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Il rapporto tra tutela della concorrenza ed interesse alla scelta del miglior
contraente nell’impugnazione degli atti di gara1
1. Il principio di effettività della tutela – 2. La ratio della normativa sull’evidenza
pubblica: la concezione contabilistica e la funzione proconcorrenziale – 3. Interessi
tutelati e poteri decisori del giudice – 4. La graduazione delle censure
nell’impugnazione degli atti di gara - 5. L’ordine di esame delle censure proposte con
l’azione incidentale – 5.1 Partecipazione alla gara di più imprese – 5.2 Due
concorrenti in gara - 6. La novella del nuovo codice sulle impugnazioni delle
ammissioni alla gara: l’anima tridimensionale dell’evidenza pubblica – 7.
Conclusioni.
1. Il principio di effettività della tutela
L’art. 1 del codice del processo amministrativo dispone che la giurisdizione
amministrativa assicura una tutela piena ed effettiva secondo i principi della
Costituzione e del diritto europeo.
L’ampliamento delle tecniche di tutela dell’interesse legittimo, in particolare
dell’interesse legittimo pretensivo, costituisce una tappa decisiva per avvicinare e
rendere omogeneo al modello europeo il sistema di tutela delle posizioni giuridiche
soggettive in ambito nazionale2.
L’apertura dell’ordinamento interno all’ordinamento europeo, infatti, implica
la costruzione di un processo connotato da una tutela effettiva, quale richiesta dalla
società che si muove nel mondo delle relazioni globali, da intendere come la capacità
del processo di conseguire risultati nella sfera sostanziale, vale a dire di garantire la
1 Il presente lavoro è stato realizzato in occasione del convegno nazionale di studi “Efficienza, legalità, controlli. Pesi e contrappesi” organizzato dall’Associazione Culturale Articolo 111 in collaborazione con il TAR Campania e svolto il 10 giugno 2016 in Napoli, presso la sede del TAR Campania. 2 Sulle tecniche di tutela degli interessi legittimi, sia consentito il richiamo a R. Caponigro, Una nuova stagione per la tutela giurisdizionale degli interessi legittimi, in www.giustamm, ottobre 2012.
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soddisfazione del bene oggetto dell’interesse dedotto in giudizio dal soggetto il cui
ricorso, rivelandosi fondato, sia stato accolto3.
Il metro per determinare la compatibilità fra il diritto europeo e i sistemi
processuali nazionali è costituito proprio dall’effettività della tutela e tale criterio è la
stella polare che deve guidare anche l’attività giurisdizionale nell’interpretazione e
nell’applicazione delle norme che disciplinano l’affidamento degli appalti pubblici,
materia alla quale l’ordinamento sovranazionale è tradizionalmente ipersensibile, al
fine di garantire la libertà di concorrenza tra le imprese e di assicurare il corretto
funzionamento del mercato comune.
Il rapporto amministrativo presenta spesso caratteri di accentuata complessità
in quanto, accanto all’interesse pubblico “primario” perseguito dall’amministrazione
procedente, possono convivere, ora confliggendo ora collimando, altri interessi
pubblici ed in quanto, accanto all’interesse del destinatario diretto dell’atto, possono
sussistere altri interessi privati di segno analogo o antitetico a quello del diretto
interessato.
Nella gara d’appalto, il “bene della vita” oggetto di potere amministrativo a cui
aspirano i partecipanti è uno ed uno solo e può essere attribuito ad un unico
concorrente, per cui il rapporto processuale, quando è impugnata l’aggiudicazione, è
sempre trilaterale o plurilaterale ed intercorre tra chi non ha ottenuto il bene ed aspira
ad averlo, la stazione appaltante e chi ha ottenuto il bene ed aspira a conservarlo.
Nel giudizio avverso il provvedimento di esclusione, invece, il rapporto
processuale è bilaterale in quanto gli altri candidati, prima dell’aggiudicazione, non
hanno una posizione qualificata, ma un interesse di mero fatto ad evitare una
maggiore concorrenza, fermo restando che, se nelle more del giudizio interviene
l’aggiudicazione a favore di un terzo, il rapporto investe almeno tre soggetti, essendo
3 In proposito, tra gli altri, F. Caringella, La giurisprudenza amministrativa regala all’interesse legittimo l’atipicità della tutela, il nuovo diritto amministrativo, 2012, ha posto in rilievo come possa un po’ causticamente affermarsi che la sentenza del giudice amministrativo, nel limitarsi a verificare la presenza dei vizi denunciati in seno all’atto impugnato senza traguardare la bontà sostanziale dell’aspirazione del privato, verificava se l’amministrazione avesse torto piuttosto che stabilire se il privato avesse ragione.
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necessario impugnare la disposta aggiudicazione, pena l’improcedibilità
dell’originario gravame avverso l’esclusione per sopravvenuta carenza di interesse.
L’aspirazione ad ottenere il bene può sottendere un “interesse finale”, vale a
dire l’interesse a conseguire direttamente l’aggiudicazione in esito alla esecuzione
della pronuncia giurisdizionale di annullamento, quando dall’accoglimento del
gravame deriverebbe la collocazione dell’impresa vittoriosa in giudizio in prima
posizione, ovvero un “interesse strumentale”, vale a dire l’interesse ad avere una
chance di aggiudicazione attraverso la partecipazione alla gara originaria (se è stata
annullata l’esclusione) ovvero alla sua rinnovazione (se sono stati travolti gli atti
della gara a cui l’impresa ha partecipato), quando dall’accoglimento
dell’impugnazione deriverebbe l’ammissione alla gara o il suo travolgimento.
La circostanza che nella gara d’appalto, così come in ogni procedura
concorsuale con un numero di aspiranti superiore al numero dei beni disponibili, il
“bene della vita” è una risorsa “scarsa” determina che il contenzioso in materia di
appalti pubblici ha proprie peculiarità e costituisce il terreno privilegiato per esplorare
le dinamiche dell’effettività della tutela in relazione non soltanto alla posizione del
ricorrente, ma anche a quella del controinteressato, che aspira a conservare il rapporto
come conformato dal provvedimento amministrativo contestato, titolare di una
propria posizione antagonista parimenti meritevole di protezione.
2. La ratio della normativa sull’evidenza pubblica: la concezione contabilistica e la
funzione proconcorrenziale
Un contratto di appalto stipulato da una amministrazione pubblica si distingue
da un analogo contratto stipulato tra soggetti privati sia per la rilevanza giuridica
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assunta dai motivi che spingono la parte pubblica a contrarre4 sia e soprattutto per le
modalità di scelta del contraente.
La libertà di scelta del contraente costituisce uno dei fondamentali pilastri
dell’autonomia privata, per cui il contraente privato, di norma, può scegliere
discrezionalmente con chi contrarre; la pubblica amministrazione, invece, è tenuta a
scegliere il proprio contraente in esito ad una apposita procedura (rectius:
procedimento) ad evidenza pubblica.
Il corpus normativo di disciplina della materia era originariamente costituito
dalla legge di contabilità di Stato, R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, e dal suo
regolamento di attuazione, R.D. 23 maggio 1924, n. 827, ed era finalizzato alla
individuazione del “giusto” contraente dell’amministrazione, vale a dire del
contraente in grado di offrire le migliori prestazioni e garanzie alle condizioni più
vantaggiose, per cui la ratio della normativa sull’evidenza pubblica era volta
esclusivamente al controllo della spesa pubblica per il miglior utilizzo del denaro
della collettività (cd. concezione contabilistica).
A tale esigenza di tutela degli interessi pubblici si è aggiunta, sotto la spinta dei
principi e delle direttive comunitarie, l’esigenza di tutela della libertà di concorrenza
e di non discriminazione tra le imprese.
Di talché, la concorrenzialità nell’aggiudicazione, che ha il suo elemento
cardine nel principio di massima partecipazione alla gara delle imprese in possesso
dei requisiti richiesti5, in origine funzionale al solo interesse finanziario
dell’amministrazione, nel senso che la procedura competitiva tra imprese era ritenuta
la modalità più efficace per garantire la migliore spendita del denaro pubblico,
diventa un’espressione dell’ondata neoliberista degli ultimi decenni dello scorso
4 I bisogni che inducono la stazione appaltante a cercare un contraente devono essere resi noti nella determina a contrarre, che costituisce l’atto di avvio del procedimento d’ufficio di affidamento dell’appalto, mentre tra soggetti privati assumono rilievo giuridico solo se dedotti nell’accordo negoziale sotto forma di condizione.5 L’art. 83, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016 stabilisce che i requisiti e le capacità richieste per partecipare alle gare sono attinenti e proporzionati all’oggetto dell’appalto, tenendo presente l’interesse pubblico ad avere il più alto numero di partecipanti, nel rispetto dei principi di trasparenza e rotazione.
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secolo, che ha portato le autorità comunitarie a prendere in considerazione - ai fini
della tutela della concorrenza, che dovrebbe garantire l’efficiente allocazione delle
risorse sul mercato - l’impatto concorrenziale prodotto dalle amministrazioni
pubbliche in qualità di committenti o di concedenti, per cui ogni singola gara diviene
uno specifico e temporaneo micromercato nel quale le imprese di settore possono
confrontarsi6.
La tutela della libertà di concorrenza, infatti, rientra nel codice genetico del
diritto europeo e caratterizza, sotto molteplici profili, i rapporti tra gli ambiti europeo
e nazionale al punto che libertà di concorrenza e tutela del mercato si saldano
strettamente, rappresentandone un posterius giuridico, con le libertà di stabilimento e
di prestazione di servizi riconosciute dal Trattato.
L’amministrazione, pertanto, non utilizza più sic et simpliciter il mercato per
scegliere il contraente migliore sotto i profili qualitativo e quantitativo, ma è chiamata
a disciplinare il suo corretto funzionamento al fine di tutelare il libero gioco della
concorrenza, al punto che, da soggetto che utilizza il mercato per scopi propri, è
divenuta garante del corretto andamento dello stesso per fini ulteriori, ispirati
principalmente dall’ordinamento comunitario.
La stessa amministrazione, in tal senso, è assoggettata al mercato e le regole
dell’evidenza pubblica non sono più soltanto funzionali a garantire il buon andamento
dell’amministrazione ai sensi dell’art. 97 Cost. e ad ottenere le migliori condizioni ed
il più affidabile contraente, ma sono anche finalizzate alla tutela della concorrenza
per il mercato, per cui può affermarsi che l’interesse delle imprese e del mercato è ora
tutelato al pari dell’interesse pubblico che l’amministrazione è chiamata
ontologicamente a perseguire e, anzi, è divenuto il valore collettivo essenziale e
preminente da realizzare7.
6 Sull’argomento, M. Clarich, Contratti pubblici e concorrenza, relazione al convegno nazionale di studi amministrativi di Varenna, 17-19 settembre 2015, in www.giustizia-amministrativa.it.7 G. Severini, Il nuovo contenzioso sui contratti pubblici (l’art. 204 del Codice degli appalti pubblici e delle concessioni ovvero il nuovo art. 120 del codice del processo amministrativo), in www.giustizia-amministativa.it, 2016, ha posto in rilievo che la ricerca efficientistica dell’offerta più utile per
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L’esigenza di uniformare la normativa nazionale a quella comunitaria ha
determinato il definitivo superamento della c.d. concezione contabilistica che
qualificava la normativa interna come posta esclusivamente nell’interesse
dell’amministrazione, anche ai fini della corretta formazione della sua volontà
negoziale8.
La compresenza della duplice esigenza volta alla tutela della concorrenza tra le
imprese ed al buon uso del denaro della collettività è stata chiaramente delineata dalla
giurisprudenza europea la quale, nel dichiarare che uno degli obiettivi della
normativa comunitaria in materia di appalti pubblici è costituito dall’apertura alla
concorrenza nella misura più ampia possibile e che è nell’interesse del diritto
comunitario che venga garantita la più ampia partecipazione possibile di offerenti ad
una gara d’appalto, ha aggiunto che siffatta apertura alla concorrenza è prevista non
soltanto con riguardo all’interesse comunitario alla libera circolazione dei prodotti e
dei servizi, ma anche nell’interesse stesso dell’amministrazione aggiudicatrice che
disporrà così di un’ampia scelta circa l’offerta più vantaggiosa e più rispondente ai
bisogni della collettività pubblica interessata9.
Il considerando 2 della direttiva europea 24 del 2014 pone ancora più
chiaramente in rilievo che gli appalti pubblici costituiscono uno degli strumenti basati
sul mercato necessari alla realizzazione di una crescita intelligente, sostenibile ed
inclusiva garantendo contemporaneamente l’uso più efficiente possibile dei
finanziamenti pubblici10.
l’amministrazione appaltante ha progressivamente ceduto il passo ai temi intesi ad assicurare la concorrenza “per il mercato”, atteso che il nuovo assunto di base era che la tutela della concorrenza reca in sé la garanzia di efficienza del mercato.8 In proposito cfr. sentenza della Corte Costituzionale 23 novembre 2007, n. 401.9 Cfr. ex multis: Corte di Giustizia, Quarta Sezione, 23 dicembre 2009, nel procedimento C-305/08, CoNISMa, punto 37.10 F. Cardarelli, Le direttive europee sui contratti pubblici, in Libro dell’anno 2015, Roma, evidenzia che, rispetto alle direttive del 2004, che rappresentavano un consolidamento del quadro normativo all’epoca esistente, e soprattutto rafforzavano l’idea di fondo dell’intero sistema orientato verso l’apertura alla concorrenza nel settore, le direttive del 2014 appaiono ispirate da ragioni di “politica pubblica”.
