Il sacro come non l'avete mai visto - Marsilio Editori

8
Il sacro come non l'avete mai visto Nel Novecento l'iconografia cristiana si reinventa: la mostra di Palazzo Strozzi a Firenze propone un itinerario tra le opere a soggetto religioso di grandi maestri testo di Elena Pontiggia* 28 Luoghi dell'Infinito

Transcript of Il sacro come non l'avete mai visto - Marsilio Editori

Il sacro comenon l'avete mai vistoNel Novecento l'iconografia cristiana si reinventa: la mostra di Palazzo Strozzi a Firenze

propone un itinerario tra le opere a soggetto religioso di grandi maestri

testo di Elena Pontiggia*

28 Luoghi dell'Infinito

Si dice spesso che il Novecentonon sia stato un secolo d'oroper l'arte sacra. Tante le ragioniche hanno reso difficile, e a vol-te interrotto, il dialogo tra la

Chiesa e i maestri del secolo scorso. L'ar-te contemporanea, inoltre, ha esploratoil territorio del brutto e del deforme co-me mai era accaduto prima, e anche que-sto non aiuta. In gran parte delle ricerchedel Novecento, poi, l'artista inventa unsuo linguaggio che occorre imparare: co-sa non sempre facile, né sempre possibileper un'opera che non è destinata a un'au-la universitaria o a un museo, ma, ap-punto, a una chiesa. Queste sconsolanticonsiderazioni non devono comunqueimpedirci di notare che un punto di for-

za nell'arte contemporanea di soggettoreligioso c'è: gli artisti hanno rappresen-tato i fatti della Bibbia e del Vangelo conimmagini e scene inedite, e spesso ina-spettate. E di questa libertà creativa è te-stimone la grande esposizione di PalazzoStrozzi a Firenze, "Bellezza divina",evento legato al quinto Convegno eccle-siale della Chiesa italiana. Un percorsoche, a partire dalla seconda metà dell'Ot-tocento, mostra nell'arco di cento anni lafecondità del dialogo tra arte e sacro at-traverso maestri come Millet, Redon,Rouault, Chagall, Fontana, Manzù.

Il Ventesimo secolo, dicevamo, ha vi-sto una vivacissima fioritura di invenzio-ni iconografìche. Intendiamoci, per certiaspetti è sempre stato cosi. Ogni artista è

In queste pagine,da sinistra,Gaetano Previati, Georgica

(1905), olio su tela.

Città del Vaticano, Musei Vaticani,

Collezione d'Arte Contemporanea;

Grariam Sutherland,

Studio per la Crocifissione

(1947), olio su masonite.

Città del Vaticano, Musei Vaticani,

Collezione d'Arte Contemporanea.

Luoghi dell'Infinito 29

In queste pagine,

da sinistra,

Arturo Martini, Figliol prodigo

(1927), bronzo. Acqui Terme,

Casa di Riposo "Jona Ottolenghi

Felice Carena, Apostoli [1926),

olio su tela. Firenze, Galleria

d'arte moderna di Palazzo Pitti.

30 Luoghi dell'Infinito

nuovo, altrimenti è solo un epigono.Perché un artista sia nuovo basta che siaun artista. Tuttavia la pittura del Nove-cento con la sua libertà espressiva, la suasoggettività e, soprattutto, la frequentemancanza di una committenza ha accen-tuato la dimensione inventiva. Non stia-mo parlando di quella attualizzazione atutti i costi, spesso banale, che certi arti-sti hanno tentato. Valgono, a questo pro-posito, le parole di Gadda: «Se una cosaè più moderna di un'altra, vuoi dire chenon sono eterne né l'una né l'altra».

Non c'è bisogno di aggiungere, poi,che (a dispetto del culto dell'originalitàpraticato da tanta arte contemporanea)non ogni invenzione è buona... Stiamoparlando, invece, di una novità più segre-

ta ma più intensa. Ci spieghiamo megliocon qualche esempio. Pensiamo ali' Ulti-ma cena di Emil Nolde, dove Cristo haun volto febbrile e allucinato. Nessunacollezione ecclesiastica la volle e si puòcapire. Il giovane direttore del museo diHalle, in Germania, che l'aveva acquista-ta, si trovò coinvolto in un vespaio di po-lemiche e rischiò il posto. Eppure, anchese il Salvatore di Nolde non era bello népiacevole, la sua espressione stralunataesprimeva — molto meglio di tanti gra-ziosi Redentori con improbabili capellibiondi e occhi azzurri — l'inconcepibilefollia dell'amore di Cristo.

E ancora. Pensiamo alla Madonna diGuadalupe di Dalì, che ha il disco di ungirasole al posto dell'aureola. Quale giu-

dizioso committente, nei secoli passati,avrebbe potuto accettarla? Per molto me-no {uri Ultima Cena con più invitati deldovuto) Veronese ricevette addiritturauna convocazione al tribunale delSant'Uffìzio e alla fine dovette cambiareil titolo al suo monumentale lavoro: nonpiù Ultima Cena, ma Convito in casa diLevi. Altri tempi. A Dalì andò meglioperché la sua Madonna l'aveva dipintasolo per sé. In ogni caso quella corolla digirasole, posta inopinatamente a corona-re la Vergine, oltre a essere bella avevaanche un valore non casuale: era il segnodell'armonia che governa le opere delcreato, perché in natura le infiorescenzedel girasole si dispongono a spirale se-condo un ritmo numerico perfetto, do-

Luoghi dell'Infinito 31

32 Luoghi dell'Infinito

In queste pagine,da sinistra,Lucio Fontana, Crocifissione

(1 951 ), ceramica policroma.

