il MistEro chE rivElato ci dividE E soffErto ci uniscE

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FILOSOFIE IL MISTERO CHE RIVELATO CI DIVIDE E SOFFERTO CI UNISCE STUDI PETTAZZONIANI IN ONORE DI MARIO GANDINI A CURA DI GIAN PIETRO BASELLO, PAOLO OGNIBENE E ANTONIO PANAINO Comune di San Giovanni in Persiceto

Transcript of il MistEro chE rivElato ci dividE E soffErto ci uniscE

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In copertina: Pettazzoni nel suo studio romano con una copia dell’edizione inglese de L’onniscienza di Dio (1956). Foto Fondo Pettazzoni, elaborazione di Fabio Manganelli.Qui sopra: foto Fondo Pettazzoni.

Mimesis Edizioni www.mimesisedizioni.it

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il MistEro chE rivElato ci dividEE soffErto ci uniscE studi pEttazzoniani in onorE di Mario gandiniA curA dI GIAn PIetro BASeLLo, PAoLo oGnIBene e AntonIo PAnAInoG. P. BASeLLo - P. oGnIBene - A. PAnAIno (A curA dI) il M

istEro chE rivElato ci dividE E soffErto ci uniscE

ISBN 978-88-5751-353-9

L’8 dicembre 1959 moriva a roma raffaele pettazzoni. era nato a San Giovanni in Persiceto (Bologna) 76 anni prima. compiuto il percorso scolastico in paese, si guadagna una borsa per proseguire gli studi a Bologna. All’università si delinea la sua missione: studiare, per la prima volta in Italia, le religioni da un punto di vista storico e comparatistico. la storia delle religioni prende coscienza della pluralità delle religioni e studia le religioni non come verità mutuamente esclusive, ma come molteplicità di espressione di un bisogno dell’uomo che ha generato un’inevitabile pluralità di punti di vista, ciascuno veritiero nei limiti del mondo che si è costruito. con metodo e determinazione, Pettazzoni tesse una fitta rete di rapporti personali con altri studiosi e personaggi della cultura italiana e mondiale. Il nome di Pettazzoni merita di essere ricordato anche per l’impegno civile in cui concretizzò la ricerca scientifica. esponente dell’Associazione per la Libertà religiosa in Italia, Pettazzoni ribadì che la laicità dello Stato sarebbe stata garantita tanto dal pluralismo religioso quanto dall’ateismo. credente di nessuna religione, chiedeva per ciascun uomo il diritto ad averne una e ad aderirvi con consapevolezza e conoscenza.

Il volume è dedicato a Mario Gandini, lo studioso che ha pubblicato i Materiali per una biografia di raffaele Pettazzoni. All’interno sono raccolti contributi di: domenico Accorinti, Mustafa Alici, Paola Sofia Baghini, Gian Pietro Basello, Giovanni casadio, Giovanni catti, Mario Gandini, Felice Israel, Alberto Latorre, riccardo nanini, Paolo ognibene, Antonio Panaino, carlo Prandi, Simone rambaldi, Gianroberto Scarcia, Gloria Serrazanetti, Valerio Salvatore Severino, natale Spineto, Alberto tampellini.

Pettazzoni (a destra) a San Giovanni in Persiceto il 4 ottobre 1953. Parla di disoccupazione, miseria e analfabetismo nell’Italia di allora.

9 788857 513539 comune di San Giovanni in Persiceto

S u p p l e m e n t o s p e c i a l e a

S T R A D A M A E S T R A

1959-2009

Il mistero che rivelato ci divide

e sofferto ci unisce

S t u d i p e t t a z z o n i a n i i n o n o r e d i M a r i o G a n d i n i

A cura di Gian Pietro BASELLO, Paolo OGNIBENE e Antonio PANAINO

Biblioteca Comunale “Giulio Cesare Croce”

San Giovanni in Persiceto (Bologna) 2012

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Supplemento speciale a STRADA MAESTRA Quaderni della Biblioteca Comunale “G. C. Croce” di San Giovanni in Persiceto COMITATO DI REDAZIONE Sonia Camprini (presidente), Anna Bastoni, Mario Gandini (direttore), Paolo Ognibene, Andrea Risi, Gloria Serrazanetti, Alberto Tampellini. La Direzione non s’intende impegnata dalle opinioni espresse in articoli e note firmati. Per informazioni e comunicazioni di carattere redazionale, libri per recensione, pubblicazioni in cambio, rivolgersi esclusivamente a:

Comitato di redazione di Strada maestra Biblioteca Comunale “G. C. Croce” Piazza Garibaldi, 7 (Palazzo SS. Salvatore) 40017 – San Giovanni in Persiceto (Bologna) Tel. 051 6812965; 051 6812961; fax 051 827017 E-mail [email protected]

Proprietà artistica e letteraria riservata alla Biblioteca Comunale “G. C. Croce” di San Giovanni in Persiceto. È vietata la riproduzione, anche parziale, degli scritti e delle illustrazioni senza citarne la fonte. Registr. n. 3372 del 28 novembre 1968 presso il Tribunale di Bologna. Direttore responsabile: Mario Gandini. ISBN 9788857513539

Stampato da MIMESIS EDIZIONI (Milano – Udine) Sede operativa e amministrativa: Via Risorgimento 33 – 20099 Sesto San Giovanni (MI) Telefono e fax: +39 02 89403935 E-mail: <[email protected]> Catalogo e sito Internet: <www.mimesisedizioni.it>

Sommario

Sigle e abbreviazioni .................................................................................................... 9 Programma ................................................................................................................ 15 Rassegna stampa ........................................................................................................ 19 Album del convegno ................................................................................................... 20 Cimeli, ricordi, frammenti di una vita in mostra........................................................ 21

Renato MAZZUCA (Sindaco, Comune di Persiceto) Saluto.......................................................................................................................... 33

Wolfango HORN (Presidente dell’Istituzione per i servizi culturali “Cesare Zavattini”, Comune di Persiceto)

Saluto.......................................................................................................................... 35 Andrea FIORINI (Assessore con deleghe a politiche per l’infanzia, l’istruzione,

la formazione e il lavoro, Comune di Persiceto) Saluto.......................................................................................................................... 37

Mario GANDINI (Direttore di Strada maestra e curatore del Fondo Pettazzoni, Biblioteca “G. C. Croce”, Persiceto)

Saluto.......................................................................................................................... 41 Dario M. COSI (Università di Bologna)

Saluto.......................................................................................................................... 43 Sonia CAMPRINI (Assessore alla cultura, Comune di Persiceto)

Prefazione .................................................................................................................. 45 Prefazione dei curatori ................................................................................................... 47 Bibliografia degli scritti di Mario Gandini..................................................................... 53

STUDI PETTAZZONIANI .............................................................................................. 79 Domenico ACCORINTI (Pisa)

«In ansiosa attesa»: tra le righe del carteggio Pettazzoni–Rose ............................... 81 Mustafa ALICI (Faculty of Theology, Erzincan University)

Hosting “Romano” in the Eastern Territories: Some Reflections on Pettazzonian Studies in Turkey ................................................................................................ 105

Paola Sofia BAGHINI (Università degli Studi di Verona) Il carteggio Buonaiuti–Pettazzoni............................................................................ 139

Gian Pietro BASELLO (Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”) L’uomo e il divino nell’antico Elam......................................................................... 143

Gıovannı CASADIO (Università degli Studi di Salerno) Raffaele Pettazzoni ieri, oggi, domani: la formazione di uno storico delle religioni e il

suo lascito intellettuale. ...................................................................................... 221

G. P. BASELLO, P. OGNIBENE & A. PANAINO (cura), Il mistero che rivelato ci divide e sofferto ci unisce, Milano, 2012

Sommario

8

Giovanni CATTI (Bologna) Una scuola senza confini ..........................................................................................241

Mario GANDINI (Biblioteca Comunale “G. C. Croce”, Persiceto) Il Fondo Pettazzoni della Biblioteca Comunale “G. C. Croce” di San Giovanni in

Persiceto..............................................................................................................245 Felice ISRAEL (Università degli Studi di Genova)

La coerente continuità tra attività scientifica e opera civile di Raffaele Pettazzoni.249 Alberto LATORRE (Università degli Studi di Verona)

Il carteggio Zolli–Pettazzoni della biblioteca comunale “G. C. Croce” (Fondo Pettazzoni). Zolli interlocutore ebreo di Pettazzoni nell’elaborazione del secondo volume de La confessione dei peccati: la funzione del capro per ‘Azazel (Lv 16).............................................................................................................................317

Riccardo NANINI (Hannover) «Cette connaissance plus profonde, ce n’est pas à l’histoire des religions que nous

pouvons la demander…». La fenomenologia della religione di Gerardus van der Leeuw e la «scienza integrale delle religioni» pettazzoniana .............................341

Paolo OGNIBENE (Università di Bologna) Gli Sciti negli scritti di Raffaele Pettazzoni ..............................................................359

Antonio PANAINO (Università di Bologna) I Magi secondo G. Messina e H. Lommel nella riflessione critica di R. Pettazzoni.

Nota in margine ad un’antica discussione ..........................................................365 Carlo PRANDI (Fondazione “Bruno Kessler”, Trento)

Raffaele Pettazzoni tra storicismo e fenomenologia: derive ideologiche .................387 Simone RAMBALDI (Università di Bologna)

Da allievo della Scuola italiana di archeologia a ispettore museale: gli interessi archeologici di Raffaele Pettazzoni.....................................................................399

Gianroberto SCARCIA (Università Ca’ Foscari di Venezia) Un fugace ma tenace ricordo....................................................................................419

Gloria SERRAZANETTI (Biblioteca Comunale “G. C. Croce”, Persiceto) Per un primo censimento dei fondi bibliografico-documentari sulla Storia delle

religioni e materie affini......................................................................................433 Valerio Salvatore SEVERINO (Sapienza Università di Roma)

Note e riflessioni sull’edizione brelichiana de Gli ultimi appunti ............................497 Natale SPINETO (Università degli Studi di Torino)

Raffaele Pettazzoni e Luigi Salvatorelli. Corrispondenze ........................................507 Alberto TAMPELLINI (Biblioteca Comunale “G. C. Croce”, Persiceto)

Aspetti comparativi di epatoscopia babilonese ed etrusca .......................................517

Sigle e abbreviazioni

a. anno, annata a.acc. anno accademico a.sc. anno scolastico Acc. Accademia Ad.sol. Adunanza solenne ADESSPI Associazione di difesa e di sviluppo della scuola

pubblica in Italia ADSN Associazione per la difesa della scuola nazionale AIAP Associazione internazionale affratellamento popoli ALRI Associazione per la libertà religiosa in Italia AM Atti e Memorie app. appendice ARW Archiv für Religionswissenschaft (Leipzig) ASPROMORE Associazione per il progresso morale e religioso BU Bollettino ufficiale cap. capitolo capp. capitoli cfr. confronta chap. chapitre CIAP Commission internationale des arts populaires CIPSH Conseil international de la philosophie et des sciences

humaines CISA Centro italiano di studi americani CISH Comité international des sciences historiques Cl.sc.mor. Classe di scienze morali CNIAP Comitato nazionale italiano per le arti popolari cpv. capoverso c.s. come sopra DC Democrazia cristiana ediz. edizione EI Enciclopedia Italiana, Milano – Roma, 1929- EJ Encyclopaedia Judaica, Jerusalem, 1971- Essays R. Pettazzoni, Essays on the History of Religions,

Leiden, 1954

Sigle e abbreviazioni

10

fasc. fascicolo FRP Fondo Raffaele Pettazzoni, Biblioteca Comunale “G. C.

