Il Serrano n.116

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Organo dell’Associazione Serra International Italia Rivista trimestrale n.116 Settembre 2009 Per sostenere le vocazioni sacerdotali Poste Italiane - Spedizione in abbonamento postale art. 2 comma 20/c L. 662/96 - DCB Sicilia 2003 In caso di mancato recapito rinviare all’Ufficio Poste eTelecomunicazioni di Palermo C.M.P. detentore del conto per restituire al mittente che s’impegna a pagare la relativa tassa ® Da quella sera per sempre ® Il deserto: un luogo al sole o una... ® Desiderio di Infinito ® Omaha: Il Serra nel mondo ® La carità va controcorrente ® Il diario di Don Bruno 2 4 6 8 14 24

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IL SERRANO: Organo dell’Associazione Serra International Italia

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Organo dell’Associazione Serra International Italia • Rivista trimestrale • n.116Settembre 2009

Per sostenere le vocazioni sacerdotali

Poste Italiane - Spedizione in abbonamento postale art. 2 comma 20/c L. 662/96 - DCB Sicilia 2003In caso di mancato recapito rinviare all’Ufficio Poste e Telecomunicazioni di Palermo C.M.P. detentore del conto per restituire al mittente che s’impegna a pagare la relativa tassa

® Da quellaseraper sempre

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® La caritàvacontrocorrente

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PERIODICO TRIMESTRALE N. 115ASSOCIAZIONE SERRA INTERNATIONAL ITALIA

III trimestre - settembre 2009 (XXXIII)sommario† 3 Editoriale: Da quella sera per sempre!

di Gemma Sarteschi† 4 Il deserto: un luogo al sole o una esperienza interiore?

di La Delfa don Rosario† 6 Desiderio d’Infinito

di Antonio Bellingreri† 7 Jacques e Raissa Maritain

di Stella Laudadio† 8 67a Convention internazionale di Omaha

† 14 La carità va controcorrentedi Giuseppe Savagnone

† 16 L’almo collegio Capranicadi Salvo Geraci

† 17 Il Signore porti a compimenti quello che ha iniziato in tedi Mons. Giacinto Danieli

† 18 La posta della Presidente

† 19 Tommaso D’Aquino e... la sua “verità”di fra’Domenico Spatola

† 20 Le ragioni della fede e quelle della scienzadi Giampiero Barbieri

† 21 Via Discipulorumdi don Stefano Rega

† 23 L’anno sacerdotale interpretato da un serranodi Benito Pivesan

† 24 Il diario di don Brunodi Luigi Corticelli

† 26 I serrani e le “unità parrocchiali”di Aurelio Verger

† 26 Come riconoscere (ed evitare) le sette religiosedi Andrea Sollena

† 28 Premiazione del V concorso scolastico nazionaledi Dino Rocchi

† 30 Le Encicliche sociali della Chiesadi Elsa Vannucci

† 32 La filosofia delle multinazionali e la robotizzazione dell’uomodi Ugo Monterosso

† 33 Un libro per voi: Solo Tu† 38 Perché parlare ancora di sostegno ai sacerdoti

di Francesco Baratta

In copertina: Il monumento al Beato Junipero Serra eretto a Cuba(foto Ziino)

Registrato presso il Tribunale di Palermo n. 1/2005Spedizione Abbonamento Postale Gr. IV

Pubblicità inferiore 50%

Direttore ResponsabileGiulia Sommariva

RedazioneRenato VadalàVia Principe di Belmonte, 78 - 90139 PalermoE-mail: [email protected]

Comitato di DirezioneGemma Sarteschi, Presidente del CNISUgo La Cava, V. Presidente del C.N.I.S.Gino Cappellozza, V. Presidente del C.N.I.S.Romano Pellicciarini,V. Presidente del C.N.I.S.Mario Montagnani, V. Presidente del C.N.I.S.Trustee italiani di Serra International

Redattori distrettuali(si veda il «Bellringers»)

Hanno inoltre collaborato a questo numero:Lino Sabino Artimio RattiGiula Sommariva Viviana NormandoLino Jacobino Antonella SannaGabriella Ressa

Norme essenzialiper redattori e collaboratori

1. Inviare il materiale per la stampa entro e nonoltre il 30 novembre 2009.

2. Inviare i contributi all’e-mail sotto indicata.3. Inviare foto molto chiare con soggetti inqua-drati da vicino.

I redattori distrettuali, i collaboratori ed i VicePresidenti di Club responsabili delle comunica-zioni sono pregati di attivarsi per l’inoltro dibrevi cronache relative alle attività svolte daiClub e dai Distretti alla Segreteria di redazioneE-mail: [email protected]

Grafica: Anreproject

StampaLuxograph s.r.l. - Palermotel. fax 091 546543(e-mail: [email protected])

Gli articoli pubblicati esprimono il pensierodei rispettivi autori e non rispecchiano neces-sariamente il pensiero della testata.

Organo dell’Associazione Serra International Italia • Rivista trimestrale • n.116Settembre 2009

Per sostenere le vocazioni sacerdotali

Poste Italiane - Spedizione in abbonamento postale art. 2 comma 20/c L. 662/96 - DCB Sicilia 2003In caso di mancato recapito rinviare all’Ufficio Poste e Telecomunicazioni di Palermo C.M.P. detentore del conto per restituire al mittente che s’impegna a pagare la relativa tassa

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® La caritàvacontrocorrente

® Il diariodiDon Bruno

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Editoriale

Da quella sera, ogni domenica, la Chiesa, obbediente al suo Signore,continua con i gesti insegnati da Gesù, a farsi presente nei segni delpane e del vino.

All’inizio i cristiani non erano molti. Gli apostoli stessi presiedevanol’Eucarestia, a loro Gesù aveva detto “Fate questo in memoria di me”. Dopo,gli apostoli continuarono a presiedere l’Eucarestia ma i loro successori gui-darono le comunità cristiane.Uomini presi dalla comunità ed eletti, nella preghiera, attraverso l’imposi-zione delle mani: i Vescovi.Intorno a loro, i cristiani si sentivano uniti e la piena comunione esistente trai pastori assicurava la “cattolicità”, l’universale comunione nella fede e nel-l’amore.I cristiani aumentano. La celebrazione del Vescovo non può più raggiungeretutte le piccole comunità. Ecco che il Vescovo associa a sé dei collaboratori,i presbiteri, (i preti) che invia perché agiscano in mezzo ai fratelli quali pasto-ri in piena comunione con lui.Così cambiano i luoghi della celebrazione Eucaristica: dal cenacolo alle caseprivate dei cristiani fino alle prime Chiese, alle Cattedrali medievali o allecapanne dei villaggi africani e non solo.Cambia la lingua: dall’aramaico, al greco, al latino per arrivare alle tante lin-gue nazionali.Non è però cambiato il mistero celebrato.In tutto il mondo, da allora, ogni domenica la Chiesa si riunisce e si confer-ma una e indivisibile.Nutrita da quel pane e dal vino la Chiesa si è sparsa nel mondo, trovando ilcoraggio di affrontare mille ostacoli e persecuzioni.I cristiani hanno imparato che il giorno del Signore e la memoria della “SacraCena” non costituiscono un precetto da osservare, ma una questione d’in-dentità, un bisogno del cuore.I cristiani hanno sperimentato di aver bisogno della domenica come l’aria darespirare e del cibo di cui nutrirsi.

Dal precetto di può evadere, dal bisogno no!Che Gesù Nostro Signore ci accompagni e illumini il camminoserrano di questo nuovo anno

Maria Gemma Sarteschi

Da quella sera . . .p er s empre!

Un pensiero grato ai sacerdoti della Parrocchia SanGiuseppe di Torre del Lago che con i suoi messaggi educa-no la comunità alla fede e soprattutto all’Amore.

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RIFLESSIONI

Preso da sé, il deserto non dice nulla: in genere unluogo impervio, vuoto, senza vita, difficile, indesi-derabile. Eppure nel racconto biblico il deserto ha

una centralità strana, ambigua; diventa la via della sal-vezza, si riempie di Dio, rinnova in quarant'anni un'inte-ra generazione di un popolo, diventa il luogo in cuiIsraele testimonia i meravigliosi interventi di Jahvè a suofavore, e rimane, anche dopo la sua attraversata, nelricordo nostalgico dei figli di una nazione che ora vivenella terra ove scorrono latte e miele. Cosa aveva difattisignificato il deserto nell'esperienza di quella gente dadettare a Gesù stesso la scelta di recarsi in esso e digiu-nare per quaranta giorni? Perché mai egli vi avrebbespesso condotto anche le folle che lo seguivano?Se da sé il deserto non dice nulla, resta chiaro, per

via di quella "popolarità" di cui esso gode nella Bibbia,che qualcosa o qualcuno nel deserto può parlare conl'eloquenza della parola non filtrata dai mezzi checomunemente la interpretano. Un esempio può aiutare.Spesso, se una persona decide di rinfrancare lo spiritonella meditazione o nella preghiera, cerca prima ditutto un luogo adatto; sarà un angolo di giardino,ombroso e profumato, una chiesa dalle linee acco-glienti, un libro scritto con l'arte della spiritualità piùavvincente, un famoso monastero, o mille altre situa-zioni che aiutino a comporre lo spirito verso la con-templazione e il riposo. Ebbene, nella loro bellezza ericercatezza, tutte queste cose indubbiamente allamaniera agostiniana, parleranno di Dio, ovvero delloro Autore, ma non potranno dire di più. Giardini fio-riti, santuari di spiritualità, agiografie e testimonianzedi vita consacrata sono come una comunicazionerifratta della parola di Dio: dicono di essa ma non laparlano, nella stessa maniera in cui un giornalista nonpuò che fare un rapporto, quanto più vicino e vivace,di un evento ma non lasciarlo accadere ogni volta chene parla. Se tutte queste cose parlano di Dio, il desertopuò essere il luogo dove Dio stesso parla, dove egli siincontra personalmente con l'uomo e lo ricompone daldi dentro, senza l'ausilio di quei mezzi comuni che dal-l'esterno sollevano e danno un senso loro.Vi sono delle caratteristiche costanti nei racconti

biblici che riguardano il tema del deserto. Mi piace sot-

tolineare e illustrarne due: prima di tutto, che è sempreDio a condurre il suo interlocutore nel deserto, e dicontro che il deserto, più che essere un luogo, diventauna condizione interiore, e che perciò si può percepiresolo come esperienza.

1. Un appuntamento fuori dal comunePuò risultare sorprendente come la grandiosa

memoria dell'esodo dall'Egitto non sia altro che il pre-ludio all'ingresso che quella gente liberata fa nel deser-to. Il racconto della permanenza nel deserto durata benquarantíanni non è solo una tematizzazione drammati-ca del cammino verso la terra promessa. Il desertoesprime quella realtà intermedia che indica appieno l'i-niziativa di Dio nella storia di salvezza del suo popolo.In esso un informe numero di persone si comprendeeletto, separato dal resto del mondo, e preparato a unimpegno che ora gli è necessariamente proprio, quellodi essere destinatario dei benefici divini e di testimo-niare al mondo tale misericordia divenendo tramitedell'amore di Dio. Nel deserto, fuori cioè dai confinigeografici ben definiti e da equilibri politici di soste-gno, attraverso un'alleanza fatta con Dio, Israele diven-ta popolo, acquisisce cioè un rapporto interpersonalecon un Altro e si riconosce soggetto autonomo nelmondo per l'esercizio di una sovranità, i cui confinisono gli stessi dettati dalla natura del luogo, il deserto,in cui esso si configura come popolo di Dio: impercet-tibili e sovratemporali. Non a caso profeti come Isaiaparleranno del deserto come il luogo dove Dio avreb-be ricondotto la sua sposa, Israele, per rifidanzarla a sé.Il deserto dice novità; esprime la condizione in cui l'i-niziativa salvifica di Dio rigenera e ricrea. Lontano daogni schema preconcetto, nella situazione di dipende-re totalmente dall'altro, l'uomo scopre la propria impo-tenza e anela al trascendimento; ogni realtà è gustatacome fatto provvisorio ed egli si compiace di ognipasso che lo conduce ad una relazione definitiva conciò che è essenziale. Ma la stessa umanità viene rinno-vata nel cammino esodale. Quarant’anni segnano ine-sorabilmente il ciclo completo di una vita biologica esociale.Quel popolo non riceve pertanto solamente uno sta-

uunn lluuooggoo aall ssoollee oo uunnaa esperienza interiore?Il deserto:

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RIFLESSIONI

un luogo al sole o una eessppeerriieennzzaa iinntteerriioorree??tuto politico, una identità storica, ma viene rinnovatonella sua interezza per essere in grado di operare comepartner di Dio in una storia nuova.Nell'esperienza di Gesù è riconoscibile l'iniziativa

dello Spirito che "lo spinge" nel deserto; ma è anchepercettibile la scoperta di Dio come amico, della suaparola come pane, delle sue promesse come unicooggetto della fede. Non che Gesù dia senso al deserto,il quale rimane nella sua ambiguità, ma insegna cheproprio nella esiguità delle proprie forze è ancora pos-sibile dipendere da Dio e non cedere alla tentazione dicambiare pietre in pane. Il mito di Tantalo diventa cosìdue volte tragico, dinnanzi alla vittoria dell'uomo pre-figurato in Cristo. Tentato di abbandonare la croce,Cristo accoglie il suo impegno di servo, e nella solitu-dine del deserto, come una volta quel popolo dell'al-leanza, si fa forgiare per un compito che gli appartie-ne, quello di condurre l'umanità fuori dalla propriadesolazione. Certe volte, alla luce dell'esperienza diCristo, d'Israele, di Giovanni Battista e di tanti Padricristiani del deserto, viene la voglia di chiedersi se illuogo della desolazione non sia dopotutto quello che ingenere non vogliamo abbandonare e crediamo esseretanto diverso nella sua apparenza geografica del deser-to, il mondo delle comodità artificiali, dell'assoggetta-zione alle molte seduzioni, del gioco sociale di cuisiamo inconsapevolmente pedine. In questo stessomodo infatti varie volte, contro voglia, siamo trascina-ti dalle situazioni a sperimentare il deserto, frutto disolitudine, di povertà, di frustrazioni, di malattia, diincomprensione e tradimento di abbandono. Ci sentia-mo come Geremia, che sedotto dal Signore si fece con-durre nel deserto, per trovarsi travolto dalla solitudine.È dalla solitudine che si comincia a percepire la vocedi Dio; il deserto fa penetrare nella profondità delmistero di quel silenzio che provoca una lacerazioneinteriore; la voce del silenzio esprime l'insondato, ilnuovo: si aprono allora nuove possibilità, si stendononuove strade, si anela a nuovi traguardi. Il Battista,colmo di quel fervore nascosto nel silenzio della suaesperienza nel deserto, protesterà di sé: Voce di coluiche grida nel deserto: preparate le vie del Signore!

2. Un incontro nel cuore di DioLa tradizione profetica in genere rilegge l'esperien-

za del deserto come una cosa buona. Attraverso taleavvenimento Dio purifica il popolo dal peccato e l'uo-mo supera la propria condizione di non ascolto.Dall'altra, la tradizione dei libri storici indica la nega-tività di quell'esperienza come effetto del peccato stes-so, al punto di spingere Dio a dire la sua volontà nelladeterminazione di una normativa legale. Insommaun'esperienza da non ricordare. In tutti e due i casirisulta chiaro che il deserto più che uno scenario este-riore rappresenta il luogo interiore dell'accoglienza diDio nella propria vita.Molte volte ho sentito dire a persone diverse di sen-

tirsi come al centro di una situazione attorno a cui lesituazioni della vita hanno fatto "terra bruciata". Forsequesta espressione enfatizza fino alle estreme conse-guenze la realtà del deserto, quando cioè il deserto nonè più solo un lembo di terra inaridito dal sole, ma uncuore che non sa più anelare. In questi casi mi ritornain mente con forza l'immagine del libro dell'Apocalisse,in cui Dio rapisce la donna che sta partorendo e la con-duce nel deserto per salvare lei e il suo piccolo dal peri-colo incombente. Il deserto, fra tutti i luoghi, fisici ometaforici, belli e orrendi allo sguardo dell'uomo, rap-presenta il luogo di un incontro cor ad cor con Dio chesalva. In esso certamente non saranno gli espedientidella tecnica o la scienza della ragione che salveranno,ma la manna e l'acqua che scaturisce da una roccia; l'i-nattesa e gratuita tenerezza di Dio che sfiora e accarez-za con una lieve brezza il volto di chi lo cerca e sentefame di lui.Cercare Dio può significare trovarsi nel deserto

delle situazioni esteriori e fare spazio dentro.Accogliere delle volte la sua volontà salvifica puòcomportare l'essere trascinati dove non avremmo maipensato di andare, se avessimo potuto scegliere. Ildeserto può essere quella pagina ancora vuota dellastoria della terra e della vita di un individuo, che irro-rata dalla grazia può essere fecondata e fiorire in uneone nuovo.

