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1 POLITECNICO DI MILANO DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA EDILE – ARCHITETTURA CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN “GESTIONE DEL COSTRUITO” “IL MERCATO ITALIANO DELLA GRANDE DISTRIBUZIONE ORGANIZZATA. FOCUS SU IGD SIIQ” RELATORE: MORENA MARZIA CORRELATORE: TRUPPI TOMMASO LAUREANDO: RUATTI GIACOMO MATRICOLA: 771754 ANNO ACCADEMICO: 2013 - 2014

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POLITECNICO DI MILANO

DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA EDILE – ARCHITETTURA

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN “GESTIONE DEL COSTRUITO”

“IL MERCATO ITALIANO DELLA GRANDE DISTRIBUZIONE ORGANIZZATA. FOCUS SU IGD SIIQ”

RELATORE: MORENA MARZIA CORRELATORE: TRUPPI TOMMASO

LAUREANDO: RUATTI GIACOMO

MATRICOLA: 771754

ANNO ACCADEMICO: 2013 - 2014

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INDICE

ABSTRACT

INTRODUZIONE

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1 GRANDE DISTRIBUZIONE ORGANIZZATA 10

1.1 EXCURSUS STORICO 11

1.2 LA DISTRIBUZIONE MODERNA 14 1.2.1 CLASSIFICAZIONE CENTRI COMMERCIALI 17 1.2.2 GENERAZIONI 18 1.2.3 LA STRUTTURA DEGLI OPERATORI 20 1.2.4 IL MARKETING NELLA MODERNA GDO 27 1.2.5 FORME DI COMUNICAZIONE NELLA MODERNA GDO 36 1.3 APPROCCI ODIERNI 41 1.3.1 INTERVENTI SUL COSTRUITO 45 1.3.2 INTERVENTI SULLE NUOVE REALIZZAZIONI 54

2 IMMOBILIARE GRANDE DISTRIBUZIONE 74 2.1 IGD SIIQ 75 2.1.1 STRUTTURA AZIENDALE 78 2.1.2 STRATEGIE SOCIETARIE 89

2.2 GESTIONE CORRENTE 93 2.2.1 ANALISI ECONOMICA 97

2.3 CASI STUDIO 110 2.3.1 SAN GIOVANNI TEATINO 111 2.3.2 CENTRO SARCA 114 2.3.3 CONCLUSIONI 117

2.4 GESTIONE FUTURA 118

3 IGD E IL MERCATO ODIERNO

122 3.1 PRESENZA SUL MERCATO 122 3.2 AZIONI DI MARKETING 124 3.3 FORME DI COMUNICAZIONE 126 3.4 APPROCCI ODIERNI 130 3.5 CONSIDERAZIONI FINALI 131

4 BIBLIOGRAFIA 135

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INDICE DELLE FIGURE

Figura 1. PIANTA CENTRO COMMERCIALE A SAN GIOVANNI TEATINO (CH) 112

Figura 2. PIANTA CENTRO COMMERCIALE SARCA (MI) 115

INDICE DELLE FOTO

Foto 1. ESSELUNGA, 1957, MILANO 12

Foto 2. SEDE COOP ESTENSE (PRIMA SEDE COOP ITALIA) 13

Foto 3. CONEY ISLAND: FANEUIL HALL 56

Foto 4. CENTRO COMMERCIALE LE PIAZZE (BO) 58

Foto 5. [RENDER] CENTRO COMMERCIALE LE PERLE (FA) 58

Foto 6. MANTECA LIFESTYLE OUTLET CENTER 59

Foto 7. CENTRO COMMERCIALE A VILLACH 60

Foto 8. CENTRO COMMERCIALE A CARUGATE (MI) 62

Foto 9. ORIO CENTER (BG) 63

Foto 10. SPORT PARK LUBIANA (SLO) 66

Foto 11. JUVENTUS STADIUM & AREA 12 67

Foto 12. OSPEDALE CAREGGI (FI) 68

Foto 13. EATALY (TO) 70

Foto 14. MERCATO RIONALE (GE) 71

Foto 15-16. CENTRO COMMERCIALE A SAN GIOVANNI TEATINO (CH) 111 - 113

Foto 17. CENTRO COMMERCIALE SARCA (MI) 114

INDICE DEI GRAFICI

Grafico 1. STRUTTURA ALLA BASE DELLE CENTRALI D’ACQUISTO 22

Grafico 2. INCIDENZA DELLE DIVERSE CATEGORIE DI OPERATORI 24

Grafico 3-4-5. STRUTTURA ALLA BASE DELLE CENTRALI D’ACQUISTO 30 - 31 - 33

Grafico 6. VISION AZIENDALE di IGD 76

Grafico 7-8-9. RIPARTIZIONE GEOGRAFICA DEGLI IMMOBILI DI IGD 79 - 80 - 81

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Grafico 10. VALORE DI MERCATO DI IGD 82

Grafico 11. RIPARTIZIONE DEL PORTAFOGLIO IMMOBILIARE NEGLI ANNI 83

Grafico 12. VALORE DI MERCATO DEL PORTAFOGLIO 84

Grafico 13. RIPARTIZIONE DEI RICAVI CONSOLIDATI 84

Grafico 14-15. STRUTTURA SOCIETARIA 85 - 86

Grafico 16. RIPARTIZIONE DEGLI AZIONISTI Di IGD 88

Grafico 17. STRATEGIE SOCIETARIE Di IGD 89

Grafico 18. GESTIONE CARATTERISTICA DI IGD (€ 000) 98

Grafico 19. COSTI DIRETTI DI IGD (€ 000) 99

Grafico 20. SPESE GENERALI DI IGD (€ 000) 100

Grafico 21-22. EBITDA DI IGD (€ 000) 101 - 102

Grafico 23. UTILE NETTO DI IGD (€ 000) 103

Grafico 24. INDICE FFO DI IGD (€ 000) 104

Grafico 25. RIPARTIZIONE DEGLI AZIONISTI Di IGD 105

Grafico 26-27-28. RENDIMENTO FINANZIARIO DI IGD 106 - 107

Grafico 29. QUOTE DI MERCATO DELLA GDO 123

Grafico 30. PERCENTUALE DI CITTADINI INTERESSATI ALL’E-COMMERCE _________PER STATO

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Grafico 31. CATEGORIE MERCEOLOGICHE INTERESSATE DALL’E-_________COMMERCE

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INDICE DELLE TABELLE

Tabella 1. INCIDENZA DELLE DIVERSE CATEGORIE DI OPERATORI 23

Tabella 2. POSIZIONAMENTO OPERATORI A LIVELLO NAZIONALE 25

Tabella 3. QUOTE DI VENDITA DEGLI OPERATORI DELLA GDO PER CLASSI DI ________iSUPERFICIE

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Tabella 4-5. RENDICONTO FINANZIARIO PRIMO SEMESTRE 2013

93 - 94

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ABSTRACT Questo lavoro è il risultato di un’accurata analisi del mercato Italiano della Grande Distribuzione Organizzata, avvalorata da uno stage aziendale svolto presso il comparto tecnico di IGD SiiQ nel primo semestre del 2013. In questo elaborato viene presentata la GDO: come si configura sul mercato Italiano, quali sono i player che la caratterizzano, come questo comparto stia reagendo a un periodo economicamente critico, come si stia muovendo ed evolvendo verso nuove forme commerciali e come subisca l’azione di forme distributive concorrenziali. Ogni argomento è trattato sia da un punto di vista globale, tramite dati e grafici forniti e analizzati da fonti economiche istituzionali, sia da un punto di vista più specifico, affrontando il caso IGD e come quest’azienda si presenti sul territorio. Il mercato italiano viene comparato alle dinamiche della GDO europea in modo da evidenziare le peculiarità, i pregi e le deficienze del nostro mercato nazionale.

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INTRODUZIONE Nel primo capitolo è presentata la grande distribuzione organizzata in Italia: partendo da un excursus storico dettagliato, si analizzano le forme distributive e gli operatori oggi presenti sul mercato, come questi si relazionano tra loro e come subiscono le azioni concorrenziali. Si cerca di dare risposta ad alcune domande: chi sono i principali azionisti sul mercato e quali sono le strategie che questi mettono in atto per acquisire quote e fatturato, quale ruolo assumono le ricerche di mercato e quali sono le leve di marketing (reali o potenziali) da sfruttare per arrivare a tali risultati. Sono presentate le differenti forme comunicative che mettono in relazione distributore e fruitore finale, in modo da capire quali sono gli approcci relazionali oggi più sfruttati, quali i player maggiormente attivi su questo fronte, se questi ottengono i benefici pronosticati e se vi sono margini di miglioramento attraverso nuovi canali. I dati ottenuti sono messi in relazione con la delicata situazione economico-finanziaria odierna e come questa abbia influito sui fatturati, sulle strategie attuative e sui piani di espansione futura delle diverse aziende. Sono presentati i settori che subiscono maggiormente questo periodo di congiuntura economica, e allo stesso modo quelli che invece mantengono le proprie quote o che in controtendenza acquisiscono rilevanza. Nella parte conclusiva del primo capitolo si evidenziano le principali azioni e direzioni che i player della GDO oggi intraprendono per venire incontro a consumatori differenti da quelli presenti in Italia nei primi anni del duemila. Nell'ottica sia di restyling di centri esistenti, sia di nuove realizzazioni, sono presentate le principali innovazioni apportate: dai cambiamenti estetici ai cambiamenti funzionali, dai rinnovamenti al reparto food a interventi che interessano l’intera immagine dell’asset commerciale in esame. Vengono catalogate le diverse tipologie di intervento in modo da fornire un quadro completo dei movimenti di mercato e allo stesso tempo verificare se determinate azioni generino o meno i risultati pronosticati dalle aziende. Nel secondo capitolo conosciamo IGD SiiQ, un player di rilevanza fondamentale per il mercato della GDO in Italia: qual è la struttura aziendale e le strategie societarie a bilancio per crescere sul mercato. Nello specifico si confrontano i fatturati degli ultimi anni in modo da comprendere come l’azienda subisca e/o reagisca alla crisi economica. Si analizzano alcuni interventi posti in atto da parte della società su differenti centri commerciali di futura realizzazione in modo da creare un confronto con gli interventi dei competitors sul mercato Italiano. Viene tratteggiato un quadro completo che evidenzia come IGD s’interfaccia commercialmente con il territorio e quali sono le prospettive future; quali sono le difficoltà che l’azienda affronta abitualmente nei confronti di un mercato instabile e parzialmente saturo, quali le azioni per contrastare le criticità sia interne che di fatturato, se e come queste generino o meno risultati positivi in termini di crescita economico-finanziaria. Sono presentate le prospettive future aziendali secondo quanto previsto dal piano di bilancio, cioè come IGD intende relazionarsi a un futuro economicamente incerto e a business plan a medio lungo termine rischiosi. Gli interventi attuati e quelli in programma vengono analizzati con un’ottica tanto economica quanto tecnica: sia in termini di fattibilità economica e di rientro degli investimenti erogati, come nell’apporto innovativo funzionale e tecnologico degli interventi. In questo modo è possibile studiare i movimenti aziendali sul mercato con diversi parametri di giudizio. Nel terzo e conclusivo capitolo vengono presentate le best practices aziendali di IGD che

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permettono all’azienda di essere un' eccellenza nel panorama italiano e le deficienze nei confronti dei competitors e delle azioni innovative portate avanti da questi ultimi. Si valuta quale potrà essere il futuro dell’azienda soffermandosi sulle strategie commerciali e finanziarie a bilancio; si evidenziano sia i punti di forza dell’azienda nei confronti del marcato, sia di debolezza, in modo da promuovere e portare avanti con forza i primi e minimizzare o eliminare i secondi. Le azioni a medio lungo termine intraprese da IGD vengono messe in relazione con gli scostamenti, le direzioni e le innovazioni che stanno caratterizzando il mercato odierno così da poter ipotizzare se l’azienda crescerà di fatturato o si troverà in difficoltà nei confronti dei competitors. Nelle conclusioni di questo elaborato si pone l’accento sui settori aziendali in difficoltà, vengono formulati suggerimenti a IGD volti a migliorare l’immagine societaria e le strategie commerciali portate avanti, in modo da consentire un'ulteriore crescita sul mercato ed eliminare le obsolescenze che potrebbero rivelarsi controproducenti in un’ottica a medio lungo termine.

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1 GRANDE DISTRIBUZIONE ORGANIZZATA La Grande Distribuzione Organizzata (GDO) è un meccanismo gestionale di attività commerciali legate al commercio al dettaglio di prodotti di largo consumo organizzate in punti vendita. Questa forma di attività si riconosce nell’utilizzo di grandi superfici: è fissata come soglia minima la metratura di 200m2 per gli esercizi che vendono prodotti alimentari e 400 m2 per le restanti categorie1. La caratteristica peculiare della GDO è l’aggregazione dei propri punti vendita utilizzando gallerie commerciali, dove sono presenti negozi e marchi di una o più proprietà, sulle quali vengono studiate e proposte strategie promozionali2. In ogni catena, a livello centrale, si studiano sia le campagne pubblicitarie sia le politiche commerciali (offerte, sviluppi di marchi, …) come pure le modalità di approvvigionamento (la scelta dei fornitori, gestione degli acquisti e annesse politiche di pricing). Nella gestione del singolo punto vendita il mercato si suddivide in: • Grande Distribuzione: imprese di vaste dimensioni (nazionali) gestiscono direttamente i

punti vendita, che si configurano come “succursali” di un’unica entità economica.

• Distribuzione Organizzata: operatori commerciali indipendenti, aventi piena gestione del singolo punto vendita, mettono a fattore comune alcune funzioni aziendali.

Una rete aziendale permette di centralizzare gli acquisti e sfruttare economie di scala: i punti vendita ottengono maggior potere contrattuale nei confronti dei fornitori e si presenta la possibilità di introdurre alcune funzioni strategiche come l’insegna standardizzata, l’attività promozionale e i prodotti a marchio privato. Nella realtà del mercato italiano la distinzione tra “Grande Distribuzione” e “Distribuzione Organizzata” tende a svanire3: • Le imprese della Grande Distribuzione concedono maggiore autonomia ai singoli punti

vendita. • I consorzi della Distribuzione Organizzata evolvono in forme capitalistiche. In Italia la dicitura unica di Grande Distribuzione Organizzata risulta appropriata per osservare questa realtà in una visione unitaria e realistica.                                                                                                                1 E. Tieri, A. Gamba, “La grande distribuzione organizzata in Italia”, Funzione Studi del Banco Popolare, 2009. p.7.  2 R. Sbrana, A. Gandolfo, “Contemporary retail. Il governo dell’impresa commerciale moderna”, Giappichelli, 2007. p. 4.  3 E. Tieri, A. Gamba, “La grande distribuzione organizzata in Italia”, Funzione Studi del Banco Popolare, 2009. p. 15.

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1.1 EXCURSUS STORICO La configurazione attuale dei player della grande distribuzione deriva dal susseguirsi di evoluzioni storiche e cambiamenti di formato sul mercato. Fino al 1920 non esisteva il concetto di “self service” nella scelta degli alimenti da parte del cliente: i prodotti non erano venduti singolarmente, ma selezionati e dati all’utilizzatore dall’esercente del punto vendita, che pesava e incartava la merce. Nel 1916 a Memphis, l’imprenditore americano Clarence Saunders creò “Piggly Wiggly Shop”, il primo negozio con una superficie suddivisa in reparti, scaffali e una barriera casse, soddisfacendo la necessità di una maggiore fruibilità e velocità nella vendita e la possibilità di servire un maggiore numero di clienti. Il primo supermercato moderno risale al 1930 sotto il nome di “King Kullen”: da un singolo ex-garage, in dieci anni diventa una catena di vendita in tutta New York. Lo slogan aziendale era “Pile it high and sell it cheap“ (“Accatastalo e poi vendilo a basso prezzo”). Nel 1933 viene introdotto il termine “supermarket”: la catena “Albers” lo utilizzò in occasione dell’apertura del suo primo punto vendita a New York. Negli anni ’40, la rete urbana e suburbana in America cresce in modo esponenziale, le automobili diventano un bene diffuso, i clienti possono spostarsi più agilmente e l'affluenza ai supermercati cresce enormemente: questi iniziano ad essere localizzati fuori dai centri abitati, con una maggior superfice a disposizione4. In Europa il primo supermercato moderno è aperto a Streatham (Londra) nel 1948 e nel 1950 aprono punti vendita a Basilea e Bruxelles. Nel 1963, a Sainte Geneviève Des Bois (Parigi) è introdotto un nuovo format di vendita caratterizzato da dimensioni più ampie sia per quanto riguarda la superficie (2.500m2) che la vastità dell’assortimento: nasce il primo ”ipermercato”5 al mondo. Questo innovativo punto vendita (che per la posizione in cui si era ubicato venne battezzato “Carrefour”, ovvero “incrocio”) oltre alla vendita “self-service” dei prodotti in catalogo disponeva di un parcheggio di circa 400 posti auto ed era dotato di una stazione di servizio. Questo modello di vendita “francese” è replicato negli anni seguenti in Germania e nel Regno Unito, con negozi dalle metrature rilevanti (>2000m2) annessi a servizi e punti vendita non alimentari6, organizzati in gallerie. Nasce il concetto di centro commerciale moderno, costituito da un’ancora alimentare di riferimento e da un’area limitrofa con negozi e servizi a corredo. Per quanto riguarda l’Italia nel 1957 a Milano nasce il primo supermercato, inizialmente chiamato semplicemente “supermarket”, in seguito ribattezzato “Esselunga”7. Nel 1971 è introdotto il format di vendita “alla francese” con “MaxiStanda” a Castellanza (VA), e pochi mesi dopo il ”Carrefour” a Carugate (MI) e “Città Mercato” a Concesio (BS).                                                                                                                4 F. Fava & R. Garosci, Sperling & Kupfer, 2008, “C’era una volta il supermarket... e c’è ancora”, p.21.  5 Questo nome, traduzione italiana del termine “Hypermarché”, inventato dal francese Jacques Pictet, viene in realtà utilizzato solo a partire dal 1966.  6 F. Fava & R. Garosci, Sperling & Kupfer, 2008, “C’era una volta il supermarket... e c’è ancora”, p. 30  7 Informazioni tratte da www.esselunga.it.  

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In Italia la vera e propria fase di sviluppo della GDO avviene tra gli anni ’70 e ’80 quando è presente almeno un moderno supermercato in ogni città e si diffondono i primi ipermercati; questi sono realizzati fuori dai centri abitati, sia per necessità di aver a disposizione spazi molto grandi, sia per ottenere un bacino d’utenza molto più ampio, che interessi anche più di una provincia.

Foto1. ESSELUNGA, 1957, MILANO FONTE: www.esselunga.it STORIA RECENTE (2000 – 2008) Intorno alla metà degli anni 90, la crescita dimensionale per via interna della GDO è seguita da una tendenza sia alla concentrazione sul mercato domestico sia all’espansione internazionale. Nella maggior parte dei paesi europei i principali gruppi distributivi sono arrivati a detenere il controllo di una quota rilevante del mercato nazionale.8 La saturazione del mercato domestico e le prospettive di profitto offerte dai nuovi mercati, localizzati prevalentemente nel Sud e nell’Est Europa, hanno spinto alcuni operatori a internazionalizzarsi. In particolare i grandi gruppi distributivi francesi e tedeschi hanno rafforzato la propria posizione nel mercato europeo, i primi con la formula degli ipermercati e dei supermercati e i secondi prevalentemente con i discount. Gli operatori inglesi hanno mostrato invece maggiore interesse verso mercati dell’est Europa. Dal 2006 i principali gruppi distributivi europei si stanno orientando anche verso paesi in via di sviluppo, principalmente asiatici. Le strategie d’internazionalizzazione sono difficilmente catalogabili, variano riguardo alle

                                                                                                               8  F. Fava & R. Garosci, “C’era una volta il supermarket... e c’è ancora”, Sperling & Kupfer, 2008. cap.2.

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caratteristiche sia del gruppo di origine sia del mercato di destinazione. La crescita diretta, tramite l’apertura di propri punti vendita in nuovi mercati, deve tenere conto delle differenze nelle preferenze dei consumatori serviti (come nel caso dei paesi dell’America Latina e dell’Asia) o della presenza di barriere all’entrata (ad esempio il mercato italiano): questi fattori di disambiguità hanno favorito l’acquisizione di imprese esistenti, la stipula di joint venture e il franchising9. La Francia, la Germania, il Regno Unito, il Belgio e l’Olanda sono i principali paesi di origine dei gruppi distributivi internazionali, mentre l’Italia, la Spagna e i paesi dell’Europa centrale sono i principali paesi di destinazione. “Nel 2009 in Italia il primo gruppo distributivo, Coop Italia, si poneva al ventiduesimo posto nella graduatoria europea delle imprese per volume d’affari: il suo fatturato complessivo, comprendente anche quello derivante da attività secondarie, era poco più di un settimo di quello del principale gruppo europeo”10.

Foto.2 SEDE COOP ESTENSE (PRIMA SEDE COOP ITALIA) FONTE: www-e-coop.it                                                                                                                9 E. Tieri, A. Gamba, “La grande distribuzione organizzata in Italia”, Funzione Studi del Banco Popolare, 2009. p.7. Franchising o affiliazione commerciale, è una formula di collaborazione tra imprenditori per la distribuzione di servizi e/o beni, indicata per chi vuole avviare una nuova impresa ma non vuole partire da zero, e preferisce affiliare la propria impresa ad un marchio già affermato. Il franchising è, infatti, un accordo di collaborazione che vede da una parte un'azienda con una formula commerciale consolidata (affiliante, o franchisor) e dall'altra una società o una persona fisica (affiliato, o franchisee) che aderisce a questa formula.  10 it.nielsen.com.  

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1.2 LA DISTRIBUZIONE MODERNA: IL MERCATO ITALIANO La GDO ha acquisito negli anni una solida posizione sul mercato. Gli esercizi commerciali che ne fanno parte sono suddivisi e raggruppati in quattro tipologie, che si caratterizzano per dimensione, ampiezza (numero di prodotti) e profondità degli assortimenti (numero di referenze per ogni prodotto), caratteristiche espositive, numerosità delle casse, presenza di banchi per i prodotti freschi, disponibilità di parcheggi e ulteriori servizi resi al consumatore. Le fonti regolamentari e la prassi del settore hanno identificato quattro tipologie di formato distributivo11 : ipermercato, supermercato, superette e discount. E’ fissata come soglia minima una superficie di vendita pari a 200m2. Tre categorie (supermercato, ipermercato, superette) sono identificate sulla base della superficie di vendita, mentre la categoria “discount” risulta definita in modo meno univoco, sulla base di un insieme di parametri di tipo qualitativo12. IPERMERCATO E’ un esercizio al dettaglio con superficie di vendita superiore ai 2.500m2, suddiviso in reparti (alimentare e non alimentare), ciascuno dei quali aventi le caratteristiche di area espositiva e di grande magazzino. L’ipermercato è organizzato prevalentemente a libero servizio 13 , deve disporre obbligatoriamente di un adeguato parcheggio14 e offrire un vasto assortimento di prodotti, compreso tra 7.000 e 40.000 articoli (inclusi i prodotti non alimentari). Il bacino di attrazione dell'ipermercato può essere anche pari o superiore ai 30 minuti di percorrenza in auto. Appartiene agli ipermercati anche il segmento degli “iperstore”, con una superficie tra i 2500m2 e i 4000m2. Tra gli ipermercati, i primi cinque gruppi che a livello nazionale per fatturato risultano possedere il 71% delle quote di mercato, sono i seguenti15: 1. COOP ITALIA 2. ESSELUNGA 3. GRUPPO AUCHAN 4. GRUPPO CARREFOUR 5. FINIPER (Iper La grande I) SUPERMERCATO Esercizio di vendita al dettaglio operante nel campo alimentare, organizzato prevalentemente a libero servizio, che ha una superficie di vendita superiore ai 400m2 e di un vasto assortimento di prodotti di largo consumo e in massima parte preconfezionati, oltre ad alcuni articoli non alimentari di uso domestico corrente.

                                                                                                               11 Legge 15 marzo 1997, n. 59. Riforma della disciplina relativa al settore del commercio.  12 Fonte dati.it.nielsen.com (in seguito verranno esplicate le caratterisiche distintive di tale categoria)  13 Ovvero con acquisto dei beni in modalità “self service”.  14 Secondo normativa vigente: Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n. 114.  15 Fonte dati Synphony-IRI: Synphony-IRI è una compagnia che studia il mercato e fornisce analisi e informazioni focalizzate sul mercato e fornisce consulenza ai soggetti operanti nel mondo Retail.

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Il numero di referenze offerte da un supermercato è generalmente tra 5000 e 10000 articoli. Tuttavia, l’ampiezza e la profondità della gamma di prodotti offerti, la dimensione del bacino d’utenza, così come la presenza di altri servizi, quali la disponibilità di parcheggio, l’orario di apertura, il numero di casse, ecc. variano considerevolmente in funzione della dimensione del punto vendita. I supermercati vengono, infatti, ulteriormente distinti in: • Piccola dimensione (dimensione compresa tra i 400m2 e gli 800m2) • Media dimensione (dimensione compresa tra gli 800m2 e i 1.500m2) • Grande dimensione (il segmento dei c.d. “superstore” di dimensione compresa tra i

1.500m2 e i 2.500m2)

I supermercati di piccola e media dimensione sono prevalentemente ubicati nelle zone più centrali dei singoli comuni, non dispongono sempre di parcheggi e svolgono soprattutto un servizio di prossimità o di quartiere, attraendo i consumatori dislocati in un raggio di distanza generalmente compreso entro i quindici minuti di auto. I supermercati di grandi dimensioni sono prevalentemente localizzati in zone periferiche e hanno un'area di gravitazione maggiore (generalmente compresa entro i venti minuti di auto); hanno un numero di referenze paragonabile a quello degli ipermercati, e devono obbligatoriamente disporre di un adeguato parcheggio. A livello nazionale i primi cinque gruppi per fatturato nel 2012 sono16: 1. CONAD 2. COOP ITALIA 3. SELEX 4. GRUPPO CARREFOUR 5. GRUPPO AUCHAN SUPERETTE Punto vendita al dettaglio di prodotti alimentari organizzato come un supermercato, con libero servizio e pagamento all'uscita. Si distingue dal supermercato per la superficie, compresa tra i 200m2 e i 400m2. La superette offre una gamma ampia, ma generalmente poco profonda di prodotti alimentari, svolge un servizio di prossimità e attira consumatori in un raggio che generalmente non supera i dieci minuti di percorrenza. Le superette vengono anche denominate “minimercati”, secondo le definizioni utilizzate dall’Osservatorio Nazionale sul Commercio del Ministero dello Sviluppo Economico. Nell’uso corrente, il termine “minimercato” è utilizzato in senso più ampio, a indicare i negozi alimentari non specializzati e a libero servizio, di dimensione compresa tra i 100m2 e i 400m2. I primi cinque gruppi italiani per fatturato17: 1. CONAD 2. INTERDIS

                                                                                                               16 Fonte dati Synphony-IRI. 17 Fonte dati Synphony-IRI.  

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3. GRUPPO CARREFOUR 4. CRAI 5. SISA DISCOUNT Punto vendita al dettaglio organizzato integralmente a libero servizio, con una superficie generalmente compresa tra i 200m2 e i 1000m2 e con una gamma prodotti alquanto limitata (è disponibile un numero di referenze solitamente inferiore a 1.000) che esclude, nella maggior parte dei casi, il reparto freschissimo e i prodotti di marca. Questa tipologia di punti vendita differisce dalle precedenti per l'utilizzo di attrezzature espositive molto semplici, per la rapida rotazione dello stock e per la fornitura ai clienti di un servizio ridotto. Tali fattori rientrano in una generale politica di riduzioni di costi che consente ai discount di porsi ad un livello di prezzo più vantaggioso rispetto alle precedenti categorie. I discount possono essere a loro volta distinti in18: • hard discount: perseguono una politica volta alla riduzione dei costi attraverso l'utilizzo

di un esiguo numero di dipendenti, un'esposizione "spartana" delle merci e un assortimento rigorosamente limitato ai prodotti confezionati e non di marca.

• soft discount: la politica di riduzione dei costi è meno marcata ed è prevista la presenza di prodotti di marca e a peso variabile. I soft discount sono di dimensioni maggiori rispetto agli hard discount.

MINIMARKET E’ una categoria costituita da punti vendita di dimensione compresa tra i 100m2 e i 200m2, gestiti a libero servizio e affiliati a una catena distributiva più ampia. L’inclusione di tale categoria di punti vendita nel settore della GDO non è fatta con criteri uniformi dalle società di ricerca di mercato e dagli stessi operatori e soggetti attivi nel settore.

                                                                                                               18 Fonte: M. Casagrande; rel. P. Tamborrini, "La grande distribuzione organizzata in Italia e le abitudini di consumo : analisi degli impatti ambientali e proposte di intervento". Politecnico di Torino, 2012

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1.2.1 CLASSIFICAZIONI CENTRI COMMERCIALI Nielsen fornisce delle linee guida generali per la definizione della tipologia delle ancore alimentari in base alla GLA19. In Italia i centri commerciali sono classificati con la medesima logica, ma con parametri numerici differenti (ridotti)20. I punti vendita sono catalogati secondo tre principali classificazioni21: 1) CLASSIFICAZIONE PER DIMENSIONE

• Centro Commerciale di vicinato o di quartiere: GLA < 5.000m2 • Centro Commerciale di piccole dimensioni: 5.000m2 < GLA < 19.999m2 • Centro Commerciale di medie dimensioni: 20.000m2 < GLA < 39.999m2 • Grande Centro Commerciale: 40.000m2 < GLA < 79.999m2 • Centro Commerciale Regionale di area estesa: GLA > 80.000m2

2) CLASSIFICAZIONE PER LOCAZIONE

• Centro commerciale Urbano: è collocato nelle aree centrali ad alta densità

commerciale. • Centro Commerciale Periferico: è collocato in zone semicentrali o al margine

dell’area urbana, a densità commerciale limitata. • Centro commerciale Extraurbano: generalmente ha un’attrazione sovra comunale, in

aree a densità commerciale bassa, ma ben servite da vie di comunicazione. 3) CLASSIFICAZIONE PER TIPO

• Centro Commerciale a uso Singolo: l’unico utilizzo del complesso immobiliare è

quello di Centro Commerciale. • Centro Commerciale a uso multiplo o Complesso Polifunzionale: Il centro

commerciale è inserito in un complesso immobiliare multifunzionale, con attività che possono essere residenziali, alberghiere o uffici.

                                                                                                               19 Gross Leasable Area: Superficie lorda affittabile.  20 In Italia le soglie che determinano la dimensione dell’ ancora alimentare sono state ricalibrate in base ai centri presenti sul territorio nazionale.  21 Fonte dati it.nielsen.com.  

