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La storia Gli autori e le opere Il teatro della seconda metà del Novecento 1930 1940 1936-1939 Guerra civile spagnola 1939 Inizia la seconda guerra mondiale 1939 Bertolt Brecht mette in scena Madre coraggio e i suoi figli 1945 Finisce la seconda guerra mondiale 1946 Nasce la repubblica italiana 1946 Jean-Paul Sartre rappresenta Morti senza tomba; Bertolt Brecht mette in scena Vita di Galileo; Eduardo De Filippo porta sulla scena Filumena Marturano 1947 Tennessee Williams scrive Un tram che si chiama desiderio 1949 Arthur Miller compone Morte di un commesso viaggiatore PREREQUISITI Conoscere e saper usare i principali strumenti di analisi del testo teatrale Conoscere il contesto storico-culturale di riferimento OBIETTIVI Conoscenze I diversi indirizzi del teatro europeo e statunitense del periodo I maggiori autori di teatro del secondo Novecento Unità

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Il teatro della seconda metà del Novecento

1930 1940

1936-1939Guerra civile spagnola1939Inizia la seconda guerra mondiale

1939Bertolt Brecht mette in scena Madre coraggio e i suoi figli

1945Finisce la seconda guerra mondiale1946Nasce la repubblica italiana

1946Jean-Paul Sartre rappresenta Morti senza tomba; Bertolt Brecht mette in scena Vita di Galileo; Eduardo De Filippo porta sulla scena Filumena Marturano 1947 Tennessee Williams scrive Un tram che si chiama desiderio1949 Arthur Miller compone Morte di un commesso viaggiatore

PREREQUISITI

Conoscere e saper usare i principali strumenti di analisi del testo teatrale

Conoscere il contesto storico-culturale di riferimento

OBIETTIVI

Conoscenze I diversi indirizzi del teatro europeo e statunitense del periodo I maggiori autori di teatro del secondo Novecento

Unità

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Competenze Comprendere e analizzare brani tratti da opere teatrali del secondo Novecento Riconoscere le scelte stilistiche e tematiche proprie di ogni autore

1950 1960

1950-1953Guerra di Corea1956Invasione sovietica dell’Ungheria1959 Rivoluzione cubana

1950Eugène Ionesco esordisce con La cantatrice calva 1952 Samuel Beckett rappresenta Aspettando Godot1955 Tennessee Williams mette in scena La gatta sul tetto che scotta1956 John Osborne rappresenta Ricorda con rabbia1957 Samuel Beckett rappresenta Finale di partita;Harold Pinter esordisce con La stanza

1969 Dario Fo compone L’operaioconosce 300 parole…

1961Inizia la guerra del Vietnam1968Contestazione studentesca

1970

1970 Dario Fo rappresenta Morte accidentale di un anarchico1974 Eduardo De Filippo mette in scena Gli esami non finiscono mai

1973Finisce la guerra del Vietnam1978Rapimento e uccisione di Aldo Moro

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sezione 3 Dagli anni Cinquantaai giorni nostri

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I caratteri del teatro contemporaneo

Il teatro europeoLa rivoluzione teatrale del secondo Novecento

Nel secondo Novecento molti fattori concorsero al rinnovamento del teatro europeo: l’insoddisfazione nei confronti del teatro tradizionale, il desiderio di sperimentare nuove formule e tecniche espressive e la volontà di rispondere a nuove istanze fino ad allora quasi sempre estranee al teatro, come quelle etiche, sociali, politiche e spirituali.

Tra gli anni Venti e Trenta il teatro europeo era stato profondamente influenzato dall’ope-ra di Luigi Pirandello (1867-1936; vedi U.11) e dall’esperienza del teatro espressionista, che tendevano a:

• isolare le singole scene, abolendo ogni continuità temporale; • caricare i personaggi di un valore simbolico; • allestire una scenografia libera da aspetti naturalistici; • mettere in scena una realtà grottesca e deformata. È in questo contesto che alcune esperienze contribuirono al rinnovamento del panorama

drammaturgico: • il teatro epico, che evitava ogni immedesimazione emotiva da parte dello spettatore e

ne sollecitava piuttosto lo spirito critico, inducendolo a riflettere su temi di ordine po-litico, morale, sociale; si trattava quindi di un pubblico dotato di una discreta prepara-zione culturale, in grado di porsi in un atteggiamento critico nei confronti dell’autore, del testo e degli attori;

• il teatro dell’assurdo (così definito nel 1961 dal critico Martin Esslin), che si ri-proponeva di rappresentare l’assurdità dell’esistenza nel mondo contemporaneo e l’incomunicabilità tra gli uomini attraverso balbettii, non-sense, dialoghi e monologhi disarticolati e inconcludenti;

• il teatro esistenzialista che, rappresentato soprattutto da Sartre (1905-1980), era incentrato principalmente sul tema della libertà dell’uomo e su problematiche civili e politiche;

• il teatro dei “giovani arrabbiati” (angry young men) che portarono sulla scena opere di denuncia della società classista.

Bertolt Brecht e il teatro “epico”

Dalle sollecitazioni e dall’impegno politico di orientamento marxista nacque il teatro “epico” di Bertolt Brecht (1898-1956), che mirava a denunciare lo sfruttamento e l’alie-nazione dell’uomo nella società capitalistica, assumendo, quindi, anche una valenza di-dascalica. Il drammaturgo tedesco ebbe un ruolo fondamentale nella rivoluzione teatrale della sua epoca perché teorizzò un rapporto nuovo tra attore e spettatore rifiutando l’“illusione teatrale” su cui si basava il teatro ottocentesco. Brecht iniziò la sua carriera a Berlino, dove ottenne un grande successo nel 1928 con la rappresentazione dell’Opera da tre soldi, rifacimento del celebre dramma popolare inglese del Settecento di John Gay (la cosiddetta Beggar’s Opera), arricchita da canzoni e ballate scritte da Kurt Weill. Tra le migliori opere del teatro “epico” ricordiamo Madre coraggio e i suoi figli (1939), storia di una madre che perde i tre figli durante la guerra dei Trent’anni, ma, essendo una di-spensiera che vende cibo intorno ai campi di battaglia, non riesce a maledire la guerra, che per lei è fonte di guadagno. In Vita di Galileo (1938-1939, rivisto successivamente nel 1946), l’autore affronta il tema del conflitto tra scienza e potere: la figura di Galileo, che abiura le proprie idee e convinzioni per evitare la tortura e, forse, la morte, diventa simbolo non solo dell’asservimento della scienza al potere, ma anche del coraggio che ogni uomo dovrebbe avere nel manifestare le proprie opinioni. Per queste due opere si parla di “teatro epico” in un’accezione diversa da quella convenzionale; se infatti l’agget-tivo “epico” rimanda a figure eroiche positive, la drammaturgia di Brecht si avvale di fi-

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gure contraddittoriamente “eroi che” e prive di psicologia profonda, che cedono a condizioni esterne e storiche, proprio come Galileo. Partendo dall’assunto che il teatro deve «procurare nozioni e non emozioni», Brecht chiede allo spettatore una partecipa-zione critica allo spettacolo, un’attenzione continua al messaggio. Per raggiungere questo scopo, la recitazione brechtiana deve rispondere a regole opposte rispetto a quel-le suggerite dal regista russo Stanislavskij (vedi Il teatro tra Naturalismo e Simbolismo, Aula digitale): non immedesimazione dell’attore nel personaggio ma, al contrario, stra-niamento da esso, quasi come se l’attore fosse solo un mezzo per “leggere” il testo e non un interprete attivamente partecipe. Contro l’idea tradizionale di un teatro che dia l’illu-sione della realtà, immergendo lo spettatore in un’atmosfera credibile, in Brecht la rap-presentazione teatrale deve palesemente essere una finzione, per stimolare il pubblico alla riflessione. Gli eventi fittizi messi in scena rimandano a situazioni storiche e socia-li che lo spettatore deve riconoscere e interpretare: la guerra come motore di guadagno economico, l’abbrutimento dei singoli davanti alle grandi tragedie, la lotta per la soprav-vivenza, il cinismo dei potenti.

Il teatro esistenzialista e il “teatro dell’assur do”

Partendo dalla lezione di Brecht, il teatro si rivolge direttamente allo spettatore, esprimendo l’inquietudine generale e lo smarrimento dell’uomo contemporaneo. Sia pure in forme diverse, Jean-Paul Sartre (1905-1980) e il gruppo degli autori del “teatro dell’assurdo” ebbero come fine comune quello di descrivere la condizione esistenziale “assurda” dell’uomo, schiacciato da una sostanziale mancanza di libertà ma, mentre Sartre approfondiva questi temi in maniera razionale e logica, Eugène Ionesco (1912-1994) e Samuel Beckett (1906-1989) raffigurarono un’umanità sperduta, priva di senso e di scopo, incapace di comunicare ed estraniata a se stessa.

Su Ionesco e Beckett influì la rivoluzione teatrale di Pirandello, che aveva mostrato l’inconoscibilità dell’animo umano e rivelato l’ipocrisia della maschera che ognuno è co-stretto a portare. Beckett andò oltre, mostrando l’impotenza dell’umanità del suo tempo dopo gli orrori della seconda guerra mondiale, un’umanità smarrita nell’attesa di un qualcosa che non conosce e che non accadrà.

La Francia fu il centro propulsivo di questa tendenza drammaturgica, anche se gli autori più significativi, Ionesco e Beckett, erano naturalizzati francesi, ma originari di altri paesi.

Sotto la denominazione di teatro dell’assurdo sono comprese opere di vari autori, tra loro anche molto diversi, che espressero con il loro teatro la condizione di “assurdità” in cui si trova l’uomo quando perde i riferimenti fondamentali su cui si basa la sua vita.

I personaggi del teatro dell’assurdo si presentano, in linea generale, svuotati di signifi-cato, contraddistinti da una sostanziale incapacità di comunicare tra loro e, di conse-guenza, di comunicare un chiaro messaggio al pubblico, di riconoscersi l’un l’altro come individui, spesso persi in un tragico conformismo di linguaggio e di comportamento vuoto di significato.

Jean-Paul Sartre Filosofo, scrittore, drammaturgo e, soprattutto, principale rappresentante dell’Esi-stenzialismo francese, corrente filosofica che pone la condizione umana al centro delle sue riflessioni, Sartre acquisì grande fama grazie alle sue opere teatrali. Tema portante della filosofia e del suo teatro è la libertà, che nel suo pensiero coincide con l’idea di “coscienza”. Realizzare la libertà significa, secondo Sartre, realizzare “l’essere”, ma tra l’individuo e la libertà assoluta si frappongono troppi ostacoli che l’intellettuale deve cer-care di abbattere.

Il suo primo testo teatrale, Le mosche (1943), è una dura condanna del Terzo Reich e dei suoi crimini, mentre in A porte chiuse (1945) la dimensione del privato prende il sopravvento: è un testo suggestivo, in cui tre personaggi – due donne e un uomo – sono “morti” e sono quindi visti in una situazione “al di là della vita”; costretti a convivere in una stanza da cui non possono uscire, a turno raccontano la loro vita e le loro colpe, men-tre gli altri due giudicano severamente le loro azioni e i loro comportamenti: la stanza

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rappresenta simbolicamente l’inferno e lo spietato giudizio proprio e altrui porta uno dei personaggi a sentenziare: «L’inferno sono gli altri».

Più centrati sui temi politici sono Morti senza tomba (1946) e Le mani sporche (1948): la tematica del primo dramma è la costrizione fisica (anch’essa un’atroce mancanza di libertà) attuata nella forma della tortura praticata per estorcere informazioni ai partigia-ni francesi; il secondo dramma, invece, tratta del rapporto tra fini e mezzi nell’azione politica e, proprio per il suo contenuto, fu duramente criticato.

I sequestrati di Altona (1959) ritorna sul tema del conflitto tra politica e morale: il pro-tagonista è un ex ufficiale nazista che, dopo essersi nascosto in casa del padre, si suicida perché devastato dai sensi di colpa e dalla constatazione della volontà collettiva di ri-muovere e cancellare la Shoah. Il teatro di Sartre si avvale delle forme drammaturgiche tradizionali e questo costituì il fattore di grande popolarità per l’autore, che, in altre espressioni del suo pensiero, poteva essere invece meno accessibile al grande pubblico.

Eugène Ionesco Capostipite del teatro dell’assurdo fu Eugène Ionesco (1912-1994), di origine rumena, che debuttò come drammaturgo nel 1950 con La cantatrice calva, un’opera da lui stesso definita “anticommedia”, poiché, di fatto, nel corso della rappresentazione non accade pressoché nulla: l’azione non procede realmente, i personaggi si perdono in dialoghi non-sense, in riflessioni assurde, in azioni incongruenti. L’effetto è indiscutibilmente comico, ma lo scopo ultimo dell’autore è quello di raffigurare un’umanità snaturata, dagli atteggiamenti quasi meccanici, che si perde nello sforzo di comunicare qualcosa, ma che di fatto non esprime nulla, avendo sostanzialmente perso la propria identità.

Samuel Beckett La lezione di Ionesco fu raccolta da Samuel Beckett (1906-1989), irlandese di nascita, che nel 1952 suscitò non poche perplessità con Aspettando Godot, considerato oggi uno dei testi fondamentali del teatro moderno. La chiave della commedia si può riassumere in una delle battute dei protagonisti: «Non succede nulla, non viene nessuno, nessuno se ne va, è terribile». Finale di partita (1957) è un altro capolavoro di Beckett, sicuramente più angosciante poiché ambientato in uno scenario presumibilmente post-atomico o comunque conseguente a una catastrofe che ha annullato la vita sulla terra. I personaggi superstiti rivelano la loro impotenza essendo rimasti tutti paralizzati o destinati alla paralisi e alla cecità.

Già dalla “trama-non trama” dei drammi di Beckett si può capire perché il suo teatro è chiamato “teatro dell’assurdo”: la tradizione teatrale, che implicava la presenza di un copione comprensibile, di una vicen-da con uno sviluppo e una conclusione, era smantel-lata dall’apparente non-sense di queste rappresenta-zioni.

Il teatro di Beckett mira a dimostrare l’esaurimento delle possibilità del linguaggio, tanto che nelle sue ultime opere, alle conversazioni sconnesse subentra il silenzio. Il linguaggio si identifica con il non-lin-guaggio, che dunque non diventa veicolo ma barrie-ra alla comunicazione.

I “giovani arrabbiati”

In Inghilterra la messa in scena dell’opera di John Osborne (1929-1994) Ricorda con rabbia segnò nel 1956 una svolta nel teatro del dopoguerra. La rottu-ra rispetto al passato non risiedeva nello stile, ma nei contenuti. L’attacco alle differenze di classe e all’indifferenza della società era compiuto attraverso una satira feroce dei miti e dei luoghi comuni del

Teatro epico (Brecht) • Straniamento e riflessione critica

dello spettatore • Rappresentazione palesemente fittizia

Teatro esistenzialista (Sartre) • Realizzazione della libertà individuale • Temi civili e politici

Teatro dell’assurdo (Ionesco, Beckett) • Assurdità dell’esistenza • Incomunicabilità e dialoghi non-sense

“Giovani arrabbiati” (Osborne, Wesker, Pinter) • Denuncia della società classista • Critica della società borghese

ILTEATROEUROPEODELSECONDODOPOGUERRA

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perbenismo inglese. Il protagonista di Ricorda con rabbia, Jimmy Porter, divenne infatti il simbolo del movimento teatrale detto dei “giovani arrabbiati” (angry young men). Sulla stessa linea si mosse Arnold Wesker (1932), che con La cucina (1958) esplorò le condizioni alienanti della classe operaia, mettendo in scena la cucina di un grande ristorante. Ma l’autore più rappresentativo del teatro inglese della seconda metà del No-vecento è senza dubbio Harold Pinter (1930-2008) che esordì nel 1957 con La stanza, raggiungendo un successo internazionale con opere come Il compleanno (1958), Il guar-diano (1960), Altri tempi (1970), Tradimenti (1978). Pinter, che ha scritto anche per il ci-nema e la televisione, ha lasciato opere caratterizzate da situazioni quotidiane apparen-temente normali, ma pervase da un alone di mistero e di minaccia. Il dialogo è naturale, costruito, però, in modo tale da dare importanza al non detto dietro cui si celano le mo-tivazioni psicologiche dei personaggi e la critica alla società contemporanea.

Il teatro statunitenseIl teatro dei conflitti e delle angosce individuali

Se in Europa le espressioni artistiche non potevano non essere influenzate dallo sce-nario di guerra da cui il continente era appena uscito, gli Stati Uniti, che non avevano vissuto la guerra sul proprio territorio, espressero un teatro meno angosciante e intel-lettualistico di quello europeo. Il teatro americano del secondo Novecento indagò mag-giormente i conflitti e le ansie del privato, i fallimenti individuali della gente comune. Nel secondo dopoguerra i maggiori autori teatrali americani furono Arthur Miller e Ten-nessee Williams.

Arthur Miller La vita di Arthur Miller (1915-2005), nato da un’umile famiglia ebraica, sembra realiz-zare il famoso “sogno americano” di approdare, dopo duro impegno e fatica, alla notorietà.

La sua seconda e più famosa opera, Morte di un commesso viaggiatore (1949), lo consacrò immediatamente a livello mondiale, riscuotendo un incredibile successo. Negli anni 1956-1957, Miller fu sottoposto a un’inchiesta da parte della Commissione per le attività antiamericane, voluta dal senatore McCarthy; in quel periodo i personaggi dello spetta-colo e della cultura erano spesso controllati e indagati per individuare se condividessero o appoggiassero politiche comuniste. In quell’occasione Miller si rifiutò di collaborare e di denunciare i nomi dei suoi amici politicamente orientati a sinistra. Oltre alla notorietà derivata dal successo professionale, Miller divenne molto popolare anche grazie al suo matrimonio con Marilyn Monroe: l’unione tra l’uomo di cultura, intellettuale di sinistra, e la più grande diva dell’epoca, considerata un sex-symbol, suscitò la curiosità e lo stupo-re di tutto il mondo. Il teatro di Miller mette in scena soprattutto tragedie familiari e scelte morali dei personaggi, ma le sue migliori prove sono quelle in cui l’autore esplo-ra i fallimenti dell’uomo medio americano, succu-be dei falsi miti del suc-cesso e della ricchezza. In Morte di un commesso viaggiatore, il protagonista Willy Loman, un agente di commercio con il mito del “successo” e carico di otti-mismo, vede crollare il suo mondo, costruito su valori illusori. Tutto comincia quando il figlio maggiore scopre un’avventura ses-

Teatro sociale • Temi legati alla dimensione

individuale• Conflitti interiori e fallimenti

Miller • Tragedie familiari • Scelte morali dei personaggi• Critica dei miti americani

Williams • Scavo psicologico • Passione amorosa

e omosessualità

ILTEATROSTATUNITENSE

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suale del padre e ne rimane talmente traumatizzato da non riuscire più a vivere come prima: viene bocciato agli esami, quindi si mette a rubare e si dimostra, infine, irrecupe-rabile a una vita onesta. Loman, impotente e disperato davanti alla rovina del figlio, vive una profonda crisi acuita dalla perdita del lavoro; a quel punto, per consentire ai suoi familiari una vita decorosa, si uccide, affinché possano riscuotere il premio dell’assicura-zione. Tra le altre opere di Miller ricordiamo Uno sguardo dal ponte (1955), dramma fa-miliare ambientato nella comunità italoamericana di Brooklyn, intriso di passioni, ven-dette e gelosie. Miller ha collaborato anche con il cinema: tra le sue sceneggiature, ricor-diamo Gli spostati (1961) di John Huston, con Clark Gable e Marilyn Monroe.

Tennessee Williams

Conflitti psicologici, drammi interiori, basati spesso sulle passioni d’amore e su vi-cende legate all’omosessualità, caratterizzano invece il teatro di Tennessee Williams (1911-1983). I suoi personaggi, incapaci di uscire dalle situazioni di conflitto interiore o familiare, sono delineati con grande abilità e capacità di scavo psicologico; la sua scrit-tura risente infatti dell’influsso della psicanalisi e dà vita a situazioni spesso morbose, in cui amori, odi, gelosie e passioni segrete conducono irreparabilmente alla rovina o alla follia. Il legame tra Tennessee Williams e il cinema fu strettissimo, dal momento che quasi tutte le sue commedie – da Un tram che si chiama desiderio (1947) a La gatta sul tetto che scotta (1955) – sono poi divenute memorabili pellicole, interpretate dai più gran-di attori dell’epoca, da Marlon Brando a Elisabeth Taylor, da Paul Newman a Vivien Leigh.

Il teatro italianoIl teatro napoletano e universale di Eduardo

In Italia i nomi più significativi della drammaturgia del secondo Novecento sono quel-li di Eduardo De Filippo (1900-1984) e Dario Fo (1926), due autori che, in maniera di-versa, hanno segnato la storia del teatro italiano. Attore fin dalla più tenera età, Eduardo diede vita a una compagnia che riuniva, oltre ad altri attori, i suoi due fratelli, Peppino e Titina. Il più grande successo di quest’ultima fu l’interpretazione di Filumena Martura-no (1946), che coincise con l’apice della sua carriera artistica. Tra gli altri capolavori di Eduardo ricordiamo Questi fantasmi (1946), Il sindaco del rione Sanità (1961) e Gli esami non finiscono mai (1974).

Nel suo teatro, Eduardo si rifà al repertorio classico della commedia napoletana, libe-randolo, però, dai suoi aspetti più buffoneschi e arricchendolo di tematiche nuove, in parte attinte da Pirandello, con il quale aveva collaborato per diversi anni. I suoi lavori portano sulla scena i temi della follia, delle finzioni e delle ipocrisie imposte dalla società, delle nevrosi che affliggo-no la vita di tutti i giorni, dei difficili equilibri fa-miliari, della fatica del vi-vere. Pur ambientate nel contesto colorito e vivace della città partenopea, di cui riproducono le povere vicende quotidiane attra-verso l’uso del dialetto, le commedie superano la dimensione regionalistica per assumere il valore di una riflessione universa-le, intrisa di pietà e poe-

ILTEATROITALIANO

• Tematiche sociali• Recupero del dialetto• Figura dell’autore-regista-attore

Eduardo De Filippo • Teatro dialettale (napoletano)• Vicende quotidiane proiettate

in una dimensione universale

Dario Fo • Creazione di un nuovo

linguaggio basato sui dialetti (grammelot)

• Temi sociali e politici trattati con intenti satirici

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sia, sulla condizione dell’uomo e sulle problematiche della società contemporanea. La produzione di Eduardo rappresenta uno dei primi grandi esempi di teatro non lette-

rario, nel senso che la tradizionale separazione tra le figure del drammaturgo, dell’attore e del regista viene superata dalla presenza di un’unica figura che compendia talento interpretativo, esperienza del palcoscenico come attore e regista. Questa figura di sin-tesi è piuttosto rara nel panorama teatrale, se si escludono illustri eccezioni come quella di Molière.

Dario Fo, tra politica e ricerca

Altro esempio di autore, attore e regista è Dario Fo, brillante e sagace “guitto” che ha indirizzato la sua carriera artistica sostanzialmente verso due direzioni: il teatro politi-co e il teatro di ricerca, spesso legato a una riscoperta del linguaggio dialettale e all’uso del grammelot, lingua inesistente formata da una commistione tra suoni onomatopeici e dialetti del Nord storpiati.

Parallelamente al teatro di ricerca, che costituisce l’aspetto più originale di Dario Fo, esiste un filone della sua produzione più prettamente politico: meno spettacolare, ha però il pregio del coraggio, dell’ironia, della satira e della comprensibilità del testo scrit-to. Rispondono a un preciso intento politico le commedie L’operaio conosce 300 parole il padrone 1000 per questo lui è il padrone (1969) e Morte accidentale di un anarchico (1970), uno dei testi più conosciuti, in cui sono denunciate le incongruenze e le probabili ine-sattezze contenute nell’inchiesta sulla morte di Giuseppe Pinelli, il ferroviere anarchico accusato ingiustamente di essere uno dei responsabili della strage di piazza Fontana a Milano, avvenuta il 12 dicembre 1969; nel copione, Fo inserisce tutti gli elementi bizzar-ri e incongruenti che fecero pensare a una “insabbiatura” dell’indagine per coprire i veri colpevoli della morte dell’anarchico.

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Principali tendenze ed esponenti del teatro del secondo Novecento

GEOGRAFIA DELLA LETTERATURA

Tenendo conto di quanto spiegato nelle pagine precedenti, osserva la carta e rispondi alle seguenti domande.

1. Quali drammaturghi del secondo Novecento ripresero tematiche del teatro pirandelliano?

2. Quali autori furono particolarmente interessati a tematiche di carattere politico?3. Perché il teatro “napoletano” di De Filippo non può essere definito un’esperienza regionalistica?

Francia

Inghilterra

Germania

Irlanda

Italia

Stati Uniti

AREA ANGLOSASSONE

• Teatro dell’assurdo: S. Beckett (Aspettando Godot, 1952; Finale di partita, 1957)

• Movimento dei “giovani arrabbiati”: J. Osborne (Ricorda con rabbia, 1956), A. Wesker (La cucina, 1958), H. Pinter (La stanza, 1957; Il compleanno, 1958; Il guardiano, 1960; Altri tempi, 1970; Tradimenti, 1978)

• Teatro statunitense: A. Miller (Morte di un commesso viag-giatore, 1949; Uno sguardo dal ponte, 1955; Gli spostati, 1961), T. Williams (Un tram che si chiama desiderio, 1947; La gatta sul tetto che scotta, 1955)

• Teatro epico e didascalico: B. Brecht (L’opera da tre soldi, 1928; Madre Coraggio e i suoi figli, 1939; Vita di Galileo, 1938-39 e 1946)

• Teatro esistenzialista: J.-P. Sartre (Le mosche, 1943; A porte chiuse, 1945; Morti senza tomba, 1946; Le mani sporche, 1948; I sequestrati di Altona, 1959)

• Teatro dell’assurdo: E. Ionesco (La cantatrice calva, 1950); S. Beckett (Aspettando Godot, 1952; Finale di partita, 1957)

• Teatro dialettale: E. De Filippo (Filumena Marturano, 1946; Questi fantasmi, 1946; Il sindaco del rione Sanità, 1961; Gli esami non finiscono mai, 1974)

• Teatro politico e di ricerca: D. Fo (L’operaio conosce 300 parole il padrone 1000 per questo lui è il padrone, 1969; Morte accidentale di un anarchico, 1970)

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AUTOVALUTAZIONE Ecco alcune domande campione su cui potrai esercitarti per valutare la tua preparazione.

