Il poker di renzi

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4 » ITALIA | IL FATTO QUOTIDIANO | Lunedì 14 Settembre 2015 Attacco allo Stato Storia di copertina Tutti gli altri In basso i quattro sconfitti (anche se Bersani non lo è ancora); a destra le variabili delle vicende raccontate Ansa contro Ruini, ferendolo. Il suo collega Velio Spano, fu bloccato mentre tentava il lancio di una poltrona. Botte soprattutto ai repubblicani Ugo La Malfa, schiaffeggiato, e Randolfo Pacciardi, cui un pugno ruppe gli occhiali. Alle elezioni del 7 e 8 giugno però De Gasperi perse. La sua vit- toria parlamentare fu effime- ra, seppur per poco: per soli 55mila voti il premio di mag- gioranza non scattò. Al Qui- rinale, il presidente Luigi Ei- naudi gli diede lincarico per il suo ultimo governo, lotta- vo. Durò due settimane. Poi toccò a Giuseppe Pella. La leadership di De Gasperi tra- montò così. Lultimo sussul- La scheda SEDUTE E VOTI Lesame del ddl Boschi è ripreso martedì scorso nella commissione Affari Costituzionali del Senato. Gli emendamenti da smaltire sono più di 500 mila, quasi tutti presentati dal leghista Roberto Calderoli. Domani, sempre in commissione, dovrebbe cominciare la discussione delle proposte di modifica. Il premier Matteo Renzi, però, vorrebbe licenziare il provvedimento entro fine mese. È quasi certo, quindi, che la riforma verrà portata direttamente al voto dellAula Quelli che... gioco tutto in una mano to fu la sua tormentata ele- zione a segretario della Dc nel settembre del 53. Ma già scalpitava il nuovo cavallo di razza dc: laretino Amintore Fanfani. De Gasperi morì un anno dopo, nellagosto del 54. Oggi, per la Chiesa, è un servo di Dio, in attesa della beatificazione. La guerra solitario per non calpestare i figliAmintore Fanfani, cui Mat- teo Renzi è stato più volte pa- ragonato, per lirruenza e la toscanità e il doppio incarico di partito e di governo, finì il suo ventennio da cavallo di razza della Dc così come la a- veva iniziato nel 1954: da se- gretario della Balena Bianca (copyright Giampaolo Pan- sa). Lepico referendum sul divorzio, che divise in due la parabola della Prima repub- blica, ancora prima della tra- gedia di Aldo Moro, si tenne il 12 maggio 1974. I no alla- brogazione della legge volu- ta dal liberale Baslini e dal socialista Fortuna, approva- ta nel 1970 e figlia della bat- taglia radicale di Marco Pan- nella sin dallinizio degli an- ni sessanta, i no, dicevamo, furono il 59,1 per cento (19 milioni e 138.300), e i sì si fer- marono al 40,9 per cento (13 milioni e 157.558). Fanfani chiuse la campagna referen- daria il 10 maggio in piazza I quattro promotori Sono i premier protagonisti di quattro momenti cruciali nella storia del Paese Ansa P » FABRIZIO DESPOSITO er Matteo Renzi è lora della pugna decisiva, in cui forgiare il suo destino da Caro Leader, autentico e duraturo. Dalla battaglia del Senato, sulla ri- forma costituzionale che por- ta il nome di Maria Elena Bo- schi, dipende il prosieguo di questa diciassettesima legi- slatura. Il presidente del Con- siglio sta giocando questa partita come se fosse una ma- no di poker al buio, sul filo dei numeri a Palazzo Madama, reclutando