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1.2.2 GENERAZIONI Nel mondo della GDO una delle distinzioni più utilizzate per classificare i centri commerciali è legata alla generazione di provenienza22. Questa categorizzazione non è disciplinata dalla legge italiana ma è comunque utile e ampiamente utilizzata dagli addetti del settore per descrivere le differenti tipologie di strutture sul mercato. In trenta anni di presenza sul mercato la GDO è mutata negli approcci decisionali e progettuali che sono alla base per realizzare un centro commerciale. Sul mercato globale sono presenti diverse categorie di centri, sia nella tipologia di punti vendita presenti, sia nel bacino d’utenza attratto. Sul mercato odierno sono presenti tre generazioni di centri commerciali; ognuna di esse non annulla le precedenti poiché si focalizza su aree di mercato e d’utenza differenti. PRIMA GENERAZIONE DI CENTRI COMMERCIALI: E’ una categoria composta da centri commerciali in cui è presente un’ancora alimentare e una galleria con negozi e servizi a corredo. I punti vendita non alimentari sono subordinati al supermercato presente, pur essendo presenti autonomamente: il cliente è attratto nel centro commerciale dall’ancora alimentare e viene interessato in un secondo momento dalla galleria e dalle attività correlate. Circa il 90% dei centri commerciali in Italia fa parte di questa categoria. Negli anni la galleria si è evoluta e ha assunto un ruolo rilevante presentando marchi e negozi di largo interesse ma l’ancora alimentare è di primaria importanza ed è localizzata nella posizione con massima visibilità. Sono presenti sul mercato centri con aree dedicate al vestiario o ad altre categorie merceologiche, ma la presenza di un'ancora alimentare è imprescindibile. Questa generazione s’impone sulle successive, in termini di fatturato e di presenze annue, per due principali motivi23: 1- In Italia, al contrario di differenti realtà internazionali, il centro commerciale non è inteso

come meta di svago, non si sostituisce ai centri cittadini, ma viene unicamente concepito come luogo, dove periodicamente comprare diverse categorie merceologiche. Per acquisti quotidiani sono invece privilegiati centri di vicinato o punti vendita indipendenti.24

2- La GDO storicamente ruota attorno alla compravendita di prodotti alimentari: le aziende

interessate alla promozione e alla realizzazione di centri commerciali appartengono a questo settore (COOP, Conad, Carrefour …). E' naturale pensare che queste collochino il loro core business all’interno del centro che stanno progettando o realizzando. Come vedremo nei capitoli successivi dedicati agli aspetti economico-finanziari, l’ancora alimentare è in questo periodo storico l’unico punto vendita a generare profitti costanti,

                                                                                                               22, 22, 23 Fonte: Silvia Boz; rel. Giovanni Toletti, "Centri commerciali o punti vendita stand-alone: analisi dei fattori influenzanti le scelte di posizionamento nel settore della GDO". Politecnico di Milano, 2005      

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l’unico investimento sicuro. SECONDA GENERAZIONE DI CENTRI COMMERCIALI Questi centri commerciali sono caratterizzati dalla mancanza di un’ancora alimentare e dalla vendita di prodotti legati a un'unica categoria merceologica. Gli outlet village sono i centri di seconda generazione più caratteristici e presenti sul territorio italiano: ogni singolo punto vendita si concentra sull’abbigliamento e la presenza di differenti categorie merceologiche è secondaria e subordinata al vestiario. Questi centri si differenziano da quelli di prima generazione anche dal punto di vista progettuale: sono strutturati con gallerie a cielo aperto, ricalcando l’estetica di un centro abitato. Nell’immaginario comune i negozi di abbigliamento si collocano nelle vie cittadine, ricreando il centro abitato di un tempo, in modo da avvicinare in maniera naturale il cliente ai prodotti venduti. La presenza sul territorio italiano di questa tipologia di centri commerciali è consolidata, anche se minore rispetto ai centri di prima generazione (per stessa natura dei prodotti venduti e per l’interesse che generano agli acquirenti finali). Per essere credibili sul mercato nazionale, questi centri si specializzano nulla vendita di prodotti di marchi che sono presenti anche nelle realtà cittadine, ma che in queste sedi propongono linee passate o stock aziendali a prezzi vantaggiosi. Rispetto ai centri di prima generazione, la clientela può essere la medesima oppure no; le due realtà non sono in antitesi, attirano i consumatori con modalità, tempistiche e necessità differenti. TERZA GENERAZIONE DI CENTRI COMMERCIALI E' la più recente, ed è presente sul territorio italiano in pochi esemplari. I centri sono strutturati attorno a precise aree di mercato; l’ancora alimentare non è presente e le categorie merceologiche vendute sono multiple ma tutte legate tra loro da un tema fondamentale, caratteristica del centro: si va da un’ottica biologica o naturalistica alla vendita e alla valorizzazione di prodotti del territorio, dalla promozione di uno stile di vita “salutare” alla vendita di prodotti di benessere e lusso. Questi sono solo alcuni possibili temi affrontati nei centri di terza generazione. I lifestyle center, unica realtà di questo tipo consolidata anche nel nostro paese, presentano insieme a tutti i negozi presenti nel centro una proposta “di tendenza e al passo con i più moderni stili di vita”25. La nascita di questi centri è motivata da un mercato saturo di centri di prima generazione, in cui la galleria è subordinata (anche nei fatturati) all’ancora alimentare. Una proposta di questo tipo, che tende ad attrarre una clientela precisa, attenta e fortemente settoriale si impone sul mercato con un’ottica differente, slegata dalle logiche di “convenienza negli acquisti” delle prime due generazioni.26                                                                                                                25 Informazioni tratte da “la sfida dei lifestyle center” ccmagazine.eu.  26 S. Riboldazzi, “Competitive customer value nelle imprese della grande distribuzione”, Giappichelli, 2007. capitolo 2.  

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1.2.3 LA STRUTTURA DEGLI OPERATORI Dopo aver analizzato le categorie generazionali di centri commerciali presenti sul mercato, è essenziale valutare come si caratterizzino i gruppi societari che amministrano il settore. La struttura degli operatori della GDO è piuttosto complessa, riflettendo una grande varietà di formule imprenditoriali. In alcuni casi si tratta di gruppi economici, in altri di cooperative di consumatori o di dettaglianti con articolazioni territoriali relativamente autonome che fanno capo a strutture di coordinamento unitarie. All’interno di un gruppo, le imprese possono operare con un’unica o con più insegne differenti: in quest’ultimo caso ognuna espressione di una diversa tipologia distributiva. Un modello descrittivo che esemplifichi la struttura degli operatori, difficilmente si adatta a tutta la casistica esistente. Seppur con questo limite, in linea generale un consorzio della GDO è composto da un’entità principale di coordinamento e da più strutture secondarie (spesso con articolazione territoriale), che gestiscono (direttamente o anche indirettamente) l’attività dei singoli punti vendita. La struttura principale accentra alcune attività, tra cui solitamente troviamo il settore marketing, e gestisce i rapporti con le imprese produttrici, partecipando alla contrattazione all’interno delle centrali d’acquisto. Queste a loro volta sono strutture associative alle quali partecipano le imprese medie e grandi della distribuzione, e le strutture di coordinamento delle associazioni. La finalità delle centrali di acquisto è accrescere il proprio potere contrattuale nei confronti dei produttori attraverso la stipulazione di “accordi-quadro” validi per tutti gli aderenti. Alle strutture secondarie spettano la gestione effettiva dei contratti con i produttori (fino alla fase di fatturazione) e l’organizzazione della logistica, nel rispetto delle linee definite a livello centralizzato. Le strutture secondarie instaurano perciò una seconda fase di contrattazione direttamente con i produttori per ottenere altri miglioramenti delle condizioni di vendita pattuite dalla struttura centrale, spesso sulla base delle quantità effettivamente vendute dai punti vendita che gravitano nell’area di competenza. Infine i punti vendita non sono necessariamente detenuti in proprietà diretta, ma possono appartenere a una diversa impresa commerciale, che stipula accordi di franchising o affiliazione, o con la struttura principale o con quella secondaria. CENTRALI D’ ACQUISTO La legge 488/92 emanata dal Ministero delle Attività Produttive, definisce tre tipologie di centrale d’acquisto: l’unione volontaria, il gruppo d’acquisto e la cooperativa di consumo. • Le unioni volontarie sono forme d’integrazione verticale, regolate da uno statuto ed

evidenziate da un marchio comune, fra uno o più grossisti e commercianti al dettaglio i quali, pur conservando singolarmente la propria autonomia giuridica e patrimoniale, si accordano dal punto di vista operativo al fine di organizzare in comune gli acquisti, alcuni servizi per lo sviluppo delle vendite ed il miglioramento della produzione delle singole imprese aderenti. Casi rappresentativi di unioni volontarie in Italia sono Selex, Despar, Gruppo C3, M.D.O., Un.Vo. e Interdis27.

• I Gruppi di Acquisto sono associazioni fra soli dettaglianti, ciascuno dei quali conserva la                                                                                                                27 Precedentemente conosciuta come VéGé, di fatto la prima unione volontaria italiana, attiva fin dal 1959.  

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propria autonomia giuridica e patrimoniale, promosse al fine di realizzare acquisti e servizi di vendita in comune. In questo caso rientrano Conad, Sisa, Sigma e Crai.

• Le cooperative di consumo si costituiscono tra soci, in questo caso consumatori, per

ottenere beni di consumo durevoli e con condizioni più favorevoli di quelle presenti sul mercato. Svolgono la loro attività salvaguardando l'aspetto qualitativo di prodotti e servizi e accostando i prezzi di vendita a quelli di costo. I soci, per il tramite della cooperativa, fanno acquisti in comune a condizioni migliori e la cooperativa stessa vende loro, direttamente, prodotti a prezzi più competitivi senza coinvolgere altri intermediari. Il caso italiano più noto è Coop Italia.

Una centrale d’acquisto è quindi composta da imprese distributrici che potenzialmente potrebbero competere tra di loro: la convenienza a costituire una centrale dipende perciò dal grado di complementarietà tra le imprese distributive. Un elemento legante che potrebbe aver favorito la formazione e la ricomposizione delle centrali d’acquisto in Italia durante lo scorso decennio è la composizione del “portafoglio-contratti”. Se una singola impresa distributrice detiene per qualche ragione un contratto particolarmente conveniente con un produttore per una specifica tipologia di prodotto, essa diventa un candidato appetibile per una centrale d’acquisto che su quel prodotto ha delle condizioni contrattuali peggiori. Le centrali d’acquisto potrebbero avere inoltre più convenienza a costituirsi se composte da imprese distributive che si posizionano (in questo momento o in prospettiva) su mercati locali differenti. In generale, le centrali d’acquisto esistenti in questo periodo, nate da ricomposizioni avvenute prevalentemente tra il 2009 e il 2010, sono formate da un’impresa più grande che funge da “capofila” e da un insieme di strutture relativamente più piccole. Nel 2010 la centrale d’acquisto di maggiori dimensioni era Centrale Italiana, la cui capofila è Coop Italia: ad essa era riferibile oltre il 20 per cento dell’offerta (misurata in termini di superficie di vendita); seguiva la centrale Sicon, capitanata da Conad, con il 17 per cento. A queste centrali faceva capo circa il 75 per cento dei metri quadri della grande distribuzione esistenti in Italia e all’incirca la stessa quota del volume d’affari28. Nel confronto europeo, in Italia le centrali di acquisto riflettono l’elevata frammentazione del sistema distributivo italiano. In Germania, in Spagna e in una certa misura in Francia i gruppi di acquisto sono quasi del tutto coincidenti con i grandi gruppi economici. Le centrali sono anche molto meno numerose che in Italia. A titolo di esempio in Germania e in Spagna il 75% della quota di mercato è coperta dalle prime tre centrali esistenti; in molti paesi la quota di mercato della prima centrale è spesso prossima o superiore al 30 per cento29.

                                                                                                               28 Banca dati di infoccomercio.it.  29 E. Tieri, A. Gamba, “La grande distribuzione organizzata in Italia”, Funzione Studi del Banco Popolare, 2009. capitolo 3.  

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Grafico 1. STRAUTTURA ALLA BASE DELLE CENTRALI D’ACQUISTO LE TIPOLOGIE DI OPERATORI Nel settore della Distribuzione Moderna operano soggetti con dimensioni, caratteristiche e formule organizzative molto variegate. Come abbiamo già visto la prima macro divisione che riguarda il mondo retail è tra la Grande Distribuzione (GD), costituita da catene di punti vendita facenti capo ad un’unica impresa o gruppo societario di imprese (le c.d. imprese a succursali), e Distribuzione Organizzata (DO), che comprende catene di punti vendita facenti capo a soggetti imprenditoriali giuridicamente distinti, di piccola o media dimensione, ma legati da un rapporto di collaborazione volontaria, formalizzato mediante vincoli contrattuali o formule associative quali consorzi, unioni volontarie, cooperative di consumo … Nell’ambito della Grande Distribuzione Organizzata, un ruolo preponderante è svolto dalle catene distributive appartenenti al mondo cooperativo (come Coop o CONAD), caratterizzate, da un proprio sistema decisionale e organizzativo. Le catene della DO lasciano un rilevante margine di autonomia ai singoli punti vendita (variabile in base all’azienda) ma rimane centralizzata una o più funzioni aziendali come la contrattazione degli acquisti, la logistica o altri aspetti legati alle politiche commerciali. La

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relazione tra i punti vendita aderenti alla catena è definita da quante e quali siano le funzioni centralizzate30. Nella distribuzione moderna figurano anche quei punti vendita che non appartengono né alla DO né alla GD. Per i punti vendita che fanno parte di un canale della GDO la gestione può essere fatta “direttamente” o “indirettamente”, ovvero punti vendita legati alla catena con contratto di franchising. INCIDENZA DELLE DIVERSE CATEGORIE DI OPERATORI In Italia per punti vendita con superficie superiore a 200m2 è preponderante la presenza della DO e il mondo cooperativo31. La DO incide sul mercato per il 66% circa in termini numerici e per il 56% circa in termini di vendite. Allo stesso modo le grandi insegne possiedono una quota di mercato di circa 29% in termini numerici e circa del 43% del giro d’affari complessivo (Nielsen 2013). La concorrenza dei negozi indipendenti è scarsa: in termini numerici si attesta intorno al 5% e per quanto riguarda le quote di mercato non è nemmeno l’1%. Anche considerando i punti vendita con superficie inferiore a 200m2 l’incidenza sul mercato dei negozi indipendenti è poco superiore all’ 1% e in termini numerici arriva al 12%. Questi punti vendita sono generalmente di dimensioni ancora inferiori ai 100m2.

Tabella 1. INCIDENZA DELLE DIVERSE TIPOLOGIE DI OPERATORI FONTE: Nielsen. Gennaio 2013. Punti vendita > 200m2

                                                                                                               30  E. Tieri, A. Gamba, “La grande distribuzione organizzata in Italia”, Funzione Studi del Banco Popolare, 2009. capitolo 2.  31  L. Penco, “La logistica nelle imprese della grande distribuzione organizzata : trasformazioni tecnico-organizzative e nuovi modelli gestionali”, FrancoAngeli, 2007. capitolo 1.

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Nell’ultimo decennio è variata di molto l’incidenza dei canali distributivi:

Grafico 2. INCIDENZA DIVERSE TIPOLOGIE OPERATORI (punti vendita > 200mq) Osserviamo che l’incidenza dei punti vendita indipendenti, anche se cresciuti in numero, in termini di fatturato e metratura, si è assottigliata. Questo dato è motivato dal fatto che spesso piccoli operatori ricorrono a forme associative e dalla politica (espansiva) delle grandi insegne, che prima acquistano e poi inglobano i piccoli negozi32. Osserviamo anche che nel tempo la DO si è ridimensionata in quanto a superfici e numero di punti vendita, mantenendo però inalterato il volume di affari. E’ facile costatare come la DO abbia nettamente incrementato il proprio grado di efficienza sia in termini di quote di vendita sia in termini di redditività per metro quadro.                                                                                                                32  L. Penco, “La logistica nelle imprese della grande distribuzione organizzata : trasformazioni tecnico-organizzative e nuovi modelli gestionali”, FrancoAngeli, 2007. capitolo 3.

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POSIZIONAMENTO OPERATORI A LIVELLO NAZIONALE

Tabella 2. POSIZIONAMENTO OPERATORI A LIVELLO NAZIONALE FONTE: Federdistribuzione I primi otto gruppi non superano il 65% delle quote di mercato. Gli unici gruppi legati alla GD sono ESSELUNGA, Auchan e CARREFOUR; gli altri sono legati alla DO. Il grado di concentrazione nel settore della GDO, calcolato sull’intero territorio nazionale, non è particolarmente elevato, soprattutto se confrontato con quello degli altri principali Paesi Europei. A giugno 2013, in particolare, il 90% delle quote di mercato era detenuta da circa diciotto operatori, di cui solo due con una quota superiore al 10%, e solo sei con una quota superiore al 5%. La presenza delle grandi catene distributive, e conseguentemente il grado di concentrazione, risultano aumentare al crescere della dimensione delle tipologie distributive prese in considerazione.33

                                                                                                               33 Suddividendo i punti vendita in base alla loro superficie a seconda che questa sia inferiore a 1.500 mq (liberi servizi e supermercati piccoli e medi) o superiore a tale metratura (grandi supermercati e ipermercati), si può notare come i rapporti di concentrazione siano notevolmente più elevati per i punti vendita di maggiori dimensioni.  

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QUOTE DI VENDITA DEGLI OPERATORI DELLA GDO PER CLASSI DI SUPERFICIE

Tabella 3. QUOTE DI VENDITA DEGLI OPERATORI DELLA GDO PER CLASSI DI SUPERFICIE FONTE: Rielaborazione personale dati Nielsen Come già visto, i punti vendita indipendenti arrivano a detenere una quota di mercato del circa il 12% per negozi con superficie minore di 200m2, ma il volume d’affari generato è poco più che ininfluente (1%). Infine, vi sono marchi come LIDL e EUROSPIN che si concentrano sulla specializzazione nel format discount, operando solo in questo segmento34.

                                                                                                               34 I grafici e i dati riportati sono presenti nella banca dati di Nielsen (it.nielsen.com, settore customer & retail) e Federdistribuzione.  

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1.2.4 IL MARKETING NELLA MODERNA GDO Le quote, appena descritte, acquisite dagli operatori sul mercato dipendono principalmente dalla categoria distributiva cui appartengono, dalla proposta commerciale che li caratterizza, dal formato di vendita, dal prezzo, dai servizi che offrono al cliente e dalle strategie utilizzate per rendere visibili e appetibili ai potenziali consumatori il proprio operato. Quest’ultima leva in un mercato maturo (e saturo) è fondamentale per acquisire quote e credibilità, essa comprende tutte le azioni aziendali destinate al piazzamento di prodotti o servizi, considerando come finalità il maggiore profitto e come causalità la possibilità di avere prodotti capaci di realizzare tale operazione finanziaria. Le aziende della grande distribuzione nel definire azioni e modo d’intervento volte a imporsi sui competitors, si affidano a ricerche e azioni di marketing. Il marketing ha subito negli ultimi anni effetti rilevanti nel modo di essere inteso e veicolato, allo stesso modo i player della GDO hanno assecondato queste tendenza nel modo di proporsi sul mercato. Il marketing nel 2014 non si focalizza unicamente sul comportamento di consumo ma indaga anche il comportamento d’acquisto.35 Esistono sul mercato nuovi strumenti di marketing: l’utilizzo del punto vendita come mezzo per comunicare con il consumatore finale ne è prova tangibile. Allo stesso tempo si presenta l’opportunità di utilizzare nuove leve come i meccanismi di pubblicità e promozione cooperativa tra industria e distribuzione. Il concetto di marketing si estende in tre direzioni36: • Trade Marketing: le attività sono svolte dall’industria nei confronti delle imprese

commerciali, per creare e consolidare rapporti di partnership. • Retail Marketing: le azioni sono svolte dal distributore per ottenere il favore dei clienti. • Marketing Integrato: le attività sono svolte sinergicamente tra produttore e distributore. Semplificando, nelle tre dimensioni del marketing sopra citate, quella del Retail fornisce una maggiore libertà d’azione al distributore: nel caso del Trade marketing l’azienda subisce le decisioni dell’industria e nel caso del Marketing integrato deve comunque comunicare e concordare le proprie mosse con i partner aziendali. Di seguito sarà analizzato il Retail Marketing e saranno segnalati i meccanismi peculiari a disposizione del distributore per ottenere e consolidare quote di mercato. RETAIL MARKETING “Il Retail marketing consiste nel complesso delle azioni commerciali del distributore rivolte ai consumatori finali che, nel breve periodo, hanno lo scopo di convincerli ad acquistare presso i punti vendita di una determinata catena, influenzando anche il loro comportamento                                                                                                                35 P. Kolter, “Principi di marketing”, Pearson, 2010. cap. 3.  36 R. Sbrana, A. Gandolfo, “Contemporary Retail :Il governo dell’impresa commerciale moderna”, Giappichelli, 2007. pag.33.

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d’acquisto e a più lungo termine, quello di sviluppare e consolidare la loro fedeltà nei confronti dell’insegna” (Sbrana R.- Gandolfo A.2007). Il retail marketing ha la caratteristica peculiare di veicolare sia il comportamento d’acquisto sia di consumo del cliente: il distributore nell’influenzare il comportamento d’acquisto svolge un ruolo similare a quello dell’industria, nell’agire sulla scelta di consumo del cliente si pone invece in antitesi rispetto alle logiche industriali. Quest’uguaglianza esprime i campi di azione del retail marketing: VALORE = SODDISFAZIONE NEL CONSUMO x QUANTITA’ MERCE / PREZZO x SERVIZIO 37

• Soddisfazione nel consumo: questo elemento nasce da vari fattori quali l’innovazione del prodotto, la differenziazione e la comunicazione. Questi strumenti appartengono prevalentemente all’industria di marca.

• Quantità: acquistando più merce al medesimo prezzo, aumenta il valore percepito dal cliente.

• Servizio: fattore controllato dalla distribuzione perché essa mette a disposizione il luogo, lo spazio e agisce in modo che i prodotti arrivino secondo le tempistiche prestabilite.

In questa relazione verticale,38 il primo elemento è definito dalle azioni dell’ industria e viene controbilanciato dalla quantità di merce, fattore controllato dalla distribuzione. Da tale interazione ne deriva una situazione di equilibrio tra i due attori considerati, poiché l’attività di ciascuno influisce nella stessa misura per il raggiungimento dell’obiettivo finale che è la creazione del valore. Al denominatore oltre al servizio troviamo un altro elemento controllato dalla distribuzione, cioè il prezzo, inteso come il costo al quale il consumatore acquista i prodotti. Questo fattore è influenzato dalle azioni del distributore. Introducendo un argomento che sarà affrontato nei capitoli seguenti, le insegne che fanno largo uso di white label 39 , si pongono esse stesse come antagoniste dell’industria, sostituendosi ad essa e controllando interamente il prezzo di vendita Le leve di marketing in mano ai distributori sono fondamentali, perché possono colmare su tutti i fronti l’azione dell’industria e possono far in modo che sia il distributore la fonte principale per la creazione del valore percepito dal cliente. Le azioni legate al retail marketing sono strategiche per l’equilibrio del mercato, perché il

                                                                                                               37 G.Lugli , ”I nuovi confini del marketing” , Edizioni Angelo Guerrini e associati, 1996. p.47.  38 Sono definite “relazioni verticali ” quelle intraprese tra imprese che operano in fasi successive del processo produttivo ,come appunto sono la produzione e la distribuzione. Se il distributore invece diventa anche produttore si crea una relazione e una concorrenza di tipo orizzontale perché i due attori agiscono allo stesso livello del ciclo produttivo.  39 Un prodotto o servizio white-label (alla lettera "etichetta bianca" o "senza etichetta") è un prodotto o servizio realizzato da una società (il produttore) che permette il rebranding da parte di altre aziende per farli apparire come se fossero stati fatti da loro.  

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loro contributo è decisivo nel soddisfare la domanda, garantendo la pluralità nei prodotti e nelle soluzioni di vendita. LEVE MARKETING Le strategie di marketing40 del distributore rivolte ai clienti finali possono essere sviluppate attraverso vari strumenti. Le principali leve di marketing a disposizione del distributore sono: • Offerte speciali e promozioni. • Strategie assortimentali. • Differenziazione del servizio commerciale. OFFERTE SPECIALI E PROMOZIONI Azioni di durata limitata utili al distributore: le offerte speciali segnalano acquisti già previsti dal consumatore, ma su marche previste dal distributore; inoltre gli acquisti d’impulso sono incentivati ricordando bisogni latenti, suggerendo nuove forme di utilizzazione, contribuendo a definire un progetto d’acquisto. Le attività promozionali possono essere legate a: 1) Promozioni volte ad aumentare il traffico all’interno dei punto vendita 2) Promozioni volte ad aumentare la rotazione dei prodotti 3) Promozioni volte ad aumentare la fidelizzazione dei clienti Fino a una decina di anni fa questa tipologia di promozioni aveva carattere saltuario mentre ora è a cadenza regolare, se non costante. Questa tipologia di azione è incoraggiata dalla GDO al fine di far crescere la fedeltà del consumatore e perché la pluralità di soggetti presenti sul mercato impone azioni costanti e coerenti. Gli obiettivi che si possono raggiungere attraverso un’attività promozionale vanno quindi ben oltre il semplice aumento delle vendite e possono avere anche effetti sul medio-lungo termine. STRATEGIE ASSORTIMENTALI – DISTRIBUTIVE Questo elemento ha un forte sviluppo verticale, perché può essere inteso come la pianificazione dell’assortimento prodotti in un singolo punto vendita o come la pianificazione della localizzazione dei punti vendita all’interno di uno o più centri. Gli obiettivi delle strategie assortimentali sono essenzialmente due: • La differenziazione, cioè il principale fattore che definisce l’ immagine di un impresa. • Assecondare le specificità (anche locali) della domanda del consumatore e riuscire a

seguire le variazioni della domanda nel corso del tempo Sia per quanto riguarda il singolo punto vendita che l’intero centro commerciale,                                                                                                                40 S. Riboldazzi, “Competitive customer value nelle imprese della grande distribuzione”, Giappichelli, 2007. capitolo 3.

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l’ampiezza41 e la profondità della proposta sono fondamentali in una logica strategica: più si presentano sviluppate maggiore sarà l’impatto sulla capacità decisionale del cliente. LA DIFFERENZIAZIONE DEL SERVIZIO COMMERCIALE I servizi commerciali costituiscono parte integrante dell’output dei distributori. Analizzando l’offerta degli operatori commerciali ai clienti finali si può, infatti, distinguere tra una componente oggettiva, ovvero il prodotto, e il servizio commerciale che rappresenta la componente immateriale, ossia l’insieme di tutte quelle attività svolte per soddisfare le esigenze dei clienti assicurando sia la disponibilità dei prodotti che l’assistenza nell’acquisto. Le funzioni commerciali sono distinte in due categorie: quelle primarie, che interessano le attività indispensabili al fine del trasferimento dei beni, e quelle secondarie che riguardano i servizi accessori, che integrano e completano l’offerta del distributore. La Tabella seguente presenta le principali categorie in cui si suddividono i servizi commerciali:

Grafico 3. STRUTTURA ALLA BASE DELLE CENTRALI D’ACQUISTO Nella situazione competitivo moderno però le esigenze dei consumatori sono diventate più sofisticate e complesse; allo stesso modo il processo d’acquisto del consumatore non è più condizionato da tradizionali schemi razionali (il cui unico scopo era quello di soddisfare dei bisogni funzionali): oggi il cliente giudica come “scontati” i servizi commerciali primari, non come un valore aggiunto ma come dovuti accorgimenti del venditore nei suoi confronti. Il consumatore è consapevole che i prodotti alimentari e non possono essere acquistati da ogni rivenditore autorizzato, la sua scelta si legherà al distributore che più garantisce                                                                                                                41 I concetti di ampiezza e profondità possono essere riferiti anche alle singole categorie di prodotto.

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un’esperienza d’acquisto appagante. In quest’ottica sono le funzioni commerciali secondarie che giocano un ruolo decisivo per soddisfare le esigenze dei consumatori: aspetti come la facilità di parcheggio, la presenza di strutture moderne o di aree d’intrattenimento dedicate ai bambini, possono influenzare molto la scelta da parte dei consumatori. Per quanto riguarda invece le attività connesse alla vendita, il distributore può offrire servizi commerciali che agevolino l’acquisto, quali ad esempio finanziamenti, modi di pagamento rateali oppure acquisto dei prodotti offerti anche via internet.

Grafico 4. STRUTTURA ALLA BASE DELLE CENTRALI D’ACQUISTO PROBLEMATICHE RELATIVE L’ATTUAZIONE DI POLITICHE DI RETAIL MARKETING Nella sua prima accezione, la GDO strutturava le proprie attività di marketing unicamente attorno al concetto di “marketing del traffico”, ovvero nel generare traffico commerciale nei punti vendita attraverso la semplice operazione di diminuzione del prezzo delle marche leader, per un piano d’azione di questo tipo non è necessario investire in tecnologie, in ricerche, né sono indispensabili competenze particolari.42 Le leve di marketing ad appannaggio del distributore ora sono necessarie per acquisire o mantenere quote di mercato, a causa di una maturata consapevolezza dei consumatori nei                                                                                                                42 G.Lugli , ”I nuovi confini del marketing” ,Edizioni Angelo Guerrini e associati, Milano, 1996, p.4.  

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confronti dei prodotti e dei servizi offerti dai players della GDO. 43 Queste sono:

- Un maggiore sostegno alle white label.

- Aumento delle attività di merchandising all’ interno del singolo punto vendita o nelle gallerie del centro commerciale, in modo che queste vengano strutturate come mezzo comunicativo.

- Orientamento verso la fidelizzazione della clientela, monitorando il grado di

soddisfazione dei consumatori e proponendo servizi e marchi tali da attirare i consumatori.

La tendenza ad avvantaggiare questi punti “attivi” nelle politiche di marketing è oggi ancora vincente: il cliente e la distribuzione sono ancora focalizzati su strategie di concorrenza di prezzo rispetto a differenziazioni basate sulla qualità del servizio; in secondo luogo la concentrazione della GDO sul territorio non è sviluppata come in altre realtà nazionali, solo una maggiore concentrazione di questa tipologia di attività e di conseguenza un’aumentata competitività potrebbero garantire successivi investimenti nel trade marketing. Analizzando il mercato con uno sguardo rivolto alle attività organizzative “macro”, si riscontra come vi sia un limitato trasferimento di funzioni e competenze dalla centrale organizzativa ai punti vendita sparsi sul territorio. Allo stesso tempo si osserva come l’utilizzo delle tecnologie dell’informazione che sono largamente utilizzate per quanto riguarda gli aspetti macroscopici di aumento della produttività, siano poco sfruttate negli aspetti “micro” di gestione strategica del business. IL RUOLO DELLE RICERCHE DI MARKETING Le ricerche di marketing44 sono uno strumento aziendale per intuire, prevedere o seguire le tendenze di mercato, il quale si rivela in continua trasformazione e allo stesso modo lo sono le potenzialità e le opportunità in esso. Le azioni di marketing non si focalizzano sulla singola transazione commerciale ma su un orizzonte temporale più ampio, s’interessano al “customer life time value”45: si sta cioè passando da politiche orientate all’acquisizione dei clienti verso politiche che puntano alla fidelizzazione. Il passaggio dal “transaction marketing” 46 al “relationship marketing” 47

richiede la raccolta, la conservazione e l’analisi di una mole notevole di informazioni.

