Il modello assistenziale per intensita’ di cure
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Atti del Convegno
IL MODELLO ASSISTENZIALE PER INTENSITA’ DI CURE NEL NUOVO OSPEDALE:
ASPETTI TEORICI E APPLICATIVI
Bergamo, Accademia della Guardia di Finanza4 Febbraio 2010
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.0/161
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.1/161
Il modello assistenziale per intensità di cure
nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi
La presente iniziativa è stata promossa dallaAzienda Ospedaliera Ospedali Riuniti di Bergamo
Direttore Generale Dott. Carlo BonomettiDirettore Sanitario Dott. Claudio Sileo
Direttore Amministrativo Dott. Giampietro Benigni
Responsabile ScientificoDott.ssa Simonetta Cesa Dirigente Direzione delle Professioni SanitarieSegreteria ScientificaDott.ssa Simonetta Cesa Dirigente Direzione delle Professioni SanitarieDott.ssa Monica Casati Responsabile Ricerca, Formazione e Sviluppo,Direzione delle Professioni SanitarieTel. 035 269719; 348 1397016; e-mail: [email protected]
Segreteria OrganizzativaUfficio Formazione PermanenteTel. 035 269297; fax 035 266689; e-mail: [email protected] Rota, Direzione delle Professioni Sanitarie
Atti del convegno a cura di:Dott.ssa Simonetta Cesa Dirigente Direzione delle Professioni SanitarieDott.ssa Monica Casati Responsabile Ricerca, Formazione e Sviluppo, Direzione delleProfessioni SanitarieIn collaborazione con:Giancarlo Galbiati Infermiere presso Ricerca, Formazione e Sviluppo, Direzione delleProfessioni Sanitarie
Indicazioni relative all’utilizzo della pubblicazioneLa Direzione dell’Azienda Ospedaliera comunica che il contenuto della presentepubblicazione, in formato elettronico pdf, può essere scaricato e utilizzato in versioneelettronica e cartacea, fatte salve tre condizioni:- la finalità di natura culturale;- l’assenza di scopo di lucro;- la citazione degli autori e della relazione a cui si fa riferimento, nonché della fonte
così come di seguito indicato:Atti del Convegno Il modello assistenziale per intensità di cure nelNuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi, a cura di S. Cesa e M.Casati, Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti di Bergamo, 4 febbraio2010 [www.ospedaliriuniti.bergamo.it, area Nuovo Ospedale].
Sullo stesso sito Web sono disponibili le videoriprese e le slides del convegno.
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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.3/161
Programma definitivo
Sessione del mattino
Introduzione ai lavori
Dott. Carlo Bonometti Direttore Generale, A.O. Ospedali Riuniti di Bergamo
p. 7
Saluti delle autorità
Dott. Franco Tentorio Sindaco di Bergamo p. 10
Dott. Alessandro Cottini Assessore alla Caccia, Pesca e Sport della
Provincia di Bergamo p. 11
ModeratoriDott. Andrea Mentasti Direttore Generale, A.O. Ospedale S. Anna di Como
Dott.ssa Monica Casati Responsabile Ricerca, Formazione e Sviluppo,
Direzione Professioni Sanitarie, A.O. Ospedali Riuniti di Bergamo
Gli elementi culturali a sostegno di una organizzazione clinica ospedaliera
per intensità di cure e di complessità dell’assistenza infermieristica
Prof.ssa Stefania Di Mauro Professore Associato Scienze Infermieristiche,
Università degli Studi di Milano Bicocca p. 15
Intensità di cure versus complessità dell’assistenza?
Prof. Federico Lega Professore Associato di Economia Aziendale,
Università Bocconi di Milano p. 28
Mappatura delle diverse sperimentazioni di definizione dell’intensità di cure
e della complessità assistenziale infermieristica presenti in Italia
Dott.ssa Rita Maricchio Responsabile infermieristico ASS n. 5 Bassa
Friulana p. 40
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Esperienza di riorganizzazione per intensità di cure e complessità
dell’assistenza infermieristica dell’AUSL di Bologna
Dott.ssa Annalisa Silvestro Direttore Servizi Assistenziali USL di Bologna e
Presidente Federazione Nazionale Collegi IPASVI p. 47
Intervento Prof.ssa Marisa Cantarelli
Teorica dell’Assistenza Infermieristica, già Direttrice del corso per Infermieri
Insegnanti Dirigenti, Università degli Studi di Milano p. 54
Dibattito p. 56
Sessione del pomeriggio
ModeratoriDott. Claudio Sileo Direttore Sanitario, A.O. Ospedali Riuniti di Bergamo
Dott. Ettore Ongis Direttore L'Eco di Bergamo
Lo scenario lombardo, Lettura Magistrale
Dott. Giancarlo Fontana Direzione Generale Sanità Regione Lombardia p. 73
Tavola rotonda
Modelli organizzativi per intensità di cure e complessità dell’assistenza
Intervengono le Direzioni Sanitarie e i S.I.T.R.A. (Servizi Infermieristici Tecnico
Riabilitativi Assistenziali) delle Aziende Ospedaliere di Como, Niguarda, Legnano,
Vimercate, Bergamo.
L’intensità di cura e la complessità assistenziale: l’esperienza dell’Azienda
S. Anna di Como per il “Nuovo Ospedale”
Dott.ssa Laura Chiappa/ Dott.ssa Anna Michetti
Direttore Sanitario e Dirigente S.I.T.R.A., A.O. Ospedale S. Anna di Como p. 88
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Modelli organizzativi per intensità di cura e complessità dell’assistenza
Dott.ssa Giovanna Bollini/ Dott. Roberto Cosentina
Direttore D.I.T.R.A. e Direttore Medico di Presidio, A.O. Ospedale Niguarda
Cà Granda p. 107
Video intervista a Dott. Angelo Cordone / Dott. Marino Dell’Acqua
Direttore Sanitario e Dirigente S.I.T.R.A., A.O. Ospedale Civile di Legnano
Realizzata dalla Sig.ra Laura Tomasoni, A.O Ospedali Riuniti di Bergamo p. 119
Modelli organizzativi per intensità di cure e complessità di assistenza: il
nuovo presidio di Vimercate.
Dott. Ezio Goggi
Direttore Unità di Progetto Nuovo Ospedale, A.O. Ospedale di Desio e
Vimercate p. 123
Il Nuovo Ospedale di Vimercate
Dott.ssa Maria Adele Fumagalli / Dott.ssa Anna Maria Gorini
Responsabile S.I.T.R.A. Presidio Ospedaliero di Vimercate e Dirigente
S.I.T.R.A., A.O. Ospedali di Desio e Vimercate p. 129
Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti
teorici e applicativi
Dott.ssa Simonetta Cesa
Dirigente Direzione delle Professioni Sanitarie, A.O. Ospedali Riuniti
Bergamo p. 134
Dibattito p. 145
Chiusura dei lavori
Dott. Carlo Bonometti Direttore Generale, A.O. Ospedali Riuniti di Bergamo p. 158
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Apertura del convegno
Dott. Carlo Bonometti Direttore Generale, Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti diBergamo.
Siamo qui oggi per approfondire il significato di un ospedale
che è organizzato per aree a distinta intensità di cura e
diversa complessità nell’assistenza.
E’ una sfida che riguarda tutti noi professionisti della salute
ma che toccherà tutti i cittadini.
Sono particolarmente lieto per la presenza del Signor Sindaco Dott. Tentorio e
dell’Assessore della Provincia Dott. Cottini; soprattutto devo ringraziare anche per
l’accoglienza e l’ospitalità il Generale Michele Calandro, Comandante dell’Accademia
della Guardia di Finanza, che ci ha messo a disposizione questa sala per fare questo
incontro.
Dicevo quindi che vogliamo approfondire, da un punto di vista operativo, la possibilità di
definire una diversa organizzazione dell’ospedale sotto la spinta di una nuova struttura
che prevede aree distinte secondo l’intensità delle cure necessarie al paziente.
Dovremo stabilire come cambia, se cambia, l’approccio che deve essere riservato al
paziente secondo percorsi predefiniti e in qualche modo favoriti dalla nuova struttura, per
giungere alla soluzione dei suoi problemi clinici.
Nel 2010 verranno inaugurati cinque nuovi ospedali in Lombardia e abbiamo ritenuto
opportuno un confronto per testimoniare come ognuno di noi sta affrontando questo
problema. Noi, sia ben chiaro, non abbiamo soluzioni predefinite, abbiamo solamente delle
domande e qualche idea.
Infatti ci siamo chiesti se l’attuale definizione dei processi curativi subisce o subirà delle
modificazioni per effetto della localizzazione nella nuova struttura? Se riteniamo che ciò
sia un passaggio necessario, forse obbligato, che ampiezza deve avere questo
cambiamento? Possiamo cogliere questa occasione per riallineare il sistema organizzativo
ospedaliero in modo tale che lo stesso possa praticare concretamente la centralità della
persona e non viceversa? Se si come? E’ possibile definire, per le diverse aree, percorsi
clinici integrati secondo il diverso bisogno clinico assistenziale del paziente, che sappiamo
essere diverso da persona a persona, considerato anche che le risposte alle cure del
soggetto e le differenze tra malato e malato sono influenzate da molti fattori, per esempio
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.8/161
dall’età, dalle patologie compresenti, dalle patologie pregresse da esigenze e aspettative
di vita diverse da persona a persona? Quali sono percorsi che facilitano tali soluzioni?
Quali sono le leve del cambiamento da attivare?
Come vedete veniamo qui con molte domande, poche certezze e con molti dubbi. La
giornata di oggi grazie alle relazioni del mattino e i contributi delle varie Aziende
Ospedaliere nel pomeriggio, vuole fornire ulteriori elementi di conoscenza per fare scelte
sempre più consapevoli rispetto al tema proposto, tema oggi considerato quasi una
questione di frontiera.
Molte sono infatti le sedi e le pubblicazioni che parlano dell’argomento, ma poca chiarezza
esiste sugli aspetti dell’organizzazione, sugli aspetti operativi e logistici e sulla gestione
che tale tipo di approccio comporta. Siamo ben consapevoli che oggi non ci sia un modello
predefinito che sia in assoluto il migliore e che forse non sia neanche il caso di cercarlo a
tutti i costi.
La correttezza di ciascun modello infatti deve essere in primo luogo il frutto della coerenza
con la cultura dell’organizzazione e dei professionisti che vi sono coinvolti. Stamane grazie
al contributo dei relatori esploreremo la questione da un punto di vista teorico, concettuale,
culturale attraverso contributi accademici ma anche approfondendo i modelli in uso nelle
singole regioni e a livello nazionale, in particolare guardando alle sperimentazioni in atto in
Emilia Romagna.
E’ di particolare rilievo che ci sia una rappresentanza congiunta fra direzioni sanitarie e
direzione dei servizi assistenziali, aprendo un’impostazione metodologica che verrà
rispettata anche per l’esperienza lombarda che sarà protagonista della seduta
pomeridiana. Infine sarà duplice la valenza dell’intervento della Dott.ssa Silvestro che oltre
a essere la Dirigente dei Servizi Assistenziali dell’AUSL di Bologna è anche Presidente
della Federazione dei Collegi infermieri che conta 360.000 iscritti nel nostro paese. Penso
che il suo contributo introdurrà quindi con grande autorevolezza i temi legati sia al
problema degli ordini ma anche alle esperienze di vite vissute che ha una valore più
ampio.
Mentre nella tavola rotonda del pomeriggio si confronteranno le cinque Aziende
Ospedaliere della Regione Lombardia che si trovano a vivere il passaggio in una nuova
struttura ospedaliera nel corso di quest’anno, struttura che già nell’architettura prefigura un
forte orientamento all’intensità di cura e alla complessità dell’assistenza. Il senso di
introdurre nuovi percorsi va certo in primis rispetto ai benefici che il paziente e i suoi
familiari trarranno dal nuovo impianto in termini di appropriatezza delle prestazioni di
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sicurezza della presa in carico, di vissuto della malattia ricomponendo attorno ai bisogni
dell’individuo assistito le varie parti del sistema.
Sullo sfondo del dibattito, non dobbiamo dimenticare che si delineano elementi strutturali al
sistema sanitario nazionale e regionale a loro volta declinati nelle singole organizzazioni
delle aziende. Ci riferiamo alla sostenibilità di tali modelli alla loro coerenza, ai sistemi di
rendicontazione con il sistema gestionale e con i sistemi di qualità. Non solo, dobbiamo
chiederci se questi modelli siano coerenti con le dimensioni sociologiche e culturali dei
professionisti dell’organizzazione e del contesto sociosanitario. Dobbiamo essere pronti a
gestire questo nuovo modello quindi dobbiamo poter disporre di un sistema informativo e
di tecnologie giuste e adeguate, di spazi e di risorse per poter nel tempo accogliere
innovazioni ed essere flessibili nei confronti dei bisogni sanitari che cambiano
continuamente a causa dell’invecchiamento della popolazione, che si traduce in un
aumento delle patologie croniche, della comorbilità e della richiesta di continuità
assistenziale. Infine dobbiamo essere in grado di valorizzare le competenze professionali,
consapevoli che in organizzazioni come le nostre sono le persone a fare la differenza e a
consentire di accogliere e sfruttare al meglio le innovazioni professionali strumentali e
tecnologiche e di politica sanitaria che il futuro ci riserverà. L’alta attenzione e la sensibilità
per l’argomento, dimostrata dall’adesione dei partecipanti interni ed esterni all’Azienda,
confermano l’importanza di affrontare collegialmente, ma con diversi punti di vista, la
questione intensità di cura e complessità dell’assistenza.
Con il giusto linguaggio per la specifica valenza di ciascun termine e la reciproca
interdipendenza degli stessi, il confronto e la conoscenza delle sperimentazioni in atto
costituiscono già di per se una risorsa soprattutto se continuativi nelle diverse fasi di
sviluppo e di consolidamento delle nostre azioni. Questo ci auguriamo sia l’esito di questa
giornata; molto lavoro, molta volontà e molto impegno sono riscontrabili in azienda
sull’argomento e queste sono le nostre forze unite alla elevata professionalità degli
operatori che vi operano. Come Direzione Generale ho accolto la proposta della Direzione
delle Professioni Sanitarie di fare questo convegno e abbiamo fortemente sostenuto
questa iniziativa che auspico possa essere veramente proficua per tutti noi.
Grazie e buon lavoro.
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Saluti delle autorità
Dott. Franco Tentorio Sindaco di Bergamo.
Buona giornata a tutti.
È per me un vero piacere portarVi i saluti dell’amministrazione
comunale, che vuol dire i saluti della città di Bergamo, augurarVi
che questa sia una giornata produttiva per il futuro Vostro e quindi il
futuro della città di Bergamo e sottolineare il fatto che
l’amministrazione comunale e quindi la città desiderano essere
vicini agli Ospedali Riuniti, partecipare ai vari momenti della loro
vita e della loro crescita.
Ospedale Riuniti e città sono due pezzi di un impero.
Tutto ciò che sarà possibile da parte dell’amministrazione comunale per favorire momenti
di crescita, di sviluppo, di consolidamento sarà da parte nostra un dovere e un piacere e
una parte del nostro compito.
Gli Ospedali Riuniti rappresentano una presenza di grandissimo rilievo sul territorio con
delle punte di eccellenza che gratificano l’intera comunità bergamasca.
Come è stato confermato nell’introduzione è la vigilia di un momento di grande importanza
perché nel 2010, è stato appena confermato, ci sarà il trasloco verso il Nuovo Ospedale
che rappresenta la più grande opera pubblica che mai sia stata realizzata dal dopoguerra
nella bergamasca.
E la cosa estremamente positiva da sottolineare è che i tempi vengano sostanzialmente
rispettati, i progetti vengano realizzati così come erano stati previsti e quindi questa grande
realizzazione viene conseguita nel pieno rispetto delle attese della comunità.
Prima opera pubblica per quanto riguarda l’onere generale dell’intervento e quindi un
grazie fortissimo a tutti gli enti pubblici e privati che hanno collaborato e che sono stati
essenziali dallo stato, alla regione, alla provincia, al comune; ciascuno con le sue capacità,
con i suoi compiti.
Poi si tratterà, e questo sarà ancora più impegnativo, di far sì che il nuovo ospedale
funzioni al meglio.
E’ un’attesa importante della comunità bergamasca di cui io mi faccio portavoce e l’augurio
è che davvero tutto prosegua nel migliore dei modi così come è stato nella non facile fase
di costruzione.
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.11/161
La città, l’amministrazione comunale sarà al fianco dell’ospedale, dei Suoi dirigenti in tutti i
momenti in cui ciò sarà richiesto e potrà essere utile.
Lo sentiamo come un dovere, lo sentiamo come una collaborazione di un grande obiettivo
valido per tutta la nostra gente.
Quindi rinnovo gli auguri di buon lavoro per la giornata di oggi, gli auguri più belli perché
tutto prosegua al meglio, in vista della nascita e dell’operatività del nuovo ospedale e
riconfermo l’impegno doveroso, fatto con la mente e col cuore, dell’amministrazione
comunale per fare tutto quanto rientra nelle sue possibilità per essere vicini all’ospedale.
Essere vicini all’ospedale vuol dire esser vicini alla nostra comunità e quindi svolgere al
meglio il nostro dovere. Buon lavoro di cuore.
Dott. Cottini Alessandro Assessorato Caccia Pesca Sport, Provincia di Bergamo.
Un saluto agli ospiti, ai relatori, al Direttore Generale ed è un piacere per me oltre che un
onore rappresentare il Presidente della Provincia che oggi è impegnato a Roma, ma che ci
teneva a che fosse rappresentata la Provincia di Bergamo.
Ringrazio il sindaco per ciò che ha detto; ha già detto molte parole che anch’io volevo dire,
ma volevo porre un accento importante su una frase che è stata riportata sul manifesto.
Non solo un nuovo ospedale ma un ospedale nuovo.
Questo credo che sia un impegno morale di grande responsabilità e non so se chi ha
scritto quella frase si sia reso conto di ciò che ha scritto.
Un ospedale nuovo significa una radicale trasformazione del modo di fare sanitario anche
dal punto di vista personale interiore.
Un ospedale nuovo significa anche essere un punto di riferimento importante per una
società nuova.
E quindi io di fronte ad un impegno così, mi tolgo il cappello, perché tutti dovremmo
prendere esempio da un impegno di questo genere.
Allora Vi ringrazio veramente di cuore per questo impegno che Voi vi assumente di fronte
non alla cittadinanza, alla provincia di Bergamo ma alla nazione intera perché il nostro
Nuovo Ospedale è un punto di riferimento a livello nazionale grazie alle eccellenze che ci
lavorano, dal Direttore Generale sino al Tecnico della manutenzione.
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.12/161
Grazie ancora per questa giornata, per ciò che ci lascerete, perché ogni giornata è unica e
irripetibile per le idee, i suggerimenti, i consigli che Voi darete alla città di Bergamo, alla
sua provincia e ai suoi cittadini.
Un augurio di cuore, perché questo impegno insieme a tutti i cittadini possa essere onorato
per il bene della comunità e la società che Voi e tutti noi insieme rappresentiamo.
Un grande in bocca al lupo a tutti Voi per il Nuovo Ospedale di Bergamo.
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Sessionedel
Mattino
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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.15/161
ModeratoriDott. Andrea Mentasti Direttore Generale OspedaleS. Anna di ComoDott.ssa Monica Casati Responsabile Ricerca,Formazione e Sviluppo Direzione ProfessioniSanitarie Ospedali Riuniti di Bergamo
Gli elementi culturali a sostegno di una organizzazione clinica ospedaliera per
intensità di cure e di complessità dell’assistenza infermieristica
Prof.ssa Stefania Di MauroProfessore Associato Scienze Infermieristiche - Università degli Studi di MilanoBicocca.
L’argomento affidatomi, all’interno di questo convegno, apre i lavori
della giornata e vuole evidenziare gli elementi culturali a sostegno di
un’organizzazione clinica ospedaliera per intensità di cure e per
complessità dell’assistenza infermieristica.
Delineo sinteticamente i punti principali che saranno proposti
nell’individuazione di tali elementi (slide 2).
Verrà proposta una breve digressione sul contesto sanitario per
leggere successivamente il tema attraverso quelle che possono
essere individuate come le aspettative dei tre soggetti che si
muovono all’interno del mondo sanitario.
Saranno presentati successivamente alcuni cenni di normativa per entrare poi nella
definizione del termine “intensità di cura”, oggi molto dibattuto; seguirà una chiarificazione
su intensità di cura e complessità assistenziale, binomio che deve essere considerato
insieme ma i cui termini non hanno il medesimo significato. Da ultimo verranno illustrati
alcuni dati derivanti da una ricerca multicentrica sulla complessità assistenziale (Moiset e
Vanzetta, 2009) proponendo alcune conclusioni che possono contribuire a rispondere ai
numerosi interrogativi su questo tema.
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.16/161
Parlando di intensità di cura e di complessità assistenziale ci poniamo all’interno del
contesto della Clinical Governance (slide 3).
La Clinical Governance è una struttura ideale che nasce all’interno del National Health
Service in Gran Bretagna e si diffonde velocemente nel contesto europeo. Vuole porre
l’attenzione su obiettivi di qualità dei servizi e su standard assistenziali elevati nella
risposta alla domanda sanitaria delle persone. All’interno di questo contesto, l’eccellenza
clinica è vista non come un fattore marginale, ma il cuore della struttura e delle attività
delle prestazioni sanitarie.
L’eccellenza clinica è evidentemente sinonimo di eccellenza professionale dato che diversi
sono i professionisti che agiscono all’interno dell’organizzazione sanitaria concorrendo a
raggiungere i risultati che essa si prefigge.
Ma quali sono le istanze che i tre principali soggetti dell’assistenza sanitaria – pazienti,
professionisti e l’organizzazione stessa - portano all’interno del contesto sanitario e che il
sistema della Clinical Governance, con le sue caratteristiche, si trova a fronteggiare? (slide
4)
I pazienti, ovvero le persone che si presentano alla nostra attenzione con una domanda di
cura e di assistenza, quali caratteristiche e istanze portano?
E’ una popolazione caratterizzata da un progressivo invecchiamento e da un innalzamento
delle malattie cronico-degenerative che porta con sé un aumento della domanda di servizi
per il loro trattamento; una popolazione sempre più partecipe alla definizione del percorso
di cura e consapevole dei diritti di cui è portatrice.
All’interno di questo quadro si delinea l’esigenza di un percorso unitario in cui ricevere una
risposta sanitaria appropriata e meno frammentata di quello che in numerose situazioni
può avvenire (slide 5).
L’istanza che i professionisti portano con sé è di un’integrazione fra ricerca dell’efficacia
che è tipicamente il punto di vista del professionista e la ricerca dell’efficienza, il punto di
vista del manager (slide 6).
Esse sono entrambe essenziali, ma sappiamo che questi due poli vivono nello stesso
tempo, una dialettica continua che tutti noi possiamo osservare quotidianamente.
Oggi il professionista esprime sempre più la necessità di sentirsi rappresentato e partecipe
delle scelte e delle decisioni aziendali.
L’organizzazione sanitaria è una realtà caratterizzata dai fattori prima citati e che tende
alla qualità dei servizi e alla salvaguardia di standard assistenziali, all’interno degli
elementi che abbiamo definito come caratterizzanti la Clinical Governance (slide 7).
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.17/161
All’interno di questa cornice, essa vive un’evoluzione scientifica e tecnologica rapidissima
che permette di sviluppare procedure di tipo diagnostico e terapeutico efficaci, sofisticate e
gestibili in diversi casi anche in ambito non ospedaliero (slide 8). L’ospedale non è più
dunque l’unico erogatore di prestazioni sanitarie e il tema dell’intensità di cura pone
l’attenzione sull’offerta di servizi di una rete territoriale di tipo socio-sanitario che in diverse
situazioni necessita ancora di consolidarsi.
A fronte di questa situazione complessa e diversificata, in ambito ospedaliero si osserva
una prevalente organizzazione per unità operative, dove la classificazione è
esclusivamente costruita per discipline mediche, con costi di integrazione spesso
significativi (slide 9).
Tali costi, non esclusivamente di tipo monetario, nascono da diverse criticità di tipo
gestionale come si è potuto osservare in alcuni casi nella sperimentazione
dell’organizzazione dipartimentale. All’interno dell’organizzazione, la comunicazione tra
unità e servizi emerge come difficoltà in cui a fronte di una richiesta appropriata e unitaria
del paziente, si determina una risposta sanitaria facilmente frammentata.
In questo quadro il forte richiamo alla scarsità o alla finitezza delle risorse focalizza anche
da un altro punto di vista la necessità di perseguire il raggiungimento e il mantenimento di
standard assistenziali di qualità elevata (slide 10).
Come le istituzioni attraverso la produzione normativa hanno recepito e interpretato tali
istanze?
Il Piano Sanitario Nazionale 2006/2008 in alcuni passaggi tratta di un innovativo sistema
sanitario dove non esiste più un solo attore istituzionale, bensì numerosi attori (slide 11).
La loro coesistenza secondo precise relazioni orizzontali e verticali, pone a tema un nuovo
modo di fare assistenza fondato sull’integrazione e sull’intersecarsi di diversi livelli
gestionali.
Il Piano Sanitario Nazionale vede un Servizio Sanitario Nazionale caratterizzato da
“percorsi assistenziali complessi a diverso grado di protezione e intensità di cura partendo
da una valutazione multiprofessionale e multidisciplinare del bisogno”, introducendo il tema
della necessaria collaborazione tra i professionisti (slide 12).
La Regione Toscana nel 2005 emana la Legge Regionale n.40 “Disciplina del Servizio
Sanitario Regionale” considerata uno dei riferimenti principali sul tema dell’intensità di cura
(slide 13). Essa disciplina il Servizio Sanitario Regionale strutturando le attività ospedaliere
secondo modalità assistenziali graduate per intensità di cure, indicando alcuni primi
elementi di definizione del termine come la durata della degenza e il regime di ricovero,
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.18/161
nell’intento di superare gradualmente l’articolazione per reparti differenziati secondo la
disciplina specialistica.
Il Piano Socio-Sanitario della Regione Lombardia 2007/2009, pone l’attenzione
sull’appropriatezza dei ricoveri e delle attività. Il termine intensità di cura si ritrova riferito
esplicitamente all’assistenza infermieristica (slide 14), dove afferma che “l’assistenza
infermieristica garantita dev’essere rapportata all’intensità delle cure e l’unità di misura di
questa assistenza è il minuto paziente al giorno”.
E’ importante notare tuttavia che la misurazione della complessità assistenziale
infermieristica viene ancora ricondotta a un concetto di diversificazione che si riferisce alle
diverse specialità mediche.
Per quanto riguarda il concetto di intensità di cura, Alesani (2006) indica tre elementi per la
sua misurazione, in base ai quali sarà possibile classificare e destinare i pazienti nelle
diverse aree a bassa, media ed alta intensità di cura (slide 15).
L’autore delinea tale concetto a partire dalla tipologia di ricovero, (chirurgico, medico,
pediatrico); dalla durata della degenza (breve, diurno, one day surgery, week surgery,
altre); dalla gradazione della complessità del caso.Quest’ultima potrebbe così delinearsi:
• ricovero sociale in una situazione di bassa intensità di cura quando una degenza si
protrae non solo per motivazioni di tipo prettamente clinico, ma per necessità di tipo
sociale;
• ricovero ordinario breve o lungo corrispondente ad una media intensità di cura;
• ricovero high care in una situazione di alta intensità di cura.
Nella bibliografia è possibile recuperare ed approfondire tale classificazione.
Nel 2007 Briani e Cortesi parlano di intensità di cura in termini di assegnazione al paziente
del posto letto collocato nel settore più appropriato rispetto ai suoi bisogni assistenziali,
non solo legati alla tipologia del ricovero, ma anche alla condizione clinica e di dipendenza
(slide 16). E’ interessante all’interno di tale definizione, notare il termine dipendenza, tipico
concetto appartenente alle conoscenze infermieristiche e molto utilizzato nella
classificazione dei pazienti sia in Italia che all’estero.
Si può definire la complessità dell’assistenza infermieristica come “un insieme di
prestazioni infermieristiche che si riferiscono alle diverse dimensioni dell’assistenza,
espresse in termini di intensità di impegno e di quantità di lavoro dell’infermiere (Moiset e
Vanzetta, 2003) (slide 17).
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.19/161
Tale definizione permette di focalizzare due dimensioni fondamentali, la prima è l’intensità
di impegno, cioè l’intensità che la condizione clinico-assistenziale del paziente richiede
nell’identificazione dei suoi bisogni e quindi nell’espressione delle azioni di assistenza
infermieristica; l’altra dimensione suggerisce la quantità di attività necessaria per la
risposta a tali bisogni.
La DGR Lombardia VI/38133/1998 “Definizione dei requisiti e indicatori per
l’accreditamento delle strutture sanitarie” (slide 14) affermando che “l’assistenza
infermieristica deve essere rapportata all’intensità delle cure” pone il problema di come
misurare tale intensità o più correttamente tale complessità.
La complessità assistenziale è stata studiata negli ultimi anni attraverso alcuni metodi
verificati in progetti di ricerca reperibili nella bibliografia della relazione. Uno dei quesiti
fondamentali all’interno di questi studi riguarda l’effettiva rappresentatività della diagnosi
medica, che ha portato finora a raggruppare i pazienti per specialità, quale indicatore
efficace della complessità dell’assistenza infermieristica.
Vengono presentati di seguito i risultati di una ricerca multicentrica sviluppata nel 2008
utilizzando il Sistema Informativo della Perfomance Infermieristica (SIPI) (Moiset e
Vanzetta, 2009) (slide 18).
La ricerca multicentrica è stata condotta dal D.I.T.R.A. dell’Azienda Ospedaliera S.
Gerardo di Monza in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano Bicocca, Corso di
Laurea in Infermieristica e Corso di Laurea Specialistica in Scienze Infermieristiche e
Ostetriche e Istituto di Biostatistica (slide 19).
L’obiettivo era quello di analizzare la complessità assistenziale nelle aree medico
chirurgiche di un ampio campioni di ospedali, con il coinvolgimento di 25 aziende
ospedaliere del nord Italia.
Le aree medico-chirurgiche sono state individuate in quanto appartenenti alla
classificazione proposta dalla DGR VI/38133/1998 in cui i minuti di assistenza
infermieristica/paziente sono distinti per: a) specialità di base, b) specialità a media
assistenza, c) specialità ad elevata assistenza (slide 20).
Secondo la DGR i minuti/paziente/die sono così assegnati:
specialità di base, 120 minuti di assistenza infermieristica
specialità di media assistenza, 180 minuti di assistenza infermieristica
specialità ad elevata assistenza, 240 minuti di assistenza infermieristica.
Occorre ripetere, ed è anche l’aspetto critico del sistema che in questo documento la
necessità di assistenza infermieristica viene letta secondo la classificazione per specialità
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.20/161
mediche. La validità di tale classificazione deve essere necessariamente sottoposta a
verifica.
Nelle 25 Aziende Ospedaliere sono state effettuate 18.000 rilevazioni corrispondenti a un
campione discretamente consistente.
E’ possibile osservare la ripartizione del campione per aree di base, media ed elevata
assistenza.
La maggioranza dei dati sono stati raccolti in aree classificate a bassa intensità di cura
(63%), dove si ha la minor assegnazione di minuti assistenza infermieristica/paziente/die,
le aree a media intensità di cura sono rappresentate per il 21%, le aree ad alta intensità di
cura sono il 16% del campione (slide 21).
Nella slide 22 sono riportati i risultati dell’elaborazione statistica che definisce il cut off
come limite che separa la bassa complessità assistenziale dall’alta complessità
assistenziale con la definizione dei valori di specificità, sensibilità, valore predittivo positivo
e negativo. Nell’area a sinistra del valore di 49,2 (cut off) troviamo le schede classificate a
bassa complessità assistenziale, nell’area a destra dello stesso valore, troviamo le schede
classificate ad alta complessità assistenziale.
Per quanto riguarda i risultati, nella slide 23 è rappresentata la distribuzione della
complessità dell’assistenza infermieristica. Le colonne blu rappresentano le schede
classificate a bassa complessità assistenziale, le colonne rosa rappresentano le schede
classificate ad alta complessità assistenziale
E’ possibile notare che la complessità assistenziale non si muove parallelamente
all’intensità di cura. Ad esempio, nell’area classificata come specialità di base troviamo il
49% delle schede a bassa complessità assistenziale e il 51% delle stesse ad alta
complessità assistenziale, ma è possibile notare che all’estremo opposto la situazione, per
quanto riguarda la complessità dell’assistenza infermieristica è molto simile. Nell’area
classificata ad elevata assistenza dalla DGR VI/38133/1998 si osserva una percentuale
del 52% - lievemente maggiore rispetto all’area delle specialità di base - di schede
classificate a bassa complessità assistenziale.
La distribuzione della complessità assistenziale distinta fra aree mediche e chirurgiche è
visibile nella slide 24. Nelle aree che la DGR classifica come media ed elevata assistenza
si rileva una percentuale superiore di schede classificate a bassa complessità di
assistenza infermieristica.
Alla luce di questi dati, è possibile individuare dei criteri utili per un’organizzazione di
queste aree che tenga conto della complessità dell’assistenza infermieristica?
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.21/161
Di seguito le principali conclusioni.
E’ possibile affermare che a medesime specialità cliniche corrispondono differentiprofili di complessità infermieristica (slide 25).
Non esiste quindi una relazione diretta tra la specialità medico - chirurgica e il profilodi complessità dell’assistenza infermieristica.
La distribuzione dei profili di complessità è equamente distribuita nelle tre aree ed
esiste un andamento autonomo di quella che è l’espressione dei bisogni di assistenzainfermieristica e della sua complessità rispetto all’intensità clinica nelle tre aree.
I dati emersi da questo lavoro sostanziano ed indicano la direzione da seguire, affiancando
i due criteri di intensità di cura e di complessità dell’assistenza infermieristica come i due
elementi principali nella progettazione e organizzazione di percorsi clinico-assistenziali in
risposta alla domanda di salute della popolazione, evidenziando anche la necessità di
ridiscutere l’assegnazione di personale basata sull’unità di misura minuti/paziente/die sulla
base di una sostanziale equivalenza della complessità dell’assistenza infermieristica con
l’intensità data dalla patologia e dalla specialità clinica.
E’ necessaria dunque una struttura organizzativa basata sull’intensità di cura e sullacomplessità clinico-assistenziale (slide 26) per dirigersi verso l’appropriatezza e
congruità di prestazioni che abbiamo visto essere l’obiettivo principale del sistema.
I tre protagonisti principali dell’organizzazione sanitaria, pazienti, professionisti e
l’organizzazione stessa, da queste caratteristiche potrebbero trovare elementi validi per
una risposta alle loro istanze. (slide 27).
Bibliografia
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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.23/161
(Slide 1) (Slide 2)
(slide 3) (slide 4)
(slide 5) (slide 6)
CONVEGNO“IL MODELLO ASSISTENZIALE per INTENSITA’ di CURA nel
NUOVO OSPEDALE: ASPETTI TEORICI e APPLICATIVI”
B E R G A MO , 4 F ebbraio 201 0B E R G A MO , 4 F ebbraio 201 0
Gli elementi culturali a sostegno di una organizzazione clinicaGli elementi culturali a sostegno di una organizzazione clinicaospedaliera per intensitospedaliera per intensitàà di cure e di complessit di cure e di complessitàà dell dell’’assistenzaassistenza
infermieristicainfermieristica
S tefania Di MauroS tefania Di Mauro
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.24/161
(slide 7) (slide 8)
(slide 9) (slide 10)
(slide 11) (slide 12)
Attenzione alla scars ità efinitezza delle risorse conaccento su efficienza edefficacia
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.25/161
(slide 13) (slide 14)
(slide 15) (slide 16)
(slide 17) (Slide 18)
‐ P atologia/tipologia di ricovero‐ P atologia/tipologia di ricovero‐ G radazione della compless it‐ G radazione della compless itàà del caso: del caso:
bassa (ricovero sociale)bassa (ricovero sociale)media (ricovero breve e lungo ordinario)media (ricovero breve e lungo ordinario)alta (high care)alta (high care)
‐‐ Durata della degenzaDurata della degenzaAlesani et al., 2 006Alesani et al., 2 006
““LL ’’a s s e gna re a l ma la to il pos to le tto colloca to ne la s s e gna re a l ma la to il pos to le tto c olloca to ne ls e ttore pis e ttore piùù a ppropria to ris pe tto a i s uoi bis ogni a ppropria to ris pe tto a i s uoi bis ognia s s is te nz ia li, le ga ti non s olo a lla tipologia dia s s is te nz ia li, le ga ti non s olo a lla tipologia diric ove ro, ma a nc he a lla s ua c ondiz ione c linica eric ove ro, ma a nc he a lla s ua c ondiz ione c linica edi dipe nde nz adi dipe nde nz a ””
B riani e C ortes i, 2 007B riani e C ortes i, 2 007
LL ’’as s egnare al malato ilas s egnare al malato ilpos to letto collocato nelpos to letto collocato nels ettore pis ettore piùù appropriato appropriatoris petto a i s uoi bis ogniris petto a i s uoi bis ognias s is tenziali, legati nonass istenzia li, legati nons olo alla tipologia dis olo a lla tipologia diricovero, ma anche allaricovero, ma anche allas ua condizione clinica es ua condizione clinica edi dipendenzadi dipendenza
UnUn’’ins ieme di pres tazioniins ieme di pres tazioniinfermieris tiche che s iinfermieris tiche che s iriferis cono alle divers eriferis cono a lle divers edimens ionidimens ionidelldell’’as s is tenzaass istenzainfermieristica es presseinfermieris tica es pres s ein termini di intens itin termini di intens itààdd’’impegno e quantitimpegno e quantitààlavoro delllavoro dell’’infermiereinfermiere
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.26/161
(slide 19) (slide 20)
(slide 21) (slide 22)
(slide 23) (slide 24)
O B IE T T IV O . Analizzare la compless itO B IE T T IV O . Analizzare la compless itàà ass is tenzia le ass istenzia le nelle aree medico‐chirurgiche di un ampio campione nelle aree medico‐chirurgiche di un ampio campione di ospedali (2 5 Aziende O s pedaliere )di ospedali (2 5 Aziende O spedaliere )‐ C entro ‐ C entro coordinatore (D IT R A coordinatore (D IT R A AO S . G erardo Monza)AO S . G erardo Monza)‐ Analis i ‐ Analis i dei dati dei dati in collaborazione con il C entro in collaborazione con il C entro di S tudidi S tudie e di di R icerca in B ios tatistica R icerca in B iostatis tica per lper l’’E pidemiologia E pidemiologia C linicaC linica Univers it Univers itàà degli S tudi di Milano B icocca degli S tudi di Milano B icocca
Ricerca multicentrica Ricerca multicentrica Sistema Informativo Sistema Informativo
Performance Infermieristica SIPIPerformance Infermieristica SIPI20082008
Le S trutture di degenza per la rilevazione Le S trutture di degenza per la rilevazione distinte distinte in:in:
•• S pecia lit S pecia litàà di bas e di base
•• S pecia lit S pecia litàà a media ass istenza a media as s is tenza
•• S pecia lit S pecia litàà ad elevata as s is tenza ad elevata as s is tenza
2 5 Aziende O spedaliere2 5 Aziende O spedaliere
1 8.000 rilevazioni1 8.000 rilevazioni
Ripartizione schede: Aree di intensità di cura
16%
63%21%
Bassa intensità di cura Media intensità di curaAlta intensità di cura
n° 11150n° 3785
n° 2870
49.2
Distribuzione percentuale della complessità assistenziale nelle 3 aree di intensità di cura
49 57 52
51 43 48
0%
50%
100%
Bassa intensità di cura
Media intensità di cura
Alta intensità di cura
% Alta complessità assistenziale
% Bassa complessità assistenziale
n°5492
n°5458
n°1609
n°2176
n°1375
n°1495
D istribuzione comples s itD is tribuzione compless itàà ‐ intens it ‐ intens itàà
45 56 55
64 61 45
55 44 45
36 39 55
0%
50%
100%
MED CH MED CH MED CH
Bassa intensità di cura
Media intensità di cura
Alta intensità di cura
Complessitàassistenziale ALTA
ComplessitàassistenzialeBASSA
D is tribuzione tra aree chirurgica e medicaD istribuzione tra aree chirurgica e medica
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.27/161
(slide 25) (slide 26)
(slide 27) (slide 28)
Le Le principali cons iderazioni conclus iveprincipali cons iderazioni conclus ive
O rganizzazione ospedaliera per intens itO rganizzazione ospedaliera per intens itàà di cura di cura
P AZ IE NT I P R O F E S S IO NIS T I
O R G ANIZ Z AZ IO NE
R IS P O S T AS ANIT AR IA
E F F IC AC E E DAP P R O P R IAT A
R IC O NO S C IME NT O D E LLO
S P E C IF IC OAP P O R T O
P R O F E S S IO NALE
S T AND AR DC LINIC O ‐
AS S IS T E NZ IALIdi E LE V AT A
Q UALIT A’
G R A Z IE P E R L ’AT T E N Z IO N E !
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.28/161
Intensità di cure versus complessità dell’assistenza?
Prof. Federico LegaProfessore Associato di Economia Aziendale, Università Bocconi di Milano
Il titolo è provocatorio, però cercherò poi di smorzare i toni dato che
in realtà non c’è una vera opposizione tra questi due temi(slide 1).
Il ragionamento che farò si inserisce in un quadro più complessivo,
che nella letteratura internazionale viene associato al cosiddetto
ospedale Care-focused (slide 2).
Quattro sono le grosse linee su cui sostanzialmente si sviluppa il
dibattito attorno all’ospedale Care-focused: si va dai problemi di
integrazione clinica, ai problemi di integrazioni nelle risorse, al tema
della centralità dei pazienti, al tema del coinvolgimento dei clinici.
Quattro assi di intervento su cui tutti gli ospedali in qualsiasi paese moderno sono
coinvolti.
Vediamo nel dettaglio quali sono i temi collegati a ciascun asse di intervento (slide 3).
Al centro ci sono le questioni di come integrare i clinici tra loro e di come mettere
attenzione sui bisogni del paziente.
C’è il problema che evidentemente si sta creando con le specializzazioni delle crescenti
“guerre di territorio” o sovrapposizioni di attività tra l’area diagnostica, la medica, la
diagnostica interventistica, la chirurgia tradizionale.
