Il pastello parte umanistica 01.07.2010

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Capitolo 1 LA PRATICA DEL PASTELLO NEL XVI SECOLO: Materiali, tecnica e funzioni 1.1 Cenni sul disegno nel Rinascimento 1 . Il Cinquecento fu il secolo del disegno. Dopo gli esordi trecenteschi, l'uso di disegnare ebbe in Italia un progressivo sviluppo nel corso del Quattrocento, grazie anche alla crescente reperibilità della carta e dei materiali. Ma fu con i grandi mutamenti stilistici e organizzativi del Cinquecento, legati o meno alla “maniera moderna”, che l'attività grafica ebbe una vera e propria esplosione in quasi tutte le aree culturali italiane. Dalla metà del Cinquecento quasi tutti gli artisti si dedicarono all'arte del disegno e i motivi per cui lo fecero, risultano essere i più svariati: dal semplice esercizio manuale allo studio, dalla copia delle opere altrui all'invenzione e preparazione delle proprie, ma anche per produrre oggetti d'omaggio o esempi della propria attività e bravura. Il disegno, inoltre, era una pratica raccomandata dai più grandi maestri ai propri allievi. Fin dal Trecento Cennino Cennini scriveva che «dal disegno t'incominci», successivamente sia Donatello, che Leonardo che Michelangelo hanno insistito sulla necessità di praticare il disegno. D'altra parte questa pratica, come si è anticipato, venne incentivata anche dalla disponibilità sempre maggiore sia dei supporti che dei materiali per disegnare: la carta bambagina, infatti, venne a diffondersi a discapito della pergamena, anche grazie al rapido sviluppo della stampa 2 , e venne prodotta anche nelle versioni colorate, marrone, verde, e azzurro, evitando agli artisti l'onere della preparazione del foglio; mentre strumenti e materiali tradizionali, come inchiostri, carboncini, gessetti, ma anche gli stessi pigmenti divennero reperibili con maggiore facilità dagli spezieri, nelle farmacie o da venditori specializzati 3 e non dovevano necessariamente essere elaborati nelle botteghe, anche se questa pratica era diventata una consuetudine e non venne, comunque abbandonata. Comparvero, inoltre, nuovi materiali come i pastelli o le matite nera e rossa, naturali e fabbricate, che velocemente avrebbero fatto abbandonare le costose e poco versatili punte metalliche. I processi di cambiamento che si manifestano nel Cinquecento non si limitano all'innovazione tecnica, ma toccano anche l'organizzazione delle botteghe, dove 1 Per una trattazione di carattere generale sul tema si veda A. Forlani Tempesti, Firenze, 2004, pp.13-24. 2 La stampa, infatti, non permette l'utilizzo della pergamena come supporto, in quanto risulta troppo rigida e spessa e, quindi, inadatta a passare attraverso i rulli delle macchine. M.T. Tanasi, Roma, 2002, .p.58: «Con l’introduzione della carta in Europa nel XII sec., la pergamena cominciò una lunga decadenza che culminò con l’invenzione della stampa nel XV sec. in quanto il materiale membranaceo non era idoneo ad essere stampato.» 3 L.C. Matthew; 2002, pp. 680-686.

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Capitolo 1

LA PRATICA DEL PASTELLO NEL XVI SECOLO:

Materiali, tecnica e funzioni

1.1 Cenni sul disegno nel Rinascimento1.

Il Cinquecento fu il secolo del disegno. Dopo gli esordi trecenteschi, l'uso di disegnare

ebbe in Italia un progressivo sviluppo nel corso del Quattrocento, grazie anche alla crescente

reperibilità della carta e dei materiali. Ma fu con i grandi mutamenti stilistici e organizzativi

del Cinquecento, legati o meno alla “maniera moderna”, che l'attività grafica ebbe una vera e

propria esplosione in quasi tutte le aree culturali italiane.

Dalla metà del Cinquecento quasi tutti gli artisti si dedicarono all'arte del disegno e i

motivi per cui lo fecero, risultano essere i più svariati: dal semplice esercizio manuale allo

studio, dalla copia delle opere altrui all'invenzione e preparazione delle proprie, ma anche per

produrre oggetti d'omaggio o esempi della propria attività e bravura. Il disegno, inoltre, era

una pratica raccomandata dai più grandi maestri ai propri allievi. Fin dal Trecento Cennino

Cennini scriveva che «dal disegno t'incominci», successivamente sia Donatello, che Leonardo

che Michelangelo hanno insistito sulla necessità di praticare il disegno.

D'altra parte questa pratica, come si è anticipato, venne incentivata anche dalla

disponibilità sempre maggiore sia dei supporti che dei materiali per disegnare: la carta

bambagina, infatti, venne a diffondersi a discapito della pergamena, anche grazie al rapido

sviluppo della stampa2, e venne prodotta anche nelle versioni colorate, marrone, verde, e

azzurro, evitando agli artisti l'onere della preparazione del foglio; mentre strumenti e materiali

tradizionali, come inchiostri, carboncini, gessetti, ma anche gli stessi pigmenti divennero

reperibili con maggiore facilità dagli spezieri, nelle farmacie o da venditori specializzati3 e

non dovevano necessariamente essere elaborati nelle botteghe, anche se questa pratica era

diventata una consuetudine e non venne, comunque abbandonata. Comparvero, inoltre, nuovi

materiali come i pastelli o le matite nera e rossa, naturali e fabbricate, che velocemente

avrebbero fatto abbandonare le costose e poco versatili punte metalliche.

I processi di cambiamento che si manifestano nel Cinquecento non si limitano

all'innovazione tecnica, ma toccano anche l'organizzazione delle botteghe, dove

1 Per una trattazione di carattere generale sul tema si veda A. Forlani Tempesti, Firenze, 2004, pp.13-24.2 La stampa, infatti, non permette l'utilizzo della pergamena come supporto, in quanto risulta troppo rigida e spessa e,

quindi, inadatta a passare attraverso i rulli delle macchine. M.T. Tanasi, Roma, 2002, .p.58: «Con l’introduzione della carta in Europa nel XII sec., la pergamena cominciò una lunga decadenza che culminò con l’invenzione della stampa nel XV sec. in quanto il materiale membranaceo non era idoneo ad essere stampato.»

3 L.C. Matthew; 2002, pp. 680-686.

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parallelamente alla manualità dell'artigiano-artista, assume maggior rilievo l'aspetto

ispirativo-progettuale del disegno. Cambia contemporaneamente la committenza, quindi il suo

gusto e, di conseguenza, le tematiche raffigurate nelle opere commissionate. Ai settori

tradizionali della committenza (mecenatismo pubblico e religioso, principesco e nobile) si

affiancano quelli borghesi e intellettuali. Mentre si affacciano sul panorama artistico le

richieste allegorico-mitologiche delle confraternite laiche.

In questo clima innovativo ed eclettico, il disegno si inserisce prepotentemente sia come

strumento di lavoro predominate che determina tutte le fasi della produzione artistica: dallo

schizzo, allo studio di figura e di composizione, dai progetti compiuti ai modelli, ai cartoni e,

infine, all'opera compiuta; sia come produzione artistica fine a se stessa, che come “modello”

da presentare a potenziali committenti, o, infine, come opera destinata al mercato.

Le tematiche toccate sono le più varie e dipendono, come già accennato, sia dai gusti dei

committenti che dall'estro e dai bisogni degli stessi artisti. Si sviluppano, allora, i disegni di

paesaggio, soprattutto in area veneta; i disegni naturalistici di piante e animali, che si devono

in parte all'influsso leonardesco; i temi di ornato, studiati per arricchire opere maggiori o

eseguiti per artigiani dell'epoca; i disegni architettonici e ingegneristici; si sviluppa anche il

genere del ritratto, già presente nel Quattrocento, e soprattutto si diffonde un forte interesse

per la rappresentazione della testa umana, che si arricchisce di espressività, ma anche di

realismo e di naturalezza, come ben si può notare nei ritratti “coloriti a secco” di area

leonardesca lombarda.

E' d'obbligo, infine, menzionare, il fenomeno del collezionismo che nel Cinquecento

viene ad assumere dimensioni eccezionali e che di certo si ripercuote anche sulla produzione

grafica dell'epoca, tramite l'influenza indiretta esercitata dal mercato sulle scelte tematiche,

tecniche ed espressive degli artisti. Per di più, assieme al fenomeno della trasmissione di

modelli nelle botteghe, il collezionismo ha un grande merito riconosciuto, quello della

conservazione e preservazione sia dell'interesse per le opere che delle opere stesse, fino a noi.

I disegni, una volta intrapresa la via del mercato, venivano acquistati da principi, alti prelati e

papi, da privati gentiluomini, ed anche dagli stessi artisti. Si formarono, così, delle vere e

proprie collezioni che, tramite scambi e smembramenti, a volte con perdite irreparabili, nel

corso dei secoli andarono a formare il patrimonio delle più ricche raccolte moderne di disegni

conservate presso i più grandi musei e biblioteche, quali, per citarne solo alcune, il Gabinetto

di Disegni e Stampe degli Uffizi, dell'Ermitage, del Prado, del Louvre, del British Museum,

dell'Ashmolean di Oxford, e del Metropolitan di New York.

In Francia, così come nel resto d'Europa, la realtà disegnativa non è molto diversa. La

caratteristica principale che la contraddistingue da quella italiana riguarda, in particolare, i

soggetti che compongono la committenza. In Francia e Inghilterra, diversamente che in Italia,

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nel XV e XVI secolo era presente una monarchia totalitaria composta da una sola corte, a cui

faceva capo un unico re che gestiva e controllava un enorme territorio; ciò influenzò la

produzione artistica. In particolare, le personalità più vicine al monarca e che componevano,

di fatto, la corte erano i maggiori committenti di ritratti celebrativi ad olio, i cui disegni

preparatori venivano realizzati proprio a matita colorata. Come specificheremo in seguito, i

primi riferimenti dell'uso di un medium per colorire a secco provengono da Leonardo, il quale

ci informa in un passo del Codice Atlantico di voler apprendere da «Gian de Paris» una

tecnica da lui evidentemente non conosciuta: «il modo di colorir a secco». Gian de Paris,

viene identificato con Jean Perréal, ritrattista di corte di Carlo VIII e di Luigi XII4. E' spesso

considerato come il primo utilizzatore di questa tecnica disegnativa, anche se ci sono

pervenuti pochi suoi disegni. Altre due personalità di ambito francese che praticarono la

tecnica furono Jean e François Clouet. Si tratta, come vedremo, di due ritrattisti di origine

fiamminga, trapiantati alla corte parigina, che eseguirono eleganti e severi disegni a matite in

più colori, i crayons, raffiguranti i personaggi più importanti del tempo5. Allo stesso modo dei

colleghi francesi, Hans Holbein il Giovane, di cui discuteremo più approfonditamente in

seguito, nel XVI secolo realizzò una serie di disegni a matita colorata finalizzati allo studio di

ritratti ad olio di personaggi emergenti strettamente legati alla corte inglese di Enrico VIII6.

E' chiaro quindi che la committenza e lo sviluppo della tecnica, sia in Francia che in

Inghilterra, ma anche nel resto del nord Europa, sono fortemente legate all'ambito di corte e

alla tipologia del ritratto celebrativo. Per questo le prime opere a matita colorata artificiale

sono dei ritratti, o meglio, degli studi per ritratti che poi verranno eseguiti principalmente ad

olio.

Di seguito si riporterà una breve spiegazione terminologica, che si è resa necessaria nel

corso della stesura del testo per poter distinguere tra la tecnica a pastello cinquecentesca e

quella, di carattere più specificamente pittorico, settecentesca. Inoltre verranno descritti

l'origine del medium, i suoi ipotetici precedenti e le sue caratteristiche. Successivamente si

tratterà l'argomento delle funzioni relative alla tecnica disegnativa e pittorica a pastello e,

infine, si affronterà l'impegnativo capitolo riguardante i ricettari che riportano i modi di

fabbricazione dei pastelli. Da queste fonti si trarranno le formule necessarie alla riproduzione

di questi strumenti per il lavoro scientifico di laboratorio.

4 N. Reynaud, Paris, 1996, pp.36-465 A. Petrioli Tofani et Al., Torino, 1991, p. 171.6 A. Petrioli Tofani et Al., Torino, 1991, p. 171.

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1.2 Il pastello: origine, ipotesi di sviluppo e problematiche terminologiche.

L'immagine che si visualizza pensando ad un pastello è quella di una matita colorata,

ovvero di un colore a forma di cilindro incassato in un involucro ligneo, utilizzato per

disegnare, o meglio, per colorare. Al termine, inoltre, si associa spesso l'idea di un'opera

pittorica vera e propria, rifinita in ogni sua parte e spesso realizzata con una grande varietà di

morbide sfumature di colore. Si tratta in sostanza, dell'immagine che ci deriva dall'evoluzione

settecentesca della tecnica del colorire a secco, che ha origini molto più antiche, e che

presentava caratteristiche diverse da come siamo soliti immaginarla.

Il termine pastello deriva, etimologicamente parlando, dalla parola latina pasta che

appunto significa pasta o impasto. Come ci informa T. Burns in un suo saggio7, gli scrittori del

XX secolo hanno estratto dalla parola italiana il termine inglese e francese con cui la tecnica

pittorica è conosciuta, al giorno d'oggi, in tutto il mondo: pastel. Questo termine si diffuse

rapidamente e fu facile da assumere in molti paesi europei, soprattutto in Francia e Inghilterra,

perché era già in uso per indicare altri materiali che durante la lavorazione venivano

trasformati in una pasta, essiccati e induriti. L'analogia è tutta nella modalità di preparazione.

I farmacisti, ad esempio, lo utilizzavano per indicare «petit pâte» o «a morceau de pâte»,

ovvero delle semplici pastiglie, che tipicamente erano realizzate con polveri medicinali

amalgamate con un legante in una pasta che veniva fatta seccare. Un altro esempio, è quello

relativo all'impasto realizzato con isatis tinctoria, un'erba detta anche guède8 con cui si

tingevano i tessuti. In questo caso il termine deriverebbe da pastillum-pastellum9, poiché dopo

aver tritato questa pianta e formato l'impasto, lo si riduce in tavolette che vengono fatte

seccare e usate a bisogno. A questo punto non è difficile credere che il termine pastello, o

pastel, si sia diffuso velocemente in tutta Europa per identificare dei cilindri o bastoncini

colorati fabbricati artificialmente e formati con degli impasti, ottenuti mescolando un

pigmento finemente macinato, se necessario una carica (per dare corpo e struttura laddove il

pigmento non li possieda) e un legante nelle giuste proporzioni.

Nonostante il termine pastello sia presente fin dal tardo XVI secolo - Lomazzo infatti lo

cita nel suo Trattato dell'arte (1584) come mezzo usato da Leonardo per gli studi per l'Ultima

cena - la problematica principale relativa al suo uso tra gli storici dell'arte, sta nel fatto che

non permette di distinguere la tecnica cinquecentesca, prettamente disegnativa, da quella

settecentesca, che ha caratteristiche sicuramente pittoriche. Chiamare indifferentemente,

pastello, un disegno cinquecentesco o un dipinto settecentesco, non renderebbe merito alle

caratteristiche di ciascuna forma arte. Si è delineata, quindi, la necessità di distinguere le due

tecniche esecutive con una terminologia specifica. Il medium cinquecentesco è stato chiamato 7 T. Burns, 20078 Dictionnaire [...], 1851, (tomi I,II,III), p. 1989 P.C. Berthelin, 1721, p. 183

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indifferentemente «gesso» o «gessetto colorato», «matita colorata», o ancora «colore a

secco», altre volte è semplicemente inserito il nome generico di un pigmento (es. ocra gialla)

stimato solo in base al colore presente e alla consuetudine, piuttosto che in relazione a qualche

studio più approfondito. Raramente viene usato il termine «pastello», che è preferito per

indicare la forma d'arte settecentesca.

È doveroso, a questo punto della trattazione, menzionare anche i termini usati nelle

diverse lingue per indicare il medium cinquecentesco usato dagli artisti. Il problema di

distinguere la tecnica più antica da quella più recente è presente, dopotutto, anche nella

letteratura anglosassone e francese. Oltre al termine «pastel», che anche in questi casi

individua soprattutto le opere settecentesche, vengono usati altri termini per indicare il

medium grafico cinquecentesco, tra cui: «crayon» e «dessin au crayon» in Francia, o

«chalk10» e «chalk drawing» nei paesi anglofoni. In relazione a quest'ultimo termine si apre

anche un'ulteriore problematica, quella relativa alla distinzione tra matite naturali e matite

fabbricate artificiali nella pratica del disegno cinquecentesco. Il termine «chalk» è usato, non

solo per identificare la matita fabbricata artificialmente dall'artista e che più facilmente è

relazionabile con il termine pastello, ma anche la matita naturale, direttamente cavata dal

deposito, formata in bastoncini e usata pura nel disegno. Purtroppo risolvere questo problema

non è semplice, perché come fa notare Burns, «le imprecisioni nascono dal fatto che è

impossibile distinguere il materiale depositato dai due mezzi grafici ad occhio nudo. A causa

di questa limitazione, l'identificazione della presenza della matita naturale o di quella

artificiale è stata per molto tempo soggettiva e si è basata principalmente sul numero di colori

presenti (le matite naturali venivano distinte da quelle artificiali per la gamma ristretta di

colori) e sul riconoscimento visivo della durezza o morbidezza apparente del medium usato

attraverso l'analisi del tratto (la matita naturale depositerebbe un tratto più sottile perché più

dura, mentre quella fabbricata dovrebbe lasciare un tratto più morbido e largo). In passato

queste differenze fisiche sono state interpretate come caratteristiche di manualità e di stile»11.

Nonostante questo modo soggettivo di operare non sia più usato per la discriminazione della

tecnica grafica, in letteratura rimangono molti esempi di utilizzo indiscriminato dei termini

chalk e pastel. Un esempio, fra tutti, è il cartone di Leonardo da Vinci per il ritratto di Isabella

d'Este, dove Popham12 identifica il materiale usato come «black chalk, charcoal and pastel»,

mentre Brown13 menziona il termine «coloured chalks», pur trattandosi della stessa opera.

10 E' necessario tener conto che la parola inglese chalk è usata per indicare «a piece of calcite or similar substance, usually in the shape of crayon, that is used to write or draw on blackboard or other flat surface» (The Free Dictionary), e che quindi la trasposizione nell'italiano gessetto, dal punto di vista dei materiali utilizzati, non è sempre appropriata.

11 T. Burns, 200712 A.E. Popham, 194713 D.A. Brown, 1999 e D.A. Brown, 1983

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In mancanza di analisi specifiche sui materiali e dovendo fare affidamento sulle informazioni

tratte dalla letteratura storico-artistica, si cercherà di utilizzare in questo elaborato il termine

“disegno a matita” in riferimento alla pratica disegnativa cinquecentesca e il termine “matita

colorata” per indicare lo strumento utilizzato. Mentre si continuerà ad utilizzare il termine

pastello per indicare la forma d'arte settecentesca, anche se non sempre sarà possibile

effettuare questa suddivisione terminologica.

1.3 Le matite cinquecentesche: scontro e rivalità, o punto di partenza per la creazione

del pastello?

Prima di affrontare la descrizione del pastello è doveroso menzionare, brevemente, degli

altri strumenti disegnativi che si svilupparono nel XV - XVI secolo, e che forse contribuirono

allo sviluppo stesso del pastello: le matite naturali e artificiali, rossa e nera.

Si tratta di due strumenti che, in alcuni casi, rispondono perfettamente alle caratteristiche della

matita colorata fabbricata perché, oltre alle versioni naturali, esistono anche quelle prodotte

attraverso macinazione del pigmento (nero fumo o carbone, nel caso della matita nera ed

ematite o cinabro per la matita rossa) e creazione di un impasto per mezzo di un legante.

Questo procedimento è, infatti, analogo a quello usato per la realizzazione della matita

artificiale, o pastello, come fa notare Shirley Millige14. Inoltre, anche i motivi che hanno

portato allo sviluppo di questi media, e che si vedranno più avanti, sono molto simili a quelli

ipotizzati per l'origine del pastello.

Per quanto concerne la pratica del disegno di alcuni artisti, queste matite soppiantarono

l'uso dello stilo metallico e della penna poiché permettevano una maggiore libertà ed

immediatezza espressiva, una più facile e veritiera resa dei volumi (attraverso il chiaroscuro),

una più grande varietà di rilievi ed effetti plastici, nonché maggior controllo e modulazione

del tratto, che diviene più sottile o più largo, più duro o più morbido a seconda dei bisogni,

facilitando il successivo sviluppo di tecniche a due o tre matite. Questa prevaricazione della

matita su altri strumenti disegnativi comportò anche l'utilizzo degli stessi supporti previsti per

la penna o la punta metallica; se dapprima la matita veniva stesa su carta bianca di un certa

granulometria, successivamente, e soprattutto dal XVI secolo, si adottano supporti colorati,

opportunamente preparati o tinti. Le colorazioni maggiormente in voga saranno quelle che

meglio fanno risaltare il disegno e le variazioni tonali, le ombreggiature e il chiaroscuro, come

le carte blu, grigie, brune e rosse15.

14 S. Millige, 1996, p.5615 Sophie Larochelle, 2005, p. 121-127

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1.3.1 La matita nera.

Nelle fonti storiche questo medium grafico viene trattato in maniera piuttosto uniforme,

in tutti i casi si parla, infatti, di una pietra nera che viene tagliata nelle dimensioni opportune e

ridotta in punte tramite l'ausilio di un coltello. I termini usati per identificarla sono piuttosto

simili nelle diverse lingue: pierre noire o pierre d'Italie in Francia, pietra nera o matita nera in

Italia, black chalk (natural o fabbricated) in Inghilterra ed America, mentre nei testi più

antichi è ricorrente la locuzione «Prìa nera» o «nigra»; con riferimento per lo più alla matita

naturale. Tuttavia lo stesso termine sarà utilizzato per la versione artificiale.

Le prime menzioni del medium sono fornite da Cennino Cennini, il quale descrive la

matita nera come uno strumento con cui si possono ottenere effetti simili a quelli del

carboncino, anche se da come ne parla sembra che non avesse molta familiarità16 con la

tecnica. Se ne deduce, quindi, che non doveva essere così frequentemente usata al suo tempo.

Dice, infatti, elencando gli strumenti adatti alla realizzazione di un disegno: Anchora per

disegniare o trovato cierta pria nera, che vien del Piemonte, [la quale e tenera pria;] e puo'la

aghuzare con choltellino, ch'ella e tenera. E ben negra. E puoi ridurla a quella perfezione

che'l charbone. E disegnia secondo che vuoi17. Vasari, invece, molto più abituato allo

strumento, lo descrive insieme alla matita rossa, in questo modo: ... [disegni] si fanno con

varie cose; cioè o con lapis rosso, che è una pietra, la qual viene da' monti di Alemagna, che,

per esser tenera, agevolmente si sega e riduce in punte sottili da segnare con esse su i fogli

come tu vuoi; o con la pietra nera, che viene da' monti di Francia la qual'è similmente come

la rossa18. Altra fonte importante che riporta una descrizione di questo medium e che per la

prima volta usa il termine «matita nera» è Baldinucci, che nel suo Dizionario Toscano delle

Arti (1681), la individua come [..]una sorta di pietra nera, che viene a noi in pezzi assai

grandicelli, e si riduce in punte, tagliandola con la punta di un coltello; serve per disegnare

sopra la carta bianca, e colorata. Cavasi queste né monti di Francia, e in diverse altre parti;

ma la migliore viene di Spagna.19.

È importante far notare che tutte queste fonti si riferiscono, nella descrizione, a quella che

oggigiorno viene definita matita naturale, ovvero ad un semplice pezzo di roccia,

probabilmente un'argillite/scisto (shale) composto di carbone e argilla20, cavato direttamente

dal deposito e modellato a piacere. È probabile che questo strumento venisse usato nei primi

disegni, ma che, come fa notare Petrioli Tofani, «l'esigenza artistica di poter disporre di

strumenti sempre più perfezionati, dalla grana omogenea e priva di impurità, della

compattezza e durezza desiderate, condusse», in un secondo momento, «alla creazione di 16 Meder, 1978, p. 10017 F. Frezzato, 2003, p. 8718 G. Vasari, 1550, p. 1912-192819 S. Parodi, 1975, p.9220 C.Van Cleave, 1994, pp.231-243

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matite artificiali». Questa affermazione sembra ancora più plausibile se si pensa alle difficoltà

di reperimento, nel XV e XVI secolo, di materiale grezzo adatto alla fabbricazione delle

matite naturali (nelle fonti si parla, infatti di pietra del Piemonte, di Francia o di Spagna). È

più facile pensare che un artista si producesse da sé il mezzo grafico, piuttosto che andare a

cercare i luoghi più adatti di estrazione, da cui cavare la pietra direttamente utilizzabile.

Inoltre, secondo le fonti, il materiale migliore proveniva da Spagna, Francia e dal Piemonte,

ma è impensabile che tutti gli artisti si rifornissero esclusivamente da questi luoghi, magari

lontani, perché sarebbe stato economicamente poco vantaggioso a causa degli enormi costi

che si sarebbero dovuti sostenere. È più probabile, invece, che il materiale provenisse da

diversi luoghi, magari vicini all'artista, quali cave locali o botteghe di spezieri21 o di altri

commercianti e che contenesse, pertanto, molte impurezze al suo interno come ad esempio

«diverse percentuali di quarzo, feldspato o argilla, che modificano le proprietà del mezzo»22 e

che, per questo motivo, dovesse essere purificato (magari tramite setacciatura o dispersione in

acqua), macinato e legato con aggiunta di altri materiali in diverse concentrazioni. Se, in tutto

questo procedimento, si sostituisce la pietra naturale, con un qualsiasi altro pigmento nero,

magari meno costoso e più disponibile, quale il nero fumo, il nero avorio o altri più

disponibili nelle botteghe, si comprende come potrebbe essere avvenuto il passaggio dalla

matita naturale a quella artificiale.

Esistono alcune fonti che individuano e riconoscono sotto il temine di matita nera, uno

strumento artificiale, realizzato macinando opportuni pigmenti neri, quali il nerofumo, il

carbone, il nero d'avorio o d'osso ed altri. Meder, ad esempio, ci informa che «tra le matite a

pastello, largamente usate in Italia prima del 1520, c'era anche un matita nera che, a causa

della sua morbidezza – così differente dall'enorme durezza della matita naturale – si sviluppò

e prese piede velocemente»23. Merrifield, nel suo testo Medieval and Renaissance Treatises

on the arts of painting, riporta alcuni riferimenti, tra l'altro sempre in associazione a citazioni

sul pastello, per la fabbricazione della matita artificiale: [..] ma il nero fumo s'impasta con

terra da bo[c]cali, e si sec[c]a al fuoco e serve anco per carbone da disegnare24 (MS Volpato)

o ancora Shirley Millige25 afferma che «la matita nera naturale», che individua come chalk,

«fu rimpiazzata dalle matite nere fabbricate che erano più friabili rispetto alla varietà

naturale» poiché queste erano «realizzate con carbone e legante». Inoltre aggiunge che «erano

disponibili anche prima del XVII secolo».

Analizzando il tratto, non è così semplice riconoscere la matita naturale da quella

artificiale. Esistono delle caratteristiche peculiari della matita naturale che potrebbero

permettere la distinzione visiva dei due mezzi: il segno è generalmente sottile, con deposito di 21 L.C. Mathew, 2002, p. 4622 J. Watrous, 2003, p. 10523 Meder, 1978, p.8924 M.P. Merrifield, 1967 p.75325 S. Millige, J. Turner, Grove 1996, p. 58

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poco materiale sulla superficie del foglio, ciò è dovuto alla durezza elevata e alla compattezza

che contraddistingue il minerale nativo, inoltre al passaggio dello strumento sulla carta si

possono formare dei buchi o strappi causati dalle impurità sabbiose presenti nel materiale

grezzo usato26. Ciononostante, queste peculiarità non sono sufficienti a permettere un

riconoscimento sicuro del mezzo disegnativo usato. Da un lato perché il tratto della stessa

matita naturale può essere modificato tramite l'umidificazione della punta con saliva o la

sepoltura dello strumento a contatto con sostanze saline27, che rendono il materiale più soffice;

d'altra parte perché il tratto della matita artificiale, che è generalmente di un colore nero più

intenso e di consistenza vellutata, può essere modificato a piacere indurendo l'impasto con

opportuni leganti e assottigliando la punta per ottenere un segno più sottile e molto simile a

quello della matita naturale. Sulla carta, pertanto, sia la matita nera naturale che quella

artificiale, possono mostrare diverse qualità. Il tratto può essere grosso, nero e ceroso-grasso

come quello del pastello; largo, soffice e asciutto come quello del carboncino; oppure fino,

chiaro e duro come la grafite. Questa versatilità del medium, gli permette di essere adatto a

soddisfare diverse esigenze disegnative. Ad esempio la sua linea larga (il tratto ampio e largo)

è adatta per i disegni a grande scala, ma siccome può essere modellata con un coltello per

produrre una punta fine, la matita può essere adatta anche per studi minuziosi su piccola scala.

Inoltre, attraverso lo smudging, l'azione di sfregamento condotta con il dito per spargere e

sfumare il colore sulla carta, la matita nera potrebbe essere miscelata e sfumata per produrre

diversi gradi di ombreggiatura.

Queste caratteristiche hanno permesso la rapida diffusione della matita nera nella pratica

del disegno a discapito della punta metallica o della penna. Si iniziò ad utilizzare la matita

nera, prima, per la realizzazione dei cartoni, come si vede ad esempio nel disegno,

bucherellato per il trasferimento, con uno Studio di testa di donna di Domenico Ghirlandaio

(Chatsworth, Devonshire Collection, Inv. n.885 recto), nel cartone di analogo soggetto di

Andrea del Verrocchio (British Museum, Christ Church, Inv. n.1895,0915.785); accostato al

pastello, nel cartone leonardesco per il Ritratto di Isabella d'Este (Parigi, Museé du Louvre,

Inv. n. MI 753), di cui si parlerà in seguito, o infine, nel cartone che raffigura la Testa di

uomo con turbante (Firenze, Gabinetto Disegnie Stampe degli Uffizi, Inv. n. 152F) attribuito a

Giovanni Bellini, in cui sono esplorate tutte le potenzialità della matita nera28.

