Il Serrano n.118

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Organo dell’Associazione Serra International Italia Rivista trimestrale n.118 Marzo 2010 Per sostenere le vocazioni sacerdotali Poste Italiane - Spedizione in abbonamento postale art. 2 comma 20/c L. 662/96 - DCB Sicilia 2003 In caso di mancato recapito rinviare all’Ufficio Poste eTelecomunicazioni di Palermo C.M.P. detentore del conto per restituire al mittente che s’impegna a pagare la relativa tassa ® Messaggio del S.Padre per la XLVII G.M.P.V. Witness Awakens Vocations ® La Vocazione: “È bella notizia” ® La voce dei Seminaristi ® Una nuova generazione di politici ® Ma i sacerdoti come vivono ? ® Il prete a Venezia ieri, oggi e ... The priest in Venice... 3 8 14 18 24 26 AVVISO SACRO con il contributo dei Serra Club d’Italia e della Fondazione Italiana Beato Junipero Serra

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IL SERRANO: Organo dell’Associazione Serra International Italia

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Organo dell’Associazione Serra International Italia • Rivista trimestrale • n.118Marzo 2010

Per sostenere le vocazioni sacerdotali

Poste Italiane - Spedizione in abbonamento postale art. 2 comma 20/c L. 662/96 - DCB Sicilia 2003In caso di mancato recapito rinviare all’Ufficio Poste e Telecomunicazioni di Palermo C.M.P. detentore del conto per restituire al mittente che s’impegna a pagare la relativa tassa

® Messaggio del S.Padreper la XLVII G.M.P.V.Witness Awakens Vocations

® La Vocazione:“È bellanotizia”

® La vocedeiSeminaristi

® Una nuovagenerazionedi politici

® Ma i sacerdoticomevivono ?

® Il prete a Veneziaieri, oggi e ...The priest in Venice...

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AVVISO SACROcon il contributo dei Serra Club d’Italia e

della Fondazione Italiana Beato Junipero Serra

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PERIODICO TRIMESTRALE N. 118ASSOCIAZIONE SERRA INTERNATIONAL ITALIA

I trimestre - marzo 2010 (XXXIV)sommario† 3 Editoriale: Lasciati attrarre dalla luce del Cristo

di Gemma Sarteschi† 4 Messaggio del Santo Padre per la XLVII GMPV (Witness Awakens Vocations)

† 8 La Vocazione: “È bella notizia”di Don Nico Dal Molin

† 10 Nel passo sospeso dell’auroradi Don Rino La Delfa

† 12 Mani bucatedi Antonella Duilio

† 14 La voce dei seminaristi

† 18 Una nuova generazione di politicidi Giuseppe Savagnone

† 19 La partecipazione per il benessere dei lavoratoridi Riccardo Pedrizzi

† 20 Il prete oggi specie se giovane pretesdi Mons. Giacinto Danieli

† 21 Un Amore grandedi Don Massimo Ponticelli

† 22 Catanzaro ha il club Serradi Casimiro Nicolosi

† 23 Parrocchie controdi Andrea Sollena

† 24 Ma i sacerdoti come vivono?

† 25 Un sucessore degli Apostoli: frà Calogero Peridi Maria Lo Presti

† 26 Il prete a Venezia ieri, oggi e... (The priest in Venice yesterday, taday and...)di Mons. Mario Ronzini

† 28 Bruno Baracchi è tornato alla Casa del Padredi Francesco Baratta

† 29 Fede e ragione. Scienza e Rivelazionedi Emilio Artiglieri

† 31 La morte come donodi Salvino Leone

† 32 Via Discipulorumdi Don Stefano Rega

† 36 Terra Santa: archeologia dello Spiritodi Francesca Paola Massara

† 36 Note di un serrano in viaggiodi Giorgio Bregolin

† 38 Riflessioni sul C.N.I.S.di Lino Sabino

In copertina: Il poster della XLVII G.M.P.V.“Il vero testimone trasmette la luce di Cristo”

Registrato presso il Tribunale di Palermo n. 1/2005Spedizione Abbonamento Postale Gr. IV

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Direttore ResponsabileGiulia Sommariva

RedazioneRenato VadalàVia Principe di Belmonte, 78 - 90139 PalermoE-mail: [email protected]

Comitato di DirezioneGemma Sarteschi, Presidente del CNISUgo La Cava, V. Presidente del C.N.I.S.Gino Cappellozza, V. Presidente del C.N.I.S.Romano Pellicciarini,V. Presidente del C.N.I.S.Mario Montagnani, V. Presidente del C.N.I.S.Trustee italiani di Serra International

Redattori distrettuali(si veda il «Bellringers»)

Hanno inoltre collaborato a questo numero:Antonio Rossin Gabriella RessaStella Laudadio Pier Luigi MottaPietro Canella Sergio BorrelliLucio Lacerenza Artimio RattiAnna Bella Guido Belmonte

Norme essenzialiper redattori e collaboratori

1. Inviare il materiale per la stampa entro e nonoltre il 31 maggio 2010.

2. Inviare i contributi all’e-mail sotto indicata.3. Inviare foto molto chiare con soggetti inqua-drati da vicino.

I redattori distrettuali, i collaboratori ed i VicePresidenti di Club responsabili delle comunica-zioni sono pregati di attivarsi per l’inoltro dibrevi cronache relative alle attività svolte daiClub e dai Distretti alla Segreteria di redazioneE-mail: [email protected]

Grafica: Anreproject

StampaLuxograph s.r.l. - Palermotel. fax 091 546543(e-mail: [email protected])

Organo dell’Associazione Serra International Italia • Rivista trimestrale • n.118Marzo 2010

Per sostenere le vocazioni sacerdotali

Poste Italiane - Spedizione in abbonamento postale art. 2 comma 20/c L. 662/96 - DCB Sicilia 2003In caso di mancato recapito rinviare all’Ufficio Poste e Telecomunicazioni di Palermo C.M.P. detentore del conto per restituire al mittente che s’impegna a pagare la relativa tassa

® Messaggio del S.Padreper la XLVII G.M.P.V.Witness Awakens Vocations

® La Vocazione:“È bellanotizia”

® La vocedeiSeminaristi

® Una nuovagenerazionedi politici

® Ma i sacerdoticomevivono ?

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AVVISO SACROcon il contributo dei Serra Club d’Italia e

della Fondazione Italiana Beato Junipero Serra

Gli articoli pubblicati esprimono il pensierodei rispettivi autori e non rispecchiano neces-sariamente il pensiero della testata.

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Editoriale

Lasciati attrarre dalla lucedel Cristo vero Dio

Carissimi, l’albero per vivere ha bisogno diluce e cresce verso l’alto attratto dallaluce. Noi, come l’albero, abbiamo biso-

gno di essere invasi dalla luce di Dio per vivere,la luce dello Spirito di Dio.

Nel giorno della Resurrezione, alziamo losguardo verso la luce, cerchiamo il Signore conla preghiera.

Non esiste vita di fede senza la preghiera .impieghiamo un po’ del nostro tempo a cercare,conoscere e dialogare con il Signore.

La fede, senza la preghiera, senza il dialogocon il Signore, svanisce.

La preghiera incontra spesso molte resisten-ze: dal corpo, incapace di elevarsi alla sferadello spirito; dall’intelligenza che, impotente acontenere l’infinito, attraversata dai dubbi, rifiu-ta ciò che va al di là della sua capacità di com-prensione; l’ambiente sociale che organizza lavita con altri scopi ad essa diametralmenteopposti.

Creiamo la condizione perché la preghiera sirealizzi: Amare il Signore. “Colui che mi amasarà amato dal Padre mio e io lo amerò e mimanifesterò a lui”.

Ad ogni Eucarestia, Cristo ci prende in di-sparte, uno a uno, per coinvolgerci nel suoincontro con il Padre, nella sua preghiera: conlui, in lui e per lui, e nella Parola donata e rice-vuta ,Dio rinnova la alleanza con la Chiesa, lasua alleanza con noi il “popolo di Cristo”.

Maria Gemma Sarteschi

Santa Pasqua!a voi e le vostre famiglie

Easter: let’s us cacth by christ’s light, truegoddearest, the tree needs light to liveand grow higher and higher, catched

by the light. And us, just like the tree, we needto be overwhelmed by God’s light to live, lightof our Lord.In the day of the Ressurection, us, just like thetree, we rise up our sight towards the light, welook for the Lord with our prayers.Life with faith without prayer does not exsist:let’s use some of our time to look for, talk to andget to know our Lord.The faith, without the prayer, without conversa-tion with our Lord, simply vanishes.The prayer often finds many walls: for example,our body, unable to elevate itself in the spiritualspheare; another wall: our intelligence, that notable to understand the infinite, full of doubts,refuses what goes beyond its ability to under-stand; another wall: our social reality, the envi-roment where we live, that organizes our wholelife, with full schedules, with different purposesand most of the times, opposite ones.Let’s create the conditions to let our prayerreach our Lord! “the one who loves me, we’llbe loved by the holy Father and i will love himand i will present myself to him”.Each “Eucarestia” (the holy reling), Christ takesus away, one by one, alone with him, andinvolves us in his private meeting with the holyFather, in his prayer: with him, in him and forhim, in the Given and taken word, Godrenews his alliance with our Church, the onehe has with us, “the Christ’s people”.

Maria Gemma Sarteschi

Happy Easter!

(Easter : l e t ’s us cacth by Christ ’s l ight , true God)

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La testimonianzasuscita vocazioni

tà all’appello di Cristo. Questo tema è dunque stretta-mente legato alla vita e alla missione dei sacerdoti e deiconsacrati. Pertanto, vorrei invitare tutti coloro che ilSignore ha chiamato a lavorare nella sua vigna a rinno-vare la loro fedele risposta, soprattutto in quest’AnnoSacerdotale, che ho indetto in occasione del 150° anni-versario della morte di san Giovanni Maria Vianney, ilCurato d’Ars, modello sempre attuale di presbitero e diparroco. (Omissis)

Anche la vocazione di Pietro, secondo quanto scrivel’evangelista Giovanni, passa attraverso la testimonian-za del fratello Andrea, il quale, dopo aver incontrato ilMaestro e aver risposto al suo invito a rimanere con Lui,sente il bisogno di comunicargli subito ciò che ha sco-perto nel suo “dimorare” con il Signore: “Abbiamo tro-vato il Messia – che si traduce Cristo – e lo condusse daGesù” (Gv 1,41-42). Così avvenne per Natanaele,

Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,cari fratelli e sorelle!

La 47a Giornata Mondiale di Preghiera per leVocazioni, che si celebrerà la IV domenica diPasqua – domenica del “Buon Pastore” – il 25

aprile 2010, mi offre l’opportunità di proporre allavostra riflessione un tema che ben si intona con l’AnnoSacerdotale: La testimonianza suscita vocazioni. Lafecondità della proposta vocazionale, infatti, dipendeprimariamente dall’azione gratuita di Dio, ma, comeconferma l’esperienza pastorale, è favorita anche dallaqualità e dalla ricchezza della testimonianza personale ecomunitaria di quanti hanno già risposto alla chiamatadel Signore nel ministero sacerdotale e nella vita consa-crata, poiché la loro testimonianza può suscitare in altriil desiderio di corrispondere, a loro volta, con generosi-

Messaggio del Santo Padre per la XLVII Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni(il testo integrale è riportato nel sito www.serraclubitalia.it)

Dear Brothers in theEpiscopate and in thePriesthood, Dear Brothersand Sisters!

The 47th World Day ofPrayer for Vocations, to becelebrated on the FourthSunday of Easter – GoodShepherd Sunday – 25 April2010, gives me the opportuni-ty to offer for your meditationa theme which is most fittingfor this Year for Priests:Witness Awakens Vocations.The fruitfulness of our effortsto promote vocations dependsprimarily on God’s freeaction, yet, as pastoral experi-ence confirms, it is also

helped by the quality anddepth of the personal andcommunal witness of thosewho have already answeredthe Lord’s call to the ministe-rial priesthood and to the con-secrated life, for their witnessis then able to awaken in oth-ers a desire to respond gener-ously to Christ’s call. Thistheme is thus closely linked tothe life and mission of priestsand of consecrated persons.Hence I wish to invite allthose whom the Lord hascalled to work in his vineyardto renew their faithfulresponse, particularly in thisYear for Priests which I pro-claimed on the 150th anniver-

sary of the death of Saint JohnMary Vianney, the Curé ofArs, an ever-timely model ofa priest and a pastor.(Omissis)

Similarly the calling ofPeter, as we read in theEvangelist John, occurredthrough the witness of hisbrother Andrew, who, aftermeeting the Master andaccepting his invitation tostay with him, felt the need toshare immediately with Peterwhat he discovered by “stay-ing” with the Lord: “We havefound the Messiah (whichmeans Christ). He thenbrought him to Jesus” (Jn1:41-42). This was also the

WitnessAwakensVocations

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e il dialogo inces-sante con Dio. Se ilsacerdote è l’“uomodi Dio”, che appar-tiene a Dio e cheaiuta a conoscerlo ead amarlo, non puònon coltivare unaprofonda intimitàcon Lui, rimanerenel suo amore,dando spazio all’a-scolto della suaParola. La preghieraè la prima testimo-nianza che suscitavocazioni. Comel’apostolo Andrea,che comunica al fra-tello di aver cono-

sciuto il Maestro, ugualmente chi vuol essere discepoloe testimone di Cristo deve averlo “visto” personalmen-te, deve averlo conosciuto, deve aver imparato ad amar-lo e a stare con Lui.

Altro aspetto della consacrazione sacerdotale e dellavita religiosa è il dono totale di sé a Dio. Scrive l’apo-stolo Giovanni: “In questo abbiamo conosciuto l’amore,nel fatto che egli ha dato la sua vita per noi; quindianche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli” (1 Gv3,16). Con queste parole, egli invita i discepoli ad entra-re nella stessa logica di Gesù che, in tutta la sua esisten-za, ha compiuto la volontà del Padre fino al dono supre-mo di sé sulla croce. Si manifesta qui la misericordia di

Bartolomeo, graziealla testimonianzadi un altro discepo-lo, Filippo, il qualegli comunica congioia la sua grandescoperta: “Abbiamotrovato colui delquale hanno scrittoMosè, nella Legge,e i Profeti: Gesù, ilfiglio di Giuseppe,di Nazaret” (Gv1,45). L’iniziativalibera e gratuita diDio incontra e inter-pella la responsabi-lità umana di quantiaccolgono il suoinvito a diventarestrumenti, con la propria testimonianza, della chiamatadivina. Questo accade anche oggi nella Chiesa: Iddio siserve della testimonianza di sacerdoti, fedeli alla loromissione, per suscitare nuove vocazioni sacerdotali ereligiose al servizio del Popolo di Dio. Per questa ragio-ne desidero richiamare tre aspetti della vita del presbite-ro, che mi sembrano essenziali per un’efficace testimo-nianza sacerdotale.

Elemento fondamentale e riconoscibile di ogni voca-zione al sacerdozio e alla consacrazione è l’amicizia conCristo. Gesù viveva in costante unione con il Padre, edè questo che suscitava nei discepoli il desiderio di vive-re la stessa esperienza, imparando da Lui la comunione

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case for Nathanael,Bartholomew, thanks to thewitness of yet another disci-ple, Philip, who joyfully toldhim of his great discovery:“We have found him of whomMoses in the law and also theprophets wrote, Jesus ofNazareth, the son of Joseph”(Jn 1:45). God’s free and gra-cious initiative encountersand challenges the humanresponsibility of all those whoaccept his invitation tobecome, through their ownwitness, the instruments ofhis divine call. This occurs inthe Church even today: theLord makes use of the witnessof priests who are faithful to

their mission in order toawaken new priestly and reli-gious vocations for the serv-ice of the People of God. Forthis reason, I would like tomention three aspects of thelife of a priest which I consid-er essential for an effectivepriestly witness.

A fundamental element,one which can be seen inevery vocation to the priest-hood and the consecratedlife, is friendship withChrist. Jesus lived in con-stant union with the Fatherand this is what made thedisciples eager to have thesame experience; from himthey learned to live in com-

munion and unceasing dia-logue with God. If the priestis a “man of God”, one whobelongs to God and helpsothers to know and lovehim, he cannot fail to culti-vate a deep intimacy withGod, abiding in his love andmaking space to hear hisWord. Prayer is the firstform of witness whichawakens vocations. Like theApostle Andrew, who tellshis brother that he has cometo know the Master, so tooanyone who wants to be adisciple and witness ofChrist must have “seen” himpersonally, come to know

him, and learned to love himand to abide with him.

Another aspect of theconsecration belonging tothe priesthood and the reli-gious life is the complete giftof oneself to God. TheApostle John writes: “Bythis we know love, that helaid down his life for us; andtherefore we ought to laydown our lives for thebrethren” (1 Jn 3:16). Withthese words, he invites thedisciples to enter into thevery mind of Jesus who inhis entire life did the will ofthe Father, even to the ulti-mate gift of himself on theCross. Here, the mercy of

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Infine, un terzo aspetto che non può non caratteriz-zare il sacerdote e la persona consacrata è il vivere lacomunione. Gesù ha indicato come segno distintivo dichi vuol essere suo discepolo la profonda comunionenell’amore: “Da questo tutti sapranno che siete mieidiscepoli: se avete amore gli uni per gli altri” (Gv13,35). In modo particolare, il sacerdote dev’essereuomo di comunione, aperto a tutti, capace di far cam-minare unito l’intero gregge che la bontà del Signore gliha affidato, aiutando a superare divisioni, a ricucirestrappi, ad appianare contrasti e incomprensioni, a per-donare le offese. Nel luglio 2005, incontrando il Clerodi Aosta, ebbi a dire che se i giovani vedono sacerdotiisolati e tristi, non si sentono certo incoraggiati a seguir-ne l’esempio. Essi restano dubbiosi se sono condotti aconsiderare che questo è il futuro di un prete. È impor-tante invece realizzare la comunione di vita, che mostriloro la bellezza dell’essere sacerdote. (Omissis)

Mi piace ricordare quanto scrisse il mio veneratoPredecessore Giovanni Paolo Il: “La vita stessa dei pre-sbiteri, la loro dedizione incondizionata al gregge diDio, la loro testimonianza di amorevole servizio alSignore e alla sua Chiesa – una testimonianza segnatadalla scelta della croce accolta nella speranza e nellagioia pasquale –, la loro concordia fraterna e il loro zeloper l’evangelizzazione del mondo sono il primo e il piùpersuasivo fattore di fecondità vocazionale” (Pastoresdabo vobis, 41). Si potrebbe dire che le vocazioni sacer-dotali nascono dal contatto con i sacerdoti, quasi come

Dio in tutta la sua pienezza;amore misericordioso che hasconfitto le tenebre del male,del peccato e della morte.L’immagine di Gesù chenell’Ultima Cena si alza datavola, depone le vesti, pren-de un asciugamano, se locinge ai fianchi e si china alavare i piedi agli Apostoli,esprime il senso del servizioe del dono manifestati nel-l’intera sua esistenza, inobbedienza alla volontà del

Padre (cfr Gv 13,3-15). Alla sequela di Gesù, ogni chia-mato alla vita di speciale consacrazione deve sforzarsidi testimoniare il dono totale di sé a Dio. Da qui scatu-risce la capacità di darsi poi a coloro che la Provvidenzagli affida nel ministero pastorale, con dedizione piena,continua e fedele, e con la gioia di farsi compagno diviaggio di tanti fratelli, affinché si aprano all’incontrocon Cristo e la sua Parola divenga luce per il loro cam-mino. La storia di ogni vocazione si intreccia quasi sem-pre con la testimonianza di un sacerdote che vive congioia il dono di se stesso ai fratelli per il Regno deiCieli. Questo perché la vicinanza e la parola di un pretesono capaci di far sorgere interrogativi e di condurre adecisioni anche definitive (cfr Giovanni Paolo 11, Esort.ap. post-sinod. Pastores dabo vobis, 39).

