque essere legati tra loro nello stesso

modo matematico.

Ci proponiamo ora di trovare la grandezza da adottare come

temperatura nella termodinamica politica. A questo proposito

facciamo alcune considerazioni.

Precedentemente abbiamo fatto riferimento alla temperatura

assoluta senza definirla. Incominciamo col dire che lo “zero” della

scala termometrica assoluta, detta scala Kelvin, corrisponde sulla

scala centigrada52

, detta Celsius, alla temperatura di +°27353

. Inoltre

ad intervalli uguali di una scala corrispondono intervalli uguali

dell’altra.

Lo zero della scala Kelvin viene detto “zero assoluto” e ha un

significato importantissimo. Infatti, poiché in fisica la temperatura di

un corpo indica lo stato di agitazione termica delle particelle che lo

compongono, lo zero assoluto, teoricamente e praticamente

irraggiungibile, indica quello stato in cui tutte le particelle che

50

Questa ipotesi va accettata con la limitazione dovuta al fatto che ogni

essere umano vive in un contesto organizzato, come ad esempio

l’ambiente di lavoro, dove ognuno svolge le proprie attività per

l’interesse proprio e della collettività e, pertanto, la casualità del proprio

moto politico si manifesta principalmente al di fuori di tali contesti. 51

Dove I è l’ISU dell’oggetto politico di cui la molecola fa parte. 52

E’ quella usata, ad esempio, nei nostri termometri clinici.

53

Viceversa, lo zero della scala centigrada corrisponde alla temperatura

di -°273.

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48

compongono la materia sono ferme54

. Questo fatto ci dice anche che

non ha senso, riferendosi alla scala Kelvin, parlare di temperature

negative.

Ritorniamo alla termodinamica politica e ricordiamo che uno dei

parametri che concorrono a alla determinazione dell’ISU è il PIL.

Questo, in macroeconomia, esprime l’intensità e la produttività di

tutte le attività lavorative di una Nazione; perciò, per analogia con la

termodinamica, possiamo dire che esso rappresenta lo stato di

“agitazione termica” di un oggetto politico, ovvero, la sua

temperatura. Ma l’analogia non si ferma qui. Basti pensare che al

valore 0 del PIL di una Nazione corrisponde una totale assenza di

attività lavorative, così come all’assenza di moto nelle particelle della

materia corrisponde lo zero della scala Kelvin.

E’ per questi motivi che adotteremo, per la termodinamica politica,

una scala termometrica assoluta i cui valori sono costituiti da quelli

dell’indice PIL.

Ci proponiamo ora di vedere come sia possibile giungere ad una

relazione analoga all’equazione di stato della termodinamica che sia

in grado di descrivere lo stato di un gas politico in un determinato

istante. Per fare questo dobbiamo cercare una espressione matematica

che definisca la pressione interna di un gas politico.

Siano Sa e Sb due facce opposte del cubo precedentemente

definito; sia poi m = I la massa politica di una molecola e v la

velocità del suo moto politico. In un sistema di riferimento cartesiano

ortogonale Oxyz le componenti della velocità saranno vx, vy, vz;

poiché il moto politico di una molecola si svolge lungo una sola

direzione possiamo far coincidere con questa l’asse delle ascisse del

nostro sistema di riferimento; in questo modo il valore della

componente vx coinciderà con il modulo v della velocità: vx = v.

Quando una particella urta la parete Sa55

perpendicolare all’asse x,

se l’urto è elastico, nel senso che la quantità di moto totale in gioco

prima e dopo l’urto è la stessa, rimbalza e v cambia segno

diventando -v; essendo vy e vz sempre uguali a zero, la differenza

tra quantità di moto finale della molecola e quella iniziale sarà: -mv -

(+mv) = -2mv. Se la particella raggiunge Sb senza averne urtate

altre56

, il tempo che occorre ad attraversare il cubo andata e ritorno è

t = 2nI/v, e questo è anche il tempo che intercorre tra due urti

successivi su una stessa parete. Tenendo presente il teorema

dell’impulso (FΔt = mΔv) e sostituendo I ad m, la forza media

esercitata dalla particella su Sa è:

F = 2Iv = v2 ;

2nI/v n

Se v1, v2, ... , vn sono le velocità delle particelle 1, 2, … , n, la forza

esercitata su Sa da tutte le particelle è data da:

F = v2

1 + v2

2 + … + v2n ;

n

la frazione a secondo membro non è altro che la media aritmetica dei

quadrati delle velocità (che indicheremo con v), per cui F = v2, e

quindi, sulla parete viene esercitata una pressione (definita dal

rapporto tra una forza e una superficie) data da:

p = _v_2 .

n2I2

Moltiplicando entrambi i membri di quest’ultima per V (V = n3I3)

si ottiene:

pV = v2V = v

2n

3I3

n2I2 n

2I2

54 Ciò è vero nella termodinamica classica.

55

L’urto di una molecola di un gas politico contro una parete significa,

in termini di fisica politica, esclusivamente l’inversione del suo moto

politico indipendentemente dagli urti con altre molecole.

56

Il problema di urti con altre particelle non si pone perché in un urto

elastico particelle uguali si scambiano semplicemente le velocità e,

pertanto, per ogni molecola che raggiunge una parete ce n’è sempre

un’altra che raggiunge la parete opposta con la stessa quantità di moto.

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49

da cui infine:

pV = v2nI;

dal confronto di questa con l’equazione di stato, e ricordando che per

la temperatura abbiamo assunto la scala degli indici PIL, si ottiene:

nIv2 = nKT,

cioè:

Iv2 = KT.

A quest’ultima daremo il nome di “equazione dei gas politici”.

Sostituendo m (massa politica del gas) ad nI e dividendo per due

entrambi i membri dell’ultima uguaglianza si ottiene infine:

1mv2 = 1 nKT;

2 2

da quest’ultima si vede come l’energia cinetica di un gas politico sia

proporzionale alla sua temperatura, cioè al suo indice PIL.

I - 5 Calcolo di K.

Ci proponiamo ora di dare un valore a k e osserviamo che, come

in fisica l’equazione di stato è valida solo per i gas “perfetti” in

equilibrio termodinamico, l’equazione dei gas politici avrà un valore

attendibile solo per quelle Nazioni ove le rilevazioni di dati

demografici vengano effettuate in condizioni di tranquillità politica e

sociale, cioè in equilibrio termodinamico.

Quest’ultima espressione ha bisogno di essere spiegata.

Quando si parla di equilibrio termodinamico si fa riferimento al

fatto che i valori che caratterizzano lo stato di un sistema (pressione,

volume e temperatura) siano ben definiti e restino tali in un certo

intervallo di tempo e siano legati tra loro dall’equazione di stato. E’

proprio questa condizione di equilibrio a darci la possibilità di

misurare il valore della costante k. La condizione di equilibrio

implica, inoltre, che la risultante di tutte le forze esterne ed interne al

sistema sia nulla. Inoltre dobbiamo aggiungere che i valori dell’ISU

di molte Nazioni vengono stabiliti attraverso stime statistiche fornite

dall’UNESCO, o sono concordati a priori direttamente con gli Stati

interessati, o, ancora, dedotti con metodi di estrapolazione da serie di

valori precedenti. Inoltre, in molti casi, per la determinazione degli

gli indici relativi ai parametri che compongono l’ISU di un certo

anno, si fa riferimento ai valori dell’anno precedente. Peraltro, per

quelle Nazioni governate da regimi dittatoriali o teocratici, e per altre

dove sono presenti diffusi fenomeni di nomadismo ed emigrazione, o

in altre ancora dove continue guerre impediscono corrette

rilevazione, è lecito supporre che i valori dell’ISU siano attendibili

entro limiti molto larghi. Ricordiamo, inoltre, che l’ISU, per il modo

in cui viene determinato, è attualmente insufficiente ad individuare e

caratterizzare completamente la condizione sociale, politica ed

economica di una Nazione.

Per tutti questi motivi, ma principalmente per il fatto che ogni

nazione al mondo è sempre sottoposta a forze interne ed esterne la

cui risultante non è mai uguale a zero, non è lecito parlare di stato di

equilibrio termodinamico, e, quindi, il valore di K che stiamo per

proporre assumerà un significato puramente teorico.

Dall’equazione dei gas politici, sostituendovi nI ad m e

semplificando, si ottiene: Iv2 = KT, da cui risulta:

K =Iv2 .

T

I calcoli forniscono per K il valore medio di 28,343x10-6

.

Per ottenere questo valore ci siamo serviti dei dati di dieci Nazioni

relativi agli anni 1998, 2000, 2002, 2004. Per le rispettive velocità

politiche abbiamo usato le velocità medie calcolate ciascuna

sull’anno precedente a quello considerato.

Quando le tecniche di rilevamento dei dati avranno assunto livelli

di precisione opportuni ed uguali per tutto il globo, questo risultato

potrà assumere una grande importanza. Infatti, legando con una

relazione matematica le grandezze I, v e T, esso costituirà una

conferma della validità delle leggi della fisica politica.

I - 6 Lavoro eseguito da un gas politico.

Supponiamo che la faccia superiore del cubo considerato

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50

precedentemente sia in grado di scorrere senza attrito come un

pistone in un cilindro e che su tale faccia un altro oggetto politico

eserciti una forza; supponiamo inoltre che le pareti del cubo siano

adiabatiche, ovvero tali da non consentire scambi di calore, tranne

quella opposta a quella scorrevole. Se la faccia superiore del cubo è

in equilibrio vuol dire che la pressione esercitata dal gas all’interno fa

esattamente equilibrio alla pressione esterna. Se si comunica calore

all’interno del cubo attraverso la faccia inferiore, il gas politico si

espande facendo sollevare di una quantità dI la faccia scorrevole del

cubo; in questo modo il gas interno ha eseguito un lavoro meccanico

dato da:

L = ∫FdI = -∫pn3I3dI.

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51

Capitolo II: Il calore e il primo principio.

II - 1 Capacità termica e calore specifico.

Fa parte dell’esperienza comune il fatto che, se si mettono a

contatto due oggetti a temperature diverse, quello più caldo

cede calore a quello più freddo in modo che, dopo un certo

tempo, entrambi raggiungano una stessa temperatura finale di

equilibrio, intermedia tra quelle iniziali. Questo fatto è ben noto

ai barman di Napoli i quali, prima di versare il buon caffè

bollente nella tazzina, per evitare che questo si raffreddi

cedendo calore alla tazzina fredda, riscaldano questa in acqua

bollente.

Il fenomeno che abbiamo descritto viene chiamato scambio

termico spontaneo.

In termodinamica politica accade qualcosa del genere; infatti,

tra un oggetto politico e l’ambiente circostante o, comunque,

tra due oggetti politici a contatto, avvengono in ogni istante

scambi di natura commerciale, economica e di altro tipo che,

comunque, comportano uno scambio di energia tra le parti.

Per poter valutare quantitativamente uno scambio termico

abbiamo bisogno di definire tre nuove grandezze: il calore, la

capacità termica ed il calore specifico di un oggetto politico.

Il primo è definito come la quantità di energia che transita

da un oggetto all’altro in questi scambi.

La capacità termica è il rapporto tra la quantità di calore

ceduto ad un oggetto politico e la corrispondente variazione di

temperatura dell’oggetto Stesso.

Detto Q il calore e C la capacità termica, questa è data da:

C = Q . (1)

∆T

Infine, il calore specifico, indicato con c , è il rapporto tra

la capacità termica di un oggetto politico e la sua massa:

c = C = Q ; (2)

m ∆T

quindi il calore specifico di un oggetto politico può anche

essere definito come la sua capacità termica per unità di massa.

Dalla (2) si ricava anche:

Q = mc∆T,

cioè, la quantità di calore scambiata (ceduta o assorbita) da un

oggetto politico è proporzionale al prodotto della sua massa per

la corrispondente variazione di temperatura.

Calcoliamo ora la temperatura comune raggiunta da due

oggetti politici a contatto. Sia m1 la massa di un oggetto

politico che si trovi alla temperatura T1 e m2 la massa di un

altro oggetto politico che si trovi alla temperatura T2 (T1 > T2).

Dopo un po’ di tempo i due oggetti politici raggiungeranno una

temperatura finale comune intermedia T . Cosa è successo?

La massa m1 ha ceduto la quantità di calore Q1 = m1c(T1 - T),

e la massa m2 ha assorbito la quantità di calore Q2 = m2c(T -

T2), essendo c il calore specifico dei due oggetti politici che,

per il momento, supponiamo uguale per entrambi.

Poiché deve necessariamente essere Q1 = Q2, si ottiene:

m1(T1 - T) = m2(T - T2)

da cui si ricava la temperatura finale intermedia:

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52

T = m1T1 + m2T2 .

m1 + m2

Questa, come si vede, dipende solo dalle masse e dalle

temperature iniziali.

Non potendo considerare a priori costanti la capacità termica

e il calore specifico dobbiamo supporre che questi siano

funzione di T. Per un intervallo di temperature ∆T = T2 - T1

le (1) e (2) indicano solo valori medi di C e c.

Se vogliamo determinare la quantità di calore che occorre

fornire ad un oggetto politico per elevarne la temperatura dal

valore T1 al valore T2 dobbiamo procedere dividendo

l’intervallo ∆T in N intervallini uguali e molto più piccoli e

sommando le quantità di calore necessarie per ognuno di questi

intervallini. Indicando con ∆Tn uno di questi, si ottiene:

N

Q = ∑ mcn∆Tn ;

n=1

facendo tendere ∆T a zero e supponendo m costante avremo:

N T2

Q = lim ∑ mcn∆Tn = m∫cdT

∆T→0

n=1

T2

essendo c funzione di T.

II - 2 Energia interna di un gas politico e primo principio.

Se comprimiamo una molla di metallo a spirale di una

lunghezza Δl e poi la blocchiamo, questa ha la capacità di

compie un lavoro, e tale capacità è tanto più grande quanto

maggiore è Δl. Diciamo allora che la molla, in questa sua

condizione, ha una certa quantità di energia, e che quest’ultima

è misurata dal lavoro che è in grado di compiere.

Una sfera di un certo materiale alla temperatura di °50C è

in grado di sciogliere una certa quantità di ghiaccio; se, invece,

la temperatura della sfera è di °80C la quantità di ghiaccio che

può essere fuso dalla sfera sarà maggiore. Come per la molla,

anche in questo caso diciamo che la sfera possiede una quantità

di energia e che questa è più grande alla temperatura di °80C.

Le molecole di un gas contenute in un recipiente chiuso e che

non consenta scambi di calore con l’esterno posseggono

un’energia cinetica totale che è proporzionale alla temperatura

del gas stesso.

In tutti e tre i casi l’energia posseduta dipende solo dallo

“stato” della materia dell’oggetto, e per questo la chiameremo

energia interna.

Ritorniamo al modello di gas politico.

Se facciamo un lavoro sul gas contenuto nel cubo dobbiamo

spendere una quantità di energia pari al lavoro svolto.

Avendo definito

T1

Q = m∫cdT ,

T2

si vede anche come Q dipenda dalla temperatura; inoltre,

poiché l’energia interna di un gas politico è proporzionale alla

temperatura, si vede come Q e L siano due aspetti diversi

della stessa grandezza: l’energia; e questo ci fa capire che, sia

facendo un lavoro meccanico che scambiando calore, è

possibile trasferire energia da un sistema termodinamico

all’ambiente circostante e viceversa.

Non dovendo prendere in considerazione moti rotatori,

dobbiamo concludere che l’energia interna di un gas politico sia

interamente costituita da energia cinetica di traslazione:

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53

Eint = 1mv2 = 1nKT,

2 2

e da quest’ultima si vede come l’energia interna di un gas

politico dipenda solo dalla temperatura.

Se facciamo un lavoro L sul gas, supponendo che il sistema

termodinamico sia adiabatico, per la conservazione dell’energia

deve essere ∆Eint = L ; in tal caso il lavoro fatto sul gas è

l’unica causa della variazione della sua energia interna.

Se forniamo una quantità di calore Q ad un gas, la sua

temperatura passerà da una valore iniziale T1 ad un valore

finale T2 in modo da far variare la sua energia interna di una

quantità ∆Eint= Q; in assenza di lavoro scambiato con l’esterno

la quantità di calore Q è l’unica causa della variazione

dell’energia interna del gas politico. Se poi vengono scambiate

con l’ambiente esterno le quantità di calore e lavoro Q ed L

possiamo scrivere:

∆Eint = Q + L57

.

Questa è la forma matematica del primo principio della

termodinamica che possiamo enunciare nel seguente modo : in

ogni trasformazione termodinamica la variazione di energia

interna del sistema è pari alla somma algebrica del calore e

del lavoro scambiati con l’ambiente esterno.

Nelle trasformazioni dove la temperatura resta costante

(trasformazioni isoterme) non c’è variazione di energia interna,

perciò L + Q = 0.

Nelle trasformazioni dove non c’è variazione di volume

(trasformazioni isocore) L = 0 e ∆Eint = Q.

Nelle trasformazioni cicliche (cioè quelle dove una serie di

trasformazioni riportano il sistema alle condizioni iniziali) la

variazione di energia interna è zero e quindi L + Q = 0.

In una espansione libera il gas inizialmente concentrato in un

volume è libero di uscire dal contenitore e, non avendo

pressioni da equilibrare, non compie alcun lavoro e, perciò,

∆Eint = 0; pertanto in un gas politico ideale libero di espandersi

l’energia interna rimane costante; in realtà ciò non è vero, ma la

supposizione può essere ritenuta lecita se si tiene presente che

in un piccolo intervallo di tempo (es: cinque anni) le variazioni

di I sono dell’ordine di grandezza di 10-3

.

Ritorniamo ora ai calori specifici, ed osserviamo che in

fisica c varia da sostanza a sostanza, ed il suo valore per una

determinata sostanza, che non sia allo stato gassoso, dipende

dalla temperatura assoluta.

Per i gas, invece, bisogna distinguere tra calore specifico a

volume costante (cv) e calore specifico a pressione costante

(cp).

Infatti, se in una trasformazione a volume costante si

comunica calore ad un gas, questo non compie alcun lavoro

verso l’esterno ed il calore comunicato serve unicamente ad

aumentare la sua temperatura.

In una trasformazione a pressione costante, invece, il gas è

libero di espandersi, e, perciò, mentre una parte del calore che

gli viene comunicato va ad aumentare la sua temperatura, la

rimanente parte viene spesa dal gas per eseguire un lavoro

verso l’esterno pari a PΔV. Da ciò si deduce che cp > cv.

Per i gas perfetti, inoltre, esiste la seguente relazione:

cp + cv = R58

.

57

L’espressione L + Q è semplicemente una somma algebrica, nel senso

che le grandezze L e Q vanno “prese” con i loro segni; si userà il

segno + per un lavoro fatto sul sistema termodinamico o per il calore ad

esso ceduto, mentre il segno - indicherà un lavoro fatto dal sistema o

per una quantità di calore da esso ceduta.

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54

In fisica politica, invece, c assume, ad una determinata

temperatura, e per ogni oggetto politico, sempre lo stesso

valore; ciò è dovuto al fatto che ogni oggetto politico è

composto esclusivamente dallo stesso tipo particelle: gli

individui del genere umano.

Anche per i gas politici devono essere considerate valide le

stesse considerazioni che hanno portato alla distinzione tra

calore specifico a volume costante e calore specifico a

pressione costante.

Bisogna però osservare che, mentre è possibile sottoporre un

gas reale ai due tipi di trasformazioni e determinarne i due

calori specifici, non è altrettanto possibile isolare un oggetto

politico dalla realtà e sottoporlo alle stesse trasformazioni ed

effettuare le stesse misure. Ciò nonostante, dall’analisi

dell’andamento dell’ISU dell’oggetto politico e dalla

valutazione delle sue condizioni politiche ed economiche è

possibile stabilire se l’oggetto politico, in un determinato

periodo, sia sottoposto ad una trasformazione isocora o

isobarica.

58

Questa è nota come “relazione di Mayer”, ed in essa R è la costante dei

gas perfetti.

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55

Capitolo III: Entropia e secondo principio.

III - 1 Trasformazioni reversibili e irreversibili.

Consideriamo un cilindro contenente n particelle di un gas;

il cilindro è munito di un pistone in grado di scorrere senza

attrito al suo interno; se in un dato istante il gas è in uno stato di

equilibrio, esso è caratterizzato da particolari valori di

pressione, volume e temperatura legati dall’equazione di stato:

pV = K .

nT

Effettuiamo sul sistema due tipi di trasformazioni simili tra

loro che indichiamo con a e b:

a) - sia Sa lo stato iniziale del sistema caratterizzato dai valori

p1, V1 e T1 di pressione, volume e temperatura. Si abbassi

molto rapidamente il pistone di una altezza ∆h; dopo un

intervallo di tempo più o meno breve il gas raggiunge un nuovo

stato Sb caratterizzato dai valori p2 , V2 e T2 .