Croce”, San Giovanni in Persiceto f.sc. foglio sciolto f.t. fuori testo GDE Grande dizionario enciclopedico, Torino, 1933- H. Heft hgg. herausgegeben IAHR International Association for the History of Religions IASHR International Association for the Study of History of

Religions ICS L’Italia che scrive, Roma IsMEO Istituto italiano per il Medio ed Estremo Oriente LIMC Lexicon Iconographicum Mythologiae Classicae, Zürich

– München – Düsseldorf), 1981- MB 1883-1905 Mario Gandini, Raffaele Pettazzoni (1883-1959).

Materiali per una biografia, I, “Raffaele Pettazzoni dalla nascita alla laurea (1883-1905)”, Strada maestra, 27 (2° sem. 1989), 1-165

MB 1883-1905bis

Mario Gandini, Raffaele Pettazzoni (1883-1959). Materiali per una biografia, I bis, “Raffaele Pettazzoni dalla nascita alla laurea (1883-1905). Aggiunte e correzioni”, Strada maestra, 31 (2° sem. 1991), 217-225

MB 1905-1907 Mario Gandini, Raffaele Pettazzoni (1883-1959). Materiali per una biografia, II, “Raffaele Pettazzoni autodidatta nello studio della storia delle religioni e alunno della Scuola italiana di archeologia (1905-1907)”, Strada maestra, 32 (1° sem. 1992), 119-247

MB 1907-1909 Mario Gandini, Raffaele Pettazzoni (1883-1959). Materiali per una biografia, III, “Raffaele Pettazzoni da alunno della Scuola archeologica a professore supplente nel “Minghetti” di Bologna (1907-1909)”, Strada maestra, 33 (2° sem. 1992), 129-223

MB 1909-1911 Mario Gandini, Raffaele Pettazzoni (1883-1959). Materiali per una biografia, IV, “Raffaele Pettazzoni dall’archeologia all’etnologia (1909-1911)”, Strada maestra, 34 (1° sem. 1993), 95-227

Sigle e abbreviazioni

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MB 1912 Mario Gandini, Raffaele Pettazzoni (1883-1959). Materiali per una biografia, V, “Raffaele Pettazzoni nell’anno cruciale 1912, 36-37 (1994)”, Strada maestra, 177-298

MB 1913-1914 Mario Gandini, Raffaele Pettazzoni (1883-1959). Materiali per una biografia, VI, “Raffaele Pettazzoni dalla libera docenza nell’Università di Roma all’incarico nell’Ateneo bolognese (1913-1914)”, Strada maestra, 40 (1° sem. 1996), 63-205

MB 1914-1918 Mario Gandini, Raffaele Pettazzoni (1883-1959). Materiali per una biografia, VII, “Raffaele Pettazzoni negli anni della prima guerra mondiale (1914-1918)”, Strada maestra, 43 (2° sem. 1997), 65-173

MB 1919-1922 Mario Gandini, Raffaele Pettazzoni (1883-1959). Materiali per una biografia, VIII, “Raffaele Pettazzoni nel primo dopoguerra (1919-1922)”, Strada maestra, 44 (1° sem. 1998), 97-214

MB 1922-1923 Mario Gandini, Raffaele Pettazzoni(1883-1959). Materiali per una biografia, IX, “Raffaele Pettazzoni dall’incarico bolognese alla cattedra romana (1922-1923)”, Strada maestra, 45 (2° sem. 1998), 157-241

MB 1924-1925 Mario Gandini, Raffaele Pettazzoni (1883-1959). Materiali per una biografia, X, “Raffaele Pettazzoni negli anni del noviziato universitario romano (1924-1925)”, Strada maestra, 46 (1° sem. 1999), 77-223

MB 1926-1927 Mario Gandini, Raffaele Pettazzoni (1883-1959). Materiali per una biografia, XI, “Raffaele Pettazzoni negli anni 1926-1927”, Strada maestra, 47 (2° sem. 1999), 95-226

MB 1928-1929 Mario Gandini, Raffaele Pettazzoni (1883-1959). Materiali per una biografia, XII, “Raffaele Pettazzoni negli anni 1928-1929”, Strada maestra, 48 (1° sem. 2000), 81-249

MB 1930 Mario Gandini, Raffaele Pettazzoni (1883-1959). Materiali per una biografia, XIII, “Raffaele Pettazzoni intorno al 1930”, Strada maestra, 49 (2° sem. 2000), 141-254

MB 1931-1933 Mario Gandini, Raffaele Pettazzoni (1883-1959). Materiali per una biografia, XIV, “Raffaele Pettazzoni nelle spire del fascismo (1931-1933)”, Strada maestra, 50 (1° sem. 2001), 19-183

Sigle e abbreviazioni

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MB 1934-1935 Mario Gandini, Raffaele Pettazzoni (1883-1959). Materiali per una biografia, XV, “Raffaele Pettazzoni dal gennaio 1934 all’estate 1935”, Strada maestra, 51 (2° sem. 2001), 81-212

MB 1935 Mario Gandini, Raffaele Pettazzoni (1883-1959). Materiali per una biografia, XVI, “Raffaele Pettazzoni intorno al 1935”, Strada maestra, 52 (1° sem. 2002), 99-268

MB 1937-1938 Mario Gandini, Raffaele Pettazzoni (1883-1959). Materiali per una biografia, XVII, “Raffaele Pettazzoni negli anni 1937-1938”, Strada maestra, 54 (1° sem. 2003), 53-232

MB 1939-1940 Mario Gandini, Raffaele Pettazzoni (1883-1959). Materiali per una biografia, XVIII, “Raffaele Pettazzoni negli anni 1939-1940”, Strada maestra, 55 (2° sem. 2003), 121-271

MB 1940-1943 Mario Gandini, Raffaele Pettazzoni (1883-1959). Materiali per una biografia, XIX, “Raffaele Pettazzoni nei primi anni Quaranta”, Strada maestra, 56 (1° sem. 2004), 93-279

MB 1943-1946 Mario Gandini, Raffaele Pettazzoni (1883-1959). Materiali per una biografia, XX, “Raffaele Pettazzoni dall’estate 1943 alla primavera 1946”, Strada maestra, 57 (2° sem. 2004), 21-199

MB 1946-1948 Mario Gandini, Raffaele Pettazzoni (1883-1959). Materiali per una biografia, XXI, “Raffaele Pettazzoni dall’estate 1946 all’inverno 1947-48”, Strada maestra, 58 (1° sem. 2005), 53-250

MB 1948 Mario Gandini, Raffaele Pettazzoni (1883-1959). Materiali per una biografia, XXII, “Raffaele Pettazzoni nel 1948”, Strada maestra, 59 (2° sem. 2005), 51-207

MB 1949-1950 Mario Gandini, Raffaele Pettazzoni (1883-1959). Materiali per una biografia, XXIII, “Raffaele Pettazzoni negli anni 1949-1950”, Strada maestra, 60 (1° sem. 2006), 19-237

MB 1951 Mario Gandini, Raffaele Pettazzoni (1883-1959). Materiali per una biografia, XXIV, “Raffaele Pettazzoni intorno al 1951”, Strada maestra, 61 (2° sem. 2006), 55-246

Sigle e abbreviazioni

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MB 1952-1953 Mario Gandini, Raffaele Pettazzoni (1883-1959). Materiali per una biografia, XXV, “Raffaele Pettazzoni negli anni 1952-1953”, Strada maestra, 62 (1° sem. 2007), 1-191

MB 1954-1955 Mario Gandini, Raffaele Pettazzoni (1883-1959). Materiali per una biografia, XXVI, “Raffaele Pettazzoni negli anni 1954-1955”, Strada maestra, 63 (2° sem. 2007), 1-241

MB 1956-1957 Mario Gandini, Raffaele Pettazzoni (1883-1959). Materiali per una biografia, XXVII, “Raffaele Pettazzoni negli anni 1956-1957”, Strada maestra, 64 (1° sem. 2008), 1-247

MB 1958-1959 Mario Gandini, Raffaele Pettazzoni (1883-1959). Materiali per una biografia, XXVIII, “Raffaele Pettazzoni negli anni 1958-1959”, Strada maestra, 65 (2° sem. 2008), 1-230

MB Indici Mario Gandini, Raffaele Pettazzoni (1883-1959). Materiali per una biografia. Indice generale – Indice dei nomi di persona. Bibliografia degli scritti = Strada maestra, 66 (1° sem. 2009)

Mem. Memorie MPI Ministero della pubblica istruzione ms. manoscritto mss. manoscritti n nota n. numero n.ed. nuova edizione n.n. non numerata/e n.s. nuova serie n.u. numero unico op.cit. opera citata OND Opera Nazionale Dopolavoro p. padre p. pagina/e pp. pagine PNF Partito nazionale fascista pseud. pseudonimo PSI Partito socialista italiano PSIUP Partito socialista italiano di unità proletaria pt. parte, parti

Sigle e abbreviazioni

14

R. Regio/a R.Acc.It. Reale Accademia d’Italia RAI Radio audizioni italiane RAI-TV Radiotelevisione italiana Rd Rendiconti. Classe di (o delle) scienze morali, storiche e

filologiche RdA Rivista di Antropologia (Roma) rec. recensione rev. reverendo RGG Die Religion in Geschichte und Gegenwart, Tübingen,

1927- RHR Revue de l’histoire des religions, Paris rist. ristampa, ristampato/a Saggi R. Pettazzoni, Saggi di storia delle religioni e di

mitologia, Roma, 1946 “Scientia” “Scientia” (Rivista di scienza). Organo internazionale

[…] (Bologna) SE Studi Etruschi, Firenze sem. semestre SIPS Società italiana per il progresso delle scienze SM Strada maestra. Quaderni della Biblioteca comunale “G.