Oltre alla pratica del cartone, la matita nera si rinviene anche nell'esecuzione del

cosiddetto underdrawing. Un precoce esempio, potrebbe essere gli Studi di uomini appesi del

Pisanello (1430 ca, Londra, British Museum, Inv. n. 1899.345), in cui il disegno sottostante in

matita nera è ripassato in penna e inchiostro; pratica che si rinviene anche nei disegni di 26 Meder, 1976, p. 8827 Meder, 1976, p.85 «... There were other methods, as well: “Some lay it in a damp celler, others bury it with salt in the

earth, so that it may stay soft. In burying it you will know that is good, if it has yellow spots like sulphur on the outside, and is salty and sour to taste, and is easy to cut” [In nota: Goeree 1759, p.214]

28 C.Van Cleave; 1994, p.235

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Filippo Lippi o nell'Adamo ed Eva del Pollaiolo (Firenze, Gabinetto disegni e stampe degli

Uffizi, 155 F).

Soltanto verso la fine del XV secolo la matita nera sarà impiegata per altre tipologie di

disegno, meno funzionali alla realizzazione di un'opera successiva e più individuali e a sé

stanti, quali: studi di figura, di animali, di volti e ritratti, fin anche negli studi caricaturali di

Leonardo29. Dalla metà del XVI secolo, forse per motivi legati al mercato collezionistico30,

viene sempre più spesso associata alla matita rossa, con la quale pian piano perde la

caratteristica di «strumento disegnativo della linea di contorno» per assumere un ruolo

maggiormente coloristico; infine, la si ritrova accoppiata alla matita colorata, ovvero al

pastello, almeno fintanto che questa tecnica non assume le caratteristiche pittoriche

settecentesche, dove le figure non avranno più bisogno di essere delineate da una linea di

contorno marcata.

1.3.2 La matita rossa.

Altro medium grafico sviluppatosi parallelamente alla matita nera e che anticipa di poco

la nascita del pastello colorato, è la matita rossa. Nelle fonti antiche e nella letteratura

moderna si individuano diversi termini per indicare la matita rossa. Di seguito verranno

riportati i più frequenti: red chalk (Inghilterra e America), craie o crayon rouge (Francia),

sanguigna, prìeta rossa, amatisto o amatito (da hoematites, hoema, ovverosia sangue, del

colore del sangue), «grafio rosso» da Imperato31, e lapis rosso.

Secondo la suddivisione fatta da Mayer e Vendiver, nel saggio Red Chalk: Historical

and Technical Perspectives. Part II: A Technical Study32 si individuano tre tipologie di matita

rossa. La prima è definita «Natural Red Chalk», o matita rossa naturale, ed «è composta di

una mistura di ematite terrosa (ossido di ferro rosso, fino e spesso impuro), che conferisce la

forza cromatica e diverse argille, che permettono la coesione del pigmento». La materia prima

«viene cavata direttamente dalla terra, tagliata in lunghi e stretti bastoncini, segata e limata

per formare una punta e usata con la sua consistenza originale per disegnare». Proprio perché

naturale, «la composizione può essere molto varia e la dimensione delle particelle molto

piccole». La presenza di contaminanti o impurezze, come quarzo o feldspati, possono

modificare la durezza, il colore ed altre proprietà del mezzo, causando variazioni

29 Claire Van Cleave, 1994, p.231-24330 McGrath T., 2001, p. 235-24131 Imperato, “Historia Naturale”, 1599: Imperato dà un alto valore alla matita rossa, che appunto chiama graffio rosso, per

l'esattezza della linea, per l'armonia e lo charm delle sfumature, ne parla come se fosse lo strumento da disegno più stimato/apprezzato. Non menziona comunque l'uso della matita rossa assieme alla matita nera per ottenere effetti coloristici, una tecnica ben conosciuta al suo tempo. Però dice che la matita era frequentemente immersa in acqua (umidificata) durante l'esecuzione del disegno, per dare morbidezza al tratto, un'osservazione certamente espressa nel caso di bastoncini duri o vecchi. [Traduzione da Meder, p. 92]

32 D.D. Mayer, P. B. Vandiver, 1987, p.171-180

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caratteristiche del tratto: se la matita è più dura, durante la stesura tenderà a saltare sul

supporto e a lasciare delle aree bianche, compromettendo la continuità e fluidità del tratto.

Un'altra proprietà, insolita, della matita naturale che secondo molti ne permette il

riconoscimento visivo, riguarda il legame tra il colore e la modalità di applicazione sulla

carta. Se sfregata o sfumata, la matita rossa appare di un rosso più chiaro e caldo, rispetto a

quello dello strumento trascinato allo scopo di lasciare un segno più sottile. Si verifica

pertanto una modificazione del suo colore sotto pressione. Scientificamente questo fenomeno

viene spiegato, nell'articolo di Cohn, Mayer e Vandiver, con una riduzione di densità del

colore, le cui particelle di forma piatta e allungata (non sferica, come sono invece quelle

dell'ematite “fabbricata”) vengono allineate sul supporto e interagiscono con la luce in modo

particolare: si verificano fenomeni sia di riflessione che di assorbimento e il colore che ne

deriva, è un rosso-arancione brillante33. Spesso l'osservazione di queste caratteristiche, ha

portato gli studiosi a riconoscere nei disegni a matita rossa lo stesso cholore [..] naturale che

è prieta fortissima e soda di cui parla Cennini34, o la pietra rossa che vien da monti di

Alemagna citata sia da Vasari35 che da Baldinucci36. Nonostante questi autori indichino come

luogo d'origine del materiale, la Germania, è risaputo che anche l'Italia, la Francia, la Spagna

e le Fiandre possedevano, e possiedono tutt'oggi, i loro giacimenti37, pertanto è plausibile

credere che gli artisti si rifornissero da questi luoghi piuttosto che da un'unica fonte tedesca,

per gli stessi motivi visti sopra per la matita nera.

La seconda tipologia, definita «Fabbricated Red Chalk», è una matita rossa

«fabbricata», o meglio artificiale, e si differenzia dalla precedente, non tanto per la materia

prima impiegata, ma piuttosto per le modalità di lavorazione: in questo caso, l'ematite «viene

ridotta tramite pestaggio o macinazione ad una polvere e poi viene mescolata con un legante

e/o una carica, o filler. La pasta ottenuta è poi pressata o rollata a formare dei bastoncini per il

disegno». È importante notare, per gli scopi di questo elaborato, l'analogia tra il procedimento

appena descritto e quello che in seguito verrà riportato in merito alla realizzazione del

pastello. Non sarebbe totalmente improprio ipotizzare che questa pratica possa essersi

sviluppata come conseguenza dell'esperienza produttiva collaudata con la matita rossa

artificiale (o di quella nera sopra descritta), d'altra parte per ottenere la matita colorata sarebbe

stato sufficiente sostituire l'ematite con un qualunque altro pigmento presente nella bottega

33 M.B. Cohn, 1987 e D.D. Mayer e P.B. Vandiver, 1987, p. 165-180. [NDR] Queste osservazioni sono molto importanti perché porterebbero a smentire le affermazioni di McGrath e Gere sul fatto che le due tipologie di colore rosso usate da Raffaello fossero sicuramente due colori diversi realizzati ad hoc, e quindi due pastelli.

34 F. Frezzato, 2003, p. 9235 G. Vasari,1550, p. 1912-192836 S. Parodi, 1975. p.92 in cui si dice:Una sorta di pietra tenera, che ci viene a noi in pezzetti, la quale segata con una sega

di fil di ferro, e ridotta in punte, serve per disegnare sopra carte bianche e colorate. La migliore viene d’Alemagna. e definisce Il Lapis amatita: Matita, altrimenti detto Cinabro minerale; una pietra naturale molto dura, della si vagliano i Pittori per fare i disegni sui fogli, lasciandovi il suo colore, che è rosso. Questa macinata, benché con grande stento per la sua durezza, fa un rosso bellissimo, simile alla lacca, che serve per colorire a fresco, e molto tempo dura. L'adoperano ancora gli spadai per mettere l'oro a brunito.

37 S. Larochelle, 2005, p.122 e in J. Watrous, 2003, p.91-129

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dell'artista, come ad esempio l'ocra gialla (l'idrossido di ferro), per ottenere un pastello

colorato.

L'ultima tipologia di matita rossa è quella definita come Matita rossa sintetica

(Synthesized Red Chalk) o Sanguigna. «L'ematite, questa volta, è prodotta [sinteticamente] in

un laboratorio o in una fabbrica, [..] per arrostimento del solfato di ferro. Durante il processo

viene fatto fuoriuscire il solfuro come ossido di zolfo (SOx, volatile) e rimane un residuo di

ossido di ferro fine e puro. L'ematite è poi macinata per ottenere una polvere, alla quale

vengono aggiunte le cariche, come l'argilla o il diossido di titanio, e i leganti organici. La

miscela è poi manipolata (dandogli una forma) o pressata per ottenere i bastoncini per il

disegno». Quest'ultima tipologia è assente nel Rinascimento, perché cronologicamente

posteriore; viene fatta risalire all'Ottocento38. Secondo Petrioli Tofani il termine Sanguigna

«era in quasi sconosciuto prima dell'Ottocento». In realtà, è vero che venne largamente

utilizzato a quel tempo e nel secolo precedente, soprattutto in Francia, per indicare qualsiasi

matita rossa, ma era certamente presente, anche se meno usato, nel XVI secolo, sia in Italia

che in Francia, come si ricava dal testo Cinquecentesco di Pietro Andrea Mattioli39 e dagli

scritti di Bernard Palissy40. Mattioli, infatti, rammenta che, «la pietra chiamata ematite, cioè

sanguigna, la quale si chiama comunemente lapis è notissima a tutti, ed hassene in Italia assai

copia»; mentre Palissy parla di una «pierre sanguine composée d'un grain fort subtiel et

duquel on fait des crayons rouges...fort propres à contrefaire les visages d'après le naturel».

Altri riferimenti al termine sanguigna sono presenti anche nel XVII secolo, ad esempio

Baldinucci parla così della matita rossa dicendo che il termine «vien dalla voce greca

Hoematites, dall’aver color del sangue che dicono Hoema». Il termine quindi ha una

derivazione molto intuitiva, essendo la matita costituita dal minerale chiamato ematite, parola

derivante dal greco hoema, ovvero sangue (evidentemente per il colore), è chiaro che la

trasposizione italiana sia stata quella di [pietra] sanguigna. Ma siccome lo strumento era

ricavato, almeno inizialmente, direttamente dalla roccia, si è preferito attribuirgli il nome di

Lapis, o Lavis, che divenne d'uso comune. Per non fare confusione, comunque, si assumerà in

questo testo il termine sanguigna così come lo ha utilizzato Tordella, mentre le locuzioni

matita rossa o pastello rosso accompagnati dagli aggettivi naturale o artificiale, indicheranno

gli altri strumenti disegnativi. Sulla sanguigna non si dirà di più, perché un discorso più

esaustivo andrebbe oltre le finalità di questo elaborato.

Secondo quanto riportato da Meder, la matita rossa si dev'essere sviluppata attorno al

38 P. M. Tordella, 1996, p.187-20739 Come si ricava anche dal Dizionario del Tommaseo (1919) che, commentando l'aggettivo “sanguigno”cita il testo «Dei

discorsi di Pietro Andrea Mattioli nei sei libri di Dioscoride, della materia medicinale », pubblicato a Venezia 1568 in A. PetriolI Tofani, “I materiali e le tecniche”, A. Petrioli Tofani et Al, 1998

40 B. Palissy utilizzava il termine pierre sanguine già nel 1580 nel suo Discoure admirable de la nature, citato da P. Lavallee, 1943, p.61 e in M. Roland Michel, 1978, p. i-vi.

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149641e comunque non prima del 1480. Quest'affermazione, da un lato, viene motivata dal

fatto che «fino al 1480 non esistevano fissativi adatti a preservare il disegno a matita

rossa»42e, in secondo luogo, trae fondamento dalla vita di Michelangelo Buonarroti scritta da

Ascanio Condivi, il quale racconta che Raffaello Riario, cardinale di San Giorgio in Velabro,

«[...] sdegnato d'esser gabbato, mandò là un suo gentiluomo [il banchiere Jacopo Galli], il

quale fingendo di cercar uno scultore per far certe opere in Roma, dopo alcuni altri fu inviato

a casa di Michelangelo; e vedendo il giovane, per aver cautamente luce di quel che voleva, lo

ricercò che gli mostrasse qualche cosa. Ma egli non avendo che mostrare, prese una penna,

perciocchè in quel tempo il lapis non era in uso, e con tal leggiadria gli dipinse una mano, che

ne restò stupefatto43». Il termine lapis è da interpretare come matita rossa, secondo la

definizione cinquecentesca del dizionario del Tommaseo precedentemente citata, ed è chiaro

che all'epoca dell'accaduto, la matita rossa non era molto usata. A prescindere da questi

riferimenti sulla datazione, che sono molto importanti, ma non sono confutabili con certezza,

è importante riconoscere che «la matita rossa apportò nella pratica disegnativa del XVI secolo

un nuovo e rivoluzionario elemento: la linea colorata. Ed è da questo momento [che si

sviluppa] il precursore del pastello»44. Le capacità espressive di questo mezzo: la forza del suo

tratto rosso, che arricchisce le semplici linee con il colore, la robustezza del materiale e

l'emersione della figura dal fondo, non vennero apprezzate subito da tutti gli artisti. Prima del

Cinquecento sono poche le fonti che parlano di questo mezzo e pochi i disegni pervenutici

realizzati con la matita rossa, è necessario attendere un maestro eccezionale come Leonardo,

per poter apprezzare, anche se in via sperimentale, le potenzialità di questo strumento. Sempre

secondo Meder, «Leonardo dovette essere il primo ad usare la matita rossa non solo per la

realizzazione di schizzi, ma anche per studi finiti e dettagliati»45. Martin Clayton ritiene che,

Leonardo «...abbia usato la sanguigna [da intendere matita rossa] per la prima volta intorno

agli anni 1492-3; [poiché] il tratto molto sottile caratteristico di questa prima fase si trova nei

manoscritti H e Foster III, databili tra 1493-4»46. I primi disegni compiuti in matita rossa,

risalenti al primo periodo milanese (1482-1499), che si ricordano sono: lo studio per il

monumento equestre sforzesco e gli studi per la realizzazione del famoso Cenacolo in Santa

Maria delle Grazie (i cui disegni, secondo Lomazzo e alcuni studiosi moderni, hanno visto

l'utilizzo del pastello da parte del maestro). Chastel addirittura si sbilancia affermando che

«Leonardo potrebbe essere l'inventore della matita rossa47». Questo non è accertabile, ma

sicuramente fu uno dei suoi primi adepti e promotori. Si riscontra, infatti, che dopo la dipartita

da Milano del maestro e il suo arrivo a Firenze, la matita rossa fa la sua apparizione in questa 41 Meder; 1978, p.9142 Meder, 1978, p.9143 A. Condivi; 1928, p.6144 Meder, 1978, p.9245 Meder, 1978, p.9246 M. Clayton, intervento sullo Studio per un'Ultima Cena di Venezia (Gallerie dell'accademia, Inv. n. 254)47 S. Larochelle; 2005, p.124

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città come mezzo disegnativo indipendente e da qui si espande in tutte le province

influenzando i maestri locali: Albertinelli, Signorelli, Fra Bartolomeo, Andrea del Sarto e tanti

altri tra cui Raffaello che in quel periodo si trovava a Firenze e venne molto influenzato dai

modi di Leonardo. Inoltre a Milano amici e seguaci di Leonardo fecero largo uso di questo

strumento, diffondendolo nel territorio, ad esempio Francesco Melzi lasciò uno studio a

matita rossa datato 14 agosto 1510; la matita rossa venne usata anche da Boltraffio, Luini e

Giampietrino. Inoltre Cesare da Sesto fu il primo ad usarla per tinteggiare il fondo su cui

avrebbe disegnato con la stessa matita, creando un eccezionale tono su tono. Non è da

escludere tra l'altro che durante il suo breve soggiorno a Venezia, Leonardo abbia contribuito

ad introdurre la matita rossa nella pratica disegnativa locale, visto che è proprio all'inizio del

Cinquecento che si rinvengono le prime tracce di questo medium nella città lagunare. Ad

esempio Carpaccio iniziò il suo San Giorgio e il drago (Firenze,Uffizi, Gabinetto disegni e

stampe, Inv. n. 1287 E) in matita rossa, per poi terminarlo a penna (pratica tra l'altro non

sconosciuta allo stesso Leonardo come fa notare P.G. Tordella nel suo saggio48) oppure si

possono ricordare gli studi di figura della scuola di Giorgione, ed anche uno Studio di figure

femminili a mezzo busto di Cesare da Sesto (Venezia, Gallerie dell'Accademia, Inv. n. 141)49.

L'incontro con Leonardo fu certamente determinante per Giorgione e per l'avvio della maniera

moderna a Venezia, come hanno messo in luce gli studi moderni e come era d'altronde

indicato dalle antiche fonti50. Ai fini del nostro discorso si dovrà pertanto ricordare il celebre

disegno di Rotterdam51 (Studio di un paesaggio con pastore e sullo sfondo la veduta di

Castelfranco o Montagnana, Boymans-van Beuningen Museum, Cat.no.64), dalla critica

concordemente assegnato a Giorgione, che permette di mettere in stretta relazione l'arrivo di

Leonardo a Venezia nei primi mesi del 1500 con l'adozione da parte dell'artista veneto della

nuova tecnica a matita rossa, quasi sconosciuta nella città lagunare prima d'allora.

Nel Codice Atlantico (Biblioteca Ambrosiana, Milano) esistono diversi riferimenti alla

«amatita» o «mattita», riportati anche da Richter e Pedretti, ma alcuni di questi fanno pensare

proprio alla matita rossa «fabbricata» di cui si parlava sopra. In particolare il riferimento al

«lapis amatita macinata52», tra i materiali utilizzati nella pratica della pittura e del disegno, è

molto importante perché riconduce alla necessità percepita dagli artisti di stemperare o di

polverizzare un materiale di particolare durezza sia a scopi pittorici che disegnativi, al fine di

48 P.G. Tordella, 1996, p. 192. «soprattutto nella fase in cui la matita rossa naturale andava acquisendo un valore espressivo autonomo e se ne stavano sperimentando le peculiarità strutturali, la ripresa a penna parziale o totale, dei tracciati grafici con essa eseguiti appare interpretabile, non tanto come esigenza estetica o risultato di una scelta tecnica predeterminata, quanto come intervento necessitante atto a risolvere problemi spesso legati alla natura stessa del medium naturale: la grana e la cromia non omogenea, la tendenza ad espandersi e dunque a perdere la nettezza del segno che dunque, come si vedrà in seguito, richiedeva un fissaggio».

49 Meder, 1978, p.9350 M. L. Dolce, Firenze, 1735, p.274 «Leonardo […] fu appresso pittor di grande stima, ma di maggiore aspettatione

Giorgio da Castelfranco, di cui si veggono alcune cose ad olio vivacissime e sfumato tanto, che non si scorgono ombre. Morì questo di peste, con non poco danno della pittura.». Si veda, inoltre, A. Ballarin, 1994 e A. Ballarin, 2005.

51 H.E. Wethey, 1987, pp.71-7252 Leonardo, Manoscritto A al foglio 104r

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ottenere, in quest'ultimo caso uno strumento (appunto la pietra o matita rossa ricostruita) dalla

grana più omogenea e di maggior morbidezza e dunque duttilità. Inoltre questa sensazione è

rafforzata anche da un altro riferimento, questa volta del manoscritto F (Parigi, Institute de

France), in cui si dice che «il lapis se disfa in vino e in aceto o in acquavite, e poi si può

ricōgiugnere cō colla dolce53». Il dato eccezionale è che questo termine, «lapis amatita

macinata», non si ritrova nella letteratura coeva sopravvissuta, pertanto, come fa notare P.G.

Tordella, «viene ad assumere una connotazione sperimentale e dunque un possibile

riconoscimento quale testimonianza di una prassi altrimenti non documentata per la

realizzazione di quelle che abbiamo definito pietre rosse ricostruite54». Questa della Tordella è

solo un'ipotesi, ma certamente il carattere e la curiosità di Leonardo, che lo portano a

sperimentare e conoscere sempre cose nuove, non la smentiscono. Non è improbabile,

pertanto, che per esigenze disegnative, il maestro abbia cercato di piegare un mezzo naturale

di cui aveva già riscontrato le problematiche (v. nota 26), alla sua volontà.

Continuando su questa linea, pur rimanendo nel campo delle ipotesi, non è poi così peregrino

vedere un collegamento tra il «lapis amatita macinata» e gli strumenti del «colorir a secco»,

citati dallo stesso Leonardo nel Codice Atlantico.

1.3.3 La matita colorata o pastello.

L'uso della matita colorata artificiale (o pastello), così come delle matite nera e rossa

naturali o artificiali, si sviluppa nel fervido ed eclettico clima culturale di inizio XVI secolo.

In ambito italiano, viene generalmente attribuita la paternità della tecnica a Leonardo da

Vinci, il quale nel Codex Atlanticus (Biblioteca Ambrosiana, Milano) afferma di dover

apprendere «il modo di colorir a secco» di Gian de Paris, riconosciuto dagli studiosi come

Jean Pérreal55, artista lionese alla corte di Francia, prima con Carlo VIII (1470-1498) e poi

con Luigi XII (1462-1515), che fu nella penisola e in particolare a Milano durante la seconda

campagna d'Italia (1498-1515), che portò alla conquista della città sforzesca da parte della

Francia e alla reclusione del Duca Ludovico Sforza il Moro. L'unico altro riferimento alle

«punte da colorir a secco» da parte di Leonardo lo troviamo nel Codice Foster II (Victoria &

Albert Museum, Londra). In questo caso Leonardo dà una ricetta che però coincide con la

realizzazione dei cosiddetti pastelli a cera56 e non delle matite a pastello, che potrebbero

derivare sia dalla tecnica appresa da Jean Pérreal sia dalla pratica di bottega e, in particolare

come ipotizzato nei paragrafi precedenti, dalla pratica di realizzazione delle matite rossa e

53 J.P. Richter,1939, Manoscritto F dell'Institut de France, Parigi, 1508-9, fol. 96A 54 P.G. Tordella,1996, p.187-207.55 N. Reynaud, 1996, p.36-4656 Leonardo Da Vinci; Codice Forster II,(1495-1497), in W. Richter, 1939. «Per fare punte da colorire a secco; la tempera

con un po' di ciera e non cascherà, la qual ciera disoluerai con acqua, che, tempera la biacca, essa acqua stillata se ne vada in fumo e rimanga la ciera sola, e farai bone punte; ma sappi che bisogna macinare i colori colla pietra calda.»

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nera artificiali. Non c'è ombra di dubbio, comunque, che Leonardo abbia usato questo

strumento disegnativo, vista anche l'eredità lasciata ai suoi seguaci. La tecnica a secco, ovvero

a matita colorata, è utilizzata, infatti, anche da Boltraffio e Luini, come vedremo in seguito.

Ma non solo, si presenta anche in alcuni artisti che vennero a contatto con Leonardo negli

anni successivi alla sua partenza da Milano, come in Fra Bartolomeo nello Studio per il volto

di un angelo (Rotterdam, Museum Boymans-von Beuningen, Inv. n. 175)57.

Sono poche le fonti storiche che trattano questo medium prima della seconda metà del

XVI secolo. I primissimi autori che citano il termine pastello risalgono agli anni Quaranta del

Cinquecento e si riferiscono ad artisti di ambito veneto. Si tratta delle annotazioni sul diario-

spese di Lorenzo Lotto e della lettera scritta da Paolo Giovio. Dopo la seconda metà del

secolo anche altri autori citano nei loro trattati il termine pastello e sono Lomazzo, Armenini,

Allori e Cellini. Le informazioni che ci pervengono da questi scritti sono interessanti, ma non

ci permettono di capire molto sul modo pratico di realizzare i pastelli. Inoltre fanno intendere

che l'uso della matita colorata doveva essere una pratica poco frequente e probabilmente

sviluppatasi di recente. L'annotazione di Lotto: «per conzar pastelli58», ad esempio, ci informa

solo che questo artista probabilmente usava questi strumenti e che di conseguenza dovette

annotare sul suo libro spese i materiali per ottenerli; mentre la lettera di Giovio, indirizzata a

Pietro Aretino e datata 11 marzo 1545, esprime solo il desiderio di avere «uno schizo de

colori, se ben de pastelli» del letterato e che sia «piccolo de mezzo foglio, se non in tela, [fatto

dal] signor Tiziano acciò che al sacro museo si vegga la propria effige59».

Come fanno notare diversi studiosi60, Lomazzo ci informa, invece, nel suo testo del

158461, dell'esistenza «[...] d'un altro certo modo di colorare che si dice a pastello, il quale si

fa con punte composte particolarmente in polvere di colori che di tutti si possono comporre. Il

che si fa in carta e fu molto usato da Leonardo Vinci, il quale fece le teste di Cristo e

degl'Apostoli, a questo modo eccellenti e miracolose in carta». Le informazioni che si

possono estrapolare da questo testo non permettono di comprendere pienamente le modalità di

realizzazione di questi «pastelli», viene indicato solamente che si possono fare di qualsivoglia

colore in polvere; mentre l'uso del termine pastello ci permette solo di dedurre che venisse

realizzato un impasto e ciò richiederebbe l'ausilio di un mezzo liquido, probabilmente un

legante - ma questa è solo una speculazione che non si può evincere direttamente dal testo.

L'informazione importantissima che Lomazzo elargisce in questo testo riguarda, invece,

57 T. Burns; 1994, p.49 «It is generally agreed that Fra Bertolommeo was influenced in style and technique by Leonardo […], Fra Bartolommeo's 'beautiful and poetic' study of the angel's face reflects his response to the art of Leonardo...» e continua dicendo «Because the work of these artists developed in a related artistic context, it is logical to assume that Leonardo's achievement influenced the younger Fra Bartolommeo in his material and technical choices».

58 P. Zampetti, 1969, pp.241-249 e in V. Romani, 2000, p.69-8159 P. Giovio, 1956-1958, II, p.11, n.206 e in V. Romani, 2000, p.69-8160 Meder, 1978, p. 100; A. Petrioli Tofani, 1991, p.171; V. Romani, 2000, p.69-81, P. Barocchi, 1971, p. 2227-2272; ripreso

anche da A. Ballarin, 2010, nel testo in corso di pubblicazione.61 G.P. Lomazzo, Milano 1584, La virtù del colorire, P. Barocchi, 1971, p. 2227-2272, V. Romani, 2000, p.69-81

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Leonardo da Vinci. Infatti l'autore crea un vero e proprio legame tra l'artista e la tecnica

affermando che Leonardo utilizzò moltissimo il pastello e cita, addirittura, un'opera da lui

realizzata: le teste di Cristo e degli apostoli, intese da diversi studiosi come i disegni

preparatori preposti alla realizzazione dei personaggi dell'Ultima Cena della chiesa milanese

di Santa Maria delle Grazie, studi per i quali si fece largo uso anche della matita rossa62 (v.

sopra). Nonostante non ci siano pervenuti disegni incontestabilmente autografi di Leonardo

realizzati a pastelli colorati relativi al Cenacolo, il riferimento è molto importante perché dà

un appiglio temporale per poter definire il momento di utilizzo da parte dell'artista delle

matite colorate. L'affresco venne, infatti, realizzato tra il 1495 e il 149763. Come fa notare

Marani64, «la critica moderna ha comunque ipotizzato l'esistenza di un “cartone” originale

[oppure di disegni preparatori] di Leonardo per il Cenacolo, soprattutto considerando

l'esistenza di due serie di disegni di allievi o seguaci che sembrano derivare, non dal dipinto

murale, ma da un supposto “cartone” di Leonardo (o da suoi disegni perduti) data la loro

perfetta corrispondenza con quello». Le serie di disegni a cui si riferisce Marani sono

evidentemente quelle di Strasburgo e dell'ormai dispersa collezione del castello di Weimar,

riproducenti le teste degli apostoli trattate anche da Ballarin65. Questi disegni richiamano

perfettamente la tecnica descritta da Lomazzo. Si tratta, infatti, di pastelli colorati su carta

preparata che ricordano un ulteriore foglio, la cui autografia leonardesca è molto discussa66 a

causa dell'abbondante presenza di ritocchi e ripassature: la Testa di Cristo della Pinacoteca di

Brera (Inv. Gen.150; Cat. 280, Tav I). Per quanto riguarda la funzione di quest'opera sono

state formulate diverse ipotesi e si è giunti alla conclusione che «non può assolutamente

trattarsi […] di una derivazione dal dipinto67» poiché mancano alcuni particolari ( la barba e la

stola) e sono presenti delle licenze artistiche non ravvisabili in parete (incurvatura del naso

più accentuata e forma meno “classica”). Pertanto si è pensato che possa trattarsi o di un

disegno-copia realizzato in piena libertà espressiva ed interpretativa da parte dell'esecutore

(come succede nei disegni della serie di Strasburgo) o che si tratti di uno studio precedente

modificato in alcuni particolari al momento della stesura in parete. Le fonti non fanno mai

riferimento a un cartone per l'Ultima Cena, ma ciò non permette di escludere che il maestro

abbia potuto realizzare un disegno preparatorio, magari traendo spunto da un modello al

naturale, sopratutto per la Testa di Cristo visto il famoso passo del Vasari68 in cui viene

esposta la difficoltà di Leonardo di realizzare proprio questo particolare, che decide di lasciare

62 Pinin Brambilla Bacinon, P.C. Marani, 1999: Durante le fasi del restauro dell'Ultima Cena sono state ritrovate «tracce di terra rossa stese sull'intonaco in prossimità della figura di Matteo», p. 22-36.

63 De Vecchi, P., Cerchiari, E., 2004, p.29964 Pinin Brambilla Bacinon, P.C. Marani, 1999, p.22-3665 A. Ballarin, 2010, in corso di Pubblicazione.66 P.C. Marani et Al., 1986, p.29; A. Marinoni, L. Cogliati Arano, 1982, p.91-93; G. Bora et Al, 1987, p. 74-77 e A. Ballarin,

2010, in corso di Pubblicazione.67 Come, invece, affermava Venturi. In P.C. Marani et Al., 1986, p.3068 G. Vasari, 1550, «Non voleva cercare in terra , e non poteva tanto pensare che nella immaginazione gli paresse poter

concipire quella bellezza e celeste grazia che dovette essere quella della divinità incarnata».

