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WWW.DEMOCRATICA.COM “S i tende a escludere quello che non si conosce e noi, invece, vogliamo diffondere lo sport paralimpico”. Lo dice, con saggezza e grande capacità di visione, Oscar De Pellegrin, sportivo paralimpico plurimedagliato che sintetizza così al meglio lo spirito che anima il mondo degli sportivi con disabilità. Lo devo ammettere, ho un’ammirazione sconfinata nei loro confronti, perché penso che rappresentino il senso più nobile e autentico dell’impegno sportivo: passione, sacrificio, sfida ai propri limiti, gusto della competizione, solidarietà reciproca, rispetto del compagno di squadra e dell’avversario. SEGUE A PAGINA 6 Verso intesa nonostante le parole dei leader M5S - LEGA PAGINA 3 Martina a Napoli per ripartire IL PARTITO PAGINA 4 Il grande bluff della Brexit fantasma MONDO PAGINA 5 Il partito di Cambridge Analytica Quali sono gli amici italiani della società che minaccia la democrazia ? Perché Lega e M5s tacciono? Serve una commissione parlamentare d’inchiesta sulle Fake News Lo sport paralimpico un diritto alla speranza L’EDITORIALE /1 Luca Lotti n. 150 martedì 20 marzo 2018 “Ci stiamo assuefacendo all’orrore e alle ingiustizie. La campagna turca contro i curdi è uno dei momenti più drammatici della guerra” (Zerocalcare) L a tragedia del dibattito politico italiano è che conosce solo due categorie di protagonisti: il traditore e il servo. Per questo è impossibile discutere razionalmente di una sconfitta (come, a ben vedere, di qualsiasi altra cosa). Voglio dire: se all’interno di un partito chi appoggia il segretario è un servo e chi lo critica è un traditore, quale dibattito potrà mai svilupparsi? È ovvio che ciascuno resterà sulle posizioni che aveva prima. Vale a dire prima della sconfitta, ma anche prima delle precedenti vittorie, sicché non c’è modo di capire né cosa abbia funzionato prima né cosa sia andato storto dopo. PAGINA 7 Non ricominciamo sempre da capo Francesco Cundari PAGINA 2 DOPO IL 4 MARZO

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“Si tende a escludere quello che non si conosce e noi, invece, vogliamo diffondere lo sport

paralimpico”. Lo dice, con saggezza e grande capacità di visione, Oscar De Pellegrin, sportivo paralimpico plurimedagliato che sintetizza così al meglio lo spirito che anima il mondo degli sportivi con disabilità. Lo devo ammettere, ho un’ammirazione sconfinata nei loro confronti, perché penso che rappresentino il senso più nobile e autentico dell’impegno sportivo: passione, sacrificio, sfida ai propri limiti, gusto della competizione, solidarietà reciproca, rispetto del compagno di squadra e dell’avversario.

SEGUE A PAGINA 6

Verso intesa nonostante le parole dei leader

M5S - LEGA

PAGINA 3

Martina a Napoliper ripartire

IL PARTITO

PAGINA 4

Il grande bluff della Brexit fantasma

MONDO

PAGINA 5

Il partito di Cambridge Analytica

Quali sono gli amici italiani della società che minaccia la democrazia?

Perché Lega e M5s tacciono?

Serve una commissione parlamentare d’inchiesta sulle Fake News

“Lo sport paralimpicoun diritto alla speranza

L’EDITORIALE /1

Luca Lotti

n. 150martedì

20 marzo2018

“Ci stiamo assuefacendo all’orrore e alle ingiustizie. La campagna turca contro i curdi è uno dei momenti più drammatici della guerra” (Zerocalcare)

La tragedia del dibattito politico italiano è che conosce solo due categorie di protagonisti: il traditore e il servo. Per questo

è impossibile discutere razionalmente di una sconfitta (come, a ben vedere, di qualsiasi altra cosa). Voglio dire: se all’interno di un partito chi appoggia il segretario è un servo e chi lo critica è un traditore, quale dibattito potrà mai svilupparsi? È ovvio che ciascuno resterà sulle posizioni che aveva prima. Vale a dire prima della sconfitta, ma anche prima delle precedenti vittorie, sicché non c’è modo di capire né cosa abbia funzionato prima né cosa sia andato storto dopo.

