Il Potere Della Gentilezza

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  • Approfondimenti-Settembre 2012

    IL POTERE DELLA GENTILEZZA

    Cosa e la gentilezza? E possibile dare una definizione della gentilezza? Quale e il potere

    della gentilezza?

    Intorno a queste domande si svolta lo scorso anno al Centro Coscienza di Milano una conferenza - conversazione con Stefano Caracciolo, ordinario di Psicologia Clinica presso la nostra Universita e che e stata recentemente pubblicata nei Quaderni di Maieutica editi dallo stesso Centro con il Titolo Il potere della gentilezza uno strumento antichissimo e potente nelle relazioni interpersonali e nel rapporto con il paziente. Se nella comune accezione, il concetto di gentilezza coincide con la disponibilit a comprendere i problemi del prossimo e a cercare di risolverli, ricevendone in cambio la soddisfazione di aver aiutato qualcuno, oggi sempre pi evidente come, nel nostro contesto sociale, una pi profonda e concreta diffusione della gentilezza fra i concittadini possa significare rispetto delle regole, della cosa pubblica, dellambiente e delle persone, nel quadro di una pi armonica convivenza tra gli

    uomini.

    Il testo, da leggere tutto dun fiato come un racconto, e integrato, a mo di postilla, con un singolare glossarietto che approfondisce e spiega i dintorni della gentilezza: altruismo, ascolto, cura, empatia, generosita, pazienza, reciprocita, rispetto, sincerita' e umilta', dieci temi che, come afferma Caracciolo potranno ampliare gli orizzonti andando al di l della sola comprensione del testo ed aiutare il lettore stimolandolo a proseguire poi, per la sua strada, a pensare (e a vivere!) la sua personale versione della gentilezza. Insomma gentilezza come mezzo per riportare luomo alla civilt, al rispetto del prossimo e delle regole, non perch sono imposte, ma perch necessarie per una serena convivenza. Perch le norme della gentilezza, del rispetto e del civismo possono superare quelle dellindividualismo e del liberismo pi sfrenato.

    Ferrara, 19 settembre 2012 Maria Grazia Campantico

  • IL POTERE DELLA GENTILEZZA

    Stefano Caracciolo, Centro Coscienza 20 maggio 2011

    Gian Carlo Calza

    Benvenuti a tutti. con molta gioia che presentiamo questa sera il professor Stefano Caracciolo, ordinario di psicologia clinica nella Facolt di Medicina e Chirurgia dellUniversit di Ferrara. Abbiamo dialogato in questi mesi assieme al professore su temi che a noi stanno molto a cuore: ci parler infatti, questa sera, del potere della gentilezza. Questo suono, il potere della gentilezza, ne fa venire subito in mente un altro: Il potere dei senza potere.0 Esistono poteri privi di forza dominatrice, che sono per non per questo privi di influenza e che si muovono nella coscienza di ciascuno e della collettivit per vie non molto indagate, ma che adesso si stanno schiudendo alla comprensione, allascolto e a una nuova capacit di assorbimento, di percezione e di rifrazione. Su questi toni Centro Coscienza si incontrato e ha comunicato con il professor Caracciolo che ci esporr alcuni punti della sua ricerca: un percorso in fieri perch lui il primo a occuparsi, in Italia e non solo, della gentilezza da un punto di vista clinico. Stefano Caracciolo

    Grazie delle belle parole, dellinvito e della vostra presenza qui. Il professor Calza ha parlato della comunanza di interessi, di stimoli e di sollecitazioni che mi ha portato a scoprire, attraverso i suoi libri, tanti nuovi universi, compreso questo Centro in cui ho gi avuto il piacere di venire una volta e che rivedo con moltissima gioia con una sorta di piacere della condivisione. Parliamo di gentilezza, un argomento delicato come un fiore e che, come un fiore delicato, se lo bistratti un po immediatamente ne risente. Nel parlare di gentilezza, la prima dimensione da introdurre quella della pluralit: non si pu essere gentili da soli. Certo, c anche una forma di gentilezza che non riguarda soltanto le persone ma anche le cose, gli oggetti e la natura. Ma nellaccezione che come psicologo clinico sono obbligato a riconoscere, il campo della gentilezza che mi interessa di pi e che di mia specifica competenza quello della relazione interpersonale. Per cominciare a delimitare il campo, dovremmo parlare di una definizione della gentilezza. Spesso abbiamo bisogno di partire da definizioni per inquadrare un argomento, ma sappiamo anche molto bene che solo attraverso un percorso si arriva a una definizione. Partire da steccati, da limiti e confini, de-finire, finire dentro un finis, confine, unoperazione per certi versi fuorviante, perch si perdono significati e spazi semantici. Bisogner che ci comprendiamo bene su quello che si intende per gentilezza, su quello che intendo io in questo momento per gentilezza. Personalmente non ho la presunzione di poterla definire ed per questo che spesso, in incontri di questo genere, il punto di partenza di farla definire da voi: vi chiedo un piccolissimo sforzo di interazione e vorrei sentire da qualcuno di voi qual il vostro personale significato di gentilezza, o quello che ritenete debba essere attribuito al termine gentilezza specialmente nella relazione con gli altri. Intervento

    Privo di asperit.

    Stefano Caracciolo

    Bene! Cominciamo a mettere un primo paletto nel campo generale dei sentimenti, degli atteggiamenti e della relazione interumana: lasperit. Se non una definizione che cos? una denotazione? Chi si occupa di filosofia conosce meglio di me questo termine, perch di Bertrand Russell1, grande filosofo del secolo scorso. Denotazione significa in qualche modo cominciare a esplorare ci che sta dentro a un termine. Voi capite che lasperit un primo contributo importante perch possiamo definire la gentilezza codificando il suo opposto. Qual lopposto della gentilezza se non lasprezza, laggressivit e, in

  • massimo grado, la violenza? Il primo contributo mi sembra centrato, ora vediamo se ce ne sono degli altri. Intervento

    Etimologicamente gentilezza si riferisce al modo di comportarsi da gentili nellambito della gens.

    Stefano Caracciolo

    Mi sembra un altro ottimo contributo, anche con una profondit storica e lo dico consapevolmente, da buon conoscitore di queste radici. Quando usiamo una parola non ce ne rendiamo conto ma stiamo utilizzando una serie di altri significati e sottosignificati che sono l, nascosti, ma sono pronti a venire fuori. C la gens, che vuol dire anche appartenere a una famiglia, quindi essere gentili vuol dire anche trattare una persona in modo familiare, come se fosse un nostro familiare. Ho visto unaltra mano alzarsi timidamente. Intervento

    Essere gentili significa anche trattare laltro come degno della nostra attenzione, della nostra

    delicatezza.

