DISPENSA Integrazioni Ghera - Riforma Fornero 12

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    DISPENSA(tratta da Scarpelli F. Fezzi M. (a cura di), Guida alla Riforma Fornero,I Quaderni di Wikilabour,

    in www.wikilabour.it)

    Integrazioni al manuale consigliatoGhera E.,Diritto del lavoro, Cacucci, Bari, 2011,

    sulle principali novit introdotte dalla Riforma Fornero (L. 28 giugno 2012, n. 92,Disposizioni in materia di riforma del mercato lavoro in una prospettiva di crescita)

    Le integrazioni riguardano i capitoli di seguito indicati con i relativi argomenti:

    CAP.II,SEZ. B LE COLLABORAZIONI PROFESSIONALI

    CAP.VI IL SOSTEGNO ALLA GENITORIALIT

    CAP.VII LA DISCIPLINA DEI LICENZIAMENTI INDIVIDUALI E IL

    CONTRASTO ALLE DIMISSIONI IN BIANCO

    CAP.IX,SEZ.C IL CONTRATTO DI APPRENDISTATO

    CAP.XI,SEZ.A IL CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO

    CAP.XI,SEZ.C IL CONTRATTO A TEMPO PARZIALE E IL LAVOROINTERMITTENTE

    CAP.XI,SEZ.D IL LAVORO A PROGETTO E IL LAVORO OCCASIONALE

    CAP.XII,SEZ.B ILICENZIAMENTI COLLETTIVI

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    Integrazioni al Cap. II, Sez. B - LE COLLABORAZIONI PROFESSIONALI diDanielaManassero

    Sintesi delle novit

    La legge 92/2012 si occupa anche dei liberi professionisti titolari di partita IVA, con levidentefinalit di contrastare prassi di abuso nel ricorso a tale forma di collaborazione, la quale oggi troppo

    spesso, in assenza della configurazione del collaboratore come un vero professionista, vieneutilizzata obbligando il collaboratore a aprire la partita Iva per sottrarsi alla disciplina dellavoro subordinato ma anche, in qualche caso, per evitare lapplicazione della disciplina delcontratto a progetto introdotta dal decreto legislativo 276 del 2003.Il meccanismo adottato ancora una volta quello di prevedere delle condizioni alle quali il rapportocontrattuale, formalizzato come mera collaborazione professionale, viene ricondotto per forza dilegge nella fattispecie del contratto di collaborazione a progetto, con applicazione della relativadisciplina (artt. 61-69 D.Lgs. 276/2003 come modificati dalla L. 92/2012: ci che potr far poiscattare, a sua volta, i meccanismi sanzionatori di riconduzione della collaborazione a progetto allafattispecie del lavoro subordinato).

    La stessa legge precisa per che non possano essere considerati collaboratori coordinati econtinuativi i professionisti iscritti agli albi professionali quando esercitano lattivit professionaleloro propria (ad es. lattivit di patrocinio legale per un avvocato o lattivit giornalistica per ungiornalista ecc.) e neppure quando lattivit di lavoro autonomo sia connotata da competenzeteoriche o tecnico-pratiche di grado elevato e la persona abbia un reddito annuo minimo pari aquello che determina lobbligo di pagamento dei contributi per gli artigiani e i commercianti.

    Scheda di approfondimento

    Lart. 69 bis del D.Lgs. 276/2003, introdotto dalla L. 92/2012 (cfr. art. 1 commi 26 e 27 L.

    92/2012), dispone che le prestazioni di lavoro rese da soggetti titolari di partita IVA, al ricorrere dideterminate condizioni, non siano considerate collaborazioni professionali da lavoro autonomo macollaborazioni coordinate continuative, con conseguente applicazione di tutta la disciplina legale dellavoro a progetto, compreso il prelievo contributivo e la disciplina sanzionatoria in caso di contrattoa progetto non conforme al modello legale.Affinch si possa presumere che si tratti di collaborazione coordinata e continuativa anzich dilavoro autonomo libero professionale devono ricorrere almeno due delle tre condizioni seguenti:1) che la collaborazione per uno stesso committente sia durata 8 mesi nellarco di un anno solare;2) che oltre l80% del fatturato del collaboratore nellarco di un anno solare derivi da uno stessocommittente (la legge precisa tuttavia che questa regola vale anche se il corrispettivo fatturato a

    pi soggetti, purch riconducibili al medesimo centro dimputazione di interessi);3) che il collaboratore abbia la disponibilit di una postazione fissa presso il committente.Quando sussistono almeno due di tali requisiti, dunque, il rapporto di collaborazione professionaledeve essere riqualificato come rapporto di collaborazione a progetto e gli si applicher la disciplinadegli artt. 61 e ss. del D.Lgs. 276/2003. Ci significa che anche per quel rapporto varr lobbligo diindividuazione di uno specifico progetto: ove il contratto comunque stipulato tra le parti non lo

    preveda, e non ne individui il contenuto caratterizzante, il collaboratore potr a quel punto far valerela sanzione di cui allart. 69 1 comma, e dunque laccertamento in via presuntiva della naturasubordinata del rapporto di lavoro. Va da s, peraltro, che nel caso in cui il contratto di

    collaborazione professionale sia stato sottoscritto per mascherare un normale rapporto di lavoro, il

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    collaboratore potr anche far valere direttamente tale pretesa, agendo per far accertare la naturasubordinata del rapporto sulla base di classici criteri e indici di accertamento della subordinazione.La legge prevede peraltro che la presunzione che si tratti di collaborazione coordinata e continuativanon operi in due ipotesi:a) quando la prestazione di lavoro sia connotata da competenze teoriche di grado elevato acquisite

    attraverso significativi percorsi formativi ovvero da capacit tecnico-pratiche acquisite attraversorilevanti esperienze di esercizio concreto dellattivit e la persona sia titolare di un reddito di lavoroautonomo parametrato al reddito minimo imponibile per il versamento dei contributi degli artigianie commercianti (il riferimento normativo allart. 1, comma 3, della L. 233/1990) che per il 2012

    pari ad 14.930,00 annui (cfr. circolare INPS n. 14 del 3.2.2012);b) quando la prestazione di lavoro sia svolta nellesercizio di attivit professionali per le quali siaprevista liscrizione obbligatoria ad un ordine professionale o ad appositi registri, albi, ruoli oelenchi professionali. Dovr essere un decreto del Ministero del lavoro, da emanarsi entro tre mesidallentrata in vigore della legge e sentite le parti sociali, a precisare quali sono le attivit

    professionali per le quali non opera la presunzione che si tratti di collaborazione coordinata e

    continuativa anche se la persona ha lavorato oltre 8 mesi per uno stesso committente dal qualericava oltre l80% del proprio fatturato.La nuova disciplina delle collaborazioni professionali convertite in collaborazioni coordinate econtinuative con applicazione delle regole sui contratti a progetto si applica per i rapporti di lavoroinstaurati dopo lentrata in vigore della legge; per quelli in corso alla data del 18.7.2012 le nuovedisposizioni si applicano a partire dal 18.7.2013, cio decorsi dodici mesi.

    Integrazioni al Cap. VI - SOSTEGNO ALLA GENITORIALIT diVelia AddonizioSintesi delle novit

    Per i prossimi anni 2013-2015 sar sperimentato al fine di sostenere la genitorialit, promuovendouna cultura di maggiore condivisione dei compiti di cura dei figli allinterno della coppia e perfavorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro un congedo di paternit obbligatorio per il

    padre lavoratore dipendente della durata di un giorno con lastensione dal lavoro entro i cinque mesidalla nascita del figlio.Entro lo stesso periodo di cinque mesi dalla nascita del figlio, il padre lavoratore dipendente puastenersi per un ulteriore periodo di due giorni anche continuativi, previo accordo con la madre e insua sostituzione.Al padre lavoratore dipendente spetta per i giorni di astensione dal lavoro, (sia per quelloobbligatorio, sia per gli eventuali altri due goduti in sostituzione della madre), una indennitgiornaliera a carico dellINPS pari al 100% della retribuzione.Il comma 24 introduce, poi, al punto b) la possibilit, entro i limiti di spesa stanziati, di concederealla madre lavoratrice, al termine del periodo di congedo per maternit, in alternativa alla fruizionedel congedo parentale (exart.32, comma primo lett. a) D.Lgs. n.151 del 2001), la corresponsione divoucherper lacquisto di servizi di baby sitting, ovvero per far fronte ai costi dei servizi pubblici odei servizi privati accreditati per linfanzia.Secondo il comma 25, sempre dellart.4, un decreto del Ministero del lavoro e delle politichesociali, di concerto con il Ministero delleconomia e delle finanze, che dovr essere adottato entro ilmese di agosto 2012, stabilir i criteri di accesso e le modalit di utilizzo del voucher.

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    Scheda di approfondimento

    Il diritto del padre lavoratore dipendente al congedo di paternit della durata di complessivi tregiorni, sancito dalla nuova normativa, formulato e previsto in modo tale da sollevare molteplici

    problemi interpretativi e non solo.Lindennit riconosciuta al padre lavoratore dipendente pari al 100% della sua retribuzione ed a

    carico dellInps; lindennit riconosciuta alla madre, sempre a carico dellInps, pari all80% dellaretribuzione e la maggior parte dei contratti collettivi pongono a carico del datore di lavoro il saldodel residuo 20%. Ci significa che il periodo di astensione della madre maggiormente onerosorispetto a quello del padre. La disparit di onerosit non facilmente giustificabile, anche in ragionedel fatto che il congedo del padre di un solo giorno da fruire congiuntamente alla madre, mentregli altri due giorni di permesso del padre sono alternativi allassenza della madre.Pure i limiti temporali del periodo di godimento del congedo sono asincroni tra padre e madre: il

    primo pu usufruirne fino al 5 mese dalla nascita del figlio, la madre al massimo fino al 4 mese.Per il congedo paterno della durata di due giorni si dovr tenere conto del fatto che pu esseregoduto in alternativa alla madre, stante comunque fermo lobbligo per la madre di astensione dal

    lavoro al massimo fino al 4 mese dalla nascita del figlio. Verosimilmente, quindi, il congedo delpadre da fruire in alternativa alla madre dovr verificarsi al termine del periodo di astensioneobbligatoria di questa.Anche con riferimento alla introduzione del vouchersi delineano discrepanze di ordine temporale:mentre il congedo parentale pu essere richiesto fino all8 anno del bambino, il godimento delvoucher previsto fino all11 mese del bambino e in alternativa al congedo. In ogni caso, questadifferenza temporale tra misure considerate tra loro alternative non pu significare che per il

    periodo dal dodicesimo mese allottavo anno del bambino la madre perda il diritto al congedoparentale residuo: la fruizione del voucher sar alternativo al congedo entro il limite temporale

    dellundicesimo mese del bambino.Infine carica di seri dubbi di legittimit, anche con riferimento al diritto comunitario, la previsionesecondo cui la beneficiaria del voucher solamente la madre.