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L’art. 2 del d.lgs. 163/2006, in tale ottica, oltre ad indicare che l’affidamento e
l’esecuzione di opere e lavori pubblici, servizi e forniture ai sensi del “codice” deve
garantire la qualità delle prestazioni e svolgersi nel rispetto dei principi di
economicità, efficacia, tempestività e correttezza (principi ispirati alla tutela della
pubblica amministrazione per il controllo ed il miglior utilizzo delle finanze
pubbliche), specificava che l’affidamento deve altresì rispettare i principi di libera
concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità
e pubblicità (principi ispirati alla tutela delle imprese concorrenti e del corretto
funzionamento del mercato).
Con il nuovo codice degli appalti pubblici e delle concessioni (d.lgs. n. 50 del
2016), risulta evidente che la funzione proconcorrenziale delle regole di evidenza
pubblica ha assunto ancora maggiore rilievo ed è divenuta il baricentro del sistema11.
L’art. 2 del nuovo codice, in particolare, sancisce che le disposizioni ivi
contenute sono adottate nell’esercizio della competenza legislativa esclusiva statale in
materia di tutela della concorrenza, sicché è consequenziale ritenere che i
provvedimenti adottati in applicazione del codice dei contratti ove non realizzino
detta finalità violano le regole stesse ed i principi di libera concorrenza.
La considerazione che il centro di gravità del settore degli appalti pubblici è
ormai costituito dalla necessità di garantire il libero esplicarsi della concorrenza,
peraltro, non determina la regressione del coesistente interesse pubblico alla scelta
del miglior contraente al fine di garantire il migliore utilizzo possibile delle risorse
finanziarie della collettività, interesse che - sebbene non più indicato in modo
espresso come nell’art. 2 d.lgs. n. 163 del 2006 - è ontologicamente presente nel
sistema ed è comunque richiamato nel nuovo codice12.
11 In proposito, M. Esposito, Disciplina degli appalti pubblici e legittimazione a ricorrere a tutela della concorrenza, in www.giustamm.it, 2016.12 L’art. 4 del d.lgs. n. 50 del 2016, ad esempio, dispone che l’affidamento dei contratti pubblici “esclusi” avviene nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tutela dell’ambiente ed efficienza energetica, oltre che di imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità e pubblicità.
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Le due “anime” della normativa sostanziale dell’evidenza pubblica, in linea di
massima, possono e devono essere perseguite contemporaneamente, atteso che la
massima partecipazione alla gara è funzionale al perseguimento di entrambe le
finalità.
Nondimeno, il principio del favor partecipationis può entrare in collisione con
l’altrettanto fondamentale principio della par condicio, con cui viene garantito il
rigoroso rispetto delle regole di gara a tutela di ogni concorrente, con la precisazione
però che l’esclusione dalla gara per inosservanza delle previsioni della lex specialis
può essere disposta solo ove tali previsioni siano poste a tutela di un interesse
pubblico effettivo e rilevante, sicché, nell’ottica di favorire la realizzazione delle
finalità sottese alla normativa in materia, è in atto un processo di dequotazione delle
carenze formali che precludono l’accesso alla gara, di cui sono testimoni, in
particolare, l’introduzione del principio di tassatività delle fonti delle cause di
esclusione13 e l’ampliamento del c.d. soccorso istruttorio14.
L’evoluzione del sistema, quindi, è nel senso di rendere possibile la
partecipazione alla gara a tutte le imprese che, a prescindere da profili solo formali e
non lesivi del pubblico interesse, siano in possesso dei requisiti richiesti per
concorrere.
Per altro verso, presentano aspetti peculiari e problematici l’analisi della
compatibilità tra il carattere soggettivo della giurisdizione amministrativa e la
“doppia anima” della normativa sostanziale sull’evidenza pubblica nonché il rapporto
tra tali anime ed una “terza anima”, costituita dall’esigenza di rapida definizione delle
procedure di affidamento degli appalti e del relativo contenzioso per consentire la
sollecita realizzazione delle opere o delle prestazioni di servizi, alla quale è ispirata
soprattutto la recente normativa processuale in materia.
13 Tale principio, introdotto dall’art. 46, comma 1 bis, del d.lgs. n. 163 del 2006, ha subito una ulteriore evoluzione nel senso di ridurre per quanto possibile i motivi di esclusione ai candidati nel possesso sostanziale dei requisiti per la partecipazione con l’art. 50 d.lgs. n. 50 del 2016. 14 Il soccorso istruttorio, previsto dall’art. 38, comma 2 bis, d.lgs. n. 163 del 2006, è stato ulteriormente rinforzato con l’entrata in vigore dell’art. 83, comma 9, d.lgs. n. 50 del 2016.
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3. Interessi tutelati e poteri decisori del giudice
L’attribuzione di ampi ed inusuali poteri decisori al giudice amministrativo in
materia di appalti pubblici15 ha fatto sorgere dubbi su quale sia il carattere della
giurisdizione amministrativa esercitata nella fattispecie.
In particolare, secondo una lettura oggettivistica, l’esistenza di poteri officiosi
del giudice è considerata espressione del fatto che, in tale materia, l’unico interesse
protetto sia l’interesse pubblico con conseguente possibilità del giudice di assumere
iniziative di tutela anche senza domanda, mentre, secondo una esegesi soggettivistica,
vi sarebbe una perfetta compatibilità fra esercizio di poteri officiosi e principio della
domanda senza nessuna possibilità di dedurne il carattere oggettivo della
giurisdizione16.
La giurisdizione amministrativa è stata storicamente strutturata come
giurisdizione soggettiva, atteso che, come già sancito in sede di istituzione della
Quarta Sezione del Consiglio di Stato dall’art. 3 della c.d. legge Crispi 31 marzo
1989, n. 5992, il ricorso giurisdizionale amministrativo può essere proposto a tutela
di un interesse individuale e, di conseguenza, l’annullamento è destinato ad operare
nei limiti dell’interesse la cui tutela è stata chiesta in giudizio.
Il principio della domanda e quello della corrispondenza tra chiesto e
pronunciato, pertanto, hanno dignità di “generklausel”, oltre che nel processo civile,
anche nel processo amministrativo17.
Detti principi generali comportano il divieto di attribuire un bene della vita non
richiesto o di emettere una statuizione che non trovi corrispondenza nella domanda,
per cui una eventuale deriva oggettivistica della giurisdizione in materia di appalti
pubblici contrasterebbe con i principi fondanti dell’attuale sistema.
15 I poteri decisori in materia di appalti pubblici sono attribuiti dagli artt. 121 e ss. c.p.a. 16 Per un’ampia disamina del tema, G. De Giorgi Cezzi, Interessi sostanziali, parti e giudice amministrativo, Diritto amministrativo, fasc. 3, 2013.17 Sul tema, si è diffusa con ampie e profonde argomentazioni la sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 27 aprile 2014, n. 5.
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Una corretta ricostruzione delle norme attributive al giudice dei poteri decisori
nelle controversie in subiecta materia porta a ritenere, a mio avviso, che i poteri
esercitabili sono in ogni caso coerenti con il carattere soggettivo della nostra
giurisdizione.
La normativa codicistica distingue l’ipotesi di inefficacia del contratto per
gravi violazioni (art. 121) dall’ipotesi di inefficacia del contratto per le altre
violazioni (art. 122).
Per gravi violazioni, in ambito comunitario, non si intendono le violazioni che
maggiormente si discostano dal paradigma normativo alla luce dell’interesse protetto,
ma quelle che consentono la stipulazione del contratto senza che possa essere attivato
un preventivo intervento inibitorio e caducatorio da parte del giudice18.
In tali casi, il giudice che annulla l’aggiudicazione definitiva “dichiara
l’inefficacia del contratto” precisando, in funzione delle deduzioni delle parti e della
valutazione della gravità della condotta della stazione appaltante e della situazione di
fatto, se la declaratoria di inefficacia è limitata alle prestazioni ancora da eseguire alla
data di pubblicazione del dispositivo o opera in via retroattiva 19, mentre, per le altre
violazioni, il giudice “stabilisce se dichiarare inefficace il contratto”, fissandone la
decorrenza, considerando una pluralità di aspetti20, ove il vizio dell’aggiudicazione
non comporti l’obbligo di rinnovare la gara e la domanda di subentrare sia stata
proposta.
Pertanto, nella prima ipotesi, il giudice, salva la presenza di esigenze
imperative connesse ad un interesse generale che impongano la conservazione degli
effetti negoziali, è tenuto a dichiarare l’inefficacia del contratto, laddove, nelle altre
ipotesi, ha la facoltà e non l’obbligo di tale dichiarazione.
18, Sul punto, Greco G., Illegittimo affidamento dell’appalto, sorte del contratto e sanzioni alternativa nel d.lgs. 53/2010, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2010. 19 Il contratto, peraltro, resta efficace qualora venga accertato che il rispetto di esigenze imperative connesse ad un interesse generale imponga che i suoi effetti siano mantenuti.20 L’interesse delle parti, l’effettiva possibilità per il ricorrente di conseguire l’aggiudicazione alla luce dei vizi riscontrati, lo stato di esecuzione del contratto e la possibilità di subentrare nello stesso.
10
Tale disciplina - in disparte ogni considerazione sulle valutazioni relative agli
interessi pubblici e privati che il giudice deve compiere al fine di rendere la
pronuncia, che rappresentano un unicum nell’ambito dei suoi poteri decisori e che
determinano, a mio avviso, un inevitabile sconfinamento nel merito amministrativo 21 -
non è idonea ad attribuire alcun connotato di oggettività alla giurisdizione, neppure
laddove il giudice sia tenuto a dichiarare l’inefficacia del contratto, atteso che detta
pronuncia altro non è che un effetto, certo o possibile, dell’eventuale annullamento
dell’aggiudicazione, per il verificarsi del quale nessun altra domanda deve essere
proposta.
In altri termini, la circostanza che l’inefficacia del contratto “deve” essere (per
le gravi violazioni) o “può” essere dichiarata (per le altre violazioni) non rileva né ai
fini della qualificazione in termini di officiosità dei poteri esercitati dal giudice né ai
fini della qualificazione della giurisdizione come oggettiva, atteso che tale pronuncia
costituisce il portato della sentenza che ha accolto, a tutela di un interesse individuale,
la domanda di annullamento dell’aggiudicazione e non richiede, quindi, alcuna
specifica domanda.
L’art. 121 c.p.a. individua le seguenti gravi violazioni:
a) l’aggiudicazione definitiva è avvenuta senza previa pubblicazione del bando o
avviso con cui si indice una gara nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea o nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana;
b) l’aggiudicazione definitiva è avvenuta con procedura negoziata senza bando o con
affidamento in economia fuori dai casi consentiti e questo abbia determinato
l’omissione della pubblicità del bando o avviso con cui si indice una gara nella
Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea o nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
Italiana;
21 Sia consentito il richiamo a R. Caponigro, La valutazione giurisdizionale del merito amministrativo, in www.giustizia-amministrativa.it, 2010.
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c) il contratto è stato stipulato senza rispettare il termine dilatorio stabilito dall’art.
11, comma 10, d.lgs. n. 163 del 2006, qualora tale violazione abbia privato il
ricorrente della possibilità di avvalersi di mezzi di ricorso prima della stipulazione del
contratto e sempre che tale violazione, aggiungendosi a vizi propri
dell’aggiudicazione definitiva, abbia influito sulla possibilità del ricorrente di
ottenere l’affidamento;
d) il contratto è stato stipulato senza rispettare la sospensione obbligatoria del termine
per la stipulazione derivante dalla proposizione del ricorso giurisdizionale avverso
l’aggiudicazione definitiva, ai sensi dell’art. 11, comma 10 ter, d.lgs. n. 163 del 2006,
qualora tale violazione, aggiungendosi a vizi propri dell’aggiudicazione definitiva,
abbia influito sulla possibilità del ricorrente di ottenere l’affidamento.
Nell’impugnazione degli atti di gara, talune censure possono essere indirizzate
a dimostrare un vizio dell’attività amministrativa tale che, se l’azione
dell’amministrazione si fosse legittimamente svolta, il bene della vita sarebbe stato
attribuito al ricorrente, vale a dire sono volte a dimostrare la fondatezza della pretesa
sostanziale ad ottenere direttamente, in esito alla dovuta esecuzione della sentenza,
l’utilità sperata (è il caso, ad esempio, del secondo graduato che deduce l’illegittima
partecipazione del primo graduato aggiudicatario ovvero che deduce l’illegittima
attribuzione di punteggi che, ove correttamente assegnati, gli avrebbero consentito la
collocazione in prima posizione), mentre altre censure possono essere indirizzate a
provare un vizio dell’azione amministrativa tale da determinare l’esigenza di una
rinnovazione della gara e, quindi, non sono volte a dimostrare la fondatezza della
pretesa ad ottenere direttamente il bene della vita, ma sono finalizzate a dare conto di
un vizio procedimentale tale da determinare il travolgimento della procedura e, per
l’effetto, offrire una nuova chance di successo a seguito della rinnovazione della gara.
Nelle fattispecie sub a) e sub b) di cui all’art. 121 c.p.a., l’interesse dedotto
dalla parte ricorrente, che evidentemente non ha partecipato alla gara, è
esclusivamente di tipo strumentale, per cui la sua soddisfazione postula 12
necessariamente la dichiarazione di inefficacia del contratto al fine di tutelare in
forma specifica la chance di aggiudicazione attraverso la possibile partecipazione alla
gara rinnovata.
