Il marinaioDAMIANO ALTOMAREa sinistra di quest’ultimo il suo fuochista Damiano Altomare (p.g.c....

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Marinai d’Italia 29 visti, finalmente, con le loro sofferenze, le loro ferite, con i sacri- fici e gli eroismi che a me, ed a quelli che vissero come me, li re- sero indimenticabili. Cosa spinse Armando Traetta a dedicare il suo libro Ai miei marinai morti? Non è difficile immaginarlo. Questi “suoi” Caduti egli li sente vicini perché appar- tengono al suo reparto; egli ne è il responsabile non solo per ciò che concerne la preparazione professio- nale ma ne sente la responsabilità morale, anche e soprattutto nei riguardi delle famiglie che gli hanno affidato i loro figli e che sente di proteggere fino in fondo. Ma a Punta Stilo, di fronte alla cruda realtà della guerra, quel- l’invisibile ma solido legame che lo lega ai suoi marinai inizia a vacillare fino a condizionargli il resto della vita ed a legare sem- pre più la sua persona ed i suoi marinai al Bolzano che diventa, infine, il vero protagonista del racconto. È in questo frangente che si compie il destino dei primi Caduti in battaglia ed uno dei primi episodi di puro orgoglio patriottico dei marinai italiani che, silenziosamente, come sappiamo, seppero scrivere pagine di profonda dedizione alla Patria nell’impari lotta contro la Royal Navy. Punta Stilo è ricordata come uno scontro in cui non vi furono né vincitori e né vinti. Ci si ricorda soltanto del proietto da 381 che fortunosamente perforò il fumaiolo del Cesare, attraver- sando una riservetta di munizioni contraeree e che si fermò sul lato interno della corazza senza esplodere, ma uccidendo mol- ti uomini mentre si dimentica spesso che il Bolzano ricevette ben cinque proietti da 152 dell’incrociatore Neptune. Ma andiamo a bordo del Bolzano nelle fasi più concitate dello scontro con le parole del diretto protagonista. Viviamo in un’atmosfera resa irrespirabile – narra Armando Traetta - dal fiato di tutti ed i convertitori della centrale del tiro alimentano inverosimilmente il calore soffocante che i ventilato- ri non riescono a neutralizzare. Ad un tratto, una scossa della Nave diversa dalle altre, un grup- A lcune settimane dopo l’inizio della II Guerra Mondiale, il 9 Luglio, la guerra sul mare nel Mediterraneo entrò nel vivo e la flotta italiana si cimentava in uno scontro che la storia della nostra Marina avrebbe definito come la battaglia di Punta Stilo. I fatti salienti dello svolgimento di questo scontro sono noti, come sono noti quelli di tutte le altre battaglie ormai entrati a far parte delle tradizioni storiche della nostra Forza Armata pregni, come sono, di atti d’eroismo sui quali sono stati scritti volumi su volumi. Non sono molto conosciuti, invece, innumerevoli atti di valore o di semplici esempi di altissimo amor patrio, tuttora nascosti nelle pa- gine della microstoria della nostra Marina ad opera di semplici ma- rinai che null’altro chiesero se non di servire con orgoglio la Forza Armata e onorare fino in fondo il loro giuramento sacro alla Patria. È noto che a Punta Stilo vi furono molti Caduti sulla corazzata Ce- sare a causa di un proietto da 381 della Warspite mentre non si menzionano quasi mai i colpi che furono ricevuti dall’incrociato- re Bolzano ed i Caduti di quella sfortunata azione. Proveremo a ricordare i fatti salienti di quello scontro da bordo del- l’incrociatore Bolzano, impegnato con il Trento nella battaglia di Punta Stilo e di ciò che accadde sotto i ponti della sfortunata nave nei momenti più salienti dello scontro allorquando cinque proietti da 152 (e non tre come narrano spesso le cronache correnti) dell’incro- ciatore Neptune colpirono la nave italiana, gli uomini che vi parteci- parono, il profondo senso del dovere dei semplici marinai coinvolti. In particolare ci ha colpito la vicenda di un giovane ventenne molfettese, figlio di una città che da sempre ha dato alla Marina Militare ed a quella Mercantile il fior fiore delle sue forze miglio- ri: ammiragli, ufficiali e comandanti di navi militari e mercantili e tanti, tanti marinai sparsi sui mari di tutto il mondo. Lo faremo attingendo a fonti dirette provenienti da quella lettera- tura che i protagonisti di quelle vicende scrissero con slancio nell’immediato dopoguerra e che oggi è poco ricordata ma dalla quale