PAGINA 7

“Non ricominciamosempre da capoFrancesco Cundari

PAGINA 2

DOPO IL 4 MARZO

2 martedì 20 marzo 2018

Quale partito italiano ha beneficiato dei dati al centro della bufera?

La bomba fatta detonare dalla cla-morosa inchiesta del New York Ti-mes e del Guardian non riguarda solo la campagna di Trump o il re-ferendum sulla Brexit, ma anche la politica italiana. E molto da vicino.

A scriverlo è la stessa società finita nel ciclone che sul suo sito parla del suo impegno in italia. “Nel 2012”, si legge in una sezione dedicata ai casi di studio, “Cambridge Analytica ha realiz-zato un progetto per un partito italiano che sta-va rinascendo e che aveva avuto successo per l’ultima volta negli anni ‘80. Usando – prosegue la nota – l’Analisi della Audience Target, CA ha rimesso gli attuali e i passati membri del par-tito assieme con i potenziali simpatizzanti per sviluppare una riorganizzazione della strategia che soddisfaceva i bisogni di entrambi i gruppi. La struttura organizzativa moderna e flessibi-le che è risultata dal lavoro di CA ha suggerito riforme che hanno consentito al partito di ot-tenere risultati molto superiori alle aspettative in un momento di grande turbolenza politica in Italia”.

La lotta contro le fake news e il silenzio di Lega e CinquestelleIn campagna elettorale il Partito democratico ha più volte denunciato il rischio rappresen-tato dalla disinformazione in rete. Per questo aveva proposto di istituire una Commissione d’inchiesta contro le fake news. Uno strumento che i dem ritengono indispensabile e che verrà

proposto già da questa legislatura. Sul tema in-vece silenzio assoluto dagli altri partiti, in par-ticolari i vincitori. Il Movimento 5 stelle non ha commentato l’inquietante vicenda di Cambrid-ge Analytica e generalmente non si è mai pre-occupato di proporre una qualche soluzione al problema della disinformazione in rete. Stessa cosa la Lega. Anzi, alla luce dei fatti di questi giorni, appaiono inquietanti le parole pronun-ciate da Matteo Salvini all’indomani dei risul-tati elettorali quando aveva ringraziato i social network e il popolo della rete che non si era fi-dato, a suo dire, di “giornalisti poco obiettivi”.

Le dimensioni dell’inchiestaL’inchiesta dei due quotidiani ha rivelato come i profili Facebook di 50 milioni di elettori ame-ricani siano stati violati per fini elettorali. I ruoli di Cambridge Analytica e Facebook sono da chiarire e le ramificazioni di questa grande inchiesta sono molteplici. Il problema principa-le risiede nelle rivelazioni fatte da Christopher Wylie, ex dipendente di Cambridge Analytica e fonte cardine del Guardian per questa storia. All’epoca della raccolta di dati tramite le app di Facebook era possibile raccogliere informazioni anche sulle cerchie di amici. Per questo è stato possibile passare dai primi 270mila profili ai 50 milioni citati dall’inchiesta. Il problema arriva quando queste informazioni vengono raccolte dal ricercatore di Cambdrige Aleksandr Kogan, tramite un’app chiamata “thisisyourdigitallife”, e poi passate a Cambridge Analytica, violando i termini d’uso di Facebook. Il punto dunque è la tempistica. Facebook ha agito contro CA solo ora, ma secondo Wylie era al corrente del pro-blema da circa due anni.

Social network e politica

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Cos’è Cambridge Analytica? È una società di analisi che ha raccolto i dati personali di oltre 50 milioni di utenti in una delle più grandi violazioni della policy di Facebook da quando è nato il social network. La società appartiene al gruppo Strategic Communication Laboratories (SCL) ed è di proprietà di Robert Mercer, matematico e repubblicano convinto, noto per il suo sostegno a campagne di candidati conservatori in tutto il mondo.

Cosa c’entra la psicometria? La grande quantità di informazioni raccolte sono state elaborate da modelli e algoritmi per creare profili di ogni singolo utente. L’approccio è stato quello della “psicometria”, che si occupa tendenzialmente della valutazione quantitativa dei comportamenti.