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God is shown in all its full-ness; a merciful love that hasovercome the darkness ofevil, sin and death. The fig-ure of Jesus who at the LastSupper, rises from the table,lays aside his garments,takes a towel, girds himselfwith it and stoops to washthe feet of the Apostles,expresses the sense of serv-ice and gift manifested in hisentire existence, in obedi-ence to the will of the Father(cf. Jn 13:3-15). In follow-ing Jesus, everyone called toa life of special consecrationmust do his utmost to testifythat he has given himselfcompletely to God. This isthe source of his ability togive himself in turn to thosewhom Providence entrusts tohim in his pastoral ministry

with complete, constant andfaithful devotion, and withthe joy of becoming a com-panion on the journey to somany brothers and sisters,enabling them too to becomeopen to meeting Christ, sothat his Word may become alight to their footsteps. Thestory of every vocation isalmost always intertwinedwith the testimony of a priestwho joyfully lives the gift ofhimself to his brothers andsisters for the sake of theKingdom of God. This isbecause the presence andwords of a priest have theability to raise questions andto lead even to definitivedecisions (cf. John Paul II,Post-Synodal ApostolicExhortation Pastores DaboVobis, 39).

A third aspect which nec-essarily characterizes thepriest and the consecratedperson is a life of commun-ion. Jesus showed that themark of those who wish to behis disciples is profound com-munion in love: “By this allmen will know that you aremy disciples, if you have lovefor one another” (Jn 13:35).In a particular way the priestmust be a man of commun-ion, open to all, capable ofgathering into one the pilgrimflock which the goodness ofthe Lord has entrusted to him,helping to overcome divi-sions, to heal rifts, to settleconflicts and misunderstand-ings, and to forgive offences.In July 2005, speaking to theclergy of Aosta, I noted that ifyoung people see priests who

appear distant and sad, theywill hardly feel encouraged tofollow their example. Theywill remain hesitant if theyare led to think that this is thelife of a priest. Instead, theyneed to see the example of acommunion of life which canreveal to them the beauty ofbeing a priest. (Omissis)

Here I would like to recallthe words of my venerablePredecessor John Paul II:“The very life of priests, theirunconditional dedication toGod’s flock, their witness ofloving service to the Lord andto his Church – a witnessmarked by free acceptance ofthe Cross in the spirit of hopeand Easter joy – their frater-nal unity and zeal for theevangelization of the worldare the first and most con-

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impegnative, a loro volta,che investono il propriofuturo. Per aiutarli è neces-saria quell’arte dell’incon-tro e del dialogo capace diilluminarli e accompagnar-li, attraverso soprattuttoquell’esemplarità dell’esi-stenza vissuta come voca-zione. Così ha fatto il SantoCurato d’Ars, il quale, sem-pre a contatto con i suoiparrocchiani, “insegnavasoprattutto con la testimonianza di vita. Dal suo esem-pio, i fedeli imparavano a pregare” (Lettera perl’Indizione dell’Anno Sacerdotale, 16 giugno 2009).

Possa ancora una volta questa Giornata Mondialeoffrire una preziosa occasione a molti giovani per riflet-tere sulla propria vocazione, aderendovi con semplicità,fiducia e piena disponibilità. La Vergine Maria, Madredella Chiesa, custodisca ogni più piccolo germe di voca-zione nel cuore di coloro che il Signore chiama a seguir-lo più da vicino; faccia sì che diventi albero rigoglioso,carico di frutti per il bene della Chiesa e dell’intera uma-nità. Per questo prego, mentre imparto a tutti laBenedizione Apostolica.

dal Vaticano 13 novembre 2009

un prezioso patrimonio comunicato con la parola, conl’esempio e con l’intera esistenza.

Questo vale anche per la vita consacrata. L’esistenzastessa dei religiosi e delle religiose parla dell’amore diCristo, quando essi lo seguono in piena fedeltà alVangelo e con gioia ne assumono i criteri di giudizio edi comportamento. Diventano “segno di contraddizio-ne” per il mondo, la cui logica spesso è ispirata dalmaterialismo, dall’egoismo e dall’individualismo. Laloro fedeltà e la forza della loro testimonianza, poiché silasciano conquistare da Dio rinunciando a se stessi, con-tinuano a suscitare nell’animo di molti giovani il desi-derio di seguire, a loro volta, Cristo per sempre, in modogeneroso e totale. Imitare Cristo casto, povero e obbe-diente, e identificarsi con Lui: ecco l’ideale della vitaconsacrata, testimonianza del primato assoluto di Dionella vita e nella storia degli uomini.

Ogni presbitero, ogni consacrato e ogni consacrata,fedeli alla loro vocazione, trasmettono la gioia di ser-vire Cristo, e invitano tutti i cristiani a rispondereall’universale chiamata alla santità. Pertanto, per pro-muovere le vocazioni specifiche al ministero sacerdo-tale ed alla vita consacrata, per rendere più forte eincisivo l’annuncio vocazionale, è indispensabile l’e-sempio di quanti hanno già detto il proprio “si” a Dioe al progetto di vita che Egli ha su ciascuno. La testi-monianza personale, fatta di scelte esistenziali e con-crete, incoraggerà i giovani a prendere decisioni

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vincing factor in the growthof vocations” (Pastores DaboVobis, 41). It can be said thatpriestly vocations are born ofcontact with priests, as a sortof precious legacy handeddown by word, example and awhole way of life.

The same can be said withregard to the consecrated life.The very life of men andwomen religious proclaimsthe love of Christ wheneverthey follow him in completefidelity to the Gospel and joy-fully make their own its crite-ria for judgement and con-duct. They become “signs ofcontradiction” for the world,whose thinking is ofteninspired by materialism, self-centredness and individual-ism. By letting themselves bewon over by God through

self-renunciation, their fideli-ty and the power of their wit-ness constantly awaken in thehearts of many young peoplethe desire to follow Christ intheir turn, in a way that is gen-erous and complete. To imi-tate Christ, chaste, poor andobedient, and to identify withhim: this is the ideal of theconsecrated life, a witness tothe absolute primacy of Godin human life and history.

Every priest, every conse-crated person, faithful to hisor her vocation, radiates thejoy of serving Christ anddraws all Christians torespond to the universal callto holiness. Consequently, inorder to foster vocations tothe ministerial priesthood andthe consecrated life, and to bemore effective in promoting

the discernment of vocations,we cannot do without theexample of those who havealready said “yes” to God andto his plan for the life of eachindividual. Personal witness,in the form of concrete exis-tential choices, will encour-age young people for theirpart to make demanding deci-sions affecting their future.Those who would assist themneed to have the skills forencounter and dialogue whichare capable of enlighteningand accompanying them,above all through the exampleof life lived as a vocation.This was what the holy Curéof Ars did: always in closecontact with his parishioners,he taught them “primarily bythe witness of his life. It wasfrom his example that the

faithful learned to pray”(Letter Proclaiming the Yearfor Priests, 16 June 2009).

May this World Day onceagain offer many young peo-ple a precious opportunity toreflect on their own vocationand to be faithful to it in sim-plicity, trust and completeopenness. May the VirginMary, Mother of the Church,watch over each tiny seed of avocation in the hearts of thosewhom the Lord calls to followhim more closely, may shehelp it to grow into a maturetree, bearing much good fruitfor the Church and for allhumanity. With this prayer, toall of you I impart myApostolic Blessing.

From the Vatican, 13November 2009

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sottile angoscia, che avvolge tuttala nostra sensibilità. “Ho unabella notizia!” – é così raro sentir-celo dire …

Il vero “testimone” non guardaall’esito della sua missione e delsuo servizio, ma cerca di proporrein maniera semplice e appassiona-ta la propria testimonianza di vita.

Una testimonianza che è relazione, presenza, e nonsemplicemente un passare accanto, perché abbiamopaura di coinvolgerci troppo. (...)

2. Oltre la “sindrome del tramonto”Il convegno si è aperto con la riflessione del card.

Angelo Bagnasco, presidente della CEI, che ha indicatoalcune piste efficaci di riflessione e di impegno per tuttala pastorale vocazionale. (...)

“Il mondo vuole sentire l’eco della gioia che le operedi Dio provocano in noi e veder compiere un’opera con-vincente che sa di miracolo, più che risuscitare i morti:l’unità che nasce dalla comunione affettiva ed effettiva,in un contesto segnato da dissidi e divisioni. I chiamati– ha detto il Card. Bagnasco – devono offrire a tutti lagrazia della vocazione, che nasce dalle ginocchia e dalsacrificio. I giovani vogliono vedere uomini felici diappartenere a Cristo e alla Chiesa in mezzo alle diffi-coltà e alle prove, senza fughe: è la cartina di tornasoledella maturità umana e cristiana”.

E riguardo alla crisi delle vocazioni, che sembra toc-care in maniera dura alcuni istituti religiosi, ha indicatouna splendida traiettoria di testimonianza fiduciosa, peravere il coraggio di non trovare solo … il buio oltre lasiepe, cadendo vittime della “sindrome del tramonto”,perché non si vedono nuove presenze vocazionali all’o-rizzonte.

“Lo spettacolo di una vita lamentosa e trascinatasenza entusiasmo lega le mani di Dio… Anche le attivi-tà apostoliche devono nascere dalla contemplazione diCristo, altrimenti si rischia che la nostra divenga solouna forma di autotestimonianza, una certificazione nar-cisistica di noi stessi!”

Per superare questa situazione difficile, il card.Bagnasco ha parlato con profonda convinzione della

Il Messaggio che il Papa ha già fatto pervenire a tuttele Chiese, in occasione della prossima Giornatamondiale di Preghiera per le Vocazioni, si declina

attorno ad un tema che sfida in maniera radicale tutta lapastorale delle nostre comunità cristiane, e non solo lapastorale vocazionale, anche se essa è chiamata ad esse-re in prima linea per rispondere a questa sfida: “La testi-monianza suscita vocazioni”.

Potremmo dire che la via della “martyria” è una viaprivilegiata per essere discepoli coerenti, credibili egioiosi di Gesù, in un’epoca dove indifferenza, cinismoe il terribile appiattimento del nihilismo, come unagrande piovra, sembrano tutto abbracciare.

Il tema che il Papa propone per la prossima GMPVdel 25Aprile p.v., è stato declinato dal Centro NazionaleVocazioni nella proposta di uno slogan che non è solomediazione ma è anche una sottile provocazione all’at-teggiamento di fondo di ciascuno di noi, al di là che siacoinvolto in una animazione vocazionale o in qualsiasialtro ambito dell’impegno ecclesiale.

“Ho una bella notizia! Io l’ho incontrato…”.Il Convegno Nazionale degli animatori e animatrici

vocazionali, che si è svolto a Roma nelle oramai consue-te date dal 3 al 5 gennaio u.s., ha visto riunita una straor-dinaria presenza di Centri Diocesani Vocazionali, di ret-tori e seminaristi, di religiose, religiosi, laici consacrati elaici impegnati nel tessuto vivo della pastorale. (...)

Potremmo ridisegnare, in sintesi, alcuni passaggichiave di questo Convegno 2010, nel quale le strategieoperative e pastorali, pur sempre importanti e significa-tive, non sono state il perno di una ricerca esasperata,ma è emersa la comune consapevolezza che è in noi,testimoni e narratori della Vocazione, che deve crescereun’esperienza di fiducia e di lettura positiva della vita.Solo questo può aiutarci ad essere portatori di una“buona notizia” di cui ogni persona (giovane e menogiovane) sente un profondo bisogno nella sua ricerca disenso.

1. Ho una bella notizia!Quante volte ci mettiamo di fronte ad un TG (in

qualche caso siamo davvero di fronte ad uno tsunami dinotizie e di fatti segnati da negatività, violenza e morte),al punto che si insinua in noi un senso di sconcerto e di

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LLaa Vocazione èè ««Bella NNoottiizziiaa»»Sintesi della relazione del Direttore del Centro Nazionale Vocazioni,

all’apertura dell’annuale convegno

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Da un’esistenza gioiosa i giovani saranno affascina-ti, mentre un deterrente alla vocazione è costituito dalvedere, sentire o pensare che la nostra vita non sia feli-ce, piena e non del tutto appagante, anche se valida eimpegnata.

5. I messaggi forti del Convegno Come essere autentici “testimoni e narratori del

Vangelo della Vocazione”? • Per essere credibili ed entrare in sintonia con la sen-

sibilità delle persone e dei giovani, occorre privilegiarela via dell’ascolto: bisogna “perdere più tempo” adascoltare i problemi della gente, dei giovani che talvol-ta si ritrovano accanto padri assenti e madri ansiose eiperprotettive e non hanno interlocutori adulti affidabili.

• Nel rileggere la parola chiave della testimonianza,emerge la necessità di dare più spazio alle relazioni cheall’organizzazione, con una particolare attenzione allasfida educativa che oggi tutti coinvolge. È una relazio-ne interpersonale e pastorale, che va curata come priori-tà assoluta.

• Nell’accompagnamento e nella testimonianzavocazionale è essenziale riscoprire la forza e la graziadel dono della “consolazione”, rimanendo accantoall’altro per donare un po’ di speranza. Per fare ciò nonbasta essere testimoni gioiosi: ci vuole un cuore ricon-ciliato, in pace con se stesso e meno frammentato. E nonè sempre facile riannodare i mille fili spezzati che avolte ci ritroviamo tra le mani.

• Siamo chiamati ad essere una chiesa di “martiri e disanti” nel quotidiano, capaci di vivere la “martyria dellaluce” per rendere testimonianza alla luce incontratanella nostra vita: Gesù.

• Siamo chiamati ad essere “martiri di vita”: Gesùcomunica la vita e la dona in abbondanza, perché sia unavita spesa nella pienezza della libertà e della speranza.

• Siamo chiamati ad essere “martiri della gioia e dellafatica”. Lo affermava con forza don Lorenzo Milani:”Tutto è speranza, perché tutto è fatica”. Solo allora ilcuore saprà narrare il suo stupore e la sua meraviglia nonper un miracolo donato, ma per i mille giorni senza mira-coli in cui il Signore, rimanendoci accanto, ci ripete sem-pre il suo “non temere, perché io sono con te!”.

“Tu che aspiri a vivere rischiosamente a causa delVangelo e di Gesù Cristo, ti chiederai ogni giorno checosa significhi la sua parola:

«Colui che vuol salvare la propria vita, la perderà».Un giorno capirai il significato di quell’Assoluto. Comegiungere a capirlo? Cerca, cerca e troverai”

(da “Stupore di un amore” di frère Roger Schutz) Don Nico Dal Molin

“necessità di vivere la testimonianza della parola, con-vincente e non suadente, da coniugare alla concretezzadi vita e di opere”.

Confermando questo sentiero da percorrere insieme,come Chiesa e comunità cristiane, il vescovo ItaloBenvenuto Castellani, presidente della Commissioneepiscopale per il clero e la vita consacrata e presidentedel CNV ha ribadito: “Con i giovani oggi bisogna esser-ci, star loro vicini, sviluppare relazioni profonde erispettose. Il giovane, per vie misteriose che passanoanche nell’esperienza della trasgressione, è un naturale‘cercatore di Dio’. Per aiutare i giovani a cercare la pro-pria strada e a rispondere alla propria vocazione ènecessaria quell’arte del dialogo capace di illuminarli eaccompagnarli, attraverso soprattutto l’esemplarità del-l’esistenza vissuta come vocazione”. (...)

3. Narratori del Vangelo della Vocazione Nella sempre lucida e coinvolgente proposta di P.

Amedeo Cencini sono pure emersi aspetti pastorali econcreti di questo impegno nella “testimonianza - nar-razione vocazionale”.

Essa esige una radicalità che é ben lontana da unatestimonianza artificiale o preconfezionata o da una nar-razione banale e presuntuosa. Padre Cencini ha elenca-to tutta una serie di strumenti espressivi diversi per rac-contare l’esperienza della chiamata, che rappresentasempre una vera “teofania”: non solo parole, ma anchegesti, simboli e immagini per fare memoria della pre-senza concreta del Signore nella propria esistenza.Proporre la buona notizia con uno stile narrativo, sarecuperare gli elementi essenziali della propria storiaspirituale e vocazionale (teo-logia); sa trasmettere unamemoria grata di quanto vissuto nella propria esperien-za di chiamata; permette di elaborare una progettualitàdi vita capace di dare un colpo d’ala ad un camminospesso immerso nella banalità di cose troppo effimere.

4. La Vocazione: la polifonia dell’amore totale L’intervento conclusivo del Convegno è stato propo-

sto, con parole calde e appassionate, da P. ErmesRonchi.

“La vocazione non nasce da una sottrazione di vita,ma da un’addizione: è ora di parlare del piacere dellachiamata”. Padre Ronchi ha insistito sulla bellezza epienezza del consacrarsi interamente al Signore, sottoli-neando la “polifonia dell’amore senza mezze misure,nella radicalità e totalità del cuore, che rischia di subire– se non intesa correttamente – distorsioni affettive, bri-nate sui sentimenti, freddezza nell’amicizia”.

Donare autenticamente la vita è ben lontano dal“prendere ciò che serve al proprio benessere affettivo edemotivo”.

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Nel passo sospesodell’aurora

Henry Sloane Coffin (+1954),amabile compositore di sermoni,tanto ammirati dalla sua comunitàpresbiteriana di Madison Avenue aNew York, nella quale fu a lungoministro, in una orazione pasqualecostruisce un contrasto che io trovomolto interessante: “C’è un datoinconfutabile nella Pasqua… cheGesù sia divenuto un fattore moltopiù determinante a Gerusalemmenelle settimane e nei mesi dopo lasua morte sul Calvario rispetto aquando entrò glorioso nella stessacittà osannato dalle folle” (Joy inbelieving, 1956).

L’affermazione non riposa suun’iperbole, figura retorica atta adesagerare il contrasto tra i duemomenti considerati, ma si fa forzadi un dato, l’indisputabilità di unfatto: la differenza tra due domeni-che, quella delle Palme e quelladella Risurrezione; un dato chesfugge alla consequenzialità logica,per difetto o per eccesso comeappunto nelle iperboli, ma che regi-stra una sorpresa. Quel giorno infat-ti, il nuovo giorno, la Pasqua, nongiunge come tutti gli altri, al mododi una data sul calendario, piuttostoesplode come un evento che la fedeaveva conservato come per una sor-presa.

Non si tratta tuttavia della sor-presa dell’immortalità: la grandeverità della Pasqua non è solo chevivremo di nuovo dopo la morte,non sarebbe questa la sorpresa, mache dobbiamo e possiamo viverenobilmente adesso, dal momento

che sappiamo di dover vivere persempre. Il mattino di Pasqua nonannunzia solamente che siamoimmortali, ma annunzia che siamofigli immortali di Dio. La luce delgiorno di Pasqua, come amava direGiovanni Maria Battista Vianney,sacerdote e santo (+1859), non sorgedall’orizzonte, ma da una tomba:“oggi si è aperta una tomba, e daessa è sorto un sole che non sarà maioscurato, che mai tramonterà, unsole che ricrea la vita” (Sermoni1901).

Da quel giorno dunque la luce,quella che illumina il mondo, non èvenuta incontro alla terra dall’orien-te geografico, ma è sorta dal suogrembo gravido di speranza e di cor-ruzione, sigillato dalla pietra dell’in-vincibile impotenza della morte: erala luce di Cristo Crocifisso eRisorto. Quella tomba sarebbe dive-nuta l’occaso dei giorni passati, einsieme l’aurora della vita e dellaluce nuova. Ma quale luce può esse-re tanto luce da oscurare quella delsole? Tanto luce da rendere il solestesso una mera metafora del suobagliore?

L’affermazione di Sloane Coffinè una risposta a questa domanda. Ilclamore della domenica delle Palmeè l’ostentazione dell’effimero, unaluce artificiale gettata come unriflettore sul palco della storia, ilparadosso della quotidianità voluta-mente forzata ai confini dell’imma-ginazione e del sogno. Il fattore-Gesù era meno determinante per lacittà quella prima domenica per il

fatto che non lo avevano riconosciu-to per quello che egli era realmente,ma lo avevano imbrigliato nel sognocollettivo di una regalità vittoriosa,ne avevano costruito l’immaginepubblica, da far passare su tappetirossi e applausi d’occasione, allamaniera dei divi cinematografici etelevisivi della nostra contempora-neità.

