Pensiero Rivelato

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Pensiero rivelato

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Dott.ssa Michela Baroni. Laureata in Odontoiatria all‟università di Roma “Tor Vergata”.

Esclusivista in ortognatodonzia, svolge la libera professione in Roma.

Dott. Giuseppe Ranaldo. Laureato in Odontoiatria all‟università di Roma “Tor Vergata”.

Appassionato di comunicazione, emozioni, Pnl, linguaggio del corpo e ipnosi. Libero

professionista in Roma.

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PREFAZIONE………………………………………………………………….pag. 4

INTRODUZIONE……………………………………………………………...pag. 6

I. AL CORPO NON SI COMANDA…………………………………………pag. 10

Il modo di stare seduti e le gambe

Le mani e le braccia

La testa e il collo

Gli occhi

La bocca

Atti di rifiuto

Atti di scarico della tensione

La prossemica

L‟odontoiatra di famiglia

Per riassumere…

II. IL VISO NON MENTE……………………………………………………….pag. 25

Le espressioni facciali

La tristezza

La rabbia

La sorpresa

La paura

Il disgusto

Il disprezzo

La felicità

Il dolore

Il comportamento emotivo

Per riassumere…

III. IL POTERE DELLA PNL……………………………………………………pag. 40

I sistemi rappresentazionali

Il rapport

Il ricalco

La guida

Per riassumere…

IV. LA MAGIA DELLE PAROLE………………………………………………pag. 50

Il paziente: esperienza e linguaggio

Il metamodello

Le generalizzazioni

Le cancellazioni

Le distorsioni

Il Milton Model

La psicolinguistica

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Per riassumere…

V. L‟INCANTESIMO DELLA PERSUASIONE (prima parte)…………..pag. 68

L‟arte della persuasione di Aristotele

Attenzione, prego

L‟Ascolto attivo

Il tavolo delle trattative

Le obiezioni

I metaprogrammi

Per riassumere…

VI. L‟INCANTESIMO DELLA PERSUASIONE (seconda parte)……….pag. 82

Reciprocità o regola del contraccambio

Simpatia

Impegno e coerenza

Riprova sociale

Autorità

Scarsità

Le nostre scelte

Per riassumere…

CONCLUSIONE………………………………………………………………pag. 94

APPENDICE A: LA VOCE…………………………………………………...pag. 97

APPENDICE B: LA VISUALIZZAZIONE…………………………………...pag. 102

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PREFAZIONE

Negli ultimi anni il cinema e la televisione hanno proposto frequentemente storie

di personaggi accattivanti e al contempo affascinanti esperti della mente umana. In

serie tv come “Dr house”, “The mentalist” e “Lie to me” i protagonisti non sono più

semplici medici, detective o psicologi ma uomini capaci di interpretare e manipolare il

comportamento dei loro pazienti, indagati, testimoni e clienti. Il crescente successo di

questi serial ha portato all‟attenzione del grande pubblico una figura particolare che fa

della mente umana il fulcro del suo lavoro: il mentalista.

Il mentalismo, nell‟accezione classica, è stato praticato per anni esclusivamente

nell‟ambito dell‟illusionismo, rimanendo strettamente correlato con l'arte magica e con i

misteri e i prodigi della mente. Gli illusionisti mentalisti utilizzano i cinque sensi per

creare l'illusione di possederne un sesto grazie al quale intrattengono il pubblico con

numeri in cui sono in grado di leggere il pensiero (telepatia), percepire qualcosa che è

ignoto a chiunque altro (chiaroveggenza), sapere qualcosa prima che accada

(precognizione) e dimostrare il potere della mente sulla materia (psicocinesi).

In tempi recenti il mentalismo si è distaccato dalla magia classica ed è divenuto

una disciplina che si avvicina molto alla psicologia e sfrutta tecniche di comunicazione

subliminale. Il mentalista moderno è colui che usando attentamente l‟osservazione,

l‟acutezza mentale e la suggestione riesce a manipolare le scelte della persona che ha

di fronte. Fulcro di queste capacità sono lo studio approfondito della psicologia

cognitiva, dell'ipnosi, del condizionamento inconscio, delle emozioni e del linguaggio del

corpo coadiuvate da tecniche di comunicazione e persuasione.

Fra tutte le attività comunicative e persuasive a cui l‟uomo si dedica, la magia

resta probabilmente la più complessa. Il mago deve innanzitutto conquistare e poi

controllare l‟attenzione del pubblico, capire che tipo di persona ha di fronte e arricchire

lo spettacolo con un po‟ di umorismo per sdrammatizzare e allontanare la tensione. Al

contempo deve saper ascoltare con attenzione e usare le parole giuste, fare in modo

che gli altri ricordino ciò che lui vuole e soprattutto ottenere la fiducia del suo pubblico

affinché sia ben disposto nei suoi confronti. Tutto questo per convincere lo spettatore a

vincere l‟incredulità e a lasciarsi intrattenere.

Se vogliamo anche il rapporto medico-paziente segue un iter molto simile. Per

ottenere la fiducia dell‟assistito, esporre le varie soluzioni terapeutiche e farsi seguire

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nel percorso di cura l‟odontoiatra deve prima capire che tipo di persona ha di fronte, poi

conquistare la sua attenzione attraverso le parole ed infine aiutarla a vincere le sue

paure. E se il mentalismo aiuta il mago ad intrattenere il suo pubblico, può giovare

anche all‟odontoiatra per curare i suoi pazienti?

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INTRODUZIONE

Mai come nell‟attuale contesto storico il nostro Paese vive in uno stato di

profondo disagio. La professione odontoiatrica, al pari e forse più di altre, è costretta a

“navigare” in un mare perennemente agitato. La crisi economica ha portato un

ridimensionamento massiccio delle aspettative lavorative ed economiche del

professionista. I giovani hanno sempre maggiori difficoltà ad inserirsi nel mondo del

lavoro. I grossi centri low cost, sfruttando un uso serrato del marketing e della

pubblicità, hanno invaso il mercato della sanità privata con un abbattimento dei costi

delle prestazioni e calo della qualità. La piaga dell‟abusivismo, nonostante gli sforzi

delle associazioni di categoria, non è ancora completamente debellata e la diffidenza

del cittadino verso il professionista sanitario è in continuo aumento (basti pensare alla

crescita esponenziale delle cause civili). Tutti questi fattori hanno portato ad un lento e

preoccupante inaridimento intellettuale e psicologico della nostra figura e a un

declassamento dell‟odontoiatra da medico a “tecnico” della bocca. Dobbiamo dunque

riappropriarci della dignità che contraddistingue la nostra professione, finalizzata a

curare la persona andando oltre la mera tecnica: in quanto intellettuali, possiamo e

dobbiamo essere dei cultori del paziente prima di tutto come uomo.

Spinto da questa idea mi sono avvicinato allo studio della mente e delle emozioni

e ho scritto queste pagine perchè credo fermamente che possa condurci alla risoluzione

di alcune problematiche che affliggono la disciplina a cui ho dedicato con passione anni

di studio e di lavoro.

Il Dentista Mentalista è un nuovo modo di concepire la professione in cui è il

“paziente nella sua totalità” ad essere messo al centro dell‟attenzione. Attraverso

discipline come la PNL, la Linguistica, la Comunicazione Non Verbale (CNV), le

Microespressioni, l‟Ipnosi e le Tecniche di persuasione possiamo scandagliare ogni

particolare comportamento del malato e portarlo verso la consapevolezza della propria

situazione.

Molto spesso a determinare la collaborazione, la fiducia e quindi la soddisfazione

del paziente è proprio la cura che rivolgiamo alla comunicazione. La capacità di stabilire

un‟interazione comunicativa chiara e diretta è l‟unico sistema veramente efficace per

ottenere l‟attenzione e la disponibilità necessarie a garantire la riuscita di un

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trattamento. Il paziente vuole essere capito e trattato come un individuo con le sue

specifiche peculiarità e difficoltà che lo contraddistinguono dalle altre persone.

Questo testo si pone quindi tre obiettivi: Capire, Comunicare, Convincere.

I primi due capitoli ti aiuteranno infatti a CAPIRE il tuo paziente.

Il capitolo 1 tratta del linguaggio del corpo: l‟unico linguaggio universale, scevro da

condizionamenti e assolutamente veritiero. Leggere i piccoli gesti involontari ci dà modo

di conoscere la personalità e i lati nascosti degli altri. Grazie a questa capacità puoi

migliorare o cambiare il rapporto con i tuoi assistiti.

Il capitolo 2 affronta un aspetto particolare della comunicazione non verbale: le

espressioni facciali. Negli ultimi 40 anni, la psicologia delle espressioni umane è stata

un campo di ricerca molto attivo ed è grazie a queste ricerche che oggi puoi riconoscere

le emozioni provate dall‟interlocutore semplicemente “leggendo” il suo viso, a volte

ancor prima che ne sia cosciente.

Il terzo ed il quarto capitolo ti serviranno invece per COMUNICARE

efficacemente con il tuo paziente.

Il capitolo 3 riguarda la PNL: un insieme di tecniche psicologiche, a cavallo tra

comunicazione e trasformazione, nate negli anni 70 dallo studio di come i più grandi

psicoterapeuti del periodo riuscissero a entrare in sintonia con i propri pazienti,

inducendo in loro cambiamenti profondi e duraturi.

Il capitolo 4 si focalizza sulla linguistica: un argomento fondamentale per il libero

professionista continuamente a contatto con le persone. Verrà analizzato il forte impatto

che le parole hanno sugli altri e il modo di usarle per migliorare la comunicazione.

I capitoli 5 e 6 ti serviranno invece per CONVINCERE il paziente. Essi

approfondiscono infatti la persuasione: un argomento fondamentale per un

professionista come l‟odontoiatra che, nel suo studio, oltre a essere un operatore

sanitario è anche manager di se stesso e capo della sua attività. Vengono analizzate

quindi tecniche di negoziazione e persuasione prese in prestito dalla sociologia,

dall‟economia e dal marketing, adattate al tuo contesto di “piccola impresa”

odontoiatrica.

Nel rapporto tra medico e paziente, i modi e i contenuti della comunicazione

hanno una delicatezza e un peso maggiore rispetto a quanto avviene in quasi tutte le

altre interazioni comunicative di tipo professionale. Qualsiasi azienda con un alto livello

di profitto dedica tempo e risorse alla formazione del personale nelle abilità di relazione.

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La stessa attenzione viene dedicata anche da tutti coloro che lavorano nel campo della

televisione, della radio, del cinema e dello spettacolo: si dà per scontato che le capacità

comunicative di chi si “espone” ad un pubblico debbano essere sviluppate e raffinate.

Non appare però altrettanto scontato che anche i professionisti della salute debbano

venir formati in queste abilità con il malato. Gli odontoiatri, nel corso della loro

professione, si trovano a dover interagire con pazienti e familiari, a rivolgere loro

numerose domande ed a formulare altrettante risposte, a fornire indicazioni ed a

relazionarsi con colleghi, assistenti, tecnici e rappresentanti. E l‟oggetto della loro

comunicazione non sono chiarimenti su “servizi e prodotti”, come avviene in un

qualsiasi negozio, ma piuttosto informazioni sullo stato di salute, sulle possibilità di

guarigione, sul decorso di malattie più o meno dolorose o gravi.

Nell‟ambito medico quindi, più che in qualunque altro settore professionale, la

capacità di comunicare una diagnosi o un percorso di cura senza provocare traumi e

sofferenze inutili dovrebbe diventare un‟ arte alla portata di tutti.

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Capitolo I

AL CORPO NON SI COMANDA

“Dalle unghie di un uomo, dalle maniche della sua giacca, dai suoi stivali, dai calli sulle mani, dai polsini della camicia, dalla sua espressione, dai suoi movimenti, da tutte queste cose si capisce l’occupazione di

una persona. E’ pressochè inconcepibile che, tutte insieme, non riescano a illuminare un investigatore esperto.”(Sherlock Holmes)

La lingua elementare, quella che tutti conoscono senza averla mai realmente

imparata, è la comunicazione non verbale. Sguardi, espressioni del viso, movimenti

delle mani, posizione delle gambe, inflessione della voce sono mezzi di comunicazione

spesso più efficaci delle parole stesse. Ci trasmettono molte informazioni relative

all‟atteggiamento interiore, allo stato d‟animo, ai sentimenti e alle intenzioni di chi ci sta

di fronte.

La comunicazione non verbale (CNV) comprende: la paralinguistica, o “Sistema

vocale non verbale”, cioè l'insieme dei suoni emessi nella comunicazione verbale,

indipendentemente dal significato delle parole (APPENDICE A); la cinestetica, ossia gli

atti comunicativi espressi dai movimenti del corpo quali il contatto visivo (movimenti

oculari), la mimica e le espressioni facciali, i gesti (in primo luogo quelli compiuti con le

mani) e la postura; la prossemica, ovvero il modo in cui le persone tendono ad

occupare lo spazio e a disporsi in esso; l‟aptica, cioè i messaggi comunicativi espressi

tramite il contatto fisico (la stretta di mano, il bacio sulle guance come saluto tra amici e

parenti, l‟abbraccio, la pacca sulla spalla).

Un vero professionista dovrebbe sempre rivolgere la sua attenzione, non solo al

racconto del paziente, ma anche ai suoi segnali non verbali, che possono essere indizi

di ansie, paure, bugie e reticenze che risultano molto utili nell‟approfondimento del

colloquio e nella determinazione del trattamento. La sensibilità verso questo linguaggio

si traduce in una reazione positiva da parte del malato che incrementerà la stima e la

fiducia nei confronti del medico.

La comunicazione non verbale è quella parte della comunicazione che

comprende tutti gli aspetti di uno scambio comunicativo che non riguardano il

livello puramente semantico del messaggio.

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Uno studio condotto nel 1972 da Albert Mehrabian ha mostrato che ciò che viene

percepito di un messaggio è costituito per il 55% dal linguaggio del corpo (cinestetica,

prossemica ed aptica), per il 38% dall‟aspetto vocale (paralinguistica) e solo per il 7%

dall‟aspetto puramente verbale (parole). L‟efficacia di un messaggio dipende quindi in

minima parte dal significato letterale di ciò che viene detto, mentre è influenzato

pesantemente dai fattori di comunicazione non verbale che risultano così più attendibili.

Può accadere però che ciò che vediamo e sentiamo non rispecchi necessariamente

il vero stato d‟animo delle persone. Per evitare fraintendimenti è necessario considerare

sempre il Complesso, la Coerenza e il Contesto dei segnali che leggiamo

nell‟interlocutore (regola delle 3 C).

Innanzitutto leggi i segnali non verbali nel COMPLESSO. I gesti rappresentano le

“parole” del linguaggio corporeo e come queste possono avere più significati. Solo

quando si combinano insieme compongono delle “frasi” che svelano i veri sentimenti

delle persone. E‟ indispensabile osservare i gesti nel loro insieme: la regola generale

per poter estrapolare un significato attendibile dalla CNV di una persona, senza cadere

La comunicazione non verbale veicola il 93 % del significato complessivo del

messaggio che vogliamo trasmettere.

PARALINGUISTICA

38%

LINGUAGGIO DEL CORPO

55 %

COMUNICAZIONE VERBALE

7 %

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in errore, è considerare almeno tre segnali congruenti, che abbiano cioè un significato

simile.

Il secondo presupposto fondamentale per poter interpretare correttamente i vari

segnali è la COERENZA. Verifica che il messaggio verbale, ovvero ciò che dice

l‟interlocutore, sia coerente con il messaggio del corpo e in caso di mancata

corrispondenza puoi dare maggior peso alla CNV.

Tutti i gesti infine devono essere valutati nel CONTESTO in cui vengono effettuati.

Cerca di interpretare l‟atteggiamento assunto dall‟interlocutore tenendo conto dei fattori

esterni che possono condizionarlo. Non necessariamente ad esempio una postura di

chiusura denota rigidità nei tuoi confronti, dato che potrebbe essere una posizione

scelta per comodità o abitudine. Ricorda quindi di escludere sempre tutte le alternative

e di non trarre conclusioni frettolose da pochi indizi.

Tieni a mente un altro concetto molto importante: il linguaggio del corpo è un

sistema bidirezionale. Alcuni atteggiamenti e stati d‟animo si esprimono inconsciamente

attraverso determinate posture e movimenti; allo stesso tempo assumere certe posture

o fare certi movimenti può condizionare di riflesso il nostro stato interiore. Il tuo obiettivo

è quello di interrompere questo circolo vizioso quando comporta un atteggiamento

sfavorevole dell‟interlocutore, oppure mantenerlo quando ne implica uno favorevole. Per

esempio di fronte a un paziente che mostra un atteggiamento di chiusura devi cercare

di portarlo verso una posizione di apertura e rilassatezza, che non ostacoli i tuoi tentativi

di approccio. Allo stesso tempo dovrai stare attento a calibrare la tua CNV: evita i gesti

che generano sentimenti negativi e di sfiducia e prediligi invece quelli che suscitano

sicurezza e padronanza della situazione, che invitano allo scambio, e che sono utili per

creare rapport con il paziente.

Vediamo ora come il corpo ci parla attraverso la postura e i movimenti,

concentrandoci dapprima sulle gambe, quindi sulle braccia e sulle mani, ed infine sul

Ricorda la regola delle 3C per interpretare la CNV:

Complesso + Coerenza + Contesto

Il linguaggio del corpo è un sistema bidirezionale: lo stato d’animo influenza

il corpo e il corpo influenza lo stato d’animo.

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collo e sulla testa con particolare riferimento agli occhi e alla bocca, che sono le parti

più espressive del corpo.

IL MODO DI STARE SEDUTI E LE GAMBE

Lo stare seduti consente al corpo di rilassarsi e di alleggerire la tensione. Tuttavia

possiamo cogliere molti indizi utili guardando una persona seduta, specialmente se non

si sente osservata. In questo senso, la sala d‟attesa è una fonte preziosa di segnali

genuini che i pazienti involontariamente lanciano, e che possono essere colti solo da

personale esperto o quanto meno informato a riguardo. Ecco alcuni esempi dei segnali

più significativi.

Una persona che prende posto con tutto il peso del proprio corpo ed occupa l‟intera

superficie della sedia è generalmente ferma sulle sue posizioni, si trattiene e non si

lascia congedare facilmente. Al contrario un paziente che si limita a sedersi cautamente

sul bordo, con il baricentro spostato in avanti ed in linea con le piante dei piedi, si trova

in una posizione che gli permette di alzarsi in qualsiasi momento. Questa posizione puo‟

avere un duplice significato: può indicare una persona in procinto di andarsene e pronta

quindi a chiudere qualsiasi discorso, oppure pronta ad essere utile in qualsiasi

momento verso l‟interlocutore e a rimettersi ai suoi desideri.

Chi si affloscia in poltrona è una persona che manca di tenuta e stabilità interiori, di

direzionalità e di volontà. Un breve sollevarsi e risistemarsi sulla poltrona invece

esprime disagio e desiderio di andarsene.

La posizione della parte superiore del corpo, da seduti così come in piedi, può

indicare vitalità se ci si mantiene dritti oppure passività se si rimane piegati su se stessi.

O ancora interesse se ci si inclina verso l‟interlocutore oppure distacco se si resta

appoggiati all‟indietro.

Le gambe e i piedi sono una parte cruciale nella CNV in quanto sono difficili da

controllare volontoriamente e quindi trasmettono molti più segnali rispetto al resto del

corpo. Una persona seduta che incrocia i piedi all‟altezza del malleolo probabilmente

sta trattenendo un sentimento negativo, ma se li avvinghia alle gambe della sedia,

siginifica che resterà ancorata alle sue posizioni e difficilmente cambierà idea. Da una

ricerca condotta su 319 pazienti odontoiatrici risulta che l‟88% incrocia le caviglie non

appena si siede sulla poltrona. Quelli che devono fare solo un visita di controllo le

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incrociano nel 68% dei casi, ma la percentuale sale al 98% nel caso di pazienti che

devono essere sottoposti a un‟iniezione.

Quando una persona incrocia le gambe o le braccia (o entrambi) ci sta inviando un

chiaro segnale di chiusura e probabilmete si sta ritirando dalla conversazione da un

punto di vista emotivo. Quelle appena citate sono infatti tutte posizioni di protezione: le

braccia chiuse proteggono il cuore, le gambe proteggono i genitali. Da uno studio è

emerso che chi siede in questa posizione usa frasi più brevi, rifiuta più proposte e

ricorda meno particolari di una discussione.

Una variante delle gambe incrociate è la posizione del quattro americano in cui il

malleolo di una gamba poggia sul ginocchio dell‟altra, e denota un atteggiamento

competitivo e polemico, con la tibia di traverso che funge da barriera di protezione.

Una postura tipica dei liberi professionisti (medici, avvocati, commercialisti) che si

ritengono superiori, dominanti e sicuri di se è lo stare seduti con le mani dietro la testa e

i gomiti puntati verso l‟esterno. Chi la usa vuole dimostrare quanto è bravo e

competente ma ha l‟effetto negativo di indispettire, e a volte intimorire, l‟interlocutore.

Infine quando una persona è in ansia o si sente in colpa o semplicemente vuole

andar via dirige le gambe e i piedi verso una potenziale via di fuga, come una porta, un

atrio e perfino una finestra. Se invece è interessata ad un argomento o situazione dirige

le gambe verso l‟oggetto dell‟interesse.

LE MANI E LE BRACCIA

Attraverso le mani tocchiamo il mondo e ne abbiamo una rappresentazione più

precisa. E‟ scientificamente provato che il cervello ha più connessioni nervose con le

mani che con qualsiasi altra parte del corpo; ma al contempo sono (insieme alle gambe)

la parte del nostro corpo più lontana dal sistema nervoso centrale e quindi la più difficile

da controllare. Pertanto i gesti e le posizioni delle mani ci rivelano molte informazioni

sullo stato emozionale di una persona. Generalmente una posizione rigida delle braccia

e delle mani costringe a un‟inibizione del vissuto e riduce lo scambio di relazioni con

l‟ambiente.

Osserva una persona seduta: l’inclinazione della testa, l’orientamento del

busto, la posizione delle gambe e dei piedi ti svelano la sua disposizione

interiore.

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La mano aperta, cioè che mostra il palmo, denota fiducia e disponibilità ad agire

pacificamente e con buone intenzioni. Chi porge un‟ argomentazione o una proposta

con la mano aperta invita sempre allo scambio e lascia all‟altro la facoltà di scegliere

liberamente. Al contrario la mano coperta, cioè che mostra il dorso, è indice di autorità,

ma anche di chiusura emotiva dovuta magari ad insicurezza oppure al tentativo di

nascondere qualcosa.

Le mani giunte con le dita incrociate tra loro esprimono un atteggiamento controllato,

ansioso e negativo. E‟ una posizione assunta da chi si accorge di non essere

convincente o da chi ritiene che sta perdendo fiducia e credibilità verso l‟interlocutore.

La mani a guglia, con i polpastrelli poggiati gli uni sugli altri, indicano superiorità e

sicurezza di se ma allo stesso tempo anche che si è disponibili a trovare un punto di

contatto.

I pugni chiusi, a prescindere dal tono della voce e dalle parole del discorso,

tradiscono l‟aggressività dell‟interlocutore. La mano chiusa col dito puntato viene usata

simbolicamente come “mazza” per bacchettare e sottomettere gli ascoltatori. Inutile dire

che, a livello inconscio, suscitano solo sentimenti negativi.

Anche le braccia hanno un loro codice. Quando l‟interlocutore le mantiene incrociate

al petto sta inviando un classico segnale di chiusura: non ha intenzione di aprirsi nè di

lasciarsi avvicinare. La posizione di chiusura può essere rinforzata dai pugni chiusi che

manifestano inoltre ostilità e atteggiamento difensivo.

A volte però può accadere che l‟interlocutore mantenga le braccia incrociate, mentre

il resto del corpo denota rilassatezza e apertura. Questo non vuol dire che si sta

chiudendo verso di te, ma solamente che sta tenendo a freno la propria attività per

ascoltarti con più attenzione. Rimarrà in questa posizione di ascolto finché non vorrà o

non dovrà prendere lui stesso una posizione.

Una variante delle braccia incrociate è la posizione presa delle braccia dove il

soggetto si afferra entrambi gli arti superiori per sostenersi e coprire la parte anteriore

del corpo. Questa posizione, che simula un abbraccio, è un modo con cui l‟interessato

si chiude e si autoconforta. Secondo uno studio afferrarsi le braccia è comune tra i

Le mani sono l’estensione della mente e aiutano a descrivere il mondo.

Comunica con le mani aperte e mostrane il palmo per trasmettere fiducia.

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pazienti nelle sale di attesa di medici e dentisti: è un gesto che suggerisce un

atteggiamento controllato e negativo.

Un leggero contatto fisico volontario può tornarci utile quando vogliamo far arrivare

un messaggio di fiducia al nostro paziente: durante una conversazione toccare

lievemente qualcuno sul gomito può infatti triplicare la probabilità di ottenere ciò che si

desidera. Questo accade poiché un tocco leggero genera un legame momentaneo tra

due persone, creando quindi una sensazione inconscia molto forte. Il contatto però

deve essere lieve, deve avvenire in una zona neutra e poco intima (come il gomito) e

non deve durare più di tre secondi per non creare disagio. Quindi, quando si saluta

qualcuno dandogli la mano, è buona cosa toccarlo lievemente con il braccio sinistro e

ripetere il suo nome per dimostrare di averlo capito: questo trucco serve a far sentire

importante l‟interlocutore, ad aumentare l‟influenza su di lui e a generare

un‟impressione positiva.

LA TESTA E IL COLLO

Il cenno col capo è il gesto più comune di assenso ed è una sorta di piccolo inchino.

Gran parte delle persone non considera il potere di persuasione insito in tale atto: da

alcuni studi emerge che quando l‟ascoltatore annuisce, facendo 3 o più cenni del capo

di fila, l‟interlocuotre tende a parlare 3-4 volte più a lungo del solito. Inoltre se i cenni del

capo sono lenti vuol dire che l‟interlocutore è interessato al discorso, se invece sono

rapidi significa che ha ascoltato abbastanza e desidera terminare il discorso oppure

prendere la parola. E‟ buona cosa quindi annuire lentamente e più spesso del solito,

evitando quei movimenti inconsci, come scuotere la testa, che vengono percepiti come

negazione e rifiuto.

Se una persona ti guarda con la testa dritta vuol dire che è per lo più neutrale al tuo

discorso.

Quando la testa viene sollevata di più e il mento è sporgente, la persona sembra

“guardare tutti dall‟alto in basso” e diventa impavida e arrogante.

Il mento abbassato, con la testa china, indica un atteggiamento negativo, critico o

aggressivo.

Le braccia possono essere usate come barriere di difesa psicologica. Se

riesci a far sciogliere le braccia incrociate a una persona riusciarai più

facilmente anche a scioglierne i dubbi.

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Se invece inclina la testa di lato, espone collo e gola: questo atto di sottomissione,

che fa sembrare la persona più piccola e meno minacciosa, dimostra fiducia e

disponibilità ad accogliere ciò che stai dicendo.

GLI OCCHI

In molti casi gli occhi sono la parte anatomica più indicativa e affidabile in tema di

linguaggio corporeo, sia perché rappresentano un punto focale del corpo sia perché le

pupille non sono controllabili a livello conscio. Il contatto visivo è quindi un fattore

determinante in una conversazione.

Quando un individuo si trova in uno stato d‟animo positivo le pupille sono dilatate 4

volte più del normale; viceversa se è permeato da uno stato negativo si contraggono a

“capocchia di spillo”.

Quando una persona sgrana gli occhi richiede probabilmente maggiori informazioni,

o perché non ha capito bene o perché ha udito qualche cosa che esula dall‟ordinario e

si è incuriosito.

Anche gli occhi a fessura segnalano una richiesta di informazioni, ma approfondite e

particolareggiate: in questa maniera ci si concentra su un punto e si restringe il focus

dell‟attenzione.

Quando l‟interlocutore distoglie lo sguardo per parecchio tempo oppure compie un

battito palpebrale prolungato tenta inconsciamente di escludere qualcuno dalla propria

visuale per noia o disinteresse e sarà quindi infruttuoso proseguire lo scambio di

opinioni.

