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ualità Q 2 Il manuale dell’allevatore per il benessere della Lola Come prendersi cura della Lola per produrre latte di alta qualità: la struttura, la gestione e l’alimentazione A lta Manuale per la produzione di latte certificato alta qualità e biologico

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Il manualedell’allevatore

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Come prendersi cura della Lolaper produrre

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Manuale per la produzione di latte certificato alta qualità e biologico

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IInndd iiccee

Prefazione 5Introduzione 6

FRANCO SANGIORGI

Fabbricati e impianti per l’allevamento dei bovini da latte

1 - Premessa 92 - Generalità 133 - Strutture e attrezzature per le diverse categorie di bovini 264 - Il costo della stalla 51Allegato A 54Allegato B 60Allegato C 71Allegato D 73Allegato E 75

MAURO CODELUPPI

Gestione allevamento vacche da latte

Premessa 811.0 - Le razze vacche da latte 812.0 - Il benessere 833.0 - La gestione dell’allevamento 844.0 - L’autocontrollo 845.0 - Organizzazione aziendale i compiti del personale 85

Prima parte 861.0 - Il ciclo biologico 862.0 - Fecondazione 863.0 - L’inseminazione 874.0 - Il calore 875.0 - La gravidanza 886.0 - L’asciutta 897.0 - Il parto 898.0 - La vitella 909.0 - Organizzazione aziendale 92

Seconda parte 931.0 - Le patologie podali 932.0 - Body Condition Score (BCS) negli allevamentidi vacche da latte 943.0 - I dati negli allevamenti di vacche da latte 954.0 - I dati produttivi 975.0 - I dati delle cellule individuali 976.0 - I dati riproduttivi 98

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PAOLO PEZZI

L’alimentazione delle bovine e la qualità del latte

Introduzione 105Parte prima - Gli alimenti 105Parte seconda - La gestione dell’alimentazione 113Parte terza - Alcuni consigli 118

ANDREA BORSARI

Granarolo e la passione per l’alta qualità

Profilo del Gruppo Granarolo S.p.a. 125La Mission di Granarolo 126Politica della Qualità del latte 127Politiche di qualità e sistemi di gestione certificati 127Filiera controllata e rintracciabilità di filiera 129Ricerca e Sviluppo e Innovazioni tecnologiche 130

Principali riferimenti bibliografici 133“Parole chiave” 135

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PPrreeffaazziioonnee

Sui testi di zootecnia si afferma che:Ambiente, GeneticaAlimentazionesono i fattori che condizionano le performance produttive dei nostri allevamenti.Condividiamo naturalmente questa impostazione, ma, il risultato che ottiene l’allevato-

re, è dato soprattutto dalla capacità e dalla sensibilità che dimostra, nel saper gestire la com-binazione di questi tre fattori.

I temi affrontati in questa pubblicazione, si pongono l’obiettivo di essere esposti in manie-ra comprensibile alla vasta platea degli allevatori e tecnici, ed anche di suggerire modalitàpratiche e semplici di organizzazione del lavoro.

La condizione di benessere, per le vacche da latte, non deve essere perseguita solo per moti-vi di etica, ma perché influisce in modo determinante sulla durata della sua carriera pro-duttiva.

Siamo sempre più consapevoli che sui costi di produzione e sul reddito netto dell’alleva-tore influisce sempre più il costo della “rimonta”, tanto più quanto si riduce anche il valoredella vacca così detta a “fine carriera”.

Ci auguriamo che questa pubblicazione aiuti ad aumentare anche la longevità produt-tiva della Lola, con soddisfazione della stessa Lola, ma anche del suo allevatore.

Ringraziamo:- Andrea Formigoni Preside della Facoltà di Medicina Veterinaria Teramo- Franco Sangiorgi dell’Istituto di Ingegneria Agraria Facoltà di Agraria Milano- Giacomo Pirlo Direttore Sezione operativa vacche da latte CR, nonché Direttore inca-

ricato dell’Istituto Sperimentale per la Zootecnia Tor Mancina Roma- Paolo Pezzi, Dipartimento di Morfofisiologia e Produzioni Animali della Facoltà di

Medicina Veterinaria Bologna- Andrea Borsari, Direttore Ricerca e Sviluppo Assicurazione Qualità di Granarolo s.p.a. e naturalmente gli instancabili ed entusiasti Mauro Codeluppi, zootecnico di grande

esperienza, ed Eugenio Melotti per l’impegno nella stesura e coordinamento profuso per larealizzazione di questa pubblicazione.

p. Granlatte Consorzio CooperativoL’Amministratore Delegato

Dott. Valerio Orlandini

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IInnttrroodduuzziioonnee

Nella nostra attività professionale tutti i giorni tesa al miglioramento della qualità dellatte e sempre più viva per l’applicazione della filiera controllata che Granlatte gestisce quo-tidianamente assieme ai suoi produttori associati, ci siamo resi conto che sia i tecnici, che gliallevatori sono sempre più trascinati dalle nuove tecnologie, e dalle tendenze del mercato, peridentificare gli elementi e le strategie per risolvere problemi alla mancata qualità del latteprodotto in allevamento.

Molte di queste tecniche sono prive di base scientifica e non applicabili in tutte le realtàaziendali.

In molti casi sono soluzioni costose, antieconomiche e portano a scarsi risultati.

Abbiamo quindi pensato che era necessario elaborare un manuale che fosse capacedi fornire in maniera semplice ed agile a tutti gli allevatori, e ai tecnici che li assistono,

semplici indicazioni pratiche, comprovate da sperimentazioni scientifiche, applicabili nellediverse realtà del nostro paese dove abbiamo disseminati i nostri associati.

Alcuni argomenti e indicazioni, possono essere interpretate come generiche. E’ stato fatto appositamente, per creare le condizioni, agli allevatori e ai tecnici, di poter

discutere le problematiche e le esigenze di ogni singola azienda con veri professionisti esperti.E’ risaputo, che per produrre latte di qualità, le vacche devono vivere nelle migliori con-

dizioni di benessere.Abbiamo identificato, tra i fattori, che intervengono a limitare lo stress alle vacche da lat-

te sia per latte di alta qualità che biologico, le strutture, i locali e le attrezzature di stalla, lemodalità di gestione della mandria e i sistemi e modalità di alimentazioni con alcuni con-sigli e accorgimenti.

L’argomento strutture stalla si è voluto affrontare, in quanto sono frequenti grossi inve-stimenti per soluzioni di strutture inadeguate alle vacche da latte, con la conseguente scarsaqualità del latte.

Mentre le problematiche gestionali, come le modalità di alimentazione, sono aspetti dovel’allevatore può intervenire, senza grossi investimenti, e, in breve tempo può migliorare laqualità del latte.

Produrre latte diventa sempre più difficile, dobbiamo evitare le scelte tecniche inadegua-te e investimenti errati.

Responsabile Qualità GranlatteDottor Eugenio Melotti

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Fabbricati e impiantiper l’allevamento dei bovini

da latte

FRANCO SANGIORGIIstituto di Ingegneria Agraria, Facoltà Agraria, Milano

1 – Premessa

L’allevamento bovino è da sempre sta-to considerato come un vero e propriosistema per convertire foraggi non altri-menti utilizzabili in alimenti ad alto valo-re biologico, principalmente latte e carne.E’ soprattutto la produzione di latte cheha caratterizzato lo sviluppo della zootec-nia nel corso dei secoli essendo, in passa-to, marginale il consumo della carne perl’alimentazione umana. Produrre latteoggi non ha, però, più lo stesso significatoche aveva in passato perché è cambiato ilcontesto nel quale avviene il processo pro-duttivo. Basti pensare al semplice fattoche, un tempo, la produzione di lattebovino veniva essenzialmente dedicata allatrasformazione in formaggio mentre ilconsumo di latte crudo era marginale.

Formaggio e latte rimanevano, comun-que, in un ambito di commercializzazioneassolutamente circoscritto (l’azienda, ilpiccolo paese) causa le difficoltà di conser-vazione (Figura 1).

Quel contesto è andato, soprattuttonel corso dell’ultimo secolo, modificando-si radicalmente e oggi si tende a produrreun latte con caratteristiche standard, buo-no per essere destinato a qualunque tipodi produzione e lavorato anche a grande ograndissima distanza dal luogo di produ-zione.

Se da una parte ciò ha comportato unampliamento del mercato, con positivibenefici per il produttore, dall’altra haesposto il produttore stesso alla concor-renza nazionale e internazionale facendo-gli mutare anche il rapporto con il conte-sto agricolo di riferimento.

Figura 1 – Tipica cascina lombarda con allevamento vacche per la produzione di latte

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Tutto questo ha comportato, a sua vol-ta, la necessità di ridurre i costi di produ-zione, attraverso l’incremento della pro-duzione per capo, la riduzione del fabbi-sogno di manodopera, l’aumento dellaconsistenza dell’allevamento, ma ha anchecomportato danni all’ambiente per l’alte-razione del rapporto fra superficie agrico-la e capi allevati.

In questo contesto si inserisce anche ilproblema della sicurezza per gli addetti ela salubrità dell’ambiente di lavoro.

Si comprende, pertanto, che oggi nonha più senso settorializzare l’intervento,preoccupandosi di uno o dell’altro fattoresuindicato, ma occorre considerare la pro-duzione di latte come un insieme indivisi-bile in cui la variazione di ciascun ele-mento influenza positivamente o negati-vamente gli altri elementi che entrano nelprocesso produttivo.

Ridurre i costi di produzione significaottimizzare l’impiego dei mezzi tecniciimmessi nel processo produttivo e quindiscegliere macchine, attrezzature e impiantima anche mangimi ecc. idonei per il con-testo in cui opera l’azienda. Significa ancheottimizzare l’impiego della manodoperaassegnando agli addetti un carico di lavorosopportabile, tale da non creare conflittua-lità fra le mansioni loro assegnate.

Nella definizione di quote di ammor-tamento sostenibili un ruolo importante ègiocato dalle modalità di realizzazionedegli impianti e dei fabbricati in cui devo-no essere inseriti.

Se, da una parte, per tener basse lequote si deve spendere il meno possibile,dall’altra occorre fare i conti con la manu-tenzione che, se eccessiva, può risultareeffettivamente fastidiosa, e con l’apprezza-mento per “l’ambiente” in cui si lavora.Spesso si è detto che una sala di mungitu-ra deve essere progettata per durare circa10 anni, tuttavia l’esperienza dimostra chese questo è già poco probabile per gliimpianti lo è ancor meno per la parte edi-ficata. Allora la sfida per i progettisti èquella di creare edifici facilmente alterabi-li e altrettanto facilmente arredabili inrelazione alle mutate esigenze della produ-zione. Gli sforzi finora fatti di realizzaredelle vere e proprie “scatole” modulariprefabbricate non hanno avuto l’impattodesiderato per la incompletezza, in termi-ni di flessibilità, del sistema proposto(anche dal punto di vista impiantistico).

Sempre in questo ambito va conside-rato anche il fatto che il sistema produtti-vo va ottimizzato rispetto alle condizionidell’azienda (non si può intervenire su unsolo componente) e dell’area (la disponi-

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Figura 2 – Il robot di mungitura determina nuovi scenari di produzione e di progettazione degli allevamenti

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bilità di manodopera, di acqua, di energiaelettrica, di rete fognante, di strade ecc.)sono tutti elementi che influenzano diret-tamente le scelte da effettuare.

Ridurre il fabbisogno di manodoperasignifica studiare il processo produttivo ecercare di semplificarlo nella misura mas-sima possibile (si pensi, a esempio, alrisparmio di tempo connesso con l’intro-duzione dell’unifeed che rappresenta unasemplificazione della alimentazione sia dalpunto di vista dei componenti sia da quel-lo della preparazione e somministrazionedella razione) oppure al processo di mun-gitura in impianti dotati di dispositivi distacco automatico ecc.

Naturalmente esiste anche una ulte-riore strada da percorrere ed è quella dellarobotizzazione, ovvero della sostituzionedella manodopera con opportune macchi-ne. Si tratta di una strada, al di là degliaspetti economici, da intraprendere concautela perché richiede all’allevatore undiverso tipo di preparazione. (Figura 2).

Aumentare le produzioni per capo, èsicuramente il mezzo più immediato percomprimere a livelli ragionevoli l’inciden-za dei costi di produzione sul litro di latteprodotto. Senza entrare nel merito dellaformulazione della razione alimentare e inquello della gestione della riproduzione,occorre considerare l’influenza che edifici,impianti e gestione hanno su questoaspetto. L’edificio, infatti, oltre a proteg-gere le bovine in modo adeguato dal solee dalle alte temperature e, in certe aree,dal vento, deve anche essere concepito inmodo da consentire un livello minimo dicontrollo igienico, facilitando l’allontana-mento delle deiezioni (pavimento fessura-to, ruspette ecc.) o il loro mascheramento(lettiere ecc.).

Ma la stalla deve essere concepita inmodo tale da facilitare anche il movimen-to degli animali e da garantire loro l’acces-so alle aree di alimentazione e abbeverata.

Una stalla moderna che si propone diaumentare o mantenere al massimo livello(ovvero consentire a tutte le bovine diesprimere il massimo potenziale produtti-vo) la produzione di latte, non può fare ameno di dotarsi di un opportuno sistemadi sensori che raccolga dati provenienti,oltre ché dalla sala di mungitura, anchedall’ambiente di allevamento (temperatu-

ra e umidità dell’aria, velocità del vento) eli invii a un elaboratore dotato di idoneosoftware, in grado di riformulare conti-nuamente la razione fornendo indicazionisia alle macchine (unifeed, autoalimenta-tori) sia agli addetti (gestione giornalieradell’allevamento) (Figura 3).

Accanto al problema dell’aumento del-la produzione vi è quello della necessità diraggiungere obiettivi qualitativi minimibasati sul contenuto di grassi e proteinema anche su indicatori dello stato sanitariodelle mammelle (cellule) o della gestioneigienica (carica batterica). Si tratta di con-dizioni non facilmente raggiungibili senon si tiene sotto stretto controllo tutto ilsistema allevamento. Peraltro, l’abbassa-mento della conta cellulare può essereeffettuato sia agendo sulla rimonta (elimi-nazione animali con carica elevata) siasoprattutto operando a livello di mungitu-ra e di gestione dell’allevamento.

Non è pensabile riuscire ad abbassarela conta cellulare senza drastici interventia livello gestionale ma questi interventipresuppongono la presenza di efficientiservizi di assistenza tecnica o una idoneaformazione dell’allevatore.

Ridurre i danni all’ambiente è diven-tato, assieme all’obiettivo di produrre piùlatte al costo minore un ulteriore elemen-to di sfida per l’allevatore. Ciò in quantola tendenza a sovradimensionare la man-dria rispetto alla capacità di mantenimen-to dell’azienda, fa sì che si producanoquantità di reflui eccedenti il fabbisognodelle colture con la conseguenza che partedi essi, se mal gestiti, va ad inquinare leacque superficiali e parte, anche se mino-re, le acque di falda. Una corretta gestione

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Figura 3 – Il computer sta assumendo un ruolo sem-pre maggiore nella gestione della stalla da latte (daWestfalia, 1997)

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dei reflui dovrebbe limitare fortemente idanni ma ciò presuppone l’esistenza diidonee strutture di stoccaggio e distribu-zione e lascerebbe comunque aperto ilproblema delle eccedenze che andrebbero“esportate” in altre aziende prive di alleva-mento. Le aziende che producono lattehanno anche il problema dello smalti-mento delle cosiddette acque derivanti daldilavamento delle aree scoperte o paddocke di quelle provenienti dal lavaggio dellesale di mungitura. Queste acque presenta-no un carico inquinante decisamentemeno elevato rispetto ai liquami zootecni-ci ma pur sempre 10-20 volte superiore aquello di un normale refluo urbano: ciòsignifica che non è possibile scaricarlidirettamente nelle acque superficiali. Lealternative possibili sono due: immetterequeste acque nelle vasche dei liquami,comportando, così, la diluizione di questiultimi e facendo aumentare i costi di dis-tribuzione, oppure trattarle separatamentein appositi impianti estesi o compatti. Inquest’ultimo caso è ovvio che l’obiettivonon può che essere quello di rispettare ilimiti di accettabilità contenuti nelD.L.vo 152/99.

Anche per una corretta gestione deireflui zootecnici è necessaria idonea pre-parazione per poter programmare, sullabase dell’andamento meteo, del tipo disuolo e del grado di sviluppo delle coltu-re, l’ammontare di reflui da spandere inogni momento dell’anno.

