Il problema del Sistema Soccorso nell Italia postunitaria ... · Il sistema mobilita e coordina la...
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Il problema del Sistema Soccorso nell’Italia postunitaria e giolittiana
Alessandro Mella
Quando delle calamità colpiscono il nostro paese (ad esse particolarmente esposto per
una moltitudine di ragioni) siamo abituati a vedere nei telegiornali la mobilitazione di
una complessa macchina del soccorso che ha il suo vertice nel Dipartimento di
Protezione Civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il sistema mobilita e
coordina la Croce Rossa, i Carabinieri, l’Esercito, i numerosi gruppi di
assistenza/soccorso e protezione civile nonché il Corpo Nazionale dei Vigili del
Fuoco. Proprio quest’ultimo ha sempre rappresentato il fulcro di un sistema nato in
forza di più provvedimenti tra il 1970 ed i primi anni 2000. Il problema del sistema
soccorso in Italia, tuttavia, ha radici assai più remote ed è stato sollevato
ripetutamente nei decenni. In questa sede non entreremo nel complesso dibattito del
secondo dopoguerra ma ci limiteremo ad evidenziare come questi temi abbiano radice
comune nella questione dell’unificazione dei servizi antincendi. Tormentata e lunga
vicenda che si aprì con forza tra la fine dell’ottocento e gli inizi del novecento e che
trovò una parziale soluzione solo negli anni a cavallo tra il 1935 ed il 1941 circa.
Scopo di questo breve studio è illustrare quale situazione permise al regime fascista
di portare a compimento un’opera oggetto, in verità, di quarant’anni di precedenti
sacrifici e tentativi fermandoci, in questa sede, all’anno 1928. Quello in cui, nella sua
casa di Cavour, si spense Giovanni Giolitti1. Ma andiamo con ordine. Il 17 marzo del
1861, a Torino, Vittorio Emanuele II assumeva il titolo di Re d’Italia segnando un
momento decisivo nel lungo percorso che il nostro paese stava seguendo per
realizzare il proprio sogno d’unità nazionale2. Lungo quella strada, difficile e irta
d’ostacoli, non era mancato il contributo d’ogni classe o categoria parte del tessuto
sociale del nascente stato e non erano quindi mancati i pompieri, i militari, i medici e
sanitari e tanti altri che, per lo più per iniziativa di vari singoli coraggiosi, erano stati
presenti tra i difensori della Repubblica Romana di Mazzini o, nel caso più celebre e
rappresentativo, all’indomani della presa di Roma nel 1870 quando ad issare il
tricolore sabaudo sulla torre del Campidoglio fu il pompiere Giovanni Baldieri,
patriota e cospiratore3. Ma in quel momento di vivacissima storia nazionale i
pompieri, come gran parte dei servizi pubblici e d’assistenza, non erano equamente
distribuiti nel paese. Al nord, e in minor misura al centro, corpi di pompieri di
modeste o importanti dimensioni erano presenti in numerose comunità per tutta una
serie di fattori che avevano favorito una discreta sensibilità nelle menti più brillanti e
sensibili dei paesi e delle città. Già verso la fine del XVIII sec. erano sorti alcuni
corpi di pompieri ma il grande impulso venne dopo il ventennio napoleonico quando
l’Italia si trovò in gran parte sotto il controllo diretto o indiretto della Francia. Alcune
regioni vennero, infatti, annesse all’Impero e altre andarono a costituire il Regno
1 A riguardo si veda: A. A. Mola, Giolitti lo statista della nuova Italia, Mondadori, Milano 2011.
2 A riguardo si veda: A. A. Mola, Storia della monarchia in Italia, Bompiani, Milano 2002.
3“Un vigile del fuoco issò 70 anni fa il tricolore sulla Torre Capitolina: Il 20 settembre 1870, un vigile del fuoco,
Giovanni Baldieri, patriota e cospiratore, issò il tricolore sulla Torre Capitolina. Mentre le truppe italiane forzavano
Porta Pia e Porta San Pancrazio, il Baldieri, alla testa di un piccolo gruppo di uomini, attaccava pochi soldati pontifici
che difendevano il Campidoglio e dopo averli dispersi raggiungeva con una scala la Torre Capitolina e vi issava il
tricolore” (Vigili del Fuoco, II, 10, giugno 1940 XVIII, p. 16).
d’Italia e il Regno di Napoli4. Durante l’amministrazione francese erano sorti, o erano
stati oggetto di importanti innovazioni e migliorie, alcuni tra i più importanti corpi
pompieri come Milano nel 1812, Firenze nel 1809, Roma nel 1810 e altri5. D’altra
parte lo stesso Napoleone aveva voluto sovraintendere personalmente alla
riorganizzazione dei pompieri parigini dopo la deludente opera prestata in occasione
del grave incendio che scoppiò in occasione del ricevimento organizzato per il suo
fidanzamento ufficiale con la principessa Maria Luisa d’Austria nel luglio 18106.
L’evento e i successivi sviluppi ebbero eco in tutta Europa creando un ondata
emotiva favorevole allo sviluppo anche della lotta agli incendi. Con la restaurazione
parte di quegli sforzi andò dispersa e parte venne invece conservata o fu oggetto di
interesse dei nuovi regni sorti o risorti dopo la parentesi francese. Al punto che come
Pio VII aveva, seppur con qualche resistenza iniziale, acconsentito affinché
l’organizzazione antincendi romana fosse assorbita dall’amministrazione pontificia.
In altre realtà, come nel Regno di Sardegna, il cammino proseguì. A Torino, città
flagellata svariate volte da feroci incendi fin dall’antichità, nel 1824 il Re Carlo
Felice istituì un moderno Corpo delle guardje a fuoco, nella sua capitale, con una
dedicata regia patente che ne organizzava e illustrava l’organizzazione e il
funzionamento7. Ulteriore impulso fu dato nel 1848 quando, per merito di Carlo
Alberto di Savoia, venne concesso lo Statuto Albertino che per un secolo fu la prima
carta costituzionale nazionale. Tra le conquiste del documento vi fu la possibilità di 4 A riguardo si veda: A. Mella, Viva l’Imperatore Viva l’Italia – Le origini del Risorgimento – Il sentimento italiano nel
ventennio napoleonico, Bastogi, Roma 2016.
5 A. Mella, Uniformi e distintivi dei vigili del fuoco 1900-1965.
6 Ibid.
7 M. Sforza, Pompieri. Cinque secoli di storia di un’antica istituzione, Torino 1992, p. 55.
istituire liberamente delle società di mutuo soccorso che in breve divennero terreno
fertile per i piccoli paesi poiché in seno a loro nacquero eterogenei gruppi di
assistenza e soccorso e un gran numero di corpi di pompieri che furono, de facto, i
progenitori dei molti distaccamenti volontari di vigili del fuoco tutt’oggi largamente
distribuiti nell’Italia settentrionale8. La situazione al sud non era purtroppo molto
incoraggiante. I servizi antincendi erano pochissimi e per lo più localizzati nei grandi
centri dove, per la presenza o i movimenti dei Borbone, o per la localizzazioni di
strutture particolari vi era qualche presidio alle volte lascito della scomparsa
amministrazione murattiana. Tanto che, guardando avanti un istante, ancora nel primi
anni del novecento al nord erano presenti 284 corpi di pompieri, al centro 90 e soli 55
nelle regioni del sud. Un disomogeneità impressionante che lascia chiaramente
intendere come, in caso di sinistro, nel mezzogiorno d’Italia fosse indispensabile
affidarsi alle singole iniziative e alla buona volontà dei più caritatevoli. Tutta questa
situazione risaltava intollerabile e incresciosa in primo luogo agli occhi degli ufficiali
e comandanti dei pompieri che, per sensibilità professionale e senz’altro etica,
potevano cogliere senza difficoltà le complicazioni che quello squilibrio poteva
causare senza contare la diversità di tenute, materiali, tecniche e formazione le quali
risultavano grandemente differenti come le origini dei vari corpi stessi. Fu in questo
clima e nella consapevolezza di queste barriere da superare che gli stessi iniziarono a
consultarsi e ad aprire intensi canali di confronto e dialogo capaci di avviare un lento
ma infaticabile processo desideroso di premiare gli sforzi profusi con una svolta che
8 A. Mella, a cura di, Guardie a Fuoco di San Maurizio C.se, 2006, p. 3.
conducesse al superamento di tutte le diversità e le limitazioni trovando il coraggio di
andare, nell’interesse comune, oltre ai campanilismi inevitabili e le resistenze di chi
temeva di veder dispersa la propria opera o la propria storia locale. Non va poi
sottovalutato il difficile clima dell’Italia della seconda metà del XIX secolo. Dopo la
proclamazione del regno, la morte improvvisa di Cavour impedì l’applicazione di
alcuni suoi progetti lungimiranti tesi a valorizzare le risorse locali per incoraggiare le
regioni unificate. L’on. Marco Minghetti, parlamentare bolognese, tentò vanamente
di far approvare un progetto concepito dal defunto statista orientato in quella
direzione ma l’opera fu vana e i governi dell’Italia da poco nata si limitarono ad
applicare il sistema politico e amministrativo dell’ex Regno di Sardegna alla
penisola. In questa situazione la capacità di dialogo e confronto tra i comandanti dei
vari corpi pompieri ebbe del miracoloso anche se ci vollero molti anni prima di
arrivare a un punto di partenza concreto.Tali furono le premesse per la nascita e la
costituzione della Federazione tecnica dei corpi pompieri d’Italia il cui ruolo, nel
cammino per la nazionalizzazione dei servizi antincendi, fu decisivo e di primissimo
piano. Furono proprio gli ultimissimi anni del ‘800 a vedere l’avvio di quel lungo e
non facile cammino con alcuni eventi chiave. Il primo passaggio fu purtroppo, e non
sarà il solo, infruttuoso sebbene rappresentasse un primo timido tentativo di sollevare
il dibattito nelle sedi istituzionali sul tema del soccorso tecnico urgente unificato nel
nostro paese. La prima iniziativa fu presa infatti nel 1885 dall’on. Enrico Pini che
propose un progetto di legge sul coordinamento nazionale dei pompieri9. Ma come
9 V. Andò, Terremoto calabro siculo del 28 Dicembre 1908 La nobile discendenza dei Vigili del Fuoco, Catania 2008,
p. 19.
spesso accade, in ambito parlamentare, la sua opera si perse tra le numerose proposte
e non ebbe seguito alcuno.
L’onorevole Enrico Pini, estensore del disegno di legge del 1885.
