Il modello assistenziale per intensita’ di cure

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Atti del Convegno IL MODELLO ASSISTENZIALE PER INTENSITA’ DI CURE NEL NUOVO OSPEDALE: ASPETTI TEORICI E APPLICATIVI Bergamo, Accademia della Guardia di Finanza 4 Febbraio 2010

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Il modello assistenziale per intensita’ di cure

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Atti del Convegno

IL MODELLO ASSISTENZIALE PER INTENSITA’ DI CURE NEL NUOVO OSPEDALE:

ASPETTI TEORICI E APPLICATIVI

Bergamo, Accademia della Guardia di Finanza4 Febbraio 2010

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Il modello assistenziale per intensità di cure

nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi

La presente iniziativa è stata promossa dallaAzienda Ospedaliera Ospedali Riuniti di Bergamo

Direttore Generale Dott. Carlo BonomettiDirettore Sanitario Dott. Claudio Sileo

Direttore Amministrativo Dott. Giampietro Benigni

Responsabile ScientificoDott.ssa Simonetta Cesa Dirigente Direzione delle Professioni SanitarieSegreteria ScientificaDott.ssa Simonetta Cesa Dirigente Direzione delle Professioni SanitarieDott.ssa Monica Casati Responsabile Ricerca, Formazione e Sviluppo,Direzione delle Professioni SanitarieTel. 035 269719; 348 1397016; e-mail: [email protected]

Segreteria OrganizzativaUfficio Formazione PermanenteTel. 035 269297; fax 035 266689; e-mail: [email protected] Rota, Direzione delle Professioni Sanitarie

Atti del convegno a cura di:Dott.ssa Simonetta Cesa Dirigente Direzione delle Professioni SanitarieDott.ssa Monica Casati Responsabile Ricerca, Formazione e Sviluppo, Direzione delleProfessioni SanitarieIn collaborazione con:Giancarlo Galbiati Infermiere presso Ricerca, Formazione e Sviluppo, Direzione delleProfessioni Sanitarie

Indicazioni relative all’utilizzo della pubblicazioneLa Direzione dell’Azienda Ospedaliera comunica che il contenuto della presentepubblicazione, in formato elettronico pdf, può essere scaricato e utilizzato in versioneelettronica e cartacea, fatte salve tre condizioni:- la finalità di natura culturale;- l’assenza di scopo di lucro;- la citazione degli autori e della relazione a cui si fa riferimento, nonché della fonte

così come di seguito indicato:Atti del Convegno Il modello assistenziale per intensità di cure nelNuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi, a cura di S. Cesa e M.Casati, Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti di Bergamo, 4 febbraio2010 [www.ospedaliriuniti.bergamo.it, area Nuovo Ospedale].

Sullo stesso sito Web sono disponibili le videoriprese e le slides del convegno.

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Programma definitivo

Sessione del mattino

Introduzione ai lavori

Dott. Carlo Bonometti Direttore Generale, A.O. Ospedali Riuniti di Bergamo

p. 7

Saluti delle autorità

Dott. Franco Tentorio Sindaco di Bergamo p. 10

Dott. Alessandro Cottini Assessore alla Caccia, Pesca e Sport della

Provincia di Bergamo p. 11

ModeratoriDott. Andrea Mentasti Direttore Generale, A.O. Ospedale S. Anna di Como

Dott.ssa Monica Casati Responsabile Ricerca, Formazione e Sviluppo,

Direzione Professioni Sanitarie, A.O. Ospedali Riuniti di Bergamo

Gli elementi culturali a sostegno di una organizzazione clinica ospedaliera

per intensità di cure e di complessità dell’assistenza infermieristica

Prof.ssa Stefania Di Mauro Professore Associato Scienze Infermieristiche,

Università degli Studi di Milano Bicocca p. 15

Intensità di cure versus complessità dell’assistenza?

Prof. Federico Lega Professore Associato di Economia Aziendale,

Università Bocconi di Milano p. 28

Mappatura delle diverse sperimentazioni di definizione dell’intensità di cure

e della complessità assistenziale infermieristica presenti in Italia

Dott.ssa Rita Maricchio Responsabile infermieristico ASS n. 5 Bassa

Friulana p. 40

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Esperienza di riorganizzazione per intensità di cure e complessità

dell’assistenza infermieristica dell’AUSL di Bologna

Dott.ssa Annalisa Silvestro Direttore Servizi Assistenziali USL di Bologna e

Presidente Federazione Nazionale Collegi IPASVI p. 47

Intervento Prof.ssa Marisa Cantarelli

Teorica dell’Assistenza Infermieristica, già Direttrice del corso per Infermieri

Insegnanti Dirigenti, Università degli Studi di Milano p. 54

Dibattito p. 56

Sessione del pomeriggio

ModeratoriDott. Claudio Sileo Direttore Sanitario, A.O. Ospedali Riuniti di Bergamo

Dott. Ettore Ongis Direttore L'Eco di Bergamo

Lo scenario lombardo, Lettura Magistrale

Dott. Giancarlo Fontana Direzione Generale Sanità Regione Lombardia p. 73

Tavola rotonda

Modelli organizzativi per intensità di cure e complessità dell’assistenza

Intervengono le Direzioni Sanitarie e i S.I.T.R.A. (Servizi Infermieristici Tecnico

Riabilitativi Assistenziali) delle Aziende Ospedaliere di Como, Niguarda, Legnano,

Vimercate, Bergamo.

L’intensità di cura e la complessità assistenziale: l’esperienza dell’Azienda

S. Anna di Como per il “Nuovo Ospedale”

Dott.ssa Laura Chiappa/ Dott.ssa Anna Michetti

Direttore Sanitario e Dirigente S.I.T.R.A., A.O. Ospedale S. Anna di Como p. 88

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Modelli organizzativi per intensità di cura e complessità dell’assistenza

Dott.ssa Giovanna Bollini/ Dott. Roberto Cosentina

Direttore D.I.T.R.A. e Direttore Medico di Presidio, A.O. Ospedale Niguarda

Cà Granda p. 107

Video intervista a Dott. Angelo Cordone / Dott. Marino Dell’Acqua

Direttore Sanitario e Dirigente S.I.T.R.A., A.O. Ospedale Civile di Legnano

Realizzata dalla Sig.ra Laura Tomasoni, A.O Ospedali Riuniti di Bergamo p. 119

Modelli organizzativi per intensità di cure e complessità di assistenza: il

nuovo presidio di Vimercate.

Dott. Ezio Goggi

Direttore Unità di Progetto Nuovo Ospedale, A.O. Ospedale di Desio e

Vimercate p. 123

Il Nuovo Ospedale di Vimercate

Dott.ssa Maria Adele Fumagalli / Dott.ssa Anna Maria Gorini

Responsabile S.I.T.R.A. Presidio Ospedaliero di Vimercate e Dirigente

S.I.T.R.A., A.O. Ospedali di Desio e Vimercate p. 129

Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti

teorici e applicativi

Dott.ssa Simonetta Cesa

Dirigente Direzione delle Professioni Sanitarie, A.O. Ospedali Riuniti

Bergamo p. 134

Dibattito p. 145

Chiusura dei lavori

Dott. Carlo Bonometti Direttore Generale, A.O. Ospedali Riuniti di Bergamo p. 158

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Apertura del convegno

Dott. Carlo Bonometti Direttore Generale, Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti diBergamo.

Siamo qui oggi per approfondire il significato di un ospedale

che è organizzato per aree a distinta intensità di cura e

diversa complessità nell’assistenza.

E’ una sfida che riguarda tutti noi professionisti della salute

ma che toccherà tutti i cittadini.

Sono particolarmente lieto per la presenza del Signor Sindaco Dott. Tentorio e

dell’Assessore della Provincia Dott. Cottini; soprattutto devo ringraziare anche per

l’accoglienza e l’ospitalità il Generale Michele Calandro, Comandante dell’Accademia

della Guardia di Finanza, che ci ha messo a disposizione questa sala per fare questo

incontro.

Dicevo quindi che vogliamo approfondire, da un punto di vista operativo, la possibilità di

definire una diversa organizzazione dell’ospedale sotto la spinta di una nuova struttura

che prevede aree distinte secondo l’intensità delle cure necessarie al paziente.

Dovremo stabilire come cambia, se cambia, l’approccio che deve essere riservato al

paziente secondo percorsi predefiniti e in qualche modo favoriti dalla nuova struttura, per

giungere alla soluzione dei suoi problemi clinici.

Nel 2010 verranno inaugurati cinque nuovi ospedali in Lombardia e abbiamo ritenuto

opportuno un confronto per testimoniare come ognuno di noi sta affrontando questo

problema. Noi, sia ben chiaro, non abbiamo soluzioni predefinite, abbiamo solamente delle

domande e qualche idea.

Infatti ci siamo chiesti se l’attuale definizione dei processi curativi subisce o subirà delle

modificazioni per effetto della localizzazione nella nuova struttura? Se riteniamo che ciò

sia un passaggio necessario, forse obbligato, che ampiezza deve avere questo

cambiamento? Possiamo cogliere questa occasione per riallineare il sistema organizzativo

ospedaliero in modo tale che lo stesso possa praticare concretamente la centralità della

persona e non viceversa? Se si come? E’ possibile definire, per le diverse aree, percorsi

clinici integrati secondo il diverso bisogno clinico assistenziale del paziente, che sappiamo

essere diverso da persona a persona, considerato anche che le risposte alle cure del

soggetto e le differenze tra malato e malato sono influenzate da molti fattori, per esempio

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dall’età, dalle patologie compresenti, dalle patologie pregresse da esigenze e aspettative

di vita diverse da persona a persona? Quali sono percorsi che facilitano tali soluzioni?

Quali sono le leve del cambiamento da attivare?

Come vedete veniamo qui con molte domande, poche certezze e con molti dubbi. La

giornata di oggi grazie alle relazioni del mattino e i contributi delle varie Aziende

Ospedaliere nel pomeriggio, vuole fornire ulteriori elementi di conoscenza per fare scelte

sempre più consapevoli rispetto al tema proposto, tema oggi considerato quasi una

questione di frontiera.

Molte sono infatti le sedi e le pubblicazioni che parlano dell’argomento, ma poca chiarezza

esiste sugli aspetti dell’organizzazione, sugli aspetti operativi e logistici e sulla gestione

che tale tipo di approccio comporta. Siamo ben consapevoli che oggi non ci sia un modello

predefinito che sia in assoluto il migliore e che forse non sia neanche il caso di cercarlo a

tutti i costi.

La correttezza di ciascun modello infatti deve essere in primo luogo il frutto della coerenza

con la cultura dell’organizzazione e dei professionisti che vi sono coinvolti. Stamane grazie

al contributo dei relatori esploreremo la questione da un punto di vista teorico, concettuale,

culturale attraverso contributi accademici ma anche approfondendo i modelli in uso nelle

singole regioni e a livello nazionale, in particolare guardando alle sperimentazioni in atto in

Emilia Romagna.

E’ di particolare rilievo che ci sia una rappresentanza congiunta fra direzioni sanitarie e

direzione dei servizi assistenziali, aprendo un’impostazione metodologica che verrà

rispettata anche per l’esperienza lombarda che sarà protagonista della seduta

pomeridiana. Infine sarà duplice la valenza dell’intervento della Dott.ssa Silvestro che oltre

a essere la Dirigente dei Servizi Assistenziali dell’AUSL di Bologna è anche Presidente

della Federazione dei Collegi infermieri che conta 360.000 iscritti nel nostro paese. Penso

che il suo contributo introdurrà quindi con grande autorevolezza i temi legati sia al

problema degli ordini ma anche alle esperienze di vite vissute che ha una valore più

ampio.

Mentre nella tavola rotonda del pomeriggio si confronteranno le cinque Aziende

Ospedaliere della Regione Lombardia che si trovano a vivere il passaggio in una nuova

struttura ospedaliera nel corso di quest’anno, struttura che già nell’architettura prefigura un

forte orientamento all’intensità di cura e alla complessità dell’assistenza. Il senso di

introdurre nuovi percorsi va certo in primis rispetto ai benefici che il paziente e i suoi

familiari trarranno dal nuovo impianto in termini di appropriatezza delle prestazioni di

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sicurezza della presa in carico, di vissuto della malattia ricomponendo attorno ai bisogni

dell’individuo assistito le varie parti del sistema.

Sullo sfondo del dibattito, non dobbiamo dimenticare che si delineano elementi strutturali al

sistema sanitario nazionale e regionale a loro volta declinati nelle singole organizzazioni

delle aziende. Ci riferiamo alla sostenibilità di tali modelli alla loro coerenza, ai sistemi di

rendicontazione con il sistema gestionale e con i sistemi di qualità. Non solo, dobbiamo

chiederci se questi modelli siano coerenti con le dimensioni sociologiche e culturali dei

professionisti dell’organizzazione e del contesto sociosanitario. Dobbiamo essere pronti a

gestire questo nuovo modello quindi dobbiamo poter disporre di un sistema informativo e

di tecnologie giuste e adeguate, di spazi e di risorse per poter nel tempo accogliere

innovazioni ed essere flessibili nei confronti dei bisogni sanitari che cambiano

continuamente a causa dell’invecchiamento della popolazione, che si traduce in un

aumento delle patologie croniche, della comorbilità e della richiesta di continuità

assistenziale. Infine dobbiamo essere in grado di valorizzare le competenze professionali,

consapevoli che in organizzazioni come le nostre sono le persone a fare la differenza e a

consentire di accogliere e sfruttare al meglio le innovazioni professionali strumentali e

tecnologiche e di politica sanitaria che il futuro ci riserverà. L’alta attenzione e la sensibilità

per l’argomento, dimostrata dall’adesione dei partecipanti interni ed esterni all’Azienda,

confermano l’importanza di affrontare collegialmente, ma con diversi punti di vista, la

questione intensità di cura e complessità dell’assistenza.

Con il giusto linguaggio per la specifica valenza di ciascun termine e la reciproca

interdipendenza degli stessi, il confronto e la conoscenza delle sperimentazioni in atto

costituiscono già di per se una risorsa soprattutto se continuativi nelle diverse fasi di

sviluppo e di consolidamento delle nostre azioni. Questo ci auguriamo sia l’esito di questa

giornata; molto lavoro, molta volontà e molto impegno sono riscontrabili in azienda

sull’argomento e queste sono le nostre forze unite alla elevata professionalità degli

operatori che vi operano. Come Direzione Generale ho accolto la proposta della Direzione

delle Professioni Sanitarie di fare questo convegno e abbiamo fortemente sostenuto

questa iniziativa che auspico possa essere veramente proficua per tutti noi.

Grazie e buon lavoro.

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Saluti delle autorità

Dott. Franco Tentorio Sindaco di Bergamo.

Buona giornata a tutti.

È per me un vero piacere portarVi i saluti dell’amministrazione

comunale, che vuol dire i saluti della città di Bergamo, augurarVi

che questa sia una giornata produttiva per il futuro Vostro e quindi il

futuro della città di Bergamo e sottolineare il fatto che

l’amministrazione comunale e quindi la città desiderano essere

vicini agli Ospedali Riuniti, partecipare ai vari momenti della loro

vita e della loro crescita.

Ospedale Riuniti e città sono due pezzi di un impero.

Tutto ciò che sarà possibile da parte dell’amministrazione comunale per favorire momenti

di crescita, di sviluppo, di consolidamento sarà da parte nostra un dovere e un piacere e

una parte del nostro compito.

Gli Ospedali Riuniti rappresentano una presenza di grandissimo rilievo sul territorio con

delle punte di eccellenza che gratificano l’intera comunità bergamasca.

Come è stato confermato nell’introduzione è la vigilia di un momento di grande importanza

perché nel 2010, è stato appena confermato, ci sarà il trasloco verso il Nuovo Ospedale

che rappresenta la più grande opera pubblica che mai sia stata realizzata dal dopoguerra

nella bergamasca.

E la cosa estremamente positiva da sottolineare è che i tempi vengano sostanzialmente

rispettati, i progetti vengano realizzati così come erano stati previsti e quindi questa grande

realizzazione viene conseguita nel pieno rispetto delle attese della comunità.

Prima opera pubblica per quanto riguarda l’onere generale dell’intervento e quindi un

grazie fortissimo a tutti gli enti pubblici e privati che hanno collaborato e che sono stati

essenziali dallo stato, alla regione, alla provincia, al comune; ciascuno con le sue capacità,

con i suoi compiti.

Poi si tratterà, e questo sarà ancora più impegnativo, di far sì che il nuovo ospedale

funzioni al meglio.

E’ un’attesa importante della comunità bergamasca di cui io mi faccio portavoce e l’augurio

è che davvero tutto prosegua nel migliore dei modi così come è stato nella non facile fase

di costruzione.

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La città, l’amministrazione comunale sarà al fianco dell’ospedale, dei Suoi dirigenti in tutti i

momenti in cui ciò sarà richiesto e potrà essere utile.

Lo sentiamo come un dovere, lo sentiamo come una collaborazione di un grande obiettivo

valido per tutta la nostra gente.

Quindi rinnovo gli auguri di buon lavoro per la giornata di oggi, gli auguri più belli perché

tutto prosegua al meglio, in vista della nascita e dell’operatività del nuovo ospedale e

riconfermo l’impegno doveroso, fatto con la mente e col cuore, dell’amministrazione

comunale per fare tutto quanto rientra nelle sue possibilità per essere vicini all’ospedale.

Essere vicini all’ospedale vuol dire esser vicini alla nostra comunità e quindi svolgere al

meglio il nostro dovere. Buon lavoro di cuore.

Dott. Cottini Alessandro Assessorato Caccia Pesca Sport, Provincia di Bergamo.

Un saluto agli ospiti, ai relatori, al Direttore Generale ed è un piacere per me oltre che un

onore rappresentare il Presidente della Provincia che oggi è impegnato a Roma, ma che ci

teneva a che fosse rappresentata la Provincia di Bergamo.

Ringrazio il sindaco per ciò che ha detto; ha già detto molte parole che anch’io volevo dire,

ma volevo porre un accento importante su una frase che è stata riportata sul manifesto.

Non solo un nuovo ospedale ma un ospedale nuovo.

Questo credo che sia un impegno morale di grande responsabilità e non so se chi ha

scritto quella frase si sia reso conto di ciò che ha scritto.

Un ospedale nuovo significa una radicale trasformazione del modo di fare sanitario anche

dal punto di vista personale interiore.

Un ospedale nuovo significa anche essere un punto di riferimento importante per una

società nuova.

E quindi io di fronte ad un impegno così, mi tolgo il cappello, perché tutti dovremmo

prendere esempio da un impegno di questo genere.

Allora Vi ringrazio veramente di cuore per questo impegno che Voi vi assumente di fronte

non alla cittadinanza, alla provincia di Bergamo ma alla nazione intera perché il nostro

Nuovo Ospedale è un punto di riferimento a livello nazionale grazie alle eccellenze che ci

lavorano, dal Direttore Generale sino al Tecnico della manutenzione.

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Grazie ancora per questa giornata, per ciò che ci lascerete, perché ogni giornata è unica e

irripetibile per le idee, i suggerimenti, i consigli che Voi darete alla città di Bergamo, alla

sua provincia e ai suoi cittadini.

Un augurio di cuore, perché questo impegno insieme a tutti i cittadini possa essere onorato

per il bene della comunità e la società che Voi e tutti noi insieme rappresentiamo.

Un grande in bocca al lupo a tutti Voi per il Nuovo Ospedale di Bergamo.

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Sessionedel

Mattino

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ModeratoriDott. Andrea Mentasti Direttore Generale OspedaleS. Anna di ComoDott.ssa Monica Casati Responsabile Ricerca,Formazione e Sviluppo Direzione ProfessioniSanitarie Ospedali Riuniti di Bergamo

Gli elementi culturali a sostegno di una organizzazione clinica ospedaliera per

intensità di cure e di complessità dell’assistenza infermieristica

Prof.ssa Stefania Di MauroProfessore Associato Scienze Infermieristiche - Università degli Studi di MilanoBicocca.

L’argomento affidatomi, all’interno di questo convegno, apre i lavori

della giornata e vuole evidenziare gli elementi culturali a sostegno di

un’organizzazione clinica ospedaliera per intensità di cure e per

complessità dell’assistenza infermieristica.

Delineo sinteticamente i punti principali che saranno proposti

nell’individuazione di tali elementi (slide 2).

Verrà proposta una breve digressione sul contesto sanitario per

leggere successivamente il tema attraverso quelle che possono

essere individuate come le aspettative dei tre soggetti che si

muovono all’interno del mondo sanitario.

Saranno presentati successivamente alcuni cenni di normativa per entrare poi nella

definizione del termine “intensità di cura”, oggi molto dibattuto; seguirà una chiarificazione

su intensità di cura e complessità assistenziale, binomio che deve essere considerato

insieme ma i cui termini non hanno il medesimo significato. Da ultimo verranno illustrati

alcuni dati derivanti da una ricerca multicentrica sulla complessità assistenziale (Moiset e

Vanzetta, 2009) proponendo alcune conclusioni che possono contribuire a rispondere ai

numerosi interrogativi su questo tema.

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Parlando di intensità di cura e di complessità assistenziale ci poniamo all’interno del

contesto della Clinical Governance (slide 3).

La Clinical Governance è una struttura ideale che nasce all’interno del National Health

Service in Gran Bretagna e si diffonde velocemente nel contesto europeo. Vuole porre

l’attenzione su obiettivi di qualità dei servizi e su standard assistenziali elevati nella

risposta alla domanda sanitaria delle persone. All’interno di questo contesto, l’eccellenza

clinica è vista non come un fattore marginale, ma il cuore della struttura e delle attività

delle prestazioni sanitarie.

L’eccellenza clinica è evidentemente sinonimo di eccellenza professionale dato che diversi

sono i professionisti che agiscono all’interno dell’organizzazione sanitaria concorrendo a

raggiungere i risultati che essa si prefigge.

Ma quali sono le istanze che i tre principali soggetti dell’assistenza sanitaria – pazienti,

professionisti e l’organizzazione stessa - portano all’interno del contesto sanitario e che il

sistema della Clinical Governance, con le sue caratteristiche, si trova a fronteggiare? (slide

4)

I pazienti, ovvero le persone che si presentano alla nostra attenzione con una domanda di

cura e di assistenza, quali caratteristiche e istanze portano?

E’ una popolazione caratterizzata da un progressivo invecchiamento e da un innalzamento

delle malattie cronico-degenerative che porta con sé un aumento della domanda di servizi

per il loro trattamento; una popolazione sempre più partecipe alla definizione del percorso

di cura e consapevole dei diritti di cui è portatrice.

All’interno di questo quadro si delinea l’esigenza di un percorso unitario in cui ricevere una

risposta sanitaria appropriata e meno frammentata di quello che in numerose situazioni

può avvenire (slide 5).

L’istanza che i professionisti portano con sé è di un’integrazione fra ricerca dell’efficacia

che è tipicamente il punto di vista del professionista e la ricerca dell’efficienza, il punto di

vista del manager (slide 6).

Esse sono entrambe essenziali, ma sappiamo che questi due poli vivono nello stesso

tempo, una dialettica continua che tutti noi possiamo osservare quotidianamente.

Oggi il professionista esprime sempre più la necessità di sentirsi rappresentato e partecipe

delle scelte e delle decisioni aziendali.

L’organizzazione sanitaria è una realtà caratterizzata dai fattori prima citati e che tende

alla qualità dei servizi e alla salvaguardia di standard assistenziali, all’interno degli

elementi che abbiamo definito come caratterizzanti la Clinical Governance (slide 7).

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All’interno di questa cornice, essa vive un’evoluzione scientifica e tecnologica rapidissima

che permette di sviluppare procedure di tipo diagnostico e terapeutico efficaci, sofisticate e

gestibili in diversi casi anche in ambito non ospedaliero (slide 8). L’ospedale non è più

dunque l’unico erogatore di prestazioni sanitarie e il tema dell’intensità di cura pone

l’attenzione sull’offerta di servizi di una rete territoriale di tipo socio-sanitario che in diverse

situazioni necessita ancora di consolidarsi.

A fronte di questa situazione complessa e diversificata, in ambito ospedaliero si osserva

una prevalente organizzazione per unità operative, dove la classificazione è

esclusivamente costruita per discipline mediche, con costi di integrazione spesso

significativi (slide 9).

Tali costi, non esclusivamente di tipo monetario, nascono da diverse criticità di tipo

gestionale come si è potuto osservare in alcuni casi nella sperimentazione

dell’organizzazione dipartimentale. All’interno dell’organizzazione, la comunicazione tra

unità e servizi emerge come difficoltà in cui a fronte di una richiesta appropriata e unitaria

del paziente, si determina una risposta sanitaria facilmente frammentata.

In questo quadro il forte richiamo alla scarsità o alla finitezza delle risorse focalizza anche

da un altro punto di vista la necessità di perseguire il raggiungimento e il mantenimento di

standard assistenziali di qualità elevata (slide 10).

Come le istituzioni attraverso la produzione normativa hanno recepito e interpretato tali

istanze?

Il Piano Sanitario Nazionale 2006/2008 in alcuni passaggi tratta di un innovativo sistema

sanitario dove non esiste più un solo attore istituzionale, bensì numerosi attori (slide 11).

La loro coesistenza secondo precise relazioni orizzontali e verticali, pone a tema un nuovo

modo di fare assistenza fondato sull’integrazione e sull’intersecarsi di diversi livelli

gestionali.

Il Piano Sanitario Nazionale vede un Servizio Sanitario Nazionale caratterizzato da

“percorsi assistenziali complessi a diverso grado di protezione e intensità di cura partendo

da una valutazione multiprofessionale e multidisciplinare del bisogno”, introducendo il tema

della necessaria collaborazione tra i professionisti (slide 12).

La Regione Toscana nel 2005 emana la Legge Regionale n.40 “Disciplina del Servizio

Sanitario Regionale” considerata uno dei riferimenti principali sul tema dell’intensità di cura

(slide 13). Essa disciplina il Servizio Sanitario Regionale strutturando le attività ospedaliere

secondo modalità assistenziali graduate per intensità di cure, indicando alcuni primi

elementi di definizione del termine come la durata della degenza e il regime di ricovero,

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nell’intento di superare gradualmente l’articolazione per reparti differenziati secondo la

disciplina specialistica.

Il Piano Socio-Sanitario della Regione Lombardia 2007/2009, pone l’attenzione

sull’appropriatezza dei ricoveri e delle attività. Il termine intensità di cura si ritrova riferito

esplicitamente all’assistenza infermieristica (slide 14), dove afferma che “l’assistenza

infermieristica garantita dev’essere rapportata all’intensità delle cure e l’unità di misura di

questa assistenza è il minuto paziente al giorno”.

E’ importante notare tuttavia che la misurazione della complessità assistenziale

infermieristica viene ancora ricondotta a un concetto di diversificazione che si riferisce alle

diverse specialità mediche.

Per quanto riguarda il concetto di intensità di cura, Alesani (2006) indica tre elementi per la

sua misurazione, in base ai quali sarà possibile classificare e destinare i pazienti nelle

diverse aree a bassa, media ed alta intensità di cura (slide 15).

L’autore delinea tale concetto a partire dalla tipologia di ricovero, (chirurgico, medico,

pediatrico); dalla durata della degenza (breve, diurno, one day surgery, week surgery,

altre); dalla gradazione della complessità del caso.Quest’ultima potrebbe così delinearsi:

• ricovero sociale in una situazione di bassa intensità di cura quando una degenza si

protrae non solo per motivazioni di tipo prettamente clinico, ma per necessità di tipo

sociale;

• ricovero ordinario breve o lungo corrispondente ad una media intensità di cura;

• ricovero high care in una situazione di alta intensità di cura.

Nella bibliografia è possibile recuperare ed approfondire tale classificazione.

Nel 2007 Briani e Cortesi parlano di intensità di cura in termini di assegnazione al paziente

del posto letto collocato nel settore più appropriato rispetto ai suoi bisogni assistenziali,

non solo legati alla tipologia del ricovero, ma anche alla condizione clinica e di dipendenza

(slide 16). E’ interessante all’interno di tale definizione, notare il termine dipendenza, tipico

concetto appartenente alle conoscenze infermieristiche e molto utilizzato nella

classificazione dei pazienti sia in Italia che all’estero.

Si può definire la complessità dell’assistenza infermieristica come “un insieme di

prestazioni infermieristiche che si riferiscono alle diverse dimensioni dell’assistenza,

espresse in termini di intensità di impegno e di quantità di lavoro dell’infermiere (Moiset e

Vanzetta, 2003) (slide 17).

Page 21: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.19/161

Tale definizione permette di focalizzare due dimensioni fondamentali, la prima è l’intensità

di impegno, cioè l’intensità che la condizione clinico-assistenziale del paziente richiede

nell’identificazione dei suoi bisogni e quindi nell’espressione delle azioni di assistenza

infermieristica; l’altra dimensione suggerisce la quantità di attività necessaria per la

risposta a tali bisogni.

La DGR Lombardia VI/38133/1998 “Definizione dei requisiti e indicatori per

l’accreditamento delle strutture sanitarie” (slide 14) affermando che “l’assistenza

infermieristica deve essere rapportata all’intensità delle cure” pone il problema di come

misurare tale intensità o più correttamente tale complessità.

La complessità assistenziale è stata studiata negli ultimi anni attraverso alcuni metodi

verificati in progetti di ricerca reperibili nella bibliografia della relazione. Uno dei quesiti

fondamentali all’interno di questi studi riguarda l’effettiva rappresentatività della diagnosi

medica, che ha portato finora a raggruppare i pazienti per specialità, quale indicatore

efficace della complessità dell’assistenza infermieristica.

Vengono presentati di seguito i risultati di una ricerca multicentrica sviluppata nel 2008

utilizzando il Sistema Informativo della Perfomance Infermieristica (SIPI) (Moiset e

Vanzetta, 2009) (slide 18).

La ricerca multicentrica è stata condotta dal D.I.T.R.A. dell’Azienda Ospedaliera S.

Gerardo di Monza in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano Bicocca, Corso di

Laurea in Infermieristica e Corso di Laurea Specialistica in Scienze Infermieristiche e

Ostetriche e Istituto di Biostatistica (slide 19).

L’obiettivo era quello di analizzare la complessità assistenziale nelle aree medico

chirurgiche di un ampio campioni di ospedali, con il coinvolgimento di 25 aziende

ospedaliere del nord Italia.

Le aree medico-chirurgiche sono state individuate in quanto appartenenti alla

classificazione proposta dalla DGR VI/38133/1998 in cui i minuti di assistenza

infermieristica/paziente sono distinti per: a) specialità di base, b) specialità a media

assistenza, c) specialità ad elevata assistenza (slide 20).

Secondo la DGR i minuti/paziente/die sono così assegnati:

specialità di base, 120 minuti di assistenza infermieristica

specialità di media assistenza, 180 minuti di assistenza infermieristica

specialità ad elevata assistenza, 240 minuti di assistenza infermieristica.

Occorre ripetere, ed è anche l’aspetto critico del sistema che in questo documento la

necessità di assistenza infermieristica viene letta secondo la classificazione per specialità

Page 22: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.20/161

mediche. La validità di tale classificazione deve essere necessariamente sottoposta a

verifica.

Nelle 25 Aziende Ospedaliere sono state effettuate 18.000 rilevazioni corrispondenti a un

campione discretamente consistente.

E’ possibile osservare la ripartizione del campione per aree di base, media ed elevata

assistenza.

La maggioranza dei dati sono stati raccolti in aree classificate a bassa intensità di cura

(63%), dove si ha la minor assegnazione di minuti assistenza infermieristica/paziente/die,

le aree a media intensità di cura sono rappresentate per il 21%, le aree ad alta intensità di

cura sono il 16% del campione (slide 21).

Nella slide 22 sono riportati i risultati dell’elaborazione statistica che definisce il cut off

come limite che separa la bassa complessità assistenziale dall’alta complessità

assistenziale con la definizione dei valori di specificità, sensibilità, valore predittivo positivo

e negativo. Nell’area a sinistra del valore di 49,2 (cut off) troviamo le schede classificate a

bassa complessità assistenziale, nell’area a destra dello stesso valore, troviamo le schede

classificate ad alta complessità assistenziale.

Per quanto riguarda i risultati, nella slide 23 è rappresentata la distribuzione della

complessità dell’assistenza infermieristica. Le colonne blu rappresentano le schede

classificate a bassa complessità assistenziale, le colonne rosa rappresentano le schede

classificate ad alta complessità assistenziale

E’ possibile notare che la complessità assistenziale non si muove parallelamente

all’intensità di cura. Ad esempio, nell’area classificata come specialità di base troviamo il

49% delle schede a bassa complessità assistenziale e il 51% delle stesse ad alta

complessità assistenziale, ma è possibile notare che all’estremo opposto la situazione, per

quanto riguarda la complessità dell’assistenza infermieristica è molto simile. Nell’area

classificata ad elevata assistenza dalla DGR VI/38133/1998 si osserva una percentuale

del 52% - lievemente maggiore rispetto all’area delle specialità di base - di schede

classificate a bassa complessità assistenziale.

La distribuzione della complessità assistenziale distinta fra aree mediche e chirurgiche è

visibile nella slide 24. Nelle aree che la DGR classifica come media ed elevata assistenza

si rileva una percentuale superiore di schede classificate a bassa complessità di

assistenza infermieristica.

Alla luce di questi dati, è possibile individuare dei criteri utili per un’organizzazione di

queste aree che tenga conto della complessità dell’assistenza infermieristica?

Page 23: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.21/161

Di seguito le principali conclusioni.

E’ possibile affermare che a medesime specialità cliniche corrispondono differentiprofili di complessità infermieristica (slide 25).

Non esiste quindi una relazione diretta tra la specialità medico - chirurgica e il profilodi complessità dell’assistenza infermieristica.

La distribuzione dei profili di complessità è equamente distribuita nelle tre aree ed

esiste un andamento autonomo di quella che è l’espressione dei bisogni di assistenzainfermieristica e della sua complessità rispetto all’intensità clinica nelle tre aree.

I dati emersi da questo lavoro sostanziano ed indicano la direzione da seguire, affiancando

i due criteri di intensità di cura e di complessità dell’assistenza infermieristica come i due

elementi principali nella progettazione e organizzazione di percorsi clinico-assistenziali in

risposta alla domanda di salute della popolazione, evidenziando anche la necessità di

ridiscutere l’assegnazione di personale basata sull’unità di misura minuti/paziente/die sulla

base di una sostanziale equivalenza della complessità dell’assistenza infermieristica con

l’intensità data dalla patologia e dalla specialità clinica.

E’ necessaria dunque una struttura organizzativa basata sull’intensità di cura e sullacomplessità clinico-assistenziale (slide 26) per dirigersi verso l’appropriatezza e

congruità di prestazioni che abbiamo visto essere l’obiettivo principale del sistema.

I tre protagonisti principali dell’organizzazione sanitaria, pazienti, professionisti e

l’organizzazione stessa, da queste caratteristiche potrebbero trovare elementi validi per

una risposta alle loro istanze. (slide 27).

Bibliografia

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assistenziale infermieristica: calcolo dell’indice di complessità assistenziale. Management

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Page 24: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.22/161

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Page 25: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.23/161

(Slide 1) (Slide 2)

(slide 3) (slide 4)

(slide 5) (slide 6)

CONVEGNO“IL MODELLO ASSISTENZIALE per INTENSITA’ di CURA nel

NUOVO OSPEDALE: ASPETTI TEORICI e APPLICATIVI”

B E R G A MO , 4 F ebbraio 201 0B E R G A MO , 4 F ebbraio 201 0

Gli elementi culturali a sostegno di una organizzazione clinicaGli elementi culturali a sostegno di una organizzazione clinicaospedaliera per intensitospedaliera per intensitàà di cure e di complessit di cure e di complessitàà dell dell’’assistenzaassistenza

infermieristicainfermieristica

S tefania Di MauroS tefania Di Mauro

Page 26: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.24/161

(slide 7) (slide 8)

(slide 9) (slide 10)

(slide 11) (slide 12)

Attenzione alla scars ità efinitezza delle risorse conaccento su efficienza edefficacia

Page 27: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.25/161

(slide 13) (slide 14)

(slide 15) (slide 16)

(slide 17) (Slide 18)

‐ P atologia/tipologia di ricovero‐ P atologia/tipologia di ricovero‐ G radazione della compless it‐ G radazione della compless itàà del caso: del caso:

bassa (ricovero sociale)bassa (ricovero sociale)media (ricovero breve e lungo ordinario)media (ricovero breve e lungo ordinario)alta (high care)alta (high care)

‐‐ Durata della degenzaDurata della degenzaAlesani et al., 2 006Alesani et al., 2 006

““LL ’’a s s e gna re a l ma la to il pos to le tto colloca to ne la s s e gna re a l ma la to il pos to le tto c olloca to ne ls e ttore pis e ttore piùù a ppropria to ris pe tto a i s uoi bis ogni a ppropria to ris pe tto a i s uoi bis ognia s s is te nz ia li, le ga ti non s olo a lla tipologia dia s s is te nz ia li, le ga ti non s olo a lla tipologia diric ove ro, ma a nc he a lla s ua c ondiz ione c linica eric ove ro, ma a nc he a lla s ua c ondiz ione c linica edi dipe nde nz adi dipe nde nz a ””

B riani e C ortes i, 2 007B riani e C ortes i, 2 007

LL ’’as s egnare al malato ilas s egnare al malato ilpos to letto collocato nelpos to letto collocato nels ettore pis ettore piùù appropriato appropriatoris petto a i s uoi bis ogniris petto a i s uoi bis ognias s is tenziali, legati nonass istenzia li, legati nons olo alla tipologia dis olo a lla tipologia diricovero, ma anche allaricovero, ma anche allas ua condizione clinica es ua condizione clinica edi dipendenzadi dipendenza

UnUn’’ins ieme di pres tazioniins ieme di pres tazioniinfermieris tiche che s iinfermieris tiche che s iriferis cono alle divers eriferis cono a lle divers edimens ionidimens ionidelldell’’as s is tenzaass istenzainfermieristica es presseinfermieris tica es pres s ein termini di intens itin termini di intens itààdd’’impegno e quantitimpegno e quantitààlavoro delllavoro dell’’infermiereinfermiere

Page 28: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.26/161

(slide 19) (slide 20)

(slide 21) (slide 22)

(slide 23) (slide 24)

O B IE T T IV O . Analizzare la compless itO B IE T T IV O . Analizzare la compless itàà ass is tenzia le ass istenzia le nelle aree medico‐chirurgiche di un ampio campione nelle aree medico‐chirurgiche di un ampio campione di ospedali (2 5 Aziende O s pedaliere )di ospedali (2 5 Aziende O spedaliere )‐ C entro ‐ C entro coordinatore (D IT R A coordinatore (D IT R A AO S . G erardo Monza)AO S . G erardo Monza)‐ Analis i ‐ Analis i dei dati dei dati in collaborazione con il C entro in collaborazione con il C entro di S tudidi S tudie e di di R icerca in B ios tatistica R icerca in B iostatis tica per lper l’’E pidemiologia E pidemiologia C linicaC linica Univers it Univers itàà degli S tudi di Milano B icocca degli S tudi di Milano B icocca

Ricerca multicentrica Ricerca multicentrica Sistema Informativo Sistema Informativo

Performance Infermieristica SIPIPerformance Infermieristica SIPI20082008

Le S trutture di degenza per la rilevazione Le S trutture di degenza per la rilevazione distinte distinte in:in:

•• S pecia lit S pecia litàà di bas e di base

•• S pecia lit S pecia litàà a media ass istenza a media as s is tenza

•• S pecia lit S pecia litàà ad elevata as s is tenza ad elevata as s is tenza

2 5 Aziende O spedaliere2 5 Aziende O spedaliere

1 8.000 rilevazioni1 8.000 rilevazioni

Ripartizione schede: Aree di intensità di cura

16%

63%21%

Bassa intensità di cura Media intensità di curaAlta intensità di cura

n° 11150n° 3785

n° 2870

49.2

Distribuzione percentuale della complessità assistenziale nelle 3 aree di intensità di cura

49 57 52

51 43 48

0%

50%

100%

Bassa intensità di cura

Media intensità di cura

Alta intensità di cura

% Alta complessità assistenziale

% Bassa complessità assistenziale

n°5492

n°5458

n°1609

n°2176

n°1375

n°1495

D istribuzione comples s itD is tribuzione compless itàà ‐ intens it ‐ intens itàà

45 56 55

64 61 45

55 44 45

36 39 55

0%

50%

100%

MED CH MED CH MED CH

Bassa intensità di cura

Media intensità di cura

Alta intensità di cura

Complessitàassistenziale ALTA

ComplessitàassistenzialeBASSA

D is tribuzione tra aree chirurgica e medicaD istribuzione tra aree chirurgica e medica

Page 29: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.27/161

(slide 25) (slide 26)

(slide 27) (slide 28)

Le Le principali cons iderazioni conclus iveprincipali cons iderazioni conclus ive

O rganizzazione ospedaliera per intens itO rganizzazione ospedaliera per intens itàà di cura di cura

P AZ IE NT I P R O F E S S IO NIS T I

O R G ANIZ Z AZ IO NE

R IS P O S T AS ANIT AR IA

E F F IC AC E E DAP P R O P R IAT A

R IC O NO S C IME NT O D E LLO

S P E C IF IC OAP P O R T O

P R O F E S S IO NALE

S T AND AR DC LINIC O ‐

AS S IS T E NZ IALIdi E LE V AT A

Q UALIT A’

G R A Z IE P E R L ’AT T E N Z IO N E !

Page 30: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.28/161

Intensità di cure versus complessità dell’assistenza?

Prof. Federico LegaProfessore Associato di Economia Aziendale, Università Bocconi di Milano

Il titolo è provocatorio, però cercherò poi di smorzare i toni dato che

in realtà non c’è una vera opposizione tra questi due temi(slide 1).

Il ragionamento che farò si inserisce in un quadro più complessivo,

che nella letteratura internazionale viene associato al cosiddetto

ospedale Care-focused (slide 2).

Quattro sono le grosse linee su cui sostanzialmente si sviluppa il

dibattito attorno all’ospedale Care-focused: si va dai problemi di

integrazione clinica, ai problemi di integrazioni nelle risorse, al tema

della centralità dei pazienti, al tema del coinvolgimento dei clinici.

Quattro assi di intervento su cui tutti gli ospedali in qualsiasi paese moderno sono

coinvolti.

Vediamo nel dettaglio quali sono i temi collegati a ciascun asse di intervento (slide 3).

Al centro ci sono le questioni di come integrare i clinici tra loro e di come mettere

attenzione sui bisogni del paziente.

C’è il problema che evidentemente si sta creando con le specializzazioni delle crescenti

“guerre di territorio” o sovrapposizioni di attività tra l’area diagnostica, la medica, la

diagnostica interventistica, la chirurgia tradizionale.

C’è il tema della dipartimentalizzazione, che in Italia si è cercato di affrontare da lungo

tempo ma che ancora è nell’agenda.