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volutamente incompiuto.

Lomazzo ci informa anche su una particolarità di questa tecnica disegnativa, ovvero che

così come è «difficile il colorire in questo nuovo modo, tanto è egli facile a guastarsi69». Ed

infatti, una problematica riscontrata in tutti i tipi di pastello è quella della fragilità delle opere

e della loro suscettibilità all'asportazione meccanica dello strato pittorico, tanto che nel XVIII

secolo diversi personaggi si adopereranno per trovare il più opportuno metodo di fissaggio per

la conservazione delle opere a pastello.

Giovan Pietro Armenini, nel 1586, ci informa su quella che poteva essere una funzione

del disegno a pastello: lo studio preparatorio su muro. Infatti, discutendo a proposito del

colore, sottolinea la difficoltà di ottenere «le mestiche», ovvero le mescolanze dei colori, e di

prevedere l'effetto che avranno sul muro. Per questo motivo, aggiunge «ci sono di quelli

[pittori] che, per non averle a mendicar sul muro, prima le imitano con i pastelli benissimo70».

Inoltre, nel sesto capitolo del suo testo71, elargendo consigli pratici ai giovani che

intraprendono la strada dell'arte del disegno e della pittura, Armenini utilizza nuovamente il

termine pastello, attribuendogli una seconda funzione: il pastello come strumento

propedeutico ad una forma di disegno che potremmo definire disegno didattico, ovvero

finalizzato allo studio e al perfezionamento della tecnica da parte di un artista principiante. Il

consiglio di Armenini per imparare il modo corretto di distribuire le «mestiche ed i colori

diversi» sul supporto, è di osservare le opere dipinte «dai più eccellenti nostri moderni, perciò

siccome queste sono sparse in più paesi e città, gli è necessario di andarle con più tempo e con

stenti a minuto considerarle, e se gli è possibile provasi ad imitarle coi colori, o in tavolette, o

in carte, o tutte, o parte delle cose più belle e coi pastelli, o con altra materia averne copia per

poter servirsene poi né loro bisogni». Una simile funzione potrebbe connotare i disegni a

pastello della serie di Strasburgo attribuiti a Boltraffio72, di cui si è parlerà in seguito.

Molto interessante è, anche, il riferimento al pastello riportato nel «Primo Libro de’

ragionamenti delle regole del disegno d’Alessandro Allori con M. Agnolo Bronzino73».

Questo testo si impronta su un dialogo tra un certo M. Vincenzo e altri due interlocutori, in cui

si dibatte sul tema della distinzione tra il disegno e la pittura. Nel cuore del discorso, M.

Vincenzo ricordò che, al suo tempo, «si fanno certi [strumenti] che gli chiamano pastelli, che

sono di tutti i colori, sì com'io già vidi fare a uno amico pittore, che gli riduceva come una

pasta soda e di poi ne faceva punte come si fa della matita, e con essi contraffaceva la carne et

insomma tutti i colori...». Unendo queste alle informazioni fornite da Lomazzo, veniamo a

sapere da Allori che effettivamente il procedimento di produzione dei pastelli poteva

coinvolgere diversi colori e che prevedeva la formazione di una «pasta soda» a cui poi si dava 69 G.P. Lomazzo, 158470 G.B. Armenini, 1587 (a cura di M. Gorreri, 1988), p. 133. e in V. Romani, 2000, p.69-8171 G.B. Armenini, 1587, p. 58-5972 A. Ballarin, 2005.73 A. Allori, in P. Barocchi, 1971, p.1946-1947

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la forma di una punta, come si fa con la matita, quindi con l'ausilio di un coltello come visto

sopra per le matite rossa e nera. Ma ancora non sappiamo quale potessero essere gli altri

ingredienti coinvolti nel processo produttivo di questi strumenti.

Maggior chiarezza su questo punto ci perviene dal riferimento al pastello di Benvenuto

Cellini, il quale ci informa della consuetudine, del suo tempo, di fare «pastelli grossi quanto

una penna da scrivere, i quali si fanno di biacca con un poco di gomma arabica74» che

venivano utilizzati per realizzare le lumeggiature sui disegni. Finalmente con Cellini abbiamo

un primo riferimento sul legante utilizzato per la realizzazione dei pastelli: la gomma arabica.

Solamente con questi scarsi riferimenti e senza, per il momento, prendere in considerazione le

ricette più approfondite riportate nei trattati tecnici del Cinquecento e Settecento, potremmo

essere in grado di definire cosa fosse la matita colorata, ovvero il pastello, fin dalla sua

origine. Si trattava, infatti, di una pasta realizzata attraverso il mescolamento di pigmenti in

polvere colorati con un mezzo legante, come ad esempio la gomma arabica. Questa pasta, una

volta essiccata, veniva modellata come si era soliti fare per le matite: per mezzo di un

coltellino si procedeva alla formazione della punta.

Nonostante Lomazzo ritenga «difficile il colorire in questo modo», il pastello, come

medium grafico, presenta dei vantaggi considerevoli, rispetto agli altri strumenti del disegno,

che ne ha permesso una rapida diffusione soprattutto dalla metà del Cinquecento, fino allo

sviluppo dei secoli successivi. Innanzitutto consente di lavorare velocemente, senza necessità

di preparazione preliminare del mezzo, e questo dal punto di vista del modus operandi facilita

l'artista nel trascrivere un'emozione o un'idea immediata. In secondo luogo il pastello e la

matita sono facilmente rimovibili, pertanto la tecnica permette sia i ripensamenti che le

sovrapposizioni successive. Infine, il pastello, «è linea e colore allo stesso tempo75». Questa

caratteristica è determinante, perché inserisce un valore coloristico nella pratica tradizionale

del disegno che permetterà di emulare gli effetti sottotonali della pittura e di ottenere una resa

più veritiera e reale dei volumi. Ciò significa che il «nuovo modo di colorire a secco»

permette di dipingere su carta. Questo dato è importantissimo nel primo Cinquecento, perché

modifica il modo di concepire la produzione grafica e favorisce una rapida evoluzione dei

mezzi disegnativi. Infatti, la possibilità di dipingere su carta ha un duplice effetto: da un lato

eleva la pratica disegnativa allo stesso rango di quella pittorica, e questo aspetto è pienamente

espressione della maniera moderna; in secondo luogo fa assumere maggior rilievo al disegno

in ambito collezionistico, in quanto questo non è più solo studio propedeutico all'artista, ma

diviene opera d'arte indipendente, che presenta delle chance in più rispetto alla pittura

tradizionale, perché la tecnica può contare anche su soluzioni estetiche proprie solo del

disegno: il non-finito, l'abbozzo.

74 B. Cellini, in P. Barocchi, 1971, p.1929-193075 G. Monnier, 1996, p.241-245

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Modulando le proporzioni dei materiali costituenti e miscelando pigmenti diversi è

possibile ottenere uno strumento dalle caratteristiche controllate che permetta di raggiungere

gli effetti desiderati. Per questo motivo nei secoli successivi, sopratutto dalla metà del '600 in

Inghilterra e Francia, ma anche in Italia e Olanda, la nuova tecnica prese piede e iniziarono a

proliferare molte più ricette sui pastelli. La preferenza dell'alta società europea per questo

nuovo tipo di pittura è dovuta probabilmente al modo in cui alcuni esperti la presentarono.

Luttrell76, Gautier77 e Peacham78 la definirono un'appropriata attività per gentiluomini e un

adeguato sostituto alla pittura ad olio. Il dipingere a pastello era considerato più semplice

rispetto alla pittura ad olio, più pulito e facilmente trasportabile79 – ideale, quindi per l'attività

pittorica dei giovani impegnati nel Gran Tour80. Permetteva di produrre «superfici altamente

rifinite emulanti la pittura ad olio81», ma differentemente da quest'ultimo, il pastello è uno

strumento asciutto pertanto il working-in-progress poteva essere interrotto e ripreso più volte

senza rischiare di compromettere il risultato finale a causa dell'asciugatura della superficie

pittorica. Il ritocco è consentito e facilitato dalla scarsa aderenza della stesura, non è

necessario fare attenzione alle mescolanze dei colori, perché le diverse sfumature sono già

create a forma di bastoncino prima dell'esecuzione dell'opera; infine la superficie opaca del

dipinto a pastello non causa lo spiacevole riflesso che invece è presente nelle opere ad olio.

I pastelli in questo periodo potevano essere acquistati anche in stick pronti all'uso ed

erano poco costosi; due particolarità che ne facilitarono la diffusione anche al ceto meno

abbiente.

1.4 Scelta esecutiva di un medium grafico: le funzioni del pastello.

Nell'Italia rinascimentale, così come avviene oggi, la scelta del medium grafico da parte

di un artista doveva essere legata al tipo di disegno e alla sua funzione. Di conseguenza se il

dettaglio e la minuzia erano le caratteristiche principalmente ricercate, l'artista avrebbe rivolto

la sua attenzione a strumenti che gli permettevano di ottenere un segno fine, regolare e veloce

come l'inchiostro e la penna dalla punta sottile, o lo stilo d'argento. Quando, invece, l'effetto

ricercato riguardava la rappresentazione del reale attraverso la distribuzione di luci ed ombre

oppure lo studio del cangiantismo dei colori, della loro distribuzione e dell'effetto sulla

visione d'insieme, allora l'acquerello, il pastello e in un certo qual modo anche l'associazione

di matite a due o tre colori, divengono i media grafici prescelti. Le motivazioni che spingono

76 E. Luttrell, 1683, p. 2977 H. Gautier De Nismes, (1687), Bruxelles, 1708, p. 2278 H. Peacham (1634), Oxford, 1906, p.4679 J. M. Muller e J. Murrell 1997, De Piles, 1684, p.1080 E. De Beers, 1955, p. 208, dove nella trattazione relativa al diario di John Evelyn è confermata questa pratica aristocratica

di portare i pastelli con sé durante i viaggi per l'Europa.81 R. de Piles; Parigi, 1684, p.91

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l'artista a sceglierne uno piuttosto che l'altro dipendono, oltre che dalle preferenze soggettive

quali la manualità personale o la simpatia verso una determinata tecnica, anche da fattori più

oggettivi, tra i quali spiccano la scelta del soggetto da rappresentare, lo scopo estetico che si

desidera raggiungere, le tendenze e le spinte del mercato dell'arte e, nel caso dei disegni

preparatori, la tecnica esecutiva con cui dovrà essere eseguita l'opera finale.

Alla fine del XV secolo tutte e tre le tecniche sopracitate erano in uso nelle botteghe

antiche. Ma, mentre l'acquerello è una tecnica liquida e può vantare un'origine più antica,

tanto che lo stesso Cennini fornisce le informazioni necessarie all'uso della stessa82; l'arte di

“colorire a secco” è tipicamente tardo quattrocentesca – Leonardo, infatti, la menziona per la

prima volta nel Codice Atlantico solo verso gli anni Novanta del Quattrocento – si rafforza nel

Cinquecento, dove viene battezzata con il termine pastello iniziando ad essere menzionata dai

trattatisti, per avere, infine, uno sviluppo eclatante verso la fine del XVII – inizio del XVIII

secolo con il passaggio da mezzo grafico-disegnativo a vera e propria tecnica pittorica.

I campi d'applicazione del pastello sono legati a questo sviluppo storico-artistico della

tecnica. Come fa presente McGrath83, in alcune occasioni il desiderio di aggiungere colori

descrittivi ai disegni, incoraggiò gli artisti a ricorrere alle matite colorate fabbricate, ovvero ai

pastelli, per diversi scopi. Il pastello lo vediamo, infatti, impiegato in svariate situazioni e per

molteplici finalità: per lo studio dei volti o più in generale per lo studio di figura che sfocerà

nel Settecento nel ritratto vero e proprio a pastello; per lo studio di animali; per gli studi di

composizione per opere ad olio, come quelli dell'artista veneto Jacopo Bassano, in diretta

opposizione con gli studi di composizione ad acquerello di affreschi centro italiani;

nell'esecuzione dei cartoni preparatori, come nel caso del cartone per il Ritratto incompiuto di

Isabella d'Este di Leonardo. Nel Seicento, il pastello viene utilizzato anche per la

realizzazione dei modelli per l'incisione in mezzotinto, tecnica che proprio in questo periodo

si sviluppa, come nel caso delle opere di Robert Nateuill. Nel Settecento, infine, si sviluppa

come opera d'arte a sé stante, senza alcuno scopo funzionale: è il caso questo di artisti

internazionali come l'italiana Rosalba Carriera, lo svizzero Liotard o di francesi come: Joseph

Vivien, Antoine Watteau, François Boucher, Jean-Baptiste Perronneau, Maurice-Quentin De

LaTour o di Chardin, per citarne solo alcuni.

Le motivazioni, che dal XV secolo, spingono gli artisti ad aggiungere il colore alle loro

opere grafiche, possono essere diverse e spesso sono riconducibili alle diverse fasi

dell'operazione progettuale. Si può considerare ad esempio il desiderio dell'artista di

sperimentare la resa cromatica di un particolare, o una posa o uno scorcio impegnativi: si

incontrano allora, i cosiddetti studi di dettaglio, ovvero disegni che presentano solo alcuni

dettagli rifiniti con il colore, come l'accessorio peculiare, un pizzo, un fronzolo, o un

82 F. Frezzato, 2003, p. 83-8583 T. McGrath, 2002.

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particolare anatomico, l'occhio, la bocca o un intero volto. La stesura cromatica poteva essere

dettata, anche, dalla necessità di creare un modello visivo, una sorta di fac-simile, per il

committente dell'opera, in quel caso si sottoponeva il disegno, che presentava gli stessi colori

che avrebbe dovuto avere l'opera finale, al vaglio del mecenate . Altre volte, l'uso del pastello

poteva essere dettato da necessità salutistiche: McGrath84, ipotizza che l'uso esteso delle

matite colorate fabbricate da parte del Barocci, sia da attribuire alla «volontà dell'artista di

studiare gli effetti coloristici della sua pittura e allo stesso tempo eliminare l'esposizione a

materiali che sconquassassero il suo stomaco85», ciò gli era permesso grazie al fatto che con la

tecnica del pastello «poteva raggiungere risultati simili a quelli della pittura ad olio», come

verrà dettagliatamente spiegato in seguito. Infine, un'ultima motivazione poteva derivare

direttamente dalle preferenze o esigenze di mercato. Nel Cinquecento, in particolare si

sviluppa un forte interesse verso il collezionismo delle opere grafiche. Gli artisti non sono

sordi a questi input collezionistici e con il passare del tempo iniziano a creare disegni il cui

scopo finale è quello di finire sul mercato. Con questi presupposti si innesca il fenomeno del

passaggio da disegno funzionale a disegno a sé stante, il quale si arricchisce sempre più

spesso di effetti coloristici: si prendano ad esempio i disegni a due o tre matite di Zuccaro e di

altri artisti della scuola romana.

Di seguito si cercherà di approfondire il discorso sulle funzioni e le motivazioni nell'uso

del pastello, arricchendo lo studio con esempi e confronti che permettano di motivare le

affermazioni appena riportate. Si proverà ad individuare a quale livello ideativo del

procedimento appartengono i disegni eseguiti a pastello, e vedremo come questa tecnica

coloristica sia riuscita ad entrare in tutte le tipologie del disegno e si sia poi sviluppata in

modo autonomo divenendo una vera e propria tecnica pittorica.

1.4.1 L'uso del pastello nell'esecuzione di un cartone: la nascita del cartonetto colorato.

Il cartone86 è un progetto elaborato in modo definitivo e in scala reale per una precisa

opera, da trasferire sul supporto tramite mezzi meccanici quali lo spolvero, la quadrettatura o

il ricalco. Questo tipo di disegno, la cui funzione specifica è di trasportare lo studio su carta

del soggetto e aiutare l'artista nella realizzazione dell'opera finale, è spesso facilmente

riconoscibile grazie alla presenza delle tracce propedeutiche al trasferimento, quali i fori dello

spolvero, la griglia per il trasferimento proporzionale, o i segni del ricalco. Per questo motivo

si tende ad individuare il disegno con Ritratto di Isabella d'Este (Inv. n. MI 753, Tav I),

eseguito da Leonardo, come un cartone preparatorio. Il disegno si presenta forato lungo i 84 T. McGrath, 2002, p.73-74.85 E. Borea, 1976, pp.177-207 [NDR] Bellori è la fonte che ci informa del presunto avvelenamente del Barocci da parte

degli artisti romani con cui collaborava (es. Zuccaro) e dei conseguenti problemi di stomaco che lo costrinsero a limitare l'uso di media liquidi in favore del pastello.

86 Per una maggiore trattazione sull'argomento si veda il testo di M.C. Galassi, 1998.

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contorni, quindi predisposto per un eventuale trasferimento tramite lo spolvero che Leonardo,

sicuramente utilizzava a cavallo tra Quattro e Cinquecento87. Questo cartone è probabilmente

l'unica opera di Leonardo pervenutaci che attesti l'utilizzo da parte del maestro della tecnica

del «colorir a secco», ovvero l'uso delle matite colorate. Venne realizzato alla fine del XVI

secolo a matita nera, rossa, e pastello giallo ocra, ed è oggi conservato al Département des

Arts Graphiques del Louvre. È opinione condivisa che il ritratto sia stato commissionato dalla

marchesa in occasione della sosta compiuta da Leonardo a Mantova tra il 1499-1500, dopo la

partenza da Milano in seguito all'occupazione francese. L'interesse di Isabella verso la

ritrattistica del maestro, è precedente ed è attestato dalla lettera del 26 aprile 1498 indirizzata

a Cecilia Gallerani, dove la nobile chiede di ricevere il ritratto che alcuni anni prima le aveva

fatto il maestro toscano, per poterlo confrontare con i ritratti di Giovanni Bellini. L'ipotesi, è

quindi, che Leonardo abbia realizzato due disegni e che, uno sia rimasto a Mantova e sia stato

presto alienato (tanto che Isabella è indotta a scrivere a Fra' Pietro da Novellara di Firenze per

chiedere un nuovo ritratto), mentre l'altro l'abbia portato con sé, prima a Venezia88 e poi a

Firenze, dove ha ricavato il cartone da noi conosciuto. Il cartone non fu mai tradotto in

pittura, nonostante le insistenze della committente, che nel 1504 vi rinunciò in cambio

dell'immagine di un «Christo giovenetto de anni circa duodeci»89.

Il procedimento tecnico-stilistico adottato per questo disegno, dove Leonardo combina i

pastelli su disegni sottostanti realizzati a matita rossa e lapis nero, mostra in primo luogo una

forte propensione alla regolarizzazione dei volumi, che conduce in seconda battuta alla resa di

effetti monumentali, che sono accentuati anche dalla frontalità con cui è presentato il busto,

rispetto alla posa di profilo del volto.

Il colore potrebbe essere chiamato ad assolvere anche a un'altra funzione, diversa da

quella della costruzione lineare-volumetrica del corpo o della semplice realizzazione del

cartone. È possibile che il pastello sia stato scelto da Leonardo come strumento disegnativo

per l'impossibilità di eseguire un ritratto ad olio della marchesa a causa della brevità del

soggiorno dell'artista a Mantova90. Il medium adottato, per la facilità e velocità di stesura che

lo caratterizzano, potrebbe essere stato utilizzato per la rapida esecuzione del disegno e con

l'intento di fissare qualche particolare o qualche dato coloristico (come la massa scura dei

capelli o l'orlo dorato del colletto) che si sarebbe potuto dimenticare al momento della

realizzazione del dipinto. Il fatto, però, che Leonardo abbia scelto di utilizzare un mezzo

inconsueto come il pastello e che abbia cercato di riportare sul foglio il maggior numero di

87 Leonardo da Vinci, Codice A, f 1r; cfr. Panichini, 1977, p.215: «prepara il legname per dipingervi su...e poi spolverizza e profila il tuo disegno sottilmente».

88 La presenza di un ritratto di Isabella a Venezia è testimoniata dalla lettera del 13 marzo 1500, di Lorenzo da Pavia in cui afferma: «e l'è a Venezia Lionardo da Vinci, el quale m'ha mostrato uno retrato de la S.V. che è molto naturale a quela. Sta tanto ben fato, non è possibile melio».

89 Lettera del 24 maggio 1504 scritta direttamente a Leonardo da Isabella.90 Dopo Mantova, Leonardo venne chiamato a Venezia dalla Repubblica Serenissima per effettuare un sopralluogo

sull'Isonzo, a causa della minaccia turca. Il suo viaggio, comunque, riprese quasi immediatamente alla volta di Firenze

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dettagli realistici possibile, compresi la modulazione dei colori e la cangianza dei lumi che

definiscono le masse corporee, fa assumere al disegno «l'aspetto di vero e proprio ritratto-

disegnato, ovvero di un ritratto condotto con le sole risorse del disegno91». La grandezza di

quest'opera si risolve tutta in questa caratteristica. Leonardo deve aver scelto di fare un

ritratto-disegnato perché sapeva di poter disporre di strumenti nuovi che gli avrebbero

permesso di realizzare, pur disegnando, un ritratto tale da poter gareggiare con la pittura,

finanche a superarla perché l'artista, con questa nuova tecnica, può contare anche su soluzioni

estetiche proprie del disegno quali l'abbozzo o il non-finito. Queste caratteristiche del Ritratto

di Isabella denotano l'elevato grado di maturità raggiunto dalla concezione costruttiva del

maestro, il quale crea un qualcosa di nuovo che è pienamente espressione della maniera

moderna e che si rinviene anche nei disegni dei suoi allievi.

Probabilmente affascinati dai risultati ottenuti da Leonardo nella tecnica del «colorire a

secco», Giovanni Antonio Boltraffio e Bernardino Luini seguirono le orme del maestro,

continuando ad usare le matite colorate e ottenendo risultati degni di nota. Il primo realizzò

tre disegni, in questa tecnica, che possono essere considerati come cartonetti colorati: uno

Studio di giovane donna a mezzo busto in vista frontale, da alcuni ritenuto preparatorio per la

Santa Barbara del museo di Berlino o per un perduto Ritratto di Isabella di Aragona e un

Ritratto di giovinetto conservati entrambi all'Ambrosiana di Milano (rispettivamente Inv. n. F

290 Inf.7; Inv. n. F 290 Inf. 8), oltre a uno Studio di testa femminile (Inv. n. 17184 F, Tav. III)

degli Uffizi, «studio dal vero» per la madonna della pala Casio92. L'altissimo grado di messa a

punto raggiunto in questi disegni, che tra l'altro non riesce a reggere nel trapasso alla pittura,

avvalora la tesi dell'invenzione del Ritratto-disegnato. Bambach93, ad esempio, crede che

questi disegni di Boltraffio siano un lavoro indipendente e non legato ad un'opera finita, in

quanto ritiene che un disegno così rifinito dovesse essere poco pratico e ridondante per lo

scopo a cui doveva assolvere un disegno preliminare: essere una traccia di base per il

trasferimento su altro supporto. Mentre Forio fa notare che c'è stato un «passaggio ad una

concezione grafica rivolta ad effetti più propriamente pittorici, non solo nelle più ricche scelte

cromatiche, ma anche nella ricerca di tratti più morbidi che non chiudono la forma nel segno

definitorio della punta d'argento ma la aprono a un più libero contatto con la luce»94. Anche il

secondo, Luini, raggiunge gli stessi risultati nel suo Ritratto di donna in mezzo busto di

trequarti dell'Albertina (Vienna, Graphische Sammlung, Inv. n. 243, Tav. IV), che secondo un

ipotesi raffigurerebbe Ippolita Bentivoglio. Questo è l'unico disegno a matita colorata che ci è

pervenuto dell'artista ed è ritenuto da molti un capolavoro del disegno a pastello del XVI

secolo. Dal punto di vista tecnico-esecutivo, Luini accentua a matita colorata solo alcune zone

91 A. Ballarin, 2010, in corso di pubblicazione.92 Fiorio, M.T., 2000, p.5093 Bambach, C.B.et al., 2003, p.65894 Fiorio, M.T., 2000, p.50.

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particolari, quali l'incarnato del volto, in cui utilizza un soffice sfumato per articolare gli

effetti tonali, i capelli e il cappello. Lascia, poi, la maggior parte della figura abbozzata sia

con la matita nera, soffice e argentea ,che a carboncino. Ne risulta un dinamico contrasto di

finito e non finito, di aspetto molto simile a quello del cartone per il ritratto di Isabella d'Este,

e del tutto in sintonia con quanto detto prima riguardo ai vantaggi del ritratto disegnato.

1.4.2 L'uso del pastello nel ritratto celebrativo.

Mentre Leonardo e i suoi allievi milanesi, realizzano con le matite colorate dei ritratti

disegnati, che solo in un secondo momento vengono recuperati come cartoni o modelli di

opere finite, nella produzione di Hans Holbein il Giovane e di Jean e François Clouet, l'uso

delle matite colorate ha come scopo lo studio per un'opera finale di tipo celebrativo e forse,

anche la necessità di costruire un modello per il committente, generalmente un personaggio di

alto rango sociale molto legato all'ambiente di corte.

Il ritratto celebrativo è un'opera che nasce per rappresentare ed esaltare la persona

raffigurata. Pertanto, proprio per la funzione a cui deve assolvere, i personaggi ritratti

mostrano una serie di caratteristiche peculiari e comuni, quali: la rappresentazione

monumentale del soggetto a mezzobusto, la posa generalmente di trequarti e la ricchezza

descrittiva dei particolari dell'abbigliamento, sopratutto di quelli lussuosi o caratteristici che

denotano il tenore di vita e la classe sociale d'appartenenza.

Alcuni esempi di ritratto celebrativo a pastello di Jean Clouet sono il Ritratto di

Guillaume Gouffier, seigneur de Bonnivet (Chantilly, Musée Condé, Inv. n. MN 153, Tav. V),

il Ritratto di Marie de Langeac, Madame de Lestrange (Chantilly, Musée Condé, Inv. n.

MN211 Tav. VI), e il Ritratto di Antoinette de Cerisay detta "La Chanceliere Olivier"

(Vienna, Graphische Sammlung der Albertina, Inv. n. 11184) che esemplificano il metodo

disegnativo del maestro francese, che consiste nel «definire il soggetto non tanto con un'unica

linea di contorno, ma piuttosto con tratti paralleli, sottili e lunghi, piuttosto spaziati di

pastello»95, come ben si vede sul copricapo di Guillaume e sui capelli di Madame de

Lestrange.

Il metodo di Holbein è, invece, diverso. Holbein definisce maggiormente i contorni con

un disegno lineare e sciolto, condotto interamente a pastello e poi rifinisce in maniera

sorprendente il volto e pochi altri particolari, quali i gioielli o gli accessori delle signore.

Tramite il pastello riesce a conferire una stupefacente vitalità al personaggio, sia

nell'espressione che nell'animazione. Alcuni studiosi96 credono che abbia acquisito la tecnica

direttamente da Clouet durante il suo soggiorno francese (1524), ma Meder97 fa notare che già 95 S. Foister, London, 1983, p.2896 N. Jafferes, 2006, p. 75897 Meder, 1978, p. 101

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nel Ritratto di lebbroso (Cambridge, The Fogg Art Museum, Harvard University, Inv.

n.1927.425.Meta and Paul J. Sachs Collection) datato 1523, quindi antecedente al viaggio in

Francia, Holbein utilizzava il pastello. È presumibile pertanto che la tecnica l'avesse imparata

precedentemente, forse in Svizzera, e che in seguito si fosse sviluppata in Francia - anche

grazie al contributo di Clouet - dove sussisteva da tempo una consolidata tradizione di disegni

preparatori a pastello - basti pensare al primo disegno a pastello di Jean Fouquet e al celebre

Jean Perréal, che suscitò l'interesse di Leonardo. Molto interessante, per comprendere la

tecnica a pastello di Holbein sono alcuni disegni del maestro conservati nel castello di

Windsor, per citarne solo alcuni, il Ritratto di Lady Grace Parker (Inv. n. 28, Tav. VII), la

figlia di sir John Newport, il Ritratto del conte Bedford (Inv. n. 69) o quello del conte di

Southampton (Inv. n. 66).

1.4.3 L'uso del pastello nella pratica di bottega: ricordi e modelli per il committente.

Il modello per il committente è un disegno-progetto, generalmente ben rifinito,

realizzato dall'artista per sottoporre le sue idee al vaglio del mecenate che gli ha

commissionato l'incarico; mentre i ricordi potrebbero essere definiti come delle copie

dettagliate dell'opera finale, realizzate dal maestro a scopo documentario o quale promemoria

della sua attività in modo da costruire per sé un repertorio di immagini-campione. Il ricordo,

nell'ambiente di bottega, poteva assolvere anche ad altre due funzioni: essere la base per

l'insegnamento e il praticantato degli allievi, che spesso consisteva nel ricopiare questi ricordi

per impratichirsi nel disegno, oltre ad essere un ausilio per combattere la falsificazione (il

ricordo, in questo caso, attesterebbe la paternità dell'opera).

Gli scopi per cui si realizzano queste tipologie disegnative sono quindi diversi, ma non

si può escludere che un modello precedentemente realizzato possa trasformarsi in un ricordo,

o che si verifichi l'ipotesi inversa: se, infatti, l'artista conserva nel tempo il disegno di un'opera

eseguita in passato e lo mostra in seguito ad un nuovo committente, questi potrebbe accettarlo

ed automaticamente il ricordo diverrebbe modello al committente.

I tratti caratteristici che contraddistinguono questi due generi di disegno, sono simili e

dovrebbero consistere nell'elevato grado di definizione raggiunto e nella minuzia descrittiva,

sia lineare che coloristica. Usare il condizionale è, però, d'obbligo in quanto la scelta di come

realizzare il ricordo o il modello spetta solo all'artista e dipenderà quindi dalle sue abitudini.

Un esempio, che secondo alcuni studiosi98, può essere considerato sia un ricordo che un

modello, è il foglio raffigurante la Madonna che legge con Bambino in braccio di Barocci

(Parigi, Musée du Louvre, Inv. n. 2847, recto, Tav. VIII), già citato in precedenza. Questo

disegno di piccole dimensioni, raffigura la Vergine seduta davanti ad un tendaggio mentre 98 M.M. Grasselli, R. Eitel-Porter et Al., 2007, p.52

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legge, con in braccio un Cristo bambino che si aggrappa al manto azzurro e dialoga attraverso

lo sguardo con lo spettatore. Il gruppo di figure è praticamente identico alla piccola opera

della Galleria Pallavicini di Roma, realizzata dall'artista tra il 1568 e il 1569.