C’è il tema della dipartimentalizzazione, che in Italia si è cercato di affrontare da lungo
tempo ma che ancora è nell’agenda.
C’è il tema dell’integrazione attorno al bisogno del paziente che richiama invece molto il
problema dell’organizzazione per intensità e per complessità assistenziale.
C’è il richiamo all’importanza del coinvolgimento dei clinici.
Temi che sono nell’agenda in tutti i paesi sviluppati - Francia, Inghilterra, Germania,
Spagna, USA.
In sintesi quello che sta avvenendo è che noi stiamo cercando di superare il modello
dell’ospedale che era progettato ed organizzato attorno al “sapere”, basato sulla crescita
per unità specialistiche, per frammentazione dei saperi. Un ospedale in cui se c’è un
bisogno di presidiare un sapere prendo qualcuno a cui chiedo di costruire questo sapere –
qualcuno a cui dico “prenditi il tuo gruppo di persone e diventa uno specialista in
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.29/161
quest’area e poi ti do i tuoi muri, i tuoi posti letto, le tue tecnologie, i tuoi spazi per fare in
modo che questo sapere in qualche maniera venga coltivato e cresca” (slide 4).
Quando la dimensione economica è diventata mordente, ed i problemi di integrazione tra
saperi sempre più evidenti, il bisogno di organizzare l’ospedale attorno al sapere
specialistico perde di centralità – rimane importante ma più predominante - e si è avviata
una transizione verso un ospedale maggiormente organizzato attorno al paziente, anche
in relazione allo sviluppo epidemiologico e demografico della popolazione ospedaliera,
profondamente cambiata negli ultimi 15-20 anni. Le specializzazioni devono appoggiarsi
su un disegno organizzativo diverso che rispecchi i bisogni di funzionamento dell’ospedale
che sono determinati di fatto dalla sua popolazione di pazienti. L’obiettivo è quello di
ripensare in maniera diversa l’organizzazione dei reparti di assistenza in modo tale da
dare delle risposte più efficaci e mirate per tipologia di paziente. Da qui l’ospedale per
intensità di cura.
Per intensità di cura intendiamo instabilità clinica accompagnata da complessità
assistenziale. A qualsiasi livello di intensità di cura ci sono complessità assistenziali
diverse. Sono due elementi distinti che stiamo cercando, con le soluzioni organizzative, di
integrare perché sono sempre co - presenti nel paziente (slide 5).
Il fine è trovare delle soluzioni organizzative capaci di rispondere ad una intensità
diversificata data, da un lato, dal fatto che abbiamo dei pazienti che vista l’anzianità e la
capacità di tenerli in qualche maniera sotto controllo a gradi di instabilità clinica molto
elevati stanno diventando molto più complessi nel profilo clinico, dall’altro lato, dal fatto
che gli stessi pazienti contemporaneamente - vista l’anzianità e nuovamente vista la
tipologia di problematiche - sono anche molto più complessi sotto il profilo assistenziale.
A volte instabilità e complessità assistenziale coincidono perfettamente, in molti casi non
coincidono. Serve quindi una riprogettazione dell’organizzazione ospedaliera, che si deve
appoggiare su dei principi fondanti nuovi. Come il fatto che a muoversi siano medici e
tecnologie piuttosto che i pazienti.
Oppure considerando che a nessuno piace stare in ospedale o almeno si presume che a
nessuno piaccia stare in ospedale, che ogni paziente ha tutto l’interesse ad essere trattato
il più velocemente possibile perché il tempo del paziente non è tempo né libero né gratis.
Quindi cominciamo oggi seriamente a ragionare nel concreto su come si può migliorare
un modello di organizzazione che ha funzionato per decenni – e sottolineo funzionato
perfettamente perché la mia non è una critica all’ospedale degli ultimi 80 anni, ma solo un
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.30/161
ragionamento per cui l’ospedale degli ultimi 80 anni ha esaurito dal punto di vista
organizzativo la capacità di rispondere ai bisogni per cui era stato concepito.
Nel farlo possiamo ispirarci ad alcuni ospedali importanti, come il New Karolinska Hospital
di Stoccolma, l’Erasmus Medical Center di Rotterdam, diversi ospedali anglosassoni che
hanno da tempo intrapreso un percorso simile.
Non c’è un modello unificante – non c’è una soluzione unica cui tendere, però c’è un
ragionamento che si sta portando avanti e che alcuni casi italiani hanno cercato di
sperimentare già da tempo (slide 6 – 7 – 8 - 9).
L’ospedale viene visto oggi da due prospettive, quella della gestione della malattia e quello
della gestione dell’asset o delle funzioni della logistica dell’ospedale. Fino ad oggi queste
due gestioni e responsabilità stavano spesso assieme sotto la responsabilità dell’unità
operativa.
Nell’ospedale per intensità ci sono aree logistiche comuni su cui insistono le diverse
componenti cliniche assistenziali. Alcune di queste aree logistiche soprattutto le aree di
degenza sono ripensate in funzione della complessità assistenziale o dell’intensità di cura
intesa come mix di queste due cose o prevalentemente come instabilità clinica.
Come si vede dal lucido che presento, la spinta arriva da molte strade, ma in particolare
dall’evoluzione del paziente e delle tecniche/tecnologie.
L’anzianità si porta dietro un paziente che viene definito oggi fragile, multi cronico,
frequent user. Una tipologia di pazienti con diversi accessi acuti nel corso dell’anno, che
hanno problemi di gestione della medicalizzazione perché hanno contemporaneamente
più cronicità, che è di fatto molto complessa sotto il profilo assistenziale e non
necessariamente instabile dal un punto di vista clinico, ma a volte invece anche molto
instabile dal punto di vista clinico (slide 10).
Pazienti che pongono una serie di problemi soprattutto di integrazione tra ospedale e
territorio, di gestione delle dimissioni.
Pazienti che talvolta occupano inappropriatamente posti di terapia intensiva e che invece
necessitano di essere sorvegliati, monitorati e trattati in un reparto che definiremo di high
care o di high dependency.
Pazienti post chirurgici che hanno bisogno di una sorveglianza prevalentemente tipo
medica – quale il paziente orto geriatrico o peri chirurgico (slide 11).
E quindi quali sono i “contenitori” verso cui si stanno orientando nella maggior parte dei
casi gli ospedali o quelli che sono i mattoncini organizzativi a cui guardiamo con
interesse? (slide 15)
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.31/161
Partendo da sinistra - qui niente di nuovo - c’è la piattaforma ambulatoriale. Poi c’è il day
service, che potrebbe essere organizzato attorno alla piattaforma ambulatoriale o
comunque dentro un’area specifica dell’ospedale. Segue la day surgery, il day hospital. E
sin qui niente di nuovo, nel senso che stiamo parlando di progetti già avviati in molti
ospedali italiani, anche se di day service non è che ce ne sono moltissimi organizzati in
Italia.
Le novità cominciano a emergere quando si parla di week hospital e week surgery.
La week surgery è già abbastanza diffusa. Ricovero da uno a cinque giorni che comporta
già delle modifiche organizzative importanti perché devo riallocare le sale operatorie per
prevedere le degenze di due o tre giorni, e quindi fare programmazione in modo tale da
ottimizzare ed evitare poi i trasferimenti nei fine settimana.
Un po’ meno diffusa la week hospital.
Io personalmente conosco il caso reale in Italia di week hospital dell’ospedale di
Pontedera dove si ricoverano pazienti da uno a cinque giorni programmati in area medica
per accertamenti diagnostici di una certa complessità.
Il driver del week hospital è fondamentalmente quello di chiudere una parte dell’ospedale il
sabato e la domenica perché questo, ovviamente, ottimizza l’utilizzo delle risorse, però c’è
l’effetto positivo di costringere in qualche maniera l’ospedale a ripensare il proprio modo di
programmarsi, di lavorare.
Poi c’è il ricovero ordinario - ecco il ricovero ordinario l’ho evidenziato con un nero un
pochino più forte perché è dentro l’area del ricovero ordinario dove dovremmo ragionare
su reparti multi specialistici magari organizzati su base dipartimentale ed è dentro questa
area che soprattutto bisogna ragionare su come eventualmente differenziare aree di
degenza in funzione della complessità assistenziale.
Ad esempio come fecero al Mount Sinai di NY distinguendo i pazienti con grossi problemi
di autosufficienza da quelli con grossi problemi di disordine cognitivo a quelli cosiddetti off
the floor, cioè che avevano bisogno d’entrare ed uscire rapidamente in reparto tutti i giorni
per esami diagnostici. Le équipe assistenziali che gestivano questi tre tipi di pazienti erano
conseguentemente definite in termini di risorse e preparate dal punto di vista professionale
a gestire pazienti con delle problematiche mediamente diverse dagli altri.
Altra novità importante è quella dell’high care – aree multi specialistiche a sorveglianza
infermieristica più forte, con posti letto monitorati dove metto il paziente tendenzialmente
post chirurgico o medico ad alta instabilità, che però non richiede una rianimazione o
terapia intensiva.
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.32/161
Pazienti che però richiedono un’attenzione particolare perché sono a rischio di
aggravamento rapido.
Perché creare l’high care? Perché ovviamente risponde ad un bisogno del paziente ma
soprattutto ad un bisogno di organizzare le risorse tra ricovero ordinario ed area high care
dove l’apporto delle risorse da un punto di vista numerico è diverso.
Poi ci sono le terapie sub intensive – intensive.
Infine, negli ospedali stanno emergendo poi due ulteriori aree che sono quella del
cosiddetto “paziente fragile” –un’area medica dedicata ai pazienti che hanno bisogno
soprattutto di una forte integrazione con il territorio in fase di dimissione e magari hanno
problemi di medicine management perché sono multi cronici – e del “post acuzia”, dove
trasferire rapidamente pazienti che hanno esaurito la fase più acuta e che vanno verso
una dimissione non troppo complessa.
Questi sono i mattoncini che più comunemente si osservano oggi nelle esperienze di
riorganizzazione degli ospedali.
E’ chiaro che in tutto questo non spariscono le specialità.
Le specialità continuano ad esserci, operano trasversalmente, ma hanno risorse
specifiche allocate. Alcuni reparti del ricovero ordinario continuano ad essere etichettati
molto spesso per ambito specialistico. Può essere per singole specialità, oppure potrebbe
essere il reparto – ad esempio quello delle neuroscienze - che integra tra loro su base
dipartimentale diverse specialità.
In ogni caso l’assegnazione dei posti letto non viene meno. L’obiettivo non è certo
smontare l’ospedale e dimenticarsi che abbiamo bisogno di reparti dedicati ad aree
specialistiche. L’obiettivo è introdurre della flessibilità con alcune aree di posto letto
cosiddetto “polmone” e con alcuni reparti ripensati in relazione ad instabilità e complessità
assistenziale del paziente.
L’ospedale si da delle regole certe in base alle quali il posto letto è pre-allocato ad una
specialità, ma ci sono anche delle regole e procedure che aiutano a gestire le situazioni
contingenti di carico di lavoro straordinario in alcune aree per questioni di picco di
domanda o per scelta strategica, onde evitare, come avviene ancora adesso, le barelle in
corridoio o le ronde della Direzione Medica di Presidio Ospedaliero che va a requisire posti
letto in reparto o gli appoggi temporanei che, se sono gestiti sulla conoscenza e
sull’amicizia personale funzionano bene, altrimenti non altrettanto bene(slide 16).
Ci sono ovviamente una serie di discontinuità importanti che devono essere affrontate in
questo passaggio verso un ospedale diverso(slide 17).
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.33/161
Vado a concludere (slide 18-19).
Nella logica della “costruzione” del nuovo ospedale dev’essere chiaro che la base della
legittimazione non sarà più la grandezza che uno ha del reparto ma la sua competenza
distintiva e la tecnologia che sa usare.
Chi ha i “numeri”, le tecnologie e le competenze per dimostrare che sa lavorare avrà
sempre le risorse. Quello che chiede l’ospedale sotto questa prospettiva è quel minino di
flessibilità che mi aiuta a gestire le situazioni straordinarie, i picchi durante l’anno, il
cambiamento nella domanda della popolazione, alcune variazioni determinate da scelte
strategiche di rimodulazione delle attività.
Tutti aggiustamenti che non vanno di fatto ad incidere oltre una certa misura sulla normale
attività delle specialità.
Non c’è contrapposizione quindi tra complessità assistenziale e intensità di cura, piuttosto
c’è il bisogno di costruire della aree organizzativamente pensate in funzione dell’intensità
di cura intesa come l’instabilità clinica - e penso all’high care - o prevalentemente pensate
in funzione della complessità assistenziale - e penso per esempio al paziente fragile
piuttosto che ad alcune aree all’interno del ricovero ordinario. Le due dimensioni vanno
insieme e sono entrambi elementi che vanno a fondare l’organizzazione dell’ospedale
(slide 20).
La riflessione dovrebbe centrarsi su come far co-evolvere quindi l’organizzazione
dell’ospedale rispetto ai cambiamenti che abbiamo visto e che tuttora sono in corso nella
epidemiologia/demografia del paziente ospedaliero e nelle tecniche di intervento che mi
permettono oggi di fare ulteriori e diverse scelte dal punto di vista organizzativo.
E siccome l’ospedale è sicuramente il più dei suoi professionisti ma non sarà mai meglio
dei suoi professionisti, il fatto che oggi siamo qua a discutere, come mi è capitato in altri
contesti, è certamente il buon punto di partenza. Il punto giusto di partenza perché
qualsiasi soluzione poi dev’essere in qualche maniera costruita con chi tutti i giorni ha a
che fare effettivamente con i problemi concreti del paziente e quindi sa quali sono i modi e
le procedure, i processi che possono reggere l’urto della realtà rispetto ai principi teorici.
Bibliografia
Sir Ara Darzi, Saws and Scalpels to Lasers and Robots – Report of Department of Health
Advances in Surgery (2007).
Turf wars in radiology: The battle for peripheral vascular interventions. Journal of the
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ASSR – Linee guida per la progettazione dei nuovi ospedali
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.36/161
(Slide 1) (slide 2)
(slide 3) (slide 4)
(slide 5) (slide 6)
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Intensità di cureversus complessitàdell’assistenza?Bergamo – 4 Febbraio 2010
Federico LegaUniversità Bocconi
[email protected] - www.sdabocconi.itwww.ipas.unibocconi.it - www.unibocconi.it
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L’ospedale Care-focused o Patient-focusedLa convergenza nella letteratura internazionale
Nella letteratura internazionale emerge unaconvergenza diffusa verso il paradigma della ospedalecosidetto care-focused o patient-focused, caratterizzatoda quattro linee di intervento/cambiamentoorganizzativo:
clinical integration (integrazione clinica); resources integration (integrazione nelle risorse); focus on patient (groups) (centralità del paziente); engagement of clinicians (coinvolgimento dei clinici).
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L’ospedale Care-focused o Patient-focusedLa convergenza nella letteratura internazionale
CLINICAL INTEGRATIONUnits grouping (dipartimenti)Multidisciplinary care teams (lavoro per team)
RESOURCE INTEGRATIONResources pooling (condivisione risorse)Redesign of the physical environment (nuovi schemi logistici)
PATIENT FOCUSDesign centred around care needs (logistica con al centro ilpaziente)Patients grouping (raggruppamento di pazienti con bisogniomogenei)
ENGAGEMENT OF PROFESSIONALSRedesign of organizational mechanisms (ridisegno dimeccanismi organizzativi – i.e. liste di attesa, dimissione ecc.)New managerial roles and changes in traditional ones (nuoviruoli) 4 Fe
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L’ospedaledi ieri
Organizzatointorno alsapere
Cercaval’innovazione ele economie diconoscenza
Adottando la strutturaorganizzativa basatasull’unità operativadisciplinare
L’ospedaledel futuro
Organizzatointorno albisogno
Cerca leeconomie discala e discopo
Adottando una strutturaorganizzativa basata sull’incrocio traresponsabili di unità “funzionali”graduate per intensità e per naturaassistenziale e responsabili di areedisciplinari integrate in equipemultidisciplinari e multiprofessionali
- Utilizzo improprio della struttura organizzativa;- Rilevanza della variabile economica;- Progresso della medicina moderna;- Aspettative del paziente
- Differenziazione ed autonomia neipercorsi di carriera dei medici edelle altre professioni
In sintesi…
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“A nessuno piace stare in ospedale” “A nessuno piace stare in ospedale” “Ogni paziente ha tutto l’interesse ad essere trattato il più velocemente possibile” “Ogni paziente ha tutto l’interesse ad essere trattato il più velocemente possibile” “Il tempo del paziente non è tempo libero/gratis” “Il tempo del paziente non è tempo libero/gratis” “Occorre costruire il servizio reso in funzione dei bisogni di assistenza del paziente” “Occorre costruire il servizio reso in funzione dei bisogni di assistenza del paziente”
(The Mount Sinai (The Mount Sinai MedicalMedical Center Center ofof NY 1995) NY 1995)
Il futuro dell’ospedalePrincipi chiave: Care-focused o Patient-focused
Progettare per migliorare il flusso del pazienteSi muove lo staff e non il pazienteSi muovono le tecnologie e non il pazienteCollocare le tecnologie vicino alle zone di maggiore utilizzoOttimizzare i tempi di attesa e superare il modello Batch&Queue dellaproduzione a “lotti” in sequenza
• Definizione di intensità di cura: livello di cura richiesto dal casoconseguente ad una valutazione di instabilità clinica (associata a alterazionidei parametri vitali) e di complessità assistenziale (medica edinfermieristica)
• Ospedale patient-focused: riorganizzato per aree di degenza, spessomultispecialistiche, graduate rispetto all’intensità di cura
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L’ospedale Care-focused o Patient-focusedLa convergenza nella letteratura internazionale
NEW KAROLINSKA SOLNA UNIVERSITYHOSPITAL (Stoccolma, Svezia)*ERASMUS MEDICAL CENTRE (Rotterdam,Olanda)*GLI OSPEDALI ANGLOSASSONI (UK, USA,AUSTRALIA) – JOHNS HOPKINS (Baltimore,USA), OXFORD RADCLIFFE (Oxford UK),MOUNT SINAI NY (New York – USA)DIVERSI CASI ITALIANI
*I due casi sono tratti da una ricerca SDA Bocconi condotta per la Fondazione CERBA. In particolare tra gli autori dei casi si ricordano S. Villa, G. Bensa e A. Prenestini.
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.37/161
(slide 7) (slide 8)
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(slide 11) (slide 12)
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NEW KAROLINSKA SOLNA UNIVERSITYHOSPITAL (Stoccolma, Svezia)
La struttura internadell’ospedale è sviluppatasu un modelloorganizzativo a matrice ditre dimensioni in cui learee produttive (aree didegenza, sale operatorie,ambulatori, day hospital,etc.) sono sviluppateorizzontalmente mentre lespecialità mediche, oprogrammi (neurologia,cardiologia, etc.) sonoorganizzate verticalmente.Ogni specialità medicautilizzerà le aree produttivein relazione alle esigenzespecifiche del momentoche, date le continueevoluzioni della scienzamedica, potranno variarenel tempo.
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ERASMUS MEDICAL CENTRE (Rotterdam,Olanda)
Aree Produttive
Tem
i Clin
ici
Ambulatori
Sale Operatorie
Terapia Intensiva
Aree di degenzaDH / DS
Il nuovo modello organizzativo delle cure si poggia sul principio della separazione delcontrollo delle risorse strutturali dal controllo del processo clinico in modo tale da poterrifocalizzare le professionalità del medico sull’efficacia della cura e sul rapporto con ilpaziente. I Dipartimenti clinici sono stati così riorganizzati in temi clinico - assistenziali conl’idea di ricomprendere tutte le fasi del percorso di cura ri-spetto a categorie omogenee dipazienti.Tema 1: neurologia,neurochirurgia, psichiatria,Tema 2: ematologia, oncologia,radioterapiaTema 3: chirurgia generale,dermatologia, medicina interna,nefrologia, gastroenterologia,reumatologia, epatologia,reumatologiaTema 4: anestesiologia, chirurgiamassillo facciale, ortopedia,chirurgia plastica, terapiaoccupazionaleTema 5: cardiologia, pneumologia,chirurgia cardiotoracicaTema 6: pediatria, pediatriachirurgica, pediatria psichiatrica,odontoiatria, ginecologia edostetricia, urolo-gia
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ERASMUS MEDICAL CENTRE (Rotterdam,Olanda)
Nello spirito del nuovo modello logistico organizzativo i teminon rappresentano strutture ospedaliere a se stanti. L’obiettivoè di realizzare un’organizzazione modulare e flessibile capace,se necessario, di riallocare risorse e spazi a secondadell’evoluzione della domanda. La gestione e programmazionedelle aree produttive (posti letto, sale operatorie, piastraambulatoriale) è tolta alla responsabilità dei singoli temi egestita in modo accentrato
Aree Produttive
Tem
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Ambulatori
Sale Operatorie
Terapia Intensiva
Aree di degenzaDH / DS
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Perchè?
Cambiamento/evoluzione del bisogno di curePaziente “fragile” (multicronicità, frequent-user, a fortenecessità di integrazione H-T)Paziente complesso in fase acuta, ma non da terapiaintensiva (“letto rosso”)Paziente post-chirurgico con necessità di tutor medico(“ortogeriatria”)Pazienti anziani con probabile dipendenza (nonautosufficienza), quadro clinico compromesso, bassaconsapevolezza, difficile contesto sociale
Possibilità tecnicheTecniche chirurgiche e gestione post-operatoria convelocizzazione dei recuperi (Day-surgery freestanding,week surgery)Chirurgia mininvasiva/robotizzata
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Perchè?
Crescenti sovrapposizioni/incroci di “territorio” tra disciplineMedicina-chirurgia-diagnostica interventisticaAmbulatori multidisciplinariDay-service o week-hospital medico integrato
Efficienza produttivaUrgenza vs elezioneAllocazione dedicata ma flessibile delle piattaformeproduttive (posto letto, sala operatoria, letto di TI,ambulatorio, ecc., posti letto pool/polmone, slot disala operatoria open/jolly ecc.), salvo necessitàspecifiche di natura tecnologicaSviluppo di una funzione di operations management
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The population of Western developed countriesis ageing (Anderson & Sotir Hussey, 2000).The median age of the total population of theEU27 is expected to increase from 40.4 years to47.9 years and the old age dependency ratio risefrom 24.1% to 48.5% between 2008 and 2060(Giannakouris, 2008).
Population ageing is generally associated withhigher prevalence of chronic disease, higher riskof poly-morbidities and adverse outcomes(Anderson & Sotir Hussey, 2000) and increaseduse of long-term care facilities (Coyte, Goodwin,& Laporte, 2008).
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.38/161
(slide 13) (slide 14)
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Patients requiring advanced respiratory support alone orbasic support together with support for at least 2organ systems. This level includes all complexpatients requiring support for multi-organ failure.
Level 3
Patients requiring more detailed observation orintervention including support for a single failing organsystem or post operative care or those 'stepping down'from higher levels of care. (HIGH DEPENDENCEUNIT – UK/USA/AU hospitals)
Level 2
Patients at risk of their condition deteriorating, or thoserecently relocated from higher levels of care, whoseneeds can be met on an acute ward with additionaladvice and support from the critical care team.
Level 1
Patients whose needs must be met through normal carein an acute hospitalLevel 0
Un quadro di insiemeL’instabilità clinica
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Un quadro di insiemeLa complessità assistenziale
AutosufficienzaDisordini cognitiviTerapiaSupporto familiareSituazione “off the floor”Ecc.
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Area sub-acuta del paziente fragile/frequent user
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Ospedale dell‘urgenza
Una sintesi concettuale
Area post-acuzia
Piastra operatoria
SPECIALITA’’
Per dipartimentood a livello distabilimento
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Può sembrare questo…
…ma è esattamente per superare questo modello che abbiamobisogno di gestire diversamente l’ospedale
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• Alcuni importanti momenti di discontinuità
Tutor medico e criteri di ingresso nell’high care
Infermiere referente per paziente nelle aree multi-specialistiche
Discharge manager nel sub-acuto e post-acuto o dovunquesi rende importante la continuità assistenziale (con possibilecontatto in ospedale con MMG-hospitalist)
Criteri per la gestione liste di attesa per domanda e gravità(ed eventualmente specifici indirizzi strategici/programmatori)
Procedure per gestione operativa (allocazione) del PL/salaoperatoria/ambulatorio nei reparti/piattaformemultispecialistiche
ingegnerizzazione del processo a tre stadi del pazientechirurgico: preoperatorio – fase acuta – fase post acuta
Ripensare l’organizzazione
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Riflessioni conclusive - 1
KAROLINSKA SOLNAUNIVERSITYHOSPITALERASMUS MEDICALCENTREJOHNS HOPKINSOXFORDRADCLIFFEMOUNT SINAI NYBERGAMO
Le basi della legittimazionesono la competenza e latecnologia (performance)Competenze e tecnologiesi applicano su unapopolazioneprofondamente cambiatanegli ultimi 30 anni econtribuisconoulteriormente a cambiarla(specializzazione deibisogni)
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.39/161
(slide 19) (slide 20)
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• Focus anche sul paziente e non solo sulla malattia
• Recupero e qualificazione di risorse per l’assistenza intensiva apazienti affetti da patologie maggiormente impegnative o con fortenecessità di continuità assistenziale H - T
• Maggiore efficienza operativa e gestionale. Nell’ospedale sidistingue l’asset management (per la parte di degenza graduatoper intensità) dal disease management
• il primo richiede competenze/organizzazione specifiche ed una scaladimensionale superiore/diversa da quella dell’unità operativa perprodurre recuperi di efficienza produttiva
• la gradazione per intensità permette di rendere concreta la risposta aibisogni assistenziali differenziati dei pazienti
• il secondo compete ed è il cuore dell’attività dello specialista/UOdisciplinare
Riflessioni conclusive - 2
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Breve bibliografia
Darzi, Saws and Scalpels to Lasers and Robots – Advances in Surgery (2007).Turf wars in radiology: The battle for peripheral vascular interventions. Journal of the American College of Radiology, Volume 2, Issue1, Pages 68-71D. Levin, V. Rao, J. BonnTurf Battles in Coronary Revascularization, Robert S. Huckman, Ph.D., and Gary P. Pisano, Ph.D.n engl j med 352;9 www.nejm.org march 3,2005Converging patterns in hospital organization: beyond the professional bureaucracy,.Lega F, DePietro C. , Health Policy. 2005Nov;74(3):261-81Spear SJ, Schmidhofer M. Ambiguity and Workarounds as Contributors to Medical Error. Annals of Internal Medicine 2005, 142(8): 627-30.Can car manufacturing techniques reform health care?. The Lancet, Volume 367, Issue 9507, Pages 290-291A Hospital Races To Learn Lessons Of Ferrari Pit Stop , Gautam Naik, Wall Street JournaLega F. Reorganising healthcare delivering in hospital: structure and processes to serve quality, in Davies H, Tavakoli M. [eds] StrategicIssues in Health Care Management: Health Care Policy, Performance and Finance”, Aldershot, Ashgate, 2004.Porter R. The greatest benefit to mankind: a medical history of humanity from antiquity to present, London, HarperCollins, 1997.Healy J, McKee M. The significance of hospitals: an introduction; The evolution of hospital systems; Improving performance within thehospital; Future hospital, in Helay J, McKee M. [eds] Hospitals in a changing Europe, Buckingham, European Observatory on Health CareSystems Series, Open University Press, 2002.McKee M, Healy J, Edwards N, Harrison A. Pressures for change, in Helay J, McKee M. [eds] Hospitals in a changing Europe, Buckingham,European Observatory on Health Care Systems Series, Open University Press, 2002.Heyssel RM. Changing environment and the academic medical center: the Johns Hopkins Hospital. Acad Med, 1989; Jan 64(1):7-11.Vissers J. Patient flow-based allocation of inpatient resources: a case study, European journal of operational research, 1998;105, 356-370.Mintzberg H. Managing care and cure – up and down, in and out, Health Services Management research 2002;15[3]: 193-206. Mintzberg H. Toward Healthier Hospitals, Health Care Management Review 1997: 22[4]: 9-18.Plsek PE. Systematic design of healthcare processes. Quality in Health Care, 1997; Mar 6(1):40-8Snyder GH, Lathrop JP. Cost reduction using patient-focused care concepts. Managed Care Quarterly, 1995; Spring;3(2):43-51 Walston SL, Kimberly JR. Reengineering hospitals: evidence from the field. Hospital Health Service Administration , 1997;Summer;42(2):143-63Robinson NC. A patient-centered framework for restructuring care., J Nurs Adm ,1991;Sep 21(9):29-34.Brider P. The move to patient-focused care, Am J Nurs ,1992; Sep;92(9):26-33.Hillman K. The changing role for acute care hospitals, Medical Journal of Australia 1999;170 [7]: 325-9.ASSR – Linee guida per la progettazione dei nuovi ospedali
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Riflessioni conclusive - 3
Non c’è contrapposizione traintensità di cura e complessità
dell’assistenza, ma aree disovrapposizione con prevalenza diun criterio come elemento fondante
la scelta organizzativa
La riflessione dovrebbe centrarsi sucome far coevolvere
l’organizzazione ospedaliera con icambiamenti nella
epidemiologia/demografia dellapopolazione ospedaliera e nelle
tecniche di intervento
Un’ospedale è più dei suoi professionisti, ma nonsarà mai meglio dei suoi professionisti
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.40/161
Mappatura delle diverse sperimentazioni di definizione dell’intensità di cure e della
complessità assistenziale infermieristica presenti in Italia
Dott.ssa Rita MaricchioResponsabile Infermieristico ASS n. 5 Bassa Friulana
Non esiste contrapposizione tra intensità di cure e complessità assistenziale.
Lo ritengo una cosa estremamente fondamentale perché in realtà
dobbiamo orientarci alla centralità della persona e al bisogno che ha
la persona.
Spesso non riusciamo a superare la logica operativa e quella clinica.
Invece nel parlare di ospedali orientati ad intensità di cure e
complessità assistenziale, dobbiamo pensare ad un superamento di
questa logica. Dobbiamo pensare ad un raggruppamento di pazienti
omogenei ed ad efficaci, efficienti ed appropriate prestazioni
assistenziali.
Inoltre l’orientamento dev’essere anche verso un’ottimizzazione dei posti letto, mi riferisco
al classico over booking delle medicine e spesso ad un sotto utilizzo dei letti chirurgici,
soprattutto in determinate realtà.
Gli infermieri italiani, per molti anni, hanno guardato a sistemi internazionali per definire sia
il lavoro assistenziale che la qualità e quantità di risorse necessarie per dare una risposta
ai bisogni dei pazienti (slide 2).
Prima la Professoressa Di Mauro ha descritto il metodo S.I.P.I.
In realtà in Italia in questo momento i tre metodi che sono maggiormente in auge sono
l’I.C.A. (l’Indici di Complessità Assistenziale), il S.I.P.I (Sistema Informativo della
Performance Infermieristica) e il M.A.P. (Metodo Assistenziale Professionalizzante) (si
veda slide 3).
Mi sono permessa di aggiungere all’ultimo secondo qualche slides rispetto ai dati che
abbiamo ottenuto dalla ricerca multicentrica. In realtà, quando io vado in giro per fare
lezione, dico sempre che non esiste il Metodo, ma esistono i metodi, perché possono
essere più aderenti a determinate realtà. Finalmente gli infermieri italiani si sono
sperimentati, si sono dati da fare. Hanno fatto vedere che la determinazione quali -
quantitativa delle risorse può essere fatta superando la logica del minutaggio, superando
la logica giuridica - legislativa e pesando invece il reale lavoro assistenziale e la pertinenza
della prestazione.
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.41/161
Mi sono permessa di fare una tabella riassuntiva mettendo a confronto i tre metodi (slide
4).
Questo non vuole essere uno strumento per dire “noi siamo più bravi”.
I tre metodi, come dicevo, sono tre metodi assolutamente validi. Sono tre metodi che sono
stati elaborati in modo diverso e si riferiscono a dei modelli di riferimento differenti.
Il M.A.P. si riferisce al modello di analisi della complessità assistenziale elaborato da
Silvestro - Pitacco.
Il S.I.P.I. e l’I.C.A. si riferiscono al modello delle prestazioni infermieristiche.
Riprendendo.. L’elaborazione di questi tre metodi si è basata su dei modelli italiani, i quali
sono stati elaborati da delle teste di punta della professione infermieristica italiana.
La valutazione quali-quantitativa dell’équipe assistenziale ci porta a non pensare più a
delle équipe monoprofessionali, non ne abbiamo più la possibilità. Le risorse, diceva prima
la Prof.ssa Di Mauro, sono finite. Non ce ne sono più e l’appropriatezza delle prestazioni
diventa quindi indispensabile.
La validazione dei metodi per quanto siamo riusciti a recuperare dalla bibliografia è stata
fatta per quanto riguarda M.A.P. e S.I.P.I.
La Prof.ssa Di Mauro ci ha anticipato alcuni dati, ve ne farò vedere alcuni anch’io.
E’ indispensabile andare a validare i metodi dal punto di vista scientifico e statistico,
perché ci permette in qualche modo di essere chiamati ai tavoli per dire: “questo è reale,
l’abbiamo pesato, con un peso che abbiamo estrapolato da un percorso scientifico”.
L’informatizzazione è indispensabile per andare ad applicare questi metodi.
M.A.P. ed I.C.A. hanno due sistemi informatici: Sky Map per il M.A.P. e l’applicazione
software dell’I.C.A.
Questi diventano assolutamente indispensabili nell’operatività di ogni giorno. Non
possiamo più pensare di raccogliere dati senza avere un supporto che poi ci permetta di
elaborare questi dati.
In questo momento l’unico metodo però che risulta applicato è il metodo I.C.A.
In Italia ci sono diverse realtà operative che stanno applicando questo metodo.
Per quanto riguarda M.A.P. e S.I.P.I. credo si possa dire che siamo “in progress”.
M.A.P. ha avuto un percorso di validazione dello strumento, stiamo avendo i primi dati
ufficiali e quindi fra poco proveremo ad applicarlo in alcune strutture che verranno
organizzate per complessità assistenziale.
Questi metodi sono applicabili in organizzazioni per complessità e intensità di cura?
Certamente si, tutti e tre.
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.42/161
Tutti e tre vanno a definire il peso assistenziale, la qualità e la quantità di risorse
necessarie e possono essere assolutamente applicabili in contesti organizzati per intensità
di cura e per complessità assistenziale.
Una cosa estremamente necessaria nell’operatività dell’infermiere è la pianificazione
assistenziale (slide 5). Esiste la possibilità che dal software possa estrapolare
immediatamente la pianificazione assistenziale?
Per ora solamente l’I.C.A. mi risulta che faccia questa operazione.
Per quanto riguarda M.A.P. invece è un obiettivo che il gruppo di lavoro si è posto in sede
successiva.
Infine, possono essere applicati questi metodi ad altre professioni?
Per quanto riguarda M.A.P. sia in sede di progetto che in sede di sperimentazione pilota,
lo strumento è stato applicato alla professione ostetrica.
Per quanto riguarda l’I.C.A. lo strumento è applicato anche per quanto riguarda i
fisioterapisti ad esempio.
Il S.I.P.I. non mi risulta che venga applicato per altre professioni.
Ora, due parole per quanto riguarda la sperimentazione che è stata fatta per lo strumento
M.A.P. (slide 6).
La popolazione dove siamo andate a sperimentare lo strumento è stata di 82 aziende sul
territorio nazionale; di queste sono stati coinvolti 126 presidi e 255 reparti di cui 142
medicine e 113 chirurgie. In totale 4.674 operatori coinvolti tra dirigenti, coordinatori
infermieristici ed infermieri. 63.884 persone reclutate e 525.998 osservazioni valide (slide
9-10-11).
E’ un campione estremamente elevato. E’ un database da cui noi potremmo estrapolare
tantissime informazioni, perché tutte le schede, ritenute valide, sono state correlate dalla
nomenclatura SDO e DRG.
Questo cosa ci permetterà di dire?
La correlazione che intercorre fra il DRG e la Complessità Assistenziale.
Non faccio vedere dei dati come la collega che mi ha preceduta, ma vi faccio veder alcuni
dati che a mio parere sono significativi.
Rispetto l’età media possiamo vedere che tra la medicina e la chirurgia c’è un gap
estremamente basso. Cosa ci dice questo dato?
Ci dice che la popolazione che noi troviamo nelle chirurgie e nelle medicine non si
allontana moltissimo. Questo significa che dobbiamo rivedere la nostra tipologia di
assistenza, perché se i pazienti che troviamo in chirurgia si avvicinano sempre più a quelli
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.43/161
che troviamo in medicina, sulla polipatologia che un paziente può presentare devo
investire molto sia dal punto di vista professionale che dal punto di vista di pianificazione
assistenziale, demandando alcune operazioni agli OSS (Operatori Socio Sanitari).
Tutto questo ovviamente lo faremo in base ai dati che abbiamo ottenuto.
Vi ringrazio per l’attenzione.
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.44/161
(slide 1) (slide 2)
(slide 3) (slide 4)
(slide 5) (slide 6)
Il m od ello as s is ten z iale per inten s ità d i c ure nel Nuo v o O s ped ale:as p etti teo ric i e app lic ativ i.
B erg am o 4.02.2010
Mappa tura delle divers e s perimentaz ioni didefiniz ione dell’intens ità di cure e di
comples s ità as s is tenz ia le infermieris ticapres enti in Ita lia
R ita Maricchio
ME T O D I B A S A T IS U L L E
A T T IV IT A ’IN F E R MIE R IS T I
C H E
ME T O D I B A S A T IS UL L A
D IP E N D E N Z AD E L E P E R S O N E
ME T O D I B A S A T IS U I P IA NI D IA S S IS T E N Z A
ME T O D I B A S A T IS UL L A
C O MP L E S S IT A ’A S S IS T E NZ IA L E
P R IN C IP A L I T IP O L O G IE D E I S IS T E MI D I C L A S S IF IC A Z IO N E D E I P A Z IE N T I
R .A .I
F .I.M
C R IT E R IAF O R C A R E
S V IZ Z E R O
W .I.S .N .
N .H .P .P .D .
N .M.D .S .
L .E .P .
S .I.I.P .S
T .I.S .S .
T .O .S .S .
P .N .R .
P L A .I.S .I.R .
R A F A E L A
P .I.N .I.
Z E B R AS Y S T E M
S perim entaz ioni d i defin iz ioni dell’in tens ità d ic ure e d i c om ples s ità as s is tenz iale
in ferm ieris tic a
• IC A (IN D IC E C O MP L E S S IT A ’A S S IS T E N Z IA L E )
• S IP I (S IS T E MA IN F O R MA T IV O D E L L AP E R F O R MA N C E IN F E R MIE R IS T IC A )
• MA P (ME T O D O A S S IS T E N Z IA L EP R O F E S S IO N A L IZ Z A N T E )
ME T O D I MA P S IP I IC A
Modello d iriferim ento
Modello di ana lis idella comples s ità
as s is tenz ia le
Modello delleP res taz ioni
Infermieris tiche
Modello dellepres taz ioni
Infermieris tiche
Valutaz ione quali ‐quantitativadell’equipeas s is tenz iale
S I S I S I
Validaz ione delMetodo
S perimentaz ioneMulticentrica
S perimentaz ioneMulticentrica
In form atiz z az ione S kyMap A pplicaz iones oftware IC A
A pplic az ioni delMetodo
S I
A pplic abilità s uorg aniz z az ione perintens ità /c om ples s ità
S I S I S I
ME T O D I MA P S IP I IC A
P ianific az ioneas s is tenz iale
N O N O S I
Multiprofes s ionale S I N O S I
POPOLAZIONE:
AZIENDE SANITARIE
ITALIANE
DISPONIBILITÀ ALLA RICERCA
82 AZIENDE SANITARIE
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.45/161
(slide 7) (slide 8)
(slide 9) (slide 10)
(slide 11) (slide 12)
11
14141616
33
33
7755
77
3344
11
22
66
11
11
22
66
142MEDICINE
142MEDICINE
113CHIRURGIE
113CHIRURGIE
255REPARTI
255REPARTI
126PRESIDI
126PRESIDI
105MEDICINE
105MEDICINE
84CHIRURGIE
84CHIRURGIE
189REPARTI
189REPARTI
101PRESIDI
101PRESIDI
525998OSSERVAZIONI
VALIDE
525998525998OSSERVAZIONIOSSERVAZIONI
VALIDEVALIDE
63884 PERSONERECLUTATE
6388463884 PERSONEPERSONERECLUTATERECLUTATE
67,1 anni (d.s.) 19,5 anni
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.46/161
(slide 13) (slide 14)
60,1 anni (ds di 19,9) 72,5 anni (ds di 17,3)
G raz ie per l’a ttenz ione
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.47/161
Esperienza di riorganizzazione per intensità di cure e complessità dell’assistenza
infermieristica dell’AUSL di Bologna
Dott.ssa Annalisa SilvestroDirettore Servizi Assistenziali USL di Bologna e Presidente Federazione NazionaleCollegi IPASVI
Inizio questa mia relazione con una nota di scuse per l’assenza del
Direttore Sanitario dell’azienda in cui lavoro e sottolineando che in
questo momento sono qui più come Direttore del Servizio
Assistenziale dell’Azienda USL di Bologna che come Presidente
della Federazione IPASVI.
All’interno dell’Azienda USL, che comprende tutta la provincia di
Bologna, si stanno mettendo in atto alcune sperimentazioni di
organizzazione per complessità e intensità di cure che si
richiamano al concetto della complessità dell’organizzazione.
Tutte le strutture sanitarie presentano livelli di complessità elevata e questo è significativo
nell’andare ad individuare e ricercare le modalità attraverso le quali, gestire
un’organizzazione che risulta essere complessa anche dal punto di vista assistenziale e
relazionale.
Quando si parla della vita delle organizzazioni sanitarie, che di per sé sono
multidimensionali, non si può prescindere dal fare una riflessione anche sulla vita delle
altre istituzioni con cui l’organizzazione sanitaria si relaziona con un interfaccia continuo
che genera a sua volta un ulteriore aumento della complessità (slide 2).
Multidimensionalità e complessità inducono ad individuare nuove modalità di approccio e
analisi dei diversi aspetti organizzativi; è superata la logica monodisciplinare e l’approccio
lineare per utilizzare una logica multiprofessionale, multidimensionale e con un approccio
di tipo sistemico.
