Il medico come vittimaconseguente paralisi della governance; siamo oggi al Libro Bianco di Sacconi...

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I l “logo” scelto per il congres- so Gestione del Rischio Clinico, ossia “La Città I- deale”, rappresenta il Siste- ma Sanitario Ideale dove tutte le competenze (sanita- rie, tecniche, politico-gestionali) conver- gono perfettamente verso la tutela del bene salute del cittadino. Nella realtà il Sistema Sanitario è gestito dal fattore umano, nel contem- po pregio e limite: pregio, poiché at- traverso processi di adattabilità colta dei comportamenti degli operatori è possibile il superamento delle criticità; limite, poiché al fattore umano è colle- gata la scarsa riproducibilità dei proces- si e questo è il fondamento del rischio, quindi dell’errore, quindi del danno. Il Sistema Sanitario è stato organizzato sul modello del sistema d’impresa, ma noi operatori sanitari rivendichiamo la dizione di Sistema d’Impresa Complesso, do- tato di un elevato grado di rischiosità insi- to nelle tecnologie, edilizia, risorse, infra- strutture, formazione/aggiornamento, carichi di lavoro, comunicazione della organizzazione interna. L’errore, ossia l’interazione negativa tra azione umana, tecnologia ed orga- nizzazione, è stati-sticamente in cresci- ta perché cresce sempre più la com- plessità del sistema; poiché contempla- to come possibile in tutti i sistemi d’im- presa, devono essere messi in atto metodi per il riconoscimento, l’analisi e la prevenzione di esso. Ma quanto costa un Sistema Sa- nitario basato sulla prevenzione del rischio e quanto conviene la re- sponsabilità individuale dell’opera- tore, rispetto alla riorganizzazione di un sistema in funzione della pre- venzione del rischio? Fare medicina vuol dire congiungere competenze professionali e sapere scientifico, applicandole nel rispetto del codice deontologico, ma fare sanità vuol dire esercitare la medicina nel contesto di una serie di regole e norme che pos- sono condizionare la buona o la cattiva medicina. E questo è lo snodo cruciale: noi medi- ci lavoriamo per la medicina o per la sanità? In realtà lavoriamo per la Sanità e quin- di il nostro operato non può prescinde- re dalla analisi di una serie di criticità del SSN, che riguardano sia ciò che si è fatto, sia ciò che non si è fatto. Che cosa si è fatto: nel 1978 è stato istituito un SSN fondato sul principio del- l’universalismo. Questo sistema, poiché ereditava i debiti di un precedente si- stema mutualistico e poichè applicato su una sanità sempre più tecnologica e costosa e su una popolazione con diva- rio crescente tra contribuenti e benefi- ciari, si è dovuta presto confrontare con una economia che non la sostene- va, con conseguente ridimensionamen- to dei diritti assistenziali da diritti asso- luti a diritti relativi: di tale fondamenta- le passaggio in nessun modo è stata sensibilizzata la popolazione utente. Congressi Notiziario luglio 2010 28 Il medico come vittima Fare Medicina o fare Sanità? Paola Dell’Aquila La città ideale

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Il “logo” scelto per il congres-so Gestione del RischioClinico, ossia “La Città I-deale”, rappresenta il Siste-ma Sanitario Ideale dovetutte le competenze (sanita-

rie, tecniche, politico-gestionali) conver-gono perfettamente verso la tutela delbene salute del cittadino.Nella realtà il Sistema Sanitario ègestito dal fattore umano, nel contem-po pregio e limite: pregio, poiché at-traverso processi di adattabilità coltadei comportamenti degli operatori èpossibile il superamento delle criticità;limite, poiché al fattore umano è colle-gata la scarsa riproducibilità dei proces-si e questo è il fondamento del rischio,quindi dell’errore, quindi del danno.Il Sistema Sanitario è stato organizzatosul modello del sistema d’impresa, ma noioperatori sanitari rivendichiamo la dizionedi Sistema d’Impresa Complesso, do-tato di un elevato grado di rischiosità insi-to nelle tecnologie, edilizia, risorse, infra-strutture, formazione/aggiornamento,carichi di lavoro, comunicazione dellaorganizzazione interna. L’errore, ossia l’interazione negativatra azione umana, tecnologia ed orga-nizzazione, è stati-sticamente in cresci-ta perché cresce sempre più la com-plessità del sistema; poiché contempla-to come possibile in tutti i sistemi d’im-presa, devono essere messi in attometodi per il riconoscimento, l’analisi ela prevenzione di esso. Ma quanto costa un Sistema Sa-nitario basato sulla prevenzione delrischio e quanto conviene la re-sponsabilità individuale dell’opera-tore, rispetto alla riorganizzazionedi un sistema in funzione della pre-venzione del rischio?Fare medicina vuol dire congiungere