La Delfa Don Rosario

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APPROFONDIMENTI

Un pastello rosso di Andrea delSarto ritrae Maria di Magdalaal mattino del giorno della

Resurrezione, ferma davanti al sepol-cro vuoto. È il volto intenso di unagiovane donna, dallo sguardo un po’smarrito, inteso a fissare il vuoto: ellaha conosciuto una felicità senzauguale, ma ora è segnata dalla mesti-zia, perché non sa dove sia finitaquella felicità che ha colmato oltremisura il suo desiderare…È una immagine che bene simbo-

leggia la malinconia del nostro cuore.Noi sentiamo sempre, in ognimomento della nostra vita, di doverricercare la felicità piena, di esserfatti per essa, ma non sappiamo qualesia e donde possa venirci. Il desidera-re e la ricerca sono originati dallacoscienza, più o meno avvertita, diuna mancanza originaria e di unvuoto da colmare. Se, come la parolastessa de-siderium suggerisce, venia-mo «dalle stelle», ad esse sembra siacostantemente rivolto il nostro cuore.Non c’è però un momento della vitain cui avvertiamo di aver saziato que-sta fame e di essere veramente tuttoquello che siamo, possiamo o voglia-mo o dobbiamo essere.L’esperienza d’altronde è sempre

lì a mostrarci che le cose, gli entidella natura e gli oggetti prodottidalle nostre mani, non riescono asoddisfarci mai pienamente: lamisura del desiderio, la sua intenzio-ne costitutiva, li cerca e insieme lioltrepassa sempre, ci spinge pertan-to a cercare senza quiete nuovioggetti da offrire alla nostra brama.È il dramma dell’inquietudine

del Don Giovanni di W. A. Mozart.Egli pensa allora di colmare la suasete di pienezza, facendo un pieno didonne, per così dire: cercando uninfinito in senso quantitativo, eglisceglie ogni notte una giovaneamante. Poiché però vuole l’infinito,

i limiti del finito lo impacciano e,per non lasciarsi imbrigliare, ècostretto prima che spunti il mattinoa disertare gli improvvisati giacigliamorosi. Il dramma finisce permutarsi in tragedia quando egliriesce a rivelare a se stesso il suoinganno: scopre in quell’istante dinon avere nessuna speranza, nellamisura in cui mai non ci sarà per luiun futuro che vedrà saziata la suafame; con lucida coerenza pertantoMozart lo lascia morire suicida. Latragedia del desiderio di DonGiovanni può essere chiamata ladisperazione dell’infinito.Per non avvilupparsi nella cattiva

infinità, in questo infinito che consi-ste nel moltiplicare quantitativa-mente il finito, si potrebbe percorre-re una via diversa: se il desideriodesidera l’infinito, perché non pun-tare im-mediatamente – senzamediazioni – all’infinito? Dovràaccadere allora al nostro desiderio,quello che capita ad un altro celebrepersonaggio, lo Jacopo Ortis di U.Foscolo. Egli vive un momento deltempo, l’incontro con una «divinafanciulla», capace però di fargli spe-rimentare una sorta di congedo daltempo e dai lacci della finitezza: inun’ora quasi magica, un’intensapausa d’amore regala ai due amantiappassionati un brivido d’eterno:«rende eterno il sogno dell’istante».Se il desiderio sembra solo allora esolo in quel modo soddisfatto, puòpoi il cuore sopportare di accomia-tarsi da quello che gli appare l’unicasosta veramente desiderabile, l’ap-prodo nell’infinito e nell’eterno,facendo inopinatamente ritorno neltempo e nelle sue estasi finite?Anche qui il dramma si trasforma intragedia: anche Jacopo riesce avedere di essersi illuso; giudicacomunque che sia preferibile sce-gliere di morire, prendendo volonta-

rio e definitivo congedo dal finito edai limiti che impone al desiderare.Possiamo qui parlare, a proposito diJacopo e della tragedia del suo desi-derio, di disperazione del finito.Forse la misura umana, reale e

ragionevole, è un’altra. Va cercata inun nesso, nascosto a tutta prima mainsieme evidente, tra ogni realtàdeterminata e una pienezza di sensoche ci costringe ad andare oltre quel-lo che appare immediatamente. Lerealtà del cosmo infatti si tengonotutte insieme; e noi possiamo avereun certo presentimento dell’Infinito(o della Totalità o dell’Essere), seintuiamo almeno in qualche modol’unità organica di tutta la realtà. Sitratta, rispetto alla nostra esperienzaimmediata che fissa ciò che si pre-senta davanti ai nostri occhi e che èla superficie del mondo, della pro-fondità: questa non è immediata-mente visibile, ma custodisce l’es-senziale, rispetto all’esperienza erispetto alla realtà; è pertanto la pro-fondità della superficie.È vero: noi siamo veramente

paghi se sostiamo al cospettodell’Infinito - lo gran mar de l’esse-re, come lo definisce Dante. Ma pernon naufragare amaramente, è neces-sario seguire le tracce o i frammentiche di esso ci forniscono le cose fini-te: percorrere le rotte delle realtànella nostra esperienza, le cose e lecircostanze della nostra vita ordina-ria, per cogliere e tener ferma la parteche ciascuna di esse ha con il Tutto.Il poeta e il filosofo sono definiti

dalla ricerca di questo nesso, che giu-stamente è chiamata ricerca dellaverità delle cose. Ma anche l’uomoreligioso e l’uomo saggio sanno peresperienza e per scienza che oltre labuccia del mondo, è necessario tende-re al nocciolo: la superficie del mondoè la superficie della profondità.La ricerca, sincera onesta e oran-

DESIDERIO D’INFINITO di Antonio Bellingreri

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te, della verità permette di coglierestruttura e senso del desiderio. Ildesiderio dell’uomo al cospetto dellaverità desidera l’infinito, egli peròvede ed intende immediatamentesolo le cose, concreti e diretti oggettidella sua tensione. Il compito allora èdi scegliere innanzitutto quelle cose oquegli oggetti che presentano unnesso, da noi avvertito e affermato,con l’infinito: sceglierlo in ragionedel nesso che aprono e permettono diintendere con l’infinito.Se noi non percepiamo questo

nesso e ci fermiamo alla buccia delmondo, alla superficie, senza inten-dere nulla della profondità, restiamoincatenati alla dimensione dell’ave-re: siamo costretti a possedere lecose, in ragione del fatto che, recisoil nesso con la Totalità, il senso dellecose è conferito da noi ad esse. Manella luce di senso più ampio, dellecose nel rapporto organico con ilSenso, il desiderio è liberato da que-ste catene: esso desidera le cose, glioggetti e gli enti determinati, ma inragione del loro nesso con l’Infinito,pertanto non per se stesse, ma nelladimensione dell’essere.Viviamo in questa hora della sto-

ria occidentale per lo più dominatida passioni tristi, innamorati dicose, posseduti e dominati da cose,nella dimensione dell’avere. Lefigure di Don Giovanni e di JacopoOrtis ci possono aiutare ad oltrepas-sarla, a scegliere di dimorare nelladimensione dell’essere, che è anchela dimensione dello spirito.Chi sceglie la ricerca sincera,

onesta e orante della verità, scegliedi vivere i suoi desideri nella dimen-sione dello spirito. Egli, così, inqualche modo desidera Dio, «anchese non lo sa o non vuole ammetter-lo», secondo la parola di Edith Stein.Dio gli è prossimo e, se vuole, puòmostrarsi, mutando di segno ognirealtà nella vita. Rivelandogli che ilpiccolo cuore umano desidera d’es-sere desiderato: desidera potersivedere nello Sguardo infinitamenteamoroso che lo vede.

Jacques Maritain nasce a Parigi da una famiglia di laici. Durante glistudi per la seconda laurea incontra Raissa Oumancoff di famigliarussa ebrea. Nel 1904 si sposano con il rito civile e inizia la loro

avventura filosofica e di vita. Attraverso Charles Peguy conoscono ilfilosofo Henri Bergson che si rivelerà un incontro decisivo per il loroorientamento intellettuale. L’incontro con Leon Bloy, pellegrinodell’Assoluto, li porta alla conversione al Cattolicesimo. Tra Jacques eRaissa vi è una integrazione piena che passa attraverso una collabora-zione profonda; la prima lettura della Summa Teologica di SanTommaso è colta da Raissa come una espressione fulgida dell’intelli-genza “un dono purissimo alimentato da un radicamento spirituale chenon allontana dalla ragione ma dà senso e spessore alla vita che tra-bocca in mille rivoli”. Maritain è il maggior esponente del Neo-Tomismo che si oppone al soggettivismo, al materialismo e al pragma-tismo. “L’Umanesimo Integrale” è una ri-affermazione del primato del-l’uomo e dello spirituale e la sua eco emergerà nel Concilio VaticanoII. Nel 1940 per sfuggire alla Gestapo che lo cerca per i suoi ripetutiinterventi contro il fascismo e l’antisemitismo, ripara in America doveinsegna nelle università americane. Al suo ritorno è nominato amba-sciatore presso la Santa Sede e stringe rapporti di amicizia con Mons.Giovanni Montini che, divenuto Paolo VI lo definirà “maestro dell’ar-te del pensare, del vivere, del pregare”. L’unità della vita percorre tuttoil pensiero maritainiano: cioè la passione per l’unità di pensiero eragione. La teologa Pina De Simone parla di “intreccio inestricabile trapensiero e vita, azione e contemplazione, dominato dalla passione perla verità. È un ragionare dai fondamenti, con un’attenzione fortissimaverso il versante ontologico. C’è in Jacques e Raissa l’integrazione dimaschile e femminile e la complementarietà nel primato dello spirito ètotale”. Dopo la morte di Raissa nel 1960, comincia per Maritain, acirca 80 anni, una nuova vita. Vive, gli ultimi dodici anni, presso iPiccoli Fratelli a Tolosa. Nasce in questo periodo l’ultimo Maritain cheripropone in una rapida e precisa sintesi l’essenziale del suo credo reli-gioso filosofico e politico. Carlo Falconi lo definisce “il più grandemaestro del laicato cattolico”.

Stella Laudadio

JACQUES E RAISSA MARITAIN:DA INTELLETTUALI ANARCHICIA TESTIMONI DI DIO

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CONVENTION OMAHA

Ègià trascorso un anno dalla Conven-tion di Aguas de Lindoia ed è ilmomento di fare un bilancio di quan-

to è stato fatto ed una analisi dello attualestato del Serra. (Omissis). Ho sempre soste-nuto che la grande forza del Serra è nellasua internazionalità e nel legame tra tutti iClub del mondo per il tramite del Board chene ha la rappresentanza ufficiale. Per questomotivo ho ritenuto di rafforzare questolegame andando a visitare quanti più Clubpossibile, soprattutto quelli più lontani oche da più tempo non erano visitati.Ho iniziato subito in agosto del 2008, su

invito di Flavio Carvalho, con i Club di Riode Janeiro incontrandoli in una serata moltoben organizzata. Il Brasile rimane un puntodi forza del Serra, secondo paese per nume-ro di Club. (Omissis).Settembre è stato dedicato all’Asia. Una

esperienza indimenticabile che mi ha porta-to dal Bangladesh, dove ho consegnato la Charter ai due nuovi Club di St. Christina e Tejoon, a Macao che festeg-giava i 30 anni dalla fondazione e ad Hong Kong, un Club con 45 anni di storia, da Bangkok a Singapore. Il Serrain Asia è una splendida realtà, un grande esempio per tutti. In Tailandia su 10 Diocesi sono presenti 20 Club ed hoavuto il piacere di visitare il seminario maggiore di Bangkok, Lux Mundi, dove studiano 120 seminaristi. Ho il ram-marico di non aver potuto visitare le Filippine dove il Serra ha una forza di oltre 30 Club.Ad ottobre, seguendo una tra-

dizione iniziata con il PresidenteNovelli, il Comitato Esecutivo delBoard si è riunito a Roma,(Omissis). Io ritengo fondamenta-le questo appuntamento a Roma,perché serve anche a rinsaldare ilnostro rapporto con laCongregazione per l’EducazioneCattolica ed il suo Prefetto Card.Grocholewski e con la PontificiaOpera per le VocazioniEcclesiastiche ed il suo DirettoreMons. Bonnici. Ad entrambi va lamia gratitudine per l’accoglienzache ogni anno ci riservano e lastima che ci dimostrano.Tramite loro ed il Cardinale

Sarajva Martins, con i quali sono

Sintesi della relazione di fine mandato

Il Serra nel mondo

Tomi Asenuga (Presidente Eletto), Alejandro Carbajal (Presidente), Cesare Gambardella (Past President)

Gambardella consegna al nuovo Presidente Carbajal la reliquia del Beato Serra.

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in frequente contatto, rimangonoben saldi i nostri rapporti con laSanta Sede. Momento culminante di questa

riunione è stato certamente l’in-contro con SS Benedetto XVI allecui preghiere ho affidato il Serraed il suo lavoro e che mi ha rin-graziato dicendomi di essere alcorrente dell’importante lavoro edella costante preghiere deiSerrani in favore delle vocazioni.A novembre, su invito dei cari

amici e Past Presidente Inter-nazionale Gennaro e Damianisono stato in Canada dove hoavuto l’opportunità di incontrare i Serrani dei Club dell’Ontario (Omissis).Dal Canada mi sono spostato prima a Chicago e poi in Messico.A Chicago ho trascorso quattro intensi giorni di lavoro presso il nostro Ufficio Centrale. (Omissis)Dopo questo utile soggiorno a Chicago mi sono trasferito in Messico dove, a Merida, si è svolto il Congresso

Nazionale. Quattro giorni in cui ho potuto constatare di persona l’efficienza del Serra in questo paese. Anche unapropizia occasione per incontrare nuovamente il Card. J. Rigali, ex Consulente Episcopale di S.I., e l’ArcivescovoS. Ecc. Emilio Berliè. La grande speranza che il Serra ripone nel Messico per il suo futuro è rafforzata dalla pre-senza di due Club young, Città del Messico e Merida. È stata per me una sorpresa vedere il coinvolgimento di que-sti giovani, di età compresa tra i 16 e i 25 anni, e l’impegno con cui nelle loro riunioni ricercavano strategie per pro-muovere il concetto di vocazione tra i loro coetanei. (Omissis)Nella seconda metà di gennaio un’altra indimenticabile esperienza: la visita alle 5 Diocesi della Nigeria in cui è

presente un Serra Club. Ho voluto visitare tutti i Club nelle loro sedi, incontrando i loro Vescovi e ho voluto dialo-gare con i seminaristi recandomi presso i loro seminari. La Nigeria è già una grande realtà per il Serra, è una gran-de speranza per il futuro della Chiesa con i suoi 2500 seminaristi, ma è anche la speranza (in considerazione dellaqualità e quantità dei suoi membri) che possa essere in un prossimo futuro un ponte verso gli altri paesi dell’Africa.È questa la sfida che ho lanciato a Tomi Asenuga.Febbraio è stato un mese denso di impegni in Italia per la partecipazione a Congressi Distrettuali e per inviti rice-

vuti da parecchi Club.A marzo la riunione del Board a

Chicago. Desidero sottolineare la serenaatmosfera di questi incontri in cui mi pareprevalga nuovamente lo spirito di collabo-razione e l’amore per il Serra. A marzoanche i festeggiamenti a Genova per i 50anni della presenza del Serra in Italia.Ad aprile la consegna della Charter ad

un nuovo Club italiano, Rossano Calabro,del mio Distretto 77.A maggio un altro impegno mantenuto,

la visita ai Club dei paesi dell’AmericaLatina: Venezuela, Cile, Argentina,Uruguay e Paraguay (Omissis). Particolar-mente interessante a Montevideo la “Casadel Serra” dove il Club svolge la sua attivi-tà, ed in Paraguay il “Club Castrense” for-mato da militari delle varie armi e volutodall’Ordinario Militare.

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CONVENTION OMAHA

Un gruppo di serrani e di componenti il Board.

I coniugi Carbajal e Gambardella.

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In giugno ho avuto due incontrimolto importanti. A Boston la consegna della

Charter al locale Club con unabellissima cerimonia nella cappel-la del Seminario St. John alla pre-senza del Cardinale SeanO’Malley. A New York l’incontro con

l’Arcivescovo Timothy Dolan,nuovo Consulente Episcopale diSerra International, che ho ringra-ziato per aver accettato questoincarico e che ha avuto parolelusinghiere per il Serra. Le mie visite ed il mio anno di

presidenza non potevano finire inun modo migliore: infatti grazieall’invito ricevuto dalGovernatore del Distretto 31,

Roger Hagman, ho partecipato il giorno 21 di Agosto al Pellegrinaggio alla Missione del Carmelo.Sono stati tre giorni di grande spiritualità, vissuti con gioia ed amicizia insieme ai futuri Presidenti Alejandro e

Tomi ed a tanti serrani della California.In tutti i paesi visitati ho sempre incontrato le massime autorità della Gerarchia della Chiesa ed ho potuto riscon-

trare il loro apprezzamento per il lavoro svolto dal Serra. Tutto ciò ci carica di responsabilità e ci stimola ad un impe-gno sempre maggiore.Senza considerare la mia attività in Italia, ho visitato 14 nazioni, 6 Consigli Nazionali, ho incontrato 40 club, e

mi scuso comunque con quei club che non sono riuscito a visitare.Posso anche dirvi che in questo anno è stata consegnata la Charter a 17 nuovi Club (Omissis). Il Serra comun-

que continua a crescere, infatti abbiamo ben 45 Club in formazione nel mondo.Non posso chiudere senza

esprimervi le mie considera-zioni al termine di questaentusiasmante esperienza.Bisogna riconoscere che

il Serra, soprattutto in queipaesi in cui esiste da piùtempo, sta attraversando unmomento difficile. Ritengoperò che si tratti di una crisidi crescita (Omissis). Si è trattato di una cresci-

ta in estensione che ha porta-to il Serra ad essere oggi pre-sente nei 6 continenti. Ciòdeve riempirci di gioia, madobbiamo anche riconoscereche il nostro sistema dicomunicazioni non era ade-guato ad un simile sviluppo.Solo da alcuni anni abbiamoaffrontato il problema e, sesiamo ora vicini alla entrata

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CONVENTION OMAHA

La tomba del Beato Junipero Serra nella Missione del Carmelo a Monterey.

