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1 Il modello organizzativo manageriale “Qualità” Il significato del termine “Qualità “e la sua evoluzione nella realtà industriale Il termine qualità è definito nei diversi vocabolari consultati come” la caratteristica fisica o morale distintiva di una cosa o di una persona, oppure attributo, requisito, pregio, virtù.” Tale definizione, che rispecchia evidentemente l’uso comune e popolare del termine, evoca, nei diversi sostantivi, significati che in sintesi possono confluire nel concetto di bontà. Questo significato attribuito al termine crea diversi equivoci anche in ambito industriale oltre che nei diversi ambiti di recente applicazione e, soprattutto, in ambito sanitario. In realtà, in ambito industriale, il sostantivo qualità ha diversi sinonimi quali: - Abilità - Conformità - Controllo - Assicurazione - Grado in cui un insieme di caratteristiche intrinseche soddisfa i requisiti, ossia esigenze o aspettative che possono essere espresse, generalmente implicite o cogenti (ISO9001) Nella civiltà preindustriale la cultura e la prassi della qualità riguardavano essenzialmente requisiti metrologici per esigenze di carattere economico commerciale relative a scambi di beni e di servizi; con la nascita della civiltà industriale e con l’affermarsi della standardizzazione, la verifica di conformità diventa prassi e necessità. Inizialmente, quindi, per qualità, nella realtà aziendale soprattutto manifatturiera, si intendeva esclusivamente conformità alle prescrizioni e quindi il controllo di qualità consisteva nel verificare la conformità dei pezzi rispetto ai disegni e alle specifiche di progetto. La qualità veniva pertanto misurata in chiave di conformità a fine processo produttivo in termini di percentuali di difetti, di scarti, di resi e di rilavorazioni. Successivamente, grazie a metodi statistici sempre più perfezionati, il controllo qualità si è esteso alla fase produttiva. I concetti e le tecniche del moderno Quality Control hanno origine americana negli anni ’30, con l’applicazione a livello industriale delle carte, inventate da W.A. Shewhart dei Bell Laboratories. La seconda guerra mondiale contribuì all’applicazione di tale tecnica in diverse aziende americane, obbligate a riorganizzarsi perché i sistemi produttivi risultavano inadeguati a soddisfare le esigenze del periodo bellico. Gli standard pubblicati durante la guerra sono noti come Z-1 standard. Il Quality Control (QC) , in origine denominato Statical Quality Control, è nato con lo scopo di controllare il livello minimo accettabile di qualità dei prodotti ed era strettamente legato all’implementazione di strumenti statistici. Anche l’Inghilterra, Paese che può essere considerato la patria degli studi statistici, negli anni ’30 cominciò ad occuparsi di Statistical Quality Control. Nel 1935 furono adottati i British Standard 600, in seguito si aderì integralmente agli standard statunitensi Z-1 che presero il nome di British Standard 1008. In Giappone queste tecniche vennero introdotte nel 1945, subito dopo la fine della guerra, dalle Forze Alleate di occupazione che trasferirono all’industria giapponese i metodi americani per aiutare la ricostruzione del Paese. Un importante contributo per la diffusione delle tecniche QC venne dal dott. Deming che visitò il Giappone su invito del JUSE (Japanese Union of Scientists and Engineers). I suoi seminari sono considerati, da diversi autori, strumenti alla spinta intellettuale che fu alla base della ricostruzione postbellica giapponese. Il dott. Deming incoraggiò i giapponesi ad adottare un approccio aziendale diverso da quello che nell’Europa occidentale si stava diffondendo che, considerando la qualità un elemento negativo alla spinta alla produttività, puntava invece alle economie di scala, approccio giustificato dall’enorme aumento della domanda. L’approccio proposto da Deming mette il cliente al centro dell’organizzazione e crea un grosso legame tra cliente e fornitore affinché entrambi collaborino per assicurare un miglioramento continuo. Nel 1954 il JUSE invitò il dott. Juran a tenere dei seminari sul ruolo che i quadri e i manager avrebbero dovuto mantenere nella promozione delle attività di QC. I manager giapponesi avevano dimostrato scarsa comprensione ed interesse alle spiegazioni dei giovani membri del gruppo di ricerca istituito dal JUSE; la fama di questo noto autore rese più credibili le idee proposte e questo maggior convincimento e coinvolgimento portò a considerare il QC come strumento di management. Si ponevano così le premesse per la nascita della Qualità Totale come strategia e cultura aziendale. Le aziende giapponesi

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Il modello organizzativo manageriale “Qualità” Il significato del termine “Qualità “e la sua evoluzione nella realtà industriale Il termine qualità è definito nei diversi vocabolari consultati come” la caratteristica fisica o morale distintiva di una cosa o di una persona, oppure attributo, requisito, pregio, virtù.” Tale definizione, che rispecchia evidentemente l’uso comune e popolare del termine, evoca, nei diversi sostantivi, significati che in sintesi possono confluire nel concetto di bontà. Questo significato attribuito al termine crea diversi equivoci anche in ambito industriale oltre che nei diversi ambiti di recente applicazione e, soprattutto, in ambito sanitario. In realtà, in ambito industriale, il sostantivo qualità ha diversi sinonimi quali:

- Abilità - Conformità - Controllo - Assicurazione - Grado in cui un insieme di caratteristiche intrinseche soddisfa i requisiti, ossia esigenze o aspettative

che possono essere espresse, generalmente implicite o cogenti (ISO9001)

Nella civiltà preindustriale la cultura e la prassi della qualità riguardavano essenzialmente requisiti metrologici per esigenze di carattere economico commerciale relative a scambi di beni e di servizi; con la nascita della civiltà industriale e con l’affermarsi della standardizzazione, la verifica di conformità diventa prassi e necessità. Inizialmente, quindi, per qualità, nella realtà aziendale soprattutto manifatturiera, si intendeva esclusivamente conformità alle prescrizioni e quindi il controllo di qualità consisteva nel verificare la conformità dei pezzi rispetto ai disegni e alle specifiche di progetto. La qualità veniva pertanto misurata in chiave di conformità a fine processo produttivo in termini di percentuali di difetti, di scarti, di resi e di rilavorazioni. Successivamente, grazie a metodi statistici sempre più perfezionati, il controllo qualità si è esteso alla fase produttiva. I concetti e le tecniche del moderno Quality Control hanno origine americana negli anni ’30, con l’applicazione a livello industriale delle carte, inventate da W.A. Shewhart dei Bell Laboratories. La seconda guerra mondiale contribuì all’applicazione di tale tecnica in diverse aziende americane, obbligate a riorganizzarsi perché i sistemi produttivi risultavano inadeguati a soddisfare le esigenze del periodo bellico. Gli standard pubblicati durante la guerra sono noti come Z-1 standard. Il Quality Control (QC) , in origine denominato Statical Quality Control, è nato con lo scopo di controllare il livello minimo accettabile di qualità dei prodotti ed era strettamente legato all’implementazione di strumenti statistici. Anche l’Inghilterra, Paese che può essere considerato la patria degli studi statistici, negli anni ’30 cominciò ad occuparsi di Statistical Quality Control. Nel 1935 furono adottati i British Standard 600, in seguito si aderì integralmente agli standard statunitensi Z-1 che presero il nome di British Standard 1008. In Giappone queste tecniche vennero introdotte nel 1945, subito dopo la fine della guerra, dalle Forze Alleate di occupazione che trasferirono all’industria giapponese i metodi americani per aiutare la ricostruzione del Paese. Un importante contributo per la diffusione delle tecniche QC venne dal dott. Deming che visitò il Giappone su invito del JUSE (Japanese Union of Scientists and Engineers). I suoi seminari sono considerati, da diversi autori, strumenti alla spinta intellettuale che fu alla base della ricostruzione postbellica giapponese. Il dott. Deming incoraggiò i giapponesi ad adottare un approccio aziendale diverso da quello che nell’Europa occidentale si stava diffondendo che, considerando la qualità un elemento negativo alla spinta alla produttività, puntava invece alle economie di scala, approccio giustificato dall’enorme aumento della domanda. L’approccio proposto da Deming mette il cliente al centro dell’organizzazione e crea un grosso legame tra cliente e fornitore affinché entrambi collaborino per assicurare un miglioramento continuo. Nel 1954 il JUSE invitò il dott. Juran a tenere dei seminari sul ruolo che i quadri e i manager avrebbero dovuto mantenere nella promozione delle attività di QC. I manager giapponesi avevano dimostrato scarsa comprensione ed interesse alle spiegazioni dei giovani membri del gruppo di ricerca istituito dal JUSE; la fama di questo noto autore rese più credibili le idee proposte e questo maggior convincimento e coinvolgimento portò a considerare il QC come strumento di management. Si ponevano così le premesse per la nascita della Qualità Totale come strategia e cultura aziendale. Le aziende giapponesi

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iniziarono a scoprire che la qualità di un prodotto era strettamente legata ad un sistema organizzativo efficiente. Ebbe così inizio il concetto di Sistema di Qualità. In Giappone si sviluppa, dalla fine degli anni 50, la Company Wide Quality Control (CWQC), conosciuta da noi in Italia come Qualità Totale1, derivante dalla consapevolezza che per ottenere Qualità /Conformità occorre agire in tal senso fin dalla fase di progettazione e di sviluppo di un nuovo prodotto, coinvolgendo tutto il personale e tutte le funzioni aziendali. Nel mondo occidentale, il concetto di Qualità si evolveva, invece, verso il concetto di Garanzia / Assicurazione della Qualità. In questa accezione, denominata Total Qualità Management, si dava importanza alla pianificazione, alla documentazione e alla verifica della Qualità, intesa come conformità, vissuta in un ambito specialistico, ristretto ai quality managers e senza il coinvolgimento dell’intero sistema aziendale, secondo un’impostazione di derivazione taylorista che ancora oggi influenza il sistema aziendale occidentale. La teoria della “Qualità totale”, come è invalsa soprattutto in Giappone, si è detto, sviluppa il concetto di qualità evolvendolo da qualità controllata e osservata a livello di prodotto, a qualità del sistema azienda in cui tutte le funzioni aziendali sono, o dovrebbero essere, coinvolte per l'ottenimento di obiettivi di breve periodo quali: la soddisfazione del cliente, il miglioramento continuo e senza fine della qualità, la ricerca assidua di nuovi prodotti, il coinvolgimento del personale. Il perseguimento e il raggiungimento di tali obiettivi sono presupposti essenziali per ottenere, nel lungo periodo, risultati positivi e duraturi in quanto permettono all’azienda di accrescere il valore del proprio prodotto rendendolo capace di attestarsi sul mercato in modo sempre più concorrenziale. La logica della catena cliente – fornitore, punto focale di questo modello aziendale, applicata anche all'interno dell'azienda stessa, dove i reparti interni vengono visti come catene fornitori – clienti, spinge ad una spirale di miglioramento continuo finalizzata ad eliminare gradualmente sprechi, tempi inutili, scarti e, in genere, difformità rispetto alle attese del cliente sia esterno sia interno. Si passa, quindi, nella realtà aziendale, da controlli sui prodotti a fine ciclo produttivo a costanti controlli in itinere, arrivando alla fase di progettazione con un’attenzione molto maggiore alle esigenze del cliente. Questa teoria propone evidentemente un progetto economico gestionale che, attraverso le variabili organizzative, la struttura, i meccanismi operativi e lo stile di leadership, gestite in sintonia con i concetti e i principi che ne stanno alla base, dia alle organizzazioni gli strumenti per compiere cambiamenti organizzativi o quanto meno strumenti per un miglioramento continuo. Il concetto di “Qualità” si è dilatato ulteriormente verso il concetto di “Eccellenza” inteso come l’apice della Qualità aziendale, il livello massimo a cui tendere nella logica di miglioramento continuo insito nel modello. Questo termine, sempre più ricorrente, connota quindi una tensione aziendale alla perfezione, un limite a cui tendere, comunque utilizzando, nei diversi ambiti, gli strumenti abituali della “Qualità”.

La Qualità Totale Si è scritto molto, forse troppo e in modo confuso, sulla Qualità Totale, concetto peraltro svilito da un uso eccessivo del termine e da applicazioni spesso poco corrette in cui mancano la comprensione del fenomeno autentico e che si affidano alla sua rappresentazione formale. Alcuni hanno sostenuto che i giapponesi avrebbero copiato, come al solito, dagli occidentali, ovvero dalle idee di Edwards Deming. Le intuizioni di Deming, tuttavia, sono state accolte dai giapponesi e sviluppate in un modo che l'autore non avrebbe mai immaginato. Inoltre, la qualità totale è divenuta nelle aziende giapponesi qualcosa di assolutamente contestualizzato alla situazione storica e culturale del paese e ciò risulta dalle difficoltà occidentali nell'imitare le tecniche giapponesi. Va inoltre evidenziato come i giapponesi usino il termine kaizen (miglioramento) in sostituzione del termine qualità totale, così da caratterizzare meglio la novità da loro apportata. Anche in Italia occorrerebbe non utilizzare più tale termine che ormai connota in negativo un modo di fare impresa a causa soprattutto degli effetti distorsivi del fenomeno certificativo. Per capire meglio la portata di quella che può essere definita come una rivoluzione in ambito organizzativo occorre partire dal considerare un po’ la storia che precede tale fenomeno. Il cambiamento nelle condizioni e nell'organizzazione del lavoro ha segnato lo sviluppo industriale e l'ascesa del capitalismo. Nella storia economica si indicano due rivoluzioni industriali, avvenute in Europa. La prima, avvenuta intorno al 1760, vide il passaggio dall'industria domestica alla fabbrica attraverso l'introduzione di nuovi macchinari (filatoio meccanico, macchina a vapore, laminatoio, etc.) e maturò nel periodo che va dal 1815 al 1840 grazie allo sfruttamento dell'energia termica ricavata dal carbone. La seconda rivoluzione industriale incominciò intorno al 1890 e fu favorita da una serie di innovazioni tecnologiche (il motore a combustione interna, il motore 1 Alberto Galgano “La rivoluzione Manageriale” Il sole 24orelibri 1996

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elettrico, etc.) e dallo sfruttamento dell'energia elettrica e dell'energia termica ricavata dagli idrocarburi, indispensabili anche nella chimica. L'industria subì un'ulteriore trasformazione con l'introduzione della produzione a catena di montaggio di tipo fordista. Molti studiosi indicano come “terza rivoluzione industriale” quella che avvenne intorno al 1974 con l'introduzione della produzione just in time e della “Qualità Totale” di tipo Toyota, e maturò grazie allo sfruttamento dell'informatica e delle tecnologie dei semiconduttori. La “rivoluzione industriale giapponese” segna anche il passaggio dalla società industriale alla società dell'informazione poiché integra i processi produttivi nel nuovo sistema sociale. Così come le prime due rivoluzioni industriali avvennero per rispondere ai gravi periodi di crisi economica, anche la terza fu la risposta a una seria crisi, quella petrolifera del 1973, anche se i primi tentativi e le prime applicazioni si sono avute nel secondo dopoguerra. All'epoca il Giappone, a differenza degli Stati Uniti e dell'Unione Sovietica, non aveva nemmeno risorse petrolifere sul proprio territorio e dipendeva dai rifornimenti esteri. Non potendo eliminare questa carenza strutturale, gli industriali nipponici sollecitarono una ristrutturazione che permettesse la produzione anche in periodo di crisi. Il modello americano sul tipo di Henry Ford, adottato anche da molte aziende giapponesi, fu abbandonato a favore del modello giapponese di Toyoda Kiichiro2. Il concetto di lavoro fu rivisitato completamente. Sono due i punti essenziali e fondamentali per inquadrare il profondo cambiamento sviluppato dalle applicazioni giapponesi dell’evoluzione del concetto di Qualità: - il rovesciamento della logica del marketing; - la trasformazione dell'industria in un sistema informatico. Occorre considerare come alcuni sociologi3 abbiano, forse, colto meglio il significato della rivoluzione industriale giapponese concentrata soprattutto sull'organizzazione del lavoro, e perciò sensibilmente trascurata sia dagli economisti più attenti ai dati macroeconomici, sia dagli storici più interessati alla cronaca. I sociologi hanno indicato in questi cambiamenti nel modo di lavorare giapponese l’avvento del postfordismo, mentre altri definiscono questo nuovo modo di produrre come toyotismo, dal nome dell'azienda giapponese Toyota che lo introdusse per prima. Questi cambiamenti si articolano in diverse tecniche dell'organizzazione del lavoro. La “Qualità Totale” sostituisce la produzione in linea, basata sulla catena di montaggio, con le isole di produzione e i circoli di qualità. I singoli lavoratori non sono specializzati in poche ed elementari mansioni, ma hanno più mansioni e una capacità di controllo sul processo produttivo. Il controllo è, infatti, interno e autogestito dai lavoratori. Nell'organizzazione taylorista del lavoro, il controllo era esterno e basato sulla divisione tra chi lavora e chi controlla il lavoratore. I contatti diretti con il cliente assumono un ruolo preminente e l'innovazione proviene da chi lavora operativamente. L'innovazione è proposta dalla base e non c'è un vertice che pianifica il lavoro, come nel modello taylorista. L'informazione e le comunicazioni sono orizzontali piuttosto che verticali. La produzione just in time tiene presenti le richieste dei clienti e basa la produzione, per quantità e qualità, sulla domanda del mercato. Vengono abolite le scorte di magazzino e introdotta la flessibilità dei processi lavorativi. Complessivamente queste innovazioni sono integrate in un sistema che rende possibile sia il rovesciamento della logica del marketing sia la trasformazione dell'industria in un sistema informatico. E ciò avviene necessariamente insieme perché soltanto una gestione integrata dell'informazione può permettere la soddisfazione dei requisiti della “Qualità Totale”, prima enunciati. Il rovesciamento della logica del marketing significa porre la soddisfazione del cliente come primaria. Invece di tentare di convincere i clienti, bisogna venire incontro alle loro esigenze e abbandonare la concezione della produzione di massa standardizzata. Ogni processo produttivo deve essere flessibile e capace di apportare cambiamenti e miglioramenti (kaizen). Questo può avvenire soltanto in una fabbrica capace di comunicare istantaneamente le informazioni sui processi e le condizioni della produzione. Gli strumenti per far ciò sono il kanban (cartello) e lo andon (pannello). Si tratta di mezzi molto semplici ed elementari che hanno dimostrato quanto l'organizzazione del lavoro fosse importante e come semplici innovazioni, basate sulla comunicazione, divenissero determinanti. L'introduzione delle nuove macchine

2 Sakichi e Kiichiro Toyoda ,grandi leader della storia della Toyota, Kiichiro Toyoda introduce per primo il concetto del Just in time - “Lo spirito Toyota” di Taiichi Ohno –Enaudi, 1993 3 G. Bonazzi “Il tubo di cristallo”, Il Mulino Bologna 1993 G. Bonazzi Come studiare le organizzazioni. Il Mulino Bologna 2002 P.Basso, “Tempi moderni, orari antichi. Il tempo di lavoro a fine secolo”F.Angeli 1998

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informatiche elettroniche esalta e accelera questa tendenza, abbattendo le vecchie logiche e i vecchi dispositivi.

Il controllo di Qualità La qualità del prodotto è una delle fondamentali componenti di marketing mix, una delle più importanti variabili su cui un’azienda può operare al fine di differenziarsi dalla concorrenza. Nella programmazione del livello qualitativo da assegnare alla propria produzione, l’azienda deve innanzitutto chiedersi quale livello qualitativo meglio si adatti alle aspettative della clientela. Per l’azienda è importante ricercare la massima qualità tecnicamente possibile, sulla base della specifica combinazione produttiva in atto, e la più adeguata qualità tecnico-commerciale che risulti in grado di soddisfare il cliente e di rendere concorrenziale il proprio prodotto. Una volta definito il livello ottimale di qualità da realizzare dovrà essere tradotto in apposite specifiche di progetto sulla cui base mettere a punto l’impianto produttivo e i metodi di lavoro. Le specifiche di progetto individuano la cosiddetta qualità di progetto, ossia le caratteristiche progettuali e di prestazioni con cui si vuol realizzare il prodotto. La qualità di progetto rappresenta dunque la qualità ideale o teorica che ci si aspetta dal processo produttivo. Ma ogni processo produttivo presenta frequenti variazioni nelle condizioni che lo regolano. Pertanto la qualità, di volta in volta effettivamente ottenuta, che si può definire qualità di produzione, si discosta di fatto, in misura più o meno sensibile, dalla qualità teorica di progetto. Si avrà dunque un qualità di produzione tanto elevata, quanto minore sarà questo scostamento. Per l’ottenimento di un prodotto dotato di un determinato livello qualitativo, non basta semplicemente programmare il livello qualitativo atteso; bisogna altresì essere in grado di attivare e gestire un efficace sistema di controllo qualità. Tale sistema di controllo dovrà investire l’intero ciclo di realizzare del prodotto, soprattutto prevedendo le cause di “non qualità” e intervenendo tempestivamente per correggere situazioni fuori standard. L’attività di controllo di Qualità si trova tradizionalmente in azienda : • a monte del processo produttivo per poter valutare la conformità dei materiali, i semilavorati, i

componenti approvvigionati in entrata che dovranno essere messi in lavorazione - durante lo svolgimento del processo produttivo al fine di verificare il buon livello

qualitativo di ogni fase lavorativa per evitare che disfunzioni qualitative si trasferiscano da una fase all’altra

- sul risultato finale del processo produttivo ossia sul prodotto finale per verificare la conformità complessiva del prodotto allo standard definito con i clienti.