Credo sia ormai generalmente acquisita la consapevolezza che le “nostre” organizzazioni
sono complesse, che l’assistenza sanitaria è complessa e che le modalità attraverso le
quali i diversi professionisti sanitari erogano le loro prestazioni - nell’ambito di una
funzione di cui sono peculiarmente i “dominus” - aumentano il livello globale di
complessità (slide 3). La complessità della funzione organizzativa - gestionale e la
complessità della funzione clinico-assistenziale non possono non essere poste in
relazione (slide 4).
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.48/161
Nelle relazioni precedenti venivano evidenziati alcuni un elementi significativi inerenti:
− la ridefinizione e riorganizzazione dell’assistenza,
− la multi fattorialità organizzativa ed assistenziale,
− la limitatezza delle risorse,
− la flessibilità e la dinamicità organizzativa e professionale.
Credo che la flessibilità e la dinamicità organizzativa e professionale siano gli elementi più
critici adesso e nel prossimo futuro. Attualmente l’idea della flessibilità è poco in auge e vi
è tanta consuetudine organizzativa, assistenziale e professionale.
La rigidità del sistema porta a ragionare su ciò “che mi compete” più che su ciò che serve
all’assistito; a trovare “normale” la scarsa disseminazione ed integrazione dei saperi e la
flebile riflessione sul cosiddetto “meticciato dei saperi” o sul “meticciato delle competenze”.
E’ invece necessario ri - codificare la domanda, definire nuove competenze e nuove
modalità di risposta ai bisogni senza perdere di vista la peculiarità del contenuto
professionale e del sapere che ciascun operatore mette a disposizione dell’équipe e
quindi degli assistiti.
Oltre a quello della flessibilità, altri concetti chiave sono la pertinenza, l’appropriatezza e
l’equità distributiva. Un esempio: in ogni unità operativa ospedaliera si rileva un “case mix”
di pazienti molto diversificato; la risorsa professionale assegnata a quell’unità operativa
non è però definita in base a ciò che è necessario per quel “case mix”, ma in base al
numero dei posti letto, cosa molto lontana ai concetti di appropriatezza organizzativa ed
equità distributiva.
A tal proposito diventa emblematico il riferimento alla risorsa infermieristica che è scarsa
sul mercato del lavoro e che, se non attentamente distribuita, può creare criticità
organizzative e assistenziali. E in questa logica non può essere sottovalutato che oltre il
70% degli infermieri sono donne; che le infermiere sono contemporaneamente spose e
madri, che utilizzano il part - time, che gestiscono le malattie dei figli, degli “anziani” della
famiglia ecc… e che il tutto si riverbera sul loro ruolo nell’organizzazione, sui livelli di
assistenza e sulla qualità assistenziale.
Gli infermieri hanno avuto nell’ultimo ventennio un significativo processo di
professionalizzazione e oggi vantano, generalmente, una professionalità in grado di
esprimere competenze gestionali, organizzative, assistenziali e formative che possono
essere sistematicamente agite perché non più vincolata da norme e da antiche indicazioni
giuridiche (slide 5).
E vengo all’organizzazione per intensità di cura e complessità assistenziale.
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.49/161
In premessa è necessario evidenziare che su questa ipotesi organizzativa emergono
perplessità sottese alla ridefinizione di alcuni equilibri decisori poco, ad oggi, messi in
discussione e che vedono massimamente coinvolti medici e infermieri.
Perché l’idea di organizzare le degenze ospedaliere per intensità di cure/complessità
assistenziale?
La limitatezza delle risorse è stato uno dei principali elementi che ha indotto l’Azienda USL
a intraprendere il percorso riorganizzativo.
Era necessario rivedere l’organizzazione delle degenze ospedaliere ancora basate su
unità operative a base disciplinare clinica e “chiuse” gestionalmente nonostante il modello
dipartimentale che, evidentemente, non sempre è riuscito a flessibilizzare l’utilizzo delle
risorse professionali e a garantire la continuità clinico assistenziale .
L’organizzazione chiusa, parcellizzata e restia alla flessibilità rendeva (rende) sempre più
difficile ottimizzare le risorse e renderle adeguate alle necessità assistenziali anche in
considerazione del case mix diversificato dei pazienti. La disomogeneità assistenziale
richiedeva (richiede) un maggior numero di risorse per dare congrua risposta ai momenti
di criticità e ai picchi di attività. Il problema della limitatezza delle risorse trovava, inoltre,
accentuazione nell’alto “turn over” di infermieri e nella tendenziale e inappropriata
infermieristicizzazione di tutte le attività assistenziali.
La riflessione riorganizzativa ha preso spunto da alcune esperienze svoltesi all’estero e in
alcune regioni italiane. Gli elementi fondanti dell’idea progettuale sono stati: la centralità
della persona assistita, l’integrazione clinico assistenziale, il lavoro in squadra, la
disseminazione dei saperi, la definizioni di obiettivi, la costruzione dei percorsi e
l’orientamento verso la definizione di “outcome” clinici e assistenziali.
L’attivazione sperimentale è partita anche sull’onda di alcune ristrutturazioni edilizie che
pareva potesse favorire l’innovazione.
Le criticità sono state notevoli e problemi esistono tuttora, però si sta procedendo anche
per avere gli elementi utili a ritarare l’assetto impostato visto che le sperimentazioni hanno
messo in luce una serie di positività ma anche e di criticità. Le resistenze sono riferibili sia
ad alcuni medici che a gruppi di infermieri che ritenevano (ritengono) ne derivi un aumento
di responsabilità professionale.
Come si è mossa l’Azienda.
Innanzitutto superando l’aggregazione dei degenti per disciplina medica a favore
dell’aggregazione per livelli di complessità assistenziale: alta, media e bassa.
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.50/161
E’ necessario sottolineare che il nuovo assetto organizzativo non prevede assolutamente
la scomparsa delle competenze e responsabilità primariali ne il superamento della
responsabilità clinica dei pazienti affidata ai medici. Il modello della complessità
assistenziale prevede infatti l’analisi di tre variabili che riguardano la persona, una delle
quali è il livello di instabilità clinica. Tendenzialmente ad un’alta instabilità clinica della
persona corrisponde un’alta complessità assistenziale.
L’orientamento è che nell’area ad alta complessità assistenziale le équipe sono
praticamente monoprofessionali in quanto costituite prevalentemente da infermieri con
pochi operatori socio sanitari. Nella media complessità l’équipe assistenziale è mista ed è
costituita da infermieri e operatori socio sanitari. Nella bassa complessità assistenziale il
numero di infermieri presenti è contenuto mentre è più cospicuo quello degli OSS.
L’utilizzo dei posti letto è maggiormente flessibile perché tutti sono a disposizione di tutti i
degenti. In un ospedale di prossimità dell’Azienda che si vuole organizzare completamente
per complessità assistenziale, uno degli obiettivi posti è proprio quello di superare questa
criticità. La gestione del posto letto non era correttamente e razionalmente utilizzata tant’è
che si verificava (si verifica) overbooking nelle medicine con un tasso di occupazione oltre
il 100% e contemporaneamente la presenza di posti letto liberi nelle chirurgie con tasso di
occupazione del 50-60 %.
L’aggregazione dei degenti per livelli di complessità assistenziale e non per disciplina
clinica di riferimento ottimizza l’utilizzo dei posti letto, supera i picchi di attività e
omogeneizza i processi assistenziali.
Quali esperienze:
il primo step è stato in tre diverse unità assistenziali internistiche di un ospedale cittadino
con sperimentazione semestrale;
il secondo step in un ospedale di cintura aggregando le unità operative di tipo chirurgico
(slide 8).
Il terzo step sarà quello di applicare questo modello organizzativo ad un intero ospedale di
cintura.
I punti di forza riconosciuti unanimemente:
− maggiore professionalizzazione dell’assistenza
− maggiore pertinenza nelle prestazioni
− maggiore motivazione nell’assunzione di responsabilità (slide 9).
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.51/161
I punti di debolezza:
− forte innovazione organizzativa e assistenziale (rivisitazione delle competenze, dei
flussi informativi, della documentazione medico - infermieristica, delle linee di
operatività, delle indicazioni operative e la ridefinizione degli strumenti di
integrazione organizzativo - assistenziale),
− potenziale criticità nel mantenimento (secondo i medici) della continuità clinico –
assistenziale,
− ribaltamento del paradigma organizzativo stante la centralità del paziente e non del
processi diagnostico terapeutico.
Grazie per l’attenzione.
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.52/161
(slide 1) (slide 2)
(slide 3) (slide 4)
(slide 5) (slide 6)
““ Esperienza di riorganizzazione perEsperienza di riorganizzazione perintensitintensitàà di cura e complessit di cura e complessitààdelldell’’assistenza infermieristicaassistenza infermieristicanellnell’’azienda USL di Bologna azienda USL di Bologna ””
Dr.ssa Annalisa SILVESTRODr.ssa Annalisa SILVESTRODirettore S.A.Te.R.Direttore S.A.Te.R.
Il modello assistenziale per intensitIl modello assistenziale per intensitàà di cure nel Nuovo di cure nel NuovoOspedale: aspetti teorici e applicativiOspedale: aspetti teorici e applicativi
Bergamo 4/2/ Bergamo 4/2/’’1010
““ Esperienza di riorganizzazione perEsperienza di riorganizzazione perintensitintensitàà di cura e complessit di cura e complessitàà dell dell’’assistenza infermieristicaassistenza infermieristica
nellnell’’azienda USL di Bologna azienda USL di Bologna ””
La La multidimensionalitmultidimensionalitàà
delle variabili da analizzare legate alldelle variabili da analizzare legate all’’individuo e allaindividuo e allacollettivitcollettivitàà - - con i risvolti politici, economici,con i risvolti politici, economici,
sociali, culturali che ne derivano sociali, culturali che ne derivano - - condizionanocondizionanoprofondamente la tradizionale profondamente la tradizionale linearitlinearitàà di di
approccio approccio ai diversi problemi , compresi quelliai diversi problemi , compresi quellisanitari , soprattutto in ambitosanitari , soprattutto in ambito organizzativo eorganizzativo e
professionaleprofessionale
A. SILVESTROA. SILVESTRODirettore S.A.Te.RDirettore S.A.Te.R ..
““ Esperienza di riorganizzazione perEsperienza di riorganizzazione perintensitintensitàà di cura e complessit di cura e complessitàà dell dell’’assistenza infermieristicaassistenza infermieristica
nellnell’’azienda USL di Bologna azienda USL di Bologna ””
ORGANIZZAZIONEORGANIZZAZIONE
Insieme dei modi in cui un gran numero di personeInsieme dei modi in cui un gran numero di persone
–– troppe per avere contatti personali diretti troppe per avere contatti personali diretti
ed impegnate in una complessit ed impegnate in una complessitàà di compiti di compiti ––
interagiscono le une con le altre per la consapevoleinteragiscono le une con le altre per la consapevolee sistematica determinazione e e sistematica determinazione e realizzazione realizzazione didi
obiettivi obiettivi reciprocamente convenutireciprocamente convenuti
A. SILVESTROA. SILVESTRODirettore S.A.Te.R.Direttore S.A.Te.R.
““ Esperienza di riorganizzazione perEsperienza di riorganizzazione perintensitintensitàà di cura e complessit di cura e complessitàà dell dell’’assistenza infermieristicaassistenza infermieristica
nellnell’’azienda USL di Bologna azienda USL di Bologna ””
ComplessitComplessitàà
•• nellnell’’esercizio della funzione organizzativo/gestionaleesercizio della funzione organizzativo/gestionale
•• nellnell’’esercizio della funzione clinico/assistenzialeesercizio della funzione clinico/assistenziale
ed in relazione allaed in relazione alla
•• Limitatezza delle risorseLimitatezza delle risorse•• MultifattorialitMultifattorialitàà organizzativa e assistenziale organizzativa e assistenziale
•• FlessibilitFlessibilitàà e dinamicit e dinamicitàà organizzativa e professionale organizzativa e professionale•• Pertinenza, appropriatezza ed equitPertinenza, appropriatezza ed equitàà distributiva sia in distributiva sia in
ambito ospedaliero che territorialeambito ospedaliero che territoriale•• Professionalizzazione della funzione infermieristicaProfessionalizzazione della funzione infermieristica
A. SILVESTROA. SILVESTRODirettore S.A.Te.R.Direttore S.A.Te.R.
““ Esperienza di riorganizzazione perEsperienza di riorganizzazione perintensitintensitàà di cura e complessit di cura e complessitàà dell dell’’assistenza infermieristicaassistenza infermieristica
nellnell’’azienda USL di Bologna azienda USL di Bologna ””
A. SILVESTROA. SILVESTRODirettore S.A.Te.R.Direttore S.A.Te.R.
LL’’assistenza assistenza infermieristica infermieristica preventiva, curativa, palliativa e preventiva, curativa, palliativa eriabilitativa riabilitativa èè di natura tecnica, relazionale, educativa.di natura tecnica, relazionale, educativa.
Le principali funzioni Le principali funzioni sono sono la prevenzione delle malattie,la prevenzione delle malattie,ll’’assistenza dei malati e dei disabili di tutte le etassistenza dei malati e dei disabili di tutte le etàà e l e l’’educazioneeducazionesanitaria.sanitaria.
LL’’infermiere infermiere èè responsabile responsabile dell dell’’assistenza generaleassistenza generaleinfermieristica.infermieristica.
LL’’infermiere :infermiere :identifica i bisogni di assistenza infermieristica e formula iidentifica i bisogni di assistenza infermieristica e formula i
relativi obiettivirelativi obiettivipianifica, gestisce e valuta lpianifica, gestisce e valuta l’’intervento assistenzialeintervento assistenziale
infermieristicoinfermieristicogarantisce la corretta applicazione delle prescrizionigarantisce la corretta applicazione delle prescrizioni
diagnostiche terapeutichediagnostiche terapeuticheA. SILVESTROA. SILVESTRO
Direttore S.A.Te.RDirettore S.A.Te.R..
PerchPerchéé: - : - limitatezza risorselimitatezza risorse - - efficienza e razionalitefficienza e razionalitàà organizzativa organizzativa
- - appropriatezza allocativa risorseappropriatezza allocativa risorseprofessionaliprofessionali
- - percorsi e processi assistenzialipercorsi e processi assistenziali - - valorizzazione delle professionalitvalorizzazione delle professionalitàà sanitarie sanitarie ((infermieriinfermieri))
Come: Come: - - centralitcentralitàà della persona assistita della persona assistita- - integrazione clinico assistenziale integrazione clinico assistenziale
- - integrazione delle risorseintegrazione delle risorse- - valorizzazione competenze infermieristiche valorizzazione competenze infermieristiche ((ass.li eass.li egest.li gest.li ))
Dove: Dove: -- u.o. degenze mediche Osp.Maggiore Bologna u.o. degenze mediche Osp.Maggiore Bologna- - u.o. chirurgiche versus u.o. chirurgiche versus ““areaarea”” Osp. di cintura interland Osp. di cintura interlandBOBO
i t O di i ti t O di i t ((P tt )P tt )
““ Esperienza di riorganizzazione per Esperienza di riorganizzazione perintensitintensitàà di cura e complessit di cura e complessitàà dell dell’’assistenza infermieristicaassistenza infermieristica
nellnell’’azienda USL di Bologna azienda USL di Bologna ””
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.53/161
(slide 7) (slide 8)
(slide 9) (slide 10)
A. SILVESTROA. SILVESTRODirettore S.A.Te.RDirettore S.A.Te.R..
COME
• superamento aggregazione degenti per disciplina clinica
• attivazione di aree di degenza secondo il criterio dellacomplessità assistenziale infermieristica
• definizione della quali quantità di figure assistenziali inbase al livello di complessità dei degenti
• utilizzo dei posti letto su logica flessibile (bedmanagement)
•
• gestione infermieristica della allocazione e riallocazionedei degenti e dei processi assistenziali in integrazione
con i medici responsabili clinici degli assistiti
““ Esperienza di riorganizzazione per Esperienza di riorganizzazione perintensitintensitàà di cura e complessit di cura e complessitàà dell dell’’assistenza infermieristicaassistenza infermieristica
nellnell’’azienda USL di Bologna azienda USL di Bologna ””
Applicazioni
1^ step^ step• in 3 diverse unità assistenziali internistiche dell’OM con
sperimentazione semestrale
• nell’area chirurgica di un ospedale di cintura integrandotre unità operative in un’unica unità assistenziale consperimentazione semestrale
2^ step• Intero ospedale di cintura• nell’assistenza domiciliare
A. SILVESTROA. SILVESTRODirettore S.A.Te.R.Direttore S.A.Te.R.
““ Esperienza di riorganizzazione per Esperienza di riorganizzazione perintensitintensitàà di cura e complessit di cura e complessitàà dell dell’’assistenza infermieristicaassistenza infermieristica
nellnell’’azienda azienda USL di Bologna USL di Bologna ””
Punti di forza:• professionalizzazione dell’ assistenza e pertinenza
prestazionale infermieristica• Aumento motivazione dell’equipe assistenziale
Punti di debolezza:• alta innovazione sia organizzativa che assistenziale
con attivazione resistenza al cambiamento e alriequilibrio dei poteri e delle funzioni gestionali eclinico assistenziali
A. SILVESTROA. SILVESTRODirettore S.A.Te.R.Direttore S.A.Te.R.
““ Esperienza di riorganizzazione per Esperienza di riorganizzazione perintensitintensitàà di cura e complessit di cura e complessitàà dell dell’’assistenza infermieristicaassistenza infermieristica
nellnell’’azienda USL di Bologna azienda USL di Bologna ””
““ Esperienza di riorganizzazione per Esperienza di riorganizzazione perintensitintensitàà di cura e complessit di cura e complessitàà dell dell’’assistenza infermieristicaassistenza infermieristica
nellnell’’azienda USL di Bologna azienda USL di Bologna ””
GrazieGraziedelldell’’ attenzione attenzione !!
A. SILVESTROA. SILVESTRODirettore S.A.Te.R.Direttore S.A.Te.R.
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.54/161
Dott.ssa Monica CasatiResponsabile Ricerca, Formazione e Sviluppo, Direzione Professioni Sanitarie,A.O. Ospedali Riuniti di Bergamo
Ho l’onore di presentarvi la Direttrice del corso per Infermiere Insegnanti Dirigenti (I.I.D.)
dell'Università degli Studi di Milano.
Adottando il programma di studi che faceva riferimento all'Organizzazione Mondiale della
Sanità, ha “allevato” gran parte degli Infermieri Dirigenti qui presenti, inclusa la nostra
Presidente nazionale e ha dato l'imprinting ad una serie di generazioni di Dirigenti
Infermieri.
Oggi è qui con noi e questo ci fa molto piacere. Non ha la voce brillante come di solito, ma
quello che vorrei dirvi, è che in questo contesto, ci onora molto la sua presenza, anche
perché teorica dell'Assistenza Infermieristica, la teorica dell’Assistenza infermieristica che
abbiamo in Italia. Lei ha definito, studiato, validato e pubblicato con la sua comunità
scientifica, di cui abbiamo qui in sala il Prof. Edoardo Manzoni, il Modello delle Prestazioni
Infermieristiche. Su questo modello si basa il S.I.P.I. che è stato presentato oggi.
Oltre alla Dott.ssa Annalisa Silvestro, che ha creato il modello della complessità su cui si
è sviluppato il M.A.P. e poi la forma informatica Sky Map, in questa sala oggi abbiamo
anche l'onore di avere la Prof.ssa Cantarelli.
Prof.ssa Marisa Cantarelli
Desidero ringraziare dell’invito, della presentazione e
scusarmi della mia voce che oggi si è abbassata, ma non è
questo un motivo sufficiente per farmi tacere.
E’ per me molto bello e significativo assistere a convegni,
congressi come questo, in cui noto i passi da gigante che
sono stati fatti a tutti i livelli, nel mondo infermieristico non solo nell'organizzazione
dell'assistenza, ma nell'assistenza alle persone. Anni fa nessuno di noi pensava di poter
fare delle relazioni come quelle che ho sentito oggi.
C'erano anche dei timori, all’interno e all’esterno della professione, timori ad assumere e
concedere responsabilità. Infatti i primi tentativi hanno creato problemi molto grossi, ora
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.55/161
noto con piacere che gli infermieri stanno studiando, lavorando, per migliorare l’assistenza
alle persone, e oggi ne abbiamo una prova leggendo le sperimentazioni presentate, frutto
di percorsi di ricerca.
Si sono presentati due modelli organizzativi diversi, sono due modelli ben precisi che
seguono un loro percorso. Il Modello delle prestazioni infermieristiche, in questa ricerca,
approfondisce l’ottica manageriale ed ha come obiettivo l’autonomia professionale.
Quell’aspetto che ha portato gli infermieri da un'attività per mansioni ad un attività per
prestazioni infermieristiche, aumentando il loro concetto di responsabilità e di autonomia. Il
seme piantato tanti anni fa è germogliato, è cresciuto e oggi abbiamo sentito nelle
relazioni, come quei concetti siano diventati patrimonio comune degli infermieri. Il mio
augurio è che si continui a studiare che non ci si illuda di essere arrivati. Questo è un
piccolo passo, si deve proseguire mantenendo sempre come concetto di base l'assistenza
alla persona, la capacità di rispondere ai suoi bisogni di assistenza infermieristica, ma
anche quello di una propria autonomia professionale in grado di dare gratificazione alle
persone nell’ambito del proprio impegno lavorativo.
Grazie
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.56/161
Dibattito del mattinoModeratoriDott. Andrea Mentasti Direttore Generale, A.O. Ospedale S. Anna di ComoDott.ssa Monica Casati Responsabile Ricerca, Formazione e Sviluppo, DirezioneProfessioni Sanitarie, A.O. Ospedali Riuniti di Bergamo
Domanda Dott. Ezio Goggi Direttore Unità di Progetto Nuovo Ospedale, A.O.Ospedale di Desio e VimercateBuon giorno sono il Dottor Goggi dell'Azienda Ospedaliera di Vimercate. Volevo chiedere
alla Professoressa Di Mauro e alla Dottoressa Maricchio se ci davano una spiegazione
più approfondita dell’apparente uguaglianza della complessità assistenziale. La
Professoressa Di Mauro ha fatto vedere quell'istogramma, io non mi spiego alcune cose
perché i nostri risultati sono un po’ diversi da quelli presentati.
Poi alla Dottoressa Maricchio volevo chiedere come mai ha scelto il DRG come punto di
riferimento? La costruzione del DRG, così come è stato effettuato negli Stati Uniti, non
utilizza il peso assistenziale che normalmente ha sicuramente una percentuale bassa in
riferimento ad esempio ad un caso chirurgico. Grazie.
Domanda sig. Silvio Boffelli RSU, A.O. Ospedali Riuniti di BergamoPensavo di porre una domanda al rappresentante della Regione, se c’è ancora.
Essendo attualmente impegnato nella RSU degli Ospedali Riuniti di Bergamo, mi
chiedevo se poteva essere previsto uno stanziamento da parte della Regione di fondi
specifici per questo sforzo che viene richiesto.
Inoltre, mi chiedevo se questa tipologia assistenziale comportasse un maggior numero di
unità in dotazione organica oppure se si riducesse oppure addirittura la facesse rimanere
invariata.
Ci terrei in modo particolare ad avere una risposta sulla questione fondi, perché noi degli
Ospedali Riuniti di Bergamo ci troviamo con il trasloco ed a quanto pare, con questa
evoluzione mastodontica. Quindi se si potesse oltre che dire che siamo bravi, che siamo
flessibili, anche dare qualcosa.
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.57/161
Domanda Dott. Marco Bosio Direttore Sanitario, Fondazione IRCCS Policlinico SanMatteo di PaviaSono Marco Bosio del Policlinico San Matteo di Pavia. Ho due domande: una tecnica e
una sulla gestione delle liste di attesa. Oggi la lista di attesa, normalmente, è gestita
secondo un ordine di priorità, quando c'è un posto letto disponibile si occupa a partire
delle priorità cliniche.
Il paziente entra in ospedale e si va ad allocare nel posto letto. Nel nuovo modello o
comunque nell'esperienza raccontata, volevo anche un parere della Dottoressa Silvestro,
ci sono queste tre aree che sono flessibili, ma sono anche ben determinate. Quindi se un
paziente che deve essere operato e per esempio deve andare in una bassa complessità o
in una media complessità, ma il posto letto libero non c’è, dove lo metto? Lo metto in un
letto qualsiasi oppure c'è un altro tipo di criterio e di accessibilità alla struttura? Volevo
capire questo tipo di incastro, tra criteri clinici che classicamente gestiscono le lista
d'attesa e il posto letto. Questo è un elemento complicante, nel senso che le liste nella
realtà descritta si moltiplicano per tre (bassa, media, alta complessità)?
Quindi, pensandoci, ci sono degli approfondimenti sulle risorse assorbite da questo
modello? Abbiamo visto che il modello si fonda sulle risorse limitate per cui si è detto
“cerchiamo di lavorare al meglio per dare il massimo ai nostri pazienti”, ma una reale
analisi delle risorse assorbite da questo modello è stata fatta? Volevo capire se c'erano
delle esperienze ..
L'ultima cosa è un approfondimento sugli outcomes del paziente, sia clinici che
assistenziali, perché, appunto, abbiamo visto che è tutto centrato sul modello
professionale e sull'organizzazione, ma se dobbiamo mettere il paziente al centro, il
paziente è curato meglio? Non è curato meglio a livello di performance clinica? C'è
qualcosa? Perché molte volte mi sono sentito dire dai nostri professionisti il modello
divisione non funziona più, siamo tutti d'accordo, ma il paziente viene curato meglio in
quest’altro o no? Ditemi quali sono i valori aggiunti? Faccio un pò l'avvocato del diavolo.
Grazie
Domanda Dott. Roberto LaBianca Direttore Dipartimento di Oncologia edEmatologia, A.O. Ospedali Riuniti di BergamoBuongiorno sono Roberto La Bianca, Direttore del Dipartimento di Oncologia e di
Ematologia di questo ospedale. Penso che il malato neoplastico per tanti aspetti rientri
benissimo in questo tipo di modello quando si parla di centralità del paziente, al lavoro
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.58/161
multidisciplinare, alla continuità di cura, al lavorare in rete, insieme. Ci sono già esperienze
significative di questo modello a livello regionale? Mi interesserebbe molto capire come
questo modello dell'ospedale, secondo i relatori, si possa applicare ad una realtà
dipartimentale che esiste in molti ospedali. Nel nostro credo esista in modo
completamente codificato, perché cerca di mettere insieme le varie realtà che seguono il
malato oncologico, quindi il rapporto tra concetto generale di intensità di cura, lavoro nei
dipartimenti ospedalieri ed eventualmente anche provinciali. Quale può essere il valore
aggiunto delle modalità di lavoro? E si può aprire magari qualche percorso di
sperimentazione di lavoro comune per produrre dei dati su questo aspetto? Grazie.
Domanda Dott. Claudio Castelli Direttore del Dipartimento di Scienze Motorie eChirurgia del Sistema Nervoso e Scienze Neurologiche, A.O. Ospedali Riuniti diBergamoMi chiamo Claudio Castelli sono, secondo la classificazione di oggi, dal punto di vista
professionale un clinico di area chirurgica e dal punto di vista manageriale un Direttore di
Unità Strutturale Complessa e contemporaneamente un Direttore di Dipartimento.
E’ evidente che ogni cambiamento costa fatica, quasi sempre si sbaglia tutte le volte che
si è cercato di cambiare, almeno per me. E, fra l’altro, anche successivamente, ho ancora
sbagliato e quindi, in un primo momento, ho peggiorato i miei risultati. Parlo anche dal
punto di vista tecnico oltre che professionale.
Nel contesto di questa giornata, mi chiedo come mai, se questa mia domanda è lecita e
se qualcuno dei presenti può rispondermi, non ci sia un clinico visto che la maggiore
criticità è nella relazione fra i clinici? Mi sembra che i clinici abbiano punti di vista
differenti. E nella relazione fra i clinici, la componente infermieristica che non è da poco,
perché, parliamoci chiaro, è anche un problema di rapporti, di responsabilità e di ruoli.
Risposta Dott.ssa Monica Casati Responsabile Ricerca, Formazione e Sviluppo,Direzione Professioni Sanitarie, A.O. Ospedali Riuniti di BergamoA questa domanda penso di potere e dovere rispondere subito. L'organizzazione di questa
mattina aveva un suo proprio equilibrio nella presenza della Dottoressa Silvestro con il
Direttore Sanitario Medico della sua realtà, proprio per offrire i due differenti punti di vista
professionali sulle stesse questioni. Ieri abbiamo un po’ sofferto all'idea che venisse meno
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.59/161
la componente medica. Di per sé, ogni relatore che per motivate questioni si rende
assente, crea qualche problematica nello sviluppo della giornata.
Quando ieri abbiamo avuto questo tipo di informazione, anche noi abbiamo visto l’assenza
del medico a questo tavolo e ci siamo chiesti se il dibattito riuscisse in qualche modo a
compensare a questa assenza. D’altra parte non è stata compensabile del tutto per ovvi
motivi; ne siamo consapevoli.
Domanda Dott. Giancarlo Fontana Direzione Generale Sanità, Regione LombardiaSono Fontana della Direzione Generale della Sanità. Avevo una curiosità. Questo
modello, evidentemente, è un modello che oltre a coinvolgere l'assetto ospedaliero, in
prospettiva, coinvolgerà anche la parte diciamo post-ospedaliera o comunque la degenza
nella fase post-ospedaliera. Come direzione, mi interessava rivolgere una domanda ai
docenti sull’esistenza di un impianto di tipo teorico o uno studio di tipo teorico, sul quale
può essere migliorato successivamente il percorso. Soprattutto nella allocazione del
paziente nella fase post-ospedaliera. Sappiamo tutti essere un problema importante che
per altro, almeno in regione Lombardia, coinvolge ormai pesantemente la parte sociale,
non tanto quella sanitaria. Inoltre mi interessava l'esperienza della regione Emilia
Romagna, se esiste già come esperienza su quelle realtà che sono state in qualche
maniera presentate come sperimentazione. Grazie.
Risponde Dott.ssa Annalisa Silvestro Direttore Servizi Assistenziali USL di Bolognae Presidente Federazione Nazionale Collegi IPASVIForse la domanda era diretta a me da parte del collega che chiedeva riguardo le lista
d'attesa, se non vado errata.
La cosa che veniva evidenziata è verissima sugli esiti assistenziali. Nelle unità di medicina
dove abbiamo fatto la sperimentazione non abbiamo previsto l'attivazione di un percorso
in tal senso. Al contrario è stata prevista e messa in piedi, definita in un progetto di ricerca,
per quanto riguarda la riorganizzazione dell'intero ospedale. Qui, andremo a rilevare il
raggiungimento di obiettivi con degli indicatori di tipo organizzativo, già definiti in
precedenza, quindi i carichi di lavoro e i picchi di attività e l'utilizzo dei posti letto. Tutto
questo lo andiamo a rilevare e verificare, ma sono di tipo organizzativo.
Invece per quanto riguarda gli outcomes assistenziali abbiamo organizzato un percorso di
ricerca, dove li andremmo a rilevare attraverso uno studio. Ma senza entrare nel merito
del numero di cadute, ad esempio, con il nuovo modello rispetto al precedente. del
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.60/161
numero di infezioni del sito chirurgico con il nuovo modello rispetto al precedente, delle
lesioni da decubito, delle infezioni da catetere sia venoso che urinario, ecc. C'è una serie
di elementi su cui andremo a fare ricerca, rilevazione dati e comparazione, al fine di
verificare se, ammesso e non concesso, che il nuovo modello organizzativo ci permetta di
rendere omogenei i carichi di lavoro, di rendere fruibili tutti i posti letto ecc.. ecc..
Vorremmo andare a vedere anche se questo nuovo modello assistenziale produce un
aumento della qualità dell'assistenza in termini di risposta agli assistiti. Dimenticavo di
dire , ma l'ho detto prima chiaramente, questo tipo di rimodellazione organizzativa
presuppone a monte un percorso di formazione per chi poi deve inserirsi in questo
modello, quindi abbiamo intenzione di rilevare e verificare anche questo aspetto.
Per quanto riguarda il consumo delle risorse, è ovvio che una direzione generale spera
sempre di poter rimodellizzare a isorisorse e questo credo sia un desiderio lecito. Però,
fino ad ora, dove abbiamo provato a sperimentare la rimodellizazione e dove abbiamo
fatto l'analisi dei percorsi , dei processi, delle attività e delle competenze, la direzione
strategica mi ha sempre dato la possibilità di inserire e di fare un investimento in termini di
risorse e quindi di inserire unità. Direi che prevalentemente sono state inserite unità di
operatori socio sanitari, in modo da rendere appropriate e pertinente l'attività e l'assistenza
infermieristica. Non grandi numeri, però degli inserimenti sono stati fatti. Intendendoli
come un investimento perché se il modello parte e funziona e da i risultati, si ritiene che
poi ci sarà un valore aggiunto e quindi un’ottimizzazione delle risorse.
Per quanto riguarda le liste d'attesa, continua il criterio che penso utilizziate anche voi,
collegato però anche alla disponibilità dei posti letto. E’ evidente che se abbiamo fatto un
ragionamento di flessibilità nell'utilizzo del posto letto, non è che adesso tra le aree di
complessità, c'è la barriera con il filo spinato, mi pare evidente che non ci sia e che non
potrà esserci. L'importante è che ci sia sempre la possibilità di dare una risposta attenta
all'assistito. Tenga conto che se viene chiamato dalla lista di attesa un assistito che dovrà
fare un intervento importante dal punto di vista chirurgico, viene già inserito nell'area che
noi chiamiamo rossa ad alta complessità, quindi viene fatta una programmazione, una lista
di attesa delle disponibilità del posto letto, della tipologia di intervento chirurgico, di
valutazione di che cosa in termini assistenziali comporti quell'intervento chirurgico. Devo
anche dire che su questa logica, entro il prossimo anno, sperimenteremo anche le
piattaforme tecnologiche a blocchi operatori obbligatori. All’interno dei quali la gestione del
blocco operatorio sarà a responsabilità infermieristica. E’ abbastanza probabile che ci sia
un infermiere che gestirà il blocco operatorio, dando disponibilità di ore di sala, in base
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.61/161
alle liste di attesa e alle tipologie degli interventi; inoltre tutte le sale saranno multiuso:
anestesisti, chirurghi, strumentisti sono nella logica del ‘service’. In base alle necessità che
si vengono ad evidenziare verranno date le disponibilità di sala operatoria. Questo
ovviamente inciderà sulla gestione dell'area chirurgica. Tengo la parola per rispondere al
Direttore del Dipartimento Oncologico.
Beh, in effetti l'area oncologica, nel caso si volesse utilizzare questo modello, credo sia
già oltre tre quarti di strada, perché in effetti l'organizzazione dei dipartimenti oncologici è
molto orientata in questa logica. Credo che il valore aggiunto sia proprio una
disseminazione di competenze di saperi.
Risponde Prof. Federico Lega Professore Associato di EconomiaAziendale, Università Bocconi di MilanoSolo una cosa veloce sulle lista di attesa.
E’ chiaro che la programmazione del posto letto in realtà deriva dalla programmazione
della sala operatoria. C'è una consequenzialità. Se programmo il blocco operatorio e
l’utilizzo della sala operatoria per gli interventi graduati per instabilità clinica del paziente o
comunque dalla sua complessità, ne deriva che poi a valle il reparto è organizzato in
funzione di quello che penso sia l'utilizzo della sala operatoria , quindi non è un problema.
Il vero problema è mettere d'accordo i chirurghi su quale sala operatoria vogliono fare, chi
vuole andare in quella sala operatoria e di conseguenza poi organizzo a valle il reparto,
perché il vero collo di bottiglia è la sala operatoria, almeno in questa esperienza, come è
successo inizialmente con il week hospital, ma successivamente si è esteso alle high care
ed agli altri reparti. La sala operatoria è il drive dell'organizzazione del reparto, perché mi
dice quanti pazienti possiedo e presumo di avere sui tre livelli di complessità su base
settimanale.
Per quanto riguarda le risorse assorbite dal modello, la Dott.ssa Annalisa Silvestro diceva
che abbiamo avuto delle aperture. Io aggiungo che abbiamo avuto delle aperture su
situazioni deficitarie, cioè in generale questi modelli si vanno ad applicare in un contesto in
cui c'è comunque stress in termini di staff delle risorse. Spesso sono soluzioni che
cercano di produrre una risposta alternativa per rendere compatibile quella che è la
sensazione di una carenza di personale con il funzionamento della macchina
organizzativa, quindi al di là della esperienza specifica, è chiaro che qualsiasi
innovazione richiede un minimo di investimento. Non posso pensare di farlo senza
qualche risorsa aggiuntiva, ma in linea di massima, diverse di queste soluzioni, penso di
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.62/161
nuovo da un lato al week hospital e dall'altro all'idea di distinguere i pazienti per
complessità assistenziale fra il paziente fragile e altri pazienti, partono dal presupposto
che l'obiettivo è di cercare di ottenere un utilizzo più efficiente dello staff e che questo nel
medio periodo mi permette di ridurre il fabbisogno complessivo, di mantenerlo a quella
che è la dotazione organica attuale.
Questo non significa che internamente non ci siano dei riposizionamenti. Anzi l'obiettivo è
proprio quello di produrre riposizionamenti che rendano più equilibrato lo staff.
Attualmente non abbiamo una misura effettiva che ci permetta di dire che ci sia un
risparmio. Anzi la misura che dovremmo tenere a mente quando guardiamo queste
soluzioni organizzative non è forse questa. E’ chiaro che c'è questa preoccupazione, cioè
che il modello sia economicamente sostenibile e che ci aiuti a gestire la tensione sul fronte
del fabbisogno economico e di risorse, ma chiaramente la priorità in termini concettuali è
quella di costruire delle risposte organizzative che siano più legate alla tipologia di
paziente.
Risponde Dott.ssa Annalisa Silvestro Direttore Servizi Assistenziali USL di Bolognae Presidente Federazione Nazionale Collegi IPASVIDico due cose velocemente. La strada è molto aperta, il week hospital medico ad esempio
è una proposta su cui si sta ragionando. La costituzione di un area specifica di dimissioni
complesse è un altra area su cui si sta lavorando. Questo ci porta alla domanda del Dottor
Fontana: l'integrazione con il territorio. Qui la palla spesso è stata rimbalzata da una metà
campo all'altra. L'ospedale si lamenta che il territorio non ha le strutture per accogliere, il
territorio dice che l'ospedale non sa fare la gestione delle dimissioni. Allora bisogna trovare
un punto di unione di queste due visioni. Evidentemente l'obiettivo di questi soluzioni
organizzative non è proporre un modello unico, ma cominciare a far ragionare su quali
sono le categorie di pazienti che hanno maggiori necessità di avere un presidio specifico
o di ‘stage management’. Il campanello d’allarme deve suonare dal secondo giorno di
ricovero. Io so che dal secondo giorno di ricovero qualcuno si deve cominciare ad
occupare di avviare la macchina organizzativa che mi porterà alla gestione della migliore
possibile dimissione di quel paziente. Di soluzioni organizzative oggi ce ne sono. Ma il
problema vero è che spesso si arriva tardi a gestire, cioè si arriva a gestire nel momento in
cui ormai si è pronti a dimettere. Il punto è come possiamo anticiparli e rendere magari
più efficiente la macchina organizzativa, individuando un’area in cui si concentrano le
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.63/161
situazioni più critiche, in cui magari possiamo cominciare a praticare qualcosa che
qualcuno teorizza come ‘ospitaly’.
Ad esempio in medicina generale individuare alcune aree specifiche collocate all'interno
dell’ospedale in cui alcuni medici di medicina generale garantiscano la continuità tra
l'ospedale e il territorio. Magari impostano il trattamento terapeutico o quello ospedaliero in
fase di dimissione che un po’ una delle ambizioni che c'è dietro questo modello.
Allora al di là del fatto che in Emilia Romagna c'è un modello un po’ diverso da quello
lombardo per cui le aziende (Usl) hanno anche il territorio, questo facilita alcuni passaggi,
ma comunque è evidente che in una organizzazione per livelli di complessità, io venga
facilitato nell'attivare il percorso di presa in carico sul territorio, perché sulla base dell'area
in cui posiziono l'ospite degente, io so già impostare il percorso di accompagnamento alla
dimissione.
Poi è ovvio che come azienda da noi, avendo in carico il territorio siamo facilitati
nell'attivare una serie di percorsi. Ad esempio, credo verso la fine del 2010, noi dovremmo
partire con dipartimenti di cure primarie che sono dipartimenti di produzione, mentre nella
mia azienda abbiamo dipartimenti funzionali, proprio sulla logica nata dalla riflessione sulla
complessità, tenderemo ad organizzare il dipartimento per le cure primarie, per quanto
riguarda l'assistenza infermieristica, ma questo incide in maniera significativa anche sulla
medicina generale, l'attivazione di nuclei per le cure primarie o unità territoriali.
Abbiamo suddiviso la funzione assistenziale in due grandi aree: quelle di tipo semplice,
quindi con una logica prestazionale nella quale gli infermieri fanno le prestazioni anche a
domicilio, da quella in cui attiveremo a continuità dell'assistenza, in cui ci saranno dei pool
multiprofessionali a prevalenza infermieristica che faranno la presa in carico.
Quindi se io ho una dimissione difficile, perché è un paziente complesso o perché ha
problemi significativi da un punto di vista clinico assistenziale, verrà presa in carico dalle
unità attraverso il Piano di Assistenza Individualizzato (P.A.I.) con un patto di temporalità
in modo da facilitare dimissioni complesse.
In questo caso ad esempio, ci organizziamo utilizzando la funzione di case manager che
sarà il professionista maggiormente in grado di comprendere ed eventualmente impostare
la miglior risposta ai bisogni dell'assistito. Potrebbe essere il medico, in base alla
situazione, se l'instabilità è alta. Potrebbe essere il fisioterapista o l'infermiere in base alla
necessità in cui pensiamo ci sia prevalenza. Allora l'infermiere case manager sarà colui
che tiene i contatti con l'unità ospedaliera, con il medico di medicina generale scelto
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dall'assistito e con il gruppo dell'équipe multiprofessionale che si farà carico della
continuità dell'assistenza.