ex berlusconiani del calibro di Denis Verdini ed ex grillini e sparando con- tro la minoranza del suo par- tito, rappresentata da due fac- ce antiche e ammaccate della Ditta, Pier Luigi Bersani e Massimo DAlema. Se doves- se vincere, senza compro- messi sullelettività del Sena- to, imprimerebbe una torsio- ne mai vista al sistema repub- blicano, investendo e cancel- lando ben 70 articoli della Co- stituzione, con una sola Ca- mera a dare la fiducia al gover- no e una legge elettorale, lI- talicum, che darebbe la mag- gioranza assoluta a un solo partito con appena il 40 per cento dei voti. A fermare Ren- zi, in questo caso, potrebbe essere solo il referendum confermativo della riforma, probabilmente nellautunno del 2016. Al contrario, nello scenario opposto, se dovesse perdere nellaula del Senato, la sua doppia e giovanissima leadership, di partito e di go- verno, potrebbe essere peri- colosamente azzoppata. So- prattutto se il capo dello Sta- to, Sergio Mattarella, non sciogliesse il Parlamento e desse lincarico per un nuovo esecutivo. Durante la Prima Repubblica sono stati almeno tre i leader che hanno legato il proprio destino a una batta- glia epica. Ci fu chi vinse nelle aule ma perse nel Paese: Al- cide De Gasperi e la legge truffadel 1953; chi tramontò da solo contro tutti in un re- ferendaria nel 1974: Aminto- re Fanfani e la guerra contro il divorzio; chi azzardò e la spuntò a sorpresa: Bettino Craxi e il referendum sulla scala mobile nel 1985. Il leader della Dc voleva la maggioranza Lo statista democristiano Al- cide De Gasperi aveva 72 an- ni quando affrontò la sfida fa- tale della legge elettorale passata alla storia come leg- ge truffa. Era il 1953, tra la primavera e linizio dellesta- te. De Gasperi, alla guida del suo settimo governo, voleva costituzionalizzare il siste- ma Dc, uscito trionfante dal- le elezioni del 1948 con il 48 per cento dei voti, con una legge che avrebbe dato il 65 per cento dei seggi alla coa- lizione vincente con il 50 per cento. Solo in confronto allI- talicum, la legge truffame- riterebbe una completa ria- bilitazione. Il Pci di Palmiro Togliatti si battè con ogni mezzo contro lapprovazio- ne. Non solo in Parlamento. Ci furono anche scontri di piazza e a Montecitorio Pie- tro Ingrao si presentò sven- tolando un fazzoletto insan- guinato a causa di una man- ganellata. Tra i piccolilaici alleati della Dc, si levò la voce dissidente del repubblicano Ferruccio Parri, glorioso a- zionista ed ex presidente del Consiglio. Nell aprile di q u el l a nn o , lU n i tà titolò a caratteri cubitali in prima pagina: Parri si dimette dal Pri per protesta contro la leg- ge truffaldina. Lapprova- zione a Palazzo Madama fu velocissima. Avvenne la do- menica delle Palme, che in quel 53 cadeva il 29 marzo. Per evitare il colpo di mano dc, il presidente del Senato, Giuseppe Paratore, vecchio liberale crispino, si era dato alla fuga. Al suo posto, Meuc- cio Ruini che poi si dimetterà anche lui a giugno. Il comu- nista Clarenzo Menotti sra- dicò lo scrittoio dal suo ban- co, comprensivo dellacumi- nato calamaio, e lo lanciò LA RIFORMA DETTA BOSCHI VOLUTA DA RENZI,: UNA PARTITA A POKER CON LA DEMOCRAZIA

