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Presentazione del libro Il Piccolo Principe A cura della prof.ssa Mariella Nuvoli SCUOLA MEDIA DI BONO 18 APRILE 2015

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PresentazionedellibroIlPiccoloPrincipe

Acuradellaprof.ssaMariellaNuvoli

SCUOLAMEDIADIBONO18APRILE2015

Scuola Media di Bono – Presentazione del libro Il Piccolo Principe – 18 aprile 2015

Ringrazio dell’invito e della presentazione che Consuelo mi ha fatto.

Mi chiamo Mariella, sono un’insegnante di Lettere, vengo da Cagliari,

dove insegno, al Liceo Dettori, oltre che italiano, anche latino e greco.

Ho molti impegni, eppure Consuelo mi ha invitato pur sapendo che

ho tante cose da fare; questo mi ha fatto dire: “Se Consuelo mi

chiama, nonostante conosca i miei impegni, e mi invita ad affrontare

un viaggio così lungo, vuol dire che ci deve essere un motivo molto

importante”. E mi ha convinto proprio questo: l’accorgermi che, per

lei, voi, suoi alunni, siete molto importanti. Ognuno di noi vale, ma

una cosa è saperlo, un’altra è vedere come in un rapporto uno è

veramente importante per un altro. Io ho avuto la grazia di

incontrare delle persone che mi hanno ritenuta degna di affidarmi

ciò che avevano di più caro, di più importante. È questo il motivo per

cui gli insegnanti, credo, possono avere qualcosa davvero da

insegnare ai loro alunni e che non equivale appena alle nozioni che

hanno imparato per primi loro. Per questo dico sempre ai miei

studenti: “Potete studiare con fiducia, perché io, come insegnante, vi

ritengo degni di donarvi, anche attraverso le materie che insegno, il

motivo per cui vale la pena vivere.” Questo incontro che avete

organizzato vuole portare la stessa cosa. Vuole approfondire,

attraverso un dialogo su un libro, il motivo del perché è bello vivere.

Il fatto che Consuelo, la quale non insegna Lettere, abbia voluto

fortemente questo incontro e che i vostri insegnanti abbiano

accettato cordialmente quest’invito senza sentirsi scavalcati dice che

oggi, in questa scuola, c’è un motivo profondo che vuole essere

rivelato a voi. Questi sono pochi indizi, ma importanti, che mi fanno

pensare quanto qui ci sia una bella comunità educativa. Fatta di

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gente che, entrando in classe, vuole comunicarvi il segreto della vita

mettendo al centro la vostra persona e non il loro semplice

insegnamento. È questa l’educazione. Io dico sempre ai miei alunni

che non possiamo permetterci di essere tristi per le piccolezze che

spesso accadono perché un motivo per essere felici c’è. Perciò

suggerisco loro di fare ciò che ora suggerisco pure a voi. Uscendo di

casa, guardate il cielo e cantate: “Io lo so che non sono solo, anche

quando sono solo, e rido e piango, e mi fondo con il cielo e con il fango”.

È una canzone di Jovanotti che dice a noi una cosa semplice: la verità

della vita. Non siamo soli. Io vado ad insegnare Lettere convinta che

in quello che insegno possa passare per ciò che per me conta e che

rende interessante la mia stessa vita. Perché il problema della vita, a

tutti i livelli, grandi e piccoli, è un motivo che ci deve far stare in

piedi e dove pesca la ragione e il motivo del perché si può studiare

essendo più contenti. Io al primo anno faccio sempre leggere Saint-

Exupery e faccio ripetere ai miei alunni a memoria delle frasi che

ritengo possano accompagnare la vita. In particolare faccio studiare

un brano, tratto da un’altra opera, Terra Degli Uomini, in cui l’autore

usa un’immagine particolarmente suggestiva. Ve la recito:

“Vogliamo essere liberati.

Colui che da un colpo di piccone, vuol sapere che il suo colpo di piccone

ha un senso.

E il colpo di piccone dell’ergastolano, che umilia l’ergastolano, non è

affatto lo stesso del colpo di piccone del cercatore di miniere, che fa

più grande il cercatore di miniere.

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L’ergastolo non sta dove si danno colpi di piccone.

L’ergastolo sta dove si danno colpi di piccone che non hanno alcun

senso, che non collegano colui che li dà alla comunità degli uomini.

