Il museo egizio di Torino: antiche civiltà e nuove forme di comunicazione

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Politecnico di Torino I Facoltà di Architeura Corso di laurea triennale in Progeo grafico e virtuale (Graphic & Virtual Design) Anno accademico 2008/2009 Relatore: Prof. FRANCO MELLO Candidato: GIusePPe GerbIno Matricola 118328

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Tesi di laurea triennale per il corso di studi in Graphic e Virtual Design (2009).

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Politecnico di TorinoI Facoltà di Architettura

Corso di laurea triennale in Progetto grafico e virtuale (Graphic & Virtual Design)

Anno accademico 2008/2009

Relatore:Prof. Franco Mello Candidato:

GIusePPe GerbIno

Matricola 118328

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1. Introduzione 6

2. Contesto di riferimento: Il Museo delle Antichità egizie di Torino 92.1. Storia del Museo Egizio 102.2. La Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino 142.3. L’apparato espositivo 15

2.3.1. Percorsi di visita 172.4. Interventi recenti 182.5. Ampliamenti futuri 202.6. Utenti del museo e target di riferimento 23

2.6.1. Ricerca delle informazioni 26

3. Funzioni e finalità del museo 32

4. Progetto di ridefinizione della comunicazione visiva del Museo egizio di Torino 36

5. Analisi dell’immagine coordinata del Museo egizio di Torino 385.1. Logo e logotipo 395.2. Declinazione grafica dell’immagine coordinata 415.3. Segnaletica interna 445.4. Sito internet 465.5. Oggettistica 48

6. Confronto con l’immagine coordinata del british Museum 516.1. Logo e logotipo 526.2. Segnaletica interna 536.3. Sito internet 546.4. Oggettistica 556.5. Conclusioni 56

7. Progettazione ergonomica 587.1. Il caso “Museo Egizio da toccare” 60

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8. Altri strumenti per la comunicazione museale 638.1. Servizi di accoglienza 648.2. Strategie di promozione 658.3. Visita virtuale 67

8.3.1. Competenze coinvolte 708.4. Realtà aumentata 71

9. Proposta di redesign della comunicazione visiva del Museo egizio 759.1. Logo e logotipo 769.2. Declinazione grafica dell’immagine coordinata 809.3. Segnaletica interna 829.4. Sito internet 84

9.4.1. Struttura 879.4.2. Accessibilità 889.4.3. Contenuti 899.4.4. Visita virtuale al museo 90

9.5. Applicazioni di realtà aumentata 949.6. Oggettistica 97

10. Conclusioni 102

11. bibliografia 104

12. sitografia 106

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Nel novembre 2007 il professor Aimaro Isola, lo scenografo Dante Ferretti e l’intero grup-

po Isolarchitetti, hanno ricevuto l’incarico, da parte del Consiglio di amministrazione della Fondazione Museo delle Antichità Egizie, di “rifunzionalizzare, restaurare, am-pliare e mettere in sicurezza” il Museo Egizio di Torino.

I lavori partiranno nel settembre del 2009 e dovrebbero avere termine entro il marzo 2013, ma sembrano già destinati a rivoluzionare l’impianto architettonico ed espositivo del Palazzo dei Nobili, sede del Museo Egizio – si scaverà sotto il cortile, per interrare tutti i servizi e far filtrare la luce naturale attraverso un soffitto di cristallo iper-tecnologico, poi si salirà verso l’alto per occupare i 6.000 metri quadri lasciati liberi dalla Galleria Sabauda e in cui poter espor-re 24.000 reperti fino ad oggi rimasti chiusi nei magazzini del museo, e infine si “sfon-derà” l’edificio sul retro, creando un nuovo ingresso su via Roma, l’arteria principale del centro cittadino.

Ma questo è solo l’ultimo di una lun-ga serie di interventi che dal 2005 hanno donato nuova linfa vitale al museo e alla sua collezione rivoluzionandone gli aspetti comunicativi.

Il 20 giugno di quell’anno, in vista de-gli imminenti «Giochi Olimpici Invernali» di

Torino 2006, Pininfarina ha presentato uf-ficialmente la grafica del nuovo logo della Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino.

È stato creato un nuovo sito, realiz-zata una nuova immagine coordinata, una nuova libreria e un nuovo allestimento delle opere. Il 3 febbraio 2006 ha infatti aperto i battenti al grande pubblico la mostra “Ri-flessi di Pietra” dell’architetto e scenografo cinematografico Dante Ferretti con cui è sta-to inaugurato il nuovo statuario del museo.

Ho ritenuto che fosse interessante cogliere l’occasione per analizzare più da vicino i risultati di tutti questi sforzi, focaliz-zandomi, in particolare, sulla nuova imma-gine coordinata del museo.

Il mio intento era dar vita ad un pro-getto di redesign del materiale comunicati-vo del museo in vista del futuro ampliamen-to della struttura museale.

Avrei discusso e analizzato il materia-le preesistente mettendone in luce punti di forza e debolezze. Lo avrei confrontato con quello di altre strutture museali equivalenti e, dal giudizio ottenuto, ne avrei ricavato i dati necessari per ipotizzare il mio lavoro di ridefinizione della comunicazione visiva del museo.

Ma sin da subito mi sono accorto che per portare a termine un tale progetto non

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sarebbe bastato un semplice restyling grafi-co dell’immagine coordinata del museo.

Per rinnovarne la comunicazione vi-siva sarebbe stato necessario tenere conto anche di fattori nuovi o fin’ora ignorati – ma non per questo meno importanti – come le nuove tecnologie e tecniche emergenti applicate al campo della divulgazione del sapere in ambito museale: realtà aumenta-ta, visite virtuali, ma anche marketing, mer-chandising, pubblicità ecc..

Nei capitoli seguenti verrà illustrato il risultato di questo processo di ricerca che tenta di coinvolge il maggior numero pos-sibile di elementi di comunicazione visiva applicabili all’ambito museale.

Conclude il lavoro un’ipotesi di ridefi-nizione dell’identità e della comunicazione visiva del Museo Egizio di Torino con esempi pratici di quanto precedentemente descrit-to solo a livello teorico.

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Primo museo d’Italia, nonché maggiore per quantità e qua-lità dei materiali tra tutti i mu-

sei del mondo dedicati esclusivamente a questa antica ed affascinante civiltà dopo quello de Il Cairo, Il Museo Egizio di Torino ha sede nello storico Palazzo dell’Accademia delle Scienze ed ospita circa 30 mila pezzi risalenti ad un periodo storico compreso tra il paleolitico e l’epoca copta.

Come scrisse il decifratore di gerogli-fici egizi Jean-François Champollion, giunto a Torino nel 1824: «La strada per Menfi e Tebe passa da Torino». La sua importanza per il capoluogo piemontese e per l’Italia in-tera è infatti fuori discussione e il continuo afflusso di visitatori non fa che confermarlo anno dopo anno, con cifre in continua cre-scita1.

L’Egizio è, dunque, un centro di eccel-lenza ed un’inesauribile fonte di informa-zioni per tutti gli studiosi interessati all’arte e alla cultura di questo antico popolo. Nei capitoli seguenti ripercorreremo la sua sto-ria, osserveremo la sua organizzazione e ne studieremo la struttura per analizzare più nel dettaglio il contesto di riferimento dal quale ricavare le informazioni necessarie

1 Nel settembre 2008 risultava un aumento dei visitatori annui equivalente al 4%. Una cifra non altissima, ma in controtendenza rispetto alla situa-zione generale dei musei italiani nel periodo preso in esame.

per lo sviluppo di un’efficace ed indispensabile strategia di co-municazione, marketing e promozione.

Fig.1: L’ingresso del Museo Egizio di Torino

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Se volessimo risalire alle origini di questa importante istituzio-ne culturale per delinearne la

storia sin dai suoi primi passi, dovremmo, con tutta probabilità, tornare indietro con la memoria all’anno 1628; momento nel quale Carlo Emanuele I, Duca di Savoia e Principe di Piemonte, acquistava e portava a Torino quel reperto noto col nome di Mensa Isiaca: una tavola d’altare in bronzo ageminato, di cultura non egizia ma romana egittizzante, risalente al I secolo d.C. e scoperta a Roma da Pietro Bembo nel 1527; reperto che avrà un tale impatto sulla cultura e sul nascen-te interesse per il misticismo piemontesi da spingere molti illustri uomini d’ingegno ad imbarcarsi in spedizioni archeologiche verso l’Egitto dei faraoni per soddisfare la propria sete di curiosità.

Sarà infatti proprio grazie a tale reper-to se in Piemonte, e nel resto d’Italia, si as-sisterà, di lì a poco, alla rinascita di quell’in-teresse per l’antico Egitto che già a Roma, in epoche ben più lontane, aveva dato sfoggio di sé attraverso riproposizioni di stilemi e culti esotici in territorio italico.

Sotto la spinta di tale interesse, infat-ti, Vittorio Amedeo II di Savoia fonderà, nel 1724, il Museo della Regia Università di To-rino, presso il palazzo dell’Università in Via Po, cui verrà donata una piccola collezione di antichità provenienti dal Piemonte. Fig.2: Mensa Isiaca, I secolo d.C.

La Mensa Isiaca

Bronzo intarsiato in altri metalliEpoca Romana, I secolo d.C.Provenienza: acquistato da Carlo Emanuele I di

Savoia nel 1628, esposto per la prima volta al Mu-

seo Egizio nel 1832

Il fascino per l’arte egizia che portò alla fon-

dazione del Museo torinese ebbe origine in

epoca romana, con l’assorbimento del culto

di Iside. La Mensa Isiaca è un tipico esempio

della fascinazione romana per la cultura egi-

zia. Prodotta nel corso del I secolo d.C., pro-

babilmente a Roma, presenta geroglifici privi

di senso e scene di culto egittizzanti che non

si rifanno ad alcun reale culto egizio. L’unica

figura riconoscibile è quella della dea Iside e

ciò suggerisce una provenienza della tavola

riconducibile ai luoghi del culto della dea.

La tavola risulta decorata con vari tipi di

metalli preziosi colorati (argento, oro e oro

misto a rame) e rappresenta un’importante

testimonianza delle tecniche metallurgiche

dell’antichità.

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Nel 1757 Carlo Emanuele III di Savo-ia incaricherà Vitaliano Donati, professore di botanica, naturalista ed ambasciatore, di compiere un viaggio in Oriente e di acquista-re in Egitto oggetti antichi, mummie e mano-scritti utili ad illustrare il significato della ta-vola stessa. Sarà questo il culmine della sete di conoscenza generato dall’interesse per la cultura e l’arte egizia suscitato dalla Mensa Isiaca.

Gli oggetti raccolti dal Donati nella Val-le del Nilo giungeranno a Torino nel 1759 e verranno esposti presso il Museo della Regia Università, dove dal 1755 era già presente la Mensa Isiaca.

Tra i più importanti ritrovamenti ad opera del Donati, una statua della dea Iside, scoperta a Coptos, e soprattutto le statue della dea Sekhmet e del faraone Ramesse II, riportate alla luce nel tempio della dea Mut a Karnak. Quest’ultima di particolare rilevan-za in quanto considerata uno dei capolavori della scultura egizia dal decifratore dei gero-glifici Jean-François Champollion e, col pas-sare degli anni, assunta a simbolo stesso del museo torinese.

La collezione, frutto di continue so-vrapposizioni, continuerà ad arricchirsi nel corso degli anni: prima nel tardo Settecento e poi nel corso dell’Ottocento e dei primi anni del Novecento. Ma sarà solo in seguito all’ac-quisto della collezione privata di Bernardino Drovetti2 (fig.3), ad opera del Re di Sardegna

2 Una collezione composta da ben 5268 og-getti, 100 statue, 170 papiri, stele, sarcofagi, mummie, bronzi, amuleti e oggetti della vita quotidiana.

Carlo Felice di Savoia, che, nel 1824, conclu-dendo una trattativa già avviata da Vittorio Emanuele I, il Regio Museo Egizio verrà for-malmente fondato.

Drovetti, di origini piemontesi ma ar-ruolato come ufficiale nell’esercito napole-onico, aveva seguito Napoleone Bonaparte durante alcune delle sue campagne militari in Nord Africa ed era stato nominato Console di Francia in Egitto dall’Imperatore stesso.

Grazie alla sua amicizia con il viceré d’Egitto Mohamed Alì (fig.5), riuscì a traspor-tare in Italia gli oggetti collezionati durante la sua permanenza in Egitto. Tali antichità ri-marranno depositate per diversi anni nel por-to di Livorno in due magazzini del negoziante ebreo Morpurgo per poi essere spedite via mare a Genova, e da qui a Torino, presso la loro sede definitiva: il palazzo del XVII noto

Fig.3: Bernardino Drovetti (1776-1852)

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come “Collegio dei Nobili”, progettato dall’ar-chitetto Guarino Guarini come scuola gesuita e che nel XVIII secolo era, nel frattempo, di-ventato sede dell’Accademia delle Scienze.

Durante il disimballaggio della Colle-zione Drovetti, giungerà a Torino il decifrato-re di geroglifici egizi Jean-François Champol-lion che, nell’arco di pochi mesi, produrrà un primo catalogo dei reperti.

Nel 1832 alla Drovettiana andranno ad aggiungersi le poche antichità egizie già raccolte presso il Museo dell’Università – tra di esse anche la Mensa Isiaca – che verran-no trasferite nel palazzo dell’Accademia delle Scienze, d’ora in avanti sede ufficiale del Re-gio Museo delle Antichità Egizie.

Ulteriori acquisti, donazioni e campa-gne scavo completeranno a tal punto la valen-za documentale del museo, sia sotto l’aspetto della ricchezza di testimonianze della cultura materiale degli Egizi, sia sotto quello della bellezza della loro produzione artistica, che, già nel corso dell’Ottocento, la raccolta pie-montese comincerà a delinearsi come la più importante d’Europa, facendo di Torino, già in questo periodo, una meta obbli-gata per ogni visitatore colto e ogni studioso di antichità egizie al di qua delle sponde del Mediterraneo.

Alla guida del museo si succederanno Francesco Barucchi e Pier Camillo Orcurti. Dal 1871 al 1893 il direttore sarà invece Ariodante Fabretti che, coa-diuvato da Francesco Rossi e Ridolfo Vittorio Lanzone, ela-

borerà il catalogo delle opere allora conser-vate.

Nel 1894 sarà poi la volta di Ernesto Schiaparelli (fig.4), già direttore della Sezione

Egizia del Museo Arche-ologico Nazionale di Firenze tra il 1881 e il

1 8 9 3 .

Fig.4: Ernesto Schiaparelli (1856-1928)

12Fig.4: Mohamed Alì (1769-1849)

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Questi, recandosi personalmente in Egitto per acquistare altri pezzi antichi e per or-ganizzare scavi in siti come Eliopoli, Giza, la Valle delle Regine a Tebe, Qau el-Kebir, Asiut, Hammamija, Ermopoli, Deir el-Medina e Ge-belein, inaugurerà, nel 1903, le fortunate e fruttuose campagne scavi della Missione Ar-cheologica Italiana.

Tra i suoi più importanti ritrovamenti vanno ricordati la scoperta, nel 1904, della splendida tomba di Nefertari, sposa di Ra-messe II e regina tra le più influenti dell’An-tico Egitto, considerata tra le tombe più belle della Valle delle Regine; e la scoperta, fatta nel 1906, nella necropoli di Tebe, del-la famosa tomba dell’architetto reale Kha, perfettamente intatta e con un ricco corre-do funerario, ora conservata presso il Mu-seo egizio di Torino.

Il suo lavoro verrà portato a termine dal suo successore, Giulio Farina, che tor-nerà a Torino con un carico di quasi 20.000 nuovi reperti. Reperti i quali andranno ad aggiungersi alla già ampia collezione del Museo Egizio torinese.

Per gli scavi condotti in Egitto dalla Mis-sione Archeologica Italiana (fig.6) tra il 1900 e il 1935 vigeva, infatti, il criterio secondo cui gli oggetti rinvenuti durante gli scavi fossero ripartiti fra l’Egitto e le missioni archeologi-che operanti. Il criterio oggi in vigore prevede invece che i reperti rimangano tutti in Egitto.

A testimonianza di ciò l’ultima impor-tante acquisizione del museo sarà infatti il piccolo tempio di Ellesija, donato all’Italia dalla Repubblica Araba d’Egitto nel 1970 per

il significa-tivo supporto tecnico e scientifico fornito al Paese dall’Italia durante la campagna di sal-vataggio dei monumenti nubiani destinati ad essere sommersi dalle acque del lago artifi-ciale Nasser dopo la costruzione della grande diga di Assuan.

Nel 2005, infine, l’ultima data fonda-mentale per la storia del Museo delle Antichi-tà Egizie di Torino: In dicembre, la Fondazione omonima acquisisce la guida del museo.

Fig.6: Attività di scavo della Missione Archeologica Italiana

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I l 6 ottobre 2004, alle ore 12,23, nell’anticamera di Re Carlo Ema-nuele IV di Savoia, al secondo pia-

no del Palazzo Reale di Torino, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, insieme con la Regione Piemonte, la Provincia di Torino, la Città di Torino, la Compagnia di San Pa-olo e la Fondazione CRT, hanno affidato la direzione del Museo Egizio alla Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino che rappresenta il primo esperimento di costi-tuzione, da parte dello Stato Italiano, di uno strumento di gestione museale a partecipa-zione privata.