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4 » ITALIA | IL FATTO QUOTIDIANO | Lunedì 14 Settembre 2015

At t a c c oallo Stato

Storia di copertina

Tutti gli altriIn bassoi quattros confitti(anche seBersani nonlo è ancora);a destrale variabilidelle vicenderaccont ateAnsa

contro Ruini, ferendolo. Ilsuo collega Velio Spano, fubloccato mentre tentava illancio di una poltrona. Bottesoprattutto ai repubblicaniUgo La Malfa, schiaffeggiato,e Randolfo Pacciardi, cui unpugno ruppe gli occhiali. Alleelezioni del 7 e 8 giugno peròDe Gasperi perse. La sua vit-toria parlamentare fu effime-ra, seppur per poco: per soli55mila voti il premio di mag-gioranza non scattò. Al Qui-rinale, il presidente Luigi Ei-naudi gli diede l’incarico peril suo ultimo governo, l’o t t a-vo. Durò due settimane. Poitoccò a Giuseppe Pella. Laleadership di De Gasperi tra-montò così. L’ultimo sussul-

La schedaSEDUTEE VOTIL’esame delddl Boschi èr i p re s omar tedìscorso nellaco m m i ss i o n eAf fa r iCo s t i t u z i o n a l idel Senato.Gliemendamentida smaltiresono più di500 mila,quasi tuttip re s e n t a t idal leghistaRober toC a l d e ro l i .Domani,sempre inco m m i ss i o n e ,d ov re b b ecominciare lad i s c u ss i o n edelleproposte dimodifica. Ilp re m i e rM a t te oRenzi, però,vo r re b b elicenziare ilp rov ve d i m e n toentro finemese. È quasicerto, quindi,che la riformaverrà portatad i re t t a m e n teal votodell’Au l a

Quelli che... giocotutto in una mano

to fu la sua tormentata ele-zione a segretario della Dcnel settembre del ’53. Ma giàscalpitava il nuovo cavallo dirazza dc: l’aretino AmintoreFanfani. De Gasperi morì unanno dopo, nell’agosto del’54. Oggi, per la Chiesa, è unservo di Dio, in attesa dellabeatificazione.

La guerra solitario per“non calpestare i figli”Amintore Fanfani, cui Mat-teo Renzi è stato più volte pa-ragonato, per l’irruenza e latoscanità e il doppio incaricodi partito e di governo, finì ilsuo ventennio da cavallo dirazza della Dc così come la a-veva iniziato nel 1954: da se-

gretario della Balena Bianca(copyright Giampaolo Pan-sa). L’epico referendum suldivorzio, che divise in due laparabola della Prima repub-blica, ancora prima della tra-gedia di Aldo Moro, si tenneil 12 maggio 1974. I no all’a-brogazione della legge volu-ta dal liberale Baslini e dalsocialista Fortuna, approva-ta nel 1970 e figlia della bat-taglia radicale di Marco Pan-nella sin dall’inizio degli an-ni sessanta, i no, dicevamo,furono il 59,1 per cento (19milioni e 138.300), e i sì si fer-marono al 40,9 per cento (13milioni e 157.558). Fanfanichiuse la campagna referen-daria il 10 maggio in piazza

I quattrop romotor i

Sono i premierprot agon i st i

di quattromomenti cruciali

nella storiadel Paese Ansa

P» FABRIZIO D’E S P OS I TO

er Matteo Renzi è l’ora dellapugna decisiva, in cui forgiareil suo destino da Caro Leader,autentico e duraturo. Dallabattaglia del Senato, sulla ri-forma costituzionale che por-ta il nome di Maria Elena Bo-schi, dipende il prosieguo diquesta diciassettesima legi-slatura. Il presidente del Con-siglio sta giocando questapartita come se fosse una ma-no di poker al buio, sul filo deinumeri a Palazzo Madama,reclutando ex berlusconianidel calibro di Denis Verdinied ex grillini e sparando con-tro la minoranza del suo par-tito, rappresentata da due fac-ce antiche e ammaccate dellaDitta, Pier Luigi Bersani eMassimo D’Alema. Se doves-se vincere, senza compro-messi sull’elettività del Sena-to, imprimerebbe una torsio-ne mai vista al sistema repub-blicano, investendo e cancel-lando ben 70 articoli della Co-stituzione, con una sola Ca-mera a dare la fiducia al gover-no e una legge elettorale, l’I-talicum, che darebbe la mag-gioranza assoluta a un solopartito con appena il 40 percento dei voti. A fermare Ren-zi, in questo caso, potrebbeessere solo il referendumconfermativo della riforma,probabilmente nell’au t u n n odel 2016. Al contrario, nelloscenario opposto, se dovesseperdere nell’aula del Senato,la sua doppia e giovanissimaleadership, di partito e di go-verno, potrebbe essere peri-colosamente azzoppata. So-prattutto se il capo dello Sta-to, Sergio Mattarella, nonsciogliesse il Parlamento edesse l’incarico per un nuovoesecutivo. Durante la PrimaRepubblica sono stati almenotre i leader che hanno legato ilproprio destino a una batta-glia epica. Ci fu chi vinse nelleaule ma perse nel Paese: Al-cide De Gasperi e la “l e gg etruffa” del 1953; chi tramontòda solo contro tutti in un re-ferendaria nel 1974: Aminto-re Fanfani e la guerra contro ildivorzio; chi azzardò e laspuntò a sorpresa: BettinoCraxi e il referendum sullascala mobile nel 1985.

