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Il sistema radiotelevisivo

La mancata realizzazione del pluralismo

Seconda parte

Maria Romana Allegri - Corso a. a. 2010-2011

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Dopo la legge Maccanico

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Il periodo transitorio

Secondo la legge Maccanico, i limiti antitrust previsti sarebbero entrati in vigore solo al termine di un periodo transitorio deciso dall’Agcom.

Allo scadere di tale termine:

- sarebbe stato approvato il piano nazionale di assegnazione delle frequenze (entro il 31 gennaio 1998) e rilasciate nuove concessioni (per un totale di 10 o 11 reti) entro il 30 aprile 1998;

- una rete Mediaset (Rete 4) avrebbe abbandonato le frequenze terrestri per passare al satellite;

- Rai 3 sarebbe avrebbe continuato a trasmettere via etere, ma priva di risorse pubblicitarie.

In realtà l’Agcom non ha atteso la liberalizzazione delle frequenze eccedenti, ha elaborato il piano di assegnazione delle frequenze (del. 68/98/Cons) con cui individuava 11 reti nazionali e ha rilasciato le concessioni il 28 luglio 1999.

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Le concessioni

(delibera AgCom 78/98/CONS)

Ben 13 reti private risultavano in possesso dei requisiti per ottenere la concessione, ma solo alcune ottenevano le frequenze necessarie per trasmettere.

Es. il caso di Europa 7

Il termine di scadenza del periodo transitorio è stato posticipato più volte e quindi Rete 4 non è stata mai obbligata a liberare le frequenze occupate arbitrariamente.

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Direttiva Ce n. 97/36 (che modifica la direttiva 89/552)

Questa direttiva integra quanto già stabilito dalla precedente in materia di pubblicità televisiva.

Precisa la differenza fra pubblicità e televendita.

Stabilisce il divieto di trasmettere solo in forma codificata eventi di particolare rilevanza sociale.

Precisa meglio la nozione di “opera europea”, cui va accordato un trattamento di favore.

Stabilisce l’obbligo di inserire pubblicità e televendite TRA i programmi e non al loro interno, a meno che l’inserimento non ne pregiudichi l’integrità e il valore.

E’ consentito l’inserimento di pubblicità fra le diverse parti autonome di un programma.

(... segue ...)

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Direttiva Ce n. 97/36 (segue)

Per le opere cinematografiche o i film prodotti per la televisione è consentita una interruzione pubblicitaria ogni 45 minuti ed un’altra interruzione se ciascuna parte del programma supera di almeno 20 minuti i 45 previsti.

Per gli altri programmi le interruzioni pubblicitarie devono essere distanziate di almeno 20 minuti.

La pubblicità non può essere inserita in funzioni religiose oppure in notiziari, rubriche di attualità, programmi per bambini, programmi religiosi di durata inferiore ai 30 minuti.

La pubblicità, in tutte le sue forme, non può superare il 20% del tempo di trasmissione orario e quotidiano. Nella sola forma dello spot pubblicitario, il limite è del 15%.

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La Direttiva Ce è stata attuata con legge n. 122/1998

Questa legge, oltre ad occuparsi delle interruzioni pubblicitarie, posticipa di 9 mesi il termine previsto dalla l. 249/1997 (30 aprile 1998) per l’assegnazione delle frequenze ad altri concessionari privati ed il passaggio della terza rete eccedente al satellite.

Il termine sarà poi posticipato ancora.

Inoltre la legge stabilisce che:

Deve essere riservato alle opere europee più della metà del tempo mensile di trasmissione, escluso il tempo dedicato a notiziari, manifestazioni sportive, giochi televisivi, pubblicità, servizi teletext, talk show o televendite, anche con riferimento alle fasce orarie di maggiore ascolto. Tale percentuale deve essere ripartita tra i diversi generi di opere europee e deve riguardare opere prodotte, per almeno la metà, negli ultimi cinque anni.

Le quote di riserva comprendono anche i film e i prodotti di animazione specificamente rivolti ai minori. (segue ...)

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Legge n. 112/1998 (segue)

I concessionari televisivi nazionali riservano di norma alle opere europee realizzate da produttori indipendenti almeno il 10% del tempo di diffusione, escluso il tempo dedicato a notiziari, manifestazioni sportive, giochi televisivi, pubblicità, servizi teletext, talk show o televendite. Per le stesse opere la società concessionaria del servizio pubblico riserva ai produttori indipendenti una quota minima del 20%.

Le emittenti televisive riservano almeno il 40% dei loro introiti netti annui derivanti da pubblicità alla produzione e all'acquisto di programmi audiovisivi di produzione europea.

Recepisce pedissequamente le disposizioni della Direttiva Ce 97/36 in materia di interruzioni pubblicitarie, tranne il fatto che non reca la distinzione fra pubblicità e televendita.

Non si pronuncia sulle sponsorizzazioni perché erano state già regolate dalla l. 483/1982 conformemente alle indicazioni della Ce.

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D. l. n. 15/1999, convertito in legge n. 78/1999: Disposizioni urgenti per lo sviluppo equilibrato dell'emittenza televisiva e per evitare la costituzione o il mantenimento di posizioni dominanti nel settore radiotelevisivo.

Il termine per l’assegnazione delle frequenze ad ulteriori soggetti privati da parte dell’Agcom e per la trasformazione di Rai 3 e Rete 4 viene posticipato ancora al 30 giugno 1999.

Si vieta ai soggetti titolari di concessione o di autorizzazione per trasmissioni radiotelevisive anche da satellite o via cavo, con sede o impianti in territorio nazionale o anche in Stati membri dell'Unione europea, di acquisire, sotto qualsiasi forma e titolo, direttamente o indirettamente, anche attraverso soggetti controllati e collegati, più del 60% dei diritti di trasmissione in esclusiva in forma codificata del campionato di calcio di serie A o, comunque, del torneo o campionato di maggior valore che si svolge o viene organizzato in Italia.

(segue ...)

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D. l. n. 15/1999, convertito in legge n. 78/1999 (segue)

I decodificatori devono consentire la fruibilità delle diverse offerte di programmi digitali con accesso condizionato e la ricezione dei programmi radiotelevisivi digitali in chiaro mediante l'utilizzo di un unico apparato.

Le emittenti televisive le cui trasmissioni consistono esclusivamente in programmi di televendita e non trasmettono pubblicità, sono abilitate a proseguire in via transitoria l'esercizio delle reti su frequenze terrestri a condizione che, all'atto della presentazione della domanda, si impegnino a trasferire entro tre anni dal rilascio della concessione l'irradiazione dei propri programmi esclusivamente da satellite o via cavo.

I soggetti titolari di emittenti televisive locali legittimamente operanti alla data del 31 gennaio 1999, che dismettano la propria attività e si impegnino a non acquisire partecipazioni di alcun genere per almeno cinque anni in società titolari di emittenti televisive o in società direttamente o indirettamente controllate o collegate alle stesse, possono ottenere un indennizzo.

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D. l. 433/1999, convertito in l. n. 5/2000: Disposizioni urgenti in materia di esercizio dell'attività radiotelevisiva locale e di termini relativi al rilascio delle concessioni per la radiodiffusione televisiva privata su frequenze terrestri in ambito locale.

Il termine di assegnazione delle frequenze è posticipato ancora al 31 maggio 2001.

Un medesimo soggetto non potrà ottenere più di una concessione per bacino in ambito locale. Lo stesso soggetto può ottenere concessioni in più bacini regionali e provinciali purché riferiti rispettivamente a regioni o province limitrofe, che servano una popolazione complessiva non superiore a 15 milioni di abitanti con il limite massimo complessivo di tre regioni al nord ovvero di cinque regioni al centro e al sud. Chi abbia ottenuto una concessione per bacino regionale non può ottenere concessioni per bacini provinciali nella stessa regione.

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D. l. n. 5/2001, convertito in legge n. 66/2001: disposizioni urgenti per il differimento di termini in materia di trasmissioni radiotelevisive analogiche e digitali, nonché per il risanamento di impianti radiotelevisivi.

Il termine per assegnare le frequenze ai concessionari che trasmettono in tecnica analogica è fissato al 15 marzo 2001.

Il piano di assegnazione delle frequenze per le trasmissioni in tecnica digitale è fissato al 31 dicembre 2001 per la radio e 31 dicembre 2002 per la TV.

Alla concessionaria pubblica dovranno essere riservati un blocco di diffusione di programmi radiofonici in chiaro e almeno un blocco di diffusione di programmi televisivi in chiaro.

Dovranno essere risanati gli impianti di radiodiffusione sonora e televisiva, che superano o concorrono a superare in modo ricorrente i limiti e i valori stabiliti dalla legge.

Si avvia la sperimentazione della trasmissione in tecnica digitale, con presunta fine della fase sperimentale nel 2006. (vedi slides successive)

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La (presunta) fine del periodo transitorio

Con delibera n. 326 del 2001, l’Agcom individuava finalmente al 31 dicembre 2003 la data entro cui la rete privata eccedente avrebbe dovuto abbandonare le frequenze terrestri e Rai 3 trasformarsi in una rete priva di pubblicità, in modo da poter assegnare le frequenze liberate alle altre reti.

Si ipotizzava (erroneamente) che entro tale data, nonostante la sperimentazione del digitale fosse ancora a metà, almeno un quarto degli utenti avrebbe avuto accesso al digitale terrestre.

Tuttavia, l’Agcom si riservava di valutare nuovamente la situazione entro un anno, per prorogare eventualmente ancora il termine.

Ogni ulteriore proroga del termine, però, è stata ritenuta illegittima dalla Corte costituzionale (sent. 466/2002, vedi slides successive).

Urgeva una nuova legge di sistema!

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Il messaggio alle Camere del Presidente della Repubblica

Il 23 luglio 2002 il Presidente Ciampi ha inviato alle Camere un messaggio formale nel quale, in previsione dell’emanazione di una nuova legge di sistema in materia di assetto radiotelevisivo, ha richiamato l’attenzione dei parlamentari sull’assoluta importanza dei valori del pluralismo e dell’imparzialità dell’informazione e ha precisato tre punti essenziali:

1) «... la sola presenza dell'emittenza privata (cosiddetto pluralismo "esterno") non è sufficiente a garantire la completezza e l'obiettività della comunicazione politica, ove non concorrano ulteriori misure "sostanzialmente ispirate al principio della parità di accesso delle forze politiche" (cosiddetto pluralismo "interno")».

(segue ...)

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Il messaggio alle Camere del Presidente della Repubblica (segue)

2) «... il pluralismo e l'imparzialità dell'informazione non potranno essere conseguenza automatica del progresso tecnologico. Saranno, quindi, necessarie nuove politiche pubbliche per guidare questo imponente processo di trasformazione».

3) «Il trattato di Amsterdam, che vincola tutti i paesi dell'Unione Europea, muove dal presupposto "che il sistema di radiodiffusione pubblica negli Stati membri è direttamente collegato alle esigenze democratiche, sociali e culturali di ogni società, nonché all'esigenza di preservare il pluralismo dei mezzi di comunicazione"».

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La giurisprudenza della Corte costituzionale

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Corte costituzionale, sentenza n. 284/2002 (sul canone RAI)

La questione (ritenuta dalla Corte infondata) riguardava la presunta incostituzionalità delle norme che obbligavano al pagamento del canone Rai, considerando che, caduto il monopolio statale delle trasmissioni radiotelevisive, il servizio reso dalla RAI non si differenziava da quello "offerto al pubblico" dalle emittenti radiotelevisive private.

La Corte ha precisato che il canone non è una tassa, ma una imposta collegata alla detenzione di apparecchi televisivi; che non sono affatto venute meno le ragioni dell’esistenza di un servizio pubblico televisivo; che comunque il pagamento del canone non è incompatibile con esse.

(segue ...)

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Corte costituzionale, sentenza n. 284/2002 (segue)

«L'esistenza di un servizio radiotelevisivo pubblico, cioè promosso e organizzato dallo Stato, non più a titolo di monopolista legale della diffusione di programmi televisivi, ma nell'ambito di un sistema misto pubblico-privato, si giustifica però solo in quanto chi esercita tale servizio sia tenuto ad operare non come uno qualsiasi dei soggetti del limitato pluralismo di emittenti, nel rispetto, da tutti dovuto, dei principi generali del sistema, bensì svolgendo una funzione specifica per il miglior soddisfacimento del diritto dei cittadini all'informazione e per la diffusione della cultura, col fine di ampliare la partecipazione dei cittadini e concorrere allo sviluppo sociale e culturale del Paese [...]»

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Corte costituzionale, sentenza n. 466/2002

La questione riguardava la presunta incostituzionalità delle disposizioni della legge 249/1997 che demandavano all’Agcom la facoltà di prorogare discrezionalmente il termine transitorio, facoltà di cui l’Agcom si era largamente servita.

La Corte ha precisato vari punti:

1) «Il regime transitorio, agganciato al criterio dello sviluppo effettivo e congruo dell'utenza dei programmi radiotelevisivi via satellite e via cavo (art. 3, comma 7, della legge n. 249 del 1997), non è destinato a concludersi in tempi ragionevolmente brevi. Tutti gli elementi raccolti dall'istruttoria conducono, anzi, a ritenere irrealizzabile, in periodi prossimi o almeno ragionevolmente susseguenti in maniera certa e definitiva, il rispetto del termine ...»

(segue ...)

