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ANA MARÍA SALUDES AMAT Università di Firenze I sogni del Curial i Guelfa 1. Nella prima metà del XV secolo, ma già dalla fine del Trecento, la letteratura catalana vive una epoca di grande splendore, in cui convivono, insieme alla divulgazione intensa delle lettere greco-latine, la continuità e la rivisitazione della lirica trobadorica, le suggestioni delle letterature ebrai- ca e arabo-andalusa e, infine, il dialogo complesso con la letteratura ca- stigliana. A questo dinamico panorama culturale, alle porte dell'età mo- derna, si aggiungono la ricezione dell'Umanesimo e del Rinascimento, at- traverso le traduzioni di Dante, Petrarca, Boccaccio, per citare soltanto i nomi più rilevanti. Nella proliferazione dei generi letterari catalani, spiccano due romanzi cavaliereschi che, da soli, sembrano giustificare la nascita di una specie. Faccio riferimento a Curial e Guelfa (1435-1462?) e Tirant lo Blanc (1460- 1490 ')• Narrazioni finite nella loro struttura di ampia portata, ricche di elementi nuovi, che li allontanano in senso evoluto dai paradigmi tradi- zionali, sino a rappresentare un'opera di transizione tra i romanzi cavalie- reschi e umanistico rinascimentali, e la miscela di stampo bizantino e sen- timentale. Entrambi riescono a far collimare retaggi del patrimonio me- dievale con la novità di due protagonisti, davvero moderni, rispetto al mo- dello classico di cavaliere cortese. In conclusione, sono due narrazioni com- piute nel loro disegno e struttura, brillantemente risolte nei piani formu- lati dai loro autori. L'omogeneità fin qui evidenziata tra le due opere appare interrotta dalla diversa fortuna che nella storia letteraria esse hanno goduto. Non va dimenticato un episodio di carattere intertestuale, conosciuto ormai da D'ora in poi il testo sarà citato come Tirant.

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ANA MARÍA SALUDES AMAT

Università di Firenze

I sogni del Curial i Guelfa

1. Nella prima metà del XV secolo, ma già dalla fine del Trecento, laletteratura catalana vive una epoca di grande splendore, in cui convivono,insieme alla divulgazione intensa delle lettere greco-latine, la continuità ela rivisitazione della lirica trobadorica, le suggestioni delle letterature ebrai-ca e arabo-andalusa e, infine, il dialogo complesso con la letteratura ca-stigliana. A questo dinamico panorama culturale, alle porte dell'età mo-derna, si aggiungono la ricezione dell'Umanesimo e del Rinascimento, at-traverso le traduzioni di Dante, Petrarca, Boccaccio, per citare soltanto inomi più rilevanti.

Nella proliferazione dei generi letterari catalani, spiccano due romanzicavaliereschi che, da soli, sembrano giustificare la nascita di una specie.Faccio riferimento a Curial e Guelfa (1435-1462?) e Tirant lo Blanc (1460-1490 ')• Narrazioni finite nella loro struttura di ampia portata, ricche dielementi nuovi, che li allontanano in senso evoluto dai paradigmi tradi-zionali, sino a rappresentare un'opera di transizione tra i romanzi cavalie-reschi e umanistico rinascimentali, e la miscela di stampo bizantino e sen-timentale. Entrambi riescono a far collimare retaggi del patrimonio me-dievale con la novità di due protagonisti, davvero moderni, rispetto al mo-dello classico di cavaliere cortese. In conclusione, sono due narrazioni com-piute nel loro disegno e struttura, brillantemente risolte nei piani formu-lati dai loro autori.

L'omogeneità fin qui evidenziata tra le due opere appare interrottadalla diversa fortuna che nella storia letteraria esse hanno goduto. Non vadimenticato un episodio di carattere intertestuale, conosciuto ormai da

D'ora in poi il testo sarà citato come Tirant.

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tutti, che annovera il Tirant lo Blanc come "el mejor libro del mundo"nella scena dello scrutinio della biblioteca di Don Quijote (capitolo VI, Iparte), in cui Cervantes, attraverso il personaggio del curato, risparmia dalfuoco ed elogia tre romanzi: YAmadis de Gaula, il Palmerín de Inglaterrae appunto il Tirant lo Blanc.

Cervantes, nel salvare dal rogo un testo quale il Tirant, avrebbe ri-sparmiato, se l'avesse conosciuto, anche il Curial e Guelfa1, così affine perepoca e tematica? L'esuberante stratificazione riscontrabile nella storia nar-rata, ma soprattutto la ricchezza di elementi realisti, consentono di azzar-dare l'ipotesi.

2. Di fronte al patrimonio editoriale del Tirant e alle sue immediatetraduzioni3, risalta la mancata tradizione a stampa del Curial, rimasto nel-l'oblio per quattrocento anni e pervenutoci in un unico manoscritto4. Maaltri elementi specifici intervengono a ostacolare la fortuna del romanzo:l'anonimato dell'autore e la mancanza di un titolo. Limiti, difficoltà chehanno finito per creare intorno all'opera un'aura di persistente mistero,favorevole alle più svariate possibilità di lettura e interpretazioni, ma an-che portatori di controversie sia datate che recenti5.

