1861-1939 L’architettura della Perugia postunitaria · tra il 1860 e il 1939. Storia di riuso e...

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- 1861-1939 L’architettura della Perugia postunitaria 1861-1939 L’architettura della Perugia postunitaria ingegnere e dottore di ricerca, è ricercatore di Disegno presso il Dipartimento di Architettura dell’Università di Bologna, dove insegna Disegno dell’architettura. ingegnere, è professore associato di Di- segno presso il Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università di Perugia, dove insegna Rilievo dell’architettura; è direttore dell’Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci” di Perugia. ingegnere e dottore di ricerca, è ri- cercatore di Disegno presso il Dipartimento di In- gegneria Civile e Ambientale dell’Università di Perugia, dove insegna Disegno dell’architettura. architetto, è professore ordinario di Disegno presso il Dipartimento di Scienze per l’Architettura dell’Università di Genova, dove in- segna Fondamenti e applicazioni di geometria descrittiva e Disegno dell’architettura. architetto e dottore di ricerca, collabora all’attività di ricerca del Dipartimento di Ingegne- ria Civile e Ambientale dell’Università di Perugia. ingegnere e dottore di ricerca, colla- bora all’attività di ricerca del Dipartimento di In- gegneria Civile e Ambientale dell’Università di Perugia ed è docente a contratto di Laboratorio di Progettazione digitale. architetto, è professore associato di Storia dell’architettura presso il Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile-Architettura, Ambientale dell’Università dell’Aquila, dove insegna Storia del- l’architettura. architetto e già profes- sore ordinario di Restauro presso l’Università di Firenze, ha insegnato Restauro architettonico. architetto, è ricercatore di Storia dell’architettura presso il Dipartimento di Ingegneria dell’Impresa “Mario Lucertini” del- l’Università di Roma “Tor Vergata”, dove insegna Storia dell’architettura. architetto, è professore associato di Restauro presso il Dipartimento di Storia, Di- segno e Restauro dell’architettura dell’Università di Roma ”La Sapienza”, dove insegna Restauro architettonico e Consolidamento degli edifici storici. ingegnere e dottore di ricerca, col- labora all’attività di ricerca del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università di Perugia. architetto, ha insegnato Disegno e Progettazione presso l’Istituto Tecnico per Geo- metri di Perugia e ha svolto attività di ricerca e col- laborazione professionale nei settori della storia urbana e dell’archeologia industriale. architetto e dottore di ricer- ca, è ricercatore di Storia dell’architettura pres- so il Dipartimento di Architettura dell’Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara, dove insegna Storia dell’architettura. storico dell’architettura, è profes- sore ordinario di Storia dell’architettura presso il Dipartimento di Storia, Disegno e Restauro dell’architettura dell’Università di Roma ”La Sa- pienza”, dove insegna Storia dell’architettura con- temporanea. architetto e già responsabile dell’Uf- ficio Urbanistico per i Centri Storici del Comune di Perugia, è presidente dell’Istituto Interregionale per gli Studi Storico-Urbanistici. architetto, è professore ordinario di Restauro presso il Dipartimento di Ingegneria Civile Edile e Architettura dell’Università Poli- tecnica delle Marche, dove insegna Restauro ar- chitettonico. ingegnere e dottore di ricerca, collabora all’attività di ricerca del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università di Perugia. ingegnere e dottore di ricerca, è ricercatore a tempo determinato di Disegno presso il Dipartimento di Ingegneria Civile e Am- bientale dell’Università di Perugia, dove insegna Rilievo dell’architettura. architetto e già professore ordinario di Storia dell’architettura presso l’Università di Camerino, ha insegnato Storia dell’architettura. storico dell’arte, è ricercatore di Storia dell’arte contemporanea presso il Dipartimento di Lettere, Lingue, Letterature e civiltà antiche e moderne dell’Università di Perugia, dove insegna Storia dell’arte contemporanea. architetto, dottore di ricerca e speciali- sta nel restauro architettonico, è ricercatore di Re- stauro presso il Dipartimento di disegno, storia e restauro dell’architettura dell’Università di Roma “La Sapienza”, dove insegna Restauro architettonico. è ricercatore di Storia econo- mica presso il Dipartimento di Scienze Storiche dell’U- niversità di Perugia, dove insegna Storia economica. architetto, è professore ordinario di Restauro presso il Dipartimento di Architettura dell’Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara, dove insegna Restauro architettonico. architetto e dottore di ricerca, collabora al- l’attività di ricerca del Dipartimento di Architettura dell’Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara ed è funzionario della Soprintendenza BB.AA.PP. per le province di Bari, Barletta-Andria-Trani e Foggia. Cristiana Bartolomei Paolo Belardi Fabio Bianconi Maura Boffito Alessia Bonci Simone Bori Simonetta Ciranna Giuseppe Cruciani-Fabozzi Maria Grazia D’Amelio Fabrizio De Cesaris Marco Filippucci Maria Grazia Fioriti Antonella Greco Paolo Lattaioli Fabio Mariano Luca Martini Valeria Menchetelli Maria Luisa Neri Stefania Petrillo Simona Salvo Manuel Vaquero Piñeiro Claudio Varagnoli Enza Zullo Raffaele Giannantonio ISBN 978-88-6778-002-0

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1861-1939L’architetturadella Perugia postunitaria

ingegnere e dottore di ricerca, è ricercatore di Disegno presso il Dipartimento di Architettura dell’Università di Bologna, dove insegna Disegno dell’architettura.

ingegnere, è professore associato di Di-segno presso il Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università di Perugia, dove insegna Rilievo dell’architettura; è direttore dell’Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci” di Perugia.

ingegnere e dottore di ricerca, è ri-cercatore di Disegno presso il Dipartimento di In-gegneria Civile e Ambientale dell’Università di Perugia, dove insegna Disegno dell’architettura.

architetto, è professore ordinario di Disegno presso il Dipartimento di Scienze per l’Architettura dell’Università di Genova, dove in-segna Fondamenti e applicazioni di geometria descrittiva e Disegno dell’architettura.

architetto e dottore di ricerca, collabora all’attività di ricerca del Dipartimento di Ingegne-ria Civile e Ambientale dell’Università di Perugia.

ingegnere e dottore di ricerca, colla-bora all’attività di ricerca del Dipartimento di In-gegneria Civile e Ambientale dell’Università di Perugia ed è docente a contratto di Laboratorio di Progettazione digitale.

architetto, è professore associato di Storia dell’architettura presso il Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile-Architettura, Ambientale dell’Università dell’Aquila, dove insegna Storia del-l’architettura.

architetto e già profes-sore ordinario di Restauro presso l’Università di Firenze, ha insegnato Restauro architettonico.

architetto, è ricercatore di Storia dell’architettura presso il Dipartimento di Ingegneria dell’Impresa “Mario Lucertini” del-l’Università di Roma “Tor Vergata”, dove insegna Storia dell’architettura.

architetto, è professore associato di Restauro presso il Dipartimento di Storia, Di-segno e Restauro dell’architettura dell’Università di Roma ”La Sapienza”, dove insegna Restauro architettonico e Consolidamento degli edifici storici.

ingegnere e dottore di ricerca, col-labora all’attività di ricerca del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università di Perugia.

architetto, ha insegnato Disegno e Progettazione presso l’Istituto Tecnico per Geo-metri di Perugia e ha svolto attività di ricerca e col-laborazione professionale nei settori della storia urbana e dell’archeologia industriale.

architetto e dottore di ricer-ca, è ricercatore di Storia dell’architettura pres-so il Dipartimento di Architettura dell’Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara, dove insegna Storia dell’architettura.

storico dell’architettura, è profes-sore ordinario di Storia dell’architettura presso il Dipartimento di Storia, Disegno e Restauro dell’architettura dell’Università di Roma ”La Sa-pienza”, dove insegna Storia dell’architettura con- temporanea.

architetto e già responsabile dell’Uf-ficio Urbanistico per i Centri Storici del Comune di Perugia, è presidente dell’Istituto Interregionale per gli Studi Storico-Urbanistici.

architetto, è professore ordinario di Restauro presso il Dipartimento di Ingegneria Civile Edile e Architettura dell’Università Poli-tecnica delle Marche, dove insegna Restauro ar-chitettonico.

ingegnere e dottore di ricerca, collabora all’attività di ricerca del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università di Perugia.

ingegnere e dottore di ricerca, è ricercatore a tempo determinato di Disegno presso il Dipartimento di Ingegneria Civile e Am-bientale dell’Università di Perugia, dove insegna Rilievo dell’architettura.

architetto e già professore ordinario di Storia dell’architettura presso l’Università di Camerino, ha insegnato Storia dell’architettura.

storico dell’arte, è ricercatore di Storia dell’arte contemporanea presso il Dipartimento di Lettere, Lingue, Letterature e civiltà antiche e moderne dell’Università di Perugia, dove insegna Storia dell’arte contemporanea.

architetto, dottore di ricerca e speciali-sta nel restauro architettonico, è ricercatore di Re- stauro presso il Dipartimento di disegno, storia e restauro dell’architettura dell’Università di Roma “La Sapienza”, dove insegna Restauro architettonico.

