Il Restauro Dello Spedale Dei Cavalieri a Rodi (Gerola G, Roma 1914)

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Che uno spedale destinato al ricovero dei pellegrini e degli infermi esistesse a Rodi fin dai primi giorni di stanziamento dei Cavalieri Gerosolimitani nell'isola delle rose, sulprincipio del secolo xiv, appare cosa più che verosimile, non appena si ponga mente al fatto che l'ospitalità dei forestieri e la cura dei malati erano fra i precipui e fondamentali scopi di quell'Ordine, il quale dall'origine si chiamò per questo appunto degli Spedalieri.

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IL RESTAURO

DELLO SPEDALE DEI CAVALIERI A RODI

Supellectilibus ornetur et munusculis splendeat: in eo namque Christus habitat, in eo colitur in eo quoque reficitur.

CH E uno spedale destinato al ricovero dei pellegrini e degli infermi esistesse a Rodi fin dai primi giorni di stanziamento dei Cavalieri Gerosolimitani nell'isola delle rose, sul

principio del secolo x iv , appare cosa più che verosimile, non appena si ponga mente al fatto che l'ospitalità dei forestieri e la cura dei malati erano fra i precipui e fondamentali scopi di quell'Ordine, il quale dall'origine si chiamò per questo appunto degli Spedalieri. 1

Le scarse notizie storiche finora divulgate dagli archivi della Religione non ci permettono al contrario di affermare in quale parte della città quell'edificio si trovasse ; e men che meno di stabilire a quale importanza il monumento assurgesse. Più fruttuose potrebbero per avventura riuscire le ricerche nei numerosi testi medioevali tramandatici dai viaggiatori e pellegrini d'oltremare. Il notaio italiano Nicolò Martoni, ad esempio, che fu a Rodi nell'estate del 1394, dopo avere più a lungo parlato del palazzo del Granmastro (che egli chiama Hospitium), accenna fugacemente anche allo spedale (designato come Hospitalé).2 Ed il notissimo Cristoforo Buon-delmonti, che scriveva nel 1422, parlando della città di Rodi, così si esprime: « Nunc autem, ad comparationem antique civìtatis, modica est: que septentrionem prospectat et in quatuor divisa

remanet. Est autem primaque superior pars munitissima valde, in qua reverendissima in Christo

pater et dominus magmts magister hospitalis Iherosolimi habitat. Secunda autem a jratribus dicti

Ordìnis possessa est: in qua est ecclesia nobilissima sancti Johannis edificata... Tertia denique pars

monicionem cum hospitali dicti conventus resedit, ad quodperegrini et transeuntes per Rhodum habent

refugium. Quarta et ultima pars diete civitatis a mercatoribus una cum Grecìs habita est » . 3 In altre

parole, mentre noi conosciamo un'antica distinzione, tuttora visibile, della città di Rodi — esclusi i posteriori sobborghi — in tre recinti, il più interno corrispondente al palazzo del Granmastro (che vedemmo chiamato Ospizio), il secondo — la città nobile — destinato agli altri cavalieri

1 Cos ì certe ordinazioni del m a g g i o 1356 stabi l ivano

« che nello Spedale di Rodi sì dovesse provedere alle cose necessarie a' pellegrini, agl'infermi e ad altri poveri che vi capitavano, come per il passato far si soleva ». ( I . B o s i o , Dell'istoria della sacra religione et illustrissima militici di S. Giovanni Gerosolimitano. R o m a , 1630 , vo i . I I , pag . 9 1 ) . — D o n d e ricavi ta luno

che lo spedale di Rodi venne fondato verso il 1 3 3 5

dal g ranmast ro V i l l a n o v a (Cfr. G . S O M M I P I C E N A R D I ,

Itinéraire d'un chevalier de saint-Jeau de férusalem dans l'ile de Rhodes. R o m e , 19.00, p a g , 59) , non sap­

piamo d a v v e r o . 2 « Et est Hospitalé lectorum magmtm prò peregrinis

et infirmis: in quo fit magna helemosina, cum medicis semper paratìs ed aliis rebus prò infirmis necessariis ». ( L . L E G R A N D , Relation du pélerinage à Jérùsalem de Nicolas de lilartoni in Revue de l'Orient latin, I I I , 4. Par is , 1895 , pag . 584).

3 G . G E R O L A , Le Tredici Sporadi nel codice Clas-sense di Cristoforo Buondelmonti (in corso di s tampa negli Atti e Memorie della R. Deputazione di storia patria per le Provincie di Romagna).

G. GERO LA

(e denominato Castrimi, Castello, Convento o Collachio) ed il terzo più esterno (detto dei

Borghi) per i commercianti europei e per la popolazione indigena, il Buondelmonti ci testi-

monierebbe l'esistenza, a principio del quattrocento, di un altro riparto della città — intermedio

fra il Collachio ed i Borghi •—, riservato alle munizioni ed allo Spedale o Infermeria che

dir si voglia.

Comunque fosse di ciò, sta ad ogni modo il fatto che il pio istituto non doveva rispondere

troppo alle esigenze cui era destinato, 1 se, disponendo le sue ultime volontà, il granmastro Antonio

Fluvian nell'ottobre 1437 ebbe a riservare una apposita somma di danaro alla fabbrica di una

nuova infermeria: « E sentendosi molto aggravato — scrive lo storico dell'Ordine — fece il suo

dispropriamènto, nel quale lascio et ordino che del danaro suo s'edificasse una nuova infermeria

in Rodi; e di ciò lasciò esecutore fra Giovanni Morello prior della Chiesa (e poi arcivescovo

della città) e fra Giovanni Cavaglione gran Comendatore » ,2

Il progetto venne ben presto attuato. Che, sotto il magistero del successore Giovanni

Lastic, il « prior della Chiesa fra Giovarmi Morelli..., come esecutore del testamento del gran-

mastro frat'Antonio Fluviano, con licenza del granmastro e del consiglio, cominciò in quest' anno,

ch'era nel mille quattrocento e trentanove, ad edificare la nuova infermeria nella citta e convento

dì Roditi.^ E cinque anni dopo, nel 1444, il castellano d'Emposta Giovanni di Villaraguto stan­

ziava a sua volta per l'infermeria una notevole somma di denaro; 4 mentre il granmastro stasso

sanciva nuove disposizioni per il buon andamento dell' istituto. s

1 L ' insuff icenza del l 'or ig inar io spedale è provata al­

tresì dal fatto che verso l a fine del secolo x i v l ' A m ­

miragl io della L i n g u a d ' I ta l ia , D o m e n i c o d ' A l e m a g n a ,

ebbe a fondare un ospizio suppletor io , intitolato a S . C a ­

terina: « Haveva il medesimo ammiraglio fra Domenico d'Alemagna ... fondata ne' borghi della città di Rodi, una chiesa in honore di Santa Caterina con nno spe­dale : dotando la chiesa e lo spedale sitpradetto dì tre mulini, posti nel molo del porto di Rodi, cioè il primo, il dccimoquarto e il decimonono ch'erano una filiera di mulini a vento che all'entrata di detto molo sì tro­vava; lasciandogli e applicandogli oltre di ciò molte case, vigne e altri beni: i quali erano baslevoli a man­tenere uno spedale assai comodo e buono. E questo fece egli affine che la chiesa e lo spedale insieme re­stassero perpetuo jiispadronato dell'ammiraglio della lìngua d'Italia che dì tempo in tempo sarebbe : con condìtione ch'egli dovesse provedere d'un Intorno da bene secolare per iufermiero e guardiano di detto spedale; e che mantenere dovesse nella detta chiesa due capellani di buona vita, i quali celebrare doves­sero per il meno ogni giorno una messa, e con essi sostentare anco un cherico per servirle ». ( B o s i o , Del­l'istoria cit . , I I , 145) . L o spedale di S a n t a Cater ina ,

contrassegnato dagl i s temmi degli A m m i r a g l i D o m e ­

nico d ' A l e m a g n a e Costanzo Operti ( 1 5 1 6 ) , si con­

serva tuttora, convertito in abitazione privata del la

famiglia Alchadef . 2 B o s i o , Dell'istoria cit. , I I , 209. 3 Ib idem, I I , 2 1 3 . 4 « Et ivi fece quella notabile e pia donazione all'in­

fermeria o sia spedale di Rodi della quale negli s/a-bi/imenti della Religione al XXIV statuto del titolo dell'liospìtalità si fa inentione. Haveva questo pio e

veramente religioso cavaliere prestati alla comunità et a giurati della città di Tortqsa nel principato di Catalogna... cento mila soldi di moneta catalana cor­rente, et essi obligati s'erano dì pagare... quattro mila soldi simili ogn'anno di censo... Questa partita adun­que, insieme col frutto de' quattro mila soldi ch'ogni anno se ne cavava, donò egli allo spedale e alla sacra infermeria, acciocché più comodamente potesse prove­dere e mantenere le cose necessarie a pellegrini et a poveri chrisliani infermi ch'ogni giorno in detta in­fermeria si ricoveravano, con espresso patto e fondi­noti • che i detti cento mila soldi co' frutti ch'indi si cava-vano per qualsivoglia cagione alienare, vendere od impegnare mai non si potessero nè convertire in altro uso, ma che perpetuamente per servizio di della infermeria rimaner dovessero » , ecc . ecc . ( I b i d e m , I I , pag . 2 2 1 ) .

s L e disposizioni statutarie r iguardanti i cappel lani

dello speda le , « ut unoquoque die aegroti missam au-dìa/il», d imostrano come fin da al lora sul la corsia dei

malati r i spondesse una cappel l ina per la celebrazione

della messa . Ma più significativi, a mostrare la ric­

chezza del l ' i s t i tuto, sono i regolamenti del lo stesso

Las t ic relativi agli inventari delle suppelletti l i : « De

omnibus quoque utensilibus et bonis infirmarie, vide-lìcet vasis argenteìs, aureis, staneis, eneis, quibusvis lectis, cooperforiis; linteaminibus, papilìionibiis et ce-teris aptis et deputatis, de omnibus aliis quoque bonis rebus et utensitìbjts cuiusvis generis fuerint servitio capette palati!, caiuerarum, cornine et aliis ofticiuis adscriptis, inveutarìinii aiithenticiim... conticiaut». (Sta­llila Hospìtalis Hierusalem. R o m a e , 1588, p a g . 32 e 33 ) . Del resto ci consta che i T u r c h i , dopo l 'espu­

gnazione del 1 522 « sacrum xenodochium omni ornatu

IL RESTAURO DELLO SPEDALE DEI CAVALIERI A RODI

3 Quando nel 1826 il colonnello olandese Rottiers si trovò a visitare la città di Rodi, nella

facciata dell'edificio di cui ci occupiamo in queste pagine e precisamente nel bel mezzo dello sporto al primo piano, ebbe a notare un marmo, ove, sotto a due angeli reggenti la bandiera dell'Ordine, era rappresentato lo stemma colla fascia del granmastro Lastic : 1 inferiormente sten-devasi un'epigrafe, della quale egli, coll'aiuto di un canocchiale, credette di poter leggere le prime parole A nativitate Jesu Christi 1445.2 La parte centrale di quel marmo, 3 tolta poste­riormente dal suo luogo per aprirvi una finestra, fu più tardi collocata fra le pietre della piccola collezione lapidaria al Konak, e recentemente, negli ultimi restauri, rimessa a posto nella facciata dello spedale. 4 Ma l'epigrafe non fu più rintracciata. Q r* %*st^tc.<£&,. é^n-o «- K*L*I<L

Se quel marmo conferma così l'autenticità delle notizie tramandateci dai documenti nei riguardi della rinnovazione dell'infermeria per merito del Lastic fra il 1439 ed il 1445, esso non basta tuttavia a dimostrarci che l'edificio dello spedale quale oggigiorno ammiriamo cor-l'sponda per l'appunto, neppure in parte, alla fabbrica di quel granmastro: e vedremo tantosto il perchè.

Ignoriamo anzi ad un tempo se la più antica infermeria dell'Ordine sorgesse al luogo ove poi venne edificato il nosocomio del Lastic ; e se quest'ultimo possa identificarsi — almeno per l'area occupata — collo spedale dei Cavalieri tuttora esistente e di cui qui trattiamo. Le scarse notizie testé riportate ci testificano appena come l'originario stabilimento rimanesse come segre­gato in un apposito quartiere della città, e come la fabbrica del 1439 fosse certamente eretta entro la cinta del Collachio, al pari di quella posteriore : 5 ma nelle belle miniature che in un codice della biblioteca nazionale di Parigi accompagnano l'operetta di Guglielmo Caoursin sul­l'assedio di Rod i , 6 se la città vi figura parecchie volte anche in dettaglio, nessun edificio par­ticolare è rappresentato al posto ove sorge ora il grande spedale.