Per ogni domanda è indicato il riferimento al profilo, che puoi consultare nel caso tu debba sciogliere eventuali dubbi prima di fornire la risposta.

Il teatro europeo

1. Quali “nuove direzioni” ha assunto il teatro europeo dopo la secon-da guerra mondiale?

2. Per quali aspetti il teatro del secondo Novecento è stato influenzato dal teatro espressionista e dal teatro di Pirandello?

3. Due esperienze in particolare hanno innovato la scena drammaturgi-ca: quali? Quali sono le loro caratteristiche fondamentali?

4. Quali sono le caratteristiche del teatro epico di Brecht?

5. Qual è una delle più importanti opere del teatro epico di Brecht?

6. Quali altre opere di questo autore si possono ricordare?

7. Gli “eroi” del teatro epico di Brecht presentano le caratteristiche di quelli dell’epica tradizionale?

8. La libertà è il tema fondamentale della filosofia e del teatro di J.-P. Sartre: quale significato attribuisce il filosofo a questo termine?

9. Qual è la prima opera teatrale di J.-P. Sartre e quale argomento tratta?

10. In quali opere Sartre analizza rispettivamente la dimensione del pri-vato e la dimensione politica?

11. Il teatro di Sartre presenta le caratteristiche del teatro dell’assurdo?

12. Che cosa si intende per “teatro dell’assurdo”? Quali sono gli autori più significativi di questa forma di drammaturgia?

13. Quali caratteristiche presentano i personaggi del teatro dell’assurdo?

14. Con quale opera debuttò Eugène Ionesco? Perché lui stesso la definì “anticommedia”?

15. Nonostante l’effetto di indubbia comicità, quale era lo scopo di Ionesco e della sua “anticommedia”?

16. Come si intitola il capolavoro di Famule Beckett?

17. Il “teatro dell’assurdo” di Beckett mira ad analizzare le possibilità del linguaggio: a quali esiti estremi approda?

18. Quale personaggio divenne simbolo del movimento dei “giovani arrabbiati”? Per quali motivi?

Il teatro statunitense

19. Quali sono le differenze sostanziali tra il teatro europeo e quello americano della seconda metà del Novecento?

20. Chi sono gli autori americani più rappresentativi della seconda parte

del Novecento?

21. Quali realtà indaga il teatro di Miller? Quali sono le sue opere più note?

22. Quali temi tratta Tennessee Williams? Quali commedie, in particolare, sono diventati film memorabili?

vai a p. 3 al capoverso La rivoluzione teatrale del secondo Novecento

vai a p. 3 al capoverso Bertolt Brecht e il teatro “epico”

vai a p. 5 al capoverso Eugène Ionesco

vai a p. 4 al capoverso Jean-Paul Sartre

vai a p. 5 al capoverso Samuel Beckett

vai a p. 6 al capoverso I “giovani arrabbiati”

vai a p. 4 al capoverso Il “teatro dell’assurdo”

vai a p. 6 al capoverso Il teatro dei conflitti e delle angosce individuali

vai a p. 6 al capoverso Arthur Miller

vai a p. 7 al capoverso Tennessee Williams

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Il teatro italiano

23. Quali sono i maggiori esponenti del teatro italiano del secondo Novecento?

24. Quali sono i capolavori di Eduardo De Filippo?

25. Nel suo teatro, Eduardo si rifà al repertorio classico della commedia napoletana, arricchendolo di tematiche nuove, che in parte attinge da Pirandello: quali sono queste tematiche?

26. In che senso Eduardo rappresenta uno dei primi grandi esempi di teatro non letterario?

27. Quali sono le tendenze del teatro di Dario Fo?

28. Che cos’è il grammelot?

29. Morte accidentale di un anarchico è uno dei testi del teatro politico di Fo più coraggiosi: perché?

vai a p. 8 al capoverso Il teatro napoletano e universale di Eduardo

vai a p. 8 al capoverso Dario Fo, tra politica e ricerca

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Autore e opera Testo Contenuti

Percorso antologico

Bertolt BrechtVita di Galileo (1946) Il maestro e il discepolo

(scena 14)• Il conflitto tra scienza e potere• La scienza si deve accompagnare al coraggio• Lo scienziato deve essere al servizio dell’umanità

Eugène IonescoLa cantatrice calva

(1950)Vuote parole • L’incomunicabilità tra i personaggi

• L’alienazione della società borghese

Samuel BeckettAspettando Godot

(1952)L’attesa(atto I)

• L’inutilità dell’attesa• La mancanza di senso della condizione umana

Tennessee WilliamsUn tram che si chiama

desiderio (1947)La speranza • La solitudine di due anime

• La speranza dell’amore

Eduardo De FilippoFilumena Marturano

(1946)’E figlie so’ ffigglie(atto III)

• L’amore per i figli• Il denaro e gli interessi economici possono essere

motivo di discordia

Gli esami non finiscono mai

(1946)

Un “esame” di fidanzamento • La necessità di superare continuamente gli esami

Dario FoL’operaio conosce 300

parole… (1969)La cultura è roba per i ricchi • L’importanza dei libri come strumento

di conoscenza• La cultura popolare e politica è il primo passo

verso la libertà

Morte accidentale di un anarchico (1970)

L’intervista • La ricerca della verità dietro reticenze e bugie• Certe verità possono essere pronunciate solo

da chi è ritenuto folle dalla società

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sezione 3 Dagli anni Cinquantaai giorni nostri

Bertolt Brecht

La vita e le opere

Bertolt Brecht nacque ad Augsburg, in Ger-mania, nel 1898. Cominciò a scrivere durante la prima guerra mondiale come critico teatrale, atti-vità che gli permise in seguito di collaborare con registi e musicisti. Si sposò per la prima volta nel 1918 con Marianne Zoff e, nel 1928, convolò a se-conde nozze con l’attrice Helene Weigel. Si avvici-nò al marxismo e strinse legami sempre più stretti con il Partito comunista tedesco. Nel 1933, quan-do Hitler prese il potere, abbandonò la Germa-nia, riparando prima in Svizzera, poi in Francia; successivamente si trasferì in Danimarca e infine negli Stati Uniti, al termine di un viaggio lungo e difficile. Nel 1948 si stabilì a Zurigo e, l’anno se-guente, tornò nell’allora Germania dell’Est, dove diresse il Deutsches Theater. Nel 1950, insieme

alla moglie, fondò la compagnia Berliner Ensem-ble, con la quale allestì tutti i suoi drammi. Morì nel 1956. La produzione di Brecht si può dividere in due periodi: il periodo berlinese e il periodo del teatro “epico”. Del primo, antecedente al suo vo-lontario allontanamento dalla Germania, fanno parte: Nella giungla delle città (1921-1924); L’ope-ra da tre soldi (1928), rifacimento dell’Opera del mendicante di John Gay, arricchita dalle musiche di Kurt Weill; Santa Giovanna dei macelli (1929-1930), in cui affronta il tema dei conflitti di clas-se. Il periodo del teatro “epico” si apre con Madre coraggio e i suoi figli (1939) per continuare con Vita di Galileo, elaborata in due diverse versioni. Il cerchio di gesso del Caucaso (1944) è considera-to l’ultimo capolavoro del teatro “epico”.

Vita di Galileo (1946)

I contenuti Nella Vita di Galileo (Leben des Ga-lilei) Brecht affronta il problema del conflitto tra scienza e potere, tema complesso che destò non pochi dubbi nell’autore stesso, tanto che dell’ope-ra furono elaborate due stesure (1938-1939 e 1945-1946). Il dramma è composto di quindici scene, attraverso le quali viene raccontata la vita di Galilei, dall’invenzione del cannocchiale alla vecchiaia, trascorsa sotto il controllo della Santa Inquisizione. Affascinato dalla teoria copernica-na, secondo la quale non è il Sole a girare intorno alla Terra ma viceversa (la Terra non è più quindi considerata il centro dell’universo), Galileo ten-ta di dimostrarne la validità, riuscendo nel suo intento tramite un telescopio; lo scienziato vie-ne osteggiato dalle gerarchie ecclesiastiche che sentono minacciati i dogmi della Chiesa dal-le sue scoperte e subisce un processo da parte dell’Inquisizione. Spaventato dal pensiero delle torture, egli ritratta tutto e abiura le proprie idee, deludendo così i suoi allievi che rivendicavano la

libertà di ricerca. Fino alla morte, Galileo vivrà sotto lo stretto controllo dell’Inquisizione.

L’antieroe Galileo, scienziato di fama mon-diale, rinnega se stesso e la libertà della scienza per il terrore, umanissimo e tutt’altro che eroico, della condanna e delle sue conseguenze. Tuttavia la sua figura non è priva di sfumature e sfaccetta-ture: Brecht volle mettere in scena un’opera che, invece di condannare o assolvere il protagonista, ponesse lo spettatore nella posizione di dover ri-flettere sulle grandi tematiche proposte. L’inter-rogativo di fondo è questo: se lo scienziato vede la sua libertà di studioso minacciata dal potere, come è giusto che reagisca? Deve opporsi al pote-re con la prospettiva della morte, vedendosi nega-ta la possibilità di continuare la propria ricerca, o accettare le imposizioni del potere pur di pro-seguire la propria opera, magari di nascosto? A questa domanda Brecht sembra rispondere nella scena 14.

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Galileo ha tra i suoi allievi Andrea Sarti, il figlio della sua governante che, fin da piccolo, ha seguito con interesse gli studi del maestro ed è stato da lui trattato come un figlio. Nella scena 14, di cui pro-poniamo l’ultima parte, Galileo, ormai molto vec-chio e quasi cieco, vive con la figlia Virginia in una villa nei dintorni di Firenze, controllato dall’Inqui-

sizione, che sequestra tutti i suoi scritti relativi ai risultati delle sue ricerche. Andrea, ormai uomo e anche lui scienziato, sta lasciando l’Italia per l’Olanda, dove potrà compiere liberamente i suoi studi. Prima di allontanarsi, va a salutare Galileo. Questi gli consegna una copia dei suoi scritti che ha nascosto dentro un mappamondo.

Il maestro e il discepolo(vita di galileo, scena 14)

CONTENUTI Il conflitto tra scienza e potere La scienza deve accompagnarsi al coraggio Lo scienziato deve essere al servizio dell’umanità

Andrea si è avvicinato al mappamondo. Ne toglie la copia del manoscritto.

andrea I «Discorsi1»! (Sfoglia il manoscritto. Legge) «È mio proposito espor-re una nuovissima scienza che tratta di un assai antico oggetto, il moto. Con l’aiuto di esperimenti ho scoperto alcune sue proprietà che sono degne di essere conosciute».

galileo Dovevo pur impiegare in qualche maniera il mio tempo.andrea Saranno i fondamenti di una nuova fisica!galileo Nascondilo sotto il mantello.andrea E noi pensavamo che aveste disertato2! Io sono stato, di tutti, quello

che più vi ha dato addosso.galileo Non mi pare ci sia nulla da ridire. Io ti ho insegnato la scienza e poi

ho rinnegato la verità.andrea Ma questo cambia tutto! Tutto!galileo Davvero?andrea Avete nascosto la verità! Contro il nemico. Anche sul terreno dell’eti-

ca3 ci precedevate di secoli.galileo Spiegati, Andrea.andrea Noi ripetevamo all’uomo della strada: «Morirà ma non abiurerà4». E

voi siete tornato dicendoci: «Ho abiurato, ma vivrò». Noi allora: «Vi siete sporcate le mani». E voi: «Meglio sporche che vuote».

galileo Meglio sporche che vuote… Bello. Ha un suono di qualcosa di reale. Un suono che mi somiglia. Nuova scienza, nuova etica.

andrea Fra tutti, io avrei dovuto capirlo! Avevo undici anni, quando vende-ste al Senato veneziano il telescopio che un altro vi aveva portato; e vidi come lo usaste per uno scopo immortale. Quando vi prosternaste al moc-ciosetto fiorentino5, i vostri amici scossero il capo: ma la vostra scienza conquistò un più largo uditorio. Certo, vi siete sempre beffato degli eroi-smi. «La gente che soffre mi annoia, – solevate dire; – la sfortuna gene-ralmente è dovuta a un errore di calcolo»; e «quando ci si trova davanti un ostacolo, la linea più breve tra due punti può essere una linea curva».

galileo Mi rammento.andrea Poi, nel ’33, quando credeste bene di ritrattare un punto delle vostre

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1. Discorsi: si tratta dell’opera Discorsi e dimostrazioni matema-tiche…, pubblicata nel 1638 in Olanda.2. disertato: abbando-nato (la ricerca).3. etica: branca della filosofia che studia i comportamenti umani e i fondamenti ogget-tivi che permettono di distinguere tra buoni e cattivi comportamenti.4. abiurerà: rinnegherà le proprie dottrine.5. mocciosetto fioren-tino: Galileo, insoddi-sfatto del trattamen-to economico che la Repubblica di Venezia gli riservava, aveva scritto a Cosimo II de’ Medici («moccioset-to») chiedendogli di poter lavorare presso di lui, con la promessa di dare il nome dei Medici a una delle nuove stelle da lui scoperte. Cosimo II lo accolse, gli offrì pro-tezione e gli donò una villa ad Arcetri.

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dottrine che era diventato popolare, dovevo capire che avevate semplice-mente deciso di ritirarvi da una rissa politica ormai senza speranza, per continuare a dedicarvi al vero lavoro dello scienziato.

galileo Il quale consiste…andrea … nello studio delle proprietà del moto, padre delle macchine, che sole po-

tranno rendere il mondo abitabile e ci permetteranno così di demolire il cielo.galileo Ah!andrea Volevate guadagnar tempo per scrivere il libro che solo voi potevate

scrivere. Se foste salito al rogo, se foste morto in un’aureola di fuoco, avrebbero vinto gli altri.

galileo Hanno vinto gli altri. E un’opera scientifica che possa essere scritta da un uomo solo, non esiste.

andrea Ma allora, perché avete abiurato?galileo Ho abiurato perché il dolore fisico mi faceva paura.andrea No!galileo Mi hanno mostrato gli strumenti.andrea Dunque non l’avete meditato6?galileo Niente affatto.

Pausa.

andrea (forte) La scienza non ha che un imperativo: contribuire alla scienza.galileo E questo, l’ho assolto. Benvenuto allora nella mia sentina7, caro fra-

tello di scienza e cugino di tradimento! Vuoi comprare pesce? Ho pesce! E non è il mio pesce che puzza, sono io. Io svendo, e tu acquisti. O irre-sistibile potere di questa merce consacrata, il libro! Gli basta guardarlo perché gli venga l’acquolina in bocca e ricacci giù tutti gl’improperi8. La grande Babilonia, la scarlatta belva assassina, spalanca le cosce, ed ecco, tutto è cambiato9. Santificata sia la nostra congrega di trafficanti, di ri-verginatori10 e di tremebondi11 davanti alla morte!

andrea La paura della morte è umana! E le debolezze umane non interes-sano la scienza.

galileo No!… Caro Andrea, anche nella mia attuale condizione mi sento di orientarti un poco su tutto ciò che interessa questa professione di scien-ziato; cui ti sei legato per l’esistenza.

Breve pausa.

galileo (con le mani professoralmente congiunte sull’adipe12) Nel tempo che ho libero – e ne ho, di tempo libero – mi è avvenuto di rimeditare il mio caso e di domandarmi come sarà giudicato da quel mondo della scienza al quale non credo più di appartenere. Anche un venditore di lana, per quanto abile sia ad acquistarla a buon prezzo per poi rivenderla cara, deve preoccuparsi che il commercio della lana possa svolgersi liberamente. Non credo che la pratica della scienza possa andar disgiunta dal coraggio. Essa tratta il sa-pere, che è un prodotto del dubbio, e col procacciare sapere a tutti su ogni cosa, tende a destare il dubbio in tutti. Ora, la gran parte della popolazione è tenuta dai suoi sovrani, dai suoi proprietari di terra, dai suoi preti, in una nebbia madreperlacea13 di superstizioni e di antiche sentenze, che occulta gli intrighi di costoro. Antica come le rocce è la condizione dei più, e dall’alto dei pulpiti e delle cattedre si suole dipingerla come altrettanto imperitura14. Ma la nostra nuova arte del dubbio appassionò il gran pubblico, che corse a strapparci di mano il telescopio per puntarlo sui suoi aguzzini15. Cotesti uo-

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6. non l’avete meditato: non ci avete riflettuto prima.7. sentina: letteralmen-te è la parte più bassa e interna di un’imbarca-zione, dove si accumu-lano le acque di scolo; qui in senso figurato significa contenitore di brutture e nefandezze.8. improperi: insulti.9. La grande… cam-biato: Galileo usa qui un linguaggio figurato ripreso dall’Apocalisse di San Giovanni (dove la «grande Babilonia» rappresenta la corruzio-ne) per mostrare come, di fronte alle tentazio-ni (in questo caso la sicurezza di continuare a vivere dopo l’abiura), l’uomo rinunci rapida-mente ai propri ideali.10. riverginatori: ipocri-ti, falsificatori.11. tremebondi: timo-rosi.12. adipe: grasso; qui significa “pancia”.13. madreperlacea: color bianco latte, luminosa.14. imperitura: immor-tale.15. aguzzini: persecu-tori.

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mini egoisti e prepotenti, avidi predatori a proprio vantaggio dei frutti della scienza, si avvidero subito che un freddo occhio scientifico si era posato su una miseria millenaria quanto artificiale, una miseria che chiaramente poteva essere eliminata con l’eliminare loro stessi; e allora sommersero noi sotto un profluvio16 di minacce e di corruzioni, tale da travolgere gli spiri-ti deboli. Ma possiamo noi ripudiare la massa e conservarci ugualmente uomini di scienza? I moti dei corpi celesti ci sono divenuti più chiari; ma i moti dei potenti restano pur sempre imperscrutabili17 ai popoli. E se la bat-taglia per la misurabilità dei cieli è stata vinta dal dubbio, la battaglia della massaia romana per il latte sarà sempre perduta dalla credulità. Con tutt’e due queste battaglie, Andrea, ha a che fare la scienza. Finché l’umanità con-tinuerà a brancolare18 nella sua nebbia millenaria di superstizioni e di vene-rande sentenze19, finché sarà troppo ignorante per sviluppare le sue proprie energie, non sarà nemmeno capace di sviluppare le energie della natura che le vengono svelate. Che scopo si prefigge il vostro lavoro? Io credo che la scienza possa proporsi altro scopo che quello di alleviare la fatica dell’esi-stenza umana. Se gli uomini di scienza non reagiscono all’intimidazione dei potenti egoisti e si limitano ad accumulare sapere per sapere, la scienza può rimanere fiaccata per sempre, ed ogni nuova macchina non sarà fonte che di nuovi triboli20 per l’uomo. E quando, coll’andar del tempo, avrete sco-perto tutto lo scopribile, il vostro progresso non sarà che un progressivo al-lontanamento dall’umanità. Tra voi e l’umanità può scavarsi un abisso così grande, che ad ogni vostro eureka21 rischierebbe di rispondere un grido di dolore universale… […] Mi sono anche convinto, Andrea, di non aver mai corso dei rischi gravi. Per alcuni anni ebbi la forza di una pubblica autorità; e misi la mia sapienza a disposizione dei potenti perché la usassero, o non la usassero, o ne abusassero, a seconda dei loro fini. (Virginia è entrata con un vassoio: resta immobile ad ascoltare). Ho tradito la mia professione; e quando un uomo ha fatto ciò che ho fatto io, la sua presenza non può essere tollerata nei ranghi della scienza.

virginia Babbo, hai il tuo posto nei ranghi della fede. (Si fa avanti e posa il vassoio sulla tavola).

galileo Giusto. Ora debbo cenare. (Andrea gli tende la mano: Galileo la vede ma non la prende) Ormai anche tu insegni. Come puoi permetterti di stringere una mano come la mia? (Va verso la tavola) Oggi un viaggiatore di passaggio mi ha mandato due oche. Apprezzo sempre la buona mensa.

andrea Dunque, non pensate più che sia cominciata una nuova era?galileo Al contrario. Abbiti riguardo. Quando attraversi la Germania, riponi

la verità sotto il mantello.andrea (incapace di partire) Quanto al vostro giudizio sull’autore di cui ab-

biamo discorso, non so che rispondervi. Ma non posso credere che quella vostra crudele analisi sia l’ultima parola.

galileo Grazie, signore. (Comincia a mangiare).virginia (accompagnando Andrea alla porta) Le visite degli amici del passato

non ci fanno piacere. Lo mettono in agitazione.

Andrea esce. Virginia torna nella stanza.

galileo (mangiando) Non hai pensato chi può aver mandato le oche?virginia Andrea no.galileo No, forse. Com’è la notte?virginia (alla finestra) Chiara.

da Vita di Galileo, trad. E. Castellani, Torino, Einaudi, 2003

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16. profluvio: grande quantità.17. imperscrutabili: che non possono essere compresi con la mente, impenetrabili.18. brancolare: cam-minare con difficoltà, come chi procede al buio.19. venerande senten-ze: frasi degne di vene-razione; si riferisce ai testi sacri.20. triboli: tribolazioni, sofferenze.21. eureka: parola greca che significa “ho tro-vato” ed è usata come esclamazione di gioia e soddisfazione per aver risolto un problema.

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  Nella scena presentata, i ruoli che i protagonisti rive-stivano in precedenza si rovesciano: Andrea, che era ri-masto profondamente deluso dall’abiura di Galileo, ora cerca di difenderlo, mentre lo scienziato, che non aveva esitato a rinnegare le sue dottrine, si autoaccusa soste-nendo di aver tradito la sua professione. Galileo, ora come in passato, è moralmente solo: l’analisi sul ruolo che dovrebbe avere lo scienziato è lucida e spietata nei confronti di se stesso, mentre Andrea cerca di mettere in luce la necessità, per lo scienziato, di un compromesso con il potere dettato dalla paura della morte, Virginia di difendere il padre da se stesso e dai ricordi del passato e Galileo riflette sulle proprie scelte e comprende di avere sbagliato, di aver precluso ad altri scienziati, con la sua abiura, la via della libertà della conoscenza.

  Brecht presenta la vicenda di Galileo non solo come simbolo del conflitto tra scienza e potere, ma anche dell’opposizione al potere in generale: è giusto salva-guardare la propria vita per continuare a combattere, magari in clandestinità, o è moralmente più giusto af-frontare la tortura, il martirio, la morte, per sostenere pubblicamente le proprie idee ed essere un esempio di

forza morale per tutti gli altri? Galileo sembra non avere dubbi: chi, come lui, tradisce la propria «professione», rinnegando cioè le proprie «dottrine», non può più es-sere considerato uno scienziato. È questa la tematica di fondo dell’ultima parte del dramma, sulla quale Brecht intende far riflettere gli spettatori.

  Nonostante la dimensione di genio e scienziato, Gali-leo appare come un uomo che non ha saputo opporsi al potere e, per viltà, ha preferito rinnegare pubblicamente le sue teorie. Egli è ben consapevole di questo (come prova la battuta: «Ho abiurato, ma vivrò», r. 20), ma sembra anche convinto che la scienza deve poter essere libera di progredire senza essere asservita al potere poli-tico. L’immagine finale dello scienziato, intento a cenare e a scambiare alcune battute con Virginia, in un’atmo-sfera di pace e serenità familiari, sembra sottolineare la dimensione umana di Galileo, uno dei personaggi più problematici del teatro di Brecht per i suoi tratti sempre oscillanti tra genio e normalità, tra rigore e fragilità. Ed è proprio da questo aspetto contraddittorio del personag-gio che deriva quell’effetto straniante che porta il pub-blico brechtiano ad assumere un atteggiamento critico.

PER LAVORARE SUL TESTO

COMPRENSIONE

Il riassunto

1. Riassumi i diversi punti di vista di Galileo e di Andrea. Quali sono le posizioni morali dei due?

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2. Quale scopo deve prefiggersi la scienza, secondo Galileo?

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ANALISI

I personaggi

3. «Hanno vinto gli altri» (r. 42). Che cosa vuole esprimere Galileo con questa affermazione?

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VERSO L’ESAME 1a prova, tip. A Analisidiuntestoteatrale

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Scienza e coraggio

4. «Non credo che la pratica della scienza possa andar disgiunta dal coraggio» (rr. 71-72). Spiega e commenta questa frase, tenendo conto del contesto nel quale è inserita.

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Il tradimento

5. «Ho tradito la mia professione […]» (r. 108). Perché Galileo arriva a questa conclusione?

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Il commento

6. Scrivi un commento al testo sulla figura di Galileo spiegando quale valutazione fa delle proprie scelte e quale ritiene sia l’obiettivo morale dello scienziato.

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APPROFONDIMENTO

La poetica

7. Quali elementi del brano che hai letto sono riconducibili alla tipologia del “teatro epico” teorizzato da Brecht?

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L’interpretazione

8. Proponi una tua interpretazione della figura di Galileo, rappresentato da Brecht, soffermandoti in particolare sulla com-plessità del personaggio, grande scienziato, ma anche uomo fragile e debole.

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Il contesto storico-politico

9. Brecht cominciò a scrivere il dramma negli anni del nazismo e della seconda guerra mondiale, per giungere alla stesura definitiva nell’immediato dopoguerra. Tenendo conto di queste coordinate storiche, quale valore può assumere la rifles-sione sulla figura di Galileo e sul suo scontro con il potere oppressivo della Chiesa? Credi che ci sia una connessione tra il tema affrontato nel dramma e la realtà storico-politica con la quale Brecht si trovò a interagire?