è ricercatore di Storia econo-mica presso il Dipartimento di Scienze Storiche dell’U-niversità di Perugia, dove insegna Storia economica.

architetto, è professore ordinario di Restauro presso il Dipartimento di Architettura dell’Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara, dove insegna Restauro architettonico.

architetto e dottore di ricerca, collabora al-l’attività di ricerca del Dipartimento di Architettura dell’Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara ed è funzionario della Soprintendenza BB.AA.PP. per le province di Bari, Barletta-Andria-Trani e Foggia.

Cristiana Bartolomei

Paolo Belardi

Fabio Bianconi

Maura Boffito

Alessia Bonci

Simone Bori

Simonetta Ciranna

Giuseppe Cruciani-Fabozzi

Maria Grazia D’Amelio

Fabrizio De Cesaris

Marco Filippucci

Maria Grazia Fioriti

Antonella Greco

Paolo Lattaioli

Fabio Mariano

Luca Martini

Valeria Menchetelli

Maria Luisa Neri

Stefania Petrillo

Simona Salvo

Manuel Vaquero Piñeiro

Claudio Varagnoli

Enza Zullo

Raffaele Giannantonio

ISBN 978-88-6778-002-0

1861-1939L’ARCHITETTURADELLA PERUGIA POSTUNITARIA

a cura diPaolo BelardiSimone Bori

prefazioneGiuseppe Cruciani-Fabozzi

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Il volume presenta gli esiti del progetto di ricerca 1861-1939.L’architettura della Perugia postunitaria

Gli esiti intermedi della ricerca sono stati presentati in occasione dell’omonimo convegno svoltosi a Marsciano il 24 marzo 2012

Progetto grafico, impaginazioneStudio Fabbri, Perugia

Realizzato con il sostegno di

Comune di Marsciano

Museo Dinamico del Laterizio e delle Terrecotte

© 2013 Fabrizio Fabbri srlVia G. Dottori, 8506132 S. Sisto, PerugiaTel. 075 5271050 - Fax 075 5271060

ISBN 978-88-6778-002-0

Disegno di copertina:Fernando Gigliarelli, Progetto di decorazione per il soffitto di un teatro,1873 (Perugia, Archivio dell’Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci”,Fondo didattico Ornato, inv. 224).

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GLI ARCHITETTI DELLA PERUGIA POSTUNITARIA

Giovanni Santini (1802-1868)Paolo Belardi, Luca Martini

Coriolano Monti (1815-1880)Cristiana Bartolomei

Alessandro Arienti (1833-1896)Maria Luisa Neri

Nazareno Biscarini (1835-1907)Valeria Menchetelli

Guglielmo Calderini (1837-1916)Antonella Greco

Giulio De Angelis (1845-1906)Enza Zullo, Claudio Varagnoli

Osvaldo Armanni (1855-1929)Simonetta Ciranna

Riccardo Haupt (1864-1950)Maura Boffito

Cesare Bazzani (1873-1939)Raffaele Giannantonio

Giuseppe Marrani (1885-1954)Alessia Bonci

Ugo Tarchi (1887-1978)Simone Bori

Pietro Angelini (1892-1985)Simona Salvo

Giovanni Battista Massini (1897-1967) Fabio Bianconi, Marco Filippucci, Maria Grazia Fioriti

Indice delle opere citatea cura di Valeria Menchetelli

Indice

Presentazioni

Alfio TodiniSindaco del Comune di Marsciano

Carlo ColaiacovoPresidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia

Paolo BelardiResponsabile scientifico del progetto di ricerca

PrefazioneGiuseppe Cruciani-Fabozzi

LA PERUGIA POSTUNITARIA

Profilo storico dell’architettura umbra dell’Ottocento. Dal palazzo Comunale di Foligno al palazzo del Governo di PerugiaPaolo Belardi

Giuseppe Sacconi e la pratica del restauro eclettico in UmbriaFabio Mariano

Tra edilizia ed economia a Perugia alla fine dell’OttocentoManuel Vaquero Piñeiro

Evoluzione urbanistica di Perugia, capitale dell’Umbria, nel periodo postunitario tra il 1860 e il 1939. Storia di riuso e rigenerazione urbanaPaolo Lattaioli

Perugia dopo l’unità d’Italia: materiali e tecniche costruttiveMaria Grazia D’Amelio, Fabrizio De Cesaris

Le arti decorative a Perugia tra Otto e NovecentoStefania Petrillo

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Pietro Angelini, progetto di restauro per la facciata della chiesa di S. Francesco al Prato di Perugia, seconda versione progettuale, 1925 (ASABAP, DSOD716).

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Pietro Angelini (1892-1985)

Simona Salvo

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cenda personale di Angelini si sovrappose aquella evoluzione culturale e stigmatizzò il cam-biamento di una città di provincia, qual è Peru-gia; dove il nostro conobbe la propria fortuna,costruendovi la fase più significativa della suacarriera professionale e della sua vita privata.

Nonostante il cognome piuttosto comune, speciea Perugia1, Pietro Angelini non era perugino.Egli nacque nel 1892 a Ripi, un piccolo centronei pressi di Frosinone. Giovanissimo si trasferìa Roma, dove studiò presso l’Istituto Superioredi Belle Arti di Roma diplomandosi nel 1910circa2. Sappiamo, tuttavia, che nel 1914, dopo unprimo tentativo, Angelini vinse l’XI concorso peril Pensionato Artistico Nazionale3, ottenendo unadelle due ambite pensioni statali intestate a gio-vani desiderosi d’intraprendere studi di architet-tura4; l’altra sarebbe stata assegnata, l’annodopo, a Enrico Del Debbio, la cui vita professio-nale si svolgerà parallelamente a quella di An-gelini ma a un livello ben più elevato. Il sog-giorno romano di Angelini si protrasse, poi, oltrela prima guerra mondiale, offrendogli l’oppor-tunità di partecipare alle attività più importantinel campo dell’architettura. Nel 1920 partecipò

Strettamente correlata alle complesse trasforma-zioni che all’inizio del Novecento interessaronola cultura architettonica italiana, la formazionedegli architetti e il loro ruolo professionale, la fi-gura di Pietro Angelini è rappresentativa diquella categoria di architetti, professori e profes-sionisti, che colsero le opportunità offerte dallacongiuntura storica per sviluppare le proprie car-riere. Lo scenario, in centri propulsori come Roma, Mi-lano, Venezia, Firenze e Napoli, fu costellato dipersonaggi di grande caratura, culturale e poli-tica, capaci di orientare gli interessi culturali, po-litici ed economici che gravitavano attorno allaformazione del nuovo Stato Italiano, d’indiriz-zarne le scelte architettoniche nella costruzionedei suoi edifici pubblici e di gestire la tutela delpatrimonio architettonico antico che, in questocontesto, assunse un’importanza centrale. Questasituazione politica e culturale fu favorevole ad An-gelini che in essa si fece strada, seppure agendoin un ambito provinciale come quello perugino,fino a occupare anche ruoli di contingente pre-minenza. Tuttavia, egli non mostrò il talento dialtri architetti del Primo Novecento che sepperomeglio interpretare quella trasformazione. La vi-

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al concorso nazionale per la progettazione di un‘Monumento Ossario al Fante italiano’ da eri-gersi sul massiccio di San Michele al Carso. Con-divise anche quest’esperienza con Del Debbio,ma, nei disegni elaborati per questo concorso,emergerà lo ‘scarto’ evidente fra i due. Del Deb-bio, insieme allo scultore Ettore Drei, inventeràun monumentale edificio-scultura, dai toni en-fatici ma certamente efficaci, mentre Angelini di-segnerà un’assai meno originale e incisiva ar-chitettura ‘di scuola’, di stampo hoffmaniano5.Già in quest’esperienza si diede l’abbrivio dellecarriere professionali dei due: Del Debbio, dalleeccezionali doti artistiche e intellettuali, oltre cheprofessionali, subito chiamato da Manfredo Man-fredi6 quale suo assistente nell’attività accade-mica, sarà un personaggio centrale nelle vicendearchitettoniche degli anni a seguire7; il nostro,invece, intraprenderà una dignitosa, ma assaimeno brillante, carriera accademica e professio-nale.

Ritenendo di dover acquisire una più aggior-nata formazione, che peraltro l’avrebbe avvici-nato anche a ruoli di maggior prestigio profes-sionale, s’iscrisse ai corsi della nuova Scuola Su-periore di Architettura di Roma, inaugurata nel1920, frequentando il ‘triennio di applicazione’previsto nell’ordinamento degli studi dal 1920 al1923. Qui fu allievo di Manfredi, il quale lo con-dusse al diploma con un progetto, il disegno perun palazzo del Parlamento, che vinse il PremioValadier8. Manfredi si dimostrerà una figura cru-ciale nella vita di Angelini poiché sarà per suotramite che il nostro s’inserirà nel circolo acca-demico di Perugia9. Formazione e attività, accademica e professionale,di Angelini vanno, dunque, inquadrate nel con-testo degli anni che videro il decreto Rosadi del1914 e la riforma Gentile dell’istruzione nazio-nale, avviata nel 192310, trasformare la categoriaprofessionale degli architetti, i suoi ranghi acca-demici e la cultura architettonica italiana nel

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Pietro Angelini, progetto di Palazzo per un Parlamento, tesi di laurea di P. Angelini presso la Regia Scuola di Architettura di Roma.Il disegno vinse il Premio Valadier nel 1922 (da ANGELINI 1980).

