Il newtonianesimo e scienza del Settecento

10
Lo studio della ricezione delle opere di Isaac Newton in Italia ha una particolare rilevanza storiografica, in quanto permette di esplorare aspetti fondamentali della scienza e della cultura settecentesca quali la rela- zione tra newtonianesimo e tradizione galileiana, il declino della scienza postgalileiana in Italia, e la posi- zione della Chiesa cattolica nei confronti delle dot- trine newtoniane (Casini 1983). Una ricostruzione di questo tipo deve confrontarsi con problemi metodologici derivanti dalle caratteri- stiche specifiche della cultura italiana nel periodo con- siderato. Si pensi, per es., al fatto che il dibattito filo- sofico e scientifico si costruisce spesso attorno a testi manoscritti e lettere, piuttosto che a testi pubblicati. Non è inusuale trovare riferimenti ad autori che non hanno lasciato alcuna pubblicazione, ma che erano considerati estremamente rilevanti dai loro contem- poranei ed essenziali per comprendere la diffusione delle idee e dottrine d’oltralpe. Dopo Galilei La lunga crisi economica del Seicento ebbe riper- cussioni importanti sulla pratica scientifica del periodo postgalileiano in Italia. Come è stato notato, questa connessione va ben al di là della semplice mancanza di risorse, e riguarda processi di trasformazione sociale che modificarono profondamente l’assetto istituziona- le del mondo scientifico nella penisola. In particolare, il declino delle attività relative al commercio maritti- mo e la navigazione ebbe effetti di lunga durata in set- tori tecnico-scientifici quali la matematica, la mecca- nica, e la costruzione di strumenti scientifici – in cui i centri italiani, negli ultimi due decenni del Seicento, non tengono più il passo con quelle aree dell’Europa nord-occidentale direttamente impegnate nello svi- luppo di reti coloniali (Baldini 1980a, pp. 432-48). Un’eccezione significativa fu la cosiddetta scienza delle acque, un insieme di tecniche e modelli matemati- ci usati per rappresentare e controllare fenomeni fisici associati ai corsi d’acqua e ai sistemi di irrigazione. Nella pianura padana il controllo delle acque era un’at- tività caratterizzata da inequivocabili significati eco- nomici, sociali e politici, come si evince dalle dispute interminabili che videro opporsi lo Stato pontificio, la Repubblica di Venezia, e l’impero nel corso della prima età moderna. Il bisogno di creare e mantenere gruppi di esperti per la gestione di queste controver- sie si rivelò una delle ragioni principali per il supporto istituzionale alle ‘matematiche miste’ e alla fisica spe- rimentale in Italia settentrionale (Maffioli 1994; Ber- toloni Meli 2006, pp. 181-89). L’emergere della scienza delle acque come l’ambito di ricerca fisico-matema- tica più vivace a cavallo del Settecento si riflette nello spostamento graduale del baricentro della vita scien- tifica italiana da Firenze verso Bologna. Ed è proprio tra Bologna e Venezia che, verso la fine del Seicento, i Philosophiae naturalis principia mathematica (1687) di Newton troveranno lettori attenti e competenti. È in questo contesto che si situa l’incontro tra la tradizione galileiana e le opere di Newton. La prima cosa da notare, a questo riguardo, è che non esiste una singola e unitaria tradizione galileiana. Per varie ra- gioni, incluso il carattere frammentario del corpus gali- leiano e le diverse forme di patronage esistenti nella penisola, le indicazioni metodologiche di Galileo Gali- lei erano state sviluppate secondo linee diverse e appli- cate a diversi ambiti di esperienza (Baldini 1980a, pp. 405-20; Biagioli 1994, pp. 353-62; Boschiero 2007). Il galileismo toscano del secondo Seicento si caratte- rizza per uno spostamento dell’attenzione da questioni di meccanica a questioni di physica specialis. Questo riorientamento, in netta controtendenza rispetto alle aree dell’Europa nord-occidentale, si accompagna a uno scarso interesse per i nuovi metodi matematici as- sociati allo studio della meccanica e delle sue applica- zioni, ossia la geometria analitica e, più tardi, il calco- lo infinitesimale. I galileiani toscani continuano invece a difendere una concezione della matematica incen- trata sulla geometria sintetica. Questa forma di puri- smo geometrico diviene, verso la fine del secolo, un Massimo Mazzotti Il newtonianesimo e la scienza del Settecento 291

description

Mazzotti

Transcript of Il newtonianesimo e scienza del Settecento

Page 1: Il newtonianesimo e scienza del Settecento

Lo studio della ricezione delle opere di Isaac Newtonin Italia ha una particolare rilevanza storiografica, inquanto permette di esplorare aspetti fondamentalidella scienza e della cultura settecentesca quali la rela-zione tra newtonianesimo e tradizione galileiana, ildeclino della scienza postgalileiana in Italia, e la posi-zione della Chiesa cattolica nei confronti delle dot-trine newtoniane (Casini 1983).

Una ricostruzione di questo tipo deve confrontarsicon problemi metodologici derivanti dalle caratteri-stiche specifiche della cultura italiana nel periodo con-siderato. Si pensi, per es., al fatto che il dibattito filo-sofico e scientifico si costruisce spesso attorno a testimanoscritti e lettere, piuttosto che a testi pubblicati.Non è inusuale trovare riferimenti ad autori che nonhanno lasciato alcuna pubblicazione, ma che eranoconsiderati estremamente rilevanti dai loro contem-poranei ed essenziali per comprendere la diffusionedelle idee e dottrine d’oltralpe.

Dopo Galilei

La lunga crisi economica del Seicento ebbe riper-cussioni importanti sulla pratica scientifica del periodopostgalileiano in Italia. Come è stato notato, questaconnessione va ben al di là della semplice mancanzadi risorse, e riguarda processi di trasformazione socialeche modificarono profondamente l’assetto istituziona -le del mondo scientifico nella penisola. In particolare,il declino delle attività relative al commercio maritti -mo e la navigazione ebbe effetti di lunga durata in set-tori tecnico-scientifici quali la matematica, la mecca-nica, e la costruzione di strumenti scientifici – in cuii centri italiani, negli ultimi due decenni del Seicento,non tengono più il passo con quelle aree dell’Europanord-occidentale direttamente impegnate nello svi-luppo di reti coloniali (Baldini 1980a, pp. 432-48).

Un’eccezione significativa fu la cosiddetta scienzadelle acque, un insieme di tecniche e modelli matemati -ci usati per rappresentare e controllare fenomeni fisici

associati ai corsi d’acqua e ai sistemi di irrigazio ne.Nel la pianura padana il controllo delle acque era un’at-tività caratterizzata da inequivocabili significati eco-nomici, sociali e politici, come si evince dalle disputeinterminabili che videro opporsi lo Stato pontificio,la Repubblica di Venezia, e l’impero nel corso dellapri ma età moderna. Il bisogno di creare e manteneregruppi di esperti per la gestione di queste controver-sie si rivelò una delle ragioni principali per il supportoistituzionale alle ‘matematiche miste’ e alla fisica spe-rimentale in Italia settentrionale (Maffioli 1994; Ber-toloni Meli 2006, pp. 181-89). L’emergere della scienzadelle acque come l’ambito di ricerca fisico-matema-tica più vivace a cavallo del Settecento si riflette nellospostamento graduale del baricentro del la vita scien-tifica italiana da Firenze verso Bologna. Ed è propriotra Bologna e Venezia che, verso la fine del Seicento,i Philosophiae naturalis principia ma thematica (1687)di Newton troveranno lettori attenti e competenti.