                                                                                                               43 P. Kolter, “Principi di marketing”, Pearson, 2010.  44 La ricerche di marketing rappresentano quella parte delle ricerche di mercato che indaga aspetti fortemente connessi alla promozione, alla pubblicità ,al prezzo e alle tematiche legate alle strategie commerciali.  45 Con questo concetto si fa riferimento al potenziale che possono esprimere i clienti durante tutta la loro vita di consumatori attivi.  46 Per “transaction marketing” si intende un orientamento di marketing volto ad aumentare il valore di ogni singola transazione.  47 Il Relationship Marketing è un orientamento che vede come mezzo principale di soddisfazione del cliente quello di creare e instaurare con lui una relazione il quanto più possibile curata e personalizzata. E’ un concetto ereditato dal Business to Business marketing dove considerando l’importanza e la ridotta numerosità dei clienti l’aspetto relazionale è sempre stato di primaria importanza.

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Per sfruttare appieno i dati raccolti e perché questi siano appresi con chiarezza dalle aziende, è necessario che queste abbiano sviluppato un’adeguata struttura organizzativa e che abbiano maturato una solida cultura di marketing. Le aziende del settore mettono in atto strategie operative nell’archiviazione e nell’interpretazione dei dati da un lato per ridurre l’incertezza e prendere decisioni migliori, dall’altro per essere più flessibili, per migliorare la propria capacità di risposta ai cambiamenti inattesi. COMPETERE NELLA DISTRIBUZIONE GRAZIE ALLE RICERCHE DI MARKETING Le ricerche di marketing sono uno strumento atto a conoscere gli usi dei consumatori e canalizzare azioni mirate in modo da attirarne nuovi o fidelizzare i presenti, al fine ultimo di generare valore. Gli approcci sono due, di macro marketing e di micro marketing, sia nel trattare il singolo negozio sia nell’analizzare un intero centro commerciale:

Grafico 5. STRUTTURA ALLA BASE DELLE CENTRALI D’ACQUISTO Approccio macro: impiegare le informazioni ottenute dalle ricerche di marketing per migliorare aspetti come la distribuzione dei punti vendita, l’assortimento, layout, livello di servizio la promozione e la comunicazione d’area. Approccio micro: impiegare le informazioni ottenute per sviluppare azioni di marketing mirate su specifici segmenti di consumatori, discriminando inevitabilmente coloro che per

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quel tipo di manovra non rientrano nel target prescelto. Gli approcci sono complementari, vengono di volta in volta attivati a seconda degli obiettivi che il distributore, insieme al fornitore eventualmente coinvolto, si è prefissato: retention ed extension48 nel caso macro, acquisizione di clienti nel caso micro. Il ruolo delle ricerche di mercato risiede quindi nell’uso delle informazioni su segmentazione, targeting, comunicazione e positioning e successivamente nello sviluppare azioni di marketing efficaci (si pensi ad esempio alle analisi che si possono eseguire sui dati raccolti con le carte fedeltà che unitamente alle tecnologie di analisi ed elaborazione dei dati consentono oggi di generare segmentazioni sempre più sofisticate focalizzandosi su target precisi e dettagliati). Le riflessioni sulla portata competitiva delle ricerche di mercato permettono infine di individuare un’altra area strategica nella quale esse esercitano i loro effetti alterandone i tradizionali paradigmi ovvero quella concernente l’atteggiamento del distributore nei confronti dell’industria. Nell’odierno contesto competitivo, sono i meccanismi connessi al trattamento delle informazioni a condizionare il potere contrattuale delle imprese: se il vantaggio competitivo si basa sulla conoscenza, le informazioni ottenute attraverso le ricerche di marketing rafforzano il ruolo del distributore all’interno del canale. Posto che il possesso di conoscenza non cessa con il suo trasferimento, il distributore non deve temere di perdere potere attraverso la condivisione ma al contrario, acquisisce consapevolezza dell’enorme ricchezza che possiede e delle possibilità per rafforzare la sua posizione nei confronti dei rivali e del fornitore. CREARE VALORE ATTRAVERSO LE RICERCHE DI MARKETING Le imprese che hanno adottato un approccio di marketing improntato sulla conoscenza del cliente dimostrano di aver assunto piena consapevolezza dei nuovi paradigmi che guidano il comportamento dell’impresa passando da un orientamento alla transazione a un orientamento alla relazione.49 Fare delle ricerche di mercato nell’ambito della distribuzione non significa limitarsi a sviluppare una conoscenza approfondita e puntuale sulla clientela ma impiegare tale conoscenza nel processo decisionale per migliorare l’attività di marketing e semplificare alcuni aspetti gestionali aziendali. In un periodo di congiuntura economica i distributori si affidano costantemente alle ricerche di mercato, viste sia come leva competitiva nei confronti della concorrenza ma anche come leva per acquisire fiducia dal consumatore finale. Come abbiamo visto, i dati possono essere analizzati con un ottica “macro” o “micro”, si può attivare una razionalizzazione delle proposte (sia in termini di punti vendita che di assortimento nel singolo negozio) o pensare a politiche di pricing e promozioni mirate per aumentare la fidelizzazione e controllare gli effetti distorsivi generati dalle promozioni di massa (…)50                                                                                                                48 Le attività di retention e di extention sono quelle finalizzate rispettivamente al mantenimento e all’accrescimento delle potenzialità dei clienti che già frequentano il distributore. 49, 50 P. Kolter, “Principi di marketing”, Pearson, 2010. capitolo 4.    

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In conclusione possiamo affermare che in questo contesto, le ricerche di marketing presentano un notevole potenziale competitivo per la GDO, i distributori si stanno affidando sempre più a tale strumento per superare le difficoltà congiunturali e strutturali dell’ambiente competitivo in cui si trovano.

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1.2.5 FORME DI COMUNICAZIONE NELLA MODERNA GDO Le azioni di marketing per ottenere l’attenzione del mercato necessitano di essere veicolate in modo che i propositi del distributore arrivino al consumatore finale. Oggi sul mercato sono presenti differenti forme comunicative per arrivare a tale fine:51

• Comunicazione face to face (one-to-one).

• Comunicazione dei mass media (one-to-many).

• Comunicazione screen to face (one-to-one, many-to-many, one-to-many). Queste categorie possono essere applicate ai diversi canali di comunicazione che le aziende hanno a loro disposizione e al tipo di comunicazione che intendono perseguire. La comunicazione face-to-face consiste nell’interazione tra due o più soggetti che sono presenti fisicamente e temporalmente nello stesso luogo, il canale emozionale e sensazionale data la compresenza delle parti viene fortemente sviluppato. La comunicazione one-to-many riguarda i mass media: il comunicatore grazie a mezzi quali TV, Radio e stampa interagisce con una massa indistinta di potenziali riceventi. Questi mezzi comunicativi sono in grado di raggiungere una platea molto ampia ma necessariamente il grado di personalizzazione del messaggio è inferiore rispetto alla comunicazione face-to-face. La comunicazione screen-to-face avviene attraverso un’interfaccia tecnologica (computer, smartphone, …) e grazie alla rete internet. Questa tipologia di comunicazione può essere sia una comunicazione di tipo one-to-one che one-to-many; rispetto ad una comunicazione face to face in questo genere di relazioni vengono a mancare il carattere emozionale che si crea in una relazione contestuale tra emittente e ricevente. Il web ha generato nuovi scenari in grado di potenziare l’azione di marketing delle imprese. Internet è il canale di comunicazione che meglio riesce ad unire interattività e flessibilità nell’ambito della comunicazione commerciale, dando la possibilità di segmentare il mercato in modo efficace e la possibilità di definire il target di clienti ai quali veicolare il proprio messaggio: il consumatore diventa soggetto attivo nel processo di comunicazione e l’impresa può capire tramite come agire e quali leve forzare nel portare avanti la propria azione di marketing. Si pensi infatti all’importanza che oggi assumono commenti, feedback, scambi di opinioni fra i clienti in rete e nei social network52. Nasce l’esigenza e la possibilità di personalizzare la comunicazione e particolareggiarla in base ai profili dei clienti. I canali di comunicazione tradizionali non soddisfano queste esigenze, mentre la comunicazione web-based è un valido supporto. Le principali potenzialità di un’azione di web marketing sono:

• Alimentare in modo continuo, a basso costo e su ampia scala il database informativo che sia passivamente, sia attivamente i consumatori rilasciano all’impresa

                                                                                                               51 P. Kolter, “Principi di marketing”, Pearson, 2010. capitolo 4.  52 R. Di Bari, “L’era della Web communication”, Tangram, 2012.

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• Acquisire informazioni puntuali sui comportamenti dei clienti/utenti

• Sfruttare l’interattività della rete per sviluppare un dialogo sistematico ed in tempo

reale con i consumatori.

• Selezionare attraverso i dati a disposizione i clienti ai quali riferirsi. La necessità di utilizzare i canali web oriented ha reso il “sito” un asset fondamentale per dare visibilità all’azienda ed elemento primario per raggiungere i clienti. I social network inoltre sono fautori di un secondo step, consentendo alle aziende di portare la comunicazione ad un livello più dinamico. All’interno del social network gli utenti dialogano tra loro, rilasciando un’elevata quantità di informazioni, impressioni ed emozioni. LA COMUNICAZIONE TRADIZIONALE Per comunicazione tradizionale s’intende un flusso comunicativo unidirezionale di tipo top-down nel quale il messaggio, anche se pensato per un determinato target di utenti, viene veicolato attraverso canali in grado di raggiungere una platea generalizzata. I mezzi utilizzati sono rappresentati tipicamente dai mass media (tv, radio, stampa). Nella GDO si possono circoscrivere nell’ambito dei mezzi tradizionali anche “strumenti fisici” come volantini promozionali. Un fattore critico da tenere in considerazione per le imprese è il legame tra costo sostenuto per la comunicazione e beneficio ottenuto dalla stessa. Monitorare l’efficacia di una comunicazione di marketing eseguita con canali tradizionali risulta piuttosto complicato proprio per la difficoltà di selezionare un preciso target-obiettivo e di ricevere e valutare i feedback degli utenti destinatari del messaggio. Utilizzando mezzi internet-based questo tipo di analisi è più puntuale. Nonostante il crescente peso delle forme di comunicazione basate sul web i mezzi tradizionali mantengono il loro spazio e la loro rilevanza. LA COMUNICAZIONE 2.0 Per comunicazione 2.0 s‘intende la presentazione dei prodotti condotta attraverso canali basati sull’utilizzo della rete internet. Applicazioni web, Social Network, Chat & Instant Messaging, sono solo alcuni tra i media digitali che garantiscono la diffusione di una comunicazione 2.0. “Internet sta cambiando profondamente il rapporto esistente tra i brand ed i consumatori; trasforma la logica economica del marketing e rende obsolete molte strategie e strutture tradizionali all’interno delle imprese, rendendo insostenibile il vecchio modo di operare” (Prunesti, 2013). Clienti ed imprese oggi hanno entrambi l’esigenza di comunicare gli uni con le altre: i consumatori esprimono le proprie esigenze ed emozioni circa i prodotti e i servizi ricercati; le imprese mirano a fidelizzare i clienti esistenti e a raggiungere in modo più mirato ed efficace un target preciso di utenti, in modo da superare i limiti dei canali tradizionali visti in precedenza. Attraverso nuovi mezzi di comunicazione l’impresa può perseguire strategie di marketing

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che non sono più soltanto unidirezionali, ma sono uno scambio continuo di informazioni con gli utenti in una logica di marketing relazionale. Il cliente può così evolvere il suo ruolo fino a diventare (potenzialmente) anche co-creatore dell’offerta dell’impresa, fornendo feedback utili all’innovazione del prodotto/servizio e informazioni grazie le quali l’azienda può costruire le proprie campagne di marketing operativo. Un dato rilevante riguardo la crescente importanza delle relazioni online fra impresa e consumatori è sottolineato dai risultati emersi da una ricerca presentata alla Social Media Week in occasione dell’evento “Macro Trend 2013”. I dati confermano che la gestione digitale è sempre più utile per l’innovazione dei brand in esame; otto milioni di italiani infatti si relazionano con le community legate alle aziende ed ai brand ed un milione e mezzo di loro le visita quotidianamente lasciando commenti e opinioni. IL WEB Per un’impresa il sito internet aziendale costituisce ormai un riferimento fondamentale per i propri utenti. Permette di ottenere informazioni riguardo l’impresa stessa e di consultarne il portafoglio prodotti/servizi in modo rapido ed immediato. Lo scopo primario del sito è di fungere quale “vetrina” aziendale e trasmettere in rete l’immagine che i responsabili aziendali vogliono fornire agli utenti. Oltre alla funzione informativa, il sito aziendale può diventare anche luogo di interazione fra impresa ed utente e fra gli utenti stessi. Il sito può prevedere una sezione dedicata alla registrazione degli utenti interessati a rimanere in contatto con l’impresa, tramite newsletter o messaggi periodici. Questa innovazione nelle aziende della GDO alimentare risulta un’importante possibilità per veicolare il volantino online, personalizzato in base alle esigenze del singolo cliente. Le promozioni proposte dai punti vendita saranno selezionate e messe in evidenza a quegli utenti che hanno indicato specificatamente la volontà di essere aggiornati su tali prodotti; in questo modo aumenta la partecipazione del cliente e la conoscenza dello stesso da parte dell’azienda. Questo genere di interazione tra azienda e cliente tuttavia rientra ancora in una logica di marketing di tipo “push”53, in cui è richiesto un grosso sforzo per connettersi con una cerchia relativamente stretta di consumatori. Un’azienda per rendere il proprio sito maggiormente efficace deve oggi ragionare anche in un’ottica di “pull” marketing. I consumatori sono sempre più portati a cercare il prodotto o servizio che meglio soddisfa le proprie esigenze attraverso i motori di ricerca. Il sito deve essere quindi studiato in modo da possedere i contenuti adatti e le parole chiave più efficaci che consentano di attirare l’utente verso il proprio business.

                                                                                                               53 Nella gestione della produzione i due termini denotano due orientamenti alla programmazione della produzione. Nei sistemi pull (o ‘tirati’) la produzione è richiamata dalla domanda finale: essa è soddisfatta con le consistenze del magazzino, sino a quando questo non raggiunge un punto critico, detto punto di riordino, toccato il quale si lancia un ordine al reparto a monte. Il meccanismo si ripete con le unità che precedono, propagando le richieste della domanda finale all’intero sistema di produzione, ma con un profilo irregolare a motivo dalla presenza dei magazzini. Per fronteggiare i problemi di tale irregolarità sono stati introdotti i sistemi push, o ‘a spinta’. Con questi metodi, a partire dalla previsione della domanda, si determinano i piani di produzione delle unità a monte esplodendo la domanda di tutti i componenti e tenendo conto dei tempi necessari per la produzione. Quindi si attiva la produzione dell’unità produttiva del componente più distante e le unità successive sono messe in moto dall’arrivo dei materiali delle unità che le precedono. La gestione della produzione con sistemi push necessita di sofisticati programmi di calcolo. Un suo difetto è quello di rendere poco sensibile la produzione a variazioni della domanda finale. Per questo motivo dagli anni 1980 si sono diffusi nuovi modelli di gestione pull che cercano di evitare le irregolarità dei cicli di produzione e appartengono alla famiglia dei metodi just in time.

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SMM (SOCIAL MEDIA MARKETING) Per Social Media s’intende un canale di comunicazione basato su internet che consente agli utenti di creare delle reti di comunicazione personalizzate basate su interessi comuni, quali hobbies, interessi professionali o altro. Il Social Media Marketing (SMM)54 può essere considerato quindi come una parte del marketing che si occupa di dare visibilità ad un’azienda o ad un brand attraverso i social media. Le nuove opportunità messe a disposizione dai social media consentono di passare da un marketing focalizzato sul cliente o sul cliente a un marketing legato al valore, ritenuto unica garanzia per un rapporto duraturo tra brand e consumatore: le scelte di quest’ultimo sono dettate dalla percezione che egli ha nei confronti di un determinato prodotto; tale percezione è influenzata da fattori multipli, dalle caratteristiche del prodotto ai commenti di altri acquirenti, con i social media il numero e la tipologia di commenti con i quali il consumatore entra in contatto e dai quali viene influenzato crescono esponenzialmente. I social media favoriscono la conversazione tra gli utenti e ne influenzano le logiche d’acquisto. Le aziende del settore hanno il compito di comprendere i desideri degli utenti espressi tramite i social media e costruire un programma di marketing legato ad essi e agli obiettivi aziendali correlati (di visibilità, di vendite, …); il programma dovrà essere integrato con attività di monitoraggio, in certi casi messe a disposizione direttamente dal social media (vedi Facebook). I social media forniscono inoltre numerosi vantaggi alle aziende, come la possibilità di selezionare un target preciso di utenti e di monitorare in ogni momento l’impatto del messaggio promozionale. All’utente è data la possibilità di esprimersi in modo veloce e diretto e alle imprese la possibilità di “rimanere in ascolto” delle richieste ed esigenze degli stessi, perfezionando la propria attività di marketing in base a quanto emerso dalle conversazioni. L’azienda dopo aver focalizzato l’attenzione del cliente sul proprio business grazie ai social media e alle conversazioni correlate, cerca di canalizzare l’utente verso il proprio sito web, dove sono presenti informazioni più dettagliate del prodotto. NOTA CONCLUSIVA Dopo aver fornito una panoramica sulle azioni che la GDO può utilizzare per crescere sul mercato e come può veicolarle al consumatore finale, è necessario sottolineare che i differenti approcci comunicativi segnalati hanno rese diverse sul mercato: alcune forme interagiscono con profitto con il bacino d’utenza e la distribuzione della GDO, altre meno.

                                                                                                               54 A. Prunesti, “Social media e comunicazione di marketing”, Angeli, 2013: “Il Social Media Marketing è quella branca del marketing che si occupa di generare visibilità su social media, comunità virtuali e aggregatori 2.0. Il Social Media Marketing racchiude una serie di pratiche che vanno dalla gestione dei rapporti online (PR 2.0) all'ottimizzazione delle pagine web fatta per i social media (SMO, Social Media Optimization). Il termine viene, infatti, comunemente usato per indicare la gestione della comunicazione integrata su tutte le diverse piattaforme che il Web 2.0 ha messo e mette continuamente a disposizione (siti di social networking, foto video e slide sharing, comunità 2.0, wiki, etc.). La caratteristica di queste piattaforme è che la proprietà delle stesse non è dell'azienda (o persona) che intende instaurare tali relazioni”.

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Questo fattore sarà analizzato in seguito nello studiare un player specifico della grande distribuzione in Italia. I risultati generati dalle diverse azioni di marketing-comunicazione chiarificheranno quali azioni si adattino al meglio con il mercato della GDO.

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1.3 APPROCCI ODIERNI IL MERCATO ITALIANO Studiare le aziende che rappresentano la GDO in Italia equivale a fare a una fotografia sullo stato di salute del sistema paese. Evidenziare le dinamiche di consumo e di conseguenza le abitudini di spesa dei consumatori permette di seguire da vicino le debolezze e le necessità di uno stato. Nielsen afferma come dal 2010 ad oggi gli introiti e la fiducia dei consumatori legati alla grande distribuzione siano in progressiva diminuzione: “Non è un dato che stupisce, il 42% circa dei lavoratori italiani (per non parlare della grande massa dei disoccupati) non ritiene sicuro il proprio impiego. Il 39% degli abitanti prospetta un peggioramento per il prossimo futuro, mentre per ciò che concerne la situazione finanziaria personale la percentuale di chi prospetta un peggioramento delle finanze personali sale dall’ 17 al 21% nell’ ultimo anno.“ (Nielsen, report annuale 2013) Oltre alla drastica diminuzione di fatturato di settori come quello automobilistico, dell’home entertainment o vacanziero, Nielsen sottolinea come sia tendenza comune la scelta di brand di largo consumo alimentare e non, più economici. I beni primari che interessano la GDO non subiscono un netto fenomeno di diminuzione delle vendite ma un generale processo di “spostamento”: emerge non un calo ma una dinamica di redistribuzione dei consumi sulle insegne e sulle categorie merceologiche. I consumi non calano ma cambiano, sia in termini di catene (con una crescita dei discount e dei drug specialist), sia di prodotti (nei formati, nei marchi). I prodotti primari sono quelli indispensabili per i consumatori: in questa categoria i consumi non vengono ridotti ma assottigliati (si cerca di acquistare la stessa quantità di prodotti a un prezzo più competitivo) Nielsen evidenzia in ogni report annuale dopo il 2009, come si presenti redditività decrescente ma una tenuta sostanziale del settore. Il settore cresce in fatturato ma non in volumi. Ora, la crescita in valore a cui non corrisponde una crescita in volume è determinata, sostanzialmente, da un aumento dei prezzi. Il prezzo cioè sta incidendo sull’andamento del fatturato, ma all’aumento del fatturato non corrispondono adeguate marginalità. “Se infatti si considerano in parallelo aumento dell’inflazione, aumento dei prezzi e crescita dei fatturati ci si rende immediatamente conto di come questi dati viaggino in parallelo.” (Nielsen, report annuale 2013) A fronte di un fatturato che costantemente cala per la maggior parte delle insegne, si evince come alcune categorie invece crescano favorite da questo periodo di incertezza, categorie legate al mondo discount (che propongono prodotti di prima necessità a prezzi più competitivi). La forbice quindi che segnala la differenza di entrate tra gli stessi gruppi della GDO continua ad aumentare, la disparità tra insegne va aumentando, sostanzialmente viene confermato un

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trend in essere già da diversi anni. Nel dettaglio le categorie in crescita risultano essere le catene discount, gli specialist drug55 e negozi “kategory killer”56. Crescita intesa sia come volumi di fatturato, come nuove aperture, sia come la presa in possesso di intere categorie merceologiche: dal pane o le bevande a prodotti per la cura della casa e della persona. In aggiunta alla migrazione dei consumi, si deve segnalare una progressiva trasformazione delle reti di vendita di tutte le principali insegne:57 Il 2,4% della crescita del 2013 è dato da 1.800 aperture e 1.600 chiusure; le risorse sono investite sulla riqualificazione di vecchi negozi. Per ciò che concerne le nuove aperture, assistiamo alla nascita di iper sempre più piccoli e super sempre più grandi, mentre si riducono le superfici dei liberi servizi. Oltre il 10% dei negozi ha cambiato organizzazione, mentre il rallentamento del ritmo di nuove aperture stia frenando anche l’espansione dei discount. Tutte le principali insegne mettono al primo posto nella lista delle priorità il restyling dei punti vendita, le ristrutturazioni, gli ammodernamenti e i nuovi concept, per rinvigorire i fatturati e venire incontro a nuove esigenze espresse dai consumatori (trovare facilmente i prodotti desiderati, la disponibilità immediata del prodotto in esame, il comfort del punto vendita, il rapporto qualità-prezzo, l’assistenza da parte del personale e la presenza di white labels). FOTOGRAFIA 2013: FONTE: REPORT ANNUALE FEDERDISTRIBUZIONE – REPORT ANNUALE NIELSEN L’anno si chiude con un andamento "flat"58 per la grande distribuzione, con andamenti opposti tra ipermercati di grandi dimensioni, che registrano un calo del fatturato del -2,3%, e super+iper che rimangono sopra la linea di galleggiamento con + 1%. Il non food conferma lo stato di difficoltà (-4,4% ottobre 2013 vs ottobre 2012). Punti vendita a iibero servizio e tradizionali continuano a mostrare andamenti molto negativi, con il mese di giugno a doppia cifra per i Lis (-10%). Per contro discount (+3,6%) e specialisti drug (+6%) mostrano le performance più convincenti. La quota della marca privata si attesta al 18,5% nel mese di ottobre dopo aver registrato numerosi record nei mesi precedenti, risulta costante rispetto al mese precedente la percentuale di vendite fatte in presenza di promozioni (28,6%). Continua la flessione nei centri commerciali: il dato del secondo semestre (-3,71%) riflette del resto quello del mese di giugno (-3,56%). Vanno ancora peggio le regioni del Sud con saldo negativo pari a -7,08%, confermato dal solo mese di ottobre fermo al -7,38%. Le cause che sintetizzano la realtà economica attuale nella GDO59 risultano essere:                                                                                                                55 I distributori specializzati di prodotti per la detergenza e la cura del corpo.  56 Con questa terminologia vengono indicati quei punti vendita o catene commerciali che si focalizzano sulla vendita di una sola categoria di prodotti merceologici, offrendo la massima possibilità di scelta per l’acquirente, offrendo inoltre una gamma prezzi molto ampia che in generale grazie alle economie di scala risulta più conveniente rispetto ai competitor.  57 R. Sbrana & A. Gandolfo, “Contemporary Retail :Il governo dell’impresa commerciale moderna”, Giappichelli, 2007. pag.12.  58Un andamento piatto, regolare rispetto al fattore di comparazione.  59 Informazioni tratte dai report annuali di Nielsen. Report che evidenziano la situazione economica del paese in oggetto.  

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• Il periodo di crisi economica che sta vivendo sia chi il settore lo traina sia chi il settore

lo incrementa ovvero i consumatori finali.

• Il mercato divenuto saturo. La crescita della GDO del primo decennio ha subito un arresto nei medesimi anni in cui è scaturita la crisi finanziaria internazionale. Gli investimenti sono ridimensionati, le nuove aperture limitate.

• L’acquisizione di quote di mercato da parte di altri format, sia nell’ambito food

(discount) sia in altri settori primari (kategory killer). Questi tre fattori si influenzano tra loro: un periodo di crisi finanziaria spinge il mercato da saturo a stagnante, mercato in cui non vengono pianificate nuove realizzazioni; la crisi finanziaria influenza i consumatori che virano verso forme più convenienti d’acquisto; un mercato fermo risulta obsoleto.60 Allo stesso tempo le insegne sul mercato della GDO sono strutture gerarchiche complesse, il cui fatturato necessita di strategie di mercato in continua evoluzione; queste strutture non sono ferme, le loro azioni sul mercato si avvicinano alle nuove e mutate esigenze dei consumatori e degli stakeholders. La grande distribuzione è tutt’oggi il settore trainante del mercato alimentare, ma allo stesso tempo i trend sono differenti dagli anni novanta: i nuovi formati appena descritti erodono quote alla grande distribuzione, la quale per alcune categorie merceologiche risulta generare ancora i fatturati più alti, ma non appare più come trend setter del mercato,, si è dovuta adeguare a espedienti (prezzi in primis) di marketing utilizzati dai formati non convenzionali. E ora una domanda: quali sono i “trend” recenti immessi sul mercato dai player della GDO per acquisirne quote e clienti? SETTORI D’ INTERVENTO La moderna GDO ha utilizzato diversi approcci nel riallinearsi al mercato. Come abbiamo visto precedentemente gli interventi possono essere macro, riguardanti cioè tutto l’asset immobiliare, o micro, come il singolo intervento per un servizio richiesto da un gruppo di consumatori in un centro commerciale; allo stesso modo i trend che la GDO mette in atto passano da interventi macro a interventi di dettaglio. Gli approcci partono da due linee attuative ben differenti:

• Interventi sul costruito: per riposizionare, riconvertire, rigenerare. Azioni a scala variabile, dalla riconversione dell’ancora alimentare alla riprogettazione dell’intero concept dell’asset in esame.

                                                                                                               60 Il vortice negativo a cui si fa riferimento in realtà è una lieve diminuzione di quote di mercato del settore (a favore di altri settori, quali per esempio il reparto discount o i punti vendita “kategory killer”). La situazione viene illustrata con gravità a causa del fatto che la GDO non aveva mai mostrato (fino al 2008) segni di cedimento; un rallentamento e una conseguente perdita di quote di mercato non erano pronosticabili. I dati che evidenziano questa difficoltà del settore sono i report annuali Nielsen.  

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• Linee di intervento sulle nuove realizzazioni: per creare un’esperienza d’acquisto innovativa, per rinnovare la proposta e l’immagine del marchio d’insegna in settori quali il concept, la location, il formato e i servizi.

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1.3.1 INTERVENTI SUL COSTRUITO In un periodo di congiuntura economica e con un mercato saturo, strutturare un business plan per una nuova realizzazione risulta rischioso, sia perché i benefici per un’azione di tale portata economica risultano a lungo termine sia perché imprevedibili avvenimenti economici potrebbero disattenderli. Dal 2010 in Italia circa il 90% degli investimenti messi in atto dalle insegne della GDO riguarda restyling di centri commerciali esistenti.61 Federdistribuzione sottolinea come gli interventi di ristrutturazione si soffermino principalmente sui centri commerciali di prima generazione: questi risultano essere i più obsoleti (in quanto di realizzazione meno recente) e allo stesso tempo i meno focalizzati su concept innovativi e sulla “unicità della proposta”; di conseguenza questi centri soffrono maggiormente la concorrenza di punti vendita kategory killer o discount. Gli interventi pensati per questi centri possono essere di diversa natura, da un naturale studio sulla riconversione dell’ancora alimentare e quindi del reparto food verso le moderne esigenze dei consumatori, a interventi per migliorare l’intero centro e la percezione di esso da parte dei clienti: interventi che si concentrano fisicamente sulla galleria e sui negozi che si affacciano su di essa, in modo da delineare una tematica o una visione d’insieme che crei coesione all’ interno del centro; altro caso riguarda gli interventi focalizzati sui servizi che il centro offre, al fine di fidelizzare nuova clientela. INTERVENTI SUL REPARTO FOOD Questi interventi sono nati dalla necessità di riappropriarsi della clientela “migrata” verso altri formati commerciali per acquistare prodotti di prima necessità, che in discount o in punti vendita KK risultano essere più convenienti. La mancanza di convenienza della GDO per alcuni prodotti demotiva il consumatore ad allontanarsi dall’abitazione per comprare prodotti in un centro commerciale: sia la profondità di scelta che la convenienza generata dalle economie di scala non sono più ad unico appannaggio della GDO; inoltre i punti vendita kk o i discount si localizzano abitualmente nelle vicinanze di centri residenziali. Nell’agire su centri commerciali già realizzati, le insegne della GDO si focalizzano spesso sulla riconversione della proposta alimentare. I due macro approcci legati al mondo food portati avanti in questi anni sono:

• WHITE LABEL (o più recentemente descritte come private label): sono quei prodotti venduti col marchio aziendale dell’insegna che gestisce il supermercato. Sono prodotti che hanno come peculiarità la qualità e allo stesso tempo un prezzo ridotto, perché il brand marketing è ridotto e il produttore è lo stesso distributore. Le white label sono sempre esistite ma in questi ultimi anni le grandi insegne hanno puntato molto sulla loro sulla loro visibilità per tre motivi: creano concorrenza diretta

                                                                                                               61 E. Tieri & A. Gamba, “La grande distribuzione organizzata in Italia”, Fondazione Del Banco popolare, 2007.

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con i prodotti dei discount avendo prezzi similari, generano più fatturato per l’azienda, creano fidelizzazione del cliente che, riconosciutane la qualità, li ricerca. Questa categoria merceologica è passata da essere a corollario dei grandi marchi (con visibilità ridotta) al centro della distribuzione. A testimonianza di questa tendenza alcuni marchi stanno proponendo punti vendita unicamente con prodotti aziendali. Ad oggi sono principalmente quattro le tipologie di private label:

1. Primi Prezzi: prodotti con i minori prezzi nella categoria, inferiori di oltre il 50%

rispetto alla marca leader, a volte con un nome di fantasia che non richiama nel logo o nei colori quello dell'insegna.

