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Il problema della diseguaglianza nel Capitale di Piketty

di

Pier Giorgio ArdeniPresentazione del 20 novembre 2014

Biblioteca W. Bigiavi, Bologna

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Piketty guarda sia alla distribuzione funzionale del reddito che a quella personale, in particolare considerando il reddito del percentile e del decile più ricco della popolazione.

Piketty lega concettualmente, anche se non sempre in modo esplicito e chiaro, distribuzione funzionale e personale del reddito con il processo di crescita del reddito e del capitale. Non è propriamente quella che Krugman chiama una “unified theory of inequality”, ma ha il pregio di metter insieme l'apparato concettuale dei modelli di crescita à la Harrod-Domar e Solow con la questione della distribuzione del reddito (ma su questo versante Piketty non ha una teoria su come il reddito va attribuito ai fattori o ai percettori)

La diseguaglianza nel Capitale di Piketty

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La quota del decile superiore del reddito nazionale USA è scesa dal 45-50% nel 1910-20 a meno del 35% negli anni '50 – questa fu la caduta documentata da Kuznets – ma è salita da meno del 35% negli anni '70 al 45-50% degli anni 2000-10

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La ricchezza privata aggregata – quello che Piketty chiama capitale – era pari a circa 6 o 7 anni di reddito nazionale in Europa nel 1910, a 3 anni nel 1950 e tra 4 e 6 anni nel 2010.

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Secondo Piketty, la fondamentale forza di divergenza è data da r > g ovvero il tasso di rendimento sul capitale r è maggiore del tasso di crescita del reddito g. Questa è anche la maggiore fonte di diseguaglianza nella distribuzione della ricchezza e del reddito.

La diseguaglianza r > g è però una contingenza storica, e può anche non valere (anche in assenza di intervento pubblico) . Qui Piketty si contraddice: dice che una legge fondamentale del capitalismo (la sua terza legge) ma dice anche che può non valere.

Questo succede perché tutto dipende dalla tecnologia – ovvero a quale uso è destinato il capitale, e.g. macchinari migliori o semplice sostituzione di quelli obsoleti – e dagli obiettivi del risparmio – uso investimento industriale, “produttivo”, ovvero speculativo – .

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Tuttavia, per gran parte delle epoche storiche r è stato notevolmente maggiore di g e solo nel XX secolo si è verificato un avvicinamento tra i due. Da più di 30 anni a questa parte i due tassi stanno tornando ad allontanarsi...

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Tutto sta nella relazione tra r e g. Il tasso di crescita dell'economia (del reddito) g oggi tende a calare, e anche il tasso di rendimento sul capitale r è più basso di un tempo, anche se resta maggiore di g – quando questo accade, la conseguenza logica è che la ricchezza cresce più rapidamente di prodotto e reddito.

Il senso comune, fino ad oggi, di molti economisti sosteneva che nel lungo periodo le quote di capitale e lavoro sul reddito tendono ad essere costanti (perfino Kaldor...). Ma nel lungo periodo ciò non è stato vero (secondo quanto mostra Piketty).

Inoltre, essendo la ricchezza più concentrata del reddito, il reddito da capitale genera più ricchezza che diviene sempre più concentrata: “il passato tende a divorare il futuro”, come ha detto Krugman.

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Fintanto che il tasso di rendimento sul capitale r è maggiore del tasso di crescita del reddito g, il rapporto tra ricchezza accumulata (lo stock di capitale K) e il reddito Y aumenta, e così aumenta la diseguaglianza (nella ricchezza e quindi nel reddito da capitale). Questo perché i percettori di reddito da capitale (capitalisti) investono e accumulano sempre più ricchezza (capitale) a differenza dei percettori di reddito da lavoro (anche se guadagnano molto).

Che r diverga da g può avvenire a due condizioni:

1) che il tasso di rendimento del capitale non diminuisca o diminuisca molto lentamente all'aumentare della ricchezza;

2) che tutto il reddito ottenuto dalla ricchezza venga reinvestito.

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Che il tasso di rendimento del capitale non diminuisca o diminuisca molto lentamente all'aumentare della ricchezza può accadere soltanto se l'elasticità di sostituzione tra capitale e lavoro è maggiore di 1 – un'unità in più di capitale dà luogo a meno di un'unità di rendimento in più –, come sostengono e.g. Summers e Rognlie. Molti studi, però, sembrano dire il contrario...

Anche la seconda condizione – che tutto il reddito ottenuto dalla ricchezza venga reinvestito – non è apparentemente così robusta... : anche i capitalisti consumano! Anzi, può essere che la loro propensione al consumo sia tale che la frazione del reddito che loro consumano rende la frazione investita sistematicamente inferiore al tasso di crescita del reddito. Insomma, in questo caso, il capitale crescerebbe ad un tasso di crescita inferiore del reddito totale.