Perché si parla anche della Russia?Ci sono tante tracce che collegano CA a Mosca. Basandoci sui fatti basta ricordare di un’audizione svolta il 14 dicembre scorso nell’ambito dell’inchiesta guidata da Robert Muller sul presunto Russiagate. Ad essere ascoltato è stato il numero uno di CA Alexander Nix. Al termine del colloquio Muller ha chiesto email e le comunicazioni dei dipendenti di CA relative alla campagna elettorale per la Casa Bianca del 2016 e alla Brexit.

Aleksandr Kogan è il ricercatore della Cambridge che ha ideato l’app con cui sono stai raccolti i dati e una delle figure chiave dell’inchiesta.

Christopher Wylie, ex dipendente di Cambridge Analytica e principale fonte che ha scoperchiato il vaso.

Lo scandaloCambridge Analytica

3 martedì 20 marzo 2018

Dietro la parole, l’accordo è più vicino?

Gli incontri e i colloqui prose-guono tra Salvini e Di Maio; l’obiettivo è raggiungere un accordo per le Camere, da una parte, e per il governo dall’al-tra. Gli ostacoli ci sono ancora,

ma la volontà per superarli sembra esserci da entrambe le parti, l’obiettivo è trovare dei punti in comune su cui far lavorare il gover-no e far votare compatti i parlamentari leghi-sti e pentastellati. L’accordo sulla presidenza delle Camere è vicino: il M5S continua a chie-dere Montecitorio, di conseguenza Palazzo Madama dovrebbe andare al centrodestra. La partita sarà più complessa per l’esecutivo.

All’interno della Lega c’è qualcuno che storce il naso; per Maroni un governo con i grillini è “una missione impossibile”, ma Sal-vini sembra possibilista. Dopotutto il leader del Carroccio ha sempre detto di essere pron-to a parlare con tutti ad eccezione del Pd. Il suo unico scoglio era fino a qualche ora fa il rispetto dei patti elettorali con gli alleati del centrodestra, in particolare con Berlusconi. Ma ora l’ex Cavaliere non sembra più del tut-to contrario a un governo con i grillini come lo era al principio. Al momento guarda dal-la finestra, si limita ad osservare Salvini e Di Maio che muovono i primi passi per un’inte-sa, stavolta per l’esecutivo. Forse Berlusconi spera ancora nelle consultazioni con il presi-dente Mattarella per un altro finale? In ogni caso, l’asse tra Lega e Cinque Stelle non sem-bra più essere un problema per Forza Italia. “I Cinque Stelle - ha detto Giovanni Toti - dato il consenso che hanno avuto dai cittadini,

sono indubbiamente l’interlocutore”, ma, ha precisato, “avere un interlocutore non vuol dire essere d’accordo”. Insomma, i berlusco-niani prendono tempo, ma la porta non è più completamente chiusa.

Dall’altra parte Di Maio con-tinua a ribadire la forza con la quale il Movimento è uscito dalle urne: “Siamo il perno di questa legisla-tura, siamo decisivi”, ha detto. Mostra i muscoli, ma in realtà si guarda intorno. Per l’esecutivo non guarda più solo alla Lega, ma anche ai dem, e si dice disposto anche a ri-nunciare a qualche ministro di quelli presentati prima del voto (mossa strategica dal punto di vista elettorale, meno dal punto di vista politico). Numeri alla mano, i Cinque Stel-le hanno bisogno di un appoggio e il tempo stringe.

Per venerdì, infatti, sono convocate le pri-me sedute di Camera e Senato e tra il 24 e il 25 marzo dovrebbero essere eletti i rispettivi

presidenti. E da lì a breve si apriranno le consultazioni al Colle; molto proba-

bilmente subito dopo Pasqua. Quindi è possibile che già a

partire dal 3 aprile il pre-sidente della Repubblica inizi a confrontarsi con i gruppi parlamentari e i rappresentanti dei parti-ti per trovare un esecuti-vo per il Paese.

Insomma, sia i Cinque Stelle che il centrodestra

stanno facendo grandi eser-cizi di equilibrismo per ap-

parire allo stesso tempo forti ma anche responsabili, ma in real-

tà l’accordo, anche per il governo - visti i tempi e le reali possibilità di fronte a Lega e M5S - potrebbe essere vicino.