La prima edizione del Curial, curata da Antoni Rubió i Lluch (1856-1937), un allievo di Mila i Fontanals, risale al 1901, seguita da altre due,

2 D'ora in poi il testo sarà citato come Curial.3 La prima traduzione al castigliano risale al 1511 ; quella italiana, di Lelio Manfredi

è del 1538. La francese che è una riduzione del romanzo, apparve nel 1737. Sulla sciadella traduzione italiana di L. Manfredi, si veda l'edizione curata da A. M. Annichiarico,M. L. Indini, M. Majorano, V. Minervini, S. Panunzio e C. Zilli, con una Introduzionedi G.E.Sansone, edizioni La Tipografica, Roma 1984.

4 Nel 1876, il professore ed erudito Manuel Mila i Fontanals (1818-1884) davanotizia del ritrovamento secondo la segnalazione fattagli dal direttore della sezione dimanoscritti della Biblioteca Nazionale di Madrid, Antonio Paz Mélia, cfr., "Revista deArchivos" voi. V, [Madrid] 1901, p. 37. Ma si veda.anche M. Mila i Fontanals, Notessur trois manuscrits. II. Un román catalán, in Obras Completas, voi. Ili, Barcelona 1890,pp. 485-92.

5 La polemica più recente, di stampo scandalistico, che proclama il romanzo co-me frutto di una contraffazione moderna, è dovuta a J. Riera i Sans, Falsos del segle XIII,XIV i XV, in Actes del IX Col.loqui Internacional de Llengua i Literatura Catalanes, voi.I, Publicacions de Abadia de Montserrat, Barcelona 1993, pp. 479-89.

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quasi simultanee: quella del 1930-31 di R. Aramon i Serra e quella del1932 di R. Miquel i Planas e A. Par; tutte e tre sono corredate da unostudio introduttivo e note6.

Il Curial non è una delle opere più frequentate e studiate, nonostanteche negli ultimi vent'anni siano apparsi diversi contributi critici, fra cuispiccano quelli dei catalani Bohigas, Riquer, Espadaler, Badia, Butinyà eXavier Gómez e degli italiani Sansone e Musso7 (che riprende la tesi del-l'italianità del romanzo proposta del Sanvisenti, alla comparsa della pri-ma edizione del 19018, secondo la quale il manoscritto di Madrid sareb-be una traduzione). Infine dobbiamo a Stefano Cingolani un saggio cheapprofondisce la cultura letteraria dell'anonimo autore del Curial9.

La datazione del Curiale stata fissata tra il 1435 e il 1462, mentre lastoria narrata si svolge, secondo la tesi di Riquer, duecento anni prima(1276-1283)10. Possiamo affermare che il romanzo ubbidisce a una note-vole volontà di verosimiglianza, come si ricava dall'uso di personaggi ve-ramente esistiti, e dalla descrizione di alcune gesta autentiche, che affer-mano un chiaro proposito di storicità. Inoltre la materia fantastica è assairidotta, rispetto al modello cavalieresco, e nel Curial è rappresentata da so-gni e visioni dei protagonisti e dalla presenza di alcuni personaggi secon-dari. La cornice geografica entro cui l'azione trascorre è assolutamente rea-le e mette in risalto l'erudizione dell'autore rispetto ai luoghi e paesaggidescritti: dal Monferrato italiano, alla Germania, dall'Austria a Parigi, dal-

6 Una edizione con grafia attualizzata, basata sull'edizione di Aramon i Serra, ècurata da M. Gusta, con prologo di G. E. Sansone, Mole, Edicions 62, La Caixa, Barcelona1979. Si veda il testo del prologo nella versione italiana nel volume - raccolta dello stu-dioso citato: Scritti catalani di Filologia e Letteratura, Adriatica, Bari 1994, pp. 22-23.

7 O. Musso, // romanzo cavalieresco «Curial e Guelfa» e il Monferrato: note stori-che, Miscellanea umanistico-catalana II, "Quaderni del C.N.R. "Sezione Studi Storici,Alberto Boscolo", Barcellona 1991, pp. 39-52.

8 Bernardo Sanvisenti, Sulle fonti e la patria del «Curial e Guelfa» in "StudiMedievali" I (1904-05), pp. 94-106.

9 Finzione della realtà e realtà della finzione. Considerazioni sui modelli culturalidel «Curial e Guelfa» in L. Badia e A. Soler, Intel.lectuals i escriptors a la baixa EdatMitjana, Curial i Abadia de Montserrat, Barcelona 1994, pp. 129-59.

10 Secondo M. de Riquer, con notevoli anacronismi. Cfr. Riquer / Comas / Molas,Historia de la Literatura Catalana, 11 vols., Ariel, Barcelona 1984, voi. Ili, pp. 294-95e 286-89.

