Il mito dell’Occidente 1 e l’identità russa · Il mito dell’Occidente e l’identità russa...

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8 . east . europe and asia strategies numero 34 . febbraio 2011 . 9 Il mito dell’Occidente e l’identità russa RUSSIA . 1 A ll’inizio del XIX secolo Nikolaj Karamzin, uno dei primi storici russi, precettore dei figli dello zar, “europeo russo”, viaggiatore e iniziatore del senti- mentalismo letterario in Russia, scriveva dell’Europa co- me della “capitale delle arti e delle scienze, depositaria di tutti i tesori dell’intelletto umano, tesori accumulati nei secoli”. Tale atteggiamento verso l’Occidente fu alla base dell’ideologia della cultura nazionale russa che si andava formando. Il riferimento all’Europa, o più tardi all’Occidente, non era casuale: la Russia non come impe- ro, ma come entità culturale, poté acquistare coscienza di sé solo attraverso il confronto con i Paesi dell’Europa oc- cidentale. Non si trattava semplicemente della necessità di appropriarsi di un’eredità culturale (la graduale euro- peizzazione ovvero “occidentalizzazione” della società russa), ma di superarla, di affermarsi come “civiltà” equi- valente all’Europa. Catalizzatore di questi processi fu la guerra contro Napoleone del 1812, che ben presto prese il nome di “Grande guerra patriottica”. La società russa la percepì come uno scontro fra la giovane Russia e la vec- chia Europa. La vittoria su Napoleone, che aveva sotto- messo quasi tutta l’Europa continentale, fu interpretata come una prova del grande futuro e della particolare pre- destinazione della Russia, della sua missione di addita- re la via agli altri Paesi (questo ideologema si manifestò pienamente molto più tardi, negli anni del regime comu- nista). A partire da quell’epoca e fino ai nostri giorni, la problematica dei rapporti fra Russia e Occidente è stata indissolubilmente legata a un’idea di rivalità. L’Occidente immaginato incarnava tutti gli ideali dei russi riguardo a ciò che la società russa avrebbe voluto essere ma non era diventata e non poteva diventare per molti motivi, primo fra tutti la sopravvivenza di un’or- ganizzazione arcaica del potere: un sistema politico au- tocratico prima, totalitario poi, e infine autoritario. È in- dicativo il fatto che questa rappresentazione dell’Occi- dente, così come le successive fino alla fine del XX seco- lo, riguardasse fondamentalmente i risultati dello svilup- po. Non comprendeva né le istituzioni sociali che ave- vano reso possibile questo stesso progresso, né le quali- tà umane, morali e sociali senza le quali quelle istituzio- ni non possono funzionare. La modernità era immagina- ta come una condizione auspicabile, ma non come un si- stema di regole istituzionali e di rapporti umani. omune a tutti i regimi era il motivo della “con- trapposizione all’Occidente”, che divenne un elemento importantissimo del mito di legittima- zione del potere e dell’ideologia conservatrice della cul- tura nazionale. La presa di distanza, il rifiuto dell’Occi- dente e la contrapposizione della Russia all’Occidente divennero uno strumento e una condizione per afferma- re l’identità nazionale, l’occasione per parlare di tradi- zioni e peculiarità russe, dei miti e del passato russo. La discussione su tali tradizioni e tali miti, infatti, poteva avvenire solo intorno alla necessità della loro conserva- zione o perdita a causa dell’espansione dell’Occidente e dell’invasione della cultura occidentale: alta o di massa, ma in ogni caso “estranea”. L’“Occidente” diventava non solo un’utopia di pienez- za di valori culturali e un ideale di benessere sociale, ma anche la misura dell’autonomia nazionale o culturale raggiunta dalla Russia (o dell’illusione di questa autono- mia). L’“Occidente” era uno specchio magico, guardan- do il quale i russi si riconoscevano, si descrivevano, con- frontando la situazione reale del Paese con quella dei Paesi “sviluppati”, “civilizzati”. Ma il grado di “civiliz- zazione” della Russia (l’europeizzazione raggiunta, la modernizzazione del Paese, lo sviluppo delle sue istitu- zioni e la loro rispondenza alle norme dell’economia, del diritto, della libertà, della democrazia contemporanea) suscitava inevitabilmente negli osservatori russi dei sen- timenti ambivalenti: a un tempo di orgoglio imperiale e di consapevolezza dell’inautenticità e falsità di facciata di tali istituzioni (superficialità dell’istruzione e della cultura, finzione dello Stato di diritto e, in tempi più re- centi, carattere imitativo della democrazia). Il divario fra utopia e realtà è sempre molto doloroso e genera o tota- le disperazione (“la Russia è una necropoli, noi russi dobbiamo servire da esempio negativo per gli altri popo- li della storia universale”, affermava Pëtr Caadaev già al- la fine degli anni Trenta dell’Ottocento, e per questo fu dichiarato ufficialmente pazzo per ordine dello zar Ni- cola I e messo agli arresti domiciliari), o sfrenata autoe- saltazione e protervia nazionale. Questo conflitto inter- no poteva risolversi in un isolazionismo ideologico e po- litico, nell’aspirazione a liberarsi dall’“accecamento oc- cidentale” (come lo chiamava un altro poeta e critico rus- so, Dmitrij Venevitinov), oppure nell’inconscia svaluta- zione o perfino nel tentativo di screditare le sorgenti stes- se del proprio entusiasmo per l’Occidente. In sostanza, in una società chiusa caratterizzata da una rigida censu- ra e da forti limitazioni della libertà di informazione e di spostamento all’estero, le idee sugli altri Paesi acquista- no inevitabilmente il carattere e la forza di miti, utopie o fobie collettive. Questa nevrosi dell’autocoscienza russa, le frustrazio- ni causate dall’arretratezza culturale, economica e socia- A ticolarmente sensibili a questo tipo di autor- ganizzazione sono le élite deboli e dipenden- ti. . L’antioccidentalismo è la forma in cui si manifestano le svariate reazioni difensive del- le comunità deboli o dei gruppi periferici all’at- trattiva troppo forte esercitata dall’immagine dei Paesi europei e degli Stati Uniti. . Que- sto complesso di dipendenza dall’“Occiden- te” si può superare solo accettando i valori eu- ropei stessi. . di Lev Gudkov L’atteggiamento dei russi verso l’“Occidente” ha tutte le caratteristiche del supervalore e del ri- sentimento della provincia povera rispetto alla metropoli ricca e sviluppata, tranquilla e forte. . È incluso nella struttura stessa dell’identificazione nazionale e nei meccanismi della compren- sione di sé: la visione di sé è possibile solo dal punto di vista di un “altro” significativo. . Par- Il presidente russo Dmitri Medvedev e il primo ministro Vladimir Putin sulla Piazza Rossa durante la Victoria Day Parade. C Afp / Getty Images / D. Astakhov

