IL SISTEMA PERIODICO PDF - | il.raccolto · PDF filePPrriimmoo LLeevvii Il Sistema Periodico 1...

download IL SISTEMA PERIODICO PDF - | il.raccolto · PDF filePPrriimmoo LLeevvii Il Sistema Periodico 1 PREFAZIONEPREFAZIONE Con questo suo nuovo libro, Primo Levi ci dimostra come in lui la

If you can't read please download the document

Transcript of IL SISTEMA PERIODICO PDF - | il.raccolto · PDF filePPrriimmoo LLeevvii Il Sistema Periodico 1...

  • PPPrrriiimmmooo LLLeeevvviii Il Sistema Periodico

    1

    PREFAZIONEPREFAZIONEPREFAZIONEPREFAZIONE Con questo suo nuovo libro, Primo Levi ci dimostra come in lui la vocazione di scrittore-testimone non sia esaurita nelle pagine mirabili di Se questo un uomo e di La tregua. A prima vista, si tratta qui dellautobiografia di un chimico, articolata in ventun momenti ognuno dei quali trae spunto da un elemento: lazoto, il carbonio, il piombo, il nichel e cos via. Sono dunque altrettanti incontri con la materia, vista volta a volta come madre o come nemica, davanti a cui si rinnova la condizione atavica delluomo cacciatore in lotta col mondo intorno a lui per conoscerlo e per sopravvivere: storie di un mestiere che poi un caso particolare, una versione pi strenua, del mestiere di vivere; ricco di sconfitte, di vittorie e di miserie, di avventure e di incontri, capaci di impegnare in pari misura la ragione e la fantasia. Ma il libro racconta anche la storia di una generazione, qui rappresentata nei suoi esponenti migliori (si veda la splendida figura di Sandro Delmastro). Ne esce ricostruita la vicenda di una formazione civile maturata negli anni del fascismo, poi nelle drammatiche vicende della guerra, della lotta partigiana, della deportazione, del reinserimento nella faticosa ripresa del dopoguerra: la storia esemplare di chi, partendo dalla concretezza del mestiere chimico, si autoeduca a capire le cose e gli uomini, a prendere posizione, a misurarsi, con una ironia ed una autoironia che non escludono la fermezza. O forse il libro pu essere letto come un apologo: la sfida ininterrotta con la materia inerte o malevola una metafora conradiana dellesistenza, della sua opacit di fondo, su cui emergono stranezze, fallimenti e riuscite imprevedibili. Come in tutti i libri di Primo Levi, anche qui la serenit del giudizio morale fa tuttuno con una scrittura di classica precisione; si ritrova, trasferita in un campo meno disumano, lesigenza di testimoniare a favore della ragione e della dignit. Primo Levi, nato a Torino nel 1919, laureato in chimica, ha raccontato lesperienza del Lager e lavventuroso ritorno attraverso lEuropa appena liberata in due libri meritatamente famosi, Se questo un uomo (1947) e La tregua (1963). inoltre autore di due volumi di racconti, anchessi usciti da Einaudi: Storie naturali (1966, sotto lo pseudonimo di Damiano Malabaila) e Vizio di Forma (1971). Ibergekumene tsores iz gut tsu dertseyln. ( bello raccontare i guai passati). Giulio Einaudi Editore Torino 1975