Così concepito, il messia era frut-to di una unzione collettiva, un per-sonaggio costruito dalla massa, unospecchio delle risposte che spesso sidanno senza l’esigenza della doman-da, in una sola parola, una ipostasiumana sul soglio del divismo bran-colante delle passioni più precarie.Così concepito, a malapena avrebbepotuto incidere su qualcuno senzatuttavia lasciare traccia. Il contrastocon la domenica della risurrezionesta nel fatto che la sua luce non èartificiosa; a cambiare non è solo lui,il quale risorto non muore più, maquelli che lo incontrano e lo ricono-scono nella sua verità, e lo chiamanoil Cristo, l’unto di Dio, il Signore.La luce di Pasqua illumina il mondoa partire dalla tomba in cui stagnavala corruzione delle opinioni e deipensieri degli uomini. Dissipa lacecità o la parzialità di prospettivacui ci aveva abituato la luce solaredel giorno.

Ciò che rende determinante il fat-tore-Gesù nella domenica di Pasquaè la capacità della visione nuova diquelli che sono illuminati dalla fedenella risurrezione. Ciò che è destina-to a incidere con determinazione è

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proprio questo, l’essere divenutiluce, capaci cioè di una comunica-zione schietta e autentica, che sachiamare le cose e le persone con illoro vero nome.

Mi fa pensare moltissimo tuttoquesto. Specialmente se guardo albisogno di riflettori cui si sta abi-tuando la nostra contemporaneità, especialmente la generazione più gio-vane, per la quale il virtuale ha sosti-tuito sia il reale che la fede. Il para-dossale principio su cui si basainfatti l’attuale modo della comuni-cazione è che nulla è vero se non èvirtualmente riflesso sugli schermidel proprio elaboratore elettronico,se non scorre nelle arterie dellacibernetica, se non si stabilisce nelrazionale matematico che sottendealla struttura informatica. Tutto è

esaltato al rango dell’immagine,un’immagine impalpabile che rendeliquida la corporeità biologica e lerelazioni affettive, sminuendo il fon-damento della fede cristiana dell’in-carnazione e della risurrezione. Nonè solo l’identità dell’oggetto dellafede a soffrirne, ma la stessa identi-tà del soggetto umano, frantumata inun eccesso di figure alterne e incal-zanti, difficili da afferrare e materia-lizzare, se non nel sogno.

Quello della nostra contempora-neità è un ritorno al frastuono esal-tante della domenica delle Palme, ilvoler scegliere una strana e modernacultura del potere, inventato e vir-tualmente elaborato: il potere delnarcisismo, l’incedere sul sentierodell’autodeterminazione, dell’auto-referenzialità, della propria autogiu-

stificazione sostenuti dal flebileconsenso degli altri, strappato loroattraverso espedienti tanto ridicoliquanto perversi. Schermi televisividi ogni genere polarizzano e monito-rizzano ormai l’attenzione a talpunto da determinare coi loro pro-cessi ricchezze e povertà nuove,amori fugaci e tradimenti, nuovi lin-guaggi stentati e grammaticalmentesincopati. Le parole di SloaneCoffin stigmatizzano l’idea di unpassato irreversibile, cui però sioppone oggi l’emersione di un pre-sente irreale, che non diverrà mai unpassato. Sta qui la vera provocazio-ne, se non la minaccia all’uomo ealla possibilità della fede di determi-nare il futuro, il domani del giornodi Pasqua.

Don Rino La DelfaPreside Facoltà Teologica di Sicilia

FFOONNDDAAZZIIOONNEEIITTAALLIIAANNAABBEEAATTOOJJUUNNIIPPEERROOSSEERRRRAA

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Raccontare un’esperienza di fede non è semplice perché le parole sono mezzi riduttivi quando vanno incon-tro ad un Mistero in cui il divino bacia l’umano, elevandolo. Il 27 Giugno 2007 ho consacrato la mia vitaa Dio per le mani del Vescovo Mario Milano, secondo l’antico rito delle Vergini. Avevo 33anni. Il dono

della verginità consacrata lo si ritrova storicamente già in seno alla prima comunità cristiana ma è grazie alConcilio Vaticano II che donne, che vivono nel mondo, possono votarsi in castità a servizio di Dio e della Chiesa,prima prerogativa solo delle monache claustrali.

Essendo unita in nozze mistiche a Gesù, la vergine consacrata ha come primo referente il Vescovo diocesanoche discerne la vocazione, celebra la consacrazione, vigila e si prende cura di questa sua figlia.

Ma arrivare a comprendere tutto questo ha richiesto anni di profondo discernimento.In ogni “SI nuziale” c’è uno Sposo ed il mio mi ha conquistata perseguitandomi con il suo esasperato Amore

e vi spiego come.Sono una psicologa specializzata in terapia familiare e di gruppo per cui il mio ancorato raziocinio rappre-

sentava la garanzia, la carta vincente nel cammino, per una vita serena e nella “norma” del benessere finché unsenso di inquietudine inappagabile iniziava a prendere il sopravvento.

Il desiderio di dare un nome a ciò che mi stava accadendo mi ha condotto ad iniziare la mia ricerca e l’idea diabbracciare una vita di donazione svaniva come una bolla di sapone dinanzi ai pregiudizi personali e culturali.

Intanto l’inquietudine ed il tormento erano diventati fedeli compagni di viaggio ed il desiderio di Lui un natu-rale bisogno.

Per diversi anni ho rifiutato di vedere i miei cambiamenti più intimi: preferivo ed avrei accettato essere bol-lata come “folle” piuttosto che abbracciare un credo in modo radicale. I dubbi bussavano alla mia porta semprepiù numerosi: che senso ha una vita spesa nella rinuncia? È davvero di questo che il mondo ha bisogno per esse-re scosso? Quanta arroganza che si fa scudo di luoghi comuni!

Ma più cercavo e più trovavo risposte alle mille domande; insomma rifiutare l’invito alla sequela diventavasempre più difficile, e più cresceva l’amore più si indeboliva la ragione: la farfalla doveva solo sperimentare ilcoraggio del primo volo!

Nel mio cammino ho incontrato diversi sacerdoti che mi hanno indirizzato e sostenuta rappresentando delle“bussole” ad ogni crocevia.

Non nascondo le perplessità legate a questa particolare scelta di vita. Il mio monastero sarebbe stato il mondoed il tabernacolo eucaristico addirittura presenza viva in me? Quanta Grazia, troppa per essere compresa dai mieilimiti di logica umana ma….desideravo una profonda intimità con Lui, assomigliarGli e per una volta provare afarLo sorridere per me!

L’Ordo Virginum (l’ordine delle vergini) si è presentato a me come il “vestito” più adatto: le sue prime disce-pole, ad iniziare dalla Vergine Madre, indossavano l’abito dell’abbandono libero alla Verità, testimoniavano laresurrezione del cuore dopo la croce, vivevano del proprio lavoro aiutando ed accompagnando i discepoli dellachiesa nascente.

Così l’Amore ha sradicato le mie presunte certezze è diventato l’unica legge per vivereriempiendo il vuoto lasciato dalle paure, attendendo con pazienza la crescita di un semefecondato con il sangue del Dio-Uomo affinché apprezzassi il valore del dono e lo custodis-si con dignità sponsale per metterlo a disposizione di uomini e donne del nostro tempo.

È bello cogliere lo stupore svelato da tanti volti dinanzi ad una donna che lavora pre-gando e prega lavorando.

Da diversi anni mi occupo, per mandato del Vescovo, della for-mazione dei seminaristi in qualità di consulente psicologa, unimpegno che richiede grande responsabilità e cura alla persona.

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Mani bucate

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Ogni gesto, parola ed esempio di comportamento lasciano, soprattutto in un campo giovane, segni di crescitaeducativa.

Vivo da sola sostenendomi economicamente anche con l’attività di libero professionista e lavorando comeconsulente tecnico presso il tribunale. Anche se le mie giornate sono piene di impegni, il primo posto è riserva-to all’incontro con lo Sposo nella celebrazione eucaristica quotidiana e nella mia borsa il trucco preferito è laLiturgia delle Ore che all’occorrenza uso per “incipriare” lo Spirito e prepararmi ad affrontare il disagio di tantepersone che incontro.

Tante volte ho chiesto al mio direttore spirituale perché fossi “stata scelta” per l’Ordo Virginum e la sua rispo-sta mi infonde coraggio ogni volta che la richiamo alla mente nei momenti di maggiore difficoltà: in ogni squa-dra ci sono dei ruoli definiti ma il buon Dio necessita anche di battitori liberi.

La Verginità consacrata esprime gli innumerevoli volti della Chiesa Universale avendo in sé i carismi di ognichiesa particolare, rivolgendo l’attenzione ad ogni realtà nella quale viene inserita, dal Creatore, una fiammellache riscalda ed illumina non per capacità personali ma solo per dono che diventa grazia visibile e comprensibile.

Nel nostro Ordo diocesano alcune di noi svolgono a partire dalla parrocchia anche attività di servizio missio-nario rivolto ai poveri del Burkina Faso e del Brasile sostenute dall’intera comunità, segno di un Amore che saestendersi creando ponti di solidarietà. Su questa scia lo Spirito Santo continua a soffiare col dono di tre giova-ni che sono in formazione sotto la guida del Delegato Diocesano.

Per questo, la precarietà del quotidiano diventa abbandono ed affidamento, le mancanze si trasformano inavvenimenti provvidenziali, le incomprensioni nell’apostolato e nella testimonianza la via privilegiata per ritor-nare ad un cuore umile.

Il rito di consacrazione delle Vergini prevede la consegna di segni quali l’anello, la Liturgia delle Ore ed ilvelo (facoltativo) che stanno ad indicare la fedeltà, la preghiera e l’appartenenza. Per realizzare un progetto Diooffre anche gli strumenti per realizzarlo e a me oltre a delle caratteristiche personali ha infuso nel mio cuore unprofondo amore verso la chiesa ed in particolare per la mia diocesi.

Per questo in quest’anno sacerdotale voglio ringraziare Dio per il dono dei suoi ministri, miei fratelli predi-letti, pregando per ciascuno di loro, sostenendoli nel cammino di fedeltà al vangelo. Ciascuno è chiamato adinnamorarsi ogni giorno di quel Dio che si fa vivo nei suoi pastori e se le loro mani sono appesantite dalla stan-chezza del viaggio, offriamo le nostre per infondere forza nel continuare a spezzare per tutti il Pane del cielo.

Nella mia esperienza di vita non è stato difficile trovare Dio, vederlo in tanti eventi ed accadimenti, sperimentarela sua vicinanza perché ho chiesto e si è fatto conoscere. La grande scommessa è quella di fidarmi di Lui ogni gior-no e ritrovarlo sempre vincente e sorridente!

La sua generosità è tale da ricordarmi le sue mani bucate!Antonella DuilioO.V. Diocesi di Aversa

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In questa rubrica vogliamo dare spazio ai seminaristi per conoscere il loro pensiero,il loro modo di porgere la Parola di Dio. Li leggeremo con affetto e simpatia.

Patrizio… la sua emozioneper l’ammissione agli ordini

È difficile, tramite poche righe,descrivere l’emozione che ho provatolo scorso 9 Gennaio in Cattedrale.Sicuramente è stato un momento spe-ciale, ti senti accolto tra le bracciadella comunità cristiana, dai presbite-ri, dal vescovo, che pregano perchè ilSignore possa sempre meglio indicar-ti il suo progetto d’amore e di verafelicità.In effetti, già dalla mattina alritiro, ero molto teso per l’emozione,ma è stato utile per soffermarsi allapresenza del Creatore, per ribadire isegni per un discernimento dellavocazione sacerdotale e perringraziarLo per tutto ciò che ha com-piuto. È come se il tempo si fosse fer-mato, vedi passare davanti agli occhile tue sofferenze e le gioie passate,come succede nei film, con la diffe-renza che ne sei il protagonista edove il regista è l’Artefice del mondonel quale viviamo. Senti gioia e grati-tudine che ti brucia dal profondo, per-chè capisci che non sei solo, anzi,che c’è una mano che ti accompagnae che vuole il meglio per te, anche seti pone davanti momenti difficili e didura prova. È il cammino vocaziona-le che abbiamo tutti e al quale ognu-no deve rispondere, perchè percor-rendolo troverà la vera felicità: chicome genitori, chi come figli, chicome consacrati o presbiteri. E qualeè la vocazione più grande se nonquella di rispondere all’Amore cheDio nutre per ciascuno di noi? Il cam-mino certo non è finito, anzi tutt’altro,è appena iniziato proprio nel momen-to in cui Sua Eccellenza mi ha chia-mato ed io ho gridato: “Eccomi” (e

non vi dico come batteva il cuore!). Èun momento speciale come ho giàdetto, ma vorrei ribadirlo perchèpenso ai giovani che oggi sono di-sorientati dalle false gioie transitorie,che spesso disumanizzano e li rendo-no passivi al mondo stesso; inveceGesù Cristo, solo Lui, sa cos’è vera-mente l’uomo. Spero che io possaessere di esempio per quanti sonoalla ricerca della Verità, una verità tra-mandata a noi tramite la Chiesa,Sposa di Cristo. Ringrazio veramenteil Signore per questa opportunità chemi ha dato e coloro che materialmen-te l’hanno resa possibile.

Patrizio Corbellidel Seminario di Grosseto

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Abili... diversamente!

Il titolo può alquanto sconcertare illettore. Non farti domande, è la real-tà, la semplice realtà che ci caratte-rizza. “Giovani in discernimento”,“prossimi preti”, “futuri sacerdoti”: un

catalogo monotono di epiteti cheascoltiamo quotidianamente. Io prefe-risco questo, diversamente abili, untitolo, un cartellino impropriamenteaffisso sulla croce di povere personeche incarnano la sofferenza di Dio nelvissuto.

Ma chi è il seminarista? È il diver-so, estraneo alla massa, colui che sifa voce della propria anima aiutatoda quella di Dio e contemporanea-mente operatore in un mondo che sirivela ogni giorno sempre più falso eipocrita con se stesso. “Voce di unoche grida nel deserto” (Isaia): sì, pro-prio così. In un mondo dove il desertodell’anima si fa sempre più arido esempre più inciso, il seminarista ècolui che grida, una sveglia di buonmattino che lascia tramortiti i cuoricon l’effetto di una buona “dose” ditestimonianza d’amore.

Non siamo eroi, neanche alienivenuti da un mondo lontano; unragazzo che ama Dio non è un eroe,è semplicemente diverso, diverso daun mondo che ha immagazzinatonella dispensa un Dio troppo “vec-chio”, troppo “esigente”, che non si“gode” la vita e che è pronto a pun-tare il dito contro il primo che com-mette fallo in area di rigore. Lasciarescorrere una matita che sa di cielo nelfoglio del nostro cuore è l’indispensa-bile per rendere tutto diverso, anzi,tutto semplicemente normale.

Questo non ci distanzia affatto dalmondo, dal nostro mondo, dove tra-smettere messaggi di un Dio ritenutodistante, incapace di parlare. DoveDio è visto lontano, dove l’amore èassente, lì c’è da lavorare, lì c’è filoda torcere, lì Dio ti dice: “Voglio vede-re di che pasta sei fatto!”.

La voce dei Seminaristi...

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È questo l’invito celeste che haspinto me, come tanti altri, ad intra-prendere questo cammino, fatto didure prove e di cadute, ma come sisa, nel deserto le difficoltà non man-cano, i miraggi abbondano, ma ilsole che brucia è tiepido, dolce.

Preghiamo Dio affinché questoperiodo di deserto, come quello diquaresima, porti frutti abbondanti esoprattutto nuovi “diversamente abili”,nuovi giovani pronti a sfidare lamassa. E tu che leggi, giovane oanziano, sei pronto ad affrontare lamassa?

Santa Quaresima a tutti.

Emanuele Caiazzodel Seminario di Aversa

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Incontro nataliziocon l’Arcivescovo e i seminaristi

Si è svolto lpresso il SeminarioArcivescovile di Ferrara, l’incontro trai serrani dei due clubs della diocesi:Ferrara e Pomposa.

L’appuntamento, divenuto ormaiuna tradizione consolidata, è iniziatocon la celebrazione della SantaMessa presieduta dall’Arcivescovomons. Paolo Rabitti e concelebratadai Superiori del Seminario.Quest’anno la Celebrazione

Eucaristica, ha assunto una particola-re tonalità vocazionale. Durante laSanta Messa, infatti, mons. Rabitti haaccolto la candidatura al diaconatopermanente del prof. Alfonso Serafini,dirigente scolastico.

Nell’omelia il Vescovo ha eviden-ziato l’importanza del passo compiu-to dal prof. Serafini il quale, di fronteal Pastore della Diocesi e alla porzio-ne di Chiesa presente nella Cappelladel Seminario, con il consenso della

consorte, ha espresso pubblicamentela sua volontà di offrirsi a Dio e allaChiesa per esercitare l’Ordine sacro.“La Chiesa, ricevendo questa offerta,ha detto mons. Rabitti, sceglie e chia-ma questo fratello perché si prepari inmaniera degna a ricevere a suotempo l’Ordine del diaconato”.

Commentando la pericope evan-gelica della Visitazione, l’Arcivesco-vo ha indicato a tutti i serrani pre-senti Maria come modello da imita-re per vivere appieno il carisma delmovimento legato a Padre JuniperoSerra. “Come Maria, ha sottolineatomons. Rabitti, divenuta serva delSignore, si mise in viaggio senzaindugio per raggiungere la suaparente Elisabetta, testimoniandol’amore di Cristo, così i serranidevono, nell’ambito delle Chieselocali in cui operano, testimoniare laloro fede e il loro carisma in parti-colare verso i sacerdoti”.

“Il rapporto tra ogni serrano e ilsacerdote deve essere contrassegna-to, ha ribadito il presule dall’aiuto,dal sostegno, dall’amicizia, dalla vici-nanza, partecipando attivamente,come laici impegnati, alle attivitàpastorali proposte”.

Per mons. Rabitti tale aiuto divienefondamentale soprattutto verso i pre-sbiteri anziani, affinchè non si senta-no soli e possano essere spronati a

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sperare sempre, nonostante l’odiernasituazione di indifferenza religiosache traspare dalle nostre comunità.

All’Eucaristia ha fatto seguito l’a-gape fraterna, durante la quale sonostati eseguiti alcuni celebri brani daparte del soprano Paola Amorosoaccompagnato al piano dal seminari-sta Filippo Rubini.

Nel corso della serata, inoltre,sono state assegnate le “Stelle diPomposa”, un riconoscimento istituitodall’indimenticato dott. RomeoSgarbanti, ad alcune persone partico-larmente distintesi per l’aiuto finanzia-rio al Seminario.

Sono stati poi accolti ufficialmente,con la consegna dei distintivi i nuovisoci dei due sodalizi diocesani, allapresenza del Governatore distrettualedott. Adriano Viali.

L’Arcivescovo, a conclusione del-l’incontro, ha voluto far conoscere aipresenti i ragazzi entrati quest’annoin Seminario facenti parte della neo-nata comunità propedeutica. A talproposito mons. Rabitti ha ribadito aiserrani l’importanza di conoscere per-sonalmente coloro che, a Dio piacen-do, saranno destinati a divenire i futu-ri sacerdoti dell’Arcidiocesi, dimo-strando da subito nei loro confrontivicinanza e amicizia.

Un incontro che ha permesso dirinsaldare i legami di amicizia, distima e di riconoscenza da parte deiseminaristi verso un movimento laica-le che, ormai da quasi vent’anni,opera nella nostra Chiesa di Ferrara-Comacchio, a favore del Seminario edei sacerdoti attraverso la preghiera eil sostegno concreto.

Francesco Vialidel Seminario di Ferrara

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Cammineranno alla Tua luce

Il seminario di Monreale primaancora di essere fondato dal celebreCardinale Ludovico II De Torres(1588-1609) era già stato pensato,all’indomani di Trento, da due illustriquanto autorevoli Arcivescovi diMonreale: il Cardinale AlessandroFarnese (1536-1573) e Ludovico I De

Torres (1573-1584), entrambi appar-tenenti a due potenti e nobili famiglie.