È in questo contesto che si situa l’incontro tra latradizione galileiana e le opere di Newton. La primacosa da notare, a questo riguardo, è che non esiste unasingola e unitaria tradizione galileiana. Per varie ra -gioni, incluso il carattere frammentario del corpus gali-leiano e le diverse forme di patronage esistenti nellapenisola, le indicazioni metodologiche di Galileo Gali-lei erano state sviluppate secondo linee diverse e appli-cate a diversi ambiti di esperienza (Baldini 1980a, pp.405-20; Biagioli 1994, pp. 353-62; Boschiero 2007).Il galileismo toscano del secondo Seicento si caratte-rizza per uno spostamento dell’attenzione da questionidi meccanica a questioni di physica specialis. Questoriorientamento, in netta controtendenza rispetto allearee dell’Europa nord-occidentale, si accompagna auno scarso interesse per i nuovi metodi matematici as -sociati allo studio della meccanica e delle sue applica -zioni, ossia la geometria analitica e, più tardi, il calco -lo infinitesimale. I galileiani toscani continuano in vecea difendere una concezione della matematica in cen-trata sulla geometria sintetica. Questa forma di puri-smo geometrico diviene, verso la fine del secolo, un

Massimo Mazzotti

Il newtonianesimo e la scienzadel Settecento

291

Page 2: Il newtonianesimo e scienza del Settecento

fattore di resistenza alla ricezione delle opere matema -tiche di Christiaan Huygens, Gottfried Wilhelm vonLeib niz e Newton. L’interpretazione storica di que-sto distacco dalle altre tradizioni europee dovrebbeandare al di là dei limiti del sistema di patronage deiMedici (Segre 1991, pp. 127-42) e chiamare in causafattori socioculturali più profondi, quali lo status deimatematici italiani, la legittimità epistemologica delleloro pratiche, e le loro concrete possibilità di impiegoe azione (Middleton 1971; Baldini 1980a, pp. 437-40;Biagioli 1989).

Coloro che si considerano eredi di Galilei nel tardoSeicento toscano possono essere ricondotti a due cor-renti principali. Da una parte, quelli che, come Fran-cesco Redi e Vincenzo Viviani, difendono un’inter-pretazione metodologica e fenomenista del galileismo,e che evitano di prendere posizione rispetto a questio -ni metafisiche che potrebbero portare a conflitti diretticon le dottrine della tarda scolastica. Dall’altra parte,galileiani prestigiosi come Giovanni Alfonso Borelli,Alessandro Marchetti e Marcello Malpighi vedono laloro attività come basata su una serie di ipotesi fisi-che problematiche ma irrinunciabili, quali il corpusco -larismo o l’eliocentrismo. In entrambe le correnti, tut-tavia, si apprezza e difende un purismo geometricoanalogo a quello che caratterizza la scienza gesuitacontemporanea.

In questo contesto, i Principia mathematica di New-ton non potevano che incontrare serie difficoltà di let-tura e comprensione. È significativo che il primo inter-locutore toscano di Newton sia Guido Grandi (1671-1742), un monaco camaldolese che si era formato aldi fuori dei gruppi galileiani appena menzionati. Gran -di insegna teologia, filosofia e matematica all’Univer-sità di Pisa. Come tutti i più significativi matematiciitaliani del periodo si occupa di questioni legate allascienza delle acque, per conto sia del Granducato siadel governo pontificio. La religiosità di Grandi è spic-catamente antibarocca, caratterizzata dalla critica dellateologia gesuita e dall’interesse per le nuove tecnichestoriografiche e agiografiche d’oltralpe. Per Grandi ènaturale associare a questi interessi lo studio della filo-sofia e della matematica cartesiana.

Come altri filosofi devoti ma antiscolastici, Grandistudia la geometria analitica e il calcolo leibnizianoconvinto che le caratteristiche sorprendenti delle tecni -che infinitesimali possano contribuire alla comprensio -ne di importanti verità teologiche. La sua percezionedi un’essenziale contiguità tra matematica, metafisicae teologia lo porta a scontrarsi con l’ala più filosofica -mente impegnata del galileismo toscano e in partico-lare con Marchetti, il suo predecessore sulla cattedradi Pisa. Nel 1703 Grandi pubblica il primo testo dianalisi stampato in Italia, il De quadratura circuli, ethyperbolae. Ne spedisce copie a Leibniz e Newton, equest’ultimo risponde con copie dei Principia e del-l’Opticks (1704; G.M. Ortes, Vita del padre D. GuidoGran di, 1744, p. 175). Grandi non nasconde la sua

am mira zio ne per la matematica dei Principia e per ilmetodo delle flussioni. Nel 1709 Newton lo fa elegge -re fellow della Royal society; Grandi, da parte sua, sischiererà con l’inglese nella disputa sulla priorità dellascoperta del calcolo (G. Grandi, Quadratura circuli,et hyperbolae […], 1703, 17102, pp. XIII-XIV). E saràproprio nel circolo degli studenti di Grandi che i Prin-cipia vengono tradotti in italiano (Arrighi 1973).

La valutazione di Grandi della filosofia naturale diNewton è, tuttavia, molto più cauta. Il toscano è scet-tico circa la possibilità di costruire sistemi del mondoonnicomprensivi, e dubita che si possano fornire rap-presentazioni matematiche soddisfacenti per l’interospettro dei fenomeni di cui si occupa la fisica. Esprimedubbi, in chiave cartesiana, sulle posizioni di Newtonsul vuoto e la materia ([G. Grandi] N. Ri par dieri, Anti-lunario […], 1711), come pure sulla nozione di attrazio -ne che, come altri contemporanei, giudica troppo similea una qualità occulta (G. Grandi, Lettera a CelestinoGa liani, 1714, in C. Galiani, G. Grandi, Carteggio(1714-1729), a cura di F. Palladino, L. Simonutti,1989, p. 47). L’ipotesi che la gravitazione non sia co -stan te è giudicata poco convincente nell’edizione delleopere di Galilei curata da Grandi (G. Galilei, Opere,1° vol., 1718, pp. XXXV- XXXVI, 3° vol., 1718, pp.385-423), e non vi è traccia della dinamica newtoniananelle sue lezioni di meccanica degli anni Venti (G.Gran di, Instituzioni meccaniche, 1739). I galileiani to -scani continueranno a difendere la tesi della gravitazio -ne costante fino a metà Settecento, quando le due posi-zioni cominceranno a essere viste come compatibili.

La pianura padana

Il caso di Grandi illustra bene come tra i più attentilettori di Newton vi furono figure marginali sia rispettoalla tradizione scientifica gesuita sia a quella galileia -na, ossia, studiosi meno legati al purismo geometricoe pronti a cimentarsi con la nuova matematica. Rivelaanche un’interessante connessione tra il riformismoreligioso antibarocco e l’interesse per i potenziali signi-ficati spirituali delle pratiche matematiche e speri-mentali dei moderni. Sarebbe fuorviante isolare lacultura scientifica italiana del primo Settecento daquell’ampio movimento di riforma religiosa, cultu-rale e sociale che è stato definito «Illuminismo catto-lico» (Mazzotti 2007, pp. 22-43). Questo movimento,che ha tra le sue figure chiave Ludovico Antonio Mura-tori (1672-1750), è stato descritto – da un punto divista teologico – come un «terzo partito» tra gesuiti egiansenisti (Appolis 1960). Si tratta dell’espressionereligiosa e culturale di gruppi sociali che beneficianodel riformismo moderato d’inizio secolo e del gradua -le smantellamento delle strutture semifeudali.

