IL SISTEMA EDILIZO materiali componenti 1 - laboratorio 3C · Nel caso della marna da cemento si...

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IL SISTEMA EDILIZO

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materiali&componenti

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materiali usati in edilizia

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CALCESTRUZZO

ACCIAIO

LATERIZIO

LEGNO

VETRO

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SOSTENIBILITA’ DEI MATERIALI DA COSTRUZIONE

UNITA’ DI MISURA

MJ/mq anno

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IL CEMENTO PORTLAND

Il cemento Portland è il tipo di cemento più utilizzato, ed è usato come legante nella preparazione del calcestruzzo.Il cemento Portland è il prodotto che si ottiene dalla macinazione del clinker, con l'aggiunta di gesso nella quantità necessaria per regolarizzare il processo di idratazione. L'analisi microscopica eseguita su pezzi di cemento scorificato ha rilevato la presenza di quattro componenti principali e precisamente l'alite (silicato tricalcio), la belite (silicato bicalcico), la celite (alluminato tricalcico) e la brownmillerite (alluminato ferrito tetracalcico).Fu inventato nel 1824 in Inghilterra dal muratore Joseph Aspdin e deve il nome alla somiglianza nell'aspetto con la roccia di Portland, un'isola nella contea di Dorset (Inghilterra).

Le fasi del processo per la produzione del cemento sono le seguenti:

Estrazione materie primeControllo caratteristiche materie primeFrantumazionePreomogeneizzazioneEssiccazione e macinazione materie prime per produzione della miscela cruda ("farina")Controllo caratteristiche della farinaDeposito e omogeneizzazione della farinaPreparazione dei combustibiliCottura clinkerControllo caratteristiche del clinkerDeposito clinkerDeposito costituenti e additiviControllo caratteristiche dei costituentiDeposito additivi cromoriducentiMacinazione cementoControllo caratteristiche dei cementi prodottiDeposito nei silos dei cementiInsaccamentoControllo di conformità del cemento CESpedizione sfuso e sacchi.

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IL CEMENTO PORTLAND

Le materie prime per la produzione del Portland sono minerali contenenti: ossido di calcio CaO (44%), ossido di silicio SiO2 (14,5%), ossido di alluminio Al2O3 (3,5%), ossido di ferro Fe2O3 (2%) e ossido di magnesio MgO (1,6%). L'estrazione avviene in miniere, in sotterraneo o a cielo aperto, poste in prossimità della fabbrica, che in genere hanno già la composizione desiderata, mentre in alcuni casi è necessario aggiungere argilla o calcare, oppure minerale di ferro, bauxite o altri materiali residui di fonderia.

Nel caso della marna da cemento si parla di miniere (anche in scavi a cielo aperto) e non di cave (anche se in sotterraneo), poiché la marna viene "coltivata" in regime di concessione mineraria e non di autorizzazione (come nel caso delle cave).

La miscela viene riscaldata in un forno speciale costituito da un enorme cilindro (chiamato Kiln) disposto orizzontalmente con leggera inclinazione e ruotante lentamente. La temperatura cresce lungo il cilindro fino a circa 1480 °C; la temperatura è determinata in modo che i minerali si aggreghino ma non fondano e vetrifichino. Nella sezione a temperatura minore il carbonato di calcio (calcare) si scinde in ossido di calcio e biossido di carbonio (CO2). Nella zona ad alta temperatura l'ossido di calcio reagisce con i silicati a formare silicati di calcio (CaSiO3 e Ca2Si2O5). Si forma anche una piccola quantità di alluminato tricalcico (Ca3Al2O6) e di alluminato ferrito tetracalcico (C4AF, risultato della reazione 4CaO+Al2O3+Fe2O3). Il materiale risultante è complessivamente denominato clinker. Il clinker può essere conservato per anni prima di produrre il cemento, a condizione di evitare il contatto con l'acqua.

L'energia teorica necessaria per produrre il clinker è di circa 1700 Joule per grammo, ma a causa delle dispersioni il valore è molto più alto e può arrivare fino a 3000 Joule per grammo. Questo comporta una grande richiesta di energia per la produzione del cemento, e quindi un notevole rilascio in atmosfera di biossido di carbonio, gas ad effetto serra. Il quantitativo di biossido di carbonio rilasciato in atmosfera è mediamente pari a 1,05 kg di CO2 per 1 kg di clinker di cemento Portland prodotto.

Per migliorare le caratteristiche del prodotto finito al clinker viene aggiunto circa il 2% di gesso o di solfato di calcio e la miscela è finemente macinata. La polvere ottenuta è il cemento pronto per l'uso. Il cemento ottenuto ha una composizione del tipo:64% ossido di calcio21% ossido di silicio6,5% ossido di alluminio4,5% ossido di ferro1,5% ossido di magnesio1,6% solfati1% altri materiali, tra cui soprattutto acqua

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IL CEMENTO PORTLAND

Quando il cemento Portland viene miscelato con l'acqua, il prodotto solidifica in alcune ore e indurisce progressivamente nell'arco di diverse settimane. L'indurimento iniziale è provocato dalla reazione tra acqua, gesso e l'alluminato di tricalcio, a formare una struttura cristallina di alluminato di calcio idrato (CAH), ettringite (Aft) e monosolfato (Afm). Il successivo indurimento e lo sviluppo di forze interne di tensione deriva dalla più lenta reazione dell'acqua con il silicato di tricalcio, a formare una struttura amorfa chiamata silicato di calcio idrato (CSH gel). In entrambi i casi le strutture avvolgono e legano i singoli granuli di materiale presenti. Un'ultima reazione produce il gel di silice (SiO2). Tutte e tre le reazioni sviluppano calore.Con l'aggiunta al cemento di particolari materiali (calcare e calce) si ottiene il cemento plastico, di più rapida presa e maggiore lavorabilità. La malta preparata usando una miscela di cemento Portland e calce è nota come malta bastarda. Questo materiale è usato in particolare per rivestire le superfici esterne degli edifici (intonaco). Il cemento normale non si presta infatti ad essere spalmato.Nel 2004 i principali produttori mondiali di cemento Portland con aziende in tutto il mondo e anche in Italia, sono la Lafarge Francia, la Holcim Svizzera e la Cemex Messico, italcementi Italia.

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CLASSI DI RESISTENZA DEI CEMENTI

La classe di resistenza del cemento dipende dalla finezza di macinazione dello stesso e dalla percentuale di silicato tricalcio rispetto a quello bicacalcico; maggiore è la finezza di macinazione del cemento e maggiore è il tenore di silicato tricalcico rispetto a quello bicalcico più rapido è lo sviluppo della resistenza meccanica.

Ogni tipo di cemento è potenzialmente disponibile in sei diverse classi di resistenza normalizzata (a 28 gg).Per ogni classe di resistenza normalizzata si definiscono due classi di resistenza iniziale(2-7 gg):la prima con resistenza iniziale ordinaria contrassegnata con la lettera N;la seconda con resistenza iniziale elevata contrassegnata con la lettera R.Pertanto secondo le UNI EN 197/1 esistono le seguenti classi di resistenza del cemento:

Classe 32,5N: resistenza a compressione iniziale a 7 gg ≥ 16; resistenza a compressione standard a 28 giorni ≥ 32,5 ≤ 52,5Classe 32,5R: resistenza a compressione iniziale a 2 giorni ≥ 10; resistenza a compressione standard a 28 giorni ≥ 32,5 ≤ 52,5Classe 42,5N: resistenza a compressione iniziale a 2 giorni ≥ 10; resistenza a compressione standard a 28 giorni ≥ 42,5 ≤ 62,5Classe 42,5R: resistenza a compressione iniziale a 2 giorni ≥ 20; resistenza a compressione standard a 28 giorni ≥ 42,5 ≤ 62,5Classe 52,5N: resistenza a compressione iniziale a 2 giorni ≥ 20; resistenza a compressione standard a 28 giorni ≥ 52,5Classe 52,5R: resistenza a compressione iniziale a 2 giorni ≥ 30; resistenza a compressione standard a 28 giorni ≥ 52,5.

I numeri rappresentano la resistenza a compressione, espressa in MPa, che devono avere provini cubici preparati in modo standardizzato con rapporto a/c pari a 0,5 e rapporto sabbia/cemento pari a 3. È importante sottolineare che tale resistenza è da intendersi a rottura.I tempi di inizio presa per ogni classe di resistenza normalizzata sono i seguenti:

Classe 32,5: t ≥ 75 min;Classe 42,5: t ≥ 60 min;Classe 52,5: t ≥ 45 min;

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SICUREZZA E RISCHI PER LA SALUTE

ALCALINITÀQuando il cemento Portland è unito all'acqua, la miscela formata è molto alcalina (circa pH 13) a causa della liberazione di idrossidi di calcio, sodio e potassio. Sulla pelle ha un effetto caustico e in caso di contatto occorre lavare immediatamente con abbondante acqua. È opportuno utilizzare guanti ed occhiali per proteggere gli occhi dagli spruzzi. Una volta indurito, il cemento può essere toccato senza problemi.