Questo è certamente opera precipua, se non esclusiva, del granmastro Pietro d'Aubusson ;

cultuque et supellectìle argentea piane maxime valoris spoliarunt» ( I . F Ò N T A N U S , De hello Rkòdio. R o m a e ,

1524)-1 D u e soli dei granmastr i di R o d i ebbero per s temma

la f asc ia : A n t o n i o F luv ia l i d 'oro in c a m p o rosso ,

G iovanni Las t ic di rosso in c a m p o argenteo . 2 B . E . A . R O T T I E R S , Description des monumens

de Rhodes. Bruxe l les , 1830 , p a g . 254 e tav . X X X e

L U I , 5. 3 A sinistra del m a r m o , in b a s s o , r i levasi la s ig la ,

probabi lmente del l 'artef ice : una lettera A col l 'asta

traversale pro lungata d ' a m b o i lati e con un occhiel lo

a forma di O sovrapposto al vert ice. 4 II marchese G u i d o S o m m i Picenardi , mentre con­

fessa di non aver veduta un 'a l t ra epigrafe — pur leg­

gibi l i ss ima — sulla porticina settentrionale 1 ,10 spe-

tTaJé\ fa colpa invece al Rott iers di avere descritta la

lapide del Las t ic come situata nella facciata, mentre

egli l ' av rebbe trovata sopra al portone di quel lo stesso

fianco di t ramontana att iguo alla porticina testé ri­

cordata . ( S O M M I P I C E N A R H I , Itìnéraire cit . , 60). E v i ­

dentemente però , scr ivendo sul la base di appunti forse

confusi , egl i r i cordava m a l e : che la lapide Las t ic non

potè essere mai in quel posto (cfr. F . D E B E L A B R E ,

Rhodes of the Knìghts. Ox ford , 1908, pag . 1 2 2 e 128).

Certo si è che, q u a n d o durante : restauri in corso

questa fu r imessa entro i superstiti avanzi di cornice

al luogo stesso ove la d i segnava il Rott iers , il m a r m o

si t rovò a combinare perfettamente in quel v a n o . 5 Dentro la cerchia del Col lachio e precisamente

a l l ' ango lo nord-est di esso , trovatisi ancora alcuni edi­

fici, i quali v a n n o considerati fra i più vecchi monu­

menti dei cavalieri di R o d i . A pianterreno, come al

pr imo p iano , si c o m p o n g o n o di grandi avvolt i , l 'uno

dei quali ultimi nella sua originaria consistenza (prima

cioè che il g ranmast ro Fabr iz io del Carretto vi aprisse

una porta e vi accostasse una scala) terminava ad

oriente con una absidiola . Ne l la fronte di uno dei

locali attigui figurano gli s temmi della Re l ig ione e del

granmastro R u g g e r o du Pins ( 1 3 5 5 - 1 3 6 5 ) ; altri avvolt i

circonvincini conservano tuttora u n ' e n o r m e provvis ta

di pal le di b o m b a r d a si di ferro come di m a r m o .

Data la località appartata , che ben si prestava a co­

stituire un apposi to recesso della città ; data l ' e s i ­

stenza di quel la absidiola corr ispondente al la cappel­

lina che descr iveremo nel nostro spedale ; e data la

presenza delle munizioni ; gli edifici si accordano tanto

colle parole del Buonde lmont i , che verrebbe fatto di

identificare con essi l 'or ig inar io spedale di R o d i , se

non anche la rifabbrica del Las t i c . N o n devesi tacere

però che anche lo spedale di cui ci occup iamo sorge

non molto lungi di qui e che alcune quindi delle

suesposte considerazioni v a l g o n o altrettanto per que­

sta local ità.

" G . C A O U R S I N , Obsidionis Rhodiae urbis descriptio. ( F o n d s latin, 6067).

4 G. GERO LA

e fa parte di quel vasto piano edilizio per cui la città di Rodi fu pressoché completamente rinnovata per merito dell'animoso granmastro francese, dopoché il tremendo assedio del 1480 ed ì gravi terremoti dell'anno seguente avevano disseminate dovunque le rovine : mentre il vecchio spedale del Lastic aveva certo dimostrato la propria insufficenza a ricettare i feriti durante i tre mesi dell'epica lotta.

Quantunque una parte dell'ala di settentrione, che prospetta sulla via dei Cavalieri, appa­risca costruita in una fase posteriore, l'intera fabbrica è certamente dovuta al d'Aubusson, che dopo i terremoti del 1481 durò ancora in vita ed in carica più di un ventennio sino al luglio 1503. I documenti storici, per quanto ne sappiamo, sono quasi muti al riguardo. Soltanto del 1489 si ricorda come il granmastro «.disse nei medesimi conti che egli non si faceva esito alcuno a carico del tesoro delle grandi spese che nella fabbrica della nuova infermeria... fatti haveva : le quali spese dichiarò haver egli voluto spontaneamente fare del suo proprio » . 1 Ma se della gene­rosità del munifico granmastro tacciono le fonti storiche del tempo, parla eloquentemente iti loro vece l'edificio medesimo. Lo stemma d'Aubusson figura infatti scolpito su tutte le colonne ottagonali del gran salone al primo piano, nonché dipinto sulle assicelle del soffitto che da esse viene portato ; ritorna quindi sulla colonna e sulle mensole dell'altra sala vicina — che chiamiamo dei due archi •— ; e ricorreva non meno sugli ornati in pietra e sugli infissi in legno di quell'artistico portale terreno, rispondente sulla via dei Cavalieri, 2 sotto il cui arco si legge tuttora scolpita la data del 1 4 8 . . . (soltanto l'ultima cifra non è chiaramente leggibile), 3 mentre nell'attigua porticina già ricordata, unitamente agli stemmi della Religione e di Pietro Clouet, si rileva chiaramente l'epigrafe :

dove, se può essere relativamente incerta la significazione delle prime parole, 4 è evidentissimo invece l'asserto che lo spedale fu terminato di costruire «ex novo» nel 1489 . s Quanto poi alla sopraelevazione dell'ala settentrionale, che dicemmo palesarsi di epoca posteriore, basti ricordare che il timpano del portone sul quale spicca la data del 1 4 8 . . . invade per l'appunto il piano superiore di quell'ala; che in altro punto della fronte stessa spicca una edicoletta cogli stemmi dell'Ordine e del d'Aubusson; e che sulle assicelle del soffitto interno si ripetono le stesse armi a colori — fra cui quelja d'Aubusson — come nel salone principale : prova evidente che, se due fasi si devono distinguere nella fabbrica, entrambe sono tuttavia dovute all'opera dello stesso granmastro. 6

L a lapide Lastic, collocata all'esterno dell'abside che pur appartiene a quello stesso salone dove tante volte è replicato lo stemma d'Aubusson, probabilmente non si trova al suo posto

1 B o s i o , Dell'istoria cit . , I I , 506. 2 ROTTIERS, Description cit . , tav . X X X I I . 5 II Rott iers , seguito poi da altri , vi lesse l ' anno

1489 (Ibidem e pag . 260), come sulla att igua porti­

cina. No i vi r i l e v a m m o piuttosto 1487 o anche 1482 .

Ma i vecchi battenti in l egno , per portare lo s temma

d ' A u b u s s o n col cappel lo cardinalizio, non possono

essere anteriori al 1489. 4 II prof. Bourciez del la Univers i tà di B o r d e a u x ,

crede dover interpretare : Dilìgerli pour l'oeuvre, soi-gne les malades. Frère Pierre Clouet commandeur-1489 achevé fui l'hópilal tout neuf. II prof. T h o m a s della S o r b o n a propende per : Le frère Pierre Clouet,

s'occtì}ftt>*~'rt^±jliligt>)ice de l'oeuvre de .cotisùytstÌQli, polisse activement les travau.v de l'infirmerie, ecc. ; ed il prof. H e r z o g , de l l 'un ivers i tà di Czernovitz :

Frère Pierre Clouet, actif dans cet oeuvre, prend soin de l'hópital. A tutti tre, per le spiegazioni genti lmente

inviatemi, rendo le più. v ive grazie. s E in errore il Be labre ove interpreta la data del­

l 'epigrafe come il 1473 ° 1483- (BELABRE, Rhodes cit . , 1 2 3 ) .

6 II Be labre afferma che sopra un 'a l t ra , lapide sul­

l'alto;, della fiancata settentrionale del lo spedale figura

la data 1483 ( ib idem) : ma egli è in errore, poiché

quella data non esiste affatto.

IL RESTAURO DELLO SPEDALE DEI CAVALIERI A RODI 5

primitivo. Piuttosto che supporre che quello sporto in cui dessa è incastrata facesse parte dell'infermeria eretta dal Lastic, e venisse quindi incluso nella rifabbrica del d'Aubusson, giova ammettere che costui nell'edificare il nuovo nosocomio ricavasse dall'anteriore spedale — in qualsivoglia luogo questo sorgesse — quel marmo, per murarlo ancora una volta ad onore nella sede novella, o lo facesse addirittura scolpire egli stesso : generoso atto di giustizia verso le be­nemerenze del suo antecessore, quale era nelle nobili consuetudini dei Cavalieri di R o d i . 1

Con ciò non intendiamo tuttavia di sostenere che la fabbrica dello spedale, iniziata e portata a compimento dal d'Aubusson, non venisse ulteriormente ripresa anche dai suoi suc­cessori. Se può rimanere infatti il dubbio se alcune più antiche modificazioni dell' infermeria siano state apportate già ancora dai Cavalieri anziché poscia dal Turco, è certissimo ad esempio che i bei battenti della porta d'ingresso sulla piazza vennero fatti scolpire dal granmastro Amerigo d'Amboise nel 1 5 1 2 .

Ihe se tanto scarse sono le notizie sulle vicende del monumento durante l 'evo medio, esse ci mancano affatto dal giorno in cui il Turco conquistatore, prendendo possesso della città nel gennaio del 1523 , si affrettò a riadattare tutti i più cospicui edifizi della capitale alle mutate necessità della religione di Maometto e della civiltà d'Oriente. Ma i primi rima­neggiamenti, sebbene sconvolgessero in parte la pianta dello spedale e mutassero le singole destinazioni onde risultava l'intima economia dei suoi ambienti, quei lavori vennero condotti con tale senso di decoro, da poter non solo emulare l'opera del Cavalieri, ma da confondersi addirittura con essa: sicché oggigiorno in più di un caso, ove la decorazione stilistica non ci sovvenga in aiuto, ci troviamo perplessi nell'assegnare agli uni meglio che agli altri alcune parti murarie di epoca seriore. Non cosi però nei tempi a noi più vicini, allorquando, con­vertito lo spedale in lurida caserma,- esso venne barbaramente asservito alle più tiranniche pretese della vita militare ottomana : demolite muraglie antiche, alzate nuove pareti divisorie, ostruite porte e finestre originarie, sforacchiati di aperture senza grazia i vecchi muri, mutati i pavimenti ed i soffitti, svisate le stigmate architettoniche, scalpellate le decorazioni scultorie, passata la tinta di calce inesorabilmente su tutte le antiche m u r a t u r e . . . 2

In tale stato trovavasi lo spedale, allorquando nel maggio del 1 9 1 2 le armi italiane entra­rono in Rodi.

* :•: *

L e prime esigenze del momento ebbero a consigliare anche ie nostre truppe di occupa­zione di servirsi dello spedale come luogo di acquartieramento. Ma la permanenza dei soldati fra le vecchie mura, valse più che altro ad occasionare nei reggitori il pensiero di un qualche riparo dell'edificio, di cui, attraverso la mascherature più moderne, spiccavano tuttavia i re­conditi pregi di arte e di storia.

I restauri, a voler dire tutta sincera la verità, non si iniziarono tuttavia con un piano ben definito. Ma, dopo qualche parziale assaggio, condotti saltuariamente qua e colà per l'opera entusiastica degli stessi soldati, non poterono a meno di tradire l'impreparazione e l'inespe­rienza di quei lavoratori improvvisati, di fronte ad un'opera tanto complessa ed in condi­zioni così eccezionali. Buona parte del ripristino superiore della facciata e qualche troppo spiccia demolizione altrove risentirono maggiormente dell'inevitabile anormalità di tale stato di cose.