Il leader della Dc volevala maggioranzaLo statista democristiano Al-cide De Gasperi aveva 72 an-ni quando affrontò la sfida fa-tale della legge elettoralepassata alla storia come “l e g-ge truffa”. Era il 1953, tra laprimavera e l’inizio dell’e s t a-te. De Gasperi, alla guida delsuo settimo governo, volevacostituzionalizzare il siste-ma Dc, uscito trionfante dal-le elezioni del 1948 con il 48per cento dei voti, con unalegge che avrebbe dato il 65

per cento dei seggi alla coa-lizione vincente con il 50 percento. Solo in confronto all’I-talicum, la “legge truffa” m e-riterebbe una completa ria-bilitazione. Il Pci di PalmiroTogliatti si battè con ognimezzo contro l’ap pro vaz io-ne. Non solo in Parlamento.Ci furono anche scontri dipiazza e a Montecitorio Pie-tro Ingrao si presentò sven-tolando un fazzoletto insan-guinato a causa di una man-ganellata. Tra i “piccoli” laicialleati della Dc, si levò la vocedissidente del repubblicanoFerruccio Parri, glorioso a-zionista ed ex presidente delConsiglio. Nell ’aprile diq u el l ’a nn o , l’U n i tà titolò a

caratteri cubitali in primapagina: “Parri si dimette dalPri per protesta contro la leg-ge truffaldina”. L’a pp ro va-zione a Palazzo Madama fuvelocissima. Avvenne la do-menica delle Palme, che inquel ’53 cadeva il 29 marzo.Per evitare il colpo di manodc, il presidente del Senato,Giuseppe Paratore, vecchioliberale crispino, si era datoalla fuga. Al suo posto, Meuc-cio Ruini che poi si dimetteràanche lui a giugno. Il comu-nista Clarenzo Menotti sra-dicò lo scrittoio dal suo ban-co, comprensivo dell’a c u m i-nato calamaio, e lo lanciò

LA RIFORMA DE T TA“B OS C H I ” VOLU TADA RENZI,: UNAPARTITA A P OK E RCON LA DEMOCRAZIA

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Lunedì 14 Settembre 2015 | IL FATTO QUOTIDIANO | ITALIA » 5

San Valentino del 1984, concui un decreto cancellava ilmeccanismo di indicizza-zione dei salari all’i n f l a z i o-ne. In sostanza, il taglio dellacontingenza, quattro puntidi scala mobile (in realtà fu-rono tre). Il 7 gennaio del1984 la direzione del Pci diEnrico Berlinguer, che con-siderava Craxi “un avventu-riero e un bandito” , votòcontro ogni possibilità di ac-cordo e la Cgil di LucianoLama non firmò. L’i n t o c c a-bilità della scala mobile e lamossa del referendum furo-no l’atto estremo dell’i s o l a-mento del cosidetto “ultimoBerl inguer”. Nel Pci, il mi-gliorista Giorgio Napolita-no, capogruppo alla Came-ra, tentò di impedire la deri-va referendaria. Non ci riu-scì. Il 7 giugno, il suo omolo-go e amico al Senato, Gerar-do Chiaromonte annunciòl’avvio della raccolta dellefirme. Quello stesso giorno aPadova, Berlinguer fu stron-cato dall’ ictus. In tasca ave-va le dimissioni di Napolita-no da capogruppo. Un annodopo i no furono oltre 18 mi-lioni (54,30 per cento). Il sìnon andò oltre 47,70.