M5s-Lega

Silvia Gernini

Da anni ogni volta che si parla di tasse si cita questo dato: il Total Tax Rate, calcolato dalla Banca Mondiale, che esprime il carico fiscale effettivo (imposte, contributi, ecc) sulle imprese.In Italia è sempre stato intorno al 65%, tra i più alti al mondo.Nel 2016 è sceso al 48%. Di poco inferiore alla Germania (48,9%) e di parecchio inferiore alla Francia (62,2%).

Marattin: “Così sono crollate le tasse sulle imprese”

Di Maio mostra i muscoli

ma la realtà è chiara: il M5s è obbligato a fare

passi indietro

L’intesa tra grillini e leghisti per la presidenza delle Camere è ormai fatta. Si lavora per il governo

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4 martedì 20 marzo 2018

Può nascere una“primavera democratica”

Una sala affollata in tutti i suoi 300 posti sedere, con molta gente in piedi, e una discussione che ha toccato senza veli alcuni dei nervi che il terremoto del 4 mar-zo ha lasciato scoperti sulla pelle del Partito democratico. E’ probabilmente questo che Maurizio Martina si aspettava di trova-

re a Napoli, nella prima delle riunioni di circolo a cui parteciperà in qualità di segretario reggente, e questo ha trovato nel teatro del Dopolavoro fer-roviario dove si sono riuniti gli iscritti del circolo di Fuorigrotta. Un luogo simbolo dal quale parti-re, perché come ha detto Martina nel suo inter-vento, i vincitori delle elezioni dovranno essere sfidati “sul terreno del cambiamento utile e su quello che si potrà fare nel Mezzogiorno”, a par-tire dalla prima proposta che il Pd porterà in Par-lamento, “l’assegno universale per le famiglie con figli. Una proposta giusta, un intervento possibile. Chi ci sta?”.

“Noi – ha aggiunto Martina - ci muoviamo sul terreno delle proposte concrete. A partire da giovani, lavoro, famiglia. Vogliamo sfidare chi ha vinto perché pensiamo di avere le risposte giuste”.

Quanto al percorso che aspetta il Pd, per Martina la sfida è quella di “lavorare in un grande contesto popolare come alternativa al po-pulismo. Può nascere una primavera democratica. Non ho risposte

facili ma chiedo una mano a tutti. Il partito deve essere una comu-nità”. E la comunità del circolo di Fuorigrotta ha voluto far sentire la sua voce, con gli interventi degli iscritti, a partire dalla segreta-ria, Antonella Cammardella, che racconta a Democratica: “C’è stata una bella partecipazione e l’assemblea è stata tranquilla e ragionata. Abbiamo raccontato della nostra campagna elettorale, che abbiamo portato avanti tra molte difficoltà, tra neve e furti, ma che abbiamo

condotto in strada, in mezzo alle persone, raccontando quan-to di buono abbiamo fatto al Governo. Purtroppo non è

bastato, c’è in giro troppa rabbia”.“La proposta mediatica degli altri – è l’opinione

della segretaria di Fuorigrotta - si è fondata sul-le risposte ai problemi quotidiani: famiglie con reddito basso, povertà, domanda securitaria. Le nostre proposte hanno avuto il limite di tempi troppo lunghi. A Bagnoli abbiamo stanziato tanti soldi, ma ancora non si vede nulla e per adesso restano degrado e mancanza di lavoro”.

Quanto alla ripartenza, la segretaria di Fuori-grotta concorda con l’iniziativa di Martina di rico-

minciare dai circoli: “E’ da qui che può partire la ri-connessione con i cittadini. Anche qui a Napoli, dove

dobbiamo saper ripartire dai nostri errori, con scelte condivise, per poter guardare avanti”.

E anche al Nazareno non si ferma la macchina che sta provando a rimettere in moto il partito dopo la batosta elettorale. Oggi mattinata di lavoro nelle sede del Pd, dove dopo la segreteria nazionale si è te-nuta la riunione dei 117 segretari di Federazione dem, alla presenza di Maurizio Martina.