1 U n a diecina di tali esempi scino riportati in G .

G E R O I . A , Gli stemmi superstiti nei monumenti delle Sporadi appartenute ai Cavalieri di Rodi in Rivista del Collegio araldico, X I , 1 2 . R o m a , 1 9 1 3 , pàg , 7 3 1 , nota 4. Del resto v e d r e m o che il d ' A u b u s s o n fece al­

trove dipingere nei soffitti del lo S p e d a l e , accanto alla

propr ia , le armi stesse dei due grarimastri F luv ia l i e

Las t i c . 3 A i tempi del Rott iers , nel 1826, lo spedale era

quasi disabitato : a pianterreno vi si t r o v a v a n o dei

depositi di vecchie armature e nel piano superiore

ab i tavano alcuni soldati inval idi ; gran parte degli am­

bienti r i teneva ancora la vecchia forma ( R O T T I E R S ,

Description cit . , 255 e 258). I r imaneggiament i furono

posteriori a que l l ' epoca . Ma nel 1844, quando venne

a R o d i il F l a n d i n , se pure eransi g ià iniziati quei fa­

tali lavori , lo spedale era ancora deserto ( E . F L A N -

D I N I , L'isola di Rodi. Mi lano, T 9 r 2 , p a g 66).

6 G. GERO LA

E allorquando la molteplice importanza del lavoro rese manifesta la necessità di un pk no di condotta ben definito e di un severo criterio di tecnica, la nuova fase dei restauri peccò certamente per l'eccesso contrario. Preoccupati sopra tutto della perfezione, della simmetria e della estetica della fabbrica, i restauratori sottomisero talvolta a simili intenti la veridicità sto­rica del monumento, fino a spostare o modificare delle aperture antiche o crearne di nuove, fino a rinnovare dei tratti di muro originario ove i vecchi filari non correvano troppo paralleli, e fino ad aggiungere degli elementi ornamentali affatto ingiustificati.

Premessa però tale franca dichiarazione, devo affrettarmi a soggiungere che, se l'incer­tezza dei primi passi è naturalmente spiegata dalla' difficoltosa mole del progetto, dagli ardui problemi del restauro, dalla esotica novità dei lavori e dallo stesso slancio di buon volere con cui questi vennero affrontati, il buon senso e l'intelligenza dei dirigenti non tardò molto a trionfare, avviando il restauro su quella equa e ragionevole via di mezzo che, trovata una volta, non venne abbandonata mai più. E taluno dei precedenti errori furono potuti ottima­mente riparare senza conseguenze di sorta.

Riparlare dell'ardore, della pazienza, dell'abnegazione, della valentia manifestata dai nostri bravi bersaglieri — tutti indistintamente — nei delicati lavori di demolizione come in quelli di accurata rifabbrica, nelle vaste opere di sterro come nel faticoso trasporto dei materiali, può riuscire oggigiorno superfluo, quando tante prove recentissime stanno a dimostrare le mera­vigliose qualità dei nostri soldati, qualsiasi impresa di guerra o di pace essi siano chiamati a compiere.

Benemeriti in modo particolare dell'opera di redenzione furono i due successivi governa­tori delle Sporadi, il generale Giovanni Ameglio che volle iniziati i lavori ed il generale Fran­cesco Marchi che con rigida serietà di propositi seppe condurli al termine. Quando la direzione della fabbrica fu affidata al genio militare, questa fu saggiamente ed amorevolmente tenuta dal maggiore Amilcare Boyancé e dal tenente Luigi Ramallini. Non per questo va taciuto l'appas­sionato e proficuo interessamento mostrato ai restauri dal colonnello dei bersaglieri Iginio Mal-tini e dal capitano Carlo Giustiniani. Alla mano d'opera dei soldati attese con indefessa ed intelligente vigilanza il sergente maggiore Angelo Sacco, a quella dei lavoranti indigeni — mu­ratori, scalpellini e falegnami — il capomastro rodiese Crisanti Theocari, la cui pratica locale riuscì veramente preziosa per tutti quanti i lavori. Ma altri avveduti consigli di ordine storico ed artistico ebbe occasione di fornire altresì il dott. Giacomo Biondi, incaricato dal governa­torato delle isole della conservazione dei monumenti d'arte, prima dello stabilimento della Mis­sione archeologica italiana.

Quando nella seconda metà del gennaio di quest'anno 1 9 1 4 arrivò a Rodi chi detta queste pagine, erano già condotti a buon punto i lavori della facciata dello spedale sulla piazzetta del duomo, quelli alla fronte sulla via dei Cavalieri ed il ripristino del grande salone. Du­rante la sua permanenza nell 'Egeo, sino alla metà del marzo successivo — allorché egli ce­dette il posto al collega dott. Amedeo Maiuri — furono ultimati quei lavori e portato avanti il ripristino alle tre ali superiori del fabbricato. Di guisa che alla sua partenza, oltre che il compimento di tali opere ed altri lavori di finimento, restava soltanto ad eseguirsi il restauro del pianterreno.

Gli appunti, i rilievi, i disegni, le fotografie di cui si vale il presente articolo furono raccolti ed eseguiti direttamente da chi scrive. 1

* * *

Lo spedale dei Cavalieri di Rodi sorge nella parte orientale e quindi più bassa del così detto Collachio. La facciata di levante guarda sulla piazzetta del duomo ; il fianco di setten­trione prospetta sulla via dei Cavalieri; il lato di ponente confina con un vicolo cieco ; ed il tratto di mezzogiorno termina con altri edifizi estranei ad esso accostati.

1 So l tanto la copia a penna dei disegni e rilievi è dovuta al prof. A les sandro Azzaroni di R a v e n n a .

IL RESTAURO DELLO SPEDALE DEI CAVALIERI A RODI

Nel suo complesso è una vasta costruzione a due piani, accentrata intorno ad un cortile mediano quadrato. Una scala scoperta addossata ad uno dei lati del chiostro ed altro scalone all'estremità superiore della via dei Cavalieri costituiscono la comunicazione fra i due piani.

A pianterreno il cortile è girato da un chiostro, con una serie di appendici arcuate rispon­denti sul cortile medesimo. A d ogni lato del chiostro si addossano dei magazzini. Quelli di le­vante, preceduti a loro volta da arcate, si aprono sulla piazza ; a quelli di tramontana si accede dalla via dei Cavalieri; gli avvolti di sera hanno invece le loro porte verso il chiostro; e g l i

ambienti di mezzogiorno, vari fra loro in ampiezza, sono accessibili dal chiostro medesimo oppure comunicano con retrostanti locali, ora impraticabili o rovinati.

Un loggiato superiore a quattro braccia corrisponde al chiostro terreno. L o fiancheggiano altrettante file di stanze. L'ala orientale è formata da un grande salone — con sporto esterno — accompagnato a sua volta, nel senso della lunghezza, da due serie di piccole celle. L e ali di tramontana e di sera sona costituite da una allineata teoria di stanzette. E l'ala di mezzogiorno comprende in fine un più vasto complesso di ambienti, in parte ora distrutti.

Il lato di mattina, ossia il gran salone colle sue adiacenze, supera in altezza gli altri' locali, i quali mantengono un' unica elevazione. La copertura generale è costituita da ampi terrazzi.

Della destinazione dei singoli locali, la cui determinazione riuscirebbe di sommo interesse per la storia interna dello spedale, 1 disgraziatamente non siamo affatto informati : soltanto degli avvolti terreni del lato orientale è riferito come essi formassero la dotazione del priore e del cappellano dell' infermeria. 2 Ma se gli avvolti prospicenti sulla piazzetta e sulla via dei Cavalieri erano così in certo modo indipendenti dallo spedale, intimamente connessi con questo dovevano essere invece i locali terreni accessibili dal chiostro, che giova credere servissero per magazzini di vario genere. Quanto al piano superiore, possiamo pensare che il gran salone, provvisto di

1 Notevole è il fatto della originaria scarsezza delle al buio ,

finestre nella m a g g i o r parte dell 'edif icio. Quelle aper- 2 C. T O R R , Rlwdes in modem times. C a m b r i d g e ,

ture erano ant icamente tanto l imitate di numero e ri- 1867 , pag . 4 0 : senza che però sia indicata la fonte

strette di ampiezza, da lasciare quegl i ambienti quasi della notizia.

G. GERO LA

abside, costituisse — come già si disse — la corsia pricipale per i malati; che le singole stanzette eguali fra loro dei lati di settentrione e di sera fossero riservate ad ospiti che, sia per il loro stato di salute, sia per il rango sociale più distinte , si volessero mantenere appartati ; e che i numerosi locali dell'ala di mezzogiorno fossero adibiti ai vari servizi dello spedale, ad abitazione dei medici ed infermieri, a sale di operazioni, a bagno, a cucina, ecc. 1

Il materiale costruttivo dell' intero edificio consta dei soliti conglomerati di aspetto tu­faceo, che sono comuni a tutte le altre fabbriche di Rodi. Soltanto i gradini delle scale e qualche parte scolpita sono lavorati in una pietra consimile, ma alquanto più compatta, pro­veniente probabilmente da Lindo. I pochi marmi azzurrognoli con cui sono lavorati stemmi ed epigrafi appartengono con tutta verosimiglianza alle cave di Lero.

L a struttura muraria è assai diligente. I conci squadrati con cura — e misuranti di solito 22 centimetri circa di altezza — si connettono perfettamente 1' uno all'altro, senza che dalle fessure trapeli la calce. Ed i singoli filari continuano indefinitamente nella stessa linea, finché

non vengano interrotti da una porta, da una finestra o da una arcata, intorno alla quale i blocchi assumono maggiori proporzioni. Variabilissimo è lo spessore delle muraglie, che dai

1 Veramente i descrittori di R o d i del secolo scorso

non r iconoscono nell 'edificio di cui tratt iamo lo spe­

dale dei Cava l ier i , ma credono invece di dover lo iden­

tificare col preteso C o n v e n t o ; ed ammettono al con­

trario che lo speda le fosse situato in prosecuzione di

questo , sulla v ia dei Cava l ier i , a partire dal la r i c o i d a t a

porticina col l 'epigrafe Clouet ( R O T T I E R S , Description cit . , 2 6 0 ; F L A N D I N I , L'isola di Rodi cit . , 67, ecc . ecc.) .

So l tanto il T o r r nel 1887 ( C . T O R R , Rhodes c i t . , 40)

ed il S o m m i Picenardi poco dopo ( S O M M I R I C E -

N A R D I , Itinéraire cit., 59), r iuscirono a ristabilire la

verità. U n Convento nel senso inteso da quegli scrit­

tori , non esistette mai a R o d i . Il nostro edificio invece

per la mole sua stessa ben si presta ad essere stato

il monumento precipuo degli Spedal ier i , cui ottima­

mente conviene del resto la distribuzione interna degli

ambient i , certe strane ed altrimenti inconcepibil i sue

peculiarità e part icolarmente il dettagl io dello sporto

absidato del gran s a l o n e : senza dire de l l ' a rma del

Las t i c , fondatore del lo spedale , scolpita sullaf acciata,

e di quel la del Vitifere, g r a n d e Speda l ie re , intagl iata

nel portone principale . Quanto poi al la porticina colla

significativa epigrafe del Clouet , che si t rova real

mente a caval iere del vicolo che separa lo spedale dal

success ivo palazzo della v ia maestra , nulla vieta che

essa appartenesse al pr imo piuttosto che a quest ' ul­

t imo, tanto è vero che la cornice che corre lungo

tutto lo spedale continua altresì sopra la porta stessa:

e l ' identificazione del nostro palazzo collo spedale dei

Caval ier i v a considerata per ogni rispetto o l t remodo ve­

rosimile. — Quei vecchi scrittori, entrando nei dettagli

del l 'edi l ìzio, credettero poter parimenti segnalare un

refettorio nel g ran salone ed una cucina nella sala a

due archi : ma che a tali ipotesi non v a d a attribuito

alcun va lore posit ivo è di per sè evidente .

IL RESTAURO DELLO SPEDALE DEL CAVALIERI A RODI 9

nuclei più poderosi, si restringono nelle tramezze a soli 30 centimetri. Peculiarità costante della costruzione dei Cavalieri è lo smusso con cui sono addolciti gli spigoli vivi, sia dei muri, come delle porte, finestre ed arcate minori. Volte a botte od a crociera (queste ultime accompagnate da costoloni molto sviluppati) coprono tutti i locali a pianterreno ; ma ricorrono invece solo eccezionalmente al piano superiore, dove è largamente in uso il soffitto a travi sorrette da mensole scolpite. Il pavimento del terreno forse era in semplice battuto ; in lastre di pietra od in mattonelle di cotto quello del piano superiore. Porte e finestre mostrano per

di. fuori tanto l'arco acuto, quanto quello a tutto sesto o quello ribassato, nonché il semplice architrave — segnato o meno da un archetto a paraffo — ; per di dentro invece, quando lo lo spessore del muro dà luogo ad una strombatura e deve inserirsi un battente, ricorre sol­tanto l'arco scemo. Degli infissi originari non si conserva del resto che quello della porta principale, trasportato al museo di Versailles. All'infuori di quella inerente alle porte e alle finestre, agli archi ed alle volte — coi loro costoloni, piedritti, capitelli, colonne e mensole — la

decorazione delle nude pareti è molto parca; essa si limita infatti alle sole cornici ricorrenti e ad alcune edicolette stemmate.