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suo complesso. L’Istituto Superiore di Belle Artidi Roma, dove fu educato Angelini, infatti, diplo-mava ‘professori di disegno architettonico’ e nonarchitetti professionisti, seppure i primi finisseropoi per svolgere l’attività professionale, analoga-mente a coloro che si diplomavano nei politec-nici dopo aver affrontato una formazione tecnicae scientifica più solida. Le riforme non soltantomodificheranno l’insegnamento dell’architet-tura, con l’istituzione delle Scuole Superiori diArchitettura di rango universitario, volte a lau-reare figure professionali che integrassero la for-mazione tecnico-scientifica con quella stori-co-critica, da cui la nota definizione giovanno-niana di ‘architetto integrale’11, ma tenderannoanche a riorientare la produzione architettonicanazionale. Significativa appare anche l’istitu-zione, in questi anni, di un nuovo albo profes-sionale per soli architetti, ambìto dalla categoriama nel quale, accanto ai neolaureati delle ScuoleSuperiori, sarebbero poi confluiti anche i diplo-mati delle Accademie12. Il contributo della Scuola Superiore alla forma-zione degli architetti si mostrò significativo, spe-cie nel campo del restauro architettonico. Intro-dotto da Gustavo Giovannoni nel 1920 quale di-sciplina formativa della nuova Scuola Superioredi Architettura di Roma, per la prima volta si por-tava nell’accademia l’insegnamento scientificodi un’attività – quella del restauro – che, fino adallora, aveva riguardato più l’arte che l’architet-tura e alla quale, adesso, si guardava con inte-resse, anche per orientare parte del consensopolitico13. Figure come Giovannoni polarizza-rono attorno a sé il dibattito in materia riuscendoa convogliare il pensiero e l’azione che riguar-davano il restauro in ogni angolo del paese. Oc-

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Disegni di un “Monumento al Fante” redatti per il concorsonazionale da Enrico Del Debbio, in alto, e da Pietro Angelini,in basso (da NERI 2004 e da ANGELINI 1980).

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cupando i vertici di un potere molto centralizzatoe garantendosi la collaborazione di personaggidi fiducia negli organi periferici, egli raggiungeràun controllo capillare dell’attività, teoretica e ap-plicativa, nel restauro dei monumenti in corsoin quegli anni14. Attorno al restauro, inoltre, ruo-tava anche buona parte dell’attività professionaledegli architetti che, peraltro, erano riusciti ad ag-giudicarsene l’esclusiva a discapito degli inge-gneri dei politecnici che ne avevano beneficiatofino ad allora. Contestualmente agli studi, Angelini partecipòad alcuni concorsi e prese parte alla I BiennaleRomana del 1921, nella sezione speciale dedi-cata all’architettura15. Nello stesso anno ebbe ilsuo primo incarico di professore di Disegnodell’Architettura a Milano presso l’Istituto Tec-nico Superiore. Subito avviato all’accademia,egli comparve sulla scena perugina nell’ottobredell’anno successivo quando, su esplicita indi-cazione di Manfredi, fu chiamato dall’Accade-mia di Belle Arti di Perugia per sostituire UgoTarchi nell’insegnamento dell’Architettura. Egliera l’uomo giusto, nella città giusta, al mo-mento giusto. In quel non sottile legame instauratosi all’epocatra formazione, professione e politica, Angelinisarà, infatti, beneficiato dall’ascesa del regimefascista, che favorirà l’accesso dei giovani, speciei più accondiscendenti, ai livelli dirigenziali ealle cariche accademiche e affidando loro inca-richi professionali di prestigio. A Perugia eglisarà introdotto nelle alte sfere politiche dellacittà, e vivrà la stagione più intensa della suaattività di professore16 e di architetto, riuscendoa ottenere l’affidamento di numerosi e impor-tanti incarichi professionali; qui conoscerà

anche la moglie Rosa, alla quale dedicherà ilvolume autobiografico delle sue opere, pubbli-cato nel 1980 a fine carriera17. Tuttavia, nei fatti,egli si muoverà ai margini di una vicenda cul-turalmente già definita e diretta da altri. In que-sto senso e nel contesto storico, culturale epolitico perugino dell’epoca va colto il restaurodella facciata di S. Francesco al Prato dove An-gelini sarà ‘autore’ ma non ‘artefice’ dell’inter-vento. Quest’esperienza rappresenterà, comun-que, un trampolino di lancio professionale e gliporterà numerosi altri incarichi, affidatigli nonsenza l’appoggio dell’amministrazione fascistadella città. Infatti, quando abbandonerà la cittàumbra a fine anni trenta, la sua carriera subiràun’involuzione.La presenza di Angelini a Perugia si consolidòvelocemente col conseguimento del titolo di pro-fessore di ruolo18 ottenuto in seguito al concorsoche, nel 1923, lo vide vincitore, preferito all’altrocandidato, Brunetto Brunamonti19. Gli atti delconcorso rivelano, tuttavia, le riserve nutrite neisuoi confronti da Cesare Bazzani, presidente dellaCommissione di valutazione20: «Le opere perso-nali rivelano nello Angelini delle qualità d’artistanotevoli, per quanto un po’ unilaterali per unprofessore insegnante, ma che pur tuttavia deno-tano in lui una genialità e un gusto d’arte vera-mente notevoli, e da non trascurarsi in chi deveindirizzare i giovani nel commento dell’artestessa». Ancora più caustico appare il giudizio diBazzani sull’esito della prova progettuale svoltadal nostro: «Trovandosi i commissari d’accordonel riconoscere in entrambi i due candidati unanotevole facilità di ideazione, risultando però su-periore nella nobiltà e carattere della composi-zione il Prof. Angelini, che invero però non seppe

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mantenersi all’altezza della ideazione, nel detta-glio relativo presentato, un buon insegnante, insomma, ma con scarse doti d’architetto»21.Divenuto titolare della cattedra di Disegno del-l’Architettura e subito nominato accademico dimerito fra i professori residenti22, Angelini preseparte attiva al processo di riforma dell’insegna-mento dell’architettura nell’Accademia peru-gina23 diventando, nel 1926, direttore del nuovoRegio Istituto d’arte “Bernardino di Betto” isti-tuito nell’Accademia in luogo della Scuola di ArteIndustriale24. Col suo contributo, l’ordinamentodella nuova Scuola, volta a formare architetti cherisultassero da un unico percorso di studi, anti-cipò l’intento di uniformare l’insegnamento ar-tistico che il Ministero dell’Educazione avrebbepoi imposto a tutti gli Istituti d’Arte d’Italia25. L’attività di Angelini si ramificò poi oltre l’acca-demia, soprattutto nel restauro di monumenti,in specie quelli medioevali, considerati partico-larmente significativi nel processo d’identifica-zione culturale dell’Umbria. In tal modo, eglidivenne un personaggio di riferimento nelle di-namiche volte a modernizzare la città, impe-gnato anche in vari concorsi, di urbanistica e diarchitettura. Contestualmente all’attività profes-sionale e accademica, Angelini fu investitoanche d’incarichi istituzionali, alcuni corpora-tivi, che lo videro coinvolto nella ‘politica di fa-scistizzazione’ del regime. Nel 1928, con CesareBazzani, fu rappresentante regionale per l’Um-bria nella commissione per le iscrizioni neglialbi degli architetti26, nel 1933-1934 presiedettela segreteria provinciale dell’Umbria del Sinda-cato Nazionale Architetti e, due anni dopo, fumembro della commissione per i ‘littoriali’ del-l’Architettura27.

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Francesco Moretti, Disegno della facciata, 1888 (da Il Tempiodi S. Francesco 1927). L’elaborato proponeva una ricostruzioneattinente a quanto raffigurato nel Gonfalone di S. Bernardinodipinto da Benedetto Bonfigli nel 1465, considerata l’unicafonte iconografica che testimoniasse l’assetto della facciataprima delle alterazioni settecentesche.

Benedetto Bonfigli, Cristo Redentore in gloria con san Ber-nardino da Siena, angeli e offerta dei ceri votivi in onoredi san Bernardino, 1465, tempera su tela, particolare; si trovanell’oratorio di S. Bernardino da Siena a Perugia.

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La vicenda del ripristino della facciata dellachiesa di S. Francesco al Prato28, che vide Ange-lini agire in prima fila, è rappresentativa dellemolte questioni che riguardarono storia, politicae cultura della Perugia degli anni venti delNovecento e contribuisce a delineare bene i trattipiù significativi del nostro architetto29. La chiesa, confiscata ai francescani in seguitoall’Unità d’Italia, era da sempre ritenuta un ri-levante monumento della città, oltre che la piùimportante del francescanesimo dopo la basilicadi Assisi30. Si trovava in deplorevole stato di de-grado e, malgrado l’allarme sollevato a più ri-prese31, non s’intervenne per anni, nonostantel’impegno di molti, fra cui l’artista e accademicoFrancesco Moretti che, nel 1888, propose un’at-tenta ricomposizione filologica della facciata inrelazione con la sua raffigurazione nel Gonfa-lone di Benedetto Bonfigli del 1465. La decisione

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Perugia, chiesa di S. Francesco al Prato, primi del Novecento (da Il Tempio di S. Francesco 1927). L’immagine d’epoca ritrae lecondizioni della facciata della chiesa prima della demolizione della cappella del Gonfalone.

