Il progetto Venerdì, 6 novembre 2015 Numero Zero Nalcuni giorni è stato inaugurato InGalera, il...

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C arissime lettrici e affezionati lettori, vorrei esporre “il mio debol parere” sulla filosofia del karate-do. Quest’arte marziale, origi- naria di Okinawa si è evoluta e diffu- sa in tutto il mondo. Dal segreto rap- porto fra discepolo e maestro si è pas- sati alla divulgazione in “dojo” con molti adepti. Il merito va a Gichin Funakoshi, insuperato pioniere di quest’arte marziale. La modestia, la voglia di apprendere con abnegazio- ne, l’umiltà e la sobrietà sono i cardi- ni di questo affascinante “sport” nei “dojo” si è permeati dal rispetto verso tutti. Lo si apprende con gioia e va vissuto ogni istante soprattutto nella nostra frenetica irrequieta vita quoti- diana. I valori di onestà intellettuale, rispetto reciproco e di fraterna e pro- ficua collaborazione, portano a un co- stante miglioramento dell’essere umano. La massima “karate ni sente nashi”: il karate non attacca mai per primo, è di fondamentale importanza. Di fronte, sul “tatami” vi è un avver- sario, non un nemico. Si sviluppa così la concentrazione, l’autocontrollo e la sana stima di sé. Mentre in altri sport, si notano sulle tribune degli stadi e nei palazzetti, ingiurie indici- bili. In ventuno anni sono stato fortu- nato: mai ho assistito a liti nello svol- gere l’allenamento, mai ho udito schiamazzi nelle gare da parte degli spettatori. La nostra società occiden- tale è abbastanza in ritardo, in fatto di educazione, rispetto alla società giapponese. Bisogna rimboccarsi le maniche e partire dalle piccole cose per migliorare quelle grandi. Troppo comodo dar sempre la colpa agli altri, pigrizia e rassegnazione non ci fanno onore. Diego L a vita per come la co- nosciamo attraverso la nostra crescita perso- nale e professionale la si può paragonare a una parti- ta di scacchi, personalmente iniziando anni fa a giocare agli scacchi è maturata in me un’idea che ho associato nel mio percorso di vita. Al momento della nostra nascita il livello della parti- ta è il più basso, perché da neonati non abbiamo ancora la percezione della sfida che ci aspetta e del nostro av- versario, cioè la vita! Nelle varie fasi della nostra crescita il livello si alza, proprio come in una partita di scacchi. All’inizio ci sentiamo come il re, nessuno ci può vincere e la vittoria ci sembra sicu- ra. Ma proprio quando si alza il livello attraverso le nostre esperienze prendiamo sem- pre più atto che siamo dei semplici pedoni e a nostra volta possiamo mangiare in una sola direzione capendo man mano che il livello si innalza che siamo vittime dello strapotere del re e del- la regina, del sistema, del capitalismo consumista e di noi stessi. Ci fanno mangia- re quello che vogliamo e non ci accorgiamo che quando sacrificano una torre oppure un cavallo, in quel momento ci danno scacco matto! Costantino D escrivere chi sia un detenuto protetto è complicato in quanto sono presenti molteplici sfac- cettature. Si tratta di perso- ne che si sono macchiate di reati particolarmente gravi come violenze o omicidi per- petrati ai danni di donne o bambini, molestie, stalking. Il reato può essere di altra tipologia, a cambiare sono però le persone che lo hanno commesso: appartenenti alle forze dell’ordine, collaborato- ri di giustizia e pentiti. Spes- so finiscono in queste sezioni anche i detenuti dichiarata- mente omosessuali. La di- stinzione da chi ha commes- so reati comuni, quali truffe, furti, rapine, ecc, risale agli anni ‘90 con l’intento di sal- vaguardare l’incolumità dei detenuti protetti, che potreb- bero essere vittime di sopru- si e violenze. Tra questi ulti- mi sono presenti però anche omicidi, generando ulteriore confusione per chi non è pra- tico. Bisogna tener conto del- l’esistenza, all’interno degli istituti penitenziari, di un codice non scritto