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Corte costituzionale, sentenza n. 466/2002 (segue)

2) «La formazione dell'esistente sistema televisivo italiano privato in ambito nazionale ed in tecnica analogica trae origine da situazioni di mera occupazione di fatto delle frequenze (esercizio di impianti senza rilascio di concessioni e autorizzazioni), al di fuori di ogni logica di incremento del pluralismo nella distribuzione delle frequenze e di pianificazione effettiva dell'etere».

3) «La protrazione del termine è stata motivata: fino al luglio 1997, dall'attesa della riforma complessiva del sistema radiotelevisivo e della predisposizione del nuovo piano di assegnazione delle frequenze ...»

(segue ...)

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Corte costituzionale, sentenza n. 466/2002 (segue)

4) Nonostante il piano nazionale di assegnazione delle frequenze approvato nel 1998, «la situazione di ristrettezza delle frequenze disponibili per la televisione in ambito nazionale con tecnica analogica si è, pertanto, accentuata, con effetti ulteriormente negativi sul rispetto dei principi del pluralismo e della concorrenza e con aggravamento delle concentrazioni. Si è passati, infatti, da una previsione di 12 reti nazionali (9 private, 3 pubbliche), ad 11 reti (8 private, 3 pubbliche), oltre alle televisioni criptate a pagamento. [...] La descritta situazione di fatto non garantisce, pertanto, l'attuazione del principio del pluralismo informativo esterno, che rappresenta uno degli "imperativi" ineludibili emergenti dalla giurisprudenza costituzionale in materia.».

(segue ...)

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Corte costituzionale, sentenza n. 466/2002 (segue)

5) «La illegittimità costituzionale non investe il regime transitorio in deroga e nemmeno l'attuale prosecuzione, purché temporaneamente limitata, dell'esercizio delle emittenti in eccedenza rispetto ai limiti anzidetti ...»

6) «L'individuazione di un termine finale, entro il quale possa avvenire la cessazione definitiva del regime transitorio [...] può essere ricavata dalla valutazione di congruità tecnica dei tempi di passaggio al regime definitivo effettuata dalla Autorità per le garanzie nelle comunicazioni con la delibera n. 346 del 2001. L'Autorità ha indicato la data del 31 dicembre 2003 ...»

(segue ...)

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Corte costituzionale, sentenza n. 466/2002 (segue)

7) « ... deve dichiararsi l'illegittimità costituzionale dell'art. 3, comma 7, della legge 31 luglio 1997, n. 249, nella parte in cui non prevede la fissazione di un termine finale certo, e non prorogabile, che comunque non oltrepassi il 31 dicembre 2003, entro il quale i programmi, irradiati dalle emittenti eccedenti i limiti di cui al comma 6 dello stesso art. 3, devono essere trasmessi esclusivamente via satellite o via cavo».

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Verso la quarta legge di sistema

La legge Gasparri e il T. U. sulla radiotelevisione

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Verso una nuova riforma del sistema radiotelevisivo

Il 25 settembre 2002, due mesi dopo il messaggio presidenziale (e due mesi prima della sentenza della Corte costituzionale 466/2002), viene presentato alla Camera dei deputati il disegno di legge governativo (ddl 3184) sulla riforma del sistema radiotelevisivo.

In seguito alla sentenza 466/2002 i lavori parlamentari subiscono un’accelerazione e il testo della legge (c. d. Gasparri) è approvato in via definitiva dalle Camere il 2 dicembre 2003.

Però il 15 dicembre 2003 il Presidente Ciampi, anziché promulgare la legge, la rinvia alle Camere con un messaggio motivato.

In questo modo la legge non può entrare in vigore, come previsto, entro il 31 dicembre 2003.

Viene allora approvato il d. l. n. 352/2003 c. d. “salva Rete 4” (convertito in legge n. 43/2004) che consentiva alle reti eccedenti di continuare la programmazione e anticipava i tempi di accertamento, da parte dell’Agcom, dello sviluppo del digitale terrestre (30 aprile 2004).

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Il messaggio presidenziale di rinvio della legge Gasparri

La legge sarebbe incostituzionale perché:

1) il sistema integrato delle comunicazioni (SIC) - assunto dalla legge in esame come base di riferimento per il calcolo dei ricavi dei singoli operatori di comunicazione - potrebbe consentire, a causa della sua dimensione, a chi ne detenga il 20% di disporre di strumenti di comunicazione in misura tale da dar luogo alla formazione di posizioni dominanti;

2) l’assenza di seri limiti alla raccolta pubblicitaria da parte della radiotelevisione potrebbe pregiudicare la libera stampa, inaridendone le fonti di finanziamento;

3) la legge non precisa cosa accadrebbe se l’Agcom dovesse accertare, entro la data stabilita, che non sussistono sufficienti condizioni di sviluppo del digitale terrestre;

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In seguito al messaggio presidenziale, il testo della legge Gasparri è stato riesaminato dalle Camere, parzialmente modificato e riapprovato.

Ora vige quindi la:

Legge 3 maggio 2004, n. 112 (c. d. Gasparri)

Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI-Radiotelevisione italiana Spa, nonché delega al Governo per l’emanazione del testo unico della radiotelevisione

In particolare, la delega è stata esercitata con il d. lgs. n. 31 luglio 2005, n. 177: Testo unico della radiotelevisione.

Il T.U. è diviso in dieci titoli, che recepiscono i cinque capitoli della legge Gasparri, per un totale di 56 articoli. Con l’eccezione di alcuni articoli, risulta abrogata gran parte della legge 103/1975 e della legge Mammì, come pure tutta la disciplina antitrust della legge Maccanico.

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La modifica del testo unico RTV con la direttiva europea SMAV (servizi di media audiovisivi)

Il T.U. è stato modificato con il decreto legislativo n. 44 del 2010, che ha recepito la direttiva europea sui servizi di media audiovisivi (n. 2007/65/CE), di cui si parlerà in seguito.

Qui di seguito i principali articoli del testo, come modificato nel 2010.

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L’art. 1 del T.U.

Il testo unico contiene:

a) i principi generali per la prestazione di servizi di media audiovisivi e radiofonici, tenendo conto del processo di convergenza fra le diverse forme di comunicazioni, quali le comunicazioni elettroniche, l'editoria, anche elettronica ed internet in tutte le sue applicazioni;

b) le disposizioni legislative vigenti in materia di servizi di media audiovisivi e radiofonici, con le integrazioni, modificazioni e abrogazioni necessarie al loro coordinamento o per assicurarne la migliore attuazione, nel rispetto della Costituzione, delle norme di diritto internazionale vigenti nell'ordinamento interno e degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea.

Formano oggetto del testo unico le disposizioni in materia di trasmissione di servizi di media audiovisivi e di radiofonia, quali la trasmissione di programmi televisivi, sia lineari che a richiesta, di programmi radiofonici e di programmi-dati, anche ad accesso condizionato, nonché la fornitura di servizi interattivi associati e di servizi di accesso condizionato su qualsiasi piattaforma di diffusione.

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Definizione di “servizio di media audiovisivo” (art. 2 T. U.)

Un servizio …. che e' sotto la responsabilità editoriale di un fornitore di servizi media e il cui obiettivo principale e' la fornitura di programmi al fine di informare, intrattenere o istruire il grande pubblico, attraverso reti di comunicazioni elettroniche. Per siffatto servizio di media audiovisivo si intende o la radiodiffusione televisiva (TV analogica e digitale, live streaming, webcasting, video quasi su domanda) o un servizio di media audiovisivo a richiesta.

Oppure una comunicazione commerciale audiovisiva.

Non rientrano nella definizione:

a) i servizi prestati nell'esercizio di attività precipuamente non economiche e che non sono in concorrenza con la radiodiffusione televisiva (i siti Internet privati e i servizi consistenti nella fornitura o distribuzione di contenuti audiovisivi generati da utenti privati a fini di condivisione o di scambio nell'ambito di comunità di interesse; ogni forma di corrispondenza privata, compresi i messaggi di posta elettronica; i servizi la cui finalità principale non e' la fornitura di programmi)

b) i servizi nei quali il contenuto audiovisivo e' meramente incidentale e non ne costituisce la finalità principale: i siti internet che contengono elementi audiovisivi puramente accessori, giochi on-line, motori di ricerca, versioni elettroniche di quotidiani e riviste, servizi testuali autonomi, giochi d’azzardo.

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Due categorie di media (art. 2 T. U.)

Servizio di media audiovisivo lineare (o radiodiffusione televisiva): un servizio di media audiovisivo fornito da un fornitore di servizi di media (definito “emittente”) per la visione simultanea di programmi sulla base di un palinsesto di programmi.

Servizio di media audiovisivo non lineare (o servizio di media audiovisivo a richiesta): un servizio di media audiovisivo fornito da un fornitore di servizi di media per la visione di programmi al momento scelto dall'utente e su sua richiesta sulla base di un catalogo di programmi selezionati dal fornitore di servizi di media.

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I soggetti della comunicazione (art. 2 T. U.)

Operatore di rete: il titolare del diritto di installazione, esercizio e fornitura di una rete di comunicazione elettronica su frequenze terrestri in tecnica digitale, via cavo o via satellite, e di impianti di messa in onda, multiplazione, distribuzione e diffusione delle risorse frequenziali che consentono la trasmissione dei programmi agli utenti.

Fornitore di servizi di media: la persona fisica o giuridica cui e' riconducibile la responsabilità editoriale della scelta del contenuto audiovisivo del servizio di media audiovisivo e che ne determina le modalità di organizzazione.

(segue...)

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(... segue)

Questi due ruoli possono essere ricoperti da un medesimo soggetto, senza limiti, ma con clausole a garanzia del pluralismo e della concorrenza:

- previsione di titoli abilitativi distinti;

- obbligo di separazione contabile;

- obbligo di separazione societaria;

- obbligo di non discriminare e, per gli operatori di rete, di garantire parità di accesso;

- obbligo per i concessionari di trasmettere gli stessi contenuti in tutto il territorio (nazionale o locale) per cui si ha la concessione.

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I principi fondamentali

(art. 3 T.U.)

Sono principi fondamentali del sistema dei servizi di media audiovisivi e della radiofonia la garanzia della libertà e del pluralismo dei mezzi di comunicazione radiotelevisiva, la tutela della libertà di espressione di ogni individuo, inclusa la libertà di opinione e quella di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza limiti di frontiere, l'obiettività, la completezza, la lealtà e l'imparzialità dell'informazione, la tutela dei diritti d'autore e di proprietà intellettuale, l'apertura alle diverse opinioni e tendenze politiche, sociali, culturali e religiose e la salvaguardia delle diversità etniche e del patrimonio culturale, artistico e ambientale, a livello nazionale e locale, nel rispetto delle libertà e dei diritti, in particolare della dignità della persona, della promozione e tutela del benessere, della salute e dell'armonico sviluppo fisico, psichico e morale del minore, garantiti dalla Costituzione, dal diritto dell'Unione europea, dalle norme internazionali vigenti nell'ordinamento italiano e dalle leggi statali e regionali.

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I principi a garanzia degli utenti

(art. 4 T.U.)

a) l'accesso dell'utente, secondo criteri di non discriminazione, ad un'ampia varietà di informazioni e di contenuti offerti da una pluralità di operatori nazionali e locali;

b) la diffusione di un congruo numero di programmi radiotelevisivi nazionali e locali in chiaro, garantendo l'adeguata copertura del territorio nazionale o locale.

c) la trasmissione di programmi che rispettino i diritti fondamentali della persona;

d) trattamento dei dati personali delle persone fisiche e degli enti nel settore radiotelevisivo effettuato nel rispetto dei diritti, delle libertà fondamentali, nonché della dignità umana, con particolare riferimento alla riservatezza e all'identità personale.

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Nella precedente versione del T. U:, l’art. 4 menzionava anche:

a) la diffusione di trasmissioni pubblicitarie e di televendite leali ed oneste, che rispettino la dignità della persona;

b) la diffusione di trasmissioni sponsorizzate, che rispettino la responsabilità e l'autonomia editoriale del fornitore di contenuti nei confronti della trasmissione, siano riconoscibili come tali e non stimolino all'acquisto o al noleggio dei prodotti o dei servizi dello sponsor;

c) la trasmissione di apposita rettifica, quando l'interessato si ritenga leso nei suoi interessi morali o materiali da trasmissioni o notizie contrarie a verità;

d) la diffusione di un congruo numero di programmi radiotelevisivi nazionali e locali in chiaro;

e) la diffusione su programmi in chiaro, in diretta o in differita, delle trasmissioni televisive che abbiano ad oggetto eventi di particolare rilevanza sociale;

f) misure idonee alla ricezione dei programmi televisivi da parte di cittadini con disabilità sensoriali.

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Principi a salvaguardia del pluralismo e della concorrenza nel sistema radiotelevisivo (art. 5 T. U.)

• tutela della concorrenza nel sistema dei servizi di media audiovisivi e della radiofonia e dei mezzi di comunicazione di massa e nel mercato della pubblicità e tutela del pluralismo dei mezzi di comunicazione radiotelevisiva, vietando a tale fine la costituzione o il mantenimento di posizioni lesive del pluralismo, secondo i criteri fissati nel presente testo unico, anche attraverso soggetti controllati o collegati, ed assicurando la massima trasparenza degli assetti societari;

• previsione di differenti titoli abilitativi per lo svolgimento delle attività di operatore di rete o di emittente o di fornitore di servizi di media audiovisivi a richiesta o di emittente radiofonica digitale oppure di fornitore di servizi interattivi associati o di servizi di accesso condizionato, con la previsione del regime dell'autorizzazione

• previsione di titoli abilitativi distinti per lo svolgimento, rispettivamente, su frequenze terrestri o via cavo o via satellite, anche da parte dello stesso soggetto, delle attività di cui alla lettera b);

(segue ...)