E noi vogliamo evadere dall’ergastolo”

Cosa vuol dire? Che noi ci sentiamo liberi se tutto ciò che facciamo,

anche se faticoso, ha un senso. Per l’ergastolano il colpo di piccone

non ha alcun senso, la sua è una fatica inutile. Mentre per il cercatore

d’oro la fatica ha un senso perché lo fa diventare grande. Secondo me

gli uomini si distinguono a questo livello di umanità: o vivere

cercando l’oro nella propria esistenza oppure a rassegnarsi e a

subire il non senso. Capite allora come questo si collega alla fatica

dello studio? Per me è impossibile andare a scuola se non c’è un

motivo che rivela il senso di quello che dico e faccio. Consuelo mi ha

detto che tutti i ragazzi delle classi invitate hanno letto Il Piccolo

Principe. Questo è bellissimo perché è davvero un capolavoro

letterario che, secondo me, dovrebbero leggere pure tutti gli adulti. È

utile per arrivare a comprendere qualcosa in più sulla vita così uno

come come Antoine de Saint-Exupery la vuole spiegare a noi.

Dall'inizio l’autore ci avverte che questo libro si può comprendere

solo se si è semplici. Solo se si è disposti a capire ciò che lui scopre in

profondità. Lui ha la pretesa di spiegarlo a noi. Infatti è lui stesso che

dice che solo i bambini comprendono oltre l’apparenza, l’adulto no.

L’adulto, per poter comprendere deve nuovamente tornare bambino.

Essere bambini non è essere infanti. Per me questo è un libro a me

molto caro e importante perché non è una fiaba ma è un romanzo

simbolico e autobiografico. È un'autobiografia dell’autore stesso che

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ci richiama con dei segni, dei simboli, ad altro. Ad una profondità o

ad un’altezza che vale la pena scoprire. L’intento di Saint-Exupery è

quello di guidare un adolescente per fargli vedere come si può

guardare oltre l’apparenza. E tutto nel segno che le cose sono e per

ciò a cui rimandano. Infatti, una cosa non potrebbe essere solo ciò

che tu puoi vedere, ma tutto questo porta in sé una profondità, un

rimando che bisogna voler scoprire. Questo libro che ho definito

romanzo simbolico e autobiografico quindi porta in sé molti

elementi che l’autore ci vuole comunicare per capire la realtà. Noi

oggi cercheremo insieme di coglierne qualcuno.

Innanzitutto partiamo da alcuni di quelli che ci permettono di

definire Il Piccolo Principe come romanzo autobiografico. Saint-

Exupery è stato un pilota dell’aeronautica militare francese per tutta

la vita. La sua passione per il volo l’ha portato a rischiare molte volte

la vita stessa ed è morto proprio in un viaggio aereo. Sapete che è

stato anche in Sardegna? Era di una famiglia aristocratica, il padre è

morto quando lui era bambino, abitavano in un castello bellissimo ed

è lì che fin da piccolino, aiutato dalla sua grandissima sensibilità e

fantasia, cercava un tesoro. Perché la grandezza di un castello è tutta

da scoprire e c’è un castello e un tesoro da scoprire per ognuno di voi

che è la vostra stessa vita. Sapete come si chiamava la moglie?

Consuelo, come la vostra insegnante, ma era una sudamericana e non

era ben voluta dalla sua famiglia, anzi, direi proprio mal sopportata,

però era molto amata da lui che per lei ha vinto tutte le tentazioni,

compresa quella della distanza che li teneva tanto tempo separati.

Saint-Exupery prima di un suo viaggio le consegna una preghiera che

lei avrebbe dovuto leggere tutti i giorni.

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"Signore, fatemi sempre simile a quella che mio marito sa leggere in

me. Signore, Signore, salvate mio marito perché mi ama veramente e

senza di lui sarei orfana, ma fate, Signore, che egli muoia per primo,

perché sì, ha un'aria solida, ma si angoscia troppo quando non mi

sente fare chiasso per casa. Signore, innanzitutto risparmiategli

l'angoscia. Aiutatemi ad essere fedele e a non vedere quelli che lui

disprezza e quelli che lo odiano. Questo gli porta sfortuna, perché ha

fatto la sua vita in me. Proteggete Signore la nostra casa. Amen".

Antoine gliela inviò nel gennaio del ‘44 con su scritto: preghiera che

deve dire ogni sera Consuelo.

Nel libro, il grande simbolo che rimanda a lei è la rosa. Nella

descrizione che fa di questo fiore vanitoso e caro e dell’amato seppur

difficile rapporto, c’è tutto il dramma della sua vita con la moglie.

Inoltre, l’autore dedica il libro al suo migliore amico, che è un adulto,

ma lui lo comprende, non solo perché è il suo migliore amico, ma

perché è capace di farsi bambino.

