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AVANGUARDIA GIURIDICA diritto del lavoro e della previdenza sociale collana a cura di MARCO ANTONIOL MA36 VALERIA BOTTA edizioni STUDI APPLICATI ISBN : 978-88-95578-80-4 pubblicazioni professionali IL SISTEMA PENSIONISTICO MONTI FORNERO l’articolo 24 del decreto legge 201/2011 (cd. ‘salva Italia’)

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AVANGUARDIA GIURIDICA

diritto del lavoro e della previdenza sociale

collana a cura di MARCO ANTONIOL

MA36 VALERIA BOTTA

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IL SISTEMA

PENSIONISTICO

MONTI

FORNERO

l’articolo 24 del decreto legge 201/2011 (cd. ‘salva Italia’)

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il sistema

pensionistico

Monti Fornero

l’articolo 24 del D.L. 201/2011

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professionisti

pubblica amministrazione

Abstract. Il sistema pensionistico italiano è stato oggetto di numerosi interventi normativi che ne hanno mutato la struttura originaria e hanno introdotto nuove regole per i lavoratori italiani che vedono nella pensione ormai solo più un miraggio. Ma quando davvero si potrà andare in pensione? L’opera intende fare chiarezza sugli elementi base del sistema pensionistico, spiegando al lettore il funzionamento del sistema italiano, analizzando le riforme che si sono susseguite nel corso degli anni, per poi studiare in modo approfondito il vero fulcro della trattazione: la riforma Monti - Fornero. Con un’attenta analisi dell’art. 24 del d.l. 201/2011 il lavoro tende infatti a spiegare con semplicità quali sono le regole introdotte recentemente, analizzando comma dopo comma le diverse novità e cercando di fornire un’utile guida per comprendere la natura e la portata di tali cambiamenti. Lavoratori, neo-pensionati, giovani che si apprestano ad entrare nel mondo del lavoro: questo testo è indirizzato a tutti coloro che si devono confrontare con l’attuale sistema previdenziale italiano e che, attivamente o passivamente, ne sono coinvolti.

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e 174-ter della legge 633/1941.

edizione: marzo 2012 | autore: Valeria Botta, laureata in giurisprudenza | materia: diritto

del lavoro e della previdenza sociale | tipologia: studi applicati | formato: digitale, pdf |

codice prodotto: LP03 | ISBN: 978-88-95578-80-4 | prezzo: € 15,00 | editore: Exeo srl CF

PI RI 03790770287 REA 337549 ROC 15200/2007 c.s.i.v. € 10.000,00, sede legale piazzetta Modin 12 35129 Padova – sede operativa: via Dante Alighieri 6 int. 1 35028 Piove

di Sacco PD. E–mail: [email protected] - www. exeo. it

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Sommario

Cap. I - INTRODUZIONE .............................................................................. 6

1. Premessa ................................................................................................................................ 6

Cap. II - ALLE RADICI DEL SISTEMA PENSIONISTICO ITALIANO .. 8

1. Distinzione tra sistema retributivo e sistema contributivo ........................................ 8 2. Modalità di finanziamento delle pensioni .................................................................... 9 3. L’evoluzione storica del sistema pensionistico italiano ................................ 11 4. Il diverso ruolo delle pensioni in Italia ........................................................................ 14 5. Il sistema previdenziale obbligatorio ............................................................................ 17 6. Forme pensionistiche complementari ............................................................................. 19

6.1. Il secondo pilastro: la pensione complementare .................................. 19 6.2. Il terzo pilastro: la pensione integrativa individuale ........................... 21

7. Il trattamento di fine rapporto ............................................................................... 22 8. Un confronto con gli altri stati europei .............................................................. 25

8.1. In pensione nel resto d’Europa ............................................................... 26 8.2. Il libro bianco sulle pensioni ................................................................... 27

Cap. III - LA RIFORMA DELLE PENSIONI NEGLI ULTIMI VENT’ANNI ..................................................................................................... 31

1. La crisi del sistema pensionistico italiano .................................................................... 31

1.1. Il problema demografico .......................................................................... 31 1.2. L’aumento del tasso di disoccupazione e le nuove forme di lavoro 34 1.3. La crisi della finanza pubblica ................................................................. 36 1.4. Un’eccessiva spesa pensionistica .............................................................. 37

2. Le riforme degli anni Novanta ..................................................................................... 38 2.1. La prima grande riforma .......................................................................... 39 2.2. Il passaggio dal sistema retributivo al sistema contributivo con la riforma Dini ....................................................................................................... 41 2.3. La riforma Prodi ......................................................................................... 45