Collezione privata;

Adolfo Wildt, San Francesco

(1925), marmo.

Forli, Palazzo Romagnoli,

Collezioni del Novecento.

minato dal valore ricorrente di 3,14.Un altro esempio di novità è il Figlio!

prodigo di Arturo Martini, opera espo-sta a Palazzo Strozzi. Si tratta di un te-ma autobiografico che l'artista esegueper la prima volta dopo la morte del pa-dre, e racchiude il desiderio di un estre-mo colloquio con quell'uomo con cuiaveva sempre avuto un rapporto diffìci-le. «Non ero sopportato da mio padre,da bambino ero ritenuto idiota» haconfessato l'artista. E anche: «E succes-so che ho riabilitato mio padre, che nonavevo capito atttaverso l'odio di miamadre». Martini era nato in una famigliapiena di conflitti. «Mi meraviglio che miabbiano fatto nascere» diceva. Il padreeffettivamente non lo apprezzava — an-

che perché da bambino lo scultore avevaripetuto due volte la prima elementare etre volte la seconda -, e la sua prematurascomparsa, quando Martini era a Parigi,aveva per sempre impedito un avvicina-mento, una spiegazione. Ma veniamo al-la scultura del Figliai prodigo, che modi-fica addirittura il racconto evangelico,perché accentua la fragilità del padre mi-sericordioso. Nella parabola di Luca(15,21) il padre è una persona ancora sa-na che corre incontro al figlio, da ordiniai servi, prende decisioni. Del resto all'e-poca ci si sposava giovani, e doveva avereuna quarantina d'anni o poco più. Mar-tini invece immagina un uomo anziano,quasi cieco, che guarda nel vuoto e affer-ra il braccio del figlio per farsi suggerire

dal tatto quello che la vista gli dice ormaia fatica. E il giovane, che prima l'avevaodiato non sopportandone l'autorità, oralo guarda ansiosamente, scoprendolo perla prima volta invecchiato, debole. L'in-contro col padre dimostra cosi la preca-rietà della vita umana. Quale opera d'ar-te, se non contemporanea, avrebbe potu-to avere una tale libertà?

Altrettanto nuovo, ma con esiti piùdiffìcili da comprendere, è il San France-sco di Wildt, esposto sempre a Firenze:un santo emaciato, estenuato, spettralecome nessun altro nella storia dell'arte.Non tanto al santo di Assisi si era ispira-to l'artista, ma alla propria concezionesimbolista, che indugiava fin troppo let-terariamente sulla debolezza e la larvalità

Luoghi dell'Infinito 33

In queste pagine,da sinistra,Jean-Francois Millet, L'Angelus

(1857-1859), olio su tela.

Parigi, Musée d'Orsay;

Max Ernst, Crocifisso (1914)

olio su tela. Città del Vaticano,

Musei Vaticani, Collezione

d'Arte Contemporanea;

Tullio Garbari, Madonna

della Pace (1927), olio su tavola,

particolare. Trento, Museo

Diocesano Tridentino.

34 Luoghi dell'Infinito

della figura umana. E contrastanti furo-no i giudizi dei critici, quando il bustovenne esposto alla Biennale di Veneziadel 1926. «Brivido di ascesi mistica, tra-sfuso nel marmo» lo elogiava MargheritaSarfatti. Ma altri, come Zanzi, non era-no altrettanto indulgenti e dicevano cheWildt «nel ritrarre le sue figure ebbesempre presente il feto che esse furono».

Più facile da comprendere, ma altret-tanto nuova per il suo apparente candoreè la Madonna della Pace di Garbari, del1927. L'artista, che in realtà possedevauna raffinata cultura, si era ispirato alDoganiere Rousseau. Solo il motivodell'ulivo col ramo inverosimilmentelungo era ripreso dall'Albero della vita diSegantini, visto alla Galleria d'Arte Mo-

derna di Milano dove quell'anno Garba-ri era andato ad abitare. Il pittore am-bienta la scena in un paesaggio trentinocarico di simboli: sulla sinistra compaio-no gli emblemi eucaristici del pane e delvino; sulla destra si vedono i segni maria-ni della rosa, del giglio e del vetro traspa-rente, che alludono alla verginità dellaRosa mistica; sullo sfondo la mucca cheallatta il vitellino e il campo di granomaturo evocano la prosperità generatadalla concordia. L'ulivo, simbolo di pace,veglia idealmente su tutto il paesaggio.

Ingenuità? Solo in apparenza. Allaconcezione classicheggiante degli anniVenti, che affermava la centralità dell'uo-mo nella storia, Garbari voleva sostitui-re una concezione neo-romantica che

riaffermasse la dipendenza dell'uomodall'infinito. All'ideale classico del vir sisostituiva così l'ideale del puer. Voleva,così, far nascere un'arte sacra modernache eliminasse la banale agiografìa otto-centesca attraverso una pittura, in sensolato, na'if. Solo che i pittori nai'f sonoquasi sempre stucchevoli, mentre Gar-bari aveva in mente un altro genere diinfanzia. L'infanzia evangelica.

Bellezza divina tra Van Gogh, Cha-gall e Fontana, a cura di Lucia Mannini,Anna Mazzanti, Ludovica Sebregondi,Carlo Sisi. Firenze, Palazzo Strozzi. Finoal 24 gennaio 2016. Catalogo Marsilio.Info 0552469600, palazzostrozzi.org.

*storica dell'arte

® RIPRODUZIONE RISERVATA

Luoghi dell'Infinito 35