C.Croce” di San Giovanni in Persiceto SMSR Studi e materiali di storia delle religioni, Roma, poi

Bologna, poi Roma s.n.t. senza note tipografiche SSR Società italiana di storia delle religioni st. stampa, stampato/a Suppl. Supplemento trad. traduzione UNUCI Unione nazionale ufficiali in congedo d’Italia Utet Unione tipografico-editrice torinese v. vedi vol. volume voll. volumi

Simone RAMBALDI (Università di Bologna)

Da allievo della Scuola italiana di archeologia a ispettore museale:

gli interessi archeologici di Raffaele Pettazzoni

’immane opera di documentazione condotta da Mario Gandini sul Fondo Pettazzoni della Biblioteca “G. C. Croce” di S. Giovanni in Persiceto, di cui rendono conto i numerosi articoli apparsi nella rivista Strada maestra a partire dal 19891, ripercorre cronologicamente e in maniera ragionata

tutte le attività dell’uomo e storico delle religioni Raffaele Pettazzoni, con un’accuratezza e una dedizione veramente encomiabili. Perciò anche gli inte-ressi nel campo dell’archeologia, ai quali è dedicato il presente contributo, e le forme in cui questi ebbero modi di manifestarsi durante la vita dello studioso persicetano possono essere ripercorsi puntualmente nei lavori di Gandini, ormai una fonte imprescindibile per la ricostruzione di qualunque aspetto dell’operato pettazzoniano. Qui si procederà all’approfondimento di alcuni temi utili a chia-rire, da un lato, i rapporti di Pettazzoni con le discipline archeologiche, con speciale riguardo all’archeologia del mondo classico, dall’altro la validità che può essere attribuita ancora oggi alle sue ricerche in questo campo, alla luce delle conoscenze attuali.

Nella sua fase di formazione, in particolare, l’approccio archeologico alla civiltà greco-romana rivestì un ruolo importante, tanto che Pettazzoni, dopo la laurea, volle continuare gli studi di questo tipo diplomandosi alla Scuola italia-na di archeologia, che era quella che oggi noi chiameremmo una scuola di spe-cializzazione, con sede a Roma e di durata triennale2. Egli fu anche tra i primi iscritti alla “Società italiana di archeologia e storia dell’arte”, costituita tra la fine del 1905 e l’inizio del 1906, proprio il periodo in cui erano cominciate le lezioni della Scuola di Roma che doveva frequentare3. L’archeologia, tuttavia, era per lui uno “strumento sussidiario”, come ebbe occasione di dichiarare,

1 Ora accessibili anche on-line (<www.raffaelepettazzoni.it>) per merito di Fabio Manga-

nelli del Comune di S. Giovanni in Persiceto. Colgo l’occasione per ringraziare sentita-mente il Prof. Mario Gandini, per la cortesia con cui mi ha assistito durante le mie ricer-che nel Fondo Pettazzoni, e il Dott. Gian Pietro Basello, per la sua collaborazione al momento di acquisire le vecchie fotografie sarsinati (Figg. 15-18).

2 MB 1905-1907: 147-154 e passim. 3 Ibid.: 165.

L

G. P. BASELLO, P. OGNIBENE & A. PANAINO (cura), Il mistero che rivelato ci divide e sofferto ci unisce, Milano, 2012

RAMBALDI – Gli interessi archeologici di Raffaele Pettazzoni

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“validissimo per la conoscenza del mondo classico e del mondo orientale”4, e quindi anche della storia delle religioni. A quest’ultima, infatti, Pettazzoni ave-va ormai intenzione di consacrare la propria attività di studioso, e, se talvolta si trovò a prendere in considerazione l’eventualità di fare dell’archeologia la pro-pria professione, fu per motivi essenzialmente pratici, quando ardua sembrava la possibilità di coltivare da professore universitario la sua disciplina prediletta, della quale ancora non esistevano cattedre in Italia. Pettazzoni, certo un po’ per celia, disse una volta: “io rischiai di diventar archeologo, ma il rischio non sa-rebbe stato mio, anzi dell’archeologia”5. Tuttavia, finché l’archeologia rimase nel suo orizzonte di ricerca, pur rappresentando per lui soprattutto un mezzo per progredire nello studio delle religioni, egli vi si dedicò con fervore unito a reale interesse e, come si vedrà, ebbe modo di tornarvi anche in seguito, ogni volta che dai documenti materiali poteva attingere informazioni preziose per la rico-struzione delle credenze religiose dei popoli antichi. Del resto anche la sua ampia trattazione della religione ellenica fino ad Alessandro Magno, per citare uno dei suoi maggiori lavori dedicati al mondo classico, non tralasciava gli aspetti figurativi delle divinità del pantheon greco6.

Fra l’altro, nel suo periodo di formazione, Pettazzoni ebbe modo di conosce-re alcune delle maggiori personalità dell’archeologia dei suoi tempi, allacciando spesso con loro rapporti d’amicizia: già nel 1905, l’anno della laurea, Pettazzo-ni conobbe a Bologna Albert Grenier, uno dei più grandi luminari dell’ar-cheologia gallo-romana7. Poi, naturalmente, vanno citati gli studiosi che furono suoi professori alla Scuola di archeologia, tra i quali sono da annoverare le massime autorità operanti in questo campo nell’Italia di inizio Novecento, co-me Emanuel Löwy, austriaco ma dal 1890 titolare della prima cattedra di ar-cheologia in Italia, Luigi Pigorini, Rodolfo Lanciani, Federico Halbherr8. E ancora tanti altri conobbe, come Luigi Pernier, Roberto Paribeni, Salvatore Aurigemma, fra gli stranieri Rudolf Heberdey e Wilhelm Dörpfeld9, cui vanno aggiunti i principali esponenti dell’archeologia bolognese di quegli anni: in primo luogo Edoardo Brizio, che fu suo maestro all’Università, poi i successori alla cattedra di quest’ultimo, cioè Gherardo Ghirardini e Pericle Ducati10. Per poco tempo, prima di andare in pensione, Pettazzoni ebbe come collega a Roma il più grande studioso italiano dell’arte antica, Ranuccio Bianchi Bandinelli,

4 Così si espresse nel 1923, nel curriculum allegato alla domanda per il concorso alla catte-

dra di Storia delle religioni all’Università di Roma, che Pettazzoni avrebbe vinto (ibid.: 149 e nota 27 a p. 238).

5 Discorso del 3 febbraio 1959, tenuto in occasione di una cerimonia a Roma per il suo settantaseiesimo compleanno (citato in MB 1907-1909: 205).

6 Pettazzoni 1921. 7 MB 1905-1907: 143-144. 8 Sui docenti della Scuola ibid.: 150-153, cui va aggiunto Barbanera 1998: soprattutto 72

ss. 9 MB 1905-1907: 172-173; MB 1907-1909: 156. 10 Ibid.: 200-201.

RAMBALDI – Gli interessi archeologici di Raffaele Pettazzoni

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essendo stato, mi piace ricordarlo, fra coloro che avevano votato a favore della chiamata di quest’ultimo all’Università di Roma nel 1956, quando buona parte dei professori della Facoltà di Lettere e Filosofia, compresi tutti gli antichisti, si erano invece mostrati ostili alla sua venuta11.

Già negli anni universitari, Pettazzoni si interessava in modo particolare agli aspetti religiosi delle civiltà che andava studiando, e a un argomento di storia dell’antica religione greca era dedicata la sua tesi di laurea sulle origini dei Cabiri12. La dissertazione, discussa con Vittorio Puntoni nel 1905, dopo essere stata presentata all’Accademia dei Lincei l’anno successivo, sarà stampata nel 1909, col titolo Le origini dei Kabiri nelle isole del Mar Tracio13. I suoi studi in proposito non si erano concentrati soltanto, come farebbe presupporre il titolo, sulla questione delle origini del culto cabirico (che qui non sarà presa in esame, perché a chi scrive le presenti pagine mancano le competenze necessarie14), ma avevano tenuto conto anche delle rappresentazioni figurate di queste divinità, come le monete di città e colonie fenicie, nel momento in cui venivano analiz-zati appunto i Cabiri fenici15. Pettazzoni si occupò, fra l’altro, di un bassorilievo romano in cui riconobbe una raffigurazione dei Cabiri Megáloi Theoí di Samo-tracia, dedicandovi un articolo uscito sulla rivista Ausonia16. Si tratta del fram-mento di un architrave, forse quello della porta d’accesso, pertinente alla tomba degli Haterii, un sepolcro in forma di tempietto che apparteneva a una ricca famiglia di origine libertina. Diverse parti della decorazione scultorea del mo-numento, recuperate in uno scavo del 1848 sull’antica via Labicana, sono oggi

11 Bianchi Bandinelli 1996: 369. Cfr. Barbanera 2000: 98, nr. 276; Id. 2003: 307 e nota 108

a pp. 327-328. Già nel 1926 Bianchi Bandinelli aveva avuto la possibilità di frequentare Pettazzoni a Roma, come raccontò lui stesso in una lettera alla moglie Maria (parzial-mente riportata ibid., p. 76). I rapporti tra l’archeologo e lo storico delle religioni ebbero modo di manifestarsi in più occasioni nel corso del tempo, come attestano le lettere con-servate nel Fondo Pettazzoni (vedi Gandini 2009, ad indicem). Si veda ora il mio con-tributo Rambaldi 2010-2011.