Le condizioni per avere un efficace processo di controllo di qualità è necessario:

- stabilire che cosa controllare - stabilire i limiti di scostamento qualitativo ammesso rispetto agli standard - organizzare le condizioni operative adeguate a garantire gli obiettivi qualitativi

programmati - operare i controlli e impostare le azioni correttive per riportare la situazione sotto

controllo - studiare i possibili miglioramenti qualitativi praticabili

Le modalità di gestione del controllo di qualità variano evidentemente da caso a caso e soprattutto in funzione dei seguenti di questi principali parametri:

- obiettivi che l’attività di controllo deve garantire - oggetto su cui il controllo deve svolgersi - strutture attivabili al fine del controllo - mezzi di controllo disponibili e procedure impiegabili

L’allargamento e l’intensificazione dei controlli di qualità possono portare effettivamente ad un miglioramento qualitativo della produzione ma ciò si accompagna in genere anche ad un aumento dei costi derivanti da questa attività di controllo. Errori e costi del controllo di qualità sono legati ai sistemi di controllo impiegati. Che esprimono evidentemente il modo di fare impresa. Il controllo di Qualità ha come scopo più importante quello di ridurre il numero di prodotti difettosi così da diminuire i costi relativi ai pezzi difettosi che producono resi o scarti di produzione. Come si è già osservato l’evoluzione del concetto di Qualità ha notevolmente modificato il processo del controllo di qualità

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Negli anni passati quando non esisteva ancora un sistema industriale, l’artigiano curava il suo “capolavoro” con molta attenzione correggendo, di volta in volta, i difetti che si presentavano. Poi con il passare degli anni, il lavoro in serie della nascente industria soppianta l’artigiano e la grande numerosità non è più controllabile singolarmente. Risulta non più economico controllare pezzo per pezzo ma la verifica “a campione”, estraendo da una numerosità (popolazione) un campione che deve essere rappresentativo, cioè rappresentare la popolazione dalla quale è stato estratto. È ammesso un errore che si distribuisce secondo la curva gaussiana. Questo è il controllo di qualità. L’obiettivo aziendale prosegue nel ridurre l’errore ai minimi termini, curando l’attenzione al processo produttivo. La qualità nasce da questa ultima affermazione: andare il più possibile a monte del processo e fare in modo che ogni operatore si senta il responsabile delle proprie operazioni. Se lavorerà con questa filosofia farà in modo di non trasferire a valle alcun pezzo difettoso, sentendosi partecipe del successo o dell’insuccesso aziendale. Così facendo ogni partecipante l’impresa, dal presidente all’ultimo addetto, diventano co-responsabili del futuro della propria organizzazione. In questo momento si sono ulteriormente ridotti gli errori evidenziati dal controllo qualità. In sintesi: la qualità, si è detto, è una filosofia, un modo di pensare; il controllo di qualità è un insieme di metodi statistici e manageriali. Infatti, uno degli scopi più importanti del controllo qualità risulta essere quello di ridurre il numero dei prodotti difettosi, così da diminuire i costi relativi all’assistenza post-vendita e migliorare l’immagine aziendale, soddisfacendo pienamente le aspettative del cliente. La letteratura Esiste un’ampia letteratura sul tema Qualità, molti sono i testi indirizzati a manager ad opera spesso di altri manager di successo che hanno sentito la necessità di condividere la loro esperienza vincente. Sono soprattutto autori di scuola americana e di scuola giapponese, i loro approcci alla Qualità, pur presentando alcuni punti in comune, denotano notevoli differenze derivanti dalle culture di appartenenza, che hanno portato ad un’evoluzione diversa del modello Qualità. Il modello “Qualità” viene declinato anche in Italia dai molti autori4, che si sono occupati del tema seguendo approcci differenti e spesso poco coordinati tra loro sia in ambito industriale, dove è nata, sia in tutti gli altri settori in cui tale concetto si è trasferito, secondo le diverse scuole di pensiero da cui traggono ispirazione. La Qualità Totale, va considerato, ha molti padri e presenta diverse varianti. Vi è la qualità secondo Deming, quella di Juran, di Crosby, Feingenbaum e molti altri, vi sono inoltre i concetti di qualità “creati” dalle società di consulenza che hanno bisogno di differenziarsi e promuovono quindi un loro modello sino ad arrivare a società di consulenza che, pur proponendo il modello Qualità Totale, lo definiscono in altro modo. Considero pertanto corretto presentare gli autori più rappresentativi, la cui rilettura mi ha permesso di tornare a meditare su concetti che, usati spesso, per abitudine, si svuotano di significato, così da poter dare, in primo luogo, contenuto al termine ”Qualità”, nell’ambito in cui è sorto e si è evoluto come concetto e modello manageriale, per poi cercare di declinare il concetto di Qualità in Sanità, oggetto del mio successivo lavoro. Inoltre va considerato che molti scritti degli autori presentati sono stati pensati e pubblicati per capire la perdita di competitività delle imprese americane nei confronti delle imprese giapponesi e per cercare di incoraggiare l’occidente a recuperare il gap di competitività

Una leadership forte, una gestione attenta delle risorse umane, la formazione continua, una forte tensione al miglioramento continuo, l’attenzione al cliente, l’uso efficiente ed efficace delle risorse sono i tratti più salienti del modello “Qualità” o quanto meno di un modo di fare impresa adatto ai tempi attuali, caratterizzati da grande complessità, da crescita lenta in molti mercati ormai maturi e saturi. Gli autori analizzati hanno quale elemento comune il richiamo ai manager riguardo all’avere un disegno e a gestire i cambiamenti, anzi la provocazione sul poter essere innovativi e propositivi sempre, non solo nei momenti di crisi. Tutti sottolineano l’importanza di una leadership forte, innovativa e invitano i manager ad operare cambiamenti soprattutto di tipo strategico e culturale, per vedere la realtà con nuove prospettive. Il termine Qualità viene usato, da tutti gli autori, per indicare un modo di agire, di produrre, una mentalità che porti a fare bene ciò che il cliente chiede. Lo scopo di questa strategia non è solo rispondere alle esigenze del cliente ma anche per ridurre i costi, obiettivo primario come la “soddisfazione del cliente” (altro termine troppo abusato, soprattutto dal marketing, e che non uso volentieri), in una logica di miglioramento continuo sia nella ricerca dell’efficienza che dell’efficacia. 4 tra i primi: A. Galgano nel 1990 con il libro “La Qualità totale”

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Diversi sono invece gli approcci metodologici che credo, in sintesi, si possano riassumere in “Qualità” giapponese e “Qualità” occidentale. Ritengo sia possibile affermare che sono due gli aspetti su cui, fondamentalmente, si differenziano le due strade: il primo riguarda il diverso approccio culturale, il secondo l’attenzione alle persone piuttosto che agli standard che evidenziano le due alternative. La lettura comparata dei testi di Feigenbaum e Ishikawa fa risaltare, a mio parere, in maniera molto chiara, il diverso approccio culturale. L’interpretazione sistemica della Qualità si contrappone alla visione specialistica, espressione di una mentalità che risente ancora del Taylorismo. Nel modello manageriale di stampo giapponese, la “Qualità” indica una cultura aziendale in cui tutte le funzioni devono concorrere ad ottenerla, mentre nel modello occidentale la “qualità” viene affidata ad una funzione specialistica. Questa interpretazione ha condizionato molto il modello occidentale, come si può ben rilevare sia nella costruzione delle norme ISO, sia nella realtà di molte aziende. Ishikawa, nel suo libro”Che cosa è la Qualità Totale?”, critica questa impostazione poiché considera che l'approccio occidentale al TQM ponga troppa enfasi sul tradizionale reparto di controllo della qualità. Ishikawa commenta che è il professionismo a caratterizzare il mondo occidentale, inducendo Feigenbaum, manager americano fautore della Qualità Totale, a pensare alla Qualità Totale condotta essenzialmente da specialisti del Quality Control. L’approccio giapponese invece si è differenziato da quello proposto da Feigenbaum come si evidenzia dalle parole di Ishikawa che dichiara: "sin dal 1949 abbiamo insistito sul fatto di rendere partecipi tutte le divisioni e tutti i dipendenti nello studio e nella promozione del QC. Il nostro movimento non è mai stato dominio esclusivo degli specialisti del QC." L’autore giapponese spiega, sempre nel suo lavoro, che aveva pensato di ricorrere alla definizione "Controllo di qualità esteso all'intera impresa” per differenziare il metodo giapponese dal modo occidentale di fare Qualità, ritenendolo troppo ridondante e in occasione del simposio sul QC del 1968, si decise di impiegare il termine Company-Wide Quality Control. Le ISO, di cui si tratterà più avanti, risentono molto dell’impostazione occidentale; prevedono infatti il responsabile della Qualità, che la direzione deve nominare quale sua emanazione, a cui viene affidata la gestione dell’iter proposto dalle norme che chiedono aderenza ai requisiti in esse contenuti. Nella realtà, questo modo di procedere ha portato a creare, in molte aziende, la presenza di due percorsi organizzativi paralleli, uno reale e l’altro cartaceo in rispondenza ai requisiti della norma. Le ISO chiedono di produrre una documentazione a testimonianza del progetto organizzativo dell’azienda in cui viene utilizzata anche una propria terminologia che ha spinto spesso le organizzazioni a ritenere necessario produrre documentazione, non tanto per essere utilizzata al suo interno, bensì per soddisfare i requisisti della norma. Negli anni ’70 vi è una ripresa dell’approccio istituzionalista5, una scuola di pensiero importante e composta da molte correnti e filoni nelle scienze economiche, politiche e sociali con in comune il riconoscimento dell’importanza delle istituzioni nel condizionare i comportamenti umani. Gli uomini creano le istituzioni e poi ne sono condizionati Alla domanda: “per quale ragione organizzazioni dello stesso tipo sono così simili tra loro”,gli autori Meyer e Rowan6 rispondono che sono in atto processi di Isomorfismo Meyer e Rowan, in un saggio del 1977, osservano che le organizzazioni operano in contesti altamente istituzionalizzati che stabiliscono dei criteri di razionalità che le imprese sono tenute a rispettare per essere giudicate efficienti. Gli autori osservano che siamo entrati in un mondo profondamente diverso. Le imprese, una volta, nascevano per iniziativa dell’imprenditore e questi doveva avere sufficiente spirito di intraprendenza, intuito e propensione al rischio. Oggi la società è popolata da tante istituzioni di ogni tipo che formano un fitto reticolo di normative da rispettare che condizionano l’agire delle aziende. I criteri che governano lo sviluppo dei processi di isomorfismo vengono indicati dagli autori in potenti regole istituzionali che definiscono Miti razionali. L’espressione è un ossimoro che indica Regole che non si basano su prove empiriche ottenute con metodo scientifico ma sono legittimate dalla convinzione di essere razionalmente efficaci ed efficienti o conformi a un mandato legale. Favoriscono la creazione di nuovi campi di attività per soddisfare il business alimentato dai miti stessi. Tipici miti razionalizzati, indicati dagli autori, sono, ad esempio, la Normativa della Qualità Totale nella certificazione di prodotti e di sistemi aziendali. Gli autori distinguono due tipi di organizzazioni: quelle che recepiscono dall’esterno i criteri di razionalità (musei, teatri, scuole, chiese, associazioni di volontariato) e quelle che hanno criteri propri che possono confliggere con l’esterno (imprese). Le 5 Philip Selnick padre fondatore della prima fase dell’istituzionalismo Anni 1940-1960 Fuondations of the theory of organitations. American Sociological Reviw 13/2/1948

6 Meyer J.e Rowan B. Il neo-istituzionalismo nell’analisi organizzativa. Comunità Milano 2000

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seconde pongono ai ricercatori i problemi più interessanti a causa del contrasto che si può creare tra i loro criteri di efficienza e quelli suggeriti dalle istituzioni esterne. Si possono generare due possibili strutture parallele, una formale e una informale. La struttura formale è visibile e rispetta i cerimoniali esterni. La struttura informale è discretamente nascosta per seguire le proprie regole di efficienza. Le pressioni istituzionali che spingono le organizzazioni a diventare sempre più simili tra loro non è detto, come osservano i due ricercatori, contribuiscano a renderle più efficienti. Un importante approfondimento su questo tema viene da Powel (1949) e Di Maggio7, che, in un articolo del 1983, propongono il campo organizzativo come risposta alla ricerca delle ragioni del processo di isomorfismo. Il campo organizzativo viene definito come: un insieme di organizzazioni e di soggetti che costituiscono un’area riconosciuta di vita istituzionale come imprese, fornitori, consumatori che nel loro complesso costituiscono un’area riconosciuta di vita istituzionale. Il concetto di organizzazione si allarga fino a includere anche i campi organizzativi e scompare la distinzione tra organizzazioni che subiscono pressioni e altre che le esercitano. L’isomorfismo, inteso come omogeneizzazione nei criteri e nelle prestazioni interne in un campo organizzativo, è il risultato dell’azione di tutti gli attori presenti in un campo organizzativo. I ricercatori distinguono tra:

- Isomorfismo coercitivo: quando l’organizzazione è sottoposta a pressioni esterne, tipicamente vincoli di leggi o clausole contrattuali come l’impresa capofiliera con le aziende subfornitrici.

- Isomorfismo mimetico (imitativo) quando le aziende per fronteggiare le incertezze mettono in atto processi imitativi.

- Isomorfismo normativo: che nasce da processi di professionalizzazione ossia quando gli appartenenti all’organizzazione apprendono nuovi metodi, tecniche o tecnologie in centri specializzati, volontariamente senza costrizioni ma per la consapevolezza della validità delle innovazioni rispetto al tradizionale modo di operare.

Queste ricerche mi sembrano costituire un interessante punto di vista che ho ritenuto utile presentare, in quanto offre notevoli spunti di riflessione sulle norme Iso nonché sul fenomeno certificativo, così strettamente ad essa collegato e caratterizzato da notevoli effetti distorsivi che saranno presi in esame nel corso di questo lavoro.

L’articolo di Kume, con la cronaca dei dibattiti svolti durante i comitati tecnici per la redazione delle ISO, conferma questa differenza culturale di approccio e chiarisce anche l’altro aspetto molto discusso ossia l’esistenza di due anime della “Qualità”: una basata sull’attenzione alle persone, l’altra sugli standard. Dalla letteratura classica deriva l’idea dell’organizzazione ideale realizzata attraverso strumenti razionalmente orientati al raggiungimento di determinati scopi.

Ogni organizzazione è caratterizzata da :

- Una catena di comandi - Competenze tecniche e manageriali - Divisione del lavoro

Uno dei problemi da risolvere, come si è già detto, in ogni progetto organizzativo, è la delega dei compiti (e il suo grado) che richiede meccanismi di coordinamento e di controllo delle attività delegate. Perché l’organizzazione sia efficiente ed efficace, in maniera regolare e costante nel tempo, si ritiene, sempre nella visione classica che considera un’organizzazione come una struttura formale, che il management debba standardizzare le prestazioni lavorative e rendere sempre di più intercambiabili gli addetti tra loro prescindendo dalle capacità personali. Questa impostazione, che concepisce

7 Di maggio P., Powel W. The iron cage revisited : Institutional isomorphism and collettive rationality American Sociological Review aprile 1983

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un’organizzazione come una struttura formale, è alla base della standardizzazione dei ruoli e delle procedure aziendali tipiche dei modelli di ispirazione tayloristica. Occorre considerare, invece, come nella realtà delle azienda vi sia la presenza di attività routinarie e di attività creative, di decisioni di routine e decisioni critiche. La burocrazia, tipico apparato organizzativo, non è quindi composta da ruoli tutti uguali. Molti autori, anche di area americana, hanno rilevato che il principio weberiano 8della competenza disciplinata è, in effetti, un ossimoro. La competenza contrasta con la disciplina. La maggior parte delle burocrazie è organizzata in modo da distinguere tra lavori di elevata professionalità (dove il principio della competenza è istituzionalmente riconosciuto come superiore alla disciplina) e mansioni di scarso contenuto professionale (dove la disciplina sovrasta quello della competenza). Mintzsberg 9distingue tra burocrazia professionale e burocrazia meccanica e sostiene che il controllo dell’organizzazione debba poggiare su diversi criteri. Nella burocrazia professionale, che comprende ruoli che richiedono dei margini di discrezionalità e di iniziativa personale, il controllo è esercitato sulla formazione iniziale e sui risultati mentre nella burocrazia meccanica, in cui le mansioni sono ripetitive e standardizzate secondo procedure prestabilite (sia a livello operaio che impiegatizio), il controllo è esercitato sulle modalità di prestazioni del lavoro affidato. Rimandando gli approfondimenti alla vasta letteratura inerente agli aspetti sociologici delle organizzazioni, va ricordato che esistono diverse scuole di pensiero, molte correnti e filoni nelle scienze economiche, politiche e sociali che affermano come:

- l’organizzazione formale sia solo un aspetto di una struttura sociale concreta; - l’organizzazione sia formata da uomini e non da esecutori di ruoli assegnati; - l’organizzazione sia inserita in un ambiente che non è neutro ma che esercita influenze continue che

costringono l’organizzazioni ad adattamenti continui; - le persone e l’ambiente esterno all’organizzazione siano indispensabili; - le persone e l’ambiente esterno siano fonti di dilemmi, tensioni.

Queste considerazioni cercano di motivare le due diverse anime della “Qualità”, espressioni, sì, di culture diverse ma anche espressioni della complessità della realtà e per questo integrabili. Anche Ishikawa, nell’esporre le proprie opinioni sul modello occidentale e sulle Iso, invita a considerare come le due anime debbano integrarsi, rappresentando due realtà presenti in azienda di cui occorre tenere conto. Il Quality management basato sugli standard, cui si rifanno le norme ISO, cerca di ottenere la qualità creando standard perché le persone che compongono l’organizzazione li seguano per essere controllati in modo da verificare, in seguito, che ciò sia avvenuto. La qualità viene assicurata documentando il flusso di lavoro ed emettendo istruzioni scritte che descrivano i metodi da utilizzare. Documentare le attività, gli obiettivi e i metodi del processo indica che cosa occorra fare e chi lo debba fare. Gli standard sono creati dall’organizzazione e tengono conto delle diverse situazioni. Il come fare dipende dalle dimensioni dell’organizzazione, dal settore, dalla cultura aziendale. Il total Quality giapponese e quello che nel mondo occidentale deriva direttamente da esso (in Italia il modello proposto da Galgano10 e dal Premio Qualità Italia) è sicuramente più incentrato sulle persone, pur nel rispetto delle procedure di cui riconosce, evidentemente, la necessità e l’utilità, e trova nella gestione del personale e nella formazione, le leve strategiche per avere una risorsa umana motivata e responsabile. I testi di area giapponese mettono in rilievo come la storia del Quality management, in Giappone, consista in un resoconto del faticoso cammino culturale e formativo che è stato necessario per ottenere l’adesione, soprattutto culturale, dei manager. Molti autori descrivono la cronaca degli altrettanto faticosi tentativi di ottenere risposte al come fare, in termini operativi, attraverso un processo di prove e di errori, piuttosto che sul cosa fare, approccio proposto dalla “Qualità” basata sugli standard e quindi anche dalle ISO. Questo modello manageriale, nelle due accezioni, ha, senza dubbio, un approccio molto pragmatico, considera l’organizzazione nei suoi processi produttivi, nella sua fisicità, nei problemi gestionali di tutti i giorni; dà significato al progetto organizzativo gestionale che ogni azienda deve formulare, alla luce dei problemi legati a mercati sempre più complessi. La teoria della “Qualità Totale” sviluppa il concetto 8 I principi della burocrazia enunciati da Weber. Da Giuseppe Bonazzi Come studiare le organizzazioni. Il Mulino Bologna 2002 . 9 Mintzberg Henry La progettazione dell'organizzazione aziendale 10 Alberto Galgano: “La Rivoluzione Manageriale , ripensare la Qualità Totale “ Il sole 24ore libri 1996

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di qualità evolvendolo da qualità controllata e osservata a livello di prodotto, a qualità del sistema azienda in cui tutte le funzioni aziendali sono coinvolte per l’ottenimento degli obiettivi aziendali. Penso sia necessario rivolgere attenzione al cambiamento culturale e quindi organizzativo a cui le aziende sono chiamate per arrivare a comprendere un approccio che, tenendo conto delle istanze della domanda, mutate rispetto a quelle che hanno fatto sorgere il modello tayloristico, ponga la prevenzione, il controllo del sistema, la soddisfazione del cliente e il miglioramento continuo quali fattori essenziali. Ogni cambiamento è difficile da gestire, occorre che vi sia una crescita culturale faticosa da raggiungere nel breve periodo. Anche Taylor11, enunciando la propria teoria, invitava ad un salto culturale sia gli imprenditori sia gli operai affinché il suo metodo potesse essere capito e applicato. Al di là di certe dichiarazioni troppo enfatiche, quali “la mission dell’azienda è la soddisfazione del cliente”, il profitto rimane, come sempre, il fine primario aziendale, cambia solamente la temporalità. Il profitto non è più obiettivo di breve periodo, come nei modelli classici, ma diventa fine di lungo periodo. Quindi se si realizzano obiettivi di breve periodo quali la soddisfazione del cliente, il miglioramento continuo e senza fine della qualità, la ricerca assidua di nuovi prodotti, il coinvolgimento del personale, si pongono presupposti essenziali per ottenere, nel lungo periodo, risultati positivi e duraturi, poiché permettono all’ azienda di accrescere valore al proprio prodotto, rendendola capace di attestarsi sul mercato in modo sempre più concorrenziale. La contrapposizione tra il modello gestionale, derivante dall’applicazione della teoria della qualità totale, e i modelli tradizionali, derivanti dall’applicazione della teoria dell’organizzazione scientifica del lavoro, va quindi vista, secondo la mia opinione, non come una distinzione tra modelli migliori o peggiori per gestire l’azienda, bensì come differenza tra modelli sorti per rispondere ad esigenze diverse che i mercati hanno manifestato. L’organizzazione scientifica del lavoro, teoria sviluppata dal Taylor nell’America dei primi del ‘900, rispondeva alle esigenze delle aziende di fronte a mercati in cui la produzione di massa era l’istanza principale. I suoi principi fondamentali quali: la parcellizzazione della mansione, la separazione fra esecuzione e controllo, la misurazione di tempi e metodi, hanno portato le aziende ad una organizzazione scientifica adatta a produzioni di massa, ad economie di scala in un contesto economico in cui le aziende erano ancora entità artigianali, non organizzate e strutturate, e in cui i mercati avevano la capacità di assorbire quantità notevoli di prodotti rispondenti a bisogni ancora primari o a bisogni secondari nascenti (il mercato dell’automobile e la Ford sono il classico esempio). La differenziazione, le nicchie di mercato e l’innovazione sono le risposte che, oggi, le aziende devono trovare all’attuale situazione economica. La teoria della qualità costituisce una risposta alle esigenze dell’azienda di trovare strategie che la rendano capace di perdurare sui mercati. Vorrei, inoltre, mettere in evidenza come la strategia Qualità possa dare un grosso contributo all’innovazione aziendale, sicuramente fattore critico. L’innovazione, per definizione, costa molto sia se acquistata sul mercato, sia prodotta all’interno. Questo è vero per l’innovazione intesa come invenzione ottenuta e nei centri ricerca e nei laboratori. Ma innovazione può anche significare, ad esempio, piccole modifiche nei prodotti, piccoli miglioramenti nei processi produttivi e nei rapporti con i clienti. Si può affermare che l’innovazione, così intesa, sia caratteristica comune delle piccola media azienda italiana. Il coinvolgimento maggiore al processo produttivo della risorsa umana, lo stimolo a fare sempre meglio, insiti in tale strategia, producono un effetto positivo sull’Innovazione finalmente così intesa. Il modello “Qualità” non è solo il modello Toyota, si è detto che vi sono diversi padri e molte applicazioni di questo modello manageriale: senza dubbio è, in realtà, un modello in cui l’aspetto culturale è il punto focale e centrale. Tanti sono gli aspetti tecnici, gli strumenti, i metodi a cui si può ricorrere, ogni azienda adotterà quelli che riterrà più funzionali e utili. Gli autori sottolineano, spesso con enfasi, che, oltre ad una forte leadership, occorre la risorsa umana motivata, che condivida gli obiettivi aziendali per poter implementare questo metodo. Nella tensione al miglioramento continuo, che vuol significare pure una continua crescita culturale, professionale dell’organizzazione, la risorsa umana deve essere costantemente formata. Va considerato come la formazione rappresenti, inoltre, una forte leva strategica per gestire tale risorsa, su cui tutti gli autori sono concordi.