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Il mito dell’Occidente e l’identità russa

RUSSIA . 1

All’inizio del XIX secolo Nikolaj Karamzin, uno deiprimi storici russi, precettore dei figli dello zar,“europeo russo”, viaggiatore e iniziatore del senti-

mentalismo letterario in Russia, scriveva dell’Europa co-me della “capitale delle arti e delle scienze, depositariadi tutti i tesori dell’intelletto umano, tesori accumulatinei secoli”. Tale atteggiamento verso l’Occidente fu allabase dell’ideologia della cultura nazionale russa che siandava formando. Il riferimento all’Europa, o più tardiall’Occidente, non era casuale: la Russia non come impe-

ro, ma come entità culturale, poté acquistare coscienza disé solo attraverso il confronto con i Paesi dell’Europa oc-cidentale. Non si trattava semplicemente della necessitàdi appropriarsi di un’eredità culturale (la graduale euro-peizzazione ovvero “occidentalizzazione” della societàrussa), ma di superarla, di affermarsi come “civiltà” equi-valente all’Europa. Catalizzatore di questi processi fu laguerra contro Napoleone del 1812, che ben presto preseil nome di “Grande guerra patriottica”. La società russala percepì come uno scontro fra la giovane Russia e la vec-chia Europa. La vittoria su Napoleone, che aveva sotto-messo quasi tutta l’Europa continentale, fu interpretatacome una prova del grande futuro e della particolare pre-destinazione della Russia, della sua missione di addita-re la via agli altri Paesi (questo ideologema si manifestòpienamente molto più tardi, negli anni del regime comu-nista). A partire da quell’epoca e fino ai nostri giorni, laproblematica dei rapporti fra Russia e Occidente è stataindissolubilmente legata a un’idea di rivalità.

L’Occidente immaginato incarnava tutti gli ideali deirussi riguardo a ciò che la società russa avrebbe volutoessere ma non era diventata e non poteva diventare permolti motivi, primo fra tutti la sopravvivenza di un’or-ganizzazione arcaica del potere: un sistema politico au-tocratico prima, totalitario poi, e infine autoritario. È in-dicativo il fatto che questa rappresentazione dell’Occi-dente, così come le successive fino alla fine del XX seco-lo, riguardasse fondamentalmente i risultati dello svilup-po. Non comprendeva né le istituzioni sociali che ave-vano reso possibile questo stesso progresso, né le quali-tà umane, morali e sociali senza le quali quelle istituzio-ni non possono funzionare. La modernità era immagina-ta come una condizione auspicabile, ma non come un si-stema di regole istituzionali e di rapporti umani.

omune a tutti i regimi era il motivo della “con-trapposizione all’Occidente”, che divenne unelemento importantissimo del mito di legittima-

zione del potere e dell’ideologia conservatrice della cul-tura nazionale. La presa di distanza, il rifiuto dell’Occi-dente e la contrapposizione della Russia all’Occidentedivennero uno strumento e una condizione per afferma-

re l’identità nazionale, l’occasione per parlare di tradi-zioni e peculiarità russe, dei miti e del passato russo. Ladiscussione su tali tradizioni e tali miti, infatti, potevaavvenire solo intorno alla necessità della loro conserva-zione o perdita a causa dell’espansione dell’Occidente edell’invasione della cultura occidentale: alta o di massa,ma in ogni caso “estranea”.