Gambardella consegna un “award” a R. Hauenstein che nel 1959 consegnò la charter a Genova 184.

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in funzione del nuovo sito web tra-mite il quale potremo far giungerela nostra voce in ogni parte delmondo, siamo ancora lontani dal-l’avere uno scambio di comunica-zioni, un ritorno di informazionidai Club, dai Distretti e daiConsigli sparsi nel mondo. Lanostra dovrà essere un’opera disensibilizzazione perché dallaperiferia ci possano giungere tuttequelle notizie necessarie per l’ag-giornamento dei nostri archivi. (Omissis). Ho sempre pensato

e sostenuto che la nostra genera-zione è responsabile della soprav-vivenza del Serra. (Omissis) e chela molla di tutto sia il nostro entu-siasmo.Quell’entusiasmo che mi

accompagna da quando sonoentrato nel Serra e che, in questoanno, in occasione delle visite ai Club, ho cercato di trasmettere a quanti ho incontrato. Desidero chiudere con delle scuse e dei ringraziamenti.(Omissis). Avrei voluto fare di più, ma posso assicurarvi che in questo anno ho dato al Serra tutto ciò che ho

potuto sia come impegno fisico che come coinvolgimento intellettivo ed emozionale.(Omissis). Ma il ringraziamento più grande voglio rivolgerlo a quei serrani che ho incontrato nei miei viaggi in

giro per il mondo.Desidero manifestare loro la mia riconoscenza per avere accolto il Presidente Internazionale del Serra, non solo

me, con una gioia ed un entusiasmo che non potrò dimenticare. Sono indescrivibili l’affetto e le attenzioni dimo-stratemi, la cura con cui sono state preparate le riunioni, sempre molto partecipate, e gli incontri con i Vescovi, iNunzi Apostolici, i seminari, le comunità religiose, le interviste con riviste e televisioni locali.Non potrò certamente dimenticare quei serrani di Singapore che hanno offerto un’ora di adorazione alla setti-

mana e quindici poste di rosario al giorno per tutta la durata della mia presidenza per le mie intenzioni e per l’uni-tà del Serra.Non potrò certamente dimenticare quei giovani messicani che mi hanno detto di avere già compreso che il loro

impegno per il Serra deve essere di 24 ore al giorno.Non potrò certamente dimenticare quel giovane seminarista che al termine del mio incontro con il Seminario di

Caacupè in Paraguay mi ha detto: ti ringrazio, ora sono più contento perché so che nel mondo c’è tanta gente cheprega per me.È questo miei cari amici il Serra e non certamente quello che a volte il nostro egoismo e la nostra ambizione lo

fanno diventare.Rispondendo alla chiamata ad entrare nel Serra, dobbiamo lasciarne al di fuori tutti i difetti della nostra natura

umana e portare con noi solo il nostro amore per Gesù che possiamo manifestare con il nostro amore per i sacerdo-ti e, soprattutto, con il reciproco amore tra di noi.Lascio il mio incarico sereno e pieno di ottimismo perché so che dopo di me avremo due Presidenti, Alejandro

e Tomi, che con la loro capacità e con la loro grande fede sapranno ancora di più spingere il Serra verso un futuromigliore.A loro auguro buon lavoro e vi chiedo di offrire loro tutta la vostra collaborazione in puro spirito di servizio come

farò io per primo.Maria, Madre delle Vocazioni, prega per noi!

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CONVENTION OMAHA

Il testo integrale della relazione è riportato nel sito: www.serraclubitalia.it (Il Serra nel mondo).

La Chiesa della Missione “San Giovanni Battista”.

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Nel narrare di una Conventiondel Serra si corre il rischio diessere tacciati, seppur bene-

volmente, di scontata retorica, ditransitorio stato emotivo, di superfi-cialità approdante al... nulla. Sonoquesti i commenti che mi sento direspingere con tutta convinzione.Già l’esperienza dello scorso annoin Brasile mi aveva consentito diverificare la concretezza spiritualedi un’assemblea di uomini e donneprovenienti da varie parti del mondoper vivere momenti di comunione,per godere del reciproco dono diesperienze di vita serrana che, sep-pur connotate da culture e civiltàdiverse, sono sostenute tutte da ununico credo religioso e confluentitutte in un condiviso progetto pasto-rale.La Convention non è un’opportu-

nità superflua, riservata a pochivolenterosi (con tristezza in passatoho sentito usare la definizione“fanatici benestanti”), ma un dovereda onorare, compatibilmente con leproprie condizioni di salute, con gliimpegni di lavoro e di famiglia e, inmisura molto minore, con la dispo-nibilità economica. Questa mia ulti-ma annotazione è confermata dallapartecipazione di serrani provenien-ti da paesi con ben noto inferioretenore di vita (soprattutto nigeriani efilippini), ma che hanno scelto diaffrontare sacrifici e rinunce pur ditestimoniare la loro fede in modoradicale e allo stesso tempo di arric-chire il proprio mondo spirituale connuove visioni pastorali e con diversepreziose sensibilità operative.Se vissute con passione, senza

distrazioni e senza lacune di com-prensione, le iniziative formativedisponibili schiudono nuovi oriz-zonti e confermano ancor più nellafede. La Convention di Omaha hacentrato gli obiettivi programmaticicon una vasta offerta di comunica-zioni e di momenti liturgici che pos-sono spiegare l’ampia adesione deicongressisti.Io ho partecipato a tre congressi

internazionali (Genova 1995, Aguasde Lindoja 2008 e Omaha 2009), maquest’ultima mi è parsa la più per-meata di gioia. Il merito va certa-mente attribuito ai relatori chehanno svolto le loro conversazionicon stile accattivante, con apprezza-bile impegno oratorio, rendendosimpaticamente lievi anche le rifles-sioni più impegnative e pur semprestimolanti. Il vescovo di Yucatan, mons.

Berliè, già apprezzato lo scorsoanno, ha focalizzato l’attenzione deipresenti sul valore della fedeltà allapropria vocazione, sul rifiuto dicompromessi sentimentali, sulrispetto delle scelte di vita comerisposta al progetto che Dio riserva aciascuno di noi, sia esso vocazionealla vita consacrata o a quella matri-moniale. Nulla può essere antepostoad un genuino e umile e sapienteascolto della chiamata. Solo così ilnostro personale rapporto con ildivino e con l’umano diventa armo-nioso e fonte di serenità. Nulla deveessere lasciato al caso o al capriccio,tutto deve essere orientato alla con-versione permanente e alla ricercadella santità. Il serrano può e devetrovare nell’interesse non transitorio

né superficiale per le vocazioni con-sacrate una via di perfezione e dialto discernimento Altra conferenza di eccellente

contenuto pedagogico è stata quelladel diacono dott. James Keating,docente di filosofia, che con estremachiarezza e articolate argomentazio-ni ha posto l’accento sul ruolo delpadre di famiglia come primo men-tore di un’eventuale vocazionesacerdotale. Esperienze didattiche divaria applicazione hanno consentitodi rilevare come la tempestiva sensi-bilizzazione dei genitori, soprattuttodel padre, nei confronti di unaautentica scelta di vita, possa costi-tuire un decisivo supporto di rifles-sione e di riferimento per i giovani.Pure l’arcivescovo di New York,

mons. Dolan, nostro nuovoConsulente Episcopale internazio-nale, con spumeggiante omiletica hafocalizzato l’attenzione dell’assem-blea sul valore incontestabile dellavita consacrata come dono, Graziada accogliere, alimentare e difende-re con una “cultura della vocazione”a tutto campo fondata sullaSperanza.Anche i quattro Vescovi protago-

nisti della tavola rotonda vocaziona-le hanno portato contributi di espe-rienze pastorali modulate sui conte-sti personali di esplicitazione, maunivoche per quanto riguarda l’es-senza dei loro significati. In questa sede è possibile riporta-

re soltanto alcune note sull’aspettoformativo della Convention, rin-viando alla lettura integrale degliatti che sarà possibile on line sul sitodi Serra International.

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CONVENTION OMAHA

Appunti dallaConvention di Omaha di Gino Cappellozza

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CONVENTION OMAHA

Ma quest’anno “Convention” hasignificato anche il passaggio delleresponsabilità internazionali dalnostro Cesare Gambardella al mes-sicano Alejandro Carbajal. Ha fattocertamente piacere il caloroso con-senso, espresso con una standingovation di alcuni minuti, con il qualel’assemblea ha manifestato compia-cimento ed apprezzamento per l’o-pera svolta dal nostro amico in unanno di intenso lavoro. Non sembrisciocca adulazione, bensì motivo dilegittimo orgoglio, il riportare l’una-nime riconoscimento ad un operaperseguita con totale dedizione econ notevoli sacrifici. Dall’AmericaLatina all’Asia, dagli Stati Uniti allaNigeria, egli ha profuso energie spi-rituali e fisiche per sollecitare l’in-tensificazione dell’impegno serranonel mondo e allo stesso tempo peroffrire un modello di dedizione alnostro ideale. Né va posta in secon-do piano la sua opera di abile media-zione e di fermo orientamento nelprocesso di revisione dello statutoche, in certi momenti e per alcuniaspetti, aveva suscitato qualche con-testazione e qualche controversiacon il rischio di situazioni di stallo edi defezione. Prelati, serrani di gran-de prestigio e tutta la nostra comuni-tà associativa hanno voluto, informa sia collettiva che individuale,sottolineare come la strategia appli-cata dal nostro presidente sia stata lapiù appropriata per il bene del Serrae della Chiesa. Ovviamente abbiamo cercato di

non trascurare l’aspetto turistico-culturale, certamente non paragona-bile alle nostre offerte europee,comunque di livello molto dignito-so. La cattedrale di Omaha, poco piùche centenaria e dove siamo statiprotagonisti di una solenneCelebrazione Eucaristica, è impre-ziosita da opere di ebanisteria delsecolo scorso di squisita fattura. Maovunque tutto tende alla cura delparticolare, ovviamente senza rag-giungere la suggestione delle nostre

vestigia, ma comunque come piace-volissima espressione di una civiltàevoluta e di un’ampia apertura cul-turale.Le conviviali realizzate presso

l’Università Cattolica o presso unodei musei cittadini o presso ilPalazzo dei Congressi, i momentitrascorsi nei tipici negozi e nei carat-teristici ristoranti hanno rappresen-tato altrettante opportunità di frater-nizzazione e di reciproca conoscen-za. Tra le molte, ho avuto la fortunadi parlare con Ralph Hauensteinche, come presidente internazionale,nel 1959 consegnò al presidenteProf. Castello la charter d’incorpo-razione del club di Genova, primoSerra club continentale. Avendoglichiesto perché non fosse venuto aGenova in marzo per festeggiarecon noi questo significativo anniver-sario, mi ha risposto che la moglieera appena deceduta e perciò non sitrovava in un sereno stato d’animo.Lucido, misurato, brillante e applau-dito attore di una lunga pubblicaintervista, ha passato in rassegnadecenni di storia serrana e ancheamericana, avendo lui collaboratoad alto livello con più presidentidegli Stati Uniti. Una sua breve esi-bizione al ballo della Cena di Galaha completato l’immagine di questosignore molto affabile e disponibile.È comunque necessario precisarel’età del nostro Amico: 97 anni! Enon si è dimenticato di chiederminotizie del nostro Giuliano Rizzerio!Anche gli impegni istituzionali

del Congresso Internazionale(Board), con le deliberazioni su variargomenti e la successiva presenta-zione e consultazione esecutiva deidelegati, hanno costituito, comesempre, un’occasione di più profon-da conoscenza del mondo serrano.Altri potrebbero descrivere

meglio la apprezzabile qualità deglieventi e delle relazioni interpersona-li, l’entusiasmo nel sentirsi partecipie protagonisti di una missione chearricchisce la nostra Chiesa, che

tende ad arginare la cultura dell’in-dividualismo e dell’edonismo, a ren-dere più autentica la nostra vita,spesso attratta da effimeri benefici.Non ho voluto (e non ne sarei

stato capace) proporre una dettaglia-ta cronaca di tutto quanto è avvenu-to in questa Convention; lo scopoprevalente è invece il far apprezzare,per quanto possibile, questa prezio-sa occasione di testimonianza, disensibilizzazione e di forte crescitaspirituale. Richiamandomi ad unaconsiderazione inizialmente espres-sa, mi chiedo perché noi serrani ita-liani, che pure lodevolmente cirechiamo a Lourdes o a Fatima o adaltri siti di forte richiamo religioso,snobbiamo e trascuriamo la parteci-pazione a momenti di intensa spiri-tualità serrana. In altri contesti, nonsolo in quello americano, ci si vantadi aver partecipato a quante piùConvention possibili. Vorrei che la mia seppur tardiva

consapevolezza del valore di questoevento ci stimolasse tutti ad una piùnumericamente significativa adesio-ne. La prossima si terrà adAnchorage, capitale dello Statodell’Alaska; numerose testimonianzecolte ad Omaha rassicurano sulle con-dizioni climatiche di questo territorioagli inizi di settembre e sul suo straor-dinario fascino ambientale e sociale.Varrà la pena di riparlarne ...

G. Cappellozza, Ines Trucchi e C. Gambardella

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RUBRICA

Le vicende che si svolgono nel tempo, a livello individuale e collettivo, sono per il cristia-no l’oscuro sacramento del progetto di Dio. Decifrarne il senso, coglierne l’appello, non èdunque per lui un optional, ma costituisce il compito fondamentale della sua vita. Questarubrica si propone di aiutare i lettori in questo compito, mettendo a fuoco, di volta in volta,un aspetto della realtà presente e offrendo alcune riflessioni su di essa, nella speranza cheognuno le prolunghi poi per proprio conto.

La sfida della carità

Non è stato sufficientemente rileva-to, nei commenti della stampa (gene-ralmente favorevoli, peraltro) che laCaritas in veritate è un’enciclica cheva controcorrente. Sotto diversi profili.Il primo riguarda l’impostazione difondo del discorso che svolge. Nelleencicliche sociali, di solito, i predeces-sori di Benedetto XVI si sono sforzati dipartire, sia a livello di analisi che diterapia dei problemi della società, daalcuni elementi riconoscibili e condivi-sibili anche da chi non è credente, persvilupparli poi fino ad aprire prospetti-va che vanno oltre la sfera puramenteumana. La Caritas in veritate, invece,parte da una virtù teologale e la pro-pone coraggiosamente come fonda-mentale chiave di lettura e di soluzio-ne delle difficili questioni economiche,sociali, politiche e culturali che carat-terizzano il nostro tempo. «La caritànella verità, di cui Gesù Cristo s’è fattotestimone con la sua vita terrena e,soprattutto, con la sua morte e risurre-zione, è la principale forza propulsivaper il vero sviluppo di ogni persona edell’umanità intera» (n.1).Alla base sta, evidentemente, la

convinzione che il messaggio cristia-no abbia in se stesso una ricchezza euna forza salvifica che coinvolgonotutto l’uomo, e non soltanto una suasfera “spirituale” a cui dovrebbe esse-re riservato. Anche per affrontare inmodo adeguato i nodi della dimen-sione storica, dunque, è essenziale,

secondo il Papa, partire dalla carità,dono di Dio. Non per escludere l’uo-mo, ma per ritrovarlo nella sua piùvera luce, quella che viene dal suoCreatore e Redentore. L’enciclica nontrascura affatto le motivazioni umanedella dottrina sociale della Chiesa,ma le colloca fin dall’inizio nella loroprospettiva globale, che è, inevitabil-mente, quella della grazia. Nella fidu-cia che anche il non credente potràscoprire la validità anche razionale diqueste motivazioni tanto più, quantopiù esse saranno proposte nella lororeale prospettiva trascendente, e nonmutilate artificiosamente di essa pernon “disturbare” la sua sensibilità.C’è, nella impostazione dell’enci-

clica, anche un sottile monito ai cre-denti. Troppo spesso oggi la logicadella “incarnazione” viene intesa,erroneamente, come una pura e sem-plice secolarizzazione del cristianesi-mo, che riduce l’amore a solidarietàsociale, la missione a impegno politi-co, il servizio evangelico a volonta-riato. Mettendo in primo piano la cari-tà – come del resto aveva già fattonella sua enciclica Deus caritas est – ilPapa sembra ricordare a tutti che l’es-senza del cristianesimo è l’amore cheDio riversa nei nostri cuori e che noidobbiamo diffondere intorno a noisenza depotenziarlo o mascherarlo.