La Fondazione avrà in uso per trent’an-ni i beni appartenenti alla collezione del museo e disporrà dei locali del Palazzo dell’Accademia delle Scienze come pro-pria sede.

Il suo compito sarà quello di rad-doppiare e rilanciare il Museo Egizio, ma costituirà soprattut-to il banco di prova per un nuovo modello gestionale che permetterà a Stato, Regioni ed enti locali di unirsi ai privati per valorizzare il patri-monio culturale del Paese.

Il Museo Egizio rimarrà infatti sotto la tutela dello Stato ma potrà disporre delle risorse e delle iniziative di gestione privata di enti quali la Compagnia di San Paolo e la Fonda-zione Crt. Lo dimostra il comodato con il quale la Com-pagnia di San Paolo ha affidato al Museo il prestigioso «Papiro di Artemidoro», la più antica carta geografica esistente al mondo.

Tra le iniziative della Fondazione – alcune delle quali ancora in corso, altre invece già concluse – vanno citate la riqualificazione del percorso museale, l’allestimento tem-poraneo dello Statuario a cura di Dante Ferretti, l’introduzione di nuovi servizi per

migliorare l’accoglienza dei visitatori, la sostituzione dei supporti dei reperti, la

pubblicazione di guide bilingue per il museo, l’introduzione di didascalie

bilingue nelle sale del museo e la promozione del museo attraverso

varie iniziative.

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Il museo ha sede in Via Accademia delle Scienze 6, a Torino, all’inter-no di un imponente palazzo del

XVII secolo noto come Collegio dei Nobili o Palazzo dell’Accademia delle Scienze (fig.7).

L’edificio, realizzato a partire dal 1679 e destinato a di-ventare sede del collegio gesuita riservato a giovani nobili, perse questa destinazione d’uso in seguito alla soppres-sione dell’ordine gesuitico ed è sede oggi, oltre che del Museo Egizio, anche dell’Acca-demia delle Scienze, del Museo di Antichità e della Galleria Sabauda.

Il palazzo è un imponente complesso architettonico barocco con pianta a forma di ferro di cavallo. Al suo interno trovano spazio oltre 33.000 oggetti, di cui circa 6.500

esposti al pubblico nelle sale del museo. Altri 26.500 reperti giacciono invece inuti-lizzati nei magazzini. Alcuni per necessità conservative, altri poiché portatori di un ge-nere d’interesse esclusivamente scientifico3 e non per il gran-de pubblico.

All’ in-terno del museo

è quindi possibile os-servare migliaia di oggetti e

reperti differenti attraverso diverse tipolo-gie di vetrine, modelli in scala, veri e propri templi egizi e vari ambienti tematici dedicati all’esposizione di alcune specifiche tipologie

3 Vasellame privo di decorazioni, statue fram-mentarie, ceste, stele e papiri con iscrizioni.

Fig.7: Uno spaccato della struttura del Collegio dei Nobili

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di opere, come il famoso statuario.

Quest’ultimo è uno dei locali più em-blematici del museo. Si snoda in due sale direttamente collegate. Due stanze paralle-le, dal soffitto molto elevato, al cui interno convivono statue di divinità e faraoni, sfingi e sarcofagi, stele ed elementi architettonici tra i più rappresentativi della produzione artisti-ca egiziana del tempo.

La qualità delle opere esposte all’inter-no dello statuario ha sempre rappresentato un motivo di vanto per il Museo Egizio tori-nese.

Vi compaiono statue che non hanno

nulla da invidiare alle più conosciute ed ap-prezzate opere riconducibili alla produzione artistica di culture quali quella greca o roma-na. Opere uniche nel proprio genere e famo-se in tutto il mondo.

Una di queste, in particolare, – mi rife-risco ovviamente alla statua di Re Ramesse II – è stata assunta a simbolo stesso del museo, emblema dell’intera collezione torinese.

Ma negli ultimi anni, grazie a scelte ben ponderate effettuate dalla nuova gestione del museo, anche la qualità stessa dell’esposizio-ne di queste opere è stata condotta a livelli non meno elevati.

Il nuovo allestimento di Dante Ferret-ti ha donato nuova vita al vecchio ambiente dello statuario, illuminando le antiche statue di nuova luce e “riflessi di pietra”4. L’intero museo ne è uscito rivoluzionato, con un carat-

4 “Riflessi di Pietra” è il titolo che Dante Ferret-ti ha dato al nuovo allestimento dello statuario.

tere più moderno e marcato del precedente, e non stupisce che, in seguito al successo di questo intervento, si sia deciso di continuare con i progetti di rinnovamento estendendo i lavori ad altri settori del museo.

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La visita del museo è suddivisa in due percorsi alternativi: Il per-corso cronologico, che ha ini-

zio dal piano terra e si snoda per l’intero museo dalle fonti a reperti riconducibili all’epoca romana e copta, e il percorso tematico, che invece può iniziare dal pri-mo piano e segue una ripartizione dei reperti in base alla suddivisione per ar-gomento. Al visitatore è lasciata assolu-ta libertà di scelta.

Questo genere di organizzazione dei reperti permette un approccio atti-vo alla fruizione della conoscenza messa a disposizione dal museo. Al visitatore non viene imposto un tragitto prestabi-lito cui doversi attenere per forza, anzi, è spronato a sceglierne uno proprio, con cui possa trovarsi maggiormente a proprio agio o che rispecchi in maniera più diretta le sue necessità o i suoi gusti in materia.

Fig.8: Schema del percorso di visita cronologico all’interno del Museo Egizio

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Negli ultimi anni il Museo Egi-zio è stato sottoposto a diver-si interventi di rinnovamento

volti ad aggiornare o a migliorare l’esperien-za di fruizione della visita al suo interno. Il più evidente tra essi è stato il riallestimento dello Statuario (fig.9) ad opera dello sceno-grafo cinematografico Premio Oscar Dante Ferretti (fig.10).

Lo statuario non aveva subito sostan-ziali modifiche sin dal tempo della sua siste-mazione, nel 1852, e sino al 2006 risultava fortemente condizionato da un’illuminazio-ne diffusa, sia naturale che artificiale, che si distribuiva uniformemente sulle pareti neutre con un effetto di appiattimento delle statue.

La scenografia ideata da Ferretti è contraddistinta da una nuova “pelle” di co-lore rosso scuro alle pareti. Su questo sfon-do emergono attraverso un gioco di luci ed ombre le statue appartenenti alla preziosa collezione torinese, illuminate per mezzo di particolari proiettori che ne mettono bene in evidenza le caratteristiche più peculiari.

Fasci di luce “solare” ricreati artifi-cialmente spiovono in diagonale dai varchi di collegamento con il vicino tempio di El-lesiya, mentre pareti specchianti disposte in diversi punti permettono al visitatore di osservare le statue da più angolazioni in un ambiente dalle dimensioni dilatate.

Fig.10: Dante Ferretti

Fig.9: Una panoramica del nuovo Statuario di Ferretti

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Le statue ritornano finalmente ad es-sere i veri protagonisti dello statuario anzi-ché semplici ospiti della struttura. Comple-tano l’allestimento delle nuove didascalie ed un suggestivo accompagnamento sonoro, soppresso in seguito alle proteste di alcuni impiegati del museo.

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Nel 2007 una commissione presieduta dal direttore del Museo, Eleni Vassilika, ha de-

cretato il vincitore della gara internazionale imbastita per la rifunzionalizzazione, il re-stauro, l’ampliamento e la messa in sicurez-za del Museo Egizio di Torino.

La proposta vincente è stata quella del team capeggiato da Aimaro Isola, in corda-ta, oltre che con la sua squadra di lavoro ed il figlio Saverio, anche con Dante Ferretti, già autore del riallestimento dello Statuario. La gara ha visto fron-teggiarsi alcuni dei migliori architet-ti del mondo, tra cui un altro Premio Oscar, Vittorio Storaro, il team di Giug-giaro Architettura, Gae Aulenti, David Chipperfield, e Arata Isozaki.

I lavori partiranno nel settembre del 2009 e saranno strutturati in due fasi: la prima parte dovrebbe aver ter-mine entro il gennaio 2011, anno del centocinquantenario dell’Unità d’Italia, e porteranno all’apertura della nuova corte sotterranea (fig.10 e 11), dell’attua-le statuario rivisitato e della tomba di Kha, mentre la seconda si concluderà entro il marzo 2013, per un investimento totale di 50 milioni di euro.

Il progetto prevede di scavare sotto il cortile, per interrare tutti i servizi e far filtra-re la luce naturale attraverso un soffitto di

Fig.13: Una delle maquette di Ferretti

Fig.11: Uno dei concept di Ferretti per il nuovo Egizio

Fig.12: Un’altro concept focalizzato sulla nuova corte sotterranea

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cristallo specchiante (fig.13) ideato da Fer-retti. Ai vecchi servizi si andranno ad aggiun-gere una nuova caffetteria, un ristorante, un bookshop, un giftshop e delle aule didatti-che. Il tutto cinto da un colonnato d’acciaio rivestito di vetro satinato e luminescente.

Il grosso del lavoro sarà però costituito dal raddoppiamento degli spazi, che passe-ranno dai circa 6.000 metri quadrati attuali agli oltre 10.000 disponibili in seguito all’oc-cupazione degli spazi lasciati liberi dalla Gal-leria Sabauda. Grazie a questo intervento potranno essere esposti 24.000 reperti fino ad oggi rimasti chiusi nei magazzini del mu-seo per mancanza di spazio, che andranno ad affiancarsi ai circa 6500 attualmente in esposizione. Saranno inoltre riveduti inte-gralmente i criteri espositivi e concluderà il lavoro l’apertura di un nuovo ingresso sul retro dell’edificio, su via Roma, l’arteria prin-cipale del centro cittadino.

Ma la riqualificazione del museo non si limiterà a questo. È infatti previsto l’alle-stimento di un nuovo itinerario razionale in cui il visitatore potrà orientarsi con maggio-re facilità senza il rischio di perdersi nei me-andri dell’edificio. Il modello ideale è quello del Guggenheim di New York, contraddi-stinto da un percorso elicoidale dall’alto verso il basso. Il Museo Egizio tenterà di emularlo convogliando i visitatori verso l’ultimo piano, attraverso rampe di scale mobili che saranno accompagnate, sulla parete adiacente, da una sorta di affresco, a bassissimo rilievo, che riprodurrà il cor-so del Nilo dalle sorgenti fino al delta, con un gioco di luci e suoni per dare l’illusione dello scorrere dell’acqua: «Un’ascesa dal buio alla luce» secondo l’interpretazione di Ferretti.

Fig.12: Un’altro concept focalizzato sulla nuova corte sotterranea

Fig.15: Concept per la nuova disposizione delle vetrine

Fig.16: Geometrie e giochi di luce del nuovo Egizio

Fig.14: Vista del cortile pavimentato di cristallo

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Dal secondo piano, la visita si svolgerà con andamento cronologico e tematico at-traverso le sale dedicate al periodo predina-stico, al Vecchio, Medio e Nuovo Regno, con la possibilità di salire verso un soppalco dove sarà ospitato un magazzino visitabile. Da qui avrà inizio la discesa attraverso lo scalone ot-tocentesco, che, passando per il primo piano, condurrà al pianterreno, dove rimarrà lo sta-tuario, nella sua attuale collocazione, ma pro-fondamente riorganizzato nel suo insieme.

Lungo il percorso principale saranno inoltre disseminate delle salette laterali per gli approfondimenti munite di cassetti estrai-bili sigillati con vetro trasparente per osserva-re da vicino oggetti più minuti come amuleti, ostraka o bronzetti.

Il nuovo Egizio diventerà quindi un luo-go aperto all’interscambio, rinnovato in ogni aspetto, dove non ci si limiterà più alla sem-plice visita delle collezioni: il visitatore potrà sostare, intrattenersi e incontrare altra gente, come in una moderna agorà.

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Un fattore di estrema rilevanza da tenere presente per com-prendere meglio l’efficacia

degli interventi correlati alla comunicazione di un’istituzione museale e su cui basarsi per lo sviluppo del processo progettuale, è, senz’ombra di dubbio, il quadro statistico relativo al nucleo di visitatori del museo ed al target di riferimento cui intende indirizza-re le proprie proposte progettuali.

Spesso, infatti, si tende erroneamen-te a stabilire una precisa corrisponden-za identificativa tra domanda e visitatori,

sulla base del presupposto che il pubblico dei musei sia l’unica categoria di interlo-cutori a cui il museo deve far riferimento. Quest’equivalenza interpretativa – che vede nei consumatori dell’offerta l’unico target di riferimento – finisce per escludere dallo spettro dei destinatari dell’offerta museale altre importanti categorie di soggetti, come la comunità scientifica ed i sostenitori. (Soli-ma, 1998, pp. 251-252)

È necessario, quindi, distinguere tra i rapporti in essere, cioè le “relazioni esisten-ti” e quelli che invece potrebbero essere at-

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tivati, cioè le “relazioni potenziali”. (Solima, 1998, p. 253)

Tornando al target di riferimento, pos-siamo affermare che l’importanza diquest’ul-timo si deve al fatto che l’ipotesi di progetto dovrà, prima o poi, fare i conti con un pubbli-co in carne ed ossa che giudicherà il lavoro realizzato sulla base di un proprio metro di giudizio. Per evitare di incorrere in brutte sor-prese, è quindi sempre buona norma basare sin dall’inizio il proprio progetto sul maggior numero di informazioni disponibili relative a quella percentuale di utenti individuata nella massa come la più significativa e prometten-te per il raggiungimento degli obiettivi fissati dall’istituzione. Soddisfare quest’importante fetta di pubblico sarà dunque l’obiettivo pri-mario dell’intero processo progettuale.

Nel caso dei musei, l’insieme dei de-stinatari dell’offerta museale è spesso rap-presentato da un gruppo di individui estre-mamente eterogeneo, ognuno dei quali percepisce il museo in maniera differente rispetto al resto dell’utenza. Per ottenere ri-sultati significativi, sarà dunque necessario individuare le principali categorie d’individui sulla base di un ampio spettro di fattori che influenzano la loro propensione e le motiva-zioni relative alla decisione di visitare il mu-seo, il loro comportamento durante la visita e la durata della visita stessa.

Per quanto riguarda il Museo Egizio, il target di riferimento è stato individuato in tre differenti categorie di visitatori: la prima è quella dei bambini di età compresa tra i 6 e i 14 anni; Percentualmente rappresentano una delle fasce d’età maggiormente presenti

al Museo Egizio. I motivi di questa loro supe-riorità numerica sono da ricerca-re fondamental-mente in due ra-gioni principali: la prima è che a quell’età è mol-to facile imbattersi in film, cartoni animati o video-giochi contenenti riferimenti, più o meno espliciti, al mito della civiltà egizia. La secon-da ragione è che è assai comune per le scuole elementari e medie l’organizzazione di visite didattiche per intere classi di studenti.

Questa categoria di utenti è forse quel-la maggiormente differenziata rispetto alle altre prese in esame. Le esigenze dei bambi-ni non si adattano facilmente a quelle degli altri utenti del museo; spesso è indispensa-bile personalizzare il materiale informativo perché non risulti loro troppo complesso o noioso ed è utile sviluppare attività ad hoc per stimolarne l’apprendimento con metodi mirati per rendere gradevole l’acquisizione delle conoscenze. Anche le tempistiche della visita sono differenti: se la visita dura troppo allungo i bambini possono stancarsi facilmen-te o annoiarsi.

La seconda fascia d’età presa in esame è quella degli studenti di età compresa tra i 15 e i 25 anni. Anche in questo caso assume una certa rilevanza il fenomeno delle visite di gruppo, anche se nettamente ridimensio-nato. Prevale, invece, l’interesse di studio e professionale.

6-14 anni

15-25 anni 26+ anni

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La terza categoria d’utenti, infine, è anche quella più eterogenea; si riferisce ai visitatori di età superiore ai 26 anni. Profes-sionisti del settore o semplici estimatori della cultura egizia, ma anche, e soprattutto, geni-tori o insegnanti che accompagnano al mu-seo i propri figli o i propri studenti.

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Nel capitolo precedente abbia-mo visto quali sono le tre ti-pologie di utenza scelte come

target di riferimento per il progetto di ridefi-nizione della comunicazione visiva del Museo Egizio di Torino.

A questo punto, però, sorge spontanea una domanda: come colmare la situazione di asimmetria informativa relativa alla nostra indagine sulle esigenze e le richieste dei de-stinatari dell’offerta museale? Ovvero, come raccogliere le informazioni necessarie alla creazione del nostro “sistema informativo di marketing”?

Esistono diversi modi per raccogliere le informazioni di cui necessitiamo: Attraverso le “fonti istituzionali” o per mezzo di “rileva-zioni sul campo”.

FonTI IsTITuZIonALIRicerche qualitative sulle abitudini culturali

Analisi quantitative dei consumi culturaliIndagini sugli ingressi nei musei

rILeVAZIonI suL CAMPoSomministrazione di questionari

Interviste diretteOsservazione dei comportamenti

La costruzione di un SIM (Sistema In-formativo di Marketing) avviene attraverso un processo sequenziale articolato nel se-guente modo:

a) delimitazione del campo d’indagineb) strutturazione della base-dati;c) acquisizione ed immissione delle in-

formazioni;d) interpretazione dei dati;e) individuazione dei cluster.