2. Premium: prodotti con un prezzo maggiore di quello della marca leader (anche il 30% in più) caratterizzati da alta qualità. In Italia sono spesso declinati su gamme di prodotti tipici italiani.

3. Marca Insegna: prodotti con il marchio dell'insegna commerciale con un prezzo in media inferiore del 25% rispetto alla marca leader. Nelle aziende della DO, che hanno insegne diverse a livello locale, vengono utilizzati marchi “ombrello”

4. Altre: le marche private che non rientrano nelle precedenti e sono linee dedicate a prodotti biologici, equo solidali o per bambini.

• ANCORA IPERALIMENTARE: alcune catene si sono specializzate in una particolare

tipologia di ipermercato, comunemente definita “iperalimentare”, in cui nonostante le dimensioni superino i 2.500 mq (e in alcuni casi siano anche il doppio), ci si focalizza principalmente sul settore food. Viene offerto un vastissimo assortimento alimentare rispetto alla concorrenza, a discapito dell’inesistente reparto non food. Concentrandosi solo sul fattore alimentare e avendo ampie metrature a disposizione, l’ancora cerca di assorbire la maggiori quote di mercato e allo stesso tempo di eliminare settori “superflui”, oramai ad appannaggio di altre realtà distributive.

Analizziamo alcuni approcci innovativi della GDO in questa direzione: l’elenco non vuole essere esaustivo ma intende fornire una fotografia veritiera e aggiornata del settore. Sono presentate realtà di diverse nazioni, in modo da sottolineare come in questo campo, pur essendo differenti le dinamiche che regolano i rispettivi mercati, si riscontri linearità e coesione nella proposta. NUOVI FORMAT (USA - EUROPA) Negli USA la catena “Whole food” offre ai suoi acquirenti solo prodotti coltivati con metodi naturali e biologici e presenta una grande varietà di prodotti freschi. I centri sono solitamente ampi (da 3500 a 7000 mq) e l’estetica è studiata per essere accattivante sia nell’aspetto e nell’ordine dei prodotti esposti sia nella preparazione del personale addetto. Gli assortimenti sono composti al 70% da prodotti freschi. In ogni punto vendita sono organizzati corsi di cucina e di giardinaggio, in modo da educare la clientela a un uso e un acquisto consapevole dei prodotti. Anche tutto il non-food rispetta gli stessi principi, con prodotti di abbigliamento che sono stati realizzati utilizzando cotone

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coltivato organicamente e prodotti di bellezza che contengono essenze naturali (…).62 In Francia, l’impresa che da alcuni anni sta movimentando il mercato è “Monoprix”63, la joint venture paritetica tra il gruppo “Galeries Lafayette” e il gruppo “Casino”. “Monoprix” ha introdotto una nuova tipologia di punti vendita, chiamati ”Daily Monop” (abbreviato “Monop”): hanno una superficie è compresa tra i 300 e i 400 mq, sono localizzati in zone urbane residenziali a forte potere d’acquisto, presentano servizio libero integralmente, orari allungati (spesso i Monop sono aperti fino a mezzanotte), assortimento fortemente orientato ai freschi, con larga presenza di prodotti ready-to-eat o ready-to-cook, grande spazio dato alle marche proprie, presenza di un’area dotata di forno a microonde per il consumo immediato dei prodotti direttamente all’interno del punto di vendita subito dopo la zona casse. Spesso nei supermercati canonici Monoprix si trovano degli angoli dedicati a questa tipologia di acquisti, a testimonianza del successo dell’iniziativa. Il gruppo tedesco Rewe ha seguito il sentiero tracciato da “Whole foods”64, strutturando una catena specializzata nel settore fresco / biologico. In Francia una proposta similare si trova nei supermercati “Au Marchè” di Groupe Casino. Questi store sono quasi interamente orientati sui prodotti freschi, e sono strutturati in modo da ricreare un ambiente simile a un mercato vero e proprio. Auchan ha inserito all’interno di alcuni centri commerciali self-discount o aree / negozi “Au Marchè”65, in modo da creare punti vendita ibridi nel format di vendita. Sempre Auchan ha introdotto un format misto tra punto vendita e vendita a distanza come “Chronodrive”, in cui è possibile ordinare per telefono o via internet e successivamente ritirare i prodotti selezionati. Il gruppo Francese “Simply Market” (presente anche in Italia) propone un concept innovativo66: il gruppo è relativamente giovane e i propri punti vendita sono soft discount che propongono un assortimento ridotto rispetto a quello di un supermercato, dando spazio solo a marche leader nel settore. Lo spazio è quasi integralmente a libero servizio, freschi compresi. Le presentazioni dei prodotti sono prossime a quelle di un discount nel reparto grocery, mentre sono qualitativamente ben curate per i prodotti freschi. Il gruppo Tedesco “Edeka” ha realizzato un primo punto di vendita “delle generazioni”67. Uno spazio di circa 900mq appositamente concepito per una clientela anziana e in generale da persone con problemi alla vista. Per la prima volta viene realizzato un punto vendita con un target così mirato: questa scelta si riscontra dalle confezioni dei prodotti, composte soprattutto da piccoli formati, alle zone di riposo, dalle bilance parlanti alle lenti di ingrandimento poste sugli scaffali per aiutare nella lettura delle etichette, al personale istruito e pronto per interagire con la clientela di riferimento.

                                                                                                               62 D. Pederzoli, “Le sette vite dei format alimentari”, Centri Commerciali Magazine N. 04/2007. 63 Whiteapper, gdoweek.it 22 marzo 2010.  64 A. Meneghini, gdonews.it, novembre 2011.  65 Informazioni prese direttamente dal sito di auchan: www.auchandirect.fr.  66 Informazioni prese direttamente dal sito di simplymarket (simplymarket.com) e dall’intervista su gdonews.it. di gennaio 2013 di A. Meneghini alla responsabile delle private labels del marchio, E. Fiore.  67 gdomarketing.net gennaio 2014.  

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“Carrefour ha recentemente introdotto in Francia, Spagna e Belgio la nuova formula “Planet”, destinata nel breve periodo a sbarcare anche in Italia. Sparita la tradizionale disposizione degli spazi, che prevedeva una grande corsia centrale attorno alla quale venivano allestiti gli scaffali, ora l’ipermercato ospita sezioni dedicate alle varie categorie merceologiche, dalla bellezza, all'infanzia, agli alimentari. I freschi, in particolare, presentati come in un grande mercato all'aperto, sono messi in evidenza dai colori scuri scelti per le pareti e anche in questo settore prevale la volontà di raggruppare i prodotti per tipologia: salumi ben distinti dai formaggi, al pari della carne e della panetteria, ma c'è spazio anche per una sezione bio, per prodotti freschissimi e così via. Fra le novità più rilevanti, la collaborazione con alcuni grandi marchi: lo spazio dedicato ai prodotti di bellezza ospita un “make-up bar” nel quale i clienti possono provare i prodotti grazie a una tecnologia di specchi virtuali, ma possono anche approfittare del servizio di parrucchiere. Il non alimentare è il campo dove più evidente è l'alleanza con i brand e dove i cambiamenti sono più radicali. È in questo ambito, infatti, che gli ipermercati soffrono di più la concorrenza delle catene specializzate e dei siti di e-commerce. La soluzione scelta è quella di concedere ad alcuni marchi dotati di grande appeal (tra cui Virgin, Apple, ecc.) uno spazio dedicato. Diverso l'approccio, invece, per il settore del tessile e delle decorazioni: in questo caso l'insegna propone prodotti a marchio “Carrefour Home”, che vogliono competere con gli specialisti del settore. Questo nuovo concept, non è più generalista e seguente il principio di “vendere tutto sotto lo stesso tetto”, ma capace di ammaliare i migliori specialisti: 3.000 sono le referenze dei prodotti biologici, 9.000 quelle dell’igiene-bellezza, il settore surgelati è totalmente ripensato e dotato di casse autonome, viene dato inoltre ampio spazio ai prodotti regionali e locali. Carrefour insomma vuole trasformare l’iper da monolite a luogo di specialisti, ben suddiviso in poli, tra cui i nuovi sono: il mercato, il bio, i surgelati, la bellezza, la moda, il bambino, la casa e il multimedia.L’alimentare presenta una scelta più ampia del classico iper con maggior presenza del fresco (diventata ormai la caratteristica base della distribuzione moderna, il luogo dove più forte è la concorrenza fra le insegne), nuovi servizi e modulazione capace di rendere l’acquisto una scoperta e un piacere, mantenendo però la concorrenzialità dei prezzi. Diminuisce il numero delle promozioni, anche se più incidenti, aumenta il numero dei prodotti a marchio e sempre convenienti, i prezzi del singolo settore sono più stabili e la fidelity card dà sconti del 10% che possono aumentare a seconda del grado di fedeltà. Tutto questo esige una riduzione delle referenze classiche soprattutto dell’ortofrutta. Viene rivoluzionato anche il non alimentare: maggiore presenza di referenze, il tessile ribattezzato “moda”, lo spazio casa molto vicino al modello “Ikea”, i settori tecnologici e multimediali molto più ampi e basati su marche forti (Sony, Samsung, Whirlpool, Apple ecc.), fino ad arrivare a essere messi sotto la gestione di uno specialista (Virgin, per esempio). Tutti i settori non food sono invasi da personale specializzato, il settore bellezza passa da 5.000 a 9.000 referenze e vengono aggiunti alcuni servizi di frequenza quotidiana (make up, pettinatura veloce ecc.).” (infocommercio.com) NUOVI FORMAT (ITALIA) Sono portate ad esempio tre differenti realtà italiane con propositi e esiti differenti: Pam ha creato “+ x –“, un’insegna sperimentata nel Nord-Est. I punti vendita combinano le realtà del supermercato e del cash and carry, però aperto al pubblico non unicamente ai

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possessori di partita IVA. I destinatari principali sono le famiglie numerose da un lato e i professionisti della ristorazione dall’altro68. I prezzi sono allineati come nei supermercati ma questi variano a prescindere dalla quantità acquistata dal consumatore: all’aumentare della quantità diminuisce il prezzo al pezzo. In pratica il cliente decide il prezzo di vendita in funzione delle proprie necessità. Il formato di vendita dei prodotti è in linea con il target di clientela cui ci si rivolge e quindi accanto alle confezioni di taglia normale si trovano i grandi formati per la ristorazione. L’assortimento è differente rispetto a quello di un normale supermercato, alcuni reparti non sono presenti, come il tessile e elettrodomestici, mentre altri sono sviluppati anche per una clientela professionale e esigente come il reparto casalingo o cartoleria. Anche nella presentazione dei prodotti “+ x –“ si avvicina alla concezione hard discount, rimane una certa cura per l’estetica, votata al minimalismo in modo da rendere gli acquisti per la clientela più veloci e semplici. In realtà però una proposta innovativa come quella appena citata non ha sortito i risultati sperati, Non solo non sono stati aperti altri punti vendita simili, ma lo stesso primo “+ x –“ è stato chiuso e riconvertito a tradizionale ipermercato. “Coop consumatori Nordest” ha realizzato un nuovo format di vendita “Tutto Coop Solo Food”, ovvero un nuovo supermercato che presenta la vendita di prodotti a solo marchio Coop. Sono oltre 1000 i prodotti esposti in una superficie non superiore ai 200mq e sono coperte tutte le famiglie merceologiche che Coop comprende. Non è presente solo la “produzione standard” di Coop ma anche le particolarità del marchio, sotto forma di prodotti per celiaci o per l’infanzia, oltre a quelli territoriali, come la presenza di birre artigianali. E’ disponibile anche una buona scelta di piatti pronti freschi. Il layout di “Tutto Coop Solo Food” 69 è semplice, in modo da risultare informale ai consumatori, non vengono evidenziate in modo differente le diverse categorie merceologiche (come normalmente avviene) ma sono valorizzate le diverse linee che segmentano l’offerta di prodotti a marchio Coop, ovvero Viviverde, Fior fiore, Solidal, (...), per dare maggior risalto ai contenuti di ogni singolo sottobrand. La linea di primo prezzo non è presente all’interno di questo punto vendita. “Sapori & dintorni di Conad”70 è un format che combina le caratteristiche dei due concept-store precedenti, ovvero vendita esclusiva di prodotti a marchio d’insegna e vendita di specialità enogastronomiche italiane. Questo nuovo concept store è presente a Firenze dal 2010 su superfici contenute, attorno ai 400 metri quadri, con scaffali dedicati ai prodotti della linea "Sapori & Dintorni" suddivisi per regione, molti dei quali D.O.P. e I.G.P., e alla selezione “Originis”, che offre produzioni locali. Sono presenti un servizio di ticket-office in collaborazione con il polo museale fiorentino e la vendita dei biglietti dei trasporti pubblici locali. Conad ha intenzione di ampliare la presenza di questo format sul territorio italiano, valorizzando altre realtà con i rispettivi prodotti tipici: l'obiettivo è valorizzare la tradizione italiana, in un'ottica di servizio per residenti e turisti. La linea "Sapori & Dintorni", dedicata alle eccellenze gastronomiche locali, era stata lanciata da Conad nel 2001 non solo all'interno dei propri punti vendita, ma anche all'estero presso gli ipermercati francesi “E.Leclerc”, nei 1500 negozi di “Coop Suisse” e in quelli ad insegna                                                                                                                68 D. Pederzoli, “Le sette vite dei format alimentari”, Centri Commerciali Magazine N. 04/2007. 69 D. Bernieri, "Tutto Coop Solo Food, l’alimentare doc di Coop", www.gdoweek.it, 2010.  70 C. Benna, “Conad lancia Sapori & Dintorni, insegna di qualità per le città d’arte”, www.repubblica.it, 2010.  

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“Colruyt” in Belgio. Oggi, questa tipologia di punto vendita diventa anche insegna autonoma, un concept che promuove la private label Conad sulla fascia alta dei prodotti. Con questi primi punti di vendita, Conad ha l’intento sia di valorizzare le peculiarità territoriali che di far crescere una cultura della qualità e del rispetto delle tradizioni a sostegno del “Made in Italy”. INTERVENTI SUL REPARTO NON FOOD Gli interventi riguardanti l’intero centro commerciale o un asset immobiliare possono essere di diversa natura. L’obiettivo primario è quello di aumentare le entrate economiche e numeriche del centro nella sua globalità, cercando di favorire ogni punto vendita. Le azioni riguardanti possono essere di diversa natura e anche in questo caso possono interessare più ambiti o soffermarsi su un singolo aspetto. Gli obiettivi principali di queste azioni sono due71 e hanno entrambi come fine ultimo quello di accrescere il fatturato complessivo. Possono coesistere come invece non essere presenti entrambi nel medesimo piano d’azione aziendale:

• Fidelizzazione della clientela: ovvero legare il consumatore finale all’insegna, ai

negozi che la caratterizzano e ai servizi che offre. Si tratta di agevolazioni per i clienti, presenti sia in forma temporanea sia permanente, inoltre spesso sono compresi bonus per i consumatori più affezionati (sorte di premi fedeltà).

• Presentare un centro commerciale coeso e unico. Il mercato è saturo, per contrastare la concorrenza è necessario differenziarsi, proporre un prodotto unico, che il cliente riconosca come tale (per prodotto non si intende un servizio o un punto vendita nello specifico ma tutto ciò che contraddistingue il centro). Vengono studiate politiche mirate, dai singoli punti vendita, alla galleria, ai servizi proposti. Un esempio efficace è rappresentato dai lifestyle center o i centri polifunzionali adatti a un pubblico “giovanile”: dare una connotazione legata al “benessere quotidiano” o a attività culturali e di svago per un pubblico adolescente attira una fascia precisa di mercato. Questa strategia è simile al concetto alla base dei punti vendita kategory killer, differendo nel non concentrarsi su un unico settore merceologico ma bensì su un preciso settore di consumatori.

Le azioni apportate nei centri commerciali in questo senso sono innumerevoli e di diversa natura, ho cercato di raggrupparle in macro categorie, in modo da capire e inquadrare meglio le logiche aziendali dietro ad esse. Si intendono solo gli interventi volti all’ innovazione del centro72 e con l’obiettivo di acquisire quote di mercato, azioni manutentive o di ripristino funzionale non vengono contemplate in questo elenco:

• Interventi sull’immagine del centro: ovvero su l’estetica e sulla scelta dei marchi da proporre; interventi atti a cambiare la percezione del centro da parte del

                                                                                                               71 M. Camisi, "Le Special Promotion attirano clienti in GDO", www.gdoweek.it, 2013. 72 D. Pederzoli, “Le sette vite dei format alimentari”, Centri Commerciali Magazine N. 04/2007.  

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consumatore, rientrano in questo settore interventi per rendere il centro più agibile e più sostenibile.

• Interventi sui servizi: ovvero sui benefit a corollario dell’acquisto di beni; si include

anche l’ assistenza al cliente e la formazione specifica del personale

• Interventi di riorganizzazione degli spazi: dalla frammentazione di medie superfici in piccole e viceversa a interventi mirati per rendere “zone morte” del centro più visibili e visitate. In questo settore rientra anche le modifiche della viabilità (motorizzata e pedonale) nei pressi del centro.

• …

INTERVENTI SULL’ IMMAGINE DEL CENTRO Cambiare la percezione del cliente verso il centro in esame o veicolarla verso nuove sensazioni risulta ancora più complesso che avviare un nuovo centro con connotati ben precisi. Rientrano in queste categorie interventi strutturali e di design di interni ed esterni ma altrettanto importanti sono le lazioni e le leve di marketing messe in atto: sono azioni dispendiose economicamente e gestionalmente in quanto multisettoriali, allo stesso tempo sono azioni delicate perché per risultare efficaci devono essere affrontate in ogni aspetto saliente, è alto il rischio di cambiare solo leggermente (e di conseguenza di non cambiare affatto). Gli ambiti di intervento sono infiniti e riguardano altrettanti campi di interesse: dal logo ai colori utilizzati, dai materiali alla sostenibilità che ne scaturisce (…) Risulta complicato inserire in precise categorie questi interventi, affronterò nel capitolo sulle realizzazione ex novo alcune tipologie di centri commerciali “innovativi” nei contenuti. INTERVENTI SUI SERVIZI Segue un elenco dei servizi introdotti o potenziati nei centri commerciali di alcune insegne della GDO. Il cliente viene spronato al viaggio e all’acquisto da servizi vantaggiosi che rendano l’esperienza d’acquisto e pre-post vendita appagante:

• La vendita di farmaci da banco: un reparto parafarmaceutico all’interno del punto vendita (il primo gruppo a introdurre questa pratica commerciale è stato Unicomm) un reparto di ottica con occhiali da sole e da vista venduti a prezzi molto competitivi.

• La vendita di detersivo sfuso, e ultimamente anche di pasta, riso, cereali, ... • Punti noleggio DVD direttamente all’interno dell’ipermercato con l’introduzione di un

reparto videoteca. • La vendita di carburanti a prezzi competitivi sul mercato, con distributori recanti

l’insegna dell’ipermercato. • La presenza di officine nell’ area circostante al centro commerciale. • La presenza di una o più edicole in galleria .

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• La presenza di punti vendita di gioiellerie, oreficerie e bigiotterie in galleria con prezzi competitivi sul mercato.

• La presenza di un reparto “pet care” per la cura e il divertimento degli animali da compagnia .

• La presenza di un centro estetico e solarium all’interno del centro (introdotto da Auchan).

• La presenza di palestre e sale fitness all’ interno del centro. • La presenza di alcuni corner dove periodicamente si proponga l’esposizione e la

vendita di automobili, con prezzi realmente competitivi (causa l’assente possibilità di personalizzare i mezzi).

• La presenza di dispenser di acqua naturale e frizzante (talvolta anche gratuitamente) o latte fresco, in aree esterne al centro commerciale.

• L’introduzione di un reparto discount. • la presenza di negozi o reparti all’ interno dell’ancora alimentare “tutto a un euro”, con

prodotti a rotazione da casalinghi a gadget a giocattoli. • Corner dove poter sviluppare fotografie. • Biglietterie per concerti o spettacoli teatrali. • La possibilità di pagare le proprie bollette direttamente alle casse del negozio (Coop) • Biglietterie per acquistare biglietti del treno (Auchan). • La possibilità di acquistare una SIM telefonica a marchio del centro a condizioni

convenienti o in bundle con l’acquisto di un cellulare. • La possibilità di acquistare merce pagandola ratealmente anche in settori non usuali

a questa pratica. • La possibilità di sottoscrivere assicurazioni per l’automobile con partner selezionati a

condizioni particolarmente favorevoli. • La possibilità per tutti i soci della catena di effettuare dei prestiti sociali remunerati

alla società, che offre quindi di fatto anche servizi finanziari e bancari (Coop). • L’introduzione sul mercato di nuove casse automatiche di due tipologie: 1. Casse “fastlane”, ovvero self-service: passando i prodotti sull’apposito scanner e

pagando in contanti, bancomat o carta di credito, con la cassa che in automatico darà l’eventuale resto.

2. Casse con lettore ottico mobile (“Salvatempo”, “Express”): i supermercati dove sono

presenti questa tipologia di casse prevedono all’ingresso del negozio la consegna di uno scanner portatile col quale verranno letti i codici a barre di tutti i prodotti che si intende acquistare, i quali possono già essere riposti all’interno di borse e sacchetti in quanto poi in cassa non dovranno essere posizionati sul nastro trasportatore: tramite lo scanner risulta già chiaro l’importo finale.

3. Concentrare il centro commerciale attorno a avvenimenti temporanei: instaurare un

calendario periodico in cui inserire eventi stagionali, modificare periodicamente il fronte delle vendite, arricchendolo di animazioni, esposizioni e consigli in modo da richiamare la clientela e creare traffico. Una novità presente solo in Francia in alcuni centri Carrefour, riguarda i benefit per chi sottoscrive la carta fedeltà, sono servizi legati alla possibilità di trovare un aiuto domestico per la cura della casa, per l’assistenza informatica, per la ricerca di babysitter, per corsi di cucina, per assistenza su bricolage e giardinaggio (…).

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INTERVENTI SULLA RIORGANIZZAZIONE DEGLI SPAZI Questa tipologia di interventi sono volti a dare una connotazione ben precisa ad un area del centro commerciale, tale da creare una sotto-identità precisa alla galleria: per evitare la naturale condizione di disuso di alcune aree e la condizione di sfitto che ne deriva, vengono settorializzati oltre agli spazi le destinazioni d’uso. Alcuni esempi riguardano zone dedicate al fitness, dalla presenza di palestre a negozi che trattano prodotti attigui alla tematica di fondo fino a servizi dedicati per la specifica clientela di queste aree, in modo che il consumatore interessato sia stimolato e interagisca con più punti vendita. Il rischio di settorializzare il centro è legato al fatto che una gran parte della clientela non sia interessata e non frequenti queste realtà, per questo motivo le ricerche di marketing sono una risorsa necessaria al fine di avanzare delle proposte in tal senso. La specializzazione in un unico campo e verso una clientela precisa si avvicina al principio che caratterizza i punti vendita kategory killer. Nella grande distribuzione però si tratta di zone coese caratterizzate da una profondità verticale nella proposta commerciale non indifferente e allo stesso tempo queste aree distano solo pochi metri dai restanti settori merceologici.

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1.3.2 INTERVENTI SULLE NUOVE REALIZZAZIONI Le insegne del mercato della GDO in questo preciso periodo storico si approcciano alla pianificazione di nuove realizzazioni con cautela: centri commerciali realizzati che non generano i guadagni preventivati e business plan che necessitano di un lungo periodo di gestazione (con ampio margine di rischio) per risultare redditizi, scoraggiano la GDO a pianificare in larga scala nuovi centri sul territorio73. Le recenti realizzazioni (2008 – 2014) in questo campo in Italia sono state portate a termine per il fatto che l’iter progettuale o burocratico era già in atto e erano state versate ingenti somme economiche per la loro realizzazione74. Allo stesso modo il mercato non è fermo, non si può paragonare il numero di nuove realizzazioni tra oggi e il recente passato ma si possono analizzare i differenti approcci alla progettazione e realizzazione: oggi ogni progetto intrapreso si relaziona con un mercato maturo e con margini di miglioramento inconsistenti, con un periodo storico-economico non favorevole, con una clientela poco fidelizzata che ricerca unicamente la convenienza (…). Per queste motivazioni la GDO deve agire sulla leva della differenziazione per proporsi sul mercato con profitto: divenendo portavoce di nuove esigenze della clientela e presentandosi ad essa con tematiche focalizzate su un preciso segmento di mercato, un centro di nuova realizzazione può dimostrarsi attrattivo (e potenzialmente unico nel suo genere). Le linee d’intervento sviluppate dai costruttori per arrivare a questi obiettivi sono:

• CONCEPT: oggi per differenziare la proposta commerciale risulta necessario allontanarsi dalla percezione di “centro commerciale standard”: ovvero non limitarsi ad offrire un’ancora alimentare e una galleria a corredo ma strutturare una proposta coerente, con prodotti e marchi affini tra loro, con scelte condivise che rendano il centro talvolta polifunzionale talvolta focalizzato su precise tematiche, con accorgimenti estetici che alimentino visivamente queste linee di principio

• LOCATION: i centri commerciali sono generalmente localizzati ai margini delle zone

residenziali. Studiare il loro posizionamento in luoghi più affini alle esigenze del consumatore è possibile; in location “distanti” dall’ immaginario comune, come stadi, aeroporti, ospedali e stazioni ferroviarie.

• FORMATO: come analizzato dai dati riportati in precedenza una parte dei

consumatori sta migrando verso punti vendita più piccoli, settoriali, economici (kk, discount) e allo stesso tempo localizzati nelle vicinanze di centri residenziali. Molte insegne della GDO oggi optano su una proposta “di vicinato”, proponendo i loro punti vendita in formati ridotti nei centri cittadini, mantenendo una proposta limitata ma chiara per il cliente; il centro viene “smembrato” e spacchettato sul territorio pur mantenendo la medesima direzione operativa.

                                                                                                               73 F. Fava, R. Garosci, “C’era una volta il supermarket... e c’è ancora”, Sperling & Kupfer, 2008.  74 E. Viviano, “La grande distribuzione organizzata e l'industria alimentare in Italia”, Banca d’Italia (occasional papers), 2012. p.44.

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APPROCCIO ALLE NUOVE REALIZZAZIONI: CONCEPT Analizzando il mercato internazionale, i centri commerciali sviluppati attorno ad un unico concept e focalizzati attorno ad un’unica tipologia di consumatore sono innumerevoli. Nel 2007, in alcune nazioni (USA, Giappone e Francia in primis) il mercato si presentava come saturo di “centri commerciali tradizionali” e le aziende del settore hanno iniziato ad analizzare proposte differenti. Negli stessi anni in Italia il mercato della GDO era ancora in crescita, anche se non ai regimi degli anni novanta venivano pianificate nuove realizzazioni. La crisi finanziaria e i conseguenti fatturati in calo di questi ultimi anni hanno posto il problema della collocazione sul mercato dei nuovi centri commerciali, a domanda ridotta il mercato è passato da leggermente in crescita a saturo75. Oggi la situazione è la medesima, le grandi insegne sul mercato necessitano di proposte innovative e format unici per le nuove realizzazioni in modo da acquisire clienti e stakeholder. Per queste motivazioni in Italia sono presenti dei centri a “concept settoriale”, ma sono ancora in numero ridotto rispetto ad altre realtà mondiali, format già presenti in altri stati in Italia iniziano ora a presentarsi sul mercato. Allo stesso tempo è necessario operare distinzioni nazionali, negli USA il territorio, le vie di comunicazioni e la clientela sono radicalmente diverse 76 (nella fase pianificatoria preliminare è necessario valutare se i formati oggetto di interesse sono attuabili nella realtà commerciale e sociale Italiana). ESEMPIO: FESTIVAL MARKETPLACE Un centro commerciale di questa tipologia focalizza la propria proposta attorno al divertimento serale e notturno: questi centri hanno generalmente molti ristoranti e fast food, negozi di gadget, punti vendita legati al tempo libero e locali (dai generici bar ai club) incentrati sullo svago notturno. Il centro è organizzato in viali all’aperto che collegano i vari punti nevralgici tra loro. Questo format si propone come vero e proprio centro catalizzatore delle attività giovanili serali, sostituendosi al classico “centro città”, inglobando funzioni che passano dalla ristorazione ai divertimenti fino a tarda notte.

                                                                                                               75 E. Tieri, A. Gamba, “La grande distribuzione organizzata in Italia”, Funzione Studi del Banco Popolare, 2009. capitolo 2.  76 E. Tieri, A. Gamba, “La grande distribuzione organizzata in Italia”, Funzione Studi del Banco Popolare, 2009. capitolo 4.

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Foto 3. CONEY ISLAND: FANEUIL HALL FONTE: www.gdoweek.it Questa tipologia di centri, presenti in larga scala negli Stati Uniti, considerati luoghi sicuri dove la gioventù si ritrova abitualmente giorno e notte, risultano avere poco appeal su un mercato come quello Italiano. Sono l’esempio principe delle differenze di mercato e di clientela che intercorrono tra gli USA e l’Italia77. In Italia alcune insegne hanno provato ad importare questo formato, per poi sostituirli nell’arco di 2 anni in centri “tradizionali”. In Italia il centro commerciale è visto e vissuto con un’ottica differente, sia culturalmente che storicamente; non è possibile la sostituzione di un centro cittadino con uno “artificiale”. In alcuni casi, come il Bicocca Village a Milano, si può pensare a un centro polifunzionale che offra attività serali, ma queste sono centellinate nel corso dell’anno e sono legate a mostre o a esposizioni artistiche. I centri non sono catalizzatori sociali notturni nel nostro paese, se non per attività legate al cinema o allo sport. I festival marketplace sono il chiaro esempio di come sia necessaria un’analisi profonda e coesa da parte delle insegne della GDO prima di implementare nuove soluzioni.