rileviamo, invece, fatti poco conosciuti ma altrettanto de- gni di essere riesumati e che danno il giusto riconoscimento a sconosciuti marinai, poco più che ragazzi, che seppero morire invece con grande onore. Armando Traetta, ufficiale allo scafo dell’incrociatore Bolzano per diversi anni durante il conflitto, nel 1950 scrive un libro ormai quasi introvabile (1) che narra della sua esperienza a bordo di quella nave e di alcuni suoi giovani marinai di leva che persero la vita eroicamente e che noi, con la necessaria curiosità stori- ca abbiamo letto con estremo interesse constatando quanto sia ancora poco conosciuta la microstoria della nostra Marina du- rante l’ultima tragedia bellica che tanto ci avvince nonostante i quasi sette decenni trascorsi. Quest’ufficiale è profondamente segnato dalle vicende belliche, nonostante egli appartenga ad una generazione di ufficiali cre- sciuti nel “ventennio” sotto casa Savoia e moralmente legati ad una marcata concezione di amor patrio e senso del dovere. Molti nomi che ricorrono nelle pagine non sono scritti per intero non essendo stato autorizzato a farlo. I nomi dei morti, quelli sì narra Traetta nella premessa – sono scritti per intero. Ma, pur- troppo non sono tutti, perché da soli basterebbero a riempire un libro ben più ponderoso di questo. Gli altri li ho qui, nel cuore!... Ebbene, sono questi anonimi che io voglio portare alla ribalta con questo libro. Voglio vestirli dei loro panni, dare loro un no- me, il proprio nome, e portarli davanti al pubblico perché siano 28 Marinai d’Italia Testimonianze Il marinaio DAMIANO ALTOMARE Eroe a Punta Stilo Pasquale B. Trizio Presidente del Gruppo di Bari Il Bolzano nel 1938, in una foto scattata da Aldo Fraccaroli (Foto A. Fraccaroli, coll. M. Brescia) Il Bolzano con la colorazione del luglio 1940 (profilo di Paola Zaio) La mia voce – continua la narrazione di Armando Traetta – per quanti sforzi io faccia per renderla calma, trema sì che appena riconosco il suono delle parole che pronunzio. - Pronto? Prima zona?...Niente di nuovo?..Pronto! sì un colpo sulla volata del cannone della torre 2. Un morto in torre. Il resto tutto bene. Ha inizio il triste bilancio. Pronto?...Seconda zona?....Riferite! Pronto!....Niente da segnalare. Anche la Terza zona non ha nulla da riferire. La Quarta zona, in- vece, dà le notizie più dolorose. Un colpo nel locale 6 a sinistra. Un morto e quindici feriti di cui due gravi, già trasportati in ospedale di combattimento. Chi saranno i morti?....e chi i feriti? Mi sfilano rapidamente nella mia mente le figure del personale destinato nei luoghi colpiti. Chi di loro ha offerto il primo sangue alla Patria? La battaglia si placa ma il posto di combattimento non è ancora cessato. - Come va, ragazzi?...Sempre in gamba!? - Chi è morto?... Il fuochista Balestra Cosimo. - Dov’era? - Laggiù. La visita dell’ufficiale allo scafo continua verso prora, tra i vari fe- riti cui infonde coraggio e speranza di pronta guarigione. po di lampadine che si spengono, l’indicatore del timone che oscilla rapidamente da 0° a 180°, la bussola che segue una con- versione a sinistra, un telefono che squilla, ci danno la sensazio- ne che la Nave sia stata colpita. Uno dei proietti provoca l’avaria al timone che costringe la nave ad una evoluzione completa. Subito dopo l’avaria è riparata. Nove minuti è durata l’avaria. Nove minuti!....E mi erano sembra- ti nove ore!.... Da un’altra parte il Tenente medico chiede d’ur- genza l’intervento del Maggiore nell’ospedale di Combattimento. Il Maggiore parte. Ci guardiamo in viso senza parlare perché il pallore che ci ha scoloriti è il linguaggio più eloquente. Al di là dell’euforia della battaglia, delle evoluzioni cinematiche, dei calcoli e della competizione che pervade chiunque in un con- fronto anche bellico, l’altra faccia della battaglia si presenta ine- sorabile quasi a chiedere un tributo che si annuncia doloroso e sconvolgente. A chi è toccato? Dopo che la nave riprende la sua rotta e mentre giunge smorza- ta l’eco delle ultime bordate e la battaglia volge al termine è ine- vitabile che si tirino le somme dello scontro. Il Duce a bordo del Bolzano. Alla sua sinistra il Com.te Tratta e, a sinistra di quest’ultimo il suo fuochista Damiano Altomare (p.g.c. Fam.Damiana Sallustio-Altomare) (1) Tratta Armando. Vento in prora. Roma. Ed. l’Arnia, 1950