Leggiamo la dedica: “A Leone Werth, domando perdono ai bambini di

aver dedicato questo libro a una persona grande. Ho una scusa seria:

questa persona grande é il migliore amico che abbia al mondo. Ho una

seconda scusa: questa persona grande può capire tutto, anche i libri

per bambini; e ne ho una terza: questa persona grande abita in

Francia, ha fame, ha freddo, e ha molto bisogno di essere consolata. E

se tutte queste scuse non bastano, dedicherò questo libro al bambino

che questa grande persona è stato. Tutti i grandi sono stati bambini

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una volta (ma pochi di essi se ne ricordano). Perciò correggo la mia

dedica: al Leone Werth, quando era un bambino.”

Questo è molto importante per comprendere quello che dicevamo

prima, cioè che gli adulti, proprio perché non sono bambini, non

possono capire in profondità. Loro non hanno immaginazione.

Invece, la frase più famosa de Il Piccolo Principe è: “L’essenziale è

invisibile agli occhi”. Cioè ciò che vale si può cogliere solo con il

cuore. L’essenziale in un rapporto è invisibile agli occhi. Non si vede

direttamente, ma c’è e può essere colto se uno ha un cuore grande,

come quello di un bambino. Questa verità, insiste Saint-Exupery, non

è compresa dai grandi, ma cos’è che non capiscono gli adulti? Che la

realtà è un rimando ad altro. Chi lo può capire allora? Può capire

questo un vero amico perché ci è amico. Infatti, Leone Werth può

comprendere anche se è adulto perché è il suo amico più vero. C’è un

capitolo dove viene riportata questa frase. È il capitolo che tratta

della tematica più importante nella vita di un uomo: l’amicizia.

Vi do un suggerimento. Studiate a memoria le cose che vi colpiscono.

Da poco a Cagliari abbiamo fatto una rappresentazione teatrale di un

altro capolavoro letterario, sempre del 1900, è di Paul Claudel, si

chiama l’Annuncio a Maria. I ragazzi hanno preparato tutto,

compreso i costumi, ma soprattutto hanno imparato il testo a

memoria. Vi garantisco che sono diventati, dentro questo lavoro,

veramente molto più amici. A scuola, io non rinuncio mai a questo

metodo educativo, cioè di far imparare le cose belle a memoria,

perché è come la consegna di un patrimonio affascinante, che subito

magari non si capisce, ma quando si diventerà grandi e tornerà alla

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mente quello che di bello e vero si è imparato, sarà una ricchezza! E

che bello sarà custodire nella memoria qualcosa di eccezionale!

Perciò vi ripeto: se ora vi si suggerisce di studiare qualcosa a

memoria, anche se non lo capite, però, fidandovi, fatelo ugualmente

perché quando arriverà il momento troverete una vera compagnia

alla vostra vita. Le scelte più importanti della mia vita io le ho fatte

proprio seguendo questo suggerimento, studiando a memoria le

parole che mi venivano consegnate e ho poi capito. Con il tempo, che

lì stava la vita, quel segreto che quando si è piccoli il cuore solo

intuisce, ma gli si dà ugualmente credito solo perché attira ed è bello.

Ora voi forse non riuscite a comprendermi e neanche comprendete a

pieno la profondità delle frasi che in questo libro avete letto, ma se

ce ne sono alcune che vi hanno colpito vuol dire che lì avete

presentito che c’è qualcosa per voi, allora studiatele a memoria

perché arricchirà la vostra vita. Come ha fatto Piera, una mia alunna,

che quando era in quarta ginnasio, si era innamorata del capitolo 21

de Il Piccolo Principe e aveva deciso di studiarne un pezzo a memoria

che ora vi reciterà. È il capitolo sull’amicizia da cui è tratta la frase

che abbiamo commentato prima: “Non si vede bene che col cuore.

L’essenziale è invisibile agli occhi’’.

"La mia vita è monotona. Io do la caccia alle galline e gli uomini danno

la caccia a me. Tutte le galline si assomigliano, e tutti gli uomini si

assomigliano. E io mi annoio perciò. Ma se tu mi addomestichi, la mia

vita sarà illuminata. Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da

tutti gli altri. Gli altri passi mi fanno nascondere sotto terra. Il tuo, mi

farà uscire dalla tana, come una musica. E poi, guarda! Vedi, laggiù in

fondo, i campi di grano? Io non mangio il pane e il grano, per me è

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inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste! Ma

tu hai dei capelli color dell'oro. Allora sarà meraviglioso quando mi

avrai addomesticato. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te e

amerò il rumore del vento nel grano..."