Durante la trasformazione il gas assume un regime

turbolento per cui non è possibile descrivere in ogni istante il

suo stato termodinamico.

b) – Dopo aver riportato il gas nelle condizioni iniziali, questa

volta abbassiamo il pistone della stessa altezza ∆h in modo

estremamente lento. In questo caso, essendo la trasformazione

molto lenta, è lecito supporre che questa proceda istante per

istante per stati di equilibrio successivi caratterizzati, perciò, da

valori noti di p , V e T. E’ perciò lecito pensare che durante

la trasformazione il gas sia passato dallo stato Sa allo stato Sb

attraverso una successione di stati S1, S2, … , Sn i cui termini

saranno tanto più numerosi quanto più lento è il processo che

porta il gas dallo stato Sa allo stato Sb.

Nel caso a) non è possibile, in qualsiasi istante, tra quello

iniziale e quello finale, invertire il senso della trasformazione

con una piccolissima variazione di uno dei parametri che

definiscono lo stato termodinamico del gas per il fatto che si

conoscono solo i valori che caratterizzano lo stato iniziale e lo

stato finale del gas.

Nel caso b) , invece, data l’estrema lentezza della

trasformazione, questo è sempre possibile.

Una trasformazione che avviene secondo le modalità

descritte in a) si dice irreversibile, mentre una trasformazione

che avviene secondo le modalità descritte in b) si dice

reversibile.

III - 2 Macchine termiche e secondo principio.

Una macchina termica è un sistema termodinamico che

trasforma calore in lavoro utile.

Se comunichiamo calore al nostro cilindro, il gas in esso

contenuto si espande ed il pistone si solleva, cioè il gas ha

compiuto un lavoro pari al prodotto dello spostamento del

pistone per il suo peso, ma non è successo solo questo; infatti

contemporaneamente è anche aumentata la temperatura del gas,

ovvero una parte dell’energia termica comunicata al cilindro è

servita ad aumentare l’energia interna del sistema e la

rimanente è stata trasformata in lavoro. Per poter riutilizzare il

sistema, cioè per poter ripetere la trasformazione bisogna

ricondurlo alle condizioni iniziali, cioè il sistema deve

compiere un ciclo. Questo è definito come l’insieme delle

trasformazioni attraverso le quali il sistema termico prima

definito trasforma calore il lavoro e ritorna nelle condizioni

iniziali.

Si capisce allora come una macchina termica per poter essere

utile debba essere in grado di ripetere lo stesso ciclo un numero

indefinito di volte.

Definiamo ora il rendimento di un ciclo come il rapporto η

tra il lavoro prodotto e il calore assorbito:

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56

η = L ;

Q

Poiché

L = Q - ΔE,

si ha59

:

η = Q - ΔE = 1 - ΔE ;

Q Q

Essendo ΔE e Q quantità entrambe positive e tali che ΔE

< Q , si vede come il rendimento di un ciclo sia sempre minore

di 1.

Si potrebbe pensare di costruire una macchina termica con

rendimento pari a 1, cioè che sia in grado di trasformare tutto il

calore assorbito in lavoro utile. Ciò implica che la variazione di

energia interna di una tale macchina sia pari a zero, e, quindi,

nemmeno una macchina termica ideale, cioè priva di qualsiasi

attrito interno e funzionante con un gas perfetto, trasforma in

lavoro tutto il calore assorbito da una sorgente esterna, perché

una parte del calore fornito dall’esterno va ad aumentare la sua

energia interna; a maggior ragione una macchia termica politica

è ben lontana dalla perfezione teorica, ed il gas politico

adoperato è tutt’altro che perfetto, per cui, normalmente, una

sensibile parte dell’energia assorbita dall’esterno per funzionare

va ad aumentare la temperatura del gas. Quest’ultimo concetto,

tradotto in termini reali, significa enormi sprechi ed ingenti e

spesso illeciti arricchimenti di politici, funzionari e burocrati

dello Stato, intendendo quest’ultimo come macchina termica il

cui lavoro dovrebbe essere esclusivamente quello di migliorare

le condizioni di vita della Nazione governata.

A questo punto possiamo concludere enunciando il secondo

principio della termodinamica: in una trasformazione ciclica

non è possibile trasformare completamente il calore fornito ad

un sistema termodinamico in lavoro utile, ovvero, il rendimento

di qualsiasi macchina termica è sempre minore di 1.

III - 3 L’entropia.

Appartiene all’esperienza comune il fatto che il calore passi

spontaneamente per conduzione da un corpo con temperatura

T1 ad un altro corpo con temperatura T2 < T1. Questa

affermazione è un altro modo di esprimere il secondo principio

che ci fa capire come i fenomeni naturali evolvono sempre in

una direzione e mai in quella opposta.

Questa caratteristica di irreversibilità dei fenomeni naturali è

stata definita dai fisici con l’introduzione di una nuova funzione

di stato: l’entropia. Un sistema termodinamico è caratterizzato,

in un determinato istante, oltre che dai valori di pressione,

volume e temperatura, anche da un determinato valore

dell’entropia.

Cerchiamo di capire.

Supponiamo che un sistema termodinamico passi attraverso

una trasformazione reversibile da uno stato A ad uno stato B

assorbendo le quantità di calore Q1, Q2, … ,Qn da altrettante

sorgenti che si trovino alle temperature T1, T2, … , Tn.

Consideriamo la somma

n

S = ∑ Qi = Q1 + Q2 +...+ Qn ,

i=1 Ti T1 T2 Tn

facendo tendere n → ∞ , si ottiene:

59

In questo caso Q ha segno positivo e L ha segno negativo.

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57

n B

S = lim ∑ Qi = ∫ dQ ; n →∞ i=1

Ti A T

Alla grandezza S si dà il nome di entropia: in fisica si

dimostra che il valore dell’integrale che la definisce non

dipende dalla particolare trasformazione seguita, ma

unicamente dagli stati iniziale e finale della trasformazione.

Le principali proprietà dell’entropia sono le seguenti:

- detti S(A) e S(B) i valori di S relativi agli stati iniziale e

finale di una trasformazione a cui è stato sottoposto un sistema

termodinamico, la variazione dell’entropia ∆S = S(B) - S(A)

nel passare da A a B è sempre la stessa, e, per una qualsiasi

trasformazione reversibile che porti il sistema da A a B, ed è

data da:

B

∆Srev = ∫ dQ ; A

T

Mentre per una trasformazione irreversibile è sempre:

∆Sirr > ∆rev;

- in un sistema termodinamico isolato la variazione di

entropia è pari a zero in ogni trasformazione reversibile; mentre

è maggiore di zero in ogni trasformazione irreversibile.

Poiché in natura non esistono e non possono essere costruiti

sistemi perfettamente isolati, né esistono trasformazioni

reversibili, l’ultima disuguaglianza stabilisce che il senso di

evoluzione naturale dei fenomeni è quello che conduce ad un

aumento dell’entropia di tutti i sistemi. Inoltre, poiché in ogni

trasformazione irreversibile solo una parte dell’energia

comunicata al sistema si trasforma in lavoro utile, ogni

aumento di entropia è sempre accompagnato da un aumento

della quantità di energia che non può più essere riutilizzata.

I fisici sono anche in grado di mostrare come l’entropia

rappresenti il grado di disordine di un sistema; pertanto

l’affermazione precedente può essere interpretata dicendo che i

fenomeni naturali evolvono nella direzione che conduce ad un

aumento del grado di disordine del sistema che genera il

fenomeno. L’esempio60

che segue chiarisce meglio quanto

detto.

In un bicchiere sono collocate inizialmente due quantità di

polverine, una di colore bianco e una di colore rosso, e incapaci

di reagire chimicamente tra loro; queste, separate da un sottile

diaframma, all’inizio sono disposte in un ordine ben preciso

come mostrato in figura.

Se si toglie il diaframma le due polverine verranno a contatto

tra loro

e alcuni granelli dell’una si mescoleranno con alcuni granelli

dell’altra. Se immergiamo un cucchiaino nel bicchiere e

incominciamo a girare come si fa con il caffé, le polverine a

poco alla volta si mescoleranno alterando sensibilmente

l’ordine iniziale. Questo tipo di trasformazione è irreversibile.

60 Mendelssohn K., Sulla via dello zero assoluto, Il Saggiatore, Milano 1966, p. 96.

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58

Infatti, se si arresta la rotazione del cucchiaino i singoli granelli

non ritorneranno mai a ricostruire spontaneamente61

l’ordine

iniziale; se poi si inverte il senso di rotazione le polverine si

mescoleranno sempre di più e la loro condizione sarà sempre

più disordinata e lontana da quella iniziale.

Cosa è successo?

Immergendo il cucchiaino nel bicchiere e facendolo girare

abbiamo comunicato alle polverine una certa quantità di

energia meccanica che, con l’attrito tra il cucchiaino e le

polverine e tra i granelli, si è trasformata in energia termica

producendo un aumento della temperatura del sistema.

L’entropia aumenterà finché il cucchiaino continuerà a girare, e

la trasformazione potrà continuare solo nella direzione che

porta ad un maggiore disordine del sistema.

Per trasferire i concetti espressi ai fenomeni della fisica

politica dobbiamo ricordare che un qualsiasi oggetto politico

“vive” in virtù dell’esistenza di altri oggetti politici con i quali

ha continui scambi di natura economica, politica e sociale, e

perciò deve essere considerato un sistema non isolato e, poiché

la storia non annovera fatti e fenomeni uguali in luoghi e tempi

diversi, la sua evoluzione nel tempo deve essere considerata

come una successione infinita di trasformazioni irreversibili.

Dunque, ogni oggetto politico evolve necessariamente verso un

aumento della sua entropia e, quindi, del suo disordine.

III - 4 Entropia e processi di evoluzione sociale: dalla

Rivoluzione industriale ai nostri giorni.

Facciamo ora qualche riflessione su alcune conseguenze

della Rivoluzione Industriale del XVIII secolo che, come una

successione di onde, si sono propagate nel tempo facendo

sentire i loro effetti ancora oggi e che trovano la loro

spiegazione fisico-politica nel concetto di entropia.

La Rivoluzione Industriale, conseguenza necessaria di quella

scientifica del secolo precedente, rese progressivamente

disponibili quantità e tipi di energie precedentemente

impensabili, determinando nelle società di allora trasformazioni

sostanziali nell’organizzazione del lavoro ed altre che

coinvolsero tutti gli aspetti evolutivi delle società stesse, fra cui

l’aumento della velocità di urbanizzazione. Infatti, mentre la

scienza progrediva, proponendo moderne e più vantaggiose

soluzioni a vecchi problemi, nuovi metodi e nuove tecnologie

soppiantavano i vecchi sistemi di gestione dell’industria,

dell’agricoltura, dell’allevamento del bestiame e di tutte le

attività ad esse connesse. Contemporaneamente, nelle periferie

delle città sorgevano industrie per la lavorazione delle materie

prime e dei prodotti che dalla campagna arrivavano in quantità

sempre maggiore.

La conseguenza principale di queste trasformazioni fu quella

di convogliare verso le città una buona parte della mano

d’opera delle campagne, attratta dalla prospettiva di un lavoro

nelle fabbriche. Le città furono lentamente circondate da

periferie e borghi sempre più vasti che accoglievano un

sottoproletariato sempre più numeroso, costretto spesso a

vivere ai limiti della sopravvivenza.

Accadeva poi che, mentre nelle campagne si produceva una

maggiore quantità e varietà di beni, nelle periferie le nuove

industrie rendevano disponibili prodotti finiti in numero molto

più grande di prima, favorendo, tra l’altro, un forte sviluppo del

commercio e della finanza. Tutto ciò produsse un aumento

della velocità di crescita del prodotto interno lordo delle

Nazioni coinvolte nella rivoluzione industriale.

In questi frangenti nacque la nuova classe operaia che,

essendo composta da titolari di un salario, a poco alla volta

prese coscienza di possedere un potere contrattuale, prima

61

In fisica statistica esiste ed è diversa da zero la probabilità che possa

essere ricostituito l’ordine iniziale, ma, a causa del grande numero di

granelli, tale probabilità è molto prossima a zero.

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59

inesistente, e incentivò la nascita delle prime forme di

organizzazioni sindacali che trasformarono progressivamente e

radicalmente i rapporti tra il proletariato e i ceti ricchi.

Il concetto di entropia può spiegare l’origine e l’evoluzione

di questi eventi, ma per poterlo fare dobbiamo pensare alle

società umane come a dei sistemi termodinamici in continua

evoluzione costituite da gas le cui particelle sono i singoli

individui delle società stesse. Se si accetta questa nuova visione

si vedrà come il concetto di entropia applicato alle società

umane possa diventare fertile.

L’organizzazione delle società pre-industriali era ancora di

tipo feudale: i ceti sociali erano nettamente separati, e l’assenza

di forze economiche nuove e diverse assicurava un costante e

preciso ordine sociale.

L’aumento del prodotto interno lordo generato dalla

rivoluzione industriale causò un aumento dell’entropia dei

sistemi sociali dell’epoca che significò l’evoluzione dello stato

di equilibrio termodinamico iniziale (quello precedente la

rivoluzione industriale) verso un nuovo stato termodinamico di

non equilibrio, e, perciò, disordinato ed in continua evoluzione.

Ritornando all’esempio del bicchiere con le polverine

diversamente colorate, la rivoluzione industriale non fece altro

che eliminare gradualmente il diaframma ideale che teneva

separate le classi sociali. In questo modo si diede inizio,

principalmente in occidente, alla fusione e al mescolamento

delle classi. Questo fenomeno per molti anni si sviluppò con

estrema lentezza, ma con velocità sempre più sostenuta per

tutto il XX secolo e fino ai nostri giorni.

Questo radicale e profondo processo di trasformazione da un

lato ha visto il progressivo dissolversi del precedente ordine,

dall’altro il nascere e l’evolversi di stati di disordine sociale e

politico che continuano ancora oggi, anche se in forme diverse.

L’attuale processo evolutivo dell’Occidente, che non può

essere analizzato senza far riferimento alla Rivoluzione

Industriale, che ne è stata l’origine, è poi continuato con

l’eliminazione di altri diaframmi ideali, specialmente dopo la

fine della seconda guerra mondiale, dando ogni volta un forte

impulso all’aumento dell’entropia globale.

Questi fenomeni sociali vanno visti, in ordine cronologico,

nella istituzione della NATO, nella occidentalizzazione del

Giappone, negli eventi del ’68, nella creazione del MEC, nella

caduta del muro di Berlino e nella dissoluzione dell’Unione

Sovietica, nella diffusione di Internet, nell’introduzione dell’

Euro, nella creazione del WTO62

, nell’ingresso della Cina nei

mercati mondiali e, infine, nell’estensione dell’UE a quasi tutte

le repubbliche occidentali dell’ex Unione Sovietica.

Gli studiosi, gli intellettuali e i politici sono in grado di

leggere in questi fatti la rapidità di un processo di

trasformazione che sta coinvolgendo tutto il mondo e le cui

conseguenze sono visibili già oggi nelle società occidentali.

L’economia degli Stati Uniti è entrata in un periodo di profonda

crisi con il dollaro che precipita paurosamente ed il prezzo del

petrolio, che, sollecitato dalla crescente richiesta dei paesi

orientali, è in continua fibrillazione. L’economia europea segna

il passo e tutto l’Occidente è sempre più sconvolto dalla

concorrenza che i prodotti cinesi e del sud-est asiatico stanno

facendo ai nostri; l’aumento degli stipendi dei lavoratori

europei non riesce più a reggere il ritmo di crescita dei prezzi

dei prodotti di largo consumo.

“Cosa è successo in questi anni in Europa, cosa ha cambiato

la nostra vita?...Perchè abbiamo buttato via la civiltà

contadina, ma non sappiamo più gestire la modernità?...Perchè

62 Il WTO (Organizzazione Mondiale per il Commercio) è stato istituito il 1

gennaio 1995 ed ha sostituito il precedente GATT (General Agreement on

Tariffs and Trade, Accordo Generale sulle Tariffe ed il Commercio)

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60

abbiamo scambiato gli interessi con i valori, l’avere con

l’essere, il consumismo con l’umanesimo?...Perchè stiamo

perdendo il nostro tessuto connettivo?...Perchè ci sono più

turisti fuori che fedeli dentro le nostre cattedrali?....Che

origini, che intensità hanno le forze che tra loro combinate ci

lavorano contro?”.

Queste sono solo alcune delle domande che il Professor On.

Giulio Tremonti63

ci propone drammaticamente e che qualsiasi

persona attenta alla realtà non può, a sua volta, non porsi.

La “globalizzazione” porta con sé la risposta a queste

domande. Il mercato globale che è stato costruito non è un

sistema in equilibrio ed il suo processo evolutivo è irreversibile;

può solo evolvere verso un aumento della sua entropia, cioè del

suo disordine, e ciò sarà accompagnato da profondi

sconvolgimenti economici che mieteranno molte vittime. E’

molto probabile che nei prossimi decenni l’Europa sarà una di

queste.

La profonda crisi economica che investì gli Stati Uniti nel

1929 coinvolse tutta l’Europa, e questa reagì favorendo la

nascita di regimi autarchici la cui politica fu rivolta a

proteggere la propria economia, la propria agricoltura, la

propria industria, il proprio commercio.

Oggi, purtroppo, l’UE sta reagendo all’incalzare di questi

problemi con la “politica del non fare”64

, limitandosi a

verificare che i bilanci dei singoli Stati vadano in pareggio con

un adeguato aumento del debito pubblico, emanando regole di

comportamento politico ed economico che non fanno altro che

imbrigliare l’economia e lo sviluppo delle singole Nazioni. Non

ha una politica estera perché ogni Stato se la fa in casa; non ha

ancora proposto e, tanto meno, attuato una propria politica

energetica che riduca drasticamente la dipendenza dal petrolio.

Tutte queste verità ci portano ad una sola conclusione: l’UE

è molto più vicina all’essere un’espressione geografica che uno

Stato federale, e ciò la mette nelle condizioni ideali per essere

conquistata, un pezzo alla volta, da coloro che gestiscono le

nuove e sconvolgenti forze economiche nate nel mercato

globale.

63

Tremonti G., La paura e la speranza, Mondatori, Milano, marzo 2009. 64

Tremonti G. op. cit.

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61

Capitolo IV: Il terzo principio.

IV - 1 Il terzo principio.

In termodinamica una delle formulazioni del terzo principio

afferma che l’entropia di un sistema termodinamico tende a

zero al tendere a zero della temperatura assoluta; un’altra

formulazione, invece, afferma che le capacità termiche65

delle

sostanze tendono a zero al tendere a zero della temperatura

assoluta. Entrambe queste formulazioni, che comunque si

equivalgono, possono trovare una loro interpretazione in

termodinamica politica.

Per quanto riguarda la prima, tenendo presente che l’entropia

rappresenta il grado di disordine di un sistema, si può osservare

che nelle comunità primitive, dove T (cioè il PIL) è prossimo

a zero, ogni individuo ha un suo ruolo preciso nella rigidità

della scala gerarchica di quel tipo di società, e ciò contribuisce

a mantenere un ordine molto più rigoroso rispetto a quello delle

società moderne dove T è molto più grande.

Per quanto riguarda la seconda formulazione, essa può essere

tradotta in termini di termodinamica politica affermando che,

per aumentare di una quantità ΔI l’ISU di una comunità

primitiva composta da n individui occorre spendere una

quantità di energia E1, mentre per aumentare di una stessa

quantità l’ISU di una comunità evoluta, a parità di n ,

occorre una quantità di energia E2 > E1.

In termini più semplici e più vicini alla realtà ciò significa

che un sensibile miglioramento del tenore di vita di una

Nazione poco sviluppata con un certo numero di abitanti può

essere ottenuto con investimenti di denaro relativamente bassi

rispetto a quelli che occorrono a migliorare il tenore di vita di

una società evoluta con lo stesso numero di abitanti. Ciò è

dovuto al fatto che in una società poco evoluta anche le

strutture che servono a reggerla sono poco evolute e diffuse66

.

Dalle tabelle degli ISU si vede come le Nazioni della terra

possano essere divise in tre gruppi caratterizzati da alti, medi e

bassi valori I.

In queste pagine auspichiamo che le Nazioni caratterizzate

da alti valori di I sacrifichino una piccola parte del loro

benessere a vantaggio delle popolazioni di quelle Nazioni che

versano in condizioni umane estremamente misere. In fondo,

per il terzo principio, costa poco alle Nazioni ricche emancipare

il tenore di vita di quelle povere che attualmente è talmente

basso da risultare una vergogna per quella parte di umanità che

si autodefinisce civile.

IV - 2 Calcolo dei calori specifici.