Nelle fattispecie sub c) e sub d), peraltro di assai remota verificazione,
l’interesse di cui è chiesta tutela può essere sia finale che strumentale e, nel primo
caso, l’omessa presentazione della domanda di conseguire l’aggiudicazione e il
contratto deve essere valutata nell’ambito della possibile sussistenza delle esigenze
imperative connesse ad un interesse generale che impongono siano mantenuti gli
effetti del contratto.
La normativa di cui all’art. 124 c.p.a. fa riferimento alla domanda di conseguire
l’aggiudicazione ed il contratto, mentre in nessuna parte le disposizioni del codice
fanno riferimento alla domanda di inefficacia del contratto e, d’altra parte, sembra
evidente che l’inefficacia dell’accordo negoziale in talune ipotesi, quelle in cui è
dedotto l’interesse strumentale alla rinnovazione della gara, è l’unica conseguenza
che può derivare dall’accoglimento dell’azione di annullamento in quanto dalla stessa
ontologicamente non può derivare l’aggiudicazione in favore della parte ricorrente ed
il conseguente subentro nel contratto.
L’art. 122 c.p.a. attribuisce al giudice la facoltà di dichiarare o meno
l’inefficacia del contratto per tutte le altre violazioni “nei casi in cui il vizio
dell’aggiudicazione non comporti l’obbligo di rinnovare la gara e la domanda di
subentrare sia stata proposta”.
La formulazione della norma, forse non particolarmente perspicua, risulta
chiara ove si tenga conto della evidenziata differenza tra interesse finale
all’aggiudicazione ed interesse strumentale alla partecipazione.
Infatti, se il vizio dell’aggiudicazione comporta l’obbligo di rinnovare la gara
vuol dire che alla relativa censura è necessariamente sotteso l’interesse strumentale a
partecipare alla gara rinnovata al fine di coltivare una possibilità di aggiudicazione,
sicché il giudice non ha alcuna facoltà, ma deve dichiarare l’inefficacia del contratto 13
per consentire la tutela in forma specifica del “bene della vita”, la possibilità di
aggiudicazione attraverso la partecipazione, che altrimenti non potrebbe mai essere
conseguito se non per equivalente patrimoniale della perdita di chance.
La domanda volta a conseguire l’aggiudicazione ed a subentrare nel contratto è
una domanda ulteriore rispetto a quella di annullamento dell’aggiudicazione e può
qualificarsi come azione di condanna della stazione appaltante, una volta che il
giudice abbia dichiarato l’inefficacia del contratto stipulato con l’aggiudicataria
illegittima, ad aggiudicare la gara all’impresa ricorrente in giudizio ed a disporre il
suo subentro nel rapporto negoziale.
Tale domanda, quindi, è una domanda autonoma, in assenza della quale il
giudice non può dichiarare l’inefficacia del contratto ove l’illegittimità
dell’aggiudicazione, come nella assoluta prevalenza dei casi, sia dedotta per motivi
diversi dalle “gravi” violazioni di cui all’art. 121 c.p.a.
Ne consegue che la facoltà discrezionale attribuita al giudice di dichiarare o
meno l’inefficacia del contratto ove l’aggiudicazione sia annullata per vizi che non
configurino “gravi” violazioni nel senso anzidetto, valutando gli interessi pubblici e
privati indicati nel corpo dell’art. 122 c.p.a., soffre due eccezioni, in ragione delle
quali il potere decisorio da discrezionale diventa vincolato:
- la prima sussiste quando il vizio dell’aggiudicazione determina l’obbligo di
rinnovazione della gara, vale a dire quando la censura ritenuta fondata sottende un
interesse strumentale alla partecipazione e non l’interesse finale alla diretta
aggiudicazione; in tal caso, il giudice deve dichiarare l’inefficacia del contratto, che
costituisce un portato naturale della decisione di annullamento dell’aggiudicazione e
non richiede alcuna specifica domanda, atteso che se il contratto medio tempore
stipulato continuasse a spiegare i propri effetti la rinnovazione della gara non sarebbe
più possibile e la tutela in forma specifica del bene della vita, la chance di
aggiudicazione, non potrebbe mai avvenire;
14
- la seconda sussiste quando la domanda di subentrare nel contratto non sia stata
proposta, atteso che in tal caso, il quale presuppone che l’annullamento
dell’aggiudicazione potrebbe comportare il subentro del ricorrente vittorioso in
giudizio all’aggiudicatario illegittimo, non avendo l’impresa ricorrente manifestato
interesse a tutelare in forma specifica il “bene della vita”, risulta inutile e dannoso per
l’interesse pubblico dichiarare inefficace un contratto comunque in corso di
esecuzione.
In conclusione, occorre ritenere che sussista una completa corrispondenza tra
chiesto e pronunciato anche con riferimento all’esercizio dei poteri decisori in ordine
alla dichiarazione di inefficacia del contratto in quanto l’eventuale pronuncia adottata
in tal senso costituisce null’altro che il naturale effetto della portata conformativa
della sentenza e non un potere esercitato d’ufficio dal giudice in assenza di una
qualunque richiesta della parte ricorrente.
Se la parte non ha presentato la domanda di conseguire l’aggiudicazione ed il
contratto, in ragione del principio dispositivo, il “bene della vita” può essere tutelato
solo per equivalente patrimoniale ove la domanda risarcitoria sia stata proposta.
Peraltro, l’art. 124, comma 2, c.p.a. sancisce che la condotta processuale della
parte che, senza giustificato motivo, non ha proposto la domanda di conseguire
l’aggiudicazione e il contratto o non si è resa disponibile a subentrare nel contratto, è
valutata dal giudice ai sensi dell’art. 1227 c.c.22
Tale norma è ancora più pregnante di quella contenuta nell’art. 30, comma 3,
seconda parte, c.p.a., secondo cui, nel determinare il risarcimento, attraverso un
meccanismo sostanzialmente anch’esso ispirato all’art. 1227 c.c., il giudice valuta
tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque,
22 Ai sensi dell’art. 1227, comma 2, c.c., il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza; in virtù del primo comma, invece, se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate.
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esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria
diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti.
Nella disposizione in materia di appalti, l’alternativa tra tutela in forma
specifica del bene della vita e tutela dello stesso per equivalente patrimoniale non è
lasciata alla mera facoltà della parte in quanto, una volta esperita l’azione di
annullamento, l’omessa ingiustificata presentazione della autonoma ed ulteriore
domanda di conseguire l’aggiudicazione ed il contratto23 è senz’altro valutata ai sensi
dell’art. 1227 c.c.
Ne consegue che, a maggiore ragione, ove l’interessato non proponga affatto la
domanda di annullamento, ma esclusivamente l’azione autonoma di risarcimento del
danno, il giudice non possa accogliere la domanda risarcitoria ove l’impugnazione
degli atti di gara avrebbe potuto evitare la formazione del danno.
In definitiva, l’assetto ordinamentale in materia di appalti, induce a ritenere che
per il sistema non sia affatto indifferente, così come ritengo non dovrebbe esserlo
anche per gli altri settori del diritto amministrativo, che la tutela del bene della vita
avvenga in forma specifica o per equivalente patrimoniale, potendo la soddisfazione
per equivalente patrimoniale intervenire solo e soltanto quando la tutela in forma
specifica non sia possibile ed essendo, quindi, la stessa da escludere laddove, pur
potendo accedere alla tutela in forma specifica, l’impresa interessata abbia
manifestato disinteresse verso la stessa.
L’interesse alla tutela della libertà di concorrenza e l’interesse alla scelta del
migliore contraente convergono verso tale soluzione.
L’interesse delle imprese preso in considerazione dalla normativa sull’evidenza
pubblica, infatti, è quello a partecipare alla gara in condizioni di parità e non
discriminazione al fine di favorire il libero esplicarsi della concorrenza nel mercato
23 L’omissione potrebbe essere giustificata dalla inutilità di proporre la domanda per effetto, ad esempio, della già intervenuta esecuzione della prestazione oggetto dell’appalto; con riferimento a tale ipotesi, l’art. 34, comma 3, c.p.a. dispone che. Quando nel corso del giudizio l’annullamento del provvedimento non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l’illegittimità dell’atto se sussiste l’interesse ai fini risarcitori.
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comune, assumendo la tutela risarcitoria un significato evidentemente recessivo,
poiché ulteriore e di completamento, ove il vero interesse tutelato non possa essere
soddisfatto24.
Del pari, come in precedenza sottolineato, l’interesse della stazione appaltante
è quello ad individuare il migliore contraente sotto il profilo quantitativo e
qualitativo, laddove la soddisfazione per equivalente patrimoniale del bene della vita
leso dall’azione amministrativa illegittima è idonea a produrre un duplice vulnus agli
interessi pubblici in quanto, da un lato, determina lo svolgimento delle prestazioni da
parte dell’aggiudicatario illegittimo, vale a dire da parte di chi non è il miglior
contraente, dall’altro, provoca un consistente danno per le finanze pubbliche, atteso
che, oltre al pagamento delle corrispettivo delle prestazioni in favore
dell’aggiudicatario illegittimo, la stazione appaltante sarà tenuta a risarcire il danno
patrimoniale al concorrente illegittimamente pretermesso dall’aggiudicazione.
Va da sé, allora, che consentire la sola tutela per equivalente patrimoniale del
bene della vita costituito dall’aggiudicazione della gara e dal conseguente
affidamento dell’appalto va esattamente nella direzione opposta alle delineate ragioni
sottostanti l’esistenza della normativa sugli appalti pubblici, che ancora una volta
mostrano un idem sentire, in quanto una siffatta soluzione si presenta tutt’altro che
funzionale al libero esplicarsi della concorrenza sul mercato e non garantisce che il
contraente dell’amministrazione sia quello migliore tra quanti hanno presentato
ritualmente e tempestivamente un’offerta.
La corretta esegesi delle norme, quindi, deve portare a ritenere l’esistenza di
una sostanziale pregiudiziale amministrativa in materia di appalti, da intendere non
soltanto con riferimento alla necessaria previa introduzione dell’azione di
annullamento dell’aggiudicazione, ma anche con riferimento alla necessaria
24 La Corte Costituzionale, con la famosa sentenza 6 luglio 2004, n. 204, ha chiaramente posto in rilievo che il risarcimento del danno ingiusto costituisce uno strumento di tutela ulteriore, rispetto a quello classico demolitorio e conformativo, da utilizzare per rendere giustizia al cittadino nei confronti della pubblica amministrazione.
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proposizione dell’azione di condanna nei confronti della stazione appaltante a
conseguire l’aggiudicazione dell’appalto e il subentro nel contratto, atteso che tale
“pregiudiziale” si rivela funzionale a tutti gli interessi pubblici e privati che il sistema
intende tutelare ed impedisce un possibile uso strumentale, a fini esclusivamente di
locupletazione attraverso acquisizione patrimoniale, dello strumento processuale.
4. La graduazione delle censure nell’impugnazione degli atti di gara
Il tema della tassonomia delle modalità di esercizio della potestas iudicandi
assume rilievo centrale nelle questioni della giustizia amministrativa in quanto
costituisce uno dei principali parametri di misura della capacità del processo
amministrativo di assicurare una tutela effettiva e sostanziale alle posizioni giuridiche
soggettive coinvolte.
Il giudizio amministrativo, infatti, dovrebbe essere orientato non tanto o,
comunque, non solo a verificare se l’amministrazione abbia esercitato legittimamente
il potere ad essa attribuito, quanto piuttosto ad accertare se la pretesa sostanziale
dedotta in giudizio dal ricorrente sia fondata, vale a dire ad accertare la spettanza,
certa o possibile, del bene della vita, sicché dovrebbe assumere rilievo il rapporto
sostanziale al quale le pretese ineriscono25.
La modalità di graduazione dell’esame dei motivi di ricorso costituisce uno
strumento attraverso il quale può attribuirsi maggiore rilievo all’accertamento della
spettanza del bene della vita piuttosto che all’accertamento, talvolta avente pregnanza
solo formale, della mera illegittimità dell’azione amministrativa.
A fronte di un'unica azione di annullamento, è ben possibile che l’interessato
aspiri a due differenti “beni della vita”, uno maggiormente satisfattivo dell’altro e
25 Tra i tanti Autori che hanno affrontato l’argomento, V. Caianiello, Manuale di diritto processuale amministrativo, Torino, 2003.
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tale, se soddisfatto, da determinare la carenza di interesse della parte ricorrente
rispetto all’altro.
Di talché, se è vero che l’effetto cui è finalizzata l’azione impugnatoria è
l’eliminazione dal mondo giuridico del provvedimento impugnato e che tale effetto si
verifica comunque nel caso di accoglimento del ricorso e di conseguente
annullamento dell’atto, a prescindere da quale delle censure dedotte sia stata ritenuta
fondata, è altrettanto vero che alle singole censure proposte possono essere sottesi
interessi differenti ed, in particolare, secondo quanto già esposto in precedenza, un
interesse finale ad ottenere direttamente il “bene della vita” ed un interesse
strumentale ad ottenere una nuova chance di attribuzione dello stesso, per cui
l’accertamento dell’illegittimità dell’atto ed il conseguente accoglimento del ricorso a
seguito della fondatezza dell’una o dell’altra censura non è affatto indifferente, ma
produce effetti sulla portata conformativa della sentenza e sulla misura di
satisfattività della stessa.