Nel 1897 iniziarono le pubblicazioni del periodico Coraggio e Previdenza che, quale
monitore dei pompieri italiani, fu uno dei primissimi mezzi di informazione con cui i
vigili del fuoco ebbero modo di diffondere le proprie notizie, tecniche, innovazioni
tecnologiche e nozionistiche e condividerle con i colleghi di tutta la penisola10
. La
pubblicazione avrà un ruolo molto importante nella storia dei servizi antincendi
italiani facendosi presto portavoce delle istanze della Federazione tecnica dei
pompieri. Fu il 31 maggio 1899 che, a Napoli, i comandanti dei più importanti corpi
dei pompieri della nazione si incontrarono per elaborare una bozza di statuto per il
sodalizio da costituirsi e di cui vale la pena citare un passo già noto:
“E’ fondata sotto il titolo di: federazione italiana di pompieri, un associazione avente per
scopo: Di creare un legame fra i diversi corpi di pompieri comunali, della Regia Marina e di
10
N. Colangelo, Oltre il fuoco, Mantova 1991, p. 88.
quelli ufficialmente riconosciuti, rispettando la loro autonomia, disciplina e modo di
arruolamento ed ogni questione d’indole locale; di studiare e favorire tutto quanto è inerente
all’organizzazione dei corpi dei pompieri, al perfezionamento dei loro servizi ed in generale
agli interessi dei corpi stessi”11
.
A distanza di pochi mesi, nel settembre di quello stesso anno, essi si ritrovarono al V
Congresso dei pompieri italiani a Milano12
e in quell’occasione fu ufficialmente
costituita la Federazione tecnica dei corpi pompieri d’Italia che proprio in quella sede
scelse ufficialmente il già citato Coraggio e Previdenza come proprio periodico
informativo13
.Il consiglio direttivo della federazione, approvato martedì 12 settembre
1899, era composto da: presidente ing. Gustavo Friozzi comandante dei pompieri di
Napoli14
, vice presidente ing. Alberto Goldoni comandante dei pompieri di Milano15
,
vice presidente ing. Giuseppe Ballarini comandante dei pompieri di Bologna,
segretario ing. Achille Mollo ufficiale dei pompieri di Milano, economo ing. Gustavo
Collaro ufficiale dei pompieri di Napoli. Il gruppo dei restanti consiglieri si
11
V. Andò, L’attività del 51° Corpo Vigili del Fuoco durante i bombardamenti sulle Città di Messina, S. Agata di
Militello, Milazzo, Giardini e Taormina. Storia ed organizzazione del Corpo dei Pompieri di Messina dal 1909, 2007,
p. 293. 12
“Ci telefonano da Milano, 12, ore 16,10: Questa mattina, nel ridotto del teatro Scala, sotto la presidenza del prefetto
conte Monicchi, si è solennemente inaugurato il V Congresso dei pompieri italiani. Intervennero il commissario regio,
cav. Magglotti, le rappresentanze di tutte le autorità cittadine e numerosi congressisti. Noto tra i presenti i comandanti
dei pompieri di Torino, Firenze, Napoli, Palermo, Bologna, Arezzo, Roma, Venezia, Udine, ecc. Il cav. Goldoni,
comandante i pompieri di Milano, fu eletto presidente del congresso. Furono pronunciati discorsi da Goldoni, Magglotti
e dal prefetto Municchi. Si chiuse la seduta inaugurale con un evviva al Re ripetuto entusiasticamente da tutti i presenti.
Il congresso iniziò nel pomeriggio i lavori. Domani si inaugurerà la mostra degli oggetti relativi al servizio dei
pompieri” (La Stampa, 254, 13 settembre 1899, p. 2). 13
V. Andò, L’attività del 51° Corpo Vigili del Fuoco durante i bombardamenti sulle Città di Messina, S. Agata di
Militello, Milazzo, Giardini e Taormina. Storia ed organizzazione del Corpo dei Pompieri di Messina dal 1909, 2007,
p. 293. 14
Tra le varie notizie biografiche note, è di particolare rilievo quella relativa alla concessione dell’Ordine della Corona
d’Italia, cavaliere ufficiale, in occasione dei soccorsi prestati a Palermo nel nubifragio dell’agosto 1900 (V. Andò,
L’attività del 51° Corpo Vigili del Fuoco durante i bombardamenti sulle Città di Messina, S. Agata di Militello,
Milazzo, Giardini e Taormina. Storia ed organizzazione del Corpo dei Pompieri di Messina dal 1909, 2007, pp. 293-
294). 15
Goldoni fu, tra l’altro, valoroso volontario al seguito di Garibaldi nella campagna d’indipendenza del 1866. Divenne
presidente della Federazione Tecnica dei Corpi Pompieri nel 1902. Già commendatore dell’Ordine della Corona d’Italia
fu più volte decorato al valore civile.
componeva di: ing. Luigi Spezia comandante dei pompieri di Torino16
, ing. Vincenzo
Livi comandante dei pompieri di Prato, ing. Pietro Matteucci comandante dei
pompieri di Ferrara, ing. Alessandro Papini comandante dei pompieri di Firenze, ing.
Rodolfo Moreno comandante dei pompieri di Palermo e l’ing. Giuseppe Fucci
comandante dei pompieri di Roma. Finalmente si era dato inizio a un percorso
comune che potesse giovare al sistema soccorso e guardasse a una crescita omogenea
tale da permettere il superamento di ogni disparità. La fine del XIX secolo fu,
dunque, il primo periodo in cui qualcosa iniziò realmente a muoversi. Il secolo che lo
seguì fu invece quello, oltre che di grandi e celebri tragedie, dei grandi entusiasmi. La
nascita delle federazione aveva infatti smosso animi e coscienze e creato le premesse
per le più eterogenee e disparate iniziative a ogni livello. Mentre la stessa federazione
intraprese una lunga serie di azioni volte a sensibilizzare le istituzione centrali, e in
particolare le aule parlamentari, per tentare di legiferare in materia al fine di produrre
utili e costruttivi provvedimenti, parallelamente i vari corpi di pompieri, spesso con la
partecipazione e la benevolenza del sodalizio, tentarono di limitare le diversità che li
caratterizzavano attraverso un confronto diretto. Se i comandanti si incontravano tra
loro per studiare le iniziative e le istanze da portate a Roma, i vigili del fuoco presero
a incontrarsi per conoscersi meglio, scambiarsi tecniche e nozioni e soprattutto
misurare qualità e difetti delle loro organizzazioni in modo sportivo e competitivo17
.
Nacquero così i celebri concorsi pompieristici che, prima di ogni altra cosa, crearono
16
L’ing. Spezia fu, tra le molte cose, un appassionato fotografo. Diversi suoi scatti di mezzi e attrezzature sono tutt’ora
conservati nell’Archivio Storico dei vigili del fuoco di Torino (M. Sforza, Pompieri. Cinque secoli di storia di
un’antica istituzione, Torino 1992, pp. 85, 88-98). 17
A. Mella, Uniformi e distintivi dei vigili del fuoco 1900-1965, p. 43.
i legami umani tra i colleghi di ogni angolo del paese. A livello provinciale,
regionale, nazionale e talvolta anche internazionale, i diversi corpi pompieri
(compresi quelli aziendali e militari) si incontravano misurandosi e cimentandosi in
simulazioni d’incendio, gare ginniche e professionali, seminari sulle tecniche e
attrezzature e via discorrendo. A tali eventi partecipavano spesso le imprese
produttrici di automezzi e materiali per presentare i propri prodotti come nelle grandi
fiere ed esposizioni tutt’ora in voga. Essi ebbero, inoltre, un ulteriore merito. Spesso,
infatti, vi partecipavano anche squadre militari e soprattutto personale della Croce
Rossa Italiana, della Misericordia, della Croce Verde e di altri sodalizi dediti ad
attività di soccorso e pubblica assistenza18
. Tali partecipazioni permisero di
sviluppare quelle sinergie di cui il sistema soccorso aveva un grande bisogno. Nuove
iniziative politiche vennero all’inizio del XX secolo quando un gran numero di
importanti e disastrosi sinistri scossero notevolmente l’opinione pubblica nazionale
permettendo senz’altro ai portavoce della federazione tecnica di fare pressione sui
propri interlocutori del Senato del Regno e della Camera dei Deputati. Pressione,
occorre aggiungere, scevra da interessi particolari ma necessaria quanto mai a far
comprendere l’importanza del tema che, purtroppo, si trascinerà per tre decenni prima
di trovare concreta risoluzione dopo anni di iniziative senza esito a causa, è possibile,
anche dalle deviate attenzioni nel corso della grande guerra e della crisi che investì lo
stato liberale dopo la fine delle ostilità. Nel 1902 un terribile incendio si sviluppò tra
le case di Cosenza che, non disponendo di un adeguato servizio antincendi, dovette
18
La collaborazione tra pompieri e croce rossa fu sperimentata anche a Napoli agli inizi del ‘900. Dopo le esperienze
dei terremoti del 1908 e 1915, anche la Croce Rossa Italiana evidenziò la necessità di procedere alla creazione di
migliori coordinamenti in caso di calamità.
attendere l’arrivo dei pompieri della Regia Marina da Taranto il cui intervento fermò
il rogo impedendone l’ulteriore propagazione. Ma ormai questi aveva prodotto
enormi danni tra gli edifici. Seguì Crotone dove, nello stesso anno, le fiamme
distrussero la biblioteca comunale con altri enormi danni al patrimonio culturale della
città19
. A Napoli nel giugno del 1903 un terribile incendiò colpì il banco di pietà e
quando la scala Porta si spezzò con essa si spezzò anche la vita del pompiere
Martinelli20
. A Torino il 26 gennaio 1904 un terribile incendio s’accanì sulla
Biblioteca Nazionale con danni incredibili poiché finirono inceneriti diecimila volumi
sui trecentoventimila ivi conservati. Alcuni manoscritti medievali andarono per
sempre e irrimediabilmente perduti malgrado la coraggiosa e ardimentosa opera dei
pompieri torinesi e dei Reali Carabinieri che, nel limite delle loro umane possibilità,
fecero di tutto per salvare il salvabile21
.
Tavola de “L’Illustrazione Italiana” del 7 febbraio 1904. La visita del Duca di Genova e del Ministro Orlando alla
Biblioteca Nazionale di Torino.
19
N. Colangelo, Oltre il fuoco, Mantova 1991, p. 92. 20
Ibid. , p. 85. 21
M. Sforza, Pompieri. Cinque secoli di storia di un’antica istituzione, Torino 1992, p. 103; N. Colangelo, Oltre il
fuoco, Mantova 1991, p.92.
A Palermo nel maggio del 1907 un esplosione, cui altre seguirono, in via Lattarini,
causò roghi e vittime e l’intervento dei pompieri palermitani, tra il rischio di crolli e
ulteriori scoppi, durò più giorni in condizioni decisamente proibitive in perenne
pericolo di vita. Tale fu l’impegno che alla bandiera del corpo22
e al comandante ing.
