il miriam makeba

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1 L’idea di realizzare que- sto giornale è nata al- l’improvviso, nel corso di una riunione come tante, in quelle sere in cui te ne stai ore a discutere, nel chiuso di una stanza, su questioni come l’- art.18 e la modifica del mercato del lavoro o del comunicato stampa da preparare per il prossi- mo presidio del CSTP. Al compagno che l’ha sug- gerita abbiamo guardato tutti con grande entusia- smo ma nel frattempo anche sollevato moltissi- mi dubbi e perplessi- tà.“Ne saremo capaci?”, “Non abbiamo i mezzi e gli strumenti a disposi- zione!!”, “Si tratterà di sottrarre ulteriore tempo alla famiglia, agli affetti ed anche al lavoro!!”. Ma tutti questi dubbi sono stati spazzati via, in un solo istante, dalla pas- sione che ci ha tenuti insieme in questo ultimo anno e che ci ha per- messo di organizzare numerose iniziative, aggregando intorno ad un piccolo circolo cittadi- no i tanti orfani della politica, ex militanti che non si riconoscono nei partiti di oggi, ma anche ragazzi giovanissimi, neo diplomati, alle prime esperienze lavorative che guardano il futuro con occhi pieni di spe- ranza. Ed è soprattutto a questi ultimi che abbia- mo indirizzato il nostro impegno quotidiano e, nella speranza di co- struirgli un futuro miglio- re, abbiamo tentato di approfondire una serie di argomenti cittadini su cui da tempo è stato calato il sipario dell’indif- ferenza: la metropolita- na, lo sport, le questioni legate al Trasporto Pub- blico Locale, l’urbanistica ed il PUC e le politiche sociali nella città di Sa- lerno. Il circolo Makeba conta più di venti scritti; venti volti con alle spalle storie di vita e politiche molto diverse ma acco- munati da un unico ob- biettivo, ossia quello di contribuire alla costruzione di un partito che parta real- mente del basso, che ascol- ti e risponda ai bisogni reali delle persone comuni, dei lavoratori, degli insegnanti, degli studenti, dei pensio- nati, dei giovani costretti ad una vita di precarietà e delle donne che, in molte occasioni, pur di mantenere un posto di lavoro sotto- pagato, sono costrette ad accantonare il bisogno na- turale di maternità. Ed è queste storie di vita vera che vogliamo raccontare nelle pagine di questo gior- nale! Per questo motivo abbiamo deciso di affidare la responsabilità di alcune delle pagine direttamente ad associazioni, sindacati e movimenti che, ogni gior- no, sono presenti in prima linea per il riconoscimento dei diritti di ognuno di noi, indipendentemente dal colore politico, dalla cittadi- nanza, dal sesso.Nella spe- ranza che questo giornale possa essere cosa gradita per tutti coloro che ne prenderanno visione, per concludere, permettetemi di esprimere un ringrazia- mento personale ai singoli componenti del circolo Mi- riam Makeba, che mi ren- dono ogni giorno sempre più orgogliosa di essere la loro portavoce. Tiziana Aiello UN PROGETTO POLITICO, LA MILITANZA E UN GIORNALINO COME STRUMENTO DI TIZIANA AIELLO PORTAVOCE DEL CIRCOLO “MIRIAM MAKEBA” IL MIRIAM MAKEBA APRILE 2012 CIRCOLO SEL MIRIAM MAKEBA SALERNO In principio fu globalizza- zione! Come marionette impenitenti, schiacciate dall’ossimoro del villaggio globale, abbiamo aperto i nostri orizzonti, guardato verso altri mondi, facendo al fine il gioco del piu’ po- tente che assoggetta l’orti- cello del piu’ povero. Ed allora ci siamo chiesti se non fosse meglio fissare altri obiettivi e restringere i modelli, trovare una nostra identita’: ed Europa unita fu!Brindammo ad un eterno Erasmus, alla libera circola- zione di merci, servizi, per- sone e capitali. Per l’occa- sione anche la Svizzera abbandono’ la sua atavica neutralita’, inginocchiandosi alla Convenzione di Schen- gen e accogliendo, come una famiglia ospitante, i capitali, ma solo quelli piu’ bisognosi di una doccia, quelli sporchi, neri.. neri!! Ed allora ci siamo chiesti se non fosse meglio fissare altri obiettivi e restringere i modelli: e modello tedesco fu!All’inizio… un tripudio: wurstel, crauti e birretta; “Sturm un Drang” ed “Arbeit macht frei”… ma l’idillio inizio’ a vacillare quando un mattino, di buon ora, ci svegliammo con un brutto spread che ci prese al bund, con sprazzi di ter- ribile default.In preda ad una crisi di credit crunch, tentammo invano un outsi- de resourcing! Ed allora ci siamo chiesti se non fosse meglio fissare altri obiettivi e restringere i modelli.E “Modello Unico” fu! Così, in un colpo, non abbiamo ri- stretto solo i modelli, ma soprattutto il portafoglio, con l’unico obiettivo di arri- vare a fine mese, convinti di aver compiuto un’impre- sa titanica. Caterina Bian- co L’ERBA DI KATE L’ERBA DI KATE L’ERBA DI KATE Rubrica della responsabile del giornalino Caterina Bianco

