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Il Mosaico pag. 1 Giorno 20 dicembre 2012 si è svolto il tradizionale pranzo degli auguri con la partecipazione del Dirigente Scolastico, prof. Giuseppe De Cato, dei suoi più stretti collaboratori e di tutti gli Istitutori. E’ l’occasione creata per vivere con gioia la chiusura delle attività didattiche in prossimità delle festività natalizie, per favorire lo scambio affettuoso degli auguri di Buon Natale e Felice Anno Nuovo. A fine pranzo il convittore Vocale Antonio, come rappresentante della redazione del giornale, ha consegnato il numero di Natale de “Il Mosaico”, mentre il convittore Iorio Francesco, per il gruppo del laboratorio tecnico-pratico, ha consegnato una copia del Calendario del Convitto, anno 2013. Giorno 20 dicembre, dalle ore 16.00 alle 20.00, si è svolta la 5 a Edizione dei “Giochi sotto l’Albero”. Alle 16.00 il Dirigente Scolastico, prof. Giuseppe De Cato, dopo la consegna dei gagliardetti ai tre capisquadra, Michele Sterlacci dei “Panettieri”, Giovanni Piemontese degli “Zampognari”e Francesco Menonna dei “Taglialegna”, ha dato inizio ai giochi ideati e realizzati dal nostro Coordinatore Gerardo Marolla. I convittori sono stati impegnati nell’esecuzione di 9 giochi (Salto con scoppio,

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Giorno 20 dicembre 2012 si è svolto il tradizionale pranzo degli auguri con la partecipazione del Dirigente Scolastico, prof. Giuseppe De Cato, dei suoi più stretti collaboratori e di tutti gli Istitutori. E’ l’occasione creata per vivere con gioia la chiusura delle attività didattiche in prossimità delle festività natalizie, per favorire lo scambio affettuoso degli auguri di Buon Natale e Felice Anno Nuovo.

A fine pranzo il convittore Vocale Antonio, come rappresentante della redazione del giornale, ha consegnato il numero di Natale de “Il Mosaico”, mentre il convittore Iorio

Francesco, per il gruppo del laboratorio tecnico-pratico, ha consegnato una copia del Calendario del Convitto, anno 2013.

Giorno 20 dicembre, dalle ore 16.00 alle 20.00, si è svolta la 5a Edizione dei “Giochi sotto

l’Albero”. Alle 16.00 il Dirigente Scolastico, prof. Giuseppe De Cato, dopo la consegna dei gagliardetti ai tre capisquadra, Michele Sterlacci dei “Panettieri”, Giovanni Piemontese degli “Zampognari”e Francesco Menonna dei “Taglialegna”, ha dato inizio ai giochi ideati e realizzati dal nostro Coordinatore Gerardo

Marolla. I convittori sono stati impegnati nell’esecuzione di 9 giochi (Salto con scoppio,

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Tombolone, Pesca all’amo, anello volante, tiro al coccio, il tacchino impazzito, la pallina ballerina, tiro proibito e caccia al tesoro). A conclusione dei giochi i capisquadra hanno ritirato i premi corrispondenti ai numeri pescati dall’albero in base ai punti conquistati.

La squadra vincitrice della 5° Edizione dei Giochi sotto l’Albero” è risultata quella degli Zampognari, capeggiata da Sterlacci. Ad essa è stato consegnato un premio finale consistente in un ricco cesto natalizio.

Nei giorni 27 gennaio e 3 febbraio si è svolto il consueto appuntamento dell’Open day. Un’occasione per favorire la visita dell’Istituto e del Convitto alle famiglie degli alunni delle terze medie che sono chiamati alla difficile scelta di un indirizzo di scuola superiore. Il convittore Vocale Antonio ha collaborato con gli istitutori Marolla e Calabrese nel compito di accoglienza dei visitatori.

Giovedì 7 febbraio in Convitto si è svolta una manifestazione che ha voluto festeggiare il Carnevale in ambito scolastico. Il Coordinatore Marolla in collaborazione della prof.ssa Pirro ha

organizzato l’evento con un pranzo che ha coinvolto i convittori e un gruppo di 25 studenti

e studentesse della sezione Moda del Polo Tecnologico. I partecipanti hanno dato luogo, nel pomeriggio, ad un ballo in maschera che ha coinvolto tutti in un’atmosfera gioiosa e divertente.

Anche i convittori insieme agli altri studenti del Polo Tecnologico hanno partecipato, il 14 marzo, ad una conferenza presso l’Auditorium dell’Istituto, in via Alfieri, avente per tema “Educazione alla legalità economica per la sicurezza dei cittadini”. Relatore il capitano Samuel Bolis, comandante della Compagnia Guardia di Finanza di San Severo, che ha accolto l’invito del Dirigente Scolastico,

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Giuseppe De Cato, ad incontrare gli alunni dell’Istituto. L’intento dell’iniziativa quello di far comprendere ai giovani l’importanza e della “convenienza” della legalità in campo economico-finanziario e della sua influenza sul piano sociale. Nel corso dell’incontro si è parlato del ruolo e dei compiti della Guardia di Finanza con una particolare riflessione su quei luoghi comuni, presenti in alcuni contesti socio-culturali, che proiettano un’immagine distorta del valore della “sicurezza economico-finanziaria” e della missione del Corpo stesso.

Il 15 marzo presso l’Auditorium del Polo Tecnologico si è svolta una Giornata Studio sul tema “La Viticoltura in Capitanata: Gestione nutrizionale, Fitopatie in atto, Difesa e Legislazione a protezione dell’Ambiente”. L’evento è stato promosso ed organizzato dal dott. agronomo Giovanni Basso del Direttivo ADAF di Foggia e dalla dott.ssa Antonia Carlucci del Dipartimento SAFE dell’Università di Foggia. Dopo l’intervento del prof. Giuseppe De Cato che, in qualità di Dirigente Scolastico del Polo Tecnologico, ha fatto sì che tale iniziativa si svolgesse presso l’Auditorium dell’Istituto, sono iniziati i lavori dell’assemblea moderati dal prof. Ettore Basso, Presidente dell’Associazione Dottori in Agraria e Forestali della provincia di Foggia.

Il tema essenziale della giornata studio quello della viticoltura in Capitanata. I vari interventi si sono focalizzati sulle più importanti problematiche agronomiche di natura gestionale e sulle più recenti conoscenze in termini di difesa delle piante della vite. In particolare, la Dott.ssa Antonia Carlucci, Ricercatrice di Patologia Vegetale, ha esposto i primi risultati di una ricerca dal titolo “Studio e definizione delle sindromi del complesso del Mal dell’Esca della vite in Capitanata”, ricerca che è stata realizzata grazie al finanziamento ottenuto dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Puglia. L’avv. Alessandro Basso ha curato un approfondimento sulle leggi e le norme per la salvaguardia dell’ambiente. Le conclusioni sono state affidate al professor Emanuele Tarantino ordinario di Agronomia presso l’Università di Foggia. Alla giornata studio hanno assistito anche gli alunni dell’Istituto, tra cui alcuni convittori che, in quanto frequentanti l’indirizzo agrario, hanno particolarmente apprezzato i contenuti esposti. A fine lavori il Presidente Ettore Basso e i relatori hanno pranzato presso la sala ristorante del Convitto.

Di Nunzio Michele, Piemontese Giovanni, Finizio Matteo, De Cicilia Antonio, Menonna Francesco e Sterlacci Michele sono i convittori che hanno partecipato, con gli altri alunni delle classi 4a e 5a dell’indirizzo agrario, allo stage di “agricoltura biologica e biodinamica”, presso l’Azienda Desiderio di Termoli. Lo stage si è svolto dal 25 marzo al 15 aprile con la permanenza in Azienda dal lunedì al sabato. Una pausa in occasione delle vacanze pasquali.