11 L'organizzazione scientifica del lavoro Frederick Winslow Taylo, a cura di Aldo Fabris

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Il modello Qualità in sanità La Qualità oggi è diventata assolutamente trasversale in quasi tutti i settori e, nel loro interno, in tutte le aree e le funzioni aziendali di qualsiasi organizzazione. In questi ultimi anni, in Italia la Qualità è entrata prepotentemente anche nell’ambito pubblico e soprattutto nel Sistema Sanitario Nazionale (SSN). Nella realtà dei servizi pubblici questo modello organizzativo orientato alla soddisfazione dei bisogni e alle esigenze del cliente (in tali ambiti pubblici inteso come cittadino, paziente, utente) risponde allo scopo istitutivo delle aziende di pubblico servizio e alla necessità sempre più evidente di utilizzare al meglio risorse che, anche in questi ambiti, vengono riconosciute non più illimitate. Occorre però chiedersi soprattutto in Sanità che significati possono essere attribuiti al termine Qualità. Quando l’Organizzazione mondiale della Sanità ha raccomandato di introdurre nelle politiche sanitarie il miglioramento continuo della Qualità, quando il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa indica nel miglioramento continuo della Qualità dell’assistenza sanitaria una priorità chiave per tutti gli stati membri, che significato attribuiscono al termine Qualità? Il miglioramento continuo della Qualità diventa anche in Italia un punto centrale della Riforma sanitaria italiana ma a quale dimensione e accezione di Qualità si vuole fare riferimento. Per Qualità si intende storicamente conformità ai requisiti di un prodotto/servizio richiesto. Le espressioni controllo di qualità, assicurazione di Qualità sottendono proprio questo significato. Si deve però rilevare come dagli anni del secondo dopo guerra questo concetto di Qualità si sia notevolmente modificato in un concetto molto più ampio. Dal mero concetto di Conformità a requisiti esplicitati dal cliente si è arrivati ad intendere per qualità la capacità di rispondere a requisiti non ancora espressi. Nella volontà di rispondere a requisiti non solo espliciti ma anche nell’interpretare e prevenire quelli impliciti sta l’attuale capacità strategica di questo modello organizzativo. Mercati sempre più saturi e complessi spingono le aziende ad essere orientate al cliente e alla loro soddisfazione per rimanere competitive. La Qualità, quindi nella sua ultima evoluzione, può essere intesa come l'insieme delle caratteristiche e degli attributi di una entità materiale o immateriale, prodotto o servizio, che conferiscono ad essa la capacità di soddisfare le esigenze espresse o implicite, di associare ai processi di produzione o di fornitura, utilizzo e fruizione dell'entità medesima. L'elemento focale della cultura e della prassi della Qualità quindi, in base a tale definizione, consiste nella soddisfazione del mix di esigenze, sia di tipo morale che materiale, sia di tipo sociale che economico, proprio di tutte le parti interessate nei processi in cui le diverse attività possono essere organizzate, intendendo per parti interessate i così detti Stakeholders: clienti ed utenti-pazienti consumatori, lavoratori, azionisti, fornitori, la collettività in genere sia presente che futura. La Qualità così definita deve essere costruita come Qualità progettata-attesa, garantita e mantenuta nel tempo come Qualità erogata-percepita. Tali obiettivi si possono raggiungere attraverso adeguati processi di costruzione e assicurazione della Qualità intesa nel senso sempre più generale ed integrato che allarga la logica della tutela della conformità del prodotto-servizio alla tutela dell'ambiente esterno ed interno, alla tutela della sicurezza dei lavoratori e dei consumatori intesi sia come clienti, utenti, pazienti e al rispetto di principi etici di Responsabilità Sociale.

Le difficoltà nel definire il concetto Qualità in ambito sanitario sono ancora maggiori rispetto a tutti gli altri campi per motivi che vanno dalla complessità del concetto di salute alla varietà degli attori che compongono il Sistema Sanitario. La salute è un concetto estremamente soggettivo e storicamente determinato. La percezione del proprio stato di salute, come buono o cattivo, varia da individuo ad individuo e dipende dai valori, dalle credenze, dalla cultura, espressioni dell’ambiente circostante di appartenenza, oltre che dalla sensibilità personale. Identiche situazioni oggettive di salute possono essere vissute in modo diverso da persone diverse a seconda del sesso, dell’età, dell’istruzione e di altre variabili ambientali. Il concetto di salute varia tra le diverse società e si evolve nel tempo, basti pensare che un tempo le malattie infettive erano debellatrici. La salute di un individuo o di una popolazione è in sintesi il risultato di numerosi fattori, che si possono raggruppare in quattro classi:

1. patrimonio genetico; 2. ambiente; 3. fattori socioculturali e stile di vita; 4. uso dei servizi sanitari.

Si può quindi affermare che la salute è un fenomeno multidimensionale, da valutare cioè sotto l’aspetto sociale, psicologico, funzionale, economico e dipendente dal periodo storico/politico, oltre che dalle conoscenze scientifiche e tecnologiche della nazione che da significato e contenuto a tale concetto.

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Il livello complessivo di salute della popolazione dipende, sicuramente, anche dalla qualità dei sistemi sanitari, a loro volta espressione dell’ambiente sociale/ politico/ economico di ogni paese. Lo stato di salute dei cittadini, ma soprattutto il concetto di salute del cittadino, e quindi la qualità del sistema sanitario del paese, prende significato ed è determinato in larga misura dal modello politico economico adottato dal paese. Gli indirizzi politico strategico, e quindi le decisioni politiche di chi governa, determinano e danno contenuto al livello di salute del cittadino che deve essere tutelato, perseguito e quindi poi valutato e misurato. La salute di una nazione non è, quindi, il risultato del solo sistema sanitario, ma sono molteplici i fattori politici che la possono influenzare sia in positivo che in negativo attraverso le abitudini di vita e la cultura del momento sociale, economico e politico del paese. In Italia l’art. 32 della Costituzione italiana del 1947 sancisce che: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti ”12. Si tratta di un principio di carattere generale, nel quale è possibile individuare i presupposti per il riconoscimento, in Italia, della tutela della salute dei cittadini quale attività connessa alla soddisfazione di un bisogno al quale viene assegnata una valenza sociale o pubblica che nei diversi periodi ha determinato diversi livelli di salute da tutelare e quindi a servizi sanitari differentemente organizzati e finanziati. Quindi pare si possa considerare come in Sanità si debba distinguere tra salute da garantire ai cittadini, concetto, come si è detto, difficile da definire, di natura prettamente politico, e Qualità delle prestazioni sanitarie che il sistema sanitario deve garantire. Il livello qualitativo di un Sistema sanitario è condizionato da molte variabili endogene ma va considerata la forte valenza esercitata sul livello delle prestazioni offerte dalle variabili esogene. Il sistema sanitario è un sistema difficile da governare sia per la complessità della sua composizione sia per la pluralità delle figure che lo compongono. Esiste un’ampia letteratura, prevalentemente nordamericana, sul difficile argomento della definizione della Qualità nei sistemi sanitari. Qui viene citato Avedis Donabedian13 che storicamente è stato fra i primi a occuparsi di tale tema. L’autore definisce la Qualità in Sanità come: Rapporto tra i miglioramenti ottenuti nelle condizioni di salute e i miglioramenti massimi raggiungibili sulla base dello stato attuale delle conoscenze, delle tecnologie disponibili e delle circostanze dei pazienti.

Si può notare come tale definizione evidenzi e sottenda la necessità di una misurazione, e quindi di una valutazione, ma soprattutto sottolinei la visione di una realtà composta da molti ambiti, ognuno dei quali deve contribuire alla Qualità del sistema Sanità, sia pur sempre riferiti ad un processo input-process-output tipico dell’industria manifatturiera. L’autore identifica tre parametri o tipi di indicatori, su cui basarsi per valutare la qualità dell'assistenza sanitaria: a) Struttura: con il termine struttura l’autore intende le caratteristiche, relativamente stabili, degli amministratori e operatori sanitari, degli strumenti e delle risorse di cui dispongono e degli ambienti fisici e organizzativi in cui operano. Il concetto di struttura include le risorse umane, fisiche e finanziarie necessarie all'erogazione dell'assistenza sanitaria. La struttura comprende evidentemente l'organizzazione del personale ospedaliero, medico ed infermieristico. b) Processo: con tale termine vuole indicare e comprendere tutti gli aspetti delle attività legate all’assistenza sanitaria . c) Esito: il termine "esito" viene usato dall’autore per indicare un cambiamento nello stato di salute corrente e futuro del paziente che può essere attribuito a un precedente intervento di assistenza

12 Vedi la Costituzione Italiana

13 Avedis Donabedian13 “The Definition of Quality and Approaches to Its Assessment”, pubblicato

in America nel 1980,

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Secondo la classica tripartizione di Avedis Donabedian gli assi della qualità sono quindi indirizzati a valutare la struttura intesa come Qualità organizzativa, il processo inteso come Qualità professionale e l’esito che sottende la Qualità percepita. Quando l’autore invita a valutare e a migliorare la Qualità organizzativa fa riferimento alla dimensione organizzativa di una struttura sanitaria composta da: - risorse disponibili, - personale, - attrezzature, - edifici - modalità organizzative delle stesse. Quando il punto di osservazione è la Qualità Professionale viene valutato e misurato il processo composto da tutti gli aspetti delle attività di assistenza che includono le prestazioni sanitarie, la loro tempestività e appropriatezza in merito alle decisioni di intervento, al livello di effettuazione ed all’uso delle risorse. La dimensione della Qualità di processo fa riferimento quindi alla correttezza tecnica, al coordinamento ed integrazione delle prestazioni, nonché alla continuità dell’assistenza prestata dagli operatori. Pertanto è l’asse che si riferisce al comportamento degli operatori e all’efficacia delle prestazioni e delle procedure assistenziali fornite dalle aziende sanitarie. In tale prospettiva viene quindi valutata e misurata la capacità del sistema sanitario di migliorare lo stato di salute delle persone. I processi sono tanto più importanti quanto più, in base alle evidenze scientifiche ed al consenso di esperti, aumentano le probabilità che si verifichino esiti favorevoli. In Sanità, come nel mondo industriale, si da notevole rilevanza all’analisi dei processi come mezzo di miglioramento, soprattutto dovendo risolvere il problema dell’appropriatezza delle prestazioni, uno degli obiettivi primari della Riforma e dei Piani sanitari ad essa successivi. Infine se l’angolo di osservazione di miglioramento, di valutazione e di misurazione è la Qualità percepita si intende osservare, misurare e valutare l’esito delle prestazioni sanitarie. Le modificazioni delle condizioni di salute dovute agli interventi sanitari rappresentano l’esito e possono essere intese in senso positivo come il prolungamento della vita, la riduzione della sofferenza e della disabilità. Un esito particolare è rappresentato dalla soddisfazione dei pazienti, dei familiari e della popolazione, aspetto della Qualità Percepita oggi più valutato e misurato . Le tre dimensioni della Qualità si devono evidentemente integrare tra loro per dare contenuto al concetto di Qualità Totale nei servizi sanitari. La Qualità Totale indica, infatti, una sequenza finalizzata ed interconnessa di attività con lo scopo di fornire un prodotto/servizio al cliente. Sequenza che quasi sempre coinvolge più di una unità organizzativa e più di una figura professionale. Va messo in evidenza come vi siano molte altre classificazioni relative alle dimensioni di qualità riferiti alla sanità proposte da diversi autori, si può affermare, in sintesi, che le metodologie di approccio alla Qualità sono tese alla valutazione e alla misurazione e quindi al miglioramento continuo di: - Qualità Professionale - Qualità Organizzativa - Qualità Percepita

Le diverse dimensioni prevedono metodologie, tecniche e strumenti per valutare e misurare la diversa ottica di Qualità osservata. Di seguito vengono sintetizzate le metodologie maggiormente utilizzate nei diversi campi di analisi della Qualità, rimandando gli approfondimenti alla vasta letteratura esistente . Gli strumenti e le metodologie per misurare e valutare la Qualità nell’ approccio tecnico-professionale sono: - medical e clinical audit, - miglioramento continuo della qualità (quality assurance, VRQ), - accreditamento professionale, - linee guida ed evidence based medicine;

L’approccio organizzativo gestionale vede nei seguenti metodi gestionali gli strumenti per implementare il modello “Qualità”nel sistema sanitario:

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- total quality management, - certificazione di qualità (ISO 9000), - accreditamento autorizzativo e requisiti minimi di qualità, - accreditamento all’eccellenza (JCAHO);

Nell’ approccio partecipativo l’"Analisi Partecipata della Qualità" (APQ)è il metodo più conosciuto; è una procedura di valutazione dei servizi pubblici e sociali, in particolare di quelli sanitari, caratterizzata dalla sua impostazione partecipativa, che prevede il coinvolgimento di cittadini ed operatori non solo come fonte di informazione, ma anche come soggetti attivi nella realizzazione dell’indagine e come utilizzatori dei risultati. Questo metodo di valutazione dei servizi sanitari è stato messo a punto dal Laboratorio di Scienze della Cittadinanza e riguarda essenzialmente la Qualità percepita, in particolare le relazioni interpersonali, il comfort, la disponibilità di servizi e la soddisfazione degli operatori. Nella sanità italiana anche la Carta dei Servizi e la Rilevazione della “Customer Satisfaction” rappresentano sicuramente validi strumenti per introdurre e valutare la Qualità Percepita. In Italia il decreto legislativo 502/92 e le sue successive modificazioni introducono nell’ambito dei servizi sanitari nazionali il concetto di Qualità delle prestazioni. In sostanza nella realtà delle aziende sanitarie viene introdotto, attraverso lo strumento legislativo, un modello organizzativo che si può ricondurre al modello Qualità sotteso alle ISO 9000 e ad altri sistemi, ad esempio la VRQ, che traggono origine dal mondo industriale. Il cambiamento richiesto da questa riforma è notevole e coinvolge oltre il SSN le Regioni alle quali vengono richieste volontà e capacità nel gestire tale cambiamento, espresse dalle legislazioni regionali. Occorre ricordare come oggi si possono già individuare in sanità due modelli di riferimento quali il modello Lombardia e il modello Emilia Romagna come risposte regionali diverse ai dettami della Riforma Sanitaria. La costituzione delle Asl e degli Ospedali in aziende e quindi l’aspetto giuridico ed economico così mutati, dovrebbero favorire, molti passi sono già stati compiuti in tal senso, l’autonomia e il passaggio da una fase in cui tali enti si comportano come pubbliche amministrazioni, finanziate da logiche predeterminate a pioggia dal livello centrale ad una fase in cui tali enti devono essere condotti con strategie che tengano conto sia delle esigenze espresse e non dai pazienti utenti che della struttura dei costi e quindi dell’utilizzo efficiente ed efficace delle risorse. L’introduzione di questo diverso modello organizzativo e gestionale sta spingendo il sistema sanitario con tutte le sue componenti a modificare l’organizzazione del lavoro, la gestione del personale, l’amministrazione e il controllo delle risorse. Anche nella Sanità italiana nasce quindi l’esigenza di valutare i risultati non solo degli esiti delle cure ma anche dell’utilizzo delle risorse; vengono anche in termini normativi, si pensi agli standard per l’autorizzazione e l’accreditamento, richiesti indicatori che permettano il monitoraggio di processi e di esiti nelle diverse strutture del SSN. L’orientamento di fondo del processo di riordino del Sistema Sanitario Nazionale, in sintesi, dovrebbe perseguire il contenimento dei costi, senza necessariamente abbassare la qualità delle prestazioni (il che implica la necessità di misurarla), sviluppando una migliore efficacia/efficienza nell’utilizzo delle risorse . “Ciò postula l’implementazione di un modello gestionale ed organizzativo tale da offrire precise garanzie di qualità e da soddisfare le esigenze degli utenti, costituendo la variabile strategica del successo14”. L’organizzazione del Sistema Sanitario Nazionale, prevista dal già citato Decreto Legislativo 502 del 30/12/92 e le sue successive modificazioni, si è detto, è notevolmente ispirata dai principi delle norme

14 Di Stanislao F., Liva C. Accreditamento dei Servizi Sanitari in Italia. Ed. Centro Scientifico

Editore 1998Ed. Centro Scientifico Editore 1997

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ISO15 che sottendono il modello Qualità. La lettura del sommario di tale decreto esplicita molto chiaramente l’ispirazione a queste norme. Va osservato come le norme ISO delineano un percorso organizzativo a cui le organizzazioni dovrebbero attenersi indicando i punti critici da tenere monitorati e documentati per ottenere una certificazione che comunque è di tipo volontaria. Il decreto ovviamente delinea un modello organizzativo a cui il sistema si deve attenere in maniera cogente e quindi in tale ambito tutte le indicazioni e i suggerimenti diventano obblighi di legge. Come nelle norme ISO9000 il primo articolo definisce le politiche e le strategie che il sistema sanitario deve perseguire, nei successivi disegna l’organigramma della struttura del Sistema sanitario dettando le competenze delle regioni, la struttura e l’organizzazione delle Unità Sanitarie Locali (ASL), la figura del Direttore Generale e via via di tutte le figure che costituiscono il sistema. Inoltre il decreto indica gli strumenti attraverso i quali regolare e governare il sistema. L’impostazione dell’organizzazione del SSN deve essere intesa quindi come una premessa fondamentale per l’introduzione di metodologie orientate alla qualità per attuare un processo di cambiamento del SSN; cambiamento che interessa il SSN nel suo complesso in quanto riguarda nello specifico:

- il modello organizzativo degli enti sanitari - il modello di programmazione - il modello di finanziamento - il modello di erogazione delle prestazioni - il controllo di qualità delle prestazioni - il modello di verifica della qualità nella prospettiva della personalizzazione e della

umanizzazione dell’assistenza.