3. Una nuova stagione di riforme pensionistiche ............................................................ 47 3.1 L’innalzamento dell’età pensionabile con la riforma Maroni ............ 47 3.2. Una nuova tappa nel processo di riforma ............................................. 50 3.3. La manovra dell’estate 2009 ..................................................................... 53 3.4. La riforma Tremonti .................................................................................. 54

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4. La manovra finanziaria del 2011: interventi sulle pensioni ................................. 56 4.1. La manovra finanziaria del luglio 2011 ................................................. 57 4.2. La manovra di fine estate .......................................................................... 59

Cap. IV - LE ULTIME NOVITÁ IN MATERIA PENSIONISTICA ......... 63

1. Una svolta epocale: il passaggio dal governo Berlusconi al governo Monti......... 63 2. Sistema di calcolo contributivo per tutti ...................................................................... 64 3. Stretta sull’anzianità ....................................................................................................... 66 4. La nuova pensione di vecchiaia .................................................................................... 68 5. Flessibilità nell’uscita dal lavoro e adeguamento alla speranza di vita ................ 73 6. Abolizione del meccanismo delle quote e delle finestre di uscita ............................... 76 7. Stop alla rivalutazione delle pensioni .......................................................................... 77 8. Novità sulle aliquote contributive................................................................................. 80 9. Contributo di solidarietà................................................................................................. 82 10. Fondo per il finanziamento di politiche attive ........................................................ 83 11. Abolizione Inpdap e Enpals ......................................................................................... 84 12. Chi è esentato dalla riforma ........................................................................................ 86 13. Le quote restano per i lavoratori usuranti ................................................................ 91 14. Decreto Milleproroghe 2012 ......................................................................................... 94 15. Conclusioni ...................................................................................................................... 97

Bibliografia ....................................................................................................... 99 Sitografia ......................................................................................................... 100 Fonti normative.............................................................................................. 101

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BOTTA – Il sistema pensionistico Monti - Fornero. Art. 24 d.l. 201/2011 Cap. I – Introduzione

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CAPITOLO I INTRODUZIONE

1. Premessa Andremo mai in pensione? È la domanda che si fanno sempre

più persone appartenenti a generazioni diverse. L’allungamento della vita media, la riduzione delle nascite, la crisi dell’occupazione: questi sono solo alcuni dei fattori che hanno portato alla crisi del sistema previdenziale italiano e che sempre di più preoccupano i lavoratori che vedono nella pensione ormai solo un miraggio.

Il tema pensionistico è oggetto, in Italia come negli altri paesi europei, di un ampio dibattito tra esperti e decisori politici, con un riflesso sempre più vasto sui mass media e nell’opinione pubblica. Negli ultimi anni le pensioni hanno assunto un ruolo prevalente sotto molti aspetti: sotto il profilo finanziario, ad esempio, esse costituiscono una delle voci di spesa maggiore all’interno del sistema di bilancio pubblico. Il rilievo finanziario è poi strettamente connesso al rilievo sociale e politico. Le pensioni sono oggetto di profondo interesse perché riguardano essenzialmente tutti i cittadini: gli “attivi”, cioè i maggiori finanziatori, coloro che avranno in futuro una pensione, e gli “inattivi”, cioè i pensionati di oggi e i giovani ancora in attesa di entrare nel mondo del lavoro, che si serviranno della pensione in futuro.

Le norme per andare in pensione sono in continua trasformazione. A partire dagli anni novanta, il sistema previdenziale italiano è stato interessato da una serie di riforme a catena, che ne hanno modificato interamente la struttura, lasciando spesso disorientati i lavoratori coinvolti. Un periodo

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BOTTA – Il sistema pensionistico Monti - Fornero. Art. 24 d.l. 201/2011 Cap. I – Introduzione

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quindi molto movimentato sul fronte delle pensioni: riforme che si susseguono e si sovrappongono, tagli per esigenze di bilancio, ingiunzioni dall’unione europea, necessità di contenere una spesa previdenziale ormai insostenibile in una paese che sta invecchiando, con una crisi economica che non aiuta.

Per riuscire a comprendere la portata delle riforme che si sono susseguite nel corso degli anni e che tutt’ora sono in corso di approvazione, è importante riassumere – sia pur brevemente – le tappe più importanti dell’evoluzione del sistema pensionistico nel nostro paese.