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Alle lezioni teoriche in aula si sono alternate attività pratiche volte all'acquisizione delle tecniche per l'agricoltura biologica e biodinamica. L’Azienda, affermatasi in tale settore, è diventata una qualificata promotrice di tale tecnica agricola diventando la sede apprezzata di stage per studenti dell’indirizzo agrario del circondario.

E’ dall'inizio degli anni '80 che l'Azienda è passata dall'agricoltura convenzionale a quella biologica e biodinamica: un metodo di agricoltura che elimina completamente l'utilizzo di prodotti chimici o di sintesi, rendendo l'azienda conchiusa in sè stessa, con l'utilizzo di preparati biodinamici preparati nella stessa Azienda. Un approfondimento si può trovare in un articolo successivo del giornale curato dal convittore Piemontese.

Il 25 marzo e l’8 maggio si sono svolte in Convitto altre due sessioni delle attività di “Peer Education” Dopo la prima del 12 e 13 dicembre 2012, è seguita la 2a sessione che è stata

riservata esclusivamente ai convittori. Quella dell’8 maggio invece è stata allargata, come la prima, a tutti gli Istituti del comprensorio.

Quest’ultima ha segnato la conclusione delle attività annuali dei vari gruppi di docenti ed alunni che hanno operato al progetto di cui abbiamo parlato diffusamente nel numero di Natale del Giornale rimarcandone le finalità e le iniziative attuative.

Da diversi anni la città di San Severo e quella di Bourg en Bresse, cittadina francese situata vicino Lione, portano avanti un progetto di gemellaggio molto intenso. Questa volta è toccata ad una scolaresca di 24 alunni del Collegio Saint-Pierre di Bourg-en-Bresse, fare tappa a San Severo per uno scambio interculturale con la scuola media “Giovanni Palmieri”. Uno scambio di esperienze e un confronto finalizzato ad ampliare gli orizzonti dei giovani studenti, ma anche a promuovere il territorio Dauno, la sua cultura e le sue tradizioni.

A tal fine nell’ambito delle attività, poste in essere per l’occasione, sono stati anche realizzati, presso il Museo dell'Alto Tavoliere di San Severo, due laboratori didattici: il primo riguardante “gli antichi mestieri e le tradizioni di San Severo”, il secondo “i Dauni ed il patrimonio archeologico del territorio di San Severo”. Tutto questo ha attinenza con il Convitto del “M. Di Sangro”? La risposta è si! In questa occasione il Convitto, ancora una volta si è dimostrato risorsa essenziale per il territorio.

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Infatti, dal 2 al 9 aprile, i tre docenti accompagnatori, la prof.ssa di spagnolo Pastorino-Martinez, la prof.ssa di francese Galand, il prof. di matematica Charbouillot, sono stati ospitati presso la Foresteria del Convitto per il servizio di pernottamento e colazione. L’ultimo giorno di permanenza gli stessi docenti hanno voluto sperimentare anche la nostra cucina fermandosi a pranzo con i colleghi italiani.

Una delegazione della Turchia composta dagli insegnanti Ayçin Girgin, Ayşe Berna Çaliş, Gülşen Sever, Celile Küçüker, Güler Güllü, Serhan Güllü, Erkan Erol, Metin Karasu, è stata ospitata in Convitto da domenica 7 aprile a domenica 14 aprile.

Durante il loro soggiorno gli insegnanti hanno avuto modo di conoscere la cucina italiana gustando alcuni piati tipici preparati dagli chef del Convitto, Delle Vergini Ottavio, Californi Salvatore e Scarano Annamaria. Tutto il personale, in particolare i collaboratori scolastici D’Errico Aldo e Nardella Pasquale, si è adoperato per rendere la loro permanenza la più serena e confortevole. Lo scopo del soggiorno quello di promuovere un fruttuoso scambio culturale con tale Paese. Il Dirigente Scolastico, prof. Giuseppe De Cato, promotore di questa iniziativa, è sicuro che tutto ciò ha contribuito, tra l’altro, ad

accrescere il bagaglio culturale degli studenti, che hanno potuto confrontarsi con insegnanti di un altro territorio.

Prima tappa del programma l’incontro con il sindaco di San Severo, Gianfranco Savino, che li ha omaggiati consegnando loro un gagliardetto e delle medaglie a ricordo della città. Gli insegnanti hanno ricambiato donando agli amministratori una confezione di dolci tipici della Turchia. Successivamente la delegazione è stata accompagnata per un tour per le vie del centro storico con tappa al Museo dell’Alto Tavoliere e al Teatro “G. Verdi”. Tra le iniziative poste in atto, due appuntamenti per un corso base di approccio reciproco alle lingue, italiana e turca. Inoltre gli studenti dell’indirizzo “Moda”, hanno permesso agli insegnanti stranieri di conoscere anche la moda italiana, mettendo in scena una vera e propria sfilata lungo i bordi della piscina dell’Istituto, in via Alfieri, sfilando con abiti disegnati dagli alunni. Gli insegnanti turchi, apprezzando l’iniziativa, si sono poi improvvisati accompagnatori, sfilando a bordo vasca con gli stessi studenti in un clima allegro e gioioso.

La delegazione turca ha anche avuto modo di visitare il nostro territorio con escursioni a Apricena, Sannicandro Garganico, Torre Mileto, Rodi Garganico, Peschici, San Giovanni Rotondo e Monte Sant'Angelo. Questo potrebbe consentire in futuro agli insegnanti turchi di

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promuovere viaggi di istruzione dei loro studenti alla scoperta del territorio Dauno.

In base alle note comportamentali risultanti dalle cartelle personali dei singoli convittori il Collegio degli Istitutori ha provveduto alla compilazione delle graduatorie di merito mensili con l’individuazione dei vari convittori del mese. Essi sono risultati: Menonna Francesco, Demaio

Giancarlo, Iannelli Antonio, Vocale Antonio, Lombardi Fabrizio e Iorio Francesco. In base al Regolamento di Convitto (art. 9.4) i suddetti convittori riceveranno specifico riconoscimento formale da parte del Dirigente Scolastico. Inoltre essi sono entrati di diritto nel Team di Supporto Educativo presieduto dal Coordinatore Marolla. Gli stessi hanno usufruito del beneficio convittuale straordinario, denominato “Free-day”: una giornata che hanno vissuto al di fuori degli schemi ordinari che regolano la vita convittuale, inoltre hanno potuto beneficiare di un pranzo speciale con menù scelto dal vincitore che ha, per l’occasione, individuato un convittore come suo commensale. I suddetti convittori costituiscono la rosa di candidati all’elezione del “Convittore dell’anno” la cui proclamazione avverrà nel corso della Manifestazione di fine anno. Nella riunione del Collegio del Personale Educativo del 9 maggio è stato individuato il

vincitore. Ovviamente nulla è dato sapere circa il nominativo prescelto in quanto la comunicazione, come detto, avverrà il 29 maggio in occasione della già citata Manifestazione.

E’ notizia dell’ultima ora circa lo svolgimento di una delle giornate dedicate alla Scoperta del Territorio. Si parla di Torre Mileto alle porte del Gargano. Una tappa è prevista a S. Nicandro. Notizie più dettagliate le riporteremo sul prossimo numero del Giornale.

Vi riportiamo i risultati, comunicati dagli Istitutori responsabili, di alcune delle varie attività svolte durante l’anno scolastico e che saranno oggetto di premiazione durante la Manifestazione di fine anno.

1° posto: De Cicilia Antonio 2° posto: Finizio Vincenzo 3° posto: Belpedio Michele 4° posto: Lombardi Fabrizio

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1° posto: Lepore A. – Ritucci E. 2° posto: De Cicilia A. – Piemontese G. 3° posto: De Carlo G. – Saccone V. 4° posto: Belpedio M. – Colacrai S.