La progressiva affermazione dell’esigenza di migliorare il livello qualitativo dell’assistenza sanitaria ha ricevuto, come si è detto, in questi ultimi anni una legittimazione normativa attraverso il Decreto legislativo n°502 del 30 dicembre 1992 e successive modificazioni, infatti, negli articoli 10 e 14 si prevede “la verifica e la revisione della qualità delle prestazioni come metodo adottato in via ordinaria”. Questa semplice previsione assume una valenza significativa nel più ampio contesto della logica innovativa introdotta dal processo di riordino del Servizio Sanitario Nazionale. Essa ha pertanto avuto una ripercussione, che seppur ancora incerta negli ultimi sviluppi normativi, al contrario acquista di giorno in giorno maggiore ampiezza e rilievo in un “mercato” della Sanità, per quanto particolare ed imperfetto, in cui il cittadino ha libertà di scelta tra una pluralità di soggetti erogatori delle prestazioni sanitarie e libero accesso alle stesse. L’evoluzione dell’approccio alla Qualità anche in Sanità nel nostro Paese, fino al momento attuale, è tuttavia caratterizzato da fattori decisionali di non semplice lettura; la qualità è stata, infatti, introdotta ufficialmente nel nostro sistema sanitario, ma non senza approssimazioni e persistenti zone d’ombra sui metodi e gli strumenti, non chiarendo spesso a quale dimensione di qualità si fanno riferimento. Le indicazioni normative sono, infatti, poche e generiche; mentre le scuole di pensiero ed i metodi di approccio alla qualità sono invece molteplici e talvolta apparentemente contrastanti. In Sanità, come anche in ambito industriale, vengono proposti metodi diversi che hanno in comune principi organizzativi quali ad esempio il miglioramento continuo, la soddisfazione del cliente, la gestione per processi ma che hanno come oggetto di misurazione e di valutazione una delle diverse dimensioni di Qualità. In questo contesto confuso in cui, a seguito di spinte di varia origine, si propende ora verso ad uno o l’altro dei metodi e degli strumenti citati, la reazione più diffusa da parte dei responsabili ed operatori della sanità, sembra essere improntata ad un certo scetticismo in merito alla possibilità di applicare

15 Le prime norme emanate dall’ISO, elaborate dal Comitato tecnico ISO/TC 176, Qualità management and qualità

assurance, sono del 1987 e sono state adottate integralmente dal Comitato Europeo di Normazione (CEN)15. In Italia

1’Ente Nazionale Italiano di Unificazione(UNI) le ha recepite nel 1988 nelle norme UNI EN IS0 29000. Poi vi stata una

nuova edizione negli anni 90 composta da 4 norme. Le UNI EN ISO9001 e UNI EN ISO9004 rappresentano l’ultima

edizione, rielaborate dal Comitato tecnico ISO/TC 176 come una coppia coerente di norme sui sistemi per la qualità e sono

concepite per completarsi l’una con l’altra pur avendo scopi differenti. La ISO9001 specifica i requisiti per un sistema di

gestione per la qualità che possono essere utilizzati per fini interni all’organizzazione, per fini certificativi e per fini

contrattuali. La norma focalizza l’attenzione sull’efficacia del sistema di gestione per la qualità nel soddisfare i requisiti del

cliente. Negli anni di emanazione del decreto le norme applicabili erano più di una mentre dal 2000 vi è una sola norma che

può portare alla certificazione la ISO9001/2000, oggi ISO9001/ 2008

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effettivamente tali metodiche alla prassi terapeutica ed assistenziale quotidiana, contraddistinta, soprattutto nella fase iniziale, da un’inerzia non facilmente superabile a trasformare i modelli routinari di lavoro, atteggiamento comunque tipico a tutte le aziende e organizzazioni di ogni settore, in nuovi metodi. L’adozione di un sistema di gestione TQ vede nella gestione della risorsa umana una delle sue leve più strategiche. Il coinvolgimento e la condivisione della risorsa umana sono indispensabili per ottenere l’esecuzione di mansioni che si arricchiscono, soprattutto in termini di responsabilità e di controllo, per ottenere il prodotto/servizio conforme a quanto richiesto dal cliente in modo efficiente ed efficace. La formazione in questi progetti organizzativi gestionali rappresenta un importante strumento sia per far condividere gli obiettivi aziendali sia per favorire il miglioramento continuo dell’organizzazione. Per tali motivi e per la necessità di gestire il cambiamento organizzativo gestionale, la Riforma sanitaria riconosce per le strutture sanitarie la necessità di notevoli interventi formativi esplicitata nell’aver dato molta attenzione alla formazione continua di cui la formazione manageriale rappresenta una componente fondamenta Gli Strumenti della Qualità nella sanità italiana e nella Pubblica Amministrazione Diversi sono gli strumenti che possono essere utilizzati per implementare il modello “Qualità”nelle organizzazioni, alcuni possono essere utilizzati in tutti gli ambiti, sia pubblici che privati, sia aziende industriali che di servizi,mentre alcuni sono specifici dell’ambito sanitario. Sono stati presi in esame alcuni strumenti che sono comuni alla sanità e alle P.A come la carta dei servizi, la certificazione secondo le ISO9000/2008, i premi ed altri come l’accreditamento istituzionale e l’accreditamento all’Eccellenza specifici per la sanità. In questo capitolo sono stati esaminati gli strumenti più utilizzati per comprenderne meglio il loro uso e il campo di applicazione, mentre le indagine svolte sono state circoscritte agli strumenti più significativi. Si è detto che in sanità le dimensioni della Qualità sono molteplici, l’approccio studiato è prevalentemente quello organizzativo gestionale di cui si analizzeranno i diversi strumenti attraverso cui si può cercare in una organizzazione, sia utilizzandoli singolarmente che in maniera congiunta e possibilmente integrata, di implementare un nuovo modello organizzativo che si può indicare come modello “Qualità” o m preferibilmente modello di “miglioramento continuo”. La carta dei servizi viene di solito presentata come strumento per la qualità percepita mentre a mio avviso la sua introduzione in ambito della sanità e delle pubbliche amministrazioni, attraverso un intervento normativo, ha una forte valenza sul piano organizzativo come più in seguito cercherò di motivare. L’approccio organizzativo gestionale vede nei seguenti metodi gestionali gli strumenti per implementare il modello “Qualità”nel sistema sanitario: - La certificazione di qualità secondo la norma ISO 9001/2008 - L’accreditamento autorizzativo e requisiti minimi di qualità, - L’accreditamento all’eccellenza (JCAHO); - I premi per il total quality management, A fronte di strumenti come la certificazione secondo la ISO9001 e i premi quali il giapponese Deming Prize, lo statunitense Malcoln Balbridge National Qualità Award, l’ European Quality Award e il Premio Qualità Italia comuni all’ambito delle aziende industriali e dei servizi , in sanità vi sono strumenti specifici quali l’accreditamento autorizzativo e requisiti minimi di qualità e l’accreditamento all’eccellenza (JCAHO).

La "Carta dei servizi": quadro normativo e funzione La Carta dei servizi, destinata a regolare l'accesso dei cittadini alla pubblica Amministrazione, nasce a seguito della legge n. 241 del 199016 relativa al procedimento amministrativo. La Carta dei servizi sanitari rappresenta un patto tra le strutture del SSN e i cittadini, secondo principi informatori ben descritti dalla norma: - imparzialità nell'erogazione delle prestazioni e uguaglianza del diritto all'accesso ai servizi; - piena informazione dei cittadini utenti sui servizi offerti e le modalità di erogazione degli stessi; - definizione di standard e assunzione di impegni da parte dell'Amministrazione locale rispetto alla

promozione della qualità del servizio e alla determinazione di modalità di valutazione costante della qualità stessa;

16 legge n. 241/90 nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi.

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- organizzazione di modalità strutturate per la tutela dei diritti dei cittadini; - ascolto delle opinioni e dei giudizi, sulla qualità del servizio, espressi dai cittadini direttamente o

tramite le Associazioni che li rappresentano attraverso modalità e strumenti di partecipazione e coinvolgimento

La Carta quindi, essenzialmente volta alla tutela dei diritti degli utenti, prevede una tutela che non dovrebbe essere intesa come semplice riconoscimento formale di garanzie al cittadino, ma attribuzione a tale strumento di un potere di controllo diretto sulla qualità dei servizi erogati. L'ente erogatore deve rispettare e mettere in atto i principi cardine della Carta dei Servizi, adottando comportamenti che lo spingano ad: - adottare gli standard di quantità e di qualità del servizio di cui assicura il rispetto - pubblicizzare gli standard adottati e ne informa il cittadino, - verificare il rispetto degli standard ed il grado di soddisfazione degli utenti; - garantire il rispetto dello standard adottato, assicurando al cittadino la specifica tutela rappresentata da forme di rimborso nei casi in cui sia possibile dimostrare che il servizio reso è inferiore, per qualità e tempestività, allo standard pubblicato. La Carta dei servizi assegna, dunque, un ruolo forte sia agli enti erogatori di servizi, sia ai cittadini nell'orientare l'attività dei servizi pubblici verso la loro "missione": fornire un servizio di buona qualità ai cittadini-utenti- pazienti. I principali riferimenti normativi in materia di Carta dei servizi sono: -la legge 7 agosto 1990, n. 241 "Nuove norme in materia di procedimento, amministrativo e diritto di accesso ai documenti amministrativi" Tale norma ha dettato nuove regole per i rapporti tra i cittadini e le amministrazioni, viste nel momento dell'esercizio di poteri autoritativi; - la Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 gennaio 1994 "Principi sull'erogazione dei servizi pubblici" della legge n. 241 del 1990 della legge n. 241 del 1990 La direttiva individua i principi cui deve essere uniformata progressivamente, in generale, l'erogazione dei servizi pubblici, anche se svolti in regime di concessione o mediante convenzione Tutti i modelli di Carta dei servizi devono contenere i principi fondamentali stabiliti dalla Direttiva citata, che sono : • Eguaglianza • Imparzialità • Continuità • Diritto di scelta • Partecipazione • Efficienza ed efficacia - la Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri dell'11 ottobre 1994"Direttiva sui principi

per l'istituzione ed il funzionamento degli uffici per le relazioni con il pubblico" questa direttiva definisce i principi e le modalità per l'istituzione ed il funzionamento degli uffici per le relazioni con il pubblico di cui all'art. 12 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive disposizioni correttive.

- il Decreto legge 12 maggio 1995, n. 163, convertito dalla legge 11 luglio 1995, n. 273, ha previsto l'adozione, da parte di tutti i soggetti erogatori di servizi pubblici, anche operanti in regime di concessione o mediante convenzione, di Carte dei servizi sulla base di "schemi generali di riferimento"; per il settore sanitario detto schema di riferimento è stato adottato con DPCM del 19 maggio 1995 ,G.U. del 31 maggio 1995, supplemento n.65.

Nell'area della Sanità, la Carta dei servizi trova ulteriori specifici riferimenti rappresentati da: - decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 "Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421" e successive modificazioni ed integrazioni - decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517 che rivede il tessuto organizzativo del Servizio Sanitario Nazionale, istituendo le aziende unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere, e che colloca il sistema organizzativo dei servizi a supporto del miglioramento, delle prestazioni e della tutela dei diritti del cittadino;

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- D.P.R. 28 novembre 1990, n. 384, recante l'accordo di lavoro del comparto Sanità, che assume il miglioramento delle relazioni con l'utenza come obiettivo fondamentale dell'azione amministrativa e prevede l'approntamento di strumenti finalizzati alla tutela degli interessi degli utenti, alla più agevole utilizzazione dei servizi, all'informazione sui servizi stessi e alle procedure di reclamo; - Circolare del Ministero della Sanità 100/SCPS/3 5697 del 31 ottobre 1991 "Iniziative per l'attuazione nel Servizio Sanitario Nazionale delle norme della legge 7 agosto 1990, n. 241, miranti al miglioramento dei rapporti tra Pubblica Amministrazione e cittadini" che richiama l'attenzione delle unità sanitarie locali sulla necessità di attuare provvedimenti tesi ad assicurare trasparenza ed efficacia all'azione amministrativa suggerendo misure concrete quali l'adozione del cartellino di identificazione del personale del Servizio Sanitario, l'istituzione degli uffici di informazione e pubbliche relazioni, la verifica della segnaletica e della modulistica utilizzata dai cittadini per l'accesso alle prestazioni sanitarie. La Carta dei servizi: strumento per l’implementare il modello “Qualità” La carta dei servizi viene di solito presentata come strumento di Qualità percepita, mentre è un valido strumento di Qualità organizzativa. Infatti, la Carta dei servizi è stata pensata, a mio avviso, anche dal legislatore, come uno dei mezzi più idonei per introdurre nelle pubbliche amministrazioni e nelle aziende sanitarie il concetto di “Total Quality management”, individuando in essa un valido strumento per attivare e sostenere il cambiamento organizzativo necessario in tali realtà. In Sanità, si è detto, il modello organizzativo ”Qualità” è stato fatto transitare per legge attraverso il Decreto Legislativo 502 del 30/12/92 e le sue successive modificazioni, appena successivo alla legge che ha previsto la carta dei servizi. Prima di approdare a questa legge delega il Parlamento italiano era già stato impegnato, per alcuni anni, nella discussione di un disegno di legge sul riordino della Sanità. Inoltre, subito dopo l'emanazione della legge 241/90 ed in attuazione della stessa, la Sanità aveva avviato un’iniziativa destinata ad affrontare la condizione di insoddisfazione dei cittadini nei confronti del servizio sanitario; una circolare del 1991 suggeriva alle strutture sanitarie l'adozione del cartellino identificativo per tutti gli operatori sanitari, l’istituzione degli U.R.P., la predisposizione della segnaletica e modulistica per favorire un migliore accesso dei cittadini alle strutture sanitarie. Nel momento in cui il decreto legge del 12 maggio 1995 ha imposto l’obbligo di adozione della Carta dei servizi, la Sanità era già preparata a recepire le indicazioni della legge istitutiva. Il richiamo alla cronologia della normativa mostra come i percorsi normativi della Carta e della Riforma sanitaria si sono trovati, parallelamente e nello stesso periodo, a raggiungere la loro regolamentazione. Inoltre entrambe le normative, quella sulla Carta e quella relativa al riordino della sanità, pongono il cittadino al centro dell'attenzione del servizio sanitario e introducono per legge la cultura della “Qualità”. E’ possibile riscontrare molte analogie fra gli obiettivi assegnati alla Carta e gli obiettivi propri del modello Qualità come è disegnato anche nelle ISO9001/2000 che hanno ispirato la riforma sanitaria: - qualità intesa sia come risposta alle richieste dei clienti /utenti /pazienti/cittadini espresse o non ancora esplicitate ma anche rispondenza e conformità agli standard promessi - miglioramento continuo dei servizi da offrire ai clienti per perseguire a lungo termine la soddisfazione del “cliente”; - partecipazione e condivisione di tutti i soggetti dell’Azienda; - controllo dei costi per un uso di risorse, limitate, efficiente ed efficace. L’implementazione della carta dei servizi, in tutti i settori organizzativi che concorrono alla produzione dei servizi pubblici, dovrebbe rappresentare un impegno dell’intera azienda sui tempi di informazione, sugli standard di qualità, sulla tutela e partecipazione dei cittadini: uno strumento per una verifica completa circa il grado di efficienza e di economicità di gestione; un’opportunità di riesame dell’organizzazione e dei processi che il management deve utilizzare per avviare il miglioramento continuo e l’introduzione di programmi di qualità. I principi di eguaglianza dei diritti degli utenti, l’imparzialità di comportamento della pubblica amministrazione, il diritto di scelta del cittadino e la sua attiva partecipazione nei processi decisionali che lo riguardano, la continuità, l’efficienza e l’efficacia nell’erogazione dei servizi, con la possibilità da parte degli utenti di verificare il reale rispetto degli standard di qualità predefiniti, esprimono la sistematica attenzione alla qualità che si pone come “ condicio sine qua non” per trasformare le aziende pubbliche in vere aziende che agiscono secondo logiche manageriali al servizio dell’utenza.

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La "Carta dei servizi" dovrebbe, inoltre, essere un documento da interpretare e applicare in chiave dinamica e che dovrebbe essere soggetto a continui momenti di verifica, di miglioramento e di integrazioni, coinvolgendo le risorse umane della struttura. Nella realtà l’adesione a questo strumento di Qualità percepita, ma sostanzialmente di Qualità organizzativa, risulta minata da molte criticità valutate ed evidenziate anche dal “Rapporto sulla Rilevazione Nazionale della Carta dei Servizi Sanitari 2003-2004” del Ministero della Salute Dipartimento della Qualità Direzione Generale della Programmazione Sanitaria, dei Livelli di Assistenza e dei Principi Etici di Sistema17. Nella prefazione Il Direttore Generale Dott. Filippo Palombo dichiara: Il Ministero della Salute, nell’ambito delle attività di programmazione e di miglioramento della qualità dei Servizi Sanitari, ha effettuato, a dieci anni dalla prima disposizione normativa, una indagine per conoscere lo stato di attuazione della Carta dei Servizi a livello nazionale, facendo seguito ad analoghe iniziative già intraprese. L’indagine si proponeva di esaminare l’articolazione organizzativa della Carta in ambito regionale, rilevando il livello di attenzione da parte delle istituzioni coinvolte e, soprattutto, individuando possibili situazioni di eccellenza, per consentire le valutazioni necessarie alle attività di implementazione, revisione e promozione della Carta .La Carta dei Servizi, infatti, rappresentando la modalità attraverso cui vengono esplicitati gli impegni assunti dalle Aziende Sanitarie nei confronti dei cittadini, costituisce lo strumento attraverso il quale comunicare e avvicinare i cittadini alle Aziende, recependo i bisogni della collettività ed accogliendone il punto di vista. In tal senso essa costituisce uno degli strumenti di attuazione del Governo Clinico e, per questo, il Ministero della Salute, di concerto con il Dipartimento della Funzione Pubblica e le Regioni, anche alla luce dei risultati dell’indagine, intende dare avvio ad un percorso di miglioramento della Carta dei Servizi, integrato in un processo di sviluppo delle politiche di Governo Clinico, per aumentarne l’efficacia, la capacità di comunicazione e la gestione partecipata e condivisa. I risultati dell’indagine indicano che, a distanza di dieci anni dalla prima disposizione normativa, la quasi totalità delle Aziende ha individuato il proprio referente. Per quanto riguarda l’organizzazione della Carta dei Servizi, la maggioranza delle Aziende privilegia l’unità semplice rispetto a quella complessa, la collocazione in staff alla Direzione Generale dell’ufficio competente e il maggiore utilizzo di personale a tempo parziale. Relativamente alle unità collaboranti con il referente della Carta, sono ben consolidati i rapporti con l’Ufficio Relazioni con il Pubblico e l’Ufficio Qualità, appaiono, invece, carenti i rapporti con la Formazione e il Sistema informativo, mentre una più intensa collaborazione tra queste unità potrebbe favorire una maggiore partecipazione del personale e dei cittadini. Le Linee Guida ministeriali emanate nel 1995 sembrano aver dato un impulso significativo al processo di implementazione della Carta dei Servizi, infatti, il periodo in cui la maggior parte delle aziende sanitarie ne ha avviato l’adozione risulta essere compreso tra il 1996 ed il 1999. Alla luce dei risultati emersi, tale rapporto sottolinea la necessità di dare nuovo impulso a questo strumento e di sviluppare alcune azioni finalizzate al miglioramento della Carta dei Servizi e del suo impiego, in particolare: • potenziare le attività di comunicazione da parte delle Aziende Sanitarie nei confronti del personale e dei cittadini; • effettuare il periodico aggiornamento delle informazioni contenute nella Carta dei Servizi; • rendere disponibili tempestivamente i risultati conseguiti rispetto agli standard di qualità stabiliti nella Carta; • promuovere l’implementazione dei sistemi di verifica sul raggiungimento degli obiettivi previsti; • incrementare la partnership con personale e cittadini, anche con adeguati interventi di formazione, per favorire una gestione della Carta dei Servizi condivisa e partecipata; • coinvolgere maggiormente le associazioni dei pazienti nei processi di miglioramento di questo strumento;

17 Ministero della Salute Dipartimento della Qualità Direzione Generale della Programmazione Sanitaria, dei Livelli di Assistenza e dei Principi Etici di Sistema Ufficio III Rapporto sulla Rilevazione Nazionale della Carta dei Servizi Sanitari 2003-2004

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• ottimizzare l’uso delle risorse destinate alla Carta dei Servizi per un utilizzo più efficiente della stessa (maggiore integrazione con la formazione ed i sistemi informativi). Le criticità riscontrate e ancora riscontrabili nell’avvio di un processo, che poteva essere potenzialmente molto innovativo, possono essere sintetizzate principalmente nella diffusa carenza di cultura ed esperienze della misurazione, necessarie per l’adozione degli standard di qualità e nella scarsa diffusione di capacità e di strumenti di gestione dei servizi orientati all’utenza che ha caratterizzato inizialmente sia la sanità che la P. A in generale. Attualmente si può affermare che in certe regioni la sanità abbia compiuto notevoli passi nella conoscenza, comprensione e crescita della cultura della Qualità e in generale della cultura organizzativa manageriale, mentre nella P.A persiste una situazione ancora insufficiente nell’utilizzo degli strumenti che favoriscono l’introduzione e la crescita della cultura della Qualità. Permangono ancora molti fattori burocratici, nonostante l’avvio del processo di aziendalizzazione, che frenano la modernizzazione di queste complesse e variegate realtà. Per superare tali criticità, soprattutto nella realtà della P.A, sono necessari lo sviluppo delle rilevazioni sulla soddisfazione dell’utenza, necessarie per la verifica degli standard, da condurre con metodologie valide ma anche con la partecipazione del personale il cui coinvolgimento deve essere incoraggiato con modalità di “marketing interno” coerenti con l’aziendalizzazione. Sicuramente occorre porre in essere azioni per il rafforzamento della “identità aziendale” e delle conoscenze sugli strumenti ed i metodi per la Qualità per la loro migliore diffusione. La Carta dei Servizi non deve essere considerato l’unico strumento necessario per la trasformazione sostanziale nella erogazione dei servizi, ma rappresenta un punto di partenza per una attenta verifica di che cosa si vuole offrire ai cittadini attivando altri importanti strumenti indispensabili alle trasformazioni in atto che possono essere individuati nei seguenti:

- responsabilizzazione della dirigenza; - assunzione di decisioni in un’ottica di programmazioni permanente; - accelerazione dell’informatizzazione all’interno della struttura e rivolta alla comunicazione con

il cittadino; - attivazione dei controlli sui risultati; - semplificazione delle procedure; - sperimentazione di progetti pilota - maggiore e miglior dialogo con l’utenza e altre Aziende sanitarie tramite l’Ufficio relazioni con

il pubblico; - nuova cultura e professionalità per gli addetti al settore attraverso l’attivazione di azioni di

formazione continua rivolta al miglioramento delle competenze organizzative e relazionali. Il futuro della sanità e della P.A dipende dalla capacità di risolvere i problemi relativi all’efficienza, all’efficacia, alla qualità delle prestazioni e della produttività dell’apparato. Deve essere soprattutto abbandonata l’ottica dell’adempimento burocratico per l’ottica del risultato e pertanto “non si deve più agire per atti ma pensare in termini di risultati”. La logica dell’adempimento burocratico nei confronti degli strumenti della Qualità è sfortunatamente molto diffusa, sia in ambito pubblico che privato, e rappresenta sicuramente una delle cause principali perché le azioni di rinnovamento e di miglioramento non diano gli esiti attesi. Gli utenti hanno un ruolo importante ed è affidato a loro il controllo per contribuire ad un vero rinnovamento del Servizio sanitario pubblico e in genere della P.A. Attraverso la sistematica informazione e controllo sui contenuti della Carta dei Servizi i cittadini, utenti, pazienti possono passare da una vana critica nei confronti del sistema ad un atteggiamento positivo e propositivo, dove la partecipazione attiva consenta un’importante funzione di stimolo per gli addetti al settore. L’obiettivo da perseguire è quello di promuovere un uso appropriato delle strutture pubbliche e sanitarie mediante adeguati interventi di tipo organizzativo, strutturale e formativo. L’efficienza dello strumento “Carta dei servizi”, in un processo di aziendalizzazione, va ricercato nel risultato globale di produzione dei servizi ed in particolare, nella nostra analisi, in una pianificazione ed in una riorganizzazione delle attività, nel clima di collaborazione tra le diverse componenti dell’organizzazione, nel grado di conoscenza e di condivisione degli obiettivi aziendali da parte degli operatori, nella consapevolezza di partecipare attivamente al conseguimento dei risultati finali, nel rispetto dei diritti dei cittadini. In questa prospettiva l’Ufficio relazioni con il pubblico si pone come organismo, per altro non unico, che ha la funzione di dare spazio e voce all’utenza, togliendola da un ruolo passivo di spettatrice ed