La sicurezza, infine, è l’ultima o, for-se, la prima delle sfide che deve affrontarel’allevatore. Lavorare e far lavorare in sicu-rezza la manodopera in un ambiente salu-bre e ben progettato, non solo facilita l’e-secuzione corretta dei compiti assegnatiagli addetti ma permette anche di ridurregli errori. Del pacchetto sicurezza oltre aiproblemi luce, energia, elettrica, umidità,temperatura, rumore, scivolosità ecc.faparte anche la gestione dell’orario di lavo-ro, dei riposi e del numero di operazionirichieste agli addetti. Inoltre, un aspettoparticolare è legato alla trasmissione dimalattie dagli animali all’uomo (zoonosi)e ai traumi derivanti dalla necessità dientrare in stretto contatto con l’animale(zampate, schiacciamento di piedi ecc.).

Il datore di lavoro deve rilevare i peri-coli presenti nell’allevamento e definirne

il livello di rischio, informando gli addet-ti, allo scopo di ridurre la probabilità diavere incidenti o di creare le premesse perla comparsa di malattie professionali.

Occorre considerare che, molto spes-so, la manodopera che lavora in ambitozootecnico è poco qualificata o provieneda culture in cui il rispetto per il lavorato-re viene ancora considerato elemento didisturbo per una “sana” produttività dellavoro.

Riassumendo, l’allevamento dellebovine ha come scopo la produzione dilatte o di carne. Il prodotto principale,anche in relazione alle successive attivitàdi trasformazione, è però il latte.

La produzione di latte, in termini qua-litativi e quantitativi, dipende in largamisura, oltre ché dall’alimentazione, dallagenetica ecc. dall’ambiente, in senso lato,che si viene a creare all’interno della stalla.

Gli aspetti da considerare riguardano:– l’igiene;– l’ambiente fisico;– l’etologia e il benessere animale;– l’organizzazione del lavoro.

Bovine e stalla sono mezzi fisici desti-nati a interagire per raggiungere gli obiet-tivi di produzione prefissati. Ma mentre lebovine vengono progressivamente sosti-tuite, la stalla rimane e qualsiasi difetto alivello progettuale e realizzativo si riper-cuote nel tempo sugli animali, sulla pro-duzione e, in definitiva, sulla gestione(Figura 4).

Occorre, pertanto, avere ben chiari glielementi progettuali da adottare in fase direalizzazione e successiva gestione dellastalla.

La produzione di latte è soggetta aregolamentazione. La normativa di riferi-

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Figura 4 – I difetti nella costruzione della stalla, inquesto caso relativi alla ventilazione, si ripercuotonosugli animali e sulla gestione quotidiana

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mento è il DPR 54 del 14/1/97: regola-mento di attuazione delle direttive 92/46e 92/47 CEE in materia di produzione eimmissione sul mercato di latte e prodot-ti a base di latte.

Il decreto ha lo scopo di garantire l’u-niformità dei controlli alla produzione ealla trasformazione prevedendo requisitistrutturali e igienico-sanitari comuni,definititi tramite la registrazione delle stal-le e il riconoscimento degli stabilimenti.

Ai produttori è lasciata la responsabili-tà primaria del rispetto delle norme,estendendo così il principio dell’autocon-trollo anche alla filiera latte.

2 – GENERALITÀ2.1 - Scelta del sito

Il luogo su cui deve sorgere la stalladeve essere idoneo. Sembra una frasescontata ma basta guardarsi attorno per

capire che non lo è. L’obiettivo che ci sideve porre è pensare al futuro, non repli-care il passato. Occorre, cioè, pensare se sidesidera ingrandirsi e rinnovarsi o se sideve sostituire un edificio ormai decaden-te. Non bisogna aver paura di realizzare lastalla dei sogni o di puntare il più possibi-le ad essa. Il futuro prossimo è rappresen-tabile attraverso lo studio dell’evoluzioneavvenuta negli allevamenti nel corso degliultimi 15 anni. Si ricordano, a questoproposito, alcuni elementi chiave:– passaggio dall’alimentazione tradiziona-

le, con foraggio verde, a unifeed;– incremento di oltre il 30% nella pro-

duttività media delle bovine (oggi, difatto, vicina a 9.000 kg/anno-capo);

– introduzione di sistemi di monitoraggioelettronici della produzione delle bovine,della loro attività e della gestione dell’ali-mentazione individuale o per gruppi;

– legislazione sulla zootecnia biologica e,

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Elemento da considerare Valutazione

SI NO

Acqua• qualità acqua• quantità acqua

(almeno 100 l/capo◊giorno) - - - - - - - -

Evacuazione acque• pendenza - - - - - - - -• orizzonte sottosuperficiale - - - - - - - -• profondità falda - - - - - - - -• presenza zone critiche (pozzi,

corsi d’acqua naturali) - - - - - - - -

Fabbisogno di spazio stalla• zona di riposo - - - - - - - -• zona di mungitura - - - - - - - -• accesso del trasportatore latte - - - - - - - -• movimento bovine - - - - - - - -• trattamento acque luride - - - - - - - -• silo per foraggi - - - - - - - -• ricovero fieno e paglia - - - - - - - -• ricovero macchine - - - - - - - -• sili per cereali - - - - - - - -• bestiame da rimonta - - - - - - - -• stoccaggio reflui - - - - - - - -• distanze antincendio - - - - - - - -• traffico veicoli aziendali - - - - - - - -• parcheggio veicoli - - - - - - - -

Fattori extra-aziendali• leggi e regolamenti edilizi - - - - - - - -• requisiti PRG e PSA - - - - - - - -• distanze da abitazioni, strade,

corsi d’acqua - - - - - - - -• requisiti anti inquinamento - - - - - - - -• isolamento - - - - - - - -• zone di protezione pozzi - - - - - - - -

Elemento da considerare Valutazione

SI NO

Reti di servizio• distanze da rete idrica, gas,

elettricità, fognante, telefonicae strada principale - - - - - - - -

• modalità di collegamento- fuori terra - - - - - - - -- interrate - - - - - - - -

• prevenzione e protezione incendi - - - - - - - -• sicurezza per personale ed estranei - - - - - - - -• protezione da intrusioni esterne - - - - - - - -

Clima• venti prevalenti per la ventilazione - - - - - - - -• formazione cumuli di neve

e loro rimozione - - - - - - - -• problemi da piogge torrenziali - - - - - - - -• orientamento della stalla - - - - - - - -

Reflui• leggi sulla protezione

dall’inquinamento delle acquee dell’aria - - - - - - - -

• ubicazione e drenaggio dellaletamaia - - - - - - - -

• area di stoccaggio - - - - - - - -• valutazione dei suoli in relazione

allo stoccaggio - - - - - - - -• direzione prevalente dei venti in

relazione alla diffusione di odori - - - - - - - -

Ubicazione• rapporto con edifici esistenti

in relazione alle possibilitàdi espansione - - - - - - - -

• distanze che devono esserepercorse dalle bovine - - - - - - - -

TABELLA 1Elementi da considerare per la scelta del sito

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incombente, sul benessere animale;– gestione e mercato delle quote latte;difficoltà di reperimento manodopera...

Va valutata, inoltre, la possibilità diespansione dei centri abitati vicini o l’esi-stenza di proposte di modifica del pianoregolatore ecc.

Nel considerare le possibilità di espan-sione occorre tener presente la necessità diseparare il nuovo edificio , da quelli esi-stenti, di almeno 30 m.

La documentazione necessaria per lacorretta scelta del sito è costituita da:– mappa catastale;– piano regolatore;– piano di settore;– CTR e ortofocarta;– mappa dei suoli.

Nella fase preliminare della progetta-zione vanno coinvolte persone esterneesperte, incluso il veterinario aziendale,che possono fornire suggerimenti preziosi.

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Figura 5 a – Situazione attuale dell’azienda, possibili aree di sviluppo e utilizzazione delle terre confinanti(rielaborata da Penn State, 1998)

Figura 5 b – Proposta di ubicazione della nuova stalla in relazione all’azienda esistente e previsione di futuraespansione (rielaborata da Penn State, 1998)

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Una volta definito in prima approssi-mazione il luogo, occorre verificare:– la disponibilità di acqua;– le possibilità di drenaggio delle acque

piovane;– la superficie globale interessata dalla

nuova stalla, includendo anche le stradedi accesso;

– i fattori extraaziendali (normative sullagestione dei reflui, IPCC ecc.);

– l’accesso e il collegamento con la viabi-lità principale;

– la distanza da rete idrica, elettrica, delgas, telefonica;

– il rapporto con gli edifici esistenti,anche in termini architettonici.

Il clima della zona, inclusa la ventosi-tà, costituisce, invece, informazione diprimaria importanza per definire la strut-tura della futura stalla.

Procedere, quindi, gradualmente,seguendo la tabella 1, a definire la possibi-le collocazione del fabbricato in relazioneai vari elementi e l’esempio di figura 5.

2.2 - Aspetti costruttivi

Per la progettazione della stalla occor-re stabilire quali sono i carichi a cui è sot-toposto l’edificio (vento e neve) e il tipo difondazione da realizzare. Va valutata, inparticolare, la capacità portante del suolosu cui sorgerà la stalla, che può differire da

quello di fabbricati non lontani, soprat-tutto in aree alluvionali.

Per le opere da eseguire si può far rife-rimento alla lista contenuta in tabella 2.

2.3 - La futura stalla

Al momento di progettare la nuovastalla occorre decidere che tipo di ambien-te si desidera ottenere, in inverno, al suointerno:– freddo (ovvero simile all’ambiente ester-

no);– modificato (ovvero si adottano sistemi

per modificare la velocità dell’aria);– caldo (ovvero più caldo, rispetto all’e-

sterno).Nel passato vi era la tendenza, causa

del tipo di stabulazione (fissa alla posta), arealizzare ambienti caldi all’interno deiquali potevano convivere anche gli uomi-ni addetti alla stalla.

In una stalla moderna a stabulazionelibera l’addetto spende la maggior partedel tempo in sala di mungitura e, quindi,è quella la zona in cui occorre eventual-mente intervenire con il riscaldamento.

La stalla fredda: comincia ora a diffon-dersi in modo significativo anche nelnostro paese, anche se mancano indicazio-ni progettuali puntuali per i nostriambienti (figura 6).

Una stalla fredda presenta un tetto

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Componente Elementi da considerare

Fondazione Tipo di suolo e capacità di carico Drenaggio

Pareti laterali Altezza Materiale ancorato ai pilastri

su fondazione propria

Pavimentazione Piena o fessurata raschiatoriflushing

Tetto Materiale di copertura Isolamento Non isolato

Leggermente isolato Isolato

Pendenza

Porte e portoni Materiali Senso di apertura Uscite di emergenza

Strutture speciali Serramenti Camini o cupolini di scarico Avvolgitori di teli esterni

TABELLA 2Fattori di scelta relativi alle principali componenti edilizie da confrontare con i regolamenti edilizi attuali

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non isolato o, al massimo, dotato di unsottile strato isolante posto sotto il mantodi copertura (in coppi, marsigliesi, fibro-cemento, lamiera ondulata ecc.). Nellezone ventose le pareti possono essere chiu-se da cortine semipermeabili o impermea-bili in plastica. In cima al tetto è semprepresente il cupolino, o dei camini, di sca-rico dell’aria calda e umida.

Con –10°C all’esterno, all’interno vipossono essere temperature comprese fra–5 e 0°C e ciò significa dover riscaldare gliabbeveratoi, interrare le condutture (o iso-larle adeguatamente) e rimuovere fre-quentemente i liquami per impedire laformazione di ghiaccio.

I principali problemi che si incontranoin una stalla fredda sono:– possibile ingresso di pioggia o neve dal

colmo del tetto (eliminabile con lacopertura del cupolino);

– frequente formazione di condensa neiperiodi freddi (con isolamento ridotto onullo in inverno è essenziale mantenererelativamente elevati livelli di portatad’aria);

– possibile presenza di correnti d’aria;– zona di lavoro non confortevole per

l’addetto.La formazione di umidità, peraltro, è

particolarmente dannosa per le compo-nenti metalliche che possono arrugginirevelocemente.

La stalla ad ambiente modificato: il tet-to è isolato con 3-5 cm di polistirolo opoliuretano protetti da un foglio plasticorigido. Ciò significa un extra costo di oltre150 euro per capo, ma vengono eliminatii problemi di formazione di ghiaccioall’interno della stalla, e la formazione dicondensa. La temperatura è di poco supe-riore a 0°C. La ventilazione è controllataagendo sulla apertura delle finestrature.

Le stalle calde: Tetto e pareti vengonoisolati. Il maggior costo è di oltre 500euro/capo. Una stalla calda mantiene unatemperatura interna di 8-10 °C nei perio-di più freddi. Questo tipo di stalla è piùidonea per le zone in cui si pratica la solastabulazione invernale e il pascolo estivo(es. zone di montagna).

2.4 - La trasformazione di edificiesistenti

In molti casi l’allevatore non può pro-cedere alla costruzione di un nuovo edifi-cio e si deve orientare sulla ristrutturazionedi un edificio esistente. Non sempre sitratta della scelta migliore e per evitareproblemi è opportuno (fin dall’inizio)coinvolgere nel progetto più esperti (Figu-ra 7).

Nella fase di progetto occorre conside-rare il movimento delle bovine da e per l’e-dificio, la mungitura, la gestione dei reflui,la ventilazione estiva ed invernale, il fabbi-sogno di manodopera, la somministrazio-ne degli alimenti, l’abbeverata, l’accesso dimacchine e attrezzi e il benessere animale.Se risulta impossibile trovare una soluzio-ne anche per uno solo degli aspetti citati ,allora è meglio non procedere alla ristrut-turazione. Compromessi sono accettabilisolo se l’uso del fabbricato ristrutturato siprotrae per pochissimi anni.

Il costo di una corretta ristrutturazio-ne non deve superare i 2/3 di quello di unnuovo impianto. Superando la soglia del50% occorre fare molta attenzione.

Vi sono però molti esempi di trasfor-mazione efficace:– vecchie stalle a stabulazione fissa tra-

sformate in sala di mungitura;– vecchie stalle o fienili o depositi mac-

chine con pareti laterali alte > 3,5 m tra-

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Figura 6 – Moderno allevamento da latte progettatocon lo scopo di favorire la ventilazione naturale

Figura 7 – La ristrutturazione di una stalla può esse-re accettabile solo se non si creano situazioni sfavore-voli per gli animali e la manodopera

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sformati in stalle a cuccette o lettierapermanente;

– vecchie stalle con fienile sovrastante cuiè stata tolta la soletta intermedia eaggiunto un capolino di scarico perconsentire la realizzazione di una strut-tura con ventilazione naturale.

2.5 - Il benessere delle bovine

Nel trattare il tema del benessere,occorre partire dal concetto di ambientein senso lato. Esso è la somma di tutte lecondizioni esterne (fisiche, sociali ed eto-logiche, climatiche) che agiscono sull’ani-male (Figura 8).

Se l’ambiente non è idoneo si manife-stano segni di stress. Stress significa pres-sione, azione…. Ma Hans Selye lo hadefinito “risultato prodotto in un organi-smo a causa di un altro agente”.

Lo stress è uno stato manifestato dauna sindrome conosciuta come “sindromegenerale di adattamento”, composta da trestadi, allarme, resistenza, esaurimento.

Allarme: aumenta la frequenza cardia-ca, il respiro diventa affannoso, il sangueva verso muscoli e cervello, la milza rila-scia i globuli rossi, il fegato immette vita-mine (b e c) e saccarosio, viene immessoHCl nello stomaco, aumenta la tensionemuscolare….; resistenza: l’organismo èmobilitato per combattere l’agente stres-

sante; esaurimento: è la conseguenza diuna fase di resistenza troppo prolungata, ilcorpo non è più in grado di difendersi.

Le strutture di stabulazione devonosoddisfare alle esigenze sia dell’allevatoresia dell’animale.

L’attuale sistema di allevamento inten-sivo, dipende dal ruolo svolto dall’uomo,che attraverso il controllo degli animali, larealizzazione di idonee strutture e unaadeguata gestione, consente di ottenere ilmassimo delle potenzialità produttive eriproduttive dalle bovine.

Le strutture di stabulazione dovrebbe-ro tenere in considerazione le caratteristi-che biologiche degli animali, compresi gliaspetti comportamentali. Dal punto divista del benessere, vanno valutate le pos-sibilità di adattamento degli animali e laloro possibilità di usufruire delle cosiddet-te “cinque libertà che sono: 1) libertà dal-la fame; 2) da disagio fisico e termico; 3)da traumi e malattie; 4) da paura e stress;5) dall’annullamento del comportamento“normale”.