I movimenti delle palpebre acelerati indicano che la persona si trova sotto pressione,

oppure in uno stato di disagio. Se noti questi movimenti è il momento di cambiare

l‟argomento della conversazione.

Se vuoi far parlare di più un paziente e farlo sentire a suo agio, inclina la testa

verso di lui e annuisci.

Il contatto visivo è un fattore determinante per stabilire intesa e fiducia con i

tuoi pazienti.

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LA BOCCA

Con la bocca parliamo, ingeriamo cibo, veicoliamo emozioni positive e negative.

Attraverso la bocca esprimiamo il segnale sociale più usato ma anche sottovalutato

dalle persone: il sorriso. Se sorridiamo, gli altri quasi sempre ricambieranno: il riso

genera infatti sentimenti positivi in entrambe le parti. Alcuni studi dimostrano inoltre che,

quando si ride e sorride regolarmente, gran parte degli incontri avviene in un clima più

rilassato, dura più a lungo e ha esito più positivo, oltre a favorire l‟instaurarsi di buone

relazioni sociali.

Secondo gli studi del neurologo H. Rubenstein, riso e sorriso rafforzano inoltre il

sistema immunitario, proteggono il corpo dalle malattie, lo curano, aiutano a far

accettare un‟idea, a insegnare meglio e allungano la vita.

ATTI DI RIFIUTO

I segnali di rifiuto sono gesti che una persona esegue inconsciamente per esprimere

disaccordo verso l‟interlocutore o verso il discorso che si sta intrattenendo.

Vediamone alcuni esempi:

Sfregamento del naso da parte del dito indice con movimento orizzontale. Il

soggetto rifiuta l'argomento, il segno, il gesto, il comportamento espresso

dall'operatore.

Sfregamento del naso da parte del dito indice con movimento verticale. Il

movimento viene eseguito dal basso in alto, a "stappare" le narici come se il

soggetto volesse "prendere fiato": l'operatore è stato troppo incalzante.

Spostamento di oggetti lontano da sé. Lo spostamento riguarda piccoli oggetti

vicini, generalmente posti sul tavolo o sulla scrivania: il soggetto risponde

negativamente ad argomenti, parole, gesti o comportamenti. Se l'oggetto era

stato toccato qualche istante prima dall' operatore, allora è questi ad essere

giudicato, al momento, come negativo.

Atto dello "spolverare" o "spazzare via" qualcosa da una superficie. Rifiuto

istintivo del discorso che il soggetto sta ascoltando. Rifiuto del gesto o del segno

espresso dall'operatore.

Il sorriso è contagioso, distende gli animi e predispone alla collaborazione.

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Atto del ripulirsi o spolverarsi. Il discorso dell'operatore è simbolicamente

scartato, rifiutato, buttato via. Il soggetto registra come negativa la fonte di

stimolazione o l'oggetto della comunicazione.

Raschiamento della gola. Il raschiamento rappresenta un tentativo di espellere

od allontanare simbolicamente un argomento, un gesto, un segno, una parola,

un fatto, un evento, una persona.

Braccia conserte e gambe accavallate. Tipico atteggiamento di chiusura del

soggetto. Tale postura indica una chiusura nei confronti dell'operatore o

dell'argomento trattato. La chiusura può nascere da un rapporto mal impostato

da parte dell'operatore: occorre infatti cambiare atteggiamento in funzione della

tipologia comportamentale del cliente.

Variazione della postura del corpo o del tronco all'indietro. L‟intelocutore si

allontana dalla fonte del suo fastidio.

ATTI DI SCARICO DELLA TENSIONE

Attraverso gli atti di scarico tensionale il paziente ti informa, indirettamente e in

tempo reale, in merito alla quantità di tensione accumulata. Consistono nella

manipolazione di diverse zonee corporee, correlate in maniera specifica all‟entità della

tensione provata. Ad esempio il naso è collegato direttamente con la zona del cervello

che governa le emozioni. I pruriti in questa zona quindi esprimono il massimo carico

microtensionale, mentre il prurito accusato in zone del corpo sempre più distanti indica

una tensione via via minore. Le altre azioni di scarico, come le variazioni posturali, la

deglutizione o altre, rivelano la quantità di tensione accumulata solo con una certa

approssimazione.

E‟ possibile ordinare gli atti di scarico secondo una percentuale decrescente della

tensione subita dal soggetto:

Pressione esercitata in prossimità delle narici 100%

Grattamento verticale del naso 100%

Grattamento zona maxillofacciale Vicino al naso 100% - Lontano dal naso 80%

Grattamento zona sopracciliare o palpebrale 40%

Grattamento zona lacrimale 35%

Gli atti di rifiuto sono dei micromovimenti involontari che lasciano trasparire

sfiducia e disapprovazione.

Page 21: Pensiero Rivelato

20

Grattamento frontale 30%

Grattamento occipitale 25%

Grattamento retroauricolare 25%

Grattamento auricolare 20%

Grattamento parietale 20%

Pruriti e grattamento in altri distretti

Collo 10%

Braccio o spalla 5%

Zona sterno-mastoidea 10%

Polso 5%

Dorso della mano 10%

Zona scapolare 5%

Contrazioni muscolari del volto

Deglutizione salivare 100%

Irrigidimento mascellare 30%-90%

Fuga dello sguardo 10%-40%

Suoni del corpo

Riduzione del tono della voce fino all'afonia 20-100%

Veloce inspirazione o espirazione nasale 30%

Variazioni di postura

Dondolio (il soggetto ondeggia, generalmente da seduto)

Variazione del baricentro (il soggetto in piedi si appoggia prima su un

piede, poi sull'altro cambiando posizione).

LA PROSSEMICA

La prossemica è una disciplina nata negli anni sessanta, che studia lo spazio e le

distanze tra gli individui. Il suo fondatore, l‟antropologo E. Hall, ha osservato che la

vicinanza emotiva alle persone con cui comunichiamo è correlata con la distanza fisica

che manteniamo da esse ed ha quindi definito quattro "zone" specifiche:

I segnali di scarico tensionale costituiscono una vera e propria mappa

operativa capace di indicarti quali parole, temi o situazioni causano tensione al

paziente.

Page 22: Pensiero Rivelato

21

la distanza intima (0-45 cm) delinea lo spazio personale più importante, quasi come

fosse di nostra proprietà, in cui possono entrare solo le persone a noi più vicine da

un punto di vista emotivo come innamorati, genitori, coniugi, parenti ed amici intimi;

la distanza personale (45-120 cm) è quella che teniamo rispetto agli amici e ai

conoscenti nelle funzioni sociali;

la distanza sociale (1,2-3,5 metri) definisce la distanza che manteniamo quando

abbiamo a che fare in prima persona con un estraneo o con tutte quelle persone che

non conosciamo molto bene;

la distanza pubblica (oltre i 3,5 metri) rappresenta quella a cui ci collochiamo per

sentirci a nostro agio ogni volta che ci troviamo in un folto gruppo di persone.

Nel libro "La dimensione nascosta", Hall osserva che la distanza alla quale ci si

sente a proprio agio con le altre persone dipende dalla propria cultura (i sauditi, i

norvegesi, gli italiani e i giapponesi hanno infatti diverse concezioni di vicinanza) e dal

sesso (i maschi si trovano più a loro agio a lato di una persona, le femmine di fronte).

Quando una persona cerca il proprio spazio personale (in palestra, in biblioteca, al

cinema) generalmente lo fa in modo prevedibile: cerca di solito lo spazio più ampio

disponibile tra quelli già occupati e ne sceglie la parte centrale.

Ogni forma di intrusione contro la nostra volontà nello spazio personale rappresenta

una violazione territoriale. Gli unici estranei autorizzati ad entrare nella zona intima di un

soggetto sono i medici, gli odontoiatri e altre categorie professionali (fisioterapisti,

parrucchieri etc.) che possono farlo in quanto non rappresentano una minaccia. Anche

in questi casi però, molte persone possono reagire inconsciamente alla violazione della

loro zona intima con variazioni fisiologiche importanti che preparano l‟organismo alla

reazione del “combatti o fuggi” (sudorazione, agitazione, tachicardia, irrequietezza).

A questo punto è importante capire come ogni individuo che si siede sulla tua

poltrona risponda a tale “invasione”. Come vedremo nel capitolo III alcuni tipi di persone

non amano particolarmente essere avvicinate, mentre per altri la vicinanza e il contatto

sono fondamentali. Inoltre le donne, con un medico del loro stesso sesso, amano stare

più vicine, guardarsi in faccia ed avere contatti fisici più di quanto facciano gli uomini tra

loro. L‟odontoiatra lavora costantemente sul paziente ad una distanza molto ravvicinata

La distanza fisica che manteniamo dalle persone è proporzionale alla vicinanza

emotiva nei loro riguardi.

Page 23: Pensiero Rivelato

22

ed entra inevitabilmente nel suo spazio intimo. Dovresti pertanto cercare di dare al

paziente la minima sensazione di invasione, lasciando il più possibile libera la sua

visuale. A tal proposito può essere di particolare aiuto posizionarsi dietro la poltrona e

sfruttare gli occhiali ingrandenti per lavorare a una distanza (30-40 cm) che è al limite

della zona intima.

I principi base della prossemica possono essere applicati anche quando ricevi

qualcuno nel tuo studio.

Quando un paziente entra, per evitargli un possibile disagio o imbarazzo, alzati e

vagli incontro cordialmente. Aggiungi pure alla stretta di mano una frase per accoglierlo

nel tuo territorio come “benvenuto signor …”.

Se, invece di andargli incontro, rimani fra la sedia e il riunito, stai scegliendo di

mantenere un atteggiamento di tipo ufficiale: gli oggetti fra i quali ti muovi sono i segni

della tua posizione e del tuo ruolo e il tuo atteggiamento insiste su di essi. Se invece

abbandoni questa protezione e avanzi leggermente, rendi sicuramente il saluto più

personale.

Se infine l‟ospite ti è caro, o riveste un ruolo superiore al tuo, vagli incontro

sollecito e “scortalo” al luogo dell‟incontro.

L’ODONTOIATRA DI FAMIGLIA

Qualsiasi paziente vorrebbe trovare nel proprio odontoiatra una versione del

vecchio, caro medico di famiglia: uno specialista esperto e scrupoloso, ma prima di tutto

un uomo caloroso, amichevole, e magari anche psicologo. Si tratta di una figura mitica,

che ormai ci tramanda solo la tradizione popolare, la cui umanità e capacità non

riuscirebbero ad essere emulate nemmeno dal professionista mosso dalle migliori

intenzioni.

L‟attuale rapporto medico-paziente infatti si risolve spesso in una visita sbrigativa,

non più personalizzata, che può risultare insoddisfacente sia per il malato, che non si

sente capito, sia per il sanitario, che vede i suoi sforzi terapeutici vanificati dalla scarsità

L’odontoiatra inevitabilmente entra nello spazio intimo del paziente e deve

perciò ridurre al minimo la sensazione di invasione lasciandogli libera la

visuale.

Page 24: Pensiero Rivelato

23

di collaborazione. Il problema principale risiede in realtà nella mancanza di

comunicazione (nel senso più ampio del termine) tra le due parti, che in effetti va a

discapito di entrambi.

Il paziente, in materia di salute, vive spesso il responso con ansia, paura e

preoccupazione. Lo studio odontoiatrico è un luogo in cui egli tenta consciamente di

trattenersi emotivamente, anche se inconsciamente il suo corpo non può fare a meno di

esprimere questo turbinio interiore. Per il malato trovarsi di fronte qualcuno che sembra

non capirlo o non cogliere le sue esigenze emozionali può rendere il consulto

un‟esperienza molto frustrante.

L‟odontoiatra d‟altro canto si concentra molto sulla problematica

odontostomatologica tralasciando spesso quei dettagli rivelatori provenienti dal

linguaggio non verbale, che dicono molto più di quello che il malato racconta. Se impari

a riconosce un “segnale problematico”, puoi decidere di rallentare il discorso, di essere

più esplicativo e rassicurante, di chiedere un parere al tuo paziente per prevenire

atteggiamenti negativi ed ostruzionistici che possono condizionare profondamente il

vostro rapporto.

PER RIASSUMERE…

La comunicazione non verbale è quella parte della comunicazione che

comprende tutti gli aspetti di uno scambio comunicativo che non riguardano il

livello puramente semantico del messaggio.

La comunicazione non verbale veicola il 93 % del significato complessivo del

messaggio che vogliamo trasmettere.

Ricorda la regola delle 3C per interpretare la CNV: Complesso + Coerenza +

Contesto.

Il linguaggio del corpo è un sistema bidirezionale: lo stato d’animo influenza il

corpo e il corpo influenza lo stato d’animo.

Osserva una persona seduta: l’inclinazione della testa, l’orientamento del busto,

la posizione delle gambe e dei piedi ti svelano la sua disposizione interiore.

Le mani sono l’estensione della mente e aiutano a descrivere il mondo.

Comunica con le mani aperte e mostrane il palmo per trasmettere fiducia.

Page 25: Pensiero Rivelato

24

Le braccia possono essere usate come barriere di difesa psicologica. Se riesci a

far sciogliere le braccia incrociate a una persona riusciarai più facilmente anche

a scioglierne i dubbi..

Se vuoi far parlare di più un paziente e farlo sentire a suo agio, inclina la testa

verso di lui e annuisci.

Il contatto visivo è un fattore determinante per stabilire intesa e fiducia con i tuoi

pazienti.

Il sorriso è contagioso, distende gli animi e predispone alla collaborazione.

Gli atti di rifiuto sono dei micromovimenti involontari che lasciano trasparire

sfiducia e disapprovazione.

I segnali di scarico tensionale costituiscono una vera e propria mappa operativa

capace di indicarti quali parole, temi o situazioni causano tensione al paziente.

La distanza fisica che manteniamo dalle persone è proporzionale alla vicinanza

emotiva nei loro riguardi.

L’odontoiatra inevitabilmente entra nello spazio intimo del paziente e deve perciò

ridurre al minimo la sensazione di invasione lasciandogli libera la visuale.

PER APPROFONDIRE…

Borg J. “Il linguaggio del corpo”. Tecniche nuove, 2009.

Molcho S. “I linguaggi del corpo”. Red, 2007.

Navarro J. “Non mi freghi!”. Sonzogno, 2009.

Pease A, Pease B. “Perché mentiamo con gli occhi e ci vergognamo con i piedi?”. Bur,

2005.

Pacori M. “Come interpretare i messaggi del corpo”. Sperling & Kupfer, 2010.

Pacori M. “I segreti del linguaggio del corpo”. Sperling & Kupfer, 2010.

Page 26: Pensiero Rivelato

25

Capitolo II

IL VISO NON MENTE

“Quando desidero scoprire quanto sia saggia, stupida, buona o malvagia una persona, o cosa stia pensando in un dato momento, atteggio il mio volto, con la maggiore accuratezza possibile, nella stessa sua espressione, quindi aspetto di vedere quali pensieri o sentimenti sorgono nella mia mente o nel mio

cuore, complementari o corrispondenti all’espressione.” (Edgar Allan Poe)

Quando un‟emozione nasce, dentro di noi si attivano una serie di cambiamenti

fisiologici e comportamentali per gestire la situazione che l‟ha prodotta, con l‟unico

scopo di garantire il nostro benessere psicofisico. Le emozioni infatti si sono evolute

proprio per aiutarci a controllare con rapidità gli eventi più vitali per la nostra esistenza,

cioè tutte quelle situazioni in cui una valutazione razionale sarebbe lenta e quindi inutile

ai fini della sopravvivenza.

Ogni emozione genera delle sensazioni fisiche caratteristiche ed è

accompagnata da segnali specifici involontari nella voce e nel corpo. Per quanto una

persona possa essere poco espressiva, le emozioni non restano mai invisibili nè

silenziose: chi ci guarda e ci ascolta è in grado di dire come ci sentiamo, a meno che

non ci impegniamo consapevolmente a reprimere la nostra emotività. Ma anche in

questi casi qualche traccia di essa traspare ed è comunque individuabile. Far capire a

chi ci sta intorno cosa stiamo provando è un ulteriore retaggio evolutivo:

presumibilmente la capacità dell‟uomo di riconoscere gli stati d‟animo altrui è stato

fondamentale per la sopravvivenza della specie.

I segnali emozionali a sè stanti però non indicano mai la fonte dell‟emozione: a

volte potresti configurarla dal contesto immediato, altre dovrai considerare le possibili

alternative evitando di saltare alle conclusioni.

L’emozione è una forma particolare di valutazione automatica con la quale si

attivano una serie di cambiamenti fisiologici e comportamentali atti a gestire,

rapidamente, una situazione importante per il nostro benessere psicofisico.

Page 27: Pensiero Rivelato

26

LE ESPRESSIONI FACCIALI

Il volto, costituito da 22 muscoli mimici bilaterali, è la parte più espressiva del

corpo ed emette il maggior numero di segnali emozionali. Non a caso rivolgiamo

naturalmente lo sguardo verso di esso nelle interazioni con gli altri. Imparare a leggere i

segnali delle emozioni sul volto delle persone può aiutarti a riconoscerne gli stati

d‟animo e quindi a gestirle.

Lo psicologo americano Paul Ekman è uno dei pionieri dello studio e della

catalogazione delle espressioni ed è considerato uno dei massimi esperti di mimica

facciale. Le sue ricerche, condotte tra popolazioni indigene culturalmente isolate, hanno

dimostrato che le espressioni del viso sono segnali involontari che rappresentano dei

veri e propri vocaboli di un linguaggio innato ed universale. A conferma delle teorie

darwiniane, è‟ ormai un dato di fatto che non differiscono da cultura a cultura e non

sono frutto di un apprendimento.

Paul Ekman e il suo collega Wally Friesen hanno individuato sette emozioni di

base universalmente diffuse (gioia, sorpresa, dolore, paura, disprezzo, disgusto e

rabbia) di cui hanno isolato le espressioni caratteristiche. Dopo sette anni di ricerche

hanno stilato un sistema di codifica delle espressioni facciali: il Facial Action Coding

System (FACS) che rappresenta il primo e unico atlante anatomico del volto, standard

di riferimento per tutti coloro che si occupano di mimica. Si tratta di un metodo

scientifico atto a misurare ciascun movimento facciale relativo ad una determinata

espressione, scomponendolo nelle sue componenti (Action Units) fondamentali.

I due pscicologi hanno inoltre dedicato molto tempo allo studio del rapporto

reciproco tra mimica ed emozioni. L‟esito del loro lavoro conferma che se da una parte

le emozioni sono in grado di condizionare la mimica facciale è anche vero che le

espressioni del viso possono influenzare a loro volta lo stato d‟animo. Dopo aver

passato giorni seduti l‟uno di fronte all‟altro a provare espressioni di collera e

sofferenza, infatti i due studiosi si sentivano effettivamente più pessimisti e di cattivo

umore alla fine della giornata. Come abbiamo già visto, la mente non è una strada a

senso unico: il modo di muoversi, il portamento e quindi anche le espressioni facciali

influenzano i pensieri e le emozioni allo stesso modo in cui questi agiscono sul corpo.

Le espressioni facciali sono segnali involontari, innati e universali.

Page 28: Pensiero Rivelato

27

Le espressioni facciali delle emozioni non si esprimono sempre nella stessa

maniera ma variano per grandezza, intensità e velocità.

Le espressioni manifestate più frequentemente sono le MACROESPRESSIONI, che

durano da 0,5 a 4 secondi, coinvolgono l‟intera faccia e usualmente sono coerenti con

gli altri segnali della CNV dato che l‟interlocutore non cerca di nascondere nulla. Le

ESPRESSIONI SOTTILI invece sono quelle per così dire “incomplete”, cioè che

coinvolgono un solo distretto del volto (sopracciglia, occhi o bocca). Sono molto veloci e

possono indicare un‟emozione celata o di bassa intensità. Infine le

MICROESPRESSIONI sono espressioni velocissime che coinvolgono l‟intera faccia ma

durano da 1/25 a 2/25 di secondo e sono molto difficili da cogliere ad occhio nudo. Le

microespressioni sono fughe di informazioni quando si tenta di reprimere un‟emozione

sia inconsapevolmente che deliberatamente e sono usate come possibili rivelatori di

menzogna. Sul sito www.paulekman.com sono presenti due programmi interattivi che ti

aiutano a riconoscere i segnali sottili delle emozioni e le microespressioni sul volto delle

persone :il Subtle Expression Training Tool (SETT) e il Micro Expression Trainig Tool

(METT).

Esiste comunque un'altra categoria di espressioni: le cosiddette ESPRESSIONI

FALSE, che servono a nascondere ciò che si prova veramente o a mostrare qualcosa

che non si sente, indossando volontariamente una “maschera”. Generalmente è più

facile fingere emozioni positive piuttosto che negative: per questo motivo usiamo

spesso un sorriso di circostanza per nascondere il nostro vero stato d‟animo. Secondo

Ekman la falsa mimica facciale viene smascherata principalmente da due

caratteristiche: la durata dell‟espressione e la sua collocazione nel discorso.

L‟espressione relativa a un‟emozione che appare dopo averla manifestata verbalmente

e che dura più di 10 secondi probabilmente è falsa. Come regola generale vale

l'assunto che le espressioni non sincronizzate con i movimenti del corpo costituiscono

probabili indizi di menzogna.

In base a grandezza, velocità e intensità le espressioni facciali si dividono in:

Macroespressioni, Microespressioni ed Espressioni sottili.

Le emozioni condizionano la mimica facciale e viceversa le espressioni del

viso influenzano lo stato d’animo.

Page 29: Pensiero Rivelato

28

Analizziamo quindi la mimica delle emozioni di base, considerando per ciascuna

il tema fondamentale (trigger) in grado di innescarla, la sua funzione e i segnali del volto

caratteristici.

LA TRISTEZZA

Il tema fondamentale che innesca la tristezza è la perdita sotto varie forme:

perdere un amico o un familiare, essere respinti da un innamorato, perdere l‟autostima

a seguito di un fallimento sul lavoro, perdere la salute o perdere un oggetto tenuto in

gran conto.

Le espressioni facciali della tristezza possiedono la funzione, legata

all‟evoluzione, di richiamare l‟aiuto degli altri: hanno il compito di far si che chi le vede si

senta toccato e desideri offrire conforto, di chiedere aiuto, di imporre la propria

sofferenza agli occhi degli altri, in modo che qualcuno venga a sostenerci. Va detto però

che non tutti vogliono essere aiutati nella tristezza: alcuni individui desiderano ritirarsi,

stare da soli, non essere visti, soprattutto se le tradizioni culturali, l‟educazione ricevuta

e il temperamento favoriscono questo atteggiamento nei confronti di tali sentimenti. La

tristezza però anche se repressa non lo è mai totalmente: se potessimo eliminarne

completamente i segni in modo da non lasciarne più traccia sul volto, nella voce o nel

corpo dovremmo considerarli inaffidabili quanto le parole che pronunciamo.

Nella tristezza i segnali più caratteristici sono riscontrabili nella voce e nel volto. La

voce diventa più flebile e bassa ma sono soprattutto le espressioni facciali a lanciare i

segnali più forti.

Sopracciglia: sono degli indicatori molto affidabili per la tristezza, poiché assumono

una posizione caratteristica che poche persone sanno produrre volontariamente: le

sole estremità interne delle sopracciglia si sollevano convergendo verso l’alto

(sopracciglio obliquo). Anche quando si cerca di nascondere tale emozione

l‟attivazione di questo movimento non può essere inibita e la linea obliqua delle

sopracciglia lascia trasparire i veri sentimenti. Il movimento delle sopracciglia

imprime una forma a triangolo anche alle palpebre superiori: talvolta questo può

Le espressioni false durano più di 10 secondi, si sviluppano dopo che

l’emozione è stata espressa verbalmente e non sono sincronizzate con il resto

della CNV.

Page 30: Pensiero Rivelato

29

essere l‟unico segno della tristezza. Bisogna stare però attenti che se le sopracciglia

sono solo convergenti, senza sollevarsi nella porzione interna, delineano

semplicemente perplessità o concentrazione.

Occhi: lo sguardo è rivolto verso il basso e le palpebre sono abbassate. Il

movimento verso il basso degli occhi ha molteplici significati ma diviene un

indicatore di tristezza solo se è accompagnato dal movimento delle sopracciglia. Le

lacrime invece non sono dei segnali strettamente indicativi dato che la loro

espressione può essere legata ad un fattore culturale e possono comparire anche

durante un‟intensa gioia o negli eccessi di riso.

Bocca: gli angoli sono tirati verso il basso, il labbro inferiore è teso e spinto verso

l‟alto e può tremare. La pelle fra il mento e il labbro inferiore viene corrugata e spinta

in l‟alto dal muscolo mentoniero, che se agisce da solo produce il caratteristico

broncio. L‟abbassamento degli angoli della bocca, da solo, non è sempre indice di

tristezza: se il movimento è lieve può esprimere un‟ emozione leggera o un tentativo

di nasconderla ma se diviene marcato, e non è accompagnato da altri segnali,

potrebbe indicare semplicemente scetticismo o negazione. Quando ci si trattiene dal

piangere ad alta voce inoltre, le labbra possono restare serrate. Le sole labbra

comunque possono non essere indicative di tristezza.

Guance: le guance vengono sollevate e tirate verso l‟alto e rappresentano un‟altra

componente di una piena manifestazione di questa emozione. Questo movimento

contrasta quello delle labbra e crea una tensione tra le guance tirate verso l‟alto e gli

angoli della bocca rivolti in basso, producendo dei solchi (naso-labiali) che dai lati

delle narici proseguono oltre gli angoli della bocca. I muscoli delle guance spingono

verso l‟alto anche la pelle sotto gli occhi, che dunque si assottigliano.

Page 31: Pensiero Rivelato

30

LA RABBIA

Il trigger della rabbia è l‟interferenza: ci arrabbiamo quando qualcuno o qualcosa

interferisce con ciò che siamo intenti a fare. Possiamo arrabbiarci quando qualcuno

cerca di farci del male fisicamente oppure quando ci insulta e denigra il nostro aspetto o

le nostre prestazioni. Inoltre possiamo inquietarci perché siamo stati delusi dalle azioni

di qualcuno (specialmente se è una persona a cui teniamo particolarmente) oppure con

chi rivendica azioni o convinzioni che ci offendono (anche se è un totale sconosciuto).

Le espressioni facciali della rabbia servono per comunicare il desiderio di far

allontanare la fonte della rabbia o addirittura di farle del male. A tal proposito alcuni

antropologi sostengono che l‟espressione chiusa e corrugata della rabbia serva appunto

a proteggere il viso da eventuali attacchi. La rabbia è un emozione pericolosa perché

genera altra rabbia in un circolo vizioso che diventa spesso un‟ escalation. Comunque

raramente da sola dura a lungo, ma perlopiù è associata ad altre emozioni come la

paura (di perdere il controllo o di nuocere all‟altro), il disgusto (repulsione verso

l‟obiettivo o verso se stessi) o la colpa e vergogna (per i sentimenti negativi provati).

I segnali facciali caratteristici della rabbia sono i seguenti:

Sopracciglia e occhi: le sopracciglia sono abbassate e convergenti (formando

delle rughe verticali caratteristiche sopra il naso), lo sguardo è fisso con le

palpebre superiori e inferiori tese. Queste due caratteristiche insieme definiscono

“l‟occhiataccia” tipica di un soggetto arrabbiato. Se sono presenti solo le

sopracciglia abbassate probabilmente si tratta di perplessità, confusione,

concentrazione o determinazione.

Bocca: le labbra possono assumere due posizioni differenti: aperte, prendendo

una forma quadrata o rettangolare; oppure serrate, con il bordo rosato che si

assottiglia. Quest‟ultima è un azione difficilissima da inibire che tradisce rabbia

anche quando non ve n‟è altro segno. E‟ anche uno dei segnali più precoci, già

evidente quando ancora non ci si è accorti di essere in collera. Un altro segno

comune è la mascella serrata e protesa.