    Stefano Caracciolo

    Siamo proprio nel campo relazionale: c laltro, appunto, che era presente gi nella precedente definizione, mentre mancava nella prima; anche se lasperit evidentemente qualcosa che crea conflitto interpersonale, per lo meno in questa accezione. Ha usato anche il termine degno: questa una delle anime della gentilezza, ritenere laltro degno di rispetto, di ascolto, di reciprocit. Pensate alla situazione di un bolognese o un ferrarese che viene a Milano e chiede: Dov Corso di Porta Nuova?. Siamo poco abituati a parlare con un estraneo, a considerarlo degno di una risposta, chi pi chi meno. Si pu rischiare di essere ignorati, il passante ti guarda e fa finta di non avere sentito, come se tu non esistessi. Sta comunicando qualcosa, in un modo non certo gentile. Oppure si pu verificare leccesso opposto: una persona a cui chiedo unindicazione stradale mi d la sensazione di farsi carico del mio bisogno; allinizio mi piace e mi convince, poi a un certo punto mi insospettisce. Come mai? No, laccompagno io! Venga in macchina con me!: un eccesso di gentilezza. Per certi aspetti possiamo considerare la gentilezza una virt da poter coltivare, contemporaneamente dobbiamo ammettere che c una parte di falsit in tutto questo, una falsit buona di solito ma a volte cattiva. La gentilezza un primo passo nella relazione con laltro, di solito estraneo. Man mano che proseguiamo nella conoscenza di una persona possiamo sperimentare la reazione della gentilezza. Noi non siamo sempre altrettanto gentili con una persona con la quale abbiamo molta confidenza, ma perch sappiamo che quella una tappa, una sfaccettatura allinterno di una relazione molto pi complessa, variegata, che ha radici profonde e che basta forse restaurare. Esempio: torno a casa seccato per il traffico, trovo mio figlio e gli dico: Allora hai fatto i compiti?!. In quel momento non uso molta gentilezza e trasferisco la mia inchiesta, la mia istanza in unaggressivit che non pertinente. Essere autentici, essere sinceri pu significare, a volte, dire le cose in un modo niente affatto gentile o per lo meno quello il rischio. Si pu sempre trovare un modo pi gentile di dire le cose, anche al di l del livello minimale delle buone maniere, anchesse parenti della gentilezza; anche se, chiamandole maniere, ne sottolineiamo laspetto ripetitivo e meccanico, povero di spontaneit. Quando una persona non ha gentilezza nellanimo, si verificano rapidamente situazioni in cui mette gi la sua maschera e si dimostra volgare, prepotente, brutale. La gentilezza ha una dimensione relazionale, basata sul rispetto e sulla dignit dellaltro, e diventa tanto pi vera quando da un lato appartiene a una persona che si sposta dietro al suo corredo di atteggiamenti e dallaltro un elemento che entra in gioco in una relazione costituendone un valore aggiunto. La gentilezza anche distanza: pensate al sorriso stereotipato di una persona che cerca di accoglierci, conoscerci; un sorriso, per, tirato, un sorriso come lo chiamiamo in psicologia orizzontale, che non trasmette una buona accoglienza.

  • Perch certo, il sorriso vale molto sul piano non verbale e trasmette gi una forma di cura verso laltro, di piacere anche minuscolo nel vederlo. Chi laltro? Tutti noi siamo laltro e tutti noi interagiamo con degli altri, a parte i nostri familiari, i nostri cari, le persone che conosciamo bene. Ed proprio nel rapporto con laltro, con lestraneo che noi possiamo scoprire alcuni elementi importanti della gentilezza. Ora, chi ha in mente unaltra definizione della gentilezza che non abbiamo ancora toccato?

    Intervento

    La gentilezza un modo di comunicare e paradossalmente la maggior parte delle comunicazioni

    vanno perdute. Il sorriso un modo per aprire il canale della comunicazione che di per s

    abbastanza ristretto. Il nostro cervello pronto per raccogliere una serie di input, ma noi siamo

    continuamente bombardati da una grande quantit di informazioni (vedi pubblicit) e il cervello

    deve selezionarle; quindi finiamo per raccogliere solo quelle che ci interessano. Il sorriso un

    modo per aprire, per allargare quel percorso, quel pertugio attraverso cui passano le

    informazioni.

    Stefano Caracciolo

    Credo sia vero, ma in questa sede ci interessa fino a un certo punto. stimolante perch fa pensare che gentile quello che noi crediamo sia gentile, ma nellaspetto comunicativo quello che noi trasmettiamo come gentilezza pu non esserlo totalmente. Un esempio: presentarmi in Giappone con una stretta di mano non molto gentile, bisogna inchinarsi perch loro giudicano gentile questo. Sul piano comunicativo non percepiamo tanti comportamenti non verbali con consapevolezza. Vuol dire che la nostra coscienza, cio ci che presente chiaramente e consapevolmente nella nostra mente, non riesce a registrare tutto e a volte un po birichina, non vede proprio le cose che andrebbero viste: facciamo finta di non vederle o apparentemente non ce ne rendiamo conto. Quante volte dobbiamo fare un regalo a una persona e scopriamo solo dopo che questo regalo qualche cosa che forse non andava tanto bene: per esempio, regalare occhiali da presbite a una persona che ha il cruccio di non vedere da vicino; glieli regaliamo pensando che sia una cosa carina, gentile, appropriata. Molti aspetti della gentilezza, per, sono anche frutto di uneducazione culturale che pu essere di tipo personale, familiare, locale, geografica, religiosa. Non a caso i gentili erano anche i non ebrei, secondo le Sacre Scritture. Essere gentili vuole anche dire essere il buon samaritano che, in un modo totalmente disinteressato, si fa carico di una persona sofferente, la sostiene, la rifocilla, la aiuta a rimettersi in viaggio e non chiede niente in cambio. Sarebbe gentile che la persona soccorsa tirasse fuori il portafogli e gli desse una banconota? Certamente no, perch latto allinterno di una dimensione relazionale che bisogna essere in grado di percepire ma che non sempre la coscienza percepisce. Anche il dono un elemento di gentilezza. Anzi potremmo dire che uno dei veicoli principali su cui valutiamo la gentilezza il dono: non andare a mani vuote, portare qualche cosa che dia un piccolo contributo spesso simbolico. Non entro in questo argomento perch alquanto complesso sul piano filosofico e antropologico: ci sono manuali interi sul meccanismo del dono, sul significato del dono nelle varie civilt. In fondo la gentilezza altro non se non il dono di se stessi, un dono di se stessi allaltro parziale, simbolico, transitorio, temporaneo. Tornando allesempio del bolognese o del ferrarese: dedico qualche minuto a una persona che mi chiede unindicazione stradale, con un sorriso mi fermo e poi lo lascio andare per la sua strada, magari augurandogli buon pomeriggio o buon viaggio. Ecco un altro elemento della gentilezza, laugurio. unusanza antica e per certi aspetti oggi anche ridicola, svuotata di significato: pensate a tutti i messaggi, i bigliettini, gli SMS di buon Natale, buon anno, buon capodanno, buon anniversario. Sono gentilezze, che noi interpretiamo con un questa persona ha pensato a me, piacevoli se vengono da qualcuno che ci vuole bene o a cui vogliamo bene, ma spiacevoli se vengono da qualcuno con cui ho litigato e con cui non ho nessuna intenzione di riprendere i contatti. Laspetto che riguarda il dono di s parte da un meccanismo che d peso al tema del potere: la gentilezza qualcosa che ha a che vedere con il potere, potere nel senso pi deteriore, non quello