Obiettivo dell’opera è far comprendere al lettore le novità introdotte nel corso degli anni, in ultimo con la c.d. “Manovra salva Italia”, immergendosi nel labirinto di cambiamenti che sta interessando il nostro paese negli ultimi tempi, primo tra tutti la caduta del governo Berlusconi e la nuova presidenza affidata ad un governo tecnico presieduto da Mario Monti che ha portato con sé innovazioni e mutamenti di enorme rilievo in ambito pensionistico.

Per capire al meglio la natura e la portata di tali cambiamenti, però, non si può prescindere dal passato, ripercorrendo le varie fasi di riforme e di novità che si sono susseguite nel corso degli anni, mettendo a disposizione un’utile guida per cercare di trovare una risposta alla domanda iniziale: andremo mai in pensione?

§§§

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BOTTA – Il sistema pensionistico Monti - Fornero. Art. 24 d.l. 201/2011 Cap. II – Alle radici del sistema pensionistico italiano

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CAPITOLO II ALLE RADICI DEL SISTEMA PENSIONISTICO ITALIANO

1. Distinzione tra sistema retributivo e sistema contributivo Prima di esaminare il sistema previdenziale italiano, il suo

sviluppo nel corso del tempo e le recenti riforme, è importante chiarire alcuni concetti legati ai molteplici meccanismi in relazione ai quali viene calcolata e finanziata la pensione.

Il calcolo della pensione può basarsi sul metodo retributivo o su quello contributivo.

La prima ipotesi contempla un modello nel quale l’importo della pensione viene quantificato in base agli anni di vita lavorativa ed alla retribuzione percepita dal lavoratore. Per ogni anno di lavoro e quindi di versamento dei contributi, viene aggiunta una percentuale per il calcolo della pensione. In particolare, secondo il metodo dell’Inps1, per ogni anno di contributi si aggiungeva un 2% al valore finale della pensione. Con un massimo di 40 anni di contributi si giungeva quindi ad una pensione corrispondente all’80% della retribuzione.

Il sistema contributivo, invece, si basa sulla somma dei contributi versati nel corso della carriera lavorativa, il cosiddetto montante contributivo, capitalizzati secondo un determinato tasso di interesse e dividendo la somma per il numero di anni di vita attesi al momento di andare in pensione, a seconda della

1Istituto nazionale per la previdenza sociale: è il principale ente previdenziale italiano, presso cui debbono essere obbligatoriamente assicurati tutti i lavoratori dipendenti del settore privato, oltre ad alcune categorie di lavoratori del settore pubblico ed alla maggior parte dei lavoratori autonomi. www.inps.it.

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speranza di vita media. Con questo metodo, quindi, se la speranza di vita media della popolazione aumenta, diminuisce l’importo della pensione.

Nel sistema retributivo la pensione ottenuta è pertanto una percentuale dello stipendio del lavoratore ed è indipendente dall’importo dei contributi versati, basandosi esclusivamente sul numero di anni di versamenti e sulle ultime retribuzioni.

In quello contributivo, invece, l’importo della pensione dipende direttamente da quanto un lavoratore ha versato nel corso della sua carriera lavorativa.

Caratteristica comune ai due metodi è che l’importo della pensione si riduce se una persona decide di andare in pensione anticipatamente: nel primo caso perché somma un minor numero di anni di contributi; nel secondo in quanto, oltre a versare meno contributi, ha anche una speranza di vita maggiore, scegliendo di andare in pensione in età più giovane2.

2. Modalità di finanziamento delle pensioni Se la prima classificazione concerne il metodo di calcolo della

pensione, è doveroso esaminare altresì in quale modo viene finanziata la pensione stessa. Anche in tal caso si distinguono due sistemi principali.

Il primo è quello della ripartizione: in ogni istante si utilizzano i contributi versati dai lavoratori per pagare le pensioni. Vi è quindi un trasferimento di ricchezza da una generazione, quella dei lavoratori attivi, ad un altra, quella dei pensionati. L’eventuale differenza tra entrate e uscite del sistema pensionistico viene colmato mediante l’intervento dello stato.

Questo sistema possiamo dire che sigla teoricamente un patto

2G. CAZZOLA, Le pensioni spiegate a mia nonna. Guida pratica per pensionati e aspiranti tali, 2008, passim.

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fra generazioni diverse, nel senso che la generazione corrente provvede ai bisogni previdenziali della generazione già entrata in pensione. Si usa parlare infatti di “patto intergenerazionale”.

In tale regime, pertanto, non vi è un accumulo di risparmio, ma si realizza unicamente un trasferimento immediato di capitale. I vantaggi di tale sistema consistono in minori costi di gestione, nell’assenza di rischi connessi all’investimento di capitali e nella possibilità di indicizzare le pensioni ai salari. In questo modo i pensionati non corrono il rischio di vedere la propria pensione perdere potere di acquisto rispetto ai lavoratori. In realtà una delle prime riforme degli anni novanta (riforma Amato3) ha tolto l’indicizzazione delle pensioni all’andamento dei salari, mentre è rimasta unicamente l’indicizzazione ai prezzi.