L'architettura del monumento appartiene al consueto tipo gotico rodiese. Riflettono in modo speciale le peculiarità stilistiche dell'isola la fila di avvolti della così detta domus bassa a pianterreno, i saloni divisi longitudinalmente da arcate, i due portali della facciata e della gran sala coi caratteristici capitelli a fascia fiorata, le edicolette in pietra scolpita cogli stemmi di marmo, i piloni coi capitelli anulari, le cornici col particolarissimo motivo del cordone intrec­ciato e via via. Ma, come lo stile gotico rodiese altro non è se non il rimaneggiamento locale, con qualche ricordo cipriotto e non senza richiami alla Turchia, degli elementi artistici importati nell'isola dalle singole nazioni che maggiormente parteciparono alla molteplice atti­vità dell'Ordine dei Cavalieri, così non è difficile riconoscere nello spedale le influenze frati-

I O G. GERO LA

cesi nel grande sporto che domina la facciata o nei possenti costoloni che accompagnano le crociere del chiostro, 1 le reminiscenze italiane nello scalone esterno del cortile e in tutti i soffitti di legno, gli accenni a Cipro nei portabandiere della facciata, e l'eco dell'Oriente nella struttura generale dell'edificio e nei merletti a nicchia che coronano l'edificio più alto.

I restauri recentemente eseguiti allo spedale si ispirarono al concetto generale di ripri­stinare — nei limiti del possibile — l'edificio in tutte le sue parti quale era al tempo dei Ca­valieri. Soltanto nei riguardi del salone principale, per evidenti criteri di opportunità, furono mantenute o ampliate le aperture di sfondo praticate nelle celle ad esso adiacenti per opera dei Turchi. E nelle due ali di sera e di mezzogiorno, se furono scrupolosamente rimesse nello stato primiero le muraglie esterne prospicenti sui loggiati e qualche vano interno più interes-

R o d i , S p e d a l e . L a facciata sulla piazzetta.

sante e significativo, venne invece parzialmente subordinata la sistemazione interiore degli altri locali alle esigenze delle raccolte del museo che essi dovranno contenere.

Dei quattro lati che costituiscono il pianterreno, dicemmo già che quello di mattina, ri­volto alla piazza, consta di una serie di otto profonde arcate, nello sfondo delle quali si aprono i portoni di altrettanti locali ad avvolto, eccezione fatta per il quinto — a contare da sinistra — dove trovasi invece la porta principale. Le arcate, ad arco ribassato, posano su massicci piloni rettangolari a spigolo vivo; smussati sono invece le spallature e gli archi-

1 II Rott iers credette di dover considerare come in­

g e g n e r e del lo spedale quel Pietro Clouet le cui armi

figurano sul la porticina settentrionale del l ' edificio,

nonché sul portale d e l l ' A l b e r g o di F r a n c i a ( R O T T I E R S ,

Descriptiou cit . , 260 e 3 1 7 : come s temma del lo stesso

personagg io egli interpretò pure malamente altre armi

sopra uno dei torrioni del porto ed alla torre di S a n

N i c o l ò , pag . 8 1 , 1 1 2 e 3 1 7 ) . Il S o m m i Picenardi ri­

gettò però g iustamente una tale opinione ( S O M M I

P I C E N A R D I , Itinéraire, 3 1 e 60). E di fatti, se si co­

noscono parecchi pittori francesi cognominat i Clouet ,

il Pietro Clouet di R o d i , per quanto ce ne dicono

quegli stemmi e quel l ' ep igra fe , altri non d o v e v a essere

se non un caval iere del lo S p e d a l e , insignito di una

commander ia e volta per volta investito di speciali

cariche in rapporto colla destinazione dei due monu­

menti ove quelle insegne compar i scono .

IL RESTAURO DELLO SPEDALE DEI CAVALIERI A RODI

volti — pure ad arco diminuito — dei singoli portoni. Il portale principale si adorna di un fascio di piedritti, le cui modanature ricorrono pure lungo l'ogiva superiore, ma sono stac-

Rodi, Spedale. La porta (ora al Museo di Versailles).

Rodi, Spedale. La porta (ora al Museo di Versailles). _ -cate da questa mediante un gruppo di piccoli capitelli proseguenti poi nella tipica fascia scolpita a rameggi; stipiti ed arco si decorano inoltre del solito motivo rodiese del cordone

G, GERO LA

intrecciato; ma l'arco stesso è accompagnato dalla consueta cornice modanata sorgente da due mensoline laterali fogliate: la svasatura della porta verso l'interno si copre di arco ribas­sato. Il paramento esterno di questa parte inferiore della facciata, molto corroso dal tempo, fu largamente rifatto nei recenti restauri, guidati da costante preoccupazione per il decoro di questa parte del monumento: ma, trattandosi di semplice rinnovazione di blocchi lisci, la rico­struzione potè riuscire sempre fedele. — Le chiusure di legno dei sette portoni — delle quali non è noto il tipo originario — stanno ora rinnovandosi sopra un modello di invenzione. Ma nei riguardi della porta principale, fu cercato invece di seguire le linee generali dei due bat­tenti antichi, che, regalati nel 1836 al principe di Joinville, furono da allora portati al museo di Versailles: 1 finemente lavorati a ventiquattro formelle gotiche di variato disegno, essi mostrano

R o d i , S p e d a l e . L a t o nord , sulla v ia dei Cava l ier i .

invece superiormente, fra mezzo a varie sculture, due angeli reggenti l'arme del granmastro d'Amboise, sotto cui figurano, colla data 15 12 , due annette di Filippo Villiers de V Isle Adam, nominato grande spedaliere il 30 settembre appunto di quel l 'anno: 2 altro scudetto ignoto è intercalato in una delle formelle inferiori. 3 — L'interno dei sette avvolti, di proprietà privata e conservato tuttora in buone condizioni, non fu toccato dai restauri. Soltanto dalla parte che guarda sul chiostro, furono rese visibili, sfondandole, le vecchie finestre che i Turchi avevano

1 E . B I L I O T T I E T C O T T R E T , L'ile de. Rhodes. R h o d e s ,

1 8 8 1 , pag . 209 e 522 . E q u i v o c a n o il S o m m i Picenardi

ed il Be labre dove asseverano la porta stessa trovarsi

attualmente al museo di C luny . 2 Rosici, Dell'istoria c i t . , I I , 600.

J É troncato dentato , col capo del l 'Ordine . U n ' a r m a

consimile por tava il caval iere G e r o l a m o Canel , ma ,

nei due esemplar i del suo s temma conservat i in una

casa del Col lachio , il numero e la disposizione dei

denti sono diversi .

IL RESTAURO DELLO SPEDALE DEI CAVALIERI A RODI ' 3

murate del tutto : di forma rettangolare, si coprono per di fuori di un semplice architrave, mentre internamente si svolgono ad arco scemo. Esse finestre ricorrono nel primo, nel terzo e nel terzultimo avvolto, cominciando da sinistra; nell'ultimo invece, sempre dalla parte verso il chiostro, si interna una nicchia arcuata, a pianta rettangolare, evidente opera turca, la quale verrà soppressa per rimettere in vista anche quivi l'originaria finestra, accusata tuttora da evidenti traccie.

Il cantone — largamente smussato — all'angolo nord-est dello spedale è collegato per mezzo di un arco pensile all'atrio della moschea, la quale in origine costituiva la cattedrale latina. Quinci prosegue sulla via dei Cavalieri la fiancata settentrionale dello spedale, composta, al pianterreno, di

R o d i , S p e d a l e . Porta le sulla, v ia dei Cava l ier i .

sette portoni ad arco ribassato, conducenti ad altrettanti avvolti; ma nel primo tratto apresi invece una grande finestra rettangolare destinata ad illuminare da tramontana 1' ultimo degli avvolti della facciata. Il primo di quei portoni è più grande ed alto dei rimanenti ed appar­tiene a quel complesso di fabbrica che, unitamente a tutto il corpo anteriore, venne forse costruito in una fase precedente di lavori, sebbene il distacco della muratura apparisca sol­tanto al piano superiore. La rinnovazione dei blocchi di muro nei restauri in corso fu quivi assai più limitata e si dedicò specialmente alla regolarizzazione dei portoni, che, mentre erano in parte murati dai Turchi, vengono ora completamente riaperti e muniti essi pure di nuove serrande di legno. Gli avvolti interni sono pur essi intatti ; nel primo fu resa evidente la finestra, analoga alle già descritte, che risponde sui chiostri ; gli altri non hanno di simili finestre, eccezione fatta per l'ultimo, che mostra una specie di feritoia.

14 G. GERO LA

La porta che, in prosecuzione degli altri sette portoni, si apre alla estremità superiore di quella fiancata dello spedale, conservava ancora nel 1844 1 non solo tutti gli ornati in pietra della sua fronte, ma anche i battenti in legno simili a quelli della porta della facciata : dal disegno tramandatocene dal Rottiers apparisce che lo stemma del granmastro d'Aubusson figurava due volte ai lati del grande arco di 'pietra e ritornava di bel nuovo replicato sulle imposte di legno, insignito quivi anche del cappello cardinalizio. 2 Oggigiorno quel portale, mentre superiormente lascia riconoscere le vandaliche scalpellature del Turco, in basso è in parte rinnovato per i recenti restauri. Ha del resto forma inconsueta a Rodi, in quanto che gli stipiti e l'ogiva a modanature gotiche sono accompagnati esternamente da due pilastri poligonali a capitelli semplici, donde si diparte un altro arco in controcurva e con due alti pin­nacoli, mentre una incorniciatura rettangolare, sorgente da due mensoline laterali e lavorata a foglie ricorrenti, viene trapassata dai fioroni terminali di quell' arco e di quei pinnacoli : della decorazione del campo restano soltanto un giglio di Francia colla data fra l'arco della ogiva e quello esterno, e due palle ai lati dell'alto apice di quest' ultimo. — L'estremo tratto di muro, coll'adito al sottopassaggio del vicolo, fu largamente — e anche non troppo fedelmente — ricostruito nei primissimi lavori di restauro. Il marmo originario che figura nella incorniciatura rettangolare — e che allo stesso luogo trovavasi murato anche anticamente — reca lo stemma della Religione, fiancheggiato da due armi di Pietro Clouet e accompagnato dal cartello coll'epi-grafe più volte ricordata del 1489. Come fosse in origine quel passaggio non sappiamo: certo l'avvolto che, coprendo la prima parte della viuzza, si addossa in prosecuzione di esso, appar­tiene ai vecchi e migliori rimaneggiamenti turchi.

I cinque avvolti terreni del lato occidentale dello spedale non comunicano affatto col vicolo stesso, con cui essi confinano dalla parte di ponente; bensì si aprono sul chiostro interno. .Ognuno ha una porta ad arco acuto, e cinque sarebbero pure — secondo le scoperte degli ultimi restauri, da me non presenziati — le finestre, di forma rettangolare, di quel lato.

Degli avvolti del lato meridionale, dissimili l'uno dall'altro, solo tre erano in origine acces sibili dal chiostro, mentre gli altri o comunicavano lateralmente fra loro o rispondevano per di dietro su altri ambienti ora colmati ovvero distrutti, e quinci immettevano forse sopra qualche via o piazza retrostante. L'avvolto all'angolo di sud-ovest ha eccezionalmente due porte : quella di passaggio dall'ultimo dei locali testé descritti è ad arco acuto, laddove è rettangolare la seconda, di accesso direttamente dal chiostro; l'ultimo tratto occidentale della volta è crollato e l'ambiente è in gran parte tuttora invaso di terra : lo illuminano due alte finestre a tromba, praticate nel muro di mezzogiorno. Il lungo locale che segue comunicava in origine col pros­simo ambiente per mezzo di un arco, attualmente murato, della sua parete orientale : verso i chiostri ha invece una finestra rettangolare, che in tempi moderni era stata convertita in porta. Lo scomparto longitudinale che trovasi nell'avvolto che segue è probabilmente opera turca, così come turca deve essere la canna del pozzo nero che a questo si appoggia ; mentre dalla parte dei chiostri mostra una finestra analoga alla precedente, conserva nella parete di rim-petto una porta ad arco ribassato, per cui si passava nei retrostanti locali. 3 L o stretto cor­ridoio successivo è ora intercluso da una parete di fondo moderna; ma originaria è al con­trario la sua porta ogivale che esce sul chiostro: il corridoio doveva costituire la chiave di accesso ai vari avvolti di destra e di sinistra. Il seguente locale, forato nella parete nord da una delle solite finestre rettangolari trasformate poi in porte, mostra altra porta ad arco scemo nella muraglia di fondo. E finalmente l'ultimo grande avvolto, oltre alla porta archia­cuta nel lato settentrionale, lascia scorgere delle traccie di arcata nel muro di levante: delle due finestre, che erano state nei lavori attuali sistemate ai lati di quella porta, almeno una sta per venire di nuovo soppressa, non rispondendo a verità; l'altra pare si voglia semplicemente rego-

1 F L \ N D I N I , L'isola di Rodi c i t , 66, 2 R O T T I E R S , Description c i t . , 260 e tav. X X X I I . 3 N e l l ' a v v o l t o in parola furono trovati gli arrugi-

niti avanzi di armature in ferro de l l ' epoca dei C a v a ­

lieri, che già il F landin a v e v a v isto quivi ammassa te .