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sezione 3 Dagli anni Cinquantaai giorni nostri

Eugène Ionesco

La vita e le opere

Eugène Ionesco nacque a Bucarest nel 1912 da padre rumeno e madre francese e visse i pri-mi anni della sua vita tra Parigi e Bucarest, dove studiò letteratura francese. Nel 1938 si stabilì definitivamente in Francia. Il suo esordio come commediografo avvenne nel 1950 con La canta-trice calva, messa in scena al “Théatre des Noc-tambules”, a Parigi. In seguito furono rappre-sentate le commedie La lezione (1951), Le sedie (1952) e Amedeo o come sbarazzarsene (1954). È questa la prima fase artistica di Ionesco, che por-ta all’estremo temi e forme del “teatro dell’assur-do”. Più tardi il commediografo aspirò a un certo recupero delle forme tradizionali e del signifi-cato del testo. Fa parte di questa seconda fase soprattutto l’opera I rinoceronti (1959), in cui il protagonista, Berenger, cerca di opporsi al con-

formismo che viene provocato da un evento inso-lito: la comparsa di un rinoceronte nella piazza di una cittadina di provincia, cui segue la pro-gressiva metamorfosi di tutti gli abitanti, tran-ne Berenger, in rinoceronti. In questa pièce si è voluto leggere una metafora dell’ascesa del nazi-smo in Europa, fenomeno anomalo e mostruoso che tuttavia è ben presto accettato da tutti. La critica di Ionesco al totalitarismo proseguì con Il re muore, del 1962. Le opere La sete e la fame (1965) e L’uomo con le valigie (1974), invece, ap-profondiscono il tema della solitudine dell’uomo di fronte all’invadenza e all’aggressività del mon-do circostante. Appartiene all’ultima fase della produzione, che potremmo definire religiosa, Il gioco dell’epidemia (1971). Ionesco morì a Parigi nel 1994.

La cantatrice calva (1950)

L’intreccio e i temi Definita provocatoriamen-te dall’autore “anticommedia”, La cantatrice cal-va (La cantatrice chauve) non ha una trama vera e propria. La scena si apre con i coniugi Smith che parlano in modo sconclusionato di argomen-ti futili riguardanti la cena appena consumata, mentre una pendola batte ore improbabili (di-ciassette colpi, poi tre, poi cinque, ecc.). La ca-meriera Mary torna dal suo giorno di libertà e annuncia la visita dei coniugi Martin, invitati a cena. I padroni di casa si assentano per andare a cambiarsi. I Martin entrano in scena e, seduti l’uno di fronte all’altra, danno vita a un dialogo surreale: cominciano dicendo che forse si sono già visti da qualche altra parte e concludono ri-conoscendosi, finalmente, come marito e moglie. Rientrano i coniugi Smith, coi quali il dialogo prosegue in maniera altrettanto surreale, finché qualcuno suona alla porta. La signora Smith va ad aprire, ma non c’è nessuno. La scena si ripete più volte, finché non va il signor Smith, che tro-va sulla soglia il capitano dei pompieri, avvilito perché non ci sono incendi. Il pompiere raccon-ta aneddoti senza senso, poi se ne va. Le due coppie rimangono sole e riprendono una conver-sazione assurda, dai toni sempre più aggressivi.

Alla fine si scontreranno quasi fisicamente. Dopo uno stacco – le luci si spengono e si riaccendono – in scena rimangono i Martin che, seduti come gli Smith nella prima scena, cominciano a ripro-porre il dialogo dei primi, come se la commedia ricominciasse dall’inizio. Il titolo, assurdo come tutto il resto, si deve a una delle battute di conge-do del pompiere; quando questi sta per uscire di scena, si volta e chiede: «A proposito, e la canta-trice calva?». (Silenzio generale, imbarazzato) si-gnor smith: «Si pettina sempre allo stesso modo!» pompiere: «Ah! E allora, saluti alla compagnia!».

I presupposti teorici L’intenzione del dram-maturgo è quella di rifiutare il modello teatrale naturalista, ossia il realismo dell’ambientazione e delle scenografie. Il personaggio classico è de-stinato a scomparire dal teatro di Ionesco, per di-ventare “figura a una sola dimensione”, comple-tamente immersa in una situazione assurda che Ionesco mette in scena. Nella Cantatrice calva, gli individui rappresentati sono intercambiabi-li, privi cioè di una fisionomia che li distingua, identificati tutti dalle banalità e dalle frasi fat-te che costituiscono il frasario standard del loro ambiente.

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Presentiamo di seguito parti di varie scene. Già dalla prima scena, in cui conosciamo i coniugi Smith, cogliamo l’effetto comico prodotto da bat-

tute senza senso che caratterizzano tutta l’opera, anche là dove compaiono sulla scena Mary, came-riera di casa Smith, e i coniugi Martin.

Vuote parole(la cantatrice calva, scene i, iv, v, vii)

CONTENUTI L’incomunicabilità tra i personaggi L’alienazione della società borghese

SCENA PRIMA

Interno borghese inglese, con poltrone inglesi. Serata inglese. Il signor Smith, inglese, nella sua poltrona e nelle sue pantofole inglesi, fuma la sua pipa inglese e legge un giornale inglese accanto a un fuoco inglese. Porta occhiali inglesi; ha baffetti grigi, inglesi. Vicino a lui, in un’altra poltrona inglese, la signora Smith, inglese, rammenda un paio di calze inglesi. Lungo silenzio inglese. La pendola inglese batte diciassette colpi inglesi.

signora smith Già le nove. Abbiamo mangiato minestra, pesce, patate al lardo, insalata inglese. I ragazzi hanno bevuto acqua inglese. Abbiamo mangiato bene, questa sera. La ragione è che abitiamo nei dintorni di Londra e che il nostro nome è Smith.

signor smith (continuando a leggere, fa schioccare la lingua).signora smith Le patate sono molto buone col lardo, l’olio dell’insalata non era

rancido. L’olio del droghiere dell’angolo è di qualità assai migliore dell’olio del droghiere di fronte, ed è persino migliore dell’olio del droghiere ai pie-di della salita. Non voglio dire però che l’olio di costoro sia cattivo.

signor smith (continuando a leggere, fa schioccare la lingua).signora smith Ad ogni modo l’olio del droghiere dell’angolo resta il migliore…signor smith (continuando a leggere, fa schioccare la lingua).signora smith Questa volta Mary1 ha cotto le patate proprio a dovere. L’ultima

volta non le aveva fatte cuocere bene. A me piacciono solo quando sono ben cotte.

signor smith (continuando a leggere, fa schioccare la lingua).signora smith Il pesce era fresco. Mi sono persino leccata i baffi. Ne ho pre-

so due volte. Anzi, tre. Mi farà andar di corpo. […]signor smith (fa schioccare la lingua).signora smith Tutto sommato però la minestra era forse un po’ troppo salata.

Aveva più sale in zucca di te. Ah, ah, ah. Aveva pure troppi porri e troppo poca zucca e cipolla. Mi spiace di non aver suggerito a Mary di aggiunge-re un po’ di anice stellato. La prossima volta saprò come regolarmi.

signor smith (continuando a leggere, fa schioccare la lingua). […]signora smith La signora Parker conosce un droghiere rumeno, chiamato

Popesco Rosenfeld, che è appena arrivato da Costantinopoli. È un gran specialista in yoghurt. È diplomato alla scuola dei fabbricanti di yoghurt di Adrianopoli. Domani andrò da lui a comprare una grossa pentola di yoghurt rumeno folkloristico. Non si trovano sovente cose così nei din-torni di Londra.

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351. Mary: la cameriera.

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signor smith (continuando a leggere, fa schioccare la lingua). signora smith Lo yoghurt è quel che ci vuole per lo stomaco, le reni, l’appen-

dicite e l’apoteosi2. Me l’ha detto il dottor Mackenzie-King, che cura i bambini dei nostri vicini, i Johns. È un bravo medico. Si può aver fiducia in lui. Non ordina mai dei rimedi senza averli prima esperimentati su di sé. Prima di far operare Parker, ha voluto farsi operare lui al fegato, pur non essendo assolutamente malato.

signor smith Come si spiega allora che il dottore se l’è cavata, mentre Parker è morto?

signora smith Evidentemente perché sul dottore l’operazione è riuscita, mentre su Parker no.

signor smith Quindi Mackenzie non è un bravo medico. L’operazione avreb-be dovuto riuscire su tutti e due, oppure tutti e due avrebbero dovuto soccombere.

signora smith Perché?signor smith Un medico coscienzioso dovrebbe morire insieme col malato,

se non possono guarire assieme. Il comandante di una nave perisce con la nave, nei flutti. Non sopravvive mica.

signora smith Non si può paragonare un malato a una nave. signor smith E perché no? Anche la nave ha le sue malattie; d’altronde il tuo

medico è sano come un pesce; ragione di più, dunque, per perire assieme al malato come il dottore con la sua nave.

signora smith Ah! Non ci avevo pensato… Forse hai ragione… E allora che cosa si deve concludere?

signor smith Che tutti i medici sono ciarlatani. E anche tutti i malati. Solo la marina è sana, in Inghilterra.

signora smith Ma non i marinai.signor smith Beninteso. (Pausa. Sempre col giornale in mano) C’è una cosa

che non capisco. Perché nella rubrica dello stato civile è sempre indicata l’età dei morti e mai quella dei nati? è un controsenso.

signora smith Non me lo sono mai domandato!

Altro silenzio. La pendola suona sette volte. Silenzio. La pendola suona tre volte. Silenzio. La pendola non suona affatto. […]

SCENA QUARTA

Gli stessi3, meno Mary. La signora e il signor Martin si seggono l’uno in fac-cia all’altra, senza parlare, si sorridono timidamente. Il dialogo che segue dev’essere recitato con voce strascicata, monotona, un poco cantante e asso-lutamente priva di sfumature.

signor martin Mi scusi, signora, non vorrei sbagliare, ma mi pare di averla già incontrata da qualche parte.

signora martin Anche a me, signore, pare di averla incontrata da qualche parte.

signor martin Non l’avrò, signora, per caso intravvista a Manchester?signora martin Potrebbe darsi. Io sono nativa di Manchester! Tuttavia non

ricordo bene, signore; non potrei dire se è là che l’ho vista o no.signor martin Dio mio, è veramente curioso! Anch’io sono nativo di Manche-

ster, signora!signora martin Veramente curioso! […]

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2. lo stomaco… l’apoteo-si: naturalmente l’«apo-teosi» non è né un orga-no né una malattia, ma la parola ha il significato di “momento glorio-so” o culminante. Qui Ionesco scherza, met-tendo in bocca al suo personaggio una cosa che non c’entra nulla con le altre.3. Gli stessi: cioè i Martin, che sono appena entrati nella scena terza.

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signor martin (dopo aver lungamente riflettuto, si alza lentamente e senza fretta si dirige verso la signora Martin, la quale, stupita dall’aria solenne del signor Martin, si è alzata pure lei, molto tranquillamente; il signor Martin con la solita voce fiacca, vagamente cantante.) Allora, cara signora, io cre-do che non vi siano più dubbi, noi ci siamo già visti e lei è la mia legitti-ma sposa… Elisabetta, ti ho ritrovata!

La signora Martin si avvicina al signor Martin senza affrettarsi. Si abbrac-ciano senza espressione. La pendola batte un colpo molto forte. Il colpo dev’essere tanto forte da far sussultare gli spettatori. I coniugi Martin non lo odono.

signora martin Donald, sei tu, darling!

Si mettono a sedere sulla medesima poltrona, si tengono stretti e si addor-mentano. La pendola batte ancora parecchie volte. Mary, in punta di piedi, un dito sulle labbra, entra cautamente in scena e si rivolge al pubblico.

SCENA QUINTA Gli stessi4 e Mary.

mary Elisabetta e Donald, adesso, sono troppo felici per potermi udire. Pos-so dunque rivelarvi un segreto. Elisabetta non è Elisabetta e Donald non è Donald. Eccone la prova: la bambina di cui parla Donald non è la figlia di Elisabetta, non si tratta della stessa persona. La figlia di Donald ha un occhio bianco e uno rosso, precisamente come la figlia di Elisabetta. Tut-tavia, mentre la figlia di Donald ha l’occhio bianco a destra e l’occhio rosso a sinistra, la figlia di Elisabetta ha l’occhio rosso a destra e l’occhio bianco a sinistra! Di conseguenza, tutto il ragionamento di Donald crolla urtando contro quest’ultimo ostacolo che annulla tutta la sua teoria. No-nostante le coincidenze straordinarie che potrebbero sembrare argomen-ti decisivi, Donald ed Elisabetta, non essendo i genitori della medesima creatura, non sono Donald ed Elisabetta. Ha un bel da credere, lui, di essere Donald; ha un bel da credere, lei, di essere Elisabetta. Ha un bel credere, lui, che lei sia Elisabetta. Ha un bel credere, lei, che lui sia Do-nald: essi si ingannano amaramente. Ma chi è allora il vero Donald? Qual è la vera Elisabetta? Chi mai ha interesse a far durare questa confusione? Io non ne so nulla. Non sforziamoci di saperlo. Lasciamo le cose come stanno. (Fa qualche passo verso la porta, poi torna indietro e si rivolge al pubblico) Il mio vero nome è Sherlock Holmes (Esce). […]

SCENA SETTIMA

Gli stessi e gli Smith.La signora e il signor Smith entrano da destra, con i medesimi abiti che in-dossavano precedentemente.

signora smith Buonasera, cari amici! Scusateci di avervi fatto aspettare tan-to. Abbiamo però ritenuto nostro dovere rendervi gli onori cui avete di-ritto sicché, non appena abbiamo saputo che non eravate alieni dal pro-curarci il piacere di venirci a trovare senza annunziare la vostra visita, ci siamo affrettati ad andare a rivestire i nostri abiti di gala.

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4. gli stessi: cioè i signori Martin, prota-gonisti della scena pre-cedente.

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signor smith (furioso) Non abbiamo mangiato nulla in tutta la giornata. Son quattro ore che vi aspettiamo. Perché siete venuti così tardi?

La signora e il signor Smith siedono di fronte agli ospiti. La pendola sottoli-nea le battute, con maggiore o minor forza a seconda del caso. […]

signora smith (ai Martin) Voi che viaggiate molto, dovreste pur trovare qual-cosa d’interessante da raccontarci.

signor martin (alla moglie) Racconta, cara, che cos’hai visto oggi.signora martin Non ne vale la pena, non mi credereste.signor smith Non oseremmo mai mettere in dubbio le sue parole!signora smith Ci offenderebbe se lo sospettasse.signor martin (alla moglie) Li offenderesti, cara, se li sospettassi capaci…signora martin (civettuola) Ebbene, oggi ho assistito ad una cosa inverosimi-

le. Una cosa incredibile.signor martin Racconta presto, cara.signor smith Benone. Adesso ci divertiremo.signora smith Era ora.signora martin Ebbene, oggi, andando al mercato per comprare della verdu-

ra, che diventa sempre più cara…signora smith Dove andremo a finire?signor smith Non bisogna interrompere, cara, sei screanzata.signora martin Ho visto, per strada, vicino a un caffè, un signore decorosa-

mente vestito, sulla cinquantina, o forse nemmeno, che…signor smith Che, cosa?signora smith Che, cosa?signor smith (alla moglie) Non bisogna interrompere, cara, sei disgustosa.signora smith Caro, sei stato tu a interrompere per primo, bestia.signor martin Ssst. (Alla moglie) Che cosa faceva quel signore?signora martin Ebbene, direte che me lo sono sognato: aveva posato un gi-

nocchio in terra ed era tutto chinato.signor martin, signor smith e signora smith Oh!signora martin Sì, chinato.signor smith Impossibile.signora martin Sì, sì, chinato. Mi sono avvicinata per vedere che cosa facesse…signor smith Ebbene?signora martin Stava legandosi i legacci delle scarpe che si erano slacciati.gli altri tre Fantastico!signor smith Non me lo dicesse lei, non ci crederei.signor martin Perché no? Si vedono cose ancor più straordinarie, quando si

va in giro. Ad esempio oggi stesso ho visto in tranvai, seduto sul mio se-dile, un signore che leggeva beatamente il giornale.

signora smith Che tipo strambo!

da La cantatrice calva, Torino, Einaudi, 1958

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  Nella scena d’esordio assistiamo prima a un monolo-go, quindi a un dialogo incoerenti e assurdi. Da notare l’incongruenza anche cronologica: ad apertura di sipa-rio i coniugi Smith hanno già mangiato, poi attendono ospiti per la cena; la pendola batte un’ora, poi un’altra, senza consequenzialità. L’autore sembra comunicarci una realtà straniata. I personaggi parlano, ma non co-municano nulla; si pongono domande irrazionali, fanno considerazioni folli. L’entrata dell’altra coppia, i signori Martin, non migliora la situazione: arrivati insieme, i due coniugi non si riconoscono come marito e moglie finché non si rendono conto, dai reciproci racconti, di vivere in-sieme e di essere addirittura sposati. La cameriera Mary complica ancora di più le cose, sostenendo che i Martin non sono i Martin. Quando le due coppie si ritrovano, non sanno cosa dirsi e ognuno pronuncia una frase a

caso, tanto per togliersi dall’imbarazzo. Ricorrente è l’uso delle banalità, delle frasi fatte, dei luoghi comuni. Al di là dell’indubbio effetto comico che le scene pro-ducono nello spettatore, quello che Ionesco vuole rap-presentare è il senso di alienazione, cioè della estraneità dell’uomo a se stesso.

  Nel dialogo tra i coniugi Martin, possiamo intrave-dere un’amara e caustica analisi del matrimonio, che Ionesco presenta come la casuale coabitazione di due persone che non si conoscono per nulla. I personaggi sono gusci vuoti, semplici macchine che rispondono, in maniera casuale, a stimoli esterni. È in questo che si mo-stra la grande modernità di Ionesco, che seppe vedere e prevedere nell’incomunicabilità, nella omologazione dei comportamenti e nella banalizzazione del linguaggio l’avvento del conformismo di massa.

PER LAVORARE SUL TESTO

COMPRENSIONE

Il riassunto

1. Riassumi il testo in un massimo di 8 righe.

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I monologhi e i dialoghi

2. Di che cosa parla la signora Smith all’inizio della prima scena?

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3. Di che cosa parlano i coniugi Martin?

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VERSO L’ESAME 1a prova, tip. A Analisidiuntestoteatrale

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4. Che cosa dice Mary nella quinta scena?

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5. Di che cosa parlano i coniugi Martin e i coniugi Smith nella settima scena?

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ANALISI

L’assurdo

6. I dialoghi ti sembrano verosimili? Motiva la tua risposta con riferimenti al testo.

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7. Analizza il dialogo nella settima scena e indica, nelle battute della Signora Martin, in cosa consiste l’incomunicabilità tra i personaggi.

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Le didascalie

8. Rileggi le didascalie e indicane la funzione.

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9. Quali elementi della prima didascalia anticipano l’assurdità della situazione che verrà rappresentata?

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10. Su che cosa insistono le didascalie?

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APPROFONDIMENTO

La poetica

11. Delinea in un testo che non superi le venti righe le principali caratteristiche formali e contenutistiche del “teatro dell’assurdo”, esemplificando le tue osservazioni a partire dalle scene che hai letto.

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L’interpretazione

12. Proponi una interpretazione complessiva delle caratteristiche e delle finalità del “teatro dell’assurdo”, basandoti, se lo ritieni opportuno, anche sui princìpi che lo differenziano dal teatro esistenzialista di Sartre, propugnatore di una cultura responsabile e impegnata.

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La televisione e il conformismo

13. Nella società di oggi non hanno cessato di esistere né l’incomunicabilità né il conformismo di massa. I mezzi di comunicazione e di informazione, con la loro capacità di spettacolarizzare e di enfatizzare, a qualsiasi costo, ogni evento politico, sportivo, economico, culturale o anche semplicemente mondano, rappresentano nella nostra espe-rienza quotidiana sia l’esigenza di comunicare con il mondo, sia la volontà di conformarsi ai modelli di vita proposti. Rifletti sull’influenza che tali mezzi hanno nella vita di ogni giorno e sui modi con cui essi sono causa di conformismo.

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VERSO L’ESAME 1a prova, tip. D Temadiordinegenerale

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sezione 3 Dagli anni Cinquantaai giorni nostri

Samuel Beckett

La vita e le opere

Samuel Beckett nacque a Dublino nel 1906 da una famiglia protestante. Iniziò gli studi uni-versitari in quella città e poi si recò a Parigi come lettore di inglese presso la Sorbona. Qui conobbe James Joyce e ne diventò segretario personale. Dopo il ritorno in patria, continuò a viaggiare tra Londra e Parigi, entrando in contatto con le più avanzate avanguardie letterarie del tempo. Nel 1937 si trasferì definitivamente a Parigi. Durante l’occupazione tedesca, nel 1942, visse a Roussil-lon, nella zona non occupata. Dal 1945, tornato a Parigi, incominciò a scrivere gran parte dei suoi testi in francese. Nel 1952 la sua prima opera tea-trale, Aspettando Godot, incontrò un successo in-ternazionale. Nel 1951-1953 pubblicò un corpus di tre romanzi, Molloy (1938), Malone muore (1951) e L’innominabile (1953), in cui affrontava i temi dell’alienazione e dell’incomunicabilità. Ma è so-prattutto per il suo lavoro di drammaturgo che

nel 1969 Beckett ricevette il premio Nobel: la sua opera, come manifesta la motivazione del premio, «trae motivo di elevazione dalla messa a nudo del dissolvimento dell’uomo di oggi». I suoi drammi più noti, dopo Aspettando Godot, sono: Finale di partita (1957), il cui titolo deriva da una mossa di scacchi in cui non c’è possibilità di soluzione, a sot-tolineare la condizione senza via d’uscita dei per-sonaggi del dramma; Atto senza parole (1957), L’ul-timo nastro di Krapp (1958), Giorni felici (1963), monologo sull’incomunicabilità: la protagonista parla al marito senza ricevere nessuna risposta e i suoi gesti si ripetono sempre uguali; Compagnia (1980), dramma in cui una voce fuori campo parla per un unico ascoltatore sulla scena. Sempre alla ricerca di forme espressive nuove, Beckett scrisse radiodrammi, soggetti televisivi e cinematografici, e persino drammi della durata di pochi minuti. Morì a Parigi nel 1989.

Aspettando Godot (1952)

La trama Aspettando Godot (En attendant Go-dot) mostra due vagabondi, Vladimiro ed Estra-gone, che attendono l’arrivo di un misterioso Go-dot: essi, che tra loro si chiamano Didi e Gogo, non sanno dove e quando questi verrà, ma soprat-tutto non sanno come riempire il vuoto dell’atte-sa. A un certo punto entrano in scena altri due personaggi: Lucky, un vecchio quasi moribon-do, sovraccarico di bagagli e tenuto al guinzaglio dal suo padrone e Pozzo, il quale vuole vendere il suo “schiavo” al mercato. Un ragazzo, in seguito, compare per comunicare ai due vagabondi che il signor Godot non arriverà che all’indomani. Nel secondo atto Pozzo è divenuto inspiegabil-mente cieco, mentre Lucky ha perso la parola e sembra sempre più sofferente; infine i due se ne

vanno e ricompare il ragazzo per dire che Godot non arriverà nemmeno quel giorno, ma certa-mente il giorno dopo.Vladimiro ed Estragone, a quel punto, meditano di impiccarsi a un albero, ma rinunciano in atte-sa che arrivi Godot. Si intuisce, però, che l’attesa, per i due, sarà vana.

Lo stile Il dialogo tra i due vagabondi, estre-mamente asciutto e talora ellittico, mette in evidenza il tema dell’incomunicabilità e assume talora le caratteristiche del monologo. Le frasi sono spesso male articolate, si interrompono, si riducono a nomi, verbi, balbetii. Anche la disgre-gazione del linguaggio testimonia l’impossibilità e l’insensatezza di ogni comunicazione.

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Personaggi: Vladimiro - Estragone

Strada di campagna, con albero. È sera. Estragone, seduto per terra, sta cercando di togliersi una scarpa. Vi si accanisce con ambo le mani, sbuffando. Si ferma stremato, riprende fiato, ricomincia daccapo.Entra Vladimiro.

estragone (dandosi per vinto) Niente da fare.vladimiro (avvicinandosi a passettini rigidi e gambe divaricate) Comincio a

crederlo anch’io. (Si ferma) Ho resistito a lungo a questo pensiero; mi dice-vo: Vladimiro, sii ragionevole, non hai ancora tentato tutto. E riprendevo la lotta. (Prende un’aria assorta, pensando alla lotta. A Estragone) Dunque, sei di nuovo qui, tu?

estragone Credi?vladimiro Che si può fare per festeggiare questa riunione? (S’interrompe per ri-

flettere) Alzati che t’abbracci. (Tende la mano a Estragone)estragone (irritato) Dopo, dopo. (Silenzio)vladimiro (offeso, con freddezza) Si può sapere dove il signore ha passato la notte?estragone In un fosso.vladimiro (sbalordito) Un fosso! E dove?estragone (senza fare il gesto) Laggiù.vladimiro E non ti hanno picchiato?estragone Sì… Ma non tanto.vladimiro Sempre gli stessi?estragone Gli stessi? Non so. (Silenzio)vladimiro Quando ci penso… mi domando… come saresti finito… senza di

me… in tutto questo tempo… (Recisamente) Non saresti altro che un muc-chietto d’ossa, oggi come oggi; ci scommetterei.

estragone (punto sul vivo) E con questo?vladimiro (stancamente) È troppo per un uomo solo.(Pausa, vivacemente) D’altra parte, a che serve scoraggiarsi adesso, dico io.

Bisognava pensarci secoli fa, verso il 1900.estragone Piantala. Aiutami a togliere questa schifezza.vladimiro Tenendoci per mano, saremmo stati tra i primi a buttarci giù dalla

Torre Eiffel. Eravamo in gamba, allora.Adesso è troppo tardi. Non ci lascerebbero nemmeno salire. (Estragone si ac-

canisce sulla scarpa) Ma cosa fai?estragone Mi tolgo le scarpe. Non t’è mai capitato, a te?vladimiro Quante volte t’ho detto che bisogna levarsele tutti i giorni! Dovresti

darmi retta.

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Vladimiro ed Estragone, i due protagonisti di que-sto dramma in due atti, attendono in una solitaria strada di campagna un personaggio di cui non co-noscono altro che il nome: Godot. Ma i due vaga-

bondi non sanno né l’ora né il luogo dell’appunta-mento e, durante l’attesa, si intrattengono in con-versazioni più o meno comprensibili.