In diretta opposizione alla pedagogia gesuita, i cat-tolici illuminati difendono l’insegnamento di un sapereoperativo, delle lingue volgari e delle letterature e

MASSIMO MAZZOTTI

292

Page 3: Il newtonianesimo e scienza del Settecento

scien ze moderne. Il rinnovamento della vita religiosadeve avvenire, in questa prospettiva, attraverso ilritorno a una teologia pura e originaria, associato auna presa d’atto delle conquiste della filosofia speri-mentale e della matematica dei moderni. Il rafforzarsidi questa cultura riformista aiuta a comprendere l’im-mensa popolarità di un autore come Nicolas de Male-branche (1638-1715) nell’Italia del primo e medio Set-tecento. L’oratoriano francese è apprezzato non tantoper le sue posizioni teologiche o metafisiche, ma peril suo tentativo di conciliare la cultura cattolica e lenuo ve scienze. Per i cattolici illuminati la promozionedi una «regolata devozione» è costantemente accom-pagnata all’esercizio di una «intelligenza moderata»,sia che si tratti di filologia biblica sia dello studio dellanatura (Lamindo Pritanio [L.A. Muratori], De ingenio -rum moderatione in religionis negotio, 1714; L.A. Mura-tori, Della re golata devozione de’ cristiani, 1747).

L’Illuminismo cattolico trovò particolare supportonella pianura padana, un’area in cui alcune attivitàeconomiche e commerciali si stavano orientando sulinee di sviluppo capitalistiche, e in cui le competenzefisico-matematiche erano supportate più sistematica-mente che altrove nella penisola. È proprio nell’areatra Bologna, Padova, Venezia e Ferrara che troviamostudiosi pronti a cimentarsi con gli aspetti tecnici deiPrincipia. Le istituzioni chiave in questa fase sonol’Istituto delle scienze in Bologna, l’Università diPadova, e alcuni circoli di virtuosi attivi nella Repub-blica di Venezia, dove la connessione con la Royalsociety era tradizionalmente forte (Pighetti 1988, pp.119-60). A Padova, professori universitari come JacobHermann (1678-1733) e Giovanni Poleni (1683-1761)cominciano a discutere pubblicamente Newton neglianni Dieci. Si tratta di esperti nel controllo delle acqueabituati a maneggiare il calcolo leibniziano, e vicinialla scuola dei Bernoulli.

Hermann discute la nozione di attrazione univer-sale in un dibattito sul problema inverso delle forzecentrali (J. Hermann, Soluzione generale del problemain verso delle forze centrali, «Giornale de’ letterati d’Ita-lia», 1710, 2, pp. 447-67, e 3, pp. 495-510; 1711, 5,pp. 312-35, e 6, pp. 411-49) e in un trattato di dina-mica suggerisce una combinazione degli approccinewto niano e leibniziano (Phoronomia, 1716). Lo stilematematico di Hermann risulta ibrido, riflettendo sial’am mirazione dell’analisi geometrica degli antichi sial’interesse leibniziano per la dimensione algoritmicadel calcolo.

Anche Poleni, fellow della Royal society dal 1710,dimostra di conoscere bene la fisica dei Principia, peres. in un saggio in cui discute criticamente la confu-tazione newtoniana dei vortici cartesiani, difendendola possibilità che la legge di gravitazione universalepossa essere valida anche se si ammettesse l’esistenzadi un fluido materiale che riempia l’universo (De vor-ticibus coelestibus […], 1712). Poleni è anche criticoverso la nozione newtoniana di vuoto assoluto, cui

attribuisce una serie di implicazioni paradossali (Let-tera a Jacopo Riccati, 1736, in J. Riccati, G. Poleni,Carteggio (1715-1742), a cura di M.L. Soppelsa, 1997,p. 52), e conduce esperimenti in supporto della dina-mica leibniziana che diventeranno oggetto di un ampiodibattito europeo (De castellis […], 1718, pp. 56-57).No nostante ciò, un diplomatico inglese, AlexanderCunningham, scrive a Newton che Poleni «approvala vostra via sintetica allo studio della natura», e che«non solo capisce i vostri lavori, ma sembra conoscerevoi stesso come se vi aves se frequentato» (Lettera aIsaac Newton, 1716, in The correspondence of IsaacNewton, 1713-1718, ed. A.R. Hall, L. Tilling, 6° vol.,1976, p. 278).

Hermann, Poleni e molti dei loro colleghi e studen tiesprimono ammirazione per la matematica dei Princi -pia e studiano con attenzione la fisica dell’attrazione.La loro ricezione è attenta ma non acritica, il che rendedifficile – e probabilmente poco utile – cercare di clas-sificare questi studiosi come «newtoniani» piuttostoche «leibniziani» (Guicciardini 1999, pp. 250-60). L’at-teggiamento più comune è infatti quello di utilizzarei Principia come una scatola di attrezzi, in modo similea quanto era accaduto in precedenza con l’opera diRené Descartes, di Leibniz e dei Bernoulli. Così, peres., Poleni invita a «ripurgare la filosofia newtoniana»,ossia a liberarla da tutte le ipotesi arbitrarie e i postu-lati metafisici che la inficiano, piuttosto che accettarlaacriticamente in toto (Lettera a Jacopo Riccati, cit., p.216). Un simile atteggiamento va compreso alla lucedei problemi specifici di cui si occupano questi scien-ziati, come, per es., quelli relativi alla nozione di attrito,assai difficili da maneggiare matematicamente. Di quil’attenzione verso nuove tecniche matematiche, accom-pagnata a un diffuso scetticismo per i sistemi filoso-fici onnicomprensivi i quali, oltretutto, violava no queiconfini tra teologia, metafisica, fisica sperimentale chemolti consideravano uno dei lasciti fonda mentali diGalilei, e che garantivano tanto l’ortodossia religiosaquanto la pratica scientifica.

Questi argomenti si intrecciano esemplarmentenell’edizione postuma delle opere di Jacopo Riccati(1676-1754), un virtuoso i cui interessi spaziano dallamatematica alla fisica, alla filosofia e alla teologia. Ric-cati studia i Principia nel 1695-96, all’Università diPa dova, sotto la guida di Stefano Degli Angeli (1623-1697), e tra i suoi contributi vi è una serie di tecnicheelaborate negli anni Dieci e Venti al fine di facilitarel’integrazione delle equazioni differenziali. Riccati sidistingue tra gli scienziati veneti in quanto accetta lafisica della gravitazione, seppure in un’interpretazionestrettamente fenomenista, e difende la nozione di gra-vità dalle accuse leibniziane. Per lui questa nozionenon contraddice la fisica galileiana ma piuttosto la raf-fina (J. Riccati, Opere, 2° vol., 1762, p. 498). Ma sa -rebbe sbagliato pensare che Newton offra un sistemaunitario e completo per la comprensione della natura,continua Riccati, in quanto vi sono questioni come la

IL NEWTONIANESIMO E LA SCIENZA DEL SETTECENTO

293

Page 4: Il newtonianesimo e scienza del Settecento

struttura profonda della materia e la natura della gra-vità che resteranno sempre al di là dei limiti della com-prensione umana. Anche Riccati trova in Newton ipo-tesi non giustificate, quali, per es., la nozione di spazioassoluto come sensorium Dei. «Non è uffizio del fisicol’indagare l’essenza delle cose», osserva Riccati, «masemplicemente render conto delle loro proprietà edaffezioni». «La natura», continua Riccati, «non è dispo-sta ad accomodarsi alle nostre fantasie» (Opere, 3° vol.,1764, p. 498). Riccati considera il newtonianesimo co -me compatibile con la difesa di un rigido dualismoepistemologico, mentre giudica severamente l’episte-mologia sensista di John Locke, che si presta facilmen -te a essere letta come una forma di materialismo (Opere,cit., 2° vol., p. 65). La dicotomia tra la prudenza, checaratterizzerebbe la scienza newtoniana, e i pericoliinsiti nella filosofia di Locke diventerà uno dei temidominanti del dibattito italiano.