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Marinai d’Italia 29

visti, finalmente, con le loro sofferenze, le loro ferite, con i sacri-fici e gli eroismi che a me, ed a quelli che vissero come me, li re-sero indimenticabili.Cosa spinse Armando Traetta a dedicare il suo libro Ai mieimarinai morti? Non è difficile immaginarlo.Questi “suoi” Caduti egli li sente vicini perché appar-tengono al suo reparto; egli ne è il responsabile nonsolo per ciò che concerne la preparazione professio-nale ma ne sente la responsabilità morale, anche esoprattutto nei riguardi delle famiglie che gli hanno affidato i lorofigli e che sente di proteggere fino in fondo.Ma a Punta Stilo, di fronte alla cruda realtà della guerra, quel-l’invisibile ma solido legame che lo lega ai suoi marinai inizia avacillare fino a condizionargli il resto della vita ed a legare sem-pre più la sua persona ed i suoi marinai al Bolzano che diventa,infine, il vero protagonista del racconto. È in questo frangente che si compie il destino dei primi Caduti inbattaglia ed uno dei primi episodi di puro orgoglio patriottico deimarinai italiani che, silenziosamente, come sappiamo, sepperoscrivere pagine di profonda dedizione alla Patria nell’impari lottacontro la Royal Navy.Punta Stilo è ricordata come uno scontro in cui non vi furononé vincitori e né vinti. Ci si ricorda soltanto del proietto da 381che fortunosamente perforò il fumaiolo del Cesare, attraver-sando una riservetta di munizioni contraeree e che si fermò sullato interno della corazza senza esplodere, ma uccidendo mol-ti uomini mentre si dimentica spesso che il Bolzano ricevetteben cinque proietti da 152 dell’incrociatore Neptune.Ma andiamo a bordo del Bolzano nelle fasi più concitate delloscontro con le parole del diretto protagonista.Viviamo in un’atmosfera resa irrespirabile – narra ArmandoTraetta - dal fiato di tutti ed i convertitori della centrale del tiroalimentano inverosimilmente il calore soffocante che i ventilato-ri non riescono a neutralizzare.Ad un tratto, una scossa della Nave diversa dalle altre, un grup-

A lcune settimane dopo l’inizio della II Guerra Mondiale, il9 Luglio, la guerra sul mare nel Mediterraneo entrò nelvivo e la flotta italiana si cimentava in uno scontro che