  • a cui si accennava prima come potenza, forza, capacit o anche il buon risultato che si pu ottenere con la gentilezza. Di gentilezza si parla nel Cortegiano di Baldassarre Castiglione, uno dei tanti grandi classici della nostra letteratura, ma chi il Cortegiano? Il diplomatico una persona gentile? Certo, quando ha tutto linteresse a essere gentile, quando la gentilezza uno strumento di potere, di controllo dellaltro, di gestione dellaggressivit (perch se sono gentile con una persona posso essere abbastanza sicuro che sar gentile con me). Una delle definizioni, ancora primitive e provvisorie, di gentilezza che abbiamo formulato nella nostra ricerca clinica ha a che fare con un significato che riguarda lo stare insieme agli altri anche in momenti in cui la gentilezza serve come deterrente, per calmare laggressivit, per calmare la rabbia. Pensiamo a un evento conflittuale, seppur minimo, che si pu verificare quando una persona entra e unaltra esce dalla porta. Ricordate che nei Promessi Sposi Fra Cristoforo 2, da ricco e nobile, prima di prendere i voti, uccide in duello un uomo in seguito ad un diverbio nato dal conflitto di chi deve cedere la strada allaltro? Pensiamo a innumerevoli situazioni quotidiane che si verificano nei giardini o sulle strade, dove si talora poco gentili e dove il conflitto a volte porta a situazioni difficili da gestire. Se incontro una persona e per sbaglio la urto e questa sar gentile con me, io sar in grado di usare la stessa gentilezza? Se saremo gentili nella nostra interazione avremo da guadagnarci o da perderci? Per me la risposta abbastanza esplicita, chiara, evidente: se io mi scuso non detto che la persona non si arrabbi e inveisca; per pi facile che anche lei a quel punto rimuova la sua aggressivit e la trasformi in qualche cosa che pu magari portare a conoscersi, a stabilire un tramite grazie al fatto che il responsabile si assume la colpa del fastidio procurato. C un riferimento evangelico che vorrei portare da laico con formazione cattolica: mors tua vita mea. Un grande professore e psicanalista dellUniversit Statale di Milano, Franco Fornari, ha scritto molte cose su questo argomento. Ha parlato di transazioni simmetriche e transazioni complementari proprio a partire dal concetto di mors tua vita mea. il concetto di homo homini lupus del filosofo inglese Thomas Hobbes: uno dei due soccombe e laltro prevale, secondo un crudo gioco di potere. Franco Fornari ha studiato tutte le possibili combinazioni, chiedendosi: ma se esiste una mors tua vita mea, ci sar pure una mors mea vita tua? Certo che c, mors mea vita tua il sacrificarsi per qualcun altro, dare la propria vita per qualcun altro, come prestare servizio nelle forze pubbliche per la difesa dei cittadini, ma anche come una madre che si sacrifica per allevare i propri figli, e anche un padre. E allora sono da considerare le altre due posizioni, vita mea-vita tua o mors mea-mors tua, la pi terribile, la pi nefasta delle transazioni simmetriche. Mors mea-mors tua per esempio, facendo un altro riferimento biblico, il Muoia Sansone con tutti i Filistei, ma riguarda anche certe notizie di cronaca: amante tradito uccide ex moglie e rivale; un terribile gioco di crudelt e di violenza che si colloca sul polo opposto rispetto alla gentilezza. laggressivit esercitata, vissuta e addirittura portata a termine con ferocia, che comporta un piacere che non ci dobbiamo nascondere: scaricare laggressivit, la rabbia, la ferocia una fonte di piacere. Pu sembrare blasfemo, in contrasto con la realt, per pensiamo a un bambino piccolo che si diverte a distruggere il castello di sabbia che la mamma o il fratellino hanno appena costruito: ci salta su con i piedi, con gioia, trionfante, come se avesse compiuto unimpresa splendida e ne ricava un grande piacere. Laggressivit ha un suo piacere. Se ce lo dimentichiamo, non capiamo pi nulla di tanti fenomeni di violenza: non riusciamo a tenerla a bada perch facciamo finta che sia di qualcun altro, che non sia nostra e invece proprio la nostra che dobbiamo tenere a bada. Eventualmente con la gentilezza. La gentilezza sta sul versante della transazione simmetrica vita tua-vita mea. Possiamo qui chiamare in causa tanti grandi pensatori, grandi uomini e donne che hanno dedicato la loro vita agli altri; magari un po immodestamente, potrei dire ciascuno di noi ha una parte di cose che non ha fatto per s ma per gli altri. A questo proposito c un paradosso: facciamo delle cose per gli altri e alla fine ne ricaviamo vantaggio noi, perch ci sentiamo pi buoni, pi bravi, ci sentiamo comunque meglio. Vi racconto un esempio, tratto dalla mia esperienza di vita. Ero uno studente neolaureato e, per sbarcare il lunario, lavoravo per lAVIS, una grande associazione di volontari che fa tanto bene dando la vita a tante persone. Naturalmente, da psicologo in erba, da medico che si stava specializzando in psicologia, uno degli interrogativi che mi sorgeva alla mente spontaneo era: Perch queste persone vengono

  • a donare sangue?. Come sempre nella mentalit medica, a volte un po ristretta, lidea era subito: Se scopriamo quale motivazione li spinge, possiamo aumentare i flaconi di sangue da utilizzare!, che non solo unidea un po puerile o infantile, pu anche divenire concreta, sostanziale: in certi momenti e in certe situazioni il sangue manca, specialmente certi tipi di sangue raro. Allora cominciammo, io e i miei colleghi, a parlare con queste persone mentre per qualche minuto erano l ad aspettare che il flacone del prelievo si riempisse lentamente del loro sangue. Parlando del pi e del meno, cominciammo a cercare di capire perch uno dona il proprio sangue senza averne in cambio nessun vantaggio e anzi, per certi aspetti, sacrificando un pezzo della vita e della propria salute in termini di dolore e di fastidio o di perdita di tempo. Qual la radice? Abbiamo scoperto che quasi tutti avevano ricevuto del sangue o avevano avuto una persona amica, congiunta, parente, che aveva ricevuto del sangue per trasfusioni o avevano comunque conosciuto una persona che aveva avuto bisogno di sangue e non ne aveva trovato. Questo un meccanismo che in psicologia, ma anche in sociologia, si conosce molto bene: il meccanismo della reciprocit. Io restituisco delle cose se le ho a mia volta ricevute. chiaro che se non le ho avute difficile che le restituisca ed proprio per questo che la gentilezza viene in aiuto, in ausilio, perch vuole che uno sia il primo a cedere il passo, che uno sia il primo a parlare con laltro, a sorridergli, ad ascoltarlo, facilitando linterazione. Daltra parte questa reciprocit nasce dallincontro di due persone che hanno anche degli aspetti negativi, quindi giusto che la gentilezza serva come schermo, come cuscinetto, come momento che attutisce gli aspetti conflittuali e di aggressivit. Vi leggo qualcuna delle definizioni che nel tempo abbiamo raccolto: gentilezza essere disponibili ad ascoltare e interagire con gli altri. Una barzelletta pu spiegare meglio: Ges Cristo decide di tornare sulla terra a compiere miracoli per ravvivare la fede della gente, e riceve in uno studio medico ogni sorta di malati che entrano sofferenti ed escono miracolosamente guariti. Ad un certo punto dallo studio medico di Ges Cristo esce un vecchietto, prima entrato zoppicante e ora perfettamente in grado di camminare. Le persone in sala dattesa gli domandano: Com il nuovo dottore? ed egli risponde: Non mi ha neanche ascoltato!. La battuta, al di l che sia umoristica o meno, che ci faccia ridere oppure no, nasconde una verit profonda cio che negli ambulatori medici spesso si fa fatica a trovare il tempo, lo spazio, la gentilezza per un piccolo ascolto. Attraverso ricerche e interviste tra medici e pazienti abbiamo misurato quanto tempo viene dedicato allascolto. Non so quale sia la vostra esperienza ma lo standard questo: Buonasera signora, si accomodi; se va bene, il medico non guarda il computer, non telefona, non scrive, non fa altre cose. La guarda negli occhi e dice: Come mai venuta a trovarmi?, Perch ho un dolore alla schiena da un po di tempo. Tempo un millisecondo e il medico comincia a chiedere: Da quanto tempo?, Che tipo di dolore ?, Dove si irradia? e poi la visita. Se avesse aspettato trenta secondi la persona sarebbe andata avanti, avrebbe continuato a parlare della sua esperienza, a spiegare cosa c dietro a questo dolore, un dolore che, per esempio, pu essere stato legato a uno sforzo: la signora ha dovuto aiutare sua figlia, che si separata dal marito, a fare gli scatoloni. Che senso ha questo dolore alla schiena? Certo che si tratta di tendini, di muscoli, di artrosi da inquadrare sul piano scientifico, sul piano medico, ma forse questa persona ha bisogno di un conforto, di uno spazio di ascolto in cui possa raccontare quanto dolore, che poi lei proietta sulla schiena, le ha provocato questa vicenda. Il medico ha il tempo per ascoltare? Come sapete questa la vera domanda: perch io dico che il medico ha questo tempo, ma i medici dicono di non averlo. Io rispondo che quando vogliono, ce lhanno. Per esempio, in sala operatoria il chirurgo non dice: Dovrei metterci unora a operare questa appendice ma ho fretta e ci metto dieci minuti. Piuttosto dice al paziente: Mi dispiace, era in lista per oggi ma non ce la facciamo. Non dimezza i tempi e non fa una cosa raffazzonata, come non dovrebbe essere fatta. Se dunque lascolto fa parte del rapporto col paziente, questo ascolto deve avere il suo tempo, anzi dato che lascolto fa parte della gentilezza, allora potremmo dire che il peggior nemico della gentilezza la fretta. Quando hai fretta inevitabilmente sei meno gentile perch non hai lo spazio mentale di apertura per laltro, la pazienza, il senso di ascolto che necessita di tempo. Questo significa che il tempo te lo devi procurare, non dico nella tua vita personale (questo sar un problema tuo), ma nella vita professionale di medico, dove non prepararsi con gentilezza e non riservarsi il tempo per parlare con una persona equivale a operare senza avere i bisturi, le garze e