L’“Occidente” diventava non solo un’utopia di pienez-za di valori culturali e un ideale di benessere sociale, maanche la misura dell’autonomia nazionale o culturaleraggiunta dalla Russia (o dell’illusione di questa autono-mia). L’“Occidente” era uno specchio magico, guardan-do il quale i russi si riconoscevano, si descrivevano, con-frontando la situazione reale del Paese con quella deiPaesi “sviluppati”, “civilizzati”. Ma il grado di “civiliz-zazione” della Russia (l’europeizzazione raggiunta, lamodernizzazione del Paese, lo sviluppo delle sue istitu-zioni e la loro rispondenza alle norme dell’economia, deldiritto, della libertà, della democrazia contemporanea)suscitava inevitabilmente negli osservatori russi dei sen-timenti ambivalenti: a un tempo di orgoglio imperiale edi consapevolezza dell’inautenticità e falsità di facciatadi tali istituzioni (superficialità dell’istruzione e dellacultura, finzione dello Stato di diritto e, in tempi più re-centi, carattere imitativo della democrazia). Il divario frautopia e realtà è sempre molto doloroso e genera o tota-le disperazione (“la Russia è una necropoli, noi russidobbiamo servire da esempio negativo per gli altri popo-li della storia universale”, affermava Pëtr Caadaev già al-la fine degli anni Trenta dell’Ottocento, e per questo fudichiarato ufficialmente pazzo per ordine dello zar Ni-cola I e messo agli arresti domiciliari), o sfrenata autoe-saltazione e protervia nazionale. Questo conflitto inter-no poteva risolversi in un isolazionismo ideologico e po-litico, nell’aspirazione a liberarsi dall’“accecamento oc-cidentale” (come lo chiamava un altro poeta e critico rus-so, Dmitrij Venevitinov), oppure nell’inconscia svaluta-zione o perfino nel tentativo di screditare le sorgenti stes-se del proprio entusiasmo per l’Occidente. In sostanza,in una società chiusa caratterizzata da una rigida censu-ra e da forti limitazioni della libertà di informazione e dispostamento all’estero, le idee sugli altri Paesi acquista-no inevitabilmente il carattere e la forza di miti, utopie ofobie collettive.

Questa nevrosi dell’autocoscienza russa, le frustrazio-ni causate dall’arretratezza culturale, economica e socia-

A

ticolarmente sensibili a questo tipo di autor-

ganizzazione sono le élite deboli e dipenden-

ti. . L’antioccidentalismo è la forma in cui si

manifestano le svariate reazioni difensive del-

le comunità deboli o dei gruppi periferici all’at-

trattiva troppo forte esercitata dall’immagine

dei Paesi europei e degli Stati Uniti. . Que-

sto complesso di dipendenza dall’“Occiden-

te” si può superare solo accettando i valori eu-

ropei stessi. . di Lev Gudkov

L’atteggiamento dei russi verso l’“Occidente” ha tutte le caratteristiche del supervalore e del ri-

sentimento della provincia povera rispetto alla metropoli ricca e sviluppata, tranquilla e forte. .È incluso nella struttura stessa dell’identificazione nazionale e nei meccanismi della compren-

sione di sé: la visione di sé è possibile solo dal punto di vista di un “altro” significativo. . Par-

Il presidente russo Dmitri Medvedev

e il primo ministro Vladimir Putin

sulla Piazza Rossa durante la Victoria Day Parade.

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L’idealizzazione dell’Europa si trasformava molto fa-cilmente in critica del “servilismo nei confronti dell’Oc-cidente”, in lotta contro il cosmopolitismo, come si chia-mava ai tempi di Stalin: l’Europa o la cultura europeaerano allora viste come qualcosa di estraneo, ostile e mi-naccioso per l’esistenza nazionale russa, qualcosa di in-conciliabile con la cultura patria. I complessi di inferio-rità nazionale (combinazione di grandezza e arretratez-za) improntano tutte le fasi della modernizzazione rus-sa, fino alle ultime dichiarazioni del presidente Medve-dev sulla necessità di una “modernizzazione” della Rus-sia e sul pericolo di una nuova stagnazione.

utti i periodi della storia russa caratterizzati dauno sviluppo accelerato, dalla crescita dell’eco-nomia, da un innalzamento del tenore di vita, era-

no sempre accompagnati da un mutamento di regime al-l’interno del Paese, dalla sua “apertura al mondo”. L’at-teggiamento positivo verso l’Occidente rendeva possibi-le la rapida assimilazione delle idee e delle tecnologie oc-cidentali, la cooperazione commerciale e culturale, men-tre al contrario i periodi di stagnazione e di inasprimen-to delle repressioni sono segnati dall’isolazionismo, dal-la xenofobia, dalla povertà della vita quotidiana. La dife-sa delle proprie tradizioni e dei propri primati assunseforme terribili e grottesche nel periodo della lotta stali-niana contro il cosmopolitismo, quando bisognava affer-mare che tutte le principali scoperte e invenzioni dellamodernità (la locomotiva, la radio, ecc.) si dovevano ascienziati, ingegneri, biologi russi e, di conseguenza, ap-partenevano alla Russia (basterà ricordare una battutadell’epoca: “la Russia è la patria degli elefanti”). Ma simi-li orientamenti si ritrovano anche in tempi più recenti.