la storia della nostra Marina avrebbe definito come la battagliadi Punta Stilo.I fatti salienti dello svolgimento di questo scontro sono noti, comesono noti quelli di tutte le altre battaglie ormai entrati a far partedelle tradizioni storiche della nostra Forza Armata pregni, comesono, di atti d’eroismo sui quali sono stati scritti volumi su volumi.Non sono molto conosciuti, invece, innumerevoli atti di valore o disemplici esempi di altissimo amor patrio, tuttora nascosti nelle pa-gine della microstoria della nostra Marina ad opera di semplici ma-rinai che null’altro chiesero se non di servire con orgoglio la ForzaArmata e onorare fino in fondo il loro giuramento sacro alla Patria.È noto che a Punta Stilo vi furono molti Caduti sulla corazzata Ce-sare a causa di un proietto da 381 della Warspite mentre non simenzionano quasi mai i colpi che furono ricevuti dall’incrociato-re Bolzano ed i Caduti di quella sfortunata azione. Proveremo a ricordare i fatti salienti di quello scontro da bordo del-l’incrociatore Bolzano, impegnato con il Trento nella battaglia diPunta Stilo e di ciò che accadde sotto i ponti della sfortunata navenei momenti più salienti dello scontro allorquando cinque proietti da152 (e non tre come narrano spesso le cronache correnti) dell’incro-ciatore Neptune colpirono la nave italiana, gli uomini che vi parteci-parono, il profondo senso del dovere dei semplici marinai coinvolti.

In particolare ci ha colpito la vicenda di un giovane ventennemolfettese, figlio di una città che da sempre ha dato alla MarinaMilitare ed a quella Mercantile il fior fiore delle sue forze miglio-ri: ammiragli, ufficiali e comandanti di navi militari e mercantili etanti, tanti marinai sparsi sui mari di tutto il mondo.Lo faremo attingendo a fonti dirette provenienti da quella lettera-tura che i protagonisti di quelle vicende scrissero con slancionell’immediato dopoguerra e che oggi è poco ricordata ma dallaquale rileviamo, invece, fatti poco conosciuti ma altrettanto de-gni di essere riesumati e che danno il giusto riconoscimento asconosciuti marinai, poco più che ragazzi, che seppero morireinvece con grande onore.Armando Traetta, ufficiale allo scafo dell’incrociatore Bolzanoper diversi anni durante il conflitto, nel 1950 scrive un libro ormaiquasi introvabile (1) che narra della sua esperienza a bordo diquella nave e di alcuni suoi giovani marinai di leva che perserola vita eroicamente e che noi, con la necessaria curiosità stori-ca abbiamo letto con estremo interesse constatando quanto siaancora poco conosciuta la microstoria della nostra Marina du-rante l’ultima tragedia bellica che tanto ci avvince nonostante iquasi sette decenni trascorsi.Quest’ufficiale è profondamente segnato dalle vicende belliche,nonostante egli appartenga ad una generazione di ufficiali cre-sciuti nel “ventennio” sotto casa Savoia e moralmente legati aduna marcata concezione di amor patrio e senso del dovere. Molti nomi che ricorrono nelle pagine non sono scritti per interonon essendo stato autorizzato a farlo. I nomi dei morti, quelli sì –narra Traetta nella premessa – sono scritti per intero. Ma, pur-troppo non sono tutti, perché da soli basterebbero a riempire unlibro ben più ponderoso di questo. Gli altri li ho qui, nel cuore!...…Ebbene, sono questi anonimi che io voglio portare alla ribaltacon questo libro. Voglio vestirli dei loro panni, dare loro un no-me, il proprio nome, e portarli davanti al pubblico perché siano

28 Marinai d’Italia

Testimonianze

Il marinaio DAMIANO ALTOMAREEroe a Punta Stilo

Pasquale B. Trizio

Presidente del Gruppo di Bari

Il Bolzano nel 1938,in una foto scattatada Aldo Fraccaroli

(Foto A. Fraccaroli,coll. M. Brescia)

Il Bolzano con la colorazionedel luglio 1940

(profilo di Paola Zaio)

La mia voce – continua la narrazione di Armando Traetta – perquanti sforzi io faccia per renderla calma, trema sì che appenariconosco il suono delle parole che pronunzio.- Pronto? Prima zona?...Niente di nuovo?..Pronto! sì un colposulla volata del cannone della torre 2. Un morto in torre.Il resto tutto bene.Ha inizio il triste bilancio.Pronto?...Seconda zona?....Riferite!Pronto!....Niente da segnalare.Anche la Terza zona non ha nulla da riferire. La Quarta zona, in-vece, dà le notizie più dolorose.Un colpo nel locale 6 a sinistra.Un morto e quindici feriti di cui due gravi, già trasportati inospedale di combattimento.Chi saranno i morti?....e chi i feriti?Mi sfilano rapidamente nella mia mente le figure del personaledestinato nei luoghi colpiti. Chi di loro ha offerto il primo sanguealla Patria?La battaglia si placa ma il posto di combattimento non è ancoracessato.- Come va, ragazzi?...Sempre in gamba!?- Chi è morto?... Il fuochista Balestra Cosimo.- Dov’era?- Laggiù.La visita dell’ufficiale allo scafo continua verso prora, tra i vari fe-riti cui infonde coraggio e speranza di pronta guarigione.