Il Card. Alessandro Farnese, nondisponendo immediatamente di 512onze, e non avendo avuto la disponi-bilità dei Gesuiti, per affidare l’istru-zione degli studenti, decise di postici-pare l’esecuzione del progetto.Nonostante ciò la Compagnia diGesù, proprio durante l’episcopatodal Card. Farnese, per sua volontà,l’1 novembre 1552 inaugurava unacasa a Monreale, presso la chiesa delSacro Cuore di Gesù. I Gesuiti contri-buiranno pienamente per circa duesecoli, alla formazione dei seminari-sti, detenendo diverse cattedredell’Accademia monrealese, fino aquando non lasceranno la casa diMonreale, nella notte del 3 dicembre1767, a causa della loro espulsione.

L’impresa ardua di fondare il semi-nario sarà portata a compimento dauno dei più grandi arcivescovi emecenati della città di Monreale: ilCardinale Ludovico II De Torres, ilquale, convinto sostenitore delConcilio di Trento, l’1 agosto 1590,nella festa di S. Pietro in Vincoli, inau-gurava ufficialmente e solennemente ilseminario, uno dei primi d’Italia, nel-l’allora antico palazzo reale deiNormanni.

Le prime Regole del seminario diMonreale, date dal Fondatore Torrese riviste da S. Filippo Neri pare fosse-ro in linea con quelle della diocesi diMilano, composte dall’amico S. CarloBorromeo, vennero approvate daparte della Sacra Congregazione delConcilio e pubblicate a Roma nel1600.

L’attenzione pastorale che il Card.Torres II pose sulla for-mazione di chiericiben preparati, meritòal seminario della cit-tadina metropolitananormanna, già nel1604, dal regio visi-tatore Filippo Giordi,la riconoscenza peressersi distinto, tra iseminari visitati, comecentro culturale di altolivello e modelloesemplare per tutti iSeminari del Regno diSicilia.

Successivamente GirolamoVenero, arcivescovo di Monreale dal1620 al 1628 volendo potenziare glistudi del seminario, si rivolse ai giàpresenti precettori Gesuiti e il 4novembre 1621 fece istituire nelCollegio di Monreale la cattedra difilosofia, che il 16 agosto 1622, conl’approvazione del Generale deiGesuiti P. Maurizio Vitelleschi, ricevet-te regolare erezione perpetua.Proprio a partire da ciò già dopo unsecolo, sotto l’episcopato di Mons.Testa, lo studio approfondito dellametafisica contraddistinguerà i chieri-ci monrealesi. I nomi più brillanti diquesto periodo, e degni ancor oggi diesser menzionati, rimangono quelli diVincenzo Miceli, Nicolò Spedalieri eBenedetto d’Acquisto.

Il periodo più splendido e fiorente,la cosiddetta “epoca d’oro” del semi-nario di Monreale, coincide, con l’e-piscopato di Mons. Francesco Testatra il 1754 e il 1773. Illustre mecena-te, tanto da esser paragonato alCard. Torres per “cultura vasta, zeloacceso, bontà d’animo e saggezzanel governare”, si adoperò in ognimodo per elevare la cultura del clero.Testa fece fiorire le lettere e le scienze,avviando e lanciando quella chevenne chiamata ben presto“Accademia monrealese”, nella qualei chierici si cimentavano in competi-zione artistica con docenti e illustrifigure di letterati, per grandi eventi ericorrenze in tutto il Regno di Sicilia,in componimenti in lingua latina egreca; oltre alle intriganti speculazio-ni filosofiche di alto livello e di finespessore. Il seminario in poco temposi trasformò in una fucina di distinti

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artisti e letterati, luogo dove la poe-sia, le lingue, la letteratura, la filosofiae le scienze sacre e profane venivanoinsegnate e accuratamente studiate.Molti alunni da diverse parti dellaSicilia entrarono nel seminario diMonreale proprio per la fama e perl’alta qualità di studi che venivanoloro offerti, tanto che la scuola delseminario veniva chiamata “cittadelladella metafisica”, “rocca inespugna-bile della latinità”, “vera accademiadei sapienti” e infine “l’Atene diSicilia”.

Quando per motivi politici Pio VI,su suggerimento di Ferdinando diBorbone, per circa un trentennioannesse “aeque principaliter”l’Arcivescovato di Monreale a quellodi Palermo. In quegli anni il seminarioandò incontro a un periodo di fortecrisi e decadenza, privato dei suoipiù brillanti insegnanti.

A partire dal 12 marzo 1802 ilneo pontefice Pio VII ripristinò la dio-cesi di Monreale, separandola daquella di Palermo.

Mons. Domenico BenedettoBalsamo, abate benedettino, vescovodal 1816 al 1844, fece restaurare labiblioteca con un contributo donatoglida Ferdinando III e, non essendo piùdisponibili i locali delle scuole deiGesuiti, spostò le scuole dal palazzoarcivescovile ai locali di fronte all’ar-co degli Angeli. Riorganizzò ilConvitto, già voluto da Mons. Testaper giovani nobili, e istituì nel 1822 il

convitto dei Chierici Rossi, così chia-mati per via della talare rossa, addet-ti al servizio liturgico della Cattedrale.

L’arcivescovo che traghettò la chie-sa monrealese dal XIX al XX secolo,uomo di nobile famiglia che si distin-se anche per bontà di animo, fuDomenico Gaspare Lancia dei Duchidi Brolo (1884-1919). A lui va il meri-to, visto l’accresciuto numero di semi-naristi, di aver acquistato alcune casenel quartiere della Ciambra che desti-nò per ospitare chierici di condizionedisagiate. Quest’istituzione aveva unasua autonomia amministrativa e disci-plinare, che si andava ad aggiungereal Seminario e al Convitto dei ChiericiRossi, anche se era destinata adavere vita breve: fondata, a partiredal 1901 inizia ad estinguersi intornoal 1910.

Gli arcivescovi degli inizi del’900, successori di Mons. Lancia diBrolo, continuarono a riservare atten-ta cura per il seminario del palazzodei Normanni: tra questi vanno ricor-dati il Venerabile Antonio AugustoIntreccialagli (1919-1924) che fecerestaurare le sale a pianterreno e lescale, e ridette al prospetto l’anticaimmagine; e Mons. Ernesto EugenioFilippi (1925-1951) che sistemò ilSeminario Maggiore nei locali dell’exConvitto dei Chierici Rossi, ristrutturòla cappella e donò Santa Maria delBosco per le vacanze estive del semi-nario. Col Card. Francesco Carpino(1951-1961) i lavori di restauro furo-

no portati avanti, fu incrementato l’ar-redamento del seminario e si iniziaro-no i lavori di Poggio San Francesco edell’allora nuovo seminario, che dove-va nascere in Via Cappuccini: lavoriche saranno poi completati sotto l’epi-scopato di Mons. Corrado Mingo(1961-1978).

Dopo la residenza per circa undecennio, a causa del restauro dell’exPalazzo Reale, nella struttura di ViaCappuccini durante l’episcopatoMons. Salvatore Cassisa (1978-1997), il seminario con Mons. PioVittorio Vigo (1997-2002), in attesadella sua sede definitiva, per un altrodecennio, venne ospitato presso ilocali adiacenti alla chiesa parroc-chiale di S. Rosalia in Monreale.

Mons. Cataldo Naro (2002-2006), il quale rivoleva il seminariovicino al suo Vescovo e nuovamente incittà, individuò nelle case dellaCiambra, il luogo adatto allo scopo esi adoperò con la consueta energia erapidità, a far redigere un adeguatoprogetto e ad ottenere il necessariosovvenzionamento da parte dellaRegione, dando così l’avvio allanuova struttura del seminario, comple-tata col successore, Mons. SalvatoreDi Cristina, che consegnò la nuovasede, ai seminaristi, i quali hannocominciato ad abitarla dai primi dinovembre del 2009,ed è stata inau-gurata proprio lo scorso 15 dicembre2009.

Sebbene oggi il suggestivo pae-saggio, che si può ammirare dainuovi locali del seminario in viaPiave, non sia più lo stesso rispetto aquello dei tempi di Mons. Lancia diBrolo o paragonabile a quello sette-centesco di Mons. Testa, ancor oggi,affacciandoci su ciò che rimane dellaConca d’oro e su Palermo, vediamo ilsuo Golfo che esteso dal MontePellegrino ad Aspra, come pure lemeravigliose isole Eolie e… ci proiet-tiamo verso l’infinito, rimanendo gratiper tanto splendore storico, nel desi-derio di voler trasmettere e far risuo-nare tra le nuove generazioni dellachiesa monrealese, così come è statofatto con noi, l’annuncio del SignoreRisorto.

Giovanni Vitaledel Seminario di Monreale

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Le vicende che si svolgono nel tempo, a livello individuale e collettivo, sono per il cristia-no l’oscuro sacramento del progetto di Dio. Decifrarne il senso, coglierne l’appello, non èdunque per lui un optional, ma costituisce il compito fondamentale della sua vita. Questarubrica si propone di aiutare i lettori in questo compito, mettendo a fuoco, di volta in volta,un aspetto della realtà presente e offrendo alcune riflessioni su di essa, nella speranza cheognuno le prolunghi poi per proprio conto.

Nella prolusione all’ultimoConsiglio permanente della CEI, ilcard. Bagnasco ha detto fra l’altro:«Vorrei che questa stagione contri-buisse a far sorgere una generazionenuova di italiani e di cattolici che, purnel travaglio della cultura odierna eattrezzandosi a stare sensatamentedentro ad essa, sentono la cosa pub-blica come importante e alta, in quan-to capace di segnare il destino di tutti,e per essa sono disposti a dare ilmeglio dei loro pensieri, dei loro pro-getti, dei loro giorni». Il Cardinale hasottolineato la distanza tra questoauspicio e la realtà fattuale definendoquesta prospettiva «un sogno, di quel-li che si fanno ad occhi aperti, e chedicono una direzione verso cui premeandare».

E in effetti, un dato innegabile nel-l’attuale quadro politico è la scarsissi-ma incidenza della presenza dei laicicattolici sui programmi e gli stili deisoggetti partitici che si muovono sullascena. Figure come quelle di DeGasperi, di Fanfani, di La Pira, diMoro, potevano essere discusse –come sempre avviene, del resto,quando si fa politica – ma la loro sta-tura intellettuale e la loro competenzali rendevano punti di riferimento obbli-gato del dibattito pubblico. Oggi lasola agenzia in grado di rappresen-tare le istanze e le proposte delmondo cattolico è rimasta la CEI che,in assenza di un laicato capace dimuoversi autonomamente e di far sen-tire la propria voce, finisce per svol-

gere un ruolo di supplenza, esponen-dosi così ad essere trattata, talvolta,alla stregua di un qualunque partito,senza quel rispetto che merita la suamissione pastorale.

La sola via d’uscita da questasituazione è quella indicata moltochiaramente da Benedetto XVI nellasua prima enciclica. Dopo aver ricor-dato che «la Chiesa non può e nondeve prendere nelle sue mani la bat-taglia politica per realizzare la socie-tà più giusta possibile» (Deus caritasest, n.28), egli sottolinea con forzache «il compito immediato di operareper un giusto ordine nella società èinvece proprio dei fedeli laici. Comecittadini dello Stato, essi sono chia-mati a partecipare in prima personaalla vita pubblica» e a «configurarerettamente la vita sociale, rispettando-ne la legittima autonomia e coope-rando con gli altri cittadini secondo lerispettive competenze e sotto la pro-pria responsabilità» (ivi, n.29).

Vero è, infatti, che i credenti laici,in quanto membri del popolo di Dio,sono anch’essi parte della Chiesa, ma– secondo l’indicazione del Concilio –esiste «una chiara distinzione tra leazioni che i fedeli, individualmente oin gruppo, compiono in nome pro-prio, come cittadini, guidati dallacoscienza cristiana, e le azioni cheessi compiono in nome della Chiesain comunione con i loro pastori»(Gaudium et Spes, n.76).

Dove è chiaro che il cristiano noncessa di essere tale quando svolge la

sua funzione civile, dovendo comun-que sempre farsi guidare, nelle suescelte, dalla prospettiva evangelica edalla Dottrina sociale della Chiesaenunciata dal Magistero. Ma, perquella «legittima autonomia» dellavita sociale richiamata dal Papa, inessa egli prende posizione in basealla propria valutazione delle concre-te situazioni e dei problemi nella lorocomplessità.

Tutto ciò può accadere, diceva ilcard. Bagnasco, solo con la nascita di«una generazione nuova di cattoliciche (…) sentono la cosa pubblicacome importante e alta». Come eranel caso delle personalità di cristianiimpegnati in politica sopra menziona-te (e solo a titolo di esempio: ce n’e-rano molte altre!). Il quadro cheabbiamo sotto gli occhi oggi è moltodiverso. Hanno suscitato molti com-menti le parole pronunziate nel luglioscorso dal segretario generale dellaCEI, mons. Crociata: «Assistiamo» -denunziava il vescovo - «a un dis-prezzo esibito nei confronti di tutto ciòche dice pudore, sobrietà, autocon-trollo e allo sfoggio di un libertinag-gio gaio e irresponsabile che inverala parola lussuria (…) salvo poi, allaprima occasione, servirsi del richiamoalla moralità, prima tanto dileggiata aparole e con i fatti, per altri scopi, ditipo politico, economico o di altrogenere».

I fatti, al di là del contesto in cuiquesta presa di posizione è avvenuta,hanno ampiamente confermato che,senza distinzione di schieramenti,gran parte della nostra classe politicaè protagonista di una deriva eticaforse senza precedenti. Si potrà direche anche in passato c’erano gli scan-dali e che essi si verificano anche in

a cura di Giuseppe Savagnone Una nuova generazione di politici

Leggere il tempo

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altri paesi. La differenza, però, è inquel «disprezzo esibito nei confrontidi tutto ciò che dice pudore, sobrietà,autocontrollo», che rende questo stiledi prevaricazione delle regole «gaioe irresponsabile». I peccatori ci sonostati sempre e ci sono ovunque. Ma sene vergognavano, e ancora, altrove,se ne vergognano. Da noi no. Né quiè in gioco solo un problema di eticasessuale. Siamo davanti a una conce-zione della vita che mette esplicita-mente al primo posto, teorizzandoquesta scelta, il potere, il denaro, ilsuccesso, sacrificando ad essi quelbene comune di cui parlava il card.Bagnasco nella sua prolusione.

Il problema è anche pedagogico.Giustamente mons. Crociata aggiun-geva: «Dobbiamo interrogarci tutti suldanno causato e sulle conseguenzeprodotte dall’aver tolto l’innocenza aintere nuove generazioni». Ci lamen-tiamo dei nostri giovani: ma qualimodelli stiamo offrendo loro?

Proprio per questa valenza cultu-rale ed etica, molto prima che istitu-zionale, della crisi attuale della politi-ca, è sterile la tendenza ad attribuirnela responsabilità esclusiva ai politici,o addirittura all’uno o all’altro di essi.Senza minimamente voler miscono-scere le responsabilità dei singoli –che non spetta a noi, in questa sede,valutare – bisogna avere il coraggiodi riconoscere che i loro stili di com-portamento sono una proiezione dellanostra cultura odierna, di cui tuttisiamo partecipi e in una certa misuraartefici. È dunque necessaria una verae propria “rivoluzione culturale”, chenon può partire dagli attuali profes-sionisti della politica, ma deve esserpromossa dalla società civile e deveinnanzi tutto riguardare la mentalitàche oggi di fatto la domina.

Perciò le parole del card. Bagnascointerpellano tutti noi, e in modo partico-lare i credenti. Solo un serio impegno direvisione delle proprie categorie menta-li e dei propri atteggiamenti pratici daparte dei cittadini, a tutti i livelli, potràdar luogo a quella nuova fioritura diuna generazione di politici cattolicidegni di questo nome di cui ormai sentecon urgenza il bisogno e consentire unefficace ricambio dell’attuale classe diri-gente. L’impresa non è facile. Ma valela pena tentare.

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L’articolo 46 della Costituzione recita: «Ai fini della elevazioneeconomica e sociale del lavoro e in armonia con le esigenzedella produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavo-

ratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, allagestione delle aziende».

Oggi il tema è tornato al centro dei dibatto culturale e politico aseguito delle notizie riguardanti la posizione del nostro Paese nelle gra-duatorie dei redditi dei lavoratori dipendenti e soprattutto dopo la pro-posta del Ministro Sacconi e successivamente del Ministrodell’Economia, Tremonti, di riprendere in considerazione tutte le pro-poste giacenti in parlamento riguardanti la partecipazione. Tutti, infat-ti, sono d’accordo che la risorsa umana è il bene più importante perl’impresa ed è l’uomo che deve essere centro della nuova economia. Lapartecipazione, perciò, mai come ora può diventare fattore dì rafforza-mento della competitività e soprattutto di benessere per i lavoratori. Latradizione sociale italiana oltretutto ha sempre sostenuto il principiodella partecipazione.

Filippo Carli, illustre economista, segretario generale della cameradi commercio di Brescia agli inizi del secolo scorso, aveva proposto lapartecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese. Così come loaveva fatto nel 1921 il liberale Giovanni Giolitti come Presidente delConsiglio.

Analoghe istanze partecipative sono state sempre proposte dallaDottrina sociale della Chiesa: Leone XIII nella “Rerum novarum”(1891) affermava: «Allo scioglimento della questione operaia possonocontribuire molto i capitalisti e gli operai medesimi, con istituzioniordinate a porgere opportuni soccorsi ai bisogni e ad avvicinare edunire le due classi tra loro».

Pio XI nella “Quadragesimo Anno” (1931) sosteneva: «Stimiamosia cosa più prudente che, fin dove è possibile, il contratto del lavorovenga temperato alquanto col contratto di società, come si è comin-ciato a fare, in diverse maniere, con non poco vantaggio degli operaistessi e dei padroni. Così gli operai diventano cointeressati o nella pro-prietà o nella amministrazione, o compartecipi in certa misura, agliutili ricavati».

Giovanni XXIII nella “Mater et Magistra” (1961) scriveva:«Riteniamo che sia legittima nei lavoratori l’aspirazione a partecipa-re attivamente alla vita delle imprese, nelle quali sono inseriti e ope-rano».

Giovanni Paolo II, con la “Laborem exercens” (1981), inoltre, ram-menta: «(...) Le numerose proposte avanzate dagli esperti della dottri-na sociale cattolica ed anche del supremo Magistero della Chiesa.Queste sono le proposte riguardanti la comproprietà dei mezzi di lavo-ro, la partecipazione dei lavoratori alla gestione e/o ai profitti delleimprese, il cosiddetto azionariato del lavoro, e simili».

Oggi perciò il principio partecipativo si pone come strumento fon-damentale per realizzare un capitalismo sociale europeo che sappiasuperare la crisi ed offrire il massimo di benessere a tutti i protagonistidell’impresa.

Riccardo Pedrizziserrano di Latina (dal suo libro “Fede, economia e sviluppo”)

La partecipazioneper il benessere dei lavoratori

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IIll pprreettee ooggggiissppeecciiee ssee ggiioovvaannee pprreettee

obbedisce: egli pronuncia due parole e Nostro Signorescende dal cielo alla sua voce e si rinchiude in unapiccola ostia…”. E continua: spiegando ai suoi fedelil’importanza dei sacramenti, diceva: “Tolto il sacra-mento dell’Ordine, noi non avremmo il Signore. Chi loha riposto là in quel tabernacolo? Il sacerdote. Chi haaccolto la vostra anima al primo entrare nella vita? Ilsacerdote. Chi la nutre per darle la forza di compiereil suo pellegrinaggio? Il sacerdote. Chi la preparerà acomparire innanzi a Dio, lavandola per l’ultima voltanel sangue di Gesù Cristo? Il sacerdote, sempre ilsacerdote. E se quest’anima viene a morire [per il pec-cato], chi la risusciterà, chi le renderà la calma e lapace? Ancora il sacerdote… Dopo Dio, il sacerdote ètutto!… Lui stesso non si capirà bene che in cielo”.