12 MB 1905-1907: 134-139, 165-167 (alla tesi venne assegnato il “premio Vittorio Ema-nuele II”).

13 Pettazzoni 1908. Vedi MB 1905-1907: 190; MB 1907-1909: 157-158, 205-206, 210-211. La prima pubblicazione pettazzoniana che possiamo riferire all’antichità greca traeva o-rigine da un’occasione scherzosa: era un breve testo in prosa, inneggiante alla tramonta-ta grandezza di Atene, le cui rovine ancora ammoniscono i posteri, scritto per il carro “Il Partenone dell’Acropoli d’Atene”, col quale la Società Alpini vinse il primo premio al Carnevale persicetano del 1905. Vedi MB 1883-1905: 123-125, dove sono riprodotti il testo intero e una fotografia della mascherata (il carro è decorato tutt’intorno da una specie di fregio dorico ed è sormontato da un finto rudere di tempio pure dorico, ai piedi del quale fanno mostra di sé dieci figuranti in abito molto più turco che greco antico).

14 In generale sui Cabiri e sulle loro raffigurazioni rimando a LIMC VIII.1 (Suppl.), 1997: 820-828, s.v. “Megaloi Theoi” (D. Vollkommer-Glökler).

15 Pettazzoni 1908: 672-675. 16 Pettazzoni 1908a.

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conservate nei Musei Vaticani (Museo Gregoriano Profano) e sono ben note agli archeologi17.

Nel rilievo marmoreo in questione sono rappresentati quattro busti: da destra a sinistra uno femminile, uno maschile e barbato, un altro femminile e uno acefalo (Fig. 1). Già all’epoca di Pettazzoni si riconosceva Mercurio nella figu-ra priva di testa, per via del caduceo ben visibile alla sua sinistra; Cerere e Pro-serpina nelle due donne, rispettivamente la prima in quella di destra, con la fiaccola e le spighe in mano, la seconda in quella di sinistra, con la ghirlanda di fiori sulla spalla e i frutti nella piega della veste davanti a lei; Giove o meglio Plutone nell’uomo fra le due donne, privo di attributi significativi (compare solo un’asta, probabilmente uno scettro), ma caratterizzato da un volto con folta barba, un’iconografia di norma associata a figure divine come appunto Giove o Plutone, divinità che si contraddistinguono in particolare come signori di un regno. In questo caso, considerata la vicinanza di Proserpina e Cerere, è certo più verosimile l’identificazione col sovrano dell’Oltretomba, anche perché il dio sotto il mantello indossa una tunica, mentre Giove, di norma, porta il man-tello sopra la pelle nuda18.

Pettazzoni accettò la lettura complessiva delle quattro divinità, però non la trovò sufficiente, perché secondo lui sotto queste sembianze sarebbero in realtà rappresentati i Megáloi Theoí di Samotracia19. Per la sua proposta si basava su uno scolio alle Argonautiche di Apollonio Rodio (I 917 Keil), nel quale i quat-tro Cabiri di Samotracia Axieros, Axiokersa, Axiokersos e Kasmilos (o Kadmi-los) vengono appunto identificati, rispettivamente, con Cerere, Proserpina, Plu-tone e Mercurio, e citava come possibile riscontro archeologico tre teste a rilie-vo, originariamente inquadrate entro cornici, che erano state scoperte nell’area sacra di Samotracia: due figure maschili, di cui una barbata, e una terza verosi-milmente femminile20. Pettazzoni notò che la successione delle figure che ap-paiono sull’architrave, da destra verso sinistra, non coincide in maniera esatta con quella riferita dallo scolio (dato per postulato, come lui rileva, che l’ordine delle divinità in quel testo rispecchi la relativa importanza cultuale), ma pensò che la variazione potesse semplicemente dipendere dalla volontà di alternare i ritratti maschili e quelli femminili21. Qualcuno ha ritenuto che questi quattro dèi rappresentino in realtà gli Haterii defunti, i quali sarebbero stati assimilati a loro, secondo il procedimento della consecratio in formam deorum, bene atte-

17 Nr. d’inv. dell’architrave: 10018. Fra i vari studi dedicati alla tomba degli Haterii, mi

limito qui a citare Sinn, Freyberger 1996, ampia trattazione dei rilievi ornamentali e par-ticolarmente utile per valutare la questione sollevata dall’ipotesi pettazzoniana: 76-80, nr. 9.

18 Ibid.: 78 e nota 13. 19 Egli aveva già avuto questa intuizione per la prima volta nel 1906, mentre visitava il

Museo del Laterano dove il frammento scultoreo si trovava allora (prima che, col resto della collezione, confluisse nei Musei Vaticani), come attesta un’annotazione a margine della guida di Wolfgang Helbig da lui utilizzata (MB 1905-1907: 164).

20 Pettazzoni 1908a: 87-88. 21 Ibid.: 82, nota 5.

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stato nell’arte funeraria romana22. Pettazzoni suppose che il titolare della tomba fosse un iniziato ai misteri di Samotracia, cosa che spiegherebbe la scelta di queste specifiche immagini divine, in quanto allusive al culto cui il personaggio aveva aderito.

Nel volume di Friederike Sinn e Klaus S. Freyberger testé citato, non solo l’articolo di Pettazzoni è registrato nella ricca bibliografia, ma la sua interpreta-zione “cabirica” viene ampiamente discussa nella parte relativa all’architrave scolpito23. Gli Autori, ricordando come questa esegesi abbia riscosso un note-vole consenso presso molti studiosi, e ancora in tempi relativamente recenti, esprimono però forti riserve sulla sua attendibilità, preferendo considerarla una mera ipotesi, soprattutto perché l’identificazione dei Megáloi Theoí di Samotra-cia con gli dèi citati è sì asserita dallo scolio ad Apollonio Rodio, ma non esi-stono prove che la convalidino. Un altro elemento, che farebbe ritenere più opportuno fermarsi all’interpretazione “letterale” dei busti di Cerere, Plutone, Proserpina e Mercurio, è la presenza, nell’apparato decorativo conservato del sepolcro, di un rilievo frammentario raffigurante proprio il ratto di Proserpina, un tema utilizzato in abbondanza come simbolo funerario nel mondo romano24. Pare perciò probabile che il committente del sepolcro, che era stato un appalta-tore di lavori edilizi nella Roma di Domiziano25, abbia semplicemente voluto onorare le divinità canoniche dell’Oltretomba pagano.

Un’ultima cosa che si può osservare nel rilievo è che Plutone non è presenta-to in piena frontalità, ma appare leggermente rivolto alla sua sinistra, cioè verso Cerere. Questa è una particolarità che ha dato da pensare agli esegeti, e non sfuggì nemmeno a Pettazzoni, che la metteva in rapporto col poco spazio a disposizione dello scultore, il quale sarebbe stato costretto a sovrapporre par-zialmente le figure26. La perplessità nasce dal fatto che, se la composizione del rilievo avesse dovuto suggerire una specia di relazione tra il busto barbato e una delle due donne circostanti, sarebbe stato più logico il contrario, cioè che Pluto-ne fosse rivolto alla sua destra verso la consorte Proserpina, anziché verso la suocera Cerere. Sembra tuttavia improbabile che all’apparente incongruenza sia da attribuire qualche valore simbolico, come alcuni hanno proposto, anche per-ché il busto di Mercurio, sebbene danneggiato, risulta analogamente rivolto verso sinistra, con una disposizione dunque parallela a quello di Plutone. Le due divinità maschili potrebbero essere state ruotate solo per garantirne una migliore visibilità agli occhi di coloro che osservavano la tomba dalla via Labi-

22 Su questo argomento l’opera di riferimento è Wrede 1981. Una chiara sintesi della pro-

blematica in De Maria 1992. 23 Sinn, Freyberger 1996: 78. 24 Ibid.: 59-63, nr. 7. L’ipotesi è ulteriormente avvalorata da un altro rilievo, ora perduto,

che rappresentava una delle ragazze della famiglia nelle vesti di sacerdotessa di Dis Pa-ter, come è assicurato dal lacerto di un’iscrizione (CIL VI, 2243: sacer[dos] / Ditis Pa[tris]). Ibid.: 118-119, nr. 43, tav. 64, 1.

25 La decorazione scultorea della tomba sembrerebbe però risalire a un’epoca di poco suc-cessiva. Si veda lo status quaestionis tracciato ibid.: 27-29.

26 Pettazzoni 1908a: 82.

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cana, soprattutto qualora si postuli un’orientazione obliqua dell’edificio sepol-crale rispetto alla strada, provocando così la fittizia convergenza dei busti di Cerere e Plutone27. Una spiegazione di questo tipo, dal punto di vista dell’arte romana, e in questo caso specifico dal punto di vista delle strategie compositive adottate nella tecnica del rilievo, è del tutto plausibile. Agli scultori romani, infatti, non erano sconosciuti simili accorgimenti, come potrebbero confermare altri esempi, desunti non solo dalla produzione artistica a destinazione funera-ria.

Se i Cabiri di Samotracia erano stati l’oggetto della sua tesi di laurea, per il diploma della Scuola di archeologia Pettazzoni si dedicò a un argomento diffe-rente, tuttavia sempre legato alla grecità dell’Egeo orientale: i sarcofagi dipinti di Clazomene. Di questo tema si era già occupato per il lavoro scritto che aveva dovuto presentare al termine del primo anno di studi della Scuola, nel giugno 1906 (mentre per il secondo anno aveva preparato una “tesina”, come la chia-meremmo oggi, sui santuari della Beozia)28. I sarcofagi di Clazomene, il cui recupero era iniziato solo una ventina d’anni prima che Pettazzoni cominciasse a studiarli, costituiscono una classe particolare, tipica di quella città microasia-tica in età arcaica. Sono urne di terracotta che, di norma, presentano una deco-razione dipinta lungo i bordi superiori, i quali si espandono alle due estremità della cassa, in corrispondenza della testa e dei piedi del defunto, dove quindi si viene a creare uno spazio maggiore per la pittura. Quando non vi siano semplici decorazioni di animali, compaiono temi differenti, che vanno dalla caccia alla guerra29. Pettazzoni esaminò organicamente l’iconografia impiegata nei sarco-fagi conosciuti e, soprattutto per il lavoro della tesi di diploma, cercò di risalire all’origine di questa caratteristica classe di monumenti, la quale, nel mondo greco, trova confronti figurativi in primo luogo con la pittura vascolare, spe-cialmente con la ceramografia attica, la cui influenza divenne col tempo sempre più importante30.