Lo sviluppo come vocazione

Un secondo punto di rottura rispet-to al modo corrente di concepire i pro-

blemi sociali è il concetto di sviluppo,che Benedetto XVI riprende da PaoloVI: «Nella Populorum progressio,Paolo VI ha voluto dirci, prima di tutto,che il progresso è, nella sua scaturigi-ne e nella sua essenza, una vocazio-ne» e cioè, «da una parte, che essonasce da un appello trascendente e,dall’altra, che è incapace di darsi dasé il proprio significato ultimo» (n.16). Così inteso, lo sviluppo non è più

soltanto una crescita economica, macoinvolge l’umanità delle personenella sua globalità, che implica l’a-pertura religiosa. Oggi in Paesi eco-nomicamente sviluppatissimi c’è unsottosviluppo morale e spirituale cheessi rischiano di esportare in quellipiù poveri, insieme ai prodotti dellaloro tecnologia e della loro industria(cfr. n.29). Così la globalizzazionediventa contagio delle povertà umaneinvece che, come dev’essere, condivi-sione delle ricchezze. La definizione dello sviluppo come

vocazione non comporta solo il suorapporto inscindibile a Dio, ma parlaanche dell’uomo: «La vocazione è unappello che richiede una risposta libe-ra e responsabile» (n.17). Questosignifica che non ci si può trincerare,come spesso si fa (anche da parte deicristiani!), dietro le anonime leggi delmercato e gli inesorabili meccanismidell’economia per giustificare com-portamenti che in realtà dipendonosempre, in qualche misura, da liberescelte di persone in carne ed ossa:«Questa libertà riguarda (...) anche lesituazioni di sottosviluppo, che nonsono frutto del caso o di una necessi-tà storica, ma dipendono dallaresponsabilità umana» (n.17). Il richiamo alle persone e alla loro

a cura di Giuseppe Savagnone La carità va controcorrente

Leggere il tempo

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RUBRICA

libertà, in una società che tende sem-pre più a minimizzarne l’identità unicae irripetibile, indica anche la via dapercorrere per il futuro: «Lungo la sto-ria, spesso si è ritenuto che la creazio-ne di istituzioni fosse sufficiente agarantire all’umanità il soddisfacimen-to del diritto allo sviluppo (…) In real-tà, le istituzioni da sole non bastano,perché lo sviluppo umano integrale èanzitutto vocazione e, quindi, compor-ta una libera e solidale assunzione diresponsabilità da parte di tutti» (n.11).

Una nuova concezione dell’economia

Un terzo punto in cui l’enciclica èdecisamente “sovversiva” riguarda ilconcetto stesso di economia: «La dot-trina sociale della Chiesa ritiene chepossano essere vissuti rapporti auten-ticamente umani, di amicizia e disocialità, di solidarietà e di reciproci-tà, anche all’interno dell’attività eco-nomica e non soltanto fuori di essa o“dopo” di essa» (n.36). Per raggiungere questo obiettivo,

non è necessario, come a volte sicrede, eliminare il mercato. «La socie-tà non deve proteggersi dal mercato,come se lo sviluppo di quest’ultimocomportasse ipso facto la morte deirapporti autenticamente umani», per-ché «anche che nei rapporti mercanti-li il principio di gratuità e la logica deldono come espressione della fraternitàpossono e devono trovare posto entrola normale attività economica» (n.36).È l’esperienza infatti ad insegnare che«l’esclusivo obiettivo del profitto, semal prodotto e senza il bene comunecome fine ultimo, rischia di distrugge-re ricchezza e creare povertà» (n.21). Questo rende superata l’imposta-

zione tradizionale, che separa «l’agi-re economico, a cui spetterebbe soloprodurre ricchezza, da quello politi-co, a cui spetterebbe di perseguire lagiustizia mediante la ridistribuzione»(n.36). Non si tratta tanto, perciò, dirafforzare il ruolo di controllo degliStati sul mercato, ma di cambiare lamentalità degli operatori economici efinanziari. «Il binomio esclusivo mer-cato-stato corrode la socialità, mentrele forme economiche solidali, che tro-vano il loro terreno migliore nellasocietà civile senza ridursi ad essa,creano socialità» (n.39).

Non si tratta solo di un’utopia: ilfiorire, anche nel nostro Paese, diesempi di economia di comunione enon profit testimonia di un movimentoche si sta svolgendo nella realtà.Resta il fatto che la prospettiva del-l’enciclica, se pure non è utopistica,nel suo insieme, appare ben lontanadalle logiche classiche del capitali-

smo ancora imperante. Ha scritto ilPapa nel documento: «Serve unnuovo slancio del pensiero» (n.53). Inun tempo privo di fantasia e di gran-di prospettive intellettuali, la Caritasin veritate è la prova che il cristiane-simo è la sola realtà ancora capacedi inquietare l’Occidente con questoslancio.

Simone Weil (1909-1043), filosofa e mistica, nacque a Parigi da unafamiglia ebrea agnostica, fu allieva del filosofo Emile Charter, figura divecchio stile che inculcò in lei l’idea di libertà.Tutto il percorso della breve vita di Simone Weil si può riassumere in

tre tappe: primo periodo l’agnosticismo; secondo l’idea della rivoluzio-ne; terzo il momento della grazia. Laureata in filosofia a 21 anni, inse-gnò nei licei, ma dopo pochi anni, dotata di un forte senso della giusti-zia sociale, lasciò l’insegnamento e andò a lavorare in fabbrica per con-dividere con gli operai il duro lavoro. Criticò il marxismo e il suo mate-rialismo storico. Alla Weil non sembra possibile cancellare con un trat-tato economico l’oppressione e l’ingiustizia nella società umana. Anchele stesse rivoluzioni, per la Weil, tendono a tradire le promesse. Fu anchecontraria al nazismo che comprimeva cuore e spirito. Esaltò il mondogreco e fu vicina a Platone che accordava uguale rispetto a vinti e vinci-tori. L’infelice è distante da Dio perché non vede nessuna luce nella suavita; per sconfiggere l’infelicità l’uomo deve colmare la distanza che losepara da Dio. La virtù greca si affianca alla grazia cristiana, cioè lasalvezza che viene da Dio. Fede, tensione morale e impegno politico non l’abbandoneranno mai

fino alla morte. La fortissima tensione spirituale, lo slancio di ispirazio-ne etico-religiosa la porteranno sempre a stare dalla parte degli oppressi.Queste sono anticipazioni legate alla divinità e tipiche del cristianesimo.I tre termini che compaiono spesso nei suoi scritti e che l’avvicinaronoal cristianesimo sono: Pensiero; Amore; Grazia. Pensiero, alterità, bel-lezza e amore per lei sono termini che si integrano. Riconoscere l’altro èun’arte, significa riconoscere che lui è Dio – Amore e non Io. Con intui-zione affermò che la salvezza è nell’incontro reale, radicale, è grazia.L’annullamento dell’Io avviene nella sofferenza, nell’abbrutimento deicampi di concentramento. L’ansia e l’amore per l’Altro, la porteranno aimpegnarsi nella guerra civile spagnola, nei quartieri poveri di Harlem aNew York e nella Londra bombardata della seconda guerra mondiale.Soleva dire la Croce è la nostra patria, la guerra è una prova della mise-ria umana. La vita della Weil è una testimonianza della difficile arte della liber-

tà che è apertura, offerta. L’atto originario di Dio chiama all’esistenzal’Altro, è un atto d’amore. E, è questo atto, questa dedizione al martirio,che la Weil inseguì per 34 anni. Morì di tubercolosi in un sanatorio ingle-se nel 1943.

S. Celentano

Unità fra pensiero e vita

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il serrano n. 11616

ATTUALITÀ

L’ALMO COLLEGIOCAPRANICA

L’Almo Collegio Capranica èstato fondato il 5 gennaio 1457 dalCardinale Domenico Capranica(1400-1458) con l’intento principaledi provvedere alla formazione presbi-terale dei giovani, soprattutto poveri.Il Palazzo Capranica si affaccia

sulla piazza omonima, ed è il piùantico tra i pochi esempi sopravvis-suti a Roma di residenza signorileproto-rinascimentale. La costruzione mostra nel pro-

spetto diverse fasi costruttive e siarticola a L sulla piazza e sulla per-pendicolare via del CollegioCapranica, costituita da due corpiautonomi, nati in momenti successi-vi e con diverse destinazioni, presen-ta una fase costruttiva tardo gotica atufelli con bifore marmoree triloba-te) e una fase con finestre a croce, eun’elegante torre con loggia.Intorno al 1449 Domenico

Capranica iniziò la realizzazione delproprio Palazzo, acquistando dellecase sulla piazza che per la maggiorparte “fece costruire dalle fonda-menta” (com’è scritto nel testamen-to redatto il giorno stesso della suamorte). Tra le costruzioni acquistatee incorporate c’era una Cappella,che la tradizione voleva eretta sullacasa natale di Sant’Agnese, cheavrebbe subito il martirio nel nonlontano Stadio di Domiziano(l‘odierna Piazza Navona), ritenutail più antico luogo di culto a lei dedi-cata. Il palazzo si estese ad altre caseche sorgevano sulla piazza diMontecitorio, chiudendo così l’ulti-mo tratto del rettifilo di via deiCoronai - via delle Coppelle. Da oltre cinque secoli il Collegio

Capranica svolge un ruolo di servi-zio nella formazione del clero catto-lico, e proprio nel nostro secolo due

suoi ex-alunni sono stati eletti dalcollegio cardinalizio SommiPontefici: il genovese Giacomodella Chiesa, Benedetto XV (1914-1922), ed il romano Eugenio Pacelli,Pio XII (1939-1958).A partire dal 1592 il Collegio

ebbe una nuova figura di Superiore,il Cardinale protettore: il primo èstato il Cardinale Michele Bonelli,Vescovo di Albano. Nel 1661 il PapaAlessandro VII (1655-1667) rifor-mò l‘iter di nomina del Rettore, affi-dato sino ad allora agli stessi alunni,e lo sottopose all’approvazione dellaSede Apostolica. Nel 1917 il PapaBenedetto XV legò il Collegio alservizio liturgico della PatriarcaleBasilica liberiana di Santa MariaMaggiore.Tra il 1953 ed il 1955 l‘edificio

del Collegio venne completamenteristrutturato, per l’intervento di PioXII, e il 21 gennaio 1957 fu da luivisitato, a 500 anni dalla fondazione.Con il breve Prospero et sollicito

animo (28 giugno 1971) Paolo VIrinnovò l’alta direzione del Collegioaffidandola ad una CommissioneEpiscopale di nomina pontificia,formata da un Cardinale presidentee da due Vescovi.

Nell’agosto 1982 il papaGiovanni Paolo II ha appro-vato il nuovo Statuto delCollegio che, in continuità ein spirito di rinnovamentopermanente, come previstonelle Costituzioni delCardinale Capranica, indicala fisionomia ed il progettoformativo del Collegio,“comunità ecclesiale edu-cativa, nella quale gli alun-ni si formano al ministerosacerdotale” (art. 4).

L’ammissione di un giovaneall’Almo Collegjo Capranica impli-ca la constata presenza di alcuneprecipue caratteristiche teologali edumane: una vita vissuta nella fede,un fondato desiderio-vocazione diesprimersi nel servizio sacerdotale,una volontà certa di offrire buonatestimonianza di vita, una precisadecisione di assumersi la “fatica”dello studio e della formazione glo-bale, un sensus ecclesiae e di amore-carità, e infine l’assunzione di unvero stile di fraternità e di amicizia.All’Almo Collegio Capranica si èabitualmente accolti con una borsadi studio, espressione di dono daparte di benefattori, che rendonopossibile la realizzazione del proget-to d’amore di Dio.L’Almo Collegio Capranica è for-

mato da giovani e adulti, che moti-vati dalla fede in Gesù, per volontàdei loro Vescovi si preparano alministero ordinato o perfezionano laloro formazione nel ministero ordi-nato, compiendo i loro studi teologi-ci, nelle varie discipline, presso lePontificie Università Romane.

Salvo GeraciSeminarista

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dente solo dentro la Chiesa, ma è decisiva anche nei con-fronti di tutta la compagnia umana, di uomini e di donne.Papa Giovanni Paolo II, in una sua poesia, rende

molto bene il ruolo, il compito, meglio il servizio checompete, affidato al sacerdote: “... vuoi essere il pavi-mento su cui camminano gli altri... per giungere là doveguidi i loro passi...” (Dono e Mistero, pagina 54).Immagine, questa, tratta dal rito di ordinazione sacerdo-tale quando i candidati si prostrano (letteralmente: sistendono!) sul pavimento della Chiesa, e tutta la comu-nità prega per loro e su di loro.Quante volte ho pensato che il ministero comincia a

compiersi da lì: c’è tutto quello che solo Dio sa e c’ètutto quello che la comunità può compiere per i presbi-teri. E cioè, prima di tutto, pregare. Pregare per meritar-li i preti, per concelebrare con loro la dignità di figli diDio ottenuta nella grazia del battesimo. Pregare perchésiano fedeli a Colui che ha chiamato ed è fedele. Pregareperché non si scoraggino per le debolezze proprie e deifratelli. Pregare perché siano capaci di continue ripresee di sostenere con umiltà e generosità i ricominciamen-ti degli altri.Insisto sulla preghiera, che è una consegna del Serra

Club, per i presbiteri e non è cosa diversa dal fare qual-cosa per loro. Io condivido l’intenzione bella di SanBenedetto che chiama la preghiera: “Opus Dei – Lavorodi Dio”.Il Serra Club promuove pure iniziative di animazio-

ne e di sensibilizzazione al mistero della vocazione alpresbiterato in obbedienza all’invito imperativo diGesù: “Pregate il padrone della messe perché mandioperai nella sua messe”.Prima di essere un “pensiero” nostro è una premura

di Dio il dono di vocazioni; a noi essere attenti e prepa-rare il terreno perché questo “desiderio” di Dio diventidono e realtà efficace per la Chiesa e per il mondo. Ilprete assistente del Serra Club ha questo privilegio: sen-tire come i fratelli nella fede attendono la presenza e l’o-pera del prete.A partire dal vissuto dei singoli componenti il Serra,

dai loro percorsi di fede sostenuti dalla grazia dellaparola di Dio e dalla sana dottrina della Chiesa, nonchédai sacramenti, i Serrani ricordano con semplicità etenacia che il dono di un sacerdote è la conferma cheDio continua ad amare questo mondo.Un santo dei nostri giorni, San Josè Maria Escrivà,

dice: “Un segreto. Un segreto a gran voce: queste crisimondiali, sono crisi di santi”.Senza pessimismo, ma con desiderio di fedeltà a

volte mi domando: “Sono crisi di sacerdoti?”.Mons. Giacinto DanieliCappellano del club di Venezia

CC osì recita il rito d’ordinazione sacerdotale comeconclusione dei gesti e delle parole che il vesco-vo celebra e pronuncia sul candidato al sacerdo-

zio. È per questo che amo dire, a me stesso e a chi melo domanda, che “sto diventando prete”. Il motivo èsemplice: essere preti appartiene al mistero che è Dio.Intendo per mistero non tanto e solo una realtà che nonsi capisce, quanto piuttosto che non finirò mai di capire.Perché questa è la caratteristica dei doni di Dio: Lui, ilSignore, non li ritira mai, anzi li porta a compimento; lirende il senso compiuto della nostra vita.Queste riflessioni introduttive, mi sono tornate nel

cuore leggendo e meditando un passaggio di un’omeliadel Santo Curato d’Ars: “Il prete comprenderà bene sestesso solo in cielo. Se si capisse sulla terra, morirebbe,non di spavento, ma di amore”.In quest’anno che il Santo Padre, Benedetto XVI, ha

dedicato ai Sacerdoti, mi pare bello far presente, tra letante realtà che si prendono a cuore la vita e il ministe-ro dei sacerdoti, a cominciare da quando sono ancoraseminaristi, il carisma del Serra Club.Su incarico del mio patriarca, Card. Angelo Scola,

partecipo e cerco di animare gli incontri di questa pic-cola ma significativa comunità che docile al carismaobbedito dal Beato Junipero Serra cerca, anche nellanostra diocesi, di tenere viva un’attenzione proprio perquello che io continuo a pensare come il primo “lavoro”di Gesù: chiamare alcuni che lo seguissero da vicino e,fidandosi di loro, renderli discepoli, e poi pure affidan-dosi a loro, mandarli come apostoli in tutto il mondo.La necessità del dono che è il presbitero non risalta evi-

