Il nostro “mini-bus” scivola silenzioso e tranquillo nella ... · Ma concediamo un po’ di...

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M M e e i i d d u u m m un fantasma nella nebbia… Il nostro “mini-bus” scivola silenzioso e tranquillo nella sonnolenta mattinata cairota: lentamente ci porta via dal Moqattam, via dalla piana dove si stagliano imperturbabili e solenni le tre gigantesche sorelle di pietra Khufu, Khafra, Menkaure… giù giù, 70 km più a sud, verso il colossale spigoloso residuo della titanica piramide di Meidum (nel Governatorato di Beni Suef). Già… già… ancora una volta ci siamo concessi il lusso di rompere le regole, di improvvisare: grazie a Hussein, e ad un accordo all’ultimo minuto, ci siamo separati dal gruppo principale… la piana di Giza ormai, dopo tante visite, ci andava stretta. Il programma in realtà prevedeva una giornata completamente “masri” (egizia) al Cairo, con tanto di piramidi, e mastabe dei dintorni, pomeriggio al Museo Egizio con finale al suq di Khan el Khalili… Ma, appena realizzato che si poteva fare diversamente, non abbiamo esitato neppure un istante a metterci nelle mani del bravo “Khaled”. Ben presto questo giovane guidatore, distinto e gentile, si è lasciato andare alle chiacchiere (inglesi), e ci ha intrattenuto con discrezione durante il viaggio, rimanendo conquistato dalla nostra follia mediterranea. Ed eccoci qui, quasi giunti a destinazione, mentre il tempo novembrino, dispettoso, sommerge il paesaggio, piano e uniforme, di una foschia intensa e diffusa. Ed è proprio questa incredibile combinazione di luce, calore e umidità, che dà modo alla natura di creare spettacoli d’incanto e atmosfere surreali. immagini “rubate” durante il viaggio verso Meidum Nella distanza, davanti al parabrezza, la stradina alberata sembra infilarsi in un tunnel di nebbia, e ci dà l’impressione di viaggiare in mondo di favola. Al di là degli alberi pare che si estenda il nulla… un “nulla” fatto di aria densa e allo stesso tempo leggera, un delicato vapore che avvolge le cose e sembra soffocare persino i rumori. Una luminosità diffusa aleggia dappertutto e rende indistinti gli oggetti, quasi privi di ombre… Man mano che avanziamo si crea una leggera tensione… si sta preparando, come nei racconti fantastici, una spettacolare apparizione. Ed appena finiti gli alberi si presenta una dolce curva, un rettilineo… ormai sono poche le cose che si stagliano nella lontananza…. Quando all’improvviso, con maestosità silenziosa e possente, ecco emergere dalla nebbia la sagoma ciclopica e inconfondibile: lentamente, come in un sogno, gli spigoli obliqui ed il dolce profilo delle macerie accumulate alla base diventano più distinte ed identificano la natura del titano: è il primo prototipo della piramide classica… ardito esperimento attribuito al re Snefru della IV dinastia. (All’improvviso salgono alla mia memoria, come bolle leggere, immagini di analoga forza e intensità: si tratta del ricordo del castello di Dunnottar, emergente dalle fitte nebbie salmastre della costa orientale scozzese). Ma concediamo un po’ di spazio alla precisione: secondo gli

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MMeeiidduumm uunn ffaannttaassmmaa nneellllaa nneebbbbiiaa……

Il nostro “mini-bus” scivola silenzioso e tranquillo nella sonnolenta mattinata cairota: lentamente ci porta via dal Moqattam, via dalla piana dove si stagliano imperturbabili e solenni le tre gigantesche sorelle di pietra Khufu, Khafra, Menkaure… giù giù, 70 km più a sud, verso il colossale spigoloso residuo della titanica piramide di Meidum (nel Governatorato di Beni Suef). Già… già… ancora una volta ci siamo concessi il lusso di rompere le regole, di improvvisare: grazie a Hussein, e ad un accordo all’ultimo minuto, ci siamo separati dal gruppo principale… la piana di Giza ormai, dopo tante visite, ci andava stretta. Il programma in realtà prevedeva una giornata completamente “masri” (egizia) al Cairo, con tanto di piramidi, e mastabe dei dintorni, pomeriggio al Museo Egizio con finale al suq di Khan el Khalili… Ma, appena realizzato che si poteva fare diversamente, non abbiamo esitato neppure un istante a metterci nelle mani del bravo “Khaled”. Ben presto questo giovane guidatore, distinto e gentile, si è lasciato andare alle chiacchiere (inglesi), e ci ha intrattenuto con discrezione durante il viaggio, rimanendo conquistato dalla nostra follia mediterranea. Ed eccoci qui, quasi giunti a destinazione, mentre il tempo novembrino, dispettoso, sommerge il paesaggio, piano e uniforme, di una foschia intensa e diffusa. Ed è proprio questa incredibile combinazione di luce, calore e umidità, che dà modo alla natura di creare spettacoli d’incanto e atmosfere surreali.