                                                                                                               77 E. Viviano, “La grande distribuzione organizzata e l'industria alimentare in Italia”, Banca d’Italia (occasional papers), 2012.

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ESEMPIO: LIFESTYLE CENTER L’International Council of Shopping Centers (ICSC) definisce questa tipologia di centro come: “Spesso collocato vicino ai quartieri residenziali, ha una struttura open-air e tipicamente include almeno 5.000 mq di superficie commerciale occupata da negozi specializzati di catene nazionali di alto livello. Ha dimensioni che oscillano fra i 14.000 e i 46.500 mq di area commerciale affittabile, ma può essere più grande o più piccolo. Può avere anche una o più ancore di tipo convenzionale o legate al mondo della moda. E si caratterizza per il suo ruolo di destinazione multifunzionale dedicata al tempo libero, che prevede ristoranti, luoghi di intrattenimento, ambienti di design ed elementi decorativi come fontane e arredamenti urbani che richiamano l’idea della main street”. Nati negli Usa alla fine degli anni Novanta, i lifestyle center78 sono apparsi nel mondo del real estate italiano come risposta al cambiamento dei comportamenti e delle aspettative del consumatore finale, l’utente non è riducibile alle sole funzioni di consumo ma presenta bisogni ed esigenze diversificati. Un lifestyle center è un luogo che coniuga l’offerta commerciale e la ristorazione con iniziative culturali e forme di intrattenimento trasversali, in cui riprodurre una varietà di esperienze normalmente disponibili in aggregati cittadini. Oggi troviamo sul mercato alcune testimonianze di questa tipologia di centri anche nel nostro paese, come il lifestyle shopping centre “Le Piazze” a Castel Maggiore (BO): 16.300 mq di GLA79 fra retail, servizi e uffici (4.700 mq), con 66 unità tra cui una piattaforma alimentare Coop di 4.000 mq, presente sul mercato da inizio 2011. La sua struttura è open air, con un’architettura distintiva (edifici collegati fra loro con zone pedonali protette da passerelle) e accorgimenti ecocompatibili, come tetti verdi che coibentano in modo naturale lo spazio interno, soddisfacendo le necessità di riscaldamento e ottimizzando la climatizzazione, proteggendo dall’inquinamento acustico e favorendo il filtraggio delle polveri. Una realtà positiva come quella descritta ne richiama una di inefficienza sempre italiana: il Lifestyle centre “Le Perle” destinato a essere realizzato a Faenza nel 2011 è ancora oggi in fase realizzativa. Il centro si trova in una situazione di stallo dettata da vincoli paesaggistici e burocratici che ne hanno bloccato la realizzazione. Il progetto è ambizioso ma per ora solo su carta: il centro avrà 26.500 mq di GLA e ospiterà circa 90 negozi. Sarà open air e proporrà una struttura architettonica particolarmente attenta alle caratteristiche del luogo richiamando il susseguirsi di pianure e argini tipici del territorio, e proteggendo scenograficamente gli spazi dall’autostrada. Il centro presenterà ampie aree verdi e un impatto energetico praticamente nullo, con impiego di materiali biocompatibili, recupero delle acque piovane e sfruttando la luce naturale attraverso ampie vetrate.

                                                                                                               78 Informazioni tratte da “la sfida dei lifestyle center”, ccmagazine.eu, 2013.  79 Gross leasable area (GLA) è un parametro utilizzato per la classificazione dei centri commerciali ed indica la misura, in metri quadri, della superficie affittabile o vendibile, utile a produrre reddito. Comprende tutta l'area in cui un'attività commerciale svolge la propria attività, non solo di vendita ma anche di ricezione merce (magazzino) o produzione (laboratorio). Rappresenta il 70 - 90% della superficie totale di un centro commerciale e non include gli spazi comuni come galleria, servizi, parcheggi, ecc.  

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Foto 4. CENTRO COMMERCIALE LE PIAZZE (BO) FONTE: www.lepiazzecastelmaggiore.it

Foto 5. [RENDER] CENTRO COMMERCIALE LE PERLE (FA) FONTE: www.gdoweek.it I lifestyle center si propongono come un “terzo luogo” tra casa e luogo di lavoro, dove vengono sviluppate attività di svago e di benessere.

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Gli spazi sono strutturati attorno a differenti attività commerciali (viene sviluppato a fondo il comparto “food”, che occupa circa il 13% del centro con reparti di gastronomia d’eccellenza e negozi di specialità culinarie) e di intrattenimento, come spettacoli teatrali o concerti (si ritrova la volontà di creare al loro interno un’atmosfera urbana). Non è presenta la classica ancora alimentare ma singoli negozi sparsi in giro per il centro affiancati da insegne slegate dal classico mondo retail80. Con queste premesse il cliente tipo risulta essere diverso da quello dei tradizionali centri commerciali, l’utente ha età compresa tra i 25 e i 60 anni con reddito medio alto, una tipologia di clientela complessa che necessita di essere seguita e indirizzata verso nuovi trend sul mercato. Un ultimo esempio è un lifestyle center Americano, a Manteca (California), di recente realizzazione (2012) dove sono fuse le caratteristiche tipiche del lifestyle center e le peculiarità dell’outlet center. Viene dedicata un ampia area all’outlet di alto livello, a intrattenimento e ristorazione cercando di interessare una fascia di consumatori con reddito medio che non vuole rinunciare al lusso. Questo esempio per segnalare come sia possibile un continuo rinnovarsi della GDO nel concept dietro a un centro, e di come sia possibile applicare nuove idee al mercato.

Foto 6. MANTECA LIFESTYLE OUTLET CENTER FONTE: www.gdoweek.it ESEMPIO: CENTRI COMMERCIALI “SOSTENIBILI” Questa tipologia di centro commerciale può essere di prima, seconda o terza generazione, e affianca a attività commerciali tradizionali concetti quali la sostenibilità ambientale, le emissioni ridotte e l’uso di energie rinnovabili. Un centro esempio di questo approccio è “il centro commerciale più sostenibile al mondo” a Villach in Austria81.

                                                                                                               80 Informazioni tratte da “la sfida dei lifestyle center” ccmagazine.eu, 2013.  81 Informazioni tratte dal sito del centro commerciale (www.atrio.at/it/ ).

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Il centro vanta 100milioni di euro investiti al fine di realizzare un complesso completamente autonomo sotto il profilo energetico grazie ad un impianto geotermico composto da 652 pali trivellati, che sostengono le fondamenta della struttura, questa è realizzata con materiale interamente ecocompatibile su una superficie di circa 40mila metri quadrati. L’edificio si integra perfettamente con il paesaggio circostante. Il calore recuperato dal terreno è accumulato per poterlo sfruttare durante tutto l’anno: grazie alle pompe di calore, nei mesi freddi l’energia termica è trasformata in riscaldamento; nei mesi più caldi l’impianto produce aria fresca. Grazie all’impianto geotermico si risparmiano circa 500 tonnellate di anidride carbonica l’anno. Il sistema copre quasi la metà del fabbisogno energetico del centro commerciale, oltre a contribuire alla protezione dell’ambiente. Questo centro, nato all’insegna dell’ecosostenibilità è stato premiato con nove riconoscimenti internazionali tra cui il prestigioso “Energy Globe Award”82 e il “Trigos Award per l’Ecologia”83, anche per l’impiego di materiali ecocompatibili, utilizzati sia per gli esterni che per gli interni.

Foto 7. CENTRO COMMERCIALE A VILLACH FONTE: www.atrio.at In Italia sono presenti centri a ridotto impatto ambientale: il centro commerciale di Carugate (MI), grazie ad accorgimenti apportati in fase di restyling nel 2012 ora può dirsi sostenibile. Un uso combinato di tecnologie e impianti ha permesso una riduzione del 40% delle

                                                                                                               82 Premio annuale elargito agli edifici che si sono distinti per un uso oculato energetico in tutto il LCA.  83 Premio austriaco rilasciato dopo la realizzazione e messa in opera di manufatti edili. Il premio si divide in diverse sotto categorie, tra cui la componente ecologica.  

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emissioni di CO2 nell’atmosfera (si tratta di un restyling combinato alla realizzazione di una media superficie attigua, ho segnalato il centro in questo capitolo perché il restyling è pressochè totale e segue le linee di indirizzo della nuova media superficie). Le strategie portanti per ottenere questi risultati sono quattro84:

1. TETTO VERDE E ILLUMINAZIONE NATURALE: Il tetto verde ha funzione isolante e comporta una notevole riduzione dell’impatto visivo esterno. La superficie del tetto è cosparsa da 70 coni di 30 mq rivolti verso nord che permettono di illuminare naturalmente i percorsi all’interno del centro commerciale riducendo l’uso di energia elettrica.

2. ILLUMINAZIONE ARTIFICIALE: L’uso nella galleria commerciale di corpi illuminanti da 70W agli ioduri metallici e di led colorati nell’illuminazione di arredo ha permesso di ridurre di oltre un quarto il consumo di energia rispetto alle tradizionali lampade alogene usate nel primo caso o fluorescenti colorate per gli arredi; inoltre l’uso di sensori dell’illuminazione naturale consente automaticamente di gestire l’intensità della illuminazione artificiale.

3. IMPIANTI DI CLIMATIZZAZIONE:

Gli impianti utilizzati hanno permesso una riduzione delle emissioni di CO2 di circa il 30% sia per quanto riguarda il riscaldamento che il raffreddamento. Sono stati apportati dei coni sul tetto per favorire la ventilazione naturale ed è stato studiato un impianto di climatizzazione che sfrutta l’acqua piovana.

4. RECUPERO ACQUE PIOVANE L’acqua piovana è raccolta in pozzi e inviata ai wc. Il principio è quello di mantenere l’acqua piovana all’interno del lotto evitando di gravare sul sistema fognario cittadino e di utilizzare acqua potabile per gli scarichi.

                                                                                                               84 Informazioni tratte dal sitohttp://www.architetturaecosostenibile.it e nello specifico dall’ articolo di M.P. Civeli, “centro commerciale sostenibile di Carugate: tetto verde e non solo”.  

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Foto 8. CENTRO COMMERCIALE A CARUGATE (MI) FONTE: www.gdoweek.it APPROCCIO ALLE NUOVE REALIZZAZIONI: LOCATION I centri commerciali di tipo tradizionale, a prescindere dalle generazioni di appartenenza, sono localizzati solitamente ai margini delle città. SI trovano vicino a intercapedini viarie rilevanti, in modo da avere un bacino d’utenza trasversale, che in alcuni casi coinvolge più provincie85. Da questo punto di vista le insegne delle GDO si sono adoperate per studiare location differenti, cambiando totalmente approccio sia urbanistico sia progettuale che di marketing. Secondo il format originale il centro aveva ragione d’esistere nelle periferie in quanto offriva la massima convenienza e una discreta pluralità nell’ offerta; le tendenze contemporanee mostrano come il consumatore inizi a prediligere i negozi di vicinato e che allo stesso tempo il mercato offra la convenienza anche in punti vendita vicino alle aree residenziali (kk, discount). Un centro commerciale per esistere e resistere sul mercato deve attirare un grande bacino d’utenza. Il format per rimanere tale, se si vuole mantenere una GLA “tradizionale”, deve attrarre un gran numero di consumatori, per ovviare alle difficoltà attuali dell’intero settore le insegne operanti nella GDO stanno affrontando nuove tipologie locative, in spazi ampi ma con grande afflusso “naturale” d’utenza86. Partendo dal presupposto che in un paese come l’Italia è impensabile trovare grandi metrature all’interno di centri storici o ad alta densità residenziale, le realtà più rilevanti in tal caso sono:

                                                                                                               85 E. Tieri, A. Gamba, “La grande distribuzione organizzata in Italia”, Funzione Studi del Banco Popolare, 2009 capitolo 4.  86 F. Fava & R. Garosci, “C’era una volta il supermarket... e c’è ancora”, Sperling & Kupfer, 2008. pag 72.  

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• AEROPORTI

• STAZIONI FERROVIARIE

• STADI CALCISTICI

• OSPEDALI AEROPORTI Gli aeroporti sono generalmente in luoghi molto distanti dai centri abitati, strutturare un centro commerciale in location di questo tipo risulta complesso87. Nelle vicinanze di un aeroporto si riscontra un potenziale grande bacino d’utenza, ma allo stesso tempo questo è definito da utenti che sono in continuo movimento, che non hanno intenzione di soffermarsi a fare acquisti “tradizionali”. All’interno degli aeroporti italiani si riscontrano punti vendita di varia natura, ma non gestiti direttamente dalla GDO, né nella zona tax free né nella zona nazionale. Sono tuttavia presenti alcune realtà con un approccio differente, come il centro commerciale legato all’aeroporto Orio al Serio (BG). Il centro commerciale dista pochi metri dall’aeroporto (divisi dall’autostrada A4) e sfrutta anche il bacino d’utenza di Orio al Serio. Questa soluzione risulta essere solida nei fatturati grazie alla presenza di un bacino d’utenza solido al di là dell’aeroporto, composto da utenti che vivono nelle vicinanze e che hanno come unico punto di riferimento commerciale il centro, e i consumatori/passeggeri aumentano il fatturato. Il centro vive grazie alla presenza di entrambe le categorie di clienti. Il costruttore ha di fatto realizzato un centro commerciale “tradizionale”, che però riesce a vivere anche grazie all’aeroporto attiguo.

Foto 9. ORIO CENTER (BG) FONTE: en.wikipedia.com STAZIONI FERROVIARIE

                                                                                                               87 G. Ceschi, "La grande distribuzione organizzata in Italia", www.bancopopolare.it, 2009.  

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Il report del 2009 di banco popolare sull’attinenza tra GDO e questo settore segnala che “Non vi sono realtà rilevanti nel nostro paese” in questa direzione. Il tessuto urbanistico e architettonico delle stazioni ferroviarie, se non in alcuni singoli casi, non permettere il proliferare della GDO, sono presenti singoli punti vendita ma non strutturati tra loro in modo organizzato. Anche in stazioni di nuova realizzazione in settori “caldi”, come la nuova stazione AV di Bologna Centrale o quella di Reggio Emilia non comportano uno spazio rilevante legato al retail, e gli spazi disponibili non sono sfruttabili dalla GDO a causa di metrature limitate. Risulta comunque segnalabile la stazione di Roma Termini, la quale non ha presente all’interno un vero e proprio centro commerciale ma allo stesso tempo un intero piano è dedicato a negozi (Forum Termini), dedicare un’area limitata geograficamente alla GDO è un’azione rilevante in questo senso; altre stazioni di grande dimensione (come Milano Centrale) pur avendo dei punti vendita al loro interno, non si muovono in tal senso. Le stazioni ferroviarie trovandosi in vicinanza dei centri cittadini o comunque in luoghi nevralgici hanno difficoltà ad espandersi e a venire incontro alla GLA tipica della GDO ma allo stesso tempo sono scali di grande importanza e giornalmente sono interessati da una grande affluenza, nella maggior parte dei casi legata a pendolari che potrebbero trarre guadagno dalla presenza di una rete di negozi all’ interno della stazione. STADI DI CALCIO In materia di stadi di nuova generazione si citano come modelli i progetti Inglesi e Tedeschi, anche se di recente nazioni come la Slovenia, hanno realizzato complessi di tutto rispetto, mentre in Italia vi è un unico esempio di stadio che offra possibilità commerciali oltre che sportive88. Questi stadi di nuova generazione hanno portato benefici al contesto urbano di riferimento con strutture riqualificate sotto il profilo architettonico, aree per la ristorazione e attività commerciali, sky box e sale meeting, strutture per l'allestimento di concerti e spettacoli, che rendono gli impianti sportivi fruibili oltre gli incontri calcistici, incrementando il fatturato per le società proprietarie degli stadi. Il modello ideale di stadio è quello misto, polifunzionale e modulare, che diventa attrattore più continuo di flussi e attività. Per ottimizzare il modello economico di redditività, è necessaria l'integrazione con aree di pertinenza da destinare a usi compatibili: strutture commerciali e per il tempo libero, turistico-ricettive e in parte anche direzionali e di servizio. In Italia queste strutture sono percepite come un costo (spese di gestione, adeguamenti normativi, canone di locazione, ecc.), mentre all’estero rappresentano una fonte di ricavi, grazie a una profittevole gestione degli spazi interni ed esterni all'impianto. In Italia è stato presentato un disegno di legge (per ora fermo in camera dei deputati) legato alla realizzazione di nuovi impianti sportivi: Il DDL Butti-Lolli89 consiste nel favorire la realizzazione o ristrutturazione di impianti sportivi                                                                                                                88 G. Ceschi, "La grande distribuzione organizzata in Italia", www.bancopopolare.it, 2009.  89 Il disegno di legge affronta un’ampia serie di aspetti tra cui nuovi spunti in materia di merchandising sportivo e di repressione dei fenomeni di 'ambush marketing' (associazione indebita di un brand ad un evento), questioni molto importanti per tutelare l’aspetto commerciale e promozionale dell’evento.  

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e stadi, attraverso la semplificazione e l'accelerazione delle procedure amministrative. Il motivo fondamentale è l'evoluzione del concetto di stadio da impianto adibito solo (o quasi esclusivamente) a attività sportive a struttura polifunzionale "produttiva”. Gli interventi previsti sono:

• Ristrutturazione di complessi sportivi tali da renderli moderni e funzionali, affiancando attività commerciali e culturali (…).

• Realizzazione di "Complessi sportivi multifunzionali", integrati a servizi funzionali alla fruibilità del complesso medesimo: attività commerciali, ricettive, di svago, per il tempo libero (multiplex, food-court), culturali e di servizio, ed eventuali insediamenti residenziali o direzionali. L'approvazione del progetto è subordinata alla presentazione di studi di fattibilità.

ESEMPIO EUROPEO: "Sport Park Stožice" LUBIANA (SLO)90 Capienza: 16.000 (più 12.000 del Palazzetto dello Sport) Anno inaugurazione: Fine 2011 Funzioni complementari interne: 33.738m2 di superficie dello stadio, 35.496m2 di superficie del palazzetto dello sport, 151.247m2 di parcheggi e garage sotterranei, 96.319m2 di spazi commerciali e 143.973m2 superficie a parco Componenti esterne: centro commerciale con 140 negozi. Gli attrattori principali del centro saranno un ipermercato di oltre 7.200m2, un grande magazzino da 4.200m2, un cinema multisala e una food court con 12 ristoranti

                                                                                                               90 Informazioni tratte da www.architetti.com, “architettura e paesaggio urbano sports park stozice un nuovo landmark per Lubiana”.  

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Foto 10. SPORT PARK LUBIANA FONTE: en.wikipedia.com ESEMPIO ITALIANO: JUVENTUS STADIUM91 Capienza: 40200 spettatori Superficie totale: 270860m2 Anno inaugurazione: Fine 2011 Nel 2007 era obiettivo dell'amministrazione comunale avviare un intervento di riqualificazione urbana, per rigenerare un'area critica, con molti vuoti urbani. Il centro commerciale costruito accanto al nuovo stadio è denominato "Area 12", ed è il primo centro commerciale italiano di queste dimensioni a coniugare shopping e grandi eventi sportivi. L’insegna proprietaria del centro, Nordiconad, diventa "official supplier" della società bianconera, e ha acquisito la facoltà di disporre, per la promozione del proprio brand, di spazi pubblicitari a bordo campo, diritti di hospitality, attività in campo, nonché dell'utilizzo dell'immagine di Juventus per proprie iniziative. "Area 12" si sviluppa su 34.000m2 di superficie utile lorda, per 19.500m2 di superficie di vendita e 30.050m2 di GLA, articolata in un ipermercato Conad, galleria di negozi, medie strutture specializzate e food-court. Sono presenti anche 30.000m2 di verde pubblico, aiuole, piazze e parcheggi per 4.000 posti auto.

                                                                                                               91 Informazioni tratte da www.archiportale.com “Torino inaugura il nuovo stadio della Juventus”.  

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Foto 11. JUVENTUS STADIUM & AREA 12 FONTE: en.wikipedia.com OSPEDALI In Italia il settore è in costante evoluzione e il format ospedaliero è cambiato nell’estetica e nelle funzionalità negli anni. Gli ospedali ora sono realizzati con un uso dello spazio razionale, comprimendo funzioni e dislocazioni in singole unità. Generalmente le nuove realizzazioni offrono una grande hall d’ingresso cui si affacciano anche punti vendita non legati prettamente al mondo farmacistico e parafarmacistico. Allo stesso tempo è facilmente constatabile anche in strutture nuove (come l’ospedale Careggi a Firenze) come lo spazio destinato ai punti vendita sia marginale ed è unicamente accessorio alle funzioni ospedaliere, non vive di vita propria e soprattutto non è organizzato con i dettami della moderna GDO. I negozi sono slegati tra loro e ognuno costituisce realtà a sé stante.92

                                                                                                               92 G. Ceschi, "La grande distribuzione organizzata in Italia", www.bancopopolare.it, 2009.  

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Foto 12. OSPEDALE CAREGGI (FI) FONTE: en.wikipedia.com

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APPROCCIO ALLE NUOVE REALIZZAZIONI: FORMATO In Italia i centri commerciali tradizionali subiscono una migrazione di clientela e fatturato a favore di negozi con metrature minori, specialistici con prezzi uguali o inferiori, localizzati in aree residenziali o essendo limitrofi ad esse93. Come nel settore degli interventi sul costruito in ambito food, le grandi insegne vengono incontro ai consumatori con molteplici azioni94. Le tendenze generali più rilevanti riguardano il concentrarsi unicamente sul reparto food, dare una precedenza ai prodotti freschi e biologici (precedenza rilevante se non totale) e sfruttare le peculiarità d’ appartenenza territoriale nella proposta. A queste linee d’intervento si affianca anche la tendenza ad avvicinarsi fisicamente al consumatore con le nuove realizzazioni. Le proposta sopra elencate mirano a realizzare punti vendita nelle vicinanze di centri cittadini o residenziali e studiare un offerta di prodotti più “genuini”; a questi aspetti le insegne del settore tendono a abbinare un formato di dimensioni ridotte, incentrato sul reparto food, una proposta di vicinato. Anche in Italia tutti i grandi marchi della GDO hanno una specifica linea di negozi di vicinato, e in questi ultimi anni puntano fortemente su questo aspetto nel mondo retail. La proposta della GDO si sposta verso la genuinità dei prodotti del territorio e verso un’immagine meno di supermercato e più di mercato vero e proprio95. Al di là della semplice trasposizione di un supermercato in un negozio di vicinato vi sono delle realtà innovative che ruotano l’ intera proposta attorno al formato di vendita: ESEMPIO: EATALY, TORINO Questo format è stato inaugurato a Torino nella ex fabbrica Carpano su una superficie di 11000m2 e consiste in un grande punto vendita che offre prodotti di eccellenza con un prezzo appetibile. Ogni reparto è costituito da tre sezioni distinte, ovvero un banco a vendita assistita, una zona a libero servizio ed uno spazio ristorazione per degustare i prodotti direttamente in loco. Il target di prodotti venduti è differente dai tradizionali ipermercati, infatti sono esclusi i prodotti nazionali per valorizzare le eccellenze locali italiane in ogni settore alimentare. Sono presenti spazi informativi e didattici in modo che il cliente sia a conoscenza del prodotto che acquista e della sua specificità. Parte dello spazio è organizzato in sale riunioni, sale conferenze e internet point. Ciascuno spazio di vendita è stato affidato a operatori specializzati nei differenti campi. Questo format ha avuto grande successo e risonanza non solo nazionale, in seguito sono stati realizzati punti vendita analoghi in altre città italiane e all’estero in realtà strategiche come New York o Tokyo96.

                                                                                                               93 F. Fava & R. Garosci, “C’era una volta il supermarket... e c’è ancora”, Sperling & Kupfer, 2008. capitolo 3.  94 D. Pederzoli, “Le sette vite dei format alimentari”, Centri Commerciali Magazine, N. 04/2007. 95 D. Pederzoli, “Le sette vite dei format alimentari”, Centri Commerciali Magazine, N. 04/2007.  96 Informazioni tratte da www.eataly.it .  

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Foto 13. EATALY (TO) FONTE: www.eataly.it ESEMPIO: GENOVA MERCATO RIONALE, GENOVA Il principio alla base di questa iniziativa è “educare al consumo sostenibile, attraverso la vendita dei prodotti del territorio, acquisiti a chilometro zero”97. Il progetto riguarda la ristrutturazione interna dello storico mercato rionale del Carmine di Genova, nel popolare e centralissimo quartiere omonimo. Il mercato si compone di una zona all’aperto e di uno spazio al chiuso di dimensioni ridotte (500m2)in stile liberty. L’obiettivo è soprattutto di generare un sistema economico che parta dal basso, in cui le persone sono valorizzate in quanto cittadini e non in quanto consumatori. Il mercato ospita tre diversi banchi: uno per il pesce, rifornito da un consorzio di pescatori liguri, uno per la frutta e verdura e uno per carne, salumi e formaggi. I prodotti proposti sono esclusivamente della regione, acquistati tramite accordi diretti con produttori liguri. L’area, inoltre, comprende punti di ristorazione di diverse tipologie (dal ristorante alle enoteche) che vendono esclusivamente anch’essi prodotti del luogo e della tradizione.

                                                                                                               97M. Albè, “Farmers market: a Genova il primo mercato rionale a chilometri zero. Come gli sprechi”, www.greenme.it, 2013.  

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Foto 14. MERCATO RIONALE (GE) FONTE: www.gdoweek.it CONCLUSIONI Dopo le considerazioni espresse risulta lampante come vi sia stato un cambio di tendenza rispetto agli anni di fervente crescita del settore della GDO.98 Nel 2005, il settore era in forte crescita, si proponeva come leader sul mercato per convenienza e assortimento e si localizzava abitualmente in zone periferiche, distanti dagli spazi cittadini e residenziali. Il cliente era naturalmente attratto dalla proposta e dalle novità introdotte dalla GDO, pur di usufruire di tali servizi si allontanava dalla propria abitazione e dalla comodità dei punti vendita di vicinato. Il mercato ora è radicalmente differente, il cliente medio cerca ancor più l’economicità e la profondità d’assortimento, ma è consapevole della presenza di negozi di tipo KK o discount. Con il proliferare di negozi iper settoriali, oggi l’ampiezza dell’ assortimento proposto dai marchi della GDO risulta spesso insufficiente. Per questo motivo la GDO cerca di rinnovarsi nella proposta in modo da attrarre quote maggioritarie (modificando il proprio concept) o avvicinandosi ai centri abitati (location e formato), venendo incontro al cliente e alle sue esigenze. Gli esempi appena presentati sono atti a sottolineare come vi sia un cambiamento di atteggiamento del mercato verso i consumatori e dei consumatori verso il mercato stesso.

                                                                                                               98 Conclusioni personali motivate da consultazione “Mappa del sistema distributivo italiano”, www.federdistribuzione.it, in differenti anni, dai dati del 2005 al 2007 fino al 2012 e 2013.

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Un mercato saturo di centri commerciali “tradizionali” scoraggia le nuove aperture in linea con i centri già presenti sul territorio, allo stesso tempo il consumatore non viene più “naturalmente” attirato dai centri in quanto tali: la concorrenza sul territorio è ampia e acuisce la capacità decisionale dei consumatori finali. Questa configurazione del mercato impone nuove soluzioni per la GDO, e quelle presentate sono tra le più riuscite (in termini di innovazione e di fatturato generato): avvicinarsi a concetti quali la differenziazione o la ricerca di unicità nella proposta è la naturale evoluzione di quest’area di mercato, sia che si tratti del rinnovamento dell’ancora alimentare, di una precisa area di un centro o dell’intero asset immobiliare… Nel prossimo capitolo viene analizzato nello specifico un rilevante player della GDO sul suolo Italiano, in modo da capire nello specifico come siano affrontate le dinamiche e le difficoltà che caratterizzano il mercato odierno e quanto abbiano inciso sul modus operandi societario, quali siano le linee guida e le strategie per relazionarsi con stakeholders e clienti, quali siano gli approcci innovativi e le prospettive future per crescere in questo settore.

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2 IGD INTRODUZIONE L’autore di questo elaborato ha svolto un tirocinio aziendale di 6 mesi (febbraio 2013 – agosto 2013) presso la sede Bolognese di IGD SiiQ. IGD è iscritta al registro delle attività affiliate a RICS Italia.99 L’autore di questo elaborato ha seguito l’operato del settore tecnico, in particolare dell’asset manager adibito alla supervisione dell’espansione aziendale nel centro-sud Italia, interessandosi dei restyling e delle nuove realizzazioni commerciali aziendali. Nel periodo del tirocinio sono state supervisionate nello specifico tre ristrutturazioni aziendali:

• Restyling e Realizzazione media struttura centro commerciale d’Abruzzo (CH), in fase di realizzazione.

• Restyling centro commerciale Sarca (MI), in fase di progettazione. • Realizzazione due nuove medie strutture centro commerciale SBT (AP), in fase di

progettazione.

                                                                                                               99 RICS (Royal Institution of Chartered Surveyors) è una struttura professionale indipendente che addestra professionisti e aziende che ruotano attorno al mondo del Real Estate. RICS fornisce a questi soggetti un’educazione operativa e favorisce l’ interazione con il mercato, gli stakeholders e il governo di riferimento.  

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2.1 IGD SIIQ

IGD, Immobiliare Grande Distribuzione è la più importante realtà italiana nel segmento commerciale del comparto immobiliare con un patrimonio immobiliare di 1.9 miliardi di euro. IGD in un'ottica di lungo periodo acquista e si occupa della gestione di immobili (principalmente ipermercati e gallerie) con il fine di estrarne valore. IGD per mantenere elevata la qualità del proprio patrimonio nel tempo instaura politiche volte a un'attenta attività commerciale e immobiliare. L’attività primaria di IGD non coincide con il trading, infatti nel 2008 la natura prevalentemente locativa dei ricavi ha permesso a IGD di essere la prima società italiana a ottenere lo status di SIIQ (Società di Investimento Immobiliare Quotata)100. La società nasce grazie a porzioni significative del patrimonio immobiliare di Coop Adriatica e di Unicoop Tirreno (i due soci che controllano il 58,50% del capitale), questi due enti hanno costituito IGD per esternalizzare gli oneri di gestione dei propri parchi commerciali, possedendo comunque la maggioranza delle azioni e indirettamente controllando l’operato di IGD. Dalla quotazione in borsa del febbraio 2005, IGD ha realizzato un programma di investimenti tutt’ora in svolgimento al fine di portare avanti una crescita aziendale costante e venire valorizzata dal mercato azionario. IGD, data la natura dei suoi azionisti e del suo patrimonio immobiliare è focalizzata sul segmento retail e si occupa principalmente del mercato italiano. Le peculiarità di IGD sul mercato italiano sono:101

- La gestione diretta dei centri commerciali, tramite la realizzazione da zero degli stessi (esternalizzando progetto e realizzazione) o tramite l’acquisizione di un centro già presente sul mercato di Coop.