Perugia, la facciata della chiesa di S. Francesco al Prato durantela demolizione della cappella del Gonfalone, 1925 (ASSPg, b.54 II 5a).

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di restaurare la facciata giunse con l’ascesa delregime fascista promossa dal podestà di PerugiaOscar Uccelli32 che, nel 1926, colse l’occasionedelle celebrazioni del VII centenario dalla mortedi san Francesco33 per fregiarsi del merito di aversalvato la chiesa e di aver risolto una vicenda cheda decenni aveva tenuto impegnati artisti, archi-tetti e ingegneri34. La facciata, che si trovava inpessime condizioni statiche, era decorata con unparticolare rivestimento in quadrelli di laterizioe di pietra che, però, si conservava soltanto perun terzo dell’altezza complessiva originaria35, pe-raltro nascosta da uno spesso intonaco e dall’ad-dossamento della settecentesca cappella dellaConfraternita del Gonfalone36. La prima opera-zione che apparve necessaria consisteva nel de-molire la cappella barocca, per liberare la fac-ciata da quell’ingombrante aggiunta, senza scru-poli per il suo valore storico o artistico37. L’inter-vento di restauro poneva, dunque, notevoli dif-ficoltà, di natura tecnica e compositiva, dovutealla risoluzione di gravi dissesti strutturali –tanto complessi da richiedere la consulenza diun esperto geologo – e ai numerosi interrogativisollevati dalla ricostruzione delle parti mancanti,ritenuta indispensabile per restituire alla costru-zione una forma compiuta38.L’incarico di progettare e dirigere i lavori di re-stauro fu affidato ad Angelini nel 1926. Egli af-frontò la questione con metodo e risolutezza,applicando i precetti del restauro filologico e dellesue più recenti declinazioni scientifiche elaborateda Giovannoni. Procedette, infatti, eseguendoprima un accurato rilievo della facciata super-stite, registrando accuratamente ogni elementodel rivestimento in vista delle operazioni dismontaggio e rimontaggio, per poi affrontare gli

aspetti compositivi della ricostruzione39. L’elabo-rato grafico redatto per l’occasione appare signi-ficativo poiché rivela attenzione per il monu-mento antico e per la sua consistenza materialee costruttiva40. L’intenzione di smontare e di ri-costruire l’intera facciata reimpiegando partedegli elementi originari dovette, tuttavia, sorgeredopo l’avvio dei lavori. Durante le demolizioni,infatti, i torrioni ai lati della facciata risultaronofuori piombo e si ritenne di demolirli insieme alresto41. Il fatto complicava ulteriormente l’inter-vento ma esso fu presentato quale ‘vantaggio’ cheavrebbe consentito di «studiare l’antica costru-zione in tutte le sue parti diversamente che inpassato quando altri studiosi si erano occupati dianalizzare l’arte e non l’architettura42». La de-molizione consentiva infatti di procedere con unripristino ancora più spinto – peraltro suffragatodal rinvenimento di alcuni conci del rivestimentooriginario – che piacque molto a Ottorino Gur-

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Pietro Angelini, Facciata della chiesa di S. Francesco al Prato.Rilievo dal vero in scala 1:10, 1926 (ASABAP, DSOD715).

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rieri43, il quale vide in questa soluzione un attodi “dovuta creatività”44. Agli occhi dell’opinione pubblica, dei politici edi molti storici dell’architettura, però, la que-stione più pressante che poneva il restauro dellafacciata di S. Francesco riguardava gli aspettilinguistici e formali del suo completamento: see come completare la parte mancante di facciatae di rivestimento; se introdurre al centro delnuovo timpano un rosone; se chiudere la parteterminale scartando il suggerimento offerto dalGonfalone quattrocentesco (da ritenersi, invece,il ritratto di una fase ‘transitoria’ o ‘momenta-nea’ del monumento) e introdurvi un’apertura,e di quale tipo; quindi, decidere se inclinare glispioventi della copertura fino a proteggere anchei torrioni laterali oppure se lasciarli compresi frai due elementi. Dalla questione nacque un accesodibattito fra studiosi locali45, Soprintendenza eComune di Perugia, espressione delle diverse po-sizioni che, qui come altrove in Italia, anima-vano l’approccio al restauro dei monumenti46. Il progetto di Angelini si collocherà al centro delleaspettative di ciascuno. Da un lato, col suo accu-rato rilievo, egli mostrerà di voler preservare il va-lore storico del monumento appellandosi allanecessità di rispettarne le parti originali perchériconosciute di valore storico; dall’altro, egli pro-porrà un progetto di ricostruzione spinto ben oltrela soluzione filologica suggerita da Moretti e ri-solto seguendo presupposti stilistici (seppure con-tenuto entro la reinvenzione di dettagli) poiché,afferma, era necessario che «la ricostruzione ri-sultasse più che autentica». Le due soluzioni pro-gettuali erano, di fatto, frutto d’invenzione marispondevano sia al desiderio d’identificazione nelmonumento espresso dalla collettività sia alla ne-

cessità di offrire modelli compiuti e leggibili percodificare un nuovo linguaggio neomedievale47. Tema centrale per l’Italia dell’epoca, e per unacittà come Perugia che ambiva a rintracciare nel-la propria storia un’identità nazionale distintiva,era stata, prima, la ricerca di uno ‘stile per lanazione’, quindi, con l’ascesa al potere del re-gime fascista, la definizione di uno ‘stile mo-derno’. Al centro del dibattito sull’architetturaitaliana dell’epoca si troveranno sovente i mo-numenti, divenuti una risorsa importante nelprocesso d’italianizzazione e di riorientamentoculturale del Paese in quanto testimonianze diun passato identificativo della cultura nazionalee fonti d’ispirazione per l’architettura ‘nuova’.Adesso che la storia e gli stili del passato costitui-vano il bacino figurativo cui attingere per defi-nire uno stile rappresentativo della Nazione, lostudio e l’intervento sui monumenti storici di-ventavano cruciali e, quindi, anche il loro inse-gnamento poiché dovevano condurre all’in-dividuazione di modelli di riferimento, veri ar-chetipi della genealogia architettonica del luo-go48. Studio storico e atteggiamento filologicosaranno, inoltre, premesse metodologiche neces-sarie agli interventi di restauro volti a rintrac-ciare modelli utili per ricomporre i monumenti,per completarli, oppure per ripristinarli, nonsenza fantasiose interpretazioni. E se, in unprimo momento, la ricerca sarà caratterizzata dafinalità nazionalistiche, ma non ideologiche epolitiche, l’ascesa del regime fascista convaliderà,invece, l’attitudine a recuperare le testimonianzemedievali, intese quali riferimenti identificatividella regione umbra, ma procedendo a una loroomologazione attorno a modelli neomedievali.Teoricamente in linea con l’orientamento del re-

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stauro prima filologico, poi storico e quindiscientifico, che distingueva il pensiero italianoda quello ‘stilistico’ francese, nella prassi gli in-terventi sui monumenti si mantenevano, invece,piuttosto distanti dal rispettarne la stratificazionestorica e la complessità linguistica, orientandosiverso quelle schematizzazioni tipiche del ripri-stino che resteranno una costante nella storia delrestauro europeo, fino ai giorni nostri.I disegni di Angelini erano, peraltro, debitori diuna più solida conoscenza in materia di monu-menti umbri e di restauro, in gran parte ereditatada Ugo Tarchi. Sono suoi, infatti, molti metico-losi rilievi – e altrettanti disegni ricostruttivi –

dei principali monumenti umbri, fra cui anchela chiesa di S. Francesco al Prato, che certamenteispirarono il lavoro di Angelini49. Votato all’ideache i monumenti dovessero essere ripristinati inuna forma compiuta e, all’occorrenza, comple-tati, Tarchi aveva assunto una precisa imposta-zione nell’affrontarne lo studio e il restauro,fondati sul rilievo dell’architettura e sull’analisidello stile. L’intervento di restauro, in tal modo,sfociava però nel ripristino vero e proprio, soventeaccompagnato da demolizioni consistenti e daricostruzioni fantasiose. In questo esercizio a metà strada tra filologia, ri-pristino e invenzione, si erano peraltro cimentati

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Ulpiano Bucci, a sinistra, ed Edoardo Vignaroli, a destra, Facciata dell’antica chiesa di S. Francesco al Prato in Perugia, 1925 circa.I disegni furono proposti al Comune in Perugia in alternativa alle soluzioni proposte da Moretti prima e da Angelini poi ma furonoscartate (ASSPg, b. 54 II 5a).