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1° numero del "IL MIRIAM MAKEBA"

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L’idea di realizzare que-sto giornale è nata al-l’improvviso, nel corso di una riunione come tante, in quelle sere in cui te ne stai ore a discutere, nel chiuso di una stanza, su questioni come l’-art.18 e la modifica del mercato del lavoro o del comunicato stampa da preparare per il prossi-mo presidio del CSTP. Al compagno che l’ha sug-gerita abbiamo guardato tutti con grande entusia-smo ma nel frattempo anche sollevato moltissi-mi dubbi e perplessi-tà.“Ne saremo capaci?”, “Non abbiamo i mezzi e gli strumenti a disposi-zione!!”, “Si tratterà di sottrarre ulteriore tempo alla famiglia, agli affetti ed anche al lavoro!!”. Ma tutti questi dubbi sono stati spazzati via, in un solo istante, dalla pas-sione che ci ha tenuti insieme in questo ultimo anno e che ci ha per-messo di organizzare numerose iniziative, aggregando intorno ad un piccolo circolo cittadi-no i tanti orfani della politica, ex militanti che non si riconoscono nei partiti di oggi, ma anche ragazzi giovanissimi, neo diplomati, alle prime esperienze lavorative che guardano il futuro con occhi pieni di spe-ranza. Ed è soprattutto a questi ultimi che abbia-mo indirizzato il nostro impegno quotidiano e, nella speranza di co-struirgli un futuro miglio-re, abbiamo tentato di approfondire una serie di argomenti cittadini su cui da tempo è stato calato il sipario dell’indif-ferenza: la metropolita-na, lo sport, le questioni legate al Trasporto Pub-blico Locale, l’urbanistica ed il PUC e le politiche sociali nella città di Sa-lerno. Il circolo Makeba conta più di venti scritti; venti volti con alle spalle storie di vita e politiche molto diverse ma acco-munati da un unico ob-

biettivo, ossia quello di contribuire alla costruzione di un partito che parta real-mente del basso, che ascol-ti e risponda ai bisogni reali delle persone comuni, dei lavoratori, degli insegnanti, degli studenti, dei pensio-nati, dei giovani costretti ad una vita di precarietà e delle donne che, in molte occasioni, pur di mantenere un posto di lavoro sotto-pagato, sono costrette ad accantonare il bisogno na-turale di maternità. Ed è queste storie di vita vera che vogliamo raccontare nelle pagine di questo gior-nale! Per questo motivo abbiamo deciso di affidare la responsabilità di alcune delle pagine direttamente ad associazioni, sindacati e movimenti che, ogni gior-no, sono presenti in prima linea per il riconoscimento dei diritti di ognuno di noi, indipendentemente dal colore politico, dalla cittadi-nanza, dal sesso.Nella spe-ranza che questo giornale possa essere cosa gradita per tutti coloro che ne prenderanno visione, per concludere, permettetemi di esprimere un ringrazia-mento personale ai singoli componenti del circolo Mi-riam Makeba, che mi ren-dono ogni giorno sempre più orgogliosa di essere la loro portavoce.