    Integrazioni al Cap. VII - LE MODIFICHE ALLA DISCIPLINA DEI LICENZIAMENTI

    IL LICENZIAMENTO INDIVIDUALE PER MOTIVI ECONOMICI diFranco ScarpelliSintesi delle novit

    Il tema del licenziamento individuale per motivi economici da anni al centro di un incessantedibattito sulle politiche regolative del lavoro, ed anche in questi mesi ha assunto ruolo centrale nelladiscussione sulla riforma proposta dal Governo Monti sulla base delle affermate necessit diadeguamento del nostro ordinamento al quadro europeo.Quando si parla di flessibilit in uscita si intende soprattutto fare riferimento alla possibilit per ildatore di lavoro di sopportare minori vincoli nella scelta di ridurre il personale per fare fronte asituazioni di difficolt o alla necessit di apportare modifiche allorganizzazione del lavoro. Il tema dunque quello dei licenziamenti per motivi economici, che possono poi svilupparsi nella formagiuridica del licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo (art. 3, legge n. 604 del1966) o dei licenziamenti collettivi per riduzione del personale. Il fatto che un allentamento deltasso di rigidit della disciplina giuridica dei licenziamenti possa in effetti dar luogo a maggiore

    competitivit, favorire laumento delloccupazione, ridurre il dualismo tra occupati stabili e precario disoccupati, sono assunti basati su presupposti indimostrati, dei quali le pi serie ricerche di

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    economisti e giuristi mettono in discussione il fondamento (per ampi riferimenti sul punto si vedanole condivisibili osservazioni di A. Perulli e V. Speziale,Larticolo 8 della legge 14 settembre 2011,n. 148 e la rivoluzione di Agosto del Diritto del lavoro, nei Working Papers del Centro StudiMassimo DAntona, n. 132 del 2011, http://csdle.lex.unict.it/).Ci premesso, appare comunque contraddittorio il fatto che la riforma Fornero intervenga non sulla

    disciplina sostanziale dei licenziamenti (se non per un aspetto di carattere procedurale), ma suquella sanzionatoria, attenuando le conseguenze di un licenziamento invalido: il risultato dunquenon che diventa pi semplice o pi facile, per limpresa, operare un licenziamento legittimo, madiventa meno costoso licenziare un lavoratore senza giustificazione. Tale scelta solleva notevoli

    perplessit, a cominciare dal fatto che la disciplina dei licenziamenti ha lo scopo di presidiare nonsolo, e non tanto, linteresse del lavoratore alla stabilit del rapporto di lavoro (perch nel nostroordinamento tale interesse cede di fronte ad una seria e dimostrata ragione imprenditoriale), quantola libert e la dignit stesse del lavoratore, la sua condizione contrattuale nella quotidiana relazionedi conflitto di interessi con il datore di lavoro.Levoluzione nel tempo della disciplina legale dei licenziamenti ha visto sovrapporsi regole

    sostanziali e sanzionatorie.La legge n. 604 del 1966, superando il precedente regime previsto dal codice civile (che ammettevala libera recedibilit di entrambe le parti) ha previsto che il datore di lavoro possa licenziare illavoratore a tempo indeterminato solo ove sussista una giusta causa o un giustificato motivo. Tale

    principio, inizialmente circoscritto solo alle imprese di una certa dimensione, divenuto generale eapplicabile a tutti i datori di lavoro con la legge n. 108 del 1990 (restano esclusi solo alcuni rapportidi lavoro, come quelli dei dirigenti e dei lavoratori domestici).Il licenziamento per ragioni economiche quello identificato dal c.d. giustificato motivo oggettivo,che determinato da ragioni inerenti allattivit produttiva, allorganizzazione del lavoro e al

    regolare funzionamento di essa (art. 3), e viene intimato dal datore di lavoro rispettando un terminedi preavviso (ovvero, in caso di dispensa dal preavviso, dovendo riconoscere al lavoratore larelativa indennit sostitutiva). Il datore di lavoro che invochi la sussistenza di tali ragioni ha loneredi provarle in giudizio (art. 5), nellipotesi in cui il lavoratore impugni il licenziamento(impugnazione che, ai sensi dellart. 6 come modificato dalla legge 183 del 2010, o ora di nuovodalla legge 92/2012, deve essere fatta entro 60 giorni, con avvio dellazione giudiziaria entro isuccessivi 180 giorni).Ove il datore di lavoro non dia prova del motivo economico addotto a giustificazione del recesso, olo stesso non sia ritenuto rilevante da parte del giudice, il licenziamento dichiarato illegittimo e dluogo a un differente regime sanzionatorio a seconda della dimensione dellente o impresa.Per i rapporti di lavoro che si svolgano alle dipendenze delle imprese minori (datori di lavoro cheoccupano fino a 60 dipendenti, o fino a 15 nella singola unit produttiva o nellambito delmedesimo comune) la conseguenza quella della mera tutela obbligatoria, con condanna deldatore di lavoro a riassumere il lavoratore (ipotesi che di fatto non si realizza mai) o a risarcirgli ildanno con una indennit fissata dal giudice in una misura tra due e mezzo e sei mensilit dellultimaretribuzione globale di fatto.Ove siano superati i limiti dimensionali sopra ricordati (per il cui calcolo, peraltro, operano alcuneregole specifiche) entriamo nel campo di applicazione dellart. 18 stat. lav. e dunque di quella che,fino alla legge 92, veniva chiamata tutela reale.

    Esso (nella versione precedente alla legge in commento) prevedeva una tutela caratterizzata dalfatto che la sentenza rimuove gli effetti del licenziamento illegittimo, il rapporto di lavoro viene

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    ricostituito nella sua continuit giuridica, il lavoratore ha diritto alla reintegrazione nel posto dilavoro e, per il periodo intercorso tra licenziamento e ricostituzione effettiva del rapporto, ad unrisarcimento del danno equivalente alla retribuzione persa (con un minimo di cinque mensilit),oltre al versamento dei contributi previdenziali. Il lavoratore peraltro poteva rinunciare allareintegrazione a fronte di una indennit di quindici mensilit della retribuzione (fermo restando il

    risarcimento per il periodo trascorso tra il licenziamento illegittimo e la rinuncia allareintegrazione).In un primo momento, sembrava che la riforma dellart. 18 dovesse incidere soltanto sulla sanzionedei licenziamenti per motivi economici, escludendo per gli stessi lobbligo di reintegrazione eintroducendo un regime soltanto indennitario. Poi si parlato delladozione di un modello analogo aquello tedesco, nel quale il licenziamento per motivi organizzativi passa attraverso una procedura diverifica con le organizzazioni sindacali, destinata a condizionare in modo significativo il successivocontrollo del giudice, il quale pu disporre sia la reintegrazione del lavoratore sia una alternativameramente risarcitoria (proporzionata in genere allanzianit del lavoratore).La soluzione adottata infine dalla legge, dopo passaggi caratterizzati da pressioni e contributi di

    ogni segno, riguarda soltanto i licenziamenti nel campo di applicazione dellart. 18 (nulla cambiadunque per i rapporti di lavoro nelle imprese o unit produttive minori) e si articola su due terreni: viene introdotta una procedura preventiva in sede amministrativa (non dunque in sede

    sindacale, anche se la presenza di rappresentanti delle parti sociali comunque assicurata), che ildatore di lavoro deve necessariamente promuovere se vuole adottare un licenziamento per motiveeconomici; tale procedura (ora disciplinata dal nuovo art. 7 della legge 604/1966) ha lo scopo dispingere le parti ad un accordo su soluzioni alternative al licenziamento o sulla risoluzioneconsensuale del rapporto di lavoro, anche in funzione deflattiva del contenzioso; viene modificato il regime sanzionatorio del licenziamento per giustificato motivo oggettivo,

    che dora innanzi potr dar luogo alla reintegrazione (con annesso regime risarcitorio, ma attenuatorispetto allipotesi di tutela piena prevista per i licenziamenti discriminatori, e con continuit delrapporto sul piano previdenziale) solo nellipotesi in cui il giudice accerti la manifestainsussistenza del fatto posto a base del licenziamento, mente in altre ipotesi il lavoratore ha dirittoa una indennit risarcitoria onnicomprensiva determinata tra un minimo di dodici e un massimo diventiquattro mensilit della retribuzione globale di fatto; la reintegrazione invece sempre prevista per i casi, che il legislatore equipara al

    licenziamento per g.m.o., in cui risulti illegittimo il licenziamento adottato per superamento delperiodo di comporto per malattia o infortunio, ovvero per inidoneit fisica o psichica del lavoratore; sempre sul piano sanzionatorio, invece prevista una sanzione risacitoria ulteriormente

    attenuata (da sei a dodici mensilit) nel caso in cui il licenziamento sia dichiarato inefficace perviolazione degli obblighi procedurali previsti dallart. 7 della l. 604 come modificato dalla legge 92(v. sopra), salvo che il lavoratore non chieda al giudice di accertare il maggior vizio derivantedallassenza di giustificazione, nel qual caso si torner ad applicare il regime (reintegrazione orisarcimento) sopra descritto.

    Scheda di approfondimento

    1. La procedura in sede amministrativa.Lart. 1, comma 40 della legge 92 riformula integralmente lart. 7 della legge 604 del 1966 (il quale,

    in origine, prevedeva un tentativo di conciliazione successivo al licenziamento) introducendo unaprocedura preventiva alladozione del licenziamento per motivo oggettivo. Il datore di lavoro, se

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    ricadente nel campo di applicazione dellart. 18 stat. lav., deve necessariamente inviare unacomunicazione alla Direzione territoriale del lavoro (DTL), e per conoscenza al lavoratoreinteressato, nella quale dichiara lintenzione di procedere al licenziamento per g.m.o. e deveindicare i motivi del licenziamento medesimo nonch le eventuali misure di assistenza allaricollocazione del lavoratore interessato.