L’attesa(aspettando godot, atto i)

CONTENUTI L’inutilità dell’attesa La mancanza di senso della condizione umana

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estragone (debolmente) Aiutami!vladimiro Hai male?estragone Male! E viene a chiedermi se ho male!vladimiro (arrabbiandosi) Sei sempre solo tu a soffrire! Io non conto niente. Ma

vorrei vederti, al mio posto! Sapresti cosa vuol dire.estragone Hai avuto male?vladimiro Se ho avuto male! Mi viene a chiedere se ho avuto male!estragone (con l’indice puntato) Non è una buona ragione per non abbottonarsi.vladimiro (chinandosi) Già, è vero. (Si riabbottona) Il vero signore si vede dalle

piccole cose.estragone Che vuoi che ti dica, tu aspetti sempre l’ultimo momento.vladimiro (meditabondo) L’ultimo momento… (Riflettendo) Campa cavallo mio

che l’erba cresce. Chi è più che lo diceva?estragone Allora non vuoi aiutarmi?vladimiro Certe volte mi sembra proprio che ci siamo. Allora mi sento tutto

strano. (Si toglie il cappello, ci guarda dentro, ci fa scorrere la mano, lo scuote, lo rimette in testa) Come dire? Sollevato, ma al tempo stesso… (cercando la parola) …spaventato. (Con enfasi) Spa-ven-ta-to. (Si toglie di nuovo il cappel-lo e ci guarda dentro) Questa poi! (Batte sulla cupola come se volesse far ca-dere qualcosa, torna a guardarci dentro, lo rimette in testa). Insomma… (Con uno sforzo supremo, Estragone riesce a togliersi la scarpa. Ci guarda dentro, fruga con la mano, la rivolta, la scuote, guarda in terra se per caso non sia caduto qualcosa, fa di nuovo scorrere la mano nell’interno scarpa, lo sguardo assente) Allora?

estragone Niente.vladimiro Fa’ vedere.estragone Non c’è niente da vedere.vladimiro Cerca di rimetterla.estragone (dopo aver esaminato il piede) Voglio lasciarlo respirare un po’.vladimiro Ecco gli uomini! Se la prendono con la scarpa quando la colpa è del

piede. (Per la terza volta, si toglie il cappello, ci guarda dentro, ci fa’ scorrere la mano, lo scuote, ci picchia sopra, ci soffia dentro e lo rimette in testa). La cosa comincia a preoccuparmi. (Pausa. Estragone agita il piede dimenando le dita per far circolare l’aria) Uno dei ladroni si salvò. (Pausa) È una percen-tuale onesta. (Pausa) Gogo…

estragone Cosa?vladimiro E se ci pentissimo?estragone Di cosa?vladimiro Be’… (Cerca) Non sarebbe proprio indispensabile scendere ai parti-

colari.estragone Di esser nati?vladimiro (scoppia in una gran risata, che subito soffoca, portandosi la mano al

pube, col volto contratto) Proibito anche il riso.estragone Bel sacrificio.vladimiro Si può solo sorridere. (Il suo viso si tende in un sorriso esagerato, che

si cristallizza, dura qualche istante, poi di colpo si spegne) Non è la stessa cosa. Comunque… (Pausa) Gogo…

estragone (seccato) Cosa c’è adesso?vladimiro Hai letto la Bibbia?estragone La Bibbia… (Pensieroso) Mi par bene di averci dato un’occhiata.vladimiro (stupito) Alla scuola laica?estragone Che ne so se era laica o non laica.vladimiro Stai confondendo col riformatorio.

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estragone Può darsi. Mi ricordo le carte geografiche della Terra Santa. A colo-ri. Erano bellissime. Il Mar Morto era celeste. Mi metteva sete solo a guar-darlo. Pensavo sempre: è là che voglio passare la luna di miele. Nuoteremo. Saremo felici.

vladimiro Avresti dovuto essere un poeta.estragone Lo sono stato. (Indica i propri cenci) Si vede, no? (Silenzio).vladimiro Cos’è più che dicevo… Come va il piede?estragone Gonfia.vladimiro Ah, sì, ci sono, quella storia dei ladroni. Ti ricordi?estragone No.vladimiro Vuoi che te la racconti?estragone No.vladimiro Farà passare il tempo. (Pausa). Erano due ladri e furono crocefissi

insieme al Salvatore. Si dice…estragone Il cosa?vladimiro Il Salvatore. Due ladri. Si dice che uno fu salvato e l’altro… (cerca il

contrario di «salvato») … dannato.estragone Salvato da che cosa?vladimiro Dall’inferno.estragone Io me ne vado. (Non si muove)vladimiro E tuttavia… (Pausa) Come si spiega che… Di’, non ti annoio mica,

per caso.estragone Non sto ascoltando.vladimiro Come si spiega che dei quattro Evangelisti, uno solo racconti il fatto

in questo modo1? Eppure erano là tutti e quattro – o almeno, da quelle par-ti. E uno solo dice che un ladrone s’è salvato. (Pausa). Dài, Gogo; bisogna darmi la replica di tanto in tanto.

estragone Sto ascoltando.vladimiro Uno su quattro. Quanto agli altri tre, due non ne parlano affatto, e il

terzo dice che l’hanno insolentito tutti e due.estragone Chi?vladimiro Come?estragone Non ci capisco niente… (Pausa) Insolentito chi?vladimiro Il Salvatore.estragone Perché?vladimiro Perché non ha voluto salvarli.estragone Dall’inferno?vladimiro Ma no, stupido! Dalla morte.estragone E allora?vladimiro Ma l’altro dice che uno si è salvato.estragone E con ciò? Vuol dire che non sono d’accordo. Punto e basta.vladimiro Erano là tutti e quattro. E uno solo parla di questo ladrone. Perché

si dovrebbe credere a lui piuttosto che agli altri?estragone E chi lo crede?vladimiro Ma tutti lo credono. La gente conosce solo questa versione.estragone Sono tutti fessi. (Si alza a fatica zoppicando si dirige verso la quinta

sinistra, si ferma, guarda lontano schermando gli occhi con la mano, si volta, si dirige verso la quinta destra, guarda lontano. Vladimiro lo segue con gli occhi, poi va a raccattare la scarpa, ci guarda dentro, la lascia cadere a preci-pizio)

vladimiro Puah! (Sputa per terra).estragone (ritorna al centro della scena e guarda verso il fondo) Un luogo incan-

tevole. (Si volta, avanza fino alla ribalta, guarda verso il pubblico). Panorami ridenti. (Si volta verso Vladimiro) Andiamocene.

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1351. uno solo… modo?: si tratta di Luca, l’unico che racconta l’episo-dio del “buon ladrone” (23, versetti 33-43).

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vladimiro Non si può.estragone Perché?vladimiro Aspettiamo Godot.estragone Già, è vero. (Pausa) Sei sicuro che sia qui?vladimiro Cosa?estragone Che lo dobbiamo aspettare.vladimiro Ha detto davanti all’albero. (Guardano l’albero) Ne vedi altri?estragone Che albero è?vladimiro Un salice, direi.estragone E le foglie dove sono?vladimiro Dev’essere morto.estragone Finito di piangere.vladimiro A meno che non sia la stagione giusta.estragone Ma non sarà poi mica un arboscello?vladimiro Un arbusto.estragone Un arboscello.vladimiro Un… (S’interrompe) Cosa vorresti insinuare? Che ci siamo sbagliati

di posto?estragone Dovrebbe già essere qui.vladimiro Non ha detto che verrà di sicuro.estragone E se non viene?vladimiro Torneremo domani.estragone E magari dopodomani.vladimiro Forse.estragone E così di seguito.vladimiro Insomma…estragone Fino a quando non verrà.vladimiro Sei spietato.estragone Siamo già venuti ieri.vladimiro Ah no! Non esagerare, adesso.estragone Cosa abbiamo fatto ieri?vladimiro Cosa abbiamo fatto ieri?estragone Sì.vladimiro Be’… (Arrabbiandosi) Per seminare dubbio sei un campione.estragone Io dico che eravamo qui.

da Teatro, trad. C. Fruttero, Torino, Einaudi, 1974

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  La perdita di senso e l’assurdità della condizione umana vengono rappresentati in questa scena come l’attesa inutile di un evento, l’arrivo di Godot, che non si sa neppure se accadrà.Durante l’attesa i personaggi si scambiano battute che prendono spunto da eventi ordinari e occasionali, come le scarpe strette, e a volte sfociano in questioni comples-se, come le diverse versioni degli evangelisti sui «ladroni» crocefissi con Cristo: sullo stesso piano vengono messi, dunque, problemi importanti e argomenti di poco conto, senza interporre alcuna gerarchia fra il quotidiano, l’ordi-nario, il religioso o il filosofico.

  Vladimiro ed Estragone, nella loro opposizione ben espressa anche dal rapporto alto/basso che vede uno tut-to preso dal suo cappello, l’altro dalle sue scarpe, imper-sonano l’uomo beckettiano, prigioniero del tempo che scorre inutilmente, annoiato da se stesso e dall’aspettati-va di qualcosa che dia un senso alla sua vita. I due personaggi sono infatti privi di valori, lasciano scorrere l’esistenza abbandonandosi agli eventi senza

dare loro una spiegazione, preda dei loro tic e chiusi nei loro aspetti talvolta degradanti. Come il luogo, squallido e desertico, in cui l’unica pre-senza è un albero stecchito, così anche il tempo ha una dimensione indeterminata, non sanno quale stagione o quale giorno sia, non ricordano se sono stati lì o no la sera prima, se e quando Godot abbia dato loro appun-tamento.

  L’ambiguità del testo non ne consente una definitiva interpretazione. Lo stesso Beckett non volle program-maticamente attribuire una identità al suo personaggio (vedi La critica a p. 6); inoltre, l’indeterminatezza del luogo e del tempo in cui è ambientato il dramma au-menta all’infinito la possibilità di attribuire un significato sia all’attesa di Godot sia a Godot stesso: alcuni vedo-no rappresentata in lui una sorta di Dio (si ricordi che God in inglese significa Dio) e l’attesa, quindi, assume il significato della speranza di una salvezza che riscatti l’uomo dall’insensatezza e dalla noia del quotidiano.

PER LAVORARE SUL TESTO

COMPRENSIONE

Il riassunto

1. Riassumi in 4 righe il contenuto del testo.

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Estragone e Vladimiro

2. A quale operazione è intento Estragone?

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3. Da quali aspetti si capisce che i due si conoscono da tempo e sono amici?

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VERSO L’ESAME 1a prova, tip. A Analisidiuntestoteatrale

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La storia dei «ladroni»

4. Chi sono i «ladroni» a cui accenna Vladimiro?

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Aspettando Godot

5. Cosa fanno i due personaggi? Hanno ricevuto qualche particolare istruzione?

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ANALISI

Il testo teatrale

6. Quali indicazioni dà il copione sui gesti che devono compiere i personaggi? Si tratta di movimenti essenziali alla scena o no? Perché?

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7. Esiste una relazione tra i dialoghi e le azioni? Motiva la tua risposta.

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8. Quali tipologie di battute sono presenti nel testo teatrale?

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Il teatro della seconda metà del Novecento

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Il tono del testo

9. Nella scena presentata prevale un unico tono o c’è alternanza di toni?

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Il tempo

10. Ci sono, nel testo, riferimenti temporali? Che percezione hanno i personaggi del passare del tempo?

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I personaggi

11. Quali sono le caratteristiche dei personaggi che agiscono sulla scena? Rispondi leggendo con attenzione sia le battute sia le didascalie.

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Guida allo studio e alla scrittura

Il commento

12. Quali elementi di pensiero e di poetica sono presenti nel testo? Rispondi con un breve commento, procedendo così: • individua gli aspetti che caratterizzano la poetica di Beckett (eventualmente rileggi il profilo e l’analisi del testo); • rintracciali all’interno della scena presentata e sottolineali; • scrivi il commento facendo gli opportuni riferimenti testuali.

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APPROFONDIMENTO

L’interpretazione

13. Il testo di Beckett ha dato adito a diverse interpretazioni di Godot, visto non solo come portatore di salvezza spirituale, ma anche come speranza di libertà per gli oppressi e i prigionieri. Prova a dare una tua interpretazione dell’attesa di Godot e di Godot stesso.

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LA C

RIT

ICA

Molti critici si sono chiesti quale sia il significato della figura di Godot, ma senza successo: lo stesso Beckett, interrogato sull’argomento, ha sempre detto di non conoscere Godot. Nella se-guente lettura critica si sottolinea il fatto che Godot incarni il vuoto dell’esistenza dell’uomo con-temporaneo, la cui vita appare come un continuo e assurdo ripetersi di gesti e parole.

chi è godot?

Vladimiro ed Estragone, che si chiamano familiar-

mente Didi e Gogo, sono in un luogo qualun que, su di una strada senza segno di vita, tranne un albero, stecchito, brullo, che solo nel secondo tempo metterà un tenue ger-moglio, una specie di fruttifi-cazione stentata. Ozio sa men te, ango scio sa mente annoiati, essi attendono. Giocano, pigra-mente sbalestrati, compiono gesti senza senso, si siedono, si alzano, camminano, fanno tante piccole cose qualunque: potrebbero farne altre. Ma “non arriva nulla”. Questo gio-co è un gioco nel senso france-se di “jouer”: essi recitano, cioè rappresentano, e non delibera-tamente, piuttosto ne ces sa ria-men te: la loro è la rappresen-tazione stessa della vita, di una condizione umana qui sciolta da ogni determinazione stori-ca, simbolo del perpetuarsi di una vicenda eterna. […]

Prima ancora di chiederci chi sia Godot, una rituale doman-da in cui la critica sovente ap-pare invischiata oltre misura, nel rischio, cioè, di perdersi alla ricerca di una risposta che forse non ci è data, o nel ri-schio di voler definire qualche cosa che non è, di voler dare una qualifica al nulla, si pone un’osservazione: Godot non viene; per due volte, nei due atti, non viene. Ma dunque non verrà mai?…Quando il regista Alan Schnei-der chiese a Beckett chi fosse Godot, la risposta fu logica: «Se lo sapessi, lo avrei detto nella commedia».Ma se Beckett lo avesse sapu-to, la commedia sarebbe stata un’altra cosa. I suoi personaggi non avrebbero più atteso, o non avrebbero atteso inutilmente.

da G. Cattanei,Samuel Beckett, Firenze,

La Nuova Italia, 1967.

Per comprendere

1. Perché, secondo il critico, i due protagonisti del brano so no simbolo di una condi-zione umana universale?

2. Vale la pena, secondo il criti-co, chiedersi chi sia Godot? Perché?

3. Come rispose Beckett a chi gli chiese chi fosse Godot?

Per approfondire

4. Quali aspetti della poetica di Beckett sono affrontati da Cattanei?

5. Quali di essi hai riscontrato nel brano letto? Rispondi con riferimenti al testo.

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sezione 3 Dagli anni Cinquantaai giorni nostri

Tennessee Williams

La vita e le opere

Thomas Lanier Williams, detto Tennessee, nacque nel 1911 a Columbus, nel Mississippi. Fin dai tempi dell’università scrisse testi drammatici e, dopo la laurea, si dedicò al teatro; il suo debutto, nel 1939, con Battaglia di Angeli, fu un fiasco e su-scitò l’intervento della censura. Dopo questo esor-dio poco felice, Williams si trasferì a Hollywood per tentare la carriera di sceneggiatore, ma senza successo; tornò al teatro e solo nel 1944, con il dramma Lo zoo di vetro, raggiunse la fama. Da al-lora divenne uno dei più celebri e acclamati dram-maturghi americani, alternando ancora qualche insuccesso a molti trionfi. Nel 1947 scrisse uno dei suoi drammi più celebri, Un tram che si chiama de-siderio (A Streetcar named Desire). Con questa pièce cominciò anche l’intenso rapporto di Williams con il cinema: da quel momento, quasi tutti i suoi lavo-ri per il teatro furono ripresi dal grande schermo. Il suo successo continuò con Estate e fumo (1948),

La rosa tatuata (1951), La gatta sul tetto che scotta (1955), Improvvisamente l’estate scorsa (1958); que-sti due ultimi drammi sono imperniati, come del resto molti lavori di Williams, su problemi legati all’omosessualità. In particolare La gatta sul tetto che scotta narra di un ex atleta, momentaneamente infortunato, che vive un conflitto coniugale a cau-sa dell’amore che ha provato per un ex compagno di squadra. Tra i film tratti da drammi di Williams ricordiamo Un tram che si chiama desiderio (1951, E. Kazan), con Marlon Brando e Vivian Leigh; La rosa tatuata (1955, D. Mann), che valse un Oscar come migliore interprete ad Anna Magnani; La gat-ta sul tetto che scotta (1959, R. Brooks), con Paul Newman ed Elizabeth Taylor; Improvvisamente l’estate scorsa (1959, J. Mankiewicz), con Elizabeth Taylor, Mont gomery Clift e Katharine Hepburn; La dolce ala della giovinezza (1962, R. Brooks). Ten-nessee Williams morì nel 1983.

Un tram che si chiama desiderio (1947)

La trama New Orleans, Louisiana, anni ’40: in una piccola e misera casa attendono il primo figlio due giovani sposi, Stanley Kowalsky, sergente dell’esercito di origine polacca, e la moglie Stella Dubois, che proviene da una famiglia abbiente. Tra i due esiste un divario notevole: Stanley è un uomo rude, grezzo, dai modi violenti e, per certi versi, animaleschi, mentre Stella è educata, do-cile e paziente. A turbare l’equilibrio della coppia giunge Blanche, la sorella di Stella: le due donne non si vedono da tempo, poiché Blanche è sem-pre rimasta nella casa paterna e lavora come in-segnante. Blanche, che si dà arie da gran signora, è dedita al bere e non instaura un buon rapporto con il cognato. Tra gli amici di Stanley, Blanche conosce Mitch, un ragazzo sensibile che vive una fase delicata della sua vita a causa di una malattia che sta uccidendo sua madre; tra Mitch e Blan-che nasce un sentimento spontaneo, fatto di com-prensione e solidarietà reciproca. Ma i rapporti tra Stanley e la cognata si fanno sempre più tesi e la conseguente difficoltà di convivenza portano Stanley a indagare su Blanche e a scoprire molte cose sgradevoli sul suo conto: la casa paterna è an-

data perduta a causa delle ipoteche e Blanche è in realtà conosciuta come una donna ossessionata dal sesso, al punto che è stata sospesa dall’inse-gnamento per aver sedotto un suo alunno dicias-settenne. In realtà il comportamento sessuale di Blanche è condizionato anche da un trauma subi-to in gioventù, quando la donna aveva sposato Al-lan Gray, un ragazzo che si era poi rivelato omo-sessuale e che, vistosi scoperto e insultato da lei, si era suicidato. Stanley rivela alla moglie e a Mitch quanto ha scoperto su Blanche: la sorella ne ha pietà, ma Mitch la aggredisce e la umilia. La notte stessa, Stella viene portata all’ospedale per parto-rire e Blanche, rifiutata da Mitch, si ubriaca; quan-do Stanley rientra e la trova in quelle condizioni, la umilia per l’ennesima volta, quindi la violenta. Lo stupro, unito alla delusione d’amore, minano per sempre il già fragile equilibrio della donna.Il dialogo tra Blanche e il dottore che la conduce al manicomio è struggente: la donna, ormai paz-za, gli dice: «Chiunque lei sia, mi sono sempre af-fidata al buon cuore degli estranei». Questa frase è stata ripresa da un personaggio del film Tutto su mia madre di Pedro Almodóvar, nella cui trama il

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dramma di Tennessee Williams svolge un ruolo fondamentale, a ennesima dimostrazione del for-tissimo legame tra il commediografo e il cinema.

La poetica Le opere teatrali di Williams non af-frontano temi sociali, ma soprattutto drammi in-dividuali in cui l’amore, il sesso, i problemi psico-logici e di coppia rivestono un ruolo importante; le situazioni sono spesso lette in chiave psicanalitica, i personaggi sono tormentati e talvolta perdenti.

Il debutto e la versione cinematografica Il dramma debuttò nel dicembre 1947 a New York e ottenne un successo clamoroso, grazie anche alla regia di Elia Kazan e all’interpretazione di Mar-lon Brando, entrambi legati all’Actor’s Studio, la scuola teatrale basata sul “metodo Stanislaskij” (vedi p. 4). Altrettanto fortunata fu la versione cinematografica, del 1951, sempre con Kazan e Brando e con una struggente Vivien Leigh nel ruolo di Blanche.

Nel passo seguente troviamo Mitch e Blanche in-sieme: si stanno innamorando e, soprattutto, spe-rano di trovare l’uno nell’altra quell’affetto che manca nella loro vita. Blanche, tuttavia, non è del tutto sincera con Mitch a causa della sua vanità: avendo già trent’anni (età che negli anni Cinquan-ta era considerata l’inizio del declino di una don-

na) e temendo di non essere abbastanza desidera-bile, mente sui suoi dati anagrafici. Successiva-mente i due aprono i loro cuori e si confidano a vicenda: Mitch è addolorato per l’imminente mor-te della madre, l’unico affetto che gli è rimasto; Blanche rivela a Mitch la triste vicenda del suo matrimonio.

La speranza(un tram che si chiama desiderio, atto i)

CONTENUTI La solitudine di due anime La speranza dell’amore

mitch Blanche.blanche Di’, gioia.mitch Posso farti una domanda?blanche Sì, cosa?mitch Quanti anni hai?blanche (fa un gesto nervoso) Perché lo vuoi sapere?mitch Ho parlato di te a mia madre e m’ha chiesto: «Quanti anni ha Blanche?».

E non gliel’ho saputo dire.Pausa.blanche Hai parlato a tua madre di me?mitch Ho detto a mia madre che eri simpatica, e che mi piacevi.blanche Perché tua madre ha voluto sapere la mia età?mitch Mia madre è malata.blanche Mi rincresce. Grave?mitch Non vivrà ancora molto. Forse qualche mese.blanche Oh!mitch Vuol vedermi sistemato prima di… (la sua voce è rauca ed egli si raschia

la gola due volte, strisciando nervosamente le mani dentro e fuori delle ta-sche).

blanche Le vuoi molto bene, vero?

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mitch Sì.blanche Tu hai tanta capacità di devozione. Ti sentirai solo quando lei ti manche-

rà, vero? (Mitch si schiarisce la gola e annuisce) So quello che vuol dire.mitch Restare soli?blanche C’era qualcuno a cui volevo bene. Questo qualcuno non c’è più.mitch Morto? (Blanche va alla finestra e siede sul davanzale, lo sguardo fuori. Si

versa un altro bicchierino) Un uomo?blanche Un ragazzo, un bambino; ed io ero giovane giovane. Quando ebbi

sedici anni, ebbi la rivelazione – l’amore. Ma così di colpo, e in un modo così pieno, totale! è come se all’improvviso tu accendi un faro nella pe-nombra, così si trasformò il mondo per me! Ma ero sfortunata. Fu un inganno. Lui aveva qualcosa di diverso, una sensibilità, una mollezza, delicatezza, che non erano da uomo, benché a vederlo non avesse un’aria effeminata – eppure – c’era qualche cosa… Lui cercò aiuto da me. Ma io non sapevo. Io non capii niente se non dopo il matrimonio, quando fug-gimmo e tornammo e io mi accorsi di averlo deluso, per non so che mi-sterioso motivo. Sapevo solo di volergli un bene immenso, ma senza po-ter far niente, né per lui né per me! Poi scoprii tutto. Nel modo più tre-mendo. Entrando in una stanza che credevo vuota: ma c’erano due per-sone – il ragazzo che avevo sposato, e un uomo anziano che da anni era il suo amico… (Si sente l’avvicinarsi di una locomotiva. Blanche si tappa le orecchie, rannicchiandosi. Le luci della locomotiva abbagliano la stanza, passa rimbombando. Man mano che il fragore si allontana, Blanche si sol-leva adagio e riprende a parlare) Dopo di che, facemmo finta di niente. Tutti e tre andammo in macchina alla casina del Lago, e per tutta la stra-da giù a ridere e bere. (Si sente una polka in sordina, fievole per la distan-za) Ballammo la Varsouviana! In mezzo al ballo, il giovane che avevo sposato si staccò da me e scappò via. Qualche momento dopo, uno sparo! (La polka s’interrompe di colpo. Blanche si alza come stecchita. Poi la polka riprende a ritmo pieno) Corsi fuori, tutti corsero, ad affollarsi attorno alla cosa terribile in riva al lago! Non riuscii ad avvicinarmi, per la gente che c’era! Poi qualcuno mi afferrò per un braccio: «Non si avvicini! Venga via! Cosa vuol vedere!». Vedere! Vedere, cosa? Poi sentii delle voci: «Allan! Allan! Il giovane Grey!». S’era infilato la rivoltella in bocca, e sparato – tanto che il cranio, gli era schizzato via! (Barcolla e si copre il volto) Que-sto perché, sulla pista da ballo, senza potermi frenare, mi era scappato detto: «Ho visto! So! Mi fai schifo!». E allora il faro che s’era acceso sul mondo, si spense di nuovo e mai più per un solo istante da allora, ha brillato una luce più forte di questo mozzicone di candela…

Mitch si alza pesantemente e le si accosta un poco. La polka aumenta. Mitch è dietro a Blanche.

mitch (attirandola piano tra le braccia) Hai bisogno di qualcuno, anch’io. Per-ché non – io e te – Blanche?

Blanche lo guarda senza capire per un momento. Poi con un pianto molle si stringe nelle braccia di Mitch. Si sforza di parlare tra i singhiozzi, ma le parole non vengono. Mitch la bacia in fronte, sugli occhi e infine le labbra. La polka svanisce.

blanche (lascia andare il fiato in lunghi singhiozzi di riconoscenza) Certe volte, così, scopri che c’è Dio!

da Un tram che si chiama desiderio, trad. G. Guerrieri, Torino, Einaudi, 1973

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  Blanche, di fatto la protagonista del dramma, nel brano si mostra onesta come non mai: abbandona gli atteggiamen-ti fatui e civettuoli, la continua falsa allegria dovuta anche all’alcol, la maschera da seduttrice raffinata e apre il suo cuore a Mitch raccontandogli il suo passato.

  Il racconto procede per rapidi flash: la gioventù, l’amore improvviso, la scoperta dell’omosessualità del marito, la gita, il ballo, il suicidio, le parole concitate della gente. Nel sottofondo il rumore della locomotiva, che prima cresce poi si smorza, quindi la polka che si interrompe proprio nel momento in cui Blanche rievoca lo sparo, per poi riprende-re e svanire di nuovo. L’autore sembra orchestare parole e rumori che si rimandano l’un l’altro esprimendo la tensio-ne del dramma e il suo smorzarsi attraverso la confessione-liberazione della protagonista.

  Dal dialogo emergono la pietà e la simpatia che l’autore nutre per il personaggio di Blanche, prima abilmente dissi-mulate attraverso il ritratto sgradevole di donna nevrotica in uno stato di perenne agitazione. I suoi comportamenti eccessivi, sembra dire Williams, hanno la loro motivazione nel dolore: è il dolore che la spinge a bere, che la induce a concedersi a tanti uomini, che la porta a mentire. Le azioni eccessive di Blanche sono il frutto del suo tentativo di seda-re un’angoscia e di sentirsi amata.