Addomesticare, usa questo verbo l’autore nel brano che ci ha

ricordato Piera, significa creare dei legami. Il legame cambia se c’è

qualcosa che ci ricorda qualcos’altro. Per esempio per la volpe quel

campo di grano avrebbe ricordato il colore dei capelli del suo amico.

Se uno è amico di un altro, ci sarà sempre qualcosa della realtà che

gli richiamerà nella sua esperienza quel valore caro, il suo amico. Ma

occorre farne esperienza, cioè per capire veramente qualcosa, nel

valore che porta, e per capire se quella cosa può riguardarmi, io devo

averne fatto esperienza. L’incontro con un amico mi apre una strada

a cui non avrei mai neppure pensato, perché un amico ti

“addomestica”. Sapete cosa vuol dire “addomesticare”? Voi che siete

del Logudoro, sapete cosa vuol dire in latino domus? Ha lo stesso

significato di domo in sardo, cioè casa. Addomesticare dunque, vuol

dire “ti porto a casa mia”, cioè dentro la mia vita. Ma dire così è

ancora troppo poco, perché la verità è che se tu sei mio amico e io ti

scopro come tale, tu fai parte della mia intimità. Ciò che vi auguro è

che scopriate quel legame con chi vi aiuta a scoprire il senso della

vostra vita, a capire di chi è e di cosa è fatta la realtà, perché la

possiate gustare con occhi nuovi, dato che la realtà ci parla. Se

guardando la realtà vi accorgete che non vi fa pensare a niente, cioè

non vi fa pensare ad un legame, sappiate che non state vivendo la

realtà e tornerete in quella solitudine del Piccolo Principe prima di

incontrare la volpe che era solo e di se dice solo di essere triste. Ed è

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vero, perché se non c’è un legame che mi, ti aiuti, a scoprire il senso

della vita, che Antoine ha sempre cercato, la vita è triste. Ecco cosa

cercava fin da piccolo l’autore, cercava, vi ho detto, un tesoro che ha

scoperto solo in un’amicizia vera. Perché è l’amicizia che vi porta,

accompagnandovi e sostenendovi, nel cuore della realtà. E’ questo

che vi dà forza, vi aiuta a scoprire una parola importantissima, che

oggi è come se non accadesse più coscientemente, cioè lo stupore.

Questo è un altro tratto che manca all’adulto che di solito dà tutto

per scontato. Perciò vive dentro la monotonia delle cose che si

susseguono senza stupirsi di niente. Il Piccolo Principe descrive gli

adulti che parlano delle cose che secondo loro sono serie come il

lavoro, le cravatte, la casa, i soldi, la salute, ma si dimenticano della

vera serietà della vita perché mancano di uno scopo. Non trovano il

significato di quello che devono vivere. Ma ritorniamo alla frase che

dice Saint-Exupery, “Il colore del grano mi farà ricordare il colore dei

tuoi capelli”. Qui c’è il giudizio su un’amicizia vera, perché l’amicizia

vera non vi isola, ma vi fa appassionare al mondo. Dentro il mondo

voi potrete entrare ricordandovi e custodendo il colore del grano del

vostro amico che, diventando memoria in voi. Vi farà fare le scoperte

più belle. Il valore non si vede, ma è reale tant’è che voi, se lo

scoprite, lo porterete con voi ogni giorno della vostra vita. L’amico ha

questo potere, sente le cose più di voi e vi aiuta a vivere la vostra

esistenza. A me ha colpito che il Piccolo Principe dopo che ha

scoperto il valore dell’amicizia può tornare alla sua esperienza. Può e

vuole tornare dalla sua rosa. Questa è l’amicizia, ti aiuta a vivere la

tua vita, in salita o in discesa che sia. Il Piccolo Principe incontrando

la Volpe; ha compreso l’esperienza del suo rapporto con la rosa, con

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la quale aveva avuto molti problemi. L’aveva lasciata, ma era la cosa

più importante per lui nel suo pianeta e aveva bisogno di qualcuno

che lo aiutasse a capirne il valore. L’amicizia, se ti fa scoprire il senso

della tua vita, è la cosa più bella. Allora puoi affrontare tutto. Perché

è nella scoperta del valore la compagnia della vita. Allora, e solo

allora, puoi non scappare da ciò che ti fa soffrire. Il Piccolo Principe,

forte della sua esperienza, tornerà nel suo pianeta. Ha aggiustato il

suo motore e ha scoperto il motivo che lo legava alla sua rosa. Per

Saint-Exupery il motore che si rompe è la vita stessa, ma questo

rompersi è per un motivo. Quando qualcosa si rompe nella nostra

vita, e uno non ha amici, non ce la fa. Invece quando il motore si

aggiusta e un amico nella vita c’è, tutto cambia. Un valore, se uno lo

ha riconosciuto e l’ha sperimentato, può reggere la vita che si rompe.