PRESENZA DI CROMONel cemento può essere contenuta una certa quantità di cromo esavalente. Ormai in molti paesi il contenuto di cromo esavalente è regolamentato. Per esempio in Europa, secondo la normativa della comunità europea, non deve superare le 2 parti per milione (mg/kg). Il cromo metallico può essere contenuto in quantità superiori.Ad oggi sono immessi nel cemento sfuso degli additivi che trasformano il cromo esavalente (cancerogeno-mutageno) in cromo trivalente (non dannoso). Questi additivi hanno un tempo di efficienza che varia da tre a sei mesi. La direttiva Europea 2003/53/CE, recepita in Italia attraverso il decreto ministeriale della salute D.M. 10 maggio 2004, proibisce la commercializzazione e l’impiego di cemento o di preparati contenenti cemento che, quando idrati, contengono più dello 0,0002% (2 ppm) di cromo idrosolubile esavalente, determinato come percentuale in massa sul cemento secco. Tale decreto previene alcune problematiche relative alla possibilità di dermatiti allergiche da contatto e rischi legati al fatto che il Cr VI è cancerogeno per l’uomo.Il cromo totale (stato di ossidazione II e III) presente nel clinker Portland è compreso tra 0,002% e 0,02%, rispettivamente 20 e 200 ppm. Tale valore deriva essenzialmente dai materiali argillosi, in minima parte dai combustibili, dai corpi macinanti del molino del crudo e dai refrattari.Durante il processo di cottura del clinker tutto il cromo totale viene ossidato, ed alle condizioni termodinamiche presenti in zona, la specie più stabile è il Cr III, insolubile, e quindi non pericoloso per la salute. Durante la fase di raffreddamento una parte di Cr III si ossida in Cr IV e Cr V. Quindi nel clinker Portland il cromo è presente in tre stati di ossidazione (+3, +4, +5). Di tutto il cromo presente solo una parte è legato alle fasi del clinker (77%-93%), mentre la restante parte (dal 7%al 23%) può essere facilmente solubilizzata, tranne il Cr III che è insolubile, come detto precedentemente. Le due specie solubili in acqua, Cr IV e CrV, non sono stabili e quindi disproporzionano a Cr III insolubile e Cr VI solubile.Affinché venga rispettato il D.M 10 maggio 2004 è necessario aggiungere un agente cromo riducente. Comunemente l’agente riducente di maggior utilizzo è il solfato ferroso ma sono state individuate e realizzate altre soluzioni molto promettenti (additivi a base di antimonio, di-trisolfuro di sodio, solfato ferroso monoidrato, solfato stannoso). Il solfato ferroso viene dosato allo 0,25-0,3% circa e non influenza minimamente le reazioni di idratazione del cemento ma a contatto con l’aria si carbonata perdendo il suo potere riducente nei confronti del cromo esavalente. Per questo motivo sui sacchi deve essere indicata la data di confezionamento e il periodo di conservazione durante il quale il contenuto di cromo VI idrosolubile resta inferiore allo 0,0002% del peso totale a secco del cemento.

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INQUINAMENTO

Un impianto di produzione di cemento negli anni trenta poteva avere importanti effetti sulla salute a causa delle sostanze rilasciate dai processi di lavorazione, oltre che dalle attività accessorie (traffico di camion, estrazione con esplosivi). Al giorno d'oggi l'evoluzione della tecnologia e la legislazione adottata da tutti i principali paesi sviluppati ha permesso di ridurre tali rischi. In particolare la cottura del clinker richiede grandi quantità di combustibile, normalmente pet-coke (prodotto derivato dal petrolio), che provoca una emissione di inquinanti, tra cui gas serra:ossidi di azoto (NOx)biossido di zolfo (SO2)monossido di carbonio (CO)biossido di carbonio (CO2) composti organici volatili e polveri fini (PM10 e PM2,5).

I cementifici, a differenza degli inceneritori, raggiungono temperature di combustione pari a 1400 °C, ossia temperature che evitano la formazione di diossina, a differenza degli inceneritori che lavorano con temperature di combustione inferiori ai 1000 °C, quindi con il potenziale rischio di emissioni di diossina.Non indicato il coincenerimento dei rifiuti nei cementifici perché il materiale di scarto o il cdr può essere solamente immesso tramite la zona di precalcinazione che ha temperature di circa 800 °C decisamente troppo basse e troppo pericolose.I cementifici, per legge, sono tutti equipaggiati con sistemi di abbattimento dei fumi di combustione quali filtri a maniche per altissime temperature: la grande quantità d’aria necessaria per bruciare i combustibili fossili agisce diluendo gli inquinanti contenuti nei rifiuti e quindi nelle emissioni al camino. Nonostante l'assenza di trattamenti specifici nei confronti di diossine e mercurio si registrano concentrazioni di inquinanti ben inferiori ai valori minimi imposti dalle norme di legge (normativa europea).I registri europei INES/EPER confermano che non vi sono significative emissioni di piombo, mercurio, ammoniaca.

La marcatura CE non rappresenta un marchio di qualità del prodotto ma sta a significare che il prodotto soddisfa i requisiti essenziali previsti per quel prodotto e per l'impiego previstoPer il cemento è previsto un solo sistema di attestazione di conformità CE:livello 1+: è richiesta la Dichiarazione di Conformità CE alla norma UNI EN 197 rilasciata dal Produttore accompagnata dal Certificato di Conformità del Prodotto alla norma UNI EN 197 rilasciata da un organismo notificato.Generalmente la marcatura CE avviene mediante l'apposizione di un'etichetta direttamente sui prodotti, o sull'imballaggio ovvero mediante stampa dell'etichetta sul Documento di Trasporto (DDT).

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IL CALCESTRUZZO

l calcestruzzo è un conglomerato artificiale costituito da una miscela di legante, acqua e aggregati (sabbia e ghiaia) e con l'aggiunta, secondo le necessità, di additivi e/o aggiunte minerali che influenzano le caratteristiche fisiche o chimiche del conglomerato sia fresco che indurito.Attualmente il legante utilizzato per confezionare calcestruzzi è il cemento, ma in passato sono stati realizzati calcestruzzi che utilizzavano leganti differenti come la calce aerea o idraulica.Raramente è stato utilizzato anche il gesso per realizzare calcestruzzi "poveri".Il calcestruzzo fresco viene gettato all'interno dei casseri e costipato con vibratori, ma esistono formulazioni moderne del calcestruzzo dette autocompattanti (SCC) che non richiedono la costipazione.Il cemento, idratandosi con l'acqua, fa presa e indurisce conferendo alla miscela una resistenza tale da renderla assimilabile ad una roccia.

Il conglomerato cementizio, come tutti i materiali lapidei, ha una buona resistenza a compressione, cioè si comporta discretamente quando è sottoposto a sforzi di compressione, mentre il suo comportamento agli sforzi di trazione diretta o di trazione per flessione è notevolmente scadente.Per questi tipi di sollecitazione viene sfruttato l'ottimo connubio con l'acciaio, utilizzato sotto forma di tondini, a cui si demanda l'assorbimento degli sforzi di trazione, dando origine così al materiale composito notoriamente indicato con il nome di CALCESTRUZZO ARMATO.

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RESISTENZA DEL CALCESTRUZZO ARMATO

La parte inferiore della trave è sottoposta a forte trazione. Tale sforzo puo’ generare fessurazione della trave in corrispondenza della superficie inferiore. Per evitare la deformazione della trave è necessario opporre allo sforzo di tensione una forza uguale e contraria, quindi di compressione.

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RESISTENZA DEL CALCESTRUZZO ARMATO

La parte inferiore della trave è sottoposta a forte trazione. Tale sforzo puo’ generare fessurazione della trave in corrispondenza della superficie inferiore. Per evitare la deformazione della trave è necessario opporre allo sforzo di tensione una forza uguale e contraria, quindi di compressione.

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CLASSI DI RESISTENZA DEL CALCESTRUZZO

Il calcestruzzo è classificato in classi di resistenza in base alla resistenza a compressione, espressa come resistenza caratteristica Rck oppure fck.La resistenza caratteristica Rck viene determinata sulla base dei valori ottenuti da prove di compressione monoassiale su provini cubi di 150 mm di lato (H/D=1), maturati 28 giorni; la resistenza caratteristica fck viene determinata invece utilizzando provini cilindrici di 150 mm di diametro e 300 mm di altezza (H/D=2).Tra i due valori esiste la seguente relazione:fck = 0,83 Rck (per H/D≥2)la differenza tra i due valori dipende fondamentalmente dal diverso stato tensionale che si genera nel provino a seguito delle prove di compressione, che dipende dal fatto che i provini cubici sono tozzi mentre quelli cilindrici sono snelli. Le norme UNI EN 206 – 2006 e UNI 11104:2004, che sono state recepite dal D.M. 14 gennaio 2008, attualmente in vigore e pertanto sono divenute cogenti anche dal punto di vista legale per tutte le opere in c.a.,e c.a.p.regolamentate dalla Legge n. 1086/1971, individuano per i calcestruzzo normale e pesante (per il calcestruzzo leggero si vedano le norme) le seguenti classi:C8/10C12/15C16/20C20/25C25/30C28/35C30/37C32/40C35/45C40/50C45/55C50/60C55/67C60/75C70/85C80/95C90/105C100/120

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CLASSI DI RESISTENZA DEL CALCESTRUZZO

Per ogni classe di resistenza, il primo dei valori rappresenta fck e il secondo Rck, ambedue espressi N/mm2.Nel caso in cui nel progetto di miscela si debba prevedere una determinata percentuale di vuoti d'aria, di norma 4-6%, al fine di garantire al calcestruzzo una migliore resistenza ai cicli di gelo/disgelo, i valori della resistenza caratteristica devono essere ridotti di circa il 20%.Per calcestruzzi con classe maggiore C60/75, la miscela deve essere oggetto di prequalifica, mentre i calcestruzzi superiori a C80/95 devono essere autorizzati dal Consiglio Superiore dei LL.PP..In base ai valori della resistenza caratteristica a compressione, i calcestruzzi sono suddivisi nei seguenti campi:calcestruzzo non strutturale: C8/10 - C12/15calcestruzzo ordinario (NSC - Normal Strenght Concrete): C16/20 C45/55calcestruzzo ad alte prestazioni(HPC): C50/60 - C60/75calcestruzzo ad alta resistenza(HSC): C70/85 - C100/115

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PREDIMENSIONAMENTO:

TRAVI EMERGENTI:

LA LARGHEZZA USUALE DELLE TRAVI EMERGENTI È COMPRESA TRA 15 E 40 CM. LA DIMENSIONE PIÙ COMUNE È 30 CM.IN LINEA DI MASSIMA LA BASE DELLA TRAVE È PARI ALLA LARGHEZZA DEL PILASTRO OPPURE È PIÙ SOTTILE

UN CRITERIO GROSSOLANO PER DIMENSIONARE L’ALTEZZA DI UNA TRAVE PORTANTE È:N H = L/(10 ÷12)

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PREDIMENSIONAMENTO:

TRAVI A SPESSORE:

L’ALTEZZA DI UNA TRAVE A SPESSORE È PARI A QUELLA DEL SOLAIO. IN CASO DI TRAVE PORTANTE UNA REGOLA GROSSOLANA PERMETTE DI DIMENSIONARNE LA BASE COME: B = L/6

NELLA PRATICA, LA LARGHEZZA DI UNA TRAVE A SPESSORE VARIA TRA I 60 E I 120 CM.