Il principale rischio cui va incontro tale meccanismo è legato all’invecchiamento della popolazione, poiché si riduce il numero dei lavoratori attivi a fronte di un numero sempre più elevato di persone che vanno in pensione. Inoltre il capitale disponibile per pagare le pensioni varia al variare del tasso di disoccupazione e dei salari. In periodi di alti tassi di disoccupazione, quindi, meno lavoratori devono sostenere il peso delle pensioni. Le conseguenze sono pertanto un aumento delle aliquote contributive per i lavoratori, una diminuzione delle pensioni o il reperimento di risorse aggiuntive dalla fiscalità dello stato.

Il secondo possibile regime pensionistico è quello a capitalizzazione. In questa ipotesi i contributi versati da ogni singolo lavoratore saranno a disposizione per pagare la pensione del lavoratore stesso. I contributi sono dunque investiti anno dopo anno per formare un capitale che verrà utilizzato, direttamente o come rendita vitalizia, al momento di uscire dal mondo del lavoro. In questo secondo regime quindi ogni lavoratore si crea uno specifico schema pensionistico tramite il

3 Decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503: ‹‹Norme per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici, a norma dell’articolo 3 della legge 23 ottobre 1992, n. 421››. Cfr. infra.

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proprio risparmio, in un’ottica assicurativa individuale. Il sistema a capitalizzazione distribuisce, quindi, il reddito

individuale tra periodi di tempo diversi nell’ambito della vita di una persona; per questo motivo si dice che esso attua una redistribuzione intergenerazionale del reddito.

I principali rischi del sistema a capitalizzazione sono di tipo economico poiché dovuti essenzialmente all’instabilità dei mercati finanziari e all’inflazione, in grado di comprimere il valore reale dei contributi accumulati nel corso degli anni4.

3. L’evoluzione storica del sistema pensionistico italiano Dopo l’unità d’Italia, con l’affermarsi della rivoluzione

industriale, l’ordinamento previdenziale italiano inizia a muovere i primi passi.

Una delle primarie forme di tutela pensionistica italiana si fa generalmente risalire al 1898 con l’istituzione, con legge 17 luglio 1898 n. 350, della Cassa nazionale di previdenza per l’invalidità e la vecchiaia degli operai. Nello stesso anno viene introdotta l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro con legge 17 marzo 1898, n. 80.

Dapprima il sistema pensionistico nasce su base volontaria. La legge 17 luglio 1898, n. 350, infatti, istituisce la Cassa come organo di tutela previdenziale per la vecchiaia e per l’invalidità, a carattere facoltativo5. I lavoratori che si iscrivono per libera scelta

4 G. RODÀ, Manuale delle pensioni. Tutte le regole, le procedure e le prestazioni

della previdenza privata e pubblica in Italia, 2006, pag. 92 e ss. 5 Secondo la legge n. 350 del 1898, l’iscrizione alla cassa libera e volontaria

era aperta a tutti i cittadini italiani di ambo i sessi, anche minorenni che svolgevano lavori manuali o prestavano servizio ad opera o a giornata. Il contributo minimo era di 6 lire , versabili anche a rate non inferiori a 50 centesimi; il massimo era di 100 lire . La pensione di vecchiaia era attribuita dopo almeno 25 anni di contribuzione a 60 o a 65 anni di età. Il consiglio di

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alla Cassa nazionale di previdenza riscuotono una rendita vitalizia nel momento in cui raggiungono il sessantesimo o il sessantacinquesimo anno di età, oppure quando viene attestata la loro inabilità al lavoro. La Cassa viene finanziata in prevalenza con i contributi degli stessi lavoratori e in minima parte con l’intervento dello stato o di terzi.

Il principio della volontarietà viene più tardi sostituito con il principio dell’obbligatorietà di iscrizione alla previdenza sociale. I primi anni della previdenza facoltativa avevano infatti rilevato l’inadeguata capacità del sistema nel raccogliere contributi volontari dei lavoratori, spingendo il legislatore ad introdurre l’obbligo della contribuzione previdenziale.

L’obbligatorietà viene prevista inizialmente per i dipendenti pubblici e per alcune categorie di lavoratori6, poi verrà estesa a tutti in un secondo tempo.