    La DTL entro sette giorni (termine qualificato dalla legge come perentorio) deve convocare le partiavanti la Commissione di conciliazione ex art. 410 c.p.c. (costituita, come noto, da un funzionariodella stessa DTL e da un rappresentante per parte nominati dalle associazioni sindacali territorialidei lavoratori e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative), per svolgere una procedurafinalizzata a trovare soluzioni alternative al recesso (quali ad esempio la ricollocazione dellavoratore su altre sedi o mansioni, la sospensione del rapporto per un certo periodo, lariqualificazione del lavoratore, ecc.) ovvero a raggiungere un accordo sulla risoluzione consensualedel rapporto di lavoro. Per sostenere tale ultima ipotesi previsto, innovando rispetto allattualedisciplina dellindennit di disoccupazione, che in caso di accordo il lavoratore abbia comunquediritto a percepire lindennit della nuova Assicurazione sociale per limpiego (Aspi), o che possano

    adottarsi strumenti come laffidamento del lavoratore ad agenzie del lavoro (qui va notato che lalegge fa un riferimento letterale allart. 4, comma 1, lettere a) e b) del d.lgs. 276/2003, ovvero alleagenzie di somministrazione; ma si tratta probabilmente di un errore, risultando che si volesse fareriferimento a quelle di ricollocazione sul mercato del lavoro, affidamento che comunque deveritenersi possibile su accordo anche in assenza di espresso rinvio).Poich lAspi diviene operativa solo dal 1 gennaio 2013, si pone il problema (derivante da undifetto di coordinamento temporale della legge) se la regola che prevede il dirittoallammortizzatore sociale anche in caso di risoluzione consensuale del rapporto, allesito della

    procedura, si applichi anche allattuale indennit di disoccupazione. Si ritiene che la risposta debba

    essere positiva, per identit di ragione della previsione, ed anche considerando che gi in passatolInps poteva riconoscere tale indennit nei casi in cui laccordo raggiunto dimostrasse il carattereinvolontario dello stato di disoccupazione.Tornando alla procedura essa, salvo diverso accordo tra le parti, deve concludersi entro 20 giornidal momento della convocazione (la DTL dovr dunque fissare una data in termini assai brevi).Va segnalato che la legge prevede che la comunicazione di invito al lavoratore si consideravalidamente effettuata quando recapitata al domicilio indicato nel contratto di lavoro o ad altrodomicilio che lo stesso abbia formalmente comunicato, ovvero quando gli stata consegnata conraccomandata a mano. Data limportanza della procedura, e la rilevanza assegnata alcomportamento delle parti nel successivo giudizio, appaiono sconsigliabili i comportamenti diretti asottrarsi alla consegna della lettera (tanto quella iniziale del datore di lavoro quanto quella delleDTL).Ove la DTL non provveda a convocare le parti nel termine di sette giorni dalla richiesta del datoredi lavoro, questi libero di procedere al licenziamento (cos prevede il comma sesto). chiaro che,se non si vuole che la nuova procedura si trasformi in un inutile passaggio formale, le DTLdovranno attrezzarsi sia per lo svolgimento tempestivo delle procedure sia per adottare efficienticomunicazioni (la legge sembra prevedere che la convocazione giunga al datore di lavoro entrosette giorni, ci che potr pi facilmente verificarsi utilizzando strumenti efficienti come la postaelettronica certificata).

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    Il quinto comma dellart. 7 prevede che Le parti possono essere assistite dalle organizzazioni dirappresentanza cui sono iscritte o conferiscono mandato oppure da un componente dellarappresentanza sindacale dei lavoratori, ovvero da un avvocato o un consulente del lavoro.Se la presenza a fianco del lavoratore di un sindacalista di fiducia (soprattutto un componente dellaRSA o un funzionario che conosca limpresa) pu essere assai preziosa per interloquire con il

    datore di lavoro sui motivi del licenziamento, e soprattutto sulle possibilit di ricollocazionealternativa al recesso, appare particolarmente importante il diritto ad essere assistito subito (anche)da un Legale (si deve ritenere che nulla impedisca la doppia presenza di sindacalista e avvocato).La presenza di un avvocato in corso di procedura infatti particolarmente raccomandabile per pimotivi:- perch la valutazione dellopportunit di raggiungere un accordo, ove il datore di lavoro si rendadisponibile, va fatta in relazione ad una complessa valutazione prognostica sullesito delleventualeimpugnazione giudiziale del licenziamento preannunciato, la quale ovviamente richiede lecompetenze tecniche dellavvocato;- perch, ai sensi dellottavo comma dellart. 7, Il comportamento complessivo delle parti,

    desumibile anche dal verbale redatto in sede di commissione provinciale di conciliazione e dallaproposta conciliativa avanzata dalla stessa, assume poi rilievo in sede di giudizio, dovendo ilgiudice tenerne conto sia ai fini della determinazione dellindennit risarcitoria (ove illicenziamento fosse poi giudicato illegittimo) sia ai fini della decisione sulle spese legali: aspetti cherichiedono una illustrazione tecnica al lavoratore e, soprattutto, possono rendere necessaria larichiesta di verbalizzazioni concepite anche nella previsione della loro rilevanza in sede giudiziale. il caso di precisare che, nellintenzione della legge, laccordo conciliativo ha ad oggettoesclusivamente la risoluzione del rapporto e gli aspetti connessi. Ovviamente non sar vietato alle

    parti, come spesso avviene, estendere laccordo ad altre materie (differenze retributive, aspetti

    risarcitori, ecc.), ma una simile estensione richiederebbe (sia per il lavoratore, sia per chi lo assiste)la possibilit di una approfondita anamnesi del rapporto intercorso. Dati i tempi stretti della

    procedura, si dovr dunque preferire e richiedere che leventuale accordo sia limitato al temaintrodotto dalla dichiarazione del datore di lavoro di procedere al recesso. Diversamente, sar quasisempre necessario chiedere un rinvio della seduta per consentire una attenta verifica degli eventualidiritti del lavoratore, ed in ogni caso evitare di formulare rinunce di carattere generale che copranoanche aspetti di difficile valutazione quali, ad esempio, la presenza di possibili malattie

    professionali o comunque di danni alla salute.Pertanto, pu ritenersi che nel caso in cui laccordo non venga raggiunto perch il datore di lavoro

    pretende di ottenere anche una rinuncia del lavoratore ad ogni pretesa relativa al rapporto che va aconcludersi, ed il lavoratore non sia a ci disponibile, la responsabilit del mancato accordo ai finidella sua valutazione nel successivo giudizio dovr essere attribuita alla parte datoriale (ed anche atal fine sar opportuno formulare specifiche dichiarazioni a verbale).Al termine della procedura, se fallisce il tentativo di conciliazione (o se sono decorsi inutilmente itermini previsti dalla norma per il suo svolgimento), il datore di lavoro pu procedere a intimare illicenziamento. La norma prevede, per fugare le preoccupazioni emerse da parte datoriale nel corsodellelaborazione del testo di legge, che la procedura possa rimanere sospesa, per legittimo edocumentato impedimento del lavoratore, per un massimo di quindici giorni (al fine di evitare, in

    particolare, utilizzi strumentali della malattia). Daltro canto, con una disposizione assai criticabile,

    il costo del periodo della procedura addossato al lavoratore, poich il comma 41 dellart. 1 della

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    legge 92 prevede che il licenziamento produca effetto dal giorno di comunicazione dellavvio dellaprocedura, ed il periodo nel frattempo trascorso (nel quale di norma il dipendente avr proseguito laprestazione) si considera come preavviso.Tale scelta appare particolarmente discutibile per quei lavoratori che abbiano periodi di preavviso

    brevi, che potrebbero non coprire tutta la procedura, con lassurdo effetto di unestinzione

    retroattiva del recesso, che opera in un momento precedente alla comunicazione del licenziamentostesso.La norma infine fa salvo leffetto sospensivo disposto dalle norme del testo unico di tutela dellamaternit e della paternit (d. lgs. 151/2001) e per il caso di impedimento derivante da infortuniooccorso sul lavoro (la disposizione non chiara, ma deve ritenersi che in questo caso, fermi glieffetti del licenziamento con effetto dallavvio della procedura, rimarr sospeso il preavviso condiritto del lavoratore a godere delle provvidenze connesse alle discipline degli istituti richiamati.Un problema potr porsi nellipotesi, del tutto particolare ma non impossibile, in cui nel periododella procedura intervenga un evento impeditivo del licenziamento (quale, soprattutto, lavvio diuna gravidanza, anche ove accertata in un momento successivo): evento che dovrebbe a quel punto

    impedire (o rendere nulla) la stessa comunicazione del licenziamento adottata dal datore di lavoroallesito della procedura (a prescindere dal fatto che la legge preveda il retroagire dei suoi effetti).Infine, appena il caso di precisare che il termine di impugnazione del licenziamento ex art. 6 dellalegge 604/1966 decorre dal momento della sua comunicazione ai sensi del comma sesto, ultimo

    periodo, dellart. 7, e dunque dalla fine della procedura.

    2. Le sanzioni del licenziamento per g.m.o.Il nuovo art. 18 prevede non pi un unico regime sanzionatorio, ma quattro distinti regimi a secondadel tipo di invalidit accertata dal giudice (in caso di accoglimento del ricorso del lavoratore):

    A. la tutela reintegratoria piena, prevista dai primi commi del nuovo testo: essa prevedelordine di reintegrazione nel posto di lavoro; il risarcimento del danno per il periodo successivo allicenziamento e fino alla reintegrazione (e comunque nel minimo di cinque mensilit di retribuzioneglobale di fatto), risarcimento dal quale pu essere dedotto soltanto quanto percepito nel frattempoin altra occupazione; il versamento dei contributi previdenziali e assistenziali per tutto il periodo dalgiorno del licenziamento a quello della reintegrazione; la facolt per il lavoratore di optare perlindennit di quindici mensilit sostitutiva della reintegrazione; tale regime si applica in particolareal licenziamento per motivo discriminatorio o illecito, e a quello intimato in forma orale;

    B. la tutela reintegratoria attenuata, prevista dal 4 e 7 comma: essa prevede lordine direintegrazione; il risarcimento del danno per il periodo gi detto, ma senza limite minimo e con unlimite massimo di dodici mensilit (e dal quale pu essere dedotto non soltanto quanto percepito nelfrattempo in altra occupazione, ma anche quanto il lavoratore avrebbe potuto percepire dedicandosialla ricerca di altra occupazione); il versamento dei contributi previdenziali per tutto il periodo finoalla reintegrazione (ma riducibili, per singoli periodi, alla sola quota differenziale rispetto aglieventuali contributi maturati con altra occupazione, anche con rapporti di lavoro non subordinato);la facolt per il lavoratore di optare per la ricordata indennit sostitutiva della reintegrazione; taleregime si applica in particolare ad alcuni casi di licenziamento per motivi soggettivi e, comevedremo tra un attimo, ad alcuni casi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo;

    C. la tutela meramente obbligatoria, prevista dal 5 e 7 comma: essa non rimuove gli effettidel licenziamento e consiste nel diritto al pagamento di una indennit risarcitoria tra dodici eventiquattro mensilit della retribuzione globale di fatto, da valutarsi da parte del giudice in

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    relazione ad alcuni criteri indicati dalla legge (v. tra breve per il g.m.o.); essendo confermata lacessazione del rapporto di lavoro non previsto alcun diritto sul piano previdenziale (in questocaso, a differenza di quella in cui opera la reintegrazione, il lavoratore avr per diritto a conservarei benefici di reddito e copertura contributiva collegati allindennit di disoccupazione che abbiarichiesto a seguito della perdita del posto di lavoro, e allAspi dal 2013; egualmente, rimarranno

    fermi i pagamenti del preavviso e del TFR, quali conseguenze della cessazione del rapporto dilavoro); anche questo regime pu applicarsi in particolare sia ad alcuni casi di licenziamento permotivi soggettivi sia ad alcuni casi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo;

    D. la tutela obbligatoria ridotta, prevista dal 6 comma, che sanziona il vizio formale dicarenza di motivazione e quelli di inosservanza degli obblighi procedurali previsti per illicenziamento disciplinare e per il g.m.o. (v. sopra): essa consiste in un mero indennizzo con

    pagamento di unindennit variabile tra sei e dodici mensilit della retribuzione globale di fatto, davalutarsi da parte del giudice in relazione alla gravit della violazione formale o proceduralecommessa dal datore di lavoro.Il 7 comma del nuovo art. 18 individua diversi casi di licenziamento per motivo oggettivo, per i

    quali prevede la sanzione della reintegrazione attenuata (ipotesi B dellelenco che precede) o quellameramente obbligatoria (ipotesi C).