In alcune nazioni i codici di buonapratica forniscono una serie di norme perl’allevamento intensivo, riguardanti lestrutture di stabulazione, le precauzionida prendere per evitare danni accidentaliagli animali, i sistemi di ventilazione e dicondizionamento ambientale, di distribu-zione dell’alimento e dell’acqua; lo spazioda fornire ai soggetti, e infine i principi daapplicare per la gestione, ma ciò ancoranon esiste a livello nazionale.

Il confinamento degli animali inambienti protetti presenta, quindi, latipositivi e negativi. Positiva è la possibilitàdi ottenere un maggior controllo dell’ali-mento ingerito, di ridurre le spese di ener-gia per il movimento degli animali. Nega-tivo è, invece, il ridurre al minimo gli spa-zi concessi a ciascun capo che si viene cosìa trovare in un ambiente chiuso e a stret-to contatto con gli altri simili.

Situazioni di stabulazione eccessiva-mente costrittive impediscono agli anima-li lo svolgimento delle cinque funzioniconsiderate dagli etologi come fondamen-tali: stare in posizione eretta (1) o sdraiata(2), girarsi (3), pulirsi (4) e “stirare” o dis-tendere muscoli (5).

Il confinamento, in genere, accresce ilrischio di propagazione di malattie infetti-

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Figura 9 – Influenza dell’ambiente sulla produttivitàdelle bovine

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ve e, soprattutto, di quelle a carico del-l’apparato respiratorio e favorisce, se nonben realizzato, l’aggressione da parte dimicrorganismi opportunisti che trovano,in un organismo debilitato da condizionidi stabulazione stressanti, comodo terrenodi sviluppo.

Animali che non possono evitare l’ag-gressività di altri animali non possonomettere in atto la risposta adeguata e ciòporta a malattie, dipendenza da farmaci ainterventi chirurgici (decornificazione).Igiene e farmaci possono prevenire malat-tie da stress ma l’agente stressante rimane(Figura 9). Perciò l’assenza di malattie cli-niche non è indice di benessere.

L’uomo ha operato una selezione mol-to orientata alla valorizzazione di certe atti-tudini produttive che introducono ulterio-ri vincoli per il progettista. Infatti, le vac-che che producono molto latte sono iperti-roidee e, pertanto, hanno maggior bisognodi ossigeno e, quindi, abbisognano diambienti ventilati. Per esse occorre evitarela stabulazione fissa per tutto l’anno.

Un sistema di allevamento idoneodovrebbe garantire (secondo la Conven-zione Europea sulla Protezione degli Ani-mali negli Allevamenti del 1992) che harecepito le indicazioni prima esposte:– libertà di effettuare movimenti fisici

naturali;– libertà da paura e stress;– libertà da ferite e malattie;– possibilità di vivere insieme ad animali

della stessa specie;– condizioni ambientali idonee;– adeguati spazi per riposare, dormire e

cura del corpo;– disponibilità di alimenti e acqua;– possibilità di effettuare le attività natu-

rali;– possibilità di “giocare”.

Le esigenze dell’uomo spesso sonoconflittuali con quelle degli animali.

La Commissione Europea ha indicatonel miglioramento delle condizioni dibenessere il maggiore degli obiettivi daraggiungere per i 700 milioni di animaliallevati all’interno dell’Unione.

La legislazione non è conosciuta dalgrande pubblico che, peraltro, ignora ilfunzionamento dei sistemi di produzioneattuali. Non esistono ancora normativespecifiche per i bovini da latte anche se si

può far riferimento alle direttive sulla pro-duzione biologica.

Benessere è, quindi, realizzare struttureidonee e, soprattutto, sottoporre gli ani-mali a un trattamento adeguato da parte dipersone responsabili con carattere pazien-te, metodico e coscienti delle necessitàdegli animali stessi, considerando anche lapossibilità di effettuare interventi preventi-vi per limitare la loro aggressività.

Per ottenere buone vacche occorreallevare adeguatamente le manze. A esem-pio il vizio di succhiare la mammella diun’altra bovina può essere ridotto se ivitelli vengono allevati in gabbiette indivi-duali.

2.6 – Terminologia

Esiste una terminologia propria diquesto specifico settore produttivo.

Vitello o vitelle: età < 6 mesi (regola-mento UE: peso fino a 220 kg, senza den-ti da adulto; paesi extra UE: peso fino a80 kg); Manzette: 6-12 mesi; Manze: 12-20 mesi; Giovenche: prima gravidanza;Vacche: dopo il parto; Scottone: giovenchedi 22-36 mesi non gravide che vengonoingrassate;. Torelli: 6-18 mesi; Tori: > 18mesi; Vitello da latte: maschio o femminadi 3-4 mesi, alimentato con latte, peso180-200 kg, a carne bianca; Vitellone pre-cocissimo: maschio intero di 8-11 mesi,peso 300-350 kg, a carne rosa; Vitellone

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Figura 10 – Meccanismi di risposta alle situazionicompetitive e alla densità

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precoce: 11-14 mesi, peso 400-450 kg, acarne rossa; Vitellone: 14-16 mesi, peso450-500 kg; Manzo: vitellone castrato;Bue grasso: maschio castrato, 30-36 mesi,700-800 kg.

2.7 – I parametri di allevamento

Obiettivo dell’allevamento è quello difar partorire una vacca con una cadenza dipoco superiore all’anno (0,95 parti/annocostituiscono il valore ottimale) per otte-nere la massima produzione di latte con ilminor consumo di alimenti.

La vacca viene di nuovo coperta dopo60 gg dal parto. Il tasso di rilevamento deicalori va dal 40 al 45%. La lattazione duracirca 300 gg. Il periodo di asciutta, cheprecede il parto successivo, dura da 45 a

60-80 gg. Il parto avviene all’età di 2,2-2,4 anni e la carriera dura 5-6 parti. Larimonta (tasso di sostituzione degli anima-li) va dal 20 al 30% in relazione alle con-dizioni sanitarie, selettive ecc..

Al vitello appena nato viene sommini-strato il colostro per 3-4 giorni. Esso vienepoi allattato con latte naturale o rigenera-to, e svezzato a 5-12 settimane in funzio-ne della destinazione (se da ingrasso o darimonta).

Il toro inizia l’attività a 18 mesi e vie-ne scartato a 7-8 anni.

2.8 - Dimensione degli animali

E’ essenziale conoscere le dimensionianimali e i loro requisiti di spazio per evi-tare problemi con poste, cuccette, gabbieecc. Sono importanti sia le dimensioni sta-tiche sia quelle degli animali in movimen-to. Le dimensioni statiche degli animali(altezza, lunghezza, larghezza) sono inrelazione a età, sesso, peso e razza (Tabella3). Le dimensioni dinamiche si riferisconoal movimento per sdraiarsi, alzarsi, man-giare, defecare e per la deambulazione(Figure 10 e 11). Dato che le dimensionidegli animali variano in relazione alla raz-za e alla selezione, è evidente che le attrez-zature andranno scelte partendo propriodalla valutazione della loro compatibilitàcon le dimensioni degli animali. Va però

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Figura 11 – Principali movimenti compiuti dagli animali (da Hoepli, 1997)

Figura 10 – Distanza raggiunta dalla bocca (da Hoe-pli, 1997)

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fatto notare che, per le condizioni dina-miche, esiste la possibilità di adattamentodel movimento naturale a quello impostodalla particolare struttura. Ciò non signi-fica che l’attrezzatura è buona ma che l’a-nimale si adatta, e ciò può essere fonte distress.

2.9 - Requisiti ambientali

I requisiti ambientali per bovini varia-no in relazione all’età degli animali e allo

stato produttivo (Tabella 4). Un vitelloneonato esprime le migliori prestazioni atemperature comprese fra +15 e +20°C, setenuto in una gabbietta dotata di pavi-mento fessurato e di recinzione in tubola-re d’acciaio o di legno ma è sufficientemettere una lettiera di paglia per farabbassare a –5° la temperatura minimaalla quale si manifestano segni di stresstermico.

I bovini adulti soffrono meno le bassetemperature (-5, -10 °C) rispetto alle alte

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Età Peso Dimensioni (cm)

(kg) L1 L2 L3 l 1 l 2 H

0-14 giorni 40 76 105 22 7750 85 118 25 81

14 gg-3 mesi 85 91 128 29 87120 95 132 32 89

3-6 mesi 135 106 148 38 96160 113 158 39 108180 117 165 40 103220 124 173 44 107

6 mesi-1 anno 250 129 183 190 47 80 111300 135 190 200 50 80 116350 143 200 210 53 80 120400 151 210 215 59 80 125

1-2 anni 450 156 215 220 62 100 128 500 158 220 225 63 105 131

TABELLA 3Caratteristiche dimensionali dei bovini

Peso Dimensioni (cm)

(kg) L1 L2 L3 l 1 l 2 H H 1

500 158 220 225 63 105 131 135 550 160 225 225 64 110 135 138600 163 230 230 65 110 138 140 650 165 235 235 67 115 142 143 700 168 240 240 70 120 144 146

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temperature, purché l’aria sia asciutta enon vi siano correnti d’aria. In generale, lebovine non amano l’esposizione al sole inestate.

In definitiva, le vacche hanno ottimacapacità di adattamento all’ambiente e alregime alimentare ma occorre garantire unambiente:– asciutto;– pulito; – fresco; – non fangoso.

Le superfici su cui debbono cammina-re le bovine non devono essere scivolose.

Il concetto di ambiente tocca anchealtri aspetti, essendo, per l’animale, lasomma di tutte le condizioni esterne cheinfluenzano i suo sviluppo, le sue reazioni,la sua crescita. Il termine “ambiente” puòcomprendere il tipo di pavimento, il tipodi attrezzature di sconfinamento. Normal-mente l’ambiente viene suddiviso neidiversi fattori caratterizzanti: fisici e cli-matici (spazio disponibile, luce, radiazio-ne, suono, pressione, attrezzature, nume-ro di animali per gabbia o recinto, gerar-chia sociale, dieta, regime alimentare,sistema di svezzamento ecc.. Se l’ambien-te non è confortevole, nell’animale suben-tra uno stato di stress.

Non c’è bisogno che le condizioni distress siano evidenti: un animale può sem-brare tranquillo, ma vi può essere ugual-

mente in corso una reazione a una situa-zione stressante, come quella provocatadalla presenza nell’aria di elementi inqui-nanti, ad esempio I’NH3 che disturba ilfunzionamento del rivestimento muco-ciliare dei bronchi e modifica la circolazio-ne a livello bronco-alveolare (Tabella 5).

La costanza dei parametri ambientali èin generale tanto maggiore quanto mag-giore è il volume disponibile per animale.

Infine, l’aria contiene in sospensioneparticelle solide e goccioline delle dimen-sioni del millesimo di millimetro che agi-scono da veicoli per i microrganismi.

La protezione delle bovine dal caldo:costituisce la vera sfida perché il manteni-mento di una temperatura corporea nor-male è un fattore critico per il funziona-mento ottimale del sistema corporeo.

I principali meccanismi di termorego-lazione delle bovine (sudorazione, aumen-to del ritmo respiratorio e cambio, frainterno e periferia, della circolazione san-guigna) sono efficaci fino a che la tempe-ratura corporea si equilibra con quella del-l’ambiente circostante (30-35°C). Quan-do la temperatura ambiente è più elevata,l’evaporazione costituisce l’unico mezzoefficace per dissipare calore. Tuttavia iltasso di evaporazione e, quindi, l’efficien-za nel dissipare calore, dipende dal livellodi umidità relativa dell’aria. Le zoneasciutte sono, in questo, molto favorite.

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Parametro considerato Categoria Condizione Temperatura (°C)

- Vitelli neonati Alla nascita: +10° +15°; successivamente scendegradualmente; >30° e <4° pericolosi. Soffronoimprovvisi cambiamenti di temperatura. +7, +25

Temperatura Zona di confort termico o di facile adattamento +5, +25

- Vitellida 15 giorni a 1 mese Produzione ottimale di latte: fra +10° e +20°.

Temperature fra –6° e +25° e umidità relativa50-55% hanno scarsa influenza sulla produzione.Le razze tipo zebuino non subiscono influenzenegative fino a 38°C.

- Adulti -5, -10,+22

Umidità dell’aria Tutti Raccomandato il non superamento 70-80%di umidità relativa

Ammoniaca L’ammoniaca è spesso presente negli ambienti di stabulazione, soprattutto in presenza di lettie-ra. E’ un gas nocivo, la concentrazione massima ammessa è di 5 p.p.m.

Velocità dell’aria Gli adulti sopportano una velocità dell’aria di 0,5-0,6 m/s, ovvero da 1,5 a 2 km/h (la fiamma diuna candela resta diritta).Per il bestiame giovane la velocità dell’aria non deve superare 0,2-0,3 m/s

TABELLA 4Fabbisogni ambientali per i bovini

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Con temperature medie ambientalielevate (oltre 26-28°C) la vacca da latte dialta produzione non può mantenerecostante il valore della sua temperaturacorporea ed entra in uno stato di stress dacaldo. In questa situazione la temperatura

rettale aumenta di 1-1,5°C sopra il livellonormale (38-38,5°C) e peggiorano gliindici di produzione e fertilità (Tabella 6).L’effetto del calore sulle bovine è propor-zionale al livello di produzione: le vacchecon più elevata produzione sono più sen-sibili di quelle con bassa produzione.

Il fattore più importante che influenzale prestazioni delle bovine a più elevataproduzione è la radiazione solare diretta,per cui il semplice ombreggiamento forni-sce un grande aiuto. Nelle zone asciutte(con umidità relativa inferiore al 50%) sipossono utilizzare sistemi evaporativi perraffrescare il bestiame. Questi sistemi ven-gono fatti operare ogni 2-3 ore. Il sistemadi gran lunga più diffuso è, però, quello diinstallare ventilatori dentro le stalle (Figu-ra 12).

La ventilazione, naturale, se ben ese-guita, o quella artificiale, aiuta il bestiamea dissipare calore ma l’evaporazione del-

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Gas Odore e Concentrazione Massima Valori Effetto fisiologicocaratteristiche minima per concentrazione rilevati a diversedei gas sentirne l’odore ammissibile* (p.p.m.) concentrazioni**

(p.p.m.) (p.p.m.) (p.p.m.)

Ammoniaca NH3 Forte, pungente, 5,3 50 (10) 170 100-800: irritazione gola e occhiirritante 1700: tosse e catarro

3000: asfissiante 5000: può essere letale

Anidride Nessuno, - 5000 (3500) 2000 30000: aumenta ritmocarbonica CO2 asfissiante respiratorio

60000: respiro pesante 250000: può essere letaleper poche ore di esposizione

Acido solfidrico Uova marce, 0,7 10 (5) 0,3-800 20-150: irritazione occhi e nasoH2S nauseante 200: mal di testa

velenoso 500: nausea 700-1000: può essere letaleper pochi secondi di esposizione

TABELLA 5Principali gas tossici presenti nell’ambiente di allevamento e relativo effetto fisiologico.

Parametro Ombra Radiazione solare

Temperatura del corpo nero (°C) 28,4 36,7 Temperatura rettale (°C) 38,8 40,0 Respirazione (cicli/min) 77 114 Produzione di latte (kg/giorno) 16,6 15,0 Concepimenti (%) 44 25 Mastiti cliniche (%) 9 19

TTAABBEELLLLAA 66EEffffeettttoo ddeellll’’oommbbrraa ee ddeellllaa rraaddiiaazziioonnee ssoollaarree ssuullllee bboovviinnee ddaa llaattttee

*: concentrazione massima ammessa per un uomo che lavora 8 h; per gli animali il valore deve essere inferiore per-ché permangono nell’ambiente. Fra parentesi sono indicati i valori accettabili per permanenza illimitata;**: questi valori si riferiscono a persone o animali adulti di circa 70 kg di peso; gli animali più leggeri subisconogli effetti negativi a più basse concentrazioni, perciò vitelli, suinetti e pollame sono maggiormente esposti.p.p.m.: parti per milione (da: Manuale di agricoltura, Hoepli)

Figura 12 – Spesso nelle stalle vengono inseriti venti-latori per consentire la circolazione dell’aria in perio-do estivo

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l’acqua sulla pelle porta a un aumentofino a cinque volte della quantità di calo-re dissipata.