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(segue)

• previsione di titoli distinti per lo svolgimento delle attività di fornitura di cui alla lettera b), rispettivamente in ambito nazionale o in ambito locale, quando le stesse siano esercitate su frequenze terrestri, stabilendo, comunque, che uno stesso soggetto o soggetti tra di loro in rapporto di controllo o di collegamento non possono essere, contemporaneamente, titolari di autorizzazione per emittente in ambito nazionale e in ambito locale o emittente radiofonica digitale in ambito nazionale e in ambito locale e che non possono essere rilasciate autorizzazioni che consentano ad ogni emittente, anche radiofonica digitale, in ambito locale di irradiare nello stesso bacino più del 20 per cento di programmi televisivi numerici in ambito locale;

• obbligo per gli operatori di rete di non effettuare discriminazioni nei confronti delle emittenti, anche radiofoniche digitali, o dei fornitori di servizi di media audiovisivi a richiesta ;

(segue ....)

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(segue)

• obbligo per le emittenti e per i fornitori di servizi di media a richiesta, in caso di cessione dei diritti di sfruttamento di programmi, di osservare pratiche non discriminatorie tra le diverse piattaforme distributive;

• obbligo di separazione contabile per le imprese, diverse da quelle che trasmettono in tecnica analogica, operanti nei settori dei servizi di media audiovisivi o dell'emittenza radiofonica o dei servizi interattivi associati o di servizi ad accesso condizionato;

• diritto delle emittenti, anche radiofoniche, digitali ad effettuare collegamenti in diretta e di trasmettere dati e informazioni all'utenza sulle stesse frequenze messe a disposizione dall'operatore di rete;

• obbligo per tutte le emittenti nazionali di diffondere il medesimo contenuto su tutto il territorio per il quale e' stato rilasciato il titolo abilitativo;

• previsione di specifiche forme di tutela dell'emittenza in favore delle minoranze linguistiche riconosciute dalla legge.

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Principi generali dell’informazione (art. 7 T.U.)

L'attività di informazione mediante servizio di media audiovisivo o radiofonico costituisce un servizio di interesse generale ed è improntata ai seguenti principi:

a) la presentazione veritiera dei fatti e degli avvenimenti, in modo tale da favorire la libera formazione delle opinioni, comunque non consentendo la sponsorizzazione dei notiziari;

b) la trasmissione quotidiana di telegiornali o giornali radio da parte dei soggetti abilitati a fornire contenuti in ambito nazionale o locale su frequenze terrestri;

c) l’accesso di tutti i soggetti politici alle trasmissioni di informazione e di propaganda elettorale e politica in condizioni di parità di trattamento e di imparzialità, nelle forme e secondo le modalità indicate dalla legge;

d) la trasmissione dei comunicati e delle dichiarazioni ufficiali degli organi costituzionali indicati dalla legge;

e) l’assoluto divieto di utilizzare metodologie e tecniche capaci di manipolare in maniera non riconoscibile allo spettatore il contenuto delle informazioni.

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Principi generali in materia di emittenza radiotelevisiva di ambito locale (art. 8 T.U.)

L'emittenza radiotelevisiva di ambito locale valorizza e promuove le culture regionali o locali, nel quadro dell'unità politica, culturale e linguistica del Paese. Restano ferme le norme a tutela delle minoranze linguistiche riconosciute dalla legge.

La disciplina del sistema dei servizi di media audiovisivi tutela l'emittenza in ambito locale e riserva, comunque, un terzo della capacità trasmissiva, determinata con l'adozione del piano di assegnazione delle frequenze per la diffusione televisiva su frequenze terrestri, ai soggetti abilitati a diffondere i propri contenuti.

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La protezione delle opere europee (art. 44 T.U.)

Le emittenti televisive, anche analogiche, su qualsiasi piattaforma di trasmissione, indipendentemente dalla codifica delle trasmissioni:

• riservano alle opere europee la maggior parte del loro tempo di trasmissione, escluso il tempo destinato a notiziari, manifestazioni sportive, giochi televisivi, pubblicità, servizi di teletext e televendite;

• riservano ogni anno almeno il 10 per cento del tempo di diffusione (20 per cento per la RAI) alle opere europee degli ultimi cinque anni.

• riservano il 10 per cento almeno dei propri introiti netti annui alla produzione, al finanziamento, al pre-acquisto e all'acquisto di opere europee realizzate da produttori indipendenti.

La concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo destina alle opere europee realizzate da produttori indipendenti una quota non inferiore al 15 per cento dei ricavi complessivi annui derivanti dagli abbonamenti relativi all'offerta radiotelevisiva nonché i ricavi pubblicitari connessi alla stessa.

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La tutela dei minori (artt. 34-35bis)

Sono vietate le trasmissioni che, anche in relazione all'orario di diffusione, possono nuocere gravemente allo sviluppo fisico, psichico o morale dei minori o che presentano scene di violenza gratuita o insistita o efferata ovvero pornografiche

I programmi trasmessi non devono nuocere allo sviluppo fisico, mentale o morale dei minorenni, a meno che la scelta dell'ora di trasmissione o qualsiasi altro accorgimento tecnico escludano che i minorenni vi assistano.

La trasmissione di film VM 18 è vietata dalle ore 7,00 alle ore 23,00 su tutte le piattaforme di trasmissione, mentre quelli VM 14 non possono essere trasmessi, sia in chiaro che a pagamento, ne' forniti a richiesta, sia integralmente che parzialmente, prima delle ore 22,30 e dopo le ore 7,00 (prima del 2010 il divieto per le TV in chiaro era assoluto).

Le emittenti televisive, anche analogiche, diffuse su qualsiasi piattaforma di trasmissione, sono tenute ad osservare le disposizioni a tutela dei minori previste dal Codice di autoregolamentazione media e minori approvato il 29 novembre 2002, e successive modificazioni.

(segue ...)

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La tutela dei minori (segue)

Le emittenti televisive, anche analogiche, sono tenute a garantire l'applicazione di specifiche misure a tutela dei minori nella fascia oraria di programmazione dalle ore 16,00 alle ore 19,00 e all'interno dei programmi direttamente rivolti ai minori, con particolare riguardo ai messaggi pubblicitari, alle promozioni e ogni altra forma di comunicazione commerciale audiovisiva.

Le quote di riserva per la trasmissione di opere europee devono comprendere anche opere cinematografiche o per la televisione, comprese quelle di animazione, specificamente rivolte ai minori, nonché produzioni e programmi adatti ai minori ovvero idonei alla visione da parte dei minori e degli adulti.

Nel commento degli avvenimenti sportivi, le emittenti devono contribuire alla diffusione tra i giovani dei valori di una competizione sportiva leale e rispettosa dell'avversario, per prevenire fenomeni di violenza o di turbativa dell'ordine pubblico legati allo svolgimento di manifestazioni sportive.

L’AgCom predispone un regolamento dettagliato per l’applicazione delle suddette disposizioni e vigila sul loro rispetto.

Nei casi di inosservanza può irrogare una sanzione amministrativa pecuniaria da 25.000 euro a 350.000 euro e, nei casi più gravi, la sospensione dell'efficacia della concessione o dell'autorizzazione per un periodo da tre a trenta giorni.

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Il dovere di rettifica (art. 32 quinquies)

Ai telegiornali e ai giornali radio si applicano le norme sulla registrazione dei giornali e periodici; i direttori dei telegiornali e dei giornali radio sono, a questo fine, considerati direttori responsabili.

Chiunque si ritenga leso nei suoi interessi morali (onore o reputazione) o materiali da trasmissioni contrarie a verità ha diritto di chiedere all’emittente che sia trasmessa apposita rettifica, purché questa ultima non abbia contenuto che possa dar luogo a responsabilità penali.

La rettifica è effettuata entro quarantotto ore dalla data di ricezione della relativa richiesta, in fascia oraria e con il rilievo corrispondenti a quelli della trasmissione che ha dato origine alla lesione degli interessi. Trascorso detto termine senza che la rettifica sia stata effettuata, l’interessato può trasmettere la richiesta all’AgCom.

Se l’Autorità ritiene fondata la richiesta di rettifica, quest’ultima, preceduta dall’indicazione della pronuncia dell’Autorità stessa, deve essere trasmessa entro le ventiquattro ore successive alla pronuncia medesima.

Se le emittenti ritengono che non ricorrono le condizioni per la trasmissione della rettifica, sottopongono entro il giorno successivo alla richiesta la questione all’Autorità, che si pronuncia nel termine di cinque giorni.

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Le disposizioni sulla pubblicità

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La pubblicità nei media audiovisivi (dopo la direttiva SMAV)

(artt. 36 bis e 37 T.U.)

Le comunicazioni commerciali audiovisive o radiofoniche fornite dai fornitori di servizi di media soggetti alla giurisdizione italiana rispettano le seguenti prescrizioni:

a) devono essere prontamente riconoscibili come tali; sono proibite le comunicazioni commerciali audiovisive occulte e quelle che utilizzano tecniche subliminali;

b) devono rispettare la dignità umana, non promuovere discriminazione, non incoraggiare comportamenti pregiudizievoli per la salute, la sicurezza o la protezione dell’ambiente;

c) e' vietata qualsiasi forma di comunicazione commerciale audiovisiva, anche in forma indiretta, per le sigarette e gli altri prodotti a base di tabacco;

d) le comunicazioni commerciali audiovisive per le bevande alcoliche non si rivolgono specificatamente ai minori ne' incoraggiano il consumo smodato di tali bevande;

e) sono vietate le comunicazioni commerciali audiovisive dei medicinali e delle cure mediche che si possono ottenere esclusivamente su prescrizione medica;

f) non devono arrecare pregiudizio fisico o morale ai minori.

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La pubblicità nei media audiovisivi (segue)

• La pubblicità televisiva e le televendite devono essere chiaramente riconoscibili e distinguibili dal contenuto editoriale; devono essere tenute nettamente distinte dal resto del programma con mezzi ottici ovvero acustici o spaziali.

• Gli spot pubblicitari e di televendita isolati, salvo se inseriti in trasmissioni di eventi sportivi, devono costituire eccezioni. Possono essere inseriti anche nel corso di un programma in modo tale che non ne sia pregiudicata l'integrità, tenuto conto degli intervalli naturali dello stesso nonché della sua durata e natura.

• L'inserimento di messaggi pubblicitari durante la trasmissione di opere teatrali, liriche e musicali e' consentito nel rispetto dei principi di cui ai commi precedenti e comunque negli intervalli abitualmente effettuati nelle sale teatrali.

• La trasmissione di notiziari televisivi, lungometraggi cinematografici, film prodotti per la televisione, ad esclusione di serie, seriali, romanzi a puntate e documentari, può essere interrotta da pubblicità televisiva ovvero televendite soltanto una volta per ogni periodo programmato di almeno trenta minuti (prima del 2010 non poteva esserlo affatto).

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La pubblicità nei media audiovisivi (segue)

• La pubblicità e la televendita non possono essere inserite durante la trasmissione di funzioni religiose.

• La trasmissione di programmi per bambini può essere interrotta da pubblicità televisiva ovvero televendite soltanto una volta per ogni periodo programmato di almeno trenta minuti, purché la durata programmata della trasmissione sia superiore a trenta minuti.

• Alle emittenti televisive, anche analogiche, in ambito locale, ad eccezione delle trasmissioni effettuate in interconnessione, durante la trasmissione di opere teatrali, cinematografiche, liriche e musicali, sono consentite interruzioni pubblicitarie più frequenti.

• La pubblicità televisiva e la televendita delle bevande alcoliche non deve rivolgersi espressamente ai minori e in generale non deve far credere che il consumo di alcolici comporti effetti positivi dal punto di vista fisico, psicologico e sociale.

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I limiti all’affollamento pubblicitario (art. 38 T.U.)

• La trasmissione di messaggi pubblicitari da parte della concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo non può eccedere il 4% dell'orario settimanale di programmazione ed il 12% di ogni ora; un'eventuale eccedenza, comunque non superiore al 2% nel corso di un'ora, deve essere recuperata nell'ora antecedente o successiva.

• La trasmissione di spot pubblicitari televisivi da parte delle emittenti in chiaro private non può eccedere il 15% dell'orario giornaliero di programmazione ed il 18% di una determinata e distinta ora d'orologio; un'eventuale eccedenza, comunque non superiore al 2% nel corso dell'ora, deve essere recuperata nell'ora antecedente o successiva.

• Limiti analoghi per le emittenti locali che trasmettono in contemporanea su almeno dodici bacini di utenza.

• Se si aggiungono agli spot le telepromozioni (al massimo un’ora e 12 minuti al giorno) il limite di affollamento pubblicitario per le sole emittenti private in chiaro, anche radiofoniche, sale al 20% al giorno e al 20% di ogni singola ora.

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(segue)

• Per le emittenti private a pagamento, i limiti sono inferiori e progressivamente decrescenti; dal 2012 saranno equiparati a quelli per la RAI.

• Per le emittenti locali, i limiti di affollamento pubblicitario sono più ampi rispetto alle emittenti nazionali (fino al 25% giornaliero per quelle televisive e fino al 35% giornaliero per quelle radiofoniche).

• Sono nulle le clausole dei contratti di pubblicità che impongono alle emittenti, televisive o radiofoniche, sia analogiche che digitali, di trasmettere programmi diversi o aggiuntivi rispetto ai messaggi pubblicitari.