Vorrei soffermarmi su un paio di temi decorativi, esaminati da Pettazzoni nei suoi studi. Tra le numerose scene guerresche, se ne trovano alcune caratte-rizzate da un soggetto ricorrente, un arciere sopraffatto da due opliti che lo circondano mentre si accingono a colpirlo, come nell’animata rappresentazione visibile su un sarcofago conservato a Berlino31 (Fig. 2). Egli ricorda come in

27 Sinn, Freyberger 1996: 78. 28 MB 1905-1907: 169-172, 204-205. 29 Basti qui citare in generale Cook 1981, la trattazione più importante dei sarcofagi cla-

zomeni e delle loro pitture. Per la storia degli studi vedi in particolare le pp. 155-159 (poiché Pettazzoni non pubblicò nulla in proposito, il suo nome è naturalmente assente).

30 Per lui l’usanza clazomenia di inumare i defunti nei sarcofagi sarebbe derivata dall’Egit-to. Vedi MB 1907-1909: 192.

31 Staatliche Museen, nr. d’inv. 3145. Vedi Cook 1981: 47, nr. G28. Si noti che il guerriero di destra tiene uno scudo decorato con un gallo: è questo un motivo al quale Pettazzoni si appassionò in modo particolare, ripercorrendo, sulla base dei documenti archeologici, la storia della diffusione dell’animale in Grecia in un breve articolo uscito pochi anni dopo i suoi studi sui sarcofagi di Clazomene: Pettazzoni 1910. Vedi MB 1909-1911:

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questo tema, ai suoi tempi, si usasse vedere l’“uccisione di Dolone”, sulla scor-ta del passo iliadico che racconta la vicenda dello sfortunato troiano (X 313-464). L’ipotesi nasceva dal fatto che l’arciere indossa un abito orientale, consi-stente in una veste con le maniche lunghe e copricapo a punta, ma Pettazzoni preferiva vedere qui non tanto una scena dell’epos omerico, quanto un episodio bellico che adombrava gli scontri fra i Greci della Ionia e i Persiani, cosa che spiegherebbe l’abbigliamento orientale dello sconfitto32. Questa è l’esegesi oggi generalmente accolta, anche perché il gruppo di sarcofagi cui appartiene l’esemplare berlinese viene datato ai primi decenni del V secolo a.C., cioè pro-prio il periodo nel quale più forti furono i conflitti nell’Asia Minore, dopo la rivolta delle città ioniche del 499 e la conseguente durissima repressione per-siana33. Oltretutto, nei vasi e negli altri manufatti che raffigurano la sua storia, Dolone di solito indossa la pelle di lupo e l’elmo di donnola ricordati nell’Iliade34.

Pettazzoni ricorda un altro sarcofago di Berlino, recante la rappresentazione di una donna “afferrata da due guerrieri”, della quale, analogamente, non pro-pone alcuna interpretazione mitologica35. Si tratta di una scena dalla composi-zione molto simile alla precedente, tanto da poter essere considerata una sua variante, benché meno affollata: come fulcro dell’insieme compaiono ancora i due opliti ai lati e la vittima abbattuta al centro, mentre varie figure si dispon-gono simmetricamente tutt’intorno (Fig. 3). Altri studiosi dei sarcofagi di Cla-zomene, più o meno negli stessi anni in cui se ne occupò Pettazzoni, avanzaro-no alcune ipotesi. Ad esempio, si pensò di vedere nella donna, abbigliata ric-camente con una lunga veste, Polissena sacrificata sulla tomba di Achille36, un tema ben noto all’iconografia del mondo classico. L’esegesi di questa scena rimane incerta, ma, considerata anche la rarità di rappresentazioni sicuramente mitologiche sui sarcofagi clazomeni, è forse giusto vedervi un’eco ulteriore dei citati conflitti greco-persiani, come pensava il nostro studioso37. Egli, al contra-rio di altri, non attribuiva a queste pitture significati di tipo simbolico e funera-rio, anticipando in ciò la posizione prevalente nella critica moderna, che in queste raffigurazioni tende a riconoscere soprattutto l’espressione delle attività della vita aristocratica, secondo paradigmi diffusi nell’arte greca arcaica anche in ambiti sicuramente non funerari38.

Pettazzoni doveva una parte considerevole della propria ricchissima forma-zione archeologica alle sue giovanili esperienze di viaggiatore e visitatore infa-

165. L’iconografia del gallo lo interessò anche nella pittura moderna (MB 1905-1907: 186).

32 MB 1905-1907: 171. Sul tema e sulle sue interpretazioni, Cook 1981: 119-120. 33 Ibid.: 148. 34 LIMC III.1, 1986: 660-664, s.v. “Dolon” (D. Williams). 35 Staatliche Museen, nr. d’inv. 3348. Vedi Cook 1981: 47, nr. G29. 36 Così, pur con qualche dubbio, Hauser 1913. 37 MB 1905-1907: 172. Cfr. Cook 1981: 120. 38 Ibid.: 130-131.

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ticabile di musei e siti antichi, su gran parte del territorio italiano e all’estero (in Grecia, Turchia e nei maggiori Stati europei). Queste escursioni erano espres-samente richieste dalla Scuola di Roma, quasi come delle “ore pratiche” che gli allievi dovevano compiere a integrazione del proprio curriculum di studi, tanto che ogni anno essi erano tenuti a redigere relazioni delle loro esperienze, per rendere conto dell’attività effettuata. Ma il lavoro svolto in tal senso da Pettaz-zoni, molto probabilmente, oltrepassava quanto sarebbe stato necessario ai fini della valutazione nell’ambito della Scuola, tanto appare instancabile in lui la volontà di vedere e approfondire qualunque cosa, allo scopo di acquisire una conoscenza sempre più sicura dello sviluppo storico dei fenomeni artistici nel mondo classico. Lo dimostra chiaramente la massa sterminata degli appunti da lui lasciati, molto spesso in margine alle guide che utilizzava, dai quali si rileva come egli si soffermasse con la massima attenzione si può dire su ogni singolo oggetto che si offrisse al suo sguardo. Questa attività conferma dunque, da un lato, quanto fossero profondi gli interessi che, in questo periodo della sua vita, le materie archeologiche esercitavano su di lui, dall’altro quanto fossero solide le competenze che si era procurato attraverso i suoi studi, sia quelli effettuati nell’ambito della Scuola di archeologia, sia quelli svolti per proprio conto: co-stantemente Pettazzoni interviene, medita approfondimenti, esprime dubbi, critica le interpretazioni diffuse, ne propone altre39.

Si potrebbero recare numerosissimi esempi, e in relazione a monumenti mol-to conosciuti dell’arte antica. Poiché lo spazio a disposizione impone delle scel-te, preferisco illustrare il metodo di Pettazzoni soffermandomi su un piccolo manufatto, al fine di dimostrare come egli non trascurasse nulla, applicando lo stesso tipo d’indagine sia alle opere maggiori, sia a quelle oggettivamente meno importanti. Visitando i Musei Vaticani, lo studioso notò una statuetta di giovi-netto, denominato “Amorino” nel plinto, la quale da tanto tempo viene indicata come rappresentazione di Thanatos, per via del noto simbolo di lutto costituito dalla fiaccola abbassata40 (Fig. 4). In realtà il braccio con la fiaccola, come altre parti della scultura, è di restauro, ma poiché la fiamma è sicuramente antica, l’iconografia restituita alla figura è attendibile. Nei suoi appunti Pettazzoni si dice sorpreso che qualcuno potesse aver pensato a una riproduzione di una fa-mosa opera di Prassitele raffigurante Eros41. Questo Thanatos, infatti, è stato confrontato con la statua conosciuta come l’“Eros di Centocelle”, anch’essa conservata nei Musei Vaticani, la quale di solito è considerata copia di un cele-bre originale prassitelico42 (Fig. 5). Sono sicuramente riconoscibili analogie formali, e anche alcuni elementi di contenuto nella scultura di Thanatos fanno pensare a un Eros, soprattutto la faretra (pure di restauro, in parte, ma pertinen-

39 Di queste esperienze di formazione M. Gandini dà minutamente conto nei suoi lavori:

MB 1905-1907 e MB 1907-1909: passim. 40 Nr. d’inv. 2638. Vedi Lippold 1956: 337-339, nr. 79; Helbig 1963-19724: I, 437-438, nr.

554 (H. von Steuben). Cfr. LIMC VII.1, 1994: 904-908, s.v. “Thanatos” (J. Bažant): 907.

41 MB 1905-1907: 163. 42 Nr. d’inv. 769. Vedi Helbig 1963-19724: I, 83, nr. 116 (H. von Steuben).

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te); il giovinetto tuttavia non è alato, né sul dorso appaiono tracce di eventuali ali perdute. Il pezzo in questione sembra essere dunque una sorta di ibrido, in cui, per creare una delicata immagine di giovinetto, da utilizzare in ambito fu-nerario, si fece ricorso a stilemi usati nella statuaria di età tardoclassica per il dio dell’amore, però trasformandoli per un fine differente. La perplessità mani-festata da Pettazzoni era certo dovuta al fatto che secondo lui, giustamente, per le sue peculiarità iconografiche la statuetta non poteva essere ritenuta una copia dell’Eros di Prassitele tout court, o anche solo una creazione da esso stretta-mente dipendente.

La sicura conoscenza della scultura antica e delle peculiarità stilistiche degli artisti più importanti che Pettazzoni aveva ormai acquistato, prima ancora di terminare la Scuola di archeologia, si rivela in tanti altri casi, non solo attinenti alla sfera religiosa, anche se l’iconografia divina manteneva sempre un interes-se speciale per lui. Per rimanere nel campo della plastica di non grandi dimen-sioni, a proposito di una statuetta ercolanese del Museo Archeologico Naziona-le di Napoli (la cui visita completa lo impegnò a lungo), raffigurante un’Amazzone a cavallo nell’atto di brandire la lancia (Fig. 6), egli si appuntò che non condivideva l’attribuzione a Strongilione che qualcuno aveva proposto per l’originale dal quale la piccola opera dipende43. Strongilione era uno sculto-re, in prevalenza bronzista, nato molto probabilmente ad Atene e attivo tra la fine del V e l’inizio del IV secolo a.C., di cui gli antichi lodavano in modo par-ticolare alcune opere. Fra queste vi era una statua di Amazzone chiamata Eu-knemos, cioè “dalle belle gambe”, divenuta, secondo quanto racconta Plinio il Vecchio, proprietà dell’imperatore Nerone, il quale l’apprezzava così tanto da portarla sempre con sé quando andava in viaggio (Nat. hist. XXXIV 82). Pet-tazzoni vide giusto nel criticare l’attribuzione a Strongilione, respinta anche in tempi più recenti, in quanto alcune contiguità con moduli lisippei fanno pensare a una creazione di epoca posteriore al floruit di quello scultore44.