Il decreto legge 21 aprile 1919, n. 603 istituisce la Cassa nazionale per le assicurazioni sociali7 che, in seguito, con Regio decreto legge 27 marzo 1933, n. 371, assumerà l’attuale

amministrazione della Cassa era composto da tre rappresentati dei ministeri dell’agricoltura, del tesoro, poste e telegrafo, da rappresentanti delle casse risparmio e di altri enti morali. Si prevedeva, inoltre, che i rappresentanti degli operai iscritti, sarebbero venuti a farne parte successivamente, nella proporzione di un quarto del numero dei suoi componenti.

6 Infatti, si è proceduto ad estendere la previdenza obbligatoria per singole categorie. Ad esempio: con legge n. 259/1904 per le manifatture di tabacchi; con legge n. 397 per quelle saline; con legge n. 306/1910 per le imprese di costruzioni navali; con legge n. 348/1906 per la regia zecca. È stata poi estesa la previdenza obbligatoria a impiegati pubblici o operai del settore trasporto (senza però garantire criteri uniformi e introducendo disparità di trattamento). Ad esempio: con legge n. 354/1905 per il personale subalterno addetto all’officina governativa delle carte-valori; con legge n. 887/1910 per gli uscieri degli uffici giudiziari.

7 Decreto legge luogotenenziale 21 aprile 1919, n. 603: ‹‹Assicurazione obbligatoria contro l’invalidità e la vecchiaia per le persone di ambo i sessi che prestano l’opera loro alle dipendenze di altri››. Pubblicato in G.U. 1 maggio 1919, n. 104.

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denominazione di Istituto nazionale per la previdenza sociale (Inps), con il compito di gestire l’assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, utilizzando un regime a capitalizzazione8.

Importanti provvedimenti vengono attuati con il Regio decreto legge 14 aprile 1939, n. 6369 che, tra le altre cose, istituisce la pensione di reversibilità a favore dei superstiti, delle persone rimaste vedove e dei figli minori dell’assicurato o del pensionato.

Nel 1945, in seguito alle distruzioni e all’inflazione del dopoguerra, si passa ad un regime misto: i capitali accumulati dai lavoratori con il sistema a capitalizzazione puro di prima della guerra, infatti, avevano perso quasi tutto il loro potere di acquisto. Nel nuovo sistema viene sommato un contributo base in regime di capitalizzazione – costituito dalle marche, cioè dai contributi che ogni lavoratore versa – agli assegni integrativi che ogni individuo riceve quando va in pensione (che vengono finanziati dai contributi di tutti i lavoratori dipendenti in regime a ripartizione).

Nel secondo dopoguerra anche al settore del lavoro autonomo vengono estese le assicurazioni sociali: nel 1957, infatti, viene istituita presso l’Inps un’apposita gestione autonoma per l’assicurazione obbligatoria dei coltivatori diretti, coloni e mezzadri10, cui fanno seguito nel 1961 l’assicurazione obbligatoria

8 Ogni lavoratore versa dei contributi, eventualmente integrati dal datore di lavoro e/o dallo stato, utilizzati per costruirsi la propria pensione futura.

9 Regio decreto legge 14 aprile 1939, n. 105: ‹‹Modificazioni delle disposizioni sulle assicurazioni obbligatorie per l’invalidità e la vecchiaia, per la tubercolosi e per la disoccupazione involontaria, e sostituzione dell’assicurazione per la maternità con l’assicurazione obbligatoria per la nuzialità e la natalità››. Pubblicato in G.U. 3 maggio 1939, n. 105.

10 Legge 26 ottobre 1957, n. 1047: ‹‹Estensione dell’assicurazione per invalidità e vecchiaia ai coltivatori diretti, mezzadri e coloni››. Pubblicata in G.U. 11 novembre 1957, n. 278.

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per gli artigiani11 e nel 1967 quella per gli esercenti attività commerciali12.

In seguito altre leggi istituiscono Casse o enti previdenziali per ogni categoria di liberi professionisti iscritti agli albi (avvocati, commercialisti, ingegneri, medici, ragionieri...).

Il sistema, anche se apparentemente misto, diventa sostanzialmente a ripartizione: per calcolare la pensione si moltiplica infatti la pensione-base derivante dalle marche per un coefficiente di 45 già nel 1952 (quando viene introdotta anche la tredicesima per le pensioni), e di 72 dieci anni dopo.

Nel 1969, con la cosiddetta riforma Brodolini13, viene introdotta la pensione sociale per i cittadini sprovvisti di reddito e viene inserita la scala mobile per agganciare il valore della pensione al costo della vita, oltre che alla retribuzione percepita nell’ultimo triennio14.