  • gli strumenti idonei. Certo, in condizioni di emergenza lo puoi fare, giusto che tu lo faccia, ma normalmente non dovresti: dovresti prenderti tutte le libert possibili, con scienza e coscienza, per esercitare quello che pu letteralmente salvare la vita a un paziente: la funzione di ascolto. Unaltra definizione di gentilezza: buona educazione accompagnata a empatia verso gli altri. Ecco unaltra parola chiave, molto di moda adesso, empatia. Mi hanno detto, io non lho letto ancora, che questa parola stata al centro di un recente articolo del Venerd, inserto settimanale di Repubblica. Nellarticolo era intervistato anche il professore milanese Egidio Moja, che insegna nella facolt di medicina e ha dedicato molto del suo tempo e della sua carriera a studiare il rapporto fra medico e paziente in ambito sanitario. Non proprio la gentilezza, perch come ricordava prima il professor Calza, sono forse io ad avere la presunzione di voler studiare e misurare una cosa cos impalpabile e preziosa come la gentilezza; e, daltra parte, un sintomo anche questo importante e molto grave, il fatto che nessuno se ne sia mai occupato finora. Gli unici riferimenti che ci sono nella letteratura scientifica in cui si nomina la gentilezza, a parte i nostri che sono ancora limitati, sono quelli in cui il paziente che la nomina e non lautore dellarticolo. Sono talvolta resoconti aneddotici, di casi osservati. Sono per lo pi ricerche di customer satisfaction, di soddisfazione del cliente, che utilizzano strumenti moderni per verificare che il destinatario sia abbastanza soddisfatto del servizio ricevuto. Nelle inchieste in cui si raccoglie il feedback, cio il resoconto della persona intervistata sulla propria esperienza, la gentilezza c sempre ed sempre ai primi posti, quasi a voler violare la regola forse un po opportunistica che quello che conta la competenza tecnica del medico. Se posso scegliere, anchio preferisco un medico sgarbato ma competente e che mi guarisce piuttosto che un medico che mi accoglie bene ma poi non capace di curarmi. Credo per che non si tratti solo di salvare capra e cavoli, credo anzi che le due cose siano collegate. Inoltre un medico che davvero preparato e competente conosce anche le tecniche di comunicazione. Questo vale per un medico ma, allargando la prospettiva, anche per un avvocato, un architetto, un farmacista, un impiegato comunale che siano preparati. Intervento

    Questo non riguarda la professionalit?

    Stefano Caracciolo

    Certamente, quello che in America chiamano professionalism e lo considerano una delle categorie su cui testare, misurare la capacit di un medico e che comprende aspetti molto lontani dalle classiche discipline mediche. Per esempio, esiste oggi una medicina che si chiama narrativa: basata su un approccio in cui le storie del paziente servono, per cui il paziente pu raccontare la sua vicenda e finalmente trova un luogo, un tempo, un momento in cui c uno spazio per questo. Un tempo avveniva con gli studenti alle prime armi che venivano sequestrati dai pazienti e avevano il compito quasi ingrato di ascoltarli. Da studente mi ricordo di aver passato ore vicino al letto dei pazienti a farmi raccontare tante cose. Oggi parlare di empatia nel rapporto con i pazienti diventata una cosa che possiamo dire modaiola. Ed certamente un fatto positivo! La prima grande studiosa che ha proposto questo approccio, apparentemente rivoluzionario ma in realt antico quanto il mondo, si chiama Rita Charon, ha lavorato negli Stati Uniti al Presbyterian Hospital, uno dei pi grandi ospedali di New York, conduce corsi e programmi educativi per i medici alla Columbia University e ha scritto un libro che si intitola Narrative Medicine, diventato un punto di riferimento per chiunque si occupi di questi aspetti professionali. La medicina ha una storia ormai millenaria. Non voglio scomodare lantica medicina greca di Ippocrate di Kos o di Galeno, ma parlare se non altro di quando la medicina stata inclusa fra le scienze sperimentali. Fino a un certo periodo della nostra storia, per motivi religiosi non si potevano studiare i corpi delle persone decedute; veniva considerato un eretico chiunque lo facesse, anche perch spesso gli intenti non erano affatto nobili. Cerano per anche intenti di ricerca scientifica, almeno a partire da Cartesio in poi. Cartesio afferma il suo pensiero attraverso il suo famoso cogito ergo sum, formula che riassume la distinzione fra il mondo dello spirito, res cogitans, di origine divina, spirituale e la res extensa ovvero le cose che si toccano, che hanno una loro dimensione concreta, come il corpo umano. Per questo Cartesio dice che il corpo umano pu

  • essere studiato e deve essere studiato, perch un fenomeno naturale, non qualcosa che appartiene alla sfera divina. Lo dice in un momento storico particolare, lepoca della recente persecuzione di Galilei, che aveva dovuto abiurare solo dieci anni prima le sue teorie sul Sole e la Terra; preoccupato delle possibili conseguenze, Cartesio nei suoi grandi libri dice che necessario distinguere la parte spirituale dalla parte corporale. La parte spirituale, lanima, appartiene alla sfera del divino, mentre il corpo nella sfera umana. C un collegamento fra le due? S, come il destriero che viene guidato dal cavaliere: il cavaliere ha le briglie e pu arrestare, sbrigliare, far curvare il cavallo, farlo saltare; cavallo e cavaliere sono una cosa sola ma ben distinguibili. Cos il corpo umano e lanima umana sono collegati attraverso delle briglie che sono, diceva Cartesio, delle ghiandole. Sosteneva che la ghiandola epifisi quella attraverso cui lanima comanda sul corpo. In base a questa concezione, semplificando, si pu dire che se io in questo momento decido che voglio prendere il microfono con laltra mano, la mia anima che mi dice liberati del microfono e mettilo nellaltra mano, e che guida latto attraverso una serie di meccanismi. Che cosa succede dopo che la medicina ha compiuto questo primo passo, cio poter studiare le cause delle malattie con autopsie e dissezioni? Succede che lanima rimane l, non la studia nessuno o viene lasciata ai filosofi, ai sacerdoti. Giusto da un lato, ma dallaltro con lanima rimane inesplorato tutto quello che il nostro universo mentale, che certo non si pu toccare, non concreto, ma che forse si pu misurare almeno in alcuni aspetti. Questa la nascita della psicologia: ho aperto questa parentesi per dire che un medico, nella sua professionalit, come deve conoscere la chimica, la fisica, la biologia, la genetica deve conoscere finalmente anche la psicologia; anche la psicologia una scienza, come tutte le scienze pu diventare applicata e quando tale fornisce un bagaglio tecnico. Esistono delle tecniche psicologiche che il medico deve usare e la gentilezza una di queste. Deve saperla usare nel modo giusto, con la dose giusta, al momento giusto. Cosa pensiamo di un dottore se la prima volta ci accoglie, ci fa sedere, ci racconta tante cose, ci ascolta e la seconda volta diventa brutale e sbrigativo come tutti gli altri? Che la gentilezza era falsa. Allora vedete, parlare di gentilezza come tecnica professionale fa i conti con un altro aspetto: di solito, le tecniche professionali si imparano, si apprendono; nessuno nasce con delle cognizioni e con le capacit di applicarle. Per fare un certo esame medico, una visita bisogna acquisire manualit ma soprattutto aver studiato prima. Il primo problema se la gentilezza si pu imparare, il secondo se la si pu insegnare a degli adulti, come gli studenti in medicina, ormai ventenni, o i medici gi laureati. Nei corsi di medicina ci si sforza di sottolineare alcuni aspetti di tecniche comunicazionali che devono entrare nella pratica medica. Noi conosciamo persone gentili di natura, che sono tali forse per leducazione ricevuta attraverso un apprendimento per ostensione, termine che usava Franco Fornari, ma che si trova anche in alcuni scritti di Albert Schweitzer. Questultimo disse: Lafricano mio fratello, ma un fratello pi giovane di parecchi secoli. Pensate a questo modo gentile di sottolineare la diversit, che esiste, e di farne qualcosa di estremamente familiare. un fratello pi giovane del quale a volte ti stufi, con cui ti arrabbi, ma con il quale devi essere gentile. Un altro aforisma di Albert Schweitzer: Lesempio non la cosa che influisce di pi sugli altri: lunica cosa. Per ostensione significa che se voglio educare qualcuno a essere gentile devo essere il primo a comportarmi come tale, devo farglielo vedere praticamente non spiegarglielo teoricamente e solo in un secondo momento dargli anche qualche elemento teorico. Una delle funzioni pi importanti nel rapporto con laltro, non soltanto in medicina ma anche in tante altre professioni, persuadere, convincere. Faccio un esempio che mi capitato proprio questa mattina: vado a fare un prelievo con il bancomat e la macchina se lo tiene, si blocca in quel momento e non me lo restituisce. un po il terrore di tutti noi! Entro alquanto preoccupato in banca e trovo soltanto limpiegato allo sportello che al telefono. Mi siedo, un po rassegnato, e limpiegato continua a parlare al telefono evitando il mio sguardo. Perch? Perch se incontri lo sguardo dellaltro non puoi negare che lhai visto e a quel punto sei costretto a fare una serie di cose. Perch parlo della persuasione? Perch la persuasione nasce proprio da questo: se voglio convincere qualcuno a fare qualcosa bisogna che attiri la sua