Anche qui premettiamo le stesse considerazioni fatte per il

calcolo della costante k (pag. 115); inoltre aggiungiamo che la

misura delle grandezze termodinamiche che caratterizzano lo

stato di un sistema può essere effettuata solo se il sistema è in

equilibrio. Un oggetto politico, invece, non è mai in equilibrio;

tuttavia, se la trasformazione termodinamica dell’oggetto è

esaminata in un intervallo di tempo sufficientemente piccolo,

anche l’errore nella determinazione del suo calore specifico

diventa piccolo. Tuttavia, poiché non siamo in grado di stabilire

a priori se un oggetto politico, ed in particolare una Nazione, è

sottoposta ad una trasformazione a pressione costante o a

volume costante, i risultati dei calcoli avranno solo un valore

indicativo.

Ricordando che

c = ΔQ

mΔT

65

E, quindi, i calori specifici. 66

Ci riferiamo, ad esempio, alle reti di distribuzione idriche, a quelle di

distribuzione elettriche, ai sistemi di trasporto, alla qualità e quantità

delle strutture scolastiche e sanitarie, e a quante altre occorrono per un

buon livello di vita collettiva e individuale.

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62

e che

ΔQ = 1mv22 – 1mv1

2 (

67)

2 2

Si ottiene:

c = v22 - v1

2

2ΔT

I calori specifici proposti sono stati calcolati su una serie di

Nazioni caratterizzate valori alti, medi e bassi di I, e, come si

vede, i loro valori, tranne in alcuni casi, mostrano la tendenza a

decrescere al tendere di I a zero, come previsto dal terzo

principio.

Nazione T c x 10-6

Spagna 0.92 2298

Argentina 0.82 2000

Cile 0.78 1886

Messico 0.77 1769

Turchia 0.73 560

Cina 0.68 832

Giordania 0.64 1250

Marocco 0.63 1199

India 0.58 1068

Cambogia 0.53 1808

Mongolia 0.50 635

Eritrea 0.38 725

Nella tabella precedente abbiamo riassunto i risultati dei

calcoli. Questi sono stati ordinati in modo da mostrare la

tendenza di c a diminuire al decrescere di T. Inoltre, i valori

indicati in grassetto indicano che, secondo il nostro giudizio, le

Nazioni alle quali si riferiscono stanno attraversando una fase

politica ed economica assimilabile ad una trasformazione

termodinamica isobarica; ciò spiega la differenza tra i valori dei

loro calori specifici, calcolati a pressione costante, e quelli delle

altre Nazioni per i quali si deve ritenere che siano stati

calcolati. a volume costante68

.

67

Nei calcoli ci siamo riferiti al 2004 e abbiamo ritenuto costanti i valori

delle masse per l’intero anno. Come è stato spiegato all’inizio del lavoro,

la massa di un oggetto politico non è costante perché il suo valore

dipende, oltre che dall’Isu, dalla popolazione. Questa è stata ritenuta

costante per l’anno a cui ci siamo riferiti. L’ordine di grandezza

dell’errore che si commette nel fare questa approssimazione nella

maggioranza dei casi non supera il 2%. 68

Ricordiamo che cp > cv .

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63

“… la natura de’ populi è varia;

ed è facile a persuadere loro una cosa,

ma è difficile fermarli in quella persuasione.”

(Nicolò Machiavelli, “Il Principe ”)

P A R T E T E R Z A

Analisi storico-politica

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64

Capitolo I - Analisi dei fenomeni politici.

I - 1 Il Metodo.

Per studiare un fenomeno i fisici lo isolano dal suo contesto

naturale, lo analizzano e ne creano un modello ideale che, per la

sua maggiore semplicità, si presta ad essere studiato in modo

più completo ed efficace. Per questo motivo nei paragrafi che

seguono ci occuperemo dei principali fenomeni politici e li

analizzeremo nella loro più semplice manifestazione.

Utilizzando poi la definizione di oggetto politico data

all’inizio di questo lavoro, vedremo quando e come sia

possibile ed utile scomporre un oggetto politico in altri più

piccoli e semplici mettendone in evidenza, ove sia possibile, le

caratteristiche più significative. In questo modo sarà più

agevole capire la natura di un fenomeno e studiare le

interazioni tra gli oggetti politici che concorrono a

determinarlo. Va inoltre precisato che quando l’oggetto politico

costituito da una Nazione viene scomposto in altri più piccoli,

l’attribuire a questi un ISU sarà un’operazione impropria per il

fatto che al diminuire del numero di individui di un oggetto

politico aumenta il grado di indeterminazione della conoscenza

del comportamento dell’oggetto stesso. E’ necessario, perciò,

introdurre altri tipi di parametri che consentano la costruzione

di una altro indice dello stesso ordine di grandezza dell’ISU e

che abbia la sua stessa valenza nella definizione della massa

politica di un qualsiasi oggetto politico.

In alcune parti di questo lavoro è stato usato l’ISU per

definire la mazza politica di oggetti diversi da una Nazione.

Anche se i risultati ottenuti sono verosimili, la sua applicazione

è stata, per le ragioni esposte, impropria ed arbitraria.

L’operazione, comunque è stata fatta sia per mostrare l’effettiva

esigenza di un nuovo indice, che per mettere in evidenza le

possibilità potenziali insite nel metodo.

Non siamo attualmente in grado di colmare questa

deficienza, anche perché i settori delle discipline più adatte a

questo scopo sono quelli della statistica sociale, della

demografia e della demografia storica, nelle quali il nostro

livello di competenza non è sufficiente.

I - 2 Alcuni principi.

Nell’esposizione che segue assumeremo alcuni principi

senza i quali la trattazione risulterebbe carente.

La principale “molla” che spinge molti uomini ad

interessarsi attivamente della politica è la ricerca, il

raggiungimento e l’estensione del proprio potere. Questo

principio va esteso alla ricerca del potere in qualsiasi oggetto

politico.

Il potere si lascia servire solo da persone prive di scrupoli;

quanto più grande è il potere da servire tanto più marcata è

l’assenza di scrupoli negli individui che lo servono.

Lo strumento principale del potere è il denaro: dove ci sono

forti concentrazioni di denaro esistono forti concentrazioni di

potere.

Ogni oggetto politico ha almeno un centro di potere.

Ogni centro di potere esercita una forza attrattiva sugli

individui del proprio oggetto politico e verso gli altri oggetti

politici

Esistono idee come libertà, progresso, uguaglianza sociale,

giustizia, fede religiosa, ma anche filosofie, ideologie politiche

ed altre simili, che, venendo incontro ad esigenze umane sia

intellettuali che materiali, solleticano molto dolcemente e

sensualmente le menti di gran parte del genere umano. Per

questa loro caratteristica queste idee si prestano facilmente ad

essere usate da politici ambiziosi e privi di scrupoli, o,

comunque, da persone che ambiscono al potere, per

strumentalizzare grandi masse di persone con lo scopo

principale di rafforzare ed estendere il loro potere.

Ogni cosa in natura obbedisce al principio dell’azione

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65

minima69

, e ciò vale anche per l’uomo.

Osserviamo che l’assenza di scrupoli ed il massimo potere non

escludono la possibilità che vi possano essere governi e

“prìncipi illuminati”. La storia annovera molti casi di

personaggi che, avendo raggiunto il massimo potere con

qualsiasi mezzo, si siano poi rivelati grandi e saggi servitori

della Nazione da essi governata.

I - 3 Attrazione politica.

Differentemente dalla fisica che annovera tra le sue leggi

quella di attrazione gravitazionale, in fisica politica, non

potendo determinare il valore di una costante di gravitazione

universale, non è possibile, almeno per il momento,

determinare una legge analoga che descriva matematicamente

la forza che spinge tutti gli uomini ad aggregarsi in tribù, clan,

bande, associazioni di vario tipo, sindacati, partiti politici,

gruppi etnici, Stati e federazioni di Stati. Tuttavia, per quanto

detto, è innegabile l’esistenza di una tale forza che è provata dal

comportamento di quasi tutti gli organismi viventi. Infatti, in

situazioni di pericolo o, comunque, in circostanze dove occorre

esercitare una maggiore forza per risolvere problemi comuni,

l’unione di più individui genera una forza molto più grande e,

quindi, più utile allo scopo comune e che può anche essere

messa a disposizione del singolo individuo.

La natura, ad esempio, aggrega molte specie di animali in

branchi perché nel branco il singolo individuo ha la più bassa

probabilità di essere predato ed il predatore la massima

probabilità che la sua caccia abbia successo.

Per il genere umano quanto detto si traduce, oltre che in una

maggiore probabilità di sopravvivenza, in una maggiore

probabilità di accedere ad un tenore di vita più alto.

A differenza degli animali, l’uomo si unisce ai suoi simili

anche per altri motivi. Tra questi l’attrazione generata da una

forte concentrazione di potere o di ricchezza e il fascino delle

ideologie politiche e delle dottrine religiose. Queste, infatti,

oltre a indurre la formazione di folti gruppi di individui nei

quali il singolo vede aumentata la probabilità di sopravvivenza,

offrono modelli di vita semplici e schematici ai quali risulta

molto facile uniformarsi.

La formazione di gruppi di persone è poi favorita

principalmente da individui che ambiscono al potere o ad

aumentare quello che già hanno. Essere a capo di un gruppo di

individui comporta la gestione ed il controllo di una

determinata massa politica; aumentare il numero degli individui

sul quale si esercita il potere implica l’aumento della massa

politica del gruppo stesso e, quindi del potere. Inoltre, quanto

maggiore è la massa dell’oggetto politico, tanto maggiore sarà

la sua forza attrattiva sugli individui che ne fanno parte e su gli

altri oggetti politici70

.

Per accedere al potere, le persone che ad esso ambiscono

usano, senza alcuno scrupolo la forza, il denaro e le ideologie,

politiche o religiose, e senza credere necessariamente in esse.

69

Tale principio, che fu enunciato per la prima volta dal matematico-fisico e

naturalista francese Pierre-Louis Mapertuis (1698 - 1759), postula che tutti i

processi naturali avvengono in modo che la funzione dinamica detta

“azione”, sia minima, ovvero nella direzione che conduce al consumo

minimo di energia. 70

Sembrerebbe che tale forza possa essere descritta da una relazione del

tipo

F = K(m1 m2)

ΔI2

dove m1 e m2 sono le masse degli oggetti politici interessati e ΔI

rappresenta la differenza degli indici ISU dei due oggetti; ma, come è

stato detto precedentemente, non abbiamo la possibilità di fare delle

misure per determinare il valore della costante K.

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66

Poiché, inoltre, un oggetto politico è caratterizzato da una

energia potenziale, tale energia, può essere adoperata per

indurre determinati comportamenti negli individui dello stesso

oggetto politico o in altri oggetti politici, e ciò può essere fatto

in due modi71

: mostrando semplicemente l’energia sotto forma

di potenza; oppure usando direttamente l’energia, ed in questo

caso parte di essa viene necessariamente dissipata con la sua

trasformazione in lavoro fisico.

I - 4 La lotta per il potere.

In virtù di quanto detto precedentemente si può stabilire la

dinamica di un oggetto politico dotato di un consistente centro

di potere, ma privo di guida, o retto da persone deboli e

incapaci.

Il centro di potere genera un campo di forze attrattivo che ha

l’effetto di scindere un oggetto che gli si avvicina in due o più

oggetti politici72

. Gli oggetti generati dalla scissione sono, poi,

attratti reciprocamente e verso il centro di potere, producendo

prima un’alleanza tra di loro e, successivamente, un urto che, in

termini politici, può significare l’inizio di accese ostilità che

possono manifestarsi sotto la forma di una guerra civile nelle

Nazioni con un ISU basso; mentre nei paesi con un ISU alto si

esprime solo ad alti livelli di potere e si manifesta, come lotta

politica, a colpi di atti giudiziari. E’ quello che è successo in

Italia nella prima metà degli anni ’90.

Analizziamo i fatti.

La particolare posizione geografica nel Mediterraneo

conferisce all’Italia una grande importanza strategica sia dal

punto di vista commerciale che da quello militare.

L’Italia, inoltre, dalla fine della seconda guerra mondiale ha

avuto il più numeroso partito comunista dell’Europa

occidentale.

Queste due caratteristiche hanno trasformato il paese in uno

dei “campi di battaglia” dove si è combattuta la cosiddetta

“guerra fredda” tra l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti

d’America. La prima, fino alla sua dissoluzione, usando il

Partito Comunista Italiano, esercitava sull’Italia una forza che

era esattamente equilibrata da quella esercitata dagli Stati

Uniti73

sulla stessa Nazione usando il “centrosinistra” di allora.

Questo equilibrio di forze economiche esercitate dagli stati

contendenti generò in Italia una stabilità politica che per

decenni produsse governi quasi tutti uguali.

Con la caduta del muro di Berlino e la successiva

dissoluzione dell’Unione Sovietica, venne a mancare la forza

che questa esercitava sull’Italia, rendendo inutile quella analoga

ed opposta esercitata dagli Stati Uniti. La scomparsa di queste

due forze “liberò” gli oggetti politici che ne erano tenuti

“prigionieri”74

. L’attrazione reciproca di questi oggetti generò

tra loro un urto, che si espresse come lotta per il potere

determinando la scomparsa quasi totale della vecchia classe

politica.

Le vicende di “mani pulite” e di “tangentopoli”, che

impegnarono una parte della magistratura italiana nella prima

metà degli anni ’90, ci danno l’indicazione di come la guerra fu

combattuta a colpi di atti giudiziari, carcerazioni – a volte

71

“…un potere scaturito da una forza potenziale non è una quantità

definita, che si consuma una volta usata. La forza, invece, in quanto tale

se viene utilizzata ad uno scopo, non può esserlo contemporaneamente

ad un altro, e una volta usata, si consuma ipso facto”, in: LUTTWAK

E. N.. La grande strategia dell’Impero romano, BUR, Milano 2002, p. 51.

72

E’ evidente l’analogia con l’effetto “frantumazione” prodotto

dall’attrazione gravitazionale del sole su corpi poco densi che vi si

avvicinano. 73

E’ fisicamente evidente e storicamente provato che tali forze venivano

esercitate con frequenti e abbondanti elargizioni di denaro.

74

Questi erano costituiti dalla vecchia classe politica dirigente e da

quella emergente.

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67

anche di persone innocenti – e “tintinnii di manette”.

La parte politica che si aspettava di uscire vittoriosa non

aveva previsto il verificarsi di una marcata polarizzazione in

due oggetti politici di quell’unico oggetto che, prima di “mani

pulite”, era concordemente e tranquillamente governato dai

partiti del cosiddetto “arco costituzionale” in un equilibrio che

era durato per decenni.

La parte politica che aveva condotto l’attacco contro la

vecchia generazione, e che riteneva di uscire vittoriosa dalla

lotta, si trovò “spiazzata” dalla “discesa in campo”

dell’imprenditore Silvio Berlusconi che, in questo modo, diede

un forte impulso al nascente fenomeno politico della

polarizzazione, per altro nuovo per gli Italiani.

Da allora l’attrazione tra due poli, e tra questi ed il centro del

potere, ha determinato uno scontro politico che dura tutt’ora.

Una delle conseguenze di questo scontro sta nel fatto che le

forze usate hanno dissipato, e continuano a farlo, inutilmente e

pericolosamente per la Nazione, una grande

quantità di energia.

I - 5 Le ideologie.

Le ideologie, sia di natura politica che di natura religiosa,

devono essere considerate con estrema cautela.

Premesso che la storia annovera moltissimi casi di stragi e

carneficine consumate in loro nome, esse, infatti, contengono

cinque macroscopici errori di fondo:

hanno la pretesa di indicare la verità assoluta, considerando

eretico tutto ciò che non è ad esse conforme;

hanno la pretesa di contenere ed indicare la strada per la

risoluzione di tutti i problemi. Inoltre, quando sono

profondamente radicate, instillando odio e disprezzo per culture

diverse, rendono i popoli più rissosi e inclini alla guerra;

quando una ideologia è entrata nella mente di qualcuno,

questi ne diventa prigioniero e la sua mente viene devastata; di

conseguenza diventa incapace di ragionamenti liberi o che,

comunque, prescindano dalla ideologia che ha abbracciato;

quando una ideologia entra a far parte delle azioni e dei

pensieri quotidiani degli individui di un oggetto politico è

estremamente difficile sradicarla dalle loro menti.

nei regimi dittatoriali hanno il rischio di assumere le

connotazioni di una religione di stato.

Facendo riferimento al primo dei cinque errori e,

premettendo che una verità in quanto tale non deve aver

bisogno della forza della legge o delle armi per essere

sostenuta, ci teniamo ad osservare che i regimi dittatoriali o

teocratici, imponendo le “verità” della loro ideologia come

“dogma di fede”, e comminando pene severe a tutti coloro che

sono animati da ragionevoli dubbi, mostrano di temere che si

possa scoprire che le loro verità non sono poi tanto vere, e ciò

potrebbe minare la base ideologica del loro potere.

Fu il caso di Galilei, che nel 1632 pubblicò il suo “Discorso

sopra i due massimi sistemi del mondo”, nel quale confutava la

fisica aristotelica e la concezione tolemaica dell’universo.

I rappresentanti della Chiesa incaricati di “valutare” l’opera

di Galilei, avendola letta, non pensarono neanche lontanamente

di verificare le tesi sostenute nel trattato; ma, temendo che

queste potessero essere vere e che avrebbero potuto intaccare il

potere della Chiesa, bastò ad essi il fatto che quelle

affermazioni contraddicessero le verità della fede per

condannarlo ed imporgli di ritrattare pubblicamente le sue

teorie.

In virtù dei cinque errori esposti, che spesso vengono

presentati come pregi, i regimi dittatoriali che, fra i loro

strumenti di potere, usano le ideologie, attuano strategie

inquisitorie che, sottoponendo la popolazione ad un diffuso

stato di paura, se non di terrore, nei confronti del regime, fanno

ottenere un più ampio controllo dell’oggetto politico governato.

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68

Inoltre, tra le strategie adottate dai regimi dittatoriali per

preservare la “purezza” della ideologia adottata, vi è una

censura molto marcata. L’effetto di questa è quello di limitare

notevolmente le libere espressioni del pensiero umano. In tali

paesi si osserva, infatti, un diffuso ristagno delle espressioni

letterarie, artistiche e musicali di tutta la popolazione.

Ciò nonostante, in tempi e luoghi dove il livello culturale

medio della popolazione è molto basso, le ideologie svolgono

l’importante ruolo che è quello di contribuire al mantenimento

di un determinato ordine sociale.

L’occidente ha goduto, in passato, di circa duecento anni

ininterrotti di pace in concomitanza con l’assenza di ideologie

di particolare rilievo. Ci riferiamo al periodo dell’Impero

romano che va dall’inizio del principato di Augusto (31 a.C.)

alla morte di Comodo (198 d.C.). Durante questo periodo, ad

eccezione dei problemi endemici ai confini dell’Impero, degli

intrighi e delle congiure di palazzo ed epurazioni ad altissimi

livelli, i popoli dell’Impero hanno prosperato in pace. L’unico

neo dell’impero era costituito dalla Palestina, dove

l’intolleranza della religione ebraica rendeva il popolo

fortemente rissoso ed ingovernabile: “Non v’è un altro popolo,

all’infuori di Israele, così arrogante da pretendere di

conoscere la verità intera nei limiti angusti di una sola

concezione divina, insultando così la molteplicità del dio che

tutto contiene; non v’è altro dio che abbia ispirato ai suoi

fedeli disprezzo e odio per coloro che pregano ad are

diverse”75

.

I - 6 Regimi democratici.

Ogni oggetto politico definito come Nazione a regime

democratico può essere scomposto in un oggetto A, cioè lo

Stato, nel senso della definizione data a pagina 20, e un oggetto

B, ovvero il Popolo, cioè la rimanente parte della Nazione; ma

può essere scomposto anche nei due oggetti costituiti uno

dall’insieme degli individui che esprime il governo di una

Nazione, l’altro, invece, dall’insieme degli individui che ne

esprime l’opposizione. Questi possono essere considerati due

oggetti politici perché possono essere caratterizzati da una loro

massa e da una loro velocità politica.

Facendo riferimento alla prima scomposizione osserviamo

che nei regimi democratici esiste una costante ed intensa

interazione tra i due oggetti politici. Le principali espressioni di

tale interazione sono costituite da libere elezioni degli organi

governativi e parlamentari, libere attività degli organismi

sindacali e delle magistrature, e da interventi dello Stato volti a

favorire lo sviluppo della Nazione.

Le forze che si esercitano tra i due oggetti non sono

completamente ed esclusivamente determinate da uno dei due;

è la valutazione reciproca dei singoli comportamenti che

determina la natura e l’entità delle forze di interazione; queste

ultime, esercitate reciprocamente, sono normalmente dello

stesso ordine di grandezza in modo da generare un equilibrio

politico stabile nel tempo. L’intensità della risultante dei due

sistemi di forze contrapposte è quindi molto prossima a zero:

questo fatto, che è vero nelle Nazioni rette da regimi

democratici, può essere verificato osservando il tipo di moto

politico di queste ultime che, in questi casi è pressoché

uniforme. Le piccole deviazioni indicate dall’andamento

dell’ISU delle Nazioni oggetto di studio sono generalmente da

imputare da un lato ad errori (sempre presenti in qualsiasi tipo

di misura) nella determinazione dell’ISU da parte degli

organismi preposti a tale scopo, dall’altro a forze interne alla

Nazione stessa, ma di natura diversa da quelle di interazione tra

i due oggetti politici in cui questa può essere scomposta, e a

75

YOURCENAR M., Memorie di Adriano, Einaudi, Torino 1988, p.