Caramanna23
, il Re Vittorio Emanuele III concesse la medaglia d’oro al valore
civile24
. Ma la prova più impegnativa e difficoltosa avvenne l’anno successivo
quando, il 28 dicembre 1908, un terribile terremoto cui seguì un maremoto
distrussero le città di Messina e Reggio Calabria e i centri abitanti circostanti. Fu un
disastro inimmaginabile con crolli, incendi e purtroppo migliaia di vittime. Uno degli
eventi sismici più devastanti nella storia del nostro paese. Ci vollero giorni prima che
la situazione fosse chiara. Ma i corpi di pompieri, i comitati della Croce Rossa, i
reparti dei Carabinieri e molte associazioni di tutta Italia si organizzarono per recarsi
in Sicilia e Calabria al solo scopo di tentare di salvare le vite umane ancora
imprigionate nelle macerie e nelle lamiere e travi deformi. Fu la prima grande
mobilitazione nazionale di soccorso cui parteciparono anche il Re Vittorio Emanuele
e la Regina Elena di Savoia cui i messinesi edificarono anni dopo, nel 1960, un
22
“Dal 19 al 23 dicembre 1907 in Palermo, in occasione dell’immane disastro prodotto dallo scoppio del deposito di
esplodenti in Via Lattarini, accorreva numeroso e con mirabile prontezza, nonostante il gravissimo pericolo derivante
dalla rovina di fabbricati mezzo diroccati e dal continuo scoppio di materie esplosive, riuscendo con vero eroismo a
salvare numerosi infelici sepolti e feriti tra la macerie” (Vigili del Fuoco, I, 1, gennaio 1939, p. 2). 23
“In occasione del terribile scoppio di un deposito di esplodenti in Via Lattarini, dirigeva con infaticabile e ammirevole
energia, accuratezza e abilità il difficile e pericolosissimo lavoro di salvataggio di numerosi infelici rimasti sepolti sotto
le macerie, esponendo con coraggio la propria vita a grave cimento” (Vigili del Fuoco, I,1, gennaio 1939, p. 2). 24
N. Colangelo, Oltre il fuoco, Mantova 1991, p. 118.
monumento per ricordarne la commovente e materna opera in seno alla Croce Rossa
Italiana25
.
Il Re Vittorio Emanuele III durante i soccorsi a Messina nel 1908.
Con mezzi di fortuna, e appoggiandosi alle linee ferroviarie fin dove esse non erano
state compromesse dalla scossa, i soccorritori anche dei piccoli paesi portarono le
loro mani operose e generose tra il disastro generale che si parò di fronte ai loro
occhi26
. Fu però evidente che, malgrado gli sforzi delle istituzioni, non esisteva un
centro sufficientemente capace di coordinare quegli sforzi, di indirizzarli, di dar loro
un ordine efficace e funzionale fin dai primi istanti.
25
Il Re Vittorio Emanuele III e la Regina Elena, dopo l’infausto esilio pluridecennale, sono stati traslati con i dovuti
onore nel Santuario di Vicoforte (CN) nel dicembre 2017. In occasione del terremoto del 1908 i sovrani furono tra i
primi soccorritori ad accorrere, memori dell’esempio di Umberto I che raggiunse Napoli per portare conforto al tempo
dell’epidemia di colera guadagnandosi il soprannome ben meritato di “Re buono”. 26
Ibid. , p. 117.
Presidio di soccorso della Croce Rossa Italiana al terremoto del 1908.
Lo stato non fu assente ma certo si sentì fortemente l’assenza di un autorità che,
senza perdite di tempo e nell’immediato, potesse prendere in mano la gestione dei
soccorsi per non disperdere l’impegno e la forza dei vigili del fuoco, dei militi della
Croce Rossa27
del Sovrano Militare Ordine di Malta e delle altre organizzazioni
similari, degli uomini e degli ufficiali del Regio Esercito Italiano, della Regia Marina,
dei Reali Carabinieri e via discorrendo senza escludere i soccorsi provenienti
dall’estero28
.
27
Il tema della partecipazione della Croce rossa italiana è ampliamente trattato da Marcello G. Novello nel saggio
“L'opera della Croce Rossa Italiana nel sisma calabro-siculo del 28 dicembre 1908” pubblicato in corpo a “Storia della
Croce Rossa Italiana dalla nascita al 1914 – Volume I – Saggi” a cura di Paolo Vanni e Costantino Cipolla, Febbraio
2013, Franco Angeli Editore, pp. 683-720.
28 Tra i più noti figurano quelli portati dai marinai dell’impero russo che, tra i primi, soccorsero la popolazione. Nel
2006 il comune di Messina ha dedicato una via ai generosi marinai zaristi. Sono da smentire categoricamente le
fantasiose ricostruzioni di taluni revisionisti secondo le quali i soccorritori italiani fucilarono sommariamente i
sopravvissuti per compiere atti di sciacallaggio. Ricostruzioni tanto assurde da sostenere la consuetudine dei soldati
italiani (spesso indicati come “piemontesi”) di compiere ruberie ai danni delle vittime. Vili menzogne sparse in rete da
sedicenti scribacchini di simpatie neoborboniche. La gara di soccorso e solidarietà fu, anzi, nazionale e unì gli italiani
come rare volte prima d’allora.
Bersaglieri e fanti del Regio Esercito Italiano, ritratti da Luca Comerio, durante la ricerca di vittime tra la macerie del
terremoto del 1908.
Tuttavia, prodigiosa fu l’opera del governo di Giovanni Giolitti per affrontare la
situazione con i mezzi istituzionali possibili. Al sisma del 1908 seguì, dopo pochi
anni, quello non meno terribile che colpì l’Abruzzo sconvolgendo la Marsica nel
gennaio 191529
. Anche qui le vittime furono migliaia e i soccorsi difficili in
condizioni rese ancora più complesse dalla stagione invernale inoltrata. Tutti questi
sinistri più o meno gravi e distruttivi lasciarono il segno e fu proprio in quel momento
che si mossero nuove proposte, in ambito parlamentare e politico, che nuovamente
subirono un arresto con l’ingresso dell’Italia nel primo conflitto mondiale30
. Fu
proprio nel 1906 che la Federazione dei pompieri, attraverso la voce autorevole del
29
Un operaio di Avezzano rilasciò questa sconvolgente testimonianza al quotidiano Il Mattino del 14 gennaio 1915:
"Non mi resi subito conto di ciò che era avvenuto; ritenni dapprima che si trattasse del crollo improvviso dello stesso
stabilimento dove ero occupato: catastrofe forse avvenuta per lo scoppio di qualche macchina. Non potevo immaginare
quale orribile immane catastrofe si fosse abbattuta sulla ridente Avezzano, così tranquilla e piena di vita. La gamba
sinistra mi doleva abbastanza, ma ciò non mi impedì di trascinarmi fino all'aperto. Ma appena fuori, le mie orecchie
furono straziate da mille lamenti. Guardai Avezzano e credetti ancora di essere vittima di un orrendo sogno: il castello,
gli stabilimenti dagli alti fumaioli, la chiesa dell'artistico ed agile campanile, tutto era scomparso.
Avezzano era scomparsa ed al suo posto non si scorgevano che pochi muri". 30
Il Regno d’Italia, dopo un periodo iniziale di neutralità, in seguito agli accordi segreti siglati a Londra dal ministro
degli esteri Sidney Sonnino, entrò in guerra contro gli imperi centrali il 24 maggio 1915.
comandante, e neo presidente della stessa, commendator Goldoni, lanciò un prima
serie di appelli in occasione del Congresso internazionale dei pompieri a Milano31
.
Goldoni fece ovviamente gli onori di casa e nel corso dei suo interventi di apertura e
chiusura dei lavori si espresse più volte in modo molto chiaro relativamente ai temi
cari al sodalizio pur lamentando una certa povertà di contenuti nell’evento,il cui
dibattito avrebbe voluto orientato in modo più esplicito verso gli aspetti organizzativi
del servizio antincendi e meno verso la prevenzione dal punto di vista strettamente
tecnico32
.
Il comandante commendator Alberto Goldoni di Milano.
31
“Il congresso dei pompieri di Milano: Ci telefonano da Milano, 28, ore 20: Stamani vi fu nel salone della Permanente
l’inaugurazione del Congresso internazionale dei pompieri. L’ampia sala era piena di congressisti nelle variate divise
dei rispettivi paesi, di invitati e di signore. Il conte di Torino giunse alle 09,40 accolto dalla marcia reale (…). Ronchetti
prese la parola salutando le legioni dei soldati del fuoco da ogni parte pervenute esaltandone l’opera generosa e
benefica. Passò rapidamente in rassegna la tradizione legislativa italiana in materia di incendi, ed augurò che a essa si
ispirino le deliberazioni del congresso odierno (…)” (La Stampa, 147, 29 maggio 1906, p. 3). 32
A riguardo il Goldoni dice nel suo intervento conclusivo: “Poiché è vero che è oramai radicata la convinzione che i
congressi spesso si risolvano in una vuota accademia, e sono un ottimo pretesto per un geniale convegno di amici, ma
non è meno esatto che nel campo pompieristico si ha bisogno assai di organizzarsi, d’intendersi, di agire, di dare un
indirizzo vigoroso e decisivo al lavoro legislativo di previdenza, che per ora è ancora un mito. Soprattutto sarebbe stato
indispensabile che dall’autorità di un congresso internazionale fosse sorta alta e decisa l’affermazione di un indirizzo
nuovo nel campo pompieristico, sia come organizzazione del soccorso, sia come preparazione ed attitudine tecnica e
scientifica dei capi, sia come legislazione di previdenza” (Coraggio e Previdenza, IX, 10-11-12, maggio giugno 1906, p.
161).