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la Grecia a Terra Santa e Tunisi. Il citato realismo onomastico di molti per-sonaggi contrasta con quello del protagonista, nel nome cui sembra celar-si una volontà letteraria simbolica11: Curial è un aggettivo che equivale acortese, qualcuno che vive o aspira a vivere nella corte e questa è propriola situazione a cui è votato il nostro protagonista, forse sulla scia di pre-cedenti prestigiosi come De vita curiali di Alain Chartier (1385-1433), oin contrasto con la distaccata autocritica della famosa lettera di Enea SilvioPiccolomini a Johannes von Eich, De curialium miseriis (1444), che vedenella vita cortigiana a lui contemporanea, un luogo deleterio per gli uo-mini colti12. Un'altra possibile ipotesi onomastica per l'anonimo autoreandrebbe ricercata nella terza prerogativa che Dante nel De vulgari elo-quentia, (scritto intorno al 1305, IX,5)13, attribuisce al volgare, cioè dopo"cardinale" ed "aulico", "curiale", corrisponderebbe ad un'idea di eleganza,grazia e urbanità: virtù riscontrabili in Curial. È evidente che nella sceltadel nome del suo eroe, l'autore ci indica già il conflitto cui il protagoni-sta sarà esposto. Curial, infatti, orfano di modesta famiglia, viene accoltonella casata di Monferrato, dove compie una vera scalata sociale attraver-so la cavalleria, prima guidato dal marchese, che bada alla sua raffinataeducazione, e poi dalla sorella, la giovane vedova Guelfa, che, invaghitasidi lui, ne curerà la carriera delle armi attraverso un suo segretario, l'an-ziano e saggio Melcior de Pando, personaggio chiave della storia. In que-sto modo l'autore fornisce e analizza con precisa descrizione le cause psi-cologiche attraverso le quali si giustifica il carattere tormentato dell'eroe.

La struttura del romanzo è articolata in tre libri, preceduti da tre so-stanziosi prologhi che anticipano con dovizia gli eventi. In quello del pri-mo libro ci vien fatto sapere che si tratta di una storia di amore. A confer-mare tale affermazione bastano le parole dell'incipit, in cui l'autore evocaquanti pericoli assediano coloro che si adoprano in amore e quante sono ledifficoltà di cui è cosparsa la strada degli innamorati. Con un rapidissimotratteggio il lettore viene messo al corrente della storia che lo aspetta.

11 A. M. de Riquer i nomi dei protagonisti risultano "despresos" (slegati). Cfr.Historia de la Literatura Catalana, cit., voi. IH, pp. 276-305.

12 Ho espunto questa notizia da F. Gaeta, Dal comune alla corte rinascimentale, inLetteratura Italiana, diretta da A. Asor Rosa, Einaudi, Torino 1982, voi. I, p. 242.

13 Un dato che nonostante la scarsa fortuna del trattato latino contribuirebbe adarricchire il patrimonio di reminiscenze dantesche nel Curial.

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II prologo del secondo libro riassume le notizie sull'errare di Curialtra tornei e battaglie e di come egli divenga, a causa dei suoi continui suc-cessi, "un poch superbiós". Nel terzo, assai esteso rispetto ai precedenti, sidisegna il background culturale e letterario dell'ignoto autore u. C'è dachiedersi per quali motivi l'ultima parte il romanzo incorpori una inte-laiatura allegorica, presa in prestito dalla mitologia classica, che interrompequasi bruscamente la storia narrata e ci riporta ad uno scenario fortementeretorico. Proprio alla fine del romanzo si celebra un ritorno alla conce-zione medievale della letteratura? Questa componente, vista come una pe-danteria intellettuale dell'autore, ha dato spazio a diverse polemiche tra icritici e gli storici della letteratura15.

Da tali prerogative si desume che le fonti letterarie che costellano iltesto sono originarie della tradizione medievale, del ciclo arturiano, deisuoi cavalieri, dei personaggi della saga bretone, di Tristano e Lancilloto,spesso citati. Senza dimenticare i grandi autori italiani precedenti e con-temporanei: // Novellino, Dante e Boccaccio, nonché i catalani, Desclot eBernat Metge. È soprattutto la traccia insistente della figura del trovato-re che ammicca spesso tra le pagine del romanzo, fino ad attribuire a Curialla diffusissima composizione trobadorica Atressi con l'orifanz16, testo inrealtà di Rigaut de Berbezilh, che culminerà nella incoronazione, narratain chiave onirica, del poeta Curial in Parnaso e il suo successivo ricon-giungimento a Guelfa nel felice finale della storia.

3. La trama del Curial si nutre delle imprese cavalieresche erotico-sentimentali del protagonista, che, per la gelosia di Guelfa, continua a ri-manere lontano dalla corte, mentre si sviluppa la traiettoria vitale dell'e-

14 L. Badia ha già avanzato tale ipotesi di lettura, in De Bernat Metge a Joan Roisde Corella, Estudis sobre la cultura literaria de la tardor medieval catalana, Edicions deisQuaderns Crema, Barcelona 1988, pp. 128-130.

15 Una traccia segnalata sin dalle prime edizioni del romanzo, da Rubió i Lluch aAramon i Serra o a Miquel i Planes e A. Par, ma riprese più tardi anche da Bohigas eRiquer. L. Badia ne ripercorre per sommi capi gli sviluppi, cfr. De Bernat Metge a JoanRois de Corella, cit. pp. 132-38.

16 A proposito di questa fonte, si veda il mio Ricerca paradigmática o trionfo dellaletterarietà nelle strategie narrative del «Curial e Guelfa», in Scritti in ricordo di GiorgioChiarini in corso di stampa.

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roe. È logico che nel marcato psicologismo sentimentale del romanzo l'au-tore faccia ricorso alla classica strategia del sogno, in modo da aiutare iprotagonisti a esprimere, nel contatto con questa dimensione inusuale del-l'essere, la loro natura e vocazione profonde, anche se il sogno, per granparte mediato discorsivamente e veicolato dal linguaggio elaborato dellascrittura, finirà per tradursi in un esercizio soprattutto retorico.