  • attenzione, che crei un rapporto, perch dopo sar molto pi facile convincere tale persona a fare qualcosa. Pensate ai piazzisti, i famosi venditori di enciclopedie, che avevano la capacit di aprire uno spiraglio comunicativo e di poter parlare. Se puoi parlare con una persona, aumenti la probabilit di costruire una relazione con lei, di farle vedere delle cose e di convincerla alla fine che la tua enciclopedia la migliore del mondo e che non se ne pu fare a meno. Per riprendere lesempio di prima, limpiegato della banca dopo un po di tempo mi ha detto: Prenda il numero. Ero da solo! Io credo che dal suo punto di vista volesse anche essere gentile con me, perch se fosse entrato qualcun altro e avesse preso il numero automaticamente mi sarebbe passato avanti. Aveva quindi una sua logica di accoglienza. Alla fine mi ha ascoltato e ha cercato di convincermi che luned avrei riavuto il mio bancomat con delle argomentazioni del tipo: Il prelievo stato registrato e lei avr comunque i suoi soldi, Se invece non stato fatto non sussiste alcun problema. Sta di fatto che non riuscito a convincermi. Il medico e lavvocato, invece, bisogna che siano capaci di convincere le persone. Devono riuscire a convincere, spiegare perch, per esempio, necessario fare un certo esame diagnostico. E se non attraverso la gentilezza, che la chiave che apre la relazione con laltro, come puoi riuscire a convincere qualcuno a fare qualcosa che non vorrebbe, di cui ha paura, fidandosi di te? La gentilezza il primo dei pilastri nel rapporto col paziente. Il secondo la sincerit, in generale e nel rapporto medico-paziente in particolare. Sincerit deriva dal latino sinceritas e parte dalla definizione sine cera, ovvero senza cera. Si rimane perplessi, qualcuno dice sincerit non avere maschera, quindi senza cera significa senza maschera. Bel tentativo, ma la spiegazione unaltra! Gli antichi romani non avevano lo zucchero come lo conosciamo noi, n quello di canna n quello della barbabietola, lo zucchero raffinato. Con cosa dolcificavano le loro bevande? Col miele, e quando lapicoltore non era tanto onesto, nel raschiare dal favo il miele, prendeva anche un po di cera. Pi cera vuol dire pi soldi, ma vuol dire anche miele meno buono e meno puro. Ecco appunto la sincerit: essere puri, essere autentici, non essere adulterati o contraffatti, non usare artifici o sotterfugi nel rapporto con laltro. Intervento

    Lei non crede che la gentilezza presupponga un certo distacco o che, allopposto, possa

    diventare una manipolazione dellatto?

    Stefano Caracciolo

    Sottoscrivo pienamente quello che lei ha detto: la gentilezza un distacco, a volte anche in senso buono. Sono gentile con una persona che non conosco, la tratto bene, nel modo migliore, ma stando un pochino in guardia nei suoi confronti. Appunto: homo homini lupus, il potere, lappropriazione, la sopraffazione dellaltro. Machiavelli che ne parla: il principe deve essere la volpe e il leone. La volpe per lastuzia e il leone per la forza. A volte, machiavellicamente, il fine giustifica i mezzi. Se qualcuno vuole farti del male, il modo migliore per riuscire a farlo essere gentile allinizio. Quanti pensionati vengono gentilmente avvicinati in casa loro da persone che vogliono verificare il gas o quantaltro e con astuzia emerge poi la violenza. Esiste una gentilezza autentica e una gentilezza falsa: se dobbiamo mettere un limite fra le due, la gentilezza vera disinteressata mentre quella falsa ha un suo interesse, che pu anche essere lecito e desiderabile. Per esempio, un medico gentile ha pi probabilit di convincere un suo paziente a curarsi, quindi pi che lecito che usi la gentilezza per arrivare a una meta personale, visto che in questo caso una meta condivisibile. Ogni volta che decidiamo qualcosa lo facciamo sulla base di informazioni, ma decidiamo spesso anche sulla base della relazione con la persona che ci sta aiutando. Torniamo allaspetto iniziale: mors tua vita mea. Quando linterazione in questi termini persino la gentilezza pu diventare uno strumento di morte, di sopraffazione dellaltro, di potere ed laccezione cui accennavo prima quando ho parlato del Cortegiano. Perch i cortigiani vengono dispregiati? Perch utilizzano lastuzia della volpe per nascondere la forza e la violenza del leone.

  • Intervento

    Una persona autenticamente gentile pu usare la sua gentilezza come arma?

    Stefano Caracciolo

    Una persona autenticamente gentile non usa la gentilezza con un obiettivo, ma come valore fine a se stesso. Se volete diventa quasi egoistico: io sono gentile perch sono contento di esserlo, mi piace esserlo. Mi piace meno quando mi accorgo che tutti gli altri sono prepotenti e magari sto delle ore alla cassa del supermercato perch faccio passare tutti. A questo punto la gentilezza finisce con lessere temperata perch emerge un atteggiamento di segno opposto, aggressivo e di prevaricazione allinsegna della reciprocit. Non aspettiamoci dunque che il mondo possa essere sempre improntato alla gentilezza. Intervento

    Lei prima ha detto che nemica della gentilezza la fretta. Ma ci sono altri due nemici a mio

    parere: uno la presunzione e laltro parente dellautorit. Chi presuntuoso non ascolta

    perch sa gi. La presunzione purtroppo una condizione difficilmente disciplinabile. Chi

    presuntuoso presuntuoso. Basta vedere lincontro di due persone che parlano di politica:

    ciascuno dei due presume di sapere qual la verit e quindi diventano aggressivi, si mettono a

    urlare, perch la presunzione li ottunde. Fa altrettanto lautorit. Quando lindividuo investito

    di autorit, si sente affrancato dal dovere di essere gentile.