Tiziana Aiello

UN PROGETTO POLITICO, LA MILITANZA E UN GIORNALINO COME

STRUMENTO DI TIZIANA AIELLO PORTAVOCE DEL

CIRCOLO “MIRIAM MAKEBA”

IL M

IRIA

M M

AK

EB

A

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RI

LE

20

12

CIRCOLO SEL

MIRIAM MAKEBA SALERNO

In principio fu globalizza-zione! Come marionette impenitenti, schiacciate dall’ossimoro del villaggio globale, abbiamo aperto i nostri orizzonti, guardato verso altri mondi, facendo al fine il gioco del piu’ po-tente che assoggetta l’orti-cello del piu’ povero. Ed allora ci siamo chiesti se non fosse meglio fissare altri obiettivi e restringere i modelli, trovare una nostra identita’: ed Europa unita fu!Brindammo ad un eterno Erasmus, alla libera circola-zione di merci, servizi, per-sone e capitali. Per l’occa-sione anche la Svizzera abbandono’ la sua atavica neutralita’, inginocchiandosi alla Convenzione di Schen-gen e accogliendo, come una famiglia ospitante, i capitali, ma solo quelli piu’ bisognosi di una doccia, quelli sporchi, neri.. neri!!Ed allora ci siamo chiesti se non fosse meglio fissare altri obiettivi e restringere i modelli: e modello tedesco fu!All’inizio… un tripudio: wurstel, crauti e birretta; “Sturm un Drang” ed “Arbeit macht frei”… ma l’idillio inizio’ a vacillare quando un mattino, di buon ora, ci svegliammo con un brutto spread che ci prese al bund, con sprazzi di ter-ribile default.In preda ad una crisi di credit crunch, tentammo invano un outsi-de resourcing! Ed allora ci siamo chiesti se non fosse meglio fissare altri obiettivi e restringere i modelli.E “Modello Unico” fu! Così, in un colpo, non abbiamo ri-stretto solo i modelli, ma soprattutto il portafoglio, con l’unico obiettivo di arri-vare a fine mese, convinti di aver compiuto un’impre-sa titanica. Caterina Bian-co