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IL PUNTO

Il Signoreportia compimentoquello cheha iniziato in te

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RUBRICA

siamo Serena e Adriana della cl.III A della Scuola Secondaria di 1°grado dell’Istituto Comprensivo diMiglionico. Ci scusiamo per nonavere risposto prima alla sua letterache ci è stata di grande aiuto e perquesto la ringraziamo, ma abbiamoaspettato di raccogliere i primi fruttidel nostro progetto “Educare ed inte-ressare i giovani alla convivenza civi-le” per poterle raccontare la nostraprima esperienza. La nostra prof.Lucrezia Carlucci, tornata daGenova, ci ha descritto i vari festeg-giamenti per i 50 anni del Serra ita-liano, ma la meraviglia che ci ha tra-smesso è quando ci ha parlato siadella figura magistrale, instancabile ealtisonante, pur con la sua età, diMons. Noli nella sala Quadrivium,che del fondatore, prof. di dirittoromano Carlo Castello, uomo di gran-de fede che lo accompagnava anchequando era fra i suoi alunni universi-tari. È questo l’ insegnamento cari-smatico che dovremmo avere noi gio-vani dall’ animo fragile e corruttibile.Anche noi alunni, consiglieri e mili-

tanti del partito “I Tralci dellaVita”(T.D.V.) dopo tanto duro lavoroelettorale, finalmente, stiamo riuscen-do a realizzare i nostri progetti: loscorso 8 Aprile in prossimità della S.Pasqua, ci siamo riuniti presso la“Casa-Alloggio” del nostro paese pertrascorrere il pomeriggio assieme aipazienti, colmandoli di doni e soprat-tutto di attenzioni. Questo incontro è

stato molto educativo per noi giovaniperché ci ha insegnato come, starecon chi è diverso da noi, sia un’ enor-me ricchezza. Veder gioire la genteche soffre ci fa capire come è fonda-mentale stare insieme e dedicare “ilproprio tempo all’altro” per farlo sen-tire meglio, come lei stessa ci hadetto:”Io ti do la mia attenzione per-ché tu sei importante per me”.Continueremo sicuramente a collabo-rare con gli ospiti della Casa-Alloggioperché questa è stata una giornata incui tutte le “diversità” non esistevanopiù, tutti erano figli di un solo Padre efratelli di un solo Cristo. Tutti unici,non cloni, ma contraddistinti dallamedesima voglia di confrontarsi edivertirsi. In poche parole è stata unagiornata in cui quasi tutti gli ideali delprogetto “Educare ed interessare igiovani alla convivenza civile” sonostati rappresentati in modo pratico:solidarietà, rispetto delle regole eamore per il prossimo, mettersi al ser-vizio altrui per migliorare il paese. Un altro suo consiglio che stiamo

seguendo è quello di diventare “ange-li custodi” del nostro paese rendendo-lo migliore e cercando di abbellirlocon fiori e di ripulirlo. Speriamo cosìdi essere di esempio per tanti, ancheadulti, che molto spesso sembranonon ricordare che il mondo che ci cir-conda merita di essere rispettato enon rovinato ed inquinato.Ci sono altri progetti in corso,

come quello di dare un’identità alla

nostra scuola, da “IstitutoComprensivo” a “Scuola Don DonatoAntonio Gallucci”, un parroco diMiglionico scelto da noi alunni che siè molto impegnato nel ‘900 facendostudiare molti giovani poveri pergarantire un buon futuro a tutta lapopolazione miglionichese.Continueremo sicuramente a segui-

re il vostro sito serrano, a scrivere perraccontarle dei nostri nuovi progettiche scopriremo alle scuole superiori,coinvolgendo sia i nostri docenti che icompagni. Speriamo di riuscire a tra-sformare Miglionico e, soprattutto,tutta la società in una “DomusMagna”, una grande casa dove tutti“si rispettano e si vogliono bene” edove noi ragazzi siamo “speranzaper la comunità”. Speriamo di riceve-re ancora una sua risposta e chissà seun giorno la potremo incontrare da“Serrani”! Certamente il seme è stato pianta-

to e… LASCIAMO LO SPIRITOSANTO AD ILLUMINARE I NOSTRICUORI.

Cordiali saluti… e un abbracciofraterno da tutti i compagni di classe.

Adriana Pia De BonisSerena Esposto

Gli alunni della 3°a

Carissimi,ho ricevuto la vostra lettera e devocongratularmi con voi per quanto fatee state realizzando.

Bravi! Bravi! Bravi!. Continuate adinteressarvi del vostro paese perchésia sempre più bello e di esempio agliadulti. Continuate a collaborare congli ospiti della Casa-Alloggio perchésono sicura che hanno bisogno della

Cara sorella “voce amica”,

Il Presidente del Consiglio Nazionale Italiano del Serra, Maria GemmaSarteschi Mencarini, nel congresso di Collevalenza ha manifestato il deside-rio di essere il più possibile in contatto con tutti i Soci, anche per conoscerepersonalmente i dubbi, gli interrogativi, le aspettative ed i suggerimenti chepossono essere espressi da chi fa parte del movimento serrano. Questo spazioè riservato a “La posta del Presidente” per esprimere i vostri giudizi ed anchele vostre critiche. Gemma invita cordialmente tutti ad accedervi liberamente,scrivendo all’indirizzo appresso indicato. Ciascuno avrà la sua personalerisposta sull’argomento affrontato. È essenziale conoscere i vostri pensieri ele vostre idee. E-mail: [email protected]

La posta del Presidente

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vostra attenzione, del vostro affetto ese non riuscite a portare doni non vipreoccupate. Hanno bisogno dellavostra presenza, del vostro ascolto,sentire che sono amati e rispettati.

Grazie per seguire il movimentoserrano. Tenetemi a conoscenza deiprogetti che andrete a realizzare. Mifarete felice. Sono sicura che c’incon-treremo e poiché il seme è stato pian-tato e sarà lo Spirito Santo a illuminarei vostri cuori, permettetemi di lasciarvicon una riflessione. Siete giovani cheamate la vostra comunità e siete la spe-ranza della vostra comunità.

Sapete perché? Perché il vostrocuore ha conosciuto il Signore. Dire aDio: “sei Tu il mio Signore” è parolagrande, che impegna la vita.Riconoscere la signoria di Dio sullanostra vita è servire, da protagonisti,il suo progetto di salvezza ed il beneper ciascuno di noi.

Siate giovani che fanno spazio nelcuore ad ogni solitudine e lacrima;nella preghiera portate ogni speranzae dolore, abbiate a cuore le sorti delmondo e il destino di ogni fratello.

Voi sarete gli uomini del domani.Mi sia consentito di fare una con-

siderazione sulla vostra professores-sa: avete avuto il privilegio di esserestati didatticamente seguiti in unamodalità di formazione che dedicaparticolare attenzione alla crescitaculturale ed umana degli studenti. Soche la professoressa Lucrezia Carlucciè stata nominata “Presidente Eletto”del Serra Club di Matera. A Lucreziafaccio i miei complimenti per i risulta-ti che sa raggiungere nella sua pro-fessione e per il Serra club le porgo imigliori auguri di buon lavoro. Sonocerta che farà bene.

Permettetemi di chiudere con paro-le prese in prestito dal presidenteamericano in visita ai giovanidell’Università cattolica di NotreDame in America:

“Cuori aperti, menti aperte, paroleequilibrate verso tutti ma soprattuttoverso coloro che non la pensanocome voi e sicuramente troverete unpunto di unione, qualcosa che sicura-mente avrete in comune ed allora siaprirà il dialogo, la relazione”.

Vi abbraccioM. Gemma

Santo per la Chiesa cattolica, Tommaso d’Aquino operò (secolo XIII) in senoalla Teologia del tempo, la rivoluzione che cambiò la dottrina dei credenti per isette secoli successivi. Seguace di san Domenico e alla scuola di Alberto Magnopioniere della ricerca naturalistica, Tommaso adottò il pensiero di Aristotele, perspiegare la dottrina della Chiesa e dettarne i criteri di “Verità”.La storia della Filosofia ci racconta di Aristotele che, vissuto nel IV secolo

avanti Cristo, fu inizialmente discepolo di Platone e dal quale si dissociò consferzante giustificazione: «Platone è amico disse - ma più amica è la verità».Non gli piaceva infatti l’universo di Platone estremizzato e scisso tra sogno e

veggenza, e, riallacciandosi ai presocratici, volle ricondurre nell’uomo, situato“hic et nunc”, i principi costitutivi dell’Essere, sottraendoli alla “Natura” idealiz-zata. Le quattro “cause” (agente, formale, materiale e finale) ne costituirono ledinamiche gnoseologiche in tensione antitetica e sinergica d’identità e diversità.“Fisico” fu definito il verificabile attraverso i cinque sensi («nihil est in intel-

lectu nísi prius fuerit in sensu»), “Metafisico” è l’oltre, e “sostanzia” la realtà.L’Anthropos” (l’Uomo) da Aristotele fu descritto perciò in totalità non astratta,e in dimensione empiricamente rilevabile («materia signata quantitate») .Nel primo Millennio cristiano, sacralizzato da suggestione platonica e subli-

máto da Agostino verso “sponde ultramondane”, Aristotele non poteva vantaresuccesso. Misconosciuto fu il’ suo pensiero “ateo” e preoccupato al vivere infra-mondano. Il risveglio dell’Anno Mille, timido inizialmente, millantò esigenzerivoluzionarie rispetto a modelli integralisti e teocratici subìti per secoli e avaridi dinamiche evolutive e di crescita. La società incipiente era meno preoccupa-ta di Cielo e più propensa alle sorti terrene, rese ingarbugliate da recriminazio-ni, varie e legittime, per equilibri altri che pure si andavano formando.Averroè, arabo illuminato, introdusse nel Califfato di Cordova e, in succes-

sione, in tutto l’Occidente (secolo XII), gli Scritti di Aristotele, che da subitoappassionarono, risvegliando esigenze immediate di nuova cultura.Il Papa rivendicava l’“oggettiva” sua superiorità, anche in tema di laicità, nei

confronti dell’Imperatore recalcitrante, su base eminentemente giuridica e perciò“inconfutabile”. Si imponeva perciò l’epistemologica normativa a giustificare pri-vilegi di forza che il decadente feudalesimo non era più in grado di legittimare.Si cercavano princìpi “chiari” e di assoluta “oggettività”, che la scienza dello

Stagirita riusciva a garantire, attraverso la Logica (“Major et minor’) del discor-so e il rigore del sillogismo, senza alibi.Tommaso d’Aquino ricevette quasi un mandato papale per mediare la cono-

scenza della “Verità “ cristiana e non solo, con le “Categorie” di Aristotele (dieciin tutto), “passe-par-tout “ risolutivo per ogni istanza storica o religiosa, collet-tiva o individuale.Verità come «adaequatio rei et ìntellectus», perfetta identità tra il percepito e

il percepiente attraverso i cinque sensi, mediazione insostituibile e qualificante(«quidquid accipitur ad modum recipientis accipitur»).La “svolta” fu epocale, e il paramentro cognitivo definito.La Chiesa dell’epoca si affidò a Tommaso e alla mistica autorevole del

«Magister dixit» (il Maestro era Aristotele) per risolvere a proprio favore le ten-sioni tra Papato e Impero; per confutare e perseguitare gli eretici su prove uni-lateralmente definite “oggettive”; per identificare l’efficacia e gli effetti sacra-mentali, sollevando spesso dall’obbligo dell’impegno soggettivo e personale.La Verità oggettiva e universale doveva convalidare, anche nell’ambito

dell’Etica, la libertà senza alternative al “Bene conosciuto” e imposto.La “Summa theologica” di Tommaso, offri la panacea a soluzione di tutti i

problemi, garantendo per quel tempo e (purtroppo) per i secoli successivi cer-tezze all’Apologetica che fu difesa inquietante e frequentemente su pregiudizicontro fantomatici avversari. Galileo ne fu vittima illustre.

Fra’ Domenico Spatola

Tommaso D’Aquino e...la sua “verità”

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CULTURA E FEDE

che va promuovendo, ma un uomo totalmente fiduciosonel metodo scientifico, questo lo ha chiarissimo nellasua mente; Galilei ha combattuto una lotta titanica per-ché questo nuovo modo di affrontare la realtà prendessecampo; la storia gli ha riservato su questo la vittoria piùtotale …Abbiamo anche perduto qualcosa: prima la cono-

scenza della realtà era affrontata con quelle che sono learmi, efficacissime per la sopravvivenza, di un bambi-no; un bimbo in fasce sa con assoluta certezza se èamato dalla madre o appena tollerato; è una conoscenzache, per dirla col Piaget, si può definire «analogica»,contrapposta a quella «formale» veicolata dal linguag-gio dell’uomo contemporaneo.La conoscenza «analogica» è anche quella che ci

permette di accedere alla «fede» … nel Medioevo moltoera tramite essa, ed è per questo che non esisteva anco-ra la parola «religione», perché tutti erano uomini difede, sapevano che cosa essa era nel concreto, perché neusavano le categorie mentali.Galilei con il suo pensiero, con la sua efficacissima

propaganda (scrive in italiano e non in latino), pone unabiforcazione: da una parte le ragioni della fede e dal-l’altra quelle della scienza … si crea così nella personaumana una «frattura» (forse meglio, una dissociazione)per cui, essendo la scolarizzazione totalmente affidata almetodo scientifico, di fatto oggi il mondo delle cono-scenze immediate e certe ci è diventato estraneo …Oggi per la fede ci vuole un cammino impervio … i

risultati sono spesso deludenti perché lo si affronta con lalogica, per rappresentare ragioni che sono invece delcuore [ecco il perché dell’ampio uso delle parabole];siamo così lontani dal mondo delle buone emozioni, pareche oggi non siamo neppure più capaci di innamorarci,non per cattiveria, ma per mancanza di categorie mentali.Le conquiste e le relative problematiche della scienza

le abbiamo sotto gli occhi: si arriva spesso ai 90 anni,nuove problematiche per l’anziano emergono, la violenzaè di casa, le ragioni della ecologia sono oggi pressanti…Sta solo a noi decidere cosa vogliamo per le genera-

zioni future …Giampiero Barbieri

400 anni or sono Galilei puntava per la prima voltail cannocchiale verso il cielo, 400 anni or sonoJoannes Kepler pubblicava la meravigliosa sintesi

delle sue prime due leggi su «Astronomia Nova» (con lesue parole: «il moto dei pianeti in cielo non è un cer-chio, ma un ovale, perfettamente ellittico»), 150 anni orsono Charles Darwin pubblicava «L’origine della spe-cie».L’Italia, ha suggerito il 2009 come Anno internazio-

nale dell’astronomia, proposta che l’Onu ha fatto suadedicandola all’anniversario galileiano.Galilei segue le orme di Sir Francis Bacon

(1561–1626), primo filosofo empirista della rivoluzionescientifica che ha incentrato la sua riflessione nellaricerca di un metodo di conoscenza della natura chepossiamo definire scientifico: partire dall’osservazionedella natura, proponendosi il suo dominio (ciò si realiz-zerà con l’avvento dell’età industriale... ).Il pensiero di Galilei è ben sintetizzato da quello che

era il titolo di un noto libro di fisica del liceo:«Dall’esperienza alla legge».L’opera più citata di Galilei è il «Dialogo sopra i due

massimi sistemi» in cui, sotto forma di colloquio neutro,egli in realtà propone una visione copernicana delcosmo. La lettura di questa opera, ristampata in occa-sione del 2009, per un verso è affascinante, ma per l’al-

tro è davvero fati-cosa. Verrebbevoglia di dire leg-gendo: forza Gali-leo, scrivi questacosa ovvia (per noioggi), non vedi chahai la soluzione lì aportata di mano?Il Galilei del

“Dialogo” ci mo-stra un uomo inricerca, uno scien-ziato con una visio-ne ancora appanna-ta della cosmologia

e quelle della scienzaLe ragioni della fede

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DISCERNIMENTO

Via DiscipulorumVia Discipulorum

Gesù chiama quelli che egli vuole“Salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che egli volle

ed essi andarono da lui. Ne costituì dodici che stesserocon lui e anche per mandarli a predicare e perché aves-sero il potere di scacciare i demòni. Costituì dunque idodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro; poiGiacomo di Zebedèo e Giovanni fratello di Giacomo, aiquali diede il nome di Boanèrghes, cioè figli del tuono;e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso,Giacomo di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananèo e GiudaIscariota, quello che poi lo tradì”. (Mc 3,13-19)

Per riflettereLa terza tappa di questo itinerario vocazionale è il

monte: icona della iniziativa di Gesù che chiama. È Gesùche sceglie e “nessun uomo può attribuirsi questo onore,se non chi è chiamato da Dio, come Aronne” (Eb 5,4).I chiamati da Gesù sono subito portati e posti sul

monte come la città che “posta sul monte, non può resta-re nascosta” (Mt 5,14). “Ogni sommo sacerdote, presofra gli uomini, viene costituito per il bene degli uomininelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifi-ci per i peccati” (Eb 5,1). Il monte qui descritto non è unluogo geografico di distacco, ma è un luogo teologico espirituale, è il punto di partenza della missione che trovala sua origine solo nel divino. È posto l’accento sulla posizione dominan te di Gesù

e sull’autorità sovrana che si manifesta nel suo appello.La sua persona sovrasta e determina il tutto. Gesù liinterpella come chi è dotato di pieni poteri. Non sirichiama ad un incarico ricevuto da Dio, ma fa discepo-li con un’autorità che egli possiede in proprio, un’auto-rità personale, non derivata da altri né dalla Torà. In ciò