- La gestione di centri commerciali di medie dimensioni slegati dai centri cittadini e dai

                                                                                                               100 Società di investimento immobiliare quotata: società di investimento immobiliare quotate, sono aziende quotate in Borsa che investono in immobili destinati esclusivamente alla locazione. Per essere Siiq in Italia bisogna rispondere ai seguenti e imprescindibili requisiti: gli azionisti di controllo non potranno avere una quota superiore al 51%; il 35% delle quote deve essere in mano a singoli azionisti che non detengano più dell'1% ciascuno; l'80% dell'attivo deve essere investito in immobili da locazione; l'80% dei proventi deve derivare dalla locazione; e infine la società deve distribuire ogni anno almeno l'85% degli utili ottenuti dalla gestione.  101 Informazioni prese da www.gruppoigd.it.  

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centri residenziali, ma facilmente raggiungibili dalle diramazioni viarie principali.

- Presenza e riconoscibilità su tutto il territorio italiano. IGD è presente in 11 regioni.

- La presenza di un’ancora alimentare, ovvero centri commerciali di prima generazione, a insegna Coop.

- La volontà di essere il centro commerciale leader nella catchment area di riferimento

e ottenere ciò con un attento studio sulla visibilità della posizione sul territorio, con una selezione di brand d’eccellenza a corollario dell’ ancora alimentare.

Grafico 6. VISION AZIENDALE DI IGD FONTE: www.gdoweek.it

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WINMARKT GRAND CENTER PLOIESTI

Nel 2008 IGD aggiunge al proprio portafoglio immobiliare l’acquisizione della catena di supermercati Rumena Win Magazin, una quindicina su tutto il paese. IGD è presente in 13 diverse città di media dimensione controllando la principale catena di department store del Paese, con insegna Winmarkt, attraverso la società WinMagazine SA. La Romania prospettava elevati rendimenti e tassi di sviluppo molto dinamici; ora, nonostante la crisi dei consumi in atto, il conto economico consolidato rimane positivo, grazie a un livello di rendimento degli immobili più elevato rispetto al portafoglio italiano.

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2.1.2 STRUTTURA AZIENDALE In Italia l’unica Siiq che si occupi del segmento della grande distribuzione organizzata è IGD.102 All’ interno della gestione “esente” rientrano gli immobili del portafoglio di proprietà presenti in Italia. Alla capogruppo fanno inoltre riferimento:

1. Millennium Gallery (parte della galleria commerciale di Rovereto e ramo d'azienda

del centro commerciale di Crema).

2. IGD Property SIINQ SpA, costituita il 13 dicembre 2012, quale società di investimento immobiliare i cui titoli non sono quotati sui mercati regolamentati.

3. IGD Management Srl, che, oltre a essere titolare della Galleria CentroSarca di Milano, controlla a sua volta la maggior parte delle attività che non rientrano nel perimetro SIIQ.

4. Win Magazin SA, la controllata rumena, che a sua volta detiene la totalità di WinMarkt Management, cui fa capo la squadra di manager rumeni.

5. L‟80% di Porta Medicea, che ha per oggetto la realizzazione del progetto

multifunzionale di riqualificazione e sviluppo immobiliare del fronte-mare di Livorno).

6. Il 15% di Iniziative Bologna Nord, società in liquidazione.

7. La gestione degli immobili di proprietà di terzi (Centro Nova e Centro Piave).

8. Le attività di servizi, tra le quali i mandati di gestione dei centri commerciali di proprietà e di terzi.

DISTRIBUZIONE SUL TERRITORIO Al 30 giugno 2013 le unità immobiliari di IGD sono: ITALIA - 19 gallerie e retail park. - 19 ipermercati e supermercati. - 1 immobile "city center" in Via Rizzoli a Bologna. - 4 terreni per sviluppi (nuovo centro commerciale di Chioggia e 3 estensioni). - 1 immobile per trading (progetto Porta Medicea a Livorno). - 7 altre unità immobiliari, tra cui il palazzo della sede di IGD a Bologna.

                                                                                                               102 Le Siiq italiane sono relativamente poche: Aedes, Beni Stabili, Brioschi, Cia (compagnia immobliare azionaria), Gabelli, Igd, Prelios, Risanamento.  

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Grafico 7. RIPARTIZIONE GEOGRAFICA DEGLI IMMOBILI DI IGD La ripartizione per categoria di immobile/Regioni è la seguente: - EMILIA ROMAGNA: 5 gallerie commerciali, 8 Iper-Super, 1 City Center, 5 altro, 1 terreno. - PIEMONTE: 1 galleria commerciale,1 galleria commerciale + retail park. - LOMBARDIA: 2 gallerie commerciali. - TRENTINO: 1 galleria commerciale. - VENETO: 1 galleria commerciale, 1 Iper, 1 terreno. - MARCHE: 1 galleria commerciale, 3 Iper, 2 altro, 1 terreno. - ABRUZZO: 1 galleria commerciale, 1 Iper, 1 terreno. - CAMPANIA: 1 galleria commerciale, 1 Iper. - LAZIO: 2 gallerie commerciali, 2 Iper. - TOSCANA: 1 galleria commerciale, 1 Iper, 1 imm. per trading. - SICILIA: 2 gallerie commerciali, 2 Iper.

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ROMANIA - 15 gallerie, - 1 palazzina uffici

Grafico 8. RIPARTIZIONE GEOGRAFICA DEGLI IMMOBILI DI IGD

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RIPARTIZIONE GEOGRAFICA DEL VALORE DI MERCATO DEL PORTAFOGLIO 30 / 06 / 13

Grafico 9. RIPARTIZIONE GEOGRAFICA DEGLI IMMOBILI DI IGD Il portafoglio si presenta fortemente sbilanciato verso l’Italia. Coop si è sempre concentrata sullo sviluppo sul territorio italiano e IGD nell’acquisire il suo portafoglio ha seguito le stesse linee guida. Il portafoglio in suolo Rumeno è frutto di un’azione imprenditoriale nuova a Coop, e per ora unica nel suo genere; il parco immobiliare Rumeno si è rivelato da subito sostanzioso, Coop ha acquisito un’insegna già presente sul territorio, le azioni di recupero e di rinnovamento dell’Asset Rumeno hanno interessato più unità. Ad oggi non vi sono piani per allargare il portafoglio immobiliare Rumeno, IGD si è concentrata sul recupero degli stessi, che da metà 2013 risulta ultimato.

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DISTRIBUZIONE DEL PORTAFOGLIO Vengono ora presentati dati dalla matrice puramente economica per inquadrare la società dal punto di vista della stratificazione interna dell’asset immobiliare, del fatturato generato negli anni e di come questo sia variato nel tempo. DISTRIBUZIONE DEL MARKET VALUE IGD fa valutare il portafoglio due volte all'anno, a giugno e a dicembre. Le valutazioni sono

effettuate da due enti indipendenti, CB Richard Ellis103 e REAG104 La fotografia del valore di mercato e sul mercato di IGD nel 2013:

Grafico 10. VALORE SUL MERCATO di IGD

                                                                                                               103 CBRE è la società di consulenza immobiliare che opera in tutto il mondo. La società opera in differenti settori, specialmente nella branca immobiliare.  104 REAG Reag Estate Advisory Group è una società di consulenza che opera nel settore della valutazione e dei servizi di consulenza immobiliare. Fa parte del Gruppo American Appraisal, fondato nel 1896 a Milwaukee, leader mondiale nel campo delle valutazioni patrimoniali e finanziarie.

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Alcuni dati sul partimonio di IGD: - 1,9 miliardi di euro il valore di mercato del patrimonio immobiliare al 30 giugno 2013. - 123,3 milioni di euro di ricavi totali nel 2012 - 60,5 milioni nel primo semestre 2013. - 35,9 milioni di euro di FFO nel 2012 - 17,6 milioni nel primo semestre 2013. - 90,7% del portafoglio immobiliare in Italia; la restante parte in Romania. - 51 unità immobiliari nel portafoglio italiano e 16 in quello rumeno al 30 giugno 2013. - 69,4 milioni di visitatori nei centri commerciali di IGD in Italia nel 2012. - 1.022 contratti con operatori nei centri commerciali in Italia al 30 giugno 2013. - 584 contratti con operatori nei department store in Romania al 30 giugno 2013. - 160 dipendenti a fine 2012, dei quali 95 donne. - 16,4 milioni di m2 di GLA complessiva (90% cc; 7% parchi commerciali; 3% outlet.

Grafico 11. RIPARTIZIONE DEL PORTAFOGLIO IMMOBILIARE EVOLUZIONE DEL VALORE DI MERCATO DEL PORTAFOGLIO

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GRAFICO 12. VALORE DI MERCATO DEL PORTAFOGLIO (Euro: 000) IGD si occupa di diverse attività, con una chiara concentrazione sulle attività locative (96%).

Grafico 13. RIPARTIZIONE DEI RICAVI CONSOLIDATI

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A giugno 2013 in Italia IGD ha all’attivo 1.022 contratti con operatori, secondo la seguente ripartizione:

• 1.003 contratti relativi alle gallerie commerciali.

• 19 contratti relativi a ciascuno degli ipermercati. Il volume complessivo degli investimenti immobiliari in Italia nel corso del 2012 ha mostrato una sensibile contrazione rispetto al 2011 (-42%), attestandosi a 1,3 miliardi di euro, a causa della peggiorata percezione del rischio-Paese da parte degli investitori esteri, tradizionalmente invece molto attivi. Nel primo semestre del 2013 si è invece manifestato un incremento nel volume degli investimenti rispetto all'ultimo semestre 2012. In particolare il volume totale investito nel segmento retail è stato di circa 360 milioni di euro. ORGANIGRAMMA SOCIETARIO

Grafico 14. STRUTTURA SOCIETARIA

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Grafico 15. STRUTTURA SOCIETARIA Al Presidente fa riferimento il Sistema di Controllo e Gestione dei Rischi. All'Amministratore Delegato fanno capo le varie funzioni di staff e la figura di direttore generale alla gestione, al quale a loro volta riportano le diverse direzioni operative. GOVERNANCE IGD nel gestire la propria struttura di Corporate Governance attinge ai criteri presenti nel “Codice di Autodisciplina delle società quotate” (Comitato per la Corporate Governance della Borsa Italiana). Durante il 2012 IGD ha adottato una serie di provvedimenti per adeguare la propria struttura di governance alle disposizioni più recenti del Codice di Autodisciplina delle società quotate (dicembre 2011). A fine 2012 il CdA di IGD ha approvato una nuova versione del Codice di Autodisciplina della Società così allineando la denominazione alle formulazioni previste dal Codice delle società quotate. IGD nel 2008 ha inoltre adottato un Regolamento di Governance, con lo scopo di disciplinare la composizione, le competenze e il ruolo degli Organi sociali. IGD ha adottato un sistema di governance societario di tipo tradizionale, incentrato:

• Sul ruolo guida del CdA nell’indirizzo strategico. • Sulla trasparenza delle scelte gestionali all’interno della Società. • Sull’efficacia e sull’efficienza del sistema di controllo interno. • Sulla rigorosa disciplina dei conflitti d’interesse. • Su chiare regole procedurali nell’effettuare operazioni con parti correlate e nel

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trattamento delle informazioni societarie. SIIQ “Il mercato italiano dispone di un veicolo di investimento, la SIIQ appunto, che permette anche ai piccoli risparmiatori, oltre che agli investitori istituzionali specializzati, l'acquisto di azioni di società immobiliari prevalentemente impegnate in attività locative, il cui flusso di ricavi è perciò visibile nel tempo e in grado di alimentare un interessante flusso di dividendi.” www.agenziaentrate.gov.it IGD è stata la prima società italiana a ottenere lo status di SIIQ - Società di Investimento Immobiliare Quotata). Nel 2008, soddisfacendo tutti i requisiti soggettivi (di natura partecipativa e statutaria) ha avallato la richiesta di accesso a questo nuovo regime fiscale; successivamente è risultata in possesso anche di tutti i requisiti oggettivi grazie al superamento dei rapporti minimi di natura patrimoniale e reddituale previsti dalla legge. CARATTERISTICHE REGIME SIIQ105

REQUISITI OGGETTIVI: - Almeno 80% dell'attivo patrimoniale in immobili di proprietà. - Almeno 80% dei componenti positivi di conto economico da attività locativa (escluse variazioni del Fair Value degli immobili). - Non più del 51% del capitale detenuto da un unico socio. REQUISITI PARTECIPATIVI: - Al momento dell'ingresso, almeno il 35% del capitale flottante e detenuto da soci ciascuno con quote inferiori al 2% del capitale. DISTRIBUZIONE DIVIDENDI: - Distribuzione di dividendi per almeno l'85% dell'utile distribuibile della gestione esente. TASSAZIONE SUL REDDITO: - Esenzione da IRES e IRAP per il reddito da attività locativa. - 31.4% di tassazione su plusvalenze da cessione di assets. IMPOSTA DI INGRESSO: - Aliquota del 20% su plusvalenze da conferimenti.

PRINCIPALI AZIONISTI

                                                                                                               105 Decreto Ministero Economia e finanze 07.09.2007 n° 174.  

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Grafico 16. RIPARTIZIONE DEGLI AZIONISTI

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2.1.2 STRATEGIE SOCIETARIE Dopo aver delineato la struttura societaria, ora viene analizzato come IGD intende rinnovarsi sul mercato e confrontarsi con i competitor di riferimento, attraverso strategie operative per singole aree d’intervento. Dal 2005 IGD ha intrapreso un intenso piano di investimenti combinato a una gestione immobiliare e commerciale tesi ad accrescere il valore degli asset nel tempo e a ottenere una crescita nel valore equo del portafoglio immobiliare. Dal 2010 in poi gli investimenti sono stati concentrati sulla "committed pipeline” dato l’elevato costo del denaro.

Grafico 17. STRATEGIE SOCIETARIE di IGD ASSET MANAGER Il Piano prevede investimenti per circa 200 milioni di euro, dei quali circa 120 milioni relativi ad ampliamenti e Capex 106 sul portafoglio attuale, attraverso interventi di restyling e

                                                                                                               106 Fondi che una impresa impiega per acquistare asset durevoli, ad esempio macchinari. Si tratta prevalentemente di investimenti in conto capitale che dovrebbero permettere all'azienda di espandere o migliorare la propria capacità produttiva. Un livello basso di Capex è solitamente indice di investimenti insufficienti, una situazione che se protratta nel tempo potrebbe nuocere al posizionamento dell'azienda sul mercato, poiché potrebbe avere difficoltà ad affrontare con successo la concorrenza.  

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ampliamento di alcuni centri commerciali; i restanti 80 milioni di euro saranno invece investiti in progetti di sviluppo presenti nella pipeline. Entro il 2015 sono inoltre previste cessioni di immobili per un controvalore di 100 milioni di euro. STRATEGIA COMMERCIALE E MARKETING Le politiche commerciali sono orientate a mantenere elevati livelli di occupancy, (95,6% le gallerie italiane, 100% gli ipermercati a fine giugno 2012), attraverso politiche indirizzate agli operatori strategici dei singoli centri commerciali che risentono maggiormente della criticità della fase economica attuale. STRATEGIA FINANZIARIA IGD si pone l’obiettivo di ridurre il gearing107sotto le 1,2 volte a fine 2015, mantenendone il livello massimo entro 1,4 volte per tutto il periodo del Piano. IGD predilige una struttura del debito orientata al lungo termine ed equilibrata rispetto all’elevato livello di immobilizzazione dell’attivo. REMUNERAZIONE DEGLI AZIONISTI IGD si impegna a garantire una remunerazione ai propri azionisti anche attraverso la distribuzione periodica di utili. L’azienda non intende scendere al di sotto del livello di 0,07 euro per dividendo per azione nell’arco del quadriennio abbracciato dal Piano. AZIONI DI RENDICONTAZIONE Vengono ora riportate le azioni che IGD è in procinto di intraprendere al fine di migliorare la rendicontazione108 , le azioni e i punti affrontati di seguito sono tratti dal “Bilancio di sostenibilità” di IGD: AZIONISTI E FINANZIATORI

• Organizzazione di incontri con i principali investitori nel corso dell’anno. • Arricchimento della newsletter trimestrale con i temi della responsabilità sociale in

IGD. • Implementazione e miglioramento di tutti gli strumenti di comunicazione via web (in

particolare sito istituzionale).

OPERATORI COMMERCIALI

• Mettere a disposizione degli operatori pacchetti formativi volti ad incrementare specifiche conoscenze per l’attività degli addetti nei punti vendita dei centri commerciali.

• Mantenere l’obiettivo di inserire nuovi marchi in grado di generare traffico nei centri                                                                                                                107 Indice di capitalizzazione. Si riferisce al valore di mercato delle azioni di una società, ed è calcolato moltiplicando il numero di azioni per il loro prezzo di mercato, il quale può differire anche di molto dal valore nominale.  108 Bilancio di Sostenibilità 2012.  

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commerciali, garantendo, allo stesso tempo, la permanenza di quelli presenti (2012, Italia).

• Contenere i costi degli oneri gestionali (2014, Italia e Romania). • Riduzione dei costi operativi installando trasformatori elettrici di proprietà, per

acquistare energia prima della sua trasformazione (arco 2013-2014, Romania). • Definire azioni di co-marketing in collaborazione con importanti operatori

commerciali, con unaparticolare attenzione alle attività,anche sociali, da svolgere nel centro commerciale e nel territorio (2013, Romania).

VISITATORI E COMUNITA’

• Incremento delle iniziative di carattere socio-culturale all’interno dei centri commerciali, rendendoli sempre più “a misura d’uomo”.

• Realizzazione di audit pilota in un Centro Commerciale per identificare i problemi che possono trovarvi i disabili (2012, Italia).

• Organizzazione di eventi sul tema della promozione di stili di vitapiù salutari (menu nei ristoranti, dimostrazioni sportive, promozioni di libri sul benessere) in collaborazione con i tenants109 .

• Organizzazione campagna informativa rivolta ai cittadini sulle azioni che possono intraprendere per essere più sostenibili .

• Incremento della qualità e quantitàdegli interventi e degli investimentiper le azioni verso la comunità, con l’obiettivo di aumentare l’inclusionesociale (a partire dallo sport).

• Analisi dei risultati emersi dal pilota del Mystery Shopping su Ploiestie valutazione dell’estensione del progetto (2012, Romania).

PERSONALE

• Identificare le opportune azioni di miglioramento alla luce dei risultati dell’indagine di clima: 1) Pacchetti formativi specifici per gruppi di persone, tarati sulle loro esigenze, con l’obiettivo di accrescere le competenze professionali. 2) Specifica formazione su rafforzamento leadership e spirito di squadra. 3) Miglioramento degli strumenti della comunicazione interna.

• Inserire, laddove possibile, aspetti CSR negli obiettivi di Dirigenti, quadri, capi-servizio e capi-area.

• Organizzare formazione per manager e dipendenti sulla sostenibilità. • Portare ad attuazione il piano formativo, modificando gli eventuali aspetti da

migliorare. • Completare il progetto di benchmarking, specificatamente orientato a conoscere

format simili a quelli di Winmarkt. FORNITORI

                                                                                                               109  Affittuari.  

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• Formalizzazione di un percorso volto alla condivisione di istanze socio-ambientali con i fornitori.

• Proseguimento nella rotazione dei contratti, partendo da quelli annuali che vanno a scadenza, con l’obiettivo di porre particolare attenzione tanto al curriculum dei fornitori quanto alla proposta economica.

AMBIENTE

• Realizzazione dei due impianti pilota per il fotovoltaico. • Utilizzo soltanto di carta ecologica o riciclata per le attività di sede. • Prosecuzione del progetto per la certificazione UNI EN ISO 14001, con la

definizione di procedure(da applicare sperimentalmenteal Centrosarca) in merito a: riduzione consumi energetici, ottimizzazione gestione rifiuti, realizzazione e gestione aree verdi, riduzione del rumore, compliance legale e:

• Ottimizzazione viabilità. • Sostituzione progressiva dei sistemi illuminanti con lampade a basso consumo/Led • Miglioramento dell’isolamento termico delle strutture. • Introduzione di lampade a basso consumo energetico come test pilota in alcuni centri

commerciali. CONCLUSIONI Le azioni appena presentate sono tratte dai documenti sul bilancio di sostenibilità aziendale. E’ necessario sottolineare come queste azioni siano a supporto di concreti investimenti e lavorazioni portati avanti dall’azienda o in procinto di iniziare, come i due parchi commerciali di nuova realizzazione, Chioggia e Livorno, o le numerose opere di ristrutturazione in atto. Allo stesso tempo deve essere chiaro come questi progetti (alcuni anche ambiziosi nelle intenzioni) sono tali in quanto appartenenti all’iter burocratico e amministrativo intrapreso da numerosi anni, sono realizzazioni nate da business plan antecedenti al 2007, antecedenti alla crisi finanziaria. IGD oggi non porta avanti pianificazioni future per progetti o restyling, si limita a concludere le azioni preventivate, per quanto ambiziose possano essere. I progetti di Livorno o Chioggia impegneranno l’azienda negli anni futuri, la fase realizzativa dei suddetti deve ancora essere intrapresa. Pur non arrischiandosi su discorsi prematuri, anche in relazione alle imprevedibilità degli avvenimenti economici che interessano questo settore, IGD tuttavia nell’ottica attuale rischia di presentare problematiche dal punto di vista della crescita aziendale a medio termine: quando gli investimenti attuali verranno realizzati e portati a conclusione, non presentandosi nuove pianificazioni preventivate, l’azienda rischierà di vivere un periodo di “apatia “finanziaria. La lungimiranza è difficilmente stimolata in periodi critici in cui i fondi stanziati per rinnovarsi sono un peso che va ad aggiungersi a un conto economico sotto le aspettative e a piani a lungo termine non pienamente rispettati. Allo stesso tempo risulta necessario come un player rilevante della GDO pianifichi azioni future in modo da non dimostrarsi fermo assoggettandosi a fattori esterni, subendo passivamente i cambiamenti del mercato

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2.2 GESTIONE CORRENTE In questo capitolo verranno descritte e categorizzate le proprietà di IGD in modo da fornire un quadro esaustivo del portafoglio immobiliare societario. L’azienda possiede centri commerciali di prima generazione, sarà presentato il portafoglio immobiliare, le differenze tra le categorie presenti nell’asset e infine descritta la resa economica societaria, sotto forma di analisi dei conti economici degli ultimi anni. IGD si colloca sul mercato con un patrimonio immobliare rilevante, le strutture sono di proprietà e caratterizzate da piani gestionali a medio-lungo termine. ANALISI PER CATEGORIA DI IMMOBILE Il 2013, rispetto un 2012 sotto le aspettative ha registrato una riduzione del fenomeno inflattivo, un generale rialzo dei tassi di capitalizzazione e di attualizzazione per la categoria immobiliare “Gallerie e Retail park” e una tenuta degli stessi per la categoria immobiliare “Iper e Super” considerata dai valutatori a rendimento più stabile e sicuro. Nel semestre si è assistito anche ad un ritocco al rialzo della tassa IMU per la categoria catastale D8110 che ha pesato maggiormente sulla classe di immobili “Iper e super”. IPERMERCATI E SUPERMERCATI Gli ipermercati e supermercati del portafoglio di IGD sono locati a Coop Adriatica Scarl, Unicoop Tirreno Scarl ed Ipercoop Sicilia con contratti di lunga durata. La categoria Ipermercati e supermercati al giugno 2013 è stata valutata dai periti CBRE e REAG con la seguente proporzione in base all’incidenza sul FV:

Tabella 4. RENDICONTO FINANZIARIO PRIMO SEMESTRE 2013

                                                                                                               110 Categoria D8: Fabbricati costruiti o adattati per le speciali esigenze di un’attività commerciale e non suscettibili a diversa senza radicali trasformazioni.

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Entrambi i valutatori hanno utilizzato per questa categoria di immobili il metodo del DCF111. CBRE ha utilizzato una durata standard del DCF di 10 anni per tutti gli asset. Reag ha utilizzato una durata variabile tra i 15 e i 25 anni a seconda delle scadenze del contratto con l’ operatore. Il valore totale della categoria ha avuto un incremento di +0,59% rispetto al 31 dicembre 2012. L’ incremento del valore di mercato è dovuto principalmente all’applicazione di un diverso criterio di ripartizione dell’ IMU, rispetto all’ anno precedente, tra Iper e Galleria del Centro commerciale Tiburtino di Guidonia. L’occupancy rate112 è pari al 100%. GALLERIE COMMERCIALI E RETAIL PARK Le Gallerie Commerciali e Retail Park del gruppo IGD sono gestiti da contratti di affitto della durata di norma di 5 anni. Le locazioni della durata 6+6 sono riservate alle categorie merceologiche dei paracommerciali (edicole, parrucchieri, centri estetici, …) La classe “Gallerie commerciali e retail park” al 30 Giugno 2013 è stata valutata dai periti CBRE e REAG con la seguente proporzione in base all’ incidenza sul FV:

Tabella 5. RENDICONTO FINANZIARIO PRIMO SEMESTRE 2013 Entrambi i valutatori hanno utilizzato per questa categoria di immobili il metodo del DCF. CBRE ha utilizzato una durata standard di 10 anni per tutti gli asset. Reag ha utilizzato una durata di 18 anni per tutti gli asset. Il valore di mercato di questa classe di immobili durante il semestre non ha registrato modifiche di perimetro. CITY CENTER La categoria immobiliare “City center” è costituita da un complesso di più immobili adiacenti e funzionalmente collegati tra loro siti nel centro di Bologna.                                                                                                                111 Il Discounted cash flow (DCF) è un metodo di valutazione di un investimento basato sull'attualizzazione dello stesso, secondo un tasso corretto per il rischio sui flussi futuri attesi dall'attività in questione.  112  Tasso di occupazione.  

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La categoria City center al 30 Giugno 2013 è stata valutata al 100% dal perito CBRE che ha utilizzato il metodo del DCF con la durata standard di 10 anni. Il valore di mercato al 30 giugno 2013 è cresciuta di 0,36% rispetto al 31 dicembre 2012 dovuto alla crescita dei ricavi per la scadenza dell’ ultima scalettatura e l’ applicazione dell’ indicizzazione Istat al 75%. Il rendimento lordo al 30 giugno 2013 è stato di +5,56%. L’occupancy è pari al 100%. INIZIATIVE DI SVILUPPO DIRETTE (TERRENI) La categoria di immobili “Sviluppo terreni” al 30 giugno 2013 é composta da quattro terreni e da un restyling massiccio su cui è in corso la realizzazione delle seguenti iniziative commerciali:

- Chioggia Retail park (VE): retail park in fase di realizzazione con previsione di apertura nel secondo semestre 2014.

- Ampliamento ESP: estensione della galleria commerciale del Centro Commerciale ESP di Ravenna attualmente in fase di progettazione e finalizzazione dell’iter autorizzativo con previsione di apertura nel secondo semestre 2015.

- Ampliamento Abruzzo: estensione della galleria commerciale del Centro Commerciale Abruzzo di San Giovanni Teatino (CH) il cui cantiere è partito nel dicembre 2012 ed attualmente è in fase avanzata di realizzazione. L’apertura è prevista nel secondo semestre 2014.

- Estensione P.to Grande: estensione del Centro Commerciale Porto Grande di Porto d’ Ascoli (AP) con la costruzione di due medie superfici.

- Restyling Centro Sarca (Milano): sebbene l’involucro esterno non sia modificato e all’interno la componente strutturale sia inalterata, il restyling di Sarca è in fase realizzativa.

IMMOBILI PER TRADING Al 30 Giugno 2013 le consistenze della società Porta Medicea, titolare di un progetto di sviluppo multifunzionale in quel di Livorno, sono state valutate interamente dal perito CBRE utilizzando il metodo di trasformazione. Il progetto si suddivide in diverse zone, dalla destinazione retail agli uffici, dal residenziale al turistico. ROMANIA Il Portafoglio immobiliare della società romena Winmarkt si costituisce di quindici Centri Commerciali e una palazzina uffici per un totale di circa 87.300 mq di superficie affittabile. Gli immobili sono ubicati in 13 città Rumene (esclusa la capitale Bucarest). La categoria Winmarkt al 30 giugno 2013 è stata valutata al 100% dal perito CBRE che ha utilizzato il metodo DCF con la durata standard di 10 anni. Al 30 giugno 2013 il valore di mercato totale dei 16 immobili registra una riduzione di -0,56% rispetto al 31 Dicembre 2012. Il valore delle quindici gallerie registra una riduzione di -0,46% rispetto al 31 dicembre 2012 per effetto della riduzione della stima dell’andamento dell’inflazione. La redditività lorda migliora del 0,43% rispetto al semestre precedente dovuto

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principalmente alla riduzione del FV e alla valorizzazione dei contratti H&M che andranno a regime nei prossimi anni. Durante il primo semestre 2013 si è realizzata l’apertura del primo negozio dell’accordo con la catena svedese H&M.

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2.2.1 ANALISI ECONOMICA Di seguito verranno presentate le principali voci del conto economico del 2013 di IGD, in modo da capire come la presenza sul mercato della società e la tipologia degli immobili appena presentata rendano in termini di fatturato aziendale. E’ necessario anticipare come lo scenario economico, e nello specifico della GDO, segua il trend dettato dalla crisi finanziaria globale, nel secondo trimestre del 2013 continua infatti la lunga fase di recessione dell’economia italiana, evidenziata dal significativo calo di tutte le componenti del PIL113 (eccetto la spesa pubblica), che ha aggravato la variazione negativa ereditata dal 2012. L’andamento del reddito disponibile e l’incertezza sulle prospettive del mercato del lavoro sono riverberati sui consumi delle famiglie. RICAVI I ricavi gestionali consolidati sono in calo del 1,73% rispetto allo stesso periodo dell’ anno precedente. I ricavi da attività immobiliare locativa sono diminuiti rispetto allo stesso periodo del 2012 dell‟1,63%. Mentre il comparto alimentare rimane invariato, anzi si presenta lievemente positivo, è la galleria il comparto che più subisce gli effetti della crisi (-3,7%), determinando una crescita della vacancy su tutto il territorio italiano. I contratti già presenti che vengono rinnovati mantengono una buona tenuta dei canoni (+0,7%). I ricavi da attività di servizi sono in forte calo (-4%) rispetto giugno 2012, questa voce interessa principalmente le voci riguardanti il facility managment.

                                                                                                               113 Il prodotto interno lordo[1] (PIL, in inglese gross domestic product o GDP) è il valore totale dei beni e servizi prodotti in un Paese da parte di operatori economici residenti e non residenti nel corso di un anno, e destinati al consumo dell'acquirente finale, agli investimenti privati e pubblici, alle esportazioni nette (esportazioni totali meno importazioni totali). Non viene quindi conteggiata la produzione destinata ai consumi intermedi di beni e servizi consumati e trasformati nel processo produttivo per ottenere nuovi beni e servizi.  