Rappresentativo del newtonianesimo di Riccati èpure il suo atteggiamento nei confronti della polemicaantinewtoniana di Giovanni Rizzetti (1675-1751). Neiprimi anni Venti Rizzetti si impegna in una criticaserrata della teoria dei colori dell’Opticks, suggerendouna serie ulteriore di esperimenti che demolirebberol’interpretazione newtoniana (G. Rizzetti, De luminisaffectionibus […], 1727). La risposta dei newtonianieuropei è decisa e sferzante, e porta a una completadelegittimazione di Rizzetti. Riccati presenta i suoidubbi come «questioni di metodo», che hanno un carat-tere essenzialmente epistemologico e riguardano lemolte ipotesi introdotte surrettiziamente nell’Opticks(Opere, 4° vol., 1765, p. 109). Questioni come la veranatura dei colori esulano dalla sfera della filosofia dellanatura, in quanto hanno a che fare con le affezioni del-l’anima, ossia con una realtà al di là della compren-sione umana. In quanto alla descrizione fenomenicadel comportamento dei colori, anche l’interpretazionedi Rizzetti, secondo cui derivano da diverse combina -zioni di luce e ombra, può essere fondata su basi spe-rimentali. Ma nessuno si è veramente impegnato, notaRiccati, nella replicazione di quegli esperimenti (Opere,cit., 4° vol., pp. 106-22).

Nel corso degli anni Trenta le dottrine newtonianecominciano a essere ampiamente discusse al di fuoridei circoli di specialisti: a Milano, per es., la giovaneMa ria Gaetana Agnesi (1718-1799) difende apertamen -te le dottrine newtoniane dei colori, del magneti smo edelle maree (M.G. Agnesi, Propositiones philosophicae[…], 1738; Mazzotti 2007, pp. 1-21). Nel 1742, il so -masco Francesco Manara, professore di fisica sperimen -tale all’Università di Pavia, apre l’anno accademi cocelebrando la tradizione sperimentale newtoniana nellasua versione anglo-olandese (Prolusio in gymnasio Tici-nensi […], 1742). È una lettura caratterizzata da un mo -derato scetticismo e un eclettismo che mutua elementida vari sistemi filosofici, senza mai intaccare le prero-gative della metafisica e della teologia, che re sta no aldi là dell’ambito proprio di di scussione e critica.

Il successo di questa lettura è testimoniato da unanuova generazione di manuali di filosofia naturale,come quello del somasco veneziano Giovanni Crivelli(1691-1743). In questo testo, che ebbe un notevolesuccesso in Italia, Crivelli abbandona definitivamentele strutture tardo-scolastiche e offre invece una com-parazione storico-critica dei principali sistemi filoso-fici moderni – cartesiano, gassendiano, leibniziano enewtoniano – così che il lettore possa giudicare da séquale sia il più adatto per la comprensione dei feno-meni fisici (G. Crivelli, Elementi di fisica, 1° vol., 1731,p. 44). Crivelli non introduce formule matematichenel testo, ma offre comunque una presentazione attentae favorevole della fisica della gravitazione, in quellaaccezione fenomenista che era diventata tipica del-l’area veneta. Ed è proprio l’adozione di un moderatoscetticismo alla Riccati che gli permette di affrontareapertamente questioni potenzialmente insidiose, qualela dottrina copernicana (Elementi di fisica, 2° vol.,1732, pp. 179-217). A differenza di Poleni, Crivellicre de che la fisica dei vortici abbia incontrato tali dif-ficoltà da essere ormai indifendibile (Elementi di fisica,cit., 1° vol., p. 235). Infine, Crivelli dà ampio spazioagli esperimenti di Rizzetti, descrivendoli con impar-zialità, anche se è percettibile la sua inclinazione adallinearsi su posizioni newtoniane (pp. 281-302).

Tra i protagonisti del dibattito sul newtonianesimoin area veneta va citato anche Antonio Conti (1677-1749), viaggiatore e virtuoso che, negli anni Dieci eVen ti del secolo incontra Malebranche, Newton, Leib-niz e altri eminenti protagonisti della repubblica dellelettere. Nel 1715, mentre soggiorna in Inghilterra,Con ti si trova coinvolto nel dibattito sulla priorità del -la scoperta del calcolo (Hall 1980, pp. 216-59). Il suotentativo di mediare tra Newton e Leibniz falliscecompletamente e Newton, che lo aveva accolto congrande affabilità, comincia a sospettare che Conti stiafacendo il gioco dei leibniziani; un sospetto rinforzatodalla sua vicinanza a Rizzetti. La pubblicazione del-l’Abrégé de la chronologie de M. Le Chevalier IsaacNewton (1725), basato su un manoscritto procuratoda Conti, compro mette completamente la relazionetra i due (A. Conti, Réponse aux observations sur laChronologie de M. Newton […], 1726). Anche Leib-niz si sente tradito da Conti, e si riferirà a lui come aun «camaleonte» che ritornerà «dal vuoto al pieno» at -traversando il canale della Manica. Da parte sua, Contisi dichiara un ammiratore di en trambi, che però nonsi è lasciato «abbagliar giammai da’ lor dogmi» (Scrittifilosofici, 1972, p. 232).

Alcuni manoscritti di Conti rivelano una buonaconoscenza dei Principia e di altri testi dei newtonianibritannici, come pure un forte interesse per i temidella relazione tra anima e corpo e della natura dellacognizione umana (Scritti filosofici, 1972). Il suo ten-tativo di integrare scienza newtoniana, epistemologialockiana e una metafisica dualistica di stampo tradi-zionale segue un modello che sembra caratterizzare

MASSIMO MAZZOTTI

294

Page 5: Il newtonianesimo e scienza del Settecento

l’area veneta. Conti contribuisce alla ricezione di New-ton in Italia soprattutto tramite la sua corrispondenzacon importanti letterati della penisola, con i qualidiscute le implicazioni filosofiche e teologiche del new-tonianesimo britannico. In una lettera a Muratori del1716, per es., descrive con entusiasmo le opere del«Cavalier Neuton» come contenenti solo fatti e ragio-namenti matematici:

non vi è forse altro mezzo per accordare la Filosofiacon la Religione e difficilmente si avviseranno a Romadi registrare nell’Indice de’ libri proibiti i [suoi] libri(Lettera a Lodovico Muratori, 22 giugno 1716, Modena,Biblioteca Estense, Archivio Muratori, filza 61, 42).

Varietà di newtonianesimo

Nel corso degli anni Quaranta il newtonianesimocomincia a essere presentato come il sistema del mondoche rimpiazzerà tutti gli altri e si istituzionalizza neimaggiori centri culturali italiani, inclusi i collegi gesuiti.L’Università di Bologna e soprattutto l’Istituto dellescienze (inaugurato nel 1714) giocano un ruolo chiavenel riorientamento che porta a vedere i Principia el’Opticks come esempi supremi di pratica scientifica.L’attività sperimentale dell’Istituto è inquadrata inuna cornice fenomenista e di modestia metafisica similia quelle che abbiamo incontrato nell’area veneta, chea Bologna assume ulteriori significati dato che la cittàsi trova sotto il controllo politico di Roma (Cavazza1984 e 1990). Nel 1723 l’Istituto ospita alcuni tenta-tivi di replicazione degli esperimenti ottici di New-ton, i cui risultati vengono però giudicati insoddisfa-centi. I newtoniani locali non si scoraggiano, e nel1728 Francesco Maria Zanotti (1692-1777), segreta-rio perpetuo dell’Istituto, chiede al suo allievo Fran-cesco Algarotti (1712-1764) di condurre una nuovaserie di esperimenti (F.M. Zanotti, De lapide Bono-niensi, in De Bononiensi scientiarum et artium institutoatque academia commentarii, 1° vol., 1731, pp. 181-205). La replicazione, che risponde anche alle obie-zioni sollevate nel frattempo da Rizzetti, ha successo.Questi esperimenti, compiuti con «perfettissimi» pri-smi inglesi (p. 199), sono presentati come una con-ferma del sistema newtoniano nel suo complesso, esegnano un punto di svolta nella fortuna di Newtonin Italia (Schaffer 1989; Mazzotti 2004).