    Nel caso in cui si applichi la tutela (solo) risarcitoria, la determinazione della misura dellindennitdovr essere effettuata dal giudice in relazione allanzianit del lavoratore, al numero dei dipendentioccupati, alle dimensioni dellattivit economica, al comportamento e alle condizioni delle parti(criteri questi previsti anche per i licenziamenti disciplinari), nonch tenendo conto delle iniziativeassunte dal lavoratore per la ricerca di una nuova occupazione e del comportamento tenuto dalle

    parti nellambito della procedura avanti la DTL di cui si parlato sopra.Quando, dunque, si applicheranno i diversi regimi sanzionatori ora richiamati?

    In primo luogo, la legge riconduce allarea del licenziamento per motivi oggettivi i casi dellicenziamento per superamento del periodo di comporto, ex art. 2110 cod. civ., e del licenziamento

    per inidoneit fisica o psichica del lavoratore. Lodierna previsione legale sancisce definitivamentelappartenenza (non sempre scontata in passato) di tali ipotesi alla categoria del licenziamento permotivo oggettivo, qui connesso a motivi riguardanti la persona del lavoratore (ma non alla suacondotta).Se ne deve trarre la conseguenza che anche per tali casi il datore di lavoro dovr seguire la

    procedura preventiva avanti la DTL (certamente per il caso di inidoneit sopravvenuta,espressamente ricondotto al motivo oggettivo dallart. 18, comma 7, per il quale oltretutto la

    procedura pu avere estrema utilit ai fini di ricollocazione del lavoratore; qualche dubbio potrebbesorgere per il superamento del comporto di malattia o infortunio).Entrambe le ipotesi, ove il giudice accolga limpugnazione del lavoratore, determinanonecessariamente lapplicazione del regime sanzionatorio della reintegrazione attenuata (ipotesi B)(salvo che si rilevi solo un vizio procedurale, che condurr al regime dellipotesi D).Pu rammentarsi che limpugnazione del licenziamento per superamento del comporto puverificarsi non solo quando sia contestata la maturazione dello stesso (ad es. per questioni relativealla correttezza del calcolo dello stesso, al computo di periodi di infortunio, alla mancataconsiderazione della richiesta di aspettativa, ecc.) ma anche quando, pur essendosi effettivamenteverificate malattie tali da superare in astratto il periodo di conservazione del rapporto di lavoro

    previsto dal contratto collettivo applicabile, sia contestabile il computo delle stesse malattie quandoesse siano imputabili a colpa del datore di lavoro (quali conseguenze delle condizioni di lavoro, sia

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    in ipotesi di riconducibilit a fattori fisici o patogeni sia, come sempre pi spesso avviene, quandosiano causate dal mancato intervento del datore di lavoro su condizioni di stress o disagio, oaddirittura da condotte c.d. avversative).Il caso dellinidoneit sopravvenuta normalmente valutabile sulla base di accertamenti tecnici(medico-legali), che potranno condurre a contestare la valutazione che a monte della decisione del

    recesso. Potr peraltro risultare applicabile la specifica disciplina della legge n. 68 del 1999 suldiritto al lavoro dei disabili (espressamente richiamata dal nuovo art. 18), nella parte in cui sancisceil diritto alla conservazione del rapporto di lavoro su mansioni equivalenti, o anche inferiori, deilavoratori divenuti inabili in conseguenza di infortunio o malattia (art. 4, comma 4), o prevede una

    particolare tutela per il caso di aggravamento delle condizioni di salute del lavoratore disabile (art.10, comma 3).Deve rammentarsi che secondo consolidata giurisprudenza nel caso di inidoneit sopravvenuta illicenziamento costituisce sempre una extrema ratio, nel senso che il datore di lavoro deve adottareogni ragionevole possibilit e misura di conservazione del rapporto, anche attraverso unadattamento organizzativo delle condizioni di lavoro o una ricollocazione su mansioni compatibili,

    sia pure inferiori.Nel caso in cui il licenziamento per inidoneit colpisca un lavoratore disabile, peraltro, si dovrvalutare se, per le modalit con le quali il datore di lavoro ha trattato il caso, non possa addiritturainvocarsi il carattere discriminatorio del recesso stesso per ragioni di handicap, ai sensi del d.lgs.216 del 2003 e dellart. 15 stat. lav. In tale ipotesi, il regime sanzionatorio applicabile sar quellodella tutela reintegratoria piena (ipotesi A).Lipotesi di interpretazione pi complessa certamente quella del pi classico giustificato motivooggettivo previsto dallart. 3 della legge 604/1966 con riferimento alla sfera dellimpresa, ovvero leragioni inerenti allattivit produttiva, allorganizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di

    essa.Qui il legislatore, con una disposizione che sta gi sollevando numerosi interrogativi tra i primicommentatori, distingue due ipotesi collegate al diverso esito dellaccertamento giudiziale (salvoovviamente il caso in cui il giudice confermi la piena validit del licenziamento):- ove il giudice accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento pergiustificato motivo oggettivo, potr applicare il regime della reintegrazione attenuata, e dunquerimuovere gli effetti del recesso; si noti che qui la legge (a differenza di quanto si visto per i casidel comporto e dellinidoneit) prevede una possibilit e non un obbligo, aprendo interrogativi suquali siano i criteri e gli spazi di valutazione secondo i quali i giudici dovranno optare per lasanzione pi grave o per quella solo risarcitoria (aspetto sul quale la legge tace);- nelle altre ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del predetto giustificato motivo, ilgiudice deve necessariamente applicare il solo regime indennitario.Le formule utilizzate dalla disposizione del 7 comma, come si detto, non sono per nullaimmediate e non certo possibile, in questo primo commento, darne una lettura certa e definitiva.Pu innanzitutto sottolinearsi che la prima formula riguarda laccertamento su elementi di fatto(manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento) laddove la seconda sembraalludere alla sua valutazione giuridica (la non ricorrenza degli estremi del g.m.o.). Dunque, il primoaccertamento consente di valutare immediatamente come invalido il licenziamento, con (possibile)applicazione della tutela reintegratoria; la seconda ipotesi presuppone evidentemente che il fatto

    addotto dal datore di lavoro a giustificazione del licenziamento sia stato confermato comesussistente, ma se ne debba valutare la sua rilevanza giuridica quale giustificazione del recesso.

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    Sul primo terreno, tuttavia, si pone anche linterrogativo del valore da attribuire allaggettivo chequalifica linsussistenza del fatto come manifesta, essendo evidente a chiunque che, sul pianologico, un fatto o sussiste o non sussiste.Secondo linterpretazione giurisprudenziale del giustificato motivo oggettivo, e dei limiti nei quali

    pu esercitarsi il suo controllo giudiziario, il licenziamento per motivi economici (il cui onere di

    prova incombe sul datore di lavoro) deve essere sorretto da una ragione organizzativa effettiva,reale, non meramente transitoria, di consistenza e rilevanza tale da giustificare il licenziamento dellavoratore, rispetto al quale sia accertabile un nesso di causalit (ovvero: il datore di lavoro devedimostrare che vi un collegamento di causalit tra la ragione organizzativa addotta e illicenziamento di quel lavoratore, in quella posizione e con quelle caratteristiche professionali).In concreto, tuttavia, le sentenze di merito e di legittimit si esercitano da decenni su una casisticaassai varia, giungendo non di rado a conclusioni non uniformi (discutendosi, ad esempio, se ilg.m.o. sia ammissibile solo quando il datore di lavoro deve far fronte ad una situazione di difficoltche gli impone ladozione della modifica organizzativa che porta al recesso, o anche semplicementequando egli intenda adottare modifiche organizzative che rendano pi efficiente o meno costosa

    lorganizzazione).Tali incertezze, che non verranno certo meno nel nuovo regime, riguardano per soprattutto lavalutazione giuridica del motivo addotto (potremmo dire la giustificatezza del recesso), menterimane fermo che la prima verifica va fatta sulla effettivit e consistenza del motivo addotto e delrelativo nesso di causalit con il licenziamento del lavoratore. Dovendosi verificare, ad esempio: sele modifiche produttive indicate si siano effettivamente verificate; se le perdite di bilancio addotte amonte della motivazione tecnica siano reali, significative, e non fossero gi sussistenti in periodi

    precedenti o quando il lavoratore stato assunto; se la affermata soppressione del posto di lavorosia effettiva e il lavoratore non sia stato sostituito da un nuovo assunto, da un lavoratore atipico, ecc.