Occorre comunque notare che, al di là dell’indubbio interesse per i fenomeni artistici (che nei suoi viaggi, come sappiamo, non si manifestava soltanto nei confronti dei manufatti antichi), l’attenzione di Pettazzoni riceveva sempre una sollecitazione maggiore quando l’opera da lui osservata recava un contenuto religioso. Così, per fare qualche esempio, non mancò di registrare che, nello stesso Museo di Napoli, insieme alle tante sculture fra le quali poteva vedere molte delle più celebri creazioni dell’arte del mondo classico, l’aveva interessa-to un puteale marmoreo, decorato tutt’intorno da sette figure di divinità maschi-li in rilievo45 (Fig. 7). Oppure, uscendo da Pompei, che visitò nel corso dello stesso viaggio in Campania e Sicilia (nell’autunno del 1907, durante il secondo

43 Nr. d’inv. 4999. Vedi MB 1907-1909: 137. 44 LIMC I.1, 1981: 586-653, s.v. “Amazones” (P. Devambez, A. Kauffmann-Samaras):

625, nr. 595; De Caro 1994: 219. 45 MB 1907-1909: 136. Il pezzo, appartenente alla collezione Farnese e datato all’età clau-

dio-neroniana, ha il nr. d’inv. 6670. Vedi LIMC III.1, 1986: 646-658, s.v. “Dodeka-theoi” (G. Berger-Doer): 651-652, nr. 23; Golda 1997: 85-86, nr. 21; Gasparri 2009: 62-63, nr. 16 (E. Dodero).

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anno della Scuola), fra le tombe della necropoli che si estende ai lati della via fuori Porta Ercolano, fu particolarmente colpito dall’altare-cenotafio eretto dalla liberta Naevoleia Tyche, sulla cui faccia principale è visibile un pannello a rilievo, che all’epoca, in mancanza di confronti iconografici precisi, veniva interpretato come una scena di offerta ai defunti (Fig. 8). Il nostro studioso, proprio perché credeva che si trattasse di un’immagine cultuale, ne prese debi-tamente nota; però oggi si propende per riconoscervi la rappresentazione di una pubblica distribuzione di cereali, da mettere probabilmente in relazione con la concessione di un bisellium a Caius Munatius Faustus, marito di Naevoleia (il bisellium non solo è ricordato nell’epigrafe dedicatoria, ma è anche raffigurato in un altro rilievo, posto su uno dei lati dell’altare funerario)46. In Sicilia, Pet-tazzoni visitò i templi di tutte le località archeologiche più importanti, i quali, oltre che per l’ovvio aspetto storico-religioso, in quel periodo lo interessavano dal punto di vista architettonico, poiché solo da pochi mesi aveva terminato la ricerca scritta sui santuari beoti che, come si è accennato in precedenza, aveva presentato al termine del secondo anno di corso della Scuola di archeologia47.

Nel museo romano del Laterano, durante una visita effettuata nel 1906, il fu-turo storico delle religioni fu impressionato da un gruppo marmoreo raffiguran-te Mitra che uccide il toro48, ciò che rivela come, accanto alle divinità del pantheon classico, già allora attirassero la sua attenzione i culti orientali. Quello per l’iconografia della religione mitraica, infatti, era un interesse destinato a manifestarsi ancora, come attesta, molti anni dopo, lo studio appositamente dedicato alle rappresentazioni del Tempo leontocefalo49 (Fig. 9). Pettazzoni metteva questa figura mostruosa in rapporto con l’arte egiziana, secondo un’ipotesi già sostenuta da altri, ma che lui approfondì, sottolineando in parti-colare gli aspetti che essa detiene in comune col tipo di Bes panteo. Le sue riflessioni sul valore religioso del tempo per gli antichi lo portarono a concen-trarsi anche su un’altra figura deforme, il “Cerbero” (in realtà non un cane trice-falo, ma un leone con altre due teste, di cane e di lupo) che compare come attri-buto di Serapide, secondo lui allo scopo di evidenziarne la funzione di garante dell’eternità di Alessandria, in quanto espressione figurata del tempo tripartito – presente, passato e futuro – sulla scorta di un passo di Macrobio50. Lo studioso persicetano, sempre interessato alle manifestazioni della divinità del Sole, evi-

46 MB 1907-1909: 138-139. Vedi Kockel 1983: 100-109, nr. Süd 22. 47 MB 1907-1909: 139-143. 48 MB 1905-1907: 164. Vedi Helbig 1963-19724: I, 746-747, nr. 1036 (E. Simon). 49 Pettazzoni 1949a, lavoro nato, dopo molte ricerche, come conferenza tenuta in una ceri-

monia commemorativa di Franz Cumont (MB 1948: 198-200). 50 Pettazzoni 1949, altro testo originato da una conferenza (MB 1948: 61-62). Talora lo

stesso animale tricipite può accompagnare le rappresentazioni del Tempo dalla testa leo-nina, come dimostra una statuetta ritrovata a Castel Gandolfo, su cui lo studioso si sof-ferma in maniera particolare nella sua analisi (Pettazzoni 1949a: 12). Pettazzoni coltivò a lungo il progetto di un libro intitolato Il Tempo e l’Eternità, dove sarebbero dovute confluire queste ricerche, ma il volume non vide mai la luce (MB 1949-1950: 70; nei lavori di Gandini sono ricostruite le vicende relative).

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denzia come il tempo sia il naturale complemento di Serapide, dio solare al quale, nell’Egitto tolemaico, era attribuita una missione universalistica. Lungo questo filone d’indagine, Pettazzoni si trovò ad esaminare altri tipi iconografici dotati di caratteristiche che potevano rientrare nell’orizzonte delle sue ricerche, come le rappresentazioni di Giano, il cui bifrontismo chiarisce immediatamente la capacità di vedere tutto, trattandosi di una divinità di natura solare51. Le sue osservazioni si estesero fino all’analisi di certe raffigurazioni divine nell’arte provinciale romana, come l’anonimo dio celtico a tre volti, del quale furono da lui ripercorse le occorrenze nella scultura gallo-romana e anche su vasi della Gallia Belgica, decorati con le divinità dei sette pianeti che presiedono ai giorni della settimana52. A differenza di altri studiosi, le cui supposizioni vengono da lui criticate anche sul piano dell’analisi formale, Pettazzoni propone di ricono-scervi il Sole. Analogamente alle immagini duplici di Giano, il dio celtico sa-rebbe stato rappresentato con tre facce allo scopo di rendere evidente il suo potere di vedere ogni cosa, secondo una concezione che qui si saldava al sostra-to celtico della popolazione locale, in grado di condizionare l’iconografia delle divinità planetarie, introdotte per influsso di Roma in un territorio cui erano estranee.

Passando in rassegna i lavori di argomento archeologico non originati da impegni d’ufficio, come erano quelli collegati alla sua attività di ispettore (che saranno discussi fra breve), risulta chiaro che, di norma, era l’iconografia reli-giosa a ispirare le riflessioni di Pettazzoni. Egli però non si fermava mai al dato iconografico, perché per lui questo costituiva sempre un punto di partenza, per un’analisi la cui sostanza e i cui esiti erano sempre storico-religiosi53. Tale me-todo è testimoniato anche da progetti che non trovarono poi la strada della pub-blicazione, ma di cui restano tracce fra le sue carte. Possiamo sapere per questa via, ad esempio, che Pettazzoni si interessò a una rappresentazione figurata di età romana dall’enigmatico contenuto religioso: si tratta del celebre graffito che mostra un personaggio in atteggiamento di venerazione verso un crocifisso con la testa d’asino, accompagnato dall’iscrizione Alexámenos sébete theón, “Ales-sameno adora il suo dio” (Fig. 10). È conservato a Roma, oggi nell’Anti-quarium Palatino54, ma all’epoca in cui attrasse l’attenzione di Pettazzoni si trovava nel Museo Kircheriano, dove lui presto avrebbe svolto servizio come ispettore55. L’interpretazione corrente, già allora dominante, è che il graffito sia

51 Pettazzoni 1955: 242-258; Id. 1955-1956. Vedi MB 1956-1957: 21-23. 52 Pettazzoni 1949b; Id. 1955: 286-310. Pettazzoni aveva investigato a lungo anche le

relazioni iconografiche tra le immagini di questo dio pagano e le rappresentazioni trice-faliche della Trinità cristiana (Id. 1946).

53 Oltre agli studi già citati, un altro esempio che si può addurre è fornito dalla sua raccolta di testi sulla religione in Italia pubblicata nel 1952, dove Pettazzoni iniziò a parlare dell’antichissima pratica del ver sacrum prendendo le mosse da una descrizione della statua arcaica nota come il “Guerriero di Capestrano” (Pettazzoni 1952: 29-36).

54 Nr. d’inv. 381403. 55 Qui l’aveva notato già nel 1906, durante una delle visite ai musei romani che aveva

svolto quando frequentava la Scuola di archeologia (MB 1905-1907: 164).

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la caricatura di un cristiano, di nome Alessameno, fatta da un pagano che lo conosceva e che voleva burlarsi del suo culto56. Pettazzoni, tuttavia, ricorda nei suoi appunti una spiegazione differente, proposta da altri studiosi, che eviden-temente lo aveva colpito. Secondo questa lettura, sarebbe stato lo stesso Ales-sameno a tracciare il graffito, in quanto membro di una setta gnostica che iden-tificava Cristo col dio Typhon-Seth, talvolta rappresentato con testa asinina. Sono state avanzate anche altre ipotesi interpretative dai molti studiosi che si sono occupati della questione: si è pensato che nella divinità adorata da Ales-sameno si fondessero i tratti di Cristo e di un altro dio egiziano, Anubi, oppure che dietro la raffigurazione vi fosse la volontà di lanciare una maledizione, o altro ancora57. La prima opinione, la più semplice, rimane comunque a tutt’oggi la più diffusa e la più accettata.