po di lampadine che si spengono, l’indicatore del timone cheoscilla rapidamente da 0° a 180°, la bussola che segue una con-versione a sinistra, un telefono che squilla, ci danno la sensazio-ne che la Nave sia stata colpita.Uno dei proietti provoca l’avaria al timone che costringe la navead una evoluzione completa. Subito dopo l’avaria è riparata.Nove minuti è durata l’avaria. Nove minuti!....E mi erano sembra-ti nove ore!.... Da un’altra parte il Tenente medico chiede d’ur-genza l’intervento del Maggiore nell’ospedale di Combattimento.Il Maggiore parte. Ci guardiamo in viso senza parlare perché ilpallore che ci ha scoloriti è il linguaggio più eloquente.Al di là dell’euforia della battaglia, delle evoluzioni cinematiche,dei calcoli e della competizione che pervade chiunque in un con-fronto anche bellico, l’altra faccia della battaglia si presenta ine-sorabile quasi a chiedere un tributo che si annuncia doloroso esconvolgente.A chi è toccato?Dopo che la nave riprende la sua rotta e mentre giunge smorza-ta l’eco delle ultime bordate e la battaglia volge al termine è ine-vitabile che si tirino le somme dello scontro.

Il Duce a bordo del Bolzano. Alla sua sinistra il Com.te Tratta e,a sinistra di quest’ultimo il suo fuochista Damiano Altomare

(p.g.c. Fam.Damiana Sallustio-Altomare)

(1) Tratta Armando. Vento in prora. Roma. Ed. l’Arnia, 1950

Qui, nell’infermeria, il dramma della battaglia si fa più tragico eraggiunge l’apice più doloroso.Mi avvicino al tavolo operatorio su cui è steso un mio fuochi-sta artefice, Altomare Damiano, sul cui corpo, sino a quel mo-mento, si sono accaniti, nel vano tentativo di strapparlo allamorte, i due dottori. Una grossa scheggia gli ha reciso di nettouna gamba ed un’altra lo ha colpito al basso ventre destinan-dolo a morte sicura.Il suo viso è terreo e lo sguardo è vago, assente, come se la suaanima sia di già tanto lontana, al di là di quel cerchio di uominiche ancora lo torturano….Al contatto della mia mano gira gli oc-chi, mi guarda ed il suo sguardo, nell’incontrare il mio, sembrache si animi di nuova luce.Tento di pronunciare qualche parola. Ma che dire?... Il morentescuote la testa con un tenue sorriso amaro che vorrebbe direche è inutile perché lui sa…Solleva la mano lentamente in cerca della mia, la trova, la strin-ge e mi obbliga a chinarmi un poco più su di lui.Capisco che vuol dirmi qualche cosa e mi chino fino a sfiorarglila guancia. E in un soffio, con un impercettibile movimento dellelabbra, mi dice:Voglio scrivere….Un infermiere mi porge una matita ed un foglio di carta sopra unatavoletta. Aiutato dai dottori lo sollevo sul tavolo operatorio,prende la matita in mano e, sempre più lentamente, con una cal-ligrafia tremula e tenue, scrive:< Mamma, sono quasi contento di morire così. Baci da….>Non termina il suo nome. Cade riverso e la matita traccia sulfoglio una lunga riga sulla quale sembra che la sua anima siapassata.La nostra nave ha avuto il suo primo eroe!....All’una il Bolzano finalmente rientra a Messina. La nave se-gnala di avere a bordo morti e feriti e riceve la precedenza nel-l’ormeggio.Appena ultimata la manovra di ormeggio viene ordinata l’assem-blea generale a poppa per rendere l’estremo saluto ai morti chelasciano la Nave, per sempre!...Passano le salme dei Caduti avvolti nel tricolore. Esse riposeran-no nel cimitero di Messina, in un angolo ameno opportunamen-te individuato dal Comando di bordo.