In tal modo l’atteggiamento verso l’Occidente può es-sere definito come una combinazione di attrazione e re-pulsione: da una parte i Paesi europei sono visti comeuna sorta di utopia della modernità e come l’incarnazio-ne di tutto ciò che la popolazione russa vorrebbe avere

(libertà, democrazia, alto tenore di vita, tutela sociale, ga-ranzia dei diritti civili, sviluppo della scienza e della cul-tura, dell’innovazione tecnologica, dell’economia), matutto ciò convive con le fobie e la diffidenza nei confron-ti dell’influenza esterna e ostile, con la paranoia dellaperdita dell’identità nazionale, con la paura della colo-nizzazione della Russia, della spoliazione delle sue ric-chezze e della sottomissione a potenze più forti. Di persé questa contraddittorietà è dovuta alla diversa veloci-tà e profondità con cui mutano le varie strutture istitu-zionali della società postsovietica. Restano più stabili econservatrici le istituzioni su cui si basa il potere autori-tario: la polizia politica, l’esercito, la magistratura, la po-lizia e anche apparati come quello dell’istruzione pub-blica, che determinano i più diffusi concetti della storia,dei valori e delle tradizioni nazionali.

Il periodo più aperto alle trasformazioni e all’avvici-namento all’Occidente fu quello cruciale a cavallo fra lafine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta del

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no dei beni materiali, della ricchezza, ma dei valori spi-rituali, della ricerca del senso della vita, ecc. Perciò “l’au-tentico carattere russo” si può trovare solo nella provin-cia profonda, nelle campagne e non nelle capitali e nel-le megalopoli più ricche, contagiate dall’influenza delcapitalismo e, oggi, dalla globalizzazione.

Estremamente importante nello sviluppo di questiideologemi è il problema di chi “guida” il Paese alla “ci-viltà”, chi gestisce la modernizzazione e chi difende ilPaese, la sua sicurezza e la cultura nazionale dalla mi-naccia esterna. Storicamente la soluzione di questo di-lemma ha portato quasi sempre al rafforzamento dell’au-toritarismo e del dispotismo, in quanto proprio lo Statodispotico si assumeva il compito di realizzare tali obiet-tivi, neutralizzando così gli sforzi della società stessa perorganizzarsi e limitare l’arbitrio amministrativo. Ciòcreava l’illusione della possibilità di una “modernizza-zione dall’alto”, formulata già da Pushkin (“Il governo danoi è ancora il primo europeo”).

le, il compiacimento masochistico per il sottosvilupponazionale (la propria “asiaticità”), sono un motivo cheattraversa la letteratura russa del XIX e XX secolo, daAleksandr Pushkin a Michail Bulgakov, fino a tempi re-centissimi. Passando dai discorsi elevati nei salotti ari-stocratici (la disputa fra slavofili e occidentalisti) alle ba-nalità dell’istruzione scolastica di massa, questo conflit-to interno ha improntato tutte le discussioni sociali e po-litiche. Non solo: è diventato una caratteristica etnica deirussi, si è congelato negli stereotipi secondo i quali i rus-si percepiscono le altre etnie o nazionalità. Ma perché ilconflitto si fissasse in questo modo, bisognava che le qua-lità nazionali mutassero di segno: i propri difetti, primadi diventare caratteristiche collettive, dovevano appari-re come virtù morali. Sì, gli europei (tedeschi, inglesi,francesi, ecc.) sono civili, razionali, laboriosi ed energi-ci, ma sono freddi, formali, calcolatori, chiusi, ipocriti,mentre i russi vivono poveramente perché sono aperti,buoni, emotivi e appassionati, perché non si preoccupa-

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A FRONTE Un dipinto di Roussel che raffigura una danza paesana.

A DESTRA Un’immagine di un gruppo di manifestanti

del People’s Front For Perestrojka

che nel 1988 raccoglievano firme per Boris Eltsin

e chiedevano che venisse velocizzato

il programma di riforme. Ogni sabato gli attivisti

si ritrovavano nella piazza Pushkin a Mosca.

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sta al controllo della società. La Russia aveva smesso diessere percepita dalla maggioranza della sua popolazio-ne come una grande potenza, come un impero che unifi-cava con la forza o amministrativamente, economica-mente e culturalmente gli altri popoli attorno a sé. Cherazza di superpotenza era quella, a cui gli altri Paesi of-frivano aiuti umanitari, mentre il suo tenore di vita su-perava a malapena quello dei Paesi asiatici o africani invia di sviluppo?

a già a partire dal 1995 iniziò un processo con-trario di rafforzamento del nazionalismo conser-vatore russo e della coscienza imperiale, accom-

pagnato da una rivincita della nomenklatura, da un cre-scita degli umori isolazionisti, dall’esclusione dei parti-ti riformisti e da un ampliamento dell’influenza dei par-titi antidemocratici, che accusavano i fautori della demo-crazia e delle riforme di svendere le ricchezze nazionalie tradire gli interessi nazionali e li incolpavano della re-sa dinanzi all’Occidente e dell’abbassamento del tenoredi vita causati dalla politica di quelle riforme. Nel gen-naio del 1995 il 55% degli intervistati riteneva che l’Oc-cidente aspirasse a indebolire la Russia, ridurla alla mi-seria, portarla al disfacimento. Esprimeva un’opinionecontraria solo il 23% (gli altri non avevano nessuna opi-nione personale in proposito).