Un tema che destò a più riprese l’attenzione di Pettazzoni fu quello dell’origine delle raffigurazioni della testa di Medusa nell’arte greca, un tema non propriamente religioso ma inerente alla sfera del mito. In proposito scrisse l’articolo Il tipo di Hathor. Storia di un tipo figurato, pubblicato su Ausonia, e vi tornò successivamente con Le origini della testa di Medusa, nel Bollettino d’arte del Ministero della Pubblica Istruzione58. Per lui il motivo della testa di Medusa, il Gorgoneion, deriverebbe dall’arte egizia, precisamente dalla testa della dea Hathor, di frequente rappresentata isolata, come avviene nei capitelli del tipo che è appunto detto “hathorico” (Fig. 11). Pettazzoni, valutando lo sviluppo del tipo in ambito greco, si soffermò su diverse sue occorrenze fra le più antiche, come i Gorgoneia visibili nelle metope dipinte del tempio di Ther-mos in Etolia, databili nella seconda metà del VII secolo a.C., oggi al Museo Nazionale di Atene59 (Figg. 12-13), e un piatto rodio di Camiros all’incirca contemporaneo, conservato al British Museum di Londra, nel cui fondo è dipin-ta la Gorgone a figura intera60 (Fig. 14). Gli studi più recenti tratteggiano in realtà una situazione più complessa per l’origine del motivo, dalla quale si rica-va che il Gorgoneion (inizialmente privo di uno schema fisso, ma sempre carat-terizzato dalla visione frontale) non sarebbe l’evoluzione di un singolo tipo iconografico estraneo al mondo ellenico, ma che per certi aspetti sarebbero in

56 Così immaginò anche Giovanni Pascoli, nel suo poemetto latino Paedagogium. 57 MB 1909-1911: 103-104. Vedi Helbig 1963-19724: II, 861-863, nr. 2077 (K. Parlasca);

Maser 1972; Tomei 1997: 104, nr. 78. 58 Rispettivamente Pettazzoni 1909 e 1921-1922. Vedi MB 1909-1911: 133-134 e MB

1919-1922: 155-156. 59 Pettazzoni 1921-1922: 491-493 (egli seguiva qui una vecchia cronologia, che poneva nel

VI sec. a.C. le pitture di Thermos). In una metopa appare Perseo recante sottobraccio la testa tagliata di Medusa (nr. d’inv. 13401), mentre un’altra è interamente occupata da un grande Gorgoneion (nr. d’inv. 13402). Della letteratura moderna in proposito mi limito a citare LIMC VII.1, 1994: 332-348, s.v. “Perseus” (L. Jones Roccos): 340, nr. 137, per la prima; LIMC IV.1, 1988: 285-330, s.v. “Gorgo, Gorgones” (I. Krauskopf, S.Ch. Dahlin-ger): 289, nr. 5, per la seconda.

60 Pettazzoni 1921-1922: 500-502. Vedi LIMC IV.1, cit. alla nota precedente: 310, nr. 280 (nr. d’inv. A 748).

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esso confluiti alcuni tratti desunti da differenti demoni orientali come Humbaba e Pazuzu, peraltro rivissuti e trasformati dalla sensibilità greca61. La critica moderna, comunque, condivide l’idea pettazzoniana che alla base dell’elabo-razione di questo motivo nell’arte greca vi fosse il mito peculiare della Gorgo-ne, dal contenuto “specificamente greco”, secondo le sue parole, che avrebbe determinato la deformazione mostruosa del volto caratteristica delle raffigura-zioni arcaiche, prima che lo sviluppo successivo del tipo approdasse a esiti privi di connotati raccapriccianti, di cui un esempio particolarmente ammirato è la “Medusa Rondanini” della Glyptothek di Monaco di Baviera62.

Pettazzoni non ebbe a occuparsi di archeologia soltanto nelle sue attività di studio e ricerca, ma fu a lungo investito di un compito istituzionale in questo campo, prima di vincere la nuova cattedra di storia delle religioni a Roma nel novembre 1923. Per quattordici anni, a partire dal 1909, fu ispettore di ruolo nell’Amministrazione per le Antichità e le Belle Arti, in servizio per un quin-quennio a Roma, nei Musei allora denominati Preistorico, Etnografico e Kir-cheriano, poi dal 1914 a Bologna, nel Museo Civico Archeologico63. Contem-poraneamente, a Bologna, fu incaricato di storia delle religioni all’Università, dopo che già era stato libero docente a Roma nella stessa materia64. Il primo servizio da ispettore, presso quello che si sarebbe poi chiamato Museo Luigi Pigorini, consentiva a Pettazzoni di dedicare molto tempo allo studio e alle discipline da lui ormai preferite, anche se poteva essere incaricato di missioni fuori Roma65. Tra queste particolarmente importante fu quella compiuta alla fine del 1909 in Sardegna, che lo vide come collaboratore di Antonio Taramelli negli scavi dell’acropoli nuragica di S. Vittoria di Serri in provincia di Cagliari, dalla quale ebbero origine gli importanti studi di Pettazzoni sulla religione sar-da primitiva66. Il ruolo che fu chiamato a svolgere a Bologna, invece, esigeva da lui una continua attività di archeologo, in primo luogo all’interno del Museo Civico, dove poteva mettere a frutto le conoscenze nell’ambito della preistoria italica maturate durante il servizio a Roma collaborando alla catalogazione di materiali non ancora inventariati, come quelli preistorici ed etruschi provenienti dagli scavi di Brizio presso Villa Cassarini a Bologna. Ma Pettazzoni doveva esercitare le sue mansioni anche fuori Bologna, quando la notizia di un ritro-vamento nel territorio di sua competenza esigeva la presenza di un funzionario che rendesse conto di quanto era avvenuto (è ciò che accade tuttora con gli ispettori delle Soprintendenze Archeologiche). Sebbene i suoi interessi fossero ormai sempre più rivolti alla storia delle religioni, i lavori cui doveva attendere

61 Vernant 1987: soprattutto 35-57; LIMC, cit.: 316-317. 62 Nr. d’inv. 252. Vedi Buschor 1958; Vierneisel-Schlörb 1979: 62-67, nr. 7; Belson 1980;

LIMC IV.1: 345-362, s.v. “Gorgones Romanae” (O. Paoletti): 347-348, nr. 25. 63 MB 1909-1911: 108. 64 MB 1913-1914: 77-78; MB 1914-1918: 83-85. 65 I cinque anni trascorsi in quella sede di lavoro saranno da lui riconosciuti decisivi per la

propria formazione (MB 1909-1911: 111-112, 115-116). Nello stesso periodo, nella sua produzione a stampa, comparvero diverse recensioni di testi archeologici.

66 Concretatisi soprattutto in Pettazzoni 1912. Vedi MB 1909-1911: 135-142 e passim.

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per dovere d’ufficio furono sempre svolti da lui con la consueta scrupolosità e preparazione, trovando anche la via della stampa67.

In qualità di ispettore “sul campo”, Pettazzoni fu chiamato in vari luoghi, come Bazzano, Rimini, Spina, Reggio Emilia68. Ma il suo incarico più signifi-cativo fu sicuramente quello che lo vide coinvolto in una delle più interessanti scoperte di scultura romana effettuate in Emilia-Romagna nel corso del Nove-cento, vale a dire il recupero delle statue di divinità orientali a Sarsina. In occa-sione di una missione articolata in due distinti sopralluoghi nel giugno del 1923, come si può apprendere dalle relazioni stese nello stesso mese all’indomani di ciascuna visita, Pettazzoni esaminò centinaia di frammenti ar-chitettonici e scultorei, anche molto minuti, che erano emersi durante lavori edilizi nel paese, prendendosi cura della loro conservazione69 (Figg. 15-18). Fra questi riconobbe i resti di due statue maschili nude, una delle quali aveva una testa giovanile con berretto frigio. Grazie alla sua conoscenza dell’iconografia religiosa del mondo classico, Pettazzoni pensò che si trattasse di una rappresen-tazione di Attis, un’identificazione plausibilissima e a tutt’oggi accettata senza riserve. Il fatto che le sculture fossero ridotte in briciole lo indusse a supporre che esse fossero state distrutte di proposito, presumibilmente come reazione antipagana da parte dei Cristiani in epoca tarda, anche questa un’idea piena-mente condivisa ancora oggi. Quando però nel 1926, in un momento in cui ormai Pettazzoni non svolgeva più le mansioni di ispettore museale, avendo vinto nel frattempo la cattedra a Roma, venne cominciato il restauro scientifico, fu possibile riconoscere che i frammenti da lui attribuiti a due statue erano per-tinenti, in realtà, al solo Attis: essi, infatti, sono stati tutti utilizzati per rico-struirlo così come lo vediamo oggi70 (Fig. 19). In quegli stessi anni, a seguito di ulteriori scavi sul posto, venne recuperata una seconda abbondantissima serie di piccoli frammenti scultorei, che hanno permesso la ricomposizione delle altre statue tuttora visibili nella sala ad esse dedicata nel Museo Archeologico Na-zionale di Sarsina. È stata così accertata l’esistenza di un vero e proprio ciclo

67 MB 1914-1918: 78-79, 97-99, 135. 68 MB 1919-1922: 139, 153, 179; MB 1922-1923: 164, 195-197. 69 I due rapporti, datati 14 e 30 giugno 1923, sono depositati nell’Archivio della Soprinten-

denza Archeologica dell’Emilia-Romagna. Sono stati pubblicati da G.A. Mansuelli (1966-1967: 182-184; del secondo è trascritta solo la parte riguardante le sculture orien-tali) e puntualmente ripercorsi da M. Gandini (MB 1922-1923: 195-197). Su ciò che Pettazzoni osservò a Sarsina si veda inoltre Mansuelli et al. 1967: 311-320. Nel Fondo presso la Biblioteca di S. Giovanni in Persiceto si conservano le minute originali delle relazioni, insieme alle quattro immagini fotografiche che vengono pubblicate in questa sede, a quanto mi risulta inedite, eccettuata la foto a Fig. 15. Questa fu riprodotta, peral-tro rilavorata, in una monografia di Arnaldo Alessandri, uno studente sarsinate dell’Università di Bologna che accompagnò Pettazzoni durante la sua seconda visita (A-lessandri 1928: p. 50).

70 Il naso di gesso che era stato applicato nel corso di una prima ricomposizione, ricordato da Pettazzoni nella sua seconda relazione e visibile in due delle vecchie fotografie (Figg. 16 e 17), fu rimosso poco tempo dopo. Sulla scultura e il suo restauro vedi Arias 1954 e Mansuelli et al. 1967: 341-344 (A.P. Pampaloni).