E continua poi con altre citazioni, ma mi parevabello richiamare questi due passaggi per sottolinearequesta visione molto bella, molto profonda, di grandecarica spirituale e teologica, di come il curato d’Arsviveva il sacerdozio e di come oggi è proposto.

Mons. Giacinto Danieli

La lettera del Santo Padre Benedetto XVI, con laquale ha indetto l’anno sacerdotale in occasionedel 150° anniversario del dies natalis di

Giovanni Maria Vianney, il Santo Curato d’Ars, ad uncerto punto dice:

“Ci sono, purtroppo, anche situazioni, mai abba-stanza deplorate, in cui è la Chiesa stessa a soffrireper l’infedeltà di alcuni suoi ministri.”

Potrei fare subito un inciso. Stiamo vivendo in que-sti giorni la seconda visita dei Vescovi irlandesi pressoil Santo Padre per quella situazione dolorosa che si èvenuta a creare per comportamenti poco morali daparte di alcuni sacerdoti di quel Paese nei confronti deiminorenni, per il solito grave problema della pedofilia.

Il Santo Padre, giusto un mese fa, ha usato parolefortissime nei confronti di questa sofferenza, ma piùche scandalizzarcene stiamo nella concretezza che cioffre questa riflessione. Il Santo Padre infatti continua:“È il mondo a trarne allora motivo di scandalo e dirifiuto. Ciò che massimamente può giovare in tali casialla Chiesa non è tanto la puntigliosa rilevazione delledebolezze dei suoi ministri, quanto una rinnovata elieta coscienza della grandezza del dono di Dio, con-cretizzato in splendide figure di generosi Pastori, diReligiosi ardenti di amore per Dio e per le anime, diDirettori Spirituali illuminati e pazienti. A questo pro-posito, gli insegnamenti e gli esempi di san GiovanniMaria Vianney possono offrire a tutti un significativopunto di riferimento: il Curato d’Ars era umilissimo,ma consapevole, in quanto prete, d’essere un donoimmenso per la sua gente: “Un buon pastore, unpastore secondo il cuore di Dio, è il più grande tesoroche il buon Dio possa accordare ad una parrocchia euno dei doni più preziosi della misericordia divina”.Parlava del sacerdozio come se non riuscisse a capa-citarsi della grandezza del dono e del compito affida-ti ad una creatura umana: “Oh come il prete è gran-de!…Se egli si comprendesse, morirebbe… Dio gli

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Nel suo significato etimologico, il termine “vocazione” significa “ chiamata, appello”. Da un punto di vista cristiano Dio “chiama” ogni persona che viene al mondo perché su ciascuno di noi

Egli ha un progetto d’amore. La “vocazione” è dunque una manifestazione dell’amore infinito di Dio, è undono gratuito che viene direttamente dal cuore del Padre.

Tra le varie “chiamate” c’è quella al ministero sacerdotale ossia quella “chiamata soprannaturale” che Diorivolge al cuore di un giovane affinché questi si consacri al sacerdozio.

Oggi sono sacerdote, ma già da seminarista ho potuto constatare che la vocazione, così come la mia, è unmisterioso progetto che Dio costruisce a nostra insaputa. Egli ci guida per mano, passo dopo passo con deli-catezza e senza forzare le porte del nostro cuore, verso un Amore vero e una Donazione totale e radicale, finoa far sentire, in un modo definirei “silenziosamente-rumoroso”, la sua meravigliosa voce! Sì, perché è unqualcosa che si avverte nel profondo del proprio cuore, del proprio intimo, nel silenzio della propria quoti-dianità, ma è talmente grande e forte come esperienza che certe volte ci sembra strano che gli altri non avver-tano le nostre stesse sensazioni. È qualcosa di inspiegabile e meraviglioso, ma inizialmente anche di inquie-tante, il renderci conto che il nostro cuore ha bisogno di qualcosa di più grande, di più forte di quello che finoa quel momento abbiamo avuto e che ci sembrava il tutto.

È a quel punto che il Signore fa “sentire” la sua “voce”, ti prende per mano, ti svela il suo progetto e nascein te il desiderio di consacrare a Lui tutta la tua vita!

Questo è esattamente ciò che è accaduto a me!Quando da adolescente e da giovane frequentavo i vari gruppi parrocchiali impegnato nelle diverse atti-

vità, non ho mai, neanche per un istante, pensato che oggi da sacerdote avrei dato testimonianza della miavocazione. Insomma di diventare prete non ci pensavo proprio. Fantasticavo, come tutti i giovani, sul miofuturo, sul lavoro che avrei svolto, su una famiglia tutta mia, ma mai ho pensato che un giorno mi sarei con-sacrato per sempre al Signore.

A quanto pare però, non ci pensavo io, ma “qualcuno” molto più in “alto” ci pensava per me e, anzi, oggiguardandomi indietro posso dire che ci ha sempre pensato.

Solo oggi infatti, se riguardo al mio passato mi rendo conto che tutto ciò che ho vissuto, tutte le esperienzefatte non sono state altro che un cammino progressivo verso quella Voce che già da tempo mi chiamava mache io non riuscivo ancora a riconoscere.

Quell’“appello” che faceva proprio il mio nome ha atteso con pazienza che facessi ordine nella mia vita;ha atteso con amore che mi mettessi in ascolto di quella Parola che poi si è rivelata Parola di vita!

Pur vivendo una vita serena come tutti i giovani della mia età, avevo sempre la sensazione che mi man-casse qualcosa, quel qualcosa di veramente importante che completasse la mia vita. Quando ho iniziato a farluce nel mio cuore inizialmente ho provato tanta paura e mille domande hanno assalito la mia mente. Mi dice-vo spesso che mi sbagliavo, e che non poteva essere che il Signore stesse chiamando proprio me. Così mi but-tai a capofitto nella mia vita, nello studio, nel divertimento, nel lavoro, quasi per non sentire più quel forterichiamo verso il quale non mi sentivo assolutamente all’altezza. Pensavo così di riuscire a mettere da partequell’ansia e quell’inquietudine che faceva parte ogni giorno sempre più della mia vita. Ma più cercavo di star-mene lontano più sentivo forte quella voce che chiamava il mio nome fino a quando avvertii dentro di me,come dicevo prima, una vera esplosione di tenerezza e l’ardente desiderio di donare tutto me stesso al Padre.Avevo finalmente dato ascolto al mio cuore, luogo in cui il mio Signore ha sempre dimorato e d’un tratto tuttoil timore che provavo si trasformò in incontenibile gioia. Da quel momento, sostenuto sempre dalla mia guidaspirituale e dal conforto della preghiera ho iniziato questa meravigliosa “storia d’amore” che mi ha portatooggi ad essere sacerdote.

Con questa mia testimonianza, oggi voglio dire a tutti i giovani che si pongono all’ascolto della voce diDio che la vocazione sacerdotale è un vero mistero d’amore e non semplice sentimentalismo. È una “chia-mata” che cambia radicalmente la nostra vita, e non un rifugio per chi dalla vita vuole fuggire.

Don Massimo Ponticelli

Un Amore grande

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dimostra di aver tutti i numeri per guidare all’avvio lanuova creatura nel migliore dei modi; segretaria èLuciana Falvo, tesoriere Francesco Rhodio. Ad assume-re il naturale ruolo di cappellano è il rettore del semina-rio, l’ottimo mons. Luciano Palombo.

Già all’inizio il numero dei soci, cui sono stati for-malmente consegnati il distintivo e la carta del club,è ragguardevole: sono ben trentacinque; ma ciò cheancor più ha colpito (e favorevolmente impressiona-to) i presenti è stata la loro complessiva giovane età,che lascia davvero bene sperare per il futuro del soda-lizio.

Eccezionale il clima di cordialità offerto agli ospiti:impagabile, in questo senso, l’opera del neo-vicepresi-dente e delegato alla programmazione e alla culturamaestro Tommaso Rotella.

Gli auspici, insomma, sotto i quali il Serra club diCatanzaro muove i suoi primi passi non potevano esse-re migliori: molto abbiamo il diritto di attenderci daesso, e - in una terra che, grazie all’azione illuminata diun grande pastore quale mons. Ciliberti, si è rivelata giàprolifica per numero di vocazioni – sicuramente essofarà sentire la sua benefica e incisiva presenza in terra diCalabria.

Determinante per la comunicazione attraverso imedia locali e regionali è stata l’attività e l’entusiasmodi Don Giovanni Scarpino, Cancelliere della CuriaArcivescovile.

Casimiro Nicolosi

Il 12 dello scorso dicembre la famiglia italiana delSerra si è arricchita di una nuova presenza, di unclub formatosi nel profondo Sud, nell’estremo

lembo della penisola, a Catanzaro.Nella bella città calabra quel giorno si è tenuta infat-

ti la cerimonia di consegna della charter al neonatosodalizio, il terzo della regione, che viene ad aggiunger-si a quelli di Reggio e di Rossano.

Il tutto a conclusione di un lavoro di preparazionepaziente e appassionato svolto dal governatore del 77°Distretto serrano Vera Pulvirenti, la quale nella archi-diocesi di Catanzaro e Squillace era riuscita a indivi-duare un terreno fertile per la creazione del nuovo club,il secondo, notiamo, da lei costituito nel suo periodo digovernatorato dopo quello di Rossano.

Naturalmente la costituzione è stata resa possibilein primo luogo grazie alla straordinaria disponibilitàofferta dal pastore diocesano, mons. Antonio Ciliberti,un presule animato da grande e ottimistico entusia-smo, che ha mostrato di credere convintamente nellavalidità dell’iniziativa e nella fecondità dei valori ser-rani.

Nella splendida omelia mons. Ciliberti ha proclama-to il fondamentale ruolo del sacerdozio, da lui definitoil più grande capolavoro della rivoluzione cristiana,perché attua e perpetua nella storia la presenza di Cristoin mezzo agli uomini; e ha inoltre rammentato l’esi-genza, per noi cristiani, di recuperare l’umanità diCristo, il cui divino magistero ha sempre preso lemosse dal vissuto di ciascuno degli uomini, per guida-re l’umano gregge verso gli orizzonti dell’amore e delsommo bene.

Arricchiti nell’animo dalla saggezza del messaggioepiscopale e nutriti del Pane eucaristico, i presentihanno, dopo la celebrazione, proceduto al festoso adem-pimento della inaugurazione del club, alla presenza dinumerosi serrani ospiti.

Erano presenti folte delegazioni dei clubs di ReggioCalabria, di Palermo, di Caltanissetta, di Catania, diAcireale. Erano inoltre intervenuti, a conferire impor-tanza e solennità all’avvenimento, le maggiori autoritàdel Serra italiano: il past presidente internazionaleCesare Gambardella, la presidente nazionale MariaGemma Sarteschi, il presidente nazionale eletto avv.Donato Viti.

A presiedere il club è stato chiamato MichelePapaleo, un avvocato molto attivo ed entusiasta, che

Catanzaro ha il club Serra

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L’areopagodi Andrea Sollena

Forse qualcuno arric-cerà il naso. Perché dicerti argomenti è benenon parlare. Ma, se dav-vero vogliamo il benedella nostra Chiesa parti-colare, è doveroso dire, edire con chiarezza, lecose che non vanno. Conspirito costruttivo, certo,perché dalla consapevo-lezza dei limiti vengafuori il proposito operati-vo del loro superamento.Ora, tra le questioni piùspinose della nostraDiocesi, spicca con parti-colare rilevanza il rap-porto “non sempre frater-no” tra alcune parrocchiedei nostri comuni.Occorre precisare che sitratta di casi limitatientro un contesto com-plessivamente positivo.Tuttavia, l’esiguità deinumeri non deve rassicu-rarci. Lo scandalo, infat-ti, che viene dato ai fede-li è tale che si rischia dicompromettere il cammi-no di fede di tante, troppepersone. Ciò che sta amonte di tali rapporti dipessimo vicinato èsostanzialmente un fortespirito antiecclesiale.

Non è, infatti, secondo lospirito dell’ecclesialitàdenigrare la parrocchiaaltrui, sostenendo chel’unica pastorale valida èla propria. Nè è ecclesia-le boicottare le iniziativeinterparrocchiali perché“tanto sono cose inutili”.Ancor meno ecclesiale,poi, è prender parte a taliiniziative solamente percoglierne gli aspetti didebolezza e per sottoli-neare, invece, la propria,presunta, superiorità. Michiedo: di quale Risortosi pretende di essere testi-moni allorché si assumo-no simili atteggiamenti?Quale luce, quale amoresi manifesta al tanto vitu-perato mondo? E poiaddirittura ci si stupiscedel fatto che la gentediserti le nostre assem-blee o che i giovani nonvogliano saperne di unaChiesa così lacerata? Eche dire inoltre delle pras-si sacramentali oppostepur a distanza di pochecentinaia di metri? In unaparrocchia, al fine di rice-vere un sacramento, ènecessario frequentarecorsi annuali o biennali,

con tanto di registro dellepresenze; nella parroc-chia accanto bastano unadecina di incontri, anchesaltuari, e tutto si risolve.Non è nostro compitostabilire quale parrocchiaagisca meglio, giacchéprobabilmente si eccedein entrambi i casi. Emagari in entrambi i casisi agisce in perfettabuona fede. Il problema èun altro: si chiedono inostri parroci il disorien-tamento che provocanofra i fedeli? Costerebbetanto mettersi d’accordoe procedere in modoomogeneo almeno nel-l’amministrazione deisacramenti? Costerebbetanto organizzare e mol-tiplicare momenti diintensa interparrocchiali-tà che favoriscano neifedeli lo sviluppo di unospirito di sana ecclesiali-tà? Vengono alla mentele parole accorate delcardinale Tettamanzi inapertura del Convegnoecclesiale di Verona: “Daparte mia ritengo quantomai appropriata e stimo-lante la rilettura ecclesio-logica del comandamen-

to biblico dell’«ama ilprossimo tuo come testesso», che con rigorosalogica si declina così:«ama la parrocchia altruicome la tua, la diocesialtrui come la tua, laChiesa di altri Paesicome la tua, l’aggrega-zione altrui come la tua.»Parole dette con il cuorequelle del porporato,parole di fuoco che,messe in pratica, bruce-rebbero come pula lemisere rivalità che pon-gono una parrocchia con-tro l’altra. Parole che nonvogliono essere soloparole

PARROCCHIE CONTROAmare la parrocchia altrui come la propria per essere testimoni credibili del Risorto

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il serrano n. 11824

È vero che ricevono uno stipen-dio? E chi glielo paga, il Vaticano olo Stato?”

Da quando Mons. Pietro Farinaè diventato Presidente del Comitatoper la promozione del sostegno eco-nomico alla Chiesa cattolica, questedomande se le sente rivolgere sem-pre più spesso. È la legittima“curiosità” di chi giustamentepensa a quella del sacerdote come auna missione totalmente gratuitaeppure si rende conto che anche unministro di Dio ha esigenze materia-li inderogabili, come qualsiasi altrapersona.

E allora. Eccellenza, come sidovrebbe dire?

Forse il termine esatto dobbiamoancora inventarlo. Ma importante ècomprendere che quella del sacerdo-te non è una prestazione d’opera da“pagare” in qualche modo.

Non si tratta di un mestiere, madi una missione. Se entriamo inquesto ordine di idee, del resto con-naturale a molti nostri bravi fedeli,troveremo naturale anche tutto ilresto.

Per esempio, di che il pretedovrà pur vivere?

Esattamente. Per potere metteretempo, capacità, energie al serviziodella comunità “a tempo pieno”,occorre avere risorse per mangiare,

vestirsi, abitare in una casa: vivere,insomma. E non si vive solo d’aria.

Lei, dunque, che cosa propone?A me piace la parola “sostenta-

mento”: la parola, meglio di stipen-dio o remunerazione, dice che alprete non interessa guadagnare inproporzione di ciò che fa o rende,ma gli basta il minimo per viveredignitosamente. Tutto il resto è fattocon gioia e dedizione, perché è pura“missione” per il Regno di Dio.

Tra l’altro la parola “sostenta-mento” è entrata nel linguaggiodella Chiesa italiana, dato che giàda tempo si parla di “Offerte peril sostentamento del clero”.Perché si è sentito il bisogno dicreare questo strumento, oltre allenormali offerte che ognuno fa inparrocchia?

Per rispondere bisogna ricostrui-re nelle sue grandi linee il sistemascaturito vent’anni fa dalla revisionedel Concordato. La logica vorrebbeche ogni comunità parrocchiale, alcui servizio il prete si mette total-mente, fosse in grado di offrirgli il“sostentamento”. Ma ciò non è rea-listicamente possibile a una granparte di parrocchie: quelle con pochie spesso poveri abitanti. Basti pen-sare che in Italia, su 26 mila parroc-chie, 12 mila hanno meno di milleabitanti, e circa 4 mila addiritturameno di 250. Ciò nonostante ogni

sacerdote diocesano, sia esso mala-to, anziano, in pensione o ancora nelpieno del suo servizio attivo, in cittào in un piccolo paese di montagna,può contare su un sostentamento cheva da 882 euro netti mensili del par-roco di prima nomina a 1.376 europer un Vescovo ai limiti della pen-sione.

Quindi non bastano le offertedella domenica?

Le offerte domenicali, a voltepiccole e modeste, bastano appena(e spesso neppure) alle normalispese gestionali della chiesa parroc-chiale e degli edifici pastorali (luce,riscaldamento, pulizia, ordine,manutenzione, eccetera). Per questoè necessario un sistema integrato divasi comunicanti che consenta ilpassaggio dei fondi per il sostenta-mento delle parrocchie più grandi epiù ricche a quelle più piccole epovere. In più serve una “camera dicompensazione” che è appuntol’Istituto Centrale SostentamentoClero (I.C.S.C.), che interviene, alivello nazionale, ad integrare leeventuali mancanze e diseguaglian-ze. Questo servizio perequatoriodell’I.C.S.C. è reso possibile daifondi dell’otto per mille (in parteutilizzati per il sostentamento delsacerdoti) e proprio dalle libereofferte dei fedeli dirette al sostenta-mento del clero.

a cura del Servizio Promozione

Ma i sacerdoti come vivono?Intervista a Mons. Pietro Farina, Vescovo di Caserta e Presidente del Comitato CEI

per la Promozione del Sostentamento economico alla Chiesa cattolica

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Il 30 gennaio con gioia abbiamo accoltol’annuncio della nomina di fr. Calogero Periquale vescovo di Caltagirone. Lo

accompagniamo a Caltagirone per laconsacrazione episcopale, come persona a noicara. Ancora sono nel cuore dei serrani diPalermo le riflessioni che ci ha offerto durante gliEsercizi Spirituali, e la giornata di spiritualità dalui guidata nello scorso mese di maggio durante ilpellegrinaggio al santuario di Gibilmanna: la notadella cordialità, e la semplicità che accompagnala profondità dei contenuti non può non segnarepositivamente. Come Vescovo assume una piùampia responsabilità nella Chiesa di Dio, per laquale ci sentiamo impegnati a sostenerlo con lapreghiera. Gioiamo anche con la Chiesa diCaltagirone: nella Cattedrale, completato il rito diconsacrazione, il Vescovo assume la presidenzadella celebrazione, e la guida di quella Chiesa.

Fr. Calogero Peri, nato a Salemi (TP) nel1953, nel 1976 ha emesso la professione perpe-tua nell’OFM Capp. nel 1969, ed è stato ordina-to sacerdote nel 1978 a Palermo. Dopo gli studiteologici e il Dottorato in Filosofia, ha seguitocorsi specialistici a Parigi. Dal 1981 docente dimaterie filosofiche e teologiche presso la FacoltàTeologica di Sicilia, di cui dal 2009 è VicePreside. Per l’OFM Capp. ha ricoperto variincarichi, e dal 2004 è Ministro Provinciale. Èautore di articoli e pubblicazioni di carattere spi-rituale, filosofico e teologico.

Le prime parole che il Vescovo eletto hainviato alla comunità parlano di speranza e diamore fraterno, con un imperativo: l’annunciodel Vangelo, della lieta notizia a tutti.