L’ERBA DI KATE L’ERBA DI KATE L’ERBA DI KATE

Rubrica della responsabile del giornalino

Caterina Bianco

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MIRIAM MAKEBA

Le decisioni assunte in materia di mer-cato del lavoro dal governo Monti, rap-presentano l'ultimo atto di un tentativo di demolizione delle conquiste del mo-vimento sindacale italiano del novecen-to. Il percorso di modifica del sistema delle tutele procede da lungo tempo. Si può far risalire alla legge 223 del 1991, che per prima inserisce elementi di pre-carizzazione e di affievolimento delle garanzie. Insieme all'attacco al lavoro dipendente il governo dei “tecnici” è riuscito ad imporre una controriforma del sistema pensionistico, che ha fatto strame delle certezze di quei lavoratori ormai prossimi alla chiusura del loro ciclo di attività. Insomma Berlu-sconi non sarebbe mai riuscito nella operazione che - senza grandi resisten-ze da parte dei partiti - sta portando avanti Monti. L'aspetto più appariscente della riforma è relativo all'art. 18 della legge 300 (lo statuto dei lavoratori), ma si tratta soprattutto di una faccenda sim-bolica. L'art. 18 su cui da anni si cerca di costruire la definitiva aggressione ai diritti dei lavoratori, viene utilizzato in un numero limitato di casi ogni anno. Si tratta soprattutto di far passare l'idea che il lavoratore troppo garantito, al sicuro dal licenziamento, anche se nocivo per il suo datore di lavoro, non esiste più. L'art 18 prevede tre ipotesi: il licenzia-mento discriminatorio, che pare non dovrebbe essere eliminato, restando sanzionato, ma di difficilissimo accerta-mento. Il secondo divieto è relativo al licenziamento senza giusta causa o giu-stificato motivo (per motivi disciplinari) che quando è accertato dal giudice - nelle aziende con più di 15 dipendenti - prevede la reintegrazione del lavoratore. In questa ipotesi, invece, nella proposta del governo, resterebbe prevalente solo un risarcimento economico, e ristretto il campo della reintegrazione. Infine vige il divieto di licenziamenti ingiustificati per motivi economici e organizzativi, ed anche qui si ipotizza una monetizzazio-ne della riduzione del personale. Insom-ma piena mano libera all'impresa di gestione della manodopera e restrizione dei diritti. L'unica ipotesi di reintegra-zione rimarrebbe nel caso di licenzia-mento intimato per colpa del lavoratore

non dimostrata. Come per la riforma delle pensioni anche qui si spaccia per misura volta a favorire il diritto al lavo-ro dei giovani l'espulsione dei lavoratori già inseriti stabilmente nel circuito pro-duttivo. In entrambi i casi quella che si spaccia è una moneta falsa. L'unico risultato è la cancellazione del potere deterrente della norma che si vuole a-brogare. Insomma invece di immaginare un intervento di tipo universalistico, che garantisca lavoro e reddito, vista la non volontà di cercare nuove risorse, si smantella quello che c'è. Questa è la

direzione assunta in materia di ammortiz-zatori sociali. Saltano le parziali garanzie della mobilità e si inventa l'ASPI (assicurazione socia-le per l'impiego) che dovrebbe allargare la

platea dei beneficiari dei sostegni al reddito, ma che in realtà riduce importi e coperture. Ad un PD timido e diviso al suo interno, a volte preoccupato delle reazioni di parte del sindacato, ha fatto riscontro una presa di posizione vigoro-sa della CGIL che ha, per il momento, spostato in avanti la decisione definiti-va. Sembra evidente che, se nuova occu-pazione potrà derivare dal disegno si tratterà di sostituzioni di lavoratori an-ziani licenziati, con giovani per i quali si assottigliano salario e diritti. Il baratto proposto è tra diritti nel rapporto di la-voro con diritti nel mercato del lavoro, che non è pensabile siano alternativi e che dovrebbero integrarsi. Emblematica la non obbligatorietà dell'indicazione della causale per il primo contratto a termine. Di cui viene aumentato il costo come unico strumento per impedirne le degenerazioni. E non sembra affatto risolutivo il ricorso all'apprendistato come strumento privilegiato di accesso, anche in presenza in Campania di un innalzamento dell'età massima (come avvenne a suo tempo per i Contratti di Formazione Lavoro). Sparisce il ventila-to disboscamento delle 46 forme di ac-cesso al lavoro. Al dunque cosa resta? Come “si realizza un mercato del lavoro dinamico, flessibile e inclusivo, capace di contribuire alla crescita e alla creazio-ne di occupazione di qualità...?”, secon-do quanto recita la proposta Monti-Fornero? Veramente molto poco. Si prevede un'ordinaria e timida manuten-zione delle forme di accesso non a tem-