  Il personaggio di Mitch appare delicato e sensibile, nei confronti della madre e di Blanche. Le due solitudini sem-brano incontrarsi nella reciproca solidarietà di un momen-to difficile per ambedue, e creare un momento di serenità: «Certe volte, così, scopri che c’è Dio!».

PER LAVORARE SUL TESTO

Cine

ma

I drammi di Tennessee Williams sono in genere ambien-tati nel Sud degli Stati Uniti, immobile e acquiescente, adagia-to sui ricordi di un passato aristo-cratico e dell’epoca dello schiavi-smo. Quattro anni dopo il debut-to di Un tram che si chiama desi-derio (1947), dal dramma fu rica-vato un film per la regia di Elia Kazan e l’interpretazione di Marlon Brando e Vivien Leigh. La vicenda è ambientata a

New Orleans dove Blanche, trau-matizzata dal suicidio del mari-to, si rifugia a casa della sorella Stella. Blanche è una donna disperata, che la vedovanza ha fatto sprofondare nell’alcolismo; il cognato Stanley, con la sua brutale sensualità, rappresenta tutto ciò che lei teme e detesta

ma, nonostante ciò, ne è segre-tamente attratta. Il film è fedele al dramma di Williams, ma la presenza scenica di Vivien Leigh, attrice realmente tormentata, e di Marlon Brando, dal tempera-mento ribelle, ne fa un’opera indubbiamente indimenticabile. Se aggiungiamo che Elia Kazan è stato uno dei maestri del cine-ma, possiamo concludere che si tratta di un vero capolavoro. Il dramma è tuttora molto

rappresentato nei teatri di tutto il mondo e viene celebrato anche nel film di Pedro Almodóvar Tutto su mia madre (1999), in cui tutta la vicenda parte dalla sera in cui Manuela, la protagonista, accompagna il figlio Esteban a teatro per vedere Un tram che si chiama desiderio.

Tra tormento e passione: Un tram che si chiama desiderio

Anno: 1951 Produzione: UsaRegia: E. KazanSoggetto: dall’omonimo dramma di Tennessee WilliamsSceneggiatura: T. Williams; O. SaulInterpreti principali: M. Brando (Stanley); V. Leigh (Blanche), K. Hunter (Stella)

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COMPRENSIONE

Il riassunto

1. Riassumi il testo in 5 righe.

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Blanche

2. Perché il marito di Blanche si è suicidato?

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3. Che cosa vuol dire Blanche con la frase: «E allora il faro che s’era acceso sul mondo, si spense di nuovo e mai più per un solo istante da allora, ha brillato una luce più forte di questo mozzicone di candela…» (rr. 57-58)?

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Guida allo studio e alla scritturaANALISI

Analizzare la sintassi

4. Quali sono le caratteristiche del brano da un punto di vista sintattico? Procedi rispondendo alle seguenti domande:• Prevale l’ipotassi o la paratassi?• Il discorso diretto o quello indiretto?• C’è una connessione tra l’organizzazione sintattica e il genere a cui appartiene il testo? Perché?

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I personaggi

5. Quali sono i sentimenti e la motivazione predominante che unisce Mitch a Blanche?

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VERSO L’ESAME 1a prova, tip. A Analisidiuntestoteatrale

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6. Come ricorda Blanche, l’amore che l’ha legata al marito?

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Guida allo studio e alla scrittura

Analizzare i rumori e suoni

7. Il monologo in cui Blanche racconta a Mitch la storia del suo matrimonio è accompagnato dal rumore di una locomo-tiva e dalla musica di una polka: quale funzione acquistano questi effetti sonori nel racconto?Procedi così:• sottolinea i passi nei quali compaiono il rumore della locomotiva e la musica della polka;• osserva se il suono cresce, decresce, svanisce;• mettilo in relazione con le parole che sta pronunciando Blanche o con ciò che sta accadendo.

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APPROFONDIMENTO

Il teatro di Tennessee Williams

8. Quali sono i temi cui si ispirano le opere teatrali di Tennessee Williams?Quali, tra questi temi, sono presenti nel brano che hai letto?

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Il teatro della seconda metà del Novecento

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sezione 3 Dagli anni Cinquantaai giorni nostri

Eduardo De Filippo

La vita e le opere

Eduardo De Filippo nacque a Napoli nel 1900 dalla relazione tra Eduardo Scarpetta – celebre autore e attore napoletano, noto soprattutto per Miseria e nobiltà – e Luisa De Filippo. Eduardo e i suoi fratelli, Peppino e Titina, presero il cogno-me della madre, poiché il padre, essendo sposa-to, non poteva riconoscere i figli nati al di fuori del matrimonio. I tre fratelli, tutti attori, diedero vita per lungo tempo alla compagnia “I De Filip-po”. Autore, attore e regista, Eduardo cominciò a calcare le scene fin da bambino, con la com-pagnia del padre; ma furono “I De Filippo” che, nel 1931, portarono al successo Natale in casa Cupiello, primo capolavoro di Eduardo. Del 1945 è Napoli milionaria!, dalla quale Eduardo trasse poi il film omonimo da lui diretto nel 1950; sem-pre nel 1945, in seguito all’abbandono della com-

pagnia da parte di Peppino per incompatibilità di carattere con il fratello, Eduardo continuò a lavorare con Titina, la quale nel 1946 riscosse un enorme successo personale come protagonista di Filumena Marturano. Dello stesso anno è anche Questi fantasmi!, mentre del 1948 sono Le voci di dentro e La grande magia. Tra gli altri suoi ca-polavori ricordiamo De Pretore Vincenzo (1957), Sabato, domenica e lunedì (1959), Il sindaco del rione Sanità (1961), Gli esami non finiscono mai (1974).Negli anni Settanta Eduardo ottenne la nomina a senatore a vita della Repubblica.Negli ultimi anni Eduardo si occupò concreta-mente di cause sociali e soprattutto dei ragazzi detenuti nel carcere minorile Filangeri di Napo-li. Eduardo si spense nel 1984.

Filumena Marturano (1946)

La trama Filumena Marturano è una ex prostituta che, da giovane, ha conosciuto Do-menico Soriano in una casa di tolleranza; tra i due, all’epoca, era nata una relazione che andava al di là dei brevi incontri. Domenico è un uomo ricco, che ha svariate attività e la passione per i cavalli da corsa; ha vissuto tutta la giovinez-za spensierato, viaggiando in Italia e all’estero, godendosi la bella vita. Affezionatosi a Filume-na – e forse anche amandola a modo suo – le ha affidato la gestione della sua casa e dei suoi affari, mentre lui si gode i frutti del benessere. Ora che Filumena ha quarantotto anni, Dome-nico, che ne ha cinquantadue, decide di sposare Diana, una ragazza di ventidue anni. Filumena, allora, inscena una farsa: si finge malata e ago-nizzante e, sul letto di morte, si fa sposare in ex-tremis da Domenico. Questi accetta per pietà ma poi, scoperto l’inganno di Filumena, si ribella al ricatto e ricorre a un avvocato per annullare il matrimonio estorto con la frode. Filumena,

umiliata e trattata da donna meschina, confes-sa allora a Domenico il suo segreto: ha tre figli (Michele, Riccardo e Umberto) che ha sempre tenuto nascosti. La donna ha seguito la sorte dei ragazzi, affidati a famiglie diverse, inviando loro denaro e visitandoli in incognito; ora che i tre figli si sono fatti uomini, Filumena rivela loro di esserne la madre e a Domenico riserva un’ulte-riore sorpresa: uno dei figli è suo, ma lei non gli dirà quale dei tre. Dopo liti e conflitti, Domeni-co lascia la giovane amante e decide di sposare nuovamente Filumena, ma il tarlo del dubbio continua a roderlo e il desiderio di scoprire quale sia suo figlio non lo fa vivere sereno. Alla vigilia delle nozze i due hanno un ulteriore confronto, dopo il quale Domenico non avrà più esitazioni nello sposare Filumena. Dalla commedia sono stati tratti due film: Filumena Marturano (E. De Filippo, 1951) e Matrimonio all’italiana, interpre-tato da Marcello Mastroianni e Sophia Loren (V. De Sica, 1964).

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Siamo nella parte finale della commedia. Filumena e Domenico stanno per sposarsi ma, prima della cerimonia, l’uomo tenta per l’ennesima volta di scoprire quale dei tre figli di Filumena sia il suo. Filumena, donna di carattere, non demorde: se Do-

menico insiste, rinuncia al matrimonio. All’inizio di questo atto, troviamo i due promessi sposi da soli; la donna è già vestita per la cerimonia e l’uo-mo la guarda ammirato.

’E figlie so’ ffigglie(filumena marturano, atto III)

CONTENUTI L’amore per i figli Il denaro e gli interessi economici motivi di discordia

* La commedia, come del resto quasi tutte le opere di Eduardo, è scritta in dialetto napoleta-no. Data la larga diffusione e comprensione del napoletano in tutto il resto d’Italia (dovuta alla vasta popolarità delle can-zoni napoletane e all’uso del vernacolo da parte di molti atto-ri, autori e cantanti), non si è ritenuto opportuno corredare il testo di una traduzione inte-grale. Per agevolare la lettura, riportia-

mo qui di seguito alcune carat-teristiche proprie del dialetto napoletano: 1) sono numero-sissime le apocopi e le elisio-ni, ovvero le omissioni di una lettera finale o iniziale (es: puo’ per puoi, he’ per hai, ’na per una); 2) in molte parole termi-nanti con vocale, viene aggiun-ta una “e” (es.: figlie per figli; viecchie per vecchi); 3) l’articolo determinativo “il” si trasforma in ’ll, con l’elisione della i e il raddoppiamento della “l”; 4)

in molte parole, molto simili a quelle italiane, viene raddoppia-ta una consonante (es.: comme per come).1. Si’ turnata… figliola: sei ringio-vanita, sei tornata un’altra volta giovane.2. te diciarrìa: ti direi.3. ’a capa: la testa.4. a n’ommo: a un uomo.5. stunata: “stonata”, cioè fra-stornata, fuori fase.6. stongo: sono.7. affidamento: per l’organizza-

zione della giornata, in cui si celebra il matrimonio.8. Lucia: la cameriera.9. Alfredo e Rosalia: Alfredo è un dipendente di Domenico, una sorta di uomo di fatica ma anche amico del suo titolare; Rosalia è una donna anziana che conosce Filumena fin da quando era piccola e le è sem-pre stata vicina.10. cagna’: cambiare.11. m’ ’a puo’ da’ tu sola: me la puoi dare solo tu.

La poetica di Eduardo Il teatro di Eduardo, ambientato nei quartieri popolari di Napoli, è tut-tavia depositario di significati universali: i suoi personaggi, ora passionali, ora malinconici, ora smarriti, sono caratterizzati da straordinaria vi-talità e struggente poesia. La drammaturgia di Eduardo, anche se imperniata sul mondo degli

umili, non ha implicazioni politiche, ma mira a rappresentare i sentimenti più essenziali e ge-nuini. Il suo è un teatro in cui l’amore, i conflitti generazionali, la tenerezza tra anziani coniugi, la maternità come forza primordiale si esprimono attraverso un linguaggio semplice e, allo stesso tempo, poetico.

domenico Comme staie bene Filume’… Si’ turnata n’ata vota figliola1… E si stesse tranquillo, sereno, te diciarrìa2 che tu puo’ fa ancora perdere ’a capa3 a n’ommo4.

filumena (vuole evitare, a tutti i costi, l’argomento che sta a cuore a Domenico e del quale ella ha intuito il tenore. Evade) Me pare ca nun manca niente. So’ stata accussì stunata5, ogge.

domenico Io invece nun stongo6 tranquillo e nun stongo sereno.filumena (fraintendendo ad arte) E che vuo’ sta’ tranquillo? Uno po’ fa’ affida-

mento7 sulo su Lucia8. Alfredo e Rosalia9 so’ duie viecchie…domenico (riprende il discorso iniziato) Nun cagna’10 discorso pecché tu staie

penzanno chello che sto penzanno io… (Continuando) E sta tranquillità, sta serenità, m’ ’a puo’ da’ tu sola11, Filume’…

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filumena Io?domenico Tu he’ visto c’aggio fatto chello ca vulive tu12. Dopo l’annullamento

del matrimonio te venette13 a chiamma’. E no una vota ma tante volte… pecché tu facive dicere ca nun ce stive14. So’ stato io, ca so’ venuto addu15 te e t’aggio ditto: «Filume’, spusàmmece16».

filumena E stasera ce spusammo.domenico E si’ felice?… Almeno, credo.filumena Comme no?domenico E allora m’ he’ a fa’ sta’ felice pure a me17. Asséttate18, stamme a senti’.

(Filumena siede). Si tu sapisse quanta vote, in questi ultimi mesi, ho cercato di parlarti e non ci sono riuscito. Ho tentato con tutte le mie forze di vincere questo senso di pudore e me n’è mancato il coraggio. Capisco, l’argomento è delicato e fa male a me stesso metterti di fronte all’imbarazzo delle rispo-ste; ma nuie ce avimm’ ’a spusa’19. Tra poco ci troveremo inginocchiati da-vanti a Dio, non come due giovani che ci si trovano per aver creduto amore un sentimento che poteva essere soddisfatto ed esaurito nel più semplice e naturale dei modi… Filume’, nuie ’a vita nosta ll’avimmo campata20… io tengo cinquantaduie anne passate e tu ne tiene quarantotto: due coscienze formate che hanno il dovere di comprendere con crudezza e fino in fondo il loro gesto e di affrontarlo, assumendone in pieno tutta la responsabilità. Tu saie pecché me spuse: ma io no. Io saccio21 sulamente che ti sposo pecché m’he’ ditto22 che uno ’e chilli tre è figlio a me23…

filumena Sulo24 pe’ chesto?domenico No… Pecché te voglio bene, simme state nzieme25 vinticinc’anne, e

vinticinc’anne rappresentano una vita: ricordi, nostalgie, vita in comune… l’ho capito da me che mi troverei sbandato… e po’, pecché ce credo: sono cose che si sentono, e io lo sento. Ti conosco bene e perciò te sto parlanno accussì. (Grave, accorato) Io ’a notte nun dormo. So’ diece mise26, ’a chella sera, te ricuorde?… che nun aggio truvato cchiù27 pace. Nun dormo, nun mangio, nun me spasso28… non campo! Tu non saie dint’ ’a stu core che tengo29… Na cosa ca me ferma ’o respiro30… Faccio accussì (come per respi-rare una boccata d’aria) e ’o respiro se ferma ccà31… (mostra la gola) e tu nun me può fa campa’32 accussì. Tu tiene core, si’ na femmena c’ha campato, che capisce e m’aviss’ ’a vule’ pure nu poco ’e bbene33. Nun me puo’ fa’ campa’ accussì! Te ricuorde quanno me diciste: «Nun giura’…» e io nun giuraie34. E, allora, Filume’, t’ ’a posso cerca’ l’elemosina… E t’ ’a cerco comme vuo’ tu: inginocchiato, baciànnote ’e mmane, ’a vesta35… Dimmelo, Filume’, dimme chi è figliemo36, ’a carne mia… ’o sango37 mio… E me l’he’ ’a dicere38, pe’ te stessa, pe’ nun da’ l’impressione che staie facenno nu ricatto… Io te sposo ’o stesso, t’ ’o giuro!

12. Tu he’… vulive tu: tu hai visto che ho fatto quello che volevi tu.13. venette: venni.14. pecché tu… stive: perché tu facevi dire che non c’eri, ti negavi.15. addu: da.16. spusàmmece: sposiamoci.17. E allora… a me: e allora devi fare felice anche me.18. Asséttate: siediti.19. ma nuie… spusa’: ma noi ci dobbiamo sposare.20. Filume’… campata: Filumena, noi la nostra vita l’abbiamo vis-

suta.21. saccio: so.22. m’he’ ditto: mi hai detto.23. uno ’e chilli… a me: uno di quei tre è mio figlio.24. Sulo: solo.25. simme state nzieme: siamo stati insieme.26. So’ diece mise: sono dieci mesi; Domenico allude alla sera in cui Filumena gli ha rivelato che è padre di uno dei suoi tre figli.27. nun… cchiù: non ho più tro-vato.

28. nun me spasso: non mi diverto.29. Tu non… tengo: tu non sai che cosa c’è dentro al mio cuore.30. Na cosa… respiro: che impe-disce il respiro.31. ccà: qua.32. campa’: vivere.33. e m’aviss’… bbene: e mi vuoi forse anche un po’ di bene.34. Te ricuorde… nun giuraie: durante una lite, Domenico stava per giurare che i figli di Filumena

non avrebbero mai messo piede in casa sua, ma Filumena gli aveva intimato di non giurare una cosa del genere; quindi gli aveva “predetto” che sarebbe stato lui a chiedere «l’elemosina» a lei, cioè a implorarle di dirle chi era suo figlio.35. baciànnote… ’a vesta: bacian-doti le mani, il vestito.36. figliemo: mio figlio.37. sango: sangue.38. E me… dicere: me lo devi dire.

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filumena (dopo una lunga pausa, durante la quale ha lungamente guardato il suo uomo) ’O vvuo’ sape’?39… E io t’ ’o ddico. A me basta che te dico: «Tuo figlio è chillu là». Allora tu che faie? Cercherai di portartelo sempre con te, pen-serai a dargli un avvenire migliore e, naturalmente, studierai tutti i modi per dare più danaro a lui che agli altri due…

domenico Be’?filumena (dolce, insinuante) E aiutalo allora: ha bisogno, tene quatto figlie40.domenico (con ansia interrogativa) L’operaio?filumena (assentendo) L’idraulico, comme dice Rosalia.domenico (a se stesso, man mano esaltandosi nei suoi ragionamenti) … Un buon

ragazzo… ben piantato… di buona salute. Perché si è ammogliato41 così presto? Con una piccola bottega che po’ guadagna’? … è un’arte anche quel-la. Con un capitale a disposizione po’ mettere una piccola officina con ope-rai, lui fa da padrone: un negozio di apparecchi idraulici moderni… (D’un tratto guarda Filumena con sospetto) Guarda, guarda… proprio ’o stagna-ro42… l’idraulico! E già, quello ammogliato, il più bisognoso…

filumena (fingendo disappunto) E na mamma ch’ha da fa’?… Deve cercare di aiutare il più debole… Ma tu nun l’he’ creduto… Tu, si’ furbo, tu… è Riccar-do, ’o commerciante.

domenico ’O camiciaio?filumena No, è Umberto, ’o scrittore.domenico (esasperato, violento) Ancora… ancora me vuo’ mettere cu ’e spalle

nfaccia ’o muro43? … Fino all’ultimo!filumena (commossa per il tono accorato e affranto con cui Domenico ha pro-

nunciato le sue parole, cerca di raccogliere tutti i suoi sentimenti più intimi per trarne, in sintesi, la formula di un discorso persuasivo, che finalmente dia all’uomo delle spiegazioni concrete e definitive) Siénteme buono, Dummi’, e po’ nun ce turnammo cchiù ncoppa44 (Con uno slancio d’amore da lungo tempo contenuto) T’aggio voluto bene cu tutt’e fforze d’ ’a vita mia!! All’uoc-chie mieie tu ire nu Dio45… e ancora te voglio bene, e forse meglio ’e prim-ma… (Considerando d’un tratto l’inavvedutezza e l’incomprensione di lui) Ah, c’he’ fatto, Dummi’!… ’E vuluto suffri’ afforza…46 ’O padreterno t’aveva dato tutto p’essere felice: salute, presenza, denaro… a me: a me, ca pe’ nun te da’ nu dulore, me sarrìa stata zitta, nun avarrìa parlato manco mpunt’ ’e mor-te47… e tu, tu sarrisse stato48 ll’ommo generoso c’aveva fatto bene a tre di-sgraziate… (Pausa). Nun m’addimanna’ cchiù pecché nun t’ ’o ddico49. Nun t’ ’o pozzo dicere… E tu devi essere galantuomo a non domandarmelo mai, pecché, p’ ’o bbene che te voglio, in un momento di debolezza, Dummi’50… e sarebbe la nostra rovina. Ma nun he’ visto che, non appena ti ho detto c’ ’o figlio tuio era l’idraulico, subito he’ cominciato a penza’ ai denari… ’o capitale… il grande negozio… Pecché tu ti preoccupi e giustamente, pecché tu dice: «’E denare so’ ’e mieie» E accumience a penza’51: «E pecché nun ce ’o ppozzo dicere ca songo ’o pate?»52 «E ll’ati duie chi songo?» «Che diritto tèneno?»53 L’inferno!… Tu capisci che l’interesse li metterebbe l’uno contro

39. ’O vvuo’ sape’?: lo vuoi sapere?40. tene quatto figlie: ha quattro figlie.41. si è ammogliato: si è sposato.42. stagnaro: sinonimo dialetta-le di “idraulico”.43. cu ’e spalle… ’o muro: con le spalle al muro; in senso metafo-

rico significa ridurre una perso-na all’impotenza, senza possibi-lità di scelta.44. Siénteme buono… ncoppa: ascoltami bene, Domenico, e poi non ci torniamo più sopra (non ne parliamo più).45. All’uocchie mieie… Dio: ai miei occhi tu eri un Dio.

46. ’E vuluto… afforza: hai volu-to soffrire per forza.47. ca pe’… morte: che per non darti un dolore sarei stata zitta, non avrei parlato neanche in punto di morte.48. sarrisse stato: sarebbe stato.49. Nun m’adimmanna’… ddico: non mi domandare più

perché non te lo dico.50. Dummi’: Domenico.51. accumience a penza’: comin-ci a pensare.52. «E pecché… ’o pate?»: e comin-ci a pensare «perché non posso dirglielo che sono il padre?».53. «E ll’ati… tèneno?»: e gli altri due chi sono? Che diritto hanno?

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l’altro… Sono tre uomini, nun so’ tre guagliune54. Sarrìano capace ’e s’ac-cìdere fra di loro55… Nun penza’ a te, nun penza’ a mme… pienz’ a loro. Dummì, ’o bello d’ ’e figlie l’avimmo perduto!56… ’E figlie so chille che se teneno mbraccia, quanno so’ piccerille, ca te dànno preoccupazione quan-no stanno malate e nun te sanno dicere che se sènteno57… Che te corrono incontro cu ’e braccelle58 aperte, dicenno: «Papà!»… Chille ca ’e vvide ’e veni’ d’ ’a scola cu e manelle fredde e ’o nasillo russo59 e te cercano ’a bella cosa60… Ma quanno so’ gruosse, quanno song’uommene61, o so’ figlie tutte quante, o so’ nemice… Tu si’ ancora a tiempo. Male nun te ne voglio… La-sciammo sta’ e ccose comme stanno, e ognuno va p’ ’a strada soia62!

Internamente si udranno i primi accordi di prova di un organo.[…]A matrimonio finito.

filumena (seguita da Umberto, Michele e Rosalia entra dallo studio difilato, va verso sinistra) Che stanchezza, Madonna!

michele E mo’ v’arrepusate63. Ce ne iammo pure nuie. Dimane tengo ’a puteca64.rosalia (con una guantiera contenente dei bicchieri vuoti, verso Filumena) Au-

gurî, augurî, augurî… Che bella funzione! Cient’anne he’ ’a campa’, figlia mia, ca figlia me puo’ essere65!

riccardo (dallo “studio”) È stata proprio na bella funzione.filumena (a Rosalia) Rusali’, nu bicchiere d’acqua.rosalia (marcando) Subito, signora… (Esce dal fondo)domenico (dallo studio, recando una bottiglia di vino “speciale” con il tappo co-

sparso di ceralacca) Niente invitati, niente banchetto, ma na butteglia in famiglia, ce l’avimm’ ’a vévere66… (Prende il cavatappi sul mobile di fondo) Questo ci accompagnerà a dormire (Stappa la bottiglia).

rosalia (ritorna con un bicchiere d’acqua in un piatto, all’uso napoletano) Ecco l’acqua.

domenico C’avimm’ ’a fa’ cu ll’acqua67?rosalia (come per dire: “Me l’ha chiesto donna Filumena”) ’A signora.domenico Dincello68, ’a signora, che, di questa serata, l’acqua è malaugurio. E

chiamma pure a Lucia… Mo’ me scurdavo… chiama pure Alfredo Amoro-so: montatore e guidatore nonché conoscitore di cavalli da corsa.

rosalia (chiama verso il fondo a destra) Alfre’… Alfre’, viene, viénete a bere nu bicchiere ’e vino cu ’o signore… Luci’69, viene tu pure.

alfredo (dal fondo, seguito da Lucia) Eccomi prisento70.

54. guagliune: bambini.55. Sarrìano… di loro: sarebbero capaci di uccidersi tra di loro.56. ’o bello… perduto!: il bello dei figli ormai lo abbiamo perso!57. ’E figlie so… se sènteno!: i figli sono quelli che si tengono in braccio, quando sono picco-li, che ti danno preoccupazio-ne quando sono malati e non sanno dirti che cosa si sentono!58. braccelle: le piccole braccia. 59. Chille… russo: quelli che vedi venire da scuola con le manine fredde e il nasino rosso.60. ’a bella cosa: modo di dire

napoletano che sta a significa-re una cosa qualsiasi, anche modesta, che possa far conten-ti i bambini, per esempio una caramella, un giochino, ecc.61. quanno so’… uommene: quando sono grandi, quando sono adulti.62. Lasciammo… strada soia: lasciamo stare le cose come stanno, e ognuno va per la sua («soia») strada; con queste parole Filumena intende dire a Domenico che è disposta a rinunciare al matrimonio, se lui insiste nel voler sapere quale dei

tre ragazzi è figlio suo.63. E mo’ v’arrepusate: e adesso vi riposate. L’uso della seconda persona plurale va letto come equivalente all’uso della secon-da singolare, secondo l’abitu-dine del napoletano antico (e anche dell’italiano ottocente-sco) per cui, al posto del “Lei” nel rivolgersi a estranei o a superiori nella scala gerarchica si usava il “Voi”. L’abitudine era in uso, agli inizi del Novecento, anche tra genitori e figli: questi ultimi, indipendentemente dal livello socioculturale, si rivolge-

vano ai genitori usando il “Voi” (es.: “Voi, mamma…”).64. ’a puteca: la bottega, il nego-zio.65. Cient’anne… essere: devi vivere cento anni, figlia mia, che potresti essere mia figlia (data l’età che ci divide). Equivalente di “cento di questi giorni”.66. vévere: bere.67. C’avimm’ ’a… acqua?: che dobbiamo fare con l’acqua?68. Dincello: dite, riferite a.69. Luci’: Lucia.70. prisento: presente.