IL RESTAURO DELLO SPEDALE DEI CAVALIERI A RODI • 5

larizzare, sulla fede di vaghi ricordi e traccie della sua esistenza; delle due pareti traversali poi con cui era stato dai Turchi suddiviso l'ambiente, la prima è stata già demolita quasi per intero, la seconda, aperta a grande arcata e strettamente connessa coli'impiego della superiore S i la , non rimonta probabilmente neppur essa all'epoca dei cavalieri. i

Il quadriportico che corre davanti agli avvolti or ora menzionati e recinge il cortile cen­trale, è limitato dai muri perimetrali degli avvolti stessi e dai venti piloni quadrangolari fra i quali si tendono altrettante arcate ribassate, del tutto analoghe a quelle della facciata. Il chiostro medesimo si suddivide — in corrispondenza con tali arcate, ma più in basso — in ventiquattro campate a crociera, cui devonsi aggiungere le altre due crociere praticate nell'an­dito d'ingresso. I costoloni delle vele e quelli degli archi divisori e terminali delle volte posano rispettivamente o sopra mensoloni infissi nel muro o sopra analoghi capitelli trilobati

R o d i , S p e d a l e . Il cortile i n t e r n o : lati nord e ovest .

che fasciano la prosecuzione interna dei ricordati piloni. Nelle mensole la fascia superiore è lavorata a modanature, a rameggi, a treccia; il sottostante nucleo rotondeggiante o è liscio o è segnato di incavi, di fogliami e di rameggi ; nei capitelli a doppia fascia, la parte di sopra si decora di varie sagome e frondeggi, l'inferiore di altre modanature o di cordone a treccia. I costoloni, a profilo molto accentuato ed alquanto complesso, si incontrano al sommo delle volte in un tondino l iscio. 1 Dei guasti recati dall'opera del tempo alle volte, ai piloni ed alle muraglie in genere del chiostro, si dovrebbero ora rimediare con prudenti riprese solo i più gravi.

Quale fosse il livello originario del cortile e del chiostro non si è potuto con precisione assodare, probabilmente perchè esso era costituito non di pavimento o selciato, ma di sem­plice battuto. Certamente, quando i Turchi costruirono la grande cisterna centrale sopraele­vata sul piano del cortile antico, col materiale allora ricavato alzarono sensibilmente il livello tutto intorno. I restauri in corso, dopo avere sfondata quella cisterna e provveduto ad una grandiosa opera di sterro, cercarono di accomodare il livello, spesso ed improvvisamente varia-

1 È in errore il F l a n d i n dove sostiene che le pi lastrate del chiostro si a d o r n a v a n o di stemmi. ( F L A N -

D I N I , L'isola di Rodi, cit. 66).

i 6 G. GERO LA

bile, di tutta quanta quell'area, in base ai dati offerti dalle antiche soglie delle porte e dalla risega dei muri da un lato, e dall'altro dalle originarie piattaforme di fondazione dei piloni, che non sempre però corrispondono ai primi. Il pavimento del porticato e dell'androne verrà ultimato ad acciottolato, quello del cortile con semplice ghiaia.

Una canna quadrangolare di muratura, appoggiata ad uno dei piloni del lato di mezzo­giorno, serviva ad attingere acqua direttamente dal piano superiore in un sottostante pozzo. Il genere della sua muratura — immorsata in qualche punto con quella del pilone — e la cir­costanza che la corrispondente pilastrata della loggia è molto più larga delle altre, appunto per lasciare adito alla porticina della canna stessa, sembravano designare quel manufatto come appartenente all'epoca dei cavalieri. Ciò non ostante, per l'ingombro materiale e per lo sconcio estetico che essa rappresentava, venne nei primi tempi dei restauri demolita. Fu tuttavia rifatta

R o d i , S p e d a l e . L a t o ovest del chiostro terreno.

poi di bel nuovo — a memoria — sulle fondamenta e sulle traccie antiche, profondandola però più in basso e più accuratamente eseguendo la muratura inferiore: se la canna avesse o meno una porta o finestra a livello del cortile è affermato da taluno, negato da altri.

La scala turca di accesso dal cortile al piano superiore trovavasi all'angolo nord-est del cortile stesso, vale a dire rimpetto alla attuale. Dopo la recentissima sua demolizione, nes­suna traccia — per quanto mi si assicura — venne riscontrata, la quale legittimasse il sospetto che quivi fosse sorta una scalea più antica : ciò che del resto sembra pure escluso dal fatto che immorsato alla pilastrata sinistra della loggia era pur sempre rimasto un pezzo del muro di parapetto che, chiudendo originariamente — al pari degli altri — anche quel lato, non poteva consentire lo sbocco superiore di una scala. Della nuova scala che or ora si è edificata invece all'opposto lato del cortile, furono scoperte le fondamenta e anche il primo filare in muratura dei due piloni. Ne rimaneva pure in posto l'estremo gradino superiore, ricavato nella mura­glia soprastante all'arcone, in maniera che lo scalino medes imo— largo 31 centimetri ed alto 19 — riusciva a filo coll'esterno del muro. Di sotto, un solco praticato per tutta la lun­ghezza di quel muro, doveva in origine accogliere un dente dei sottostanti blocchi, per il pe­nultimo gradino. L'originario pavimento in mattonelle del loggiato, sopraelevato di 12 centi­metri sopra l'ultimo scalino, mostrava il raccordo originale con questo.

//. RESTAURO DELLO SPEDALE DEL CAVALIERI A RODI 17

Conservata invece — con qualche rimaneggiamento ai gradini — è tutta quanta la scala marmorea che dalla porta al sommo della via'dei Cavalieri conduce ad un pianerottolo in prose­cuzione del loggiato superiore. Ma, mentre tale scala era certo limitata alla sua destra, vale a dire ad occidente, da una muraglia — di cui resta evidente l'attacco nel muro che dà sulla strada — la parete stessa venne demolita dai Turchi, allorquando questi, in varie epoche, sistemarono diversamente tutta quest'area dell'edificio. Di dietro al pianerottolo, cioè a mezzogiorno di questo, fu da essi costruita una solida cisterna, il cui muro di settentrione venne ad ostruire una delle finestrine praticate in origine nel lato dello spedale prospiciente sul vicolo; poscia, fabbricatosi l'accennato avvolto inferióre a cavaliere dell'inizio del viottolo medesimo, venne su esso ampliato il pianerottolo; ristrettasi quindi l'ampiezza della scala, alla destra di essa fu costruita una informe stanzetta; il tetto, sopraelevato dal piano di posa antico, fu sostenuto con colonne di muratura appoggiate sulla cisterna, con pali di legno fondati sul pianerottolo e con un arco acuto teso fra il muro di sinistra e l'angolo della detta stanzuccia; da ultimo si sopraele­varono ancora, i muri di fondo, ove eransi — in basso — sistemati dei lavatoi di marmo. I lavori di restauro attualmente in corso, se rispettarono naturalmente il muro di sinistra colla sua fine­stra antica — di cui diremo —, nonché il già ricordato muro sulla via dei Cavalieri, colla porta monumentale e colla attigua finestrella rettangolare soprastante alla lapide del Clouet, inten­dono invece di rimettere in vista per intero la scala col suo pianerottolo e di ridiscendere al suo posto chiaramente indicato — colla originaria inclinazione — la copertura del tetto; ma nel ricostruire il muro di destra, di cui al di sopra del livello del pianerottolo non resta che il solo attacco al muro della strada, e specialmente nell'erigere la muraglia sullo sfondo — a mezzodì — d e l l a quale, dopo i rimaneggiamenti turchi, non sopravanza alcuna traccia sicura, devono necessariamente ricorrere ad elementi congetturali.

Siamo così arrivati al piano superiore del palazzo.

$ * *

Il loggiato che — già tutto imbiancato dai Turchi — corre sopra al quadriportico del pianterreno per i quattro lati del piano superiore, consta di un andito coperto, il cui tetto verso il cortile è sostenuto da arcate ribassate — del solito tipo — posanti sopra colonne elit-tiche a capitelli anulari, le quali sorgono da un parapetto pure di muratura, smussato all'in­terno e immorsato colle colonne medesime. Quattro altre arcate, costrutte alla estremità delle singole gallerie, servono a separare i soffitti dell'una da quelli dell'altra ed a meglio legare l'edificio: difatti in corrispondenza alla mensola dell'arcata di sud-est è opportunamente ingros­sato anche il muro perimetrale della stanza che sul loggiato prospetta. Il soffitto, ad unico piovente, somiglia a quello — che descriveremo — del gran salone, ma vi mancano gli stemmi dipinti nelle metope. 1 II pavimento che il Rottiers, quivi come altrove, descrive a mattonelle di cotto, 2 consta infatti di piastrelle quadre misuranti venti centimetri di lato e poste obliqua­mente, ad eccezione di alcuni filari di quadrelli, di centimetri 30 X l7, situati in corrispon­denza colle colonne e destinati a suddividere il pavimento stesso in riquadri : le mattonelle mancanti, che i Turchi avevano rimpiazzato coi ciottolini del loro selciato, vengono adesso restaurate con uno strato di cemento dipinto in rosso, segnato poi di analoghe suddivisioni. Nella fronte esterna del loggiato, priva di qualsiasi coronamento, le idroroe sono tutte mo­derne. Sono rimarchevoli invece nell'alto delle fronti di oriente e di occidente alcuni blocchi di pietra più dura, con evidenti traccie di scalpellature —• ora in parte scomparse, per essere stati quei blocchi parzialmente sostituiti — : è a credersi sporgessero quivi delle coppie di edi-colette scolpite sul tipo di quelle che, sia pure sopra il lato di mezzodì, figurano in un disegno

1 Che se vi si t rovano indicati nel Rott iers (ta­

vola X X X I I I ) , trattasi ev identemente di una amplifi­

cazione non giustificata.

2 Cfr. nota a pag . 352 e R O T T I E R S , Description cit . , tav. X X X I I L

G. GERO LA

del Rott iers . 1 Alla estremità orientale dell'andito di mezzogiorno sbocca la scala che sale dal cortile ; lungo il loggiato stesso trovasi la porticina rettangolare della ricordata canna del pozzo, presso alla quale stava, addossata al parapetto, una vasca di recente distrutta come turca ; 2 e finalmente nella prosecuzione occidentale del corridoio di settentrione, al di là di un altro arco ribassato, stendesi il pianerottolo superiore dell'altra scala che scende alla porta sulla via dei Cavalieri.

Sul lato orientale della loggia risponde il salone principale colle piccole celle ad esso attigue. Il gran salone, dopo abbattute le due tramezze che segregavano, in corrispondenza collo sporto, un oratorio turco, è ritornato in tutta la originaria sua maestosità. I muri perimetrali sono gli antichi; le due finestre superiori del lato meridionale, quadrate per di fuori, ad arco scemo internamente, sono in massima parte genuine. Non così però le due

inferiori, di cui quella di destra era in origine più spostata verso ovest e più arcuata, e quella di sinistra mancava affatto, mentre in suo luogo internavasi una nicchia turca : 3 nei primi restauri vennero così ridotte per malinteso sentimento di simmetria, ma credo si stiano già rimediando col ritornarle allo stato legittimo. Del grande e semplice caminetto di quella pa­rete, sono nuove le colonne, la cornice ed il riempimento sotto all'arco di scarico. Originali e solo risarcite nel necessario sono poi le cinque finestre superiori, vuoi del lato di occidente, vuoi di quello di levante, simili del resto alle finestre di mezzogiorno. E tutta antica è la grande porta occidentale, la quale ripete le forme del portale della facciata : come fosse il suo infisso originario, ignoriamo. I due finestroni di tramontana, arcuati ad arco ribassato sì di dentro come di fuori, posano esternamente sopra una unica cornice, la quale — al pari delle modanature esterne degli stipiti del primo finestrone—-è intagliata a treccia ; e per di dentro

1 Ib idem. 2 Sc r ive il Rott iers ( ibidem, 259) : « Nous rentrd-

mes daiis le pourtour et passàmes à coté de Vancien lavoir, sìtué au centre de la galerie qui fait face au midi. Il était encore intact, aitisi que la croix de l'Or-dre, qui surmonte sa porte ». Non solo o g g i g i o r n o

tale s temma non si r iscontra p iù , ma neppure si r iesce

a ben comprendere se il Rott iers a l luda al la porticina

della canna del pozzo o a qualche altra.