Al nutrito sfoggio letterario che l'erudito autore vanta nel Curial nonpotevano mancare, utili al nostro caso, le citazioni di testi afferenti alledescrizione oniriche, tra le quali egli si muove perfettamente a suo agio.Eccolo discorrere sul commento di Macrobio al testo ciceroniano delSomnium Scipionis u, oppure del sogno del Faraone, interpretato daGiuseppe nella Bibbia18, nel commento di Johanes Limouiciensis.

Il materiale onirico racchiuso nel Curial potrebbe considerarsi di duemodalità, sogno e visione, benché l'autore non distingua tra essi: può sor-prendere, ma anche altri autori ben introdotti nella scienza dell'oniro-manzia, si servono dei due termini come di sinonimi19.

L'inventario dei sogni e delle visioni del Curial, pur non occupandouno spazio eccessivo nella storia narrata, riesce a comunicare col lettore,grazie al suo linguaggio universale, ma allo stesso tempo è affermazionedi profonda individualità. Infatti, non va dimenticato che il sogno rap-presenta un argomento inesauribile, un quesito destinato a riproporsi con-tinuamente come frontiera della scienza, come definizione dell'uomo e,nel nostro caso, come fonte di materiale mitopoietico.

L'elenco preciso dei sogni o visioni, che l'ironia dell'autore definiscepoètiquesfìccions, non supera il numero di nove20, di disuguale misura estruttura, sparsi in tutti e tre libri. Li accennerò brevemente21:

17 Mi servo dell'edizione R. Aramon i Serra, Els Nostres Clàssics, Barcino, Barcelona1930-1931, voi. Ili, p. 74.

18 Genesi, XLI, 1-4, 23-36.19 Da Dante a Albert Beguin per fare soltanto due nomi.20 II numero nove dei sogni nel romanzo non può essere una casuale scelta del-

l'autore. Il nove è rappresentativo della perfezione e a sua volta multiplo del tre. La ci-fra si ricollega con i tre sogni che si trovano nella Vita Nova, opera a cui il primo sognodi Curial, come si vedrà, è fortemente debitore. Si vedano le note 40 e 42.

21 È stata Lola Badia, la prima a inventariare e ragionare sui sogni e la loro fun-zione nel romanzo. Si veda, De la «reverenda letradura» en el «Curial e Guelfa» in DeBernal Metge a Joan Rois de Corella, cit., pp. 132 e ss.

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1) Nel libro iniziale Curial ha il primo sogno, in cui egli si trova scis-so tra l'amore di due donne (Guelfa e Laquesis) e che produce in lui unangoscioso senso di colpa22.

2) Guelfa, ritiratasi in convento dopo la partenza di Curial, ha unbreve sogno premonitore del tradimento di lui, ma anche della sua vitto-ria nella battaglia che tra poco lo aspetta23.

3) Un'esperienza telepatica è quella della badessa del convento in cuisi trova Guelfa, che ha un sogno identico al suo e in contemporanea24.

4) Nel libro Secondo la Fortuna appare al duca d'Orleans per invo-gliarlo a sposare Laquesis25.

5) Un spirito maligno foriero di sventura, travestito da madre diLaquesis, appare in sogno a Curial, suggerendogli di recarsi a Parigi a ri-prendere la figlia26.

6) II terzo Libro è il più ricco di materiale onirico; proprio all'inizioc'è la famosa visione del protagonista che viene incoronato sul monteParnaso da Apollo in persona, come grande poeta; egli si intrattiene indotto dialogo con le Muse, viene presentato ad Omero e ad alcuni deisuoi personaggi di finzione: Ettore e Achille tra cui si stabilisce una ten-zone letteraria27.

7) Una visione allegorica di Bacco, padrone delle arti liberali, si pre-senta a Curial quando risiede in Francia e conduce una vita dissoluta28.

8) San Giorgio appare a Curial la sera che precede il combattimentocon il turco Critxi. Al suo risveglio il nostro eroe si trova sul petto un pic-colo stemma con una croce rosso sangue in campo bianco29.

9) Venere e Fortuna appaiono a Guelfa e alla badessa, che di nuovohanno un identico sogno30.

Lo spazio a disposizione non permette un'analisi approfondita del-

22 Cfr. edizione Aramon i Serra, voi. I. pp. 105 e ss.23 Ivi., Voi. I, pp. 128-29.24 Ivi., Voi. I, p. 129.25 Cfr. edizione Aramon i Serra, voi. II, pp. 276-77.26 Ivi., Voi. II, p. 281.27 Cfr. edizione Aramon i Serra, voi. Ili, cit., pp. 73-91.28 Ivi., pp. 174-79.29 Ivi., pp. 196-97.30 Ivi., pp. 221-30.

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l'elenco appena citato. Mi limiterò ad un rapido riassunto del primo so-gno e dei suoi antefatti per poi passare a un'ipotesi sulle fonti e sui testiche possano aver influenzato la visione di Curial.