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ACCIAIO

è una lega composta principalmente da ferro e carbonio, quest'ultimo in percentuale non superiore al 2,11%: oltre tale limite, le proprietà del materiale cambiano e la lega assume la denominazione di ghisa.

PRODUZIONE

Nel mondo si producono ogni anno oltre 1 miliardo di tonnellate di acciaio, ottenute sia dal ciclo integrale con l'affinazione della ghisa dell'altoforno che con la fusione dei rottami ferrosi, e successivamente lavorate tramite diversi processi di produzione industriale, quali ad esempio la laminazione, la forgiatura, il trattamento termico e lo stampaggio.

MATERIE PRIME

Il processo industriale siderurgico comincia con l'estrazione dei minerali metalliferi contenenti il ferro (che non si trova allo stato puro in natura) dalle cave o dalle miniere. Come per molti metalli, si effettua la frantumazione dei minerali estratti ed una successiva macinazione. Questi vengono lavati da polveri ed impurità e categorizzati a seconda della concentrazione dei metalli contenuti mediante separazione magnetica o gravitazionale. Seguono poi le operazioni di flottazione, vagliatura,calibratura, essiccazione, calcinazione e arrostimento dei minerali. A questo punto i minerali di ferro sono stati ripuliti dalla maggior parte delle impurità e sono pronti per essere fusi negli altiforni.

CLASSIFICAZIONE DEGLI ACCIAI IN BASE AL TENORE DI CARBONIO

Il carbonio si presenta esclusivamente sotto forma di cementite o carburo di ferro. Le particelle di cementite presenti nella microstruttura dell'acciaio, in determinate condizioni, bloccano gli scorrimenti delle dislocazioni, conferendo all'acciaio caratteristiche meccaniche migliori di quelle del ferro puro.Gli acciai sono leghe sempre plastiche a caldo, cioè fucinabili, a differenza delle ghise. In base al tasso di carbonio gli acciai si dividono in:

extra dolci: carbonio compreso tra lo 0,05% e lo 0,15%;semidolci: carbonio compreso tra lo 0,15% e lo 0,25%dolci: carbonio compreso tra lo 0,25% e lo 0,40%;semiduri: carbonio tra lo 0,40% e lo 0,46%;duri: carbonio tra lo 0,60% e lo 0,70%;durissimi: carbonio tra lo 0,70% e lo 0,80%;extraduri: carbonio tra lo 0,80% e lo 0,85%.Gli acciai dolci sono i più comuni e meno pregiati.

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LA GHISA

La ghisa è una lega ferro-carbonio a tenore di carbonio relativamente alto (> 2,06% fino al 6%); è il prodotto finito risultante dai processi chimici e termici che avvengono all'interno dell'altoforno. L'altoforno è composto dal crogiolo (parte bassa) e dal tino (parte alta). La lavorazione nell'altoforno inizia con la preparazione della cosiddetta carica, ossia un composto a strati di minerale ferroso, coke e calcare, dopodiché questa è introdotta nella bocca dell'altoforno, sita sulla cima del tino, da montacarichi a piano inclinato. La disposizione della carica è a strati alterni di minerale ferroso, coke e calcare. L'aria calda proviene dal Cowper che è un tipo di scambiatore di calore rigenerativo in cui una corrente (d'aria) viene scaldata dal calore delle pareti divisorie di refrattario che a loro volta sono riscaldate dai gas usciti dalla bocca dell'altoforno. L'aria calda immessa nella parte bassa dell'altoforno reagisce sul coke che diventa subito incandescente grazie all'ossigeno in essa contenuto:C + O2 → CO2 (+ 97.000 cal)CO2 + C → 2COFeO + CO → Fe + CO2

Ossia viene separato l'ossigeno dal ferro presente nei minerali caricati. Quindi il ferro fuso per via delle alte temperature d'esercizio mescolandosi col carbonio del coke, si raccoglie nel crogiolo. La corrente dei gas caldi che defluisce dalla parte alta del tino (dell'altoforno) preriscalda i materiali appena immessi provocandone anche la disidratazione. L'estrazione della ghisa fusa (spillatura) e delle scorie avviene dal basso con l'altoforno acceso, in funzione. Lo spillaggio avviene solitamente ogni 2-3 ore, ma tra il caricamento e l'estrazione del prodotto finito si calcola che intercorrano 6 ore. Durante la colata della ghisa in siviera o carri siluro, all'esterno, il vento caldo proveniente dal Cowper viene arrestato (il crogiolo rimane caldo per circa un'ora senza aria calda). Il processo di produzione della ghisa è continuo, lo si interrompe solo quando il rivestimento refrattario dell'altoforno, dopo anni d'utilizzo, deve essere rifatto o riparato.

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PRODUZIONE DELL’ACCIAIO

All'uscita dall'altoforno la ghisa presenta un tasso di carbonio ancora elevato, superiore normalmente al 4%,quindi, allo stato liquido, viene inviata e trattata in apposite strutture (convertitori), e qui è decarburata; il carbonio si combina con l'ossigeno formando anidride carbonica.

Durante tutto il processo d'affinazione della ghisa in acciaio, si toccano temperature prossime ai 1750°C e non è necessario fornire ingenti quantità di calore, in quanto le reazioni di ossidazione di carbonio, manganese, ferro e soprattutto silicio, con formazione dei relativi ossidi, sono esotermiche e consentono al processo di autoalimentarsi.

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ACCIAIO STRUTTURALE O ACCIAIO DA COSTRUZIONE

Con questo termine si indica il tipo di acciaio utilizzato come materiale da costruzione nel campo dell'ingegneria civile e adoperato per la realizzazione di costruzioni metalliche: travi reticolari, tralicci, utilizzato come elemento strutturale portante;opere in calcestruzzo armato ordinario: acciaio da armatura ordinaria o lenta;opere in calcestruzzo armato precompresso: acciaio da carpenteria per la cosiddetta "armatura lenta" ed acciaio da precompressione per cavi, barre, trefoli (pre-tesi e post-tesi).

In particolare la resistenza meccanica, la duttilità, la fragilità, la resistenza fisico-chimica e la durabilità dell'acciaio influenzano pesantemente lo specifico settore di impiego ideale.

DESIGNAZIONE DELL'ACCIAIO STRUTTURALE

La norma UNI EN 10027-1 fissa i sistemi di designazione alfanumerica degli acciai.La designazione in base all'impiego ed alle caratteristiche meccaniche o fisiche (gruppo 1) prevede che l'acciaio strutturale sia definitivo con una sigla alfanumerica la cui prima è:

B: per acciaio da utilizzare per le opere in calcestruzzo armato ordinario;Y: per acciaio da utilizzare per le opere in calcestruzzo armato precompresso;S: per acciaio da utilizzare per le carpenterie metalliche.Successivamente viene riportato il valore della tensione di snervamento minima in N/mm2 (MPa). Infine la sigla riporta altre lettere che individuano l caratteristiche della acciaio ad esempio per gli acciai da carpenteria può essere riportato:JR: acciaio con resilienza minima di 27 J a 20°C.KR: acciaio con resilienza minima di 40 J a 20°C.

Pertanto una sigla S235JR indica un acciaio da carpenteria metallica con tensione di snervamento di 235 N/mm2 e resilienza non inferiore a 27 J.

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ACCIAIO STRUTTURALE O ACCIAIO DA COSTRUZIONE

I PROFILATISono prodotti profilati trafilati a caldo forniti in barre dritte.Hanno sezioni trasversali che ricordano delle lettere U, L, T, ecc.Per la realizzazione di strutture ed elementi portanti in acciaio si utilizzano una serie di profilati commerciali.Le fonderie infatti producono acciai da carpenteria seguendo precisi standard internazionali riguardo alla forma della sezione della barra; le più comuni sono:Sezioni a doppio TSezione a doppio T del tipo INP.Sono profilati costituiti da due ali a facce esterne parallele collegate con un'anima perpendicolare per mezzo di raccordi circolari.Le sezioni sono ottimizzate, ovvero quasi tutto il materiale esplica la sua resistenza sotto sollecitazione.Le prime applicazioni di profilati ottimizzati, una volta compreso che la semplice sezione rettangolare "sprecava" inutilmente materiale al centro, sono stati i binari.I profilati a doppio T sono di diversi tipi:IPE (UNI 5398-78), acronimo di European Profile (I richiama la forma): nei quali le facce interne delle ali sono parallele alle facce esterne. Le sezioni hanno l'altezza dell'anima circa doppia la larghezza delle ali. Sono indicate dalla dicitura IPE e sono seguite da un numero che indica l'altezza in millimetri (ad esempio IPE 100). Poiché hanno un'ellisse centrale d'inerzia molto allungata in direzione dell'anima, lavorano molto bene a flessione retta con asse di sollecitazione parallelo all'anima stessa. Travi IPE sono utilizzate ad esempio come nervature (dette putrelle) dei solai in acciaio. Proprio per la loro forma allungata gli IPE non lavorano bene come pilastri perché non garantiscono una affidabilità all'innesco dei fenomeni di instabilità.