Altri disegni che potrebbero essere considerati dei ricordi sono gli studi di animali di

Jacopo Bassano, in particolari quelli raffiguranti i cani. Dall'osservazione delle opere di

Jacopo e dei figli ci deriva la certezza che si possa trattare di ricordi di bottega, in quanto la

raffigurazione dello stesso animale nella medesima posa è ripresa in opere diverse, come ad

esempio il cagnetto accucciato in angolo in basso a sinistra nel battesimo di santa Lucilla per

mano di San Valentino (Museo Civico di Bassano del Grappa, Inv. n.15) che viene ripreso in

vista speculare nell'opera raffigurante il Potestà Sante Moro e san Rocco ai piedi della

Madonna con il Bambino (Museo civico di Bassano del Grappa, Inv. n. 23), e in tanti altri

esempi99.

1.4.4 L'uso del pastello per la “copia” condotta sull'originale dei maestri antichi.

La pratica della copia, intesa come riproduzione di un modello e finalizzata allo studio e

al perfezionamento della tecnica da parte di un artista principiante, doveva essere molto

diffusa nel passato. «La trattatistica artistica da Cennini a Vasari sino ai teorici del

Neoclassicismo, raccomanda al giovane artista l'applicazione alla copia come esercizio

propedeutico e indispensabile all'attività creativa, tale da affinare l'abilità dell'esecutore e da

stimolare il maturarsi delle sue doti»100. Nell'esecuzione della copia l'artista poteva utilizzare

strumenti disegnativi diversi, dalla penna, allo stilo, al carboncino e per inserire e

sperimentare il colore poteva considerare sia l'acquerello che il pastello. L'attestazione di

questo uso pratico del pastello, la ritroviamo nei consigli elargiti dall'Armenini101 ai giovani

che intraprendono la strada dell'arte del disegno e della pittura. Il consiglio riguarda il modo

corretto per imparare a distribuire le «mestiche ed i colori diversi» sul supporto. Suggerisce di

osservare le opere dipinte «dai più eccellenti nostri moderni, […] e se gli è possibile» di

provare ad «imitarle coi colori, o in tavolette, o in carte, [...] coi pastelli, o con altra materia

averne copia per poter servirsene poi né loro bisogni».

In questa categoria potrebbero essere inseriti i sei studi di teste a pastello per l'ultima

cena realizzati da Boltraffio, come ipotizzarono Georg Dehio e Wilhelm Von Bode102. Le teste

raffigurano Giacomo il Minore, Andrea, Giuda, Pietro, Giovanni e Cristo e si tratterebbe di

copie condotte dall'originale, dal quale si distaccano leggermente per la rielaborazione

personale dell'interprete di alcune pose dei personaggi, ma che permettono di cogliere i

99 A. Ballarin, G. Ericani, 2010, p. 71100A. Petrioli Tofani, 1991, p. 171101G.B. Armenini, 1587, p. 58-59102 W. v. Bode, 1886, 187-195

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pensieri del maestro, per quella porzione sinistra di affresco delle grazie irrimediabilmente

perduta. Esiste anche una seconda serie di disegni a pastello dello stesso soggetto e forse con

una simile funzione: quella dell'ormai dispersa collezione Weimar del museo granducale, dove

sono raffigurate le teste di Giuda, Pietro (North Carolina ,Chapel Hill, Auckland Art Museum,

Inv. n. 77.53.2), Tommaso, Giacomo Maggiore (North Carolina, Chapel Hill, Auckland Art

Museum, Inv. n. 77.53.2), Bartolomeo, Andrea, Filippo (Londra, collezione Gabriele

Pantucci), oltre alle Teste di Cristo (Melbourne, National Gallery of Vicotria, Inv. n. 1972/4) e

di Taddeo (Melbourne, National Gallery of Vicotria, Inv. n. 1973/4), mentre la Testa di

Simone risulta perduta e quella di San Giovanni e Giuda Minore sono invece conservate a

New York (collezione privata del dott. B.H. Breslauer)103. Non è certo che quest'ultima serie

sia un originale, ma se lo fosse probabilmente la sua funzione rientrerebbe nella categoria

sopra descritta.

1.4.5 L'uso del pastello per l'abbozzo o schizzo.

L'abbozzo, o schizzo, è un particolare tipo di disegno preparatorio in cui l'artista ricerca

la definizione formale delle idee che ha in testa. Potrebbe essere descritto come «l'embrione

dell'opera d'arte»104, ovvero quella fase primordiale ancora poco definita, ma spesso libera e

vitale, che preannuncia la realizzazione di un nuovo soggetto. Inoltre può essere difficile

trovare un riscontro tra l'abbozzo e l'opera finale a cui è destinato, perché il disegno prima

d'esser riportato sul supporto definitivo potrà essere più volte rimaneggiato, riadattato

finanche stravolto completamente o abbandonato per nuove soluzioni.

Lo Studio di figura seduta di spalle di Darmstadt (Inv. n. AE1432) e lo Studio di figura

seduta di Francoforte (Inv. n. 15216) di Jacopo Bassano possono essere considerati degli

abbozzi realizzati a pastello. In questi disegni, l'artista studia e sperimenta la struttura e

l'articolazione dei corpi con tratti repentini e ricchi di tensione che delineano la forma

essenziale della figura. Come fa notare Ballarin105, «l'esigenza di sperimentazione carica di

vitalità il segno fin dal primo formularsi del pensiero formale». Il pastello è impastato a

formare accese sfumature colorate, che vengono accostate arditamente (la trama dei segni neri

in contrasto con l'arancio della camicia, con il giallo limone delle braghe e con il rosa e bianco

dell'incarnato, e il freddo azzurro del manto), e viene utilizzato per dare forma alle figure e

per indagarne le pose, in una fase di ricerca formale ancora lontana dall'opera finale:

«L'espressione è condizionata e vitalizzata dalle possibilità del mezzo tecnico, il pastello, e

dall'occasione sperimentale di un primo abbozzo verso esiti che non sempre collimano con

quelli dei dipinti che si intendono preparare». La tesi che si tratti di abbozzi, appartenenti ad 103 P.C. Marani, 2001, tavole dalla 60-64104A. Petrioli Tofani, 1991, p.171105A. Ballarin, 1995, p.185

Page 29: Il pastello parte umanistica 01.07.2010

una fase precoce del processo ideativo dell'artista, è avvalorata dal fatto che questi disegni

non presentano corrispondenze con soggetti riportati in pittura, è possibile pertanto che

l'artista li abbia abbandonati in corso d'opera.

1.4.6 L'uso del pastello negli studi preparatori di figura.

Lo studio preparatorio di figura è un disegno, spesso, tradotto dal modello vivente in

posa, nudo o vestito, il quale viene analizzato in tutte le sue possibili gestualità.

Nell'esecuzione dello studio venivano, generalmente, tralasciati i particolari anatomici, quali

teste, mani, piedi, ginocchia e articolazioni varie, che venivano invece studiate singolarmente

negli studi di dettaglio. Gli artisti facevano uso, in questa fase ideativa, anche di espedienti

tecnici particolari, attestati dalle fonti, quali manichini o modellini in cera o creta per

focalizzare i movimenti o l'effetto dell'incidenza della luce. Lo studio preparatorio di figura

può presentarsi sotto forma di disegno più o meno dettagliato a seconda della fase

preparatoria a cui appartiene o dell'effetto ricercato.

Le caratteristiche di questo genere di disegno si possono osservare nel già citato Studio

per il Buon ladrone sulla Croce (Inv. n. 2897 recto), dove certamente la resa dell'incarnato e

l'analisi della posa sono i caratteri ricercati; o nello Studio di vecchio con turbante della

Fondazione Museo Meniscalchi-Erizzo di Verona (Inv. n. 35), dove con pochi tocchi di colore

viene delineata sia la forma del busto che l'espressione del volto personaggio, così come nello

Studio per vescovo seduto con libro sulle ginocchia (Stoccolma, Collezione Perman). Mentre

in Barocci ritroviamo le caratteristiche di questo genere nel bellissimo disegno a soggetto

volgare, dello Studio per giovane donna nuda piegata in avanti a prendere un vaso (Parigi,

Museo del Louvre, Inv. n.2860), conservato al Département des Arts graphiques del Louvre.

1.4.7 L'uso del pastello negli studi di dettaglio.

Il disegno di dettaglio corrisponde alla fase di studio analitico di ogni singolo particolare

della figura. Il punto di partenza è sempre il modello vivente atteggiato nella posa esatta in cui

deve comparire, ma diversamente dallo studio di figura, dove si analizza l'intero soggetto, in

questa fase vengono dettagliatamente studiati solo alcuni particolari, quali le mani, i piedi, le

gambe o le teste, sia nell'aspetto dell'articolazione della posa che in quello della modulazione

delle luci e dei colori. La scelta del pastello per lo studio dei particolari, piuttosto che

dell'acquerello, è determinata dall'«elevato grado di controllo del mezzo, [che è] necessario

per raggiungere una convincente resa tridimensionale106», tramite sottili gradazioni di tono.

Possiamo riscontrare questa fase di studio in opere di Bassano quali il saggio giovanile 106T. McGrath, 2002, p. 73

Page 30: Il pastello parte umanistica 01.07.2010

a pastello per la Fuga in Egitto della Morgan Library di New York (collezione privata), datato

1542; la Testa di Vergine addolorata (Parigi, Musée du Louvre, Département des Arts

graphiques Inv. n. 5286) del Louvre ed in particolare negli studi di animali, quali lo Studio

per il muso di un asinello (Berlino, Inv. n. 15655, Tav. IX) o lo Studio per due conigli (Inv. n.

811 Orn) degli Uffizi.

Di Barocci, invece, si ricordano lo Studio per la testa di san Francesco (Parigi, Musée

du Louvre, Département des Arts graphiques Inv. n. 2876, recto , Tav. X), che a causa

dell'angolo inusuale della testa del santo deve aver richiesto uno sforzo preparatorio enorme

da parte dell'artista107; lo Studio per la testa di Cristo (Inv. n. 552) del capolavoro barocciano

la Madonna del Popolo di Santa Maria della Misericordia in Arazzo; lo Studio preparatorio

per la testa dell'apostolo della Pentecoste visto di scorcio (Vienna, Graphische Sammlung der

Albertina, Inv. n. 1553), e ancora lo Studio di testa di donna del 1584 del Louvre di Parigi

(Département des Arts graphiques, Inv. n. 2866), dove l'indagine riguarda sia lo scorcio della

testa che la resa cromatica dell'incarnato. Per quanto riguarda gli studi di dettaglio di altre

parti anatomiche, si ricordano anche gli Studi di mani (Inv. n. 2886, recto) e braccia e lo

Studio di piede (Inv. n. 11009, recto) del Louvre , nonché lo Studio di mani e avambraccio

(Parigi, Inv. n. 2886, recto).

In questa categoria disegnativa è possibile inserire anche lo Studio per testa di cardinale

(collezione privata, Tav. XI), il secondo ed ultimo disegno di Raffaello conosciuto, realizzato

a pastello, oggi conservato nella collezione della Wiltonhouse, nella raccolta del duca di

Pembrock, a Montgomery. La tecnica utilizzata per il disegno ha disorientato la critica per

molto tempo, tanto che si era pensato di attribuire l'opera al Bassano, ma in seguito ad un

intervento di Konrad Oberuber e degli esperti del British Museum è stata formulata la corretta

attribuzione.

1.4.8 L'uso del pastello negli studi di composizione o «concetti».

Lo studio di composizione o «concetto»108 è una sorta di disegno che si può porre a

metà strada tra lo schizzo e il modello109. Viene realizzato durante la fase progettuale

dell'opera per analizzare gli effetti della luce, delle pose e dell'ambientazione. Il grado di

schematizzazione che può raggiungere dipende, comunque, dalle necessità di impaginazione e

posizionamento delle figure nella scena, oltre che dalle abitudini del singolo artista.

Associare i pastelli agli studi di composizione significa affrontare il discorso

dell'importanza e della funzione del colore nella concezione artistica cinquecentesca. La

107L'ipotesi dell'insistenza sullo studio di questo dettaglio è avvalorata dalla presenza di un secondo disegno di analogo soggetto alla National Gallery di Edimburgo (Inv. n. D2250).

108W.R. Rearick, 2000, p. 21109A. Petrioli Tofani et Al., 1991, p. 171

Page 31: Il pastello parte umanistica 01.07.2010

trattazione completa di questo tema va al di là degli scopi del presente elaborato, pertanto si

cercherà di sintetizzare velocemente i concetti. Com'è risaputo, il modo di intendere il colore

tra gli artisti veneziani e quelli centro italiani è diverso nel Cinquecento. In relazione agli

artisti centro-italiani si parla spesso di colore strutturale o di isocromatismo, come lo definì

John Shearman. L'isocromoatismo consiste nell'arrangiamento di colori ripetitivi in accordo

con il posizionamento simmetrico delle tinte, o meglio con un predeterminato modello

strutturale. In sostanza si cerca di imporre un ordine su un fenomeno instabile come il colore

per ottenere una composizione armonica dell'opera. Questo colore strutturale emerge non solo

nei disegni per progetti di affreschi parietali e soffittali, ma anche in disegni per composizioni

figurali e storie a supporto mobile. Generalmente, il mezzo utilizzato è l'acquerello, per motivi

che vedremo più avanti110, ma la scelta non è obbligata. Sono presenti, infatti, alcuni esempi di

studi di composizione realizzati a matita colorata, come nel caso del disegno di Raffaello,

Papa Silvestro I portato sulla sedia gestatoria, conservato presso l'Isabella Stewart Gardner

Museum di Boston (Inv. n. 2.4093). Questo disegno è realizzato con cinque colori a pastello –

giallo, rosso, arancione-rosso, nero e bianco - , che sono usati per far risaltare la disposizione

delle tinte nei gruppi figurali. Distinte aree di colore enfatizzano la funzione del disegno e

permettono di condurre lo sguardo verso il soggetto principale: il papa (probabilmente

Silvestro I), innalzato sopra ai presenti, dai quali è condotto in processione. Si osservi, ad

esempio, la struttura piramidale costruita dal colore rosso del trono e delle vesti, di cui la

mitra papale ne è l'apice. Secondo quanto riportato da McGrath111 e Gere112, si tratterebbe di

un disegno relativo ad una fase precoce del processo disegnativo. Sono presenti, infatti, tracce

di figure a matita nera più volte rimaneggiate ed eliminate; ripensamenti che, come il colore

giallo del vestito ecclesiastico, non sembrano solo tentativi ma delle chiare tracce di un

working-in-progress studiato e ragionato dall'artista prima di affrontare l'esecuzione dell'opera

finale: l'affresco della parete nord della Sala di Costantino in Vaticano. È, anche, presente una

doppia quadrettatura in matita nera che suggerisce un duplice trasferimento del disegno: la

quadrettatura retrostante indicherebbe il trasferimento da un altro foglio, mentre quella

posizionata sopra al disegno fa ipotizzare un secondo trasferimento verso un ulteriore foglio o

verso l'opera finale. La presenza del colore, espresso qui nella forma di matita colorata

artificiale o pastello, già in questa fase preparatoria, fa capire quanto importante esso sia

nell'arte di Raffaello, il quale lo plasma e lo manipola per raggiungere effetti calcolati che

stupiscono lo spettatore sia sul piano visivo che in quello intellettuale. Un ulteriore tratto

interessante di quest'opera son le dimensioni: il formato non è molto grande (39,8 x 40,4cm),

pertanto viene perso il rapporto proporzionale 1:1 tra il disegno e l'opera finale che

110 T. McGrath, 1997, p.22-30111 T. McGrath, 1997, p.22-30112 J.Gere, 1987, p.154-160

Page 32: Il pastello parte umanistica 01.07.2010

generalmente contraddistingue i cartonetti ausiliari. Per questo motivo il disegno è

considerato come uno studio, ancora in forma di abbozzo, di proporzioni ridotte e a colori per

una grande composizione: una pratica che, come vedremo diventerà usuale in Jacopo Bassano

È stato già affermato in precedenza che il modo di concepire il colore da parte degli

artisti veneti e nord-italiani è diverso rispetto a quello dei colleghi del centro-Italia. Il colore

in ambito veneziano, non è trattato tanto dal punto di vista del suo ruolo costruttivo della

struttura dell'opera pittorica, e quindi come una semplice disposizione delle tinte su una

superficie, ma piuttosto è visto come fenomeno naturale da imitare. Ludovico Dolce nel suo

Aretino del 1557, sosteneva che era molto più importante essere in grado di combinare i vari

toni in una singola faccia, piuttosto che distribuire bellissimi colori in una composizione, e

che «la varietà dei colori necessitano di essere sfumate e unificate in modo tale che siano

naturalistiche...». L'insistenza veneziana sull'importanza di catturare la molteplicità delle tinte

di un oggetto, di un volto o di un'incarnato è ben visibile nello studio di composizione a

pastello del 1575 raffigurante il Buon ladrone sulla croce del Louvre (Inv. n. 2897 recto, Tav.

XII), realizzato da Jacopo da Ponte, detto Il Bassano (1510/15-1592) e in molti altri suoi studi

di figura o di dettaglio realizzati con la stessa tecnica.

Esistono, comunque, delle eccezioni anche in ambito veneto. Lo stesso Bassano, infatti,

utilizza la tecnica a matita colorata anche per la distribuzione del colore a scopo strutturale. Il

colore nei suoi studi di composizione è necessario per la decifrazione del progetto che si

presenta steso rapidamente e nervosamente con un pastello nero piuttosto soffice, dal segno

largo e intenso, il cui incrociarsi delle linee ne rende difficile la lettura senza l'arricchimento

del colore113. Esempi di studi di composizione del Bassano sono i disegni, su fogli di piccole

dimensioni, raffiguranti la Deposizione di Cristo (Washington, National Gallery of Art, Inv. n.

1980.3.1), la Cattura di Cristo di notte (Louvre, Départment des Art Graphiques, Inv. n.

RF38815), l'Adorazione dei pastori (Berlino, Staatische Museen, Kupferstickkabinett, Inv. n.

24630 recto e verso), la Cacciata dei mercanti (Florida, Paul Getty Museum, Inv. n.

8.9.GB.63) e la Presentazione della Vergine al tempio (Ottawa, National Gallery of Canada,

Inv. n. 4431) realizzati a pastello tra il 1568-1569, dove comunque non si perde la tradizione

veneta del colore: basti guardare il modo di rendere le luci e le ombre sulle vesti rosse,

arancioni e azzurre, e i tocchi rosei degli incarnati. Stesso ritmo compositivo e processo

produttivo a matita nera (forse pastello) si rinviene nel concetto raffigurante la Battaglia di

Spoleto di Tiziano114.

È necessario far notare, ad ogni modo, che il medium più frequentemente riscontrato

negli studi di composizione, è l'acquerello. Il motivo, probabilmente, sta nel fatto che la

maggior parte di questi studi è realizzata per la progettazione di opere ad affresco, e

113 T.Burns, 1994, p.49-56114 H.E. Wethey, 1987

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l'acquerello, per le sue caratteristiche tecnico-stilistiche, permette di raggiungere effetti

maggiormente somiglianti a quelli ottenibili nella pittura murale. Ciononostante, laddove

l'opera finale non prevede l'utilizzo dell'affresco, ma piuttosto della pittura ad olio o della

tempera, si riscontra una preferenza nel realizzare disegni con matite colorate (o, per meglio

dire, a pastello) con le quali era possibile produrre effetti sottotonali e passaggi di colore

simili a quelli del medium oleoso. Il pastello, infatti, se miscelato alla giusta dose di legante

manifesta una peculiare morbidezza che lo rende facilmente amalgamabile ad altri colori,

facilitando i passaggi di tono. Nonostante, però, si riesca a ricreare tramite questa morbidezza

del mezzo gli stessi effetti della pittura ad olio, la tecnica di stesura del pastello è totalmente

diversa da quella del colore ad olio. Diversamente da quanto avviene per quest'ultimo,infatti,

le tonalità non si creano sulla tavolozza mescolando diversi colori; vengono, invece, realizzati

direttamente dei pastelli con una gamma diversificata di gradazioni tonali variando la

percentuale di carica; questi sottotoni, una volta stesi sul supporto, vengono solamente

omogeneizzati e sfumati con gli altri colori vicini o con il dito o con appositi strumenti, quali

le pezzuole o gli sfumini.

1.4.9 L'uso del pastello nel caso particolare del Barocci.

Questa tendenza ad utilizzare la matita colorata per riprodurre e studiare gli effetti tonali

della pittura ad olio, è riscontrabile anche nei disegni di Federico Barocci, il cui modo di usare

i pastelli spesso anticipa i modi pittorici settecenteschi. Arnoldi ci fa notare nel suo saggio «Il

disegno e le tecniche grafiche» che la pittura ad olio su tela, che in questo periodo prende

fortemente piede, introduce nel panorama artistico italiano oltre all'uso di nuove tecniche

disegnative anche nuovi procedimenti esecutivi. Così ad esempio il passaggio dallo studio al

cartone da riporto, alla tavola viene sostituito con quello dal disegno al “bozzetto” -un dipinto

a scala ridotta- , al quadro, pratica quest'ultima adottata tra i primi dal Barocci, come ci

informa il Bellori115, e che diverrà comune ai pittori del Sei-e Settecento, anche per l'esigenza

sentita da loro e dalla committenza di poter valutare su un modello di piccole dimensioni le, a

volte vastissime, composizioni della pittura116.

La necessità di utilizzare le matite colorate nei disegni di Barocci è, quindi, strettamente

connessa all'esecuzione di un'opera ad olio; fortunatamente per quanto riguarda questo artista

si sono conservati spesso sia i disegni che le opere per cui probabilmente sono stati realizzati.

Il disegno che raffigura la Madonna che legge con bambino in braccio ( Louvre, Inv. n. 2847,

recto) del 1568-80, ad esempio, dev'essere servito o da studio finale per l'omonima opera di

Barocci conservata alla Galleria Pallavicini di Roma o da “ricordo” (copia di bottega) della

115 G.P. Bellori, 1976, p.177-207116 F. Arnoldi, cap.VI., 2007, p.12

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stessa; il disegno con la testa di San Francesco (1574/76) è stato probabilmente realizzato per

l'esecuzione del Perdono di San Francesco della chiesa di San Francesco di Urbino117; lo

studio per la testa di un bambino (Washington, collezione privata) riprende, invece, il putto

del capolavoro barocciano la Madonna del Popolo degli Uffizi; mentre i due studi di Testa di

vecchio barbuto e testa di vecchio dell'Albertina (Vienna, Graphische Sammlung,

rispettivamente, Inv. n. 555 e Inv. n. 556) devono essere stati realizzati, il primo come Studio

di Zaccaria per l'opera l'Incontro di Maria ed Elisabetta della Cappella della Visitazione della

chiesa Nuova a Roma e l'altro come Studio per la testa di Giuseppe nell'opera la

Circoncisione di Cristo del Louvre. Sono solo alcuni esempi, ma la lista potrebbe essere assai

più lunga. In tutte queste opere citate le matite colorate sono trattate con soffice manualità:

vengono sfumate fino a raggiungere una consistenza cremosa, caratteristica quest'ultima del

lavoro di Barocci e anticipatrice dei modi settecenteschi di trattare il pastello. I colori sono

praticamente gli stessi che si ritrovano nell'opera compiuta.

Gli studiosi sono concordi nel dire che nessuno, prima di Barocci, sia stato in grado di

usare i pastelli nello stesso modo sistematico, ma al contempo sono incerti sul definire le

modalità con cui questo eccezionale artista possa essere divenuto familiare con la tecnica. Le

ipotesi principali sono due. La prima, smentita nel saggio di McGrath118, ritiene che Barocci

possa aver appreso l'arte del pastello dal coevo Jacopo Bassano. La seconda, invece, si basa

sulla biografia scritta da Bellori in cui si ritiene che il Barocci dopo aver visto dei «pezzi di

cartoni e teste a pastelli di mano del Correggio» capitati ad Urbino attraverso uno sconosciuto

pittore sia rimasto «preso da quella maniera che si conformava al suo genio» e che «si pose a

disegnar ai pastelli dal naturale». Nonostante non esistano disegni a pastello autografi del

Correggio, quest'ultima ipotesi sembra essere più plausibile della precedente se non altro per

la forte influenza che ebbe l'arte del Correggio su Barocci, il quale cercò di prendere

ispirazione sia nelle idee, che nella «maniera sempre facile e soave» di questo artista119. Nel

caso in cui fosse fondata la notizia dell'uso di pastelli da parte del Correggio, sorgerebbe

spontanea una domanda: dove Correggio può aver appreso questa tecnica disegnativa? Le

fonti storiche ci raccontano che Antonio Allegri fu a Mantova presso Mantegna verso la fine

del XV e l'inizio del XVI secolo120 dove, nello stesso periodo, i capostipiti del pastello,

Leonardo121 e Jean Perréal, frequentavano l'ambito di corte; non è improbabile, pertanto, un

contatto da parte del Correggio con questa nuova tecnica artistica.

Tornando al nostro artista, non è da escludere nemmeno l'ipotesi di McGrath secondo

cui Barocci possa aver appreso l'arte del pastello attraverso l'osservazione di disegni di artisti

117 M.M Grasselli, R. Eitel-Porter et Al., 2007118 T. McGrath, 1998119 G.P. Bellori, 1976, Torino, p.177-207120 P. De Vecchi, E. Cerchiari, 2004, p. 205121 D.A. Brown, 1981, p. 80

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umbri, tra cui lo stesso Raffaello e Timoteo Viti122, e che successivamente possa «essere stato

incoraggiato nell'uso dei pastelli per una generale volontà tra gli artisti in Roma – dove lui

soggiornò per ben due volte - di introdurre i colori a scopo descrittivo nei loro disegni»123.

Nonostante gli artisti romani, con cui Barocci venne a contatto, non abbiano mai usato

estensivamente pastelli, il loro contributo fu di altra natura: permisero, infatti, di introdurre in

un ambiente in cui i disegni erano visti come un formato pratico di presentazione delle idee,

anche l'aspetto coloristico. Questa funzione del disegno si ritrova anche nelle opere grafiche

di Barocci, dove si ravvisa una forte coerenza tra il colore dei disegni e quello delle pitture a

cui i disegni corrispondono. Probabilmente attraverso il disegno, Barocci intendeva studiare

gli effetti coloristici delle sue pitture, e per farlo scelse un mezzo grafico che gli permettesse

di ottenere risultati simili a quelli ottenibili con la pittura ad olio. Questa volontà di

raggiungere specifici effetti pittorici è osservabile anche nel disegno Testa di Uomo Barbuto

(Inv. n. 1991.182.16) o nell'incarnato del Testa di donna (Inv. n. 1989.76.1) entrambi della

Woodner Collection, dove la precisione di Barocci nel raggiungere certe tonalità, lo ha

incoraggiato ad usare gessetti fabbricati con tinte specifiche piuttosto che combinare due

colori distinti sulla superficie della carta.

Concludendo, le motivazioni che spinsero Barocci all'uso del pastello sono molteplici,

come ad esempio la volontà di studiare pose particolari, ma probabilmente la più significativa

risiede nel ruolo attribuito al colore da questo artista. Il colore, come fa notare McGrath124,

non serviva solamente per rappresentare realisticamente la realtà, era anche un “oggetto” per

l'organizzazione della composizione, così come la scuola romana gli aveva insegnato, ma al

contempo era anche e un mezzo per l'espressione dei sentimenti: un modo di vedere il colore,

quest'ultimo, lontano dalla concezione romana e molto più vicino a quella nord-italiana

familiare al Correggio. Disegnare con i pastelli fu spesso il mezzo con cui tentò di conciliare

questi aspetti, evitando l'esposizione prolungata ad altri materiali che gli avrebbero potuto, tra

l'altro, causare problemi di salute e impedire la pratica artistica.

122 T. McGrath, 1998: viene citato il pastello di Timotoeo Viti che ha per soggetto Busto di Giovane donna di Stoccolma, p.3-9

123 T. McGrath, 1998, p.3-9124 T. McGrath, 1998, p. 3-9

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Capitolo 2

IL RICETTARIO

2.1 Dalle punte per colorire a secco ai ricettari del XVIII secolo.

Di seguito verrà presentato un elenco cronologicamente ordinato di tutte le ricette sui

pastelli raccolte dalle diverse fonti, a partire dal primo riferimento alla tecnica scritto da

Leonardo nel Codice Atlantico, fino al più famoso trattato francese sul pastello datato 1788.

2.1.1 Leonardo da Vinci: il pastello nel Codice Foster II e nel codice Atlantico.

Leonardo Da Vinci125 scrisse tra il 1495 e 1497, periodo a cui è fatto risalire il codice

Foster II (§612, Forster II, 1495-1497), la ricetta, di seguito riportata, per realizzare uno

strumento per colorire a secco.

“Per fare punte da colorire a secco; la tempera con un po' di ciera e non cascherà, la qual ciera disoluerai con acqua, che, tempera la biacca, essa acqua stillata se ne vada in fumo e rimanga la ciera sola, e farai bone punte; ma sappi che bisogna macinare i colori colla pietra calda.”

Come si può evincere dal testo, si tratta di uno strumento realizzato con la cera come legante.

A causa di questo ingrediente, gli studiosi non ritengono che la ricetta descriva lo strumento

che oggi conosciamo come pastello. Si pensa piuttosto che il pastello vero e proprio sia quello

derivato dall'altra citazione di Leonardo presente, questa volta, nel Codice Atlantico126 dove

l'artista si annota di dover piglia[re] da Gian di Paris il [suo] modo de colorire a secco... e la

sua cassetta de' colori. Questo modo francese di colorir a secco doveva essere,

presumibilmente, più compatibile con le ricette seguenti, che utilizzano altri leganti e che

descrivono inconfondibilmente le modalità di realizzazione delle matite colorate, o pastelli.