L’obiettivo che si persegue è quello di acquisire gli elementi di valutazione necessa-ri per definire i contenuti del marketing mix.

Il primo punto è di estrema rilevanza, in quanto è necessario individuare con pre-cisione i confini dell’analisi che si prevede di effettuare: considerando infatti la possibile spesa (monetaria e non) per l’intero proces-so, è indispensabile ottimizzare l’uso delle ri-sorse disponibili.

Al momento della nascita di un museo, ad esempio, la mancanza di qualsiasi infor-mazione di tipo storico può determinare l’esi-genza di circoscrivere in maniera significativa l’indagine, focalizzando l’attenzione sulle ca-ratteristiche della popolazione residente, che dovrebbe costituire il primo bacino di attra-zione della struttura.

Un museo esistente, come nel nostro caso, viceversa, è – almeno in teoria – in con-dizione di disporre di un numero elevato di informazioni sui suoi visitatori, e potrebbe pertanto ritenere maggiormente opportuno rivolgere la propria attenzione sui visitatori potenziali, cioè quei soggetti che non mo-strano interesse per i servizi culturali offerti

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dalla struttura.Un primo elemento discriminante nel-

la delimitazione del campo d’indagine è la scelta di focalizzare l’attenzione sui visitatori, ovvero di integrarne i contenuti prevedendo di indagare anche i non visitatori e, ancor più in generale, il mercato ed il contesto ambien-tale di riferimento.

Nel primo caso la ricerca e l’acquisi-zione dei dati è abbastanza semplice. Basta somministrare un questionario e, in manie-ra ricorrente e a costi contenuti, è possibile acquisire un gran numero di informazioni e notizie sulle caratteristiche della domanda.

Le analisi relative alla domanda poten-ziale, invece, richiedono un approccio meto-dologico più complesso e, quindi, uno sforzo organizzativo molto maggiore.

A questo punto, però, entra in gioco il rapporto sforzo/risultato. Considerando i possibili benefici sotto il profilo informati-vo, appare ovvio che la comprensione delle motivazioni che inducono molte persone ad escludere il museo dalle loro scelte di con-sumo possa risultare anche più utile rispetto all’analisi della domanda esistente.

La costruzione di un SIM consente, quindi, di sviluppare delle valutazioni di ca-rattere generale sul sistema di offerta, che possono rivelarsi particolarmente preziose anche all’atto della definizione delle scelte strategiche compiute dal museo. (Solima, 1998, pp. 254-260)

Per la costruzione del SIM relativo al progetto di ridefinizione dell’identità visiva

del Museo Egizio di Torino si è deciso di pro-cedere attraverso il metodo della rilevazione sul campo, formulando un questionario d’in-dagine, somministrato, poi, ad un campione di utenti del museo stesso.

Le domande a corredo del questiona-rio sono 22, suddivise in domande chiuse (la maggior parte) e domande aperte.

Il primo gruppo di domande è diretto ad indagare le caratteristiche socio-econo-miche del visitatore, nonché le sue abitudi-ni culturali. La seconda e la terza sezione si concentrano, invece, sulla visita al museo, al fine di conoscere sia le modalità di fruizione della struttura museale, che il livello di sod-disfazione personale. L’ultima sezione, infine, focalizza l’attenzione sulla modalità di acces-so al museo, per trarre elementi utili a quan-tificare il costo complessivamente sostenuto dal visitatore per effettuare la visita.

Le informazioni ottenute attraverso il questionario saranno impiegate in fase pro-gettuale per andare in contro alle esigenze del target di riferimento del museo.

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Indagine sulla fruizione del Museo Egizio

La ringraziamo per la sua visita al Museo Egizio e le chiediamo qualche minuto del

suo tempo per compilare questo semplice questionario. Il suo aiuto ci aiuterà a

migliorare il servizio offerto.

Variabili socio economiche

1) Sesso

M F

2) Qual è la sua età?

6-14 15-20 21-30 31-45 46-65 Più di 65

3) Qual è il suo titolo di studio?

Elementare Medie inferiori

Diploma medie superiori Laurea o titoli post-laurea

4) Quali mezzi d’informazione utilizza più spesso? (massimo 2 risp.)

Televisione Radio Internet Quotidiani

5) Quante persone compongono il suo nucleo familiare? (incluso lei)

2 3-4 Più di 4

Caratteristiche della visita

6) È la prima volta che visita il museo Egizio di Torino?

Si No

7) Con chi ha visitato il museo?

In gruppo organizzato Da solo In coppia Con famiglia (figli) Con parenti/amici

8) Quanto tempo è durata la visita?

Meno di 30 minuti Da 30 minuti a 1 ora Da 1 a 2 ore Più di 2 ore

9) Ha acquistato qualcosa all’interno del punto vendita del museo?

Si No

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Giudizio sulla visita

10) In generale è soddisfatto della visita?

Per niente Poco Abbastanza Molto

11) È soddisfatto dell’allestimento? (luci, collocazione delle opere)

Per niente Poco Abbastanza Molto

12) È soddisfatto dei percorsi espositivi?

Per niente Poco Abbastanza Molto

13) È soddisfatto dei materiali informativi a disposizione? (schede, pannelli, didascalie …)

Per niente Poco Abbastanza Molto

14) È soddisfatto del servizio offerto dal personale del museo?

Per niente Poco Abbastanza Molto

Decisione della visita

15) Come è venuto a conoscenza del museo?

Da amici/parenti

Dalla radio/TV

Da un articolo su una rivista/giornale (quale?) __________________________________

Attraverso Internet

Da un pieghevole/locandina

Da una pubblicazione/guida (quale?) _________________________________________

A scuola o sul posto di lavoro

Conoscevo già il museo

Altro (specificare) _______________________________________________________

16) Per quale motivo ha visitato il museo?

Interesse specifico sulla raccolta

Come parte di una visita turistica nella zona/città

Interesse di studio/professionale

Per accompagnare amici/conoscenti

Per trascorrere del tempo libero

Altro (specificare) _______________________________________________________

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17) Prevede di rinnovare la visita in futuro?

Si No Forse

Accesso al museo

18) Quale mezzo di trasporto ha utilizzato per raggiungere il museo?

Auto Autobus/tram metropolitana Nessuno Altro

19) Dove abita?

In provincia di Torino

In Italia (indicare la provincia) __________________________________________________

All’estero (indicare la nazione) __________________________________________________

20) Per finire, qual è l’aspetto del Museo che ha trovato di maggior gradimento?

___________________________________________________________________________

21) E qual è, a suo giudizio, un aspetto del Museo che può essere migliorato?

___________________________________________________________________________

22) Altre osservazioni e suggerimenti:

___________________________________________________________________________

Data e orario della visita _______________________ Grazie per la cortese collaborazione!

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Nei capitoli precedenti ci sia-mo soffermati sulla storia, i luoghi e l’organizzazione del

Museo Egizio di Torino per meglio delineare il contesto di riferimento cui attenersi per sviluppare il processo di analisi e progetta-zione alla base di questa dissertazione.

Ma per quale scopo esiste il museo? Quali sono le sue funzioni e finalità? E quali le normative di riferimento?

A questo scopo risulta utile citare la definizione ICOM5 del museo, adottata e fatta propria, tra l’altro, anche dalla Fonda-zione Museo delle Antichità Egizie di Torino: «Il museo è un’istituzione permanente, sen-za scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo. È aperto al pubblico e com-pie ricerche che riguardano le testimonian-ze materiali e immateriali dell’umanità e del suo ambiente; le acquisisce, le conserva, le comunica e, soprattutto, le espone a fini di studio, educazione e diletto.» (ICOM Statu-tes art. 2 §1)

Per semplificare potremmo parlare, quindi, di tre funzioni principali: conserva-zione, valorizzazione ed esposizione.

L’offerta museale va dunque ricon-dotta nell’ambito delle prestazioni di servizi che si caratterizzano per una precisa conno-tazione di carattere sociale. Ma non bisogna

5 ICOM - International Council of Museums - Consiglio internazionale dei musei

sottovalutare anche l’ambito economico e di mercato.

Va ricordato, infatti, che non è affatto sufficiente assicurare l’erogazione in sé del-la prestazione, cioè l’accessibilità al museo. È indispensabile, inoltre, garantire la qualità della funzione stessa.

È questo un aspetto che può risultare determinante in termini di differenziazione dell’offerta e di costruzione di un vantaggio competitivo difendibile. (Solima, 1998, p. 34) Non bisogna quindi porre in secondo piano gli aspetti organizzativi e gestionali del settore rispetto agli interventi finalizzati ad operazioni di tutela.

Negli ultimi anni le aspettative sul fronte della domanda sono mutate consi-derevolmente. Oggi l’utenza dei musei è più sensibile alla qualità del servizio offerto e sempre più attenta alle alternative di con-sumo e di intrattenimento offerte dai nuovi media. (Solima, 1998, pp. 52-53)

Una buona gestione dell’istituzione museale dovrà quindi tener conto anche di fattori quali marketing, promozione e quali-tà dell’esposizione. Quest’ultima integrabile con tecniche e tecnologie nuove, come le applicazioni di realtà aumentata, non an-cora sfruttate a pieno nel panorama della divulgazione culturale nonostante l’ottimo potenziale.

Un approccio simile è riscontrabile

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nella normativa vigente in Italia in tema di musei. Ma bisogna ricordare che la situazio-ne era assai diversa sino a qualche anno fa. Fino al 1993, infatti, il museo veniva inteso come mero contenitore di opere e non come soggetto attivo della politica di promozione e valorizzazione del patrimonio culturale. (Soli-ma, 1998, p. 56)

Bisognerà aspettare l’arrivo della legge n. 3 del 14 gennaio di quell’anno per arrivare ad una diversa concezione del museo.

La cosiddetta “Legge Ronchey” con-tribuirà, infatti, alla formazione di un’idea nuova del museo, non più inteso come mero contenitore di opere, ma quale organizzazio-ne deputata ad esplicare un’attività didattica e pedagogica nei confronti dei fruitori del servizio offerto. (Solima, 1998, p. 62)

Per riassumere, dunque, i musei sono

istituzioni culturali al servizio della collettività e le loro principali finalità si possono identi-ficare nel preservare le opere, attraverso at-tività di conservazione, e nel metterle a di-sposizione del pubblico, attraverso attività di valorizzazione. (Solima, 2000, p. 17)

Non volendo addentrarsi in tematiche estranee al campo di studi d’appartenenza, questa dissertazione si concentrerà quindi soprattutto sulla funzione di valorizzazione dell’offerta museale. Ma cosa intendiamo per valorizzazione?

Ludovico Solima identifica due sub-si-stemi di tale funzione: la funzione espositiva e quella di servizio. (Solima, 1998, pp. 69-71)

La funzione espositiva può essere iden-tificata nel processo di selezione delle opere, nella predisposizione dell’allestimento (di-

sposizione delle opere, scelta dei supporti sui quali collocarle, dei sistemi di illuminazione, etc.) e nella produzione di supporti informa-tivi messi a disposizione del pubblico.

Quella di servizio, invece, può essere a sua volta identificata nei servizi di divulgazio-ne, accoglienza e nei cosiddetti servizi com-plementari.

Il museo deve quindi essere in grado di sviluppare e trasmettere dati, informazio-ni e notizie sulle proprie collezioni agli utenti e per farlo non deve sottovalutare l’aspetto qualitativo dell’esposizione.

Durante il processo di fruizione si avranno dunque due dimensioni che dovran-no essere correttamente bilanciate tra loro: una estetica, incentrata sulle reazioni di tipo sensoriale ed emozionale, ed una cognitiva, basata sugli stimoli di ordine intellettuale e culturale. (Solima, 2000, pp. 18-19)

Ma la sola funzione di valorizzazione potrebbe non risultare sufficiente. Un altro aspetto fondamentale sarà quindi la promo-zione dell’offerta culturale. Il museo dovrà anche essere in grado di promuovere la pro-

FunZIone esPosITIVASelezione delle opere

Allestimento e supporti informativi

ATTIVITÀ DI serVIZIoServizi di divulgazioneServizi di accoglienza

Servizi complementari

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pria immagine nei confronti del pubblico, al fine di mantenere o arricchire il proprio ba-cino d’utenza.

Promozione e valorizzazione, dunque.

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Nei capitoli precedenti si è ten-tato di delineare il quadro generale di riferimento ne-

cessario per comprendere nel suo insieme un’istituzione culturale complessa ed im-portante quale quella del Museo Egizio di Torino. La storia e il contesto nel quale ope-ra il museo sono elementi essenziali per lo studio sulla comunicazione visiva museale oggetto di questa dissertazione.

Obiettivo di questa tesi è infatti giun-gere, attraverso un percorso di analisi, ricer-ca e riprogettazione, ad una ridefinizione degli elementi di comunicazione del museo. Per farlo si è ipotizzata la commissione del progetto da parte della Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino ad un’ipote-tica agenzia di comunicazione.

Il progetto ha quindi preso avvio dalla mission della Fondazione, desumibile dalle parole del suo presidente, Alain Elkann: «Il nostro scopo è quello di coniugare il rigore scientifico e la divulgazione. Per questo il Museo egizio manterrà il suo antico ruolo di struttura scientifica destinata agli studiosi ma cercherà allo stesso tempo di coinvol-gere maggiormente il pubblico e soprattut-to i giovani». Il proposito di Alain Elkann è dunque quello di «svecchiare l’ atmosfera dell’ Egizio» senza per questo rinunciare al giusto apporto di competenze scientifiche e professionalità.

Ma quali sono gli strumenti più adat-ti per comunicare l’identità societaria di un museo archeologico? E quali gli strumenti migliori per aumentarne l’ergonomia intel-lettuale?

A queste e ad altre domande, relative alla comunicazione visiva museale ed al mi-glioramento della divulgazione culturale at-traverso metodi e tecnologie d’avanguardia, si cercherà di dare una risposta nei capitoli seguenti.

Per far ciò sarà però necessario, in-nanzitutto, analizzare nel dettaglio quanto il museo e la fondazione omonima siano stati in grado di produrre fino a questo momen-to.

Nei capitoli successivi si procederà, dunque, ad una analisi del materiale di co-municazione visiva preesistente al fine di raccogliere tutte le informazioni necessarie alla realizzazione del progetto vero e pro-prio. Prima tappa di questo percorso sarà l’analisi dell’immagine coordinata del mu-seo.

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La necessità di definire con chia-rezza la propria identità è oggi un bisogno sempre più sentito

da aziende ed enti. Anche i musei, infatti, come i comuni o altri enti pubblici, tendono ad emulare il comportamento delle aziende private promuovendo sempre più decisa-mente un’immagine-identità chiara al fine di esercitare richiamo per il turismo, in par-ticolare culturale.

Come spiegato da F. H. K. Henrion e A. Parkin in Design Coordination and Corpora-te Image (1967): «Una corporate image è la totalità delle immagini, delle idee, delle va-lutazioni su un’azienda, che si formano nella mente di coloro che entrano in contatto con essa». Il termine “immagine coordinata” viene usato spesso come sinonimo per in-dicare il coordinamento degli aspetti grafici nella comunicazione dell’identità d’impre-sa. (Pasca e Russo, 2005, p. 8)

Fondamentale per il buon esito della comunicazione d’impresa è trovare l’imma-gine più appropriata per riassumere le qua-lità, gli obiettivi e ciò che, in definitiva, rende unico il soggetto promotore. È indispensa-bile una buona dote di sintesi e un’accura-ta conoscenza dell’azienda o dell’ente del quale si vuole sviluppare l’identità di marca. Trovata tale immagine bisogna fare in modo che i vari elementi visivi siano ben coordina-ti tra loro e seguano lo stesso filo narrativo

senza deviazioni eccessive. Diventa quindi particolarmente importante il concetto del-la coerenza. È attraverso la coerenza degli elementi visivi, infatti, che sarà possibile fare leva sul fenomeno della memoria di marca.

L’elaborazione dell’immagine coordi-nata del Museo Egizio di Torino è stata af-fidata a Pininfarina, nota azienda torinese attiva nel settore delle carrozzerie per au-tomobili, ma non estranea anche al settore del design e della comunicazione visiva.

In base all’accordo di partnership con la Fondazione, Pininfarina si è occupa-ta dell’aspetto stilistico del logo e della de-clinazione grafica del materiale di comuni-cazione. Ma non è stata la prima volta che l’azienda torinese ha avuto a che fare con il Museo Egizio. Una precedente collaborazio-ne risaliva al 1967, quando il suo importante supporto tecnico è stato fondamentale per ricostruire l’antico tempio di Ellesija all’in-terno del museo.

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Il logo della Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino (fig.17) è stato presentato ufficialmen-

te al pubblico da il 20 giugno 2005 presso lo Statuario del museo.

È costituito dalla riduzione in cinque tonalità di colore – dal giallo al marrone – dell’immagine frontale del volto della statua di Re Ramesse II, tagliata a metà in verticale e accompagnata dal logotipo recante il nome della fondazione torinese.

La statua di Ramesse II è stata scelta per la sua esclusività, in quanto “pezzo unico” nella storia dell’egittologia. Ciò che la rende così famosa ed apprezzata in tutto il mondo sono le sue fattezza realistiche e atipiche ri-spetto ai canoni artistici dell’epoca.

È considerata il ritratto capolavoro del faraone egizio più famoso e che ha regnato

più a lungo ed è raffigurata perfino sulla ban-conota da 50 piastre egiziane (fig.18).