  • PPPrrriiimmmooo LLLeeevvviii Il Sistema Periodico

    2

    ARGONARGONARGONARGON Ci sono, nellaria che respiriamo, i cosiddetti gas inerti. Portano curiosi nomi greci di derivazione dotta, che significano il Nuovo, il Nascosto, lInoperoso, lo Straniero. Sono, appunto, talmente inerti, talmente paghi della loro condizione, che non interferiscono in alcuna reazione chimica, non si combinano con alcun altro elemento, e proprio per questo motivo sono passati inosservati per secoli: solo nel 1962 un chimico di buona volont, dopo lunghi ed ingegnosi sforzi, riuscito a costringere lo Straniero (lo xenon) a combinarsi fugacemente con lavidissimo, vivacissimo fluoro, e limpresa apparsa talmente straordinaria che gli stato conferito il Premio Nobel. Si chiamano anche gas nobili, e qui ci sarebbe da discutere se veramente tutti i nobili siano inerti e tutti gli inerti siano nobili; si chiamano infine anche gas rari, bench uno di loro, largon, lInoperoso, sia presente nellaria nella rispettabile proporzione dell1 per cento: cio venti o trenta volte pi abbondante dellanidride carbonica, senza la quale non ci sarebbe traccia di vita su questo pianeta. Il poco che so dei miei antenati li avvicina a questi gas. Non tutti erano materialmente inerti, perch ci non era loro concesso: erano anzi, o dovevano essere, abbastanza attivi, per guadagnarsi da vivere e per una certa moralit dominante per cui chi non lavora non mangia; ma inerti erano senza dubbio nel loro intimo, portati alla speculazione disinteressata, al discorso arguto, alla discussione elegante, sofistica e gratuita. Non deve essere un caso se le vicende che loro vengono attribuite, per quanto assai varie, hanno in comune un qualcosa di statico, un atteggiamento di dignitosa astensione, di volontaria (o accettata) relegazione al margine del gran fiume della vita. Nobili, inerti e rari: la loro storia assai povera rispetto a quella di altre illustri comunit ebraiche dellItalia e dellEuropa. Pare siano giunti in Piemonte verso il 1500, dalla Spagna attraverso la Provenza, come sembrano dimostrare alcuni caratteristici cognomi-toponimi, quali Bedarida-Bdarrides, Momigliano-Montmlian, Segre ( un affluente dellEbro che bagna Lrida, nella Spagna nord-orientale), Fo-Foix, Cavaglion-Cavaillon, Migliau-Millau; il nome della cittadina di Lunel, presso le Bocche del Rodano, fra Montpellier e Nmes, stato tradotto nellebraico Jarakh (=luna), e di qui derivato il cognome ebreo-piemontese Jarach. Respinti o male accetti a Torino, si erano stanziati in varie localit agricole del Piemonte meridionale, introducendovi la tecnologia della seta, e senza mai superare, anche nei periodi pi floridi, la condizione di una minoranza estremamente esigua. Non furono mai molto amati n molto odiati; non sono state tramandate notizie di loro notevoli persecuzioni; tuttavia, una parete di sospetto, di indefinita ostilit, di irrisione, deve averli tenuti sostanzialmente separati dal resto della popolazione fino a parecchi decenni dopo lemancipazione del 1848 ed il conseguente inurbamento, se vero quanto mio padre mi raccontava della sua infanzia a Bene Vagienna: e cio che i suoi coetanei, alluscita dalla scuola, usavano schernirlo (benevolmente) salutandolo col lembo della giacchetta stretto nel pugno a mo di orecchio dasino, e cantando: rije d crin, rije das, a ji ebre ai pias: orecchie di porco, orecchie dasino, piacciono agli ebrei. Lallusione alle orecchie arbitraria, ed il gesto era in origine la parodia sacrilega del saluto che gli ebrei pii si scambiano in sinagoga, quando sono chiamati alla lettura della Bibbia, mostrandosi a vicenda il lembo del manto di preghiera, i cui fiocchi, minuziosamente prescritti dal rituale come numero, lunghezza e forma, sono carichi di significato mistico e religioso: ma del loro gesto quei ragazzini ignoravano ormai la radice. Ricordo qui per inciso che il vilipendio del manto di preghiera antico come lantisemitismo: con questi manti, sequestrati ai deportati, le Ss facevano confezionare mutande, che venivano poi distribuite agli ebrei prigionieri nei Lager. Come sempre avviene, il rifiuto era reciproco: da parte della minoranza, una barriera simmetrica era stata eretta contro lintera cristianit (gjm, arelm: le genti, i non-circoncisi), riproducendo, su scala provinciale e su di uno sfondo pacificamente bucolico, la situazione epica e biblica del popolo eletto. Di questo fondamentale sfasamento si alimentava larguzia bonaria dei nostri zii (barba) e delle nostre zie (magne): savi patriarchi tabaccosi e domestiche regine della casa, che pure si autodefinivano orgogliosamente l ppl dIsral. Per quanto riguarda questo termine zio, bene avvertire subito che esso deve essere inteso in senso assai ampio. Fra di noi, usanza chiamare zio qualunque parente anziano, anche se lontanissimo: e poich tutte o quasi le persone anziane della comunit, alla lunga, sono nostre parenti, ne segue che il numero dei nostri zii grande. Nel caso poi degli zii che raggiungono unet avanzata (evento frequente: siamo gente longeva, fino da No), lattributo di barba, o rispettivamente di magna, tende a fondersi lentamente col nome, e col concorso di ingegnosi diminutivi, e di una insospettata analogia fonetica tra lebraico e il piemontese, si irrigidisce in appellativi complessi di strano suono, che si tramandano poi invariati di generazione in generazione insieme con le vicende, le memorie e i detti di chi li ha a lungo portati. Sono nati cos i Barbait (zio Elia), Barbasachn (zio Isacco), Magnaita (zia Maria), Barbamisn (zio Mos, di cui si tramanda che si fosse fatto cavare dal ciarlatano i due incisivi inferiori per poter reggere pi comodamente il cannello della pipa), Barbasmeln (zio Samuele), Magnavigia (zia Abigaille, che da sposa era entrata in Saluzzo a cavallo duna mula bianca, risalendo da Carmagnola il Po gelato), Magnafria (zia Zefora, dallebraico Tzippor che vale Uccella: splendido nome). Ad unepoca anche pi remota doveva appartenere Nn Sacb, che era stato in Inghilterra a comperare stoffe, e perci portava na vestimenta a quder: suo fratello, Barbapartn (zio Bonaparte: nome tuttora comune fra gli ebrei, a ricordo della prima effimera emancipazione elargita da Napoleone), era decaduto dalla sua qualit di zio perch il Signore, benedetto sia Egli, gli aveva donato una moglie cos insopportabile che lui si era battezzato, fatto frate, e partito missionario in Cina, per essere il pi possibile lontano da lei. Nona Bimba era bellissima, portava un boa di struzzo ed era baronessa. Lei e tutta la sua famiglia li aveva fatti baroni Napoleone, perch loro lavi prestaie d mad, gli avevano imprestato dei soldi. Barbarnn era alto, robusto e di idee radicali: era scappato da Fossano a Torino e aveva fatto molti mestieri. Lo avevano scritturato al Teatro Carignano come comparsa per il ^Don Carlos, e lui aveva scritto ai suoi che venissero ad assistere alla prima. Erano venuti lo zio Natn e la zia Allegra, in loggione; quando il sipario si alz, e la zia vide il figlio tutto armato come un filisteo, grid con quanta voce aveva: Rnn, co t fai! Posa cl sber!: Aronne, che fai! Posa quella sciabola! Barbamicln era un semplice; in Acqui veniva rispettato e protetto, perch i semplici sono figli di Dio e non dirai loro raca. Per lo chiamavano Piantabibini, da quando un rashn (un empio) si era preso gioco di lui facendogli credere che i