Il miracolo di Firenze, i giorni dell'alluvione e gli “angioli del fango”

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Per ricordare l'alluvione di Firenze vengono qui raccolti e proposti alcuni scritti del sindaco Piero Bargellini e di sua moglie, testimoni e vittime al contempo del disastro: le loro voci, i loro pensieri e, con questi, le voci dei fiorentini del '66 e di tutti coloro che da fuori accorsero per dare una mano, gli ormai leggendari “angioli del fango”. Testimonianza viva di quello che fu definito “il miracolo di Firenze”, che ha segnato la storia della città e la vicenda umana di migliaia di persone, cronaca indispensabile di quell'anno zero che fu per la città il 4 novembre 1966

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Piero Bargellini

Il miracolo di FirenzeI giorni dell’alluvione

e gli “angioli del fango”

con un testo diLelia Cartei Bargellini

Editrice FiorentinaSocietà

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© 2006 Società Editrice Fiorentinavia G. Benivieni 1 - 50132 Firenze

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isbn-13 978-88-6032-022-3isbn-10 88-6032-022-4

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© Vallecchi spa, su gentile concessione dell’Editore, pp. 3-61

Referenze fotografiche

Le foto di pp. xiv, 18, 34, 62 sono di Roberto Giannuzzi

Si ringraziano Domenico Di Costanzo e Roberto Giannuzziper la preziosa disponibilità

In copertina

Lungarno Armando Diaz (foto di Roberto Giannuzzi, particolare)

Con il patrocinio del Consiglio di Quartiere 1del Comune di Firenze

I diritti di autore di questa pubblicazione saranno devolutiall’Associazione Amici dei Musei Fiorentini

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Indice

vii Prefazionedi Leonardo Domenici

xi Premessadi Stefano Marmugi

1 piero bargelliniIl diluvio del 1966

3 Il diluvio del 196619 Gli angioli del fango35 I poveri cristi51 Il miracolo di Firenze

63 lelia cartei bargelliniRitorno a casa

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Prefazione

Nei ricordi dell’alluvione di Firenze, nelle immaginiconservate nella memoria di chi quei giorni li ha vissu-ti o di chi, perché troppo giovane, le ha solo viste ripro-dotte nei tanti filmati dell’epoca, un posto speciale looccupa Piero Bargellini.

Bargellini è eletto sindaco il 29 luglio 1966. I suoilegami con la città sono stretti e consolidati per la suaprecedente esperienza di amministratore nella giuntaLa Pira. È conosciuto e popolare. Un rapporto con lacittà cresciuto anche sulla feconda esperienza della rivi-sta «Il Frontespizio» di cui Bargellini fu animatore edirettore per dieci anni. Un progetto che cercava diaprire una strada nuova tra la generazione dei Soffici,dei Papini, dei Manacorda e la generazione dei giovaniintellettuali: Lisi, Bo, Betocchi, Luzi, Gatto, Parronchi.Degli artisti Manzù, Birolli, Rosai. E, ancora, diMichelucci e del giovane La Pira.

Le elezioni amministrative di giugno sanzionano conun altissimo numero di preferenze questa popolarità.

Nel suo diario Bargellini ci dice delle difficoltà acomporre la giunta, delle trattative tra i partiti, dellecomplesse mediazioni. E mentre si intrecciano i giochidella politica, riproducendo su scala locale le tensioni e

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le aspettative che si vivono a livello nazionale con lerinnovate esperienze dei governi di centrosinistra, ilsindaco da poco eletto racconta del lavoro quotidiano ecolpisce soprattutto la quantità di incontri, di inaugu-razioni, di iniziative alle quali partecipa.

Il diario termina il 1° di ottobre. Il giorno prima, inConsiglio comunale Bargellini aveva rassegnato ledimissioni da sindaco, restando in carica solo per l’or-dinaria amministrazione.

È in questa specie di limbo istituzionale che siapre la pagina più drammatica, ma forse anche la piùricca di ricordi e di soddisfazioni del Bargellini poli-tico.