La presenza di delegazioni provenienti da nazioni estere33
fu comunque molto utile
per permettere un appello; umile, signorile, astuto ma comunque fermo e deciso;
partendo dalla denunzia chiara e senza reticenze della fragilità o meglio della “de
facto” assenza dell’organizzazione dei pompieri e del soccorso nel nostro paese34
. In
modo molto chiaro fornì una panoramica dell’eterogeneo mondo del soccorso italiano
senza nascondere le numerose limitazioni e deficienze dello stesso e parallelamente
lanciando, all’indirizzo dell’autorità politica, un preciso e chiaro rimprovero
riferendosi, probabilmente, anche ai disastrosi sinistri di cui abbiamo dato poc’anzi
notizia e agli impegni precedentemente assunti e non mantenuti3536
.I risultati non
furono immediati e ci volle del tempo prima che, grazie all’opera preziosa di
personaggi straordinari come l’on. avv. Scipione Ronchetti37
, l’on. avv. Enrico Pini38
,
33
“Le rappresentanze francesi e inglesi al congresso dei pompieri: Ci telefonano da Parigi, 26, ore 19,50: Grebeauval,
Mithuard e Mamard consiglieri municipali, il colonnello Voulquin, il comandante del reggimento dei pompieri di Parigi
ed il comandante Cordier sono partiti oggi per Milano ove vanno a rappresentare Parigi al Congresso internazionale
contro l’incendio. – Ci telefonano da Londra, 26, ore 19.45: Stamani un distaccamento di pompieri volontari di diverse
città d’Inghilterra è partito per Milano per partecipare alle manovre dei pompieri all’esposizione di Milano” (La
Stampa, 145, 27 maggio 1906, p. 2). 34
Lo stesso Comandante sosteneva nella relazione d’apertura: “Destinato ad iniziare i nostri lavori, era giusto che
brevemente intrattenessi la vostra cortese attenzione con alcuni cenni sull’organizzazione del servizio di prevenzione e
spegnimento d’incendi in Italia; ma debbo subito confessare che mi vi arresi come ad un dovere; poiché, purtroppo,
mentre avrei voluto poter con orgoglio mostrarvi la mia cara patria primeggiare colle più civili nazioni del mondo,
facendolo, non sarei nel vero. Amicusplato, sedmagis amica veritas!” (Coraggio e Previdenza, IX, 10-11-12, maggio
giugno 1906, p. 162). 35
Egli infatti scrive chiaramente: “Ma ahimè, il patrio governo non si desta dall’alto sonno che al clamore delle
irreparabili e storiche disavventure, con circolari anodine, delle quali non cura l’applicazione severa e sulle quali
transige passato il fervore delle pubbliche vociferazioni” (Coraggio e Previdenza, IX, 10-12, maggio giugno 1906, p.
167). 36
L’ing. Donzelli sostenne, nel 1915, che il governo avesse assunto l’impegno di presentare una proposta di legge
diversi anni prima e precisamente il 20 gennaio 1901 per voce dell’on. Ronchetti (Coraggio e Previdenza, XVIII, 1-2,
gennaio 1915, p. 2).
Altra fonte riporta invece di un interrogazione parlamentare presentata dall’on. Pini a cui, l’on. Ronchetti, per conto del
governo, rispondeva, tra l’altro, il 20 dicembre 1901: “Posso assicurare l’on. Pini che il governo occupa e si preoccupa
del servizio dei pompieri: o con un disegno di legge speciale o nell’occasione che proporremo con alcune modificazioni
alla legge comunale vigente, il governo intende di colmare la lacuna che esiste nei modi coi quali i comuni debbano
provvedere allo spegnimento degli incendi” (Coraggio e Previdenza, XVI, 9-10, maggio 1913, p. 61). Il fatto che il
dibattito si svolga in due periodi separati da vari mesi è dovuto probabilmente alle dimissioni del governo Saracco cui
seguì, quindi, il governo Zanardelli. Una nuova perdita di tempo che rese necessario risollevare il problema. 37
L’on. Ronchetti (1846-1918) era, tra l’altro, presidente d’onore della stessa federazione. 38
Enrico Pini (1851 – 1928) lasciò la Camera dei deputati nel 1913 dopo la nomina regia a Senatore del Regno.
commendatore dei Santi Maurizio Lazzaro e Grand’Ufficiale della Corona d’Italia.
l’on. don Prospero Colonna39
e altri parlamentari, si muovesse qualcosa di concreto
con un primo sviluppo che, per quanto apparentemente modesto, forniva alla
Federazione tecnica dei pompieri, un primo formale riconoscimento da parte del
governo nazionale in quel momento guidato da Sidney Sonnino.
L’on. Scipione Ronchetti.
Ne diede notizia il bollettino della già citata federazione nel 1910 annunziando un
evento di epocale importanza, una svolta che, secondo la presidenza, sollevava il
sodalizio dalle sedicenti accuse d’inerzia ed improduttività40
. Si trattava del primo
coinvolgimento diretto dei suo membri in una commissione parlamentare. La stessa
fu nominata con il Regio Decreto del 16 ottobre 1910 avente il compito di ampliare le
competenze e i componenti di una commissione già nominata a gennaio. La
precedente, infatti, aveva tale compito:
“Proporre delle norme dirette a disciplinare la lavorazione, il deposito ed il commercio delle
sostanze infiammabili, di esaminare la convenienza di dare norme generali sulla prevenzione
39
Don Prospero Colonna Principe di Sonnino (1858 – 1937) era, allora, Senatore del Regno. Fu anche, per due volte,
sindaco di Roma. 40
BUFTICP, (VI) 10, ottobre 1910, p. 73.
e sullo spegnimento degli incendi, nonché di studiare quegli altri argomenti che più si
connettono alla materia”41
. Alla nuova furono aggiunte le seguenti mansioni: “Studiare se ed
in quali limiti sia ammissibile l’obbligatorietà da parte dei Comuni, del servizio di soccorso,
prevenzione e spegnimento degli incendi; di avvisare con quali mezzi finanziari sia da
provvedersi alle relative spese; nonché di esaminare la convenienza ed i modi di
organizzazione dei Consorzi Comunali per i servizi suddetti”42
.
Dato il corposo lavoro e la delicata e complessa documentazione da produrre fu
deciso di ampliare la commissione come segue:
“Il presidente della commissione consultiva sulle sostanzi esplodenti quale presidente, l’on.
avv. Scipione Ronchetti quale vice presidente, l’on. don Prospero Colonna, l’on. avv. Enrico
Pini, l’on. Rodolfo Molina43
, l’on. avv. Luigi Capaldo, Il direttore capo della Divisione dei
Comuni presso il Ministero dell’Interno, un direttore capo di divisione addetto alla
Direzione Generale della Pubblica Sicurezza presso il Ministero dell’Interno, un delegato
del Ministero di Agricoltura – industria e commercio, un delegato del Ministero delle
Finanze, un delegato del Ministero della Guerra, un delegato del Ministero della Marina, il
comandante dei vigili di Roma, il presidente della Federazione Tecnica Italiana dei Pompieri
e l’ing. Ugo Cattaneo capo divisione all’Istituto Sperimentale delle Ferrovie dello Stato”44
.
Il gruppo non tardò a riunirsi e avviare i suoi lavori fino a creare le condizioni per
ottenere una prima e concreta proposta di legge finalizzata che verrà, come vedremo,
41
BUFFTICP, (VI) 10, ottobre 1910, p. 73. 42
BUFFTICP, (VI) 10, ottobre 1910, p. 73. 43
Rodolfo Molina (1856-1935) fu parlamentare particolarmente sensibile alla questione dell’organizzazione dei corpi
dei pompieri. 44
BUFFTICP, (VI) 10, ottobre 1910, p. 74.
portata direttamente all’attenzione del successivo presidente del consiglio dei ministri
on. Giovanni Giolitti unitamente a un accurata e corposa Relazione sullo stato del
servizio pubblico per l’estinzione degli incendi in Italia45
. Tuttavia il progetto subirà
non poche traversie diventando oggetto di una lunga serie di sollecitazioni e
affossamenti che si protrassero negli anni a venire al punto che nel 1915, alla vigilia
della partecipazione italiana alla grande guerra, la questione era tutt’altro che risolta
e anzi la polemica era stata maggiormente vivacizzata dal già citato sisma abruzzese
di quell’anno che, come vedremo, offrì non pochi spunti di discussione a chi lottava
contro i perenni rallentamenti e la poca solerzia del mondo politico le cui attenzioni
erano sempre più rivolte al clima di tensione che stava per portare l’Europa sulla
soglia d’un abisso tra le trincee d’una lunga e logorante guerra di posizione.
Giovanni Giolitti ritratto accanto al Re Vittorio Emanuele III. Si riconoscono anche, sulla sinistra, l’ammiraglio Paolo
Thaon di Revel ed il maresciallo Armando Diaz.
45
Si trattava di un vero e proprio tomo diviso in due parti come spiega e illustra il Goldoni: “La prima parte riguarda lo
stato del servizio pompieristico in Italia al momento dell’inchiesta ministeriale (gennaio 1911). (…) La seconda parte
del volume comprende una relazione sinottica sulle organizzazioni pompieristiche degli stati più civili dell’America,
dell’Asia, dell’Africa e dell’Europa”: (Coraggio e Previdenza, XVI, 9-10, maggio 1913, p. 64).
La commissione si riunì una prima volta già a dicembre per poter impostare il lavoro
e pianificare le fasi dello stesso. Fu una fortuna che, per la parte relativa alle norme
sulle sostanze infiammabili, l’ing. Cattaneo si fosse presentato con quanto prodotto
dalla commissione precedente. Una mole ordinata e precisa di dati tale da permettere
la stesura, in tempi assai celeri, delle norme da discutere e approvare su quel delicato
tema46
. La seconda parte delle mansioni affidate al gruppo era decisamente più
complessa e impegnativa. Fu necessario, infatti, richiedere tramite ambasciate e
prefetture i dati necessari in patria e all’estero. Ci vollero svariati mesi per poter
raccogliere il tutto e solo alla fine del 1911 la commissione terminò di raccogliere le
relazioni dall’estero e i dati trasmessi dalle 8262 amministrazioni comunali del
territorio nazionale. Appena in tempo poiché il governo italiano si era intanto
impegnato nella guerra per la sovranità sulla Tripolitania e sulla Cirenaica. La
celeberrima guerra italo-turca del 1911 e 1912.
La massa degli incartamenti era però notevole e i membri della commissione, essendo
residenti in varie città d’Italia ed essendo i collegamenti di allora assai diversi da
quelli d’oggi, compresero di non poterli analizzare e ottennero dal governo di
delegare a questo compito la Federazione Tecnica dei Pompieri Italiani.
Fortunatamente l’istanza fu accolta al punto che fu nominata e convocata una nuova
commissione presieduta dal presidente onorario della stessa federazione, on.
Ronchetti, la quale si mise subito all’opera per vagliare i dati e le statistiche inviate
dai comuni italiani e per analizzare le notizie (sui servizi antincendi e di soccorso
46
BUFFTICP, (IX) 5, maggio 1913, p. 33.
esteri) pervenute dalle ambasciate47
. L’intesa e impegnativa attività permise di
stendere, finalmente, il progetto di legge di cui abbiamo fatto cenno precedentemente.