secondo il quale un detenuto comune si sente moralmente ed etica- mente migliore di uno pro- tetto, pur trovandosi nella stessa situazione contingente che sconsiglia di avere qual- siasi contatto amichevole con un detenuto protetto. Se da una parte questa distinzione è servita a evitare ulteriore violenza, dall’altra si è venu- ta a creare una specie di ghettizzazione del protetto. La speranza è quella di riu- scire a cambiare questa mentalità giustizialista al fi- ne di evitare ulteriore odio in luoghi dove la sofferenza e la rabbia raggiungono già livel- li altissimi. Dinanzi alla bi- lancia della giustizia siamo colpevoli in egual misura. Non sarebbe opportuno che la collera, che ha in sè un’e- nergia enorme, accumulata in galera la si spendesse per riflettere sulla propria con- dotta di vita, magari per mi- gliorare e fare cose positive durante la permanenza in carcere? Camillo, Carlo, Cristian LA SINDROME DI ATLANTIDE Cos’è Atlantide? Dov’è Atlantide ? Queste sono le domande che continuano ad assilla- re gli storici di tutto il mondo. Questo libro, scritto da Paul Jordan, pubblicato da Universale Storica Newton, ci porta alla scoperta di un mondo mitologico con basi e rife- rimenti storici descritti prima da Platone, con i suoi dialoghi allegorici in- sieme a Socrate, per arri- vare alle ultime scoperte archeologiche dettate dai coniugi Rose e Rand Flem-Ath. I due, andando contro tutti gli altri stu- diosi dell’argomento ci ri- velano come ogni duemila anni questa mitica isola si rialzi dalle profondità del- l’oceano, non riuscendo a emergere a causa di un ipotetico ghiacciaio mille- nario che ne impedisce l’e- mersione. Questo libro si avvicina particolarmente al mio pensiero, facendomi cre- dere sempre di più che un giorno il nostro passato sarà di nuovo il nostro fu- turo. Non posso raccontare tut- to, spero mi crediate, ma v’informo che questo libro può cambiare le sorti del nostro futuro facendo un balzo indietro di novemila anni. Marco Direttore responsabile: Bruno Contigiani Iscrizione al Tribunale: 3087, 2015. Redazione: L’Arte del Vivere con Lentez- za via Diola 96/A Ziano Piacentino (PC) Ella Ceppi, Muna Guarino, Francesco Argenti Hanno collaborato: Alexander, Antonio, Aymen, Camillo, Carlo, Costantino, Cristian, Diego, Giuseppe, Fabrizio, Marco, Mario, Raffaello, Roberto, Rosario, Simone. Impaginazione Matteo Ranzini. Numero Zero esce grazie alla collaborazio- ne della Dirigenza di Torre del Gallo, de- gli agenti, degli educatori, di Apolf Pavia, all’apertura mentale dell’editore de Il Ti- cino, alla direzione di Alessandro Repossi, a tutta la redazione e al lavoro dei Volon- tari de L’Arte del Vivere con Lentezza On- lus. Si ringraziano inoltre quanti decido- no di supportare questa iniziativa con la diffusione e gli investimenti pubblicitari. Per informazioni e pubblicità 0382-24736. In redazione N.26 La scacchiera Modello Masterchef Numero Zero La Voce del Gallo FOGLIO MENSILE EDIZIONE DELLA CASA CIRCONDARIALE TORRE DEL GALLO DI PAVIA IL LIBRO EDITORIALE Karate ni sente nashi Leggi alla voce “protetti” Il dizionario Il Rap in un mondo di App M odello. Bollate è un carcere modello, tant’è che da alcuni giorni è stato inaugurato InGalera, il risto- rante che come recita una lunga notizia apparsa su Huffington Post, ma anche su buona parte della stam- pa, con i suoi cinquantadue posti a sedere, aperto sei gior- ni su sette, formula “quick lunch” a pranzo e menu alla carta la sera, alle porte di Milano, si presenta come una delle attrazioni del dopo Expo. Diretto da un uomo libero, Ivan Manzo, chef d’esperienza, originario di Caserta ma brianzolo d’adozione, con alle sue dipendenze un’intera squadra di detenuti: cinque ap- prendisti cuochi e quattro camerieri, alcuni di loro tiroci- nanti della sezione carceraria dell’Istituto alberghiero Paolo Frisi. Fin qui tutto bene. Modello è probabilmente il termine che ci sentiremo