Gli esperimenti bolognesi offrono ad Algarotti ilmateriale per il Newtonianismo per le dame (1737), unbest-seller che porterà la fama di Newton ben al di làdelle stanze dell’Istituto e dell’Università, nel mondovariegato delle conversazioni. Considerato per lungotempo un’operazione leggera e superficiale, questolibro ebbe invece un ruolo chiave nel garantire il suc-cesso del newtonianesimo nell’Europa continentale,in quanto offriva una efficace rappresentazione degliesperimenti ottici, della fisica della gravitazione e dellesue implicazioni cosmologiche, e una celebrazione di

Newton come lo scopritore del vero sistema del mondo.È interessante notare che quello di Algarotti è il sololibro a difesa del newtonianesimo a essere messo all’In-dice. Si tratta però di una condanna che ha poco a chefare con le dottrine di Newton ed è piuttosto da col-legare alle posizioni cosmologiche del libro e, soprat-tutto, alla costante associazione dello sperimentali-smo newtoniano con una epistemologia sensista, atratti materialista. Attraverso i dialoghi che compon-gono il libro, Algarotti traccia un’immagine del saperein cui non c’è spazio per la metafisica tradizionale, eancor meno per il dogma religioso. Significativamente,il nome di Dio non appare neanche una volta nelleoltre quattrocento pagine del libro. Algarotti criticaapertamente il ruolo delle Chiese istituzionali nellavita culturale dell’Europa continentale e, di contro,illustra le meraviglie della vita politica ed economicabritannica, auspicando una rigenerazione della cul-tura europea continentale lungo le stesse linee. La let-tura radicale di Newton offerta da Algarotti è attra-versata da motivi tipici del libertinismo toscanoseicentesco, come pure del discorso massonico dellelogge anglofile a cui Algarotti è vicino. Ed è proprionell’ambito di un’ampia azione antimassonica che illibro verrà condannato nel 1739.

Ma Algarotti non era il solo a offrire una lettura diNewton che si scontrava apertamente con l’ortodos-sia teologica e metafisica. Negli anni Quaranta Giovan -ni De Soria (1707-1767), uno studente di Grandi eprofessore di logica e filosofia all’Università di Pisa,lavora a una dimostrazione dell’esistenza di Dio e del-l’immaterialità dell’anima. Piuttosto che basarsi sulleScritture, però, sviluppa una serie di argomenti ditipo deistico (G. De Soria, Della esistenza e degli attri-buti di Dio e della immaterialità ed immortalità dellospirito umano […], 1745). Gli scritti e le lezioni di DeSoria sono emblematici dello smantellamento dellatradizionale separazione disciplinare tra logica e filo-sofia e di una nuova generazione di trattati di fisica emetafisica che si strutturano attorno allo studio dellaragione umana e del suo funzionamento; uno studiofondato su dottrine sensazionalistiche e sullo sperimen -talismo newtoniano (G. De Soria, Rationalis philoso-phiae institutiones […], 1741). Il newtonianesimo diDe Soria è distante dal newtonianesimo matematicoe fenomenistico degli scienziati di area veneta ed emi-liana. De Soria, per es., rigetta sia la nozione di azio -ne a distanza sia i vortici cartesiani e afferma che l’unicomodo di comprendere la gravità è come una proprietàintrinseca ai corpi. Da qui sviluppa una teoria dina-mista della materia che combina l’atomismo to scanoa elementi newtoniani e leibniziani (Institutio nes phy-sicae, 1745; Cosmologia, o fisica universale, 1772).

Le reazioni critiche al newtonianesimo eterodossodi autori come Algarotti e De Soria non tardano adarrivare. E non si tratta solo di teologi e filosofi chepercepiscono la minaccia che tali letture portano alletradizionali strutture disciplinari. Anche molti di quei

IL NEWTONIANESIMO E LA SCIENZA DEL SETTECENTO

295

Page 6: Il newtonianesimo e scienza del Settecento

cattolici illuminati che guardano con interesse allenuove scienze esprimono dubbi, consci che questeinterpretazioni mettono a rischio innanzitutto il loroprogetto di una coesistenza armoniosa di scienze mo -derne, moderato riformismo sociale e una rinnovatateologia. E in effetti nel corso degli anni Cinquanta siassiste proprio a una radicalizzazione del dibattito ea un irrigidimento delle posizioni all’interno dellaCuria romana che contribuiscono alla disintegrazionedel progetto dell’Illuminismo cattolico e al suo tramon -to come opzione culturale e politica.

Nuove forme di antinewtonianesimo appaiono nellaseconda metà del secolo, e sono veri e propri attacchicontro la scienza moderna tout court – prime tra tuttele opere del cardinale Giacinto Gerdil (1718-1802),che scrive contro Locke, Newton, i philosophes e Giu-seppe Luigi Lagrange attaccando la fisica della gra-vitazione e la pratica del calcolo in un periodo in cuiqueste erano ormai completamente istituzionalizzate(G. Gerdil, Dissertation sur l’incompatibilité de l’at-traction et de ses différentes loix […], 1754). Più che unfenome no di retroguardia l’antinewtonianesimo diGerdil va visto come emblematico di una nuova fasedell’apologe tica cattolica, che enfatizza il valore dellatradizione e del sensus communis, la difesa fideisticadel soprannatu rale e la svalutazione scettica della ragio -ne individuale.

Roma e Napoli

Gli ambienti scientifici romani e napoletani gio-cano un ruolo chiave nella ricezione del newtoniane-simo in Italia. È a Roma che avvengono infatti le primeletture dei Principia, come pure le prime repliche con-vincenti degli esperimenti descritti nell’Opticks. ÈLeibniz ad attirare l’attenzione sui Principia nel corsodel suo viaggio italiano del 1689-90, e in particolaredurante il suo soggiorno romano (Robinet 1988, p.118; Bertoloni Meli 1993, p. 104). In quegli anni Romaospita numerosi cenacoli e accademie private tra i cuimembri troviamo figure importanti negli ordini reli-giosi dalla dimensione internazionale, consulenti delgoverno pontificio, diplomatici stranieri e numerosiesuli cattolici dal mondo protestante; un ambiente chesi presta alla discussione di nuove idee.

Leibniz frequenta le riunioni dell’Accademia fisico-matematica di Giovanni Ciampini (1633-1698), carat-terizzata da un ricco programma di filosofia sperimen -tale (Middleton 1975; Robinet 1988, pp. 43-51). Trai suoi membri troviamo Francesco Bianchini (1704-1764), che aveva una notevole esperienza nell’uso dellepompe pneumatiche boyleane (Pighetti 1988, pp. 175-80). Robert Boyle era conosciuto a Roma e il suo stilesperimentale, percepito come metafisicamente neu-trale, era apprezzato da quei circoli romani che soste-nevano la modernizzazione della pratica scientifica.Questi stessi circoli saranno particolarmente ricettivi

nei confronti del newtonianesimo apologetico delleBoyle lectures (Ferrone 1995, pp. 1-40 e 63-88).

Uno dei promotori più attivi di questo newtoniane -simo fu Celestino Galiani (1681-1753), un monaco ce -lestino. Galiani promuove la discussione dell’Optickse dei Principia all’Accademia degli antiquari alessan-drini dove, nel 1707, replica con successo gli esperi-menti sulla rifrazione dei colori (C. Galiani, Ani mad -ver siones nonnullae circa Opticem Isaaci Neutoni, 1708,Na poli, Società napoletana di storia patria, ms.XXX.D.5.). Ha anche interesse per il calcolo, la gra-vitazione, e si dimostra un lettore competente deiPrinci pia (Osservazioni sopra il libro del Newton, inti-tolato Principia Mathematica, 1708, Napoli, Societànapoletana di storia patria, ms. XXX.D.2). Tra i suoimanoscritti restano una critica della teoria cartesianadella gravitazione e dei moti planetari, i cui obiettivipolemici sono Poleni e i cartesiani napoletani (Epi-stola de gravitate et cartesianis vorticibus, 1714, Napoli,Società napoletana di storia patria, ms. XXX.D.2, pp.51-64). I manoscritti e le lettere di Galiani documenta -no anche le difficoltà che un lettore bendisposto potevatrovare in relazione alla fisica della gravitazione (Let-tera a Guido Grandi, 20 luglio 1714, in C. Galiani, G.Grandi, Carteggio (1714-1729), a cura di F. Palladi -no, L. Simonutti, 1989, p. 44).