220.

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69

forze esterne alla Nazione.

Facendo ora riferimento al secondo tipo di scomposizione,

indicheremo con A l’oggetto che esprime il governo della

Nazione e con B l’altro.

Questi due oggetti non sono completamente isolati tra loro;

in ognuno esiste un certo numero di individui che,

principalmente in prossimità di scadenze elettorali, si sposta da

un oggetto all’altro assumendo frequentemente la funzione di

“ago della bilancia” e riuscendo spesso a determinare la

vittoria dell’uno o dell’altro schieramento.

In assenza di eventi eccezionali per la Nazione, poiché il

numero degli elettori dei due schieramenti è quasi sempre dello

stesso ordine di grandezza, le elezioni premiano A o B con

uno scarto minimo di voti. Solo fatti eccezionali possono

determinare la netta prevalenza di un oggetto politico rispetto

all’altro.

Per la conquista del potere gli oggetti A e B sono in

continua “lotta”76

fra loro e, nel tentativo di aumentare la

propria massa politica e, quindi, il loro potere, cercano di

accaparrarsi l’uno parte dei voti dell’altro, esercitando, l’uno

contro l’altro due tipi di forze: una direttamente contro i

rappresentanti dello schieramento opposto, l’altra verso il

proprio elettorato.

La prima viene esercitata con tutti gli strumenti possibili,

palesi o occulti, ma in modo da non compromettere la propria

credibilità politica all’interno dello schieramento, come, ad

esempio, leggi che abroghino provvedimenti legislativi utili e

vantaggiosi allo schieramento politico opposto, e leggi volte a

compromettere l’attività politica degli avversari. L’altra viene

espressa favorendo con ogni mezzo, palese o occulto, il proprio

elettorato.

Forze intense e costanti vengono poi esercitate dai due

oggetti politici per il controllo del proprio elettorato.

Questo controllo viene realizzato in tre modi diversi:

a) creando sedi di partiti politici in tutti i comuni e centri

minori e, in ogni caso, in maniera estremamente capillare;

fondando associazioni culturali di vario genere; promuovendo

manifestazioni pubbliche e facendo un uso frequentissimo di

tutti i mezzi di comunicazione di massa per la diffusione delle

proprie idee e dei propri programmi politici.

b) creando o rendendo palese un problema, amplificandolo,

imputandone la causa alla parte opposta e convincendo

l’elettorato delle proprie capacità a risolverlo, ma senza

impegnarsi esplicitamente e direttamente nella risoluzione del

problema. In questo modo il problema diventa un’arma contro

la parte antagonista, e la tendenza dei politici è quello di

renderlo annoso in modo da poterlo proporre con frequenza ed

in particolari momenti della vita politica della Nazione.

c) affidando, spesso in modo illecito, a persone fidate del

proprio elettorato incarichi importanti nei punti nevralgici delle

istituzioni statali e degli enti locali.

In particolari circostanze, poi, la parte politica che governa la

Nazione crea, sostiene e diffonde con determinazione falsi

problemi che hanno lo scopo di distogliere l’attenzione

dell’oggetto governato da manovre politiche e finanziarie la cui

conoscenza metterebbe in serio pericolo la propria credibilità e,

quindi, il proprio potere.

Infine, ognuno dei due oggetti esamina costantemente le

caratteristiche principali del proprio elettorato in modo da

determinare un modello teorico del proprio elettore; ciò serve

particolarmente a quello dei due oggetti che esprime il governo

per fare approvare dal potere legislativo particolari

provvedimenti giuridici e attuare strategie politiche utili alla

creazione di sempre nuovi elettori.

76

Nei regimi non democratici e nelle Nazioni con valori di I molto bassi

questa lotta assume spesso connotazioni estremamente violente e

sanguinarie.

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70

I - 7 Regimi non democratici.

In virtù del primo principio della dinamica le istituzioni di

ogni Stato (Governo, Parlamento, Magistratura ed enti locali)

resterebbero inerti se non fossero continuamente sollecitate da

spinte di natura economica, sociale, sindacale e politica. Ciò è

verificabile in maniera diretta osservando le Nazioni nelle quali

tutto il potere politico è concentrato nelle mani di un

ristrettissimo numero di persone: i regimi dittatoriali, le

monarchie assolute e le teocrazie.

In questi tipi di regimi un numero relativamente piccolo di

persone riesce a controllare tutta la massa politica della

Nazione e l’equilibrio politico è assicurato dal fatto che lo Stato

esercita sulla popolazione due tipi di forze: una di natura

militare e, quindi violenta, l’altra di natura ideologica o

religiosa. Queste due forze fanno esattamente equilibrio alle

spinte progressiste (tendenza ad un migliore e più libero tenore

di vita) esercitate dal popolo.

In questa condizione di equilibrio l’oggetto politico che

detiene il potere non ha forti interessi ad esercitare altre forze

volte ad aumentare l’ISU della Nazione governata, sia perché

tutta la Nazione, in quanto oggetto politico, obbedisce al

principio di inerzia, sia perchè ciò implicherebbe un consumo

di energia che potrebbe compromettere la stabilità del potere

raggiunto.

C’è da aggiungere, inoltre, che una parte discreta

dell’energia disponibile è usata dal regime per far funzionare un

corpo di polizia politica e una fitta rete di informatori il cui

compito è quello di monitorare l’integrità ideologica del popolo

e deferire ai tribunali politici tutti quei cittadini il cui pensiero e

le cui azioni li mostrano come reazionari agli occhi della classe

dirigente.

Per tutti questi motivi il “motore” della Nazione viene

mantenuto ad un “regime minimo di giri” imponendo al popolo

di sopportare gran parte della spesa necessaria per farlo “girare

al minimo”.

Questo tipo di regime genera un importante effetto: l’ISU

della classe dominante tende ad aumentare a dismisura mentre

quello del popolo si colloca intorno a valori molto bassi e

l’economia dell’intera Nazione regredisce sensibilmente.

Conseguenza di questo fatto è una notevole povertà e ignoranza

del popolo che, perciò, diventa più governabile77

.

I - 8 Potere politico e potere religioso.

Una particolare attenzione va rivolta alle religioni,

specialmente a quelle che sono riconosciute come ufficiali.

Tutte le religioni, ed in particolar modo quelle monoteistiche,

sono, per loro natura, tradizionaliste ed intolleranti verso i

cambiamenti sociali. I loro rappresentanti, facendo leva sul

sentimento religioso (che rasenta tanto più il fanatismo quanto

più il popolo è ignorante) riescono a far convergere intorno a sé

una buona parte della massa politica della Nazione nella quale

operano. Ciò ci dà modo di distinguere all’interno della

Nazione considerata due oggetti politici: l’insieme degli

individui che fa capo al potere politico e quello degli individui

che fa capo al potere religioso.

Il primo insieme è costituito, oltre che dal gruppo politico

locale, da grandi imprenditori, ricchi finanzieri e un certo

numero di importanti professionisti e commercianti; mentre il

secondo è costituito da impiegati, operai e manovali, contadini,

piccoli commercianti ed artigiani più un nutrito gruppo di

disoccupati, indigenti e facinorosi. Questi due oggetti politici,

in virtù dell’attrazione reciproca, interagiscono tra di loro con

delle forze che possono determinare o rompere l’equilibrio

77

A parità di n , tra due oggetti politici avrà massa politica maggiore

quello caratterizzato da un maggiore valore di I ; per determinare uno

stesso ∆I sui due oggetti politici bisognerà usare una quantità

maggiore di energia per l’oggetto di massa politica maggiore.

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71

politico della Nazione in cui agiscono.

Dunque, dette m1 e m2 le masse dei due oggetti politici, la

loro coesistenza può evolvere verso uno stato di conflittualità

nel seguente modo.

Se le masse m1 e m2 sono dello stesso ordine di grandezza

i due oggetti politici hanno bisogno, per ottenere il consenso

della Nazione, l’uno della legittimazione dell’altro78

.

L’eventuale equilibrio politico raggiunto è fortemente instabile

per il fatto che ognuno dei due oggetti, ottenuto il consenso

della Nazione, tende occultamente ad estendere il proprio

potere sull’altro79

; non appena la differenza tra le masse dei due

oggetti politici diventa sostanziale l’oggetto di massa maggiore

prevaricherà l’altro dopo una situazione di belligeranza più o

meno lunga ed intensa, e l’oggetto di massa minore sarà

assorbito dall’altro.

Se la differenza delle due masse è inizialmente già

sostanziale la situazione può solo evolvere nel modo appena

indicato.

Questo processo può essere descritto in maniera più preciso

con la teoria degli urti nel modo seguente.

Quando la differenza tra le masse diventa sostanziale, la

forza attrattiva esistente tra i due oggetti imprime ad essi le

accelerazioni a1 e a2 , tale che a1 > a2 , fino all’urto che

avviene con le velocità v1 e v2 (v1 > v2).

Poiché alla fine del processo i due oggetti ne formeranno uno

solo, l’urto sarà completamente anelastico ed il nuovo oggetto

“viaggerà” con velocità V tale che v1 < V < v2.

Durante l’urto una certa quantità di energia viene dissipata e

ciò implica che sia la quantità di moto politico che l’energia

cinetica del nuovo oggetto siano inferiori a quelle del sistema

prima dell’urto.

La perdita di energia durante l’urto comporta una variazione

della velocità politica della Nazione e, quindi, può essere

calcolata, con le leggi della dinamica, attraverso le variazioni di

I nell’intervallo di tempo durante il quale si è verificato l’urto.

Dopo l’urto se la Nazione è governata dall’oggetto A ,

quello che resta di B , anche viaggiando assieme ad A con la

stessa velocità politica, non perde la sua connotazione politica;

questo fatto, poi, implica che l’oggetto politico che si trova in

tale situazione è costretto a nascondersi o a mascherarsi con la

connotazione dell’altro, ma con lo scopo ultimo di aumentare

nuovamente la sua massa politica per rovesciare la situazione.

Dopo l’urto il nuovo sistema può essere analizzato

termodinamicamente considerando gli oggetti collidenti come

due gas politici che, venendo in contatto, si mescolano ed

evolvono raggiungendo una temperatura di equilibrio Te

intermedia tra le temperature iniziali dei due gas80

.

I - 9 Terrorismo.

Apparentemente un’organizzazione terroristica opera per

raggiungere gli scopi della propria dottrina ideologica

attraverso un unico mezzo: la violenza contro una parte del

genere umano.

Riteniamo invece che un’organizzazione terroristica, per il

modo in cui è strutturata, sia un centro di potere gestito dal

vertice di una piramide ideale che ne determina

l’organizzazione; per questo motivo è altamente probabile che,

mentre gli individui che ne costituiscono la base credono

ciecamente nella dottrina ideologica che caratterizza

l’organizzazione, il vertice sia costituito da un piccolissimo

78

Il potere politico ha bisogno della investitura divina, mentre quello

religioso ha bisogno della “spada” del potere politico 79

Questi processi sono magistralmente descritti da Pirenne H. in “Storia

d’Europa dalle invasioni barbariche al XVI secolo”, Newton & Compton

Editori, Roma 1999.

80 Ta < Te < Tb se Ta < Tb; Tb < Te < Ta se Tb <

Ta.

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72

numero di individui i quali, obbedendo ai princìpi esposti nel

primo paragrafo di questo capitolo, sono caratterizzati da una

totale assenza di scrupoli e si servono della ideologia solo per

strumentalizzare quelli che stanno alla base ed il cui lavoro non

fa altro che aumentare ed estendere il loro potere.

Le organizzazioni terroristiche sono generalmente formate da

un certo numero di “cellule” che può variare da poche unità

fino a diverse centinaia, ed ogni cellula è costituita al massimo

da una o due decine di individui. Le cellule, attraverso i loro

capi, fanno riferimento ad un gruppo di addestratori ed

indottrinatori che a loro volta prendono ordini da un organismo

superiore il quale, sotto la probabile supervisione di un

eventuale capo supremo, provvede alle seguenti attività:

dotare tutta l’organizzazione di viveri, denaro, documenti

falsi, armi, munizioni e quant’altro possa servire alla vita

dell’oggetto politico;

progettare nei minimi particolari e pianificare le azioni

terroristiche;

verificare e sostenere costantemente il livello di

indottrinamento ideologico e di sottomissione psicologica di

ogni singolo individuo nei vari livelli della scala gerarchica

dell’organizzazione;

reclutamento costante di nuovi adepti.

L’assenza di scrupoli che caratterizza il vertice di

un’organizzazione terroristica determina poi le fonti alle quali

attingere i fondi necessari alla vita e al lavoro

dell’organizzazione, e cioè: sequestri di persona, rapine, fondi

neri di gruppi politici compiacenti o di servizi segreti deviati,

Stati compiacenti o mandanti, traffici internazionali di armi e di

stupefacenti, raccolta di fondi in ambienti compiacenti.

Da quanto esposto risulta che organizzazioni terroristiche,

mercanti di armi, narcotrafficanti, frange estreme di partiti

politici e organizzazioni religiose integraliste sono accomunati

da un unico scopo: la conquista, il mantenimento del potere e la

sua espansione.

Dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi abbiamo

visto all’opera organizzazioni terroristiche come quelle per

l’indipendenza altoatesina, della Sardegna e della Corsica, il

terrorismo irlandese e quello basco, le cellule italiane

dell’estremismo politico, ed abbiamo assistito al loro svanire.

Contemporaneamente alle azioni di questo tipo di terrorismo

abbiamo assistito al progredire di quello palestinese e, infine,

alla nascita di quello legato all’integralismo islamico, e sembra

che quest’ultimo abbia sostituito tutti gli altri. Che i predicatori

del terrorismo ed i trafficanti di armi e di droga si siano messi

d’accordo nel ritenere che sostituire il terrorismo occidentale

con quello di matrice integralista islamica sia un operazione

molto più redditizia? O forse dietro tutto ciò si nascondono

forze di natura più oscura?

Ma queste, probabilmente, sono solo ipotesi la cui natura

appartiene alla fantapolitica.

Un attacco terroristico contro un oggetto politico può essere

trattato, per la rapidità dei suoi tempi, come un processo d’urto,

e, in questo caso, le dimensioni e le velocità delle masse in

gioco determineranno l’esito del processo stesso.

Può, inoltre, essere applicato il terzo principio della dinamica

per determinare l’entità della reazione provocata dall’attacco.

I - 10 Le guerre.

Quando inizia una guerra si dice, nel linguaggio comune, che

la causa è stata la rottura degli equilibri politici tra le Nazioni

belligeranti. In fisica politica ciò significa che la risultante di

tutte le forze che due o più oggetti politici esercitano tra loro è

passata rapidamente dal valore zero (condizione di equilibrio

politico) ad un altro sensibilmente diverso da zero.

In relazione alle cause che le generano sono possibili diversi

tipi di guerre. In particolare distinguiamo:

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73

a) guerre di conquista, che vengono fatte per conquistare

territori o mercati;

b) guerre di saccheggio, che vengono combattute per

impadronirsi di nuove fonti energetiche (tale espressione va

intesa nel senso più generale possibile);

c) guerre egemoniche per stabilire la supremazia su altri

oggetti politici;

d) guerre civili e rivoluzioni, che vengono fatte per rovesciare

un regime politico.

e) guerre economiche e commerciali, che vengono fatte con

consistenti strumenti finanziari allo scopo di accaparrarsi

determinati mercati finanziari e commerciali.

A titolo di curiosità riportiamo il fatto che solo gli Aztechi e

le popolazioni contigue combattevano un altro tipo di guerra

che veniva chiamata “guerra fiorita”81

. Questa consisteva nel

fatto che i capi delle popolazioni più evolute del Messico

precolombiano, in periodi di calamità naturali o in coincidenza

di particolari date del loro calendario, ritenevano opportuno

calmare l’ira degli dei o propiziarsene i favori con un grande

numero di sacrifici umani. A tale scopo concordavano tra loro

una guerra con il solo scopo di fare prigionieri da sacrificare.

Venivano perciò stabiliti la data ed il luogo dell’inizio delle

ostilità; queste, poi, venivano sospese non appena si riteneva

che fosse stato raggiunto un numero sufficiente di prigionieri da

sacrificare.

Esaminiamo ora i motivi che determinano le guerre. A

questo scopo osserviamo che un oggetto politico può essere

considerato come un organismo vivente che, come tale, ha

bisogno di nutrirsi e, perciò, deve essere in grado di reperire

tutto ciò che occorre alla sua vita.

La storia ci insegna che, finora, non è mai esistita una

Nazione che sia stata completamente autosufficiente. Per

questo motivo ogni oggetto politico è indotto a stabilire

rapporti economici, commerciali, e, perciò, politici, con altri

oggetti.

Accade che in momenti particolari della vita di un oggetto

politico si verificano delle condizioni tali che il rapporto tra

l’energia disponibile e quella necessaria subisca, più o meno

rapidamente, delle sensibili variazioni dal suo valore medio.

Indicate con E1 e E2 la quantità di energia disponibile e

quella necessaria e con ρ il rapporto E1/E2 , sempre positivo e

minore di uno, possono verificarsi due casi: ρ < 1, ρ << 1.

Nel primo caso l’energia disponibile non è sufficiente a

bilanciare la richiesta interna, ma, poiché lo scarto è piccolo,

l’oggetto politico è sempre in grado di bilanciare la richiesta

interna attraverso rapporti economici e commerciali con altri

oggetti politici.

Se ρ << 1 bilanciare la richiesta interna di energia diventa

oltremodo onerosa per l’oggetto politico, esponendolo a forti

indebitamenti con oggetti esterni. In questo caso la situazione

evolve in maniera diversa a seconda che la condizione si

verifichi in regimi democratici o in regimi non democratici. In

ogni caso saranno il mantenimento e la ricerca del potere della

classe dirigente a determinare le caratteristiche del processo

evolutivo.

Distinguiamo, comunque, due casi:

a) Regimi democratici (repubbliche e monarchie costituzionali).

La condizione ρ << 1 implica un ISU molto piccolo (3°

fascia) che rende piccola anche la massa politica (m = nI) e

questo fatto espone l’oggetto politico a colpi di Stato

militaristici e a guerre di saccheggio da parte di oggetti politici

esterni.

La condizione, inoltre, genera la scomposizione dell’oggetto

politico in quattro oggetti: A1 , la classe politica dirigente, A2 ,

81

JENNINGS G., “L’Azteco”, B.U.R., Milano 1984.

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74

la parte del popolo che sostiene A1, B1, la classe politica che si

oppone ad A1, e B2 , la parte del popolo che sostiene B1.

Posto A = A1 + A2 e B = B1 + B2 , la conflittualità tra A

e B è intensa e tale da determinare spesso fenomeni di lotta

armata, guerriglia e rivolte. Se poi i valori di ρ e I sono

eccessivamente bassi la conflittualità tra A e B si inasprisce

degenerando in guerra civile o in colpo di Stato.

b)Regimi non democratici (monarchie assolute, dittature,

teocrazie).

Se ρ << 1 la quantità di energia disponibile è molto più

piccola di quella necessaria. In questa condizione il potere

politico e quello economico tendono ad accaparrarsi una gran

parte dell’energia disponibile lasciando quello che resta all’altra

parte dell’oggetto politico. In questo modo l’oggetto politico si

è scomposto in altri due oggetti: A (il potere dominante) e B

(il popolo) caratterizzati da valori di I molto diversi tra loro e

tali che I(A) >> I(B). L’oggetto A tende a mantenere

militarmente e ideologicamente l’equilibrio politico con

l’oggetto B. Quest’ultimo, a sua volta si scompone in altri due

oggetti: B1 (il gruppo dei rappresentanti di B) e B2 (la

rimanente parte di B). B1 determina le azioni di B2 . Se m(B)

< m(A) allora B1 viene assorbito da A per attrazione politica,

dando luogo all’oggetto A + B1 che riesce a controllare meglio

B2. Se m(B) > m(A) allora B1 usa B2 per attaccare A

(rivoluzione). In caso di vittoria B1 assorbe quello che resta di

A lasciando B2 nelle condizioni precedenti. In caso di

sconfitta A elimina B1 e assorbe quello che ne resta, e,

perciò, controlla meglio e più liberamente B2 .

In conclusione, da quanto detto risulta che una rivoluzione

non è mai determinata dal popolo, ma da persone avide di

potere che lo usano come strumento contro l’ “oppressore” del

quale bramano prendere il posto.