Bisogna ricordare, infatti, quanto lo stesso Jean François Champollion, a suo tem-po, ne rimase affascinato.

In una sua lettera all’amico L.J. Dubois si legge: «Ho infine ottenuto che si riunisse-ro i frammenti della statua di Sesostris [Ra-messe II] di cui parlo nella mia Prima Lettera [al duca di Blacas]. Non ne manca niente, e quando considero la bellezza e l’ammirevole perfezione di questa figura colossale, rim-piango di non averne detto abbastanza nella mia Lettera a favore dell’arte egiziana. Que-sta statua vi incanterà e direte con me, senza alcun dubbio: Depuis six mois entiers chaque jour je la vois et crois tojours la voir pour la première fois! [versi tratti dall’opera Bereni-

Fig.17: Il logo della Fondazione Museo Egizio

Fig.18: La banconota da 50 piastre egiziane raffiguran-te la statua di Re Ramesse II

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ce]. Ebbene, ne sono innamorato e arriverò a Parigi con un buon calco dell’intero busto di questa statua. Vedrete allora se la mia pas-sione non è legittima. La testa è divina, i piedi e le mani sono ammirevoli, il corpo è morbi-do, io lo chiamo “L’apollo del Belvedere egi-ziano”.» (Ferretti, 2006, p. 21)

L’immagine frontale del volto della sta-tua è stata “dimezzata”, non solo per scelte di tipo grafico, ma anche per suscitare curio-sità e desiderio di “scoperta” nell’osservato-re. Desiderio che si intende debba tradursi nell’interesse a visitare il Museo.

Le cinque tonalità di colore sono inve-ce le tonalità calde del deserto africano e si ispirano agli ambienti originari della cultura egizia, scelti con l’intento di veicolare, al con-tempo, un contenuto di innovazione e con-temporaneità.

In altre parole, l’intento originale di Pi-ninfarina era quello di conciliare l’immagine tecnologica della città di Torino con la cultura millenaria dell’Egitto dei faraoni. È come se la statua fosse analizzata, sezionata, “scan-nerizzata” con l’intervento delle migliori tec-nologie disponibili, al fine di garantire la sua migliore tutela e conservazione. (Pininfarina, 2005)

Il carattere impiegato per il logotipo è un carattere proporzionale con grazie, mol-to snello, in maiuscoletto. Il colore utilizzato riprende una delle quattro tonalità di colore del logo ed il testo è giustificato all’interno di un riquadro rettangolare posto alla destra del logo. Ogni parola ha un peso grafico ben specifico in funzione dell’esigenza tecnica

di spazio derivante dalla giustificazione o dell’importanza simbolica del termine. Come salta subito all’occhio, infatti, la parola meglio visibile è “egizie”, quella che meglio riassume l’unicità del museo torinese, secondo museo al mondo dedicato “esclusivamente” a que-sta antica civiltà.

Il logo si presenta dunque con un’im-magine sobria ed elegante, ma allo stesso tempo statica e poco incisiva. La scelta dei colori e del carattere, in particolare, risultano quasi scontati e graficamente neutri. L’iden-tità comunicata è quella di un’istituzione an-corata al passato, di vecchio stampo, seria e severa.

Se l’obiettivo della Fondazione era quello di «svecchiare» l’immagine del museo con questo nuovo logo si potrebbe afferma-re che il risultato non è stato all’altezza delle aspettative.

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La declinazione grafica dell’imma-gine coordinata del Museo Egizio può essere apprezzata osservan-

do il biglietto d’ingresso e le guide d’orienta-mento alla visita.

Il biglietto d’ingresso (fig.19) riporta l’immagine della statua del Re Ramesse II in-sieme alla dicitura “Museo Egizio di Torino” all’interno di una cornice rossa con geroglifi-ci in oro. Il carattere utilizzato è lo stesso del logotipo della Fondazione, logotipo che riap-pare sul retro del biglietto insieme al “mezzo volto” del faraone stesso.

Le guide sono invece caratterizzate dal-la disponibilità di tre diverse versioni (fig.20): una rivolta ai visitatori italiani, una in lingua inglese per i visitatori stranieri ed una, sem-pre in italiano, per i visitatori più giovani.

La guida rivolta ai più giova-ni (fig.21) è anche quella che presenta

le scelte progettuali più interessanti. La scelta degli argomenti trattati è stata

fatta sulla base degli interessi più comuni per questa fascia d’età. Vi compaiono, per

cui, titoli come: “Dove abitavano gli egizi?” “Che aspetto avevano?” “Chi comandava

in Egitto?” “C’era la scuola in Egitto?”. Il lin-guaggio utilizzato è inoltre semplice e diret-to e il carattere impiegato è caratterizzato dall’assenza di grazie e da un corpo maggiore rispetto a quello usato per le altre guide di orientamento al museo. Si tratta di una scel-

Fig.19: Il biglietto d’ingresso

Fig.20: Le tre tipologie di guida

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ta progettuale mirata al target di riferimento e il suo scopo è quello di facilitare la lettura e rendere più “informale” il testo. Ogni ca-pitolo è inoltre contraddistinto da un colore diverso ed ogni pagina è numerata, per per-

mettere agli insegnanti di indicare ai propri giovani studenti dove guardare per trovare le informazioni relative all’opera che si sta os-servando in quel particolare momento.

Fig.21: La guida per “i più giovani” (fronte - retro)

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Fig.22: La guida per gli adulti (fronte - retro)

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La segnaletica interna di un museo è costituita dai supporti informa-tivi messi a disposizione del pub-

blico. È possibile distinguere tre livelli di co-municazione:

le indicazioni delle gallerie e dei per-• corsi;i pannelli esplicativi del contenuto di • ciascuna sala;le informazioni poste a corredo dei sin-• goli pezzi.

Un’interessante riflessione che si po-trebbe fare a tal proposito riguarda l’oppor-tunità di imprimere sollecitazioni o vincoli al “libero arbitrio” del visitatore nella scelta del percorso da seguire durante la fruizione della mostra. Il visitatore spesso non possiede le basi necessarie per comprendere appieno ciò che osserva, né la rete di collegamenti invisi-bili tra le varie opere esposte. Risulta com-prensibile, dunque, la volontà di indirizzarlo verso una modalità di lettura appropriata dell’esposizione mediata attraverso le cono-scenze degli esperti. D’altronde il momento divulgativo è alla base stessa dell’istituzione museale.

È anche vero, però, che una situazio-ne eccessivamente costrittiva può portare il visitatore ad assumere un atteggiamento di ansia o di rifiuto. Per questo motivo bisogna prestare particolare attenzione nella costru-zione del sistema di segnaletica interna.

La predisposizione del materiale segna-letico contenente le indicazioni dei percorsi dovrebbe limitarsi a suggerire dei possibili iti-nerari, e non imporne dei propri, magari sug-gerendo al visitatore la possibilità di costruire un proprio percorso culturale soggettivo.

La possibilità di interagire con l’offer-ta museale anche ad un tale livello potrebbe migliorare l’esperienza stessa della visita. Per farlo sarebbe però necessario che al visita-tore fossero forniti i riferimenti teorici sulla base dei quali costruire la visita in maniera conforme ai propri schemi culturali ed alle proprie conoscenze, superando i «limiti di una fruizione delle collezioni museali fondata sulla ispezione di una serie di atomi materiali – i singoli oggetti esposti, ognuno chiuso in sé stesso – invece che letti come “nodi” di reti-coli storici e concettuali complessi». (Solima, 1998, p. 99)

L’importanza della segnaletica mu-seale non appare spesso evidente ma biso-gna ricordare che concorre, al pari di altri fattori, a determinare il livello del servizio offerto. Basti pensare che in una recente rilevazione compiuta dal British Museum sul suo pubblico una percentuale decisa-mente elevata delle persone intervistate (poco meno del 12%) ha segnalato, tra i mo-tivi di insoddisfazione, la scarsa qualità della segnaletica del museo (Cfr. CAYGILL e LEESE – Visitors to the British Museums).

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Perché la segnaletica interna risulti uti-le è dunque necessario innanzitutto che per il visitatore sia sempre chiaramente compren-sibile, non solo il luogo nel quale si trova fisi-camente in quel momento, ma anche la sua collocazione all’interno dello spazio culturale rappresentato dal percorso espositivo. (Soli-ma, 1998, p. 101)

La segnaletica interna del Museo Egi-zio di Torino ripropone i tre livelli informativi illustrati in precedenza: indicazioni dei per-corsi, pannelli tematici e didascalie a corredo dei reperti.

Il primo tipo di supporto è costituito da pannelli verticali marchiati con il logo del-la Fondazione Museo Egizio. Si tratta di pan-nelli singoli o tripli – a forma di prisma a base triangolare – con la possibilità di autososte-nersi al centro della sala.

I pannelli tematici sono invece attacca-ti alle pareti o disposti in apposite nicchie e riconoscibili per la loro tipica forma a “T”.

Entrambi i supporti informativi ripro-pongono uno stesso modello grafico, condi-videndo caratteri, colori e impaginazione dei contenuti. Se la coerenza grafica può essere portata a loro sostegno come un punto a fa-vore, però, bisogna riconoscere come fattore limitante il carattere freddo e anonimo della loro impaginazione grafica. L’uso del colore è quasi del tutto assente, le informazioni sono riportate in maniera asettica sotto forma di lunghi testi bilingue e sembra del tutto as-sente la volontà di coinvolgere il pubblico più giovane nella condivisione del sapere messo a disposizione da tali supporti informativi.Evidentemente il pubblico giovanile è stato escluso dal target di riferimento di questi supporti già in fase progettuale. Una scelta non insensata dal punto di vista statistico – quanti bambini hanno il background cultu-rale e la pazienza necessaria per fermarsi a leggere i lunghi testi dei pannelli informativi posti all’interno di un museo? – ma dettata da un approccio deduttivo a posteriori, per cui non del tutto esatto.

Fig.23: Uno dei pannelli informativi tematici

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Il museo rappresenta solo una delle tante alternative disponibili nel pa-norama delle scelte relative all’im-

piego del tempo libero e del reddito disponi-bile. Vi sono molti altri prodotti e servizi che possono sostituirsi ad esso nel campo della divulgazione culturale o dell’intrattenimen-to. Il museo si colloca quindi all’interno di un contesto competitivo molto agguerrito e complesso, nel quale la concorrenza può as-sumere anche forme indirette, ma non meno rilevanti.

In un tale scenario, risulta quindi neces-sario studiare forme nuove di articolazione dell’offerta. Coniugando la funzione educa-tional con quella di entertainment, si giunge a soluzioni che sono state definite, per l’ap-punto, di edutainment. Una di queste può es-sere considerata il sito internet istituzionale.

Attraverso l’utilizzo di piattaforme in-terattive, si riesce con maggiore facilità a catturare l’attenzione di un pubblico abituato a forme di comunicazione evolute. Permet-tendo all’utente di consultare il materiale informativo messo a disposizione in moda-lità iper-testuale si aumenta il suo grado di coinvolgimento e, di conseguenza, anche la qualità dell’esperienza con l’offerta museale. Inoltre, la struttura iper-testuale, per sua na-tura, consente al “navigatore” un approccio multi-disciplinare al problema, che risulta in-tellettualmente più stimolante ed introduce importanti elementi di creatività nello stesso processo di fruizione.

Ma i vantaggi non sono finiti qui. Inter-net è uno strumento estremamente flessibile che permette di veicolare informazioni sia di tipo istituzionale che di natura promozionale. Fornendo la giusta dose di informazioni e in-trattenimento il visitatore potenziale, prima di recarsi alla mostra, può essere messo in condizione di avere accesso ad una pluralità di informazioni e notizie, utili ad influenzare positivamente il suo processo decisionale ed a fornirgli un quadro d’insieme dei contenu-ti culturali dell’evento stesso. (Solima, 1998, pp. 108-109)

A differenza dei supporti cartacei, per loro natura inevitabilmente statici, Internet consente inoltre di aggiornare costantemen-te con nuove informazioni il proprio bacino d’utenza. Tale caratteristica risulta particolar-mente rilevante nel caso del sito istituzionale del Museo Egizio. Gli utenti vengono costan-temente aggiornati riguardo a nuove iniziati-ve, servizi o promozioni.

Il sito internet della Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino (fig.24) è sta-to realizzato dall’azienda torinese Domino, attiva nel settore della comunicazione e del marketing attraverso internet.

Il progetto è nato con l’obiettivo di pre-sentare la nuova conduzione del museo in seguito all’istituzione della Fondazione. Do-mino si è occupata quindi di sviluppare tutte le componenti del progetto: comunicazione

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web, design, sviluppo software ed erogazio-ne.

Le sezioni principali del sito sono quel-le relative alla Fondazione, al Museo, alle attività didattiche, alle visite ed ai percorsi di visita all’interno del museo. Nella home page vengono pre-sentate alcune delle opere em-blematiche della collezione, provviste di didascalie esplica-tive, le informazioni pratiche per raggiungere o contattare il museo e gli eventuali avvisi in riferimento a particolari ini-ziative o eventi patrocinati dal Museo Egizio di Torino.

Il risultato è un sito di facile navigazione, ben strut-turato, ma che non concede troppo sul fronte dell’intrat-tenimento. Quello che man-ca è soprattutto l’elemento ludico ed interattivo. Manca, cioè, quell’approccio alla co-municazione del sapere citata nei precedenti capitoli con il nome di edutainment.

Nonostante il sito pre-

senti un’intera sezione dedi-cata ai giovani studenti – che rappresentano una porzione consistente dell’utenza del museo, grazie alle visite guidate – è evidente, infatti, come tale sezione sia rivolta in realtà più ai loro inse-gnanti che non agli studenti stessi. Non sono presenti giochi educativi, visite virtuali né un particolare lessico comunicativo mirato al tar-get di riferimento. Il contenuto informativo è

abbondante e ben organizzato, ma esposto in maniera neutrale, esclusivamente sotto forma testuale o, al più, corredato da imma-gini di piccole dimensioni, spesso sprovviste anche delle indispensabili didascalie esplica-tive.

Il sito si presenta dunque come un por-tale informativo statico, non interattivo e gra-ficamente monotono.

Fig.24: La home page del sito internet della Fondazione Museo Egizio

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Il punto vendita del Museo Egizio propone diversi oggetti persona-lizzati per poter veicolare l’imma-

gine del Museo. Tra di essi figurano penne, matite, gomme, quaderni, segnalibri, spille, borse, guide, libri per adulti e per bambini e altri oggetti di vario genere, dall’orologio alla riproduzione di statue o stampe raffiguranti le opere più note del museo.

L’utilità del merchandising è legata, oltre ai vantaggi finanziari da esso derivanti, anche alla convinzione che tali prodotti rie-scano a soddisfare efficacemente le aspetta-tive dei visitatori contribuendo, contempora-neamente, alla diffusione della conoscenza del museo e del suo patrimonio. Gli oggetti venduti, infatti, oltre ad un certificato di pro-venienza, presentano in molti casi anche del-le spiegazioni dettagliate sull’opera alla quale sono state ispirate, assolvendo – per quanto possibile – anche ad una funzione divulgati-va. (Solima, 1998, pp. 112-115)

Nella vasta scelta di oggetti disponibili presso il Museum Shop dell’Egizio è possibi-le notare una certa riproposizione degli ele-menti grafici distintivi dell’immagine coor-dinata del museo. In primo luogo il logo del museo e il suo logotipo.

Talvolta, però, è assente ogni riferi-mento esplicito al Museo Egizio o, qualora ci sia, non è presentato in maniera conforme alla grafica dell’immagine coordinata. Questa

mancanza va ad intaccare il lavoro svolto sul-la corporate image del museo e non può che minarne l’efficacia comunicativa.

Il principale obiettivo nella creazione di una brand identity è infatti quello di favo-rire il riconoscimento della marca. Il coordi-namento degli elementi grafici è quindi un fattore essenziale nella comunicazione visi-va dell’identità d’impresa. Eventuali incon-gruenze possono vanificare gli sforzi compiuti per facilitare “identificazione” e “memorizza-zione”.

Per quanto riguarda il rapporto che si viene a creare tra il visitatore e la struttura museale attraverso l’atto di acquisto, vanno sottolineati due aspetti: in primo luogo, in molto visitatori la decisione di acquisto è motiva-ta da un sentimento di solidarietà verso l’istituzione, che vie-ne indirettamente so-stenuta sotto il profilo finanziario acqui-stando i prodotti messi in vendita dal museo. In se-condo luogo, può risultare determi-nante una sorta di “desiderio di appro-priazione” del visi-

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tatore, che si esprime concre-tamente attraverso l’acquisto di un prodotto realizzato dal museo, del quale viene pri-vilegiato pertanto l’aspetto simbolico, oltre a quello estetico o funzionale.

L’atto di acqui-sto, in questa logica, finisce per certi versi per rappresentare il desiderio inconscio di realizzare un “prolungamento” della visita del museo, il qua-le viene “reifi-cato” sotto forma di cartoline, poster, riproduzioni di vario genere, etc.

Gli aspetti impliciti del processo di ac-quisto vengono pertanto collegati al “valore segnico” attribuito dal compratore agli ogget-ti di consumo. (Solima, 1998, pp. 116-117)

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Il British Museum di Londra è uno dei più grandi ed importanti musei di storia del mondo. Al suo inter-

no trovano spazio sei milioni di oggetti che testimoniano la storia e la cultura materiale dell’umanità dalle origini ad oggi. Tra le più importanti e famose: le sculture del Parteno-ne, il Tesoro di Oxus, i Bronzi di Benin, le scul-ture di Amavarati, la Stele di Rosetta e varie statue e mummie egizie.