    Secondo la giurisprudenza, poi, non sufficiente indicare il motivo per il quale non si ritiene pinecessaria la prestazione del lavoratore, ma il datore di lavoro deve anche provare di non avere

    potuto ricollocare il lavoratore in altro settore aziendale o su mansioni equivalenti (secondo alcunepronunce anche su mansioni inferiori), anche se al lavoratore che impugna il licenziamento vienetalvolta richiesto di offrire indicazioni in ordine alla sua possibile ricollocazione.Ci detto, si potrebbe in prima battuta affermare che tutto ci che riguarda laccertamento del fatto,inteso anche nei suoi profili organizzativi e di decisione imprenditoriale, ha a che vedere con il

    primo profilo sanzionatorio. Dunque, qualora il giudice accerti linsussistenza della situazioneindicata dal datore di lavoro, la non verit o non effettivit della ragione economica addotta odelloperazione organizzativa che viene affermata alla fonte del recesso, la non consistenza dellastessa o linidoneit a giustificare, in termini di causalit (e dunque ancora di fatto), le affermatericadute sulla posizione del lavoratore, dovr ritenersi la insussistenza del fatto posto a base dellicenziamento, con possibile applicazione della tutela reintegratoria.La stessa cosa deve dirsi per quel che riguarda il c.d obbligo di repechage, ovvero di ricollocamentodel lavoratore su altre mansioni o in altro settore, poich anchesso un elemento di fatto idoneo aconfermare (o smentire) leffettivit della condizione che fa venire meno linteresse del datore dilavoro alla prosecuzione del rapporto di lavoro.Quando invece, accertate come reali (e consistenti) le circostanze di fatto addotte dal datore dilavoro, accertata la sussistenza del nesso di causalit tra tali circostanze e la posizione del

    lavoratore, esclusa in fatto la possibilit di una ricollocazione del lavoratore, si discuta dellarilevanza di tali circostanze a giustificare giuridicamente il recesso, il giudice che accolga il ricorso

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    del lavoratore potr solo disporre la sanzione risarcitoria (potrebbe farsi come esempio la citatacontroversia in ordine alla necessit di motivi collegati ad una situazione di crisi, ovvero ad unariorganizzazione mirante solo a innalzare gli utili aziendali).Il fatto poi che, ai fini della decisione di reintegrare, linsussistenza del fatto debba risultaremanifesta, deve probabilmente ricondursi non tanto al vizio del licenziamento (poich sul punto,

    come si detto, il fatto o o non ), ma proprio al terreno del suo accertamento giudiziario, edunque a quello della valutazione delle allegazioni e delle prove, se non a quello del convincimentodel giudice.Solo su questo piano, infatti, una circostanza di fatto pu ritenersi pi o meno apparente omanifesta, e su questo piano, forse, dovr giocarsi anche la decisione giudiziaria, in caso diaccertamento di un vizio di fatto, tra la tutela reintegratoria e quella meramente indennitaria. Senzadimenticare, tuttavia, che la disciplina sostanziale del licenziamento pone lonere della prova dellagiustificazione a carico del datore di lavoro, e non sarebbe dunque corretto trasformare il giudiziosulla manifesta insussistenza del fatto in un ribaltamento del medesimo onere in capo dellavoratore.

    I giudici dovranno dunque fare un uso molto cauto del (discutibile) potere di valutazione che loroattribuito dalla legge, per evitare che linsufficiente o solo parziale allegazione e prova dei fattiaddotti per giustificare il licenziamento da parte del datore di lavoro, consenta di salvare gli effettidel recesso con sanzione soltanto risarcitoria.Va comunque sottolineato che il lavoratore potr, a maggior ragione di fronte alla manifestainsussistenza del fatto, chiedere al giudice di valutare il licenziamento come discriminatorio oillecito, con la conseguente richiesta di tutela reintegratoria piena (sul punto si rinvia alla relativascheda).Infine, potr essere contestato il vizio procedurale, o per mancata o insufficiente motivazione del

    licenziamento o per omissione o non corretta gestione della procedura avanti la DTL. Tale ipotesisar certamente proponibile in tutti i casi in cui il datore di lavoro abbia intimato il licenziamentoritenendosi soggetto al regime di tutela obbligatoria delle imprese minori, ma il lavoratore affermila sussistenza dei requisiti occupazionali di applicabilit dellart. 18 stat. lav. (sul punto, si ricordache onere del datore di lavoro dimostrare linapplicabilit dellart. 18, ma sar il lavoratore adover provare, ad esempio, che vanno computati anche dei rapporti di lavoro formalmenteautonomi, o in nero, o appartenenti ad altri soggetti imprenditoriali in condizione disovrapposizione e promiscuit organizzativa).Il vizio procedurale, ove accertato, d luogo di per s alla tutela obbligatoria attenuata (ipotesi Ddellelenco sopra proposto) che, secondo le scelte processuali da valutare di volta in volta, potreventualmente essere richiesta in via subordinata rispetto alle maggiori domande collegateallaffermata ingiustificatezza del licenziamento.

    ILICENZIAMENTI DISCRIMINATORI diMario FezziSintesi delle novit

    La nuova legge si occupa innanzitutto dei licenziamenti discriminatori, per i quali prevista lareintegrazione, in caso di accoglimento della domanda da parte del Giudice.

    Non si tratta di una novit, visto che non solo lart. 3 della L.108/1990 disponeva espressamente lareintegrazione per i casi accertati di licenziamento discriminatorio, ma diverse altre leggi sancivano

    la nullit degli atti riconosciuti come discriminatori, con ci implicitamente stabilendo la sanzionedella reintegrazione nei casi di licenziamento.

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    Si pu dire, per sommi capi, che si ha una discriminazione, rilevante a questi fini, ogni volta che unsoggetto venga trattato in modo pi svantaggiato di altri in determinate situazioni (con un criterio,quindi, di tipo comparativo), oppure ogni volta che un soggetto subisca un provvedimento(negativo) in ragione di certe caratteristiche che la legge intende invece proteggere.Ecco un elenco, che non potr mai essere tassativo, di discriminazioni vietate:

    - discriminazioni di genere;- discriminazioni basate sullet;- discriminazioni sulla base dellorientamento sessuale;- discriminazioni basate sulla disabilit;- discriminazioni religiose;- discriminazioni basate sullorigine etnica;- discriminazioni in base alla razza;- discriminazioni politiche;- discriminazioni sindacali;- molestie o molestie sessuali;

    - discriminazioni basate sulle condizioni sociali;- discriminazioni basate sulle condizioni e caratteristiche personali;- discriminazioni basate sulla lingua;- discriminazioni basate sulle caratteristiche fisiche, sui tratti somatici, sullaltezza, sul peso;- discriminazioni basate sullo stato di salute;- discriminazioni basate sulle convinzioni personali.La legge inoltre equipara al licenziamento discriminatorio, quanto ad effetti, quello intimato inconcomitanza con il matrimonio, quello disposto in violazione del divieto di licenziamento inmateria di tutela della maternit e della paternit, e infine il licenziamento riconducibile ad altri casi

    di nullit previsti dalla legge o quello fondato su motivo illecito determinante ai sensi dellart.1345c.c. Infine, anche il licenziamento intimato per ragioni economiche (giustificato motivo oggettivo)

    pu determinare lordine di reintegrazione da parte del Giudice, qualora nel corso del giudizio, sullabase della domanda formulata dal lavoratore, il licenziamento risulti invece determinato da ragionidiscriminatorie.C ancora da tenere conto del fatto che se le ragioni economiche poste a fondamento di unlicenziamento risultano insussistenti, il licenziamento stesso si configura come licenziamentodiscriminatorio, in quanto, eliminata la causale economica, resta solo il fatto che limpresa ha sceltodi eliminare quel certo dipendente per sue caratteristiche personali non gradite: tal genere dilicenziamento pu sicuramente essere definito come discriminatorio. Per quanto attiene ladimostrazione della discriminazione, il punto 4 dellart. 28 del D.Lgs. 150/2011, stabiliscelinversione dellonere della prova (mutuato dalla L.125/1991) sancendo che quando il ricorrentefornisce elementi di fatto, desunti anche da dati di carattere statistico, dai quali si pu presumerelesistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori, spetta al convenuto lonere di provarelinsussistenza della discriminazione. I dati di carattere statistico possono essere relativi anche alleassunzioni, ai regimi contributivi, allassegnazione delle mansioni e qualifiche, ai trasferimenti, alla

    progressione in carriera e ai licenziamenti dellazienda interessata.

    Scheda di approfondimento

    La prima considerazione da svolgere riguarda la non tassativit dellelenco sopra indicato.

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    Con lart.4 della L.604/66 e poi lart.15 della L.300/70 (Statuto dei Lavoratori), con le integrazioniintrodotte dallart.13 della L.903/77 (Legge di Parit), e lart.4 della L.125/1991 (Azioni Positive),

    poteva probabilmente sostenersi che le ragioni discriminatorie che rendevano illecito illicenziamento fossero solo quelle specificamente indicate dalla legge (sindacali, politiche, religiose,razziali, di lingua e di sesso).

    Ma lintroduzione nellordinamento delle disposizioni di cui ai D.Lgs. 215 e 216 del 2003 hannoallargato il campo delle discriminazioni sino a ricomprendervi handicap, et, orientamento sessualee convinzioni personali, dilatando gli atti vietati fino a ricomprendere qualunque finalit diversa daquelle positivamente ammesse dallordinamento.E pertanto qualunque causa giustificativa diversa da quella tecnico-organizzativa ammessadallordinamento, come tale collegata a caratteristiche, opinioni, scelte della persona del lavoratore

    prive di attinenza con la prestazione lavorativa, per ci stesso discriminatoria e illecita e puperfino prevalere su uneventuale causa tecnico-organizzativa concorrente.Bisogna poi osservare che le direttive europee hanno modificato profondamente negli anni lanozione di discriminazione, superando il giudizio di tipo comparativo e introducendo quello di

    natura assoluta. La nozione di discriminazione accolta dalle direttive europee tende a superare lastruttura tradizionale della tutela antidiscriminatoria che presuppone una comparazione con altrisoggetti; non pi necessario ormai prendere in considerazione il gruppo, cio il numero di personecolpite da un certo atto, ma sufficiente guardare solo alla situazione dei singoli individui.In questa logica, per fare un esempio, un lavoratore sessantenne licenziato per motivi economici

    potrebbe sostenere, a prescindere da qualsiasi comparazione con altri lavoratori licenziati o altrilavoratori mantenuti in organico, che la ragione sottesa alla sua eliminazione quella anagrafica.Il confronto con il gruppo di riferimento potrebbe essergli utile per giovarsi dellinversionedellonere della prova di cui allart.28 D.Lgs. 150/2011, ma lazione sarebbe esperibile anche a

    prescindere dal riferimento al gruppo, dimostrando la propria utilit tecnico-organizzativa e quindilincomprensibilit della sua estromissione, se non per un atto discriminatorio in ragione della suaet anagrafica. Lesempio probabilmente estensibile a tutte le discriminazioni indicate nellascheda precedente: a prescindere dalla comparazione con la platea di riferimento (che, appunto,consentirebbe linversione dellonere della prova), ogni licenziamento attuato in danno di unsoggetto che faccia parte di una delle categorie di cui alla scheda, che possa dimostrare la propriautilit tecnico-organizzativa, deve essere annullato in quanto discriminatorio, con la conseguenzadella reintegrazione nel posto di lavoro.Ma la vera novit di questa riforma il fatto di costringere gli operatori del diritto a ragionare intermini radicalmente nuovi e diversi dal passato. infatti indispensabile dare inizio a unoperazioneculturale e giuridica che costringa tutti gli operatori del diritto a utilizzare fino in fondo tutte le

    possibilit offerte dalle norme antidiscriminatorie. Il concetto di discriminazione , diciamolofrancamente, un concetto che ci praticamente ignoto: solo una vicenda grossolana eesageratamente sproporzionata pu essere colta da chi ha sino ad oggi ignorato il problema. Seescludiamo le donne che ancora una volta sono avanti anni luce rispetto ai maschi e che hannosollevato e sollevano le questioni di genere sin dal 1977 (L.903), gli avvocati maschi (e anchediverse avvocate) non hanno la percezione dellesistenza del problema. Quante volte capitato cheavvocati pur aperti e sensibili abbiano affrontato un licenziamento provando a immaginare se vi siastata una discriminazione?