Il compito dell’ufficiale allo scafo non termina qui. Tutti coloroche hanno calcato la coperta di una nave militare sanno quantadedizione viene rivolta dallo Stato Maggiore della nave nei ri-guardi dei marinai loro affidati e delle loro famiglie e, in guerra,questo aspetto assume un valore ancor più sentito.Armando Traetta, ufficiale allo scafo del Bolzano, ora deve com-piere il suo ultimo dovere, quello di comunicare alla famiglia ildecesso del giovane.- Sono arrivato qui (a Molfetta, n.d.r.) da qualche ora per compie-re una dolorosa missione affidatami dal Comando di bordo. Ho conme, chiuso in una cornice d’argento, il foglio intriso di sangue sucui Altomare scrisse, morendo, le parole che, accomunando l’af-fetto materno all’amore di Patria, santificarono il sacrificio dellasua giovane vita. Il Comandante, volendo esprimere ai famigliari ilriconoscimento dell’eroismo di questo suo marinaio, ha voluto cheio, a nome di tutto l’equipaggio, portassi alla madre lontana l’ulti-ma espressione di vita e l’ultimo bacio del figlio scomparso.Sono arrivato in questa cittadina adriatica dopo un lungo e fatico-so viaggio. È Domenica. Il palazzo del Comune è chiuso. Ho chie-sto allora del Segretario Politico, l’ho trovato alla sede del Fascioe ci siamo recati insieme alla Segretaria del Gruppo Femminile.- Capirete…in queste cose ci vogliono le donne. Sono più adat-te. La madre dell’Altomare, poi, è tanto malata, poveretta!...Pur-troppo già cinque famiglie del paese sono state colpite dal luttoin questi giorni!...- Tutti in Marina….?- Tutti in Marina. Il nostro è un porto di mare e le classi danno lamaggior parte dei giovani alla leva di mare.La segretaria del fascio è una donnetta di mezza età, grassocciae modesta.- Anch’io sono madre e so cosa significhi perdere un figlio diventi anni… D’altra parte come si fa?...Bisogna bene che qual-

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cuno si incarichi di questa dolorosa missione…Pietà Cristiana!...Un carabiniere si è unito al nostro gruppo per dare carattere dimaggiore ufficialità alla cerimonia.L’insolito corteo provoca qualche commento e qualcuno salutacon una compostezza che sa di cordoglio.Via Cappellini 7. Saliamo le scale buie di una modesta casetta.Bussiamo…Ci viene ad aprire una ragazza bruna, pallida, vesti-ta di nero, sul cui volto le recenti lacrime hanno lasciato visibilitracce. Al vederci intuisce lo scopo della nostra visita e scoppiain un pianto convulso che invano cerca di soffocare dietro unfazzoletto listato di nero. Una voce si leva dalla camera attigua,la giovane trasale, cerca di ricomporsi, asciuga rapidamente lesue lacrime e si avvia facendoci cenno di seguirla.Entriamo.Su un gran letto bianco, sperduta tra le pieghe delle lenzuola,giace la madre. Nel vedermi tenta di sollevarsi sui gomiti male forze le mancano e mi cade tra le braccia soffocata daisinghiozzi e presa da un tremito che non è di freddo.La commozione, ad un tratto, rompe gli argini della mia abitua-le compostezza, una tenerezza infinita mi prende per quellamadre, per quel pianto convulso che è come il pianto di millemadri, stringo inconsapevolmente tra le braccia quel poveroessere scarnito dalle sofferenze e spremo sul suo capo le mielacrime incontenibili, essenza di tutta la mia amarezza e di tut-ta la mia pena.- Si calmi, signora….La prego…Lei è ancora tanto sofferente.Potrebbe farle male…Il suo pallore cadaverico è, infatti, impressionante.- Che m’importa?...Morire voglio!...Morire!...Ora è più calma. Giace quasi esanime nel gran letto dentro cuisi perde e guarda lontano davanti a se, mentre grosse lacrimele rigano il volto e vanno silenziosamente ad espandersi sulguanciale.- Ditemi, come è morto…Ha sofferto, vero ?....- Non ha sofferto, signora…mi creda…È stato immediato.Che dirle?... Posso raccontarle la sua cosciente agonia durataoltre un’ora?Voi non mi dite la verità….lo sento…Ma ve ne scongiuro, ditemicom’è morto.Glielo assicuro, signora. …Non ha quasi avuto il tempo di soffrire.Dove è stato colpito?....Voi l’avete visto, vero?Un attimo di esitazione.Qui alla testa.Dov’è sepolto?...A Messina, in un angolo tutto verde del cimitero. Stiamo provve-dendo alla lapide per la sua tomba. Appena sarà sistemata lemanderò una fotografia del tumulo.Ecco i casi della vita! Una persona che da viva era fuori dal no-stro piccolo mondo, da morta, ad un tratto, viene a porsi in mez-zo ai nostri atti, ai nostri pensieri con una forza improvvisa e te-nace. Altomare, ad esempio, da vivo era uno dei tanti tra i qua-li dividevo il mio affetto e le mie quotidiane cure e che, una vol-ta sbarcato, sarebbe uscito dalla mia memoria come tutti quel-li che il destino pose su di un tratto più o meno lungo della miavita; da morto, invece, s’è inserito con tutta la sua vita passatanel mio ricordo, così che io non potrò disgiungere il suo volto, ilsuono della sua voce, quella sua mano tremante nell’atto di