    Stefano Caracciolo

    Inizio a risponderle umilmente con le parole di Norberto Bobbio che ha scritto un saggio dal titolo Elogio della mitezza, che una variante della gentilezza, un altro modo di esprimere degli atteggiamenti affini, nonch una delle virt dei politici. Bobbio segue uno degli scritti di Erasmo da Rotterdam e scrive: Ecco quali sono le virt somme del principe ideale: la clemenza, la gentilezza, lequit (). Il principe illuminato, non certo il principe di Machiavelli. Opposte alla mitezza, come la intendo io, sono larroganza, la protervia, la prepotenza e prosegue: La mitezza () la pi impolitica delle virt () addirittura laltra faccia della politica. diversa dalla remissivit, dallumilt, dalla modestia e infine dalla tolleranza e dalla compassione. Mettiamo laccento sulla presunzione che parte dallidea di presumere. Nellambito politico abbiamo memoria di persone gentili, posso ricordare Enrico Berlinguer, una persona che sapeva essere duro e forte ma che manteneva sempre, almeno in pubblico, una sorta di gentilezza. Possiamo ricordare anche Alcide De Gasperi quando and nel 1946 a perorare la causa dellItalia sconfitta al tavolo delle Nazioni Unite che la condannavano non solo moralmente, come responsabile dellintera avventura mussoliniana, ma anche nella carne, nel sangue delle persone che venivano espulse dallItalia. Con quanta pacatezza, mitezza e fermezza esprimeva le sue ragioni. La politica, larte della polis, di essere cittadini felici componenti di una comunit, ci riporta immediatamente a Socrate, proprio il contrario della presunzione: colui che sa di non sapere. Del suo non sapere ne fa una bandiera, uno stile di vita, tanto da non scrivere una parola (infatti le sue parole ci sono arrivate perch qualcun altro le ha scritte). La politica in senso pieno ha chiaramente una faccia che pu anche essere di mitezza, di rispetto, di cortesia, ma in altre situazioni pu diventare insulto, prepotenza, arroganza. Infatti oggi impedire allaltro di parlare sembra diventata la costante nelle contese politiche. Contemporaneamente possiamo ricordare che la politica lesercizio di un potere in cui si combatte per qualcosa, che se tutto va bene unideale, una causa, la difesa dei diritti di qualcuno, se va male linteresse personale, la poltrona o i soldi. In tutti e due i casi noi abbiamo un aspetto della politica che pi nobile, un confronto di pensieri e di idee per cui, anche se si su sponde opposte, si ha per il piacere di ascoltarsi reciprocamente e di recepire il buono che si ha da dire e uscire dallincontro arricchiti. Laltra faccia appunto la prepotenza, che trasforma la relazione in contesa che ricorda un altro scenario molto consueto, il tifo sportivo. Ho la fortuna di presiedere un corso di scienze motorie in cui si istruiscono tanti ragazzi che diventano poi allenatori, educatori e che vengono spesso a contatto col mondo dello sport. A me piace, non solo a parole, sottolineare il rispetto dellavversario, la lealt, il piacere simbolico del contendersi qualcosa. Lo sport non forse una

  • trasformazione della guerra? Non nasce direttamente dalla guerra? Il lancio del giavellotto, del peso, il fucile, il tiro con larco, il fioretto, la scherma: qui le armi sono evidenti, sono quasi le stesse con cui alcuni secoli fa ci si uccideva. Altri sport sono trasportati a livello simbolico. Abbiamo il calcio in cui una serie di elementi diventano violenti, per esempio il tifo. Un interista o un milanista faranno molta fatica a trovare un punto daccordo, ognuno penser che il proprio giocatore il pi bravo e cos lallenatore, che il gioco della propria squadra il migliore e che i torti fatti dallarbitro sono sempre nei confronti della propria squadra. La contrapposizione ed il conflitto relazionale appaiono del resto una costante del comportamento umano, come ci ricorda Woody Allen in una delle sue opere satiriche, scimmiottando lo stile dei versetti biblici: The lion and the calf shall lie down together but the calf wont get much sleep. [Il leone e lagnello giaceranno insieme, ma lagnello dormir molto poco] . Un punto che non abbiamo esplorato in modo esauriente, ma che implicitamente contenuto nellidea della vita tua-vita mea, quello della nonviolenza. Pacificare, dal latino pacem facere, la definizione del contrario della guerra. Ho citato Albert Schweitzer, grande pacifista e filantropo, ma non si pu non ricordare Gandhi. Unaltra parola molto interessante autorit. Vorrei ampliare questo concetto rispetto allaccezione negativa di autoritarismo. Ancora una volta il latino ci aiuta perch autorit nasce da auctoritas, usata per la prima volta in una commedia plautina in cui si parlava del fatto che due sorelle avevano voluto sposare due fratelli contro lauctoritas paterna, appunto. Su questo anche Franco Fornari ha scritto molto: lautorit come estrinsecazione del codice paterno del quale, negli ultimi anni, si perso il significato positivo di autorevolezza. Dellautorit stato dipinto un modello negativo, ognuno di noi per cultura o per carattere vuole andare contro il concetto di autorit, siamo intolleranti rispetto a chi ci vuole comandare. Auctoritas deriva per dal verbo latino augeo che significa crescere; lauxologia in medicina la scienza della crescita. Quindi auctoritas ha a che fare con lidea di far crescere qualcuno, nel senso di dargli con la propria autorevolezza lelemento di riflessione e di confronto con cui poi liberamente possa decidere cosa fare. Credo non ci sia una migliore espressione della funzione paterna buona e positiva. Grazie a tutti.

    Solo dieci parole in pi: una breve postilla

    Il testo della Conferenza, pazientemente e fedelmente raccolto da Giancarlo Calza, Cristina Strata e tutti gli amici di Centro Coscienza, rappresenta un resoconto preciso e letterale, a parte lievissimi ritocchi formali, dellincontro di Milano. Mi parso sufficientemente vivo ed espressivo da meritare di licenziarlo senza grossi emendamenti, anche se spesso, i punti concettuali e i passaggi dialettici affrontati in poco tempo nellampio tema della gentilezza appaiono eccessivamente sintetici, poco chiari o talora velleitari. Mi pare per troppo facile attribuire le debolezze del testo alla necessit di sintesi, o allestemporaneit del dibattito, per quanto ricco e partecipato. Si tratta piuttosto di accennare alla questione di fondo in campo di gentilezza: la provvisoriet e lincompletezza delle informazioni e delle argomentazioni sono soprattutto legate alle poche cognizioni a nostra disposizione, seppure dopo almeno tre anni di studi teorici, di valutazione della letteratura ahim povera di dati di discussioni vivaci e partecipate con amici, colleghi, collaboratori e studenti, alla cui intelligenza devo molta riconoscenza, ma anche di indagini sperimentali di tipo scientifico. Per questo motivo approfitto di questa postilla che mi concessa per approfondire sinteticamente alcuni temi, dieci parole appunto, in ordine alfabetico a m di piccolo glossario, su cui non stato possibile soffermarsi a voce ma che, spero, potranno ampliare gli orizzonti andando al di l della sola comprensione del testo ed aiutare il lettore stimolandolo a proseguire poi, per la sua strada, a pensare (e a vivere!) la sua personale versione della gentilezza. 1. ALTRUISMO

    La classica definizione di altruismo nei manuali di psicologia suona pressappoco cos: altruismo latteggiamento disinteressato teso a favorire il benessere degli altri11. Laltruismo possiede dunque in comune con la gentilezza alcuni elementi: come la gentilezza un atteggiamento,

  • quindi una disposizione comportamentale pronta a dispiegarsi se trova una situazione adatta, come la gentilezza disinteressato, quindi in prima battuta non orientato alla ricerca di ricompense, come la gentilezza rivolto con intento buono verso laltro. La allusione alla bont per non occasionale perch rimanda ad una dimensione molto pi ampia del ristretto campo della gentilezza: lessere buoni rappresenta infatti un argomento prima di tutto filosofico di grande importanza, da Platone alla eunoia di Aristotele, al bene comune di San Tommaso da Aquino, fino alla filosofia morale di Thomas Hobbes sostiene che legoismo uno stato di natura, per arrivare poi alla piti di Jean Jacques Rousseau dellEmile che, come stato notato in un recente contributo sulla gentilezza, a cavallo fra la filosofia e la psicoanalisi12, introduce alle moderne concezioni sul bene e sul male che ritroviamo nel XXsecolo. E specialmente nel celebre carteggio Perch la Guerra, commissionato dalla Societ delle Nazioni a Albert Einstein e Sigmund Freud nel 1932, le cui conclusioni pessimistiche ci ricordano, se mai ce ne fosse bisogno, quanto poco la bont possa dormire sonni tranquilli. E invece, per usare il titolo di un libro di un medico, Stefan Einhorn, oncologo al Karolinska Institute di Stoccolma, essere buoni conviene13. Perch conviene? Per una serie di buoni motivi: Einhorn chiama in causa, fra gli altri, il concetto di Ubuntu, parola che deriva da un antico vocabolo zulu e che significa letteralmente umanit usato in varie regioni dell'Africa meridionale, che viene dal proverbio zulu "umuntu ngumuntu ngabantu", traducibile con "io sono ci che sono per merito di ci che siamo tutti", diffusa dal Vescovo Desmond Tutu e ripresa anche da Nelson Mandela. Possiamo dire che nella gentilezza c sempre una patina di bont, ma a volte subito sotto la superficie c anche un vero e proprio fondo di bont. 2. ASCOLTO