HE (UNI 5397-78), ), acronimo di European Profile, (H richiama la forma): sezioni con base circa uguale all'altezza. Vengono prodotti in 3 tipi a seconda dello spessore crescente dell'ala che è comunque maggiore di quello dell'anima: a) A: serie leggere; b) B: serie media; M: serie pesante. Sono indicate dalla dicitura HE, seguita da una lettera indicante la serie e da un numero che indica l'altezza in millimetri (ad esempio HEA100). A parità di altezza un HEB100 è più pesante di un HEA100. Avendo un'ellisse centrale d'inerzia quasi rotonda sono molto utilizzati come pilastri poiché garantiscono un minor rischio di innesco di fenomeni di instabilità).

INP (UNI EU 5679-65), acronimo di Normal Profile (I richiama la forma): rispetto agli IPE sono caratterizzati dall'inclinazione (14%) della faccia interna dell'ala rispetto alla faccia esterna. Sono stati introdotti per migliorare l'andamento delle tensioni tangenziali ma hanno lo svantaggio di essere più pesanti e presentano problemi quando bisogna raccordarli ad altri profilati, per cui non sono usati frequentemente.

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ACCIAIO STRUTTURALE O ACCIAIO DA COSTRUZIONE

I PROFILATI

IPEHEA

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ACCIAIO STRUTTURALE O ACCIAIO DA COSTRUZIONE

I PROFILATI

LAMIERA GRECATA

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LATERIZIO

Il termine laterizio viene utilizzato per indicare tutta la gamma di prodotti tra cui il mattone, pieno e forato (laterizi forati), la pignatta, la tavella, la volterrana, il coppo, la tegola, ecc., utilizzati per le costruzioni edili (realizzazione dei muri verticali di tamponatura, tramezzi, dei solai, di coperture.

La produzione del laterizio si basa su una serie di operazioni che, pur se altamente industrializzate ed automatizzate, in linea di principio sono rimaste identiche da millenni.

PREPARAZIONE DELL’ARGILLAL’argilla proveniente dalla cava è spesso un prodotto naturale ineguale e poco omogeneo. Questa materia grezza deve essere trasformata in un impasto il più possibile uniforme che garantisca, con una lavorazione economica, un materiale finito di alto valore tecnico.Le varie fasi della lavorazione, schematizzabili in alimentazione-miscelazione-frantumazione-raffinazione-bagnatura-omogeneizzazione, non hanno una sequenza funzionale o cronologica: la loro sequenza può essere variata secondo le varie esigenze.

L’ESTRAZIONELa scelta della cava è un’operazione determinante per la qualità del prodotto finale. La qualità e la potenzialità del giacimento, le eventuali impurità contenute, l’umidità minima e massima del materiale sono elementi che determinano i modi di sfruttamento della cava stessa, le macchine più adatte per lo scavo ed il trasporto, la linea tecnologica dell’impianto.Le analisi sistematiche sulla natura della materia prima (chimiche, mineralogiche, granulometriche, di plasticità, di attitudine all’essiccazione ed all’efflorescenza ecc.) sono sempre utili ed a volte indispensabili per stabilire a priori eventuali miscele o i correttivi chimici da impiegare.

LA PRODUZIONELa fase "produzione" comprende la formatura del prodotto per estrusione o stampaggio e tutte le operazioni relative alla presa e al carico del materiale prodotto da avviare all’essiccatoio.La formatura può essere realizzata "a freddo" oppure "a caldo" con l’impiego del vapore, con impasti più o meno duri. Il materiale prodotto viene quindi tagliato nelle misure richieste, raggruppato e caricato automaticamente sulle attrezzature di supporto da inviare alla successiva fase di essiccazione.

L’ESSICCAZIONEUn tempo il materiale "verde" veniva essiccato prima all’aria e poi incastellato al di sopra del forno per recuperarne in parte il calore.Attualmente si usano essiccatoi artificiali, alimentati con aria calda prodotta da una sorgente di calore.In questa fase viene stabilizzata definitivamente la configurazione geometrica dei prodotti e conferita loro la necessaria resistenza meccanica per poter essere accatastati su carrelli e successivamente avviati alla cottura.

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LA COTTURA

La cottura dei laterizi segue un processo di preriscaldo del materiale. La cottura vera e propria, e il successivo raffreddamento consente il recupero parziale del calore di scambio generato. Gli scambi termici tra i gas all'interno del forno e il materiale stesso avvengono come in controcorrente.

La cottura avviene all'incirca tra i 900÷1200 °C. Un tempo i forni utilizzati erano a fuoco mobile, conosciuti come forni Hoffman, nei quali il materiale una volta depositato nel forno era fermo nella sua posizione mentre i bruciatori venivano mossi sul piano superiore della galleria secondo un ciclo che durava circa sei giorni. Oggi si utilizzano praticamente forni tunnel a fuoco fisso la cui galleria è attraversata da carrelli in acciaio con rivestimento refrattario sui quali sono posti i mattoni da cuocere. Il periodo di transito dei carrelli nel forno, uno dopo l'altro in fila continua, varia dalle 18 ore per il materiale leggero sino a 48 ore per il materiale pesante. La fase completa di cottura provoca la perdita di plasticità e lo sviluppo delle resistenze meccaniche. Fino ai 250 °C si perde l'acqua d'impasto, mentre, tra i 400 °C e i 600 °C si perde l'acqua di cristallizzazione. Tra gli 800 °C e in 900 °C il carbonato di calcio si decompone in ossido di calcio e anidride carbonica, mentre l'argilla si decompone in silice, allumina e acqua. La silice si combina così con l'allumina per formare la mullite (3Al2O32SiO2). L'eccesso di silice si combina in parte con l'ossido di calcio ed in parte rimane così. Tra i 1000÷1100 °C si ha invece un ritiro di cottura, una riduzione della porosità e il conseguente sviluppo delle resistenze meccaniche.I mattoni escono poi dal forno in controcorrente rispetto all'aria che entra dall'esterno nel forno per il suo funzionamento. In questo modo sono parzialmente raffreddati.Nei forni moderni nella zona successiva a quella di cottura si immette aria a temperatura ambiente (raffreddamento rapido); la temperatura viene abbassata fino a 650 °C circa. A 573 °C la silice libera subisce un passaggio di stato detto "inversione del quarzo" con diminuzione di volume, se questa soglia venisse superata rapidamente si avrebbero delle rotture nel materiale. Per questo motivo è opportuno che nell'arco da 650 °C a 500 °C la diminuzione di temperatura avvenga lentamente.

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CLASSIFICAZIONE

A seconda dell'aspetto e delle caratteristiche assunte dopo la cottura, i LATERIZI si suddividono in:

ALBASI: di colore chiaro, insufficientemente cotti, di scarsa resistenza meccanica e chimica;

MEZZANI: ben cotti che raggiungono un carico di rottura alla compressione di 150 kg/cm2;

FORTI: che raggiungono un carico di rottura alla compressione di 180 kg/cm2;

FERRIOLI: di colore scuro, troppo cotti, che presentano un inizio di scorificazione; hanno buone caratteristiche meccaniche, ma non sono porosi e sono spesso più o meno deformati. La carenza di porosità fa si che essi abbiano maggiori resistenze meccaniche, ma che aderiscano difficilmente alla malta cementizia una volta che sono messi in opera.

Bisogna fare molta attenzione a giudicare il mattone solo dal colore, infatti a seconda del tipo di argilla il colore può variare. Ad esempio, l'argilla tipica del forlivese, zona dove storicamente si è costruito molto in mattoni, dà luogo ad un caratteristico colore più chiaro, rosso forlivese o rosa forlivese. Ancora oggi, osservando i monumenti cittadini, si può facilmente capire quali siano costruiti con mattoni locali e quali con mattoni di importazione.In alcuni casi il mattone chiaro è un mattone cotto sopra i 980 °C, invece mattoni cotti a circa 800 °C appaiono rossi.Per quanto riguarda il mattone molto cotto dove non attacca la malta, bisogna dire che sono quei mattoni che arrivati ad altissime temperature, stanno per "rifondersi", e possono assumere anche il colore verde.Per capire se il mattone è ben cotto o meno, basta controllare l'assorbimento dell'acqua.

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PROVE

Come per tutti i materiali anche per i mattoni si eseguono delle prove atte a verificarne la qualità. Le norme della serie EN 772 (in seguito recepite in Italia come UNI EN) definiscono le metodologie di prova sugli elementi da muratura:

UNI EN 772-1:2002 - Metodi di prova per elementi di muratura - Determinazione della resistenza a compressione.UNI EN 772-2:2001 - Metodi di prova per elementi di muratura - Determinazione dell'area percentuale dei vuoti in elementi di muratura in calcestruzzo (metodo dell'impronta su carta).UNI EN 772-3:2000 - Metodi di prova per elementi di muratura - Determinazione del volume netto e della percentuale dei vuoti degli elementi di muratura di laterizio mediante pesatura idrostatica.UNI EN 772-4:2001 - Metodi di prova per elementi di muratura - Determinazione della massa volumica reale ed apparente e della porosità aperta e totale degli elementi di muratura in pietra naturale.UNI EN 772-5:2003 - Metodi di prova per elementi di muratura - Determinazione del tenore di sali solubili attivi degli elementi di muratura di laterizio.UNI EN 772-6:2002 - Metodi di prova per elementi di muratura - Determinazione della resistenza a trazione per flessione degli elementi di muratura di calcestruzzo.UNI EN 772-7:2000 - Metodi di prova per elementi di muratura - Determinazione dell'assorbimento d'acqua di strati impermeabili all'umidità di elementi di muratura di laterizio mediante bollitura in acqua.UNI EN 772-9:2001 - Metodi di prova per elementi di muratura - Determinazione del volume e della percentuale dei vuoti e del volume netto degli elementi di muratura in silicato di calcio mediante riempimento con sabbia.UNI EN 772-10:2001 - Metodi di prova per elementi di muratura - Determinazione del contenuto di umidità in elementi di muratura in silicato di calcio e in calcestruzzo aerato autoclavato.UNI EN 772-11:2001 - Metodi di prova per elementi di muratura - Determinazione dell'assorbimento d'acqua degli elementi di muratura di calcestruzzo, di materiale lapideo agglomerato e naturale dovuta alla capillarità ed al tasso iniziale di assorbimento d'acqua degli elementi di muratura di laterizio.