Nel caso in cui attraverso l’impugnazione di un unico atto il ricorrente
proponga sia censure volte ad ottenere una soddisfazione certa del bene, sia pure
intermediata dalla successiva attività amministrativa da porre in essere in doverosa
esecuzione della possibile sentenza di accoglimento, sia censure volte ad ottenere la
mera chance di conseguimento del bene, l’azione di annullamento esperita resta una
sola, ma non altrettanto può dirsi per le posizioni giuridiche soggettive di interesse
legittimo di cui la parte ricorrente, agendo in giudizio, chiede protezione le quali,
variando il loro lato interno, devono ritenersi duplici, così come duplici devono
ritenersi le domande azionate, il cui effetto varia a seconda della fondatezza dell’una
o dell’altra censura26.
In sostanza, poiché ogni interesse legittimo si caratterizza per racchiudere nel
proprio lato interno l’aspirazione ad un determinato bene della vita – ed è questo il 26 In proposito, sia consentito il richiamo a R. Caponigro, La graduazione delle censure nell’azione di annullamento del provvedimento amministrativo, in Il nuovo diritto amministrativo, Roma, n. 3/2015.
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tratto caratteristico di ciascuna posizione che la differenzia dagli altri interessi
legittimi con i quali, invece, ha in comune la relazione dinamica con l’esercizio
autoritativo della funzione pubblica - è diversa la posizione che abbia nel proprio lato
interno l’aspirazione al conseguimento immediato del bene da quella che, pur
mirando in una prospettiva finalistica allo stesso risultato, abbia al proprio interno
l’aspirazione mediata ad ottenere una nuova chance al futuro conseguimento del
bene, chance che, in un’ottica di tutela, costituisce comunque un bene attuale da
realizzare.
D’altra parte, che l’interesse strumentale, quando differenziato e qualificato, sia
un vero e proprio interesse legittimo non è in discussione, altrimenti, ogniqualvolta
dovesse da solo essere dedotto in giudizio, la relativa azione andrebbe incontro ad
una inevitabile declaratoria di inammissibilità per carenza dell’interesse al ricorso, il
che non è mai stato effettivamente ipotizzato dalla giurisprudenza.
Se il concorrente sostiene l’illegittimità dell’aggiudicazione a favore di un’altra
impresa deducendo che quest’ultima avrebbe dovuto essere esclusa, contesta la
legittimità dell’azione amministrativa nella parte in cui ha ammesso (rectius: non
escluso) l’impresa concorrente alla gara, mentre, se l’illegittimità dell’aggiudicazione
è dedotta per vizi inerenti la successiva fase di svolgimento della gara, il concorrente
contesta la legittimità dell’azione amministrativa nella parte in cui ha posto in essere
gli atti endoprocedimentali relativi allo svolgimento della vera e propria selezione
comparativa.
Il rilievo centrale, quindi, è assunto dalla natura del vizio che, secondo la
prospettazione della parte ricorrente, rende illegittima l’azione amministrativa che, in
molteplici occasioni, discende dalla fase procedimentale in cui lo stesso si annida e,
quindi, dal rapporto logico giuridico e diacronico procedimentale tra le censure
proposte.
20
Il vizio che determina la soddisfazione dell’interesse legittimo finale spesso
afferisce alla fase di verifica dei requisiti, che riguardano l’ammissione dell’impresa
alla gara, mentre l’interesse legittimo strumentale afferisce spesso alla fase di
svolgimento della gara, riguardando la nomina della Commissione e soprattutto
l’espletamento delle sue funzioni, laddove siano lamentati vizi tali da inficiare la
legittimità dell’intera procedura che andrebbe, quindi, rinnovata.
La graduazione dei motivi da parte dell’interessato, nel senso dell’indicazione
di uno o taluni di essi come principali e di uno o taluni di essi come subordinati
all’eventuale non fondatezza dei primi impedisce al giudice, che altrimenti andrebbe
ultra petita, ove ritenuta fondata una o più delle censure sovraordinate, di procedere
all’esame delle doglianze subordinate.
La questione diviene problematica, invece, quando la parte ricorrente non ha
provveduto a graduare di sua iniziativa i motivi di ricorso, per cui è il giudice a dover
graduare gli stessi secondo un ordine logico.
In tal caso - anche ove si ritenga che i motivi debbano essere tutti
indistintamente esaminati evitando di ricorrere alla tecnica del c.d. assorbimento onde
garantire, tra l’altro, il doppio grado di giurisdizione di cui all’art. 125 Cost. -
sussiste, a mio avviso, la necessità di esaminare prioritariamente i motivi cui è sotteso
l’interesse legittimo finale e perciò l’implicita domanda il cui accoglimento
determinerebbe la soddisfazione di questo interesse.
La presenza di due interessi legittimi, l’uno immediatamente attributivo del
bene finale e l’altro solo potenzialmente attributivo dello stesso, comporta,
implicitamente ma logicamente, che debba essere assicurata prioritaria tutela
all’interesse maggiormente satisfattivo, la soddisfazione del quale renderebbe del
tutto vuoto l’interesse strumentale ed eleminerebbe qualsivoglia interesse allo stesso.
La ragione per la quale debbono essere prioritariamente esaminate le censure
cui è sotteso l’interesse finale ad ottenere il bene della vita, pertanto, riposa nel fatto
21
che, se accolta una di tali doglianze, residua un’evidente carenza di interesse in capo
al ricorrente a coltivare le doglianze dal cui eventuale accoglimento deriverebbe un
mero interesse strumentale ad ottenere lo stesso bene.
Ne consegue che, a prescindere dall’ordine con cui i motivi sono stati esposti, è
proprio la connotazione come soggettiva della giurisdizione amministrativa che
dovrebbe indurre a preporre l’esame delle doglianze da cui il ricorrente può trarre un
maggiore vantaggio, atteso che dalla loro eventuale fondatezza deriverebbe
l’inammissibilità per carenza di interesse delle altre doglianze.
Il corretto espletamento della libertà di concorrenza e l’interesse
all’individuazione del migliore contraente della stazione appaltante, peraltro,
richiederebbero probabilmente che, ove fondati tutte e due gli ordini di censure, sia
disposta la rinnovazione della gara, il che rappresenta un altro indice (unitamente a
quello derivante dalla possibile azione risarcitoria autonoma se la norma di cui all’art.
124 c.p.c. non fosse intesa come introduttiva di una pregiudizialità sostanziale) della
problematica compatibilità tra il carattere soggettivo della giurisdizione
amministrativa e la “doppia anima” della normativa sull’evidenza pubblica.
Infatti, se coesistessero e si rivelassero fondati sia vizi afferenti allo
svolgimento della gara e tali da travolgere l’intera procedura selettiva (relativi, ad
esempio, alla legittima composizione della Commissione o all’apertura delle buste
contenenti le offerte in seduta riservata anziché pubblica) sia vizi tali da determinare
l’aggiudicazione in favore del ricorrente che, collocato in posizione potiore, dimostri
in giudizio l’illegittima partecipazione del controinteressato o un’errata attribuzione
dei punteggi tale da consentirgli di giungere in prima posizione, la “doppia anima”
dell’evidenza pubblica farebbe propendere per la riedizione della gara27.
27 Si pensi, ad esempio, all’ipotesi in cui sia dedotta l’illegittima composizione della Commissione giudicatrice in quanto non composta da esperti del settore oggetto di un appalto da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa; in tal caso, ove la censura fosse fondata, solo la rinnovazione della gara con la costituzione di una nuova Commissione composta da professionalità idonee potrebbe garantire la piena soddisfazione degli interessi pubblici a base della normativa sull’evidenza pubblica.
22
Tuttavia - considerando che anche la tempestività dell’esecuzione delle
prestazioni in favore della stazione appaltante, come meglio si vedrà infra, costituisce
un valore collettivo da realizzare e avendo presente la natura delle doglianze cui è
sotteso l’interesse finale, generalmente volte a dedurre l’illegittima partecipazione
dell’aggiudicatario, e la natura delle doglianze, talvolta meramente formali, cui è
sotteso l’interesse strumentale – l’equilibrio tra le varie “anime” dell’evidenza
pubblica si presenta ondivago ed è da ritenersi che in talune circostanze anche le
descritte esigenze pubbliche possono essere maggiormente soddisfatte con la
soluzione prospettata, tanto più che detta soluzione, determinando il subentro del
ricorrente vittorioso in giudizio all’aggiudicatario illegittimo, non solo è in grado di
evitare soluzioni di continuità nello svolgimento delle prestazioni e, quindi, consente
un risparmio di tempo, ma determina anche una maggiore economicità per l’attività
amministrativa della stazione appaltante che, diversamente, si vedrebbe costretta a
bandire una nuova gara.
5. L’ordine di esame delle censure proposte con l’azione incidentale
La proposizione del ricorso incidentale in materia di appalti è finalizzata alla
conservazione della posizione di vantaggio derivante al concorrente destinatario del
provvedimento di aggiudicazione.
Nella gara d’appalto, come detto, il bene della vita oggetto di potere
amministrativo è uno ed uno solo e può essere attribuito ad un unico concorrente, per
cui le controversie in materia di appalti sono il terreno d’elezione per l’utilizzo
dell’azione incidentale, atteso che, a fronte di un soggetto (o più soggetti) che intende
(intendono) mettere in discussione il rapporto controverso, c’è sempre, ove sia
intervenuta l’aggiudicazione, un soggetto che aspira a conservare il rapporto come
disciplinato dall’azione amministrativa.
Le posizioni di cui occorre garantire la piena tutela in giudizio, quindi, sono
almeno due, in posizione antitetica e contrapposta.23
Il problema centrale nello studio della tematica del ricorso incidentale è
costituito dal rapporto di precedenza nell’esame delle censure contenute nelle due
azioni, principale e incidentale, in quanto dal prioritario esame dell’una o dell’altra,
demandato alla discrezionalità del giudicante, ove le stesse si rivelino entrambe
fondate, può derivare l’attribuzione del “bene” conteso all’uno o all’altro
concorrente.
In sostanza, è una scelta processuale del giudice, che decida di esaminare prima
l’uno o l’altro ricorso, a direzionare, in caso di fondatezza di entrambi, l’attribuzione
del “bene” all’uno o all’altro operatore economico e già questo dà conto delle
problematiche che la questione presenta con riferimento sia al libero esplicarsi della
concorrenza nel mercato sia con riferimento alla scelta del miglior contraente.
Infatti, ove sia esaminato per primo il ricorso principale, la sua fondatezza può
determinare la paralisi del ricorso incidentale per ragioni ordine processuale
(inammissibilità) ed il conseguente annullamento dell’aggiudicazione e sottrazione
del bene della vita al controinteressato, mentre, ove sia esaminato per primo il ricorso
incidentale, la sua fondatezza può ugualmente determinare l’inammissibilità del
ricorso principale con conseguente conservazione del bene della vita al
controinteressato.
La giurisprudenza ha chiarito, sin dalla metà degli anni ’90, che quando il
ricorso incidentale tende a paralizzare l’azione principale per ragioni di ordine
processuale, occorre dare la precedenza alle questioni con lo stesso sollevate che
abbiano priorità logica su quelle sollevate dal ricorrente principale e tali sono le
questioni che, pur profilandosi come questioni di merito, producono effetti
sull’esistenza di una condizione dell’azione e, quindi, su una questione di rito.
Tale modus procedendi, in linea di massima, è coerente con la norma di cui
all’art. 276, comma 2, c.p.c., richiamato dall’art. 76, comma 4, c.p.a., secondo cui il
24
collegio decide gradatamente le questioni pregiudiziali proposte dalle parti o
rilevabili d’ufficio e, quindi, il merito della causa28.
Tuttavia, occorre delineare due ipotesi distinte e cercare di elaborare soluzioni
che possano rivelarsi soddisfacenti sia con il carattere soggettivo della giurisdizione
sia con la individuata ratio a base della normativa sull’evidenza pubblica.
5.1 Partecipazione alla gara di più imprese
Un primo scenario, il più consueto, riguarda la partecipazione alla gara di
almeno tre imprese o comunque un rapporto processuale instauratosi tra la seconda in
graduatoria e l’aggiudicataria, o anche tra più imprese e l’aggiudicataria, con almeno
un’impresa estranea al giudizio.
In tal caso, deve essere compiuta una scelta tra il procedere al prioritario esame
dell’uno o dell’altro ricorso in quanto l’esame di entrambe le azioni e l’eventuale
annullamento degli atti di ammissione alla procedura concorsuale sia del ricorrente
principale che del controinteressato aggiudicatario potrebbe avere un esito satisfattivo
per la sfera giuridica di un altro concorrente, estraneo al processo, e non sarebbe
destinato a produrre alcuna utilità, nemmeno strumentale per le parti, sicché
l’interesse al ricorso del ricorrente principale, se per primo è esaminato il ricorso
incidentale, o del ricorrente incidentale, se per primo è esaminato il ricorso
principale, verrebbe senz’altro meno.
In altri termini, l’esame preliminare di una delle due azioni, nel caso di sua
fondatezza, è destinato a riverberarsi su una delle condizioni soggettive dell’altra
azione, vale a dire sull’interesse al ricorso della controparte, determinandone la
carenza, a meno di non ritenere, come pure sarebbe a mio avviso possibile, che
28 Si tenga conto, tuttavia, che la dinamica del rapporto processuale quando sia stato proposto il rimedio incidentale è diversa dalla dinamica classica della sola azione di annullamento e delle eccezioni in rito formulate dalla controparte in quanto l’esigenza di effettività della tutela riguarda entrambe le posizioni di cui è chiesta tutela in giudizio, in via principale ed in via incidentale, ed in quanto il ricorso incidentale, lungi dal rappresentare una mera eccezione processuale, ha natura di azione di annullamento, al pari di quella principale.