1° posto: De Cicilia Antonio 2° posto Ciccone Ciro 3° posto: Sterlacci Michele 4° posto: Palatella Francesco

1° posto: The Untouchables 2° posto: I Flinstones 3° posto: One Piece

1° posto: Sterlacci Michele 2° posto D’Antuono Carlo 3° posto: Luminoso Luigi 4° posto: Finizio Vincenzo

1° posto: Pazienza – Luminoso- Circelli/Ciccone - Marucci 2° posto: Finizio V. – Sterlacci – Menonna - Ritucci 3° posto: De Cicilia – Di Nunzio – Finizio M. - Piemontese

Mercoledì 29 maggio si terrà la consueta Manifestazione di fine anno con la partecipazione delle famiglie dei convittori.

Si procederà alla premiazione dei vincitori dei tornei ricreativi e sportivi di cui sopra, alla consegna degli attestati di frequenza ai corsi formativi svoltosi nell’ambito convittuale durante l’anno scolastico, e alla proclamazione del Convittore dell’anno 2012-13. Nel corso della Manifestazione si svolgerà una parentesi musicale curata dal Mo Alessandro Martucci con l’esibizione di alcuni convittori che hanno frequentato il Laboratorio Musicale: Finizio Vincenzo, D’Antuono Carlo e Lepore Antonio. Seguirà un ricco buffet allestito dal personale di cucina del Convitto.

Un saluto affettuoso a ..... Francesco M. e Michele S.

Cari amici, Michele e Francesco, a luglio, con la fine degli esami di Stato si concluderà la tappa del percorso formativo iniziato alcuni anni fa. L’augurio è quello che la conclusione della vostra esperienza scolastica avvenga nel segno delle vostre aspettative e delle vostre speranze, di ricevere la giusta risposta agli sforzi profusi. In bocca al lupo ragazzi!

Rivolgiamo un affettuoso saluto a tutti gli istitutori, Giovanni Carugno, Giuseppe Calabrese, Domenico Ferrucci, Gerardo Marolla, Donato Rispoli e Pasquale Niro. Un ringraziamento a tutto il personale ata, Ottavio Delle Vergini, Salvatore Californi, Annamaria Scarano, Michele Siena, Antonio Pacilli, Aldo D’Errico, Pasquale Nardella, Giovanni La Sala, Alessandro Martucci, Gianfranco Conga, M. Canzio e Annalisa Bertozzi. Tutti si sono prodigati in vario modo per rendere il nostro soggiorno gioioso, confortevole e costruttivo.

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Nel notiziario si è accennato all’esperienza formativa vissuta da un gruppo di studenti dell’indirizzo agrario, a Termoli, presso l’Azienda “Desiderio” dove da anni si conduce un tipo di agricoltura definita “biodinamica”. L'agricoltura biodinamica è praticata in tutto il mondo: esiste una Associazione per l'Agricoltura Biodinamica che organizza corsi, fornisce consulenze e lavora per la promozione del metodo biodinamico. Buona parte delle aziende che producono secondo questo metodo vendono i loro prodotti con il marchio collettivo e internazionale DEMETER, secondo il relativo disciplinare di produzione. Le basi teoriche di tale agricoltura sono dovute

a Rudolf Steiner, filosofo austriaco di fine ottocento, noto per le sue applicazioni in campo medico, pedagogico, economico, agricolo e artistico. Fu lui a dare le indicazioni su un modo diverso di coltivare in un momento in cui

l'agricoltura convenzionale, nata nel 1860 (l'apertura della prima fabbrica di concimi fosfo-potassici è del 1855 e la concimazione azotata viene introdotta subito dopo la prima guerra mondiale), cominciava a produrre i primi disastri: gli animali nutriti con i fieni concimati con prodotti chimici perdevano di fertilità, i terreni diventavano sempre più poveri e la qualità degli alimenti degenerava rapidamente. Era il 1924 e un gruppo di importanti proprietari terrieri della Germania orientale, chiese a Steiner come intervenire sulla vitalità dei terreni. Il risultato fu una serie di conferenze, che oggi sono raccolte nel libro "Impulsi scientifico-spirituali per il progresso dell'agricoltura". Conferenze che non vennero divulgate fino a che ricerche e prove sperimentali su campo non hanno dimostrato che il metodo funzionava. Gli obiettivi della biodinamica non sono diversi da quelli dell'agricoltura tradizionale: - mantenere la terra fertile;

- mantenere in buona salute le piante; - accrescere la qualità dei prodotti; sono le metodologie attuative che sono diverse. L’agricoltura intensiva impiegando concimi chimici in modo massiccio, sconvolge il bilancio energetico del terreno ed impedisce di

conseguenza la formazione di un humus completo, vitale e risanatore. L’eccesso di questi prodotti azotati, oltre a rovinare i terreni distruggendo l’humus vitale facendo nascere le piantine deboli che sono molto più facilmente aggredite da parassiti, microrganismi (funghi e batteri), inquina anche le falde acquifere. Infatti il metodo biodinamico considera ogni sostanza come un binomio di materia e forza vitale; più una sostanza è diluita più ha effetto sugli organismi con cui viene a contatto. Il principio è simile a quello che sta alla base dell'omeopatia. Oltre a recuperare pratiche tradizionali, quali il sovescio e la rotazione delle colture, l'agricoltura biodinamica si basa su una serie di "preparati" che funzionano come vere medicine per il terreno e per le piante.

L'irrorazione del terreno con tali preparati

Natura amica

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deve seguire tempi determinati legati ai cicli lunari. Ne risulta un progressivo risanamento del terreno, con un aumento di humus stabile, e una qualità superiore dei prodotti. Esistono di due tipi di preparati: da spruzzo e da cumulo. I preparati per il compostaggio, "da cumulo", vengono aggiunti al cumulo di materiale da compostare, al fine di facilitarne la decomposizione in humus e terriccio. I preparati da cumulo sono in tutto sei e sono ottenuti a partire da erbe officinali ognuna fatta compostare o macerare in condizioni ambientali particolari e impiegando come

contenitori parti dei corpi di animali. Questo perché, sempre secondo la teoria delle forze vitali, ambiente e contenitore influenzano le caratteristiche del materiale finale. I preparati “da spruzzo” sono invece solo due, "cornosilice", a base di quarzo macinato, e "cornoletame", a base di letame bovino. In questo caso il contenitore che serve alla loro preparazione è il corno del medesimo animale. Le corna vengono svuotate e riempite con quarzo o letame, e sotterrate per sei mesi. Trascorso questo periodo il preparato può essere conservato per diverso tempo. Il cornosilice viene spruzzato sulle piante e ne stimolerebbe la fruttificazione e i processi legati alla fotosintesi e alla luce. Il cornoletame viene spruzzato sul suolo e ne aumenterebbe il contenuto in humus, agendo di conseguenza sullo sviluppo radicale e sulla nutrizione della pianta. Da quanto appena detto diventa indispensabile che l’azienda agricola biodinamica ideale debba

avere anche un allevamento di bestiame che fornirebbe il “concime” utile per tali preparati. Tutti i preparati vengono usati in piccolissime quantità, quelli da spruzzo vengono distribuiti dopo essere stati "dinamizzati", ossia mescolati secondo un certo metodo e per un certo tempo. L'irrigazione del terreno deve seguire un vero e proprio rituale (movimenti circolari, tempi definiti, ecc..) e viene data grande importanza alla posizione degli astri seguendo un calendario simile, nel fondamento, a quello astrologico. Infatti gli steineriani Lilly Kolisko prima e Maria Thun in seguito, avrebbero, a loro dire, evidenziato l'esistenza di relazioni fra l'esito delle coltivazioni e la posizione della luna e di altri pianeti al momento dell'operazione

colturale svolta. Maria Thun pubblica ogni anno un calendario delle semine, basato su effemeridi diverse da quelle astrologiche, nel quale illustra l'esito degli ultimi studi e indica i momenti critici per il buon esito delle operazioni agricole.