C’è il tema dell’integrazione attorno al bisogno del paziente che richiama invece molto il

problema dell’organizzazione per intensità e per complessità assistenziale.

C’è il richiamo all’importanza del coinvolgimento dei clinici.

Temi che sono nell’agenda in tutti i paesi sviluppati - Francia, Inghilterra, Germania,

Spagna, USA.

In sintesi quello che sta avvenendo è che noi stiamo cercando di superare il modello

dell’ospedale che era progettato ed organizzato attorno al “sapere”, basato sulla crescita

per unità specialistiche, per frammentazione dei saperi. Un ospedale in cui se c’è un

bisogno di presidiare un sapere prendo qualcuno a cui chiedo di costruire questo sapere –

qualcuno a cui dico “prenditi il tuo gruppo di persone e diventa uno specialista in

Page 31: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.29/161

quest’area e poi ti do i tuoi muri, i tuoi posti letto, le tue tecnologie, i tuoi spazi per fare in

modo che questo sapere in qualche maniera venga coltivato e cresca” (slide 4).

Quando la dimensione economica è diventata mordente, ed i problemi di integrazione tra

saperi sempre più evidenti, il bisogno di organizzare l’ospedale attorno al sapere

specialistico perde di centralità – rimane importante ma più predominante - e si è avviata

una transizione verso un ospedale maggiormente organizzato attorno al paziente, anche

in relazione allo sviluppo epidemiologico e demografico della popolazione ospedaliera,

profondamente cambiata negli ultimi 15-20 anni. Le specializzazioni devono appoggiarsi

su un disegno organizzativo diverso che rispecchi i bisogni di funzionamento dell’ospedale

che sono determinati di fatto dalla sua popolazione di pazienti. L’obiettivo è quello di

ripensare in maniera diversa l’organizzazione dei reparti di assistenza in modo tale da

dare delle risposte più efficaci e mirate per tipologia di paziente. Da qui l’ospedale per

intensità di cura.

Per intensità di cura intendiamo instabilità clinica accompagnata da complessità

assistenziale. A qualsiasi livello di intensità di cura ci sono complessità assistenziali

diverse. Sono due elementi distinti che stiamo cercando, con le soluzioni organizzative, di

integrare perché sono sempre co - presenti nel paziente (slide 5).

Il fine è trovare delle soluzioni organizzative capaci di rispondere ad una intensità

diversificata data, da un lato, dal fatto che abbiamo dei pazienti che vista l’anzianità e la

capacità di tenerli in qualche maniera sotto controllo a gradi di instabilità clinica molto

elevati stanno diventando molto più complessi nel profilo clinico, dall’altro lato, dal fatto

che gli stessi pazienti contemporaneamente - vista l’anzianità e nuovamente vista la

tipologia di problematiche - sono anche molto più complessi sotto il profilo assistenziale.

A volte instabilità e complessità assistenziale coincidono perfettamente, in molti casi non

coincidono. Serve quindi una riprogettazione dell’organizzazione ospedaliera, che si deve

appoggiare su dei principi fondanti nuovi. Come il fatto che a muoversi siano medici e

tecnologie piuttosto che i pazienti.

Oppure considerando che a nessuno piace stare in ospedale o almeno si presume che a

nessuno piaccia stare in ospedale, che ogni paziente ha tutto l’interesse ad essere trattato

il più velocemente possibile perché il tempo del paziente non è tempo né libero né gratis.

Quindi cominciamo oggi seriamente a ragionare nel concreto su come si può migliorare

un modello di organizzazione che ha funzionato per decenni – e sottolineo funzionato

perfettamente perché la mia non è una critica all’ospedale degli ultimi 80 anni, ma solo un

Page 32: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.30/161

ragionamento per cui l’ospedale degli ultimi 80 anni ha esaurito dal punto di vista

organizzativo la capacità di rispondere ai bisogni per cui era stato concepito.

Nel farlo possiamo ispirarci ad alcuni ospedali importanti, come il New Karolinska Hospital

di Stoccolma, l’Erasmus Medical Center di Rotterdam, diversi ospedali anglosassoni che

hanno da tempo intrapreso un percorso simile.

Non c’è un modello unificante – non c’è una soluzione unica cui tendere, però c’è un

ragionamento che si sta portando avanti e che alcuni casi italiani hanno cercato di

sperimentare già da tempo (slide 6 – 7 – 8 - 9).

L’ospedale viene visto oggi da due prospettive, quella della gestione della malattia e quello

della gestione dell’asset o delle funzioni della logistica dell’ospedale. Fino ad oggi queste

due gestioni e responsabilità stavano spesso assieme sotto la responsabilità dell’unità

operativa.

Nell’ospedale per intensità ci sono aree logistiche comuni su cui insistono le diverse

componenti cliniche assistenziali. Alcune di queste aree logistiche soprattutto le aree di

degenza sono ripensate in funzione della complessità assistenziale o dell’intensità di cura

intesa come mix di queste due cose o prevalentemente come instabilità clinica.

Come si vede dal lucido che presento, la spinta arriva da molte strade, ma in particolare

dall’evoluzione del paziente e delle tecniche/tecnologie.

L’anzianità si porta dietro un paziente che viene definito oggi fragile, multi cronico,

frequent user. Una tipologia di pazienti con diversi accessi acuti nel corso dell’anno, che

hanno problemi di gestione della medicalizzazione perché hanno contemporaneamente

più cronicità, che è di fatto molto complessa sotto il profilo assistenziale e non

necessariamente instabile dal un punto di vista clinico, ma a volte invece anche molto

instabile dal punto di vista clinico (slide 10).

Pazienti che pongono una serie di problemi soprattutto di integrazione tra ospedale e

territorio, di gestione delle dimissioni.

Pazienti che talvolta occupano inappropriatamente posti di terapia intensiva e che invece

necessitano di essere sorvegliati, monitorati e trattati in un reparto che definiremo di high

care o di high dependency.

Pazienti post chirurgici che hanno bisogno di una sorveglianza prevalentemente tipo

medica – quale il paziente orto geriatrico o peri chirurgico (slide 11).

E quindi quali sono i “contenitori” verso cui si stanno orientando nella maggior parte dei

casi gli ospedali o quelli che sono i mattoncini organizzativi a cui guardiamo con

interesse? (slide 15)

Page 33: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.31/161

Partendo da sinistra - qui niente di nuovo - c’è la piattaforma ambulatoriale. Poi c’è il day

service, che potrebbe essere organizzato attorno alla piattaforma ambulatoriale o

comunque dentro un’area specifica dell’ospedale. Segue la day surgery, il day hospital. E

sin qui niente di nuovo, nel senso che stiamo parlando di progetti già avviati in molti

ospedali italiani, anche se di day service non è che ce ne sono moltissimi organizzati in

Italia.

Le novità cominciano a emergere quando si parla di week hospital e week surgery.

La week surgery è già abbastanza diffusa. Ricovero da uno a cinque giorni che comporta

già delle modifiche organizzative importanti perché devo riallocare le sale operatorie per

prevedere le degenze di due o tre giorni, e quindi fare programmazione in modo tale da

ottimizzare ed evitare poi i trasferimenti nei fine settimana.

Un po’ meno diffusa la week hospital.

Io personalmente conosco il caso reale in Italia di week hospital dell’ospedale di

Pontedera dove si ricoverano pazienti da uno a cinque giorni programmati in area medica

per accertamenti diagnostici di una certa complessità.

Il driver del week hospital è fondamentalmente quello di chiudere una parte dell’ospedale il

sabato e la domenica perché questo, ovviamente, ottimizza l’utilizzo delle risorse, però c’è

l’effetto positivo di costringere in qualche maniera l’ospedale a ripensare il proprio modo di

programmarsi, di lavorare.

Poi c’è il ricovero ordinario - ecco il ricovero ordinario l’ho evidenziato con un nero un

pochino più forte perché è dentro l’area del ricovero ordinario dove dovremmo ragionare

su reparti multi specialistici magari organizzati su base dipartimentale ed è dentro questa

area che soprattutto bisogna ragionare su come eventualmente differenziare aree di

degenza in funzione della complessità assistenziale.

Ad esempio come fecero al Mount Sinai di NY distinguendo i pazienti con grossi problemi

di autosufficienza da quelli con grossi problemi di disordine cognitivo a quelli cosiddetti off

the floor, cioè che avevano bisogno d’entrare ed uscire rapidamente in reparto tutti i giorni

per esami diagnostici. Le équipe assistenziali che gestivano questi tre tipi di pazienti erano

conseguentemente definite in termini di risorse e preparate dal punto di vista professionale

a gestire pazienti con delle problematiche mediamente diverse dagli altri.

Altra novità importante è quella dell’high care – aree multi specialistiche a sorveglianza

infermieristica più forte, con posti letto monitorati dove metto il paziente tendenzialmente

post chirurgico o medico ad alta instabilità, che però non richiede una rianimazione o

terapia intensiva.

Page 34: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.32/161

Pazienti che però richiedono un’attenzione particolare perché sono a rischio di

aggravamento rapido.

Perché creare l’high care? Perché ovviamente risponde ad un bisogno del paziente ma

soprattutto ad un bisogno di organizzare le risorse tra ricovero ordinario ed area high care

dove l’apporto delle risorse da un punto di vista numerico è diverso.

Poi ci sono le terapie sub intensive – intensive.

Infine, negli ospedali stanno emergendo poi due ulteriori aree che sono quella del

cosiddetto “paziente fragile” –un’area medica dedicata ai pazienti che hanno bisogno

soprattutto di una forte integrazione con il territorio in fase di dimissione e magari hanno

problemi di medicine management perché sono multi cronici – e del “post acuzia”, dove

trasferire rapidamente pazienti che hanno esaurito la fase più acuta e che vanno verso

una dimissione non troppo complessa.

Questi sono i mattoncini che più comunemente si osservano oggi nelle esperienze di

riorganizzazione degli ospedali.

E’ chiaro che in tutto questo non spariscono le specialità.

Le specialità continuano ad esserci, operano trasversalmente, ma hanno risorse

specifiche allocate. Alcuni reparti del ricovero ordinario continuano ad essere etichettati

molto spesso per ambito specialistico. Può essere per singole specialità, oppure potrebbe

essere il reparto – ad esempio quello delle neuroscienze - che integra tra loro su base

dipartimentale diverse specialità.

In ogni caso l’assegnazione dei posti letto non viene meno. L’obiettivo non è certo

smontare l’ospedale e dimenticarsi che abbiamo bisogno di reparti dedicati ad aree

specialistiche. L’obiettivo è introdurre della flessibilità con alcune aree di posto letto

cosiddetto “polmone” e con alcuni reparti ripensati in relazione ad instabilità e complessità

assistenziale del paziente.

L’ospedale si da delle regole certe in base alle quali il posto letto è pre-allocato ad una

specialità, ma ci sono anche delle regole e procedure che aiutano a gestire le situazioni

contingenti di carico di lavoro straordinario in alcune aree per questioni di picco di

domanda o per scelta strategica, onde evitare, come avviene ancora adesso, le barelle in

corridoio o le ronde della Direzione Medica di Presidio Ospedaliero che va a requisire posti

letto in reparto o gli appoggi temporanei che, se sono gestiti sulla conoscenza e

sull’amicizia personale funzionano bene, altrimenti non altrettanto bene(slide 16).

Ci sono ovviamente una serie di discontinuità importanti che devono essere affrontate in

questo passaggio verso un ospedale diverso(slide 17).

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.33/161

Vado a concludere (slide 18-19).

Nella logica della “costruzione” del nuovo ospedale dev’essere chiaro che la base della

legittimazione non sarà più la grandezza che uno ha del reparto ma la sua competenza

distintiva e la tecnologia che sa usare.

Chi ha i “numeri”, le tecnologie e le competenze per dimostrare che sa lavorare avrà

sempre le risorse. Quello che chiede l’ospedale sotto questa prospettiva è quel minino di

flessibilità che mi aiuta a gestire le situazioni straordinarie, i picchi durante l’anno, il

cambiamento nella domanda della popolazione, alcune variazioni determinate da scelte

strategiche di rimodulazione delle attività.

Tutti aggiustamenti che non vanno di fatto ad incidere oltre una certa misura sulla normale

attività delle specialità.

Non c’è contrapposizione quindi tra complessità assistenziale e intensità di cura, piuttosto

c’è il bisogno di costruire della aree organizzativamente pensate in funzione dell’intensità

di cura intesa come l’instabilità clinica - e penso all’high care - o prevalentemente pensate

in funzione della complessità assistenziale - e penso per esempio al paziente fragile

piuttosto che ad alcune aree all’interno del ricovero ordinario. Le due dimensioni vanno

insieme e sono entrambi elementi che vanno a fondare l’organizzazione dell’ospedale

(slide 20).

La riflessione dovrebbe centrarsi su come far co-evolvere quindi l’organizzazione

dell’ospedale rispetto ai cambiamenti che abbiamo visto e che tuttora sono in corso nella

epidemiologia/demografia del paziente ospedaliero e nelle tecniche di intervento che mi

permettono oggi di fare ulteriori e diverse scelte dal punto di vista organizzativo.

E siccome l’ospedale è sicuramente il più dei suoi professionisti ma non sarà mai meglio

dei suoi professionisti, il fatto che oggi siamo qua a discutere, come mi è capitato in altri

contesti, è certamente il buon punto di partenza. Il punto giusto di partenza perché

qualsiasi soluzione poi dev’essere in qualche maniera costruita con chi tutti i giorni ha a

che fare effettivamente con i problemi concreti del paziente e quindi sa quali sono i modi e

le procedure, i processi che possono reggere l’urto della realtà rispetto ai principi teorici.

Bibliografia

Sir Ara Darzi, Saws and Scalpels to Lasers and Robots – Report of Department of Health

Advances in Surgery (2007).

Turf wars in radiology: The battle for peripheral vascular interventions. Journal of the

American College of Radiology, Volume 2, Issue 1, Pages 68-71D.

Page 36: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.34/161

Levin, V. Rao, J. Bonn. Turf Battles in Coronary Revascularization, Robert S. Huckman,

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Page 37: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.35/161

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ASSR – Linee guida per la progettazione dei nuovi ospedali

Page 38: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.36/161

(Slide 1) (slide 2)

(slide 3) (slide 4)

(slide 5) (slide 6)

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Intensità di cureversus complessitàdell’assistenza?Bergamo – 4 Febbraio 2010

Federico LegaUniversità Bocconi

[email protected] - www.sdabocconi.itwww.ipas.unibocconi.it - www.unibocconi.it

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L’ospedale Care-focused o Patient-focusedLa convergenza nella letteratura internazionale

Nella letteratura internazionale emerge unaconvergenza diffusa verso il paradigma della ospedalecosidetto care-focused o patient-focused, caratterizzatoda quattro linee di intervento/cambiamentoorganizzativo:

clinical integration (integrazione clinica); resources integration (integrazione nelle risorse); focus on patient (groups) (centralità del paziente); engagement of clinicians (coinvolgimento dei clinici).

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L’ospedale Care-focused o Patient-focusedLa convergenza nella letteratura internazionale

CLINICAL INTEGRATIONUnits grouping (dipartimenti)Multidisciplinary care teams (lavoro per team)

RESOURCE INTEGRATIONResources pooling (condivisione risorse)Redesign of the physical environment (nuovi schemi logistici)

PATIENT FOCUSDesign centred around care needs (logistica con al centro ilpaziente)Patients grouping (raggruppamento di pazienti con bisogniomogenei)

ENGAGEMENT OF PROFESSIONALSRedesign of organizational mechanisms (ridisegno dimeccanismi organizzativi – i.e. liste di attesa, dimissione ecc.)New managerial roles and changes in traditional ones (nuoviruoli) 4 Fe

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L’ospedaledi ieri

Organizzatointorno alsapere

Cercaval’innovazione ele economie diconoscenza

Adottando la strutturaorganizzativa basatasull’unità operativadisciplinare

L’ospedaledel futuro

Organizzatointorno albisogno

Cerca leeconomie discala e discopo

Adottando una strutturaorganizzativa basata sull’incrocio traresponsabili di unità “funzionali”graduate per intensità e per naturaassistenziale e responsabili di areedisciplinari integrate in equipemultidisciplinari e multiprofessionali

- Utilizzo improprio della struttura organizzativa;- Rilevanza della variabile economica;- Progresso della medicina moderna;- Aspettative del paziente

- Differenziazione ed autonomia neipercorsi di carriera dei medici edelle altre professioni

In sintesi…

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“A nessuno piace stare in ospedale” “A nessuno piace stare in ospedale” “Ogni paziente ha tutto l’interesse ad essere trattato il più velocemente possibile” “Ogni paziente ha tutto l’interesse ad essere trattato il più velocemente possibile” “Il tempo del paziente non è tempo libero/gratis” “Il tempo del paziente non è tempo libero/gratis” “Occorre costruire il servizio reso in funzione dei bisogni di assistenza del paziente” “Occorre costruire il servizio reso in funzione dei bisogni di assistenza del paziente”

(The Mount Sinai (The Mount Sinai MedicalMedical Center Center ofof NY 1995) NY 1995)

Il futuro dell’ospedalePrincipi chiave: Care-focused o Patient-focused

Progettare per migliorare il flusso del pazienteSi muove lo staff e non il pazienteSi muovono le tecnologie e non il pazienteCollocare le tecnologie vicino alle zone di maggiore utilizzoOttimizzare i tempi di attesa e superare il modello Batch&Queue dellaproduzione a “lotti” in sequenza

• Definizione di intensità di cura: livello di cura richiesto dal casoconseguente ad una valutazione di instabilità clinica (associata a alterazionidei parametri vitali) e di complessità assistenziale (medica edinfermieristica)

• Ospedale patient-focused: riorganizzato per aree di degenza, spessomultispecialistiche, graduate rispetto all’intensità di cura

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L’ospedale Care-focused o Patient-focusedLa convergenza nella letteratura internazionale

NEW KAROLINSKA SOLNA UNIVERSITYHOSPITAL (Stoccolma, Svezia)*ERASMUS MEDICAL CENTRE (Rotterdam,Olanda)*GLI OSPEDALI ANGLOSASSONI (UK, USA,AUSTRALIA) – JOHNS HOPKINS (Baltimore,USA), OXFORD RADCLIFFE (Oxford UK),MOUNT SINAI NY (New York – USA)DIVERSI CASI ITALIANI

*I due casi sono tratti da una ricerca SDA Bocconi condotta per la Fondazione CERBA. In particolare tra gli autori dei casi si ricordano S. Villa, G. Bensa e A. Prenestini.

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.37/161

(slide 7) (slide 8)

(slide 9) (slide 10)

(slide 11) (slide 12)

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NEW KAROLINSKA SOLNA UNIVERSITYHOSPITAL (Stoccolma, Svezia)

La struttura internadell’ospedale è sviluppatasu un modelloorganizzativo a matrice ditre dimensioni in cui learee produttive (aree didegenza, sale operatorie,ambulatori, day hospital,etc.) sono sviluppateorizzontalmente mentre lespecialità mediche, oprogrammi (neurologia,cardiologia, etc.) sonoorganizzate verticalmente.Ogni specialità medicautilizzerà le aree produttivein relazione alle esigenzespecifiche del momentoche, date le continueevoluzioni della scienzamedica, potranno variarenel tempo.

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ERASMUS MEDICAL CENTRE (Rotterdam,Olanda)

Aree Produttive

Tem

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ici

Ambulatori

Sale Operatorie

Terapia Intensiva

Aree di degenzaDH / DS

Il nuovo modello organizzativo delle cure si poggia sul principio della separazione delcontrollo delle risorse strutturali dal controllo del processo clinico in modo tale da poterrifocalizzare le professionalità del medico sull’efficacia della cura e sul rapporto con ilpaziente. I Dipartimenti clinici sono stati così riorganizzati in temi clinico - assistenziali conl’idea di ricomprendere tutte le fasi del percorso di cura ri-spetto a categorie omogenee dipazienti.Tema 1: neurologia,neurochirurgia, psichiatria,Tema 2: ematologia, oncologia,radioterapiaTema 3: chirurgia generale,dermatologia, medicina interna,nefrologia, gastroenterologia,reumatologia, epatologia,reumatologiaTema 4: anestesiologia, chirurgiamassillo facciale, ortopedia,chirurgia plastica, terapiaoccupazionaleTema 5: cardiologia, pneumologia,chirurgia cardiotoracicaTema 6: pediatria, pediatriachirurgica, pediatria psichiatrica,odontoiatria, ginecologia edostetricia, urolo-gia

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ERASMUS MEDICAL CENTRE (Rotterdam,Olanda)

Nello spirito del nuovo modello logistico organizzativo i teminon rappresentano strutture ospedaliere a se stanti. L’obiettivoè di realizzare un’organizzazione modulare e flessibile capace,se necessario, di riallocare risorse e spazi a secondadell’evoluzione della domanda. La gestione e programmazionedelle aree produttive (posti letto, sale operatorie, piastraambulatoriale) è tolta alla responsabilità dei singoli temi egestita in modo accentrato

Aree Produttive

Tem

i Clin

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Ambulatori

Sale Operatorie

Terapia Intensiva

Aree di degenzaDH / DS

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Perchè?

Cambiamento/evoluzione del bisogno di curePaziente “fragile” (multicronicità, frequent-user, a fortenecessità di integrazione H-T)Paziente complesso in fase acuta, ma non da terapiaintensiva (“letto rosso”)Paziente post-chirurgico con necessità di tutor medico(“ortogeriatria”)Pazienti anziani con probabile dipendenza (nonautosufficienza), quadro clinico compromesso, bassaconsapevolezza, difficile contesto sociale

Possibilità tecnicheTecniche chirurgiche e gestione post-operatoria convelocizzazione dei recuperi (Day-surgery freestanding,week surgery)Chirurgia mininvasiva/robotizzata

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Perchè?

Crescenti sovrapposizioni/incroci di “territorio” tra disciplineMedicina-chirurgia-diagnostica interventisticaAmbulatori multidisciplinariDay-service o week-hospital medico integrato

Efficienza produttivaUrgenza vs elezioneAllocazione dedicata ma flessibile delle piattaformeproduttive (posto letto, sala operatoria, letto di TI,ambulatorio, ecc., posti letto pool/polmone, slot disala operatoria open/jolly ecc.), salvo necessitàspecifiche di natura tecnologicaSviluppo di una funzione di operations management

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The population of Western developed countriesis ageing (Anderson & Sotir Hussey, 2000).The median age of the total population of theEU27 is expected to increase from 40.4 years to47.9 years and the old age dependency ratio risefrom 24.1% to 48.5% between 2008 and 2060(Giannakouris, 2008).

Population ageing is generally associated withhigher prevalence of chronic disease, higher riskof poly-morbidities and adverse outcomes(Anderson & Sotir Hussey, 2000) and increaseduse of long-term care facilities (Coyte, Goodwin,& Laporte, 2008).

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.38/161

(slide 13) (slide 14)

(slide 15) (slide 16)

(slide 17) (slide 18)

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Patients requiring advanced respiratory support alone orbasic support together with support for at least 2organ systems. This level includes all complexpatients requiring support for multi-organ failure.

Level 3

Patients requiring more detailed observation orintervention including support for a single failing organsystem or post operative care or those 'stepping down'from higher levels of care. (HIGH DEPENDENCEUNIT – UK/USA/AU hospitals)

Level 2

Patients at risk of their condition deteriorating, or thoserecently relocated from higher levels of care, whoseneeds can be met on an acute ward with additionaladvice and support from the critical care team.

Level 1

Patients whose needs must be met through normal carein an acute hospitalLevel 0

Un quadro di insiemeL’instabilità clinica

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Un quadro di insiemeLa complessità assistenziale

AutosufficienzaDisordini cognitiviTerapiaSupporto familiareSituazione “off the floor”Ecc.

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Area sub-acuta del paziente fragile/frequent user

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Ospedale dell‘urgenza

Una sintesi concettuale

Area post-acuzia

Piastra operatoria

SPECIALITA’’

Per dipartimentood a livello distabilimento

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Può sembrare questo…

…ma è esattamente per superare questo modello che abbiamobisogno di gestire diversamente l’ospedale

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• Alcuni importanti momenti di discontinuità

Tutor medico e criteri di ingresso nell’high care

Infermiere referente per paziente nelle aree multi-specialistiche

Discharge manager nel sub-acuto e post-acuto o dovunquesi rende importante la continuità assistenziale (con possibilecontatto in ospedale con MMG-hospitalist)

Criteri per la gestione liste di attesa per domanda e gravità(ed eventualmente specifici indirizzi strategici/programmatori)

Procedure per gestione operativa (allocazione) del PL/salaoperatoria/ambulatorio nei reparti/piattaformemultispecialistiche

ingegnerizzazione del processo a tre stadi del pazientechirurgico: preoperatorio – fase acuta – fase post acuta

Ripensare l’organizzazione

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Riflessioni conclusive - 1

KAROLINSKA SOLNAUNIVERSITYHOSPITALERASMUS MEDICALCENTREJOHNS HOPKINSOXFORDRADCLIFFEMOUNT SINAI NYBERGAMO

Le basi della legittimazionesono la competenza e latecnologia (performance)Competenze e tecnologiesi applicano su unapopolazioneprofondamente cambiatanegli ultimi 30 anni econtribuisconoulteriormente a cambiarla(specializzazione deibisogni)

Page 41: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.39/161

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• Focus anche sul paziente e non solo sulla malattia

• Recupero e qualificazione di risorse per l’assistenza intensiva apazienti affetti da patologie maggiormente impegnative o con fortenecessità di continuità assistenziale H - T

• Maggiore efficienza operativa e gestionale. Nell’ospedale sidistingue l’asset management (per la parte di degenza graduatoper intensità) dal disease management

• il primo richiede competenze/organizzazione specifiche ed una scaladimensionale superiore/diversa da quella dell’unità operativa perprodurre recuperi di efficienza produttiva

• la gradazione per intensità permette di rendere concreta la risposta aibisogni assistenziali differenziati dei pazienti

• il secondo compete ed è il cuore dell’attività dello specialista/UOdisciplinare

Riflessioni conclusive - 2

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Breve bibliografia

Darzi, Saws and Scalpels to Lasers and Robots – Advances in Surgery (2007).Turf wars in radiology: The battle for peripheral vascular interventions. Journal of the American College of Radiology, Volume 2, Issue1, Pages 68-71D. Levin, V. Rao, J. BonnTurf Battles in Coronary Revascularization, Robert S. Huckman, Ph.D., and Gary P. Pisano, Ph.D.n engl j med 352;9 www.nejm.org march 3,2005Converging patterns in hospital organization: beyond the professional bureaucracy,.Lega F, DePietro C. , Health Policy. 2005Nov;74(3):261-81Spear SJ, Schmidhofer M. Ambiguity and Workarounds as Contributors to Medical Error. Annals of Internal Medicine 2005, 142(8): 627-30.Can car manufacturing techniques reform health care?. The Lancet, Volume 367, Issue 9507, Pages 290-291A Hospital Races To Learn Lessons Of Ferrari Pit Stop , Gautam Naik, Wall Street JournaLega F. Reorganising healthcare delivering in hospital: structure and processes to serve quality, in Davies H, Tavakoli M. [eds] StrategicIssues in Health Care Management: Health Care Policy, Performance and Finance”, Aldershot, Ashgate, 2004.Porter R. The greatest benefit to mankind: a medical history of humanity from antiquity to present, London, HarperCollins, 1997.Healy J, McKee M. The significance of hospitals: an introduction; The evolution of hospital systems; Improving performance within thehospital; Future hospital, in Helay J, McKee M. [eds] Hospitals in a changing Europe, Buckingham, European Observatory on Health CareSystems Series, Open University Press, 2002.McKee M, Healy J, Edwards N, Harrison A. Pressures for change, in Helay J, McKee M. [eds] Hospitals in a changing Europe, Buckingham,European Observatory on Health Care Systems Series, Open University Press, 2002.Heyssel RM. Changing environment and the academic medical center: the Johns Hopkins Hospital. Acad Med, 1989; Jan 64(1):7-11.Vissers J. Patient flow-based allocation of inpatient resources: a case study, European journal of operational research, 1998;105, 356-370.Mintzberg H. Managing care and cure – up and down, in and out, Health Services Management research 2002;15[3]: 193-206. Mintzberg H. Toward Healthier Hospitals, Health Care Management Review 1997: 22[4]: 9-18.Plsek PE. Systematic design of healthcare processes. Quality in Health Care, 1997; Mar 6(1):40-8Snyder GH, Lathrop JP. Cost reduction using patient-focused care concepts. Managed Care Quarterly, 1995; Spring;3(2):43-51 Walston SL, Kimberly JR. Reengineering hospitals: evidence from the field. Hospital Health Service Administration , 1997;Summer;42(2):143-63Robinson NC. A patient-centered framework for restructuring care., J Nurs Adm ,1991;Sep 21(9):29-34.Brider P. The move to patient-focused care, Am J Nurs ,1992; Sep;92(9):26-33.Hillman K. The changing role for acute care hospitals, Medical Journal of Australia 1999;170 [7]: 325-9.ASSR – Linee guida per la progettazione dei nuovi ospedali

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Riflessioni conclusive - 3

Non c’è contrapposizione traintensità di cura e complessità

dell’assistenza, ma aree disovrapposizione con prevalenza diun criterio come elemento fondante

la scelta organizzativa

La riflessione dovrebbe centrarsi sucome far coevolvere

l’organizzazione ospedaliera con icambiamenti nella

epidemiologia/demografia dellapopolazione ospedaliera e nelle

tecniche di intervento

Un’ospedale è più dei suoi professionisti, ma nonsarà mai meglio dei suoi professionisti

Page 42: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.40/161

Mappatura delle diverse sperimentazioni di definizione dell’intensità di cure e della

complessità assistenziale infermieristica presenti in Italia

Dott.ssa Rita MaricchioResponsabile Infermieristico ASS n. 5 Bassa Friulana

Non esiste contrapposizione tra intensità di cure e complessità assistenziale.

Lo ritengo una cosa estremamente fondamentale perché in realtà

dobbiamo orientarci alla centralità della persona e al bisogno che ha

la persona.

Spesso non riusciamo a superare la logica operativa e quella clinica.

Invece nel parlare di ospedali orientati ad intensità di cure e

complessità assistenziale, dobbiamo pensare ad un superamento di

questa logica. Dobbiamo pensare ad un raggruppamento di pazienti

omogenei ed ad efficaci, efficienti ed appropriate prestazioni

assistenziali.

Inoltre l’orientamento dev’essere anche verso un’ottimizzazione dei posti letto, mi riferisco

al classico over booking delle medicine e spesso ad un sotto utilizzo dei letti chirurgici,

soprattutto in determinate realtà.

Gli infermieri italiani, per molti anni, hanno guardato a sistemi internazionali per definire sia

il lavoro assistenziale che la qualità e quantità di risorse necessarie per dare una risposta

ai bisogni dei pazienti (slide 2).

Prima la Professoressa Di Mauro ha descritto il metodo S.I.P.I.

In realtà in Italia in questo momento i tre metodi che sono maggiormente in auge sono

l’I.C.A. (l’Indici di Complessità Assistenziale), il S.I.P.I (Sistema Informativo della

Performance Infermieristica) e il M.A.P. (Metodo Assistenziale Professionalizzante) (si

veda slide 3).

Mi sono permessa di aggiungere all’ultimo secondo qualche slides rispetto ai dati che

abbiamo ottenuto dalla ricerca multicentrica. In realtà, quando io vado in giro per fare

lezione, dico sempre che non esiste il Metodo, ma esistono i metodi, perché possono

essere più aderenti a determinate realtà. Finalmente gli infermieri italiani si sono

sperimentati, si sono dati da fare. Hanno fatto vedere che la determinazione quali -

quantitativa delle risorse può essere fatta superando la logica del minutaggio, superando

la logica giuridica - legislativa e pesando invece il reale lavoro assistenziale e la pertinenza

della prestazione.

Page 43: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.41/161

Mi sono permessa di fare una tabella riassuntiva mettendo a confronto i tre metodi (slide

4).

Questo non vuole essere uno strumento per dire “noi siamo più bravi”.

I tre metodi, come dicevo, sono tre metodi assolutamente validi. Sono tre metodi che sono

stati elaborati in modo diverso e si riferiscono a dei modelli di riferimento differenti.

Il M.A.P. si riferisce al modello di analisi della complessità assistenziale elaborato da

Silvestro - Pitacco.

Il S.I.P.I. e l’I.C.A. si riferiscono al modello delle prestazioni infermieristiche.

Riprendendo.. L’elaborazione di questi tre metodi si è basata su dei modelli italiani, i quali

sono stati elaborati da delle teste di punta della professione infermieristica italiana.

La valutazione quali-quantitativa dell’équipe assistenziale ci porta a non pensare più a

delle équipe monoprofessionali, non ne abbiamo più la possibilità. Le risorse, diceva prima

la Prof.ssa Di Mauro, sono finite. Non ce ne sono più e l’appropriatezza delle prestazioni

diventa quindi indispensabile.

La validazione dei metodi per quanto siamo riusciti a recuperare dalla bibliografia è stata

fatta per quanto riguarda M.A.P. e S.I.P.I.

La Prof.ssa Di Mauro ci ha anticipato alcuni dati, ve ne farò vedere alcuni anch’io.

E’ indispensabile andare a validare i metodi dal punto di vista scientifico e statistico,

perché ci permette in qualche modo di essere chiamati ai tavoli per dire: “questo è reale,

l’abbiamo pesato, con un peso che abbiamo estrapolato da un percorso scientifico”.

L’informatizzazione è indispensabile per andare ad applicare questi metodi.

M.A.P. ed I.C.A. hanno due sistemi informatici: Sky Map per il M.A.P. e l’applicazione

software dell’I.C.A.

Questi diventano assolutamente indispensabili nell’operatività di ogni giorno. Non

possiamo più pensare di raccogliere dati senza avere un supporto che poi ci permetta di

elaborare questi dati.

In questo momento l’unico metodo però che risulta applicato è il metodo I.C.A.

In Italia ci sono diverse realtà operative che stanno applicando questo metodo.

Per quanto riguarda M.A.P. e S.I.P.I. credo si possa dire che siamo “in progress”.

M.A.P. ha avuto un percorso di validazione dello strumento, stiamo avendo i primi dati

ufficiali e quindi fra poco proveremo ad applicarlo in alcune strutture che verranno

organizzate per complessità assistenziale.

Questi metodi sono applicabili in organizzazioni per complessità e intensità di cura?

Certamente si, tutti e tre.

Page 44: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.42/161

Tutti e tre vanno a definire il peso assistenziale, la qualità e la quantità di risorse

necessarie e possono essere assolutamente applicabili in contesti organizzati per intensità

di cura e per complessità assistenziale.

Una cosa estremamente necessaria nell’operatività dell’infermiere è la pianificazione

assistenziale (slide 5). Esiste la possibilità che dal software possa estrapolare

immediatamente la pianificazione assistenziale?

Per ora solamente l’I.C.A. mi risulta che faccia questa operazione.

Per quanto riguarda M.A.P. invece è un obiettivo che il gruppo di lavoro si è posto in sede

successiva.

Infine, possono essere applicati questi metodi ad altre professioni?

Per quanto riguarda M.A.P. sia in sede di progetto che in sede di sperimentazione pilota,

lo strumento è stato applicato alla professione ostetrica.

Per quanto riguarda l’I.C.A. lo strumento è applicato anche per quanto riguarda i

fisioterapisti ad esempio.

Il S.I.P.I. non mi risulta che venga applicato per altre professioni.

Ora, due parole per quanto riguarda la sperimentazione che è stata fatta per lo strumento

M.A.P. (slide 6).

La popolazione dove siamo andate a sperimentare lo strumento è stata di 82 aziende sul

territorio nazionale; di queste sono stati coinvolti 126 presidi e 255 reparti di cui 142

medicine e 113 chirurgie. In totale 4.674 operatori coinvolti tra dirigenti, coordinatori

infermieristici ed infermieri. 63.884 persone reclutate e 525.998 osservazioni valide (slide

9-10-11).

E’ un campione estremamente elevato. E’ un database da cui noi potremmo estrapolare

tantissime informazioni, perché tutte le schede, ritenute valide, sono state correlate dalla

nomenclatura SDO e DRG.

Questo cosa ci permetterà di dire?

La correlazione che intercorre fra il DRG e la Complessità Assistenziale.

Non faccio vedere dei dati come la collega che mi ha preceduta, ma vi faccio veder alcuni

dati che a mio parere sono significativi.

Rispetto l’età media possiamo vedere che tra la medicina e la chirurgia c’è un gap

estremamente basso. Cosa ci dice questo dato?

Ci dice che la popolazione che noi troviamo nelle chirurgie e nelle medicine non si

allontana moltissimo. Questo significa che dobbiamo rivedere la nostra tipologia di

assistenza, perché se i pazienti che troviamo in chirurgia si avvicinano sempre più a quelli

Page 45: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.43/161

che troviamo in medicina, sulla polipatologia che un paziente può presentare devo

investire molto sia dal punto di vista professionale che dal punto di vista di pianificazione

assistenziale, demandando alcune operazioni agli OSS (Operatori Socio Sanitari).

Tutto questo ovviamente lo faremo in base ai dati che abbiamo ottenuto.

Vi ringrazio per l’attenzione.

Page 46: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.44/161

(slide 1) (slide 2)

(slide 3) (slide 4)

(slide 5) (slide 6)

Il m od ello as s is ten z iale per inten s ità d i c ure nel Nuo v o O s ped ale:as p etti teo ric i e app lic ativ i.

B erg am o 4.02.2010

Mappa tura delle divers e s perimentaz ioni didefiniz ione dell’intens ità di cure e di

comples s ità as s is tenz ia le infermieris ticapres enti in Ita lia

R ita Maricchio

ME T O D I B A S A T IS U L L E

A T T IV IT A ’IN F E R MIE R IS T I

C H E

ME T O D I B A S A T IS UL L A

D IP E N D E N Z AD E L E P E R S O N E

ME T O D I B A S A T IS U I P IA NI D IA S S IS T E N Z A

ME T O D I B A S A T IS UL L A

C O MP L E S S IT A ’A S S IS T E NZ IA L E

P R IN C IP A L I T IP O L O G IE D E I S IS T E MI D I C L A S S IF IC A Z IO N E D E I P A Z IE N T I

R .A .I

F .I.M

C R IT E R IAF O R C A R E

S V IZ Z E R O

W .I.S .N .

N .H .P .P .D .

N .M.D .S .

L .E .P .

S .I.I.P .S

T .I.S .S .

T .O .S .S .

P .N .R .

P L A .I.S .I.R .

R A F A E L A

P .I.N .I.

Z E B R AS Y S T E M

S perim entaz ioni d i defin iz ioni dell’in tens ità d ic ure e d i c om ples s ità as s is tenz iale

in ferm ieris tic a

• IC A (IN D IC E C O MP L E S S IT A ’A S S IS T E N Z IA L E )

• S IP I (S IS T E MA IN F O R MA T IV O D E L L AP E R F O R MA N C E IN F E R MIE R IS T IC A )

• MA P (ME T O D O A S S IS T E N Z IA L EP R O F E S S IO N A L IZ Z A N T E )

ME T O D I MA P S IP I IC A

Modello d iriferim ento

Modello di ana lis idella comples s ità

as s is tenz ia le

Modello delleP res taz ioni

Infermieris tiche

Modello dellepres taz ioni

Infermieris tiche

Valutaz ione quali ‐quantitativadell’equipeas s is tenz iale

S I S I S I

Validaz ione delMetodo

S perimentaz ioneMulticentrica

S perimentaz ioneMulticentrica

In form atiz z az ione S kyMap A pplicaz iones oftware IC A

A pplic az ioni delMetodo

S I

A pplic abilità s uorg aniz z az ione perintens ità /c om ples s ità

S I S I S I

ME T O D I MA P S IP I IC A

P ianific az ioneas s is tenz iale

N O N O S I

Multiprofes s ionale S I N O S I

POPOLAZIONE:

AZIENDE SANITARIE

ITALIANE

DISPONIBILITÀ ALLA RICERCA

82 AZIENDE SANITARIE

Page 47: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.45/161

(slide 7) (slide 8)

(slide 9) (slide 10)

(slide 11) (slide 12)

11

14141616

33

33

7755

77

3344

11

22

66

11

11

22

66

142MEDICINE

142MEDICINE

113CHIRURGIE

113CHIRURGIE

255REPARTI

255REPARTI

126PRESIDI

126PRESIDI

105MEDICINE

105MEDICINE

84CHIRURGIE

84CHIRURGIE

189REPARTI

189REPARTI

101PRESIDI

101PRESIDI

525998OSSERVAZIONI

VALIDE

525998525998OSSERVAZIONIOSSERVAZIONI

VALIDEVALIDE

63884 PERSONERECLUTATE

6388463884 PERSONEPERSONERECLUTATERECLUTATE

67,1 anni (d.s.) 19,5 anni

Page 48: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.46/161

(slide 13) (slide 14)

60,1 anni (ds di 19,9) 72,5 anni (ds di 17,3)

G raz ie per l’a ttenz ione

Page 49: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.47/161

Esperienza di riorganizzazione per intensità di cure e complessità dell’assistenza

infermieristica dell’AUSL di Bologna

Dott.ssa Annalisa SilvestroDirettore Servizi Assistenziali USL di Bologna e Presidente Federazione NazionaleCollegi IPASVI

Inizio questa mia relazione con una nota di scuse per l’assenza del

Direttore Sanitario dell’azienda in cui lavoro e sottolineando che in

questo momento sono qui più come Direttore del Servizio

Assistenziale dell’Azienda USL di Bologna che come Presidente

della Federazione IPASVI.

All’interno dell’Azienda USL, che comprende tutta la provincia di

Bologna, si stanno mettendo in atto alcune sperimentazioni di

organizzazione per complessità e intensità di cure che si

richiamano al concetto della complessità dell’organizzazione.

Tutte le strutture sanitarie presentano livelli di complessità elevata e questo è significativo

nell’andare ad individuare e ricercare le modalità attraverso le quali, gestire

un’organizzazione che risulta essere complessa anche dal punto di vista assistenziale e

relazionale.

Quando si parla della vita delle organizzazioni sanitarie, che di per sé sono

multidimensionali, non si può prescindere dal fare una riflessione anche sulla vita delle

altre istituzioni con cui l’organizzazione sanitaria si relaziona con un interfaccia continuo

che genera a sua volta un ulteriore aumento della complessità (slide 2).

Multidimensionalità e complessità inducono ad individuare nuove modalità di approccio e

analisi dei diversi aspetti organizzativi; è superata la logica monodisciplinare e l’approccio

lineare per utilizzare una logica multiprofessionale, multidimensionale e con un approccio

di tipo sistemico.