25
l’interesse strumentale comunque persiste in quanto, essendo l’annullamento
destinato ad operare nei limiti dell’interesse la cui tutela è stata chiesta in giudizio, la
stazione appaltante, una volta annullate le due ammissioni in sede giurisdizionale, sia
impossibilitata ad aggiudicare ad un terzo, ma sia tenuta alla rinnovare della gara29.
Pertanto, la pedissequa applicazione della regola sopra enunciata, secondo cui
dovrebbe essere esaminato prioritariamente il ricorso incidentale quando proponga,
come quasi sempre avviene, questioni che, pur profilandosi come questioni di merito,
producono effetti sull’esistenza di una condizione dell’azione e, quindi, su una
questione di rito porterebbe a esaminare in ogni caso prima il ricorso incidentale
quando in gara vi siano almeno tre concorrenti ed almeno uno di essi sia estraneo al
rapporto processuale e ciò in quanto l’eventuale fondatezza delle reciproche azioni
potrebbe paradossalmente determinare un esito satisfattivo per un terzo extraneus,
esito nemmeno astrattamente ipotizzabile in una giurisdizione di tipo soggettivo.
La conclusione dell’inammissibilità del ricorso principale, però, non è
accettabile sic et simpliciter in quanto, se fosse sempre esaminata per prima l’azione
incidentale senza indagare sulla natura dei vizi dedotti con le impugnative reciproche,
potrebbe giungersi a disattendere la ratio a base dell’evidenza pubblica.
In particolare, se l’aggiudicatario fosse sprovvisto dei requisiti e deducesse in
via incidentale violazioni relative a carenze formali dell’offerta, violazione formali
nella partecipazione alla gara del secondo in graduatoria, ricorrente principale, o
violazioni nello svolgimento della gara, l’accoglimento del ricorso incidentale e la
conseguente dichiarazione di inammissibilità del ricorso principale non sarebbero
idonee a soddisfare la ratio dell’evidenza pubblica.
Di talché, ritengo che, come è possibile trarre dalla sentenza dell’Adunanza
Plenaria del Consiglio di Stato n. 9 del 2014, l’ordine di priorità non riguarda i
ricorsi, ma la tipologia di censure proposte con gli stessi, nel senso che andrebbero
29 Tale soluzione, peraltro, sarebbe evidentemente dispendiosa e determinerebbe un sicuro rallentamento nell’esecuzione delle prestazioni.
26
progressivamente esaminate le censure, indifferentemente se proposte in via
principale o incidentale, afferenti ad ogni singola fase o sub fase del procedimento, a
partire dalle doglianze eventualmente afferenti alla tempestività delle domande, per
finire alle doglianze eventualmente afferenti lo svolgimento della gara ed i punteggi
nella stessa attribuiti alle offerte economiche ed alle offerte tecniche30.
La scansione procedimentale, nello specifico, potrebbe essere la seguente:
a) fase di ammissione dei concorrenti alla gara
- censure relative alla tempestività di presentazione della domanda;
- censure relative all’integrità dei plichi;
- censure relative ai requisiti soggettivi di partecipazione dell’impresa, idonee a
determinare il venire meno dell’interesse strumentale della controparte;
- censure relative ai requisiti soggettivi di partecipazione dell’impresa, non idonee ad
incidere sull’interesse strumentale della controparte;
- censure relative agli elementi essenziali dell’offerta previsti a pena di esclusione
b) fase di svolgimento della gara
- censure relative all’irregolare composizione della Commissione, alla procedura
seguita dal seggio di gara o che comunque siano idonee a determinare il
travolgimento dell’intera procedura concorsuale;
- censure relative alle valutazioni effettuate dalla Commissione o all’attribuzione dei
punteggi durante lo svolgimento della gara;
- censure relative alle valutazioni sull’anomalia dell’offerta.
D’altra parte, scomponendo il complessivo iter procedimentale nelle descritte
fasi in cui logicamente e cronologicamente si divide, la giurisprudenza - ove la sola
parte ricorrente principale abbia dedotto censure in ordine alla prima fase, di
prequalificazione, in cui è valutata la sussistenza dei requisiti necessari alla
partecipazione alla successiva fase della gara vera e propria, contestando, quindi,
30 Per una disamina completa della questione, sia consentito il richiamo a R. Caponigro, L’affidamento degli appalti pubblici: l’ordine logico nell’esame giurisdizionale delle censure proposte in via principale ed in via incidentale, in www.giustizia-amministrativa.it, 2014.
27
l’ammissione alla stessa della controparte che, invece, non ha proposto in via
incidentale censure attinenti alla carenza di requisiti di prequalificazione in capo alla
ricorrente principale - ha ritenuto di esaminare prioritariamente i motivi
d’impugnativa proposti nel ricorso principale avverso l’ammissione alla gara della
controinteressata31.
La tesi è stata poi affermata dalla decisione dell’Adunanza Plenaria 15 aprile
2010, n. 1 che - in una fattispecie in cui con il ricorso principale era stata lamentata la
mancata esclusione dell’aggiudicataria per difetto dei requisiti di ordine generale,
mentre nel ricorso incidentale era stato sostenuto che la ricorrente principale avrebbe
meritato l’esclusione per irregolarità dell’offerta tecnica, da accertare, quindi, in un
momento successivo, sia logicamente che cronologicamente, a quello della verifica
dei requisiti generali – ha ritenuto corretto esaminare prioritariamente il ricorso
principale rispetto a quello incidentale ed ancora è stata ribadita dalla sentenza
dell’Adunanza Plenaria 30 gennaio 2014, n. 7, che ha evidenziato come occorra
procedere dall’esame delle doglianze che introducono cause di invalidità escludenti
per proseguire con l’esame dei vizi della procedura posti in essere dal seggio di gara.
Nella stessa ottica, si è sostanzialmente posta anche la richiamata sentenza
dell’Adunanza Plenaria n. 9 del 2014.
Va da sé invece che, seguendo l’impostazione tradizionale, in presenza di
censure reciproche afferenti allo stesso segmento procedimentale, l’azione
incidentale, se idonea a determinare la carenza di interesse all’azione principale,
dovrebbe essere esaminata prioritariamente in ossequio al combinato disposto
dell’art. 76, comma 2, c.p.a. e 276, comma 2, c.p.a.
Peraltro, ove vi siano più concorrenti in gara, potrebbe verificarsi un’ipotesi
più complessa, vale a dire che, mentre ambedue le parti abbiano proposto censure
“escludenti” afferenti allo stesso segmento procedimentale di ammissione alla gara,
31 Cfr., da ultimo, TAR Lazio, Roma, II, 6 giugno 2016, n. 6509 e, in epoca più risalente, TAR Puglia, Lecce, II, 18 aprile 2001, n. 1772.
28
solo uno dei due ricorrenti abbia proposto anche doglianze relative all’attribuzione di
un punteggio troppo basso per la propria offerta o troppo elevato per l’offerta
dell’altro concorrente, tale da avere illegittimamente collocato quest’ultimo alla
prima posizione della graduatoria.
In tale fattispecie, come detto, dall’eventuale fondatezza di entrambe le censure
“escludenti” non potrebbe derivare l’accoglimento di entrambi i ricorsi ove ciò
dovesse tradursi in un inammissibile vantaggio, attesa la natura soggettiva della
giurisdizione amministrativa, per un terzo concorrente, estraneo al processo.
Tuttavia, se l’eventuale fondatezza delle censure “escludenti” proposte dal
ricorrente incidentale determinasse l’inammissibilità per carenza di interesse
dell’intero ricorso principale in considerazione della presenza di altre imprese in
favore delle quali potrebbe ridondare il predetto annullamento, sarebbero poste nel
nulla le censure indirizzate all’attribuzione dei punteggi, il che, ove le doglianze si
rivelassero fondate, porterebbe ad una inaccettabile iperprotezione, con lesione sia
della libertà di concorrenza che della scelta del miglior contraente, della posizione
dell’aggiudicatario e dell’attività amministrativa, sebbene di questa sia messa in
discussione non solo la legittimità dell’ammissione alla gara delle contendenti ma
anche la legittimità dell’azione nello svolgimento della gara.
Insomma, in casi del genere non sussiste una completa simmetria tra le azioni
e, se le ulteriori censure relative all’attribuzione dei punteggi sono formulare dal
ricorrente incidentale, la fondatezza delle censure “escludenti” dallo stesso proposte
può portare senz’altro alla declaratoria di inammissibilità del ricorso principale con
assorbimento delle altre doglianze, atteso che il “bene della vita” sarebbe in ogni caso
conservato all’aggiudicatario, mentre se le altre doglianze sono proposte dal
ricorrente principale, che il “bene della vita” non lo ha ottenuto ma tende ad
acquisirlo, il discorso cambia radicalmente in quanto, a ben vedere, le azioni di
annullamento proposte sono due, l’una volta a contestare l’azione amministrativa
29
nella parte in cui ha ammesso alla gara la controparte, l’altra volta a contestare
l’azione amministrativa nella parte in cui ha attribuito i punteggi.
Con la prima azione, la parte mira ad ottenere l’annullamento dell’ammissione
alla gara (rectius: della non esclusione) della controparte, con la seconda, mira ad
ottenere l’annullamento in parte qua dell’azione amministrativa che ha attribuito i
punteggi.
Ne consegue che, nell’ipotesi in cui il ricorrente principale abbia proposto due
azioni impugnatorie mentre il ricorrente incidentale abbia proposto la sola azione di
annullamento finalizzata all’esclusione della controparte, la fondatezza di entrambe le
azioni reciprocamente “escludenti” porterebbe alla loro inammissibilità per carenza di
interesse, mentre residuerebbe l’ammissibilità dell’azione di annullamento proposta
dal solo ricorrente principale finalizzata all’annullamento dell’azione amministrativa
nell’attribuzione dei punteggi.
E’ altresì evidente che, se entrambe le parti abbiano proposto due azioni
impugnatorie, all’inammissibilità delle azioni di annullamento “escludenti”, se
entrambe fondate, seguirebbe la necessità di esaminare nel merito le ulteriori censure,
con la possibilità che - ove sia fondata la doglianza del ricorrente incidentale la quale,
deducendo la sottovalutazione del proprio punteggio o la supervalutazione del
punteggio avverso, lo metta al riparo dall’accoglimento della reciproca azione di
annullamento proposta dal ricorrente principale - all’accoglimento dell’azione di
annullamento relativa ai punteggi proposta in via incidentale seguirebbe
l’inammissibilità per carenza di interesse anche dell’azione di annullamento relativa
ai punteggi proposta dal ricorrente principale.
5.2 Due concorrenti in gara
L’ipotesi in cui vi siano solo due concorrenti in gara si distingue dalla
precedente in quanto, sebbene si riveli fondato il ricorso incidentale, il ricorrente
principale potrebbe rimanere titolare di un interesse strumentale alla rinnovazione 30
della gara, per cui l’eventuale accoglimento dell’azione incidentale non è comunque
idoneo a determinare il venire meno dell’interesse al ricorso.
Il ricorrente principale, infatti, anche ove titolare di un interesse finale
all’aggiudicazione, se fondato il ricorso incidentale escludente proposto
dall’aggiudicatario chiamato in giudizio, resterebbe comunque titolare di un interesse
ad avere una nuova chance di partecipazione ed aggiudicazione a seguito
dell’eventuale accoglimento del proprio ricorso, che imporrebbe alla stazione
appaltante, in assenza di altre imprese a cui aggiudicare la gara, di rinnovare la stessa.
La sentenza n. 4 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, in caso di
ricorsi reciprocamente escludenti, volti cioè ciascuno a contestare la legittima
ammissione dell’altro, è pervenuta a ritenere prioritario l’esame dell’azione
incidentale e, rivelatasi questa fondata, a dichiarare improcedibile o inammissibile
l’azione principale per carenza dell’altra condizione soggettiva dell’azione, vale a
dire la legittimazione ad agire.
L’opzione interpretativa preferita dalla detta sentenza, postula che, per effetto
dell’accoglimento del ricorso incidentale escludente, viene meno la legittimazione ad
agire del ricorrente principale perché la sua posizione, in quanto non più differenziata
e qualificata a seguito dell’accertamento della illegittima partecipazione alla gara,
sarebbe equiparabile a quella del quisque de populo, con conseguente regressione
dell’interesse legittimo strumentale ad interesse di mero fatto, vale a dire ad una
situazione irrilevante per l’ordinamento giuridico.
Tale soluzione ha generato perplessità nella giurisprudenza europea e nella
giurisprudenza civile della Corte di Cassazione, oltre che nella giurisprudenza
amministrativa nazionale.
Le perplessità maggiori sono derivate dalla difficoltà ad accettare che in un
sistema caratterizzato dall’esigenza del libero esplicarsi della concorrenza e
dell’esigenza di individuare il miglior contraente per la pubblica amministrazione,
due imprese in posizione sostanzialmente simmetrica possano avere un trattamento 31
differenziato per quanto attiene al conseguimento del bene della vita in ragione delle
scelte processuali del giudice.
In particolare, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, proprio con
riferimento alla controversia per la definizione della quale è stata pronunciata la
sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 4 del 2011, con sentenza 21 giugno 2012 n.
12094, hanno fatto presente, in un obiter dictum, che la conclusione a cui à giunta
l’Adunanza Plenaria genera delle perplessità che lasciano ancora più insoddisfatti ove
si aggiunga che l’aggiudicazione può dar vita ad una posizione preferenziale soltanto
se acquisita in modo legittimo e che la realizzazione dell’opera non rappresenta in
ogni caso l’aspirazione dell’ordinamento, che in questa materia richiede
un’attenzione ed un controllo ancora più pregnanti al fine di evitare distorsioni della
concorrenza e del mercato.