Fu dopo la riunione del consiglio direttivo del sodalizio che, tramite il Ronchetti, si
ottenne il famoso colloquio con l’on. Giovanni Giolitti48
che garantì il proprio
impegno, appena i gravosi impegni del suo ruolo l’avessero permesso, per dare
seguito al progetto e presentarlo al parlamento49
. Esso era quanto mai lungimirante e
concreto prevedendo non solo gli obblighi delle amministrazioni ma anche come
incamerare e gestire le risorse finanziare per il mantenimento del servizio. In primo
luogo era previsto che tutti i comuni italiani dovessero provvedere alla sia in forma
autonoma che in eventuali consorzi. Il soccorso era espletato da corpi di pompieri che
si sarebbero dovuti costituire, per forza di legge, nei comuni che avessero avuto sul
proprio territorio più di 30.000 abitanti. Nei comuni minori era lasciata la possibilità
di costituire gruppi a servizio volontario addestrati e formati. Un apposito capitolo fu
costituito, nel bilancio d’entrata dello stato, per il mantenimento del servizio
antincendi ed esso si alimentava con: un contributo annuale a carico delle società che
stipulavano polizze di tutela contro gli incendi, da eventuali concorsi volontari o
47
BUFFTICP, (IX) 5, maggio 1913, pp. 33 – 34. 48
Dal Corriere della Sera del 12 maggio u.s. : “L’On Giolitti ha ricevuta una commissione della Federazione tra i
pompieri, composta dal presidente comm. Goldoni, dal vicepresidente ing. Baldini e dai consiglieri cav. Carara, ing.
Aretini, ing. Gaspari, ing. Fucci e San Giorgi (…). Scopo della visita era quello di raccomandare all’on. Giolitti la
presentazione della legge sull’obbligatorietà del servizio dei pompieri. (…) L’on. Giolitti promise di interessarsi della
questione non appena i lavori della camera glielo permetteranno, e discusse con i presenti le linee di massima della
legge, esprimendo qualche dubbio sull’opportunità e sulla praticità dei consorzi, e prospettando qualche controproposta
che si riservò in ogni modo di studiare ed eventualmente discutere col presidente onorario della federazione on.
Ronchetti, che aveva presentato la commissione” (Coraggio e Previdenza, XVI, 9-10, maggio 1913, p. 68). 49
C’era molta fiducia nell’esito di quell’incontro. Scrisse, infatti, L. Buonomo: “Ma abbiamo fiducia nell’uomo illustre
che è a capo del governo, il quale, accoppiando al senno di grande statista una chiara visione dei problemi politici e
sociali, saprà come ha promesso, rendere un altro e così importante servizio alla nazione, legando il nome alla legge che
darà assetto all’umanitaria istituzione. E la memore riconoscenza del popolo italiano verso di lui non si dileguerà,
mentre l’Italia avrà un organamento che in Germania, in Francia e sino alla piccola Svizzera è già un fatto compiuto”
(Coraggio e Previdenza, XVI, 9-10, maggio 1913, p. 62).
d’enti pubblici e privati e dai proventi delle contravvenzioni previste da diverse
norme di settore. Tale fondo avrebbe dovuto servire a reintegrare i mezzi necessari
per il funzionamento del servizio pompieristico nei comuni necessitanti, a creare e
mantenere il funzionamento di apposite scuole pompieristiche nonché a concedere
eventuali premi di incoraggiamento50
. La gestione di tali quote era demandata a una
commissione di nove membri costituita presso il Ministero dell’Interno con decreto
reale. A ciò si aggiungevano anche articoli dedicati alla previdenza estendo al
personale permanente e avventizio i benefici previsti dal testo unico sugli infortuni
sul lavoro previsti dal Regio Decreto 31 gennaio 1904 n. 51 allora vigente. In ogni
caso era previsto anche l’obbligo per le amministrazioni comunali di assicurare il
personale contro gli infortuni qualora non si fosse diversamente provveduto.
Si trattava di uno schema snello e agilissimo. Anche perché la Croce Rossa, il Regio
Esercito, i Carabinieri e così via, godevano già di organizzazioni nazionali efficienti e
capillarmente distribuite sul territorio nazionale. Per cui la reale priorità del Regno
d’Italia era inquadrare in modo chiaro ed omogeneo proprio i corpi dei pompieri.
Vero perno di qualunque sistema soccorso per un paese moderno dal momento che la
loro versatilità, esperienza e formazione li rendeva fondamentali in qualunque
situazione emergenziale o contesto critico.
Si confidava molto nella proposta elaborata e si tentò di sollecitare tutti gli interessati
a coinvolgere i parlamentari dei propri collegi elettorali affinché sostenessero, in vista
50
Ulteriori scuole reggimentali furono previste presso le sedi di ciascun corpo delle forze armate anche al fine di
arruolare successivamente nei corpi pompieri il personale congedato dal Regio esercito che avesse dato prova di
capacità nella formazione in materia durante il servizio militare (BUFFTICP, IX, 5, maggio 1913, pp. 34-35).
della successiva legislatura, i passaggi parlamentari da prevedersi51
. Ed
effettivamente si trattava di una premura grandemente necessaria per tentare di
impedire che il tutto si perdesse nell’enorme calderone di intoppi burocratici, leggi,
proposte e provvedimenti che, già allora, impegnavano le aule oltre ogni
immaginazione. Non è un quindi una caso il fatto che il 7 maggio 1914, in occasione
di un intervento dedicato alla delicata questione dei salariati dei comuni e delle
provincie, l’on. Adolfo Molina avesse colto l’occasione per rammentare al governo
l’importanza dei risultati conseguiti e dei suggerimenti proposti dalla commissione
creata quattro anni prima52
. Anche perché, com’era assai frequente all’epoca, il primo
ministro era nuovamente cambiato e così l’esecutivo intero. Giovanni Giolitti, dopo
le elezioni del 1913 che si svolsero per la prima volta con il suffragio universale
maschile, aveva lasciato il suo posto ad Antonio Salandra53
. L’impegno dell’on.
Molina fu, purtroppo e nuovamente, privo di effetti e per quanto lodevole non
produsse alcun risultato. La storia dell’organizzazione antincendi italiana nel quadro
di un sistema soccorso efficiente ed organico fu ricca di queste speranze spesso finite
nell’oblio al punto, come vedremo, da dilungarsi lungo un trentennio almeno.
Intanto giunse l’anno 1915, un momento intenso e ricco di momenti difficili per il
nostro paese. Abbiamo già citato, numerosi eventi calamitosi come il sisma che a
gennaio causò 30.000 vittime in Abruzzo. L’opera dei soccorritori fu lodevole per 51
BUFFTICP, (IX) 5, maggio 1913, p. 35. 52
Si ritiene opportuno riportare, per completezza, il passo in oggetto: “Per un secondo provvedimento sono già pronti
gli studi necessari, quelli cioè sulla organizzazione dei servizio per lo spegnimento degli incendi. Furono quegli studi
compiuti e riassunti in uno schema di legge da una apposita commissione ministeriale della quale ebbi l’onore di far
parte e che era presieduta dall’on. Ronchetti. (…) Ora, l’onorevole presidente del consiglio voglia esaminare quello
schema di legge, e se esso incontra la sua approvazione lo prego di volerlo a suo tempo presentare alla Camera”
(BUFFTICP, X, 5, maggio 1914, p. 34). 53
A. Mella, Dalle Valli di Lanzo alla Nuova Italia – Note storiche su Giovanni Rastelli, Chiaramonte, Torino 2017, pp.
63-75.
spirito e abnegazione ma nuovamente mancò di coordinamento efficiente e molti
s’improvvisarono tali senza cognizione del mestiere e questo emerse chiaramente.
Ospedale della Croce Rossa Italiana durante il terremoto di Avezzano del 1915.
La buona volontà purtroppo andava dispersa nella sconoscenza di tecniche e nozioni
con palesi ritardi nelle operazioni ed efficacia delle stesse gravemente
compromessa54
. Era passato obiettivamente poco dal terremoto che aveva raso al
suolo Messina e Reggio Calabria ma, nell’instabilità politica, niente s’era fatto di
concreto e questo scatenò qualche polemica e l’ira di chi ormai, da quasi vent’anni, si
batteva per arrivare alla costituzione di un sistema che offrisse garanzie concrete.
54
Coraggio e Previdenza, (XVIII) 1-2, gennaio 1915, p. 1.
Il Re Vittorio Emanuele III durante i soccorsi ad Avezzano nel 1915.
Tra i più vivaci ne scrisse, non senza un velo di sdegno e insoddisfazione, l’ing.
Donzelli che non esitò a lamentare come ci fossero voluti dodici anni per ottenere una
proposta di legge che nemmeno con l’impegno generoso e leale di Giolitti ebbe
seguito. I morti del 1908 erano morti invano e quelli del 1915 avrebbero potuto forse
essere di meno. L’ufficiale non ebbe timore anche a denunziare pubblicamente le
mancanze tecniche e professionali d’un soccorso spesso improvvisato alla meglio55
.
Non mancò nemmeno di rispondere a chi, in ambito parlamentare, si stracciò le vesti
invocando finalmente una nuova e complessa organizzazione che gestisse
interamente il soccorso e che il governo valutò quale “Istituto Nazionale di Pronto
Soccorso” munito di personale tecnico e amministrativo nonché di depositi e
55
Scriveva infatti, e si noti l’uso non causale del maiuscolo: “E dopo solo sei anni la terribile sciagura si abbatte di
nuovo sull’Italia, e questa volta nel cuore di essa, alle porte di Roma, e per quanto sia meraviglioso ed ammirevole lo
slancio di tutti i volenterosi, animati dal nobile e generoso esempio del sovrano, il soccorso non è ne rapido, ne
coordinato, ne efficace e non lo poteva essere poiché occorre una preparazione organica e complessa per disporre
l’esercito del soccorso ed il materiale occorevole, per mobilizzarlo al momento opportuno. E tale esercito del soccorso,
è opportuno che entri bene nel cervello dei governanti, non può essere che costituito dai POMPIERI, SPECIALISTI IN
MATERIA. Valgono più dieci pompieri che cento soldati, e questo lo vede e lo sa chiunque ha assistito all’opera di
soccorso: non perché il soldato non abbia slancio, tutt’altro. Essi ed i loro ufficiali in simili contingenze sono
ammirevoli per abnegazione ed eroismo: MA NON SANNO, e questa non è loro colpa. Il salvataggio nei crollamenti è
tecnica difficilissima, e solo chi vi è allenato può esplicarla con efficacia” (Coraggio e Previdenza, XVIII, 1-2, gennaio
1915, pp. 2-3).
materiali per mobilitarsi in caso di calamità. Una sorta di Protezione Civile ante
litteram. Donzelli considerò, tuttavia, che se un decennio era occorso per un progetto
di legge sui pompieri ancora quiescente; ci sarebbero voluti “secoli” per portare a
compimento tale idea pionieristica dell’on. Sandulli.
L’on. Alfredo Sandulli. Il deputato che per primo immaginò un ipotetico “Istituto Nazionale di Pronto Soccorso”.