Bianchini è un’altra figura decisiva per capire lafortuna di Newton a Roma. Difensore dei nuovi metodisperimentali, come pure di metodi filologici più avan-zati nello studio della storia, Bianchini crede che lefon ti archeologiche siano essenziali per ricostruire lacronologia delle ere passate (La istoria universale […],1697). Come Newton, ritiene che i calcoli astronomicidebbano essere usati per corroborare o modificare lacronologia tradizionale. Nel 1712-13 Bianchini visitaParigi e Londra in missione per conto della Curia ro -mana. Il prelato romano è profondamente colpito dal-l’attività scientifica della Royal society e dalla vitalitàeconomica della città di Londra (Rotta 1966). Rientraa Roma con due copie dell’Opticks e cinque del Com-mercium epistolicum, dono personale di un Newton pre-occupato di assicurarsi alleati nella disputa sulla prio-rità dell’invenzione del calcolo. Bianchini ricambia conopere di cronologia e, più tardi con le osservazioniastronomiche che gli varranno l’elezione a fellow dellaRoyal society. Bianchini darà un giudizio molto positi -vo sulla Chronology di Newton, convinto che l’ingleseavesse confermato la validità di molte sue intuizioni.

Il libro fu ricevuto con interesse in Italia, primanel la traduzione francese e poi in quella italiana (1757).Lo troviamo, per es., tra i testi che Maria GaetanaAgne si studia nel 1739 come parte del suo curriculum.Negli anni Trenta lo stesso Algarotti scrive un saggiosull’applicazione della cronologia newtoniana allo stu-dio della storia romana, riducendo significativamentela durata dei regni dei sette re. Ancora una volta, lasua lettura è eterodossa: mentre Bianchini usa New-ton in difesa della cronologia tradizionale, il veneziano

MASSIMO MAZZOTTI

296

Page 7: Il newtonianesimo e scienza del Settecento

considera il «sistema cronologico» di Newton rivolu-zionario tanto quanto il suo sistema del mondo. New-ton, secondo Algarotti, ha distrutto molte false con-getture e ha finalmente penetrato l’oscurità dellacronologia tradizionale grazie alla scelta di affidarsialle leggi della natura piuttosto che a congetture senzafondamento (F. Algarotti, Saggio sopra la durata de’regni de’ re di Roma, 1746).

Che la teologia naturale newtoniana e le strategieapologetiche delineate nelle Boyle lectures trovino sup-porto nei circoli romani è anche dimostrato dalle nu -merose traduzioni effettuate da residenti britannicicome Henry Newton (1651-1715) e Thomas Dere-ham (m. 1739). In particolare, il cattolico e giacobitaDereham traduce una serie importante di opere, tracui i Physico-mechanical experiments (1716) di FrancisHauks bee, nella cui introduzione l’opera di Newtonè presentata come una continuazione naturale dellosperimentalismo galileiano. Traduce anche la Phy-sico-theology (1719) e la Astro-theology (1728) di Wil-liam Derham, e i Philosophical principles of naturaltheology (1729) di George Cheyne. Dereham contri-buisce anche a una collezione di articoli delle «Philo-sophical transactions» che appaiono a Napoli in cin-que volumi tra il 1729 e il 1734.

Nel 1731 Galiani si sposta a Napoli, dove contri-buisce all’elaborazione di un progetto di riforma cul-turale che lega il newtonianesimo alla tradizione localedegli Investiganti. Come altri moderni, Newton vienemobilitato nella battaglia contro le posizioni tardo-scolastiche e la corrente metafisica platoneggiante ecartesiana che caratterizza molta filosofia napoletanadel primo Settecento. Si noti che alcuni cartesianilocali avevano espresso pareri favorevoli sulle operedi Newton già prima dell’arrivo di Galiani. È il casodel matematico Agostino Ariani (1672-1748) e delfilosofo Nicola Cirillo (1671-1735), che avevano difesoil sistema newtoniano dalle loro cattedre universita-rie, presentandolo come il culmine della scienza delmoto galileiana (A. Ariani, In lode della geometria,1701, in Delle lezioni accademiche […], Napoli, Biblio-teca nazionale, ms. XIII.B.73; G. Capasso, Historiaephilosophiae synopsis […], 1728, pp. 387-88).

Figure chiave della ricezione napoletana del new-tonianesimo sono senza dubbio i fratelli De Martino,che raggiungono la cattedra sotto il patronage di Ga -liani. Gli Elementa statices (1727) di Nicola De Mar-tino (1701-1769) sono un efficace sommario di mec-canica newtoniana, che introduce gli studenti ai metodidifferenziali, seppure in forma geometrica. In questotesto i Principia sono introdotti come una generaliz-zazione della scienza galileiana del moto, e l’ipotesidella gravitazione costante è abbandonata. Le Philo-sophiae naturalis institutiones (1738) dell’astronomoPietro De Martino (1707-1746) sono uno dei testi piùno tevoli del newtonianesimo italiano. L’autore, chesi occupa di struttura della materia, dinamica, fisicaterrestre e celeste, attacca le dottrine cartesiane e intro-

duce, sulla base dell’evidenza sperimentale, le nozionidi gravitazione e attrazione come proprietà della mate-ria, evitando però di seguire le implicazioni metafisi-che di questa posizione e di confrontarsi con le nozionidi spazio e tempo assoluto. L’ipotesi della Terra immo-bile è liquidata come «falsa e assurda» (Philosophiaenaturalis libri tres, 2° vol., 1738, p. 40).

Il newtonianesimo dei De Martino rimase però iso-lato nel contesto napoletano. Significativamente, en -trambi lasciarono le loro cattedre per altri incarichi aNapoli e Madrid senza dare origine a una vera e pro-pria scuola. La battaglia culturale per il newtonianesi -mo fu continuata, in modo sensibilmente diver so, dauno degli studenti di Nicola, Antonio Genovesi (1713-1769). Genovesi aveva cominciato la sua carriera cometeologo, dimostrando di capire appieno il potenzialeapologetico del newtonianesmo: «mai la matematica ela fisica», scrive Genovesi, «non han servito così benealla teologia, quanto a’ nostri giorni» (Autobiografia,lettere, e altri scritti, a cura di G. Savarese, 1962, p.520). I suoi interessi si spostano in seguito verso lanuova filosofia sperimentale e la sua relazione con la«pubblica felicità». Anche per Genovesi la storia dellatradizione galileiana culmina nei Principia (Disserta-tio physico-historica de rerum corporearum origine etconstitutione, in P. van Musschenbroek, Elementa Phy-sicae conscrip ta in usus academicos, 1° vol., 1745, pp.69-74). Teologia naturale, epistemologia sensista e fi -losofia sperimentale sono gli elementi di fondo di unnewtonianesimo che, dal 1754, farà da cornice al ten-tativo riformatore di Genovesi e degli studenti che siraccoglieranno attorno alla sua cattedra di «Commer-cio e meccanica» (Galasso 1989, pp. 369-451).