Proprio per la sua famosa sezione egi-zia fa, infatti, il British Museum rappresenta uno dei più importanti concorrenti del Museo Egizio di Torino in Europa nel settore della di-vulgazione culturale applicata alle antichità di questa civiltà.

Per questo motivo si è ritenuto utile mettere a confronto il lavoro di comunicazio-ne visiva svolto dai due musei. Come per il precedente capitolo, l’analisi si soffermerò, dunque, su tutti gli aspetti della comunica-zione visiva del British Museum. Dal confron-to effettuato si procederà dunque a trarre le conclusioni di quanto osservato e ad illustra-re l’ipotesi di progetto basata sui risultati di tali considerazioni.

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Il logotipo del British Museum ripro-pone il nome del museo in maiu-scolo, a cui talvolta va ad accompa-

gnarsi un riferimento alla città di residenza: Londra.

Il carattere utilizzato è di tipo lineare, senza grazie, molto leggibile ma, allo stesso tempo, non privo di un minimo di ricercatez-za stilistica. Le parole sono infatti disposte una sopra l’altra secondo un allineamento non convenzionale e fanno uso di un carat-

tere tipografico creato appositamente per il museo, facilmente riconoscibile grazie alla conformazione atipica della lettera “u”.

Questo segno distintivo, anche se poco evidente – ma comunque, proprio per que-sto, più elegante e discreto – basta ad impri-mere nella memoria dell’osservatore il ricor-do dell’identità visiva del museo.

Il logotipo è infatti molto usato nel ma-teriale di merchandising, anche come solo elemento d’identificazione.

A volte è accompagnato dal disegno del prospetto dell’edificio ospitante il museo (fig.27), completo o disegnato solo in parte. La grafica impiegata è di tipo tecnico: un chiaro riferimento ai progetti architettonici relativi al recente ampliamento della corte centrale dell’edificio.

Fig.27: Il logo del museo con il prospetto dell’edificio su un block notes

Fig.25: Il logotipo del British Museum

Fig.26: Il logotipo del British Museum declinato nelle diverse iterazioni di colore

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La segnaletica interna del British Museum si suddivide in tre diver-si tipi di supporti disseminati per

le sale del museo: i pannelli verticali posti all’interno della corte centrale dell’edificio, i pannelli contestuali che suddividono in zone tematiche le diverse sale del museo e le dida-scalie specifiche di ogni opera o reperto.

Non si notano particolari ricercatezze grafiche nella realizzazione di tali supporti informativi. Quelli maggiormente curati sono i pannelli verticali (fig.28). È assente, tutta-via, qualunque riferimento agli elementi vi-sivi della brand identity del museo. Il colore istituzionale non è stato ripreso, il carattere impiegato è un comune Arial e le immagini di corredo ripropongono alcune delle opere ospitate nella collezione londinese. Non è stato ripreso nemmeno il logotipo del museo, forse per rimarcare l’aspetto di “zona franca” riconducibile all’area centrale dell’edificio, adibito a zona di transito, ristoro e sosta, vir-tualmente esterno al percorso tematico mu-seale.

Fig.28: I pannelli verticali

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Il sito internet del British Museum è strutturato secondo la tipologia del portale istituzionale. L’impagina-

zione è realizzata in codice HTML con piccoli inserti animati o interattivi in flash. La strut-tura è estremamente semplice: un header, un corpo principale ripartito in tre colonne di testo e immagini e un footer.

Nell’angolo sinistro dell’header fa bel-la mostra di sé il logotipo del museo, bianco su fondo colorato. Sul lato destro è invece presente un campo di ricerca, estremamen-te utile per velocizzare ed ottimizzare la ri-cerca delle informazioni. Più sotto, alla base dell’header, sono invece presenti i pulsanti relativi alle sezioni principali del sito. Ogni sezione è contraddistinta da un colore diffe-rente per aiutare l’utente ad orientarsi tra le pagine del portale.

I contenuti del sito sono in parte per-manenti ed in parte temporanei, aggiornati periodicamente.

A livello strutturale, se si escludono il footer e l’header, presenti, senza partico-lari variazioni di sorta, in ogni pagina, il sito appare poco organico, quasi confusionario. È un difetto particolarmente evidente nella Home page, dove ogni sezione ha una barra del titolo di colore e formato differente e si mescolano immagini, icone e testo, ma non del tutto assente anche nelle pagine dedicate alle singole sezioni.

Fig.29: La home page del sito internet del British Museum

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L’oggettistica venduta all’interno del British Museum ripropone in varie forme gli elementi dell’iden-

tità visiva del museo. L’elemento più ricorren-te è ovviamente il logotipo, ma a differenza dei gadget relativi al Museo Egizio, quelli del British Museum ricorrono spesso anche al ri-chiamo dei colori istituzionali.

Come per il Museo Egizio, gli oggetti sono molti e molto vari: penne, matite, se-gnalibri, gomme, spille, borse, peluche e ri-produzioni di opere. Spicca, però, per varietà il materiale da cancelleria, ma è interessante notare anche la commercializzazione di pro-dotti culinari tipici dell’area geografica d’ap-partenenza del museo. È una scelta promo-zionale molto interessante in quanto lega il museo al territorio e viceversa.

Anche in questo caso sulla confezione sono ripresi gli elementi visivi dell’immagine coordinata del museo.

L’uso estensivo dei colori istituzionali e del logotipo richiama immediatamente al fine promozionale insito nella commercia-lizzazione di questi oggetti. L’identificazione con il museo è immediata ed è ben visibile una certa omogeneità di stile utile al ricordo dell’identità di marca. Non vi sono particolari carenze o pecche da segnalare.

Fig.30: Una raccolta del materiale di merchandising commercializzato con il marchio del British Museum

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Dal confronto tra l’immagine coordinata del Museo Egizio con quella del British Museum

emergono scelte progettuali diverse che dif-ferenziano in maniera abbastanza evidente i due progetti. Bisogna ricordare, però, che i due musei possiedono contesti di riferimen-to del tutto differenti. Il primo è un museo dedicato esclusivamente ad una singola civil-tà, con tutti i pregi e le limitazioni del caso. Il secondo, invece, è un museo a tutto tondo, pluritematico, con opere e reperti riconduci-bili a più civiltà diverse.

Questa differenza d’impostazione è particolarmente evidente nelle scelte pro-gettuali alla base della creazione del logo dei due musei. Il Museo Egizio, potendo usufrui-re di una maggiore omogeneità interna, può permettersi di “pescare nel mazzo”, sceglien-do un’immagine rappresentativa dell’intero museo tra le opere più significative della sua raccolta. Il British Museum, viceversa, è co-stretto ad usare un approccio più generalista, meno specifico.

Al di là di ciò, però, è possibile rimar-care alcune caratteristiche comuni. Entrambi i musei, ad esempio, peccano di un’organi-cità visiva troppo frammentaria. L’immagine di marca viene stravolta con troppa facilità e questo pregiudica il ricordo dell’identità visi-va dei due musei.

Emergono dei propositi di sviluppo per la successiva fase di progettazione:

sviluppare un’immagine coordina-• ta più “semplice” e versatile;migliorare l’organicità del sistema • di comunicazione visiva del mu-seo;progettare tenendo conto dei prin-• cipi di accessibilità del contenuto.

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Nei capitoli precedenti abbiamo visto come uno dei principali scopi del museo sia quello di

diffondere la conoscenza di cui è portatore. Per farlo, però, non è sufficiente gettare in pasto al pubblico le informazioni disponibi-li sulle opere e i reperti custoditi all’interno della struttura. Bisogna saper stimolare il visitatore in maniera adeguata e, per far-lo, risulta necessario affrontare uno studio approfondito sulla fruizione del museo che vada a crearne o a migliorarne l’“ergonomia intellettuale”.

Si considera una buona “ergonomia intellettuale” l’utilizzo di metodologie e tec-niche tali da favorire l’acquisizione del sapere tramite metodi di fruizione il più semplificati possibile e buone interfacce informazione-utente. L’esposizione va concepita pensando che al suo interno gli utenti interagiscono con gli occhi, con le orecchie, con le dita e con il movimento del proprio corpo e di quello degli altri visitatori. Generalmente, il senso che più viene sollecitato è la vista, ma ciò non esclu-de l’utilizzo di mezzi di comunicazione che facciano leva sull’udito, sul tatto e sull’odo-rato. Tenendo presente questi elementi, è possibile potenziare realmente l’aspetto di-dattico e il fascino dell’esposizione, stimolan-do ricerche, scoperte e domande. (Durant, 1998, p.36-37)

Una progettazione dell’esposizione museale basata sullo studio dell’ergonomia intellettuale dovrà tener conto di quattro fat-tori fondamentali:

• tempo; • energia; • denaro; • informazione. Se le prime tre possono essere consi-

derate delle risorse scarse, da amministra-re in maniera parsimoniosa, l’eccessiva so-vrabbondanza di informazione può, invece, produrre effetti opposti e deleteri. Troppe informazioni possono, infatti, condurre alla saturazione e demotivare i visitatori.

Una buona “ergonomia intellettuale” dovrà quindi eliminare passività, frustrazio-ne e saturazione informativa e dovrà essere sostenuta da un linguaggio immediatamente accessibile e comprensibile a tutti.

A questo scopo è importante: • ottimizzare i quattro fattori;• stabilire una chiara gerarchia tra i

messaggi per agevolare l’orientamento del visitatore o evitare che sia costretto a code eccessive;

• utilizzare una scenografia che aiuti nella visualizzazione dei temi principali;

• guidare il visitatore dal generale allo specifico, in modo che possa attraversare i vari livelli di approfondimento disponibili. (Durant, 1998, pp. 37-38)

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Riassumendo, dunque, un buon pro-getto di esposizione museale ergonomica dovrebbe, quindi, stimolare tutti i sensi del visitatore, ottimizzare l’impiego di tempo, energia e denaro e rendere l’informazione immediatamente intellegibile e accessibile a tutti, senza rinunciare all’impiego di meto-dologie utili per rendere l’apprendimento più interessante o gradevole.

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Si inserisce in questa casistica l’esempio del progetto “Museo Egizio da toccare”; un’iniziativa

nata nel 1982 e sviluppata per permettere l’integrazione dell’handicap visivo nell’espe-rienza di fruizione del museo.

Il progetto prevedeva la predisposizio-ne di un “itinerario tattile” all’interno dello statuario del museo, integrato da uno speci-fico materiale didattico studiato in collabora-zione con l’Unione Italiana Ciechi e il Centro di Documentazione Non Vedenti della città di Torino. Il manuale aveva testi in braille6 e nero e disegni a rilievo realizzati con tecnica Minolta.

Il programma “Arte da toccare” conflu-isce in seguito nel più ampio progetto “Mu-seo Egizio oltre l’handicap”.

Nel 1994, dopo oltre dieci anni di esperienze, il progetto ha una nuova fase di sviluppo. Questa volta l’offerta si arricchisce di un sistema integrato di visita del museo che tiene conto anche della multimedialità. All’itinerario tattile si va ad aggiungere l’area informativa “Museo Egizio da Toccare” pre-sente nel sito internet del museo. La sezione viene sviluppata per favorire l’accessibilità dei contenuti agli utenti non vedenti ed ipo-vedenti con testi a corpo maggiore giallo su

6 Il braille è un sistema di scrittura e lettura a rilievo per non vedenti.

fondo nero e relativa stampa in braille. Com-pleta l’offerta il manuale guida ai disegni del-le opere “Le statue degli Egizi”, realizzato con disegni a rilievo secondo le peculiarità della statuaria egizia e accompagnato da una cas-setta audio integrata al materiale-guida.

Fig.31: Particolare del pettorale del sarcofago del giudice Gemenefherbak (600 a.C. ca), parte dell’itinerario tattile nello statuario del museo

Fig.32: Materiale didattico comprendente una gui-da all’itinerario tattile con schede delle opere in testo braille e nero e disegni a rilievo con tecnica

Minolta

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L’esempio del “Museo Egizio da toc-care” può essere inquadrato facilmente nell’ambito di un programma rivolto all’in-tegrazione delle disabilità all’interno della divulgazione culturale. Ciò non toglie che, al di là di quest’interpretazione finalistica, il progetto sviluppato dal Museo Egizio abbia anche un ritorno su soggetti diversi dai porta-tori di handicap visivo. La possibilità di tocca-re direttamente le opere o delle riproduzioni, soprattutto se opportunamente segnalato, può arricchire l’esperienza di fruizione del-la mostra di qualunque genere di visitatore, a partire dai bambini, che per loro natura, amano esplorare il mondo attraverso il tatto.

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Nei capitoli precedenti abbiamo analizzato nel dettaglio il ma-teriale di comunicazione visiva

prodotto per il Museo Egizio di Torino al fine di comunicarne l’identità societaria: la cosid-detta corporate identity.

Ma per sviluppare una strategia di co-municazione efficace e completa non ci si può limitare ad analizzare il materiale di co-municazione già prodotto. Vi sono molti altri strumenti che potrebbero essere usati per integrare ed estendere il sistema di comuni-cazione del Museo Egizio.

Ma quali sono i più adatti al nostro caso?

Tra di essi possiamo individuare i ser-vizi di accoglienza, le cosiddette strategie di promozione, comprendenti tematiche come la pubblicità, il marketing e le relazioni pub-bliche, ma anche concrete possibilità di edu-tainment come quelle permesse dal diffon-dersi delle nuove tecnologie informatiche.

È il caso di strumenti particolarmente versatili quali la visita virtuale al museo e le applicazioni di realtà aumentata.

Nei paragrafi seguenti vedremo le ca-ratteristiche principali di questi strumenti, i loro punti di forza e i loro punti deboli, e ver-ranno descritti gli esempi di alcune eventuali implementazioni in ambito museale.

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In questa categoria rientrano quell’insieme di servizi messi a di-sposizione del pubblico per rendere

la visita ad un museo più rispondente alle sue aspettative. È possibile distinguere tra “servi-zi esterni” e “servizi interni”.

I servizi esterni di accoglienza, consi-stono, ad esempio, nella predisposizione di pacchetti turistici in collaborazione con Tour Operator, nella presenza di centri informativi, nella segnaletica cittadina, nella presenza di parcheggi e nel servizio informazioni e pre-notazioni.

I servizi interni di accoglienza sono in-vece connessi alla presenza di reception, ser-vizio biglietteria, segnaletica interna, centri di incontro e di ristoro, negozi e bookshop, servizio di pronto soccorso, servizio accom-pagnamento anziani, servizio di nursering, ecc.

Alcuni di tali servizi sono stati descritti più nel dettaglio nei precedenti capitoli. Non ci soffermeremo oltre sui rimanenti per via della poca correlazione con l’ambito visivo oggetto del percorso di studi di questa dis-sertazione.

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Uno strumento molto importan-te per la comunicazione muse-ale è quello delle iniziative e

degli eventi patrocinati dal museo stesso per promuovere la propria immagine all’esterno coltivando, al contempo, le relazioni pubbli-che con altri enti, aziende o direttamente nei confronti del proprio pubblico di utenti e vi-sitatori.

Questo genere di promozione può av-venire attraverso diverse strategie di marke-ting, quali, ad esempio, la pubblicità, il mar-keting diretto e le relazioni pubbliche.

Ma cosa intendiamo per promozione?

Vi sono diverse forme di comunicazio-ne riconducibili al campo d’applicazione della promozione. Una di queste è la cosiddetta comunicazione di carattere istituzionale e consiste nel produrre un flusso costante di informazioni sui contenuti e sul progetto cul-turale della struttura museale, quando non la sua stessa esistenza. Questo genere di pro-mozione viene generalmente veicolata attra-verso l’immagine coordinata presente sulla modulistica di rappresentanza, le affissioni, il sito internet dell’istituzione e la comunica-zione interna ed esterna per mezzo di posta.

Tuttavia, al di là della comunicazione istituzionale, solitamente si tende ad asso-ciare la promozione con il verificarsi di un evento culturale specifico, come una mostra

temporanea. Questo perché in occasione di tali eventi emerge la necessità di informare l’opinione pubblica dell’esistenza dell’even-to stesso e, per farlo, si ricorre in genere ad un media relativamente economico, ossia le affissioni, realizzate in prossimità dell’inizio della manifestazione.

Ma le affissioni non rappresentano il solo media con il quale veicolare tali informa-zioni. Molto usate a livello locale sono anche le locandine, diffuse con la collaborazione dei gestori degli esercizi commerciali del luogo.

In presenza di budget più elevati pos-sono, però, essere impiegati anche mezzi d’informazione più incisivi, come la radio, la televisione e la carta stampata.