L’anno successivo viene definitivamente abbandonato il regime a capitalizzazione in favore di quello a ripartizione, che è quello attualmente in vigore nel nostro paese.

4. Il diverso ruolo delle pensioni in Italia Il sistema pensionistico italiano, prima delle riforme degli

11 Legge 4 luglio 1959, n. 463: ‹‹Estensione dell’assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti agli artigiani ed ai loro familiari››. Pubblicata in G.U. 13 luglio 1959, n. 165.

12 Legge 22 luglio 1966, n. 613: ‹‹Estensione dell’assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti agli esercenti attività commerciali ed ai loro familiari coadiutori e coordinamento degli ordinamenti pensionistici per i lavoratori autonomi››. Pubblicata in G.U. 12 agosto 1966, n. 200.

13 Legge 30 aprile 1969, n. 153: ‹‹Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale››. Pubblicata in G.U. 30 aprile 1969, n. 111.

14 O. CASTELLINO, Il labirinto delle pensioni, 1976, passim.

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anni ’90, era esclusivamente basato sul meccanismo della ripartizione.

Come già spiegato in precedenza, questo sistema si basa sulla fiducia e sulla solidarietà tra generazioni, cosicché chi lavora in un dato momento si fa carico di pagare le pensioni a chi esce dal mondo del lavoro, con l’impegno garantito dallo Stato che quando avranno raggiunto l’età per la pensione, le generazioni future faranno lo stesso15.

Oltre al sistema previdenziale, in Italia era presente anche un meccanismo assistenziale che assicurava una pensione minima a tutti i cittadini e garantiva diritti pensionistici per tutti i lavoratori, sia dipendenti, sia autonomi, con una pensione commisurata alla retribuzione media. Pertanto, accanto alla funzione unicamente previdenziale del sistema pensionistico italiano, emergeva con forza il carattere assistenziale delle pensioni.

Questi aspetti sintetizzano due differenti modi di concepire il sistema pensionistico.

Il primo conferisce alle pensioni un ruolo previdenziale, tutelando i lavoratori che, giunti alla fine della carriera lavorativa, devono potere conservare un tenore di vita appropriato.

Il secondo attribuisce al sistema pensionistico una funzione assistenziale, ovvero di tutela di tutti gli anziani e dei cittadini che non possono mantenersi o che sono esclusi dal mondo del lavoro.

Mentre il ruolo previdenziale riguarda i lavoratori ed è sostanzialmente presente nell’Europa continentale, in particolar modo in Germania, la concezione assistenziale delle pensioni si indirizza verso tutti i cittadini ed è in particolar modo presente nel mondo anglosassone, dove la funzione previdenziale è in gran parte affidata al settore privato.

Oltre al ruolo previdenziale e a quello assistenziale, le pensioni possono avere anche una funzione assicurativa, se si considerano i fondi pensione individuali o di categoria e le assicurazioni sulla

15 Cfr. supra.

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vita come strumenti di risparmio che ogni lavoratore deve sottoscrivere.

Al sistema pensionistico, infine, può essere attribuito il compito di ridistribuire il reddito tra diverse fasce della popolazione, prelevando o erogando pensioni in maniera differente per diverse categorie. È indiscutibile che questo ruolo ridistributivo possa essere coperto solamente da un sistema pubblico. Il sistema di pensioni pubblico può ad esempio decidere di stanziare pensioni più elevate a categorie a basso reddito o che hanno sostenuto una carriera lavorativa particolarmente pesante e pericolosa, come si è verificato nel caso dei minatori16. È evidente che per la sua stessa natura questo ruolo ridistributivo è impossibile in un sistema a capitalizzazione e a gestione privata.

A queste differenti funzioni del sistema pensionistico corrispondono altrettanti elementi che caratterizzano la struttura previdenziale dei paesi economicamente avanzati17.

In Italia si possono sintetizzare tre principali pilastri che contribuiscono a garantire al beneficiario una fonte di reddito al termine dell’attività lavorativa.

Mentre il primo pilastro è costituito dal sistema previdenziale pubblico, di carattere obbligatorio, il secondo è rappresentato dalla previdenza complementare, in regime collettivo o individuale, cioè dai cosiddetti fondi pensione aperti o chiusi.

Esiste infine un terzo pilastro di natura privatistica: la previdenza integrativa, che ciascuno può realizzare attraverso fondi di risparmio individuali per poter integrare sia la previdenza pubblica, sia quella complementare.