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anche Ulpiano Bucci ed Edoardo Vignaroli, dueillustri colleghi di Angelini, i quali avevano pro-posto altrettante varianti alla ricostruzione dellaparte di facciata mancante, interpretando conmaggiore inventiva il ripristino del monumento.Esse, tuttavia, furono scartate50 non perché rite-nute scorrette ma perché la Soprintendenza,che in passato aveva sostenuto l’attenta propostafilologica di Moretti, mostrava di preferire lamaggiore ‘scientificità’ della più aggiornata so-

luzione proposta da Angelini51. Poco importa sein corso d’opera, dopo aver demolito le aggiuntee aver smontato l’intera facciata, l’intervento sispingerà ben oltre le linee indicate dal progetto,procedendo con la sostituzione completa del ri-vestimento52.Gli incarichi professionali offerti ad Angelinidopo il restauro della chiesa di S. Francesco alPrato saranno, ancora, piuttosto complessi e de-licati53 e riguarderanno progetti di restauro, dinuovi edifici e per i piani regolatori di alcunecittà. In essi Angelini mostrerà di ricorrere a stilie linguaggi sempre diversi ostentando un atteg-giamento eclettico, sintomo di quel ‘plurilingui-smo’ in cui il processo d’identificazione culturaledella nazione affondava le proprie radici. Il pas-saggio disinvolto da un linguaggio architettonicoa un altro, da forme e stilemi ancora classici econservatori a un razionalismo ancora stentato,non rappresentava certo una voce fuori dal coro,ma in Angelini appare sintomo dell’assenza diuna precisa identità culturale, una “sindrome”che contraddistingue anche le tecniche di rap-presentazione e di disegno che adotta. In rapidasuccessione, Angelini progettò, sempre a Perugia,

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Pietro Angelini, progetto di ripristino del postergale della Sala dei Notari (palazzo dei Notari), scala 1:15 (da ANGELINI 1980).

Perugia, la facciata della chiesa di S. Francesco al Prato dopoil restauro (da Il Tempio di S. Francesco 1927).

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il ripristino del ‘postergale’ di XVI secolo nellaSala dei Notari del palazzo dei Priori, di cui, nel1927, propose una ricostruzione integrale54. Nellostesso anno disegnò una nuova fontana in viaMaestà delle Volte, inserita nel complesso delleopere di ripristino di un angolo fra i più pittore-schi – e storicamente più falsi – del centro peru-gino, proponendo un elemento tutto giocato surimandi neomedievali ma, di fatto, evidentementemoderni55. Nel 1928, poi, gli fu proposto d’inter-venire sulla centralissima Loggia di Braccio For-tebraccio collocata nella piazza ‘Grande’ perliberarne le arcate dalle tamponature posticce56.L’intervento consistette, ancora un volta, nel pro-seguire e portare a termine un progetto già av-viato anni prima, che prevedeva la liberazionedegli archi e l’inserimento di catene metallichedi consolidamento, mentre è suo, invece, il dise-gno del nuovo ‘stilobate’ di travertino, del coro-namento in mattoni rivestito in travertino e dellacancellata che racchiude lo spazio coperto. Sem-pre per la piazza principale della città, nel mag-gio del 1927, egli progettò una nuova pavimenta-

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Pietro Angelini, L’arco dopo la sistemazione. Prospettiva dalpunto D (v. Planimetria), 1927 (ASSBAPg, AS(C) 11.5c, f.3523). Si tratta dei uno dei disegni elaborati da Angelini per lasistemazione di via della Maestà delle Volte e la realizzazionedi una fontana.

Perugia, Loggia di Braccio Fortebracccio nella “piazza grande”dopo la sistemazione del 1928 (da ANGELINI 1980).

Perugia, via Bagliona, inglobata nei resti della Rocca Paolinasottostante il Palazzo della Provincia, dopo la liberazione daidetriti e la riapertura progettata da Pietro Angelini fra il 1931e il 1932 (da ANGELINI 1980).

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zione in vista dell’installazione della linea tran-viaria attorno al Duomo, ma né l’una né l’altrafurono realizzate.Fra il 1931 e il 1932 gli fu poi affidato il recuperodi un tratto dell’antica via Bagliona, dal Trivioalla rampa cordonata che scende verso la Portadel Soccorso, e delle due sale cannoniere con ac-cesso da Porta Marzia, residuo della città quat-trocentesca inglobato nella sangallesca RoccaPaolina e rimasto sotto il nuovo palazzo dellaProvincia. In base alle scarse notizie che abbiamodi questo intervento, si deduce che esso consistettein una – non semplice – rimozione dei detritiaccumulatisi in seguito alle numerose demoli-zioni e ricostruzioni succedutesi nei secoli. La ri-composizione di quei suggestivi spazi, operazionedi grande interesse archeologico e storico-urba-nistico che anticipava il percorso urbano mecca-nizzato poi realizzato negli anni ottanta nel con-testo del programma di recupero del centro sto-rico, fu proposta dal Comune e, non a caso, fuaffidata ad Angelini, ma non ebbe successo ecadde presto in disuso57. Fra gli anni venti e trenta del Novecento, Angelinipartecipò anche ai concorsi per i piani regolatoridi Arezzo (1929)58 e di Perugia (1932)59, per la

sistemazione della ex piazza d’Armi di Perugia(1928)60 e per il nuovo palazzo di giustizia di Pe-rugia (1935)61. Rimasto a lui caro negli anni,forse anche per la scala dimensionale contenutae per la natura scultorea dell’oggetto, il tema del‘Monumento ai caduti di guerra’, ripetutamenteproposto nei concorsi pubblici, lo vedrà più volteimpegnato62. Fra i progetti non realizzati, inoltre,si ricordano lo studio per un cimitero monumen-tale, “Il Famedio”, e per il palazzo di un’amba-sciata italiana all’estero, lavori citati da Angelinima di cui non si sa molto di più63. Non vinse al-cuno di questi concorsi – se non nella nativa Ripidove realizzò il Monumento ai Caduti – ma isuoi disegni furono più volte segnalati, nelle gra-duatorie e sulle riviste di architettura.Nella monografia autobiografica egli ricorderàanche la sua passione per la pittura, probabil-mente sviluppata durante gli studi presso l’Acca-demia di Roma e coltivata negli anni con rareesposizioni, per lo più in gioventù64. La carriera professionale di Angelini non cono-scerà altri exploit importanti dopo l’esaurimentodella ‘fase’ perugina della sua attività. Nel 1938,professore e direttore dell’Accademia di Belle Artidi Perugia e ormai affermato architetto, egli si

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Pietro Angelini, progetto per il nuovo palazzo di giustizia di Pe-rugia, primo concorso, 1935 (da ANGELINI 1980).

Ripi, Monumento ai Caduti della guerra del 1915-1918 inpiazza della Vittoria, Pietro Angelini, 1925.

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1 Si ricordano Annibale Angelini (Perugia, 1812-1884), ac-cademico di Belle Arti, artista, restauratore scenografo, trat-tatista; da non confondere col nostro, il pittore Piero (oPietro) Angelini (Forlì 1888 - Roma 1977), di media noto-rietà ma al quale va, forse, attribuita la mostra personale al-lestita a Milano nel 1979. Va, infine, segnalato, Luigi An-gelini (1884-1969), ingegnere-architetto bergamasco alquale si deve il piano di recupero della sua ‘città alta’, quindipiù noto del nostro Pietro, insieme al quale, peraltro, parte-cipò al concorso per il piano regolatore di Arezzo. 2 Corre l’obbligo di ricordare che i dati biografici e relativialla formazione di Angelini sono in parte ricavati da fontiindirette o desunti da altri studi e non sempre sono concor-danti. Il recupero d’informazioni più precise richiede ricer-che approfondite presso vari archivi e istituzioni che com-porta tempi inconciliabili con questa pubblicazione. 3 Archivio Centrale dello Stato (d’ora in poi ACS), MPI,AABBAA, 1908-1912, div. II, allegati grafici, b. 3 e Opuscoloa stampa. Decreto del M.P.I., Concorso al pensionato arti-stico nazionale in Roma (estratto dal bollettino ufficialen° 17 del 23 aprile 1914), Roma 31 marzo 1914. Sul Pen-sionato Artistico Nazionale si veda BERTA 2008, in particolaresu Pietro Angelini, pp. 103, 105.4 DAMIGELLA 2002. Il tema di concorso sul quale si cimenta-rono i giovani architetti consisteva nel progetto di un ‘Tem-pio dedicato alla gloria’.5 CALZINI 1920; fra gli 81 disegni ammessi al concorso, il pro-getto di Angelini verrà selezionato insieme ad altri tredici.6 Manfredo Manfredi fu il primo preside della Scuola Supe-riore di Architettura dove insegnava anche ComposizioneArchitettonica; ad Arnaldo Foschini era affidato il corso diElementi di Composizione, a Gustavo Giovannoni di Re-

stauro Architettonico, a Marcello Piacentini di Edilizia Cit-tadina, a Vincenzo Fasolo la Storia e gli Stili dell’Architettura,a Giovan Battista Milani di Caratteri Distributivi e a GiulioMagni di Elementi Costruttivi. In proposito, La Facoltà diArchitettura 1955, pp. 198-199, VENTURI 1924 e NICOLOSO