Giovanni Piemontese

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Il Parco Nazionale della Sila è stato istituito nel 1997 riunificando i due nuclei del preesistente Parco della Calabria, sorto nel 1967. Esso occupa una superficie di 73.695 ettari e include due aree: la prima, la più estesa, situata a nord in provincia

di Cosenza, la Sila Grande, l'altra, a sud, nelle province di Catanzaro e Crotone, la Sila Piccola.

Si tratta di un vasto altopiano ondulato, con un'altitudine media di 1.200-1.400 m., ricoperto da vaste distese di boschi e con diversi bacini d'acqua, sia naturali che

artificiali: il Lago di Cecita, posto a 1.280 m di quota, e ricco di trote, il Lago di Ariamacina, il Lago Votturino, il Lago Arvo, il Lago Ampollino. Il nome viene dal latino “silva”, a testimonianza della grande ricchezza di foreste che un tempo ricoprivano il territorio e che oggi sono notevolmente ridimensionate in seguito allo sfruttamento intenso subito nei secoli (a partire dall'epoca romana), che ne ha alterato l’aspetto originario. Secondo recenti studi condotti da Stefano

Montanari, direttore del Laboratorio Nanodiagnostics di Modena, in Sila e, nello specifico, nel villaggio di Tirivolo, una località di Zagarise, ai piedi di Monte Gariglione, si

respirerebbe l'aria più pulita d'Europa. Il paesaggio silano è caratterizzato da una pluralità di ambienti che vanno dal tipo montano a quello collinare, da quello pianeggiante suddiviso in alluvionale, vallivo e a terrazze, a quello agrario, frutto dell’intervento dell’uomo. Alle altitudini superiori ci si imbatte nelle faggete, la specie forestale predominante. In vaste zone, il faggio lascia posto all'abete bianco. Tra le altre specie arboree ed arbustive che si incontrano alle quote più alte, ricordiamo il pioppo tremulo, il tiglio, l'acero napoletano, l'acero di Lobel, l'acero montano, l'agrifoglio, il ciliegio selvatico. Il pino laricio, un albero che raggiunge talvolta età venerande e dimensioni eccezionali, popola l'intero

Alla riscoperta dei Parchi

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altopiano con formazioni pure o in associazione con il faggio e l'abete bianco. In località Fallistro ci sono gli esemplari più imponenti, i cosiddetti "giganti della Sila": cinquantatre piante, compresi cinque aceri montani di circa 450 anni d'età. Nel Vallone Cecita e sul Gariglione, sotto le faggete, vive l'orchidea a nido d'uccello che, essendo priva di clorofilla, non ha foglie verdi e fiorisce in luglio-agosto. Nei pascoli predominano le graminacee sulle leguminose e sulle composite. Il sottobosco risulta povero e vi si trovano solo poche piante erbacee tra le quali predomina la felce aquilina che da sempre viene usata dai pastori silani per confezionare mozzarelle e ricotte. Da ricordare la presenza anomala della Genista anglica, in gergo detta "ciciarella", una specie che oltre che in Calabria vive solo sull’Atlantico, lungo le coste che si estendono dal Portogallo alla Danimarca. Segue l'alta macchia mediterranea con il corbezzolo, i cisti, la ginestra di Spagna, l'erica, il ginestrone, la ginestra spinosa. Sono ben rappresentati gli uliveti e i vigneti coltivati su terreni sistemati a terrazzamenti. Non mancano i querceti (roverella, cerro, farnia, rovere) e i castagneti, anch'essi sistemati a terrazze o a lunette. La fauna della Sila, un tempo ricchissima, è oggi ridotta sia come numero di specie

rappresentate sia come numero di esemplari. Tuttavia il lupo annovera qui un branco tra i più numerosi d'Italia, con una trentina di capi. Il cinghiale è presente numeroso mentre il capriolo risulta geneticamente contaminato dalle immissioni di esemplari provenienti da altre regioni, il daino e il cervo, reintrodotti dall'uomo. Nei grandi tronchi cavi degli alberi più vecchi hanno la loro tana martore e gatti selvatici; molto diffusi, la faina, la volpe, la

donnola, il ghiro e lo scoiattolo, noto come "zaccanella" o “zaccanedda". Le lontre popolano ancora le rive di alcuni affluenti del lago di Cecita. Anche gli uccelli sono ben rappresentati, con specie importanti come l'aquila reale e il capovaccaio, seppure non facilmente avvistabili; fra i rapaci, il biancone,

l'astore e il gufo reale; nell'area nidifica anche il picchio nero. Il lago di Cecita è diventato invece luogo di richiamo per molti uccelli acquatici, in primo luogo anatidi e ardeidi (aironi), che svernano, e in alcuni casi nidificano, sulle sue rive. Le acque dei fiumi sono popolate dalla trota, il triotto e il cobite comune. Fra gli anfibi si annoverano la salamandra, la salamandra pezzata e numerose rane fra cui la raganella, la rana verde e la rana appenninica. Fra i rettili è rilevante la presenza della vipera comune con tre esemplari: a dorso grigiastro, a dorso scuro e ventre chiaro, e quello completamente nero. Altri rettili sono il ramarro, il saettone occhirossi, il biacco ed il colubro liscio. Nel Parco Nazionale della Sila sono stati predisposti una serie di Centri Visita, strutture dove ottenere informazioni utili per orientare la visita nel Parco, e Musei Tematici, Multimediali ed Interattivi. Sul territorio è presente una ricca rete di sentieri (62 circa) per favorire la scoperta del Parco a piedi o in mountain bike. Apposite segnaletiche indicano la località, la quota, il tracciato con le sue caratteristiche e il suo livello di difficoltà, i tempi di percorrenza, la presenza di luoghi di particolare interesse, i punti di rifornimento per l'acqua. Diverse le tipologie di itinerari: i panoramici, i naturalistici, gli storici-artisitici, i religiosi. Tra questi ultimi interessante è quello denominato “itinerario Gioachimita”. E’ un

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viaggio, della durata di un giorno, attraverso i luoghi sparsi sulla Sila che testimoniano il passaggio di un grande monaco del medioevo e di un infaticabile camminatore, Gioacchino da Fiore: abbazie appollaiate su alture, eremi nascosti nei boschi, solitari luoghi di preghiera e la casa natale di Celico. Altre attività sono favorite all’interno del Parco come escursioni a cavallo, presso i numerosi maneggi; sci di fondo e discesa (nei centri turisitici di Carlomagno e di Lorica e di Camigliatello Silano; sci da discesa;

orienteering; vela e canoa presso il lago Arvo e Ampollino; torrentismo e canyoning; tiro con l'arco; bio e bird-watching presso il lago Ariamacina; l’esplorazione del territorio con il Trenino del Parco.

Il Parco della Sila ospita al suo interno numerose aziende agro-silvo-pastorali che concentrano le loro attività in un'agricoltura specializzata. I terreni della Sila sono da sempre favorevoli ad alcune coltivazioni quali ortaggi e frutti (specie le mele), e soprattutto per la coltivazione della patata nella varietà della patata silana alla quale è stato riconosciuto il marchio I.G.P. nel 2010. La patata insieme ai funghi, di cui la Sila è la zona d'Italia più ricca con Camigliatello Silano che è il più importante

mercato di funghi d'Italia, sono gli elementi che più contraddistinguono la gastronomia della Sila e dei comuni del Parco in generale.