• I messaggi pubblicitari, facenti parte di iniziative promosse da istituzioni, enti, associazioni di categoria, produttori editoriali e librai, volte a sensibilizzare l'opinione pubblica nei confronti del libro e della lettura, trasmessi gratuitamente o a condizioni di favore da emittenti, anche analogiche, da emittenti radiofoniche, pubbliche e private, e brevi messaggi pubblicitari rappresentati da anteprime di opere cinematografiche di prossima programmazione di nazionalità europea, non sono considerati ai fini del calcolo dei limiti massimi di cui al presente articolo.

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Le sponsorizzazioni (art. 39 T.U.)

• il contenuto e, nel caso di trasmissioni radiotelevisive, la programmazione di una trasmissione sponsorizzata non possono in nessun caso essere influenzati dallo sponsor in maniera tale da ledere la responsabilità e l'autonomia editoriale dei fornitori di servizi di media audiovisivi o della concessionaria pubblica nei confronti delle trasmissioni;

• devono essere chiaramente riconoscibili come programmi sponsorizzati e indicare il nome o il logotipo dello sponsor all'inizio o alla fine del programma;

• non devono stimolare all'acquisto o al noleggio dei prodotti o servizi dello sponsor o di un terzo, specialmente facendo riferimenti specifici di carattere promozionale a detti prodotti o servizi;

• gli sponsor non possono essere persone fisiche o giuridiche la cui attività principale consista nella fabbricazione o vendita di sigarette o altri prodotti del tabacco ovvero nella fabbricazione o vendita di superalcolici.

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Le sponsorizzazioni (segue)

• la sponsorizzazione da parte di imprese le cui attività comprendano la produzione o la vendita di medicinali e di cure mediche può riguardare la promozione del nome o dell'immagine dell'impresa, ma non può promuovere specifici medicinali o cure mediche che si possono ottenere esclusivamente su prescrizione medica.

• le sponsorizzazioni di emittenti, anche analogiche, in ambito locale può esprimersi anche mediante segnali acustici e visivi, trasmessi in occasione delle interruzioni dei programmi accompagnati dalla citazione del nome e del marchio dello sponsor.

• è vietata la sponsorizzazione di telegiornali e radiogiornali e di notiziari di carattere politico.

• è vietato mostrare il logo di una sponsorizzazione durante i programmi per bambini, i documentari e i programmi religiosi.

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Le televendite (art. 40 T.U.)

• E' vietata la televendita che vilipenda la dignità umana, comporti discriminazioni di razza, sesso o nazionalità, offenda convinzioni religiose e politiche, induca a comportamenti pregiudizievoli per la salute o la sicurezza o la protezione dell'ambiente.

• E' vietata la televendita di sigarette o di altri prodotti a base di tabacco.

• La televendita non deve esortare i minori a stipulare contratti di compravendita o di locazione di prodotti e di servizi, non deve arrecare pregiudizio morale o fisico ai minori e e non deve far leva sulla loro ingenuità ed inesperienza.

• Le finestre di televendita non concorrono al computo dei limiti di affollamento pubblicitario, sono chiaramente identificate come tali con mezzi ottici e acustici e hanno una durata minima ininterrotta di quindici minuti. Nel caso della radiofonia la durata minima e' ridotta a tre minuti.

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Il product placement (art. 40 bis T.U.)

• L'inserimento di prodotti e' consentito nelle opere cinematografiche, in film e serie prodotti per i servizi di media audiovisivi, in programmi sportivi e in programmi di intrattenimento leggero (novità!), con esclusione dei programmi per bambini.

• L'inserimento può avvenire sia dietro corrispettivo monetario ovvero dietro fornitura gratuita di determinati beni e servizi, quali aiuti alla produzione e premi, in vista della loro inclusione all'interno di un programma.

• Il programma non deve essere in alcun caso influenzato in modo da compromettere la responsabilità e l'indipendenza editoriale del fornitore di servizi di media;

• Non deve essere direttamente incoraggiato l'acquisto o la locazione di beni o servizi.

• I telespettatori devono essere chiaramente informati dell'esistenza dell'inserimento di prodotti medianti avvisi all'inizio e alla fine della trasmissione, nonché alla ripresa dopo un'interruzione pubblicitaria.

• E' vietato l'inserimento di prodotti a base di tabacco o di sigarette; è altresì vietato l'inserimento di prodotti medicinali o di cure mediche che si possono ottenere esclusivamente su prescrizione.

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La pubblicità istituzionale (art. 41 T.U.)

• Le somme che le amministrazioni pubbliche o gli enti pubblici anche economici destinano, per fini di comunicazione istituzionale, all'acquisto di spazi sui mezzi di comunicazione di massa, devono risultare complessivamente impegnate per almeno il 15 per cento a favore dell'emittenza privata televisiva locale e radiofonica locale operante nei territori dei Paesi membri dell'Unione europea e per almeno il 50 per cento a favore dei giornali quotidiani e periodici.

• Le amministrazioni pubbliche e gli enti pubblici anche economici sono tenuti a dare comunicazione all'AgCom delle somme impegnate per l'acquisto, ai fini di pubblicità istituzionale, di spazi sui mezzi di comunicazione di massa. L’AgCom vigila sul rispetto delle disposizioni e, se riscontra inottemperanza, può comminare al responsabile del procedimento amministrativo una sanzione da un minimo di 1.040 euro a un massimo di 5.200 euro.

• Le regioni, nell'ambito della propria autonomia finanziaria, possono prevedere quote diverse.

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Il servizio pubblico radiotelevisivo nel T. U.

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Ulteriori compiti del servizio pubblico radiotelevisivo

(art. 7 T.U.)

Il T.U. individua gli ulteriori e specifici compiti e obblighi di pubblico servizio che la società concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo è tenuta ad adempiere nell'ambito della sua complessiva programmazione, anche non informativa, ivi inclusa la produzione di opere audiovisive europee realizzate da produttori indipendenti, al fine di favorire l'istruzione, la crescita civile e il progresso sociale, di promuovere la lingua italiana e la cultura, di salvaguardare l'identità nazionale e di assicurare prestazioni di utilità sociale.

Il contributo pubblico risultante dal canone di abbonamento alla radiotelevisione, è utilizzabile esclusivamente ai fini dell'adempimento dei compiti di servizio pubblico generale affidati alla stessa.

Ferma la possibilità per la società concessionaria di stipulare contratti o convenzioni a prestazioni corrispettive con pubbliche amministrazioni, sono escluse altre forme di finanziamento pubblico in suo favore.

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I compiti specifici del servizio pubblico radiotelevisivo sono elencati nell’art. 45 T. U. e comprendono:

a) la diffusione di tutte le trasmissioni televisive e radiofoniche con copertura integrale del territorio nazionale;

b) un numero adeguato di ore (definito ogni 3 anni dall’AgCom) di trasmissioni televisive e radiofoniche dedicate all’educazione, all’informazione, alla formazione, alla promozione culturale;

c) la diffusione delle trasmissioni di cui alla lettera b), in modo proporzionato, in tutte le fasce orarie, anche di maggiore ascolto, e su tutti i programmi televisivi e radiofonici;

d) l’accesso alla programmazione, nei limiti e secondo le modalità indicati dalla legge, in favore dei partiti, gruppi e movimenti politici, dei sindacati, delle organizzazioni associative delle autonomie locali, dei sindacati nazionali, delle confessioni religiose, degli enti/associazioni politico-culturali, delle associazioni nazionali del movimento cooperativo, delle associazioni di promozione sociale, dei gruppi etnici e linguistici e degli altri gruppi di rilevante interesse sociale che ne facciano richiesta;

(segue ...)

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(segue)

e) la costituzione di una società per la produzione, la distribuzione e la trasmissione di programmi radiotelevisivi all’estero;

f) la effettuazione di trasmissioni radiofoniche e televisive nelle lingue delle minoranze presenti nelle Regioni a statuto speciale;

g) la trasmissione gratuita dei messaggi di utilità sociale ovvero di interesse pubblico che siano richiesti dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e la trasmissione di adeguate informazioni sulla viabilità delle strade e delle autostrade italiane;

h) la trasmissione, in orari appropriati, di contenuti destinati specificamente ai minori, che tengano conto delle esigenze e della sensibilità della prima infanzia e dell’età evolutiva;

i) la conservazione degli archivi storici radiofonici e televisivi, garantendo l’accesso del pubblico agli stessi;

l) la destinazione di una quota non inferiore al 15 per cento dei ricavi complessivi annui alla produzione di opere europee, ivi comprese quelle realizzate da produttori indipendenti;

(segue ...)

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(segue)

m) la realizzazione nei termini previsti dalla legge 3 maggio 2004, n. 112, delle infrastrutture per la trasmissione radiotelevisiva su frequenze terrestri in tecnica digitale;

n) la realizzazione di servizi interattivi digitali di pubblica utilità;

o) il rispetto dei limiti di affollamento pubblicitario;

p) l’articolazione della società concessionaria in una o più sedi nazionali e in sedi in ciascuna regione e, per la regione Trentino-Alto Adige, nelle province autonome di Trento e di Bolzano;

q) l’adozione di idonee misure di tutela delle persone portatrici di handicap sensoriali;

r) la valorizzazione e il potenziamento dei centri di produzione decentrati;

s) la realizzazione di attività di insegnamento a distanza.

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Finanziamento del servizio pubblico generale radiotelevisivo (art. 47 T.U.)

Al fine di consentire la determinazione del costo di fornitura del servizio pubblico generale radiotelevisivo, coperto dal canone di abbonamento, e di assicurare la trasparenza e la responsabilità nell'utilizzo del finanziamento pubblico, la società concessionaria predispone il bilancio di esercizio indicando in una contabilità separata i ricavi derivanti dal gettito del canone e gli oneri sostenuti nell'anno solare precedente per la fornitura del suddetto servizio, sulla base di uno schema approvato dall'Autorità.

Ogni qualvolta vengano utilizzate risorse di personale, apparecchiature o impianti fissi o risorse di altra natura, per assolvere i compiti di servizio pubblico generale e per altre attività, i costi relativi devono essere ripartiti sulla base della differenza tra i costi complessivi della società considerati includendo o escludendo le attività di servizio pubblico.

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(segue)

Entro il mese di novembre di ciascun anno, il Ministro delle comunicazioni stabilisce l'ammontare del canone di abbonamento in vigore dal 1° gennaio dell'anno successivo, in misura tale da consentire alla società concessionaria della fornitura del servizio di coprire i costi che prevedibilmente verranno sostenuti in tale anno per adempiere gli specifici obblighi di servizio pubblico generale radiotelevisivo affidati a tale società.

E' fatto divieto alla società concessionaria della fornitura del servizio pubblico di utilizzare, direttamente o indirettamente, i ricavi derivanti dal canone per finanziare attività non inerenti al servizio pubblico generale radiotelevisivo.

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Il controllo sull’assolvimento dei compiti da parte della concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo

Secondo l’art. 48 T. U., è l’AgCom che deve verificare che il servizio pubblico generale radiotelevisivo venga effettivamente prestato ai sensi delle disposizioni vigenti.

In caso di presunto inadempimento, l’AgCom apre un’istruttoria di ufficio o su impulso del Ministro competente o delle Regioni.

In ogni fase dell’istruttoria l’AgCom ha ampi poteri ispettivi. Il rifiuto di fornire le informazioni/documentazioni richieste è sanzionato pecuniariamente (fino a 25.000 euro). Idem per la fornitura di informazioni false (fino a 50.000 euro).

Se, in seguito all’istruttoria, l’AgCom ravvisa infrazioni, fissa per la Rai un termine massimo di 30 giorni per la loro eliminazione. Nei casi di infrazioni gravi, può anche disporre l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria fino al 3% del fatturato realizzato nell’ultimo esercizio.

Scaduto inutilmente il termine, l’AgCom applica una sanzione fino al 3% del fatturato realizzato nell’ultimo esercizio e dispone un termine per il pagamento della stessa, pena la sospensione dell’attività di impresa fino a novanta giorni.

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La privatizzazione della RAI

Già prima dell’entrata in vigore della legge n. 112/2004 la RAI era considerata una “società privata di diritto speciale”: natura privatistica di società per azioni da conciliare con l’esercizio da parte della stessa di un pubblico servizio in concessione.

La legge Mammì originariamente prevedeva che la RAI dovesse essere una società per azioni a totale partecipazione pubblica. Cioè, le azioni RAI potevano appartenere solo allo Stato, agli enti pubblici o a società a totale partecipazione pubblica.

Queste disposizioni sono state abrogate con il referendum tenutosi nel giugno 1995, per cui anche prima della legge Gasparri era teoricamente possibile procedere all’alienazione delle azioni RAI (anche se ciò era avvenuto solo nella misura dell’1%).

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La privatizzazione della RAI: art. 21 della legge 112/2004

Questa disposizione NON è stata trasfusa nel T. U. del 2005.

Essa prevede che entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge (cioè 6 luglio 2004) è completata la fusione per incorporazione della RAI-Radiotelevisione italiana Spa nella società RAI-Holding Spa.

Per effetto della fusione, la società RAI-Holding Spa assume la denominazione sociale di «RAI-Radiotelevisione italiana Spa».

Entro quattro mesi dalla data di completamento della fusione (cioè entro il 6 novembre 2004) è avviato il procedimento per l’alienazione della partecipazione dello Stato nella RAI-Radiotelevisione italiana Spa, mediante offerta pubblica di vendita.

Non è possibile vendere ad uno stesso soggetto più dell’1% delle azioni.