A metà degli anni Quaranta la popolarità di New-ton in Italia è così elevata che Genovesi ironizza sulla«gran turba» che «vuol parere newtoniana, benché nonlo sia» (Autobiografia, lettere, e altri scritti, cit., p. 57).Emblematica dell’accettazione del newtonianesimonel cuore stesso della cattolicità è l’opera dei fratiminimi François Jacquier (1711-1788) e Thomas LeSeur (1703-1770). Tra il 1739 e il 1742, i due pubbli-cano a Ginevra un’edizione dei Principia in tre volumiche incontrerà un enorme successo europeo, tanto dadivenire l’edizione standard sul continente. Il testo,arricchito di ampi commenti e aggiornamenti fino aglianni Trenta, è una vera e propria summa di mecca-nica mo derna. Jacquier e Le Seur preparano il testonel monastero romano di Trinità dei Monti, e diver-ranno consulenti di Benedetto XIV in questioni impor-tanti quali il restauro della cupola di San Pietro. Nel1746 Jacquier è nominato professore di fisica allo Stu-dium Urbis Sapientiae di Roma, una scelta che segnalaancora una volta la benevolenza della curia. Eppure,anche in questo caso, il lavoro dei due frati non pro-durrà una tradizione fisico-matematica significativa,e lo Studium manterrà invariate ancora per lungotempo le strutture tardoscolastiche del suo insegna-mento (Baldini 2006).

IL NEWTONIANESIMO E LA SCIENZA DEL SETTECENTO

297

Page 8: Il newtonianesimo e scienza del Settecento

Apoteosi

L’edizione ginevrina dei Principia suggella il suc-cesso definitivo del newtonianesimo in Italia. Le cat-tedre di fisica sperimentale aumentano, e i metodi ele dottrine newtoniane hanno un ruolo di primo pianonei nuovi corsi. In realtà, come abbiamo visto, il signi-ficato dell’opera di Newton e la stessa nozione discienza newtoniana variano significativamente nellapenisola. Lungo l’asse Roma-Bologna il newtoniane-simo emerge come risposta a problemi di carattere siatecnico sia socioculturale. Da una parte legittima unaconoscenza operativa fisico-matematica che ormaisupera i confini imposti dalla matematica galileiana.Rimpiazza poi le dottrine tardoscolastiche, ormai scre-ditate, con una metodologia che non costringe chi lapratica a pronunciarsi circa questioni metafisiche fon-danti. Infine, promuove una concezione della scien -za moderna come armonizzabile con il dogma catto-lico, e in tal modo prospetta un rientro in gioco dellaChiesa di Roma come attore primario nel dibattitoculturale europeo. Questa ambizione, difesa aperta-mente da Benedetto XIV, trova nell’impresa edito-riale di Jacquier e Le Seur una delle sue espressionipiù chiare, e culmina nel tentativo di Ruggero Giusep -pe Boscovich di integrare newtonianesimo, filosofialeibniziana e dogma cattolico (R. Boscovich, Philoso-phiae naturalis theoria […], 1758).

Quando Paolo Frisi scrive il suo elogio di Newton(1778) l’intero dibattito scientifico italiano si situaentro un orizzonte newtoniano. I tentativi di accor-dare scienza newtoniana e metafisica cattolica sonoperò sostanzialmente falliti. Una nuova generazionedi newtoniani guarda invece con interesse al progettodei philosophes e allo sviluppo del calcolo e della mec-canica secondo le linee tracciate da d’Alembert eLagrange. È nella Milano riformista degli anni Sessan -ta e Settanta che questo nuovo newtonianesimo emergecon più nettezza, ed è qui che Frisi celebra l’apoteosidel grande inglese. Il suo newtonianesimo è orientatoal miglioramento delle condizioni socioeconomichedello Stato: in continuità con Algarotti, Frisi chiamaa raccolta, sotto l’insegna di Newton, coloro che sosten-gono le riforme e la modernizzazione. Tipico di que-sto newtonianesimo è il valore euristico attribuito alnuovo calcolo algebrizzato, la critica della lettura apo-logetica di Newton, la battaglia antimetafisica – par-ticolarmente evidente nella nuova meccanica – l’ideadella scienza come forza trasformatrice della società.La controversia tra Frisi e Boscovich simbolizza pro-prio lo scontro tra questo newtonianesimo e un new-tonianesimo centrato invece sulla nozione di forza, unapparato matematico ancora essenzialmente geome-trico, e la congiunzione tra meccanica e metafisica(Redondi 1980, pp. 689-99).

L’Elogio del Cavaliere Isacco Newton di Frisi è par -te di una serie di elogi che ricostruiscono l’afferma-zione della nuova scienza, ed è preceduto da quello,

certo più problematico, di Galilei (P. Frisi, Elogio delGalileo, 1775). Per Frisi, prete barnabita, i gesuitisono i veri responsabili della repressione della scuolagalileiana e di quella ‘subordinazione’ della scienzaal dogma teologico che è stata la causa primaria delde clino della scienza in Italia (P. Frisi, Elogio delCavaliere Isacco Newton, 1778, pp. 93-94). Galilei èil vero padre e martire della scienza moderna, men-tre la carriera di Newton esemplifica la corretta rela-zione che deve stabilirsi tra una società libera e i suoifilosofi e matematici.

Nel corso del saggio, Frisi trasmuta Newton nel-l’incarnazione stessa della nuova scienza, delle suevirtù morali ed epistemiche, illustrando in tal modole virtù ideali del matematico e filosofo moderno e ilsuo ruolo sociale ed economico. Nella ricostruzionedi Frisi i Principia sono la più «grand’opera che siamai stata scritta» (p. 81), mentre la Chronology è giu-dicata interessante ma aperta a dubbi e possibili cri-tiche. I testi di esegesi biblica dei quali Frisi è a cono-scenza sono de scritti come uno «scherzo», il «capriccioerudito» di un uomo anziano (p. 125). I funerali lon-dinesi del grande inglese sono l’emblema visibile delrapporto tra una «nazione libera, illuminata e potente»e i suoi filosofi-idoli, che ricambiano gli onori rice-vuti ga rantendo, attraverso le loro scoperte e i lorometodi, «l’assoluta superiorità» militare e politica (pp.16 e 100-101). Con Newton si è compiuta quella «ri -voluzione delle scienze» che era stata iniziata da Ga -lilei: entram bi furono filosofi «liberi, intraprendenti,ed attivi», in teressati alle «verità utili» e a quegli studi«ne’ quali le cognizioni astratte potevano influire nelbene del la Società» (P. Frisi, Elogio del Galileo, 1775,pp. 131-34).

Opere

F. Bianchini, La istoria universale […], Roma 1697.A. Ariani, In lode della geometria (1701), in Delle lezioni

accademiche […], Napoli, Biblioteca nazionale, ms.XIII.B.73.

G. Grandi, Quadratura circuli, et hyperbolae […], Pisa1703, 17102.

C. Galiani, Animadversiones nonnullae circa Opticem Isaaci

Neutoni (1708), Napoli, Società napoletana di storiapa tria, ms. XXX.D.5.

C. Galiani, Osservazioni sopra il libro del Newton, intitolato

Principia Mathematica (1708), Napoli, Società napole -ta na di storia patria, ms. XXX.D.2.

J. Hermann, Soluzione generale del problema inverso delle

forze centrali […], «Giornale de’ letterati d’Italia»,1710, 2, pp. 447-67, e 3, pp. 495-510; 1711, 5, pp.312-35, e 6, pp. 411-49.

[G. Grandi], N. Ripardieri, Antilunario […], Dublino[ma Lucca] 1711.

G. Poleni, De vorticibus coelestibus […], Padova 1712. C. Galiani, Epistola de gravitate et cartesianis vorticibus

(1714), Napoli, Società napoletana di storia patria,ms. XXX.D.2, 51-64.

MASSIMO MAZZOTTI

298

Page 9: Il newtonianesimo e scienza del Settecento

Lamindo Pritanio [L.A. Muratori], De ingeniorum mode -

ra tione in religionis negotio […], Paris 1714.A. Conti, Lettera a Lodovico Muratori, 22 giugno 1716,

Mo dena, Biblioteca Estense, Archivio Muratori, filza61, 42.