Fra le tante soluzioni sperimentatequella che sembra dare i migliori risultatiprevede la combinazione di ventilatoricon doccette poste sulla corsia di alimen-tazione che bagnano gli animali: dopoalcuni minuti entrano in funzione i venti-latori che asciugano le bovine rinfrescan-dole. I ventilatori sono di tipo assiale, abassa prevalenza e in grado di spostaregrande volumi di aria. Generalmente que-sti ventilatori non sono intubati. La veri-fica del successo della soluzione adottatava fatta osservando dapprima la quantitàdi sostanza secca ingerita e poi il livello diproduzione di latte.

2.10 - Tipologie costruttive

Le tipologie costruttive dipendono inparte dall’ambiente (clima) in cui vengo-no allevate le bovine; dal tipo di produ-zione (biologica o meno), dalla disponibi-lità di foraggio nei diversi periodi dell’an-no; dalle modalità di gestione dei reflui,dal costo della manodopera; dal regimefondiario, ecc. Questo fa sì che a parità dicondizioni climatiche si possano riscon-trare soluzioni costruttive diverse e condiverso grado di sofisticazione a livelloimpiantistico (figura 13).

Così, in regioni a clima mite, le bovi-ne possono essere stabulate sotto tettoieaperte con pareti ridotte al minimo; inaltre regioni le stalle devono essere chiuseper conservare il calore e proteggere glianimali oltre ché il sistema di abbeverag-gio e di mungitura ecc.

In tutti i tipi di allevamento si posso-no riscontrare (l’elenco può essere amplia-to) le seguenti strutture:– recinzioni permanenti (zone temperato-

calde in cui le vacche pascolano per tut-to il corso dell’anno; vi può essere almassimo la somministrazione aggiunti-va di concentrato e fieno in luogo dedi-cato);

– recinzioni permanenti e tettoie (zonecalde; foraggio e concentrati vengonoportati agli animali);

– recinzioni temporanee di limitazionedel pascolo (zone a clima temperato epascolo intensivo);

– recinzioni di confinamento temporaneodegli animali (zone calde; alpeggi; glianimali vengono rinchiusi di notte eportati al pascolo di giorno);

– stalle a stabulazione libera permanente(zone a clima temperato; tutto l’alimen-to viene portato agli animali);

– stalle a stabulazione libera temporanea(zone a clima temperato; gli animalivengono tenuti nelle stalle solo in inver-no in allevamenti di montagna o alleva-menti biologici);

– stalle a stabulazione fissa permanente(piccoli allevamenti delle zone a climatemperato-freddo; tutto l’alimento vie-ne portato agli animali tutto l’anno);

– stalle a stabulazione fissa temporanea(zone a clima temperato; gli animalivengono rinchiusi o per la stagione fred-da o per una parte del giorno in stalle).

Inoltre vi sono le seguenti strutturecomplementari:– sale di mungitura e locali latte;

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Figura 13 – Tipologie costruttive in relazione alle tec-niche di allevamento (da Hoepli, 1997)

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– strutture per trattamento sanitario e iso-lamento animali;

– tettoie per deposito fieno e paglia;– sili per foraggi e cereali;– deposito alimenti concentrati.

2.11 - Orientamento dei fabbricati

In aree rurali, l’orientamento rivesteun ruolo molto importante nel determi-nare le condizioni ambientali delle stalle.

Da orientamento, forma e scelta deimateriali, dipendono anche le condizionidi illuminazione e temperatura all’internodell’edificio nell’arco della giornata o del-l’anno. Il sole, nelle diverse stagioni illu-mina solo parte dell’edificio. Nel periodoinvernale, in particolare, il sole può esserericevuto solo dalle pareti comprese nelquadrante Sud.

Infine, le variazioni della temperatura

dell’aria nell’arco della giornata e dell’anno,dipendono dall’energia solare incidente.

L’orientamento dell’edificio deve tenerconto dei seguenti elementi: protezionecontro i venti dominanti, soleggiamentoottimale dell’edificio, posizione in relazio-ne agli altri edifici esistenti e agli ostacolinaturali che potrebbero creare correntid’aria (effetto corridoio).

Nel caso di edifici aperti su un lato, illato chiuso va posto in direzione Nord perconsentire al lato aperto di poter usufrui-re dell’irraggiamento solare (Figura 14).

A causa della direzione dei venti domi-nanti potrà essere prevista una rotazionedell’asse principale verso Est (Figura 15).

Se l’edificio è chiuso, l’orientamento èmeno importante. L’asse principale orien-tato perpendicolarmente ai venti domi-nanti permetterà una migliore ventilazio-ne dell’edificio sfruttando l’effetto vento.

Se l’edificio è molto grande si potràugualmente orientare una testata controvento a condizione che questo sia chiusocon una rete frangivento o con un teloplastico ad apertura regolabile.

2.12 - Recinzioni per bovini alpascolo

Sono costituite da: pali posti a distan-za 2-3 m infilati per > 0,6 m (meglio 1 m)in terra e alti 1,5 m, spesso in legno. Se inferro, occorre realizzare un plinto per l’an-coraggio.

Fra i pali vengono posti fili spinati olisci (preferibili per la parti basse per evi-tare lacerazioni e ferite agli animali). I filivanno posti a una distanza di 50 cm per levacche è (3 fili sul recinto); per animaligiovani, la distanza scende a 40 cm (4 filisul recinto). La migliore barriera ha 5 fili(2 lisci e 3 spinati) ed è alta 1,35 m. Ogni300-400 m va interrotta la continuità delrecinto, inserendo pali di rinforzo. I can-celli sono larghi > 4 m e dotati di passag-gi per uomo. I fili metallici vanno collega-ti a terra ogni 50-100 m per evitare pro-blemi dovuti a fulmini.

Le recinzioni elettriche vengonoimpiegate per suddividere i campi desti-nati al pascolo intensivo degli animali.Sviluppo lineare massimo del recinto elet-trico è di 3-4.000 m. La recinzione nondeve risultare resistente alla spinta degli

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Figura 14 – Orientamento di un edificio con latocompletamente aperto che dà sulla corsia di alimenta-zione (da Hoepli, 1997)

Figura 15 – Orientamento di un edificio chiuso concorsia di alimentazione centrale

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animali, è la corrente elettrica che costi-tuisce la vera barriera. Per questo occorreun minimo addestramento all’uso.

Le recinzioni a induzione: si tratta direcinzioni senza picchetti, dette ancherecinzioni magnetiche, costituite da unfilo in rame, rivestito da una guaina chia-ra, che viene posto a terra in modo cherisulti visibile (ma può anche essere inter-rato). Grazie a un generatore si crea unadebole corrente che genera un campomagnetico. Al collare delle bovine vieneapplicato un transponder sensibile a dettocampo magnetico. Quando una bovina siavvicina a meno di 1,5 m dal collare, par-te un segnale sonoro. Se si avvicina ulte-riormente, dal collare parte una breve sca-rica elettrica. La scarica non è automaticama dipende dal comportamento dell’ani-male che è registrato nel microprocessoreinserito nel collare.

Il generatore è alimentato da una bat-teria o da pannelli foto-voltaici. Il collareè alimentato da batterie che durano pertutta la stagione di pascolamento.

2.13 - Impianti elettrici

Gli impianti elettrici devono essereaccuratamente realizzati (rispettando la L.46/90) con collegamenti equipotenziali(verificare tutti gli anni l’integrità delleconnessioni) e opportune messe a terraper evitare che ci possano essere “correntivaganti”. Vanno previste protezioni con-tro sovraccarichi e cortocircuiti, adatti allasezione dei conduttori e alle caratteristi-che dei motori. (Figura 16)

Un bovino sottoposto a una correntedi 10 milli-ampères presenta contrazionimuscolari involontarie; a 75 milli-ampè-res crolla per arresto cardiaco.

In ogni caso è opportuno mettere aterra tutte le parti metalliche dell’edificiouna messa a terra unica (con una resisten-za inferiore a 30 Ohms) perché le ondemagnetiche che esse emettono possonocreare condizioni poco confortevoli per glianimali.

All’esterno, poi, gli edifici dovrebberoessere protetti dai fulmini a mezzo di unaserie di cavi o piattabande in modo dacostituire una grande rete, la cosiddetta“gabbia di Faraday” (Figura 17).

La potenza installata, e il conseguente

fabbisogno energetico, di una genericastalla a stabulazione libera, sono riportatiin tabella 7.

Il pulsante T (test) dell’interruttore dif-ferenziale va periodicamente attivato perverificare la funzionalità della protezione.

Se vi è un rischio imminente di tem-porale, malgrado la presenza di parafulmi-ne, è consigliabile staccare tutte le appa-recchiature elettriche.

Ricordare di staccare imperativamentelo spingivacche elettrico in quanto è spes-so fonte di problemi indiretti per la mun-gitura e può interrompere il funziona-mento dei dispositivi elettronici.

E’ prudente dotare la stalla di un gene-ratore in grado di far funzionare la macchi-na mungitrice e il serbatoio refrigeranteoltre a garantire l’illuminazione dei locali.

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Figura 16 – Il collegamento equipotenziale evita pos-sibili problemi dovuti a correnti vaganti (da Promote-lec, 1983)

Figura 17 – La “gabbia di Faraday” protegge stalla eimpianti dai fulmini

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Il sistema migliore è quello di acqui-stare un generatore da 10-20 kVA, mossodalla presa di potenza del trattore, che vafatto funzionare, in ogni caso, un paio divolte all’anno allo scopo di verificarne laoperatività.

2.14 – Illuminazione

L’illuminazione dei vari ambienti dellastalla non presenta particolari problemi.La potenza installata va da 10 a 20W/capo nelle stalle a posta fissa e da 8 a15 W/capo in quelle a stabulazione libera.

Anche se la produzione di latte sembradipendere dal fotoperiodo tuttavia nonsono mai state tentate applicazioni disistemi di illuminazione programmatache, per ovvie ragioni e per analogia conquanto viene fatto negli allevamenti avi-coli, richiederebbero il confinamento per-manente degli animali per poterne verifi-care l’effetto (figura 18).

3 - STRUTTUREE ATTREZZATUREPER LE DIVERSE CATEGORIEDI BOVINI3.1 – La stabulazione dei vitelli

Locali o gabbiette per vitelli: i vitellineonati rimangono vicino alla madre per iprimi giorni di vita per assumere diretta-mente il colostro oppure vengono separa-ti immediatamente e posti in gabbietteindividuali per 3-4 settimane. Questedevono trovarsi possibilmente vicino allasala di mungitura per facilitare il lavoro

dell’addetto (trasferimento del latte) e permaggior controllo: ciò per ridurre la mor-talità neonatale.

L’alimentazione può essere a base dilatte intero o rigenerato. Costituisce ilmaggior impegno per la manodopera. Inuna giornata un uomo può governare100-150 vitelli, se alimentati con i secchi,e 300-500 se alimentati con carrello dis-tributore (Tabella 8).

Le vitellaie specializzate, non vengono,ora, più consigliate per ragioni igieniche.

Le gabbiette individuali amovibili,aperte su un lato, dotate di tettuccio eprotette su tre lati (Figura 19), e con pavi-mento fessurato su cui deve essere postapaglia, vanno ubicate in zone sopraeleva-te. Dopo le prime 3-4 settimane i vitellivengono tolti dalle gabbiette e messi ingruppo, in unico recinto per i successivi3-6 mesi.

Gli impianti automatici di dosaggio esomministrazione del latte rigenerato con-

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Figura 19 – Gabbietta individuale per vitelli, apertasu uno dei due lati, per vitelli allevati in climi tempe-rati

Figura 18 – L’impianto di illuminazione deve garan-tire una quantità di luce sufficiente nelle diverse partidella stalla (da Promotelec, 1971)

Figura 20 – L’allevamento di vitelli in recinti multi-pli offre notevoli vantaggi in termini di risparmio dimanodopera

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Utenza Forza motrice Riscaldamento IlluminazionekW kW e altri comp. W/m2

Sala di mungituraPompa per vuoto 0,5-8,0Ventilazione 0,3-0,5 Riscaldamento (radiatori per protezione antigelo) 2-6Illuminazione con tubi fluorescenti (200 luxnella fossa dei mungitore e 70 lux nelle altre zone) 12-18 Pulsatori elettrici o elettronici e stacchi automatici 3-5A, 220 V

Sala del latte Serbatoio refrigerante (3 kW/t-giorno) 1-12 Pompa per circolazione acqua di lavaggio 0,5-1,5 Riscaldamento acqua di lavaggio impiantodi mungitura 5-6 Illuminazione (150 lux) 9-14 Prese di corrente 2p + T Riscaldamento (protezione antigelo) 2-3 (10/16 A)

Altri locali Apparecchiature mobili (1 presa trifase) 3P + N + T (16 A)Apparecchiature portatili (2 prese) 2P + T (10-16 A) Illuminazione locali annessi (70 lux) 5-7

TABELLA 7Fabbisogno energetico per una generica stalla a stabulazione libera.Questi dati possono essere utilizzati per il dimensionamento dei conduttori.

Operazioni Tempi di lavoro (min/capo x giorno)

Lavori giornalieri - alimentazione 0,1-1,5 - lavaggio secchi 0,1-0,2 - distribuzione paglia 0,5 - pulizia 0,2-0,3 - controllo sanitario 0,2-0,5 Totale 1,4-3,0

Lavori periodici - pulizia 0,1-0,3 - asportazione paglia 0,2 - disinfezione 0,1 - altri 0,1 Totale 0,5-0,7

TABELLA 8Tempi orientativi di lavoro per l’allevamento dei vitelli

Età (mesi) Superficie totale (m2/capo) Superficie minima a lettiera

0-12 5 2,5 12-18 6 3 18-24 8 4 > 24 10 5

TABELLA 9Superfici a disposizione nella zona di stabulazione

Età (mesi) Sviluppo lineare (cm/capo) Altezza (cm)

Barriera inferiore Barriera superiore Abbeveratoio

6-12 50-55 45 90 55 12-18 55-60 50 100 60 18-24 65-75 55 115 65 >24 65-75 60 120 70

TABELLA 10Sviluppo lineare della mangiatoia per singolo capo

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sentono di effettuare una gestione digruppo anche per i vitelli neonati, connotevoli risparmi di manodopera anche sevanno considerati i vizi indotti dal sistema(Figura 20).

3.2 - La stabulazione delle manze

Le manzette che hanno superato il sestomese di vita vanno alloggiate in un idoneoambiente (Tabella 9) che garantisca:– un posto alla mangiatoia per evitare

competizione (Tabella 10);– un sistema di cattura comodo per per-

mettere l’inseminazione e la profilassi;– una grande facilità di accesso e di sorve-

glianza.

3.2.1 - Recinti con lettieraintegrale

Si tratta della soluzione costruttiva piùeconomica perché non necessita né di par-ticolari pavimentazioni né di letamaia (se

il materiale viene asportato oltre i 90 gior-ni) (Figura 21).

Gli inconvenienti sono, tuttavia, iseguenti:– l’area coperta con paglia si sporca rapi-

damente se le manze non sono alimen-tate con solo fieno (il fabbisogno dipaglia diventa di 5-7 kg/capo/giorno e ilrinnovo deve essere frequente);

– l’isolamento delle manze è difficile, spe-cie al momento del rinnovo della lettiera.

3.2.2 - Recinti con lettierae corridoio autopulente

E’ una variante della lettiera integrale enon necessita di letamaia (se la lettiera vie-ne asportata oltre i 90 giorni). Il corridoioè largo 1,6-1,8 m in base all’età delle man-ze; è sopraelevato di 0,4-0,5 m e presentauna pendenza del 3% verso l’area copertacon lettiera (Figura 22).

Il consumo di paglia è di 4-6 kg/capo-giorno.

Si può asportare il letame mantenendole manze sul corridoio. Quando l’alimen-tazione non è a base di fieno, la parte conpaglia, situata immediatamente adiacenteal corridoio, si sporca e rende necessarioun intervento di pulizia più frequente e,quindi, la realizzazione di una letamaia.

Se vi sono rastrelliere autocatturanti,se il dislivello è massimo, il veterinario ol’inseminatore si vengono a trovare inposizione poco confortevole o pericolosa.

3.2.3 - Recinti con lettiera pianao inclinata e area di esercizio/ali-mentazione raschiata

Si tratta di una soluzione che presentaun buon livello di confort per le bovine euna facile gestione.