immagini “rubate” durante il viaggio verso Meidum

Nella distanza, davanti al parabrezza, la stradina alberata sembra infilarsi in un tunnel di nebbia, e ci dà l’impressione di viaggiare in mondo di favola. Al di là degli alberi pare che si estenda il nulla… un “nulla” fatto di aria densa e allo stesso tempo leggera, un delicato vapore che avvolge le cose e sembra soffocare persino i rumori. Una luminosità diffusa aleggia dappertutto e rende indistinti gli oggetti, quasi privi di ombre… Man mano che avanziamo si crea una leggera tensione… si sta preparando, come nei racconti fantastici, una spettacolare apparizione.

Ed appena finiti gli alberi si presenta una dolce curva, un rettilineo… ormai sono poche le cose che si stagliano nella lontananza…. Quando all’improvviso, con maestosità silenziosa e possente, ecco emergere dalla nebbia la sagoma ciclopica e inconfondibile: lentamente, come in un sogno, gli spigoli obliqui ed il dolce profilo delle macerie accumulate alla base diventano più distinte ed identificano la natura del titano: è il primo prototipo della piramide classica… ardito esperimento attribuito al re Snefru della IV dinastia. (All’improvviso salgono alla mia memoria, come bolle leggere, immagini di analoga forza e intensità: si tratta del ricordo del castello di Dunnottar, emergente dalle fitte nebbie salmastre della costa orientale scozzese). Ma concediamo un po’ di spazio alla precisione: secondo gli

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esperti i lavori di costruzione della piramide iniziarono, probabilmente, durante il regno di Huni, ultimo sovrano della III dinastia e suocero di Snefru. Sembra che Snefru abbia completato e trasformato in piramide geometrica questa struttura, prima di dedicare il suo impegno alle gigantesche e originali strutture della zona di Dhashur. Vediamo ora più da vicino questa meraviglia… e ci avviciniamo al colosso immobile, orgoglioso supervisore dalla piana circostante: ci accompagna un poliziotto dal nome impronunciabile… nonostante la mia buona volontà, dopo tre tentativi si accontenta di farsi chiamare Mahmud. “Yaani, ya Mahmud, shufni el moqabar dol !” “Allora, o Mahmud, mostrami queste tombe!” lo apostrofo ridendo… “Enta masri, mister! Tekellem el arabi qwayyes!” “Tu sei egiziano davvero mister! Parli bene l’arabo!”. Lo so che non è vero, ma mi sorprende la gentilezza con cui la gente del posto mi tratta e l’allegria che dimostrano quando spiccico qualche parola nativa… cambiano proprio d’umore! Torniamo ora alla piramide, ormai siamo vicini, molto vicini, e devo dire che siamo davvero impressionati: è uno spettacolo mozzafiato e soltanto camminando e sfiorando i blocchi enormi della base ci si rende conto della immane montagna di pietra, che nulla ha da invidiare alle strutture di Cheope e Chefren. Pur essendo più bassa (solo 92 metri) la massa di blocchi, la struttura a gradoni molto alti, la collina di detriti generati dalla caduta della copertura laterale, danno un impressione di enormità e di incombenza innaturale e mettono in soggezione ogni turista che si avventuri sotto la sua ombra.

All’ombra del titano: i raggi del sole brillano sulla struttura possente

Ci arrampichiamo sulla rampa di sabbia e sassi che porta alla scaletta di legno. Attraverso questo ponte leggero si accede all’entrata. Come nella piramide rossa di Dhashur, così anche in questa di Meidum il corridoio discendente è ripido, stretto e molto lungo. Scendendo Giuseppe canta e Claudia manda gridolini di sorpresa… Patrizia scatta delle foto, siamo proprio tutti incantati! Le pareti compatte e sdrucciolevoli ci ricordano percorsi simili nel ventre di altre piramidi. L’umidità e l’immobilità dell’aria è la stessa… scendiamo giù ancora… verso il fondo, come verso l’abisso della Duat. (e pensare che siamo ancora sopra il livello del suolo!)

un momento della discesa agli inferi,

riporta alla mente immagini delle viscere delle piramidi di Giza, Dashur,

Saqqara…

Dopo uno slargo scavato in modo irregolare tra i blocchi candidi di calcare, ci ritroviamo ai piedi di un pozzo a sezione quadrata: una scala in legno, piuttosto grezza, conduce alla camera sepolcrale qualche metro più in alto. Pochi gradini ancora… ed eccoci arrivati… siamo senza parole, è la prima volta che visitiamo questo sito, e l’emozione è intensa. “No foto”, hanno biascicato i custodi… ma non c’ è nessuno a controllare ed è praticamente impossibile fare danno a qualsiasi cosa intorno, nemmeno con l’uso del flash… Snefru ci perdonerà…

atmosfera surreale nella camera superiore, appena usciti dal pozzo (Patrizia,Claudia e Giuseppe)