ripe- tere nel prossimo anno, Modello Milano, e se l’organizza- zione del Giubileo funzionerà bene, Modello Roma (grazie al Modello Milano) da contrapporre a qualche altra città che ha bisogno di un modello. Nella società post industriale, ma soprattutto in quella industriale, il modello ha la funzione di stabilire un cano- ne che si replicherà fino a che non si deciderà di passare a un altro modello, magari più innovativo, non semplice- mente per riprodurre solo una seconda volta il modello in questione, altrimenti trattasi di copia. Dentro o fuori, non abbiamo bisogno di questi modelli, ab- biamo bisogno di serialità, a cui magari aggiungere fidu- cia e creatività. Molti direttori di carcere in Italia sapreb- bero benissimo che cosa fare, senza che gli vengano sug- geriti dei modelli. E’ soprattutto una questione di risorse, che purtroppo si distribuiscono secondo un passo del Van- gelo sul quale spesso si sorvola: “A chi avrà sarà dato e a chi non ha sarà tolto anche quello che non ha”. Bruno Contigiani P.s. La redazione di Numero Zero è quasi totalmente rin- novata, come avrete notato anche dai temi affrontati. I l Rap nasce all’incirca negli anni ottanta, figlio della po- vertà americana, le persone non potendo comprarsi ancora strumenti per rappare (mettere in rima) improvvisavano suoni emessi con la bocca, noto ai nostri giorni come beat- boat. All’inizio le persone cercavano di cantarci sopra, ma non trovando riscontro, improvvisavano delle parole cantate in ri- ma, da lì nacque il tono giusto per le canzoni chiamate Rap. Ecco qualche esempio: una rima è composta da una o più pa- role: tormento-sgomento, questo è una rima. Poi esiste la rima baciata: in galera me la sto godendo, men- tre il giudice sta morendo... I primi gruppi nati in quegli anni furono: 2pac, notorious big, e i wu-thang-cldn, che con questo nuovo modo di fare musica grazie alle case discografiche diffusero e conquistano il mondo del Rap e conquistarono anche me, anche se in quegli anni ero ancora troppo piccolo. Da ragazzo mi sentivo parte integrante di questo mondo, dal modo di vestirsi, dal linguaggio, dal bal- lo insomma da tutto quello che risultava Rap. Così incomin- ciai a trafficare con strumentazioni digitali, tutto questo mi servì per allenamento su costruzioni di basi musicali per poi magari improvvisare con amici, conoscenti dei freestyle, paro- le in rima libere e nate. Si provava a incidere le due cose as- sieme, cioè ha fondere le due parti in un unica cosa. Non sa- prei definire, come ho fatto, ma chiuso in una cella di Torre del Gallo ho scritto una canzone sulla giustizia che tutti i giorni subiamo e non approviamo. Da c. c. Pavia è tutto un saluto da Rapper Street, morto e di- strutto ma con la penna in ma- no un saluto anche c. c. Milano mando. Roberto O rtofilo: colui che giorno e notte si infila nell’or- to delle disgrazie esi- stenziali le coltiva incessante- mente come un giardiniere. C annavazzo: persona emotivamente depressa e/o fisicamente trascu- rata. 19 Il progetto Venerdì, 6 novembre 2015 “Passione, vocazione ed ispirazione, un modo nuovo di fare impresa”; questo il tema degli incontri de “Il Salone della CSR e dell’in- novazione sociale” tenutosi a Milano il 9 e 10 ottobre presso l’Università Bocconi. In questa edizione si è par- lato anche di carcere e in particolare dei giornali del carcere, grazie a un’inizia- tiva di Numero Zero. Tre gli argomenti cardine mo- derati da Rosanna Santo- nocito: Internet in carcere, autonomia delle redazioni e interazione con l’esterno. Tra i relatori due giornali- sti, Bruno Contigiani e Mauro Sarti, e Lucia Ca- stellano, consigliere regio- nale con un passato da di- rettrice di carceri e pionie- ra dei diritti “intramurari”. Fabrizio via Olevano,26 27051 Cava Manara (PV) Tel. 347-9705745 e-mail: [email protected] via Olevano,26 27051 Cava Manara (PV) Tel. 347-9705745 e-mail: [email protected]