po indeterminato, con la enfatizzazione, prima accennata, dell'apprendistato. Invece è molto preoccupante la proposta sugli ammortizzatori sociali, che si dice sarebbero estesi. Il modello ASPI (assicurazione sociale per l'impiego) sembra derivare dalla convinzione che il governo dei professori ci porterà fuori dalla crisi. Basta con gli ammortizzatori in deroga, che sono stati e sono un sal-vagente indispensabile, specie nella desertificazione industriale del mezzo-giorno e, in generale, sotto l'incalzare della crisi economica. Nell'ASPI rientra-no mobilità, disoccupazione ordinaria, disoccupazione a requisiti ridotti, disoc-cupazione edile. Una vera tragedia per il sud dove il problema è la durata: solo 12 o, al più, 18 mesi per i lavoratori con oltre 55 anni. Abrogata la CIGS per procedura concorsuale. Tutta roba inuti-le a fronte del futuro roseo che il gover-no dei tecnici nominati saprà regalarci. Infine molte parole su tutela della ma-ternità, conciliazione vita lavoro, disabi-li, immigrati, servizi per l'impiego. Pa-role, appunto, che occorre augurarsi restino tali e finiscano nel dimenticatoio sotto la spinta di una forte opposizione del sindacato e dei partiti di sinistra. Poi si dovrà voltare pagina e pensare di mettere il lavoro al centro della costru-zione di un nuovo modello di società.

Massimo Angrisano

Collettivo “AMICI DEL IL MANIFESTO”

di Salerno

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LA RIFORMA DEI PROFESSORI

“Poi si dovrà voltare pagina e

pensare di mettere il lavoro al

centro della costruzione di un

nuovo modello di società.”

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MIRIAM MAKEBA

L'articolo 18 è uno dei punti fon-damentali dello Statuto dei lavo-ratori (legge 300/70), la sua filo-sofia è ispirata al principio di disu-guaglianza che si determina nel rap-porto di lavoro, dove assistiamo all'incontro di due parti -il datore di lavoro e il lavorato-re- che si contra-stano su due livelli per nulla simili; i rapporti di forza pendono decisamente a favore del primo e a discapito del secon-do. Nello spirito dei legislatori la funzione primaria dell'art.18 è proprio quella di colmare questa distanza, in sintonia con la nostra Carta costituzionale basata sul presupposto che il soggetto più debole va protetto con maggiori tutele, nel caso in questione: dando al lavoratore la possibilità di ricorrere al giudice nel caso subisca un licenziamento senza un giustificato motivo con la pos-sibilità di essere reintegrato sul posto di lavoro. Si applica sola-mente nelle aziende che occupano più di quindici dipendenti. Ogni anno ci sono poche centinaia di casi di ricorsi a detto arti-colo, ma que-sto non deve far pensare alla sua in-concludenza in quanto la sua funzione primaria è stata, in que-sti anni, un deterrente formidabile ai licenziamenti "facili"; insomma le imprese ci pensano su più di una volta prima di procedere ad un licenziamento ingiustificato in virtù della deter-renza dell'articolo: il contraente debole del rapporto di lavoro ha una forte arma che può far valere

nella contrattazione per rendere regolare lo svolgimento del rap-porto di lavoro. La proposta di

modifica del governo non è una semplice "manutenzione", ma uno stravolgimento che ne an-nullerebbe la funzione. Prevedere il reintegro per il solo caso dei licenzia-menti discriminatori signi-fica una monetizzazione del diritto per tutti gli altri casi. Se la controriforma passasse in questi termini è chiaro che tutte, o quasi,

le modalità di licenziamento rien-trerebbero nella casistica dei mo-tivi economici, infatti basterebbe dichiarare lo stato di crisi per pro-cedere a licenziamenti individuali per un numero non superiore alle quattro unità per ogni trimestre, con la certezza che anche se non sussistessero le condizioni per il licenziamento non ci sarebbe co-munque la possibilità di essere reintegrati. Ciò determinerebbe nei luoghi di lavoro un clima di forte preoccupazione che rende-rebbe problematiche le stesse relazioni sindacali. Quale delega-