L’aria stantia della camera è strana, irreale… suggerisce una sensazione di attesa silente, abbacinata… una specie di cattedrale alla rovescia. Al posto della luce e della leggerezza delle

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eteree strutture architettoniche gotiche, che invogliano lo spirito a spingersi vero l’alto, troviamo questo immane complesso di blocchi massicci e opachi, pesanti e incombenti… E, paradossalmente, essere nel cuore di questa incredibile montagna di pietra, con la sensazione di essere sprofondati a decine di metri di profondità, circondati da questo geometrico ammasso di rocce squadrate, porta con se un’emozione leggera, quasi luminosa… E’ come se la piramide stessa possa fungere da concentratore, da condensatore dell’attenzione del viaggiatore sugli aspetti meno noti, quasi insondabili, della percezione. Un viaggio materiale che ci avvicina allo spirito, navigando nelle profondità della propria consapevolezza… Le pareti glabre, il soffitto a sezioni aggettanti, il pavimento a lastre (sconquassate e rivoltate dai ricercatori e profanatori), la camera sepolcrale sopraelevata…

…tutto si ripete, come nelle piramidi di Dahshur (in

arabo روشهد Dahšūr), traccia costante delle scelte architettoniche dell’epoca. Persino le qualità sonore di riverbero sono le medesime, e, come già in Cheope, o nella piramide Rossa, così anche in questa struttura i nostri esperimenti sonori fanno risuonare le cavità e riempiono queste stanze e i cunicoli di vibrazioni inquietanti… Certe armoniche specifiche si adattano meglio alla propagazione ed amplificazione (questione fisica e matematica, come direbbe Pitagora… e le dimensioni delle pareti e soffitti ed i loro rapporti numerici sono tra i parametri fondamentali di questo fenomeno). Così, anche dopo qualche secondo dalla fine dell’emissione, sopravvivono ancora brandelli di eco lontane, che aleggiano nell’aria, come fantasmi. Ma bando alle chiacchiere, torniamo all’aperto, ci sono ancora parecchie cose che ci attendono. Mahmud ci accompagna verso il lato orientale del colosso: come nelle altre piramidi, l’entrata della struttura di base si apre nella faccia rivolta a nord, mentre a est si snoda la triplice complessità del tempio funerario, a ridosso della piramide, la lunga rampa orientata ad est, e finalmente il tempio della Valle.

Come si può notare dalle foto, anche se il tempio della Valle è ormai ridotto ad un cumulo di macerie disgregate e disperse, invece il Tempio funerario è ancora parzialmente conservato, e le sue strutture granitiche sono ancora visibili. Per poterne cogliere una visione migliore, mi arrampico per qualche manciata di metri sul fianco orientale della piramide, e scatto una foto da questa vista leggermente sopraelevata.

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Si notano le due alte steli erette dietro al tempio, sulle quali non si conserva alcuna traccia di iscrizione leggibile. Tra le due stele, abbandonata e scarna nella sua consunzione, fa bella mostra di se una tavola delle offerte, rovinata, sbocconcellata, corrosa come un relitto sottomarino… Eppure su questa tavola di pietra, millenni fa erano deposte le offerte, davanti ad essa i sacerdoti officiavano i loro rituali di libagione, a beneficio del defunto, delle divinità protettrici e di quelle nelle quali il defunto stesso si identificava dopo la morte.

tavola delle offerte, posta tra le due stele

La stessa struttura del Tempio funerario, è scarna e glabra… nessuna iscrizione leggibile sulle pareti abrase dal tempo e dagli agenti atmosferici…

Visione dall’alto del Tempio Funerario, si notano le due alte stele affiancate

Questo piccolo edficio era addossato, un tempo, al rivestimento esterno della piramide, ormai crollato e afflosciato, come un tendaggio pesante attorno al nucleo portante della montagna ciclopica. Ebbene, la sua struttura mi riporta alla mente reminiscenze di altre architetture simili, non ultimo il Serdab esterno di Saqqara… appoggiato alla base della piramide a gradoni. A differenza di quello però, l’orientamento non è verso nord, alle stelle circumpolari, ma verso est, verso il punto di nascita dell’astro eliaco, apportatore di vita… mentre, nell’altra direzione, la piramide rappresenta l’occidente, la terra dei morti.