Page 32: Pensiero Rivelato

31

LA SORPRESA

La sorpresa è la più breve di tutte le emozioni ed è innescata solamente da un

evento improvviso e inaspettato. Dura al massimo pochi secondi, cioè l‟attimo in cui ci

figuriamo cosa sta accadendo, dopodiché si mescola con la paura, la rabbia, il

divertimento, il sollievo a seconda di cosa ha prodotto la sorpresa; oppure può non

essere seguita da alcuna emozione. Per essere autentica deve apparire e scomparire

molto velocemente e durare pochi secondi, giusto il tempo di prendere coscienza

dell‟accaduto.

L‟espressione di sorpresa non è nè positiva, nè negativa. E' il riflesso dell'elaborazione

di un‟informazione completamente nuova per il cervello che prende tempo per

interpretare la situazione e poi, se necessario, passare a un'altra emozione più

funzionale per quella determinata situazione.

Il viso manifesta sorpresa attraverso i seguenti movimenti:

Sopracciglia e occhi: le sopracciglia sono sollevate contemporaneamente

formando delle rughe orizzontali caratteristiche sulla fronte. Gli occhi sono sgranati

con le palpebre superiori sollevate. Se le sopracciglia alzate sono l‟unico segno

presente probabilmente si tratta di attenzione e interesse.

Bocca: nella sorpresa spesso la bocca è aperta con la cosiddetta “mascella che

cade”. Quando al movimento delle palpebre si associa quello della bocca,

quest‟emozione si può manifestare anche senza l‟intervento delle sopracciglia.

Page 33: Pensiero Rivelato

32

LA PAURA

Il tema della paura è il pericolo di un danno fisico o psicologico. Possiamo aver

paura di pericoli reali come qualcosa che attraversa lo spazio a tutta velocità, la perdita

improvvisa di un sostegno che ci fa cadere nel vuoto; oppure di pericoli immaginari

come ad esempio il buio. Possiamo inoltre aver paura davanti alle minacce di dolore

fisico, sebbene mentre lo si prova si possa non provare tale emozione, come ad

esempio dal dentista.

Le espressioni facciali della paura hanno la funzione di comunicare agli altri che

è in pericolo l’incolumità del gruppo e quindi di richiedere aiuto. L‟evoluzione, durante

uno stato di profonda paura, favorisce due azioni molto diverse: fuggire o combattere.

Nel momento cruciale, il sangue affluisce ai muscoli larghi delle gambe,

predisponendoci a correre. Ciò non significa che correremo, ma solo che l‟evoluzione ci

ha preparati a fare ciò che, nell‟adattamento della specie, si è rivelato più favorevole

alla nostra preservazione. Se non fuggiamo, la reazione più probabile è arrabbiarci con

ciò che ci minaccia. Questa emozione farà fluire il sangue ai muscoli dell‟addome e

delle braccia facendoli contrarre come una corazza e preparandoci al combattimento.

I segnali tipici della paura sono:

Sopracciglia e occhi: le sopracciglia sono alzate come nella sorpresa ma, a

differenza di essa, sono anche convergenti. Gli occhi sono sgranati con la

palpebra superiore alzata (come nella sorpresa), mentre la palpebra inferiore è

tesa.

Page 34: Pensiero Rivelato

33

Bocca: le labbra sono tese e ritratte verso gli occhi. Quando al movimento delle

palpebre si associa quello della bocca, quest‟emozione si può manifestare anche

senza l‟intervento delle sopracciglia.

IL DISGUSTO

Il tema scatenante del disgusto è l‟idea di incorporare oralmente qualcosa che è

considerato ripugnante e contaminante. Si può provare questa emozione anche verso

qualcosa che non è alimentare. Può essere un oggetto, un odore, un sapore o un

pensiero, a volte solo il ricordo di ciò per cui si é provato disgusto può far riprovare

questa sensazione. In tutte queste occasioni la prima reazione è quella di allontanarsi o

liberarsi da ciò che ci infastidisce.

L‟espressione facciale del disgusto un tempo possedeva la funzione sociale di

comunicare che un determinato cibo non era commestibile. Al giorno d‟oggi indica

anche che una persona, un‟ idea o un discorso non sono “commestibili” per il cervello.

Ci sono casi però in cui possiamo sospendere il disgusto: ad esempio quando si

stabilisce un‟intimità, segno di impegno personale, come avviene tra due amanti o tra

madre e figlio coinvolti in attività fisiche che per chiunque altro sarebbero disgustose.

I segnali tipici sono:

Sopracciglia e occhi: la parte superiore del viso non partecipa attivamente

all‟espressione del disgusto tranne quando l‟emozione diventa molto forte e si

assiste ad un abbassamento delle sopracciglia simile a quello della rabbia. Ma se

Page 35: Pensiero Rivelato

34

nella rabbia tipicamente le sopracciglia convergono e le palpebre superiori sono

soillevate, questo non avviene invece nel disgusto.

Bocca: il labbro superiore è sollevato il più possibile e le guance si alzano

provocando l‟innalzamento delle palpebre inferiori. La ruga che da sopra le narici

scende sotto l‟angolo delle labbra è profonda e ha la forma di una U rovesciata. Le

narici sono dilatate.

IL DISPREZZO

Il disprezzo, a differenza del disgusto, è un‟emozione rivolta esclusivamente

verso le persone. Non si prova disprezzo nei confronti di oggetti od odori ma piuttosto

verso situazioni ritenute immorali, che fanno provare superiorità rispetto a coloro che le

hanno compiute. Si può provare disprezzo quando si vede maltrattare una donna, un

bambino o anche un animale; quando il proprio consiglio o la propria opinione vengono

contraddette o non ascoltate da qualcuno che occupa un grado superiore ma è ritenuto

inferiore.

E‟ difficile dire quale sia la funzione del disprezzo. Sicuramente rappresenta

un‟affermazione di potere e di status con cui segnaliamo di essere superiori, e di non

aver dunque bisogno di scendere a compromessi nè di impegnarci in qualcosa.

Page 36: Pensiero Rivelato

35

Tra le emozioni di base, il disprezzo è l‟unica che si presenta in modo

asimmetrico, ovvero su un solo lato del volto. Compare solo nella parte inferiore del viso

dove un angolo la bocca si tende verso l‟esterno e verso l‟alto.

LA FELICITA’

Le emozioni piacevoli motivano la nostra vita: spingono a fare cose che in

generale ci fanno bene e a cimentarci in attività necessarie per la sopravvivenza della

specie, come le relazioni sessuali e la cura della prole. Esistono moltissime emozioni

positive e la felicità fa parte di esse. La felicità è l‟emozione che tutti vogliono provare e

sentire il più spesso possibile. E‟ l‟emozione più piacevole perché quando si prova si sta

bene, tanto che si preferisce frequentare persone che ridono e sono felici piuttosto di

altre che non lo sono. Esistono moltissimi temi universali per la felicità: ad esempio

stare con le persone care, oppure la nascita di un figlio, o ancora i successi lavorativi e

sportivi.

Il sorriso è un segnale facciale spesso associato alla felicità (così come di tutte le

altre emozioni piacevoli), ma non è caratteristico di questa emozione dato che può

essere usato anche quando non si prova alcun piacere, ad esempio per educazione.

Esistono però delle discriminanti per distinguere un sorriso vero da un sorriso di

circostanza. Duchenne, il primo studioso del sorriso, ha scoperto che quando si sorride

in maniera sincera, si attiva sia il muscolo zigomatico che tira gli angoli della bocca, sia

il muscolo orbicularis oculi che crea delle leggere zampe di gallina attorno agli occhi e

abbassa leggermente le soparacciglia. L‟obicularis oculi è un muscolo che difficilmente

obbedisce alla volontà e per questo è usato come fattore discriminante tra un sorriso

Page 37: Pensiero Rivelato

36

vero e un sorriso finto. Infine se il sorriso è frutto di un‟ emozione vera appare più

velocemente e impiega più tempo a scomparire, a differenza di quello di circostanza

che ha un‟evoluzione più irregolare.

Non bisogna dimenticare però che, proprio per il suo forte significato emotivo, il sorriso

è anche la maschera maggiormente usata per dissimulare le vere emozioni. Esistono

infatti diversi tipi di sorriso di non piacere (di paura, di disprezzo, di tristezza, di

disgusto) che sono però facilmente riconoscibili poiché manifestandosi solo nella parte

inferiore del viso, lasciano trasparire segnali sottili del vero stato d‟animo nella parte

superiore.

IL DOLORE

Il dolore non è un‟ emozione e non fa parte

delle espressioni di base, ma è anch‟esso innato e

universale. La mimica è caratteristica: il naso è

arricciato e tirato verso l‟alto, le sopracciglia sono

convergenti, gli occhi si costringono fino alla chiusura

totale, il labbro superiore si alza, quello inferiore si

abbassa e a volte anche la mandibola si abbassa.

Come per il sorriso anche l‟espressione del dolore può

essere reale o simulata. Ben Craig e collaboratori nel

1991 hanno messo a confronto le espressioni di dolore

vero con quelle di dolore falso. Nelle false il soggetto

Page 38: Pensiero Rivelato

37

tende a esagerare i movimenti stirando la bocca verso le orecchie oppure tirandone

eccessivamente gli angoli verso l‟alto, quasi a sembrare una sorta di caricatura. Una

espressione univoca del dolore è ovviamente importante nelle professioni sanitarie

perché permette di discriminare quando il paziente prova realmente dolore oppure finge

per paura.

IL COMPORTAMENTO EMOTIVO

Quando siamo in preda a un‟emozione tutto l‟organismo ne subisce l‟effetto. Le

espressioni facciali sono i segnali universali più facilmente accessibili ma anche quelli

più facili da camuffare. Accanto ad essi riveste un ruolo fondamentale la voce: ogni

volta che insorge un‟emozione c‟è un impulso ad emettere un suono. La voce

raramente invia messaggi emozionali falsi poiché pochissime persone sanno simulare

in modo convincente un‟emozione che non provano. La voce però rappresenta un

sistema di segnalazione disattivabile, cioè facile da reprimere. Così come Paul Ekman è

il riferimento per le espressioni facciali, Klaus Scherer lo è per i segnali vocali ed ha

dimostrato che anche questi, come le espressioni, sono universali, e potrebbero essere

specifici nel segnalare le singole emozioni (APPENDICE A). Nonostante l‟importanza

dell‟argomento però si sa ancora poco data la scarsità di ricerche a riguardo.

Quando un‟emozione cresce avvengono anche dei mutamenti biologici interni

cioè dei cambiamenti del sistema nervoso autonomo che influenzano la respirazione,

l‟attività cardiaca, la temperatura. Alcuni di essi rappresentano delle “azioni predefinite”

per le singole emozioni: ad esempio l‟aumento della frequenza cardiaca nella rabbia e

nella paura, che predispongono la persona a muoversi; l‟aumento del flusso sanguigno

alle mani nella rabbia, che predispone a colpire o a entrare in contatto con l‟oggetto

della rabbia; il maggiore flusso sanguigno alle gambe nella paura che prepara alla fuga;

l‟aumentata sudorazione nella rabbia e nella paura intense; l‟aumento della respirazione

nella rabbia, nella paura e nel tormento.

Oltre ai mutamenti biologici interni le emozioni inducono anche dei cambiamenti

interiori nel modo di pensare e interpretare il mondo circostante, che non si possono

udire o vedere. Una ricerca ha dimostrato che vengono recuperati i ricordi collegati

all‟emozione che stiamo provando e che valutiamo tutto ciò che sta accadendo in modo

coerente con l‟emozione in corso, giustificando ed alimentando dunque l‟emozione

stessa.

Page 39: Pensiero Rivelato

38

Tutto il resto di quanto facciamo quando siamo in preda ad un‟emozione, come ci

muoviamo e quello che diciamo, sono azioni apprese e non innate e sono

probabilmente specifiche per ogni cultura o individuo. Una volta appresi però questi

schemi d‟azione operano automaticamente, proprio come se fossero innati, ma

possiamo sopprimerli o sostituirli con azioni differenti. Infatti abbiamo un controllo

volontario eccellente sui muscoli scheletrici e sulla parola, ma non sui muscoli facciali o

sulla regolazione del nostro apparato vocale. Proprio per questo è molto più facile

impedirci un‟azione piuttosto che eliminare totalmente ogni segno dell‟emozione dal

volto o dalla voce

I sentimenti e le emozioni che provano i pazienti nei tuoi confronti e verso la

terapia odontoiatrica saranno il più grande ostacolo che dovrai affrontare per aiutarli a

curarsi. Grazie allo studio delle espressioni e della CNV ora hai un‟ arma in più per

capirli, guidarli e rassicurarli e per farti vedere attento ed empatico nei confronti della

loro emotività.

PER RIASSUMERE…

L’emozione è una forma particolare di valutazione automatica con la quale si

attivano una serie di cambiamenti fisiologici e comportamentali atti a gestire,

rapidamente, una situazione importante per il nostro benessere psicofisico.

Le espressioni facciali sono segnali involontari, innati e universali.

Le emozioni condizionano la mimica facciale e viceversa le espressioni del viso

influenzano lo stato d’animo.

In base a grandezza,velocità e intensità le espressioni facciali si dividono in:

Macroespressioni, Microespressioni ed Espressioni sottili.

Le espressioni false durano più di 10 secondi, si sviluppano dopo che l’emozione

è stata espressa verbalmente e non sono sincronizzate con il resto della CNV.

Tristezza: angoli interni delle sopracciglia alzati, angoli interni delle palpebre

superiori alzati, angoli della bocca verso il basso.

Rabbia: sopracciglia abbassate e tendenti a riunirsi al centro, tensione delle

palpebre superiori e inferiori, labbra serrate.

Sorpresa: sopracciglia alzate e curvate verso l’alto, occhi spalancati, bocca

aperta.

Page 40: Pensiero Rivelato

39

Paura: sopracciglia alzate e tendenti a riunirsi al centro, palpebre superiori

alzate, palpebre inferiori tese, bocca aperta e labbra tese verso l’esterno.

Disgusto: naso arricciato e guance alzate, labbro superiore alzato.

Disprezzo: un solo angolo della bocca tirato verso l’alto o l’esterno.

Felicità: rughe attorno agli occhi, palpebre inferiori alzate e guance alte, angoli

della bocca tesi verso l’alto.

Dolore: naso arricciato e tirato verso l’alto, sopracciglia convergenti,

costringimento degli occhi, labbro superiore alzato, labbro inferiore abbassato e

mandibola abbassata

PER APPROFONDIRE…

Darwin C, Ekman P. “L‟espressione delle emozioni”. Bollati Boringhieri, 2008.

Ekman P. “Te lo leggo in faccia”. Edizioni Amrita, 2008.

Ekman P. “I volti della menzogna”. Giunti, 2011.

Ekman P. “Giù la maschera”. Giunti, 2007.

Ekman P, Rosenbergh E. “What the Face Reveals”. Oxford University Press, 2005.

Romani W. “Scacco alle bugie”. Bruno editore, 2010.

Page 41: Pensiero Rivelato

40

Capitolo III

IL POTERE DELLA PNL

“Cambia modo di vedere le cose e vedrai le cose cambiare” (Sun Tzu)

La programmazione neuro-linguistica o PNL è un modello di comunicazione

interpersonale che aiuta a comprendere gli schemi di pensiero alla base del

comportamento delle persone e a sviluppare una serie di abitudini/reazioni di successo,

amplificando i comportamenti "potenzianti” ed efficaci e diminuendo quelli "limitanti".

Come sintetizza l‟acronimo, la PNL si basa su una:

Programmazione, cioè la capacità programmare le diverse modalità di

comportamento che funzionano in modo inconsapevole ed automatico;

Neuro, ovvero i processi neurologici del comportamento umano, basati su come il

sistema nervoso riceve gli stimoli dagli organi di senso e li rielabora come percezioni

e rappresentazioni;

Linguistica, che definisce il sistema con cui i processi mentali umani sono codificati,

organizzati e trasformati attraverso il linguaggio.

L‟idea centrale della PNL è che ciascun individuo “filtra” la realtà attraverso i cinque

sensi creandone una rappresentazione soggettiva, chiamata mappa mentale, che

utilizza per “muoversi” nel mondo circostante. La mappa mentale di ogni persona è

unica ed è il risultato dell‟interazione tra genetica, cultura, ambiente nonché del vissuto

e delle esperienze passate. La mappa mentale è quindi solo un “modello” che noi

usiamo per interpretare il mondo che ci circonda. La PNL in definitiva è uno strumento

per ampliare questo modello ed aiutare le persone ad avere vite migliori e più ricche.

Usa le tecniche della Programmazione Neuro Linguistica per inquadrare l‟esperienza

del tuo paziente attraverso i SISTEMI RAPPRESENTAZIONALI, per creare con lui

RAPPORT e GUIDARLO poi verso il cambiamento e la guarigione.

La Programmazione Neuro Linguistica (PNL) è un insieme di tecniche utili a

influire sugli schemi comportamentali di una persona riprogrammando i suoi

processi neurologici attraverso il linguaggio.

Page 42: Pensiero Rivelato

41

I SISTEMI RAPPRESENTAZIONALI

Gli esseri umani hanno esperienza di se stessi e dell‟ambiente che li circonda

attraverso i cinque sensi. La vista, l‟udito, il tatto, l‟olfatto e il gusto rappresentano le

modalità percettive attraverso le quali catturiamo e filtriamo le informazioni esterne.

Bandler e Grinder, i fondatori della PNL, chiamano queste modalità percettive “sistemi

rappresentazionali” e sostengono che “quando entriamo in contatto con una persona,

questa probabilmente penserà in uno di tre sistemi rappresentazionali. Questo significa

che, internamente, genererà certe immagini visive, oppure proverà certe sensazioni,

oppure parlerà a se stessa udendo certi suoni”. Ciascuno di noi possiede un sistema

rappresentazionale dominante o primario e lo utilizza in modo prevalente rispetto agli

altri in un dato momento della sua vita, a seconda delle condizioni fisiche ed emotive in

cui si trova e dell‟esperienza che sta facendo.

Anche il paziente dunque possiede una propria prospettiva della situazione e

l‟impressione che ha si basa appunto sulla sua mappa mentale. Riconoscendo la sua

modalità percettiva dominante ti sarà più semplice entrare nel suo mondo e far arrivare

facilmente le informazioni che vuoi comunicare.

Vediamo quindi i tre sistemi rappresentazionali definiti dalla PNL.

- SISTEMA RAPPRESENTAZIONALE VISIVO: le persone con un approccio visivo

usano principalmente il senso della vista per conoscere e rapportarsi alla realtà

circostante. Gli individui “visivi” vengono colpiti dalle immagini, che restano più

facilmente nella loro memoria, mentre sono poco interessati ai suoni.

Puoi riconoscere un soggetto “visivo” dalla comunicazione verbale: egli infatti ha la

tendenza ad usare predicati visivi come “vedo la soluzione”, “mi è chiaro il concetto”,

“il mio punto di vista è”, “ho avuto un illuminazione”, “focalizziamoci sui dettagli” .

Parla inoltre velocemente, in tono più alto del normale, ed elabora rapidamente i

propri pensieri durante la conversazione.

Le persone “visive” tendono ad avere testa e corpo eretti lasciando così agli occhi la

possibilità di vedere tutto ciò che li circonda. Quando sono seduti inoltre protendono

Ogni persona vede, sente, percepisce e quindi organizza e decodifica la realtà

in modo assolutamente individuale e peculiare secondo il suo sistema

rappresentazionale preferito.

Page 43: Pensiero Rivelato

42

in avanti con la sedia, mantengono le spalle leggermente tese e sembrano

organizzate, ordinate e ben istruite.

Spesso rievocano situazioni guardando verso l‟alto: questo accade perché

possiedono una memoria principalmente visiva e vanno a ripescare le immagini

rimaste impresse nella loro mente. Quando infatti cerchiamo di rievocare immagini

visive tendiamo ad alzare gli occhi verso l‟alto: in particolare in alto a sinistra per

quelle ricordate e in alto a destra per quelle costruite.

Il paziente “visivo” inoltre è molto suscettibile all‟aspetto esteriore di ciò che lo

circonda come ad esempio alla pulizia e ai colori dello studio oppure all‟aspetto

estetico del personale. Puoi relazionarti con lui evitando di stargli troppo vicino,

lasciandogli così libero il campo “visivo” e cercando di corredare la comunicazione

con schemi o disegni mettendo da parte lunghi discorsi e spiegazioni interminabili.

- SISTEMA RAPPRESENTAZIONALE AUDITIVO: possiedono un approccio auditivo

quelle persone che usano principalmente il senso dell‟udito. L‟attenzione degli

“uditivi” viene catturata soprattutto dai suoni dell‟ambiente circostante che possono

quindi essere fonte di distrazione ma che rappresentano ciò di cui hanno più

facilmente memoria. Questi individui imparano e ripetono facilmente le cose

ascoltate, amano stare al telefono e parlano di solito tra sè e sè in modo silenzioso,

talvolta muovendo le labbra.

Nella comunicazione verbale preferiscono usare predicati uditivi come: “questa idea

suona bene”, “sono tutto orecchi”, “presto orecchio ai suoi consigli”, “la seguo parola

per parola” ecc.

Questi soggetti assumono posture caratterizzate da una tensione muscolare

relativamente uniforme con la tendenza a buttare indietro le spalle nella posizione

cosiddetta “a sassofono” e ad inclinare la testa da un lato come per “prestare

orecchio” all‟ascoltatore. Hanno inoltre un eloquio sonoro, ritmico, a volte musicale,

supportato da una respirazione di diaframma che utilizza la parte centrale del petto.

Quando accedono ai pensieri muovono lateralmente gli occhi ripescando i suoni

impressi nella loro mente. Infatti, quando cerchiamo di rievocare dei suoni,

tendiamo a spostare lateralmente gli occhi: nello specifico a sinistra per quelli

ricordati e a destra per quelli costruiti.

Il paziente visivo elebora il mondo attraverso le immagini. Tende a stare

dritto con le spalle e con la testa, ha una respirazione di petto, parla

velocemente con predicati “visivi” e tende a guardare verso l’alto.

Page 44: Pensiero Rivelato

43

Ricordati che il paziente “uditivo” è suscettibile ai suoni e ai rumori dell' ambiente

circostante (ad esempio il trapano o la musica di sottofondo) e che le parole tue e

dei tuoi collaboratori acquistano per lui molta importanza. Prova quindi a spiegare le

terapie da eseguire o il funzionamento di un farmaco parola per parola, accordando

la tonalità, il ritmo, ed il volume della tua voce alla sua.

- SISTEMA RAPPRESENTAZIONALE CENESTETICO: gli individui che prediligono

l‟approccio cenestesico percepiscono e rievocano la realtà circostante attraverso le

sensazioni tattili della pelle e le sensazioni viscerali. Proprio per questo “i

cenestetici” si mostrano sensibili al contatto e agli approcci fisici. In una

conversazione tendono ad avvicinarsi all‟interlocutore più di quanto facciano i visivi e

a usare predicati cenestetici quali: “ho capito il senso di quello che intendi”, “sento

che questa è una buona idea”, “non riesco ad afferrare questo concetto”, “questa è

un idea solida” ecc. Inoltre parlano lentamente con frequenti pause tra una frase e

l‟altra e sembrano elaborare pensieri e discorsi a rilento rispetto a un soggetto

“visivo”. Usano una voce bassa, profonda e vellutata e respirano con la parte bassa

dei polmoni.

Questi soggetti assumono posture caratterizzate da un rilasciamento generale della

muscolatura mantenendo la testa ben piantata sulle spalle, che tenderanno a

curvarsi.

Quando ricordano qualcosa lo fanno attraverso le sensazioni che una data

situazione ha prodotto in loro e tendono a guardare in basso e a destra.

Il paziente “cinestesico” è suscettibile al contatto fisico e alle sensazioni che

l‟ambiente odontoiatrico suscita in lui. Puoi relazionarti con lui lasciandogli stabilire la

distanza da tenere, il ritmo della conversazione e un eventuale contatto fisico.

Il paziente auditivo elebora il mondo attraverso i suoni. Tende ad assumere

una posizione “a sassofono” e a porgere l’orecchio all’interlocutore. Ha una

respirazione di diaframma, parla in maniera ritmica e musicale con predicati

auditivi e tende a muovere lateralmente gli occhi.

Il paziente cenestetico elabora il mondo attraverso le sensazioni fisiche.

Tende ad avere una postura rilassata con le spalle leggermente curvate. Ha

una respirazione profonda, parla lentamente con pause frequenti e usa

frequentemente predicati cenestetici.

Page 45: Pensiero Rivelato

44

Predicati visivi Predicati auditivi Predicati cenestetici

Guardare

Osservare

Ammirare

Visualizzare

Esaminare

Mostrare

Illustrare

Apparire

Focalizzarsi

Scena/Immagine

Ombra/Buio/Luce

Visione/Illusione

Oscuro/Annebbiato

Chiaro/Brillante/Vivido

Annunciare

Dire

Affermare

Articolare

Parlare

Proclamare

Pronunciare

Menzionare

Discutere

Ribattere

Chiedere

Interrogarsi

Spiegare

Intervistare

Ascoltare

Sentire

Chiamare

Armonizzare

Tradurre

Volume/Rumore/Silenzio

Suono/Tono

Grido/Eco

Risposta/Insulto/Richiesta

Melodioso/Armonioso

Dissonante/Stonato

Toccare

Afferrare

Scorrere

Piegare

Rompere

Colpire

Scivolare

Spingere

Forzare

Movimento

Pressione

Peso

Stress/Stressante

Tensione

Supporto

Concreto

Sensibile

Strutturato

Comodo

Caldo

Leggero/Pesante

Morbido/Duro

Appiccicoso

Liscio/Ruvido

Sottile/Spesso

Affaticato/Faticoso

Emozionante

Dunque il messaggio è chiaro: per massimizzare la capacità di ascolto e quindi di

risposta del tuo interlocutore è indispensabile riconoscere la modalità percettiva della

persona che hai di fronte ed adeguarti al suo sistema rappresentazionale. Solo se riesci

ad arrivare al paziente puoi comunicare con lui in maniera efficace. Alla luce di ciò una

risposta non significativa o una reazione assente o eccessiva nei confronti di ciò che

Page 46: Pensiero Rivelato

45

stai dicendo potrebbe dipendere dal fatto che non sei riuscito a comunicare in un modo

che abbia un senso.

Sviluppando le tue capacità di passare da una modalità percettiva all‟altra, puoi

raggiungere più persone, ottenendo la loro collaborazione e il loro appoggio. Dall‟altra

parte il paziente apprezzerà lo sforzo che hai fatto per scoprire come presentare al

meglio le tue idee. Ovviamente all‟inizio servirà più impegno e fatica, ma lo sforzo sarà

ripagato, poiché a lungo andare risparmierai tempo e riuscirai ad ottenere più spesso

ciò che vuoi.

IL RAPPORT

Quando due persone si incontrano entrano in moto meccanismi automatici,

consci o inconsci, grazie ai quali l‟individuo avvia un processo di confronto e di

identificazione con l‟altro. Se l‟esito di tale processo è giudicato complessivamente

positivo tra i due interlocutori si instaura un rapport, inteso come il livello di empatia,

comprensione e disponibilità che ciascun individuo instaura con gli altri. Quando le

persone si trovano nello stato di rapport sono portate a rispondere più facilmente ai

nostri stimoli, alle nostre proposte e alla nostra persona in generale.

Una buona sintonia con il paziente genera fiducia e collaborazione, condizioni

necessarie per ottenere uno scambio proficuo di pensieri e di idee. Il malato inoltre si

rilassa molto prima e si rende disponibile a seguire la terapia arrivando velocemente al

nocciolo della questione, tralasciando particolari irrilevanti e ottimizzando i tempi di

trattamento. Il rapport quindi rappresenta un ottimo sistema per limitare o annullare lo

sforzo che sei chiamato a compiere per ottenere le informazioni necessarie

all‟elaborazione della diagnosi, alla messa in atto di un piano di cura adeguato e

all‟individuazione di eventuali problemi o incomprensioni “sommerse”. Per creare tale

sintonia è necessario porre molta attenzione al tipo di comunicazione (gesti, sguardo,

tono della voce e parole usate) e adattare di conseguenza il proprio comportamento al

tipo di paziente.