' L ' a l b u m del Rott iers ( ibidem, tav. X X X I V ) vi

segna , certo abus ivamente , due porte.

IL RESTAURO DELLO SPEDALE DEI CAVALIERI A RODI 19

mostrano in gran parte intatta quella strombatura del lato inferiore che nella massima parte delle altre finestre dello spedale fu trovata invece distrutta dai Turchi. Della facciata esterna del salone verso oriente diremo più avanti. Le otto arcate ogivali con costolatura sagomata, che dividono longitudinalmente il salone, posano su altrettanti pilastri ottagonali 1 e su due mensole fogliate : le pilastrate stesse, in luogo di capitello, sono cinte da otto riquadri cordo­nati, racchiudenti alternativamente gli stemmi della Religione e del granmastro d'Aubusson ; le basi — ottagonali pur esse — al tempo del mio soggiorno a Rodi erano tuttora sepolte sotto il pavimento a selciato turco. Il bel soffitto in legno consta di 160 travi, posati da un lato sulla parete divisoria ad arcate, dall'altro — un po' più in basso, onde formare piovente — sul muro perimetrale di est e rispettivamente di ovest: sono accompagnati all'appoggio da

R o d i , S p e d a l e . Il sa lone principale .

lunghe mensole profilate alla maniera gotica, mentre nelle metope fra trave e trave figurano tuttora in alcune parti — verso tramontana — gli stemmi originari dell'Ordine, del Fluvian, del Lastic e del d'Aubusson, regolarmente alternati. 2 Del pavimento antico che — p e r quanto mi viene riferito — era tutto a lastroni di pietra, fu potuto scoprire, dopo la mia partenza da Rodi, una buona parte — quasi tutta la metà destra del salone: il restante fu colmato con una gettata di cemento, tagliato poi ad analoghi scomparti. Ma l'absidiola di cui tosto diciamo ed una riquadratura del salone davanti ad essa, per essersi trovate senza quelle placche, mostra­vano di essere state in origine pavimentate diversamente, forse con quelle formelle marmoree bianche ed azzurre, che — se egli non equivoca colle lastre testé ricordate — sono menzionate

1 È strano come il Be labre {Rhodes cit . , 1 25 ) ripeta

che le pi lastrate sono a nove lati. 2 Che il soffitto sia scolpito coi gigli di F r a n c i a ,

come assevera il S o m m i Pi.cenardi (Jtméraire c i t . , 59) , non è esatto.

2 0 G. GERO LA

dal Rottiers. 1 Alcun indi/io non si è riscontrato invece di originario intonaco, affrescato o meno, nelle pareti . 2

Un'arcata aperta nella parete orientale del salone immette direttamente nell'abside, la quale per di fuori sporge dalla facciata, al di sopra della porta d'ingresso. L'arcata stessa, partendo da due mensoloni ornati di fascie a rameggi — e quello destro anche di un sotto­stante gruppo di foglie — consta di una traforata serie di fioroni pensili ed è accompagnata da una cornice sagomata, la quale posa su due mensole laterali a fogliami. Ha cinque lati ; in ciascun angolo vi si trova un piedritto cilindrico, tirato fino alla cornice che gira tutu' in­torno all'abside e che erasi cominciata a decorare a treccia; solo i due centrali proseguono più in alto e, dopo l'interruzione di un capitello a treccia, si convertono in costoloni del solito tipo : mentre gli altri diventano tali subito dopo la ricordata cornice, e, seguendo gii spigoli della volta, si congiungono — in un tondino centrale — ai due costoloni estremi partenti da presso alle due grandi mensole dell'arcata esteriore. Nel pavimento rimangono avanzi del basamento dell'altare: poiché, come si è già rammentato, quella cappellina serviva alla cele­brazione della messa in comune, cui, dai loro letti distribuiti per il salone, potevano assistere tutti gli infermi. 3 Per di fuori lo sporto è accompagnato agli spigoli pur esso da quattro pie­dritti sorgenti da mensoline a foglie, interrotti a metà dalla superiore delle due cornici che corrono per tutta la facciata, e terminanti pure in una cornice lavorata a treccia: quanto alla cornice inferiore delle due testé rammentate, essa si raccorda soltanto ai due piedritti estremi, in basso. Nella parte inferiore dello sporto i Turchi avevano aperte tre finestre : i moderni restauratori, dopo aver mantenute e risarcite ad arco le due laterali, non tardarono ad avver­tire come esse fossero abusive, e rinserrarono senz'altro la parete; e quanto alla finestra cen­trale, avendovi scoperti gli avanzi inferiori di una incorniciatura, vi collocarono al suo posto originario il marmo Lastic, che si trovò a capirvi esattamente: l'estremità inferiore e quella superiore della lapide, per essere mancanti, furono scolpite sulla scorta del disegno del Rot­tiers. 4 L e tre finestre superiori invece, che i Turchi avevano ostruite, si scopersero intatte : le laterali aono ad arco tondo, la centrale ad ogiva, accompagnate di varie sagomature lungo gii sguanci — che nella mediana si adornano, per di fuori, del motivo a treccia — e supe­riormente arricchite da un diaframma traforato : per di dentro le spallature posano sulla ram­mentata cornice dell'abside. Il muricciuolo merlato che sovrasta lo sporto è moderno ; ma esi­steva però la base del portabandiera di destra, richiamante di necessità un anello superiore : per cui il muricciolo stesso venne alzato nella stessa proporzione di altezza indicata dagli altri portabandiera attigui al sommo della facciata posteriore.

Oltre a quell'abside però il lato orientale del gran salone è accompagnato da una fila di sette celle ad avvolto, alquanto più basse dell'abside medesima e sporgenti in fuori quel tanto che corrisponde alle rispettive arcate terrene della facciata. Nello sfondo orientale, ossia verso la facciata, esse erano in origine completamente chiuse e quindi internamente quasi al buio: così rappresenta l'edificio il disegno del Rottiers. In tal guisa lungo tutta la fronte esterna soprastante alle arcate terrene si stendeva una liscia muraglia, corsa soltanto da due cornici parallele. i

A ricordo d'uomo, 6 i Turchi vi apersero invece in breccia quelle arcate, alquanto assimme

1 « Partout le carreau se composaìt de briques rouges cuites, à 1' exception de la petite chapelle et du ré-fectoire, qui avaient été pavés en pierres carrés bleues et blanches» ( R O T T I E R S , Description cit . , 258) .

2 Che in qualche sala superiore si t rovino dei resti

di affreschi è una asserzione certamente erronea del

l ie labre [Rhodes cit . , 1 2 4 ) , il quale forse confuse colle

dipinture fra t rave e t rave . J V e r a m e n t e il Rott iers {Description cit. , 258) sem­

bra vogl ia r icordare nello spedale un 'a l t ra cappel l ina ,

che non corr isponde col l 'abs ide in parola e che non

riusciamo a comprendere d o v e precisamente si tro­

vasse . 4 Ib idem, tav. L U I , 5. — Nel m a r m o m o d e r n o infe­

riore erasi scolpita la data r iportata dal Rott iers ; ma

fu poscia ritenuto più conveniente di rimettere quel

cartello affatto l iscio.

S Ib idem, tav . X X X . 6 S e m b r a che le arcate fossero g ià aperte nel 1844

( F L A N D I N I , L'isola di Rodi c i t . , 66). C o m u n q u e alcuni

IL RESI"AURO DELLO SPEDALE DEI CAVALIERI A RODL

triche e irregolari, che formarono una specie di loggiato superiore in rispondenza a quello terreno. Ed i restauratori nostri, pensando di non poter privare il salone — per la nuova sua destinazione — di quel benefico sfogo di luce, di aria e di visuale sulla piazza, mantennero le aperture turche, ma le sistemarono, rifacendo più regolarmente gli archi e diminuendo lo spes­sore del muro di fondo, che era prima di 60 centimetri. Nessun passaggio laterale esiste od esisteva fra i sette avvolti. Col salone essi comunicano invece ciascuno mediante una o due

R o d i , S p e d a l e . L o sporto del la facciata. "

piccole aperture ad arco, che i Turchi avevano ostruite e che le truppe italiane riapersero ed in gran parte rifecero sugli avanzi antichi. Verso il salone le aperture stesse terminano con

vecchi dichiarano di r icordarsi q u a n d o esse erano tut­

tora chiuse ; e che così dovessero trovarsi in origine

è chiaramente dimostrato dagl i antichi innesti della

murag l ia potuti r iscontrare e dal la evidenza dei tagli

praticati dai T u r c h i .

2 2 G. GERO LA

un poderoso arco tondo, formato di due o tre blocchi ; ma verso l'interno delle celle, mentre l'odierna sistemazione ha dato del pari la forma rotonda agli archi, io dubito invece che anti­camente si trattasse di archetti ribassati, soltanto mediante i quali sarebbe stata possibile la applicazione di serrande in legno : e che tali essi fossero mi convincono gli avanzi originari del secondo arco (cominciando dall'angolo di nord-est) tuttora visibili, malgrado l'attuale acco modamento ad arco intero, nonché i due superstiti archetti della opposta parete del salone, di cui diremo tantosto. Sopra gli avvolti corre una terrazza, interrotta naturalmente dallo sporto dell'abside. L'altezza originaria del suo parapetto prospiciente sulla piazza, vale a dire l'altezza primitiva della facciata anteriore, non si conosce, ma fu arguita da sufficienti indizi. Di fatti, che una seconda cornice dovesse quivi coronare il muro, sebbene di essa non siasi trovata alcuna traccia, è indicato dall'album del Rottiers , 1 ove si vedono tuttora alcuni avanzi di simile deco­razione; ed è comprovato dal tratto verticale della cornice medesima, presso lo sporto, il quale, mentre è originario, accenna naturalmente ad aver dovuto piegare a gomito come il sottostante: che poi la cornice potesse correre più bassa della attuale ripristinata è escluso dal fatto che l'ultimo blocco del tratto verticale prima del gomito deve considerarsi come ori­g ina le ; 2 mentre d'altra parte è escluso parimenti che dessa fosse più alta, dacché in tale caso si sarebbero riscontrate nella parete dello sporto le traccie delle ulteriori immorsature del pa­rapetto, come avviene per il tratto sottostante. La facciata doveva quindi terminare all'incirca al modo ed al limite come ora apparisce. Ben più alta, ed elevata anzi al di sopra dello sporto, sorgeva invece la retrostante parete — ossia la muraglia orientale del salone — nella quale si vedono le finestre rettangolari superiori, già ricordate in quel lato della sala. Il coronamento di tale facciata — anzi di tutti quattro i lati del salone medesimo — consta di una serie di blocchi alti 30 centimetri, ove sono intercalati dei merletti ghibellini alti 13 e larghi 24 centimetri e delle nicchiette di gusto orientale. Ma, ad onta di tale parvenza esotica, quella merlatura deve appartenere all'epoca dei cavalieri, sia perchè essa grava direttamente sulle pietre degli anelli portabandiera, le quali altrimenti non si potevano reggere, sia perchè ai quattro angoli di quel terrazzo, nei blocchi merlati medesimi, sono cavati altri fori per aste di vessilli, dovuti eviden­temente agli Spedalieri : mentre i blocchi sono quindi certamente genuini, è difficile supporre che la decorazione vi venisse praticata posteriormente, tanto più restandoci esempio di qualche tratto dovuto rifare dai Turchi, dove costoro non sono stati in grado di bene imitare il disegno antico. Quei portabandiere — due, già ricordati, nello sporto absidale, e due nella retrostante muraglia frontale di cui diciamo — constavano in origine di una mensola di appoggio e di un soprastante anello, pure in pietra, nel quale infilavasi l'asta. Al posto vi restano ora soltanto le mensole inferiori, decorate a treccia o a fogliami, mentre dei sostegni superiori rimane visibile nella facciata in parola, il grosso blocco antico, oltrepassante lo spessore del muric­ciolo, ma privato per l'appunto dell'anello, scalpellatovi dai Turchi. Il ripristino viene com­piuto sulla scorta di molti altri esempi di simile dettaglio nei palazzi rodiesi. Quanto poi alle doccie in pietra, esse mancavano del tutto, tanto quivi, come nella facciata inferiore, come in genere in tutto quanto l'edificio: nei restauri presenti, esse vennero collocate per ovvia ragione di utilità, imitando da prima le idroroe a testa di coccodrillo dell'Albergo di Francia, 3 ma sostituendole poscia con modelli più semplici. E originale è finalmente sin quasi alla sua estre­mità la scaletta che dal terrazzo sopra i sette avvolti sale — per di fuori — a quello dello sporto absidale.