Non si sarebbe fatto assai prima a utilizzare per la parte finanziaria l’Istituto
Nazionale delle Assicurazioni e per la parte tecnica i corpi dei pompieri
opportunamente riorganizzati secondo le, comunque migliorabili, rivendicazioni a
essi care56
? Si trattava di un tema di vitale importanza eppure il conseguimento di
risultati concreti pareva sempre lontano malgrado la passione con cui i comandanti
dei corpi e la federazione tecnica, forti della loro innegabile esperienza e padronanza
del mestiere, conducevano la loro infinita battaglia57
. Si deve anche alla loro forza
d’animo se oggi disponiamo di un soccorso apprezzabile in tutto il territorio
56
Coraggio e Previdenza, (XVIII) 1-2, gennaio 1915, pp. 2-4. 57
Esempio illuminante è la conclusione del Donzelli: “Ma qualunque sia per essere la soluzione è indispensabile che gli
onorevoli deputati affrontino il ponderoso problema, come un sacrosanto dovere civico, non essendo consono al
prestigio, al decoro dell’Italia ed alla stessa assistenza dei suoi figli, che i pubblici poteri si facciano ancora una volta
trovare impreparati in caso di pubblici disastri, oramai tanto frequenti nel nostro paese. E confido che i pionieri
dell’odierno movimento parlamentare, on. Marchesano e Sandulli, vorranno tener presenti i precedenti, augurandomi
che la mia modesta parola dettata dall’esperienza e dalla mia missione di vigile del fuoco, suoni per lo meno augurio
fecondo di pratici e prossimi risultati nell’obliata e pur doverosa opera di soccorso” (Coraggio e Previdenza, XVIII, 1-2,
gennaio 1915, pp. 3-4).
nazionale e ciò va loro riconosciuto. Alle polemiche seguirono i dibattiti
parlamentari, il 19 e 20 marzo 1915, sui provvedimenti urgenti da adottarsi per far
fronte alla situazione emergenziale createsi con l’evento sismico e più volte fu citata
l’opera straordinaria compiuta dai vigili del fuoco tra le macerie d’Avezzano e degli
altri centri sconvolti dalla violenta scossa e soprattutto l’importanza della
professionalità ad essi appartenente e le potenzialità straordinarie maggiorabili da un
più corretto impiego58
. Nella lunga tornata si inserì quindi il già citato on. Molina,
buon amico e fedele sostenitore della Federazione Tecnica dei Corpi Pompieri, che
colse l’occasione per presentare un ordine del giorno finalizzato59
. Egli ottenne
l’appoggio della quota prevista di trenta parlamentari indispensabile per la
presentazione e lo sostenne con un lungo e appassionato discorso60
. Il giorno
successivo il Ministro dei lavori pubblici, on. Ciuffelli61
, che aveva visitato l’Abruzzo
terremotato, nel corso del suo intervento, riguardo agli ordini del giorno, si espresse
chiaramente affinché nei provvedimenti da disporre si tenesse nella dovuta
considerazione le sue puntuali e doverose raccomandazioni. Fiducioso l’on. Molina
58
Un esempio, tra i tanti, lo si trova nel discorso tenuto dall’On. Amici Venceslao: “In quanto ai servizi dei vigili,
questi sono certamente i più efficaci e più di qualunque altro corpo organizzato sono in condizione di arrecare vantaggi
in luoghi danneggiati; appena avvenuto il terremoto dovrebbero attrezzarsi e mettersi in condizione di partire”
(Coraggio e Previdenza, XVIII, 7-8, aprile 1915, p. 26). 59
Esso recitava: “La Camera convinta della necessità di provvedere in modo permanente e pratico al pronto soccorso
per limitare e lenire gli effetti do ogni specie di pubblica calamità, fa voti che si dia con disposizioni legislative una
razionale, salda, efficace organizzazione ai corpi dei pompieri in tutte le provincie del regno” (Coraggio e Previdenza,
XVIII, 7-8, aprile 1915, p. 27). 60
Coraggio e Previdenza, (XVIII) 7-8, aprile 1915, p. 27. 61
Augusto Ciuffelli (1856-1921) fu titolare di diversi dicasteri nei governi Luzzati, Orlando, Salandra I e Salandra II.
ritenne, dopo uno scambio di battute con il presidente del consiglio Salandra62
, di
ritirare l’ordine del giorno63
.
Mentre nelle aule parlamentari si discuteva, e mentre le mani operose dei soccorritori
scavavano tra le macerie abruzzesi, l’Europa si trovava ormai in gran parte mobilitata
e la sue genti scavavano i lunghi trinceramenti che per anni avrebbero visto
contrapporsi milioni di uomini nella più statica e logorante guerra mai combattuta.
Era da decenni che la tensione andava accumulandosi per diverse cause, l’Inghilterra
e la Germania si contendevano anzi tutto il primato quali grandi potenze industriali,
prima che militari, e perfino quello sui mari64
, alla Francia pesava molto la sconfitta
subita a Sedan nel 1870 e la tentazione di riprendersi le regioni dell’Alsazia e della
Lorena era sentitissima65
, l’impero di Russia guardava con costante interesse ai
Balcani66
concependo ogni sorta d’artifizio per limitare l’influenza austriaca su quei
territori67
, lo stesso impero austroungarico faticava a tenere insieme le regioni che lo
componevano e che erano diventate frequentemente serraglio di agitatori e gruppi
indipendentisti che reclamavano, in modo anche animato, l’autonomia delle proprie
62
Antonio Salandra (1853 – 1921) fu Ministro dell’Interno e presidente del Consiglio dei Ministri. Esponente della
“destra storica”. Cavaliere dell’Ordine della Santissima Annunziata e conseguentemente gran croce dell’Ordine della
Corona d’Italia e dei Santi Maurizio e Lazzaro. 63
PRESIDENTE: “Chiederò ora ai vari proponenti degli ordini del giorno se li mantengano o li ritirino. L’onorevole
Molina, mantiene o ritira il suo ordine del giorno?”
MOLINA: “Desidererei avere l’assicurazione del presidente del Consiglio che lo accetta come raccomandazione. C’è
già uno studio completo in proposito”
SALANDRA: “Se l’ha detto l’onorevole ministro dei lavori pubblici, mi pare che non ve ne sia bisogno!”
MOLINA: “Allora, ritiro il mio ordine del giorno”
Coraggio e Previdenza, (XVIII) 7-8, aprile 1915, p. 29. 64
Si deve considerare che dopo la vittoria di Trafalgar del 1804 l’Inghilterra non aveva avuto più contendenti sui mari
diventandone padrona indiscussa. Tale privilegio, per i vantaggi militari e commerciali che comportava, stava molto a
cuore gli inglesi. 65
La guerra franco prussiana del 1870 pose fine anche al secondo impero quando Napoleone III fu sconfitto e perfino
catturato a Sedan. Quanto all’Alsazia e alla Lorena vi è da dire che non vi erano solo motivi nazionalistici alla base del
desiderio di riprenderne il controllo. Il ferro e il carbone, di cui essere erano ricche, facevano assai gola alle industrie
francesi. 66
Anche perché la forte influenza dell’Impero Ottomano era grandemente venuta meno. 67
Come il sostegno alla causa delle Serbia che fortemente ambiva all’indipendenza.
comunità facendo letteralmente “scricchiolare” la pur efficientissima macchina
burocratica imperiale, le grandi potenze guardavano con sospetto le ambizioni
coloniali le une delle altre e viceversa, i grandi gruppi industriali avevano tratto
enormi profitti dalla corsa agli armamenti e non ultima un’accesa tendenza allo
sviluppo di sentimenti nazionalisti contribuirono a creare una miscela esplosiva e
terribilmente pronta a deflagrare appena fosse giunta la scintilla.
E questa, puntualmente, giunse il 28 giugno 1914 quando Gavrilo Princip esplose
alcuni colpi di rivoltella contro l’erede al trono d’Austria, l’arciduca Francesco
Ferdinando, e la moglie contessa Sofia a Sarajevo. La reazione austriaca, poiché a
Vienna si riteneva che le autorità serbe non fossero del tutto estranee all’evento,
innescò una serie di reazioni che portarono al conflitto e, a catena, trascinarono le
grandi potenze nello scontro. Vi furono nazioni che per diversi motivi si mantennero
neutrali rispetto all’inferno che andava scatenandosi ma diverse e in momenti
differenti, nonché con differenti speranze e ambizioni, finirono per entrare in guerra.
L’Italia fu tra queste scegliendo inizialmente la non belligeranza. Tuttavia tale
posizione diede inizio a un lungo confronto, talvolta anche violento, nelle piazze e nei
dibattiti tra chi sosteneva le ragioni della neutralità68
e chi si schierava apertamente a
favore dell’intervento69
vedendo nel conflitto l’occasione per completare l’unità
nazionale attraverso l’acquisizione delle provincie irredente come Trento, Trieste,
68
Principalmente il mondo cattolico per motivi etici e quello socialista che rivendicava l’unità senza confini del
proletariato e considerava deleterio, ai suoi fini, che le masse operaie venissero armate e costrette a uccidersi a vicenda.
Ma anche un larga parte del mondo liberale si schierò contro l’intervento seguendo l’esempio illuminante di Giovanni
Giolitti il quale tentò in ogni modo di evitare che il paese si unisse all’inutile strage. 69
Tra essi le forze nazionaliste e irredentiste, gli artisti legati al futurismo, i grandi industriali desiderosi di aumentare i
propri guadagni con le abbondanti forniture militari ed anche qualche socialista “non allineato” come l’allora direttore
de “L’Avanti” Benito Mussolini che dal partito socialista venne espulso proprio per le sue posizioni a favore del
conflitto.
Gorizia e via discorrendo. Fu in seguito alla firma del patto di Londra che il Regno
d’Italia entrò in guerra con la mobilitazione delle sue forze armate il 24 maggio del
1915.
La guerra in corso divenne ovviamente una generale mobilitazione del paese e anche
i pompieri, la Croce Rossa e tutti i corpi dello stato furono chiamati a dare il loro
contributo mentre l’opera intensa di sensibilizzazione politica per la loro
riorganizzazione dovette subire un’ennesima battuta d’arresto giacché le attenzioni
della politica erano ormai convogliate sul conflitto e l’indispensabilità di mettere il
paese nelle condizioni minime per sostenere lo sforzo sovraumano che si rendeva
necessario. Moltissimi vigili del fuoco non appena richiamati alle armi vennero
indirizzati ai reparto del Genio nelle cui schiere s’erano costituite apposite compagnie
antincendi da assegnarsi a ogni armata per proteggere le strutture militari. L’opera dei
pompieri genieri fu intensa e preziosa al punto che anch’essi ebbero i loro caduti e
diverse decorazioni al valore militare. Tuttavia è lecito ipotizzare che malgrado
questo ancora vi fossero molte diversità tra i pompieri italiani e la mobilitazione
collettiva, vedendo pompieri di varie provenienze irreggimentati in unici reparti, rese
più evidenti le eterogeneità che certo non sfuggirono ai vertici del Regio Esercito
Italiano. E tali diversità furono ancora più evidenti se paragonate agli altri corpi dediti
al soccorso assai meglio organizzati. Ma naturalmente anche in territorio
metropolitano il soccorso richiese la costante attività dei vigili del fuoco soprattutto
nelle città più vicine al fronte e quindi colpite con maggiore facilità dai
bombardamenti del nemico70
che tuttavia si spinse anche occasionalmente più lontano
e più all’interno. Già nel 1916 subirono attacchi aerei le città di Venezia, Ravenna (S.