4. Reduce da una giornata gloriosa che lo vede investito cavaliere,vincitore di un torneo per difendere la duchessa d'Austria da una ingiu-sta accusa di adulterio, Curial viene riverito e celebrato dalla stessa e poidal duca, suo marito, che lo ringrazia con pubbliche lodi, e con il baciodella nobile dama, ma anche da tutte le principesse e signore lì presenti,che lo abbracciano in modo smisurato. Inoltre, durante la cena in onoredi Curial offerta dall'imperatore di Alamanya, il duca di Baviera gli offrecome moglie sua fliglia Laquesis e in aggiunta la metà del suo patrimo-nio. Dinanzi a tali profferte l'integrità di Curial traballa, soprattutto difronte alla bellezza di Laquesis che fa sfoggio di raffinatezza e di eleganzacortesi. Proprio in quel frangente si presenta Melcior de Pando con unalettera di Guelfa per Curial, sul cui contenuto neanche noi lettori saremoinformati, al di là della firma "Guelfa la tua", che produrrà nel destinata-rio l'effetto di una crisi psichica, tumultuosa e altalenante, fino allo sve-nimento. Quando questi riprende i sensi, grazie alle cure di Melcior dePando che lo conforta e assiste, si rende conto che il suo stato d'animo —nella veglia che precede il sogno —, è continuamente scosso dal richiamodelle due donne, Guelfa e Laquesis, attraverso oggetti che via via si pre-sentano sotto i suoi occhi per ricordargli i rischi della sua infedeltà versola prima o la nascente passione per la seconda, con un'insistenza, senz'al-tro non casuale, che invero enfatizza la problematicità dell'ascesa socialedel protagonista31.

31 Materializzato nella figura del leone, Curial fa incastonare di pietre preziose ungioiello d'oro, che rappresenta, appunto, il re degli animali, da portare al collo, in cuitiene custodita la prima lettera di Guelfa. D'altra parte, nel palazzo del duca di Baviera,Curial viene trattenuto ancora dalle celebrazioni del suo successo come cavaliere e vin-citore di giuste cause. Introdotto dalla duchessa nelle stanze private di Laquesis, gli verràproposto di coricarsi nel letto di lei, in assenza di quella. Curial tra la ricchezza raffina-ta degli oggetti che lo circondano, scorge un piccolo altare con una tavola che rappre-senta San Marco con il suo simbolo, il leone. La rappresentazione dell'animale lo ripor-ta di nuovo al ricordo di Guelfa, e così avviene successivamente quando, di fronte a unoscrigno di Laquesis, si sente attirato dalla bellezza di un fermaglio incastonato di perle e

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A questo punto sarebbe opportuno riassumere brevemente il sognodi Curial:

Un giovane mendicante, allo stremo delle sue forze e completamente nu-do, viene soccorso da una bellissima donna in gramaglie, che lo copre conle sue vesti e lo sfama con il proprio cuore, lacerandosi il petto. Per aver-gli salvato la vita, gli chiede di contraccambiare nel caso che un domanianche lei si trovasse in disgrazia.Quell'aiuto permette al giovane di riscattarsi dalla sua indigenza. In segui-to egli si ritrova davanti la vedova che lo aveva aiutato, caduta a sua voltain povertà, ma lui, ingrato, le volta le spalle e concede i suoi favori a un'al-tra donna. Curial, che vive il sogno da spettatore, vorrebbe uccidere il ra-gazzo, ma in quel momento il cielo si apre e Febo, che tutto vede, raccontaa Venere il misfatto. La dea incollerita affida a Cupido la vendetta. Questitrafigge con una freccia dalla punta di piombo il cuore della donna che siaddormenta, e con una d'oro, quello dell'uomo ingrato che non troveràpiù pace, condannato a non morire mai.

Il sogno di Curial ha tutti i componenti e gli attributi del comples-so di colpa e del desiderio compensatorio dell'autopunizione, cui il pro-tagonista vorrebe affidare il ruolo di una riparazione, ma senza successo.Il senso di tragressione nasce dalla consapevolezza di essere attratto con-temporaneamente dalle due donne, che a loro volta lo corrispondono:Guelfa, con cui è in debito per il compromesso contratto, e Laquesis, chestarebbe a rappresentare le pulsioni ribelli del nostro eroe.

Dal breve sunto si possono ricavare facilmente due momenti ben di-versi del materiale onirico che compongono l'intreccio descritto, rappre-sentativi ciascuno di due funzioni letterarie precise. Da una parte, quel-la più reale, o logica, legata alle vicende della storia di Curial, nonostantela comparsa dell'elemento fantastico - che lo collega a una leggenda an-

pietre preziose, in cui ancora una volta, campeggia raffigurato un leone, con due rubinial posto degli occhi. Il grande felino è ferito nel petto, e ostenta un emblema con unmotto: "Cuer desirous n'a nuli sojorn" che sembra ammonire Curial. L'utilizzazione ri-corrente dell'immagine del leone, che viene proposta in diverse vesti, e addirittura dalvivo (nell'episodio della prigionia a Tunisi), non può essere casuale, e senz'altro sta a rap-presentare un determinato disegno simbolico dell'autore, che tuttavia non sarà analizza-to in questa sede per motivi di spazio.

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tropogafa o omofagica (il cui retaggio si perde nella notte dei tempi32) eche si allaccia a un tema concreto, rivisitato abbondantemente nella let-teratura e nella storia dell'arte. Nel secondo segmento, e ultimo della de-scrizione del sogno, l'introduzione della mitologia, apporta dei tratti chefiniranno per caratterizzare lo stile delle altre poètiques ficcions, che co-stellano il romanzo secondo la già citata e peculiare definizione dell'au-tore.

5. Al di là di una scontata lettura di stampo psicoanalitico che la no-stra epoca tende a privilegiare, andrebbero considerate in primo luogo gliartifìzi evidenti a cui fa ricorso l'autore, pur servendosi ovviamente delle"realtà del sogno"33 racchiuse nell'allegorismo, nel simbolico e nel fanta-stico, che rappresentano i modi più usuali per "leggere" o interpretare isogni.