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La ricchezza cresce perché i redditi da capitali vengono reinvestiti. E il rapporto tra ricchezza e reddito, secondo Piketty, tende al rapporto tra tasso di risparmio s e tasso di crescita g. Ma altri sostengono che maggiore è la ricchezza posseduta, minore il livello dei risparmi... (c'è anche la questione del rendimento decrescente del capitale). Non è la differenza tra r e g che dà luogo a diseguaglianza, ma è la diseguaglianza nel reddito (da capitale, soprattutto) che dà luogo alla differenza tra r e g!

Piketty sostiene inoltre che la ricchezza si accumula e tende a concentrarsi grazie all'ereditarietà. Molte sono state le critiche a questo proposito (e.g. Bill Gates): “guardate la lista dei 400 americani più ricchi”, è stato detto, “e vedrete quanti pochi di quelli che vi comparivano nel 1982 sono presenti nel 2012” [Piketty, però, ha studiato i dati francesi, non quelli americani, che dice di non avere]

La diseguaglianza nel Capitale di Piketty

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Ad es. Krugman fa notare che la grande ricchezza, oggi, non viene tanto ereditata, quanto accumulata grazie (anche) ai “super stipendi”. Il reddito da capitale, in America, ammonta ad un terzo circa dei redditi del percentile più ricco. Gli stipendi, in compenso, sono cresciuti del 165% dal 1970 per l'1% più ricco e del 362% per lo 0.1% più ricco.

Non sono solo le “superstars” (cantanti, atleti, artisti, etc), sono i manager e gli executives, il cui livello di compenso è stabilito da “norme” e “convenzioni” (sociali e politiche) interne alla professione, come in un mondo a parte. Non può essere solo questo, sostiene Krugman, l'analisi di Piketty è debole.

La diseguaglianza nel Capitale di Piketty

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Piketty illustra tre fondamentali relazioni che definisce leggi fondamentali del capitalismo. Debraj Ray, tra gli altri, le ha discusse e criticate, ma le sue critiche non sono completamente fondate.

Legge 1 = la quota del reddito da capitale (YK) sul reddito totale (Y) eguaglia il tasso di rendimento del capitale r moltiplicato per il rapporto capitale/reddito (K/Y)

(YK)/Y = (YK)/K * K/Y

dove K è lo stock di capitale.

Questa è un'identità contabile, non una legge! (ma Piketty lo sa, dice Ray). I tre fattori nell'identità sono risultati e sono endogeni. In altre parole, la “legge” non spiega nulla!

Le fondamentali “leggi del capitalismo” di Piketty

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Legge 2 = il tasso di crescita del prodotto nazionale g eguaglia il tasso di risparmio netto s=S/Y diviso per il rapporto K/Y.

Cosa dice questa legge? Che i risparmi al netto del capitale deprezzato aumentano lo stock di capitale cosicché:

S = (Kt+1) - (Kt) = (Kt+1/Yt+1 * Yt+1) – (Kt/Yt * Yt) = K/Y * (Yt+1 – Yt )

assumendo che K/Y sia costante. Dividendo entrambi i lati per Yt si ottiene: S/Yt = K/Y * [(Yt+1 – Yt )/Yt ] = K/Y * g

Anche questa è poco più che una mera tautologia (secondo Ray), un'identità che è alla base, i.e di Harrod-Domar e Solow

Le fondamentali “leggi del capitalismo” di Piketty

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Essa però può essere una teoria falsificabile con poche ipotesi aggiuntive, come fecero Harrod e Domar (K/Y costante) o Solow (dove K/Y evolve assieme alla funzione di produzione). Piketty non fa nulla di tutto ciò, non ha una teoria! Il rapporto capitale/prodotto non si spiega con il tasso di crescita del prodotto, che è anch'esso un risultato ed è endogeno.

Legge 3 = il tasso di rendimento del capitale sistematicamente eccede il tasso di crescita del prodotto: r > g.

Questa aspira ad essere “legge” perché dovrebbe valere sempre (ma così non è) ed è falsificabile. Secondo Piketty essa vale sempre, ma ciò non significa che essa sia la contraddizione centrale del capitalismo (secondo Ray)! Secondo Ray, questa non è che una delle vecchie “condizioni di trasversalità” dei modelli di crescita ottimale.

Le fondamentali “leggi del capitalismo” di Piketty

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Supponiamo che il prodotto sia funzione lineare del capitale:

Y = r * K

dove r è il tasso di rendimento del Capitale e 1/r è il rapporto capitale/prodotto. Sostituendo questo nella Seconda Legge si ottiene:

s = g * (1/r)

Conclusione: a meno che il paese non risparmi il 100% del proprio reddito, s < 1, e quindi r > g.