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Grafico 18. GESTIONE CARATTERISTICA di IGD (€ 000) COSTI DIRETTI I costi diretti della gestione caratteristica, comprensivi dei costi del personale sono in crescita del 2,04% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. L’effetto è dovuto principalmente:

• All’incremento dei costi relativi all’imposta IMU riconducibile all’aumento dei coefficienti di calcolo sulla categoria catastale D8

• All’incremento delle spese condominiali in conseguenza della maggiore vacancy media del periodo.

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Grafico 19. COSTI DIRETTI di IGD (€ 000) ANALISI DEI MARGINI PER ATTIVITA’ DI BUSINESS Il margine lordo divisionale presenta una flessione del 3,74% passando da 48.085 migliaia di Euro al 30 giugno 2012 a 46.289 migliaia di Euro al 30 giugno 2013:

• Attività immobiliare locativa - margine su immobili di proprietà: tale margine è pari a 45.511 migliaia di Euro a fronte di 46.705 migliaia di Euro dell’anno precedente. Tale attività continua a presentare una marginalità, in percentuale sui ricavi della stessa tipologia, molto rilevante e pari all‟84,54%, in calo leggero rispetto all‟85,34% dell’anno precedente soprattutto per effetto dell’incremento dei costi diretti (aumento dell’ imposta IMU +14,07%).

• Attività immobiliare locativa - margine su immobili di proprietà di terzi: il margine è pari a 654 migliaia di Euro. La marginalità, in termini percentuali sui ricavi della stessa tipologia, è stata pari al 15,57% (17,96% nel 2012); tale flessione è dovuta prevalentemente all’ aumento dei costi diretti (incidono maggiormente le spese condominiali e gli accantonamenti per svalutazioni crediti).

• Attività di servizi - margine da attività di servizi: il margine dell’attività da servizi si è attestato a 323 migliaia di Euro con una percentuale sui ricavi da servizi pari al 12,85%. La diminuzione del margine rispetto al 2012 (14,35%) si giustifica nei minori Ricavi da Agency e da Facility (minori commercializzazioni e mancati rinnovi di mandati di gestione).

• Attività di sviluppo e trading – margine da trading: il margine relativo al progetto

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“Porta a Mare” di Livorno risulta negativo per 199 migliaia di Euro, rispetto ad un margine positivo di 238 migliaia di Euro dello stesso periodo dell’ anno precedente, a seguito di maggiori costi diretti e per la mancata capitalizzazione degli interessi passivi, al fine di non attribuire al progetto un valore superiore al valore equo espresso dalla perizia.

SPESE GENERALI Le spese generali della gestione caratteristica, comprensive dei costi del personale di sede, sono in incremento (+2,12%) rispetto al primo semestre 2012. L’incidenza delle spese generali sui ricavi della gestione caratteristica risulta essere pari al 7,95%.

Grafico 20. SPESE GENERALI di IGD (€ 000) EBITDA L’EBITDA114 della gestione caratteristica del primo semestre 2013 è in diminuzione del 3,45% rispetto allo stesso periodo dell’ anno precedente, l’Ebitda complessivo registra una flessione del 4,56%. Di seguito una rappresentazione delle variazioni intervenute nel corso dei primi sei mesi del 2013 nelle componenti che formano l’ EBITDA complessivo.

                                                                                                               114 Earnings Before Interest, Taxes, Depreciation and Amortization: ovvero l'utile prima degli interessi passivi, imposte e ammortamenti su beni materiali e immateriali.  

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Grafico 21. EBITDA IGD (€ 000) Come visto in precedenza, sull’andamento del margine EBITDA ha influito il calo dei ricavi nonché l’aggravio della componente fiscale diretta (IMU in Italia) e l’incremento dei costi per spese condominiali (conseguenza della maggiore vacancy media nel periodo). L’EBITDA della gestione caratteristica subisce una flessione rispetto lo stesso periodo dell’anno precedente, dovuta all’effetto combinato della flessione dei ricavi e dell’aumento dei costi diretti.

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Grafico 22. EBITDA IGD (€ 000) EBIT L‟EBIT subisce una contrazione del 2,165%, giustificata dal calo sopra descritto del margine operativo lordo (EBITDA), ma soprattutto dall’effetto negativo delle variazioni fair value. GESTIONE FINANZIARIA Il risultato della gestione finanziaria é passato da essere 24.025 migliaia di Euro di giugno 2012 a 22.939 migliaia di Euro nei primi sei mesi del 2013, con una variazione di circa -1.086 migliaia di Euro. Tale decremento è da imputare alla riduzione del costo medio del debito. Tale decremento è ascrivibile principalmente:

- Decremento dell’Euribor che ha avuto una forte flessione passando, parzialmente compensato da un leggero aumento degli spread sui finanziamenti a breve termine e sui mutui rinegoziati.

- Venir meno degli oneri relativi all’opzione call sulla quota del 20% della partecipazione in Porta Medicea in quanto esercitata nell’’ aprile 2012.

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IMPOSTE Il carico fiscale, corrente e differito, risulta essere pari a positivi 3.017 migliaia di Euro al 30 giugno 2013 e ciò è dovuto principalmente all’ effetto netto delle svalutazioni e rivalutazioni legate agli adeguamenti del fair value degli immobili. UTILE NETTO DEL GRUPPO Gli effetti combinati di minori ricavi e maggiori costi, hanno ovviamente prodotto un calo dell’utile netto del Gruppo, -5,08% rispetto al 30 giugno 2012. Di seguito viene raffigurata la composizione della variazione dell’ utile rispetto allo stesso periodo dell’ esercizio precedente.

Grafico 23. UTILE NETTO di IGD (€ 000) FFO Più significativo, rispetto alla variazione dell’ utile netto, risulta il confronto dell’andamento del FFO (Funds From Operations), indice di misurazione delle performance ampiamente utilizzato nelle analisi del settore real estate (SIIQ e REITS115), che definisce i flussi generati                                                                                                                115 Real Estate Investment Trust (REIT) è un ente che si interessa, sponsorizza e gestisce operazioni legate al Real Estate.  

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dalla gestione ricorrente. Infatti, l’FFO è costruito rettificando l’utile ante-imposte dalle poste non monetarie (imposte differite, svalutazioni, adeguamento del fair value, ammortamenti e altre), nonché dall’impatto della gestione straordinaria e dei profitti relativi alle cessioni di immobili e dunque meglio si presta a rappresentare l’andamento della gestione ricorrente e tipica del Gruppo. Il dato registrato al 30 giugno 2013 registra una lieve flessione del 2,35% rispetto al primo semestre dell’esercizio precedente.

Grafico 24. INDICE FFO di IGD (€ 000) SIIQ Gli azionisti di maggioranza, che detengono insieme circa il 58% delle azioni, sono Coop Adriatica e Unicoop Tirreno. Schroder Investment Management nel corso del 2012 ha superato la soglia rilevante del 2% del capitale sociale. Il resto dell’azionariato è costituito da investitori istituzionali (Fondi Pensione, Istituti Previdenziali e Assicurativi e fondi specializzati di real estate), in larga maggioranza stranieri, oltre che da investitori privati.

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Grafico 25 RIPARTIZIONE AZIONISTI DI IGD L’ANDAMENTO DEL TITOLO Il titolo azionario IGD è quotato sul segmento STAR116 gestito da Borsa Italiana, all‘interno del settore Beni Immobili. Nel 2012 i titoli azionari di IGD hanno subito un ribasso del prezzo del titolo dovuto alla pubblicazione di indicatori in recessione per diverse economie del Sud dell‘Eurozona (mentre riprendevano vigore le tensioni sul rischio dei debiti sovrani, in particolare spagnolo e greco), che hanno considerevolmente peggiorato le valutazioni da parte degli investitori internazionali anche sui titoli italiani. I successivi eventi, come la ratifica dell‘ESM (European Stability Mechanism “fondo salva-Stati”)117 e l’atteggiamento di sostegno all‘euro offerto dalla BCE hanno ridotto la pressione delle vendite e consentito un recupero ai titoli azionari.

                                                                                                               116 Il segmento STAR del Mercato MTA di Borsa Italiana è dedicato alle medie imprese con capitalizzazione compresa tra 40 milioni e 1 miliardo di euro, che si impegnano a rispettare requisiti di eccellenza in termini di: alta trasparenza ed alta vocazione comunicativa, alta liquidità (35% minimo di flottante), corporate governance (l’insieme delle regole che determinano la gestione dell’azienda) allineata agli standard internazionali.  117 Il Meccanismo europeo di stabilità (MES o EMS), detto anche Fondo salva-Stati, istituito dalle modifiche al Trattato di Lisbona (art. 136) approvate il 23 marzo 2011 dal Parlamento europeo e ratificate dal Consiglio europeo a Bruxelles il 25 marzo 2011, nasce come fondo finanziario europeo per la stabilità finanziaria della zona euro (art. 3). Esso ha assunto però la veste di organizzazione intergovernativa (sul modello dell'FMI), a motivo della struttura fondata su un consiglio di governatori (formato da rappresentanti degli stati membri) e su un consiglio di amministrazione e del potere, attribuito dal trattato istitutivo, di imporre scelte di politica macroeconomica ai paesi aderenti al fondo-organizzazione.  

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Il capitale sociale sottoscritto e versato di IGD SIIQ SpA al 30 giugno 2013 è pari a 336.028.239,08 Euro, suddiviso in 348.001.715 azioni prive dell’indicazione del valore nominale. Prezzo dell’azione a fine 2012: 0,82 EuroPrezzo alla fine del primo semestre 2013: 0,78 Euro.Capitalizzazione alla fine del primo semestre 2013: 271,44 milioni di Euro All’interno di questo scenario, nell’arco temporale dei 12 mesi del 2012, il titolo IGD:

• E’ incrementato dell’11,6% fra il 30 dicembre 2011 e il 28 dicembre 2012. • Ha ottenuto prezzo massimo dei primi sei mesi del 2013: 0,93 Euro (9 gennaio)

prezzo minimo dei primi sei mesi del 2013: 0,73 Euro (20 e 25 giugno). Andamento dei volumi dell’azione IGD dal 2 gennaio 2013

Grafico 26. RENDICONTO FINANZIARIO PRIMO SEMESTRE 2013

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Andamento del prezzo dell’azione IGD a confronto con l’indice Europeo del settore immobiliare (base 2.1.2013 = 100).

Grafico 27. RENDICONTO FINANZIARIO PRIMO SEMESTRE 2013 Andamento del prezzo dell’azione IGD a confronto con l’indice del mercato azionario italiano (FTSE Italia All-share) dal 2 gennaio 2013.

Grafico 28. RENDICONTO FINANZIARIO PRIMO SEMESTRE 2013 Nei primi sei mesi del 2013 il prezzo dell’azione IGD ha registrato una variazione negativa del 4,9%, dal momento che il titolo è passato da 0,82 Euro del 28 dicembre 2012 a 0,78

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Euro del 28 giugno 2013. Nel corso dei sei mesi le quotazioni hanno subito movimenti caratterizzati da ampia volatilità. Il massimo di periodo, pari a 0,93 Euro, è stato raggiunto il 9 gennaio: in apertura d’anno, infatti, anche il titolo IGD aveva beneficiato del riposizionamento di molti portafogli internazionali, con investimenti in uscita dalle obbligazioni con rating elevato, che avevano raggiunto rendimenti molto contenuti, dirottati su titoli azionari caratterizzati da prospettive di crescita sostenibile nel tempo ed elevati dividend yield. Nei primi sei mesi del 2013 gli scambi medi giornalieri si sono attestati a circa 266.000 pezzi, in netta contrazione rispetto ai 570.000 pezzi mediamente scambiati nel primo semestre 2012. Volumi consistenti, superiori ai 500.000 pezzi, sono stati registrati in corrispondenza del movimento al rialzo che ha interessato la prima parte del maggio 2013, con una punta intorno ai 950.000 pezzi il 2 maggio. CONCLUSIONI A fronte di una situazione economica dell’intero mercato della GDO con fatturati a ribasso, le relazioni finanziarie di IGD dimostrano come il 2012 sia stato un anno di forte difficoltà aziendale, in cui oltre alle spese e ai costi crescenti si sono affacciati gli oneri finanziari relativi alle due future aperture, ovvero Livorno e Chioggia. Queste difficoltà, contro le previsioni aziendali dettate dal bilancio di sostenibilità, si sono protratte nel 2013 e come è stato illustrato dai grafici anche aggravate. A pesare sull’andamento societario troviamo le spese e i costi generali inaspriti dalla presenza di nuove imposte, ma la voce che maggiormente grava sul bilancio risulta essere legata ai ricavi della gestione corrente. I ricavi, anche solo se confrontati con il bilancio del 2012, sono calanti, e nonostante la cessione di un centro commerciale nel Lazio (venduto a Coop) e ricavi generati dal comparto winmarkt soddisfacenti. La mancanza di risultati positivi è da ascriversi principalmente a una crescente vacancy in gran parte dei centri di proprietà e della perdita di alcune catene di punti vendita presenti in molti centri, allo stesso tempo affittuari come McDonald’s hanno negoziato il loro contratto d’affitto al ribasso. Queste difficoltà presenti in tutto l’asset immobiliare hanno generato risultati al di sotto delle aspettative. L’ancora alimentare, ovvero il comparto gestito direttamente da Coop all’interno dei centri, si è dimostrata stabile nei fatturati rispetto al 2012, generando ricavi in linea con le aspettative. Questa difficoltà si ripercuote sull’andamento azionario del titolo IGD. Al contrario dei ricavi gestionali il 2012 è stato un anno positivo per il comparto SiiQ: i progetti di Chioggia e Livorno hanno rinvigorito il mercato azionario, azioni di grande portata in un periodo delicato hanno interessato nuovi azionisti e fidelizzato i presenti, a fronte di spese e costi maggiori le azioni sono cresciute dell’11,6%. Nel 2013 questa tendenza viene invertita, aumentano i costi, le spese e gli oneri legati alle due future aperture e il mercato azionario non si dimostra altrettanto fiducioso, nei primi sei mesi del 2013 il titolo perde il 5%, e nel secondo semestre dello stesso anno perderà altri 3 punti percentuali. Nei capitoli seguenti viene affrontato il modus operandi di IGD nello strutturare i propri

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interventi sul costruito attraverso l’analisi di due restyling in atto, in modo da poter comprendere come l’azienda agisce sul proprio portafoglio immobiliare, come cerca quindi di rinnovarsi agli occhi dei consumatori finali e agli occhi dei possibili investitori. Successivamente vengono trattate le problematiche di IGD che hanno generato le difficoltà economiche appena affrontate, in modo da poterle comprendere e generare proposte per un miglioramento del marchio aziendale e per un riallineamento dello stesso al mercato della GDO.

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2.3 CASI STUDIO E’ stato analizzato il mercato odierno della grande distribuzione organizzata, sono stati portati ad esempio nuove tipologie realizzative e gli input generati e subiti dal mercato da esse, allo stesso modo in questo capitolo vengono analizzati alcuni casi studio legati a IGD, alle sue nuove realizzazioni e al suo modus operandi. Paragonare le realtà innovative affrontate in precedenza ai restyling “tradizionali” di iGD che andremo a descrivere può risultare un azzardo, ma allo stesso tempo i due casi studio che verranno presentati sono emblematici del modus operandi di IGD sul territorio e sono in linea con le azioni di rigenerazione che l’azienda sta attuando su tutto il territorio nazionale. Sono stati analizzati nello specifico due restyling in atto ad opera di IGD, in differenti realtà territoriali in diverse fasi realizzative, in modo da affrontare il campo d’azione di IGD a trecentosessanta gradi:

• Il primo caso è legato alla realizzazione di un ampliamento del centro commerciale già esistente e al restyling dello stesso in provincia di Chieti. Al momento dell’analisi sul campo l’iter realizzativo della nuova media superfice era già in atto.

• Il secondo caso, a Sesto San Giovanni, è il restyling di un centro commerciale “storico” di IGD. In questo caso specifico l’iter progettuale era ancora in atto, si stava delineando il progetto esecutivo.

Entrambi i casi affrontati non riguardano nuove realizzazioni ma bensì restyling (con annesse nuove medie superfici) dell’esistente. Il fatto che vengano analizzati due casi di questa entità non è casuale: come già specificato nei capitoli precedenti, IGD in questo periodo storico si concentra principalmente sulla riqualificazione del parco commerciale esistente, dovuto sia all’obsolescenza tecnologica sia funzionale che normativa. Nell’analizzare i casi seguenti verranno sottolineate le azioni di IGD per soddisfare le proprie esigenze di rinnovamento e se queste risultino adeguate o meno al mercato di riferimento.

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2.3.1 CENTRO D’ ABRUZZO - SAN GIOVANNI TEATINO – CHIETI Il centro si trova a San Giovanni in Teatino, in località Sambuceto. Adiacente al racconto autostradale Pescara – Chieti, in corrispondenza di un’uscita dell’Asse Attrezzato (Sambuceto). E’ raggiungibile in pochi minuti da Pescara, Chieti e dai principali comuni delle aree urbane di entrambe le provincie, il bacino d’utenza calcolato in un raggio di 30 minuti d’auto interessa entrambe le realtà e un numero complessivo di 363.000 residenti. Il centro è operativo dal 2001, ha il picco delle affluenze nel periodo estivo, contrariamente alla maggior parte dei parchi commerciali del portafoglio IGD. Principali dati che lo riguardano: GLA galleria: 9705m2 GLA ancora alimentare (Ipercoop): 14127m2 Area vendita Ipercoop: 7785m2 Punti vendita: 31 Medie superfici: 3 Posti auto: 1730

Foto 15. CENTRO COMMERCIALE SAN GIOVANNI TEATINO FONTE: www.gruppoigd.com

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Il centro è attualmente interessato da un restyling interno (stilistico, non strutturale) e dalla realizzazione di un ampliamento al centro commerciale esistente quasi raddoppiando la GLA esistente e il numero di punti vendita. Nella planimetria sottostante l’ampliamento è segnalato in un riquadro rosso:

Figura 1. PIANTA CENTRO COMMERCIALE FONTE: www.gruppoigd.com L’ampliamento di fatto introduce 2 nuove medie superfici e 19 nuovi punti vendita e aumenta la GLA della galleria di 7805m2. Gli obiettivi sono di rivitalizzare la galleria del centro (che fino ad oggi per estensione era un mero corredo all’ancora alimentare), modernizzare gli spazi con nuove finiture, colori e materiali comuni sia all’ampliamento che alla parte esistente e introdurre nuovi marchi capaci di valorizzare il centro.

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Oltre all’aumento consistente della GLA del centro, il restyling si interessa delle textures e dei colori ce contraddistinguono tutti gli ambienti, attraverso tinte più chiare, materiali lisci e luci apposite la galleria del centro risulterà più luminosa. L’obiettivo è aumentare il flusso di consumatori nel centro sia autoctoni che legati al turismo. Allo stesso tempo, al di là di una generale “ripulita” degli spazi l’intervento non va oltre: non viene pronosticato un cambio della proposta commerciale o un indirizzamento della stessa verso alcune tematiche (legate al mondo vacanziero estivo per esempio), non vengono introdotti concetti quali sostenibilità o la ricalibrazione della proposta alimentare verso una maggiore territorialità per la componente autoctona. L’ampliamento del centro commerciale e della sua GLA è una manovra pianificata da IGD dal 2007 e risulta essere una scelta oculata a fronte di fatturati significativi nel periodo estivo. Allo stesso tempo è facile constatare che oltre a alcune migliorie estetiche “di rito”, il centro si presenterà a restyling concluso con una veste del tutto similare a quella attuale: non vengono introdotte nuove tematiche o approcci innovativi o data una connotazione precisa al centro, non vengono pianificati interventi per cambiare la percezione dello stesso da parte della clientela. (Queste tematiche verranno affrontate in modo approfondito nel capitolo conclusivo)

Foto 16. CENTRO COMMERCIALE SAN GIOVANNI TEATINO FONTE: www.gruppoigd.com

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2.3.2 CENTRO SARCA – SESTO SAN GIOVANNI – MILANO Il Centro Sarca è una rilevante realtà commerciale per IGD, ubicata su Via Milanese, una delle direttrici principali di Sesto San Giovanni. Il centro è inserito in una delle zone più densamente popolate dell’interland milanese. Profondamente radicato nel territorio circostante, il centro è facilmente raggiungibile da Milano anche con le linee metropolitane. Il bacino d’utenza primario risulta essere Sesto San Giovanni, uno dei comuni Milanesi con più alta densità di popolazione. Viene calcolato in 410.000 residenti Calcolati in un raggio di 20 minuti d’auto. Il centro è distribuito su quattro piani, all’interno è presente una multisala. Principali dati che lo riguardano: GLA galleria: 16844 m2 GLA ancora alimentare (Ipercoop): 11000m2 Area vendita Ipercoop: 7300m2 Punti vendita: 83 Medie superfici: 8 Posti auto: 2500

Foto 17. CENTRO COMMERCIALE SARCA FONTE: www.gruppoigd.com

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Figura 2. PIANTA CENTRO COMMERCIALE FONTE: www.gruppoigd.com Il centro è interessato da un restyling puramente stilistico in tutti i suoi piani, dai parcheggi seminterrati alla copertura. Alcuni interventi necessari da un punto di vista normativo necessitano di accorgimenti strutturali, ma in minima parte. Il restyling è motivato dall’esigenza di contrastare obsolescenze fisiche e tecnologiche di alcuni componenti e fornire una nuova immagine al centro, più moderna e user-friendly. Il centro Sarca nasce come uno dei centri più importanti del portafoglio IGD e la sua connotazione fortemente “tecnologica” al suo concepimento lo rendeva una realtà avanguardistica sul mercato. Passati oltre dieci anni dalla sua realizzazione (2003) la direzione si interessa alla sua ristrutturazione, motivata anche dal fatto che la concorrenza sul territorio è decisamente differente rispetto agli anni duemila (come il Bicocca Village), e l’obiettivo è ridare vigore a un centro la cui posizione è di primaria importanza. Gli accorgimenti estetici rivelano l’intenzione della committenza di dare una connotazione naturalistica al centro e di vicinanza verso una clientela composta da famiglie.

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Gli accorgimenti dal punto di vista estetico risultano essere centrati, cambiano di fatto la percezione del centro rendendolo più vitale e interattivo, in linea con la proposta iniziale d’intervento. Allo stesso tempo se le intenzioni dell’intervento vengono analizzate a fondo non si ritrova la stessa positività d’intenti: 118 un intervento legato a concetti ambientalistici che di fatto non riduce le emissioni e non sfrutta maggiormente la luce solare (anzi alcune zone finestrate vengono coperte) o altri elementi naturali risulta debole nei contenuti; allo stesso modo, il fatto che il centro Sarca intenda avvicinarsi ad una clientela di famiglie ma non implementi nessun tipo di nuovo punto vendita legato a questa specifico target e/o nessuna area dedicata rivela una debole profondità d’intenti.

                                                                                                               118 Considerazioni personali ed soggettive, basate sulla presenza sul campo del sottoscritto comparata con le pratiche aziendali di IGD e dei competitor sul mercato.  

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2.3.3 CONSIDERAZIONI E CONCLUSIONI E’ necessario premettere che i progetti presentati sono di rilievo per un’azienda come IGD, ma allo stesso tempo sono necessari, per realtà commerciali realizzate da più di dieci anni; accostare queste azioni a soluzioni d’innovazione presentate nel primo capitolo può sembrare poco centrato. Allo stesso tempo analizzando il calendario interventi di IGD sui propri immobili dal 2010 a ora si riscontra come questo non vari nel modus operandi dal restyling del centro d’Abruzzo o del centro Sarca. Ogni intervento è motivato da obsolescenze funzionali, tecnologiche o normative e le nuove realizzazioni seguono delle indicazioni progettuali già sperimentate dall’azienda in passato. In entrambi i casi l’immagine del centro commerciale dopo il restyling si propone di essere differente e più moderna, ma allo stesso tempo la necessità di differenziarsi dalla concorrenza sul territorio (proponendo delle soluzioni uniche, e dando un immagine distintiva al centro per attitudine) non trova riscontro pratico. A San Giovanni Teatino il centro viene semplicemente rinnovato nelle grafiche, nei colori e nei complementi d’arredo, è facilmente pronosticabile come il bacino di utenza del centro rimanga il medesimo dopo l’intervento. Non vengono introdotte azioni per attirare una categoria di utenza differente e/o non si cerca di fidelizzare quella attuale rendendo l’immagine del centro più vicina al consumatore - tipo. Nel centro Sarca viene timidamente affrontata questa tematica, si cerca di conferire un’immagine precisa e peculiare al centro grazie a scelte stilistiche, a materiali e colori precisi, a istallazioni permanenti. Allo stesso modo però gli interventi rimangono di natura superficiale: il cliente percepisce il desiderio di una certa unità concettuale nel restyling ma di fatto nella proposta dei punti vendita o nelle scelte tecnologiche non riscontra differenze da come si presenta ora il centro119. E’ naturale come anche azienda dall’impronta più innovativa nella grande maggioranza dei casi si comporti come IGD, però in una realtà come quella del Centro Sarca poteva essere auspicabile, anche data la mole economica messa in gioco, un restyling più profondo, anche perchè è storicamente uno dei centri di punta per IGD e una delle realtà che soffre maggiormente la concorrenza: il Bicocca Village si trova a poche centinaia di metri, questo centro ha investito molto sulla propria immagine, su scelte tecnologiche innovative e proposte commerciali e paracommerciali di rilievo (basti pensare all’Hangar Bicocca). Negli obiettivi alla base di questo intervento di restyling è presente anche la necessità di attirare nuovamente quella clientela allontanatasi a causa della presenza di nuove realtà sul mercato della GDO che forniscono un’alternativa più attenta alle moderne esigenze dei consumatori. Un intervento strutturato in questo modo, che apporta unicamente una superficiale modifica all’estetica del centro ma non al concept finale o ai servizi annessi, risulta facile pensare come non apporti reali cambiamenti al bacino d’utenza del centro120.                                                                                                                119 Considerazioni personali ed soggettive, basate sulla presenza sul campo del sottoscritto comparata con le pratiche aziendali di IGD e dei competitor sul mercato. 120 Considerazioni personali ed soggettive, basate sulla presenza sul campo dell’autore dell’elaborato comparata con le pratiche aziendali di IGD e dei competitor sul mercato.

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2.4 GESTIONE FUTURA “In un contesto di mercato ancora difficile e caratterizzato dal permanere di una generale situazione di crisi, il Gruppo IGD è riuscito a registrare una sostanziale tenuta dei fondamentali economico-finanziari, mostrando una generazione di cassa dall’ attività caratteristica in linea con lo scorso anno. In linea con gli obiettivi a cui si ispira il modello di business del Gruppo, IGD proseguirà la politica di sostenibilità dei tenants. Non si prevedono scostamenti significativi, rispetto a quanto registrato nel primo semestre, in relazione alla gestione caratteristica, saranno sviluppati esclusivamente investimenti già in portafoglio, mantenendo sotto controllo la gestione finanziaria e rafforzando la struttura patrimoniale, come dimostrato dalle operazioni finanziarie effettuate nel semestre.” (Relazione Finanziaria Semestrale 30/6/2013) IGD manterrà una politica volta alla prudenza nei prossimi semestri, gli investimenti a breve termine in gioco (come Livorno o Chioggia) sono di grande importanza sia strategica che economica, la società si sta concentrando in toto sulla loro resa. Gli investimenti entrati in gioco per promuovere queste due realtà sono ingenti e, non vengono pronosticati nuovi progetti totali o parziali di intervento. IGD si è trovata in un periodo storico delicato con alle porte due grandi aperture di parchi commerciali. Livorno e Chioggia comportano grandi rischi dal punto di vista economico e finanziario, per una società in cui si riscontra una vacancy crescente in modo proporzionale in tutti i centri di proprietà, aprire due grandi strutture, ipotetici fiori all’occhiello dell’azienda, con numerose piccole e medie strutture in gestione è una grande sfida per il comparto commerciale. In un panorama attuale non rassicurante, che mostra solo lievemente dei meccanismi di ripresa economica, un’azienda che vive grazie ai consumatori finali dei centri e alle imprese che occupano gli spazi in galleria è lapalissiano che si muova con prudenza. IGD in questo periodo “progettuale” fermo, in cui non vengono pianificate nuove realizzazioni, potrebbe ricorrere a cambiamenti di approccio nel concepire un centro commerciale e nel rapportarsi con gli stakeholders, potrebbe seguire le evoluzioni della GDO più da vicino in modo da capire come rinnovarsi, anche solo al suo interno, e come proporre una visione diversa di sé ai clienti e fornitori. Allo steso tempo una società controllata da Coop, che ovviamente impone la sua presenza come ancora alimentare, è fortemente vincolata, ma azioni di rinnovamento nella proposta e nell’approccio al cliente potrebbero essere d’aiuto, soprattutto se gli investimenti non sono proibitivi e possono cambiare l’immagine del centro agli occhi del cliente finale o dell’investitore non tradizionale. COOP Mentre i movimenti sul mercato di IGD sono rivolti sul costruito, quindi opere di restyling e riqualificazione, la strategia di Coop in questi ultimi due anni è in progressione. Coop sta portando avanti un massiccio piano di nuove aperture, che da qui al 2020 farà crescere il portafoglio immobiliare della società di circa il 15%. Dai dati forniti da Coop

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Adriatica e UniCoop Tirreno si evince come le due strutture si siano concentrate su punti vendita tradizionali, dal supermercati al vicinato. Il settore della GDO viene interessato solo marginalmente e solo nei progetti già burocraticamente già avviati. Coop ha riscontrato come nel settore della grande distribuzione organizzata vi sia una staticità e una perdita di quote di mercato costante121. Dalle relazioni finanziarie di Coop degli ultimi anni si percepisce come la volontà di riallinearsi al mercato coincida con la realizzazione di nuovi punti vendita di vicinato o con proposte “innovative” (una novità per un marchio non così dinamico; un esempio è “Tutto Coop Solo Food”). Tutti i competitor della GDO in Italia si stanno avvicinando ai consumatori con le stesse modalità, Coop non è da meno: avvalorare la causa di punti vendita di ridotte dimensioni e proporre prodotti tipici del territorio in modo tale che il cliente percepisca solo parzialmente la distanza tra il mercato e il supermercato è oramai prassi comune. Possono sorgere delle perplessità nell’analizzare questa tendenza, di fatto la GDO cerca di annullare l’immagine che l’ha caratterizzata per più di un decennio a favore di un ottica più familiare, un ottica legata a piccoli punti vendita che fino ai primi anni 2000 proprio la stessa GDO ha contribuito a far scomparire sul mercato. Questa tendenza è significativa, e di fatto segna una immobilità imposta a IGD, Coop ha studiato i propri centri e ha potuto visionare come gli sfitti siano molto alti, il canone d’affitto sia diminuito per venire incontro alle esigenze dei tenants e la presenza di negozi settoriali eroda le quote dei un centri commerciali. L’unica attività a reggere nell’intero comparto è l’ancora alimentare e il confronto tra le relazioni finanziarie degli ultimi anni rivela che la tendenza ad avere un maggiore profitto è legata ai supermercati standard o di vicinato nei pressi dei centri abitati e centri cittadini. Gli investimenti di Coop è logico si muovano su binari differenti a quelli della GDO. Oltretutto la mole di capitale da investire per la realizzazione di un centro commerciale è di molto superiore a quella per realizzare un punto vendita di vicinato e gli investimenti per risultare a buon fine necessitano di un maggiore numero di anni. Di questi tempi, in cui le rese ipotizzate dal 2000 in poi sono state disattese da eventi impronosticabili, è rischioso studiare dei business plan a lungo termine. Coop mantenendo un assetto dinamico e rivolto alle realizzazioni future, accantona gli investimenti legati alla GDO. Questo è indubbiamente un segnale forte per il mercato e per gli investitori, da quelli istituzionali ai singoli potenziali tenants dei punti vendita di un nuovo centro. Questo dato, congiunto alla mancanza di nuovi progetti per il futuro non prossimo di IGD, risulta allarmante per l’azienda. IGD allo stesso tempo essendo una pedina di importanza prioritaria per Coop e generando un fatturato significativo, non viene abbandonata da Coop, come dimostrano i finanziamenti erogati per i restyling ora in atto, ma è necessario che la società si dimostri dinamica verso un mercato non più accondiscendente.