competenze professionali e saperescientifico, applicandole nel rispetto delcodice deontologico, ma fare sanità vuoldire esercitare la medicina nel contestodi una serie di regole e norme che pos-sono condizionare la buona o la cattivamedicina.E questo è lo snodo cruciale: noi medi-ci lavoriamo per la medicina o per lasanità?In realtà lavoriamo per la Sanità e quin-di il nostro operato non può prescinde-re dalla analisi di una serie di criticitàdel SSN, che riguardano sia ciò che si èfatto, sia ciò che non si è fatto.

Che cosa si è fatto: nel 1978 è statoistituito un SSN fondato sul principio del-l’universalismo. Questo sistema, poichéereditava i debiti di un precedente si-stema mutualistico e poichè applicatosu una sanità sempre più tecnologica ecostosa e su una popolazione con diva-rio crescente tra contribuenti e benefi-ciari, si è dovuta presto confrontarecon una economia che non la sostene-va, con conseguente ridimensionamen-to dei diritti assistenziali da diritti asso-luti a diritti relativi: di tale fondamenta-le passaggio in nessun modo è statasensibilizzata la popolazione utente.

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Notiziario luglio 201028

Il medico come vittimaFare Medicina o fare Sanità?

Paola Dell’Aquila

La città ideale

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Notiziario luglio 2010

Dagli anni ’90 numerose riforme hannotentato il “miglioramento senza cam-biamento”: la riforma TER, la nascitadei LEA, l’istituzione della AziendeSanitarie con logiche di gestione d’im-presa, la riforma del capitolo V dellaCostituzione con la scomparsa di fattodel SSN e la comparsa di 21 SistemiSanitari Regionali che definivano lalogica della disparità, disuguaglianza edifferenze tra le regioni, la perdita dellaprogrammazione sovraregionale e laconseguente paralisi della governance;siamo oggi al Libro Bianco di Sacconicon le proposte di sistema multipilastro,di universalismo selettivo (termini visi-bilmente in antitesi, pericoloso ossimo-ro) ed il federalismo sostenibile e conl’idea di ridurre i flussi finanziari alleregioni meno “produttive”.

Che cosa non si è fatto: non sonostate fatte le riforme degli studi di medi-cina, delle cooperazioni tra le nuoveprofessioni sanitarie, dei modelli diospedale (Mariotti 1968) in un sistemache ancora prevede come unica formagarantista di assistenza la internalizza-zione dei pazienti, che si scontra con lalogica della insostenibilità economica diessa e la continua riduzione dei postiletto.

Oggi il medico è diventato “vittima”poiché non più sostenuto da ciò che

dovrebbe rappresentare il fonda-mento della sua professione nellasocietà ossia:1) la formazione; 2) la responsabili-tà professionale nell’esercizio dellefunzioni; 3) la organizzazione nelSSN; 4) la relazione con gli organi dicomunicazione.

1) La Formazione. Essa è una risorsacruciale di tutte le professioni; si calco-la che nell’arco di 5 aa il sapere medicoè superato per il 90%. La nostra formazione nasce già limitata:l’università ci obbliga ad una frammen-tazione del sapere, ad una visione uni-dimensionale di ciò che è pluridimen-sionale, complice anche una separazio-ne tra università/aziende sanitarie e laparcelliz-zazione delle docenze, checrea inevitabili limiti di competenze. Nessuna preparazione su deontologiamedica; le medicine di integrazionesono discriminate economicamenterispetto alle ultraspecializzazioni.

Dopo l’università si continua con il siste-ma ECM, ossia il diritto-dovere alla for-mazione continua secondo gli obiettividel piano sanitario nazionale e regiona-le. Come per tutto ciò che riguarda lamateria della salute anche la formazio-ne ECM è stata affidata prevalentemen-te alle regioni con una conseguentediversificazione tra i fondi disponibili e,

conseguentemente, nelle regioni più ric-che o “virtuose”, una presa in carico daparte dei privati ossia le aziende farma-ceutiche, con conseguenti scelte dettateda logiche di mercato e secondario con-flitto di interessi; anche nella ricercascientifica sono scarsi gli investimentieconomici nazionali (<1% PIL) poichéessa non è obiettivo prioritario del PianoSanitario Nazionale, quindi interventoinevitabile del privato.La formazione auspicata in medicina,oltre che un adeguamento sulle cono-scenze della parte pratica, dovrebbeprevedere conoscenze su bioetica (vistele nuove frontiere tra tecnologia erispetto della vita), deontologia medicae politica sanitaria, relativamente allaconoscenza degli obiettivi del SSN per ilruolo che il medico sempre più svolgetra tutela della salute ed accesso alleprestazioni.