In Sila vige ancora l'uso della transumanza e dell'alpeggio, e l'allevamento dei bovini si presta soprattutto alla

produzione casearia di alcuni formaggi quale la provola, il burrino, e soprattutto del Caciocavallo Silano, formaggio che ha conseguito il marchio D.O.P., uno dei più antichi formaggi del sud Italia a pasta filata. Della categoria dei formaggi fanno parte anche le ricotte, le caciotte e le giuncate. Ampia è anche la produzione di salumi di alta montagna e dell'uso di prodotti derivati dal tipico suino nero di Calabria, quali salsicce, pancetta, soppressate e capocollo. Significativo è l'uso dei prodotti della terra quali i farinacei per la produzione del Pane della Sila, le castagne e le noci per la composizione di alimenti come il pane di castagne o la pitta 'mpigliata, dolce tipico natalizio. Fra i Centri che ricadono nel perimetro del Parco, i più rilevanti di carattere storico ed artistico è da menzionare Taverna, con il museo del Mattia Preti e le chiese di San Domenico (XVII sec.) e Santa Barbara. Altro centro storico di rilievo e ricco di arte e di storia è quello di Rossano, che ospita l'antica Chiesa di San Marco di origine bizantina, la Cattedrale di Maria Santissima Achiropita e numerosi palazzi nobiliari, mentre fuori l'antico

centro storico si trova l'Abbazia di Santa Maria del Patire del XII secolo. San Giovanni in Fiore è il centro

principale della Sila, e possiede uno dei centri storici più estesi della Calabria, ricco di chiese e palazzi signorili, tra cui merita di essere ricordata l'antica Abbazia Florense del XII secolo. Da citare anche il santuario della Santa Spina di Petilia Policastro del XVIII secolo.

Michele Nardella

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Il Mosaico pag. 13

A Volturino, piccolo comune dei Monti Dauni settentrionali, si ripete ogni anno, per l’intera mattinata della prima domenica di maggio, la traslazione della Madonna di Serritella dal suo santuario, situato nell’omonimo borgo rurale, fino alla Chiesa

Badiale di Santa Maria Assunta che si trova al centro del paese. La devozione alla Madonna della Serritella si è consolidata nel tempo a partire da un evento che ha segnato la storia di Volturino. Il 12 luglio il brigante Pasquale Recchia, di Volturara Appula, detto Pasqualillo, saccheggiò Volturino. Il Generale Cialdini, di stanza a Foggia, andò su tutte le furie affermando che la città di Volturino non aveva opposto alcuna resistenza insinuando la possibilità che ci fosse, invece, qualche connivenza tra i cittadini e i briganti. Quindi decise che Volturino dovesse essere distrutta dalle fondamenta. Gli incaricati dell'operazione furono trecento uomini, tra bersaglieri e cavalleggeri, al comando del Maggiore Farini. La truppa, a marcia forzata, mentre si dirigeva contro Volturino, giunta alla chiesetta di Serritella, borgo rurale ai piedi del paese, fu costretta a fermarsi, perchè i cavalli, nonostante gli incitamenti, si sdraiarono al suolo e si rifiutarono di proseguire. Molti cercarono nella piccola chiesa conforto dal caldo e dall'arsura. All'improvviso un brivido scosse gli uomini stanche e assetati: la Madonna dall'alto della sua nicchia, li guardava con occhi minacciosi. Il maggiore Farini interpretò che era volontà della Madonna che Volturino venisse risparmiato. Con diverso animo i soldati si arrampicarono sulla montagna e giunsero in un paese quasi deserto perchè i cittadini, in preda al panico

erano fuggiti per le campagne. Grande fu la commozione dei soldati, quando, nella Chiesa Badiale videro ilare e sorridente quella stessa statua delle Vergine che nella Cappella di Serritella li aveva accolti con lo sguardo pieno di minaccia. La notizia del fausto evento si divulgò e gli abitanti fecero ritorno alle proprie case. Clero, popolo, soldati si prostrarono dinanzi alla Madonna di Serritella, gridando al miracolo. La statua, con caratteristiche che ricordano la scuola greco-bizantina, è alta 95 cm. in legno di cedro, e ritrae la Madonna, seduta su uno sgabello ligneo, recante nella sinistra il Bambino Gesù e nella destra una preziosa corona di spighe d’oro. Svestita si presenta dipinta con una veste di colore rosso cupo e il mantello dipinto di azzurro e tempestato di stelle dorate. Alla vigilia della festa si pongono addosso ricchissime vesti di seta bianca con ricami d’oro e numerose collane d’oro offerte dai devoti. E’ dal 1774 che Volturino onora la sua Patrona con due solenni feste popolari di rinomata fama: quella della prima “domenica di maggio” e quella “dell’8 settembre”. Fino agli anni 60 gruppi di giovani, alla guida di cavalli bardati a festa con nastri colorati (la “cavallereccia”) si muovevano dinanzi alla processione per annunciare al paese l’arrivo della Vergine Patrona. Seguiva la graziosa

Antiche tradizioni

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Il Mosaico pag. 14

“Cavalcata degli Angioli”, costituita da un lungo corteo di cavalli, muli, buoi in doppia fila, sfarzosamente bardati, recanti sul dorso bimbi vestiti da angioletti e santi. Dal 1960 i giovani cavalieri e la cavalcata degli Angioli sono stati sostituiti dai carri allegorici trainati da trattori. Ed è questa sfilata di scenografici carri numerati e addobbati con fiori e popolati di figuranti umani che costituisce l’espressione più significativa e folcloristica dei festeggiamenti in onore della Madonna. Sono carri a sfondo religioso che vedono impegnati i fedeli, giovani ed anziani, per diversi giorni che precedono il giorno di festa. Elemento predominate di questi carri è l’addobbo floreale. Per questo motivo il giorno precedente la processione si lavora fino a tarda notte, proprio per incastonare le migliaia di fiori sulle varie strutture portanti allestite sui suddetti carri. La mattina della festa, alle 6.30, spari di mortaretti segnano l’inizio dei festeggiamenti. Al termine della Santa Messa delle 9.00 la statua della Madonna viene condotta in braccio, tra l’omaggio dei fedeli e lo spettacolo pirotecnico, fino allo scenografico carro su cui viene sistemata. I carri, il cui numero varia di anno in anno, in genere si aggira sulle 15 unità, nel frattempo si sono già mossi secondo un

ordine che viene stabilito, qualche tempo prima, con un apposito sorteggio. A questi fa seguito il carro dell’oro, col baldacchino e la teca contenente gli ex-voto in oro e preziosi, offerti dai fedeli, e quello con la

statua di San Michele arcangelo (di cui si festeggia l’Apparizione il giorno 8 maggio). A seguire sfila la banda musicale, il parroco tra due chierichetti ed infine il carro con la statua

della Madonna di Serritella. I fedeli seguono a piedi lo spettacolare corteo che si muove lentamente, accompagnato dalle note del concerto bandistico e dai rintocchi alterni delle campane, attraverso un percorso di circa 6 km., tortuoso e che si snoda in salita, in cima alla quale è il paese, costeggiato da paesaggi collinari circostanti ricoperti in prevalenza dal grano ancora verde intenso e punteggiati da antiche case coloniche. L’ingresso nel paese, che avviene nel pomeriggio, è un vero trionfo: il clero, le Confraternite, il sindaco, ricevono il venerato Simulacro e la processione si dirige alla Chiesa Badiale, dove un sontuoso trono accoglie l’augusta Patrona. La Madonna di Serritella rimane esposta alla venerazione dei volturinesi all’interno della Chiesa Badiale di Santa Maria Assunta fino al ritorno al suo Santuario che avrà luogo, accompagnato da un unico carro, la domenica successiva all’otto settembre.