to, quale operaio o impiegato, avrebbero più il coraggio di av-venturarsi in trattative che po-trebbero "dispiacere" al datore di lavoro avendo la consapevolezza/certezza di essere licenziato e al massimo essere risarcito con un indennizzo economico? Da un

lato, quindi, si alimenta la preca-rietà e il senso di insicurezza sul lavoro, dall'altro si snatura il ruo-lo stesso del sindacato che è quello di contrattare per migliora-re le condizioni dei lavoratori sui luoghi di lavoro. Ma forse l'inten-to principale del governo è pro-prio quello di indebolire il sinda-cato, o il sindacato così come l'abbiamo conosciuto in questi anni, annullando la contrattazione aziendale e riproducendo il mo-dello Fiat, dove non solo è stata annullata la contrattazione ma addirittura negato il diritto di sciopero. D'altra parte Mario Monti è l'estensore di un docu-mento partendo dal quale la Commissione europea ha varato un testo dove si sostiene che i diritti dei lavoratori vanno armo-nizzati con quelli economici del-l'impresa. E' noto a tutti che non esiste sciopero che non vada in contrasto con l'impresa contro la quale è rivolto. Se questo testo dovesse essere approvato il dirit-to del lavoro sarebbe condiziona-to, se non negato completamen-te, da quello dell'impresa. In at-tesa di sapere come si concluderà

la partita sull'ar-ticolo 18 e sui licenziamenti per motivi eco-nomici registria-mo un aumento di suicidi, questi si, per motivi economici. L'ul-tima vittima aveva quaranta-nove anni e fa-ceva l'imbian-chino, non tro-vava più lavoro e non era in grado di mante-nere la famiglia, e, solo in questo mese, altri tre l'avevano prece-

duto.

Anselmo Botte

Segretario Confederale

CGIL Salerno

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I professori, la Confindustria e l’articolo 18

“Se questo testo dovesse essere

approvato il diritto del lavoro

sarebbe condizionato, se non

negato completamente, da

quello dell'impresa.”

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MIRIAM MAKEBA

Il 25 aprile è l’anniversario della liberazione dell’Italia dal nazifa-scismo, nello stesso giorno del 1945 i partigiani italiani e gli alleati prove-nienti da diversi paesi entrarono nelle principali città italiane, ponendo fine a quel tragico periodo di fame, di lutti e di rovine, iniziato nel nostro paese prima della seconda guerra mondiale ossia durante il fascismo. E’ per l’Ita-lia il giorno del riscatto, il culmine del risveglio della coscienza nazionale e civile impegnata nella riscossa contro gli invasori e come momento di riscat-to morale di una importante parte del-la popolazione italiana dopo il venten-nio di dittatura fascista. E’ la vittoria della Resistenza che S. Pertini descris-se come “un secondo Risorgimento i cui protagonisti furono le masse popo-lari”, infatti i partigiani erano giovani italiani, uomini e donne, appartenenti ad un ampio ed eterogeneo schiera-mento politico (comunisti, socialisti, azionisti, cattolici, militari e monar-chici). Sicuramente non fu una guerra civile, semmai “per la civiltà”  (Dante Livio Bianco), fu uno scontro che vide da una parte soldati e combattenti italiani che agirono, nel rispetto della pluralità politica, per la libertà, la de-mocrazia, la giustizia sociale, e dall’-altra gli invasori tedeschi (SS hitleria-ne) e i collaboratori repubblichini (RSI), adulatori di una tirannide di cui furono le prime vittime, che cercava-no di conquistare uno “spazio vitale” per la Germania nazista. Indiscutibil-mente “quel monumento che si chia-ma ora e sempre Resistenza”, come la definì Piero Calamandrei, che fonda le proprie basi nell’esperienza dell’anti-fascismo, costituisce l’elemento por-tante di una nuova religione civile della nascitura giovane democrazia repubblicana. La Resistenza Italiana, non potendo limitarsi, come le altre resistenze europee, a ristabilire nel paese la situazione precedente alla seconda guerra mondiale , perché si-gnificava ricondurre l’Italia non solo ad una monarchia, che aveva dimo-strato tutta la sua incapacità dall’unità del paese, ma, cosa peggiore, al fasci-smo, riuscì a realizzare il sogno del risorgimento, con il quale ha un forte rapporto di continuità storica, ossia una Italia repubblicana, democratica