Partito Democratico

Carla Attianese CONDIVIDI SU

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“Dobbiamo aprire insieme una fase nuova di rigenerazione del campo di forze politiche, sociali, culturali del centrosinistra. C’è tanto cammino da fare e io mi sento impegnato a dare una mano”

NICOLA ZINGARETTI

“Non sono d’accordo a fare un governo con i 5 stelle, ma su decisioni importanti potrebbe essere utile una consultazione degli iscritti, anche sulla possibilita’ eventuale di fare un governo”

ETTORE ROSATO

“Il referendum tra gli iscritti è previsto dal nostro Statuto, ma non credo che ce ne sia la necessità in questo caso. Noi abbiamo già assunto una posizione chiara che è quella che il Pd sta all’opposizione”

MATTEO ORFINI

Riunitia Roma

i segretaridi Federazione

del Partito Democratico

Domani Maurizio Martina alla manifestazione di Libera a Foggia contro le mafie

5 martedì 20 marzo 2018

La questione irlandese e la Brexit fantasma

“Un buon accordo tra Regno Unito e Unione Europea non è mai stato così vicino“. Così, a Bruxelles, il capo negoziatore britannico David Davis ha commentato, insieme alla sua controparte Michel Barnier, l’intesa sul periodo di transizione che durerà dal 29

marzo 2019 al 31 dicembre 2020. “I cittadini e le imprese – dice Davis – hanno bisogno di certezze per prepararsi al futuro. Oggi c’è una certezza su termini e condizioni”.

Per i prossimi tre anni, il Regno Unito non parteciperà al pro-cesso decisionale dell’Ue, pur dovendo applicarne le norme, conti-nuerà a godere dei benefici del mercato unico e sarà soggetta alle decisioni della Corte di Giustizia di Strasburgo. I cittadini britanni-ci e dei Ventisette che si sposteranno verso i Paesi europei o la Gran Bretagna godranno di eguali diritti rispetto al periodo pre-Brexit. Cosa succederà tra tre anni? E’ ancora tutto da definire.

La questione che rimane aperta è quella dello status dell’Irlanda del Nord e del confine con la Repubblica d’Irlanda. Per trent’anni su quella frontiera e sullo scontro tra la comunità cattolica e quella protestante dell’Ulster si è consumata una vera e propria guerra civile (i troubles) che hanno lasciato sul campo migliaia di vitti-me. La cancellazione di quel confine è una parte fondante degli accordi di pace del Venerdì Santo del 1998. La sola possibilità che la frontiera fisica tra Belfast e Dublino potesse essere re-istituita, è stata sufficiente a far tornare gli spettri del passato.

Di qui la proposta di salvaguardia (backstop) formulata da Bru-

xelles: nessuna frontiera nell’isola ma un confine doganale nel Mare d’Irlanda. Soluzione inizialmente rigettata da Theresa May e dal Dup (il partito unionista del Nord Irlanda che con i suoi 10 deputati tiene in piedi il governo conservatore), secondo cui “il ri-conoscimento di uno status speciale a Belfast sarebbe il prodromo per la riunificazione irlandese“. Un sogno per la comunità cattoli-ca, un incubo per quella protestante.

Con gli accordi annunciati ieri, sembra però che si stia andando esattamente in questa direzione. Lo stesso Davis ha chiarito che “non ci sarà alcun confine fisico“. E Barnier ha ribadito che, “la soluzione di salvaguardia farà parte del testo dell’accordo per il ri-tiro del Regno Unito dall’Ue a meno che non vengano trovate altre soluzioni”. Il che vorrebbe dire che le questioni interne sollevate qualche settimana fa rimarrebbero aperte: l’esistenza del gover-no May sarebbe messa a dura prova e la permanenza di Belfast nel mercato unico provocherebbe una reazione a catena di Scozia, Galles e la stessa città metropolitana di Londra che hanno già chie-sto eguale trattamento.

Quindi, riassumendo: per i prossimi tre anni i diritti dei cittadini comunitari nel Regno non verranno toccati, anzi, verranno estesi ai nuovi arrivati. Il conto che Londra deve pagare è quello pattuito ed estremamente salato. La questione nordirlandese non è risolta e rischia anzi di provocare un effetto domino destabilizzate in tut-ta la Gran Bretagna.