In alternativa, un ulteriore strumento di comunicazione destinato progressivamen-te a diffondersi in maniera sempre più per-vasiva e capillare a livello internazionale, è rappresentato dalla possibilità di presenza sulla rete Internet. I vantaggi sono molteplici e i costi d’implementazione molto contenuti. Vi è infatti la possibilità di:

• Veicolare messaggi istituzionali e promozionali costantemente aggiornati;

• Stabilire un contatto diretto con gli utenti, attuali e potenziali, che consenta, ad esempio, di raccogliere valutazioni e com-menti sulla manifestazione o sull’efficienza della struttura;

• Creare un data-base di nominativi,

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attraverso l’acquisizione delle e-mail delle persone entrate in contatto con il sito, ver-so cui indirizzare, a costi quasi nulli, missive elettroniche destinate, ad esempio, ad infor-mare l’utenza dell’approssimarsi delle attività museali;

• Stimolare la creazione di “gruppi di discussione” attraverso cui operatori del set-tore ed esponenti della comunità scientifica possano entrare in contatto con gli utenti del sito Internet.

Riassumendo, quindi, la qualità e l’ef-ficacia di un sito Internet possono, pertanto, essere misurate facendo riferimento a due dimensioni specifiche: quella informativa e quella interattiva.

L’importante è non ridurre il sito ad una mera “vetrina elettronica”, ma caratteriz-zarlo, attraverso l’aumento delle informazio-ni rese disponibili on-line e del contributo di partecipazione e di interazione da parte dei fruitori, come ciò che Micelli, Legrenzi e Mo-retti identificano con il termine di “ambiente evoluto”.

Fin’ora abbiamo parlato delle forme di promozione cosiddette, dirette. Ma esiste anche una forma di promozione indiretta ed è quella delle pubbliche relazioni. Il loro sco-po è quello di migliorare la conoscenza e la reputazione del museo nei confronti del pub-blico esterno attraverso la partecipazione a dibattiti e convegni, spesso promossi dalla stessa istituzione museale. I principali sogget-ti coinvolti in tale forma di promozione sono il direttore del museo e i diversi responsabili delle strutture scientifiche che, attraverso i contatti con la comunità politico-istituzio-nale, il mondo imprenditoriale ed il tessuto

sociale, hanno la possibilità di sollecitare la predisposizione di tali soggetti ad interventi di finanziamento dell’istituto museale

Vi sono poi altri strumenti di promozio-ne in senso stretto. Uno di questi è la fideliz-zazione dell’utenza attraverso abbonamenti e formule di ingresso articolate nel tempo.

Ma quello che più caratterizzata l’of-ferta promozionale museale è, sostanzial-mente, la limitazione dovuta all’impossibilità di distribuire fisicamente il bene, che può es-sere messo a disposizione del pubblico unica-mente nella sede che lo ospita. Sotto questo punto di vista, va però considerata l’esistenza di vari soggetti, disseminati sul territorio, che concorrono a realizzare una forma di promo-zione diretta o indiretta del bene culturale. Rientrano nel primo caso gli uffici per il tu-rismo e altre istituzione demandate alla va-lorizzazione del patrimonio culturale, mentre svolgono, invece, una forma di promozione indiretta i Tour Operator e le agenzie di viag-gio. (Solima, 1998, pp. 325-331)

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La visita virtuale al museo è uno strumento nuovo e in continua ascesa riconducibile nell’ambito

della comunicazione visiva museale. Lo sco-po della cosiddetta “realtà virtuale” è quello di simulare la realtà in modo da ingannare la percezione visiva, in modo, cioè, da far cre-dere veramente reale quanto rappresentato per mezzo di tecnologie interattive basate sul computer.

Benché tecnicamente complessa, il suo schema di funzionamento è semplice: si co-struisce un modello elettronico dell’ambiente da replicare modellandolo in tre dimensioni e si immagazzina tale modello nel computer; a questo punto entra in gioco l’applicazione di un algoritmo che permette di calcolare e re-stituire visivamente, quasi in tempo reale, la vista del modello che si avrebbe nella realtà dal punto di vista scelto. L’intera elaborazione avviene in un lasso di tempo ristrettissimo7, il che significa che lo spostamento del pun-to di vista viene percepito come continuo. È lo stesso fenomeno fisico che ci permette di osservare un film al cinema senza notare la successione dei fotogrammi.

Se la costruzione del modello e la sua resa grafica sono accurate e di elevata qualità l’approssimazione alla percezione reale è no-tevole. (Antinucci, 2004, p. 126)

7 Meno di un quindicesimo di secondo.

Il suo principale pregio è, quindi, quel-lo di “immergere” il visitatore nella realtà simulata dandogli l’illusione di trovarsi effet-tivamente nell’ambiente che sta osservando. Questo può avvenire dotando il luogo di espo-sizione delle apposite postazioni che permet-tono di compiere l’esperienza immersiva o direttamente a casa dell’utente, attraverso il suo personal computer. In quest’ultimo caso l’esperienza immersiva è, ovviamente, più li-mitata ma, allo stesso tempo, più facilmente realizzabile. Bisogna tener conto, infatti, che le postazioni di realtà virtuale sono forte-mente condizionate dal costo della loro im-plementazione, dalla delicatezza tecnica che l’apparato presenta, nonché dalla difficoltà di gestione e manutenzione. Finché il progresso tecnologico non renderà facilmente accessi-bili tali apparati, la veicolazione per mezzo di Internet o tramite CD-Rom rimarrà, per cui, l’alternativa migliore.

Il modello virtuale rimane comunque un supporto valido anche in mancanza de-gli appositi apparati di delivery immersiva e questo perché è decisamente superiore a qualsiasi tipo di disegno ricostruttivo e a qualsiasi tipo di modellino fisico. Il motivo fondamentale è che il livello di dettaglio e di accuratezza raggiungibile nella modellazione virtuale non ha limiti, dato che la scala è 1 a 1 e siccome lo spazio del modello è percor-ribile a piacere, inquadrando o avvicinando ogni particolare, fino a coglierne anche il più piccolo dei dettagli.

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Anche in queste condizioni, quindi, la realtà virtuale rimane comunque la miglior ricostruzione possibile dal punto di vista per-cettivo, e rappresenta, dunque, il miglior si-stema per la lettura di questo tipo di opere. (Antinucci, 2004, pp. 127-128)

La sua flessibilità la rende, inoltre, un utile sostituto in tutte quelle particolari con-dizioni in cui, per motivi pratici o contingen-ti, non è possibile effettuare la ricostruzione fisica dei modelli. Non tutti i musei, infatti, hanno abbastanza spazio a disposizione per ospitare riproduzioni in scala 1 a 1 di reperti o architetture.

Non sembra questo il caso del Museo Egizio, che si appresta, a breve, ad ampliare il proprio spazio espositivo andando ad inglo-bare i molti metri quadri lasciati liberi dalla Galleria Sabauda. Ma c’è, anche in questo caso, un limite non travalicabile: anche ag-giungendo alla superficie visitabile del museo l’intera metratura del Collegio dei Nobili, non sarà mai possibile ricostruire al suo interno una piramide in dimensioni reali. Un limite che non si impone alle libertà espressive del-la realtà virtuale.

E non è tutto. Tra le possibilità offerte da questo mezzo vi è, inoltre, l’opportunità di contestualizzare i reperti per quanto riguar-da la loro collocazione storica, spaziale e fun-zionale. Si può ricreare, cioè, attorno ad ogni reperto la situazione contingente il suo ritro-vamento, mostrandolo al centro di una rap-presentazione dello scavo archeologico che lo ha portato alla luce. O si può ricostruire l’ambiente in cui si trovava al tempo della sua creazione o la situazione contingente l’im-piego del reperto mostrato nell’atto di adem-piere alla sua funzione originale. E, come se

ciò non bastasse, vi è, inoltre, la possibilità di simulare ipotesi di restauro senza andare ad intaccare il reperto esistente, magari propo-nendo più soluzioni per uno stesso reperto.

Le possibiltà sono davvero infinite. Ciò che rende possibile una tale flessibilità è la strutturazione a livelli dell’informazione che permette di mostrare, nascondere o sovrap-porre più rappresentazioni differenti dello stesso oggetto. Per non parlare della possi-bilità di focalizzare l’attenzione sui singoli oggetti senza perderne il significato conte-stuale.

Ma la realtà simulata della visita vir-tuale si differenzia dalla normale offerta cul-turale del museo anche attraverso altre ca-ratteristiche:

nella realtà virtuale è sicuramente • più attenuato l’effetto cosiddet-to di “affaticamento da museo”; l’attenzione dei visitatori verso gli oggetti esposti, cioè, superata la prima mezz’ora di visita, decade ra-pidamente col passare del tempo. Il pubblico si sofferma sugli oggetti per meno tempo e più di rado.la struttura architettonica che • ospita il museo reale vincola forte-mente la progettazione delle espo-sizioni. Nella realtà virtuale questo vincolo non esiste.le esposizioni multimediali rappre-• sentano un modo più efficiente, rispetto alle esposizioni reali, per offrire diversi livelli di approfondi-mento all’utenza.l’• appeal delle esposizioni multi-mediali agisce più intensamente

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sulle giovani generazioni, che, d’al-tro canto, vedono nel museo reale un’istituzione rigida e formale.nel museo reale gli oggetti sono, • in genere, protetti da teche. Nelle esposizioni multimediali possono invece essere manipolati, messi in funzione o osservati da punti di vi-sta insoliti.Il museo reale costringe il visita-• tore a seguire percorsi predefiniti all’interno dell’esposizione. Nelle esposizioni multimediali è possibi-le, invece, personalizzare il proprio percorso e “saltare” da un tema ad un altro. Il principio che regola questa funzionalità è lo stesso de-gli ipertesti8.La visita al museo reale è condizio-• nata dal costo del biglietto e dalla distanza del museo dal luogo di residenza del visitatore. La visita virtuale, viceversa, permette di ac-cedere alla raccolta della collezio-ne museale comodamente seduti a casa propria ed al costo della semplice connessione a internet. Ciò stimola a reiterare la visita più volte.

8 Un ipertesto è un insieme di documenti mes-si in relazione tra loro attraverso un sistema di “parole chiave” che rende possibile una lettura non sequenzia-le dei contenuti.

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Nel paragrafo precedente abbia-mo visto cos’è una visita vir-tuale al museo e quali sono le

caratteristiche e i pregi di questa nuova tec-nologia. Inoltre, facendo un confronto con le caratteristiche della visita reale al museo, ab-biamo potuto constatare quali e quanti pregi la visita virtuale possa vantare nei confronti di quest’ultima.

Ma quali sono le competenze necessa-rie per integrare l’offerta culturale del museo con un servizio di visita virtuale?

Per prima cosa, c’è da dire che le co-noscenze necessarie per la realizzazione di un tale servizio sono molteplici e richiedono la collaborazione di più figure professionali. Sono necessarie, innanzitutto, competenze specifiche nel campo dell’egittologia, della programmazione, di web-design (nel caso si volesse implementare la visita virtuale sul sito internet del museo), di modellazione 3D e di animazione.

Ma vediamo più nel dettaglio il percor-so di lavoro necessario per la realizzazione di un’ipotetico progetto di visita virtuale al Mu-seo Egizio:

Il programmatore svilupperà il softwa-re di gestione dei dati e dell’organizzazione dei percorsi stabiliti dall’utente.

L’esperto di modellazione lavorerà sul-la trasposizione in tre dimensioni degli og-getti reali e dell’ambiente virtuale progettato

per contenerli. In questo caso sono necessa-rie competenze di modellazione, animazione, rendering9 e gestione dei modelli interattivi.

Il materiale necessario per la modella-zione degli oggetti tridimensionali verrà for-nito dall’esperto di egittologia che si occupe-rà, inoltre, di studiare la contestualizzazione dei vari oggetti trasposti in 3D e di reperire il materiale informativo da portare a corredo di questi ultimi.

A contatto con il modellatore e l’egitto-logo, lavorerà, inoltre, anche il museografo. Il suo compito sarà quello di studiare l’orga-nizzazione dei percorsi all’interno della visita virtuale.

Nel caso in cui il servizio fosse rivolto anche ad un pubblico di bambini, il lavoro del museografo dovrebbe essere integrato con la collaborazione di esperti di psicologia infanti-le, che si occuperebbero di studiare percorsi, testi e metodi di comunicazione adatti ad un pubblico più giovanile.

Della grafica e dei collegamenti iperte-stuali, infine, se ne occuperà, invece, il web designer.

9 Il rendering è il processo attraverso il quale il computer genera la rappresentazione visiva di una scena tridimensionale descritta matematicamente. La descrizione è data in un linguaggio o in una struttura dati e deve contenere la geometria, il punto di vista, le informazioni sulle caratteristiche ottiche delle superfici visibili e sull’illuminazione.

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La realtà aumentata – meglio co-nosciuta con la denominazione inglese “Augmented Reality” – è

un campo dell’informatica relativamente re-cente che mescola realtà percepita a realtà virtuale. Viene considerata da molti una bran-ca del più vasto concetto della Mixed Reality e, in parole povere, consiste nel sovrapporre alla realtà percepita dal soggetto osservante una realtà virtuale generata dal computer e resa visibile attraverso l’ausilio di specifici di-spositivi. La percezione del mondo viene, per cui, “aumentata” attraverso oggetti virtuali che forniscono informazioni supplementari sull’ambiente reale.

Fin’ora è stata impiegata principal-mente in applicazioni connesse con l’adde-stramento militare, la medicina, la manu-tenzione, la pianificazione architettonica ed urbana, il turismo e l’intrattenimento.

Ed è proprio a alla combinazione di queste due ultime categorie che possiamo ricondurre l’offerta didattica delle strutture museali, considerate da molti non solo come spazi di ricerca ed esposizione ma anche come importanti ambienti dedicati all’ap-prendimento informale.

Il museo è il luogo ideale per l’imple-mentazione di applicazioni di realtà aumen-tata perché prevede come elementi da fon-dere insieme una struttura-contenitore, una serie di opere-contenuto ed un percorso logi-co da far seguire ai visitatori.

Spesso, però, questa opportunità non riceve la giusta considerazione, anche se i musei più grandi – con collezioni molto ric-che o particolarmente disomogenee – hanno escogitato visite guidate su cassetta audio da ascoltare in cuffia che fornisce al visitatore in-formazioni sull’edificio e sulle opere esposte al suo interno. Si tratta, comunque, sempre di informazioni scarse ed esposte in maniera poco lineare.

In alternativa, esistono documenta-ri audiovisivi che offrono un’esperienza più completa ma fruibile solo in un momento di-verso dalla visita reale al museo.

Risulta evidente, a questo punto, quan-to l’offerta museale possa trarre vantaggio da una tale tecnologia.

I benefici sono molti e non si differen-ziano di troppo da quelli della visita virtuale, già elencati nei paragrafi precedenti. Vi sono, però, com’è immaginabile, delle ovvie diffe-renze:

La realtà aumentata è strettamen-• te vincolata all’ambiente reale. Se, da un certo punto di vista, questo aspetto può essere considerato un

Mixed Reality (MR)

Ambiente reale

Augmented Reality (AR)

Augmented Virtuality (AV)

Ambiente virtuale

Continuum realtà-virtualità (RV)

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vantaggio, poiché l’utente è in con-tatto diretto con l’oggetto fisico-reale, viene meno, però, la facilità con cui nella realtà virtuale è pos-sibile personalizzare il proprio per-corso all’interno dell’esposizione, “saltando” da un tema all’altro.La visita virtuale è un’attività pres-• soché solitaria. Ogni utente è chiu-so nella propria stanza, isolato dal contatto con gli altri visitatori del museo. Le applicazioni di realtà aumentata, viceversa, permettono senza problema l’interscambio di informazioni e sensazioni in tem-po reale.La complessità delle applicazioni • di realtà aumentata risente for-temente della limitata potenza di calcolo dei dispositivi di delivery a disposizione dell’utente.

La principale differenza tra realtà au-mentata e realtà virtuale, infatti, risiede nell’impiego di questo genere di dispositivi. Apparecchi piccoli e leggeri, da indossare o da tenere in mano lungo la visita, dotati di una videocamera con cui riprendere l’am-biente reale e di uno schermo su cui osserva-re i contenuti multimediali a supporto degli oggetti esposti.

Nel primo caso possiamo parlare di “wearable”, ovvero dispositivi spesso realizza-ti in forma di “giacca” con integrati un micro-processore, un sistema sensibile per l’identi-ficazione dello spazio, una tastiera cucita su una manica e un Head-up display (HUD), cioè un visore a sovrimpressione costituito da un display a colori montato su occhiali speciali

che permete di osservare contemporanea-mente l’ambiente reale e i contenuti virtuali forniti dal dispositivo.

Ma negli ultimi anni, grazie al progres-so tecnologico, sono andati diffondendosi apparecchi molto meno ingombranti dei wearable e più vicini all’esperienza d’uso del visitatore medio del museo. Si tratta dei co-siddetti palmari, o PDA, e soprattutto degli ormai diffusissimi Smartphone. Apparecchi estremamente potenti e versatili – come i fa-mosissimi iPhone della Apple – che fornisco-no un’alternativa sicuramente più pratica ed economica rispetto all’impiego dei costosi ed ingombranti wearable.

Il vantaggio risiede nel fatto che il mu-seo non è più costretto ad acquistare costosi dispositivi da fornire in comodato d’uso ai propri visitatori per integrare la visita al mu-seo con un’esperienza di realtà aumentata. Il servizio può essere offerto via download a tutti i possessori di un cellulare Smartphone compatibile. Basterebbe predisporre apposi-te centraline dati nei pressi della biglietteria o lungo il percorso di visita. Il visitatore, avvi-cinando il proprio cellulare all’antenna della centralina, riceverebbe – via Bluetooth o tra-mite connessione Wi-Fi – tutto il necessario per realizzare l’esperienza di visita “aumenta-ta” al museo attraverso il proprio cellulare.