La notte del 4 novembre la piena dell’Arno è giàminacciosa; il sindaco prima raggiunge il prefetto sulPonte Vecchio e poi decide di andare in PalazzoVecchio per avvertire la popolazione e dirigere le ope-razioni.

L’Arno nel corso della notte fino alle prime ore del-l’alba travolge gli argini e inonda i quartieri della città.

Da quel momento, in una città affamata, senzaluce, senza acqua, senza mezzi di trasporto, inizia l’o-pera di soccorso. Bargellini darà prova di grandi dotiorganizzative, di capacità di coordinamento, di raffigu-rare – con la sua tenacia – lo spirito di una città chenon vuole piegarsi alla catastrofe, che vuole risollevarsichiamando a raccolta tutte le proprie energie e mobili-tando, in una gara di entusiasmante e irripetibile gene-rosità, l’opinione pubblica mondiale.

«Gli aiuti che ci giunsero – sono parole di Bargellini –con una spontaneità e una generosità veramente com-

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moventi... non erano soltanto d’umana solidarietà. PerFirenze e per i fiorentini ci fu qualcosa in più e diremmoanche qualcosa di diverso. Non si trattò di assisteremoralmente e materialmente una popolazione colpita dauna calamità, ma di mantenere a quella popolazione ilproprio carattere. Non si volle soltanto salvare o soccor-rere una città, ma si volle soprattutto che quella cittàrisorgesse con la propria fisionomia».

Dal fango che ricopriva le vie e le piazze, che avevaoltraggiato chiese e musei, Firenze seppe risollevarsi. Laforza di volontà dei suoi abitanti, la solidarietà manife-stata da tanti giovani provenienti da paesi diversi, spin-ti qui dal desiderio di dare un aiuto e di salvare unpatrimonio d’arte che appartiene al mondo, resero pos-sibile il miracolo. Di quel miracolo Bargellini ne è statol’interprete più autentico. Nella sua incessante attivitàdi coordinamento dei soccorsi, di instancabile propa-gandatore delle necessità e dei bisogni della città, dideterminato interlocutore del governo nazionale nellerichieste di aiuti e di finanziamenti, di sindaco vicinoalla sua gente, partecipe ai loro timori, alle loro speran-ze, si fonda l’ammirazione e il rispetto che in Italia eall’estero Bargellini seppe conquistarsi e che, a distanzadi quaranta anni, restano immutati.

In quei drammatici giorni, nelle ore scandite dall’e-mergenza e da mille problemi concreti da affrontare,Bargellini riuscì in un compito arduo: a tutti fece com-prendere che solo condividendo le difficoltà sarebbestato possibile superare gli ostacoli e che solo la coesio-ne dei suoi abitanti avrebbe consentito alla città dirisorgere.

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Non più divisioni, non più pregiudizi: Firenze siritrovò unita in uno dei suoi momenti più dolorosi. Fucosì per l’alluvione, è stato così per la strage mafiosa divia dei Georgofili, è così tutte le volte che la città èmessa di fronte a prove difficili. Questo è il caratteredei fiorentini.

Leonardo DomeniciSindaco di Firenze

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Premessa

Se volessimo sottolineare, tra gli uomini che hannosegnato la storia del cattolicesimo fiorentino del secoloscorso, ai primi posti – seppur distinti dai diversi ruoli:un santo sacerdote e un uomo d’alta caratura culturalee politica – troverebbero rilievo i nomi di don GiulioFacibeni e del prof. Piero Bargellini.

Entrambi testimoniarono uno specchiato spirito diservizio alla città: il primo abbracciando, oltre lemigliaia di orfani che raccolse, nelle sue numerose casedi Rifredi, provenienti da tutt’Italia, anche tutte le altrepovertà cittadine che a Rifredi trovavano un naturaleepicentro d’amore; il secondo – Piero Bargellini,appunto – che come fiorentino doc, innamoratissimodella sua città, la amò come uomo d’alta levatura cul-turale, come scrittore, come profondo conoscitored’arte, e come cattolico impegnato soprattutto in poli-tica… (non a caso fu chiamato “il Sindaco dell’allu-vione”).