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Decima Sezione, definendo una
questione pregiudiziale rimessa dal TAR Piemonte, con sentenza del 4 luglio 2013
(cd. sentenza Fastweb), hanno statuito che il ricorso incidentale dell’aggiudicatario
non può comportare il rigetto del ricorso di un offerente nell’ipotesi in cui la
legittimità dell’offerta di entrambi gli operatori sia contestata nell’ambito del
medesimo procedimento e per motivi identici e ciò in quanto, in tale situazione,
ciascuno dei concorrenti potrebbe far valere un analogo interesse legittimo
all’esclusione dell’offerta degli altri, che può indurre l’amministrazione
aggiudicatrice a constatare l’impossibilità di procedere ad una scelta regolare.
Con sentenza 6 febbraio 2015, n. 2242, le Sezioni Unite della Corte di
Cassazione hanno poi precisato che sia la Corte di Giustizia dell'Unione Europea
(nella sentenza del 4 luglio 2013), sia le Sezioni Unite (nella sentenza 21 giugno
2012, n. 10294), hanno manifestato disagio anche nella sola formulazione dell'ipotesi
che una posizione di interesse legittimo, quale indubbiamente è quella dell'offerente
che agisce in giudizio contestando la legittimità dell'aggiudicazione in favore di un
32
terzo, possa essere poi qualificata come di interesse di mero fatto, in quanto non
differenziata e non qualificata, per effetto dell'accoglimento del ricorso incidentale32.
Da ultimo, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Grande Sezione, con
sentenza 5 aprile 2016, ha ribadito che il diritto dell’Unione osta a che un ricorso
principale proposto da un offerente, il quale abbia interesse ad ottenere
l’aggiudicazione di un determinato appalto e che sia stato o rischi di essere leso a
causa di una presunta violazione del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici
o delle norme che traspongono tale diritto, e diretto ad ottenere l’esclusione di un
altro offerente, sia dichiarato irricevibile in applicazione di norme processuali
nazionali che prevedono l’esame prioritario del ricorso incidentale presentato da detto
altro offerente.
La Corte europea, in particolare, ha specificato che quando due offerenti
presentano ricorsi diretti ad ottenere la reciproca esclusione, ciascuno di essi ha
interesse ad ottenere un determinato appalto, atteso che, da un lato, l’esclusione di un
offerente può far sì che l’altro ottenga l’appalto direttamente nell’ambito della stessa
procedura, dall’altro, nell’ipotesi di un’esclusione di entrambi gli offerenti e
dell’indizione di una nuova procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico,
ciascuno degli offerenti potrebbe parteciparvi e, quindi, ottenere indirettamente
l’appalto33.
I principi posti da tale ultima pronuncia riguardano anch’essi l’ipotesi di due
soli concorrenti in gara, tale del resto era la fattispecie concreta posta all’esame della
Corte, e non sembrano potersi estendere automaticamente all’ipotesi di pluralità di
partecipanti, sebbene lo stesso giudice abbia puntualizzato che “il numero di
partecipanti alla procedura di aggiudicazione dell’appalto pubblico di cui trattasi, così
come il numero di partecipanti che hanno presentato ricorsi e la divergenza dei motivi
32 In proposito, sia consentito il richiamo a R. Caponigro, L’affidamento degli appalti pubblici: l’ordine logico nell’esame delle censure proposte in via principale ed in via incidentale cit.33 La Corte di Giustizia, nella sentenza in discorso, ha raffigurato chiaramente la contestuale presenza dell’interesse finale e dell’interesse strumentale.
33
dai medesimi dedotti, sono privi di rilevanza ai fini dell’applicazione del principio
giurisprudenziale che risulta dalla sentenza Fastweb”.
La Corte, infatti, si riferisce comunque all’esistenza di “un analogo interesse
legittimo” all’esclusione dell’offerta ed all’interesse strumentale a partecipare ad una
gara eventualmente rinnovata, presupposti che potrebbero non sussistere se, ritenute
fondate le azioni principale ed incidentale, la stazione appaltante fosse tenuta ad
aggiudicare l’appalto ad una terza impresa estranea al rapporto processuale.
Tale considerazione porta ad escludere che la decisione del giudice europeo
abbia posto le basi per l’ingresso di una giurisdizione di tipo oggettivo nella materia
dei contratti pubblici.
La giurisprudenza nazionale, con la sentenza dell’Adunanza Plenaria del
Consiglio di Stato 25 febbraio 2014, n. 9, a seguito di un travagliato iter
giurisprudenziale, è pervenuta a conclusioni indubbiamente innovative e in larga
parte soddisfacenti.
Il supremo organo di giustizia amministrativa è partito da un dato di fatto
sostanziale, vale a dire che, se le offerte sono entrambe inficiate da un medesimo
vizio che le rende inammissibili, apparirebbe prima facie contrario all’uguaglianza
concorrenziale escludere solo l’offerta del ricorrente principale e mantenere in vita
l’offerta presentata dall’aggiudicataria ricorrente incidentale sebbene sia suscettibile
di esclusione per la medesima ragione.
In questo caso, definito peculiare, non si porrebbe tanto un problema di esame
prioritario del ricorso incidentale in quanto prioritario è l’esame del vizio, per cui il
nodo da sciogliere è stabilire quando ricorra l’ipotesi dell’identità del vizio escludente
comune ad entrambe le offerte delle uniche due imprese in gara.
La sentenza non ammette che il “motivo identico” possa essere individuato
equiparando l’identità della causa (del vizio escludente) all’identità dell’effetto
(escludente), mentre deve ritenersi comune la causa di esclusione che afferisce alla
34
medesima sub fase del segmento procedimentale destinato all’accertamento del titolo
di ammissione alla gara dell’impresa e della sua offerta.
In tale ottica, escluso che sia richiesta l’assoluta identità causale del vizio,
dovrebbero considerarsi comuni, ai fini individuati dalla giurisprudenza europea, i
vizi ricompresi all’interno delle seguenti categorie:
- tempestività della domanda ed integrità dei plichi (trattandosi in ordine cronologico
e logico dei primi parametri di validazione del titolo di ammissione alla gara);
- requisiti soggettivi generali e speciali di partecipazione dell’impresa (comprensivi
dei requisiti economici, finanziari, tecnici, organizzativi e di qualificazione);
- carenza di elementi essenziali dell’offerta previsti a pena di esclusione
(comprensiva delle ipotesi di incertezza assoluta del contenuto dell’offerta o della sua
provenienza).
Viceversa, non soddisferebbero il requisito di simmetria escludente, ed
impedirebbero di conseguenza l’esame congiunto del ricorso principale ed
incidentale, i vizi sussumibili in diverse categorie.
La soluzione prescelta dall’Adunanza Plenaria, ritenendo comune la causa di
esclusione afferente alla medesima sub fase del segmento procedimentale destinato
all’accertamento del titolo di ammissione alla gara dell’impresa e della sua offerta ed
avendo evidenziato che solo in presenza di tale “simmetria invalidante” la fondatezza
della specifica censura del ricorso incidentale non si riverbera sull’ammissibilità del
ricorso principale, può essere intesa nel senso che, nell’ambito delle azioni
reciprocamente escludenti, la presenza di motivi identici determina che la fondatezza
della censura incidentale non è idonea a far venire sicuramente meno la
legittimazione ad agire del ricorrente principale, la cui posizione rimarrebbe
differenziata e qualificata per il fatto di avere dedotto in giudizio una censura
simmetrica nei confronti del controinteressato.
Nella detta costruzione, quindi, la conservazione della legittimazione ad agire
discenderebbe da una circostanza ben precisa, la proposizione di un reciproco 35
identico motivo escludente, vale a dire la proposizione di un motivo escludente
afferente allo stessa sub fase del segmento procedimentale di ammissione alla gara.
Tuttavia, per pervenire a tale risultato - una volta escluso che la legittimazione
ad agire del ricorrente principale persista comunque a seguito dell’accoglimento del
ricorso incidentale escludente, regredendo in tal caso normalmente la sua posizione a
quella di un quisque de populo – deve riconoscersi che nelle ipotesi de quibus
l’annullamento dell’ammissione alla gara del ricorrente principale non retroagisce
con efficacia ex tunc.
Di talché, per seguire la classificazione operata dalla Plenaria, occorre
considerare che se i vizi dedotti attengono entrambi alla categoria della tempestività
della domanda ed integrità dei plichi, la fondatezza della censura incidentale
determina l’annullamento dell’ammissione alla gara della ricorrente principale con
effetto decorrente dalla sub fase immediatamente successiva ma non relativamente
alla sub fase in relazione alla quale sono stati dedotti i vizi identici, per cui, con
esclusivo riferimento a tali vizi, il ricorso principale resterà ammissibile; un
ragionamento analogo deve essere condotto per le sub fasi successive enucleate dal
supremo consesso, nel senso che, ove i vizi identici riguardino l’assenza dei requisiti
soggettivi generali e speciali di partecipazione dell’impresa, l’eventuale fondatezza
della censura incidentale determina l’annullamento dell’ammissione alla gara del
ricorrente principale con effetto a partire dalla sub fase successiva relativa alla
verifica egli elementi essenziali dell’offerta e così via.
L’alternativa alla soluzione prescelta dall’Adunanza Plenaria potrebbe essere
quella di ritenere, come peraltro evincibile dalla sentenza della Corte di Giustizia 5
aprile 2016, che, in presenza di una censura incidentale “escludente”, non venga mai
meno la legittimazione del ricorrente principale che abbia proposto anch’egli censure
“escludenti”.
36
La presentazione della domanda di partecipazione, in sostanza, differenzia la
posizione rispetto a quella degli altri consociati che comunque non avrebbero titolo a
concorrere, ed a quella degli altri imprenditori che, pur avendone titolo, non hanno
inteso competere e qualifica normativamente la stessa, che viene tutelata direttamente
dalle norme che disciplinano la procedura ad evidenza pubblica.
Una volta sorta la posizione di interesse legittimo con la tempestiva richiesta
partecipativa, il cui lato interno è costituito dal rapporto con il bene della vita
costituito dall’aggiudicazione diretta (interesse legittimo finale) o dalla chance di
aggiudicazione (interesse legittimo strumentale), appare ben difficile ritenere che, con
l’accertamento dell’illegittima ammissione alla gara del concorrente, l’interesse
legittimo di quest’ultimo possa regredire ad interesse di mero fatto.
Ne consegue, secondo tale prospettazione, che la partecipazione alla gara, sia
pure illegittima, è sufficiente ad attribuire la posizione legittimante al ricorso,
legittimazione che non può venire meno per effetto dell’accoglimento del ricorso
incidentale “escludente”, atteso che quest’ultimo non è comunque in grado di
compromettere la differenziazione e la qualificazione del ricorrente principale, vale a
dire la posizione di interesse legittimo, e di far regredire la sua posizione a quella del
quisque de populo.
La posizione del ricorrente principale, seguendo tale traiettoria argomentativa -
se diverrebbe indifferenziata, essendo stata accertata l’illegittimità della sua
ammissione, con riferimento allo svolgimento della gara da cui realizzare l’interesse
finale all’aggiudicazione - rimarrebbe differenziata e qualificata con riferimento alla
fase precedente per ottenere una nuova chance di aggiudicazione.
Di qui, l’impossibilità, permanendo entrambe le condizioni soggettive
dell’azione, di dichiarare, a seguito dell’accoglimento del ricorso incidentale,
l’inammissibilità totale del ricorso principale, il quale, invece, dovrebbe essere
esaminato con riferimento a tutte le censure con cui è stata contestata l’ammissione
37
alla gara dell’aggiudicatario ricorrente incidentale, alle quali è comunque sotteso
l’interesse strumentale, perché idonee a determinare, se fondate, il travolgimento
dell’intera procedura concorsuale non potendosi procedere ad una aggiudicazione
legittima.
Tale esegesi, pur essendo nell’impostazione di fondo vicina a quella della
Plenaria del 2014, si differenzia perché attribuisce rilievo al potenziale effetto dei vizi
dedotti e non strettamente alla causa degli stessi, nel senso che rimarrebbero
ammissibili e dovrebbero essere esaminate tutte le censure il cui accoglimento
avrebbe l’effetto di dimostrare l’illegittima partecipazione alla procedura concorsuale
della controparte, indipendentemente da quale sia la sub fase del segmento
procedimentale di ammissione alla gara alla quale accedono.
L’evoluzione della giurisprudenza europea e nazionale nonché il dibattito
dottrinario sull’argomento inducono a ritenere che la funzione pro concorrenziale e
l’individuazione del miglior contraente, in una giurisdizione che resta comunque a
carattere soggettivo nonostante i riflussi oggettivizzanti che periodicamente
interessano la giustizia amministrativa e che provengono soprattutto dalla
giurisprudenza europea che conosce meno la figura dell’interesse legittimo, non
possono essere travolte dall’esigenza, pur essa evidentemente apprezzabile, di
ottenere con la massima sollecitudine l’esecuzione della prestazione richiesta con la
determina a contrarre.