Per fare ciò è possibile sfruttare due tecniche che sono la base della PNL: il RICALCO

e la GUIDA.

Un buon rapport è la base della comunicazione medico-paziente.

Page 47: Pensiero Rivelato

46

IL RICALCO

Il ricalco è la strategia più potente per creare rapport ed è stata introdotta dal

famoso ipnoterapeuta americano Milton Erickson. Si tratta di una tecnica mediante la

quale si assimilano ed emulano volutamente alcuni aspetti del comportamento del

proprio interlocutore, riproducendo i suoi schemi di comunicazione (gestualità, postura,

respirazione, parole ecc.), le sue convinzioni fino ad arrivare a tutta la sua esperienza

fisica e mentale. Significa cioè confrontarsi con il suo modello del mondo e stare al

passo con la sua esperienza. Questa tecnica avvicina le persone in senso sia reale che

metaforico ed agevola la trasmissione e la comprensione di sentimenti e informazioni. Il

fattore che la rende così potente è che, quando ricalchi qualcuno, questi per poterti

rifiutare dovrebbe respingere il suo stesso modo d‟essere. La formula, semplificata al

massimo, è questa: “se sono come te, ti piacerò; e se ti piacerò, ti fiderai di me e mi

seguirai”.

Nello specifico ricalcare gli stati d‟animo, gli atteggiamenti, i gesti, la mimica di

un paziente vuol dire mettersi in sintonia con il suo stato emotivo, vedere le cose

secondo la sua angolatura, condividere in qualche modo la sua esperienza o quanto

meno il modo in cui la sperimenta. Per eseguire un ricalco infatti non è necessario

interessarsi al contenuto dell‟esperienza altrui, è sufficiente soffermarsi sulla forma. Ad

esempio per rispecchiare una persona che si sente triste non è necessario indagarne i

motivi, specie se l‟altra persona non è disposta a parlarne, ma basterà ricalcare il modo

in cui essa la vive. In questo modo il malato, osservandoti, trova rispecchiato in te il suo

stato d‟animo, il suo modo di viversi: vede in te una persona vicina al suo modo di

essere ed empatica nei suoi confronti. Il medico costruisce così un ponte di

comunicazione con il suo paziente, entrando fisicamente e mentalmente nella sua

esperienza e facendogli percepire il senso di una condivisione ad un livello più

profondo.

E‟ stato osservato che le persone che hanno una relazione proficua e duratura

tendono spesso, inconsapevolmente, ad agire in maniera speculare. Sfruttando ciò puoi

imitare il non verbale del paziente in maniera molto sottile, ad esempio emulando il suo

modo di stare seduto, la postura, i gesti di braccia e gambe, le espressioni facciali e

persino la profondità del respiro.

Il ricalco è una tecnica attraverso la quale puoi emulare volontariamente alcuni

aspetti verbali e non verbali del tuo paziente per assimilarti al suo mondo.

Page 48: Pensiero Rivelato

47

E ancora puoi ricalcare le qualità vocali del tuo paziente come il volume, il tono, il

timbro, la velocità ed il ritmo dell‟eloquio. Il rispecchiamento paraverbale può avere un

impatto maggiore rispetto alle parole che pronunciamo e può rivelarsi molto utile

quando non abbiamo accesso al linguaggio corporeo, come ad esempio al telefono.

Un ulteriore campo che puoi emulare è la comunicazione verbale. Come

abbiamo visto in precedenza ognuno di noi tende ad usare predicati ed espressioni che

descrivono il nostro modo di decodificare la realtà, perciò il professionista puo adattarsi

al sistema rappresentazionale del paziente e rispecchiarlo verbalmente.

Inoltre puoi ricalcare i valori e le convinzioni del paziente, che vuol dire

condividere con lui alcuni concetti generali, come ad esempio “la cortesia” e “l‟onestà”,

che sono la base dei suoi processi decisionali. Infine, ad un livello ancora superiore,

puoi rispecchiare l‟esperienza della persona che ti sta davanti cercando un terreno

comune o una “somiglianza” per far sovrapporre le vostre “mappe mentali”: ad esempio

può essere utile far notare al paziente la medesima terra d‟origine, la pratica di un

hobby in comune oppure un percorso di studi o di vita affine ecc..

Più sarai flessibile in ciascuno di questi ambiti, maggiori diventano le possibilità di

entrare in connessione con il paziente, perché maggiore è il numero delle scelte a tua

disposizione. Ovviamente esisteranno sempre persone più difficili di altre: alcune

metteranno puntualmente in dubbio la diagnosi, altre contesteranno qualsiasi

affermazione con un atteggiamento supponente ed arrogante, altre ancora saranno

restie a collaborare e saranno scostanti ad ogni appuntamento. L‟abilità sta nell‟adottare

stili di comunicazione diversi a seconda di chi hai di fronte e nell‟attingere da un

repertorio di comportamenti che eguagli o addirittura superi in numero ed efficacia quelli

da lui adottati. Due sono gli elementi necessari in un‟interazione problematica: la

consapevolezza da parte tua che l‟interlocutore accetti o meno le informazioni che sta

ricevendo e la flessibilità di cambiare tattica più e più volte per trovare lo schema che

piu‟ si adatti a quella circostanza specifica.

Il ricalco ha effetti positivi anche su di te, poichè attraverso di esso distoglierai

l‟attenzione da te stesso per focalizzarti sul malato, iniziando così il processo di

immedesimazione. A questo punto, agendo come l‟interlocutore, inizierai a provare

Il ricalco stimola il paziente a fidarsi di te perché ti sente partecipe ed

empatico nei suoi confronti.

Page 49: Pensiero Rivelato

48

molti dei suoi sentimenti e a sapere intuitivamente cosa suggerire e quando farlo. In

questo modo raggiungerai un profondo livello di empatia e lo incoraggierai a seguire il

tuo passo.

LA GUIDA

Una volta che ti sei allineato al modello comunicativo del tuo interlocutore, e sarai

riuscito a costruire con lui un solido rapporto di fiducia e di intesa, puoi GUIDARLO nella

direzione che ritieni essere più funzionale. Da un determinato momento in poi dunque,

sei in grado di promuovere dei cambiamenti poiché il paziente è diventato talmente

fiducioso da adeguarsi lui stesso, spontaneamente, alle indicazioni impartitegli. Utile in

questo senso potrebbe essere: guidare il paziente verso una migliore igiene orale,

consigliargli controlli più assidui, indirizzarlo verso una determinata terapia magari più

costosa ma più professionale, fargli accettare un preventivo ecc...

Il modello del ricalco e della guida può essere schematizzato come segue:

il medico ricalca il paziente per

creare rapport

il medico guida il paziente Il paziente si oppone alla guida

Il paziente accetta la guida

Prima ricalca il paziente andando al passo con la sua esperienza e poi

guidalo verso una nuova visione del mondo.

Page 50: Pensiero Rivelato

49

PER RIASSUMERE…

La Programmazione Neuro Linguistica (PNL) è un insieme di tecniche utili a

influire sugli schemi comportamentali di una persona riprogrammando i suoi

processi neurologici attraverso il linguaggio.

Ogni persona vede, sente, percepisce, e quindi organizza e decodifica la realtà

in modo assolutamente individuale e peculiare secondo il suo sistema

rappresentazionale preferito.

Il paziente visivo elebora il mondo attraverso le immagini. Tende a stare dritto

con le spalle e con la testa, ha una respirazione di petto, parla velocemente con

predicati “visivi” e tende a guardare verso l’alto.

Il paziente auditivo elabora il mondo attraverso i suoni. Tende ad assumere una

posizione “a sassofono” e a porgere l’orecchio all’interlocutore. Ha una

respirazione di diaframma, parla in maniera ritmica e musicale con predicati

auditivi e tende a muovere lateralmente gli occhi.

Il paziente cenestetico elebora il mondo attraverso le sensazioni fisiche. Tende

ad avere una postura rilassata con le spalle leggermente curvate. Ha una

respirazione profonda, parla lentamente con pause frequenti e usa

frequentemente predicati cenestetici.

Un buon rapport è la base della comunicazione medico-paziente.

Il Ricalco è una tecnica attraverso la quale puoi emulare volontariamente alcuni

aspetti verbali e non verbali del paziente per assimilarti al suo mondo.

Il ricalco stimola il paziente a fidarsi di te perché ti sente partecipe ed empatico

nei suoi confronti.

Prima ricalca il paziente andando al passo con la sua esperienza e poi guidalo

verso una nuova visione del mondo.

PER APPROFONDIRE…

Alder H, Heather B. “PNL in 21 giorni”. Il punto di incontro, 2007.

Richardson J. “Introduzione alla PNL”. Alessio Roberti editore (NLP Italy), 2004.

Roberti A, Belotti C, Caterino L. “Comunicazione medico-paziente”. Alessio Roberti

editore (NLP Italy), 2006.

Page 51: Pensiero Rivelato

50

Capitolo IV

LA MAGIA DELLE PAROLE

“In principio parole e magia erano una sola cosa e perfino oggi il linguaggio conserva molto del suo potere magico.

Le parole suscitano emozioni e sono il mezzo con cui generalmente influenziamo i nostri simili.” (Sigmund Freud)

Il linguaggio è una caratteristica unica della specie umana che ci distingue dalle

altre creature. Esso rappresenta uno degli elementi chiave con cui ciascuno di noi

costruisce i propri modelli mentali del mondo e che può influenzare enormemente il

nostro modo di percepire la realtà e di rispondere ad essa. Questo capitolo tratta del

potere delle parole, dell‟impatto che hanno su di noi e sui nostri interlocutori, della loro

capacità di essere utili o dannose e quindi dei modelli linguistici mediante i quali

possiamo trasformare le affermazioni dannose in affermazioni utili.

I fondatori della PNL nel loro primo libro hanno cercato di stabilire alcuni principi

per spiegare l‟apparente “magia” delle parole. Secondo Bandler e Grinder, il linguaggio

rappresenta il mezzo mediante il quale rappresentiamo e trasmettiamo le nostre

esperienze alle persone che abbiamo attorno. Come scrivono i due autori “Tutte le

realizzazioni dell’umanità comportano l’uso del linguaggio. Noi esseri umani usiamo il

linguaggio in due modi: uno per rappresentare la nostra esperienza (ragioniamo,

pensiamo, fantastichiamo a parole); e l’altro per trasmetterci reciprocamente il nostro

modello del mondo (discutiamo, scriviamo, cantiamo a parole)”.

Le parole infatti sono il codice attraverso cui descriviamo sia le nostre esperienze

personali sia le nostre strutture mentali. Inoltre il linguaggio non solo rivela le nostre

percezioni, ma puo‟ letteralmente crearle o cambiarle. Proprio per questo suo

potenziale “magico” è possibile sfruttare il linguaggio nel processo di cambiamento e di

guarigione intrapreso dai tuoi pazienti.

IL PAZIENTE: ESPERIENZA E LINGUAGGIO

Abbiamo già visto nel capitolo precedente come ognuno di noi raccoglie

informazioni dall‟esterno attraverso i cinque sensi. Tali informazioni vengono filtrate,

elaborate e rappresentate in una mappa mentale. Solo successivamente usiamo il

Page 52: Pensiero Rivelato

51

linguaggio per descrivere a noi stessi e agli altri questa nostra mappa interna .

Praticamente le parole servono a dare un nome alle nostre esperienze sensoriali di cui

creiamo dunque una rappresentazione linguistica.

Le parole sono per loro natura descrittive, e quando le usiamo per raccontare

un‟esperienza non facciamo altro che etichettare attraverso di esse ciò che ci circonda

o che proviamo. Introduciamo così un fattore soggettivo che fa sì che quello di cui

parliamo si avvicini alla realtà ma non la rappresenti completamente. Le parole quindi

raccontano la realtà ma non sono la realtà.

Infatti, durante l‟iter che traduce la mappa mentale nella sua rappresentazione

linguistica, la cosiddetta “realtà interna” passa attraverso tre processi di impoverimento

che la semplificano, dandone quindi una rappresentazione limitata:

- la generalizzazione

- la cancellazione

- la distorsione,

Questi tre processi sono necessari alla nostra mente per rendere la realtà più gestibile e

condivisibile, ma allo stesso tempo la impoveriscono, travisandone molto spesso il

significato e interpretandone il contenuto in maniera soggettiva.

Prova a pensare allora al tuo paziente e a quanti processi di “semplificazione” e

“limitazione” potrebbe aver sottoposto la sua realtà, nel momento in cui si presenta nel

tuo studio.

Se vuoi arrivare alla realtà non semplificata del tuo paziente, risalendo a monte di

ciò che egli semplificativamente racconta, può tornarti utile uno strumento molto potente

usato dalla PNL per approfondire la mappa mentale delle persone: il METAMODELLO.

Le parole impoveriscono e semplificano la realtà, di per sé troppo ricca di

particolari per poter essere rappresentata linguisticamente, attraverso i

processi di generalizzazione, cancellazione e distorsione.

Le parole sono la rappresentazione linguistica delle nostre esperienze

sensoriali.

Page 53: Pensiero Rivelato

52

IL METAMODELLO

Il metamodello o "linguaggio di precisione" è un insieme di domande tese a

raccogliere informazioni altamente specifiche per approfondire l‟esperienza di una

persona. Poiché non possiamo guidare una persona all'interno della propria mappa,

che solo lei conosce, queste domande servono a stimolare l‟interlocutore a rivelare le

generalizzazioni, le cancellazioni e le distorsioni che ha prodotto e risalire quindi

all‟esperienza originaria della quale ha creato un modello linguistico. Accanirsi per

cambiare la realtà oggettiva molto spesso non ha senso e per accedere a nuove

alternative basta invece riorganizzare l'esperienza soggettiva effettuando alcune

precise operazioni mentali, proprio attraverso il metamodello. Il fine ultimo è quello di

aiutare il paziente a rendersi conto delle possibili soluzioni per i suoi problemi attraverso

maggiore chiarezza e precisione delle informazioni. Per evitare però che le domande

risultino troppo “inquisitorie”, e quindi poco apprezzate, impronta il colloquio su uno

spirito di collaborazione, diretto alla ricerca delle cause dei problemi e di soluzioni

efficaci.

E‟ chiaro dunque che, linguisticamente, tendiamo a impoverire la realtà

attraverso le generalizzazioni, le cancellazioni e le distorsioni che ora approfondiremo

singolarmente.

LE GENERALIZZAZIONI

Le generalizzazioni sono affermazioni relative a ciò che le persone “possono “o

“non possono” fare, “devono” o “non devono o dovrebbero” fare. Quando un paziente

usa delle generalizzazioni, prende una parte di una sua esperienza e la utilizza per

rappresentare un‟intera categoria. È ben immaginabile come tutto ciò possa portare ad

un impoverimento della comunicazione con la perdita di dati potenzialmente decisivi per

la diagnosi e la terapia.

Sono generalizzazioni per esempio le affermazioni: “Le medicine (gli antibiotici)

sono dannose”, “Il cambiamento è difficile; non posso modificare il mio stile di vita”,

“Dal dentista provo sempre dolore”, “L’anestesia è sempre un rischio”, o ancora “Lo

sanno tutti che i dentisti se ne approfittano”.

Usa il metamodello per aiutare il paziente a risalire all’esperienza sensoriale

originaria di cui ha creato un proprio modello linguistico.

Page 54: Pensiero Rivelato

53

Le domande del metamodello sono volte quindi ad indagare la validità di tali

affermazioni e portare alla luce riferimenti specifici di tempo, persone, luoghi e contesto.

Servono cioè ad uscire dalla generalizzazione eseguita dal paziente e a

contestualizzare la singola esperienza. Le principali categorie delle generalizzazioni

sono: i quantificatori universali, gli operatori modali e le performative perdute.

I QUANTIFICATORI UNIVERSALI sono termini (tutti, ognuno, nessuno,

chiunque) che sovra-generalizzano un‟ affermazione partendo da un caso particolare.

Può essere un esempio di affermazione generalizzante la frase: “Non puoi fidarti dei

dentisti”. L‟odontoiatra può affrontarle e metterle in dubbio innanzitutto puntualizzando

sul quantificatore utilizzato, chiedendo ad esempio “Non ci si può fidare proprio di

nessun dentista?”, “Lei si è mai fidato di un dentista?”, “Immagini una circostanza nella

quale potrebbe fidarsi di un dentista”. Oppure può fornire un contro-esempio relativo

all‟esperienza che si sta verificando nel momento stesso del colloquio, chiedendo al

paziente: “Lei si fida di me in questo momento?”. O ancora può tentare un confronto

evidenziando le differenze tra le due esperienze domandando “Cosa accadrebbe se lei

si fidasse del dentista?”, “Cosa le impedisce di fidarsi?”, “Che differenza c’è tra un

dentista di cui lei si fida e quello di cui non si può fidare?”, ”Cosa le permetterebbe di

fidarsi di un dentista?”. Rispondendo in questo modo riesci a realizzare una

ristrutturazione della conversazione e inviti il paziente a riesaminare la propria mappa, a

metterla in collegamento con una più ampia gamma di esperienze, arricchendo così le

possibili letture della realtà.

Gli OPERATORI MODALI sono termini con i quali il paziente indica “in che

modo” agisce nel mondo. Tra le possibili “modalità operative” esistono la necessità, il

desiderio, la scelta, la possibilità o l‟impossibilità, la capacità o l‟incapacità. Per esempio

un paziente che si presenta dicendo “Non posso iniziare questo lavoro” oppure “Non

posso rinunciare a fumare” sta generalizzando mediante un operatore modale. Puoi

quindi domandargli: “Cosa le impedisce di iniziare questo lavoro?” oppure “Cosa

accadrebbe se fosse disposto a rinunciare a fumare?”. Anche in questo caso, quando

risponde o cerca di rispondere, l‟interlocutore è portato a richiamare alla mente tutti gli

elementi nella sua neurologia che riguardano l‟argomento in questione, e quindi ad

arricchire la sua mappa e contemplare nuove possibilità.

Le generalizzazioni consistono nel prendere parte di un’esperienza e

utilizzarla per rappresentare un’intera categoria.

Page 55: Pensiero Rivelato

54

Le PERFORMATIVE PERDUTE sono affermazioni attraverso le quali il paziente

può esprimere giudizi sotto forma di generalizazioni, senza rendere espliciti nè i criteri

utilizzati, nè coloro che li hanno espressi. Si presentano come affermazioni ovvie,

universalmente applicabili, come verità assolute. Può essere un esempio l‟espressione

“Non si può smettere di fumare tanto facilmente”, o anche “E’ difficile lavarsi i denti tre

volte al giorno”. Una generalizzazione chiude l‟argomento, lo immobilizza, pone fine ad

ogni domanda di approfondimento o di analisi. Anche in questo caso puoi intervenire

nel processo attraverso le domande del metamodello chiedendo al tuo paziente “Chi lo

dice?”, “Quando lo dice?”, “A chi?”, “A proposito di cosa?”, “In quale momento?”, “In

quale circostanza?”,”In quale contesto?” . Queste domande ti permettono di recuperare

le informazioni mancanti e di aggiungerle alla rappresentazione dell‟interlocutore

arricchendo così la sua esperienza soggettiva.

LE CANCELLAZIONI

Le cancellazioni sono dei processi, a volte inconsci, con cui il paziente seleziona

gli elementi a cui prestare attenzione, tralasciandone altri. Tale processo da un lato lo

protegge da una mole di stimoli eccessiva, dall‟altra però impoverisce la sua mappa

mentale riducendola a proporzioni più “maneggevoli”.

I processi di cancellazione riguardano soprattutto verbi, nomi, riferimenti e

comparazioni che il paziente descrive in senso generale, in modo incompleto e poco

circostanziato. Ne è un esempio l‟espressione: “Il dolore è insopportabile”. Ad una

cancellazione come questa consegue una perdita parziale di informazioni che dovrai

portare alla luce, con domande mirate, per riuscire ad arricchire il modello mentale del

tuo assistito e moltiplicare la gamma delle sue possibili scelte comportamentali. Le

domande del metamodello permettono di recuperare informazioni relative a chi, come,

cosa, dove e quando. Puoi quindi estrapolare informazioni più specifiche dall‟esempio

precedente chiedendogli: “Quale dolore è insopportabile?”, “Qual è la zona specifica

interessata dal dolore?”, “Quando inizia il dolore?”, “Quanto dura?”, “Ci sono momenti i

cui si attenua?”.

È possibile distinguere le cancellazioni in indici referenziali non specificati,

cancellazioni semplici, cancellazioni comparative e superlative.

Le cancellazioni sono dei processi con cui il paziente seleziona gli elementi a

cui prestare attenzione tralasciandone altri.

Page 56: Pensiero Rivelato

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Gli INDICI REFERENZIALI NON SPECIFICATI in genere, coinvolgono i nomi

che designano delle categorie come “i medici”, “le medicine”, ”la gente”, “le malattie”. È

un esempio l‟espressione “le medicine mi fanno male”. Dovresti indagare sulla frase del

paziente domandandogli: “Quale tipologia di medicine specificatamente le fanno

male?”, “A cosa le fanno male?”, “Che tipo di disturbi le arrecano?”.

Le CANCELLAZIONI SEMPLICI sono frequentemente nomi e verbi non

specificati che il paziente cancella da una sua affermazione. Per esempio in

un‟espressione quale “Mi hanno dato due tipi di antibiotici” il paziente sta cancellando il

soggetto. Domanda allora “Chi specificatamente le ha dato gli antibiotici?” per ampliare

le informazioni che il paziente ha eliminato.

Le CANCELLAZIONI COMPARATATIVE E SUPERLATIVE vengono usate

quando il paziente esprime una valutazione che confronta due esperienze (oggetti,

persone ecc.) senza specificare il secondo termine di paragone, come nell‟affermazione

“E’ molto più doloroso”, “L’intervento è troppo lungo e faticoso”, “La terapia è troppo

costosa”. Per ricontestualizzare l‟esperienza che ha portato il paziente a questa

conclusione potresti interrogarlo sul secondo termine di paragone mancante

chiedendogli per esempio “Molto più doloroso rispetto a cosa?”, “Troppo lungo e

faticoso rispetto a cosa?”, “Rispetto a cosa è troppo costosa?”.

LE DISTORSIONI

Le persone operano continuamente delle distorsioni sia quando rappresentano la

realtà nella propria mente, sia quando la raccontano agli altri. Distorciamo la realtà per

rappresentarla sotto una nuova forma, ma allo stesso tempo ne limitiamo anche la

ricchezza. Anche i tuoi pazienti possono fornire dei dati distorti che riducono l‟efficaca

della vostra interazione.

Sono differenti tipi di distorsione le nominalizzazioni, la lettura del pensiero, la

causa-effetto e le presupposizioni.

Le NOMINALIZZAZIONI sono distorsioni che il paziente attua quando attribuisce dei

nomi ad azioni o eventi. Per esempio quando un paziente dice “Non sopporto

l’insensibilità delle assistenti” puoi mettere in discussione le nominalizzazioni

La realtà viene distorta nella nostra mente per essere rappresentata sotto una

nuova forma.

Page 57: Pensiero Rivelato

56

sciogliendo i sostantivi (nel caso specifico l‟insensibilità) in parole che ne esprimano

l‟elemento di dinamismo e la possibilità di trasformazione. Potresti quindi chiedere

“Cosa fanno, o non fanno, per farle pensare che siano insensibili?”. De-nominalizzare ti

dà il potere di riconnetterti alle azioni e ai processi originari dell‟interlocutore e di

riproporre gli stessi concetti appena espressi in formazione dinamica.

La LETTURA DEL PENSIERO si riferisce alle affermazioni di un paziente che

presume di conoscere il pensiero, le emozioni, i valori, le intenzioni di un'altra persona.

Rientra in questa categoria la frase “So che lei dottore, pensa che il dente non si possa

curare”. Anche se l‟odontoiatra non ha fatto nessuna affermazione in merito, il malato,

magari scoraggiato e impaurito, gli attribuisce i propri pensieri. Anche in questo caso

puoi evitare fraintendimenti e difficoltà relazionali sfruttando domande mirate come “Che

cosa l’ha portata a questa conclusione?”, “In che modo è arrivato a farsi questa idea?”,

“Dipende da qualcosa che ho detto o fatto?”.

La CAUSA-EFFETTO è un tipo di distorsione che si verifica quando si mettono in

relazione due esperienze, comunicando che una delle due determina l‟altra. Il punto è

che i due eventi potrebbero essere in relazione tra loro per altre ragioni oppure non

esserlo affatto. Ad esempio un paziente potrebbe sostenere “Dopo che mi ha fatto la

terapia canalare ho avuto mal di testa tutto il giorno”. Anche in questo caso puoi

evidenziare una concomitanza di più fattori in modo da allargare la prospettiva del

malato chiedendo “Cosa le fa pensare che la terapia possa aver provocato il mal di

testa”, oppure “Prima della terapia non le è mai capitato di provare mal di testa?”, ”In

che modo la terapia canalare dovrebbe essere la causa del mal di testa?”.

Le PRESUPPOSIZIONI sono delle condizioni che devono sussistere affinchè un

enunciato sia vero. Molte volte i pazienti traggono delle conclusioni da queste

affermazioni arbitrarie che ritengono vere e indiscutibili. Ad esempio se un paziente

dice: “Temo che dopo l’estrazione la parte si gonfierà e mi farà male, come è accaduto

anche a mia madre e mia sorella”, pressuppone implicitamente l‟idea che i

consanguinei rispondano allo stesso modo a un problema di salute. Indaga con

domande mirate sul motivo che porta il paziente ad avere queste convinzioni perché

alle volte il malato stesso non sa che sono frutto di concetti presi per veri a priori e

provenienti dalla famiglia, dal retaggio culturale e dalla società.

Page 58: Pensiero Rivelato

57

IL MILTON MODEL

Il Milton Model o “linguaggio vago”, è una serie di tecniche ispirate al modo di

fare terapia dell‟ipnoterapeuta Milton Erickson e sfrutta (all‟opposto del Metamodello)

generalizzazioni, distorsioni e cancellazioni, a vantaggio della comunicazione. È il tipo

di linguaggio che viene utilizzato nel corso di induzioni ipnotiche, visualizzazioni guidate

e altri processi di rilassamento. Il linguaggio ipnotico, che induce al rilassamento

profondo e che permette di rilassare la mente conscia e di lavorare con la mente

inconscia, risulta molto fluido, quasi ininterrotto, con una massiccia presenza di

congiunzioni che uniscono le frasi e non spezzano il “flusso di rilassamento”. Proprio

per questo suo potere “subliminale” il linguaggio vago è usato da politici, venditori e

cartomanti per “influenzare” gli altri. Gli schemi linguistici del Milton Model sono stati

catalogati da Richard Bandler il quale ha dimostrato che possono essere usati anche

nella comunicazione giornaliera senza l‟uso della trance ipnotica.

Esistono 18 schemi linguistici nel Milton Model, tra i quali prendiamo in

considerazione solo quelli più importanti:

La tecnica degli YES SET consiste nel preparare il terreno con una serie di domande, a

cui il paziente darà sicuramente una risposta affermativa, per poi porre sul finire una

ultima domanda che svela le nostre vere intenzioni e a cui il paziente difficilmente

riuscirà a rispondere negativamente. Se le domande hanno un nesso fra di loro la

tecnica sfrutta egregiamente anche il principio di coerenza (discusso nel capitolo VI).

Per capire meglio supponiamo che un paziente si presenta alla tua osservazione con un

dolore a un dente e devi convincerlo a intraprendere una terapia endodontica-protesica

che potrebbe non essere economicamente alla sua portata. Inizia a porgli delle

domande alle quali risponderebbe sicuramente in maniera affermativa: “Lei ha preso

appuntamento con me perché ha fastidio a un dente?” “SI” – “Vorebbe porre fine a

questo fastidio?” “SI” – “Se è venuto da me, è convinto che possa toglierle il fastidio e

consigliarla per il meglio per la sua salute orale?” “SI” – “Quindi lei tiene alla sua

salute?” “SI”. Solo adesso sposta l‟attenzione verso il tuo obiettivo: “Poiché lei tiene alla

sua salute e vuole far cessare il fastidio che ne dice di devitalizzare il dente?” “SI” - “E

Il Milton Model è un linguaggio abilmente vago che consente di fornire

istruzioni, e quindi di convincere e guidare una persona, senza il rischio di

entrare in contrasto con la sua parte razionale.