Non lo so, per adesso ci pare di poter dire che un’organizzazione come quella che stiamo
mettendo in piedi dovrebbe facilitare questa possibilità di dimissione guidata, protetta e
impostata sulla continuità. Questo problema ce l'abbiamo anche noi in maniera
abbastanza significativa, perché è un problema evidentemente diffuso e dagli studi che
stiamo facendo spesso i ‘frequent user’ sono persone che non riescono a trovare una
risposta adeguata sul territorio. Ma la cosa che ci fa particolarmente riflettere, avendo
anche in gestione il territorio, è che molti dei ‘frequent user’ che risultano dalle nostre
rilevazioni non sono noti ai nostri servizi di assistenza domiciliare, il che ci ha fatto molto
riflettere perché evidentemente sfuggono al sistema.
Risponde Dott. Andrea Mentasti Direttore Generale, A.O. Ospedale S. Anna di ComoLa metà del tempo che passiamo in azienda è dedicato a determinare quali spese saranno
necessarie per far funzionare il nuovo ospedale, provando un po’ a calarsi nella realtà e
sporcandoci le mani.
Se voi verrete nella nostra realtà, diciamo fra diciotto mesi e fotograferete quale è la
situazione, non si capirà assolutamente nulla; nel senso che il nuovo ospedale ha una
serie di novità che prima non c'erano: strumentazioni, attivazioni di attività che prima non
esistevano, è cambiata la logistica, ecc. Noi siamo in un ospedale a padiglioni, saremo in
una struttura unica e questo cambiamento non è da poco soprattutto per certe figure
professionali
Si vogliono migliorare dei processi interni o introdurre attività che prima magari
zoppicavano. Allora la fotografia mette insieme una serie di modifiche che è difficile
misurare. Da questo punto di vista quando si parla di avere un po’ più di risorse è ovvio
per un ospedale come il nostro, ma credo che il ragionamento valga per Bergamo,
Legnano, Vimercate (anche se è una realtà che conosco assolutamente poco) Questo
però non ci deve far dedurre che questo modello occuperà più risorse, perché facciamo
una frittata con tutte le verdure. Detto questo, noi stiamo cercando di spostare il
ragionamento, dicendo ai suoi colleghi noi non vi diamo un infermiere in più, cioè il
modello nuovo dovrà funzionare a isorisorse, tutte le risorse in più serviranno solo per
l'attivazione di nuove attività.
Detto questo, di fatto, io sto dando più risorse, perché nel momento in cui, per esempio, le
ore sono state messe in gara tre anni prima di costruire l'ospedale, per cui noi abbiamo più
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.65/161
ausiliari di quelli che oggi stiamo usando, significa in altre parole che l'infermiere avrà più
tempo, perché scarichiamo l'infermiere rispetto ad un certo tipo di attività che giustamente
lei diceva non è appropriata e poi l'efficienza che nasce da un sistema, da
un’organizzazione soprattutto da una logistica completamente nuova, dovrebbe darci dei
vantaggi marginali notevoli, per cui il fatto che noi andiamo avanti a isorisorse, di fatto vuol
dire che io sto dando più risorse.
Come si può misurare con precisione questo effetto? Non lo so, sicuramente noi stiamo
ancora progettando il sistema, non è detto che quello che stiamo progettando non debba
essere modificato nel giro di sei mesi, dopo lo start up.
Sul tema delle risorse credo che difficilmente si potrà dare una risposta, soprattutto se la
risposta la chiedete a figure professionali come la mia che stanno riprogettando un
ospedale intero. E’ molto più facile misurarlo su un progetto che interessa una fettina di
ospedale, per esempio se questa parte di ospedale andava a cento e adesso va a cento
uno, risulta facile fare un bilancio. Ma se mettete in un unico calderone il tutto, l'ospedale
nuovo è assolutamente difficile da valutare.
In effetti, volevo convenire con quanto lei diceva, ma volevo portare anche la mia
esperienza. L'esperienza è come un pettine dato a un calvo, ognuno si deve fare la sua.
Ma per quanto mi riguarda, in realtà, l'aggiunta e l'integrazione è stata più verso le figure di
operatori socio sanitari che di infermieri. Erano quelli che si evidenziavano carenti. Infatti
se impostiamo l'assistenza infermieristica in un certo modo, ho bisogno di qualcuno che
svolga attività non appropriate e non pertinenti agli infermieri, quindi, da questo punto di
vista, mi viene da dire che se avete questo tipo di impostazione probabilmente è la chiave.
Servono anche i metodi di pesatura dei livelli di complessità come orientamento per la
definizione della quantità di risorse; questo è indubbio. Poi, ovviamente, bisogna fare i
conti anche con la risorsa economica che viene messa a disposizione. Per quello che
posso ribadire ancora, dovrebbe razionalizzarsi.
Infine per l'utilizzo delle risorse, dove abbiamo attivato questa sperimentazione, l'azienda
ovviamente ha messo in atto corsi di incentivazione all'impegno professionale e allo sforzo
per il cambiamento, ma questo penso sia una cosa abbastanza normale.
Risponde Dott. Giancarlo Fontana Direzione Generale Sanità, Regione LombardiaIn realtà quello che noi osserviamo di questa proposta di modello di ingegnerizzazione del
sistema, chiamiamolo come vogliamo, è che non esiste l'ospedale che si trasforma o tutti
gli ospedali che si trasformano in un certo modo. L'impressione è che ogni ospedale
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.66/161
debba attivare percorsi interni che tengono conto dei professionisti della struttura e della
sensibilità dell'aspetto formativo.
Devono essere fatte una serie di valutazioni che competono al singolo Direttore Generale
dell'ospedale che in qualche maniera deve cercare di estrapolare a priori se sarà
necessario avere più risorse o meno risorse, se queste risorse dovranno essere destinate
ad una cosa piuttosto che ad un'altra. A priori diventa abbastanza complesso, quindi
l'atteggiamento è quello di osservare; nei prossimi mesi ci saranno queste complessive e
quasi contemporanee implementazioni di nuove strutture, con modelli organizzativi
verosimilmente simili, ma non identici. Valutare a posteriori quali esigenze, anche magari
in termini formativi e non stiamo parlando di aspetti economici, ho citato l'aspetto formativo
perché mi sembra uno degli elementi cruciali di questo processo di trasformazione, sia
per l'aspetto infermieristico che per quello medico.
Ecco, dicevo, stiamo ad osservare quali potrebbero essere queste evoluzioni.
Successivamente queste esperienze potranno trovarsi ad un tavolo di trattativa e
ragionare su questa partita che evidentemente seguirà dei canali che non sono oggetto di
discussione in questo momento .
Domanda Dott.ssa Chiappa Laura Direttore Sanitario, A.O. Ospedale S. Anna diComoRubo anch’io un minuto per porre una domanda alla Dottoressa Silvestro e poi al Dottor
Fontana.
La dimissione è il momento che ci sta vedendo sottolineare come momento critico perché
non stiamo parlando soltanto di assistenza domiciliare e quindi del paziente che va a casa
sua e io gli fornisco delle prestazioni, situazione che le varie Asl della Lombardia riescono
a soddisfare con dei modelli differenti, con delle prestazioni che non sono sempre
omogenee, ma il problema che abbiamo a Como, è che il paziente che non è ancora in
grado di essere gestito al domicilio e non è un paziente da riabilitazione, al massimo
potrebbe essere un paziente da Rsa, ma uscire dall'ospedale e andare direttamente in
Rsa non è percorso corretto, cosa ne faccio di questo paziente?
Il caso tipico è l'anziano che è stato sottoposto ad intervento per frattura di femore. Non
può caricare sull’arto e non lo posso portare in riabilitazione, perché gli standard regionali
mi dicono che la riabilitazione è da quando fa riabilitazione attiva, quindi io cosa ne faccio
di questo paziente?
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.67/161
Allora abbiamo provato ad ipotizzare delle soluzioni con una Rsa, con dei posti che
abbiamo battezzato “posti di sollievo” copiando da alcuni colleghi di Varese. Abbiamo
avuto degli inciampi non piccoli con l'Asl, perché ci hanno chiesto che quei posti non
fossero accreditati o quantomeno non fossero sul pacchetto sociale, perché se questa
situazione si sviluppa sui posti accreditati come Rsa e quindi come famiglia, loro
avrebbero perso l'accreditamento su quei letti o gliel'avrebbero quanto meno sospeso.
Allora abbiamo pensato di metterli sui letti accreditati alla parte sanitaria che per nostra
fortuna questi letti non sono ancora stati attivati. Partono con il percorso di autorizzazione
e probabilmente glieli accrediteranno. Però quando porto lì questi pazienti, li pago io per
cui il mio Direttore Generale, prima o poi mi tira le orecchie, perché facendo un contratto
con questa Rsa vado in realtà a comperare dei posti letto che pago da bilancio per non
mettere in carico niente al paziente, se così non fosse il paziente se ne andrebbe da altre
parti .
Di fatto, quindi, mi ritrovo ad avere un aggravio di bilancio che mi potrebbe anche andare
bene per alcuni numeri, perché libero il posto per acuto e riesco ad ottimizzare l'utilizzo dei
letti. In Emilia Romagna queste situazioni intermedie ci sono? Ci state pensando? A mio
parere la Lombardia deve cogliere l'occasione di pensare tra sanità e famiglia e trovare
una soluzione rispetto a queste opportunità e a questi problemi perché sono i problemi che
in ospedale viviamo tutti i giorni.
Risponde Dott.ssa Annalisa Silvestro Direttore Servizi Assistenziali USL di Bolognae Presidente Federazione Nazionale Collegi IPASVIIn Emilia Romagna, nello specifico nella mia azienda, abbiamo delle unità operative
cosiddette “post acuti di gestione infermieristica”, dove vengono inseriti degenti, se non ho
capito male, che si trovano nella situazione da lei descritta. Questi pazienti non sono
ancora del tutto dimissibili nella logica della presa in carico sul territorio perché richiedono
ancora una fase di stabilizzazione sia clinica che assistenziale. Nell’azienda Usl di
Bologna, dove io lavoro ne abbiamo due: una unità post acuti inserita nell'ospedale
Maggiore e una unità post acuti inserita nell'ospedale Bellaria. Sono a gestione
infermieristica e sono un punto di appoggio qualificato delle diverse unità operative prima
della dimissione, quindi è stato trovato questo percorso, però chiaramente sono ancora in
ospedale .
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.68/161
Risponde Prof.ssa Stefania Di Mauro Professore Associato ScienzeInfermieristiche, Università degli Studi di Milano Bicocca
Per quanto riguarda l'apparente uguaglianza che chiedeva il Dott. Goggi sulla complessità
assistenziale e nelle aree a diversa intensità, un andamento di questo genere ce lo
aspettavamo, ma non così marcato. Sinceramente ha stupito anche noi. Lo leggiamo in
questo modo: non solo la patologia va ad incidere su questo indicatore, ma anche altri
diversi fattori come l'età della persona, variabile che incide tantissimo in relazione alla
grado di dipendenza o alle capacità residue. Inoltre, a seconda del linguaggio che
utilizziamo, c'è una influenza di queste variabili a parità di diagnosi medica o di intervento
chirurgico o se vogliamo di Drg. Questa influenza è enorme e determina una amplissima
variabilità .
Nelle aree delle 25 Aziende Ospedaliere dove è stata fatta la ricerca, abbiamo ritrovato, ad
esempio fra le 5 o 6 Neurochirurgie, delle variazioni di complessità che leggendo
approfonditamente i dati sono ascrivibili sicuramente alle condizioni dei pazienti, ma anche
alle diverse soluzioni organizzative, per esempio al fatto di avere o non aver alcuni letti di
subintensiva neurochirurgica.
Inoltre le unità operative che a parità di classificazione abbiamo trovato con maggiore
complessità assistenziale sono le geriatrie.
E questo è abbastanza significativo. Prima si parlava, non mi ricordo in quale intervento,
che l’intensità di attività infermieristica richiesta da una terapia intensiva era alta, non
voglio certo negarlo, ma qual é l'intensità di attività infermieristica che è richiesta da un
ambito geriatrico? E’ qualcosa che adesso incominciamo a misurare. Lo sapevamo, lo
sospettavamo, il nostro intuito infermieristico l’ha sempre saputo, ma adesso lo possiamo
misurare.
Tra l'altro facciamo attenzione: non sempre il livello maggiore di dipendenza è quello che
impegna di più l'infermiere. Infatti quando c'è una persona che sta muovendosi dalla totale
dipendenza verso un recupero, quella persona per esempio che non è più allettata e fa
una serie di attività, tutto sommato, abbastanza velocemente, chiede comunque tempi e
modi che incidono molto sulla complessità del caso e sulla quantità e qualità del tempo.
Io non so a cosa si riferiva quando diceva: abbiamo trovato dei risultati un po’ diversi.
Anche Vimercate era una delle 25 aziende ospedaliere in cui abbiamo fatto la rilevazione.
L'altra cosa che volevo dire riguarda tangenzialmente, ma neanche tanto, la domanda del
Dott. Fontana sul fatto che questo modello coinvolge una realtà sanitaria ospedaliera e
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.69/161
post ospedaliera o territoriale. Noi stiamo iniziando ad applicare questo metodo presso
l'Azienda Ospedaliera di Lecco, fra poco incominceremo a diffonde i primi risultati .
Ci siamo accorti dai i primi lavori che i pazienti che vengono dimessi da una determinata
unità operativa, in molti casi, rimangono ad alta complessità assistenziale, pur nel
momento in cui hanno una chiusura della situazione medica.
L'alta complessità assistenziale dei dimessi rimane molto alta, questo evidentemente
impatta o dovrà impattare in modo importante sui servizi offerti dalla realtà territoriale che
dovranno essere, consentitemi il termine, intensivi. Personalmente non intervengo sulle
altre domande perché non è mia competenza, anche se ritengo che chi si occupa di
formazione debba essere molto attento a questi segnali che provengono dalle realtà
operative. Noi guardiamo con molto interesse a questa esperienza dell'Emilia Romagna
delle unità di post acuti, infatti fra miei studenti della post specialistica, numerosi li mando
a fare gli stage presso queste strutture. Sono una soluzione che consente in parte di
gestire questa problematica.
Risponde Dott.ssa Rita Maricchio Responsabile Infermieristico ASS n.5 BassaFriulanaLa risposta alla prima domanda posta dal Dott. Goggi è che il M.A.P. non si fonda sui
DRG, ma abbiamo voluto avere i corrispondenti (DRG e codice SDO) e vedere quale era
la relazione tra il peso utilizzato fino ad ora e il peso che lo strumento M.A.P. ha elaborato
ex novo.
Probabilmente prima non mi sono spiegata bene. Ovviamente per motivi di tempo e per
orientamento della relazione non potevo farvi vedere quale è stato il percorso dello
strumento M.A.P., quindi se qualcuno avesse necessità ed interesse di vedere sono a
disposizione.
Anche il M.A.P. sta translando lo strumento sul territorio. In questa direzione stiamo
lavorando con le colleghe dell'Emilia Romagna per tarare lo strumento utilizzato nella
medicina e nelle chirurgie sul territorio, ovviamente dando per scontato di trovare sul
territorio una bassa instabilità chirurgica, quindi abbattendo l'asse dell’instabilità clinica e
dando maggior peso all'autonomia - dipendenza.
Io sono una responsabile di una Residenza Assistenziale del Friuli Venezia Giulia e anche
per noi aumenta l'incidenza di persone che non riescono ad andare al domicilio
direttamente dopo un ricovero. Vista l’innalzamento dell'età media, stiamo istituendo dei
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.70/161
posti all'interno delle Rsa a gestione infermieristica e quindi cercando in qualche modo di
dare una risposta a quello che lei diceva.
L'altra soluzione trovata dalla mia azienda, in particolar modo dall'azienda Cinque della
Bassa Friulana, è stata quella di attivare dei progetti speciali per persone che potevano
essere rimandate a domicilio con dei care givers particolarmente collaboranti, attivando,
anche noi abbiamo la situazione di gestione diretta del territorio, dei percorsi “intensivi” in
collaborazione con i servizi sociali. Per questo è stata ancora più importante la pesatura
della persona e l'identificazione delle variabili che ci permettono di portare questa persona
al domicilio. Questi pazienti hanno comunque degli interventi socio sanitari intensivi che
arrivano a tre accessi al giorno, quindi solamente per casi dedicati, ovviamente non per
tutti.
Dott. Andrea Mentasti Direttore Generale, A.O. Ospedale S. Anna di ComoCredo che sia emerso un quadro teorico e anche in parte pratico molto interessante.
Dall'altra con un minimo d’orgoglio per la nostra regione, credo che fra qualche anno,
diciamo un anno o un anno e mezzo, i modelli di Vimercate, di Legnano, di Como e di
Bergamo saranno forse gli unici in Italia veramente funzionanti sulle grandi dimensioni.
Stiamo parlando di ospedali che vanno dai 700 ai 900 posti letto. Per cui se oggi voi siete
consulenti che noi utilizziamo, credo che dall'anno prossimo, sarete voi ad utilizzare noi
come banche dati, per avere tutte le informazioni necessarie. Credo che lo sforzo della
regione messo in atto oggi, sia stato notevole perché non sta tanto nel costruire 4/5 nuovi
ospedali, quanto averli anche pensati sei o sette anni fa con questa logica. E’ un aspetto
di cui dobbiamo tener conto, dare merito a chi ha fatto questa attività di programmazione.
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Sessionedel
Pomeriggio
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Moderatori :Dott. Claudio Sileo Direttore Sanitario, A.O. OspedaliRiuniti di BergamoDott. Ettore Ongis Direttore L'Eco di Bergamo
Lettura Magistrale
Lo scenario lombardo
Dott. Giancarlo Fontana Direzione Generale Sanità, RegioneLombardia
Vi porto innanzitutto i saluti del Dottor Lucchina che come diceva
il Dottor Sileo ha avuto questo impegno improvviso e quindi non è
riuscito a venire. Il Dottor Lucchina ha pregato però di portare i
suoi saluti e di complimentarsi con gli organizzatori, in primis con
il Dottor Bonometti, Direttore Generale, ma anche con il Dottor
Sileo e tutti coloro che hanno organizzato questo incontro di cui
effettivamente si sentiva la necessità.
L’argomento trattato oggi è uno di quelli su cui effettivamente in assessorato si sta
discutendo, perché Regione Lombardia ha iniziato in modo abbastanza rapido e veloce, e
soprattutto con un numeri abbastanza grossi, sperimentazioni di un modello strutturale che
in qualche maniera potrebbe apportare sostanziali e radicali modifiche in ambito
organizzativo e non solo, ma, come molti di noi si aspettano, anche sulla qualità delle cure
erogate al paziente stesso.
Questa mattina è stato più volte ricordato, anche da relatori molto più autorevoli di me che
i cambiamenti socio-demografici, i cambiamenti diagnostico-terapeutici, con la disponibilità
di procedure molto complesse, i cambiamenti della stessa popolazione e delle esigenze,
della sensibilità della stessa, hanno reso probabilmente, anzi sicuramente, vecchio il
modello dell’ospedale che conosciamo tutti e che fra l’altro è un modello che risale a
moltissimi anni fa, forse a troppi anni fa (slide 2).
Quindi direi che è nell’ordine delle cose a questo punto, che si debba trasformare questo
modello.
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.74/161
D’altra parte è un problema su cui effettivamente la discussione è aperta da tempo.
Una delle possibilità, forse quella che sembra attualmente la più percorribile, peraltro già
percorsa da modelli anglosassoni o dei paesi del Nord dell’Europa, potrebbe essere
questa dell’ospedale articolato per livelli di assistenza e di cura di tipo trasversale.
Questo passaggio è a mio avviso un po’ più ampio rispetto alla visione di una
ristrutturazione ospedaliera. Potrebbe passare anche attraverso una riorganizzazione più
estesa del sistema dell’offerta di servizi, cosa che peraltro si sta già facendo diffusamente,
magari non ancora a livello percettibile o percepito.
In altri termini, voi conoscete quello che si sta facendo in termini di “rete di patologia”.
In termini di “rete di patologia” si sta cercando di integrare le offerte, le strutture, le qualità,
le competenze ospedaliere a livello regionale e non più a livello locale o provinciale,
definendo anche dei livelli competenza, di capacità e di risorse all’interno delle singole
strutture ospedaliere.
Parallelamente a questo tipo di articolazione che è un po’ più ampio, si affianca questo
discorso trattato oggi, cioè la riorganizzazione, nell’ambito di questi reti, anche delle
strutture ospedaliere, dei loro modelli di offerta, dei loro modelli di assistenza e più in
generale della loro struttura complessiva.
Un aspetto che fin dall’inizio voglio sottolineare è che queste rielaborazioni, questi ulteriori
passaggi verso una riorganizzazione del sistema dell’offerta sanitaria e qui mi limito
semplicemente a parlare della parte ospedaliera non della parte post e pre ospedaliera,
passa assolutamente e deve passare assolutamente, attraverso il coinvolgimento dei
professionisti. Per coinvolgimento dei professionisti non intendo il coinvolgimento solo in
fase di progettazione o definizione, ma intendo il coinvolgimento dei professionisti in
itinere, sia dal punto di vista della collaborazione che della predisposizione dei modelli che
si intendono percorrere all’interno dell’ospedale e non da meno in termini culturali.
Vi accennavo stamattina che uno degli aspetti più critici per l’implementazione di queste
nuove ingegnerizzazioni dei sistemi sia proprio legato alla consapevolezza e quindi alla
conoscenza e alla formazione che i clinici devono avere per accettare ed aderire, anche in
modo positivo e in termini propositivi evidentemente, a queste nuove tipologie di
organizzazione.
Lasciatemi spendere alcune parole sull’organizzazione in rete perché ritengo che
qualunque sia il modello che verrà calato, partendo dal modello originale del sistema a più
livelli e qualunque modello verrà calato nelle singole strutture ospedaliere, non potrà
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.75/161
prescindere dal concetto che gli ospedali non sono singole entità, non sono ospedali
collocati in un territorio dove c’è il nulla in termini di altre strutture ospedaliere, ma sono
delle strutture ospedaliere che devono agire in rete, vuoi come centri di livello qualitativo e
quantitativo elevato, vuoi come centri che in Emilia Romagna definiscono “spoke”, ma che
comunque sono centri che hanno, ad esempio in un contesto di cui si parlava stamattina di
dimissione protetta dell’ospedale, ruoli fondamentali anche per il funzionamento dei centri
di livello più elevato.
Che la logica della rete sia una logica ineluttabile, nel senso buono del termine, ormai è
abbastanza noto da tempo, sia per l’evoluzione epidemiologica che per i mutamenti
istituzionali, le varie leggi nazionali e regionali che hanno articolato l’organizzazione
sanitaria così come la conosciamo oggi, che per le nuove tecnologie; tutto ciò ha fatto si
che l’organizzazione sanitaria in qualche modo si modificasse o si debba modificare nelle
aree in cui non è ancora stata presa questa decisione.
Contemporaneamente, qui ritorno sul discorso dei professionisti, la progressiva
specializzazione e questo se ci pensate è un po’ in contrasto con quanto ci siamo detti
stamattina e le competenze integrate hanno fatto sì che i professionisti, all’interno di
questo sistema, progressivamente abbiano acquisito competenze, ruoli e capacità
differenziate ma necessariamente da integrarsi.
Questo aspetto vale sia per l’entità ospedaliera che per la componente di integrazione
extra ospedaliera e da qui la logica della rete.
Logica della rete risponde a due esigenze appunto: la progressiva specializzazione del
sistema, quindi anche delle strutture ospedaliere e l’esigenza di integrare le autonomie
che si sviluppano all’interno di questa progressiva specializzazione (slide 3).
Da questo punto di vista sono state create abbastanza recentemente, attraverso atti
regionali, tutta una serie di impostazioni che tentano di integrare le strutture ospedaliere in
livelli complessi per patologia.
In altri termini, il principio guida di questa ipotesi, che poi non è più un’ipotesi, è quella di
fornire al cittadino, ovunque il cittadino si trovi in un ambito del territorio regionale, le
stesse opportunità facendo si che il cittadino debba in qualche modo evitare di pellegrinare
per avere una diagnosi o per avere una consulenza specialistica all’interno di questo
sistema.
Uno degli esempi, il più recente, è la rete ematologica che integra una serie di strutture di
elevato livello, raggruppando una serie di ospedali che avranno poi il ruolo e il compito di
far ricadere sulle strutture delle competenze in termini di cultura, in termini di protocolli, in
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termini di scienza; ma oltre a queste competenze anche quelle tecnologiche, quindi
l’aspetto del sistema di raccolta dati, del minimun data set d’informazioni e soprattutto di
integrare culturalmente i professionisti che lavorano all’interno (slide 4).
Questo ambito di integrazione riguarda, o dovrà riguardare, anche gli assetti organizzativi
all’interno delle singole strutture. L’assetto organizzativo è chiaramente dipendente dalle
nuove scelte locali o dalle scelte che vengono fatte in base alle nuove ristrutturazioni
ospedaliere, ovvero anche ad esempio in ospedali articolati per livelli.
Un altro esempio, qui siamo entrati ancora più nel dettaglio definendo dei livelli specifici, è
la rete per la gestione dello “stroke”. Vado via abbastanza veloce perché m’interessava
puntualizzare solo il concetto che l’ospedale prima ancora di essere articolato per livelli di
intensità di cure, debba comunque essere inserito e si debba tener conto di un sistema
rete (slide 5).
Questo è un altro aspetto a cui fa riferimento un recente Decreto Regionale sul
trattamento del paziente con infarto acuto (slide 6).
E’ un aspetto più ampio che ha come linea l’articolazione tecnologica e informatica del
sistema che si sviluppa abbastanza paradossalmente e in modo simile rispetto al concetto
di ospedale per livelli.
In regione si sta cercando di integrare tutte le informazioni attraverso il sistema informativo
regionale in una piattaforma di rete su cui si inseriscono singole patologie (slide 7).
Questo che potrebbe essere interpretato come avulso dal discorso di oggi, in realtà ha un
suo stato fondamentale se considerate che uno degli elementi di maggiore criticità è
proprio la circolazione delle informazioni.
Se considerate che l’idea di far collaborare più clinici contemporaneamente sul medesimo
paziente, o meglio più professionisti delle sanità sul medesimo paziente, cercando in
qualche modo di creare e integrare un percorso del paziente il più efficace ed efficiente
possibile, passa attraverso lo scambio di informazioni e che quindi non sarà più il singolo
clinico a gestirsi l’informazione, o pochi soggetti, ma dovrà essere un’informazione
trasversale, capite che l’aspetto di integrazione tecnologica diventa prioritario.
Vi rubo solo due minuti per sottolinearvi un passaggio che mi sembra molto interessante.
Noi siamo abituati a considerare il concetto di rete come un concetto di insiemi di oggetti
che in qualche maniera interferiscono tra di loro e che hanno delle regole
comportamentali.
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.77/161
In realtà, il concetto di rete, questo mi piace sottolinearlo perché amplia molto la visione
che comunemente si ha di questa idea, è un concetto che si estende al di là di quanto
stiamo dicendo in questo momento.
Questa è una diapositiva difficilmente interpretabile (slide 10). E’ una rete, una
raffigurazione di rete di uno studio inglese pubblicato su NEJM che dimostra
sostanzialmente la correlazione tra obesità e fattori di rischio. Il fatto di essere amici di
soggetti obesi moltiplica del 170% il nostro rischio di obesità.
Quindi l’idea di valutare le reti come sistemi banalmente connessi ha delle implicazioni
notevoli; voi immaginate quale implicazione può avere questo concetto se entrassimo a
discutere di prevenzione o di valutazione del rischio cardiovascolare.
Questo è semplicemente per darvi un’idea di quale può essere l’estensione di valutazione
della rete.
Tornando al nostro discorso sulla riorganizzazione ospedaliera, è chiaro che noi abbiamo
in qualche modo ereditato un concetto anglosassone che passa quasi sempre attraverso
una separazione della responsabilità clinica dalla responsabilità gestionale e questo
secondo me è un passaggio importante.
Se vogliamo seguire i modelli non italiani, le figure professionali che qui vedete descritte
(slide 12) che tutto sommato potrebbero corrispondere a quelle italiane, potrebbero essere
le figure che in qualche modo hanno la gestione di queste strutture trasversali. Questo
secondo me è un elemento di estrema importanza e forse uno degli elementi di maggior
difficoltà nell’implementazione del sistema stesso.
L’aspetto strutturale, come diceva questa mattina il Professor Lega, è un aspetto che
spesso pongono architetti e ingegneri che progettano gli ospedali. Successivamente in
qualche maniera le Direzioni Sanitarie, attraverso il buon senso, riescono a definire ed a
piegare la struttura alle esigenze dell’organizzazione.
L’aspetto legato ai differenti ruoli e ai differenti compiti nell’ambito di un contesto come
questo rappresenta un elemento di estrema criticità.
Quindi la proposta di queste nuove soluzioni organizzative, come è stato già richiamato
questa mattina, è sostanzialmente un modello organizzativo strutturato per bisogni (slide
13). Questo credo sia l’elemento importante; poi che i bisogni siano clinici, assistenziali o
quant’altro, possiamo discuterne, ma sicuramente strutturato per bisogni e non per organi
o per apparati, frutto della tradizione che conosciamo bene.
Si è scelto arbitrariamente, del tutto arbitrariamente, di dividerlo in alta, media, bassa. Si
poteva scegliere di dividerlo in quattro o in due o in cinque. Si è scelto di dividerlo in tre,
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.78/161
verosimilmente per semplicità. Questo è abbastanza singolare perché vi ricordo ad
esempio che i codici di accesso in pronto soccorso sono tre, i codici che si utilizzano in
pre-ospedaliero sono tre, quindi c’è una certa continuità e questa non è banale. C’è
continuità fra quanto avviene in fase pre-ospedaliera, dipartimento d’urgenza emergenza e
codifica successivamente all’interno di una struttura ospedaliera.
Questo si traduce in un superamento di questo modello tradizionale, in un cambiamento
delle pratiche gestionali e soprattutto in una collaborazione interdisciplinare.
Io non spendo altre parole sugli aspetti teorici o di implementazione del sistema, anche
perché, come dicevo questa mattina, credo che non esista la ricetta, il modello uguale per
tutti. Credo che esista la capacità e l’intelligenza di chi poi dovrà calare questo impianto
teorico all’interno delle proprie strutture ospedaliere di considerare una serie di variabili,
una serie di elementi strutturali, economici, qualitativi ecc. Soprattutto di considerare la
sensibilità del sistema delle proprie strutture quindi non c’è evidentemente un unico
modello che vada bene per tutti (slide 14,15,16).
Possono esserci dei suggerimenti, degli spunti, degli elementi di riflessione su cui, come
Direzione Generale, riteniamo di dover richiamare la vostra attenzione.
Fermo restando che ormai questo processo di cambiamento credo sia abbastanza
assodato e pressoché ineluttabile, per alcuni versi forse anche auspicabile, uno degli
elementi su cui noi vorremmo riflettere è che l’intensità delle cure non è l’unico elemento
che deve guidare questo cambiamento (slide 17). Questo è uno degli elementi guida,
anche se spesso viene identificato di fatto come il nuovo ospedale, in realtà non l’unico
elemento. Oggi evidentemente il convegno è articolato e centrato su questo, ma non
stiamo parlando solo di questo, stiamo parlando di ben altro.
La prospettiva secondo noi deve considerare tutti gli attori del sistema. Chi avrà il compito
di calare all’interno della propria struttura ospedaliera i concetti esposti questa mattina e
far tesoro delle esperienze presentate, dovrà considerare evidentemente anche la
direzione complessiva del sistema, le professioni sanitarie, i clinici, la direzione nel suo
complesso. Io parlo dell’azienda compreso il territorio e l’articolazione territoriale del
sistema, il pre e il post ospedale e il paziente evidentemente.
Qui è per ultimo, ma l’ho messo per ultimo perché mi da la possibilità di parlare un po’ di
più. E’ evidente che il paziente in questo caso dovrebbe avere, fin dall’inizio, un ruolo non
dico di co-progettazione, ma quanto meno di ascolto.
Quindi secondo noi nella fase di progettazione è importante fin dall’inizio coinvolgere
anche i pazienti. Chiaro non i singoli, ma le associazioni dei pazienti. Questo dovrebbe
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essere un elemento qualificante della modalità di progettazione delle nuove strutture e dei
nuovi percorsi.
Questa mattina si è parlato della valutazione della complessità assistenziale, della
valutazione dell’instabilità clinica. Sostanzialmente della gravità del paziente. Esistono
ancora evidentemente molti dubbi, molte difficoltà nel gestire questo tipo di problematiche
(slide 18).
Probabilmente da questo punto di vista la valutazione dell’intensità assistenziale o della
complessità assistenziale è un po’ più avanti rispetto ad una valutazione della gravità
clinica.
La classica valutazione della gravità clinica è stata fatta in passato, ad esempio nei reparti
intensivistici, con vari punteggi. Qui credo sia più complicato, ad esempio in
considerazione del fatto che il dipartimento di urgenza ed emergenza dovrebbe avere il
compito fin dall’inizio di articolare un livello di gravità del paziente e terminata questa fase
di assegnarlo alle strutture competenti per livelli. Su questi aspetti credo che non ci sia
ancora certezza, condivisione e probabilmente neanche tanto consenso.
Questo è un altro degli elementi su cui probabilmente la regione dovrà giocare un ruolo
quanto meno di aggregazione delle competenze per tentare di identificare degli elementi
comuni.
E’ già stato ricordato che ci sono tre livelli e ci sono tutta una serie di sistemi abbinati o
collegati a questi livelli (slide 19). Sottolineo il passaggio attraverso il dipartimento di
urgenza ed emergenza che rappresenta la porta dell’ospedale, non solo in senso letterale,
ma anche per dare accesso al paziente ai livelli che si ritiene opportuno attribuire. Su
questo è chiaro che evidentemente conterà un ruolo di Regione Lombardia su una
comunione dei parametri e degli intenti oltre che un consenso interno.
Altro elemento di criticità che noi ravvisiamo è le modalità e la tipologia di passaggio
all’interno di questi livelli.
Credo che al di là degli enunciati di principio, in realtà molto spesso il passaggio potrebbe
non essere guidato solo dal criterio dell’intensità assistenziale, ma probabilmente anche
da criteri di necessità, di indispensabilità e quant’altro.
Quindi ravvisiamo come elemento di criticità proprio la necessità di definire correttamente
e precisamente quali e in che termini debbano essere le regole.
Lascio perdere la classificazione dei livelli, ma sicuramente il primo livello evidentemente è
un livello che ha bisogno di centralizzazione delle risorse, ha bisogno di una polivalenza.
In questo momento c’è una sperimentazione su questo in un ospedale di Milano,
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l’ospedale San Carlo, in cui è stata centralizzata la gestione del paziente critico. Per
paziente critico intendo il paziente non da terapia intensiva o post chirurgica, ma ad
esempio il paziente con problemi di tipo respiratorio che necessita di assistenza
ventilatoria non in ambito intensivistico, il paziente neurologico, quindi la classica stroke
unit e paziente di “T.I.P.O.” (Terapia Intensiva Post Operatoria) con problemi cardiaci con
grave scompenso o con situazioni simili. La sperimentazione che sta facendo il San Carlo
è una sperimentazione che sta dando ottimi risultati.
Prevede l’aggregazione di posti letto non etichettati, con una gestione infermieristica e con
una gestione clinica non esclusiva.
E’ inutile che parliamo del paziente polipatologico, soprattutto in fase acuta. Sicuramente
una gestione trasversale clinica, do per scontata quella assistenziale, in un contesto di
questo genere, credo che possa solo giovare al paziente, avendo competenze
multispecialistiche e non la classica richiesta di visita parere, che penso ancora vada per
la maggiore.
Il livello due credo che non sarà mai un livello così comune. Probabilmente dovrà risentire
di una certa divisione indispensabile, ancora per un lungo periodo di tempo, non so se per
la spinta dei clinici o per le oggettive valutazioni da parte delle Direzioni Sanitarie. Su
questo evidentemente i modelli saranno ripercorribili rispetto alla situazione pre-esistente.
In questo contesto forse diventa ancora più importante classificare il paziente in termini sia
di esigenza assistenziale che in termini di gravità clinica.
Uno degli aspetti secondo me più critici è l’ultimo livello.
L’ultimo livello corre il rischio di diventare un parcheggio, un posto in attesa di trovare
qualcosa fuori dall’ospedale. E questo secondo me è un elemento di criticità importante,
molto importante. Evidentemente prevede collaborazioni di strutture che non sono solo
ospedaliere, ma prevede anche la necessità di una presa in carico in termini di esigenze
prevedibili alla dimissione, immediate da parte della struttura ospedaliera, onde evitare
che la caposala debba trovare contesti ragionevolmente possibili per il paziente un quarto
d’ora prima rispetto alla dimissione. Questo secondo me rappresenta una grossa sfida per
le direzioni che dovranno articolare questo passaggio.
Il coordinamento interprofessionale credo che sia la chiave di volta di questo cambiamento
(slide 20).
Questo passa attraverso l’utilizzo di sistemi informativi unici. Attualmente non possiamo
parlare di sistema unico regionale inteso come cartella clinica unica; sicuramente ci
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dev’essere una cartella clinica unica di area o di sistema o di struttura. Questo penso che
sia indispensabile (slide 21).
Altro concetto, che spesso appartiene più agli anglosassoni che agli italiani, è quello della
trasmissioni d’informazione diretta, quella che viene definita conoscenza non scolastica e
questo passa attraverso attività di briefing di reparto, piuttosto che di riunioni periodiche
(slide 22). Questo aspetto a mio parere diventa molto più centrale rispetto a quanto
attualmente viene perseguito con la disposizione per unità che abbiamo adesso. Le
motivazioni sono ovvie, però sicuramente non ha senso gestire una struttura in modo
orizzontale quindi con più elementi, senza che i professionisti sanitari abbiamo il modo e il
tempo di discutere e di parlare tra di loro.
Questo va da sé che presuppone percorsi clinici integrati e cartelle cliniche integrate.
Sulla dimissione ho già parlato in termini di presa in carico precoce del paziente.
In regione stiamo già configurando un percorso specifico per alcune tipologie di pazienti.
Nel percorso si tiene conto anche della componente “socio” e non solo “sanitaria”. Ne
parlavo poco fa con una collega. Ad esempio lo stiamo facendo sui pazienti con gravi
disabilità neurologiche e con la “Direzione Generale Famiglia”. Stiamo tracciando una
delibera che ricomprenda il percorso complessivo del paziente fino ad arrivare
all’assistenza domiciliare, in un unico percorso che preveda tutte le varie articolazioni.
Abbiamo cominciato con questa tipologia di pazienti, pazienti con gravi lesioni del moto-
neurone, con sclerosi laterale amiotrofica che hanno purtroppo un percorso abbastanza
simile. Spesso le fasi finali delle patologie sono abbastanza sovrapponibili. Questo è un
tentativo che stiamo facendo per cercare di capire quali possono essere gli elementi non
tanto di unione, ma soprattutto di difficoltà per evitare i salti che spesso esistono fra un
“sistema sanitario” e un “sistema socio sanitario”.
Che cosa abbiamo fatto in regione?
Per il momento, a parte i richiami soliti che si fanno al piano socio sanitario regionale e ad
una delibera delle regole che parla di intensità di cura (la delibera delle regole del 2008 sul
2009), in questo momento abbiamo attivato un progetto che ha il compito di definire i
criteri per inquadrare il paziente fin dall’ingresso in ospedale (slide 23). Mi riallaccio a
quanto dicevo prima per verificare se esistono dei modelli che possono diventare, o
potrebbero diventare, modelli regionali per articolare la valutazione, non solo di intensità
assistenziale ma anche gravità del paziente, cercando di capire quali possano essere le
modalità attraverso le quali un paziente che accede al pronto soccorso può o debba
essere indirizzato ai vari livelli .
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.82/161
In tutto questo, come diceva questa mattina una collega relatrice, esiste una difficoltà
legata all’accettazione di questa rivisitazione del modo di gestire il paziente, per altro già
ben sperimentato in altri contesti. In parte probabilmente per corporativismo, oppure per
paura del cambiamento o per ignoranza nel senso di non conoscenza del modello stesso.
Credo che uno degli aspetti su cui come regione potremmo lavorare, per altro lo stiamo
già facendo, è quello del coinvolgimento delle società scientifiche (slide 25); per società
scientifiche non intendo solo quelle mediche, ma anche quelle di tutti i professionisti della
sanità. Coinvolgere queste società all’interno di gruppi, con l’obiettivo di permetterci
attraverso di esse di coinvolgerne anche altre perché questo modello possa venire, non
dico accettato, ma quanto meno descritto, presentato e conosciuto.
Immagino che tutti voi conosciate il documento della FIC, ovvero la Federazione Italiana
dei Cardiologi in cui viene espressa una fortissima perplessità, e sto usando un
eufemismo, su questo tipo di modello. Ciò nonostante noi abbiamo chiesto, ad esempio
nel decreto di cui vi parlavo poco fa, che questa articolazione comunque debba
svilupparsi.
Credo che sia solo un problema di comunicazione, come spesso succede e che
probabilmente succederà in molti ospedali che implementeranno questo modello.
Ecco forse Regione Lombardia in questo ambito può svolgere un ruolo importante.
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.83/161
(slide 1) (slide 2)
(slide 3) (slide 4)
(slide 5) (slide 6)
Il modello assistenziale per intensitIl modello assistenziale per intensitàà di cure nel di cure nelNuovo Ospedale: aspetti teorici ed applicativi.Nuovo Ospedale: aspetti teorici ed applicativi.
Lo scenario lombardo.Lo scenario lombardo.Riorganizzazione del sistema di offerta dei servizi:Riorganizzazione del sistema di offerta dei servizi:
•• Reti di patologiaReti di patologia•• Ridefinizione dei ruoli interni alla rete (livelli e percorsi)Ridefinizione dei ruoli interni alla rete (livelli e percorsi)•• Riorganizzazione intraospedalieraRiorganizzazione intraospedaliera•• Coinvolgimento dei professionistiCoinvolgimento dei professionisti
Ospedale:Ospedale: tradizionale punto di riferimento per diagnosi, tradizionale punto di riferimento per diagnosi,cura, riabilitazione, lungodegenza, educazionecura, riabilitazione, lungodegenza, educazione
sanitaria, prevenzione.sanitaria, prevenzione.