Una quota delle azioni alienate è riservata agli aderenti all’offerta che dimostrino di essere in regola da almeno un anno con il pagamento del canone di abbonamento.

L’alienazione delle partecipazioni statali non è ancora iniziata.

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Il nuovo assetto della RAI (art. 49 T. U.)

La concessione del servizio pubblico generale radiotelevisivo è affidata alla RAI-Radiotelevisione italiana s.p.a. fino al 6 maggio 2016 (soppresso il potere governativo di scelta della concessionaria).

Per quanto non sia diversamente previsto dal presente testo unico, la RAI-Radiotelevisione italiana Spa è assoggettata alla disciplina generale delle società per azioni, anche per quanto concerne l’organizzazione e l’amministrazione.

Fino a che il numero delle azioni alienato non superi la quota del 10% del capitale sociale, «in considerazione dei rilevanti ed imprescindibili motivi di interesse generale connessi allo svolgimento del servizio pubblico generale radiotelevisivo da parte della concessionaria», gli organi di governo della RAI saranno quelli indicati nella slide successiva.

(segue ....)

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Il CdA RAI attualmente .....

Il CdA RAI è composto da nove membri con mandato triennale rinnovabile per una volta.

7 membri sono eletti dalla Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi (4 dalla maggioranza e 3 dall’opposizione, con voto limitato ad uno) e i restanti 2 membri, tra cui il Presidente, dal socio di maggioranza (cioè il Ministro dell’Economia).

La nomina del presidente diviene efficace dopo l’acquisizione del parere favorevole, espresso a maggioranza dei due terzi dei suoi componenti, della CPIV.

In caso di dimissioni o impedimento permanente del presidente o di uno o più membri, i nuovi componenti sono nominati con le medesime procedure del presente comma entro i trenta giorni successivi alla data di comunicazione formale delle dimissioni presso la medesima Commissione.

Il CdA nomina il Direttore generale d’intesa con il Ministro dell’economia (finché le azioni restano in mano pubblica). La necessità dell’intesa provoca situazioni di stallo. (segue ...)

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..... e dopo l’eventuale privatizzazione

Successivamente, in seguito all’alienazione di almeno il 10% delle azioni, secondo l’art. 21 della l. 112/2004, il CdA RAI sarà composto da 9 membri, tutti eletti dall’assemblea dei soci con voto di lista. Mandato triennale rinnovabile per una volta.

Fino alla completa alienazione delle partecipazioni statali, il Ministro dell’economia potrà proporre una autonoma lista di candidati.

I membri dovranno essere soggetti aventi i requisiti per la nomina a giudice costituzionale o, comunque, persone di riconosciuto prestigio e competenza professionale e di notoria indipendenza di comportamenti, che si siano distinte in attività economiche, scientifiche, giuridiche, della cultura umanistica o della comunicazione sociale, maturandovi significative esperienze manageriali.

La nomina del Presidente del CdA sarà effettuata dal CdA nell’ambito dei suoi membri e diverrà efficace dopo l’acquisizione del parere favorevole, espresso a maggioranza dei due terzi dei suoi componenti, della CPIV.

Il Direttore generale sarà nominato dal CdA d’intesa con l’assemblea dei soci.

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Riepilogo: evoluzione storica del CdA RAI

1952 1975 1985 1990 1993 2005 In futuro?Il Governo nominava i 6 membri del CdA.

CdA composto da 16 membri, di cui 10 eletti dalla CPIV e 6 di nomina governativa.

Tutti e 16 i membri del CdA sono eletti dalla CPIV.

I consiglieri devono essere nominati all’inizio della legislatura e restano in carica per tutta la sua durata.

CdA composto da soli 5 membri nominati di intesa dai Presidenti delle Camere.

CdA composto di 9 membri, di cui 7 eletti dalla CPIV e due (di cui uno è il Presidente) dal Ministro dell’economia.

9 membri tutti eletti dall’assemblea dei soci.

Idem per il Presidente e l’Amm.

delegato.

Presidente e Direttore generale eletti dagli stessi consiglieri al loro interno.

Presidente eletto all’interno del CdA.

Direttore generale nominato dal Governo

Idem. Il CdA nomina il Presidente al suo interno e il Direttore generale all’esterno.

Presidente nominato dal Ministro con parere favorevole della CPIV. Direttore generale dal CdA.

Presidente nominato dal CdA al suo interno previo parere favorevole della CPIV. Direttore generale dal CdA d’intesa con assemblea.

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Una valutazione

Con la legge Gasparri il potere di nomina degli organi di governo della Rai si sposta dai partiti politici al governo.

Il governo, infatti, è oggi responsabile della nomina del Presidente e di uno dei membri del CdA. Anche la decisione sulla revoca dei consiglieri è rimessa al Ministro, su parere conforme della CPIV.

Ciò riduce l’indipendenza “strutturale” della televisione pubblica.

Inoltre, è dubbio che una società gestita integralmente in base a criteri privatistici possa efficacemente assolvere al delicato compito del servizio pubblico radiotelevisivo.

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Le competenze del Consiglio di Amministrazione RAI

Elaborare e approvare il piano editoriale nel rispetto degli indirizzi formulati dalla CPIV.

Approvare i piani editoriali di trasmissione e produzione.

Assegnare le risorse economiche alle diverse aree di attività aziendale.

Nominare i vicedirettori generali (su proposta del Direttore generale) e i dirigenti di primo e secondo livello.

Determinare i piani di organizzazione aziendale e le competenze del personale.

Approvare il bilancio sociale, il piano finanziario, gli atti e i contratti aziendali aventi carattere strategico oppure di importo molto elevato.

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Le competenze del Presidente del CdA RAI

Il T.U. del 2005 non precisa i suoi poteri. Quindi la sua figura sembra sminuita rispetto a quella del Direttore generale.

Il suo è un ruolo politico che si determina in via di prassi e dipende anche dal grado di fiducia di cui egli può disporre in Consiglio.

Ha la rappresentanza legale della società e il potere di convocare e presiedere il CdA.

Determina l’ordine del giorno dei lavori del CdA e quindi ha il potere di influenzarne l’attività.

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(segue)

g) propone all'approvazione del CdA gli atti e i contratti aziendali aventi carattere strategico, nonché di importo superiore a 2.582.284,50 euro; firma gli altri atti e contratti aziendali attinenti alla gestione della società;

h) provvede all'attuazione del piano di investimenti, del piano finanziario, delle politiche del personale e dei piani di ristrutturazione, nonché dei progetti specifici approvati dal consiglio di amministrazione in materia di linea editoriale, investimenti, organizzazione aziendale, politica finanziaria e politiche del personale;

i) trasmette al consiglio di amministrazione le informazioni utili per verificare il conseguimento degli obiettivi aziendali e l'attuazione degli indirizzi definiti dagli organi competenti.

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Le competenze del Direttore generale RAI

a) risponde al CdA della gestione aziendale per i profili di propria competenza e sovrintende alla organizzazione e al funzionamento dell'azienda nel quadro dei piani e delle direttive definiti dal consiglio;

b) partecipa, senza diritto di voto, alle riunioni del CdA;

c) assicura, in collaborazione con i direttori di rete e di testata, la coerenza della programmazione radiotelevisiva con le linee editoriali e le direttive formulate dal CdA;

d) propone al CdA le nomine dei vice direttori generali e dei dirigenti di primo e di secondo livello;

e) assume, nomina, promuove e stabilisce la collocazione degli altri dirigenti, nonché, su proposta dei direttori di testata e nel rispetto del contratto di lavoro giornalistico, degli altri giornalisti e ne informa puntualmente il consiglio di amministrazione;

f) provvede alla gestione del personale dell'azienda;

(segue ...)

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Problemi di governo della RAI

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La presidenza della CPIV

Con l’avvio della XVI legislatura (da aprile 2008) è stata nominata la nuova CPIV (viene nominata all’inizio di ogni legislatura).

Sono gli stessi membri della CPIV ad eleggere al proprio interno il Presidente (normalmente un esponente dell’opposizione), a maggioranza di 3/5 e scrutinio segreto; dalla seconda votazione in poi basta la maggioranza assoluta.

Per lungo tempo non si è riusciti a trovare un accordo.

Poiché la CPIV ha la competenza di nominare 7 consiglieri del CdA, il CdA RAI è stato a lungo paralizzato.

Il 13 novembre 2008 è stato eletto presidente Riccardo Villari (del PD), con i voti della maggioranza di centrodestra, mentre le opposizioni avevano candidato Leoluca Orlando (IdV).

Villari è stato eletto alla terza votazione utile, dopo ben 44 sedute senza esito, con 29 voti.

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La presidenza della CPIV (segue)

Le opposizioni hanno contestato la nomina, invitando il neoeletto Villari a dimettersi, ma Villari ha rifiutato.

I due presidenti delle Camere (Fini e Schifani) hanno chiesto un parere alle rispettive Giunte per il regolamento. Entrambe le Giunte hanno ritenuto che i presidenti delle Camere, di intesa fra loro, avessero il potere di procedere al rinnovo integrale della CPIV, da esercitare tempestivamente, attraverso la revoca di tutti i suoi componenti, la nomina dei nuovi membri e la ricostituzione della Commissione stessa. Ciò al fine di assicurare il funzionamento della stessa CPIV.

La CPIV è stata quindi sciolta il 21 gennaio 2009 e ricostituita in nuova composizione il 4 febbraio 2009. Alla sua presidenza è stato eletto Sergio Zavoli.

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La nomina del CdA RAI

Il 24 marzo 2009 è stato nominato il nuovo CdA RAI composto da sette consiglieri nominati dalla CPIV (Giovanna Bianchi Clerici, Rodolfo De Laurentis, Nino Rizzo Nervo,Guglielmo Rositani,Giorgio Van Straten ed Anonio Verro), da un ottavo consigliere nominato dal Ministro dell’Economia (Angelo Maria Petroni) e da un Presidente pure nominato dal Ministro dell’Economia (Paolo Garimberti), che ha sostituito il precedente presidente Claudio Petruccioli.

Dal 2 aprile 2009 è Direttore generale della RAI Mauro Masi (ex segretario alla presidenza del Consiglio).

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La sentenza della Corte costituzionale n. 69/2009 (13/03/2009)

In tema di conflitto di attribuzioni fra CPIV, Presidente del Consiglio e Ministro dell’economia sorto in seguito alla proposta di revoca del Consigliere RAI, presentata dal Ministro dell’economia e delle finanze, anche d’intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri, in data 11 maggio 2007.

La CPIV ricorrente evidenzia come il conflitto tragga origine dalla violazione delle attribuzioni ad essa costituzionalmente garantite, «dal momento che l’attività radiotelevisiva pubblica non può essere considerata appannaggio esclusivo delle scelte della maggioranza politica, ma deve essere svolta in modo conforme all’indirizzo politico costituzionale, che fa della libera circolazione delle idee e del pluralismo culturale uno degli assi portanti dell’ordinamento».

La difesa della Commissione segnala, in proposito, come le funzioni di indirizzo e vigilanza siano state attribuite all’organo parlamentare «in considerazione dei caratteri di imparzialità, democraticità e pluralismo che devono informare lo svolgimento dell’attività del servizio pubblico radiotelevisivo» ed al precipuo

scopo di evitare nella gestione del servizio «un’ingerenza diretta ed esclusiva dell’Esecutivo».

(segue ...)

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(segue)

La Corte, accogliendo il ricorso della CPIV, ha precisato che:

«L’imparzialità e l’obbiettività dell’informazione possono essere garantite solo dal pluralismo delle fonti e degli orientamenti ideali, culturali e politici, nella difficoltà che le notizie e i contenuti dei programmi siano, in sé e per sé, sempre e comunque obbiettivi. La rappresentanza parlamentare, in cui tendenzialmente si rispecchia il pluralismo esistente nella società, si pone pertanto, permanendo l’attuale regime, come il più idoneo custode delle condizioni indispensabili per mantenere gli amministratori della società concessionaria, nei limiti del possibile, al riparo da pressioni e condizionamenti, che inevitabilmente inciderebbero sulla loro obbiettività e imparzialità».

(segue ...)

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(segue)

E inoltre:

«La proposta di revoca del consigliere nominato dal Ministro, non preceduta da conforme deliberazione della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, non è, per i motivi prima illustrati, una mera applicazione della legge vigente, ma si pone, al contrario, come una violazione della stessa, se interpretata secondo un criterio sistematico costituzionalmente orientato. Essa, di conseguenza, determina una illegittima menomazione delle attribuzioni, che discendono dall’art. 21 Cost., del Parlamento, il quale agisce, nella materia del servizio pubblico radiotelevisivo, per il tramite della Commissione di vigilanza».

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Le regole antitrust nel T.U.

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La pianificazione delle frequenze nel T.U. sulla radiotelevisione

Secondo l’art. 42 del T.U., l’assegnazione delle radiofrequenze avviene secondo criteri pubblici, obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati.

Il Ministero adotta il piano nazionale di ripartizione delle frequenze da approvare con decreto del Ministro sentiti l’AgCom, i Ministeri dell’interno, della difesa, delle infrastrutture e dei trasporti, la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo e gli operatori di comunicazione elettronica ad uso pubblico, nonché il Consiglio superiore delle comunicazioni.

Il piano di ripartizione delle frequenze è aggiornato ogni cinque anni e comunque ogni qual volta il Ministero ne ravvisi la necessità.