Una rivoluzione, quando ha successo ha, comunque, due

risultati certi; il primo è la sostituzione della vecchia classe

politica, mentre il secondo vede il popolo in condizioni

peggiori di prima. Infatti, poiché la rivoluzione ha dissipato una

grande quantità di energia, sia in termini di vite umane che in

termini economici, il nuovo regime induce la popolazione a

sacrifici maggiori di quelli ai quali era già abituata.

Una rivoluzione può essere trattata sia come un processo

d’urto tra gli oggetti politici contendenti, costituiti uno dalla

classe politica opprimente (oggetto A) e l’altro dalla

popolazione oppressa (oggetto B), che termodinamicamente. In

questo ultimo caso l’oggetto B viene trattato come un gas

politico contenuto in un recipiente adiabatico sul quale

l’oggetto A esercita la propria pressione facendo aumentare

quella dell’oggetto B.

I - 11 Le rivoluzioni culturali.

Quando il regime di una Nazione viene violentemente e

rapidamente rovesciato, il potere viene poi esercitato da una

dittatura.

Questa, normalmente, per poter meglio controllare il popolo,

impone una nuova ideologia, la stessa con la quale aveva

costruito la sua massa politica per rovesciare il regime

precedente. Questa ideologia può essere di tipo politico,

religioso o di tipo politico e religioso assieme.

La nuova ideologia viene diffusa nel tentativo di imputare i

mali della società al vecchio regime o alle culture delle

Nazioni che non la condividono. Buona parte della popolazione

accetta passivamente la nuova ideologia (in parte per ignoranza

ed in parte perché, essendo ogni giorno alle prese con la

miriade di piccoli problemi che la vita propone, non è allenata

ad interessarsi attivamente ed a ragionare di problemi diversi da

quelli che esulano dalla quotidianità) ed accetta la nuova

ideologia perché questa offre ragionamenti già confezionati e,

in modo spesso artificioso, adatti a giustificare la necessità del

nuovo regime.

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75

Le persone che, invece, per attitudine personale o per

professione, sono allenate a ragionare in modo autonomo

possono essere divise in due categorie: una che comprende

quelle che per convenienza personale accettano il nuovo regime

con la sua ideologia, un’altra che è costituita dagli oppositori

del regime. Questi ultimi vengono resi inoffensivi con la

soppressione fisica, con il carcere politico o con l’espulsione

dalla Nazione (quest’ultimo metodo è poco praticato perché gli

espulsi farebbero altrove propaganda negativa contro il regime

inducendo gli altri Stati ad esercitare forti pressioni sulla neo-

dittatura con il rischio di generare condizioni di belligeranza).

L’ideologia del nuovo regime, in genere, viene proposta

sotto forma di “rivoluzione culturale” e la sua attuazione

avviene attraverso percorsi diversi. Innanzitutto viene rivolta

una grande attenzione alla scuola, sia perchè le menti giovani

offrono una minore resistenza all’indottrinamento ideologico,

sia per preparare ideologicamente le generazioni future. Ciò

viene fatto selezionando opportunamente i dirigenti scolastici, i

docenti ai vari livelli di istruzione e le materie e discipline da

insegnare.

Per l’indottrinamento della rimanente popolazione da un lato

vengono usati tutti i mezzi di comunicazione di massa per

costruire dei rituali collettivi che, assieme alla diffusione di

forti simboli inneggianti al regime ed alla nuova ideologia,

prevedono frequenti riunioni di “partito” e, in momenti

significativi della vita sociale della Nazione, grandi adunanze di

masse popolari accompagnate da discorsi ufficiali, inni politici

e parate militari più o meno spettacolari; dall’altro si induce ad

accettare la nuova dottrina ostacolando l’accesso al lavoro o gli

avanzamenti di carriera a coloro che mostrano resistenza e,

comunque, impedendo loro il regolare svolgersi della vita

sociale.

Oltre a quello già accennato, nella velleità del regime di

durare in eterno, l’attuazione della rivoluzione ha anche lo

scopo di tagliare le radici culturali del popolo e, quindi, di

privarlo delle sue tradizioni e della sua identità. Venendo meno

queste, che costituivano un modello di vita al quale la società

era già uniformata, il regime deve compiere uno sforzo minore

per imporre la nuova ideologia che poi indicherà il nuovo

modello di vita.

In questa logica la rivoluzione culturale prevede, inoltre,

l’isolamento politico della popolazione con la motivazione

apparente di evitare che culture diverse inquinino la “purezza

ideologica” della nuova, ma con la motivazione reale e occulta,

di evitare che la popolazione ambisca a modelli di vita diversi e

più liberali82

.

I - 12 Sistemi dissipativi e rendimento di un oggetto

politico.

Qualsiasi oggetto politico è un sistema dissipativo, nel senso

che una parte dell’energia che assorbe per svolgere le sue

funzioni viene necessariamente dispersa nell’ambiente

circostante. Questa dispersione, espressa in termini matematici

dal primo e dal secondo principio della termodinamica, ha due

cause fondamentali riconducibili alla natura dell’essere umano.

Il primo motivo è dovuto al fatto che l’uomo, in quanto

essere vivente, disperde necessariamente nell’ambiente che lo

circonda i propri rifiuti organici e tutto ciò che non può più

riutilizzare. Il secondo sta nel fatto che in qualsiasi attività

umana, individuale o collettiva, sono sempre presenti sprechi di

qualsiasi cosa e che, comunque, possono essere tradotti in

termini di energia dissipata.

In termodinamica è stato definito il rendimento di una

macchina termica come il rapporto tra il lavoro utile prodotto

dall’assorbimento di calore e lo stesso calore assorbito. Tale

82

E ciò è tanto più vero quanto più alto è il tenore di vita delle Nazioni

più vicine.

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76

rendimento, per il secondo principio della termodinamica, è

sempre inferiore ad uno.

E’ interessante calcolare il rendimento del governo di una

Nazione inteso come misura del proprio lavoro volto a

migliorare il tenore di vita della società governata.

Per calcolare il rendimento di un oggetto politico occorre

definire un intervallo di tempo nel quale sia possibile stabilire

l’inizio, lo svolgimento e la conclusione di un’attività rispetto

alla quale lo si vuole calcolare83

, cioè, bisogna definire un

ciclo84

di lavoro.

Poiché ogni governo presenta annualmente un rendiconto

consuntivo delle entrate e delle spese, si potrebbe pensare di

poterne determinare il rendimento calcolando il rapporto tra la

totalità delle spese sostenute in un anno e la totalità delle

entrate relative allo stesso anno, ma questo semplice rapporto

direbbe ben poco sull’efficienza di un governo dal punto di

vista del miglioramento delle condizioni di vita della società

che rappresenta e governa.

E’ perciò utile, a questo scopo, far intervenire l’ISU.

Quest’ indice, come già è stato precedentemente precisato,

indica le principali direzioni degli interventi finanziari dello

Stato volti a migliorare le condizioni di vita della società

governata, cioè interventi in materia di PIL, sanità ed

istruzione. Per quanto riguarda il PIL c’è da dire che, se da un

lato rappresenta il prodotto interno lordo di tutta la Nazione,

dall’altro i suoi incrementi sono determinati in misura sensibile

dalle condizioni che lo Stato crea con gli interventi volti ad

aumentare e migliorare le strutture che rendono possibile una

buona quantità e qualità del lavoro di tutta la società.

Ciò premesso, vediamo ora, come sia possibile servirci

dell’ISU per valutare il rendimento del governo di una Nazione.

A tale scopo osserviamo che, detta m la massa politica di

una Nazione e detto L il lavoro per portare l’ISU di tale massa

dal valore I1 al valore I2 (I2 > I1), l’energia cinetica della

Nazione subisce un incremento ΔE pari al lavoro eseguito:

L = ΔE = 1mv22 - 1mv1

2 = 1nIv2

2 - 1nIv1

2 =

2 2 2 2

= 1n(I2v22 - I1v1

2).

2

Poiché, inoltre, l’unità di misura del lavoro (Joule) è stata

tradotta in termini di denaro, risulta che il lavoro stesso e la

spesa pubblica sono due grandezze della stessa natura e,

pertanto, possono essere rapportate fra loro.

A questo punto possiamo assumere come misura del

rendimento del governo di una Nazione il rapporto η tra il

lavoro svolto nell’aumentare l’energia cinetica e la spesa

pubblica S durante un ciclo:

η = L = n(I2v22 - I1v1

2)

S 2S

dove v1 e v2 sono le velocità istantanee dell’oggetto politico

calcolate all’inizio e alla fine del ciclo considerato.

Questa espressione del rendimento, che fa riferimento alla

variazione del tenore di vita, tradotta in termini numerici, offre

una comoda e semplice valutazione, comprensibile da tutti,

dell’operato del governo di una Nazione in un anno o,

comunque, nel periodo in cui il governo ha esercitato le sue

funzioni.

83

Termodinamicamente, bisogna stabilire l’inizio e la fine del processo

di trasformazione del calore assorbito in lavoro prodotto.

84

Cfr. pag. 105.

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77

Capitolo II - Analisi storica.

Premessa

Nei paragrafi che seguono verranno trattati fatti della storia

passata e contemporanea che, per le loro particolari

caratteristiche, si presentano in modo alquanto circoscritto

rispetto alla normale complessità dei fenomeni storici e politici,

e che, per questo, si prestano a semplici applicazione della

fisica politica.

Supporremo, inoltre, che il lettore conosca i fatti storici

oggetto delle applicazioni; pertanto tali fatti saranno esposti in

quei loro tratti che consentono l’individuazione del tipo di

applicazione.

II - 1 Impero Romano - La battaglia della selva di

Teutoburgo.

Trattamento: meccanica; urto tra due oggetti politici.

Primo oggetto politico: l’Impero Romano di Augusto.

Secondo oggetto politico: i Cherusci e le popolazioni

germaniche alleate.

Nel 9 d.C. fu combattuta nella foresta di Teutoburgo in

Germania una battaglia tra l’esercito del legato imperiale

romano Publio Quintilio Varo e quello comandato da Arminio,

capo della tribù germanica dei Cherusci85

. Le tre legioni che

costituivano l’esercito di Varo (circa 18.000 uomini) furono

attirate in un’imboscata e completamente annientate dai 17.000

guerrieri di Arminio.

Alcuni storici86

sostengono che quella battaglia abbia

fermato il processo di espansione dell’Impero romano. Questa

affermazione, tradotta in termini di fisica politica, implica che

lo scontro di Teutoburgo abbia esercitato sull’Impero una forza

tale da determinare una sensibile diminuzione della velocità del

suo moto politico e, quindi, la fine delle mire espansionistiche

di Roma.

Vogliamo invece provare che, secondo le leggi della fisica

politica, non fu così, e che gli effetti della battaglia furono del

tutto trascurabili ed ininfluenti sul moto politico dell’Impero

romano.

A tale scopo premettiamo alcune considerazioni.

Per la conservazione dell’energia meccanica di un oggetto

politico, all’aumentare della sua energia potenziale, la sua

energia cinetica deve necessariamente diminuire, e ciò implica

una corrispondente diminuzione della velocità del suo moto

politico.

Poiché con Augusto l’Impero romano aveva quasi raggiunto

la sua massima estensione territoriale, anche la sua massa

politica ed il suo ISU erano quasi giunti ai loro valori più alti,

rendendo quasi massima l’energia potenziale dell’Impero e,

quindi, quasi minima quella cinetica; conseguentemente la

velocità del suo moto politico si era attestata su valori quasi

costanti e molto prossimi allo zero indipendentemente dalla

battaglia.

Se confrontiamo l’esito della battaglia di Teutoburgo con

quello della battaglia di Canne del 216 a.C. (seconda guerra

punica) ci rendiamo conto che la disfatta di Canne fu ben più

disastrosa di quella di Teutoburgo: 50.000 legionari morti a

Canne contro i 18.000 caduti nell’imboscata di Teutoburgo.

Se la disfatta di Canne non fu sufficiente a fermare le

tendenze espansionistiche di Roma, perché avrebbe dovuto

esserlo quella di Teutoburgo? Inoltre, se Cesare con sei legioni

aveva assoggettato la Gallia, perché Augusto e, poi, Tiberio,

con otto legioni stanziate ai confini renani e danubiani non

85

Questi abitavano la regione nord-occidentale della Germania compresa

tra il Weser e l’Elba.

86

WELLS P. S., La battaglia che fermò l’Impero, Il Saggiatore, Milano

2004, p. 11, p. 200 e ss. CLEMENTE G., guida alla storia di Roma,

Oscar saggi Mondadori, Milano 1990, p. 235.

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riuscirono ad annettere ai territori dell’Impero neanche quella

parte della Germania che si insinua nell’angolo formato dal

Reno e dal Danubio?87

La risposta a queste domande sta ancora

una volta nella conservazione dell’energia meccanica. Infatti,

poiché la massa politica della compagine romana all’epoca

della seconda guerra punica e prima della conquista della Gallia

era ben più piccola rispetto a quella dell’età di Augusto, la sua

velocità politica era molto più elevata rispetto a quella che

aveva nel primo secolo dell’Impero che, come abbiamo già

detto, era prossima a zero.

L’effetto della disfatta di Varo fu, dunque, solo quello di far

prendere atto ad Augusto della impossibilità e della sostanziale

inutilità di intraprendere ulteriori campagne di conquista ai

confini dell’Impero88

.

Analizziamo la battaglia di Teutoburgo quantitativamente.

Abbiamo già anticipato che l’evento può essere trattato come

un urto tra due oggetti politici caratterizzati da diverse masse e

velocità. A questo scopo dobbiamo fare alcune ipotesi per

determinare con una discreta verosimiglianza gli ISU, le masse

e le velocità degli oggetti politici costituiti dall’Impero e dalle

popolazioni germaniche che ebbero parte attiva nel determinare

l’evento.

- Impero romano.

La fine delle guerre civili, l’ottima rete stradale, l’efficiente

approvvigionamento alimentare e idrico, la raggiunta

tranquillità dei mari, furono fattori che influirono in misura

notevole nel determinare, con la stabilità politica, una

espansione più capillare ed intensa del commercio, sia terrestre

che marittimo, un progredire dell’agricoltura, sia nella quantità

che nella qualità dei prodotti, ed un forte incremento delle

attività industriali ed artigianali. La conseguenza di questi fatti

fu un netto miglioramento delle condizioni di vita in tutti i

territori dell’Impero.

Tutto ciò ci autorizza a credere che il tenore di vita a Roma e

nelle province dell’Impero avesse raggiunto a quel tempo un

livello abbastanza elevato che, inoltre, rapportato al mondo

contemporaneo, potrebbe essere paragonato a quello di una

Nazione moderna caratterizzata da un valore medio-alto

dell’ISU. Per questi motivi attribuiremo all’ISU dell’Impero il

valore 0,750.

Per determinare la massa politica dell’Impero ci occorre

conoscere il numero dei suoi abitanti nei primissimi anni della

nostra era. A tale scopo facciamo riferimento a quanto ci

dicono gli studiosi di demografia storica Lorenzo Del Panta e

Rossella Rettaroli89

che assegnano alla sola Europa, per l’epoca

in questione, la cifra di 31.000.000 di abitanti, e a Claude

Nicolet90

che, per il solo Egitto propone la cifra di 7.500.000

abitanti. Dovendo considerare nel computo totale degli abitanti

dell’Impero anche quelli del Nord Africa e del Medio Oriente,

e, prendendo in considerazione la cifra indicativa di

60.000.000 per tutto l’Impero proposta dallo storico Guido

Clemente relativamente ai primi due secoli91

, ci sembra del

tutto ragionevole la cifra proposta nel sito www.imperium-

romanum.it di 55.000.000 di abitanti.

87

La conquista di questo territorio avrebbe comportato una sensibile

riduzione del “limes” in quella parte dell’Impero.

88

Nelle sue memorie, “Res gestae Divi Augusti”, l’imperatore

raccomanda ai suoi successori di evitare altre guerre di conquista; e

questa raccomandazione, se si esclude la spedizione di Claudio in

Britannia, viene accolta da tutti i suoi successori fino a Nerva e, poi,

dopo Traiano, dagli imperatori adottivi. 89

DEL PANTA L., RETTAROLI R., Introduzione alla demografia

storica, Laterza, Roma 1994, p. 77.

90

NICOLET C., L’inventario del mondo: geografia politica alle origini

dell’Impero Romano, Bari Laterza, Bari 1989, p. 141

91

CLEMENTE G., op. cit., p. 260.

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La forza militare era espressa da 28 legioni, due flotte

principali dislocate a Miseno e a Ravenna, flotte secondarie nei

mari minori e piccole flotte fluviali, per un totale di circa

200.000 uomini; con gli ausiliari provenienti dagli Stati

“clientes” e quelli “amici del Popolo Romano” si arrivava, alla

morte di Augusto, a circa 300.000 unità92

. Questi numeri danno

luogo al rapporto militari/abitanti 36/10.000, cioè 36 militari

ogni 10.000 abitanti e ad una massa politica (m=nxI/ν) pari a

41.250 Kg.

Per quanto detto all’inizio del paragrafo, assumeremo per il

moto politico dell’Impero la velocità di 0,1 m/anno al

momento della battaglia.

- I Cherusci.

Le condizioni di vita delle popolazioni germaniche stanziate

oltre il Reno e, quindi, dei Cherusci, erano notevolmente

diverse da quelle romane, sia per l’organizzazione sociale, di

tipo tribale, sia per la presenza di tecnologie rudimentali; Paolo

Emilio Taviani sostiene che “la Germania era,

economicamente, molto in ritardo nei confronti della Gallia:

essa non doveva contare allora più di due o tre milioni di

abitanti”93

; Tuttavia i Germani erano in grado di costruire

artigianalmente manufatti per la vita quotidiana, attrezzi per

l’agricoltura, carri per il trasporto e armi.

Tra i villaggi, che distavano tra loro da poche centinaia di

metri fino a qualche chilometro, esisteva una discreta rete di

commercio che consisteva principalmente nello scambio di

manufatti, di prodotti dell’agricoltura e di bestiame. Questi

scambi erano comunque frenati dalla assenza di una efficiente

rete stradale e dalla inesistenza di un sistema monetario.

Per tutti questi motivi riteniamo che il livello di sviluppo

umano di queste popolazioni doveva essere molto inferiore a

quello delle popolazioni dell’Impero. Ciò consente di attribuire

loro l’ISU di una Nazione moderna caratterizzata da un basso

livello di sviluppo umano: I = 0,300.

Varo era stato inviato in quella parte della Germania nord-

occideltale, considerata già conquistata, per organizzarvi la

provincia politicamente e fiscalmente; ma “l’applicazione

dell’intero sistema di tassazione e coscrizione imperiale

provocava – nei popoli assoggettati – una resistenza spesso

violenta, talvolta anche più di quanto lo fosse stata la

resistenza alla conquista iniziale”94

. Questa resistenza, si

trasformò in una reazione che indusse i capi delle tribù

germaniche ad unirsi in una coalizione avente i Cherusci di

Arminio come fattore aggregante, ed implicò un reclutamento

militare molto più serrato rispetto a quello romano, per il quale

supporremo un rapporto di 36/1.000, cioè 36 militari ogni

mille abitanti. Questo rapporto ci consente di calcolare il

numero complessivo della popolazione germanica che

collaborò a realizzare l’attacco a Varo.

Poiché il numero dei guerrieri germani impegnati nell’attacco

è stimato intorno a 17.000 95

, possiamo stabilire la seguente

proporzione:

36:1.000 = 17.000:x

dove x è il numero della popolazione. Si ricava allora per x il

valore 472.000.

Da questi valori (I e n) risulta una massa politica di 141 Kg.

92

GARNSEY P., SALLER R., Storia sociale ed economica dell’Impero

Romano, Lateerza, Bari, 1989, p.181. 93

TAVIANI P. E. distribuzione geografica e struttura della popolazione

attraverso la storia e nel tempo presente, Giappichelli, Torino 1953, p.

50. 94

LUTTWAK E. N., op. cit., p. 32.

95

WELLS P. S., op. cit., p. 166.

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80

Infine bisogna considerare il fatto che il lavoro della

coalizione volto ad attrezzare, armare e preparare l’esercito

abbia dato una spinta notevole allo sviluppo delle popolazioni

che ne facevano parte, e che tale spinta ne abbia elevato

l’indice dal valore I1 = 0,3 al valore I2 = 0,31, con un

incremento complessivo ΔI = 0,01. Perciò, nel periodo di circa

due anni necessari alla preparazione dell’imboscata, il moto

politico dei Cherusci e dei loro alleati fu caratterizzato da una

velocità media di 5m/anno; quindi al momento dell’impatto la

massa politica era diventata 146 Kg.

Le perdite dei Romani ammontarono a 18.000 legionari,

mentre quelle della coalizione germanica a circa 500 uomini96

.

Queste perdite, confrontate con il numero delle rispettive

popolazioni prima dello scontro, furono dell’ordine dello 0,03%

per l’Impero romano e dello 0,1% per la coalizione,

determinando una variazione delle rispettive masse politiche

del tutto trascurabile.