Ad ogni modo non si riesce a comprendere perché Leonardo necessiti di apprendere da Jean

Perréal la tecnica del colorire a secco se già aveva una sua ricetta personale. Su questo aspetto

si possono fare solo delle ipotesi grazie al fatto che il Codice Atlantico, in cui è contenuto il

Memorandum Ligny e la nota citata, «ricopre un periodo di oltre quarant'anni, dal 1478 al

1519127» e non tutti i fogli sono di datazione certa. L'ipotesi è che Leonardo abbia prima

appreso dal collega francese la tecnica e che solo in un secondo momento, magari per

sopperire allo svantaggio principale del pastello (riscontrato anche da Lomazzo): la fragilità

della superficie pittorica, abbia provato in un momento di sperimentazione a miscelare i

125 J.P. Richter, 1939, §612, p.359126 Leonardo da Vinci, Il codice Atlantico, F669 recto, e in Codex Atlanticus, II, f °247, citato da Meder, 1978, p. 136127 C. Pedretti, M. Cianchi, 1995.

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pigmenti con la cera a caldo. Questa ipotesi, assolutamente speculativa in assenza di prove,

deriva dalla forza dell'inciso «e non cascherà» nella ricetta sopraccitata, il quale sembra

indicare che Leonarodo avesse cercato un modo per fermare i colori dopo la stesura e per

rallentare la perdita del disegno.

2.1.2 Il Sintaxeon Artis Mirabilis: la prima ricetta del pastello.

La prima ricetta vera e propria del pastello risale al 1574 ed è riportata nel

«SYNTAXEΩN ARTIS MIRABILIS» di Petrus Gregorius128, professore di Lione. Il fatto che

la prima ricetta sia maturata in ambito francese, avvalora l'ipotesi che questa tecnica sia nata

proprio in Francia e che tramite Jean Perréal, e quindi Leonardo si sia diffusa nell'Italia del

XV secolo. Grazie alle poche righe seguenti siamo in grado di conoscere quali sostanze

leganti erano utilizzate per produrli. Il testo recita:

Componuntur & ex coloribus vel simplicibus vel mixtis, veluti styli, cetacei [cretacei] longiusculi, quib. Pictores ichaographias vultuum pennae modo in papyro describunt prius, ut dixi, charta creta alba illita, & leniter cum xylo seu gossippio confricata.

Describunt quoque maiores lineas, lapide nigro fabrili, vel creta rubea, interdum & plumbo, quorum maculas, plombi inquam, panis mica fricatas, aliorū autem xylo demunt, postquā lineamenta iusta, inducta alijs coloribus sunt.

Condesant autē et cylindruli formula, rotant stylos illos colorū, pictores, alij glutine piscium, alij cum gummi Arabico: alij cū lacte ficus arboris: alij, et illi ut arbitror, dulcius cum sero lactis: cum hoc enim molliores sunt stylus quos vocant coroyons: alij enim duriores et qui chartā incidant

Vengono composti con colori semplici o misti in forma di stili [di bastoncini] cretacei e piuttosto allungati, con i quali i pittori “di volt i” tracciano i primi segni usandoli come penne sul papiro [trattato] come detto prima: la carta spalmata di creta bianca e dolcemente strofinata con lo xilo129 o con il gossippio130. [I pittori] descrivono le linee principali anche con il lapis nero o con il lapis rosso (creta rossa) e qualche volta con la punta di piombo, le quali macchie, soprattutto quelle del piombo, strofinate con la mollica di pane vengono rimosse, dopodiché le linee giuste vengono colorate[I pittori] fanno questi colori in bastoncini cilindrici, li arrotolano assieme a colla di pesce, a gomma arabica, a lattice di fico o (meglio) a siero di latte, che fa il pastello soffice; mentre con gli altri leganti i pastelli sono duri e tendono a graffiare la carta.

Inoltre menziona una mistura di bianco di piombo o di gesso bianco, per smorzare, alleggerire

i toni e sfumare il tocco e la possibilità di rimacinare i colori per crearne di nuovi. È

interessante notare che questa pratica di aggiungere quantità crescenti di bianco per ottenere

mestiche di tinte diverse, oltre ad essere un tratto caratteristico del pastello, che non può

essere amalgamato direttamente sul supporto per creare i mezzitoni, è anche collegabile al

testo di Armenini131 e alla necessità di provare a pastello “le mestiche” per prevedere l'effetto

128 D. Petro Gregorio, Colonia, 1610, p.294-296, anche nel Meder e nel Burns.129 Il termine xilo può assumere diversi significati, perché può indicare sia un tipo di legno (xilo-balsamum, xilon è anche la

pianta di cotone) che essere usato come sinonimo di Gossyppium. (In A new and complete Dixtionary of Arts and Sciences, Vol IV, 1764, p. 3506).

130 Il termine Gossippio, invece, significa cotone ed è usato anche per indicare un panno di cotone come riporta il testo del Manuale ecclesiasticorum seu collectio decretorum authenticorum sacrae del 1845, p.238: «amictus, albas, tobaleas altarium, nec non corporalia, et pallas ex tela quadam composita ex uno, et gossippio subtilissimo...» o il New and complete Dixtionary of Arts and Sciences, vol. II, p. 1484, alla voce «Gossyoppium: cotton, a genre of monadelphia polyandria, ...». In questo testo potrebbe essere stato utilizzato per indicare le pezzuole o gli sfumini.

131 G.B. Armenini, 1587, cap. VI, p. 58-59

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che faranno sul muro o per copiare l'abilità coloristica dei grandi maestri.

Anche Imperato132 nel 1599 parla di pastelli e li descrive come degli strumenti

disegnativi fatti di gesso. Secondo il Meder, che paragona le affermazioni di Imperato con

quanto descritto da Cellini, non c'è dubbio che i suoi pastelli dovevano essere composti da un

uguale quantità di “gesso” fine e fresco e di biacca o bianco di piombo. Meder comunque non

scrive nè la parola chalk né gypsum, come invece fa in altre parti del testo per indicare il

minerale solfato di calcio, ma mantiene la parola italiana gesso come se non fosse convinto

del materiale a cui si riferisce l'autore. Ciò è molto importante perché, per quanto riguarda la

matita bianca, chiamata grafio bianco o lapis bianco, Imperato distingue il materiale di cui è

composta, dal gesso (nonostante usi comunque la stessa parola) e dice che ha un sapore

calcareo, come si può leggere di seguito.

Il Grafio bianco è “una terra bianca [che viene] tagliata in bastoncini da disegno, siccome è fatta di gesso bianco (white chalk133). Questo è un materiale che si dissolve rapidamente in acqua, che non indurisce se cotto ed ha un gusto pungente (sharp) e simile al calcare/alla calce (limelike). È usato per disegnare su pannelli preparati, come [fanno] i bastoncini di gesso. Ma non è molto usato qui.”134

Quindi potrebbe anche trattarsi di carbonato di calcio, un pigmento bianco di facile

reperibilità per l'abbondanza e frequentemente usato nell'antichità in diversi ambiti. Per

avvalorare questa tesi si prenda ad esempio il caso del ricettario quattrocentesco di

Diotaiuti135, dove si usa spesso il termine gesso per indicare sia un pigmento bianco realizzato

artificialmente per precipitazione del carbonato di calcio, quindi un pigmento molto simile al

bianco di San Giovanni, che per indicare il caolino. Nell'Excellensy del 1688 (p. 12), in cui si

riporta la nota di Imperato, si raccomanda di usare il Gesso di Parigi, senza motivare la scelta

del materiale.

Meder136 suggerisce che altre ricette, da lui esaminate, variano nel legante, nel pigmento

e nella quantità di bianco utilizzato. Specifica inoltre che la matita nera era fatta di fuliggine,

e il rosso di “gesso rosso”, probabilmente una terra rossa, cinabro o rosso di piombo; le ocre

erano utilizzate per fare il giallo e il marrone, mentre i blu e i rosa appaiono più tardi, quindi

per queste tinte viene ipotizzato l'utilizzo di colori sintetici o di miscele di pigmenti per la

realizzazione dei pastelli. Ad ogni modo Meder non fa altri riferimenti sui pigmenti, specifica

132 Meder, 1978, p.91 e su: Imperato Ferrante, Napoli 1599, p.122133 Si fa notare che secondo il The FreeDictionary, la parola chalk significa: «A soft fine-grainde white sedimentary rock

consisting of nearly pure calcium carbonate, containing minute fossil fragments of marin organisms, usually without a cementino material»; si veda anche nota 9 al paragrafo 1.2, sul problema terminologico.

134 Meder, 1978, p.90135 Laskaris, C. Z.; 2008, MS. 99, f.9r della Biblioteca comunale di Fermo.136 Meder, 1978, p.100

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solo che vennero utilizzati anche i colori vegetali, che però erano poco permanenti, e che oggi

sono utilizzati i colori all’anilina.

2.1.3 Il pastello nel XVII e XVIII secolo.

Per ampliare la ricerca sulla fabbricazione del pastello e ottenere maggiori informazioni

sui pigmenti utilizzati anticamente in questa tecnica è stata effettuata anche un'indagine

all'interno di testi manoscritti, spesso relazionati alla pratica della miniatura, e su porzioni di

dialogo epistolare, che ricoprono un arco temporale dalla prima metà del XII secolo137 alla

fine del XVII secolo. Nonostante non siano presenti ricette sui pastelli prima della metà del

XVI secolo, ci siamo affidati alle parole di Lomazzo, il quale riferisce che il pastello «si fa

con punte composte particolarmente in polvere di colori che di tutti si possono comporre».

Pertanto le fonti più antiche sono state utilizzate per verificare i colori disponibili al tempo

nelle varie arti. Da queste fonti è emerso che non sono presenti sostanziali differenze da ciò

che ha trascritto Meder138 nella tipologia di pigmenti utilizzati, sono comunque presenti anche

i coloranti naturali. Queste fonti sono state, inoltre, molto utili per ottenere informazioni sulle

ricette dei leganti, che sono generalmente difficili da trovare. I testi del XVI e XVII secolo,

presi in considerazione, sono principalmente di ambito inglese e francese, paesi in cui il

disegno a pastello entrò facilmente nel gusto del ceto abbiente e venne quindi a più riprese

sperimentato; è riportato anche un testo italiano di ambito veneto che attesta la continuazione

dell'utilizzo di questa tecnica anche a livello di pratica di bottega. I risultati dell'indagine

hanno messo in evidenza la presenza in Europa di diversi modi di fabbricare il pastello, di

seguito riportati, e alcuni accorgimenti relazionati all'utilizzo di certi pigmenti, non presenti

nella ricetta più antica del pastello, quella di Gregorius, e che fanno pensare ad un

affinamento della tecnica.

Nel testo Pictoria, Sculptoria et quae Subalternarum Artium139, redatto nell'arco di circa

ventisei anni, ovvero dal 1620 al 1646, il ginevrino Theodore Turquet De Mayerne raccolse le

ricette dei materiali utilizzati dagli artisti che circolavano alla corte inglese e annotò a margine

dei fogli diversi appunti personali di conoscenze accumulate nei suoi viaggi per l'Europa. In

particolare, le fonti delle ricette riportate da De Mayerne riguardano sia trattati e ricettari

inglesi, italiani e tedeschi sulla tecnica della pittura (ad esempio le opere di E. Norgate,

137 F. Brunello, 1992; Theophilus; 1996.138 Meder, 1978, p.100139 S. Rinaldi (a cura di), M. Cordaro (prefazione di), T.T.De Mayerne, Anzio, 1995, MS Sloane 2052, British Museum,

Londra.

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Alessio Piemontese140, G. Birelli141, T. Rosselli142, l'Illuminierbuch di Boltz von Rufach, etc.),

sia comunicazioni fornite personalmente dagli artisti che il medico svizzero aveva occasione

di incontrare a corte. Il testo originale, da cui sono tratti i paragrafi seguenti, è tuttora

conservato alla National Library di Londra sotto la dicitura MS Sloane 2052.

Metodo Inglese

Pastelli di tutti i colori principalmente per i volti(Foglio 97r)

Un materiale è la creta, con la quale bisogna unire i colori, il vermiglione, la lacca, la terra d'ombra, l'ocra gialla e macinare il tutto con del latte, e fare dei pastelli. (Signor Norgate) L'altro materiale è la terra con la quale si fanno le pipe da tabacco143, che si deve mescolare con acqua. Questo tipo resiste di più, è meno fragile e si stende facilmente. Per la lacca che è così secca che a stento si può stendere sulla carta, bisogna mescolare la terra e stemperarla con sapone di Venezia dissolto in acqua. Una volta che tutta la miscela sia stata ben macinata sul marmo come si fa con i colori, fate i vostri bastoncini, e pareggiateli con una paletta o un piccola asta di legno ben liscia, lasciate seccare al sole, o all'ombra in un luogo pulito. Ci sono due tipi di terra da pipe, l'una è bianca, che è la migliore. L'altra è blu. Notate e provate la terra bianca con cui si fa a Parigi il vasellame smaltato.

Pastelli di Gesso

Del colare il gesso

(Foglio 129v)

Frantuma il gesso in pezzi grandi quanto mezza noce o una noce intera e cuocilo nel forno per un giorno e una notte, poi macinalo e riducilo in/ polvere; su questa polvere versa metà della sua quantità di acqua di colla di amido, che sia tanto calda da poterla tollerare, perché quando si fredda si indurisce e non si può più colare. Se vuoi colare un buon gesso, l'acqua deve essere bollita con legno di Brasile, e mettilo sotto acqua di colla, lo stesso puoi fare anche con altri colori.

Metodo Fiammingo

Per fare pastelli con cui dipingere su carta, di tutti i colori(Foglio 158r)

(Leonardo – Vincentius Leonardus – giovane pittore fiammingo garzone del signor Cary, allievo del signor Van Dyck. 31 luglio 1634)

Bisogna prendere i vostri colori e macinarli assai sottilmente sulla pietra, e considerare quanto gesso possa contenere ciascuno di essi (senza alterarsi molto nel colore). Alcuni ne possono contenere di più, altri di meno, come la Lacca che ne vuole assai poco. Alcuni ne richiedono la metà, un quarto, un terzo; altri la quinta o la sesta parte. Al vostro colore così fino, aggiungete del gesso fatto con Alabastro bruciato fino a diventare estremamente bianco, e con un tantino di acqua comune fate una pasta, badando alla dimensione della forma che darete ai pastelli sul palmo della mano. La Carta per dipingere deve avere sopra qualche colore, che oscuri un poco il biancore della carta, se prendete la carta bianca. E per questo effetto dissolvete della fuliggine di camino nell'acqua, e passatevi dentro la carta, lasciate seccare e dipingete sopra. Altrimenti abbiate della carta blu o grigia. T.M. Per far si che il colore tenga sulla carta, è necessario che essa sia molto assorbente e bisogna avere un'acqua assai debole di Colla di pesce o di Gomma arabica, o di bianco d'uovo sbattuto e mescolato con molta acqua, e sulla superficie della carta messa in un mastello o bacino, sia posato il foglio al suo rovescio, tenendolo per le due estremità senza muoverlo in nessun modo. L'acqua vischiosa penetrando la carta inumidirà il colore senza sollevarlo, ed esso, una volta asciutto, aderirà alla carta.

Per verniciare(Foglio 158v)

[…] con un pennello morbido. Sui volti passate sottilmente l'acqua di Colla di pesce, o/ la vernice di Gomma

140 Alessio Piemontese: pseudonimo di Girolamo Ruscelli, scrittore italiano del XVI secolo. 141 Di Giovan Battista Birelli si sono ritrovate poche notizie. Visse alla fine del Cinquecento e morì nel 1619, è conosciuto

come Alchimista e autore del testo De Alchimia, stampato a Firenze nel 1602. 142 Timotheo Rosselli scrisse invece Della Summa de i Secreti Uniuersali in ogni materia e lo pubblicò a Venezia nel 1574.

Del testo esistono diverse riedizioni.143 Si tratta forse delle pipe di schiuma costituite da silicato idrato di magnesio, un materiale omogeneo, compatto, bianco,

grigio o giallastro, simile alla sepiolite. Oppure semplicemente di caolino visto il consiglio dato dallo stesso autore alla fine del foglio e considerando che in diversi testi il Tobacco Pipe Clay è usato come sinonimo di China Clay ovvero di una varietà molto pura e bianca di Caolino, usato per la produzione delle porcellane cinesi.

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Arabica. Lasciate seccare, poi verniciate. La mia opinione è che il gesso vecchio che è già servito, bianco come neve, messo in polvere sottile, è migliore, e non lega così tanto come quello che è stato nuovamente bruciato, ma bisogna incorporarlo con latte, oppure colla marcita, al fine di poter spalmare le punte dei vostri pastelli assai delicatamente. (Materiali) Vedete ciò che si potrà fare con la marna bianca. Con il bolo bianco. Con la creta, che si ritiene la migliore di tutti. Con la calce spenta, estinta, ben lavata, ben seccata, etc. Le terre come il bolo, l'ocra doppia o tripla, il bruno d'Inghilterra, la terra d'ombra e simili non hanno bisogno di aggiunte, non più del pastello nero, purché sia morbido. Io preparerei il gesso o la creta con qualche decozione di sostanza vegetale, che si avvicina al colore che volete fare, come per la Lacca con il Brasile, per il Massicot con i grani d'Avignone, o con la Gomma Gutta, lo Zafferano, e così gli altri. Il verde va fatto con Cenereˆ(ˆo Indaco) e lo Scudegrün oppure il Massicot con verde iris o con verde vescica, e poi incorporate come sopra. PER IL NERO. Imbevete la vostra creta, gesso, o calce estinta, con inchiostro assai nero non gommato. Seccate, polverizzate. Prendete due parti di esso, pietra nera assai morbida una parte, nero fumo tre parti. Mescolate con latte o colla di ritagli (size, che in Inglese è la colla animale) marcita.

Metodo Francese

Artificio con pastelli del Sig. Aulmont: pittore francese eccellente a pastello e miniatura(Foglio 159r )

La materia con cui si dà il corpo ai pastelli è il gesso, delle grandi pietre cotte nelle quali si trovano due sostanze, l'una dura come un ciottolo, rispetto al resto, che fa i pastelli assai morbidi e spiccati come con la sanguigna; l'altra un po' inferiore, ma non di meno molto buona, che risplende come granelli di Sale marino. Scegliete e separate queste sostanze dal resto, macinatele in polvere impalpabile solamente quando vorrete lavorarle, altrimenti il gesso pestato, quando è vecchio e alterato dall'aria, si guasta, si spegne e non lega. Prendete i vostri colori e macinateli sulla pietra, con dell'acqua, che tutto sia assai liquido come acqua, e essendo ben mescolati spolverizzate il vostro gesso in quantità sufficiente, che possa legare, mescolando esattamente con la spatola, il coltello o il macinello, tanto che tutto sia ben incorporato, ammassate abilmente la vostra pasta, in una forma lunga e sufficientemente spessa per tagliare i vostri pastelli. Lasciate rapprendere e seccare la pasta, poi tagliate i vostri pastelli a vostro piacere con una sega delicata e assai sottile, e chiudeteli in una scatola ben pulita, in luogo secco. Quando i vostri pastelli non fanno il tratto netto a causa dell'indurimento del gesso, mentre il vostro colore viene macinato con l'acqua, bisogna raschiarvi un poco di sapone bianco di Venezia, guardando che non ve ne sia una quantità troppo grande, l'eccesso del quale si riconoscerà se i vostri pastelli, una volta secchi si levigano come se fossero stati bruniti, altrimenti, quando sono ben fatti devono essere scabri, morbidi, e marcare come la creta più morbida che si può. I colori che si precipitano mediante allume, come la lacca e lo Scudegrün, sono assai duri, e hanno più bisogno di sapone degli altri. Il modo di servirsi della lacca per solcare la bocca, per rifilare gli occhi, e rinforzare i tratti sullo scuro, consiste o nel bagnare leggermente il pastello con la lingua, o prendere un fazzoletto leggermente bagnato con cui avvolgerete un poco la punta del vostro pastello e ve ne servirete subito.

Foglio 159v

Un bel verde si fa con bella cenere d'Azzurro e Scudegrün. Se lo volete scuro, mescolatevi un po' d'Indaco, o prendete l'Indaco e lo Scudegrün soli nel gesso.

PER FARE ADERIRE I VOSTRI COLORI.Abbiate una carta non troppo ricca di colla e che ammetta l'acqua, temperatela nell'acqua di colla di pesce assai pura, e lasciate seccare, fate il vostro pastello, poi tenendo la carta per le due estremità, mettetela a rovescio su dell'acqua molto pura, tanto che l'umidità passi all'altro lato. Levate abilmente e lasciate seccare. Il vostro pastello durerà per sempre. (Dr. Bridion, Londra)Si prenda la terra preparata per dare la forma alle Pipe da Tabacco quando è umida, aggiungetevi i colori che vorrete, plasmate in pastelli di lunghezza sufficiente. Lasciate seccare a piacere. Questo materiale si trova già preparato presso tutti gli artigiani.

Il secondo testo esaminato, Miniatura or the Art of Limning di Edward Norgate144, è in

un certo modo collegato al precedente poiché i due autori operavano entrambi alla corte

inglese e si conoscevano. Questo testo, scritto in prima stesura nel 1624 e in seconda stesura

nel 1648-9, oltre a trattare delle tecniche e dei colori per la miniatura, riporta anche tre ricette

diverse per la preparazione dei pastelli. Nonostante sia un manoscritto seicentesco sulla

miniatura, l'autore, su richiesta del suo committente, Thomas Howard, conte di Arundel,

144 J..M. Muller, J. Murrell; 1997, Estratto 10: BLHarl.6000, 15-15v;

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riporta anche informazioni sulla tecnica disegnativa a matita, ovvero a secco. Non essendo

esperto in materia, riprende le informazioni da testi precedenti145 di autori inglesi che si

rifanno a Lomazzo e ad altri trattatisti del '500.

Primo modo:

I have observed that Pictures in Drye Collours or Crayon are wrought 3. manner of wayes […], the first and I thinke the worst, is that od Monsr de Monstieres of Paris whose manner is to rubb in severall Collours (being first reduced into powders and kept in severall little boxses or papers) uppon the paper which is commonly White. This hee doth with certayne stubbed pencells, the ends filled with Cotten or bumbast, his worke is reasonable neate, but not lasting, there being noething to bind on the Collours, which commonly faules off, and the worke lost or defaced in a shorte tyme after146.

Ho osservato che le figure [realizzate] con colori secchi o a matita, sono scritte in tre maniere. […] Il primo modo, e secondo me il peggiore, è quello di Monsr de Monstieres di Parigi. La sua maniera prevede di sfregare/frizionare [anche stendere visto che si tratta delle matite] i diversi colori (ridotti prima in polvere e tenuti in diverse piccole scatole o foglietti), sulla carta che è generalmente bianca. Questo, lo fa con certe matite mozzate (con pezzi di matita, forse sono delle pezzuole), alla fine è riempito di cotone o bambagia (?), il suo lavoro è ragionevolmente ordinato/pulito/di buon gusto/ben fatto, ma non duraturo, non c'è niente per legare su il colore, il quale comunemente cade, e il lavoro è perso o si cancella in poco tempo.

Secondo modo:

The second way is with Pastills of the length of a Finger or thereabouts, Composed of severall Collours, mixt and ground together of a good Consistencie or stifnes, and soe Roled upp and layd to drye, they have used to make them with milke, Beare, or Alle, some newe worte, others with ould rotten and stinking Siz to binde the Collours togeyther147.

Con il secondo modo [si ottiene] il pastello della lunghezza all'incirca di un dito, [è] composto di diversi colori, mescolati e macinati insieme di una buona consistenza o durezza, e così rollati e lasciati seccare, loro [gli artisti] sono soliti farli con latte, con Beare [?], o birra (Ale148), alcuni nuovi con malto (wort149). Altri [fanno i pastelli] con colla animale o colla di ritagli (Siz) vecchia, marcia e puzzolente per legare i colori assieme.

Terzo modo:

The laste and I thinke the best way is to Collour the paper wherein yow mean to drawe your Picture with a Carnation or Flesh Collour nere to the complexion of the party whome yow meane to represent. Cover the whole paper over with the same Complexion, being made of Ceruse, Mynne and a little yellow Oker ground with gum.When yow prepare one, yow may likewise doe soe with divers for saving many Labours, and those of different and severall Complexiones, and lett them lye by yow till yow need, Lay on the Complexion with A Spunge wett, but lett it bee soe bound

L'ultimo modo e io penso il migliore è di colorare la carta, dove tu intendi disegnare le tue figure/immagini, con un colore dell'incarnato o della pelle (un rosa pelle) vicino/simile al colorito o carnagione delle parti che intendi rappresentare. Copri l'intera carta con lo stesso colorito, che è stato fatto di cerussa, minio e un po' di giallo ocra macinati con gomma.Quando ne prepari uno, puoi fare la stessa cosa con diversi [fogli] per salvare molti lavori, e quelli di diversi e molti coloriti, li lascerai stesi finché non ne avrai bisogno, stendi/deposita sul colorito con una spugna bagnata, ma lascia che sia legato

as it may not stirr from the paper with Rubbing, This donne, and drye, yow must draw your outward Lynes with Redd Chalke faintely and then with your severall Pastills Rubb in the Collours, and with your Finger end Sweeten and mix them together, driving them one into an other after the Fassion of the Oyle paynters, And because yow cannot sharpen every Pastill as sharpe as shalbe needfull, yow must remember to Close upp your worke at last with red Chalke and

affinché non si possa sollevare/muovere dalla carta per sfregamento, Fatto questo e asciugato, devi disegnare debolmente le linee esterne con la matita rossa , e poi con diversi pastelli inserirai i colori, e con la punta delle dita li addolcirai e mescolerai insieme, amalgamandoli uno nell'altro come è d'abitudine per i pittori ad olio, E siccome non puoi modellare ogni pastello così come sarebbe necessario, devi ricordarti di chiudere/rifinire il tuo lavoro con la matita rossa e nera,

145 In particolare fa riferimento e completa il testo di Hilliard, che è «limitato nei dettagli tecnici», trattando tutto il «range di tecniche usate in passato». J.M. Muller, J. Murrell; 1997, p.21

146 J..M. Muller, J. Murrell; 1997 ,Estratto 10: BL Harl.6000, 15-15v147 E. Norgate; 1997, Estratto 10: BL Harl.6000, 15-15v148 Ale: birra inglese particolarmente alcolica e corposa.149 Wort: mosto, malto, ma anche pianta o erba. Ho scelto malto in ragione delle altre ricette sopra.

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black Chalke, which with a penknife yow may sharpen at your pleasure.

che con un coltello puoi formare a tuo piacimento.

I shall not need to incist uppon the particulers of this manner of working, it shall suffise if yow please to take a viewe of a booke of Picture by the life, by the Incomparable Hans Holbeen Servant to King Henry the 8th they are the Picture of most of the English Lords & Ladyes then living, and were the Patternes wherby that excellent Paynter made his Pictures in Oyle by, they are all done in this laste Manner of Crayons I speake of, and though many of them bee miserably spoyled by the Injury of tyme, and the Ignorance of some whoe formerly have had the keeping of the Booke, yet yow will find in those Ruinous Remaynes an admirable, and a rare manner of working in few lynes and noe Laboure in expressing of and likenesse, many times equall to his owne, and ever excelling other Menns Oyle Pictures, The Booke hath been longe a wanderar, but i now happily falne into the hands of my Noble Lord the Earle Martiall.

Non insisterò sulle particolarità di questa maniera di lavorare; sarà sufficiente, se avrai piacere, di vedere il libro di disegni dal vero, dell'incomparabile Hans Holbein conservati da Re Enrico VIII. Si tratta delle immagini di molti Lords e Ladies inglesi, e sono stati il modello da cui quell'eccellente pittore fece le relative opere ad olio. Sono tutti eseguiti nella tecnica a matita di cui ho parlato sopra, e penso che molti di loro siano stati danneggiati dall'ingiuria del tempo e dall'ignoranza di alcuni di coloro che detenevano il libro. Ora troverai in quei resti rovinosi quell'ammirabile e rara maniera di lavorare [ridotta] a poche linee e nessun Laboure (sforzo) di espressione del reale e della somiglianza, [ che per] molto tempo [fu] uguale al suo possessore150, e sempre migliore delle opere ad olio di altri uomini, il libro è stato per molto tempo nomade, ma è ora felicemente caduto nelle mani del mio nobile Lord, il Conte Martiall.

The ordinary Manner of working in Crayon is uppon a Blewe paper, the Collours Rubbd in first with the Pastills, and after, eyther with a stubed pencell, your Finger, little peeces of paper, Spunge or what yow will, yet if ow will yow may worke uppon parchment exceeding neate and Courious, In this Manner I have seene little Pictures by life done uppon vellum, or white paper done very curious, and done by that Famous Gravor in brasse Henricus Goltius, whoe shewed me of his owne hand at Halem in Holland, the Pictures (I mean the Faces) were noe bigger then a Jacopus peece of Gould, his pastells about the bignesse of the Tagg of a pointe, but longer, the Faces hee wrought shewed allmost as neate as lymning, they weare done some on the Rougher syde of vellum, and on the smother side of Parchment, being rubed in with smale Cotten pencelles they weare finished with sharpe poynted Red and Black Chalke151.

La maniera convenzionale di lavorare a pastello, è su carta blu, il colore è steso/sfregato preventivamente con il pastello e poi, [è sfumato] con un pennello tozzo, con un dito, con un piccolo pezzo di carta, una spugna o quello che vuoi; Se vorrai potrai lavorare [anche] su pergamena molto pulita ed elegante;In questa maniera ho visto [delle] piccole figure/immagini dal vero su vellum (= pergamena), o su carta bianca, realizzate molto scrupolosamente dal famoso incisore d'ottone Henricus Goltius, che mi mostrò molte delle sue [creazioni realizzate] di sua mano ad Harlem in Holland (Olanda); Le immagini -intendo i volti [quindi parla dei ritratti]- non erano più grandi di uno Jacobus (pezzo d'oro152), I suoi pastelli, [hanno] punte della grandezza all'incirca di un ago/puntale, ma sono più lunghi; I volti, che disegnava153, si mostravano, quasi come pura miniatura154 ; ed erano fatti sul lato più ruvido del vellum, e sul lato più liscio della pergamena [che doveva] essere sfregata con delle piccole pezzuole155 di cotone, e poi [i disegni] erano rifiniti con matita rossa e nera dalla punta ben sagomata.