Anche lungo il lato di occidente, eccettuato il tratto ove trovasi la porta, il gran salone è accompagnato da una serie di avvolti — anticamente quasi del tutto oscuri pur essi — che questa volta sono però fra loro disuguali. Nel lato che prospetta il salone stesso si aprono

1 R O T T I E R S , Descrìption cit . , tav. X X X . 2 A dire il v e r o , nei restauri in corso alla parte

destra del la facciata, quel b locco era stato distrutto,

per condurre la cornice un p o ' più in basso ; m a , av­

vertitosi l ' e rrore , esso venne riposto nel suo sito e le

cose ristabilite esattamente. 3 S e ne v e d a la figura in L . N A S I , L'Italia a Rodi

{L'illustrazione italiana, X L I , 1 2 ) . Mi lano, 1 9 1 4 .

IL RESTAURO DELLO SPEDALE DEI CAVALIERI A RODI 23

dei pìccoli passaggi arcuati, simili in tutto a quelli poco fa descritti del lato opposto: e per l'appunto in due di essi, verso l'angolo sud-ovest, è tuttora conservato per di dentro quell'arco ribassato, che in origine io dubito fosse — internamente — generale a tutti. E credo del pari senz'altro che nella prima e nella terza cella, a cominciare da mezzogiorno, quelle che i recenti restauri hanno foggiato ad aperture arcuate eguali alle altre (mentre solo recentissimamente mi viene assicurato che la prima fu ridotta alla forma dovuta), fossero invece anticamente delle porte vere e proprie, più grandi, delle quali verso l'interno sono tuttora visibili gli avanzi delle spallature e dell'arco ribassato soprastante. Quella prima cella è aperta completamente ad arco — che però i Turchi avevano ostruito — per annettersi al salone delle due arcate ; il secondo ambiente era in origine del tutto chiuso nello sfondo, sebbene i Turchi stessi vi avessero poi praticata qualche apertura; il terzo camerino comunicava anticamente col retro­stante corridoio mediante una porticina ad arco acuto di fuori, ribassato di dentro, che — sebbene rimaneggiata—.è tuttavia facilmente riconoscibile; il quarto finalmente era di bel nuovo chiuso : e siccome in tal modo soltanto il primo ed il quarto ambiente — essi soli fra tutte le celle che accompagnano i due lati del gran salone — erano allo stato primitivo in comunicazione coll'esterno, per questo ritengo che le loro aperture rispondenti sul salone fos­sero delle vere porte anziché degli archi di passaggio, come nei primi restauri in corso essi vennero ridotti, malgrado gli elementi superstiti, per simmetria agli altri. Quanto poi alle quattro celle successive, di cui i presenti lavori hanno restaurato sulla scorta antica le aperture di accesso sul gran salone, conviene di bel nuovo rimarcare che in origine esse erano comple­tamente chiuse nello sfondo, avendo noi riscontrate le fondamenta della parete stessa di chiu­sura. Già i Turchi vi avevano però tagliate delle porticine; ed i restauratori nostri, per amore di aerazione e di accessibilità della grande sala, vi spalancarono in rispondenza col loggiato esterno altrettante grandi arcate, che, prive di qualsiasi giustificazione storica, sono dovute invece soltanto a considerazioni di opportunità pratica. L' incasso a nicchia che in ciascuno dei quattro avvolti venne negli attuali lavori completamente regolarizzato, trovavasi in origine del tutto informe e presentava anzi l'aspetto di un'opera eseguita in rottura per facilitare l 'ingresso dal salone alle celle. Moderna è pure la porticina che, dopo il settimo avvolto, immette nel ristretto vano circolare e che rimpiazza una apertura turca, più grande ed irregolare: il vano stesso doveva ricettare una scaletta a chiocciola, in legno od in muratura, e sbucare quindi sui terrazzi, là dove ne resta tuttora evidente il segno, servendo così di unica comunicazione fra il piano nobile ed i terrazzi medesimi, i quali, sopra tutto per lo spiegamento delle ban­diere, dovevano in antico essere alquanto frequentati. L a scaletta stessa — mi si dice — si sta ora costruendo, prendendo a modello quelle consimili del torrione di San Pietro e della porta urbana detta della Fontanella ed il relativo abbaino.

L a prima saletta del corpo di fabbrica di settentrione, attigua alla grande sala, fa parte ancora di quel nucleo edilizio che, come più volte si ricordò, risale ad una prima fase di lavori. Difatti sulla via dei Cavalieri, e meglio ancora all'angolo della saletta che segue, 1 è evidente il distacco fra il suo muro, assai più sottile, e quello — in prosecuzione — delle altre salettc ; vi mancava — e a torto fu voluta ora aprire, mentre sotto ai superstiti filari antichi non vi poteva capire — la grande finestra che in queste ultime ricorre sempre ; la finestrina che guarda su quella via è più alta che non le altre finestrme delle camere seguenti, così come anche il portone a pianterreno è più grande dei successivi; e finalmente, aprendosi nella parete di occi­dente una finestrina, sembra lecito arguire che per un po' di tempo la fabbrica finisse qui e le altre stanze fossero aggiunte — sia pure a breve distanza di tempo — un po' più tardi. In epoca turca i muri perimetrali furono tormentati da varie aperture e molto rimaneggiati nella struttura, che in più punti risultava assai irregolare ; manca poi qualsiasi avanzo del pavimento antico; ed il soffitto, rialzato dal primitivo piano di posa e privo di mensole, deve del pari

1 II muro della cameretta più antica svolta di fatti, stanza medes ima; mentre la murag l ia nord del la ca-

tutto immorsato , a formare il lato occidentale della meretta che segue vi è sempl icemente accostata .

24 G, GERO LA

attribuirsi alla dominazione ottomana. Nella parete di oriente fu trovata una sola porticina moderna, che gli attuali restauri rinchiusero ; in quello di settentrione, mentre è antica l'alta finestrina quadrata (priva di strombatura, per essere la muraglia troppo sottile), erano posteriori invece le due finestre turche abbinate posanti sulla cornice esterna e vennero quindi pur esse abolite, mentre solo recentissimamente, dopo la mia partenza, si volle aprirvi la suddetta finestra affatto arbitraria ; nel lato di occidente la porta turca aveva rispettati tutti gli elementi della finestrina rettangolare, con architrave segnato di arco a grappa per di fuori, ad arco ribassato per di dentro, che potè essere ripristinata ; nel lato settentrionale poi si trovavano varie aper­ture turche, una delle quali tanto ampia da potervi capire una porticina ogivale analoga alle altre di quell'ala di fabbricato, e restavano in posto dei grossi blocchi quali si riscontrano appunto alla base di tali porte: onde fu creduto legittimo di ristabilire quivi appunto una porticina siffatta. Verso la metà del lato stesso, un forte annerimento della muraglia, che in basso misu­rava 80 centimetri di larghezza e — dopo i metri 1.60 — si allargava fino a 1 . 1 5 , denotava chia' ramente l'esistenza di un caminetto, che venne di fatti quivi ricollocato dopo la mia partenza da Rodi.

Le sei camerette che seguono nell'ala di settentrione, in prosecuzione colla stanza or ora descritta, conservavano tutti i loro muri; solo mancavano le pareti divisorie che, abbattute dai Turchi erano poi state sostituite da altre tramezze, variamente disposte. Scavandosi sotto il selciato che i Turchi ebbero a sopraelevare in tutti gli ambienti del piano superiore, non solo si scopersero gli avanzi del pavimento originario a mattonelle — di cm. 21 sj2 X 1 0 V2 — collocate a spina pesce, ma si rinvennero le parti inferiori di quei muri di divisione che, seb­bene non immorsati coi due muri principali di settentrione e di mezzogiorno, erano indicati altresì dalla mancanza delle corrispondenti assicelle nelle metope del soffitto : onde poterono ricostruirsi con assoluta certezza. Ogni stanza conta dieci travi del solito bel soffitto, di bel nuovo decorato cogli stemmi alternati dell'Ordine, del Fluvian, del Lastic e del d'Aubusson. Nella parete settentrionale ogni camera mostra un finestrone rettangolare per di fuori, ad arco scemo di dentro, ed una finestrina quadra all'esterno e ad arco ribassato all'esterno, a destra. Quelle finestre posano sopra una cornice o marcapiano, la quale non è altro se non la prosecu­zione della cornice inferiore della facciata, che continua per tutta la fiancata settentrionale del gran salone, e — dopo essere bruscamente discesa — seguita in linea retta attraverso la con­secutiva muraglia esterna, sia della prima cameretta sia delle altre sei stanze: come e dove terminasse invece la cornice superiore della facciata, che i restauratori moderni credettero di dover arrestare alla sopraelevazione della fronte nord del gran salone e non mostra di fatti di aver proseguito lungo quel lato, non è noto. Moderne sono le solite doccie di quella fronte settentrionale delle camerette; ma originaria invece la bella edicola ad arco inflesso sopraele­vato che, sotto a gotici trafori, ricetta il ricordato marmo coi due stemmi dell'Ordine e del d'Aubusson. Se nella parete divisoria fra stanza e stanza si trovassero in origine delle porte o finestre non si può oggigiorno decidere, ma è probabile che no : soltanto nella muraglia orientale della prima delle sei camere si apre la già ricordata finestrina rispondente sull'attiguo ambiente; e nella parete occidentale dell'ultima stanzetta, a contatto colla scala di via dei Ca­valieri, trovasi la finestra rettangolare, che i Turchi avevano rinchiusa, rammentata pur essa per l'addietro. Da ultimo nella muraglia sud ogni cameretta ha una bella porta ogivale, una finestrina rettangolare coll'architrave segnato di arco a grappa 1 ed un caminetto angolare. Tutte le porte e le finestre finora rammentate, quantunque in gran parte rinchiuse o rima­neggiate dai Turchi, si poterono rilevare con più che sufficiente certezza ; le più guaste erano le aperture del lato di settentrione, riguardanti sul loggiato, ove per lo più eransi modificate le porte antiche ed aperte delle nuove finestre al posto dei caminetti : nessuna delle finestre nè grandi nè piccole conservava lo sguancio della strombatura inferiore, al posto del quale era

1 Nei restauri in corso venne inavvert i tamente a cioè del la banchina , che in origine a v e v a invece lo

tali finestrine smussato anche il lato inferiore, quel lo spigolo v i v o .

IL RESI AURO BEILO SPEDALE DEI CAVALIERI A RODI 25

un abbassamento vuoto. I caminetti poi erano indicati dalla solita traccia di fuliggine nel muro settentrionale, larga m. 1.05 e che nell'angolo della prima cameretta proseguiva per m. 0.45 lungo la parete originale di est; nelle due ultime stanzette rimaneva in posto anche la pietra di base del focolare ; oltre a ciò poi i caminetti stessi erano chiaramente indicati da un par­ticolare dettaglio del soffitto, nel senso che la terz' ultima mensola prima dell' angolo è più sporgente delle altre e mancano le due successive, dove passava la canna (ostruita poi dai Turchi), mentre un'asta di ferro lega le estremità dei travi cosi campati in aria, alle travature attigue: tutti i nuovi caminetti furono del resto eseguiti o piazzati dopo la mia partenza da Rodi, prendendo a modello l'esemplare trovato in un locale interno dell'Albergo di Alvernia.

R o d i , S p e d a l e . Il corridoio superiore di settentrione.

Gli infissi in legno, qui ed altrove, sono moderni: quelli delle porticine vennero imitati dai battenti originali dell'Albergo di Francia.

Anche l'ala ovest dello spedale era costituita — nella primitiva sua disposizione — da una serie di cinque camerette molto simili alle precedenti. Siccome però per la odierna destinazione dell'edificio giova poter usufruire di una sala di una certa ampiezza e luminosità, e d'altronde l'antica economia del monumento è sufficentemente dimostrata dalle stanzette dell'ala settentrio­nale, così nel presente ripristino dell'ala ovest fu stimato opportuno di restaurare soltanto le due fronti di oriente e di nord, in rispondenza coi loggiati, e di sistemare invece un unico salone interno, esuberantemente illuminato dalle finestre di occidente, che, sebbene aperte in epoca poste­riore dai Turchi, rispondono sopra il vicolo, e non hanno quindi bisogno di essere rinchiuse a vantaggio della storicità di quella fronte — meno significante — dello spedale. Di quelle origi­narie tramezze fra stanza e stanza, già demolite dai Turchi, vennero scoperte le fondamenta della prima (che i Turchi stessi avevano poi ricostruita più grossa), della seconda e dell'ul­tima a contatto coll'ala di mezzogiorno; le altre due erano indicate a loro volta dalla sim­metria colle altre e dalla mancanza delle metope del soffitto al posto dei vecchi muri divisori

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medesimi. Un piccolo tratto di pavimento antico, messo momentaneamente allo scoperto nella prima stanzetta, dimostra che anche in questa fila di camere si trovavano le stesse mattonelle delle camere settentrionali. Anche il soffitto è per tutto eguale a quello dell'ala nord : manca però degli stemmi. Nella parete occidentale di ogni cameretta si vede in alto una delle solite finestrine quadrate, che i Turchi avevano poi rinchiuso, coll'aprirvi invece le numerose fine­stre inferiori — talune delle quali fu recentemente ostruita o regolarizzata: ma in origine tutta la parete in basso doveva correre liscia, senza ulteriori aperture, come già nella prima camera dell'ala nord. Nella muraglia settentrionale della prima stanzetta di quest'ala occidentale — più piccola delle altre e priva di caminetto — si rinvenne, modificata da posteriori rimaneggia­menti, l'antica porticina verso il loggiato, della quale restavano in essere le due spallature, nonché —- intatto — il vano di impostatura dell'architrave. Porte e finestre della muraglia me­ridionale trovavansi in parte chiuse, in parte modificate, mentre altri fori si erano intanto spa­lancati nella parete: ma gli elementi per il loro ripristino apparvero sempre completi ed evi­denti. E notevole poi come soltanto nella seconda stanza la finestra originaria trovisi a destra della porta (così come avviene nell'ala di settentrione), laddove nelle altre tre è situata alla sinistra. L a presenza dei vari caminetti angolari è indicata di bel nuovo dalle variazioni del soffitto ; dell'ultimo fu del resto scoperto anche il basamento.