L’AgCom adotta e aggiorna i piani nazionali di assegnazione delle frequenze radiofoniche e televisive in tecnica digitale, garantendo su tutto il territorio nazionale un uso efficiente e pluralistico della risorsa radioelettrica, una uniforme copertura, una razionale distribuzione delle risorse fra soggetti operanti in ambito nazionale e locale, e una riserva in favore delle minoranze linguistiche riconosciute dalla legge.

(segue ..)

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(segue )

Nella predisposizione dei piani di assegnazione, l’AgCom adotta il criterio di migliore e razionale utilizzazione dello spettro radioelettrico.

I piani di assegnazione le successive modificazioni sono sottoposti al parere delle regioni (entro 30 gg. dalla ricezione dello schema del piano) in ordine all’ubicazione degli impianti e, al fine di tutelare le minoranze linguistiche, all’intesa con le regioni autonome Valle d’Aosta e Friuli - Venezia Giulia e con le province autonome di Trento e di Bolzano. Qualora non si raggiunga tale intesa entro 70 giorni, l’AgCom adotta comunque il piano.

L’Autorità adotta il piano nazionale di assegnazione delle frequenze radiofoniche in tecnica analogica successivamente all’effettiva introduzione della radiodiffusione sonora in tecnica digitale e allo sviluppo del relativo mercato.

(questo piano non è stato ancora approvato!!)

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Il SIC (sistema integrato delle comunicazioni) nel T.U. sulla radiotelevisione (art. 2, comma 1, lettera s)

Il SIC è il settore economico che comprende le seguenti attività: stampa quotidiana e periodica; editoria annuaristica ed elettronica anche per il tramite di internet; radio e televisione; cinema; pubblicità esterna; iniziative di comunicazione di prodotti e servizi; sponsorizzazioni.

Questo enorme paniere, di natura eterogenea, è il parametro di riferimento per calcolare i nuovi limiti antirust.

Ciò non impedisce, quindi, che un soggetto, pur rispettando i limiti fissati rispetto all’intero SIC, non si trovi però in posizione dominante in uno dei singoli mercati di cui il SIC è composto (ad esempio, nel solo settore radiotelevisivo).

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Il limite antitrust di carattere generale

(art. 43 commi 9-11 del T.U.)

Fermo restando il divieto di costituzione di posizioni dominanti nei singoli mercati che compongono il SIC, i soggetti tenuti all’iscrizione nel ROC, non possono né direttamente, né attraverso soggetti controllati o collegati, conseguire ricavi superiori al 20% dei ricavi complessivi del SIC.

Tali ricavi sono quelli derivanti dal finanziamento del servizio pubblico radiotelevisivo al netto dei diritti dell’erario, da qualsiasi forma di pubblicità comprese televendite, da sponsorizzazioni, da attività di diffusione del prodotto realizzata al punto vendita con esclusione di azioni sui prezzi, da convenzioni con soggetti pubblici a carattere continuativo e da provvidenze pubbliche erogate direttamente ai soggetti esercenti le attività del SIC, da offerte televisive a pagamento, da abbonamenti/vendita di quotidiani e periodici inclusi i prodotti librari e fonografici commercializzati in allegato, nonché dalle agenzie di stampa a carattere nazionale, dall’editoria elettronica e annuaristica anche per il tramite di internet e dalla utilizzazione delle opere cinematografiche.

Il limite scende al 10% per le imprese del settore delle comunicazioni elettroniche, che conseguono ricavi superiori al 40% del totale del settore (es. Telecom).

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Altri limiti antitrust previsti dall’art. 43 T.U. (1)

All’atto della completa attuazione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze radiofoniche e televisive in tecnica digitale, uno stesso fornitore di contenuti, anche attraverso società controllate o collegate, non potrà essere titolare di autorizzazioni che consentano di diffondere più del 20% del totale dei programmi televisivi o più del 20% dei programmi radiofonici irradiabili su frequenze terrestri in ambito nazionale mediante le reti previste dal medesimo piano.

In tale limite non rientrano i programmi che costituiscono la replica simultanea dei programmi irradiati in tecnica analogica !!!!

Invece, prima della lla completa attuazione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze, il limite al numero complessivo di programmi per ogni soggetto è del 20% ed è calcolato sul numero complessivo dei programmi televisivi in ambito nazionale su frequenze terrestri indifferentemente in tecnica analogica o in tecnica digitale.

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Altri limiti antitrust previsti dall’art. 43 T.U. (2)

I soggetti che esercitano l’attività televisiva in ambito nazionale attraverso più di una rete non possono, prima del 31 dicembre 2010, acquisire partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani o partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di giornali quotidiani. Il divieto si applica anche alle imprese controllate.

Il decreto milleproproghe 2010 ha posticipato tale termine al 31 marzo 2011. L’AgCom però auspica che il divieto permanga ancora.

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Limiti antitrust: leggi Maccanico e Gasparri a confronto

Legge 249/1997 Legge 112/2004 e d. lgs. 177/2005Non più del 20% delle reti televisive nazionali (cioè max 2 reti) ad uno stesso soggetto.

Uno stesso soggetto non può irradiare su frequenze terrestri più del 20% del totale dei programmi televisivi o più del 20% dei programmi radiofonici irradiabili

Non più del 30% delle risorse complessive del settore radiotelevisivo (oppure radiofonico) in ambito nazionale ad uno stesso soggetto (canone, pubblicità, televendite, sponsorizzazioni)

Uno stesso soggetto non può conseguire ricavi per più del 20% dei ricavi complessivi del SIC.

Il limite è del 10% per le imprese del settore delle comunicazioni elettroniche in posizione dominante.

Non più del 20% delle risorse complessive del settore radiotelevisivo/radiofonico e di quello editoriale (quotidiani e periodici) ad uno stesso soggetto.

Gli “incroci” fra settore radiotelevisivo e settore della stampa sono permessi dopo un certo termine (31 marzo 2011?)

Una concessionaria di pubblicità può legarsi in esclusiva solo ad un soggetto in ambito nazionale. Oltre a questo può raccogliere pubblicità solo in ambito locale.

Questo limite scompare.

Una singola concessionaria di pubblicità non può raccogliere, nei settori radiofonico ovvero televisivo, risorse economiche superiori al 30% delle risorse complessive (20% se si considera la somma di TV + stampa).

Questo limite scompare. L’importante è che la concessionaria di pubblicità non ottenga ricavi superiori al 20% del SIC.

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Alcune osservazioni

La nozione del SIC (e dei ricavi da esso derivanti) è così ampia che non è escluso che un soggetto, anche senza superare il limite del 20% con riferimento all’intero SIC, non acquisisca una posizione dominante nei singoli settori.

Qualche cifra:

Il limite del 30% delle risorse radiotelevisive fissato dalla legge Maccanico era calcolato in circa 4 miliardi di euro su un totale di 12 miliardi.

Il limite del 20% delle risorse complessive del SIC, introdotto dalla legge Gasparri, è calcolato in circa 5,3 miliardi di euro su un totale di circa 26 miliardi.

Quindi è un limite più basso in percentuale, ma più alto come valore assoluto.

Non saranno più vietati gli incroci fra stampa e televisione (dopo il 31 marzo 2011?).

Le concessionarie di pubblicità (in particolare Publitalia) hanno l’unico obbligo di non superare i ricavi del 20% del SIC. Quindi possono raccogliere pubblicità in ambito sia nazionale che locale e, dal 2011, inserirsi anche nell’editoria.

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Alcune osservazioni (segue)

Va considerato anche che la legge innalza dal 18% al 20% orario il limite per l’affollamento pubblicitario comprese le telepromozioni (tutto a beneficio di Publitalia).

Dopo il completamento dell’assegnazione delle frequenze digitali, uno stesso soggetto non potrà più del 20% del totale dei programmi irradiabili. Questo è un limite amplissimo! Inoltre non c’è alcun espresso divieto a mantenere, accanto alle frequenze digitali, quelle analogiche terrestri (anche tre reti).

Quindi, l'unico limite è posto relativamente ai programmi, ma non c'è nessun limite al possesso di reti!!!!

Il settore della stampa è ingiustamente discriminato: infatti, limiti di settore continuano a sussistere solo per la stampa quotidiana (max 20% della tiratura nazionale complessiva ex l. 67/1987), mentre sono stati aboliti tutti gli altri limiti di settore previsti dalle leggi precedenti.

Infine, la verifica dell’Agcom (vedi slides successiva) dovrebbe riguardare anche le eventuali posizioni dominanti raggiunte nei singoli mercati, ma ora mancano disposizioni precise per definirle.

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Il controllo antitrust (art. 43 T. U.)

I soggetti che operano nel SIC sono tenuti a notificare all’Agcom le intese e le operazioni di concentrazione, in modo che essa possa verificare che non si costituiscano posizioni dominanti.

Se l’Agcom rileva il rischio di superamento dei limiti antitrust emana un atto di pubblico richiamo, segnalando la situazione di rischio e indicando l’impresa o il gruppo di imprese e il singolo mercato interessato.

Qualora l’AgCom riscontri l‘effettiva esistenza di situazioni vietate, apre un'istruttoria nel rispetto del principio del contraddittorio, al termine della quale interviene affinché esse vengano sollecitamente rimosse; può arrivare anche ad imporre la dismissione di aziende o rami di azienda.

Gli atti giuridici, le operazioni di concentrazione e le intese che contrastano con i divieti previsti dalla legge sono nulli.

Le sanzioni che l’AgCom può applicare solo le stesse previste dalla l.249/1997, cioè una sanzione amministrativa pecuniaria che va dal 2% al 5% del fatturato e, nei casi gravi, la sospensione dell’attività per un periodo non superiore a 6 mesi oppure, in casi più gravi, la richiesta al Ministro di revoca dell’autorizzazione/concessione.

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Alcune osservazioni sulle procedure di controllo

Le misure previste non sono efficaci per eliminare le posizioni dominanti GIA’ ESISTENTI!

Inoltre, non sono precisate le misure che l’AgCom può adottare per rimuovere effettivamente le situazioni vietate.

Per questo, il più delle volte l’AgCom si limita al “formale richiamo” (come ad esempio è avvenuto nel caso di SKY e nel caso di Publitalia).

Infine, non è prevista una procedura specifica per l’abuso di posizione dominante in un singolo settore.

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Frattanto dicono di noi in Europa ......

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Parlamento europeo – Risoluzione sui rischi di violazione, nell'UE e particolarmente in Italia, della libertà di espressione e di informazione (2003/2237(INI) del 24 aprile 2004)

Il PE rileva che in Italia:

- il tasso di concentrazione del mercato televisivo in Italia è oggi il più elevato d'Europa;

- il gruppo Mediaset (che controlla RTI e Publitalia ’80) nel 2001 ha ottenuto i 2/3 delle risorse pubblicitarie televisive complessive;

- il Presidente del Consiglio non ha risolto il suo conflitto di interessi, bensì ha incrementato la sua quota di controllo societario di Mediaset;

- esistono ripetute e documentate ingerenze, pressioni e censure governative nell'organigramma e nella programmazione del servizio televisivo pubblico Rai;

- il sistema italiano presenta un'anomalia dovuta a una combinazione unica di poteri economico, politico e mediatico nelle mani di un solo uomo;

- da decenni il sistema radiotelevisivo opera in una situazione di assenza di legalità, accertata ripetutamente dalla Corte costituzionale.

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Council of Europe, Parliamentary Assembly, Resolution n. 1387(2004): Monopolisation of the electronic media and possible abuse of power in Italy

- The Assembly deplores the fact that several consecutive Italian governments since 1994 have failed to resolve the problem of conflict of interest.

- Through Mediaset, Italy’s main commercial communications and broadcasting group, and one of the largest in the world, Mr Berlusconi owns approximately half of the nationwide broadcasting in the country. His role as head of government also puts him in a position to influence indirectly the public broadcasting organisation, RAI.

- The Assembly deplores the continued exclusion of a potential national broadcaster, Europa 7, winner of a 1999 government tender to broadcast on frequencies occupied by Mediaset’s channel, Retequattro.

- The Assembly believes that the newly-adopted “Gasparri Law” on the reform of the broadcasting sector may not effectively guarantee greater pluralism simply through the multiplication of television channels in the course of digitalisation.

- The Assembly is particularly concerned by the situation of RAI, which is contrary to the principles of independence.

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Analoghe critiche sono state espresse dall’OSCE (Rappresentante per la libertà dei media, Miklós Haraszti) l’11 dicembre 2003 e il 7 giugno 2005.

Egli ha accusato il Parlamento italiano di aver emanato, nel settore dei media, soltanto “leggi-fotocopia” (because these laws merely acknowledged, and thereby legalised the wild-grown system already in existence, instead of improving the situation).

Inoltre, ha ritenuto la legge Gasparri inidonea a porre rimedio all’anomalia italiana (un’altra legge-fotocopia). Addirittura, a suo giudizio la legge preserva il sistema di concentrazione dei media e lo incrementa.

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Analogamente si sono espresse:

European Commission for Democracy through Law (Venice Commission) nella sua 63esima sessione plenaria (Venezia 10-11 giugno 2005)

Reporters Without Borders (aprile 2003)

European Federation of Journalists – Mission to Italy (6-8 novembre 2003) and Annual Report 2003 for Italy

EU Network of Indipendent Experts in Fundamental Rights – Report 2004.

Più recentemente anche l’OCSE, nel rapporto Going for Growth (marzo 2011), ha sottolineato che il livello di concorrenza nel sistema radiotelevisivo italiano, nonostante la transizione alla tecnologia digitale e la conseguente moltiplicazione delle risorse frequenziali, resta ancora insufficiente, perché il sistema è dominato da società statali e da una società privata in posizione dominante.