Il principale canale per la restaurazione delle vecchieconcezioni ideologiche fu l’idea della Russia come“grande potenza”, una reinterpretazione dei motivi delcrollo dell’Unione Sovietica che riduceva le relative fru-strazioni o facilitava il superamento del trauma, spostan-do l’accento dai propri difetti e dai vizi del sistema ai“nemici esterni”. Alla fine degli anni Ottanta e nella pri-ma metà dei Novanta, sotto l’influenza del dibattito sulpassato e il futuro del Paese, la maggioranza dei russi erastata incline a pensare che l’Urss si fosse disgregata per-ché non aveva retto alla corsa agli armamenti e alla ne-cessità di continue spese per mantenere una costantemobilitazione dell’esercito e della società, e perché ave-va cessato di funzionare efficacemente la propaganda checonvinceva la popolazione della necessità dei sacrifici odel basso tenore di vita pur di garantire la sicurezza delPaese minacciato dall’annientamento. Ma già a partiredalla metà degli anni Novanta, e in particolare dopo lacrisi del 1998, nell’opinione pubblica cominciò ad affer-marsi gradualmente la tesi che la disgregazione dell’Urss

non fosse la conseguenza di naturali cause socio-econo-miche o dei vizi originari del sistema totalitario, ma il ri-sultato di un complotto dei democratici riformatori e del-le forze anticomuniste in Occidente, interessate al suoannientamento. Proprio queste idee divennero una del-le principali risorse per la legittimazione conservatricedi Putin, periodicamente rafforzate in maniera artificia-le dalla propaganda e più deboli alla fine di ogni nuovacampagna (VEDI TABELLE 4 E 5).

Con l’avvento al potere di rappresentanti dei servizispeciali (Primakov, poi Putin e altri) si rianimò la propa-ganda antioccidentale, accompagnata da una retorica ditipo nazionalista: “la Russia risorge”, “la Russia in ginoc-chio si rimette in piedi”, “la Russia torna alle sue tradi-zioni nazionali”. Proprio con questo accompagnamentoideologico si compiva il rafforzamento dell’autoritarismopolitico e del controllo sulla società, definito come un“accresciuto ruolo dello Stato” in tutti i settori chiavedella vita sociale, dall’economia all’istruzione e alle po-litiche per la famiglia e la giovane generazione. Ai discor-si sulla “democrazia” e “i valori universalmente umani”

subentrarono la preoccupazione per l’educazione pa-triottica e ortodossa, nella pratica educativa furono in-trodotte le idee di “conflitto di civiltà” e di geopolitica,si cominciò a parlare di inconciliabilità di interessi fra laRussia e l’Occidente e ad affermare che la Russia non haaltri alleati e partner che “l’esercito e la flotta”. Il massi-mo di diffidenza e sfiducia verso i Paesi occidentali ne-gli ultimi vent’anni è stato raggiunto dopo il discorsoestremamente aggressivo di Putin a Monaco nel 2006 edopo la guerra russo-georgiana nell’agosto 2008, che ave-va suscitato una netta critica della comunità internazio-nale. È importante sottolineare che la maggioranza dellapopolazione russa vede invece la Russia stessa come unPaese pacifico e pronto alla collaborazione, che non ca-pisce perché tutti intorno lo trattino come una potenzaaggressiva, sottosviluppata e priva di libertà. Il rapportofra quelli che ritengono che il mondo non abbia nienteda temere dalla Russia e quelli che ritengono che la Rus-sia stessa debba stare in guardia e preoccuparsi costan-temente della propria sicurezza e dell’efficienza del-l’esercito è di 1:2.

secolo scorso. Proprio in quel periodo, caratterizzato dal-la disponibilità ad accogliere i principi e i modelli occi-dentali di organizzazione sociale e statuale, si sviluppòcon straordinaria rapidità la crisi dell’identità sovieticae si assistette al crollo dell’ideologia comunista. A talecrisi si accompagnava un crescente e generalizzato sen-so di frustrazione e disorientamento, la percezione delvicolo cieco storico, della trappola in cui era finito il to-talitarismo sovietico. Nel breve lasso di tempo fra il 1989e il 1993 nella coscienza delle masse prevalse l’idea che“la Russia era rimasta ai margini dello sviluppo storico”,che “la storia patria era una catena di crimini mostruosie catastrofi nazionali” e che il sistema sovietico era so-pravvissuto a prezzo dell’indigenza di massa, dell’apa-tia, dell’arretratezza rispetto ai Paesi industrializzati.Proprio sul finire della perestrojka gorbacioviana, sullosfondo della crisi generale e del crollo del comunismo,del missionarismo imperiale e dello status di superpo-tenza, nella società russa si crearono le condizioni per re-cepire i valori occidentali, e il Paese per la prima volta siaprì al mondo. La gente non capiva bene che cosa fosse-ro la democrazia e lo Stato di diritto, i diritti inalienabi-li della persona, la libertà, ma istintivamente sentiva chesolo una limitazione dello strapotere dello Stato potevaconsentire di sviluppare intensivamente l’economia e diriorientarla verso i bisogni dell’uomo, anziché dell’indu-stria militare o del gulag; e intuiva che per migliorare laqualità della vita e difendere la popolazione dall’arbitriodello Stato erano indispensabili la libertà (compresaquella dei mezzi di comunicazione di massa) e il plura-lismo politico. Fu un periodo breve, durante il quale nel-la società si consolidò l’idea della necessità di un con-trollo sociale sul potere, della responsabilità dei politicidinanzi ai cittadini.