Credo sia ormai generalmente acquisita la consapevolezza che le “nostre” organizzazioni

sono complesse, che l’assistenza sanitaria è complessa e che le modalità attraverso le

quali i diversi professionisti sanitari erogano le loro prestazioni - nell’ambito di una

funzione di cui sono peculiarmente i “dominus” - aumentano il livello globale di

complessità (slide 3). La complessità della funzione organizzativa - gestionale e la

complessità della funzione clinico-assistenziale non possono non essere poste in

relazione (slide 4).

Page 50: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.48/161

Nelle relazioni precedenti venivano evidenziati alcuni un elementi significativi inerenti:

− la ridefinizione e riorganizzazione dell’assistenza,

− la multi fattorialità organizzativa ed assistenziale,

− la limitatezza delle risorse,

− la flessibilità e la dinamicità organizzativa e professionale.

Credo che la flessibilità e la dinamicità organizzativa e professionale siano gli elementi più

critici adesso e nel prossimo futuro. Attualmente l’idea della flessibilità è poco in auge e vi

è tanta consuetudine organizzativa, assistenziale e professionale.

La rigidità del sistema porta a ragionare su ciò “che mi compete” più che su ciò che serve

all’assistito; a trovare “normale” la scarsa disseminazione ed integrazione dei saperi e la

flebile riflessione sul cosiddetto “meticciato dei saperi” o sul “meticciato delle competenze”.

E’ invece necessario ri - codificare la domanda, definire nuove competenze e nuove

modalità di risposta ai bisogni senza perdere di vista la peculiarità del contenuto

professionale e del sapere che ciascun operatore mette a disposizione dell’équipe e

quindi degli assistiti.

Oltre a quello della flessibilità, altri concetti chiave sono la pertinenza, l’appropriatezza e

l’equità distributiva. Un esempio: in ogni unità operativa ospedaliera si rileva un “case mix”

di pazienti molto diversificato; la risorsa professionale assegnata a quell’unità operativa

non è però definita in base a ciò che è necessario per quel “case mix”, ma in base al

numero dei posti letto, cosa molto lontana ai concetti di appropriatezza organizzativa ed

equità distributiva.

A tal proposito diventa emblematico il riferimento alla risorsa infermieristica che è scarsa

sul mercato del lavoro e che, se non attentamente distribuita, può creare criticità

organizzative e assistenziali. E in questa logica non può essere sottovalutato che oltre il

70% degli infermieri sono donne; che le infermiere sono contemporaneamente spose e

madri, che utilizzano il part - time, che gestiscono le malattie dei figli, degli “anziani” della

famiglia ecc… e che il tutto si riverbera sul loro ruolo nell’organizzazione, sui livelli di

assistenza e sulla qualità assistenziale.

Gli infermieri hanno avuto nell’ultimo ventennio un significativo processo di

professionalizzazione e oggi vantano, generalmente, una professionalità in grado di

esprimere competenze gestionali, organizzative, assistenziali e formative che possono

essere sistematicamente agite perché non più vincolata da norme e da antiche indicazioni

giuridiche (slide 5).

E vengo all’organizzazione per intensità di cura e complessità assistenziale.

Page 51: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.49/161

In premessa è necessario evidenziare che su questa ipotesi organizzativa emergono

perplessità sottese alla ridefinizione di alcuni equilibri decisori poco, ad oggi, messi in

discussione e che vedono massimamente coinvolti medici e infermieri.

Perché l’idea di organizzare le degenze ospedaliere per intensità di cure/complessità

assistenziale?

La limitatezza delle risorse è stato uno dei principali elementi che ha indotto l’Azienda USL

a intraprendere il percorso riorganizzativo.

Era necessario rivedere l’organizzazione delle degenze ospedaliere ancora basate su

unità operative a base disciplinare clinica e “chiuse” gestionalmente nonostante il modello

dipartimentale che, evidentemente, non sempre è riuscito a flessibilizzare l’utilizzo delle

risorse professionali e a garantire la continuità clinico assistenziale .

L’organizzazione chiusa, parcellizzata e restia alla flessibilità rendeva (rende) sempre più

difficile ottimizzare le risorse e renderle adeguate alle necessità assistenziali anche in

considerazione del case mix diversificato dei pazienti. La disomogeneità assistenziale

richiedeva (richiede) un maggior numero di risorse per dare congrua risposta ai momenti

di criticità e ai picchi di attività. Il problema della limitatezza delle risorse trovava, inoltre,

accentuazione nell’alto “turn over” di infermieri e nella tendenziale e inappropriata

infermieristicizzazione di tutte le attività assistenziali.

La riflessione riorganizzativa ha preso spunto da alcune esperienze svoltesi all’estero e in

alcune regioni italiane. Gli elementi fondanti dell’idea progettuale sono stati: la centralità

della persona assistita, l’integrazione clinico assistenziale, il lavoro in squadra, la

disseminazione dei saperi, la definizioni di obiettivi, la costruzione dei percorsi e

l’orientamento verso la definizione di “outcome” clinici e assistenziali.

L’attivazione sperimentale è partita anche sull’onda di alcune ristrutturazioni edilizie che

pareva potesse favorire l’innovazione.

Le criticità sono state notevoli e problemi esistono tuttora, però si sta procedendo anche

per avere gli elementi utili a ritarare l’assetto impostato visto che le sperimentazioni hanno

messo in luce una serie di positività ma anche e di criticità. Le resistenze sono riferibili sia

ad alcuni medici che a gruppi di infermieri che ritenevano (ritengono) ne derivi un aumento

di responsabilità professionale.

Come si è mossa l’Azienda.

Innanzitutto superando l’aggregazione dei degenti per disciplina medica a favore

dell’aggregazione per livelli di complessità assistenziale: alta, media e bassa.

Page 52: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.50/161

E’ necessario sottolineare che il nuovo assetto organizzativo non prevede assolutamente

la scomparsa delle competenze e responsabilità primariali ne il superamento della

responsabilità clinica dei pazienti affidata ai medici. Il modello della complessità

assistenziale prevede infatti l’analisi di tre variabili che riguardano la persona, una delle

quali è il livello di instabilità clinica. Tendenzialmente ad un’alta instabilità clinica della

persona corrisponde un’alta complessità assistenziale.

L’orientamento è che nell’area ad alta complessità assistenziale le équipe sono

praticamente monoprofessionali in quanto costituite prevalentemente da infermieri con

pochi operatori socio sanitari. Nella media complessità l’équipe assistenziale è mista ed è

costituita da infermieri e operatori socio sanitari. Nella bassa complessità assistenziale il

numero di infermieri presenti è contenuto mentre è più cospicuo quello degli OSS.

L’utilizzo dei posti letto è maggiormente flessibile perché tutti sono a disposizione di tutti i

degenti. In un ospedale di prossimità dell’Azienda che si vuole organizzare completamente

per complessità assistenziale, uno degli obiettivi posti è proprio quello di superare questa

criticità. La gestione del posto letto non era correttamente e razionalmente utilizzata tant’è

che si verificava (si verifica) overbooking nelle medicine con un tasso di occupazione oltre

il 100% e contemporaneamente la presenza di posti letto liberi nelle chirurgie con tasso di

occupazione del 50-60 %.

L’aggregazione dei degenti per livelli di complessità assistenziale e non per disciplina

clinica di riferimento ottimizza l’utilizzo dei posti letto, supera i picchi di attività e

omogeneizza i processi assistenziali.

Quali esperienze:

il primo step è stato in tre diverse unità assistenziali internistiche di un ospedale cittadino

con sperimentazione semestrale;

il secondo step in un ospedale di cintura aggregando le unità operative di tipo chirurgico

(slide 8).

Il terzo step sarà quello di applicare questo modello organizzativo ad un intero ospedale di

cintura.

I punti di forza riconosciuti unanimemente:

− maggiore professionalizzazione dell’assistenza

− maggiore pertinenza nelle prestazioni

− maggiore motivazione nell’assunzione di responsabilità (slide 9).

Page 53: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.51/161

I punti di debolezza:

− forte innovazione organizzativa e assistenziale (rivisitazione delle competenze, dei

flussi informativi, della documentazione medico - infermieristica, delle linee di

operatività, delle indicazioni operative e la ridefinizione degli strumenti di

integrazione organizzativo - assistenziale),

− potenziale criticità nel mantenimento (secondo i medici) della continuità clinico –

assistenziale,

− ribaltamento del paradigma organizzativo stante la centralità del paziente e non del

processi diagnostico terapeutico.

Grazie per l’attenzione.

Page 54: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.52/161

(slide 1) (slide 2)

(slide 3) (slide 4)

(slide 5) (slide 6)

““ Esperienza di riorganizzazione perEsperienza di riorganizzazione perintensitintensitàà di cura e complessit di cura e complessitààdelldell’’assistenza infermieristicaassistenza infermieristicanellnell’’azienda USL di Bologna azienda USL di Bologna ””

Dr.ssa Annalisa SILVESTRODr.ssa Annalisa SILVESTRODirettore S.A.Te.R.Direttore S.A.Te.R.

Il modello assistenziale per intensitIl modello assistenziale per intensitàà di cure nel Nuovo di cure nel NuovoOspedale: aspetti teorici e applicativiOspedale: aspetti teorici e applicativi

Bergamo 4/2/ Bergamo 4/2/’’1010

““ Esperienza di riorganizzazione perEsperienza di riorganizzazione perintensitintensitàà di cura e complessit di cura e complessitàà dell dell’’assistenza infermieristicaassistenza infermieristica

nellnell’’azienda USL di Bologna azienda USL di Bologna ””

La La multidimensionalitmultidimensionalitàà

delle variabili da analizzare legate alldelle variabili da analizzare legate all’’individuo e allaindividuo e allacollettivitcollettivitàà - - con i risvolti politici, economici,con i risvolti politici, economici,

sociali, culturali che ne derivano sociali, culturali che ne derivano - - condizionanocondizionanoprofondamente la tradizionale profondamente la tradizionale linearitlinearitàà di di

approccio approccio ai diversi problemi , compresi quelliai diversi problemi , compresi quellisanitari , soprattutto in ambitosanitari , soprattutto in ambito organizzativo eorganizzativo e

professionaleprofessionale

A. SILVESTROA. SILVESTRODirettore S.A.Te.RDirettore S.A.Te.R ..

““ Esperienza di riorganizzazione perEsperienza di riorganizzazione perintensitintensitàà di cura e complessit di cura e complessitàà dell dell’’assistenza infermieristicaassistenza infermieristica

nellnell’’azienda USL di Bologna azienda USL di Bologna ””

ORGANIZZAZIONEORGANIZZAZIONE

Insieme dei modi in cui un gran numero di personeInsieme dei modi in cui un gran numero di persone

–– troppe per avere contatti personali diretti troppe per avere contatti personali diretti

ed impegnate in una complessit ed impegnate in una complessitàà di compiti di compiti ––

interagiscono le une con le altre per la consapevoleinteragiscono le une con le altre per la consapevolee sistematica determinazione e e sistematica determinazione e realizzazione realizzazione didi

obiettivi obiettivi reciprocamente convenutireciprocamente convenuti

A. SILVESTROA. SILVESTRODirettore S.A.Te.R.Direttore S.A.Te.R.

““ Esperienza di riorganizzazione perEsperienza di riorganizzazione perintensitintensitàà di cura e complessit di cura e complessitàà dell dell’’assistenza infermieristicaassistenza infermieristica

nellnell’’azienda USL di Bologna azienda USL di Bologna ””

ComplessitComplessitàà

•• nellnell’’esercizio della funzione organizzativo/gestionaleesercizio della funzione organizzativo/gestionale

•• nellnell’’esercizio della funzione clinico/assistenzialeesercizio della funzione clinico/assistenziale

ed in relazione allaed in relazione alla

•• Limitatezza delle risorseLimitatezza delle risorse•• MultifattorialitMultifattorialitàà organizzativa e assistenziale organizzativa e assistenziale

•• FlessibilitFlessibilitàà e dinamicit e dinamicitàà organizzativa e professionale organizzativa e professionale•• Pertinenza, appropriatezza ed equitPertinenza, appropriatezza ed equitàà distributiva sia in distributiva sia in

ambito ospedaliero che territorialeambito ospedaliero che territoriale•• Professionalizzazione della funzione infermieristicaProfessionalizzazione della funzione infermieristica

A. SILVESTROA. SILVESTRODirettore S.A.Te.R.Direttore S.A.Te.R.

““ Esperienza di riorganizzazione perEsperienza di riorganizzazione perintensitintensitàà di cura e complessit di cura e complessitàà dell dell’’assistenza infermieristicaassistenza infermieristica

nellnell’’azienda USL di Bologna azienda USL di Bologna ””

A. SILVESTROA. SILVESTRODirettore S.A.Te.R.Direttore S.A.Te.R.

LL’’assistenza assistenza infermieristica infermieristica preventiva, curativa, palliativa e preventiva, curativa, palliativa eriabilitativa riabilitativa èè di natura tecnica, relazionale, educativa.di natura tecnica, relazionale, educativa.

Le principali funzioni Le principali funzioni sono sono la prevenzione delle malattie,la prevenzione delle malattie,ll’’assistenza dei malati e dei disabili di tutte le etassistenza dei malati e dei disabili di tutte le etàà e l e l’’educazioneeducazionesanitaria.sanitaria.

LL’’infermiere infermiere èè responsabile responsabile dell dell’’assistenza generaleassistenza generaleinfermieristica.infermieristica.

LL’’infermiere :infermiere :identifica i bisogni di assistenza infermieristica e formula iidentifica i bisogni di assistenza infermieristica e formula i

relativi obiettivirelativi obiettivipianifica, gestisce e valuta lpianifica, gestisce e valuta l’’intervento assistenzialeintervento assistenziale

infermieristicoinfermieristicogarantisce la corretta applicazione delle prescrizionigarantisce la corretta applicazione delle prescrizioni

diagnostiche terapeutichediagnostiche terapeuticheA. SILVESTROA. SILVESTRO

Direttore S.A.Te.RDirettore S.A.Te.R..

PerchPerchéé: - : - limitatezza risorselimitatezza risorse - - efficienza e razionalitefficienza e razionalitàà organizzativa organizzativa

- - appropriatezza allocativa risorseappropriatezza allocativa risorseprofessionaliprofessionali

- - percorsi e processi assistenzialipercorsi e processi assistenziali - - valorizzazione delle professionalitvalorizzazione delle professionalitàà sanitarie sanitarie ((infermieriinfermieri))

Come: Come: - - centralitcentralitàà della persona assistita della persona assistita- - integrazione clinico assistenziale integrazione clinico assistenziale

- - integrazione delle risorseintegrazione delle risorse- - valorizzazione competenze infermieristiche valorizzazione competenze infermieristiche ((ass.li eass.li egest.li gest.li ))

Dove: Dove: -- u.o. degenze mediche Osp.Maggiore Bologna u.o. degenze mediche Osp.Maggiore Bologna- - u.o. chirurgiche versus u.o. chirurgiche versus ““areaarea”” Osp. di cintura interland Osp. di cintura interlandBOBO

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““ Esperienza di riorganizzazione per Esperienza di riorganizzazione perintensitintensitàà di cura e complessit di cura e complessitàà dell dell’’assistenza infermieristicaassistenza infermieristica

nellnell’’azienda USL di Bologna azienda USL di Bologna ””

Page 55: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.53/161

(slide 7) (slide 8)

(slide 9) (slide 10)

A. SILVESTROA. SILVESTRODirettore S.A.Te.RDirettore S.A.Te.R..

COME

• superamento aggregazione degenti per disciplina clinica

• attivazione di aree di degenza secondo il criterio dellacomplessità assistenziale infermieristica

• definizione della quali quantità di figure assistenziali inbase al livello di complessità dei degenti

• utilizzo dei posti letto su logica flessibile (bedmanagement)

• gestione infermieristica della allocazione e riallocazionedei degenti e dei processi assistenziali in integrazione

con i medici responsabili clinici degli assistiti

““ Esperienza di riorganizzazione per Esperienza di riorganizzazione perintensitintensitàà di cura e complessit di cura e complessitàà dell dell’’assistenza infermieristicaassistenza infermieristica

nellnell’’azienda USL di Bologna azienda USL di Bologna ””

Applicazioni

1^ step^ step• in 3 diverse unità assistenziali internistiche dell’OM con

sperimentazione semestrale

• nell’area chirurgica di un ospedale di cintura integrandotre unità operative in un’unica unità assistenziale consperimentazione semestrale

2^ step• Intero ospedale di cintura• nell’assistenza domiciliare

A. SILVESTROA. SILVESTRODirettore S.A.Te.R.Direttore S.A.Te.R.

““ Esperienza di riorganizzazione per Esperienza di riorganizzazione perintensitintensitàà di cura e complessit di cura e complessitàà dell dell’’assistenza infermieristicaassistenza infermieristica

nellnell’’azienda azienda USL di Bologna USL di Bologna ””

Punti di forza:• professionalizzazione dell’ assistenza e pertinenza

prestazionale infermieristica• Aumento motivazione dell’equipe assistenziale

Punti di debolezza:• alta innovazione sia organizzativa che assistenziale

con attivazione resistenza al cambiamento e alriequilibrio dei poteri e delle funzioni gestionali eclinico assistenziali

A. SILVESTROA. SILVESTRODirettore S.A.Te.R.Direttore S.A.Te.R.

““ Esperienza di riorganizzazione per Esperienza di riorganizzazione perintensitintensitàà di cura e complessit di cura e complessitàà dell dell’’assistenza infermieristicaassistenza infermieristica

nellnell’’azienda USL di Bologna azienda USL di Bologna ””

““ Esperienza di riorganizzazione per Esperienza di riorganizzazione perintensitintensitàà di cura e complessit di cura e complessitàà dell dell’’assistenza infermieristicaassistenza infermieristica

nellnell’’azienda USL di Bologna azienda USL di Bologna ””

GrazieGraziedelldell’’ attenzione attenzione !!

A. SILVESTROA. SILVESTRODirettore S.A.Te.R.Direttore S.A.Te.R.

Page 56: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.54/161

Dott.ssa Monica CasatiResponsabile Ricerca, Formazione e Sviluppo, Direzione Professioni Sanitarie,A.O. Ospedali Riuniti di Bergamo

Ho l’onore di presentarvi la Direttrice del corso per Infermiere Insegnanti Dirigenti (I.I.D.)

dell'Università degli Studi di Milano.

Adottando il programma di studi che faceva riferimento all'Organizzazione Mondiale della

Sanità, ha “allevato” gran parte degli Infermieri Dirigenti qui presenti, inclusa la nostra

Presidente nazionale e ha dato l'imprinting ad una serie di generazioni di Dirigenti

Infermieri.

Oggi è qui con noi e questo ci fa molto piacere. Non ha la voce brillante come di solito, ma

quello che vorrei dirvi, è che in questo contesto, ci onora molto la sua presenza, anche

perché teorica dell'Assistenza Infermieristica, la teorica dell’Assistenza infermieristica che

abbiamo in Italia. Lei ha definito, studiato, validato e pubblicato con la sua comunità

scientifica, di cui abbiamo qui in sala il Prof. Edoardo Manzoni, il Modello delle Prestazioni

Infermieristiche. Su questo modello si basa il S.I.P.I. che è stato presentato oggi.

Oltre alla Dott.ssa Annalisa Silvestro, che ha creato il modello della complessità su cui si

è sviluppato il M.A.P. e poi la forma informatica Sky Map, in questa sala oggi abbiamo

anche l'onore di avere la Prof.ssa Cantarelli.

Prof.ssa Marisa Cantarelli

Desidero ringraziare dell’invito, della presentazione e

scusarmi della mia voce che oggi si è abbassata, ma non è

questo un motivo sufficiente per farmi tacere.

E’ per me molto bello e significativo assistere a convegni,

congressi come questo, in cui noto i passi da gigante che

sono stati fatti a tutti i livelli, nel mondo infermieristico non solo nell'organizzazione

dell'assistenza, ma nell'assistenza alle persone. Anni fa nessuno di noi pensava di poter

fare delle relazioni come quelle che ho sentito oggi.

C'erano anche dei timori, all’interno e all’esterno della professione, timori ad assumere e

concedere responsabilità. Infatti i primi tentativi hanno creato problemi molto grossi, ora

Page 57: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.55/161

noto con piacere che gli infermieri stanno studiando, lavorando, per migliorare l’assistenza

alle persone, e oggi ne abbiamo una prova leggendo le sperimentazioni presentate, frutto

di percorsi di ricerca.

Si sono presentati due modelli organizzativi diversi, sono due modelli ben precisi che

seguono un loro percorso. Il Modello delle prestazioni infermieristiche, in questa ricerca,

approfondisce l’ottica manageriale ed ha come obiettivo l’autonomia professionale.

Quell’aspetto che ha portato gli infermieri da un'attività per mansioni ad un attività per

prestazioni infermieristiche, aumentando il loro concetto di responsabilità e di autonomia. Il

seme piantato tanti anni fa è germogliato, è cresciuto e oggi abbiamo sentito nelle

relazioni, come quei concetti siano diventati patrimonio comune degli infermieri. Il mio

augurio è che si continui a studiare che non ci si illuda di essere arrivati. Questo è un

piccolo passo, si deve proseguire mantenendo sempre come concetto di base l'assistenza

alla persona, la capacità di rispondere ai suoi bisogni di assistenza infermieristica, ma

anche quello di una propria autonomia professionale in grado di dare gratificazione alle

persone nell’ambito del proprio impegno lavorativo.

Grazie

Page 58: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.56/161

Dibattito del mattinoModeratoriDott. Andrea Mentasti Direttore Generale, A.O. Ospedale S. Anna di ComoDott.ssa Monica Casati Responsabile Ricerca, Formazione e Sviluppo, DirezioneProfessioni Sanitarie, A.O. Ospedali Riuniti di Bergamo

Domanda Dott. Ezio Goggi Direttore Unità di Progetto Nuovo Ospedale, A.O.Ospedale di Desio e VimercateBuon giorno sono il Dottor Goggi dell'Azienda Ospedaliera di Vimercate. Volevo chiedere

alla Professoressa Di Mauro e alla Dottoressa Maricchio se ci davano una spiegazione

più approfondita dell’apparente uguaglianza della complessità assistenziale. La

Professoressa Di Mauro ha fatto vedere quell'istogramma, io non mi spiego alcune cose

perché i nostri risultati sono un po’ diversi da quelli presentati.

Poi alla Dottoressa Maricchio volevo chiedere come mai ha scelto il DRG come punto di

riferimento? La costruzione del DRG, così come è stato effettuato negli Stati Uniti, non

utilizza il peso assistenziale che normalmente ha sicuramente una percentuale bassa in

riferimento ad esempio ad un caso chirurgico. Grazie.

Domanda sig. Silvio Boffelli RSU, A.O. Ospedali Riuniti di BergamoPensavo di porre una domanda al rappresentante della Regione, se c’è ancora.

Essendo attualmente impegnato nella RSU degli Ospedali Riuniti di Bergamo, mi

chiedevo se poteva essere previsto uno stanziamento da parte della Regione di fondi

specifici per questo sforzo che viene richiesto.

Inoltre, mi chiedevo se questa tipologia assistenziale comportasse un maggior numero di

unità in dotazione organica oppure se si riducesse oppure addirittura la facesse rimanere

invariata.

Ci terrei in modo particolare ad avere una risposta sulla questione fondi, perché noi degli

Ospedali Riuniti di Bergamo ci troviamo con il trasloco ed a quanto pare, con questa

evoluzione mastodontica. Quindi se si potesse oltre che dire che siamo bravi, che siamo

flessibili, anche dare qualcosa.

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.57/161

Domanda Dott. Marco Bosio Direttore Sanitario, Fondazione IRCCS Policlinico SanMatteo di PaviaSono Marco Bosio del Policlinico San Matteo di Pavia. Ho due domande: una tecnica e

una sulla gestione delle liste di attesa. Oggi la lista di attesa, normalmente, è gestita

secondo un ordine di priorità, quando c'è un posto letto disponibile si occupa a partire

delle priorità cliniche.

Il paziente entra in ospedale e si va ad allocare nel posto letto. Nel nuovo modello o

comunque nell'esperienza raccontata, volevo anche un parere della Dottoressa Silvestro,

ci sono queste tre aree che sono flessibili, ma sono anche ben determinate. Quindi se un

paziente che deve essere operato e per esempio deve andare in una bassa complessità o

in una media complessità, ma il posto letto libero non c’è, dove lo metto? Lo metto in un

letto qualsiasi oppure c'è un altro tipo di criterio e di accessibilità alla struttura? Volevo

capire questo tipo di incastro, tra criteri clinici che classicamente gestiscono le lista

d'attesa e il posto letto. Questo è un elemento complicante, nel senso che le liste nella

realtà descritta si moltiplicano per tre (bassa, media, alta complessità)?

Quindi, pensandoci, ci sono degli approfondimenti sulle risorse assorbite da questo

modello? Abbiamo visto che il modello si fonda sulle risorse limitate per cui si è detto

“cerchiamo di lavorare al meglio per dare il massimo ai nostri pazienti”, ma una reale

analisi delle risorse assorbite da questo modello è stata fatta? Volevo capire se c'erano

delle esperienze ..

L'ultima cosa è un approfondimento sugli outcomes del paziente, sia clinici che

assistenziali, perché, appunto, abbiamo visto che è tutto centrato sul modello

professionale e sull'organizzazione, ma se dobbiamo mettere il paziente al centro, il

paziente è curato meglio? Non è curato meglio a livello di performance clinica? C'è

qualcosa? Perché molte volte mi sono sentito dire dai nostri professionisti il modello

divisione non funziona più, siamo tutti d'accordo, ma il paziente viene curato meglio in

quest’altro o no? Ditemi quali sono i valori aggiunti? Faccio un pò l'avvocato del diavolo.

Grazie

Domanda Dott. Roberto LaBianca Direttore Dipartimento di Oncologia edEmatologia, A.O. Ospedali Riuniti di BergamoBuongiorno sono Roberto La Bianca, Direttore del Dipartimento di Oncologia e di

Ematologia di questo ospedale. Penso che il malato neoplastico per tanti aspetti rientri

benissimo in questo tipo di modello quando si parla di centralità del paziente, al lavoro

Page 60: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.58/161

multidisciplinare, alla continuità di cura, al lavorare in rete, insieme. Ci sono già esperienze

significative di questo modello a livello regionale? Mi interesserebbe molto capire come

questo modello dell'ospedale, secondo i relatori, si possa applicare ad una realtà

dipartimentale che esiste in molti ospedali. Nel nostro credo esista in modo

completamente codificato, perché cerca di mettere insieme le varie realtà che seguono il

malato oncologico, quindi il rapporto tra concetto generale di intensità di cura, lavoro nei

dipartimenti ospedalieri ed eventualmente anche provinciali. Quale può essere il valore

aggiunto delle modalità di lavoro? E si può aprire magari qualche percorso di

sperimentazione di lavoro comune per produrre dei dati su questo aspetto? Grazie.

Domanda Dott. Claudio Castelli Direttore del Dipartimento di Scienze Motorie eChirurgia del Sistema Nervoso e Scienze Neurologiche, A.O. Ospedali Riuniti diBergamoMi chiamo Claudio Castelli sono, secondo la classificazione di oggi, dal punto di vista

professionale un clinico di area chirurgica e dal punto di vista manageriale un Direttore di

Unità Strutturale Complessa e contemporaneamente un Direttore di Dipartimento.

E’ evidente che ogni cambiamento costa fatica, quasi sempre si sbaglia tutte le volte che

si è cercato di cambiare, almeno per me. E, fra l’altro, anche successivamente, ho ancora

sbagliato e quindi, in un primo momento, ho peggiorato i miei risultati. Parlo anche dal

punto di vista tecnico oltre che professionale.

Nel contesto di questa giornata, mi chiedo come mai, se questa mia domanda è lecita e

se qualcuno dei presenti può rispondermi, non ci sia un clinico visto che la maggiore

criticità è nella relazione fra i clinici? Mi sembra che i clinici abbiano punti di vista

differenti. E nella relazione fra i clinici, la componente infermieristica che non è da poco,

perché, parliamoci chiaro, è anche un problema di rapporti, di responsabilità e di ruoli.

Risposta Dott.ssa Monica Casati Responsabile Ricerca, Formazione e Sviluppo,Direzione Professioni Sanitarie, A.O. Ospedali Riuniti di BergamoA questa domanda penso di potere e dovere rispondere subito. L'organizzazione di questa

mattina aveva un suo proprio equilibrio nella presenza della Dottoressa Silvestro con il

Direttore Sanitario Medico della sua realtà, proprio per offrire i due differenti punti di vista

professionali sulle stesse questioni. Ieri abbiamo un po’ sofferto all'idea che venisse meno

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.59/161

la componente medica. Di per sé, ogni relatore che per motivate questioni si rende

assente, crea qualche problematica nello sviluppo della giornata.

Quando ieri abbiamo avuto questo tipo di informazione, anche noi abbiamo visto l’assenza

del medico a questo tavolo e ci siamo chiesti se il dibattito riuscisse in qualche modo a

compensare a questa assenza. D’altra parte non è stata compensabile del tutto per ovvi

motivi; ne siamo consapevoli.

Domanda Dott. Giancarlo Fontana Direzione Generale Sanità, Regione LombardiaSono Fontana della Direzione Generale della Sanità. Avevo una curiosità. Questo

modello, evidentemente, è un modello che oltre a coinvolgere l'assetto ospedaliero, in

prospettiva, coinvolgerà anche la parte diciamo post-ospedaliera o comunque la degenza

nella fase post-ospedaliera. Come direzione, mi interessava rivolgere una domanda ai

docenti sull’esistenza di un impianto di tipo teorico o uno studio di tipo teorico, sul quale

può essere migliorato successivamente il percorso. Soprattutto nella allocazione del

paziente nella fase post-ospedaliera. Sappiamo tutti essere un problema importante che

per altro, almeno in regione Lombardia, coinvolge ormai pesantemente la parte sociale,

non tanto quella sanitaria. Inoltre mi interessava l'esperienza della regione Emilia

Romagna, se esiste già come esperienza su quelle realtà che sono state in qualche

maniera presentate come sperimentazione. Grazie.

Risponde Dott.ssa Annalisa Silvestro Direttore Servizi Assistenziali USL di Bolognae Presidente Federazione Nazionale Collegi IPASVIForse la domanda era diretta a me da parte del collega che chiedeva riguardo le lista

d'attesa, se non vado errata.

La cosa che veniva evidenziata è verissima sugli esiti assistenziali. Nelle unità di medicina

dove abbiamo fatto la sperimentazione non abbiamo previsto l'attivazione di un percorso

in tal senso. Al contrario è stata prevista e messa in piedi, definita in un progetto di ricerca,

per quanto riguarda la riorganizzazione dell'intero ospedale. Qui, andremo a rilevare il

raggiungimento di obiettivi con degli indicatori di tipo organizzativo, già definiti in

precedenza, quindi i carichi di lavoro e i picchi di attività e l'utilizzo dei posti letto. Tutto

questo lo andiamo a rilevare e verificare, ma sono di tipo organizzativo.

Invece per quanto riguarda gli outcomes assistenziali abbiamo organizzato un percorso di

ricerca, dove li andremmo a rilevare attraverso uno studio. Ma senza entrare nel merito

del numero di cadute, ad esempio, con il nuovo modello rispetto al precedente. del

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.60/161

numero di infezioni del sito chirurgico con il nuovo modello rispetto al precedente, delle

lesioni da decubito, delle infezioni da catetere sia venoso che urinario, ecc. C'è una serie

di elementi su cui andremo a fare ricerca, rilevazione dati e comparazione, al fine di

verificare se, ammesso e non concesso, che il nuovo modello organizzativo ci permetta di

rendere omogenei i carichi di lavoro, di rendere fruibili tutti i posti letto ecc.. ecc..

Vorremmo andare a vedere anche se questo nuovo modello assistenziale produce un

aumento della qualità dell'assistenza in termini di risposta agli assistiti. Dimenticavo di

dire , ma l'ho detto prima chiaramente, questo tipo di rimodellazione organizzativa

presuppone a monte un percorso di formazione per chi poi deve inserirsi in questo

modello, quindi abbiamo intenzione di rilevare e verificare anche questo aspetto.

Per quanto riguarda il consumo delle risorse, è ovvio che una direzione generale spera

sempre di poter rimodellizzare a isorisorse e questo credo sia un desiderio lecito. Però,

fino ad ora, dove abbiamo provato a sperimentare la rimodellizazione e dove abbiamo

fatto l'analisi dei percorsi , dei processi, delle attività e delle competenze, la direzione

strategica mi ha sempre dato la possibilità di inserire e di fare un investimento in termini di

risorse e quindi di inserire unità. Direi che prevalentemente sono state inserite unità di

operatori socio sanitari, in modo da rendere appropriate e pertinente l'attività e l'assistenza

infermieristica. Non grandi numeri, però degli inserimenti sono stati fatti. Intendendoli

come un investimento perché se il modello parte e funziona e da i risultati, si ritiene che

poi ci sarà un valore aggiunto e quindi un’ottimizzazione delle risorse.

Per quanto riguarda le liste d'attesa, continua il criterio che penso utilizziate anche voi,

collegato però anche alla disponibilità dei posti letto. E’ evidente che se abbiamo fatto un

ragionamento di flessibilità nell'utilizzo del posto letto, non è che adesso tra le aree di

complessità, c'è la barriera con il filo spinato, mi pare evidente che non ci sia e che non

potrà esserci. L'importante è che ci sia sempre la possibilità di dare una risposta attenta

all'assistito. Tenga conto che se viene chiamato dalla lista di attesa un assistito che dovrà

fare un intervento importante dal punto di vista chirurgico, viene già inserito nell'area che

noi chiamiamo rossa ad alta complessità, quindi viene fatta una programmazione, una lista

di attesa delle disponibilità del posto letto, della tipologia di intervento chirurgico, di

valutazione di che cosa in termini assistenziali comporti quell'intervento chirurgico. Devo

anche dire che su questa logica, entro il prossimo anno, sperimenteremo anche le

piattaforme tecnologiche a blocchi operatori obbligatori. All’interno dei quali la gestione del

blocco operatorio sarà a responsabilità infermieristica. E’ abbastanza probabile che ci sia

un infermiere che gestirà il blocco operatorio, dando disponibilità di ore di sala, in base

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.61/161

alle liste di attesa e alle tipologie degli interventi; inoltre tutte le sale saranno multiuso:

anestesisti, chirurghi, strumentisti sono nella logica del ‘service’. In base alle necessità che

si vengono ad evidenziare verranno date le disponibilità di sala operatoria. Questo

ovviamente inciderà sulla gestione dell'area chirurgica. Tengo la parola per rispondere al

Direttore del Dipartimento Oncologico.

Beh, in effetti l'area oncologica, nel caso si volesse utilizzare questo modello, credo sia

già oltre tre quarti di strada, perché in effetti l'organizzazione dei dipartimenti oncologici è

molto orientata in questa logica. Credo che il valore aggiunto sia proprio una

disseminazione di competenze di saperi.

Risponde Prof. Federico Lega Professore Associato di EconomiaAziendale, Università Bocconi di MilanoSolo una cosa veloce sulle lista di attesa.

E’ chiaro che la programmazione del posto letto in realtà deriva dalla programmazione

della sala operatoria. C'è una consequenzialità. Se programmo il blocco operatorio e

l’utilizzo della sala operatoria per gli interventi graduati per instabilità clinica del paziente o

comunque dalla sua complessità, ne deriva che poi a valle il reparto è organizzato in

funzione di quello che penso sia l'utilizzo della sala operatoria , quindi non è un problema.

Il vero problema è mettere d'accordo i chirurghi su quale sala operatoria vogliono fare, chi

vuole andare in quella sala operatoria e di conseguenza poi organizzo a valle il reparto,

perché il vero collo di bottiglia è la sala operatoria, almeno in questa esperienza, come è

successo inizialmente con il week hospital, ma successivamente si è esteso alle high care

ed agli altri reparti. La sala operatoria è il drive dell'organizzazione del reparto, perché mi

dice quanti pazienti possiedo e presumo di avere sui tre livelli di complessità su base

settimanale.

Per quanto riguarda le risorse assorbite dal modello, la Dott.ssa Annalisa Silvestro diceva

che abbiamo avuto delle aperture. Io aggiungo che abbiamo avuto delle aperture su

situazioni deficitarie, cioè in generale questi modelli si vanno ad applicare in un contesto in

cui c'è comunque stress in termini di staff delle risorse. Spesso sono soluzioni che

cercano di produrre una risposta alternativa per rendere compatibile quella che è la

sensazione di una carenza di personale con il funzionamento della macchina

organizzativa, quindi al di là della esperienza specifica, è chiaro che qualsiasi

innovazione richiede un minimo di investimento. Non posso pensare di farlo senza

qualche risorsa aggiuntiva, ma in linea di massima, diverse di queste soluzioni, penso di

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.62/161

nuovo da un lato al week hospital e dall'altro all'idea di distinguere i pazienti per

complessità assistenziale fra il paziente fragile e altri pazienti, partono dal presupposto

che l'obiettivo è di cercare di ottenere un utilizzo più efficiente dello staff e che questo nel

medio periodo mi permette di ridurre il fabbisogno complessivo, di mantenerlo a quella

che è la dotazione organica attuale.

Questo non significa che internamente non ci siano dei riposizionamenti. Anzi l'obiettivo è

proprio quello di produrre riposizionamenti che rendano più equilibrato lo staff.

Attualmente non abbiamo una misura effettiva che ci permetta di dire che ci sia un

risparmio. Anzi la misura che dovremmo tenere a mente quando guardiamo queste

soluzioni organizzative non è forse questa. E’ chiaro che c'è questa preoccupazione, cioè

che il modello sia economicamente sostenibile e che ci aiuti a gestire la tensione sul fronte

del fabbisogno economico e di risorse, ma chiaramente la priorità in termini concettuali è

quella di costruire delle risposte organizzative che siano più legate alla tipologia di

paziente.

Risponde Dott.ssa Annalisa Silvestro Direttore Servizi Assistenziali USL di Bolognae Presidente Federazione Nazionale Collegi IPASVIDico due cose velocemente. La strada è molto aperta, il week hospital medico ad esempio

è una proposta su cui si sta ragionando. La costituzione di un area specifica di dimissioni

complesse è un altra area su cui si sta lavorando. Questo ci porta alla domanda del Dottor

Fontana: l'integrazione con il territorio. Qui la palla spesso è stata rimbalzata da una metà

campo all'altra. L'ospedale si lamenta che il territorio non ha le strutture per accogliere, il

territorio dice che l'ospedale non sa fare la gestione delle dimissioni. Allora bisogna trovare

un punto di unione di queste due visioni. Evidentemente l'obiettivo di questi soluzioni

organizzative non è proporre un modello unico, ma cominciare a far ragionare su quali

sono le categorie di pazienti che hanno maggiori necessità di avere un presidio specifico

o di ‘stage management’. Il campanello d’allarme deve suonare dal secondo giorno di

ricovero. Io so che dal secondo giorno di ricovero qualcuno si deve cominciare ad

occupare di avviare la macchina organizzativa che mi porterà alla gestione della migliore

possibile dimissione di quel paziente. Di soluzioni organizzative oggi ce ne sono. Ma il

problema vero è che spesso si arriva tardi a gestire, cioè si arriva a gestire nel momento in

cui ormai si è pronti a dimettere. Il punto è come possiamo anticiparli e rendere magari

più efficiente la macchina organizzativa, individuando un’area in cui si concentrano le

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.63/161

situazioni più critiche, in cui magari possiamo cominciare a praticare qualcosa che

qualcuno teorizza come ‘ospitaly’.

Ad esempio in medicina generale individuare alcune aree specifiche collocate all'interno

dell’ospedale in cui alcuni medici di medicina generale garantiscano la continuità tra

l'ospedale e il territorio. Magari impostano il trattamento terapeutico o quello ospedaliero in

fase di dimissione che un po’ una delle ambizioni che c'è dietro questo modello.

Allora al di là del fatto che in Emilia Romagna c'è un modello un po’ diverso da quello

lombardo per cui le aziende (Usl) hanno anche il territorio, questo facilita alcuni passaggi,

ma comunque è evidente che in una organizzazione per livelli di complessità, io venga

facilitato nell'attivare il percorso di presa in carico sul territorio, perché sulla base dell'area

in cui posiziono l'ospite degente, io so già impostare il percorso di accompagnamento alla

dimissione.

Poi è ovvio che come azienda da noi, avendo in carico il territorio siamo facilitati

nell'attivare una serie di percorsi. Ad esempio, credo verso la fine del 2010, noi dovremmo

partire con dipartimenti di cure primarie che sono dipartimenti di produzione, mentre nella

mia azienda abbiamo dipartimenti funzionali, proprio sulla logica nata dalla riflessione sulla

complessità, tenderemo ad organizzare il dipartimento per le cure primarie, per quanto

riguarda l'assistenza infermieristica, ma questo incide in maniera significativa anche sulla

medicina generale, l'attivazione di nuclei per le cure primarie o unità territoriali.

Abbiamo suddiviso la funzione assistenziale in due grandi aree: quelle di tipo semplice,

quindi con una logica prestazionale nella quale gli infermieri fanno le prestazioni anche a

domicilio, da quella in cui attiveremo a continuità dell'assistenza, in cui ci saranno dei pool

multiprofessionali a prevalenza infermieristica che faranno la presa in carico.

Quindi se io ho una dimissione difficile, perché è un paziente complesso o perché ha

problemi significativi da un punto di vista clinico assistenziale, verrà presa in carico dalle

unità attraverso il Piano di Assistenza Individualizzato (P.A.I.) con un patto di temporalità

in modo da facilitare dimissioni complesse.

In questo caso ad esempio, ci organizziamo utilizzando la funzione di case manager che

sarà il professionista maggiormente in grado di comprendere ed eventualmente impostare

la miglior risposta ai bisogni dell'assistito. Potrebbe essere il medico, in base alla

situazione, se l'instabilità è alta. Potrebbe essere il fisioterapista o l'infermiere in base alla

necessità in cui pensiamo ci sia prevalenza. Allora l'infermiere case manager sarà colui

che tiene i contatti con l'unità ospedaliera, con il medico di medicina generale scelto

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.64/161

dall'assistito e con il gruppo dell'équipe multiprofessionale che si farà carico della

continuità dell'assistenza.

Non lo so, per adesso ci pare di poter dire che un’organizzazione come quella che stiamo

mettendo in piedi dovrebbe facilitare questa possibilità di dimissione guidata, protetta e

impostata sulla continuità. Questo problema ce l'abbiamo anche noi in maniera

abbastanza significativa, perché è un problema evidentemente diffuso e dagli studi che

stiamo facendo spesso i ‘frequent user’ sono persone che non riescono a trovare una

risposta adeguata sul territorio. Ma la cosa che ci fa particolarmente riflettere, avendo

anche in gestione il territorio, è che molti dei ‘frequent user’ che risultano dalle nostre

rilevazioni non sono noti ai nostri servizi di assistenza domiciliare, il che ci ha fatto molto

riflettere perché evidentemente sfuggono al sistema.