«Da quando Sua Santità, il Papa BenedettoXVI, mi ha nominato vostro vescovo, senza anco-ra conoscervi mi siete diventati cari. Tutti, e tuttiin una volta! Tutti insieme, e ciascuno in partico-lare! Non so proprio cosa mi sia successo. In quelgroviglio di emozioni e di sensazioni contrastan-ti, in quel rincorrersi di stati d’animo così coin-

volgenti e sconvol-genti, il nome, la sto-ria, il volto di cia-scuno di voi, fino aieri per me anonimo,è venuto avanti esoprattutto mi èentrato dentro. Nonso spiegarvi, mavoglio dirvelo, quan-to mi siete diventatipreziosi, familiari, epiù ancora amici. Daciò è nato il deside-rio e l’urgenza dirivolgermi a voi con queste prime parole di salu-to… ma anche di richiesta di aiuto e di preghie-re, per quello che sta sconvolgendo la mia vita.Accettatele come se le indirizzassi personalmen-te a ciascuno di voi, e come se riuscissi a rispon-dere a quello che ognuno di voi desidera... C’è unimperativo di Dio che mi accompagna fin dall’i-nizio del mio presbiterato. È una Parola del mioSignore che ha illuminato i miei passi e ha gui-dato le mie scelte, e che oggi, con più urgenza, miritorna sconvolgente nella mente e nel cuore.Come un giorno Isaia sentiva di gridarla aGerusalemme, con la stessa potenza sento didonarla alla nostra Diocesi, di donarla a voi:«Sali su un alto monte e grida tu che rechi lietenotizie in Sion, tu che rechi liete notizie perGerusalemme» (Is 40,9)… il Signore… sicura-mente mi manda ad annunciarvi… quell’amoreeccessivo che lo ha spinto a donarsi fino allacroce e a donare il suo corpo per noi… All’iniziodi questo servizio… mi voglio aggrappare aCristo. È Lui il pastore grande… È lui che oggimi porta a voi, perché io vi porti a Lui. Perché néio ho scelto voi, né voi avete scelto me, ma Eglivi ha scelti per me e mi ha scelto per voi. Questo,pur nella tempesta delle emozioni, mi dà tantapace…».

Maria Lo Presti

Un figlio di San Francesco:fra Calogero Peri OFM Capp Vescovo

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Nell’accennare al prete del passato seguo il consigliodel Patriarca Angelo Scola, che ci invita a dare testimo-nianza. Fra le tante figure che hanno caratterizzato ilpresbiterato di Venezia, desidero ricordarne due, moltodiverse, ma molto belle.

Un giovane prete, don Cristiano Colledan, decedutonel Duemila a soli vent’otto anni, era la speranza delPatriarca Marco Cè. In quell’anno, per la prima volta,credo, non fu ordinato alcun sacerdote in diocesi. Da lìincominciò a verificarsi un calo permanente, sebbene sisia registrata una piccola ripresa. Nello stesso anno, duepreti giovani lasciarono la vita sacerdotale e un altro sitrasferì in Centro Italia da dove proveniva. Quindi, ilDuemila fu un anno molto difficile. Mi ricordo i funera-li di don Cristiano alla Gazzera, dove lui era cappellano,in un agosto con un caldo atroce; arrivarono molti pretie lì c’era proprio l’immagine della Chiesa di Venezia:chi era zoppo, chi era ansante; povero clero ridotto anumeri essenziali ed anche abbastanza acciaccato.

Mons. Antonio Barbisan, un prete che è vissuto per

40-50 anni in periferia, a Sant’Alvise. Io l’ho conosciu-to attorno al 1987 e mi ha colpito la sua modestia di vita.Aveva la vocazione di andare in missione, ma mi rac-contò che il Patriarca Roncalli gli disse: “No, tu nonandrai in missione, ma sarà la gente di là che verrà date”. E da quel momento aveva ospitato per decenni nellasua canonica giovani provenienti da terre di missioneper farli studiare, per farli laureare medici, perché potes-sero poi ritornare nei loro Paesi. Ed egli si era ridotto avivere in uno sgabuzzino. Una volta che stava pocobene, gli ho portato a letto l’Eucaristia e sono stato col-pito dalla povertà in cui viveva, forse era meno dipovertà, era miseria. Davanti al letto era scritta unafrase: “Jesus autem tacebat”, “Gesù taceva”. Nella suavita parlava molto poco, in silenzio, in obbedienza. Unabellissima figura.

Dopo aver illustrato due figure di preti di ieri aVenezia, faccio ora riferimento alla mia attività di par-roco. La mia prima esperienza è iniziata nel 1972 aQuarto d’Altino, che allora era un paesetto di campa-

Il prete a Veneziaieri, oggi e...

On talking about the Venetianpriests of the past years I wantto follow the advice ofCardinal Angelo Scola, ourPatriarch, and offer examples.I want to speak of two priestsof the Venetian Church: twoparticular figures, different butboth fine.The first is don CristianoColledan, a young priest whodied when he was only twentyeight. He was the hope of ourlast Patriarch, Marco Cè, in2000. The two thousand yearwas the worst for our diocesebecause none received theordination, two young priestsleft consacrated life and onewent back to his native coun-try in the Centre of Italy. Iremember don Cristiano’sfuneral service, at “laGazzera” where he had been achaplain. It was August and itwas hot, many priests came tocelebrate and pray for him.Some were limping, some

were gasping, they were theimage of the Venetian priest-hood at that time: a few poorand sick priests.Mons. Antonio Barbisan is thesecond priest I wish to speakof. He lived 40-50 years in theoutskirts of Venice, at S.Alvise. I met him in 1987 andI was struck by his simple life.He had the vocation of goingon mission, but he told me thatPatriarch Roncalli (whobecame Pope Giovanni XXIIIand now is a Saint) said tohim: “You won’t go on mis-sion, but people from the landsof mission will come to you”.And since then he had offeredhospitality for years in hishouse to young men comingfrom the lands of mission tolet them study and get a degreeso that they could go back totheir native countries and helptheir own people.Just for thishe accepted to live in a closet.Once, when he was ill in bed,

I brought him the HolyCommunion, I was struck byhis poverty. He was in a realdistress. In front of his bedthere was e sentence written inLatin “Jesus autem tacebat”Jesus was often silent”. In hislife he spoke very little, hewas often silent and obedient.A very fine figure.After talking of these twopriests of the past, I wish tospeak of my activity as a par-son. My first experience start-ed in 1972 at Quarto d’Altinowhich was a small village atthat time, in a land broughtunder cultivation. People werevery poor, they were under thecommand of two powerful andrich families they worked for.They were politically on theleft, angry against the Church.Some refused the blessing oftheir house.Nowadays to be a parson isvery difficult. I was a parsonfor a few years here in town. I

The priestin Veniceyesterday,todayand...

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gna, in zona di bonifica. La gente era veramente pove-ra, schiacciata sotto il tallone di alcuni ricchi, dei qualitutti erano dipendenti. Era gente molto arrabbiata controla Chiesa. Alcuni non accettavano la benedizione dellecase.

Adesso fare il parroco, l’ho fatto qui in città, è moltodifficile. Mi ero illuso che ci fosse più conoscenza, piùsimpatia tra le persone, ed invece ho visto e vedo tantechiusure e tanta indifferenza. Siamo passati dalla con-trarietà all’indifferenza: la gente non si interessa più anulla. Tra l’altro ora si trova un’umanità diversa rispet-to a quella delle mie prime esperienze: divorziati, rispo-sati e tutto quello che viene dietro, conviventi, bambininon battezzati, sposati civilmente, che vengono in chie-sa a fare la comunione tranquillamente, vivono sereni etranquilli. Lo so perché me lo dicono, e io non possorifiutare l’Eucaristia se si mettono lì davanti. Nel mondoreligioso c’è un po’ la confusione del “fai da te”.

Credo sia questa la difficoltà più grossa del preteoggi, che deve essere gentile, caritatevole con tutti, macontemporaneamente deve essere schietto, deve direcome stanno le cose. La verità non si può nascondere. Inuna mano la verità, nell’altra la carità.

Per quanto riguarda il prete del futuro, mi trovo indifficoltà non essendo addentro alla formazione odiernadei giovani preti. Qualche giorno fa, in un consiglio diCuria, il Patriarca faceva notare che nel seminario sono

avvenuti moltissimi cambiamenti dei quali i laici non sisono accorti. Ma nemmeno il clero si è accorto di comeil seminario si è evoluto nel tempo. C’è un’aria nuova,un modo di portare avanti le cose in modo diverso. Mi èperò piaciuta l’espressione che usa il Papa nella“Pastores dabo vobis”: “Il presbitero del terzo millenniosarà il continuatore dei presbiteri che nei precedentimillenni hanno animato la vita della Chiesa. C’è unafisionomia essenziale del sacerdote che non muta: ilsacerdote di domani, non meno di quello di oggi, dovràassomigliare a Cristo”. Questo è proprio l’essenziale,per cui cambieranno forse gli strumenti, ma non lasostanza.

Una considerazione. Non si impara a fare i pretiprima di diventare preti, proprio come non si impara afare gli sposi prima di sposarsi e i genitori ancorameno. In seminario forniscono nozioni, indicazioni.Si impara la teoria, ma la pratica la si fa in confessio-nale e anche con la persona che muore; è lì che il pretecresce oppure va in crisi. Infatti, nei primi anni, moltipreti sono saltati, e molto velocemente, perché la vitadel prete è coinvolgente e molto impegnativa. O unosi butta in quel compito affidandosi al Signore, che titenga saldo, oppure affonda. Non ci sono alternative,purtroppo.

Mons. Mario Ronzini

thought there was moreknowledge, more comprehen-sion among one another intown than in the country,instead I saw and still now Isee so much lack of interest.We have passed from contrastto indifference. People areinterested in nothing.Besides today there are differ-ent people from my first expe-rience: there are the divorced,the people who live togetherwithout being married, chil-dren who aren’t baptized,those who had a civil mar-riage, and come to receive theHoly communion withoutthinking they can’t. I knowthat because they tell me so,but I can’t refuse to give themthe Holy Communion whenthey come in front of me tohave it. Among the baptizedpeople there is a lot of confu-sion; the idea of “doing it byoneself” is dominant. I thinkthis is the greatest difficulty

for a priest today. He must becharitable to everybody but atthe same time he must beclear: he must tell the truth.The truth can’t be concealed,the truth on one hand and loveon the other.As for the priest of the future,I can’t say much, I am notbusy with the teaching and thetraining of the seminarists.Anyway I heard CardinalScola say that in the seminar-ies there were great changes,unknown to most priests andlay people. There is a new wayof approaching the young gen-eration now.However I like what the Popesaid in his “pastores dabovobis”: the priests of the thirdmillennium will carry on thesame office as the priests thatanimated the life of theChurch in the past. There is anessential character of thepriest that can’t change: thefuture priesthood as well as

today’s will have to be likeJesus Christ.”Means will change, but theessence won’t.Now I’ll tell you my story in afew words. I entered the semi-nary in a strange way. When Iattended the first class of thesecondary school (I was ten), Ihad to repeat the Latin exami-nation. Since my parents werevery poor, they sent me to oneof my aunts who lived inMestre and knew the priests ofthe Church of San LorenzoGiustiniani, They helped meto pass the exam and offeredme to enter the seminary notto become a priest of coursebecause a child has a vagueidea of priesthood. Little bylittle the way to Christ’s call-ing opened with all the uncer-tainties and the difficultiescoming along. I risked to besent out of the seminary in thelast year of my studiesbecause of a position I had

taken on a certain matter. Itwas impossible to object atthat time. I was ordered in1956.I became a priest, but I thinkthat one doesn’t learn how tobe a priest before doing it aswell as a married couple does-n’t learn how to be so beforeliving their own marriage orparents don’t learn how tobehave as mothers or fathersbefore having children.In the seminary we learn thetheory but we know our officeonly when we confess peopleor help people to die with thereligious comfort. Then apriest realizes what his officeis. If he trusts in God’s help,he goes on, otherwise heenters into a crisis. In the firstyears many priests actuallyleave the consecrated lifebecause it is too difficult anddemanding.

Mons. Mario Ronzini

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il serrano n. 11828

Caro Bruno, nel sacro rispetto del momento, conoscendo il tuo sobrio stile di vita, la tua parola essenziale – com’è con-

sueto per noi liguri – ma efficace nel servizio alle vocazioni sacerdotali e religiose, l’unica parola che sento sgor-gare dalle mie labbra in questo momento è: grazie Bruno; grazie, per aver offerto, senza risparmio di energie, lamigliore stagione della tua vita terrena a Serra International e alla Fondazione B.J.S., di cui sei stato il primopresidente. Sono certo che a questo grazie fanno eco gli Angeli che ti hanno accolto in Paradiso, unitamente aGiovanni Casaleggio e a tutti i Serrani che ti hanno preceduto.

Il 14 febbraio, Giorno del Signore, la notizia del tuo ritorno alla Casa del Padre ci ha lasciati sgomenti e smar-riti. Il nostro pensiero ha ripercorso gli anni verdi e luminosi del nostro stare insieme, in fraterna amicizia, fina-lizzata al bene essenziale della Chiesa: i consacrati. La nostra memoria ci ha riportato ai tanti momenti in cui cisei stato maestro umile ma efficace, concreto e discreto, incoraggiandoci a seguire la strada sagace e intelligen-te di una meravigliosa e gratificante attività serrana.

Tu hai profuso grandi energie intelligentemente, con caparbietà, determinazione e spiccata sensibilità a favo-re delle vocazioni e della Chiesa cattolica nel tuo club, primo fra tutti in Italia, nel tuo distretto, in campo nazio-nale e internazionale.

Caro Bruno sei stato un maestro puntuale, servitore delle finalità e della ragione serrana, sempre disponibileagli impegni che, nel tempo, ti sono stati richiesti, assolti sempre con modestia, scevro da ogni ambizione umana,sempre alla fine considerandoti “umile servo inutile”.

Per questo sei stato credibile ai nostri occhi, per questo qualcuno di noi non ha potuto, anche in tempi recen-ti, negarsi alla tua sollecitazione, alla tua invocazione d’impegno per la Fondazione, anche se consapevoli chele energie non erano più quelle giovanili, esuberanti di una volta.

Non ci siamo potuti negare quando tu ci hai chiesto un ulteriore impegno, con discrezione com’eri uso fareda sempre, con gli occhi gonfi di tristezza per l’inciampo in cui l’istituzione, che tanto avevi amata, era cadutaper la fragilità umana. Ma i tuoi occhi erano invocanti, ancora colmi di fiducia e di ottimismo come quelli diallora.

Ebbene, la gioia di un faticoso ricupero tu l’hai assaporata nel giorno del santo Natale, prima quindi d’invo-larti verso il Cielo. Ricorderò sempre il tuo recente grazie terreno.

Di questo ringraziamo il Signore per le intuizioni dateci, in ascolto alle tue e nostre preghiere.Sono certo che la tua dipartita lascia, un vuoto incolmabile per tutto il Serra International, ma nella consape-

volezza, come ho scritto annunciando la tua morte terrena, che tu sarai nostro avvocato in Paradiso quando saràchiesto ad ognuno di noi Serrani riscontro della nostra insuffi-ciente fedeltà agli impegni che ci siamo liberamente assunti conl’accoglienza della nostra vocazione serrana.

Ed ora l’ultimo arrivederci dalle pagine de “Il Serrano” e l’e-spressione del cordoglio alla tua cara consorte Clara e ai tuoi con-giunti, anche a nome di tutti i Membri del Consiglio diAmministrazione della Fondazione e di tutti gli amici serrani cheti hanno voluto bene.

Caro Bruno sarai sempre nei nostri cuori e nelle nostre pre-ghiere!

Francesco BarattaPresidente Fondazione Nazionale Beato Junipero Serra

BRUNO BARACCHI È TORNATOALLA CASA DEL PADREPast Presidente del Cnis dal 1988 al 1991, Past Presidente (1° presidente) della Fondazione Beato Junipero Serra dal 1985 al 1988,Past Trustees di Serra International dal 1975-76 e 1976-77, Presidente della Convention Internazionale di Genova 1995, PastPresidente del club Genova n. 184, primo club in Italia, nel 1968-69 e nel 1980-81, attualmente membro della Consulta del Cnis.

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zio di questo anno 2010 vogliamo sot-tolineare la stampa e diffusione delle immagi-

ra le attività che il SerraClub di Genova propone all’ini-

ni con la preghiera al Sacro Cuore di Gesù composta dalnostro Cardinale Arcivescovo in occasione dell’Anno Sacerdotale el’organizzazione di un Convegno su un tema di grande attualità come ilrapporto tra Fede e ragione.

Per quanto riguarda l’immagine, essa porta sulla parte di fronte un bellissimo “SacroCuore” di C. Mazzari, che si trova nella Chiesa di Santa Maria della Sanità; sul retro, come siè detto, vi è la preghiera composta dal Cardinale Bagnasco per l’Anno Sacerdotale.

È innanzitutto una preghiera di ringraziamento al Signore per l’immenso dono del sacerdozio,ma è anche una preghiera di domanda, con cui si chiedono al Signore tre grandi benefici: il primodi avere sacerdoti santi, ossia conformi al Cuore di Gesù, che sappiano onorare la loro missioneapostolica, che non è tanto quella di occuparsi delle cose del mondo, quanto di “indicare a tutti la viadel Cielo”; il secondo di una crescita nella comunità cristiana della stima e dell’amore per il sacerdozio;infine, ma certamente non ultima per importanza, la grazia che non manchino mai giovani pronti e generosi nellarisposta alla divina chiamata.

Dai temi di questa preghiera si può ben capire come essa sia subito divenuta cara a tutti i Serrani, da sempre coin-volti in prima linea proprio nella preghiera per la santificazione dei sacerdoti e per le vocazioni, nonché nell’azio-ne per diffondere nella comunità cristiana e più in generale nella società civile la stima per la cultura cattolica, dicui il sacerdozio è un pilastro principale.

Noi Serrani quindi ben volentieri non solo abbia-mo offerto il nostro contributo per la realizzazione diqueste immagini, ma soprattutto ci siamo impegnatiper la loro diffusione nella Parrocchie della Diocesi.

Proprio poi sulla linea di una attività tesa a soste-nere i valori fondamentali della cultura cattolica, ilSerra Club ha organizzato un Convegno che si è tenu-to a Genova il 6 febbraio all’Hotel Bristol sul tema:“Fede e ragione. Scienza e Rivelazione. I motivi diun’amicizia”, con relatori di sicura importanza comeMons. Marco Doldi, membro della CommissioneTeologica Internazionale e Vicario Episcopale perl’Evangelizzazione, il Prof. Francesco Agnoli, docen-te e saggista e il Dott. Roberto Giovanni Timossi,filosofo e teologo.

Si è voluto dare una risposta chiara alle ricorrentiobiezioni circa la presunta incompatibilità tra Fede eragione, tra Rivelazione cristiana e scienza, che è ilcavallo di battaglia di quanti cercano di diffondereanche nel nostro Paese una cultura non solo atea, matalvolta autenticamente cristianofobica.

Sgombrare il campo da questi pregiudizi e da que-ste calunnie è un servizio alle vocazioni, o, permeglio dire, un servizio per agevolare la rispostaumana alla vocazione.

Questo convegno ha molto interessato i giovaniche possono essere spesso coinvolti a scuola, all’uni-versità, nei gruppi di amici in discussioni proprio suquesti argomenti, così delicati e importanti anche perle proprie scelte di vita.

Emilio Artiglieri

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Scienza e Rivelazione

Fede e ragione.T

150° della mortedi S. Giovanni M. Viannet - S. Curato d’Ars

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il serrano n. 11830

Cara Presidente del Serra

Sono una bimba di 7 anni e leggosempre il giornalino serrano perché lotrovo in casa.

Hai veramente tanti amici?Rispondi, ti prego.

Giulia (la tua nipotina)

Ciao mia cara nipotina Giulia,ti ringrazio che tu mi abbia posto

questa domanda e sono ancora più feli-ce di dare una risposta alla tua curiosi-tà.