6. La novella del nuovo codice sulle impugnazioni delle ammissioni alla gara:
l’anima tridimensionale dell’evidenza pubblica
L’art. 204 del d.lgs. n. 50 del 2016, nuovo codice degli appalti pubblici e delle
concessioni, ha apportato significative modificazioni al c.d. rito appalti disciplinato
dal codice del processo amministrativo.38
In particolare, ha aggiunto il seguente comma 2 bis all’art. 120 c.p.a.: “Il
provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le
ammissioni ad essa all’esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-
finanziari e tecnico-professionali va impugnato nel termine di trenta giorni,
decorrente dalla sua pubblicazione sul profilo del committente della stazione
appaltante, ai sensi dell’art. 29, comma 1, del codice dei contratti pubblici adottato in
attuazione della legge 28 gennaio 2016, n. 11. L’omessa impugnazione preclude la
facoltà di far valere l’illegittimità derivata dei successivi atti delle procedure di
affidamento, anche con ricorso incidentale. E’ altresì inammissibile l’impugnazione
della proposta di aggiudicazione, ove disposta, e degli altri atti endo-procedimentali
privi di immediata lesività”.
L’art. 204 ha altresì aggiunto all’art. 120 c.p.a. il comma 6 bis, secondo cui:
“Nei casi previsti al comma 2-bis, il giudizio è definito in una camera di consiglio da
tenersi entro trenta giorni dalla scadenza del termine per la costituzione delle parti
diverse dal ricorrente. Su richiesta delle parti il ricorso è definito negli stessi termini,
in udienza pubblica ….”.
L’onere di tempestiva impugnazione dell’esclusione dalla gara non costituisce
alcuna novità in quanto, da un lato, trattandosi di un provvedimento immediatamente
e direttamente lesivo della sfera giuridica del candidato, deve essere impugnato nel
termine decadenziale decorrente dalla sua piena conoscenza, dall’altro, il termine
dimidiato di trenta giorni, in luogo di quello ordinario di sessanta giorni, per
impugnare gli atti relativi alle procedure di affidamento era stato già introdotto
dall’art. 120, comma 5, c.p.a.
L’onere di subitanea impugnazione dell’ammissione alla gara di altri candidati,
invece, introduce una vistosa novità nel sistema imponendo ad un qualunque
partecipante, che in quel momento non soffre alcuna lesione della sua posizione
protetta, di impugnare un atto, rispetto al quale è terzo, prima che la stazione 39
appaltante disponga l’aggiudicazione della gara e, quindi, prima che la lesione
eventualmente si attualizzi con l’aggiudicazione a favore del concorrente della cui
ammissione si discute.
La novella legislativa, infatti, rende inammissibili le censure che,
nell’impugnazione dell’aggiudicazione, siano proposte avverso l’ammissione di altri
candidati, vale a dire le censure afferenti alla fase c.d. di prequalificazione, sicché la
tutela in materia di gare pubbliche di appalto ha assunto una “struttura bifasica” 34,
avendo distinto in maniera netta tra le doglianze che riguardano la legittimità della
partecipazione dei concorrenti alla gara e quelle che riguardano lo svolgimento della
procedura concorsuale tra le imprese la cui ammissione non può più essere posta in
discussione.
In proposito è stato osservato che, in vista del dominante interesse generale alla
speditezza delle procedure, si è ricercata una sicurezza giuridica immediata sulle
figure dei protagonisti della gara, per cui la formazione della platea dei concorrenti,
cioè l’ammissione o l’esclusione dalla gara per carenza dei requisiti soggettivi,
economico-finanziari e tecnico-professionali, è stata elevata a esigenza speciale di
certezza preventiva35.
L’idea di fondo, quindi, è quella di blindare la fase delle ammissioni nella
quale si annidano la maggior parte dei germi dell’attuale contenzioso, attraverso una
preclusione processuale o comunque un suggello giudiziario, sì da affrancare
tendenzialmente dal contenzioso la fase dell’aggiudicazione36.
Gli effetti deflattivi del contenzioso sono destinati ad interessare anche le
impugnazioni incidentali, la maggior parte delle quali hanno natura “escludente”,
34 Cfr. parere del Consiglio di Stato, Commissione speciale, n. 855/2016 dell’1 aprile 2016 sullo schema di decreto legislativo del codice degli appalti pubblici e delle concessioni.35 G. Severini, Il nuovo contenzioso sui contratti pubblici cit.36 Sul punto, G. Veltri, Il contenzioso nel nuovo codice dei contratti pubblici: alcune riflessioni critiche, in www.giustizia-amministrativa.it
40
vale a dire che mirano a contestare la legittima ammissione alla gara del concorrente
ricorrente principale37.
Fino all’entrata in vigore del nuovo codice, un’impugnativa immediata
dell’ammissione alla gara di un terzo partecipante sarebbe stata dichiarata
inammissibile per carenza delle condizioni soggettive dell’azione, non sussistendo
alcuna lesione da rimuovere, salva l’eventuale impugnazione con motivi aggiunti
dell’aggiudicazione nel cui ambito dedurre censure in via derivata dall’illegittima
ammissione dell’aggiudicataria.
Il nuovo codice cambia lo scenario e, nell’imporre un onere di immediata
impugnazione di un atto che, al momento in cui l’impugnazione deve essere proposta,
non lede, se non in via del tutto eventuale e potenziale, la sfera giuridica di alcun
soggetto, e, nel disporre che la omessa impugnazione dell’ammissione del terzo
preclude la possibilità di far valere l’illegittimità in via derivata dei successivi atti di
gara, sembra introdurre una previsione alquanto sospetta di illegittimità
costituzionale, con riferimento alla lesione degli artt. 24, 103 e 113 Cost., nonché
postula un insussistente carattere oggettivo della giurisdizione amministrativa,
provocando un vulnus alla ratio sostanziale dell’evidenza pubblica.
Prima dell’aggiudicazione definitiva della gara, così come prima
dell’approvazione della graduatoria di un concorso pubblico, infatti, non si
identificano situazioni soggettive di interesse protetto in posizione antagonista
rispetto a chi è ammesso alla gara o contesta la propria esclusione dal concorso38.
L’interesse qualificato e tutelabile nasce con l’aggiudicazione della gara, o, in
un concorso per l’accesso al pubblico impiego, con l’approvazione della graduatoria
37 R. De Nictolis, Il nuovo codice dei contratti pubblici, in Urbanistica e Appalti, n. 5/2016, rileva che la nuova disciplina è sicuramente mossa dalla buona intenzione di porre fine ad una patologia giudiziaria seria: il fioccare di ricorsi incidentali plurimi e incrociati con cui si rimettono in discussione, in sede di contestazione dell’aggiudicazione, i passaggi precedenti della gara.38 Ex multis: Cons. Stato, III, 14 febbraio 2014, n. 729; TAR Lazio, II, 10 maggio 2016, n. 5472.
41
definitiva, considerato che, con tale atto, l’amministrazione attribuisce il “bene della
vita” ad un concorrente e nega il “bene della vita” agli altri concorrenti, mentre non è
qualificato e non è tutelabile l’interesse, che pur di fatto sussiste, a confrontarsi con
una platea più ristretta di candidati39.
In tale ultima ipotesi, il “bene della vita” non è stato ancora conseguito e
l’interesse a confrontarsi con un numero inferiore di concorrenti al fine di accrescere
le proprie chances di conseguimento dell’utilità finale costituisce un interesse di mero
fatto e non un interesse legittimo ed è per tale motivo che ai concorrenti ammessi alla
gara o al concorso non deve necessariamente essere notificato il gravame proposto
dall’aspirante escluso avverso la propria esclusione, mentre, se l’interesse a
concorrere con una minore platea di concorrenti fosse da qualificare come interesse
legittimo, gli ammessi dovrebbero essere considerati controinteressati in senso
tecnico40.
Ne consegue che attribuire una legittimazione ex lege ad ogni concorrente per
impugnare l’ammissione di altri, in assenza di un interesse qualificato al ricorso,
sembra determinare una deriva oggettivistica estranea, come più volte detto, alla
nostra giurisdizione sin dai suoi albori41, mentre negare la possibilità di impugnare, in
via principale o incidentale, l’ammissione del terzo aggiudicatario o del ricorrente
principale al fine di dimostrarne in giudizio l’illegittimità potrebbe produrre un
39 Sulla tematica delle posizioni giuridiche soggettive dei partecipanti alle procedura concorsuali, ex multis: TAR Lazio, II, 10 maggio 2016, n. 5472; TAR Lazio, II ter, 5 giugno 2012, n. 5059.40 Se, come è stato autorevolmente sostenuto, G. Severini, Il nuovo contenzioso sui contratti pubblici, cit., la legge avesse introdotto un vero e proprio interesse legittimo, di nuovo conio, alla giusta formazione della platea dei concorrenti in gara, non potrebbe residuare subbio sul fatto che l’impugnazione di un provvedimento di esclusione dalla gara dovrebbe essere notificata a tutti gli ammessi, da considerare controinteressati in quanto titolari di un interesse legittimo opposto a quello del ricorrente.41 La Corte di Cassazione Civile, SSUU, con ordinanza 4 settembre 2015, n. 17586, nell’affermare che sussiste la giurisdizione del giudice ordinario in relazione ad una domanda di risarcimento del danno per affidamento incolpevole azionata dal beneficiario di un provvedimento illegittimo annullato in sede giurisdizionale o ritirato in autotutela, ha da ultimo precisato in modo molto chiaro che l’interesse legittimo pretensivo è una “situazione giuridica di vantaggio per il privato nella sua proiezione rivolta alla consecuzione del provvedimento e non certo in quella situazione che sia indifferente a tale consecuzione ed abbia come oggetto e contenuto il provvedere della p.a. in modo legittimo e non il provvedere in modo positivo”.
42
vulnus al fondamentale diritto di agire in giudizio a tutela dei propri interessi contro
gli atti della pubblica amministrazione, consacrato dagli artt. 24, 103 e 113 Cost.
In linea generale, occorre considerare che, oltre all’interesse legittimo
pretensivo all’aggiudicazione (interesse finale), sussistono l’interesse legittimo
pretensivo alla partecipazione (interesse strumentale) nonché, come detto, l’interesse
di mero fatto a confrontarsi con una minore platea di concorrenti42.
Una volta intervenuta l’aggiudicazione, all’interesse legittimo pretensivo si
affianca l’interesse legittimo oppositivo all’affidamento dell’appalto in favore di
terzi.
L’interesse legittimo pretensivo nasce con la domanda di partecipazione alla
gara, a seguito della quale la posizione viene differenziata e qualificata, sicché gli atti
immediatamente lesivi della sfera giuridica del candidato, come l’esclusione, devono
essere immediatamente impugnati, laddove l’interesse legittimo oppositivo
all’affidamento dell’appalto a terzi ha la propria fonte nell’aggiudicazione ad altra
impresa, sicché è da quel momento che la lesione si attualizza e che dovrebbe essere
possibile dedurre vizi di legittimità dell’ammissione.
Viceversa, la novella al nuovo codice dei contratti pubblici - nell’introdurre la
possibilità di tutelare l’interesse di mero fatto ad una minore platea di concorrenti -
tutela effettivamente, se le ammissioni di terze imprese saranno impugnate,
l’interesse pubblico oggettivo alla partecipazione dei soli concorrenti in possesso dei
requisiti nonché, in ogni caso, l’interesse generale alla intangibilità in un ristretto arco
temporale delle ammissioni dei concorrenti alla gara e, nel precludere la possibilità di
far valere in via derivata i vizi dell’ammissione dell’aggiudicatario, o del ricorrente se
tali vizi sono dedotti dal controinteressato in via incidentale, esclude o limita
42 Tra i tanti Autori che hanno affrontato l’argomento, M. Nigro, Giustizia Amministrativa, Bologna, 2002, pagg. 107 e ss., che pone in rilievo come le due forme di protezione degli interessi degli amministrati nei confronti delle potestà amministrative sono il diritto soggettivo e l’interesse legittimo, mentre gli interessi di fatto sono privi di protezione perché il diritto non assume posizione verso di essi e li lascia alla loro sorte.
43
fortemente la possibilità di tutela dell’interesse legittimo con possibile vulnus agli
artt. 24,103 e 113 Cost.
In definitiva, da un lato, è stabilito un onere di impugnazione di atti non
immediatamente lesivi e, quindi, a tutela più di interessi generali che di interessi
individuali, per cui sembra agevole prevedere che molto difficilmente gli atti di
ammissione alla gara saranno impugnati, dall’altro, è preclusa la possibilità di far
valere vizi di legittimità della fase di prequalificazione, in via principale o
incidentale, quando l’interesse qualificato effettivamente sorge, atteso che, con
l’aggiudicazione ad una determinata impresa, si determina la vera lesione della sfera
giuridica degli altri concorrenti.
La ratio a base di tale prescrizione normativa appare individuabile ancora una
volta nell’esigenza che l’assetto del rapporto amministrativo sia rapidamente definito
con la conseguente tempestività dell’esecuzione delle prestazioni in favore delle
stazioni appaltanti, esigenza di tempestività che, d’altra parte, costituisce il
denominatore comune di tutta la disciplina del contenzioso in materia di appalti
pubblici, il cui rito è iperaccelerato.
Il perseguimento in modo indiscriminato di tale interesse pubblico - pur di
indubbio rilievo per gli impatti macroeconomici che inevitabilmente hanno i ritardi
degli affidamenti causati dal proliferare di un contenzioso che mette continuamente in
discussione anche gli atti relativi alla fase del possesso dei requisiti per la
partecipazione alla gara - può presentare profili di criticità quando entra in rotta di
collisione con la ratio della normativa sostanziale sull’evidenza pubblica.