Proprio in quegli anni fra la popolazione erano diffu-se l’aspirazione a integrarsi con l’Europa e la disponibi-lità a imparare dai Paesi europei, ad ampliare gli ambitidi collaborazione e ad accelerare il processo di europeiz-zazione del Paese. I sondaggi d’opinione condotti in quelperiodo mostravano una crescente esigenza di una poli-tica di pace: la popolazione affermava la necessità di in-staurare rapporti di collaborazione con i principali Pae-si europei e con gli Stati Uniti e di cercare ogni possibi-le compromesso; rifiutava lo scontro e auspicava rappor-ti internazionali più distesi e una politica interna più tol-lerante e rispondente ai bisogni delle persone, sottopo-

M

TABELLA 1.Oggi lei si rammarica della dissoluzione dell’Urss avvenuta nel 1991?(in % sul numero degli intervistati in ogni sondaggio)

No

Non so

2000

75

19

6

2001

72

21

7

2002

68

25

7

2003

-

-

-

2004

68

26

6

2005

65

25

9

2006

61

30

9

2007

55

36

10

2008

60

30

10

2009

60

28

12

2010

55

30

16

TABELLA 2.Secondo lei, la dissoluzione dell’Urss era inevitabile, oppure si sarebbe potuta evitare? (in % sul numero degli intervistati in ogni sondaggio)

Era inevitabile

Si poteva evitare

Non so

1998

24

58

18

2001

29

58

13

2002

29

59

12

2003

-

-

-

2004

24

65

10

2005

29

61

10

2006

27

59

14

2007

30

56

14

2008

30

55

15

2009

28

57

15

2010

32

53

15

TABELLA 3.Attualmente la Russia è una grande potenza? (in % sul numero degli intervistati in ogni sondaggio)

Decisamente sì Probabilmente sì Probabilmente no Decisamente noSomma delle risposte “sì”Non so

NOV 2010

1639329

554

OTT 2009

1744276616

NOV 2007

17363111535

NOV 2006

12313616435

NOV 2005

7234423304

MAR 2004

8314215393

OTT 2001

11293522403

APR 2000

20333013534

MAR 1999

12193431314

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l’Unione dei cineasti), che si difendono dalle accuse diinettitudine o monopolismo ostentando il proprio pa-triottismo e agitando la minaccia della globalizzazione odell’erosione della cultura nazionale.

erciò non c’è da meravigliarsi della resistenza al-l’occidentalizzazione o dell’incapacità della so-cietà russa di recepire qualcuno dei sistemi de-

mocratici vigenti in Europa. Solo il 9% è d’accordo che“il modello occidentale di democrazia è necessario perlo sviluppo della Russia” (principalmente sono di que-sta opinione gli abitanti giovani e colti delle città); unaparte molto maggiore della popolazione, si può dire laparte dominante (43%), ha a questo riguardo un atteggia-mento guardingo e pensa che “la democrazia occidenta-le in linea di principio è adatta alla Russia, ma esige so-stanziali modifiche, che tengano conto delle peculiaritàdel nostro Paese”. Queste persone, che costituiscono “lavia di mezzo” per tutte le caratteristiche fondamentali(istruzione, reddito, orientamenti di valore), temono imutamenti bruschi e quelle conseguenze negative di unarottura troppo netta delle istituzioni sociali, di cui sonostati testimoni nella prima metà degli anni Novanta.

Perciò si sdoppiano fra l’abituale pazienza e sottomis-sione al regime autoritario (tanto più che ad esso, perl’opinione pubblica, è legato un lungo periodo di cresci-

14 . east . europe and asia strategies

no cioè gli abitanti più agiati e colti delle grandi città. Diregola si tratta di viaggi legati agli affari, oppure a scopiscientifici o turistici. Molti vanno in vacanza nelle loca-lità turistiche della Turchia o dell’Egitto, in quanto si trat-ta di vacanze relativamente poco costose, anche se negliultimi tempi il flusso dei turisti verso i Paesi dell’Euro-pa occidentale è notevolmente cresciuto. Per cui la rap-presentazione dell’“Occidente”, per la stragrande mag-gioranza dei russi, si forma prevalentemente per influs-so dei mass media, del cinema e della letteratura scola-stica, che riproduce antichi stereotipi, talvolta risalentiaddirittura al XIX secolo.