Don Stefano Rega, Rettore del Seminario di Aversa,presenta la III tappa di un “Itinerario vocazionale” per l’uomo attraverso la meditazione

di alcune icone bibliche

33aa IICCOONNAA:: IILL MMOONNTTEE

spicca anche la principale differenza rispetto alla seque-la rabbinica, dove è il discepolo a sce gliersi il maestroche preferisce, mentre qui l’iniziativa della scel ta è tuttanelle mani di Gesù È “carismatica” l’autorità esibita dal Chiamante, e

sottolineata dallo sguardo di elezione, dall’ordine diseguirlo e dall’incarico che prospetta. Si sceglie diseguire Gesù in forza della potenza del carisma che dalui si sprigiona, lo autoaccredita, e si esprime a partiredallo sguardo di elezione. La sequela significa per i chiamati aderire personal -

mente a Gesù e partecipare alla sua vita: stando conGesù, impareranno a conoscere Lui e il suo insegna-mento. Lo sguardo di Gesù va visto in stretto rapporto con il

suo appello. Con lo sguardo comincia già la vocazio ne:lo sguardo eleggente di Gesù e la sua chiamata costitui-scono un corpo omogeneo. La chiamata di Ge sù allasequela è una chiamata “efficace”, che conquista, e l’ef-ficacia dell’operare di Gesù si riaffaccia nel “sarai” con-tenuto nel detto dei “pescatori di uomini”. Occorre rico-noscere che nel modo con cui Gesù chiama, si rivelanouna libertà unica e un’auto rità sovrana. Nell’appello diGesù traspaiono la libertà e l’autorità di Dio stesso, cheviene a “pren dere” ciò che è suo, e che ha deciso di fare

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Alcune frasi, contenute nella lettera di S.S.Benedetto XVI per l’indizione dell’Anno

Sacerdotale, mi hanno personalmente colpito:a) la fedeltà coraggiosa di tanti sacerdoti che, pur

tra difficoltà e incomprensioni, restano fedeli alla lorovocazione;

b) le innumerevoli situazioni di sofferenza in cuimolti sacerdoti sono coinvolti, sia perché partecipi del-l’esperienza umana del dolore, sia perché incompresidagli stessi destinatari del loro ministero;

c) situazioni in cui è la Chiesa stessa a soffrire perl’infedeltà di alcuni suoi ministri; è il mondo a trarneallora motivo di scandalo e di rifiuto;

d) gli spazi di collaborazione che è doveroso esten-dere sempre più ai fedeli laici, con i quali i presbiteriformano l’unico popolo sacerdotale;

e) nel mondo di oggi occorre che i presbiteri nellaloro vita e azione si distinguano per una forte testimo-nianza evangelica;

f) l’invito a saper cogliere la nuova primavera che loSpirito sta suscitando ai nostri giorni nella Chiesa;

g) possa l’esempio di San Giovanni Maria Vianney,il Santo Curato d’Ars, suscitare nei sacerdoti quellatestimonianza di unità con il Vescovo, tra loro e con ilaici che è, oggi come sempre, tanto necessaria.L’Anno Sacerdotale, indetto in occasione del 150° anni-

versario del “dies natalis” di Giovanni Maria Vianney, ilSanto Patrono di tutti i parroci del mondo, vuole contribui-re a promuovere l’impegno d’interiore rinnovamento ditutti i sacerdoti per una loro più forte ed incisiva testimo-nianza evangelica nel mondo di oggi. Da queste parole delSanto Padre appare evidente che i destinatari di questasolenne riflessione sono i sacerdoti. A prescindere dellaconsiderazione nella figura del prete, che i Serrani, cometali, devono da sempre avere avuto e comunicato, ecco chele frasi sopra esposte costituiscono un invito alla riflessio-ne, ad un esame di coscienza, ad una maggiore coerenzanello stile di vita, che non può lasciare indifferente lacoscienza dei laici e la nostra in particolare.Il punto a) richiama alla mente quanto ci ha detto

mons. Lorenzo Bozzi al Congresso Nazionale diCollevalenza, quando ci ha fatto partecipi delle varieproblematiche che i sacerdoti si sono trovati ad affron-tare, quali il mutamento di compiti, di rapporti gerarchi-ci e sociali, di ruolo, ecc., conseguenti anche all’evolu-zione della società italiana. Questa relazione, comealtre, dovrebbe essere letta e riletta periodicamente permantenere una certa sintonia e comprensione con la vitae con le problematiche sacerdotali.Il punto b) ci inserisce nel pieno della finalità serra-

na di “sostenere le vocazioni sacerdotali e religiose”.

suo, senza dover chiedere il permesso a nessuno. PerGesù, chiamare così è fare la cosa più na turale delmondo.Possiamo inoltre, sulla base della pagina evangelica,

cogliere come i chiamati siano messi in condizione difare esperienza del dono, e di percepire in lui l’esigenzadella sequela, non quale imposizione coattiva estrinse-ca, bensì quale “frutto” che matura nella coscienza delsoggetto in una risposta responsabile, libera e vincolan-te insieme.L’appello dunque è anzitutto dono.

Per pregareDio Signore, tardi ti ho amato.Bellezza tanto antica e tanto nuova,tardi ti ho amato!Tu eri dentro di me,e io stavo fuori,ti cercavo qui, gettandomi, deforme,sulle belle forme delle tue creature.Tu eri con me,ma io non ero con te.Mi tenevano lontano da tele creature che, pure,se non esistessero in te,non esisterebbero per niente.Tu mi hai chiamato,e il tuo grido ha vinto la mia sordità;hai brillato,e la tua luce ha vinto la mia cecità;hai diffuso il tuo profumo,e io l’ho respirato, e ora anelo a te;ti ho gustato,e ora ho fame e sete di te;mi hai toccato,e ora ardo dal desiderio della tua pace.(Sant’Agostino)

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CONTRIBUTI

Sul sito troverete oltre ad alcunepagine di questa rivista

notizie, riflessioni,approfondimenti

VISITATE IL SITO:www.serraclubitalia.it

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Padre, che auspica la rivitalizzazione delle comunitàparrocchiali, che sono sempre state, come aiuto allefamiglie, culla di vocazioni sacerdotali e religiose.In conclusione, le parole del Santo Padre non costi-

tuiscono per noi Serrani una novità; in esse si rispec-chiano i tentativi che da sempre il Serra italiano ha com-piuto per rendere più efficiente la propria presenza alservizio della Chiesa e delle vocazioni.Non è l’esaltazione del ruolo e della missione del

sacerdote che ci viene richiesta, perché se finora non loavessimo fatto non avremmo svolto la nostra funzionedi Serrani. Secondo il mio modesto parere, l’AnnoSacerdotale rappresenta per noi un momento di uscitadalla routine quotidiana che ci consente di rivedere icorretti ruoli all’interno della comunità cristiana e ripen-sare alle nuove forme di collaborazione richieste anchedall’attuale situazione della Chiesa e della società italia-ne. Ecco per noi Serrani il momento di realizzare ilnostro continuo desiderio di essere validi e riconosciuticollaboratori dei nostri Vescovi. Ad essi non dobbiamoperò chiedere cosa loro desidererebbero che il Serrafacesse; dobbiamo essere noi a presentare proposte eprogetti pratici finalizzati a facilitare l’ascolto dellavocazione, “chiamata” che avviene di continuo peropera dallo Spirito Santo. Dobbiamo essere consapevo-li che, a differenza di un monastero il cui principalecarisma è rappresentato dalla preghiera, la diocesi,come la parrocchia, è un organismo operativo e gestio-nale e pertanto anche la risoluzione di problemi praticirappresenta un momento di rilievo.Ho sempre ritenuto importante che nella rivista “il

serrano”, accanto ad articoli formativi e di cultura(importantissimi, ma non caratteristici del Serra) ed anotizie di cronaca distrettuale e di Club (spesso per rac-contare fatti già avvenuti), venissero esposti programmie proposte operative da offrire ad altri Serrani in perfet-to spirito di fraternità e per accogliere suggerimenti tesia perfezionare gli impegni e a migliorarne l’efficienza.Nessuna critica alla redazione della rivista, disponibilis-sima ad accogliere ogni forma di collaborazione, mauna accorata richiesta a Club e Distretti, affinché non sivenga a perdere la splendida occasione di rendere piùefficiente l’impegno serrano offerta dall’AnnoSacerdotale.

Benito Piovesan

Quando comunemente si dice che i Serrani devono esse-re gli “amici dei sacerdoti” non si intende di un’amici-zia formale né assistenziale, ma di un rapporto profon-do che consenta a un sacerdote di trovare nei Serrani unaiuto, una “spalla”, per far fronte ad una qualsiasi soffe-renza o difficoltà. Ciò ovviamente può verificarsi se amonte si è creato un rapporto aperto, profondo, confi-denziale, capace di superare ostacoli quali la differenzadi età e di condizione sociale. E’ un rapporto che non sicostruisce rapidamente, ma con pazienza, nel tempo, apartire dal seminario quando, in collaborazione con ilRettore, è più facile tessere spontanei rapporti umani.Il punto c) rappresenta la situazione più dolorosa,

allorquando l’azione preventiva e conciliatoria non haavuto effetto alcuno. Mi piacerebbe pensare che la pre-senza attiva, attenta e propositiva di un Serra Club in tuttele diocesi potesse portare ad una prima attivazione di unsegnale di anomalia, in modo da rendere più tempestivoed efficace l’intervento della curia vescovile. Giusta lavicinanza del Serra alle comunità di ricupero dei sacer-doti, ma più della cura è importante la prevenzione.Il punto d) è l’auspicio che ha sempre animato il

Serra per una collaborazione con il clero più stretta emaggiormente finalizzata. Sarebbe auspicabile chel’Anno Sacerdotale potesse aprire ad una maggiorecomprensione reciproca ed a rapporti più chiari e piùattivi tra il clero e il Serra.Il punto e) richiama il più recente sviluppo del cammi-

no che il Serra percorre per rendere più significativa la pro-pria presenza nella Chiesa e nella società italiana; non perniente il Congresso Nazionale di Collevalenza ha avutocome titolo “I Serrani, testimoni nella società a sostegnodelle vocazioni”. E’ necessario che tutti i battezzati, nonsolo i sacerdoti, portino nel mondo una forte testimonian-za evangelica, la testimonianza almeno di coloro che rico-noscono la vocazione derivante dal battesimo.Il punto f) manifesta la sensibilità della Chiesa verso

i nuovi carismi ispirati dallo Spirito Santo. Ricordo lacommozione e l’entusiasmo che ci pervase allorquandovenimmo in contatto con una realtà a noi assolutamentesconosciuta, Nuovi Orizzonti, in occasione del Corso diFormazione di Vallombrosa. E’ l’espressione dellamisericordia del Signore che interviene a mitigare lepene dell’umanità.Il punto g) rappresenta la conclusione del Santo

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CONTRIBUTI

L’ANNO SACERDOTALEINTERPRETATO DA UN SERRANO

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il serrano n. 11624

TESTIMONIANZE

La prima volta che entrai nell’ufficio di don Mario,(rettore del Seminario di Ferrara), vidi la foto didon Bruno Mascellani; è impossibile non notarla,

un po’ per le dimensioni e soprattutto perché il primopiano mette in rilievo un volto austero, nobile e al tempostesso irrequieto che impressiona e muove al saperne dipiù. Seppi così che don Bruno era diacono, morto allavigilia del sacerdozio a soli 26 anni in un incidente stra-dale. Sempre dai racconti di don Mario, legato a lui daprofonda amicizia, emerge una figura in cui generositàe altruismo, che dovrebbero appartenere al diacono invirtù del suo ministero, erano possedute in modo pecu-liare, naturale.Di don Bruno colpisce anche un altro aspetto che lo

rende degno di stima: il suo carattere deciso e risoluto.Scriverà infatti nel suo diario: “ per temperamento sonoun massimalista: o tutto o niente”. Questo suo caratterelo rendeva insofferente alla tiepidezza o all’indifferenzareligiosa e lo portava spesso a confrontarsi con chi fosselontano dalla Fede per guadagnarlo a Cristo. Il suo contagioso entusiasmo riuscì a far breccia nel

cuore di tanti, compreso quell’uomo, ateo militante, cheper sdebitarsi per la Fede ritrovata donò a don Bruno laVespa con cui, ironia della sorte, ebbe l’incidente che loportò alla morte. Per le notizie raccolte, solo in parteraccontate sopra, è nato in me un sentimento di rispettoper don Bruno cosicché quando mi è stata proposta lalettura del suo diario spirituale ho accettato ben volen-tieri, sebbene con un pò di emozione e di pudore perchéleggere il diario di una persona significa entrare nellepieghe di un cuore simile al nostro eppure misterioso esegreto.Il diario, letto d’un fiato, ha rafforzato quel senti-

mento di rispetto e ammirazione perché ci troviamo difronte una figura “non oleografica” come disse il com-pianto Mons. G.Zerbini (già rettore del Seminario aitempi di Don Bruno e poi Vicario dell’Arcidiocesi diFerrara) nella omelia in commemorazione di donBruno, una persona vera, con pregi e difetti ma proprioper questo in grado di parlare a tutti. Un insegnamento prezioso soprattutto per noi semi-

naristi tanto che il diario diventa una specie di “manua-

le del seminarista” con cui, quasi accompagnandoci permano, don Bruno ci mostra i “luoghi” attraverso cuipassa la santificazione di ognuno. Gli esempi sono tanti e vorrei citarne solo alcuni. Il

primo che si incontra nel suo diario e di cui alcuni di noihanno fatto esperienza è il disorientamento della fami-glia quando si decide di entrare in Seminario: lo statod’animo è diviso perché da una parte c’è la gioia dellachiamata di Cristo ma dall’altra c’è quella preoccupa-zione che nasce nel vedere la tristezza scolpita sui voltidei propri cari per una scelta umanamente incomprensi-bile. Da questo stato d’animo così travagliato nasce lapagina più bella del diario; la commovente lettera allacarissima mamma.Altro punto dolente per il neo-seminarista sono le

regole e la disciplina del Seminario: orari nuovi e inu-suali per una vita che ormai non ci appartiene più (alnostro Rettore piace paragonare il Seminario ad unalima che piano piano smussa le ruvidità del nostrocarattere). Ma quello che veramente importa al seminarista è la

vita interiore e qui don Bruno diventa maestro nell’ana-lizzare ciò che turba il suo cuore, ciò che non va, ciò chedeve essere eliminato, ciò che deve essere migliorato.L’esempio più istruttivo di questa sua capacità di intro-spezione è il commento scritto in occasione degliEsercizi Spirituali del 1964. In certi momenti ci si sentesvuotati, si ha come la sensazione che Dio si sia allon-tanato da noi, quando invece è vero il contrario, alloraviene a mancare quel fervore che ci sorregge e ci man-tiene al nostro posto. Don Bruno non si scoraggia; la situazione di tiepi-

dezza in cui viene a trovarsi diventa occasione per indi-viduare tutte le sue fragilità cercando di porvi rimedioattraverso l’ “ uscire da noi stessi per lasciare il posto aDio.” Il commento agli Esercizi occupa poco più di 3pagine del suo diario, ma per l’acutezza dell’analisi eper i rimedi adottati al fine di superare lo stato d’animoin cui si è caduti, può definirsi un piccolo trattato diascesi spirituale degno di S.Teresa o S.Giovanni delleCroce, autori ben presenti nelle letture di don Bruno. La generosità, ecco un altro aspetto, il più bello, del

Il diariodi Don Bruno

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tutti orientati al dono totale di sé a Dio o alle personeincontrate nel suo cammino. Caro don Bruno, il seminario in questi ultimi anni ha

visto entrare giovani generosi che vogliono consacrarela loro vita a Cristo proprio come hai fatto tu, ma sonoancora pochi rispetto alle tante necessità della nostradiocesi; intercedi affinché il Signore mandi nuovi ope-rai per questa sua messe e prega anche per noi semina-risti perché possiamo imitarti nell’amore che nutrivi perGesù e per “Maria, Madre adorata e celeste…”Grazie don Bruno!

Luigi CorticelliSeminarista

carattere di don Bruno che vorrei poter imitare: spessoinvece mi accorgo che le scuse per fare una determina-ta cosa, o non farne altre, derivano da quella vanagloriache fa considerare i doni concessi da Dio esclusivi perme, per il solo mio personale beneficio. E’ l’uomo vec-chio che fatica a morire…ma niente di tutto questo vi èin don Bruno; il pensiero che tanto amava era: “Datetutto in modo da soddisfare completamente la vostravocazione”. Il diario è disseminato di pensieri tesi arispondere in modo pieno alla chiamata, si può dire anziche questa fosse proprio la sua prima preoccupazionetanto da compilare un programma dove ogni giornodella settimana veniva vissuto con propositi diversi ma

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TESTIMONIANZE

Lettera ad un ex Seminarista neo Presbitero

Mentre ti sto scrivendo questa lettera, so che siamo in sei miliar-di su questa Terra.