Per questo motivo l’urto sarà considerato elastico.

Riassumiamo nella seguente tabella i valori supposti al

momento della battaglia.

Calcoliamo ora la velocità delle due masse dopo l’urto. Per fare questo

bisogna attribuire un segno alle due velocità.

Tenendo presente che prima della battaglia entrambi i moti politici

Abitanti ISU Massa

politica

Velocità

politica

Impero

romano

55x106

0,75 ma=41.250Kg va=0,1m/anno

Cherusci 472x103

0,31 mb=146 Kg vb = 5m/anno

andavano nella direzione che conduceva ad un aumento di I,

attribuiremo alle due velocità il segno positivo. Indicando poi

con Va e Vb rispettivamente le velocità dell’Impero e quella

dei Cherusci dopo l’urto, e ricordando che:

Va = 2 mbvb - (mb - ma)va

ma + mb

e

Vb = 2mava - (ma - mb)vb , 97

ma + mb

sostituendo i valori della precedente tabella nelle due ultime

equazioni, si ottiene:

Romani Cherusci

Va = 0,13m/anno e Vb = -4,8 m/anno.

Come si vede, contro ogni aspettativa, l’Impero si ritrovò,

dopo l’urto, con un incremento positivo della sua velocità

politica Δv = 0,13 – 0.1 = 0,03 m/anno, pari al 3% della

velocità al momento dell’urto.

Risulta, allora, in pieno accordo con le ipotesi fatte, che la

velocità politica dell’Impero rimase sostanzialmente invariata;

ciò vuol dire che la forza esercitata dall’attacco di Arminio fu

completamente irrilevante nel determinare la fine delle guerre

di espansione di Roma, la cui politica era già orientata sia al

rafforzamento dei confini che alle strategie di prevenzione

contro attacchi esterni.

Quello che invece subì una sostanziale variazione fu la

96

WELLS P. S., op. cit., p. 175, p. 200. 97

Cfr. pag. 96.

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81

velocità politica della coalizione germanica che assunse un

valore negativo.

Ciò implicò una sensibile e rapida diminuzione di I e,

perciò, un regresso nelle condizioni di vita delle tribù che

ebbero parte attiva nel progettare l’imboscata. I fatti storici

confermano questa conclusione.

Infatti la coalizione che aveva consentito il reclutamento di

17.000 guerrieri si disgregò e si verificarono conflitti più o

meno violenti tra le tribù con la conseguente dissipazione di

buona parte dell’energia che aveva caratterizzato la coalizione

immediatamente prima dell’attacco. Tale perdita fu pagata dalle

popolazioni con un sensibile calo del loro tenore di vita.

Paradossalmente si potrebbe affermare che, se l’energia spesa

nell’attacco alle legioni di Varo fosse stata usata diversamente,

la coalizione non si sarebbe frantumata e avrebbe potuto dare

luogo alla nascita di uno Stato germanico98

.

II - 2 Lo scisma anglicano.

Trattamento: termodinamica; fusione di due gas politici,

raggiungimento dell’equilibrio termico.

Oggetto politico A: lo Stato d’Inghilterra di Enrico VIII.

Oggetto politico B: il clero inglese prima della riforma di

Enrico VIII.

Mostriamo ora come sia possibile determinare con la fisica

politica gli effetti dello scisma d’Inghilterra sulla Nazione dal

punto di vista sociale ed economico. Premettiamo allo scopo

una breve sintesi dei fatti che determinarono l’evento.

In Inghilterra, durante il regno di Enrico VII e nei primi anni

di quello di Enrico VIII, era sorta una fortissima avversione

verso il clero per la corruzione che dilagava tra i prelati e per il

fatto che i vescovi inglesi dirottavano in modo continuo ingenti

risorse finanziarie verso Roma. Il clero inglese, inoltre, non

essendo rappresentato in Parlamento, non partecipava alla vita

politica della Nazione e si riteneva sottoposto solo alla autorità

del Papa.

Tale situazione ci consente di definire in modo netto due

oggetti politici: il clero inglese (potere religioso) e il resto della

Nazione inglese (potere politico).

Il processo storico che portò allo scisma trovò le sue cause da

un lato, come abbiamo già detto, nel trasferimento continuo, ad

opera del clero, di denaro pubblico e privato dall’Inghilterra

alla Chiesa di Roma, dall’altro nel dissesto finanziario della

corona inglese causato dalle guerre che Enrico VIII aveva

intrapreso contro Francia e Scozia.

Il “casus belli” che portò allo scontro tra i due poteri fu dato

dal rifiuto del Papa Clemente VII di annullare il matrimonio del

sovrano con Caterina d’Aragona, zia di Carlo V, che non aveva

dato al re un erede maschio. Il divorzio avrebbe consentito al

sovrano di sposare la bella dama di corte Anna Bolein che

stava per dargli un figlio.

L’insuccesso del tentativo del cardinale Wolsey di ottenere il

divorzio per il sovrano, e il rifiuto di Thomas More, succeduto

a Wolsey, di operare nella stessa direzione, indussero il sovrano

a separarsi dalla chiesa di Roma.

La separazione fu attuata con i seguenti provvedimenti:

“Atto di sottomissione”: nel 1531 il clero inglese è

costretto a sottoscrivere questo atto con il quale perde la

propria autonomia;

“Atto di supremazia”: nel 1533 con la sottoscrizione di

questo atto il clero inglese delega al sovrano ogni potestà

98 In effetti, dopo il disastro di Teutoburgo, una delle maggiori

preoccupazioni di Augusto e, successivamente di Tiberio, fu quella che

Arminio riuscisse a ricompattare la coalizione per sferrare un attacco

massiccio alla Gallia. Il fatto che ciò non avvenne conferma ancora le

nostre tesi, se si considera che un altro effetto dell’urto fu quello della

frantumazione del secondo oggetto politico, i Cherusci.

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giuridica in materia ecclesiastica e lo riconosce capo supremo

della Chiesa d’Inghilterra;

“Atto di successione”: nel 1534: l’aristocrazia inglese

approva questo atto che autorizza il sovrano ad esercitare la

funzione di capo della Chiesa su tutti i sudditi del regno.

L’ “Atto di supremazia” servì ad Enrico VIII per confiscare i

possedimenti territoriali del clero, la cui estensione era pari a

circa un quarto del territorio inglese99

, e i piccoli e grandi

monasteri.

Terre e monasteri in gran parte furono venduti alla

aristocrazia ed il ricavato andò a sanare il dissesto finanziario

della corona.

Analizziamo ora i fatti dal punto di vista della fisica politica.

Come si è visto, il potere politico e quello religioso erano

nettamente divisi prima dello scisma e ciò ci consente di

trattarli come due oggetti politici. Il secondo di questi,

sottraendo rilevanti quantità di energia dal primo, ne

diminuisce la massa politica, e tale diminuzione è ulteriormente

incrementata dalla energia spesa nelle guerre sostenute da

Enrico VIII.

L’intervallo di tempo che va dalla nomina di Thomas More a

capo del governo alla confisca dei beni del clero non è

sufficientemente breve da consentire il trattamento dell’evento

come un urto tra due oggetti politici. Invece, il fatto che questi,

alla fine del processo, si trovarono fusi in un solo oggetto

politico, suggerisce di trattare il fenomeno termodinamicamente

considerando i due oggetti come due gas politici occupanti due

contenitori contigui separati da un sottile diaframma adiabatico.

Per il nostro scopo dobbiamo determinare i valori delle

seguenti grandezze utili per caratterizzare termodinamicamente

i due oggetti politici prima dello scisma:

Popolazione;

PIL;

livello di istruzione;

speranza di vita;

la conoscenza di questi valori ci consente di calcolare l’ISU e

la massa politica dei due oggetti.

Oggetto A.

Sappiamo che la popolazione della Nazione inglese,

all’epoca della riforma, contava circa 2.000.000 di abitanti100

con una speranza di vita media di 32101

anni. Le condizioni

economiche del paese, meno floride di quelle dei principali

paesi europei, non ci consentono di attribuire al PIL un indice

superiore a 0.40, e al livello di istruzione un indice non

superiore al valore di 0.30. Perciò, facendo la media dei tre

valori calcolati, risulta un ISU pari a:

I = 0,32 + 0,4 + 0,3 = 0,34

3

e, quindi, una massa politica m = nI/ν = 680 Kgm.

Oggetto B.

Incominciamo col determinare la popolazione del clero.

Sappiamo che, durante il regno di Maria Tudor (1553 –

1558), circa 12.000 sacerdoti, che per effetto dello scisma e

delle influenze luterane si erano sposati sotto il regno di

Edoardo VI (1547 – 1553), furono deposti102

. Supponendo che

99

BRIGGS A., Storia sociale dell’Inghilterra, Oscar Mondatori, 1993,

p. 151. 100

LIVI BACCI M., Storia minima della popolazione del mondo, il

Mulino, Bologna 2002, p. 111.

101

LIVI BACCI M., op. cit., p.44, 103. 102 ALZATI C., L’anglicanesimo, Marietti, Genova 1992, p.153.

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tale cifra rappresentasse solo la metà del clero maschile inglese

e che quello femminile lo uguagliasse in numero, possiamo

ipotizzare che la popolazione totale del clero raggiungesse le

50.000 unità che andranno sottratte dall’oggetto A, la cui

massa, perciò, diventerà pari a 663 Kg. Inoltre, il possesso di

circa un quarto delle proprietà terriere di tutta l’Inghilterra, con

le relative rendite, lo rendeva ricchissimo, e ciò ci consente di

attribuire al suo PIL un indice pari a 0,90. La disponibilità di

laute mense e di ospedali ne rendeva, poi, la vita media molto

più lunga rispetto a quella della popolazione inglese; inoltre il

possesso di scuole e biblioteche ne elevava grandemente il

livello di istruzione.

Questi due fatti ci consentono di attribuire alla speranza di

vita media e al livello di istruzione del clero inglese gli indici

0.75, e 0.90.

Da questi elementi si ottiene un ISU pari a:

I = 0,9 + 0,9 + 0,75 = 0,85

3

e una massa politica pari a m = nI/ν = 42.5 Kgm.

Riassumiamo nella seguente tabella i valori desunti.

oggetto popolazione PIL istruzione Speranza

di vita

ISU m

nazione 1.950.000 0,4 0,3 0,32 0,34 663

clero 50.000 0,9 0,9 0,75 0,85 42,5

Indicate con ma e Ta e con mb e Tb le masse e le

temperature iniziali dei due oggetti politici, questi, messi a

contatto, raggiungeranno, dopo un intervallo di tempo Δt, una

temperatura finale di equilibrio intermedia Te tale che:

Ta < Te < Tb.

Durante il processo che porta al raggiungimento

dell’equilibrio termico l’oggetto B , quando la sua temperatura

passa dal valore Tb al valore Te , cede la quantità di calore

ΔQb = mbc(Tb - Te ),

dove c è il calore specifico;

l’oggetto A , invece, quando la sua temperatura passa dal

valore Ta al valore Te , acquista la quantità di calore

ΔQa = mac(Te - Ta).

Per l’equilibrio termico deve essere Qa = Qb , cioè:

mac(Te - Ta) = mbc(Tb - Te),

da cui, supponendo uguali i due calori specifici,con un po’ di

algebra, si ottiene:

Te = ma Ta + mb Tb

ma + mb

Sostituendo i valori ai simboli, si ottiene: Te = 0,43.

Calcoliamo ora l’ISU della Nazione inglese relativo agli anni

che videro il definitivo distacco della Chiesa inglese da quella

romana. A tale scopo dobbiamo attribuire nuovi valori

all’indice del livello medio di istruzione della popolazione e a

quello della speranza media di vita. Per determinare questi

valori facciamo la media tra gli stessi valori che l’oggetto

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politico A aveva prima della Riforma e quelli del nuovo

oggetto, A + B, che si era venuto a costituire dopo la fusione.

Per il primo indice otteniamo il valore 0,315 e per il secondo il

valore 0,33. Perciò l’ISU del nuovo oggetto politico è dato da:

I = 0,43 + 0,315 + 0,33 = 0,358.

3

Riassumiamo nella seguente tabella i nuovi valori, con i

relativi incrementi, degli indici PIL., speranza di vita e

istruzione.

PIL Speranza di vita istruzione ISU

valori 0,43 0,33 0,315 0,358

incrementi 0,03 0,01 0,015 0,018

Esaminando i primi tre indici della tabella notiamo subito

che, fra i relativi incrementi, il più grande è quello che si

riferisce al PIL che risulta doppio di quello riferito

all’istruzione, seguito a sua volta da quello relativo alla

speranza di vita.

Questi tre incrementi e, perciò, quello relativo all’ISU,

trovano riscontri sostanziali nel periodo storico

immediatamente successivo a quello che vide lo Scisma

Anglicano.

Riferendoci al PIL, sappiamo che la confisca dei beni

ecclesiastici iniziata da Enrico VIII e completata dal figlio

Edoardo VI, diede un notevole impulso al mercato della terra,

influenzando tutta l’economia dell’epoca dei Tudor, al punto

che questa riuscì ad assorbire, senza eccessivi problemi, la

grande eccedenza demografica che si verificò in Inghilterra a

partire dall’ultimo quarto del XVI secolo.

Le due maggiori industrie, quella tessile e quella carbonifera,

ebbero una forte espansione che determinò una sostanziale e

maggiore offerta di lavoro in tutti i settori dell’economia.

L’incremento dell’indice di istruzione trova riscontro nella

proliferazione di nuove scuole, sia pubbliche che private, e

nell’aumento del numero degli studenti universitari, e nel fatto

che una gran parte della fascia sociale più numerosa, quella dei

criminali londinesi, sapeva leggere e scrivere103

.

Infine, a testimoniare l’incremento dell’indice di speranza di

vita, benché minimo, si riscontra, durante il regno di Enrico

VIII, un primo aumento degli interventi economici dello Stato

destinati alle fasce più deboli della società e, successivamente,

la destinazione di parte delle risorse finanziarie, provenienti

dalle confische di Edoardo VI, alla fondazione di ospedali per

la popolazione ed ospizi per i poveri.

II - 3 Unione Europea.

Trattamento: rendimento di un oggetto politico.

Oggetto politico: Unione Europea.

In questo paragrafo analizzeremo uno dei motivi che rendono

l’Unione Europea, per il modo in cui è stata costruita,

economicamente svantaggiosa per tutti i suoi cittadini tranne

che per i politici.

Precedentemente abbiamo definito il rendimento di un

oggetto politico ed abbiamo visto che questo è sempre minore

di uno perché, per il secondo principio della termodinamica,

una parte dell’energia che gli viene fornita per aumentarne il

valore dell’ISU si disperde senza poter più essere utilizzata104

.

L’Unione Europea è costituita da un insieme di Nazioni, ed

103

BRIGGS A., op. cit., p. 147.

104

Riteniamo che un’abbondante quota di tale parte sia da imputare

all’eccessivo costo della politica.

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85

ognuna di queste è governata da uno Stato che ne è il “motore”.

Questo motore disperde una certa quantità di energia, che

chiameremo ΔE1, e che si traduce in un costo per ogni

cittadino dello Stato in questione. A sua volta, il “motore”

costituito dal governo dell’UE, disperde un’altra quantità di

energia, che chiameremo ΔE2, e che si traduce in un ulteriore

costo per tutti i cittadini dell’Unione.

Se indichiamo con N il numero della popolazione dell’UE

e con ni quello dell’i-esima Nazione dell’UE, il costo medio

per ogni cittadino europeo sarà pari a

Cmedio = ΔE2 ,

N

mentre quello riferito alla i-esima Nazione, che indicheremo

con C, sarà pari a:

C = niΔE2 .

N

Precedentemente abbiamo definito il rendimento di uno Stato

come:

η = n (I2v22 - I1v1

2)

2S

dove S è la spesa sostenuta dallo Stato in un ciclo105

, per

portare l’ISU dal valore I1 al valore I2. Aggiungendo ad S la

quantità

C = niΔE2

N

il rendimento diventa:

η = ni (I2v22 - I1v1

2) (1)

2(S + ni ΔE2)

N

cioè:

η = niN (I2v22 - I1v1

2)

2(SN + ni ΔE2)

Quest’ultima ha un valore puramente teorico perché è

praticamente impossibile determinare il valore di ΔE2; ciò non

ostante, poiché la quantità 2(SN + niΔE2) è necessariamente

maggiore di 2SN si vede in modo chiaro, come il rendimento

di uno Stato appartenente all’ UE sia inferiore a quello che

potrebbe caratterizzare lo stesso Stato se questo non facesse

parte dell’ UE.

Ciò è particolarmente vero per l’Italia che è attualmente

strutturata in: Stato, Regioni, Province, Comuni e Municipalità.

In Italia ci si potrebbe affrancare dall’ulteriore costo del

governo dell’UE intervenendo sulle regioni, estendendone

notevolmente i territori, e sopprimendo le Province.

Da quanto detto risulta evidente che, per quanto i flussi di

105

Per ciclo intenderemo l’intervallo di tempo di una “finanziaria”, cioè

il tempo che intercorre tra l’approvazione, da parte del Parlamento, del

preventivo di spesa di uno Stato e la presentazione al Parlamento stesso

del relativo consuntivo. Questo intervallo di tempo normalmente ha la

durata di un anno.

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86

denaro e di merci all’interno dell’UE possano essere

razionalizzati con l’obbiettivo di diminuire in valore di C , per

il secondo principio della termodinamica, ci sarà sempre, e

necessariamente, una quantità Cx , dipendente dall’esistenza

dell’ UE, che dovrà essere aggiunta alle spese degli Stati

nazionali.

II - 4 Riunificazione delle due Germanie106

.

Trattamento: meccanica; valutazioni energetiche e calcolo

del costo della riunificazione107

.

Oggetto politico A: Germania occidentale dal 1990 al 2000.

Oggetto politico B: Germania orientale nel 1990.

Nel trattare il processo socio-economico iniziato

ufficialmente nell’ottobre del 1990 con la riunificazione della

Germania occidentale con la Germania orientale, mostreremo

come si possa giungere, con la fisica politica, a conclusioni,

peraltro confortate dai fatti, analoghe e della stessa portata

globale di quelle cui sono giunti, per altre vie, i più esperti ed

accreditati economisti e politologi di tutto il mondo. Vogliamo,

infatti, provare che il grande sforzo economico sostenuto dalla

Germania occidentale per elevare al proprio livello economico-

sociale la Germania orientale (obbiettivo attualmente non

ancora raggiunto), ha determinato parallelamente una

diminuzione della velocità del suo moto politico; più

precisamente, la Nazione nata dalla riunificazione delle due

Germanie ha iniziato il suo moto politico con una velocità

inferiore a quella che aveva la sola Germania occidentale; ed

inoltre, che questo fatto si è tradotto, in termini reali, in un

tenore di vita caratterizzato da un ISU sensibilmente più basso

di quello che avrebbe avuto la sola Germania Ovest se avesse

continuato a “viaggiare da sola”.

I due grafici che seguono evidenziano l’andamento dell’ ISU

nel tempo. Il primo si riferisce alla sola Germania ovest nella

condizione politico-geografica fino al 1990, mentre il secondo

si riferisce alla Germania nella configurazione attuale dal 1990

in poi. In ascisse è stata riportata la scala dei tempi, e in

ordinate la scala dei valori dell’ISU. I grafici, inoltre, riportano

le equazioni che, a nostro avviso, interpretano nel modo

migliore i dati numerici108

.

Grafico 1

Grafico 2

106

Il termine “riunificazione” viene usato in contrapposizione al termine

“unificazione” che si riferisce a quella avvenuta nel 1871. 107

In questo paragrafo vanno tenute presenti le considerazioni fatte nella

Parte Prima, III - 4, a proposito della conservazione dell’energia.

108 Non è stato possibile elaborare un grafico relativo alla Germania Est per mancanza dei

dati necessari. Il primo valore dell’ISU del grafico 1, non essendo disponibile, è stato

calcolato per estrapolazione.

germania dal '90 al 2003

0,93

0,925

0,921

0,925

0,921

0,911

0,906

0,911

0,887

y = 0,01500Ln(x) + 0,88446

0,860

0,870

0,880

0,890

0,900

0,910

0,920

0,930

0,940

1990 1995 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003

germania ovest fino al '90

0,853

0,860

0,868

0,887

y = 0,0017x3 - 0,0095x2 + 0,0238x + 0,8370

0,830

0,840

0,850

0,860

0,870

0,880

0,890

0,900

1975 1980 1985 1990

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87

Calcoliamo ora le velocità politiche dai due grafici, per il

1990 dal primo e per il 1990 e il 1995 dal secondo. Indicando

con P1 e P2 i polinomi al secondo membro delle due

equazioni, e con v1, v2 e v3 le tre velocità, le equazioni

relative sono:109

v1 = y’P1(1990)

v2 = y’P2(1995)

v3 = y’P2(2000)

dalle quali otteniamo:

v1 = 0,0051x2 – 0,019x + 0,0238

v2 = 0,00006x2 – 0,0008x + 0,00607

v3 = 0,00006x2 – 0,0008x + 0,00607;

sostituendo alla x il valore 3110

nella prima equazione e i

valori 0 e 5 nella seconda e nella terza, si ottiene: v1 =

0,0127, pari a 12,7m/anno, v2 = 0,0061 pari a 6,1m/anno, e v3

= 0,00347, pari a 3,47m/anno; cioè, la Germania “arriva” da

sola alla fine del 1990 con la velocità 12,7m/anno e “riparte”

assieme alla Germania Est con la velocità di 6,1m/anno,

velocità che poi continua a diminuire (infatti nel 1995 è pari a

3,47m/anno).