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Storia di copertina

Chi stava sul ColleDa Einaudi a Mattarella: chiha visto, vissuto a volte con-trastato i quattro momentic r uc i a l iAnsa

Sostiene il democristiano Paolo CirinoPomicino, ex ministro andreottiano,

che c’è una grande differenza tra la bat-taglia di Renzi sulle riforme costituziona-li e quelle evocate in queste due pagine.

Renzi è troppo giovane e inesperto, ri-spetto a De Gasperi, Fanfani e Craxi?

No, anzi. È dotato di una grande intelli-genza politica e comunicativa. La diffe-renza è che questa è una pericolosa bat-taglia di potere, le altre investivano temicivili, religiosi, economici. E l'appellativodi legge truffa dato all'epoca oggi apparepiù che mai ridicolo rispetto all'Italicumdi renziana fattura.

Pericolosa perché cambia tutta la naturadella Costituzione.

Innanzitutto perché dà per sempre il go-verno del paese nelle mani di una mino-ranza e con la riforma del Senato non visarà alcun contrappeso tipico di ogni de-mocrazia. Non siamo né una democraziaparlamentare né una presidenziale.

Perciò si gioca tutto.Si gioca il suo presente. Anche De Gasperi

e Fanfani si giocavano solo illoro presente perché in ungrande partito di massa in ter-mini di potere c'erano le pa-sque e le quaresime come di-ceva lo Fanfani.

O ss i a?Nella Dc, come in quasi tutti ipartiti, c'erano più leader chepotevano fare il presidente delConsiglio e chi cadeva potevarisorgere.

Renzi non ha alternative.Questo è il limite dei partiti personali co-me ormai sta diventando il Pd. Renzi è unleader che resta tale anche se non dovessefare più il premier. Ecco perché la sua mi-naccia di elezioni anticipate è una pistolaad acqua, al massimo si dimetterà la Bo-schi. Renzi non ha il coraggio di andare avotare e qui è diverso dal Craxi del 1985.

Diceva: “Mi dimetterò un minuto dopo lavittoria eventuale dei sì”.

Craxi sapeva che bene o male la sua mag-gioranza politica era maggioranza nel

Paese. Oggi non è così, sono an-ni che abbiamo maggioranzedi governo in Parlamento chesono minoranza nel Paese.

E se alla fine dovesse vincerein Parlamento?

Parafrasando Mario Draghi,andremo in un mare ignoto do-ve nulla è prevedibile.

L’autoritarismo di una mino-ra n z a .

È questo il modello che Renzioffre al paese con la doppia ri-

forma della legge elettorale e del Senato.Se volesse, diversamente, rimanere nellastoria democratica del paese, dovrebbeaccettare le richieste di chi gli si oppone:Senato elettivo e premio di coalizione.

Invece si gioca il tutto per tutto, insiemecon Verdini e Alfano.

Alfano ha detto che chi vuole andare viada Ncd vada pure. Mi sembra che sia statoAlfano ad andarsene già da Ncd.