Poi continua dando dei consigli:

The true Manner to make the Pastills is all secretts of this Arte, and therefore yow must remember that when before I told yow that comme used Milke, Ale, worte and such Trash, I did only tell yow others had

I veri modi di fare i pastelli (o comunque gli impasti) sono tutti dei segreti d'arte, quindi devi ricordare che quando prima ti ho detto che alcuni usano il latte, la birra, il malto, e alcuni [anche] la colla di ritagli

150 Ndr. A mio parere sta cercando di dire che, a causa dell’ingiuria del tempo i disegni hanno perso molto di quelli che dovevano essere i modi sopraffini di Holbein. È indicativo il fatto che già a metà XVII si notassero questi problemi di delicatezza del disegno a secco che sono caratteristici del pastello e che anche Lomazzo fa presente nei suoi scritti.

151 E. Norgate; 1997, Estratto 10: BL Harl.6000, 15-15v152 Ndr: Si tratta di una moneta antica: traducendo letteralmente la parola dovrebbe essere un Giacomo, in rif. a Giacomo I

Stuart d'Inghilterra, di cui Norgate fu miniatore di corte (H. Walpole, Londra, 1786).153 Ndr: usa il termine wrought equivalente a wrote =passato irregolare di write=scrivere, ma si può tradurre con il verbo

disegnare deducendolo dal contesto.154 Ndr: il risultato era molto simile a quello raggiunto in miniatura155 Ndr: il termine potrebbe sembrare non appropriato, perché pezzuola si dice “Cloth” e nel testo è usata la parola

“pencelles” molto più simile a pencil e quindi a matita o pennello. Ho scelto il termine pezzuola per due motivi: (1.) la vicinanza al termine “Cotten” ovvero cotone, difficilmente un pennello o una matita erano di cotone; e (2.) il fatto che in diversi trattati, anche medievali, è frequente incontrare le istruzioni per fare pezzuole per “dipingere” in carta, ad es. ne parla anche Cennino.

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done, not what yow were to doe, for none of these mixtures but are uncervisable, and not worthy the labour of Learning, For eyther they bynd the Collours or Pastillssoe harde that they will not score or marke, or elce they are soe loose and Brickle that yow cannot sharpen them to any fynenes, tempering as manyseverall Pastells as there are Change and variety of Shadowes and Collours of the Face.

(size156), ti stavo solo informando di quello che usano, e non di quello che dovresti fare. Nessuna di queste misture è utilizzabile o adeguata per il lavoro del miniatore, [poiché] ciascun [legante citato] o lega il colore o il pastello così fortemente che non permette di lasciare segni o tracce [sulla carta], oppure è così debole e brickle157 che non si può dagli una forma; mescolandoli con diversi pastelli si inducono cambiamenti di colore e variazioni di ombre sulle facce.

And in a worde to end for I beginn to bee weary of this wworke, I will in relating the manner of one Tell yow what is to bee done with all the rest, As for example, if yow are to use a Patill for a browne Complexion, grind uppon your stone Serouse, Red leade (or if yow please virmillion for that is a Collour more usefull in this kinde of worke then In Lymning) English oker and a little Pinke, yow need not bee to Curious to grind them very fyne but reasonably only to bruse and mix them well together, to his add a Reasonable quantaty of Plaster of Parrise, burnte and finely sifted, which yow will finde at every stone Cutters, mix and Incorporate this Plaster with the other Collours thicke and stiffe like moyste claye, Then take it of the Stone, and betwixt the Paulmes of your Hands roule it upp as longe or little as yow list, then lay it to drye in the Sonne or winde, but not by the Fyer. In this manner and with this mixture of Plaster of Parris temper all your other Shadowes and Collours whatsoever, The quallaty wherof is gentle to binde the Collours together, and to make them touch [sic; tough?], and durable, that elce would bee loose and brittle, soe that with a penknife yow may scrape then (being drye) to fyne sharpe poyntes, soe sharpe yow may drawe a hayre, and yet this Plaster makes the Colloures (that are harde and drye) to take and score, I meane to drawe lynes on the paper or parchment, which with any Ingredience (but this) they will seldome doe.The Collours most difficulte to worke in this kinde, is Crismon, which is made of Lake, and that is a light and hard Colloure; Instead of that yow must use India Lake, or Rosett, observing ever to mix white Cerouse with all your other Collours or Shadowes whatsoever, Observe that when yow are to mix a Colloure harde to worke as this Crismon which Commonly yow will find brittle and harde, temper it with another Colloure neare unto it in Colloure but more softe and gentle,

In una parola, per finire, inizio ad essere stanco di (scrivere su) questo lavoro, vi informerò sul modo di [farne] uno e vi dirò che tutti gli altri si fanno così. Per esempio, se devi usare un pastello per un colorito marrone, macina sulla tua pietra Serouse158, Rosso di piombo (o se preferisci vermiglione, il cui colore è più adatto per questo tipo di lavoro piuttosto che in miniatura), Ocra inglese e un po' di Pinke159, non hai bisogno d'essere molto scrupoloso nel frantumarli tanto finemente, ma devono esserlo quanto basta da risultare mescolati bene assieme, a questo aggiungi una quantità ragionevole di gesso di Parigi, cuocilo e infine mettilo alla prova; se troverai che ogni pietra è tagliata, allora mescola e incorpora questo gesso con altri colori grossi e duri come l'argilla umida, poi prendilo dalla pietra (mortaio), e rollalo tra i palmi delle mani [dandogli una forma] lunga e sottile , poi lascialo seccare al sole o al vento, ma non al fuoco. In questo modo e con questo impasto di gesso di Parigi mescola tutte le tue tinte (ombre) e i colori; La qualità del [pastello] è data [dalla capacità del legante] di legare il colore morbidamente in modo da [creare pastelli] resistenti e durevoli, che altrimenti risulterebbero fragili e cedevoli; con un coltello li potrai scalfire/modellare (purché asciutti) in punte molto fini; così modellati potrai disegnare [anche] un capello; e ora con questo gesso colorato (che sarà duro e secco) lo si potrai prendere per lasciare un segno: intendo dire che si potrà usare per disegnare sulla carta o sulla pergamena delle linee, la qual cosa si sarebbe verificata con difficoltà (raramente) se si fosse usato un ingrediente diverso da questo [il legante].Il colore più difficile da lavorare in questo modo, è il Rosso Cremisi, che è fatto con una lacca e che è un colore chiaro e duro; invece di questo [colore] potrai usare il rosso d'India, o Rosetto (Roseta), facendo attenzione a non mescolarlo mai con cerussa o con qualsiasi altro colore o tinta;

as mix a little virmillion with a good quantaty of Lake which will not take much from his Colloure, and yet make it worke very well.

In this manner and with this Composicion, yow may make all manner of bewtyfull Greens for Landscape, and all other Collours Requisite eyther for Rockes, Waters or Skyes &c.

fai attenzione che quando mescolerai un colore duro da lavorare come il rosso cremisi, che generalmente trovi friabile e duro, sarebbe conveniente se lo mescolassi con un altro colore simile ma più soffice e gentile, come ad esempio si fa con un po' di vermiglione nella lacca, che permette di lavorare molto bene.In questo modo e con queste composizioni puoi fare

156 Il significato di Siz o Size può essere, oltre a taglia, anche robaccia, schifezze, ciarpame, scarti, ma anche colla animale o colla di ritagli. È stata scelta quest’ultima, visto che anche Petrus Gregorius accenna all’uso di questo collante.

157 Brickle: Se provenisse sa brick = mattone, potrebbe significare poroso come un mattone, se invece fosse un errore di scrittura come spesso capita nel testo allora potrebbe essere: Brittle e significherebbe fragile. Trovo che la seconda opzione sia la più probabile.

158 Probabilmente si tratta della pietra Serena, un tipo di granito usato spesso per macinare i colori.159 Pinke: un colore verde, si deduce da altre parti del manoscritto.

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Tempering your greens with withe, Pinke, Bise, Masticott, Smalte & Indicoe to make them high, deepe, or light as yow please.

Remember that where yow are to temper fast or Firme Collours, as Umber, Oker, Indico &c yow take the lesse Plaster of Parris, But where your Collours are more loose and Sandy there bynd them the Stronger and Faster by adding more plaster. And when your Crayons are all ready and drye before yow beginn your worke sharpen them with a penknife according to the large or little proportion of your Designe160.

tutti i tipi di verde per il paesaggio e tutti gli altri colori richiesti dalle rocce, all'acqua, ai cieli ecc....Mescola i verdi con i bianchi, con il Pinke, con il Bise, con il Massicott (giallo), con lo smalto e l'indaco per fare i toni scuri e chiari a tuo piacere.Ricorda che dove stai mescolando temperando velocemente o consolidando/stabilizzando/ fissando un colore, come l'ombra (la terra d'), l'ocra, l'indaco ecc...devi usare meno gesso di Parigi, ma dove i colori sono più fragili e sabbiosi devi legarli più fortemente e saldamente aggiungendo più gesso. E quando le tue matite saranno pronte e asciutte, prima di lavorarci, modellerai loro [la punta] con un coltello a seconda della grandezza o minutezza del tuo disegno”.

Nella seconda metà del XVI secolo venne avviata una curiosa corrispondenza tra

padre e figlio della famiglia Huygens161. Costantyn Huygens approfittò dei viaggi in Europa

del figlio per tenersi informato sui diversi modi adottati per la fabbricazione dei pastelli.

In una lettera al Figlio in Olanda, del 1663 scrive:

...Io uso gomma inzuppata con un po' d'acqua, ma Blavet [un maestro del disegno di Hague] dice che è necessario fare la colla facendo bollire le pelli, colla detta di pergamena. I miei pastelli hanno ancora il difetto che, laddove la carta viene strofinata con essi, il lapis (pietra) nero non lascia bene il segno come se la carta fosse un po' grassa/oleosa. Desidererei, infine, sapere se macinano/frantumano il colore molto fine e piccolo prima di mescolarlo nell'impiastro, perché Sanderson nel suo Art of Painting (1658) dice che è sufficiente romperli solo, mentre io credo che non sia una buona cosa per lavorarli des choses curieuse.

Christiaan Huygens consultò Abraham Bosse che gli suggerì di usare colori finemente

macinati, una carica di plaster molto fine e imbevuto/immerso solamente in acqua senza

alcuna gomma o colla, e rollato nella forma con una pressione abbastanza forte da assicurare

che i bastoncini siano fermi e solidi. […] Il Plaster dev'essere fresco e nuovo: altrimenti,

come Costantyn scoprì, gomma e colla devono essere aggiunte per poter tenere insieme il

bastoncino.

Durante il soggiorno a Londra, Christiaan Huygens fece visita a Sir Peter Lely e nel suo

gabinetto vide i ritratti eseguiti dal pittore in pastello e «...gli chiese la ricetta per loro

[pastelli]». Il realizzatore dei pastelli di Lely, forse un suo valletto, mostrò a Christiaan come

li faceva e questi lo riferì a Costantyn.

Il materiale dei pastelli è: tre parti di un certo bianco, che qui è chiamato bianco di Spagna o bianco chalk, con cui inoltre si imbiancano i muri, è trovato in pezzi larghi, si rompe molto facilmente ed è così fino che non stride tra i denti. A questo si aggiunge una parte di terra da pipe (caolino o argilla pura), che mi sembra essere più fine e più grassa, untuosa rispetto a quella che ho visto a Hague. Ma prima si deve macinare il bianco sopra ad una pietra e impastare con il coltello o spatola, si aggiunge acqua pura e quando è più o meno impastato, ci si mescola dentro in colore, che è stato prima macinato separatamente con acqua così si può usare appropriatamente; si aggiunge anche la terra da pipe (caolino) e lo si impasta, usando sempre il coltello (spatola) e nient'altro. Dopo questa mistura si rollano i piccoli bastoncini su un foglio di carta pulita, prima formando la punta con le dita, perché altrimenti ci rimarrà facilmente un buco nel mezzo. Quando saranno stati ad asciugare per 5-6 ore (non devono essere esposti né al sole né vicino al fuoco, perché diverrebbero troppo duri) si rollano ancora per renderli più diritti e più rotondi: dopo di che si mettono ancora ad asciugare per 7-8 giorni in estate, e sei volte in più (più a lungo) in inverno, tant’è che, non vengono mai fatti in questa stagione.Per fare colori scuri si usa lo stesso bianco ma inscurito con altri materiali, che si trovano mescolati là, che sono venduti qui in queste condizioni. Indaco, Stil-de-grain, lacca, non possono essere usati per fare i pastelli,

160 E. Norgate, 1997; Estratto 10: BL Harl.6000, 15-15v161 T. Burns,2007; Testo originale di C. Huygens, ristampato nel 1890

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e la posto della lacca usano il rosso Indiano, un colore che non conosco anche se è venduto nel nostro paese. Si scrive facilmente con questi bastoncini sulla carta e non diventano mai duri.

Costantyn continuò a chiedere informazioni su cos'era il rosso Indiano, quali erano le

proporzioni ottimali di carica e colore. Christiaan gli rispose che il valletto di Lely non

seguiva specifiche linee guida nel determinare le proporzioni dei costituenti. Non macinava il

colore perché i pastelli diventavano troppo duri e fermi e non segnavano la carta in modo

soddisfacente. Huygens li tastò tra le dita e li trovò molto fini e senza particolari residui. Il

pastellista vendette a Christiaan una scatola piena di ogni colore, 2 pezzi di 54 diversi colori.

Costantyn Huygens riscrisse ancora al figlio ponendogli domande sui diversi colori, inclusi il

Bice, il blu-nero scuro e il Russet (il color ruggine) e sulla carica (whiting, blance de craie).

Inviò con la lettera, addirittura un piccolo pezzo della carica che lui produceva nel tentativo di

definire con precisione se fosse appropriato, poiché il suo campione gli sembrava troppo

soffice per produrre un pastello adeguatamente compatto. Richiese che Christiaan spedisse

nella lettera anche due o tre pezzi di pastello così che potesse verificare la sua consistenza e

durezza. Christiaan Huygens consultò Lely e in accordo con il pittore, rispose che l'argilla da

pipa (Tobacco-Pipe clay) irrobustiva troppo il bastoncino di pastello, a scapito della sua

tenerezza. Inoltre, avvertiva suo padre, a cui doveva spedire i pezzi richiesti, che “[i pastelli

probabilmente] arriveranno completamente in polvere, come sono arrivati i suoi pezzi di

bianco”. Costantyn provò, nel frattempo, a fare i pastelli con le istruzioni inglesi ma trovò il

risultato troppo soffice e atto a rompersi – e inviò a Christiaan qualche esempio -. L'intera

esperienza fu talmente frustrante per il giovane che Christiaan chiuse la sua corrispondenza su

questo argomento dicendo a suo padre di non aver nient'altro da aggiungere e che un po' di

pratica gli avrebbe insegnato il resto. Costantyn replicò incoraggiando suo figlio a trovare a

Parigi il modo in cui Nanteuill facesse i suoi pastelli perchè “apparentemente sembravano i

migliori fra tutti”, ma questa impresa non fu possibile per i motivi che vedremo in seguito.

Robert Nanteuill (1623-1678), infatti, mantenne segrete le sue ricette dei pastelli fino

alla morte, ma fortunatamente passò le sue conoscenze all'allievo Domenico Tempesti (1652-

1737), che le portò a Firenze dove le trascrisse in un testo, che venne in seguito ri-trascritto da

Piot162. Le ricette non arrivarono agli Huygens, ma circolarono probabilmente in Italia dalla

seconda metà del Seicento.

“Modo di fare i pastelli secondo il maestro [Nanteuill]...”.“[f 23r.]Pigliasi per bianco, bianco di Spagna del meglio et questo serva a tutte le tinte chiare con darli la sua tempera con il gesso finissimo del più gentile et se ne mette a proporzione et al giusizio vostro. Di tutti i colori che fanno a proposito si piglia le terre da pittori et sieno macinate fine e più son fine e meglio sono et queste le stessi [h]anno bisogno di gesso per farle dare fuori la terra d'ombra e terra verde et terra di colonia et queste si devono

162 Piot, E.;1861-1862, p.247-250

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bruciare per levarli la gomma come si dirà doppo. Si osservi che è tanto buona il pastello quanto è dolce e segna con facilità. Ora per farli si pigli i pezzuoli di pasta fatta e sopra la palma della manosi gramoli, ma siano in modo di poterli [f 23v] maneggiare et poi si rulli, ma si faccia a quella palla la punta di qua et di la, poi si stiani nel mezzo, dove et si mettino sopra un foglio et poi tinta per tinta si rullino sopra di un cartone con un pezzo di cartone in mano grande come una carta da giocare, et vi si unisce et con la medesima carta si mette in asse con orlo e sponda. La ragione perché si fa prima le punte quando è su la palma della mano, la ragione è che verrebbe floscio et aperto nel rullare sul cartone come se vede. Dal cartone si riunisce perché puzza un poco et così fa bene. Si piglia bianco di Spagna perché è leggiero e non diventa nero all'umido, di come fa la biacca di piombo et non guasta le dita. [f 24r] Si rasciughino all'ombra et non al sole i neri, poi si termina di tutto nero di avorio quale fa un poco di colla da perle. Le lacche pigliava di quelle senza gomma et gran quantità di carmine. Per i bigi terra di colonia et la calcina va posta sopra una padella a gran fuoco quale le quoceva quale le quoceva a poco poco che non venghi rosso il ferro; fa un fummo con gran puzzo. Nel tempo che fuma la rivoltava per tutto per che venisse eguale. Il medesimo faceva ad alter terre simile. Guardate di no bruciare perché vien un colore di foglie abbruciato … Questi colori servono per i capelli et luoghi scuri bigi come nuvole et panni et simile. [f 24v]Quelli di nero di bracie mettevali un poco di tempera. Teneva i detti pastelli in uno stipo nelli scatolini a uso di arsenali … Quando andava fuori teneva il telaio del ritratto in una scatola dentro serrata con cartone perché non barcolli et doppo ben legata.”163

In questo periodo in area nord-italiana si ritrova solo un piccolissimo riferimento al

pastello nel testo bassanese intitolato Modo da tener nel dipingere di Giovanni Battista

Volpato, e conosciuto anche come Manoscritto Volpato164 del 1670. L'autore nacque a

Bassano nel 1633 e fu allievo di Novelli, che fece il suo apprendistato presso il Tintoretto.

Insediò la sua bottega a nella cittadina veneta dopo che la famiglia dei Bassano, rinomati per

l'uso del pastello, si estinse.

Il testo è strutturato come un dialogo tra due apprendisti, in cui il più vecchio spiega i

segreti appresi al più giovane, che sembra essere appena venuto a contatto con il mestiere.

Con questo espediente il narratore spiega dettagliatamente alcuni particolari della professione,

come ad esempio la preparazione dei fondi che derivano direttamente dalla pratica dei

Bassano.

In relazione al pastello il riferimento, di seguito riportato, è breve ma sembra molto

vicino alla pratica descritta da Cellini, che consiglia di utilizzare la biacca e la gomma

arabica.

Pastele per colorire sopra le carte: …farà [il maestro] le tinte con il cortelo, e poi farà far le punte a te per adoperarli. Ma perché la biaca e queli che sono in polvere stijno saldi, ti farà meter un poca d’acqua di goma a ciò siino salde per poterle adoperare, ma il nero fumo s’impasta con terra da bocali (argilla), e si seca al foco e serve anco per carbone da disegnare (matita nera).

É curioso notare comunque che il pastello nero non viene unito ad alcun legante, ma solo

amalgamato alla stessa argilla che si usa per la creazione delle ceramiche, ed essiccato (forse

cotto) al fuoco, una pratica che si rinviene anche in altre ricette dello stesso periodo.

Tornando in ambito inglese, un altro modo di fare i pastelli è quello indicato da

Alexander Browne165 nel suo trattato sull'arte della miniatura del 1675.163 Denaro, F.; 1994, p. 94-51 e in Burns, T.; 2007, p.50-1 e nota 48 p. 186-7164 M.P. Merrifield, 1967, p.753165 A. Browne; Londra, 1675; e in E. Norgate (1675), 1997, appendice p. 30-1

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La ricetta prescrive:

Take your Colours and grind them very fine dry upon a stone, then sift it through a fine Tuffany Sieve, then take a piece of Tobacco-pipe Clay, and lay it on your Grinding Stone, and temper it an yoir Colours together with strong Ale Wort. You must have a special care not to make them too Wet, but of a good temper, like moist Clay, to roll up with your Hand upon your stone the longest way; then take a peice of Paper and dry them in an Oven after the Bread is taken out, otherwise dry them in a Fire-shovel, and dry them by degrees untill they hard enough; which to know, have a piece of Paper by you, and try if they Cast, which if they do, they are not dry enough; then dry them till they will not cast, and then take a Feather and some Sallet Oyl, and yl them lightly over, and so lay them to dry again, till the Oyl be soked well into them, which will make them Good-condition'd and work Free and Easie. Observe that those Colours which bind hard of themselves must be tempered with less Tobacco-pipe Clay.

I have experienced Yellow Oker burnt, and rolled it up into a Pastil, and dried it with a Moderate Heat, and when it was throughly dry I made it very warm, and then dipped it into Linseed Oyl, and when the Oyl was well soked into it, I sharpened it to a very fine point, and Drew with it; and it had that quality, that rubbing with my Finger hard on that which I drew, it would not rub off, nor any part of it stir: and I belive all the rest of the Colours may be made to have the same Quality.

Prendi i tuoi colori e macinali molto fini, seccali sopra una pietra, e poi setacciali con un setaccio di mussola finissima; poi prendi un pezzo di terra da pipe166 e depositalo sulla pietra da macinare (mortaio) e mescolalo insieme al colore con malto di birra forte. Devi fare molta attenzione a non farli troppo bagnati, ma li devi temperare bene come [ se avessero la stessa consistenza dell'] argilla umida, rollali con la mano sulla pietra per lungo tempo; poi prendi un pezzo di carta e asciugali in un forno [in cui] è stato appena prodotto il pane, oppure asciugali in un Fire-shovel167; essiccali per gradi finché non saranno abbastanza duri; per sapere [il giusto grado di durezza], tieni un foglio di carta con te e prova che non tirino/colino, se lo fanno non sono abbastanza secchi; poi provali finché non coleranno più; poi prendi un penna/piuma e un po' di olio Sallet e oliali sopra leggermente, e lasciali asciugare ancora, finché l'olio non sia penetrato bene in loro, ciò permetterà di ottenere le migliori condizioni e di lavorare in libertà e facilmente. Fai attenzione che i colori che legano fortemente da soli devono essere temperati con poco caolino. Ho esperienza del giallo d'Ocra bruciato, che ho rollato in un pastello, e asciugato con calore moderato, e quando si asciugò totalmente, lo feci scaldare e lo immersi in olio di lino, e quando fu saturo d'olio, lo modellai con una punta molto fine e disegnai; Aveva quella qualità, che strofinando fortemente con il dito sopra a quello che avevo disegnato, non si sollevò nulla, nessuna parte si muoveva: credo che il resto dei colori dovrebbero essere fatti con le stesse qualità.

Nel 1678, in ambito olandese, Hoogstraeten168 da una ricetta non molto differente dalle

due precedenti, che prevede come componenti il caolino, l'acqua di gomma e il pigmento,

come scritto di seguito:

Prendi Terra da Pipe (caolino), un po’ di acqua di gomma, e impasta questi componenti con un po’ di pigmento, pressa la mistura, appiattisci e mentre è ancora soffice tagliala in lunghi e squadrati pezzetti e asciugali.

Baldinucci, invece, nel suo Vocabolario toscano dell'arte del disegno (1681)169, da la

definizione di pastello ed elenca come leganti utilizzati oltre alla gomma anche lo zucchero

candito.

Pastelli: Diversi colori di terre e altro, macinati e mescolati insieme, e con gomma e zucchero candito condensati e assodati in forma di tenere pietruzze appuntate; Dé quali servonsi i pittori a disegnare e colorire figure sopra carta, senza adoprar materia liquida, Lavoro che molto s’assomiglia al colorito a tempera e a fresco170.

166 Il Tobacco-Pipe clay è probabilmente caolino, secondo R.G.Gettens e G.L.Stout, 1966, è un sinonimo del pigmento bianco detto China Clay, ovvero del caolino.

167 La traduzione letterale indicherebbe il termine come „fuoco a pala“.168 S. Van Hoogstraeten ,1678169 Baldinucci Filippo, 1681170 Baldinucci, 1681, p.119

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È la prima volta che viene citata questa sostanza per la realizzazione dell'impasto del

pastello, per capirne la funzione dobbiamo guardare ad altri ricettari171 che descrivono i modi

di realizzare le tempere. Lo zucchero candito corrisponde allo zucchero depurato che veniva

utilizzato come additivo (analogamente al miele) con funzione fluidificante ed emulsionante

nella preparazione sia di composti adesivi per dorature, sia di tempere per i colori; nelle fonti

è detto zucchero candi o anche semplicemente candi, candio, zucaro, canti, zucchari. È

probabile che fosse utilizzato nella preparazione dei pastelli per evitare una troppo rapida

essiccazione dell'impasto che causerebbe la formazione di crepature sulla superficie.

Nello stesso testo vengono descritte anche le matite naturali per il disegno, in questi termini:

Matita RossaUna sorta di pietra tenera, che ci viene a noi in pezzetti, la quale segata con una sega di fil di ferro, e ridotta in punte, serve per disegnare sopra carte bianche e colorate. La migliore viene d’Alemagna172.

Matita Nera una sorta di pietra nera, che viene a noi in pezzi assai grandicelli, e si riduce in punte, tagliandola con la punta di un coltello; serve per disegnare sopra la carta bianca, e colorata. Cavasi queste né monti di Francia, e in diverse altre parti; ma la migliore viene di Spagna173.

Matita Rossa e Nera, e suo usoOltre a servire ciascuna di esse da sé, per uso di disegnare disegni, o rossi, o neri, serve ancora adoprandosi l’una e l’altra insieme da intendenti e pratici pittori, o sia in carte colorate (lumeggiandole col gesso) o sia in carte bianche, per condurre a perfezzione, teste al naturale, e figure tanto vaghe che paiono colorite. Singolari in simili facoltà sono stati Cristoforo Allori, e Andrea Comodi, celebri pittori fiorentini; e di Cristoforo Roncalli dalle Pomarance, luogo del Volterrano, pittore di chiaro nome, veggonsi così ben maneggiati, che paiono veramente dipinti174.

MattatoioStrumento di metallo lungo quasi mezzo palmo, e grosso quanto una penna da scrivere, accomodato per modo da potere nell’estremità fermare il gesso e la matita ridotta in punte, a fine di servirsene a disegnare175.

Matita (f)Sorta di pietra tenera per uso ai nostri artefici di disegnar. Vien dalla voce greca Hoematites, dall’aver color del sangue che dicono Hoema176.

Lapis AmatitaAltrimenti detto Cinabro minerale. Una pietra naturale molto dura, della quale si vogliono i pittori, per fare i disegni su’ fogli, lasciandovi il suo colore, che è rosso. Questa macinata, benché con grande stento per la sua durezza, fa un rosso bellissimo, simile alla lacca, che serve per colorire a fresco, e molto tempo dura. L’adoperano ancora li spadai per mettere l’oro brunito177.

In Francia nell'ultimo ventennio del Seicento Gautier de Nîsmes, ingegnere civile al servizio

171 Laskaris, C. Z.; 2008, F. Brunello; 1992, F. Frezzato172 Baldinucci, 1681, p.92173 Baldinucci, 1681, p.92174 Baldinucci, 1681, p.92175 Baldinucci, 1681, p.92176 Baldinucci, 1681, p.92177 Baldinucci, 1681, p. 92

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del re, scrive un testo molto interessante sulla pratica pittorica e disegnativa del suo tempo e

lo intitola: L'Art de Laver, ou la nouvelle maniere de peindre sur papier. Suivant le Coloris

des Dessins qu'on envoie à la Cour. Il testo della ricetta, qui presentato, risale al 1687 ed è

riportato in una ristampa del primo decennio del Settecento, mentre il secondo testo si ritrova

nell'appendice del testo tedesco del 1761 e differisce leggermente dal primo.

[…] Le craion rouge, ou Sanguine, qui est une espece de bol extremement fin, s'emploie fort aisément. De tous les craions ceux que je viens de nommer sont les seuls qui sont naturels.

Mais comme on en fait plusieurs autres qui sont artificiels, & de toute sorte de couleur, on gard en tous le même ordre pour la composition. Supposons ici que nous en voulions faire des rouges. Je considere pour lors si la couleur rouge dont je me sers porte la gomme, ou non. Si elle porte sa gomme je n'emploie point d'eau gommée, mais de l'eau seule. Et si elle ne porte point de gomme, je me fers de l'aue gommée très-foible. Je de l'eau gommée de l'autre côté. De ceruse, & du platre très-blanc. Je broie tout celà ensemble, & je forme de petits bâtons de couleur qui me servent à dessiner de la même maniere que fait le plomb de mer, & le crayon rouge. La pratique doit rendre maître ceux qui voudront faire ces sortes de crayons.Car le plus souvent on les fait trop mols, & ainsi s'usant trop facilement, on bien autrement étant torp durs à cause de l'eau gommée qui est trop forte, on ne peut pas les faire marquer.

On remedie pourtant à tous ces défauts en les broiant derechef sur le marbre, & en y ajoûtant de l'eau gommée s'ils sont trop mols, ou bien y mettant d'avantage de couleurs en augmentant la composition s'ils sont trop durs; & enfin si les crayons sont trop foibles, & qu'il n'y aie pas assez de couleur, on poura leur en ajoûter, pour les reduire dans létat que vous souhaitez. Après avoir achevé le dessein par les traits de vos crayons colorez, l'ouvrage paroît extrêmement grossier;

La matita rossa (craion rouge), o Sanguigna, che è una specie di bolo estremamente fine; si realizza nel modo seguente. Di tutti gli strumenti che vengono chiamati matite, [le matite rosse] sono le uniche ad essere naturali. Ma ne esistono molte altre che sono artificiali, [possono essere] di tutti i tipi di colori, e osservano/prevedono tutte lo stesso ordine di composizione. Supponiamo di voler fare un rosso. [Devo, allora,] considerare se il colore rosso porta (contiene) la sua gomma, o no. Se ha già la gomma, non utilizzerò l'acqua di gomma, ma soltanto l'acqua. Se non porta la gomma, farò dell'acqua di gomma molto debole. Per fare la matita prenderò poi del cinabro, dell'acqua di gomma dell'altro tipo, della cerussa e del gesso molto bianco. Macinerò tutto in modo tale da amalgamare e formerò dei piccoli bastoncini colorati che mi serviranno a disegnare allo stesso modo [in cui si disegna] con la matita di graffite (plomb de mer) e con la matita rossa 178. La pratica farà maestro colui che vorrà fare questi tipi di matite.Spesso [queste matite] si fanno troppo morbide, e quindi si consumano troppo facilmente e non si può disegnare, oppure sono troppo dure a causa dell'acqua di gomma che è troppo forte, e non si riesce a lasciare un segno.