Ora calcoleremo l’ISU che avrebbe avuto la Germania ovest

nel 2000 se non ci fosse stata la riunificazione e lo

confronteremo con quello reale relativo allo stesso anno.

Supponendo questa volta che l’equazione dello spazio sia di

tipo lineare, e che la velocità sia quella calcolata dal grafico 1

per il 1990, avremo:

I = I0 + 0,0127t;

sostituendo in quest’ultima ad I0 il valore 0,887, otteniamo,

per il 2000 il valore di I pari a 0,950 che, poiché appare

inverosimile, ridimensioniamo a 0,940, che è dello stesso

ordine di grandezza di quello delle nazioni più progredite nello

stesso anno, contro il valore 0,925, ben più basso, rilevato

nello stesso anno per la nuova Germania.

Ora affronteremo il processo dal punto di vista energetico e,

per fare questo, calcoleremo per l’anno 2000 il valore

dell’energia potenziale della Germania ovest con il valore reale

di I e con quello che la stessa avrebbe avuto se avesse

continuato a “viaggiare da sola”.

Per fare questo, oltre ad aver bisogno di due valori dell’ISU,

ci occorre conoscere i valori delle due masse politiche e, perciò,

il numero della popolazione della sola Germania ovest nel 1990

e nel 2000. Nel 1990 la popolazione della Germania Ovest

ammontava a 62.000.000 di abitanti, mentre quella della

Germania Est non superava i 16.000.000 di abitanti, per un

totale di 78.000.000 di abitanti. Per quanto riguarda la

Germania Unita nel 2000 la sua popolazione ammontava a

82.188.000111

abitanti. Supponendo che il rapporto tra le

popolazioni dei due territori sia rimasto invariato e pari a 1,054,

con una semplice proporzione otteniamo, per la popolazione

109 Ricordiamo che la velocità istantanea è la derivata prima dello spazio

rispetto al tempo, ed il simbolo y’ indica la derivata. 110

Abbiamo effettuato un cambiamento di riferimento avendo posto

1975 = 0 nel primo grafico e 1990 = 0 nel secondo, e avendo

assunto come unità temporale l’intervallo di cinque anni nel primo

grafico e un anno nel secondo. 111

Per le cifre sulla popolazione Cfr.: U.S. Bureau of the Census.

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88

relativa al territorio della sola Germania Ovest, la cifra di

64.928.000, e quella di 17.260.000 per il territorio della

Germania Est. Inoltre alla cifra della Germania Ovest

aggiungeremo il 10% di quella della Germania Est dovuta alla

emigrazione dall’ Est all’ Ovest incominciata con la caduta del

muro di Berlino (riteniamo che la percentuale proposta sia

approssimata per difetto se si considera il fatto che solo alla

fine dell’’89 emigrarono nei territori dell’ovest circa 500.000

persone)112

. In questo modo otteniamo, alla fine, la cifra di

66.654.000 per la popolazione della Germania Ovest.

Indicando con n, I1, I2, m1, m2 la popolazione, gli ISU e le

masse politiche della Germania ovest per l’anno 2000 calcolate

con I1 (valore reale) e I2 (valore teorico in assenza della

riunificazione), riassumiamo nel seguente prospetto i dati

ricavati:

n = 66.654.000

I1 = 0,925

I2 = 0,940

m1 = 61.655 Kgm

m2 = 62.654 Kgm

Indicando con Ep l’energia potenziale, è: Ep = mgI; sarà,

allora:

ΔEp = m2gI2 - m1gI1 = g(m2I2 - m1I1)

dove, sostituendo i valori pel precedente prospetto, otteniamo:

ΔEp = 18.286J. Questa è la quantità di energia potenziale spesa

dalla Germania Ovest per la riunificazione.

Poiché, inoltre, 1J = 108$, il costo della riunificazione risulta

pari a 1.828,6 x 109$, che sono pari a circa 1.463 x 10

9 €.

L’effetto di questo sforzo economico è stato, dunque, in

termini di fisica politica, quello di rallentare il ritmo di crescita

dell’ ISU dei lander occidentali a vantaggio di un più rapido

progresso dei lander orientali.

La cifra calcolata è abbastanza vicina alla realtà113

, se si

pensa che la “Freie Universität Berlin”114

stima a tutt’oggi il

costo della riunificazione in 1.500 miliardi di Euro.

II - 5 Un attacco terroristico115

.

Trattamento: urto tra due oggetti politici; valutazioni

energetiche.

Oggetto politico A : organizzazione terroristica ipotetica.

Oggetto politico B; Nazione progredita ipotetica.

Tratteremo ora un immaginario attacco di un’organizzazione

terroristica contro una Nazione progredita. Per fare questo

supporremo che l’oggetto A sia composto da 10.000 individui e

l’oggetto politico B abbia una popolazione di 50.000.000

abitanti.

Per descrivere il processo d’urto abbiamo bisogno di

conoscere per i due oggetti i dati relativi alla loro popolazione,

al loro ISU, alle loro masse politiche e alla loro velocità

politica.

Supponiamo che questi dati siano quelli rappresentati nella

seguente tabella:

112

Cfr.:www.pubblinet.com/varie/bandiere/guessb1.htm 113

Questo risultato assumerà una grande importanza in fisica-politica perché

ci conferma indirettamente che la scelta intuitiva di attribuire a g il valore

9,81m/anno2 (come risulta peraltro dalla fisica

classica) è stata più che mai opportuna. 114

Per ulteriori e più dettagliate informazioni sull’argomento si veda anche:

PARISE M., Dipartimento di scienze economiche, Università di Padova, in:

“L’opzione della piccola impresa nello sviluppo economico della ex RDT

dopo la riunificazione”. 115

In questo paragrafo vanno tenute presenti le considerazioni fatte nella

Parte Prima, III - 4, a proposito della conservazione dell’energia.

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89

oggetto popolazione ISU Massa Velocità

A 10 0.700 0,007Kg 3m/anno

B 50.000.000 0,920 46.000Kg 2m/anno

A differenza di tutti gli altri dati che sono perfettamente

compatibili con la realtà, quelli che si riferiscono alla velocità

politica e alla popolazione dell’oggetto A esprimono le

conseguenze delle seguenti argomentazioni. Il primo dato, ossia

la velocità, è stata assegnata considerando il fatto che solo un

ristrettissimo gruppo dell’organizzazione partecipi alla

progettazione, alla preparazione e alla fase conclusiva

dell’attacco; il secondo, cioè la popolazione, tiene conto del

fatto che un attentato terroristico viene programmato e

preparato in tutti i suoi particolari molto tempo prima della sua

realizzazione. Durante il periodo di preparazione c’è un

sostanziale incremento nella intensità di tutte le attività dei

terroristi che ha l’effetto di trasformare parte dell’energia

potenziale di questo oggetto in energia cinetica provocandone

un sostanziale aumento. Questo aumento, a sua volta, implica

un incremento positivo della velocità politica che, perciò,

risulta maggiore di quella dell’oggetto B. In pratica è come se

tutta l’organizzazione terroristica lanciasse i dieci prescelti,

probabilmente votati al suicidio, a grande velocità contro

l’oggetto da attaccare, come se fossero proiettili.

Un numero maggiore di prescelti aumenterebbe la probabilità

che il gruppo venga intercettato nelle maglie della rete

investigativa dell’oggetto B.

Supponiamo che, immediatamente prima dell’urto, entrambe

le velocità abbiano segno positivo.

Dette ma e mb le rispettive masse politiche, poiché mb >>

ma il processo verrà trattato come l’urto di una particella

contro una parete mobile.

Siano va e vb le velocità politiche dell’oggetto A e

dell’oggetto B. Appena prima dell’urto questi avranno

rispettivamente un’energia cinetica

EA = 1mava2 e EB = 1mbvb.

2 2

I due oggetti politici, in virtù della definizione di urto,

possono essere considerati, nell’intervallo di tempo durante il

quale avviene l’urto, un sistema isolato; perciò, in questa

ipotesi, possiamo considerare costante la somma delle due

energie cinetiche, cioè: EA+ EB = costante.

Detta ora Va la velocità dell’oggetto A dopo l’urto, il suo

valore sarà dato da:

VA = vb - va = 2 - 3 = -1 m/anno

e pertanto l’ energia cinetica dopo l’urto vale:

EA = 1mVa2

2

Per cui l’oggetto avrà perso nell’urto una quantità di energia

cinetica pari a:

ΔEA = EfA – EiA = 1m(Va2 - va

2) = 0,028J

2

che è pari a 2,8 x 105 $.

Poiché la velocità dell’oggetto B resta sostanzialmente

invariata, cioè Va ~ va, l’energia cinetica di B sarà:

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90

EB = 1mbvb2 + 1maVa

2.

2 2

Il rapporto tra le energie cinetiche possedute dall’oggetto B

dopo e prima dell’urto vale 1,0000003; cioè le due energie sono

praticamente uguali.

Questo risultato ci fa capire che l’attacco terroristico ha

inferto danni materiali insignificanti alla Nazione attaccata e

che questa eserciterà in breve tempo una reazione che si

manifesterà, ad esempio, come una maggiore efficienza nelle

indagini volte sia alla cattura dei terroristi che alla prevenzione

di altri attacchi.

I capi delle organizzazioni terroristiche, che saranno

senz’altro delle menti acutissime, oltre ad aver progettato

l’attentato nei minimi particolari, avranno certamente calcolato

anche la perdita economica subita nell’attentato. Se ciò è vero,

perché è stato realizzato l’attacco e chi ci ha guadagnato?

Questa domanda ha due risposte. La prima è che l’attentato

ha dimostrato a tutta l’organizzazione, ed in particolare ai

propri “manovali” che l’organizzazione stessa è estremamente

efficiente e che essa opera esclusivamente per gli scopi dettati

dall’ideologia che la caratterizza. In questo modo i “manovali”,

che prima dell’attacco avrebbero potuto nutrire dubbi sull’

l’efficienza dell’organizzazione e scrupoli sulla validità

dell’ideologia, ora, essendo compromessi, possono essere

successivamente indotti, anche con il ricatto, a compiere rapine,

sequestri di persona a scopo di estorsione, commerciare droga e

trafficare in armi; cioè tutti lavori altamente remunerativi per i

capi dell’organizzazione.

La seconda risposta è che la classe politica dirigente della

Nazione attaccata, vedendo aumentato enormemente il suo

credito nei confronti della Nazione, è ora in grado di chiedere a

questa adeguati e urgenti sacrifici per scongiurare successivi

pericoli.

Osserviamo ancora che un attacco terroristico, in virtù della

grande massa politica e della pronta reazione della Nazione

attaccata, non produce mai i cambiamenti che i capi

dell’organizzazione prevedevano e promettevano ai militanti

esecutivi e che, trascorsi i primi momenti (qualche mese)

caratterizzati da una spiccata emotività delle masse, la Nazione

attaccata riprende il moto politico che la animava prima

dell’attacco; e ciò vuol dire che, tranne un gruppo di persone

(molto piccolo rispetto al numero della popolazione) che ha

visto i suoi cari vittime dell’attacco, il resto della popolazione

riprende le normali attività quasi come se nulla fosse successo.

Inoltre, per il fatto che la conclusione dell’attacco sembra

premiare sia i capi dell’organizzazione terroristica che quelli

della Nazione attaccata, non vediamo remota la probabilità che

le due parti abbiano progettato l’attacco di comune accordo: il

potere si lascia servire solo da persone prive di scrupoli!

II - 6 Una previsione per l’Unione Europea116

.

Trattamento: termodinamica: equilibrio termico;

meccanica: valutazioni energetiche117

.

Oggetto politico A: Europa dei 15;

Oggetto politico B: Europa dei 10 (le adesioni del 2004).

Abbiamo già proposto uno strumento matematico per valutare

uno degli svantaggi118

economici ai quali sono stati sottoposti i

paesi dell’Unione Europea; ora vedremo quali saranno le

conseguenze economiche per i due oggetti politici dopo la loro

fusione, premettendo che i risultati che otterremo avranno una

validità oggettiva (nei limiti delle approssimazioni fatte e degli

116

L’elenco dei paesi membri dell’UE è esposto nelle tabelle 1 e 2

dell’appendice A. 117

In questo paragrafo vanno tenute presenti le considerazioni fatte nella

Parte Prima, III - 4, a proposito della conservazione dell’energia. 118

Cfr. pag. 201..

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91

errori con i quali sono determinati gli indici PIL e ISU) qualora

si manterranno costanti gli scambi energetici (in sostanza

denaro, materie prime, risorse energetiche e tecnologie) tra i 25

paesi, il resto del mondo e la natura.

Il processo, per i lunghi tempi necessari al suo

completamento, non può essere trattato come un urto, perciò

verrà studiato termodinamicamente considerando i due oggetti

come due gas politici che vengono a fondersi per dar luogo ad

un nuovo oggetto politico.

In questa visione del fenomeno, con la creazione del nuovo

oggetto politico (A + B), dette T1 e T2 le temperature dei due

gas (T1 > T2), il primo oggetto, all’inizio del processo, nel

2004, ha incominciato a cedere al secondo una quantità di

calore

Q1 = m1c1(T1 - T),

mentre il secondo, contemporaneamente, ha incominciato ad

assorbire dal primo la quantità di calore

Q2 = m2c2(T - T2),

essendo m1, m2, c1 e c2 le rispettive masse politiche e i relativi

calori specifici. A questo punto abbiamo davanti due problemi

da affrontare: quello di determinare la temperatura T di

equilibrio termico, cioè l’indice PIL del nuovo oggetto politico,

e quello di stabilire in quanto tempo verrà raggiunta questa

temperatura. Incominciamo dal primo.

Dovendo essere necessariamente Q1 = Q2, per transitività,

avremo:

m1c1(T1 - T) = m2c2(T - T2),

da cui, con semplici passaggi, si ottiene la seguente espressione

della temperatura intermedia:

T = m1c1T1 + m2c2T2 .

m1c1+ m2c2

I dati esposti nella seguente tavola119

, sostituiti nella precedente

equazione, ci consentono ora di calcolare il nuovo indice PIL.

Massa T=indice PIL Calore specifico

Europa 15 370 x103 0.938 5250

Europa 10 61 x103 0.828 1954

T = 370x103x5250x0.938 + 61x10

3x1954x0.828=

370 x103x5250 + 61 x10

3x1954

= 0.932.

Per determinare, poi, il tempo necessario affinché la nuova

Unione Europea raggiunga la temperatura calcolata dobbiamo

studiare l’andamento nel tempo degli indici PIL dei due oggetti

politici. I dati che ci occorrono per questo scopo (tabelle

numeriche e grafici) sono stati raggruppati nell’Appendice A.

Incominciamo con l’esaminare i grafici 1 e 2. Questi

rappresentano l’andamento nel tempo dell’indice PIL dei due

oggetti politici dal 1997 al 2003, cioè prima dell’integrazione

dell’oggetto B. Quello che risulta evidente è che l’andamento

nel tempo di questi indici è pressoché lineare, ed è

rappresentato, con sufficiente approssimazione, dalle rette di

equazione:

oggetto A: y = 0.009x + 0.877 (1)

119

Questi valori sono stati calcolati con i dati dell’UNDP relativi al

2003.

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92

oggetto B: y = 0.015x + 0.728 (2)

Come si vede la prima retta ha un coefficiente angolare (0,009)

sensibilmente inferiore a quello della seconda (0,015), e questo

significa che la velocità di crescita del PIL pro capite

dell’oggetto A è sensibilmente inferiore a quella dell’oggetto B.

Dopo l’integrazione dell’oggetto B (grafici 3 e 4) la linearità

dei due andamenti è meno marcata e le due rette hanno

coefficienti angolari sensibilmente inferiori rispetto ai

precedenti (0,002 contro 0,009 per l’oggetto A, e 0,008 contro

0,015 per l’oggetto B) con una diminuzione delle due velocità

rispettivamente del 77,7% e del 46,6%. Questo fatto ci fa capire

come l’ultima integrazione sia stata possibile con uno sforzo

economico che ha implicato un sensibile rallentamento della

velocità di crescita dell’economia di entrambi gli oggetti.

Esaminiamo ora il problema dal punto di vista (non reale)

che vede i due oggetti politici uniti prima del 2004.

Anche in questo caso, come si vede dal grafico 5,

l’andamento dell’indice PIL risulta pressoché lineare ed è

rappresentato dalla retta di equazione:

y = 0,012x + 0,802

il cui coefficiente angolare risulta esattamente pari alla media di

quelli delle due equazioni precedenti; questo vuol dire che la

velocità con cui cresceva l’indice PIL medio dei due oggetti

prima dell’integrazione era la media delle singole velocità.

Esaminiamo, infine, il grafico 6, che rappresenta

l’andamento dell’indice PIL dell’oggetto A + B dopo

l’integrazione; da questo si evince ancora una sostanziale

linearità. La retta che lo rappresenta ha equazione:

y = 0.005x + 0,893. (1)

Quello che si nota con sorpresa, in quest’ultimo caso, è che il

valore del coefficiente angolare della retta è meno della metà di

quello della retta del grafico 5.

Cerchiamo di capire che cosa significano queste ultime

considerazioni.

La linearità del grafico (entro gli errori con i quali viene

determinato l’indice PIL) implica un moto politico uniforme e,

per il primo principio della dinamica, assenza di accelerazioni

e, quindi, assenza di spinte economiche che possano imprimere

sostanziali variazioni alla velocità con cui aumenta l’indice PIL

dell’Europa estesa all’Est. Il fatto poi che la velocità

dell’oggetto A + B si sia più che dimezzata dopo l’integrazione

può significare una sola cosa: l’ultima integrazione non è stata,

per il momento, almeno dal punto di vista economico, un

“affare conveniente” per entrambi gli oggetti.

Ora, infine, servendoci dell’equazione del grafico 6,

calcoliamo il periodo di tempo occorrente affinché l’indice PIL

dell’oggetto A + B raggiunga il valore 0,932 previsto. Per fare

questo basta semplicemente sostituire alla y dell’ultima

equazione questo valore. Si ha, perciò,

0,005x + 0,893 = 0,932

da cui si ricava:

x = 0,932 - 0,893 = 7,8;

0.005

In questa ultima equazione la variabile x rappresenta il

punto dell’asse dei tempi di ascissa 21,5 (grafico 6), ove si sia

posto 2004 = 0; per cui nell’anno 2004 + 7,8 = 2011,8 ≈ 2012

l’Europa dei 25 avrà un indice PIL pari a 0,932 (che

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93

corrisponde ad un PIL pro capite annuo pari a 26.615 $) .

Vediamo ora cosa sarebbe successo all’indice PIL dei due

oggetti se questi non si fossero integrati. Questo lo possiamo

fare sostituendo il valore 14,8120

al posto della x nelle

equazioni (1) e (2) (grafici 1 e 2). In questo modo otteniamo i

valori 1,010 e 0,950(che corrispondono rispettivamente ai

valori 42467 $ e 29.645 $ dei PIL pro capite annui)

rispettivamente per gli oggetti A e B. Ma cosa significano

questi due risultati? Semplicemente che i loro indici PIL

avrebbero raggiunto (da soli), nello stesso periodo di tempo,

valori ben più alti rispetto a quelli previsti con la loro

integrazione.

Ma vediamo ora quanto sarà costata fino al 2012

l’integrazione del 2004, e, per questo, facciamo le seguenti

considerazioni.

Poiché l’indice PIL è uno dei tre parametri che concorrono a

determinare l’ISU, ed è, ovviamente, legato agli altri due, un

aumento della velocità di crescita dell’ISU è resa possibile da

un corrispondente aumento della velocità di crescita dell’indice

PIL e viceversa,

Riassumiamo nella seguente tabella i valori dell’indice ISU

che ci occorrono.

1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005

Europa

15

0.903 0.908 0.917 0.921 0.924 0.929 0.936 0.940 0.943

Europa

10

0.809 0.827 0.835 0.842 0.847 0.858 0.865 0.872 0.877

Totali 1.712 1.735 1.752 1.763 1.771 1.787 1.801 1.812 1.820

Europa

25

0.856 0.867 0.876 0.881 0.885 0.893 0.900 0.906 0.910

I valori relativi all’Europa dei 25 ci consentono di costruire il

grafico 7 che mostra come sarebbe variato nel tempo l’ISU

dell’UE fino al 2005 se A e B non si fossero integrati..