PROVA DI RESISTENZA A COMPRESSIONELa prova di resistenza a compressione viene fatta applicando un carico sempre maggiore fino a raggiungere il carico di rottura e stabilire così la resistenza a compressione.

PROVA DI RESISTENZAÈ una prova caratteristica dei mattoni forati. È del tutto simile alla prova di resistenza a compressione, ma per questo tipo di mattoni deve essere ripetuta per tutte e tre le direzioni dello spazio.

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PROVE

PROVA DI FLESSIONEÈ caratteristica per i tavelloni, di cui si misura la resistenza alla flessione per mezzo di provini prismatici di 12cm.

PROVA DI IMBIBIZIONEServe a misurare il grado di assorbimento d'acqua da parte dei mattoni. I mattoni vengono posti in una stufa a 100 °C, al fine di ottenere un peso costante. Si immergono poi in acqua per 24 ore, una volta asciugati con carta assorbente vengono pesati. La differenza tra il peso a secco ed il peso dopo l'immersione in acqua fornisce il grado di imbibizione. Perché la prova sia positiva la quantità d'acqua assorbita non deve essere superiore all'8-20%.

SAGGIO DI GELIVITÀServe a determinare la resistenza dei mattoni a seguito di cicli di gelo e disgelo. Si prendono 4 mattoni, che vengono posti in acqua per 3 ore a 35 °C. Successivamente vengono messi in frigorifero per 3 ore a -10 °C. Si ripete infine la prova di resistenza a compressione. Perché il saggio sia positivo, la resistenza a compressione deve essere maggiore dell'80%, rispetto alla resistenza ottenuta dalla normale prova di resistenza a compressione.

SAGGIO DI EFFLORESCENZAL'efflorescenza è un fenomeno che si verifica quando i sali solubili eventualmente presenti nel mattone, vengono in superficie per effetto dell'umidità e cristallizzano sul manufatto. Per il saggio, si prendono 3 campioni che vengono immersi per un quarto in recipienti contenenti acqua distillata. Dopo 4 giorni si tolgono dall'acqua e sono posti in una stufa per 6 ore a 100 °C. Viene poi effettuato, alla distanza di 3 metri, un confronto con un mattone non immerso. Si può così riscontrare:Efflorescenza nulla: non si registra la presenza di alcun deposito;Efflorescenza leggera: sul mattone si distingue una patina molto sottile e disuniforme;Efflorescenza media: sul mattone si riscontra una patina bianca, uniforme e relativamente spessa;Efflorescenza forte: il deposito sul mattone è così evidente che è addirittura possibile distinguerne i cristalli.

PROVA DI PERMEABILITÀÈ caratteristica delle tegole. Si prende un pezzo di tegola e lo si cementa sopra un cilindro vuoto in lamiera. Si riempie il cilindro con 5 cm d'acqua e affinché la prova sia positiva, dopo 24 ore non deve esservi sgocciolamento.

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LATERIZI IMPIEGATI IN EDILIZIA

MATTONI PIENIgeneralmente non forati con al massimo unaforatura fino al 15% dell’areaMassa volumica (densità) compresa tra 1300e 1600 kg/mc.dimensione uni 5,5x12x25

MATTONI SEMIPIENIForatura tra il 15% e il 45% dell’areaMassa volumica (densità) tra 800 e 1000 kg/mcdimensione uni 5,5x12x25

BLOCCHI SEMIPIENIForatura tra il 15% e il 45% dell’areaMassa volumica (densità) tra 800 e 1000 kg/mcdimensione doppio uni 12x12x25

BLOCCHI FORATIForatura tra il 45% e il 55% dell’areaMassa volumica (densità) tra 700 e 800 kg/mcdimensione doppio uni 12x12x25

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LATERIZI IMPIEGATI IN EDILIZIA

CLASSIFICAZIONE DEI MATTONI IN LATERIZIO

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LATERIZI IMPIEGATI IN EDILIZIA

ALTRI LATERIZI

PIGNATTETRAVETTO

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LEGNO

Il legno è il materiale ricavato dai fusti delle piante, in particolare dagli alberi ma anche dagli arbusti. Si ricava sia dalle conifere sia dalle latifoglie; Queste piante perenni sono caratterizzate dall'avere fusto e rami che crescono concentricamente verso l'esterno di anno in anno e di avere i tessuti composti essenzialmente da cellulosa, emicellulosa e lignina.

Le piante che non producono legno sono dette erbacee e includono tutte le piante annuali, molte perenni e molte piante acquatiche subacquee e galleggianti.Il legno è prodotto dalla pianta come elemento strutturale, dalle ottime caratteristiche di robustezza e resistenza, ed è per questo impiegato utilmente dall'uomo. Come già accennato, il legno è costituito da fibre di cellulosa trattenute da una matrice di lignina;

Una volta tagliato e stagionato od essiccato, il legno è destinato ad un'ampia varietà di utilizzi:Scomposto in fibre da origine alla polpa di legno, impiegata per produrre la cartaPuò essere scolpito e lavorato con appositi utensiliÈ stato un importante materiale da costruzione fin dalle origini dell'umanità, quando l'uomo iniziò a costruirsi i propri ripari e tuttora in usoÈ impiegato come combustibile per il riscaldamento e la cucina

Attualmente l'uso del legno è stato in molti casi sostituito da metallo e plastica. Sono anche impiegati derivati economici del legno al posto del legno classico, come per esempio il medium-density fibreboard (MDF).

Il legno proveniente da specie differenti ha diverso colore, diversa densità e diverse caratteristiche della venatura. A causa di queste differenze e ai differenti tassi di crescita, i differenti tipi di legno presentano differenti qualità e valore. Per esempio il mogano vero (Swiestenia mahogani), denso e scuro, è ottimo per gli intarsi e le finiture raffinate, mentre la balsa, leggera, soffice, dalla consistenza spugnosa facilmente intagliabile, è usato nella realizzazione di modellini.

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STRUTTURA DEL LEGNO:

1. Midollo2. Anelli di crescita3. Legno4. Cambio5. Floema6. Corteccia esterna.

L'albero cresce in diametro con lo sviluppo, deponendo uno strato di nuovo legno tra il vecchio legno e la corteccia, che ha la funzione di proteggere fusto, rami e radici. In condizioni normali viene formato un anello ogni anno ed in sezione trasversale si osserva una serie di anelli concentrici. Lo studio di questi anelli è effettuato dalla Dendrocronologia, studio che permette di datare l'albero.

La qualità del luogo nel quale l'albero è cresciuto incidono sulle proprietà del legno, anche se non è possibile stabilire una regola generale. Si può grossomodo dire che se occorre resistenza e lavorabilità è preferibile utilizzare legno a moderata o lenta crescita.

UTILIZZI

Come nel resto del mondo, anche in Italia il legno strutturale è stato largamente usato come materia prima per la costruzione di case ed altri edifici fino agli anni venti del XX secolo. Successivamente è stato sostituito dal mattone e dal cemento. Oggi sta riacquistando la sua importanza, grazie anche ad una nuova coscienza ambientale.Gli elementi dell'arredamento sono frequentemente realizzati in legno, così pure come rivestimento (pavimenti in legno, pannellature ecc.).

L'uso più importante per l'evoluzione della civiltà umana è però legato alla scoperta del fuoco ed al suo utilizzo come fonte di energia, che permise agli uomini preistorici di cucinare, scaldarsi e difendersi dagli animali. Il suo utilizzo come fonte energetica principale è continuato per tutta la storia dell'umanità fino a tutto il XVIII secolo, quando cominciò ad essere sostituito dal carbone, dal potere calorifico più elevato e più adeguato per le nascenti necessità industriali.

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LEGNO STRUTTURALE:

Per legno strutturale si intende il legno usato per la costruzione di edifici.

L'introduzione dell’acciaio e del cemento armato ne hanno segnato il progressivo regresso alla fine del XIX secolo, limitandone l'impiego a pochi campi come l'ingegneria naturalistica o ad applicazioni leggere come la serra o addirittura mortificandolo come cassaforma.

Tale declino è stato molto più marcato in Italia che nelle altre nazioni europee, addirittura in Scandinavia non è mai cessato, mentre nell'America settentrionale si è continuato ad utilizzarlo in maniera estensiva, specialmente nell'edilizia civile, come ad esempio a Venice.

Solo il recente sviluppo della progettazione architettonica e di nuove tecniche costruttive, nonché l’approfondimento dell'analisi strutturale e della resistenza alla combustione del legno, unitamente all’introduzione di nuovi prodotti preservanti dal degrado e dagli insetti sociali, ha consentito di riappropriarsi delle innumerevoli possibilità architettoniche, della straordinaria natura estetica e della totale compatibilità con i criteri dello sviluppo sostenibile che una struttura in legno può offrire.

I prodotti e gli elementi costruttivi derivati dal legno utilizzati nelle opere da costruzione possono essere di vario tipo ma derivano tutti dalla segatura, dalla sfogliatura e tranciatura, dalla sminuzzatura o dalla sfibratura del fusto di alberi di abete rosso, di pino, di larice o di castagno, che rappresentano le specie arboree più utilizzate ai fini strutturali dell'arboricoltura italiana.

Dalla squadratura meccanica del fusto possono essere ricavati sia elementi monolitici con sezioni rettangolari aventi diversi rapporti di larghezza/altezza,sia elementi sottili come tavole, listelli o morali. Gli elementi sottili possono poi essere uniti fra loro con una specifica colla, con vite (meccanica) o con collegamenti realizzati in acciaio da carpenteria, per dar luogo ad un elemento monolitico ricomposto.Assemblando più elementi è possibile costruire il telaio portante di una unità abitativa o di un intero edificio.