Francesco Iorio

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Il Mosaico pag. 15

A dicembre è stato realizzato il Calendario del Convitto, anno 2013, dal tema “I piatti tipici del nostro territorio”. Questa iniziativa condotta dal Coordinatore Gerardo Marolla ha visto la partecipazione di alcuni convittori che si sono impegnati a raccogliere informazioni e ricette sui piatti tipici dei paesi di residenza. In tale attività fondamentale è stato il contributo di diverse mamme che hanno accettato volentieri di partecipare a tale lavoro di ricerca. In questo articolo si vuole proporre all’attenzione dei lettori quella parte che fa da introduzione al Calendario. La gastronomia che caratterizza le nostre zone di provenienza ha caratteristiche comuni a quella dell’intera provincia di Foggia, sebbene non manchino piatti che, per la loro specifica preparazione o per qualche ingrediente distintivo, acquistano una particolare originalità che li fa diventare piatti tipici di questa o quella località. Elemento centrale della nostra gastronomia è il pane. Esso viene utilizzato, ad esempio, per la bruschetta (pane raffermo abbrustolito) o l’acqua-sale (pane ammorbidito nell'acqua), condito con gli elementi più caratteristici, pomodori, cipolla cruda tagliata, origano ed olio di oliva, o, nel caso della bruschetta tradizionale, soltanto con olio di oliva, dopo aver strofinato sul pane uno spicchio di aglio crudo. Il pane è l’ingrediente principale del

saporitissimo pancotto dove, nella versione più semplice, si usa mangiarlo condito con olio di oliva, verdure selvatiche e patate.

La verdura, soprattutto quella selvatica, costituisce uno dei piatti forti della cultura

gastronomica locale. Veniva raccolta assieme a funghi, rane, allodole, lumachine di terra, dai contadini locali abituati a vivere prendendo dalla natura tutto ciò che

di spontaneo e selvatico questa ha da offrire. Da ricordare le cicorie selvatiche, condite con la purea di fave, i cardoncelli con l'agnello e l'uovo, la minestra maritata, in cui scarola, cicoria, sedano e finocchietti, vengono cotti in brodo di carne e insaporiti con pancetta di maiale soffritta e abbondante pecorino

grattugiato. Naturalmente, anche la pasta è un pilastro fondamentale: la pasta fatta in casa era sulle antiche tavole una necessità più che una virtù, come dimostra l’antica e suggestiva tradizione della pasta di grano arso. In passato, dopo che le stoppie venivano bruciate, i contadini raccoglievano i chicchi bruciati rimasti sul terreno e ne ricavavano farina. Oggi quel sapore si ottiene con un procedimento di tostatura del grano. Dalla farina ottenuta da questo grano si ricavano paste e pizze dal gusto intenso. La si usa soprattutto per confezionare i cicatelli da mangiare senza eccessivi condimenti proprio per esaltarne il sapore: pomodoro fresco,

Antiche tradizioni

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l'immancabile olio di oliva, ricotta dura grattugiata. Si può dire che ogni verdura raccolta nel Gargano o nel Subappennino trovi un suo abbinamento con la pasta, in un primo che offre non solo sapori suggestivi, ma anche un trionfo di colori. La tradizione vuole che le verdure (finocchietti, patate e rucola, marasciuoli, cime di rapa, cavoli, asparagi) vengano accompagnate da pasta corta, come appunto i cavatelli, o gli strascinati, che sono una versione particolare delle orecchiette, condita a volte con pomodori, a volte senza. Fanno eccezione alla regola della pasta corta i funghi, che in provincia sono presenti in numerose varietà, sia nel Gargano che nel Subappennino. Il tipo di pasta che meglio li accompagna sono i troccoli o lindorci, una sorta di spaghetti piuttosto spessi che si ottengono incidendo una sfoglia di pasta di semola con uno speciale attrezzo dello “troccolaturo o l’ndorc". Troccoli ed orecchiette si abbinano molto bene

con il ragù d'agnello, reminescenza della pastorizia e della transumanza. Poiché, in passato, la carne giungeva in tavola soltanto nei giorni di festa, la cucina nostrana trovava il modo di nobilitare ingredienti poveri, come le

budella o la pancetta d'agnello. Infatti i torcinelli sono un capolavoro di pazienza e di ingegno: le budella di agnello vengono laboriosamente lavate e risciacquate, quindi avvolte su un ripieno a base di fegato e polmone, abbondante prezzemolo, formaggio e cotte sulla griglia. Quelli di formato più piccolo sono ideali per la cottura alla brace, quelli più grandi vengono cotti in forno con patate. Altrettanto ingegnosa la pancetta di agnello che viene trasformata in una specie di tasca e riempita con uova, formaggio pecorino, prezzemolo. Legata per impedire che il ripieno fuoriesca, si pone a cuocere in abbondante sugo di pomodoro:

il ragù che si ottiene è ottimo anche per condire la pasta. Vanno ricordate anche le ciambrachelle o ciammaruchelle (la carne dei poveri), piccole lumache che si trovano nei campi non coltivati, soprattutto dopo le piogge. Si mangiano, dopo averle "spurgate" per qualche giorno ed averle lessate, condite con sugo di pomodoro fresco o con olio, aglio e menta fresca tritata. Frequenti nella nostra tradizione culinaria i piatti unici: quasi tutte le paste alimentari al ragù o al sugo (la pasta al sugo di agnello, agli involtini di carne di cavallo, al ragù con le seppie ripiene) nascondono questo trucco elementare: il condimento serve nello stesso tempo da secondo e ad insaporire il primo a base di pasta. Oppure c’è la tiella, a base di patate arricchite, secondo disponibilità e preferenze, da pomodori, formaggio pecorino grattugiato, prezzemolo, funghi o carne di agnello, tutto messo pazientemente a strati; nella tiella possono starci anche i lampascioni, altro preziosissimo pilastro delle tavole del Gargano. Sono diffusi in tutta la Penisola, solo in provincia di Foggia e nel resto della Puglia vengono utilizzati a scopo alimentare. Si trovano allo stato selvatico, sottoterra: sono caratteristici per il loro gusto amarognolo. Si preparano in modi svariati: lessati e conditi con olio, aglio, prezzemolo e

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sale, indorati e fritti, alla brace o conservati sott’olio. Altro prodotto, unico e particolare, è la salicornia, termine dialettale “savzòdd o savzogn”, una pianta spontanea, carnosa e salmastra, delle zone umide del nostro litorale garganico. Essa viene gustata come antipasto o contorno ai piatti della tradizione mediterranea.

Il suo sapore, delicatamente iodato, si abbina perfettamente con gli spaghetti all’aglio e olio. Da non dimenticare la consuetudine di servire dei preparati denominati “sop’a tavola”. Non sono primi, nè secondi, nè antipasti. Stanno, semplicemente, "sopra la tavola" e si mangiano per tramezzo, tra un piatto o l'altro, o alla fine del pasto, quando lo stomaco ancora non si sente del tutto sazio, tra questi: le olive dolci fritte, olive nere che vengono soffritte in olio di oliva, con l'aggiunta eventuale di pomodori anche secchi e peperoncino; la farrata di Manfredonia, una pizza ripiena con ricotta e grano bollito; i taralli e gli scaldatielli che si sbollentano per qualche minuto prima di essere cotti in forno, ed acquistano perciò una croccantezza eccezionale; le pettole o scorpelle, fatte di pasta lievitata fritta in olio bollente, che si mangiano per ingannare lo stomaco durante l’attesa del cenone di Natale; il sedano, che si consuma direttamente crudo (eccellente quello bianco di Monte S.Angelo); la su’menta, semi di zucca cotti in forno e salati, di cui si getta via la parte esterna e si mangia l'interno che è il seme vero e proprio; i pezzetti di pizza o focaccia farcite con tutto quello che la fantasia suggerisce, pomodoro, cipolle, acciughe, “ciccioli” che sono residui della lavorazione dello strutto. Infine, come non ricordare la ricca varietà dei dolci. Il dolce era il cibo della festa per antonomasia ed effettivamente tutti i dolci