Si distinguono due zone che dannoluogo a diversi tipi di deiezioni:– area di riposo con paglia, che dà luogo a

letame;– area di esercizio/alimentazione in pavi-

mento pieno o fessurato con convoglia-mento del liquame a mezzo ruspetta oper caduta in cisterna sottostante e suc-cessivo pompaggio in vasca.

Vantaggio di questa soluzione è diridurre a soli 3-5 kg/capo-giorno il consu-mo di paglia (Figura 23). L’area di eserci-zio/alimentazione va pulita almeno 1 vol-ta al giorno.

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Figura 22 – Sezione di recinto per manze con corsiadi alimentazione pavimentata e lettiera. Si tratta diuna soluzione che facilita la cattura degli animali

Figura 21 – Sezione di recinto per manze a lettieraintegrale. Si tratta di una soluzione costruttiva sem-plice ricavabile anche in edifici ristrutturati

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Lo spostamento dei cancelli almomento della pulizia è rapido ed è rapi-da la sostituzione della lettiera.

Gli abbeveratoi vanno posti sul confi-ne con l’area a lettiera.

Una variante è rappresentata dalla rea-lizzazione di una zona di riposo con pen-denza del 5-8%. Il tratto in pendenza ter-mina con un gradino di 15-20 cm perfacilitare la discesa della lettiera. Il calpe-stamento da parte degli animali fa scende-re il letame verso la zona di esercizio/ali-mentazione da cui viene raschiato finoalla letamaia. Non è, quindi, necessaria lasostituzione della paglia.

Il consumo di paglia è di 3-5 kg/capo-giorno e la distribuzione deve essere fattacon idoneo dispositivo. Le barriere fra irecinti devono consentire di trattenere lemanze nella zona a lettiera durante la puli-zia del corridoio di esercizio/alimentazione.

Questo sistema è molto adatto per ani-mali da carne ma meno per le manze.

3.2.4 - CuccettePer le manze di oltre 12 mesi si posso-

no adottare le cuccette. Ciò serve anchead abituarle al tipo di stalla che troveran-

no successivamente (Figura 24).L’eterogeneità della taglia dei soggetti

fa sì che sia più difficile definire unadimensione di cuccetta conveniente per isoggetti più giovani (Tabella 11).

Il consumo di paglia è ridotto e così

anche il fabbisogno di manodopera. Dis-tribuzione di paglia e pulizia corridoi pos-sono essere fatti 2 volte per settimana.

3.2.5 - Contenimento delle manzeE’ indispensabile prevedere la realizza-

zione di un sistema di contenimento effi-cace per la sicurezza delle operazioni diprofilassi, di inseminazione e per le curegeneriche.

Il contenimento potrà avvenire:– alla mangiatoia, se l’accesso agli animali

è facile e vi è rastrelliera autocatturante;– in un corridoio di contenimento (Figu-

ra 25).

3.3 - Sistemi di stabulazione pervacche

Oltre che a ragioni ambientali, la sceltadel sistema di stabulazione è legata adimensione della mandria e al livello dimeccanizzazione richiesto. Si distinguonodue grandi sistemi: quello a stabulazionefissa e quello a stabulazione libera. Il primoè ormai riservato ai piccoli allevamenti o aquelli di montagna, mentre il secondo èquello adottato dai grandi allevamenti.

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Figura 23 – Sezione di recinto per manze con lettierainclinata. Questa soluzione costruttiva permette diottenere un liquame paglioso

Figura 24 – Le cuccette per le manze pur avendodimensioni ridotte non sono sempre adatte alla tagliadegli animali. Consentono, però, di abituarli al tipodi stabulazione che incontreranno da adulti

Età (mesi) Lunghezza (m) Larghezza (m)

6-12 1,6-1,8 0,8-0,9 12-18 2,0 1,1 18-24 2,3 1,1

TABELLA 11Dimensioni consigliate delle cuccette per le manze

Figura 25 – Sistema per catturare le manze in occa-sione dei controlli veterinari (da Hoepli, 1997)

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3.3.1 - Stabulazione fissaIn termini numerici, la stabulazione

fissa è la soluzione più diffusa in Italia. Illavoro è, però, difficoltoso sia per la mun-gitura sia per l’alimentazione; si riscontra-no bassa produttività del lavoro e problemisanitari. Può essere giustificabile solo se ilclima è molto rigido e per limitati periodidi tempo. Si hanno soluzioni a una o a duefile con disposizione groppa a groppa otesta a testa. Stalla a una fila: gli animalisono rivolti a Nord; da una parte vi è lapiattaforma letame e dall’altra il locale lat-te. Se non vi è corsia di alimentazione(occorrono più di 20 capi per giustificarla),il foraggio viene immesso in mangiatoiapassando tra le vacche. La stalla che nerisulta è stretta e adatta per zone di monta-gna (larghezza stalla 4,5 m circa). La venti-lazione naturale è resa difficoltosa a causadelle basse cubature. La larghezza della cor-sia di alimentazione (oltre 20-22 capi) è ≥1,2 m in relazione al mezzo di distribuzio-ne utilizzato. Con numero di capi limitato,fieno e paglia sono posti sopra la stalla(soluzione oggi sconsigliata per problemidi sicurezza). Stalla a due file: per più di 20vacche, soluzioni groppa a groppa; la lar-ghezza dell’edificio è > 12,5 m, con corsiedi alimentazione, è > 8,3 m, senza. La dis-posizione testa a testa permette di ottenereun edificio più compatto (10,9 m). La dis-tribuzione degli alimenti avviene da unicocorridoio centrale. L’asse principale èorientato Nord-Sud (Figura 26).

Particolari costruttiviE’ necessario un buon livello di isola-

mento di soffitti e pareti per eliminare lacondensa e un buon controllo della venti-lazione.

La corsia di alimentazione è sopraele-vata di 20-40 cm rispetto al livello stallaper facilitare l’accesso agli alimenti.

Il bordo mangiatoia verso la postadeve essere il più basso possibile (10-15cm). Il fondo è sopraelevato di 5-15 cmrispetto al piano della posta e al tipo diattacco.

La tabella 12 riporta i valori da rispet-tare per non causare danni agli animali.

La soluzione a posta corta deve conte-nere il corpo dell’animale riducendo alminimo lo spazio libero per evitare che sisporchi la mammella (si vedano figura 27e tabella 13).

Il pavimento è in calcestruzzo dicemento o, meno frequentemente, ècoperto con tappetini in gomma. Se si uti-lizza lettiera di paglia, qualsiasi rivesti-mento è buono. Il piano deve essere oriz-zontale. Il bordo verso la cunetta legger-mente arrotondato.

3.3.1.1 - AlimentazioneL’alimentazione delle bovine può avve-

nire con sistemi completamente automa-tici (Figura 28) con sistemi parzialmentemeccanizzati, in cui si utilizzano carrimiscelatori di capacità anche limitata,manualmente (caso dei micro allevamen-ti). Nel primo caso, non è necessario rea-lizzare una vera e propria corsia di alimen-tazione in quanto vi è una tramoggia chescorre su un binario sospeso, nel secondocaso, invece, la dimensione della corsiadipenderà dal mezzo scelto per portare il

Figura 26 – Pianta orientativa di stalla a posta fissa“testa a testa”. A=corsia di alimentazione (larghezzavariabile); B= mangiatoia; C=abbeveratoi; D=posta;E=cunetta; F=corsia di servizio; G=impianto dimungitura; H=locale ricevimento latte; I= localemotori, L=locale vitelli; M=nastro trasportatore;N=concimaia a piattaforma (da Hoepli, 1997)

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Figura 27 – Sezione orientativa di posta corta conlettiera. La collocazione e il tipo di attrezzature com-plementari (attacchi, abbeveratoi) vanno di volta involta adattati al materiale disponibile in commercio(da Hoepli, 1997)

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foraggio alle mangiatoie. Nel terzo caso(al di sotto dei 20 capi) la corsia può addi-rittura non essere presente.

I concentrati vengono somministratimanualmente nella mangiatoia o automa-ticamente in apposite tazze. La sommini-strazione può essere comandata da com-puter (figura 29).

3.3.1.2 – MungituraLa mungitura alla posta è la più diffu-

sa numericamente. Le stalle in stabulazio-ne fissa ospitano da 2-3 a 40-50 capi (noninfrequenti numeri superiori).

In queste stalle, indipendentementedal tipo di macchina mungitrice, sonorichiesti all’addetto continui movimentiper alzarsi e inginocchiarsi: un uomo chemunge 40 capi si piega, mediamente, per200 volte e si accoscia per oltre 80 volteogni mungitura.

Gli impianti a secchio e a carrello sonoadatti per i piccoli allevamenti e per leinfermerie e le zone parto dei grandi alle-vamenti. Nel caso degli impianti a secchio,la pompa per vuoto e la conduttura risul-tano fisse; con il carrello, invece, tutto ilcomplesso viene portato nella stalla. Leguaine di protezione dei cavi di alimenta-zione dei carrelli spesso si rompono e pos-sono creare problemi di elettrocuzione.

Inoltre, anche con gli impianti a latto-dotto, l’operatore entra in diretto contat-to con l’animale facilitando la trasmissio-ne di patogeni e allergeni. In generale, unaddetto può mungere con 2-3 secchi ocon 3-4 gruppi da lattodotto (figura 30).

La produttività del lavoro è molto

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Figura 28 – Distributore automatico di foraggi e con-centrati nelle mangiatoie di stalle a stabulazione fissa(da Alfa Laval Agri, 1994)

h (cm) H (cm)

Bestiame giovane 35-40 95-105 Manze e torelli 45 115 Vacche da latte e tori da carne 45-60 105-125

L = 17,5 cm

TABELLA 12Altezze suggerite per le rastrelliere della mangiatoia

Peso vivo (kg) Larghezza (m) Lunghezza (cm)

400 100 140 500 110 150 600 115 165 700 120 175 800 125 180

L = lunghezza del tronco della bovina

TABELLA 13Dimensioni della posta in relazione al peso della bovina

Figura 29 – La somministrazione di concentrati nellestalle a posta fissa può avvenire in apposite vaschetteriempite manualmente o automaticamente (da AlfaLaval Agri, 1994)

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bassa, 10-30 capi munti per ora e peruomo, causa l’elevato numero di inter-venti richiesti alla manodopera ma date lecaratteristiche di questi allevamenti(famigliari, part-time ecc.) e del limitatonumero di capi da mungere, ciò noncostituisce elemento prioritario di scelta.La potenza installata è di 0,2-0,4kW/gruppo cui corrisponde un consumoenergetico di 60-100 Wh/giorno percapo.

Il locale latte deve contenere macchi-nari e attrezzature per mungitura, il serba-toio del latte o i bidoni. Pavimento e pare-ti devono risultare lavabili con getto d’ac-qua e pertanto va provvisto di drenaggio.

3.3.1.3 – Asportazione delledeiezioni

Le deiezioni solide e liquide miste apaglia vengono asportate giornalmente

dalle stalle a posta fissa e vengono nor-malmente accumulate in strutture all’a-perto ove si verifica, nel tempo, la matu-razione e la trasformazione in letame.

L’operazione di asportazione avvienespostando con idoneo strumento lettiera emateriale fecale nella cunetta da dove ven-gono convogliati a mezzo di raschiatori(Tabella 14).

Gli evacuatori sono, in genere, di tipooperante nella cunetta con azionamentomeccanico a movimento continuo o alter-nativo (catene raschianti).

Le catene raschianti possono essere:– a movimento continuo (figura 31)

imposto a una catena senza fine alle cuimaglie vengono applicate barrette tra-sversali ad intervalli di 45±60 cm. Essestrisciano sul fondo della zanella – disezione rettangolare con larghezza > 50cm – con velocità di avanzamento di0,10±0,15 m/s. Il comando è assicuratomediante motore elettrico (30±50 Wper m di percorso) accoppiato a oppor-tuni riduttori che azionano una ruotadentata che fa presa sulle maglie dellacatena. Il tutto esce all’esterno della stal-la, può assumere inclinazioni sino a 45°e scarica poi il prodotto nella letamaia;

– a bracci oscillanti (figura 32) incerniera-ti su una barra longitudinale dotata, asua volta, di movimento rettilineo alter-nativo. In fase di andata i bracci sonoaperti, assicurando in tal modo il tra-sporto del letame. In fase di ritorno siripiegano su loro stessi per riaprirsi, poi,all’alternarsi del movimento. Tali braccipresentano lunghezza massima dell’or-dine di 50 cm e sono posti a intervalli di1,00±1,20 m. La velocità media diavanzamento è di 0,10±0,15 m/s; la

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Figura 30 – La mungitura in stalla a stabulazionefissa è indubbiamente faticosa (da Alfa Laval Agri,1997)

Tipo di deiezione Asportazione Movimentazione o trattamento

Letame Trattore con pala Caricatori a benna mordente Raschiatori: Nastri trasportatori - a movimento continuo - a bracci oscillanti

Liquame Tracimazione continua: Pompe - pompe Miscelatori - agitatoti Ossigenatori Raschiatori a farfalla Pompe agitatrici-trituratrici Sistemi a ricircolo: Vagli - pompe - ossigenatori

TABELLA 14Macchine e impianti impiegati per l’asportazione e il trattamento delle deiezioni bovine

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potenza assorbita è 30±40 W/m di per-corso. Il tutto viene comandato da unmotore elettrico che aziona un sistema acremagliera o un manovellismo di spin-ta con l’impiego di pistone idrostatico.Il limite di questa soluzione – robusta esemplice, ma richiedente frequentemanutenzione essendo facilmente sog-getta a usure e corrosioni – è da ricer-carsi nel fatto che: può effettuare solotrasporti rettilinei; abbisogna di traspor-tatori finali a movimento continuo o ditrattori appositamente equipaggiati perla ripresa e il trasporto alla letamaia.

La capacità di lavoro di queste mac-chine viene normalmente rapportata alnumero di capi serviti nell’unità di tempo.La produttività del lavoro risulta compre-sa fra 50 e 70 capi/addetto-ora, compresala pulizia manuale della posta, mentre neisistemi manuali è di circa 1/3.

La cunetta ha una profondità di 15-25cm lato vacca; 10-20 cm lato corridoio.Larghezza minima = 45 cm. Non è neces-saria pendenza longitudinale.

La cunetta grigliata elimina lettiera eattrezzatura di asportazione delle deiezio-ni. La cunetta è più larga e viene copertacon opportuna griglia. Le deiezioni vengo-no raccolte in fossa sottostante la griglia edevacuate con sistema continuo (stramazzoall’estremità della fossa) o, preferibilmente,con asportazione per ricircolo di liquame.

Dimensioni della cunetta grigliata: lar-ghezza 0,7-1,0 m; profondità 0,7-1,0 m.

La corsia di servizio, larga 1,2-1,5 m,serve al passaggio degli animali e degliaddetti a pulizia, sorveglianza e mungitura.

Le porte sono larghe 1,2 m e alte 2,1m. Le porte delle corsie centrali dialimentazione devono essere larghe quantole corsie.

Gli attacchi sono di diverso tipo.Importante è la loro posizione, dovendorisultare più o meno inclinati per facilitareil movimento che fanno gli animali peralzarsi e il buon sfruttamento della man-giatoia.

I battifianchi, lunghi almeno 0,6 m,servono a mantenere l’animale in asse conla posta. E’ sufficiente una separazioneogni 2 capi.

Gli abbeveratoi a tazza sono posti ognidue capi verso la mangiatoia (in relazioneal tipo di attacco), a una altezza di 0,45-0,60 m.

3.3.2 - Stabulazione liberaSi tratta del sistema più efficiente, e

rispettoso delle normative, per allevare lebovine da latte.

Le vacche sono tenute in aree recinta-te con zona coperta su paglia o in cuccet-te e vengono munte in ambienti (le sale dimungitura) caratterizzate da migliori con-dizioni igienico-sanitarie; il lavoro dimungitura è facilitato; il lavoro di puliziaè ridotto al minimo o automatizzato.

La stabulazione libera è adatta a ognicategoria di bovini. La tipologia dei fab-bricati dipende dalle condizioni climati-

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Figura 31 – Trasportatore a catena in stalla a stabulazione fissa con inserito separatore di urine

Figura 32 – Trasportatore di letame a bracci oscillan-ti: 1–barra di comando; 2–zanella; 3-palette incer-nierate (da Pellizzi, 1996)

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che e dalla piovosità che gioca un ruolodeterminante sia sulla qualità della pagliaconsumata sia sullo spandimento delliquame. La pulizia degli animali è impor-tante per facilitare la mungitura e l’igienedel latte. La stalla può essere a corpo uni-co o a corpi separati (figure 33, 34, 35)ma importante è assicurare idonee condi-zioni ambientali.