Evoluzione tecnologica e scientificaEvoluzione tecnologica e scientificaProcedure diagnostiche e terapeutiche complesseProcedure diagnostiche e terapeutiche complesse
Invecchiamento della popolazioneInvecchiamento della popolazioneOrientamento dei servizi verso il territorioOrientamento dei servizi verso il territorioAree di utilizzo improprio dellAree di utilizzo improprio dell’’ospedaleospedale
Progressi socioeconomici e culturaliProgressi socioeconomici e culturaliConsapevolezza e partecipazione agli orientamenti decisionaliConsapevolezza e partecipazione agli orientamenti decisionali
OrganizzazioniSanitarie
OrganizzazioniOrganizzazioniSanitarieSanitarie
AttoriProfessionisti e
organizzazioni complesse
AttoriAttoriProfessionisti eProfessionisti e
organizzazioni complesseorganizzazioni complesse
EvoluzioneEpidemiologica
MutamentiIstituzionali
NuoveTecnologie
ProgressivaSpecializzazione
CompetenzeIntegrate
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LogicadellaRete
LogicadellaRete
Risponde a:• Progressiva specializzazione• Esigenza di integrazione
delle autonomie
Reti SanitarieReti Sanitarie
U.O.Emat.
U.O.Emat.
U.O.Emat.
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U.O.Emat.
U.O.Emat.
U.O.Emat.
U.O.Emat.
Rete Ematologica LombardaRete Ematologica LombardaD.G.R. 6575 del 13.02.2008
Reti SanitarieReti Sanitarie
Rete STROKERete STROKE
Rete stroke - DDGS 1068 del 18/09/2008.
S.U.I° liv.
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S.U.I° liv.
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S.U.I° liv.
NeuroradiologiaCh. Vascolare
Fibrinolisi IV2°
Fibrinolisi IA
NCH3°NCH (tele)
Area dedicataNeurologo esperto1°
S.U.I° liv.
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S.U.I° liv.
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S.U.II° liv.
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S.U.I° liv.
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S.U.I° liv.
S.U.I° liv.
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S.U.I° liv.
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S.U.I° liv.
S.U.I° liv.
S.U.II° liv.
S.U.I° liv.
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S.U.I° liv.
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S.U.II° liv.
S.U.I° liv.
S.U.II° liv.
S.U.I° liv.
Reti SanitarieReti Sanitarie
Rete STEMIRete STEMI
Rete stemi - DDGS ……………………….
UTIC con PTCI4°7/24
Non 7/24
+ CCH
7/24UTIC con PTCI3°
UTIC con PTCI2°UTIC senza PTCI1°
UTICI° liv.
UTICI° liv.
UTICI° liv.
UTICII° liv.
UTICII° liv.
UTICIII° liv.
UTICIII° liv.
UTICIV° liv.
UTICI° liv.
UTICI° liv.
UTICII° liv.
UTICIII° liv.
UTICI° liv.
UTICII° liv.
UTICI° liv.
UTICIII° liv.
UTICI° liv.
UTICII° liv.
UTICII° liv.
UTICIII° liv.
UTICIV° liv.
UTICII° liv.
UTICIII° liv.
UTICI° liv.
Reti SanitarieReti Sanitarie
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.84/161
(slide 7) (slide 8)
(slide 9) (slide 10)
(slide 11) (slide 12)
Reti Sanitarie RegionaliReti Sanitarie Regionali
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F.S.E.
Piattaforma delle reti
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leRete Emergenza Urgenza TerritorialeRete Emergenza Urgenza Territoriale
Reti Sanitarie RegionaliReti Sanitarie Regionali
Rete preospedaliera
Rete Ospedaliera
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.L.)
Reti SanitarieReti Sanitarie
N Engl J Med 2007;357:370 - 9.
Background… quantitative analysis of the nature and extent of the person-to-person spread of obesityas a possible factor contributing to the obesity epidemic.… evaluated a densely interconnected social network of 12,067 people assessedrepeatedly from 1971 to 2003 as part of the Framingham Heart Study.Methods… longitudinal statistical models to examine whether weight gain in one person wasassociated with weight gain in his or her friends, siblings, spouse, and neighbors.ConclusionsNetwork phenomena appear to be relevant to the biologic and behavioral trait of obesity,and obesity appears to spread through social ties. These findings have implications forclinical and public health interventions.
Reti SanitarieReti Sanitarie
Reti SanitarieReti Sanitarie
• Risk of obesity among alters who were connected to an obese ego was in the observed network than in arandom network.
• about 45% higher for alters’ alters (at one degree of separation)• about 20% higher for alters’ alters (at two degrees of separation)• about 10% higher for alters’ alters’ alters (at three degrees of separation)
• If an ego stated that an alter was his or her friend, the ego’s chances of becoming obese appeared toincrease by 57% (95% confidence interval [CI], 6 to 123) if the alter became obese.
• Between mutual friends, the ego’s risk of obesity increased by 171% (95% CI, 59 to 326) if an alter becameobese.
Riorganizzazione del sistema di offerta dei servizi:Riorganizzazione del sistema di offerta dei servizi:•• Reti di patologiaReti di patologia•• Ridefinizione dei ruoli interni alla reteRidefinizione dei ruoli interni alla rete•• Riorganizzazione intraospedalieraRiorganizzazione intraospedaliera•• Coinvolgimento dei professionistiCoinvolgimento dei professionisti
Separazione della responsabilitSeparazione della responsabilitàà clinica dalla clinica dallaresponsabilitresponsabilitàà gestionale gestionale
Tend
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DirettoreDirettoreclinicoclinico
DirettoreDirettoreoperativooperativo
Direttore Direttore risorrisor..assistenzialiassistenziali
Head chief Administrator Nursing manager
La separazione del controllo delle risorseLa separazione del controllo delle risorsestrutturali dal controllo del processo clinicostrutturali dal controllo del processo clinico
consente di gestire in modo flessibile gli organiciconsente di gestire in modo flessibile gli organiciinfermieristici e le risorse e di riposizionare lainfermieristici e le risorse e di riposizionare la
professionalitprofessionalitàà del medico sull del medico sull’’efficacia delle cureefficacia delle curee sul rapporto con il pazientee sul rapporto con il paziente
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.85/161
(slide 13) (slide 14)
(slide 15) (slide 16)
(slide 17) (slide 18)
•• Superamento del modelloSuperamento del modelloprofessionale tradizionaleprofessionale tradizionale(basato sull(basato sull’’UO e medicoUO e medicocentrica).centrica).
•• Cambiamento delleCambiamento dellepratiche gestionali.pratiche gestionali.
•• CollaborazioneCollaborazioneinterdisciplinare einterdisciplinare emultiprofessionalemultiprofessionale in inambito clinicoambito clinico
Proposta di nuove soluzioni organizzative delle degenzeProposta di nuove soluzioni organizzative delle degenzetendenti a ottimizzare produttivittendenti a ottimizzare produttivitàà e risorse disponibili e e risorse disponibili e
a recuperare la centralita recuperare la centralitàà del paziente nel processo del paziente nel processoassistenziale.assistenziale.
Ospedale Ospedale patientpatient focusedfocused
ModelloModelloorganizzativoorganizzativo
e assistenzialee assistenzialestrutturato perstrutturato per
aree peraree perpazienti conpazienti confabbisognofabbisogno
assistenzialeassistenzialeomogeneoomogeneo
AltaAlta
MediaMedia
BassaBassa
Assetto Tecnico LogisticoAssetto Tecnico LogisticoElementi che qualificano la configurazione Elementi che qualificano la configurazione fisico-tecnicafisico-tecnica dell dell’’azienda:azienda:
Layout strutturale in rapporto a spazi e unità organizzative
Organizzazione posti letto e aree di degenza
Localizzazione e caratteristiche funzionali delle attrezzaturesanitarie e delle risorse strumentali
Mod
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odifi
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Allocazione e compiti del personale in rapporto agli spazi erisorse strumentali
Modalità di programmazione delle capacità produttive rispettoalle variabili tipologia/tempo
Struttura dei sistemi informativi
Miglioramento dell’appropriatezza
Miglioramento dell’offerta clinico assistenziale
Orientamento multidisciplinare dei processi
Obi
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Soddisfazione dei pazienti
Recupero di efficienza e produttività
Promozione di soluzioni innovative nei processi organizzatividi cura
Miglioramento delle performance dei processi assistenziali pertempistica, sicurezza e costo
Caratteristiche del personale (allocazione, dimensionamento,competenze, ….)
Rapporti interprofessionali e multidisciplinarità
Assetti organizzativi delle strutture e dei sistemi operativi
Evol
uzio
neEv
oluz
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Saturazione della capacità produttiva aziendale
Introduzione di nuove linee di servizi, setting assistenziali
Logistica del paziente
Modalità organizzative dell’attività lavorative
L’ospedale per intensità di cura è un modello organizzativo che si collocain continuità con un generale e progressivo cambiamento dell’ospedale,volto a caratterizzare lo stesso sempre più come un luogo di cura delleacuzie.
L’intensità delle cure è solo uno degli elementi che concorrono a definire ilnuovo quadro, di fatto esso rappresenta l’elemento guida, e viene quindiad identificarsi “de facto” con l’idea del nuovo ospedale.
È necessaria un’analisi ampia, che consideri le prospettive di almeno 4attori fondamentali del sistema:
• la direzione ospedaliera (assetto organizzativo e strutturale),• i professionisti sanitari (modelli di presa in carico e meccanismi
operativi),• la direzione dell’azienda sanitaria nel suo complesso (con particolare
riferimento all’interazione tra cure ospedaliere e cure territoriali),• il paziente utente cittadino ed i suoi bisogni e percezioni.
Elementi di riflessioneElementi di riflessione
Il livello di cura richiesto consegue ad una valutazione di instabilità clinica(associata a specifiche alterazioni di parametri fisiologici) e di complessitàassistenziale (medica e infermieristica).Il livello di cura assegnato è invece definito dalla tecnologia disponibile,dalle competenze presenti e dal tipo, quantità e qualità del personaleassegnato.
Accanto al modello classico ripartito in 3 livelli, differenziata dallearticolazioni delle degenze, è prevedibile l’area delle attività ambulatoriali(outpatient) e l’area del ciclo diurno (day hospital, day surgery, dayservice).
Il DEA stratifica clinicamente il paziente e lo invia al livello che gli compete.I termini e i confini della presa in carico da parte del DEA e le indicazioniall’invio nell’area di degenza appropriata devono essere condivisi con iDirettori dei Dipartimenti e portare alla stesura di protocolli comuni.
Elementi di riflessioneElementi di riflessione
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.86/161
(slide 19) (slide 20)
(slide 21) (slide 22)
(slide 23) (slide 24)
In ogni ospedale devono essere identificati, discussi, condivisi eformalizzati tra tutti i professionisti i criteri clinici di passaggio, accesso e diesclusione per i diversi livelli di cura. In considerazione delle evidenzedisponibili in letteratura, adattate alle specificità locali.
Il Livello 1 dovrebbe essere centralizzato e polivalente.
Nel Livello 2 confluisce molta parte della casistica, che presenta al suointerno importanti elementi di differenza di complessità medica edinfermieristica.Appare pertanto necessario l’utilizzo di sistemi di classificazione dellacomplessità e dipendenza assistenziale, individuando con precisione lacasistica a più alto assorbimento di risorse assistenziali.
Approfondimento per capire l’effettivo utilizzo del livello 3; ulterioretrasferimento per il paziente; incentivo per una presa in carico più lenta daparte del territorio; quale integrazione e sovrapposizione con l’area delle“cure intermedie”.
Elementi di riflessioneElementi di riflessione
Ripensamento della presa in carico del paziente perché sia il più possibilepersonalizzata, univoca, condivisa attraverso tutti i livelli di cura.Necessità di introdurre modelli di lavoro multidisciplinari per processi edobiettivi con definizione di linee guida e protocolli condivisi, e creazione elo sviluppo di ruoli professionali coerenti con il nuovo sistema.
Attenzione ai principali meccanismi di coordinamento interprofessionaliStandardizzazione degli strumenti informativi e delle modalità organizzativecon una stretta programmazione dei tempi di briefing giornalieri.
Il cambiamento di ruoli e di responsabilità, ed in particolare lavalorizzazione della linea di carriera “professionale” presuppongono unaattenta politica di sviluppo delle risorse umane.
I Percorsi clinici integrati rappresentano lo strumento fondamentale perchépossa effettivamente compiersi la nuova presa in carico del paziente erealizzare i nuovi ruoli professionali.
Elementi di riflessioneElementi di riflessione
La Cartella clinica integrata è il principale strumento di integrazioneprofessionale, comune tra le varie figure professionali che intervengono sulpaziente.
La riorganizzazione dell’ospedale per intensità di cura, configurandosempre più il momento ospedaliero come il momento dell’acuzie, richiedeuna qualificazione dell’offerta territoriale che garantisca la qualità dellapresa in carico del paziente, rispondendo contemporaneamente alleesigenze di appropriatezza e di un uso più efficiente delle risorse.
Uno dei presupposti per l’efficacia del nuovo modello organizzativo è lacreazione di un filtro a livello territoriale che permetta di adottare lasoluzione appropriata ai bisogni del paziente, evitando l’accesso improprioin ospedale.
Il modello organizzativo dell’ospedale per intensità di cura deve prevedereun’attenta gestione della fase della dimissione, soprattutto per i casi clinicipiù complessi.
Elementi di riflessioneElementi di riflessione
Modalità di condivisione delle conoscenze da parte dei professionisti eimplementazione di strumenti di comunicazioni che rendano più snelli ipassaggi tra ospedale e territorio e in generale nelle varie fasi dei percorsiassistenziali (soprattutto nei soggetti in condizioni di cronicità).
Forme di coinvolgimento dell’utenza che siano adeguate alle peculiaritàdelle singole realtà locali cercando di superare l’autoreferenzialità efavorire il consenso generale, garantendo così l’efficacia del cambiamento.Se adeguatamente informato, orientato, responsabilizzato, ascoltato,rassicurato ed accolto, il paziente può essere il più grande alleatodell’organizzazione per affrontare il cambiamento e superare le resistenzeculturali interne.Opportuno misurare e valutare l’efficacia del nuovo modello organizzativoanche dal punto di vista degli utenti verificando nel tempo il livello disoddisfazione percepito dagli stessi.
Elementi di riflessioneElementi di riflessione
Riferimenti normativi regionali
PSSR 2007-2009 DCR VIII/257 del 26/10/2006Parte I, punto 1.11La promozione del governo clinico nell’organizzazione sanitaria………. condivisione multidisciplinare …………. è importante che le capacitàtecnico-cliniche dei singoli professionisti siano adeguatamente integrate ecoordinate in un ambiente organizzativo e amministrativo funzionale allo scambioed al confronto reciproco, nonché alla condivisione dei risultati.
DGR VIII/8501 del 26/11/2008Determinazioni in ordine alla gestione del servizio sanitario regionale per il2009………. definizione dei parametri che caratterizzano l’intensità di cura in medicinainterna.
D.G.R. VIII/10800 del 16/12/2009Determinazioni in ordine a progetti afferenti all’ambito della ricerca innovativaValutazione dell’intensità assistenziale e della complessità clinica in areamedica.Studio multicentrico, osservazionale di tipo prospettico.….. Individuazione di uno strumento che permetta di analizzare la complessitàclinica nei suoi vari aspetti, al fine di poter disporre di un nuovo modello diassistenza che eviti di erogare a tutti i pazienti un livello di cure “medio”, riducendodi fatto il livello assistenziale dei pazienti più gravi ed elevando inutilmente quellodei pazienti più stabili.
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.87/161
(slide 25) (slide 26)
Ruolo delle società scientifiche
Fornire alle istituzioni il loro contributo in un momento in cui ilcambiamento organizzativo, se non opportunamente condiviso con tutti glioperatori che quotidianamente lavorano in ospedale, rischia di incidere inmodo profondo sulla qualità dell’assistenza fornita.
Attraverso i Gruppi di Approfondimento e le Commissioni TecnicheRegionali.
Grazie per lGrazie per l’’attenzioneattenzione
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.88/161
Tavola rotondaModelli organizzativi per intensità di cure e complessità dell’assistenza
Direzioni Sanitarie e i S.I.T.R.A. (Servizi Infermieristici Tecnico Riabilitativi Assistenziali)
delle Aziende Ospedaliere di Como, Niguarda, Vimercate, Legnano, Bergamo.
L’intensità di cura e la complessità assistenziale: l’esperienza dell’Azienda S. Anna
di Como per il “Nuovo Ospedale”
Dott.ssa Chiappa Laura Direttore Sanitario, A.O. Ospedale S. Anna di Como
Buongiorno a tutti. Vi ringrazio per l’attenzione e ringrazio l’azienda di Bergamo per aver
offerto al nostro ospedale la possibilità di un confronto.
La presentazione di Como verrà fatta parzialmente da me e
parzialmente dalla Dottoressa Michetti che è il direttore del
S.I.T.R.A.
Questo perché, come in tutte le aziende, anche noi siamo
fortemente integrati, stiamo lavorando in un gruppo che vede sia
medici che infermieri allo stesso tavolo sulle stesse
problematiche, alla ricerca di risposte che possano essere
adeguate ai bisogni di tutti.
Ritengo opportuno fare una premessa e una esortazione:
non innamoriamoci di nessun modello.
Il modello che adesso presentiamo è quello che viene favorito in questo momento storico
dal nostro ospedale. La struttura attuale ci aiuta in questo, ma nel momento in cui il
modello dovesse presentare delle difficoltà o delle inadeguatezze, soprattutto nella
risposta al paziente, siamo pronti a cambiare ed a rimetterci immediatamente in
discussione. Penso che dal punto di vista dell’organizzazione la capacità di critica e di
revisione sia fondamentale. Non dobbiamo fossilizzarci su uno strumento, altrimenti
moriamo.
Il nostro ospedale è un ospedale monoblocco che vede uno sviluppo leggermente diverso
rispetto a quello dei colleghi di Legnano. Ha un corpo centrale e si sviluppa su quelle che
noi chiamiamo “dita”, perché come vedete assomiglia molto ad una mano (slide 1). Nelle
dita sono presenti le degenze che hanno una capienza per ogni dito di circa 60 posti a
ogni piano.
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.89/161
Questa è l’evoluzione che Como sta vivendo dal punto di vista architettonico: dal 1400 fino
al 1900 l’ospedale aveva un disegno a crociera, poi nel 1932 si è passati a una struttura a
padiglioni ed adesso passiamo ad un monoblocco (slide 2). Abbiamo potuto quindi
ripercorrere tutte le offerte e le soluzioni architettoniche che lo sviluppo della medicina ha
portato nei secoli.
Come ci siamo organizzati?
Nel piano di progetto per il trasferimento abbiamo identificato cinque macro obiettivi che
sono stati presidiati fortemente dalla direzione strategica (slide 3). Abbiamo presidiato il
trasferimento nel senso del completamento dell’ospedale e quindi, la correlazione con
Infrastrutture Lombarde, il concessionario, con la verifica dei tempi, il confronto con le
Infrastrutture rispetto a tutta una serie di scelte. Questo obiettivo è stato tenuto sotto
controllo in modo puntuale dall’Ufficio Tecnico. Contemporaneamente, altro obiettivo
presidiato, è stato il modello sull’organizzazione che oggi vediamo, anche se non nel
dettaglio perché il tempo non ce lo permette. L’obiettivo del rinnovamento tecnologico,
compresa la modifica della logistica a cui già accennava il Dottor Mentasti questa mattina.
Per noi questo è un argomento molto importante, molto caratterizzante anche
dell’ospedale. Altro obiettivo è quello dell’acquisto di beni e attrezzature che servono per
l’avvio dell’ospedale.
Tutti questi obiettivi sono stati presidiati dalla direzione strategica, quindi la nostra “unità di
crisi”, o il Direttore Generale in prima persona o io o il Direttore Amministrativo abbiamo
sempre seguito tutti questi momenti sul campo, insieme al Collegio di Direzione. Infatti
un’altra delle cose che adesso vedrete, è il coinvolgimento pesante della componente dei
Capi Dipartimento.
Queste sono le fasi che ci hanno permesso di andare a rispondere alla modifica
dell’organizzazione (slide 4).
• Abbiamo iniziato con decidere il modello e le definizioni delle funzioni che resteranno
nella sede del vecchio ospedale. Infatti, la scelta che è stata fatta a Como durante la
fase progettuale ha previsto di lasciare nella sede del vecchio ospedale alcune funzioni
un poco più prossime alla città a favore dei cittadini, quali il centro prelievi piuttosto che
la radiologia per esterni.
Durante questa fase si deciso cosa lasciare nel vecchio ospedale. Siamo passati dalla
prima ipotesi di dividere l’offerta ambulatoriale in primo e secondo livello, ad una
valutazione più strutturata.
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.90/161
Nel decidere cosa lasciare nella vecchia sede, abbiamo tenuto contro sia del
personale, per non obbligarlo ad un andirivieni tra le due sedi; che delle difficoltà di
comunicazione alla popolazione.
Quindi il criterio che abbiamo seguito è stato di non duplicare l’offerta ambulatoriale.
Le scelte che sono state condivise con il Collegio di Direzione e con gli altri
stakeholders: la componente sindacale, l’Asl, i rappresentanti del territorio, le forze
politiche e sociali, le varie associazioni, comprese anche i gruppi di cittadini con i quali
ci siamo confrontati per presentare le scelte fatte e il modello organizzativo e di cura
del paziente. Abbiamo cercato di presentare quanto deciso: le funzionalità del nuovo
ospedale a tutte le persone che potessero avere un qualche interesse o anche solo la
di curiosità.
• Successivamente, visto che trasferirsi, cambiare casa, è traumatico anche a livello
famigliare, figuratevi cambiare in un’organizzazione che è composta da oltre 2000
persone e alle quali andiamo a chiedere di cambiare oltre che casa, anche modalità
relazionali e di espressione della propria professionalità.
Ci siamo quindi orientati in modo molto forte alla gestione delle resistenze al
cambiamento.
Sono resistenze naturali, è sano e giusto che ci siano, non ci fossero resistenze al
cambiamento ci si dovrebbe addirittura preoccupare.
Abbiamo ritenuto opportuno quindi fare delle anticipazioni, giocare d’anticipo, sapendo
che le resistenze ci saranno; ma bisogna cercare di smussarle il più possibile e
presentare già delle risposte, quando possibile.
Quindi abbiamo lavorato soprattutto nel campo della informazione/formazione dei
nostri colleghi a tutti i livelli. Siamo partiti con dei gruppi di lavoro specifici
sull’organizzazione, stiamo proseguendo anche con dei gruppi di specialisti, per quel
che riguarda la componente medica e stiamo lavorando anche in modo informale, visto
che uno dei sistemi per diminuire la resistenza è condividere, ma non necessariamente
avere l’apprezzamento. L’intento è almeno far capire all’altro quello che gli si va a
proporre. Abbiamo usato tutti i metodi, compreso andare a cena con tutti i reparti.
Quindi è un lavoro che non è finito, anche se stiamo facendo di tutto. Per inciso,
ognuno ha pagato il suo, attenzione, il sistema alla romana funziona.
Il Direttore Generale, il Dottor Mentasti, si è giocato in prima persona nella
comunicazione (ha partecipato ad oltre 50 cene!).
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.91/161
• I gruppi di lavoro sulla nuova organizzazione sono ancora in essere e stanno
prevedendo dei gruppi anche multiprofessionali per andare definire i P.D.T.A. (Piani
Diagnostici Terapeutici Assistenziali). E’ necessario arrivare anche alla condivisione
nell’ambito assistenziale e riabilitativo. E’ importante identificare, quello che veniva già
menzionato anche prima dal Dottor Fontana, gli score per decidere il passaggio da un
livello assistenziale all’altro.
Quindi come faccio a decidere se quel paziente è da area intensiva, se è da media
assistenza o se è d’ambulatorio?
La definizione di questi score è uno dei lavori che sono in corso con i gruppi di
specialisti.
• Per la comunicazione, che vi dicevo essere importante a tutti i livelli, è chiave, è un
punto cardine, identificare le persone da coinvolgere. E’ importante non fare degli
errori. Non dimenticare delle persone che per ruolo devono esserci, anche se
sappiamo che possono essere difficoltose da trascinare; è meglio averle, è meglio
coinvolgerle. Identificare le persone nel modo corretto è uno dei punti cardine, perché
potrebbero diventare un problema se uno dimentica le persone chiave, anche
fastidiose, anche noiose. E’ peggio. E’ meglio averle a bordo, dargli un piccolo remo,
anche se remano contro. Se invece sono giù dalla barca, diventano una zavorra e non
si riesce più a gestirle.
Qual è la nostra diversità rispetto al modello toscano? Abbiamo scelto di confrontarci con il
modello toscano perché ci sembrava quello più prossimo a noi (slide 5).
Nel livello uno dell’area critica abbiamo come possibilità di offerta all’interno della nostra
struttura anche la Medicina per Acuti. Attualmente viene definita come Medicina d’Urgenza
e ha una dimensione di 10 posti letto. Nel nuovo ospedale ne avrà 26, ma farà una cosa
che adesso non fa: stabilizzerà i pazienti prima del trasferimento nei reparti di degenza.
Bisognerà definire che cosa vuol dire paziente stabilizzato, quindi concordare con i vari
professionisti questo livello. Il paziente tipo è non critico, è quel livello che veniva definito
dal Professor Lega non da aerea intensiva e non da sub intensiva. Noi abbiamo la fortuna
di avere questo settore che potrà svolgere questa funzione. Questa area l’abbiamo definita
Medicina per acuti.
La stessa funzione la stiamo disegnando anche per un’area di gestione del paziente
chirurgico urgente, a cui verranno dedicati 20 posti letto. Quindi il paziente che esce dalla
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.92/161
sala operatoria, che ha delle criticità, che non è un paziente semplice e stabile troverà
assistenza nell’area delle Urgenze Chirurgiche.
Anche questa area ovviamente sarà multidisciplinare, con un responsabile gestionale
medico. Sarà un collega che proviene dalla chirurgia generale, ma sarà il titolare anche
del paziente ortopedico, dell’anziano operato di femore. L’ortopedico che ha operato
l’anziano, dovrà confrontarsi con il collega chirurgo generale titolare del settore.
Da noi l’area della Week - Surgery funziona già da un paio d’anni. Funziona bene, viene
conservata ed ha una funzione decisamente importante.
Di seguito abbiamo il ciclo diurno con un piano completamente dedicato a questo. Come
dicevo già nell’intervento di stamattina, siamo nelle fase di preparazione, di confronto con
il territorio. Stanno iniziando degli incontri con la componente Asl, volti al raffinare quello
che è il percorso delle dimissioni protette che esiste in questo momento, ma non è ancora
perfettamente rodato. Soprattutto per la definizione di quei posti di assistenza intermedia,
per la gestione delle situazioni in cui il paziente non è ancora da riabilitazione o da
domicilio.
Ecco un brevissimo riassunto di come saremo. L’ospedale si sviluppa su 5 piani (slide 6).
Il piano -2 è un piano di servizi dove il paziente non ha necessità di accedere. Vi sono i
laboratori, il centro trasfusionale, la fisica sanitaria ecc.
E’ un -2, ma con illuminazione naturale, quindi è -2 rispetto al piano zero, ma non è un -2
“cieco”.
Il piano -1 è il livello dove c’è tutta la gestione del paziente critico, quindi dall’arrivo in
Pronto Soccorso il paziente ha un movimento solo complanare. Non ha necessità di
muoversi in verticale, perché in prossimità del Pronto Soccorso trova tutte le fasi di
diagnostica, i blocchi operatori e il quartiere angiografico. In quest’ultimo, faremo lavorare,
anche se con una certa difficoltà, l’emodinamista, il radiologo interventista e il chirurgo
vascolare. Questi hanno iniziato a fare alcune attività insieme, ma non è facile riuscire a
far lavorare insieme questi professionisti. Comunque il paziente critico resta a questo
piano, dove trova anche le offerte dal punto di vista intensivo e sub intensivo in un unico
settore. E’ un settore da 40 posti letto, saranno attrezzati tutti con i medesimi presidi anche
se inizialmente ne verranno attivati 36. I posti letto intensivi verranno portati dagli attuali 10
a 14 e in totale avremo 36 letti di sub intensiva.
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.93/161
Questo cosa vuol dire?
Vuol dire che il collega rianimatore si troverà a supervisionare insieme ai colleghi titolari
come disciplina, anche i pazienti dell’unità coronarica, del post-operatorio e della stroke
unit.
Nell’area critica sembra più semplice costruire dei percorsi condivisi tra i vari specialisti.
Infine, c’è il piano dell’ingresso dove ci sono tutte le fasi del paziente esterno, della day
surgery e del C.U.P.
Questo è il nostro percorso (slide 7). Le cose ancora da fare sono molte, come già detto
dobbiamo identificare gli score, definire i percorsi fast, migliorare i rapporti con il territorio
ecc.
Il lavoro non manca, ma anche la voglia di costruire una nuova organizzazione al servizio
del paziente.
Vi ringrazio dell’attenzione.
Bibliografia
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Galgano Alberto e Cristina: Il sistema Toyota per la sanità. Guerini e Associati
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Rotondi Paolo, Saggin Alessandra: Persona e Organizzazione. McGraw-Hill
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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.95/161
(slide 1) (slide 2)
(slide 3) (slide 4)
(slide 5) (slide 6)
L ’intens ità d i c urae la c om ples s ità
as s is tenz iale:l’es perienz a
dell’A z ienda S .A nna d i C om o per
il “Nuov oO s pedale”
L aura C hiappaA nna Mic hetti
B erg amo 4 febbra io 2010
LL ’’ E V O L UZ IO NE D E L L E VO L UZ IO NE D E L L ’’E D IL IZ IA S A NIT A R IA AE D IL IZ IA S A NIT A R IA AC O MOC O MO
1932
2009
1400
P IA NO d i P R O G E T T OT R A S F E R IME NT O O S P E D A L E S ’A NNA di
C O MOO B IE T T IVI
1. O B IE T T IVOT ras fe rimento
O s pe dale nuovas ede e s tate 2010
3. O B IE T T IVOR innovamento
te cnologico
5. O B IE T T IVOA cquis to be ni e
attre z z ature
2. O B IE T T IVO
Mod ific aorganiz z az ion e
“intens ità d i c u re ec om ples s ità
as s is ten z iale”
4. O B IE T T IVOModifica de lla
logis tic a
2.O B IE T T IVOModific a
org aniz z az ione“intens ità d i c ure e
c om ples s itàas s is tenz iale”
C ondiv is ione c onC olleg io D irez ione
e altris takeholders
D efin iz ioneag g reg az ioni
Identific az ionepers one dac oinv olg ere
D efin iz ionem odello
org aniz z ativ o
F orm az ione peraiuto al
c am biamento
A ntic ipaz ionem odific he
org aniz z ativ e
C om unic az ione atutti i liv elli
profes s ionali
G ruppi di lav oros u nuov a
org aniz z az ione
F orm az ioneprofes s ionale
nuov aorg aniz z az ione
D efin iz ionefunz ioni Vec c hio
O s pedale
INT
EN
SIT
A’ D
I CU
RE Modello T os c ano Modello S .A nna
L iv ello 1A reacritica
•T erapie Intens ive•T erapie s ubintens ive
•Medic ina per ac uti•T erapie Intens ive•T erapie s ubintens ive (U C C ,S troke unit, T IP O )
L iv ello 2A readegenz a
•D egenz e C hirurg iche (weeks urg ery, one day s urg ery)•D egenz e Mediche•D egenz e materno infantile
•D eg enz e C hirurg iche (weeks urg ery , one days urg ery,area urg enz ec hirurg ic he)•D eg enz e Mediche•D eg enz e materno infantile
L iv ello 3 •P os t acuz ie (low careterritoria le)
•A ttua lmente in O s pedale,offerta territoria le in fas e dicos truz ione
C ic lodiurno
•A mbulatori•D H , D S , D S ervice
•O fferta pres ente al pianod’ing res s o z ona dell’outpatient
I L IV E L L I N E L N U O V O S .A N N AP IA N O 2 L IVE L L O 2 : D E G E NZ E C H IR U R G IC H E
P IA N O 1 L IVE L L O 2 : D E G E NZ E ME D IC H E , A R E A D IR E Z IO N E
P IA N O 0 C IC L O D IUR NO : H A L L IN G R E S S O , A MB U L A T O R I, D H , D S , C UP ,C A S S A , A C C E T T A Z IO N E , A S IL O N ID O , S E R V IZ I C O MME R C IA L I, A F R E AC UL T O , A R E A F O R MA Z IO N E
P IA N O ‐1 L IVE L L O 1 : P S , ME D IC INA D ’UR G E NZ A , A R E A T E R A P IE IN T E NS IV A ES U B INT E NS IV A , R A D IO L O G IA , Q U A R T IE R E A NG IO G R A F IC O , B L O C C H IO P E R A T O R I , R A D IO T E R A P IA , ME D IC INA NU C L E A R E
P IA N O ‐2 P IA S T R A S E R V IZ I: L A B O R A T O R I , C E N T R O T R A S F US IO NA L E ,F IS IC A S A NIT .,A N A T O MIA P A T ., C A ME R A MO R T UA R IA , C E NT R A L ES T E R IL ., F A R MA C IA , MA G A Z Z IN I, S P O G L IA T O I, ME NS A , ING E G N.C L INIC A , A R C H IV IO C A R T E L L E , C U C INA , IS O L A E C O L O G IC A
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.96/161
(slide 7)
T R IA G EP .S .
G E NE R A LE
O B I
T R IA G EP .S .
O S T E T R IC O
T R IA G EP .S .
P E D IA T R IC O
D E G E NZE
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ME D . perA c uti
UC C
D O MIC IL IOR IA B IL IT A Z IO
N EL O W C A R E
S T R OK E
T IP O
R IA S C O R E
S C O R E
S C O R E
P E R C O R SI “F A S T ”
P D T R A
A NC O R A D AR E A L IZ Z A R E … … …
S C O R E
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.97/161
L’intensità di cura e la complessità assistenziale: l’esperienza dell’Azienda S. Anna
di Como per il “Nuovo Ospedale”
Dott.ssa Anna Michetti Dirigente S.I.T.R.A., A.O. Ospedale S. Anna di Como
Cercherò di fare una presentazione del modello descritto
questa mattina che essendo un modello è una
rappresentazione ideale: vorrei rendere concreto quello è
stato detto, non usando una ricetta ma la realtà operativa
dell’ospedale S. Anna di Como.
Descriverò in primo luogo le macro attività sviluppate in questi
anni, per arrivare alla definizione del modello e alla sua
implementazione (slide 1-6).
Abbiamo lavorato sui servizi “no core”, sull’assegnazione del personale, sulla logistica,
sulla documentazione assistenziale e clinica in senso lato, sulla parte organizzativa e sulla
micro organizzazione all’interno delle unità operative, sull’informatizzazione (elemento
essenziale perché il modello stia insieme) e su tutta quella attività che è propedeutica al
trasferimento vero e proprio (slide 7).
Questa attività è iniziata nel febbraio 2008 e tuttora è in itinere.
Trasversalmente alle attività appena definite è in essere un’attività di sensibilizzazione di
formazione che dev’essere costante e deve accompagnare il modello perché questo poi
diventi efficace.
Punto uno: i servizi “No Core” (slide 8)
I servizi “no core”, i servizi di supporto al cuore dell’attività sanitaria, sono stati definiti per
quello che riguarda i capitolati nel dettaglio; in questo momento si stanno definendo gli
ultimi punti e andremo a precisare i piani di lavoro e i protocolli che l’Azienda Ospedaliera
intende mettere in atto attraverso un programma di formazione del personale: formazione
teorica ma anche di formazione sul campo con un successivo monitoraggio e valutazione.
Verranno attuati dei percorsi di simulazione di queste attività all’interno del nuovo
ospedale con tutto il personale prima di entrare sull’attività vera e propria.
Secondo punto: definizione delle risorse.
Il secondo punto importante è la definizione delle risorse, la definizione della
professionalità del personale che dovrà andare a lavorare su un modello così nuovo, ma
attraverso che cosa?(slide 9)
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.98/161
Mantenendo l’attività e i minuti di assistenza previsti dalla normativa regionale sono state
riallocate le risorse in base al nuovo modello.
I criteri definiti sono stati la volontarietà di chi voleva fare come professionista
un’esperienza differente, la competenza e l’esperienza e l’applicazione di una procedura
aziendale.
In base ai dati sulla complessità assistenziale che dopo brevemente vi mostrerò, è stata
definita l’assegnazione del numero delle risorse di personale sia infermieristico che di
personale di supporto, le modalità di formazione di questo personale, formazione che è
iniziata ormai quasi da un anno e nel 2009 siamo riusciti ad attivare degli stage del
personale che aveva questa necessità (perché qualcuno aveva già le competenze) nel
39,7% dei casi.
Attualmente abbiamo stabilito nel dettaglio il numero e il tipo di figura professionale che
lavorerà sul modello ed entro Febbraio saranno individuate le singole persone per sapere
esattamente chi andrà a lavorare, dove e con quale organizzazione.
Per assegnare il personale abbiamo fatto una rilevazione attraverso il SIPI, di cui si è
parlato questa mattina, nel 2008 su 1300 casi in 16 unità operative.
Questa che vedete è la valutazione finale sulla complessità assistenziale su due livelli: uno
oggettivo e uno soggettivo(slide 10-12)
I casi rilevati sono stati 1301 e vediamo che nel 24% dei casi abbiamo un’alta complessità
assistenziale, nel 33% una media e nel 43% una bassa.
Abbiamo cercato di capire se i professionisti erano in grado di valutare senza uno
strumento validato scientificamente ma sulle “sensazioni” e sull’esperienza: se quel
paziente era un paziente a bassa, media o ad alta complessità assistenziale.
I risultati sono buoni perché sono sostanzialmente sovrapponibili.
L’altra valutazione effettuata, sempre su questi 1301 casi, è il numero di prestazioni che i
professionisti davano a seconda del bisogno e il Modello delle Prestazioni Infermieristiche:
vedete che la prima prestazione infermieristica è quella sulla soluzione del bisogno della
funzionalità cardiocircolatoria per passare alle prestazioni diagnostiche e terapeutiche al
21% e man mano a scendere.
Terzo punto: la logistica (slide 13-15)
La logistica per noi è un punto fondamentale perché stiamo cambiando, oltre al modello
organizzativo, anche il modello di come verranno erogati alcuni servizi, i percorsi e gli
spazi di attività.
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.99/161
E’ stata effettuata un’analisi degli ambienti andando a misurare con “il metro” gli spazi
utilizzati come magazzini di UO adesso e confrontandoli con gli spazi previsti nel nuovo
ospedale e siamo ormai arrivati a valutare come rifornire i vari depositi all’interno delle
unità operative. Il problema è importante per non lasciare i professionisti senza il materiale
nel momento in cui questo è necessario.
Quarto punto: la documentazione infermieristica (slide 16-19)
Il quarto punto è la documentazione infermieristica sul quale è stato attivato un progetto
per uniformare sia lo strumento operativo che il modello che sottendeva allo strumento,
utilizzando le linee guida emanate dal S.I.T.R.A. nel 2003 e poi riviste nel 2007, che
tenessero presente alcuni elementi cardine quali il modello concettuale di riferimento (il
modello delle prestazioni infermieristiche), l’utilizzo di un linguaggio scientifico, le fasi del
processo, le indicazioni metodologiche per utilizzare lo strumento, la possibilità di inserire
delle schede e l’integrazione con la documentazione di tutti gli altri professionisti sanitari.
E’ stata inoltre implementata e uniformata la documentazione, sia in day hospital che in
day surgery.
Nel 2009 sono state revisionate anche le schede degli altri professionisti, quali quella
ostetrica, quella dei fisioterapisti e delle dietiste.
Questi sono i risultati del secondo audit effettuato: il fascicolo base è conforme per l’84%
mentre non lo è per il 16%; nonostante i risultati siano abbastanza soddisfacenti, dovremo
migliorare ulteriormente.
Questi sono i risultati della documentazione dei day hospital medici: non conforme per il
5%.
Quinto punto: modello organizzativo (slide 20-25)
L’altro punto sull’organizzazione è che il modello organizzativo definito è un modello
altamente flessibile.
Avete visto dalle slide che ha proiettato la Dottoressa Chiappa che è un modello strutturale
“a dita”, in ogni “dito” abbiamo da un minino di 40 posti letto ad un massimo di 58.
L’aggregazione dei posti letto nelle “dita” è stata definita secondo le specialità.
Al piano uno sono presenti tutte le specialità mediche e al piano due sono previste tutte
le specialità chirurgiche in regime di ricovero ordinario.
Al termine di questo primo aspetto di macro organizzazione è stata delineata la micro-
organizzazione.
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.100/161
La scelta è stata condivisa con i coordinatori, ed è quella di organizzare l’assistenza per
piccole équipe e di definire la funzione di un infermiere quale il tutor assistenziale che
segua tutti i percorsi del paziente insieme al tutor clinico.
Il grosso sforzo che stiamo facendo in questo momento è quello di costruire dei piani
diagnostici – terapeutici, riabilitativi e assistenziali che siano condivisi tra le varie
professionalità.
Sono state definite le funzioni del coordinatore, o meglio dei coordinatori, perché la scelta
per questa funzione, è di assegnare ad ogni “dito” due coordinatori per permettere
l’integrazione definendo i livelli di responsabilità su linee produttive e di supporto differenti,
con la definizione di livelli di performance minimi.
Il modello di coordinamento che abbiamo scelto è stato quello di avere due funzioni
distinte che coordinassero l’attività all’interno di ogni dito perché i numeri di pazienti sono
elevati : non dividendo i 58 letti in due parti ma definendo funzioni trasversali differenti.
La prima funzione, delineata con una apposita job, è quella orientata alla gestione e al
coordinamento delle risorse umane e delle attività .
La seconda job invece descrive tutte le competenze e le responsabilità relative al
coordinamento della logistica, dei beni dei servizi relativi al governo dei rapporti con
l’utente esterno.
Queste sono le fasi del percorso che non descrivo.
Modello per équipe a settore, quindi quattro settori per il dito più grande che è quello dei
58 letti.