Apollinare Nuovo), Latisana, Pordenone, Mestre, Chioggia, Sondrio e Chieti71
.
Perfino Napoli fu colpita dall’ardita azione di un dirigibile nemico chesparse la paura
nella città partenopea causando diverse vittime72
. Anche Milano73
e Brindisi74
furono
oggetto di attacchi aerei. Tali incursioni, anche nel clima di terrore e allarme che ne
seguì, costrinsero i soccorritori a un lavoro coraggioso e nobilissimo finalizzato
anche a offrire un immagine di tranquillità alla popolazione in perenne ansia e
comprensibile agitazione75
. E non mancarono nemmeno i sinistri causati
dall’imperizia o dal sabotaggio come l’incendio della polveriera militare di Mantova
presso il Forte Pietole nel 1917 o l’esplosione della nave Leonardo da Vinci nel 1916,
incendi che richiesero giorni e giorni di lavoro e furono purtroppo portatori di lutti e
sciagure ma anche di esempi di gran abnegazione frutto del lavoro dei civili e militari
che li affrontarono76
. Venne poi Caporetto e quasi inattesa seguì la travolgente
resurrezione a Vittorio Veneto e sul finire del 1918 la guerra, finalmente, terminò.
Purtroppo ciò non fu sufficiente a pacificare il paese. L’insoddisfazione per una
vittoria che non aveva prodotto i risultati sperati, unitamente alle difficoltà
economiche che le seguirono, misero il paese sotto enorme pressione e negli anni che
70
Per lo più operati da dirigibili, idrovolanti, aeroplani o tiri d’artiglieria, campale e navale, come a Gorizia nel 1917
quando cadde il tenente Vincenzo Sebastiani. 71
N. Colangelo, Oltre il fuoco, Mantova 1991, p.118. 72
Roma, 11, mattino: Stanotte verso l’una vi è stata un incursione aerea sulla città di Napoli. Sono state lanciate in tutto
una ventina di bombe e hanno quasi tutte colpito il centro dell’abitato, non arrecando nessun danno di carattere militare.
Si deplorano alcune vittime nella popolazione civile (…). I servizi di soccorso hanno provveduto in modo encomiabile
(Agenzia Stefani). La Stampa, (71), 12 marzo 1918, p. 1. 73
La Stampa, (46), 15 febbraio 1916, p. 1. 74
La Stampa, (282), 11 ottobre 1917, p. 2. 75
N. Colangelo, Oltre il fuoco, Mantova 1991, p.122. 76
Ibid. , pp. 122,128,134.
vennero lo stato liberale andò pesantemente in crisi. Tutti questi gravi problemi
assorbirono l’attenzione del mondo politico come quando, nel 1919, Gabriele
D’Annunzio lasciando Ronchi raggiunse Fiume con un manipolo di reduci e
combattenti, al fine di proclamarne l’annessione all’Italia e aprendo così una lunga
crisi. I vigili del fuoco della città si trovarono perfino a dover operare,
coraggiosamente, sotto il fuoco incrociato dei legionari e dell’esercito regolare
inviato, nel dicembre 1920, per porre fine alla loro iniziativa77
. Il biennio rosso e la
violenza squadrista diedero il colpo più violento al sistema democratico e con la crisi
dell’autunno ottobre 1922 si andò a costituire il primo governo Mussolini. Un
governo di coalizione ancora lontano dal regime che andò consolidandosi dal 1924-
1925 circa.
Tornando al problema del sistema soccorso, già nel 1920 riprese il confronto tra le
varie realtà e il già citato ing. Donzelli di Napoli tornò a scrivere animati articoli su
Coraggio e Previdenza a favore della ripresa delle attività tentando anche di creare
un’unità d’intenti che nel frattempo s’era dispersa in gruppi litigiosi malgrado
l’impegno della Federazione Tecnica dei Pompieri Italiani. Intanto, nel 1922, la
federazione stessa, con la collaborazione di una commissione tecnica dei vigili del
fuoco d’Italia78
, aveva presentato una nuova proposta di legge per l’obbligatorietà dei
servizi pompieristici per tutti i comuni del regno. Una delegazione composta dai
rappresentati dei due enti si recò appositamente, in maggio, a Roma per conferire con
il comm. Tafuri capo ufficio al Ministero dell’Interno, con il comm. Efrem Ferrari
77
A. Mella, I Pompieri di D’Annunzio, in Milites, 48, gennaio-febbraio 2012, p. 11. 78
Si trattava di una commissione costituita presso il SIDEL (Sindacato Italiano Dipendenti Enti Locali).
capo di gabinetto di S.E. Casertano sottosegretario al Ministero dell’Interno e infine
con S.E. Beneduce79
sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri80
. Tale
progetto fu al centro di ulteriori valutazioni al congresso nazionale dei rappresentanti
i corpi dei pompieri, i comuni e gli altri enti locali pubblici e privati dai quali i corpi
dipendevano che si tenne a Venezia dal 10 al 12 ottobre 192281
. Mancavano
pochissimi giorni all’adunata di Napoli e alla cosidetta “marcia su Roma” ed è
possibile supporre che i cambiamenti che seguirono, soprattutto a causa della crisi del
Governo presieduto dall’on. Facta82
, interlocutore principale in quel momento,
abbiano contribuito a vanificare, per l’ennesima volta, l’impegno profuso.
Dopo la caduta di quel ministero i promotori dei progetti per un sistema soccorso
basato sull’unificazione dei pompieri tornarono sentire la loro voce a Palazzo Chigi
attraverso un suo rinnovato progetto di legge nel 192583
. In apertura il presidente
Goldoni tornò a lamentare le infinite illusioni avute dai governi passati a causa
dell’instabilità politica84
e dei conflitti susseguitisi85
e illustrò, con dovizia di
79
Giuseppe Beneduce (1877 -1942) fu sottosegretario di stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri nei governi
Facta I e Facta II nel 1922. 80
BUFTICP, (XVIII) 5, maggio 1922, p. 5. 81
BUFTICP, (XVIII) 11, novembre 1922, p. 84. 82
Luigi Facta (1861 – 1930) passò alla storia quando, dopo criticabili tentennamenti, si dimise in seguito ai gravi eventi
dell’ottobre 1922. 83
A quel tempo la Presidenza del Consiglio dei Ministri aveva sede presso il Palazzo del Viminale. Tuttavia il primo
ministro Mussolini vi pose il suo studio, presso la Galleria Deti, prima di spostarsi qualche anno dopo a Palazzo
Venezia. 84
“Il costante lavoro compiuto dalla presidenza federale per trent’anni di seguito – e non è finito ancora – allo scopo di
ottenere dal governo una legge che disciplini e organizzi in tutto il regno il servizio pubblico di soccorso per
spegnimento di incendi e per altre calamità, ha subito delle soste e delle fasi ignorate da molti. Durante le quali la nostra
lena ha minacciato di fiaccarsi per sempre attraverso a vane promesse, a inesplicabili incomprensioni, a lotte d’arrivisti,
ad amarezze infinite, solo rinfrancata – nell’abbandono e nel silenzio opprimenti – dalla nostra fede di vittoria nel
perseguire tenacemente un ideale di giustizia e di solidarietà umana” (E. Goldoni, M. Sangiorgi, a cura di, Il progetto di
legge per il servizio dei pompieri davanti al governo nazionale, Milano 1926, p. 3).
85“La commissione suddetta (quella nominata nel 1910 nda), a conclusione de’suoi studi, compilò un progetto di legge
che diede luogo a molte discussioni senza giungere però, a cagione delle vicende politiche del paese (guerra libica e
guerra nazionale) davanti al parlamento” (Ibid. , p. 5).
particolari e dati statistici, la situazione dei servizi antincendi italiani secondo le
rilevazioni del 1910 che, malgrado i cambiamenti occorsi, erano considerabili, a suo
avviso, ancora attendibili86
. Erano circa 1100 i corpi di pompieri in Italia di cui 900
comunali e 200 volontari o aziendali i quali impiegavano circa 10.000 vigili del fuoco
avventizi o volontari, 3000 professionisti e circa 2000 al servizio di enti privati.
Risultava inoltre che, grazie all’impiego di taluni gruppi su più comunità, erano circa
1800 su 8300 i comuni italiani che avevano un minimo di assistenza e soccorso
garantiti. Era un dato grave cui si aggiungeva la constatazione che a essere totalmente
privi di ogni forma di organizzazione erano 90 circondari, 9 capoluoghi di provincia,
3 provincie, 1 intera regione (Basilicata) e 6400 comuni. Il numero di incendi
registrato rendeva questi dati particolarmente sconfortanti così come i numerosi
infortuni dei pompieri non tutelati da nessuna assicurazione. Ma non solo poiché a
confermare la desolante situazione contribuivano le notizie sulle attrezzature visto
che su 1100 corpi erano disponibili circa 2500 pompe a mano, 300 scale ordinarie,
400 a ganci, 120 veicoli a trazione animale e pochissime modernità in quanto
autopompe, motopompe, scale aeree e pompe a vapore si concentravano solo in
pochissimi corpi di grandi centri cittadini che si potrebbero definire, senza retorica
alcuna, fortunatissimi87
. Sulla base di questa attenta e minuziosa analisi la
Federazione propose quindi una proposta che “de facto” fu un rivisitazione migliorata 86
“L’unica statistica che si possa consultare per conoscere in modo assai prossimo alla realtà le condizioni del servizio
contro gli incendi del regno escluse le provincie ricongiunte alla madre patria più tardi, è quella promossa dal ministero
nel 1910 e redatta in base ai dati raccolti e anche pubblicati di poi a cura e spese della Federazione tecnica dei corpi dei
vigili del fuoco. La mobilitazione generale, negli anni della guerra nazionale, ha dato luogo allo scioglimento di
parecchi corpi di pompieri in ogni parte d’Italia; ma poiché, dall’armistizio ad oggi, alcuni corpi si sono alla meglio
ricostituiti, benché in forma diversa dalla precedente; altri corpi nuovi sono sorti ad opera di comuni e di associazioni
private, la federazione può assicurare che i dati statistici del 1910 servono ancora utilmente per lo studio su cui si va
discorrendo” (Ibid. , p. 7). 87
Ibid, , pp. 7-8.
di quella del 1914 e allo stesso tempo utile progenitrice e ispiratrice del
provvedimento definitivo che vide luce solo nel 1935. Forti degli esempi riscontrati
all’estero88
i membri della Federazione redassero un testo che prevedeva
l’organizzazione dei corpi pompieri in modo proporzionato alle realtà locali in tutti i
comuni89
, il loro finanziamento attraverso contribuiti pubblici e privati e delle
compagnie di assicurazione, il funzionamento dei corpi attraverso linee guida da
indicare alle amministrazioni locali, l’estensione dei necessari benefici previdenziali
ai pompieri e via discorrendo. Tuttavia il provvedimento finì, per l’ennesima volta,
per arenarsi e la situazione generale non mutò lasciando l’Italia con un servizio di
soccorso decisamente zoppicante.