tracciare quelle povere parole su quel foglio intriso di sangue,dal ricordo di questo movimentato periodo della mia vita.Armando Traetta a bordo del suo Bolzano, così come narra il suotoccante racconto, vivrà altri difficili momenti in cui proverà il dolo-re fisico che lo condizionerà sino in fondo nella sua vita di uomo dimare. Ciò che, invece, egli ricorderà sempre, è la sua bella nave acui, del resto, ciascun uomo di mare è legato per essere, in parti-colari momenti della vita, la sua casa, la sua Terra, la sua Patria.Con la necessaria curiosità e con il vivo desiderio di riscoprirefatti rilevanti ma poco conosciuti sui nostri Marinai in guerra, ab-biamo proseguito le ricerche per incontrare il fuochista Altoma-re a Messina, nella sua ultima dimora.Nonostante il contributo spontaneo e fattivo del Vice Presidentedel gruppo ANMI di Messina, il Com.te Luciano Grazioli che, consincero slancio, preso com’è stato dalla commovente storia haricercato presso il cimitero di Messina ed il sacrario militare diCristo Re la salma del povero Altomare, questa non era più aMessina ma, come egli scoprì, era stata trasferita a Bari.La ricerca, dunque, doveva essere proseguita presso il Sacrariodei Caduti d’Oltremare della città pugliese ove il solerte custode,con una breve interrogazione, finalmente gettava piena luce sul-la collocazione della salma del fuochista Damiano Altomare.Essa era stata tumulata da Onor Caduti presso il Sacrario d’Ol-tremare ma, su richiesta della famiglia, successivamente trasla-ta nel cimitero di Molfetta, sua città natale, ove riposa insieme atanti altri suoi compagni caduti in guerra sul mare.

Un’aggiunta informativa del custode del Sacrario, infine, ci comuni-cava che Damiano Altomare è medaglia d’argento al V.M.! La Patria,la sua Patria, non ha mancato di riconoscergli un’onorificenza tra lepiù alte mentre la città di Molfetta gli ha intitolato una strada.

n

Testimonianze

Sul Bolzano torre 1da 203/50, schegge

(Collez ANMI - Fondo Castegnaro)

Il Bolzano e la I DIV

(Collez. ANMIFondo Castegnaro)

Il foglio, intriso di sangue, sul quale Damiano Altomare,ormai morente, scrive alla mamma lontana

(p.g.c. Fam.Damiana Sallustio-Altomare)