    Quante volte hanno verificato se i loro assistiti facessero parte o meno di una categoria che potrebbeessere discriminata? Quante volte hanno provato a immaginare che linesistenza di una causale a

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    sostegno di un licenziamento poteva nascondere una discriminazione? Quante volte hannoseriamente intervistato i propri assistiti onde verificare lesistenza di caratteristiche o convinzioni

    personali che potessero avere scatenato una reazione illecita discriminatoria?La riforma Fornero, con la sanzione reintegratoria collegata al licenziamento discriminatorio,costringe tutti gli operatori a ripensare al proprio modo di lavorare e di istruire le cause: sostenendo

    la discriminazione ci si incanala in un sistema che ha come sbocco la reintegrazione nel posto dilavoro e non solo una indennit risarcitoria.

    IL LICENZIAMENTO DISCIPLINARE diGianni SozziSintesi delle novit

    Il licenziamento disciplinare pu essere intimato in presenza di una giusta causa (art. 2119 cod.civ.), vale a dire una condotta del lavoratore di tale gravit da non consentire la prosecuzione, anche

    provvisoria, del rapporto di lavoro, o di un giustificato motivo soggettivo (art. 3, legge 604/1966),vale a dire un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del lavoratore.Il licenziamento disciplinare deve essere preceduto dallo svolgimento della procedura di cui allart.

    7 dello Statuto dei Lavoratori (legge n. 300 del 20 maggio 1970), che prevede: 1) la preventivaconoscenza delle norme disciplinari (che devono essere portate a conoscenza dei lavoratorimediante affissione in luogo accessibile a tutti); 2) la preventiva contestazione e il diritto di difesadel lavoratore (il datore di lavoro non pu adottare alcun provvedimento disciplinare nei confrontidel lavoratore senza avergli preventivamente contestato laddebito e senza averlo sentito a suadifesa); 3) lassistenza sindacale al lavoratore nel corso della procedura (il lavoratore potr farsiassistere da un rappresentante dellassociazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato); 4)un termine minimo di tempo per lesercizio del potere disciplinare (in ogni caso, i provvedimentidisciplinari pi gravi del rimprovero verbale non possono essere applicati prima che siano trascorsi

    cinque giorni dalla contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato causa).Le regole procedurali dellart. 7, Statuto dei Lavoratori, costituiscono espressione di principifondamentali di ogni sistema penale, ch tale , in effetti, il potere disciplinare del datore di lavoro.Lesigenza di assicurare al datore di lavoro lesercizio del potere disciplinare ai fini del corretto e

    buon funzionamento dellimpresa deve essere necessariamente contemperata da un rigoroso sistemadi garanzie procedurali a tutela del lavoratore.La Corte Costituzionale (sentenza n. 204, del 30 novembre 1982) ha dichiarato lillegittimitcostituzionale dei primi tre commi dellart. 7, Statuto dei Lavoratori, se interpretati nel senso chesiano inapplicabili ai licenziamenti disciplinari, per i quali detti commi non siano espressamenterichiamati dalla normativa legislativa, collettiva o validamente posta dal datore di lavoro.La Corte Costituzionale (sentenza n. 427, del 25 luglio 1989) ha dichiarato lillegittimitcostituzionale dei commi secondo e terzo dellart. 7, Statuto dei Lavoratori, nella parte in cui esclusa la loro applicazione al licenziamento per motivi disciplinari irrogato da imprenditore cheabbia meno di sedici dipendenti.In altre parole, alla luce delle due importanti sentenze della Corte Costituzionale, la procedura di cuiallart. 7, Statuto dei Lavoratori, deve precedere lintimazione di un licenziamento disciplinare,sempre e comunque (anche qualora non sia richiamata da altra fonte legislativa o contrattuale o dalcodice disciplinare applicato dal datore di lavoro) e deve essere applicata anche nelle cosiddette

    piccole imprese (quelle fino a quindici dipendenti).

    Le pronunzie della Corte Costituzionale confermano il valore inderogabile della procedura, posta apresidio di valori fondamentali dellordinamento, quale il diritto di difesa.

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    Nella materia disciplinare, altra fondamentale norma quella posta dallarticolo 2106 del codicecivile, secondo cui il Giudice pu graduare la sanzione disciplinare secondo la gravitdellinfrazione.Si tratta del cosiddetto principio di proporzionalit in forza del quale il Giudice non dovr soltantoaccertare leffettiva sussistenza del fatto contestato, ma anche valutare se questo fatto sia cos grave

    da determinare lapplicazione della sanzione irrogata dal datore di lavoro (nel caso di specie, illicenziamento disciplinare con la conseguente risoluzione del rapporto di lavoro).Lonere di provare leffettiva sussistenza del fatto contestato (posto alla base del licenziamentodisciplinare) ricade sul datore di lavoro, ai sensi dellarticolo 5 della legge 604/1966 (Lonere della

    prova della sussistenza della giusta causa o del giustificato motivo di licenziamento spetta al datoredi lavoro). Il fatto contestato consiste nel fatto materiale (azione o omissione, nesso di causalit,evento) e nel cosiddetto elemento soggettivo (dolo, colpa, intensit di entrambi, eccetera).Il Giudice dovr poi compiere il giudizio di proporzionalit ex art. 2106 cod. civ. (di cui si detto)e, a tale fine, potr tenere conto anche delle previsioni dei contratti collettivi senza per essernevincolato (cfr. la recente sentenza della Cassazione, sezione lavoro, n. 10337 del 21 giugno 2012,

    secondo cui la previsione di ipotesi di giusta causa contenuta in un contratto collettivo non vincolail giudice, in quanto tale elencazione ha valenza esemplificativa e non gi tassativa; pertanto ilgiudice deve sempre verificare, stante linderogabilit della disciplina dei licenziamenti, se quella

    previsione sia conforme alla nozione di giusta causa, di cui allart. 2119 cod. civ., e se, in ossequioal principio generale di ragionevolezza e proporzionalit, il fatto addebitato sia di entit tale dalegittimare il recesso, tenendo anche conto dellelemento intenzionale che ha sorretto la condottadel lavoratore).

    Nellambito delle imprese con almeno sedici addetti, la tutela del licenziamento disciplinareingiustificato (quello per il quale non risulti sussistente il fatto posto alla base del licenziamento)

    stata fino ad ora la cosiddetta tutela reale ai sensi dellarticolo 18, Statuto dei Lavoratori (nel testoprevigente alla legge n. 92 del 28 giugno 2012, cosiddetta legge Fornero): reintegrazione dellavoratore e risarcimento pieno del danno (con il pagamento delle retribuzioni e della contribuzionedal licenziamento e fino alleffettiva reintegrazione, e comunque nella misura minima di cinquemensilit della retribuzione globale di fatto).La tutela reale trovava applicazione anche nel caso di licenziamento disciplinare viziato perviolazione della procedura ex art. 7, Statuto dei Lavoratori.In altre parole, la tutela per il lavoratore era unitaria, indipendentemente che il licenziamento fosseannullabile (per insussistenza del fatto contestato o comunque per inidoneit dello stesso a integraregli estremi della giusta causa o del giustificato motivo soggettivo) ovvero fosse inefficace (perviolazione della procedura dellart. 7 dello Statuto).

    Scheda di approfondimento

    La cosiddetta legge Fornero modifica le regole applicabili al licenziamento disciplinare sotto ilprofilo delle conseguenze sanzionatorie applicabili nel caso in cui il Giudice lo dichiari annullabileo ne accerti linefficacia.Cos come per il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, anche per il licenziamentodisciplinare si passa da una tutela unitaria (quella cosiddetta reale), applicata indipendentementedal vizio riscontrato, a una tutela differenziata.

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    In particolare, dopo lentrata in vigore della legge Fornero (e, in particolare, in forza delleprevisioni dellart. 1, comma 42, che modifica i primi sei commi dellarticolo 18, testo previgente)il Giudice potrebbe applicare in caso di licenziamento disciplinare:- la tutela reale attenuata, prevista dal 4 comma dellart. 18, nuovo testo (reintegrazione nel

    posto di lavoro; indennizzo commisurato alla retribuzione dal giorno del licenziamento a quello

    della reintegrazione, ma con il limite di dodici mensilit; versamento dei contributi previdenziali pertutto il periodo dal giorno del licenziamento a quello della reintegrazione; possibilit per illavoratore di optare per lindennit sostitutiva della reintegrazione);- la tutela obbligatoria standard, prevista dal 5 comma dellart. 18, nuovo testo (mero indennizzocon pagamento di unindennit risarcitoria tra dodici e ventiquattro mensilit della retribuzioneglobale di fatto, da valutarsi da parte del giudice in relazione ad anzianit del lavoratore, numero deidipendenti, dimensione dellattivit economica, comportamento e condizioni delle parti);- la tutela obbligatoria ridotta, prevista dal 6 comma dellart. 18, nuovo testo (mero indennizzocon pagamento di unindennit risarcitoria tra sei e dodici mensilit della retribuzione globale difatto, da valutarsi da parte del giudice in relazione alla gravit della violazione formale o

    procedurale commessa dal datore di lavoro).Prima di esaminare i presupposti applicativi delle varie tutele, occorre ricordare che il 1 comma,articolo 18, nuovo testo, espressamente prevede che in caso di licenziamento discriminatorio, ilGiudice dovr applicare la tutela reale piena, indipendentemente dal motivo formalmenteaddotto. In altre parole, sulla base delle domande del lavoratore, potrebbe accertare che unlicenziamento qualificato dal datore di lavoro come disciplinare stato, in realt, determinato da unmotivo discriminatorio o altro motivo illecito determinante (ex art. 1345 cod. civ.). In tal caso, illicenziamento nullo e trova applicazione la tutela reale piena. Questa regola si applica qualeche sia il numero dei dipendenti (e quindi anche nelle piccole imprese), nonch ai dirigenti.