J. Hermann, Phoronomia […], Amsterdam 1716.G. Galilei, Opere, 3 voll., Firenze 1718.G. Poleni, De castellis […], Padova 1718.W. Derham, Dimostrazione della essenza, ed attributi d’Iddio

dall’opera della sua creazione […], Firenze 1719.A. Conti, Réponse aux observations sur la Chronologie de

M. Newton […], Paris 1726.N. De Martino, Elementa statices […], Napoli 1727.G. Rizzetti, De luminis affectionibus […], Treviso 1727.G. Capasso, Historiae philosophiae synopsis […], Napoli

1728.W. Derham, Teologia astronomica […], Napoli 1728.G. Poleni, Ad nobilissimum praestantissimumque virum abb.

Antonium co. de Comitibus patricium Venetum Epistola

[…], Padova 1728.G. Cheyne, Principi filosofici di religione naturale, ovvero

elementi della filosofia, e della religione da essi derivanti,Napoli 1729.

Saggio delle transazioni filosofiche della Società Regia, 5voll., Napoli 1729-1734.

F.M. Zanotti, De lapide Bononiensi, in De Bononiensi

scientiarum et artium instituto atque academia commen -

tarii, 1° vol., 1731, pp. 181-205.G. Crivelli, Elementi di fisica, 2 voll., Venezia 1731-1732.F. Algarotti, Newtonianismo per le dame, ovvero dialoghi

sopra la luce e i colori, Napoli 1737.M.G. Agnesi, Propositiones philosophicae […], Milano 1738.P. De Martino, Philosophiae naturalis libri tres, 3 voll.,

Napoli 1738.G. Grandi, Instituzioni meccaniche, Firenze 1739.G. De Soria, Rationalis philosophiae institutiones […], Am -

ster dam 1741.F. Manara, Prolusio in gymnasio Ticinensi […], Pavia 1742.G.M. Ortes, Vita del padre D. Guido Grandi […], Venezia

1744.G. De Soria, Della esistenza e degli attributi di Dio e della

immaterialità ed immortalità dello spirito umano […],Lucca 1745.

G. De Soria, Institutiones physicae, Biblioteca universitaria,Ms. 19, Pisa 1745.

A. Genovesi, Dissertatio physico-historica de rerum corporea -

rum origine et constitutione, in P. van Musschenbroek,Elementa physicae conscripta in usus academicos, 1° vol.,Napoli 1745, pp. 1-79.

F. Algarotti, Saggio sopra la durata de’ regni de’ re di

Roma, Venezia 1746.Lamindo Pritanio [L.A. Muratori], Della regolata devo -

zione de’ cristiani, Venezia 1747.M.G. Agnesi, Instituzioni analitiche ad uso della gioventù

italiana, 2 voll., Milano 1748.G. Gerdil, Dissertation sur l’incompatibilité de l’attraction

et de ses différentes loix […], Paris 1754.I. Newton, La cronologia degli antichi regni emendata […],

Venezia 1757.R. Boscovich, Philosophiae naturalis theoria […], Vienna

1758.J. Riccati, Opere, 4 voll., Lucca 1761-1765.

G. De Soria, Cosmologia, o fisica universale, Firenze 1772.P. Frisi, Elogio del Galileo, Milano 1775.P. Frisi, Elogio del Cavaliere Isacco Newton, Milano 1778.A. Genovesi, Autobiografia, lettere, e altri scritti, a cura di

G. Savarese, Milano 1962.A. Conti, Scritti filosofici, a cura di N. Badaloni, Napoli

1972.C. Galiani, G. Grandi, Carteggio (1714-1729), a cura di

F. Palladino, L. Simonutti, Firenze 1989, pp. 42-46.J. Riccati, G. Poleni, Carteggio (1715-1742), a cura di

M.L. Soppelsa, Firenze 1997.

Bibliografia

É. Appolis, Le ‘tiers parti’ catholique au 18me siècle. Entre

jansénistes et zelanti, Paris 1960.S. Rotta, Francesco Bianchini in Inghilterra. Contributo

alla storia del newtonianismo in Italia, Brescia 1966.W.E.K. Middleton, The experimenters. A study of the

Accademia del Cimento, Baltimore-London 1971.G. Arrighi, La prima traduzione italiana dei “Philosophiae

naturalis principia mathematica”, «Bollettino dell’Unio -ne matematica italiana», 1973, 8, pp. 174-79.

W.E.K. Middleton, Science in Rome, 1675-1700, and the

Accademia fisicomatematica of Giovanni Giustino Ciam -

pini, «The British journal for the history of science»,1975, 2, pp. 138-54.

U. Baldini, La scuola galileiana, in Storia d’Italia. Annali

3, a cura di G. Micheli, Torino 1980a, pp. 381-463.U. Baldini, L’attività scientifica nel primo Settecento, in

Storia d’Italia. Annali 3, a cura di G. Micheli, Torino1980b, pp. 469-529.

A.R. Hall, Philosophers at war, Cambridge 1980.P. Redondi, Cultura e scienza dall’illuminismo al positivismo,

in Storia d’Italia. Annali 3, a cura di G. Micheli, To -rino 1980, pp. 685-809.

P. Casini, Newton in Italia, 1700-1740: note di ricerca, inId., Newton e la coscienza europea, Bologna 1983, pp.173-227.

M. Cavazza, Giandomenico Cassini e la progettazione del -

l’Istituto delle Scienze di Bologna, Scienza e letteratura

nella cultura italiana del Settecento, a cura di R. Cre -mante, W. Tega, Bologna 1984, pp. 109-32.

C. Pighetti, L’influsso scientifico di Robert Boyle nel tardo

’600 italiano, Milano 1988.A. Robinet, G.W. Leibniz, iter italicum, Firenze 1988.M. Biagioli, The social status of Italian mathematicians,

1450-1600, «History of science», 1989, 75, pp. 41-95.G. Galasso, La filosofia in soccorso de’ governi. La cultura

a Napoli nel Settecento, Napoli 1989.S. Schaffer, Glass works. Newton’s prisms and the uses of

experiment, in The uses of experiment. Studies in the

natural sciences, ed. D. Gooding, T. Pinch, S. Schaffer,Cambridge 1989, pp. 67-104.

M. Cavazza, Settecento inquieto. Alle origini dell’Istituto

delle scienze di Bologna, Bologna 1990.M. Segre, In the wake of Galileo, New Brunswick 1991.D. Bertoloni Meli, Equivalence and priority. Newton versus

Leibniz, Oxford 1993.M. Biagioli, Galileo, Courtier. The practice of science in the

culture of absolutism, Chicago 1994.

IL NEWTONIANESIMO E LA SCIENZA DEL SETTECENTO

299

Page 10: Il newtonianesimo e scienza del Settecento

300

MASSIMO MAZZOTTI

U. Baldini, The sciences at the University of Rome in the

18th century, in Universities and science in the early

modern period, ed. M. Feingold, V. Navarro-Brotóns,Dord recht 2006, pp. 201-30.

D. Bertoloni Meli, Thinking with objects. The trans forma -

tion of mechanics in the seventeenth century, Balti more2006.

L. Boschiero, Experiment and natural philosophy in seven -

teenth-century Tuscany, Dordrecht 2007.M. Mazzotti, The world of Maria Gaetana Agnesi, mathe -

matician of God, Baltimore 2007.

C. Maffioli, Out of Galileo. The science of waters, 1628-

1718, Rotterdam 1994.V. Ferrone, The intellectual roots of the Italian Enlighten -

ment. Newtonian science, religion, and politics in the

early eighteenth century, Atlantic Highlands 1995.N. Guicciardini, Reading the Principia. The debate on

Newton’s mathematical methods for natural philosophy

from 1687 to 1736, Cambridge 1999.M. Mazzotti, Newton for ladies: gentility, gender and radical

culture, «The British journal for the history of science»,2004, 2, pp. 119-46.