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introducendola in un circuito virtuoso di controllo della qualità, quale risorsa aggiuntiva nella soluzione dei propri problemi Per rafforzare la validità come strumento di Qualità organizzativa la Direttiva, che ha introdotto la Carta nella Pubblica Amministrazione, afferma che gli standard, che il soggetto erogatore adotta, devono essere sottoposti a verifica con gli utenti in adunanze pubbliche. La Conferenza dei Servizi diviene quindi sede privilegiata per la comunicazione e discussione degli obiettivi che l’azienda s’impegna a perseguire nonché per la verifica del loro raggiungimento. Va anche ricordato come la Carta dei Servizi abbia introdotto, per la prima volta nella Pubblica Amministrazione, il concetto di standard di qualità. Gli standard costituiscono un punto di riferimento sia per l’azienda che per i cittadini. Rappresentano per l’azienda la direzione da percorrere per un percorso di miglioramento su cui tutta l’azienda deve essere impegnata. Rappresentano per i cittadini il livello atteso di qualità dei servizi su cui l’azienda sanitaria s’impegna per assicurarne il rispetto e su cui l’azienda deve essere valutata. Il “Rapporto sulla Rilevazione Nazionale della Carta dei Servizi Sanitari 2003-2004”ha evidenziato come continuano a permanere problemi legati alla cultura e all’incertezza del contesto istituzionale, nonché difficoltà di tipo tecnico-metodologico. La valutazione dimostra che i valori della qualità, della centralità del cittadino e della partecipazione, attraverso la Carta dei Servizi e il Programma di Qualità del Piano Socio-Sanitario Nazionale, non sono facili d’attuare e da istituzionalizzare. Le difficoltà di attuazione derivano dalla necessità di un profondo cambiamento culturale e dell’acquisizione e della padronanza di tecniche di misurazione e di comunicazione non familiari alla realtà della Pubblica Amministrazione. In particolare, le strutture sanitarie non hanno avuto esitazioni ad ammettere che la Carta dei Servizi continua ad essere poco conosciuta dai cittadini e, salvo eccezioni, esistono serie difficoltà a definire e divulgare all’utenza standard di qualità obiettivi e verificabili. Questo problema, emerso nella valutazione in modo significativo, si pensava fosse dovuto essenzialmente ad un’autoreferenzialità del processo d’attuazione. Oggi, invece, quest’ultimo ostacolo appare, almeno in parte, superato, visto gli sforzi da parte delle aziende d’ascoltare i cittadini e d’interloquire in modo costruttivo da parte dei loro rappresentanti. Il permanere della scarsa conoscenza della Carta rimane un fenomeno particolarmente preoccupante, poiché gli sforzi di miglioramento dei servizi possono essere vanificati da un’insufficiente capacità di comunicare agli utenti e da una loro ancora scarsa cultura di “tutela del consumatore”. Questa situazione determina evidenti reali rischi di fallimento nell’attuazione della Carta dei Servizi. In molte strutture, infatti, pur essendo stati compiuti sforzi, anche importanti, di elaborazione della Carta, carenze nelle modalità di diffusione hanno determinato situazioni di autoreferenzialità, nelle quali il significato della Carta è limitato ad un semplice documento interno aziendale, poco conosciuto dai cittadini. Altre strutture, al contrario, pur non avendo formalmente adottato la Carta, hanno attivato un insieme d’iniziative 18 efficaci ed apprezzate dai cittadini, nonostante non siano percepite come Carta dei Servizi. Appare indispensabile rivedere gli strumenti di comunicazione indicati nelle normative, la cui efficacia appare relativamente scarsa ma, soprattutto, appare essenziale rafforzare ulteriormente il costruttivo rapporto tra i Ministeri competenti, le regioni e le strutture sanitarie, mantenendo gli attuali spazi di cooperazione e creando nuove opportunità di scambio, soprattutto per diffondere le esperienze più significative sviluppate a livello locale e per allestire sistemi di monitoraggio precisi e tempestivi che consentano di assicurare un reale processo di attuazione e comunicazione della Carta dei Servizi.

L’accreditamento autorizzativo Prima di analizzare questo strumento introdotto nella sanità italiana dal decreto 502/92 occorre, per chiarezza iniziale, sottolineare come in Italia si usi la parola “accreditamento” per indicare circostanze e situazioni diverse. Infatti, il termine accreditamento che, in generale, può definire un processo o una procedura attraverso la quale un organismo autorizzato rilascia formale riconoscimento che una organizzazione o una persona ha la competenza per svolgere uno specifico compito [UNI CEI EN45020:2007]19 può essere utilizzato per indicare:

18 Tra tali iniziative si citano: Guide sui Servizi, Conferenze dei Servizi, rapporti costruttivi con associazioni. 19 UNI CEI EN 45020:2007:Normazione e attività connesse - Vocabolario generale- Standardization and related activities - General vocabulary La norma è la versione ufficiale della norma europea EN 45020 (edizione dicembre 2006). La norma fornisce i termini generali e le relative definizioni riguardanti la normazione e le attività connesse. Essa contribuisce in modo fondamentale alla mutua

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• L’Accreditamento professionale. In tale accezione il termine sottende il processo attivato dalla Società Italiana di VRQ, da società scientifiche e da gruppi di professionisti, di natura volontaria e autogestito; si realizza mediante visite scambievoli fra pari. • L’Accreditamento all’eccellenza. E’ un accreditamento di tipo volontario, analizzato in seguito, che prevede un iter di valutazione di una struttura ospedaliera attraverso standard valutati da Enti terzi. • L’Accreditamento di Enti di certificazione. Gli enti di certificazione per potersi proporre come verificatori dei requisiti previsti dalle Norme UNI EN ISO, per la certificazione di parte 3°, debbono essere accreditati come idonei da un ente sovraordinato, per l’Italia il SINCERT, e coordinato con altri a livello Europeo. • L’Accreditamento dei laboratori di prova. I laboratori che ‘provano’ materiali e tecnologie, secondo la normativa internazionale debbono essere accreditati a farlo. Si applicano ad essi le norme della serie EN ISO 45000. • L’Accreditamento inteso come processo richiesto alle strutture private e pubbliche per ottenere finanziamenti pubblici, per interventi di formazione di cui spetta ad ogni regione tracciare le modalità per il conseguimento. • L’Accreditamento istituzionale o autorizzativi, percorso previsto dal Decreto Legislativo 502/92 e successive modifiche e integrazioni ( art. 8 comma 7), e dal D.Lgs. 229/99( articolo 8 quater) che tra i vari strumenti introdotti dal legislatore per ottenere le sostanziali modifiche organizzative, ricopre sicuramente un ruolo rilevante e fondamentale.

In Sanità l'accreditamento è una procedura nata agli inizi del secolo scorso in Nord America, come strumento di garanzia e promozione della qualità, grazie all'iniziativa promossa da alcune società scientifiche e associazioni professionali, che avevano l'obiettivo di spronare i professionisti al confronto, alla valutazione e al miglioramento della qualità. Il successo dei programmi attivati portò ad una loro ampia diffusione, prima nei paesi di origine (USA e Canada) e successivamente in molti altri paesi. Oggi sono presenti programmi di accreditamento in molti paesi, ma nella maggior parte dei casi si tratta di esperienze sperimentali o limitate ad alcuni settori e aree geografiche. Solo in alcuni paesi come Italia, Spagna, Francia, Paesi Bassi l'accreditamento è divenuto una procedura obbligatoria, sebbene abbia implicazioni diverse come l’accesso ai contratti con i soggetti pubblici nei primi due paesi e la promozione del miglioramento negli altri due. Nei diversi contesti l’accreditamento può quindi diventare obbligatorio o rimanere volontario . Pur nella diversità dei contesti specifici, l'attivazione dei programmi di accreditamento si può riportare a queste tre motivazioni fondamentali che mutano l’accreditamento da processo volontario a processo obbligatorio:

1. Volontà delle strutture sanitarie e dei professionisti di avere una valutazione oggettiva dei propri livelli qualitativi.

2. Interesse delle associazioni professionali e delle società scientifiche ad attivare processi di miglioramento che vedano i professionisti come parte attiva, favoriscano la crescita culturale degli operatori, garantiscano i migliori risultati sui pazienti.

3. Richiesta, da parte del servizio sanitario o dei sistemi assicurativi, alle strutture che erogano prestazioni, di corrispondere a determinati livelli qualitativi per ottenere l'ammissione a rapporti contrattuali.

Le prime due motivazioni sono alla base dei programmi di accreditamento volontario, mentre la terza costituisce il fattore determinante la recente diffusione dei programmi di accreditamento obbligatorio o istituzionale. L'Accreditamento quindi è definito istituzionale/obbligatorio, quando viene richiesto da o per conto dei governi e rappresenta la condizione necessaria da acquisire per qualsiasi organizzazione pubblica e privata che intenda convenzionarsi con il servizio sanitario per accedere ai finanziamenti pubblici. L'Accreditamento previsto nella sanità italiana dal decreto 502/92 e successive modificazioni è istituzionale, appartiene alla categoria di accreditamento obbligatorio e prevede per chi, istituzione pubblica o privata, voglia accedere al finanziamento pubblico delle prestazioni rese, l’autorizzazione

comprensione tra i Paesi membri del CEN e del CENELEC e i vari organismi di estrazione governativa e non, nell'ambito della normazione a livello internazionale, regionale e nazionale

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all’attività sanitaria, l’accettazione del sistema di pagamento tariffario (DRG)e la Verifica e Revisione della Qualità (VRQ)20 come sistema. Il piano sanitario nazionale 1998-2000 ha trattato in maniera estesa le finalità e le caratteristiche dell’accreditamento, di cui viene di seguito riportato uno stralcio: L’ACCREDITAMENTO DELLE STRUTTURE SANITARIE L’istituto dell’accreditamento risponde all’esigenza di operare il processo di selezione degli erogatori attraverso criteri di qualità dell’assistenza. Viene realizzato in armonia con le esigenze di programmazione della rete dei servizi, tenuto conto dei bisogni della popolazione assistita, dei livelli di assistenza da garantire e delle risorse finanziarie disponibili. L’accreditamento delle strutture pubbliche e private rappresenta il presupposto per la individuazione dei soggetti che, secondo appositi accordi negoziali, concorrono alla erogazione delle prestazioni previste dai piani annuali e pluriennali di attività elaborati dalle Aziende Usl. Le caratteristiche essenziali dell’istituto dell’accreditamento, come definite dal d.lgs. 502/92 e successive modificazioni e dal Dpr 14 gennaio 1997, sono le seguenti:

- l’accreditamento si applica, allo stesso titolo, alle strutture sanitarie pubbliche e private; - i requisiti funzionali all’attuazione dell’istituto dell’accreditamento sono diversi e ulteriori

rispetto ai requisiti minimi autorizzativi, definiti dal DPR 14 gennaio 1997; - il compito di definire i criteri per l’accreditamento e di conferire lo stato di struttura sanitaria

accreditata compete alle singole Regioni e Province autonome. Le finalità dell’accreditamento conferiscono ai requisiti di qualità un carattere dinamico, in quanto devono essere costantemente aggiornati in relazione alla evoluzione delle tecnologie e delle pratiche sanitarie. I requisiti per l’accreditamento devono essere selezionati in quanto effettivamente correlati al processo e, soprattutto, ai risultati finali dell’assistenza in termini di efficacia e sicurezza per il paziente. Devono, inoltre, includere la programmazione e la realizzazione di attività formative del personale orientate alla promozione e al mantenimento della qualità assistenziale, nonché l’uso appropriato delle prestazioni e dei trattamenti. La pubblicità e trasparenza dei criteri utilizzati per accreditare i servizi può inoltre facilitare le valutazioni degli utenti e delle organizzazioni che li rappresentano, basandole su fattori soggettivi e oggettivi di misura della soddisfazione. Sotto questa luce, l’accreditamento rappresenta una condizione di esigibilità dei diritti della persona. Allo scopo di realizzare operativamente l’istituto dell’accreditamento sono indicati i seguenti obiettivi strumentali da perseguire nell’arco del triennio:

- rendere operative in ciascuna Regione e Provincia autonoma i criteri e le procedure per l’accreditamento delle strutture sanitarie;

- realizzare la formazione specifica di un numero adeguato di valutatori deputati a verificare il rispetto dei requisiti di qualità da parte delle strutture sanitarie che richiedono l’accreditamento, nonché la loro persistenza nel tempo;

- fornire alle Regioni sostegno allo sviluppo degli strumenti tecnici per l’accreditamento, anche al fine di garantire la necessaria omogeneità sul territorio nazionale;

- monitorare, anche ai fini dell’esercizio della vigilanza, con l’apporto dell’Agenzia per i servizi sanitari regionali, l’attuazione dell’istituto dell’accreditamento con riferimento al rapporto tra requisiti di struttura e processo e al rapporto tra accreditato e accreditatore.

E’ obiettivo del Piano predisporre entro la fine del 1998 linee di guida per la garanzia dell’uniforme attuazione dell’istituto dell’accreditamento sul territorio nazionale. I significativi cambiamenti in atto nel Servizio sanitario nazionale introducono nuove opportunità e, al tempo stesso, più stringenti necessità di gestire la qualità dell’assistenza sanitaria, sia a livello di singolo servizio sia a livello aziendale. Il Piano sanitario nazionale 1998-2000 pone come obiettivo prioritario la garanzia di adeguati livelli di qualità dell’assistenza sanitaria, sulla base di un Programma Nazionale per la Qualità.

20 Vedi Casadio” L’evoluzione dei modelli manageriali nella ricerca della Qualità e dell’Eccellenza come fattori competitivi: correnti di pensiero, strumenti gestionali, supporti tecnologici, esperienze nel settore produttivo e sanitario, risultati strutturali ed operativi” Quaderno di Dipartimento n.ro 11/2005 Facoltà di Economia, Università degli Studi di Bergamo

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Il Programma è finalizzato a rendere sistematico l’orientamento del Ssn verso la valutazione e la promozione della qualità dell’assistenza sanitaria, coinvolgendo la dimensione professionale, quella organizzativo-aziendale e quella relazionale dell’assistenza. Gli obiettivi relativi a ciascuna di queste componenti della qualità, le attività svolte ed i risultati conseguiti dovranno essere chiaramente indicati nella Carta dei Servizi, la cui adozione da parte di tutte le Aziende Sanitarie deve essere ulteriormente favorita. Nel triennio 1998-2000 il programma pone i seguenti obiettivi strumentali: introdurre meccanismi finalizzati a rendere vincolante e generalizzato lo sviluppo delle attività di valutazione e promozione della qualità dell’assistenza da parte degli operatori sanitari e delle strutture pubbliche e private accreditate; organizzare all’interno di ciascun servizio modalità sistematiche di revisione e autovalutazione della pratica clinica e assistenziale, anche attraverso l’utilizzo di percorsi diagnostici e terapeutici previsti dalla legge 662/1996; rivedere ed estendere il sistema di indicatori, già previsto dal 3° comma dell’art. 10 e dell’art. 14 del d.lgs 502/1992 e definito dal D.M. 24 luglio 1995 e dal D.M. 15 ottobre 1996, anche allo scopo di valutare gli effetti prodotti dal sistema di remunerazione a prestazione, nel settore dell’assistenza ospedaliera così come in quello ambulatoriale;

- favorire il riconoscimento, quale parte integrante dei compiti istituzionali del personale del Ssn, della partecipazione all’attività di valutazione e promozione della qualità dell’assistenza sanitaria erogata dalle Aziende sanitarie;

- orientare parte dei finanziamenti per la ricerca finalizzata del Ssn al Programma nazionale per la qualità;

- incrementare le forme di valutazione sociale dei servizi, valorizzando l’apporto - degli utenti e delle organizzazioni che li rappresentano.

Nell’attuale Sistema Sanitario italiano, quindi, l’accreditamento delle strutture sanitarie è il presupposto indispensabile perché una struttura sanitaria possa divenire erogatore effettivo di prestazioni remunerate o rese per conto del Servizio Sanitario Nazionale. Il già menzionato Decreto Legge. 502 ha affidato alle Regioni il compito di disciplinare i procedimenti relativi all’autorizzazione ed all’accreditamento delle strutture sanitarie (D. Lgs. N. 502 del 1992, art. 8). Compete, infatti, alle Regioni l’introduzione di sistemi di sorveglianza, di strumenti e di metodologie per la verifica della qualità dei servizi a partire dalla autorizzazione ad operare già posseduta nel rispetto dei requisiti minimi previsti dal DPR 14.1.97 per riconoscere ai soggetti già autorizzati all’esercizio di attività sanitarie lo status di potenziali erogatori di prestazioni nell’ambito e per conto del Servizio sanitario nazionale. Il DPR 14 gennaio 1997 che ha approvato l’"Atto di indirizzo e coordinamento in materia di requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l’esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private" ha fissato due tappe:

• L’accreditamento, volontario, che riconosce i fornitori, cioè coloro che possono erogare prestazioni per conto del SSN, e che implica il possesso di requisiti ulteriori, definiti dalle Regioni.

• L’autorizzazione obbligatoria che implica il possesso dei requisiti minimi Il D. Lgs. N. 229 del 1999 e, infine, la Legge costituzionale n. 3/2001 hanno meglio dettagliato il quadro di riferimento normativo entro il quale le Regioni devono operare. Il legislatore italiano ha interpretato l’accreditamento autorizzativo come un valido strumento per superare l’autoreferenzialità del sistema sanitario italiano e la mancanza di verifiche sostanziali, in particolare sul piano tecnico ed organizzativo recependo finalmente il processo di miglioramento continuo sviluppato già da tempo nel mondo in campo sanitario. Il D.Lgs 502/92 ha configurato l'accreditamento come strumento finalizzato a selezionare, sulla base di criteri di qualità, i fornitori di prestazioni nell'ambito o per conto del SSN. Il successivo D.Lgs 229/99 ne ha accresciuto il significato, definendo che l'accreditamento è funzionale alla programmazione sanitaria, ed è finalizzato a garantire e promuovere la qualità dell'assistenza. Il concetto di accreditamento, introdotto dal decreto legge, è inteso come la volontà di garantire una verifica ed un monitoraggio nelle strutture che forniscono prestazioni nell’ambito del SSN. Fino al 1996 l’accreditamento è stato automaticamente riconosciuto alle strutture pubbliche o private che avevano un precedente rapporto di convenzione con il SSN. Con la pubblicazione del DPR 14.01.1997, che definisce i requisiti minimi strutturali, tecnologici, organizzativi, le strutture di nuova realizzazione dovevano da

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subito attenersi ai requisiti specificati, così anche quelle che attuavano ampliamenti o modifiche,le altre strutture invece avevano l’obbligo di adeguarsi entro un massimo di cinque anni. Sono state interessate, come tipologia, tutte le strutture sanitarie, da quelle che erogano prestazioni in regime di ricovero, a ciclo continuativo e/o diurno, a quelle di assistenza specialistica in regime ambulatoriale, che erogano prestazioni riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio, a quelle che operano in regime residenziale Il D.P.R 14-1-1997 prevede requisiti organizzativi relativamente a:

• Politica, obiettivi ed attività • Struttura organizzativa • Gestione delle risorse umane • Gestione delle risorse tecnologiche • Sistemi informativo

Si sottolinea come i requisiti organizzativi previsti costringano le strutture sanitarie alla progettazione e alla realizzazione di un progetto organizzativo gestionale che pretende un salto culturale notevole e che deve investire tutta la struttura organizzativa. L’accreditamento volontario diventa nella normativa italiana uno strumento di certificazione interna al sistema sanitario sia per le strutture sanitarie pubbliche che private per accedere ai finanziamenti pubblici. Il citato DPR mutua in maniera palese il percorso delineato nelle norme ISO per implementare nel sistema sanitario il “Modello Qualità”.

L’accreditamento autorizzativo, qui oggetto di analisi, pone strutture private e pubbliche sullo stesso piano con ricadute diverse da Regione a Regione. Infatti, l’articolo 8 e l’articolo 2 del D.lgs 502 dispongono che le Regioni debbano provvedere a determinare gli standard di Qualità che costituiscono i requisiti ulteriori per l’accreditamento delle strutture pubbliche e private già in possesso dei requisiti necessari per l’autorizzazione che viene prevista dal DPR 14/1/97. Tale decreto contempera gli standard minimi strutturali, tecnologici e organizzativi richiesti per ottenere l’autorizzazione all’esercizio delle attività sanitarie. L’accreditamento che ovviamente non sostituisce l’autorizzazione all’esercizio delle attività ne costituisce un momento successivo. Rimandando alla ormai ampia letteratura su tali argomenti qui si vuole analizzare l’accreditamento non tanto per l’aspetto giuridico quanto per l’importante contributo come strumento organizzativo-gestionale introdotto nel sistema sanitario.

Il processo per l’ottenimento dell’accreditamento autorizzativi si configura come una sorta di certificazione interna al sistema sanitario. Le Regioni spesso hanno spinto le strutture sanitarie per adeguarsi alle condizioni e agli standard di accreditamento ad utilizzare i diversi strumenti della Qualità. , infatti, messo in evidenza come le regioni abbiano attivato percorsi di accreditamento in tempi diversi con modalità differenti e utilizzando strumenti diversi.