Per affinità tematica, nel primo sogno di Curial è d'obbligo fare ri-ferimento alla leggenda del cuore mangiato34, che, come abbiamo detto,affonda le sue radici nella lontana mitologia della tradizione classica35 op-pure nel folklore popolare36, e che, rivisitata in versione sacra o mistica(persino parodica, ma non comica)37, dalla tradizione trobadorica, attra-verso le Vidas e raíaos, torna a rifiorire in molte letterature europee dal se-colo XII, - all'interno di diversi generi, lirici o prosastici - con variantinotevoli fin quasi ai nostri giorni38.

32 Cfr. il suggestivo studio, uno dei primi sul tema, H. Hauvette, La 39 nouvelledu Décaméron et la legende du «coeur mangé» in Romania, XLI, 1912, pp. 184-205.

33 Utilizzo la nomenclatura del bel saggio di Enza Biagini: La funzione letterariadel sogno, in Paradigma 8, A.A.V.V. "Studi e testi raccolti da E. Biagini", Opus Libri,Firenze 1988, pp. 67-105.

34 Cfr. l'esaustivo lavoro di L. Rossi, LI cuore, mistico pasto d'amore: dal «Lai Guirun»al Decameron, in A.A.V.V. Studi Provenzali e Francesi 82, Romanica Vulgaria, "Quaderni"6, Japadre, L'Aquila 1982 (ma 1983), pp. 28-128.

35 Cfr. il mito di Zagreo/Dionisio in Ovidio, Metamorfosi, VI, 411-64.36 A proposito dell'episodio del cuore mangiato nella vita del trovatore Guillem de

Cabestany, M. de Riquer allude al l'origine della leggenda, probabile retaggio del folk-lore orientale, più concretamente di quello indiano. Cfr. Los Trovadores, Historia litera-tura y textos, 3 vols., Ariel, Barcelona, 1975 e 1983, voi. Il, p. 1065.

37 Cfr. L. Rossi, LI cuore, pasto d'amore: dal «Lai Guirun» al Decameron, ci t . , p . 3 1 .38 Cfr. Mariella Di Maio, II cuore mangiato, Storia di un tema letterario dal Medioevo

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Ma se torniamo al sogno di Curial, che è il filo conduttore di que-ste note, scopriremo che l'episodio ha quattro momenti ben scanditi:

a) Apparizione del ragazzo povero e nudo che cerca aiuto.b) Comparsa della giovane donna che lo soccorre doppiamente: spo-

gliandosi e coprendolo con la propria veste, e nutrendolo col proprio cuo-re.

e) Misconoscenza e ingratitudine del ragazzo, quando incontra tem-po dopo la donna che lo aveva aiutato, e ora caduta in disgrazia. La don-na, senza soccorsi e in punto di morte, scopre che il ragazzo regala il suopane e le sue premure ad un'altra donna.

d) II cattivo esempio dell'ingratitudine viene punito dalle deitàdell'Amore (Venere e Cupido) con la ferita inferta da Cupido che con-danna il giovane crudele a vivere in eterno tormento.

È evidente che il sogno di Curial, per una serie di elementi affini,specie la comparsa del tema del cuore come pasto d'amore, ci rimanda auna fonte precisa: il paragrafo I (12-24) della Vita Nova39, in cui si scor-gono alcune componenti essenziali di notevole somiglianzà, così palesi, datogliere qualsiasi esitazione agli studiosi che hanno fatto riferimento al-l'episodio del romanzo4o. Le analogie spiccano già nel disegno dello statod'animo in cui versano i sognatori (Dante e Curial), durante la veglia cheprecede il sonno. Entrambi hanno vissuto particolari emozioni a causa del-la donna amata, e la loro psiche è alterata da quegli eventi che sono, inqualche modo, il risultato e le motivazioni che predispongono i due pro-

all'Ottocento, Guerini e Associati, Milano, 1996. Si veda anche, Isabel de Riquer, Cor dedona, dolt;a vianda, in Mélanges a Philipe Mènard, Alianza, Madrid, in corso di stampa.

39 Mi servo della recente edizione della Vita Nova, curata da Guglielmo Gorni,Einaudi, Torino 1996.

40 In ordine cronologico: il primo editore, A. Rubió i Lluch, (cit. p. 274 e nota15), riconosce il modello dantesco e fa riferimento alla Vita Nova, in Observacions preli-minars, cit., p. X. Ma anche B. Sanvisenti, I primi influssi della letteratura italiana inSpagna, Milano 1902. Si veda anche il breve, ma fondamentale studio di LI. Nicolaud'Olwer, Apunts sobre l'influència italiana en la prosa catalana, in Estudis UniversitarisCatalans voi. II, 1908, p. 312. I diversi studi di A. Farinelli sulle questioni di fonti nel-le letterature iberiche, furono raccolti in due volumi, Italia e Spagna, Torino 1929. Macfr. anche R. Aramon i Serra, Noticia preliminar, cit., p. 10-2 e la nota al testo voi. Ili,p. 261. Infine R. Miquel i Planes i A. Par, nella loro edizione cit. danno conferma sul-la fonte dantesca segnalata per primo, da Rubió i Lluch, cfr. nota 1881, p. 487.