Page 59: Pensiero Rivelato

58

siccome si fida di me e sa che opero nei suoi interessi, che ne dice poi di incapsulare il

dente per renderlo più resistente e rispristinare al meglio la sua funzionalità?” A questo

punto è più facile che il paziente risponda positivamente alla tua proposta.

Una tecnica simile allo Yes Set è quella dei TRUISMI, termine che viene dall‟inglese

true (vero). Se qualcuno, in tono adeguatamente convincente, pronuncia una serie di

affermazioni palesemente vere (truismi, appunto) e le fa seguire da un‟affermazione

verosimile o poco credibile, il nostro sistema di controllo l‟accetta come se fosse

assolutamente vera. Possiamo applicare questa tecnica all‟esempio precedente

cambiando le domande in affermazioni (presumibilmente vere): “Lei ha preso

appuntamento perché ha fastidio a un dente e vorrebbe far smettere questo dolore. Ha

chiesto il mio parere professionale quindi si fida di me e pensa che possa curarla al

meglio. Siccome è una persona che tiene alla sua salute, le consiglio di iniziare una

terapia canalare per farle cessare immediatamente il fastidio mentre decidiamo insieme

una riabilitazione protesica al fine di rinforzare il dente e ristabilirne la funzione”. Le

congiunzioni in grassetto aiutano la mente a connettere i truismi come se avessero un

filo logico, fino ad arrivare al tuo suggerimento.

Le MINORI STRUTTURE INCLUSE sono invece delle domande o dei comandi nascosti

in una frase più ampia. Le domande nascoste hanno lo scopo di creare nel paziente

una potenzialità di risposta senza porgli una richiesta esplicita. Ad esempio: “Mi

domandavo se lei si sente meglio”,” Sono proprio curioso di sapere perchè ha deciso

di venire a consultarmi e che cosa vuole veramente ottenere”, “Mi chiedo se lei è

consapevole dell’importanza di intervenire immediatamente”. Puoi usare questa

tecnica con le domande del metamodello per evitare di sembrare martellante.

I comandi nascosti hanno lo scopo di far giungere indirettamente suggestioni al

paziente rendendogli in tal modo difficile qualsiasi tipo di resistenza. Ne sono un

esempio le seguenti affermazioni:” Vorrei che lei si renda conto che si è seduto su

quella poltrona e si rilassa sempre di più”, “I pazienti riescono a seguire i miei

consigli e a stare bene dopo l’intervento”. Puoi inoltre evidenziare, in maniera sottile,

i comandi nascosti con un tono discendete della voce, quasi fossero degli imperativi.

Gli “yes set” e “i truismi” sono tecniche linguistiche che puoi usare per creare

il cosiddetto CAMPO AFFERMATIVO, cioè indurre il paziente a rispondere in

maniera affermativa ai tuoi comandi.

Page 60: Pensiero Rivelato

59

I suggerimenti diretti non funzionano perché la mente conscia è piena di scuse, perciò

puoi bypassarla inserendo nelle frasi questi messaggi che spingono il paziente a fare

ciò che ritieni opportuno.

Le PRESUPPOSIZIONI sono il modello linguistico più potente quando vengono

utilizzate da un professionista, che riesce a presupporre le cose che non vuole siano

messe in discussione. Nel Milton Model, al contrario del metamodello, le userai

cercando appunto di inserire nel discorso tutti i preconcetti che ritieni utili, senza

renderne conto al paziente. Per creare delle presupposizioni mirate puoi aiutarti

attraverso una serie di accorgimenti:

- Presupposizioni subordinate rette da clausole temporali: prima, dopo, durante,

mentre, da quando....Una frase come "Siediti mentre decidi come vuoi pagare”,

presuppone che la persona debba pagare, deve solo decidere se farlo in piedi o

da seduta.

- Numeri ordinali (primo, secondo, terzo ecc) che indicano un ordine di esecuzione

di un‟azione o di un compito. Per esempio: ”Per prima cosa preoccupiamoci di

togliere il dolore, poi cureremo il dente ”, presuppone che il paziente curerà il

dente, dopo che gli sarà passato il dolore.

- Uso della particella "oppure". Ad esempio dicendo: "Preferisci pagare in contanti

oppure con assegno?", presupponi che l‟interlocutore debba pagare e gli dai solo

la possibilità di scegliere come.

- Predicati di consapevolezza. Parole quali sapere, essere consapevole, rendersi

conto, notare, ecc. lasciano presupporre il resto della frase. Per esempio la frase:

“Ti sei reso conto che stai già meglio?”, presuppone che il paziente sta meglio e

che deve solo rendersene conto.

- Puoi scegliere di inserire nel discorso dei commenti attraverso avverbi che

commentano una frase: fortunatamente, chiaramente, evidentemente,

ovviamente. "Fortunatamente sarà un intervento semplice".

- Puoi usare verbi e avverbi che indicano un cambiamento di tempo, come per

esempio: cominciare, terminare, smettere di, continuare, procedere, già, tuttora,

più, ecc. Se dici al paziente: "Sei tuttora interessato all’implantologia?",

presupponi che la persona nel passato era interessata all‟implantologia.

Le minori strutture incluse sono suggestioni che dai al paziente, abilmente

nascoste nel linguaggio colloquiale.

Page 61: Pensiero Rivelato

60

Più sono le cose presupposte, più è difficile districare la frase e mettere in discussione

ciascuna proposizione per chi ascolta.

I COMANDI NEGATIVI sono quelli che vengono introdotti dalla negazione NON che per

la mente umana è una “non-parola”. Se chiedi a qualcuno di non fare qualcosa, evochi

con la tua richiesta esattamente l‟immagine che vorresti evitare. Questo accade perché

il “non” è sconosciuto al nostro inconscio. Ad esempio, alla nostra affermazione

rassicurante “Non aver paura, non fa male” la mente del paziente si focalizzerà subito

sulla paura e sul dolore, rendendoli a volte ancora più intensi. E‟ meglio dunque,

proporre tutte le affermazioni in positivo riformulando come segue l‟affermazione

precedente: “Stai tranquillo, è tutto a posto, dopo il trattamento starai meglio”.

Ovviamente potresti usare questa tecnica anche in maniera più subdola sfruttando la

negazione “non” per indirizzare la mente del paziente proprio verso il concetto che vuoi

negare. Ad esempio puoi stuzzicare la curiosità del paziente con una semplice frase:

“Non credo che lei possa essere interessato ad altre alternative”.

Quando vuoi far arrivare un messaggio a qualcuno, RACCONTARE UNA STORIA che

gli “insegni” qual è la decisione giusta da prendere può essere molto potente. Ne sono

un esempio le favole che dietro un banale intreccio nascondono una morale ben

precisa. Nel caso specifico, se viene una persona che deve fare un intervento

particolare, puoi raccontarle di un altro tuo paziente che giusto poco tempo prima ha

dovuto affrontare problematiche simili sottoponendosi allo stesso trattamento e

uscendone infine molto soddisfatto. La storia che racconti non deve per forza ricalcare

passo passo l‟attuale problema del paziente, basta che “metaforicamente” indichi un

percorso da seguire. Raccontare (pseudo)storie accadute a terzi ti permette di lanciare

il messaggio voluto in maniera subliminale e atraumatica in quanto il tuo interlocutore

non si sentirà chiamato in causa, ma il suo subconscio processerà comunque tutte le

informazioni che gli hai dato.

Le presupposizioni sono il modello linguistico più potente quando sono

utilizzate da un professionista che riesce a presupporre le cose che non

vuole siano messe in discussione.

La particella “non” è sconosciuta all’ inconscio.

Page 62: Pensiero Rivelato

61

Il linguaggio miltoniano tende a rilassare l‟ascoltatore, incoraggia il pensiero creativo

e influenza a un livello profondo piuttosto che razionale. Spesso la gente guarda con

sospetto alla “trance”, credendo che faccia “perdere il controllo”, o che un'altra persona

prenda in mano la situazione. In realtà ciò che accade è che, pur essendo influenzati

dal linguaggio, nello stato di trance si prendono delle decisioni e si agisce solamente in

linea con i propri valori e desideri.

LA PSICOLINGUISTICA

La psicolinguistica è una branca della psicologia che studia le modalità di

interazione tra le capacità verbali e altre facoltà cognitive. Nei paragrafi precedenti hai

visto come puoi usare il linguaggio per costruire un ponte di comunicazione con gli altri.

Ora evidenzieremo gli effetti che le parole producono sulle mente e sulle emozioni

umane e come puoi maniporarle per i tuoi fini.

Una delle differenze principali tra comunicatori mediocri e comunicatori di grande

successo è quanto parlano e il numero di DOMANDE che pongono. Si è scoperto che i

grandi comunicatori pongono al loro pubblico, quasi il triplo delle domande e, sebbene

possa sembrare sorprendente, parlano molto meno rispetto ai loro colleghi. I grandi

comunicatori fanno dunque molte domande e poi lasciano che sia il loro pubblico a

parlare. E‟ la persona che fa le domande che ha il controllo, non chi parla tutto il tempo.

Attraverso di esse è possibile controllare e guidare la discussione, facendo però molta

attenzione al modo in cui si pongono.

Innanzitutto, in base a come sono formulate, le domande possono essere chiuse o

aperte. Le domande chiuse sono elaborate in modo tale che l‟interlocutore è indotto a

rispondere in modo breve e conciso, probabilmente con un si o un no. Alla domanda

“Vuoi togliere il dente?” per esempio la persona che risponderà si focalizzerà solo sulla

risposta specifica e non fornirà altre informazioni per inziare un approccio parsuasivo.

Per ottenere una risposta più ampia e dettagliata è meglio usare le domande aperte

iniziando al frase con : “Quando hai iniziato. . . ?Dove hai trovato. . . ? Che cosa ne

pensi. . . ?Hai mai pensato. . . ?Come ti senti. . . ?”. Chiedendo ad esempio al paziente

Le storie hanno un potere ipnotico: ci fanno entrare in uno stato di trance in

cui la parte critica del cervello abbassa le sue difese e permette al

subconscio di capire esattamente come si sente il protagonista della storia e

arrivare a sentire quello che prova.

Page 63: Pensiero Rivelato

62

“Che ne pensi di togliere il dente?” incoraggi la persona a parlare, a prendere in

considerazione vari aspetti dell‟argomento palesando motivazioni e desideri, spesso

nascosti, che potrai usare nel processo di persuasione.

Un ulteriore accorgimento è quello di evitare di iniziare le domande con il classico

“Perché?”. Questa parola implica che l‟interlocutore fornisca una spiegazione razionale

al proprio comportamento, quando in realtà, spesso, non sa bene per quale ragione si

comporta in un determinato modo. La domanda introdotta da “perché” suscita una

reazione di chiusura in quanto induce l‟altro a giustificarsi anziché cercare possibili

alternative per il futuro. Quindi piuttosto che chiedere: “Perché non vuole mettere gli

impianti?” faresti meglio a riformulare il messaggio con ”Le avevo già parlato di quanto

fosse importante rimettere i denti mancanti. Ha mai pensato/ha riflettuto/ cosa ne pensa

di una terapia implantologica?”. Nota come, formulata in questo modo, la frase perde di

intensità emotiva e passi dall‟aggredire il carattere di una persona a trovare con lui una

soluzione. Fare domande con “cosa, quando, come, come, chi, dove” consente di

aggirare questo ostacolo e rende più semplice entrare nella mente dell‟interlocutore, in

quanto ti permette di analizzare parti specifiche dell‟argomento.

RIASSUNTO

TECNICA DELLE DOMANDE

Info generali

Info specifiche

Fatti, necessità

Conferma necessità

DOMANDE APERTE

DOMANDE CHIARIFICATRICI

DOMANDE DI CONTROLLO

Page 64: Pensiero Rivelato

63

Gli studi sulla psicolinguistica dimostrano che le osservazioni troppo dirette (con

l‟uso del pronome “tu”, “voi”, “lei” sottinteso o esplicito) possono produrre conseguenze

negative ai fini della comunicazione. Frasi come: ”Deve sempre avere l’ ultima parola,

vero?”, “Prende sempre un appuntamento e poi non si presenta”, “Deve lavarsi i denti”

risvegliano sentimenti negativi nell‟interlocutore che quindi può chiudersi sulle sue

posizioni. Se riformulate con uno stile più aperto danno maggiore autorevolezza al

parlante e invogliano l‟altro ad ascoltare. Inoltre l‟enfasi dell‟affermazione si trasferisce

sulla prima persona singolare “io” e risulta meno aggressiva. Ecco che le domande

precedenti risultano meno ostili se presentate come segue: “Sembra proprio che le

ultime parole debbano sempre venire da lei”, “La aspetto sempre per l’appuntamento,

ma non viene mai”, “Secondo me/a mio parere/ mi sembra che lei debba porre maggior

attenzione all’igiene orale”.

Un metodo di sicura efficacia per attirare l‟attenzione dell‟interlocutore è quello di

ENTRARE IN CONFIDENZA con lui rendendolo partecipe di un‟esperienza o di un

aneddoto personale inerente al tema della conversazione, che verrà percepito come un

“segreto” confidato. Attraverso questo semplice espediente il paziente sente che ti stai

aprendo a lui, percepisce l‟uomo dietro il professionista e ottieni facilmente il suo

ascolto. Lo rendi così attento e più che lieto di seguirti nel discorso.

Un altro modo sicuro per catturare l‟attenzione di qualcuno è quello di CHIAMARLO

PER NOME. Il nostro cervello è impostato per rispondere automaticamente al suono del

nostro nome anche se impegnato in altri compiti. Chiama quindi per nome il tuo

paziente: oltre a farlo sentire “importante”, lo renderai partecipe in prima persona e

riuscirai anche a tenerlo vigile e attento sul discorso che stai affrontando. Inoltre cerca

di ricordare (o di annotare) più dettagli possibili della sua vita e delle conversazioni che

avete intrapreso e trova i momenti giusti per “sfoggiare” questa tua capacità.

Il nostro cervello è alla continua ricerca di completezza e tende inconsciamente a

riempire i vuoti di informazioni rimpiazzandoli con concetti affini. Possiamo sfruttare

Evita le osservazioni troppo dirette e riformulale in uno stile aperto spostando

l’enfasi sulla prima persona singolare.

Fai sempre domande aperte per ricevere maggiori informazioni ed evita

la locuzione “perché’”.

Page 65: Pensiero Rivelato

64

questo escamotage finendo le nostre frasi con la parola “OPPURE”. Se poniamo alla

fine di una frase la parola oppure, alzando il tono della nostra voce, l‟interlocutore la

percepirà come fosse una domanda e tenderà a concludere da sé la frase. Per esempio

alle domande “Vuole annullare l’appuntamento, oppure.....?”, ”Preferisce togliere il

dente, oppure…..?” il cervello dell‟interlocutore tenderà a concludere automaticamente

con “… Oppure no” ,poiché incosciamente ha già valutato l‟alternativa alla frase che ha

appena sentito. Se poi vuoi aumentare ancora le possibilità di successo, basta

associare al linguaggio verbale anche un messaggio analogico: cambia il tono di voce

oppure annuisci o scrolla leggermente la testa se la logica dell‟affermazione vorrebbe

concludere la frase rispettivamente con l‟accettazione o la negazione della tua richiesta.

Può risutare molto utile argomentare un‟affermazione con perche‟, cioè fornire

sempre una spiegazione per un comportamento, anziché lasciare che sia l‟interlocutore

a trovarla. Nel momento in cui fornisci una spiegazione, privi l‟altra persona della

possibilità di speculare in maniera erronea sui motivi specifici delle tue azioni. Dato che

le aspettative individuali determinano l‟idea che uno si fa di una determinata situazione,

argomenta tutto quello che fai e dici spiegandone il perché: eviterai così che il paziente

rimurgini con supposizioni infondate e otterrai più facilmenteil suo consenso.

Per aumentare la possibilità di successo nel dare delle istruzioni può essere efficace

anche fornire INDICAZIONI COMPLESSE, cioè unire due comandi da una

congiunzione “e”. Per esempio invece di dire “si sieda” e poi “ prendiamo un

appuntamento” unisci il comando in un'unica affermazione come “per favore, si sieda e

prendiamo un appuntamento” in modo che il paziente riceva più informazioni da

elaborare. Infatti è più facile dire di no a una richiesta alla volta piuttosto che rifiutarne

due insieme.

Nella comunicazione risulta vantaggioso inserire anche le IPNO-WORD, cioè delle

parole che creano uno stato emozionale piacevole e predispongono al consenso. Sono

degli ancoraggi auditivi che, una volta attivati, provocano uno stato d‟animo positivo.

Ogni persona ha decine di queste parole che usa spesso quando esprime pareri, giudizi

e convinzioni. Se un paziente afferma ”il mio dentista deve essere disponibile e

cortese” potresti ripetere in maniera sottile nei colloqui col tuo assistito le due ipno-

word disponibilità e cortesia per catturarne la simpatia e la fiducia. Inoltre per

aumentarne l‟effetto, metti in risalto ogni parola con un tono di voce più alto, con un

cenno del capo o degli occhi, oppure piegandoti leggermente in avanti. Sono tutte

Page 66: Pensiero Rivelato

65

“sottolineature” che vengono percepite inconsciamente dal cervello bypassando la parte

razionale e arrivando direttamente a quella emozionale.

Così come esistono parole consigliate per condizionare positivamente il paziente ne

esistono anche altre da evitare perché possono influenzarlo negativamente.

Le frasi con la parola VERAMENTE hanno sempre un retrogusto negativo in quanto

l‟interlocutore riconosce in esse una “via di fuga”, intuisce che qualcosa non è come la

si descrive e nel peggiore dei casi può diventare diffidente.

La parola MAGARI è un altra via di fuga che esprime soltanto incertezza e manifesta

la reale non volontà di chi la pronuncia.

Anche le particelle MA/PERO’/TUTTAVIA generano resistenza nella comunicazione

poiché unendo due affermazioni tendono ad escludere la prima e ad enfatizzare la

seconda, che di solito esprime il concetto opposto. Per esempio a seguito

dell‟affermazione di un paziente “Il mio dentista è bravo, ma ……” puoi manipolare il

dialogo distogliendo l‟attenzione dell‟interlocutore dall‟espressione dopo il ma e

approfondendo i motivi della sua bravura. Inoltre per non esprimere un giudizio è

sempre meglio usare la congiunzione E poiché connette le due affermazioni senza

lasciare intendere alcuna preferenza.

Evita anche la formula “A ESSERE SINCERO DEVO DIRE” poichè viene percepita

negativamente, in quanto presuppone che altre volte non lo sei stato e quindi non sei

sempre degno di fiducia.

Infine quando usi la particella pronominale “SI” nessuno si sente interpellato

personalmente poiché il “si” è neutro e di per sè debole e quindi qualsiasi

considerazione, di critica o di plauso, cade nel vuoto.

Evita le particelle “ma/però/tuttavia”,“si”, le parole “magari” e “veramente” e

la formula “a essere sincero” : impoveriscono la tua comunicazione.

Chiama il paziente col proprio nome, usa in maniera appropiata la particella

“oppure”, argomenta qualsiasi affermazione con “perché” e usa

consapevolmente le ipno-word: sono accorgementi che migliorano la tua

comunicazione.

Page 67: Pensiero Rivelato

66

In conclusione quando le persone parlano utilizzano delle parole che non sono affatto

scelte a caso ma anzi sono significative ad un livello personale. Infatti è vero che le

espressioni hanno un significato condiviso dalla maggior parte delle persone, ma è

altrettanto vero che ciascuno di noi ha una sua personale percezione di esse e

soprattutto ad esse è collegata una diversa esperienza soggettiva.

PER RIASSUMERE…

Le parole sono la rappresentazione linguistica delle nostre esperienze sensoriali.

Le parole impoveriscono e semplificano la realtà, di per sé troppo ricca di

particolari per poter essere rappresentata linguisticamente, attraverso i processi

di generalizzazione, cancellazione e distorsione.

Usa il metamodello per aiutare il paziente a risalire all’esperienza sensoriale

originaria di cui ha creato un proprio modello linguistico.

Le generalizzazioni consistono nel prendere parte di un’esperienza e utilizzarla

per rappresentare un’intera categoria.

Le cancellazioni sono dei processi con cui il paziente seleziona gli elementi a cui

prestare attenzione, tralasciandone altri.

La realtà viene distorta nella nostra mente per essere rappresentata sotto una

nuova forma.

Il Milton Model è un linguaggio abilmente vago che consente di fornire istruzioni,

e quindi di convincere e guidare una persona, senza il rischio di entrare in

contrasto con la sua parte razionale.

Gli “yes set” e “i truismi” sono tecniche linguistiche che puoi usare per creare il

cosiddetto CAMPO AFFERMATIVO, cioè indurre il paziente a rispondere in

maniera affermativa ai tuoi suggerimenti.

Le minori strutture incluse sono suggestioni che dai al paziente, abilmente

nascoste nel linguaggio colloquiale.

Le presupposizioni sono il modello linguistico più potente quando sono utilizzate

da un professionista che riesce a presupporre le cose che non vuole siano

messe in discussione.

Il significato di una comunicazione è dato dalla risposta che ottiene.

Page 68: Pensiero Rivelato

67

La particella “non” è sconosciuta all’ inconscio.

Le storie hanno un potere ipnotico: ci fanno entrare in uno stato di trance in cui la

parte critica del cervello abbassa le sue difese e permette al subconscio di capire

esattamente come si sente il protagonista della storia e arrivare a sentire quello

che prova.

Fai sempre domande aperte per ricevere maggiori informazioni ed evita la

locuzione “perché’”.

Evita le osservazioni troppo dirette e riformulale in uno stile aperto spostando

l’enfasi sulla prima persona singolare.

Chiama il paziente col proprio nome, usa in maniera appropiata la particella

“oppure”, argomenta qualsiasi affermazione con “perché” e usa

consapevolmente le ipno-word: sono accorgementi che migliorano la tua

comunicazione.

Evita le particelle “ma/però/tuttavia”,“si”, le parole “magari” e “veramente” e la

formula “a essere sincero”: impoveriscono la tua comunicazione.

Il significato di una comunicazione è dato dalla risposta che ottiene.

PER APPROFONDIRE…

Bandler R, Grinder J. “La struttura della magia”. Astrolabio, 1981.

Bandler R, Grinder J.“I modelli della tecnica ipnotica di Milton Erikson”.Astrolabio, 1981.

Dilts R. ”Il potere delle parole e della PNL”. Alessio Roberti editore (NLP Italy), 2004.

Havener T. “So quel che pensi”. Tea pratica, 2011.

Rampin M. “Al gusto di cioccolato”. Ponte delle grazie, 2005.

Page 69: Pensiero Rivelato

68

Capitolo V

L’INCANTESIMO DELLA PERSUASIONE ( prima parte )

“Ci sono pochi persuasori nella vita, perché pochi sanno ascoltare.” (Robert Cialdini)

Come fanno alcuni professionisti con grande fascino e carisma a convincerci

delle loro idee? Perché alcuni venditori riescono a spingere i propri clienti a comprare

qualsiasi cosa? Sono forse a conoscenza di una formula magica che permette loro di

manipolare le nostre menti? Probabilmente sì ma non è un incantesimo di maghi e

fattucchiere, bensì qualcosa di molto più reale. Qualcosa che in realtà ognuno di noi,

se istruito e allenato, può essere in grado di fare. Si tratta di un incantesimo

affascinante chiamato Persuasione.

La persuasione è la capacità di modificare il pensiero, l‟atteggiamento e il

comportamento altrui attraverso uno scambio di idee. E‟ l‟arte del convincimento per

mezzo delle parole e del linguaggio del corpo che consente al persuasore di dare una

direzione al pensiero dell'interlocutore, di metterlo nello stato d'animo voluto e di indurlo

ad agire in un modo predefinito. La persuasione rappresenta un potente mezzo non

solo nel campo del marketing ma anche in tutte quelle situazioni in cui esiste un

rapporto contrattuale tra una persona che fornisce un servizio (venditore,

professionista) ed un‟altra che usufruisce del servizio (acquirente, cliente). In questa

categoria rientra anche il rapporto medico - paziente, dove colui che fornisce il servizio

è il medico, o nel nostro caso l‟odontoiatra, mentre colui che ne usufruisce è appunto il

suo paziente.

Qualcuno attribuisce al termine “persuasione” una serie di connotazioni negative

legate all‟idea di “manipolazione occulta”. Quella discussa in questo capitolo è

propriamente una persuasione “dolce”, cioè un insieme di tecniche accorte che, nel

pieno rispetto della dignità della persona, agiscono sulla mente allo scopo esclusivo di

generare risultati desiderabili per entrambi i soggetti dell‟interazione.

Conoscere i principi che governano l‟arte della persuasione ti consentirà di

presentare agli altri le tue proposte e raccomandazioni nel modo più efficace possibile

massimizzando la possibilità che vengano accolte. Migliorerai il rapporto con le persone

Page 70: Pensiero Rivelato

69

evitando inutili conflitti e soprattutto acquisirai delle linee guida di comportamento

chiare, univoche e sperimentate ogni volta che cercherai di convincere il tuo

interlocutore.

L’ARTE DELLA PERSUASIONE DI ARISTOTELE

La persuasione affonda le radici ai tempi di Aristotele, che duemila anni fa la definiva

“l’arte di indurre le persone a compiere azioni che normalmente non compirebbero se

non lo chiedessimo loro”. L‟uomo, in quanto animale sociale, è chiamato quasi

quotidianamente a persuadere i propri simili con lo scopo di condurre l‟interlocutore da

un punto di partenza ad un punto di arrivo. Per compiere questo percorso Aristotele

individua tre capisaldi dell‟oratoria, ovvero tre fattori sui quali l‟oratore persuasivo può

far leva per rendere convincente il suo discorso:

Ethos

Pathos

Logos

L‟ethos è la forza morale che l‟oratore comunica. Il messaggio verbale è credibile

soltanto se è credibile la fonte da cui proviene, e la fonte è credibile soltanto se

l‟ascoltatore la percepisce come tale. Occorre, innanzitutto, che il medico guadagni

credibilità agli occhi del suo paziente con impegno e costanza e soprattutto con un uso

consapevole delle tecniche comunicative non verbali che ti ho presentato all‟inizio del

testo. Infatti il linguaggio del corpo è universale ed è quello che partecipa maggiormente

al significato del tuo messaggio. Un paziente particolarmente attento e sensibile

potrebbe percepire inconsciamente delle incongruenze tra il parlato e la CNV e perdere

quindi fiducia nell‟operatore che appare “insincero”. L‟ethos attiene quindi al soggetto

della comunicazione e alla sincerità che egli sa trasmettere.

Il pathos si riferisce alle emozioni provate dal pubblico. Secondo Aristotele il

discorso può convincere l‟ascoltatore solo se suscita in lui delle emozioni. Tutti noi

pensiamo che le persone siano fondamentalmente logiche e se diamo loro fatti, cifre e

statistiche questa scelta lavorerà sempre a nostro favore. Certamente possediamo una

parte logica, ma gli studi dimostrano che il subconscio e le emozioni sono fattori di

enorme peso nelle nostre decisioni. Infatti fino al 95% di tutto ciò che ci influenza

proviene da una leva subconscia. Ciò significa che affermazioni tipo “Mi sembra giusto”,

“Mi sento bene”, o “Non mi fido di quel medico” sono tutte basate su reazioni emotive.

Page 71: Pensiero Rivelato

70

La nostra consapevolezza della realtà è quindi il risultato di una sensazione che

bypassa completamente la parte razionale del nostro cervello. In sostanza devi essere

in grado di produrre empatia e puoi farlo attraverso le tecniche di PNL precedentemente

esposte.