Le aree specifiche sui progetti organizzativi sui quali stiamo lavorando sono su tutti questi
settori quindi la piastra operatoria, la centrale di sterilizzazione che per adesso non
abbiamo.
Dobbiamo definire alcuni momenti ancora importanti e soprattutto stiamo lavorando sulla
parte del tutor clinico e quello assistenziale.
Sesto punto: l’informatizzazione (slide 26).
Il sesto punto è quello sull’informatizzazione che sarà a supporto dell’attività sia medico
che infermieristica di tutto il modello.
Settimo punto: attività di trasferimento (slide 27,28)
L’ultimo punto è il trasferimento al nuovo ospedale.
Un gruppo di lavoro ha svolto un’attività definita di “bollinatura”; l’abbiamo chiamata così
per classificare tutte le attrezzature, gli arredi da trasferire nel nuovo ospedale, tutto quello
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.101/161
che poteva essere smaltito e tutto quello che invece poteva essere utilizzato in altri
ospedali.
Questi sono i risultati: gli itemes sono stati 21.613 quindi direi un numero abbastanza
importante.
Trasversalmente a questa attività c’è stata tutta l’attività d’informazione e di formazione del
nuovo ospedale (slide 29-31).
Abbiamo sensibilizzato circa 600 operatori e formato circa 200 infermieri affiancati a 92
mentori e 80 OSS .
L’ultimo punto importante è stato il percorso di cambiamento.
Abbiamo cercato tramite la comunicazione e le anticipazioni organizzative di
sensibilizzare, di formare, di coinvolgere tutti gli operatori.
Nel 2010 questo percorso continua, ovviamente non abbiamo finito e andremo avanti
credo anche nel 2011 (slide 32).
Questi sono gli ultimi punti chiave sui quali stiamo lavorando (slide 33):
Pronto Soccorso
P.D.T.R.A.
Integrazione e formazione tra professionisti
Alta tecnologia
Diagnosi sociale e dimissioni protette
Sono gli snodi fondamentali perché il modello funzioni.
Grazie per avermi ascoltato.
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.102/161
(slide 1) (slide 2)
(slide 3) (slide 4)
(slide 5) (slide 6)
1S erv iz i
“no c o re”
5O rg aniz z az io n e
5O rgan iz z az io n e
6In fo rm atiz z az io
n e
6In fo rm atiz z az io
n e
7T ras ferim en to
7T ras ferim en to
3L o g is tic a
3L o g is tic a 4
D o c u m en taz io ne as s is ten z iale
4D o c u m en taz io ne as s is ten z iale
2A s s egn az io n e
p ers o n ale
2A s s eg n az io n e
p ers o n ale
MASTER PLAN
MACRO ATTIVITA’MACRO ATTIVITA’
Inizio attività febbraio 2008. Status: “in progress”3
Nel 2010 per i servizi “no core”
Incontri e confronti con responsabili dei servizi no core:ausiliariato e facchinaggio,
ristorazione, pulizie, gestione rifiuti,
ristorazione,lavanolo,manutenzione
definire l’attività nel dettaglio in base a piani di lavoro e protocolli
formazione
monitoraggio e valutazione
Simulazione percorsi e attività nel nuovo ospedale
1 Servizi
“no core”
4
Definizione fabbisogno personaleMantenimento dei minuti di assistenza secondo la normativa regionaleNuove attivitàRiallocazione risorse in base al modello
Criteri:volontarietàcompetenza ed esperienzaprocedura aziendale
In base ai dati sulla complessità assistenziale è stata definita :- l’assegnazione delle risorse infermieristiche e di supporto- le modalità di “formazione “ del personale infermieristico:
nel 2009 il 38,7% del personale infermieristico ha effettuato uno “stage di area”
Attualmente è stabilito il numero di persone assegnateEntro febbraio è definita l’assegnazione individuale in base a competenza, ruoloe vincoli normativi
2 Assegnazione
personale
2 Assegnazione
personale
5
Rilevazione complessità assistenziale
5
UNITA’ OPERATIVE CASI CHIRURGIA 118 TRAUMATOLOGIA 116 UROLOGIA/GINECOLOGIA 91 WEEK SURGERY 47 CHIRURGIA MAXILLO/PLASTICA 86 OTORINO 65 NEUROCHIRURGIA 56 CARDIOLOGIA 104 MEDICINA 118 GERIATRIA 128 NEUROLOGIA 114 NEFROLOGIA 65 ONCOLOGIA /SOLVENTI 52 PNEUMOLOGIA 71
MEDICINA D’URGENZA 32 RADIOTERAPIA 29
TOTALE 1301 casi
2 Assegnazione
personale
2 Assegnazione
personale
66
Complessita’ assistenziale
2 Assegnazione
personale
2 Assegnazione
personale
Casi rilevati: 1.301Unità operative: 16
7
Attivita' per prestazioni infermieristiche
7
2 Assegnazione
personale
2 Assegnazione
personale
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.103/161
(slide 7) (slide 8)
(slide 9) (slide 10)
(slide 11) (slide 12)
8
Logistica
- Valutazione e osservazioni sulle planimetrie
- riduzione spazi u.o. (codici colore)
farmaci e presidi
- dotazioni attrezzature e materiali
- progetto transiti
- percorso trasporti
- attività di progettazione e trasferimento al nh
3 Logistica
3 Logistica
9
Analisi spazi
129,14193,77322,91264,71185,85681,0878,85759,93Totali
29%17728,5316,1044,6333,9430,88115,753,06118,81DIALISI
37%33219,535,8825,4117,8816,3446,321,5447,86RIABILITAZ
DITO IV
37%5628,2350,0478,2764,9840,79153,2624,19177,45DITO III
37%137,8160,9868,7966,8742,32158,4324,55182,98DITO II
35%6332,4551,4583,9065,1242,69166,0822,43188,51DITO I
Reparto Spaziodisponibil
enuovo
ospedale
Ingombroattrezzature
carrelli
Spaziodisponibile
nuovo ospedale(al netto di spaziper attrezzature
e carrelli)
Spaziorealmente
utilizzato daScaffalature
Spaziorealmenteutilizzato
MetriCubi
Stoccabili
MetriCubi
Necess
Differenza Superficiesfruttata/
Superficiedisponibile
Piano IDegenzeMediche
m2 m2 m2 m2 m2 m3 m3 m3 %
A B C = A -B E F G = E-F
3 Logistica
3 Logistica
10
Documentazione infermieristica
“Le linee guida per l’utilizzo della cartella infermieristicaorientata al modello delle prestazioni infermieristiche – 2003 erivista nel 2007”
Modello concettuale di riferimento (M.P.I.)Utilizzo di linguaggio scientifico ed omogeneoFasi del processo di assistenza infermieristica
con particolare attenzione alla pianificazione e valutazioneIndicazioni metodologichePossibilità di inserire schede integrative specifichedi unità operativaIntegrazione altra documentazione
4Documentazione
assistenziale
4Documentazione
assistenziale
11
Documentazione
La Documentazione Infermieristica è stata uniformata in:
UU.OO. DEGENZAUU.OO. DAY HOSPITAL e DAY SURGERY
Audit: 80% circa soddisfa lo standard previsto
In corso implementazione PIANIFICAZIONI INFERMIERISTICHE
Revisione delle documentazioni:OSTETRICAFISIOTERAPICADIETISTE
Tutta la Documentazione è conforme agli standard definiti nel Manuale Regionale dellaDocumentazione Clinica (2007) e della DGR VIII 9014 (20 febbraio 2009)
completata
4Documentazione
assistenziale
4Documentazione
assistenziale
12
Cartella infermieristica
fascicolo base non
conforme 16%
fascicolo base
conforme 84%
AUDIT 2009200 campioni
Standardraggiunto %
frontespizio 158 79%
raccolta dati 180 90%
bai 158 79%
compilatore 160 80%
annotazioni diario 197 99%
date e firme diario 192 96%
finalità per bai 145 73%
dimissione 156 78%
UU.OO. COINVOLTE:
aree degenza ordinaria
4Documentazione
assistenziale
4Documentazione
assistenziale
13
Cartella di Day Hospital
fascicolo base Day Hospital conforme
95%
fascicolo base Day Hospital non
conforme5%
AUDIT 2009 30 campioni
StandardRaggiunto %
frontespizio 27 90%
raccolta dati 27 90%
compilatore 30 100%
annotazioni diario 30 100%
date e firme diario 30 100%
ora ingresso 28 93%
ora uscita 24 80%
dimissione 20 100%
UUOO COINVOLTE:
DH Medici Unificati, Oncologico, Malattie Infettive
4Documentazione
assistenziale
4Documentazione
assistenziale
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.104/161
(slide 13) (slide 14)
(slide 15) (slide 16)
(slide 17) (slide 18)
14
• In ogni “dito” di degenzavengono distribuiti una quotadi posti letto di bassa, media,alta complessitàassistenziale
• Ogni “dito” di degenzarappresenta unaccorpamento di specialitàcliniche affini
Modello organizzativo “flessibile”
• Dipartimento chirurgico• Dito 1: 58 pl (Chir, Ortop,Ginecol,Urologia)• Dito 2: 47 pl (Neuroch, ORL,Plast/Maxillo, Oculistica)• Dito 3: 52 pl (Week, Urg Chir e Ped)TOT. 157 pl• Dipartimento medico• Dito 1: 58 pl (Medicina Cardio)• Dito 2: 47 pl (Neuro Nefro Onco)• Dito 3: 52 pl (Geriatria Pneuma)
TOT. 157 pl
5 Organizzazione
5 Organizzazione
15
Micro-organizzazione
Modello per piccole equipeInfermiere tutor clinico e assistenziale: definiscono, accompagnano,orientano il percorso clinico/ assistenziale e dimettono il paziente(PDTRA)Funzioni del coordinatore per attivitàForte integrazione con altre professioni sanitarie e condivisione dellamicro-organizzazionePiani di organizzazione e livelli di responsabilità e di performance
Modello di nuova sperimentazione
5 Organizzazione
5 Organizzazione
16
Modello di coordinamento
Due coordinatori per “dito” di degenza con funzioni differenziate- job description orientata alla gestione e al coordinamento delle risorse umane e delle attività- job description definisce competenze e responsabilità relative alla gestione e al coordinamento della logistica, dei beni e servizi e al governodell’utente esterno.
Fasi del percorso:Coinvolgimento e assegnazione dei coordinatoriIndividuazione condivisa del modelloIndividuazione delle risorse umane (“la persona giusta al posto giusto”)Formazione “tecnica”Formazione “relazionale”Verifica della performance minimaValutazione permanente
5 Organizzazione
5 Organizzazione
17
All’interno del “dito” di degenza èl’équipe che si muove e non il pazienteFigura“trasversale” tutor assistenziale
Modello per équipeEQUIPE A: 1 - 16 SETTOREEQUIPE B: 17 - 30 SETTOREMISTO (4 p.l. con sollevatore asoffitto)EQUIPE C: 31 – 44 SETTOREMISTO (16 p.l. con sollevatore asoffitto)EQUIPE D: 45 – 58 SETTORE
5 Organizzazione
5 Organizzazione
18
Aree specifiche – progetti organizzativi
In corso:
Aggregazione per “dito”Piastra operatoriaCentrale di sterilizzazione
DH e DS
AmbulatoriDegenze dedicate ( M.I., SPDC, area materno-infantile)Area ad alta intensità di cureP.S., Medicina per acuti/OBIServizi diagnostici
5 Organizzazione
5 Organizzazione
19
Cosa definire
Modalità organizzative e pianificazione attività delle singole UO confronto edintegrazione con i Documenti di Organizzazione attuali
PDTRA condivisi intra/inter disciplinari;sviluppo di attività di “simulazione“ di situazioni cliniche-assistenziali
Proposte di protocolli e procedure condivisi con criteri di “accettazione “ e“dimissione” del paziente ed omogeneizzazione di quelli in essere
Definizione percorsi “fast”
Eventuale sviluppo di ruoli professionali coerenti con i nuovo sistema(es. il “tutor clinico e assistenziale”)
Governo clinico/assistenziale
5 Organizzazione
5 Organizzazione
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.105/161
(slide 19) (slide 20)
(slide 21) (slide 22)
(slide 23) (slide 24)
20
Informatizzazione
Rilevazione complessità assistenziale(applicativo interno integrato nell’anagrafica di PRIAMO)
Ordini magazzino/farmacia/economato/ristorazioneesami
Documentazione sanitaria
6 Informatizzazione
6 Informatizzazione
21
Trasferimento nuovo Ospedale
Attività di “bollinatura” di arredi e attrezzature (per “destinazione d’uso”):o Blu: idoneo per nuovo ospedaleo Verde: idoneo per altra struttura aziendaleo Rosso: non idoneo, smaltimento
Gestione magazzini per scorte di area
Logistica e tempistica
Attività in progress
7 Trasferimento
7 Trasferimento
22
Attività di “bollinatura” ( tot. Items 21.613)
Blu: idoneoper nuovoospedale
Verde: idoneoper altrastruttura
Rosso: nonidoneo
Arredi eattrezzature 3% 23% 74%
Apparecchiatureelettromedicali 41% 34% 25%
Apparecchiatureinformatiche 11%
Tot.2.393
28%
Tot. 6.144
61%
Tot.13.076
7 Trasferimento
7 Trasferimento
23
Informazione e formazionedel personale nuovo ospedale
Avvio progetto formativo aziendale articolato su differenti livelli:- sensibilizzazione del personale (circa 600 operatori)- percorso per coordinatori e direttori di u.o.
(80 operatori)- percorso personale SITRA
coordinato da una cabina di regiaAvvio stage formativi intra-dipartimentali articolati sulle aree assistenzialicomuni previste ai vari livelli nel nuovo ospedaleRiunioni a livello dipartimentaleRiunioni a livello di u.o.
A ttiv itàtras vers ale
A ttiv itàtras vers ale
24
Percorsi formativi e stage sul campo
Stage sul campo (formazione 2009)
Fase informativa (riunioni e incontri dedicati)
200 Infermieri affiancati da 92 mentori
80 OSS
130 Infermieri22 OSS
Nel 2009: 38,7% del personale infermieristico 27,5% del personale OSS
hanno effettuato “esperienza sul campo”
A ttiv itàtras v ers ale
A ttiv itàtras vers ale
25
Percorso per il cambiamento
Comunicazione impegno per coinvolgere e informare:- personale interno- parti sociali (istituzioni, volontariato, organizzazioni)- mondo civile (cittadinanza)
Anticipazioni organizzative:- razionalizzazione magazzini UU.OO.- D.H. unificato- pre-ricovero- endoscopia unificata- integrazione per emergenze ostetriche- w.s.- area intensità di cura sub-intensiva
Sensibilizzazione e formazione :- personale (medico, infermieristico, tecnico amministrativo ecc.)- organizzativa- psicologica per aiuto al cambiamento
“condividere” le informazioni
A ttiv itàtras v ers ale
A ttiv itàtras vers ale
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.106/161
(slide 25) (slide 26)
(slide 27)
26
Anno 2010:
Obiettivo:concorrere allo sviluppo del progetto Nuovo Ospedale Sant’Anna diComo - in termini organizzativi, di processo e di risultato
approfondire le linee operative - in termini di percorso integrato delpaziente secondo il modello della complessità assistenziale;
implementare un percorso propositivo di miglioramento - attraverso laconsultazione di posizioni chiave aziendali
percorsi di simulazione dell’attività
27
Punti chiave
Pronto SoccorsoPDTRAIntegrazione e formazione tra professionistiAlta tecnologiaDiagnosi sociale e dimissioni protette
28
Grazie per l’attenzione.
Anna MichettiLaura Chiappa
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.107/161
Modelli organizzativi per intensità di cura e complessità dell’assistenza
Dott.ssa Giovanna Bollini Direttore D.I.T.R.A., A.O. Ospedale Niguarda Ca’Granda
Grazie e un buon pomeriggio a tutti.
Io sarò velocissima anche perché questa mattina sono
state dette tantissime cose e poi oggi mi sono accorta che
stiamo lavorando, più o meno, nello stesso modo con le
colleghe che hanno parlato prima di me, perché l’obiettivo
è simile per tutti.
Chiaramente le modalità d’intervento si diversificano all’interno di ogni azienda, ma la
metodologia è la stessa.
Niguarda occuperà la prima piastra del progetto del nuovo Niguarda, nel senso che verrà
costruito in due fasi (slide 1).
La prima piastra è pronta adesso e quindi entreremo entro fine anno.
La seconda piastra invece verrà costruita quando svuotiamo la parte che sarà dedicata ai
cantieri.
La prima piastra che occuperemo quest’anno, contiene 450 posti letto, quindi non è
l’ospedale, ma insomma una bella parte. Come vedete stiamo parlando di 22 camere
operatorie, 27 letti di terapie intensive, 60 posti letto di day hospital e day surgery, 77 di
punti visita ambulatoriale e via (slide 4).
Quindi questa è la prima piastra.
La seconda piastra verrà costruita esattamente in modo parallelo, quindi speculare
sull’altro lato. Niguarda sostanzialmente vivrà alla fine di questo percorso su tre strutture.
La prima inaugurata nel 2002 contenente tutta l’area di emergenza urgenza e 220 posti
letto, di cui 34 di terapia intensiva.
La prima piastra, vi faccio vedere successivamente quale tipologia di malati entreranno, e
la seconda, saranno dedicate alle medicine, quindi all’aspetto non chirurgico,
sostanzialmente all’area materno infantile.
Vado via veloce perché queste cose le avete già sentite durante la mattinata e anche nel
pomeriggio. Questa parte iniziale era solo per farvi vedere da dove siamo partiti.
Alcune specialità che poi saranno più o meno le specialità di adesso, verranno mantenute,
ma ovviamente anche noi abbiamo ragionato in termini di intensità di cura. Ci sarà un’area
dedicata a queste specialità, ma non con l’assegnazione dei posti letto, bensì con
l’assegnazione della possibilità rispetto, se prendiamo l’area chirurgica per esempio, alla
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.108/161
lista d’attesa sugli interventi chirurgici e alla disponibilità della camera operatoria. Questa è
la logica di partenza un po’ per tutti.
Questo è solo per farvi vedere il ragionamento da cui siamo partiti.
La parte in rosso sono le percentuali di intensità. Questa mattina il Professor Lega diceva
che uno degli elementi da valutare è proprio quello di andare a vedere i tempi di degenza
(slide 7).
Bene, la parte in rosso sono i ricoveri superiori a 5 giorni delle diverse specialità rispetto ai
ricoveri totali.
Quest’altra è la suddivisione nello stesso modo, ma di tutte le aree che entreranno nella
piastra nuova (slide 8). Sostanzialmente saranno tre grandi aree.
Il dipartimento cardiovascolare, il dipartimento chirurgico e dei trapianti e l’area
oncoematologica.
Saranno tre queste grandi strutture oltre a tutta l’area dei servizi.
Quindi questi sono i ragionamenti da cui siamo partiti.
Che cosa stiamo facendo nel frattempo?
Stiamo definendo quali sono le risorse, poi vi dico come stiamo facendo.
Anche noi abbiamo lavorato e stiamo tuttora lavorando sulla complessità clinica e
sull’intensità assistenziale (slide 9). Stiamo lavorando in due modi.
La prima è che abbiamo dei gruppi di professionisti multidisciplinari che stanno vedendo
insieme dal punto di vista clinico e dal punto di vista assistenziale quali sono i parametri o
l’elemento di valutazione. Quali sono i criteri da considerare per l’ingresso dei pazienti in
un’area ad alta, bassa o media intensità.
Perché, detto fuori dai denti, il mio problema più grande, ma penso sia il problema di tutti,
non è tanto l’assegnazione iniziale, quanto chi decide e quando si decide che l’ammalato
viene spostato dall’alta, alla bassa, alla media e così via.
Con quali criteri? Quali saranno le modalità di decisione su questo aspetto?
Quindi in realtà il vero problema, almeno per come la vivo io e noi al Niguarda, è proprio
questo, la logica con la quale spostare i malati.
E’ per questo che, ringrazio la regione Lombardia per l’invito ad iniziare,
contemporaneamente a tutti questi grandi lavori, un lavoro di ricerca che metta insieme
proprio questo concetto.
L’obiettivo della ricerca regionale che ci è stata affidata è quella di valutare insieme a otto
ospedali, di cui Niguarda è capo fila, la complessità clinica e l’intensità assistenziale.
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.109/161
Quando queste due variabili non si sposano, quando non vanno d’accordo, quando ad
esempio per la parte clinica è finita la parte di criticità e il paziente è stabile, ha una
diagnosi, ha la sua terapia ecc. ecc. ma non lo è dal punto di vista infermieristico, occorre
trovare i criteri di confronto e di decisione per dire che questo malato si sposta da una
situazione all’altra.
Io credo che questo sia un lavoro molto interessante, perché penso che sia la prima
ricerca fatta in questo modo facendo lavorare insieme l’area medica, i responsabili della
ricerca e il direttore del dipartimento medico di Niguarda. Questa esperienza spero abbia
dei frutti interessanti, perché servirà poi a tutti. E’ un lavoro per la Regione Lombardia.
Anche qua vado via veloce, il reparto è superato, va bene, mi fermo solo su come
abbiamo tentato di impostare dal punto di vista dell’organizzazione (slide 10).
Dunque la degenza diventa multi specialistica anche se l’organizzazione gestionale
assistenziale è, naturalmente, di competenza delle unità infermieristiche (slide 11).
Questo è il primo importante elemento.
Ricordo la prima volta che abbiamo letto queste cose, discusso insieme con medici e
infermieri in aula Magna a Milano. Ormai credo quattro anni fa. In quella occasione, un
medico mi disse: “ma Lei vuole fare una rivoluzione copernicana!!” Eh si! Purtroppo, nel
senso che la dobbiamo fare tutti, medici ed infermieri, perché questa è per i medici una
ridiscussione gestionale rispetto a come siamo abituati a vivere oggi, ma per gli infermieri
è anche una soluzione di responsabilità diversa, quindi sicuramente un passo culturale
fondamentale che dobbiamo percorrere insieme.
Questo era il messaggio che volevo darvi.
Noi abbiamo organizzato e stiamo organizzando, perché in realtà il lavoro è in itinere, le
unità di degenza suddivise per intensità di cura.
Ci sarà il responsabile di struttura complessa che è l’ex primario che sarà responsabile dei
suoi medici e dell’assistenza resa all’ammalato. Ci saranno le unità infermieristiche con
una responsabilità unica per quanto riguarda la gestione. Il capo sala ci sarà sicuramente,
ma per moduli. Noi abbiamo dei moduli massimi di 44 posti letto, quindi un unico capo
sala. Infatti la scelta è stata quella, e su questo stiamo veramente lavorando ormai da un
po’ d’anni, di inserire l’infermiere case manager. Il coordinatore si occuperà della gestione
delle risorse, mentre l’infermiere case manager sarà il punto di continuità sia per il malato
che per gli stessi colleghi infermieri che lavoreranno su quel malato, che ovviamente per il
clinico.
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.110/161
Insieme a questo ci tengo a sottolineare l’aspetto importante del tutor medico. Lo sforzo è
quello di dire ad ogni malato che il suo medico è il Dottor X e la sua infermiera case
manager è la signora Y. Questo è il grande sforzo. Non so se ce la faremo, perché stiamo
parlando di ciò che stiamo tentando di costruire, però la logica è questa.
Difficile, ma anche su questo punto stiamo lavorando da tanto tempo. Niguarda ha
valorizzato la professione infermieristica da anni, perché ha inserito la figura del case
manager piuttosto che del tutor, piuttosto che del capo turno. Inoltre da anni, in forma
assolutamente ufficiale, quindi per concorsi, stiamo facendo un lavoro di
professionalizzazione, ma anche di formazione, perché alla fine queste persone se
devono diventare coloro che sono di riferimento per tutto, dovranno sapere e dovranno
essere molto brave.
L’ultimissima cosa che volevo dire, poi passo la parola al Dottor Cosentina, è la parte
informatica e documentale che è fondamentale.
Voi pensate che in questo ospedale, come vedete (slide 20), c’è un pezzo nuovo, tutto il
vecchio e c’è un pezzo che è semi nuovo. E’ molto difficile mettere insieme le cose. Anche
solo in termini di trasporti, di logistica. E’ davvero complicato.
Una cosa su cui stiamo lavorando è che tutta la documentazione clinica sia unica per tutti.
La cartella clinica e la cartella infermieristica, ormai da 8 anni a Niguarda, sono unici per
tutta l’azienda. L’altra cosa è l’informatizzazione. Questo è un elemento che ci aiuterà
tantissimo nel processo di integrazione.
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.111/161
(slide 1) (slide 2)
(slide 3) (slide 4)
(slide 5) (slide 6)
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1
Il modelloassistenziale per
intensità di cura nelNuovo Ospedale:aspetti tecnici e
applicativi
AccademiaGuardia di Finanza
Bergamo
G. BolliniR. Cosentina
C. Nicora
Tavola Rotonda
Modelli organizzativi perintensità di cura e
complessità dell’assistenza
Modelli organizzativi perintensità di cura e
complessità dell’assistenza16
Azienda OspedalieraNiguarda Ca’
Granda
CaratteristicheLa piastra ospita i reparti “high care” dell’ospedale450 posti letto totali87.000 mq totali di superficie 23 camere operatorie (inclusa interventistica)27 posti letto di terapia intensiva60 posti letto di day hospital77 punti visita ambulatoriali
Attivazione del cantiere: marzo 2007
Opere Fase 1 Opere Fase 1 -- Piastra SudPiastra Sud
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2
Il modelloassistenziale per
intensità di cura nelNuovo Ospedale:aspetti tecnici e
applicativi
AccademiaGuardia di Finanza
Bergamo
G. BolliniR. Cosentina
C. Nicora
La progettazione organizzativa 1La progettazione organizzativa 1
Funzionamento organizzato in base ai processidi curaPredefinizione dei percorsi di diagnosi e curaApproccio funzional-strutturale:
si muove lo staff e non il pazientesi muovono le tecnologie (?) e non il paziente
Modularità (standardizzazione)Centralizzazione dei servizi comuni ed utilizzoappropriato delle moderne tecnologieInformatizzazione elevata e integrataIntegrazione dei percorsi per la continuitàassistenziale
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3
Il modelloassistenziale per
intensità di cura nelNuovo Ospedale:aspetti tecnici e
applicativi
AccademiaGuardia di Finanza
Bergamo
G. BolliniR. Cosentina
C. Nicora
La progettazione organizzativa 2
Alta capacità e complessità di prestazioni conappropriato dimensionamento delle aree didegenzaAlta qualità e articolazione in diversi gradi diintensità e specificità di assistenza delledegenzeDegenze non assegnate per specialità ma perDipartimentoOttimizzare i tempi di attesa e superare ilmodello della produzione a “lotti” in sequenzaSviluppo delle prestazioni in ambulatorio ediurne (Day Hospital e Day-Surgery)
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4
Il modelloassistenziale per
intensità di cura nelNuovo Ospedale:aspetti tecnici e
applicativi
AccademiaGuardia di Finanza
Bergamo
G. BolliniR. Cosentina
C. Nicora
La piastra SUD
ospita i reparti “high care”450 posti letto87.000 mq totali di superficie22camere operatorie27 posti letto di terapia intensiva60 posti letto di day hospital77 punti visita ambulatorialiarea commerciale
16
Azienda OspedalieraNiguarda Ca’
Granda
CaratteristicheLa piastra ospita i reparti “high care” dell’ospedale450 posti letto totali87.000 mq totali di superficie 23 camere operatorie (inclusa interventistica)27 posti letto di terapia intensiva60 posti letto di day hospital77 punti visita ambulatoriali
Attivazione del cantiere: marzo 2007
Opere Fase 1 Opere Fase 1 -- Piastra SudPiastra Sud
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.112/161
(slide 7) (slide 8)
(slide 9) (slide 10)
(slide 11) (slide 12)
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Il modelloassistenziale per
intensità di cura nelNuovo Ospedale:aspetti tecnici e
applicativi
AccademiaGuardia di Finanza
Bergamo
G. BolliniR. Cosentina
C. Nicora
Obiettivo
Definizione di intensità di cura: livello di curarichiesto dal caso conseguente ad unavalutazione di instabilità clinica (associata aalterazioni dei parametri vitali) e di complessitàassistenziale (medica ed infermieristica)
Ospedale patient-focused: riorganizzato per areedi degenza, spesso multispecialistiche, graduaterispetto all’intensità di cura
“A nessuno piace stare in ospedale” “A nessuno piace stare in ospedale” “Ogni paziente ha tutto l’interesse ad essere trattato il più velocemente possibile” “Ogni paziente ha tutto l’interesse ad essere trattato il più velocemente possibile” “Il tempo del paziente non è tempo libero/gratis” “Il tempo del paziente non è tempo libero/gratis” “Occorre costruire il servizio reso in funzione dei bisogni di assistenza del paziente” “Occorre costruire il servizio reso in funzione dei bisogni di assistenza del paziente”
(The Mount Sinai (The Mount Sinai MedicalMedical Center Center ofof NY 1995) NY 1995)
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Il modelloassistenziale per
intensità di cura nelNuovo Ospedale:aspetti tecnici e
applicativi
AccademiaGuardia di Finanza
Bergamo
G. BolliniR. Cosentina
C. Nicora
Messa in contesto
Focus sul paziente e non solo sulla malattiaMaggiore efficienza operativa e gestionaleRecupero di risorse per l’assistenza intensiva apazienti affetti da patologie maggiormenteimpegnative o con forte necessità di continuitàassistenziale H-T
Nell’ospedale si distingue l’asset management(per la parte di degenza graduato per intensità)dal disease management
il primo richiede competenze/organizzazione specifiche eduna scala dimensionale superiore a quella dell’unitàoperativa per produrre recuperi di efficienza produttivala gradazione per intensità permette di rendere concreta larisposta ai bisogni assistenziali differenziati dei pazientiil secondo compete è il cuore dell’attività dellospecialista/UO disciplinare
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Il modelloassistenziale per
intensità di cura nelNuovo Ospedale:aspetti tecnici e
applicativi
AccademiaGuardia di Finanza
Bergamo
G. BolliniR. Cosentina
C. Nicora
S
1,2%
24,5%
5,0%23,0%
30,5%46,0%
3,3%
8,2%32,0%
26,0%23,5%
17,5%95,5%
67,3% 63,0%51,0% 46,0%
36,0%
CardioCHIR Ortopedia Toracica Genera le Vascolare Urologia
MediaIntensita LS
Mediaintensità
Bassaintensità
Organizzazione in funzioni per livelli
Specialità chirurgiche piastra Sud
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Il modelloassistenziale per
intensità di cura nelNuovo Ospedale:aspetti tecnici e
applicativi
AccademiaGuardia di Finanza
Bergamo
G. BolliniR. Cosentina
C. Nicora 7% 5% 0%8%
28% 33%
26% 13%
14% 9%
3% 13%
5% 5%
5%
13%
28%
14%41%
24%
19%
34%25%
30%
AMB DH-DS WS LS
Chirurgie
Cardiologie
Cardio-T orac-Vasc
Ortopedia
OncoEmatologie
Epatologie
Riorganizzazione per livelli
RISORSE
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Il modelloassistenziale per
intensità di cura nelNuovo Ospedale:aspetti tecnici e
applicativi
AccademiaGuardia di Finanza
Bergamo
G. BolliniR. Cosentina
C. Nicora
Intensità di cureIntensità di cure
Complessità clinicaIntensità assistenziale infermieristicaI due parametri sono fra lorointerconnessi
Questo nuovo modello può evitarel’erogazione a tutti i pazienti un livello dicure “medio” abbassando di fatto illivello assistenziale dei pazienti più gravied elevando quello dei pazienti stabili
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Il modelloassistenziale per
intensità di cura nelNuovo Ospedale:aspetti tecnici e
applicativi
AccademiaGuardia di Finanza
Bergamo
G. BolliniR. Cosentina
C. Nicora
L’organizzazione per processi
Viene superato il concetto di “reparto”tradizionale: le funzioni specifiche non sono piùlegate alla peculiarità delle singole disciplinespecialisticheI percorsi sono realizzati in settori di assistenzail più possibile comuni e contiguiI processi di diagnosi e cura per il singolopaziente seguono piani di cura integratiattraverso i vari serviziDegenze, sale operatorie, laboratori, ambulatori,servizi speciali di diagnosi e cura ecc. sono il piùpossibile centralizzati e utilizzabili da moltepliciprofessionalità
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.113/161
(slide 13)
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Il modelloassistenziale per
intensità di cura nelNuovo Ospedale:aspetti tecnici e
applicativi
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Degenza multispecialistica: l’organizzazionegestionale ed assistenziale è competenza delle unitàinfermieristiche, che forniscono un servizio alle unitàoperative mediche seguendone le direttive tecnicheInfermiere case manager nelle areemultispecialisticheUnità operative mediche: il direttore di SC ha pienaresponsabilità e autonomia tecnico professionale sututta l’attività di consultant che svolgono con lapropria equipe sulle risorse allocate dal ospedale,deve favorire il lavoro in team, ma non riceve indotazione esclusiva un settore di degenzaNelle aree multispecialistiche viene meno il binomioprimario-capo salaTutor medico e criteri di ingresso nell’high care
Importanti momenti di discontinuità
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Modelli organizzativi per intensità di cura e complessità dell’assistenza
Dott. Roberto Cosentina Direttore Medico di Presidio, A.O. Niguarda Ca’ Granda diMilano
Arrivati a questo punto stupire la platea con qualcosa di nuovo
è impossibile, questo è evidente, allora in breve tempo provo
ad esprimere un paio di considerazioni, che sono quelle che
mi vengono spontanee alla luce del mio ruolo di Direttore di
Presidio.
Come ha detto giustamente la Dott.ssa Giovanna Bollini,
direttore della D.I.T.R.A., stiamo portando avanti in questo
momento un grosso lavoro, con gruppi di lavoro mirati su tutte
le varie aree di questo nuovo edificio denominato Blocco Sud
(slide 15).
Il Blocco Sud è uno dei tre palazzi, dei tre blocchi che verranno a costituire alla fine il
nostro ospedale; credo che meriti una sottolineatura il fatto che abbiamo tirato su 470
posti letto all'interno di un ospedale che ha continuato a funzionare senza la minima
perdita di attività.
Non abbiamo perso in tre anni un posto letto, non abbiamo diminuito l'attività, non
abbiamo intaccato la qualità del nostro lavoro: questo credo che sia un dato che merita di
essere citato, ed è stato il grosso sforzo che abbiamo tutti vissuto; a differenza dei colleghi
che hanno parlato prima di noi e che hanno potuto privilegiare il traghettamento verso il
nuovo, il nostro grosso sforzo in questi tre anni è stato questo mantenimento.
A che punto siamo ora? Abbiamo terminato un edificio di sette piani, in totale, due sotto
terra, un pianterreno e quattro in esterno, 470 posti letto, 27 dei quali di terapia intensiva,
l'articolazione delle degenze sui primi tre piani fuori terra (primo per il Dipartimento
Chirurgico, secondo per il Dipartimento Cardiovascolare, terzo per il Dipartimento
Oncoematologico).
Partendo dall'interrato, a meno due abbiamo un’area prettamente di servizio, quindi non
destinata ad attività sanitarie ma core nevralgico della logistica dei trasporti leggeri e
pesanti.
Nel piano interrato, meno uno, abbiamo, oltre a spogliatoi per 1200 lavoratori, l'area della
radiologia (tradizionale, TAC, RMN, interventistica), l'area centralizzata dell'endoscopia
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(gastroenterologica, toracica, urologica, videoendoscopia interventistica) e la centrale di
sterilizzazione (slide 16).
Al piano terra abbiamo l'area dell'accoglienza per i pazienti (con oltre 20 sportelli) e l'area
ambulatoriale (slide 17); l'area ambulatoriale è stata concepita come concentrazione
intesa come spazio fisico ma con la suddivisione tra una grossa area di offerta dell'area
oncoematologica (uno dei settori cardine della nostra azienda) e un’area ambulatoriale
dedicata all'area cardiologica (Dipartimento De Gasperis, ovvero un'altra pietra miliare nei
70 anni del nostro ospedale).
A questo livello abbiamo collocato anche l'area del Day Hospital, con un concetto di
accentramento del servizio del day hospital, sopratutto in questo caso con l'area
oncoematologica.
Il primo piano è quello sostanzialmente dedicato all'area chirurgica (slide 18); abbiamo
dodici sale operatorie (due blocchi da sei punti operatori, da 40-42 metri quadri,
contrapposti) con tutte le specialità chirurgiche (tranne otorino ed oculistica) con in più le
patologie mediche afferenti (epatologia).
Questa scelta è motivata dall’evidenza che le patologie all'interno dell'area trapianti,
soprattutto ovviamente del trapianto di fegato, è per noi un’area cardine con forti
interconnessioni operative tra area chirurgica e quella medica.
Avendo immaginato le strutturazioni delle degenze non tanto per reparto quanto, come è
stato detto fino ad ora, per intensità assistenziale e per macro aree omogenee,
ovviamente si amplifica il ruolo delle patologie; questo contesto si sposa, ad esempio, con
il criterio del livello di bisogni del paziente candidato al trapianto epatico o del paziente che
ha appena ricevuto un trapianto o che potrà sviluppare, nella fase di follow up, possibili
problemi.
Al piano di sopra lo schema resta ancora uguale solo che siamo sull'area cardiovascolare
(slide 19); il blocco centrale (che al primo piano è composto da quei due semiblocchi con
sei punti operatori) ha in realtà un emiblocco da cinque punti operatori (sono sale
operatorie da 50 metri quadri per la cardiochirurgia e la chirurgia toracica) e l'area
destinata alla parte intensivistica intervenzionistica (emodinamica, elettrofisiologia
cardiaca ed una sala ibrida dove immaginiamo di far convivere il chirurgo vascolare, il
radiologo interventista, ecc.).
Spezzo una parola rispetto a questo progetto organizzativo, poiché ritengo che abbiamo la
fortuna, sotto questo aspetto, di essere il Niguarda ovvero un ospedale ove è già presente
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una forte tradizione di integrazione non solo tra gli specialisti, ma anche tra le varie figure
professionali.
Il momento in cui ci si siede a portare avanti un progetto, uno sviluppo di un’idea di lavoro,
di assistenza per livello di intensità con l’obiettivo di togliere dalla porta la targhetta
“reparto di”, “regno di sua maestà primario tale, fatevi identificare prima di passare il filo
spinato” per passare a lavorare sul bisogno del paziente, al di là dello specialista, credo
che una connotazione come quella del Niguarda sia importante per essere più sereni e
meno soli in questo sforzo.
Il terzo è l’ultimo piano dedicato alla degenza con l’area oncoematologica (slide 20).
Niguarda ha una grossa Ematologia, soprattutto sul versante oncologico, un’Oncologia
storica, l'area trapianti di midollo nella quale abbiamo sviluppato il concetto di alto livello
assistenziale e abbiamo come dire frammisto le due degenze (che attualmente sono
separate).
Resta il piano superiore che è quello che dedichiamo agli studi medici ed alle segreterie di
supporto amministrativo.
Le conseguenze operative le tralascio (slide 18-19) giacché non farei altro che ripetere
tutti i vantaggi e tutte le aspettative che i colleghi che hanno già parlato hanno lungamente
descritto.
Chiudo “piratando” un’immagine che il Professor Lega ha proiettato stamattina (slide 23);
poiché siamo Niguarda, e come al solito dobbiamo dire o fare qualcosa in più, al giusto
concetto che un ospedale esiste e vale grazie ai suoi professionisti clinici, aggiungiamo
anche che esiste un aspetto organizzativo ed un aspetto di integrazione che riteniamo
assolutamente fondamentale soprattutto nelle fasi di evoluzione.
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(slide 14) (slide 15)
(slide 16) (slide 17)
(slide 18) (slide 19)
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applicativi
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Niguarda oggi - domani
OGGI 2009Risorse allocate perunità funzionali
OGGI 2009Risorse allocate perunità funzionali
DOMANI 2010Risorse allocate per livelli diintensità assistenzialeTecnologie condivise da teamprofessionali
DOMANI 2010Risorse allocate per livelli diintensità assistenzialeTecnologie condivise da teamprofessionali
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Sterilizzazione
Radiologia interventistica• 1 angiografo• 1 mammoton – ecografo• 1 sala risveglio• 1 litotritore
Radiologia• 1 RNM• 1 RNM cardiologica• 2 TAC• 1 RX telecomandato• 1 RX scheletrica• 1 RX toracica• 2 mammografi• 5 ecografia
Endoscopia centralizzata• endoscopia digestiva• endoscopia interventistica• ecoendoscopia chirurgica• endoscopia toracica• endoscopia ORL
Spogliatoi
Piano interrato piastra sud
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Day Hospital 44 PL
• ematologia• oncologia d’organo oncologiagenerale e d’organo (polmone,orl, ginecologici, gastroent, ..)
Piano terra piastra sud
Poliambulatorio polispecialistico• 25 ambulatori• 25 ambulatori
Day Hospital medico• 10 PL
Poliambulatorio cardiologico• 16 ambulatori
Mensa - Ristorante
Attività Commerciali
Accettazione pazientii
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Primo piano piastra sud
Degenza long stay 88 PL
• chirugia gen 1• chirugia gen 2 e trapianti• ginecologia• urologia• ortopedia
• High care• trapiantifegato-rene
24 PL
Degenza breve (WH-WS-DS)
• chirugia WS-DS• degenza breve (interventistica)
• Blocco operatorio 6 soda 40 mq
• Blocco operatorio 6 soda 40 mq
•Degenzalong stay24 PLepatologia
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Degenza long stay 110 PL
• cardiochirugia• cardiochirugia pediatrica• chirurgia toracica• chirurgia vascolare• cardiologia emodinamica• cardiologia trapianti• cardiologia elettrofisiol• cardiologia
Area intensiva 27 PL
• terapia intensiva cardiochirurgica• terapia intensiva generale e trapianti• terapia subintensiva
• High care• Trapianti
12 PL
Blocco operatorio 5 soda 49 mBlocco interventistico:• 3 cardiologiche• 1 radio-interventistica• 1 ibrida
Secondo piano piastra sud
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Terzo piano piastra sudHigh care 30 PL
• ematologia• oncologia• trapianti midollo
Degenza long stay area oncologica 448 PL
• ematologia• oncologia generale e d’organo (polmone, orl,ginecologici, gastroent, ..)• radioterapia
35 studi medici, 4 segreterie, 5 sale riunioni
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(slide 20) (slide 21)
(slide 22) (slide 23)
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Terzo piano piastra sudHigh care 30 PL
• ematologia• oncologia• trapianti midollo
Degenza long stay area oncologica 448 PL
• ematologia• oncologia generale e d’organo (polmone, orl,ginecologici, gastroent, ..)• radioterapia
35 studi medici, 4 segreterie, 5 sale riunioni
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Conseguenze operative 1
Reparti multispecialistici permigliorare flessibilità e sfruttamento dellacapacità produttivaconcentrare l’assistenza di pazienti con bisognisimili (grado di dipendenza, quadro clinicocomplessivo, supporto famigliare, continuitàcon il territorio, stato mentale, ecc.)