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Carissime lettrici e affezionatilettori, vorrei esporre “il miodebol parere” sulla filosofia del

karate-do. Quest’arte marziale, origi-naria di Okinawa si è evoluta e diffu-sa in tutto il mondo. Dal segreto rap-porto fra discepolo e maestro si è pas-sati alla divulgazione in “dojo” conmolti adepti. Il merito va a GichinFunakoshi, insuperato pioniere diquest’arte marziale. La modestia, lavoglia di apprendere con abnegazio-ne, l’umiltà e la sobrietà sono i cardi-ni di questo affascinante “sport” nei“dojo” si è permeati dal rispetto verso

tutti. Lo si apprende con gioia e vavissuto ogni istante soprattutto nellanostra frenetica irrequieta vita quoti-diana. I valori di onestà intellettuale,rispetto reciproco e di fraterna e pro-ficua collaborazione, portano a un co-stante miglioramento dell’essereumano. La massima “karate ni sentenashi”: il karate non attacca mai perprimo, è di fondamentale importanza.Di fronte, sul “tatami” vi è un avver-sario, non un nemico. Si sviluppa cosìla concentrazione, l’autocontrollo e lasana stima di sé. Mentre in altrisport, si notano sulle tribune degli

stadi e nei palazzetti, ingiurie indici-bili. In ventuno anni sono stato fortu-nato: mai ho assistito a liti nello svol-gere l’allenamento, mai ho uditoschiamazzi nelle gare da parte deglispettatori. La nostra società occiden-tale è abbastanza in ritardo, in fattodi educazione, rispetto alla societàgiapponese. Bisogna rimboccarsi lemaniche e partire dalle piccole coseper migliorare quelle grandi. Troppocomodo dar sempre la colpa agli altri,pigrizia e rassegnazione non ci fannoonore.

Diego

La vita per come la co-nosciamo attraverso lanostra crescita perso-

nale e professionale la sipuò paragonare a una parti-ta di scacchi, personalmenteiniziando anni fa a giocareagli scacchi è maturata inme un’idea che ho associatonel mio percorso di vita. Al momento della nostranascita il livello della parti-ta è il più basso, perché daneonati non abbiamo ancorala percezione della sfida checi aspetta e del nostro av-versario, cioè la vita!Nelle varie fasi della nostracrescita il livello si alza,proprio come in una partitadi scacchi. All’inizio ci sentiamo come

il re, nessuno ci può vinceree la vittoria ci sembra sicu-ra. Ma proprio quando si alza illivello attraverso le nostreesperienze prendiamo sem-pre più atto che siamo deisemplici pedoni e a nostravolta possiamo mangiare inuna sola direzione capendoman mano che il livello siinnalza che siamo vittimedello strapotere del re e del-la regina, del sistema, delcapitalismo consumista e dinoi stessi. Ci fanno mangia-re quello che vogliamo e nonci accorgiamo che quandosacrificano una torre oppureun cavallo, in quel momentoci danno scacco matto!

Costantino

Descrivere chi sia undetenuto protetto ècomplicato in quanto

sono presenti molteplici sfac-cettature. Si tratta di perso-ne che si sono macchiate direati particolarmente gravicome violenze o omicidi per-petrati ai danni di donne obambini, molestie, stalking.Il reato può essere di altratipologia, a cambiare sonoperò le persone che lo hannocommesso: appartenenti alleforze dell’ordine, collaborato-ri di giustizia e pentiti. Spes-so finiscono in queste sezionianche i detenuti dichiarata-mente omosessuali. La di-stinzione da chi ha commes-so reati comuni, quali truffe,

furti, rapine, ecc, risale aglianni ‘90 con l’intento di sal-vaguardare l’incolumità deidetenuti protetti, che potreb-bero essere vittime di sopru-si e violenze. Tra questi ulti-mi sono presenti però ancheomicidi, generando ulterioreconfusione per chi non è pra-tico. Bisogna tener conto del-l’esistenza, all’interno degliistituti penitenziari, di uncodice non scritto secondo ilquale un detenuto comune sisente moralmente ed etica-mente migliore di uno pro-tetto, pur trovandosi nellastessa situazione contingenteche sconsiglia di avere qual-siasi contatto amichevole conun detenuto protetto. Se da