Il logos è il discorso verbale cioè le parole effettivamente pronunciate

dall‟oratore per esprimere il loro contenuto e il messaggio voluto. Il filosofo sottolinea

l‟importanza di costruire il discorso con le parole più appropriate e di renderlo funzionale

al nostro scopo attraverso l‟uso della linguistica.

Le tecniche descritte nei prossimi due capitoli quindi risultano utili per migliorare

la relazione medico-paziente soltanto se usate come coadiuvanti delle doti fondamentali

dell‟empatia e della sincerità: prese singolarmente non sono sufficienti a stabilire

rapporti fecondi e riuscire nell‟intento di persuadere.

Questa formula è ciò che si avvicina di più alla dote speciale di quei maghi che

illudono il pubblico di possedere una percezione extrasensoriale (ESP) e di essere in

grado di esercitare la lettura del pensiero.

ATTENZIONE, PREGO

Se vuoi che il tuo messaggio sia ascoltato, devi innanzitutto suscitare nel tuo

interlocutore un interesse sufficiente a mantenere desta la sua attenzione. Iniziamo col

dire che è molto difficile ottenere un interesse costante ed il motivo è semplice: l‟arco di

tempo nel quale riusciamo a mantenere la mente concentrata su un certo argomento è

piuttosto breve.

Il livello di attenzione, in una situazione ideale, dovrebbe crescere costantemente

fino a raggiungere un livello massimo che viene mantenuto nel tempo. Questo nella

realtà è pressoché impossibile da realizzarsi e il più delle volte si riscontra un

andamento non costante con un continuo alternarsi di picchi positivi e negativi:

comunemente infatti l‟attenzione nasce, aumenta, e poi cala per aumentare di nuovo e

così via. Uno dei primi compiti di un bravo persuasore è quello di ridurre al minimo i cali

di attenzione, comunicando solo quando la concentrazione dell‟interlocutore è alta. Per

ridurre al minimo i picchi negativi durante un colloquio, devi cercare di limitare per

quanto possibile le interferenze come ad esempio le telefonate o le interruzioni da parte

Empatia + Sincerità = Persuasione (ESP)

Page 72: Pensiero Rivelato

71

della segretaria, nonché la presenza di altre persone, come le assistenti che girano per

la stanza mettendo in ordine. Infatti la decisione di accettare una qualunque proposta è

strettamente influenzata dallo stato emotivo del paziente, il quale è direttamente

proporzionale al livello di attenzione o interesse raggiunto. Se non è possibile ridurre le

interruzioni e ti accorgi, grazie alla capacità maturata di leggere il linguaggio del corpo,

che il paziente sta perdendo il filo del discorso offrigli un riassunto e ripeti i concetti più

importanti. Grazie a questo piccolo espediente potrai catturare nuovamente la sua

attenzione: la ricerca dimostra che memorizziamo soltanto circa il 40% circa di quello

che ascoltiamo (in condizioni ottimali) quindi le ripetizioni aumentano sicuramente le

probabilità che il tuo messaggio sia recepito.

L’ASCOLTO ATTIVO

Il termine ascolto attivo è stato coniato negli anni quaranta dallo psicologo Carl

Rogers, che nel suo articolo “Barriere e vie d„accesso alla comunicazione” identifica

nella tendenza a valutare e a giudicare le idee di un'altra persona la più grande barriera

alla comunicazione efficace. Da quanto scrive l‟autore “la vera comunicazione ha luogo

quando ascoltiamo in modo aperto ed evitiamo la tendenza a giudicare. Cosa significa?

Significa vedere l’atteggiamento e l’idea espressi dal punto di vista dell’altra persona,

capire come questa li sente, raggiungere la sua cornice di riferimento riguardo alla cosa

di cui sta parlando. Questo modo “empatico” di comprendere è un approccio così

efficace che può suscitare cambiamenti fondamentali della personalità”.

Secondo Rogers per realizzare una comprensione empatica è necessario

seguire una semplice regola: “Ciascuno può parlare ed esprimere la sua opinione solo

dopo che ha esposto nuovamente e in modo fedele le idee e i sentimenti della persona

che ha parlato prima, tanto che questa ne sia soddisfatta”.

Ascoltare attivamente un'altra persona significa quindi imparare a vedere, ad

ascoltare e a sentire nello stesso modo in cui vede e ascolta l‟altro. Nello specifico vuol

dire non interrompere il paziente prima che abbia esaurito tutto ciò che ha da dire ed

evitare di suggerirgli i termini da usare o eventuali risposte a questioni dubbie. L‟ascolto

attivo rende molto più semplice ed efficace il rapporto terapeutico, perché il malato

percepisce interesse e partecipazione alla propria condizione e quindi si rilassa,

migliora la propria comunicazione in termini di dettagli significativi e contenuto ed è più

Mancanza di attenzione = Comunicazione inefficace = Mancanza di risultati

Page 73: Pensiero Rivelato

72

disposto a collaborare. Puoi inoltre rinforzare l‟ascolto attivo conformando la tua

comunicazione a quella del tuo interlocutore, individuando per esempio le sue modalità

percettive e adattandoti ad esse come ti ho spiegato nel capitolo III.

Una tecnica utile per realizzare l‟ascolto attivo è il BACKTRACKING che consiste

nel parafrasare i concetti principali che il paziente ha appena terminato di esprimere

utilizzando in massima parte le sue stesse parole. In questo modo riusciamo ad attivare

i già citati truismi: poiché le nostre affermazioni riproducono quelle del paziente, questi

non potrà che mostrarsi d‟accordo e sarà portato a dire di si più facilmente anche ad

altre richieste successive.

L‟ascolto attivo infine ti aiuta anche a non commettere una serie di piccoli “errori” che

possono compromettere il rapport, in particolare:

interrompere il paziente sia verbalmente che non verbalmente (ad esempio con

un gesto);

vagare con lo sguardo nel vuoto ma piuttosto cercare di mantenere sempre un

contatto visivo;

ascoltare solo quello che ci interessa e che conferma l‟opinione che ci siamo già

fatti;

giudicare mentalmente l‟interlocutore appena apre bocca, pensando subito che si

tratti dello scocciatore di turno;

obiettare mentalmente ancora prima che sia terminata l‟esposizione del suo

punto di vista;

cercare di interpretare il pensiero dell‟interlocutore iniziando a costruire ipotesi su

quello che potrebbe essere il vero senso dell‟obiezione da lui proposta o su ciò

che egli intende asserire in maniera velata.

IL TAVOLO DELLE TRATTATIVE

Dal punto di vista psicologico assume grande rilevanza anche la composizione del

tavolo negoziale.

Impara ad ascoltare attivamente senza giudicare nè interrompere il paziente.

Page 74: Pensiero Rivelato

73

Da alcune ricerche sappiamo che il tavolo ideale per

promuovere un atmosfera “persuasiva” informale, rilassata e

non conflittuale è il classico tavolo rotondo, intorno al quale tutti

assumono pari dignità e non si evidenzia una divisione

spaziale.

Generalmente le scrivanie presenti all‟interno di uno studio medico o dentistico sono

perlopiù rettangolari. In questo caso il posto in cui sediamo e la nostra disposizione

rispetto all‟interlocutore possono essere usati per indurre negli altri specifiche emozioni

e comportamenti.

Posizione di collaborazione: si realizza quando due

persone si mettono dallo stesso lato del tavolo. È usata

soprattutto tra persone alla pari o comunque da chi vuole

mettersi alla pari del suo interlocutore, e viene sfruttata

istintivamente per lavorare in gruppo.

Posizione competitiva o difensiva: si riferisce alla

situazione in cui due interlocutori si fronteggiano faccia a

faccia sedendo ai lati opposti del tavolo, che funziona da

barriera difensiva. E‟ una posizione adatta alla

conversazione anche se l‟interlocutore può

inconsciamente sentirsi intimorito e quindi chiudersi in un

atteggiamento difensivo. Usa questa posizione solo

dopo aver già instaurato un rapporto collaborativo con il paziente, preferibilmente

non in prima seduta, per discutere di dettagli tecnici e organizzativi ma non

personali.

Posizione della mediazione: è quella in cui due

persone si posizionano l‟una di fronte all‟altra separate

solo dall‟angolo del tavolo. Questa posizione evita un

confronto diretto faccia a faccia grazie all‟interposizione

dell‟angolo del tavolo, che costituisce una barriera

parziale ma in grado di mantenere comunque possibile un buon contatto visivo.

Sfruttala per creare un contatto più intimo e informale col paziente per esempio

durante la discussione di una terapia o l‟accettazione di un preventivo. Con un

Page 75: Pensiero Rivelato

74

semplice movimento della sedia, puoi eliminare le eventuali tensioni presenti e

aumentare la probabilità che il colloquio abbia un esito positivo.

A.G. White ha condotto un esperimento in alcuni ambulatori medici, dimostrando che la

presenza o l‟assenza del tavolo è in grado di influenzare considerevolmente lo stato

d‟animo del paziente: solo il 10% dei soggetti si sente a proprio agio quando nella

stanza c‟è una scrivania e il medico vi siede dietro. La percentuale sale al 55% quando

il tavolo non è presente.

LE OBIEZIONI

Per diventare abile nell‟arte della persuasione dovrai vedere le obiezioni dei pazienti

in maniera diversa dagli altri. Ti renderai conto che quando le persone esprimono delle

obiezioni, sono in realtà mentalmente interessate ed emotivamente coinvolte in tutto ciò

che stai proponendo, anche se sono scettiche a riguardo. Può risultarti sorprendente,

ma quando non vi sono repliche durante il processo di persuasione, il tasso di successo

scende vorticosamente. È molto meglio avere contestazioni alla luce del sole piuttosto

che lasciarle marcire. I grandi persuasori non considerano le obiezioni o i dubbi

dell‟interlocutore come un‟opposizione, piuttosto le vedono come parte del complesso

meccanismo della persuasione. Naturalmente il paziente potrebbe ritardare più o meno

a lungo il momento della decisione, il momento in cui deve dire sì o no, ma questo stallo

può essere usato a tuo vantaggio. Non importa quanto bravo tu sia: le critiche saranno

sollevate e, se ben gestite, ti aiuteranno. La capacità di persuasione dipende molto da

come si gestiscono i dissensi e le preoccupazioni, ed è possibile gestirle meglio se si sa

quali sono quelle più comuni. Ci sono migliaia di scuse, potrai anche sentirle tutte, ma la

realtà è che possono essere ridotte ad una o più di queste sette:

1. Paura di fallire: molte persone hanno paura di non riuscire a fare qualcosa, non

hanno fiducia nelle loro capacità e hanno paura di quello che gli altri penseranno, se

non ci riescono.

2. Mancanza di sostegno: alcuni pazienti non si sentono sostenuti dal coniuge, dai

genitori o dagli amici e si sentono dire frasi del tipo “non ci riesci”, ”è una truffa”, “non

funzionerà”.

Il tavolo rotondo è l’ideale per creare un’atmosfera di collaborazione e

persuasione. Su un tavolo rettangolare usa la posizione della mediazione per

creare un contatto intimo e informale.

Page 76: Pensiero Rivelato

75

3. Non si può impegnare: spesso la gente non ha tempo per fare qualcosa o è in

conflitto con obblighi esistenti come seguire i figli o il lavoro.

4. Motivazione: alcune volte il disagio della situazione attuale del potenziale cliente non

è grande abbastanza per ispirare il cambiamento, dunque rimanda la risoluzione del

problema.

5. Preoccupazioni funzionali: certe persone sono in dubbio sull‟efficacia di un

trattamento e si chiedono “Funzionerà davvero? Riuscirà a risolvere il mio

problema? C’è qualcosa di meglio? Saprà soddisfare le mie esigenze?”.

6. Meccanismo psicologico: a volte i pazienti semplicemente non ritengono giusto

qualcosa e non sanno se fidarsi in base al loro intuito. Questa obiezione può

conseguire a qualcosa di sbagliato che il medico ha fatto o detto.

7. Preoccupazioni finanziarie: la stragrande maggioranza dei pazienti teme di non

potersi permettere un trattamento e sono estremamente preoccupati a livello

economico, anche se stanno cercando di partecipare alla spesa. (“L’investimento

vale la pena?” “Il rischio è maggiore della ricompensa?”).

Una volta capito che tutte le obiezioni nascono da una o più di queste sette aree

chiave, sarai più facilmente in grado di identificare la radice del disagio del tuo paziente.

Potrai quindi affrontare le sue recriminazioni in modo professionale, con cura e in

maniera non minacciosa. Più diventi bravo a maneggiare le obiezioni, più sarai

convincente. La chiave dei grandi persuasori sta nell‟anticipare tutti i problemi, le

critiche o le preoccupazioni prima che siano verbalizzati. In questo modo, blocchi

qualsiasi potenziale resistenza prima che si verifichi ed eviti che grandi obiezioni

vengano lasciate in sospeso per poter riemergere successivamente. Gli studi

dimostrano che i persuasori hanno quattro volte più successo, quando gestiscono i

dissensi durante il processo di persuasione, invece di aspettare fino alla fine. Inoltre,

nulla è in grado di spegnere gli sforzi di persuasione più dei dubbi e delle

preoccupazioni persistenti che rimangono irrisolti nella mente dell‟interlocutore. Solo il

dialogo e lo scambio di idee sono in grado di creare rapporti a lungo termine.

Le obiezioni possono essere raggruppate in 7 categorie principali. Impara ad

anticiparle e bIoccherai qualsiasi potenziale resistenza prima che accada.

Page 77: Pensiero Rivelato

76

I METAPROGRAMMI

I metaprogrammi, o “leve decisionali”, sono degli automatismi attraverso cui una

persona prende decisioni nella vita di tutti i giorni. In altre parole sono schemi di

comportamento standardizzati che possono cambiare con il tempo e soprattutto in base

allo stato d‟animo del momento.

I metaprogrammi sono stati introdotti da Carl Gustav Jung nel suo libro “Tipi

psicologici” (1923). Successivamente Isabel Briggs Myers ha preso spunto dal lavoro di

Jung per ideare il Myers-Briggs Type Indicator: il metodo per tracciare i profili psicologici

più largamente usato negli USA per la selezione del personale. I metaprogammi attuali

sono infine definiti sulla base della psicologia cognitiva e traggono spunto dal sistema

elaborato da Richard Bandler e ulteriormente approfondito da Roger Bayley.

Solitamente per prendere delle decisioni le persone utilizzano tanti

metaprogrammi contemporaneamente. Anche se generalmente vengono presentati

raggruppandoli in serie di due, non devono essere considerati come alternative assolute

e dicotomiche poiché il metaprogramma utilizzato può variare a seconda della

circostanza e il suo grado di intensità è molto personale. Non serve inoltre indagare su

tutti i metaprogrami in corso ma basta riconoscere quello critico per la persona in un

dato momento, cioè il programma che ha maggiore influenza sul suo comportamento e

che la rende meno elastica nella scelta, e sulla base di questo riprogrammare il tuo

linguaggio.

Esistono numerosi metaprogrammi differenti. Vediamo quelli più importanti e diffusi.

VERSO - VIA DA. Indica la direzione verso cui vanno prevalentemente le persone e

cosa le motiva. Gli individui maggiormente "VERSO" sono orientati all‟obiettivo, sono

motivati dai risultati e dal conseguimento di uno scopo. Spesso il loro modo di fare,

agli occhi degli altri, risulta essere "superficiale" perché non si fermano a ragionare

sugli eventuali rischi e problemi. Coloro che sono prevalentemente "VIA DA"

vengono invece motivati dall'evitare qualcosa e quindi spesso dalla "paura" di

cadere nei tranelli. Si attivano quando ci sono problemi e situazioni da eludere

I metaprogrammi sono scorciatoie di pensiero utili per “osservare” e

conoscere in modo rapido il comportamento degli altri. Questi schemi

possono aiutarti a prevedere le azioni delle persone con le quali ti relazioni.

Page 78: Pensiero Rivelato

77

piuttosto che obiettivi da raggiungere. Risultano degli ottimi controllori e sono molto

bravi a sottolineare "quello che non va", ma possono avere grossi problemi con il

raggiungimento dei loro obiettivi e la gestione delle priorità. Ecco che alla domanda

"Perché hai scelto questo lavoro?" una persona “VERSO” può rispondere con

"Voglio diventare un libero professionista e comprarmi tutto quello che mi passa per

la mente. Voglio far stare bene la mia famiglia e gestire la mia vita"; mentre una

persona “VIA DA” può dire "Perché quello precedente non mi piaceva ed ho inoltre

bisogno di dare delle sicurezze alla mia famiglia".

Una persona “VERSO” utilizza frasi brevi e veloci, perché vuole raggiungere il suo

obiettivo senza perdere tempo. Il linguaggio usato per ottenere la sua attenzione

conterrà parole come avere, ottenere, conseguire, raggiungere, prendere,

conquistare, permettere di...

Una persona “VIA DA” sceglie frasi più complesse rivolte alla risoluzione o

all'evitamento di un problema. Il linguaggio diviene più prolisso e contiene parole

quali evitare, andare via, risolvere, non dover fare, prevenire, aggiustare, liberarsi

da, non dover avere a che fare…

PROCESSO - OBIETTIVO. E‟ un filtro motivazionale che si riferisce a come le

persone agiscono. I soggetti “OBIETTIVO” si attivano immediatamente di fronte ad

uno stimolo e amano l‟immediatezza nell‟azione .Di fronte ad individui del genere

mostrati attivo, immediato e diretto se devono prendere delle decisioni ed evita

troppi ripensamenti e procedure mentali.

Le persone “PROCESSO” invece hanno bisogno di compiere una serie di passaggi

prima di agire. Chi usa questo metaprogramma ha bisogno di seguire i suoi schemi

di pensiero: evita dunque di esercitare troppa pressione nel fargli prendere decisioni,

segui i suoi ritmi senza forzarlo, spiega dettagli e procedure senza “saltare”

direttamente alla conclusione.

Per esempio nel motivare un paziente “PROCESSO” ad intraprendere una terapia è

necessario fermarsi sui particolari, descrivere la sequenza operativa fase per fase,

fare un resoconto completo di tutti gli appuntamenti e aspettare che lui metabolizzi

ogni informazione. Un paziente “OBIETTIVO” invece non ha bisogno di tutti questi

Le persone “VERSO” sono motivate soprattutto dal desiderio di

raggiungere determinati traguardi. Gli individui “VIA DA” focalizzano la

propria attenzione sui rischi e agiscono preoccupandosi di evitare

situazioni spiacevoli.

Page 79: Pensiero Rivelato

78

intermezzi quindi punta direttamente alla risoluzione del problema facendoti vedere

risolutivo.

INTIME - THROUGHTIME. Indica come le persone programmano la propria vita. Chi

ama vivere nel presente, ha un metaprogramma “INTIME”, viceversa, chi ama

pianificare il futuro, ha un metaprogramma “THROUGHTIME”.

Il paziente “IN TIME” ha più schemi di pensieri per volta, ama vivere il momento

presente ed è centrato nel “Qui ed ora”. Non pianifica troppo il futuro e preferisce

cogliere l‟attimo. Quando deve prendere delle decisioni non ama avere limiti di

tempo in quanto predilige un‟esistenza più flessibile e non ordinaria. Con un

individuo “IN TIME” cerca di relazionarti senza fare troppa pressione nel fargli

prendere delle decisioni inerenti il futuro, limitandoti invece al momento presente. Un

paziente del genere potrebbe essere problematico nel rispettare gli appuntamenti e

nel portare avanti la terapia dato che difficilmente riesce a prendere impegni a lungo

termine per mancanza di pianificazione.

Al contrario la persona “THROUGH TIME” riesce ad avere un visione dettagliata del

tempo futuro riuscendo a pianificarlo in maniera efficace: tende a condurre

un‟esistenza ordinata e pianificata. Asseconda un individuo “THROUGH TIME”

nella pianificazione e progettazione futura delle attività evitando di restare “fermo”

nel momento presente e soprattutto di farlo aspettare perché sarà sempre puntuale.

Un paziente di questa tipologia è quello che ha l‟agenda sempre in mano e che

prende anche più appuntamenti insieme per avere un‟ organizzazione proiettata nel

futuro.

CHUNK UP - CHUNK DOWN: per chunk si intende un “pezzo” d‟informazione. Le

persone “CHUNK DOWN” utilizzano informazioni più piccole e quindi interpretano la

realtà e la raccontano con grande ricchezza di particolari e in modo molto

dettagliato. Al contrario le persone “CHUNK UP” ragionano per informazioni più

Chi vive nel presente, ha un metaprogramma ”INTIME”, viceversa, chi ama

pianificare il futuro ha un metaprogramma “THROUGHTIME”.

Le persone “OBIETTIVO” agiscono immediatamente di fronte ad uno stimolo,

mentre quelle “PROCESSO” hanno bisogno di compiere una serie di passaggi

prima di agire.

Page 80: Pensiero Rivelato

79

grossolane e mostrano una visione di insieme fatta di grandi blocchi fermandosi

spesso alla superficie delle cose.

Per esempio il paziente “CHUNK DOWN” parlando della sua vita entra

minuziosamente nei dettagli, descrivendo dove, come e quando di ogni singolo

problema e se deve affrontare un piano terapeutico entrerà nello specifico ogni volta

che ce ne sarà bisogno. Il paziente “CHUNK UP” invece tralascia i dettagli per lui

insignificanti e vuole andare subito al sodo: è il classico paziente con il quale devi

fare un uso più accurato del metamodello in quanto tende per natura ad essere

aspecifico nelle sue affermazioni.

EGOCENTRATO – ETEROCENTRATO. Le persone “ETEROCENTRATE” sono

molto sensibili al giudizio altrui e ricercano continue conferme esterne di stima e

apprezzamento alle loro azioni. Generalmente si affidano al giudizio di persone nelle

quali identificano un‟ autorità (principio di Autorità Cap VI) e hanno bisogno di essere

guidate e seguite continuamente. Di solito tutti noi tendiamo ad essere eterocentrati

su argomenti che non consociamo affidandoci spesso al giudizio comune (Riprova

sociale Cap VI). Per contro quelle “EGOCENTRATE” sono molto focalizzate su loro

stesse e nessun giudizio può normalmente mutare la loro percezione che una cosa

sia giusta o sbagliata: la conferma di ciò è solamente dentro di loro. Generalmente

tutti noi quando ci sentiamo competenti su un argomento siamo egocentrati nei

giudizi.

Nello specifico i pazienti “EGOCENTRATI” potrebbero darti problemi con lavori

(estetici soprattutto) in quanto sarà sempre loro l‟ultima parola sulla qualità del

risultato finale, e molte volte non saranno soddisfatti. I pazienti “ETEROCENTRATI”

invece vengono generalmente accompagnati per avere un “appoggio” nel momento

del bisogno, chiedono sempre consiglio e i tuoi suggerimenti saranno sempre ben

accetti.

Le persone “CHUNK UP” tendono a tralasciare i dettagli e vogliono andare

subito al sodo, al contrario quelle “CHUNK DOWN” si soffermano molto sui

particolari facendo lunghe e dettagliate premesse.

Le persone ETEROCENTRATE hanno un indice di riferimento esterno,

mentre le persone EGOCENTRATE ne hanno uno interno.

Page 81: Pensiero Rivelato

80

FAMILIARITÀ – NOVITÀ. Gli individui “NOVITÀ” sono maggiormente sensibili alle

innovazioni, anzi le ricercano, mentre quelli “FAMILIARITÀ” preferiscono le cose che

conoscono già e vanno sempre alla ricerca di similitudini con parti di esperienze già

presenti nella loro neurologia. In maniera abbastanza intuibile il paziente “NOVITÀ”

sarà colui al quale potrai proporre l‟ultima scoperta scientifica, forte della

convinzione che l‟innovazione porta benessere. Di contro il paziente “FAMILIARITÀ”

accetterà più facilmente trattamenti da lui già sperimentati direttamente o

indirettamente in passato, dato che per lui le terapie collaudate sono quelle che nel

lungo periodo danno maggiore affidabilità e predicibilità.

PER RIASSUMERE...

Empatia + Sincerità = Persuasione (ESP)

Mancanza di attenzione = Comunicazione inefficace = Mancanza di risultati

Impara ad ascoltare attivamente senza giudicare nè interrompere il paziente.

Il tavolo rotondo è l’ideale per creare un’ atmosfera di collaborazione e

persuasione. Su di un tavolo rettangolare usa la posizione di mediazione per

creare un contatto intimo e informale.

Le obiezioni possono essere raggruppate in 7 categorie principali. Impara ad

anticiparle e bloccherai qualsiasi potenziale resistenza prima che accada.

I metaprogrammi sono scorciatoie di pensiero utili per “osservare” e conoscere in

modo rapido il comportamento degli altri. Questi schemi possono aiutarti a

prevedere le azioni delle persone con le quali ti relazioni.

Le persone “VERSO” sono motivate soprattutto dal desiderio di raggiungere

determinati traguardi. Gli individui “VIA DA” focalizzano la propria attenzione sui

rischi e agiscono preoccupandosi di evitare situazioni spiacevoli.

Le persone “OBIETTIVO” agiscono immediatamente di fronte ad uno stimolo,

mentre quelle “PROCESSO” hanno bisogno di compiere una serie di passaggi

prima di agire.

Chi vive nel presente, ha un metaprogramma” INTIME”, viceversa, chi ama

pianificare il futuro ha un metaprogramma “THROUGHTIME”.

Le persone “CHUNK UP” tendono a tralasciare i dettagli e vogliono andare subito

al sodo, al contrario di quelle “CHUNK DOWN” che si soffermano molto sui

particolari facendo lunghe e dettagliate premesse.

Page 82: Pensiero Rivelato

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Le persone ETEROCENTRATE hanno un indice di riferimento esterno, mentre le

persone EGOCENTRATE ne hanno uno interno.

PER APPROFONDIRE…

Borg J. “Persuasione, l‟arte di convincere le persone”. Tecniche nuove, 2010.

Bruno G.” Persuasione” (DVD). Bruno editore.

Carnegie D. “Come trattare gli altri e farseli amici”. Bompiani, 1986.

Mortensen K. “Capire come pensa il tuo pubblico” (ebook gratuito).

Reiman T. “L‟arte della persuasione”. Sperling & Kupfer, 2011.

Page 83: Pensiero Rivelato

82

Capitolo VI

L’INCANTESIMO DELLA PERSUASIONE (seconda parte)

Come si legge nel dizionario italiano quando si persuade qualcuno la parte con

cui si sta interagendo inizialmente è di un parere differente, che viene modificato dopo

l‟opera di “persuasione”. Oltre all‟atto specifico del persuadere quindi esiste anche un

aspetto emotivo e relazionale della questione. Infatti non possiamo accontentarci di

essere abbastanza bravi nel riuscire a persuadere qualcuno senza domandarci quali

sentimenti prova il nostro interlocutore dopo essere stato persuaso. Se l‟azione

persuasiva ha condotto a sentimenti positivi, il rapporto può mantenersi inalterato e

persino migliorare; ma se ha suscitato sentimenti negativi il rapporto può essere

compromesso e il nostro atto persuasivo diventerebbe decisamente un fallimento.

In definitiva si tratta di un contratto win-win dove a vincere sono sia il “professionista”

che “il cliente”. Studiare e conoscere i meccanismi della persuasione è utile per

cambiare il modo in cui presentiamo agli altri le nostre proposte facendole apparire

sotto una luce diversa e più appetibili. Lo psicologo sociale americano Robert Cialdini

distingue le tattiche persuasive in sei categorie:

1. Reciprocità

2. Simpatia

3. Impegno e coerenza

4. Riprova sociale

5. Autorità

6. Scarsità

La particolare efficacia di queste tattiche risiede nel far leva su alcuni principi

psicologici che orientano e motivano il comportamento umano a livello inconscio. In

altre parole si servono di alcuni comportamenti automatici della persona nel momento in

cui deve prendere una decisione, la maggior parte delle volte senza che ne sia

consapevole. Cialdini paragona queste tecniche all‟arte marziale del jujiztu che sfrutta la

Il persuasore è colui che riesce a muovere l’interlocutore nella sua

direzione, senza cambiare le caratteristiche della proposta originale e

mantenendo o addirittura migliorando il rapporto sociale.