Ma proseguiamo ancora: una visita “speciale” ci attende… invece di fare il biglietto presso il chiosco apposito, Mahmud ci accompagna, con fare prudente, verso il lato sud della grande Mastaba 17, visibile qui a fianco… Ci dice che, senza alcun permesso ufficiale, ci condurrà a visitare una delle tante tombe ipogee che si aprono nelle pareti ormai crollate della colossale mastaba. Ormai ci ha conquistato, e con avida curiosità, ci affanniamo a seguirlo, mentre ci porta verso un piccolo pertugio sul fianco della collinetta di mattoni crudi. Questo tumulo allungato è un buon esempio di mastaba dell’Antico Regno, periodo a cavallo tra la III e la IV Dinastia.

La famosa “mastaba n°17” fotografata dall’entrata nella piramide di Meidum

Ahmad, un collega di Mahmud, ci attende per accompagnarci: l’apertura è bassa e scende vertiginosamente nel sottosuolo… ci sono diversi snodi con strettoie…

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la nostra “guida” agli inferi!

il senso di inquietudine è alto… e per noi comincia la discesa in un cunicolo stretto, contorto e polveroso… sembra quasi la discesa di Hawass nel cunicolo della sepoltura di Sethi I !!! Ci caliamo giù per una scaletta di legno sbilenca, strisciamo a terra per poter superare un imbuto, e la polvere finissima e secca turbina come un fumo alla fioca luce delle nostre torce… un po’ se ne alza e ci fa starnutire… il caldo è intenso e grosse gocce di sudore cominciano a stillare dai nostri corpi, intenti a sgusciare tra le pareti rugose dei cunicoli. Poi… finalmente l’ambiente si allarga e si amplia anche in altezza !

Claudia in discesa

Ahmad è silenzioso, non ha mai aperto bocca, non so se sia perché non parla inglese né italiano, o perché non ha nulla da dire… ma è gentile e premuroso ed aiuta, specialmente le donne, nella difficile traversata. Ormai siamo nei pressi della camera sepolcrale, e le pareti sono squadrate e diritte, rifinite, anche se grezzamente. Non ci sono indizi di scritte o raffigurazioni… entriamo in una delle sale che si aprono sul corridoio: l’unica illuminata. Tra i blocchi sbrecciati che ingombrano il pavimento troneggia un sarcofago colossale e massiccio… sembra bianco…

Ahmad ci attende nel corridoio

il sarcofago nella sua nicchia perfettamente

squadrata, si possono vedere i due ”bozzi” laterali

dettagli del sarcofago… all’interno si nota la

grana rossiccia del granito e l’alta precisione del taglio

Osservandolo bene, notiamo alcuni dettagli: le due protuberanze laterali sul lato corto del coperchio (ancora non ho capito esattamente il loro aspetto funzionale… a meno che non sia connesso allo spostamento e posizionamento del coperchio stesso), e poi la grana e colore dell’interno del sarcofago, che ci ha fatto capire che è intagliato nel granito rosso! Ci guardiamo l’un l’altro tutti e quattro per un momento: bianchi di polvere, sudati e sconvolti… poi scoppiamo a ridere! È una vera avventura nel mondo dei morti… coerente con quanto ci aspettavamo, ma emozionante oltre ogni aspettativa.

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Non è ancora finita: tornando fuori da questo universo sotterraneo misterioso, polveroso e umido, ci soffermiamo a scrutare alcuni sarcofagi allineati in bella mostra, davanti alla spianata antistante la piramide… capeggiati da un bell’esemplare massiccio realizzato in una pietra verde scuro che sembra diorite… veramente un bel pezzo… e ci resta ancora voglia per un ultimo scherzo… he he he !!! In lontananza ci attendono le mastabe delle coppie di principi da cui sono stati prelevati famosi pezzi da museo: RaHotep e Nofret (le cui statue colorate molto note risiedono al museo del Cairo) e NeferMaat e Itet rispettivamente della XVIII e IV dinastia. Purtroppo però credo che aspetteranno la nostra visita per un bel po’ ancora !!!

in lontananza si intravvedono le mastabe del gruppo di Rahotep e Nefermaatra

troppo poco tempo… e ci dicono che forse la visita non è così interessante quanto i reperti che ne sono stati asportati

Già… già… provate a immaginare… abbiamo già in mente un piano: un fuori-fuori programma che farà impazzire Khaled! Gli ho già accennato (e si sta informando col suo capo) se può darci ancora uno strappo col suo mini-bus più in là, giusto di una trentina di chilometri: la piramide di Amenemhat III (ny-Maat-ra) ci attende !! (vogliamo constatare di persona se l’ormai chiacchierata ipotesi del Labirinto di Strabone potrebbe ancora adattarvisi!)

… ma… questa è un’altra storia…

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Una bella immagine della piramide, dallo spigolo nord-ovest

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Note tecniche:

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(Sono soltanto mappe e piante, ma credo sia sufficiente ad avere un quadro generale del sito.)

maa-salaam…

Andrea