Risponde Dott. Andrea Mentasti Direttore Generale, A.O. Ospedale S. Anna di ComoLa metà del tempo che passiamo in azienda è dedicato a determinare quali spese saranno

necessarie per far funzionare il nuovo ospedale, provando un po’ a calarsi nella realtà e

sporcandoci le mani.

Se voi verrete nella nostra realtà, diciamo fra diciotto mesi e fotograferete quale è la

situazione, non si capirà assolutamente nulla; nel senso che il nuovo ospedale ha una

serie di novità che prima non c'erano: strumentazioni, attivazioni di attività che prima non

esistevano, è cambiata la logistica, ecc. Noi siamo in un ospedale a padiglioni, saremo in

una struttura unica e questo cambiamento non è da poco soprattutto per certe figure

professionali

Si vogliono migliorare dei processi interni o introdurre attività che prima magari

zoppicavano. Allora la fotografia mette insieme una serie di modifiche che è difficile

misurare. Da questo punto di vista quando si parla di avere un po’ più di risorse è ovvio

per un ospedale come il nostro, ma credo che il ragionamento valga per Bergamo,

Legnano, Vimercate (anche se è una realtà che conosco assolutamente poco) Questo

però non ci deve far dedurre che questo modello occuperà più risorse, perché facciamo

una frittata con tutte le verdure. Detto questo, noi stiamo cercando di spostare il

ragionamento, dicendo ai suoi colleghi noi non vi diamo un infermiere in più, cioè il

modello nuovo dovrà funzionare a isorisorse, tutte le risorse in più serviranno solo per

l'attivazione di nuove attività.

Detto questo, di fatto, io sto dando più risorse, perché nel momento in cui, per esempio, le

ore sono state messe in gara tre anni prima di costruire l'ospedale, per cui noi abbiamo più

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.65/161

ausiliari di quelli che oggi stiamo usando, significa in altre parole che l'infermiere avrà più

tempo, perché scarichiamo l'infermiere rispetto ad un certo tipo di attività che giustamente

lei diceva non è appropriata e poi l'efficienza che nasce da un sistema, da

un’organizzazione soprattutto da una logistica completamente nuova, dovrebbe darci dei

vantaggi marginali notevoli, per cui il fatto che noi andiamo avanti a isorisorse, di fatto vuol

dire che io sto dando più risorse.

Come si può misurare con precisione questo effetto? Non lo so, sicuramente noi stiamo

ancora progettando il sistema, non è detto che quello che stiamo progettando non debba

essere modificato nel giro di sei mesi, dopo lo start up.

Sul tema delle risorse credo che difficilmente si potrà dare una risposta, soprattutto se la

risposta la chiedete a figure professionali come la mia che stanno riprogettando un

ospedale intero. E’ molto più facile misurarlo su un progetto che interessa una fettina di

ospedale, per esempio se questa parte di ospedale andava a cento e adesso va a cento

uno, risulta facile fare un bilancio. Ma se mettete in un unico calderone il tutto, l'ospedale

nuovo è assolutamente difficile da valutare.

In effetti, volevo convenire con quanto lei diceva, ma volevo portare anche la mia

esperienza. L'esperienza è come un pettine dato a un calvo, ognuno si deve fare la sua.

Ma per quanto mi riguarda, in realtà, l'aggiunta e l'integrazione è stata più verso le figure di

operatori socio sanitari che di infermieri. Erano quelli che si evidenziavano carenti. Infatti

se impostiamo l'assistenza infermieristica in un certo modo, ho bisogno di qualcuno che

svolga attività non appropriate e non pertinenti agli infermieri, quindi, da questo punto di

vista, mi viene da dire che se avete questo tipo di impostazione probabilmente è la chiave.

Servono anche i metodi di pesatura dei livelli di complessità come orientamento per la

definizione della quantità di risorse; questo è indubbio. Poi, ovviamente, bisogna fare i

conti anche con la risorsa economica che viene messa a disposizione. Per quello che

posso ribadire ancora, dovrebbe razionalizzarsi.

Infine per l'utilizzo delle risorse, dove abbiamo attivato questa sperimentazione, l'azienda

ovviamente ha messo in atto corsi di incentivazione all'impegno professionale e allo sforzo

per il cambiamento, ma questo penso sia una cosa abbastanza normale.

Risponde Dott. Giancarlo Fontana Direzione Generale Sanità, Regione LombardiaIn realtà quello che noi osserviamo di questa proposta di modello di ingegnerizzazione del

sistema, chiamiamolo come vogliamo, è che non esiste l'ospedale che si trasforma o tutti

gli ospedali che si trasformano in un certo modo. L'impressione è che ogni ospedale

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.66/161

debba attivare percorsi interni che tengono conto dei professionisti della struttura e della

sensibilità dell'aspetto formativo.

Devono essere fatte una serie di valutazioni che competono al singolo Direttore Generale

dell'ospedale che in qualche maniera deve cercare di estrapolare a priori se sarà

necessario avere più risorse o meno risorse, se queste risorse dovranno essere destinate

ad una cosa piuttosto che ad un'altra. A priori diventa abbastanza complesso, quindi

l'atteggiamento è quello di osservare; nei prossimi mesi ci saranno queste complessive e

quasi contemporanee implementazioni di nuove strutture, con modelli organizzativi

verosimilmente simili, ma non identici. Valutare a posteriori quali esigenze, anche magari

in termini formativi e non stiamo parlando di aspetti economici, ho citato l'aspetto formativo

perché mi sembra uno degli elementi cruciali di questo processo di trasformazione, sia

per l'aspetto infermieristico che per quello medico.

Ecco, dicevo, stiamo ad osservare quali potrebbero essere queste evoluzioni.

Successivamente queste esperienze potranno trovarsi ad un tavolo di trattativa e

ragionare su questa partita che evidentemente seguirà dei canali che non sono oggetto di

discussione in questo momento .

Domanda Dott.ssa Chiappa Laura Direttore Sanitario, A.O. Ospedale S. Anna diComoRubo anch’io un minuto per porre una domanda alla Dottoressa Silvestro e poi al Dottor

Fontana.

La dimissione è il momento che ci sta vedendo sottolineare come momento critico perché

non stiamo parlando soltanto di assistenza domiciliare e quindi del paziente che va a casa

sua e io gli fornisco delle prestazioni, situazione che le varie Asl della Lombardia riescono

a soddisfare con dei modelli differenti, con delle prestazioni che non sono sempre

omogenee, ma il problema che abbiamo a Como, è che il paziente che non è ancora in

grado di essere gestito al domicilio e non è un paziente da riabilitazione, al massimo

potrebbe essere un paziente da Rsa, ma uscire dall'ospedale e andare direttamente in

Rsa non è percorso corretto, cosa ne faccio di questo paziente?

Il caso tipico è l'anziano che è stato sottoposto ad intervento per frattura di femore. Non

può caricare sull’arto e non lo posso portare in riabilitazione, perché gli standard regionali

mi dicono che la riabilitazione è da quando fa riabilitazione attiva, quindi io cosa ne faccio

di questo paziente?

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.67/161

Allora abbiamo provato ad ipotizzare delle soluzioni con una Rsa, con dei posti che

abbiamo battezzato “posti di sollievo” copiando da alcuni colleghi di Varese. Abbiamo

avuto degli inciampi non piccoli con l'Asl, perché ci hanno chiesto che quei posti non

fossero accreditati o quantomeno non fossero sul pacchetto sociale, perché se questa

situazione si sviluppa sui posti accreditati come Rsa e quindi come famiglia, loro

avrebbero perso l'accreditamento su quei letti o gliel'avrebbero quanto meno sospeso.

Allora abbiamo pensato di metterli sui letti accreditati alla parte sanitaria che per nostra

fortuna questi letti non sono ancora stati attivati. Partono con il percorso di autorizzazione

e probabilmente glieli accrediteranno. Però quando porto lì questi pazienti, li pago io per

cui il mio Direttore Generale, prima o poi mi tira le orecchie, perché facendo un contratto

con questa Rsa vado in realtà a comperare dei posti letto che pago da bilancio per non

mettere in carico niente al paziente, se così non fosse il paziente se ne andrebbe da altre

parti .

Di fatto, quindi, mi ritrovo ad avere un aggravio di bilancio che mi potrebbe anche andare

bene per alcuni numeri, perché libero il posto per acuto e riesco ad ottimizzare l'utilizzo dei

letti. In Emilia Romagna queste situazioni intermedie ci sono? Ci state pensando? A mio

parere la Lombardia deve cogliere l'occasione di pensare tra sanità e famiglia e trovare

una soluzione rispetto a queste opportunità e a questi problemi perché sono i problemi che

in ospedale viviamo tutti i giorni.

Risponde Dott.ssa Annalisa Silvestro Direttore Servizi Assistenziali USL di Bolognae Presidente Federazione Nazionale Collegi IPASVIIn Emilia Romagna, nello specifico nella mia azienda, abbiamo delle unità operative

cosiddette “post acuti di gestione infermieristica”, dove vengono inseriti degenti, se non ho

capito male, che si trovano nella situazione da lei descritta. Questi pazienti non sono

ancora del tutto dimissibili nella logica della presa in carico sul territorio perché richiedono

ancora una fase di stabilizzazione sia clinica che assistenziale. Nell’azienda Usl di

Bologna, dove io lavoro ne abbiamo due: una unità post acuti inserita nell'ospedale

Maggiore e una unità post acuti inserita nell'ospedale Bellaria. Sono a gestione

infermieristica e sono un punto di appoggio qualificato delle diverse unità operative prima

della dimissione, quindi è stato trovato questo percorso, però chiaramente sono ancora in

ospedale .

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.68/161

Risponde Prof.ssa Stefania Di Mauro Professore Associato ScienzeInfermieristiche, Università degli Studi di Milano Bicocca

Per quanto riguarda l'apparente uguaglianza che chiedeva il Dott. Goggi sulla complessità

assistenziale e nelle aree a diversa intensità, un andamento di questo genere ce lo

aspettavamo, ma non così marcato. Sinceramente ha stupito anche noi. Lo leggiamo in

questo modo: non solo la patologia va ad incidere su questo indicatore, ma anche altri

diversi fattori come l'età della persona, variabile che incide tantissimo in relazione alla

grado di dipendenza o alle capacità residue. Inoltre, a seconda del linguaggio che

utilizziamo, c'è una influenza di queste variabili a parità di diagnosi medica o di intervento

chirurgico o se vogliamo di Drg. Questa influenza è enorme e determina una amplissima

variabilità .

Nelle aree delle 25 Aziende Ospedaliere dove è stata fatta la ricerca, abbiamo ritrovato, ad

esempio fra le 5 o 6 Neurochirurgie, delle variazioni di complessità che leggendo

approfonditamente i dati sono ascrivibili sicuramente alle condizioni dei pazienti, ma anche

alle diverse soluzioni organizzative, per esempio al fatto di avere o non aver alcuni letti di

subintensiva neurochirurgica.

Inoltre le unità operative che a parità di classificazione abbiamo trovato con maggiore

complessità assistenziale sono le geriatrie.

E questo è abbastanza significativo. Prima si parlava, non mi ricordo in quale intervento,

che l’intensità di attività infermieristica richiesta da una terapia intensiva era alta, non

voglio certo negarlo, ma qual é l'intensità di attività infermieristica che è richiesta da un

ambito geriatrico? E’ qualcosa che adesso incominciamo a misurare. Lo sapevamo, lo

sospettavamo, il nostro intuito infermieristico l’ha sempre saputo, ma adesso lo possiamo

misurare.

Tra l'altro facciamo attenzione: non sempre il livello maggiore di dipendenza è quello che

impegna di più l'infermiere. Infatti quando c'è una persona che sta muovendosi dalla totale

dipendenza verso un recupero, quella persona per esempio che non è più allettata e fa

una serie di attività, tutto sommato, abbastanza velocemente, chiede comunque tempi e

modi che incidono molto sulla complessità del caso e sulla quantità e qualità del tempo.

Io non so a cosa si riferiva quando diceva: abbiamo trovato dei risultati un po’ diversi.

Anche Vimercate era una delle 25 aziende ospedaliere in cui abbiamo fatto la rilevazione.

L'altra cosa che volevo dire riguarda tangenzialmente, ma neanche tanto, la domanda del

Dott. Fontana sul fatto che questo modello coinvolge una realtà sanitaria ospedaliera e

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.69/161

post ospedaliera o territoriale. Noi stiamo iniziando ad applicare questo metodo presso

l'Azienda Ospedaliera di Lecco, fra poco incominceremo a diffonde i primi risultati .

Ci siamo accorti dai i primi lavori che i pazienti che vengono dimessi da una determinata

unità operativa, in molti casi, rimangono ad alta complessità assistenziale, pur nel

momento in cui hanno una chiusura della situazione medica.

L'alta complessità assistenziale dei dimessi rimane molto alta, questo evidentemente

impatta o dovrà impattare in modo importante sui servizi offerti dalla realtà territoriale che

dovranno essere, consentitemi il termine, intensivi. Personalmente non intervengo sulle

altre domande perché non è mia competenza, anche se ritengo che chi si occupa di

formazione debba essere molto attento a questi segnali che provengono dalle realtà

operative. Noi guardiamo con molto interesse a questa esperienza dell'Emilia Romagna

delle unità di post acuti, infatti fra miei studenti della post specialistica, numerosi li mando

a fare gli stage presso queste strutture. Sono una soluzione che consente in parte di

gestire questa problematica.

Risponde Dott.ssa Rita Maricchio Responsabile Infermieristico ASS n.5 BassaFriulanaLa risposta alla prima domanda posta dal Dott. Goggi è che il M.A.P. non si fonda sui

DRG, ma abbiamo voluto avere i corrispondenti (DRG e codice SDO) e vedere quale era

la relazione tra il peso utilizzato fino ad ora e il peso che lo strumento M.A.P. ha elaborato

ex novo.

Probabilmente prima non mi sono spiegata bene. Ovviamente per motivi di tempo e per

orientamento della relazione non potevo farvi vedere quale è stato il percorso dello

strumento M.A.P., quindi se qualcuno avesse necessità ed interesse di vedere sono a

disposizione.

Anche il M.A.P. sta translando lo strumento sul territorio. In questa direzione stiamo

lavorando con le colleghe dell'Emilia Romagna per tarare lo strumento utilizzato nella

medicina e nelle chirurgie sul territorio, ovviamente dando per scontato di trovare sul

territorio una bassa instabilità chirurgica, quindi abbattendo l'asse dell’instabilità clinica e

dando maggior peso all'autonomia - dipendenza.

Io sono una responsabile di una Residenza Assistenziale del Friuli Venezia Giulia e anche

per noi aumenta l'incidenza di persone che non riescono ad andare al domicilio

direttamente dopo un ricovero. Vista l’innalzamento dell'età media, stiamo istituendo dei

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.70/161

posti all'interno delle Rsa a gestione infermieristica e quindi cercando in qualche modo di

dare una risposta a quello che lei diceva.

L'altra soluzione trovata dalla mia azienda, in particolar modo dall'azienda Cinque della

Bassa Friulana, è stata quella di attivare dei progetti speciali per persone che potevano

essere rimandate a domicilio con dei care givers particolarmente collaboranti, attivando,

anche noi abbiamo la situazione di gestione diretta del territorio, dei percorsi “intensivi” in

collaborazione con i servizi sociali. Per questo è stata ancora più importante la pesatura

della persona e l'identificazione delle variabili che ci permettono di portare questa persona

al domicilio. Questi pazienti hanno comunque degli interventi socio sanitari intensivi che

arrivano a tre accessi al giorno, quindi solamente per casi dedicati, ovviamente non per

tutti.

Dott. Andrea Mentasti Direttore Generale, A.O. Ospedale S. Anna di ComoCredo che sia emerso un quadro teorico e anche in parte pratico molto interessante.

Dall'altra con un minimo d’orgoglio per la nostra regione, credo che fra qualche anno,

diciamo un anno o un anno e mezzo, i modelli di Vimercate, di Legnano, di Como e di

Bergamo saranno forse gli unici in Italia veramente funzionanti sulle grandi dimensioni.

Stiamo parlando di ospedali che vanno dai 700 ai 900 posti letto. Per cui se oggi voi siete

consulenti che noi utilizziamo, credo che dall'anno prossimo, sarete voi ad utilizzare noi

come banche dati, per avere tutte le informazioni necessarie. Credo che lo sforzo della

regione messo in atto oggi, sia stato notevole perché non sta tanto nel costruire 4/5 nuovi

ospedali, quanto averli anche pensati sei o sette anni fa con questa logica. E’ un aspetto

di cui dobbiamo tener conto, dare merito a chi ha fatto questa attività di programmazione.

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.71/161

Sessionedel

Pomeriggio

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.73/161

Moderatori :Dott. Claudio Sileo Direttore Sanitario, A.O. OspedaliRiuniti di BergamoDott. Ettore Ongis Direttore L'Eco di Bergamo

Lettura Magistrale

Lo scenario lombardo

Dott. Giancarlo Fontana Direzione Generale Sanità, RegioneLombardia

Vi porto innanzitutto i saluti del Dottor Lucchina che come diceva

il Dottor Sileo ha avuto questo impegno improvviso e quindi non è

riuscito a venire. Il Dottor Lucchina ha pregato però di portare i

suoi saluti e di complimentarsi con gli organizzatori, in primis con

il Dottor Bonometti, Direttore Generale, ma anche con il Dottor

Sileo e tutti coloro che hanno organizzato questo incontro di cui

effettivamente si sentiva la necessità.

L’argomento trattato oggi è uno di quelli su cui effettivamente in assessorato si sta

discutendo, perché Regione Lombardia ha iniziato in modo abbastanza rapido e veloce, e

soprattutto con un numeri abbastanza grossi, sperimentazioni di un modello strutturale che

in qualche maniera potrebbe apportare sostanziali e radicali modifiche in ambito

organizzativo e non solo, ma, come molti di noi si aspettano, anche sulla qualità delle cure

erogate al paziente stesso.

Questa mattina è stato più volte ricordato, anche da relatori molto più autorevoli di me che

i cambiamenti socio-demografici, i cambiamenti diagnostico-terapeutici, con la disponibilità

di procedure molto complesse, i cambiamenti della stessa popolazione e delle esigenze,

della sensibilità della stessa, hanno reso probabilmente, anzi sicuramente, vecchio il

modello dell’ospedale che conosciamo tutti e che fra l’altro è un modello che risale a

moltissimi anni fa, forse a troppi anni fa (slide 2).

Quindi direi che è nell’ordine delle cose a questo punto, che si debba trasformare questo

modello.

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.74/161

D’altra parte è un problema su cui effettivamente la discussione è aperta da tempo.

Una delle possibilità, forse quella che sembra attualmente la più percorribile, peraltro già

percorsa da modelli anglosassoni o dei paesi del Nord dell’Europa, potrebbe essere

questa dell’ospedale articolato per livelli di assistenza e di cura di tipo trasversale.

Questo passaggio è a mio avviso un po’ più ampio rispetto alla visione di una

ristrutturazione ospedaliera. Potrebbe passare anche attraverso una riorganizzazione più

estesa del sistema dell’offerta di servizi, cosa che peraltro si sta già facendo diffusamente,

magari non ancora a livello percettibile o percepito.

In altri termini, voi conoscete quello che si sta facendo in termini di “rete di patologia”.

In termini di “rete di patologia” si sta cercando di integrare le offerte, le strutture, le qualità,

le competenze ospedaliere a livello regionale e non più a livello locale o provinciale,

definendo anche dei livelli competenza, di capacità e di risorse all’interno delle singole

strutture ospedaliere.

Parallelamente a questo tipo di articolazione che è un po’ più ampio, si affianca questo

discorso trattato oggi, cioè la riorganizzazione, nell’ambito di questi reti, anche delle

strutture ospedaliere, dei loro modelli di offerta, dei loro modelli di assistenza e più in

generale della loro struttura complessiva.

Un aspetto che fin dall’inizio voglio sottolineare è che queste rielaborazioni, questi ulteriori

passaggi verso una riorganizzazione del sistema dell’offerta sanitaria e qui mi limito

semplicemente a parlare della parte ospedaliera non della parte post e pre ospedaliera,

passa assolutamente e deve passare assolutamente, attraverso il coinvolgimento dei

professionisti. Per coinvolgimento dei professionisti non intendo il coinvolgimento solo in

fase di progettazione o definizione, ma intendo il coinvolgimento dei professionisti in

itinere, sia dal punto di vista della collaborazione che della predisposizione dei modelli che

si intendono percorrere all’interno dell’ospedale e non da meno in termini culturali.

Vi accennavo stamattina che uno degli aspetti più critici per l’implementazione di queste

nuove ingegnerizzazioni dei sistemi sia proprio legato alla consapevolezza e quindi alla

conoscenza e alla formazione che i clinici devono avere per accettare ed aderire, anche in

modo positivo e in termini propositivi evidentemente, a queste nuove tipologie di

organizzazione.

Lasciatemi spendere alcune parole sull’organizzazione in rete perché ritengo che

qualunque sia il modello che verrà calato, partendo dal modello originale del sistema a più

livelli e qualunque modello verrà calato nelle singole strutture ospedaliere, non potrà

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.75/161

prescindere dal concetto che gli ospedali non sono singole entità, non sono ospedali

collocati in un territorio dove c’è il nulla in termini di altre strutture ospedaliere, ma sono

delle strutture ospedaliere che devono agire in rete, vuoi come centri di livello qualitativo e

quantitativo elevato, vuoi come centri che in Emilia Romagna definiscono “spoke”, ma che

comunque sono centri che hanno, ad esempio in un contesto di cui si parlava stamattina di

dimissione protetta dell’ospedale, ruoli fondamentali anche per il funzionamento dei centri

di livello più elevato.

Che la logica della rete sia una logica ineluttabile, nel senso buono del termine, ormai è

abbastanza noto da tempo, sia per l’evoluzione epidemiologica che per i mutamenti

istituzionali, le varie leggi nazionali e regionali che hanno articolato l’organizzazione

sanitaria così come la conosciamo oggi, che per le nuove tecnologie; tutto ciò ha fatto si

che l’organizzazione sanitaria in qualche modo si modificasse o si debba modificare nelle

aree in cui non è ancora stata presa questa decisione.

Contemporaneamente, qui ritorno sul discorso dei professionisti, la progressiva

specializzazione e questo se ci pensate è un po’ in contrasto con quanto ci siamo detti

stamattina e le competenze integrate hanno fatto sì che i professionisti, all’interno di

questo sistema, progressivamente abbiano acquisito competenze, ruoli e capacità

differenziate ma necessariamente da integrarsi.

Questo aspetto vale sia per l’entità ospedaliera che per la componente di integrazione

extra ospedaliera e da qui la logica della rete.

Logica della rete risponde a due esigenze appunto: la progressiva specializzazione del

sistema, quindi anche delle strutture ospedaliere e l’esigenza di integrare le autonomie

che si sviluppano all’interno di questa progressiva specializzazione (slide 3).

Da questo punto di vista sono state create abbastanza recentemente, attraverso atti

regionali, tutta una serie di impostazioni che tentano di integrare le strutture ospedaliere in

livelli complessi per patologia.

In altri termini, il principio guida di questa ipotesi, che poi non è più un’ipotesi, è quella di

fornire al cittadino, ovunque il cittadino si trovi in un ambito del territorio regionale, le

stesse opportunità facendo si che il cittadino debba in qualche modo evitare di pellegrinare

per avere una diagnosi o per avere una consulenza specialistica all’interno di questo

sistema.

Uno degli esempi, il più recente, è la rete ematologica che integra una serie di strutture di

elevato livello, raggruppando una serie di ospedali che avranno poi il ruolo e il compito di

far ricadere sulle strutture delle competenze in termini di cultura, in termini di protocolli, in

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.76/161

termini di scienza; ma oltre a queste competenze anche quelle tecnologiche, quindi

l’aspetto del sistema di raccolta dati, del minimun data set d’informazioni e soprattutto di

integrare culturalmente i professionisti che lavorano all’interno (slide 4).

Questo ambito di integrazione riguarda, o dovrà riguardare, anche gli assetti organizzativi

all’interno delle singole strutture. L’assetto organizzativo è chiaramente dipendente dalle

nuove scelte locali o dalle scelte che vengono fatte in base alle nuove ristrutturazioni

ospedaliere, ovvero anche ad esempio in ospedali articolati per livelli.

Un altro esempio, qui siamo entrati ancora più nel dettaglio definendo dei livelli specifici, è

la rete per la gestione dello “stroke”. Vado via abbastanza veloce perché m’interessava

puntualizzare solo il concetto che l’ospedale prima ancora di essere articolato per livelli di

intensità di cure, debba comunque essere inserito e si debba tener conto di un sistema

rete (slide 5).

Questo è un altro aspetto a cui fa riferimento un recente Decreto Regionale sul

trattamento del paziente con infarto acuto (slide 6).

E’ un aspetto più ampio che ha come linea l’articolazione tecnologica e informatica del

sistema che si sviluppa abbastanza paradossalmente e in modo simile rispetto al concetto

di ospedale per livelli.

In regione si sta cercando di integrare tutte le informazioni attraverso il sistema informativo

regionale in una piattaforma di rete su cui si inseriscono singole patologie (slide 7).

Questo che potrebbe essere interpretato come avulso dal discorso di oggi, in realtà ha un

suo stato fondamentale se considerate che uno degli elementi di maggiore criticità è

proprio la circolazione delle informazioni.

Se considerate che l’idea di far collaborare più clinici contemporaneamente sul medesimo

paziente, o meglio più professionisti delle sanità sul medesimo paziente, cercando in

qualche modo di creare e integrare un percorso del paziente il più efficace ed efficiente

possibile, passa attraverso lo scambio di informazioni e che quindi non sarà più il singolo

clinico a gestirsi l’informazione, o pochi soggetti, ma dovrà essere un’informazione

trasversale, capite che l’aspetto di integrazione tecnologica diventa prioritario.

Vi rubo solo due minuti per sottolinearvi un passaggio che mi sembra molto interessante.

Noi siamo abituati a considerare il concetto di rete come un concetto di insiemi di oggetti

che in qualche maniera interferiscono tra di loro e che hanno delle regole

comportamentali.

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.77/161

In realtà, il concetto di rete, questo mi piace sottolinearlo perché amplia molto la visione

che comunemente si ha di questa idea, è un concetto che si estende al di là di quanto

stiamo dicendo in questo momento.

Questa è una diapositiva difficilmente interpretabile (slide 10). E’ una rete, una

raffigurazione di rete di uno studio inglese pubblicato su NEJM che dimostra

sostanzialmente la correlazione tra obesità e fattori di rischio. Il fatto di essere amici di

soggetti obesi moltiplica del 170% il nostro rischio di obesità.

Quindi l’idea di valutare le reti come sistemi banalmente connessi ha delle implicazioni

notevoli; voi immaginate quale implicazione può avere questo concetto se entrassimo a

discutere di prevenzione o di valutazione del rischio cardiovascolare.

Questo è semplicemente per darvi un’idea di quale può essere l’estensione di valutazione

della rete.

Tornando al nostro discorso sulla riorganizzazione ospedaliera, è chiaro che noi abbiamo

in qualche modo ereditato un concetto anglosassone che passa quasi sempre attraverso

una separazione della responsabilità clinica dalla responsabilità gestionale e questo

secondo me è un passaggio importante.

Se vogliamo seguire i modelli non italiani, le figure professionali che qui vedete descritte

(slide 12) che tutto sommato potrebbero corrispondere a quelle italiane, potrebbero essere

le figure che in qualche modo hanno la gestione di queste strutture trasversali. Questo

secondo me è un elemento di estrema importanza e forse uno degli elementi di maggior

difficoltà nell’implementazione del sistema stesso.

L’aspetto strutturale, come diceva questa mattina il Professor Lega, è un aspetto che

spesso pongono architetti e ingegneri che progettano gli ospedali. Successivamente in

qualche maniera le Direzioni Sanitarie, attraverso il buon senso, riescono a definire ed a

piegare la struttura alle esigenze dell’organizzazione.

L’aspetto legato ai differenti ruoli e ai differenti compiti nell’ambito di un contesto come

questo rappresenta un elemento di estrema criticità.

Quindi la proposta di queste nuove soluzioni organizzative, come è stato già richiamato

questa mattina, è sostanzialmente un modello organizzativo strutturato per bisogni (slide

13). Questo credo sia l’elemento importante; poi che i bisogni siano clinici, assistenziali o

quant’altro, possiamo discuterne, ma sicuramente strutturato per bisogni e non per organi

o per apparati, frutto della tradizione che conosciamo bene.

Si è scelto arbitrariamente, del tutto arbitrariamente, di dividerlo in alta, media, bassa. Si

poteva scegliere di dividerlo in quattro o in due o in cinque. Si è scelto di dividerlo in tre,

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.78/161

verosimilmente per semplicità. Questo è abbastanza singolare perché vi ricordo ad

esempio che i codici di accesso in pronto soccorso sono tre, i codici che si utilizzano in

pre-ospedaliero sono tre, quindi c’è una certa continuità e questa non è banale. C’è

continuità fra quanto avviene in fase pre-ospedaliera, dipartimento d’urgenza emergenza e

codifica successivamente all’interno di una struttura ospedaliera.

Questo si traduce in un superamento di questo modello tradizionale, in un cambiamento

delle pratiche gestionali e soprattutto in una collaborazione interdisciplinare.

Io non spendo altre parole sugli aspetti teorici o di implementazione del sistema, anche

perché, come dicevo questa mattina, credo che non esista la ricetta, il modello uguale per

tutti. Credo che esista la capacità e l’intelligenza di chi poi dovrà calare questo impianto

teorico all’interno delle proprie strutture ospedaliere di considerare una serie di variabili,

una serie di elementi strutturali, economici, qualitativi ecc. Soprattutto di considerare la

sensibilità del sistema delle proprie strutture quindi non c’è evidentemente un unico

modello che vada bene per tutti (slide 14,15,16).

Possono esserci dei suggerimenti, degli spunti, degli elementi di riflessione su cui, come

Direzione Generale, riteniamo di dover richiamare la vostra attenzione.

Fermo restando che ormai questo processo di cambiamento credo sia abbastanza

assodato e pressoché ineluttabile, per alcuni versi forse anche auspicabile, uno degli

elementi su cui noi vorremmo riflettere è che l’intensità delle cure non è l’unico elemento

che deve guidare questo cambiamento (slide 17). Questo è uno degli elementi guida,

anche se spesso viene identificato di fatto come il nuovo ospedale, in realtà non l’unico

elemento. Oggi evidentemente il convegno è articolato e centrato su questo, ma non

stiamo parlando solo di questo, stiamo parlando di ben altro.

La prospettiva secondo noi deve considerare tutti gli attori del sistema. Chi avrà il compito

di calare all’interno della propria struttura ospedaliera i concetti esposti questa mattina e

far tesoro delle esperienze presentate, dovrà considerare evidentemente anche la

direzione complessiva del sistema, le professioni sanitarie, i clinici, la direzione nel suo

complesso. Io parlo dell’azienda compreso il territorio e l’articolazione territoriale del

sistema, il pre e il post ospedale e il paziente evidentemente.

Qui è per ultimo, ma l’ho messo per ultimo perché mi da la possibilità di parlare un po’ di

più. E’ evidente che il paziente in questo caso dovrebbe avere, fin dall’inizio, un ruolo non

dico di co-progettazione, ma quanto meno di ascolto.

Quindi secondo noi nella fase di progettazione è importante fin dall’inizio coinvolgere

anche i pazienti. Chiaro non i singoli, ma le associazioni dei pazienti. Questo dovrebbe

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.79/161

essere un elemento qualificante della modalità di progettazione delle nuove strutture e dei

nuovi percorsi.

Questa mattina si è parlato della valutazione della complessità assistenziale, della

valutazione dell’instabilità clinica. Sostanzialmente della gravità del paziente. Esistono

ancora evidentemente molti dubbi, molte difficoltà nel gestire questo tipo di problematiche

(slide 18).

Probabilmente da questo punto di vista la valutazione dell’intensità assistenziale o della

complessità assistenziale è un po’ più avanti rispetto ad una valutazione della gravità

clinica.

La classica valutazione della gravità clinica è stata fatta in passato, ad esempio nei reparti

intensivistici, con vari punteggi. Qui credo sia più complicato, ad esempio in

considerazione del fatto che il dipartimento di urgenza ed emergenza dovrebbe avere il

compito fin dall’inizio di articolare un livello di gravità del paziente e terminata questa fase

di assegnarlo alle strutture competenti per livelli. Su questi aspetti credo che non ci sia

ancora certezza, condivisione e probabilmente neanche tanto consenso.

Questo è un altro degli elementi su cui probabilmente la regione dovrà giocare un ruolo

quanto meno di aggregazione delle competenze per tentare di identificare degli elementi

comuni.

E’ già stato ricordato che ci sono tre livelli e ci sono tutta una serie di sistemi abbinati o

collegati a questi livelli (slide 19). Sottolineo il passaggio attraverso il dipartimento di

urgenza ed emergenza che rappresenta la porta dell’ospedale, non solo in senso letterale,

ma anche per dare accesso al paziente ai livelli che si ritiene opportuno attribuire. Su

questo è chiaro che evidentemente conterà un ruolo di Regione Lombardia su una

comunione dei parametri e degli intenti oltre che un consenso interno.

Altro elemento di criticità che noi ravvisiamo è le modalità e la tipologia di passaggio

all’interno di questi livelli.

Credo che al di là degli enunciati di principio, in realtà molto spesso il passaggio potrebbe

non essere guidato solo dal criterio dell’intensità assistenziale, ma probabilmente anche

da criteri di necessità, di indispensabilità e quant’altro.

Quindi ravvisiamo come elemento di criticità proprio la necessità di definire correttamente

e precisamente quali e in che termini debbano essere le regole.

Lascio perdere la classificazione dei livelli, ma sicuramente il primo livello evidentemente è

un livello che ha bisogno di centralizzazione delle risorse, ha bisogno di una polivalenza.

In questo momento c’è una sperimentazione su questo in un ospedale di Milano,

Page 82: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.80/161

l’ospedale San Carlo, in cui è stata centralizzata la gestione del paziente critico. Per

paziente critico intendo il paziente non da terapia intensiva o post chirurgica, ma ad

esempio il paziente con problemi di tipo respiratorio che necessita di assistenza

ventilatoria non in ambito intensivistico, il paziente neurologico, quindi la classica stroke

unit e paziente di “T.I.P.O.” (Terapia Intensiva Post Operatoria) con problemi cardiaci con

grave scompenso o con situazioni simili. La sperimentazione che sta facendo il San Carlo

è una sperimentazione che sta dando ottimi risultati.

Prevede l’aggregazione di posti letto non etichettati, con una gestione infermieristica e con

una gestione clinica non esclusiva.

E’ inutile che parliamo del paziente polipatologico, soprattutto in fase acuta. Sicuramente

una gestione trasversale clinica, do per scontata quella assistenziale, in un contesto di

questo genere, credo che possa solo giovare al paziente, avendo competenze

multispecialistiche e non la classica richiesta di visita parere, che penso ancora vada per

la maggiore.

Il livello due credo che non sarà mai un livello così comune. Probabilmente dovrà risentire

di una certa divisione indispensabile, ancora per un lungo periodo di tempo, non so se per

la spinta dei clinici o per le oggettive valutazioni da parte delle Direzioni Sanitarie. Su

questo evidentemente i modelli saranno ripercorribili rispetto alla situazione pre-esistente.

In questo contesto forse diventa ancora più importante classificare il paziente in termini sia

di esigenza assistenziale che in termini di gravità clinica.

Uno degli aspetti secondo me più critici è l’ultimo livello.

L’ultimo livello corre il rischio di diventare un parcheggio, un posto in attesa di trovare

qualcosa fuori dall’ospedale. E questo secondo me è un elemento di criticità importante,

molto importante. Evidentemente prevede collaborazioni di strutture che non sono solo

ospedaliere, ma prevede anche la necessità di una presa in carico in termini di esigenze

prevedibili alla dimissione, immediate da parte della struttura ospedaliera, onde evitare

che la caposala debba trovare contesti ragionevolmente possibili per il paziente un quarto

d’ora prima rispetto alla dimissione. Questo secondo me rappresenta una grossa sfida per

le direzioni che dovranno articolare questo passaggio.

Il coordinamento interprofessionale credo che sia la chiave di volta di questo cambiamento

(slide 20).

Questo passa attraverso l’utilizzo di sistemi informativi unici. Attualmente non possiamo

parlare di sistema unico regionale inteso come cartella clinica unica; sicuramente ci

Page 83: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.81/161

dev’essere una cartella clinica unica di area o di sistema o di struttura. Questo penso che

sia indispensabile (slide 21).

Altro concetto, che spesso appartiene più agli anglosassoni che agli italiani, è quello della

trasmissioni d’informazione diretta, quella che viene definita conoscenza non scolastica e

questo passa attraverso attività di briefing di reparto, piuttosto che di riunioni periodiche

(slide 22). Questo aspetto a mio parere diventa molto più centrale rispetto a quanto

attualmente viene perseguito con la disposizione per unità che abbiamo adesso. Le

motivazioni sono ovvie, però sicuramente non ha senso gestire una struttura in modo

orizzontale quindi con più elementi, senza che i professionisti sanitari abbiamo il modo e il

tempo di discutere e di parlare tra di loro.

Questo va da sé che presuppone percorsi clinici integrati e cartelle cliniche integrate.

Sulla dimissione ho già parlato in termini di presa in carico precoce del paziente.

In regione stiamo già configurando un percorso specifico per alcune tipologie di pazienti.

Nel percorso si tiene conto anche della componente “socio” e non solo “sanitaria”. Ne

parlavo poco fa con una collega. Ad esempio lo stiamo facendo sui pazienti con gravi

disabilità neurologiche e con la “Direzione Generale Famiglia”. Stiamo tracciando una

delibera che ricomprenda il percorso complessivo del paziente fino ad arrivare

all’assistenza domiciliare, in un unico percorso che preveda tutte le varie articolazioni.

Abbiamo cominciato con questa tipologia di pazienti, pazienti con gravi lesioni del moto-

neurone, con sclerosi laterale amiotrofica che hanno purtroppo un percorso abbastanza

simile. Spesso le fasi finali delle patologie sono abbastanza sovrapponibili. Questo è un

tentativo che stiamo facendo per cercare di capire quali possono essere gli elementi non

tanto di unione, ma soprattutto di difficoltà per evitare i salti che spesso esistono fra un

“sistema sanitario” e un “sistema socio sanitario”.

Che cosa abbiamo fatto in regione?

Per il momento, a parte i richiami soliti che si fanno al piano socio sanitario regionale e ad

una delibera delle regole che parla di intensità di cura (la delibera delle regole del 2008 sul

2009), in questo momento abbiamo attivato un progetto che ha il compito di definire i

criteri per inquadrare il paziente fin dall’ingresso in ospedale (slide 23). Mi riallaccio a

quanto dicevo prima per verificare se esistono dei modelli che possono diventare, o

potrebbero diventare, modelli regionali per articolare la valutazione, non solo di intensità

assistenziale ma anche gravità del paziente, cercando di capire quali possano essere le

modalità attraverso le quali un paziente che accede al pronto soccorso può o debba

essere indirizzato ai vari livelli .

Page 84: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.82/161

In tutto questo, come diceva questa mattina una collega relatrice, esiste una difficoltà

legata all’accettazione di questa rivisitazione del modo di gestire il paziente, per altro già

ben sperimentato in altri contesti. In parte probabilmente per corporativismo, oppure per

paura del cambiamento o per ignoranza nel senso di non conoscenza del modello stesso.

Credo che uno degli aspetti su cui come regione potremmo lavorare, per altro lo stiamo

già facendo, è quello del coinvolgimento delle società scientifiche (slide 25); per società

scientifiche non intendo solo quelle mediche, ma anche quelle di tutti i professionisti della

sanità. Coinvolgere queste società all’interno di gruppi, con l’obiettivo di permetterci

attraverso di esse di coinvolgerne anche altre perché questo modello possa venire, non

dico accettato, ma quanto meno descritto, presentato e conosciuto.

Immagino che tutti voi conosciate il documento della FIC, ovvero la Federazione Italiana

dei Cardiologi in cui viene espressa una fortissima perplessità, e sto usando un

eufemismo, su questo tipo di modello. Ciò nonostante noi abbiamo chiesto, ad esempio

nel decreto di cui vi parlavo poco fa, che questa articolazione comunque debba

svilupparsi.

Credo che sia solo un problema di comunicazione, come spesso succede e che

probabilmente succederà in molti ospedali che implementeranno questo modello.

Ecco forse Regione Lombardia in questo ambito può svolgere un ruolo importante.

Page 85: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.83/161

(slide 1) (slide 2)

(slide 3) (slide 4)

(slide 5) (slide 6)

Il modello assistenziale per intensitIl modello assistenziale per intensitàà di cure nel di cure nelNuovo Ospedale: aspetti teorici ed applicativi.Nuovo Ospedale: aspetti teorici ed applicativi.

Lo scenario lombardo.Lo scenario lombardo.Riorganizzazione del sistema di offerta dei servizi:Riorganizzazione del sistema di offerta dei servizi:

•• Reti di patologiaReti di patologia•• Ridefinizione dei ruoli interni alla rete (livelli e percorsi)Ridefinizione dei ruoli interni alla rete (livelli e percorsi)•• Riorganizzazione intraospedalieraRiorganizzazione intraospedaliera•• Coinvolgimento dei professionistiCoinvolgimento dei professionisti

Ospedale:Ospedale: tradizionale punto di riferimento per diagnosi, tradizionale punto di riferimento per diagnosi,cura, riabilitazione, lungodegenza, educazionecura, riabilitazione, lungodegenza, educazione

sanitaria, prevenzione.sanitaria, prevenzione.

Evoluzione tecnologica e scientificaEvoluzione tecnologica e scientificaProcedure diagnostiche e terapeutiche complesseProcedure diagnostiche e terapeutiche complesse

Invecchiamento della popolazioneInvecchiamento della popolazioneOrientamento dei servizi verso il territorioOrientamento dei servizi verso il territorioAree di utilizzo improprio dellAree di utilizzo improprio dell’’ospedaleospedale

Progressi socioeconomici e culturaliProgressi socioeconomici e culturaliConsapevolezza e partecipazione agli orientamenti decisionaliConsapevolezza e partecipazione agli orientamenti decisionali

OrganizzazioniSanitarie

OrganizzazioniOrganizzazioniSanitarieSanitarie

AttoriProfessionisti e

organizzazioni complesse

AttoriAttoriProfessionisti eProfessionisti e

organizzazioni complesseorganizzazioni complesse

EvoluzioneEpidemiologica

MutamentiIstituzionali

NuoveTecnologie

ProgressivaSpecializzazione

CompetenzeIntegrate

Coo

rdin

amen

to In

traed

inte

rorg

aniz

zativ

o

LogicadellaRete

LogicadellaRete

Risponde a:• Progressiva specializzazione• Esigenza di integrazione

delle autonomie

Reti SanitarieReti Sanitarie

U.O.Emat.

U.O.Emat.