una parte questa distinzioneè servita a evitare ulterioreviolenza, dall’altra si è venu-ta a creare una specie dighettizzazione del protetto.La speranza è quella di riu-scire a cambiare questamentalità giustizialista al fi-ne di evitare ulteriore odio inluoghi dove la sofferenza e larabbia raggiungono già livel-li altissimi. Dinanzi alla bi-lancia della giustizia siamocolpevoli in egual misura.Non sarebbe opportuno chela collera, che ha in sè un’e-nergia enorme, accumulatain galera la si spendesse perriflettere sulla propria con-dotta di vita, magari per mi-gliorare e fare cose positivedurante la permanenza incarcere?

Camillo, Carlo, Cristian

LA SINDROME DI ATLANTIDE

Cos’è Atlantide? Dov’èAtlantide ?Queste sono le domandeche continuano ad assilla-re gli storici di tutto ilmondo. Questo libro,scritto da Paul Jordan,pubblicato da UniversaleStorica Newton, ci portaalla scoperta di un mondomitologico con basi e rife-rimenti storici descrittiprima da Platone, con isuoi dialoghi allegorici in-sieme a Socrate, per arri-vare alle ultime scopertearcheologiche dettate daiconiugi Rose e RandFlem-Ath. I due, andandocontro tutti gli altri stu-diosi dell’argomento ci ri-velano come ogni duemilaanni questa mitica isola sirialzi dalle profondità del-l’oceano, non riuscendo aemergere a causa di unipotetico ghiacciaio mille-nario che ne impedisce l’e-mersione.Questo libro si avvicinaparticolarmente al miopensiero, facendomi cre-dere sempre di più che ungiorno il nostro passatosarà di nuovo il nostro fu-turo. Non posso raccontare tut-to, spero mi crediate, mav’informo che questo libropuò cambiare le sorti delnostro futuro facendo unbalzo indietro di novemilaanni.

Marco

Direttore responsabile: Bruno ContigianiIscrizione al Tribunale: 3087, 2015. Redazione: L’Arte del Vivere con Lentez-za via Diola 96/A Ziano Piacentino (PC)Ella Ceppi, Muna Guarino, Francesco Argenti

Hanno collaborato: Alexander, Antonio,

Aymen, Camillo, Carlo, Costantino, Cristian, Diego, Giuseppe, Fabrizio, Marco, Mario, Raffaello, Roberto, Rosario,Simone. Impaginazione Matteo Ranzini.

Numero Zero esce grazie alla collaborazio-ne della Dirigenza di Torre del Gallo, de-gli agenti, degli educatori, di Apolf Pavia,

all’apertura mentale dell’editore de Il Ti-cino, alla direzione di Alessandro Repossi,a tutta la redazione e al lavoro dei Volon-tari de L’Arte del Vivere con Lentezza On-lus. Si ringraziano inoltre quanti decido-no di supportare questa iniziativa con ladiffusione e gli investimenti pubblicitari.

Per informazioni e pubblicità 0382-24736.

In redazione

N.26

La scacchieraModello Masterchef

Numero ZeroLa Voce del Gallo

FOGLIO MENSILE EDIZIONE DELLA CASA CIRCONDARIALE TORRE DEL GALLO DI PAVIA

IL LIBROEDITORIALE

Karate ni sente nashi

Leggi alla voce “protetti”

Il dizionario

Il Rap in un mondo di App

Modello. Bollate è un carcere modello, tant’è che daalcuni giorni è stato inaugurato InGalera, il risto-rante che come recita una lunga notizia apparsa