Va inoltre considerata la facile lavorabilità, perché tanto in stabilimento quanto in cantiere, può essere agevolmente forato, tagliato, fresato e piallato, e l‘assemblabilità a secco, che migliora l'affidabilità ed economicità della posa in opera, oltre a garantire la pulizia esecutiva e del cantiere.

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CARATTERISTICHE MECCANICHE DEL LEGNO STRUTTURALE

Il legno è leggero, perché il suo peso specifico è inferiore ai 500 kg/m³, contro, ad esempio, i 2.000-2.500 del cemento armato e i 7.800 dell'acciaio.È resistente, perché l'efficienza prestazionale del legno ai fini strutturali ha qualità simili a quelle dell'acciaio. L'efficienza prestazionale può essere definita come il rapporto tra il modulo di elasticità E e un parametro di resistenza f (es. resistenza a compressione (meccanica)).

Calcestruzzo (Rck300, fck 25 MPa)1250Acciaio Fe430 (ft = 430 MPa)480Legno lamellare (BS 11 ÷ BS 18)470Alluminio (lega 7020, ft 355 MPa)200

È economico, perché il suo ciclo di produzione ottimizza l'uso di una risorsa naturale di per sé povera ma rinnovabile, offrendo elementi altrimenti non utilizzabili in natura e limitati solo dalle dimensioni di trasporto. Il legno strutturale è anche affidabile, innovativo e di aspetto gradevole. È affidabile, perché l’intero processo produttivo segue una prassi normata e continuamente monitorata. Il risultato finale è un prodotto dalle prestazioni definite e certificate. È innovativo, perché le tecniche di progettazione, lavorazione, assemblaggio e giunzione sono in continua evoluzione e offrono sempre nuove possibilità sia in termini di fattibilità che di contenimento dei costi. È di aspetto gradevole, perché il materiale viene selezionato anche sotto l’aspetto estetico per essere presentato, in tutta la sua naturalezza, compatto e privo di difetti. Tra i suoi tanti vantaggi possiamo annoverare anche il fatto che sia:

un buon isolante termico, elettrico ed acustico;un materiale igroscopico, in grado quindi di assorbire le variazioni di umidità dell’ambiente;un materiale organico, composto da circa il 50% di carbonio, dal 42% di ossigeno, dal 6% di idrogeno, 1% di azoto e 1% di elementi diversi.

Un’altra grande opportunità di impiego del legno nelle costruzioni è oggi offerta dai centri di lavoro a controllo numerico. Tale tecnologie, veramente sofisticate e raffinate, proiettano il progetto col legno verso scenari finora nemmeno immaginabili. Con tali macchine la lavorazione del legno supera il condizionamento del tempo – la lavorazione di taluni particolari costruttivi difficili e complicati viene eseguita in pochi secondi – e si potrà sempre più eliminare la presenza dell’acciaio, spesso fonte di patologie in molti componenti lignei.

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LEGNO LAMELLARE

Il legno lamellare è un materiale strutturale prodotto incollando delle tavole di legno a loro volta già classificate per uso strutturale.È quindi un materiale composito, costituito essenzialmente di legno naturale, di cui mantiene i pregi (tra i principali ricordiamo l'elevato rapporto tra resistenza meccanica e peso ed il buon comportamento in caso di incendio), ma è anche un prodotto nuovo, realizzato su scala industriale, che attraverso un procedimento tecnologico di incollaggio a pressione riduce i difetti propri del legno massiccio.Le fasi della produzione consistono nella riduzione del tronco in assicelle - dette per l'appunto lamelle - generalmente di larghezza non superiore ai 20 cm (per prevenire eccessive deformazioni causate dal fenomeno del ritiro) e nella loro ricomposizione tramite incollaggio.È possibile produrre elementi di forma e dimensione volute, senza i limiti derivanti dalla dimensione dell'albero, inoltre il limite in lunghezza di una trave in legno lamellare è dato principalmente dalla possibilità di trasporto e messa in opera della stessa.Pur essendo realizzate con un materiale combustibile, le strutture in legno lamellare possono avere una resistenza al fuoco pari o superiore a quella di strutture in acciaio o in calcestruzzo armato. Infatti, nel legno lamellare la combustione avviene lentamente grazie al buon isolamento termico realizzato dallo strato superficiale carbonizzato. Ad un aumento molto lento della temperatura corrisponde una variazione quasi trascurabile della resistenza meccanica delle fibre di legno della sezione non carbonizzata e la struttura cede o crolla solo quando la parte della sezione non ancora carbonizzata è talmente diminuita da non riuscire più ad assolvere alla sua funzione portante. La resistenza al fuoco di un elemento strutturale in legno lamellare dipende dalla velocità di carbonizzazione che è possibile calcolare sperimentalmente o analiticamente per diverse specie legnose.Per quanto riguarda i metodi di calcolo analitico è possibile far riferimento alle seguenti normative tecniche:

UNI 9504 “Procedimento analitico per valutare la resistenza al fuoco degli elementi costruttivi di legno”UNI ENV 1995-1-2 “Eurocodice 5 - progettazione di strutture di legno - parte 1-2 progettazione strutturale contro l’incendio”

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VETRO

Da un punto di vista chimico, il termine vetro si riferisce a materiali che sono ottenuti tramite solidificazione di un liquido non accompagnata da cristallizzazione.I vetri sono quindi solidi amorfi, assimilabili a liquidi sottoraffreddati ad elevatissima viscosità, i cui legami intermolecolari e gli attriti interni ne mantengono inalterata la forma per un tempo lunghissimo.

In linea teorica, i vetri potrebbero essere ottenuti a partire da qualunque liquido, attraverso un rapido raffreddamento, per cui le strutture cristalline non hanno il tempo di formarsi.

Nella pratica, solo alcuni materiali hanno la possibilità di solidificare sotto forma di vetro, in particolare è necessario che abbiano una velocità di cristallizzazione molto lenta. Alcuni di questi materiali sono: l'ossido di silicio (SiO2), il diossido di germanio (GeO2), l'anidride borica (B2O3), l'anidride fosforica (P2O5) e l'anidride arsenica (As2O5).

Un esempio di vetro è l'ossidiana, prodotta dal magma vulcanico.Nel linguaggio comune (e nella seguente trattazione), il termine vetro viene utilizzato in senso più stretto, riferendosi solamente ai vetri costituiti prevalentemente da ossido di silicio (vetri silicei), impiegati come materiale da costruzione.

SABBIA SILICEA

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VETRO

Le fasi fondamentali per la produzione di vetro mediante fusione delle materie prime e successivo raffreddamento sono le seguenti:

1) Preparazione della carica e miscelazioneIn genere la carica è costituita dal 60-70% di materie prime macinate finemente e dal 30-40% di materiale più grossolano.

2) FusioneLa temperatura nel forno a bacino varia a seconda della posizione dei bruciatori e degli elettrodi. Nei forni per vetro sodico-calcico la temperatura massima è in genere attorno ai 1500°C in corrispondenza della zona dei bruciatori e scende fino ai 900-1000°C nella zona dell’estrazione del vetro

3) Affinazione (ovvero, rimozione delle bolle dal liquido) e omogeneizzazione

4) Formatura

5) Raffreddamento

In forma pura, il vetro è trasparente, duro, pressoché inerte dal punto di vista chimico e biologico, e presenta una superficie molto liscia. Queste caratteristiche ne fanno un materiale utilizzato in molti settori; allo stesso tempo il vetro è fragile e tende a rompersi in frammenti taglienti. Questi svantaggi possono essere ovviati (in parte o interamente) con l'aggiunta di altri elementi chimici o per mezzo di trattamenti termici.Una delle caratteristiche più evidenti del vetro ordinario è la trasparenza alla luce visibile. La trasparenza è dovuta all'assenza di stati di transizione elettronici nell'intervallo energetico della luce visibile e al fatto che il vetro non ha disomogeneità di grandezza confrontabile o superiore alla lunghezza d'onda della luce, che provocherebbero scattering, come avviene di solito con i bordi di grano dei materiali policristallini.

Il vetro comune non è invece trasparente alle lunghezze d'onda minori di 400 nm (ovvero il campo ultravioletto), a causa dell'aggiunta della soda. La silice pura (come il quarzo puro, piuttosto costosa) non assorbe invece gli ultravioletti e viene perciò impiegata nei settori dove occorre questa caratteristica.Il vetro può essere prodotto in forma così pura da permettere il passaggio della luce nella regione dell'infrarosso per centinaia di chilometri nelle fibre ottiche.

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VETRO FLOAT (galleggiante)

Il 90% del vetro piatto prodotto nel mondo, detto vetro float, è fabbricato con il sistema "a galleggiamento" inventato da Alastair Pilkington, dove il vetro fuso è versato ad una estremità di un bagno di stagno fuso.Oggi quest'operazione è effettuata in atmosfera controllata. Il vetro galleggia sullo stagno e si spande lungo la superficie del bagno, formando una superficie liscia su entrambi i lati. Il vetro si raffredda e solidifica mentre scorre lungo il bagno, formando un nastro continuo. Il prodotto è poi "lucidato a fuoco", riscaldandolo nuovamente su entrambi i lati, e presenta così due superfici perfettamente parallele. Le lastre sono realizzate con spessori standard di 2, 3, 4, 5, 6, 8, 10, 12, 15, 19, 22 e 25 mm.Questo tipo di vetro è considerato pericoloso per l'uso in applicazioni architettoniche, poiché tende a rompersi in grossi pezzi taglienti, che possono causare gravi incidenti. Per ovviare a questo problema nel caso di applicazioni soggette ad urti o sollecitazioni statiche, la singola lastra può essere temprata.

Le normative edilizie pongono in genere delle limitazioni all'uso di questo vetro in situazioni rischiose, quali: bagni, pannelli di porte, uscite antincendio, nelle scuole , ospedali ed in genere nei sottoluci dei parapetti.