Pertanto si deve rimediare a tutti questi errori macinando nuovamente [il pastello] sul marmo e aggiungendo acqua di gomma se sono troppo morbidi o aumentando la quantità di colore nella composizione se sono troppo duri; infine se le matite sono troppo tenere, e non si riesce a formare il colore, si potrà aggiungere a loro [del pigmento], per ridurle nello stato che si desidera.

ma pour remedier à celà, on le fait fort facilement, en prenant un petit morceau de papier qu'on roule tant qu'on peut, & on l'unit d'un côté à mesure qu'on le plie. Il ne faut pas qu'il soit rogné avec des ciseaux, ou un ganif, ma bien déchiré indifferemment, & le plus droit qu'on peut, parce que de cette maniere les bords du papier déchiré sont ornés de petits filets qui sont tout le principal de l'affaire: car étant roulez, & joints ensemble ils forment une espece de brosse la plus commode qu'on peut imaginer, pour unir les couleurs des crayons sur le papier, en les frotant doucement en rond, à travers, à côté, suivant que les endroits le permettent; & c'est de cette maniere qu'on rend le dessein très-agréable.

Un ouvrage n'étant pas plutôt fini avec le crayon seulement, avant qu'il soit uni, si on prétendoit avoir

Dopo aver realizzato il disegno con tratti della vostra matita colorata, l'opera vi sembrerà estremamente grossolana; ma si rimedia molto facilmente a questo inconveniente, prendendo un piccolo pezzo di carta che si arrotola tanto quanto è possibile, lo si piega a metà e lo si unisce su un lato. Non si deve tagliare con le forbici, o con un temperino, ma piuttosto si deve stracciare/rompere/spezzetare il più dritto possibile, poiché in questo modo i bordi della carta spezzata sono frastagliati (fatti di filetti) che sono indispensabili all'operazione [di rifinitura]: siccome sono rollati e uniti assieme, formano una specie di scopetta che è molto più comoda di come si possa immaginare, per unire i colori a pastello sulla carta, sfregandoli dolcemente in tondo [ con movimento circolare], di traverso, o di lato, a seconda di come [il foglio] permette e nel modo necessario per rendere il disegno gradevole/grazioso/leggiadro.

178 è intesa chiaramente quella naturale

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une copie aussi fidèle, & égale à celle que vous venez de faire, vous n'avez qu'à appliquer une feuille de papier sur votre dessein. Et pressant de tous côtés cette feuille de papier avec quelque corps extrêmement uni comme peut être du verre, de l'agathe, &c. Cette feuille de papier que vous pressez ainsi sur l'autre, vous emportera le même dessin que vous avez fait, mais qui sera posé differemment; c'est à dire que ce qui sera posè au côté droit de l'original, sera au côté gauche de la copie.Dumonster qui vivoit environ l'an 1580, excelloit en peignant avec des crayons de couleur qu'il faisoit lui-même[...]179

Un opera non sarà finita del tutto [se realizzata] solo con la matita; dopo che [i colori] sono stati uniti, si pretende di avere una copia molto fedele e uguale a quella che voi farete, dovete applicare un foglio di carta sul vostro disegno. Si pressa su tutti i lati questo foglio di carta con qualche corpo estremamente unito (rigido) come può essere del vetro, dell'agata ecc... Questo foglio di carta che voi presserete in questo modo sull'altro [foglio], vi permetterà di importare lo stesso disegno che avete fatto, ma avrà una posa differente [ovviamente speculare]; si dice che sarà il lato destro dell'originale, oppure sarà il lato sinistro della copia.Dumonster, che visse intorno al 1580, eccelse nella pittura a pastelli colorati, che faceva/confezionava da sé. [...]

La ricetta seguente non appare nel testo stampato nel 1708 a Brussells, ma è presente nel

testo di Meder che la estrapola dalla traduzione tedesca al testo di Gautier de Nismes, dove è

posta in appendice. Non sappiamo pertanto se la ricetta sia effettivamente di Gautier o se sia

un'aggiunta successiva del traduttore tedesco e quindi appartenga cronologicamente parlando

alla seconda metà del settecento. Ad ogno modo sia il Meder che la Sani, nei loro testi

attribuiscono la ricetta a Gautier.

Secret très estimable...trouvé par M.le Prince Robert, frère du Prince Palatin..., pour faire des crayons de pastel très excellents et aussi fermes que la sanguigne.

Prenez de la terre blanche toute préparée pour faire des pipes à tabac, que vous broyerez sur le porphire ou l'écaille avec de l'eau commune, en sorte qu'elle soit en pâte ; et prenez des coleurs que vous voudrez chacune en son particulier, et les broyerez sêchement sur la pierre le plus fin que vous puorrez, puis le passez par un taffetas, ou une toile molto fine/sottile, et mêlez chaque couleur avec cette pâte, selon que vous voudrez la colorer plus ou moins; ajoutez-y un peu de miel commun et de l'eau de gomme arabique à discrétion. Il faut pur chaque couleur en faire de plus ou moins foncées, pour faire les clairs et les ombres. Puis prenez chacune de vos pâtes, et en faites des rouleaux gros comme le doigt, en les roulant entre deux ais bien nets, ou sur du papier à l'ombre pendant quelques jours; puis pour achever de les sêcher il faut les exposer au soleil ou devant le feu, et étant sec, on s'en sert avec satisfaction180.

Segreto molto stimato... scoperto da Lord Prince Robert, fratello del conte Palatine..., per fare matite a pastello eccellenti e così ferme come la sanguigna. Prendi la terra bianca (caolino) in forma di cilindro, strofinala sul porfido con acqua chiara finché non sia diventata una pasta. Poi trita/macina ogni colore separatamente il più finemente possibile, fallo asciugare su una pietra e passalo attraverso una pezza di lino fina. Mescola la polvere colorata con la pasta precedentemente preparata, le quantità di pasta dipendono dalla tinta desiderata (forte o pallida) e aggiungi un po’ di miele comune e gomma d’acqua a bisogno. Successivamente si fanno i bastoncini (gli sticks) della lunghezza di un dito e si “rollano” tra due tavole lisce/piane/levigate fino a raggiungere lo spessore desiderato. Quando il tutto è fatto, lascia asciugare/seccare per due giorni su una tavola pulita o su carta/foglio lontano dal sole o da fonti di calore (fuoco). Infine è necessario “cuocerli” al sole o al fuoco e quando saranno asciutti, sono pronti.

A Parigi nel 1779, Pileur d'Apligny riporta nel suo Traité des couleurs materielles181

un'altra ricetta per fare i pastelli, diversa da quella dei due trattati sul pastello che lo

precedono e che riporteremo di seguito. La presenza di questa ricetta nel tardo XVIII

comprova la presenza in questo secolo di una forte disomogeneità nella tipologia di pastelli

179 H. Gautier de Nismes (1687), Brusselle, 1708, pp.16-19180 H. Gautier de Nimes, 1761, p. 96 in Meder, 1978 e si veda anche G. Monnier, Paris, 1972181 Pileur d'Apligny, 1779

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presenti in circolazione.

On nomme pastel, des crayons faits avec des terres ou des minéraux différemment colorés, dont on se serc pour dessiner, & faire ce qu'on appelle peinture en pastel.Pour composer ces crayons, on prend une suiffisante quantité de plâtre ou d'Alabâtre calciné, &telle couleur qu'on veut: on commence par broyer le plâtre & la couleur séparément; puis on les broie ensemble, & on ajoute la quantité d'eau nécessaire pour former du tout une pâte, qu'on roule avec la main sur une pierre polie, ou entre duex planches bien unies.On fait sécher ces rouleaux à l'air libre; & lorsqu'on veut en fair usage, on les taille en pointe, pour s'en servir comme d'un pinceau.Cette peinture s'exécute ordinairement sur papier, dont le fonds est déja empreint de quelque couleur, & le plus souvent d'un bleau clair.

Si chiamano pastelli, le matite fatte con terre o minerali di diversi colori, di cui ci si serve per disegnare e per fare quella che chiamano: pittura a pastello.Per comporre queste matite, si prende una sufficiente quantità di gesso o di alabastro calcinato, e il colore che si vuole. Si inizia macinando il gesso ed il colore separatamente, per poi macinarli assieme e si aggiunge la quantità d'acqua necessaria per formare una pasta, che si rulla con le mani su una pietra pulita o tra due tavolette di legno ben lisce.Questi cilindri si fanno seccare all'aria finché non si debbono usare, [a quel punto] si sagoma la punta per poter utilizzare il pastello come un pennello.Questo genere di pittura si esegue, di solito, su una carta, il cui fondo è stato colorato con qualche colore, di solito in blu chiaro.

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2.1.4 Ricettari completi del XVIII-XIX secolo

Dalla seconda metà del XVIII secolo, con uno sviluppo sorprendente nel XIX secolo, è

possibile ritrovare veri e propri ricettari specifici per la realizzazione dei pastelli. Il primo

ricettario parzialmente proposto è intitolato The Handmaid to the Arts e venne scritto a

Londra nel 1758 da Robert Dossie182. Il secondo, tra l'altro il più conosciuto, venne scritto

trent'anni dopo in lingua francese e viene generalmente attribuito a Chaperon183.

2.1.4.1 Robert Dossie: The Handmaid to the Arts (1758)

«I pastelli o matite sono composti da colori, che vengono ridotti alla consistenza (texture) del

chalk; e usati secchi, nella forma e nel modo di una matita, per dipingere sulla carta.

C'è una difficoltà considerevole e [ci vuole molta] precisione per far prendere loro quella

giusta consistenza e grana, che gli permette di scorrere liberamente sulla carta senza essere

troppo friabili o fragili, a tal punto da non poter essere leggermente sagomati: se divengono

troppo coesi dalla gomma o da sostanze simili che danno tenacità, non potranno lavorare

come dovrebbero; ma, d'altra parte, se le particelle non saranno sufficientemente legate

assieme, non avranno un tenuta appropriata a contatto con le fibre della carta e si

depositeranno sopra ad essa come la polvere; e le matite in queste condizioni avranno sempre

le punte rotte o si sgretoleranno durante l'uso, [diventando] di uno spessore non adatto. Per

produrre questa grana adatta, requisito indispensabile per la produzione di ottime matite, sono

state usate molte sostanze mescolate al pigmento per dargli la giusta coesione184»

Di seguito Dossie spiega dettagliatamente i materiali da utilizzare nella produzione del

pastello.

«Tutti i colori, che sono pigmenti e possono essere ridotti in una polvere impalpabile,

possono essere usati per formare i pastelli: ma sarebbe opportuno, comunque, essere cauti,

specialmente in lavori molto elaborati e dipinti di un certo valore, in relazione al fatto che il

soggetto potrebbe andarsene o cambiare; [questo vale] soprattutto per il colore Rosa (Rose

Pink, English Pink), per la lacca e per il blu di Prussia, che sono soliti a sbiadire e a volte a

perdere interamente la loro tinta: e rispetto al bianco, l'uso di Flake White, o di Bianco di

Piombo è proibito/sconsigliato, a causa dei suoi frequenti viraggi al nero; ce ne sono altri che

invece lavorano meglio e non sono soggetti ad alcun cambiamento. Né la lacca, né il Blu di

Prussia sono totalmente rigettati/rifiutati,comunque, per questo scopo [fare le matite con lacca

182 Dossie, R.; Londra, 1758183 M.P.R. de C…C [Chaperon]. à P.. de L.; "Traité dela Peinture au Pastel : Du secret en composer les crayons, & des

moyens de les fixer ; avec l’ìndication d’un grand nombre de nouvelles substances propres à la Peinture à l’huile, & les moyens de prévenir l’altération des couleurs", Parigi 1788.

184 Dossie, 1758, Capitolo V: Sulla natura e sulla preparazione dei pastelli o matite.

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e blu di Prussia], se si sa che sono totalmente buoni [se si è sicuri della buona qualità del

pigmento]; e saranno molto buoni se preparati nella giusta maniera: bisogna solo avere molta

cura di essere certi della qualità di ogni partita/carico [di pigmento acquistato], prima di

usarla.[ poiché se così non fosse], ogni volta che la maggior parte della lacca li [il bianco

piombo o il gesso di Parigi] tocca /incontra, se ne andrà [verrà rimossa dal supporto] mentre il

Blu di Prussia virerà al verde o al blu chiaro nella stessa maniera in cui varia la tinta dal suo

stato originale».

«Tra i pigmenti colorati, che sono usati più frequentemente, alcune sostanze bianche

sono necessarie per formare un corpo appropriato o per formare tinte più chiare: o dove i

colori sono stati diluiti e indeboliti, come nei colori gialli paglierini, nei rosa e negli incarnati,

ecc.... ci sono diversi tipi di corpi/cariche usate a questo scopo, e molte di queste, attraverso

un'appropriata manipolazione, possono essere adeguate. Le principali sono: il bianco candido

(Flake White), il bianco di piombo, il Tobacco pipe-clay (caolino), il Gesso di Parigi, il

Bianco di Spagna (Spanish or Troy white), il chalk (carbonato di calcio), l’amido: ma il

bianco perla (Pearl white) è in alcuni casi superiore a tutti. Nell'applicazione di queste cariche

bianche per formare la base per le matite più chiare, dev'essere fatta molta attenzione,

sopratutto per la lacca rosso carminio (carmine lake), o per altri pigmenti colorati preparati a

partire da parti vegetali o animali, che le sostanze impiegate non vengano asportate o non

cambino colore. Chalk, bianco di piombo e bianco candido (flake white), sono estremamente

appropriati con i colori, quando sono mescolati assieme con l'aggiunta di un liquido: ma in

tutti questi casi, il bianco perla e il gesso di Parigi dovrebbero essere usati [con attenzione]; e

rispetto all'ultimo [Gesso di Parigi (?)], non dovrebbero assolutamente contenere sostanza

calcarea (lime), o saranno anche peggio degli altri. E' meglio, comunque, evitare qualsiasi tipo

di mistura di questi colori [bianco perla e gesso di Parigi], sostituendoli con terre colorate o

altre sostanze minerali, al posto di quelle preparate dalle sostanze vegetali o animali; Possono

essere a fatica danneggiati o sostituiti da altri colori usati in pittura, ad eccezione del carminio

(la cui lucentezza non è emulabile ed è indispensabile per i colori rosa e gli incarnati), che

necessita di un'estrema purezza e forza del pigmento».

Sulle Cariche

Flake white e Bianco di piombo: non sono così frequentemente usati, come il chalk ed il

caolino (Tobacco-Pipe clay) per formare la base delle matite: poiché non sono adatti per molti

scopi; non si possono mescolano bene con molti dei pigmenti colorati e sono soggetti a

formare matite troppo fragili/friabili se tagliate in punte moderate; e il bianco di Piombo ha

tra l'altro la pericolosa abitudine di essere soggetto al viraggio dal bianco al colore metallico

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del piombo:si guardi ad esempio molti dei vecchi disegni e schizzi in cui è stato usato. Il buon

candore del Flake, comunque, si raccomanda dove sono necessari dei tocchi di luce: ma

siccome non è possibile avere una matita [fatta con] esso per ogni occasione; allora, è meglio

omettere totalmente il suo uso se con gli altri bianchi posso assolvere comunque allo scopo.

Tobacco-pipe clay (caolino): era generalmente molto usato per formare le matite più

chiare. Ma è caduto in disuso ora, ad eccezione nei pastelli fatti per la vendita. Oltre a

diventare troppo duro dopo l'essiccazione e a non scorrere liberamente sulla carta, dà al colore

una pesantezza e un smorzatura di tono tale che è meglio sostituirlo con altri bianchi. Viene

impiegato comunque in alcune situazioni: si producono le matite attraverso il semplice

mescolamento con il pigmento colorato perciò richiede molte meno capacità e problemi

rispetto all'essere composto con bianchi più soffici, che richiedono l'aiuto di qualche legante o

collante per dare loro coesione.

Gesso di Parigi:è frequentemente usato come base per le matite chiare, per il cui scopo è

ben adattato perché quando è puro, come ho detto, fatto solo con alabastro polverizzato, è

molto innocente (?), alla stregua dei colori più tenui. Ma è troppo coeso e necessita della

bianchezza e consistenza del chalk. Al quale difetto si tenta di rimediare intingendo il pastello

in olio di oliva o in olio lino.

Bianco di Spagna (Spanish White or Troy White): che come abbiamo visto prima è

chalk e allume calcinato e lavato via. È usato da alcuni come base per i pastelli chiari. La

differenza rispetto al semplice effetto del chalk bagnato, consiste solo nella sua minor

tendenza ad essere asportato nei colori fatti con sostanze vegetali o animali. Ma come il

bianco perla o il gesso, sono meno rischiosi sotto questo punto di vista rispetto ad altri, l'uso

del quale sembra non essere necessario.

Chalk: è il più adatto per la sua texture a formare la base di colori tenui rispetto a

qualsiasi altro bianco finora usato; si disperderà molto facilmente e allo stesso tempo manterrà

un'opportuna coesione, quando mescolato con i propri leganti o collanti. È meglio di qualsiasi

altro bianco ora in uso. È inoltre la miglior sostanza da unire con tutti i pigmenti colorati che

non sono soggetti ad essere alterati; con i quali è meglio sostituire il chalk con il Gesso di

Parigi e il bianco perla. È inoltre il meglio per formare pastelli bianche per uso comune, che

possono essere fatti tramite un semplice trattamento come vedremo sotto.

Amido (Starch): è stato frequentemente usato insieme ad altri bianchi per dare

un'opportuna grana al pastello. Non è sempre necessario, eccetto nel caso del bianco Candido

(flake= Fiocco di neve). Il Bianco Candido, confezionato nei negozi, ne contiene una grande

quantità. La levigazione del Bianco Candido è troppo problematica per quelli che non hanno

molta pratica.

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Sui Leganti

L'ultima classe di sostanze usate per la composizione dei pastelli, dalle quale dipende la loro

perfezione, è quella dei leganti che sono usati per dare tenacità al corpo polveroso dei pastelli

e renderli adatti ad essere formati in masse

C'è una gran varietà di materie diverse usate per questo scopo [da legante], molte delle quali

sono, in un certo grado, determinanti; i principali [leganti] sono: malto di birra (mosto di

malto); gomma adragante; gomma arabica; colla animale (o colla di ossa, tendini...= size);

latte; farina d'avena (Oatmeal); zucchero candito; olio d'oliva; olio di semi di lino.

Il malto di birra, anche nel suo stato originale, o reso molto più denso tramite bollitura, è

stato usato per fungere da legante per la formazione dei pastelli in cui sono stati usati come

cariche il chalk (gesso o carbonato) e le basi terrose. Conferisce [alle matite realizzate in

questo modo] un'appropriata coesione attraverso la sua “appiccicosità”, senza asciugare in

quel modo friabile, a cui generalmente sono soggette le gomme. Non è così, comunque, nel

caso del vermiglione e di alcune altre sostanze che non hanno da sole attrazione adesiva da

conferire l'appropriata tenacità, e devono essere aiutati con gomma adragante, colla di scarti

(size) o alcune altre viscide materie.

La gomma adragante è usata come legante da disciogliere nel malto di birra o in

qualunque altro fluido ed è usata per tempering (temperare, amalgamare) i pastelli. È

preferibile alla gomma arabica (per questo scopo) o ad altre gomme che si dissolvono nei

fluidi acquosi: [perché] si addensa (thickens) nell'acqua e si mescola omogeneamente con

l'intera sostanza della composizione quando asciuga, mentre le altre sono inclini a formare

una crosta (incrostazione) sulla parte esterna della massa e rendono il pastello di una grana

(texture) ineguale.

Anche la gomma arabica è stata usata per temperare i pastelli, allo stesso modo della

gomma adragante: ma per ragioni già dette è inferiore in qualità.

La colla animale o di scarti (size) è applicata ogni tanto per lo stesso scopo: legare i

pastelli come fa la gomma adragante e non differisce molto da questa nell'effetto finale.

Il latte è stato usato per la composizione dei pastelli allo stesso modo visto per il malto

di birra, anche se sarebbe richiesta una ulteriore piccola quantità di potere coesivo da

aggiungere al corpo solido; ma solo in quei casi in cui non se ne può fare a meno; come il

malto di birra o altri [leganti] simili è piuttosto efficace, ed è spesso richiesto in molti casi.

La farina d'avena (oatmeal), o piuttosto il decotto di farina d'avena, fatto come nel caso

della gruel (farinata semiliquida d'avena) con acqua e colato (passato in un colino). È stato

anch'esso impiegato con lo stesso scopo del latte e risponde abbastanza bene nel caso del Blu

di Prussia scuro (profondo), dell'indaco e con quelle materie che sono soggetti ad seccare con

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[l'utilizzo del]le gomme, perché la decozione di farina d'avena dà solo un debole grado di

coesione. si previene così quella coalescenza [dovuta] all'attrazione di parte di questi corpi tra

di loro, che produce la fragilità/friabilità.

L'Olio d'oliva, allo stesso modo dell'olio di semi di lino, è stato usato per dare ai pastelli

una grana (texture) più friabile e terrosa/gessosa (chalky), attraverso l'immersione [della punta

del pastello] in esso [olio]. Successivamente [le punte] vengono scaldate duly (blandamente),

così come si fa per il gesso di Parigi o per il caolino (Tobacco-pipe clay) in modo da

ammorbidire e rimuovere quell'indesiderata e spiacevole coesione che impedisce di attaccarsi

liberamente alla carta.

Vi darò di seguito alcune generiche informazioni sui diversi colori e tinte, ma allo stesso

tempo lascerò alla discrezione dell'operatore, la facoltà di trovare le esatte proporzioni del

legante attraverso le prove/i tentativi reali (sperimentando). Siccome le sostanze variano

troppo la natura/le qualità delle loro particelle, è difficile ammettere di poter dare delle

proporzioni standard.

Sulla matita bianca

Per formare il pastello bianco per scopi comuni (?), il chalk, nel suo stato naturale è

superiore a qualsiasi altra composizione/materiale. Dovrebbe essere scelto bianco, puro, e

della grana (texture) più compatta (cohering). Prima deve essere tagliato in quadrati,

attraverso una piccola sega (fatta apposta per questo uso), di 3 pollici di lunghezza e di un

quarto di pollice in larghezza. Dopo di che, gli si deve dare la forma di una matita/un pastello

attraverso l'eliminazione degli angoli, con un coltello e a tempo debito si deve sagomare la

punta.

Dove è richiesto uno straordinario grado di bianco, il pastello può essere realizzato

anche con Bianco Candido (flake), come preparato dal colourman (= artigiano del colore), il

quale lo ha ben polverizzato e umidificato con latte, fino alla consistenza di una pasta;

dev'essere poi data la forma di un pastello e va fatto essiccare, ma senza calore (il quale

tenderebbe a danneggiare il bianco attraverso il cambiamento di colore del Bianco Candido

(Flake = fiocco di neve), allo stesso modo in cui avviene nella produzione del Massicot). Se il

pastello sembra necessitare di maggiore tenacità, dev'essere lavorato ancora con una adeguata

quantità di latte fresco o con un po' di gomma adragante aggiunta al latte. Questo pastello,

comunque, non dovrebbe essere usato dove il chalk è sufficientemente brillante.

Tutti i tipi di Cerussa, come ho osservato prima, sono soggetti a cambiamenti di colore

per incidenti, da cui non è facile guardarsi (proteggersi).

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Sulla matita rossa

Per avere un pastello rosso scarlatto, il vermiglione e il rosso di piombo possono essere

usati con malto di birra bollito finché non raggiunge una consistenza glutinosa al tatto e

ulteriormente inspessito dall'aggiunta di gomma adragante: le proporzioni della quale

potrebbero corrispondere a uno scruple185 ((ca 1,3g) per ogni pinta (inglese= 0,5l) di malto

spesso. Con questo legante, il vermiglione o il rosso di piombo, devono essere ridotti in uno

stato pastoso attraverso la loro contemporanea macinazione e il loro pestaggio a mortaio; gli

deve essere poi data la forma appropriata e devono essere asciugati con il calore gentile

(blando). Se non si desidera avere una sfumatura arancione del rosso piombo, è più sicuro

usare il vermiglione; Il rosso di piombo sarà meglio usarlo in questo modo, che in olio. Il

vermiglione è comunque molto sicuro, perché nulla può modificarlo se non una cottura al

fuoco.

Le matite più chiare: dello stesso colore possono essere fatte mescolando il chalk lavato

con quei colori; il chalk può essere dato in tre proporzioni: la prima consiste nel mettere lo

stesso peso di chalk che ha il pigmento; la seconda due volte il suo peso; la terza volta il

triplo: ma è chiaro che se si vogliono altre tinte le proporzioni possono variare a seconda

dell'occasione. Queste composizioni dovrebbero essere formate nel modo menzionato sopra,

per mezzo di malto inspessito/addensato attraverso bollitura. Ma il malto dovrebbe essere

spesso/grosso dove la quantità di chalk è minore, quindi in accordo con le tre proporzioni:

perché dopo che è stato umidificato ed è di nuovo tornato asciutto, il chalk ha da solo una

considerevole coesione.

L'Ocra Scarlatta: dà una matita rossa più sporca (più scura), ma molto utile, se è

composta con malto di birra inspessito sia per bollitura che per aggiunta di gomma adragante

nello stesso modo fatto per il vermiglione. L'ocra scarlatta può essere formata, attraverso l'uso

di composizioni di chalk, in tinte più tenui allo stesso modo del vermiglione.

Spesso, il Rosso Indiano è trattato allo stesso modo e dà altre tinte di rosso.

Il Rosso Ocra non richiede alcuna composizione, ma se è scelto puro e di un buon

colore, permetterà di ottenere comode e utili matite con lo stesso processo usato con il chalk.

La Lacca deve essere usata per realizzare la matita cremisi (Krisman) e può essere

comprata, quando è ben tritata/macinata con malto di birra, fino ad assumere la grana (texture)

appropriata; se poi per natura di qualche partita appare troppo gommosa, fai [il pastello] con il

decotto di farina d'avena, piuttosto che con il malto di birra. Sarebbe opportuno fare molta

attenzione nella scelta della lacca per pastelli poiché è soggetta ad essere dispersa quando non

viene ben preparata, le conseguenze nella pittura a pastello sono, in alcuni casi, molto

185 A unit of apothecary weight. It is a twenty-fourth part of an ounce, or 20 grains, or approximately 1.3 grams (1,296g). Informazione tratta dal sito www.thefreedictionary.com/scruple e da Il Nuovo Dizionario Garzanti, Italia, 1990

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sgradevoli: poiché cambierà molto più velocemente se usata in questo modo [pittura a

pastello] piuttosto che in olio. Le tinte più chiare di lacca devono essere prodotte per

mescolamento con diverse proporzioni di bianco; nello stesso modo visto per i colori

precedenti. Il bianco impiegato non dovrebbe, ciononostante, essere chalk, per le ragioni dette

prima [?]; ma bianco perla o gesso di Parigi. Penso che sia la forma migliore [si riferisce al

chalk], ma nelle composizioni delle matite per pastelli con la lacca è richiesto un forte legante

a differenza di quanto succede per il chalk. Il malto di birra dovrebbe essere ben

inspessito/addensato attraverso bollitura per queste matite, dove le quantità di lacca sono

maggiori, ma per gli altri deve essere reso adeguatamente più viscido/appiccicoso

dall'aggiunta di gomma adragante. Sarebbe estremamente corretto avere pastelli di carminio,

se il prezzo non fosse così caro. Considerando questa circostanza, è più conveniente usarlo [il

pastello carminio] per sfregamento di rulli di pelle (the leather roller) nel modo indicato sotto

(v. inserto), con il quale è convenientemente dato/disteso, dove necessario.

DESCRIZIONE DEL RULLO DI PELLE, STUMP o TORTILLONIl carminio, l'ultramarino e altri colori che possono essere troppo cari, oppure non li si ha in sufficiente quantità per formare matite o pastelli, possono essere usati attraverso/ per mezzo di cilindri/rotoli di pelle. Questo cilindro/rotolo è solo un pezzo di pelle di camoscio a cui è stata data la forma di un cono attraverso l'arrotolamento a spirale e poi è stato abbinato/infilato/attorcigliato strettamente attorno a sé stesso per evitare l'apertura. La pelle deve essere adatta ad essere maneggiata/arrotolata nel grado richiesto/necessario; se è troppo smussata (levigata) può essere formata con un coltello. Con questo cilindro viene aspirato su il carminio e gli alti colori, in modo tale che possano essere presi e depositati/stesi sulla pittura in piccoli tocchi come richiesto e l'effetto è vicino a quello fatto dai pastelli. Questi cilindri saranno anche utili per sweetening (addolcire/ l'addolcimento) il colore, attraverso lo sfregamento degli angoli dipinti insieme dove la superficie non è abbastanza larga da permettere ad un dito di fare lo stesso lavoro186.

Una piccola matita del migliore e più bel Rosso Scarlatto, composta con circa tre parti

di carminio, non dovrebbe comunque mancare. Devono essere lavorate con latte e con un po'

di decotto di farina d'avena e una piccola quantità di gomma adragante. Alcuni carmini,

comunque, sono sufficientemente legati e non richiedono leganti; dovrebbero comunque

essere provati prima di aggiungere il legante. Si dovrebbero fare piccoli pastelli con carminio

e bianco perla, in diverse proporzioni, e il malto di birra dovrebbe essere più o meno spesso a

seconda della quantità di bianco; ma siccome il carminio differisce molto nelle diverse partite

[di materiale acquistato], in relazione alla sua consistenza gommosa, questo legante [il malto]

deve essere regolato a discrezione.

Rose Pink (Rosa rosa):quando è buono, forma un pastello che è molto apprezzato per la

sua bellezza; sempre se il suo difetto non ne impedisce l'uso. Si possono formare pastelli di

più composizioni alla stessa maniera del chalk [quindi usandolo puro], perché è di una grana

(texture) così ferma che è comunemente cavato/trovato per essere usato direttamente; ma

186 Meder, p. 314

Page 61: Il pastello parte umanistica 01.07.2010

dove sembra essere più cedevole, può essere portato ad uno stato appropriato di

coesività/tenacità usando il malto di birra. È, ciononostante, scarsamente meritevole/di valore

poiché da problemi nel formarlo in matite. Siccome il colore si disperderà facilmente se l'aria

fredda lo toccherà. Non è mai prudente impiegarlo in dipinti di un certo valore.