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La transizione alla TV digitale e lo switch-off

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La transizione al digitale terrestre

Il d. l. n. 5/2001, convertito in legge n. 66/2001, prevedeva l’avvio della fase sperimentale della cosiddetta “TV digitale terrestre”.

DVB-T, cioè Digital Video Broadcasting - Terrestrial

Si prevedeva la fine della fase sperimentale entro il 2006. Successivamente la tecnica trasmissiva analogica sarebbe stata del tutto abbandonata (switch off).

La tecnica di trasmissione digitale avrebbe permesso la moltiplicazione della capacità trasmissiva: non più un programma per ciascun canale, ma 4-7 programmi simultaneamente per ciascun multiplex.

In tal modo, l’enorme moltiplicazione dei programmi avrebbe garantito il pluralismo invocato dalla Corte costituzionale e dall’Unione europea.

Inoltre la qualità dell’immagine sarebbe migliore, sarebbe anche facilitata l’interattività e sarebbe diminuito l’inquinamento elettromagnetico (necessaria una potenza trasmissiva inferiore).

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La fase sperimentale secondo la legge n. 66/2001

Al fine di consentire l'avvio dei mercati di programmi televisivi digitali su frequenze terrestri, i soggetti che eserciscono legittimamente l'attività di radiodiffusione televisiva su frequenze terrestri, da satellite e via cavo sono abilitati alla sperimentazione di trasmissioni televisive e servizi della società dell'informazione in tecnica digitale (c. d. “digitale terreste”).

Ciò significa che nella fase sperimentale nuovi operatori di rete potranno entrare nel mercato solo nell’ambito delle le risorse lasciate libere da Rai e Mediaset!!

Ciascun soggetto che sia titolare di più di una concessione televisiva (cioè RAI e Mediaset) deve riservare, in ciascun blocco di programmi e servizi diffusi in tecnica digitale, pari opportunità e comunque almeno il 40% della capacità trasmissiva del medesimo blocco di programmi e servizi a condizioni eque, trasparenti e non discriminatorie, per la sperimentazione da parte di altri soggetti che non siano società controllanti, controllate o collegate (separazione fra gestione della rete e trasmissione di programmi).

(segue ...)

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(segue)

Al fine di promuovere l'avvio dei mercati televisivi in tecnica digitale su frequenze terrestri sono consentiti, per i primi tre anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, i trasferimenti di impianti o di rami di azienda tra concessionari televisivi in ambito locale o tra questi e concessionari televisivi in ambito nazionale, a condizione che le acquisizioni operate da questi ultimi siano impiegate esclusivamente per la diffusione sperimentale in tecnica digitale.

Al fine di consentire l'avvio dei mercati di programmi radiofonici digitali su frequenze terrestri, i soggetti titolari di concessione per la radiodiffusione sonora nonché i soggetti che eserciscono legittimamente l'attività di radiodiffusione sonora in ambito locale sono abilitati alla sperimentazione di trasmissioni radiofoniche in tecnica digitale, di norma nel bacino di utenza, o parte di esso, oggetto della concessione. A tale fine le emittenti richiedenti possono costituire consorzi, ovvero definiscono intese, per la gestione dei relativi impianti e per la diffusione dei programmi e dei servizi.

(segue ...)

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(segue)

Le licenze o le autorizzazioni per la diffusione di trasmissioni radiotelevisive in tecnica digitale sulla base dei piani di assegnazione delle frequenze in tecnica digitale (che l’AgCom avrebbe dovuto approvare entro il 15 marzo 2001) sono rilasciate dal Ministero delle comunicazioni nel rispetto delle condizioni definite in un regolamento, adottato dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni entro il 30 giugno 2001.

Ai fini del conseguimento degli obiettivi del servizio pubblico radiotelevisivo, alla società concessionaria dello stesso servizio pubblico radiotelevisivo sono riservati un blocco di diffusione di programmi radiofonici in chiaro e almeno un blocco di diffusione di programmi televisivi in chiaro.

ATTENZIONE: la normativa sullo switch-off consente agli operatori su frequenze analogiche di convertire tutte le reti analogiche in reti digitali, comprese le reti per le quali non era stata loro accordata una concessione analogica (cioè Rete 4 per Mediaset)!!!!!! In questo modo si “aggirano” i limiti posti dalla legge Maccanico.

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Il regolamento per la DVB-T

Nel 2001 l’AgCom ha approvato il regolamento per la trasmissione in tecnica digitale su frequenze terrestri (delibera n. 453/01/CONS, poi modificata dalle delibere nn. 266/06 CONS, 663/06/CONS e 109/07/CONS).

Le citate delibere sanciscono la separazione fra operatore di rete, fornitore di contenuti, fornitore di servizi:

a) l’operatore che realizza la rete di trasmissione continua ad essere, anche dopo il passaggio al digitale, il soggetto titolare delle frequenze;

b) il fornitore di contenuti è il soggetto che predispone i programmi, ovvero l’editore del canale trasportato

c) il fornitore di servizi è colui che fornisce, attraverso l’operatore di rete, servizi al pubblico di accesso condizionato mediante distribuzione agli utenti di chiavi numeriche per l’abilitazione alla visione dei programmi, alla fatturazione dei servizi, ed eventualmente alla fornitura di apparati.

Il regolamento stabilisce le modalità per il rilascio delle licenze ai suddetti soggetti.

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Il piano di assegnazione delle frequenze

La legge 66/2001 prevedeva che l’AgCom avrebbe dovuto predisporre il piano di assegnazione delle frequenze per le trasmissioni in tecnica digitale entro il 31 dicembre 2001.

In realtà, la scadenza non è stata rispettata:

a) l’approvazione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze per la radiodiffusione sonora in tecnica digitale è avvenuta con delibera n. 249/02/CONS;

b) quella relativa alla radiodiffusione in tecnica analogica non è stata ancora approvata;

c) l’approvazione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze per la radiodiffusione televisiva terrestre in tecnica digitale è avvenuta con delibera . 15/03/CONS, integrata dalla delibera n. 399/03/CONS. Il piano è stato infine revisionato con la delibera 414/07/CONS.

d) quella relativa alla radiodiffusione televisiva in tecnica analogica risale in effetti al 1998 (delibera n. 68/98/CONS), con varie integrazioni successive.

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Verso lo switch off: la fase transitoria

Secondo la legge 43/2004 (che ha convertito il d. l. 352/2003), recante disposizioni urgenti concernenti modalità e tempi di definitiva cessazione del regime transitorio della legge 249/1997, l’Agcom avrebbe dovuto verificare lo stato di attuazione della transizione al digitale entro il 30 aprile 2004.

Nel frattempo, continuava ad essere consentito alle reti “eccedenti” (Rete 4) i limiti posti dalla legge Maccanico di proseguire l'esercizio e alla RAI di avvalersi di risorse pubblicitarie su tutte le proprie reti televisive analogiche e digitali.

L’Agcom ha effettuato tale verifica, concludendo che era impossibile rispettare la scadenza del 2006 per il definitivo abbandono della tecnologia analogica.

(segue ...)

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(Segue)

Quindi, con la del. 136/2005/CONS l’Agcom ha prolungato ad libitum la fase di transizione, consentendo ai due operatori dominanti (Rai e Mediaset) di trasmettere contemporaneamente su frequenze analogiche e digitali, riservando loro il 40% della capacità trasmissiva con tecnica digitale.

Con l’art. 19 del d. l. 273/2005, la scadenza del 2006 per lo switch off è stata posticipata entro la fine del 2008 (pur essendo evidente l’inadeguatezza anche di questo limite).

La medesima norma prevedeva anche l’individuazione di aree all digital, nelle quali la conversione al digitale sarebbe stata accelerata. Queste aree sono state successivamente individuate nella Valle d’Aosta e nella Sardegna.

In queste aree, la legge finanziaria per il 2006 ha previsto un contributo per gli utenti, al fine di favorire l’acquisto o il noleggio del decoder.

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Il richiamo della Commissione europea

Il 19 luglio 2006 la Commissione europea ha inviato all’Italia una lettera di costituzione in mora (Doc. IP/06/1019), invitandola ad emendare la l. 112/2004 per allinearla alle prescrizioni europee sulle comunicazioni elettroniche, cioè al Pacchetto Direttive del 2002 (liberalizzazione dei servizi).

Permanendo l’inosservanza dell’Italia alle prescrizioni comunitarie, la Commissione si è pronunciata il 18 luglio 2007 con un parere motivato (Commissione Europea, Parere motivato-Infrazione 2005/5086 (PM226 CEE), con cui, accertata la permanenza dell’illecito comunitario, ha invitato l’Italia a prendere le disposizioni necessarie entro due mesi (termine non rispettato).

I problemi riguardano soprattutto l’individuazione dei mercati rilevanti e le barriere all’accesso a tali mercati.

Da qui la necessità di una nuova legge di sistema, per evitare il ricorso alla Corte europea di Giustizia.

L’Italia ha presentato richiesta di proroga per l’avvio del processo dinanzi alla CdG, ma la Commissione europea sembrava restia a concederla.

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Per evitare il processo (e le sanzioni)

Governo Prodi (maggio 2006 – maggio 2008) :

Data l’irrealistica prospettiva della transizione al digitale entro il 2008, è stato emanato il d. l. 159/2007, convertito in legge 222/2007, recante varie disposizioni urgenti in materia economico-finanziaria.

Fra le varie cose, si è imposto l’obbligo di commercializzazione dei soli televisori abilitati alla ricezione di trasmissioni digitali a partire da giugno 2009 e il termine definitivo per lo switch off è stato fissato alla fine del 2012 (art. 16).

E’ stato inoltre presentato un nuovo disegno di legge (Gentiloni) sul sistema RTV, che però non è mai approdato in Parlamento.

Governo Berlusconi (da maggio 2008):

Approvata la legge n. 101/2008 (conversione del d.l. 59/2008) che ha stabilito, d’intesa con l’AgCom, un calendario per il passaggio definitivo alla televisione digitale terrestre.

Il territorio nazionale è stato suddiviso in sedici aree, in cui gradualmente avverrà la transizione al digitale, a cominciare dalla Sardegna (entro ottobre 2008).

Inoltre nel novembre 2008 è stato approvato un nuovo piano delle frequenzze da riservare alla diffusione RTV (in totale 56).

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Il calendario dello switch off secondo la l. 101/2008

2008 II semestre Area 16 Sardegna

2009

I semestre Area 2 Valle d’Aosta

II semestre

Area 1 Piemonte occidentale

Area 4 Trentino Alto Adige e provincia di Belluno

Area 12 Lazio

Area 13 Campania

2010

I semestre Area 2 Piemonte orientale e Lombardia (inclusa la provincia di Piacenza)

II semestre

Area 5 Emilia Romagna

Area 6 Veneto (incluse province di Mantova e Pordenone)

Area 7 Friuli Venezia Giulia

Area 8 Liguria

2011 I semestre Area 10 Marche

Area 11 Abruzzo e Molise (e provincia di Foggia)

Area 14 Basilicata e Puglia (e province di Crotone e Cosenza)

2012 I semestre Area 9 Toscana e Umbria (e province di La Spezia e Viterbo)

II semestre Area 15 Sicilia e Calabria

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Il richiamo della Commissione europea

Il d.l. 59/2008, poi convertito in l. 101/2008, è stato approvato d'urgenza per arrestare la procedura di infrazione aperta dalla Commissione europea contro l'Italia con comunicazione del 19 luglio 2006 (procedura 2005/5086 Altroconsumo contro Repubblica italiana).

La Commissione paventava il rischio che la disciplina italiana sulla Tv digitale favorisse arbitrariamente gli operatori già operanti nel settore radiotelevisivo (in particolare Rai e Mediaset), discriminando invece i potenziali newcomers.

La procedura è stata poi sospesa, nell'attesa di verificare che le procedure di assegnazione delle frequenze radiotelevisive digitali a nuovi operatori avvengano effettivamente con modalità concorrenziali, aperte e trasparenti, secondo la procedura indicata dall'AgCom (vedi slides successive).

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La TV digitale oggi

RAI MUX 1

RAI MUX 2

RAI MUX 3

RAI MUX 4

RAI MUX 5

Rai 1, Rai 2, Rai 3, Rai news

Tv 2000, Rai sport 1, Rai sport 2

Rai 4, Rai Movie, Rai Premium, Rai Gulp, Rai YoYo

Rai 5, Rai storia, Rai HD

Test Raiuno, test Raidue, Test Raitre (test di servizi tv in mobilità)

Mediaset 1

Mediaset 2

Mediaset 3

Mediaset 4

Mediaset 5

Vari canali premium, vari canali di calcio di cui uno in HD, Playhouse Disney, Cartoon Network

Rete 4, Canale 5, Italia 1, Iris, Classnews, Boing, ComingSoon, Mediashopping

Raddoppio di Rete 4, Canale 5 e Italia 1; La 5, Mediaset Extra

Premium Cinema HD, Premium Calcio HD2, Disney Channel +1

Vari canali + 1 e HD

TIMB 1

TIMB 2

TIMB 3

TIMB 4

MTV, La7D, La5 (Mediaset), Mediaset Extra, RealTime, QVC, vari canali di sport

La 7, K2, 16 canali della pay-tv Dahlia

La 7 on demand, La 7, MTV, K2, Frisbee, MTV+

Due canali HD e uno test in 3D

L’Espresso 1

L’Espresso 2

DeejayTV, Cielo, Poker, Tg Mediaset, Mya + 1 (Mediaset Premium)

Repubblica TV, DeejayTV + 2

Prima TV - Dfree

Vari canali Premium, Studio Universal, Joi, Joy +1, Mya, Disney Channel

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Il Decreto Romani (d. lgs. n. 44/2010)

• I canali time shifted (es.: +1, +2, +3, ma anche eventuali canali +24, +72, etc., ove tali soluzioni vengano esplorate) non si computeranno ai fini del rispetto del limite anticoncentrazione in base al quale nessun operatore può controllare più del 20% dei canali della televisione digitale terrestre.