La certificazione secondo la norma ISO9001/2008 La certificazione assolve due fini: l’assicurazione della qualità del prodotto sul mercato e lo sviluppo delle capacità di un’organizzazione produttrice di beni o fornitrice di servizi, di strutturarsi o gestire le proprie risorse ed i propri processi produttivi in modo tale da riconoscere e soddisfare i bisogni dei clienti, inclusi quelli relativi al rispetto dei requisiti cogenti, nonché l’impegno a migliorare continuativamente tale capacità. La qualità deve essere assicurata al "mercato", inteso nella sua accezione più ampia come l'intero contesto socio-economico, mediante dimostrazione della conformità ai requisiti richiesti da norme tecniche o da regole tecniche. Si può quindi vedere la certificazione come la volontà di assicurare la qualità all’esterno dell’azienda, attraverso verifiche indipendenti della rispondenza ai requisiti del prodotto, del servizio, dei sistemi aziendali. Si ha così la certificazione o attestazione di conformità di parte terza, ottenuta attraverso verifiche effettuate da operatori specializzati appartenenti a organismi di certificazione accreditati dagli enti di accreditamento. La certificazione può avere anche un valore aggiunto interno all’azienda, come strumento di controllo e di miglioramento organizzativo. Questo è l’aspetto che verrà preso in esame: la certificazione come strumento per spingere le aziende a mantenere o a migliorare continuamente i propri standard qualitativi. Occorre, però, delimitare meglio il campo di analisi in quanto vi sono diversi tipi di certificazione, la prima distinzione da fare è tra Certificazione obbligatoria e Certificazione volontaria

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La Certificazione obbligatoria o cogente è tesa ad assicurare la conformità del prodotto alle regole tecniche, complesso di norme e prescrizioni tecniche aventi valore giuridico cogente che stabiliscono i requisiti essenziali per la protezione di bisogni primari tutelati. Le regole tecniche sono chiamate a regolamentare esigenze di Qualità, definite primarie, connesse alla tutela della salute e della sicurezza delle persone. Sebbene vi siano ancora norme nazionali, gran parte delle attività di certificazione obbligatoria coincide oggi in Italia con l’attestazione di conformità ai requisiti delle Direttive Europee e dei Regolamenti comunitari. La normativa europea relativa alla certificazione obbligatoria è nata per realizzare il mercato unico in attuazione del Trattato di Roma del 1957. Fino allora ogni nazione aveva norme e regolamenti cogenti che costituivano notevoli barriere all’entrata e che, evidentemente, ostacolavano la realizzazione del mercato comune. La Certificazione volontaria individua invece l’attestazione di conformità alle norme tecniche. Le norme tecniche stabiliscono requisiti costruttivi, prestazionali, gestionali e funzionali dell’oggetto della normazione: servizio, processo, impianto, sistema di gestione. Le esigenze di Qualità che vengono soddisfatte con la certificazione volontaria sono di natura accessoria, relative quindi alla soddisfazione di esigenze materiali e spirituali quali le prestazioni, l’affidabilità, la durata, le caratteristiche qualitative di beni e servizi su cui si basa la vita economica e civile della società moderna. La certificazione volontaria, cioè l’accertamento della conformità ai requisiti delle norme applicabili ai fini di conferma della qualità realizzata, può assumere varie forme e precisamente: - Certificazione di prodotto: risultato tangibile o intangibile di un processo. - Certificazione di sistema aziendale: sistemi di gestione per la qualità, sistemi di gestione ambientale, sistemi di gestione per la salute e sicurezza sul lavoro, sistemi di gestione per la sicurezza delle informazioni, sistemi di gestione per la responsabilità sociale, ecc. - Certificazione di personale: certificazione di competenze di figure professionali che svolgono rilevanti attività socio-economiche a livello individuale. La Certificazione volontaria di prodotto è regolata dalle norme settoriali, generiche e specifiche, di prodotto o riferimenti normativi equivalenti. Costituisce una forma di assicurazione diretta della rispondenza del prodotto ai requisiti applicabili. La classica certificazione di prodotto è stata ed è, come già detto, essenzialmente finalizzata a garantire la “qualità economica” del prodotto medesimo. Accanto all’aspetto economico si vanno affermando nuove forme di certificazione della “qualità sociale” dei prodotti, fra cui la cosiddetta “Dichiarazione Ambientale di Prodotto” DAP (o EPD – Environmental Product Declaration). La DAP è un documento che contiene informazioni oggettive, constatabili e quindi credibili circa l’impatto ambientale di un prodotto (o servizio) dalla “culla alla tomba”, vale a dire a partire dalla sua concezione, attraverso la sua fabbricazione ed utilizzazione, fino al termine della sua vita utile e relativo smaltimento. Essa costituisce un importante strumento comunicativo che evidenzia le performance ambientali di un prodotto, aumentandone la visibilità e l’accettabilità sociale, ed è rivolto sia ai consumatori (business-to consumer), sia agli utilizzatori industriali e commerciali (business-to business).

La Certificazione di sistema di gestione per la qualità(SGQ) regolata dalla norma ISO 9001: 2000, oggetto dell’analisi, assicura la capacità di un’organizzazione produttrice di beni o fornitrice di servizi di strutturarsi o gestire le proprie risorse ed i propri processi produttivi in modo tale da riconoscere e soddisfare i bisogni dei clienti (inclusi quelli relativi al rispetto dei requisiti cogenti), nonché l’impegno a migliorare continuativamente tale capacità. Nella monografia pubblicata dal Sistema Nazionale per l’Accreditamento degli Organismi di Certificazione e Ispezione (Sincert)21 nel dicembre 2005 “La Qualità nelle Imprese Italiane, stato attuale, problemi e prospettive”, il presidente dell’ente, Lorenzo Thione, definisce la Qualità come:

21 SINCERT, Sistema Nazionale per l'Accreditamento degli Organismi di Certificazione e Ispezione, Associazione senza scopo di lucro legalmente riconosciuta dallo Stato Italiano con Decreto Ministeriale del 16 Giugno 1995, costituito nel 1991, SINCERT comprende tutti i principali Soggetti istituzionali, scientifici e tecnici, economici e sociali aventi interesse diretto e indiretto nelle attività di accreditamento, quali le Pubbliche Amministrazioni, gli Enti di Normazione, le principali Organizzazioni di Ri-cerca, le maggiori Associazioni di categoria dell'industria, commercio e agricoltura, le Camere di Commercio, i grandi Fornitori di servizi di pubblica utilità (energia e trasporti), le Associazioni rappresentative degli Organismi di Certificazione e Ispezione, L'Associazione ha come obiettivo primario quello di contribuire al buon funzionamento del Sistema Italiano per la Qualità, tramite la verifica ed attestazione delle capacità professionali degli Operatori che svolgono attività di valutazione di conformità a Norme e Regole Tecniche di prodotti, servizi, sistemi, processi e persone, e precisamente:

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Qualità significa capacità di soddisfare esigenze esplicite o implicite – di tipo morale e materiale, sociale ed economico, proprie della vita civile e produttiva – tradotte in forma di requisiti, non generici ma concreti e misurabili, attraverso adeguati processi di regolamentazione e normazione. Thione considera come la qualità possa avere una valenza essenzialmente “economica”, intesa come il soddisfacimento di esigenze tecnico-economiche nel quadro di uno specifico rapporto contrattuale, o una più ampia valenza “sociale”, non necessariamente regolata da rapporti contrattuali diretti come, ad esempio, la qualità ambientale e altre forme di gestione socialmente responsabile dei processi produttivi e di servizio, evidenziando quindi i diversi tipi di certificazione volontaria, oltre quella di Qualità: Certificazione Ambientale, Certificazione di Responsabilità Sociale. Le Certificazioni ambientali e di Responsabilità Sociale sono regolate da norme che sono derivate dalle ISO9000 e propongono a loro volta un progetto organizzativo che deve essere rispondente alle norme e documentato come richiesto La Certificazione di sistema di gestione ambientale(SGA) regolata dalla norma ISO 14001: 2004, garantisce la capacità di un’organizzazione di gestire i propri processi, non solo nel rispetto delle leggi ambientali. L’organizzazione si deve dotare di una vera e propria politica ambientale in cui vengono definiti gli obiettivi di qualità ambientale, deve predisporre ed implementare un sistema atto a realizzare tale politica e a conseguire gli obiettivi correlati. Inoltre l’organizzazione si deve impegnare a migliorare continuativamente le proprie prestazioni ambientali, con riferimento, non solo agli impatti ambientali diretti dei processi produttivi dell’organizzazione, ma anche agli aspetti indiretti, relativi ai prodotti e servizi acquisiti ed a quelli forniti. La SGA non ha come fine soddisfare le esigenze proprie dei rapporti economici tra organizzazione e mercato e si colloca nel contesto della responsabilità sociale dell’impresa verso gli stakeholders, incluse le generazioni future. Nel contesto della qualità etico-sociale si collocano poi altre forme di Certificazione di sistema quali, ad esempio, la Certificazione dei sistemi di gestione per la salute e sicurezza sul lavoro (norma OHSAS 18001), dei sistemi di gestione per la information security (norma ISO 27001) e dei sistemi di gestione per la responsabilità sociale (es. norma SA 8000) le quali garantiscono il rispetto dei principi etici fondamentali che devono ispirare tutte le attività socio economiche e rappresentano strumenti che spingono al rispetto delle leggi in materia e al miglioramento continuo aziendale. Queste diverse tipologie di Certificazione sono fra loro complementari, sinergiche e non alternative pur rivestendo una specifica funzione; esse quindi potrebbero essere risolte in una logica di certificazione integrata cui si spera si possa arrivare abbattendo barriere di business. Possono inoltre costituire strumenti primari per il progresso economico e sociale, ma devono essere credibili, si devono fondare su validi presupposti ed essere condotte in modo tecnicamente corretto, professionalmente rigoroso, efficace ed efficiente.

La Certificazione delle figure professionali assicura che queste possiedano, mantengano e migliorino continuativamente nel tempo la necessaria competenza, intesa come l’insieme delle conoscenze, abilità e doti richieste per l’efficace espletamento dei compiti ad esse affidati. Il concetto di "norma tecnica" Prima di presentare le norme ISO penso sia corretto chiarire meglio la differenza tra norma tecnica e regola tecnica22.Le norme non sono leggi, sono documenti che definiscono le caratteristiche (ad esempio dimensioni, aspetti di sicurezza, requisiti prestazionali) di un prodotto, processo o servizio secondo quello che è lo stato dell'arte tecnico/tecnologico. Le norme tecniche vengono elaborate dagli esperti che rappresentano le parti economiche e sociali interessate, produttori, utilizzatori, commercianti, centri di ricerca, consumatori, pubblica amministrazione, organizzati in gruppi di lavoro, sottocommissioni e commissioni, secondo le procedure dell'ente di normazione nazionale; quest'ultimo si limita a svolgere

- Organismi di Certificazione di sistemi di gestione aziendale, quali sistemi di gestione per la qualità, sistemi di gestione ambientale, sistemi di gestione per la sicurezza ed altri; - Organismi di Certificazione di prodotti; - Organismi di Certificazione di personale; - Organismi di Ispezione.

A tal fine, valuta ed accredita suddetti Operatori, accertandone la conformità ai requisiti istituzionali, organizzativi, tecnici e morali stabiliti dalle Norme Tecniche consensuali e da altre Prescrizioni applicabili, in termini tali da ingenerare, in tutte le parti sociali ed economiche interessate e, in particolare, nel mercato degli utenti e consumatori, un elevato grado di fiducia nel loro operato e nei corrispondenti risultati.

22 Fonte Sincert

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una funzione di coordinamento dei lavori, mettendo a disposizione la propria struttura organizzativa, mentre i contenuti delle norme vengono decisi dagli esperti "esterni".

Una norma tecnica è caratterizzata dai seguenti aspetti:

- Consensualità: deve essere approvata con il consenso di tutti coloro che hanno partecipato ai lavori.

- Democraticità: tutte le parti economico/sociali interessate possono partecipare ai lavori e soprattutto chiunque è messo in grado di formulare osservazioni nell'iter che precede l'approvazione finale.

- Trasparenza: l'ente di normazione segnala le tappe fondamentali dell'iter di approvazione di un progetto di norma, tenendo il progetto stesso a disposizione degli interessati.

- Volontarietà: le norme sono un puro riferimento, nessuno è obbligato a seguirle, tranne in pochissimi casi legati prevalentemente a questioni di sicurezza delle persone.

Quest'ultimo aspetto, la volontarietà, permette di distinguere le norme tecniche dalle regole tecniche. Queste ultime, al pari delle norme tecniche, sono specifiche che definiscono le caratteristiche e i requisiti prestazionali di prodotti e di servizi ma hanno natura obbligatoria essendo contenute o citate come obbligo in atti emanati dall'autorità Pubblica (leggi, decreti).

Dal principio del secolo ad oggi, il concetto di normazione - inizialmente riferito alla mera unificazione dimensionale - ha subito una sensibile evoluzione, abbracciando significati via via più ampi. Oggi l'attività di normazione comprende anche la definizione delle prestazioni dei prodotti, dei processi e dei servizi, intervenendo così in tutte le fasi di vita del prodotto: dalla progettazione alla fruizione, alle attività terziarie. Oggi la normazione si occupa anche di definire gli aspetti di sicurezza del prodotto, così da tutelare le persone che vengono in contatto con esso. Qualità e sicurezza sono dunque due valori molto importanti che guidano l'attività di normazione, così come in passato la intercambiabilità dei pezzi e delle parti.

In sintesi la normazione oggi persegue i seguenti obiettivi: - facilitare la comunicazione tecnica per mezzo dell'unificazione dei simboli, dei codici e

delle interfacce. - migliorare l'economicità di produzione ed utilizzo attraverso la definizione e

l'unificazione dei prodotti e dei processi, delle prestazioni e delle modalità di controllo, prova e collaudo.

- promuovere la sicurezza dell'uomo e dell'ambiente attraverso la definizione dei requisiti di prodotti, processi e servizi.

- salvaguardare in generale gli interessi dei consumatori e della collettività.

Le norme ISO9001 e ISO 9004 L'Organizzazione Internazionale per le Standardizzazioni (ISO) è un’associazione mondiale di organismi nazionali di normazione, composto da rappresentanze di organi nazionali, che produce standard industriali e commerciali a livello mondiale. L'ISO, ha una notevole capacità di stabilire standard che diventano leggi attraverso accordi e trattati e agisce come consorzio con forti legami con i governi. Tra i partecipanti dell’organizzazione è compreso un organismo di standardizzazione per ogni Paese membro e per le principali corporazioni. L'ISO coopera strettamente con l'International Electrotechnical Commission (IEC), responsabile per la standardizzazione degli equipaggiamenti elettrici. In genere le norme ISO vengono recepite, armonizzate e diffuse in Italia dall’Ente Nazionale Italiano di Unificazione(UNI)23 che partecipa, in rappresentanza dell'Italia, all'attività normativa ISO.

23 UNI: ENTE NAZIONALE DI UNIFICAZIONE Gabriele D’Annunzio aveva suggerito il neologismo unificazione quale traduzione dei termini inglese e francese. A partire dal 1985 1’ UNI partecipa in maniera attiva ai lavori di normazione internazionali presso il CEN e presso l’ISO .

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L'organizzazione, normalmente chiamata ISO, non è un acronimo; deriva dal termine greco isos, che significa uguale. I suoi fondatori scelsero ISO come abbreviazione universale per avere la stessa sigla in tutto il mondo. L’elaborazione delle norme internazionali è effettuata dai suoi comitati tecnici, ogni organismo nazionale di normazione interessato ad un argomento, per il quale è insediato un comitato tecnico, ha il diritto di essere rappresentato in tale comitato. I progetti di norma internazionali, elaborati dai comitati tecnici, sono trasmessi agli organismi nazionali di normazione per essere votati. La pubblicazione, come norma internazionale, richiede l’approvazione di almeno il 75% degli organismi nazionali di normazione che esprimono il loro voto24. Risulta chiaro come questo modo di procedere porti a creare norme che esprimono le tendenze che si manifestano via via a livello mondiale in ambito aziendale e della certificazione, al variare delle situazioni economiche e sociali. Le Iso 9000 sono norme di applicazione generale che possono essere adattate a tutti i settori produttivi di beni e servizi e sono utilizzate quando si vuole o si ha la necessità di dimostrare la propria capacità di progettazione e fornitura di un prodotto conforme. I requisiti di tali norme sono costruiti per fornire una garanzia al cliente, non attraverso un controllo sul risultato ma, piuttosto, sul rispetto di procedure predefinite, così da poter ridurre drasticamente i rischi di non conformità. Il modello sotteso alle ISO può essere pensato come un modo sistematico di garantire e assicurare che le attività organizzative si svolgano nel modo in cui sono state pianificate, con lo scopo sia di ridurre i costi, sia di soddisfare le esigenze del cliente; consiste in un metodo che ha come obiettivo il prevenire il verificarsi di errori e problemi attraverso la creazione di un sistema di azioni e di controlli in itinere. Il modello è quindi essenzialmente un metodo per organizzare e coinvolgere l’intera organizzazione (ogni attività, ogni singola persona ad ogni livello), allo scopo di aumentare l’efficienza, l’efficacia, la flessibilità dell’organizzazione in una logica di miglioramento continuo che manifesta chiaramente la sua origine dal “Modello Qualità” soprattutto nella sua connotazione occidentale. Sono quindi norme di comportamento sulla gestione aziendale che presentano una rielaborazione del “Modello Qualità”. Le prime norme sono state emanate dall’ISO, elaborate dal Comitato tecnico ISO/TC 176, Qualità management and qualità assurance, nel 1987 e sono state adottate integralmente dal Comitato Europeo di Normazione (CEN)25. In Italia 1’Ente Nazionale Italiano di Unificazione(UNI) le ha recepite nel 1988 nelle norme UNI EN IS0 29000.

Le UNI EN ISO9001 e UNI EN ISO9004 rappresentano l’ultima edizione, rielaborate dal Comitato tecnico ISO/TC 176 come una coppia coerente di norme sui sistemi per la qualità e sono concepite per completarsi l’una con l’altra pur avendo scopi differenti. La ISO9001 specifica i requisiti per un sistema di gestione per la qualità che possono essere utilizzati per fini interni all’organizzazione, per fini certificativi e per fini contrattuali. La norma focalizza l’attenzione sull’efficacia del sistema di gestione per la qualità nel soddisfare i requisiti del cliente.

La ISO9004 è intesa come linea guida per le organizzazioni la cui alta direzione, intesa come vertice dell’organizzazione, voglia andare oltre i requisiti della ISO9001, per perseguire il miglioramento continuo verso la ricerca dell’eccellenza del sistema aziendale; non è concepita per la certificazione né per finalità contrattuali ma per spingere le aziende a implementare il modello organizzativo manageriale che è delineato da questi otto principi di gestione per la qualità, allo scopo di fornire ai vertici aziendali una guida per migliorare le prestazioni della propria organizzazione:

Principio 1 – Organizzazione orientata al cliente

Principio 2 – Leadership

Principio 3 - Coinvolgimento del personale

24 Da EN ISO9001 e da EN ISO9004 25 CEN:COMITATO EUROPEO DI NORMAZIONE I membri del CEN sono gli Organismi nazionali di normazione di Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Islanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca, Spagna, Svezia e Svizzera.

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Principio 4 - Approccio per processi

Principio 5 - Approccio sistemico alla gestione

Principio 6 - Miglioramento continuo

Principio 7 - Decisioni basate su dati di fatto

Principio 8 - Rapporti di reciproco beneficio con i fornitori

Come si può notare i principi accolgono le tendenze che, in ambito mondiale, stanno emergendo nelle realtà aziendali alla ricerca della competitività

Il metodo gestionale che viene proposto dalle norme consiste nel definire delle procedure da adottare per tenere monitorati e controllati i punti più critici dell’organizzazione, per rispettare i principi su cui tale sistema poggia. L’organizzazione che decide di aderire a tale sistema ne adotta l’iter e quindi, se così si può dire, ne segue la strada e ne verifica l’applicazione attraverso la certificazione

Gli elementi da prendere in considerazione per impiantare questo sistema sono riportati nel capitolo 4 della norma UNI EN ISO9001, che traccia i requisiti richiesti per la predisposizione del sistema: 4 SISTEMA DI GESTIONE PER LA QUALITÀ 4.1 Requisiti generali L'organizzazione deve stabilire, documentare, attuare e tenere aggiornato il sistema di gestione per la qualità e migliorarne, con continuità, l'efficacia in accordo con i requisiti della presente norma internazionale. L'organizzazione deve: a) identificare i processi necessari per il sistema di gestione per la qualità e la loro applicazione nell'ambito di tutta l'organizzazione (vedere 1.2), b) stabilire la sequenza e le interazioni tra questi processi, c) stabilire i criteri ed i metodi necessari per assicurare l'efficace funzionamento e l'efficace controllo di questi processi, d) assicurare la disponibilità delle risorse e delle informazioni necessarie per supportare il funzionamento e il monitoraggio di questi processi, e) monitorare, misurare ed analizzare questi processi, f) attuare le azioni necessarie per conseguire i risultati pianificati ed il miglioramento continuo di questi processi.

Questi processi devono essere gestiti dall'organizzazione in accordo ai requisiti della presente norma internazionale Qualora l'organizzazione scelga di affidare all'esterno processi che abbiano effetti sulla conformità del prodotto ai requisiti, essa deve assicurare il controllo di tali processi. Nell'ambito del sistema di gestione per la qualità devono essere definite le modalità per tenere sotto controllo tali processi affidati all'esterno. Tali requisiti forniscono al “cliente” una garanzia sui rischi di non conformità del prodotto/servizio offerto, attraverso un controllo sul rispetto delle procedure e non sulle caratteristiche degli esiti, seguendo quindi il già sottolineato concetto di Qualità/Conformità.

Il progetto organizzativo gestionale e il metodo manageriale, contenuto nella ISO9001 emergono da una lettura attenta dell’ indice: 4 SISTEMA DI GESTIONE PER LA QUALITÀ 4.1 Requisiti generali 4.2 Requisiti relativi alla documentazione 5 RESPONSABILITÀ DELLA DIREZIONE 5.1 Impegno della direzione 5.2 Attenzione focalizzata al cliente

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5.3 Politica per la qualità 5.4 Pianificazione 5.5 Responsabilità, autorità e comunicazione 5.6 Riesame da parte della direzione 6 GESTIONE DELLE RISORSE 6.1 Messa a disposizione delle risorse 6.2 Risorse umane 6.3 Infrastrutture 6.4 Ambiente di lavoro 7 REALIZZAZIONE DEL PRODOTTO 7.1 Pianificazione della realizzazione del prodotto 7.2 Processi relativi al cliente 7.3 Progettazione e sviluppo 7.4 Approvvigionamento 7.5 Produzione ed erogazione di servizi 7.6 Tenuta sotto controllo dei dispositivi di monitoraggio e di misurazione 8 MISURAZIONI, ANALISI E MIGLIORAMENTO 8.1 Generalità 8.2 Monitoraggi e misurazioni 8.3 Tenuta sotto controllo dei prodotti non conformi 8.4 Analisi dei dati 8.5 Miglioramento

Questa ultima edizione delle ISO9000 ha posto molta attenzione alla leadership che deve essere strategica, deve decidere le politiche aziendali e comunicare come perseguirle perché l’organizzazione possa ottenere gli obiettivi di riduzione dei costi e di soddisfazione del cliente nell’ambiente che la circonda come evidenziato dai requisiti esposti nel punto 5. Nell’introduzione alle ISO9004 e ISO9001 si afferma come: l’adozione di un sistema di gestione per la qualità dovrebbe essere una decisione strategica dell’alta direzione di un’organizzazione. La progettazione e attuazione di un sistema di gestione per la qualità è influenzata da esigenze diverse, da particolari obiettivi, dal tipo di prodotti forniti, da processi utilizzati, dalla dimensione e dalla struttura dell’organizzazione. Tuttavia essa non intende perseguire l’uniformità della struttura dei sistemi di gestione per la qualità né della relativa documentazione.