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tagonisti al riproporsi di una realtà appena vissuta, ora trasformata in al-legoria o simbolo delle proprie vicende di soggetti sognanti.

Va però presa in considerazione una differenza sostanziale rispetto al-lo svolgimento del tema nella Vita Nova (sia nel brano prosastico che nelsonetto), poiché qui il cuore di Dante è offerto dal dio Amore a Beatrice(titubante a compiere la prova), mentre, nel Curial, è direttamente Guelfaa offrire il suo cuore come riscatto alla povertà del giovane (che il lettorepuò identificare subito con il protagonista del sogno e del romanzo).

6. Ma vediamo più da vicino come possono riscontrarsi le similitu-dini e differenze nei due testi che per la loro rilevanza potrebbero diven-tare materiale per un più approfondito lavoro e che qui, invece, sarannoavviamento alla conclusione di queste note.

Scorriamone brevemente alcune diferenze o opposizioni esenziali:In primo luogo il sonno di Curial è profondo e lungo: "... que eli s'a-

dormi axi fort com si fos litàrgich, en lo qual dormir, somiant, [...]"(Aramon, voi., I, 105); "Dura aquest sompni per gran spay, [...]. (Aramon,Ivi, 107), mentre quello di Dante è leggero e breve: "... mi sopragiunseuno soave sonno, [...] (Gorni, 14, 17), "... che lo mio deboletto sonnonon poteo sostenere, anzi si ruppe e fui disvegliato." (Gorni, 18, 21). Diamoora uno sguardo alle figure femminili nel modo in cui appaiono nel so-gno ad entrambi: "... a una porta viu una dona tan bella que Venus foraestada contenta de tanta bellesa com aquesta havia; era aquesta dona ve-stida tota de negre e en àbit de viuda." (Aramon, Ivi, 105). Dante nellavigilia ha incontrato Beatrice, che lo ha salutato: "... avenne che questamirabile donna apparve a me vestita di colore bianchissimo, [...]" (Gorni,12, 15). L'opposizione dei colori delle vesti (bianco contro nero) è dovu-ta soltanto alla funzionalità dei sognanti. Si noti che quando Curial so-gna con la vedova Guelfa, è anche esplicitato, oltre al colore dell'abito, lostato civile della soccorritrice. Per Dante invece, il bianco può essere sim-bolo del vestito nuziale41; anche se nella descrizione che fa riferimento alsogno si parla di "una persona [...] nuda, salvo che involta mi parea inuno drappo sanguigno leggieramente" (Gorni, 15, 19); per noi l'opposi-

41 Sulla difficoltà interpretativa di questo passo si veda l'ultimo editore della VitaNova, G. Gorni, cit., p. 15. Oppure cfr. D. De Robertis, Vita Nuova, Ricciardi, Milano-Napoli, 1980, p. 35, di cui ricavo l'interpretazione della fonte.

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zione rimane tra il bianco e nero, esplicitata nel passo che precede quel-lo del sogno di Dante e messa in risalto dianzi. Mentre il "drappo leggie-ramente sanguigno", non fa altro che preannunciare la visione del cuoremangiato come pasto mistico - che Dante si dimostra tanto renitente nelnominare quanto Beatrice a pascersene - , prova e costrizione imposte daldio Amore.

Ancora andrebbe richiamato nel Curial il gioco speculare delle nu-dità dei protagonisti del sogno, che continua a nostro avviso ad avere co-me riferimento il brano della Vita Nova. Infatti, il protagonista, si coricaper cortesia, ma anche per l'insistenza della madre di Laquesis nel letto dicostei assente, nudo: "E axí Curial tantost se despulla, es mès al Hit, [...](Aramon, Ivi, 104); e appena inizia il sogno, gli si presenta la visione di:"Un minyó molt pobre li aparech, e anava tot despullat sens cubertura al-guna, [...]". Dopo che la bellissima donna nerovestita decide di aiutarlo,prima di strapparsi il cuore con le proprie mani, si denuda senza esita-zioni e in questo modo, appare più vicina alla velata nudità di Beatrice,intravista nel sogno dantesco. È ovvio che un discorso oltremodo insi-stente sul corpo, e per lo più nudo, da parte dell'autore del romanzo ca-talano, vuole mettere in risalto una situazione di un marcato tono eroti-co che si avverte, anche se in modo diverso, nel brano descritto della VitaNova42. Ancora un confronto sull'utilizzazione di due diverse formule re-ligiose di cui tutti e due i testi si servono e che sottolineano il tono mi-stico del cuore mangiato. La vedova del sogno di Curial, dopo che si ètolta l'abito per coprire il giovane povero, passa alla grande prova di amo-re: "E mès-se la ma al si, e, arrancant-se lo cor, li dix: - Menja aqueix pa,e sies contení, car bastant és a toldre't la fam". (Aramon, Ivi, 105). La fra-se pronunciata dalla donna in tono imperativo, mentre gli consegna il pro-prio cuore, ci richiama un passo del Nuovo Testamento descritto dai quat-tro evangelisti nell'istituzione dell'Eucarestia. Di fronte alle diverse for-mule in latino che la Vita Nova ostenta, e specificamente nel passo delcuore in mano delle due donne, l'enunciato dantesco appare più religio-samente partecipato di quello del Curial: "E nell'una delle mani mi pareache questi tenesse una cosa la quale ardesse tutta; e pareami che mi di-cesse queste parole: 'Vide cor tuum!'." (Gorni, 15, 19). Nonostante la pos-

42 Si veda a proposito della nudità, G. Gorni, cit., nota a p. 18, in cui sostiene ilcarattere erotico della situazione.

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sibilità a vedere nella citazione del poeta le formule delle Sacre Scritture,particolarmente a dei Salmi, si è preferito scorgervi l'influsso della lezio-ne di Guido Cavalcanti43.