U.O.Emat.

U.O.Emat.

U.O.Emat.

U.O.Emat.

U.O.Emat.

U.O.Emat.

U.O.Emat.

U.O.Emat.

U.O.Emat.

U.O.Emat.

U.O.Emat.

U.O.Emat.

Rete Ematologica LombardaRete Ematologica LombardaD.G.R. 6575 del 13.02.2008

Reti SanitarieReti Sanitarie

Rete STROKERete STROKE

Rete stroke - DDGS 1068 del 18/09/2008.

S.U.I° liv.

S.U.I° liv.

S.U.II° liv.

S.U.I° liv.

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S.U.I° liv.

S.U.I° liv.

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S.U.II° liv.

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S.U.III° liv.

S.U.I° liv.

S.U.I° liv.

S.U.II° liv.

S.U.I° liv.

NeuroradiologiaCh. Vascolare

Fibrinolisi IV2°

Fibrinolisi IA

NCH3°NCH (tele)

Area dedicataNeurologo esperto1°

S.U.I° liv.

S.U.I° liv.

S.U.II° liv.

S.U.I° liv.

S.U.I° liv.

S.U.I° liv.

S.U.II° liv.

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S.U.I° liv.

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S.U.I° liv.

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S.U.I° liv.

S.U.I° liv.

S.U.II° liv.

S.U.III° liv.

S.U.I° liv.

S.U.II° liv.

S.U.I° liv.

S.U.I° liv.

S.U.II° liv.

S.U.I° liv.

S.U.I° liv.

S.U.II° liv.

S.U.I° liv.

S.U.II° liv.

S.U.I° liv.

S.U.II° liv.

S.U.I° liv.

S.U.I° liv.

S.U.II° liv.

S.U.I° liv.

S.U.II° liv.

S.U.I° liv.

S.U.III° liv.

S.U.I° liv.

S.U.II° liv.

S.U.I° liv.

S.U.II° liv.

S.U.I° liv.

Reti SanitarieReti Sanitarie

Rete STEMIRete STEMI

Rete stemi - DDGS ……………………….

UTIC con PTCI4°7/24

Non 7/24

+ CCH

7/24UTIC con PTCI3°

UTIC con PTCI2°UTIC senza PTCI1°

UTICI° liv.

UTICI° liv.

UTICI° liv.

UTICII° liv.

UTICII° liv.

UTICIII° liv.

UTICIII° liv.

UTICIV° liv.

UTICI° liv.

UTICI° liv.

UTICII° liv.

UTICIII° liv.

UTICI° liv.

UTICII° liv.

UTICI° liv.

UTICIII° liv.

UTICI° liv.

UTICII° liv.

UTICII° liv.

UTICIII° liv.

UTICIV° liv.

UTICII° liv.

UTICIII° liv.

UTICI° liv.

Reti SanitarieReti Sanitarie

Page 86: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.84/161

(slide 7) (slide 8)

(slide 9) (slide 10)

(slide 11) (slide 12)

Reti Sanitarie RegionaliReti Sanitarie Regionali

SISS

F.S.E.

Piattaforma delle reti

RO

L RE

L

EPI-n

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Ret

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Reg

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ia

RE

TE E

U T

errit

oria

leRete Emergenza Urgenza TerritorialeRete Emergenza Urgenza Territoriale

Reti Sanitarie RegionaliReti Sanitarie Regionali

Rete preospedaliera

Rete Ospedaliera

Sind

. Cor

onar

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ac.

Pedi

atric

a

Stro

ke

NC

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Reg

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Reg

istro

ICTU

S

Ris

orse

in re

te (E

.U.O

.L.)

Reti SanitarieReti Sanitarie

N Engl J Med 2007;357:370 - 9.

Background… quantitative analysis of the nature and extent of the person-to-person spread of obesityas a possible factor contributing to the obesity epidemic.… evaluated a densely interconnected social network of 12,067 people assessedrepeatedly from 1971 to 2003 as part of the Framingham Heart Study.Methods… longitudinal statistical models to examine whether weight gain in one person wasassociated with weight gain in his or her friends, siblings, spouse, and neighbors.ConclusionsNetwork phenomena appear to be relevant to the biologic and behavioral trait of obesity,and obesity appears to spread through social ties. These findings have implications forclinical and public health interventions.

Reti SanitarieReti Sanitarie

Reti SanitarieReti Sanitarie

• Risk of obesity among alters who were connected to an obese ego was in the observed network than in arandom network.

• about 45% higher for alters’ alters (at one degree of separation)• about 20% higher for alters’ alters (at two degrees of separation)• about 10% higher for alters’ alters’ alters (at three degrees of separation)

• If an ego stated that an alter was his or her friend, the ego’s chances of becoming obese appeared toincrease by 57% (95% confidence interval [CI], 6 to 123) if the alter became obese.

• Between mutual friends, the ego’s risk of obesity increased by 171% (95% CI, 59 to 326) if an alter becameobese.

Riorganizzazione del sistema di offerta dei servizi:Riorganizzazione del sistema di offerta dei servizi:•• Reti di patologiaReti di patologia•• Ridefinizione dei ruoli interni alla reteRidefinizione dei ruoli interni alla rete•• Riorganizzazione intraospedalieraRiorganizzazione intraospedaliera•• Coinvolgimento dei professionistiCoinvolgimento dei professionisti

Separazione della responsabilitSeparazione della responsabilitàà clinica dalla clinica dallaresponsabilitresponsabilitàà gestionale gestionale

Tend

enze

evo

lutiv

eTe

nden

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volu

tive

DirettoreDirettoreclinicoclinico

DirettoreDirettoreoperativooperativo

Direttore Direttore risorrisor..assistenzialiassistenziali

Head chief Administrator Nursing manager

La separazione del controllo delle risorseLa separazione del controllo delle risorsestrutturali dal controllo del processo clinicostrutturali dal controllo del processo clinico

consente di gestire in modo flessibile gli organiciconsente di gestire in modo flessibile gli organiciinfermieristici e le risorse e di riposizionare lainfermieristici e le risorse e di riposizionare la

professionalitprofessionalitàà del medico sull del medico sull’’efficacia delle cureefficacia delle curee sul rapporto con il pazientee sul rapporto con il paziente

Page 87: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.85/161

(slide 13) (slide 14)

(slide 15) (slide 16)

(slide 17) (slide 18)

•• Superamento del modelloSuperamento del modelloprofessionale tradizionaleprofessionale tradizionale(basato sull(basato sull’’UO e medicoUO e medicocentrica).centrica).

•• Cambiamento delleCambiamento dellepratiche gestionali.pratiche gestionali.

•• CollaborazioneCollaborazioneinterdisciplinare einterdisciplinare emultiprofessionalemultiprofessionale in inambito clinicoambito clinico

Proposta di nuove soluzioni organizzative delle degenzeProposta di nuove soluzioni organizzative delle degenzetendenti a ottimizzare produttivittendenti a ottimizzare produttivitàà e risorse disponibili e e risorse disponibili e

a recuperare la centralita recuperare la centralitàà del paziente nel processo del paziente nel processoassistenziale.assistenziale.

Ospedale Ospedale patientpatient focusedfocused

ModelloModelloorganizzativoorganizzativo

e assistenzialee assistenzialestrutturato perstrutturato per

aree peraree perpazienti conpazienti confabbisognofabbisogno

assistenzialeassistenzialeomogeneoomogeneo

AltaAlta

MediaMedia

BassaBassa

Assetto Tecnico LogisticoAssetto Tecnico LogisticoElementi che qualificano la configurazione Elementi che qualificano la configurazione fisico-tecnicafisico-tecnica dell dell’’azienda:azienda:

Layout strutturale in rapporto a spazi e unità organizzative

Organizzazione posti letto e aree di degenza

Localizzazione e caratteristiche funzionali delle attrezzaturesanitarie e delle risorse strumentali

Mod

ifich

eM

odifi

che

Allocazione e compiti del personale in rapporto agli spazi erisorse strumentali

Modalità di programmazione delle capacità produttive rispettoalle variabili tipologia/tempo

Struttura dei sistemi informativi

Miglioramento dell’appropriatezza

Miglioramento dell’offerta clinico assistenziale

Orientamento multidisciplinare dei processi

Obi

ettiv

iO

biet

tivi

Soddisfazione dei pazienti

Recupero di efficienza e produttività

Promozione di soluzioni innovative nei processi organizzatividi cura

Miglioramento delle performance dei processi assistenziali pertempistica, sicurezza e costo

Caratteristiche del personale (allocazione, dimensionamento,competenze, ….)

Rapporti interprofessionali e multidisciplinarità

Assetti organizzativi delle strutture e dei sistemi operativi

Evol

uzio

neEv

oluz

ione

Saturazione della capacità produttiva aziendale

Introduzione di nuove linee di servizi, setting assistenziali

Logistica del paziente

Modalità organizzative dell’attività lavorative

L’ospedale per intensità di cura è un modello organizzativo che si collocain continuità con un generale e progressivo cambiamento dell’ospedale,volto a caratterizzare lo stesso sempre più come un luogo di cura delleacuzie.

L’intensità delle cure è solo uno degli elementi che concorrono a definire ilnuovo quadro, di fatto esso rappresenta l’elemento guida, e viene quindiad identificarsi “de facto” con l’idea del nuovo ospedale.

È necessaria un’analisi ampia, che consideri le prospettive di almeno 4attori fondamentali del sistema:

• la direzione ospedaliera (assetto organizzativo e strutturale),• i professionisti sanitari (modelli di presa in carico e meccanismi

operativi),• la direzione dell’azienda sanitaria nel suo complesso (con particolare

riferimento all’interazione tra cure ospedaliere e cure territoriali),• il paziente utente cittadino ed i suoi bisogni e percezioni.

Elementi di riflessioneElementi di riflessione

Il livello di cura richiesto consegue ad una valutazione di instabilità clinica(associata a specifiche alterazioni di parametri fisiologici) e di complessitàassistenziale (medica e infermieristica).Il livello di cura assegnato è invece definito dalla tecnologia disponibile,dalle competenze presenti e dal tipo, quantità e qualità del personaleassegnato.

Accanto al modello classico ripartito in 3 livelli, differenziata dallearticolazioni delle degenze, è prevedibile l’area delle attività ambulatoriali(outpatient) e l’area del ciclo diurno (day hospital, day surgery, dayservice).

Il DEA stratifica clinicamente il paziente e lo invia al livello che gli compete.I termini e i confini della presa in carico da parte del DEA e le indicazioniall’invio nell’area di degenza appropriata devono essere condivisi con iDirettori dei Dipartimenti e portare alla stesura di protocolli comuni.

Elementi di riflessioneElementi di riflessione

Page 88: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.86/161

(slide 19) (slide 20)

(slide 21) (slide 22)

(slide 23) (slide 24)

In ogni ospedale devono essere identificati, discussi, condivisi eformalizzati tra tutti i professionisti i criteri clinici di passaggio, accesso e diesclusione per i diversi livelli di cura. In considerazione delle evidenzedisponibili in letteratura, adattate alle specificità locali.

Il Livello 1 dovrebbe essere centralizzato e polivalente.

Nel Livello 2 confluisce molta parte della casistica, che presenta al suointerno importanti elementi di differenza di complessità medica edinfermieristica.Appare pertanto necessario l’utilizzo di sistemi di classificazione dellacomplessità e dipendenza assistenziale, individuando con precisione lacasistica a più alto assorbimento di risorse assistenziali.

Approfondimento per capire l’effettivo utilizzo del livello 3; ulterioretrasferimento per il paziente; incentivo per una presa in carico più lenta daparte del territorio; quale integrazione e sovrapposizione con l’area delle“cure intermedie”.

Elementi di riflessioneElementi di riflessione

Ripensamento della presa in carico del paziente perché sia il più possibilepersonalizzata, univoca, condivisa attraverso tutti i livelli di cura.Necessità di introdurre modelli di lavoro multidisciplinari per processi edobiettivi con definizione di linee guida e protocolli condivisi, e creazione elo sviluppo di ruoli professionali coerenti con il nuovo sistema.

Attenzione ai principali meccanismi di coordinamento interprofessionaliStandardizzazione degli strumenti informativi e delle modalità organizzativecon una stretta programmazione dei tempi di briefing giornalieri.

Il cambiamento di ruoli e di responsabilità, ed in particolare lavalorizzazione della linea di carriera “professionale” presuppongono unaattenta politica di sviluppo delle risorse umane.

I Percorsi clinici integrati rappresentano lo strumento fondamentale perchépossa effettivamente compiersi la nuova presa in carico del paziente erealizzare i nuovi ruoli professionali.

Elementi di riflessioneElementi di riflessione

La Cartella clinica integrata è il principale strumento di integrazioneprofessionale, comune tra le varie figure professionali che intervengono sulpaziente.

La riorganizzazione dell’ospedale per intensità di cura, configurandosempre più il momento ospedaliero come il momento dell’acuzie, richiedeuna qualificazione dell’offerta territoriale che garantisca la qualità dellapresa in carico del paziente, rispondendo contemporaneamente alleesigenze di appropriatezza e di un uso più efficiente delle risorse.

Uno dei presupposti per l’efficacia del nuovo modello organizzativo è lacreazione di un filtro a livello territoriale che permetta di adottare lasoluzione appropriata ai bisogni del paziente, evitando l’accesso improprioin ospedale.

Il modello organizzativo dell’ospedale per intensità di cura deve prevedereun’attenta gestione della fase della dimissione, soprattutto per i casi clinicipiù complessi.

Elementi di riflessioneElementi di riflessione

Modalità di condivisione delle conoscenze da parte dei professionisti eimplementazione di strumenti di comunicazioni che rendano più snelli ipassaggi tra ospedale e territorio e in generale nelle varie fasi dei percorsiassistenziali (soprattutto nei soggetti in condizioni di cronicità).

Forme di coinvolgimento dell’utenza che siano adeguate alle peculiaritàdelle singole realtà locali cercando di superare l’autoreferenzialità efavorire il consenso generale, garantendo così l’efficacia del cambiamento.Se adeguatamente informato, orientato, responsabilizzato, ascoltato,rassicurato ed accolto, il paziente può essere il più grande alleatodell’organizzazione per affrontare il cambiamento e superare le resistenzeculturali interne.Opportuno misurare e valutare l’efficacia del nuovo modello organizzativoanche dal punto di vista degli utenti verificando nel tempo il livello disoddisfazione percepito dagli stessi.

Elementi di riflessioneElementi di riflessione

Riferimenti normativi regionali

PSSR 2007-2009 DCR VIII/257 del 26/10/2006Parte I, punto 1.11La promozione del governo clinico nell’organizzazione sanitaria………. condivisione multidisciplinare …………. è importante che le capacitàtecnico-cliniche dei singoli professionisti siano adeguatamente integrate ecoordinate in un ambiente organizzativo e amministrativo funzionale allo scambioed al confronto reciproco, nonché alla condivisione dei risultati.

DGR VIII/8501 del 26/11/2008Determinazioni in ordine alla gestione del servizio sanitario regionale per il2009………. definizione dei parametri che caratterizzano l’intensità di cura in medicinainterna.

D.G.R. VIII/10800 del 16/12/2009Determinazioni in ordine a progetti afferenti all’ambito della ricerca innovativaValutazione dell’intensità assistenziale e della complessità clinica in areamedica.Studio multicentrico, osservazionale di tipo prospettico.….. Individuazione di uno strumento che permetta di analizzare la complessitàclinica nei suoi vari aspetti, al fine di poter disporre di un nuovo modello diassistenza che eviti di erogare a tutti i pazienti un livello di cure “medio”, riducendodi fatto il livello assistenziale dei pazienti più gravi ed elevando inutilmente quellodei pazienti più stabili.

Page 89: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.87/161

(slide 25) (slide 26)

Ruolo delle società scientifiche

Fornire alle istituzioni il loro contributo in un momento in cui ilcambiamento organizzativo, se non opportunamente condiviso con tutti glioperatori che quotidianamente lavorano in ospedale, rischia di incidere inmodo profondo sulla qualità dell’assistenza fornita.

Attraverso i Gruppi di Approfondimento e le Commissioni TecnicheRegionali.

Grazie per lGrazie per l’’attenzioneattenzione

Page 90: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.88/161

Tavola rotondaModelli organizzativi per intensità di cure e complessità dell’assistenza

Direzioni Sanitarie e i S.I.T.R.A. (Servizi Infermieristici Tecnico Riabilitativi Assistenziali)

delle Aziende Ospedaliere di Como, Niguarda, Vimercate, Legnano, Bergamo.

L’intensità di cura e la complessità assistenziale: l’esperienza dell’Azienda S. Anna

di Como per il “Nuovo Ospedale”

Dott.ssa Chiappa Laura Direttore Sanitario, A.O. Ospedale S. Anna di Como

Buongiorno a tutti. Vi ringrazio per l’attenzione e ringrazio l’azienda di Bergamo per aver

offerto al nostro ospedale la possibilità di un confronto.

La presentazione di Como verrà fatta parzialmente da me e

parzialmente dalla Dottoressa Michetti che è il direttore del

S.I.T.R.A.

Questo perché, come in tutte le aziende, anche noi siamo

fortemente integrati, stiamo lavorando in un gruppo che vede sia

medici che infermieri allo stesso tavolo sulle stesse

problematiche, alla ricerca di risposte che possano essere

adeguate ai bisogni di tutti.

Ritengo opportuno fare una premessa e una esortazione:

non innamoriamoci di nessun modello.

Il modello che adesso presentiamo è quello che viene favorito in questo momento storico

dal nostro ospedale. La struttura attuale ci aiuta in questo, ma nel momento in cui il

modello dovesse presentare delle difficoltà o delle inadeguatezze, soprattutto nella

risposta al paziente, siamo pronti a cambiare ed a rimetterci immediatamente in

discussione. Penso che dal punto di vista dell’organizzazione la capacità di critica e di

revisione sia fondamentale. Non dobbiamo fossilizzarci su uno strumento, altrimenti

moriamo.

Il nostro ospedale è un ospedale monoblocco che vede uno sviluppo leggermente diverso

rispetto a quello dei colleghi di Legnano. Ha un corpo centrale e si sviluppa su quelle che

noi chiamiamo “dita”, perché come vedete assomiglia molto ad una mano (slide 1). Nelle

dita sono presenti le degenze che hanno una capienza per ogni dito di circa 60 posti a

ogni piano.

Page 91: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.89/161

Questa è l’evoluzione che Como sta vivendo dal punto di vista architettonico: dal 1400 fino

al 1900 l’ospedale aveva un disegno a crociera, poi nel 1932 si è passati a una struttura a

padiglioni ed adesso passiamo ad un monoblocco (slide 2). Abbiamo potuto quindi

ripercorrere tutte le offerte e le soluzioni architettoniche che lo sviluppo della medicina ha

portato nei secoli.

Come ci siamo organizzati?

Nel piano di progetto per il trasferimento abbiamo identificato cinque macro obiettivi che

sono stati presidiati fortemente dalla direzione strategica (slide 3). Abbiamo presidiato il

trasferimento nel senso del completamento dell’ospedale e quindi, la correlazione con

Infrastrutture Lombarde, il concessionario, con la verifica dei tempi, il confronto con le

Infrastrutture rispetto a tutta una serie di scelte. Questo obiettivo è stato tenuto sotto

controllo in modo puntuale dall’Ufficio Tecnico. Contemporaneamente, altro obiettivo

presidiato, è stato il modello sull’organizzazione che oggi vediamo, anche se non nel

dettaglio perché il tempo non ce lo permette. L’obiettivo del rinnovamento tecnologico,

compresa la modifica della logistica a cui già accennava il Dottor Mentasti questa mattina.

Per noi questo è un argomento molto importante, molto caratterizzante anche

dell’ospedale. Altro obiettivo è quello dell’acquisto di beni e attrezzature che servono per

l’avvio dell’ospedale.

Tutti questi obiettivi sono stati presidiati dalla direzione strategica, quindi la nostra “unità di

crisi”, o il Direttore Generale in prima persona o io o il Direttore Amministrativo abbiamo

sempre seguito tutti questi momenti sul campo, insieme al Collegio di Direzione. Infatti

un’altra delle cose che adesso vedrete, è il coinvolgimento pesante della componente dei

Capi Dipartimento.

Queste sono le fasi che ci hanno permesso di andare a rispondere alla modifica

dell’organizzazione (slide 4).

• Abbiamo iniziato con decidere il modello e le definizioni delle funzioni che resteranno

nella sede del vecchio ospedale. Infatti, la scelta che è stata fatta a Como durante la

fase progettuale ha previsto di lasciare nella sede del vecchio ospedale alcune funzioni

un poco più prossime alla città a favore dei cittadini, quali il centro prelievi piuttosto che

la radiologia per esterni.

Durante questa fase si deciso cosa lasciare nel vecchio ospedale. Siamo passati dalla

prima ipotesi di dividere l’offerta ambulatoriale in primo e secondo livello, ad una

valutazione più strutturata.

Page 92: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.90/161

Nel decidere cosa lasciare nella vecchia sede, abbiamo tenuto contro sia del

personale, per non obbligarlo ad un andirivieni tra le due sedi; che delle difficoltà di

comunicazione alla popolazione.

Quindi il criterio che abbiamo seguito è stato di non duplicare l’offerta ambulatoriale.

Le scelte che sono state condivise con il Collegio di Direzione e con gli altri

stakeholders: la componente sindacale, l’Asl, i rappresentanti del territorio, le forze

politiche e sociali, le varie associazioni, comprese anche i gruppi di cittadini con i quali

ci siamo confrontati per presentare le scelte fatte e il modello organizzativo e di cura

del paziente. Abbiamo cercato di presentare quanto deciso: le funzionalità del nuovo

ospedale a tutte le persone che potessero avere un qualche interesse o anche solo la

di curiosità.

• Successivamente, visto che trasferirsi, cambiare casa, è traumatico anche a livello

famigliare, figuratevi cambiare in un’organizzazione che è composta da oltre 2000

persone e alle quali andiamo a chiedere di cambiare oltre che casa, anche modalità

relazionali e di espressione della propria professionalità.

Ci siamo quindi orientati in modo molto forte alla gestione delle resistenze al

cambiamento.

Sono resistenze naturali, è sano e giusto che ci siano, non ci fossero resistenze al

cambiamento ci si dovrebbe addirittura preoccupare.

Abbiamo ritenuto opportuno quindi fare delle anticipazioni, giocare d’anticipo, sapendo

che le resistenze ci saranno; ma bisogna cercare di smussarle il più possibile e

presentare già delle risposte, quando possibile.

Quindi abbiamo lavorato soprattutto nel campo della informazione/formazione dei

nostri colleghi a tutti i livelli. Siamo partiti con dei gruppi di lavoro specifici

sull’organizzazione, stiamo proseguendo anche con dei gruppi di specialisti, per quel

che riguarda la componente medica e stiamo lavorando anche in modo informale, visto

che uno dei sistemi per diminuire la resistenza è condividere, ma non necessariamente

avere l’apprezzamento. L’intento è almeno far capire all’altro quello che gli si va a

proporre. Abbiamo usato tutti i metodi, compreso andare a cena con tutti i reparti.

Quindi è un lavoro che non è finito, anche se stiamo facendo di tutto. Per inciso,

ognuno ha pagato il suo, attenzione, il sistema alla romana funziona.

Il Direttore Generale, il Dottor Mentasti, si è giocato in prima persona nella

comunicazione (ha partecipato ad oltre 50 cene!).

Page 93: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.91/161

• I gruppi di lavoro sulla nuova organizzazione sono ancora in essere e stanno

prevedendo dei gruppi anche multiprofessionali per andare definire i P.D.T.A. (Piani

Diagnostici Terapeutici Assistenziali). E’ necessario arrivare anche alla condivisione

nell’ambito assistenziale e riabilitativo. E’ importante identificare, quello che veniva già

menzionato anche prima dal Dottor Fontana, gli score per decidere il passaggio da un

livello assistenziale all’altro.

Quindi come faccio a decidere se quel paziente è da area intensiva, se è da media

assistenza o se è d’ambulatorio?

La definizione di questi score è uno dei lavori che sono in corso con i gruppi di

specialisti.

• Per la comunicazione, che vi dicevo essere importante a tutti i livelli, è chiave, è un

punto cardine, identificare le persone da coinvolgere. E’ importante non fare degli

errori. Non dimenticare delle persone che per ruolo devono esserci, anche se

sappiamo che possono essere difficoltose da trascinare; è meglio averle, è meglio

coinvolgerle. Identificare le persone nel modo corretto è uno dei punti cardine, perché

potrebbero diventare un problema se uno dimentica le persone chiave, anche

fastidiose, anche noiose. E’ peggio. E’ meglio averle a bordo, dargli un piccolo remo,

anche se remano contro. Se invece sono giù dalla barca, diventano una zavorra e non

si riesce più a gestirle.

Qual è la nostra diversità rispetto al modello toscano? Abbiamo scelto di confrontarci con il

modello toscano perché ci sembrava quello più prossimo a noi (slide 5).

Nel livello uno dell’area critica abbiamo come possibilità di offerta all’interno della nostra

struttura anche la Medicina per Acuti. Attualmente viene definita come Medicina d’Urgenza

e ha una dimensione di 10 posti letto. Nel nuovo ospedale ne avrà 26, ma farà una cosa

che adesso non fa: stabilizzerà i pazienti prima del trasferimento nei reparti di degenza.

Bisognerà definire che cosa vuol dire paziente stabilizzato, quindi concordare con i vari

professionisti questo livello. Il paziente tipo è non critico, è quel livello che veniva definito

dal Professor Lega non da aerea intensiva e non da sub intensiva. Noi abbiamo la fortuna

di avere questo settore che potrà svolgere questa funzione. Questa area l’abbiamo definita

Medicina per acuti.

La stessa funzione la stiamo disegnando anche per un’area di gestione del paziente

chirurgico urgente, a cui verranno dedicati 20 posti letto. Quindi il paziente che esce dalla

Page 94: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.92/161

sala operatoria, che ha delle criticità, che non è un paziente semplice e stabile troverà

assistenza nell’area delle Urgenze Chirurgiche.

Anche questa area ovviamente sarà multidisciplinare, con un responsabile gestionale

medico. Sarà un collega che proviene dalla chirurgia generale, ma sarà il titolare anche

del paziente ortopedico, dell’anziano operato di femore. L’ortopedico che ha operato

l’anziano, dovrà confrontarsi con il collega chirurgo generale titolare del settore.

Da noi l’area della Week - Surgery funziona già da un paio d’anni. Funziona bene, viene

conservata ed ha una funzione decisamente importante.

Di seguito abbiamo il ciclo diurno con un piano completamente dedicato a questo. Come

dicevo già nell’intervento di stamattina, siamo nelle fase di preparazione, di confronto con

il territorio. Stanno iniziando degli incontri con la componente Asl, volti al raffinare quello

che è il percorso delle dimissioni protette che esiste in questo momento, ma non è ancora

perfettamente rodato. Soprattutto per la definizione di quei posti di assistenza intermedia,

per la gestione delle situazioni in cui il paziente non è ancora da riabilitazione o da

domicilio.

Ecco un brevissimo riassunto di come saremo. L’ospedale si sviluppa su 5 piani (slide 6).

Il piano -2 è un piano di servizi dove il paziente non ha necessità di accedere. Vi sono i

laboratori, il centro trasfusionale, la fisica sanitaria ecc.

E’ un -2, ma con illuminazione naturale, quindi è -2 rispetto al piano zero, ma non è un -2

“cieco”.

Il piano -1 è il livello dove c’è tutta la gestione del paziente critico, quindi dall’arrivo in

Pronto Soccorso il paziente ha un movimento solo complanare. Non ha necessità di

muoversi in verticale, perché in prossimità del Pronto Soccorso trova tutte le fasi di

diagnostica, i blocchi operatori e il quartiere angiografico. In quest’ultimo, faremo lavorare,

anche se con una certa difficoltà, l’emodinamista, il radiologo interventista e il chirurgo

vascolare. Questi hanno iniziato a fare alcune attività insieme, ma non è facile riuscire a

far lavorare insieme questi professionisti. Comunque il paziente critico resta a questo

piano, dove trova anche le offerte dal punto di vista intensivo e sub intensivo in un unico

settore. E’ un settore da 40 posti letto, saranno attrezzati tutti con i medesimi presidi anche

se inizialmente ne verranno attivati 36. I posti letto intensivi verranno portati dagli attuali 10

a 14 e in totale avremo 36 letti di sub intensiva.

Page 95: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.93/161

Questo cosa vuol dire?

Vuol dire che il collega rianimatore si troverà a supervisionare insieme ai colleghi titolari

come disciplina, anche i pazienti dell’unità coronarica, del post-operatorio e della stroke

unit.

Nell’area critica sembra più semplice costruire dei percorsi condivisi tra i vari specialisti.

Infine, c’è il piano dell’ingresso dove ci sono tutte le fasi del paziente esterno, della day

surgery e del C.U.P.

Questo è il nostro percorso (slide 7). Le cose ancora da fare sono molte, come già detto

dobbiamo identificare gli score, definire i percorsi fast, migliorare i rapporti con il territorio

ecc.

Il lavoro non manca, ma anche la voglia di costruire una nuova organizzazione al servizio

del paziente.

Vi ringrazio dell’attenzione.

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.95/161

(slide 1) (slide 2)

(slide 3) (slide 4)

(slide 5) (slide 6)

L ’intens ità d i c urae la c om ples s ità

as s is tenz iale:l’es perienz a

dell’A z ienda S .A nna d i C om o per

il “Nuov oO s pedale”

L aura C hiappaA nna Mic hetti

B erg amo 4 febbra io 2010

LL ’’ E V O L UZ IO NE D E L L E VO L UZ IO NE D E L L ’’E D IL IZ IA S A NIT A R IA AE D IL IZ IA S A NIT A R IA AC O MOC O MO

1932

2009

1400

P IA NO d i P R O G E T T OT R A S F E R IME NT O O S P E D A L E S ’A NNA di

C O MOO B IE T T IVI

1. O B IE T T IVOT ras fe rimento

O s pe dale nuovas ede e s tate 2010

3. O B IE T T IVOR innovamento

te cnologico

5. O B IE T T IVOA cquis to be ni e

attre z z ature

2. O B IE T T IVO

Mod ific aorganiz z az ion e

“intens ità d i c u re ec om ples s ità

as s is ten z iale”

4. O B IE T T IVOModifica de lla

logis tic a

2.O B IE T T IVOModific a

org aniz z az ione“intens ità d i c ure e

c om ples s itàas s is tenz iale”

C ondiv is ione c onC olleg io D irez ione

e altris takeholders

D efin iz ioneag g reg az ioni

Identific az ionepers one dac oinv olg ere

D efin iz ionem odello

org aniz z ativ o

F orm az ione peraiuto al

c am biamento

A ntic ipaz ionem odific he

org aniz z ativ e

C om unic az ione atutti i liv elli

profes s ionali

G ruppi di lav oros u nuov a

org aniz z az ione

F orm az ioneprofes s ionale

nuov aorg aniz z az ione

D efin iz ionefunz ioni Vec c hio

O s pedale

INT

EN

SIT

A’ D

I CU

RE Modello T os c ano Modello S .A nna

L iv ello 1A reacritica

•T erapie Intens ive•T erapie s ubintens ive

•Medic ina per ac uti•T erapie Intens ive•T erapie s ubintens ive (U C C ,S troke unit, T IP O )

L iv ello 2A readegenz a

•D egenz e C hirurg iche (weeks urg ery, one day s urg ery)•D egenz e Mediche•D egenz e materno infantile

•D eg enz e C hirurg iche (weeks urg ery , one days urg ery,area urg enz ec hirurg ic he)•D eg enz e Mediche•D eg enz e materno infantile

L iv ello 3 •P os t acuz ie (low careterritoria le)

•A ttua lmente in O s pedale,offerta territoria le in fas e dicos truz ione

C ic lodiurno

•A mbulatori•D H , D S , D S ervice

•O fferta pres ente al pianod’ing res s o z ona dell’outpatient

I L IV E L L I N E L N U O V O S .A N N AP IA N O 2 L IVE L L O 2 : D E G E NZ E C H IR U R G IC H E

P IA N O 1 L IVE L L O 2 : D E G E NZ E ME D IC H E , A R E A D IR E Z IO N E

P IA N O 0 C IC L O D IUR NO : H A L L IN G R E S S O , A MB U L A T O R I, D H , D S , C UP ,C A S S A , A C C E T T A Z IO N E , A S IL O N ID O , S E R V IZ I C O MME R C IA L I, A F R E AC UL T O , A R E A F O R MA Z IO N E

P IA N O ‐1 L IVE L L O 1 : P S , ME D IC INA D ’UR G E NZ A , A R E A T E R A P IE IN T E NS IV A ES U B INT E NS IV A , R A D IO L O G IA , Q U A R T IE R E A NG IO G R A F IC O , B L O C C H IO P E R A T O R I , R A D IO T E R A P IA , ME D IC INA NU C L E A R E

P IA N O ‐2 P IA S T R A S E R V IZ I: L A B O R A T O R I , C E N T R O T R A S F US IO NA L E ,F IS IC A S A NIT .,A N A T O MIA P A T ., C A ME R A MO R T UA R IA , C E NT R A L ES T E R IL ., F A R MA C IA , MA G A Z Z IN I, S P O G L IA T O I, ME NS A , ING E G N.C L INIC A , A R C H IV IO C A R T E L L E , C U C INA , IS O L A E C O L O G IC A

Page 98: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.96/161

(slide 7)

T R IA G EP .S .

G E NE R A LE

O B I

T R IA G EP .S .

O S T E T R IC O

T R IA G EP .S .

P E D IA T R IC O

D E G E NZE

T IN

ME D . perA c uti

UC C

D O MIC IL IOR IA B IL IT A Z IO

N EL O W C A R E

S T R OK E

T IP O

R IA S C O R E

S C O R E

S C O R E

P E R C O R SI “F A S T ”

P D T R A

A NC O R A D AR E A L IZ Z A R E … … …

S C O R E

Page 99: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.97/161

L’intensità di cura e la complessità assistenziale: l’esperienza dell’Azienda S. Anna

di Como per il “Nuovo Ospedale”

Dott.ssa Anna Michetti Dirigente S.I.T.R.A., A.O. Ospedale S. Anna di Como

Cercherò di fare una presentazione del modello descritto

questa mattina che essendo un modello è una

rappresentazione ideale: vorrei rendere concreto quello è

stato detto, non usando una ricetta ma la realtà operativa

dell’ospedale S. Anna di Como.

Descriverò in primo luogo le macro attività sviluppate in questi

anni, per arrivare alla definizione del modello e alla sua

implementazione (slide 1-6).

Abbiamo lavorato sui servizi “no core”, sull’assegnazione del personale, sulla logistica,

sulla documentazione assistenziale e clinica in senso lato, sulla parte organizzativa e sulla

micro organizzazione all’interno delle unità operative, sull’informatizzazione (elemento

essenziale perché il modello stia insieme) e su tutta quella attività che è propedeutica al

trasferimento vero e proprio (slide 7).

Questa attività è iniziata nel febbraio 2008 e tuttora è in itinere.

Trasversalmente alle attività appena definite è in essere un’attività di sensibilizzazione di

formazione che dev’essere costante e deve accompagnare il modello perché questo poi

diventi efficace.

Punto uno: i servizi “No Core” (slide 8)

I servizi “no core”, i servizi di supporto al cuore dell’attività sanitaria, sono stati definiti per

quello che riguarda i capitolati nel dettaglio; in questo momento si stanno definendo gli

ultimi punti e andremo a precisare i piani di lavoro e i protocolli che l’Azienda Ospedaliera

intende mettere in atto attraverso un programma di formazione del personale: formazione

teorica ma anche di formazione sul campo con un successivo monitoraggio e valutazione.

Verranno attuati dei percorsi di simulazione di queste attività all’interno del nuovo

ospedale con tutto il personale prima di entrare sull’attività vera e propria.

Secondo punto: definizione delle risorse.

Il secondo punto importante è la definizione delle risorse, la definizione della

professionalità del personale che dovrà andare a lavorare su un modello così nuovo, ma

attraverso che cosa?(slide 9)

Page 100: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.98/161

Mantenendo l’attività e i minuti di assistenza previsti dalla normativa regionale sono state

riallocate le risorse in base al nuovo modello.

I criteri definiti sono stati la volontarietà di chi voleva fare come professionista

un’esperienza differente, la competenza e l’esperienza e l’applicazione di una procedura

aziendale.

In base ai dati sulla complessità assistenziale che dopo brevemente vi mostrerò, è stata

definita l’assegnazione del numero delle risorse di personale sia infermieristico che di

personale di supporto, le modalità di formazione di questo personale, formazione che è

iniziata ormai quasi da un anno e nel 2009 siamo riusciti ad attivare degli stage del

personale che aveva questa necessità (perché qualcuno aveva già le competenze) nel

39,7% dei casi.

Attualmente abbiamo stabilito nel dettaglio il numero e il tipo di figura professionale che

lavorerà sul modello ed entro Febbraio saranno individuate le singole persone per sapere

esattamente chi andrà a lavorare, dove e con quale organizzazione.

Per assegnare il personale abbiamo fatto una rilevazione attraverso il SIPI, di cui si è

parlato questa mattina, nel 2008 su 1300 casi in 16 unità operative.

Questa che vedete è la valutazione finale sulla complessità assistenziale su due livelli: uno

oggettivo e uno soggettivo(slide 10-12)

I casi rilevati sono stati 1301 e vediamo che nel 24% dei casi abbiamo un’alta complessità

assistenziale, nel 33% una media e nel 43% una bassa.

Abbiamo cercato di capire se i professionisti erano in grado di valutare senza uno

strumento validato scientificamente ma sulle “sensazioni” e sull’esperienza: se quel

paziente era un paziente a bassa, media o ad alta complessità assistenziale.

I risultati sono buoni perché sono sostanzialmente sovrapponibili.

L’altra valutazione effettuata, sempre su questi 1301 casi, è il numero di prestazioni che i

professionisti davano a seconda del bisogno e il Modello delle Prestazioni Infermieristiche:

vedete che la prima prestazione infermieristica è quella sulla soluzione del bisogno della

funzionalità cardiocircolatoria per passare alle prestazioni diagnostiche e terapeutiche al

21% e man mano a scendere.

Terzo punto: la logistica (slide 13-15)

La logistica per noi è un punto fondamentale perché stiamo cambiando, oltre al modello

organizzativo, anche il modello di come verranno erogati alcuni servizi, i percorsi e gli

spazi di attività.

Page 101: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.99/161

E’ stata effettuata un’analisi degli ambienti andando a misurare con “il metro” gli spazi

utilizzati come magazzini di UO adesso e confrontandoli con gli spazi previsti nel nuovo

ospedale e siamo ormai arrivati a valutare come rifornire i vari depositi all’interno delle

unità operative. Il problema è importante per non lasciare i professionisti senza il materiale

nel momento in cui questo è necessario.

Quarto punto: la documentazione infermieristica (slide 16-19)

Il quarto punto è la documentazione infermieristica sul quale è stato attivato un progetto

per uniformare sia lo strumento operativo che il modello che sottendeva allo strumento,

utilizzando le linee guida emanate dal S.I.T.R.A. nel 2003 e poi riviste nel 2007, che

tenessero presente alcuni elementi cardine quali il modello concettuale di riferimento (il

modello delle prestazioni infermieristiche), l’utilizzo di un linguaggio scientifico, le fasi del

processo, le indicazioni metodologiche per utilizzare lo strumento, la possibilità di inserire

delle schede e l’integrazione con la documentazione di tutti gli altri professionisti sanitari.

E’ stata inoltre implementata e uniformata la documentazione, sia in day hospital che in

day surgery.

Nel 2009 sono state revisionate anche le schede degli altri professionisti, quali quella

ostetrica, quella dei fisioterapisti e delle dietiste.

Questi sono i risultati del secondo audit effettuato: il fascicolo base è conforme per l’84%

mentre non lo è per il 16%; nonostante i risultati siano abbastanza soddisfacenti, dovremo

migliorare ulteriormente.

Questi sono i risultati della documentazione dei day hospital medici: non conforme per il

5%.

Quinto punto: modello organizzativo (slide 20-25)

L’altro punto sull’organizzazione è che il modello organizzativo definito è un modello

altamente flessibile.

Avete visto dalle slide che ha proiettato la Dottoressa Chiappa che è un modello strutturale

“a dita”, in ogni “dito” abbiamo da un minino di 40 posti letto ad un massimo di 58.

L’aggregazione dei posti letto nelle “dita” è stata definita secondo le specialità.

Al piano uno sono presenti tutte le specialità mediche e al piano due sono previste tutte

le specialità chirurgiche in regime di ricovero ordinario.

Al termine di questo primo aspetto di macro organizzazione è stata delineata la micro-

organizzazione.

Page 102: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.100/161

La scelta è stata condivisa con i coordinatori, ed è quella di organizzare l’assistenza per

piccole équipe e di definire la funzione di un infermiere quale il tutor assistenziale che

segua tutti i percorsi del paziente insieme al tutor clinico.

Il grosso sforzo che stiamo facendo in questo momento è quello di costruire dei piani

diagnostici – terapeutici, riabilitativi e assistenziali che siano condivisi tra le varie

professionalità.

Sono state definite le funzioni del coordinatore, o meglio dei coordinatori, perché la scelta

per questa funzione, è di assegnare ad ogni “dito” due coordinatori per permettere

l’integrazione definendo i livelli di responsabilità su linee produttive e di supporto differenti,

con la definizione di livelli di performance minimi.

Il modello di coordinamento che abbiamo scelto è stato quello di avere due funzioni

distinte che coordinassero l’attività all’interno di ogni dito perché i numeri di pazienti sono

elevati : non dividendo i 58 letti in due parti ma definendo funzioni trasversali differenti.

La prima funzione, delineata con una apposita job, è quella orientata alla gestione e al

coordinamento delle risorse umane e delle attività .

La seconda job invece descrive tutte le competenze e le responsabilità relative al

coordinamento della logistica, dei beni dei servizi relativi al governo dei rapporti con

l’utente esterno.

Queste sono le fasi del percorso che non descrivo.

Modello per équipe a settore, quindi quattro settori per il dito più grande che è quello dei

58 letti.

Le aree specifiche sui progetti organizzativi sui quali stiamo lavorando sono su tutti questi

settori quindi la piastra operatoria, la centrale di sterilizzazione che per adesso non

abbiamo.

Dobbiamo definire alcuni momenti ancora importanti e soprattutto stiamo lavorando sulla

parte del tutor clinico e quello assistenziale.

Sesto punto: l’informatizzazione (slide 26).

Il sesto punto è quello sull’informatizzazione che sarà a supporto dell’attività sia medico

che infermieristica di tutto il modello.

Settimo punto: attività di trasferimento (slide 27,28)

L’ultimo punto è il trasferimento al nuovo ospedale.