Ambulatori multispecialistici (day-service, dipatologia particolare)Delega nella gestione della flessibilità allocativa dirisorse critiche (PL/sala operatoria/ambulatoriale– posti letto pool/polmone; sedute jolly; ambulatori)Occorre pianificare e distinguere bene spazi erisorse per urgenza ed elezione
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liste di attesa: è attuata una gestione unitaria ecentralizzata delle liste d’attesa (ricoveri-ambulatori)criteri per la gestione delle liste di attesa perdomanda e gravità (indirizzi strategici eprogrammatori)programmazione del ricovero dello specialistaattraverso una valutazione professionale pergarantire l’appropriatezzaprocedure per gestione operativa (allocazione)dei PL, PL pool, sala operatoria, piattaformemultispecialistiche, ambulatori)Informatizzazione: tutte le informazioni rilevantisono informatizzate e disponibili in tempo reale aglioperatori sanitari
Conseguenze operative 2
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un ospedale è più dei suoi professionisti , ma non sarà mai meglio
dei suoi professionisti
ma l’organizzazione resistema l’organizzazione resiste
g r a z i eg r a z i e
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Video Intervista a Dott. Angelo Cordone / Dott. Marino Dell’AcquaDirettore sanitario e Dirigente S.I.T.R.A., A.O. Ospedale civile di Legnano.Realizzata dalla Sig.ra Laura Tomasoni, A.O. Ospedali Riuniti di Bergamo
Dott. Angelo Cordone Direttore Sanitario, A.O. Ospedale Legnano (video)
Porgo il saluto dell'Azienda Ospedaliera di Legnano del
Direttore Generale, Dott.ssa Dotti, e ringrazio l'Azienda
Ospedaliera di Bergamo e tutta la Direzione Strategica.
Avremmo voluto essere presenti direttamente a questo
incontro ma la concomitanza con la visita del Presidente della
Regione Lombardia, Formigoni, in occasione della chiusura
del cantiere del nuovo ospedale di Legnano ha richiesto la nostra presenza a Legnano.
Quali elementi avete considerato nel pensare un modello organizzativo per intensità di
cure e complessità assistenziale?
Il passaggio al modello per intensità di cura è una necessità cui sempre più le realtà
ospedaliere dovranno aderire nel prossimo futuro. L’Azienda Ospedaliera di Legnano,
peraltro, da tempo ha deciso di sviluppare la sua organizzazione verso una forte impronta
dipartimentale, sulla quale si può con fiducia basare l’ulteriore evoluzione verso l’intensità
di cura. A conforto di questa forte impronta si aggiunge poi la realizzazione della nuova
sede ospedaliera di Legnano che, proprio per come è stata pensata e realizzata, ben si
presta a tale evoluzione organizzativa.
La spinta ad aderire al nuovo modello che, in pieno accordo con le volontà di sviluppo
regionali, è pensato nell’ottica della centralità del paziente, nasce dalla consapevolezza di
quella che è la nostra realtà organizzativa esistente che in prossimità del trasferimento
verso il nuovo ospedale ha subìto necessariamente una attenta rivisitazione in tutti i suoi
aspetti.
Tale revisione è stata condotta con l’apporto di tutti i nostri operatori che, a seguito di
interventi formativi ad hoc per l’acquisizione dei modelli teorici di intensità di cura, hanno
collaborato alla definizione dei passaggi necessari verso la nuova organizzazione, con la
consapevolezza che l’obiettivo definitivo del modello spinto di intensità di cura verrà
raggiunto per step, il primo dei quali prevede il rafforzamento dell'organizzazione per aree
omogenee.
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Il modello nato dai confronti di questi mesi si basa su un criterio di classificazione
dell’intensità prevalentemente improntato sulla complessità clinica del paziente, che però
tiene nel dovuto conto anche la complessità assistenziale, oggi sempre più complicata a
causa della presenza di co-patologie che influiscono notevolmente sulle necessità
assistenziali del paziente.
Una prima organizzazione totalmente per aree omogenee ci consentirà di evidenziare
nell’attività quotidiana quelli che sono gli snodi da presidiare e da potenziare perché il
successivo modello funzioni grazie alla possibilità di valutare appieno i percorsi di cura che
si svilupperanno tra le diverse aree omogenee di fronte alla nuova realtà strutturale.
Abbiamo quindi concentrato in zone vicine tra loro e direttamente comunicanti l' ”area
critica” che potrà disporre di una piastra comprendente i servizi necessari alle attività
diagnostico/terapeutiche in urgenza. Saranno a diretta disposizione del PS: tutte le
apparecchiature della radiologia, comprese apparecchiature di ultima generazione, come
la TC a 256 strati; la zona di degenza della Medicina d’Urgenza; al piano inferiore i
laboratori ed al piano superiore il blocco operatorio centralizzato, il tutto collegato con
ascensori dedicati.
L' “area medica” verrà suddivisa in zone con differente intensità di cura. L’area ad alta
intensità vedrà la gestione del paziente critico, clinicamente instabile, anche con attività di
tipo semi intensivo per esempio per pazienti con gravi problematiche respiratorie. Anche l'
“area chirurgica” è stata concepita per consentire la suddivisione in livelli di alta e media
intensità, mentre si può fare un discorso ancora più evoluto per le aree di degenza
cardiovascolare nelle quali, oltre al primo step di suddivisione per intensità di cura, si è
deciso di disporre degenze condivise per pazienti medici e chirurgici.
La suddivisione per aree di diversa intensità è stata possibile anche grazie alla
disponibilità di spazi per gestire in modo centralizzato la bassa intensità di cura; nella
nuova struttura, infatti, sono previste un’area di Day Hospital ed un’area di Day Surgery
con condivisione dei letti dedicati tra tutte le specialità e tre zone comuni dedicate
all’attività ambulatoriale che, quindi, esce dall’attuale localizzazione nei reparti di degenza.
Quanto detto descrive un processo di importante e profondo cambiamento che non
abbiamo ritenuto potesse avvenire calando dall’alto un modello organizzativo predefinito;
saranno il dialogo, il confronto e la condivisione tra personale e direzione strategica a
portare alla caratterizzazione di un modello fortemente condiviso che vogliamo definire il
“modello Legnano”.
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Il Dottor Cordone ci ha parlato di coinvolgimento e formazione del vostro personale, quali
sperimentazioni oggi avete in atto nell'ospedale che state per lasciare, verso questo nuovo
modello organizzativo ?
Dott. Marino Dell'Acqua Dirigente S.I.T.R.A., A.O. Ospedale Civile di Legnano(video)
La resistenza al cambiamento è una delle situazioni che richiedono alle organizzazioni
l’investimento di enormi energie per il suo superamento. Nel nostro caso il cambiamento
sarà duplice, si cambia strutturalmente ma si cambia anche culturalmente. Quindi anche la
nostra azienda è attiva su questo fronte. Abbiamo deciso di darci un’organizzazione che è
divenuta la cabina di regia chiamata “Centrale di Formazione” che ha lo scopo di indirizzo
nelle diverse scelte che il personale tutto vorrà fare per arrivare al nuovo modello
organizzativo.
Infatti, l’obiettivo primario della direzione è quello di cercare di condividere al massimo
quelle che saranno delle scelte organizzative e di cambiamento che la nuova struttura ci
porterà a prendere.
La “Centrale di Formazione” vede la presenza di alcuni soggetti della direzione con il
coordinamento del Direttore Sanitario ed al suo interno sono stati definiti alcuni aspetti da
presidiare per il trasferimento verso la nuova struttura e per il cambiamento organizzativo,
molti di questi aspetti sono inseriti in corsi di formazione che vedono i nostri operatori quali
attori principali nella definizione dei percorsi di rinnovamento.
Tra gli aspetti da presidiare c’è il fatto che la nostra Azienda consta di altre tre strutture
ospedaliere tra le quali, l'ospedale di Abbiategrasso, è anch'essa nuova e che, in qualche
modo ha visto già l’inizio del percorso di sperimentazione per intensità di cura sia nell'area
chirurgica che in quella medica. Tale situazione ci permette di testare alcuni aspetti
organizzativi che ad oggi possono essere per noi ancora oscuri non avendoli sperimentati
effettivamente sul campo e per i quali dobbiamo ancora definire la sicura efficacia.
Attraverso il lavoro svolto durante i percorsi di formazione attivati dalla nostra azienda
stiamo realizzando, condividendolo con i nostri operatori, la definizione, come ha già detto
il Dott. Cordone del “modello Legnano”. Per fare ciò, ad esempio non sono state definite
aprioristicamente quali scale di valutazione impiegare per la valutazione della complessità
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.122/161
assistenziale, ma si è deciso di partire dal vissuto quotidiano dei nostri operatori nel
definire la complessità assistenziale valutando su quali criteri vorremo basare e
condividere tale valutazione nella nuova realtà organizzativa. Ritengo che questo sia uno
degli aspetti da presidiare molto attentamente ma che sia anche uno dei cardini vincenti
della nostra scelta perché anche se coinvolgere molti operatori in lezioni d’aula o in lavori
di gruppo non è semplicissimo, crediamo che il cambiamento e le difficoltà ad esso
correlate, potranno essere superate soprattutto con una grande condivisione del percorso
da parte di tutti.
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Modelli organizzativi per intensità di cure e complessità di assistenza: il nuovo
presidio di Vimercate.
Dott. Ezio Goggi Direttore Unità di Progetto Nuovo Ospedale, A.O. Ospedale diDesio e Vimercate
Buongiorno, noi siamo stati molti ligi alle indicazione della
Dottoressa Casati e cerchiamo di stare nei tempi.
Abbiamo preparato una presentazione un po’ alternativa
rispetto a quelle fatte fino ad ora e abbiamo fatto bene.
Infatti la Dottoressa Chiappa, che ringrazio, ha già ben
descritto l’ospedale di Como che di fatto è molto simile al nostro dal punto di vista
logistico. Quindi ha già detto quasi tutto, e molto è stato detto anche sulla formazione che
tutti stiamo facendo incontrando più o meno gli stessi problemi e anche le stesse gioie.
Per questo abbiamo fatto una scelta diversa: abbiamo cercato di soffermarci non sulla
descrizione generale ma sui dei modelli su cui stiamo lavorando, sono modelli di cui si è
parlato molto oggi e che descrivono le modalità dell’assegnazione dell’intensità di cura.
Questo è il nostro ospedale, vedete che anche noi abbiamo i petali, abbiamo la piastra
centrale e un avancorpo di servizi (slide 1).
Il vero cambiamento a cui stiamo andando incontro noi, ma credo anche le altre aziende, è
descritto nella parola latina “transitur” e nella parola inglese “transition”, che rendono molto
meglio l’idea rispetto al termine italiano “passaggio” e che spiegano bene come il
cambiamento sia, secondo me, innanzitutto un cambiamento di testa, un cambiamento
culturale (slide 2). Se non siamo capaci di fare questo passaggio, che è il primo e
assolutamente il più importante, dubito che riusciremo a fare tutti gli altri. Infatti in un primo
momento, quello davanti a cui tutti gli operatori sanitari si sono trovati, è stata la situazione
descritta da questo cartello, che è un cartello che esiste veramente nella catena del
Lagorai vicino alle Dolomiti (slide 3), una sensazione di smarrimento data dalla
consapevolezza di quello che si deve lasciare e dall’incertezza di quello che ci aspetta.
Davanti a questa situazione, veramente difficile da affrontare anche perché nuova e con
poche esperienze precedenti, quello di cui ci siamo accorti è stata l’importanza di lavorare
insieme, dove lavorare insieme vuol dire confrontarci quotidianamente sui problemi
concreti. Devo dire che non è stata una cosa immediata e neppure scontata, come penso
anche molti di voi abbiano provato nelle loro realtà; devo osservare che soprattutto i miei
colleghi medici sono stati piuttosto riottosi all’inizio, ma poi ci si è resi conto che in fondo
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.124/161
lavorare insieme era conveniente per tutti (slide 4). Il primo paradigma su cui abbiamo
lavorato è stato che l’ospedale, la struttura nuova per cui ci stavamo preparando, non
poteva essere centrato solo sulla persona che in esso sarebbe stata ricoverata, ma
doveva essere centrato sulla persona ricoverata e sulla persona che dentro ci lavora
perché comunque una bella parte della nostra vita noi la passiamo lì dentro, per questo
ogni cosa deve essere commisurata a queste due entità che in fondo sono interdipendenti
in quello che succede dentro un ospedale.
Come vi dicevo all’inizio non vi descriverò come è fatto l’ospedale ma farò un esempio
concreto del lavoro che stiamo portando avanti: uno dei problemi che ci siamo posti è
quello relativo alle modalità di assegnazione dell’intensità di cure. Tutti gli argomenti di
maggiore rilievo (formazione, valutazione apparecchiature, trasloco ecc.) sono stati e sono
affrontati da gruppi di lavoro multidisciplinari; gli argomenti sono molti, ma la modalità di
affronto è sostanzialmente simile.
I gruppi di lavoro sono formati da persone afferenti alle varie professioni interessate.
Desidero sottolineare che applicare questa modalità di lavoro non è stata una cosa
immediata (inizialmente il personale si è sentito escluso dalle attività progettuali), è stato
proprio il rilevare questa sensazione tra il personale sanitario che ha indotto la direzione
ad orientarsi in questo senso.
Il problema dell’assegnazione dell’intensità di cura consiste, una volta che viene deciso di
assegnare il paziente al ricovero, nel definire con quali criteri viene assegnato ad un’area
d’intensità di cure piuttosto che nell’altra.
Vi proporrò il modello del dipartimento internistico che per noi è quello più compiuto in
quanto sul dipartimento chirurgico stiamo ancora lavorando orientandoci verso soluzioni
leggermente diverse; tra l’altro nel dipartimento internistico è partita proprio lunedì scorso
la sperimentazione per cui da 5 giorni questo modello è anche operativo.
Il percorso inizia dal pronto soccorso, cioè dal dipartimento emergenza urgenza, lo
conoscete bene e tra l’altro a Bergamo, a quanto ne so, ne avete uno veramente
efficiente; se la persona giunta in PS non viene dimessa ma si decide di ricoverarlo il
problema che si pone nella nuova organizzazione è in quale area di intensità deve essere
inviato (slide 5).
Il lavoro iniziale che ci ha impegnato maggiormente è stato quello di capire se esistevano
degli indicatori che ci permettessero di fare afferire la persona in un’area piuttosto che in
un’altra.
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In letteratura esiste veramente poco, anzi direi che su questo argomento specifico non
esiste praticamente nulla di definito.
Abbiamo però trovato in letteratura un indice che si chiama M.E.W.S. (Modified Early
Warning Score) che è nato per individuare il livello di criticità di pazienti ricoverati e
prevenire i decessi in ospedale. In questa sede vi risparmio la definizione esatta,
comunque la sintesi è questa.
Abbiamo provato ad applicarlo alle persone che dal PS venivano inviate al ricovero;
abbiamo verificato che si ottenevano dei risultati discreti e vi era il vantaggio che l’indice
viene calcolato solo su 6 parametri che sia l’infermiere che il medico possono misurare
velocemente. Ma questa semplicità viene pagata con una certa carenza verso alcuni
aspetti che sono importanti nella valutazione della criticità di un ricovero; per questo
abbiamo aggiunto i dati relativi ad una scala cognitiva e un punteggio legato all’utilizzo di
supporto invasivi (slide 6)
Ci aspettavamo che circa un 40% di persone venissero destinate all’area di alta intensità,
questo valore era quello che avevamo rilevato da esperienze generiche precedenti; la
numerosità del campione necessaria per la significatività statistica dello studio è stata
calcolata in 160 soggetti ma ne sono stati valuti 190. In questa tabella sono elencati alcuni
dati relativi a questa popolazione su cui però non mi soffermerei in quanto meramente
descrittivi (slide 7)
Il dato di maggiore interesse è emerso invece al termine dello studio, in questa immagine
(slide 8) potete osservare che a sinistra abbiamo i risultati ottenuti applicando alle persone
ricoverate la valutazione in base alla scala così come noi l’abbiamo modificata, cioè
M.E.W.S. più le due valutazioni aggiuntive, e a destra invece le stesse persone valutate in
base ad un giudizio clinico esperienziale, quindi soggettivo, da parte del medico di pronto
soccorso. Quelli indicati in rosso sono i pazienti allettati o comunque maggiormente critici,
quelli gialli invece sono i pazienti con maggior autonomia.
Non ci aspettavamo questo risultato, ma come vedete il giudizio esperienziale del medico
almeno nella nostra esperienza tenda a sottostimare la criticità del ricovero, e comunque
tenendo conto di questi risultati abbiamo cominciato ad esaminare la possibilità di
ricoverare le persone utilizzando per l’assegnazione di intensità la scala mista. I soggetti
che ricadono nella colonna di sinistra sono quelli che vanno in alta intensità (nell’alta
intensità non comprendiamo la rianimazione e l’unità coronarica che sono a parte ma il
ricovero internistico critico), invece i soggetti della colonna di destra sono quelli che
vengono indirizzati alla media intensità.
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.126/161
Questo è un dato interessante non solo da un punto di vista clinico, ma anche
organizzativo, perché ci permette anche di bilanciare l’attribuzione dei letti e delle risorse
strumentali: pensate ad esempio alla problematica del monitoraggio nelle due aree che
sicuramente sarà piuttosto diversa.
Quindi, una volta che al soggetto viene attribuito un punteggio derivante dalla scala, viene
inviato all’area relativa, che noi chiamiamo “petalo” e che corrisponde ad un’area del
dipartimento internistico, questo dipartimento è formato da tre aree da 52 letti ciascuna
(slide 9-10)
Da qui in poi passo la parola alla Dottoressa Fumagalli che è la responsabile S.I.T.R.A. di
presidio. Devo aggiungere soltanto una piccola cosa: che il nostro dipartimento medico
ormai da 6 mesi sta usando integralmente la cartella clinica informatizzata. Credo che in
aree così grandi e così sparse come i dipartimenti che hanno i letti non in unico corridoio
ma sparsi su un’area di 150 letti difficilmente si possa lavorare senza la cartella
informatizzata.
Bibliografia
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Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.127/161
(slide 1) (slide 2)
(slide 3) (slide 4)
(slide 5) (slide 6)
‐ trans itus cambiamento logis ticoma anche(soprattutto) culturale ‐ trans ition
pas s ag g io :
inizialmentegrandeincertezza eaffronto inordine sparso,ma poi ci si èresi conto che…..
Il c am biam ento è per tutti: non c i s onoalternativ e al lavorare
(prog ettare – s perim entare) ins iem e
perc ors o interno al pronto s oc c ors o epas s ag g io al ric overo
osservazione breve(criteri)
ricovero?
dove
valutaz ione per l as s eg naz ione delliv ello d i intens ità d i c ura –
s perim entaz ione nel d ipartim entointern is tic o
ricovero
ϒ C las s ificaz ione della intens ità di curas ulla bas e di ME WS *, S c ala C og nitiva,im pieg o d i S upporti e tec nic heinv as iv i.
ϒ 40% di paz ienti in “alta intens ità” –valore a ttes o s ulla bas e di es perienz eprecedenti.
ϒ 160 paz ienti – s tim a della num eros itàc am pionaria indis pens abile per ottenereuna adeg uata potenz a del tes t s ta tis tico.* Modified Early Warning Score (7 parametri)
“il modello as s is tenz iale perintens ità di c ure nel NuovoO s pedale: as petti teoric i eapplic ativi”B erg amo e 4 febbraio 2010
modelli org aniz z ativi perintens ità di c ure e c omples s itàdi as s is tenz a: il nuovo pres idiodi Vimerc ate
Ezio Goggi - AO Desio – Vimercate)
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.128/161
(slide 7) (slide 8)
(slide 9) (slide 10)
dati relativ i alle pers one ric overate%
P az ien ti rec lu tati 190
M/F 99/91 52,1/47,9
E tà media (S D ) 71,6 (17,4) R ange (19 – 98)
B arthel ad altadipen denz a
60 R ange (0 – 100)
allettati 85 44,7
“c ritic i” 56 29,5
R eparti di ricovero %
B P N 25 13,2
C ardiolog ia 14 7,4
Medic ina 1 65 34,2
Medic ina 2 47 24,7
nefrolog ia 11 5,8
neurolog ia 28 14,7
ricoveroP .S .
altaintensità
mediaintensità
52 letti52 letti52 letti
3 aree peril dipartimentomedico
stro
ke u
nit
U.T.
I.R.
altaintensità media
intensità
passo ora la parola alla dott.sa Fumagalli
as s eg naz ione all’area d i c ura:applic az ione della c las s ific az ione
c om binata(ME WS + S C + S T I)ricovero
giudizio soggettivo del clinicoapplicazione scala mista
mediaa lta a lta media
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.129/161
Il nuovo ospedale di Vimercate
Dott.ssa Maria Adele Fumagalli / Dott.ssa Anna Maria Gorini, Responsabile S.I.T.R.Presidio Ospedaliero di Vimercate e Dirigente S.I.T.R.A., A.O. Ospedali di Desio eVimercate
La struttura fisica del nuovo ospedale, ed il modello che induce,
hanno determinato la necessità di un approccio differente
nell’espletamento delle attività sanitarie (slide 1).
Il nuovo modello di ospedale è orientato ai seguenti principi:
• E’ incentrato sulle necessità della persona
• Supera le tradizionali modalità di assistenza e di prassi medica
• Lavora per processi ad alta integrazione multidisciplinare
• Riorganizza e differenzia le responsabilità cliniche e gestionali.
Il modello assistenziale che si intende adottare aggregando le aree di degenza secondo il
criterio dell’intensità di cura ha l’obiettivo di (slide 2):
• rispondere in modo diverso
– per tecnologie
– per competenze
– per quantità e qualità del personale assegnato
• ai diversi gradi di
– instabilità clinica
Le aree maggiormente coinvolte dal sostanziale cambiamento sono rappresentate dalle
degenze mediche e chirurgiche, che si troveranno a condividere non solo spazi fisici, ma
anche risorse tecnologiche.
Il dipartimento medico e il dipartimento di emergenza urgenza nella fase propedeutica alla
sperimentazione hanno misurato l’intensità di cura e la complessità assistenziale su di un
campione significativo di persone valutate in pronto soccorso e successivamente
ricoverate al fine di trovare criteri condivisi di ammissione in ospedale nelle diverse aree:
alta intensità e media intensità (slide 5).
Quanto sopra ha permesso di dimensionare le aree di ricovero e di procedere alla
sperimentazione prima del trasferimento al nuovo ospedale. La cartella clinica
informatizzata in uso ormai da un anno ha facilitato la raccolta dei dati e la successiva
elaborazione.
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.130/161
Il dipartimento chirurgico ha invece elaborato i dati in modo retrospettivo; analizzando
infatti i dati di attività relativi agli ultimi due anni si è potuto definire per flussi differenziati
quali sono le necessità rispetto ai vari setting di cura. L’area chirurgica garantirà le
prestazioni secondo le seguenti linee (slide 6):
• chirurgia d’urgenza
• chirurgia programmata
• chirurgia programmata breve e day surgery
All’interno delle prime due aree vi sarà la presenza di moduli differenti a seconda della
intensità di cura da garantire.
Le aree di degenza saranno suddivise in modo “virtuale” in moduli dedicati ciascuno ad un
diverso numero di malati la cui quantità sarà inversamente proporzionale alla complessità
clinico/assistenziale (slide 10). Indicativamente in un area di 52 posti letto vi saranno 4/5
moduli. La dimensione dei moduli e quindi il numero di persone varierà al variare delle
condizioni cliniche – assistenziali.
In ciascuno dei moduli si realizzerà la presa in carico della persona, abbandonando
l’attività per compiti.
Il modello poggia su un ruolo importante di filtro del Dipartimento di Emergenza Urgenza e
sulla condivisione dei criteri di accesso ai vari livelli e di assegnazione dei pazienti alle
specialistiche. Il Dipartimento di Emergenza Urgenza stratifica clinicamente il paziente e lo
invia al livello che gli compete.
E’ quindi determinante il contributo del pronto soccorso, dove sarà attivata un area di
“stazionamento” per l’osservazione breve, che oltre a permettere una maggiore
appropriatezza nella decisione di ricovero, consentirà di realizzare le prescrizione
diagnostiche con maggiore flessibilità e la stabilizzazione della persona prima dell’invio
alla degenza che comunque si conta di non realizzare - di norma – per l’area internistica e
per l’area chirurgica nelle fascia oraria notturna.
Il modello prevede infatti che durante la fascia oraria notturna il pronto soccorso garantisca
la continuità assistenziale alle persone in osservazione procrastinando alla mattina l’invio
al setting più appropriato.
Il modello organizzativo per intensità di cura, comporta per i professionisti l’adozione di
nuovi schemi di funzionamento sia sul piano gestionale che quello clinico – assistenziale,
superando le caratteristiche del modello organizzativo attuale per transitare
progressivamente verso un modello che si pone come finalità (slide 7):
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.131/161
• un’assistenza basata sulla presa in carico della persona
• la responsabilizzazione dei professionisti ed il coinvolgimento del personale di
supporto
• lo sviluppo della comunicazione orizzontale e della capacità di integrazione
• un utilizzo di modalità e strumenti di lavoro comuni.
La gestione del caso richiede l’adeguamento delle figure sanitarie tradizionali a ruoli di
nuova responsabilità ove la caratteristica principale è costituita dalla capacità di valutare i
bisogni, di pianificare gli interventi e di mantenere livelli di alta ed efficiente cooperazione
tra gli operatori e la rete informale dell’assistito (familiari, amici, volontari).
I nuovi ruoli professionali sono fondamentalmente rappresentati dal medico tutor e
dall’infermiere tutor.
Il loro campo d’azione e la loro responsabilità è principalmente legata alla presa in carico
della persona.
Il medico tutor, prende in carico la persona dal suo ingresso in reparto, ed è responsabile
del singolo percorso di cura sino alla dimissione.
L’infermiere tutor, prende in carico la persona redige il piano di assistenza sulla base del
percorso assistenziale e segue il percorso sino alla dimissione; l’infermiere tutor ha la
funzione operativa che va oltre la funzione esercitata in seno al processo diagnostico
terapeutico e si concentra nell’attenzione alla appropriatezza delle decisioni operative
cercando di evitare duplicazioni di interventi, ridondanze, attese; garantisce altresì la
competenza specialistica.
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.132/161
(slide 1) (slide 2)
(slide 3) (slide 4)
(slide 5) (slide 6)
4 febbraio 2010
Dr.ssa Anna Maria GoriniDIRETTORE SITRA A.O. Desio e Vimercate
Dr.ssa Maria Adele FumagalliRESPONSABILE SITR Presidio Ospedaliero Vimercate
} E’ incentrato sulle necessità della persona
} Supera le tradizionali modalità di
assistenza e di prassi medica
} Lavora per processi ad alta integrazione
multidisciplinare
} Riorganizza e differenzia le
responsabilità cliniche e gestionali
rispondere in modo diverso– per tecnologie– per competenze– per quantita’ e qualita’ del personale assegnato
ai diversi gradi di– instabilita’ clinica
E’ una metodologia che permette di “PESARE”misurare e valutare la persona dal punto di vistainfermieristico e non solo clinico
Si tiene conto delle specificità dell’approccioinfermieristico globale alla persona assistita orientatoalla risposta ai suoi bisogni e al conseguimentodell’autonomia e non solo alla patologia in sé(stabilità/instabilità delle funzioni vitali, orientamentospazio- temporale)
}ICA}SIPI}MAP
DIFFERENZIATI PER TIPOLOGIA DI UTENTE
} Area EMERGENZA URGENZA
} Area DEGENZA: BREVE ED ORDINARIA ad alta media bassa intensità assistenziale
} Area AMBULATORIALE
} Area A CICLO DIURNO (Day Service, Day Surgery, Day Hospital, Pre Ricovero
ecc)
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.133/161
(slide 7) (slide 8)
(slide 9) (slide 10)
(slide 11)
La gestione del caso richiede l’adeguamento delle figure
sanitarie tradizionali a ruoli di nuova responsabilità
ove la caratteristica principale è costituita dalla
capacità di valutare i bisogni, di pianificare gli
interventi e di mantenere livelli di alta ed efficiente
cooperazione tra gli operatori e la rete informale
dell’assistito (Familiari, amici, volontari).
} COORDINATORE DI “LINEA” (per area medica e chirurgica)
} COORDINAMENTO UNITA’ DI ASSISTENZA? COORDINAMENTO RISORSE UMANE? COORDINAMENTO LOGISTICO TECNOLOGICO
Assegna i pazienti sulla base della complessità assistenziale rilevataGestisce il personale infermieristico e di supporto nei vari moduliGestione logistica ed aspetti economali
} INFERMIERE DI PROCESSOGarantisce la presa in carico il paziente all’ingresso, redige il piano di assistenzasulla base dei P.D.T.A., segue il percorso fino alla dimissione.Ha competenza spsecialistica nel settorePartecipa all’erogazione dell’assistenza
} INFERMIERE DI MODULO/SETTORE Assicura, con il personale di supporto, l’erogazione del piano assistenziale che
personalizza in base alle caratteristiche dell’utente
MODULI ASSISTENZIALI
“Noi con l’argilla fabbrichiamo un vaso, ma è il vuotoall’interno che contiene quel che vogliamo”
Proverbio cinese Tao Te Ching
grazie
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.134/161
Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e
applicativi
Dott.ssa Simonetta Cesa Dirigente Direzione delle Professioni Sanitarie, A.O.Ospedali Riuniti Bergamo
E’ stato un confronto importante quello di oggi, perché abbiamo
capito che le aziende che in Regione avranno un nuovo
ospedale hanno intrapreso dei percorsi che sono
assolutamente sovrapponibili.
Quindi sono molto contenta di questa tavola rotonda, perché
penso che l’obiettivo fosse proprio quello di aprire un confronto fra le aziende.
Essendo l’ultima relatrice, devo restringere i tempi, anche perché tantissimi argomenti
sono stati già affrontati questa mattinata dal punto di vista teorico, mentre nel pomeriggio
si è cercato di garantire l’implementazione dei concetti teorici nella pratica e
nell’organizzazione.
Questo è il nostro vecchio e caro ospedale al quale siamo molto affezionati. Un ospedale,
come potete vedere, a padiglioni di circa 950 posti letto attivi (slide 2).
Questa invece è la nuova struttura, poco distante dall’area dell’attuale ospedale, che però
cambia sostanzialmente l’organizzazione, in quanto proprio la struttura, come si diceva
questa mattina, fornisce le prime indicazioni rispetto a quello che potranno essere i modelli
organizzativi da implementare (slide 3).
Come vedete ci sarà una piastra centrale e sette torri. Abbiamo parlato di strutture a “dita”,
“a petali”, noi parliamo invece di torri (slide 4).
Nella piastra centrale sono concentrati tutti i settori dell’alta tecnologia: la diagnostica per
immagini, la laboratoristica, il centro EAS; a fianco troviamo il blocco operatorio, formato
da un blocco operatorio maggiore di 18 sale ed un ulteriore blocco operatorio di 12 sale
che contemplano l’attivazione fino a 52 posti letto di day-surgery e di one day-surgery.
Il livello superiore è invece dedicato all’area critica.
Una delle grandi differenze rispetto all’attuale organizzazione è che avremo un unico
settore deputato all’area critica e che soprattutto ci sarà un incremento di posti letto
significativo in questo settore.
E’ possibile un’attivazione di circa 90 posti letto di area critica con la possibilità di attivare
anche 16 posti letto di recovery room
Questa è la composizione della piastra centrale.
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.135/161
Nelle torri invece troviamo dislocate le degenze, quindi il lavoro fatto in questi anni è stato
quello di attribuire e di riaggregare sostanzialmente le organizzazioni e le specialità
all’interno di queste torri.
Nei vari piani troveremo quindi le degenze e un’area omogenea per gli ambulatori
concentrati al primo livello di ciascuna torre e in parte nella piastra sud.
Gli elementi che abbiamo voluto fortemente considerare all’interno di questa tavola
rotonda sono sostanzialmente i percorsi e le sperimentazioni in atto e i flussi informativi a
scopo gestionale. Questi sono stati considerati per la definizione dell’intensità di cura e
della complessità dell’assistenza (slide 5).
Per fare questo è chiaro che entrano in causa diverse forze: esterne, ne abbiamo parlato
soprattutto all’inizio della mattinata, disposizioni regionali, nazionali, nonché indirizzi
internazionali e validazioni di modelli concettuali e modelli di organizzazione per intensità
di cura. Come è stato detto più volte, oggi esistono anche forze interne che indirizzano
fortemente ogni presa di decisione, quindi risvolti culturali e storici, come i patrimoni
culturali che ogni azienda porta con sé e l’evoluzione dell’organizzazione che si è voluta
concretizzare nella propria azienda (slide 6).
Palando quindi di intensità di cure, il progetto che abbiamo pianificato sostanzialmente
contempla le seguenti fasi.
Come Vi dicevo precedentemente, abbiamo questa grande piastra di area critica dove
concentreremo le cure ad alta intensità. Sono tutti posti letto attivabili come posti letto di
terapia intensiva, ma ovviamente daremo molto spazio anche alla sub-intensiva.
Come azienda, su quest’area si è lavorato molto, soprattutto negli ultimi tre anni attraverso
una forte integrazione con gli specialisti del dipartimento di anestesia e rianimazione. Con
loro si è fatto un’attenta valutazione di come assegnare questi posti letto, come graduare
all’interno di questo settore l’intensità di cura e come andare a declinare poi le
responsabilità all’interno di quest’area (slide 7).
Nelle degenze abbiamo previsto le cure a media intensità su due livelli: medio alta e medio
bassa, per poi arrivare a prevedere un settore che abbiamo voluto chiamare di
“accompagnamento alla dimissione”, come è stato definito in precedenza dalla Dottoressa
Silvestro. Questo settore è fortemente integrato con il territorio attraverso anche quella
che è ormai da un anno e mezzo la “centrale di dimissioni protette” e quindi con tutti i
percorsi attivati da questa struttura.
Ovviamente, nello studio di questa graduazione, un lavoro molto importante è stato quello
di definire quali sono i criteri di ammissione e di dimissione tra i vari livelli. Quindi per il
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.136/161
settore dell’area critica c’è stato questo lavoro di elaborazione di criteri di ammissione e di
dimissione dalle cure ad alta intensità verso le cure di media intensità (slide 8).
Parlando invece di degenza, in questa azienda storicamente abbiamo dei criteri che ci
hanno accompagnato basati sulla rilevazione della complessità assistenziale e quindi
della dipendenza attraverso il metodo svizzero. (slide 10).
Abbiamo in corso degli studi osservazionali e diversi gruppi di miglioramento
dipartimentali, nei quali si è studiato questa riorganizzazione a livello delle torri e la
ristrutturazione del percorso del paziente (slide 11).
Gli studi osservazionali in area di degenza medica sostanzialmente intendono individuare
elementi che possano essere di prevedibilità della complessità assistenziale, utilizzando
criteri di stabilità clinica e di impegno assistenziale (slide 12).
E quindi come azienda in primo luogo, abbiamo cercato di unire quello che per noi è un
metodo storico di rilevazione della dipendenza, il metodo svizzero, con il metodo
M.E.W.S. (slide 13).
Inoltre c’è in atto un ulteriore approfondimento integrando il metodo svizzero con altre
scale di instabilità clinica presenti in letteratura (slide 14).
Per quanto riguarda invece la degenza chirurgica, la definizione dell’intensità di cura è
ottenuta non solo attraverso questi parametri, ma anche attraverso altri elementi, quali per
esempio la gradazione delle giornate di degenza, che permetterà la creazione anche della
suddivisione per intensità medio alta e medio bassa dei pazienti (slide 15-17).
In realtà, nel Piano Organizzativo Aziendale del 2008/2010, era già prevista questa
innovazione. Infatti era citato che le organizzazioni delle degenze potessero riprendere o
potessero comunque ricontemplare i bisogni assistenziali dei pazienti secondo il principio
del gradiente per intensità di cura (slide 18).
L’innovazione quindi è stata ispirata a dei concetti principali e di indirizzo come la
centralità del paziente, la continuità delle cure, l’organizzazione orientata alla
multidisciplinarietà, lo sviluppo delle competenze dei professionisti e l’alta tecnologia (slide
19).
Nel progetto di innovazione quindi abbiamo previsto un piano di riorganizzazione con una
previsione di settori assistenziali prevalenti e, come diceva la collega precedentemente,
una flessibilità con infermieri referenti per ciascun paziente (slide 20).
Storicamente questa azienda ha lavorato sulla pianificazione assistenziale infermieristica.
A questo proposito, stiamo chiudendo un lavoro intrapreso diversi anni fa dalla dirigenza
infermieristica orientato alla scuola dei bisogni con un approccio diagnostico infermieristico
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.137/161
secondo N.A.N.D.A. (North American Nursing Diagnosis Association) in collaborazione
con il corso di Laurea in Infermieristica.
Vogliamo arrivare quindi all’inserimento delle tassonomie che contemplano la
classificazione internazionale degli interventi infermieristici (N.I.C.) e degli outcome
(N.O.C.) per essere ripresi dalla pantassonomia NNN su supporto informatico (slide 21).
Stiamo potenziando parallelamente anche i percorsi delle altre professioni sanitarie come
la pianificazione assistenziale ostetrica e riabilitativa (slide 22).
Esiste un cruscotto aziendale relativamente ad indicatori di attività non solo del
fabbisogno assistenziale, ma anche della qualità assistenziale attraverso il quale
arriveremo alla fase di introduzione del dossier sanitario elettronico aziendale (slide 23).
Questo sistema informativo ci permetterà di raccogliere tutte le informazioni necessarie,
anche quelle citate in precedenza, con un sistema informativo clinico nativamente
integrato ad elevata interaoperabilità che ci consentirà flussi informativi anche a scopo
gestionale (slide 24).
Le criticità ovviamente sono tantissime. Sono emerse anche con i precedenti relatori. La
molteplicità e la complessità degli elementi presi in considerazione nella definizione
dell’intensità di cura corre il rischio di avere degli algoritmi con validazione esclusivamente
interna all’azienda e un difficile benchmarking con la realtà regionale nonché nazionale
(slide 25).
I punti di forza possiamo definirli nella pluralità degli elementi clinici e assistenziali, nella
definizione di questi livelli di intensità, nella forte coerenza con la cultura locale e il
patrimonio culturale aziendale, il tutto attraverso questo importante lavoro di
sensibilizzazione, di coinvolgimento di tutte le professioni e di un linguaggio controllato a
codifiche internazionali (slide 26).
E con questa ultima immagine del nostro nuovo ospedale, auguro a tutte le altre aziende
un buon trasferimento (slide 27).
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(slide 1) (slide 2)
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4 febbraio 2010
ConvegnoIl modello assistenziale per intensità di cure nel
Nuovo Ospedale:aspetti teorici e applicativi
TAVOLA ROTONDA
Dr.ssa Simonetta CesaDirigente
Direzione Professioni Sanitarie
Gli Ospedali Riuniti oggi
Gli Ospedali Riuniti domaniLA STRUTTURA PROGETTATA IN FUNZIONE DEL
MODELLO ORGANIZZATIVO PER INTENSITA’ DI CURALA PIASTRA CENTRALE 1°- 2°-3° LIVELLO:Dipartimento di diagnostica per immaginiPronto Soccorso -Sale Operatorie - Day SurgeryArea intensiva e sub intensiva.