    Abbiamo gi affrontato il concetto di ascolto nel corso della Conferenza, ma mi pare necessario approfondire il concetto nel rapporto fra medico e paziente, in quanto proprio lascolto la pi latitante delle componenti fondamentali della gentilezza nelle attuali fasi di estremo tecnologismo in medicina. Lascolto richiede tempo ma soprattutto tatto, delicatezza, pazienza se si vuole evitare di usare solo la prospettiva della disease centered medicine, cio di guardare solo la malattia, invece di adottare la patient centered medicine, cio la medicina centrata sul paziente. Ascoltare davvero un paziente non significa semplicemente trattarlo con cortesia e buone maniere. Nellascolto legato alla gentilezza noi ritroviamo un genuino interesse per lAltro che, oltre a costruire un rapporto umano di fiducia reciproca, valorizza gli aspetti comunicativi in cui non conta solo la malattia, per fare una diagnosi, ma conta anche la reazione della persona, la sua preoccupazione, ai fini di una valutazione attenta e completa della sua situazione emotiva, che gioca un ruolo non indifferente nel processo di guarigione. 3. CURA

    Come ormai di dominio comune, il termine italiano cura ha un duplice significato che in altre lingue, per esempio in inglese, troviamo separato in due termini: cure nel senso di rimedio ad una malattia ma anche care nel senso italiano di prendersi cura di qualcosa o di qualcuno. Take care or die (Prendersi cura oppure morire) il modo con cui Dacher Keltner ha sottolineato laspetto evoluzionistico della gentilezza: in termini di biologia evoluzionistica darwiniana, non sopravvive solo il pi forte ma anche il pi gentile, ossia lindividuo che pi riesce a dare agli altri e quindi a ricevere, vedi alla voce reciprocit e prendersi cura pu pertanto configurarsi come elemento fondamentale per la sopravvivenza. Evidentemente la gentilezza prendersi cura, anche se in modo semplice, immediato, transitorio, dellAltro, delle sue richieste, delle sue esigenze. Per rendere efficacemente lidea, riportiamo il parere della grande scrittrice Elsa Morante, riferito dalla nipote Laura Morante, che fra tutte le frasi damore individu la sua preferita che : Hai mangiato?. Quale mirabile esempio di gentilezza e di cura dellaltro! 4. EMPATIA

  • A sign of health in the mind is the ability of one individual to enter imaginatively into the thoughts, feelings, fears and hopes of another person. Lo psicoanalista inglese Donald Winnicott scrisse questa frase, sottolineando come segno di equilibrio mentale la capacit di entrare con limmaginazione nei pensieri, nei sentimenti, nelle paure e nelle speranze dellaltro: questa una delle migliori definizioni dellempatia che siano mai state formulate. Ma lempatia come un fiore selvatico che pu fiorire ma non detto che lo faccia solo se il terreno in cui si sviluppa quello giusto. Fuor di metafora, la gentilezza il precursore di ogni relazione interumana, che ti permette di partire con il piede giusto, che innesca il processo empatico nelle sue diverse fasi: la comunicazione dello scambio emotivo, limmersione empatica nellaltro, la condivisione relazionale. Lempatia quindi il cuore della relazione daiuto, sia in senso di aiuto professionale che di aiuto occasionale, e trae un impulso irresistibile dalla gentilezza. 5. GENEROSITA

    La generosit una sfida alla sopravvivenza, alletica della affermazione competitiva sugli altri, del risparmio e dellaccumulo che in altri tempi si sarebbe detto capitalistico e consumistico, da cui rischiamo di essere contagiati se ci troviamo in un certo contesto: un centro commerciale, un concorso per ottenere un ambito posto di lavoro. Eppure, talvolta proprio in questi contesti possono emergere inaspettati slanci di disinteressata disponibilit verso laltro. Possono essere piccoli atti di cortesia, comportamenti di attenzione e di rinuncia, minuscoli regali di tempo, un sorriso, una battuta di spirito che sdrammatizza e restituisce alla situazione un sapore familiare possono unire per un momento estranei che fino a quel momento si guadavano in cagnesco o sgomitavano per guadagnarsi un posto privilegiato nella coda fra i carrelli della spesa. Essere generosi un rischio. Puoi cedere il posto ad una persona che ti pare pi bisognosa di te e scoprire che, subito dopo, resti tagliato fuori per colpa della tua generosit. Puoi allungare il percorso del ritorno a casa per accompagnare un collega che ha perso lautobus e restare coinvolto in un ingorgo del traffico, o peggio in un tamponamento. La gentilezza anche una forma di generosit verso laltro che non guarda alle misure, non deriva da calcoli egoistici, non prevede un ricavo. Chi gentile generoso, ma sa che per questo rischia, e nondimeno decide che vale la pena di correre il rischio. E raramente se ne pente, comunque vadano le cose. 6. PAZIENZA

    Pazienza confina con paziente, ma anche con patire e perfino con passione. Si vede bene come la radice greca di pathos confluisca nel latino patior nellidea di sentire, accettare, tollerare, soffrire, sopportare le emozioni, la sofferenza, la gioia e cos via. Nella gentilezza non c ancora una vera condivisione delle emozioni, che arriva solo con la simpatia o, pi oltre ancora, con lempatia, ma inizia una fase di attesa verso laltro che pu esprimere le sue emozioni: chi gentile accetta con pazienza le manifestazioni che vengono dallAltro, nel senso che ha un buon livello di accoglimento e tolleranza e di buon grado partecipa delle sue emozioni anche se sono negative e spiacevoli. Senza pazienza non c gentilezza perch chi gentile capace di attendere: attendere il suo turno con un sorriso, attendere che lAltro che incroci in senso opposto ad una porta accetti che tu gli ceda il passo, attendere che limpiegato allo sportello abbia finito di svolgere il suo compito e ti rivolga lo sguardo prima di rivolgergli la parola. Pazienza significa dunque accettare preventivamente, senza garanzie di un recupero o di uno scambio, di fare un piccolo sacrificio per laltro. Come ben descrive Piero Ferrucci18, lesercizio della pazienza tanto pi utile, ancorch pi faticoso, proprio verso le persone difficili, scontrose, che non sentono ragioni e proprio per questo si trovano spesso di fronte persone a loro volta seccate da questi atteggiamenti: di fronte alla pazienza sentono di essere accettate e vincono molte delle loro difficolt. Anche perch la pazienza aiuta ad annullare il vorticoso effetto di pressione del tempo, aiutandoci a superare la paura di perdere qualcosa se accettiamo anche i tempi pi rilassati del saper attendere con pazienza.

  • 7. RECIPROCITA

    La gentilezza reciprocit in quanto dono vicendevole di se stessi. Da Marcel Mauss in poi gli antropologi hanno studiato a fondo il meccanismo del dono, mettendone in luce quello che stato definito il paradosso del dono: si tratta del meccanismo per cui la gratuit del dono, che per definizione disinteressato, innesca un vincolante meccanismo di reciprocit nella restituzione del dono che, da un lato, liberale e gratuito ma, dallaltro, obbliga ad una restituzione con caratteristiche, dunque, paradossali. Questo aspetto di reciprocit si svela sia nel dono che nella vendetta, quale meccanismo di interazione sociale paradossale e con effetto non proprio obbligatorio ma potentissimo, avendo a che fare con le radici pi profonde dello scambio interpersonale. Nella gentilezza lo scambio di doni quasi sempre simbolico anche se pu facilmente sedimentarsi nello scambio di oggetti: si pensi a come dare il benvenuto risulti pi facile e immediato con piccoli doni materiali: un fiore da parte dellospite, un piccolo spuntino per il viandante stanco ed affamato, un poco di biscotti per il vicino appena stabilitosi nel quartiere, oppure alla alternanza nel pagare al ristorante come meccanismo rituale di reciprocit fra estranei. Il meccanismo della reciprocit quello che d il via ad una nobile gara per chi si mostra pi generoso, ed ha comunque il merito di rassicurare sul verso buono del meccanismo: se si percorre la china opposta, quella della vendetta, anzich doni ci si scambia dispetti e la gentilezza si trasforma in aggressivit e violenza. Questo della prevaricazione e della violenza il rischio che perennemente in agguato nelle relazioni interpersonali, cui la gentilezza iniziale fornisce un impulso di partenza in senso positivo. 8. RISPETTO