Perciò non si tratta solo del fatto che i detentori del po-tere hanno bisogno di spauracchi di vario genere, senzai quali il regime repressivo non è in grado di ottenere ilconsolidamento e il consenso della società. A conserva-re simili concetti concorrono sia la scuola, sia i mass me-dia, sia tutte le strutture istituzionali che si oppongonoai cambiamenti: dall’esercito e dalla polizia fino alle uni-versità o alle associazioni di scrittori o artisti (come

ale radicata ambivalenza dell’atteggiamento ver-so l’Occidente non può essere superata in tempibrevi, neppure nel caso in cui la situazione di po-

litica interna della Russia si sviluppasse nel più favore-vole dei modi o si verificasse un mutamento del sistemapolitico. Pochissimi russi possono vantare una cono-scenza diretta più o meno adeguata della vita quotidia-na nei Paesi europei. In Russia arrivano scarsissime in-formazioni sui problemi attuali delle società dell’Euro-pa occidentale, e perfino oggi (per non parlare dell’epo-ca sovietica) queste informazioni sono estremamentetendenziose e poco obiettive. I russi che possono riferi-re le loro impressioni personali della vita in Occidentesono relativamente pochi: complessivamente sono an-dati almeno una volta all’estero più o meno 18 russi su100, e un terzo di essi l’ha fatto ancora negli anni sovie-tici, recandosi principalmente nei Paesi della “comuni-tà socialista”. L’impressione che in Europa i russi siano“molti” è ingannevole: quelli che viaggiano spesso al-l’estero appartengono tutti allo stesso strato sociale, so-

TABELLA 4.Secondo lei, i rapporti fra la Russia e l’Occidente possono essere veramente amichevolio sono sempre basati sulla sfiducia e il sospetto? (in % sul numero degli intervistati in ogni sondaggio)

Possono essere veramente amichevoli

Saranno sempre basati sulla diffidenza

Non so

2008

34

52

14

2006

35

54

11

2005

44

42

14

2004

44

42

14

2003

39

47

14

2002

39

51

10

1999

52

38

10

1994

60

38

2

TABELLA 5.

Secondo lei, la Russia ha motivo di temere i Paesi occidentali che fanno parte della Nato?Secondo lei, i Paesi occidentali che fanno parte della Nato hanno motivo di temere la Russia? (in % sul numero degli intervistati, n = 1600)

1997 aprile

1999 marzo

1999 novembre

2000 agosto

2001 febbraio

2002 febbraio

2006 aprile

2006 giugno

2007 aprile

2008 agosto

2008 dicembre

2009

L’OCCIDENTE HA MOTIVO DI TEMERE LA RUSSIA

27

62

40

28

23

29

35

31

28

32

38

-

60

28

48

58

64

58

57

60

57

60

56

-

60

63

64

54

58

56

58

62

49

62

57

62

27

28

25

32

29

30

34

29

35

29

36

26

TABELLA 7.Secondo lei, la cultura occidentale esercita un’influenza negativa sulla situazione in Russia?(in % sul numero degli intervistati in ogni sondaggio)

No

Non so

2006

63

32

5

2002

66

28

6

2001

66

27

7

2000

57

34

9

1999

51

36

13

1998

61

33

6

1997

53

35

12

1996

49

36

15

TABELLA 6.Quale delle seguenti affermazioni riflette maggiormente il suo pensiero?(in % sul numero degli intervistati in ogni sondaggio)

La Russia deve inserirsi attivamente nella cultura mondiale,per raggiungere gli standard occidentali di qualità della vita.

La Russia deve lottare contro l’influenza occidentale, estranea alla maggioranza dei russi,e recuperare le tradizioni e lo stile di vita originari.

Non so

42

40

18

199223

58

20

199925

49

26

200335

49

16

2008

SÌ NO

LA RUSSIA HA MOTIVO DI TEMERE L’OCCIDENTE (NATO)

SÌ NO

TP

Bet

tman

n/

Corb

is

Nikolai M. Karamzin, autore di una storia della Russia in 12 volumi.

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numero 34 . febbraio 2011 . 1716 . east . europe and asia strategies

vatrice o perfino ostile a qualsiasi cambiamento, e dal-l’altra una porzione consistente della burocrazia ad altoreddito, soprattutto dell’amministrazione locale, dei fun-zionari che hanno iniziato la loro carriera negli organi dipartito del Pcus, nella polizia, nel Kgb, nell’esercito, ecc.

E tuttavia la maggioranza dei russi auspica una norma-lizzazione dei rapporti con i Paesi europei occidentali,la rimozione degli ostacoli sulla via di uno scambio re-ciprocamente vantaggioso, l’ampliamento della collabo-razione nell’ambito della cultura, della scienza, dello svi-luppo di nuove tecnologie, del turismo e della libertà dispostamento dei cittadini di diversi Paesi. La coscienzadifensiva tipica dell’“uomo sovietico”, se non fosse sta-ta mantenuta artificialmente dall’attuale dirigenza russa

ta economica) e il desiderio che in Russia sia costruitouno Stato democratico, il che presuppone elezioni one-ste, responsabilità politica, una periodica alternanza del-le persone al potere, l’uguaglianza dinanzi alla legge.

Ma più di un terzo dei russi (35%) ha un atteggiamen-to nettamente negativo nei confronti della democrazia edella liberalizzazione dello Stato, e ritiene che “la demo-crazia occidentale non è adatta alla Russia, e ha un effet-to distruttivo sullo stile tradizionale della vita russa” (il13% ha difficoltà a rispondere).