L’entusiasmo dimostrato da Davis appare del tutto ingiustificato. E infatti è criticato da una parte dagli ideologi della hard Brexit che vedono il Regno Unito cedere piano piano su tutta la linea, dall’al-tra da chi pensa che tutto questo sia stato un macroscopico errore e sogna un secondo referendum che metta uno stop definitivo al processo di uscita.

Mondo

Stefano Cagelli

Il dramma di Afrin. Erdogan e Assad signori della guerra

Goutha, Afrin. I signori della guerra in Siria oggi sono due, non ancora l’uno contro l’altro: Bashar Assad, che stringe con ferocia l’assedio sul-

la Goutha orientale, e Recep Tayyp Erdogan, che dopo aver preso Afrin vuole estendere l’offensiva turca in corso nel nord-ovest ad altre città curde, tra cui Kobane, indifferen-te alla “grande preoccupazione” espressa da Washington. Secondo alcuni corrispondenti dell’agenzia di stampa France Presse, le forze turche e i loro alleati siriani si sono lasciati andare al saccheggio di case e negozi. La Siria ha intimato alla Turchia a ritirarsi “immedia-tamente” da Afrin. Damasco ha definito “ille-gittima” la conquista della città, che ha visto

unita’ filo- governative siriane scendere in battaglia per difenderla. La stessa Damasco che continua a martellare la regione della Goutha orientale, alla periferia della capita-le siriana. Più di 6.000 civili l’hanno lasciata nella sola giornata di ieri. Il versante diplo-matico non registra altro che la sostanziale rassegnazione dell’Unione europea: “Non smetteremo a alzare la voce per chiudere la fine delle ostilità”, ha detto l’Alto rappresen-tante dell’Unione Europea, Federica Moghe-rini, che ha dovuto però ammettere come sul terreno la situazione “va nell’altra direzione” di un processo politico di transizione.

(S.C)

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A Bruxelles si festeggia per un accordo che di fatto lascia Londra nell’Unione per altri tre anni. E il nodo irrisolto di Belfast fa ancora paura

6 martedì 20 marzo 2018Playground

Lo sport paralimpico, un diritto alla speranza

Tutti noi, in questi ultimi gior-ni, abbiamo esultato per le medaglie conquistate dalla nazionale azzurra ai Giochi paralimpici invernali di Pye-ongChang, tutti ci emozionia-

mo nel sentire l’urlo di gioia di Bebe Vio quando vince, o quando abbiamo visto Alex Zanardi sollevare in segno di vittoria la sua handbike e trasmettere un’immagi-ne potente di rivalsa, ma anche e soprattut-to di speranza. Bebe e Alex, insieme a tanti altri atleti, grazie a un bellissimo progetto che abbiamo lanciato alcuni mesi fa sono oggi anche degli ‘Ambasciatori’ dello sport paralimpico nelle scuole e negli ospedali, dove raggiungono migliaia di ragazzi che stanno intraprendendo un percorso di ri-abilitazione.

Pensate che risorsa di fiducia infinita rappresentano questi straordinari atle-ti per chi affronta ogni giorno la propria condizione di disabilità e che in loro rico-nosce una concreta possibilità di riscatto da un’esistenza messa alla prova da mille difficoltà: un’occasione reale di riconqui-sta della propria vita a dispetto della sfor-tuna.

Luca Pancalli, presidente del Cip, ci ha spesso raccontato storie meravigliose, in cui lo sport ha significato per tanti ragazzi una vera e propria pulsione di vita irrefre-nabile, storie in cui lo sport ha fatto supe-rare barriere che sembravano in-sormontabili: ed è questa sua natura a renderlo un diritto cui devono poter accede-re tutti.

Ecco perché nel ga-rantire e sostenere un diritto la politica e le istituzioni hanno un ruolo decisivo. La pas-sione sportiva degli at-leti paralimpici ha ne-cessità di supporto e di visibilità: ha bisogno, in altre parole, di essere prati-cata, conosciuta, ha bisogno di un’organizzazione forte e di risorse.

Come Ministero per lo Sport su questo fronte abbiamo investito molto: sul rilan-cio dello sport paralimpico rivendico, con soddisfazione, una parte importante degli impegni presi e portati a termine.