16 Legge 3 gennaio 1960, n. 5: ‹‹Riduzione del limite di età pensionabile per i lavoratori delle miniere, cave e torbiere››. Pubblicata in G.U. 2 febbraio 1960, n. 27.

17 D. NATALI, Vincitori e perdenti. Come cambiano le pensioni in Italia e in

Europa, 2007, passim.

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5. Il sistema previdenziale obbligatorio Il sistema pensionistico italiano è organizzato in un regime

previdenziale generale, costituito dall’assicurazione generale obbligatoria, AGO18, ed in altre forme pensionistiche, anch’esse di carattere obbligatorio, che subentrano al regime generale e che fanno capo a diversi enti.

L’assicurazione generale obbligatoria, il principale istituto di assistenza sociale e previdenza, è gestito in Italia dall’ente nazionale per la previdenza sociale (Inps)19.

L’Inps è un ente di diritto pubblico con gestione autonoma a cui fa capo la tutela dell’invalidità, della vecchiaia e dei superstiti nei confronti di tutti i lavoratori dipendenti del settore privato con la sola esclusione di quelli ai quali è garantito per legge un trattamento speciale di previdenza a carico dell’Inps stesso o di altri enti.

Per quel che concerne la tutela dell’invalidità, della vecchiaia e dei superstiti nei confronti di tutti i lavoratori dipendenti del settore privato è responsabile il fondo pensioni lavoratori dipendenti (Fpld)20, nell’ambito dell’Inps.

Sono esclusi dall’iscrizione al Fpld i pubblici dipendenti, sempre che abbiano diritto ad un autonomo trattamento di

18Regio decreto legge 14 aprile 1939, n. 636: ‹‹Modificazioni delle disposizioni sulle assicurazioni obbligatorie per l’invalidità e la vecchiaia, per la tubercolosi e per la disoccupazione involontaria, e sostituzione dell’assicurazione per la maternità con l’assicurazione obbligatoria per la nuzialità e la natalità››. Pubblicato in G.U. 3 maggio 1939, n. 105, e convertito, con modificazioni, nella legge 6 luglio 1939, n. 1272.

19 Cfr. supra. 20 D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639: ‹‹Attuazione delle deleghe conferite al

governo con gli artt. 27 e 29 della legge 30 aprile 1969, n. 153 , concernente revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale››. Pubblicato in G.U. 8 settembre 1970, n. 227.

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previdenza da parte dell’Inpdap21, e particolari lavoratori autonomi che sono iscritti alle Casse professionali. Inoltre alcuni lavoratori sono obbligatoriamente iscritti a fondi sostitutivi che erogano prestazioni previdenziali particolari.

L’Inpdap, Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell’amministrazione pubblica, costituisce il polo previdenziale per i pubblici dipendenti e rappresenta il secondo pilastro, dopo l’Inps, del sistema pensionistico italiano.

Nell’Inpdap confluiscono l’Enpas (Ente nazionale di previdenza ed assistenza per i dipendenti statali), l’Inadel (Istituto nazionale assistenza dipendenti enti locali), l’Enpdep (Ente nazionale di previdenza per i dipendenti degli enti di diritto pubblico) e le Casse pensionistiche gestite dagli Istituti di previdenza del Ministero del tesoro - Cpdel (Cassa pensioni dipendenti enti locali), Cps (Cassa pensioni ai sanitari), Cpi (Cassa pensioni insegnanti asili nido e di scuola elementare parificata) e Cpug (Cassa pensioni ufficiali giudiziari) – vale a dire enti e casse che gestivano le pensioni e le liquidazioni dei dipendenti dello stato e degli enti locali. L’Inpdap svolge, dunque, i compiti di questi enti e ne eredita i rispettivi patrimoni.

Come vedremo nel capitolo ad esso dedicato con il decreto legge n. 201/2011, la cosiddetta “manovra salva Italia”, sono stati aboliti gli istituti dell’Inpdap e dell’Enpals22.

I fondi sostitutivi sono invece speciali fondi di previdenza che percepiscono l’intero gettito contributivo e forniscono trattamenti pensionistici per particolari categorie di lavoratori non iscritti al Fpld.

I fondi gestiti dall’Inps riguardano alcune categorie di lavoratori quali il personale pubblico dei servizi di trasporto, di

21 Decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 479: ‹‹Attuazione della delega conferita dall’art. 1, comma 32, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, in materia di riordino e soppressione di enti pubblici di previdenza e assistenza››.. Pubblicato in G.U. n. 178 del 1 agosto 1994, n. 178.

22 Cfr. infra.

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telefonia, i dipendenti dell’Enel e delle aziende elettriche private, il personale di volo e altresì il personale addetto alla gestione delle imposte di consumo.