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scultoreo di divinità orientali, diviso in un gruppo anatolico, cui appartengono l’Attis e una raffigurazione della Magna Mater, e un gruppo egizio, di lettura più problematica, ma che, secondo gli orientamenti più recenti, dovrebbe com-prendere, accanto alla figura di Serapide in trono, Iside, Arpocrate e Anubi71. Tutte queste sculture (dalla cronologia incerta, anche se da ricondurre proba-bilmente al II secolo d.C.) erano ospitate in un unico santuario. Del complesso architettonico sono stati individuati diversi elementi, in particolare due capitelli corinzi visti da Pettazzoni, che nei suoi resoconti li assegnò a “tarda epoca ro-mano-cristiana”72 (Fig. 18).

Nel corso della sua missione, Pettazzoni si preoccupò di raccogliere ulteriori informazioni sulle antichità sarsinati, interessandosi, fra l’altro, alle notizie fornite dagli abitanti del luogo su vecchi ritrovamenti fortuiti nella località Pian di Bezzo. Qui, come è noto, saranno recuperate importantissime testimonianze della necropoli principale della città romana, anche in questo caso a partire da un periodo di poco successivo al definitivo passaggio di Raffaele Pettazzoni nell’organico dei professori universitari.

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71 Alla statua di Iside (già identificata con Anubi, il quale è adesso riconosciuto in

un’immagine in precedenza ritenuta di Mitra) è pertinente la base con figure di animali ricordata nella documentazione pettazzoniana. Nella testa, che nella fotografia a Fig. 15 appare accanto alla statua di Attis in gran parte già ricomposta, si può riconoscere la bel-la testa marmorea che Enzo Lippolis aveva proposto di attribuire ad Iside (Lippolis 2000: 273). Lo stesso studioso, anche se ammette che rimane pur sempre un caso incer-to, sembra ora più propenso ad assegnare il pezzo alla statua della Magna Mater (Lippo-lis 2008: pp. 381-385), riprendendo un’ipotesi formulata in passato da M.J. Vermaseren (1976: 60). Sul ciclo delle divinità orientali in generale si vedano Mansuelli 1966-1967; Id. et al. 1967; Lippolis 2000: 273-274; Id. 2008: 377-391.

72 Gentili, Mansuelli 1965: 107-108; Mansuelli 1966-1967: 171-174 (i capitelli sono de-scritti ai nrr. 1-2); Ortalli 2000: 559.

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Figure Fig. 1. Roma, Musei Vaticani. Rilievo della tomba degli Haterii (da Sinn,

Freyberger 1996). Fig. 2. Berlino, Staatliche Museen. Particolare di un sarcofago di Clazomene

(da Cook 1981). Fig. 3. Berlino, Staatliche Museen. Particolare di un sarcofago di Clazomene

(da Cook 1981). Fig. 4. Roma, Musei Vaticani. “Amorino” (da Lippold 1956). Fig. 5. Roma, Musei Vaticani. “Eros di Centocelle” (da Boardman 1995). Fig. 6. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Statuetta di Amazzone (da De

Caro 1994). Fig. 7. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Puteale marmoreo (da LIMC). Fig. 8. Pompei, necropoli di Porta Ercolano. Rilievo della tomba di Naevoleia

Tyche (da Kockel 1983). Fig. 9. Roma, Biblioteca Apostolica Vaticana. Statua del Tempo leontocefalo

(da Letta 1992). Fig. 10. Roma, Antiquarium del Palatino. Graffito di Alessameno (da Tomei

1997). Fig. 11. Bubastis, capitello hathorico. Disegno (da Pettazzoni 1909). Fig. 12. Atene, Museo Nazionale. Metopa da Thermos (da LIMC). Fig. 13. Atene, Museo Nazionale. Metopa da Thermos (da LIMC).

RAMBALDI – Gli interessi archeologici di Raffaele Pettazzoni

417

Fig. 14. Londra, British Museum. Piatto da Camiros (da LIMC). Fig. 15. Sarsina, fotografia del 1923. La statua di Attis in gran parte ricompo-

sta; accanto, testa non pertinente (Fondo Pettazzoni). Fig. 16. Sarsina, fotografia del 1923. Il busto di Attis non ancora reintegrato

(Fondo Pettazzoni). Fig. 17. Sarsina, fotografia del 1923. Il busto di Attis e altri frammenti lapidei

provenienti dal santuario delle divinità orientali (Fondo Pettazzoni). Fig. 18. Sarsina, fotografia del 1923. Un capitello corinzio e altri frammenti

lapidei, tra due personaggi non identificati (Fondo Pettazzoni). Fig. 19. Sarsina, Museo Archeologico Nazionale. Statua di Attis (da Arias

1954).

RAMBALDI – Gli interessi archeologici di Raffaele Pettazzoni

I

Fig. 1. Roma, Musei Vaticani. Rilievo della tomba degli Haterii

(da Sinn, Freyberger 1996).

Fig. 2. Berlino, Staatliche Museen. Particolare di un sarcofago di Clazomene

(da Cook 1981).

Fig. 3. Berlino, Staatliche Museen. Particolare di un sarcofago di Clazomene

(da Cook 1981).

G. P. BASELLO, P. OGNIBENE & A. PANAINO (cura), Il mistero che rivelato ci divide e sofferto ci unisce, Milano, 2012

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II

Fig. 4 (a sinistra). Roma, Musei Vaticani. “Amorino”

(da Lippold 1956).

Fig. 5 (a destra). Roma, Musei Vaticani. “Eros di Centocelle” (da Boardman 1995).

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III

Fig. 6. Napoli, Museo Archeologico Nazionale.

Statuetta di Amazzone (da De Caro 1994).

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IV

Fig. 7. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Puteale marmoreo (da LIMC).

Fig. 8. Pompei, necropoli di Porta Ercolano.

Rilievo della tomba di Naevoleia Tyche (da Kockel 1983).

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V

Fig. 9. Roma, Biblioteca Apostolica Vaticana. Statua del Tempo leontocefalo (da Letta 1992).

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VI

Fig. 10. Roma, Antiquarium del Palatino. Graffito di Alessameno (da Tomei 1997).

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VII

Fig. 11. Bubastis, capitello hathorico. Disegno (da Pettazzoni 1909).

Fig. 12. Atene, Museo Nazionale. Metopa da Thermos (da LIMC).

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VIII

Fig. 13. Atene, Museo Nazionale. Metopa da Thermos (da LIMC).

Fig. 14. Londra, British Museum.

Piatto da Camiros (da LIMC).

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IX

Fig. 15. Sarsina, fotografia del 1923. La statua di Attis in gran parte ricomposta; accanto,

testa non pertinente (Fondo Pettazzoni).

RAMBALDI – Gli interessi archeologici di Raffaele Pettazzoni

X

Fig. 16. Sarsina, fotografia del 1923. Il busto di Attis non ancora reintegrato

(Fondo Pettazzoni).

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XI

Fig. 17. Sarsina, fotografia del 1923. Il busto di Attis e altri frammenti lapidei provenienti

dal santuario delle divinità orientali (Fondo Pettazzoni).

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XII

Fig. 18. Sarsina, fotografia del 1923. Un capitello corinzio e altri frammenti lapidei,

tra due personaggi non identificati (Fondo Pettazzoni).

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XIII

Fig. 19. Sarsina, Museo Archeologico Nazionale.

Statua di Attis (da Arias 1954).

00,00 euro

In copertina: Pettazzoni nel suo studio romano con una copia dell’edizione inglese de L’onniscienza di Dio (1956). Foto Fondo Pettazzoni, elaborazione di Fabio Manganelli.Qui sopra: foto Fondo Pettazzoni.

Mimesis Edizioni www.mimesisedizioni.it

filosofiE

MiM

Esis

il MistEro chE rivElato ci dividEE soffErto ci uniscE studi pEttazzoniani in onorE di Mario gandiniA curA dI GIAn PIetro BASeLLo, PAoLo oGnIBene e AntonIo PAnAIno

G. P. BASeLLo - P. oGnIBene - A. PAnAIno (A curA dI) il MistEro chE rivElato ci dividE E soffErto ci uniscE

ISBN 978-88-5751-353-9

L’8 dicembre 1959 moriva a roma raffaele pettazzoni. era nato a San Giovanni in Persiceto (Bologna) 76 anni prima. compiuto il percorso scolastico in paese, si guadagna una borsa per proseguire gli studi a Bologna. All’università si delinea la sua missione: studiare, per la prima volta in Italia, le religioni da un punto di vista storico e comparatistico. la storia delle religioni prende coscienza della pluralità delle religioni e studia le religioni non come verità mutuamente esclusive, ma come molteplicità di espressione di un bisogno dell’uomo che ha generato un’inevitabile pluralità di punti di vista, ciascuno veritiero nei limiti del mondo che si è costruito. con metodo e determinazione, Pettazzoni tesse una fitta rete di rapporti personali con altri studiosi e personaggi della cultura italiana e mondiale. Il nome di Pettazzoni merita di essere ricordato anche per l’impegno civile in cui concretizzò la ricerca scientifica. esponente dell’Associazione per la Libertà religiosa in Italia, Pettazzoni ribadì che la laicità dello Stato sarebbe stata garantita tanto dal pluralismo religioso quanto dall’ateismo. credente di nessuna religione, chiedeva per ciascun uomo il diritto ad averne una e ad aderirvi con consapevolezza e conoscenza.

Il volume è dedicato a Mario Gandini, lo studioso che ha pubblicato i Materiali per una biografia di raffaele Pettazzoni. All’interno sono raccolti contributi di: domenico Accorinti, Mustafa Alici, Paola Sofia Baghini, Gian Pietro Basello, Giovanni casadio, Giovanni catti, Mario Gandini, Felice Israel, Alberto Latorre, riccardo nanini, Paolo ognibene, Antonio Panaino, carlo Prandi, Simone rambaldi, Gianroberto Scarcia, Gloria Serrazanetti, Valerio Salvatore Severino, natale Spineto, Alberto tampellini.

Pettazzoni (a destra) a San Giovanni in Persiceto il 4 ottobre 1953. Parla di disoccupazione, miseria e analfabetismo nell’Italia di allora.

9 788857 513539 comune di San Giovanni in Persiceto