Sulle matite blu

Per un pastello blu scuro, profondo: il Blu di Prussia più scuro può essere formato in

una matita attraverso la sua macinazione con un decotto di farina d'avena. Se la tenacità non

sarà sufficiente, deve essere aggiunto il malto di birra. L'Indaco, se è buono, produce un

pastello blu scuro con il malto di birra inspessito/addensato attraverso bollitura.

Per fare matite chiare: il blu di Prussia di diversi gradi di chiarezza può essere usato con

malto di birra: ma il malto di birra deve essere inspessito con bollitura o per aggiunta di colla

di scarti (size) o gomma adragante, a seconda della chiarezza. La tipologia più scura di blu di

Prussia è più glutinosa/legata rispetto a quella più chiara. Il Verditer: può anche lui creare una

matita di un buon blu, ma deve essere usato del malto di birra fortemente inspessito.

Il Bice: potrebbe diventare una matita se trattato come il Verditer. Le matite/pastelli

dovrebbero essere formati da Verditer, o Bice con chalk, in diverse proporzioni: e composto

per mezzo di malto di birra inspessito per mezzo di bollitura. L'Ultramarino, essendo troppo

caro per formare le matite, dovrebbe essere usato nella maniera vista sopra per il carminio.

Sulle matite gialle

L'Orpimento preparato, ovvero il pigmento chiamato Giallo del Re, forma il più

brillante e pieno pastello giallo, ma la qualità/natura velenosa e la traccia/fragranza gialla da

esso posseduti sono così danneggianti da renderlo tra tutti quelli che menzionerò, il peggiore.

Il Giallo del Re può, comunque, essere formato con malto di birra inspessito per bollimento e

aggiunta di gomma adragante, ma deve asciugare senza fuoco. Il minerale Turpeth ben

levigato e lavato fa delle matite molto fini, di un giallo freddo ma molto brillante. Può essere

trattato per questo scopo esattamente come il vermiglione. Il Rosa Olandese e Inglese

formano delle matite di un colore giallo grazioso, ma non sono così sicure/ assicurate

dall'asportazione menzionata sopra. Quando hanno una grana (texture) molto ferma, possono

essere usati come il chalk, senza altre preparazioni, se non essere tagliate nella forma

desiderata; ma dove sono sostanze più soffici e friabili, devono essere lavorate con malto di

birra inspessito. Il Giallo Ocra può essere formato in matite nello stesso modo del chalk o può

essere macinato e lavato e poi usato con malto di birra inspessito e addensato. Tinte più diluite

di giallo possono essere procurate mescolando il chalk con uno dei pigmenti menzionati

Page 62: Il pastello parte umanistica 01.07.2010

sopra, per poi formare le matite nel modo che abbiamo detto.

Sulle matite verdi

I cristalli di Verdigris [ottenuti per precipitazione chimica] appropriatamente

maneggiati, formano dei pastelli molto brillanti. Dovrebbero essere ridotti ad una polvere

molto fine, attraverso macinazione sulla pietra con spirito di vino, o olio di trementina, e poi

formati in pasta attraverso malto di birra bollito a lungo e inspessito/addensato

ancora/ulteriormente con gomma adragante; ma il minor fluido possibile deve essere

utilizzato nella loro composizione. Devono essere asciugati [i pastelli] senza calore/fuoco. Il

Verdisgris [terroso] farà una matita verde-blu chiaro, se trattato nello stesso modo. Il Blu di

Prussia e il minerale Turpeth composti in diverse proporzioni formano una varietà di pastelli

verdi. Devono essere lavorati con malto di birra inspessito/addensato per bollitura. Il Blu di

Prussia e il Rosa Olandese formano delle matite graziose verdi brillante, e sono formate per

mezzo di malto di birra inspessito/addensato. Il Verditer e il minerale Turpeth formano un

buon verde pallido, ma richiedono sia malto di birra inspessito per bollitura che l'aggiunta di

gomma adragante. Il Blu Bice e il minerale Turpeth, o il Rosa Olandese, formano un altro tipo

di matita verde e sono trattati nello stesso modo visto sopra; ad eccezione del Rosa Olandese

che quando è usato richiede solo il malto di birra ben inspessito per bollitura. Le matite

possono, anche/comunque, essere formate con ciascuno dei pigmenti sopra menzionati e

chalk, e attraverso il mezzo detto prima riguardo ad ognuno dei colori.

Sulle matite arancioni

Il Giallo del Re (Orpimento), o il minerale Turpeth con il Rosso Piombo e il

Vermiglione formano matite arancioni brillanti. Devono essere composte con malto di birra

addensato/inspessito sia tramite gomma adragante che per bollitura. Le matite arancioni

possono essere formate anche con Rosa Olandese o Inglese mescolato con Rosso Piombo o

Vermiglione ma non è necessario che il malto di birra, in questa composizione, sia fortemente

addensato/inspessito come per prima. Il chalk può essere aggiunto per ciascuno di questi

[colori], in diverse proporzioni, per variare le tinte nel modo visto per il resto dei colori]:

oppure per fare buoni pastelli arancione chiaro, se la brillantezza non è richiesta, si può usare

lo Spanishannatto mescolato con chalk e lavorato con malto di birra blandamente addensato.

Lo Spanishannatto usato da solo deve essere levigato con olio di trementina e formato

aggiungendo il decotto di farina d'avena usata nel modo più parsimonioso, fa comunque una

buona matita di una colore arancione pieno; ma la preparazione di questo è molto

problematica, rispetto a quanto scritto sopra; che in generale risponde allo stesso scopo.

Page 63: Il pastello parte umanistica 01.07.2010

Sulle matite viola-porpora

Un pastello porpora/viola viene formato con Blu di Prussia scuro e Carminio, mescolati

con aggiunta di decotto di farina d'avena; ma siccome è troppo costoso, ne deve essere fatto

poco e dev'essere preservato solo per quei casi dove è necessaria una forte brillantezza. Il Blu

di Prussia scuro e la Lacca, trattati come sopra, formano un pastello di brillantezza un po'

inferiore a quella sopra. Per un porpora/viola, meno brillante si può comporre un pastello con

Indaco e Vermiglione, ma sarà più pallido di quelli [i pastelli] sopra e per questa

composizione si dovrà usare molta birra addensata/inspessita per bollitura e una piccola

aggiunta di gomma adragante.

Sulle matite marroni

Per formare un pastello marrone pieno, senza inclinazioni/variazioni dall'oliva

all'arancione, mescola l'Ocra marrone/bruna e il Bistro e lavorali con malto di birra

moderatamente addensato per bollitura. Il Marrone di Spagna, l'Ombra e il Common con il

Rosso Indiano e il Bistro devono essere mescolati allo stesso modo e impastati per formare

pastelli di diverse tinte di marrone. Il Nero Avorio può essere aggiunto, dove necessario, per

inscurirli [i pastelli] e aumentarne le varietà. Il Marrone di Spagna e L'Ombra possono

formare anche da soli dei pastelli marroni; devono essere impastati con malto di birra

inspessito per bollitura e con una piccola aggiunta di gomma adragante. Per ottenere marroni

diluiti, si può impiegare Fuller's Earth (argilla smectitica) calcinata, anche da sola, o

mescolata con chalk in diverse proporzioni. I pastelli devono essere formati con malto di birra

moderatamente addensato per bollitura. Marroni diluiti [più chiari] possono anche essere

formati con l'aggiunta di chalk a qualsiasi composto di marrone visto sopra.

Sulle matite nere e grige

«Le matite nere possono essere formate con pezzi di carbone ben bruciato, tagliandoli

della forma appropriata, in modo diretto come avviene per il chalk. Il tipo di carbone

considerato il migliore per questo scopo [per fare matite], è quello fatto dal legno di salice.

Matite di un buon nero possono essere realizzate con Nero d'Avorio mescolato con un po' di

Blu di Prussia scuro o di Indaco. Dev'essere lavorato con malto di birra addensato [per

bollitura] con una piccola aggiunta di colla da guantaio (colla di scarti di pelle = size). Le

matite grige possono essere formate con Nero d'Avorio o Nero di Lampada [Nero Fumo],

mescolato a chalk in diverse proporzioni e impastato con malto di birra ben addensato per

bollitura».

[..]

Page 64: Il pastello parte umanistica 01.07.2010

2.1.4.2 M.P.R. De C...C [Chaperon] : Traité dela Peinture au Pastel (1788)

Il titolo totale dell'opera è «Traité dela Peinture au Pastel: Du secret en composer les

crayons, & des moyens de les fixer; avec l’ìndication d’un grand nombre de nouvelles

substances propres à la Peinture à l’huile, & les moyens de prévenir l’altération des couleurs».

Il testo è suddiviso in diversi capitoli, in cui l'autore spiega in cosa consiste il dipingere a

pastello e come di debbono realizzare artigianalmente gli strumenti, di seguito sono riportati

alcuni passi.

«La pittura a pastello è l’arte di rappresentare gli oggetti su una superficie piana con delle

paste composte da sostanze colorate, macinate con acqua pura e fatte seccare dopo averle

rollate in forma di matite»187.

«In generale, le matite a pastello devono essere fatte tutte semplicemente macinando con

dell’acqua sulla macina per colori la materia di cui si vuole comporle, dopo averle ben

purificate, come si sta per spiegare, e devono essere ben friabili, cioè devono lasciare la loro

impronta sulla tela al minimo sfregamento, senza aver tuttavia troppo poca solidità da

rompersi o spaccarsi nelle dita»188.

Al secondo capitolo l'autore descrive le «materie per comporre i pastelli» ed elenca

un'ipotetica lista dei pigmenti base.

I pigmenti elencati sono il Bianco di Troyes (Craie de Troyes), detto anche gesso di Troyes,

ma che in realtà è una varietà di carbonato di calcio; l'Ocra Gialla; l'Ocra Bruna o terra

d'Italia; la Terra d'ombra e la Terra di Colonia; lo Stil de Grain, una particolare preparazione a

base di carbonato di calcio (CaCO3) colorato in giallo grazie al decotto del Grain d'Avignon

con allume; il Cinabro è il rosso più apprezzato e, secondo lo scrittore, il migliore proviene

dall'industria olandese, mentre in Francia non si conosceva ancora le procedure per produrlo,

inoltre mette in guardia su alcuni pigmenti che sono meno buoni o addirittura delle

contraffazioni dell'originale, come il cosiddetto Vermiglione della Cina. Altri rossi consigliati

sono il Carminio, costituito dal colorante estratto dalla cocciniglia, e la Lacca che invece si

produce con il Legno di Brasile o di Fermanbouc. Specifica, inoltre, che questa lacca è

impropriamente chiamata gommalacca mentre altri nomi con cui è conosciuta sono lacca di

Venezia, lacca fine di carminio o, infine, lacca colombina ed è di un rosso cremisi, quasi

porpora. Tra i blu, viene ricordato il Blu di Prussia, detto anche Blu di Berlino, un pigmento

sintetico prodotto da metà Settecento, l'Azzurrite e l'indaco. Per quanto riguarda i verdi,

nonostante nelle ricette per la preparazione parli del verderame e del verde malachite, dice che

187 Chaperon, 1788, p. 9188 Chaperon, 1788, p. 50

Page 65: Il pastello parte umanistica 01.07.2010

comunque non sono indispensabili nella tavolozza base di un pittore in quanto i verdi «i fanno

dall'unione del giallo e del blu in diverse proporzioni». Infine, per i neri prende in

considerazione il Nero Avorio ed altri pigmenti sitetici.

Nell'elenco sottostante Chaperon inserisce i pigmenti più facilmente reperibili presso gli

spezieri e le drogherie dell'epoca e le quantità necessarie per formare un assortimento base di

pastelli, inoltre, ne indica il prezzo con cui erano venduti a Parigi.

6 libbre di Craie de Troyes (CaCO3) a 1 s.(soldo) alla libbra;1 libbra di giallo d'ocra a 12 s.;

1 libbra di ocra rossa (ocra di strada) a 16 s.;4 once di Stil de Grain (giallo o dorato) a 8 l.(l. forse sta per Luigi) la libbra;

2 gros (grossi) di Carminio a 24 liv. l'oncia;3 once di lacca fine di carminio a 2 l. 10 s.;

4 once di Blu di Prussia;1 libbra di terra d'ombra;

2 libbre di terra di Colonia;2 libbre di nero d'avorio;

Al terzo capitolo vengono descritti, invece, i modi per produrre le matite colorate. Di seguito

si presenteranno solo le ricette relative ai pigmenti impiegati nella fabbricazione dei pastelli in

laboratorio . Per una trattazione completa si rimanda al testo originale.

Delle Matite bianche

«Il gesso o bianco di Troyes (gesso di Parigi o creta bianca) di cui le matite bianche devono

essere composte non subisce affatto l’alterazione sensibile dell’effetto dell’aria, a meno che

non fosse esposto all’alternarsi della pioggia e del sole. Tuttavia per purificarlo conviene

seguire la seguente preparazione.

Riducete in polvere una libbra o due di bianco di Troyes, mettetela in un vaso che contiene

due o tre pinte d’acqua. Mescolate la materia con una bacchetta di legno o di vetro, finché non

sembra tutta diluita. Lasciatela riposare due o tre minuti per dare il tempo alle parti più grosse

di precipitare. Versate il liquido tutto torbido in un altro vaso, e lasciatelo precipitare che non

è che sabbia. Quando l’acqua sarà diventata chiara, gettatene la maggior parte senza agitare il

vaso, versate poi tutto quello che contiene in diversi coni di pergamena o carta di cui avrete

assicurato gli avvolgimenti con la ceralacca. Appoggiateli poi da qualche parte, e ripiegate un

po’ la parte superiore dei coni per evitare che vi entri la polvere. Se sono rimaste delle parti

granulose, si depositano sul fondo con il riposo -decantazione- .qualche ora dopo l’acqua si

sarà ben schiarita, e potrete aprire i coni sopra il sedimento per farla scorrere. Quando il gesso

non sarà più troppo liquido, legherete i coni nella parte inferiore con un filo per separare le

parti più grosse che sono precipitate, e verserete il resto sulla macina dei colori, per macinarli.

Quando riterrete che il gesso è ridotto dalla macina in particelle finissime, lo raccoglierete in

piccoli mucchi, con un coltello, sulla carta da filtro; (è una carta fabbricata senza colla).

Page 66: Il pastello parte umanistica 01.07.2010

Qualche istante dopo potrete facilmente impastare con le dita ciascun dei piccoli mucchi, e

rollarli su questo tipo di carta per metterli in forma di matite. Solitamente si può dar loro

pressappoco la lunghezza e la grossezza del mignolo. Si può far seccare su dell’altro gesso o

su della carta. …

Il gesso è molto friabile. Se si desidera che le matite siano un po’ più compatte, cosa che la

loro fragilità rende a volte necessario per quelli che cominciano -i principianti- si dovrà

sciogliere un pezzo di gomma arabica ben bianca, in qualche goccia di acqua pura, e versarla

sul gesso prima di porfirizzarlo189».

«Si può utilizzare, al posto del bianco di Troyes, il caolino, quella terra bianca che, unita al

petunze (roccia feldspatica), compone l’impasto della porcellana. … Questa sostanza non

subisce alcuna alterazione nel fuoco190».

Delle Matite gialle

«L’ocra gialla è una specie di limone ferruginoso, di cui si carica l’acqua, attraversando le

miniere di ferro, e che deposita nel suo corso. Ci sono delle grandi miniere nella provincia di

Berri. Il colore dell’ocra gialla si avvicina a quello dell’oro opaco; scegliete la più leggera, la

meno compatta e quella della tinta (sfumatura) più viva. Poiché quest’ocra (ocra gialla), non

più del gesso, non subisce alcuna alterazione per l’influenza dell’aria, è un po’ più

indispensabile purificarla per spogliarla di tutte le particelle di ferro e di ghiaia che contiene in

quantità più o meno grande. Le ocre d’altronde sono sempre mischiate con un po’ di acido

vetriolico (solforico), ciò che rende la precauzione della purificazione ancora più

indispensabile. Non si deve mai lasciare in un colore alcuna specie di sostanza salina, e questo

riguarda indistintamente tutti i generi di Pittura, ai quali si dia qualche importanza, ma

principalmente la Pittura ad olio. Si deve dunque diluire l’ocra in un grande vaso di faenza

-maiolica-, con un po’ d’acqua, versare poi l’acqua, tutta torbida, in un altro vaso, dopo averla

lasciata riposare un istante, per lasciar precipitare le parti più grosse. Si butterà questo

sedimento, che non è che ferro e sabbia. Un ora dopo, l’ocra, sospesa nell’acqua, sarà

depositata. Buttate l’acqua, mettetene di nuova, e diluite, poi versate l’acqua, tutta torbida, in

dei coni di pergamena che sospenderete (tenere sollevato appendere attaccare sorreggere)

sullo schienale di una sedia (supporto). Quando l’ocra sarà riunita raccolta nel cono,

separatela con una fascia (striscia di lino-pannolino) dalla sabbia fine che è precipitata per

prima e che va bene solo per la pittura -decorazione- dei rivestimenti di legno, e porfirizzatela

dopo aver gettato l’acqua. Formerete delle matite, mentre sarà maneggiabile e potrà

189 Chaperon, 1788, p.52190 Chaperon, 1788, p.55

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impastarsi o rollarsi sulla carta, senza attaccarsi alle dita.191»

«l’ocra bruna o di rue, è un altro ossido, o ruggine di ferro, somigliante all’ocra gialla, ma di

colore più forte. Si trova in un libro di storia naturale che è dell’ocra gialla calcinata o

colorata di giallo zafferano. L’errore è evidente. Quest’ocra diventa molto più rossa al fuoco

dell’altra, ciò che non può arrivare (non si può ottenere) né in una né nell’altra supposizione.

Quella che si chiama ocra d’Italia è la migliore. Il colore delle ocre è molto solido192».

«L’ocra bruna o di rue, e la terra d’Italia, devono essere trattate allo stesso modo. Bisogna ben

purificarle prima di porfirizzarle e metterle in matite. Tra le ocre brune, ce n’è una, conosciuta

con il nome di terra di Venezia o di Siena. È molto compatta, somigliante nel fratturarsi, alla

terra d’ombra, o piuttosto alla gommagutta, cioè lucida. È di color cannella moro dorato

(cannellato). Questa materia ha dell’apparenza-colore-, e se ne fa molto uso nella pittura ad

olio; ma non vale niente, sebbene molto cara. È del ferro, sciolto dagli acidi minerali

(solforico,nitrico,cloridrico), come quelli che producono le fabbriche di vetriolo. Si crede,

vedendola, che abbia molta più intensità dell’ocra bruna. Ma oltre ad essere molto meno

solida, assume lo stesso tono sotto la mola (rullo), e calcinata, diventa più arancione

(aranciato)193».

Delle Matite rosse

«Il cinabro è una combinazione naturale di mercurio e zolfo, da cui risulta un corpo molto

pesante, di un rosso-bruno, composto da lustrini brillanti, e che, ridotto in polvere, diventa

scarlatto. È, solitamente, mischiato a un po’ di sabbia. Quello in commercio è un prodotto

dell’arte, che si ottiene sublimando dello zolfo con il mercurio, … Non bisogna mai

comprarlo in polvere, se si vuole essere sicuri di non avere del minio al posto del cinabro.

Non si vedono che frodi, poiché si ha fretta di fare fortuna; è lo spirito del secolo. Il minio,

sebbene più arancione, assomiglia abbastanza al cinabro. Non ci si può sbagliare, prendendolo

in pietra-pezzi. Gli si dà in commercio, quando è ridotto in polvere, il nome molto inutile di

vermiglione. Lasciatelo ancora una volta, anche con il nome di vermiglione della Cina, a

meno che non sia in pietra, è la stessa mescolanza con un po’ di carminio per mascherarlo

meglio. … Si vedrà tra poco che il cinabro ben puro è molto solido.194»

«Il cinabro è un rosso, un po’ scarlatto, quando è macinato. Non ne prendete mai se non in

pietra, come ho già detto. Per comporne le matite basta porfirizzarlo con dell’acqua nella

quale si sarà fatta sciogliere un pezzo di gomma arabica. Queste matite sono molto pesanti.

Non si deve temere che il cinabro cambi, anche ad olio, a meno che non sia mischiato con il

191 Chaperon, 1788, p.31192 Chaperon, 1788, p.31193 Chaperon, 1788, p. 79 e 208194 Chaperon, 1788, p. 32

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minio. È provato che il mercurio, nello stato di cinabro, non si presta all’azione di alcun

solvente, perché è difeso dallo zolfo, e non conserva alcun carattere salino. Che lo si espone ai

vapori di solfuri alcalini , o che ce ne si versi sopra, non riceve-subisce- la più leggera

impressione. Quale vapore abbastanza putrido può dunque alterarlo, se resiste a questa

prova? 195»

Delle Matite blu

«Se si vuole fare uso dell’indaco, ecco il modo che si può utilizzare per comporne delle

matite. È una sostanza estremamente ribelle, ma che dona un blu fuggente molto bello.

Si deve per prima cosa far polverizzare l’indaco, in un mortaio, dal droghiere. Lo si farà

macinare poi sulla macina dei colori con dell’acqua calda. Lo si metterà in un vaso di terra

verniciata pieno d’acqua bollente. Ci si aggiungerà, ad intervalli, grosso come due noci, per

esempio, dell’allume di Roma in polvere, se si utilizza una noce di indaco. Queste sono più o

meno le proporzioni. Si metterà il vaso sul fuoco, la materia gonfierà molto velocemente,

bisogna far attenzione che non esca dal vaso, la si mescola per questo motivo con un

cucchiaio di legno, allontanandola di volta in volta dal fuoco. Quando avrà preso sei o sette

bollori, la si lascerà raffreddare e riposare qualche ora, si getterà la maggior parte dell’acqua

perché inutile, si verserà il deposito su un filtro di carta sostenuto da un panno, lo si bagnerà

d’acqua calda per togliere tutto l’acido solforico dell’allume. Quando l’acqua sarà passata

attraverso il filtro, si raccoglierà il fondo che sarà rimasto sopra, per farlo macinare sulla

macina. Se c’è tutto l’allume necessario, e che il lavaggio ne ha ben portato via l’acido, e non

ha lasciato che la terra che si è incorporata con l’indaco, le matite saranno friabili come il

bianco di Troyes. L’indaco non è affatto usato nella Pittura a pastello, perché apparentemente i

fabbricanti non hanno immaginato un modo per ridurlo e vincere la sua tenacità; poiché

l’alcol non può farci niente. È il colore più solido che i vegetali abbiano mai fornito. Ma

annerisce con il tempo, impiegato ad olio. Del resto, la Pittura a fresco e lo smalto sono le

sole per cui questa sostanza non può essere utilizzata. Si utilizza il blu di cobalto -smalto-

(lapislazzuli?)196».

«Riguardo l’azzurrite (azzurro di rame), è una terra caricata di una certa quantità di ossido

naturale di rame. Il tono di questo colore è un blu molto gradevole. Ma non lo si può che

utilizzare che a tempera e nelle opere di poca importanza. L’ossido di rame e le terre rameose

possono ben servire per la dipintura (peinturage); ma mai per la Pittura, anche a fresco, sono

la peste dei quadri197».

195 Chaperon, 1788, p.115196 Chaperon, 1788, p. 152197 Chaperon, 1788, p. 159

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«Il Blu di Prussia è anch'esso una composizione. Per fabbricarlo si fa calcinare in un crogiolo,

con del sale di tartaro, del sangue di bue disseccato; poi si fa bollire questo carbone che dà un

precipitato verdastro per aggiunta di un po' di vetriolo martiale e di allume. Ma questo

precipitato diviene un bel blu turchese se si aggiunge dello spirito di sale. La terra di allume

che si deposita con quella di vetriolo è quella che può schiarire un po' questa specie di lacca.

Prima dell'inizio di questo secolo (XVIII), non si conosceva questa composizione che un

chimico di Berlino scoprì per caso. Si impiegava al suo posto l'indaco. Il blu di Prussia è più

d'effetto e la colorazione è piuttosto buona tanto che qualunque pittore ad olio la usa.

Scegliete il più leggero e il più friabile, e il più alto in colore.»

«Per ricavare dal Blu di Prussia le matite che si possono utilizzare, lo si deve trattare come si

è trattato lo Stil de Grain: si macina con sufficiente acqua da renderlo un po' liquido, poi lo si

diluisce con una grande quantità d'acqua calda, si lascia così a riposare, in maniera che si

dissali, visto che in queste composizioni ci entrano molti sali: l'allume, il vetriolo marziale,

l'acido marino; da cui i fabbricanti non si preoccupano di depurarlo. […] si potrà trattare,

quindi, il Blu di Prussia allo stesso modo del carminio, cioè, se ci si vuole risparmiare la

seccatura del lavaggio (necessario a renderlo friabile, perché vengono tolti i sali che lo

induriscono e lo predispongono, tra l'altro, a fiorire), basta solo porfirizzarlo con acqua pura e

lasciarlo un po' seccare, poi lo si diluisce con lo spirito di vino ben rettificato, si deve rollare e

formare il pastello prima che lo spirito di vino sia interamente evaporato. Ma in questo modo,

il Blu di Prussia non si può associare e mescolare con altri pastelli, in quanto si indurirebbero

a meno che non si tratti di mescolanze con lo spirito di vino, anche se resterebbe sempre il

pericolo di efflorescenze e di fioriture.»

«Questo colore blu depurato, fornisce un pastello di un blu turchese (Turc) o blu del Re, che si

può portare a delle tinte più chiare per mescolanza con il bianco, come si vedrà più in basso. I

pittori ad olio si lamentano che diventa un po' verdastro con il tempo, questo non

succederebbe se si prendesse la precauzione, prima di farne uso, di dissalarlo completamente,

come abbiamo detto. Non si deve ignorare che gli acidi inverdiscono indifferentemente tutti

gli ossidi di ferro, si veda il vetriolo marziale. D'altra parte gli alcali decolorano totalmente il

blu di Prussia, quindi è facile capire che è un colore che si deteriora se viene mescolato per

formare delle stesure con lo Stil de Grain (dove ci sono alcali ricavati dalla cenere e dalla

potassa). Se lo si mescola [lo Stil de Grain], senza averlo ben dissalato, con il blu di Prussia

per formare un verde, il colore diventerà in poco tempo giallo sporco. Si potrà unire al blu di

Prussia, mentre lo si macina, un po' di Azur (azzurrite (?)) in polvere che lo renderà ancora

più friabile. L'Azur non rovina questo colore, solo ne diminuisce un po' l'intensità quando non

è nemmeno lui saturo in colore, ma è molto utile con il Blu di Prussia ben dissalato.»

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Delle Matite verdi

«Si può, con dell’acetato di rame cristallizzato o verderame distillato -verdetto distillato =

acetato di rame-, (è un ossido di rame), comporre delle matite di un verde molto brillante, ma

d’altronde pessimo. Si dovrà porfirizzare questo verderame con dell’acqua, poi metterlo in un

vaso, e gettarci sopra, goccia a goccia, un po’ di soda e potassa in liquore, poi lavarlo su un

panno con un po’ d’acqua, per dissalarlo e farne matite. Se si utilizza dell’ammoniaca, al

posto di soda e potassa, il verderame assumerà il più bel colore blu che si possa vedere; ma

non avrà durata. Il verderame tornerà in pochissimi giorni alla sua prima colorazione. In più,

bisogna ripetere qui che l’ossido di rame, come l’azzurrite e il verderame, la terra verde (terra

di Verona), il blu di montagna (cendre bleue), non devono servire che per le ruote delle

vetture e il pergolato dei giardini, o tutt’al più per le tempere di poco valore198».

Delle matite brune

«La terra d’ombra, o piuttosto d’Umbria, è una pietra compatta, un po’ grassa da toccare, di

un bruno rosso molto scuro. È una specie di ocra di ferro, mischiata alla torba, e che si trova

in Italia e nelle Cévennes.199»

«I pastelli composti dalla terra d’ombra, sono dei colori bruni. Ma non sono affatto friabili, se

non si ha avuto la precauzione di calcinarla. Basta metterla per un quarto d’ora sotto la brace

quando è in massa, e su una pala di ferro quando è in polvere. È preferibile prenderla in

massa, se possibile, perché è meno mischiata a materie estranee. Il sua colore di tabacco o

foglie secche diventa un po’ più rossastro al fuoco. Dopo averla calcinata, la si può mettere,

con un po’ d’acqua, sulla macina. Dopo averla sufficientemente macinata, darà delle belle

matite di un colore rossiccio o bruno rossastro, un po’ compatto e grasso. Ma si va ancora

meglio immergere in un vaso, pieno d’acqua fredda, la terra d’ombra ancora tutta ardente. È

vero che diventerà più dura e più difficile da macinarsi. Ma una volta ben porfirazzata, le

matite saranno ancora più friabili come non lo saranno mai stati. È il solo modo che ho

trovato di ridurre questa sostanza estremamente ribelle a pastello, senza l’aiuto dell’alcol

etilico»200.

Delle Matite nere

«Il nero d’avorio è la terra di ossa, o anche dell’avorio, che si è calcinato al fuoco al chiuso.

Ci si può aggiungere quello che fornisce (procura) il carbone del legno più comune, come la

quercia, l’olmo, il carpine, il pioppo, la vigna e altri. Tutti questi neri sono molto solidi»201.

198 Chaperon, 1788, p.168199 Chaperon, 1788, p. 40200 Chaperon, 1788, p.182201 Chaperon, 1788, p. 42

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«Il nero d’avorio è molto intenso. Il colore è vellutato. Ma è quasi sempre duro, pietroso, se

non si ha la precauzione di trattarlo come il blu di Prussica. Bisogna quindi cominciare con il

porfirizzarlo per bene e lavarlo poi in moltissima acqua bollente. Il giorno dopo, quando

l’acqua si sarà ben schiarita, la si verserà, perché inutile, senza agitare il vaso, si porfirizzerà

nuovamente il sedimento che si lascerà seccare su un filtro di tela o di carta, finché avrà un

po’ di consistenza per poter essere modellata sulla carta da filtro e farne matite»202.

202 Chaperon, 1788, p.194