Non bisogna dimenticare, infatti, che la diffusione di questi dispositivi ha acquisito negli anni una velocità di crescita esponen-ziale, all’apparenza inarrestabile. Ormai quasi tutti in Italia possiedono uno o più cellulari.

Inoltre, le caratteristiche tecniche di questi dispositivi – soprattutto quelle relative

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agli ultimi modelli entrati in commercio – ne fanno degli apparecchi ideali per eventuali applicazioni di realtà aumentata. Sensori di prossimità a infrarossi, accelerometri capa-citivi, sensori di luminosità, bussole digitali e moduli per la geolocalizzazione satellitare sono tutti strumenti che potrebbero essere sfruttati con ottimi risultati nel campo della realtà aumentata.

Un esempio in questa direzione è il software Layar, svi-luppato dall’azienda olandese SPRXmo-bile, che definisce la sua creazione come “il primo browser al mondo per la realtà au-mentata”.

Il programma combina spazi e oggetti della vita reale con quelli provenienti da In-ternet. Puntando il cellulare su un determi-nato oggetto o un’area più vasta è possibile visualizzare sul display tutte le eventuali in-formazioni associate all’oggetto e all’area in questione. Informazioni che, per esempio, possono riguardare monumenti, ristoranti, negozi, hotel, indicazioni stradali ecc.

Il tutto è reso possibile dall’utilizzo massivo dei moduli di geolocalizzazione sa-tellitare, della bussola digitale e del collega-mento Wi-Fi a Internet disponibili sui cellulari Smartphone di ultima generazione, come gli iPhone 3GS e quelli equipaggiati con sistema operativo Google Android.

Ma la tecnologia forse più interessante riguardo l’implementazione di applicazioni di realtà aumentata in ambito museale, po-trebbe probabilmente rivelarsi l’RFID, ovvero

l’identificazione a radio frequenza. Il sistema RFID riconosce in maniera

automatica, a distanza, oggetti, animali o persone attraverso i dati memorizzati in ap-posite etichette RFID o tag. Un tag RFID è co-stituito da:

un microchip contenente dati;• un’antenna;• una batteria (opzionale).•

Un’esempio di utilizzo di questa nuova tecnologia in ambito museale è il progetto del Dipartimento dei musei della Malesia di taggare oltre venti musei che gestisce in tutto il Paese.

Attualmente, l’identificazione degli oggetti esposti nei musei avviene attraverso una targhetta cartacea applicata manual-mente dai dipendenti. Questo metodo, però, consente una scarsa integrazione dei dati, vi-sto che in molti casi i musei dispongono di informazioni digitali sull’oggetto esposto.

L’utilizzo della tecnologia RFID consen-tirà di aumentare la densità di informazioni a corredo di ogni oggetto e faciliterà enorme-mente il reperimento di tali dati rendendo la visita museale ancora più stimolante. Di-venterà possibile accedere a contenuti mul-timediali di vario tipo che incrementeranno il coinvolgimento emotivo, favorendo così anche la “fissazione” del ricordo.

Com’è stato rilevato in alcune speri-mentazioni già effettuate, infatti, questi siste-mi riescono a genere entusiasmo nel pubblico (Ferris, 2004) e si sono rivelati estremamente utili per incoraggiare interazione e coparte-cipazione (Hindmarsh, 2002) favorendo il carattere sociale della visita museale (Galani, 2005).

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Nei capitoli precedenti abbia-mo visto quali sono i principali strumenti utili per sviluppa-

re o integrare la comunicazione visiva di un museo archeologico come il Museo Egizio di Torino. Abbiamo visto quali sono le informa-zioni, le competenze e le tecnologie necessa-rie e, oltre al materiale preesistente, è stato preso in esame anche l’esempio di altri musei e si è parlato, inoltre, di come migliorare o in-tegrare il materiale prodotto sulla base delle nuove tecniche e tecnologie disponibili per la comunicazione del sapere.

In questo capitolo si illustrerà il mate-riale prodotto basandosi sulle informazioni raccolte nel corso dei capitoli precedenti, in modo da osservare concretamente il risul-tato dei temi trattati precedentemente in maniera solo teorica. Il materiale prodotto comprende il redesign dell’immagine coor-dinata del museo, la creazione di un nuovo sito internet comprensivo di un esempio di visita virtuale e alcune proposte per la realiz-zazione di applicazioni di augmented reality; queste ultime descritte solo sommariamente per via del gran numero di competenze tec-nologiche necessarie per il loro sviluppo.

Qui di seguito verranno descritti in dettaglio i diversi elementi prodotti e il pro-cedimento alla base della creazione della vi-sita virtuale.

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La proposta per il nuovo logo della Fondazione Museo delle Antichi-tà Egizie di Torino (fig.33) prende

ispirazione dal volto della statua del faraone Ramesse II con indosso il Khepresh10 ospita-ta nello statuario del museo e già utilizzata per il logo precedentemente progettato da Pininfarina. Questa scelta, oltre che rifarsi esplicitamente a quello che è ormai divenuto il simbolo storico del museo, è stata dettata, inoltre, dalla volontà di mantenere una cer-ta continuità visiva con l’immagine del logo precedente, in modo da controbilanciare l’esigenza di un’immagine nuova e fresca per il logo con la necessità di mantenere alcuni punti in comune con l’identità visiva ormai ben nota al grande pubblico.

Per rinnovare il logo sono state però adottate delle scelte stilistiche differenti: per prima cosa si è scelto di cambiare drastica-mente la palette di colori utilizzata. Le vecchie tonalità calde dell’arancione e dell’ocra, che si ispiravano ai colori del deserto egiziano, sono state sostituite con il nero, il bianco e il grigio Pantone11 5625 M. Il nuovo logo viene presentato nella sua forma originale su uno sfondo nero uniforme. La variante su sfondo

10 Il Khepresh è la corona di guerra del faraone, un casco blu con piccole decorazioni circolari ornato con l’”Ureo”, la dea cobra, protettrice dei faraoni.11 Il Pantone Matching System è un sistema di classificazione dei colori per la stampa in quadricromia CMYK.

bianco può essere utilizzata in casi particolari sostituendo il nero al bianco e mantenendo invariato il grigio.

La scelta di queste nuove tonalità dark è stata dettata dal desiderio di riproporre l’atmosfera buia ed ammaliante del nuovo allestimento dello statuario. Il nero è il colo-re dell’ignoto e del mistero, della notte e del cielo notturno: non si può sapere cosa si na-sconde nella sua oscurità. Tale parallelismo risulterà ancora più marcato successivamen-te, quando si andrà ad analizzare il materiale prodotto per l’immagine coordinata del mu-seo.

Le differenze con il logo precedente, però, non si fermano qui. Il nuovo logo uti-lizza uno stile grafico nettamente diverso: il disegno è più geometrico, meno realistico, composto da forme semplici e simmetriche, quasi tendente all’astrazione. Inoltre, il trat-to è uniforme, pulito e la forma complessiva ricorda vagamente il profilo di uno scarabeo, un animale sacro della religione egizia.

La scelta di questo nuovo stile è stata dettata da due ragioni particolari: per facilita-re il ricordo del marchio e per rendere il logo più leggibile anche nel caso di riproduzioni in dimensioni assai ridotte.

Le fattezze reali del volto sono state, inoltre, “asportate” per lasciare il posto ad un segno grafico riconducibile al simbolo

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dell’asterisco che si rifà all’iconografia classi-ca della stella a cinque punte presente in va-rie rappresentazioni artistiche del cielo not-turno nell’arte dell’antico Egitto. Un simbolo inatteso ed enigmatico il cui scopo è quello di stuzzicare la curiosità dell’osservatore at-traverso un effetto di contrasto volontario e straniante. Una sorta di ossimoro grafico.

Completa il logo la scritta “FoMAET”, posta sotto la testa coronata del faraone, acronimo della dicitura “Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino”. Nell’inter-pretazione di Pininfarina tale scritta veniva presentata per esteso, complicando ecces-sivamente la resa grafica del logo. Il ricorso all’acronimo esemplifica il segno e lo rende maggiormente flessibile rispetto ad esigen-ze di ridimensionamento. Quella di ridurre il nome di un’istituzione al suo acronimo è

un’usanza ormai assai diffusa nel campo della museologia e vanta illustri precedenti, come nel caso del MoMA di New York. Il caratte-re utilizzato è inoltre creato ad hoc e si ispira allo stile grafico della scrittura copta12, di cui riprende alcuni grafemi e ne reinterpreta altri al fine di rendere l’acronimo più facilmente leggibile rispetto ad osservatori di madrelin-gua indoeuropea.

12 Il copto è una lingua egizia scritta con i carat-teri dell’alfabeto greco e del demotico, altra scrittura egizia sviluppatasi nel Basso Egitto tra il 650 ed il 400 a.C., durante la XXV dinastia.

Fig.33: La proposta per il nuovo logo della Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino

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Khepri (“il sole che sorge”)

Lo scarabeo era un animale sacro della religione egizia, identificato come un simbolo del dio sole Ra. La particolare specie rappresentata in numerosi amuleti ed opere d’arte dell’Antico Egit-to era il grande scarabeo sacro (Scarabeus sacer).

Questo insetto era noto per la sua abitudi-ne di far rotolare piccole palle di sterco sul terre-no. La femmina depone le uova nello sterco, che poi modella in forma di palla e fa rotolare verso un buco nel terreno. Quando le uova si schiudono, le larve si cibano della palla di sterco e, quando lo sterco è stato consumato, emergono dal buco. Gli antichi egizi ritenevano che i giovani scarabei emergessero spontaneamente dal terreno in cui nascevano. Questo aspetto creativo dello scara-beo fu associato alla figura del dio creatore Atum. Le antenne a raggera sulla testa dell’insetto e la sua pratica di far rotolare palline di sterco gli fecero guadagnare, inoltre, l’associazione con il simbolismo del movimento solare. Si credeva che il dio scarabeo Khepri spingesse il tramonto del sole nel cielo nella stessa maniera in cui l’insetto faceva con lo sterco. In molti bassorilievi e gioiel-li, infatti, lo scarabeo è rappresentato nell’atto di spingere il sole lungo il suo percorso celeste.

Durante e dopo il Nuovo Regno, inoltre, gli amuleti in forma di scarabeo venivano posti sul cuore dei morti mummificati. Lo scopo di que-

sti “amuleti del cuore” era quello di contrastare il peso della “piuma della verità13” al momento del giudizio finale. Sul fondo degli amuleti veniva spesso incisa una formula magica tratta dal libro dei morti, in cui si supplicava il cuore di “non testi-moniare contro di me”.

Seba (la stella)

Il Seba è la rappresentazio-ne della stella nell’arte religiosa egiziana, simbolo delle costella-zioni, o divinità stellari. Il simbolo egizio per le stelle era un segno composto da cinque linee equidistanti disposte a raggera, ispirato alla forma delle stelle marine che popolano il Mar Rosso. Iscritto in un cerchio, il Seba rappresentava il Duat, o aldilà, dove il sole scompariva ogni notte, e dove le anime dei defun-ti ascendevano al momento della morte.

La parola “Seba” significa letteralmente “apprendimento, cultura” o “disciplina” ed è as-sociata con i portali e i cancelli.

13 Gli antichi egizi credevano che dopo la morte il defunto dovesse sottomersi al giudizio divino attra-verso la pesatura dell’anima. Innanzi ad ogni Giudice, egli pronunciava una formula d’innocenza. La veridicità di questa dichiarazione era controllata da una bilancia, su uno dei cui piatti era posto il cuore del defunto e sull’altro la piuma, simbolo della dea Maat. In caso di esito negativo lo spirito del defunto veniva sbranato dal mostro Ammit. Se l’esito era favorevole, invece, il de-funto veniva ammesso ai Campi Elisi.

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Per la realizzazione della nuova immagine coordinata del Museo Egizio sono stati ripresi il logo e

i colori istituzionali descritti nel capitolo pre-

cedente. Il materiale prodotto è costituito da una carta intestata, una busta da lettera, tre biglietti da visita, una cartellina, un biglietto d’ingresso e una guida.

La grafica è contraddistin-ta da una riproposizione dei colori istituzionali e dall’utilizzo di forme geometriche semplici, come bande

orizzontali o piccoli ri-quadri smussati. Questa scelta stilistica, insieme all’allineamento centra-

to, vuole riproporre in chiave grafica

la staticità geo-metrica propria dell’arte egizia.

Fig.34: Una raccolta dei princi-pali elementi della modulistica di rappresentanza: cartellina, carta intestata, busta da lettera e biglietti da visita.

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Le suggestioni del nuovo statuario di Dante Ferretti sono evocate dalla sfumatura di rosso che fa da sfondo ad alcuni elementi dell’immagine coordinata. Questa caratteri-stica è ben evidente sul fronte del biglietto d’ingresso (fig.35) e sulla variante generale del biglietto da visita. La tonalità è diretta-mente mutuata dal colore delle pareti del-lo statuario, a cui si aggiunge il tono nero dell’oscurità in cui le statue sono avvolte. Il riquadro del logo, in questo modo, risalta nell’oscurità come fa la statua originale di Ra-messe II.

Un’altra caratteristica del biglietto d’in-gresso è la presenza, sul retro (fig.36), dell’ immagine del volto della statua del faraone Ramesse II. Una volta acquistato il biglietto non c’è più bisogno di ricorrere all’effetto cu-riosità suscitato dall’asterisco-stella. Il visita-tore è ormai pronto a svelare il “mistero” che si cela dietro quel segno e – prima attraverso il biglietto d’ingresso, poi di persona – può dare sfogo alla propria curiosità osservando con i propri occhi le vere fattezze del potente re egiziano.

Fig.35: Il biglietto d’ingresso (fronte)

Fig.36: Il biglietto d’ingresso (retro)

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Una delle principali mancanze riscontrate nell’analisi della segnaletica interna del Museo

Egizio di Torino era l’assenza di chiari riferi-menti in relazione alla possibilità di scegliere diversi percorsi di visita all’interno del museo stesso.

Come abbiamo visto nei capitoli pre-cedenti, il principale scopo della segnaletica interna dovrebbe essere quello di guidare e informare il visitatore in merito alla col-locazione delle opere all’interno della sede museale ed ai percorsi tematici da seguire. Tenendo presenti questi principi basilari, la nuova segnaletica interna è stata riprogettata in tre versioni differenti (fig.37):

una per il percorso cronologico;• una per il percorso tematico;• una per la contestualizzazione.•

Ogni variante è caratterizzata da un co-lore diverso per differenziarne la funzione. I pannelli di contestualizzazione sono azzurri, quelli relativi al percorso cronologico sono arancioni e quelli relativi al percorso temati-co sono verdi.

I due pannelli relativi ai percorsi saran-no posti all’entrata del museo, in modo che il visitatore possa scegliere con cognizione di causa quale dei due percorsi intraprendere.

Il pannello di contestualizzazione, in-vece, rappresenta solo un esempio delle tan-te possibili iterazioni che troverebbero luogo all’interno del museo.

L’impaginazione dei contenuti è stata studiata per venire in contro alle esigenze delle diverse tipologie di utenti del museo.

Nella parte alta, infatti, trovano posto i testi relativi agli approfondimenti sul con-testo storico-culturale dei reperti presenti in sala. Sono testi bilingue, in italiano e in in-glese. Si tratta della parte dedicata al target adulto.

Nella parte bassa, ad altezza di bam-bino, sono presenti, invece, un’immagine e un riassunto semplificato dello stesso testo presente in alto. L’immagine serve per cat-turare l’attenzione del bambino ma è utile anche per illustrare alcuni contenuti non co-municabili verbalmente agli adulti. Da qui la sua posizione centrale all’interno del pannel-lo. Il suo compito è inoltre quello di fungere da spartiacque tra le due tipologie di target (adulti/bambini). Il riassunto semplificato, in-vece, ha la funzione di tradurre in un linguag-gio più adatto ai bambini i contenuti relativi alla contestualizzazione dell’opera.

Il testo presenta frasi più brevi e paro-le semplici ed è scritto con un carattere più grande e leggibile e con una maggiore spazia-tura tra le righe.

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Fig.37: Le tre tipologie di pannelli

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Nella riprogettazione del sito internet del Museo Egizio di Torino si è tentato di bilanciare

il peso della cosiddetta dimensione informa-tiva con quello della dimensione interattiva, di cui il mezzo in questione si è visto essere il principale strumento di veicolazione.

Il nuovo sito (fig.37), oltre a ripropor-re gli elementi grafici dell’identità visiva del museo già presenti nel resto degli elementi di immagine coordinata precedentemente descritti, presenta, dunque, una componente interattiva che fa propri i principi progettuali e comunicativi dell’edutainment.

Tra le nuove caratteristiche implemen-tate nel sito del museo sono, infatti, presenti diverse sezioni dedicate all’esplorazione del-la collezione e della storia dell’Antico Egitto attraverso approcci metodologici mirati alla soddisfazione, nella fruizione del sito, da par-te di diverse tipologie di target o, in generale, stimolando l’utenza ad una più diretta intera-zione con il contenuto informativo presente sul sito stesso.