Gli aperti oppositori della democrazia sono rappresen-tati, principalmente, da due gruppi: da una parte la pro-vincia povera e degradata (la popolazione rurale, le pic-cole città, le persone con un basso grado d’istruzione ebasso capitale sociale e culturale), estremamente conser-

TABELLA 8.

Secondo lei, in seguito al mutamento della politica estera del Paese alla fine degli anni Ottanta,abbiamo perso nella competizione con l’Occidente, oppure per la fine di questa competizioneabbiamo guadagnato non meno degli altri? (in % sul numero degli intervistati in ogni sondaggio)

Abbiamo perso nella competizione con l’Occidente

Per la fine di questa competizione abbiamo guadagnato non meno degli altri

Non so

2010

27

43

30

2007

31

33

36

TABELLA 9.Come vorrebbe vedere oggi la Russia in primo luogo? (in % sul numero degli intervistati in ogni sondaggio)

Come una grande potenza che gli altri Paesirispettano e temono

Come un Paese con un alto tenore di vita,anche se non uno dei più potenti del mondo

Non so

38

59

3

NOV 2010

39

56

5

NOV 2007

36

62

3

NOV 2006

36

62

3

NOV 2005

34

62

4

DIC 2004

40

57

3

MAR 2004

43

54

3

DIC 2003

TABELLA 10.Secondo lei, con quali Paesi la Russia deve tendere a collaborare nella sua politica estera? (in % sul numero degli intervistati in ogni sondaggio)

Germania, Francia, Gran Bretagna, altri Paesi dell’Europa occidentale

Ucraina, Bielorussia, Kazakistan, altri Paesi della Csi

India, Cina

Giappone

Usa

Paesi Arabi, Cuba, Corea del Nord

Non so

45

42

32

22

15

12

18

2009

49

48

28

24

18

12

17

2008

46

44

26

19

15

11

16

2007

53

48

24

20

24

7

16

2006

54

49

21

26

30

7

15

2004

51

38

21

23

27

11

15

2003

49

53

22

27

31

11

10

2001

e dalla propaganda del Cremlino, sarebbe stata superatapiuttosto rapidamente. Nonostante tutto, il processo dierosione della coscienza totalitaria prosegue, anche senon rapidamente come si vorrebbe.

l ruolo mitico, duplice dell’“Occidente” scom-pare immediatamente, non appena cominciamoa parlare dell’atteggiamento della Russia o dei

russi verso concreti Paesi europei.Qui ogni diffidenza cade ed emerge in primo piano

l’antica idea che la Russia segua lo stesso cammino de-gli altri Paesi d’Europa, ma con enorme fatica e ritardo,e contro la resistenza delle forze conservatrici all’inter-no del Paese stesso. Da questo punto di vista i russi nonhanno praticamente dubbi che proprio con i Paesi del-l’Europa occidentale si debbano sviluppare rapporti eco-nomici e ogni forma di collaborazione in tutti i settori direciproco interesse. In questo senso gli orientamenti del-la popolazione russa verso l’Ue o singoli Paesi membri,in primo luogo la Germania, sono caratterizzati da un at-teggiamento molto più positivo e amichevole rispetto,

per esempio, agli Stati Uniti o ai Paesi dell’Europa orien-tale, per non parlare dei Paesi baltici o della Georgia. Segli umori antiamericani sono caratterizzati da una lentama costante crescita, alternata a brevi ondate di malcela-ta ostilità, l’atteggiamento verso la Comunità Europea èsempre stato amichevole e rispettoso. Un’unica eccezio-ne si è avuta durante la guerra d’agosto con la Georgia,ma anche questo brusco rafforzamento del negativismoè stato di brevissima durata. Più significativo è il deside-rio, espresso da oltre la metà degli intervistati, di raggiun-gere un giorno un livello di collaborazione tale da con-sentire l’inizio delle trattative per l’ingresso della Russianell’Unione Europea.

In tal modo l’atteggiamento dei russi verso l’“Occiden-te” ha tutte le caratteristiche del supervalore e del risen-timento della provincia povera rispetto alla metropoliricca e sviluppata, tranquilla e forte. È incluso nella strut-tura stessa dell’identificazione nazionale e nei meccani-smi della comprensione di sé: la visione di sé è possibi-le solo dal punto di vista di un “altro” significativo. Par-ticolarmente sensibili a questo tipo di autorganizzazio-ne sono le élite deboli e dipendenti. L’antioccidentali-smo è la forma in cui si manifestano le svariate reazionidifensive delle comunità deboli o dei gruppi perifericiall’attrattiva troppo forte esercitata dall’immagine deiPaesi europei e degli Stati Uniti. Questo complesso di di-pendenza dall’“Occidente” si può superare solo accet-tando i valori europei stessi. .

I

Immagini da una manifestazione del People’s Front For Perestrojka,

in piazza Pushkin a Mosca nel luglio del 1988.

I manifestanti si battono per l’attuazione delle riforme economiche

introdotte nell’Unione Sovietica da Mikhail Gorbaciov

nell’estate 1987 allo scopo di ristrutturare l’economia nazionale.

Afp

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V.A

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