    Il rispetto comprende sentimenti e comportamenti derivati dalla consapevolezza dei diritti e dei meriti, dell'importanza e del valore dellaltro. La gentilezza parte da un iniziale rispetto senza ancora poter giudicare nel merito, dando allAltro una specie di fido, di credito a titolo gratuito e a fondo perduto. Ci si pu sbagliare ed essere disillusi sullAltro ma non ci si pente di avergli dato rispetto, che anche una forma di difesa perch nel dare rispetto, reciprocamente, si riceve rispetto pi facilmente ma si usa, contemporaneamente, un lieve distacco, una piccola barriera difensiva, senza entrare subito in confidenza. In questultima parola infatti stanno nascoste la fede nellaltro e la fiducia nellaltro, che nel rispetto compreso nella gentilezza trovano un possibile germe di sviluppo. La confidenza nasce da un rapporto collaudato con laltro, in cui il distacco difensivo non ha pi ragione di essere e la gentilezza da formale divenuta calore sostanziale, proiettato verso la fiducia. Ma tutto questo nasce dal rispetto a priori, non ancora articolato in un giudizio, che contenuto nella gentilezza. 9. SINCERITA'

    Il concetto di sincerit e quelli affini di autenticit e di verit sono in rapporto complesso con la gentilezza. Se della sincerit gi qualcosa si detto nel corso della conferenza, a proposito della sua purezza, qualcosa converr introdurre qui, invece, a proposito della autenticit e della verit, almeno per quel piccolo spazio che ci concesso in questa sede. Per lautenticit necessario rimarcare laspetto di fedelt a se stessi, coerenza fra ci che si esprime, non solo a parole, e ci che rappresenta la vera essenza di ciascuno di noi, allinsegna della spontaneit pi immediata, quasi al di fuori della socialit. A proposito della verit sarebbe invece necessario introdurre molte dimensioni, quali la veridicit (corrispondenza fra ci che si dice e ci che si pensa), la veracit (attenzione alla verit pi che ad ogni altro aspetto comunicativo relazionale), la franchezza (lessere liberi di affermare ci che si pensa). La gentilezza non pu essere del tutto priva di sincerit e di autenticit, ma ugualmente non pu esistere solo sulla base di aspetti sinceri ed autentici. Se la gentilezza priva di autenticit (c.d. gentilezza falsa) mostra chiaramente i suoi limiti e non si pu proporre come buona accoglienza verso laltro in toto, se invece si ponesse sempre come vera ed autentica finirebbe per costituire una barriera nei confronti di una persona che non ci piace o che ci pare in qualche modo minacciosa. Potremmo dire che la gentilezza solo raramente del tutto sincera, cio priva di una qualche mescolanza con aspetti formali di grazia e cortesia, buone maniere o buona educazione. Ambedue le dimensioni concorrono a temperare gli

  • aspetti aggressivi, di natura difensiva rispetto allestraneo, ma anche a mettere in guardia da aperture troppo pure, ingenue ed accoglienti nei confronti dellaltro che, come potenziale nemico, pu approfittarsi della gentilezza per ricavarne interessi personali, interrompendo la catena della reciprocit del dono e innescando il circolo vizioso della violenza reciproca. Proprio nellequilibrio fra le dimensioni autentiche e quelle simulate sta lequilibrio che consente di tenere il rapporto dentro i binari della civilt. il processo che Baldesar Castiglione ben descrive nel suo Cortegiano, dove afferma nel Libro Primo24, a proposito della grazia del cortigiano, ovvero della sua capacit di tenere buoni rapporti a corte: Ma avendo gi pi volte pensato meco onde nasca questagrazia () trovo una regola universalissima, la qual mi par valer circa questo in tutte le cose umane che si facciano o dicano pi

    di alcuna altra, e ci fuggire quanto pi si po, e come un asperissimo e pericoloso scoglio, la

    affettazione. () Per si po dir quella esser vera arte che non pare esser arte. Dove si esprime con chiarezza il concetto che una noncurante disinvoltura nel rapporto con laltro il miglior viatico per essere in grado di esercitare larte delle buone relazioni, senza darsene per inteso e senza che laltro possa cogliere lo sforzo che sta dietro a tali comportamenti, in modo che appare naturale senza affatto esserlo, con quel giusto spazio alla sincerit ed altrettanto spazio, come contrappeso, allatteggiamento studiato. 10. UMILTA'

    Praticare lumilt significa accettare di essere piccoli, limitati, capaci solo entro certi limiti. La pratica dellumilt coincide con aspetti di dolorosa consapevolezza dei propri limiti ma consente di migliorarsi proprio a partire da tale consapevolezza, evitando la presunzione di ritenersi eccellenti e proprio per questo evitando di non riuscire nei propri scopi per eccessiva fiducia in se stessi. La gentilezza si nutre di umilt perch accetta di poter comunque imparare qualcosa dagli altri, presupponendo la possibilit di trovare nellaltro qualcosa che valga la pena di essere capito, accettato, persino imparato. Essere gentili equivale a farsi piccoli di fronte allaltro anche e specialmente quando le cose stanno cos: nellumilt comunque non ci si pone il problema di chi sia pi bravo, pi furbo, pi importante o pi ricco, pur avendo presente che queste categorie esistono ed avranno il loro peso nelle sedi appropriate. Mentre ci si fa umili, si ha il tempo e il modo di apprezzare laltro nelle sue differenze rispetto a ci cui siamo abituati. Siamo, a questo punto, davvero arrivati al termine di questo piccolo excursus sulle dimensioni della gentilezza. La speranza e laugurio che far crescere e diffondere questo piccolo fiore di campo possa profumare la vita di tutti portando pace e serenit. questo, in ultima analisi, il vero potere della gentilezza. 0 Vclav Havel: Il potere dei senza potere, Garzanti, Milano 1991. 1 Russell B.: On Denoting, Mind, 14, 1905, pp. 479-493. 2 Manzoni A.: I Promessi Sposi, Cap.IV. 3 Fornari F.: Genitalit e Cultura. Milano: Feltrinelli, 1978. 4 Charon R.: Narrative Medicine: honoring the stories of illness, Oxford University Press, 2006. 5 Franco Fornari, Nuovi orientamenti nella psicoanalisi, Milano: Feltrinelli, 1979. 6 Cit. da The Observer, 23 ottobre 1955. 7 Cit. in Selezione dal Readers Digest, febbraio 1976. 8 Norberto Bobbio, Elogio della mitezza e altri scritti morali, Il Saggiatore, Milano 2010, p. 38. 9 ivi, p. 39. 10 Allen W.: The Complete Prose of Woody Allen, pag.37, London (UK) Picador, 1997. 11 Myers D.G.: Psicologia. Bologna: Zanichelli, 2000. 12 Phillips A., Taylor B.: On Kindness. London (UK) Penguin, 2009. 13 Einhorn S.: Essere Buoni Conviene. Letica nella vita di tutti i giorni. Milano, Mondadori, 2007 (Ed.or.2005). 14 Tutu, D.: No Future Without Forgiveness. Doubleday, 1999. 15 Stewart M.: Patient-centered medicine: transforming the clinical method. SAGE, 1995. 16 Keltner D.: Born To Be Good. New York/London: Norton, 2009.

  • 17 Winnicott D.W.: Sviluppo affettivo e ambiente. Roma: Armando, 1970. 18 Ferrucci P.: La Forza della Gentilezza. Milano: Mondadori, 2004. 19 Mauss M.: Saggio sul Dono. Torino: Einaudi, 2002 (Or.1924): 20 Anspach M.: A Buon Rendere. La Reciprocit nella vendetta, nel dono e nel mercato. Torino: Bollati Boringhieri, 2007 (Or.:2002). 21 Trilling L.: Sincerity and Authenticity. Cambridge (Mass.): Harvard University Press, 1971. 22 Guignon C.: On Being Authentic. London & New York: Routledge, 2004. 23 Tagliapietra A.: La Virt Crudele. Filosofia e Storia della Sincerit. Torino: Einaudi, 2003. 24 Baldesar Castiglione: Il Libro del Cortegiano (1528) a cura di Walter Barberis, Torino: Einaudi, 1998.