Purtroppo a volte succede che una fami-glia non si possa permettere il costo di una handbike, e che per un impianto a misura di disabilità occorrano risorse ingenti. Ser-vono risposte concrete e noi abbiamo cer-

cato di darle: il Cip è diventato ente auto-nomo (uno dei miei primi provvedimenti da ministro e di cui sono profondamente orgoglioso), abbiamo istituito un Fondo di 5 milioni di euro per l’acquisto di ausili e

protesi per la pratica sportiva di chi ha disabilità, abbiamo cre-

ato diverse possibilità di fi-nanziamento per la crea-zione e l’adeguamento di strutture dotate di crite-ri di accessibilità, e ab-biamo sostenuto inizia-tive ed eventi dedicati. Aprendo, credo, una strada dalla quale non

si può e non si deve tor-nare indietro e che, anzi,

dovrà essere percorsa con sempre maggiore impegno e

costanza.Ogni bambino che sulla sua carroz-

zina dice “voglio correre in bici”, “voglio sciare”, “voglio tirare di scherma”, deve poterlo fare. Le urla di gioia di ognuno dei ragazzi delle paralimpiadi sono il suono, la voce della speranza. Fare sentire que-sta voce, restituire fiducia a queste perso-ne straordinarie, è un compito al quale il nostro Paese non deve mai venir meno, e per il quale, personalmente, non smetterò mai di impegnarmi.

Luca LottiMinistro per lo SportSegue dalla prima

La passione sportiva degli

atleti paralimpici ha necessità di supporto e visibilità

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7 martedì 20 marzo 2018Dopo il 4 marzo

La tragedia del dibattito politico italia-no è che conosce solo due categorie di protagonisti: il traditore e il servo. Per questo è impossibile discutere razio-nalmente di una sconfitta (come, a ben vedere, di qualsiasi altra cosa). Voglio dire: se all’interno di un partito chi ap-poggia il segretario è un servo e chi lo critica è un traditore, quale dibattito potrà mai svilupparsi? È ovvio che cia-

scuno resterà sulle posizioni che aveva prima. Vale a dire prima della sconfitta, ma anche prima delle precedenti vittorie, sicché non c’è modo di capire né cosa abbia fun-zionato prima né cosa sia andato storto dopo.

E questo ci porta alla prima critica che è giusto muo-vere, secondo me, a Matteo Renzi e all’attuale gruppo dirigente, che ha la responsabilità di non avere saputo contrastare una simile lettura carica-turale della politica e del Pd, costruen-do una dialettica più sana e costrut-tiva, all’interno del partito e anche nella sua relazione con l’esterno (le due cose sono ovviamente legate: per-ché come discuti le scelte e costruisci il consenso dentro un’organizzazione influisce su come quella stessa orga-nizzazione e i suoi singoli dirigenti fanno, o non fanno, lo stesso all’ester-no).

Detta in altro modo, il Pd avrebbe dovuto fare lo sforzo di crearsi mi-gliori nemici. Non nel senso di inven-tarsi avversari di comodo, ma di sa-pere guardare, nella scelta dei propri alleati e dei propri interlocutori, nel modo di confrontarsi con avversari, giornalisti e autorità terze, all’effetto sistemico della propria iniziativa. La logica dello scontro frontale e della militarizzazione del proprio campo produce infatti due effetti collaterali: attira dalla propria parte gente buona solo a menare le mani, ma soprattutto induce e legittima un processo analo-go nel fronte opposto.

Dopo essere arrivato alla guida del governo e aver preso il 40 per cen-to alle europee, Renzi avrebbe dovuto uscire da questa spirale, da questo continuo gioco al rialzo che ha finito per rendere assai più facile coalizzare contro di lui buo-na parte del paese. Dico che lo ha reso più facile, non che ne sia stato la causa, perché penso che nulla di tutto questo avrebbe assunto il peso decisivo che ha avuto se non si fosse combinato con la madre di tutte le battaglie, quella per la revisione del sistema istituzionale ed eletto-rale. I due elementi insieme – sommati alla rottura con Silvio Berlusconi, che ha definitivamente trasformato la campagna in uno scontro Renzi-Resto del mondo – hanno dato l’impressione che il segretario del Pd volesse e po-tesse davvero fare cappotto.