    Inoltre, le ulteriori regole del licenziamento disciplinare (art. 2119 cod. civ.; art. 3, legge 604/1966;art. 5, legge 604/1966; art. 2106 cod. civ.) non sono state modificate.Il comma 41 dellarticolo 1 della legge Fornero ha modificato invece il termine di efficacia dellicenziamento disciplinare, che produce effetto dal giorno della comunicazione con cui il

    procedimento (ex art. 7, Statuto dei Lavoratori) stato avviato, salvo leventuale diritto dellavoratore al preavviso o alla relativa indennit sostitutiva. Precisato che il preavviso (o la relativaindennit sostitutiva) spetta soltanto nel caso di licenziamento per giustificato motivo soggettivo (enon nel caso di giusta causa), la previsione di retroattivit degli effetti del licenziamento costituisceuna autentica aberrazione giuridica: perch contrasta con la procedura disciplinare (per la cuivalenza costituzionale si rimanda alle considerazioni sopra espresse); perch contrasta con la regolafondamentale degli atti unilaterali (ch tale il licenziamento) secondo cui gli effetti si producanonel momento in cui latto perviene nella sfera di conoscenza del destinatario. La regola introdottadalla legge 92/2012 (il cosiddetto comma 41) stravolge questi fondamentali principi giuridici eappare viziata di incostituzionalit.Tornando alle tutele applicabili, i presupposti applicativi sono i seguenti: nellipotesi in cui il Giudice accerti che non ricorrono gli estremi della giusta causa o del

    giustificato motivo soggettivo addotti dal datore di lavoro, per insussistenza del fatto contestatoovvero perch il fatto rientri tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle

    previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili si dovr applicare la

    tutela reale attenuata (comma 4 , articolo 18, nuovo testo);

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    nelle altre ipotesi in cui il Giudice accerti che non ricorrono gli estremi del giustificatomotivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro trover applicazione la tutelaobbligatoria standard (comma 5, articolo 18, nuovo testo); nellipotesi in cui il licenziamento sia dichiarato inefficace per violazione della procedura ex

    art. 7, Statuto dei Lavoratori, trover applicazione la tutela obbligatoria ridotta (comma 6,

    articolo 18, nuovo testo); in tale ultima ipotesi, qualora il Giudice accerti, sulla base della domanda del lavoratore, chevi anche un difetto di giustificazione si applicheranno, in luogo di quelle previste dal comma 6(tutela obbligatoria ridotta), le tutele di cui al 4 comma (tutela reale attenuata) o al 5 comma(tutela obbligatoria standard) in funzione del grado di ingiustificatezza; nel caso in cui il licenziamento sia stato formalmente intimato per giustificato motivo

    oggettivo, ma nel corso del giudizio, sulla base della domanda formulata dal lavoratore, risultideterminato da ragioni disciplinari (cosiddetto licenziamento cripto-disciplinare) si applicher, aisensi del comma 7, ultima parte, la relativa tutela (che sar quella di cui al 4 comma, cosiddettatutela reale attenuata, in ragione del fatto che in tale caso risulta insussistente, prima ancora del

    fatto contestato, la stessa contestazione).La normativa estremamente complessa e i problemi interpretativi che la giurisprudenza sarchiamata ad affrontare sono assai numerosi.Particolarmente grave appare la scelta del legislatore di svalorizzare la procedura ex art. 7,applicando ai vizi procedurali, almeno in prima approssimazione, la tutela obbligatoria ridotta(comma 6, art. 18, nuovo testo).A tale proposito, occorre osservare che una interpretazione costituzionalmente orientata della norma(o, al limite, lintervento del giudice delle leggi) potr porre rimedio alle scelte del legislatore del2012.

    Tuttavia, occorre ricordare che, al di fuori delle tecniche di tutela, le regole sostanziali applicabilialla fattispecie del licenziamento disciplinare sono rimaste inalterate. Senza contare che linterprete

    potr fare affidamento sul diritto vivente che si formato nel corso degli ultimi decenni.Ad esempio, il licenziamento tardivo (quello in cui la contestazione avviene a distanza di tempo dalmomento in cui il datore di lavoro ha avuto conoscenza dei fatti di asserita rilevanza disciplinare)non costituisce soltanto una violazione del diritto di difesa, ma incide direttamente sul legittimoesercizio del potere disciplinare (il tempo trascorso fa venire meno linteresse del datore di lavoro asanzionare una condotta illegittima del lavoratore), oltre a lasciar sospettare un possibile motivoillecito (in quanto fatti lontani nel tempo, non contestati, possono essere tenuti da conto per essere

    poi utilizzati in chiave ritorsiva). Sulla base di questi elementi, un licenziamento tardivo nonpotrebbe essere agevolmente sanzionato con la tutela obbligatoria ridotta (per inefficacia da vizioprocedurale), ma potrebbe approdare, sulla base della domanda del lavoratore, alla annullabilit(per insussistenza del presupposto dellatto, in quanto linteresse del datore di lavoro a sanzionarecondotte lontane nel tempo venuto meno, con conseguente applicazione della tutela realeattenuata, ai sensi del 4 comma, articolo 18, nuovo testo) o quantomeno allingiustificatezza(rientrando cos nelle altre ipotesi in cui il giudice accerta che non ricorrono gli estremi delgiustificato motivo soggettivo o della giusta causa, con conseguente applicazione della tutelarisarcitoria standard, ai sensi del 5 comma, articolo 18, nuovo testo). Ma si potrebbe persino

    pervenire, in presenza di ulteriori indici, alla declaratoria di nullit per motivo illecito determinante

    (comma 1, articolo 18, nuovo testo), con conseguente applicazione della tutela reale piena. In ogni

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    caso, agevole ritenere che la domanda del lavoratore sar volta a far dichiarare linsussistenza delfatto contestato, allargando cos loggetto del processo al merito del procedimento disciplinare.Per quanto riguarda il licenziamento disciplinare ingiustificato, lapplicazione della tutela realeattenuata (4 comma) o della tutela obbligatoria standard (5 comma) dovr tenere conto che, nelnostro ordinamento, la tutela in forma specifica (quale la reintegrazione nel posto di lavoro)

    comunque da preferirsi a quella per equivalente (quale lindennit risarcitoria omnicomprensiva exart. 18, comma 5, nuovo testo), in particolare quando vi coinvolta la persona del lavoratore la cuiposizione protetta da norme di rango costituzionale (artt. 2, 4, 35, 41, 2 comma, Cost.).Tali principi trovano applicazione in numerosissime sentenze (per tutte Cass., Sezioni Unite, n. 141,del 10 gennaio 2006).Inoltre, il principio di proporzionalit ex art. 2106 cod. civ. non potr non valutare lidoneit delfatto contestato a produrre leffetto tipico del licenziamento (la risoluzione del rapporto di lavoro).Qualora il Giudice ritenesse non proporzionato il fatto contestato, si dovrebbe dare applicazionealla tutela reale ai sensi del comma 4; in caso contrario, si avrebbe il paradosso che un fattoritenuto inidoneo a produrre la risoluzione del rapporto, in realt, realizzerebbe tale effetto tipico

    (applicando la tutela obbligatoria, infatti, il Giudice dichiara risolto il rapporto di lavoro).

    ILICENZIAMENTI INEFFICACI di Cosimo FranciosoSintesi delle novit

    Nei sistemi giuridici moderni gli atti negoziali dei privati sono generalmente liberi ma talvolta laloro efficacia dipende, per volont della legge, dal rispetto di apposite formalit, sancite caso percaso. Conseguentemente la violazione delle formalit previste dalla legge comporta linefficaciadellatto negoziale, cio linidoneit dello stesso a realizzare gli effetti voluti.Il licenziamento un tipico atto negoziale del datore di lavoro, finalizzato a porre nel nulla il

    contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con un proprio dipendente.Come si vedr meglio nella scheda di approfondimento, la nuova legge sui licenziamenti non seguecon coerenza questo schema giuridico violazione di formalit = inefficacia = inutilit dellatto

    privato ma, al contrario, sanziona di fatto questo tipo di anomalie, almeno in prima battuta, con lasanzione economica meno grave tra tutte quelle previste, consentendo al licenziamento di realizzareugualmente il suo scopo.Per approfondire il tema necessario uno schema riassuntivo delle diverse sanzioni che la nuovalegge prevede, schema riassuntivo che potrebbe essere il seguente:A) licenziamenti vietati, perch illeciti, con conseguente pronuncia di nullit ad opera del giudice:tutela reintegratoria piena (posto di lavoro e retribuzioni dal licenziamento alla reintegrazione);

    B) licenziamenti intollerabili, perch ingiustificati (e quindi annullabili per carenza dei fatti indicatia sostegno della giusta causa o del giustificato motivo nella lettera di licenziamento): tutelareintegratoria ridotta (posto di lavoro e retribuzioni intermedie ma con il limite massimo di 12mensilit);C) licenziamenti tollerati, perch ritenuti non del tutto ingiustificati (e perci indennizzabili consomme che vanno da 12 a 24 mensilit, ma previa dichiarazione di risoluzione del rapporto ad operadel giudice): tutela economica forte;D) licenziamenti formalmente scorretti, con conseguente dichiarazione di inefficacia ad opera delgiudice, ma con differenziato sistema sanzionatorio, alternativamente finalizzato sulla base della

    domanda del dipendente licenziato a sanzionare o soltanto il vizio di forma, con somme chevanno da 6 a 12 mensilit, oppure a sanzionare leventuale difetto di giustificazione sostanziale:

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    tutela economica debole, oppure (secondo gli esiti della verifica giudiziaria) una delle precedenti treforme di tutela maggiore.

    Scheda di approfondimento

    I tre casi ricondotti dalla legge nellambito dellinefficacia, cio allultimo dei quattro gradini dello

    schema riassuntivo che precede, sono i seguenti:1) la violazione del requisito della motivazione che si vuole contestuale allintimazione dellicenziamento, requisito introdotto da questa stessa legge al comma 37 dellart. 1;2) la violazione del requisito della preventiva contestazione degli addebiti disciplinari, requisito datempo previsto dallart. 7 della legge n. 300/70;3) la violazione del requisito della preventiva procedura nei licenziamenti per giustificato motivooggettivo, i licenziamenti c.d. economici, requisito introdotto da questa stessa legge al comma 40.Cominciamo da questultimo caso.La nuova legge ha introdotto la novit consistente nel fatto che i licenziamenti motivati per ragioniaziendali, quindi per profili oggettivi che prescindono da fatti del lavoratore, devono essere

    preceduti da una comunicazione alla Direzione territoriale del Lavoro, che a sua volta deveconvocare le parti per esaminare i motivi e, con partecipazione attiva della commissione, devetentare la conciliazione delle parti, esaminando anche soluzioni alternative al licenziamento.Ebbene, dopo avere previsto questa importante novit, poi per ne sanziona lomissione con unapenale (che pu andare da 6 a 12 mensilit) a carico del datore di lavoro inosservante. Tuttavia lanuova legge subito dopo aggiunge: a meno che il giudice, sulla base della domanda dellavoratore, accerti che vi un difetto di giustificazione del licenziamento; nel qual caso applica, inluogo della tutela economica debole, una delle altre tre tutele maggiori, a seconda delle risultanzefinali della causa.