2) Responsabilità. L’esercizio della professione. Il nostro codice deontologico dice “ilmedico deve esigere garanzia per ero-gare prestazioni eque e di qualità,ambienti decorosi, adeguata tecnologia,condizioni di sicurezza; deve inoltre col-laborare alla attuazione ed al controllo”. Ma come? In Puglia negli ultimi 15 aasolo 2 piani sanitari anziché 5, quindipoca possibilità di modificare i modelliorganizzativi; il Piano Fitto è stato im-posto ai medici senza consultazione(2002), mentre il piano Vendola (2008)ha consultato i medici in fase finale, alpari di sindaci e comunità locali. Mancano le reti interospedaliere; la sa-nità territoriale è povera e senza strut-ture tecnologiche, scollegata dall’ospe-dale; l’accreditamento con il privato con-venzionato è discutibile; le sedi ospeda-liere spesso sono arcaiche ed inadegua-te (il 50% degli ospedali italiani ha < di120 posti letto, quando il valore-sogliadi posti letto ad uso plurispecialisticogiudicato tutelante per operatori e pa-zienti, è > di 350-400). L’organizzazione delle attività mediche èvalutata su parametri economici e nondi qualità.Il governo regionale demanda il con-trollo delle sue decisioni non alla pub-blica amministrazione ma alle forze del-l’ordine, per cui ogni inadempienza am-ministrativo-gestionale diventa ipotesidi reato personale con secondaria diffu-sione, tra gli operatori medici, dellamedicina difensiva.

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Il conflitto di interessi. Il codice deontologico dice: ”il medicodeve evitare condizioni in cui l’interesseprimario possa essere condizionato daun interesse secondario”.Ma come? Il conflitto di interessi è nellaricerca, nella formazione, nell’aggiorna-mento, nella educazione alla prescrizio-ne terapeutica e diagnostica. Senza sponsor in sanità non ci sarebbeformazione. Anche la pubblica ammini-strazione ci induce al conflitto di inte-resse premiando chi risparmia in modoproporzionato all’entità del risparmio(codice deontologico: “il medico nondeve subordinare il comportamentoprescrittivi ad accordi economici”. Mancata riforma delle professioni. Ilmedico è erroneamente definito “diri-gente”; ma nella contrattualità egli è inrealtà un impiegato di pubblica ammini-strazione il cui valore è nella osservan-za del comando e non nella decisioneautonoma; l’unica autonomia ricono-sciutagli è nella scelta della modalità diosservanza del comando. La “Questione Infermieri”: un con-flitto intercategoriale. L’infermiere èper definizione colui che assiste l’infer-mo, oggi non più professione ausiliariama intellettuale, con una teorica attri-buzione di responsabilità. Le scuole diconvitto si sono trasformate in corsi dilaurea ed il mansionario, della cui appli-cazione era responsabile il medico, èstata sostituito da una “assistenza ge-nerale infermieristica”: ma di essa chi èresponsabile? Perchè per noi medici la laurea equivaleall’esercizio di una professione coninscrizione ad un albo ed una acquisizio-ne di responsabilità delle azioni svoltedal titolare. Ma questo di fatto per gliinfermieri non esiste: continuano adessere i principali attori non protagoni-sti in pressoché totale assenza di re-sponsabilità tracciabili. Inoltre stiamo assistendo ad un viraggiodei loro interessi verso la tecnologia ascapito del “nursing” ossia il loro princi-pale ruolo: la corsa alle tecniche è unproblema, se diventa pretesto per sfug-gire alla relazione assistenziale. L’assistenza fisica al malato (gradual-mente rifiutata dall’infermiere con ilpassaggio alla professione intellettuale)deve essere puntualizzata.

3) Organizzazione politica ed eco-nomica del SSN.