Un gruppo di lavoro ha svolto un’attività definita di “bollinatura”; l’abbiamo chiamata così

per classificare tutte le attrezzature, gli arredi da trasferire nel nuovo ospedale, tutto quello

Page 103: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.101/161

che poteva essere smaltito e tutto quello che invece poteva essere utilizzato in altri

ospedali.

Questi sono i risultati: gli itemes sono stati 21.613 quindi direi un numero abbastanza

importante.

Trasversalmente a questa attività c’è stata tutta l’attività d’informazione e di formazione del

nuovo ospedale (slide 29-31).

Abbiamo sensibilizzato circa 600 operatori e formato circa 200 infermieri affiancati a 92

mentori e 80 OSS .

L’ultimo punto importante è stato il percorso di cambiamento.

Abbiamo cercato tramite la comunicazione e le anticipazioni organizzative di

sensibilizzare, di formare, di coinvolgere tutti gli operatori.

Nel 2010 questo percorso continua, ovviamente non abbiamo finito e andremo avanti

credo anche nel 2011 (slide 32).

Questi sono gli ultimi punti chiave sui quali stiamo lavorando (slide 33):

Pronto Soccorso

P.D.T.R.A.

Integrazione e formazione tra professionisti

Alta tecnologia

Diagnosi sociale e dimissioni protette

Sono gli snodi fondamentali perché il modello funzioni.

Grazie per avermi ascoltato.

Page 104: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.102/161

(slide 1) (slide 2)

(slide 3) (slide 4)

(slide 5) (slide 6)

1S erv iz i

“no c o re”

5O rg aniz z az io n e

5O rgan iz z az io n e

6In fo rm atiz z az io

n e

6In fo rm atiz z az io

n e

7T ras ferim en to

7T ras ferim en to

3L o g is tic a

3L o g is tic a 4

D o c u m en taz io ne as s is ten z iale

4D o c u m en taz io ne as s is ten z iale

2A s s egn az io n e

p ers o n ale

2A s s eg n az io n e

p ers o n ale

MASTER PLAN

MACRO ATTIVITA’MACRO ATTIVITA’

Inizio attività febbraio 2008. Status: “in progress”3

Nel 2010 per i servizi “no core”

Incontri e confronti con responsabili dei servizi no core:ausiliariato e facchinaggio,

ristorazione, pulizie, gestione rifiuti,

ristorazione,lavanolo,manutenzione

definire l’attività nel dettaglio in base a piani di lavoro e protocolli

formazione

monitoraggio e valutazione

Simulazione percorsi e attività nel nuovo ospedale

1 Servizi

“no core”

4

Definizione fabbisogno personaleMantenimento dei minuti di assistenza secondo la normativa regionaleNuove attivitàRiallocazione risorse in base al modello

Criteri:volontarietàcompetenza ed esperienzaprocedura aziendale

In base ai dati sulla complessità assistenziale è stata definita :- l’assegnazione delle risorse infermieristiche e di supporto- le modalità di “formazione “ del personale infermieristico:

nel 2009 il 38,7% del personale infermieristico ha effettuato uno “stage di area”

Attualmente è stabilito il numero di persone assegnateEntro febbraio è definita l’assegnazione individuale in base a competenza, ruoloe vincoli normativi

2 Assegnazione

personale

2 Assegnazione

personale

5

Rilevazione complessità assistenziale

5

UNITA’ OPERATIVE CASI CHIRURGIA 118 TRAUMATOLOGIA 116 UROLOGIA/GINECOLOGIA 91 WEEK SURGERY 47 CHIRURGIA MAXILLO/PLASTICA 86 OTORINO 65 NEUROCHIRURGIA 56 CARDIOLOGIA 104 MEDICINA 118 GERIATRIA 128 NEUROLOGIA 114 NEFROLOGIA 65 ONCOLOGIA /SOLVENTI 52 PNEUMOLOGIA 71

MEDICINA D’URGENZA 32 RADIOTERAPIA 29

TOTALE 1301 casi

2 Assegnazione

personale

2 Assegnazione

personale

66

Complessita’ assistenziale

2 Assegnazione

personale

2 Assegnazione

personale

Casi rilevati: 1.301Unità operative: 16

7

Attivita' per prestazioni infermieristiche

7

2 Assegnazione

personale

2 Assegnazione

personale

Page 105: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.103/161

(slide 7) (slide 8)

(slide 9) (slide 10)

(slide 11) (slide 12)

8

Logistica

- Valutazione e osservazioni sulle planimetrie

- riduzione spazi u.o. (codici colore)

farmaci e presidi

- dotazioni attrezzature e materiali

- progetto transiti

- percorso trasporti

- attività di progettazione e trasferimento al nh

3 Logistica

3 Logistica

9

Analisi spazi

129,14193,77322,91264,71185,85681,0878,85759,93Totali

29%17728,5316,1044,6333,9430,88115,753,06118,81DIALISI

37%33219,535,8825,4117,8816,3446,321,5447,86RIABILITAZ

DITO IV

37%5628,2350,0478,2764,9840,79153,2624,19177,45DITO III

37%137,8160,9868,7966,8742,32158,4324,55182,98DITO II

35%6332,4551,4583,9065,1242,69166,0822,43188,51DITO I

Reparto Spaziodisponibil

enuovo

ospedale

Ingombroattrezzature

carrelli

Spaziodisponibile

nuovo ospedale(al netto di spaziper attrezzature

e carrelli)

Spaziorealmente

utilizzato daScaffalature

Spaziorealmenteutilizzato

MetriCubi

Stoccabili

MetriCubi

Necess

Differenza Superficiesfruttata/

Superficiedisponibile

Piano IDegenzeMediche

m2 m2 m2 m2 m2 m3 m3 m3 %

A B C = A -B E F G = E-F

3 Logistica

3 Logistica

10

Documentazione infermieristica

“Le linee guida per l’utilizzo della cartella infermieristicaorientata al modello delle prestazioni infermieristiche – 2003 erivista nel 2007”

Modello concettuale di riferimento (M.P.I.)Utilizzo di linguaggio scientifico ed omogeneoFasi del processo di assistenza infermieristica

con particolare attenzione alla pianificazione e valutazioneIndicazioni metodologichePossibilità di inserire schede integrative specifichedi unità operativaIntegrazione altra documentazione

4Documentazione

assistenziale

4Documentazione

assistenziale

11

Documentazione

La Documentazione Infermieristica è stata uniformata in:

UU.OO. DEGENZAUU.OO. DAY HOSPITAL e DAY SURGERY

Audit: 80% circa soddisfa lo standard previsto

In corso implementazione PIANIFICAZIONI INFERMIERISTICHE

Revisione delle documentazioni:OSTETRICAFISIOTERAPICADIETISTE

Tutta la Documentazione è conforme agli standard definiti nel Manuale Regionale dellaDocumentazione Clinica (2007) e della DGR VIII 9014 (20 febbraio 2009)

completata

4Documentazione

assistenziale

4Documentazione

assistenziale

12

Cartella infermieristica

fascicolo base non

conforme 16%

fascicolo base

conforme 84%

AUDIT 2009200 campioni

Standardraggiunto %

frontespizio 158 79%

raccolta dati 180 90%

bai 158 79%

compilatore 160 80%

annotazioni diario 197 99%

date e firme diario 192 96%

finalità per bai 145 73%

dimissione 156 78%

UU.OO. COINVOLTE:

aree degenza ordinaria

4Documentazione

assistenziale

4Documentazione

assistenziale

13

Cartella di Day Hospital

fascicolo base Day Hospital conforme

95%

fascicolo base Day Hospital non

conforme5%

AUDIT 2009 30 campioni

StandardRaggiunto %

frontespizio 27 90%

raccolta dati 27 90%

compilatore 30 100%

annotazioni diario 30 100%

date e firme diario 30 100%

ora ingresso 28 93%

ora uscita 24 80%

dimissione 20 100%

UUOO COINVOLTE:

DH Medici Unificati, Oncologico, Malattie Infettive

4Documentazione

assistenziale

4Documentazione

assistenziale

Page 106: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.104/161

(slide 13) (slide 14)

(slide 15) (slide 16)

(slide 17) (slide 18)

14

• In ogni “dito” di degenzavengono distribuiti una quotadi posti letto di bassa, media,alta complessitàassistenziale

• Ogni “dito” di degenzarappresenta unaccorpamento di specialitàcliniche affini

Modello organizzativo “flessibile”

• Dipartimento chirurgico• Dito 1: 58 pl (Chir, Ortop,Ginecol,Urologia)• Dito 2: 47 pl (Neuroch, ORL,Plast/Maxillo, Oculistica)• Dito 3: 52 pl (Week, Urg Chir e Ped)TOT. 157 pl• Dipartimento medico• Dito 1: 58 pl (Medicina Cardio)• Dito 2: 47 pl (Neuro Nefro Onco)• Dito 3: 52 pl (Geriatria Pneuma)

TOT. 157 pl

5 Organizzazione

5 Organizzazione

15

Micro-organizzazione

Modello per piccole equipeInfermiere tutor clinico e assistenziale: definiscono, accompagnano,orientano il percorso clinico/ assistenziale e dimettono il paziente(PDTRA)Funzioni del coordinatore per attivitàForte integrazione con altre professioni sanitarie e condivisione dellamicro-organizzazionePiani di organizzazione e livelli di responsabilità e di performance

Modello di nuova sperimentazione

5 Organizzazione

5 Organizzazione

16

Modello di coordinamento

Due coordinatori per “dito” di degenza con funzioni differenziate- job description orientata alla gestione e al coordinamento delle risorse umane e delle attività- job description definisce competenze e responsabilità relative alla gestione e al coordinamento della logistica, dei beni e servizi e al governodell’utente esterno.

Fasi del percorso:Coinvolgimento e assegnazione dei coordinatoriIndividuazione condivisa del modelloIndividuazione delle risorse umane (“la persona giusta al posto giusto”)Formazione “tecnica”Formazione “relazionale”Verifica della performance minimaValutazione permanente

5 Organizzazione

5 Organizzazione

17

All’interno del “dito” di degenza èl’équipe che si muove e non il pazienteFigura“trasversale” tutor assistenziale

Modello per équipeEQUIPE A: 1 - 16 SETTOREEQUIPE B: 17 - 30 SETTOREMISTO (4 p.l. con sollevatore asoffitto)EQUIPE C: 31 – 44 SETTOREMISTO (16 p.l. con sollevatore asoffitto)EQUIPE D: 45 – 58 SETTORE

5 Organizzazione

5 Organizzazione

18

Aree specifiche – progetti organizzativi

In corso:

Aggregazione per “dito”Piastra operatoriaCentrale di sterilizzazione

DH e DS

AmbulatoriDegenze dedicate ( M.I., SPDC, area materno-infantile)Area ad alta intensità di cureP.S., Medicina per acuti/OBIServizi diagnostici

5 Organizzazione

5 Organizzazione

19

Cosa definire

Modalità organizzative e pianificazione attività delle singole UO confronto edintegrazione con i Documenti di Organizzazione attuali

PDTRA condivisi intra/inter disciplinari;sviluppo di attività di “simulazione“ di situazioni cliniche-assistenziali

Proposte di protocolli e procedure condivisi con criteri di “accettazione “ e“dimissione” del paziente ed omogeneizzazione di quelli in essere

Definizione percorsi “fast”

Eventuale sviluppo di ruoli professionali coerenti con i nuovo sistema(es. il “tutor clinico e assistenziale”)

Governo clinico/assistenziale

5 Organizzazione

5 Organizzazione

Page 107: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.105/161

(slide 19) (slide 20)

(slide 21) (slide 22)

(slide 23) (slide 24)

20

Informatizzazione

Rilevazione complessità assistenziale(applicativo interno integrato nell’anagrafica di PRIAMO)

Ordini magazzino/farmacia/economato/ristorazioneesami

Documentazione sanitaria

6 Informatizzazione

6 Informatizzazione

21

Trasferimento nuovo Ospedale

Attività di “bollinatura” di arredi e attrezzature (per “destinazione d’uso”):o Blu: idoneo per nuovo ospedaleo Verde: idoneo per altra struttura aziendaleo Rosso: non idoneo, smaltimento

Gestione magazzini per scorte di area

Logistica e tempistica

Attività in progress

7 Trasferimento

7 Trasferimento

22

Attività di “bollinatura” ( tot. Items 21.613)

Blu: idoneoper nuovoospedale

Verde: idoneoper altrastruttura

Rosso: nonidoneo

Arredi eattrezzature 3% 23% 74%

Apparecchiatureelettromedicali 41% 34% 25%

Apparecchiatureinformatiche 11%

Tot.2.393

28%

Tot. 6.144

61%

Tot.13.076

7 Trasferimento

7 Trasferimento

23

Informazione e formazionedel personale nuovo ospedale

Avvio progetto formativo aziendale articolato su differenti livelli:- sensibilizzazione del personale (circa 600 operatori)- percorso per coordinatori e direttori di u.o.

(80 operatori)- percorso personale SITRA

coordinato da una cabina di regiaAvvio stage formativi intra-dipartimentali articolati sulle aree assistenzialicomuni previste ai vari livelli nel nuovo ospedaleRiunioni a livello dipartimentaleRiunioni a livello di u.o.

A ttiv itàtras vers ale

A ttiv itàtras vers ale

24

Percorsi formativi e stage sul campo

Stage sul campo (formazione 2009)

Fase informativa (riunioni e incontri dedicati)

200 Infermieri affiancati da 92 mentori

80 OSS

130 Infermieri22 OSS

Nel 2009: 38,7% del personale infermieristico 27,5% del personale OSS

hanno effettuato “esperienza sul campo”

A ttiv itàtras v ers ale

A ttiv itàtras vers ale

25

Percorso per il cambiamento

Comunicazione impegno per coinvolgere e informare:- personale interno- parti sociali (istituzioni, volontariato, organizzazioni)- mondo civile (cittadinanza)

Anticipazioni organizzative:- razionalizzazione magazzini UU.OO.- D.H. unificato- pre-ricovero- endoscopia unificata- integrazione per emergenze ostetriche- w.s.- area intensità di cura sub-intensiva

Sensibilizzazione e formazione :- personale (medico, infermieristico, tecnico amministrativo ecc.)- organizzativa- psicologica per aiuto al cambiamento

“condividere” le informazioni

A ttiv itàtras v ers ale

A ttiv itàtras vers ale

Page 108: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.106/161

(slide 25) (slide 26)

(slide 27)

26

Anno 2010:

Obiettivo:concorrere allo sviluppo del progetto Nuovo Ospedale Sant’Anna diComo - in termini organizzativi, di processo e di risultato

approfondire le linee operative - in termini di percorso integrato delpaziente secondo il modello della complessità assistenziale;

implementare un percorso propositivo di miglioramento - attraverso laconsultazione di posizioni chiave aziendali

percorsi di simulazione dell’attività

27

Punti chiave

Pronto SoccorsoPDTRAIntegrazione e formazione tra professionistiAlta tecnologiaDiagnosi sociale e dimissioni protette

28

Grazie per l’attenzione.

Anna MichettiLaura Chiappa

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.107/161

Modelli organizzativi per intensità di cura e complessità dell’assistenza

Dott.ssa Giovanna Bollini Direttore D.I.T.R.A., A.O. Ospedale Niguarda Ca’Granda

Grazie e un buon pomeriggio a tutti.

Io sarò velocissima anche perché questa mattina sono

state dette tantissime cose e poi oggi mi sono accorta che

stiamo lavorando, più o meno, nello stesso modo con le

colleghe che hanno parlato prima di me, perché l’obiettivo

è simile per tutti.

Chiaramente le modalità d’intervento si diversificano all’interno di ogni azienda, ma la

metodologia è la stessa.

Niguarda occuperà la prima piastra del progetto del nuovo Niguarda, nel senso che verrà

costruito in due fasi (slide 1).

La prima piastra è pronta adesso e quindi entreremo entro fine anno.

La seconda piastra invece verrà costruita quando svuotiamo la parte che sarà dedicata ai

cantieri.

La prima piastra che occuperemo quest’anno, contiene 450 posti letto, quindi non è

l’ospedale, ma insomma una bella parte. Come vedete stiamo parlando di 22 camere

operatorie, 27 letti di terapie intensive, 60 posti letto di day hospital e day surgery, 77 di

punti visita ambulatoriale e via (slide 4).

Quindi questa è la prima piastra.

La seconda piastra verrà costruita esattamente in modo parallelo, quindi speculare

sull’altro lato. Niguarda sostanzialmente vivrà alla fine di questo percorso su tre strutture.

La prima inaugurata nel 2002 contenente tutta l’area di emergenza urgenza e 220 posti

letto, di cui 34 di terapia intensiva.

La prima piastra, vi faccio vedere successivamente quale tipologia di malati entreranno, e

la seconda, saranno dedicate alle medicine, quindi all’aspetto non chirurgico,

sostanzialmente all’area materno infantile.

Vado via veloce perché queste cose le avete già sentite durante la mattinata e anche nel

pomeriggio. Questa parte iniziale era solo per farvi vedere da dove siamo partiti.

Alcune specialità che poi saranno più o meno le specialità di adesso, verranno mantenute,

ma ovviamente anche noi abbiamo ragionato in termini di intensità di cura. Ci sarà un’area

dedicata a queste specialità, ma non con l’assegnazione dei posti letto, bensì con

l’assegnazione della possibilità rispetto, se prendiamo l’area chirurgica per esempio, alla

Page 110: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.108/161

lista d’attesa sugli interventi chirurgici e alla disponibilità della camera operatoria. Questa è

la logica di partenza un po’ per tutti.

Questo è solo per farvi vedere il ragionamento da cui siamo partiti.

La parte in rosso sono le percentuali di intensità. Questa mattina il Professor Lega diceva

che uno degli elementi da valutare è proprio quello di andare a vedere i tempi di degenza

(slide 7).

Bene, la parte in rosso sono i ricoveri superiori a 5 giorni delle diverse specialità rispetto ai

ricoveri totali.

Quest’altra è la suddivisione nello stesso modo, ma di tutte le aree che entreranno nella

piastra nuova (slide 8). Sostanzialmente saranno tre grandi aree.

Il dipartimento cardiovascolare, il dipartimento chirurgico e dei trapianti e l’area

oncoematologica.

Saranno tre queste grandi strutture oltre a tutta l’area dei servizi.

Quindi questi sono i ragionamenti da cui siamo partiti.

Che cosa stiamo facendo nel frattempo?

Stiamo definendo quali sono le risorse, poi vi dico come stiamo facendo.

Anche noi abbiamo lavorato e stiamo tuttora lavorando sulla complessità clinica e

sull’intensità assistenziale (slide 9). Stiamo lavorando in due modi.

La prima è che abbiamo dei gruppi di professionisti multidisciplinari che stanno vedendo

insieme dal punto di vista clinico e dal punto di vista assistenziale quali sono i parametri o

l’elemento di valutazione. Quali sono i criteri da considerare per l’ingresso dei pazienti in

un’area ad alta, bassa o media intensità.

Perché, detto fuori dai denti, il mio problema più grande, ma penso sia il problema di tutti,

non è tanto l’assegnazione iniziale, quanto chi decide e quando si decide che l’ammalato

viene spostato dall’alta, alla bassa, alla media e così via.

Con quali criteri? Quali saranno le modalità di decisione su questo aspetto?

Quindi in realtà il vero problema, almeno per come la vivo io e noi al Niguarda, è proprio

questo, la logica con la quale spostare i malati.

E’ per questo che, ringrazio la regione Lombardia per l’invito ad iniziare,

contemporaneamente a tutti questi grandi lavori, un lavoro di ricerca che metta insieme

proprio questo concetto.

L’obiettivo della ricerca regionale che ci è stata affidata è quella di valutare insieme a otto

ospedali, di cui Niguarda è capo fila, la complessità clinica e l’intensità assistenziale.

Page 111: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.109/161

Quando queste due variabili non si sposano, quando non vanno d’accordo, quando ad

esempio per la parte clinica è finita la parte di criticità e il paziente è stabile, ha una

diagnosi, ha la sua terapia ecc. ecc. ma non lo è dal punto di vista infermieristico, occorre

trovare i criteri di confronto e di decisione per dire che questo malato si sposta da una

situazione all’altra.

Io credo che questo sia un lavoro molto interessante, perché penso che sia la prima

ricerca fatta in questo modo facendo lavorare insieme l’area medica, i responsabili della

ricerca e il direttore del dipartimento medico di Niguarda. Questa esperienza spero abbia

dei frutti interessanti, perché servirà poi a tutti. E’ un lavoro per la Regione Lombardia.

Anche qua vado via veloce, il reparto è superato, va bene, mi fermo solo su come

abbiamo tentato di impostare dal punto di vista dell’organizzazione (slide 10).

Dunque la degenza diventa multi specialistica anche se l’organizzazione gestionale

assistenziale è, naturalmente, di competenza delle unità infermieristiche (slide 11).

Questo è il primo importante elemento.

Ricordo la prima volta che abbiamo letto queste cose, discusso insieme con medici e

infermieri in aula Magna a Milano. Ormai credo quattro anni fa. In quella occasione, un

medico mi disse: “ma Lei vuole fare una rivoluzione copernicana!!” Eh si! Purtroppo, nel

senso che la dobbiamo fare tutti, medici ed infermieri, perché questa è per i medici una

ridiscussione gestionale rispetto a come siamo abituati a vivere oggi, ma per gli infermieri

è anche una soluzione di responsabilità diversa, quindi sicuramente un passo culturale

fondamentale che dobbiamo percorrere insieme.

Questo era il messaggio che volevo darvi.

Noi abbiamo organizzato e stiamo organizzando, perché in realtà il lavoro è in itinere, le

unità di degenza suddivise per intensità di cura.

Ci sarà il responsabile di struttura complessa che è l’ex primario che sarà responsabile dei

suoi medici e dell’assistenza resa all’ammalato. Ci saranno le unità infermieristiche con

una responsabilità unica per quanto riguarda la gestione. Il capo sala ci sarà sicuramente,

ma per moduli. Noi abbiamo dei moduli massimi di 44 posti letto, quindi un unico capo

sala. Infatti la scelta è stata quella, e su questo stiamo veramente lavorando ormai da un

po’ d’anni, di inserire l’infermiere case manager. Il coordinatore si occuperà della gestione

delle risorse, mentre l’infermiere case manager sarà il punto di continuità sia per il malato

che per gli stessi colleghi infermieri che lavoreranno su quel malato, che ovviamente per il

clinico.

Page 112: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.110/161

Insieme a questo ci tengo a sottolineare l’aspetto importante del tutor medico. Lo sforzo è

quello di dire ad ogni malato che il suo medico è il Dottor X e la sua infermiera case

manager è la signora Y. Questo è il grande sforzo. Non so se ce la faremo, perché stiamo

parlando di ciò che stiamo tentando di costruire, però la logica è questa.

Difficile, ma anche su questo punto stiamo lavorando da tanto tempo. Niguarda ha

valorizzato la professione infermieristica da anni, perché ha inserito la figura del case

manager piuttosto che del tutor, piuttosto che del capo turno. Inoltre da anni, in forma

assolutamente ufficiale, quindi per concorsi, stiamo facendo un lavoro di

professionalizzazione, ma anche di formazione, perché alla fine queste persone se

devono diventare coloro che sono di riferimento per tutto, dovranno sapere e dovranno

essere molto brave.

L’ultimissima cosa che volevo dire, poi passo la parola al Dottor Cosentina, è la parte

informatica e documentale che è fondamentale.

Voi pensate che in questo ospedale, come vedete (slide 20), c’è un pezzo nuovo, tutto il

vecchio e c’è un pezzo che è semi nuovo. E’ molto difficile mettere insieme le cose. Anche

solo in termini di trasporti, di logistica. E’ davvero complicato.

Una cosa su cui stiamo lavorando è che tutta la documentazione clinica sia unica per tutti.

La cartella clinica e la cartella infermieristica, ormai da 8 anni a Niguarda, sono unici per

tutta l’azienda. L’altra cosa è l’informatizzazione. Questo è un elemento che ci aiuterà

tantissimo nel processo di integrazione.

Page 113: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.111/161

(slide 1) (slide 2)

(slide 3) (slide 4)

(slide 5) (slide 6)

04/02/2010

1

Il modelloassistenziale per

intensità di cura nelNuovo Ospedale:aspetti tecnici e

applicativi

AccademiaGuardia di Finanza

Bergamo

G. BolliniR. Cosentina

C. Nicora

Tavola Rotonda

Modelli organizzativi perintensità di cura e

complessità dell’assistenza

Modelli organizzativi perintensità di cura e

complessità dell’assistenza16

Azienda OspedalieraNiguarda Ca’

Granda

CaratteristicheLa piastra ospita i reparti “high care” dell’ospedale450 posti letto totali87.000 mq totali di superficie 23 camere operatorie (inclusa interventistica)27 posti letto di terapia intensiva60 posti letto di day hospital77 punti visita ambulatoriali

Attivazione del cantiere: marzo 2007

Opere Fase 1 Opere Fase 1 -- Piastra SudPiastra Sud

04/02/2010

2

Il modelloassistenziale per

intensità di cura nelNuovo Ospedale:aspetti tecnici e

applicativi

AccademiaGuardia di Finanza

Bergamo

G. BolliniR. Cosentina

C. Nicora

La progettazione organizzativa 1La progettazione organizzativa 1

Funzionamento organizzato in base ai processidi curaPredefinizione dei percorsi di diagnosi e curaApproccio funzional-strutturale:

si muove lo staff e non il pazientesi muovono le tecnologie (?) e non il paziente

Modularità (standardizzazione)Centralizzazione dei servizi comuni ed utilizzoappropriato delle moderne tecnologieInformatizzazione elevata e integrataIntegrazione dei percorsi per la continuitàassistenziale

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3

Il modelloassistenziale per

intensità di cura nelNuovo Ospedale:aspetti tecnici e

applicativi

AccademiaGuardia di Finanza

Bergamo

G. BolliniR. Cosentina

C. Nicora

La progettazione organizzativa 2

Alta capacità e complessità di prestazioni conappropriato dimensionamento delle aree didegenzaAlta qualità e articolazione in diversi gradi diintensità e specificità di assistenza delledegenzeDegenze non assegnate per specialità ma perDipartimentoOttimizzare i tempi di attesa e superare ilmodello della produzione a “lotti” in sequenzaSviluppo delle prestazioni in ambulatorio ediurne (Day Hospital e Day-Surgery)

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Il modelloassistenziale per

intensità di cura nelNuovo Ospedale:aspetti tecnici e

applicativi

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Bergamo

G. BolliniR. Cosentina

C. Nicora

La piastra SUD

ospita i reparti “high care”450 posti letto87.000 mq totali di superficie22camere operatorie27 posti letto di terapia intensiva60 posti letto di day hospital77 punti visita ambulatorialiarea commerciale

16

Azienda OspedalieraNiguarda Ca’

Granda

CaratteristicheLa piastra ospita i reparti “high care” dell’ospedale450 posti letto totali87.000 mq totali di superficie 23 camere operatorie (inclusa interventistica)27 posti letto di terapia intensiva60 posti letto di day hospital77 punti visita ambulatoriali

Attivazione del cantiere: marzo 2007

Opere Fase 1 Opere Fase 1 -- Piastra SudPiastra Sud

Page 114: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.112/161

(slide 7) (slide 8)

(slide 9) (slide 10)

(slide 11) (slide 12)

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Il modelloassistenziale per

intensità di cura nelNuovo Ospedale:aspetti tecnici e

applicativi

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G. BolliniR. Cosentina

C. Nicora

Obiettivo

Definizione di intensità di cura: livello di curarichiesto dal caso conseguente ad unavalutazione di instabilità clinica (associata aalterazioni dei parametri vitali) e di complessitàassistenziale (medica ed infermieristica)

Ospedale patient-focused: riorganizzato per areedi degenza, spesso multispecialistiche, graduaterispetto all’intensità di cura

“A nessuno piace stare in ospedale” “A nessuno piace stare in ospedale” “Ogni paziente ha tutto l’interesse ad essere trattato il più velocemente possibile” “Ogni paziente ha tutto l’interesse ad essere trattato il più velocemente possibile” “Il tempo del paziente non è tempo libero/gratis” “Il tempo del paziente non è tempo libero/gratis” “Occorre costruire il servizio reso in funzione dei bisogni di assistenza del paziente” “Occorre costruire il servizio reso in funzione dei bisogni di assistenza del paziente”

(The Mount Sinai (The Mount Sinai MedicalMedical Center Center ofof NY 1995) NY 1995)

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Il modelloassistenziale per

intensità di cura nelNuovo Ospedale:aspetti tecnici e

applicativi

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C. Nicora

Messa in contesto

Focus sul paziente e non solo sulla malattiaMaggiore efficienza operativa e gestionaleRecupero di risorse per l’assistenza intensiva apazienti affetti da patologie maggiormenteimpegnative o con forte necessità di continuitàassistenziale H-T

Nell’ospedale si distingue l’asset management(per la parte di degenza graduato per intensità)dal disease management

il primo richiede competenze/organizzazione specifiche eduna scala dimensionale superiore a quella dell’unitàoperativa per produrre recuperi di efficienza produttivala gradazione per intensità permette di rendere concreta larisposta ai bisogni assistenziali differenziati dei pazientiil secondo compete è il cuore dell’attività dellospecialista/UO disciplinare

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Il modelloassistenziale per

intensità di cura nelNuovo Ospedale:aspetti tecnici e

applicativi

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Bergamo

G. BolliniR. Cosentina

C. Nicora

S

1,2%

24,5%

5,0%23,0%

30,5%46,0%

3,3%

8,2%32,0%

26,0%23,5%

17,5%95,5%

67,3% 63,0%51,0% 46,0%

36,0%

CardioCHIR Ortopedia Toracica Genera le Vascolare Urologia

MediaIntensita LS

Mediaintensità

Bassaintensità

Organizzazione in funzioni per livelli

Specialità chirurgiche piastra Sud

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Il modelloassistenziale per

intensità di cura nelNuovo Ospedale:aspetti tecnici e

applicativi

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Bergamo

G. BolliniR. Cosentina

C. Nicora 7% 5% 0%8%

28% 33%

26% 13%

14% 9%

3% 13%

5% 5%

5%

13%

28%

14%41%

24%

19%

34%25%

30%

AMB DH-DS WS LS

Chirurgie

Cardiologie

Cardio-T orac-Vasc

Ortopedia

OncoEmatologie

Epatologie

Riorganizzazione per livelli

RISORSE

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intensità di cura nelNuovo Ospedale:aspetti tecnici e

applicativi

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C. Nicora

Intensità di cureIntensità di cure

Complessità clinicaIntensità assistenziale infermieristicaI due parametri sono fra lorointerconnessi

Questo nuovo modello può evitarel’erogazione a tutti i pazienti un livello dicure “medio” abbassando di fatto illivello assistenziale dei pazienti più gravied elevando quello dei pazienti stabili

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Il modelloassistenziale per

intensità di cura nelNuovo Ospedale:aspetti tecnici e

applicativi

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C. Nicora

L’organizzazione per processi

Viene superato il concetto di “reparto”tradizionale: le funzioni specifiche non sono piùlegate alla peculiarità delle singole disciplinespecialisticheI percorsi sono realizzati in settori di assistenzail più possibile comuni e contiguiI processi di diagnosi e cura per il singolopaziente seguono piani di cura integratiattraverso i vari serviziDegenze, sale operatorie, laboratori, ambulatori,servizi speciali di diagnosi e cura ecc. sono il piùpossibile centralizzati e utilizzabili da moltepliciprofessionalità

Page 115: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.113/161

(slide 13)

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Il modelloassistenziale per

intensità di cura nelNuovo Ospedale:aspetti tecnici e

applicativi

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C. Nicora

Degenza multispecialistica: l’organizzazionegestionale ed assistenziale è competenza delle unitàinfermieristiche, che forniscono un servizio alle unitàoperative mediche seguendone le direttive tecnicheInfermiere case manager nelle areemultispecialisticheUnità operative mediche: il direttore di SC ha pienaresponsabilità e autonomia tecnico professionale sututta l’attività di consultant che svolgono con lapropria equipe sulle risorse allocate dal ospedale,deve favorire il lavoro in team, ma non riceve indotazione esclusiva un settore di degenzaNelle aree multispecialistiche viene meno il binomioprimario-capo salaTutor medico e criteri di ingresso nell’high care

Importanti momenti di discontinuità

Page 116: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.114/161

Modelli organizzativi per intensità di cura e complessità dell’assistenza

Dott. Roberto Cosentina Direttore Medico di Presidio, A.O. Niguarda Ca’ Granda diMilano

Arrivati a questo punto stupire la platea con qualcosa di nuovo

è impossibile, questo è evidente, allora in breve tempo provo

ad esprimere un paio di considerazioni, che sono quelle che

mi vengono spontanee alla luce del mio ruolo di Direttore di

Presidio.

Come ha detto giustamente la Dott.ssa Giovanna Bollini,

direttore della D.I.T.R.A., stiamo portando avanti in questo

momento un grosso lavoro, con gruppi di lavoro mirati su tutte

le varie aree di questo nuovo edificio denominato Blocco Sud

(slide 15).

Il Blocco Sud è uno dei tre palazzi, dei tre blocchi che verranno a costituire alla fine il

nostro ospedale; credo che meriti una sottolineatura il fatto che abbiamo tirato su 470

posti letto all'interno di un ospedale che ha continuato a funzionare senza la minima

perdita di attività.

Non abbiamo perso in tre anni un posto letto, non abbiamo diminuito l'attività, non

abbiamo intaccato la qualità del nostro lavoro: questo credo che sia un dato che merita di

essere citato, ed è stato il grosso sforzo che abbiamo tutti vissuto; a differenza dei colleghi

che hanno parlato prima di noi e che hanno potuto privilegiare il traghettamento verso il

nuovo, il nostro grosso sforzo in questi tre anni è stato questo mantenimento.

A che punto siamo ora? Abbiamo terminato un edificio di sette piani, in totale, due sotto

terra, un pianterreno e quattro in esterno, 470 posti letto, 27 dei quali di terapia intensiva,

l'articolazione delle degenze sui primi tre piani fuori terra (primo per il Dipartimento

Chirurgico, secondo per il Dipartimento Cardiovascolare, terzo per il Dipartimento

Oncoematologico).

Partendo dall'interrato, a meno due abbiamo un’area prettamente di servizio, quindi non

destinata ad attività sanitarie ma core nevralgico della logistica dei trasporti leggeri e

pesanti.

Nel piano interrato, meno uno, abbiamo, oltre a spogliatoi per 1200 lavoratori, l'area della

radiologia (tradizionale, TAC, RMN, interventistica), l'area centralizzata dell'endoscopia

Page 117: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.115/161

(gastroenterologica, toracica, urologica, videoendoscopia interventistica) e la centrale di

sterilizzazione (slide 16).

Al piano terra abbiamo l'area dell'accoglienza per i pazienti (con oltre 20 sportelli) e l'area

ambulatoriale (slide 17); l'area ambulatoriale è stata concepita come concentrazione

intesa come spazio fisico ma con la suddivisione tra una grossa area di offerta dell'area

oncoematologica (uno dei settori cardine della nostra azienda) e un’area ambulatoriale

dedicata all'area cardiologica (Dipartimento De Gasperis, ovvero un'altra pietra miliare nei

70 anni del nostro ospedale).

A questo livello abbiamo collocato anche l'area del Day Hospital, con un concetto di

accentramento del servizio del day hospital, sopratutto in questo caso con l'area

oncoematologica.

Il primo piano è quello sostanzialmente dedicato all'area chirurgica (slide 18); abbiamo

dodici sale operatorie (due blocchi da sei punti operatori, da 40-42 metri quadri,

contrapposti) con tutte le specialità chirurgiche (tranne otorino ed oculistica) con in più le

patologie mediche afferenti (epatologia).

Questa scelta è motivata dall’evidenza che le patologie all'interno dell'area trapianti,

soprattutto ovviamente del trapianto di fegato, è per noi un’area cardine con forti

interconnessioni operative tra area chirurgica e quella medica.

Avendo immaginato le strutturazioni delle degenze non tanto per reparto quanto, come è

stato detto fino ad ora, per intensità assistenziale e per macro aree omogenee,

ovviamente si amplifica il ruolo delle patologie; questo contesto si sposa, ad esempio, con

il criterio del livello di bisogni del paziente candidato al trapianto epatico o del paziente che

ha appena ricevuto un trapianto o che potrà sviluppare, nella fase di follow up, possibili

problemi.

Al piano di sopra lo schema resta ancora uguale solo che siamo sull'area cardiovascolare

(slide 19); il blocco centrale (che al primo piano è composto da quei due semiblocchi con

sei punti operatori) ha in realtà un emiblocco da cinque punti operatori (sono sale

operatorie da 50 metri quadri per la cardiochirurgia e la chirurgia toracica) e l'area

destinata alla parte intensivistica intervenzionistica (emodinamica, elettrofisiologia

cardiaca ed una sala ibrida dove immaginiamo di far convivere il chirurgo vascolare, il

radiologo interventista, ecc.).

Spezzo una parola rispetto a questo progetto organizzativo, poiché ritengo che abbiamo la

fortuna, sotto questo aspetto, di essere il Niguarda ovvero un ospedale ove è già presente

Page 118: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.116/161

una forte tradizione di integrazione non solo tra gli specialisti, ma anche tra le varie figure

professionali.

Il momento in cui ci si siede a portare avanti un progetto, uno sviluppo di un’idea di lavoro,

di assistenza per livello di intensità con l’obiettivo di togliere dalla porta la targhetta

“reparto di”, “regno di sua maestà primario tale, fatevi identificare prima di passare il filo

spinato” per passare a lavorare sul bisogno del paziente, al di là dello specialista, credo

che una connotazione come quella del Niguarda sia importante per essere più sereni e

meno soli in questo sforzo.

Il terzo è l’ultimo piano dedicato alla degenza con l’area oncoematologica (slide 20).

Niguarda ha una grossa Ematologia, soprattutto sul versante oncologico, un’Oncologia

storica, l'area trapianti di midollo nella quale abbiamo sviluppato il concetto di alto livello

assistenziale e abbiamo come dire frammisto le due degenze (che attualmente sono

separate).

Resta il piano superiore che è quello che dedichiamo agli studi medici ed alle segreterie di

supporto amministrativo.

Le conseguenze operative le tralascio (slide 18-19) giacché non farei altro che ripetere

tutti i vantaggi e tutte le aspettative che i colleghi che hanno già parlato hanno lungamente

descritto.

Chiudo “piratando” un’immagine che il Professor Lega ha proiettato stamattina (slide 23);

poiché siamo Niguarda, e come al solito dobbiamo dire o fare qualcosa in più, al giusto

concetto che un ospedale esiste e vale grazie ai suoi professionisti clinici, aggiungiamo

anche che esiste un aspetto organizzativo ed un aspetto di integrazione che riteniamo

assolutamente fondamentale soprattutto nelle fasi di evoluzione.

Page 119: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.117/161

(slide 14) (slide 15)

(slide 16) (slide 17)

(slide 18) (slide 19)

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Il modelloassistenziale per

intensità di cura nelNuovo Ospedale:aspetti tecnici e

applicativi

AccademiaGuardia di Finanza

Bergamo

G. BolliniR. Cosentina

C. Nicora

Niguarda oggi - domani

OGGI 2009Risorse allocate perunità funzionali

OGGI 2009Risorse allocate perunità funzionali

DOMANI 2010Risorse allocate per livelli diintensità assistenzialeTecnologie condivise da teamprofessionali

DOMANI 2010Risorse allocate per livelli diintensità assistenzialeTecnologie condivise da teamprofessionali

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Il modelloassistenziale per

intensità di cura nelNuovo Ospedale:aspetti tecnici e

applicativi

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Bergamo

G. BolliniR. Cosentina

C. Nicora

Sterilizzazione

Radiologia interventistica• 1 angiografo• 1 mammoton – ecografo• 1 sala risveglio• 1 litotritore

Radiologia• 1 RNM• 1 RNM cardiologica• 2 TAC• 1 RX telecomandato• 1 RX scheletrica• 1 RX toracica• 2 mammografi• 5 ecografia

Endoscopia centralizzata• endoscopia digestiva• endoscopia interventistica• ecoendoscopia chirurgica• endoscopia toracica• endoscopia ORL

Spogliatoi

Piano interrato piastra sud

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Il modelloassistenziale per

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applicativi

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Bergamo

G. BolliniR. Cosentina

C. Nicora

Day Hospital 44 PL

• ematologia• oncologia d’organo oncologiagenerale e d’organo (polmone,orl, ginecologici, gastroent, ..)

Piano terra piastra sud

Poliambulatorio polispecialistico• 25 ambulatori• 25 ambulatori

Day Hospital medico• 10 PL

Poliambulatorio cardiologico• 16 ambulatori

Mensa - Ristorante

Attività Commerciali

Accettazione pazientii

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Il modelloassistenziale per

intensità di cura nelNuovo Ospedale:aspetti tecnici e

applicativi

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Bergamo

G. BolliniR. Cosentina

C. Nicora

Primo piano piastra sud

Degenza long stay 88 PL

• chirugia gen 1• chirugia gen 2 e trapianti• ginecologia• urologia• ortopedia

• High care• trapiantifegato-rene

24 PL

Degenza breve (WH-WS-DS)

• chirugia WS-DS• degenza breve (interventistica)

• Blocco operatorio 6 soda 40 mq

• Blocco operatorio 6 soda 40 mq

•Degenzalong stay24 PLepatologia

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Il modelloassistenziale per

intensità di cura nelNuovo Ospedale:aspetti tecnici e

applicativi

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Bergamo

G. BolliniR. Cosentina

C. Nicora

Degenza long stay 110 PL

• cardiochirugia• cardiochirugia pediatrica• chirurgia toracica• chirurgia vascolare• cardiologia emodinamica• cardiologia trapianti• cardiologia elettrofisiol• cardiologia

Area intensiva 27 PL

• terapia intensiva cardiochirurgica• terapia intensiva generale e trapianti• terapia subintensiva

• High care• Trapianti

12 PL

Blocco operatorio 5 soda 49 mBlocco interventistico:• 3 cardiologiche• 1 radio-interventistica• 1 ibrida

Secondo piano piastra sud

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G. BolliniR. Cosentina

C. Nicora

Terzo piano piastra sudHigh care 30 PL

• ematologia• oncologia• trapianti midollo

Degenza long stay area oncologica 448 PL

• ematologia• oncologia generale e d’organo (polmone, orl,ginecologici, gastroent, ..)• radioterapia

35 studi medici, 4 segreterie, 5 sale riunioni

Page 120: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.118/161

(slide 20) (slide 21)

(slide 22) (slide 23)

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Il modelloassistenziale per

intensità di cura nelNuovo Ospedale:aspetti tecnici e

applicativi

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Bergamo

G. BolliniR. Cosentina

C. Nicora

Terzo piano piastra sudHigh care 30 PL

• ematologia• oncologia• trapianti midollo

Degenza long stay area oncologica 448 PL

• ematologia• oncologia generale e d’organo (polmone, orl,ginecologici, gastroent, ..)• radioterapia

35 studi medici, 4 segreterie, 5 sale riunioni

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applicativi

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G. BolliniR. Cosentina

C. Nicora

Conseguenze operative 1

Reparti multispecialistici permigliorare flessibilità e sfruttamento dellacapacità produttivaconcentrare l’assistenza di pazienti con bisognisimili (grado di dipendenza, quadro clinicocomplessivo, supporto famigliare, continuitàcon il territorio, stato mentale, ecc.)