Il punto 5 della norma chiede il coinvolgimento notevole della direzione anche a livello strategico:

5 RESPONSABILITÀ DELLA DIREZIONE 5.1 Impegno della direzione L'alta direzione deve fornire evidenza del suo impegno nello sviluppo e nella messa in atto del sistema di gestione per la qualità e nel miglioramento continuo della sua efficacia, a) comunicando all'organizzazione l'importanza di ottemperare ai requisiti del cliente ed a quelli cogenti applicabili, b) stabilendo la politica per la qualità, c) assicurando che siano definiti gli obiettivi per la qualità, d) effettuando i riesami da parte della direzione, e) assicurando la disponibilità di risorse. 5.2 Attenzione focalizzata al cliente L'alta direzione deve assicurare che i requisiti del cliente siano definiti e soddisfatti allo scopo di accrescere la soddisfazione del cliente stesso (vedere 7.2.1 e 8.2.1). 5.3 Politica per la qualità L'alta direzione deve assicurare che la politica per la qualità: a) sia appropriata agli scopi dell'organizzazione, b) sia comprensiva dell'impegno al soddisfacimento dei requisiti ed al miglioramento

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continuo dell'efficacia del sistema di gestione per la qualità, c) preveda un quadro strutturale per definire e riesaminare gli obiettivi per la qualità, d) sia comunicata e compresa all'interno dell'organizzazione, e) sia riesaminata per accertarne la continua idoneità. 5.4 Pianificazione 5.4.1 Obiettivi per la qualità L'alta direzione deve assicurare che, per i pertinenti livelli e funzioni dell'organizzazione, siano stabiliti gli obiettivi per la qualità, compresi quelli necessari per ottemperare ai requisiti dei prodotti [vedere 7.1 a)]. Gli obiettivi per la qualità devono essere misurabili e coerenti con la politica per la qualità. 5.4.2 Pianificazione del sistema di gestione per la qualità L'alta direzione deve assicurare che: a) la pianificazione del sistema di gestione per la qualità sia condotta in modo da ottemperare ai requisiti riportati in 4.1 e conseguire gli obiettivi per la qualità, b) l'integrità del sistema di gestione per la qualità sia conservata quando sono pianificate ed attuate modifiche al sistema stesso. 5.5 Responsabilità, autorità e comunicazione 5.5.1 Responsabilità ed autorità L'alta direzione deve assicurare che le responsabilità e le autorità siano definite e rese note nell'ambito dell'organizzazione. 5.5.2 Rappresentante della direzione L'alta direzione deve designare un componente della propria struttura direzionale, che, indipendentemente da altre sue responsabilità, abbia la responsabilità e l’autorità anche per: a) assicurare che i processi necessari per il sistema di gestione per la qualità siano predisposti, attuati e tenuti aggiornati, b) riferire all’alta direzione sulle prestazioni del sistema di gestione per la qualità e su ogni esigenza per il miglioramento, c) assicurare la promozione della consapevolezza dei requisiti del cliente nell'ambito di tutta l'organizzazione. Nota La responsabilità del rappresentante della direzione può estendersi anche ai collegamenti con organizzazioni esterne su argomenti riguardanti il sistema di gestione per la qualità. 5.5.3 Comunicazione interna L'alta direzione deve assicurare che siano attivati adeguati processi di comunicazione all'interno dell'organizzazione e che siano fornite anche comunicazioni riguardanti l'efficacia del sistema di gestione per la qualità.

UNI EN ISO 9001:2008 Dalla letteratura analizzata e dall’analisi dei successi aziendali è evidente come la leadership, convinta e motivata, sia la vera chiave di volta perché l’adesione alle norme sia una reale occasione di crescita e di miglioramento e le norme che, come si è detto, sono frutto di esperienze e tendenze raccolte in tutto il mondo e in tutti i settori, ne sottolineano l’importanza ponendola come uno dei primi requisiti da perseguire. L’aspetto innovativo molto importante introdotto da questa edizione consiste nella richiesta della misurazione dei risultati conseguiti come esplicitato nel Principio 7 - Decisioni basate su dati di fatto e soprattutto nel punto 8 della ISO9001 8.4 Analisi dei dati L'organizzazione deve individuare, raccogliere ed analizzare i dati appropriati per dimostrare l'adeguatezza e l'efficacia del sistema di gestione per la qualità e per valutare dove possono essere apportati miglioramenti continui dell'efficacia del sistema di gestione per la qualità. Rientrano in tale ambito i dati risultanti dalle attività di monitoraggio e misurazione e da altre fonti pertinenti. L'analisi dei dati deve fornire informazioni in merito a:

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a) soddisfazione del cliente (vedere 8.2.1), b) conformità ai requisiti del prodotto (vedere 7.2.1), c) caratteristiche ed andamento dei processi e dei prodotti, incluse le opportunità per azioni preventive, d) fornitori.

Quanto voluto da questo requisito rende più completo il percorso proposto dalle norme in quanto gli indicatori, sia nella fase di costruzione, sia nella fase di controllo, spingono le organizzazioni a verificare la validità degli obiettivi decisi e a innestare nei processi aziendali il percorso del miglioramento continuo, dando sempre nuovi obiettivi da raggiungere misurabili e verificabili.

La certificazione secondo la norma ISO9001/2008 nella sanità italiana

Il D.Lgs n 502/92 "riordino della disciplina in materia sanitaria" e la successiva modifica con il D.Lgs n 513/93, si basano sulla necessità di garantire la qualità dell’assistenza nei confronti di tutti i cittadini, sottolineando che tutte le regioni devono introdurre ed utilizzare sistemi di sorveglianza, strumenti e metodologie per la verifica della qualità dei servizi e delle prestazioni. Un successivo D.P.R. del 1/3/94 pone l’accento sulla necessità di privilegiare ricerche che siano tese a misurare l’efficienza e l’efficacia dei servizi , con particolare attenzione all’osservazione della percezione del servizio da parte del cittadino ammalato. Da questi interventi normativi sono sorte molte iniziative. Negli ultimi anni le Regioni hanno attuato le direttive nazionali in tema di accreditamento delle strutture sanitarie (DPR 14/1/97): talune lo hanno fatto prevedendo esplicitamente l’obbligo della certificazione ISO 9000, altre hanno recepito i concetti della stessa normativa senza citarne il nome (Regione Toscana, Regione Liguria, etc.). Nell'esperienza lombarda sulla qualità molta importanza è rivestita dalla certificazione secondo le norme ISO; infatti, a partire dalla l.r. 31/97 fino all'attuazione dei progetti qualità finanziati in parte dalla Regione, la certificazione ha rappresentato e rappresenta un punto fondamentale per lo sviluppo del sistema di qualità aziendale. La Regione Lombardia ha previsto al comma 5 dell’art. 13 della L.R. 31/97 che “le aziende sanitarie devono assicurare lo svolgimento di tutte le attività necessarie per realizzare la produzione, l’erogazione ed il controllo di prestazioni e di servizi, secondo le norme ISO 9000. La giunta regionale, con propria deliberazione, determina le modalità attraverso cui l’organizzazione aziendale deve adeguarsi alla normativa ISO 9000, entro il 31 dicembre 1999”.L’attuazione di quanto previsto dalla legge regionale ha fatto sì che la Lombardia sia oggi la regione in cui si registra il più alto numero di Unità Operative certificate ISO 9000,. Le norme ISO 9000 sono state sicuramente soprattutto nel momento iniziale della riforma il principale strumento indicato dalle società e dalle Istituzioni. Nelle P.A, invece la certificazione sia in ambito nazionale che regionale non è ancora così diffusa. Vi sono episodi molto significativi di adesione a questo strumento organizzativo che però derivano da convinzioni personali del sindaco piuttosto che dei funzionari preposti alla funzione pubblica. Inoltre, come già evidenziato, nella P.A si evidenziano spinte verso strumenti diversi dalla certificazione. I consigli e gli incoraggiamenti verso strumenti diversi quali ad esempio i premi contenuti nelle direttive forse possono essere motivati dalla volontà di evitare in tale ambito gli effetti distorsivi che lo strumento certificativo ha prodotto nelle sue applicazioni. Spesso la certificazione viene vissuta più come fine e che non come mezzo organizzativo di miglioramento. Nel caso poi di adesione per obbligo normativo si innestano meccanismi di aderenza burocratica che minano ancora di più la portata di tale strumento. L’Accreditamento all’Eccellenza

L’accreditamento all’eccellenza è un processo di valutazione attraverso standard progettato specificatamente per le strutture ospedaliere attuata da valutatori esterni alla struttura, oggetto di valutazione.

Questo tipo di accreditamento, nato nel 1917 negli Stati Uniti da iniziative della associazione chirurghi come accreditamento professionale, si è imposto definitivamente negli anni ’50 grazie all’attività di quella che al presente si chiama: Joint Commission on Accreditation of Healthcare Organizazion (JCAHO).

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JCAH è attualmente l’organizzazione di accreditamento di strutture sanitarie più strutturata e più autorevole nel mondo; si ritiene abbia ad oggi accreditato più di 20.000 organizzazioni L’accreditamento volontario JCAHO, nato quindi come valutazione professionale per medici operanti negli ospedali, negli anni ha esteso il campo di applicazione a tutte le tipologie di strutture ed attività sanitarie diventando quindi anche un importante strumento per la qualità organizzativa oltre che di qualità professionale. L'esperienza di "accreditamento per l'eccellenza" sviluppata negli Stati Uniti consiste essenzialmente in un metodo che si propone di attribuire agli ospedali dei giudizi di valore che consentano di valutare l'efficacia sanitaria delle performance ospedaliere, con particolare attenzione all'esito delle prestazioni sanitarie erogate. I criteri statunitensi mirano ad enfatizzare la performance organizzativa, le valutazioni di esito sanitario e il processo di autovalutazione. Oggetto di valutazione sono il miglioramento della qualità e dell’efficienza del servizio, con lo scopo di individuare le aree di debolezza dell’organizzazione sanitaria, per permettere poi di porre rimedio e di riallocare le risorse in modo efficiente. Negli Stati Uniti l’accreditamento può essere ottenuto attraverso diversi enti come l’ente federale, la JCAHO o altre agenzie ed è necessario per poter partecipare ai programmi Madicare e Madicaid, programmi governativi che finanziano l’assistenza ospedaliera per anziani e indigenti. In tale ambito questo Accreditamento è richiesto inoltre da molte assicurazioni private. Ciò rende, di fatto, l’accreditamento, in quel paese, non più un processo esclusivamente volontario e legato alla ricerca del prestigio e della promozione della qualità diventa ”abilitazione” ad operare per conto dei sistemi di assistenza pubblica, come l’accreditamento autorizzativo in Italia. Le differenze con l’accreditamento autorizzativo italiano sono soprattutto individuabili nel sistema di valutazione che in quello italiano è, in un certo senso, interno al sistema, mentre nell’accreditamento all’eccellenza è svolto da parte terza. In Italia quindi una struttura sanitaria per operare in sanità deve avere l’autorizzazione, per poter prestare prestazioni rimborsabili attraverso il DRG avere l’accreditamento autorizzativi, mentre per migliorare la sua Qualità organizzativa può, o in certe regioni come la Lombardia, deve aderire ad un processo di Accreditamento all’Eccellenza. Il metodi sono diversi tra i più conosciuti vi è la Joint Commission International (JCI ). JCI, divisione not-for-profit di JCAHO che opera in campo internazionale ed è un’organizzazione indipendente e non governativa; ha lo scopo di migliorare la qualità dell’assistenza sanitaria in ambito internazionale, fornendo servizi collegati con il processo di accreditamento. La JCI ha sviluppato, infatti, uno specifico programma per avviare procedure di accreditamento a livello internazionale con il contributo di una commissione comprendente esperti di diversi paesi. Svolge da alcuni anni attività di accreditamento in diversi paesi, ad esempio in, Italia, Spagna Portogallo, Brasile, Argentina, Dubai, Arabia Saudita, Cina Irlanda,Austria, Germania, Danimarca, Brasile,Turchia dove ha accreditato oltre 80 strutture ospedaliere Eroga, inoltre, servizi di consulenza al WHO, ai Ministeri della Sanità Francese, Portoghese, Tedesca, Inglese, Danese, Cinese. Al fine di assicurare l’adattabilità del modello di accreditamento JCI agli eterogenei sistemi ospedalieri internazionali, gli standard che costituiscono la base della valutazione sono stati sviluppati e selezionati da un gruppo di studio internazionale comprendente esperti di diverse professionalità sanitarie e gestionali, provenienti da aree geografiche e culturali diverse. Il sistema di standard JCI è costruito in modo da prendere in considerazione le principali funzioni orientate al paziente e all’organizzazione. Sono quindi divisi in due grandi aree tematiche: - Standard centrati sul paziente - Standard di gestione dell’organizzazione sanitaria. Il processo di accreditamento di un ospedale secondo JCI prevede un’analisi di tutti gli aspetti della vita ospedaliera sulla base di standard verificati da ispettori che in tal modo esaminano l’intero processo di cura avendo come principio portante la centralità del paziente Il sistema JCI si basa su una serie di requisiti, gli standard, che le strutture devono soddisfare per potere essere accreditate; fino a dicembre 2002 su un totale di circa 368 standard 170 erano obbligatori, i cosiddetti standard Bold, mentre dal gennaio 2003 sono diventati obbligatori la totalità degli standard. Ogni standard è costruito prevedendo un serie variabile da standard a standard di elementi misurabili su cui si basa la valutazione dell’aderenza dell’organizzazione allo standard analizzato. .Gli elementi misurabili possono variare da 1 a 10 nei diversi standard e ciascun elemento misurabile può ricevere il punteggio di 10, di 5 o di 0. Uno standard, fino a fine 2002, era considerato superato se la media dei punteggi ottenuti tra i diversi elementi misurabili era uguale o superiore a 5 e se, nel caso di elementi misurabili multipli, non vi fosse più di un elemento valutato con il punteggio 0, dal gennaio 2003 la media richiesta è 7.

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Gli standard fanno riferimento a tutti gli aspetti della vita dell’ospedale avendo come punto di riferimento continuo il paziente e le sue cure. Inoltre va sottolineato come il metodo JCI pone come presupposto importante che gli standard siano uno strumento utilizzato e finalizzato alla valutazione di processi e non solo di procedure. Purtroppo questa giusta tensione viene spesso disattesa in applicazioni poco corrette e “intelligenti”, effetti distorsivi nell’utilizzo di uno strumento comuni a questo ed ad altri strumenti come ad esempio la certificazione. Gli standard sono divisi in undici capitoli, ed in particolare: - Accesso e Continuità delle cure (ACC), con 25 standard di cui 13 obbligatori - Valutazione del Paziente (AOP), con 44 standard di cui 25 obbligatori - Cura del Paziente (COP), con 60 standard di cui 47 obbligatori - Diritti del Paziente e dei Famigliari (PFR), con 35 standard di cui 26 obbligatori - Educazione del Paziente e dei Famigliari (PFE), con 10 standard di cui 6 obbligatori - Gestione e Miglioramento della Qualità (QMI), con 46 standard di cui 16 obbligatori - Prevenzione e Controllo delle Infezioni (PCI), con 21 standard di cui 4 obbligatori - Governo Leadership e Direzione (GLD), con 30 standard di cui 11 obbligatori - Gestione e Sicurezza della Struttura (FMS) con 27 standard di cui 11 obbligatori - Qualificazione ed Educazione del Personale (SQE), con 27 standard di cui 6 obbligatori - Gestione delle Informazioni (MOI), con 30 standard di cui 5 obbligatori Le fasi, quindi, di un progetto Joint Commission on Accreditation of Healthcare Organizations che dovrebbe essere caratterizzato dal tenere in considerazione l’intero processo di cura del paziente attraverso l’aderenza a determinati standard, possono essere distinte in:

- Identificazione dei possibili problemi da affrontare, - Scelta del problema prioritario, - Definizione di criteri, indicatori e soglie di buona qualità, - Progettazione dello studio di individuazione delle possibili cause del problema, - Esecuzione ed analisi dello studio, - Progettazione dell’intervento migliorativo come ad esempio il chi fa cosa e quando, il chi

ricorda al chi si è preso l’impegno se lo ha svolto, - Applicazione dell’intervento migliorativo, - Valutazione dell’impatto a breve termine, a medio - lungo termine (6 mesi - 1 anno) ed alla fine

dell’intervento, - Comunicazione dei risultati.

Gli obbiettivi complessivi dell’accreditamento JCI che si possono raggiungere attraverso la soddisfazione dello standard, sono:

- Minimizzare il rischio di errori a danno del paziente; - Garantire una maggiore informazione/ soddisfazione del paziente; - Ottimizzare l’organizzazione del lavoro.

Questi obiettivi possono essere raggiunti dalle strutture che adottano il metodo JCI se si rispettano e si applicano i principi centrali della filosofia di JCI su cui sono costruiti gli standard per verificare l’adesione e la coerenza organizzativa della struttura da valutare in tale ottica I principi fondamentali sottesi al metodo sono: - Centralità del paziente - Verificabilità - Interfunzionalità - Omogeneità di trattamento - Comunicazione - Customer satisfaction Come si può notare i principi che ispirano l’accreditamento all’eccellenza sono simili ai principi che ispirano il modello organizzativo sotteso nelle norme ISO. Pur essendo il modello “Qualità” cui i due diversi metodi si ispirano, i due strumenti si differenziano notevolmente sia per la metodologia che per la specificità degli standard dell‘JCAHO pensati e costruiti per la realtà degli ospedali. Il metodo JCI quindi è meno generico rispetto alle ISO che possono essere applicate ad ogni tipo di organizzazione. Nelle applicazioni relative alla realtà italiana questa specificità ha creato alcune problematiche in quanto la serie di standard che JCI propone derivano da esperienze, normative e prassi internazionali ed europee che hanno, come campo di analisi, di composizione e di verifica degli standard, strutture ospedaliere regolate e organizzate, a volte, in modo difforme sia per prassi, normative. L’eterogeneità ha portato a

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mettere a punto un insieme di standard che mediano le diverse realtà, ciò porta a dover riequilibrare alcuni standard che non sempre possono trovare corrispondenza e possibilità di applicazione nella realtà ospedaliera italiana. Recentemente la Regione Lombardia ha scelto l’Accreditamento all’Eccellenza secondo JCI per fare un ulteriore salto qualitativo e per spingere il sistema sanitario regionale, in una logica di miglioramento continuo, ad elevare i livelli della sanità lombarda. In attuazione del Piano Socio Sanitario Regionale 2002-2004, la Giunta Regionale della Lombardia ha affidato l’appalto del servizio triennale di implementazione del sistema di valutazione delle aziende sanitarie accreditate pubbliche e private e per la valutazione e del management delle aziende sanitarie pubbliche alla JCI. Gli Obiettivi del Progetto Regionale sono sviluppare un programma per la valutazione delle aziende sanitarie accreditate finalizzato a:

• Diffondere a tutti i portatori di interesse le informazioni relative alla valutazione, per consentire confronti e spinte al miglioramento.

• Verificare l’adozione ed il mantenimento di processi di miglioramento continuo da parte delle strutture accreditate, pubbliche e private, attraverso specifiche misure di performance economica e qualitativa.

• Valutare la performance dei Direttori Generali delle Aziende Pubbliche. Il progetto è stato articolato in 4 sottoprogetti: 1. Sotto progetto Valutazione delle performance qualitative. 2. Sotto progetto “Crisp” 3. Sotto progetto valutazione economica e della produttività. 4. Sotto progetto valutazione del management pubblico. Il coinvolgimento richiesto alle aziende accreditate da parte della Regione è notevole. La partecipazione al programma di valutazione è prevista negli obiettivi dei direttori generali nell’ambito del debito informativo. La partecipazione al programma è prevista inoltre nel rapporto contrattuale fra ASL e strutture erogatrici. Il Sottoprogetto 1 ” Valutazione delle performance qualitative” prevede l’applicazione di circa 60 dei 368 standard previsti dal protocollo del sistema Joint Commission International originario che ha consentito l’accreditamento di 5 presidi ospedalieri lombardi Gli standard proposti, la cui adesione da parte delle strutture è stata spalmata su un arco di tre anni, e sono articolati in cinque aree: - Diritti dei pazienti e processi di presa in carico clinici e assistenziali - Sviluppo delle risorse umane - Gestione dei processi di interscambio di servizi -prestazioni tra e intra strutture sanitarie - Sistema informativo amministrativo e clinico - Gestione di processi di miglioramento della qualità. La metodologia del metodo proposto consiste nell’effettuare visite presso le strutture accreditate. Pubbliche e private da parte di consulenti con professionalità clinico, manageriale, amministrativo e gestionale finalizzate a: • Sostenere il processo di collaborazione aziendale allo sviluppo del modello di valutazione. • Verificare sul campo la reale adozione dei comportamenti organizzativi previsti dal sistema di standard JCI In particolare per la valutazione del grado di compliance con gli standard JCI la Regione Lombardia mette a disposizione il software per raccogliere le informazioni relative agli standard prescelti che dovranno essere raccolte separatamente per i seguenti livelli organizzativi: • Intera azienda • Dipartimenti/ Distretti • Unità Operative (eventualmente) Sulla base delle informazioni raccolte, viene determinato da JCI un calendario di visite presso le aziende per verificare sul campo il grado di compliance con gli standard stessi. Successivamente alla visita sarà rilasciato un breve resoconto per evidenziare l’eventuale grado di scostamento tra l’autovalutazione ed il riscontro degli osservatori esterni. Nel sommario saranno anche aggiunti i suggerimenti specifici per migliorare la compliance.