Ora, per concludere, vorrei leggervi un altro brano tratto da Terra

degli uomini, che racconta l’episodio da cui è nata l’idea di scrivere Il

Piccolo Principe:

“Mi fermai a guardare. Stando in piedi, sotto le lampade notturne, io

scorgevo, in quel vagone senza scompartimenti e che somigliava ad

una camerata, che aveva un tanfo di caserma o di commissariato di

polizia, tutta una popolazione confusa e sballottata dai movimenti del

rapido. Tutto un popolo immerso negli incubi e che tornava alla stia

miseria? Mi parve che avessero per metà perduto la natura umana,

buttati da un capo all’altro dell’Europa da correnti economiche,

strappati alla loro casetta del Nord, al giardino minuscolo, ai tre vasi

di gerani che in altri tempi avevo notato alla finestra dei minatori

polacchi. […] Ma tutto ciò che avevano carezzato o sedotto, tutto ciò

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che erano riusciti ad addomesticare in quattro o cinque anni di

permanenza in Francia, il gatto, il cane e il geranio, essi avevano

dovuto rinunciarvi … e proseguii il mio viaggio in mezzo a quel popolo

il cui sonno era torbido come un luogo di malaffare. […] Mi sedetti di

fronte a una coppia. Tra l’uomo e la donna, il bambino, bene o male, si

era fatto il nido e dormiva. Ma si girò, nel sonno, e il suo viso mi

apparve, nella luce della lampada notturna. Ah, che viso adorabile! Da

quella coppia era nata una specie di frutto dorato. Da quei fardelli

sgraziati era nato quel capolavoro di incanto e di grazia. Mi chinai su

quella fronte liscia, su quel dolce broncio delle labbra e mi dissi : ecco

un viso di musicista, ecco Mozart fanciullo, ecco una bella promessa

della vita. I principini delle leggende non erano in nulla diversi da lui:

protetto, circondato di cure, coltivato, che cosa non potrebbe

diventare! Quando nei giardini nasce, per mutazione, una rosa nuova,

tutti i giardinieri sono presi da emozione. Si isola la rosa, si coltiva la

rosa, si fa in modo di favorirla. Ma non c’è un giardiniere per gli

uomini. Mozart fanciullo verrà segnato, come gli altri, dalla macchina

stozzatrice. Mozart ricaverà i suoi piaceri più alti da musica putrida,

nel fetore dei caffè-concerto. Mozart è condannato. Tornai nel mio

vagone. Mi dicevo: quella gente non soffre della propria sorte. Non è

uno spirito di carità a tormentarmi. Non si tratta di intenerirsi su una

piaga eternamente riaperta. Quelli che la portano non la sentono. Qui

c’è piuttosto una specie di ferita, di offesa, al genere umano. Non credo

affatto alla pietà. Mi tormenta invece il punto di vista del giardiniere.

Mi tormenta una cosa che non è questa miseria, nella quale in fin dei

conti ci si adagia, quasi come nella pigrizia. Esistono generazioni

intere di orientali che vivono nella sporcizia e ci stanno bene. Ciò che

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mi tormenta non può essere sanato dalle mense popolari. A

tormentarmi non sono né quelle cavità, né quelle gibbosità, né quella

bruttezza. Mi tormenta che in ognuno di questi uomini c’è un po’

Mozart assassinato.”

Guardate che per ogni essere c’è un destino buono, in ognuno di voi

c’è un piccolo Mozart e, se state attenti, in questa scuola c’è qualcuno

che vi guarda cosi. E se lo saprete cogliere, non lasciatelo andare via!

Quello è un maestro che attraverso ciò che a voi dice, attraverso le

cose che vi spiega; sta cercando di tirare fuori il vostro “io” più vero.

A me era per la prima volta venuta voglia di educare per vedere

gente che diventa grande e che, giorno per giorno, cresce. La bellezza

della vita è accorgersi che un rapporto che ti aiuta a crescere così c’è.

E tu sei destinato a quella grandezza. È questo l’augurio più grande

che vi posso fare.

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