Tra loro furono legati da indelebile amicizia alpunto che Piero Bargellini dopo la morte del fondato-re dell’Opera Madonnina del Grappa, volle scriveredue lapidi che significarono sinteticamente la figura didon Facibeni. La prima lapide apparve sulla porta della

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cattedrale di Santa Maria del Fiore il giorno del fune-rale di don Giulio Facibeni, la seconda “in marmo” èfissata nella casa natale del Padre a Galeata.

Ho volutamente iniziato questo mio spazio dedica-to al sindaco Bargellini rievocando la sua profondaamicizia con don Facibeni proprio perché queste duefigure sono state, per così dire, troppo importanti perFirenze e soprattutto troppo importanti per me.

L’uno perché mi accolse fra i suoi figli all’Opera, l’al-tro, Bargellini, prima come assessore con La Pira e poicome sindaco, ci ha dato la possibilità di crescere conquei valori che indirettamente ci venivano trasmessi dalsuo operato, formandoci le coscienze di noi alloraragazzi e oggi uomini che non si sono dimenticati que-ste figure. Allora, negli anni ’60, ricordo quest’uomoelegante e con il cappello, io lo guardavo e pensavo maquesto deve essere quel cantante fiorentino… Spadaro,che non ho conosciuto ma che tutti ricordano per lacanzone La porti un bacione a Firenze. Non voglio smi-nuire la figura del prof. Bargellini, ma quel sorriso equell’amore che lui ci donava non poteva non far vola-re la nostra fantasia di ragazzini. Poi, come tredicennedi allora, anche io sono stato chiamato ad aiutareFirenze, ho spalato in un bar in via sant’Egidio, ho libe-rato alcuni appartamenti sempre nella stessa zona, poiabbiamo spalato in via del Castellaccio e infine, vistoche eravamo troppo piccoli, fui assegnato alla distribu-zione dell’acqua potabile in città, al fianco degli autistidelle autobotti inviate dal Comune di Milano e, primache le scuole si riaprissero, ho accompagnato questiautisti in giro per le strade a portare l’acqua potabile.

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Concludo questo mio breve contributo ricordandoancora Piero Bargellini come autore e promotore delleassemblee per la pace che il sindaco La Pira realizzò. Daallora questo insegnamento ha lasciato un segno inde-lebile a Firenze e, ancora oggi, la nostra città è semprein prima fila per la pace, la fratellanza, l’accoglienza.Un seme importante, che un uomo come Bargellini hacontribuito a seminare in ogni momento della sua vita.Grazie signor Sindaco!

Stefano MarmugiPresidente del Consiglio di Quartiere 1

Centro Storico di Firenze

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Ponte Vecchio

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Piero Bargellini

Il diluvio del 1966

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I testi che seguono sono già stati pubblicati in Piero Bargellini, Lasplendida storia di Firenze. Dal diluvio del 1870 al diluvio del 1966, Firenze,Vallecchi, 1979, pp. 249-287.

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Il diluvio del 1966

Che piova in autunno non fa meraviglia, e gli ultimigiorni d’ottobre del 1966 furono insistentemente pio-vosi; addirittura diluvianti i primi di novembre.

Il 3, sotto la pioggia, erano stati fatti i preparatividella vigilia, per il giorno celebrativo della Vittoria ita-liana e delle Forze armate.

Bandiere nazionali, tricolori, s’alternavano, lungo levie e sulle piazze, con bandiere comunali, bianchegigliate.

I militari avevano montato, sulla piazza dellaSignoria, un palco di ferro e di legno, mentre un altis-simo pennone metallico si drizzava dal lastricato, perl’alza bandiera, da farsi la mattina del giorno dopo.

Sui piazzali delle caserme, perfettamente allineati,sostavano, lucidi, i carri armati, le camionette e le cam-pagnole in attesa della sfilata in rivista.

Scendeva la sera e pioveva. S’accendevano i primilumi e pioveva. Faceva notte e pioveva. L’acqua scro-sciava dentro le gronde, sgorava i palazzi, lavava i mar-ciapiedi, facendo specchio alle vetrine illuminate, ma lacircolazione delle automobili lustreggianti di pioggia edei pedoni con impermeabili e ombrelli sgocciolanti,non accennava a diradarsi.

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