su Huffington Post, ma anche su buona parte della stam-pa, con i suoi cinquantadue posti a sedere, aperto sei gior-ni su sette, formula “quick lunch” a pranzo e menu allacarta la sera, alle porte di Milano, si presenta come unadelle attrazioni del dopo Expo. Diretto da un uomo libero, Ivan Manzo, chef d’esperienza,originario di Caserta ma brianzolo d’adozione, con allesue dipendenze un’intera squadra di detenuti: cinque ap-prendisti cuochi e quattro camerieri, alcuni di loro tiroci-nanti della sezione carceraria dell’Istituto alberghieroPaolo Frisi. Fin qui tutto bene.Modello è probabilmente il termine che ci sentiremo ripe-tere nel prossimo anno, Modello Milano, e se l’organizza-zione del Giubileo funzionerà bene, Modello Roma (grazieal Modello Milano) da contrapporre a qualche altra cittàche ha bisogno di un modello.Nella società post industriale, ma soprattutto in quellaindustriale, il modello ha la funzione di stabilire un cano-ne che si replicherà fino a che non si deciderà di passarea un altro modello, magari più innovativo, non semplice-mente per riprodurre solo una seconda volta il modello inquestione, altrimenti trattasi di copia. Dentro o fuori, non abbiamo bisogno di questi modelli, ab-biamo bisogno di serialità, a cui magari aggiungere fidu-cia e creatività. Molti direttori di carcere in Italia sapreb-bero benissimo che cosa fare, senza che gli vengano sug-geriti dei modelli. E’ soprattutto una questione di risorse,che purtroppo si distribuiscono secondo un passo del Van-gelo sul quale spesso si sorvola: “A chi avrà sarà dato e achi non ha sarà tolto anche quello che non ha”.

Bruno Contigiani

P.s. La redazione di Numero Zero è quasi totalmente rin-novata, come avrete notato anche dai temi affrontati.

Il Rap nasce all’incirca negli anni ottanta, figlio della po-vertà americana, le persone non potendo comprarsi ancorastrumenti per rappare (mettere in rima) improvvisavano

suoni emessi con la bocca, noto ai nostri giorni come beat-boat. All’inizio le persone cercavano di cantarci sopra, ma nontrovando riscontro, improvvisavano delle parole cantate in ri-ma, da lì nacque il tono giusto per le canzoni chiamate Rap.Ecco qualche esempio: una rima è composta da una o più pa-role: tormento-sgomento, questo è una rima. Poi esiste la rima baciata: in galera me la sto godendo, men-tre il giudice sta morendo... I primi gruppi nati in quegli anni furono: 2pac, notorious big,e i wu-thang-cldn, che con questo nuovo modo di fare musicagrazie alle case discografiche diffusero e conquistano il mondodel Rap e conquistarono anche me, anche se in quegli anni eroancora troppo piccolo. Da ragazzo mi sentivo parte integrantedi questo mondo, dal modo di vestirsi, dal linguaggio, dal bal-lo insomma da tutto quello che risultava Rap. Così incomin-ciai a trafficare con strumentazioni digitali, tutto questo miservì per allenamento su costruzioni di basi musicali per poimagari improvvisare con amici, conoscenti dei freestyle, paro-le in rima libere e nate. Si provava a incidere le due cose as-sieme, cioè ha fondere le due parti in un unica cosa. Non sa-

prei definire, come ho fatto, machiuso in una cella di Torre delGallo ho scritto una canzonesulla giustizia che tutti i giornisubiamo e non approviamo. Da c. c. Pavia è tutto un salutoda Rapper Street, morto e di-strutto ma con la penna in ma-no un saluto anche c. c. Milanomando.

Roberto

Ortofilo: colui che giornoe notte si infila nell’or-to delle disgrazie esi-

stenziali le coltiva incessante-mente come un giardiniere.

Cannavazzo: personaemotivamente depressae/o fisicamente trascu-

rata.

19Il progetto Venerdì, 6 novembre 2015

“Passione, vocazione edispirazione, un modo nuovodi fare impresa”; questo iltema degli incontri de “IlSalone della CSR e dell’in-novazione sociale” tenutosia Milano il 9 e 10 ottobrepresso l’Università Bocconi.In questa edizione si è par-lato anche di carcere e inparticolare dei giornali delcarcere, grazie a un’inizia-tiva di Numero Zero. Tregli argomenti cardine mo-derati da Rosanna Santo-nocito: Internet in carcere,autonomia delle redazioni einterazione con l’esterno.Tra i relatori due giornali-sti, Bruno Contigiani eMauro Sarti, e Lucia Ca-stellano, consigliere regio-nale con un passato da di-rettrice di carceri e pionie-ra dei diritti “intramurari”.

Fabrizio

via Olevano,2627051 Cava Manara (PV)

Tel. 347-9705745e-mail:

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