Page 84: Pensiero Rivelato

83

forza fisica dell‟aggressore per poi utilizzarla contro di lui. Spesso nel prendere una

decisione il potenziale acquirente "si fa guidare, non da un’analisi approfondita delle

informazioni rilevanti nella situazione, bensì da poche indicazioni che provengono dallo

stimolo e sollecitano un processo automatico di risposta”. Entriamo ora nel merito della

questione descrivendo singolarmente le varie tattiche e i principi motivazionali a cui

fanno ricorso.

RECIPROCITÀ O REGOLA DEL CONTRACCAMBIO

Tale regola è comune a tutti i tipi di società umane e la si può annoverare tra gli

schemi comportamentali istintivi della nostra razza. In genere l‟uomo avverte il bisogno

di contraccambiare favori veri o presunti verso i quali si sente in debito. Ciò è

comprensibile poiché, sin da tempi lontani, il sistema di reciprocità ha regolato lo

scambio e la collaborazione tra individui, anche se in alcune circostanze questa legge

comportamentale può essere utilizzata a fini tutt‟altro che morali (specie se si intende

far sentire in debito l‟interlocutore imponendogli un favore non richiesto).

Come spiega Cialdini un‟applicazione della regola del contraccambio in campo

commerciale può essere l'offerta di un campione gratuito (cibo, profumo o altro), la

situazione del “soddisfatto o rimborsato” oppure i periodi di prova gratuiti proposti per

alcuni prodotti.

Anche nell‟amibito medico si può far leva su una tattica di influenza interpersonale

diretta quale la regola del debito e del contraccambio. Per esempio puoi rivolgerti al

paziente dicendo: "Lei non ha eseguito il compito che avevamo concordato nella scorsa

seduta. Per questa volta ci passerò sopra, però nei prossimi giorni dovrà impegnarsi a

portare a termine quest’altro incarico” (e si assegna un altro compito). Usa questo

principio nel tuo studio dopo esserti messo in una posizione di “credito” verso il paziente

facendogli piccoli favori come visite o piccoli interventi gratuiti, rendendoti reperibile in

orari extra-lavorativi per particolari urgenze o qualsiasi situazione che possa farli sentire

in “debito”. Successivamente potrai sfruttare questa leva psicologica per “persuadere” e

“guidare” il paziente dove ritieni più opportuno. Attenzione però: secondo la studiosa di

scienze sociali Ptiya Raghubir quando si propone un omaggio a un consumatore per

L’uomo avverte il bisogno di contraccambiare favori veri o presunti verso i

quali si sente in debito.

Page 85: Pensiero Rivelato

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indurlo a comprare qualche prodotto, il valore percepito e la desiderabilità dell‟omaggio,

come bene in sé, rischiano di declinare bruscamente. Quindi, quando fai un qualsiasi

tipo di “favore”, per prevenire che questo omaggio si riveli un boomerang, informa o

ricorda al paziente il suo vero valore.

Una variazione del principio di contraccambio è la cosiddetta tattica della "Porta in

faccia", che dà all‟interlocutore l‟illusione di avergli fatto una concessione, facendo uso

del Principio di contrasto. Un esperimento molto semplice chiarisce perfettamente

questo principio. Prendiamo tre bacinelle d'acqua: una ripiena di acqua ghiacciata, una

di acqua tiepida e una di acqua bollente. Immergiamo ora la mano sinistra nella prima e

la destra nella terza, dopo un attimo caliamole tutte e due nella bacinella di mezzo.

Malgrado l'oggettiva tiepidezza dell‟acqua, la mano sinistra avvertirà l'acqua calda,

mentre per la destra sarà fredda. Come la percezione tattile della mano, anche i nostri

giudizi sono influenzati dal contesto. Un abile persuasore è in grado di creare un

contesto a lui favorevole, senza lasciare nulla al caso, facendo magari apparire migliore

l‟alternativa da lui proposta. È possibile applicare questo semplice trucco psicologico

avanzando dapprima una richiesta gravosa e successivamente, dopo averne ottenuto il

rifiuto (“la porta in faccia”), avanzandone una minore che rappresenta quella

effettivamente desiderata. Purchè le richieste siano formulate abilmente, l‟interlocutore

dovrebbe vedere nella seconda una sorta di concessione e quindi sentirsi incline a

ricambiare con un‟ altra concessione da parte sua. È ciò che succede anche in terapia

quando il medico presenta un preventivo più alto e al rifiuto del paziente abbassa il tiro

con una proposta più allettante. Attento però a non esagerare nel contrasto altrimenti le

proposte appariranno palesemente caricaturali. Inoltre fai sempre credere al paziente

che è stato lui a raggiungere tale accordo e che tu gli stai concedendo tale vantaggio.

SIMPATIA

Abbiamo visto nel capitolo III che per ottenere la fiducia e la collaborazione da

parte di un qualsiasi interlocutore, è indispensabile creare rapport, cioè instaurare con

lui una particolare sintonia, meglio ancora empatia.

È chiaro che due persone che si stimano o che si vogliono bene sono già

naturalmente in uno stato di profondo rapport tra loro. Due amici per esempio oltre ad

intendersi alla meraviglia sul piano verbale e del contenuto sono in sintonia anche sul

piano non verbale: camminano in modo simile, assumono le stesse posture, si grattano

nello stesso identico momento insomma si rispecchiano istintivamente l'uno nell'altro.

Page 86: Pensiero Rivelato

85

Maggiore è il feeling e maggiore è il rispecchiamento reciproco: questo è il concetto che

si trova alla base della tattica della simpatia.

Consapevole di questo particolare meccanismo, puoi sfruttarlo per istaurare

immediatamente un rapporto di fiducia con il paziente ed entrare in breve tempo in

simpatia con lui. Probabilmente la creazione di un legame empatico determina una

stimolazione sincronizzata del sistema parasimpatico che viene percepita a livello

inconscio. In tal modo il tuo interlocutore non si sente in pericolo e gli pare di essere

veramente compreso ed ascoltato: a livello inconscio infatti ciò che ci somiglia ci è

familiare e ciò che ci è familiare ci tranquillizza, facendoci abbassare le difese.

Ci sono alcuni fattori che influenzano la percezione della simpatia e fanno si che

una persona ci sia più gradita di un'altra.

Alcune ricerche dimostrano che uno di questi è la BELLEZZA. Tutti noi tendiamo ad

attribuire automaticamente alle persone di bell‟aspetto ulteriori caratteristiche positive

come il talento, la gentilezza, l‟onestà, l‟intelligenza e la professionalità, secondo quello

che in psicologia sociale prende il nome di “effetto alone”. Di conseguenza un

odontoiatra che cura l‟aspetto generale di se stesso, dei suoi collaboratori e

dell‟ambiente di lavoro non fa altro che sfruttare questo principio.

Anche la SOMIGLIANZA influisce positivamente sulla simpatia. Come già sai ci

piacciono le persone che sono simili a noi e quindi più ti assimili alla “realtà” del

paziente più risulti “simpatico”. Entrare nella vita degli altri, conoscere i particolari e le

situazioni personali rende una persona più simpatica ai nostri occhi. Permetti ai tuoi

pazienti di vedere uno spicchio della tua vita con foto di famiglia, hobby, situazioni

sociali sparse per lo studio. Il paziente si vedrà subito simile a te e ti sentirà pù vicino e

più amico.

Anche i COMPLIMENTI sono un‟ottima arma di persuasione che puoi usare per

generare simpatia. Siamo tutti di un‟ingenuità straordinaria davanti all‟adulazione: pur

essendoci dei limiti, soprattutto quando abbiamo la certezza che l‟adulatore stia

cercando di manipolarci, di regola tendiamo a credere alle lodi e ci piace chi ce le

proprina. Puoi fare dei complimenti al tuo paziente relativamente alla sua dentatura, alla

La simpatia è uno degli elementi fondamentali per creare facilmente rapport ed

ottenere la fiducia e la collaborazione dell’interlocutore.

Page 87: Pensiero Rivelato

86

sua igiene o ai progressi fatti in una specifica terapia per far leva sulla sua vanità e

quindi spingerlo a intraprendere (o continuare) la retta via.

Infine puoi generare simpatia (o meglio familiarità) attraverso il CONTATTO. La

regola è semplice: ci piacciono soprattutto le cose che ci sono familiari. Lo sanno bene i

pubblicitari che bombardano il pubblico con la stessa reclame di un prodotto finchè per

il consumatore non diventi abituale. Questo accade perché non ci accorgiamo affatto

che il nostro atteggiamento verso una cosa è influenzato dal numero di volte che vi

siamo stati esposti in passato. Con le persone accade lo stesso: più le frequentiamo,

più ci sono familiari, più tendiamo a giudicarle favorevolmente. Aumenta quindi la

fidelizzazione dei tuoi pazienti spendendo, soprattutto con quelli nuovi e indecisi,

qualche appuntamento in più per aumentarne il contatto anche solo con brevi visite di

controllo.

IMPEGNO E COERENZA

Ogni volta che prendiamo una decisione o compiamo un‟azione sentiamo il

bisogno di comportarci coerentemente con l'immagine che abbiamo dato di noi stessi.

In altre parole il bisogno di coerenza con noi stessi, prima ancora che verso gli altri, ci

spinge ad allineare le nostre convinzioni e percezioni con ciò che ormai abbiamo fatto o

detto. Alcune volte per non dover fare dei passi indietro, per non contraddirci, per non

dover riconoscere di aver avuto torto, sfoderiamo tutte le migliori armi retoriche pur di

convincere noi stessi e gli altri che valeva la pena farlo.

Questi processi sono stati ben studiati dalla psicologia cognitiva che ha

individuato i modi che usiamo per ingannare noi stessi, tra cui la tecnica dell‟astrazione

selettiva e quella dell‟inferenza arbitraria.

Si parla di ASTRAZIONE SELETTIVA quando nel contesto di un‟esperienza

focalizziamo l'attenzione solo su ciò che sembra confermare il nostro modello del

mondo mentre mettiamo in atto una sorta di cancellazione di quelle parti che sono in

disaccordo. A volte ne risulta colpita anche la memoria in quanto tendiamo a ricordare,

di un particolare avvenimento, per lo più quello che ci era già familiare in accordo con la

nostra mappa mentale e con ciò che per noi aveva un particolare significato emotivo.

L‟INFERENZA ARBITRARIA invece consiste nel trarre una conclusione specifica senza

prove a sostegno o addirittura di fronte a prove che la contraddicono, al fine di

mantenere coerenza con se stessi eliminando in tal modo il disagio.

Page 88: Pensiero Rivelato

87

Attraverso questo tattica, si può avere un controllo sottile del comportamento

altrui ed arrivare persino a cambiare gli atteggiamenti degli altri. Il procedimento opera

per gradi: il persuasore cerca di far dire o fare qualcosa di apparentemente innocuo e

poco impegnativo all‟interlocutore, per legare logicamente tale comportamento a tutta

un'altra serie di richieste una più gravosa dell'altra. Per aumentare ancora di più l‟effetto

il persuasore fa mettere per iscritto l‟impegno del suo interlocutore e cerca il più

possibile di fargli assumere questa posizione pubblicamente. È inoltre essenziale che il

soggetto creda di essere arrivato senza coercizioni nè incentivi a una libera scelta.

Un paziente che si percepice come una persona attenta alla sua salute

(impegno) probabilmente seguirà più facilmente le indicazioni dell‟odontoiatra per

mantenere fede all‟immagine che ha di se stesso (coerenza). Il punto fondamentale

(nonché quello più difficile) è riuscire a cambiare “l‟identità” del paziente da “persona

che non cura la sua bocca” a “persona che tiene alla propria salute orale”: questo

cambio di identità avrà un effetto rivoluzionario su tutte le sue convinzioni e azioni che

lo porteranno a curarsi sempre di più.

Puoi sfruttare ancora il principio di coerenza ad esempio modificando le parole

della segretaria durante la prenotazione degli appuntamenti da “Siete pregato di

telefonare se intendete disdire” in “Sareste così gentile da telefonare qualora dovreste

disdire?”. Naturalmente tutti i pazienti risponderanno SI alla domanda e grazie a questo

piccolo cambiamento si sentiranno più propensi a tener fede all‟impegno (Greenwald et

al. 1987). L‟impegno attivo ha un altro ruolo nella presa degli appuntamenti. Quando ne

prendi uno, che sia per un controllo di routine o per un‟operazione di rilievo, di solito sei

tu che annoti la data e l‟orario su un cartoncino: adottando questa prassi tuttavia il ruolo

del paziente è passivo piuttosto che attivo. Al contrario,secondo un sondaggio del DDP

(Developing Patient Partnership, 2006) chiedere ai pazienti di compilare il cartoncino

loro stessi si rivela una strategia più efficace e a basso costo per ridurre la percentuale

delle visite mancate.

Un corollario del principio di coerenza è la labelling technicque o “tecnica

dell‟etichettatura” che implica l‟assegnazione di una caratteristica, un atteggiamento,

una credenza a una persona seguita da una richiesta coerente con l‟etichetta stessa.

Ad esempio le assistenti e le segretarie in studio svolgono il loro lavoro in quanto

L’essere umano sente sempre il bisogno di comportarsi coerentemente con

l'immagine che ha o che dà di se stesso.

Page 89: Pensiero Rivelato

88

dipendenti; ma se cambi la loro etichetta definendole collaboratrici dai loro un‟identità

positiva che le spinge verso un impegno attivo e quindi produttivo.

RIPROVA SOCIALE

Questo principio può essere definito sinteticamente a partire dalle parole di

Cialdini: "quanto maggiore è il numero di persone che trova giusta una qualunque idea,

tanto più giusta è quell'idea". Ne parlava già anche Gustave Le Bon nel libro “Psicologia

delle folle” (1895), in cui afferma che le idee, i sentimenti e le emozioni hanno un potere

contagioso nella folla dato che l'uomo è un imitatore per natura e nella folla resta in

preda all‟eccitazione reciproca.

Questo principio è particolarmente potente soprattutto nelle situazioni nuove e

sconcertanti dove c'è un notevole margine di dubbio, per cui la persona si trova confusa

e non sa che fare: in mancanza di un modello comportamentale già pronto, un metodo

facile e istintivo consiste proprio nell'imitazione del comportamento altrui. L'effetto

imitazione lo si ritrova nelle epidemie di suicidi dopo che i media hanno cominciato a

farne pubblicità, oppure nei suicidi collettivi delle sette religiose: l‟esempio di uno (o di

pochi) istiga altre persone nella medesima situazione a comportarsi nella stessa

maniera.

Nell‟ ambito odontoiatrico un paziente si sente più fiducioso se si reca in uno

studio odontoiatrico in cui un amico o un conoscente è già in terapia. Oppure una

mamma che accompagna il proprio figlio per una visita troverà conferma sociale nel

notare che nella sala d‟attesa altre mamme hanno portato i propri figli dallo stesso

dentista. Ovviamente puoi usare questo fenomeno a tuo favore, magari concentrando

determinate tipologie di pazienti (bambini, anziani) in giorni specifici, potendo così

favorire la conferma della riprova sociale da parte dei tuoi pazienti e dei loro

accompagnatori.

Un‟ ulteriore applicazione di questo principio l‟hanno dimostrato Melamed e

collaboratori nel 1978. Nel loro esperimento hanno riscontrato che, mostrando ai

bambini un filmato rassicurante su una visita dentistica di un loro coetaneo, si attenuano

ansia e paura grazie appunto alla riprova sociale. Bisogna specificare comunque che i

L'uomo è per natura un imitatore del comportamento altrui.

Page 90: Pensiero Rivelato

89

risultati migliori si ottengono quando i protagonisti vedono nel filmato un loro coetaneo

rispetto a quando il filmato riguarda un adulto o un bambino di diversa età.

AUTORITÀ

Sin da piccoli siamo stati abituati che è bene obbedire all'autorità o ad una figura

autoritaria e tutta la società è da sempre organizzata secondo un ordine gerarchico e

legislativo. Sul principio di autorità fanno leva i capi carismatici, i guru che raccontano di

detenere poteri straordinari, coloro che sfoggiando titoli altisonanti o che indossano una

divisa cercando di mettere in soggezione gli altri.

Diversi fattori contribuiscono a determinare l‟autorità di una persona.

Innanzitutto l‟AUTORITA‟ APPARENTE. In realtà per sentirsi in dovere nei confronti

di un‟autorità non è necessario che sia reale: basta infatti comportarsi e apparire come

detentori di un‟autorità, per porsi in un ruolo di superiorità sul prossimo. Potremmo

infatti dire che l‟effetto ottenuto è simile sia che la si possieda realmente, cioè si

appartiene ad un livello gerarchico per cui si ha un certo potere di grado, sia che si

possieda autorevolezza, ossia dei comportamenti, delle capacità o delle competenze

che donano autorità agli occhi degli altri. Gli spot pubblicitari odontoiatrici sfruttano

proprio questo principio presentando sempre un attore vestito da dentista che consiglia

l'acquisto di un nuovo dentifricio antiplacca. Sulla base di ciò è anche facile capire come

“finti professionisti” riescano, con abilità e sicurezza, a truffare ignari clienti.

Anche i TITOLI, cioè le etichette che identificano il ruolo svolto da una persona,

sono dei potenti fattori in grado di determinare l‟autorità di un individuo. Sicuramente tra

tutti i simboli di autorità i titoli sono quelli più difficili da ottenere perché richiedono anni

di impegno, ma per chi li possiede rappresentano quelli più facili da usare: per ottenere

delle reazioni automatiche di influenzamento altrui basta esporre o nominare

semplicemente il proprio titolo senza neanche dover inizialmente pensare al

comportamento da adottare. Una volta Cialdini è stato avvicinato da un gruppo di

fisioterapisti frustrati dalla non collaborazione dei pazienti che non praticavano gli

esercizi anche dopo ripetute sollecitazioni. Dopo aver visto i loro ambulatori ha messo

in pratica un piccolo cambiamento: ha fatto esporre le loro credenziali nei luoghi

L'uomo si sente in dovere nei confronti di un’autorità o di una figura

autorevole.

Page 91: Pensiero Rivelato

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accessibili ai pazienti. Solo questo è bastato ad aumentare in maniera esponenziale lo

spirito di collaborazione. Mostra senza boriosità diplomi, lauree, attestati, certificati e

premi a coloro che vuoi persuadere: ti aiuteranno a conquistare la loro fiducia.

Infine gli ABITI E ORNAMENTI sono un ulteriore incentivo all‟autorità: si può dire

infatti che “l’abito fa il monaco” dato che in alcune circostanze esso può effettivamente

influenzare l‟interlocutore. L‟uniforme (il camice del dentista) è forse uno di quegli

indumenti che genera più facilmente acquiescenza, ma hanno lo stesso effetto anche i

gioielli o le belle automobili, che possono rappresentare una forma più generica di

autorevolezza quando serve a scopi ornamentali.

Parlando di autorità inoltre, alcune ricerche hanno dimostrato che anche in

questo caso si verifica l‟effetto alone. Cialdini descrive un divertente esperimento

condotto presso l‟università in cui un visitatore viene presentato a differenti classi di

volta in volta con qualifiche differenti: man mano che il visitatore viene introdotto come

una figura appartenente a gradini sempre più alti della scala sociale, gli studenti

percepiscono ed attribuiscono all‟ospite una statura sempre maggiore. Appare ovvio

allora che nella figura del medico è insito il principio di autorità che il professionista

dovrà però usare seguendo rigidi dettami etici e morali.

Un ulteriore modo per aumentare la tua autorità agli occhi degli altri è un

approccio che conferenzieri, performer e scrittori usano sistematicamente: affidare ad

altri il compito di tessere le tue lodi (così da risparmiarti una palese autopromozione).

Inoltre, in uno studio di Pfeffer e collaboratori del 2006, si è visto che il pubblico non

tiene conto se l‟intermediario sia o meno coinvolto con il soggetto di cui decanta

competenze e credenziali. Nel tuo caso istruisci la segretaria e le assistenti a dire ai

pazienti la “parola giusta al momento giusto” per promuovere te e la tua attività (una

nuova terapia, un nuovo apparecchio ecc..).

Bisogna però tenere a mente che in ambito sanitario il principio di autorità ha un

lato negativo chiamato captainitis. Questo fenomeno sta a indicare la passività mostrata

dai membri di un gruppo quando il capo prende chiaramente una decisione sbagliata.

Lo psicologo Charles Hofling nel 1966 ha verificato questo triste fenomeno in ambito

ospedaliero dove 22 infermiere hanno messo da parte la loro considerevole esperienza

e competenza solo perché un presunto medico (che neanche conoscevano)

comandava loro di fare un‟ azione terapeutica palesemente sbagliata. La ragione di

tutto ciò è abbastanza semplice: il medico ha la responsabilità e di conseguenza il

Page 92: Pensiero Rivelato

91

potere di penalizzare i membri dello staff non compiacenti e, inoltre, possiede le

competenze mediche superiori che inducono coloro che lo circondano a demandare le

decisioni al suo status di esperto. Poiché nessuno è infallibile, istruisci le tue assistenti a

farti notare in maniera riservata eventuali errori che stai commettendo: ne guadagnerete

tu e i tuoi pazienti.

SCARSITÀ

Spesso è facile rendere appetibile un bene o un servizio: basta renderlo scarso o

poco disponibile, addirittura vietato o segreto, facendo in modo che non sia semplice

ottenerlo e presentandolo come qualcosa di unico ed esclusivo. Su questo si basa il

principio di scarsità, il cui potere risiede proprio in due caratteristiche: da una parte la

nostra inclinazione per le scorciatoie e la consapevolezza che le cose difficili da

ottenere sono di norma qualitativamente migliori di quelle facilmente accessibili;

dall‟altra il fatto che quando le opportunità sono ristrette, perdiamo la libertà d‟azione di

cui godiamo, che è qualcosa che non sopportiamo e che ci porta a desiderare sempre

di più.

Questo concetto, al centro della teoria della reattanza psicologica, è spiegato

dallo psicologo Jack Brehm: quando le persone ritengono che la loro libertà di effettuare

un dato comportamento sia minacciata, esperiscono una reattanza psicologica cioè uno

stato motivazionale diretto alla ristabilizzazione della libertà minacciata o perduta.

Poiché la scarsità interferisce effettivamente con la nostra libertà di accesso all‟oggetto

del nostro interesse, reagiamo all‟interferenza desiderandolo più di prima e sforzandoci

ancora di più per ottenerlo. Questo desiderio di opporsi a qualunque impedimento alla

propria libertà viene espresso in molti campi del sociale. Vedi ad esempio le tecniche di

marketing di cui siamo bersaglio tutti i giorni: le edizioni limitate, la commessa che ti

dice “E‟ l‟ultimo pezzo!”, il televenditore che ti urla “solo per oggi!” oppure “solo alle

prime 50 telefonate!”.

Il medico, in tal senso, puo‟ dare la sottile impressione che un eventuale prodotto

di qualità oppure una particolare concessione (come sconti od orari di appuntamento)

non saranno sempre disponibli nel tempo e quindi stimolare il paziente ad usufruire

prima degli altri del “bene in esaurimento”.

Quando la libertà di scelta è limitata o minacciata, il bisogno di tale libertà ci

porta a desiderare molto più di prima.

Page 93: Pensiero Rivelato

92

LE NOSTRE SCELTE

A differenza di qualunque specie animale, l‟uomo ha una capacità superiore di

elaborazione dell‟informazione, tuttavia a volte deve rinunciare a un più elaborato e

lungo processo decisionale per sostituirlo con una più automatica e primitiva risposta

basata su pochi elementi. Alcuni di questi dati parziali a cui facciamo riferimento, come

il contraccambio, la coerenza con gli impegni presi, la riprova sociale, la simpatia,

l‟autorità e la scarsità sono un‟indicazione attendibile per orientare la nostra risposta

verso un si o un no. Il loro uso è tanto più probabile quanto più siamo in condizioni di

fretta, stress, incertezza, indifferenza, distrazione o affaticamento, cioè in quelle

condizioni in cui tendiamo a considerare solo una minore parte dell‟informazione

accessibile.

Il comportamento automatico e stereotipato predomina perché spesso è più

efficiente o indispensabile: ogni giorno infatti ci troviamo di fronte a numerosi stimoli e

per risparmiare tempo ed energia, o semplicemente perché non abbiamo la capacità di

affrontarli, ricorriamo a delle scorciatoie. Persino quando queste soluzioni o questi

stereotipi sono inadatti alla situazione, tendiamo a prediligerli perché non abbiamo altre

possibilità di scelta.

La necessità di dover utilizzare sempre di più schemi d‟azione fissi, è una diretta

conseguenza del fatto che le nostre azioni stanno via via trasformando il nostro

ambiente in un complesso saturo di informazioni: oggi ci ritroviamo a vivere in un

mondo dove la maggior parte dell‟informazione risale a meno di quindici anni prima e in

cui le conoscenze sembrano raddoppiarsi nell‟arco di otto anni. E dato che l‟evoluzione

della tecnica è molto più rapida dell‟evoluzione della specie, la nostra capacità naturale

di elaborare l‟informazione rischia di diventare sempre più insufficiente nel maneggiare

il sovraccarico di cambiamenti, di scelte e di novità che determina la complessità

radicalmente maggiore della vita moderna. Di questo passo ci troveremo un giorno nella

condizione degli animali inferiori che sono dotati di un apparato mentale non attrezzato

per far fronte a tutto l‟ambiente esterno, così ricco e intricato. D‟altra parte l‟uso di questi

schemi d‟azione fissi può tornare utile al medico professionista della persuasione per

Attraverso gli schemi di azione fissi del contraccambio, della coerenza, della

riprova sociale, della simpatia, dell’autorità e della scarsità riusciamo a

prendere decisioni in un mondo saturo di informazioni, rinunciando però a un

più eleborato e lungo processo decisionale.

Page 94: Pensiero Rivelato

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migliorare la sua vita ma sopratutto per guidare in maniera moralmente ineccepibile i

suoi pazienti, che molto spesso si mostrano confusi e impauriti dalla presenza di uno

stato di salute alterato e quindi facilmente manipolabili in maniera eticamente corretta.

PER RIASSUMERE…

Il persuasore è colui che riesce a muovere l’interlocutore nella sua direzione,

senza cambiare le caratteristiche della proposta originale e mantenendo o

addirittura migliorando il rapporto sociale.

L’uomo avverte il bisogno di contraccambiare favori veri o presunti per i quali si

sente in debito.

La simpatia è uno degli elementi fondamentali per creare facilmente rapport ed

ottenere la fiducia e la collaborazione dell’interlocutore.

L’essere umano sente sempre il bisogno di comportarsi coerentemente con

l'immagine che ha o che dà di se stesso.

L'uomo è per natura un imitatore del comportamento altrui.

L'uomo si sente in dovere nei confronti di un’autorità o di una figura autorevole.

Quando la libertà di scelta è limitata o minacciata, il bisogno di tale libertà ci

porta a desiderare molto più di prima.

Attraverso gli schemi di azione fissi del contraccambio, della coerenza, della

riprova sociale, della simpatia, dell’autorità e della scarsità riusciamo a prendere

decisioni in un mondo saturo di informazioni, rinunciando però a un più eleborato

e lungo processo decisionale.

PER APPROFONDIRE…

Cialdini R. “Le armi della persuasione”. Giunti, 2010.

Cialdini R, Goldstein N, Matin S.“50 segreti della scienza della persuasione”. Tea, 2010.

Germani M. “I meccanisimi della persuasione” (ebook). Bruno editore.

Montague R. “Perché l‟hai fatto?”. Raffaello Cortina Editore, 2008.