Il fatto che r > g si può spiegare con molti modelli, ma non dice nulla sul fatto che la diseguaglianza cresce.

E poi, cosa lega r e g? Il primo è quanto rende il capitale, il secondo dice quanto cresce il reddito: mele e arance!

Le fondamentali “leggi del capitalismo” di Piketty

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Supponiamo che i detentori di capitale risparmino tutto il loro reddito. In questo caso, r tiene conto non solo di quanto rende il capitale ma anche di quanto cresce il reddito. In quel caso, il reddito da capitale finirà per dominare tutto il reddito, è vero. Ma questo non ha nulla a che fare con r > g. Dipende dal fatto che i detentori di capitale risparmiano tutto il loro reddito!

Il capitale cresce a seconda di come il reddito viene risparmiato (propensione al risparmio) non della sua forma. Un contadino con un pezzo di terra non riesce a risparmiare perché consuma tutto il suo reddito (e il suo capitale fondiario non cresce)

Qualunque teoria secondo cui la crescita non sia bilanciata porterebbe a dire che r > g. Ma questo non spiega la diseguaglianza!

Le fondamentali “leggi del capitalismo” di Piketty

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Se la diseguaglianza (del reddito) cresce – affermo io, con Milanovic – non è perché r è maggiore di g, come sostiene Piketty, ma perché i capitalisti hanno una propensione marginale al risparmio maggiore.

Come ha argomentato Milanovic, mentre r > g (o anche r ≥ g) può anche essere tipico di molti modelli di crescita, la legge 3 è comunque una contraddizione del capitalismo per tre ragioni:

i) perché i rendimenti del capitali sono privati (marxiana “appropriazione del surplus”?);

ii) perché sono più disugualmente distribuiti (il Gini del reddito da capitale è maggiore del Gini del reddito da lavoro);

iii) e infine perché chi riceve redditi da capitali si trova in generale nella parte alta della piramide del reddito, più in alto di chi riceve redditi da lavoro

Le fondamentali “leggi del capitalismo” di Piketty

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Questa sì è una contraddizione del capitalismo! Se ricchi e poveri avessero le stesse quote di redditi da capitale e lavoro, la diseguaglianza esisterebbe ancora, ma r > g non comporterebbe un suo aumento.

Facciamo un esempio numerico... Un povero con un capitale di $100 e reddito da lavoro di $100 potrebbe guadagnare in un anno $5 dal capitale e $3 da lavoro; un ricco con $1000 di capitale e $1000 di reddito da lavoro guadagnerebbe, con gli stessi rendimenti, in un anno $50 dal capitale e $30 dal lavoro. Il rapporto tra i loro redditi non cambierebbe. Ma nel mondo reale, un capitalista con $2000 di reddito da capitale e niente dal lavoro ha un guadagno in un anno di $100, che va così ad incrementare il gap tra i redditi dei due individui.

Le fondamentali “leggi del capitalismo” di Piketty

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Se i rapporti tra K/L fossero gli stessi lungo tutta la distribuzione del reddito (cioè per tutte le “classi” di reddito), r > g non avrebbe nessun significato speciale (come dice Ray). Ma proprio perché K/L nella realtà capitalistica non è lo stesso lungo la distribuzione del reddito (e non lo è mai stato storicamente) ed è crescente , allora abbiamo diseguaglianza del reddito crescente dovuta a r > g.

Ray sostiene che questa condizione non è sufficiente per avere diseguaglianza crescente. Perché questa cresca è necessario che i capitalisti non spendano il loro reddito, cioè risparmino, investendolo (se non risparmiassero, peraltro, non vi sarebbe accumulazione di capitale!). Ma questo non è il mondo reale! Come fanno i capitalisti a non spendere nemmeno una parte del loro reddito?

Le fondamentali “leggi del capitalismo” di Piketty

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Nel mondo reale, i ricchi risparmiano più dei non ricchi (e quelli che ricevono gran parte del loro reddito dal capitale tendono ad essere i più ricchi). Il capitale si accumula sempre più e così...

In altre parole, Ray avrebbe ragione a criticare la legge 3 e le conclusioni di Piketty se i capitalisti spendessero tutto e non risparmiassero... ma questo non è il capitalismo così come lo conosciamo!

In conclusione: Piketty voleva convertire l'evidenza storica in “leggi fondamentali del capitalismo”. È allora vero che non vi sia riuscito, perché non sono leggi, ma appunto, solo evidenza, come affermano alcuni (e.g. Galbraith)?