Altri Fondi Sostitutivi sono gestiti invece da enti diversi quali ad esempio l’Enpals per il lavoratori dello spettacolo, l’Inpdai per i dirigenti di aziende industriali e l’Inpgi per i giornalisti professionisti23.

6. Forme pensionistiche complementari Per affrontare gli inconvenienti del sistema pubblico e

garantire una pensione dignitosa ai contribuenti, sono state introdotte alcune forme di previdenza complementare o individuale24.

6.1. Il secondo pilastro: la pensione complementare La pensione complementare costituisce il secondo pilastro del

nuovo sistema previdenziale e si identifica, in particolare, nei fondi pensione. Con questo metodo il lavoratore mette da parte dei contributi in un fondo pensione gestito da un intermediario finanziario, fino al momento di andare in pensione.

I fondi pensione rivestono un ruolo molto importante nel panorama previdenziale, tanto è vero che in altri paesi industrializzati già da tempo rappresentano un indispensabile strumento di integrazione pensionistica.

I fondi pensione sono gestiti con il sistema a capitalizzazione integrale o puro, dove i contributi versati dai lavoratori e dal

23 M. PERSIANI, Diritto della previdenza sociale, 2011, passim. 24

M. MESSORI, La previdenza complementare in Italia, 2006, passim.

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datore di lavoro vengono iscritti in un conto personale e investiti nel mercato finanziario. All’atto del pensionamento il dipendente si vedrà determinare una rendita pensionistica aggiuntiva, commisurata al montante ottenuto con i contributi versati – opportunamente rivalutati nel tempo – sulla base di coefficienti utilizzati nel settore assicurativo.

I fondi pensione possono essere chiusi o aperti. I fondi pensione chiusi sono istituiti, nell’ambito di una

organizzazione lavorativa, attraverso la contrattazione collettiva, tra le rappresentanze sindacali dei lavoratori ed i rappresentanti del datore di lavoro. Il termine “chiuso” è associato al fatto che possono aderirvi solo i lavoratori pubblici e privati appartenenti ad uno stesso ente, ad un’azienda, ad un particolare ministero o ad un’impresa. Essi hanno, pertanto, carattere collettivo.

Le entrate dei fondi pensione chiusi sono costituite dai contributi versati dai singoli lavoratori e dai rispettivi datori di lavoro, nelle misure percentuali da stabilirsi in sede di contrattazione collettiva.

I fondi pensione aperti, invece, non sono destinati ad una particolare categoria ma sono appunto aperti a chiunque voglia partecipare e sono gestiti esclusivamente da istituti bancari ed assicurativi, nonché da società di investimento dei fondi comuni. Questi fondi, generalmente, hanno una gestione finanziaria del proprio patrimonio orientata verso il mercato azionario che assicura maggiori rendimenti e, nello stesso tempo, maggiore rischio per l’associato, anche se tale rischio, nella lunga durata, risulta essere molto attenuato.

Attualmente l’adesione ad un fondo aperto può avvenire solo qualora il proprio comparto lavorativo non disponga di un fondo chiuso o mediante trasferimento da un fondo chiuso ad uno aperto, dopo almeno 5 anni di iscrizione a quest’ultimo25.

25 Guida introduttiva alla previdenza complementare, articolo redazionale, in www.covip.it.

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diritto del lavoro e della previdenza sociale

collana a cura di MARCO ANTONIOL

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Il sistema pensionistico italiano è stato oggetto di numerosi interventi normativi che ne hanno mutato la struttura originaria e hanno introdotto nuove regole per i lavoratori italiani che vedono nella pensione ormai solo più un miraggio. Ma quando davvero si potrà andare in pensione? L’opera intende fare chiarezza sugli elementi base del sistema pensionistico, spiegando al lettore il funzionamento del sistema italiano, analizzando le riforme che si sono susseguite nel corso degli anni, per poi studiare in modo approfondito il vero fulcro della trattazione: la riforma Monti - Fornero. Con un’attenta analisi dell’art. 24 del d.l. 201/2011 il lavoro tende infatti a spiegare con semplicità quali sono le regole introdotte recentemente, analizzando comma dopo comma le diverse novità e cercando di fornire un’utile guida per comprendere la natura e la portata di tali cambiamenti. Lavoratori, neo-pensionati, giovani che si apprestano ad entrare nel mondo del lavoro: questo testo è indirizzato a tutti coloro che si devono confrontare con l’attuale sistema previdenziale italiano e che, attivamente o passivamente, ne sono coinvolti.

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