    Laltro caso, procedendo a ritroso rispetto allelencazione, quello storico del licenziamento permancanze, quindi per fatti gravi commessi dal lavoratore, licenziamento che dopo il 1970 (Statutodei Lavoratori) non poteva essere convalidato dal giudice se quei fatti, posti a base dellicenziamento disciplinare (o per mancanze), non erano stati preventivamente contestati allavoratore per dargli la possibilit di difendersi dalle accuse prima ancora del licenziamento.Se il datore di lavoro ometteva di contestare prima i fatti e se non consentiva allincolpato direplicare entro cinque giorni (termine minimo a difesa), il licenziamento era nullo per violazione dilegge e i fatti commessi, gravi o meno che fossero, non avevano pi alcun rilievo per il giudice,tenuto comunque a reintegrare il dipendente.Ora, invece, se il datore di lavoro dovesse procedere al licenziamento per mancanze, indicandodirettamente e per la prima volta nella stessa lettera di licenziamento i fatti dei quali il lavoratoreviene incolpato (o non consentendo il regolare svolgimento della procedura), la reintegrazione nonscatter pi in automatico, per la sola violazione del dovere di preventiva contestazione, che purerimane scritto nellart. 7 della L. 300/70, ma potr scattare (di sicuro) la sanzione economicadebole (quella cio da 6 a 12 mensilit). Inoltre, ma solo se il lavoratore lo richieder in causa,

    potr scattare una delle altre tre forme di tutela maggiore, sempre che il giudice poi accerti ildifetto di giustificazione del licenziamento, accerti cio che il lavoratore non ha commesso i fattidi cui viene incolpato, oppure che ha commesso fatti non sanzionabili con il licenziamento. Illavoratore dovr decidere dunque se fermarsi alle formalit violate, avendo in cambio con certezza

    e subito poche mensilit, oppure addentrarsi oltre per chiedere la maggiore tutela, con i conseguentitempi pi lunghi.

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    Il terzo e ultimo caso quello del licenziamento che non venga motivato contestualmenteallintimazione: il c.d. licenziamento muto.Prima della nuova legge, in casi come questi, il lavoratore poteva richiedere la specificazione deimotivi e, se il datore di lavoro non provvedeva entro un certo termine, il licenziamento diventava(ancora) inefficace, ma la sanzione dellinefficacia era quella della reintegrazione in sevizio del

    dipendente, con tutte le retribuzioni intermedie. Ora invece, in prima battuta, la sanzione quelladella tutela economica debole, cio da 6 a 12 mensilit, ma (anche in questo caso) a meno che ilgiudice, sulla base della domanda del lavoratore accerti che vi anche un difetto di giustificazionesostanziale del licenziamento. Il lavoratore dovr dunque decidere, anzi questa volta il suoavvocato, come far emergere la motivazione effettiva, ma tuttavia dovendosi difendere al buio,valutando anche lopportunit di un ricorso parimenti muto, ma completo nelle conclusioni.

    CONTRASTO ALLE DIMISSIONI IN BIANCO di Velia AddonizioSintesi delle novit

    Con il termine dimissioni in bianco si indica una pratica, in realt molto pi diffusa di quanto

    correntemente si pensi e si dica, per la quale il datore di lavoro induce la lavoratrice/lavoratore asottoscrivere le proprie dimissioni dal rapporto di lavoro a prescindere dalla sua reale volont, senzalindicazione della data, spesso al momento dellassunzione.Si ricorre, tra laltro, a tale prassi fraudolenta nei casi di eventi sgraditi, che dovessero verificarsidurante il rapporto di lavoro quali malattie, infortuni, ma soprattutto gravidanze. LISTAT con irapporti annuali ha raccolto dati numerici sullincidenza delle c.d. dimissioni in bianco nei casi diinterruzioni del lavoro per la nascita di un figlio: negli anni 2008-2009 800 mila lavoratrici madrihanno dichiarato di essere state indotte a dimettersi dal loro posto di lavoro a seguito dellagravidanza.

    Larticolo 55 del disegno di legge governativo n. 3249 nella stesura originale, (prima dellemodifiche apportate dal Senato) sintitolava Tutela della maternit e paternit e contrasto delfenomeno delle dimissioni in bianco.Il provvedimento poi approvato dal Parlamento vede applicata quella tecnica normativa, invalsanegli ultimi anni, che compone le norme in pochi articoli poi suddivisi in decine (a volte centinaia)di commi. Cos, sparito il titolo Tutela della maternit e paternit e contrasto del fenomeno delledimissioni in bianco, che quantomeno dava un riconoscimento formale allesistenza di unfenomeno grave e fraudolento.Il testo oggi in vigore ricompreso nei commi da 16 a 23 dellarticolo 4 della c.d. legge Fornero. Ilsedicesimo comma modifica il quarto comma dellart.55 del Decreto legislativo 26 marzo 2001n.151, disposizioni in materia di tutela e sostegno della maternit e della paternit, che prevedevache le dimissioni rassegnate dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza e dalla lavoratrice odal lavoratore durante il primo anno di vita del bambino o nel primo anno di accoglienza del minoreadottato o in affidamento, dovessero essere convalidate dal servizio ispettivo del Ministero dellavoro, competente per territorio e che la risoluzione del rapporto di lavoro era condizionata allaconvalida.Il nuovo comma quarto dellart. 55 del d.lgs n.151/2001 prevede che la risoluzione consensuale delrapporto di lavoro ovvero le dimissioni (oggi equiparati), presentate dalla lavoratrice durante il

    periodo di gravidanza, dalla lavoratrice-madre ed esteso al lavoratore-padre, durante i primi tre anni

    di vita del bambino o nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento, o, incaso di adozione internazionale, nei primi tre anni dallingresso del minore nel nucleo familiare,

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    devono essere convalidate dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche socialicompetente per territorio. La convalida espressamente prevista quale condizione sospensivadellefficacia della risoluzione del rapporto di lavoro.Il diciassettesimo comma dellart. 4 regolamenta le dimissioni/risoluzione consensuale presentatedalle lavoratrici e dai lavoratori in generale, al di fuori dellipotesi di cui allart. 55, comma 4 del

    citato testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n.151: viene introdotta la convalida equesta dovr effettuarsi davanti la Direzione territoriale del lavoro o il centro per limpiegoterritorialmente competenti, ovvero presso le sedi individuate dai contratti collettivi nazionalistipulati dalle OO.SS. comparativamente pi rappresentative a livello nazionale.In alternativa (comma diciottesimo) lefficacia delle dimissioni/risoluzione consensuale delrapporto di lavoro sottoposta alla condizione sospensiva della sottoscrizione di appositadichiarazione da parte della lavoratrice/lavoratore, apposta in calce alla ricevuta di trasmissionedella comunicazione di cessazione del rapporto di lavoro ex art. 21 Legge n. 264/1949 e successivemodificazioni. Il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali potr con decreto non regolamentareindividuare ulteriori e pi semplificate modalit di accertamento dellautenticit della data e della

    volont dimissionaria della lavoratrice o del lavoratore.Dunque, nei casi di cessazione del rapporto di lavoro per dimissioni, ovvero per risoluzioneconsensuale, il rapporto si intende risolto (perch si considera avverata la condizione sospensivadellefficacia):1) per inerzia della lavoratrice/lavoratore, qualora questi non proceda alla convalida nei modi

    previsti dai commi 17 e 18;2) qualora la lavoratrice/lavoratore non aderisca entro sette giorni, dalla ricezione, allinvito a

    presentarsi presso le sedi stabilite (Direzione territoriale del lavoro, Centro per limpiego, sediindividuate dai Contratti Collettivi Nazionali);

    3) qualora la lavoratrice/lavoratore non aderisca entro sette giorni, dalla ricezione, allinvitotrasmesso dal datore di lavoro con comunicazione scritta (al domicilio della lavoratrice o dellavoratore indicato nel contratto di lavoro o ad altro domicilio formalmente comunicato al datore dilavoro, ovvero consegnata a mani della lavoratrice o del lavoratore, sottoscritta da questi perricevuta) a sottoscrivere la dichiarazione in calce alla comunicazione di cessazione del rapporto dilavoro ex art. 21 Legge n. 264/1949 e successive modificazioni;4) qualora la lavoratrice/lavoratore non effettui la revoca delle dimissioni o della risoluzioneconsensuale entro sette giorni dalla ricezione dellinvito a convalidare.

    Scheda di approfondimento

    Il comma 21 introduce la possibilit per la lavoratrice/lavoratore di revocare le dimissioni o larisoluzione consensuale: entro sette giorni, che possono sovrapporsi al periodo di preavviso, dalricevimento dellinvito a convalidare le dimissioni o la risoluzione consensuale, la revoca puessere comunicata in forma scritta; dal giorno successivo alla comunicazione della revoca siricostituisce il rapporto di lavoro e per il periodo intercorrente tra il recesso e la revoca, se non vi stata prestazione lavorativa, non matura alcun diritto retributivo.Eventuali pattuizioni stabilite al momento delle dimissioni o risoluzione consensuale in caso direvoca perdono efficacia con conseguente obbligo in capo alla lavoratrice/ lavoratore di restituiretutto quanto eventualmente percepito in forza di esse.

    Infine, il comma 23 prevede a carico del datore di lavoro che abusi del foglio firmato in biancodalla lavoratrice/ lavoratore al fine di simulare le dimissioni o la risoluzione consensuale una

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    sanzione amministrativa da 5.000,00 ad 30.000,00, il cui accertamento di competenza delleDirezioni territoriali del lavoro.

    Integrazioni al Cap. IX, Sez. C - IL CONTRATTO DI APPRENDISTATO diLorenzo GiasantiSintesi delle novit

    La legge n. 92/2012 interviene con diversi correttivi anche in materia di apprendistato, nonostante larecente riforma dellistituto del settembre 2011. Nel disegno del governo Monti lapprendistatodovrebbe diventare il canale privilegiato di accesso dei giovani al mondo del lavoro (art. 1, comma1, lett. b, l. n. 92/2012).Tra le modifiche pi significative due sono vere e proprie novit per listituto in questione. In

    particolare stata prevista una durata minima del contratto di apprendistato, che non pu ora essereinferiore a 6 mesi, con una specifica eccezione per i lavoratori stagionali per i quali viene lasciataalla contrattazione collettiva la possibilit di provvedere altrimenti (art. 1, comma 16, lett. a). Vienealtres inserita la condizione, per poter assumere nuovi apprendisti, che almeno il 50% (30% nei

    primi tre anni di attuazione della legge) degli apprendisti alle dipendenze di un datore di lavoro

    prosegua il rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato, anche se nel corso delliterdiapprovazione stata poi prevista lapplicazione di tale norma ai soli datori di lavoro con dieci o pidip