Qui sta il punto. Perché una simile conclusione dell’in-terminabile transizione istituzionale gli italiani (gli elet-tori, i partiti, l’establishment) non l’hanno mai consentita. Nonostante le mille forzature compiute dall’introduzione

del sistema maggioritario in poi verso una sorta di “pre-sidenzialismo di fatto”, a nessuno è stato consentito di chiudere il cerchio a suo favore, nemmeno a Berlusconi. Lo sbocco gollista alla crisi della Seconda Repubblica è stato sempre respinto.

Intendiamoci, ho votato sì al referendum e continuo a credere che se avesse vinto il sì ora l’Italia sarebbe in ben altre acque. Così come resto convinto che il 40 per cento delle europee fosse figlio della capacità di Renzi di far uscire il Pd dall’eterno dibattito autoreferenziale e bizantino, per giocarsi la partita vera alla guida del pae-se, rompendo alcuni tabù dell’azione di governo, anche e soprattutto di centrosinistra: dagli 80 euro al rapporto con l’Europa (con tutto quel che ne consegue). Ero e resto invece critico dell’Italicum e di tutte le leggi elettorali che dovrebbero darci la “certezza di un vincitore”. Ma al di là delle mie opinioni personali, penso che a determinare la sconfitta sia stato l’insieme degli elementi che ho cer-cato di descrivere all’inizio, e credo che in quello stesso

impasto di limiti oggettivi e soggettivi, politici e culturali, stia anche la ragio-ne per cui, dopo la sconfitta referen-daria, il Pd non ha ottenuto le elezioni anticipate, lasciandosi dividere e irri-dere in nome del fondamentale G8 di Taormina e di tutto il grottesco elen-co di pretesti per non andare a votare che ci hanno portati alla bella situa-zione attuale.

L’esito del voto sancisce oggi l’irrile-vanza di tutto ciò che in questi anni si è mosso alla sinistra del Pd, ma anche di tutta la retorica e l’aritmetica del centrosinistra e delle coalizioni (dei collegi e dei candidati, dello spirito unitario e dell’unità spirituale) infine accettate dallo stesso Renzi. I risultati dicono che il mini-centrosinistra for-mato dal Pd con la lista Bonino-Tabac-ci, con il mini-asinello di Santagata e il mini-centro di Lorenzin è di fatto una caricatura della coalizione bersa-niana con Sel e Centro democratico, che era già, a sua volta, una riedizio-ne miniaturizzata e anacronistica del centrosinistra di Prodi. Se la grande lezione che il Pd trae dalla sconfitta è di ricominciare per la quarta o la qua-rantesima volta dall’ennesimo giro di assemblee e comitati centrali unitari per dar vita alla centesima caricatu-ra di coalizione, svuotando definitiva-

mente di ogni senso e funzione il Pd e la sua leadership (chiunque ne occupi il posto), secondo me, dal 18 si va dritti all’8 per cento. Se invece i suoi dirigenti sapran-no discutere seriamente dei loro successi e dei loro fal-limenti, la stessa storia raccontata fin qui dimostra che non c’è motivo di abbattersi, e che la riscossa potrebbe essere dietro l’angolo. A condizione di non ostinarsi a ri-petere sempre gli stessi errori.

Detto tutto questo, dopo una così pesante sconfitta, è giusto che chi ha guidato l’esercito si assuma la respon-sabilità dell’accaduto, accettando pure che chi propone-va altre strategie salga sul banco della pubblica accusa e faccia sapere al mondo che lui lo aveva detto prima. È un diritto che spetta a tutti, meno che a chi, per dimostra-re quanto avesse ragione, nel bel mezzo della guerra ha preso il fucile per unirsi agli eserciti avversari.

Ed è riuscito a perdere lo stesso.

Non ricominciamo sempre da capo

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L’esito del voto sancisce oggi l’irrilevanza

di tutto ciò che in questi anni

si è mosso alla sinistra del Pd

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8 martedì 20 marzo 2018

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In redazioneCarla Attianese, Patrizio Bagazzini,Stefano Cagelli, Maddalena Carlino, Roberto Corvesi, Francesco Gerace,Silvia Gernini, Stefano Minnucci,Agnese Rapicetta, Beatrice Rutiloni

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