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domenico (ha riempito i bicchieri ed ora li distribuisce) Teh, Filume’, vive71. (Agli altri) Bevete.

alfredo (trincando) ’A salute!domenico (guarda il suo fedele con tenerezza e nostalgia) Te ricuorde, Alfre’,

quanno ’e cavalle nuoste currevano?alfredo Perdio!domenico Se so’ fermate… Se fermaieno72 tantu tiempo fa. E io nun ’o vvulevo

credere, e dint’ ’a fantasia mia ’e vvedevo sempe ’e correre. Ma, mo’, aggiu capito ca s’erano fermate già ’a nu sacco ’e tiempo! (Mostra i giovanotti) Mo’ hann’ ’a correre lloro! Hann’ ’a correre sti cavalle ccà, ca so’ ggiùvene, so’ pullidre ’e sango!73 Che figura faciarrìamo74 si vuléssemo fa’ correre ancora ’e cavalle nuoste? Ce faciarrìamo ridere nfaccia, Alfre’!

alfredo Perdio!domenico Bive75, Alfre’… (Tutti bevono). ’E figlie so’ ffiglie76! E so’ pruvvidenza77.

E sempre, sempre… quando, in una famiglia, ce ne sono tre o quattro, sem-pre succede che il padre ha un occhio particolare, che so io, un riguardo speciale per uno dei quattro. O pecché è cchiù brutto, o pecché è malato, o pecché è cchiuù prepotente, cchiù capuzziello78… E gli altri figli non se l’hanno a male… lo trovano giusto. È quasi un diritto del padre. Fra noi questo non ha potuto accadere, perché la nostra famiglia si è riunita troppo tardi. Forse è meglio. Vuol dire che quel bene che io avrei avuto il diritto di volere ad uno dei miei figli… lo divido fra tutti e tre. (Beve) ’A salute! (Filu-mena non risponde. Ha preso, dal seno, un mazzolino di fiori d’arancio e, di tanto in tanto, ne aspira il profumo. Domenico si volge ai tre giovani, bonario) Guagliu’, dimane ve ne venite a mangia’ ccà.

i tre Grazie.riccardo (avvicinandosi verso la madre) Ora vi lasciamo perché è tardi e mam-

mà se vo’ arrepusa’79. Stàteve bbona, mamma’. (La bacia) Auguri e ce vedim-mo dimane.

umberto (imitando il fratello) Stàteve bbona.michele Buonasera ed auguri…umberto (avvicinandosi a Domenico e sorridendogli teneramente) Buonanot-

te, papà…riccardo e michele (salutano insieme) Papà, buonanotte.domenico (guarda i tre giovanotti con riconoscenza. Pausa) Dateme nu bacio! (I

tre, l’uno dopo l’altro, baciano con effusione Domenico) Ce vedimmo dimane.i tre (uscendo seguiti da Alfredo, Rosalia e Lucia) A domani.

Domenico li ha seguiti con lo sguardo, assorto nelle sue riflessioni sentimenta-li. Ora si avvicina al tavolo e si versa ancora da bere.

filumena (si è seduta sulla poltrona e si è tolta le scarpe) Madonna, ma che stan-chezza! Tutta mo’ m’ ’a sento!80

71. vive: viva, come si dice nei brindisi; equivalente di “salute” o “prosit”.72. Se fermaieno: si fermarono.73. Hann’ ’a correre… sango: devono correre questi caval-li che sono giovani, che sono puledri purosangue. Qui Domenico si esprime con una metafora in cui, con i caval-li, allude alla virilità impetuosa

della giovinezza: si è sempre sentito giovane e ha tentato di rinnovare la sua giovinezza attraverso il rapporto con una donna giovane, Diana; ma ora che si sente responsabilizzato dal suo ruolo di padre, “cede il passo” ai puledri, cioè ai figli.74. faciarrìamo: faremmo.75. Bive: bevi.76. ’E figlie so’ ffiglie: sono le

stesse parole che Filumena ha sentito mentre pregava la Madonna affinché la consiglias-se sulla sua situazione di donna nubile e incinta. 77. pruvvidenza: una grazia, un dono.78. capuzziello: termine napo-letano intraducibile, che com-prende diversi significati; lette-ralmente “uno che ha testa”,

ovvero intelligente in senso generale, ma con connotati di testardaggine o indipendenza o, ancora, originalità.79. mammà… arrepusa’: la mamma si vuole riposare.80. Tutta… sento: la sento tutta adesso, come se arrivasse all’improvviso.

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domenico (con affetto comprensivo) Tutta la giornata in movimento… poi l’emozione… tutti i preparativi di questi ultimi giorni… ma mo’ statte tran-quilla e ripòsati. (Prende il bicchiere e avvicinandosi al terrazzo) è pure na bella serata! (Filumena avverte qualche cosa alla gola che la fa gemere. Emet-te dei suoni quasi simili a un lamento. Infatti fissa lo sguardo nel vuoto come in attesa di un evento. Il volto le si riga di lacrime come acqua pura sulla ghia-ia pulita e levigata. Domenico preoccupato le si avvicina) Filume’, ch’è stato?

filumena (felice) Dummi’, sto chiagnendo81… Quant’è bello a chiàgnere82…domenico (stringendola teneramente a sé) È niente… È niente. He’ curruto83…

he’ curruto… te si’ missa appaura… si’ caduta… te si’ alzata… te si’ arranfe-cata84… He’ pensato, e’ ’o ppenza’ stanca85… Mo’ nun he’ a correre cchiù… Ripòsate!… (Ritorna al tavolo per bere, ancora, un sorso di vino) ’E figlie so’ ffiglie… E so’ tutte eguale… Hai ragione, Filume’, hai ragione tu!… (E tra-canna il suo vino, mentre cala la tela).

da I capolavori di Eduardo, Torino, Einuadi, 1973

81. chiagnendo: piangendo.82. Quant’è bello a chiàgnere: Filumena, in precedenza, si era vantata di non avere mai

pianto in vita sua, nonostante le sue tribolazioni; ora, che può dar sfogo alle emozio-ni, scopre la liberazione delle

lacrime, che sono adesso di gioia.83. He’ curruto: hai corso.84. arranfecata: arrampicata.

85. e’ ’o ppenza’ stanca: e pen-sare stanca.

  Nella scena finale appare evidente il carattere dei personaggi, già tratteggiato nel corso della commedia: gli sposi sono entrambi persone orgogliose, testarde. Ma Domenico, che finalmente sta per sposare Filu-mena, è costretto a rinunciare a sapere quale dei tre sia suo figlio, mentre la donna, che per tanti anni si è sentita in balìa di Domenico, assapora la sua rivincita. Tuttavia non è solo il desiderio di rivalsa ad animare Fi-lumena: come madre ama i suoi figli allo stesso modo e comprende che, se rivelasse il suo segreto, creerebbe tra loro una disparità, un conflitto. È disposta, quindi, a rinunciare all’uomo che ama da venticinque anni pur di preservare l’armonia tra i figli. Le ansie e il cruccio di Domenico finiscono con il dissolversi di fronte ai tre giovani che spontaneamente lo chiamano papà.Commosso e toccato da quella parola che nessuno gli aveva mai rivolto, Domenico comprende come, oramai, quei ragazzi siano davvero tutti e tre figli suoi. Non li ha visti crescere, non li ha seguiti nella loro infanzia; come sostiene Filumena entrambi hanno perso il me-glio della paternità e della maternità, quindi a che serve “sapere”? I figli sono figli e sono tutti uguali, dunque, dice Domenico, Filumena ha ragione.

La donna finalmente piange. E in questo finale sta la chiave per comprendere a fondo il personaggio di Filu-mena. Sentiamo che cosa dice in proposito Luciana Li-bero: «Filumena è una donna che non piange: «Ll’uoc-chie mieie so’ asciutte comm’a l’esca», dice. Piange

solo alla fine dell’opera quando, vinta la sua faticosis-sima battaglia, «felice» singhiozza: «Dummi’, sto chia-gnendo… Quant’è bello a chiàgnere», e – aggiunge l’au-tore – «il volto si riga di lacrime come acqua pura sulla ghiaia pulita e levigata». […] Eduardo scrive Filumena Marturano nel 1946, per due ragioni fondamentali: ave-re un testo pronto per sostituire un eventuale insucces-so di Questi fantasmi; e accontentare la sorella Titina la quale lamentava che le commedie erano sempre scritte intorno ad una centrale figura di protagonista maschi-le. La storia inoltre gli era stata ispirata da un fatto di cronaca, la vicenda di una donna che per farsi sposare si era finta moribonda. […] Filumena chiede, e ottiene, si fa le sue ragioni, invoca le sue leggi, visto che la sua unica legge «è che nun sape chiagnere»; fino all’ultima magistrale mossa, l’abbandono della casa, non prima di aver insinuato nell’animo di Domenico un angoscioso dubbio: «uno di questi tre è figlio a te». […] Filumena non dice, tace e vince; così la diavola, serpa e strega gli fa riconoscere tre figli e i cavalli di don Mimì si ferma-no definitivamente. […] Il personaggio Filumena scivo-la dal carattere tematico alla sua natura squisitamente “formale” e ci appare come un travestimento dell’«io epico» dell’autore, ne è la sua proiezione, la sua stes-sa ossessione: in altre parole Filumena è Eduardo. […] Dietro il volto di Filumena; dietro il calcolo sviluppato sapientemente passo per passo; dietro il personaggio cucito addosso a Titina si svela il volto nascosto di una delle più potenti macchine teatrali costruite da Eduardo. E l’asciutto iniziale e l’umido finale convergono in un’al-legoria della mutazione. […] Esaurito il suo compito,

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COMPRENSIONE

Il riassunto

1. Riassumi in 6 righe il contenuto del testo.

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I figli di Filumena

2. Perché Filumena non vuol rivelare a Domenico qual è il figlio che ha avuto da lui?

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3. Perché Domenico alla fine accetta di non sapere quale dei tre è suo figlio?

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Le figure retoriche

4. A cosa si riferisce Domenico quando chiede ad Alfredo: «Te ricuorde, Alfre’, quanno ’e cavalle nuoste currevano?» (rr. 135-136). Spiega il significato della metafora che prosegue nel dialogo tra Domenico e Alfredo.

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VERSO L’ESAME 1a prova, tip. A Analisidiuntestoteatrale

realizzato il suo disegno, il “corpo corazzato” raziona-le e virile costruito dall’autore, specchio e riflesso di se stesso, si frantuma, va in pezzi; si compie il “miracolo del nome del padre”, la serpe è schiacciata, la diavola, la strega si muta in madonna piangente. Solo allora salta fuori l’io femminile, l’«acqua pura sulla ghiaia pulita e levigata» e, come, in un’apparizione, sgorgano le calde lacrime di Filumena Marturano.» (L. Libero, Le lacrime di Filumena, Napoli, Guida Edito-re, 2000)

In questa commedia Eduardo dimostra la sua stra-ordinaria sensibilità, attenta alle sfumature e alla psico-logia dei personaggi, vicina a coloro che soffrono e che

sono vittime delle convenzioni sociali e del pregiudizio. Anche Domenico ne è stato per lungo tempo succube e ha trattato Filumena non alla stregua di una compagna, ma come una donna che, pur amata, non era degna di diventare sua moglie, essendo una ex prostituta. Attra-verso Filumena, Domenico matura e comprende anche se stesso: nel finale, parlando con Alfredo, usa la meta-fora dei cavalli, evidente simbolo della virilità; forse la sbandata per la ragazza di ventidue anni era stata un tentativo per sentirsi ancora giovane, ma ora che sa di essere padre, che sente le responsabilità di questo ruo-lo, cede il passo ai figli e capisce che sono quelli i cavalli che devono fare la loro corsa.

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Guida allo studio e alla scrittura

Esaminare i personaggi

5. Fa’ un ritratto di Filumena delineandone le caratteristiche fisiche e psicologiche che puoi ricavare dal testo letto (sia dalle battute dialogiche sia dalle didascalie). Procedi così:• costruisci una tabella con due colonne;• nella prima inserisci le caratteristiche fisiche (per esempio, il fascino);• nella seconda quelle psicologiche (per esempio, la fermezza di carattere).

Alla fine, in base alle caratteristiche evidenziate, tratteggia la figura della donna.

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6. Quale significato ha, nella storia del personaggio, il pianto liberatorio a cui Filumena si abbandona nell’ultima scena?

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Il commento

7. Alla luce del brano che hai letto, prova a spiegare perché il teatro di Eduardo, pur profondamente ancorato a una realtà regionale, ha carattere di universalità. Scrivi sull’argomento un commento al testo.

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Guida allo studio e alla scritturaAPPROFONDIMENTO

Esaminare un testo critico9. Leggi le osservazioni della studiosa Luciana Libero su Filumena Marturano riportate nell’analisi e rispondi alle doman-

de seguenti.• Per quali motivi Eduardo scrisse Filumena Marturano? • Quale fatto di cronaca è alla base della commedia?• Quale significato viene attribuito alle lacrime di Filumena? • A che proposito la Libero parla di «allegoria della mutazione»?• Quale metafora rappresenta l’«io femminile»?

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sezione 3 Dagli anni Cinquanta ai giorni nostri

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Eduardo De Filippo

Gli esami non finiscono mai (1973)

La trama Dopo il conseguimento della laurea Guglielmo Speranza riesce a sposare Gigliola, dal-la quale ha due figli, e a far carriera assicurandosi benessere e rispettabilità. Tuttavia, nonostante il buon esito di questi «esami», la sua vita è avvele-nata dalle dicerie della gente e dalle insinuazioni circa la reale paternità dei figli. A ciò si aggiunge l’infelice matrimonio con Gigliola, che, condizio-nata dalle amiche, lo ritiene un incapace. Gugliel-mo si innamora così della giovane Bonaria, con la quale instaura una relazione ben presto nota a tutto il paese. A causa delle maldicenze dei benpensanti, i due decidono di rinunciare al loro amore. Gugliel-mo invecchia, sempre più solo e si finge malato per non dover avere più contatti col mondo che lo disgusta; alla fine morirà tradito anche nel suo desi-derio di un funerale semplice e modesto.

La messa in scena Gli esami non finiscono mai è l’ultima commedia scritta da Eduardo De Filippo e fu rappresentata il 19 dicembre 1974 al Teatro della Pergola di Firenze. L’opera ripercorre la vita di Guglielmo Speranza, dal giorno della laurea nei primi anni Venti a quel-lo del suo funerale nel 1972. Sulla scena, le diverse

fasi della sua esistenza (giovinezza, maturità, vec-chiaia) sono scandite dal cambio di una barba po-sticcia (prima scura, poi grigia, infine bianca) sul volto dell’attore, e dal passaggio di una cantante di strada, che intona successi degli anni in questione. Nonostante lo scorrere del tempo, Guglielmo indos-sa sempre lo stesso vestito: solo nella scena finale ne indossa uno diverso, perché sono i familiari a ve-stirlo, contravvenendo alle sue ultime volontà. È lui stesso a raccontare la propria vita, interagendo col pubblico con commenti, spiegazioni e anticipazioni di ciò che deve ancora accadere.

Il protagonista Guglielmo rappresenta tutti colo-ro che subiscono il giudizio di una società domina-ta dalle apparenze e dalle formalità. Come rivela il suo cognome, per tutta la vita ha sperato di rea-lizzare le sue aspirazioni, fatalmente distrutte dai pettegolezzi e dalle dicerie della gente. Nel narrare la sua vita al pubblico, Guglielmo diventa consape-vole di essere sempre stato sottoposto al giudizio degli altri, che lo hanno osservato e criticato. Quin-di l’esame di laurea non è stato certamente l’ultimo perché, come sottolinea il titolo della commedia, gli esami non finiscono mai.

Dopo la laurea, Guglielmo Speranza si reca a casa della ragazza che ama, Gigliola, per chiederla in mo-glie. Qui trova Don Girolamo Fortezza e Stanislao

Porelli, il padre e lo zio della giovane, che lo sotto-pongono a un lungo e severo esame, per capire se è l’uomo giusto per lei.

Un “esame” di fidanzamento(gli esami non finiscono mai, atto i)

CONTENUTI La necessità di superare continuamente gli esami

girolamo Sedetevi, Guglielmo. (Guglielmo siede di nuovo). Caro giovanotto, la chiarezza è virtù. Guardiamoci bene in faccia e prima di parlare togliamoci tutti i peli dalla lingua1. Se le vostre intenzioni sono serie, andremo d’accor-do, se no vi dico papale papale2 che avete sbagliato il palazzo.

guglielmo Posso assicurarvi che le mie intenzioni…girolamo Se sono serie le vostre intenzioni, lo assoderemo3 noi.stanislao Proprio così.girolamo Sappiate che la vostra posizione sarà da noi guardata al microscopio4

e voi stesso sottoposto ad esami scrupolosissimi.

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1. togliamoci… lingua: diciamo tutto senza nascondere niente.2. se no… papale: altri-menti vi dico molto chiaramente.3. assoderemo: accerte-remo.4. guardata al microsco-pio: osservata minuzio-samente.

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Il teatro della seconda metà del Novecento

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guglielmo Sì, ma…girolamo Sì, ma mi volete dire che oramai vi siete laureato.guglielmo Già.girolamo E che vuol dire?stanislao E con questo?girolamo Lasciatevi guidare da chi ha più esperienza di voi. La laurea non è

che un pezzo di carta.guglielmo (tornandogli alla mente le parole di suo padre5) E già…stanislao Gli esami veri, giovanotto mio, incominciano soltanto dopo di aver

conquistato la laurea.girolamo E questa conquista, sì, è già qualcosa ma non è tutto.stanislao Una laurea, giovanotto caro, è l’impegno che il giovane assume nei

confronti della società.girolamo Il caso può favorire sia i degni che gli indegni. Il mondo ti guarda, la

società ti sorveglia, si difende e fa bene. Con questo non vogliamo insinuare che proprio voi non sarete all’altezza di rendervi degno della vostra laurea, ma… come si dice? Chi vivrà vedrà6.

guglielmo Ma l’assiduità agli studi, il profitto7, il rispetto degli altrui diritti, l’onorabilità della famiglia a cui si appartiene, a cui mi lusingo8 di apparte-nere, qualche affidamento9 lo dovrebbero dare.

girolamo Certamente. Senza dubbio la premessa è ottima: ma sempre una premessa è.

stanislao Caro Speranza, mettetevi bene in mente questo: una volta laureato bisogna dare alla società conto e ragione10 di questa laurea. Voi, in fondo, laureandovi, non avete fatto altro che impiantare una regolare contabilità con tanto di libro mastro, nel quale gli altri, non voi, si prenderanno la bri-ga di segnare le entrate e le uscite dei meriti e demeriti11 che via via si veri-ficheranno durante il vostro impegno di professionista, marito e padre di famiglia.

guglielmo (con gli occhi sbarrati) E fino a quando?girolamo Fino a quando quel tale «pezzo di carta» non sarà diventato per rico-

noscimento popolare una vera e propria laurea.stanislao E ricordatevi che soltanto pochi privilegiati riescono a raggiungere il

traguardo.girolamo Gigliola è figlia unica, non vi dico altro.guglielmo Naturalmente.girolamo Troverete giusto che tanto io quanto mio cognato ci permetteremo di

rivolgervi qualche domanda.guglielmo Risponderò a cuore aperto12.girolamo Benissimo.stanislao Molto bene.girolamo Da giovane, vi dico la verità, mi piaceva di andare a casa di conoscen-

ti, dove incontravo una comitiva di amici coi quali si giocava a carte, con pochissimo interesse: quei pochi centesimi che riuscivamo a risparmiare da quel misero assegno mensile stabilito da mio padre: quindici lire al mese.

5. tornandogli… padre: ricordan-dosi delle parole del padre, che definiva la laurea un «pezzo di carta» indispensabile per otte-nere un posto di riguardo nella società.6. Chi vivrà vedrà: sarà una cosa da accertare in seguito.

7. l’assiduità… profitto: l’impe-gno costante nello studio, i risul-tati.8. mi lusingo: sono orgoglioso.9. affidamento: garanzia.10. dare… ragione: rispondere di sé e delle proprie azioni di fronte alla società.

11. impiantare… demeriti: iniziare un controllo regolare delle vostre azioni con tanto di registro («libro mastro») su cui annotare quelle buone e quelle malvagie («le entrate e le uscite dei meriti e dei demeriti»). Stanislao vuole dire che la laurea è solo il primo

passo per entrare nella buona società, alla quale, in seguito, spetterà giudicare se si è degni o no di occupare un posto di rilievo.12. a cuore aperto: sinceramente.

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Posso assicurarvi però che mai il sottoscritto mise piede su di una bisca13.stanislao Case da giuoco mai!guglielmo Ho sentito parlare di bische e case da gioco, ma vi dico la verità non

ci sono mai stato.girolamo Sapete giocare, però.guglielmo Una scopa a mano a mano, uno scopone14; ma siccome perdo per-

ché non mi ricordo le carte, preferisco di non giocare.girolamo E fate bene. Io tengo una nipote, figlia di mia sorella…stanislao Beatrice… povera figlia!girolamo Contro il parere di tutta la famiglia, s’intestardì a volersi sposare uno

scapestrato, un poco di buono.stanislao Si erano prese le debite informazioni.girolamo Mangiava al ristorante per abitudine. Caffè concerto15, locali nottur-

ni, e non dava un passo a piedi16. Se doveva andare da San Ferdinando17 al Largo della Carità prendeva la carrozzella. Naturalmente, com’era da pre-vedersi, il matrimonio è durato meno di tre anni.

guglielmo State tranquillo: io ho mangiato al ristorante soltanto quando sono stato costretto dai compagni d’università, ma di preferenza mangio a casa, anzi spesso qualche piccola cosa la cucino da me stesso. Non frequento Caffè concerti e locali notturni e come mezzo di trasporto, se la distanza è notevole, mi servo di qualche sidecar18.

stanislao È il medico che adesso vi parla: quante sigarette fumate e quanti caffè prendete?

guglielmo Caffè ne prendo poco: una tazza la mattina e una dopo colazione. Qualche volta ne prendo una terza di pomeriggio se mi trovo in compagnia con qualche amico. Fumo sì e no sette, otto sigarette al giorno.

stanislao Vi consiglio di limitare a tre le sigarette, divise come le divido io: una la mattina dopo il caffè, per esigenze… personali19, l’altra dopo pranzo e la terza la sera, dopo cena.

guglielmo Sono certo che ci riuscirò facilmente.stanislao Voi da piccolo avete avuto il morbillo?guglielmo Non me lo ricordo, veramente. Ma me lo farò dire dai miei genitori

e ve lo farò sapere.girolamo Quando sarà il momento ce li farete conoscere, i vostri genitori.guglielmo Sarà una gioia per me.[…]girolamo Sarei curioso di sapere se siete stato fidanzato con altre ragazze.guglielmo Fidanzato vero e proprio no, ho amoreggiato con tre o quattro ra-

gazze per brevissimo tempo, perché m’accorsi subito che i loro caratteri non legavano con il mio.

girolamo Mi dispiace dirvi che questa presa di posizione nei confronti di que-ste tre o quattro ragazze altro non è che il segno evidente della vostra volu-bilità20.

stanislao Sciocchezze. Tutti i giovani si lasciano, si pigliano… una volta acca-sati, poi, mettono la testa a partito21. Io penserei di approfondire un altro argomento. Voi, ce ne rendiamo perfettamente conto, non ci verrete a dire che siete stato uno stinco di santo. Immaginiamo che con i vostri colleghi sarete andato spesso a donne. Fin qui niente di male, anzi queste scappatel-le clandestine, sotto un certo punto di vista non trascurabile, ci tranquilliz-zano, ci dànno la certezza che per l’avvenire, se questo matrimonio dovesse andare in porto, non ci saranno sorprese22. Vorrei chiedervi se avete avuto mai qualche dispiacere.

guglielmo Amoroso?

13. bisca: locale adibito al gioco d’azzardo.14. Una scopa… sco-pone: la «scopa» e lo «scopone» sono due giochi di carte.15. Caffè concerto: loca-le con orchestra e can-tanti.16. non… piedi: non camminava mai, usava sempre un mezzo di trasporto.17. San Ferdinando: il teatro di Napoli.18. sidecar: carrozzino che si applica lateral-mente alla motocicletta.19. per esigenze… per-sonali: per andare più facilmente in bagno.20. volubilità: leggerez-za nel mutare idee e affetti.21. una volta… partito: dopo essersi sposati, mettono la testa a posto, diventano seri.22. ci danno… sorprese: ci assicurano che in futu-ro, se questo matrimo-nio sarà celebrato, non ci saranno sorprese inat-tese. Stanislao allude a una presunta impotenza di Guglielmo.