Gran parte dell'ala meridionale dello spedale — quale nella sua forma genuina è cercata di rappresentare nella allegata pianta — venne largamente rimaneggiata dai Turchi in epoca certo antica e non senza una qualche cura artistica : abolite le stanze retrostanti verso mezzo­giorno, fu in loro vece spianato un giardino, mentre le stesse camere della prima fila vennero mutate di ampiezza mediante lo spostamento delle tramezze. Non sempre il divario fra le opere dei nuovi conquistatori e quelle dei Cavalieri è sufficientemente perspicuo; ad ogni modo soltanto nella fronte riguardante sul loggiato gli attuali restauratori credettero del caso di ripristinare l'antico stato di cose: per gli ambienti interni mantennero invece quasi sempre l'adattamento musulmano. Già nella prima camera, che anticamente occupava l'angolo sud-ovest dell'edificio, ma ora fa parte dell'ala occidentale testé descritta, i rimaneggiamenti poste­riori appariscono a prima vista: demolita la parte sporgente verso ovest, venne edificato un nuovo muro in prosecuzione di quello occidentale dell'ala di ponente; diminuito venne l'an­golo di sud-est; l'estrema parte orientale, mediante la costruzione di una tramezza, fu unita invece alla camera seguente, di cui diremo ; e, demolitasi finalmente la parete di settentrione, tutta la sala venne, come si è accennato, accodata in prosecuzione dell'ala occidentale. Di ori­ginale vi restano oggi solo la grande finestra rettangolare di mezzogiorno, più larga che alta, che, prima di essere abbassata dai Turchi, posava per di fuori sopra un bancale, ora scal­pellato ; la porta archiacuta di accesso al loggiato, malamente guastata dai Musulmani pur essa ; ed il basamento del caminetto, potuto scoprire durante un assaggio. Quanto al soffitto, se esso somiglia parecchio agli altri dei Cavalieri, manca tuttavia delle mensole gotiche, e senza dubbio è dovuto ai tramutamenti posteriori, dacché le travature originarie dovevano correre in direzione perpendicolare alle presenti. — L a camera che segue comprende nella attuale sua siste­mazione, anche un tratto della sala or ora descritta, il cui muro primitivo di oriente, distrutto del tutto, fu potuto rintracciare solo in un attacco in basso. Il soffitto è del tipo turco testé descritto. Nel lato di settentrione fu nei presenti restauri ripristinata la porta, che i Turchi avevano parzialmente riformata, e la finestra, della quale restavano in posto, diminuite in altezza, le due estremità dell'architrave esterno. Le aperture della parete sud in origine forse mancavano: le attuali sono più recenti. Siccome lo spessore del muro originario di setten­trione diminuisce dopo la tramezza fra questa camera e le seguenti, così è certo che la tramezza stessa è pur essa genuina; e antica del pari, malgrado la poco buona qualità del suo muro, è in questa camera la parete di oriente, essendosi quivi scoperta una porticina del tipo dei Cavalieri ad arco tondo di dentro, ribassato di fuori. Il soffitto è di nuovo eguale al prece­dente. Del lato di mezzogiorno è medioevale solo l'alta finestrina quadrata. Ed evidenti erano pure, malgrado i rifacimenti turchi, la porta e la finestra del lato nord: questa seconda, mentre

IL RESTAURO DELLO SPEDALE DEL CAVALIERI A RODI 27

di dentro era ad arco scemo, per di fuori conservava tuttora l'originaria piattabanda in tre "Blocchi, troncati tuttpvia nella loro parte bassa, di guisa che non consta se fossero pur essi tagliati inferiormente ad arco ribassato. — Il camerino che segue, il cui soffitto è costituito dall'incontro delle travi della camera precedente con quelli della seguente, è probabilmente dovuto ai Turchi, nel senso che la parete orientale, di aspetto seriore, fu verosimilmente costrutta da essi allorquando lo stanzino venne destinato a latrina, colle sue porte e finestre e colla rispettiva canna che scende nell'avvolto terreno. In origine è a credersi formasse un unico locale colla stanza che segue, della quale però non è chiaro come fosse anticamente costituito l'angolo di sudest. Quivi il soffitto presenta il solito tipo turco; originaria è invece una fine-strina, tuttora murata, nel lato meridionale, nonché la porta e la finestra di quello di setten­trione, malamente svisate dai Turchi ; della piattabanda di quest'ultima finestra, la quale poscia era stata allungata in porta, non rimaneva visibile se non il vano ove essa era originariamente incastrata. Nei muri più recenti di tale stanza furono rinvenuti alcuni pezzi lavorati che anti­camente dovevano aver appartenuto a qualche caminetto: come tali i nostri restauratori pen­sarono valersene di indizio per la costruzione dei nuovi caminetti dello spedale.

Il triplice complesso di ambienti che segue sembra originario in ogni sua parte, ed è certo uno dei tratti più interessanti dell'edificio, per quanto se ne ignori la primitiva destinazione e soltanto possa dubitarsi che il locale a volta, privo di finestre, servisse per bagno. In tutto il lato sud — chiuse le aperture posteriori — non si apre se non un'unica finestrella ad arco ribassato; in quello nord le eventuali aperture originarie non furono ancora messe in vista; in quello ovest venne restituita la porta ad architrave segnato di arco a grappa — che i Turchi avevano convertito in finestra — e la soprastante finestrini ad arco ribassato ; e nella parete orientale — del camerino più piccolo — fu riaperto lo strano arcosolio, cogli stipiti lavorati, che pare servisse in origine per passare degli oggetti nella attigua sala dei due archi. La divisione fra il locale maggiore ed i due più piccoli è ottenuta mediante due arcate, l'una ribassata, l'altra più rotonda, cogli spigoli smussati, che i Turchi avevano murate; quella fra i due ambienti minori per mezzo di altra arcata simile più ristretta. Il vano principale è cer­tamente rifatto nella parte alta, ove si copre della solita travatura turca ; il mezzano, liberato dal soffitto recente, ha mostrato una volta, trapassata da tre aperture sguanciate (la quale, posando su muraglie appositamente tenute più grosse, si palesa come originaria), e mostra in basso del muro di mezzogiorno una nicchia rettangolare ; il più piccolo, con soffitto moderno, fu dai Turchi usato per cucina, e vi rimane il comignolo da essi a tale scopo innalzato. — 11 camerino adiacente alla camera voltata è originario in ogni sua parte: l'unico suo accesso è dalla porticina, esternamente archiacuta, del lato orientale. Nella parete da settentrione trovasi invece un arco, cogli spigoli smussati che, se mostra di essere antico, manca tuttavia di spal­ature di tale epoca, per le quali non c'è e non c'era posto : i Turchi vi avevano praticate varie aperture in tempi diversi, ma come fosse da prima non risulta: per questo, pur man­tenendo in vista la lunetta antica, i moderni restauratori rinchiusero tutta la parete sottostante con muraglia continuata. — Viene da ultimo il piccolo corridoio, antico, e coperto di soffitto dei Cavalieri, a mensole intagliate. Oltre alla porta ogivale di accesso dal loggiato, nel lato di settentrione, ed all'arco di passaggio verso la sala dalle due arcate, una seconda sua porticina, praticata nella parete di oriente, fu già ricordata, per immettere in una delle celle accompa­gnasti il grande salone, mentre nella parete ovest trovasi' la porticina testé rammentata di comunicazione col precedente camerino.

L a stanza dai due archi fu da noi chiamata così, perchè ripete la foggia del grande sa­lone, colla differenza che le arcate sono quivi appena due : la pilastrata ottagonale nel centro porta scolpiti i soliti due stemmi alternati, mentre delle due mensole laterali, l'una reca la sola croce dell'Ordine, l'altra quella ancorata del d'Aubusson. Rimarchevole in modo parti colare si è lo spediente per la eliminazione delle spinte degli archi contro le pareti di set­tentrione e di mezzogiorno, congegnato mediante contrappesi esterni costituiti da un'appendice semiesagonale di muratura gravante su mensole. Il soffitto è a due pioventi, come nel grande

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salone, ma per essere tutto affumicato non porta traccie di stemmi ; il pavimento, che mi si dice essere eguale — quantunque meno conservato — a quello del grande salone, fu dai Ture!', sopraelevato di molto, e ingombrato quindi da una banchina per collocarvi in giro delle vasche marmoree per lavatoio. Nella parete settentrionale del salone si apre soltanto il ricordato arco ribassato di passaggio al piccolo corridoio. In quella ovest trovasi da prima l'arcosolio, inter­namente più ristretto, che risponde sul descritto camerino presso al bagno; segue una porta di accesso dall'esterno — dove essa è ogivale ; quindi una canna di camino — il cui caminetto, per quanto apprendo, fu voluto ripristinare in questi ultimi tempi — : il solito accomodamento dei travi del soffitto la dimostra originaria, ma nell'epoca turca dovette subire vari rimaneggia­menti — essa si diparte ora dal sottostante avvolto del pianterreno e sbocca ad un piccolo comignolo sui terrazzi; e viene quindi un'ultima porta ogivale, non più di accesso dal di fuori al di dentro, bensì viceversa : al di sopra ed a fianco di essa fu rimessa in luce — a quanto mi scrivono — una finestrina rettangolare simile a quella che sottostà alla mediana delle tre grandi finestre rettangolari che rischiarano la parte superiore di questa muraglia, mentre un' altra consimile fu scoperta presso l'ultima porta. Nella parete meridionale, dopo una porta ogivale che conduceva al di fuori ed era sormontata da finestrina quadra senza strom­batura — che non so per quale ragione siasi or ora abolita — sporge una posteriore canna da camino che viene dal basso e prosegue con un alto comignolo rotondo, e da ultimo si interna un focolare che forse è anch'esso opera turca. Dietro a quella cappa mi si avverte essersi recentemente scoperta altra porticina e finestrella centinate, i cui archi tondi si racco­stano e si legano con quelli della porta ogivale. 1 Nella muraglia orientale poi una porta archia­cuta conduce anche quinci all'esterno ; una canna d'aria vegnente dal basso accenna con qualche probabilità ai soliti rifacimenti turchi ; ed una grande arcata immette direttamente nell'avvolto già ricordato come comunicante col grande salone: in alto una finestra rettangolare ed una finestrina sottostante pure rettangolare furono scoperte testé, dopo la mia partenza da Rodi.

Le tre porte più meridionali avendo la strombatura verso l'esterno, mostrano eviden­temente come la sala comunicasse in origine per mezzo di ognuna di esse non già con qualche cortile o giardino, bensì con altri ambienti chiusi. Del locale accostato per levante, sebbene oggigiorno distrutto, si vedono tuttora le impostature delle travate del soffitto. Quello addossato a mezzogiorno fu modernamente convertito in latrina. Mancano invece affatto gli ambienti occidentali che, come ricordavamo, a giudicare da certi attacchi di muraglie, dovevano essere parecchi : in loro luogo si stende ora un cortile. Fin dove si spingesse lo spedale verso mezzo­giorno non si può attualmente, senza ulteriori assaggi, determinare.

G. G E R O L A .

1 P a r e che in riferimento a questa sala il Rott iers

(JJescription cit . , 258) descr iva un caminetto contras­

segnato del lo s temma del l 'Ordine ; v iceversa egli lo

d isegna poi su quel lo del g r a n d e sa lone ( ibidem, tav .

X X X I V ) . In realtà un tale scudo non si trova nè

ne l l 'una sala nè nel l 'a l tra .