Caratteristiche del vetro float:Densità 2,5 kg/dm3Durezza 6,5 (scala Mohs)Modulo elastico 750000 kg/cm2Coefficiente di Poisson 0,23Carico di rottura a compressione 10000 kg/cm2Carico di rottura a trazione 400 kg/cm2Carico di rottura a flessione 400 kg/cm2Coefficiente di dilatazione termica 9x10-6Conducibilità termica1 kcal/h·m °C

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VETRO TEMPRATO

l vetro temprato viene ottenuto per indurimento tramite trattamento termico (tempra). Il pezzo deve essere tagliato alle dimensioni richieste e ogni lavorazione (come levigatura degli spigoli o foratura e svasatura) deve essere effettuata prima della tempra.

Il vetro è posto su un tavolo a rulli su cui scorre all'interno di un forno, che lo riscalda alla temperatura di tempra di 640 °C. Quindi viene rapidamente raffreddato da getti di aria.Questo processo raffredda gli strati superficiali, causandone l'indurimento, mentre la parte interna rimane calda più a lungo. Il successivo raffreddamento della parte centrale produce uno sforzo di compressione sulla superficie, bilanciato da tensioni distensive nella parte interna.Gli stati di tensione possono essere visti osservando il vetro in luce polarizzata.

Non tutti i vetri sono temprabili; in particolare, se presentano forme articolate o numerosi fori vicini tra loro possono rompersi durante il trattamento termico, a causa delle tensioni interne del materiale.Il vetro temprato è circa sei volte più resistente del vetro float, questo perché i difetti superficiali vengono mantenuti "chiusi" dalle tensioni meccaniche compressive, mentre la parte interna rimane più libera da difetti che possono dare inizio alle crepe.D'altro canto queste tensioni hanno degli svantaggi. A causa del bilanciamento degli sforzi, un eventuale danno ad un estremo della lastra causa la frantumazione del vetro in molti piccoli frammenti. Questo è il motivo per cui il taglio deve essere effettuato prima della tempra e nessuna lavorazione può essere fatta dopo.

APPLICAZIONI DEL VETRO TEMPRATO

Per la sua maggiore robustezza, il vetro temprato è spesso impiegato per la realizzazione di elementi senza struttura portante (tutto vetro), come porte in vetro e applicazioni strutturali e nelle zone parapetto.È anche considerato un "vetro di sicurezza" in quanto, oltre ad essere più robusto, ha la tendenza a rompersi in piccoli pezzi smussati poco pericolosi.Questa caratteristica è sfruttata nell'industria automobilistica, dove viene impiegato per realizzare i finestrini laterali delle automobili, e in generale in tutte quelle applicazioni dove i frammenti del vetro infranto potrebbero colpire delle persone.In alcune situazioni però si possono avere problemi di sicurezza a causa della tendenza del vetro temprato a frantumarsi completamente in seguito ad un urto sul bordo. Da un punto di vista ottico la lastra di vetro può presentare delle distorsioni determinate dal processo di tempera rispetto ad un vetro non temperato.

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componenti del sistema edilizio

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componenti del sistema edilizio

struttura portante

Struttura di fondazionestrutture di fondazione diretta

strutture di fondazione indiretta

struttura di elevazione

strutture di elevazione verticale

strutture di elevazione orizzontali ed inclinate

strutture di elevazione spaziali

strutture di contenimentostrutture di contenimento verticali

strutture di contenimento orizzontali

chiusure

chiusure verticaliPareti perimetrali verticali

Infissi esterni verticali

chiusure orizzontali inferiorisolai a terrainfissi orizzontali

chiusure orizzontali su spazi esterni solai su spazi aperti

chiusure superioricopertureinfissi esterni orizzontali

partizioni interne

partizioni interne verticalipareti interne verticaliinfissi interni verticalielementi di protezione

partizioni interne orizzontalisolaisoppalchiinfissi interni orizzontali

partizioni interne inclinatescale internerampe interne

partizioni esterne

partizioni esterne verticalielementi di protezioneelementi di separazione

partizioni esterne orizzontalibalconi e loggepasserelle

partizioni esterne inclinatescale esternerampe esterne

Schema di classificazione del sistema tecnologico (UNI 8290 Parte I)

componenti del sistema edilizio

DI FONDAZIONE

DI ELEVAZIONE

DI CONTENIMENTO

STRUTTURE

STRUTTURA PORTANTE:

Il termine struttura indica l’insieme delle unità tecnologiche e degli elementi tecnici del sistema edilizio che hanno la funzione di sostenere i carichi del sistema edilizio e di collegarne staticamente le sue parti.

Come da norma UNI 8290 fanno parte della classe di unità tecnologica struttura portante le unità tecnologiche: struttura di fondazione, struttura di elevazione, strutture di contenimento

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componenti del sistema edilizio

FONDAZIONE

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componenti del sistema edilizio

IL SUOLO

“Strato superficiale della crosta terrestre, derivante dall‘alterazione di un substrato roccioso, chiamato roccia madre, per azione chimica, fisica e

biologica esercitata da tutti gli agenti superficiali e dagli organismi presenti in o su di esso”

STUDIO DEL SUOLO IN ARCHITETTURA

Valutazione delle caratteristiche geotecniche del terreno Condizioni delle acque sotterranee o di falda

Conoscere come il suolo sopporterà il carico di tutte le opere che su di esso vengono costruite

Evitare danni tecnici ed economici sulle strutture sovrastanti causati da scarsa portanza

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componenti del sistema edilizio

Quando per una data struttura le caratteristiche del terreno consentono l'impiego di diversi tipi di fondazione, il problema della scelta diviene essenzialmente di carattere economico.

La conoscenza delle caratteristiche del sito (geologia) e del terreno (geognostica) è il primo elemento che consente la progettazione delle fondazioni, questa richiede una fase di “indagini sul luogo” e una fase di “indagini di laboratorio”.Il terreno di fondazione è infatti la porzione del suolo su cui insiste direttamente la costruzione ed è destinata a ricevere i carichi trasmessi dalla struttura portante in elevazione ed è quindi interessata dalle sollecitazioni dovute ai carichi dell'edificio.

Per superfici di contatto più estese la profondità del terreno interessato è maggiore. Valutazioni errate delle caratteristiche geotecniche del terreno e delle condizioni delle acque sotterranee o di falda comportano danni tecnici ed economici irreparabili alle strutture sovrastanti.

Le caratteristiche meccaniche dei terreni sono le stesse che connotano i materiali strutturali. Il terreno deve essere considerato come un qualsiasi materiale da costruzione con caratteristiche proprie. Inoltre, il terreno non è un materiale omogeneo, ma può assumere caratteristiche di comportamento meccanico diverse, da zona a zona e alle diverse profondità. La sua natura geologica varia dagli strati superficiali, per lo più incoerenti e ricchi di materia organica (terre vegetali), a quelli sottostanti che sono stati originati da diversi fenomeni eruttivi, di sedimentazione, di erosione, di dilavamento.

Caratteristiche dei terreni

tipo di terreno qualità resistenza ammis.a compressione

(N/mm2) a prof. di m

azione del gelo costipabilità

2 4

roccioso ottimo 0.5-3 0.5-3 nulla ottima

ghiaioso buono 0.3-0.4 0.5-0.6 media buona

sabbioso buonomedio

0.1-0.3 0.2-0.5 nullaforte

ottimabuona

argilla magra medio 0.05 0.08 forte passabile

argilla grassa pessimo forte cattivaincerta

terre di riporto scartare forte incerta

torboso scartare forte no

Uno dei fattori variabili più importanti nel considerare la natura del terreno di fondazione è quello del contenuto d'acqua presente in esso.

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L'acqua può essere presente in strati sotterranei come:

- acqua libera (acqua di falda), - acqua assorbita dal terreno- acqua che occupa gli interspazi vuoti fra i materiali sciolti che costituiscono il terreno (acqua capillare).

Se il terreno è permeabile (ghiaie e ciottoli) l'acqua lo attraversa e non ristagna in prossimità dell'edificio, con il rischio di risalire attraverso le strutture, riducendone le proprietà meccaniche e creando negli spazi interni condizioni di umidità.

Analisi del suolo:

Indagini geotecniche per mezzo di perforazioni

Esami di campioni di terreno per determinarne la granulometria, il contenuto d’acqua, la consistenza, il peso specifico, la comprimibilità, la resistenza al taglio e la permeabilità.

Indagini sulla resistenza statica e sulla compattezza degli strati

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ROCCE LAPIDEE: elevata durezza, buona resistenza ai carichi, trascurabile compressibilità, modesta permeabilità (caratteristiche esaltate da una struttura granulare più compatta e fine); attenzione a eventuali fessurazioni e fenomeni carsici;

ROCCE SCIOLTE:Classe dei materiali grossolani (blocchi e trovanti: di grossa pezzatura e forma irregolare; ciottoli e ghiaia: materiali incoerenti, duri e compatti, di forma arrotondata): in equilibrio per attrito, alta permeabilità;

Classe delle sabbie (disgregazione molto spinta delle rocce originarie): in equilibrio per attrito quando asciutte, permeabili se a grani grossi, incoerenti e compressibili, anelastiche e suscettibili di costipamento; cedimenti piccoli e rapidi;

Classe delle polveri o limi (terreni alluvionali): riduzione coesione all’aumentare delle dimensioni dei grani; assorbimento acqua per capillarità; cedimenti in periodi più lunghi (lenta espulsione acqua);

Classe delle argille (particelle di silicato idrato di alluminio con Ø < 0.002mm): maggiore assorbimento di acqua al crescere del rapporto alluminio-silice, argille compressibili ed elastiche.

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componenti del sistema edilizio

Le strutture di fondazione possono essere classificate in relazione a due parametri fondamentali:

a - secondo le caratteristiche del terreno, si distinguono in: superficiali/dirette e profonde/indiretteb - secondo le modalità con le quali scaricano sul terreno, si distinguono in: discontinue e continue.

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Quasi mai una costruzione poggia sugli strati superficiali del terreno; questo infatti deve essere modificato nella sua topografia:

- per raggiungere gli strati resistenti- per rispettare le esigenze di progetto.