Le difficoltà di varie comunità furono anche alla base di curiose esperienze come la
sezioni antincendi che si costituirono sporadicamente in seno ai manipoli della
MVSN90
. Nel dettaglio giova ricordare le squadre della 79° Legione “Cispadana” di
Reggio Emilia, della 55° Legione alpina friulana di Gemona del Friuli (UD) e della
107° legione “Francesco Rismondo” di Zara91
. Quest’ultima, creata dal console
88
“Una legislazione di stato che si interessi direttamente in uno od altro modo del servizio per lo spegnimento degli
incendi sia per l’organizzazione tecnica sia per il personale vige in quasi tutte le nazioni più progredite: in Asia
(Giappone – Indie Olandesi), in Africa (Egitto e Confederazione Sud-Africa), in America (tutti gli stati del sud e del
nord), in Europa (Inghilterra, Francia, Svizzera, Belgio, Svezia, Danimarca, Germania: Wuertemberg, Baviera, Prussia,
Austria, Ceco-Slovacchia, Rumenia, Grecia, ecc..” (Ibid. , p. 21). 89
“Art.2 – Il servizio pompieristico è affidato a corpi stabilmente organizzati in tutti i comuni del regno, nelle forma di
cui all’art.1, e composti di un numero di pompieri che sia in proporzione al numero degli abitanti costituenti il Comune
o consorzio di comuni, tenuto calcolo delle condizioni tecniche, toponomastiche, industriali o commerciali del luogo.
Detta proporzione sarà, almeno, di un pompiere ogni 2000 abitanti; in ogni caso il numero dei pompieri non dovrà mai
essere inferiore a 12 oltre i dirigenti. Le condizioni tecniche che possono influire sul numero dei pompieri si
considerano per quelle che riguardano la esistenza e l’utilizzazione dei mezzi locali convenientemente atti allo
spegnimento degli incendi” (Ibid. , p. 17). 90
La Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale fu costituita il 1 febbraio 1923 con l’intenzione di inquadrare le ex
squadre d’azione fasciste in un organizzazione disciplinata e militarizzata. L’esigenza fu fortemente avvertita
all’indomani della nomina di Mussolini a primo ministro quando le azioni delle camicie nere, spesso gestite come
milizia personale dai “ras” locali, divennero fonte d’imbarazzo per il Capo del Governo e gli esponenti del Partito
Nazionale Fascista con incarichi governativi. 91
A. Mella, I Pompieri della Milizia, in Milites, 45, giugno-agosto 2011, pp. 21-24.
Martini, fu senz’altro la meglio organizzata. Anche la Milizia portuaria e la Milizia
nazionale forestale92
organizzarono gruppi formati per l’estinzione degli incendi
finalizzati al tipo di mansioni specifiche di tali specialità. Dal punto di vista del
soccorso sanitario, capillare ed efficiente era il servizio reso dalla Croce Rossa
Italiana e da altri sodalizi similari. Nondimeno anche le organizzazioni fasciste,
giovanili e non, presero ad investire sulla formazione del personale in questo ambito.
Ma quel periodo fu comunque anche ricco di sinistri di vario genere come
l’esplosione della fabbrica di fiammiferi Phosfos a Rocca Canavese (TO) nel 192493
,
l’alluvione a Bari nel 192794
, l’incendio del Teatro Alfieri a Torino sempre nel 1927 e
numerosi altri. Fu proprio l’evento di Bari a offrire al comandante dei pompieri di
Roma, ing. Giacomo Olivieri, lo spunto per scrivere un lungo e appassionato articolo
sull’onda emotiva di ciò che i suoi occhi hanno colto in quella calamità. Un saggio in
cui, tra i molti temi trattati, egli rivendicò l’importanza di provvedere al più presto
alla obbligatorietà dei corpi pompieri nei comuni maggiori e nei minori95
anche sotto
forma di consorzi, nonché una successiva regolamentazione nazionale degli stessi per
92
In particolare la Miliza Nazionale Forestale inviò addirittura i propri “pompieri” al concorso pompieristico di Torino
del 1928. 93
M. Sforza, Pompieri. Cinque secoli di storia di un’antica istituzione, Torino 1992, p. 128. 94
Scrive a riguardo l’ing. Olivieri: “E squadre di vigili del fuoco, da quella locale, fino a quella giunta dalla lontana
Milano si riunirono a Bari, e in una settimana di lavoro provvidero ai più urgenti bisogni, ridonando al paese una calma
relativa e permettendo di svolgere con profitto quelle attività, che nei primissimi giorni potevano dirsi contrastate dalla
stessa entità del disastro. A Bari pertanto si trovarono affratellati i locali vigili del fuoco con quelli di Napoli, di
Benevento, di Foggia, di Firenze, di Ancona, di Milano, di Roma e tanti altri, fino a raggiungere un numero di circa 180
fra Comandanti e gregari, e le antiche pompe a vapore, unitamente alle nuove motopompe e autopompe, rigettarono
incessantemente al mare, attraverso la fognatura cittadina, quelle acque che avrebbero dovuto raggiungerlo
ordinatamente convogliate nei loro normali canali di smaltimento”. Il Pompiere Italiano, (XXIII) 2, febbraio 1927, p.
47. 95
“Si riavvicinino alla recente alluvione di Bari i precedenti casi di terremoti, di eruzioni, di altri disastri nazionali, e si
concluda dolorosamente che, sebbene i corpi dei vigili del fuoco esistenti in Italia, siano sempre pronti a prodigarsi fino
al sacrificio, essi sono pochi, pochi, pochi, e, concentrati quasi esclusivamente nel Piemonte, nella Lombardia e nel
Veneto, vanno man mano rarefacendosi verso il Mezzogiorno d’Italia, sicché al giorno d’oggi, migliaia di comuni sono
privi di qualunque servizio, e molti, come lo stesso comune di Bari, hanno un effettivo di uomini e una dotazione di
materiale assolutamente inadeguata alla loro importanza” (Il Pompiere Italiano, XXIII, 2, febbraio 1927, p. 47).
rispondere efficacemente agli eventi cui spesso l’Italia era soggetta96
. L’anno
successivo fu la volta del concorso pompieristico di Torino organizzato nel
capoluogo sabaudo e probabilmente uno dei più grandi mai svolti. Coinvolgente
pompieri, sanitari e altri soccorritori e di tale portata da riaccendere l’attenzione sul
tema. Ma il 1928 va ricordato anche perché finalmente un primo, seppur minuto,
risultato s’ottenne con l’approvazione d’una legge, durante la presidenza Silvestri,
che obbligava i comuni capoluogo e quelli con più di 40.000 abitanti di munirsi d’un
servizio per l’estinzione degli incendi97
. Questo provvedimento fu il primo passo
verso una vera e propria rivoluzione. Tra il 1935 ed il 1941, con il passaggio
fondamentale nel 1939, il governo provvide finalmente, in modo chiaro e netto, a
costituire il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco. Un’organizzazione omogenea,
equamente distribuita sul territorio nazionale e moderna. Capace durante la guerra di
garantire il soccorso alla popolazione in perfetta sinergia con la Croce Rossa, l’Unpa
e gli altri corpi. Fu proprio tale sinergia il germoglio per lo sviluppo postbellico della
protezione civile come sistema di forze armonizzate e dall’azione guidata da un
vertice unico. Il 1928, dunque, fu un anno chiave. Per l’Italia, tuttavia, esso
rappresentò anche un crocevia grave per altre vicende. Il 17 luglio, infatti, mentre
96
“Eppure il nostro servizio non è obbligatorio per legge, tanto che se una città qualunque d’Italia, anche delle
principali, volesse togliere dal suo bilancio facoltativo l’ingente spesa del servizio dei vigili del fuoco, potrebbe farlo.
Ciò praticamente è assurdo, e il fiorire dei corpi dei vigili nell’Italia settentrionale mostra come le necessità abbiano una
logica propria, che finisce con l’imporsi nei centri di maggiore attività cittadina. Ma le iniziative particolari, anche
applicate su larga scala non raggiungono completamente lo scopo dell’universalità , se non sono coordinate ad un fine
comune più largo di quel che non rappresenti il fine più immediato, donde sorge la necessità che disposizioni legislative
riconoscano prima l’obbligatorietà del servizio per tutti i comuni del regno, e, affermato questo principio basilare,
provvedano poi con regolamento opportuno a organizzare tutti i corpi dei vigili italiani in modo che, non trascurando la
tutela dei singoli centri, cui sono assegnati, possano all’occasione, con la più grande celerità, distaccare effettivi di
uomini e di materiale per quei luoghi, nei quali si verifichi un disastro di carattere così grave per intensità ed estensione,
che i mezzi locali risultino assolutamente inadeguati” (Il Pompiere Italiano, XXIII, 2, febbraio 1927, p. 47). 97
Coraggio e Previdenza (XXXIII) 6, giugno 1935, pp. 75-76.
ragazzetti in camicia nera facevano baccano in strada per renderne l’agonia più
tormentosa, si spense nella sua casa di Cavour l’on. Giovanni Giolitti98
. Ultimo
bastione rimasto in Italia a difesa delle libertà individuali e collettive. Icona vivente
di quello spirito liberale risorgimentale che la cosiddetta “rivoluzione fascista” aveva
strangolato. Giolitti aveva dovuto affrontare diverse situazioni difficili, in particolare
il drammatico sisma calabro-siculo di vent’anni prima. Quest’esperienza gli aveva
dato modo di comprendere immediatamente le fragilità del sistema soccorso in Italia
e non a caso egli aveva colto perfettamente l’utilità dei progetti di legge che gli
furono presentati. Grande e coraggioso riformatore, egli non ebbe la possibilità
materiale di dar loro seguito come avrebbe voluto. Tuttavia fu proprio nell’età che dal
grande statista ha preso il nome che si gettarono le basi per le successive, epocali,
svolte.
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98
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Altre fonti
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