Questo è reso possibile dalla presenza di una sezione intitolata “Scopri l’Egitto gio-cando”, dedicata agli utenti più giovani e mi-rata a sollecitare l’apprendimento di nozioni storico-culturali attraverso il tramite del gio-co e con un linguaggio visivo e una termino-logia mirati al target di riferimento, e di altri strumenti quali la trasposizione in tre dimen-

sioni di alcune delle opere facenti parte della collezione di antichità del museo e di un “Vir-tual tour” che rende possibile l’immersione all’interno delle sale del museo attraverso una simulazione iperrealistica in tre dimen-sioni dell’intera struttura espositiva e delle opere esposte.

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Fig.38: La home page della proposta per il nuovo sito del Museo Egizio

ComponentiLogo1. Campo di ricerca2. Scelta della lingua3. Header animato4. Sezioni principali5. Menu dinamico6. Breve introduzione7. Galleria di immagini8. Footer9.

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Fig.39: La sezione “Capolavori 3D”

Fig.40: La sezione “Virtual Tour”

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Fig.41: La sezione “Fondazione”

Fig.42: La sezione “Studenti e scuole”

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Fig.43: La sezione “Storia del museo”

Fig.44: La sezione “Capolavori del museo”

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Virtual tour

shop

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Percorso cronologico

La struttura del nuovo sito è stata pensata per essere estremamen-te semplice. Ogni pagina è infatti

raggiungibile con un massimo di tre clic.

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Il nuovo sito è stato progettato te-nendo conto dei principali requisiti di accessibilità informatica e valida-

to attraverso il servizio automatico di control-lo del codice markup14 messo a disposizione dal W3C, il World Wide Web Consortium, ov-vero l’associazione che da anni si occupa di migliorare i protocolli e i linguaggi esistenti per il WWW e di aiutare il Web a sviluppare tutte le sue potenzialità, diffondendo la cul-tura dell’accessibilità informatica.

In particolare, il nuovo sito: utilizza un codice logico e semanti-• camente corretto;utilizza testi chiari, fluenti e facil-• mente comprensibili, adattati al target di riferimento;utilizza testo alternativo per ogni • tipo di contenuto multimediale;sfrutta titoli e link sensati anche al • di fuori del loro contesto;ha una disposizione coerente e li-• neare dei contenuti e dell’interfac-cia grafica.

Inoltre, per verificarne l’accessibili-tà software, è stato testato con i principali browser in circolazione (Internet Explorer 8.0, Firefox 3.5, Chrome 2.0, Safari 4.0, Opera e Flock).

14 Un linguaggio di markup è un linguaggio che consente di descrivere dati tramite dei marcatori (tag).

Passando all’ambito normativo, inve-ce, bisogna ricordare che in Italia è in vigore dal 2004 una legge che definisce i soggetti che devono garantire l’accessibilità dei pro-pri siti, per consentirne l’accesso completo anche a tutti coloro che necessitano di tec-nologie assistive. Questa legge, denominata “Legge Stanca”, dal nome dell’allora ministro per l’Innovazione e le Tecnologie, si applica a tutte le pubbliche amministrazioni, gli enti pubblici economici e le aziende private con-cessionarie di servizi pubblici. La Fondazione Museo Egizio di Torino non fa eccezione.

Il sito è stato quindi sottoposto alla ve-rifica dei 22 requisiti che la compongono.

XHTMl1.0

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Verranno ora brevemente de-scritti i contenuti della nuova proposta per il sito web della

Fondazione Museo Egizio di Torino.

Rispetto al precedente sito internet la nuova proposta integra due nuove sezioni denominate rispettivamente “Shop” e “Vir-tual tour” ed estende considerevolmente la sezione dedicata agli utenti più giovani, de-nominata “Studenti e scuole”.

La sezione “Shop” è una vetrina per l’acquisto dell’oggettistica di merchandising del Museum Shop. Al suo interno l’utente può visionare gli oggetti disponibili e acqui-starli direttamente online.

La sezione “Virtual Tour” ospita invece il servizio di visita virtuale al museo, oltre alla trasposizione in tre dimensioni di alcune del-le opere della raccolta. Per una descrizione più approfondita di questa sezione si veda il capitolo seguente.

La sezione “Studenti e Scuo-le”, infine, mette a disposizione dell’utenza più giovane quiz, giochi, testi e immagini studiati per cattu-rare la loro attenzione e insegnar-gli qualcosa sull’Antico Egitto senza annoiarli. È una vera e propria ri-sorsa di edutainment, che mescola intrattenimento a studio, gioco a

conoscenza. Tra i giochi disponibili ci sono frasi in

geroglifici da tradurre, puzzle a tema da ri-comporre, quiz sulla vita dei faraoni e molto altro. Ogni gioco è accompagnato da una bre-ve spiegazione che arricchisce le conoscenze del bambinomn senza annoiarlo. Giocare di-venta quindi un modo per apprendere nozio-ni di storia, senza fatica.

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La proposta per il nuovo sito inter-net della Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino integra

al suo interno una nuova sezione denomina-ta “Virtual Tour” che si propone di dare una risposta concreta al fabbisogno di edutain-ment evidenziato nei paragrafi precedenti. Come abbiamo visto, infatti, il sito internet del Museo Egizio era piuttosto carente sotto questo aspetto, non offrendo alcuna alterna-tiva valida al modello di fruizione del sapere sotto forma di testo accompagnato da imma-gini discaliche.

Questa nuova sezione si propone, dun-que, di venire incontro a tutti quegli utenti insoddisfatti dal servizio offerto dal Museo

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Egizio o alla ricerca di modelli alternativi per la diffusione del sapere. Il suo scopo è quello di favorire l’apprendimento informale; aggiunge-re, cioè, una componente ludica al processo di divulgazione delle conoscenze di cui il museo si fa portatore.

Un’aspetto cruciale in questo senso può essere ravvisato nell’impiego di una compo-nente interattiva all’interno del processo di divulgazione del sapere.

Il “Virtual Tour” rappresenta un vero e proprio condensato di questi concetti. Il ser-vizio si compone di due differenti applicazio-ni: una visita virtuale vera e propria all’inter-no della rappresentazione in tre dimensioni del Museo Egizio e una galleria di modelli tridimensionali dei principali capolavori della collezione torinese.

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Tutti i modelli tridimensionali presenti nelle applicazioni della sezione Virtual Tour sono stati realizzati con il programma 3D Stu-dio Max Design 2009, della Autodesk. Solo il prototipo virtuale di una delle statue del museo15 è stato prima creato con Zbrush 3.0, della Pixologic, e importato solo in un secon-do momento in 3D Studio Max.

Per la prototipazione è stato neces-sario, innanzitutto, raccogliere una grande quantità di immagini e informazioni relative ai singoli oggetti e all’ambiente. Le foto scat-tate agli oggetti comprendono le viste fronta-li, laterali, dall’alto e, quando possibile, anche dal basso. Per la ricostruzione dell’ambiente espositivo, invece, ci si è basati sulle planime-trie e i prospetti del Collegio dei Nobili.

I modelli sono stati costruiti attraverso un processo di reverse engineering sulla base di tali immagini. Il criterio alla base della mo-dellazione era quello di creare degli oggetti i più simili possibile a quelli reali, facendo attenzione a mantenere basso il numero di poligoni utilizzati.

Eseguita la mo-dellazione, si è pro-ceduto all’applica-zione delle texture. Queste ultime sono state ricavate dalle fotografie scattate agli oggetti, editate con il programma di fotoritocco Adobe Photoshop CS4 – per ridimensionarle e

15 Una statua di ariete con figura di faraoe tra le zampe anteriori.

correggere eventuali riflessi o distorsioni pro-spettiche – ed applicate ai modelli tridimen-sionali in 3D Studio Max.

Fin qui il processo di realizzazione dei modelli di entrambe le applicazioni del Vir-tual tour è il medesimo. Un ulteriore pas-saggio riguarda l’esportazione per il web dei prototipi virtuali. Nel caso della visita virtuale ci si è limitati ad inserire un video in forma-to AVI all’interno della pagina HTML del sito internet. Per la galleria 3D, invece, è stato ne-cessario esportare i modelli in formato SOM, attraverso il programma 3D Software Object Modeller.

Se per la galleria di modelli tridimen-sionali si può parlare quindi della disponibilità di una componente interattiva, riguardo alla visita virtuale, tuttavia, questo abbinamento è rimasto solo un proponimento teorico.

La simulazione realizzata si propone di rappresentare solo un esempio di quanto il museo reale potrebbe sviluppare. Come ab-biamo visto, infatti, le competenze tecnolo-

giche coin-

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volte nella creazione di un servizio di vi-sita virtuale al museo sono estremamente alte e necessi-tano del lavo-ro di più figure professionali differenti.

La visita virtuale realizzata per questa disser-tazione si limita, per cui, a mostrare un percorso di visita predefinito, im-mutabile, che consente, comunque, di apprezzare alcuni aspetti dello strumento. La resa visiva è quasi fotorealistica e la simulazione del percorso mostra come apparirebbe il servizio ad un eventuale utente.

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Come abbiamo visto nei paragra-fi precedenti il museo è il luogo ideale per l’implementazione di

applicazioni di realtà aumentata, anche se tale opportunità non viene sempre sfruttata in maniera adeguata al suo potenziale.

In questo paragrafo verrà presentata un’ipotesi di progetto per la realizzazione di

un’applicazione di realtà aumentata in ambi-to museale. Il progetto illustrato rapprsenta un esempio di quello che sarebbe possibile realizzare in questo campo con i giusti mezzi, risorse e competenze tecnologiche.

L’applicazione è stata pensata per esse-re distribuita – gratis o a pagamento – all’in-terno della struttura museale per mezzo di

una rete WiFi predisposta per l’occasio-ne. Le reti di questo ge-nere sono r e l a t i v a -mente eco-n o m i c h e e di facile implemen-tazione.

L’ap-p l i c a z i o -ne, in sé, è cost i tu i ta da un pro-g r a m m a per dispo-sitivi PDA o cellulari Smartpho-

ne di ultima generazione.

I componenti tecnologici necessari per il funzionamento dell’applicazione sono:

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una videocamera;• uno schermo • touch screen;una bussola digitale;• un modulo di geolocalizzazione sa-• tellitare.

L’interfaccia dell’applicazione si pre-senta suddivisa in due aree differenti: l’area superiore, che occupa la quasi totalità dello schermo, mostra le immagini riprese in tem-po reale dalla videocamera con, in sovrim-pressione, i contenuti supplementari forniti dall’applicazione.

L’area inferiore, invece, contiene il menù con le icone relative ai pulsanti ne-cessari per accedere ai contenuti multimediali (au-dio, video o interattivi), alla mappa dell’edificio, ad altre informazioni sulle opere o per redigere delle note o scaricare il contenuto relati-vo ad un particolare oggetto sul proprio dispositivo.

La bussola digitale e il modulo di geolocalizzazione permettono di sovrapporre immagini e informazioni di-rettamente sui “punti caldi” dell’opera o del reperto che si sta osservando. I “punti caldi” possono riguardare l’intera opera o solo alcu-ne parti di essa e vengono segnalati sullo schermo at-traverso tracce perimetrali dell’oggetto o apposite icone.

Se, ad esempio, su un bassorilievo sono raffigurati diversi personaggi, – ognuno

con una propria storia o un’iconografia de-gna di nota – attraverso questa applicazione sarà possibile puntare il dito sulla figura che ci interessa per accedere alle informazioni di-sponibili.

Nel caso in cui i “punti caldi” appaiano al di fuori del campo visivo della videocame-ra, saranno comunque sempre visibili delle freccette direzionali relative agli “hot spot” più vicini, governate dall’orientamento della bussola digitale in collaborazione con l’input spaziale fornito dal modulo di geolocalizza-zione satellitare.

schema dell’interfacciahot spot• freccette direzionali• layer• virtualetesto descrittivo• menù a icone•

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Tra i contenuti multimediali predispo-sti per l’applicazione potrebbero essere rea-lizzati degli appositi “layer” per mostrare in sovrimpressione ipotesi di restauro, immagi-ni schematiche delle opere, ingrandimenti di alcuni dettagli, traduzioni dei geroglifici, “fal-se visuali ai raggi X” (per mostrare, ad esem-pio, cosa si trova all’interno di un sarcofago o di una piramide o per osservare la radio-grafia di una mummia bendata), documenta-ri video o, infine, ricostruzioni interattive in tempo reale.

Esistono, ad esempio, delle ricostru-zioni in 3D del volto di alcuni faraoni famo-si, come Tutankhamun. Questa applicazione potrebbe permettere di osservare contem-

poraneamente il volto della mummia e la sua ricostruzione digitale, osservando il faraone da più punti di vista – come se si trattasse di un ologramma – semplicemente girandogli attorno.

Fig.45: La disposizione a livelli (layer) dei contenuti virtuali dell’applicazione di realtà aumentata:a) immagine reale, mediata dalla videocamera del dispositivob) primo livello supplementare con il volto della mummiac) secondo livello supplementare con la ricostruzione del volto della mummia

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La realizzazione degli oggetti di merchandising proposti per il nuovo Museo Egizio ha preso ispi-

razione dagli stessi elementi grafici dell’im-magine coordinata. La scelta degli oggetti è stata fatta sulla base della necessità, sottolineata dallo stesso presidente della Fondazione Museo Egizio, Alain Elkann, di “svecchiare” l’immagine del museo. Tra gli oggetti proposti vi sono, per cui, oltre al consueto materiale da cancelle-ria, delle cover per CD-Rom (fig.46), dei tappetini per il mouse, delle magliette e delle borse. Oggetti d’uso comune, quindi, ma, soprattutto, connessi al mondo della tec-nologia e della moda, due settori del design legati al concetto di modernità ed estetica. E se ciò non bastasse, sull’esempio dell’ogge-stica commercializzata dal British Museum, sono stati presi in considerazione anche pro-dotti tipici del luogo, come i gianduiotti, i crumiri e i baci di dama. Tutti dolci origi-nari della regione Piemonte.

Ma non è solo nella scelta de-gli oggetti che si evidenzia la volontà di svecchiare l’immagine del museo. è soprattutto il carattere moderno e scanzonato del nuovo linguaggio visivo a puntare in questa direzione. La nuo-va immagine coordinata si presta molto bene a questo tentativo di “ringiovanimen-to”. Il nuovo logo comunica professionalità e serietà, per via dell’impostazione simmetrica e stilizzata, ma anche mistero e curiosità.

Fig.46: Cover per CD Rom

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Fig.47: Magliette perso-nalizzate con la nuova grafica e il nuovo logo

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Fig.48: (a sinistra) i mousepad personalizzati con la nuova grafica e il nuovo logo del museo.

Fig.49: (in alto) le penne decorate con la grafi-ca della nuova immagine coordinata.

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Fig.50: Il packaging della confezione dei “Gianduiotti del faraone”

Fig.51: I segnalibri per-sonalizzati con la nuova grafica e il nuovo logo

del museo

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Il percorso intrapreso da questa tesi ha avuto inizio con una semplice domanda: Sarebbe possibile miglio-

rare l’offerta comunicativa del Museo Egizio di Torino ridefinendo la sua identità visiva e il suo comparto di servizi divulgativi? E come?

Il lavoro è stato sviluppato secondo un percorso di analisi, ricerca, confronto, criti-ca e riprogettazione dell’intero comparto di materiali inerenti la comunicazione visiva del Museo Egizio.

Questo approccio ha permesso di met-tere in luce pregi e difetti del materiale pre-esistente, punti di forza e mancanze, e ci ha permesso di condurre un’indagine sul conte-sto relativo al Museo Egizio, da cui trarre tutti i dati necessari per giungere al progetto di ri-definizione della sua identità visiva.

Ma non ci si è limitati alla semplice riprogettazione del materiale preesistente. È stato necessario integrare quanto già pro-dotto con elementi nuovi, fin’ora ignorati o trascurati all’interno delle strategie di comu-nicazione della gestione del museo.

Il progetto è stato quindi sviluppato ipotizzando la commissione del lavoro ad un’ipotetica agenzia di comunicazione visi-va da parte del Museo Egizio stesso. Questo espediente si è rivelato molto utile per de-scrivere i principali compiti e competenze ne-cessari per portare a termine un lavoro tanto complesso.

Com’era prevedibile, durante il proces-so progettuale sono sorte diverse problema-tiche correlate all’ingente mole di lavoro ed alla necessità di conoscenze tecniche speci-fiche per la realizzazione di alcuni dei servizi divulgativi presi in esame.

Mi riferisco, in particolare, ai servizi di visita virtuale ed alle applicazioni di realtà au-mentata proposti per integrare la comunica-zione del museo con strumenti all’avanguar-dia e tecnologie al passo coi tempi.

Le ipotesi progettuali proposte, tutta-via, si sono rivelate sufficientientemente de-scrittive per illustrare visivamente quanto si intendeva realizzare in maniera pratica. Un museo con le giuste risorse e i giusti collabo-ratori potrebbe portare a compimento quan-to descritto senza particolari problemi.

Come abbiamo avuto modo di vedere questi nuovi servizi si pongono come stru-menti complementari per la comunicazione delle conoscenze di cui il museo è portatore. Possiedono l’appeal della “novità” – con cui riescono ad attrarre l’attenzione dei visitato-ri più giovani – e forniscono un metodo effi-ciente per soddisfare il fabbisogno di edutain-ment che al giorno d’oggi caratterizza sempre più di frequente la domanda del settore.

In questo modo il museo viene in con-tro alle esigenze del visitatore, e non vicever-sa.

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Ultimo accesso il 5 giugno 2009