7. Molte sono ancora le analogie riscontrabili tra i due testi prosa-stici, forse meno evidenti nel sonetto che accompagna i paragrafi citati, incui viene ricreato il racconto del sogno con notevoli varianti.

Non è la prima volta che l'anonimo autore si è servito dell'auctoritasdi Dante44, solo che nel frammento preso in esame non ne dichiara, co-me fa in altri passi, la discendenza diretta45. Si potrebbe affermare che ilmeccanismo citazionale è parzialmente bloccato dall'integrazione della fon-te nel testo che lo riutilizza come materiale già elaborato e pronto per unnuovo uso. I passi riportati della Vita Nova sono presenti nel sogno diCurial in un discorso non del tutto omogeneo, ma, nonostante le diffe-renze e i voluti cambiamenti, è visibile una pretesa di fedeltà, che evi-denzia la discendenza o la mediazione dantesca, soprattutto per quanto ri-guarda il tema del cuore mangiato. Si possono ipotizzare degli accerta-menti in base alla scoperta e alla verifica di questa fonte così palese. Ed ènaturale supporre che nella soluzione dantesca di servirsi di una leggendatramandata dalle Vitas e razos trobadoriche, dai toni un po' barbari e bru-tali a cui era ancorata la lettura tradizionale dei secoli precedenti, il con-tinuatore della scuola stilnovista preferisse la lezione dei suoi maestri, cheavevano mutato la versione del cuore mangiato in un pasto d'amore dalvalore mistico, rigenerante e salvifico. È sempre una fonte trobadorica acui s'ispira l'autore del Curial, ma filtrata attraverso l'opera di Dante, che,a sua volta aveva ripreso, innovandola profondamente, la lezione proba-bilmente da Sordello da Goito (o Sordel, 1220-1269?), trovatore italiano

43 Cfr. D. De Robertis, cit., p. 38, in nota, pur citando il precedente della Bibbia.Così anche per G. Gorni, cit., pp. 19-20. Fonte segnalata a suo tempo da G. Contini(1970).

44 Già è stata rilevata la scoperta degli studiosi sul dantismo dell'autore nel ro-manzo (cfr. note 20 e 40), ma anche L. Badia, ribadisce la traccia di Dante specie nel-la Commedia, che la studiosa vede come "un deis llibres de capc,alera [...] del nostre anò-nim", in De Bernat Metge a Joan Roís de Corella, cit., p. 128.

45 Cfr. LI. Nicolau d'Olwer, Apunts sobre ¡'influencia italiana en la prosa catalana,cit., pp. 310-12.

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che aveva dedicato una sua composizione (Planher vuelh en Blacatz enaquest leugier so), alla morte di un mecenate dei trovatori consigliando aidiversi sovrani e signori dell'epoca di pascersi del cuore del defunto Blancatz,per assumerne le grandi virtù con una ripresa forte dei contenuti più tra-dizionali.

Ma il dato che commenterò a conclusione di questa mia lettura è larelazione che si stabilisce tra Dante e l'autore del romanzo, un dialogo in-tertestuale di enorme portata per la cultura e la tradizione dell'epoca incui il Curial è stato scritto. È vero che 1 'anonimo autore guarda con no-stalgia al mondo cavalieresco, cortese, trobadorico, ma crede anche sicu-ramente ai nuovi spunti che gli arrivano dalla lezione raffinata di Dante.L'autore del Curial si muove dunque in una sintesi innovatrice di classicie moderni secondo un ideale caro agli stilnovisti, alla polifonia di quelletenzoni che erano state tra Dante, Cavalcanti e Lapo. E s'immedesima nel-la possibilità di ripensare a una scrittura in volgare che possa giungere adun destinatario allargato, anche illitteratus, a cui Dante aveva già rivoltoil suo pensiero, nelle pagine del Convivio ma anche nel resto della sua ope-ra di sapore così innovativo da apparire persino rivoluzionario46. L'interesseper l'autore italiano da parte dell'anonimo catalano potrebbe ancora of-frire altri riscontri. Non va dimenticato, per esempio, come tutti e due,Dante e Curial, rappresentino la figura dell'uomo colto, intellettuale e let-terato, e come entrambi abbiano scelto, non casualmente di essere guida-ti da Virgilio, il più alto poeta della classicità latina, per meglio com-prendere le relazioni del mondo antico con quello moderno47.

Ma forse il più appassionato omaggio dell'autore sconosciuto del Curiala Dante, traspare dallo stesso nome, quel "Guelfa", di cui è portatrice laprotagonista femminile del romanzo.

46 Si vedano in proposito le parole di Maria Corti: Dante a un nuovo crocevia, LeLettere, Sansoni, Firenze 1982, p. 9.

47 È ovvio che alludo qui a Dante personaggio della Commedia e al sogno di Curialnel Parnaso in cui è espresso in modo chiaro: "a quell altissim poeta Virgili (...), m'a se-guit e ajudat". Cfr. ediz. Aramon i Serva, cit., voi. Ili, p. 82. Cfr. anche la nota 27.