1999, con specifiche su Pietro Angelini a pp. 59, 71, 76, 149,185-186.7 NERI 2001, pp. 317-372 e EAD. 2006.8 Egli, quindi, fu forse dispendiato dal dover frequentarel’iniziale biennio di formazione godendo, probabilmente,di una particolare dispensa riservata a coloro che eranogià in possesso del diploma di ‘professore di disegno’ otte-nuto presso l’Accademia. Anche in questo caso le notiziesono incerte. Risulta infatti che Angelini si laureò nel 1924ma si vedrà che, già nel 1923 egli aveva ‘compiuto’ glistudi presso la Scuola Superiore di Roma; in proposito, LaFacoltà di Architettura 1955, p. 203. Tuttavia, in LaScuola di Architettura 1932, a p. 36 è pubblicata un’im-magine del suo progetto di laurea con la data 1922, colche non collimano le date. Resta il fatto che, ormai tren-tenne, Angelini si laureò a Roma e ricevette una forma-zione aggiornata alle più attuali teorie del restauroarchitettonico dell’epoca.9 Una breve biografia dell’architetto si trova in MURATORE,BOCO 1989, pp. 72-73 e ANGELETTI 2009. Nessuna notiziaspecifica si trova in CECCHINI 1954 e non molto di più in-dicano gli inventari dell’archivio dell’Accademia di BelleArti di Perugia che, tuttavia, richiederebbero un sondaggioben più approfondito di quanto qui consentito, specie nellasezione grafica dei documenti; ASABAP, Inventario 1981.10 Sulla vicenda legata al Decreto Rosadi e alla Riforma Gen-tile che condusse all’istituzione delle facoltà di architettura,specie quella di Roma, si vedano le due diverse posizioni inNICOLOSO 2004 e in MIARELLI MARIANI 2001.11 La Scuola Superiore di Architettura di Roma sarà istituitacol R. Decreto del 31 ottobre 1919, pubblicato nel febbraiodel 1920.12 SIMONCINI 2001 e NICOLOSO 2004, pp. 69-71.13 MIARELLI MARIANI 2001, pp. 150-151.14 Giovannoni seguiva i numerosi interventi di restauro incorso in quegli anni in Italia coltivando personalmente lerelazioni con i cultori del Centro di Studi per la Storia del-l’Architettura, con colleghi architetti e ingegneri e con suoiex studenti, fra cui anche il nostro Angelini; in proposito, SI-MONCINI, BELLANCA, BONACCORSO, MANFREDI, ZANDER 2002, p. 22.Fra i documenti ivi conservati, v’è un disegno e una rela-zione dell’Angelini per il ripristino della facciata di S. Fran-cesco al Prato che servirà a Giovannoni per presentarne ilrestauro sulle pagine di “Architettura e arti decorative”, V,

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trasferirà a Napoli dopo aver vinto il concorso didirettore del Regio Istituto d’Arte, incarico che loimpegnerà a tempo pieno nell’attività accade-mica.Egli lascerà, quindi, Perugia e la sua Accademiaproprio nel momento in cui questa perderà ilproprio importante ruolo nella formazione degliarchitetti. Il suo allontanamento dalla cittàumbra coinciderà, non casualmente, con i cam-biamenti epocali che il Paese stava per affrontarecon la fine del regime fascista.

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1925-1926 nella sezione “Cronache dei Monumenti” a pp.190-191.15 PIACENTINI 1921. 16 CECCHINI 1954, p. 197, dove risulta che Angelini fu profes-sore di architettura dal 1922 al 1937 e direttore dell’Accade-mia dal 1926 al 1937.17 «Alla memoria di mia moglie, Rosa, che ha sempre seguitoil mio lavoro, specialmente quello riguardante la ‘sua’ Pe-rugia, che Ella tanto amava», ANGELINI 1980, frontespizio.18 ASABAP, Verbali del Consiglio Accademico, 1923, Verbaledel 12 luglio 1923 e Verbale del 19 dicembre 1923.19 Il concorso si basò sulla valutazione dei titoli dei candidatie in una prova ex tempore di progettazione a tema di unedificio. Il tema estratto riguardava la progettazione di una«cappella votiva da sorgere in Perugia in memoria dei suoifigli caduti per la patria, su un’area di mq 100,00» per laquale si richiedevano una planimetria, schizzi prospettici eparticolari geometrici; ASABAP, Atti 1923, f. 28, Concorso allaCattedra di Architettura, che riporta premesse ed esiti delconcorso; gli elaborati grafici, invece, non sono al momentorintracciabili nello stesso Archivio.20 La Commissione di valutazione era composta da CesareBazzani, presidente e delegato del Ministero della PubblicaIstruzione, l’architetto Antonio Petrignani e il pittore CarloGino Venanzi, delegati del Corpo Accademico, l’architettoEdoardo Vignaroli, delegato del Consiglio dell’Accademia, elo scultore Angelo Biscarini, delegato del Comune di Perugia;ASABAP, Atti 1923, f. 28, Concorso alla Cattedra di Archi-tettura.21 ASABAP, Atti 1923, f. 28, Concorso alla Cattedra di Archi-tettura, ‘Lettera d’invito al concorso 21 novembre 1923, in-dirizzata a ‘Pietro Angelini, R. Istituto Tecnico PiazzaMontana, Milano’, e ‘Verbale del concorso’, bozza redatta daCesare Bazzani il 27 novembre 1923; il medesimo testo è ri-portato nel documento ufficiale finale. Angelini prenderàservizio come professore di ruolo il 3 dicembre del 1923.22 ASABAP, Atti 1923, f. 19, Nomine di Accademici di Merito,adunanza del 5 maggio 1923, dove Pietro Angelini risultaeletto fra gli accademici di merito residenti a Perugia.23 ASABAP, Verbali del Consiglio Accademico, 1923, Verbaledel 17 febbraio 1923; riferisce di una «accurata relazionedi Angelini in ordine ad alcune sue proposte di riforma dellascuola d’arte applicata della quale il consiglio prende attocol più vivo senso di compiacenza». Angelini sarà nominatoquale collaboratore al progetto di riforma della scuola d’artecompilato da Carnevali, Guerra, Biscarini e Dottori.24 «L’Angelini, giovane di anni e di spirito, portò un soffio divita nuova nell’atmosfera stagnante dell’Accademia. I diri-genti, coadiuvati dall’Angelini, accelerarono i tempi e si posero

sulla via di un deciso rinnovamento. Si immisero nel Consiglioaccademico elementi nuovi e giovani e venne affidata a quat-tro di essi, e cioè agli artisti Carnevali, Guerri, Biscarini e Dot-tori, rappresentante della Provincia, l’incarico di compilareun progetto di riforma di tutta l’organizzazione dell’Istituto»,DOTTORI 1943, p. 29. Angelini, invece, non compare in CECCHINI

1954 che, nel tracciare la storia dell’Accademia perugina nelsecondo dopoguerra, a mala pena lo menziona.25 La questione, in ambito nazionale, si risolverà col R.D.3123 del 31 dicembre 1923 ‘Ordinamento degli studi artistici’che istituì i licei artistici e gl’istituti d’arte, finanziati al 75%dallo Stato. 26 NICOLOSO 1999, p. 71, n. 81 che cita da “Architettura e ArtiDecorative”, 1928, 9, (Supplemento Sindacato Nazionale Ar-chitetti. Pagine di Vita Sindacale).27 MARCONI 1936.28 La vicenda è raccontata, con varie inesattezze, in BORGNINI

2011. 29 Il restauro è descritto, con toni enfatici e agiografici, in IlTempio di S. Francesco 1927. Numerosi gli articoli, altret-tanto celebrativi, pubblicati in occasione dell’inaugurazionedella facciata; ANGELINI 1980, pp. 37-38, bibliografia. Il 6 ot-tobre 1926 il Duce «concederà all’Istituto [l’Accademia diBelle Arti di Perugia] l’altissimo onore della sua visita» innon casuale concomitanza con l’avvio dei lavori alla chiesadi S. Francesco, adiacente al convento ove l’Istituto avevasede, per suggellare il legame fra il regime e l’attività cultu-rale che in essa si svolgeva.30 Chiesa e convento divennero proprietà dello Stato nel 1880,furono dichiarati ‘monumento nazionale’ nel 1894; nel1901, il convento divenne sede dell’Accademia di Belle Arti.31 ASPg, ASCPg, Amministrativo 1871-1953, b. 185, fasc. 20;i documenti relativi al restauro della facciata della chiesa sitrovano, invece, nell’Archivio Storico della SoprintendenzaBeni Architettonici di Perugia (da qui in poi ASSBAPg), b.54 II 5a, f. 3119, Dichiarazione monumento nazionale1894; f. 3120, Facciata restauro 1925-1928-35; f. 3121,Piazzale antistante 1919-1921; f. 3124, Relazione Guar-dabassi 1934; f. 3122, Finanziamento 1920; si veda ancheb. AS(C) II.3, f. 3126, Restauro 1928; f. 3127, Restauro 1930,e b. 54II-5a, f. 3719, Sistemazione 1919-1921.32 Il Sindaco, nel 1925, si farà promotore dell’intervento pre-sentando alla Soprintendenza il progetto per il restauro dellafacciata elaborato da Angelini, ma chiederà sostegno eco-nomico al Ministero della Pubblica Istruzione; ASSBAPg, b.54II-5a, f. 138, s.d. Nei fatti, l’allora Ministero dell’Educa-zione concorrerà, con 80.000 lire, per un terzo della spesacomplessiva dei lavori, pari a 240.000 lire. La facciata ripri-stinata verrà inaugurata il 30 ottobre 1927.