Puoi immaginare questa cifra con dieci numeri tra i quali ci seianche tu. Tu, da cui dipenderanno molte anime, anime a cui daraila pace, farai vedere loro gli errori. Ti si rivolgeranno a centinaiaper chiedere aiuto, conforto, ma nessuno ti chiederà se hai bisognodi aiuto, di parole di incoraggiamento, per darti la forza, tantonecessaria per dedicarsi ai deboli, ai disperati.

Nel silenzio del confessionale ascolterai confessioni, verità dellavita, peccati, moltissimi problemi. Non vacillare, non farti scorag-giare da questi, né dalle varie difficoltà che incontrerai sulla tuastrada. Se, tra questi sei miliardi di anime, ne aiuterai a salvar-si soltanto una, la Tua santa vocazione sarà completa.

Che le tue mani aperte diano pace e benedizione alle persone cheTi circondano

Non avere paura! su di Te veglia Colui che conduce i fili dellaTua vita, dandoti forza per non sentirti affaticato.

E ci sono anch’io che Ti accompagno con le mie preghiere.

Un serrano

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il serrano n. 11626

IDEE IN LIBERO SCAMBIO

È tipico delle sette. Hanno sempre ragione loro. Glialtri sono nel torto. Non c’è spazio per il confronto néper il dialogo. Bisogna solo ascoltare ed obbedire. O siaccettano tutte le loro convinzioni oppure si è nell’er-rore. Prendere o lasciare. E se osi contraddire, vuol direche il demonio opera in te. Se fai delle osservazionimotivate, sei un superbo. Se non obbedisci, non haicapito niente. Se osi esporre le tue considerazioni,cominciano a guardarti male. Se chiedi il perché dellecose, non hai risposta. Oppure, si avviluppano in untale groviglio di errori teologico – dottrinali, per cuiavrebbero fatto meglio a tacere. Il pensiero libero nonè tollerato. Non può essere tollerato. Ancora meno lacultura e lo studio. Esaltano l’ignoranza come condi-zione ideale per un itinerario di conversione (o, piutto-sto, di assuefazione).Perché meno sai, meno sviluppi il senso critico, più

sei facilmente manipolabile. L’uomo pensante è per loro

un pericolo; affidabile, invece, è l’uomo che china sem-pre il capo. È il trionfo degli yes-men. Hanno bisogno dicircondarsi di utili idioti che ciecamente eseguano leloro indicazioni e controllino che tutto si svolga secon-do dettati dei capi. Utili idioti che riferiscano fedelmen-te al gran capo e al suo consiglio quello che si agita nelgruppo. Il loro linguaggio consiste per lo più in frasisempre identiche a se stesse, poche decine in tutto,capaci di dare senso di appartenenza e riconoscibilità.Parlano raramente – e goffamente – della gioia cristia-na, sono più a loro agio nell’annunciare disgrazie esventure. Deturpano la bellezza di Dio con la brutturadella loro arroganza.Sono lupi famelici che recitano la parte di agnelli

mansueti. Nei fatti non sanno amare il loro prossimo;a parole, invece, si stracciano le vesti per i nemici.Amano (si fa per dire) solo chi sacrifica al gruppo laragione e l’intelligenza. Se poi il singolo mette nelle

I serrani e le «unità parrocchiali»Aurelio Verger

Alcune riflessioni provocate dauno spunto e da un articolo apparsine il serrano (n. 115 – Giugno 2009).Lo spunto è costituito dalla rispo-

sta testualmente fornita da DonDomenico Dal Molin (pag. 6) alladomanda circa la crisi delle voca-zioni: non parlerei di crisi.L’articolo è di Michele Vilardo

(Diamo un futuro alle nostreParrocchie: una riflessione critica;pag. 18).Pur nel suo carattere lapidario,

tuttavia, in ragione del fatto che pro-viene dal Direttore della meritoriarivista ecclesiale Vocazioni, il riferi-to spunto di Don Dal Molin apre unafeconda fonte di analisi critica. Il termine crisi (dal greco krisis e

dal verbo greco krinò – separo) eti-mologicamente sta ad indicare unmomento, che separa una maniera diessere od una serie di fenomeni daaltra differente. Secondo la termino-logia corrente la parola crisi, invece,viene usata per indicare un momen-to od un fenomeno negativo, maquesta aggettivazione ovviamente èil prodotto di un giudizio di valuta-zione, non dunque elemento costitu-tivo del significato in senso propriodel suddetto termine. Per evidenzia-re l’infondatezza di tale terminolo-gia corrente, si pensi, del resto, allacd. crisi della pubertà, che costitui-sce un ineliminabile momento fisio-logico dello sviluppo umano ed inquanto tale nient’affatto negativa.

Alla stregua di questa premessaetimologica non occorre certo fareil processo alle intenzioni di DonDal Molin per individuare ciò cheintendeva dire con il non parlerei dicrisi (s’intende: delle vocazioniconsacrate). A mio parere Egliintendeva da un lato escludere cheesista un fenomeno di riduzione insenso assoluto o generalizzato –che dir si voglia – delle vocazioniconsacrate come emerge dal Suoriferimento ad alcune zone del sudItalia, nelle quali il problema èmeno avvertito, diversamente daquel che avviene nel nord; dall’al-tro sottolineare gli straordinari

Come riconoscere (ed evitare) le sette religioseAndrea Sollena

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IDEE IN LIBERO SCAMBIO

tasche dei capi anche altro, l’amore diventa una pas-sione irrefrenabile. Ovviamente disinteressata. Se, alcontrario, un aderente al gruppo pone troppe doman-de, se vuole andare a fondo alle incongruenze tra ciòche predicano e ciò che praticano, sono maestri nel-l’arte dell’emarginazione. Lo fanno sentire in pocotempo un intruso, uno fuori luogo. Non lo buttanofuori con determinazione; volendo salvare la facciatadella mitezza cristiana, attendono con impazienzache questi si stanchi e lasci l’organizzazione.Pazientano, sospirano, mentre lo spumante è già infrigo per brindare all’uscita del disturbatore. In talmodo, all’interesse superiore del gruppo sacrificanorapporti personali – che evidentemente, erano stru-mentali – e principi cristiani palesemente equivocati.Con disinvoltura, animati da furore ideologico, tra-sformano le persone estranee alla setta in categorie dacombattere. E così si scagliano contro chi la pensadiversamente; loro contro gli altri, il mondo è ilnemico comune.In questa maniera danno un’identità collettiva forte

a uomini e donne dall’identità personale debole. Così

facendo, salvano sì i principi, ma uccidono le persone.Tuttavia lo fanno con dolcezza, con il sorriso sullelabbra.E chiamano tutto questo evangelizzazione (!?)

Amano autocelebrarsi: loro sono il futuro, gli altri ilpassato. Non disdegnano l’autocommiserazione: glialtri sono i persecutori, loro le vittime. Il tono dellecatechesi è dolciastro, con lampi di violenza che com-paiono a punteggiarne l’orditura. Il contenuto è uncopione, materiale raro che circola nascostamente nellemani di pochi. Perché tutto deve apparire spontaneo,mentre invece anche le virgole sono previste. E, intan-to, compromettono seriamente la formazione – e, dun-que, le scelte più importanti – di tante persone in buonafede conquistati dalla loro verbosità in un momentospesso tragico della loro esistenza. Entrano nella vitadei fratelli con la delicatezza degli elefanti, imponendoscelte che spesso violentano la coscienza dei malcapi-tati. Ma è così: loro hanno sempre la risposta a tutto. Cisi chiede: sapranno rispondere anche a Dio quandochiederà loro conto delle laceranti sofferenze provoca-te a tante persone?

cammini del mondo laicale.Quest’ultimo riferimento implicita-mente introduce l’apertura ad unnuovo assetto della vocazione con-sacrata in ossequio alla concezioneconciliare della Chiesa qualecomunità partecipata da sacerdoti elaici, pur nella diversità dei ruoliimputabile alla partecipazione omeno dei carismi propri del mini-stero ordinato. Con ciò mi allaccioal citato articolo di MicheleVilardo, centrato sulla crisi nelsenso etimologico sopra precisatocome metamorfosi della parrocchiada istituzione ecclesiale in qualchemodo garantita dall’autorità delloStato in istituzione ecclesiale allaricerca dell’ubi consistam.In proposito soccorrono i profe-

tici insegnamenti contenuti nel-l’Esortazione apostolica Cristi-fideles laici del Pontefice Gio-vanni Paolo II basati sulla premes-sa secondo cui (§ 14) I fedeli laicisono partecipi dell’ufficio sacerdo-

tale, per il quale Gesù ha offerto Sestesso sulla Croce e continuamentesi offre nella celebrazione eucari-stica a gloria del Padre per la sal-vezza dell’umanità. In questa pro-spettiva il Pontefice sottolinea daun lato (§ 26 ) che La comunioneecclesiale, pur avendo sempre unadimensione universale, trova la suaespressione più immediata e visibi-le nella parrocchia ed, inoltre, cheil Codice di Diritto Canonico pre-vede forme di collaborazione traparrocchie nell’ambito del territo-rio, dall’altro che (§ 23) i pastoripossono affidare ai fedeli laici,secondo le norme del diritto uni-versale, alcuni compiti che sonoconnessi con il loro proprio mini-stero di pastori ma che non esigonoil carattere dell’Ordine, dall’altroancora, che (§ 27) Nelle circostan-ze attuali i fedeli laici possono edevono fare moltissimo per la cre-scita di un’autentica comunioneecclesiale all’interno delle loro

parrocchie e per ridestare lo slan-cio missionario verso i non creden-ti e verso gli stessi credenti chehanno abbandonato o affievolito lapratica della vita cristiana. Nonsoltanto in quanto cristiani cattoli-ci, ma anche in forza dello specifi-co dovere statutario i Serrani sonochiamati in prima linea a realizzaregli insegnamenti contenuti nellacitata Esortazione apostolicaoffrendo la loro cooperazione aifini della realizzazione delle attivi-tà parrocchiali non esclusive delministero ordinato, in particolareladdove (ed in Italia settentrionalein particolare, purtroppo anchenella mia cattolica provincia pado-vana) la riduzione delle vocazioniconsacrate si riflette in riduzione diparroci e, quindi, nella necessitàorganizzativa dell’accorpamento diuna pluralità di parrocchie in unacd. unità interparrocchiale o pasto-rale, come ormai da anni avviene inGermania.

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il serrano n. 11628

CRONACHE

A seguito del grave sisma acca-duto all’Aquila il 6 aprile 2009, laPresidente Nazionale GemmaSarteschi, in data 19 aprile 2009venne nella mia città per incontrarel’Arcivescovo Metropolita S. E.Mons. Giuseppe Molinari con loscopo di testimoniare la solidarietàdi tutto il movimento serrano italia-no, anche a livello tangibile, con l’avvio di una sottoscrizione per laraccolta di fondi da destinare agliallievi del seminario aquilano.Durante l’incontro si era stabili-

to di far affluire le somme sul contocorrente bancario del sottoscritto edi consegnarle al Direttore delSeminario don Alessandro Benzi,una volta chiusa la sottoscrizione. Successivamente la medesima

Presidente Gemma Sarteschi micomunicava che la ResponsabileNazionale della CommissioneCultura Maria Madiai, incaricata dioccuparsi dell’organizzazione dellapremiazione dei vincitori del QuintoConcorso Scolastico Nazionale2008-2009, aveva manifestato l’in-

tenzione di procedere alla premia-zione stessa nella Regione Abruzzocon la seguente motivazione:

…..omissis…ricordiamoci chei suoi abitanti ci hanno chiesto eci chiedono di aiutarli a riprende-re la normalità del quotidiano…..omissis….D’accordo con Gemma Sarteschi

e con Maria Madiai, per ragionilogistiche suggerii di tenere la pre-miazione presso il Santuario di SanGabriele dell’Addolorata ad Isoladel Gran Sasso, sia perché facilmen-te raggiungibile via autostrada edalla costa e dall’interno, sia perchéavevo intenzione di indire per l’oc-casione anche un Interclub tra i socidi L’Aquila, Pescara e Teramo.La mia idea fu subito accolta ed

è così che il 27 giugno alle ore10,00 ci siamo incontrati per lacerimonia “numerosi per la verità”:vincitori, genitori, docenti, amici,simpatizzanti e soci serrani per con-dividere una bella giornata di festapresso il Santuario dei PadriPassionisti di San Gabriele, un

Santo giovane e dunque più vicinoai ragazzi premiati.La premiazione è stata precedu-

ta da una gradita sorpresa: MariaMadiai aveva pensato di rallegrare iragazzi, quelli aquilani in particola-re, con le “gesta” di due suoi amicimedici di Arezzo, appartenentiall’Associazione “Clown in corsia”i quali hanno proceduto, essi stessi,con “lazzi e frizzi”, alla consegnadei premi:

Scuole Primarie

– Primo Premio: CalcaniLorenzo, Ceci Marta, Di MaioAlessandro della Scuola primaria diMontereale - L’Aquila– Secondo Premio: Simone

Matteo della Scuola Primaria“Salvo D’Acquisto” di Grosseto– Terzo Premio: Argenti Alessio

della Scuola Primaria “SalvoD’Acquisto” di Grosseto

Scuole Secondarie di Primo Grado

– Primo Premio: Pavone Anna

Premiazione delV Concorso Scolastico Nazionale

Gentile Direttore,l’attuale crisi delle vocazioni che riguarda anche l’Italia, relega il ruolo del sacerdote a gradini bassi nellascala dei valori dell’opinione pubblica nonostante sia preziosa la presenza di sacerdoti ad esempio nellestrutture oratoriane, peraltro sarebbe opportuno anche conoscere ed approfondire la vita coinvolgente diun sacerdote spesso ignota. L’Anno sacerdotale si potrà rivelare una grande occasione anche per rimetterenello sguardo dei fedeli, pur senza escludere i non cristiani, cos’è realmente la figura del sacerdote, uomodi Dio che sta nel mezzo, fra Dio e gli uomini, mediatore della grazia salvifica ... Abbiamo pensato di con-dividere il nostro pensiero, nell’attesa di approfondire e studiare meglio l’iniziativa e il tema.Ebbene ove ritenuto voglia diffondere l’ iniziativa che il Club Augusta Taurinorum insieme al Club Torino

345, probabilmente coinvolgendo anche altri Club del Distretto 69 sta studiando di portare avanti Questainiziativa potrà essere svolta localmente da un club, a livello Distrettuale e perché no a livello nazionalemagari affiancato o a latere del concorso scolastico !.In occasione dell’Anno sacerdotale abbiamo pensato di svolgere quanche iniziativa che potesse far risal-

L’intento di questa rubrica è di dare la possibilità ai lettori di manifestareil loro pensiero per un confronto reciproco

La

posta

dei lettor

i

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settembre 2009 29

CRONACHE

della Scuola Secondaria I Grado diMontereale - L’Aquila– Secondo Premio: Mercurio

Giuseppe del ICS F. GuglielminoAcicatena - Acireale– Terzo Premio ex aequo:

Musmeci Alina della Scuola MediaStatale “A. De Gasperi” AciS.Antonio. Plesso Lavinaio -Acireale e Cacciatore Deborah dellaScuola Media Statale “Balsamo”Termini Imerese - Palermo

Scuole Secondarie di SecondoGrado

– Primo Premio: Verde Antoniodel Liceo Classico “Umberto I”Palermo– Secondo Premio: Bruno

Daniele Vincenzo del LiceoClassico “Chelli” di Grosseto– Terzo Premio: Okpokpo

Samuel dell’Istituto AlberghieroIPSSAR “P. Artusi” di ChiancianoTerme - Montepulciano

Alle ore 12,00, come da pro-gramma, il Padre Generale deiPassionisti don Ottaviano D’Egidioha officiato la Santa Messa.A seguire ci si è recati presso il

Ristorante “Gran Sasso” antistanteil Santuario, ove tutti abbiamo con-

sumato il pasto con la benedizionedi S. E. Mons. Giuseppe Molinari,Arcivescovo Metropolita del-l’Aquila, il quale non ci avevapotuti raggiungere prima, poichédurante la mattinata era stato impe-gnato con le Sante Cresime nelletendopoli.Al termine del pranzo il sotto-

scritto ha provveduto a consegnarea don Alessandro Benzi, Direttoredel Seminario aquilano,la sommadi Euro 9.500,00 corrispondente altotale raccolto a seguito della sotto-scrizione avviata ad aprile pressotutti i Serra Club d’Italia.