Page 95: Pensiero Rivelato

94

CONCLUSIONE

Lo psicologo Daniel Goleman, professore all‟università di Harvard, con la

pubblicazione di “Intelligenza emotiva” (1996), ha aperto un orizzonte quasi sconosciuto

fino a qualche decennio prima. Il suo lavoro ha avuto il merito di divulgare, non solo

nell‟ambiente accademico, l‟importanza delle emozioni e la necessità di collegarle con

la parola e col pensiero. Precedentemente la psicologia scientifica concentrava i suoi

studi su un tipo d‟intelligenza limitata, espressa dal quoziente d‟intelligenza tradizionale

(Q.I.), che classifica gli individui in modo statico e che da solo non riesce a spiegare

perché persone con un QI sopra la media non abbiano nella vita un successo

proporzionalmente maggiore rispetto ad individui meno “intelligenti”. Secondo Goleman

il “quid” che colma questa discrepanza è proprio l‟intelligenza emotiva, intesa come la

capacità di relazionarsi con gli altri, di capire le loro emozioni e di aiutarli a gestirle.

La medicina ha da sempre identificato la sua missione nella cura della patologia

e del disturbo fisico trascurando però l‟esperienza umana della malattia. Medici e

infermieri infatti pur prendendosi molta cura delle condizioni fisiche dei loro pazienti, ne

ignorano a volte le reazioni emotive. L‟assistenza sanitaria moderna dunque è ancora

carente di intelligenza emotiva, nonostante sembri che proprio lo stato emotivo assuma

un ruolo di primo piano nella vulnerabilità dell‟individuo alla malattia e nel decorso della

convalescenza. Alcuni studi dimostrano infatti che sia la collera che l‟ansia possono

rendere l‟organismo più vulnerabile a tutta una serie di malattie, e che al contrario

sentimenti positivi come la speranza o l‟ottimismo hanno un potere risanatore.

Comunque si stanno muovendo i primi passi verso una medicina più umana basata su

un semplice concetto: non è possibile considerare adeguata un’assistenza medica che

trascuri i sentimenti dei pazienti che stanno combattendo la loro battaglia contro la

malattia. Molti pazienti infatti possono trarre un grandissimo beneficio da un medico che

si prende cura delle loro esigenze emotive assieme a quelle strettamente fisiche. A

fronte di queste nuove teorie non basta più essere quindi dei professionisti ultra

specialistici, ma bisogna prestare molta più attenzione alle emozioni e considerarle

delle risorse da conoscere ed utilizzare per un miglior rendimento non solo nell‟ambito

sanitario ma anche nella vita sociale, relazionale e affettiva.

A tal proposito voglio citare un esperimento che il giornalista Malcolm Gladweel

descrive nel suo libro “In un batter di ciglia”: Wendy Levinson, professore presso la

University Health Network Toronto General Hospital, ha registrato centinaia di

Page 96: Pensiero Rivelato

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conversazioni di pochi minuti fra un gruppo di medici e i loro pazienti per capire quale

fosse il fattore critico che facesse scattare le denunce. Metà dei medici non aveva mai

avuto problemi con cause civili, l’altra metà invece era stata coinvolta in almeno due

cause. Da questa ricerca è emerso che, dalle sole conversazioni, esistevano nette

differenze fra i due gruppi di professionisti: i medici che non erano mai stati citati in

giudizio dedicavano a ogni paziente in media oltre tre minuti in più di quelli che erano

stati citati. Inoltre il primo gruppo tendeva ad usare più facilmente parole di

“orientamento”, cioè che aiutano i pazienti a farsi un’idea di quello che possono

aspettarsi dalla visita e a sapere quando potranno fare le loro domande, usando frasi

come “Prima la visito poi parleremo del problema”, oppure “Dopo chiederà quello che

vuole”. I medici mai citati in giudizio inoltre stavano più facilmente ad ascoltare il loro

paziente facendoglielo capire con frasi come “Sta dicendo che…mi spieghi meglio”, e

più spesso ridevano o facevano delle battute di spirito durante la visita. La cosa

interessante è che la quantità e la qualità delle informazioni che i due gruppi di medici

davano ai loro pazienti erano le stesse e non capitava che i medici del primo gruppo

offrissero più dettagli sulle cure o sulle condizioni dei pazienti. La differenza risiedeva

soltanto nel modo in cui parlavano con loro.

La psicologa Nalini Ambady ha approfondito ulteriormente questa prima analisi:

per ogni chirurgo ha scelto due colloqui e da ognuno di essi ha estratto due frammenti,

ciascuno della durata di dieci secondi, per un totale di quaranta secondi. In seguito ha

filtrato gli spezzoni per eliminare i suoni ad alta frequenza, che permettevano di

riconoscere le singole parole, rimanendo con un’accozzaglia di suoni che, della

conversazione, conservava solo intonazioni, accenti e ritmi, ma non il contenuto. Infine

ha fatto valutare questi “spezzoni senza parole” sulla base di qualità come calore,

ostilità, arroganza, ansia, e ha scoperto che, basandosi unicamente su quelle

valutazioni, era in grado di dire quali chirurghi avevano ricevuto citazioni in giudizio

senza che i valutatori fossero a conoscenza del livello professionale del medico. In

pratica se nella voce del medico, coglievano un senso di superiorità, era probabile che

appartenesse al gruppo dei citati in giudizio; viceversa se la voce suonava meno

arrogante e più partecipe, rientrava più facilmente fra i non citati.

La negligenza professionale sembrerebbe, a sentire pazienti, avvocati e giudici,

uno di quei problemi complessi dalle infinite sfaccettaure. Invece, come dimostra

l‟esperimento menzionato, si riduce semplicemente alla mancanza di una serie di

accortezze. Per comprendere quanto siano fondamentali certi accorgimenti è utile

Page 97: Pensiero Rivelato

96

introdurre il principio della scarsità dei fattori. L‟economista italiano Vilfredo Pareto

(1987), studiando la distribuzione dei redditi, dimostrò che in una data regione solo

pochi individui (il 20%) possedevano la maggior parte della ricchezza (l‟80%). Questa

osservazione ispirò la cosiddetta "legge 80/20" nota anche con il nome di principio di

Pareto, sintetizzabile nell‟affermazione “la maggior parte degli effetti è dovuta ad un

numero ristretto di cause”. Naturalmente i valori 80% e 20% sono ottenuti mediante

osservazioni empiriche e sono solo indicativi, ma è interessante notare come numerosi

fenomeni abbiano una distribuzione statistica in linea con questi valori. Ad esempio: in

un‟azienda il 20% dei venditori esegue l'80% delle vendite; così come l'80% dei reclami

proviene dal 20% dei clienti; o come l‟80% del contenuto di un libro si trova nel 20%

delle parole, o ancora l'80% del deficit sanitario italiano è localizzato in un 20% di ASL

sparse sul territorio e così via. Nel rapporto medico-paziente accade la stessa cosa: il

20% del tuo comportamento influenzerà l‟80% del risultato finale. Il “dentista mentalista”

è proprio questo 20%. Sono i particolari che fanno la differenza: è il come dici le cose

che indurrà gli altri a starti ad ascoltare, è il come le fai che produrrà in loro forti

cambiamenti. Il “dentista mentalista” è appunto un esperto di intelligenza emotiva.

Ogni tecnica descritta in queste pagine è un piccolo passo verso questo

obiettivo; tutte insieme ti aprono un mondo finora inesplorato. Ma la tecnica, da sola,

non è sufficiente: è indispensabile infatti “essere presenti”. Questo concetto è reso bene

dalla parola tedesca Dasein che non ha un esatto corrispettivo in italiano. “Esserci” con

il paziente vuol dire partecipare con il tuo atteggiamento e le tue intenzioni, e fare tutto il

possibile per determinare un esito che sai nei migliori interessi sia per lui che per te. E

se riuscirai ad entrare veramente all‟interno della sua realtà, a stare insieme a lui al suo

stesso livello di esistenza, a condividere lo stesso Daisein, è probabile che riuscirete a

produrre un risultato che sia reciprocamente gratificante e che dia soddisfazione ad

entrambi. Thaddeus Golas che nel suo affascinante volume Guida rapida

all’illuminazione, dice “l’amore è l’azione di essere nello stesso spazio insieme a un’altra

persona”. In questo contesto l‟amore è entrare nella realtà di un'altra persona per

condividerla con lei. È stare su un terreno comune. È un atto di comunicazione, che è

comunione, cioè condivisione di ciò che si comprende e di cui si fa esperienza. È un

posto in cui tu e l‟altro unite le vostre energie e vi muovete insieme verso un obiettivo

comune. E‟ un luogo in cui siete in rapport. E dove c‟è rapport c‟è magia, e dove c‟è

magia c‟è potere. Usalo saggiamente e sarai un medico migliore. Usalo saggiamente e

sarai una persona migliore.

Page 98: Pensiero Rivelato

97

APPENDICE A

LA VOCE

La voce veicola il 38% del significato di un messaggio. La voce è il tuo biglietto

da visita ed è in grado di connetterti o disconnetterti dal tuo paziente ad un livello

subconscio. Ciascuno di noi infatti giudica e viene giudicato dalla voce risultando a volte

arrogante, nervoso e debole altre volte fiducioso, coinvolgente e carismatico. Le voci

persuasive hanno un volume rilassante, inflessioni piene di varietà, una buona

articolazione e un tono piacevole; ma se diventano incerte e timide, la capacità di

persuasione vacilla.

Le persone carismatiche capiscono l'importanza di saper usare il linguaggio in

modo che evochi pensieri intensi, sentimenti e azioni nel loro pubblico. Si chiama

“linguaggio emotivo” e sfutta la multisensorialità, cioè il parlare coinvolgendo tutti i sensi

dell‟interlocutore, con immagini vivide, suoni sensuali e sensazioni profonde. Grandi

comunicatori come Steve Jobs usano alla perfezione il linguaggio emotivo evitando di

focalizzarsi troppo sulle specifiche tecniche dei prodotti, evocando piuttosto nella platea

l‟emozione che tali prodotti possono suscitare.

Ciascuno di noi, oltre a conoscere le basi della propria lingua, dovrebbe anche

sapere come utilizzarla a suo vantaggio poiché il modo in cui vengono presentate le

parole e come vengono dette influenza gli atteggiamenti, le credenze e le emozioni

della persona che le ascolta. Le parole ed il tono giusto infatti riescono ad affascinare, a

creare energia ed entusiasmo e possono renderti più influente agli occhi del tuo

interlocutore; mentre le parole sbagliate saranno capaci di distruggere o indebolire la

connessione con lui instaurata. Sapere come impostare la propria presentazione

verbale è di primaria importanza per diventare più flessibili e risultare facili da capire.

Per creare un‟efficace presentazione verbale, è necessario comprendere i seguenti

aspetti critici:

Scelta delle parole

La linguistica (Cap IV) insegna che ogni parola ha un impatto sulla neurologia delle

persone. Le parole aiutano a formare pensieri, sentimenti e atteggiamenti nei confronti

di un soggetto, di un argomento o di una situazione. Padroneggiare l'uso delle parole ti

aiuta a diventare più credibile e convincente, altrimenti potresti respingere le persone e

Page 99: Pensiero Rivelato

98

sembrare debole e inefficace. La parola giusta al momento giusto può essere

indispensabile per disinnescare situazioni emotive, convincere la gente ad accettare un

altro punto di vista e migliorare il proprio carisma. Le parole e il linguaggio adeguati

ovviamente variano a seconda della situazione in cui ci si trova, da persona a persona e

da un evento all'altro. Non è possibile usare la stessa dimensione per tutti poiché

sarebbe una generalizzazione il più delle volte inefficace.

Il ritmo

Il ritmo si riferisce alla velocità con cui parli. I discorsi pronunciati a velocità più

elevate sono più influenti e reputati più carismatici di quelli a bassa velocità o anche

moderati, poichè le persone che parlano più velocemente appaiono più competenti ed

informate. Quando il ritmo complessivo è veloce, ma non eccessivamente,

l‟interlocutore presta maggiore attenzione a quello che stai dicendo ed ha meno tempo

per pensare ad altre cose. Bisogna comunque porre molta attenzione perché se il ritmo

è sempre veloce e senza variazioni potresti essere giudicato poco sincero e piuttosto

egocentrico. È buona regola diminuire il ritmo quando hai qualcosa di importante o di

serio da dire o quando vuoi sembrare riflessivo ed aumentarlo invece quando desideri

creare entusiasmo ed energia. La prima volta che incontri il paziente è altrettanto

importante scegliere un ritmo di voce che imiti il suo per poi aumentarlo lentamente

durante la presentazione.

I riempitori vocali

I riempitori vocali, detti anche pause piene, sono delle locuzioni di uso comune come

"uhm", "ehm", "uh" o anche "sai" che usiamo appunto per riempire le pause del

discorso. Questo tipo di riempimento può interferire con la tua presentazione perchè

danneggia la tua credibilità nonché infastidisce e irrita le persone. Ovviamente un

riempimento sporadico non crea grande disturbo alla comunicazione, ma non esagerare

per non sembrare impreparato sull‟argomento e a volte addirittura bugiardo.

Il tono e l’inflessione

Il tono è il livello della frequenza della voce. E‟ la prima cosa che giudichiamo

quando decidiamo se una voce è piacevole o irritante: un tono alto mostra nervosismo,

eccitazione o vulnerabilità, mentre un tono basso tende a indicare più forza, fiducia e

sicurezza. Una voce più bassa è di solito considerata più credibile, sincera e degna di

fiducia. Variando l'intonazione puoi anche evitare di sembrare monotono e aiutare le

persone a stare più vigili. L‟alterazione dell'intonazione o del tono della voce è detta

inflessione. Solitamente le persone influenti usano l‟inflessione della voce per

Page 100: Pensiero Rivelato

99

trasmettere fiducia e autorità e al termine delle frasi spesso declinano verso il basso. Al

contrario la maggior parte delle persone insicure o dubbiose tendono a declinare verso

l'alto la fine delle loro frasi. Ascolta quindi la tua inflessione e cerca di modularla di

conseguenza.

Il volume

La voce di una persona può essere alta, bassa o media. Un volume basso rende

molto difficile mantenere alta l‟attenzione e non ti aiuta ad essere particolarmente

influente: quando le persone devono sforzarsi per riuscire a sentirti, spesso rinunciano a

priori ad ascoltarti. D'altra parte, alcuni tendono ad urlare o usare un volume molto alto

quando parlano: questa condizione provoca generalmente tensione ed esasperazione.

Quando desideri che il tuo interlocutore si avvicini ed ascolti veramente, usa un volume

medio-basso. Alzare il volume per aumentare l‟influenza non è efficace quanto

abbassare il tono. È utile inoltre mantenere il volume calmo e fermo, al fine di essere

considerato più credibile ed influente. E‟ buona cosa iniziare una conversazione

imitando il volume della voce della persona che hai davanti.

L’articolazione

Quando stai parlando con un paziente articola chiaramente ogni frase e parola.

Un‟articolazione chiara e coerente esprime congruenza, competenza e credibilità,

mentre un‟articolazione un po' sciatta suggerisce mancanza di educazione o pigrizia.

Una buona enunciazione inoltre permette al tuo interlocutore di seguirti e capire molto

più facilmente il discorso: la gente è più facilmente conquistata dal messaggio e sente

maggiormente il tuo carisma.

La cadenza

La cadenza indica come concludi le tue frasi. È possibile terminare le frasi di un

discorso con una cadenza bassa oppure con una cadenza alta. Nel primo caso il

risultato è una caduta dell‟attenzione, nel secondo è un aumento dell‟interesse poiché

lascia presupporre che il discorso continui. Evita inoltre una cadenza interrogativa,

specie se la domanda non esiste, perchè è sintomo di incoerenza e insicurezza; mentre

se vuoi persuadere termina con una cadenza esclamativa, tale che ciò che dici

assomigli ad un ordine. La fine e l‟inizio sono le parti più importanti di un discorso

poiché sono quelle che l'ascoltatore maggiormente ricorda, e quindi quelle in cui è

necessario convogliare le informazioni più importanti.

Page 101: Pensiero Rivelato

100

Il silenzio

Anche il silenzio fa parte di una presentazione verbale e gioca un ruolo

fondamentale poiché attraverso di esso l‟ascoltatore percepisce che qualcosa di

importante sta per accadere. Una pausa ben posizionata può catturare l'attenzione in

qualsiasi momento e con qualsiasi tipo di interlocutore. I silenzi infatti consentono di

prepararsi mentalmente a qualcosa di grande interesse e permettono di sottolineare un

punto rilevante del discorso. Usa intenzionalmente le pause per i temi che ritieni più

importanti per creare enfasi e stati d'animo: una pausa non solo aumenta la

comprensione del ricevente, ma ti aiuta anche a raccogliere i pensieri se ti senti un po‟

perso. Quando vuoi far passare un particolare messaggio nel tuo discorso è bene

tenere il tono un po' alto, per creare suspense e costruire così uno slancio per la pausa

successiva. Se il tono declina verso il basso si annulla l'obiettivo della pausa e fornisce

una sensazione di risoluzione invece che di sospensione.

La voce emotiva

La voce è considerata anche un segnalatore molto attendibile degli stati emotivi, ben

riconosciuto dagli osservatori e poco manipolabile da chi parla. La relazione tra voce ed

emozione è basata sull‟assunto che, le reazioni fisiologiche tipiche di uno stato emotivo,

quali ad esempio la modificazione del respiro, della fonazione e dell‟articolazione dei

suoni, producano delle variazioni apprezzabili negli indici acustici rilevabili nella

produzione del discorso. Empiricamente sono emersi precisi e forti indicatori vocali per

alcune emozioni. Dallo studio condotto in Italia da Anolli e Ciceri nel 1997 emerge, per

esempio, che la voce della paura viene espressa con un timbro sottile, teso e stretto. La

tristezza, invece, viene svelata da un tono mediamente basso, con la presenza di

lunghe pause e un ritmo di articolazione rallentato. La gioia si esprime invece con una

tonalità molto acuta e con un profilo di intonazione progressivo, con un aumento

dell‟intensità e a volte con un‟accelerazione del ritmo di articolazione. Da ciò si evince

che emozioni molto attivanti producono una parlata più rapida, con alte frequenze e

un‟estensione della voce più ampia, mentre le emozioni a bassa attivazione si

associano ad una voce più lenta con basse frequenze. Riuscire a controllare le

emozioni vuol dire anche controllare la tua voce che risulterà quindi sempre chiara e

coerente.

Page 102: Pensiero Rivelato

101

PER APPROFONDIRE…

Marucci F. “L‟idea, la parola, la voce”. Bruno editore, 2011.

Mortensen K. “Meccanismi subconsci”. (ebook gratuito).

Presa di contatto e congedo Tono caldo e gentile

Scoprire, sondare Tono sicuro e diretto

Spiegare il trattamento Suggestivo

Tranquillo Dubbi

Esempi di modulazione della voce durante le varie fasi della visita

Page 103: Pensiero Rivelato

102

APPENDICE B

LA VISUALIZZAZIONE

Se sei arrivato a leggere fin qui, probabilmente hai fatto tua l'idea che tra mente e

corpo non ci sono confini e che sono in grado di influenzarsi a vicenda. La nostra mente

non sa distinguere tra la realtà esterna (qualunque essa sia) e la realtà creata

internamente; non fa differenza infatti tra gli avvenimenti concreti e quelli fittizzi. E'

proprio grazie a questa "incapacità" del cervello che ciascuno di noi può creare la

propria realtà solamente immaginandola o più appropriatamente visualizzandola.

Quella della VISUALIZZAZIONE è una tecnica usata da performer di vario

genere (artisti, sportivi, manager) per preparasi alla loro prestazione. Queste persone

creano nella loro testa delle immagini mentali di come vogliono che vada esattamente la

loro performance (uno spettacolo, una gara, una conferenza). Grazie a questo processo

riescono a programmare la loro neurologia finalizzandola al raggiungimento

dell‟obiettivo, la quale a sua volta plasmerà il corpo al momento opportuno. Insomma è

proprio il caso di dire che la mens sana influisce sul corpore sano.

Riportando la metafora all‟ambiente odontoiatrico, anche il tuo paziente deve

affrontare una prova, nel caso specifico un intervento terapeutico. Molte persone sono

ostacolate in questa performance da certi atteggiamenti mentali, come ad esempio

l‟odontofobia, che non fanno altro che destabilizzarle: non sono rari i pazienti che,

appena si siedono sulla poltrona, vengono presi da paure così intense da paralizzarsi e

impedire così qualsiasi intervento. In situazioni come queste la tecnica della

visualizzazione può tornare utile a te ma soprattutto al tuo paziente che sicuramente

non vuole sentirsi invaso da questa serie di sensazioni negative anche quando deve

sottoporsi a una semplice visita. Per dominare le paure e le sensazioni sgradevoli che

ne conseguono può dunque essere molto utile far mettere comodo il paziente sulla

poltrona e portarlo progressivamente a rilassarsi suggerendogli di chiudere gli occhi e

chiedendogli di fare profondi respiri addominali. A questo punto digli di dividere ogni

espirazione in tre tempi e piano piano, a ogni conteggio, di rilassare tutti i muscoli del

corpo fino ad arrivare ad un piacevole stato di rilassatezza. Una volta che il paziente è

giunto in questo stadio, chiedigli di immaginare un grande specchio con una spessa

cornice nera e fagli quindi visualizzare tutte le sue paure “odontoiatriche” all‟interno

della cornice, riempiendo lo specchio fino all'orlo. Appena ci è riuscito, digli di

Page 104: Pensiero Rivelato

103

frantumare lo specchio con una martellata riducendo il vetro in migliaia di frammenti.

Suggerisci ora al paziente di non visualizzare più questa scena, ma di immaginare un

grande specchio con una cornice bianca, al cui interno dovrà riconoscere una

situazione identica alla precedente, che avviene però senza paure e secondo i suoi

desideri. È indispensabile fargli evocare ogni minimo dettaglio con la maggiore

precisione possibile chiedendogli di rendere l'immagine luminosa, con i colori vividi e i

particolari a fuoco e infine invitalo ad entrarci dentro per viverla in prima persona. Una

volta finita la sequenza, nel caso fosse necessario, fagliela ripetere aumentando via via

i dettagli e l'immedesimazione nella scena positiva fino a quando il paziente si sarà

tranquillizzato completamente.

Anche la PNL ha dedicato molto spazio alle tecniche di visualizzazione e

cambiamento, concentrandosi sullo studio delle submodalità. Abbiamo già visto che tutti

pensiamo all‟esperienza utilizzando delle rappresentazioni del sistema sensoriale come

le immagini visive, i suoni auditivi e le sensazioni cenestetiche. Le submodalità sono

quelle caratteristiche o dettagli che rendono tipica ogni immagine, suono o sensazione.

Ad esempio un‟ immagine visiva può essere in bianco e nero o a colori, vicina o

lontana, grande o piccola, sfocata o a fuoco, immobile o in movimento, associata o

dissociata. Un suono può essere forte o piano, acuto o grave, veloce o lento, stereo o

mono. Una sensazione cenestetica può variare invece per temperatura, pressione,

durata, peso. Ognuno di noi usa un insieme di submodalità per caratterizzare e

differenziare le esperienze positive da quelle negative: la conoscenza di queste

diversità ci aiuta a trovare schemi di cambiamento e potenziamento rapidi e specifici.

Molti pazienti ancora prima di arrivare presso il nostro studio si creano delle immagini

mentali negative di quella che potrà essere la loro esperienza odontoiatrica. Queste

immagini non fanno altro che predisporre la persona a vivere in maniera ancora più

drammatica la situazione, facendo avverare le loro "fantasie" e innescando quindi un

circolo vizioso di profezie auto-avveratasi. Puoi intervenire sostituendo questa

immagine negativa con una positiva e reindirizzare l'esperienza del paziente. Per

poterlo fare innanzitutto devi essere in grado di individuare il comportamento fobico del

paziente, riconoscendo ad esempio un‟ eventuale paura per gli strumenti odontoiatrici.

Dopodiché fai immaginare al paziente di essere seduto nella platea di un cinema e di

vedere sullo schermo un‟immagine fissa in bianco e nero in cui c‟è lui stesso nella

situazione appena precedente alla manifestazione fobica. Successivamente digli di

innalzarsi in volo fuori dal suo corpo fino alla cabina di proiezione del cinema, in modo

da potersi vedere mentre guarda se stesso: da quella posizione si vede nello stesso

Page 105: Pensiero Rivelato

104

momento sia in platea che sullo schermo cinematografico. Adesso chiedigli di

trasformare l'immagine fissa sullo schermo in un film in bianco e nero, e di guardarlo

dall'inizio fino al momento immediatamente successivo alla fine dell'esperienza

spiacevole. Una volta sorpassata la reazione fobica, chiedigli di rifermare nuovamente il

film in un‟ immagine fissa e quindi di entrare dentro lo schermo del cinema per vivere la

scena in prima persona. Digli ora di riproiettare il film all'indietro: le persone si

muoveranno al contrario e tutto succederà alla rovescia. Suggeriscigli inoltre di farlo

tornare indietro a colori e molto rapidamente, in un paio di secondi circa, e di rivivere

infine tutto il filmato a colori secondo i suoi desideri. Questa tecnica permette alla

persona di dissociarsi dalla sua fobia (guardando dalla regia se stesso che guarda la

reazione indesiderata) e poi di riassociarsi (entrando dentro l‟immagine

cinematografica) per rivivere la stessa situazione ma senza la sensazione di malessere.

Un'altra tecnica di visualizzazione utile per reindirizzare i comportamenti limitanti

delle persone è lo SWISH PATTERN. Questa tecnica funziona in modo molto simile alla

configurazione picture in picture (cioè immagine nell‟immagine) di molti televisori che

permette di avere contemporaneamente sullo schermo un‟immagine grande, a schermo

pieno, e un‟immagine più piccola in uno degli angoli. Attraverso questo sistema è

possibile sostituire l'immagine più piccola con quella più grande invertendone le

posizioni, ogni volta che lo si desidera. Allo stesso modo lo swish pattern lavora sulla

sostituzione di due immagini intercambiabili utili a modificare la reazione negativa di una

persona ad una determinata situazione con una positiva e potenziante. Mi spiego

meglio: se vuoi cambiare la reazione di un paziente che per esempio ha un esagerato

riflesso del vomito, chiedigli di creare dapprima un‟immagine negativa della situazione

immediatamente precedente al comportamento indesiderato e poi un‟immagine positiva

del cambiamento desiderato (in questo caso l‟assenza del riflesso del vomito). È utile

dire al paziente di modificare le submodalità di quest‟ultima immagine, cioè di

cambiarne il movimento, la luminosità, il contrasto, la nitidezza e così via, affinchè

diventi per lui l‟immagine più attraente possibile. Allo stesso tempo digli di rendere

l‟immagine negativa scialba, sbiadita e più sfocata. A questo punto proponigli di

collocare l‟immagine attraente nella finestra più piccola del suo schermo mentale e

quella indesiderata in quella più grande. Ora fagli scambiare le due immagini in modo

che quella piccola (lo stato desiderato), diventi grande e quella grande (lo stato

indesiderato) diventi piccola. È necessario ripetere questo procedimento finché il

paziente non riesce a compiere facilmente lo scambio.

Page 106: Pensiero Rivelato

105

L‟utilità di queste tecniche risiede nel fatto che ogni volta che si usa la mente in

questo modo, nel cervello si verificano dei veri e propri eventi elettrochimici che alterano

permanentemente la prospettiva mentale, nella forma e nella composizione chimica. È

possibile quindi usare questo fenomeno consciamente e positivamente per cambiare il

modo di sentire del paziente e ristrutturare così alcune parti della sua vita.

Submodalità visive Submodalità auditive Submodalità cenestetiche

Numero dell immagini

Ferma/In movimento

A colori/Bianco e nero

Luminosa/Scura

A fuoco/Sfocata

Con contorno/Senza contorno

Associato/Dissociato

Dimensioni

Forma

Tridimensionale/Piatta

Distanza dell‟immagine

(Vicina/Lontana)

Localizzata/Panoramica

Quantità di suoni

Volume

Tempo

Tono

Velocità

Timbro

Durata

Intensità

Direzione

Ritmo

Armonia

Posizione nel corpo

Velocità del respiro

Velocità del battito cardiaco

Temperatura della pelle

Peso

Pressione

Intesità

Sensazioni tattili

PER APPROFONDIRE…

Bandler R. “Usare il Cervello per Cambiare”. Astrolabio.

Bandler R, McDonald W. “Guida per l'esperto alle Submodalità”. Astrolabio.