AMBULATORI concentrati al 1° LIVELLOdelle Torri e in parte nella PIASTRA SUD
DEGENZA ORDINARIA E DAY HOSPITALal 2°-3°- 4°-5° LIVELLO
A livello 1 di ogni torre ècollocato uno sportello CUP
Elementi considerati per la definizionedell’intensità di cure e della complessitàdell’assistenza
Percorsi e sperimentazioni in atto
Flussi informativi a scopo gestionale
Elementi considerati per la definizionedell’intensità di cure e della complessitàdell’assistenza
Forze esterne
Disposizioni regionali e nazionali in materia
Validazione dei modelli e metodi di organizzazioni perintensità di cure
Forze interne
Risvolti culturali storici
Evoluzione dell’organizzazione
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.141/161
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Criteri diammissionee dimissionecure altaintensità
Cure ad alta intensità
Cure a media intensità
Cure a bassa intensità
Criteri diammissionee dimissionecure bassaintensità
terapie intensive
terapie sub-intensive
cure ad intensitàmedio-alta
cure ad intensitàmedio-bassa
accompagnamentoalla dimissione
Cure ad alta intensità
Cure a media intensità
terapie intensive
terapie sub-intensive
Criteri di ammissione e dimissionecure alta intensità
Criteri di individuazione dei pazienti diterapia intensiva e sub-intensiva
Pronto soccorsoSale operatorie
Criteri storici
minuti assistenza die/ specialità
Metodo Svizzero
SDO - DRG
Cure a media intensità
Area degenze
Percorsi e sperimentazioni in atto
Studi osservazionali in area di degenza
Strutturazione di percorsi paziente
Percorsi e sperimentazioni in atto
Studi osservazionali in area di degenza medica
disporre di elementi di prevedibilità
della complessità assistenziale
tipica dei pazienti degenti
utilizzando criteri di stabilità clinica
e di impegno assistenziale
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.142/161
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Percorsi e sperimentazioni in atto
Studi osservazionali in area di degenza medica
Primo semestre 2009
Metodo Svizzero
MEWS [Modified Early Warning Score]
Percorsi e sperimentazioni in atto
Studi osservazionali in area di degenza medica
febbraio-marzo 2010
Metodo Svizzero
Scala di Karnofsky
MEWS [Modified Early Warning Score]
Indice di Charlson
CVM-HF Index [CardioVascular Medicine Heart Failure]
Percorsi e sperimentazioni in atto
Studio di riorganizzazione delle degenza chirurgica
definizione dell’intensità di cura
attraverso la gradazione delle giornate di degenza
e attraverso la creazione di settori
ad intensità medio-alta ed intensità medio-bassa
Percorsi e sperimentazioni in atto
Strutturazione di percorsi paziente
anno 2009
attività effettuate in ogni ambito dipartimentale
attraverso gruppi di miglioramento
Innovazioni organizzative
Percorsi e sperimentazioni in atto
POA 2008-2010
“...organizzazione degenze … in relazione ai bisogniassistenziali dei pazienti secondo il principio del
gradiente per intensità di cura”
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.143/161
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Innovazioni organizzative ispirate a
Percorsi e sperimentazioni in atto
centralità del paziente
continuità delle cure
organizzazione centrata sulla multidisciplinarietà
sviluppo delle competenze dei professionisti
alta tecnologia
previsione di settori assistenziali prevalenti e flessibili
con infermieri referenti per ciascun paziente
Innovazioni organizzative
Percorsi e sperimentazioni in atto
Innovazioni organizzative
Percorsi e sperimentazioni in atto
completamento della pianificazione assistenziale infermieristica
orientata dalla Scuola dei Bisogni
con approccio diagnostico infermieristico
NANDA (North America Nursing Diagnosis Association);
inserimento su supporto informatico delle
tassonomie NIC (Nursing Intervention Classification) e
NOC (Nursing Outcome Classification)
- pantassonomia NNN su supporto informatico -
Innovazioni organizzative
Percorsi e sperimentazioni in atto
potenziamento della
pianificazione assistenziale
ostetrica e riabilitativa
Flussi informativi a scopo gestionale
Cruscotto aziendale
indicatori di attività
fabbisogno assistenziale
indicatori di qualità assistenziale
Flussi informativi a scopo gestionale
Attualmente misto cartaceo informatico
D@SE
Dossier Sanitario Elettronico Aziendale
sistema informativo clinico nativamente integrato
ad elevata interoperabilità
che consentirà flussi informativi a scopo gestionale
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.144/161
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Criticità potenziali
molteplicità e complessità degli elementi presi inconsiderazione nella definizione
dei livelli di intensità di cura
rischio di algoritmi con validazione interna
difficile benchmarking con realtà regionale e nazionale
Punti di forza
pluralità degli elementi clinici e assistenziali nelladefinizione dei livelli di intensità di cura
coerenza con la cultura locale
linguaggio controllato e codifiche internazionali
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.145/161
Dibattito del pomeriggio
Moderatori :Dott. Claudio Sileo Direttore Sanitario Ospedali Riuniti di BergamoDott. Ettore Ongis Direttore L'Eco di Bergamo
Moderatore: Dott. Ettore Ongis Direttore de L'Eco di BergamoIl dibattito vero e proprio lo imposterei in questo modo: abbiamo una quarantina di minuti
perché il Dott. Bonometti ci regalerà un breve intervento alla fine. Mi permetto di introdurre
con alcune domande che mi sono venute in mente e che partono da una osservazione
esterna, ma che si legano in particolare ad alcune questioni di fondo che la Dottoressa
Chiappa all'inizio ha chiarito molto bene. La preghiera che faccio a tutti e che le risposte
siano essenziali, grazie.
Una delle mie curiosità si basa su ciò che Lei ha detto: “Noi non vogliamo innamorarci di
nessun modello perché è una revisione continua quella che ci aiuta a mandare a regime
questo nuovo sistema organizzativo”, però dice anche “Le resistenze sono naturali, da
questi primi mesi ed anni di esperienza”.
Mi chiedevo di che natura sono queste resistenze?
Risponde Dott.ssa Chiappa Laura Direttore Sanitario, A.O. Ospedale S. Anna diComoPer quello che stiamo vivendo a Como, le resistenze ricadono sulla parte infermieristica e
medica. Per quel che riguarda la componente infermieristica principalmente si tratta del
cambiamento di ruolo. A Como l'organizzazione è ancora “per compiti”, quindi è difficile
cambiare la propria modalità lavorativa dopo un’esperienza di quasi decenni di attività.
Devo diventare responsabile, lavorare per équipe, confrontarmi con altri, integrarmi. Può
esserci la paura di essere inadeguato e la difficoltà del rimettersi in gioco.
Per quel che riguarda la componente medica, la situazione è un po’ più articolata. Il
medico perde i confini. Nel momento in cui vado a cambiare un'organizzazione dove nelle
degenze ho la presenza contemporanea di più discipline, il medico perde il confine del
proprio reparto, dei propri letti, dei propri infermieri e la sua caposala. Il medico teme di
perdere qualcosa e di essere sminuito. Da una parte l'infermiere si deve rimettere in gioco
e aumentare le proprie competenze, dall'altra il medico ha paura di perdere i propri spazi.
Noi siamo arrivati a togliere gli studi dei medici, esclusi quelli dei primari, perché si
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.146/161
ritroveranno in un “open space” saranno gomito a gomito con il collega di un'altra
specialità.
Domanda Dott. Ettore Ongis Direttore de L'Eco di BergamoIl medico in quegli spazi potrebbe essere con il collega di un'altra specialità, non tanto per
il momento del confronto con il paziente o con i parenti che avverrà nello spazio visita dove
è garantita maggiore privacy ecc.. ma perché il medico si vuole rilassare, mettersi seduto,
leggere una rivista, leggere una cartella clinica. Invece ho davanti un altro e un altro ce
l’ho di fianco e magari anche sul fianco di sinistra. Viene chiesto tanto, sembrano cose
piccole e banali, ma viene chiesto tanto alla componente medica. Inoltre gli chiediamo di
confrontarsi con gli altri colleghi e quindi di farsi mettere in discussione.
Posso farle una domanda cattiva? Il medico non ha più confini, mi da una certa
inquietudine, perché ciò che non ha confini: non è. Ciò che non ha confini è l'universo
probabilmente, ma ne ha anche l'universo. E’ molto difficile, uno stato ha i confini, una
regione ha i confini, una provincia ha i confini, un ospedale ha i confini. All'interno
dell'ospedale ci sono i confini. Là dove non ci sono confini è difficile lavorare, c'è un 'idea
un po’ di sperdutezza, quindi dici: sono qui, ma non so bene dove sono. Non c'è questo
rischio?
Risponde Dott.ssa Chiappa Laura Direttore Sanitario, A.O. Ospedale S. Anna diComoQuesta è una delle paure che dobbiamo vincere andando ad aiutare i colleghi facendogli
capire che il confine fisico del reparto non è quello importante. Il confine è il paziente a cui
tutti si devono rivolgere e del quale sei responsabile. Comunque fin che non cambierà il
sistema, ci sarà un’assegnazione per disciplina, cioè il paziente quando arriva in ospedale
assume una targa: chirurgia, dermatologia o medicina generale. Il paziente è il mio
confine anche se il paziente può essere di un altro medico, perché magari ha un problema
inerente alla sua disciplina. Io devo imparare a superare un po’ questa difficoltà. E’ una
situazione che disorienta. L'aiuto che stiamo cercando di dare ai colleghi è di rileggere
insieme che cosa vuol dire confine. Rileggere qual è il tuo significato all'interno
dell'ospedale mettendoti a disposizione anche un supporto psicologico. Stiamo mettendo
sul campo psicologi competenti in organizzazione del lavoro.
Stiamo usando un po’ di tutto, però sicuramente, questo della perdita di confine è uno dei
problemi grossi, poi ce ne sono di tutti i tipi.
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.147/161
Domanda Dott. Ettore Ongis Direttore de L'Eco di BergamoMi ha molto colpito, nella relazione fatta dal Dott. Ezio Goggi, una sottolineatura che
secondo me, così a orecchio, mi è sembrata efficace e interessante. L'ospedale ha al
centro il malato, questa è la filosofia. Ok, lui ha detto che non solo l'ospedale ha al centro il
malato, ma l’ospedale deve avere al centro anche il medico o la persona che lavora in
ospedale. Dico il medico perché in questa fase mi sembra l'elemento debole. Dott. Goggi
vorrei sapere cosa vuol dire, perché secondo me è più giusto ancora che dire solamente
che al centro dell’ospedale deve esserci il malato.
Risponde Dott. Ezio Goggi Direttore Unità di Progetto Nuovo Ospedale, A.O.Ospedale di Desio e VimercateSono un medico… comunque. Prima volevo fare una sottolineatura sui confini. E’ una cosa
che potremmo dire per far capire che forse il confini non è più l'unità operativa ma il
dipartimento, un confine che si amplia, oltre quello che ha detto la Dottoressa Chiappa.
Io credo che, per carità, il malato rimanga al centro, però quello che ho in mente è un
ospedale come rete di collaborazione. Se ci pensate, parliamo, giustamente, sempre di
medico e di infermiere. All'inizio di questo convegno si è detto che le uniche due
professioni che seguono dall'ingresso all'uscita il malato sono il medico e l’infermiere.
Pensate però anche ai tecnici di radiologia, ai fisioterapisti, ai tecnici di laboratorio, alle
ostetriche e ve ne posso dire altri venti… Ognuno di questi ha la sua dignità, ha la sua
rilevanza davanti al malato. Ognuno di questi ha un dovere particolare che si differenzia da
quello degli altri. Ognuno di questi ha i suoi bisogni o le sue necessità. Io credo, forse
perché sono un medico del lavoro, che noi cureremo tanto meglio le persone che ci sono
affidate, quanto meglio stiamo in un posto. A casa mia ci sto e ci sto bene e dovrebbe
essere la stessa cosa sul posto di lavoro. Non è soltanto un problema di accoglienza fisica,
sono tutti belli questi ospedali, il nostro polo lo ha progettato Botta per cui figuriamoci, non
c'è niente da dire, però il lavoro che stiamo facendo, è anche sull'ambiente interno
dell'ospedale. In questo senso dico che se ho tutte le tecnologie di questo mondo, ma non
ho una umanità nell’organizzazione che assiste e cura la persona, a volte allora è meglio
un piccolo ospedale con meno tecnologia ma con delle persone più umane.
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.148/161
Domanda Dott. Ettore Ongis Direttore de L'Eco di BergamoIo sono un malato. Vado all'ospedale e vengo ricoverato. In che reparto sono ricoverato?
Boh.. Ci saranno dei nomi nuovi immagino, no? Arrivo lì, mi trovo dei medici che vengono
a trovarmi insieme, ho capito bene? Io sto al centro e loro mi girano attorno. Cosa
facciamo? Sono i medici che vengono a me, giusto? Ok, una delle battute che facevamo
stamattina in redazione, pensando a questa cosa, ma evidentemente stavamo giocando,
era che se i medici non sono d'accordo e si mettono a discutere tra di loro, lì davanti a me,
io che sono malato, chi guardo?
Ecco, volevo capire cosa cambia concretamente per il malato, perché questa cosa come si
è detto prima è conveniente per il malato, ma deve essere conveniente per tutti quelli che
lavorano nell'ospedale, altrimenti non sarà conveniente nemmeno per il malato, giusto?
Cosa cambia concretamente per il malato?
Risponde Dott. Ezio Goggi Direttore Unità di Progetto Nuovo Ospedale, A.O.Ospedale di Desio e VimercateMi lancio in una risposta, così mi arrivano direttamente i pomodori.
In parte per me il malato dovrebbe essere trasparente, lei non deve avere il disagio di
avere tre che come avvoltoi, le girano intorno, magari litigando. Questo capita anche
adesso; capiterà in futuro, ma capita già anche adesso. A volte un medico non si trova
d’accordo con il collega e magari ha il cattivo gusto di farlo davanti al malato. Lei, da
questa situazione, dovrebbe avere almeno un paio di vantaggi. Il primo è che se il gruppo
medico riuscisse a coordinarsi per avere il tutor, piuttosto che il case manager, possiamo
trovargli 50 nomi, la continuità sul paziente migliorerà. Lei dovrebbe riuscire ad avere
evitati i cambiamenti di idea. Per esempio il medico che passa durante il pomeriggio e che
disfa quello che ha fatto il collega della mattina, piuttosto che il medico del giorno dopo, a
cui lei chiede:” Ma allora, cosa prevede per me? Quando vado a casa?” e il medico che le
risponde: ”Non lo so, aspetti che guardo la cartella e chiedo al mio collega”. Questo
dovrebbe essere annullato o quanto meno diminuito, perché uno dei fondamenti è che ci
sia identificato in modo esplicito un titolare del suo percorso. Questo potrebbe essere
messo in atto in qualsiasi altro modello, ma in questo è più evidente. Ad esempio, il
paziente che capita spesso negli ospedali: il paziente diabetico. Questo paziente può
capitare dappertutto, in qualsiasi reparto, perché è malato in quanto diabetico, ma può
capitargli anche la polmonite o qualsiasi altra cosa. Alla fine del suo percorso potrebbe
ritorna dal diabetologo, con la polmonite curata, ma tutto il resto disastrato.
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.149/161
Se invece il diabetologo diventasse il tutor del paziente all'interno dell'ospedale,
permetterebbe di mantenere la cura del paziente bilanciata e sotto governo. Questo è un
esempio, potremmo farne tanti altri. Quello che è importante è che tutto questo
meccanismo, per lei dovrebbe essere trasparente, non dovrebbe chiedere o vivere con
fatica questa cosa, perché l'organizzazione dovrebbe rendergliela naturale.
Il secondo vantaggio di questo modello organizzativo è rispetto alla competenza. Su
questo punto, scusate se mi permetto riguardo la competenza infermieristica, il vantaggio
sta nel fatto che se lei ha la polmonite ed ha 80 anni, probabilmente avrà bisogno di un po’
più di infermiere per aiutarla, rispetto al ventenne con la polmonite. Attualmente se lei ha la
polmonite ed ha 80 anni e è ricoverato in geriatria, ha 120 minuti di assistenza
infermieristica e basta.
Se lei ha 20 anni ed ha la polmonite, lei ha sempre 120 minuti di assistenza, allo stesso
modo.
Con questo nuovo modello, dovrebbe essere che lei ottantenne con la polmonite si
ritroverà nell'ambito della complessità assistenziale più alta, quindi non avrà 120 minuti,
ma 130, 140, 160 a secondo del suo bisogno. Mentre lei ventenne potrebbe averne
bisogno soltanto di 90 minuti di assistenza, perché ha un livello di bisogno personale
inferiore. Da questa migliore gestione, dovrebbe venirgliene del bene. Stiamo usando tutti
il condizionale, però questo su lei ‘paziente’ dovrebbe portare dei vantaggi. A me
organizzazione, comporterà fatica, ma non necessariamente un aumento di risorse,
perché quello che non dò alla bassa complessità del ventenne, lo sfilo e lo dò
all'ottantenne.
Risponde anche Dott.ssa Anna Michetti Dirigente S.I.T.R.A., A.O. Ospedale S. Annadi ComoC'è anche una cosa importante che è il rapporto umano. Nel vecchio modello di tipo
funzionale, l'infermiere partiva e faceva la distribuzione della terapia a 60 pazienti; adesso,
in questo nuovo modello, l'infermiere ha in carico il paziente, ha la responsabilità e la
competenza per soddisfare il bisogno di dieci pazienti. Non solo la distribuzione della
terapia, ma soddisfare tutti i bisogni. Anche il rapporto umano cambia e diventa molto più
collaborante.
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.150/161
Interviene Dott. Giancarlo Fontana Direzione Generale Sanità, Regione LombardiaFaccio una brevissima considerazione con il cappello della Direzione Generale Sanità, poi
mi toglierò il capello e metterò quello di medico.
Come Direzione Generale di Sanità, devo dire che sono molto, ma molto favorevolmente
colpito dalla serietà che è stata dedicata alla valutazione di questo problema di transizione
che è tutt'altro che semplice per tutte le ragioni che sono state dette fino adesso.
Questo argomento è assolutamente al di sopra di ogni aspettativa.
In secondo luogo, sono molto favorevolmente impressionato dal fatto che i modelli, pur
essendo ospedali con dita, petali e quant’altro, sostanzialmente siano simili. Probabilmente
molto diversi per quanto riguarda il loro contenuto, ma in realtà sono sovrapponibili.
Questi due modelli mi hanno fatto pensare che forse vale la pena di formalizzare questa
esperienza. Probabilmente il prossimo futuro dovrà riguardare ed interessare anche altre
strutture ospedaliere, magari attraverso un qualcosa che può essere un documento di
indirizzo che potrebbe essere, uso anche io il condizionale, ‘recepito’ come linee di
indicazione, magari anche a livello regionale, indicando quali potranno essere i percorsi,
fermo restando la variabilità individuale di ciascuna struttura aziendale, e quali potrebbero
essere i percorsi di implementazione di un sistema di questo genere .
Quindi faccio i complimenti, per quanto possano valere, a tutti e al Dott. Bonometti per la
sensibilità che ha avuto nel percepire questa esigenza. Tolto il cappello della Direzione
Sanità metto quello di medico.
Faccio fatica ad immaginarmi il medico spaurito ed impressionato da questo cambiamento
che gli sta capitando sotto il naso. Secondo me, il vero problema del medico in questo
momento è che più che non avvertire il suo confine, sente minacciato il suo territorio o
comunque percepisce una minaccia. Però è un territorio che ormai ha delle larghissime
aree di sovrapposizione con i territori altrui, lasciamo perdere il paziente polipatologico,
ma la condivisione di percorsi comuni e di risorse ormai ha reso presso che
sovrapponibile, per non dire sovrapposta, la sfera di competenza del professionista, inteso
come professionista d'organo, professionista d'apparato, professionista di sistema. C'è una
larghissima sovrapposizione, specialmente in ambito clinico-medico, forse leggermente
meno in ambito chirurgico, se non guardiamo le complicanze, ma sicuramente in ambito
medico. Forse è questo che il medico percepisce come minaccia e forse questo è l'ambito
su cui il medico dovrebbe essere in qualche maniera convinto che non è una minaccia, ma
è una opportunità.
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.151/161
Ecco credo che questo potrebbe essere un modo per non mandare dallo psicologico il
medico professionista ospedaliero.
Domanda Dott. Ettore Ongis Direttore de L'Eco di BergamoGrazie. In realtà mi sembra di capire che molte esperienze, almeno nei dipartimenti, sono
già in atto e stanno dando risultati importanti che dipendono anche dalla sintonia con cui i
medici lavorano insieme.
E' chiaro che se prevalgono altri sentimenti rispetto alla simpatia e quindi non si lavora in
sintonia, tutto il meccanismo si complica, ma questo vale per i medici, per gli infermieri, per
i giornalisti e per tutti gli altri.
Volevo ancora fare una domanda alla Dottoressa Bollini.
Si arriverà mai ad un punto in cui si potrà dire “ siamo arrivati a regime”, oppure questo
modello, per sua natura, per come è impostato, per l'idea che ci sta dietro, è un lavoro
sempre “in progress” che andrà avanti continuamente a modificarsi. Anche perché uno dei
temi che sono emersi oggi mi sembra in maniera ripetuta, è il passaggio da un settore
all'altro che non è un dettaglio da poco. Ci vorrà una persona che alla fine guida e dice: “si
va, non si va” e che si assume la responsabilità di questo, anche se l'altro non è d'accordo.
Quanto ci vuole per andare a regime secondo voi?
Mi viene in mente l'esperienza di Mestre che non è andata in porto felicemente, insomma..
Risponde Dott.ssa Giovanna Bollini Direttore D.I.T.R.A., A.O. Ospedale NiguardaCa’GrandaIo esprimo un’opinione personale dettata anche dai lunghi anni di lavoro nella struttura in
cui opero. Secondo me, non è mai finita, ma io sono contenta di questo, perché credo che
in questi anni, nello sviluppo che avremo, ci sarà modo finalmente di confrontarci sempre
di più e di riuscire ad avere un'integrazione multiprofessionale con davvero il malato al
centro del nostro interesse e necessariamente modificherà il nostro modo di rapportarci e
di lavorare. Il cambiamento continuo “in progress” non lo vedo come negativo, perché è un
elemento proprio di confronto interessante. Se ci si fermava a 10 anni fa, a come eravamo
organizzati, in quel periodo i dipartimento stavano nascendo, tutta una serie di logiche
organizzative che ci hanno continuamente messo in discussione, non sarebbero potute
nascere e ci hanno dato l'opportunità veramente di crescere, nel confronto. Quindi la mia
speranza è che non si arrivi mai, perché bisogna sempre tendere all'ideale e siccome
l'ideale é l’ideale la strada è molto lunga e praticamente irraggiungibile.
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.152/161
Bisogna avere la capacità di confrontarsi, ma anche di valutare in positivo i piccoli passi
fatti e valorizzare le cose che si stanno facendo, valorizzare le positività, perché
giustamente la gente non vede mai la fine e ovviamente si stanca. Secondo me la capacità
e proprio quella di puntualizzare giorno per giorno quali sono le conquiste che insieme
facciamo per il bene dell'ammalato. Credo sia questa la filosofia, forse è quella che mi
muove, non so se sbaglio.
Domanda Dott. Ettore Ongis Direttore de L'Eco di BergamoUltima mia domanda è per la Dottoressa Cesa.
Se in un’organizzazione di questo tipo, ovvero in un ambiente piccolo di un piccolo
ospedale mi sembra abbastanza facile, mi sembra un po’ più complicata in un ospedale
grande. Secondo i primi passi che si sono cominciati a muovere in questa direzione è
possibile in un ospedale grande e in tutto l'ospedale?
Risponde Dott.ssa Simonetta Cesa Dirigente Direzione delle Professioni Sanitarie,A.O. Ospedali Riuniti BergamoLa risposta è si, pensiamo che sia assolutamente possibile. Bisogna fare molta attenzione
alle cose dette oggi, al coinvolgimento di tutti i professionisti e mi associo a quello che ha
detto la Dott.ssa Bollini. E’ importante non solo la sensibilizzazione, ma anche la presa di
coscienza dei passi fatti, anche se fossero solo piccoli passi. Mi sembra che tutte queste
aziende si stiano muovendo in questa direzione, con questa mentalità: una forte
sensibilizzazione di tutto il personale e il coinvolgimento assoluto dei professionisti.
Intervento Dott. Mentasti Direttore Generale, A.O. Ospedale S. Anna di ComoPrima di aprire a voi il dibattito e le domande, vorrei dirvi due cose. Una ne ha fatto
riferimento il Dott. Goggi. E’ stata fatta una traduzione di alcuni termini: ‘transfer’, ecc. A
volte il termine originale da più l'idea del fenomeno che la sua traduzione. Vorrei portarvi a
testimonianza un esempio. Nei vari giri che stiamo facendo per capire come altri hanno
fatto questo trasferimento o trasloco, siamo andati anche a Malta. L'ospedale di Malta ha
900 posti letto ed è stato costruito un anno fa. Il loro trasferimento lo hanno chiamato nel
termine inglese ‘migration’, quindi migrazione. Questo credo sia una bella definizione,
perché non è un trasloco di cose, ma è quasi una migrazione di un popolo, quindi di
culture, di bagagli, di esperienze, di ansie nel lasciare ciò che conosciamo. Lo dico per gli
ospedali che stanno facendo questo trasloco, l'idea che stiamo facendo una migrazione
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.153/161
arricchisce l'iniziativa e il lavoro che noi stiamo facendo; non sono scatoloni, ma è
qualcosa di diverso.
La seconda considerazione, riprendendo da stamattina come co-responsabile di questo
convegno, credo che in questo convegno non abbia parlato l'infermiere, non abbia parlato
il medico, ma ha parlato un pezzo dell'azienda, cioè ha parlato il management dell'azienda:
il Direttore Generale, il Direttore Sanitario, il Direttore di Presidio, il Direttore dei Servizi
Infermieristici, cioè hanno parlato coloro i quali sono al centro di questa scommessa.
Quello che manca, che è mancato oggi, secondo me, è lo scendere nell'approfondimento
dell’impatto sull’assistenza di questa cosa. Sentire cosa dice il clinico, i vari clinici, cosa
dicono gli infermieri che lavorano nei reparti, che fanno assistenza; cosa dicono le altre
figure delle professioni sanitarie. Oggi si è quasi posto un po’ un dualismo medico-
infermiere, ma noi sappiamo che sono molte le professioni sanitarie anche se non hanno il
malato davanti degente. E’ stato ricordato, anch’esse lavorano e collaborano sul malato.
Quindi, concludo lanciando un’idea, forse converrebbe che una delle altre aziende che
oggi è venuta, si lanciasse nell'organizzare questo secondo convegno regionale in cui,
fatto salvo quello che oggi abbiamo immagazzinato, approfondire e aprire la discussione
con i clinici e con chi fa assistenza delle varie professioni sanitarie. Concentrarci su che
cosa voglia dire questo impatto.
Magari sarebbe anche interessante, come il direttore del giornale ci ha provocato, sentire
anche il malato. Noi continuiamo a dire che il malato è al centro e che tutto questo lo
facciamo per lui. Capire se esattamente ha capito questo sforzo ed è d’accordo o è
preoccupato come noi. Lancio questa idea.
L'ultima considerazione è a testimonianza che non siamo all'anno zero. Nel nostro
ospedale abbiamo già degli esempi concreti in cui questi modelli di intensità di cura e di
complessità e di integrazione di figure professionali diverse si sono realizzate. Ne cito
senza che si arrabbino due esempi: una è la neurochirurgia e la neuroanestesia, dove c'è
una compenetrazione tra la figura del neurochirurgo e del neuroanestesista e dell'équipe
infermieristica tale per cui il malato non si sta accorgendo che sono diversi i professionisti.
C'è un integrazione, nel rispetto delle responsabilità, che va in una logica di collocazione
fisica del malato in terapia subintensiva, ma ancor di più, in una concentrazione di lavoro
infermieristico e medico e di specialità medica, a seconda del bisogno assistenziale del
malato. Un'altra esperienza ancor più innovativa si chiama medicina cardiovascolare, la
cito anche perché ho visto in sala i responsabili. Quale elemento ha la medicina
cardiovascolare di innovativo? E’ unire un reparto internistico attraverso sia il cardiologo
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.154/161
che il medico internista. Il cardiologo da valore aggiunto all'approccio del medico internista
e il medico internista da l'approccio, un valore aggiunto al cardiologo nel trattamento di
questa patologia .
E' stato ricordato stamattina dalla Prof.ssa Di Mauro, come l'area geriatrica assorba una
quantità di assistenza in termini di bisogni per la tipologia del malato. Le nostre medicine
ospedaliere sono diventate di fatto delle geriatrie, perché la complessità del malato è un
malato specificamente geriatrico, non è un malato internistico in senso lato. Inoltre questo
è un modello vincente perché abbiamo indicatori di esito che sono sicuramente
soddisfacenti, l'integrazione dell’équipe mediche è sicuramente un elemento innovativo ma
vincente.
Questo per ribadire che non stiamo parlando di una rivoluzione copernicana, stiamo
cercando di portare a regime le eccellenze e le esperienze con documentata efficacia.
Per rispondere all'ultima domanda, si può fare anche in un grande ospedale, gradualmente
step by step. La scommessa però è questa: non limitare questa esperienza alla
sperimentazione da pubblicare sulla rivista scientifica importante.
Detto questo, nel frattempo qualcuno ha pensato alle domande? Speriamo..
Chi rompe il ghiaccio?
Intervento Dott. Francesco Biroli Direttore Dipartimento Chirurgia Sistema Nervosoe Scienze Neurologiche, A.O. Ospedali Riuniti di BergamoIo sono stato presente solamente al pomeriggio, sono Dott. Biroli della Neurochirurgia
degli Ospedali Riuniti di Bergamo. Devo ammettere che è stato estremamente stimolante
quanto ho sentito, davvero interessante e anche in po’ inquietante per certi versi. Credo
che questo sia forse il punto da approfondire. C'è un minimo comune denominatore che è
totalmente condivisibile che è quello dell'intensità di cure, del gradualismo da dedicare ai
diversi pazienti che hanno problemi che richiedono assistenze differenti. I messaggi che
abbiamo sentito però non sono così univoci e credo che dobbiamo trovare in ogni azienda,
forse anche nell'ambito regionale una strada per arrivare ad un obiettivo che sia sempre
più efficace nei confronti del malato. Personalmente la rivoluzione copernicana mi fa un po’
paura, perché rischia di far pagare un prezzo a volte abbastanza elevato. Preferisco quello
che è un gradualismo di realizzazione con un obiettivo lontano molto chiaro a tutti. Inoltre
penso che il conservare le esperienze storiche delle regioni degli ospedali sia
estremamente importante. Calando nella pratica questo punto, la mia non è una domanda
è un commento, sia molto importante mantenere quelle che ho sentito definire aree
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.155/161
all'interno di determinati livelli di cura: area critica, semi intensiva , area di degenza, aree
omogenee, che sono in sostanza quelle che abbiamo sentito citate: l'area cardiovascolare,
l'area neurologica, l'area pediatrica, l'area chirurgica e l'area medica. Esse hanno delle
specificità sia nelle degenze che nelle terapie intensive. Questa specificità va conservata,
mantenendo però, una trasversalità di dialogo. Credo sia questo il valore aggiunto di quello
che possiamo chiamare il modello Bergamo.
Questo mi sembra il punto di forza maggiore del nostro nuovo ospedale.
Seconda considerazione riguarda le professioni sanitarie e i nuovi rapporti tra medici,
infermieri, ecc. E’ un punto critico, ma forse non così importante. Penso che i medici non
debbano aver paura di perdere il loro recinto e il loro regno, però tutti, tutte le professioni
sanitarie, devono essere in grado di mettersi in gioco, dobbiamo aver paura di non essere
abbastanza bravi, di non essere abbastanza colti, di non saperci confrontare in modo
corretto e costruttivo con i colleghi delle altre specialità, dobbiamo avere molta paura di
non sapere lavorare per obiettivi. L'esempio classico è la sala operatoria: non deve finire
alle due perché alle due timbro il cartellino, ma deve finire quando è finita la lista dei malati
che in modo condiviso abbiamo deciso di mettere in programma quel giorno.
Un’ultimissima considerazione che è quella del benessere non soltanto del malato, perché
dobbiamo stare attenti a non essere retorici. Tutti diciamo: dobbiamo mettere al centro il
malato. E’ ovvio questo, ma ha ragione il Dott. Goggi, dobbiamo mettere al centro anche la
professione sanitaria, dobbiamo essere molto attenti a non frustrare medici, infermieri,
tecnici. Quanto meglio stanno queste categorie, tanto meglio cureranno i pazienti e quindi
dobbiamo essere attenti a non innamorarci troppo di un modello, come abbiamo sentito,
ma agire gradualmente per raggiungere un obbiettivo, avendo anche il coraggio di
cambiare il modello se ad un certo punto è necessario. Infine un complimento e non di
maniera a chi ha organizzato questo congresso, perché è stato davvero molto, molto
interessante .
Intervento Dott. Marco Poloni Direttore USC Neurologia, A.O. Ospedali Riuniti diBergamoL'area delle neuroscienze la fa un po’ da padrone, io sono un neurologo mi chiamo Poloni.
Io ero preoccupato di una cosa, forse non ha molto significato, però mi trovo ad affrontare
problemi di questo genere tutti i giorni. Parliamo di diversa intensità o complessità di
assistenza, cioè letti dedicati a pazienti che non hanno bisogno di grande impegno
infermieristico e viceversa letti dedicati a persone che hanno bisogno di elevata
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.156/161
diagnostica, terapia ed assistenza. Succede molto spesso nei nostri 35 letti che arriva un
ammalato, che si rivela essere a bassa intensità di cura che però ho un letto libero solo in
area subintensiva; altre volte succede che un paziente ha un ictus e non ho un letto
nell'area subintensiva, ma nell'area di degenza ordinaria e magari senza neanche la
stanza con i gas. Questo è un problema che dovremo affrontare spesso nel nostro
ospedale, è difficile garantire ad ogni esigenza il posto letto libero. Ma voi mi dite, non
dovremo spostare i pazienti, dovrà spostarsi l'équipe. Però io la vedo abbastanza
difficoltosa.
Una seconda osservazione riguarda l'impegno delle due grosse categorie di professionisti
che lavorano in ospedale: i medici e gli infermieri. Secondo me, l'area più fragile sono
ancora gli infermieri. Scusate non vogliatemene male. Ci sono delle persone
estremamente preparate, sensibili che studiano, si dedicano ai problemi in modo
estremamente lodevole. Queste persone le abbiamo e le conosciamo tutti.
Però la mia impressione è che la maggioranza non sia in grado di svolgere un’azione di
tutoraggio su un paziente. Non è in grado. Guardate che il medico ha impiegato sei anni di
studi, cinque anni di specialità e 30 anni di esperienza ed ancora si sente imbarazzato a
volte a svolgere un azione di tutoraggio per tenere il rapporto con il paziente e con i
parenti. Io immagino l'infermiere che giustamente si è preparato con gli anni di laurea, con
gli studi, di cui per altro da quando sono a Bergamo, ho esperienza diretta. Svolgo
insegnamento ed esami al personale infermieristico e almeno l'ottanta per cento non mi
sembra in grado di fare una funzione di questo tipo, quindi la categoria più debole è quella,
bisognerà lavorare in maniera intensiva su quella, almeno sulla preparazione.
Grazie.
Risponde Dott.ssa Simonetta Cesa Dirigente Direzione delle Professioni Sanitarie,A.O. Ospedali Riuniti BergamoTranquillizzerei Lei e i suoi colleghi che temono nelle non capacità dei professionisti
sanitari perché il percorso, come ricordava la nostra presidente stamattina, soprattutto
negli ultimi 10 anni, è stato un percorso molto intenso, voluto fortemente dalla professione
infermieristica. E’ un percorso che anche in azienda stiamo portando avanti, con moltissimi
interventi di formazione e di supporto. Quindi riporrei veramente la sua preoccupazione e
semmai non voglio essere polemica, ma semmai se ce ne fosse bisogno, mi porrei alcune
riflessioni anche sulla gestione clinica delle nostre strutture. Vorrei veramente passarle un
messaggio di tranquillità rispetto a quello che per Lei può essere un problema.
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Intervento Dott.ssa Maria Adele Fumagalli Responsabile S.I.T.R.A. PresidioOspedaliero di VimercatePorto un esempio che risponde anche un po’ alla prima domanda che è stata fatta. Oggi
se una persona ha un evento cardiaco acuto, un infarto, in qualsiasi condizione, con
qualsiasi età trova generalmente un posto letto in una unità coronarica. Se ha un problema
celebrare, come abbiamo detto trova generalmente un posto letto in una stroke unit. Se ha
un’embolia polmonare ed a meno di 40 anni, è sicuro che va in un reparto di medicina.
Eppure è una persona con un’alta instabilità dinamica, quando va bene viene
monitorizzato. Il rapporto medico infermiere sappiamo quello che è, e questo è dato dal
fatto che le unità operative sono chiuse, non si condividono le risorse, non si condividono
le tecnologie. La letteratura ci dice, ma noi possiamo dirlo anche da un punto di vista di
sperimentazione che stiamo portando avanti che queste difficoltà si superano nella
condivisione dei letti e delle risorse. L'epidemiologia ci può far programmare sia le
disponibilità dei posti letto che la tecnologia, per cui noi stiamo vedendo che a fronte di un
passato dove gli appoggi erano la regola e il letto non era mai quello giusto, oggi possiamo
dire che allargando i confini diamo una risposta sicuramente più adeguata ai bisogni della
persona.
Intervento di Michele Ludovici Coordinatore Sale Operatorie, A.O. Ospedali Riuniti diBergamoSono il coordinatore delle sale operatorie del secondo piano degli Ospedali Riuniti di
Bergamo.
Più che una domanda era un contro intervento rispetto a ciò che ha detto il Dottor Biroli.
Lo ringrazio per le parole che ha detto e condivido quello ciò che ha detto. Bisognerebbe
lavorare insieme, per obiettivi e andando oltre quando si uscirà dai paletti degli orari.
L'unica cosa che aggiungerei è che oggi abbiamo avuto una situazione abbastanza critica
in sala e l’abbiamo superata anche grazie all'aiuto degli infermieri, che si sono fermati oltre
il proprio orario.
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Chiusura del convegno
Dott. Carlo Bonometti Direttore Generale, A.O. Ospedali Riuniti di Bergamo
Un grazie a tutti coloro che hanno preso la parola attorno a questo
palco dando un contributo fondamentale alla nostra discussione.
Voglio sottolineare due o tre cose importanti.
Un ringraziamento particolare a Ettore Ongis che ha interpretato
perfettamente il ruolo del cittadino.
La cosa importante che non dobbiamo mai dimenticare è che siamo
qua per il cittadino; allora tutte queste discussioni alla fine cosa
valgono? Che cosa cambia per il cittadino? Questo è il punto secondo
me fondamentale che attende risposte concrete.
Voglio anch’io fornire messaggi di tranquillità in questo senso perché penso che il
cambiamento che dovremo per forza introdurre all’organizzazione ospedaliera deve essere
fatto passo dopo passo, deve essere un cambiamento lento ma continuo e costante nel
tempo.
Io penso che un certo discorso vada aperto, come stiamo cercando di aprirlo, per esempio
sul ricovero in elezione; sul ricovero programmato allora lì la cosa è molto più semplice.
Se un cittadino viene per un’appendicite, fa l’appendicite e viene dimesso, la cosa è
molto semplice.
Quando un paziente entra in urgenza in ospedale, non è stabilizzato, non è identificata la
patologia, c’è la necessità di fare interagire più professionisti attorno alla stessa persona
per determinare il percorso che poi dovrà seguire .
Se invece siamo in presenza di un ricoverato con pluripatologie allora dobbiamo studiare
percorsi idonei a prendere in carico l’ammalato senza che lo stesso debba peregrinare da
uno specialista all’altro. Questo è il compito dell’ospedale moderno.
Ha detto bene la Dottoressa Chiappa prima “importante è che dall’organizzazione non
escano delle indicazioni contraddittorie che disorientano il paziente”.
E allora siccome la medicina ha fatto passi da gigante in questi ultimi anni, si è
specializzata in modo estremo noi abbiamo tantissime eccellenze su tanti piccoli segmenti
della malattia dell’uomo, si tratta di ricomporre tutti questi segmenti riportandoli a unità.
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.159/161
Questo è il significato che io dò al discorso dell’intensità di cura cioè il cercare di
ricomporre attorno ad una persona tutte le professionalità che devono dare e possono
dare un apporto alla persona.
E qui si apre quello che è un altro discorso perché oggi abbiamo sentito la parte della
dirigenza infermieristica ma tutti gli altri attori devono essere protagonisti attorno a questo
tema in particolare i clinici.
Io sono particolarmente contento perché sono usciti parecchi concetti, le cose chiare sono
che il contesto sanitario e sociale nel quale noi operiamo oggi presenta alcuni fenomeni
che sono sempre più rilevanti per noi, l’aspetto della cronicità, l’invecchiamento della
popolazione, la comorbilità sono problemi sui quali noi ci dobbiamo confrontare
quotidianamente.
C’è necessità come ha detto bene il Dottor Fontana di prendere in considerazione ciò che
c’è dopo la porta dell’ospedale; c’è tutto il territorio ma questo è un discorso molto lungo.
Qui in provincia di Bergamo stiamo facendo un grosso ospedale che è una “Ferrari”
sostanzialmente ma rischia d’andare come una 500 se non è coordinato con tutte le altre
strutture sanitarie del territorio.
Possiamo anche finire di rischiare di girare a vuoto – quindi questo è un altro tema che va
affrontato con altrettanta attenzione. Le reti di patologia, per esempio, dobbiamo far
qualche cosa per renderle più cogenti perché poi ci sono i Direttori Generali che disfano
quello che i clinici fanno nei network di patologia quindi bisogna mettere, secondo me, un
poco di ordine - penso che la regione ci debba dare una mano da questo punto di vista.
Molti sono gli attori… le istituzioni, le società scientifiche, il management, i professionisti e
bisogna sempre passare attraverso le integrazioni delle diverse competenze.
Sono convinto come ho detto questa mattina, quando sono venuto qua, e sono ancora più
convinto questa sera, quando vado via, che non esiste un modello predefinito che va bene
per tutti.
Ognuno deve cercare d’individuare il “modus operandi” che va bene– per i propri
professionisti, per la propria realtà, questa è un’altra cosa fondamentale.
Non deve passare il discorso di un modello unico della regione per tutti, perché le persone
sono diverse, sono le persone che fanno funzionare i modelli poi, alla fin fine, se non hai le
persone non vai da nessuna parte.
Noi l’abbiamo visto dentro il nostro ospedale con alcune cose che vanno con una velocità,
altre vanno con altra velocità – sono le persone che fanno ancora una volta la differenza.
Vorrei dire un’altra cosa molto banale ma molto importante.
Atti del Convegno “ Il modello assistenziale per intensità di cure nel Nuovo Ospedale: aspetti teorici e applicativi”, A.O. OORR Bg, 4-2-2010, pag.160/161
Attenzione perché se mettiamo mano a queste cose e scompare fisicamente l’unità
operativa e non esiste più un’area di degenza univocamente individuata nel centro di
costo saltano tutti i dati che noi mandiamo in regione, per cui i benchmarking che poi la
regione fa, perdono di significato, penso che avremo dei grossi problemi.
Quindi io chiedo alla regione che ci dia una mano, che intervenga a dare delle indicazioni
dal punto di vista operativo perché se noi portiamo avanti questo tipo di sperimentazione o
questo tipo di attività, un qualche coordinamento (come fare per tenere questi rapporti poi
sul binario corretto) penso poi che ci debba essere fornito.
Io direi che un po’ tutti i temi sono stati toccati.
Adesso l’impegno che prendo io nei confronti dei miei dipendenti è di continuare questo
confronto con tutti gli altri interlocutori che sono dentro l’ospedale, di farlo un po’ in fretta,
perché l’ospedale è quasi finito e quindi dobbiamo recuperare tutto il tempo che abbiamo
passato in questi mesi, non a pensare ma a lavorare, perché noi, a differenza di altri
colleghi più fortunati, abbiamo anche costruito l’ospedale.
Grazie.
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Si ringraziano tutti coloro che, a vario titolo,
hanno contribuito alla realizzazione del convegno
e alla produzione della presente pubblicazione.
Finito di stampare nel mese di giugno 2010
Centro Stampa A.O. OO.RR. Bergamo