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stanislao No, qualche dispiacere di carattere igienico.guglielmo Non afferro23, veramente…stanislao Voglio dire se queste donne, diciamo, pessime…guglielmo Ma non erano pessime.stanislao Allora diciamo di malaffare.guglielmo Ah, ecco.stanislao Dunque. Se qualcuna di queste donne vi ha malauguratamente con-

tagiato uno di quei mali che l’uomo si vergogna di confessare24.guglielmo Beh… io… veramente non mi aspettavo una domanda del genere.stanislao Su, siamo fra uomini, e io, per giunta, sono un medico. Fatevi corag-

gio, parlate. Se foste colpito non fu certamente colpa vostra.guglielmo Debbo confessare che sono stato uno tra i pochi fortunati.stanislao Ne siete certo?guglielmo Non ho avuto mai fastidi.stanislao (porgendo il suo biglietto a Guglielmo) Domani pomeriggio, verso le

cinque, venite ’o studio mio25. Vi esaminerò scrupolosamente: un ascolto al cuore, una palpatina al fegato, una bella Wasserman26 e ci togliamo ogni dubbio.

girolamo Dovete perdonare. Vi ripeto, Gigliola è figlia unica. Di solito si usare dare l’incarico al medico di famiglia; per fortuna noi il medico lo teniamo in casa. (Chiamando) Amneris27, Gigliola. (Dopo breve pausa sopraggiungo-no le due donne) Il signor Guglielmo Speranza ci lascia.

amneris Già ve ne andate? Ci dispiace.guglielmo Ho già abusato troppo dell’amabilità di vostro marito e di vostro

fratello.girolamo Un ultimo accordo voglio prendere con voi, in presenza di mia mo-

glie e di mia figlia, e poi sarete libero.guglielmo Sentiamo.girolamo Io e mio cognato abbiamo avuto l’impressione che il primo contatto

con il signor Guglielmo Speranza darà in avvenire ottimi risultati. Resta intanto stabilito che fra quindici giorni, un mese massimo28, quando avre-mo preso tutte le debite informazioni sul vostro conto…

stanislao Domani pomeriggio, alle diciassette e trenta ci vedremo allo studio…guglielmo Non mancherò.girolamo Dopo le informazioni e il fatto dell’appuntamento allo studio che

dice mio cognato, si potrà parlare di un prossimo incontro per approfondi-re meglio l’argomento, e, se sarà il caso, fissare la data per il fidanzamento. Beviamoci un altro poco di malvasìa29, per buon augurio. (Amneris riempie di nuovo i bicchieri e Gigliola li distribuisce) Sia ben chiaro fin da adesso, però, che se tutto andrà liscio, dalla data del fidanzamento a quella del ma-trimonio dovranno trascorrere minimo due anni.

guglielmo (addolorato) Due anni…girolamo Ho detto due anni minimo! Il tempo necessario per vedere quali sa-

ranno i frutti che riuscirete a raccogliere con quel pezzo di carta che vi hanno dato.

guglielmo La laurea.girolamo Già. Due anni sono lunghi, lo so. Ma durante questo periodo vi per-

metterò di frequentare la mia casa, così avrete reciprocamente l’opportuni-tà di conoscervi meglio e di scandagliare30 i vostri caratteri. (Sollevando il bicchiere) In questo momento, sono lieto di augurare a tutti noi la completa e felice realizzazione d’ogni nostra aspirazione.

da La cantata dei giorni dispari, Torino, Einaudi, 1979

23. Non afferro: non capisco.24. uno di… confessare: allusione alle malattie veneree (in particolar modo alla sifilide, dif-fusa al tempo) che si contraggono attraverso rapporti sessuali.25. venite ’o studio mio: venite nel mio studio.26. Wasserman: esame per la diagnosi della sifilide.27. Amneris: è la madre di Gigliola e la moglie di Girolamo.28. un mese massimo: un mese al massimo.29. malvasìa: vino otte-nuto da uva bianca dal sapore aromatico.30. scandagliare: cono-scere a fondo.

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  Nel passo riportato assistiamo al primo incontro tra Guglielmo e il padre e lo zio della futura moglie (le donne sono state fatte uscire, perché gli uomini pos-sano parlare liberamente tra loro). L’azione si svolge nel salotto di casa Fortezza: Guglielmo, come indica la didascalia, è seduto; Girolamo e Stanislao sono proba-bilmente in piedi, a significare la posizione di superio-rità che in quel momento hanno nei suoi confronti. La stessa osservazione di Girolamo («Lasciatevi guidare da chi ha più esperienza di voi»; r. 15) non fa che con-fermare la distanza tra i due uomini e il giovane appena uscito dall’università.

  Il dialogo tra i personaggi appare fin dall’inizio come un vero e proprio interrogatorio: Guglielmo è sottopo-sto a domande precise e incalzanti, dirette a sondare la sua idoneità come futuro marito della giovane Gigliola. Ogni sua affermazione è soppesata dagli altri due, che commentano ad alta voce, criticano e talvolta approva-no quanto viene detto, «a cuore aperto» (r. 48), dall’in-genuo Guglielmo. Ma le numerose domande non basta-no a provare se egli sia il marito adatto: l’interrogatorio sarà quindi completato, il giorno seguente, da un esa-me medico, per verificare l’assenza di qualsiasi malat-tia, e, nei mesi successivi, dalle «debite informazioni»

(r. 139) raccolte sul suo conto. Soltanto allora sarà pos-sibile fissare la data del fidanzamento, anche se, precisa Girolamo, gli esami non saranno ancora finiti, perché, durante i due anni di fidanzamento, i giovani dovranno dimostrare di avere caratteri compatibili.

È evidente il motivo dominante della commedia, che dà il titolo all’opera stessa: per vivere degnamente nella società ognuno è costretto a sostenere e supera-re continuamente esami imposti dagli altri. I familiari di Gigliola, i compaesani e i benpensanti si ergono, di volta in volta, a giudici delle azioni del protagonista, il quale capisce che, davvero, «gli esami non finiscono mai». Con una suggestiva metafora, Stanislao definisce la vita di Guglielmo un «libro mastro» (r. 35), in cui gli altri segnano le «entrate» e le «uscite», cioè le sue azioni più o meno meritevoli, in base alle quali può es-sere giudicato.

Il titolo della commedia è diventato un modo di dire popolare, a testimonianza di come Eduardo abbia sa-puto individuare un’amara verità condivisa da tutti. La sua grandezza sta nell’aver affrontato temi di attualità, come il rigido conformismo della vita piccoloborghese, combinando toni ora tragici e comici.

PER LAVORARE SUL TESTO

COMPRENSIONE

Il riassunto

1. Fa’ il riassunto del testo in un massimo di 5 righe.

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L’esame2. Perché Girolamo e Stanislao interrogano Guglielmo?

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3. Su quali argomenti verte l’esame?

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VERSO L’ESAME 1a prova, tip. A Analisidiuntestoteatrale

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ANALISI

Il lessico

4. Individua nel testo tutti i termini relativi al campo semantico degli esami.

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5. La commedia è scritta in italiano, ma vi sono parole o espressioni tipiche del dialetto napoletano. Rintracciale e spie-gane il significato.

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Le didascalie

6. Ti sembra che le didascalie siano funzionali alla messa in scena? Motiva la tua risposta.

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I personaggi

7. Come reagisce Guglielmo alle domande che gli vengono rivolte? Si mostra sicuro o intimorito?

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Il commento

8. Stendi un breve commento sull’aspetto del testo che ritieni più significativo (tema trattato, linguaggio, critica al perbe-nismo borghese ecc.).

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Guida allo studio e alla scritturaAPPROFONDIMENTO

Confrontare i testi

9. Metti a confronto il brano di Eduardo con quello tratto da Così è (se vi pare) (vedi p. 562) di Pirandello. Puoi riflettere sui seguenti temi:• l’indagine sulla vita privata del protagonista;• la soggettività delle opinioni espresse;• il rapporto tra personaggi e spettatori:• l’atteggiamento di chi interroga e di chi è interrogato.

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sezione 3 Dagli anni Cinquantaai giorni nostri

Dario Fo

La vita e le opere

Dario Fo nacque nel 1926 a Sangiano, in pro-vincia di Varese. Cominciò la sua attività teatrale all’insegna della satira; con la compagnia Dario Fo-Giustino Durano-Franco Parenti, portò al successo, nel 1953, la “rivista” Il dito nell’occhio. Nel 1957 costituì una compagnia con la moglie Franca Rame e diede vita, in rapida successione, a una serie di commedie comiche tra cui ricor-diamo Gli arcangeli non giocano a flipper (1959), Isabella, tre caravelle e un cacciaballe (1963), Set-timo: ruba un po’ meno (1964), L’operaio cono-sce 300 parole il padrone 1000 per questo lui è il padrone (1969), tutte imperniate su una spiccata critica sociale e politica. Uno dei più grandi suc-cessi degli anni Settanta è Mistero buffo (1969), opera ispirata alla rielaborazione di antichi testi dialettali in cui Fo rivela tutta la sua carica istrio-nica in un lungo monologo, reso particolarmente espressivo grazie all’uso del grammelot. Nel 1970 costituì La Comune, una compagnia che por-tò in scena soprattutto testi politicizzati, come Morte accidentale di un anarchico (1970), ispira-

to all’oscura morte dell’anarchico Pinelli, preci-pitato da una finestra della questura di Milano; appartengono al filone del teatro politico, anche La tragedia di Aldo Moro (1979), dramma imper-niato sul rapimento e l’uccisione dello statista da parte dei terroristi delle Brigate Rosse; Il papa e la strega (1989); Settimo: ruba un po’ meno n. 2 (1993); Marino libero! Ma rino innocente! (1998), satira sul discusso processo relativo all’omicidio del commissario Calabresi e alla figura di Leo-nardo Marino, reo confesso. Tra le opere di Dario Fo più orientate alla satira di costume o allo spe-rimentalismo ricordiamo Parti femminili (1986); Johan Padan a la descoverta delle Americhe (1991) e Lu santu Jullare Francesco (1999), che ricostru-isce alcuni episodi della vita del santo di Assisi ed è scritto e interpretato in napoletano, in gram-melot e nell’italiano del Duecento. Dario Fo ha ricevuto il premio Nobel per la letteratura nel 1997; in occasione dell’evento “Le Monde” scris-se di lui: «Come Molière, ha fatto del riso un’ar-ma contro i bigotti».

L’operaio conosce 300 parole… (1969)

Genere e caratteristiche dell’opera La comme-dia in due atti L’operaio conosce 300 parole il pa-drone 1000 per questo lui è il padrone fin dal titolo manifesta un intento politico: discutere dei moti-vi sociali e culturali che favoriscono le profonde diseguaglianze fra i ceti sociali. Fo scrisse questa commedia nel 1969 durante il periodo in cui lavo-rava con una compagnia (il gruppo Nuova scena), da lui fondata, che voleva riscoprire e rivalutare la cultura popolare: in quello stesso anno, infat-ti, era stato composto e messo in scena Mistero buffo. La compagnia si esibiva anche in luoghi inconsueti come case del popolo (in una di esse è ambientato questo testo) e fabbriche. Esisteva quindi un rapporto di immedesimazione fra gli attori e il pubblico che veniva posto di fronte a se

stesso, al proprio modo di pensare, allo scambio immediato di opinioni fra amici e compagni.

La trama Un gruppo di operai svuota la biblio-teca di una casa del popolo per trasformarla in una sala da biliardo. Mentre ripongono i libri in alcune casse, ecco che essi prendono vita e gli autori e i personaggi irrompono sulla scena, rac-contando la propria storia. C’è il compagno ceco-slovacco che viene processato perché accusato di aver tradito il Partito comunista e si scopre che è stato un combattente della guerra civile spagno-la, torturato allora esattamente come ora; risuo-nano le parole dei principali capi del movimento comunista (Lenin, Mao, Gramsci), che spiegano quanto la cultura sia importante; si ascoltano le

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storie delle lotte dei contadini del Sud e degli ope-rai delle fabbriche; emergono anche le cause del suicidio del poeta russo Majakovskij, deluso dalla rivoluzione che aveva appassionatamente soste-nuto con i suoi scritti. Alla fine, grazie ai libri, gli operai hanno imparato a riflettere su se stessi, sui difetti e sulle colpe della loro stessa parte po-litica, sull’importanza della cultura come stru-mento di liberazione e di miglioramento della loro vita: così rimettono a posto i libri e decidono di tenere in vita la biblioteca.

Struttura, temi e linguaggio La messa in scena è piuttosto semplice: un palcoscenico con alcu-

ne casse, scaffali e libri. I cambi di scena sono legati solo alla comparsa dei protagonisti e degli autori dei libri, ognuno con il proprio stile lingui-stico a seconda del tema che viene affrontato: i pensatori politici parlano di problemi sociali, legati all’organizzazione del Partito; i protago-nisti delle lotte operaie e contadine ricalcano il tono del dramma e dell’epica; le voci che com-mentano il suicidio di Majakovskij esprimono la problematica del rapporto fra arte e libertà fra cultura e potere; lo stesso poeta russo ripropone l’eco delle sue composizioni liriche che cantano la rivoluzione. Il linguaggio degli operai, invece è comune, quotidiano.

Nelle pagine seguenti presentiamo le prime scene dell’opera, che mettono di fronte al dibattito, di grande attualità in quegli anni, sulla necessità di emancipare il popolo attraverso l’educazione cultu-rale. Anche il più umile operaio doveva essere con-sapevole della sua dignità e dei suoi diritti, allo sco-po di difendersi dallo sfruttamento delle classi più

abbienti.Assistiamo a una conversazione fra operai che par-lano alla buona, ma dimostrano una notevole cul-tura politica. Attraverso un’azione che ha il sapore della farsa burlesca (per le ingenue trovate sceniche) Fo affron-ta temi di notevole importanza politica e culturale.

La cultura è roba per i ricchi…(l’operaio conosce 300 parole…, atto i)

CONTENUTI L’importanza dei libri come strumento di conoscenza La cultura popolare e politica è il primo passo verso la libertà

primo operaio Ma quanti anni erano che non facevate giù la polvere in ‘sta biblioteca?

prima operaia Beh, forse da quando l’hanno riaperta… vent’anni fa. Da allora scommetto che nessuno ha più toccato un libro.

seconda operaia Ma neanche per idea… nei primi tempi si leggeva e come… ogni socio della Casa del popolo veniva a prendersi due o tre libri al mese.

primo operaio Ma poi è arrivata la televisione, eh? secondo operaio Già, la televisione è stata il colpo di grazia. seconda operaia Dài piantiamola, non cacciamo sempre addosso la colpa

alla televisione… è che a leggere si fa fatica… specie dopo che hai lavora-to otto ore come una bestia e la maggior parte di ‘sti libri son scritti in una maniera difficile, pieni di paroloni per gente che ha fatto gli studi…

terzo operaio Hai ragione… la cultura è roba per i ricchi… per quelli che non hanno niente da fare!

prima operaia E questa è tutta roba dei borghesi… fate bene a disfarla ‘sta biblioteca… soltanto che al vostro posto mica li scaricherei in cantina… io li brucerei tutti ‘sti libri…

secondo operaio E allora comincia a bruciare questo…

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coro Cos’è? secondo operaio L’estremismo: malattia infantile del comunismo di un certo

Lenin1… Forse è un borghese anche lui…? prima operaia Che discorsi… secondo operaio Ma l’hai mai letto tu? E guarda che è scritto in una maniera

così facile2 che lo capirebbe anche una rivoluzionaria come te. seconda operaia Eh, a proposito di rivoluzionari, senti questo: (legge) «senza

cultura non si fanno dei rivoluzionari ma al massimo dei ribelli. Un uo-mo senza cultura è come un sacco vuoto, pieno di vento ti può fare im-pressione; ma quando piove e spesso piove sulla rivoluzione quel sacco te lo trovi fradicio fra i piedi a farti inciampare».

primo operaio Orco che bella… di chi è? seconda operaia Mah, aspetta: dal discorso ai contadini combattenti della

scuola di Cien J Liang del settembre 1942… ah, ma è Mao Tze-tung3. secondo operaio E noi per fare capire che siamo d’accordo con lui, che senza

cultura siamo tutti sacchi vuoti, eccoci qui a sgombrare ‘sto stanzone dai libracci zozzi per farci dentro un bel salone da biliardo.

seconda operaia Ma che c’entra, la cultura mica si fa solo sui libri… si fa soprattutto con la presa di coscienza… la lotta ogni giorno in fabbrica, nei campi, scendendo in piazza…

prima operaia Brava… La cultura si fa anche prendendo in mano un fucile! primo operaio (legge) Ehi, questo ce l’ha con voi: «la debolezza massima del

nostro Partito è quella caratterizzata anche da Lenin, del riempirsi la bocca e le orecchie di belle frasi rivoluzionarie e di superficiali massime scarlatte».

terzo operaio Un’altra volta Mao Tze-tung? primo operaio No, Antonio Gramsci4. seconda operaia Oh questa sì che è bella, qui c’è anche un libro da messa!

Guarda qua: il Vangelo! L’avete fregato alla biblioteca del prevosto5? secondo operaio Ignorante: il Vangelo non è un libro da prevosto: è la storia

di un assassinio politico… la documentazione di come hanno fatto fuori un sovversivo6.

seconda operaia Eh già, parlava male dei ricchi… beh allora in che cassa lo mettiamo? fra i saggi storici o coi libri di politica?

secondo operaio Dov’è la cassa dei libri messi all’indice dal Vaticano7? Ecco, mettilo tra quelli lì… è il suo posto.

prima operaia Ah, ci risiamo con ‘sta storia di Gesù Cristo primo socialista… ecc… secondo operaio Uei, io ho detto sovversivo, non socialista… socialista de-

mocratica se mai era la Maddalena… prima operaia La Maddalena socialista democratica? E perché? secondo operaio Perché era una battona che si vendeva sempre ai padroni…

bastava un fischio e lei correva… poi la prendevano a pedate e lei si pentiva. seconda operaia (ridendo) Ah, ah eh già… proprio come i socialisti da noi…

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1. un certo Lenin: il tono è ironi-co perché Nikolaj Lenin (1870-1924), fondatore del comuni-smo russo e protagonista della Rivoluzione bolscevica, è un personaggio che tutti gli operai conoscono bene. 2. è scritto… facile: frase pole-mica che sottolinea la facilità di comprensione di quegli scrittori che hanno inteso scrivere anche

per le persone di scarsa cultura, come i proletari, rispetto alla incomprensibilità degli scrittori borghesi che amano non farsi capire per meglio imbrogliare il popolo. 3. Mao Tze-tung: politico cine-se (1893-1976) fondatore del Partito comunista in Cina, ispiratore delle ideologie della “nuova sinistra”, diversa dal

modello sovietico e impostata sulla rivoluzione culturale. 4. Antonio Gramsci: uomo poli-tico italiano (1891-1937), fu tra i fondatori del Partito comu-nista e del giornale “L’Unità”. Arrestato come antifascista nel 1926, morì in carcere per una grave malattia. 5. prevosto: parroco. 6. è la storia… sovversivo: il

secondo operaio definisce sov-versivo Gesù in quanto predi-cava l’uguaglianza fra tutti gli uomini.7. messi all’indice dal Vaticano: sono i libri inseriti nell’Indice dei libri proibiti, l’elenco delle opere che era proibito stampare, pos-sedere e leggere.

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Soltanto che i nostri socialisti a differenza della Maddalena, invece che in danaro si fanno pagare in bottoni8. I bottoni della stanza omonima! Ah ah!

primo operaio Dai passami ‘sto libro muoviti! prima operaia Eh, spetta un attimo, soltanto un’occhiata. seconda operaia Eh no, se adesso tutti quanti diamo un’occhiata ad ogni li-

bro che tiriamo giù… fra un mese siamo ancora qui. prima operaia E fammi vedere: è la ricostruzione di un processo che hanno

fatto ai tempi di Stalin. secondo operaio E che m’importa… sarà uno dei soliti papocchi reazionari

di propaganda anticomunista tutto inventato e truccato! prima operaia Macché inventato a parte che è una casa editrice di sinistra

che l’ha stampato e poi sono tutti documenti originali, c’è scritto nella presentazione: «Dai verbali degli interrogatori, lettere e diari dei condan-nati, dagli atti dei vari processi»… e compagnia bella.

secondo operaio Beh, di sinistra ci sono anche i trotskisti9, tanto per dire. E se l’hanno stampato loro… figurati: pur di dare addosso a Stalin quelli cosa non ti inventano! tutto originale, tutto autentico!

prima operaia È stato messo insieme da un gruppo di cecoslovacchi se vuoi sapere…

secondo operaio Ah, m’hai detto niente: «cecoslovacchi»… con ‘sta massa di revisionisti reazionari che ci trovi dentro… specie fra gli scrittori10…

prima operaia Piano, cecoslovacchi, ma del tempo di Novotny11 e se non era stalinista quello… dimmi tu!

secondo operaio Che vuol dire? Stalin l’hanno tradito in tanti anche da noi: “contrordine, era un matto, bastardo, assassino” e subito via dietro a ruota: “agli ordini compagno!!12”

prima operaia (gridando) «No, non ti permetto d’insultarmi… io non ho mai tradito… e tu lo sai meglio di me».

secondo operaio Ma chi ce l’ha con te?! O matta! prima operaia Non sono mica io che parlo così, è Kvanic… secondo operaio Kvanic? prima operaia Sì, qui nel libro. E c’è il commissario politico che gli risponde:

«Calma Borna Kvanic, tanto le “sparate” qui non ci fanno nessun effetto… risiediti, e rispondi per ordine alle mie domande: da quanto sei nel partito?».

Dalla cassa che sta in centro al palcoscenico spunta un uomo. È Kvanic. Ogni qualvolta appariranno i personaggi dei vari libri ci sarà un cambio di luce. Solo loro saranno illuminati. I personaggi reali staranno ai lati della scena, in penombra.

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8. Soltanto che… bottoni: la polemica fra comunisti e socia-listi è sempre stata aspra. Qui i socialisti sono accusati di cor-ruzione per ansia di potere, per entrare nella “stanza dei bot-toni” (come la Maddalena del Vangelo che si prostituiva per denaro).9. trotskisti: i partigiani di Trotzkij (1879-1940), avversario di Stalin nella conduzione del comunismo in Russia.

10. «cecoslovacchi»… scrit-tori: solo l’anno precedente la rappresentazione, nel 1968, la Cecoslovacchia era stata inva-sa dall’Urss perché il gruppo dirigente del Partito comunista ceco aveva tentato di avviare un processo di riforma dello Stato, dando maggiore libertà. Molti intellettuali, artisti e scrit-tori avevano appoggiato questo tentativo di riforma soffocato dai sovietici. L’atteggiamento

di questi operai italiani si spie-ga col fatto che, nonostante la presa di distanza del Pci, molti militanti non avevano rinuncia-to ad approvare l’operato del gruppo dirigente sovietico. 11. Novotny: Antonín Novotny (1904-1975), uomo politico cecoslovacco, comunista fin dalla fondazione del Partito (1921), venne arrestato dai nazi-sti e internato a Mauthausen. Nel dopoguerra fu prima segre-

tario del Partito e poi presidente della Repubblica, sempre fedele alla linea di Mosca. 12. Che vuol dire?… compagno!!: il fatto che Novotny abbia fama di essere stato stalinista non significa nulla, perché anche in Italia molti, che prima erano seguaci di Stalin, cambiarono opinione, dopo che in Urss erano stati diffusi i documenti sulle sue responsabilità e i suoi crimini.

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kvanic Dal tempo della guerra di Spagna. Ero scappato di casa… ho impie-gato un mese per arrivare a Bilbao… lì, sono entrato a far parte delle Brigate Intemazionali13. Avevo diciotto anni. Sono rimasto ferito due vol-te… la seconda in modo piuttosto grave.

Da un’altra cassa si leva un secondo personaggio: il commissario del popolo14.

commissario del popolo Beh, questi sono particolari che non interessano il processo… Piuttosto, in Spagna hai avuto contatti con elementi trotskisti?

kvanic In che senso “contatti”? Nella mia brigata ce n’erano parecchi di trot-skisti, come c’erano degli anarchici e perfino dei socialisti… abbiamo combattuto insieme, insieme ci siamo riempiti di pidocchi, insieme ci siamo beccati la scabbia e la dissenteria, insieme ci siamo fatti accoppa-re… questi erano i nostri contatti.

commissario del popolo Non fare il furbo Borna Kvanic… tu sai cosa voglio dire! kvanic Io so che laggiù io ero comunista come lo sono adesso nonostante

tutto e basta!

da Le commedie di Dario Fo, vol. III, Torino, Einaudi, 1975

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13. Brigate Internazionali: i gruppi formati da volontari che andarono a combattere nella guerra civile spagnola

dalla parte della repubblica contro Franco e i suoi miliziani appoggiati da nazisti e fascisti.14. commissario del popolo:

funzionario politico sovietico, durante la Rivoluzione bolsce-vica.

  Nell’opera di Fo il rapporto fra testo e messa in scena è molto stretto. Immaginiamo di assistere alla rappresentazione di questa commedia: gli elementi co-stitutivi del teatro (scenografia, costumi, musiche, luci) sono quasi del tutto assenti o ridotti all’essenziale. Quello di Dario Fo è prima di tutto un teatro di parole e gesti, immediato e popolare, in cui le persone che as-sistono vedono rappresentate se stesse, i problemi che discutono con amici, colleghi e compagni nei luoghi di lavoro, al bar, in piazza. In questo modo il teatro torna ad assumere uno dei caratteri che ne hanno motivato la nascita: il bisogno di ogni comunità umana di guar-darsi allo specchio, di comprendersi, di immedesimarsi nei personaggi sulla scena.

  All’inizio del testo, una realtà quotidiana quasi ba-nale, il lavoro per riorganizzare una sala all’interno del-la casa del popolo, diviene un momento di incontro e riflessione sulla propria identità e sui propri valori: che cos’è la cultura? A chi è rivolta? È riservata ai ricchi, o anche il popolo può accedervi? Perché leggere e che cosa? Nel corso della commedia tutte queste doman-de trovano una risposta, e insieme, spontaneamente,

democraticamente, senza che uno prenda decisioni al posto degli altri, gli operai decidono che i libri sono importanti, perché li arricchiscono e fanno loro com-prendere aspetti fondamentali per la vita e per il rap-porto con la realtà, aprendo loro gli occhi su aspetti del mondo sconosciuti. La capacità di Fo sta nel dire queste cose attraverso un linguaggio chiaro e diretto, immediatamente comprensibile a tutti.

  Significativo è il breve accenno iniziale al ruolo della televisione: gli operai osservano che da quando esiste si legge meno, la biblioteca è stata abbandonata e tra-scurata, dando inizio a un processo di cui oggi vediamo gli esiti in maniera drammatica: pochissime persone leggono anche solo un libro l‘anno. Ma la verità viene detta poche battute dopo: la colpa non è della televisio-ne, è che leggere è faticoso, richiede attenzione, tempo e impegno, è «roba per i ricchi» (r. 13), non per chi ha lavorato «otto ore come una bestia» (r. 11). Nel resto della rappresentazione, viene ulteriormente approfondi-to il problema: per leggere ci vuole passione, desiderio di capire, curiosità. Se si riesce a suscitare questo bisogno, la lettura diviene un piacere irrinunciabile.

PER LAVORARE SUL TESTO

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COMPRENSIONE

Il riassunto

1. Riassumi il contenuto informativo del testo.

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Gli operai

2. Che cosa pensano gli operai della televisione? Di che cosa l’accusano?

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3. Perché la cultura dovrebbe essere «roba per i ricchi»? È un giudizio che vale per tutti gli autori citati?

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4. Che cosa pensano gli operai del Vangelo? Su che cosa si basa la loro opinione?

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5. Quali sono i libri che destano subito il loro interesse? Di che cosa parlano? Quale relazione hanno con la loro vita e le loro idee politiche?

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VERSO L’ESAME 1a prova, tip. A Analisidiuntestoteatrale

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6. Chi è il primo personaggio che appare sulla scena? Attraverso quale meccanismo scenico viene presentato?