La possibilità di far valere i vizi della fase di prequalifica solo quando non
sussiste né una lesione della sfera giuridica né un interesse legittimo oppositivo
all’altrui ammissione e la conseguente impossibilità giuridica di far valere tali vizi in
via derivata nel giudizio avverso l’aggiudicazione ovvero in quello incidentale contro
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il ricorrente principale, infatti, può determinare, come esito finale, che l’appalto sia
affidato ad un operatore economico che non aveva i requisiti per partecipare, la cui
ammissione, non impugnata, resta intangibile, con evidente compromissione sia del
libero esplicarsi della concorrenza sul mercato sia dell’individuazione del contraente
migliore per la stazione appaltante.
7. Conclusioni
La circostanza che nelle gare d’appalto il “bene della vita” può essere attribuito
ad uno ed uno solo dei concorrenti determina che il contenzioso tra chi aspira a
mettere in discussione l’aggiudicazione disposta a favore di un’altra impresa e chi
aspira a conservare la posizione di vantaggio attribuita dalla stazione appaltante ha
specifiche peculiarità e costituisce il terreno prediletto per esplorare le dinamiche
dell’effettività della tutela di tutte le posizioni contrapposte presenti nel giudizio.
La ratio della normativa sostanziale sull’evidenza pubblica ha tradizionalmente
avuto due anime.
Alla c.d. concezione contabilistica che sottende l’esigenza dell’individuazione
del giusto contraente, vale a dire del contraente che offra il migliore rapporto tra la
qualità delle prestazioni ed il prezzo, garantendo il buon uso del denaro pubblico, si è
aggiunta, sotto la spinta pressante del diritto sovranazionale, l’esigenza di tutela della
libertà di concorrenza nel mercato europeo.
La “doppia anima”, quindi, è costituita dall’individuazione del miglior
contraente possibile per l’amministrazione e dalla funzione proconcorrenziale
esercitata dagli appalti pubblici e l’esegesi corretta delle norme richiede che sia
costantemente ricercata una sintesi equilibrata tra queste due esigenze imperative e
parimenti essenziali.
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Il principio del favor partecipationis è funzionale al perseguimento di
entrambe le finalità e l’evoluzione del sistema, nella possibile contrapposizione tra
tale principio e l’altro essenziale principio della par condicio, è nel senso di
consentire la partecipazione a tutte le imprese che, a prescindere da carenze solo
formali e non lesive di interessi pubblici, sono in possesso dei requisiti richiesti per
concorrere all’affidamento dell’appalto.
Presenta profili di maggiore problematicità, invece, l’analisi della compatibilità
tra il carattere soggettivo della giurisdizione amministrativa, di cui il principio
dispositivo e quello di corrispondenza tra chiesto e pronunciato rappresentano
clausole generali, e la ratio sostanziale dell’evidenza pubblica.
In primo luogo, per il sistema non è affatto indifferente che la tutela del “bene
della vita”, costituito dall’affidamento dell’appalto, avvenga in forma specifica o per
equivalente patrimoniale, sicché consentire la tutela sotto forma risarcitoria del bene
quando pur sarebbe possibile all’esito del giudizio il conseguimento
dell’aggiudicazione ed il subentro nel contratto rappresenta un vulnus sia al corretto
esplicarsi della concorrenza sul mercato sia alle esigenze della stazione appaltante di
ricercare il miglior contraente.
Un’esegesi delle norme ispirata alla ratio del sistema, a mio avviso, dovrebbe
portare a ricavare in subiecta materia la sussistenza di una vera e propria
pregiudiziale, costituita dalla necessità di proporre una previa domanda di
annullamento ed una previa domanda di conseguire l’aggiudicazione ed il contratto,
con conseguente esclusione dell’azione risarcitoria autonoma, a meno che l’impresa
ricorrente non dimostri che la proposizione dell’azione di annullamento non avrebbe
comunque potuto evitare la formazione del danno.
La tutela della libertà di concorrenza e l’individuazione del miglior contraente,
ove la parte ricorrente proponga con successo senza graduarle censure cui è sotteso
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l’interesse finale ad ottenere l’aggiudicazione in esito alla doverosa esecuzione della
sentenza di accoglimento e censure cui è sotteso l’interesse strumentale ad avere una
chance di aggiudicazione attraverso la riedizione della gara, potrebbero esigere in
ogni caso la rinnovazione della gara e questo, unitamente all’ipotesi di azione
risarcitoria autonoma ove la norma di cui all’art. 124 c.p.a. non fosse ritenuta
introduttiva di una pregiudizialità sostanziale, è un ulteriore indice della problematica
compatibilità tra il carattere soggettivo della nostra giurisdizione e la duplice anima
della normativa sostanziale sull’evidenza pubblica.
L’analisi di tale questione, inoltre, costituisce un punto di emersione di un’altra
dimensione dell’evidenza pubblica e cioè l’esigenza di rapida definizione dei
procedimenti di affidamento degli appalti onde consentire la più sollecita esecuzione
delle prestazioni in favore della stazione appaltante.
La soluzione di esaminare prima le doglianze cui è sotteso l’interesse finale e
di far conseguire, se fondate, il subentro nell’aggiudicazione e nel contratto, infatti,
ha l’indubbio vantaggio di garantire la tempestività dell’esecuzione delle prestazioni,
costituente anch’esso un importante valore collettivo da perseguire, e di consentire un
risparmio di tempo e di denaro non imponendo alla stazione appaltante di bandire una
nuova gara, soprattutto laddove le censure preordinate alla soddisfazione
dell’interesse strumentale abbiano carattere prevalentemente formale.
L’ordine logico di esame delle censure proposte in via principale e in via
incidentale impatta fortemente con le tematiche della libertà della concorrenza e di
individuazione del giusto contraente in quanto la scelta del giudice di esaminare
prima l’una o l’altra azione può determinare l’attribuzione del “bene” all’impresa
ricorrente principale o a quella ricorrente incidentale.
La problematica assume una differente colorazione a seconda che alla gara
siano state ammesse due sole imprese o almeno tre imprese.
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In ogni caso, ritengo non possa essere più seguito pedissequamente il risalente
principio secondo cui, quando il ricorso incidentale tende a paralizzare l’azione
principale per ragioni di ordine processuale, occorre dare comunque precedenza alle
questioni con lo stesso sollevate che abbiano priorità logica su quelle sollevate dal
ricorrente principale, vale a dire alle questioni che, pur profilandosi come questioni di
merito, producono effetti su una questione di rito, in quanto l’ordine logico di
scrutinio non riguarda tanto il rapporto tra azione principale ed azione incidentale
quanto il rapporto tra i vizi con le stesse proposti, nel senso che devono essere
prioritariamente esaminati i motivi, da chiunque proposti, attinenti alla fase di
prequalifica e, nell’ambito della stessa, alle varie subfasi di cui questa si compone, e
poi i motivi afferenti alla fase dello svolgimento della vera e propria gara.
Di certo, deve essere escluso che, ove residuino le condizioni soggettive
dell’azione principale, l’eventuale fondatezza dell’azione incidentale possa
provocarne l’inammissibilità.
Con più partecipanti alla gara, la fondatezza del ricorso incidentale esaminato
per prima, invece, genera l’inammissibilità del ricorso principale per carenza di
interesse, atteso che l’eventuale fondatezza anche dell’azione principale non sarebbe
idonea a soddisfare alcun interesse del ricorrente principale né di tipo finale né di tipo
strumentale ove si ritenga – il che non appare scontato - che la stazione appaltante
debba aggiudicare la gara ad un terzo estraneo al giudizio, approdo paradossale e
senz’altro da escludere in una giurisdizione a carattere soggettivo.
Tale esito della controversia, se inevitabile in una giurisdizione di diritto
soggettivo, può anch’essa costituire fonte di criticità atteso che l’omesso esame
dell’azione principale non garantisce che l’appalto sia affidato al giusto contraente
nel rispetto della libertà di concorrenza sul mercato.
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Peraltro, ove il ricorrente principale abbia dedotto vizi relativi anche allo
svolgimento della gara e dimostri in giudizio di avere titolo ad un punteggio
maggiore della controinteressata, la fondatezza dei due ricorsi reciprocamente
escludenti e la conseguente inammissibilità delle relative domande non potrebbe
precludere, in ossequio alla evidenziata ratio della normativa in materia, l’esame
delle altre censure che, ove rivelatesi fondate, farebbero attribuire il “bene” al
concorrente maggiormente meritevole.
Nell’ipotesi di due soli concorrenti in gara, la giurisprudenza europea nonché
quella delle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione hanno espresso forti
perplessità in ordine al fatto che l’accoglimento del ricorso incidentale possa
riflettersi in una dichiarazione di inammissibilità del ricorso principale.
La soluzione offerta dalla sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di
Stato n. 9 del 2014 si rivela, a mio avviso, soddisfacente ancorché foriera di ulteriori
sviluppi, atteso soprattutto che, in presenza di una censura incidentale “escludente”,
appare arduo ritenere che la legittimazione ad agire del ricorrente principale che ha
parimenti dedotto censure “escludenti” della controinteressata venga meno, sicché, a
prescindere dalla identità dei motivi, potrebbe essere più coerente con le delineate
finalità del sistema ritenere che rimangono ammissibili e debbano essere scrutinati
tutti i motivi relativi alla fase di prequalificazione proposti dal ricorrente principale
che, se fondati, porteranno alla necessità di rinnovare la gara sia pure con un
inevitabile allungamento dei tempi.
Il nuovo codice degli appalti pubblici, infine, impone agli offerenti di
impugnare nel termine perentorio di trenta giorni gli atti di ammissione alla gara di
altri candidati impedendo che eventuali vizi di ammissione possano essere fatti valere
in via derivata nell’impugnazione dell’aggiudicazione o, in via incidentale, dal
controinteressato aggiudicatario.
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L’esigenza sottesa a tale novella, coerente con la natura iperaccelerata del rito
appalti, costituisce altra conferma di un’una terza dimensione della normativa
sull’evidenza pubblica, introdotta dalla normativa processuale, volta a garantire la
sollecita prestazione delle opere e dei servizi attraverso la rapida acquisizione del
crisma della definitività alle procedure di affidamento, il che postula una sicurezza
giuridica delle posizioni oltremodo tempestiva.
L’anima “tridimensionale” dell’evidenza pubblica pone nuovi e consistenti
problemi nel rapporto tra il perseguimento degli obiettivi di libertà della concorrenza
ed individuazione del miglior contraente e la realizzazione dell’obiettivo di garantire
la sollecita definizione dei rapporti e la rapida realizzazione delle prestazioni a favore
della stazione appaltante.
La novella introdotta dal d.lgs. n. 50 del 2016, in particolare, appare violativa
degli artt. 24, 103 e 113 Cost. in quanto pone un onere di impugnazione quando la
lesione al “bene” non è stata ancora prodotta ed esclude che i vizi possono essere fatti
valere a tutela della posizione di interesse legittimo nel frattempo venuta in essere,
sicché non appare idonea a consentire la piena tutela degli interessi legittimi
consacrata come valore fondante nel vigente ordinamento costituzionale.
La previsione in discorso, inoltre, sembra più organica ad una visione oggettiva
anziché soggettiva della giurisdizione amministrativa e, nell’evitare che i vizi relativi
alla fase di ammissione possano essere contestati e fatti valere nel giudizio di
impugnazione dell’aggiudicazione, contrasta con la ratio sostanziale della disciplina
sulla scelta del contraente.
Alla base di tale prescrizione, come detto, sussiste l’esigenza che l’assetto del
rapporto amministrativo in tema di affidamento di appalti pubblici sia rapidamente
definito e tale ragione è alla base dell’intera normativa processuale in materia, solo
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che si pensi alla tempistica iperaccelerata di definizione dei giudizi ed alla
dimidiazione del termine per la loro proposizione.
Tale figura “tridimensionale”, però, non è sempre sostenibile e, nel rapporto tra
le sue varie componenti, qualcuna è destinata a recedere.
La funzione proconcorrenziale dell’evidenza pubblica e l’esigenza di
individuare il miglior contraente dell’amministrazione per garantire il miglior utilizzo
del denaro della collettività rappresentano valori primari che a volte sono
difficilmente conciliabili con il terzo valore, anch’esso primario e fortemente sentito
dalla realtà imprenditoriale, di dare con la massima sollecitudine una risposta
giurisdizionale per conformare in modo definitivo ed immodificabile i rapporti in
materia di appalti pubblici.
Alla normativa sostanziale, che vive a due dimensioni, la normativa
processuale ha quindi aggiunto una terza dimensione e l’anima tridimensionale
dell’evidenza pubblica dà luogo ad un equilibrio instabile.
Sarebbe auspicabile un intervento legislativo tale da delineare con maggiore
consapevolezza ed organicità i rapporti tra le esigenze sottostanti la contrattualistica
pubblica in materia di appalti.
La sfida che attende oggi noi operatori del diritto è complessa ed è tesa ad
un’esegesi delle norme e ad una loro applicazione che sia in grado di comporre in
modo per quanto possibile armonico, costituzionalmente legittimo ed ugualmente
soddisfacente tutte le molteplici istanze, spesso tra loro di problematica compatibilità,
che l’interesse generale e, quindi, la società civile, nazionale ed europea, ha sinora
individuato in questo delicatissimo settore.
Il perseguimento di tale obiettivo rende necessario che l’analisi delle questioni
controverse sia condotta avendo nella massima considerazione l’essenza profonda
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degli istituti e l’insieme degli effetti che le pronunce giurisdizionali possono produrre
al fine di concentrare l’attenzione, in coerenza con l’evoluzione del giudizio
amministrativo dall’atto al rapporto, sulla macroeconomia del sistema e non solo
sulla microeconomia dei singoli ed isolati provvedimenti.
Roberto Caponigro
Consigliere TAR Lazio
(pubblicato il 14 giugno 2016)
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