Nei grandi allevamenti occorre divide-re la mandria in gruppi (minimo 50-100capi) per permettere migliore controllo ealimentazione differenziata.

3.3.2.1 - La stalla a lettiera per-manente

In genere è adatta per edifici aperti sualmeno uno dei lati. Prevede una zona diriposo e una zona di esercizio. La zona diriposo può essere vicina a quella di ali-mentazione o separata da questa dallazona di esercizio.

Nella zona di riposo viene apportatapaglia in ragione di 4-6 kg/giorno capo.La superficie può variare fra 4-5 m2/capo,per stabulazione solo invernale a, ottima-le, 6-8 m2/capo; una minore superficiecomporta un maggiore consumo dipaglia.

Vi sono molti modi per formare la let-tiera: all’inizio si costituisce una base dipaglia (1/3 del consumo previsto in unciclo di pulizia) e poi si apporta lettierafresca giornalmente. Il materiale così otte-nuto, dopo 5-6 mesi, è già idoneo per la

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Figura 34 – Stalla a stabulazione libera, a corpi sepa-rati, a lettiera permanente (C) o cuccette (D) (daHoepli, 1997)

Figura 35 – Stalla a cuccette testa a testa. (CA=corsiadi alimentazione; ZA=zona di alimentazione;ZR=zona di riposo; ZE=zona di esercizio; VL=vascaliquami) (da Hoepli, 1997)

Figura 36 – L’area a lettiera deve essere raggiungibileda un’ampia superficie per limitare il calpestio deicapezzoli, mantenere più pulite le mammelle e facili-tare il lavoro di gestione della lettiera

Figura 33 – Stalla a stabulazione libera, a corpo uni-co, a lettiera permanente (A) o cuccette (B) (da Hoe-pli, 1997)

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utilizzazione agronomica diretta. Oppuresi accumula lettiera, apportandola gior-nalmente, per 2-3 mesi e poi la si porta amaturare in letamaia.

L’accesso all’area coperta dalla lettieradeve essere il più ampio possibile per con-sentire alle bovine il massimo sfruttamen-to della lettiera stessa (Figura 36).

Per mantenere più pulita la lettiera eridurre il consumo di paglia (3-5 kg/gior-no per capo) è possibile realizzare un pavi-mento con pendenza del 6-8%. In questocaso la larghezza della zona destinata a let-tiera non deve superare 6-7 m. In ognicaso la pulizia frequente del corridoiomantiene più pulita la lettiera. Il sistemaè, però, poco idoneo per le vacche.

3.3.2.2 - La stalla a cuccetteCombina i vantaggi della lettiera con

quelli della posta fissa. Si hanno: vacchepiù pulite e tranquille; economia di lettie-ra (da 0 a 1 kg/giorno capo); minorimpiego di manodopera, minori inconve-nienti sanitari. La zona di riposo a cuccet-te può essere disposta secondo due sche-mi: a cuccette separate (groppa a groppa)o contrapposte (testa a testa). Inoltre, inrelazione alla zona di alimentazione, que-ste possono essere direttamente confinan-ti o separate dall’area di esercizio, comegià indicato nel caso della lettiera.

La soluzione a “cuccette contrapposte”o “testa a testa” non prevede la realizzazio-ne di pareti e prevede invece l’uso dellapaglia (1-3 kg/giorno per capo).

Il pavimento delle cuccette ha sotto-fondo in terra asciutta o calcestruzzomagro con finitura superficiale in altromateriale. Fra questi: calcestruzzo: 1:2:4,spesso 75 mm su base in sabbia postasopra il magrone. Consigliabile un fogliodi politene a tenuta fra sabbia e calcestruz-zo. Il pavimento ha una pendenza verso ilcorridoio, fino al 3,5% (Figura 37).

Nella cuccetta viene posta la lettiera: lapaglia è il materiale ideale, ma si possonoutilizzare sabbia, torba, cruschello, segatu-ra, carta macinata o deiezioni disidratate.Molto apprezzati i tappetini in gommarigida o “materassi” riempiti di ritagli dimateriale elastomerico e con segaturaposta sopra. La sabbia sarebbe un materia-le ideale perché non fa crescere i batteri,assorbe l’umidità, fornisce un discreto

appoggio e un altrettanto discreto attritorendendo i pavimenti meno scivolosi.

Purtroppo ne occorrono da 20 a 30kg/giorno per stallo e pone problemi perla gestione dei reflui. Per limitare le perdi-te di sabbia si può applicare al cordolouna paretina di gomma. Anche la paglia èottima ma presenta un costo di acquisto,stoccaggio e movimentazione troppo ele-vato.

Gradino posteriore della cuccetta(impedisce che il liquame asportato dalcorridoio tracimi) è costituito da un cor-dolo in calcestruzzo largo 10 cm e alto 20-25 cm. Se il corridoio ha pavimento fes-surato, il cordolo posteriore può esserealto 5-10 cm. In quest’ultimo caso perònon si riesce ad impedire agli animali dientrare nella cuccetta all’indietro. Lar-ghezza minima del corridoio è di 2,5 m el’intervallo (o passaggio) con la fila succes-siva (ogni 30 cuccette) è di 3,6 m. In ognipassaggio va posto l’abbeveratoio (accessi-bile ad almeno 30 capi). L’abbeveratoio hauno sviluppo lineare di 7,5 cm/capo.

In questo modo una stalla con 4 file dicuccette è larga circa 30 m.

Le dimensioni delle cuccette sonoriportate in tabella 15.

I divisori o battifianchi sono il compo-nente che più caratterizza la cuccetta evengono generalmente costruiti in tubola-re metallico di 50 mm di diametro (maanche con tavole di legno, con robustecorde e piantane metalliche ecc.). L’altez-za dei battifianchi varia fra 1,05-1,2 m esono arretrati di 15-30 cm rispetto al cor-dolo posteriore. Il tubo orizzontale media-no è posto a 40-50 cm da terra.

La stalla a cuccette richiede una atten-ta osservazione del comportamento delle

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Figura 37 – Posizione orientativa dei divisori dellecuccette. Per tipo e dimensione dei battifianchi consi-derare quanto proposto in commercio

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bovine, che devono sdraiarsi regolarmentee non mostrare tracce di ferite o contusio-ni. La vacca che sta in piedi ha problemi,ma più vacche in piedi denotano proble-mi alle cuccette (almeno il 90% delle vac-che dovrebbe star sdraiato nelle cuccette).

Le deiezioni devono cadere nel corri-doio e a questo provvede un tubo trasver-sale, detto anche allenatore o allineatore,posto a 30-45 cm dal muro, o a 1,65 mdal cordolo, sulla parte alta in cima ai bat-tifianchi, che fa arretrare gli animali.

3.3.2.3 - Gli abbeveratoi Consentono di fornire alle bovine l’ac-

qua di cui abbisognano.L’acqua serve, infatti, per:

– la digestione dei cibi, il metabolismo e iltrasporto di sostanze nutritive nel corpo;

– la regolazione della temperatura corpo-rea;

– impedire la disidratazione nel caso diattacchi di dissenteria.

La quantità di acqua necessaria dipen-de da:– tipo di foraggio (contenuto di sostanza

secca) e sua quantità;– temperatura dell’acqua di abbeverata;– temperatura ambiente;– età, peso e razza delle bovine.

I fabbisogni orientativi sono riportatinelle tabelle 16 e 17.

Gli abbeveratoi sono di tipo collettivoa vasca a livello costante (Figura 38) o

composti da tazze singole (1 ogni 25-30capi). La temperatura ideale dell’acqua èdi 12-15 °C; occorre proteggere gli abbe-veratoi contro il gelo. Gli abbeveratoi ven-gono posti nei passaggi fra le file di cuc-cette a una altezza da terra di 40-50 cm.Quelli singoli non vanno messi negliangoli per impedire concorrenza fra glianimali. L’area pavimentata attorno all’ab-beveratoio deve avere discreta pendenza oessere realizzata in pavimento fessurato (lebovine in piena lattazione possono pre-sentare, in estate, consumi d’acqua gior-nalieri superiori ai 100 litri).

Gli abbeveratoi veri e propri vengonoprodotti con forme e materiali diversi epossono essere distinti in relazione tipo distabulazione. Vengono adottati, i modelli:– a bacinella con valvola di pressione;– a bacinella con molla di acciaio;– a vasca libera con galleggiante;– a vasca chiusa con valvole flottanti di

tipo sferico.I modelli del primo tipo sono caratte-

rizzati da una bacinella, generalmente inghisa smaltata, installabili sia a muro siasu tubo in relazione al tipo di stabulazio-ne e/o di stalla.

3.3.2.4 - L’alimentazione dellebovine

Avviene in apposita area specializzatasuddivisa in zona di alimentazione, desti-nata agli animali e corsia di alimentazionedestinata al passaggio delle macchine edell’uomo. La zona di alimentazione halarghezza minima di 4,3 m e pavimentopieno o fessurato. Si tratta dell’area nellaquale cade la maggior parte (40-50%) del-le deiezioni. Gli animali si affacciano suuna mangiatoia le cui dimensioni vannodeterminate in base alle dimensioni deglianimali. Generalmente si considerano0,75 m di sviluppo lineare per capo. Larastrelliera va inclinata in avanti per favo-rire l’accesso alla mangiatoia. E’ sulla zonadi alimentazione che vanno posti i venti-latori per il raffrescamento estivo (se la

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Peso medio vacche (kg) Lunghezza (m) Larghezza (m)

700 3,3-2,4 1,15-1,22 400-650 2,3 1,15 400 1,9 1,00

TABELLA 15Dimensioni medie consigliate per le cuccette

Figura 38 – Abbeveratoio collettivo

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ventilazione naturale non dovesse risulta-re sufficiente). La mangiatoia può esseredotata di rastrelliera autocatturante omeno: la scelta dipende dai criteri adotta-ti per il trattamento dei capi infermi. Lacorsia di alimentazione è larga da unminimo di 2,5 a un massimo di 7,0 m inrelazione alle dimensioni dell’allevamentoe alle tecniche di alimentazione adottate.Con la tecnica del piatto unico è suffi-ciente una larghezza di 5,5 m (Figura 39).Gli elementi strutturali trasversali devonoessere posti a una altezza minima di 3,8 mper consentire il passaggio dei mezzi.

3.3.2.5 - La zona di esercizio E’ in realtà una zona di riposo scoper-

ta che permette al sole di esercitare la suaazione benefica, e ciò è anche causa di pro-blemi per le bovine che vi si sdraiano. Essaè anche l’area di deambulazione delle bovi-ne nelle stalle chiuse. La sua estensionedipende da scelte progettuali oltre che dafattori quali: normative sul benessere ani-male, tipo di produzione (biologica o no),possibilità di accesso ai pascoli ecc. Perragioni legate alla facilità di pulizia vengo-no preferite le aree pavimentate con calce-

struzzo (8 m2/capo). Tuttavia è beneaffiancare ad esse, per i periodi non piovo-si, dei recinti in terra (privi di sassi) cui lebovine possano accedere a loro piacimen-to. Quest’area ha una superficie > 12m2/capo ed è caratterizzata da forte pen-denza per favorire il drenaggio. Le acqueraccolte nelle aree di esercizio, anche sepoco ricche in sostanza organica, vannopompate nella vasca liquami in attesa del-

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Peso vivo (kg) Fabbisogno a temperatura Fabbisogno a temperatura Fabbisogno a temperaturada +7°C a +10°C (litri) da +10°C a +21°C (litri) da +21°C a +27°C (litri)

100 9 10 14 150 13 15 20 200 17 19 26 250 20 23 31 300 23 27 36 350 25 30 40 400 28 32 44 450 29 34 46 500 30 35 47 550 31 36 48 600 32 37 50

TABELLA 16Fabbisogno d’acqua per vacche asciutte, manze e tori stabulati a diverse temperature e con peso variabile.

Peso vivo (kg) Produzione giornaliera A temperatura fino a 21°C A temperatura > 21 °Cdi latte (kg) (litri/giorno) (litri/giorno)

400 10 36 41500 10 39 44600 10 40 46

400 20 45 50500 20 48 53600 20 49 54

400 30 54 59500 30 56 62600 30 58 63

TABELLA 17Fabbisogno d’acqua per vacche in lattazione stabulate a diverse temperature

Figura 39 – Le modalità di somministrazione deglialimenti hanno influenza sulle dimensioni della stalla

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lo spandimento in campo e ciò scoraggia larealizzazione di tali aree. Le pendenze del-la pavimentazione saranno tali da assicura-re una buona evacuazione delle acque luri-de verso gli impianti di stoccaggio.

L’area di esercizio è spesso collegataalla sala di mungitura, raccogliendo lebovine da mungere.

Nel caso di stalle a corpi separati, frazona di alimentazione e zona di riposo, l’a-rea di deambulazione deve essere superiorea 4 m, ciò per permettere a due vacche diincrociarsi passando dietro a una bovinache sta mangiando, senza disturbarla.

La forma da preferire è quella rettan-golare per favorire sia il passaggio del trat-tore, senza far manovre, sia la installazio-ne di un raschiatore automatico.

Abbeveratoi e rastrelliere verrannoposizionati in modo da non ostacolare l’a-sportazione delle deiezioni.

Per evitare problemi di zoppie, almomento della messa in attività di unanuova stalla, il calcestruzzo nuovo deveessere neutralizzato con acido acetico oaceto (5 litri di aceto per 50 litri d’acquaogni 100 m2 di area cementata) e sciac-quato con abbondante acqua, o con liqua-me, almeno un mese prima dell’ingressodel bestiame.

Le aree con pavimento pieno vengonorealizzate in calcestruzzo battuto. Per evi-tare scivolosità è opportuno creare scana-lature a sezione triangolare, larghe 15 mme profonde altrettanto e distanziate fraloro di 10 cm.

Il calcestruzzo va confezionato, se pos-sibile, con ghiaia di fiume per non feriregli unghioni delle bovine.

3.3.2.6 - Area di esercizio coper-ta (o area di deambulazione)

E’ costituita, in realtà, dai corridoi diaccesso alle cuccette e la si riscontra nellestalle del Nord Europa in cui si pratica lastabulazione invernale e il pascolo estivo.La sua estensione dipende da scelte pro-gettuali oltre che da fattori quali: norma-tive sul benessere animale, tipo di produ-zione (biologica o no) ecc.

Malgrado la copertura, quest’area devericevere sufficiente luce e risultare benventilata.

Le deiezioni raccolte da questa super-ficie dipenderanno, per quantità e qualità,

dalla presenza o meno di lettiera o dal tipodi pavimentazione.

L’area di deambulazione può essere rea-lizzata su pavimento fessurato per ottenereliquame poco diluito ed evitare il raschia-mento quotidiano delle deiezioni. Il fessu-rato è costituito da elementi in calcestruz-zo armato, capaci di sopportare un caricoconcentrato di almeno 400 kg, ulterior-mente rinforzato nel caso di passaggio ditrattori (2 t/asse). Questo tipo di pavimen-tazione consente di ridurre in modoapprezzabile il fabbisogno di manodoperae lascia asciutti i piedi dei bovini. Inoltre,la fossa dei liquami (adottabile solo nelcaso di stalle completamente aperte) postasotto fessurato non ha impatto sul paesag-gio anche se crea problemi di emissioni diNH3.

Il modello più comune è del tipo a fes-sure longitudinali con travetto largo 12,5cm e intervallo dei travetti di 30 mm.Questo tipo di pavimentazione può gene-rare problemi alle articolazioni delle bovi-ne. I fessurati a fori conici sono scivolosi epiù facilmente otturabili ma più conforte-voli. Sono adatti per recinti pagliati confosse sottostanti o a sistemi di sgocciola-mento della lettiera senza passaggio dianimali.

Affinché il liquame scenda bene nellafossa occorre un calpestamento continuoe pertanto la superficie dell’area di eserci-zio non potrà superare i 3,5 m2/capo.

La ventilazione dovrà essere particolar-mente curata per limitare la diffusione dicattivi odori e gas nocivi.

Un edificio con pavimentazione diquesto tipo è molto specializzato e difficil-mente trasformabile.

Per evitare problemi di otturazioneeccessiva del fessurato non è possibile uti-lizzare paglia lunga. Le aree di deambula-zione su fessurato si trovano spesso in stal-le a cuccette dotate di materassini in gom-ma coperti con segatura o paglia trinciata.