tipici sono legati al ciclo delle festività dell'anno. A Natale si usano preparare le mandorle atterrate, mandorle tostate e ricoperte con zucchero caramellato o cioccolata fusa a bagnomaria; le cartellate o nevole, a base di pasta sottilissima, impastata col vino bianco e fritta, quindi condita con abbondante vino cotto (che è un'altra peculiarità culinaria locale); i calzoni, realizzati con lo stesso impasto ma questa volta si usa realizzare dei fagottini riempiti con mostarda d'uva oppure con una purea di ceci dolcificata (anche questo pare, omaggio, ad antiche radici saracene) ed infine bagnata con vino cotto o miele. S. Giuseppe si festeggia con le zeppole. A Pasqua, ecco la scarcella, una ciambella ricoperta di glassa di zucchero, con decorazioni varie; la tradizione vuole che si prepari con un numero dispari di uova sode. Uniche, nel loro genere, le

ostie piene di Montesantangelo, cialde di forma ovoidale, ripiene di mandorle tostate al miele. Nella tradizione gastronomica dell’intera provincia, c'è perfino un dolce per i morti, il cosiddetto grano cotto (con varie denominazioni dialettali), un dolce antichissimo

a base di grano bollito, insaporito con vino cotto, e poi cannella, canditi, cioccolata in pezzi, noci, chicchi di melograno. Tipico del periodo invernale è il sanguinaccio che è la prova dell'antico detto che vuole che del maiale si utilizzi tutto e non si getti via nulla. L'ingrediente base, appunto, è il sangue del maiale, raccolto durante l'uccisione dell’animale, ed insaporito con zucchero, cacao, latte e aromi.

Francesco Iorio

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Il basilico è una pianta erbacea annuale che appartiene alla famiglia delle Lamiacee. È dotata di fusti che possono raggiungere un'altezza di circa 60 cm, con foglie di color verde intenso e fiori piccoli di colore bianco. Le varietà di basilico sono circa cinquanta, quelle più spesso utilizzate sono due: il basilico genovese, dal profumo intenso, e il basilico napoletano, dall'aroma più delicato. Il basilico è un'erba di origine orientale, forse dell'India o dall'Iran. Il nome deriva probabilmente dal greco antico: basilikòs che significa regale, ad indicare che questa era già considerata nell’antichità come la “regina delle erbe". Secondo la tradizione cristiana l'origine della pianta si riaggancia a due leggende. La prima vuole che il basilico sia nato nel vaso dove Salomé aveva sotterrato la testa di Giovanni Battista, mentre la seconda racconta che fu trovato dalla regina Elena, madre dell'imperatore Costantino, sul luogo della crocifissione di Gesù e da lei diffuso in tutto il mondo. Presso i Romani il basilico era ritenuto magico e sacro a Venere. Andava raccolto seguendo precisi rituali: chi lo tagliava doveva indossare abiti candidi e purificare la mano destra con un ramo di quercia bagnato d'acqua di tre fonti diverse. Alcuni autori aggiungono che il basilico non doveva essere reciso con strumenti di ferro perché il metallo avrebbe annullato ogni sua qualità. Già nell'antichità vi sono testimonianze delle varie proprietà che il basilico si supponeva avesse; Plinio il Vecchio ne assicurava l'efficacia contro

le crisi epilettiche, inoltre era convinto che i semi del basilico fossero potenti afrodisiaci, proprietà attribuitagli anche dai contadini contemporanei che lo somministravano ad asini e cavalli nel periodo della monta. San Bernardo lo considerava un ottimo "mezzo" per allontanare le ossessioni e le idee fisse. Il medico e botanico Castore Durante, nel 1500 scriveva "Giova alle passioni e alla malinconia e genera allegrezza". Qualche secolo più tardi, in un testo di medicina naturale del 1886, sul

basilico veniva scritto: "Questa pianta ha goduto, da tempi remoti, di grande reputazione in molte specie di malattie, come nella pazzia incoerente, puerperale e nelle demenze senili". Sempre nell'antichità, per determinare se un luogo era più o meno salubre per la salute, si era soliti osservare come si comportava la

crescita del basilico in quel luogo. Si ritiene che anche i crociati dovevano essere già a conoscenza delle proprietà terapeutiche del basilico, infatti, a quanto pare, erano soliti riempire le stive delle loro navi di questa piantina per scacciare gli insetti e curare le infezioni. L'uso di questo aroma in cucina si affermò particolarmente nel Rinascimento, quando anche Cosimo I de' Medici lo inserì fra le fragranze del "Giardino dei Semplici" (1545). Da allora il suo uso è diventato una caratteristica della cucina italiana: tradizionale alleato del pomodoro nella caprese e nei sughi estivi e sulla pizza. Tra le ricette più note, a base di basilico, è il pesto genovese. Gli

Natura amica

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Il Mosaico pag. 19

ingredienti ufficiali del pesto sono costituiti, naturalmente, dal basilico ligure, olio extravergine, pinoli, formaggio parmigiano e pecorino, aglio e sale. Il basilico viene anche utilizzato per preparare conserve e liquori. Non solo il basilico è un'ottima pianta aromatica in grado di dare più gusto ad una grande varietà di piatti della cucina mediterranea ma, grazie alle sue proprietà, è in grado di apportare molti benefici al nostro corpo. Secondo uno studio condotto in India il basilico si è rivelato un'arma efficace nell'alleviare i dolori derivanti dall'artrite che, come sappiamo è una fastidiosissima patologia che colpisce le articolazioni; è stato dimostrato che l'assunzione di succo di basilico concentrato in pastiglie, può ridurre notevolmente le dimensioni delle articolazioni ingrossate e

doloranti a causa dell'artrite. Sempre da questo studio è emerso che l'assunzione di basilico crudo serve a contrastare e combattere diversi tipi di infiammazioni. Questa particolare proprietà del basilico sembra sia da ricondursi alla sostanza che conferisce il caratteristico aroma al basilico, l'eugenolo. Inoltre sembra dare buoni risultati nel trattamento del diabete, di malattie respiratorie, impotenza, allergia e infertilità. Questo perchè nel basilico si trova l'acido cinnamanico, un potente composto che ha dimostrato di migliorare la circolazione, stabilizzare il livello di zucchero nel sangue e migliorare anche la respirazione. L' olio essenziale contenuto nelle foglie del basilico lo rende un efficace digestivo, capace di calmare gli spasmi intestinali, contrastare l'aerofagia (anche di origine nervosa), agendo come sedativo dello stomaco e del tenue. Il basilico fresco è un rimedio ottimo

contro le coliche e per calmare la nausea, sia quando si è ecceduto nel mangiare e nel bere, oppure quando l'ansia e lo stress prendono il sopravvento. Contro le digestioni difficili, è uso porre 20 gr. di foglie fresche di basilico a riposare per 5 minuti in un litro d'acqua bollente. Berne 2-3 tazzine al giorno dopo i pasti. La stessa ricetta la si usa per contrastare gli stati di ansia. Inoltre nell'antichità questa pianta veniva utilizzata per ringiovanire, per mantenere un ottimale funzionamento cerebrale, per restare in forma fisicamente e per conservare la bellezza. A conferma di tutto ciò, recenti ricerche hanno messo in luce come il basilico abbia il potere di combattere i radicali liberi e, quindi, ritardare l'invecchiamento delle cellule del nostro organismo, proteggendo in particolare fegato, cuore e cervello. Se si lascia macerare nel vino per qualche ora, un certo quantitativo di basilico, risulta essere un ottimo tonico bevendolo prima di andare a dormire. In alcuni casi è utilizzato come collutorio, rinfresca l’alito, combatte le infiammazioni gengivali e il mal di gola. E' in grado di aumentare la produzione di latte materno durante l'allattamento. L’olio essenziale ricavato dalle sue foglie ha la capacità di allontanare gli insetti alleviando allo stesso tempo il prurito derivante dalle punture

delle zanzare (è sufficiente

massaggiare la zona interessata con una goccia di olio essenziale). Una ventina di gocce di olio essenziale nell’acqua del bagno tonifica e profuma la pelle oltre che lasciare un gradevole

profumo. Infine un’ultima curiosità: si usa collocare i vasi di questa pianta sui davanzali delle finestre in quanto sembra efficace per tenere lontane le mosche. Cosa volere di più da questa pianta?