FDE© RIPRODUZIONE RISERVATA

C ra x isape vache la suam ag g i o ra n zapolitica loera anchenel Paese.Oggiabb i a m om ag g i o ra n zedi governoche sonom i n o ra n zanel Paese

IERI E OGGI

I precedenti:De Gasperi e la“legge truffa” del ’5 3;Fanfani e il divorziodel ‘74; Craxie la “scala mobile”votata nel 1985

L’I N T E RV I STA

Paolo CirinoPom ic i no

“La sua è una battaglia di potere,le altre erano civili e religiose”

Duomo a Milano: “I figli nondevono essere calpestati dalcapriccio dei genitori”. In treanni, dal 1970 al 1973, le trat-tative tra Dc e Pci per evitareil referendum, chiesto daicattolici oltranzisti di Ga-brio Lombardi, furono este-nuanti e inutili. A causare ilfallimento della mediazionefu soprattutto l’elezione alQuirinale nel dicembre ’71del democristiano Giovan-ni Leone, sostenuto da unblocco di cen-trodestra . Lostesso Fanfaniera il candidatoufficiale dellaDc per succede-re a Saragat. Al-la fine il refe-rendum fu cari-cato di tanti si-gnificati, dallabattaglia civiledei pannellianinel Paese allostop da destradella strategiadel compromesso storico, incaso di vittoria dei sì. I dc

contrari alla prova di forzedelle urne erano vari: Al-do Moro, il premier Ru-mor, Donat-Cattin, Fran-cesco Cossiga. Un irridu-

cibile referendario fu inveceOscar Luigi Scalfaro. Dopo ladisfatta, la segreteria andò almoroteo Benigno Zaccagni-ni. Fanfani finì come riservadella Repubblica, nel cimite-ro degli elefanti politici.

Berlinguer, l’ic tuse l’addio di NapolitanoIl referendum sul taglio del-la scala mobile cadde a metàdella lunga permanenza delleader socialista Bettino

Craxi a PalazzoChigi, dal 1983 al1987. Si votò il 9 eil 10 giugno 1985e i l presidentedel Consiglio a-veva già fatto an-nunciare dal suodelfino ClaudioMartelli: “In ca-so di vittoria deisì, il governo sidimetterà un mi-nuto dopo”. Eral’epoca del pen-t a p a r t i t o . S u l

Corriere della Sera, ErnestoGalli della Loggia profetiz-zò: “Se il Pci fallisce sarà lapiù grave sconfitta della suastoria”. E così fu. I cittadinifurono chiamati a pronun-ciarsi sul fatidico accordo di

TOM TOM

DFURONO FATALI55MILA VOTI

La legge elettorale del 1953,meglio nota come “legge truffa,fu promossa dal leader Dc Alci-de De Gasperi, e fu un corretti-vo della legge proporzionale vi-gente dal 1946. Introduceva unpremio di maggioranza del65% dei seggi della Camera deideputati alla lista o al gruppo diliste collegate che avesse supe-rato la metà dei voti. La Dc nonraggiunse l’obiettivo per appe-na 55mila voti. Venne abrogatacon la legge del 1954

DIL 13 MAGGIO 1974LA SVOLTA ITALIANA

Il 12 e 13 maggio 1974 l’Italia vo-tava il referendum sul divorzio,per abrogare la legge 898/70,Disciplina dei casi di sciogli-mento del matrimonio, altri-menti nota come “legge Fortu-na-Baslini”. Entrata in vigore 4anni prima, la legge aveva intro-dotto il divorzio in Italia, cau-sando controversie e opposi-zioni, in particolare da parte dimolti cattolici. Alla vittoria delNO nel 1974 seguiranno impor-tanti conquiste elettorali dellesinistre nel '75 e nel '76

D14 FEBBRAIO 1984ALTRO S. VALENTINO

Un decreto del governo Craxitagliò 4 punti percentuale dellascala mobile, convertendo unaccordo delle associazioni im-prenditoriali con Cisl e Uil. Con-tro questo provvedimento il so-lo Pci di Berlinguer propose unreferendum abrogativo. La con-sultazione si tenne il 9 e 10 giu-gno 1985 con un'affluenza alleurne del 77,9%. Il risultato fu di45,7% SI all'abrogazione e54,3% NO

Una partitagiocata al buio, sulfilo dei numeri,reclutando exberlusconiani delcalibro di Verdinied ex grillini