Il rapporto con la politica.Sicuramente la politica deve effettuare

le scelte di fondo dei settori prioritariquindi anche della sanità attraverso ipiani sanitari; decide anche i bracci ese-cutivi attraverso la identificazione deiDirettori Generali, ma spesso si estendefino alle diramazioni ultime dell’alberoapicale attraverso la scelta dei DirettoriSanitari ed Amministrativi e non rara-mente dei Primari. Analoga solerzia non pone in ciò cheinvece le compete, quindi assenza diindirizzi programmatici nazionali eregionali; ritardo nel varo dei piani perla salute e quindi dei riordini ospedalie-ri; disparità tra offerta assistenziale sulterritorio ed ospedaliera; mancata inte-grazione tra 118 e DEA; ritardi nelladefinizione di strutture semplici, strut-ture complesse, dipartimenti, macroa-ree; insufficiente funzione delle farma-cie territoriali; un accreditamento delprivato discutibile. Nella provincia di Bari da tempo si parladi accorpare la totalità dei posti lettopubblici in 7 ospedali ad alta intensitàdi cure; nella realtà esistono ancora 20ospedali con prestazioni parcellizzate econ continui trasferimenti secondaririschiosi per pazienti ed operatori.

Rapporto con la Economia: richiestacrescente/disponibilità limitata. Allarmante il divario tra popolazioneattiva fiscalmente e popolazione dasostenere; alla crisi del Welfare si asso-cia la crisi del SSN. Cresce l’incidenzadella spesa sanitaria sul PIL. Cosa avverrà in futuro: sarà aumentatala quota di PIL da destinare alla sanità oaumenterà la partecipazione del cittadi-no alla spesa sanitaria? Nuove relazioni tra diritti e risorse: cichiediamo fino a quando le politiche dicompatibilità saranno compatibili con iprincipi fondativi del Sistema Sanitario(universalismo). Oggi si pensa che lepolitiche di razionalizzazione delle risor-se non siano sufficienti a contenere laspesa: bisogna intervenire sulla doman-da (libro Bianco Ministro Sacconi 2009).

4) Rapporto con i Media. L’OMS giu-dica il SSN italiano al secondo posto almondo relativamente al rapporto effi-cienza/costi. Eppure i nostri giornalisti cidescrivono come paradigma di pessimaamministrazione ed operato, occasioneinenarrabile di sprechi. La trasformazio-ne sociologica degli ultimi decenni hatrasformato i contenuti della informazio-ne e così elementi di crisi e non dinami-che di crisi vengono presentate come

fatti; slogan brevi prendono il posto dianalisi causali di sistemi altamentecomplessi quali il Sistema Sanitario. Esaltazioni miracolistiche di nicchie dieccellenza vengono descritte sullo sfondouniforme di una malasanità dilagante equesto alimenta consumismo sanitario,diffidenza ed aggressività della utenza.Purtroppo la notizia in sanità ha tutti icaratteri della notizia di successo: novità,drammaticità, sensazionalità. Mentrelavoriamo, tra mille difficoltà, ci chiedia-mo se davvero la gente ci ritiene respon-sabili di speculazioni, disavanzi, errori,rischi, disservizi, disfunzioni organizzati-ve, liste di attesa, mancanza di postiletto, trasferimenti da ospedale ad ospe-dale, ricoveri in barella, sovraffollamentodegli ambiti di urgenza, ospedali e dota-zioni strumentali inadeguate. La professione medica è oramai in dife-sa: dal cittadino, dai Direttori Generali,dalle Aziende, dai Media, dalle altre pro-fessioni. Se davvero si ritiene che noi siamocausa di tutto ciò allora chiediamo alleistituzioni di entrare nel merito delledecisioni, di esprimerci nella program-mazione del SSR attraverso un ConsiglioSanitario Regionale; pretendiamo che laassistenza sanitaria sia erogata pressostrutture idonee; che vengano utilizzatiindicatori di spesa sanitaria più adegua-ti a quelli puramente legati alla produt-tività monetaria; che venga potenziatoil territorio; che la logica della scelta deidirigenti non sia più affidata alla affilia-zione politica; che avvenga una riformadella formazione ed un potenziamentodella ricerca e non ultimo che avvengauna riforma delle professioni sanitariecon la ridefinizione dei compiti e deilimiti delle responsabilità.La sanità in Puglia ha garantito una qua-lità di assistenza adeguata, giudicatadal Censis all’VIII posto tra le regioniitaliane relativamente al parametroprincipale ossia lo stato di salute del cit-tadino. Alla opinione pubblica chiediamo il rico-noscimento della complessità del nostrooperato; la comprensione che la impre-vedibilità ed il non automatismo tra a-zione e risultato sono alla base dellanostra quotidianità lavorativa; che laplasticità e la adattabilità sono un valo-re aggiunto a condizione che si realizzi-no in un sistema sanitario sicuro in cui“…coloro che vi operano siano soddisfat-ti del proprio lavoro e coloro che si rivol-gono ne abbiano completa fiducia(Donald M. Berwick, 2002)”.

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