Da questo grafico si vede come l’andamento dell’ISU sia

pressoché lineare ed è rappresentato con sufficiente

approssimazione dalla retta di equazione:

y = 0,007x + 0,853; (2)

da questa possiamo estrapolare il valore 0,957 (che

corrisponde al valore di 30.915 $ per il PIL pro capite annuo)

per l’indice ISU del 2012.

Poiché, come abbiamo più volte detto, i rapporti annuali

dell’UNDP riportano dati relativi a due anni precedenti, non

abbiamo quelli dal 2007 in poi; perciò, possiamo solo

ipotizzare, per l’ISU fino al 2007 un andamento più lento

rispetto a quello dell’equazione (2); pertanto, anche per non

essere eccessivamente pessimisti, proponiamo la seguente

equazione che ha un coefficiente angolare intermedio tra quelli

delle equazioni (1) e (2):

y = 0,006x + 0,900

Da questa estrapoliamo il valore 0,946 per l’indice ISU del

2012.

Dal confronto dei due valori, che indichiamo rispettivamente

con I2 e I1, risulta che nel 2012 l’UE avrà un’energia

potenziale reale:

Ep1 = mgI1,

mentre avrebbe avuto un’energia potenziale

Ep2 = mgI2

120

Il valore 14,8 invece di 7,8 è dovuto al cambiamento di riferimento

2004 → 1997.

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94

se i due oggetti avessero continuato a “viaggiare” da soli dal

2004 in poi. La differenza tra le due, che rappresenta il costo

dell’integrazione fino al 2012, è pari a:

ΔEp = mg(I2 - I1) = 431x103x9,81x(0,957 – 0,946)= 46509 J.

Poiché 1J = 108 $, si ottiene:

ΔEp = 4.650.900.000.000 $121

(quattromilaseicentocinquanta miliardi e ottocento milioni di

dollari).

Questa è la cifra che rappresenterà nel 2012 il costo per tutti i

cittadini europei dell’integrazione del 2004.

E’ più che ovvio, comunque, che una previsione a lunga

scadenza come questa è alquanto aleatoria. Infatti essa non

tiene conto degli eventuali e futuri interventi del governo

dell’Unione Europea ed è stata fatta considerando l’UE isolata

dal contesto politico ed economico globale e dalla natura. Ciò

nonostante, se consideriamo gli effetti della attuale politica

economica della Cina, quelli dovuti alle attuali migrazioni di

popolazioni dal Medio Oriente, dall’Africa e dal sud dell’Asia

verso l’Europa, le conseguenze economiche derivanti dal

graduale esaurimento delle risorse petrolifere, le conseguenze

delle attuali e future variazioni bio-climatiche, e numerosi altri

fattori, riteniamo che qualsiasi previsione sulla crescita

economica dell’UE non potrà certamente essere ottimistica.

Al lettore che, a questo punto, si chiederà perché abbiamo

fatto questa previsione rispondiamo semplicemente che

abbiamo voluto mostrare da un lato le potenzialità euristiche

che potranno caratterizzare il nostro metodo portandolo ad una

maggiore coerenza e precisione con la collaborazione di tutti

quegli studiosi i cui interessi culturali ed intellettuali possano

essere in qualche modo legati alla fisica politica; dall’altro, poi,

la grande e oltremodo incerta e, quanto meno, rischiosa

avventura nella quale si sono imbarcati gli Stati europei.

Alcuni studiosi hanno avanzato critiche negative ad altre e

simili previsioni sostenendo che i vantaggi dell’unificazione

europea non vanno visti solo dal punto di vista di un’ottica

macroeconomica. Noi, invece, sosteniamo l’importanza del

punto di vista economico per il semplice fatto che se

l’economia di un paese è florida, questa offre la possibilità di

investire adeguate risorse finanziarie nelle direzioni indicate dai

parametri che determinano l’ISU, producendo in questo modo

un migliore e più alto tenore di vita.

Supponiamo ora che la nostra previsione abbia delle buone

probabilità di essere vera; in tal caso il Consiglio e il

Parlamento europeo e tutti i paesi membri avrebbero il compito

oltremodo oneroso di portare l’Unione fuori da questo lungo

periodo di depressione economica. In merito a tale problema

avanziamo una critica a tutta una serie (quasi infinita) di

direttive e regolamenti emanati finora dagli organismi direttivi

dell’UE allo scopo di disciplinare il commercio tra gli stati

dell’Unione e di migliorare i nostri prodotti commerciali sia in

termini di qualità che in termini di sicurezza. A questo

proposito ricordiamo la massima latina: “summum ius, summa

iniuria”, che interpretiamo dicendo che quanto maggiore è il

numero dei diritti che si vogliono garantire, tanto maggiore è la

probabilità che molti di questi vengano disattesi.

La nostra critica si articola nei seguenti tre punti:

l’azione dei Parlamenti, dei Governi, delle

Magistrature e delle forze di polizia dei singoli Stati

dell’Unione, trovandosi questi organi nella condizione di dover

gestire un numero sempre maggiore di nuovi casi, è

121

Riteniamo che tale cifra non sia lontano dal vero; essa, infatti, è dello

stesso ordine di grandezza di quella relativa al costo della riunificazione

delle due Germanie (v. pag.204).

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95

estremamente dispersiva ed ha una probabilità molto bassa di

raggiungere gli obiettivi imposti dall’Unione e una probabilità

molto alta di gravare con un elevato costo sui bilanci dei singoli

Stati.

la grande proliferazione di tutte le direttive e

regolamenti europei rende le strutture governative e

amministrative dei singoli Stati dell’Unione rigide e lente ad

operare nelle giuste direzioni.

l’attuazione delle normative europee afferenti

l’industria, l’agricoltura, l’artigianato e il commercio da un lato

si traduce in un costo aggiuntivo per le aziende interessate,

producendo un danno economico ai singoli cittadini e all’intera

comunità; dall’altro imbrigliano il commercio dei singoli Stati

rendendo i prodotti europei sempre meno competitivi rispetto

ai prodotti di quei paesi dove non esistono regole o, se esistono,

vengono troppo spesso disattese.

Premettendo, comunque, che non abbiamo la pretesa di

sostituirci a politici ed economisti nel proporre strategie e

quantificare cifre, anche perché ciò ci farebbe esulare dagli

scopi di questo lavoro, riteniamo che qualsiasi azione del

Consiglio e del Parlamento europei, e dei Governi e Parlamenti

dei singoli Stati volta a risolvere il grave ed impellente

problema non possa e non debba prescindere dalle critiche

esposte.

Sarà possibile trovare le giuste e rapide soluzioni?

Nutriamo ragionevoli dubbi che derivano dal fatto che per

attuare un programma del genere non servono politici, ma

grandi statisti dei quali oggi, purtroppo, si avverte la scarsità, se

non, addirittura, l’assenza.

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96

Conclusione.

Quasi sempre, alla fine di ogni lavoro, ci si chiede se si è

raggiunto lo scopo prefisso. Certamente non sono mancate le

inesattezze e le imperfezioni che sono tipiche di ogni prima

volta. Tuttavia ci piace sottolineare il fatto che con pochissimi

dati, facilmente reperibili, Indice di sviluppo umano e

popolazione delle Nazioni della terra, e due nuovi concetti,

oggetto politico e massa politica, dopo aver dato vita

all’embrione della fisica politica, abbiamo affrontato

praticamente fenomeni e problemi storici e politici proponendo

per essi soluzioni che, a nostro giudizio, sono molto vicine alla

realtà dei fatti accaduti.

Tra le altre cose è emerso, poi, il fatto che episodi e processi

storici che apparivano molto complessi sia politicamente che

economicamente si sono rivelati abbastanza semplici

nell’essere trattati con la fisica politica. E’ il caso, ad esempio,

dello Scisma anglicano e della riunificazione delle due

Germanie.

I fenomeni storici e politici trattati nell’ultima parte di questo

lavoro mostrano come sia stata fertile l’idea di aver applicato

ad essi le leggi della fisica classica. Se poi riflettiamo sul fatto

che l’uomo è caratterizzato da una vita media, da una massa e

da una quantità di moto, ci viene in mente una sua strana

analogia con alcune particelle elementari della materia, e, da

qui, la tentazione di andare oltre i confini della fisica classica

per considerare e trattare l’uomo come il “quanto” elementare

del genere umano. Auspichiamo, perciò, in una trattazione

futura, l’applicazione della fisica quantistica all’uomo.

Ma, al di là di questi che, per il momento, sono solo vaghi

entusiasmi, abbiamo in mente nuove applicazioni di grande

interesse, quali, ad esempio, l’interpretazione fisica del

processo storico-politico che portò prima alla formazione

dell’URSS e, poi, alla sua dissoluzione; lo studio della attuale

anomalia del Sud Africa nel suo contesto geografico e politico;

o, ancora, l’analisi della estrema complessità dei problemi

politici legati al medio oriente.

Ci affascina, inoltre, l’idea di costruire un progetto che abbia

lo scopo di dare finalmente dignità e decoro a molte Nazioni

africane che attualmente sono caratterizzate dai valori più bassi

dell’Indice di sviluppo umano e che sono endemicamente

afflitta da guerre, epidemie ed estrema povertà.

Nella speranza che queste pagine siano un buon seme, ci

congediamo dal lettore e lo ringraziamo per la paziente

attenzione che lo ha condotto fino a queste ultime righe.

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97

Appendice A

Tabelle e grafici integrazione europea 1997-2007

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98

1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003

Austria 0.90 0.91 0.92 0.93 0.93 0.95 0.95 Belgio 0.91 0.91 0.92 0.94 0.92 0.94 0.94 Danimarca 0.91 0.92 0.93 0.94 0.95 0.96 0.96 Finlandia 0.89 0.89 0.91 0.92 0.92 0.93 0.94 Francia 0.90 0.89 0.91 0.92 0.91 0.93 0.94 Germania 0.89 0.90 0.91 0.92 0.92 0.94 0.94 Grecia 0.81 0.82 0.84 0.85 0.86 0.82 0.88 Irlanda 0.90 0.90 0.93 0.95 0.96 0.98 0.99 Italia 0.89 0.89 0.90 0.91 0.92 093 0.94 Lussembug 0.96 0.97 1.00 1.00 1.00 1.00 1.00 Olanda 0.89 0.90 0.92 0.93 0.94 0.95 0.95 Portogallo 0.83 0.83 0.85 0.86 0.87 0.87 0.87 Regno uni 0.89 0.89 0.90 0.91 0.92 0.93 0.94 Spagna 0.85 0.85 0.87 0.88 0.89 0.90 0.90 Svezia 0.88 0.89 0.90 0.92 0.92 0.93 0.93 Totali 13.3 13.36 13.61 13.78 13.83 14.01 14.07 Medie 0.886 0.891 0.907 0.919 0.922 0.934 0.938

Tabella 1: valori dell’indice PIL dei 15 paesi dell’Unione

Europea dal 1997 al 2003. Questi valori sono stati dedotti da

www.undp.org.

2004 2005 2006 2007

Austria 0.96 0.97 0.96 0.98

Belgio 0.96 0.96 0.96 0.97

Danimarca 0.96 0.97 0.98 0.99

Finlandia 0.95 0.96 0.96 0.97

Francia 0.95 0.95 0.95 0.96

Germania 0.94 0.95 0.95 0.96

Grecia 0.90 0.91 0.90 0.91

Irlanda 1.00 0.99 1 1

Italia 0.94 0.94 0.94 0.95

Lussembug 1.00 1.00 1 1

Olanda 0.96 0.97 0.95 0.96

Portogallo 0.88 0.89 0.88 0.88

Regno uni 0.96 0.97 0.95 0.96

Spagna 0.92 0.93 0.92 0.94

Svezia 0.95 0.96 0.95 0.96

Totali 14.23 14.32 14.25 14.39

Medie 0.949 0.955 0.950 0.959

Tabella 2: valori dell’indice PIL degli stessi 15 paesi

dell’Unione Europea dal 2004 al 2007. I valori dell’indice fino

al 2005 sono stati dedotti da www.undp.org, , mentre gli altri

sono stati elaborati sulla base dei valori del pil pro capite

dedotti da www.indexmundi.com. e da Wikipedia.

1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003

Cipro 0.83 0.86 0.88 0.89 0.89 0.87 0.87 Estonia 0.66 0.72 0.74 0.77 0.77 0.80 0.82 Lettonia 0.61 0.68 0.69 0.71 0.73 0.75 0.77 Lituania 0.62 0.70 0.70 0.71 0.74 0.77 0.79 Malta 0.81 0.85 0.84 0.86 0.81 0.86 0.86 Polonia 0.70 0.72 0.74 0.75 0.76 0.78 0.79 Rep. Ceca 0.78 0.80 0.81 0.82 0.83 0.84 0.85 Slovacchia 0.73 0.76 0.78 0.79 0.80 0.81 0.82 Slovenia 0.80 0.83 0.85 0.86 0.86 0.87 0.88 Ungheria 0.71 0.77 0.79 0.80 0.80 0.82 0.83 Totali 7.25 7.69 7.82 7.96 7.99 8.17 8.28 Medie 0.725 0.769 0.782 0.796 0.799 0.817 0.828

Tabella 3: valori dell’indice PIL dal 1997 al 2003 dei 10 paesi

che hanno aderito all’Unione Europea nel 2004

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2004 2005 2006 2007

Cipro 0.91 0.90 0.897 0.908

Estonia 0.83 0.84 0.862 0.887

Lettonia 0.79 0.82 0.821 0.847

Lituania 0.81 0.83 0.821 0.840

Malta 0.87 0.88 0.882 0.892

Polonia 0.81 0.82 0.814 0.828

Rep. Ceca 0.88 0.89 0.884 0.899

Slovacchia 0.83 0.85 0.850 0.869

Slovenia 0.89 0.90 0.896 0.910

Ungheria 0.86 0.87 0.850 0.863

Totali 8.48 8.60 8.577 8.743

Medie 0.848 0.860 0.858 0.875

Tabella 4: valori dell’indice PIL dal 2004 al 2007 dei 10 paesi

che hanno aderito all’Unione Europea nel 2004.

1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003

PIL 15 0.886 0.891 0.907 0.919 0.922 0.934 0.938

PIL 10 0.725 0.769 0.782 0.796 0.799 0.817 0.828

Totali 1.611 1.660 1.689 1.715 1.721 1.751 1.766

PIL 25 0.805 0.830 0.844 0.857 0.860 0.875 0.883

Tabella 5: quadro riassuntivo dal 1997 al 2003

2004 2005 2006 2007

PIL 15 0.949 0.955 0.951 0.960

PIL 10 0.848 0.860 0.858 0.874

Totali 1.797 1.815 1.809 1.834

PIL 25 0.898 0.907 0.903 0.917

Tabella 6: quadro riassuntivo dal 2004 al 2007.

Grafico 1

Grafico 2

Europa 10 Indice PIL 1997-2003

0,8280,817

0,7990,7960,782

0,769

0,725

y = 0,015x + 0,728

0,640

0,660

0,680

0,700

0,720

0,740

0,760

0,780

0,800

0,820

0,840

0,860

1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003

Europa 15 Indice PIL 1997-2003

0,938

0,934

0,922

0,919

0,907

0,891

0,886

y = 0,009x + 0,877

0,850

0,860

0,870

0,880

0,890

0,900

0,910

0,920

0,930

0,940

0,950

1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003

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100

Grafico 3

Grafico 4

Grafico 5

Grafico 6

Europa 10 PIL 2004-2007

0,875

0,857

0,860

0,848

y = 0,008x + 0,841

0,830

0,835

0,840

0,845

0,850

0,855

0,860

0,865

0,870

0,875

0,880

2004 2005 2006 2007

Europa 15 PIL 2004-2007

0,949

0,955

0,950

0,959

y = 0,002x + 0,947

0,942

0,944

0,946

0,948

0,950

0,952

0,954

0,956

0,958

0,960

0,962

2004 2005 2006 2007

Europa 25 Indice PIL 1997-2003

0,883

0,875

0,860

0,8570,844

0,830

0,805

y = 0,012x + 0,802

0,740

0,760

0,780

0,800

0,820

0,840

0,860

0,880

0,900

1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003

Europa 25 PIL 2004-2007

0,917

0,903

0,907

0,898

y = 0,005x + 0,893

0,880

0,885

0,890

0,895

0,900

0,905

0,910

0,915

0,920

0,925

2004 2005 2006 2007

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101

Grafico 7

Europa 25 Andamento ISU 1997-2005

0,910

0,906

0,900

0,893

0,885

0,881 0,876

0,867

0,856

y = 0,007x + 0,853

0,820

0,830

0,840

0,850

0,860

0,870

0,880

0,890

0,900

0,910

0,920

1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005

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Appendice B

Grafici dell’andamento dell’ISU di alcune Nazioni.

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110

I N D I C E

Prefazione…………………………………………………............

N O Z I O N I E CO N C E T T I I N T R O D U T T I V I….

1 Premessa………………………………………………….

2 La massa politica…………………………………………

3 L’indice di sviluppo umano………………………………

4 Calcolo dell’indice di sviluppo umano…………………

5 La Fisica Politica………………………………………….

6 Alcune definizioni………………………………………

P A R T E P R I M A - Meccanica-politica…………………...

Capitolo I: Cinematica…………………………………………….

I - 1 Moto politico……………………………………………..

I - 2 Moto uniforme……………………………………………

I - 3 Moto uniformemente accelerato………………………….

I - 4 Moto vario………………………………………………..

I - 5 Esempi di calcolo………………………………………

Capitolo II: Statica e dinamica……………………………............

II - 1 Considerazioni introduttive………………………………

II - 2 Condizione di equilibrio di un oggetto politico…….........

II - 3 La massa politica…………………………………………

II - 4 Sistema di riferimento……………………………………

II - 5 Primo principio…………………………………………

II - 6 Secondo principio………………………………………

II - 7 Esempi di calcolo………………………………………

II - 8 Considerazioni sulla definizione di massa politica………

II - 9 Terzo principio…………………………………………

Capitolo III: L’energia…………………………………………….

III - 1 Lavoro ed Energia…………………………………..........

III - 2 Energia cinetica……………………………………..........

III - 3 Energia potenziale…………………………………..........

III - 4 Conservazione dell’energia………………………………

III - 5 Peso politico……………………………………………

III - 6 Pressione politica…………………………………………

III - 7 L’ “attrito interno” di un oggetto politico………………

III - 8 Urti………………………………………………..............

P A R T E S E C O N D A - Termodinamica politica………......

Capitolo I: I gas politici…………………………………...............

I - 1 Che cosa è un gas………………………………………

I - 2 Il gas politico……………………………………………

I - 3 Teoria cinetica dei gas politici…………………………

I - 4 Equazione di stato………………………………………

I - 5 Calcolo di K……………………………………………

I - 6 Lavoro eseguito da un gas politico……………………...

Capitolo II: Il calore e il primo principio………………………….

II - 1 Capacità termica e calore specifico………………………

II - 2 Energia interna di un gas politico e primo principio……..

Capitolo III - Entropia e secondo principio……………………….

III - 1 Trasformazioni reversibili e irreversibili…………………

III - 2 Macchine termiche e secondo principio………………….

III - 3 L’entropia………………………………………………

III - 4 Entropia e processi di evoluzione sociale……………

Capitolo IV: Il terzo principio…………………………………….

IV - 1 Il terzo principio…………………………

IV - 2 Calcolo dei calori specifici……………………………….

P A R T E T E R Z A – Analisi storico-politica………………...

Capitolo I: Analisi dei fenomeni politici………………………….

I - 1 Il metodo………………………………………………..

I - 2 Alcuni principi…………………………………………

I - 3 Attrazione politica………………………………………

I - 4 La lotta per il potere……………………………………

I - 5 Le ideologie……………………………………………

I - 6 Regimi democratici……………………………………

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I - 7 Regimi non democratici………………………………

I - 8 Potere politico e potere religioso………………………

I - 9 Terrorismo………………………………………………

I - 10 Le guerre………………………………………………

I - 11 Le rivoluzioni culturali…………………………………

I - 12 Sistemi dissipativi e rendimento di un oggetto politico

Capitolo II: Analisi storica………………………………………...

Premessa………………………………………………..

II - 1 Impero romano - La battaglia della selva di Teutoburgo.

II - 2 Lo Scisma anglicano……………………………………

II - 3 Unione Europea………………………………………...

II - 4 Riunificazione delle due Germanie……………………..

II - 5 Un attacco terroristico…………………………………..

II - 6 Una previsione per l’Unione Europea…………………..

Conclusione…………………………………………….

Appendice A: Tabelle e grafici dell’ UE 1997-2007……………...

Appendice B: Grafici dell’andamento dell’ISU di alcune Nazioni.

Bibliografia………………………………………………………..

Indice………………………………………………………………