Miale Antonio e Miale Alfredo

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Il Mosaico pag. 20

Quando si è deciso il piano redazionale per il numero di maggio del Giornale mi sono subito proposto, per la rubrica dedicata alla scoperta del nostro territorio, di scrivere un articolo su questo sito archeologico. Il motivo fondamentale è che ho un interesse affettivo per questo luogo, trovandosi a pochi km. dalla mia residenza. E’ una località, situata tra San Severo e Torremaggiore, sull'estremo versante ovest di una collina detta dello Sterparone: qui sorgeva un grazioso borgo di origine bizantina. Fiorentino, infatti, vanta

un'origine in comune con altre "città di frontiera" volute dai Bizantini, agli inizi dell'XI secolo, per popolare alcune zone deserte e per consolidare i loro possedimenti in Italia meridionale, continuamente minacciati dai Longobardi a nord e dagli arabi a sud. Alcuni decenni più tardi, in epoca Normanna, venne costruito, all'estremità dello sperone, un castello. Non si sa quando, nell'ambito del rimaneggiamento del territorio della Capitanata, Federico II decise di farsi edificare una domus solaciorum (palazzo dedicato allo svago) nella città, sul posto dove

sorgeva il Castello Normanno. All’inizio di dicembre del 1250, mentre era nella sua domus invernale di Foggia, decise di andare a caccia nelle campagne della Capitanata dove fu colpito dalla febbre e fu costretto a fermarsi a Castelfiorentino. In uno dei rari momenti di lucidità, aveva appreso di trovarsi nella sua Domus di Fiorentino e che il suo letto era stato collocato contro una porta murata con i battenti in ferro. Nell’apprendere ciò Federico ricordò la profezia dell’astrologo di corte “...morirete vicino la porta di ferro, in un luogo il cui nome sarà formato dalla parola fiore..." La leggenda ricorda come l’imperatore, per tale motivo, avesse sempre evitato accuratamente di recarsi a Firenze. Muore qui il 13 dicembre: il suo corpo fu trasportato nella cattedrale di Palermo, le sue viscere a Foggia. Il declino della città cominciò solo cinque anni dopo la morte di Federico II: il 26 ottobre 1255 fu attaccata e distrutta dalle truppe di Papa Alessandro IV perchè era rimasta fedele agli Svevi. Dopo di loro gli Angioini la ricostruirono parzialmente e la usarono per fini bellici. Nel 1300 iniziò la spoliazione del sito fino alla totale rovina. Tra gli elementi asportati vi è la gran lastra di marmo, usata come piano dell’altare maggiore nella Cattedrale di Lucera, che si dice fosse la mensa di Federico II. I recenti scavi archeologici (1982-1992), condotti dall'Università di Bari e dall'Ecole française di Roma, hanno evidenziato elementi

Alla scoperta del territorio

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Il Mosaico pag. 21

che fanno pensare a Fiorentino come una sede importante, una vera e propria cittadella con una cattedrale, una zona urbana e, nella parte ovest, il "Palatium" dell’Imperatore. Oggi, dell’antica domus che ha ispirato tante leggende non resta che una volta a crociera ogivale e un tratto delle murature. Essa è venuta alla luce quando si è scavata la parte più alta del sito. Solo la foto aerea permette di leggere tra i cumuli di macerie la sua forma rettangolare non perfetta e il perimetro di una torre quadrata. Dagli stessi scavi è emerso che l’interno era

formato da due grandi ambienti, con uno spazio utile interno di 275 m2, dotati ciascuno di un camino e pavimentati in cotto con mattoni a spina di pesce. All’interno sono stati trovati monete di epoca federiciana e numerosi frammenti di capitelli, di colonne e di pilastri, di cornicioni, di vetrate policrome che testimoniano la ricchezza della decorazione

interna della residenza imperiale. Di tanta opulenza poco è rimasto perché il palazzo è stato in seguito usato come cava di pietre. Probabilmente il palazzo aveva uno o due piani superiori, ciò è ipotizzabile dal grosso spessore delle pareti. Il palazzo, inoltre, era delimitato da un largo fossato. Gli stessi scavi hanno potuto evidenziare l’esistenza di una strada principale su cui si riversavano una serie di vie strettissime e intricate. Le case dovevano affollarsi le une

accanto alle altre, fino a schiacciarsi contro le mura di cinta. Nelle abitazioni di Fiorentino sono state trovate, oltre a ceramiche, vetri e colonne, molte fosse granarie e cisterne. A sud della strada principale nella zona urbana si trovava la Cattedrale, una chiesa ad una sola navata e monoabsidale, intitolata al santo patrono del popolo longobardo, l'Arcangelo Michele; infatti, la popolazione di Fiorentino e delle altre città piazzeforti era composta prevalentemente da famiglie di origine longobarda, le uniche reclutabili in zona dai Bizantini per popolarle. In Fiorentino vi erano ben dodici chiese. Nella parte orientale del sito, nella zona al confine tra la città ed il sobborgo "Carunculum", è collocata la Torre ancora parzialmente conservata in altezza, che poggia su uno zoccolo tronco piramidale. Le mura della torre sono ora composte da mattoncini disposti

in filari regolari (in origine, il basamento murario era costituito da una cortina lapidea a conci squadrati), l'interno mostra una copertura a crociera costolonata. In occasione dei 750 anni dalla morte di Federico II, il 13 Dicembre 2000, si sono tenuti i dovuti festeggiamenti, con l'inaugurazione di un cippo onorario all'origine del tratturo che si arrampica su per la collina ed una stele di forma rigorosamente "ottagonale" sulla collina.

Antonio Iannelli

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Il Mosaico pag. 22

Nome e Cognome

Gerardo Marolla

Nato

A San Severo

Competenze

Matematica

Hobbies

Matematica e pittura

Come è stato quest’anno scolastico?

Sconvolgente!

Qual è l’aspetto del tuo lavoro che ti piace?

La molteplicità degli impegni

Qual è l’aspetto del tuo lavoro che non ti

piace?

La molteplicità degli impegni (non è errore, ndr)

Tre aggettivi positivi per definirti

Idealista, creativo, infaticabile

Tre aggettivi negativi per definirti

Permaloso, pignolo, abbondante

Tre aggettivi per definire il tuo collega

Generoso, confusionario, prevedibile

Cosa ti aspetti dagli altri?

Rispetto e comprensione

Cosa dai agli altri?

Rispetto e fiducia

Come pensi ti giudichino i convittori?

Intransigente e assillante, ma spero anche leale e premuroso

Ti è piaciuta l’intervista?

Abbastanza Sei stato sincero?

Nome e Cognome

Giuseppe Calabrese

Nato

A Torremaggiore

Competenze

Lingue straniere

Hobbies

Lettura

Come è stato quest’anno scolastico?

Un anno di transizione

Qual è l’aspetto del tuo lavoro che ti piace?

Stare con i ragazzi

Qual è l’aspetto del tuo lavoro che non ti

piace?

Non c’è

Tre aggettivi positivi per definirti

Ottimista, affabile, allegro

Tre aggettivi negativi per definirti

Inaffidabile, commediabile, indifferente

Tre aggettivi per definire il tuo collega

Affidabile, permaloso, premuroso

Cosa ti aspetti dagli altri?

Nulla

Cosa dai agli altri?

Disponibilità

Come pensi ti giudichino i convittori?

Permissivo

Ti è piaciuta l’intervista?

No, ci sono state domande troppo generiche

Sei stato sincero?

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Il Mosaico pag. 23

Per sorridere un pò

PERIODICO DI CONVITTO “IL MOSAICO” Redazione: Antonio Vocale - Francesco Iorio – Piemontese Giovanni – Michele Nardella – Alfredo Miale – Antonio Miale – Antonio Iannelli Attività di Coordinamento: Gerardo Marolla