A conclusione di quella giornata,credo di poter affermare con certez-za che gli aquilani presenti sianotornati a casa con un po’ di “speran-za in più”, confortati dall’abbracciofraterno dei serrani italiani tutti edalle parole del nostro Arcivescovo,come sempre sobrie, ma incisive almassimo grado.Il presente articolo ha valore di

ringraziamento a tutto il movimen-to serrano da parte di S. E. Mons.Giuseppe Molinari, da parte mia eda parte dei Presidenti dei Club delDistretto 68.

Dino Rocchi

tare la figura del sacerdote, del parroco; dopo alcune discussioni è emersa la possibilità di indire un concorso fotografico (anco-ra da studiare...) che potrebbe avere come tema le attività del parroco, il sacerdote in genere ecc. il che ci consentirebbe di coglie-re molte attività che svolgono i sacerdoti o i parroci e nello stesso tempo ci consentirebbe di valorizzare (con montaggi ... mostrefotografiche...) alcune attività e la figura del sacerdote interessando e incuriosendo i giovani. L‘evento ci consentirebbe di porta-re avanti una iniziativa da far conoscere, che potrà dare visibilità al Serra nel diffondere il bando, e con la premiazione (concomunicati che potranno essere diffusi) raccogliere diversi ragazzi e genitori dove poter trasmettere un messaggio (es.premia-zione in seminario) e perchè no, motivo di poter parlare del Serra e perchè no, trovare altri soci.

Marco Bianchin

L’idea degli amici piemontesi è ottima e l’accolgo con piacere; ecco, diffondere = comunicazione perché è proprio la comu-nicazione fra i club Serra che deve essere incrementata; peraltro questo concetto è sostenuto in altra pagina da un serranoche parlando dell’anno sacerdotale lamenta che su queste pagine non vengono “esposti programmi e proposte operative daoffrire ad altri Serrani in perfetto spirito di fraternità e per accogliere suggerimenti tesi a perfezionare gli impegni e a miglio-rarne l’efficienza”. Vale ricordare che il CNIS ha recentemente riaffermato che la rivista è un mezzo di comunicazione dei ser-rani “ab intra et ab extra” e pertanto sono i serrani che la vivacizzano direttamente o indirettamente e non è lasciata, giu-stamente, a questa direzione di dare una impronta che potrebbe essere personale.

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il serrano n. 11630

CONTRIBUTI

Le encicliche socialidella Chiesa

di Elsa Soletta Vannucci

In quest’ultimo periodo storico, la spinta della deva-stante crisi finanziaria, che ha messo sul lastricomigliaia di famiglie nel mondo, con l’aggiunta in

Italia delle schiaccianti sofferenze patite in Abruzzo peril terremoto, ha cooperato perché la recente enciclica diPapa Benedetto XVI “Caritas in veritate” suscitasse unparticolare impulso ed interesse per l’accorato richiamoa sanare le intollerabili ingiustizie che colpiscono lapovera umanità.Nei secoli la Chiesa ha dato al mondo vari pressanti

insegnamenti attraverso le encicliche sociali (nelMedioevo erano chiamate “lettere circolari”) che richia-mano l’attenzione su questioni di giustizia, di pace,sugli equilibri internazionali, sui diritti umani e deplo-rano la difesa egoistica dei propriinteressi, le illecite attività di merca-to che schiacciano e mortificanol’uomo generando sconforto,depressione e violenza contro glialtri e contro se stesso. Come intutte le enunciazioni rivolte almondo, le encicliche sociali giudi-cano il momento storico sempreprovvisorio, imperfetto perché glieventi richiedono una maturazione, una sperimentazio-ne che non si improvvisano. Le evenienze a volte fannoprecipitare le decisioni e fu così che nel 1891 il PapaLeone XIII comprese che non era più tempo di “mode-ratismo” e rispose agli eventi pressanti del XIX secolocon la prima enciclica moderna la “Rerum novarum”,concernente i punti essenziali del lavoro: remunerazio-ne, associazione dei lavoratori, diritto di proprietà, col-laborazione contrapposta alla lotta di classe, diritto-

dovere dello stato di intervenirenella soluzione del problema e perproteggere i più deboli. A questaincisiva enciclica fece seguito lanascita di vari movimenti di azionepopolare cristiana per affratellaretutte le classi sociali.Nel 1912 Pio X scrisse

“Singulari quadam” in cui, al posto

dei sindacati propose la nascita di federazioni di societàoperaie cattoliche. Intanto i popoli erano sempre più infermento e si avviavano ad entrare nel tunnel dellaPrima Guerra Mondiale definita dal Papa Benedetto XV“gigantesca ed inutile carneficina”. Egli poi manifestòtutte le sue apprensioni nelle due encicliche “Ad beatis-simi apostolorum principis “ e“Pacem Dei” concernenti lariconciliazione tra i popoli. Laguerra lasciò una umanità dis-sanguata nell’anima e nel corpo,mentre serpeggiava ovunque unfurore rancoroso per le rivendi-cazioni dei diritti negati: unclima di attendismo nervoso che non poteva che sfocia-re in un secondo conflitto mondiale che infatti scoppiònel 1939-40. Come sempre la guerra non risolse i pro-blemi ma ne creò moltissimi altri.Pio XI scrisse “Quadrigesimo anno” per richiamare

l’attenzione, dopo quaranta anni, sui propositi della“Rerum novarum” sempre ed ancor più disattesi.Nel 1939, anno di inizio della Seconda Guerra

Mondiale, salì al soglio pontificio Eugenio Pacelli, PapaPio XII.Seguirono anni amari e duri in cui solo i numerosis-

simi messaggi del Pontefice, inviati attraverso la radio,poterono portare un barlume di lucead un’umanità schiacciata dal pesodi una guerra crudele. Egli parlòdella separazione dell’autorità civiledalla legge morale, del totalitarismoe sopraffazione sull’uomo, deimonopoli capitalistici, dell’ingiustadistribuzione dei beni della terra. Il nuovo Papa, Giovanni XXIII,

salito al soglio pietrino nell’ottobre1958, scrisse, a settant’anni dalla “Rerum novarum”,l’enciclica “Mater et magistra” che con un linguaggiosemplice e chiaro seppe infondere ad un mondo ango-sciato una sensazione di bontà e giustizia. Erano gli annidelle grandi stragi in Algeria, nel Vietnam, nel Congo,nel Laos, a Cuba. Il Papa, già gravemente ammalato,

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menti etici delle azioni umane.L’enciclica “Caritas in veritate”, purnon facendo esplicito riferimento alrecente tracollo delle finanze mon-diali, è impiantata sulla globalizza-zione e concatenata alla crisi di cuiindividua le cause “nell’idolatriadell’avarizia umana” e “nella falsi-ficazione del vero Dio”. Il docu-mento è concreto, coraggioso ed illustra serenamente,senza sterili moralismi, quale deve essere la strada versola giustizia sociale, verso un cristianesimo vissuto quo-tidianamente che esalti il senso della vita, ne elevi auda-cemente l’orizzonte, facendo intravvedere la realizza-zione non utopistica di un vero umanesimo sociale.

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CONTRIBUTI

scrisse “Pacem in terris” in cuiesortava all’impegno nella vitapubblica per il nobile scopo dellapace. Il capolavoro del vecchioPapa fu l’apertura nel 1962 delConcilio Ecumenico Vaticano II,quale continuazione dell’interrot-to Concilio Vaticano I del 1870.

Giovanni XXIII morì prima della chiusura del Concilioche infatti ebbe conclusione nel 1965 con il nuovo PapaPaolo VI. Due anni dopo, nel 1967Paolo VI scrisse l’enciclica“Populorum progressio” in cui presein esame la possibilità di istituire,risparmiando sugli armamenti, unfondo mondiale a favore dei paesiassillati dalla ricorrente siccità con laconseguente penuria di acqua e di ali-mentazione. Un po’ prima dell’ottan-tesimo anniversario della “Rerumnovarum”, Paolo VI scrisse “Humanae vitae” in cuielenca le nuove utopie, la permanente diseguaglianzatra i popoli, il pericoloso primato della scienza.Il 17 ottobre 1979 sale al soglio pontificio Papa

Giovanni Paolo II, primo pontefice non italiano dopocinque secoli. È un uomo forte che neppure l’attentatodel 13 maggio 1981 sulla piazza di San Pietro riesce apiegare. Nello stesso anno, a settembre, nel 90° anni-versario della “Rerum novarum”, scrive l’enciclica“Laborem exercens” che manifesta una volontà concre-ta di intervenire sulle dinamiche ingiuste che imperano

nel mondo. Nel 1987 egli scrivel’enciclica “Sollecitudo rei socia-lis”, seguita dopo quattro anni da“Centesimus annus” per i cento annidalla “Rerum novarum”, in cui fadelle riflessioni psicologiche sullapersona umana che si caratterizzaper la sua singolarità: realizzare dasoli la vita sociale è impossibile,però in colleganza con gli altri è

faticoso. Per fortuna c’è un livello superiore a cui l’uo-mo deve rispondere facendo appello al senso di respon-sabilità.A questo grande, indimenticabile Papa, è succeduto

ancora un Pontefice non italiano, Joseph Ratzinger, cheha preso il nome di Benedetto XVI. Oggi il mondo loama e lo rispetta come grande teologo e per il carismadi concretezza e di serenità con cui esercita il suo pon-tificato. Sono già tre le encicliche che ha scritto fino adoggi, due delle quali (Caritas deus est e Caritas in veri-tatem), non a caso iniziano con la parola Caritas che è ilnome stesso di Dio. L’amore, dunque, entra nei riferi-

Preghiera di Mons. Le GallArcivescovo di Toulouse

Dio nostro Padre,Tu vuoi che tutti gli uomini siano salvie giungano alla verità e alla vita.Tu hai sempre suscitato nel Tuo popolo dei pastori secondo il Tuo cuore,capaci di guidarci nel cammino della salvezza. Ti rendiamo grazie per tutti i sacerdoti, quelli dei passato e quelli di oggi. Signore Gesù, Buon Pastore,che hai dato la vita per salvare il mondo,ti rendiamo grazie per i doni dell’Eucaristiae del Sacerdozio della nuova alleanza.Tu ci inviti a pregare il Padrone della messe affinché sia sempre annunciato il Vangeloai poveri.Spirito Santo,Amore infinito del Padre e dei Figlio,che il Curato d’Ars patrono di tutti i sacerdoti, chiamava « Custode delle anime =, rendici attenti alla Tua presenza, e disposti a seguire le Tue ispirazioni.Rendici capaci di amare la Chiesa e la sua unità.Signore, fa che le nostre famiglie,le nostre comunità e le nostre diocesi siano il riflesso vivente dei Tuo amore.Fà che altri giovani scoprano in noi la bellezza e la sublimità di essere sacerdote, ricevano la forza e la gioia per rispondere alla Tua chiamata e all’appello dei loro fratelli. Vergine Maria, Madre del Cristo e Madre nostra,il Signore ti ha affidato i nostri sacerdoti.Sul tuo esempio, su quello di S. Giovanni Maria Vianney e di tutti i santi, il nostro “sì” di ogni giorno faccia crescere la Chiesa nella fedeltà al Vangelo “affinché gli uomini abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”. (Gv 10,10) Amen.

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re sono i capelli dei 20.000dipendenti, divisi in vari stabili-menti in più Stati, della azienda chegestisce.Ecco che in tali casi è facile passare

da una considerazione “umana” del rappor-to dirigenza-personale ad una mera valutazio-ne di “produttività” dello stabilimento e del dipen-dente, che perde di “umanità” e si trasforma in “risor-sa produttiva”.Insomma, come vi sono le “risorse di capitali”, le

“risorse macchine”, le “risorse materie prime”, cosìvi sono le “risorse umane”.Non capisco come i Sindacati, non si siano oppo-

sti e non abbiamo contestato tale cambio di denomi-nazione dell’Ufficio Personale.Questa scelta delle grandi imprese sottende alla

disumanizzazione e robotizzazione dell’uomo.L’uomo viene svestito della sua dignità umana e

trasformato in un ingranaggio della macchina produt-tiva della impresa.Quando questo ingranaggio “uomo” non serve

più, viene sostituito e buttato via, “spazzaturizzato”.Tutto questo in nome della produttività e della glo-

balizzazione.Così assistiamo sempre più a migliaia di

persone (uomini, donne, con famiglia , configli) licenziati e buttati nella strada dallegrandi aziende, in nome della produttivi-tà e del risparmio dei costi: che si traducein maggiori utili per le imprese e dispera-zione e degrado per migliaia di famiglie.D’altronde i progressi della tecnologia, l’uso dei

il serrano n. 11632

ATTUALITÀ

S E G R E T E R I A D I S T A T O

PRIMA SEZIONE - AFFARI GENERALI

Può sembrare cosa banale ma, viceversa, costituisce una sottile e strisciante affermazione di una filosofia divita e di gestione economica della impresa.Nelle grandi aziende, nelle banche, nelle imprese manifatturiere, al termine: “Ufficio del Personale”, – uffi-

cio che gestiva i rapporti tra l’impresa e i dipendenti, – si è sostituito il termine “Ufficio Risorse Umane”.Ripeto, può sembrare una banalità, ma afferma, un nuovo diverso rapporto tra l’impresa ed il dipendente.Nelle imprese artigiane, nelle piccole imprese il rapporto tra il datore di lavoro ed il

dipendente era ed è un rapporto improntato alla conoscenza reciproca. Il datore di lavo-ro conosce fisicamente il dipendente, lo saluta ogni giorno, sa dove abita, se è sposa-to, quanti figli ha; conosce intimamente il dipendente nelle sue sfaccettature umane.Nelle grandi imprese evidentemente tutto è diverso:Il grande manager che sta a New York, a Londra, a Parigi, non sa neppure di che colo-

La filosofia delle multinazionalie la robotizzazione dell’uomo

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computers, la robottizazione di molti processi produt-tivi, mentre aumentano a dismisura la produzione,riducono il fabbisogno di manodopera.Possibilmente fra qualche anno poche persone, diri-

gendo da quadri di comando la produzione, potrannoprodurre quanto prima si produceva con l’apporto dicentinaia di migliaia o di milioni di persone.Ma non si potrà pensare che solo quattro grandi

capitalisti guadagnino e che il mondo resti pieno dipoveri diseredati senza lavoro né dignità.

Andremmo incontro ad un nuovo oscuro MedioEvo, in cui al posto dei principi e dei baroni visaranno i grandi capitalisti ed i grandi mana-gers e sotto loro una massa di poveri indi-fesi.La Costituzione italiana garantisce il

diritto al lavoro ed alla dignità del cittadi-no, persona umana e garantisce la famiglia.Siamo giunti in un epoca d’oro in cui –

sia pure tra tante contraddizioni –, il mondocon ciò che produce, potrebbe sfamare, vesti-

re, assicurare cure mediche ed un teno-re di vita dignitoso a tutta l’umanità.Sono solo le mire di potere, l’esa-

cerbato desiderio di guadagno di alcu-ni (tra i quali i produttori e vendito-ri di armi) che impediscono chequesta età di armonia e serenobenessere per tutti possa realiz-zarsi.

Così abbiamo enormisquilibri, più di un miliardodi uomini, donne e bambinialla fame, 36.000.000 dipersone che muoiono ognianno per fame, altri milioni

che muoiono per AIDS edaltre malattie, milioni di per-sone anche nell’occidente

agiato, disoccupate e disperate per i capric-ci ed il desiderio di potere di qualchemigliaio di managers delle multinazionali.

È una filosofia assurda la loro, che vacambiata alla luce del Vangelo e dellafondamentale frase di Gesù: “Ama ilprossimo tuo come te stesso”.

Ugo Monterosso

settembre 2009 33

ATTUALITÀ

“Un giorno Gesù ha rivolto a me, come a tantialtri, il magico invito: «Vieni e seguimi!». E io horisposto: «Eccomi!».

Allora è incominciata la mia avventura di per-sona totalmente consacrata a Lui: solo a Lui!”

È l’avventura di un uomo, il sacerdote, con-temporaneamente celibe e sposato, come Gesùche è celibe per l’anagrafe e sposo della Chiesa.

È il mistero della «verginità per il regno deicieli» e del celibato sacerdotale: la prima comeproposta evangelica, il secondo come impegnorichiesto dalla Chiesa.

Il tutto inserito nell’unico mistero dell’Amoresponsale che, in modo diverso, si attua nel matri-monio fra un uomo e una donna e nel matrimoniofra Cristo e la Chiesa.

Il libro si compone di due parti: la prima illu-stra il senso di questa speciale sequela di Cristo; laseconda riporta testimonianze «dal vivo» di per-sone consacrate che confermano la gioia e la bel-lezza e anche la difficoltà di scelte coraggiose,oggi spesso giudicate inutili e fuori moda.

L’Autore, Mons. Novello Pederzini, Dottore inTeologia e in Diritto Canonico, unisce all’appro-fondimento culturaleuna lunga esperien-za pastorale matura-ta fra la gente comu-ne e i «consacra» divita contemplativa eattiva. I suoi librisemplici, accessibili,tradotti in varie lin-gue, sono anche lar-gamente diffusioltreoceano. DonNovello è anche unadelle voci più attesee seguite di RadioMaria, nonché Cap-pellano del club diBologna.

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