I serrani nel mondo sono tanti edanche numerosi sono gli amici che hotrovato nel Serra. Sono amici cristianied a volte, come fai anche tu con i tuoicompagni, discutiamo e qualche voltapure ci litighiamo. Ma ci vogliamo

bene, subito facciamo pace e poi civogliamo ancora più bene di prima,perché siamo una grande famiglia. E’importante avere una famiglia nella pro-pria vita perché, diversamente, si rima-ne soli e si vive in solitudine. Nella fami-glia c’è la mamma, c’è il papà che civogliono bene. Il tuo papà e la tuamamma ti seguono, non ti fanno man-care il cibo, ti danno tutte le cose che tiservono e, poi, ti fanno sentire sicura. Tusei la luce dei loro occhi. Vedi comesono importanti?

Fanno parte della famiglia anche inonni. Tu vuoi bene ai nonni? I nonni,con i loro capelli bianchi, comunicanoalla famiglia la saggezza acquisitadurante l’esperienza della loro vita. Haivisto come ti vogliono bene e ti cocco-lano assieme agli altri tuoi cuginetti? Turispetta i nonni ed amali, non fare man-care loro la tua tenerezza di nipotina

affettuosa. Anche gli zii fanno partedella famiglia. Gli zii completano laparentela, la arricchiscono con la loropresenza e, poi, tu giochi con i cugi-netti quando siete insieme, ci litighipure, ma anche ti diverti.

Cara Giulia, quando sarai piùgrande capirai il vero valore dell’ami-cizia. Ora fai la brava, ma so che tulo sei già; obbedisci alle tue maestree quando studi, fallo con amore per-ché questo è utile per la tua crescitaculturale e per la tua preparazionealla vita che ti aspetta. Tutti i bimbidebbono studiare con amore. AncheGesù lo vuole. Tu pregalo sempre,non dimenticare le preghiere dellasera; prima di addormentarti pregaanche Maria, la Madonna che è lamamma di Gesù, la mamma di tutti,dei grandi e dei piccini.

A te personalmente, cara Giulia, eda tutti i nipotini dei tanti amici serrani,auguro che il Padre Celeste benedica eprotegga il vostro cammino nella vita esegua con tanta benevolenza la vostracrescita. Un abbraccio “forte forte”.

ZZiiaa GGeemmmmaa..

Ti ringrazio che...

Il Presidente del Consiglio Nazionale Italiano del Serra, Maria GemmaSarteschi Mencarini, nel congresso di Collevalenza ha manifestato il deside-rio di essere il più possibile in contatto con tutti i Soci, anche per conoscerepersonalmente i dubbi, gli interrogativi, le aspettative ed i suggerimenti chepossono essere espressi da chi fa parte del movimento serrano. Questo spazioè riservato a “La posta del Presidente” per esprimere i vostri giudizi ed anchele vostre critiche. Gemma invita cordialmente tutti ad accedervi liberamente,scrivendo all’indirizzo appresso indicato. Ciascuno avrà la sua personalerisposta sull’argomento affrontato. È essenziale conoscere i vostri pensieri ele vostre idee. E-mail: [email protected]

La posta del Presidente

FONDAZIONE ITALIANABEATO JUNIPERO SERRA - RAMO ONLUS

Aiutaci a sostenere la Fondazione, il tuo contributo può essere inviato sulConto corrente postale n° 10909166 intestato a “Fondazione Italiana Beato Junipero Serra”

C/C Cassa di Risparmio di Lu.Pi.Li. agenzia 8 Pisa - IBAN IT13H0620014028000000234002

Estratto art. 2 regolamento ONLUS: L’attività di beneficenza del ramo ONLUS della Fondazione Italiana Beato Junipero Serra consi-ste esclusivamente in contributi, borse di studio a favore dei giovani seminaristi bisognosi delle Diocesi italiane, ha esclusive finalità disolidarietà sociale e viene svolta nell’ambito delle finalità istituzionali dell’Ente.

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FONDAZIONE ITALIANABEATO JUNIPERO SERRA

Le nostre offerte/elargizioni da 1-6-09 al 31-12-09Boccoleri Giuseppe - Serra Club Tigullio, Solari Giuseppe - Serra Club Tigullio, Serra Club Torino, Serra Club Roma, Distretto 69Piemonte, Di Belle Francesco - Serra Club Nervi, Serra Club Viterbo, Distretto 78 - Veneto Trentino Friuli, Serra Club Montepulciano,Alita Giovanni - Serra Club Tigullio, Serra Club Rovigo, CEI, Caporale Luciano - Serra Club L’Aquila, Soldà Aldo - Serra Club Rovigo,La Cava Ugo - Serra Club Roma, Serra Club Nervi, Serra Club Acqui Terme, Mastrovito Giovanni - Serra Club Altamura, LiparisNovarese Giulia in memoria di Gianfranco - Serra Club Tigullio, Viara Marco - Serra Club Albenga, La Spina Salvatore - Serra ClubCatania, Pellicciarini Romano - Serra Club Livorno, Menichincheri Vincenzo - Fondazione Serra, Poletti Mariangela.

Per un importo di € 11.580,00

Una consolidata e millenaria tradizione moral-teo-logica ci ha educati a considerare la vita comedono di Dio e, in conseguenza di tale assunto, a

non opporsi ad essa sia con la sua diretta soppressioneche col minacciarla o renderla esistenzialmente precaria.Analoga attenzione è stata riservata alla morte, il cuitempo appartiene solo a Dio, ma sempre in riferimentoalla vita. L’orientamento etico, cioè, è stato sempre ecomunque orientato alla vita. Da proteggere, prolungare,tutelare, difendere in quanto dono di Dio anche negli ulti-mi istanti della sua esistenza. La morte rimane sempre unmistero nelle cui trame l’uomo non può penetrare. È lavita il dono che Dio gli ha dato e che, nella sua imper-scrutabile volontà, a un certo punto decide di riprendersi.

In tale impostazione, a ben vedere, vi è in realtà unlimite concettuale, di carattere teo-logico più che etico!cioè l’idea di un Dio che faccia dono all’uomo del piùgrande dei beni per poi riprenderselo. Anzi proprio ilsuo dies natalis coinciderà col supremo atto divino di“togliere la vita”, quasi di “ri-aspirare” quel soffio divi-no insufflatogli nell’atto creativo.

La morte si presenta, quindi, come un mistero diassoluta ed esclusiva pertinenza divina nel quale, a dif-ferenza della vita, nessuna consapevole compartecipa-zione all’atto divino da parte dell’uomo è possibile.

Ma è davvero questa la concezione della morte, pre-messa della riflessione escatologica, che la tradizione cri-stiana ci presenta o non è stata piuttosto una sorta di “deri-va teologica”, legittima e comprensibile ma che forsenecessita oggi un’inversione di rotta? In tal senso le sfidedell’oggi possono essere lette come provocazioni delloSpirito per una diversa elaborazione teologica ed etica?

In realtà dovremmo iniziare a concepire la morte (e nonsolo la vita) come dono di Dio. Dio non si riprende il donodella vita che ci ha dato ma ce ne dona un altro, quello della

morte, o se vogliamo essere più morbidi lo “trasforma” neldono della morte. In entrambi i casi vi è sempre un gestooblativo e gratuito da parte di Dio. All’uomo non vienetolto un bene, ne viene aggiunto un altro, persino più gran-de, dato che consente l’ingresso nella vita beatifica.

In tal senso si esprime chiaramente la Sacra Scrittura“Sono io che do la morte e faccio vivere, (Dt 32, 39) eanche alcune riletture patristiche, prima tra tutte laLettera ai Romani di Ignazio di Antiochia della quale milimito a riportare un breve citazione: “Scrivo a tutte lechiese, e a tutti annunzio che morrò volentieri per Dio,se voi non me lo impedirete. Vi scongiuro, non dimo-stratemi una benevolenza inopportuna” (IV, 1).

Tutto questo, ovviamente comporta non solo unarielaborazione concettuale sul piano dell’antropologiateologica e dell’escatologia ma anche importanti ricadu-te di ordine etico e pastorale. Possiamo così drastica-mente opporci al dono di Dio? Nostro dovere non èforse prolungare la morte anziché protrarre l’agonia?Quale equilibrio tra rispetto per la vita e rispetto per ladignità della morte? Dove si cela la volontà di Dio, nelprotrarre l’esistenza o nel consentirne il definitivoabbraccio con Lui?

Ovviamente tale concezione non va assolutamenterapportata all’ambito fenomenologico-esistenziale ma aquello ontologico. Nessuno pensi che una tale conce-zione debba tradursi in inviti consolatori, per i familiaridi un defunto, specie se la morte è avvenuta in giovaneetà o in condizioni tragiche, a considerarla un dono diDio (anche se lo è). Quello che deve comportare è unadiversa e forse più pertinente concezione teologica delmorire e una diversa impostazione di alcune questionimorali ad essa inerenti.

Salvino LeoneDocente di teologia morale

La morte come dono

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Via DiscipulorumVia Discipulorum

Gesù chiama per stare con LuiQuando fu l’ora, prese posto a tavola e gli apostoli

con lui, e disse: «Ho desiderato ardentemente di man-giare questa Pasqua con voi, prima della mia passione,poiché vi dico: non la mangerò più, finché essa non sicompia nel regno di Dio».

E preso un calice, rese grazie e disse: «Prendetelo edistribuitelo tra voi, poiché vi dico: da questo momentonon berrò più del frutto della vite, finché non venga ilregno di Dio».

Poi, preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diedeloro dicendo: «Questo è il mio corpo che è dato per voi;fate questo in memoria di me».

Allo stesso modo dopo aver cenato, prese il calicedicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel miosangue, che viene versato per voi». (Lc 22,14-20)

Per riflettereLa quinta icona di questo cammino vocazionale è il

Cenacolo, il luogo dell’intimità più profonda di Gesùcon i suoi discepoli, il luogo che sintetizza ogni voca-zione che è innanzitutto uno stare con Lui, come l’apo-stolo Giovanni con il capo chino sul petto del Maestro(cfr. Gv 13,25). Gesù chiama per stare con lui e solodopo per essere mandati (cfr. Mc 3,14-15), perché nes-suno può andare se non c’è uno che lo mandi, se non c’èprima un’esperienza forte con la sorgente di ogni mini-stero. Lo stesso andare è un continuo ritornare alla fontee si va solo perché altri poi possano venire alla sorgen-te che è Dio.

E’ nel Cenacolo che ogni chiamato può impararecosa significhi seguire Gesù, è solo lì che si delinea l’i-dentità della propria vocazione. È il Cenacolo la scuolae il seminario più eloquente per conoscere cosa vuoleDio da colui che Egli chiama. Semplici gesti, poche

Don Stefano Rega, Rettore del Seminario di Aversa,presenta la V tappa di un “Itinerario vocazionale” per l’uomo attraverso la meditazione

di alcune icone bibliche

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parole pronunciate in un clima di raccoglimento, di inti-mità, di silenzio, di penombra, tutto ciò è la cattedra dacui Gesù insegna ai suoi l’essere sacerdoti. Il Cenacoloè dunque l’icona del testamento di amore di Gesù agliuomini, è l’icona dell’umiltà, del servizio, dell’amoreche totalmente si dona senza chiedere nulla in cambio.

“Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, per-ché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, holavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gliuni gli altri” (Gv 13,13-14).

“Poi, preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diedeloro dicendo: «Questo è il mio corpo che è dato per voi;fate questo in memoria di me». Allo stesso modo dopoaver cenato, prese il calice dicendo: «Questo calice è lanuova alleanza nel mio sangue, che viene versato pervoi». (cfr. Lc 22,14-20).

Ogni esperienza e ogni cammino vocazionale nonpuò non considerare questa tappa come fondamentaleper una vera consacrazione a Dio e ai fratelli.

Il Cenacolo è poi il richiamo continuo alla preghiera,all’Eucaristia, all’umiltà e al servizio: caratteristichenecessarie all’uomo che vuole fare di Dio il tutto dellapropria vita. Il passaggio dal fare all’essere si gioca inquesta icona, è qui che nasce il sacerdote ed è qui cheegli continuamente deve ritornare.

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Il Cenacolo non può essere solo il luogo dell’inizio,il luogo della formazione, del discepolato, ma dev’esse-re il costante e continuo riferimento, il centro di ogniattività, la casa dove sempre abitare.

“Dobbiamo tornare spesso con lo spirito a questoCenacolo, dove specialmente noi sacerdoti possiamosentirci, in certo senso, di casa. Di noi si potrebbe dire,rispetto al Cenacolo, quello che il Salmista dice deipopoli rispetto a Gerusalemme: il Signore scriverà nellibro dei popoli là costui è nato (Sal 87,6). Da quest’au-la santa mi viene spontaneo immaginarvi nelle piùdiverse parti del mondo, con i vostri mille volti… intutti vengo ad onorare quell’immagine del Cristo cheavete ricevuto con la consacrazione, quel carattere checonnota in modo indelebile ciascuno di voi. Esso èsegno dell’amore di predilezione, dal quale è raggiuntoogni sacerdote e sul quale egli può sempre contare, perandare avanti con gioia, o ricominciare con nuovo entu-siasmo, nella prospettiva di una fedeltà sempre piùgrande” (Giovanni Paolo II, giovedì santo 2000).

Per pregareBenedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù

Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spiri-tuale nei cieli, in Cristo.

In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo,per essere santi e immacolati al suo cospetto nella cari-tà, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per operadi Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà.

E questo a lode e gloria della sua grazia, che ci hadato nel suo Figlio diletto; nel quale abbiamo la reden-zione mediante il suo sangue, la remissione dei peccatisecondo la ricchezza della sua grazia.

Egli l’ha abbondantemente riversata su di noi conogni sapienza e intelligenza, poiché egli ci ha fattoconoscere il mistero della sua volontà, secondo quantonella sua benevolenza aveva in lui prestabilito per rea-lizzarlo nella pienezza dei tempi: il disegno cioè di rica-pitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo comequelle della terra.

In lui siamo stati fatti anche eredi, essendo stati pre-destinati secondo il piano di colui che tutto opera effi-cacemente conforme alla sua volontà, perché noi fossi-mo a lode della sua gloria, noi, che per primi abbiamosperato in Cristo.

In lui anche voi, dopo aver ascoltato la parola dellaverità, il vangelo della vostra salvezza e avere in essocreduto, avete ricevuto il suggello dello Spirito Santoche era stato promesso, il quale è caparra della nostraeredità, in attesa della completa redenzione di coloroche Dio si è acquistato, a lode della sua gloria.

(S. Paolo)

Il Presepe e il Calvario sono le due realtà tra le quali sisnoda il cammino terreno del figlio di Dio: un cam-mino tracciato dall’amore, percorso nella fedeltà, cul-

minante nel dono di sé per salvare i fratelli.Nel tempo di quaresima il cristiano deve acquisire

consapevolezza maggiore del suo cammino con Lui edeve verificare la sincerità del suo “rinnegarsi”.

Cosi con Lui salirà il Calvario seguendolo e contem-plandolo fin sotto la croce.

Noi, allora, saremo il Cireneo che si carica dellaCroce da portare dietro a Gesù; saremo le donne cheseguono Gesù battendosi il petto e prendendo coscienzadel rischio del peccato: saremo, forse, i malfattori che“venivano condotti insieme con lui” e speriamo sentircidire da lui, come il malfattore pentito: “oggi sarai con mein paradiso”.

Contemplando Gesù crocifisso, riconosceremo, comeil centurione, che “veramente quest’uomo era giusto” ecapiamo dov’è per noi il Calvario.

Dove c’è lo scherno e la pretesa di gesti clamorosi edove si sente la parola di perdono “Padre, perdonali, per-ché non sanno quello che fanno”; dove c’è la solitudinestraziante: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandona-to?” (Mc15,3) e dove rinasce la speranza affidandosinelle mani del Padre: “Padre nelle tue mani affido il miospirito”; dove si sente il peso della propria croce, ma si èilluminati dalla luce della missione compiuta: “Tutto ècompiuto!” (Gv19,30); luce che ridà il coraggio di cam-minare nell’obbedienza fedele e nell’abbandono fiducio-so verso la luce di Pasqua e dona la forza di dare le nostremani a Cristo perché, in modo umano, salvi oggi il nostromondo. Il cammino di Gesù sulla via del Calvario culmi-na con la morte in Croce per amore. Ma proprio l’amore,che è lo Spirito Santo, dalla morte fa risorgere la vita. Seabbiamo seguito Gesù lungo il cammino della Croce,salendo il Calvario con Lui, anche noi sperimenteremo laforza dello Spirito nella risurrezione e cammineremo in“novità di vita”. Con questa piccola fede nel cuore dopol’esperienza straziante del terremoto, noi serrani aquilanivogliamo esprimere in un abbraccio fraterno il grazie piùsentito e sincero insieme ad infiniti auguri al nostroamato Arcivescovo Monsignor Giuseppe Molinari, per-ché ha festeggiato, se pur nella prova, vent’anni dallaconsacrazione Episcopale; tanti anni di servizio, serviziodi Pastore contrassegnato dalla dedizione, dall’ascolto,dall’accoglienza senza limiti della “sua chiesa aquilana”.

Ben arrivato e buon lavoro lo vogliamo augurare aSua Eccellenza Monsignor Giovanni D’Ercole, vescovoausiliario. Sappiamo che l’attende una missione difficilein una Chiesa martoriata nella carne e nello spirito.

Gli assicuriamo il nostro servizio e la nostra preghie-ra perché insieme, come popolo di Dio, popolo aquilano,possiamo tornare a volare e ci rivogliamo a Lui pregan-do: “Dammi, Signore, un’ala di riserva… con la fiduciadi chi sa di avere nel volo un partner grande come Te!”.

Bernardina Di Giampietro

Saliamo al Calvario per...“Risorgere con Cristo”

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Giulia Sommariva: BAGHERIA, IL TERRITORIO E LEVILLE - Dario Flaccovio editore, Palermo 2008, euro 60

Dopo i precedenti volumi dedicati ad indagare la sto-ria palermitana attraverso le sue variegate sfaccettature,Alberghi storici di Palermo ( 2002), Palazzi Nobiliari diPalermo ( 2004), Bagli e Ville della Conca d’oro e dellaPiana dei Colli ( 2005), Palermo, cento chiese nell’ombra( 2008), ho voluto proiettarmi sul territorio palermitanocol recentissimo volume Bagaria, il territorio e le villededicato a questa estrema propaggine della Conca d’oroa levante di Palermo, col suo splendido patrimonio arti-stico rappresentato dalle ville del Settecento, ambite resi-denze di campagna per la nobiltà dell’epoca.

Un millennio di foresta silenziosa e secoli di trasfor-mazioni del paesaggio danno la misura della ricchezzadel territorio di Bagheria, passato dalla medioevale col-tura dei cereali alla canna da zucchero, alla vite, al limo-ne. In questo contesto a forte vocazione agricola sorserogradualmente nel tempo gli antichi ponti, le torri di guar-dia, le masserie e infine le ville, tutto un complesso diarchitetture che ancora oggi connotano questo paesag-gio dell’area metropolitana, a venti kilometri da Palermo.

Proprio le ville del Settecento – circa una ventina trat-tate sotto il profilo storico architettonico e antropologico– sono le vere protagoniste del libro, espressione dell’ar-te, del costume e della civiltà barocca, oggi elementoforte del turismo bagherese. Divulgate alla conoscenzadi tutta Europa già ai tempi della loro splendida giovi-nezza, tra i secoli XVIII e XIX, quando costituirono ogget-to di stupore e ammirazione da parte dei viaggiatori delGran Tour….

Di questo cospicuo retaggio in passato molto è statodevastato ma molto può essere ancora salvato come difatto avvenuto per alcune di queste ville, recuperate daldegrado grazie all’ impegno dell’Amministrazionecomunale che negli anni più recenti le ha rese importantipoli museali (come la villa dei principi di Cattolica sededel Museo Guttuso e di Arte contemporanea o villa deiprincipi di Cutò sede del Museo internazionale delGiocattolo e della biblioteca civica), come pure allaintelligente iniziativa privata che ne ha fatto luoghi privi-legiati di intrattenimento ad alto livello.