Non so: parlare di leggi, ha un certo appeal, tanto più che gli economisti hanno chiamato leggi relazioni come quella sulla produttività marginale decrescente o quella tra consumo e reddito...

Le fondamentali “leggi del capitalismo” di Piketty

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Ancora sulla terza legge. Fintanto che r è maggiore di g, il rapporto tra ricchezza accumulata (lo stock di capitale K) e il reddito Y aumenta, e così aumenta la diseguaglianza (nella ricchezza e quindi nel reddito da capitale). Ciò può però avvenire a due condizioni:1) che r non diminuisca o diminuisca molto lentamente all'aumentare della ricchezza;2) che tutto il reddito ottenuto dalla ricchezza venga reinvestito.

Sulla prima condizione, Summers e Rognlie sostengono che ciò può accadere solo se l'elasticità di sostituzione tra capitale e lavoro è maggiore di 1 e quindi un'unità in più di capitale dia luogo a meno di un'unità di rendimento in più. Tuttavia, molti studi sembrano dire il contrario...

Anche la seconda condizione, poi, non è apparentemente così robusta...

Le fondamentali “leggi del capitalismo” di Piketty

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La ricchezza cresce perché i redditi da capitali vengono reinvestiti. E il rapporto tra ricchezza e reddito, secondo Piketty, tende al rapporto tra tasso di risparmio s e tasso di crescita g. Ma altri sostengono che maggiore è la ricchezza posseduta, minore il livello dei risparmi... (rendimenti decrescenti!)

Piketty sostiene inoltre che la ricchezza si accumula e tende a concentrarsi grazie all'ereditarietà. Molte sono state le critiche a questo proposito: “guardate la lista dei 400 americani più ricchi”, è stato detto (e.g. Bill Gates), “e vedrete quanti pochi di quelli che vi comparivano nel 1982 sono presenti nel 2012” [Piketty, però, ha studiato i dati francesi, non quelli americani, che dice di non avere]

Le fondamentali “leggi del capitalismo” di Piketty

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Abbiamo detto che non è la differenza tra r e g che dà luogo a diseguaglianza, ma è la diseguaglianza nel reddito (da capitale, soprattutto) che dà luogo alla differenza tra r e g.

Se per Piketty, una differenza (tra r e g) che diviene una regolarità statistica è per forza di cosa una legge, non ha importanza. Ciò che importa è che secondo Piketty questa differenza è all'origine della diseguaglianza crescente nel reddito (oltre che nella ricchezza).

La domanda può essere dunque: come far convergere r e g ? La tassazione (progressiva) è un modo... Piketty su questo è idealistico. Funzionò in Francia, ma non è detto che funzione altrove, ora [illustrare].

Anche questa soluzione ha sollevato molte critiche, come quella di Bill Gates che propone di tassare la spesa per consumo piuttosto che il capitale [ma Bill Gates si rende conto che una tassa sul consumo penalizzerà sempre chi ha meno da spendere?]

Perché la diseguaglianza aumenta - che fare?

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Come Warren Buffett ha notato, “sure there is class war, and it is my class, the rich, who are making it and we are winning.” Questa è una mancanza fondamentale nel libro di Piketty: il conflitto sociale tra capitale e lavoro.

Se la diseguaglianza dei redditi è aumentata, se la ricchezza è sempre più concentrata è perché il capitale è tornato ad esercitare il proprio dominio sul lavoro [guardare alle quote del reddito della distribuzione funzionale!]. Il lavoro, che aveva guadagnato potere crescente e quindi importanza in termini distributivi fino agli anni '70 è tornato a stare dalla parte perdente del conflitto.

Il più è capire perché questo è successo, quanto hanno pesato i meccanismi intrinsecamente “economici” e quanto quelli politici e legati alle relazioni di classe

Perché la diseguaglianza aumenta - che fare?

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La sequenza è nota: l'offensiva anti-keynesiana, Reagan e Thatcher, gli anni '80, il crollo del muro di Berlino e l'inizio del processo di globalizzazione, l'internet economy e la finanziarizzazione, la parcellizzazione della fabbrica e la precarizzazione del lavoro, tutti processi che hanno portato alla maggiore diseguaglianza.

Con la globalizzazione il capitale non ha più avuto il freno dei vincoli “nazionali”. Un capitale sovranazionale contro un lavoro nazionale ma con sempre minore potere “contrattuale” ha potuto riacquistare il dominio perduto (mettendo di fronte forze-lavoro nazionali in competizione sul mercato globale).

La politica è la chiave, il dominio (potere) e le relazioni di classe oltre l'economia. Non si può parlare di distribuzione del reddito senza parlare di relazioni di classe e del rapporto tra capitale e lavoro.

Perché la diseguaglianza aumenta - che fare?