• La pay per view è menzionata come “fornitore di servizi interattivi associati o di servizi di accesso condizionato”, ottenendo il duplice effetto di elevare in modo indiretto il limite alle concentrazioni (il 20% dei canali digitali terrestri) e di sottrarre la pay per view alla disciplina dei servizi radiotelevisivi.

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La delibera AgCom 181/09/CONS

Le reti nazionali in tecnica DVB-T potranno essere al massimo 21 (+ 4 per il DVB-H) e saranno così suddivise:

a) 8 reti saranno destinate alla conversione delle attuali reti analogiche. Gli operatori nazionali esistenti avranno assegnata capacità trasmissiva sufficiente per la trasmissione dei programmi a definizione standard ed ad alta definizione. Sarà comunque garantito almeno un multiplex per operatore;

b) 8 reti digitali saranno dedicate alla conversione in tecnica singola frequenza delle attuali reti digitali esistenti che oggi utilizzano il sistema meno efficiente della multifrequenza. Ciascun operatore avrà diritto alla conversione delle reti digitali attualmente operanti;

c) all'esito della conversione dell'attuale sistema televisivo nazionale risulterà disponibile un dividendo nazionale di 5 reti, che verrà “messo a gara” con criteri di “massima apertura alla concorrenza”. Un ulteriore multiplex verrà messo a gara per la TV DVB-H (TV mobile sul telefono cellulare).

La gara di assegnazione delle frequenze (gara non competitiva: beauty context) sarà indetta dal ministero dello Sviluppo Economico sulla base delle regole stabilite dall'Agcom e saranno ammessi tutti i soggetti operanti nello spazio economico europeo (SEE).

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Il Beauty Context: come assegnare il dividendo digitale

5 multiplex da assegnare

Lotto A: 3 MUX

Riservati ai nuovi entranti oppure agli operatori esistenti che però abbiamo meno di due reti analogiche nazionali. Gli altri sono esclusi.

Quindi NO a Rai, Mediaset, Timb!

Lotto B: 2 MUX

Per tutti

PERO’:

Chi ha già 3 reti analogiche potrà avere solo un MUX e ne deve cedere a terzi il 40% della capacità tramissiva

Chi ha già 2 reti analogiche potrà avere 1 MUX per intero e un secondo MUX parzialmente (dovrà cederne a terzi il 40% della capacità tramissiva)

PER TUTTI: obbligo di offerta di servizi di trasmissione a prezzi orientati ai costi da parte degli operatori esistenti che già dispongono di reti di estesa copertura sul territorio nazionale.

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Le delibere AgCom 497/10/CONS e 300/10/CONS

• I requisiti per partecipare alla gara e per essere aggiudicatari dei nuovi multiplex saranno decisi dal Ministro dello sviluppo economico (scarsa imparzialità!)

• Anche Sky Italia potrà partecipare alla gara: potrà avere un solo multiplex del lotto A e potrà trasmettere nei successivi 5 anni su un massimo di sei canali in chiaro: viene meno il divieto imposto nel 2003 di non intraprendere alcuna attività sulla piattaforma digitale terrestre (limitazione del pluralismo!)

• I nuovi entranti NON potranno vendere o cedere in leasing agli operatori maggiori che abbiamo 5 Mux (es. Rai o Mediaset) le frequenze ottenute con la gara per almeno 5 anni; però nulla vieta che possano offrire loro a pagamento le frequenze per trasmettere alcuni programmi (come del resto già accade).

• All’assegnazione del Mux per il DVB-H possono partecipare tutti gli operatori non già DVB-H e comunque non quelli che già eserciscono 3 reti analogiche (quindi no a Rai e Mediaset, ma si a La7).

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Il caso di Europa 7

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Il caso di Europa 7

Nata come network di reti locali (ex Italia 7), ottiene la concessione a trasmettere con tecnica analogica a livello nazionale nel luglio 1999, ma non le relative frequenze (perché occupate dalle reti eccedenti).

Il Governo Amato non prende alcun provvedimento.

Nonostante la sentenza della Corte Cost. n. 466/2002, le frequenze restano occupate ed Europa 7 non può trasmettere.

La legge Gasparri (governo Berlusconi) non considera il problema. Anzi, il d. l. 352/2003 “salva” Rete 4, in attesa dello switch off.

Europa 7 ha fatto ricorso al Tar, poi al Consiglio di Stato contro il Ministero delle Comunicazioni e l’AgCom, chiedendo allo Stato italiano un risarcimento di 3 miliardi di euro per mancata attività.

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La sentenza CGCE 31 gennaio 2008, causa C-380/05

Il Consiglio di Stato ha presentato rinvio pregiudiziale alla Corte europea di Giustizia, circa la compatibilità della normativa italiana in materia radiotelevisiva con il diritto comunitario.

La Corte è stata categorica. Le norme comunitarie «ostano, in materia di trasmissione televisiva, ad una normativa nazionale la cui applicazione conduca a che un operatore titolare di una concessione si trovi nell’impossibilità di trasmettere in mancanza di frequenze di trasmissione assegnate sulla base di criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati».

Quindi, il Consiglio di Stato dovrebbe disapplicare tutte quelle leggi che hanno consentito l’occupazione delle frequenze da parte di Rete4, e ordinare allo Stato italiano di assegnarle a Europa7.

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Il d. l. 59/2008 (8 aprile)

Per “aggirare” la sentenza della CGCE, il governo Berlusconi ha emanato il d. l. 59/2008, il cui art. 8 bis, nel proclamare la necessità di uniformare la disciplina per l’attività di operatore di rete su frequenze terrestri in tecnica digitale ai principi comunitari, fra le varie cose stabilisce che «fermo restando quanto stabilito dalla vigente normativa in materia di radiodiffusione televisiva […] la prosecuzione nell’esercizio degli impianti di trasmissione è consentita a tutti i soggetti che ne hanno titolo, fino alla scadenza del termine previsto dalla legge per la conversione definitiva delle trasmissioni televisive in tecnica digitale». Cioè fino al 2012!!

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Le sentenze del Consiglio di Stato

Il 31 maggio 2008 il Consiglio di Stato ha respinto – ritenendolo tardivo – il ricorso di Europa 7 che puntava ad annullarne l'autorizzazione a trasmettere di ReteQuattro. ReteQuattro può quindi continuare a trasmettere su frequenze analogiche fino alla switch off.

Inoltre ha ritenuto “inammissibile” la richiesta di Europa 7 di condannare direttamente il Ministero dello Sviluppo economico - che ha assorbito anche le competenze del dicastero delle Comunicazioni - a un “facere” specifico, cioè all'assegnazione della rete o delle frequenze. La “strada corretta” da seguire sarebbe invece la richiesta al Ministero di porre in essere ogni adempimento necessario all'attribuzione di frequenze e di reagire contro eventuali inadempimenti.

(segue ...)

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(segue)

In ottemperanza a quanto richiesto dal Consiglio di Stato, nel dicembre 2008 il Ministero ha assegnato ad Europa 7 il canale 8 in banda VHF, per l’attività di radiodiffusione televisiva nazionale, da utilizzare in tecnologia analogica e/o digitale, secondo la tecnica della SFN (Single Frequency Network) e nel rispetto di una serie di condizioni già previste per gli attuali concessionari nazionali. Europa 7 dovrà attivare gli impianti a partire dal 1° luglio 2009 e non oltre il 30 giugno 2011.

Queste frequenze derivano da una riorganizzazione dello spettro VHF finora occupato dalle trasmissioni di Raiuno.

Europa 7 ritiene l’assegnazione insufficiente per via della copertura di territorio e popolazione inizialmente ridotta.

Il 21 gennaio 2009 il Consiglio di Stato si è pronunciato sulla richiesta di risarcimento: poco più di un milione di euro, a fronte della originaria richiesta di Europa 7 di 3,5 milioni di euro senza l'assegnazione di frequenze e di 2,1 milioni con le frequenze.

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Le direttive europee

sui servizi di media audiovisivi

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Direttiva SMAV senza frontiere

L’11 dicembre 2007 l’UE ha adottato la direttiva 2007/65/CE sui servizi di media audiovisivi, detta “Media senza frontiere”, che sostituisce la precedente direttiva TV senza frontiere.

Gli Stati membri dovevano recepirne il contenuto entro il 19 dicembre 2009. L’Italia ha provveduto con alcuni articoli della legge comunitaria 2008 e con un decreto legislativo approvato nel marzo 2010 (c. d. “decreto Romani”, n. 44/2010), che ha parzialmente modificato il testo unico sulla radioelevisione del 2005.

Essa prevede una nuova definizione dei servizi audiovisivi, svincolata dalle tecniche di trasmissione:

- servizi lineari, che designano i servizi di televisione tradizionale, internet, la telefonia mobile che i telespettatori ricevono passivamente;

- servizi non lineari, cioè i servizi di televisione a richiesta che i telespettatori scelgono di vedere (servizi di video on demand, ad esempio).

Tutti questi servizi beneficiano del principio del paese d'origine. I vantaggi di tale principio sono così estesi ai servizi non lineari, garantendo anche a questi le migliori condizioni per il successo commerciale. (... segue)

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(segue)

Sono le emittenti televisive e i produttori di opere cinematografiche a decidere come e quando interrompere con la pubblicità i programmi trasmessi gratuitamente dalla televisione (autoregolamentazione). Però i film, i programmi per bambini, i programmi di attualità e i notiziari potranno essere interrotti da annunci pubblicitari non più di una volta ogni 30 minuti.

Resta unicamente il tetto orario del 20% per gli spot pubblicitari + televendite.

Vengono ammesse nuove forme di pubblicità, come la pubblicità a schermo diviso (split screen), la pubblicità virtuale e la pubblicità interattiva.

Viene autorizzato il product placement a condizione che sia chiaramente identificato come tale all'inizio della trasmissione. I singoli Stati possono comunque vietarlo per le emittenti sottoposte alla loro giurisdizione.

Divieto di inserire prodotti all'interno dei notiziari, delle trasmissioni d'attualità, dei documentari e dei programmi per bambini. Divieto di pubblicità occulta.

(segue ...)

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(segue)

Obblighi per gli Stati membri, più stringenti e dettagliati, di adottare misure appropriate per la protezione dei minori e per la promozione di opere europee (ad esse va destinata la maggior parte del tempo di trasmissione) e di produzioni audiovisive indipendenti (10% del tempo di trasmissione) e di proibire i contenuti suscettibili di incitare all'odio per motivi religiosi e razziali.

Per quanto riguarda la promozione del pluralismo dei media, la proposta prevede tre tipi di misure:

1) l'obbligo per ogni Stato membro di garantire l'indipendenza dell'autorità di regolamentazione nazionale incaricata dell'attuazione delle disposizioni della direttiva;

2) il diritto per gli organismi di radiodiffusione televisiva di utilizzare, per gli eventi di grande interesse sociale, brevi estratti di cronaca prodotti in alri paesi a condizioni non discriminatorie;

3) la promozione dei contenuti prodotti da società di produzione audiovisiva europee e indipendenti.

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La direttiva SMAV 2 (n. 2010/13/UE)

Gli Stati membri non devono ostacolare la ritrasmissione dei servizi di media audiovisivi provenienti da altri Stati membri, a meno che le trasmissioni televisive contengano programmi con violenza gratuita o scene pornografiche che possono urtare la sensibilità dei minori.

Essi possono inoltre limitare la ritrasmissione quando ritengono che l’ordine pubblico, la sanità pubblica e la pubblica sicurezza o la tutela dei consumatori siano messi in pericolo.

Per proteggere i minori dagli effetti nocivi dei programmi violenti o pornografici, gli Stati membri assicurano, quando tali programmi sono trasmessi, che essi siano preceduti da un'avvertenza acustica ovvero siano identificati mediante la presenza di un simbolo visivo durante tutto il corso della trasmissione.

I servizi di media audiovisivi non possono contenere alcun incitamento all’odio basato su razza, sesso, religione o nazionalità.

I fornitori hanno l’obbligo di migliorare l’accessibilità dei loro servizi per le persone con disabilità visiva o uditiva.

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(segue)

Gli Stati membri possono prendere misure volte a garantire che taluni eventi di particolare rilevanza per la società non possano essere ritrasmessi in esclusiva, in maniera tale da escludere una parte importante del pubblico di uno Stato membro. Ogni Stato membro può stabilire una lista di questi eventi e le modalità di attuazione.

Ai fini della realizzazione di brevi estratti di cronaca, qualsiasi emittente televisiva stabilita in uno Stato membro ha il diritto di utilizzare brevi estratti di eventi di grande interesse pubblico che sono oggetto di una ritrasmissione in esclusiva.

Le emittenti televisive devono riservare almeno il 10% del loro tempo di trasmissione o almeno il 10% del loro bilancio destinato alla programmazione, a opere europee realizzate da produttori indipendenti dalle emittenti stesse.

Altre disposizioni in materia di pubblicità, sponsorizzazioni e televendite ricalcano la precedente direttiva 2007/65.

La direttiva n. 552/89 è abrogata.

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Fine

Grazie per l’attenzione!