Ambulatori multispecialistici (day-service, dipatologia particolare)Delega nella gestione della flessibilità allocativa dirisorse critiche (PL/sala operatoria/ambulatoriale– posti letto pool/polmone; sedute jolly; ambulatori)Occorre pianificare e distinguere bene spazi erisorse per urgenza ed elezione

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applicativi

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G. BolliniR. Cosentina

C. Nicora

liste di attesa: è attuata una gestione unitaria ecentralizzata delle liste d’attesa (ricoveri-ambulatori)criteri per la gestione delle liste di attesa perdomanda e gravità (indirizzi strategici eprogrammatori)programmazione del ricovero dello specialistaattraverso una valutazione professionale pergarantire l’appropriatezzaprocedure per gestione operativa (allocazione)dei PL, PL pool, sala operatoria, piattaformemultispecialistiche, ambulatori)Informatizzazione: tutte le informazioni rilevantisono informatizzate e disponibili in tempo reale aglioperatori sanitari

Conseguenze operative 2

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Il modelloassistenziale per

intensità di cura nelNuovo Ospedale:aspetti tecnici e

applicativi

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Bergamo

G. BolliniR. Cosentina

C. Nicora

un ospedale è più dei suoi professionisti , ma non sarà mai meglio

dei suoi professionisti

ma l’organizzazione resistema l’organizzazione resiste

g r a z i eg r a z i e

Page 121: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.119/161

Video Intervista a Dott. Angelo Cordone / Dott. Marino Dell’AcquaDirettore sanitario e Dirigente S.I.T.R.A., A.O. Ospedale civile di Legnano.Realizzata dalla Sig.ra Laura Tomasoni, A.O. Ospedali Riuniti di Bergamo

Dott. Angelo Cordone Direttore Sanitario, A.O. Ospedale Legnano (video)

Porgo il saluto dell'Azienda Ospedaliera di Legnano del

Direttore Generale, Dott.ssa Dotti, e ringrazio l'Azienda

Ospedaliera di Bergamo e tutta la Direzione Strategica.

Avremmo voluto essere presenti direttamente a questo

incontro ma la concomitanza con la visita del Presidente della

Regione Lombardia, Formigoni, in occasione della chiusura

del cantiere del nuovo ospedale di Legnano ha richiesto la nostra presenza a Legnano.

Quali elementi avete considerato nel pensare un modello organizzativo per intensità di

cure e complessità assistenziale?

Il passaggio al modello per intensità di cura è una necessità cui sempre più le realtà

ospedaliere dovranno aderire nel prossimo futuro. L’Azienda Ospedaliera di Legnano,

peraltro, da tempo ha deciso di sviluppare la sua organizzazione verso una forte impronta

dipartimentale, sulla quale si può con fiducia basare l’ulteriore evoluzione verso l’intensità

di cura. A conforto di questa forte impronta si aggiunge poi la realizzazione della nuova

sede ospedaliera di Legnano che, proprio per come è stata pensata e realizzata, ben si

presta a tale evoluzione organizzativa.

La spinta ad aderire al nuovo modello che, in pieno accordo con le volontà di sviluppo

regionali, è pensato nell’ottica della centralità del paziente, nasce dalla consapevolezza di

quella che è la nostra realtà organizzativa esistente che in prossimità del trasferimento

verso il nuovo ospedale ha subìto necessariamente una attenta rivisitazione in tutti i suoi

aspetti.

Tale revisione è stata condotta con l’apporto di tutti i nostri operatori che, a seguito di

interventi formativi ad hoc per l’acquisizione dei modelli teorici di intensità di cura, hanno

collaborato alla definizione dei passaggi necessari verso la nuova organizzazione, con la

consapevolezza che l’obiettivo definitivo del modello spinto di intensità di cura verrà

raggiunto per step, il primo dei quali prevede il rafforzamento dell'organizzazione per aree

omogenee.

Page 122: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.120/161

Il modello nato dai confronti di questi mesi si basa su un criterio di classificazione

dell’intensità prevalentemente improntato sulla complessità clinica del paziente, che però

tiene nel dovuto conto anche la complessità assistenziale, oggi sempre più complicata a

causa della presenza di co-patologie che influiscono notevolmente sulle necessità

assistenziali del paziente.

Una prima organizzazione totalmente per aree omogenee ci consentirà di evidenziare

nell’attività quotidiana quelli che sono gli snodi da presidiare e da potenziare perché il

successivo modello funzioni grazie alla possibilità di valutare appieno i percorsi di cura che

si svilupperanno tra le diverse aree omogenee di fronte alla nuova realtà strutturale.

Abbiamo quindi concentrato in zone vicine tra loro e direttamente comunicanti l' ”area

critica” che potrà disporre di una piastra comprendente i servizi necessari alle attività

diagnostico/terapeutiche in urgenza. Saranno a diretta disposizione del PS: tutte le

apparecchiature della radiologia, comprese apparecchiature di ultima generazione, come

la TC a 256 strati; la zona di degenza della Medicina d’Urgenza; al piano inferiore i

laboratori ed al piano superiore il blocco operatorio centralizzato, il tutto collegato con

ascensori dedicati.

L' “area medica” verrà suddivisa in zone con differente intensità di cura. L’area ad alta

intensità vedrà la gestione del paziente critico, clinicamente instabile, anche con attività di

tipo semi intensivo per esempio per pazienti con gravi problematiche respiratorie. Anche l'

“area chirurgica” è stata concepita per consentire la suddivisione in livelli di alta e media

intensità, mentre si può fare un discorso ancora più evoluto per le aree di degenza

cardiovascolare nelle quali, oltre al primo step di suddivisione per intensità di cura, si è

deciso di disporre degenze condivise per pazienti medici e chirurgici.

La suddivisione per aree di diversa intensità è stata possibile anche grazie alla

disponibilità di spazi per gestire in modo centralizzato la bassa intensità di cura; nella

nuova struttura, infatti, sono previste un’area di Day Hospital ed un’area di Day Surgery

con condivisione dei letti dedicati tra tutte le specialità e tre zone comuni dedicate

all’attività ambulatoriale che, quindi, esce dall’attuale localizzazione nei reparti di degenza.

Quanto detto descrive un processo di importante e profondo cambiamento che non

abbiamo ritenuto potesse avvenire calando dall’alto un modello organizzativo predefinito;

saranno il dialogo, il confronto e la condivisione tra personale e direzione strategica a

portare alla caratterizzazione di un modello fortemente condiviso che vogliamo definire il

“modello Legnano”.

Page 123: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.121/161

Il Dottor Cordone ci ha parlato di coinvolgimento e formazione del vostro personale, quali

sperimentazioni oggi avete in atto nell'ospedale che state per lasciare, verso questo nuovo

modello organizzativo ?

Dott. Marino Dell'Acqua Dirigente S.I.T.R.A., A.O. Ospedale Civile di Legnano(video)

La resistenza al cambiamento è una delle situazioni che richiedono alle organizzazioni

l’investimento di enormi energie per il suo superamento. Nel nostro caso il cambiamento

sarà duplice, si cambia strutturalmente ma si cambia anche culturalmente. Quindi anche la

nostra azienda è attiva su questo fronte. Abbiamo deciso di darci un’organizzazione che è

divenuta la cabina di regia chiamata “Centrale di Formazione” che ha lo scopo di indirizzo

nelle diverse scelte che il personale tutto vorrà fare per arrivare al nuovo modello

organizzativo.

Infatti, l’obiettivo primario della direzione è quello di cercare di condividere al massimo

quelle che saranno delle scelte organizzative e di cambiamento che la nuova struttura ci

porterà a prendere.

La “Centrale di Formazione” vede la presenza di alcuni soggetti della direzione con il

coordinamento del Direttore Sanitario ed al suo interno sono stati definiti alcuni aspetti da

presidiare per il trasferimento verso la nuova struttura e per il cambiamento organizzativo,

molti di questi aspetti sono inseriti in corsi di formazione che vedono i nostri operatori quali

attori principali nella definizione dei percorsi di rinnovamento.

Tra gli aspetti da presidiare c’è il fatto che la nostra Azienda consta di altre tre strutture

ospedaliere tra le quali, l'ospedale di Abbiategrasso, è anch'essa nuova e che, in qualche

modo ha visto già l’inizio del percorso di sperimentazione per intensità di cura sia nell'area

chirurgica che in quella medica. Tale situazione ci permette di testare alcuni aspetti

organizzativi che ad oggi possono essere per noi ancora oscuri non avendoli sperimentati

effettivamente sul campo e per i quali dobbiamo ancora definire la sicura efficacia.

Attraverso il lavoro svolto durante i percorsi di formazione attivati dalla nostra azienda

stiamo realizzando, condividendolo con i nostri operatori, la definizione, come ha già detto

il Dott. Cordone del “modello Legnano”. Per fare ciò, ad esempio non sono state definite

aprioristicamente quali scale di valutazione impiegare per la valutazione della complessità

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.122/161

assistenziale, ma si è deciso di partire dal vissuto quotidiano dei nostri operatori nel

definire la complessità assistenziale valutando su quali criteri vorremo basare e

condividere tale valutazione nella nuova realtà organizzativa. Ritengo che questo sia uno

degli aspetti da presidiare molto attentamente ma che sia anche uno dei cardini vincenti

della nostra scelta perché anche se coinvolgere molti operatori in lezioni d’aula o in lavori

di gruppo non è semplicissimo, crediamo che il cambiamento e le difficoltà ad esso

correlate, potranno essere superate soprattutto con una grande condivisione del percorso

da parte di tutti.

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.123/161

Modelli organizzativi per intensità di cure e complessità di assistenza: il nuovo

presidio di Vimercate.

Dott. Ezio Goggi Direttore Unità di Progetto Nuovo Ospedale, A.O. Ospedale diDesio e Vimercate

Buongiorno, noi siamo stati molti ligi alle indicazione della

Dottoressa Casati e cerchiamo di stare nei tempi.

Abbiamo preparato una presentazione un po’ alternativa

rispetto a quelle fatte fino ad ora e abbiamo fatto bene.

Infatti la Dottoressa Chiappa, che ringrazio, ha già ben

descritto l’ospedale di Como che di fatto è molto simile al nostro dal punto di vista

logistico. Quindi ha già detto quasi tutto, e molto è stato detto anche sulla formazione che

tutti stiamo facendo incontrando più o meno gli stessi problemi e anche le stesse gioie.

Per questo abbiamo fatto una scelta diversa: abbiamo cercato di soffermarci non sulla

descrizione generale ma sui dei modelli su cui stiamo lavorando, sono modelli di cui si è

parlato molto oggi e che descrivono le modalità dell’assegnazione dell’intensità di cura.

Questo è il nostro ospedale, vedete che anche noi abbiamo i petali, abbiamo la piastra

centrale e un avancorpo di servizi (slide 1).

Il vero cambiamento a cui stiamo andando incontro noi, ma credo anche le altre aziende, è

descritto nella parola latina “transitur” e nella parola inglese “transition”, che rendono molto

meglio l’idea rispetto al termine italiano “passaggio” e che spiegano bene come il

cambiamento sia, secondo me, innanzitutto un cambiamento di testa, un cambiamento

culturale (slide 2). Se non siamo capaci di fare questo passaggio, che è il primo e

assolutamente il più importante, dubito che riusciremo a fare tutti gli altri. Infatti in un primo

momento, quello davanti a cui tutti gli operatori sanitari si sono trovati, è stata la situazione

descritta da questo cartello, che è un cartello che esiste veramente nella catena del

Lagorai vicino alle Dolomiti (slide 3), una sensazione di smarrimento data dalla

consapevolezza di quello che si deve lasciare e dall’incertezza di quello che ci aspetta.

Davanti a questa situazione, veramente difficile da affrontare anche perché nuova e con

poche esperienze precedenti, quello di cui ci siamo accorti è stata l’importanza di lavorare

insieme, dove lavorare insieme vuol dire confrontarci quotidianamente sui problemi

concreti. Devo dire che non è stata una cosa immediata e neppure scontata, come penso

anche molti di voi abbiano provato nelle loro realtà; devo osservare che soprattutto i miei

colleghi medici sono stati piuttosto riottosi all’inizio, ma poi ci si è resi conto che in fondo

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.124/161

lavorare insieme era conveniente per tutti (slide 4). Il primo paradigma su cui abbiamo

lavorato è stato che l’ospedale, la struttura nuova per cui ci stavamo preparando, non

poteva essere centrato solo sulla persona che in esso sarebbe stata ricoverata, ma

doveva essere centrato sulla persona ricoverata e sulla persona che dentro ci lavora

perché comunque una bella parte della nostra vita noi la passiamo lì dentro, per questo

ogni cosa deve essere commisurata a queste due entità che in fondo sono interdipendenti

in quello che succede dentro un ospedale.

Come vi dicevo all’inizio non vi descriverò come è fatto l’ospedale ma farò un esempio

concreto del lavoro che stiamo portando avanti: uno dei problemi che ci siamo posti è

quello relativo alle modalità di assegnazione dell’intensità di cure. Tutti gli argomenti di

maggiore rilievo (formazione, valutazione apparecchiature, trasloco ecc.) sono stati e sono

affrontati da gruppi di lavoro multidisciplinari; gli argomenti sono molti, ma la modalità di

affronto è sostanzialmente simile.

I gruppi di lavoro sono formati da persone afferenti alle varie professioni interessate.

Desidero sottolineare che applicare questa modalità di lavoro non è stata una cosa

immediata (inizialmente il personale si è sentito escluso dalle attività progettuali), è stato

proprio il rilevare questa sensazione tra il personale sanitario che ha indotto la direzione

ad orientarsi in questo senso.

Il problema dell’assegnazione dell’intensità di cura consiste, una volta che viene deciso di

assegnare il paziente al ricovero, nel definire con quali criteri viene assegnato ad un’area

d’intensità di cure piuttosto che nell’altra.

Vi proporrò il modello del dipartimento internistico che per noi è quello più compiuto in

quanto sul dipartimento chirurgico stiamo ancora lavorando orientandoci verso soluzioni

leggermente diverse; tra l’altro nel dipartimento internistico è partita proprio lunedì scorso

la sperimentazione per cui da 5 giorni questo modello è anche operativo.

Il percorso inizia dal pronto soccorso, cioè dal dipartimento emergenza urgenza, lo

conoscete bene e tra l’altro a Bergamo, a quanto ne so, ne avete uno veramente

efficiente; se la persona giunta in PS non viene dimessa ma si decide di ricoverarlo il

problema che si pone nella nuova organizzazione è in quale area di intensità deve essere

inviato (slide 5).

Il lavoro iniziale che ci ha impegnato maggiormente è stato quello di capire se esistevano

degli indicatori che ci permettessero di fare afferire la persona in un’area piuttosto che in

un’altra.

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.125/161

In letteratura esiste veramente poco, anzi direi che su questo argomento specifico non

esiste praticamente nulla di definito.

Abbiamo però trovato in letteratura un indice che si chiama M.E.W.S. (Modified Early

Warning Score) che è nato per individuare il livello di criticità di pazienti ricoverati e

prevenire i decessi in ospedale. In questa sede vi risparmio la definizione esatta,

comunque la sintesi è questa.

Abbiamo provato ad applicarlo alle persone che dal PS venivano inviate al ricovero;

abbiamo verificato che si ottenevano dei risultati discreti e vi era il vantaggio che l’indice

viene calcolato solo su 6 parametri che sia l’infermiere che il medico possono misurare

velocemente. Ma questa semplicità viene pagata con una certa carenza verso alcuni

aspetti che sono importanti nella valutazione della criticità di un ricovero; per questo

abbiamo aggiunto i dati relativi ad una scala cognitiva e un punteggio legato all’utilizzo di

supporto invasivi (slide 6)

Ci aspettavamo che circa un 40% di persone venissero destinate all’area di alta intensità,

questo valore era quello che avevamo rilevato da esperienze generiche precedenti; la

numerosità del campione necessaria per la significatività statistica dello studio è stata

calcolata in 160 soggetti ma ne sono stati valuti 190. In questa tabella sono elencati alcuni

dati relativi a questa popolazione su cui però non mi soffermerei in quanto meramente

descrittivi (slide 7)

Il dato di maggiore interesse è emerso invece al termine dello studio, in questa immagine

(slide 8) potete osservare che a sinistra abbiamo i risultati ottenuti applicando alle persone

ricoverate la valutazione in base alla scala così come noi l’abbiamo modificata, cioè

M.E.W.S. più le due valutazioni aggiuntive, e a destra invece le stesse persone valutate in

base ad un giudizio clinico esperienziale, quindi soggettivo, da parte del medico di pronto

soccorso. Quelli indicati in rosso sono i pazienti allettati o comunque maggiormente critici,

quelli gialli invece sono i pazienti con maggior autonomia.

Non ci aspettavamo questo risultato, ma come vedete il giudizio esperienziale del medico

almeno nella nostra esperienza tenda a sottostimare la criticità del ricovero, e comunque

tenendo conto di questi risultati abbiamo cominciato ad esaminare la possibilità di

ricoverare le persone utilizzando per l’assegnazione di intensità la scala mista. I soggetti

che ricadono nella colonna di sinistra sono quelli che vanno in alta intensità (nell’alta

intensità non comprendiamo la rianimazione e l’unità coronarica che sono a parte ma il

ricovero internistico critico), invece i soggetti della colonna di destra sono quelli che

vengono indirizzati alla media intensità.

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.126/161

Questo è un dato interessante non solo da un punto di vista clinico, ma anche

organizzativo, perché ci permette anche di bilanciare l’attribuzione dei letti e delle risorse

strumentali: pensate ad esempio alla problematica del monitoraggio nelle due aree che

sicuramente sarà piuttosto diversa.

Quindi, una volta che al soggetto viene attribuito un punteggio derivante dalla scala, viene

inviato all’area relativa, che noi chiamiamo “petalo” e che corrisponde ad un’area del

dipartimento internistico, questo dipartimento è formato da tre aree da 52 letti ciascuna

(slide 9-10)

Da qui in poi passo la parola alla Dottoressa Fumagalli che è la responsabile S.I.T.R.A. di

presidio. Devo aggiungere soltanto una piccola cosa: che il nostro dipartimento medico

ormai da 6 mesi sta usando integralmente la cartella clinica informatizzata. Credo che in

aree così grandi e così sparse come i dipartimenti che hanno i letti non in unico corridoio

ma sparsi su un’area di 150 letti difficilmente si possa lavorare senza la cartella

informatizzata.

Bibliografia

NHS Royal Bolton Hospital: “Bolton Improving Care System (BICS) - Using Lean

Methodolgy”; http://www.boltonhospitals.nhs.uk/bics/default.html

V C Burch, G Tarr and C Morroni. (2008). Modified early warning score predicts the need

for hospital admission and in hospital mortality. Emergency Medicine Journal; 25: 674-

678.

CP Subbe, M Kruger, P Rutherford, L Gemmel (2001). Validation of Modified early

Warning Score in medical admission. Q/Med, 94, 521 – 526.

Page 129: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.127/161

(slide 1) (slide 2)

(slide 3) (slide 4)

(slide 5) (slide 6)

‐ trans itus cambiamento logis ticoma anche(soprattutto) culturale ‐ trans ition

pas s ag g io :

inizialmentegrandeincertezza eaffronto inordine sparso,ma poi ci si èresi conto che…..

Il c am biam ento è per tutti: non c i s onoalternativ e al lavorare

(prog ettare – s perim entare) ins iem e

perc ors o interno al pronto s oc c ors o epas s ag g io al ric overo

osservazione breve(criteri)

ricovero?

dove

valutaz ione per l as s eg naz ione delliv ello d i intens ità d i c ura –

s perim entaz ione nel d ipartim entointern is tic o

ricovero

ϒ C las s ificaz ione della intens ità di curas ulla bas e di ME WS *, S c ala C og nitiva,im pieg o d i S upporti e tec nic heinv as iv i.

ϒ 40% di paz ienti in “alta intens ità” –valore a ttes o s ulla bas e di es perienz eprecedenti.

ϒ 160 paz ienti – s tim a della num eros itàc am pionaria indis pens abile per ottenereuna adeg uata potenz a del tes t s ta tis tico.* Modified Early Warning Score (7 parametri)

“il modello as s is tenz iale perintens ità di c ure nel NuovoO s pedale: as petti teoric i eapplic ativi”B erg amo e 4 febbraio 2010

modelli org aniz z ativi perintens ità di c ure e c omples s itàdi as s is tenz a: il nuovo pres idiodi Vimerc ate

Ezio Goggi - AO Desio – Vimercate)

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.128/161

(slide 7) (slide 8)

(slide 9) (slide 10)

dati relativ i alle pers one ric overate%

P az ien ti rec lu tati 190

M/F 99/91 52,1/47,9

E tà media (S D ) 71,6 (17,4) R ange (19 – 98)

B arthel ad altadipen denz a

60 R ange (0 – 100)

allettati 85 44,7

“c ritic i” 56 29,5

R eparti di ricovero %

B P N 25 13,2

C ardiolog ia 14 7,4

Medic ina 1 65 34,2

Medic ina 2 47 24,7

nefrolog ia 11 5,8

neurolog ia 28 14,7

ricoveroP .S .

altaintensità

mediaintensità

52 letti52 letti52 letti

3 aree peril dipartimentomedico

stro

ke u

nit

U.T.

I.R.

altaintensità media

intensità

passo ora la parola alla dott.sa Fumagalli

as s eg naz ione all’area d i c ura:applic az ione della c las s ific az ione

c om binata(ME WS + S C + S T I)ricovero

giudizio soggettivo del clinicoapplicazione scala mista

mediaa lta a lta media

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.129/161

Il nuovo ospedale di Vimercate

Dott.ssa Maria Adele Fumagalli / Dott.ssa Anna Maria Gorini, Responsabile S.I.T.R.Presidio Ospedaliero di Vimercate e Dirigente S.I.T.R.A., A.O. Ospedali di Desio eVimercate

La struttura fisica del nuovo ospedale, ed il modello che induce,

hanno determinato la necessità di un approccio differente

nell’espletamento delle attività sanitarie (slide 1).

Il nuovo modello di ospedale è orientato ai seguenti principi:

• E’ incentrato sulle necessità della persona

• Supera le tradizionali modalità di assistenza e di prassi medica

• Lavora per processi ad alta integrazione multidisciplinare

• Riorganizza e differenzia le responsabilità cliniche e gestionali.

Il modello assistenziale che si intende adottare aggregando le aree di degenza secondo il

criterio dell’intensità di cura ha l’obiettivo di (slide 2):

• rispondere in modo diverso

– per tecnologie

– per competenze

– per quantità e qualità del personale assegnato

• ai diversi gradi di

– instabilità clinica

Le aree maggiormente coinvolte dal sostanziale cambiamento sono rappresentate dalle

degenze mediche e chirurgiche, che si troveranno a condividere non solo spazi fisici, ma

anche risorse tecnologiche.

Il dipartimento medico e il dipartimento di emergenza urgenza nella fase propedeutica alla

sperimentazione hanno misurato l’intensità di cura e la complessità assistenziale su di un

campione significativo di persone valutate in pronto soccorso e successivamente

ricoverate al fine di trovare criteri condivisi di ammissione in ospedale nelle diverse aree:

alta intensità e media intensità (slide 5).

Quanto sopra ha permesso di dimensionare le aree di ricovero e di procedere alla

sperimentazione prima del trasferimento al nuovo ospedale. La cartella clinica

informatizzata in uso ormai da un anno ha facilitato la raccolta dei dati e la successiva

elaborazione.

Page 132: Il modello assistenziale per intensita’ di cure

Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.130/161

Il dipartimento chirurgico ha invece elaborato i dati in modo retrospettivo; analizzando

infatti i dati di attività relativi agli ultimi due anni si è potuto definire per flussi differenziati

quali sono le necessità rispetto ai vari setting di cura. L’area chirurgica garantirà le

prestazioni secondo le seguenti linee (slide 6):

• chirurgia d’urgenza

• chirurgia programmata

• chirurgia programmata breve e day surgery

All’interno delle prime due aree vi sarà la presenza di moduli differenti a seconda della

intensità di cura da garantire.

Le aree di degenza saranno suddivise in modo “virtuale” in moduli dedicati ciascuno ad un

diverso numero di malati la cui quantità sarà inversamente proporzionale alla complessità

clinico/assistenziale (slide 10). Indicativamente in un area di 52 posti letto vi saranno 4/5

moduli. La dimensione dei moduli e quindi il numero di persone varierà al variare delle

condizioni cliniche – assistenziali.

In ciascuno dei moduli si realizzerà la presa in carico della persona, abbandonando

l’attività per compiti.

Il modello poggia su un ruolo importante di filtro del Dipartimento di Emergenza Urgenza e

sulla condivisione dei criteri di accesso ai vari livelli e di assegnazione dei pazienti alle

specialistiche. Il Dipartimento di Emergenza Urgenza stratifica clinicamente il paziente e lo

invia al livello che gli compete.

E’ quindi determinante il contributo del pronto soccorso, dove sarà attivata un area di

“stazionamento” per l’osservazione breve, che oltre a permettere una maggiore

appropriatezza nella decisione di ricovero, consentirà di realizzare le prescrizione

diagnostiche con maggiore flessibilità e la stabilizzazione della persona prima dell’invio

alla degenza che comunque si conta di non realizzare - di norma – per l’area internistica e

per l’area chirurgica nelle fascia oraria notturna.

Il modello prevede infatti che durante la fascia oraria notturna il pronto soccorso garantisca

la continuità assistenziale alle persone in osservazione procrastinando alla mattina l’invio

al setting più appropriato.

Il modello organizzativo per intensità di cura, comporta per i professionisti l’adozione di

nuovi schemi di funzionamento sia sul piano gestionale che quello clinico – assistenziale,

superando le caratteristiche del modello organizzativo attuale per transitare

progressivamente verso un modello che si pone come finalità (slide 7):

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.131/161

• un’assistenza basata sulla presa in carico della persona

• la responsabilizzazione dei professionisti ed il coinvolgimento del personale di

supporto

• lo sviluppo della comunicazione orizzontale e della capacità di integrazione

• un utilizzo di modalità e strumenti di lavoro comuni.

La gestione del caso richiede l’adeguamento delle figure sanitarie tradizionali a ruoli di

nuova responsabilità ove la caratteristica principale è costituita dalla capacità di valutare i

bisogni, di pianificare gli interventi e di mantenere livelli di alta ed efficiente cooperazione

tra gli operatori e la rete informale dell’assistito (familiari, amici, volontari).

I nuovi ruoli professionali sono fondamentalmente rappresentati dal medico tutor e

dall’infermiere tutor.

Il loro campo d’azione e la loro responsabilità è principalmente legata alla presa in carico

della persona.

Il medico tutor, prende in carico la persona dal suo ingresso in reparto, ed è responsabile

del singolo percorso di cura sino alla dimissione.

L’infermiere tutor, prende in carico la persona redige il piano di assistenza sulla base del

percorso assistenziale e segue il percorso sino alla dimissione; l’infermiere tutor ha la

funzione operativa che va oltre la funzione esercitata in seno al processo diagnostico

terapeutico e si concentra nell’attenzione alla appropriatezza delle decisioni operative

cercando di evitare duplicazioni di interventi, ridondanze, attese; garantisce altresì la

competenza specialistica.

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.132/161

(slide 1) (slide 2)

(slide 3) (slide 4)

(slide 5) (slide 6)

4 febbraio 2010

Dr.ssa Anna Maria GoriniDIRETTORE SITRA A.O. Desio e Vimercate

Dr.ssa Maria Adele FumagalliRESPONSABILE SITR Presidio Ospedaliero Vimercate

} E’ incentrato sulle necessità della persona

} Supera le tradizionali modalità di

assistenza e di prassi medica

} Lavora per processi ad alta integrazione

multidisciplinare

} Riorganizza e differenzia le

responsabilità cliniche e gestionali

rispondere in modo diverso– per tecnologie– per competenze– per quantita’ e qualita’ del personale assegnato

ai diversi gradi di– instabilita’ clinica

E’ una metodologia che permette di “PESARE”misurare e valutare la persona dal punto di vistainfermieristico e non solo clinico

Si tiene conto delle specificità dell’approccioinfermieristico globale alla persona assistita orientatoalla risposta ai suoi bisogni e al conseguimentodell’autonomia e non solo alla patologia in sé(stabilità/instabilità delle funzioni vitali, orientamentospazio- temporale)

}ICA}SIPI}MAP

DIFFERENZIATI PER TIPOLOGIA DI UTENTE

} Area EMERGENZA URGENZA

} Area DEGENZA: BREVE ED ORDINARIA ad alta media bassa intensità assistenziale

} Area AMBULATORIALE

} Area A CICLO DIURNO (Day Service, Day Surgery, Day Hospital, Pre Ricovero

ecc)

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.133/161

(slide 7) (slide 8)

(slide 9) (slide 10)

(slide 11)

La gestione del caso richiede l’adeguamento delle figure

sanitarie tradizionali a ruoli di nuova responsabilità

ove la caratteristica principale è costituita dalla

capacità di valutare i bisogni, di pianificare gli

interventi e di mantenere livelli di alta ed efficiente

cooperazione tra gli operatori e la rete informale

dell’assistito (Familiari, amici, volontari).

} COORDINATORE DI “LINEA” (per area medica e chirurgica)

} COORDINAMENTO UNITA’ DI ASSISTENZA? COORDINAMENTO RISORSE UMANE? COORDINAMENTO LOGISTICO TECNOLOGICO

Assegna i pazienti sulla base della complessità assistenziale rilevataGestisce il personale infermieristico e di supporto nei vari moduliGestione logistica ed aspetti economali

} INFERMIERE DI PROCESSOGarantisce la presa in carico il paziente all’ingresso, redige il piano di assistenzasulla base dei P.D.T.A., segue il percorso fino alla dimissione.Ha competenza spsecialistica nel settorePartecipa all’erogazione dell’assistenza

} INFERMIERE DI MODULO/SETTORE Assicura, con il personale di supporto, l’erogazione del piano assistenziale che

personalizza in base alle caratteristiche dell’utente

MODULI ASSISTENZIALI

“Noi con l’argilla fabbrichiamo un vaso, ma è il vuotoall’interno che contiene quel che vogliamo”

Proverbio cinese Tao Te Ching

grazie

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.134/161

Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e

applicativi

Dott.ssa Simonetta Cesa Dirigente Direzione delle Professioni Sanitarie, A.O.Ospedali Riuniti Bergamo

E’ stato un confronto importante quello di oggi, perché abbiamo

capito che le aziende che in Regione avranno un nuovo

ospedale hanno intrapreso dei percorsi che sono

assolutamente sovrapponibili.

Quindi sono molto contenta di questa tavola rotonda, perché

penso che l’obiettivo fosse proprio quello di aprire un confronto fra le aziende.

Essendo l’ultima relatrice, devo restringere i tempi, anche perché tantissimi argomenti

sono stati già affrontati questa mattinata dal punto di vista teorico, mentre nel pomeriggio

si è cercato di garantire l’implementazione dei concetti teorici nella pratica e

nell’organizzazione.

Questo è il nostro vecchio e caro ospedale al quale siamo molto affezionati. Un ospedale,

come potete vedere, a padiglioni di circa 950 posti letto attivi (slide 2).

Questa invece è la nuova struttura, poco distante dall’area dell’attuale ospedale, che però

cambia sostanzialmente l’organizzazione, in quanto proprio la struttura, come si diceva

questa mattina, fornisce le prime indicazioni rispetto a quello che potranno essere i modelli

organizzativi da implementare (slide 3).

Come vedete ci sarà una piastra centrale e sette torri. Abbiamo parlato di strutture a “dita”,

“a petali”, noi parliamo invece di torri (slide 4).

Nella piastra centrale sono concentrati tutti i settori dell’alta tecnologia: la diagnostica per

immagini, la laboratoristica, il centro EAS; a fianco troviamo il blocco operatorio, formato

da un blocco operatorio maggiore di 18 sale ed un ulteriore blocco operatorio di 12 sale

che contemplano l’attivazione fino a 52 posti letto di day-surgery e di one day-surgery.

Il livello superiore è invece dedicato all’area critica.

Una delle grandi differenze rispetto all’attuale organizzazione è che avremo un unico

settore deputato all’area critica e che soprattutto ci sarà un incremento di posti letto

significativo in questo settore.

E’ possibile un’attivazione di circa 90 posti letto di area critica con la possibilità di attivare

anche 16 posti letto di recovery room

Questa è la composizione della piastra centrale.

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.135/161

Nelle torri invece troviamo dislocate le degenze, quindi il lavoro fatto in questi anni è stato

quello di attribuire e di riaggregare sostanzialmente le organizzazioni e le specialità

all’interno di queste torri.

Nei vari piani troveremo quindi le degenze e un’area omogenea per gli ambulatori

concentrati al primo livello di ciascuna torre e in parte nella piastra sud.

Gli elementi che abbiamo voluto fortemente considerare all’interno di questa tavola

rotonda sono sostanzialmente i percorsi e le sperimentazioni in atto e i flussi informativi a

scopo gestionale. Questi sono stati considerati per la definizione dell’intensità di cura e

della complessità dell’assistenza (slide 5).

Per fare questo è chiaro che entrano in causa diverse forze: esterne, ne abbiamo parlato

soprattutto all’inizio della mattinata, disposizioni regionali, nazionali, nonché indirizzi

internazionali e validazioni di modelli concettuali e modelli di organizzazione per intensità

di cura. Come è stato detto più volte, oggi esistono anche forze interne che indirizzano

fortemente ogni presa di decisione, quindi risvolti culturali e storici, come i patrimoni

culturali che ogni azienda porta con sé e l’evoluzione dell’organizzazione che si è voluta

concretizzare nella propria azienda (slide 6).

Palando quindi di intensità di cure, il progetto che abbiamo pianificato sostanzialmente

contempla le seguenti fasi.

Come Vi dicevo precedentemente, abbiamo questa grande piastra di area critica dove

concentreremo le cure ad alta intensità. Sono tutti posti letto attivabili come posti letto di

terapia intensiva, ma ovviamente daremo molto spazio anche alla sub-intensiva.

Come azienda, su quest’area si è lavorato molto, soprattutto negli ultimi tre anni attraverso

una forte integrazione con gli specialisti del dipartimento di anestesia e rianimazione. Con

loro si è fatto un’attenta valutazione di come assegnare questi posti letto, come graduare

all’interno di questo settore l’intensità di cura e come andare a declinare poi le

responsabilità all’interno di quest’area (slide 7).

Nelle degenze abbiamo previsto le cure a media intensità su due livelli: medio alta e medio

bassa, per poi arrivare a prevedere un settore che abbiamo voluto chiamare di

“accompagnamento alla dimissione”, come è stato definito in precedenza dalla Dottoressa

Silvestro. Questo settore è fortemente integrato con il territorio attraverso anche quella

che è ormai da un anno e mezzo la “centrale di dimissioni protette” e quindi con tutti i

percorsi attivati da questa struttura.

Ovviamente, nello studio di questa graduazione, un lavoro molto importante è stato quello

di definire quali sono i criteri di ammissione e di dimissione tra i vari livelli. Quindi per il

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.136/161

settore dell’area critica c’è stato questo lavoro di elaborazione di criteri di ammissione e di

dimissione dalle cure ad alta intensità verso le cure di media intensità (slide 8).

Parlando invece di degenza, in questa azienda storicamente abbiamo dei criteri che ci

hanno accompagnato basati sulla rilevazione della complessità assistenziale e quindi

della dipendenza attraverso il metodo svizzero. (slide 10).

Abbiamo in corso degli studi osservazionali e diversi gruppi di miglioramento

dipartimentali, nei quali si è studiato questa riorganizzazione a livello delle torri e la

ristrutturazione del percorso del paziente (slide 11).

Gli studi osservazionali in area di degenza medica sostanzialmente intendono individuare

elementi che possano essere di prevedibilità della complessità assistenziale, utilizzando

criteri di stabilità clinica e di impegno assistenziale (slide 12).

E quindi come azienda in primo luogo, abbiamo cercato di unire quello che per noi è un

metodo storico di rilevazione della dipendenza, il metodo svizzero, con il metodo

M.E.W.S. (slide 13).

Inoltre c’è in atto un ulteriore approfondimento integrando il metodo svizzero con altre

scale di instabilità clinica presenti in letteratura (slide 14).

Per quanto riguarda invece la degenza chirurgica, la definizione dell’intensità di cura è

ottenuta non solo attraverso questi parametri, ma anche attraverso altri elementi, quali per

esempio la gradazione delle giornate di degenza, che permetterà la creazione anche della

suddivisione per intensità medio alta e medio bassa dei pazienti (slide 15-17).

In realtà, nel Piano Organizzativo Aziendale del 2008/2010, era già prevista questa

innovazione. Infatti era citato che le organizzazioni delle degenze potessero riprendere o

potessero comunque ricontemplare i bisogni assistenziali dei pazienti secondo il principio

del gradiente per intensità di cura (slide 18).

L’innovazione quindi è stata ispirata a dei concetti principali e di indirizzo come la

centralità del paziente, la continuità delle cure, l’organizzazione orientata alla

multidisciplinarietà, lo sviluppo delle competenze dei professionisti e l’alta tecnologia (slide

19).

Nel progetto di innovazione quindi abbiamo previsto un piano di riorganizzazione con una

previsione di settori assistenziali prevalenti e, come diceva la collega precedentemente,

una flessibilità con infermieri referenti per ciascun paziente (slide 20).

Storicamente questa azienda ha lavorato sulla pianificazione assistenziale infermieristica.

A questo proposito, stiamo chiudendo un lavoro intrapreso diversi anni fa dalla dirigenza

infermieristica orientato alla scuola dei bisogni con un approccio diagnostico infermieristico

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.137/161

secondo N.A.N.D.A. (North American Nursing Diagnosis Association) in collaborazione

con il corso di Laurea in Infermieristica.

Vogliamo arrivare quindi all’inserimento delle tassonomie che contemplano la

classificazione internazionale degli interventi infermieristici (N.I.C.) e degli outcome

(N.O.C.) per essere ripresi dalla pantassonomia NNN su supporto informatico (slide 21).

Stiamo potenziando parallelamente anche i percorsi delle altre professioni sanitarie come

la pianificazione assistenziale ostetrica e riabilitativa (slide 22).

Esiste un cruscotto aziendale relativamente ad indicatori di attività non solo del

fabbisogno assistenziale, ma anche della qualità assistenziale attraverso il quale

arriveremo alla fase di introduzione del dossier sanitario elettronico aziendale (slide 23).

Questo sistema informativo ci permetterà di raccogliere tutte le informazioni necessarie,

anche quelle citate in precedenza, con un sistema informativo clinico nativamente

integrato ad elevata interaoperabilità che ci consentirà flussi informativi anche a scopo

gestionale (slide 24).

Le criticità ovviamente sono tantissime. Sono emerse anche con i precedenti relatori. La

molteplicità e la complessità degli elementi presi in considerazione nella definizione

dell’intensità di cura corre il rischio di avere degli algoritmi con validazione esclusivamente

interna all’azienda e un difficile benchmarking con la realtà regionale nonché nazionale

(slide 25).

I punti di forza possiamo definirli nella pluralità degli elementi clinici e assistenziali, nella

definizione di questi livelli di intensità, nella forte coerenza con la cultura locale e il

patrimonio culturale aziendale, il tutto attraverso questo importante lavoro di

sensibilizzazione, di coinvolgimento di tutte le professioni e di un linguaggio controllato a

codifiche internazionali (slide 26).

E con questa ultima immagine del nostro nuovo ospedale, auguro a tutte le altre aziende

un buon trasferimento (slide 27).

Bibliografia

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(2007). Documentazione interna A.O. Ospedali Riuniti di Bergamo.

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Gruppo di lavoro Area Medica. Indagine conoscitiva: rilevazione dell’intensità clinico

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Bergamo.

Gruppo di lavoro Nuovo Ospedale. Dossier Sanitario Elettronico Aziendale D@SE (2010).

Documentazione interna A.O. Ospedali Riuniti di Bergamo.

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.140/161

(slide 1) (slide 2)

(slide 3) (slide 4)

(slide 5) (slide 6)

4 febbraio 2010

ConvegnoIl modello assistenziale per intensità di cure nel

Nuovo Ospedale:aspetti teorici e applicativi

TAVOLA ROTONDA

Dr.ssa Simonetta CesaDirigente

Direzione Professioni Sanitarie

Gli Ospedali Riuniti oggi

Gli Ospedali Riuniti domaniLA STRUTTURA PROGETTATA IN FUNZIONE DEL

MODELLO ORGANIZZATIVO PER INTENSITA’ DI CURALA PIASTRA CENTRALE 1°- 2°-3° LIVELLO:Dipartimento di diagnostica per immaginiPronto Soccorso -Sale Operatorie - Day SurgeryArea intensiva e sub intensiva.