Aldilà della ricerca e del valore di ricostruzione stori-ca, posso aggiungere che la Casa editrice ha voluto farneun gran bel libro d’arte nel quale le splendide foto acolori di Andrea Ardizzone consentono di fruire inimmagine delle tante bellezze artistiche e naturali, quasiun invito a scoprire le attrattive di questa terra. Leaccompagna, complementare ad esse e belle, seppure diuna diversa bellezza, l’inedita, sorprendente, sequenzadelle ville di Bagheria viste dall’alto, firmate da AngeloRestivo, noto fotografo e collezionista bagherese; e, aconclusione, la riproduzione delle cartoline d’epoca diGiulio Perricone, quasi uno scrigno di nostalgichememorie. L’Autrice

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UUNN LLIIBBRROOPPEERR VVOOII!!

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Ancora fresco di stampa (novembre 2009), si presenta sul mercato editoriale l’approfondi-to saggio del serrano di Latina, Riccardo Pedrizzi “Fede, economia e sviluppo” (Pantheon,€ 13).

Editorialista di quotidiani e periodici, uomo politico (è stato senatore della Repubblica pertre legislature e deputato alla Camera) ma anche esponente di spicco del mondo forense,Riccardo Pedrizzi è anche autore di numerosi libri rivolti alle problematiche di oggi, tra iquali ricorderemo: La dottrina sociale cattolica: sfida al terzo millennio, Le nuove frontieredella scienza, Pensatori alla sfida della modernità, etc. In questo nuovo saggio, “Fede, eco-nomia e sviluppo”, l’Autore affronta i problemi della crisi che stiamo vivendo e auspica l’av-vento di un’economia sociale che possa superare e vincere le sfide della globalizzazione.Per gentile concessione dell’Autore e della Casa Editrice pubblichiamo in questo numero de“il serrano” uno dei capitoli tra i più esplicativi delle tesi che sostiene.

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DA SEGESTA TIGOLLIORUM A SESTRI LEVANTE di Francesco Baratta e Andrea Lavaggi - Internòs, euro 21,00

In occasione del 450 anniversario dell’apparizione di N.S. di Montallegro a Rapallo, i due Autori, provenienti daaltri lavori sulla diffusione del Cristianesimo in Liguria e sulle radici cristiane del territorio, ora, con questo volume,hanno inteso raccogliere in una attenta e ben documentata panoramica storico-artistica, la grande diffusione delladevozione mariana nella Liguria orientale, presentando tutti i santuari che, disseminati sul territorio diocesano, sonodedicati, sotto vari titoli, alla Madre di Dio. Un grande patrimonio di fede e di arte che, attraverso questa nuova e det-tagliata ricerca sui luoghi di culto del sestrese, testimonia come il Cristianesimo, in due millenni, abbia plasmato inmaniera vigorosa questa terra e la sua gente.

Così gli Autori nella introduzione al volume:…Le chiese, gli oratori, i conventi del territorio sestrese sono testimonianze di fede,

ancor prima che opere di architettura, punti di riferimento attorno ai quali si sono svi-luppati nel tempo eventi piccoli e grandi…

Un percorso di fede e di devozione di quasi due millenni che questo libro vuoleripercorrere, anche grazie ad un apparato fotografico appositamente realizzato daGiampiero Barbieri, da un punto di vista cronologico attraverso tutte le sue tappepiù significative, con i due primi capitoli storici su duemila anni di Cristianesimo aSestri Levante e da un punto di vista architettonico e artistico attraverso la descri-zione di tutti i principali luoghi di culto del territorio, a partire dalla chiesa simbo-lo di Sestri Levante, San Nicolò, fino alla parrocchia e alla chiesa di più recente isti-tuzione, San Paolo di Pila.

Il volume, patrocinato dall’Accademia dei Cultori di Storia locale, assume partico-lare spessore scientifico in quanto si avvale del contributo di Angela Acordon nel suoruolo di funzionario storico dell’arte della Soprintendenza per i Beni storici, Artistici edEtnoantropologici della Liguria.

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Sul sito troverete oltre ad alcunepagine di questa rivista

notizie,riflessioni,

approfondimenti

VISITATE IL SITO:www.serraclubitalia.it

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Terra Santa: archeologia dello Spiritosi e talvolta grotteschi, come le presenze di confessionidiverse nel Santo Sepolcro.

Se la grande emozione di Betlemme è nell’inginoc-chiarsi presso la stella d’argento della Natività, l’attesa diGerusalemme è il desiderio di ripercorrere i luoghi doveGesù passò nel suo cammino terreno: la piccola terrazzadel giardino del Dominus flevit, il clivo del Getsemani, laGrotta della Cattura, il Monte degli ulivi secolari, maanche il piccolo Santuario del Pater Noster, il piano rial-zato del Cenacolo, vicino alla ebraica “Tomba diDavide”. Tra i luoghi dei miracoli, il sito della piscinaprobatica presso la Chiesa di Sant’Anna, una delle piùsignificative dell’epoca crociata, il lago di Tiberiade incui specchiarsi come un Pietro “qualunque”, stentando acredere che tanta bonaccia possa trasformarsi in tempestae la materia liquida in suolo d’acqua su cui camminare.

E ancora la splendida chiesa crociata di Abu Gosh -Emmaus, con il ciclo di affreschi che narrano la gloriadel Cristo trasfigurato in una bizantina mandorla diluce; le sorgenti del Giordano a Banias, dove il rinnovodelle promesse battesimali si immerge nell’acqua limpi-da e sembra davvero vibrare di forza soprannaturale.

Può sorprendere trovare siti archeologici romani epaleocristiani sovrastati da recenti strutture religiose in

Viaggiare in Terra Santa non è solo il compimen-to di un desiderio, così come seguire le tappe diun itinerario non equivale a fare la semplice

somma dei chilometri percorsi. Nel Medioevo, le “terre d’oltremare” erano, per defi-

nizione, i regni latini d’Oriente; andare verso la TerraSanta è, ancora oggi, andare “oltremare”, con quell’ef-fetto straniante e vagamente ipnotico dell’ “oltre”.Oltre-passare la fatica del vivere quotidiano, l’apneadello spirito, la dimensione ordinaria dell’esistenza, deiprogetti, dei desideri, degli spazi.

Terra Santa è un luogo geografico, ma è anche unnon-luogo, una dimensione che trova la sua profonditàdentro ciascuno.

E non è nemmeno necessario essere cristiani peravvertirne la singolarità, l’importanza: dentro ci siincontra la Storia, quella che fa di Gerusalemme la cittàdove ancora oggi si incrociano, addensati, i problemipolitici e sociali di tutti i continenti, dove il TerzoMondo della povertà palestinese ravvisata a Betlemmedista pochi chilometri dalle opulente Tel Aviv eGerusalemme nuova, occidentali nell’aspetto e nelritmo di vita. Entro i suoi Luoghi Santi si aprono le feri-te della Chiesa divisa e scheggiata in frammenti doloro-

Continua il “romanzo” della mia vita come serrano girovago che attende spesso con tenace pazienza i treni,anche gli aerei che mi portano ad incontrare i serrani nei vari club della penisola. Nelle sale d’aspetto ovicino alle rotaie mi fermo a pensare, a riflettere su ciò che sto facendo, sulle persone amiche incontra-

te. Ecco, un po’ alla rinfusa, le mie considerazioni:I preti in difficoltà. Argomento delicato che colpisce sempre l’animo dei serrani. A volte sui volti di alcuni

noto sorpresa e dolore, mai curiosità. Faccio fatica, inoltre, a comunicare quello che ho sentito, notato ed appre-so frequentando la Fraternità di Servizio di Vittorio Veneto. Alla fine mi sento svuotato. Ormai un sottile filoperò mi lega a quei frati che si dedicano a questo importante servizio; quando ritorno in quei luoghi è come semi sentissi a casa mia, la commozione mi prende quando recito le lodi con loro. E’ proprio vero quello che midiceva P.Alberto: “Qui si tocca con mano la Misericordia del Padre”; è ostico invece per me rimanere più alungo perché mi sento “rivoltato come un calzino”, ho bisogno di andare via, di dire a tutti i serrani che ilSignore, nonostante i tradimenti, non abbandona la Sua Chiesa.

Il messaggio e le reazioni. Il messaggio è di una semplicità estrema: invita gli ascoltatori a “ricordarsi” anco-

Note di un serrano in viaggio

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piccola parte del grande complesso antico, la rotonda,con gli interventi di età bizantina e crociata. Qui, sottoil buio della volta immensa e profondissima, si addensalo straniamento dell’ “oltre”.

L’archeologia dei luoghi deve abitare la ricerca delsenso profondo delle cose, la scienza dell’antico assu-mere il volto della sapienza, ricerca vera dell’ “Arché” -Principio di ogni cosa.

E non si ottengono risposte immediate. Sappi solo che hai visto il Sepolcro vuoto anche tu.

Francesca Paola MassaraDocente di Archeologia cristiana

cemento; spesso il sito ha una storia stratificata e com-plessa, il luogo ebraico e/o romano dei tempi di Gesù èstato monumentalizzato in età costantinana e bizantina,poi travolto dalla conquista islamica del Medio Oriente,ricostruito con la solida eleganza della cultura crociata,perduto infine con la disfatta dei Regni latini d’Oriente.Talvolta una sommessa sopravvivenza è stata consenti-ta, ma le grandi costruzioni del culto che oggi vediamosono in gran parte dei tempi moderni.

Il Santo Sepolcro di Gerusalemme fa solo in parteeccezione: scomparsa la grandiosa basilica diCostantino (portico, atrio, basilica, rotondadell’Anastasis), l’oggi dell’edificio è costituito da una

ra una volta del compito che ci è stato affidato: stare vicino ai consacrati con un ascolto empatico, aiutarli nelledifficoltà anche materiali, far sentire loro il nostro affetto e la nostra considerazione. “Fare Betania” con lorocome splendidamente affermava Mons. Birolo in un Congresso Interdistrettuale. Lo so non sempre è facile “FareBetania”, ma bisogna ancora tentare o ricominciare da capo se i rapporti si sono interrotti o sfilacciati.Rimaniamo serrani anche quando siamo in attesa. In secondo luogo, non meno importante, il messaggio ci invi-ta ad “adottare” i consacrati in difficoltà secondo le possibilità di ciascuno. Il mare della carità è fatto di goccedi amore. Le reazioni. I club, a mio parere, rispondono bene… Un mio amico, non serrano, distante dal profes-sare la fede ma con un senso della giustizia cristallino, mi ha accompagnato in un club: è rimasto piacevolmen-te colpito dalla disponibilità dei serrani verso queste problematiche; l’ho visto inoltre, con sorpresa, recitare ilrosario con noi. In fondo però a me basta spargere della sana inquietudine. A volte provoco dicendo: “Spero chequesta sera facciate più fatica a prendere sonno!” Altrimenti le sofferenze e gli scandali ci passano sopra senzaincidere minimamente.

Ipotesi future. Il futuro è nelle Sue Mani anche se vorrei, con la mia impazienza, essere già là. Ho comincia-to a tracciare una strada, mi auguro che altri spostino i paletti più lontano con coraggio e novità di vedute. Iocontinuo a viaggiare…

Giorgio BregolinCnis

Un gruppo di serrani all’in-gresso della Basilica dellaNatività a Betlemme.

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il serrano n. 11838

Presso i nostri club il Consiglio Nazionale del SerraItaliano viene dai soci immaginato come un orga-nismo, se non proprio astratto, quanto meno lon-

tano, non facilmente avvicinabile, inibito ai più. Ancheio, sino a poco prima di farne parte, avevo la stessaimpressione. Con la mia memoria, infatti, torno alle mieprime esperienze di militanza serrana, quando accom-pagnai il governatore del mio distretto. Non mi fu con-sentito in quella circostanza di assistere ai lavori delCNIS. Per la mia predetta comune convinzione trovai lacosa del tutto normale.

Forse ancora oggi, anche se l’accesso alle riunioni èadesso aperto a tutti i serrani, quando si pensa ai lavoridel Consiglio Nazionale, si presume un consesso rego-lato da particolare riservatezza, dove si discute di gran-di eventi e si assumono importanti decisioni.

Per meglio far conoscere i compiti più autentici delmaggior organo deliberante della nostra associazioneproverò a tratteggiarne qualche aspetto, evidenziandosolo le sue connotazioni più significative. Le mie rifles-sioni verteranno principalmente sulle riunioni delConsiglio Nazionale del Serra Italia tenutesi a Roma il26 settembre ed il 28 novembre u.s.

È senza dubbio da rimuovere l’enfasi dell’eccezio-nale. I componenti si incontrano in un rapporto di ser-vizio, in un clima di amicizia ai fini di realizzare con-cretamente gli intendimenti istituzionali del movi-mento serrano. Durante le riunioni vengono confron-tate le idee e le proposte, non senza una certa vivaci-tà dialettica. Si stabiliscono le strategie per trasforma-re le deliberazioni assunte in direttive definite, chedebbono essere trasmesse, per l’esecuzione, aiGovernatori dei distretti.

Trascurerò tutti gli altri aspetti di ordine pragmaticoche pure hanno grande importanza nel servizio e milimiterò a considerare brevemente la rilevanza che rive-ste l’approvazione del bilancio. In esso sono contenuti,sia per la parte consuntiva dell’anno precedente, che diquello di previsione per l’anno successivo. Il bilancio diprevisione è quello strumento contabile con il quale ilConsiglio nazionale individua le attività che ritieneprioritarie e che intende svolgere nell’anno sociale.Contiene le indicazioni delle risorse finanziarie che siprevedono realmente disponibili da utilizzare per fron-teggiare la spesa necessaria alla realizzazione dei pro-getti individuati. L’esame e l’approvazione di questodocumento contabile, si può ben immaginare, riveste

una delicata importanza in quanto determina la vitalitàoperativa del Serra Italiano.

Un aspetto che non va trascurato è il percorso di cul-tura cristiana che il CNIS compie durante le sue riunio-ni, aiutato da contributi di personalità esterne. Le riunio-ni in esame sono state caratterizzate dalla presenza dimons. Francis Bonnici, direttore della Pontificia Operaper le Vocazioni ecclesiastiche a cui siamo affiliati comeSerra International. I suoi interventi ci hanno fatto per-cepire la rilevanza dell’aspetto della fede. Nella primariunione mons. Bonnici ha letto un brano di VittorinoAndreoli, il noto psichiatra non credente, tratto dal libro“Preti. Viaggio tra gli uomini del sacro”dove sonomesse in luce le difficoltà che il prete incontra nel vive-re la sua scelta nella società attuale.

Non mancano nei lavori momenti in cui si affronta-no problemi di ordine sociale e spirituale. L’interventodella presidente sig.ra Gemma Sarteschi a Roma nellariunione di settembre può essere considerato significati-vo. La stessa ha preso spunto dall’ammonimento che ilPapa con una sua lettera ha rivolto ai Vescovi, disappro-vando le neo formazioni di correnti ideologiche all’in-terno della Chiesa. Per questo la Presidente ha rappre-sentato la necessità di una nostra maggiore vicinanza aisacerdoti ed ai vescovi. Tale vicinanza dovrebbe esserepiù intensa in special modo durante questo anno sacer-dotale indetto dal papa Benedetto XVI in occasione del150° anniversario del “dies natalis” di Giovanni MariaVianney. Tali intensificati contatti potrebbero essere diaiuto alla gerarchia ecclesiastica per essere più vicina alsommo Pontefice. Il serrano, infatti, quale uomo di fede,deve seguire la “Verità” ed agire con somma prudenzaperché tutti gli uomini sono soggetti all’errore.Dobbiamo, in definitiva, essere con la Chiesa testimoniveramente cristiani impegnati verso l’unità. Il sacerdoteva sempre incontrato in spontanea amicizia.

“Cuori aperti, menti aperte ai giovani ma paroleequilibrate nei confronti di chi non la pensa comevoi”. Questo messaggio è stato chiaramente espressodal tavolo di lavoro della presidenza. Parole sagge edaccorte dettate dalla necessità di trovare un punto diunione forte che non ci possa dividere. Con questa fraseè stato affrontato il problema dell’educazione dei giova-ni. L’approccio collaborativo col mondo giovanile vaaccuratamente preparato per poterlo poi accompagnaree stimolare. Il cardinale Ruini nei suoi scritti si è espres-

RIFLESSIONI SUL C.N.I.S.

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so autorevolmente sull’emergenza educativa, sullanecessità che questa emergenza sia considerata priorita-ria. Pare, infatti, che stia venendo meno la credibilitàdegli educatori istituzionali e per questo la societànuova dovrà utilizzare non solo la scuola e la famiglia,ma in maniera innovativa dovrà coinvolgere nel proget-to formativo dei giovani anche l’ambiente di lavoro ed iluoghi dove si svolge il tempo libero. Si pone l’esigen-za di affinare i propri strumenti. Non è da escludere,riallacciandoci al discorso fatto in precedenza, che l’ar-ricchimento della nostra vita spirituale, derivata dalcontatto ravvicinato con i sacerdoti ed i vescovi, ci daràmaggiori opportunità di intervento anche a favore deigiovani e, di conseguenza, a favore dei seminaristi. Unaimpostazione moralistica dell’insegnamento cattoliconon è sufficiente a far capire, soprattutto ai giovani,come agire da “cristiani maturi”.

Attivi nel Serra sono i vice Presidenti ed i coordina-tori delle Commissioni che sono i responsabili di setto-ri specifici e dei relativi provvedimenti decisionaliriguardo, solo per citare i più noti, cultura e programmi.I Governatori distrettuali sono la base portante delCNIS.

Ultimo provvedimento deliberativo importanteassunto dal CNIS nella seduta di novembre, è stata l’e-lezione, su designazione della commissione nomine,alla carica di Presidente Nazionale Eletto dell’avvocatoDonato Viti, che assumerà l’incarico di PresidenteNazionale il prossimo luglio.

In queste considerazioni non posso non sostenereche il Consiglio Nazionale di Serra Italia, nella sua evo-luzione, opera anche nell’ aspettativa che quando da ser-rani ci accingiamo a compiere un gesto di aiuto, questonon dovrà esaurirsi solo nel soddisfacimento di unarichiesta, ma dovrà mirare a realizzarsi nella continuitàdell’intervento. Questo contribuirà anche alla crescitadel movimento.

Il past presidente internazionale Cesare Gambardellasostiene, infatti, che la differenza tra amore ed egoismoconsiste nel fatto che il primo è donazione, l’altro è pre-tesa.

Il nostro impegno di amore verso l’unità del SerraClub e la vicinanza alla Chiesa ed ai suoi Ministri cicondurranno ad una maggiore comprensione dei proble-mi che affligono la nostra società e tale migliore com-prensione ci porterà a meglio allinearci in continuità congli orientamenti dettati dall’insegnamento della nostrareligione, dei vescovi e del S. Padre.

Personalmente penso che il nostro cammino debbaessere caratterizzato da un particolare senso di apparte-nenza.

Lino Sabino

Attribuitaperil 2010la“Borsa di studioBrauzzi”

Il Consiglio di Amministrazione dellaFondazione Beato Junipero Serra, nella sedutadel 27 novembre 2009, dopo aver espressoconsenso unanime per l’assegnazione dellaBorsa di Studio Brauzzi a favore del Seminariodell’Aquila, ha trasmesso al CNIS la richiestaper il necessario esame.

La proposta è stata presentata dalGovernatore Berardino Rocchi, componentedel Consiglio di amministrazione dellaFondazione, a seguito di esplicita richiestaavanzata da Don Alessandro Benzi, Rettore delSeminario Arcivescovile dell’Aquila.

Con la domanda del Rettore viene espressa-mente indicato che a beneficiarne sia ilSeminario colpito dal sisma del 6 aprile 2009,a causa del quale i 4 giovani in forza alSeminario hanno perduto la “casa” (andataquasi completamente distrutta), gli effetti per-sonali, nonché tutti i supporti didattici

Premesso quanto sopra, la Commissione,dopo l’esame della richiesta e della relativadocumentazione allegata, esprime parerefavorevole all’erogazione, a favore delSeminario Arcivescovile dell’Aquila, dellasomma di € 1.500 (millecinquecento), qualequota della Borsa di studio Brauzzi per l’an-no 2010.

La consegna della Borsa di studio alRettore del Seminario dell’Aquila avverrà aRoma nel corso del Congresso Nazionale del7/9 maggio.

Ugo La Cava