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I risultati che si sperano e che sono attesi dall’introduzione di questo metodo di autovalutazione guidata possono essere sintetizzati nei seguenti:

– Sviluppo di logiche di benchmarking tra le aziende sanitarie – Identificazione di percorsi di miglioramento continuo – Disponibilità di maggiori informazioni a disposizione dei diversi portatori di interesse – Miglioramento del servizio, della soddisfazione degli operatori e degli assistiti.

Inoltre, anche nelle ASL lombarde strutture tipicamente italiane si sta cerca di introdurre questo tipo di accreditamento, dopo un’esperienza sperimentale negli anni di Accreditamento all’Eccellenza secondo JCI rivolta a 10 ASL lombarde. Da questa prima esperienza si sono messi a punto criteri pensati per questa tipologia di struttura sanitaria prettamente italiana per estendere l’esperienza alla totalità delle strutture ASL lombarde. Essendo le ASL organizzazioni non presenti nella realtà americana, è stato necessario reimpostare gli standard per valutare e misurare la Qualità in queste tipologie di strutture. L'obiettivo comune a questi progetti di collaborazione con la JCI, è assistere le strutture sanitarie nel processo di identificazione e sviluppo degli indicatori di performance nonché lo sviluppo di un progetto di miglioramento delle performance aziendali, fornendo un progetto di formazione, valutazione e assistenza tecnica rivolto alle aziende al fine di definire un sistema di miglioramento delle performance coerente e sostenibile basato sugli standard internazionali della Joint Commission sempre avendo come modello di riferimento il modello Qualità, precedentemente fatto transitare soprattutto attraverso lo strumento certificativo. La finalità è valutare l'impatto nelle strutture sanitarie di una metodica diversa di approccio alla qualità rispetto a quelle fino ad ora utilizzate, soprattutto la certificazione, al fine di diffondere la cultura della Qualità a livello aziendale, di poter assumere informazioni utili per lo sviluppo del processo di accreditamento e di ottenere elementi per la valutazione delle aziende sanitarie. Oltre il metodo proposto da JCAHO, esistono altri organismi che propongono sistemi di accreditamento, i principali metodi sono: CCHFA ( canadian council on Health Facilities Accreditation), Sistema di accreditamento Canadese: l’unità di osservazione è il processo di cura sull’utente e non il funzionamento del reparto. Il metodo pone l’attenzione sull’integrazione e sulla continuità del processo di cura, dall’accesso alla dimissione. ACHS( Australia council on Healthcare Standard), Sistema di accreditamento Australiano: dà rilievo all’esperienza individuale complessiva del paziente all’interno dell’ospedale. I criteri e gli indicatori sono stati concepiti come supporto alle strutture sanitarie nel fornire al paziente una cura di qualità elevata in modo efficace ed efficiente. Un altro esempio italiano di adesione a questo tipo di strumento di autovalutazione guidata attraverso standard è la sperimentazione attuata dalla Regione Veneto con il metodo CCHFA Il modello del Canadian Council è stato utilizzato in diversi paesi nel mondo quali: Francia, Arabia Saudita, Colombia, Irlanda. L’accreditamento canadese è gestito dal Canadian Council of Health Services Accreditation (CCHSA), istituto voluto dalle associazioni mediche e dall’Hospitals’ Association fin dal 1958. La struttura e le procedure sono simili alla JCAHO. Gli standard di riferimento puntano, come quelli della JCAHO, all’eccellenza, ovvero ad ottenere i migliori risultati possibili per le conoscenze e le risorse disponibili delle strutture, l’unità di osservazione è il processo di cura sull’utente e non il funzionamento del reparto. Il metodo pone l’attenzione sull’integrazione e sulla continuità del processo di cura, dall’accesso alla dimissione. Per poter richiedere l’accreditamento occorre essere autorizzati e operativi da almeno 1 anno; gli oneri sono a carico della struttura ospedaliera, mediante il versamento di una quota annuale e di una per ciascuna visita. L’accreditamento ha validità massima triennale. La procedura prevede un processo di autovalutazione sull’adesione ai requisiti contenuti nel manuale dell’accreditamento, il cui esito deve essere fornito all’Ente di accreditamento prima della visita, insieme ad alcuni documenti di carattere generale descriventi la struttura; in sede di verifica occorre garantire la disponibilità di ulteriore documentazione. Infine è prevista la pianificazione di numerosi incontri con i gruppi di operatori e lo svolgimento di colloqui anche con i clienti/pazienti. Il manuale

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dell’accreditamento per gli ospedali prende in esame: nove aree assistenziali: ambulatoriale, oncologica, geriatria, emergenza e traumatologia, materno-infantile, medica, chirurgica, salute mentale, terapie intensive e specialistiche; tre aree di assistenza al cliente: sistema informativo, risorse umane, ambiente; l’area dirigenziale e di leadership. Il processo di valutazione può concludersi con un giudizio di non adesione, adesione minima, parziale o sostanziale. Annualmente vengono pubblicati gli elenchi delle strutture accreditate, mentre non si fa menzione di quelle che non hanno conseguito l’accreditamento. L’indagine empirica che ho effettuato, di seguito presentata, ha avuto tra l’altro lo scopo di verificare la conoscenza su tale strumento delle persone occupate nelle strutture sanitarie, come è stata vissuta la sua introduzione e come si è integrato questo percorso con il percorso intrapreso con la certificazione. Nella realtà della sanità lombarda, infatti, l’introduzione dell’accreditamento secondo la JCI è successivo ad un primo periodo in cui la Regione ha spinto tutte le strutture verso la certificazione secondo le ISO9000 attraverso molte azioni, compresi anche finanziamenti pensati ad hoc. L’intento di dare un ulteriore impulso al percorso di miglioramento continuo alle strutture, si è concretizzato attraverso l’adesione di un metodo più mirato e pensato come un ulteriore gradino successivo da salire. Sicuramente l’intento è giusto meno, mi pare, sia stato l’iter seguito, soprattutto osservando ciò che è successo nelle strutture. Il metodo JCI prospettato come passo di miglioramento al percorso di Qualità già introdotto e intrapreso con le ISO doveva essere presentato come strumento integrabile e utilizzabile dagli stessi uffici che già gestivano la Qualità. Nella realtà in molte strutture ciò non è accaduto, si sono così avute due strutture una dedicata all’iter di certificazione, l’altra all’accreditamento secondo JCI. I motivi possono essere individuati nella scarsa cultura organizzativa che ancora caratterizza le organizzazioni e nell’azione non sempre corretta dei consulenti e dei valutatori che purtroppo, appartendo a società di consulenza, di valutazione e di certificazioni diverse, cercano di tenere i percorsi distinti I premi Tra i diversi strumenti per implementare i principi del modello “Qualità” vi sono anche i premi che propongono un approccio basato sull’autovalutazione. Il processo di autovalutazione consente all’organizzazione che vi si sottopone di individuare i punti di forza e le aree suscettibili di miglioramento rispetto ad una serie di standard. Per risultare efficace la strategia del premio, deve tradursi in azioni di miglioramento pianificate e costantemente monitorate: le organizzazioni devono attuare ripetutamente questo ciclo di analisi e di azioni conseguenti, in modo da raggiungere un miglioramento effettivo e sostenibile nel tempo. I premi differiscono dallo strumento certificativo non solo per una diversa metodologia ma soprattutto perchè non hanno la valenza di assicurare la “Qualità economica” sul mercato, come garantita dalla certificazione secondo la norma ISO9001/2000. Sicuramente l’autovalutazione costituisce un valido strumento per la formazione del personale sui concetti fondamentali del modello Total Qualità Management, in quanto agevola l’individuazione e la condivisione degli esempi di “best practice” all’interno di una stessa organizzazione e facilita i confronti, “benchmarking”, con altre organizzazioni di natura simile o di riferimento. In generale, e nelle sue diverse tipologie, il Premio, come strumento per la Qualità non va inteso come una competizione, a cui il termine premio può autorizzare a pensare, bensì costituisce uno strumento permanente di promozione della cultura e dei metodi della Qualità, per l'impegno di Associazioni o Fondazioni, create appositamente. Queste Fondazioni hanno lo scopo istitutivo della diffusione del “Modello Qualità” e curano le attività di supporto alla partecipazione al premio ed all'autovalutazione e la formazione del personale delle organizzazioni partecipanti al Premio. I premi più conosciuti e autorevoli sono il premio giapponese Deming Prize, quello statunitense Malcoln Balbridge National Qualità Award, e l’European Quality Award (Premio Europeo per la Qualità) Il Deming Prize(attribuito ad una singola persona) e il Deming Application Prize(attribuito ad organizzazioni) sono ispiratori degli altri premi sorti negli anni successivi al 1951, anno della loro prima edizione. Sono strumento creati allo scopo di spingere le aziende giapponesi ad applicare il Company Wide Qualità Control ed ottenere che buoni risultati siano raggiunti attraverso l’implementazione di attività di controllo di qualità estese a tutta l’organizzazione. Per partecipare ai premi occorre sottoporsi ad una autovalutazione dell’organizzazione rispetto a requisiti il cui livello cresce di anno in anno per aumentare il livello della Qualità Nel gennaio del 1988 il presidente Reagan annunciò l’istituzione del Malcoln Balbridge National Qualità Award per promuovere la cultura della qualità, per far comprendere i requisiti per l’eccellenza e condividere l’informazione circa strategie della qualità di successo nelle aziende americane. Il premio

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ricorda Malcoln Balbridge, Segretario del Commercio nel governo Reagan, grande promotore della Qualità. Occorre ricordare come il governo Reagan sia stato molto propositivo sul fronte della Qualità, promuovendo il mese ottobre come il mese della Qualità nel 1984. Il premio è stato istituito in un clima di intensa competizione industriale che motiva l’enfasi data, oltre ai principi che costituiscono il Total Quality Management di cui è strumento, alla soddisfazione dei clienti, obiettivo ritenuto strategico per raggiungere la competitività. Lo slogan era infatti “Al di là della soddisfazione del cliente attraverso il miglioramento della Qualità”. Il principio ispiratore è che la leadership sia guida delle attività (gestione del personale, politica e strategia, gestione dei processi, gestione delle risorse) verso l’eccellenza nei risultati di qualità e nella soddisfazione dei clienti. Questi risultati devono essere quantificabili, misurabili e confrontabili sia all’interno che all’esterno dell'organizzazione. Un importante contributo di promozione della qualità totale, in Europa, è fornito dall’ EFQM che propone un modello che rappresenta una “via europea” al Total Quality Management. La European Foundation for Quality Management (EFQM) è un’organizzazione non profit, fondazione con sede a Bruxelles su base associativa, fondata nel 1988 per iniziativa di quattordici fra le principali aziende europee: BT, Robert Bosch, Bull, Ciba-Geigy, Dassault Aviation, AB Electrolux, Fiat Auto, KLM, Nestlè, Olivetti, Philips, Renault, Sulzer, Volkswagen. e si propone di stimolare la diffusione dei progetti di qualità soprattutto attraverso l’assegnazione annuale dei premi europei quali:

- L’European Quality Prizes, - L’European Quality Award.

L’European Foundation for Quality Management (EFQM) ha lanciato nel 1991 il Modello EFQM per l’Eccellenza e all’European Quality Award (Premio Europeo per la Qualità) EFQM conta più di 850 membri in 35 Paesi Europei. Oltre 20.000 organizzazioni pubbliche e private applicano il modello, nella quasi totalità dei settori di attività, da grandi multinazionali e importanti aziende nazionali a istituti di ricerca in Università europee di rilievo. Scopo principale dell’EFQM è stato rendere le imprese europee più competitive attraverso l’applicazione della filosofia del Total Quality Management. La vision dichiarata della EFQM è un mondo nel quale le organizzazioni europee conquistino posizioni di eccellenza; la sua mission è essere la forza trainante nel promuovere fra di esse l’Eccellenza sostenibile. Vision e Mission sono termini tipici del linguaggio di un certo tipo di “Qualità” che non amo molto ma che sono invece usatissimi sia dalle aziende che dalle società di consulenza e di certificazione. La mission dell’EFQM viene così definita: – stimolare le organizzazioni europee a partecipare ad attività di miglioramento miranti all’eccellenza nella soddisfazione dei clienti, del proprio personale, nell’impatto sulla società e nei risultati della propria attività; – supportare i managers delle organizzazioni europee nel processo di rendere il Total Quality Management fattore decisivo per raggiungere un vantaggio competitivo globale. La EFQM afferma che programmi di Total Qualità Management possono apportare vantaggi significativi alle aziende, quali maggior soddisfazione di clienti e personale, aumentata efficienza e costi ridotti con conseguenti migliori risultati aziendali facendo propria l’affermazione di Jacques Delors, Presidente della Commissione Europea, alla fondazione dell’EFQM, il 15 settembre1988: “… la battaglia per la Qualità è uno dei prerequisiti per il successo delle vostre aziende e per il nostro successo collettivo”. L’attività della EFQM ha avuto inizio nel 1992 con la prima edizione dell’ European Quality Award, simile al premio giapponese Deming Prize e a quello statunitense Malcoln Balbridge National Qualità Award. L’ European Quality Award fu sviluppato per sostenere la posizione delle aziende dell’Europa Occidentale nel mercato mondiale, individuando nella Qualità la strategia per un vantaggio competitivo globale, per supportare l’evoluzione del mercato comune europeo e l’emergere di una nuova identità del management dell’Europa Occidentale. L’EQA ha introdotto idee nuove rispetto ai modelli ispiratori, come l’impatto sulla comunità, la soddisfazione del personale, i risultati finanziari e non-finanziari. Lo EQA rappresenta una guida radicalmente più ampia per affrontare le questioni di qualità totale, rispetto ai due premi precedenti.

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Il premio, varato nel 1992 da Martin Bangemann, vicepresidente della Commissione Europea, viene assegnato ogni anno ed è gestito dalla EFQM, la quale lo sponsorizza congiuntamente alla Commissione Europea e alla EOQ (European Organisation for Quality). Il premio è suddiviso in 4 categorie: imprese private, unità operative di imprese private, organizzazioni del settore pubblico, piccola e media impresa privata. L’EFQM si occupa principalmente dell’assistenza alle organizzazioni che operano nella logica del miglioramento continuo della qualità e del supporto ai dirigenti di tali organizzazioni per accelerare la diffusione del Total Quality Management Nel 1994, la EFQM ha istituito una sezione per il Settore Pubblico, comprendente anche rappresentanti dell’Assistenza Sanitaria, per promuovere e supportare il processo di autovalutazione in questo settore Nel 1996 è stata introdotta la categoria di premio riservata alle organizzazioni del Settore Pubblico e nel 1997 quella per le piccole e medie imprese (con meno di 250 dipendenti). L’attuale modello EFQM per l’Eccellenza (EFQM Excellence Model), introdotto il 21 aprile 1999, è il risultato della revisione del precedente modello (EFQM Model for Business Excellence). Il modello EFQM per l’Eccellenza è una struttura non prescrittiva, che riconosce la pluralità di approcci adottabili per raggiungere un’eccellenza duratura in tutti gli aspetti della performance che si basa sui seguenti concetti fondamentali: • orientamento ai risultati • attenzione rivolta al cliente • leadership e coerenza negli obiettivi • gestione in termini di processi e fatti • coinvolgimento e sviluppo delle persone • apprendimento, innovazione e miglioramento continui • sviluppo della partnership • responsabilità pubblica Il modello EFQM dà peso ai risultati conseguiti e non solo in termini di soddisfazione dei clienti. Il modello EFQM si fonda sull’assunto che: “Risultati d’eccellenza riguardanti Performance, Clienti ,Risorse umane e Società sono raggiunti attraverso un’azione di guida, da parte della Leadership, su Politiche e Strategie, Personale, Partnership e Risorse e Processi”. La logica su cui si fonda il modello EFQM è riassumibile in Risultati, Approccio, Dispiegamento, Accertamento, Revisione (RADAR) Secondo questo processo logico, un’organizzazione deve: – determinare i risultati finanziari, operativi e di percezione da parte degli stakeholders cui mirare; – pianificare e sviluppare una solida metodologia di approccio per raggiungere i risultati prefissati; – diffondere le metodologie di approccio in modo sistematico in modo che sia raggiunta una completa implementazione; – valutare e rivedere le metodologie di approccio effettuando regolari misurazioni che a loro volta promuovono l’apprendimento e portano ad attività di miglioramento dove necessario.

In sostanza, l’EFQM sottoscrive la filosofia del miglioramento continuo del famoso cerchio di Deming : “plan – do – check – act”. Vi sono ben 23 Premi Qualità in Europa oltre all’ European Quality Award. Dalla seconda metà anni ’90 vi è stata una crescente adesione, sempre in Europa, dal settore pubblico inteso come: • Pubblica Amministrazione • Sanità • Scuola In Italia, nel 1996, è stata costituita l'Associazione Premio Qualità Italia, associazione senza fini di lucro su iniziativa di Confindustria, del Consorzio Universitario in Ingegneria della Qualità e dell'Associazione Italiana Cultura Qualità (AICQ)26, alle quali si sono aggiunte in seguito altre

26 L'Associazione Italiana per la Qualità (AICQ) è un'associazione, senza fini di lucro, che si propone di diffondere in Italia la cultura della Qualità e i metodi per pianificare, costruire, controllare e certificare la Qualità. Costituita in Milano l'11 Maggio 1955, l'AICQ è dal 10 Gennaio 1982, una Federazione di Associazioni per la Qualità: è strutturata su una Federazione Nazionale e su 8 Associazioni Territoriali Aderenti.

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Organizzazioni imprenditoriali, territoriali e settoriali. Obiettivo primario dell'Associazione è la diffusione della cultura della Qualità e dell'Eccellenza per contribuire al miglioramento della competitività ed alla crescita del sistema-Paese. Lo strumento principale che l'Associazione ha scelto per l'adempimento del proprio scopo è l'organizzazione del Premio Qualità Italia, con l'alto patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero delle Attività Produttive, che ha come riferimento il Modello per l'Eccellenza EFQM-European Foundation for Quality Management, coerentemente con i principi del Total Quality Management. Da novembre 2004, Presidente dell'Associazione Premio Qualità Italia è Emma Marcegaglia, Vice Presidente di Confindustria. Il Premio costituisce uno strumento permanente di promozione della cultura e dei metodi della Qualità, attraverso l'impegno dell'Associazione per la diffusione del Modello EFQM, per le attività di supporto alla partecipazione ed all'autovalutazione e per la formazione del personale delle organizzazioni partecipanti sul modello del Premio. La struttura organizzativa centrale, i soci e le varie realtà che fanno da referente a livello locale per l'Associazione Premio Qualità Italia favoriscono la diffusione delle iniziative dell'Associazione, mediante incontri e riunioni sul territorio, con finalità di promozione, formazione e supporto tecnico. Il Premio Qualità Italia è stato destinato, nelle sue prime sette edizioni, alle sole piccole e medie imprese e articolato in Premi a livello nazionale, regionale e provinciale. A partire dall'edizione 2005, l'Associazione ha deciso di organizzare il Premio, oltre che per le "Piccole e Medie Imprese", anche per le categorie "Grandi Imprese e Business Unit" e "Scuole". Organizzazioni che partecipano si sottopongono ad una autovalutazione rispondendo a domande predisposte alle cui risposte vengono attribuite valutazioni da parte di valutatori esperti. La partecipazione al premio può contemplare la consulenza gratuita, per un certo numero di ore, di consulenti allo scopo di aiutare l’azienda ad intraprendere questo percorso di qualità Il metodo dell’autovalutazione nella pubblica amministrazione italiana, recependo anche spinte europee, risulta essere lo strumento privilegiato e consigliato. La direttiva, già citata , “Per una pubblica amministrazione di qualità”, del 2006, indica il ricorso all’autovalutazione della prestazione organizzativa, quale punto di partenza obbligato dei percorsi di miglioramento continuo

Per effettuare l’autovalutazione sono disponibili, si è detto, diversi strumenti di autodiagnosi definiti in ambito internazionale e ampiamente sperimentati sia nel settore privato che in quello pubblico. Fra questi il Common Assessment Framework (CAF), frutto della cooperazione informale dei Ministri e Direttori Generali delle funzioni pubbliche, è uno strumento per la gestione della qualità specificamente realizzato per favorire l’introduzione dell’autovalutazione e della cultura della qualità nelle amministrazione pubbliche dell’Unione Europea. L ’European Foundation for Quality Management (EFQM).definisce e descrive il CAF come uno strumento che utilizza un set di 9 criteri, suddivisi in sotto-criteri, che sono le dimensioni di analisi suggerite dal modello per analizzare e valutare tutte le attività e i risultati di ciascuna organizzazione. I primi 5 criteri rappresentano i fattori abilitanti, ovvero che cosa un’organizzazione fa per raggiungere buoni risultati: come utilizza le risorse a sua disposizione e attraverso quali processi trasforma le risorse in servizi/risultati. I fattori abilitanti considerati sono: la leadership, le strategie e le politiche, la gestione del personale, la gestione delle risorse e delle partnership e i processi. Gli altri 4 criteri sono relativi ai risultati che l’organizzazione raggiunge relativamente ai cittadini/clienti, al personale, al suo impatto sulla società e ai risultati relativi alle prestazioni chiave. La griglia di autovalutazione è completata da una serie di esempi, forniti per ciascun sotto-criterio, che le amministrazioni sono libere di usare al fine di individuare elementi oggettivi che consentano di posizionare la prestazione complessiva dell’organizzazione in termini di punteggio. Il CAF è accompagnato da linee guida per l’applicazione della griglia e per l’assegnazione dei punteggi di autovalutazione. L'AICQ è "Full Member" della "European Organization for Quality" (EOQ), membro fondatore (1956) ed in detta Organizzazione, che riunisce 32 Associazioni Nazionali, rappresenta l'Italia; in questo suo ruolo concorre alle iniziative europee dell'EOQ, ne interpreta le direttive, ne diffonde il know-how. L'AICQ è altresì Federata della Federmanagement - Federazione delle Associazioni di Management e della Fast - Federazione Associazioni Tecniche Scientifiche. Dal 1955 ha iniziato a diffondere le metodologie necessarie per la crescita e la diffusione della cultura della Qualità: prima quelle statistiche (che oggi vedono una significativa rinascita) poi quelle affidabilistiche e quelle gestionali: l'assicurazione Qualità, la Pianificazione, la conduzione aziendale per la Qualità.