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33 In Umbria la ricorrenza ebbe un peso culturale e religiosonotevole, non privo di riscontro politico-ideologico, specienel processo d’identificazione della regione dove san Fran-cesco rappresentava una figura chiave. Il tentativo di con-trollare il restauro dei monumenti per assimilarne l’ereditàculturale, religiosa e simbolica, appare evidente in questa ein altre vicende ed è stato già notato come la particolare at-tenzione che lo Stato (nel nostro caso il Comune di Perugia)pose nel restauro di chiese e conventi negli anni Venti fossecollegato con l’imminente concordato del 1929.34 Nel 1920 il Comune di Perugia aveva già acquistato i ter-reni circostanti per liberare il prato prospiciente la chiesa el’Oratorio di S. Bernardino dai numerosi alberi ad alto fustoche ostruivano la vista del complesso architettonico. Conte-stualmente, i frati proposero al Comune di acquistare anchela costruzione addossata alla facciata della chiesa, rimastadi loro proprietà dopo la demaniazione postunitaria, per si-stemare la piazza e restaurare la facciata, chiedendo in cam-bio la cappella degli Oddi da trasformarsi in sagrestia;ASSBAPg, b. 54II-5a, Proposta di cessione di fabbricato eripristino della facciata di S. Francesco al Prato e dellacappella degli Oddi, Confraternita dell’Immacolata Con-cezione di Maria SS. al Soprintendente ai Monumenti del-l’Umbria, Perugia, 21 marzo 1920 e Verbale del sopralluo-go (eseguito dalla stessa), 22 maggio 1920.35 «Dell’antica facciata rimaneva soltanto la zona inferiorecioè fino ai plutei composti di formelle rotonde incavate conlarga cornice, terminanti all’altezza dell’imposta dell’arcodella nicchia. Per tutto quello che mancava era necessarioattenersi al dipinto di Benedetto Bonfigli. Ma per fortuna,dentro la muratura della cappella del Confalone furono tro-vati qua e là alcuni pezzi (e più se ne troverebbero se si sca-ricasse la fabbrica settecentesca) i quali hanno dato lume acondurre il restauro sulle tracce dell’antico con scrupolosaesattezza», Il Tempio di S. Francesco 1927, p. 28. 36 La cappella fu costruita per puntellare la facciata lesiona-tasi a causa dei cedimenti fondali. Per lo stesso motivo, frail 1737 e il 1748 anche la chiesa era stata foderata con unamuratura di rinforzo dall’architetto Pietro Carattoli; sullasituazione del complesso conventuale di S. Francesco alPrato a fine Ottocento, Sulla chiesa di S. Francesco 1888.37 Emerge, anche qui, il giudizio negativo che la storiogra-fia architettonica dell’epoca riservava alle opere barocche:«E gran parte delle nostre chiese subirono il triste destino:Bernini, Maderno, Bianchi vengono in Perugia, a Spoleto,a Terni, ad Orvieto e passano sacrilega mano su quello cheera stato grande espressione della Fede di un popolo, e la-sciano, come anni prima Michelangelo aveva lasciato loro,il germe del barocco. Lo raccolsero alcuni e continuarono

nelle devastazioni», GURRIERI 1925c (in ASSBAPg, b. 54II5a).38 ASSBAPg, b. 54II 5a, Comune di Perugia alla Soprinten-denza alle Gallerie e Oggetti d’Arte dell’Umbria, doc. 140,“Affidamento dell’incarico di svolgere una perizia in meritoall’assetto del terreno franoso di fondazione al geologo Gio-acchino De Angelis d’Ossat”, 1925. 39 ASABAP, DSOD715 e DSOD716, Disegno di Pietro Angeliniper il restauro di S. Francesco al Prato, Facciata dellachiesa di S. F. al Prato, 1925; Angelini produrrà anche uncomputo metrico estimativo dell’intervento e un rapportocorredato dei documenti necessari al Comune di Perugia ealla Soprintendenza per valutare l’intervento; ASSBAPg, b.54II-5a, Doc. 143, 27 ottobre 1925.40 «Rimaneva la facciata di S. Francesco al Prato, ed anchequesta fu in parte demolita per alleggerirne il peso, parte funascosta dalla muratura, e parte fu imbiancata con la calce.È utile ricercare, se il lavoro di rivestimento di marmi colo-rati fu fatto in costruzione, ovvero quando la chiesa era giàinteramente compiuta. Sembrerebbe ovvio rispondere che ilavori furono eseguiti insieme, non solo perché vari pezzierano profondamente innestati nel muro, ma anche perchétutto quell’insieme, di stile alquanto primitivo, si direbbeanzi di parecchi anni anteriore alle volte che erano di purostile ogivale. Dirò francamente la mia opinione la quale, peressere fondata su ragioni di fatto e non di gusto personalenon vuol essere respinta senza essere prima presa in consi-derazione. Nel demolire quella parte della facciata che ri-maneva ancora, giacché nel costruire la nuova chiesa fuscaricata anche la seconda zona, risparmiata nel fabbricarela Cappella del Gonfalone, si è potuto constatare che moltedi quelle pietre, tolte da altri edifici, erano state adattate aldisegno con tasselli e riempiture di cemento», Il Tempio diS. Francesco 1927, p. 16.41 «Angelini avvertì subito ch’era necessario demolire tantoi piloni quanto quella parte della facciata ch’era rimasta inpiedi e rifarsi dai fondamenti... il Podestà di Perugia si affidòalla perizia indiscutibile e all’attività instancabile dell’ar-chitetto Angelini», ivi, p. 27.42 Ivi, p. 12.43 Intellettuale e storico perugino, di stampo antifascista, Ot-torino Gurrieri si batté assiduamente per il restauro dei mo-numenti della sua città e dell’Umbria. Autore di numerosemonografie sui monumenti di Perugia e dell’Umbria, re-dasse alcune guide all’architettura e alla storia della città,fra cui Perugia. Guida illustrata 1963 e Storia di Perugia1974.44 «Infine, se il timpano è stato circondato di mensoline, nonsi può accusare l’architetto d’essersi preso una licenza; giac-

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ché non si sono rinvenute né le mensole, né i tondi, volutidai giornalisti, né altro coronamento; e dovendo pur risolverela questione, l’Angelini ha preferito le mensole che, a dire ilvero, rifiniscono meglio che non aprisse dal disegno. Il pro-fessor Angelini deve essere molto soddisfatto, che il settimocentenario del Patriarca Serafico gli abbia offerto il mododi mostrare la sua valentia; e che abbia da reputarsi bencompensato del lungo studio, del grande amore e delle fati-che spese indefessamente nel condurre a termine l’opera, intempo così ristretto, essendosi innalzato da sé medesimo unmonumento, al quale va raccomandata la testimonianzadel suo valore, e la fama tradizionale della nostra Accademiadi Belle Arti, ch’egli onora col suo insegnamento, e che sa-pientemente dirige», Il Tempio di S. Francesco 1927, p. 28.45 «Due torrioni di poderosa struttura, simiglianti in certoqual modo ai torrioni di S. Domenico, sostengono la costru-zione e, per così dire, racchiudono tra loro la facciata chesembra con la sua policromia di marmi e di affreschi di notapiù vivace. Indovinatissimi sono infatti i motivi delle formelledelle nicchie delle false griglie, che formano certamente unsimpatico connubio, mentre a rompere la monotonia servela macchia del rosone, della porta e soprattutto del tetto chemostra l’interno oscuro e profondo. I quadrelli, i prismi, ipiccoli dischi sono geniali, e saranno ancor più se l’inge-gnere, che dirigerà i lavori, saprà trovare dei marmi diversifra loro per tonalità, ma da formare un gentile e armoniosoconcento ... Con ciò molto si potrebbe fare, anzi, non fare,ma togliere ...; e ciò consisterebbe nel demolire aggiunte, co-struzioni, veri vituperi che l’insana mano dei secoli passatiha fatto sui monumenti della città», GURRIERI 1925a, inASSPg, b. 54II-5a.46 Di sicuro rilievo in questo contesto (ma poco studiata) ap-pare la posizione della ‘Brigata Perugina degli Amici del-l’Arte’ schierata su posizioni filologiche, fondate sullasemplicità e sulla distinguibilità delle opere di completa-mento: «Il Consiglio Superiore della Brigata Perugina degliAmici dell’arte riassumendo diligentemente le discussioni ele proposte circa i progetti per la sistemazione della facciatadella chiesa di S. Francesco di Perugia; confermando comenon esistano elementi e documenti sufficienti per procederead un ripristino vero e proprio, mentre un completamentoarbitrario per quanto conforme allo stile e al carattere del-l’edificio risponderebbe ai criteri di quella probità storica eartistica che deve informare l’opera dei restauratori degli an-tichi monumenti, formula vivissimi voti e raccomandazioniperché le sue opere nuove che verranno eseguite sulla fac-ciata della chiesa di S. Francesco di Perugia risultino evi-dentemente come opera di semplice sistemazione per modoche sia palese all’osservazione e allo studioso comune nes-