La profondità delle fondazioni è necessaria per porre l'edificio su strati isolati dall'acqua.

Prima di iniziare una costruzione sul terreno naturale è necessaria un'operazione di preparazione del terreno stesso, che consiste in lavori di: - asportazione dello strato di humus vegetale, delle sterpaglie e degli alberi che ricadono nelle aree da edificare;- spianamento secondo i piani quotati previsti nel progetto.

Scavo di fondazione

Fonte: G. K. Koenig, B. Furiozzi, F. Brunetti, Tecnologia delle costruzioni, Le Monnier 2001, pag.132

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Una volta ottenuti sul terreno i piani alle quote progettuali, occorre riportare sul terreno la forma delle strutture di fondazione previste (tracciamento). Si procede quindi al relativo scavo di sbancamento, che può essere eseguito a macchina, con l'escavatore, o a mano nei punti dove risulta impossibile la manovra della macchina. Lo scavo per alloggiare gli elementi di fondazione prende il nome di scavo a sezione obbligata.

Le pareti dei terreni instabili devono essere sempre puntellate con armature di legno (sbadacchiature). Se l’area dello scavo può essere più ampia di quella su cui insisterà l’edificio, le pareti dello scavo possono essere effettuate con un andamento inclinato o gradonato, tale da rispettare il naturale declivo delle terre in rapporto all'attrito, per evitare che si verifichino smottamenti.

Fonte: G. K. Koenig, B. Furiozzi, F. Brunetti, Tecnologia delle costruzioni, Le Monnier 2001, pag.133

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FONDAZIONI DIRETTE

Trasmettono i carichi dell’edificio direttamente al terreno;

Si utilizzano quando il terreno presenta una sufficiente resistenza a profondità economicamente raggiungibili (rocce lapidee che ammettono un buon carico di sicurezza);

La forma influenzata dalla tipologia strutturale dell’edificio (muratura portante → fondazioni continue, struttura di tipo intelaiato → fondazioni isolate o continue);

Si realizzano in calcestruzzo semplice o armato (utilizzo murature di pietrame o mattoni solo negli interventi di sottofondazione nel consolidamento di edifici esistenti);

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FONDAZIONI DIRETTE DISCONTINUE Per sollecitazioni modeste e terreni di buone caratteristiche geotecniche

PLINTI ISOLATI Gli elementi costituenti sono definiti plinti – ovvero dei solidi troncopiramidali a pianta preferibilmente quadrata - realizzati al di sotto del pilastro, tali da formare un naturale allargamento della sezione del pilastro, così da distribuire i carichi sul terreno. I plinti sono realizzati in calcestruzzo o in calcestruzzo armato. Sotto tutte le fondazioni si realizza uno strato di calcestruzzo magro (detto magrone) di uno spessore che può variare fra 10 -25 cm, con funzione di protezione e ripartizione.

Si adottano per strutture a telaio (strutture in elevazione isolate, pilastri) sia in calcestruzzo armato che in acciaio, quando il terreno resistente è poco profondo ed ha una capacità portante elevata, per cui non occorre ripartire i carichi dei pilastri su superfici troppo estese.

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FONDAZIONI DIRETTE CONTINUE Per sollecitazioni più elevate o quando in elevazione sono presenti pareti piuttosto che pilastri

TRAVI ROVESCE: Quando il carico da trasmettere al terreno non è molto elevato e la struttura è costituita da elementi di vario tipo, si ricorre alla fondazione continua: essa consiste in una struttura muraria, a volte dello stesso tipo di quella superiore, che fa da raccordo fra terreno ed elementi di elevazione, per tutta la sua lunghezza.

Le fondazioni dirette continue lineari hanno un comportamento strutturale diverso a seconda del tipo di struttura in elevazione e quindi a seconda delle modalità di trasferimento del carico: nel caso di struttura continua (la cosiddetta struttura a pareti) avremo una soluzione a cordolo; nel caso di struttura discontinua (pilastri o setti) avremo la soluzione a trave rovescia.

Fonte: AA.VV., Tecnologie dell’architettura, Alinea 1988, pag.249

struttura in elevazione

cordolo

magrone

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FONDAZIONI DIRETTE CONTINUE Per sollecitazioni molto elevate e terreni di scadenti caratteristiche

PLATEE - Nel caso di terreni di scarsa resistenza, le travi rovesce principali finiscono per essere così vicine che in pratica non si possono eseguire gli scavi separatamente, ma conviene sbancare tutta la zona ed adottare un tipo di fondazione diverso, chiamato a platea.

Si utilizzano solitamente quando i carichi delle strutture sono elevati rispetto alla resistenza ammissibile del terreno e quando si richiede da progetto di realizzare un solaio al piano interrato di notevole portata. La fondazione a platea consiste in un'unica soletta di base, di adeguato spessore, irrigidita da nervature nelle due direzioni principali: in questo modo si ottiene una ripartizione dei carichi sul terreno pressoché uniforme.

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FONDAZIONI DIRETTE CONTINUE Per sollecitazioni molto elevate e terreni di scadenti caratteristiche

PLATEE - Platea di fondazione composta da:

travi principali: si incontrano in corrispondenza della base dei pilastri, hanno larghezza modesta e altezza notevole per ottenere elevata rigidezza e economia di armature e pesi; travi perimetrali con ali a sbalzo estese oltre il perimetro dell’edificio;

travi secondarie: strette ed alte, incastrate nelle travi principali e poco distanziate tra loro per ridurre la luce delle solette e limitarne l’altezza;

solette: incastrate nelle travi, armate con ferri unidirezionali o incrociati.

Fonte: M. C. Torricelli, R. Del Nord, P. Felli, Materiali tecnologie dell’architettura, Laterza 2001, pag.264

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FONDAZIONI DIRETTE CONTINUE Per sollecitazioni molto elevate e terreni di scadenti caratteristiche

PLATEE - La fondazione a platea si può realizzare anche con un'unica soletta di grande spessore, convenientemente armata, oppure con un solettonearmato e provvisto di piastre di appoggio in corrispondenza dei pilastri, per evitare l'effetto di punzonamento dei medesimi sulla soletta.

I criteri chiave per la realizzazione delle fondazioni a platea sono:a) terreno di appoggio omogeneob) distribuzione abbastanza uniforme dei carichi del fabbricato sulla plateac) la platea deve essere progettata in modo da realizzare un piastra monolitica

Fonte: G. K. Koenig, B.Furiozzi, F. Brunetti, Tecnologia delle costruzioni, Le Monnier 2001, pag.143

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FONDAZIONI INDIRETTE

Si utilizzano per trasferire carichi a strati profondi del terreno quando la sua resistenza superficiale è molto scarsa;

Possono raggiungere banchi resistenti sui quali ripartire i carichi o diffondere i carichi lateralmente per attrito tra l’opera fondale e il terreno;

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FONDAZIONI INDIRETTESe le caratteristiche meccaniche degli strati di terra superficiali sono scarse è conveniente raggiungere strati di terreno di migliori caratteristiche attraverso pali di fondazione

PALI INFISSI - Pali battuti l’uno accanto all’altro, nella quantità necessaria a far sì che, per azione di costipamento, si ottenga un’area fondabile adattaa sopportare le sollecitazioni dell’edificio.

I pali possono essere:

– In legno con punta metallica

– In acciaio

– In calcestruzzo armato

PALI GETTATI IN OPERA - Collegamento con gli strati rocciosi più profondi del terreno allo scopo di sopperire alla mancanza di resistenza presente in quelli superficiali

DIAFRAMMI - Tipo di fondazione realizzato per opere di contenimento del terreno nel caso di sbancamenti in adiacenza a edifici esistenti

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componenti del sistema edilizio

FONDAZIONI INDIRETTESe le caratteristiche meccaniche degli strati di terra superficiali sono scarse è conveniente raggiungere strati di terreno di migliori caratteristiche attraverso pali di fondazione

I pali sono collegati alla struttura in elevazione

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componenti del sistema edilizio

MATERIALI UTILIZZATI PER LA REALIZZAZIONE DEI PALI

– Pali in legno (non più usati)– Pali in calcestruzzo prefabbricati (vibrati,centrifugati, precompressi)– Pali in calcestruzzo gettati in opera– Pali in acciaio (poco frequente)

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ELEVAZIONE

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Elementi che compongono l’involucro edilizioSISTEMA COSTRUTTIVO

La struttura di un edifici può essere a telaio o costituita da muri portanti. La scelta di una tipologia costruttiva comporta delle conseguenze sulla prestazione energetica della costruzione.

A) A muratura portante• Protezione e funzione statica • Involucro “pesante” • Buon isolamento intrinseco • Buone possibilità di accumulo termico

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Elementi che compongono l’involucro edilizioSISTEMA COSTRUTTIVO

La struttura di un edifici può essere a telaio o costituita da muri portanti. La scelta di una tipologia costruttiva comporta delle conseguenze sulla prestazione energetica della costruzione.

A) A muratura portante• Protezione e funzione statica • Involucro “pesante” • Buon isolamento intrinseco • Buone possibilità di accumulo termico

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Elementi che compongono l’involucro edilizioSISTEMA COSTRUTTIVO

La struttura di un edifici può essere a telaio o costituita da muri portanti. La scelta di una tipologia costruttiva comporta delle conseguenze sulla prestazione energetica della costruzione.

B) A struttura a telaio • Elemento portante + tamponamento • Involucro “leggero” • Necessità isolamento termico • Rischio presenza ponti termici

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Elementi che compongono l’involucro edilizioSISTEMA COSTRUTTIVO

La struttura di un edifici può essere a telaio o costituita da muri portanti. La scelta di una tipologia costruttiva comporta delle conseguenze sulla prestazione energetica della costruzione.

B) A struttura a telaio • Elemento portante + tamponamento • Involucro “leggero” • Necessità isolamento termico • Rischio presenza ponti termici