                                                                                                               121 M. Oliboni “Ventinove domande al signor Coop”, www.coopfirenze.it., 2011.

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Nel capitolo seguente vengono analizzate le difficoltà sul mercato di IGD e come la società potrebbe riallinearsi ad esso con soluzioni adatte al territorio italiano e ai suoi consumatori.

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3 IGD E IL MERCATO ODIERNO - CONSIDERAZIONI FINALI

Nei due capitoli precedenti è stata analizzata la struttura del mercato della GDO sul suolo italiano. Sono state evidenziate quali siano le problematiche di questo settore commerciale e quali siano i punti forza (presenti o potenziali) per reagire a un periodo di congiuntura economica, segnalando alcuni casi emblematici in Italia e in Europa che evidenziano le eccellenze del settore. Affrontando la realtà societaria di IGD SiiQ, è stata fatta un’analisi di come il reparto tecnico e il reparto commerciale aziendali si sono comportati in questi anni, relazionando il tutto alle scelte strategiche di Coop. In quest’ultima parte analizzeremo i singoli aspetti della GDO presentati nel primo capitolo per confrontarli con le posizioni di IGD, creando un parallelismo tra il mercato e un suo player rilevante e viceversa, così da capire quali siano i punti di forza di IGD e quali siano quelli di debolezza. L’obiettivo è delineare alcune azioni societarie per allinearsi agli aspetti virtuosi della GDO odierna e quali azioni implementare per superare aspetti critici del mercato della grande distribuzione.

3.1 LA PRESENZA SUL MERCATO IGD è un’azienda che si colloca sul mercato con centri commerciali di prima generazione. Una generazione di centri commerciali non esclude le restanti, quindi la posizione di IGD risulta essere legittima e occupa quote di mercato solide. Non si ravvisa la necessità di rinnovarsi e proporsi con un format differente (consideriamo infatti che il settore risulta essere critico anche per i player che si presentano sotto forma di centri commerciali di seconda o terza generazione) e anche lo stretto legame che lega IGD e Coop impone quest’unica tipologia di centri commerciali. In ogni immobile di proprietà di IGD, l’ancora alimentare è un ipermercato, e non potrebbe essere altrimenti per come sono strutturati i centri di prima generazione sul suolo italiano122. Però abbiamo visto che il mercato si sta spostando verso centri di vicinato, discount estranei alla GDO e punti vendita kategory killer. IGD per contrastare questi player dal punto di vista del formato che la rappresenta sul mercato non può fare molto; la società nasce e cresce con un’unica connotazione (ovvero quella descritta) e le azioni per acquisire o difendere le quote di mercato che possiede, riguardano altri ambiti che verranno affrontati, ma certamente non quelli del formato che sono “immobili”. Come è evidenziato dalle relazioni finanziarie semestrali di Coop e IGD, il settore food non vive in modo relativamente critico questi ultimi anni, le quote di mercato dello stesso rimangono pressoché inalterate. La motivazione “generazionale” non è ascrivibile ai punti di debolezza di IGD, anzi l’ancora alimentare è motivo di fidelizzazione della clientela. Coop rimane la società con quota maggioritaria di mercato nel settore GDO in Italia. Questo vantaggio rispetto ai propri competitors è stabile negli anni, mentre le quote nei confronti di forme “alternative” di distribuzione organizzata (discount , kk, …) risultano calanti.

                                                                                                               122 E. Tieri, A. Gamba, “La grande distribuzione organizzata in Italia”, Funzione Studi del Banco Popolare, 2009.  

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Coop si sta muovendo verso direzioni diverse dalla GDO “tradizionale”, che rimane comunque un punto fermo nella gestione del marchio, attraverso la direzione diretta di IGD.

Grafico 29. QUOTE DI MERCATO della GDO. Dati aggiornati a Gennaio 2014. FONTE: Nielsen

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3.2 LE AZIONI DI MARKETING IGD è un’azienda sconosciuta al grande pubblico nonostante gestisca direttamente un’ingente quantità di centri commerciali su tutto il territorio italiano. Questa scelta è strategica da parte della società ed è volta a lasciare agli occhi del fruitore finale l’immagine del centro commerciale unicamente legata a Coop e non a una seconda figura. IGD è uno spin-off di Coop, nato per sgravare dalla gestione operativa dei centri commerciali la Coop stessa, però l’immagine, i colori, la storia e i valori di Coop, che sono stati appresi e apprezzati dalla clientela negli anni, sono stati preservati mantenendo quest’insegna come punto di riferimento di tutta la gestione del centro e non della sola ancora alimentare come in realtà accade. Questa scelta risulta vincente. Coop più di tutti i competitors italiani ha un immagine solida legata alla tradizione cooperativa e il marchio viene riconosciuto dalla clientela come sinonimo di qualità e di vicinanza ad una distribuzione organizzata “tradizionale”, che nasce dall’ unione di differenti piccole figure operanti sul territorio. Questo aspetto viene coltivato da Coop e da IGD nel proprio marketing fin dalla nascita dell’azienda: un arma vincente che Coop possiede nei confronti dei competitor è l’attaccamento e la fiducia di buona parte dei propri clienti, che vedono portati avanti valori legati al territorio e all’equità ("la Coop sei tu!"), e che i restanti marchi della GDO non posseggono. Questa leva di marketing è indubbiamente la primaria azione di promozione che IGD e Coop sfruttano per attirare e fidelizzare i clienti ed è un meccanismo imprescindibile dalle politiche societarie di marketing. Nello specifico viene ora comparata l’azione di IGD nei confronti delle leve di marketing affrontate nel capitolo 1: offerte speciali e promozioni, strategie assortimentali e differenziazione del servizio commerciale, ovvero la parte proattiva e in continua evoluzione del marketing aziendale:

• Per quanto riguarda le offerte speciali e le promozioni legate ai prodotti (alimentari e

non) Coop e IGD sono due player attivi sul mercato. Infatti sia dal punto di vista della gestione generale su tutto il suolo italiano sia nella gestione caratteristica settoriale del territorio risultano essere proattivi. Coop ha sempre affiancato la qualità dei prodotti provenienti dal territorio a un prezzo “equo”, questa politica oltre ad essere presente nell’immaginario comune, viene continuamente rinvigorita da offerte settoriali123. Dal 2009, con una massiccia valorizzazione delle white label, questo aspetto di marketing ha avvicinato ancora più il cliente fidelizzandolo.

• Per quanto concerne le strategie assortimentali, Coop, come già sottolineato in

precedenza, vive “di rendita” grazie all’ immagine che da sempre fornisce ai consumatori, ovvero di trasparenza e vicinanza al territorio, e questo ruolo risulta ancora credibile. Per quanto riguarda la differenziazione del servizio commerciale, anche in questo caso la vicinanza di Coop al territorio e alle sue peculiarità è solido. Le white label e i progetti in fase di avviamento come “tutto Coop solo Food” sviluppano in grande scala la distribuzione di prodotti legati alle specifiche territoriali in cui sono venduti; in questo modo risulta che la società non solo sia vicina a marchi e a prodotti del territorio ma essa stessa li sviluppi e li promuova anche attraverso il proprio

                                                                                                               123  M. Oliboni “Ventinove domande al signor Coop”, www.coopfirenze.it., 2011.

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marchio. E’ necessario sottolineare come però queste azioni vengono portate avanti da ogni competitor sul territorio (Conad in primis) e che non è un'esclusiva di Coop, ma allo stesso tempo la sua natura “Cooperativa” e tutto quello che ne concerne danno “una marcia in più” a queste azioni. Controllando le logiche di IGD dietro la scelta dei marchi da inserire nelle gallerie e la loro collocazione in spot precisi all’interno dei centri, la strategia commerciale non risulta altrettanto solida. Negli “approcci odierni” non vi è una logica commerciale precisa nella scelta dei marchi da inserire nei centri nè alcuna strategia mirata nella collocazione di alcuni brand rispetto ad altri. Sono presenti catene di punti vendita in tutto l’asset immobiliare (sia nel reparto food che nell’ abbigliamento), ma dietro la loro presenza non vi è una precisa strategia di marketing volta ad attirare o a settorializzare la clientela. La vacancy crescente nei centri commerciali è motivata anche da una gestione carente delle azioni e ancor prima delle ricerche di marketing aziendali. La questione è di primaria rilevanza: IGD ha gestione diretta delle gallerie dei propri centri e se queste si dimostrano parzialmente non funzionanti l’azienda non può ritenersi soddisfatta del proprio operato.

• La differenziazione del servizio commerciale, come abbiamo descritto nel primo

capitolo, non riguarda unicamente i servizi primari, che nella GDO contemporanea vengono intesi come necessari dal cliente e la cui presenza è data per scontata (al contrario, la loro mancanza è vista come un grave deficit), ma interessa principalmente i servizi secondari. Riguardo la GDO e le ancore alimentari (di dimensioni tali da essere ipermercati), i servizi secondari legati a fattori contestuali e successivi alla vendita sono sviluppati a fondo per stessa natura del punto vendita. La differenziazione, la presenza e l’assistenza post vendita in “mercati” di tale grandezza sono necessari e vitali. Anche in questo caso questi non possono essere considerati valori aggiunti ma valori necessari che ogni competitor sviluppa nei propri centri. Allo stesso modo IGD non agisce su questi aspetti in modo tale da spiccare sul resto del mercato ma invece tende ad allinearsi ad esso. E’ difficile delineare quali siano i servizi secondari introdotti da IGD nei suoi centri poiché ognuno è a sé stante, presenta esigenze e peculiarità che richiedono servizi che in altre realtà invece non sono necessari e viceversa. Dal report annuale di Federdistribuzione possiamo rilevare come, da questo punto di vista, IGD si collochi sul mercato in una posizione “in linea” con i propri competitor. Vi sono alcune peculiarità per alcuni marchi del settore (per esempio i solarium presenti nelle catene Auchan): IGD non presenta delle unicità in questo senso, semplicemente si allinea al mercato nei servizi più diffusi (come la presenza di farmacie o edicole all’interno del centro).

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3.3 FORME DI COMUNICAZIONE Per quanto riguarda la gestione della comunicazione, il marchio IGD scompare anche nei propri centri commerciali, a parte alcune indicazioni per giungere agli uffici amministrativi questo viene offuscato da quello di Coop, l’unico a venire sfruttato nei colori, nelle textures e nel logo. Nella moderna GDO la forma di comunicazione prioritaria è “one to many”, ovvero la pubblicità via radio, giornali o televisione. Coop come abbiamo visto nel trattare le leve di marketing ha una connotazione territoriale e di vicinanza nei confronti del consumatore molto spiccata e sfrutta questo fattore nel pubblicizzarsi, sia attraverso la televisione sia attraverso i periodici, cercando di dare alle proprie promozioni e offerte una connotazione di attaccamento al territorio, all’agricoltura, al suolo e prodotti italiani, a un consumatore fidelizzato. In questo aspetto comunicativo Coop è solida e si presente come l’unica catena del settore ad avere una connotazione così precisa, anche da un punto di vista “politico” / ideologico. Alla questione comunicativa si lega, nella sua accezione 2.0, il concetto di vendita online dei prodotti proposti, in modo da creare coesione tra la comunicazione e il marketing aziendali. Questo settore in Italia è sfruttato in maniera superficiale: a parte la trasposizione degli spot televisivi sul web, non vi sono azioni rilevanti da segnalare. Questo avviene per ogni marchio sul mercato. Mentre in altri stati europei (Francia in primis) la vendita online di prodotti poi recapitati a casa è un business in crescita, e quindi sembra logico investire su una solida comunicazione 2.0, in Italia questo settore non viene sviluppato dalla GDO, per motivazioni storiche e sociali e/o per un attaccamento al territorio e alla tangibilità del prodotto. Anche marchi come Carrefour che sviluppano largamente questo aspetto in altri stati, in Italia non si interessano al settore. La mancanza di una comunicazione 2.0 quindi non riguarda solo IGD/Coop ma tutto il mercato Italiano. La possibilità di introdurre questa tipologia di acquisti da parte di IGD sul mercato risulta essere remota, nonostante la possibilità di acquisire nuove quote di mercato e clientela: il tessuto sociale Italiano e i dati relativi alle vendite online anche per i settori trainanti del “web merchandising” dimostrano il livello di arretratezza Italiana nei confronti della media Europea, gli acquisti online sono entrati nella quotidianità solo in alcuni settori e solo da pochi anni.

“A fronte di una buona dinamica di sviluppo, l'e-commerce italiano risente però di consuetudini che non lo rendono ancora uno strumento di massa. Sebbene quasi nove utenti su dieci (l'89 per cento per la precisione) si informino online su prodotti e marchi, solo tre su dieci (il 34 per cento) acquistano. A frenarli, secondo l'Osservatorio, è la diffidenza nei confronti della sicurezza dei sistemi di pagamento e anche la preoccupazione, dovuti alla convinzione di non aver controllo sulla logistica, di non ricevere a casa il prodotto acquistato in Rete. Va in questo senso, del resto, l'idea di Netcomm di dar vita a un "Sigillo" – aggiornato ora alla versione Gold - con il quale certificare i siti di e-commerce che si impegnano a garantire i migliori standard di sicurezza e trasparenza per lo shopping online.” (IL SOLE 24 ORE, FEBBRAIO 2014)

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Il grafico seguente mostra la percentuale di utenti con accesso a internet interessati da acquisti on line nel 2013:

Grafico 30. PERCENTUALE CITTADINI INTERESSATI ALL’E-COMMERCE PER STATO. Dati aggiornati a Dicembre 2013. FONTE: Federconsumatori

Il grafico sottolinea come il nostro paese sia ancora arretrato rispetto alla media europea, ma al tempo stesso se si analizza la tendenza all’acquisto on line anno per anno si riscontrerà una fortissima crescita percentuale dal 2010 in poi, il numero di transazioni (e giro economico annesso) sono ancora modeste ma il margine di crescita è tangibile. Nell’analizzare le categorie merceologiche più vendute e acquistate on-line si nota come i beni alimentari legati alla GDO siano interessati solo marginalmente all’e-commerce. L’analisi si sofferma su questa tipologia di prodotti poiché i marchi “in galleria” appartengono a catene e brand a sé stanti e vengono governati da logiche interne sul merchandising on line, IGD o Coop o qualsiasi marchio legato alla GDO non ne viene interessato.

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Grafico 31. CATEGORIE MERCEOLOGICHE INTERESSATE DALL’E-COMMERCE. Dati aggiornati a Dicembre 2013. FONTE: Federconsumatori

Come evidenziato dal grafico le categorie merceologiche affini alla GDO non sono molte. Nello specifico caso di IGD, i libri (grazie ai punti vendita “librerie Coop”) potrebbero giocare un ruolo rilevante per le vendite on-line, ma il canale di vendita è slegato da IGD, in quanto anch’esso spin off di Coop. Gli altri settori che potrebbero essere interessati sono l’ambito musicale, la cosmesi e gli elettrodomestici, seppur con irrisorie quote di vendita on-line registrate. A questo quadro bisogna aggiungere il fatto che il mercato è già strutturato e “solido” in alcuni suoi player dell’online commerce. Per fare un esempio nel settore libri o e-book un colosso come Amazon oggi ha il controllo del mercato ed è difficile pronosticare una reale concorrenza da parte di librerie coop, se non nelle proprie collane. Dall'analisi dei dati riportati un massiccio investimento da parte dei player sul mercato della GDO per l’e-commerce risulta essere oggi poco oculato124: a fronte di un cambio di tendenza significativo nella proposta commerciale i dati di vendita potenziali risultano ininfluenti. L’e-commerce è già una realtà consolidata e è pronosticabile che in un breve periodo diventerà la fonte primaria per transazioni commerciali di ogni sorta, tuttavia questa tendenza

                                                                                                               124 A. Prunesti, “Social media e comunicazione di marketing”, Angeli, 2013. cap. 4.  

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non trova alcun riscontro reale (oggi, nel 2014) nel settore della GDO: le dinamiche che governano questa branca di mercato non si configurano a quelle dettate dall’ e-commerce125. Un interessamento concreto in questa direzione ora è impronosticabile per un’azienda come Coop/IGD, ma allo stesso tempo un investimento settoriale, per alcune categorie merceologiche ben precise, può essere stimolante e può aprire un nuovo settore di mercato che IGD fino a oggi non ha affrontato.

                                                                                                               125 A. Prunesti, “Social media e comunicazione di marketing”, Angeli, 2013. cap. 4.  

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3.4 APPROCCI ODIERNI Vengono ora presentate le nuove strategie che IGD mette in campo per riqualificare i propri centri e le logiche alla base delle nuove realizzazioni. Gli interventi sul costruito possono riguardare differenti settori: nuove logiche di assortimento e di gestione del reparto food, nuovi servizi implementati per avvicinarsi e fidelizzare la clientela, o interventi più “tangibili” ovvero di restyling e riqualificazione di tutto il centro. Per quanto riguarda la gestione del comparto food e le moderne tendenze nel settore della GDO (più spazio alle white label, più spazio ai prodotti del territorio, più spazio ai prodotti freschi) IGD e Coop sono tra i player più forti sul mercato e nella gestione dei servizi sono allineati al mercato della GDO (introdurre servizi interni ai centri come lavasecco, poste, sportelli bancari, punti di ristoro di varia tipologia; o paralleli come benzinai esterni a prezzi agevolati … ), ma allo stesso tempo dimostrano le loro debolezze nell’approcciarsi a interventi di restyling e ristrutturazione del costruito. Questo deficit non si riscontra negli investimenti erogati dalla società, ma nelle iniziative innovative alla base di essi. Si riscontrano le medesime problematiche negli interventi di riqualificazione come nelle nuove realizzazioni, a testimonianza del fatto che queste nascono dall’approccio societario agli interventi in programma più che da caratteristiche legate al singolo centro commerciale in esame. Nel capitolo “Gestione Futura” è stato analizzato come la società non intenda portare avanti nuove azioni o “scostamenti significativi” da come si presenta sul mercato nonostante i dati non positivi presentati analizzando la gestione finanziaria corrente.

Se a ciò si aggiungono le posizioni di Coop prima analizzate, risulta chiaro come IGD debba concentrarsi sul parco commerciale di proprietà e di come un cambiamento del modus operandi sia consigliabile: il metodo d’intervento fino ad ora seguito ha generato fatturati in calo e un allontanamento da parte di Coop dall’intero comparto della GDO; per riacquisire quote e fiducia IGD deve cambiare l’approccio e l’ottica ai propri investimenti e alle proprie manutenzioni straordinarie. Per quanto riguarda le future realizzazioni di Livorno e Chioggia, i progetti sono ancora in fase preliminare e non si può avere una visione d’insieme coerente delle realizzazioni. Per quanto riguarda i restyling che ho seguito direttamente e analizzato nel capitolo precedente, come già affermato, sono legati a obsolescenze estetiche e funzionali e mirano all’“abbellimento” dei centri, non concentrandosi attivamente però sulla possibilità di portare concetti d’innovazione o di cambio d’immagine concreti.

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3.5 CONSIDERAZIONI FINALI Il mercato della GDO si sposta verso due direzioni precise, a prescindere dal player che si analizza:

• Le imprese del settore, nelle nuove realizzazioni, si allontanano dal concetto di “centro commerciale”. Le nuove realtà risultano essere punti vendita di vicinato localizzati all’interno delle aree urbane e viene gradualmente abbandonato il concetto di centro extraurbano con ancora alimentare e galleria a corredo.

• Le imprese del settore, mantenendo comunque una predisposizione a nuovi business, non abbandonano il mercato tradizionale della GDO (anche perché rimane, seppur in perdita, trainante) e quindi lo aggiornano nelle proposte alimentari (white label ...), nei servizi e nel concept.

IGD in questo scenario deve concentrarsi sulla seconda direzione, mentre Coop nei propri investimenti predilige la prima posizione. La sfida di IGD in questo periodo storico sta nel rilanciare la propria categoria (GDO tradizionale) sfruttando le indicazioni offerte dal mercato. Le aree di intervento che IGD può sfruttare sono così riassumibili:

1. La mancanza di azioni di marketing forti nella gestione della galleria e dei marchi collocati al suo interno è ascrivibile alle motivazioni di una vacancy crescente nel parco centri commerciali. Questo deficit è a sua volta motivato dall’assenza di puntuali ricerche di marketing che analizzino le necessità dei clienti finali o dei potenziali tali. Gli effetti generati da ricerche approfondite e da conseguenti azioni di marketing non sono pronosticabili a priori, ma una conoscenza maggiore del mercato e degli utenti finali può beneficiare marchi come IGD e Coop. Un’azienda leader nel settore non può prescindere da queste azioni e dal loro costante aggiornamento nel tempo.

2. Per quanto riguarda gli approcci alle nuove realizzazioni o al restyling dell’esistente, le

tre strade da seguire sono l’aggiornamento delle proposte alimentari, l'ammodernamento dei servizi e l'attuazione del concept. Le prime due linee di condotta sono parte del modus operandi di IGD / Coop da anni e si trovino in linea se non in testa rispetto ai competitor italiani, ma come riportato dai dati delle relazioni finanziarie degli ultimi anni ciò non sufficiente per crescere sul mercato. La carenza riscontrabile nelle azioni di questi ultimi anni è la mancanza di un format di rinnovamento dei centri commerciali esistenti. I centri sono interessati da restyling e rinnovamenti d’immagine ma queste azioni sono unicamente strutturate in modo da ovviare alle obsolescenze tecniche, funzionali e normative, non invece con un’ottica proattiva. Agire in questo senso è inteso come conferire una “sfumatura” di unicità al singolo centro commerciale o all’intera filiera in modo da creare interesse nella mentalità del consumatore finale che viene attratto dall’ innovazione dell’apparato distributivo. Le connotazioni ipotizzabili per uno o più centri sono molteplici e sono stati evidenziati diversi esempi di azioni virtuose tali da portare giovamento economico alla proprietà.

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Acquisire nuove quote tramite la differenziazione della proposta commerciale in molti casi implica perderne altre, legate a frange di consumatori non più interessati ai prodotti o alla proposta alla base, ma come abbiamo visto negli esempi riportati nel capitolo 1 questa può risultare una sfida vincente. Le relazioni finanziare semestrali di IGD sollevano il problema della vacancy nei centri di proprietà: i dati evidenziano come le problematiche riscontrabili in galleria non sono indifferenti; i marchi e i negozi proposti nei centri IGD sono in linea con quelli proposti in altri centri di altre proprietà, quindi se il problema dell’occupazione degli spazi si pone in modo così grave per questa azienda rispetto agli altri player è da imputare all’approccio gestionale che sta alla base dell’asset. Semplifichiamo: Coop non subisce la crisi in modo virale poiché ha costruito un’immagine su di sé tale da risultare accattivante ai consumatori e tale da fidelizzarli. Il modus operandi che dovrebbe integrare IGD, pur rimanendo nell’ombra, è similare, ovvero dare un identità precisa ai propri centri commerciali tale che il potenziale fruitore finale riscontri un unicità nell’intera proposta (ancora e galleria) e si fidelizzi al singolo centro o all’intera catena. L’obiettivo primario è generare nel cliente finale il desiderio di andare in cerca del centro commerciale a marchio Coop / IGD anche quando si allontana da casa. IGD è un’azienda ancorata a un format unico e le azioni che può svolgere sui propri centri sono limitate e limitanti. Nel cercare di pensare ad un rinnovamento e ringiovanimento d’immagine al termine di studi di mercato e della presenza all’ interno dell’azienda, deve indirizzare i suoi sforzi su una forte azione di rinnovamento del concept. Timidi rinnovamenti non hanno portato a risultati soddisfacenti; azioni “coraggiose” se studiate nel dettaglio (conoscendo la clientela sia generale sia specifica dei centri in esame grazie a ricerche di marketing oculate) possono dare uno slancio all’intero comparto.

3. Per quanto riguarda invece Coop, nonostante la componente alimentare nella GDO sia l’unico settore non in crisi e abbia una sostanziale tenuta dei fatturati, è comunque possibile considerare un atteggiamento differente, maggiormente propositivo nel format in cui la società si colloca all’ interno dei centri commerciali IGD. Come abbiamo visto in precedenza, Coop sia dal punto dei servizi secondari che dal punto di vista del formato si allinea al mercato senza la pretesa di eccellere: l’azienda sfrutta come arma a suo favore principalmente l’immagine che il cliente finale ha del mondo cooperativo. Tuttavia pensare di introdurre dei formati di vendita differenti da quelli tradizionali (supermercato e ipermercato) è possibile anche senza intaccare la presenza di un’ancora alimentare tradizionale. Affiancare all’ipermercato un corner o una superficie a sé stante che ricalchi la proposta francese di MONOP potrebbe essere una soluzione per acquisire nuove quote di mercato sia per il comparto alimentare sia indirettamente per tutto il centro: non è stata segnalata una soluzione difficilmente attuabile nelle logiche di promozione del mondo cooperativo, ma al contrario una realtà di successo in Francia e affrontabile con investimenti limitati. In questo modo Coop potrebbe differenziarsi dai competitor anche dal tenore della proposta alimentare e potrebbe interessare una componente di consumatori differente da quella tradizionale, senza doverci rimettere in altri settori.

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Questa serie di considerazioni è finalizzata a offrire spunti critici all’attività commerciale e para-commerciale di IGD: soffermarsi sui settori caratterizzati da una gestione vacillante ha come obiettivo quello di cercare di rivedere alcune posizioni aziendali che si pensa possano generare criticità e allo stesso tempo fornire suggerimenti per rigenerare queste aree e apportare miglioramenti. Facendo riferimento alle strategie e leve di marketing e a come queste influiscano sull’operato delle aziende portate ad esempio, risulta chiaro che IGD non ha sviluppato a fondo nell’ultimo qiunquennio questo settore aziendale al contrario di alcuni competitors italiani. IGD si è per lo più limitata a sfruttare l’immagine di Coop per portare avanti le proprie campagne pubblicitarie, ma in questo preciso momento storico non basta sfruttare quest’unica leva “storica”: è necessario avvicinarsi a una gestione più moderna e proattiva del marketing aziendale e della comunicazione distributore–fruitore che ne è la diretta conseguenza. Il settore legato alla gestione degli spazi del centro, alla collocazione quindi di alcuni brand in zone prestabilite e alla promozione di queste aree come un’unica entità, risulta essere necessaria in un periodo in cui la vacancy è in continua crescita e alcuni centri sopravvivono unicamente grazie all’ancora alimentare che li caratterizza. Queste problematiche si legano necessariamente ad un altro settore critico per iGD in quest’ultimo quinquennio, ovvero la gestione degli “approcci realizzativi odierni”: terminologia atta a indicare la modalità di gestione dell’immagine del centro e della clientela che vuole attirare tramite le logiche pianificatorie legate alle nuove realizzazioni, agli interventi di restyling dei centri esistenti e all’impronta estetico concettuale legata ad essi. Il secondo fattore critico legato all’azione di IGD sul mercato italiano infatti riguarda l’immagine che caratterizza i centri commerciali di proprietà: la riqualificazione e restyling dei centri non può fermarsi a interventi che risolvano le obsolescenze tecniche, funzionali e normative, come la realizzazione di nuove realtà commerciali basate su stilemi uguali da più di un decennio. Il mercato è saturo. Un centro commerciale non si pone come polo attrattivo per sua stessa natura come accadeva negli anni novanta, ma esige la presenza di caratterizzazioni e peculiarità che attirino i consumatori. Il territorio presenta numerosi centri similari con catene di negozi e servizi annessi; oggi un’azienda come IGD necessita di fornire ai propri centri un’immagine che catalizzi l’attenzione dei potenziali fruitori finali. Sono stati portati ad esempio sia una serie di tipologie di catene di negozi con proposte commerciali peculiari, servizi innovativi per i clienti e nuovi approcci d’intervento legati al concept, alla location e alla dimensione di un centro commerciale moderno: IGD dovrebbe ispirarsi, sia nella proposta commerciale sia nella pianificazione alla base di essa, a concetti simili in modo da fornire nuove motivazioni ai clienti abituali e a quelli potenziali. Per una società che vive negativamente il trend attuale di allontanamento da forme tradizionalistiche di GDO, al fine di acquisire o riappropriarsi di quote di mercato, è necessario allinearsi ai moderni centri commerciali europei modificando il proprio concept e focalizzando la propria proposta. Tutte le carenze aziendali analizzate fino q questo punto sono state presentate in un’ottica soggettiva avvalorata però dai dati forniti dalle ultime relazioni finanziarie aziendali, e dai trend deducibili da esse. La focalizzazione sugli aspetti negativi di IGD vuole essere una critica positiva atta a fornire suggerimenti e stimoli ai comparti interessati in modo da perfezionare la gestione operativa

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dell’asset commerciale e la sinergia tra pianificazione e azione dei comparti economico-finanziari e tecnici. IGD è l’azienda leader nel settore della grande distribuzione italiana; per mantenere questo status necessita di continue azioni di marketing e campagne di rinnovamento d'immagine: tramite interventi oculati sul portafoglio immobiliare e una strategia aziendale attenta ai cambiamenti e alle peculiarità del mercato odierno, l’azienda può invertire la parabola discendente di fatturato e di visite dei propri centri che sta caratterizzando in modo netto i rendiconti finanziari degli ultimi 5 anni.

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