suna opera neppure secondaria d’invenzione o di fantasiada parte dei restauratori si è sovrapposta all’aspetto, al ca-rattere e alle condizioni preesistenti dell’antico monu-mento», ASSPg, b. 54II-5a, Lettera della Brigata amicidell’Arte al Soprintendente ai Monumenti dell’Umbria,22 febbraio 1926; nella medesima busta si trova anche S.A.,1926.47 «Il progetto di Moretti [non è] un progetto vero e proprio,[ma] altresì un rilievo documentato, e in gran parte inesattofrutto degli studi pazienti di un valente pittore. Il Comuneinvece, che è quello che paga, sostiene il progetto di Ange-lini» GURRIERI 1925b, in ASSPg, b. 54II-5a.48 NERI 1997, pp. 133-176, EAD. 2000, pp. 486-521.49 Disegni e immagini di Ugo Tarchi della chiesa di S. Fran-cesco al Prato sono custoditi in ASABAP, DSOD467 e DSO468,469 470 e 471; gli stessi furono poi pubblicati insieme alleimmagini della fabbrica dopo l’intervento degli anni ventiin TARCHI 1940.50 «Il Comune di Perugia mi trasmette gli uniti progetti deisignori Ulpiano Bucci e Edoardo Vignaroli, con preghiera diinoltrarli a codesto Sup. Ministro. Questo istituto ritiene chenon possano essere presi in seria considerazione, essendo digran lunga migliore e più fedele la ricostruzione già propo-sta, che, con alcune condizioni, potrà a suo tempo essereadottata», ASSPg, b. 54II 5a, Lettera del Soprintendente alSindaco di Perugia (bozza), 25 gennaio 1926.51 «Al tempo del Bonfigli, cioè nel 1465, il timpano dellachiesa di S. Francesco era vuoto, non ricoperto di cortina,non essendo forse di murare. Proporrei che il timpano avesseuna inclinazione di grado minore di quella proposta, chenon fosse rivestito a cortina bicolore scaccata, ma unita, ela finestra per aerare le volte fosse un semplice rettangolo,senza scorniciature. Quanto al rosone occorrerebbe attenersiesattamente a quello riprodotto dal Bonfigli, e così pure nonapprovo la gradinata - che non esisteva - innanzi alla fac-ciata, potendosi facilmente adattare il terreno antistante allivello voluto», ASSPg, b. 54 II 5a, Lettera del Soprinten-dente all’Arte Medioevale e Moderna dell’Umbria Um-berto Gnoli alla Direzione Generale Antichità e Belle Arti,21 novembre 1924.52 Ciononostante, Gurrieri sottolineerà il «[troppo] discretoporsi nei confronti del monumento, e la scarsa inventivitàdella proposta» poiché, come afferma egli stesso, sarebbeben più auspicabile un completamento in stile, anche consoluzioni del tutto inventate: «Va sans dire che la digni-tosa scrupolosità dell’esimio architetto [Angelini] non haconsentito alla sua straordinaria fantasia di spaziare liberasenza limiti e restrizioni. Noi no; esteti in tutto e per tutto,conoscendo i monumenti della nostra città siamo l’unica

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e indispensabile risorsa di tutto e per tutti, e citando lafamosa frase del grande artista romano che un buon falsoè sempre meglio di un brutto autentico, andiamo verso ilripristino e il vero completamento, liberi ma sempre osse-quenti, audaci ma sempre intonati. L’epoca della rigidezzastorica è finita. Per noi un monumento incompleto è comeuna missione che i nostri antichi padri ci lasciarono percompiere una cospicua eredità da valorizzare e da ingran-dire. E il mondo intellettuale si avvia a gran passi versoquesta identità. Quindi osserviamo la facciata della chiesae ragioniamo matematicamente così: 1 - Tutta la decora-zione tende a spegnersi dolcemente per minuziosità di di-segno verso l’alto: occorre quindi che il timpano sia laparte più semplicemente decorata di tutta la facciata. 2 -Tutta la decorazione è scompartita a diversi ripiani o divi-sioni differenti uno con l’altro e cioè a nicchie, a griglie, arombi e a formelle: occorre quindi che il timpano abbiaun altro e differente motivo di decorazione. 3 - In quasitutte le chiese il timpano o la cuspide non è a livello deltetto ma l’oltrepassa, e può essere più acuta o più orizzon-tale di questo. 4 - Non è logico il decidere se la chiesa fini-sca con un timpano o con la cuspide; nel primo caso sononecessarie le mensolette divisorie, nel secondo no. Ma os-servando tutte le chiese perugine dello stesso tipo benchépiù primitivo vediamo l’assenza totale del timpano e in-vece la preferenza alla cuspide sorpassante il tetto e perconsueto coronamento ne mensolette, né archetti pensili,ma semplicemente al di sopra di quei dischetti concavicome ognuno può vedere sulla chiesa di Monteluce. Quinditirate le somme ne vien fuori un totale così concepito: lachiesa deve avere preferibilmente la cuspide più alta deltetto; come decorazione un motivo più semplice di quellosottostante e cioé, come coronamento i tipici dischetti con-cavi», ASSPg, b. 54II-5a, GURRIERI 1925b. 53 DOTTORI 1927, BOTTAZZI 1932, RICCI 1927.54 GIOVANNONI 1927, p. 158.55 ASSBAPg, b. 57.6 f. 3522, Maestà delle Volte, AS(C) 11.5cf. 3523, Restauro 1927, b. 56.I.32, Intervento al seminariodi Maestà delle volte, prof. Angelini. La busta contiene inol-tre alcuni ritagli di quotidiani fra cui: I lavori alla Maestàdelle Volte, in “Il Giornale d’Italia”, 10 agosto 1927; LaFonte della Maestà delle Volte, in “Vita Umbra”, 1928, 4-5;I lavori alla Maestà delle Volte, in “Il Giornale d’Italia”, 11gennaio 1929; Veracchi L., Leggiadria di una fonte framura maestose, in “Il Popolo di Roma”, 14 gennaio 1938.56 BRUNAMONTI 1928, Il ripristino della Loggia 1928, RICCI

1928 e Il Tempio di S. Francesco 1927, pp. 78-80. La docu-mentazione archivistica relativa agli interventi su questafabbrica si trovano in ASSBBAPg, b. 52.II, f. 3319, Consoli-

damento portico di Braccio Fortebraccio; Restauro, 1896;b. 56I-98a, f. 3515, Loggia di Braccio 1933; b. 56I-94v, f.3516, Portico di Braccio Fortebraccio finanziamento1920; b. AS(C)II-5b, f. 3517, Portico di Braccio FortebraccioRelazione 1927, Portico di Braccio Fortebraccio; b. AS(C)-II.3, f. 3518, Restauro 1927; b. AS(C)-II5a, f. 3519, Ripri-stino 1927; b. 55.3a, f. 3521, Demolizione 1924-1927.57 In proposito, GURRIERI 1934 e BONELLA, BRUNORI, CILIANI

2002. 58 ANGELINI, GIUNTI, ANGELINI 1929; LENZI 1930.59 Il gruppo di progettazione era composto da Gino Cancel-lotti, Luigi Lenzi, Eugenio Fuselli, Roberto Lavagnino, LuigiPiccinato Alfredo Scalpelli, Giuseppe Nicolosi e Cesare Valle:fra questi, Angelini dovette rappresentare il membro ‘locale’.Il progetto, presentato col motto ‘10 P.R.’, ottenne il terzopremio, dopo quello presentato da Gaetano Minnucci, chearrivò in testa, e quello capeggiato da Luigi Moretti. Nessunodei tre progetti, tuttavia, fu realizzato poiché la commissione,notando forti affinità e forti discrepanze fra le soluzioni vin-citrici, decise di adottare una soluzione che fondesse le pro-poste migliori; MARCONI 1932.60 GIOVANNONI 1928; il progetto di Angelini sarà approvatodalla commissione giudicatrice del concorso.61 MURATORI 1934; il primo concorso indetto dal Ministero deiLavori Pubblici fu annullato, ma nel secondo Angelini vinseil secondo premio.62 OJETTI, UCCELLI, BERTINI CALOSSO 1929; Angelini progettò unmonumento simile anche per la città di Ferrara.63 ANGELINI 1980, pp. 10-11. Angelini, inoltre, ricorda un suointervento di restauro della scaletta quattrocentesca di viaBoncambi di cui, tuttavia, non s’è rinvenuta altra notizia;ANGELINI 1980, p. 5. Non v’è traccia, inoltre, del ‘Progetto diripristino della chiesa di S. Agata di Perugia’ del 1929, attri-buita all’Angelini nel catalogo dei disegni del ‘Centro di Studiper la Storia dell’Architettura’; in proposito cfr. SIMONCINI,BELLANCA, BONACCORSO, MANFREDI, ZANDER 2002, p. 127, scheda201.64 ANGELINI 1980, pp. 21-24. Fra le mostre, quella allestita allaGalleria d’Arte di Roma tra il 1940 e il 1943 di cui fu pro-motore Enrico del Debbio; NERI 2001, p. 344.

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