3.3.2.7- La circolazione dellebovine

Le varie aree funzionali della stallavanno collegate in maniera tale che lebovine seguano il seguente percorso: areadi esercizio ➔ area di mungitura ➔ areadi alimentazione (Figura 40). E’ impor-tante mantenere questo tipo di circolazio-

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ne perché le bovine, al termine dellamungitura, devono rimanere in piedi inquanto il canale di deflusso del latte nonè ancora sigillato. Diventa quindi piùfacile la sua colonizzazione nel caso dibovine che si sdraiano su superfici conta-minate.

Per ogni gruppo di bovine vanno pre-visti almeno due passaggi per accedere etornare dalla corsia di alimentazione enon creare strozzature. Nell’organizzare ladivisione per gruppi occorre ricordare chele corsie a fondo cieco, anche se ottenutecon cancelli, non sono gradite dalle bovi-ne.

3.3.2.8 - Il locale mungitura Una sala di mungitura lavora 2-7

h/giorno e più per 365 gg. Si tratta di uncomplesso specializzato con forme diverseper meglio adattarsi alle dimensioni del-l’allevamento. Le vacche vanno all’opera-tore o alla macchina per essere munte, tut-te le attrezzature sono riunite e si riduco-

no i movimenti dell’uomo che lavora inpiedi. Gli impianti attuali hanno un grup-po di mungitura per stallo ma è possibileottenere ottime prestazioni anche adot-tando impianti con un gruppo di mungi-tura ogni 2 stalli. La dimensione della saladipende dal numero dei capi presenti: dal-la disponibilità di manodopera; dal tem-po, che viene prefissato, per completarel’operazione (2 h/munta). Un gruppo dimungitura nei diversi allevamenti mungeda 4 a 7 capi/h. Il numero di gruppi cheun addetto può controllare dipende da:quantità di latte prodotta dagli animali;tempo dedicato a ciascun animale, dettoroutine, a sua volta legato al grado diautomazione scelto (tabella 18).

Il sistema (edificio + impianti), nel suoinsieme, deve risultare: semplice, efficien-te, accessibile e facile da pulire. In parti-colare, la sala di mungitura deve essereubicata in modo da facilitare l’accessoall’autocisterna senza creare problemi dicarattere igienico-sanitario.

L’ubicazione deve essere tale da facili-tare l’allacciamento all’acqua e all’energiaelettrica. Deve essere possibile garantire laevacuazione delle acque reflue e consenti-re l’accesso, per tutto l’anno, ai veicoli perla raccolta del latte e la fornitura dei con-centrati (se vengono somministrati) senzaincrociare i percorsi delle bovine e deitrattori.

Particolare attenzione va posta allaprotezione della sala di attesa contro ilvento, soprattutto in periodo invernale,perché molto fastidioso per gli animali.

La sala di mungitura nel suo comples-so è formata da una zona di attesa, dallazona di mungitura vera e propria, da unlocale latte, da un locale motori, da unufficio e dai servizi igienici (Figura 41).

La zona di attesa può essere circolare(più adatta per allevamenti di grandidimensioni) o rettangolare. Il tipo rettan-golare è maggiormente diffuso da noi,

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Figura 40 – Al momento della progettazione occorreriflettere molto bene sulla circolazione delle bovineall’interno della stalla che deve prevedere il passaggiodal paddock alla sala di mungitura e da questa allazona di alimentazione

Tipo di sala Tandem Spina di pesce Pettine

B A B A B A

Gruppi di mungitura (n°) 3-4 4-6 6-8 8-16 12-16 16-24 Produttività (n° capi munti/h per uomo) 21-28 36-48 30-40 40-64 48-64 64-96

B = basso livello di automazioneA = alto livello di automazione

TABELLA 18Produttività orientativa del lavoro in sale di mungitura diverse operanti con un solo addetto

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essenzialmente per ragioni climatiche. Lesue dimensioni (1,4 m2/capo) devonoessere tali da consentire il raggruppamen-to di un numero di animali uguale a quel-lo che si può mungere in un’ora circa.Questo per evitare eccessivo stress agli ani-mali in attesa (vento, calore, acqua, ali-mento ecc.). Deve essere realizzata inmodo da favorire il passaggio alla zona dimungitura senza particolari restrizioni,specie se mancano gli spingivacche.

Le vacche in attesa di entrare in zonadi mungitura si comportano in mododiverso se devono ricevere il concentrato omeno. Infatti in presenza di concentratole vacche tendono ad affollarsi all’entratanella zona di mungitura e, il mungitoredovrà obbligare i capi eccedenti a retroce-dere con ovvie perdite di tempo. Se nondevono ricevere il concentrato le vacchesembrano più calme ed entrano in salaquando vedono quelle munte allontanar-si. In questo caso può, giocare un ruoloimportante, sia la possibilità di vedere ciòche accade in zona di mungitura (presen-za o meno di parete divisoria con la zonadi attesa), sia la presenza di un pavimentoinclinato (la pendenza della sala di attesa

può raggiungere il 10%) giacché le vacchetendono spontaneamente a orientarsi ver-so la parte più elevata. Per favorire il pas-saggio degli animali vanno evitati gradinie se ciò non è possibile occorre porli lon-tano dall’ingresso e realizzarli con alzatanon superiore ai 12 cm.

La zona di mungitura dovrebbe essereaccessibile senza attraversare porte. Se ciònon è possibile, occorre far sì che le portesi trovino esattamente sulla direttrice delcorridoio che dovrà essere percorso daglianimali.

L’uscita degli animali può avvenire peruna o due porte poste su un lato o sullastessa direttrice del corridoio di mungitu-ra. In realtà l’ingresso e l’uscita degli ani-mali rappresentano i fattori più critici diun impianto in sala e, fra i due, l’ingressoè il più importante. Le guide tubolari chefacilitano l’ingresso delle vacche devonoavere dimensioni tali da consentire il pas-saggio di una sola vacca per volta.

Per facilitare l’uscita degli animali neigrandi impianti sono stati sviluppati dis-positivi che consentono il ribaltamentototale della gabbia di contenimento. Inpratica, grazie a dette attrezzature è possi-bile far uscire un numero qualsivoglia dicapi in 15-20 secondi. Lo svantaggiomaggiore è rappresentato dalla maggiorlarghezza richiesta per il locale (> 12 mcontro i 5-6 di una sala normale).

Le dimensioni della zona di mungitu-ra dipendono dalle attrezzature (gabbie eimpianto di mungitura) che vengono for-nite dalle diverse ditte. Spesso le dimen-sioni delle attrezzature di contenimentonon tengono conto delle dimensioni deglianimali e della loro evoluzione per cuirisultano poco confortevoli.

Nella scelta delle attrezzature occorre,però, ricordare che la distanza massimadel capezzolo anteriore, nelle sale a spina ea pettine, non dovrebbe superare i 45 cen-timetri dal cordolo che separata il mungi-tore.

Nel classico impianto a spina di pesce,gli animali si dispongono con un angolodi 25° e la larghezza della zona interessatadalle vacche sarà di 1,25 m mentre ladistanza fra le vacche è di 1,15 m.

La fossa del mungitore è lunga quantoil numero dei gruppi di mungitura, mol-tiplicato per 0,8 o 1,15 m più 1,5 m a

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Figura 41 – Il complesso che costituisce la sala dimungitura (da Hoepli, 1997)

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seconda dell’angolo e dal tipo di impiantodi mungitura (se con vaso terminale nellafossa stessa ecc.). La larghezza minima,come si è detto, è di 1,5 m, ma solo perimpianti di mungitura a lattodotto, bassoo alto, e di 2,2 m per impianti con vasomisuratore non ubicato sotto il piano dicalpestio degli animali.

L’accesso alla fossa è meglio avvenga amezzo di scala in metallo, a norma, darealizzare dopo aver inserito l’impianto dimungitura.

Il drenaggio delle acque di lavaggio èmeglio se naturale con frapposto sifoneidraulico; se ciò non è possibile, occorrecollocare una pompa per l’estrazione del-l’acqua.

Il posizionamento del vaso terminale,che comprende anche la pompa per il lat-te, è meglio se effettuato nella fossa perragioni di controllo.

Allo scopo di recuperare il latte cheproviene dal tratto verticale di conduttu-ra, occorre realizzare, sotto al vaso termi-nale, un apposito pozzetto.

Il cordolo di protezione, che separa lacorsia degli animali dalla fossa del mungi-tore, assolve a una doppia funzione, evita-re che la fossa del mungitore si sporchi eproteggere gli animali, per evitare cadutenella fossa (e lo stesso impianto di mungi-tura da possibili danni causati dai piedidella vacche). Questo cordolo alto 6-8cm, può essere realizzato in calcestruzzo,in lamiera d’acciaio, in legno o esserecostituito da un semplice tubo.

Le gabbie di contenimento degli ani-mali vanno realizzate tenendo conto dievitare il più possibile i montanti verticalidi ancoraggio. La barriera posteriore puòessere diritta o a zig-zag. Un solo tubo èsufficiente; tuttavia se ne possono installa-re anche due, purché si rispetti l’altezzaminima di 0,5 m.

Questo tubo, così come la fossa delmungitore, dovrebbe prolungarsi per 3,5m dopo l’ultima vacca - nel caso di zonadi attesa incorporata in quella di mungi-tura - per permettere all’addetto di incita-re e indirizzare le vacche verso la zona dimungitura senza bisogno di uscire dallafossa stessa. I supporti del tubo posterioresi collocano ogni 3 m (uno viene postoall’inizio, uno alla fine e un altro alla pri-ma posta di mungitura). Il tubo anteriore,

se diritto, è soggetto a maggiori sollecita-zioni da parte degli animali; conseguente-mente, i suoi supporti vanno collocatiogni 1,5 m. Se tubo anteriore e posterioresono diritti, l’angolo di posizionamentodegli animali viene determinato dal can-cello anteriore di uscita.

La larghezza libera fra tubo di conteni-mento anteriore e posteriore deve essere di75-85 cm.

Il cancello posteriore deve possibil-mente aprirsi verticalmente ma una sem-plice catena risponde allo scopo.

Con più di 6 poste è consigliabileintrodurre un sistema pneumatico diapertura e chiusura dei cancelli (minoripercorsi per l’operatore).

La corretta pendenza del pavimentofavorisce l’evacuazione delle acque dilavaggio e delle deiezioni. La figura 42mostra quale deve essere l’andamento del-le pendenze.

I tipi di sala di mungitura più diffusisono i seguenti: a tandem; a spina dipesce; a pettine; rotativi (Figura 43).

Sala a tandem. Un addetto controllatre (se non vi è particolare automazione),sei stalli. Ingresso e uscita degli animalidipendono dalla apertura dei cancellicomandata dall’operatore.

Dimensioni stallo: lunghezza circa 2,5m, larghezza corridoio di passaggio: 0,85-0,9 m. Corridoio dove opera il mungitorelargo 2 m. La zona dell’operatore è par-zialmente infossata per evitare scale o

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Figura 43 – Sale di mungitura a tandem (A), spinadi pesce (B) e a pettine (C) e relative dimensioniorientative (da Hoepli, 1997)

Figura 42 – Pendenza dei pavimenti in sala di mun-gitura (da Hoepli, 1997)

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rampe di pendenza eccessiva agli animali.Sala a spina di pesce, consente maggior

produttività: un addetto può controllare6-16 gruppi di mungitura. Gli animalisono posti con angolo di 25-33° rispettoalla zona del mungitore. La zona dellebovine è coperta in parte con griglia inferro zincato per drenaggio dei liquidi dilavaggio e deiezioni. Dimensioni tipiche:larghezza piano vacche, 1,25-1,40 m (inrelazione all’angolo con cui sono posti glianimali).

La larghezza del corridoio mungitore ècirca 2,0 m.

Lunghezza piano vacche 1,0-1,15 mper stallo cui vanno aggiunti 1,20 m pertener conto del fatto che gli animali sonodisposti ad angolo.

Ingresso e uscita degli animali vannocurati particolarmente per aumentare laproduttività. È il modello più diffuso(Figura 44).

Sala a pettine, è una variante della clas-sica sala a spina di pesce con gli animalidisposti con un angolo di 90° rispetto allafossa del mungitore. Le bovine vengonomunte da dietro.

Il numero dei gruppi controllabili daun addetto può arrivare a 20-24 grazie allamaggior compattezza dell’impianto (vac-che distanti 0,70-0,75 m). La sola diffe-renza dimensionale è costituita dalla mag-gior larghezza (~ 10 m contro i 6 m della

spina di pesce) richiesta all’edificio perfacilitare l’uscita rapida delle vacche mun-te. Per evitare questo problema si dispon-gono gli animali con un angolo di 60-70°.

Sala di mungitura rotativa: consente aun addetto di controllare oltre 18 gruppidi mungitura. Consiste in una piattaforma(metallica circolare) su cui le bovine pos-sono assumere diverse posizioni, a secondadei modelli, che ruota in continuazione oad intermittenza. Le vacche salgono indi-vidualmente e l’operatore compie tutte leoperazioni di routine stando fermo. Ilprincipale tipo oggi proposto è quello araggi (ovvero sala a pettine rotativa).

Sistema robotizzato: comporta il com-pleto cambiamento dello schema distribu-tivo della stalla, allo scopo di controllare ipercorsi delle bovine e la realizzazione digabbie di mungitura (tipo tandem) in cuile bovine stesse vengono munte 2-5 volteal giorno. Importante è la possibilità dicontrollare l’alimentazione a mezzo disistemi di distribuzione automatica. Ilsistema sembra adatto per operare almeglio con moduli di circa 50 - 60 capi,con produzione giornaliera complessiva di1800 – 2200 kg di latte, serviti da unrobot di mungitura (Figura 45).

All’uscita della sala di mungitura ven-gono posti i recinti per l’isolamento deglianimali, che devono essere dotati di can-cello comandato a distanza dalla fossa del-l’operatore e vanno dimensionati sullabase di 1 ogni 20 capi presenti, e per unminimo di 3 capi. La superficie è di 2,0-2,5 m2/capo. La recinzione è costituita datubi zincati, diametro 50 o 75 mm, e alta1,5 m. Il pediluvio, posto sui corridoi diritorno degli animali, può essere costitui-to da una semplice vasca profonda 15 cm,lunga 1,5-2,5 m e larga 0,8 m. Per evitareproblemi di inquinamento, è opportunocollocare, invece dell’acqua, un materassi-no di spugna imbevuto di soluzione disin-fettante.

All’uscita della sala di mungitura vaposto un abbeveratoio a vaschetta dialmeno 0,6 m per consentire alle bovinedi bere dopo la lunga attesa prima dellamungitura.

Specifiche relative alle varie componenti del-le sale di mungitura

Indipendentemente dal tipo di sala

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Figura 44 – Dimensionamento orientativo di sale dimungitura a spina di pesce con angolo degli animali a25°. Alto: pianta; basso: sezione – A=condutture ariaper ventilazione estiva e invernale (da Hoepli, 1997)

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occorre considerare gli elementi di seguitodescritti.

La scelta dei materiali di finiturarichiede elevata attenzione perché per laproduzione di latte è necessario mantene-re un elevato standard igienico. Non ver-ranno considerati quei materiali che perloro natura (es.: quadrotti di porfido, pia-strelle ecc.) non richiedono specificheavvertenze per la posa in opera.

Il calcestruzzo (e la malta di cemento)è il più importante dei materiali di finitu-ra ma è anche il meno curato. Il calce-struzzo per pavimenti si realizza in quadricon dimensione massima di 5 x 5 m e vie-ne livellato con una tavola di legno.

Una finitura superficiale buona siottiene con uno strato di 25 mm di mal-ta, di sabbia e cemento, che va posta entro6 ore dalla gettata del calcestruzzo ordina-rio. Il suo contenuto in cemento non deveessere superiore al 10% di quello ordina-rio per mantenere coefficienti di dilatazio-ne simili.

Sulla superficie viene passata una spa-tola in legno.

Le pareti vanno rifinite fino a 1,8 m dialtezza con materiale che garantisce lamassima igiene. L’intonaco di cemento ècostituito da una parte di cemento, 1 par-te di calce e 1 parte di sabbia. Calce e sab-bia si miscelano all’inizio mentre ilcemento viene aggregato solo al momentodell’intonacatura. La lisciatura viene fattacon spatola di legno.

Nel caso di intonaci soggetti a sfrega-menti da parte degli animali si usa unamiscela composta da una parte di cemen-

to, tre parti di sabbia e 1/2 parte di sabbiae 1/2 parte di calce e si liscia con spatoladi ferro.