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Il linguaggio

7. Analizza il linguaggio del testo, mettendo in evidenza i diversi livelli linguistici e stilistici e i motivi delle scelte dell’autore.

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ANALISI

Le citazioni

8. Nel testo compaiono alcune citazioni di libri; rintracciale e spiegane il significato, aiutandoti con i commenti dei vari personaggi.

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I personaggi

9. I protagonisti sono operai e operaie quasi senza volto: non c’è nessun elemento che li caratterizza, al punto che riesce difficile identificarli. Secondo te, che cosa può significare questo? Si tratta di un difetto della scrittura di Fo, di un atteg-giamento di disprezzo verso gli operai, o di volontà di identificazione fra l’autore e il pubblico, di altro?

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sezione 3 Dagli anni Cinquanta ai giorni nostri

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Dario Fo

Morte accidentale di un anarchico (1970)

L’evento storico Per comprendere pienamente il senso di questa commedia tragicomica di Dario Fo è necessario conoscere i presupposti storico-politici da cui nasce. La commedia prende spun-to da un fatto che costituisce uno dei misteri della storia italiana: a Milano, il 12 dicembre del 1969, una bomba esplose alla Banca Nazionale dell’Agri-coltura, in Piazza Fontana, provocando diciassette morti e ottantotto feriti. Dell’attentato vennero su-bito accusati gli anarchici e gli esponenti dell’estre-ma sinistra, tra i quali il ballerino Pietro Valpreda e il ferroviere Giuseppe Pinelli. Quest’ultimo, dopo essere stato trattenuto nella Questura di Milano per tre giorni senza che gli venisse formulata nes-suna accusa precisa, precipitò da una finestra della Questura stessa. Dall’inchiesta che seguì a quello che venne definito un suicidio emersero contrad-dizioni e incongruenze imbarazzanti, come quel-la delle “tre scarpe”: un poliziotto sostenne di aver cercato di trattenere Pinelli ma, essendo riuscito ad afferrarlo solo per un piede, di essersi trovato in mano una delle scarpe del ferroviere; sul selcia-to del cortile della Questura il cadavere, tuttavia, fu rinvenuto con entrambe le scarpe. L’inchiesta sulla morte di Pinelli venne archiviata come “morte ac-cidentale”. In seguito, l’estrema sinistra accusò il commissario Luigi Calabresi, che curava l’indagine, di essere il principale responsabile di quello che fu ritenuto un omicidio; a causa della campagna di criminalizzazione operata su di lui, specie negli

ambienti della sinistra extraparlamentare, il com-missario Calabresi fu assassinato il 17 maggio 1972. Nel 1988, in seguito alle confessioni del “pentito” Leonardo Marino, per l’omicidio Calabresi venne-ro accusati e condannati Ovidio Bompressi, Sergio Pietrostefani e Adriano Sofri, militanti del gruppo di estrema sinistra Lotta Continua.

La trama In Morte accidentale di un anarchico Dario Fo racconta l’incongruente inchiesta sulla morte di Pinelli mescolando teatro e informazione e inserendo nel suo copione alcuni elementi reali dell’inchiesta. L’azione si svolge nella Questura di Milano, dove un folle, affetto da mitomania, è stato fermato per essersi spacciato per psichiatra; appro-fittando di una temporanea assenza del commissa-rio, il pazzo si appropria dei documenti dell’archi-viazione di un caso riguardante un anarchico che è precipitato da una finestra della Questura. Fin-gendo di essere il giudice e poi un capitano della polizia scientifica, il pazzo svolge una sua perso-nale indagine, interrogando il commissario tito-lare dell’inchiesta e altri personaggi. Dall’indagine e dai colloqui emergono tutte le incongruenze e le falsificazioni delle testimonianze ufficiali. Quando il matto verrà smascherato e si scoprirà che nulla ha a che fare con la giustizia se non come imputato, sarà troppo tardi: nella sua “follia” ha registrato tut-te le conversazioni e promette di far scoppiare uno scandalo con le scomode verità che ha scoperto.

Nella scena che presentiamo, il commissario, il que-store e il pazzo, nelle vesti di capitano della polizia

scien tifica, devono rilasciare un’intervista a una giornalista di sinistra che vuole scrivere un articolo.

L’intervista(morte accidentale di un anarchico, atto i)

CONTENUTI La ricerca della verità dietro reticenze e bugie Certe verità possono essere pronunciate solo da chi è ritenuto folle dalla società

giornalista Buon giorno, il signor questore per favore?questore Sono io, piacere signorina. Noi ci conosciamo solo per telefono…

Purtroppo.giornalista Piacere. L’agente giù alla porta mi faceva qualche difficoltà…

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questore Ha ragione, la prego di perdonare, la colpa è mia che ho dimenticato di preavvertire del suo arrivo. Le presento i miei collaboratori: l’appuntato Pisani, il commissario dirigente di questo ufficio…

giornalista Molto piacere.commissario Il piacere è mio… signorina (stringe la mano con piglio militaresco).giornalista Accidenti che stretta!commissario Mi scusi…questore (indica il matto che sta armeggiando di spalle) … e per finire capita-

no… capitano?!matto Eccomi… (Appare con baffi finti, una pezza nera sull’occhio, e una mano

coperta da un guanto marrone. Il questore resta attonito e non sa continuare. Il matto si presenta da solo) Capitano Marcantonio Banzi Piccinni della scientifica. Mi perdoni la mano rigida, ma è di legno, è un ricordo della campagna d’Algeri, ex paracadutista della legione straniera… ma s’accomo-di, signorina.

questore Desidera bere qualcosa?giornalista No, grazie… Preferirei, se non vi spiace, cominciare subito… Scu-

satemi ma avrei un po’ di fretta. Purtroppo dovrei consegnare l’articolo per stasera… va in macchina stanotte.

questore Va bene, come crede, cominciamo senz’altro, noi siamo pronti.giornalista Avrei parecchie domande da fare. (Ha estratto un block notes sul

quale legge) La prima è proprio rivolta a lei, commissario, e perdoni s’è un po’ provocatoria… Se non vi spiace adopero il registratore… A meno che abbiate qualcosa in contrario… (Estrae un registratore dalla borsa).

commissario Beh, veramente… noi…matto Ma per carità, faccia pure… (Al commissario) Prima regola: mai con-

traddire.commissario Ma se ci scappa qualcosa… se vogliamo smentire, quella ha le

prove…giornalista Scusino, signori, c’è qualcosa che non va?matto (tempista) No, no, tutt’altro… il Commissario mi stava tessendo le sue

lodi, dice che lei è una donna di grande coraggio… democratica convinta, amante della verità e della giustizia… costi quello che costi!

giornalista Il dottore è troppo generoso…commissario Dica pure.giornalista Perché la chiamano finestra-cavalcioni?commissario Finestra-cavalcioni? A me?giornalista Sì, O anche «commissario cavalcioni».commissario E chi mi chiamerebbe così?giornalista Ho qui la fotocopia della lettera di un giovane anarchico inviata dal

carcere di San Vittore1 nel quale il ragazzo si trovava imprigionato proprio nei giorni della morte del nostro anarchico e che parla proprio di lei, com-missario… e di questa stanza.

commissario Ah sì, e che dice?giornalista (leggendo) Il commissario del quarto piano mi ha schiaffato a sede-

re sulla finestra le gambe penzoloni, e poi ha cominciato a provocarmi: «buttati» e mi insultava… «perché non ti butti… non ne hai il coraggio, eh? E falla finita! cosa aspetti?». Vi assicuro che ho dovuto stringere i denti per non soccombere per non lasciarmi andare…

matto Ottimo, pare la sceneggiatura di un film di Hitchcok2.giornalista La prego capitano… è al dirigente di questo ufficio che ho posto la

domanda, non a lei… cos’ha da rispondermi? (e avvicina il microfono alla bocca del commissario).

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1. San Vittore: il carcere di Milano.2. Hitchcok: Alfred Hitchcok (1899-1980) è stato uno dei più grandi registi del secolo scor-so, celebre per i suoi film “gialli”.

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matto (all’orecchio del commissario) Calma e indifferenza!commissario Non ho niente da rispondere… piuttosto è lei che mi deve rispon-

dere: in tutta sincerità: pensa che io abbia messo a cavalcioni anche il fer-roviere?

matto Zitto, non ci cascare. (Canticchia) L’avvoltoio vola via… vola via dalla casa mia…

giornalista Sbaglio o lei capitano sta facendo opera di disturbo?matto Nient’affatto… commentavo soltanto. E se mi permette, io chiedo a lei,

signorina Feletti, se ci ha presi per dei propagandatori di detersivi… dal momento che ci vuol vedere ad ogni costo intenti a fare la prova finestra con ogni anarchico che ci capiti sottomano!

giornalista Non c’è che dire, lei è molto abile capitano.commissario Grazie… m’ha tolto da un bell’impiccio… (Gli batte la mano sulla

spalla).matto Piano con ’ste manate dottore… ci ho l’occhio di vetro!! (Indica la pezza

nera).commissario L’occhio di vetro?matto E vada piano anche a stringermi la mano, è posticcia.giornalista Sempre a proposito di finestre, fra gli incartamenti del decreto de-

positato dal giudice archiviatore manca la perizia delle parabole di caduta3.questore Parabole di caduta?giornalista Sì, la parabola di caduta del presunto suicida.questore E a che serve?giornalista Serve a stabilire se, al momento dell’uscita in volo dalla finestra

l’anarchico fosse ancora completamente in vita o meno. Se sia uscito cioè dandosi un minimo slancio oppure se sia cascato inanimato, come infatti risulta scivolando lungo la parete… se si sia prodotte fratture o lesioni sulle braccia o sulle mani, come infatti non risulta, cioè a dire che il presunto suicida non ha portato le mani in avanti a proteggersi nel momento dell’im-patto sul terreno: gesto normale e assolutamente istintivo…

commissario Sì, ma non dimentichi che qui ci troviamo di fronte a un suicida… a uno che si butta perché vuol morire!

matto Ah, non vuol dire. Qui devo dare purtroppo ragione alla signorina… Come vede io sono obiettivo. Si sono fatti fior di esperimenti in merito: si sono presi dei suicidi, li si sono buttati di sotto, e si è notato che tutti, istin-tivamente, al momento buono… trach… con le mani in avanti!

questore Ah, bell’appoggio che ci dà… ma è matto?matto Sì, chi glielo ha detto?giornalista Ma il particolare più sconcertante, del quale gradirei spiegazione,

è la mancanza, sempre fra il materiale del decreto di archiviazione, del na-stro apposito sul quale è stata registrata l’ora esatta della chiamata telefoni-ca dell’autolettiga… Chiamata effettuata dal centralino della questura, e che, anche secondo la testimonianza del lettighiere della croce bianca, sa-rebbe avvenuta alle dodici meno due minuti.

Mentre tutti i cronisti, che sono accorsi sul piazzale, hanno dichiarato che il salto è avvenuto alle dodici e tre minuti esatti… In poche parole, l’autolettiga è stata chiamata cinque minuti prima che l’anarchico volasse dalla finestra. Qualcuno di voi, mi può spiegare questo curioso anticipo?

matto Beh, a noi succede spesso di chiamare le autolettighe, così, preventiva-mente… perché non si sa mai… e qualche volta, come vede, ci azzecchiamo.

commissario (gli molla una manata sulla spalla) Bravo!matto Attento all’occhio… va a finire che mi schizza!questore D’altra parte, non capisco di che cosa lei ci voglia accusare. È forse

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3. la perizia… caduta: il rapporto sulla traiet-toria seguita dal corpo durante la caduta.

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reato essere previdenti? Appena, tre minuti d’anticipo… andiamo, nella po-lizia l’anticipo è tutto!

commissario E poi io sono più che convinto che la colpa sia da imputarsi agli orologi. Quei cronisti avranno avuto gli orologi indietro… cioè, avanti…

questore O forse sarà stato in ritardo l’orologio marcatempo del centralino telefonico che ha registrato la nostra telefonata…

agente Certo, più che probabile…giornalista Strana ecatombe4 di orologi!matto Perché strana? Mica siamo in Svizzera qua… Ognuno, qui da noi, il suo

orologio lo mette sull’ora che gli pare… uno preferisce essere in anticipo un altro in ritardo… siamo in un paese di artisti, di individualisti tremendi, ribelli alle consuetudini…

commissario Bravo, formidabile! (Gli sferra una manata, si sente il ticchettio di una biglia che saltella sul pavimento).

matto Ha visto?! Che le dicevo… m’ha fatto schizzare l’occhio di vetro!commissario (buttandosi gattoni a cercarlo) Mi scusi… glielo ritroviamo subito…matto Meno male che ho la pezza che l’ha trattenuto, se no chissà dove finiva…

mi scusi signorina, di cosa si stava parlando?giornalista Del fatto che siamo un paese di artisti ribelli alle consuetudini…

Eh, le do ragione: specie i giudici archiviatori sono ribelli: tralasciano di raccogliere le testimonianze dirette, i nastri con le registrazioni degli orari, le perizie di caduta, di chiedersi il perché di un’autolettiga chiamata in an-ticipo… tutte quisquilie5! Comprese le ecchimosi6 al bulbo del collo del morto: delle quali non sono affatto chiare le cause.

questore Attenta, signorina: le consiglio di non parlare a vanvera… è pericoloso…giornalista È una minaccia?matto No, no, signor questore… la signorina non credo parli a vanvera… Certamente vuole alludere ad una versione dei fatti che ho già sentito rac-

contare in più di una occasione… e che stranamente è sortita7 proprio dagli ambienti di questo palazzo.

questore Di che si tratterebbe?matto Si mormora che durante l’ultimo interrogatorio all’anarchico, uno dei

presenti, giusto qualche minuto prima di mezzanotte, si sarebbe spazientito e avrebbe sferrato un gran colpo con la mano sul collo dell’anarchico suddet-to… stia calmo dottore… costui sarebbe rimasto semiparalizzato. Per di più rantolava, non riusciva a respirare. Allora si sarebbe chiamata l’autoambu-lanza. Nel frattempo, nel tentativo di rianimarlo, avrebbero spalancato la finestra; e, portato l’anarchico al davanzale facendolo sporgere un po’, così che l’aria piuttosto fresca della notte potesse scuoterlo!… Si dice fossero in due a sorreggerlo… e come succede spesso in questi casi, ciascuno fidava nell’altro… Lo tengo io? Lo tieni tu? Patapum, è andato di sotto…

Il commissario avanza imbestialito, slitta sulla biglia di vetro… e rovina al suolo.

giornalista Esatto, proprio così.questore Ma è impazzito?matto Sì, sedici volte, questore.commissario Per dio! ma su cosa sono slittato?!matto Sul mio occhio di vetro… ecco su che cosa! Guarda come me l’ha spor-

cato! Appuntato, le spiace procurarmi un bicchier d’acqua per lavarlo?giornalista Dovete ammettere che con questa versione si chiarirebbero un sac-

co di misteri: il perché della chiamata in anticipo dell’autolettiga, il perché della caduta a corpo inanimato… e perfino il perché del curioso termine usato dal Pubblico Ministero nelle sue argomentazioni conclusive.

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1604. ecatombe: strage.5. quisquilie: sciocchez-ze.6. ecchimosi: lividi.7. sortita: uscita fuori.

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matto Che termine? Cerchi di essere più chiara, che ho già il mal di testa per conto mio!

giornalista Il Pubblico Ministero ha dichiarato, per iscritto, che la morte dell’anarchico è da ritenersi: «morte accidentale». Notabene, accidente, non suicidio, come avete detto voi. E c’è una bella differenza fra i due termini.

da Le commedie di Dario Fo, vol. VII, Torino, Einaudi, 1999

  Nel passo presentato la giornalista cerca di far luce sulle incongruenze che caratterizzano la versione della vicenda della morte dell’«anarchico» data dalle autori-tà, mentre i rappresentanti della legge cercano, goffa-mente, di coprire la realtà dei fatti. La volontà di con-traffare le prove, di ostacolare la giornalista impegnata nella sua scomoda inchiesta emerge fin dalle prime bat-tute del dialogo. Il commissario si mostra palesemen-te intimidito dall’intenzione della donna di registrare la loro conversazione («Ma se ci scappa qualcosa… se vogliamo smentire, quella ha le prove…», rr. 32-33); le incongruenze che la giornalista, di volta in volta, mette in rilievo, suscitano una serie di risposte e di giustifica-zioni grottesche («…io sono più convinto che la colpa sia da imputarsi agli orologi…», rr. 113-114). L’atteggia-mento di quanti dovrebbero farsi garanti della verità si segnala dunque per un’ipocrisia e una malafede tanto colpevoli quanto mal dissimulate.

  La scena offre un esempio significativo della capa-cità di Dario Fo di conciliare, nel suo teatro, impegno e farsa. Le precisazioni fatte dalla giornalista e le sue domande sono basate sui documenti effettivi dell’in-chiesta riguardante il caso Pinelli. Attraverso un’attenta opera di documentazione, l’autore informa così il pub-blico sui dubbi e sulle contraddizioni reali che carat-terizzano un episodio di scottante attualità, facendo dello spettacolo teatrale uno strumento di denuncia e di indagine. Ma il tono non è quello freddo e distaccato del documentario o dell’inchiesta: l’ironia diventa anzi lo strumento attraverso cui condurre una critica sfer-zante nei confronti del potere e dei suoi abusi. Ne è un esempio la serie di battute connesse con il tentativo

di mascherare l’incongruenza della chiamata dell’auto-lettiga prima del decesso dell’anarchico appellandosi al cattivo funzionamento degli orologi: «mica siamo in Svizzera qua»; r. 119; «strana ecatombe di orologi»; r. 118; dove il termine «ecatombe» stride con il contesto, contribuendo alla comicità pungente dell’osservazione. Da notare poi la scena dell’occhio di vetro che schizza fuori dall’orbita, introducendo un elemento surrealisti-co e grottesco che interrompe per un attimo la seque-la degli interrogativi posti dalla giornalista. Originale, infine, la scelta stessa di ricorrere al personaggio del pazzo con la sua benda sull’occhio, la mano posticcia e la sua schiettezza, per imprimere all’indagine la neces-saria svolta. In una società dominata dall’ingiustizia e dagli abusi, solo chi si pone fuori dal comune modo di pensare può tentare un avvicinamento alla verità.Quella di Dario Fo non è, dunque, una comicità gratui-ta: la farsa e il grottesco scatenano un riso amaro, ri-flesso di un mondo privo di valori nel quale prevalgono la violenza e il sopruso.

  Grande è l’attenzione all’uso del lessico, che non stupisce in un autore che ha improntato parte del suo teatro sulla ricerca linguistica e filologica. Nell’ultima battuta del testo, per esempio, la giornalista sottolinea la differenza che intercorre tra «accidente» e «suici-dio», individuando nella dichiarazione del Pubblico Mi-nistero, secondo cui quella dell’anarchico è stata una «morte accidentale», una involontaria ammissione del modo effettivo in cui si sono svolti i fatti. Le parole e il linguaggio possono fornire, a chi sa decifrarli, preziose chiavi interpretative della realtà e dei suoi meccanismi anche più distorti.

PER LAVORARE SUL TESTO

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COMPRENSIONE

Il riassunto

1. Riassumi la scena in un massimo di 8 righe.

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La realtà e il teatro

2. A quale evento reale è ispirato il testo?

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Le incongruenze

3. Quali sono le incongruenze e le stranezze di cui la giornalista chiede ragione ai suoi intervistati?

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ANALISI

Il linguaggio

4. Come definiresti il linguaggio di Fo? Si tratta di un linguaggio epico, letterario, o di un linguaggio parlato, popolare? Rspondi con opportuni riferimenti al testo.

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VERSO L’ESAME 1a prova, tip. A Analisidiuntestoteatrale

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I personaggi

5. Il personaggio principale è definito «il matto», ma da quello che riesce a compiere – impossessarsi dei documenti, rendersi credibile nei vari ruoli che interpreta, compiere una sua personale indagine – si direbbe che tanto matto non sia. Perché, secondo te, Fo ha voluto attribuire a questo personaggio caratteristiche di follia?

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6. Delinea un ritratto del commissario, mettendo in evidenza le incongruenze e le giustificazioni.

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L’ironia

7. Il teatro di Dario Fo non assume mai toni drammatici; anche quando l’autore tratta argomenti tragici cerca di presen-tarli con ironia. Individua nel testo i passi in cui la drammaticità dei fatti viene smorzata dagli interventi ironici.

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Il ritmo

8. Come definiresti il ritmo del brano? Lento e riflessivo o veloce e scoppiettante? Rispondi facendo degli esempi tratti dal testo. Quali sono, secondo te, le ragioni di questa scelta?

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APPROFONDIMENTO

L’interpretazione

9. Come ha scritto “Le Monde” nel 1997, Dario Fo ha fatto del riso «un’arma» per smascherare l’ipocrisia e i meccanismi distorti attraverso i quali la politica e le istituzioni, talvolta occultano la verità. Condividi questa interpretazione dell’arte e del teatro di Fo? Ti può aiutare a rispondere l’individuazione, nel testo letto, del rapporto tra farsa e impegno politico. Tieni presenti sia le battute dei diversi personaggi, sia le didascalie.

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Il teatro della seconda metà del NovecentoMappa concettuale

Angry young men (Osborne, Wesker, Pinter) • Denuncia della

società classista • Critica della società

borghese

Teatro epico (Brecht) • Straniamento e

riflessione critica dello spettatore

• Rappresentazione palesemente fittizia

Teatro dell’assurdo (Ionesco, Beckett) • Assurdità

dell’esistenza • Incomunicabilità e

dialoghi non-sense

Teatro esistenzialista (Sartre) • Realizzazione della

libertà individuale • Temi civili e politici

Miller • Tragedie familiari • Scelte morali dei personaggi • Critica dei miti americani

Williams • Scavo psicologico • Passione amorosa e

omosessualità

Eduardo De Filippo • Teatro non letterario• Teatro dialettale

(napoletano)• Vicende quotidiane dal

valore universale

Dario Fo • Creazione di un nuovo

linguaggio basato sui dialetti (grammelot)

• Temi sociali e politici trattati con intenti satirici

• Influenza di Pirandello e del teatro espressionista: - abolizione della continuità temporale - valore simbolico dei personaggi - scenografia libera da aspetti naturalistici - realtà grottesca e deformata

ILTEATROEUROPEO

Teatro sociale • Crisi psicologica • Conflitti interiori e fallimenti• Temi legati alla dimensione individuale

ILTEATROSTATUNITENSE

• Tematiche sociali e politiche• Recupero del dialetto• Figura dell’autore-regista-attore

ILTEATROITALIANO

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CARATTERIDELTEATROCONTEMPORANEOLa seconda metà del Novecento offre, dal punto di vista teatrale, svariati modi di interpretare la fun-zione della drammaturgia. Segnato dalla tragedia della seconda guerra mondiale e dagli sconvolgi-menti che questa aveva provocato, il secondo No-vecento, anche sulla base delle novità introdotte da Pirandello e dall’Espressionismo, si focalizza maggiormente sui temi politici e su quelli esisten-ziali, facendo della rappresentazione teatrale non solo un’occasione di evasione e di divertimento, ma anche un mezzo attraverso il quale indagare la realtà e le sue molteplici contraddizioni.

ILTEATRO“EPICO”DIBRECHTIl drammaturgo tedesco Bertolt Brecht, influenza-to dall’ideologia marxista, elaborò la teoria di un teatro didascalico e politico che doveva far pensa-re lo spettatore, senza fargli dimenticare la diffe-renza tra teatro e realtà. Infatti, mentre il teatro tradizionale tentava di far immedesimare il pubbli-co nella rappresentazione, il teatro di Brecht mira a rendere consapevole lo spettatore della finzione scenica e richiede da lui una partecipazione criti-ca, una riflessione sui temi del dramma. Questo tipo di teatro, che ha una chiara finalità politica e sociale, è definito “epico”, ma in un senso diverso da quello convenzionale: protagonisti dei drammi non sono figure eroiche positive, ma personaggi contraddittoriamente eroici, segnati da meschinità e debolezze.

ILTEATROESISTENZIALISTAJean-Paul Sartre, rappresentante della corrente filo-sofica dell’Esistenzialismo, porta sul palcoscenico drammi che vedono strettamente intrecciati temi politici e morali. Il suo teatro analizza lo scarto tra la libertà individuale e la concreta possibilità di rea lizzarla.

IL“TEATRODELL’ASSURDO”La condizione dell’uomo contemporaneo, segnata dallo smarrimento e dall’inquietudine, è al centro del cosiddetto “teatro dell’assurdo”, che presenta un’umanità sperduta e impotente, incapace di co-municare e, per certi aspetti, disumanizzata. I testi di Ionesco e Beckett sono contrassegnati da non-sense, dialoghi sconnessi, assenza di azione e da un sostanziale immobilismo, riflesso dell’insensa-tezza della condizione umana.

ILTEATROINGLESEIn Inghilterra, il teatro degli Angry young men, tra cui John Osborne, Arnold Wesker e Harold Pinter, critica aspramente i miti e il perbenismo della so-cietà contemporanea.

ILTEATROSTATUNITENSENegli Stati Uniti, Arthur Miller tratteggia il falli-mento dei falsi miti americani, concentrando la propria attenzione sulle tragedie familiari e sulle scelte morali dei protagonisti dei suoi drammi; Tennessee Williams tratteggia, invece, personaggi perdenti nella lotta contro se stessi e la società.

ILTEATROITALIANOIn Italia il teatro viene portato ai massimi livelli dall’ingegno di Eduardo De Filippo, che scrive in dialetto napoletano ma che parla l’universale lin-gua dei sentimenti. Eduardo è stato contemporanea-mente autore, regista e interprete dei propri testi.Un’analoga sintesi tra originalità autoriale, talento interpretativo e capacità di dirigere gli attori è of-ferta da Dario Fo. La sua attività teatrale muove prevalentemente in due direzioni: il teatro politico e il teatro di ricerca. Il primo si distingue per la satira mordente; il secondo è legato alla riscoperta del dialetto e all’invenzione di una lingua inesi-stente, il grammelot.

Il teatro della seconda metà del NovecentoPer il ripasso in Sintesi

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Itinerario multimedialePer l’approfondimento

Nell’Itinerario multimediale vengono suggeriti numerosi siti dove potrai approfondire i contenuti dell’unità, scoprire curiosità, opere artistiche, film legati agli argomenti trattati.