AMBULATORI concentrati al 1° LIVELLOdelle Torri e in parte nella PIASTRA SUD

DEGENZA ORDINARIA E DAY HOSPITALal 2°-3°- 4°-5° LIVELLO

A livello 1 di ogni torre ècollocato uno sportello CUP

Elementi considerati per la definizionedell’intensità di cure e della complessitàdell’assistenza

Percorsi e sperimentazioni in atto

Flussi informativi a scopo gestionale

Elementi considerati per la definizionedell’intensità di cure e della complessitàdell’assistenza

Forze esterne

Disposizioni regionali e nazionali in materia

Validazione dei modelli e metodi di organizzazioni perintensità di cure

Forze interne

Risvolti culturali storici

Evoluzione dell’organizzazione

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.141/161

(slide 7) (slide 8)

(slide 9) (slide 10)

(slide 11) (slide 12)

Criteri diammissionee dimissionecure altaintensità

Cure ad alta intensità

Cure a media intensità

Cure a bassa intensità

Criteri diammissionee dimissionecure bassaintensità

terapie intensive

terapie sub-intensive

cure ad intensitàmedio-alta

cure ad intensitàmedio-bassa

accompagnamentoalla dimissione

Cure ad alta intensità

Cure a media intensità

terapie intensive

terapie sub-intensive

Criteri di ammissione e dimissionecure alta intensità

Criteri di individuazione dei pazienti diterapia intensiva e sub-intensiva

Pronto soccorsoSale operatorie

Criteri storici

minuti assistenza die/ specialità

Metodo Svizzero

SDO - DRG

Cure a media intensità

Area degenze

Percorsi e sperimentazioni in atto

Studi osservazionali in area di degenza

Strutturazione di percorsi paziente

Percorsi e sperimentazioni in atto

Studi osservazionali in area di degenza medica

disporre di elementi di prevedibilità

della complessità assistenziale

tipica dei pazienti degenti

utilizzando criteri di stabilità clinica

e di impegno assistenziale

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.142/161

(slide 13) (slide 14)

(slide 15) (slide 16)

(slide 17) (slide 18)

Percorsi e sperimentazioni in atto

Studi osservazionali in area di degenza medica

Primo semestre 2009

Metodo Svizzero

MEWS [Modified Early Warning Score]

Percorsi e sperimentazioni in atto

Studi osservazionali in area di degenza medica

febbraio-marzo 2010

Metodo Svizzero

Scala di Karnofsky

MEWS [Modified Early Warning Score]

Indice di Charlson

CVM-HF Index [CardioVascular Medicine Heart Failure]

Percorsi e sperimentazioni in atto

Studio di riorganizzazione delle degenza chirurgica

definizione dell’intensità di cura

attraverso la gradazione delle giornate di degenza

e attraverso la creazione di settori

ad intensità medio-alta ed intensità medio-bassa

Percorsi e sperimentazioni in atto

Strutturazione di percorsi paziente

anno 2009

attività effettuate in ogni ambito dipartimentale

attraverso gruppi di miglioramento

Innovazioni organizzative

Percorsi e sperimentazioni in atto

POA 2008-2010

“...organizzazione degenze … in relazione ai bisogniassistenziali dei pazienti secondo il principio del

gradiente per intensità di cura”

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.143/161

(slide 19) (slide 20)

(slide 21) (slide 22)

(slide 23) (slide 24)

Innovazioni organizzative ispirate a

Percorsi e sperimentazioni in atto

centralità del paziente

continuità delle cure

organizzazione centrata sulla multidisciplinarietà

sviluppo delle competenze dei professionisti

alta tecnologia

previsione di settori assistenziali prevalenti e flessibili

con infermieri referenti per ciascun paziente

Innovazioni organizzative

Percorsi e sperimentazioni in atto

Innovazioni organizzative

Percorsi e sperimentazioni in atto

completamento della pianificazione assistenziale infermieristica

orientata dalla Scuola dei Bisogni

con approccio diagnostico infermieristico

NANDA (North America Nursing Diagnosis Association);

inserimento su supporto informatico delle

tassonomie NIC (Nursing Intervention Classification) e

NOC (Nursing Outcome Classification)

- pantassonomia NNN su supporto informatico -

Innovazioni organizzative

Percorsi e sperimentazioni in atto

potenziamento della

pianificazione assistenziale

ostetrica e riabilitativa

Flussi informativi a scopo gestionale

Cruscotto aziendale

indicatori di attività

fabbisogno assistenziale

indicatori di qualità assistenziale

Flussi informativi a scopo gestionale

Attualmente misto cartaceo informatico

D@SE

Dossier Sanitario Elettronico Aziendale

sistema informativo clinico nativamente integrato

ad elevata interoperabilità

che consentirà flussi informativi a scopo gestionale

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.144/161

(slide 25) (slide 26)

(slide 27)

Criticità potenziali

molteplicità e complessità degli elementi presi inconsiderazione nella definizione

dei livelli di intensità di cura

rischio di algoritmi con validazione interna

difficile benchmarking con realtà regionale e nazionale

Punti di forza

pluralità degli elementi clinici e assistenziali nelladefinizione dei livelli di intensità di cura

coerenza con la cultura locale

linguaggio controllato e codifiche internazionali

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.145/161

Dibattito del pomeriggio

Moderatori :Dott. Claudio Sileo Direttore Sanitario Ospedali Riuniti di BergamoDott. Ettore Ongis Direttore L'Eco di Bergamo

Moderatore: Dott. Ettore Ongis Direttore de L'Eco di BergamoIl dibattito vero e proprio lo imposterei in questo modo: abbiamo una quarantina di minuti

perché il Dott. Bonometti ci regalerà un breve intervento alla fine. Mi permetto di introdurre

con alcune domande che mi sono venute in mente e che partono da una osservazione

esterna, ma che si legano in particolare ad alcune questioni di fondo che la Dottoressa

Chiappa all'inizio ha chiarito molto bene. La preghiera che faccio a tutti e che le risposte

siano essenziali, grazie.

Una delle mie curiosità si basa su ciò che Lei ha detto: “Noi non vogliamo innamorarci di

nessun modello perché è una revisione continua quella che ci aiuta a mandare a regime

questo nuovo sistema organizzativo”, però dice anche “Le resistenze sono naturali, da

questi primi mesi ed anni di esperienza”.

Mi chiedevo di che natura sono queste resistenze?

Risponde Dott.ssa Chiappa Laura Direttore Sanitario, A.O. Ospedale S. Anna diComoPer quello che stiamo vivendo a Como, le resistenze ricadono sulla parte infermieristica e

medica. Per quel che riguarda la componente infermieristica principalmente si tratta del

cambiamento di ruolo. A Como l'organizzazione è ancora “per compiti”, quindi è difficile

cambiare la propria modalità lavorativa dopo un’esperienza di quasi decenni di attività.

Devo diventare responsabile, lavorare per équipe, confrontarmi con altri, integrarmi. Può

esserci la paura di essere inadeguato e la difficoltà del rimettersi in gioco.

Per quel che riguarda la componente medica, la situazione è un po’ più articolata. Il

medico perde i confini. Nel momento in cui vado a cambiare un'organizzazione dove nelle

degenze ho la presenza contemporanea di più discipline, il medico perde il confine del

proprio reparto, dei propri letti, dei propri infermieri e la sua caposala. Il medico teme di

perdere qualcosa e di essere sminuito. Da una parte l'infermiere si deve rimettere in gioco

e aumentare le proprie competenze, dall'altra il medico ha paura di perdere i propri spazi.

Noi siamo arrivati a togliere gli studi dei medici, esclusi quelli dei primari, perché si

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.146/161

ritroveranno in un “open space” saranno gomito a gomito con il collega di un'altra

specialità.

Domanda Dott. Ettore Ongis Direttore de L'Eco di BergamoIl medico in quegli spazi potrebbe essere con il collega di un'altra specialità, non tanto per

il momento del confronto con il paziente o con i parenti che avverrà nello spazio visita dove

è garantita maggiore privacy ecc.. ma perché il medico si vuole rilassare, mettersi seduto,

leggere una rivista, leggere una cartella clinica. Invece ho davanti un altro e un altro ce

l’ho di fianco e magari anche sul fianco di sinistra. Viene chiesto tanto, sembrano cose

piccole e banali, ma viene chiesto tanto alla componente medica. Inoltre gli chiediamo di

confrontarsi con gli altri colleghi e quindi di farsi mettere in discussione.

Posso farle una domanda cattiva? Il medico non ha più confini, mi da una certa

inquietudine, perché ciò che non ha confini: non è. Ciò che non ha confini è l'universo

probabilmente, ma ne ha anche l'universo. E’ molto difficile, uno stato ha i confini, una

regione ha i confini, una provincia ha i confini, un ospedale ha i confini. All'interno

dell'ospedale ci sono i confini. Là dove non ci sono confini è difficile lavorare, c'è un 'idea

un po’ di sperdutezza, quindi dici: sono qui, ma non so bene dove sono. Non c'è questo

rischio?

Risponde Dott.ssa Chiappa Laura Direttore Sanitario, A.O. Ospedale S. Anna diComoQuesta è una delle paure che dobbiamo vincere andando ad aiutare i colleghi facendogli

capire che il confine fisico del reparto non è quello importante. Il confine è il paziente a cui

tutti si devono rivolgere e del quale sei responsabile. Comunque fin che non cambierà il

sistema, ci sarà un’assegnazione per disciplina, cioè il paziente quando arriva in ospedale

assume una targa: chirurgia, dermatologia o medicina generale. Il paziente è il mio

confine anche se il paziente può essere di un altro medico, perché magari ha un problema

inerente alla sua disciplina. Io devo imparare a superare un po’ questa difficoltà. E’ una

situazione che disorienta. L'aiuto che stiamo cercando di dare ai colleghi è di rileggere

insieme che cosa vuol dire confine. Rileggere qual è il tuo significato all'interno

dell'ospedale mettendoti a disposizione anche un supporto psicologico. Stiamo mettendo

sul campo psicologi competenti in organizzazione del lavoro.

Stiamo usando un po’ di tutto, però sicuramente, questo della perdita di confine è uno dei

problemi grossi, poi ce ne sono di tutti i tipi.

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Domanda Dott. Ettore Ongis Direttore de L'Eco di BergamoMi ha molto colpito, nella relazione fatta dal Dott. Ezio Goggi, una sottolineatura che

secondo me, così a orecchio, mi è sembrata efficace e interessante. L'ospedale ha al

centro il malato, questa è la filosofia. Ok, lui ha detto che non solo l'ospedale ha al centro il

malato, ma l’ospedale deve avere al centro anche il medico o la persona che lavora in

ospedale. Dico il medico perché in questa fase mi sembra l'elemento debole. Dott. Goggi

vorrei sapere cosa vuol dire, perché secondo me è più giusto ancora che dire solamente

che al centro dell’ospedale deve esserci il malato.

Risponde Dott. Ezio Goggi Direttore Unità di Progetto Nuovo Ospedale, A.O.Ospedale di Desio e VimercateSono un medico… comunque. Prima volevo fare una sottolineatura sui confini. E’ una cosa

che potremmo dire per far capire che forse il confini non è più l'unità operativa ma il

dipartimento, un confine che si amplia, oltre quello che ha detto la Dottoressa Chiappa.

Io credo che, per carità, il malato rimanga al centro, però quello che ho in mente è un

ospedale come rete di collaborazione. Se ci pensate, parliamo, giustamente, sempre di

medico e di infermiere. All'inizio di questo convegno si è detto che le uniche due

professioni che seguono dall'ingresso all'uscita il malato sono il medico e l’infermiere.

Pensate però anche ai tecnici di radiologia, ai fisioterapisti, ai tecnici di laboratorio, alle

ostetriche e ve ne posso dire altri venti… Ognuno di questi ha la sua dignità, ha la sua

rilevanza davanti al malato. Ognuno di questi ha un dovere particolare che si differenzia da

quello degli altri. Ognuno di questi ha i suoi bisogni o le sue necessità. Io credo, forse

perché sono un medico del lavoro, che noi cureremo tanto meglio le persone che ci sono

affidate, quanto meglio stiamo in un posto. A casa mia ci sto e ci sto bene e dovrebbe

essere la stessa cosa sul posto di lavoro. Non è soltanto un problema di accoglienza fisica,

sono tutti belli questi ospedali, il nostro polo lo ha progettato Botta per cui figuriamoci, non

c'è niente da dire, però il lavoro che stiamo facendo, è anche sull'ambiente interno

dell'ospedale. In questo senso dico che se ho tutte le tecnologie di questo mondo, ma non

ho una umanità nell’organizzazione che assiste e cura la persona, a volte allora è meglio

un piccolo ospedale con meno tecnologia ma con delle persone più umane.

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.148/161

Domanda Dott. Ettore Ongis Direttore de L'Eco di BergamoIo sono un malato. Vado all'ospedale e vengo ricoverato. In che reparto sono ricoverato?

Boh.. Ci saranno dei nomi nuovi immagino, no? Arrivo lì, mi trovo dei medici che vengono

a trovarmi insieme, ho capito bene? Io sto al centro e loro mi girano attorno. Cosa

facciamo? Sono i medici che vengono a me, giusto? Ok, una delle battute che facevamo

stamattina in redazione, pensando a questa cosa, ma evidentemente stavamo giocando,

era che se i medici non sono d'accordo e si mettono a discutere tra di loro, lì davanti a me,

io che sono malato, chi guardo?

Ecco, volevo capire cosa cambia concretamente per il malato, perché questa cosa come si

è detto prima è conveniente per il malato, ma deve essere conveniente per tutti quelli che

lavorano nell'ospedale, altrimenti non sarà conveniente nemmeno per il malato, giusto?

Cosa cambia concretamente per il malato?

Risponde Dott. Ezio Goggi Direttore Unità di Progetto Nuovo Ospedale, A.O.Ospedale di Desio e VimercateMi lancio in una risposta, così mi arrivano direttamente i pomodori.

In parte per me il malato dovrebbe essere trasparente, lei non deve avere il disagio di

avere tre che come avvoltoi, le girano intorno, magari litigando. Questo capita anche

adesso; capiterà in futuro, ma capita già anche adesso. A volte un medico non si trova

d’accordo con il collega e magari ha il cattivo gusto di farlo davanti al malato. Lei, da

questa situazione, dovrebbe avere almeno un paio di vantaggi. Il primo è che se il gruppo

medico riuscisse a coordinarsi per avere il tutor, piuttosto che il case manager, possiamo

trovargli 50 nomi, la continuità sul paziente migliorerà. Lei dovrebbe riuscire ad avere

evitati i cambiamenti di idea. Per esempio il medico che passa durante il pomeriggio e che

disfa quello che ha fatto il collega della mattina, piuttosto che il medico del giorno dopo, a

cui lei chiede:” Ma allora, cosa prevede per me? Quando vado a casa?” e il medico che le

risponde: ”Non lo so, aspetti che guardo la cartella e chiedo al mio collega”. Questo

dovrebbe essere annullato o quanto meno diminuito, perché uno dei fondamenti è che ci

sia identificato in modo esplicito un titolare del suo percorso. Questo potrebbe essere

messo in atto in qualsiasi altro modello, ma in questo è più evidente. Ad esempio, il

paziente che capita spesso negli ospedali: il paziente diabetico. Questo paziente può

capitare dappertutto, in qualsiasi reparto, perché è malato in quanto diabetico, ma può

capitargli anche la polmonite o qualsiasi altra cosa. Alla fine del suo percorso potrebbe

ritorna dal diabetologo, con la polmonite curata, ma tutto il resto disastrato.

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.149/161

Se invece il diabetologo diventasse il tutor del paziente all'interno dell'ospedale,

permetterebbe di mantenere la cura del paziente bilanciata e sotto governo. Questo è un

esempio, potremmo farne tanti altri. Quello che è importante è che tutto questo

meccanismo, per lei dovrebbe essere trasparente, non dovrebbe chiedere o vivere con

fatica questa cosa, perché l'organizzazione dovrebbe rendergliela naturale.

Il secondo vantaggio di questo modello organizzativo è rispetto alla competenza. Su

questo punto, scusate se mi permetto riguardo la competenza infermieristica, il vantaggio

sta nel fatto che se lei ha la polmonite ed ha 80 anni, probabilmente avrà bisogno di un po’

più di infermiere per aiutarla, rispetto al ventenne con la polmonite. Attualmente se lei ha la

polmonite ed ha 80 anni e è ricoverato in geriatria, ha 120 minuti di assistenza

infermieristica e basta.

Se lei ha 20 anni ed ha la polmonite, lei ha sempre 120 minuti di assistenza, allo stesso

modo.

Con questo nuovo modello, dovrebbe essere che lei ottantenne con la polmonite si

ritroverà nell'ambito della complessità assistenziale più alta, quindi non avrà 120 minuti,

ma 130, 140, 160 a secondo del suo bisogno. Mentre lei ventenne potrebbe averne

bisogno soltanto di 90 minuti di assistenza, perché ha un livello di bisogno personale

inferiore. Da questa migliore gestione, dovrebbe venirgliene del bene. Stiamo usando tutti

il condizionale, però questo su lei ‘paziente’ dovrebbe portare dei vantaggi. A me

organizzazione, comporterà fatica, ma non necessariamente un aumento di risorse,

perché quello che non dò alla bassa complessità del ventenne, lo sfilo e lo dò

all'ottantenne.

Risponde anche Dott.ssa Anna Michetti Dirigente S.I.T.R.A., A.O. Ospedale S. Annadi ComoC'è anche una cosa importante che è il rapporto umano. Nel vecchio modello di tipo

funzionale, l'infermiere partiva e faceva la distribuzione della terapia a 60 pazienti; adesso,

in questo nuovo modello, l'infermiere ha in carico il paziente, ha la responsabilità e la

competenza per soddisfare il bisogno di dieci pazienti. Non solo la distribuzione della

terapia, ma soddisfare tutti i bisogni. Anche il rapporto umano cambia e diventa molto più

collaborante.

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.150/161

Interviene Dott. Giancarlo Fontana Direzione Generale Sanità, Regione LombardiaFaccio una brevissima considerazione con il cappello della Direzione Generale Sanità, poi

mi toglierò il capello e metterò quello di medico.

Come Direzione Generale di Sanità, devo dire che sono molto, ma molto favorevolmente

colpito dalla serietà che è stata dedicata alla valutazione di questo problema di transizione

che è tutt'altro che semplice per tutte le ragioni che sono state dette fino adesso.

Questo argomento è assolutamente al di sopra di ogni aspettativa.

In secondo luogo, sono molto favorevolmente impressionato dal fatto che i modelli, pur

essendo ospedali con dita, petali e quant’altro, sostanzialmente siano simili. Probabilmente

molto diversi per quanto riguarda il loro contenuto, ma in realtà sono sovrapponibili.

Questi due modelli mi hanno fatto pensare che forse vale la pena di formalizzare questa

esperienza. Probabilmente il prossimo futuro dovrà riguardare ed interessare anche altre

strutture ospedaliere, magari attraverso un qualcosa che può essere un documento di

indirizzo che potrebbe essere, uso anche io il condizionale, ‘recepito’ come linee di

indicazione, magari anche a livello regionale, indicando quali potranno essere i percorsi,

fermo restando la variabilità individuale di ciascuna struttura aziendale, e quali potrebbero

essere i percorsi di implementazione di un sistema di questo genere .

Quindi faccio i complimenti, per quanto possano valere, a tutti e al Dott. Bonometti per la

sensibilità che ha avuto nel percepire questa esigenza. Tolto il cappello della Direzione

Sanità metto quello di medico.

Faccio fatica ad immaginarmi il medico spaurito ed impressionato da questo cambiamento

che gli sta capitando sotto il naso. Secondo me, il vero problema del medico in questo

momento è che più che non avvertire il suo confine, sente minacciato il suo territorio o

comunque percepisce una minaccia. Però è un territorio che ormai ha delle larghissime

aree di sovrapposizione con i territori altrui, lasciamo perdere il paziente polipatologico,

ma la condivisione di percorsi comuni e di risorse ormai ha reso presso che

sovrapponibile, per non dire sovrapposta, la sfera di competenza del professionista, inteso

come professionista d'organo, professionista d'apparato, professionista di sistema. C'è una

larghissima sovrapposizione, specialmente in ambito clinico-medico, forse leggermente

meno in ambito chirurgico, se non guardiamo le complicanze, ma sicuramente in ambito

medico. Forse è questo che il medico percepisce come minaccia e forse questo è l'ambito

su cui il medico dovrebbe essere in qualche maniera convinto che non è una minaccia, ma

è una opportunità.

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.151/161

Ecco credo che questo potrebbe essere un modo per non mandare dallo psicologico il

medico professionista ospedaliero.

Domanda Dott. Ettore Ongis Direttore de L'Eco di BergamoGrazie. In realtà mi sembra di capire che molte esperienze, almeno nei dipartimenti, sono

già in atto e stanno dando risultati importanti che dipendono anche dalla sintonia con cui i

medici lavorano insieme.

E' chiaro che se prevalgono altri sentimenti rispetto alla simpatia e quindi non si lavora in

sintonia, tutto il meccanismo si complica, ma questo vale per i medici, per gli infermieri, per

i giornalisti e per tutti gli altri.

Volevo ancora fare una domanda alla Dottoressa Bollini.

Si arriverà mai ad un punto in cui si potrà dire “ siamo arrivati a regime”, oppure questo

modello, per sua natura, per come è impostato, per l'idea che ci sta dietro, è un lavoro

sempre “in progress” che andrà avanti continuamente a modificarsi. Anche perché uno dei

temi che sono emersi oggi mi sembra in maniera ripetuta, è il passaggio da un settore

all'altro che non è un dettaglio da poco. Ci vorrà una persona che alla fine guida e dice: “si

va, non si va” e che si assume la responsabilità di questo, anche se l'altro non è d'accordo.

Quanto ci vuole per andare a regime secondo voi?

Mi viene in mente l'esperienza di Mestre che non è andata in porto felicemente, insomma..

Risponde Dott.ssa Giovanna Bollini Direttore D.I.T.R.A., A.O. Ospedale NiguardaCa’GrandaIo esprimo un’opinione personale dettata anche dai lunghi anni di lavoro nella struttura in

cui opero. Secondo me, non è mai finita, ma io sono contenta di questo, perché credo che

in questi anni, nello sviluppo che avremo, ci sarà modo finalmente di confrontarci sempre

di più e di riuscire ad avere un'integrazione multiprofessionale con davvero il malato al

centro del nostro interesse e necessariamente modificherà il nostro modo di rapportarci e

di lavorare. Il cambiamento continuo “in progress” non lo vedo come negativo, perché è un

elemento proprio di confronto interessante. Se ci si fermava a 10 anni fa, a come eravamo

organizzati, in quel periodo i dipartimento stavano nascendo, tutta una serie di logiche

organizzative che ci hanno continuamente messo in discussione, non sarebbero potute

nascere e ci hanno dato l'opportunità veramente di crescere, nel confronto. Quindi la mia

speranza è che non si arrivi mai, perché bisogna sempre tendere all'ideale e siccome

l'ideale é l’ideale la strada è molto lunga e praticamente irraggiungibile.

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.152/161

Bisogna avere la capacità di confrontarsi, ma anche di valutare in positivo i piccoli passi

fatti e valorizzare le cose che si stanno facendo, valorizzare le positività, perché

giustamente la gente non vede mai la fine e ovviamente si stanca. Secondo me la capacità

e proprio quella di puntualizzare giorno per giorno quali sono le conquiste che insieme

facciamo per il bene dell'ammalato. Credo sia questa la filosofia, forse è quella che mi

muove, non so se sbaglio.

Domanda Dott. Ettore Ongis Direttore de L'Eco di BergamoUltima mia domanda è per la Dottoressa Cesa.

Se in un’organizzazione di questo tipo, ovvero in un ambiente piccolo di un piccolo

ospedale mi sembra abbastanza facile, mi sembra un po’ più complicata in un ospedale

grande. Secondo i primi passi che si sono cominciati a muovere in questa direzione è

possibile in un ospedale grande e in tutto l'ospedale?

Risponde Dott.ssa Simonetta Cesa Dirigente Direzione delle Professioni Sanitarie,A.O. Ospedali Riuniti BergamoLa risposta è si, pensiamo che sia assolutamente possibile. Bisogna fare molta attenzione

alle cose dette oggi, al coinvolgimento di tutti i professionisti e mi associo a quello che ha

detto la Dott.ssa Bollini. E’ importante non solo la sensibilizzazione, ma anche la presa di

coscienza dei passi fatti, anche se fossero solo piccoli passi. Mi sembra che tutte queste

aziende si stiano muovendo in questa direzione, con questa mentalità: una forte

sensibilizzazione di tutto il personale e il coinvolgimento assoluto dei professionisti.

Intervento Dott. Mentasti Direttore Generale, A.O. Ospedale S. Anna di ComoPrima di aprire a voi il dibattito e le domande, vorrei dirvi due cose. Una ne ha fatto

riferimento il Dott. Goggi. E’ stata fatta una traduzione di alcuni termini: ‘transfer’, ecc. A

volte il termine originale da più l'idea del fenomeno che la sua traduzione. Vorrei portarvi a

testimonianza un esempio. Nei vari giri che stiamo facendo per capire come altri hanno

fatto questo trasferimento o trasloco, siamo andati anche a Malta. L'ospedale di Malta ha

900 posti letto ed è stato costruito un anno fa. Il loro trasferimento lo hanno chiamato nel

termine inglese ‘migration’, quindi migrazione. Questo credo sia una bella definizione,

perché non è un trasloco di cose, ma è quasi una migrazione di un popolo, quindi di

culture, di bagagli, di esperienze, di ansie nel lasciare ciò che conosciamo. Lo dico per gli

ospedali che stanno facendo questo trasloco, l'idea che stiamo facendo una migrazione

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.153/161

arricchisce l'iniziativa e il lavoro che noi stiamo facendo; non sono scatoloni, ma è

qualcosa di diverso.

La seconda considerazione, riprendendo da stamattina come co-responsabile di questo

convegno, credo che in questo convegno non abbia parlato l'infermiere, non abbia parlato

il medico, ma ha parlato un pezzo dell'azienda, cioè ha parlato il management dell'azienda:

il Direttore Generale, il Direttore Sanitario, il Direttore di Presidio, il Direttore dei Servizi

Infermieristici, cioè hanno parlato coloro i quali sono al centro di questa scommessa.

Quello che manca, che è mancato oggi, secondo me, è lo scendere nell'approfondimento

dell’impatto sull’assistenza di questa cosa. Sentire cosa dice il clinico, i vari clinici, cosa

dicono gli infermieri che lavorano nei reparti, che fanno assistenza; cosa dicono le altre

figure delle professioni sanitarie. Oggi si è quasi posto un po’ un dualismo medico-

infermiere, ma noi sappiamo che sono molte le professioni sanitarie anche se non hanno il

malato davanti degente. E’ stato ricordato, anch’esse lavorano e collaborano sul malato.

Quindi, concludo lanciando un’idea, forse converrebbe che una delle altre aziende che

oggi è venuta, si lanciasse nell'organizzare questo secondo convegno regionale in cui,

fatto salvo quello che oggi abbiamo immagazzinato, approfondire e aprire la discussione

con i clinici e con chi fa assistenza delle varie professioni sanitarie. Concentrarci su che

cosa voglia dire questo impatto.

Magari sarebbe anche interessante, come il direttore del giornale ci ha provocato, sentire

anche il malato. Noi continuiamo a dire che il malato è al centro e che tutto questo lo

facciamo per lui. Capire se esattamente ha capito questo sforzo ed è d’accordo o è

preoccupato come noi. Lancio questa idea.

L'ultima considerazione è a testimonianza che non siamo all'anno zero. Nel nostro

ospedale abbiamo già degli esempi concreti in cui questi modelli di intensità di cura e di

complessità e di integrazione di figure professionali diverse si sono realizzate. Ne cito

senza che si arrabbino due esempi: una è la neurochirurgia e la neuroanestesia, dove c'è

una compenetrazione tra la figura del neurochirurgo e del neuroanestesista e dell'équipe

infermieristica tale per cui il malato non si sta accorgendo che sono diversi i professionisti.

C'è un integrazione, nel rispetto delle responsabilità, che va in una logica di collocazione

fisica del malato in terapia subintensiva, ma ancor di più, in una concentrazione di lavoro

infermieristico e medico e di specialità medica, a seconda del bisogno assistenziale del

malato. Un'altra esperienza ancor più innovativa si chiama medicina cardiovascolare, la

cito anche perché ho visto in sala i responsabili. Quale elemento ha la medicina

cardiovascolare di innovativo? E’ unire un reparto internistico attraverso sia il cardiologo

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.154/161

che il medico internista. Il cardiologo da valore aggiunto all'approccio del medico internista

e il medico internista da l'approccio, un valore aggiunto al cardiologo nel trattamento di

questa patologia .

E' stato ricordato stamattina dalla Prof.ssa Di Mauro, come l'area geriatrica assorba una

quantità di assistenza in termini di bisogni per la tipologia del malato. Le nostre medicine

ospedaliere sono diventate di fatto delle geriatrie, perché la complessità del malato è un

malato specificamente geriatrico, non è un malato internistico in senso lato. Inoltre questo

è un modello vincente perché abbiamo indicatori di esito che sono sicuramente

soddisfacenti, l'integrazione dell’équipe mediche è sicuramente un elemento innovativo ma

vincente.

Questo per ribadire che non stiamo parlando di una rivoluzione copernicana, stiamo

cercando di portare a regime le eccellenze e le esperienze con documentata efficacia.

Per rispondere all'ultima domanda, si può fare anche in un grande ospedale, gradualmente

step by step. La scommessa però è questa: non limitare questa esperienza alla

sperimentazione da pubblicare sulla rivista scientifica importante.

Detto questo, nel frattempo qualcuno ha pensato alle domande? Speriamo..

Chi rompe il ghiaccio?

Intervento Dott. Francesco Biroli Direttore Dipartimento Chirurgia Sistema Nervosoe Scienze Neurologiche, A.O. Ospedali Riuniti di BergamoIo sono stato presente solamente al pomeriggio, sono Dott. Biroli della Neurochirurgia

degli Ospedali Riuniti di Bergamo. Devo ammettere che è stato estremamente stimolante

quanto ho sentito, davvero interessante e anche in po’ inquietante per certi versi. Credo

che questo sia forse il punto da approfondire. C'è un minimo comune denominatore che è

totalmente condivisibile che è quello dell'intensità di cure, del gradualismo da dedicare ai

diversi pazienti che hanno problemi che richiedono assistenze differenti. I messaggi che

abbiamo sentito però non sono così univoci e credo che dobbiamo trovare in ogni azienda,

forse anche nell'ambito regionale una strada per arrivare ad un obiettivo che sia sempre

più efficace nei confronti del malato. Personalmente la rivoluzione copernicana mi fa un po’

paura, perché rischia di far pagare un prezzo a volte abbastanza elevato. Preferisco quello

che è un gradualismo di realizzazione con un obiettivo lontano molto chiaro a tutti. Inoltre

penso che il conservare le esperienze storiche delle regioni degli ospedali sia

estremamente importante. Calando nella pratica questo punto, la mia non è una domanda

è un commento, sia molto importante mantenere quelle che ho sentito definire aree

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.155/161

all'interno di determinati livelli di cura: area critica, semi intensiva , area di degenza, aree

omogenee, che sono in sostanza quelle che abbiamo sentito citate: l'area cardiovascolare,

l'area neurologica, l'area pediatrica, l'area chirurgica e l'area medica. Esse hanno delle

specificità sia nelle degenze che nelle terapie intensive. Questa specificità va conservata,

mantenendo però, una trasversalità di dialogo. Credo sia questo il valore aggiunto di quello

che possiamo chiamare il modello Bergamo.

Questo mi sembra il punto di forza maggiore del nostro nuovo ospedale.

Seconda considerazione riguarda le professioni sanitarie e i nuovi rapporti tra medici,

infermieri, ecc. E’ un punto critico, ma forse non così importante. Penso che i medici non

debbano aver paura di perdere il loro recinto e il loro regno, però tutti, tutte le professioni

sanitarie, devono essere in grado di mettersi in gioco, dobbiamo aver paura di non essere

abbastanza bravi, di non essere abbastanza colti, di non saperci confrontare in modo

corretto e costruttivo con i colleghi delle altre specialità, dobbiamo avere molta paura di

non sapere lavorare per obiettivi. L'esempio classico è la sala operatoria: non deve finire

alle due perché alle due timbro il cartellino, ma deve finire quando è finita la lista dei malati

che in modo condiviso abbiamo deciso di mettere in programma quel giorno.

Un’ultimissima considerazione che è quella del benessere non soltanto del malato, perché

dobbiamo stare attenti a non essere retorici. Tutti diciamo: dobbiamo mettere al centro il

malato. E’ ovvio questo, ma ha ragione il Dott. Goggi, dobbiamo mettere al centro anche la

professione sanitaria, dobbiamo essere molto attenti a non frustrare medici, infermieri,

tecnici. Quanto meglio stanno queste categorie, tanto meglio cureranno i pazienti e quindi

dobbiamo essere attenti a non innamorarci troppo di un modello, come abbiamo sentito,

ma agire gradualmente per raggiungere un obbiettivo, avendo anche il coraggio di

cambiare il modello se ad un certo punto è necessario. Infine un complimento e non di

maniera a chi ha organizzato questo congresso, perché è stato davvero molto, molto

interessante .

Intervento Dott. Marco Poloni Direttore USC Neurologia, A.O. Ospedali Riuniti diBergamoL'area delle neuroscienze la fa un po’ da padrone, io sono un neurologo mi chiamo Poloni.

Io ero preoccupato di una cosa, forse non ha molto significato, però mi trovo ad affrontare

problemi di questo genere tutti i giorni. Parliamo di diversa intensità o complessità di

assistenza, cioè letti dedicati a pazienti che non hanno bisogno di grande impegno

infermieristico e viceversa letti dedicati a persone che hanno bisogno di elevata

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.156/161

diagnostica, terapia ed assistenza. Succede molto spesso nei nostri 35 letti che arriva un

ammalato, che si rivela essere a bassa intensità di cura che però ho un letto libero solo in

area subintensiva; altre volte succede che un paziente ha un ictus e non ho un letto

nell'area subintensiva, ma nell'area di degenza ordinaria e magari senza neanche la

stanza con i gas. Questo è un problema che dovremo affrontare spesso nel nostro

ospedale, è difficile garantire ad ogni esigenza il posto letto libero. Ma voi mi dite, non

dovremo spostare i pazienti, dovrà spostarsi l'équipe. Però io la vedo abbastanza

difficoltosa.

Una seconda osservazione riguarda l'impegno delle due grosse categorie di professionisti

che lavorano in ospedale: i medici e gli infermieri. Secondo me, l'area più fragile sono

ancora gli infermieri. Scusate non vogliatemene male. Ci sono delle persone

estremamente preparate, sensibili che studiano, si dedicano ai problemi in modo

estremamente lodevole. Queste persone le abbiamo e le conosciamo tutti.

Però la mia impressione è che la maggioranza non sia in grado di svolgere un’azione di

tutoraggio su un paziente. Non è in grado. Guardate che il medico ha impiegato sei anni di

studi, cinque anni di specialità e 30 anni di esperienza ed ancora si sente imbarazzato a

volte a svolgere un azione di tutoraggio per tenere il rapporto con il paziente e con i

parenti. Io immagino l'infermiere che giustamente si è preparato con gli anni di laurea, con

gli studi, di cui per altro da quando sono a Bergamo, ho esperienza diretta. Svolgo

insegnamento ed esami al personale infermieristico e almeno l'ottanta per cento non mi

sembra in grado di fare una funzione di questo tipo, quindi la categoria più debole è quella,

bisognerà lavorare in maniera intensiva su quella, almeno sulla preparazione.

Grazie.

Risponde Dott.ssa Simonetta Cesa Dirigente Direzione delle Professioni Sanitarie,A.O. Ospedali Riuniti BergamoTranquillizzerei Lei e i suoi colleghi che temono nelle non capacità dei professionisti

sanitari perché il percorso, come ricordava la nostra presidente stamattina, soprattutto

negli ultimi 10 anni, è stato un percorso molto intenso, voluto fortemente dalla professione

infermieristica. E’ un percorso che anche in azienda stiamo portando avanti, con moltissimi

interventi di formazione e di supporto. Quindi riporrei veramente la sua preoccupazione e

semmai non voglio essere polemica, ma semmai se ce ne fosse bisogno, mi porrei alcune

riflessioni anche sulla gestione clinica delle nostre strutture. Vorrei veramente passarle un

messaggio di tranquillità rispetto a quello che per Lei può essere un problema.

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.157/161

Intervento Dott.ssa Maria Adele Fumagalli Responsabile S.I.T.R.A. PresidioOspedaliero di VimercatePorto un esempio che risponde anche un po’ alla prima domanda che è stata fatta. Oggi

se una persona ha un evento cardiaco acuto, un infarto, in qualsiasi condizione, con

qualsiasi età trova generalmente un posto letto in una unità coronarica. Se ha un problema

celebrare, come abbiamo detto trova generalmente un posto letto in una stroke unit. Se ha

un’embolia polmonare ed a meno di 40 anni, è sicuro che va in un reparto di medicina.

Eppure è una persona con un’alta instabilità dinamica, quando va bene viene

monitorizzato. Il rapporto medico infermiere sappiamo quello che è, e questo è dato dal

fatto che le unità operative sono chiuse, non si condividono le risorse, non si condividono

le tecnologie. La letteratura ci dice, ma noi possiamo dirlo anche da un punto di vista di

sperimentazione che stiamo portando avanti che queste difficoltà si superano nella

condivisione dei letti e delle risorse. L'epidemiologia ci può far programmare sia le

disponibilità dei posti letto che la tecnologia, per cui noi stiamo vedendo che a fronte di un

passato dove gli appoggi erano la regola e il letto non era mai quello giusto, oggi possiamo

dire che allargando i confini diamo una risposta sicuramente più adeguata ai bisogni della

persona.

Intervento di Michele Ludovici Coordinatore Sale Operatorie, A.O. Ospedali Riuniti diBergamoSono il coordinatore delle sale operatorie del secondo piano degli Ospedali Riuniti di

Bergamo.

Più che una domanda era un contro intervento rispetto a ciò che ha detto il Dottor Biroli.

Lo ringrazio per le parole che ha detto e condivido quello ciò che ha detto. Bisognerebbe

lavorare insieme, per obiettivi e andando oltre quando si uscirà dai paletti degli orari.

L'unica cosa che aggiungerei è che oggi abbiamo avuto una situazione abbastanza critica

in sala e l’abbiamo superata anche grazie all'aiuto degli infermieri, che si sono fermati oltre

il proprio orario.

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.158/161

Chiusura del convegno

Dott. Carlo Bonometti Direttore Generale, A.O. Ospedali Riuniti di Bergamo

Un grazie a tutti coloro che hanno preso la parola attorno a questo

palco dando un contributo fondamentale alla nostra discussione.

Voglio sottolineare due o tre cose importanti.

Un ringraziamento particolare a Ettore Ongis che ha interpretato

perfettamente il ruolo del cittadino.

La cosa importante che non dobbiamo mai dimenticare è che siamo

qua per il cittadino; allora tutte queste discussioni alla fine cosa

valgono? Che cosa cambia per il cittadino? Questo è il punto secondo

me fondamentale che attende risposte concrete.

Voglio anch’io fornire messaggi di tranquillità in questo senso perché penso che il

cambiamento che dovremo per forza introdurre all’organizzazione ospedaliera deve essere

fatto passo dopo passo, deve essere un cambiamento lento ma continuo e costante nel

tempo.

Io penso che un certo discorso vada aperto, come stiamo cercando di aprirlo, per esempio

sul ricovero in elezione; sul ricovero programmato allora lì la cosa è molto più semplice.

Se un cittadino viene per un’appendicite, fa l’appendicite e viene dimesso, la cosa è

molto semplice.

Quando un paziente entra in urgenza in ospedale, non è stabilizzato, non è identificata la

patologia, c’è la necessità di fare interagire più professionisti attorno alla stessa persona

per determinare il percorso che poi dovrà seguire .

Se invece siamo in presenza di un ricoverato con pluripatologie allora dobbiamo studiare

percorsi idonei a prendere in carico l’ammalato senza che lo stesso debba peregrinare da

uno specialista all’altro. Questo è il compito dell’ospedale moderno.

Ha detto bene la Dottoressa Chiappa prima “importante è che dall’organizzazione non

escano delle indicazioni contraddittorie che disorientano il paziente”.

E allora siccome la medicina ha fatto passi da gigante in questi ultimi anni, si è

specializzata in modo estremo noi abbiamo tantissime eccellenze su tanti piccoli segmenti

della malattia dell’uomo, si tratta di ricomporre tutti questi segmenti riportandoli a unità.

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.159/161

Questo è il significato che io dò al discorso dell’intensità di cura cioè il cercare di

ricomporre attorno ad una persona tutte le professionalità che devono dare e possono

dare un apporto alla persona.

E qui si apre quello che è un altro discorso perché oggi abbiamo sentito la parte della

dirigenza infermieristica ma tutti gli altri attori devono essere protagonisti attorno a questo

tema in particolare i clinici.

Io sono particolarmente contento perché sono usciti parecchi concetti, le cose chiare sono

che il contesto sanitario e sociale nel quale noi operiamo oggi presenta alcuni fenomeni

che sono sempre più rilevanti per noi, l’aspetto della cronicità, l’invecchiamento della

popolazione, la comorbilità sono problemi sui quali noi ci dobbiamo confrontare

quotidianamente.

C’è necessità come ha detto bene il Dottor Fontana di prendere in considerazione ciò che

c’è dopo la porta dell’ospedale; c’è tutto il territorio ma questo è un discorso molto lungo.

Qui in provincia di Bergamo stiamo facendo un grosso ospedale che è una “Ferrari”

sostanzialmente ma rischia d’andare come una 500 se non è coordinato con tutte le altre

strutture sanitarie del territorio.

Possiamo anche finire di rischiare di girare a vuoto – quindi questo è un altro tema che va

affrontato con altrettanta attenzione. Le reti di patologia, per esempio, dobbiamo far

qualche cosa per renderle più cogenti perché poi ci sono i Direttori Generali che disfano

quello che i clinici fanno nei network di patologia quindi bisogna mettere, secondo me, un

poco di ordine - penso che la regione ci debba dare una mano da questo punto di vista.

Molti sono gli attori… le istituzioni, le società scientifiche, il management, i professionisti e

bisogna sempre passare attraverso le integrazioni delle diverse competenze.

Sono convinto come ho detto questa mattina, quando sono venuto qua, e sono ancora più

convinto questa sera, quando vado via, che non esiste un modello predefinito che va bene

per tutti.

Ognuno deve cercare d’individuare il “modus operandi” che va bene– per i propri

professionisti, per la propria realtà, questa è un’altra cosa fondamentale.

Non deve passare il discorso di un modello unico della regione per tutti, perché le persone

sono diverse, sono le persone che fanno funzionare i modelli poi, alla fin fine, se non hai le

persone non vai da nessuna parte.

Noi l’abbiamo visto dentro il nostro ospedale con alcune cose che vanno con una velocità,

altre vanno con altra velocità – sono le persone che fanno ancora una volta la differenza.

Vorrei dire un’altra cosa molto banale ma molto importante.

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.160/161

Attenzione perché se mettiamo mano a queste cose e scompare fisicamente l’unità

operativa e non esiste più un’area di degenza univocamente individuata nel centro di

costo saltano tutti i dati che noi mandiamo in regione, per cui i benchmarking che poi la

regione fa, perdono di significato, penso che avremo dei grossi problemi.

Quindi io chiedo alla regione che ci dia una mano, che intervenga a dare delle indicazioni

dal punto di vista operativo perché se noi portiamo avanti questo tipo di sperimentazione o

questo tipo di attività, un qualche coordinamento (come fare per tenere questi rapporti poi

sul binario corretto) penso poi che ci debba essere fornito.

Io direi che un po’ tutti i temi sono stati toccati.

Adesso l’impegno che prendo io nei confronti dei miei dipendenti è di continuare questo

confronto con tutti gli altri interlocutori che sono dentro l’ospedale, di farlo un po’ in fretta,

perché l’ospedale è quasi finito e quindi dobbiamo recuperare tutto il tempo che abbiamo

passato in questi mesi, non a pensare ma a lavorare, perché noi, a differenza di altri

colleghi più fortunati, abbiamo anche costruito l’ospedale.

Grazie.

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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.161/161

Si ringraziano tutti coloro che, a vario titolo,

hanno contribuito alla realizzazione del convegno

e alla produzione della presente pubblicazione.

Finito di stampare nel mese di giugno 2010

Centro Stampa A.O. OO.RR. Bergamo

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