dotata di una costituzione nobile ed alta espressione dei valori democratici ed antifascisti e del rifiuto fermo e perpetuo della violenza e della preva-ricazione delle libertà civili e politiche che avevano caratterizzato tutto il ventennio mussoliniano. Con la Costi-tuzione del 23 dicembre 1947, la Re-sistenza partigiana e antifascista, di fatto, riscattò l’onore e la dignità del Paese aprendo una nuova e più profi-cua era di pace e di sviluppo. Da quel-l’anno si sono susseguite iniziative, lotte, mobilitazioni per attuare sia i diritti costituzionali in difesa della democrazia e della libertà, sia i princi-pi attraverso l’approvazione di leggi tra cui lo Statuto dei diritti dei lavora-tori (1970), la scuola dell’obbligo (1972), il diritto di famiglia (1976), il Sistema Sanitario (1978). Negli ultimi anni, nei quali una destra pericolosa e populista ha governato il paese cer-cando attraverso il revisionismo stori-co e l’attacco alla Costituzione di can-cellare i fondamenti dell’Italia repub-

blicana, la maggioranza degli italiani ha dimostrato il proprio attaccamento alla nostra Costituzione, quindi all’I-talia che in essa è disegnata, prima salvandola con la vittoria del “no” al referendum del 2006 e poi facendola diventare un ostacolo insormontabile a chi voleva colpirne i fondamenti. Oggi possiamo dire che determinante è stato il contributo dato dalla Costitu-zione alla difesa dello stato democra-tico, della libertà, della democrazia, della giustizia e dell’equità sociale.

Ora che la destra non è più al governo, si deve aprire una nuova fase che è il superamento della sua egemonia nella società, che per l’AN-PI parte dall’attuazione della costitu-zione a partire dai due articoli fonda-mentali: l’art. 1 – L’Italia è una Repubbli-

ca democratica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la

esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione–; l’art. 3 – Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza discriminazione di razza, di lingua, di religione, di opi-nioni politiche, di condizioni persona-li e sociali. E’ compito della Repub-blica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà o l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno svilup-po della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese –; 

Inoltre bisogna impegnarsi affinché il principio contenuto nell’-art. 11 della Costituzione Italiana – L'Italia ripudia la guerra come stru-mento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; con-sente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che

assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo– sia alla base della poli-tiche europee ed internazionali per la costruzione della pace e per la collaborazione in tutto il mondo.

Questo è l’impegno che sen-tiamo di assumerci come ANPI di Salerno e che vogliamo condividere con tutte le organizzazioni democrati-che a poche settimane dal 25 aprile, restando nel nostro ruolo di associa-zione-ente morale libera, pluralista, democratica, indipendente da tutti i partiti e istituzioni che opera e svolge le sue attività e iniziative sulla base dell’antifascismo, dei valori della Re-sistenza che sono nella Costituzione.

Luigi Giannattasio

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L’ANPI A SALERNO, IMPEGNO E PASSIONE

L'Italia ripudia la guerra come strumento di

offesa alla libertà degli altri popoli e come

mezzo di risoluzione delle controversie

internazionali;

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VOLANTINO MANIFESTAZIONE CSTP

[email protected] contatto skype: circoloselmiriammakeba

3270437490 - 3387346018

Le compagne e i compagni del circolo Miriam Makeba si

riuniscono ogni martedi alle ore 19,30 in via Balzico 10 Salerno

Su FB ci trovi qui: https://www.facebook.com/

groups/miriammakeba.sel/