Per proteggere le pareti dagli animali èopportuno porre un tubo zincato, diame-tro 35 mm, sporgente 25 mm a 90 cm dialtezza.

Intonaci e pavimenti di calcestruzzopossono essere ricoperti con opportunevernici per renderli più resistenti all’usurae all’aggressione chimica.

Il soffitto va adeguatamente isolatocon barriera di vapore e ventilato.

Le vernici sono da preferire alle comu-ni piastrelle o mattonelle perché nonrichiedono la applicazione di uno strato dimalta di supporto (minori spessori dipareti e pavimenti), sono più resistenti algelo e all’usura meccanica, ai lavaggi adalta pressione ecc. Il principale ostacoloposto alla diffusione di questi materiali èrappresentato dal costo iniziale che ègeneralmente superiore del 30-50%rispetto ai materiali tradizionali. Tuttavia,nel lungo periodo la maggior tenuta ripa-ga ampiamente la maggior spesa.

Le vernici per i pavimenti devono pos-sedere alta resistenza meccanica e chimica,essere antisdrucciolevoli, lavabili, non tos-siche. La scelta del tipo di vertice piùappropriato si basa sui requisiti dellatabella 19.

L’illuminazione delle sale di mungitu-ra, richiede circa 200 lm/m? cui corri-sponde una potenza installata di 6 W/ m?nel caso di tubi fluorescenti.

La ventilazione della sala di mungituranel periodo invernale è di 10 ricambi/h di

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Figura 45 -Stalla robotizzata(da PR, 2000)

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aria. Nel periodo estivo la ventilazionesale fino a 40 ricambi/h.

Il riscaldamento della sala di mungitu-ra dovrebbe avvenire a mezzo di aria caldasoffiata dal basso per migliorare il comfortdell’operatore. La potenza termica instal-lata varia fra 15 e 20 kW.

Il pavimento può essere rivestito conresine epossidiche, piastrelle, lastre di por-fido, gomma pesante per facilitare la puli-zia (figura 46).

Le gabbie di contenimento vengonorealizzate in acciaio zincato, tubolare oscatolato.

Il locale latte deve possedere le seguen-ti caratteristiche: superficie minima 20

m2 (meglio 30); pavimento antisdruccio-levole e lavabile e con pendenza del 2%,orientata verso un sifone ubicato vicinoalla porta e/o alla presa del latte nel casosia presente un serbatoio refrigerante. Por-ta di accesso con larghezza minima di 2 m(Tabella 20 e figura 47).

In questo ambiente deve essere evitatala installazione di motori (da porre in unlocale adiacente o all’esterno, sotto unatettoia), o di qualsiasi fonte di calore.

La porta di accesso ha larghezza di 2m. Sono opportune aperture per facilitarel’aerazione del gruppo frigorifero se appli-cato al serbatoio. Il locale va dotato dilavelli per lavaggio utensili e impianto. Valimitato l’inquinamento dovuto a motorie polveri di mangime. Se vi è un serbatoio(refrigerato o non) lasciare > 60 cm liberiattorno ad esso e 1,10 m dove è situato ilrubinetto di scarico. Per inserire il serba-toio nel locale occorre porta doppia dota-ta di serramento amovibile. I servizi devo-no aprirsi in altro locale.

I drenaggi vanno posti sia sotto illavandino sia a 60 cm dal rubinetto di sca-rico del serbatoio del latte. Pendenza con-sigliabile del pavimento 1-2%.

Il locale motori può essere costituitoda una capannina posta all’esterno edesposto preferibilmente a nord. La super-

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Proprietà Resina

Gomma Epossidica Uretanica Vinilica Acrilica Alchidicadi lattice

Resistenza agli alcali E E O E R S Resistenza agli acidi O O O O R S Proprietà meccaniche R E E R O O Durezza e resistenza all’abrasione R O O R O R Essiccazione < 24 h E O O E E E Applicabilità > 10°C R R R R O E Applicabilità < 10°C O O O O O E Facilità di manutenzione E R R E O E Costo M A A M M B

E = eccellente; O = buono; R = regolare; S = scarso; A = alto; M = medio; B = basso

TABELLA 19Caratteristiche comparative di alcune vernici

Quota latte (t/anno) Superficie del locale Larghezza minima Lunghezza minima Superficie minimaserbatoio (m2/100 t) (m) (m) Locale macchine (m2)

fino a 300 5,0 3,5 2,30 10 300-500 4,5 3,75 2,50 12 500-700 4,0 4,00 2,60 13 oltre 700 3,5 4,00 2,85 14

La superficie minima per il locale latte e il locale motori è di 20 m2

TABELLA 20Locale latte: dimensione del locale serbatoio e del locale motori in base alla quota latte

Figura 46 – Il pavimento in porfido è molto apprez-zato dagli allevatori (da 1Z1, 2000)

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ficie minima è di circa 3 m2(meglio 8-10m2) Il locale deve risultare ben ventilato efacilmente accessibile e contenere le pom-pe per il vuoto; il gruppo motore-conden-satore; il compressore. I motori possonoessere posti in capannina adiacente.

Il deposito materiali deve essere possi-bilmente fresco e buio, per meglio conser-vare medicinali e prodotti in gomma. Unambiente di 2-3 m2 esposto a nordrisponde allo scopo.

I servizi igienici sono costituiti da duelocali con vaso, doccia e lavandino, neiquali trova posto anche lo spogliatoio pergli addetti.

L’ufficio (superficie minima 8m2) èparticolarmente utile nel caso di mandriecon oltre 100-150 capi e per ospitarecomputer o altri dispositivi di controllo.

I consumi energetici: in sala di mungi-tura la potenza installata varia da 0,5 a 1,0kW/gruppo di mungitura cui corrispondeuna spesa energetica di 150-250 Wh/capoper giorno.

3.3.2.9 - Lavaggio dei localiDopo ogni mungitura lavare i locali

con cura insistendo particolarmente su:– le strutture metalliche (anteriormente e

posteriormente);– i muri e i corridoi o le corsie;– la fossa del mungitore, attorno al vaso

terminale, sulle scalette metalliche ecc.L’acqua in sala di mungitura serve a:

lavare l’impianto di mungitura, il serba-toio refrigerante e i bidoni; lavare le mam-melle; lavare pareti e pavimenti: refrigerareil latte; e per uso sanitario del personale.

Per il lavaggio locali e attrezzature siutilizzano spazzole o idranti o lavatrici adalta pressione.

Il fabbisogno complessivo di acqua dilavaggio è di 30-130 l/capo e per giorno dicui 2/3 per lavaggio locali; riducibili a 10-15 l/capo◊giorno con attenta gestionedell’operazione di pulizia e con il recupe-ro delle acque di risciacquo.

Una buona realizzazione della sala dimungitura e una presa d’acqua ben siste-mata facilitano queste operazioni. Almeno3-4 volte all’anno va effettuato un lavag-gio con idropulitrice ad alta pressione,con un prodotto detergente (anche disin-fettante) adatto per mantenere il locale inperfetto stato di pulizia.

Per i lavaggi della sala di mungitura sipossono considerare circa 60-65 l/capogiorno, con un minimo di 30-35 l/capo.giorno. Per il lavaggio della mammellasono necessari 10 l/capo. giorno di acquaa 35-45°C e per quello dell’impianto dimungitura 10 l/gruppo a temperatura >70°C.

Per lavaggio impianti occorrono leseguenti quantità di acqua fredda o calda a40-60 °C (litri per gruppo di mungitura):sala di mungitura: con vasi 35; senza vasi45-65; lattodotto in stalla: 45-65 (+ 65litri ogni 30 m di lattodotto); serbatoiolatte: lavaggio automatico 95-135 (>1.800 l di capacità); 160-230 (> 1.800 I dicapacità). Lavaggio manuale 25-70 litri.

In un allevamento da 100 capi è neces-sario disporre di una caldaia da almeno200 l. Dato che l’intervallo fra le mungi-ture è di 12 h non sono necessarie grandipotenze installate.

Considerando situazioni di punta sidovrebbe considerare, per un impiantonuovo, una disponibilità di acqua di 200l/capo. giorno (inclusa l’acqua necessariaper l’ abbeverata).

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Figura 47 – Caratteristiche del locale latte (da PR,2000)

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Per il lavaggio delle sale di mungitura eattesa occorre una manichetta lunga alme-no 10-12 m e con un diametro interno dicirca 37 mm. Sono necessarie 2 prese da25 mm poste una nella sala di attesa e l’al-tra al termine della zona di mungitura,vicino al locale latte. La portata della pom-pa deve essere di circa 7.000 1/h con unapressione di 1,2-2,5 kg/cm2 (1,2-2,5 bar).

Nel caso in cui i pozzi non consentanodi ottenere queste portate, si disporràsopra il tetto, o a fianco dell’edificio, unserbatoio di 2-3 m3 che verrà riempitodurante l’intervallo fra le mungiture Per illavaggio dei locali è possibile impiegarel’acqua recuperata dal lavaggio dell’im-pianto di mungitura.

Bagnare pavimento e pareti prima del-la mungitura favorisce la conservazionedelle superfici in cemento e facilita la suc-cessiva pulizia.

3.3.2.10 – La disinfezione dei pie-di delle bovine

Le caratteristiche del piede delle bovi-ne mal si sposano con i sistemi di stabula-zione attuali nei quali, causa il permaneredelle deiezioni sulla pavimentazione, gliunghioni restano sempre a mollo in unambiente altamente settico.

Per questo occorre o pulire frequente-mente le aree di stabulazione per ridurre ilmateriale fecale che giace sul pavimento, oeffettuare interventi di prevenzione disin-fettando frequentemente i piedi degli ani-mali e procedendo a regolare mascalcia.

Per ottenere una frequente puliziaoccorre disporre di un idoneo sistemaautomatico di asportazione che rimanepraticamente in funzione per tutto l’arcodella giornata.

A livello di disinfezione, abbandonatoda tempo, il bagno podale in sala di atte-sa, viene proposta ora, l’immersione deipiedi stessi in un materassino di schiuma,a base di acido peracetico (Figura 48).

Le schiume staccano lo sporco presen-te sui piedi degli animali sanitizzando sia ipiedi stessi sia il pavimento.

I prodotti, per agire hanno bisogno ditempo, da 5 a 30, e ciò significa sfruttarei tempi concessi dall’attesa mungitura.

Per trattamento collettivo della derma-tite digitale (malattia di Mortellaro)occorrono almeno 22 settimane sulla basedi un opportuno protocollo (es.: fase distabilizzazione: 8 settimane – 1 settimanadi trattamento ogni 2; fase di manteni-mento: 14 settimane – i primi 3 giorni diogni quindicina). Ciò consente di ottene-re un tasso di guarigione di oltre il 90% edi ridurre a meno del 10% il tasso di nuo-ve infezioni.

Il successo di questo concetto derivadalla combinazione dei seguenti vantaggi:– la schiuma consistente rimane attaccata

ai piedi dei bovini;– il tempo di azione in sala di attesa è suf-

ficiente a garantire efficacia all’azionedel prodotto;

– la semplicità del trattamento ne consen-te un regolare impiego;

– lo smorzamento dei rumori.E’ evidente che l’uso di un simile siste-

ma è possibile solo in sale di attesa conpavimento piano e pieno. Oppure è possi-bile realizzare una sala di pre-attesa pianaseguita da una sala di attesa inclinata.

3.3.2.11 - I locali accessori Sono indispensabili per consentire una

corretta gestione della mandria. La lorocollocazione ideale è nei pressi della sala dimungitura.

Il recinto parto: l’igiene dell’ambiente

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Figura 48 – Trattamento disinfettante dei piedi dellebovine durante l’attesa mungitura (da Kovex FoamSystem, 2002)

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in cui avviene il parto condiziona la capa-cità di resistenza del vitello, la sua ulterio-re crescita e la salute della bovina.

Un locale o recinto per il parto ogni 25capi è necessario per accogliere le vaccheprossime al parto. E’ meglio prevedere piùrecinti nel caso di parti sincronizzati.

Ciascun recinto deve avere una super-ficie sufficiente (minimo 20 m2) e nessunlato di dimensione inferiore a 3,5 m perfacilitare gli interventi sulle bovine. Perevitare rischi di scivolamento delle bovine,il pavimento non deve essere liscio ma vacoperto con sufficiente paglia. Il recintoparto sarà separato dall’area di riposo del-le vacche da recinti metallici e non damuri pieni. Ciò per diminuire lo stressdegli animali, mantenendo un contattovisuale e olfattivo con i loro congeneri.

Esso deve comprendere le attrezzaturenecessarie al confort degli animali e allasicurezza del personale che deve interveni-re (allevatore, veterinario ecc.): mangia-toia, rastrelliera, anello d’aggancio, paran-co di sollevamento, sistema di conteni-mento, abbeveratoio, materiali per il par-to, uno dei lati deve essere completamen-te apribile e accessibile al trattore.

Dopo ciascun parto il recinto verràsvuotato, lavato e disinfettato.

Un recinto per inseminazione verràposto di preferenza all’uscita della sala dimungitura per separare le vacche in calorecon un accesso specifico per l’inseminatore.

L’infermeria: è destinata agli animalimalati, è un locale molto specifico chedeve essere diverso dalla zona parto.Anch’esso va posto non lontano dalla saladi mungitura al fine di poter mungere glianimali malati, sia al momento dell’ulti-mo passaggio in sala di mungitura, sia nel-lo stesso locale infermeria, installandoviuna conduttura del vuoto.

Il locale dovrà essere imperativamentepulito e disinfettato dal momento dell’u-scita dell’animale ed è caratterizzato dapavimento in calcestruzzo, muri pieni,accesso verso l’esterno per evacuare facil-mente il letame e isolare l’animale malatodagli altri.

3.3.2.12 - Asportazione delledeiezioni

Il liquame, che proviene da:– area di esercizio confinante con un’area

a lettiera delimitata da cordolo;– area di esercizio esterna;– corridoio di accesso alle cuccette con

basso consumo di paglia o con materas-sini,

– può cadere in fossa sottostante il pavi-mento fessurato, oppure può essereraschiato da pavimenti pieni e spinto inuna fossa da cui potrà essere pompatoalle vasche di stoccaggio.

Trasferimento del liquame verso le operedi stoccaggio: sarà tanto più facile quantominore è la presenza di paglia e può avve-nire:– per gravità nelle condutture, idonea fino

a distanze di 50 m in tubi di grande dia-metro preferibilmente in PVC (∆ 300 o400 mm, con pendenza superiore al3%). E’ preferibile, in queste conduttu-re, inserire acque poco inquinate perfavorire lo spostamento del materiale;

– per canaletta con liquame flottante chepermette lo spostamento autonomo. Illiquame galleggia e avanza sulla parteliquida delle deiezioni. Una soglia postasulla testata della canaletta consente dimantenere uno strato liquido minimodi 30 cm (Figura 49);

– per pompa di trasferimento: permettel’omogeneizzazione e il trasferimentodel liquame da una prefossa al bacino distoccaggio di maggiori dimensioni. Lascelta del tipo di pompa dovrà esserestudiata attentamente considerando iseguenti parametri:

– viscosità dei liquami e presenza dipaglia;

– altezza di innalzamento, lunghezza del-la conduttura e perdite di carico;

– diametro della conduttura;– portata e frequenza del trasferimento;– fonte di energia per l’azionamento della

pompa (motore elettrico o trattore).

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Figura 49 – Sistema di cunettoni per l’evacuazionedai reflui

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Il liquame paglioso, o liqui-letame oletame fluido, deriva dalla raschiatura del-la zona di alimentazione o dal corridoio diaccesso a cuccette con basso consumo dipaglia. Questo materiale, accumulato suplatea, non raggiunge 1 m di altezza e hala tendenza ad adagiarsi. Si tratta di unprodotto difficile da gestire così com’è e sidovrà operare per ottenere un letame piùcompatto o un liquame, utilizzando prati-che diverse di gestione della lettiera oattraverso la separazione della frazionesolida delle deiezioni.

Evacuazione del liquame a mezzo diraschiatori: le forze che si esercitano suiraschiatori sono meno forti rispetto al leta-me. I raschiatori a cavo, a catena, a barra osemoventi possono essere utilizzati senzadifficoltà. Più i corridoi sono lunghi emaggiore dovrà essere la frequenza con cuiazionare i raschiatori per evitare tracima-zioni dentro le cuccette (figura 50).

I liquami poco pagliosi hanno la ten-denza a cavalcare i raschiatori o a passaresotto di essi. Le pale del raschiatore

dovranno essere sovente controllate e lecanalizzazioni dovranno favorire l’inviodelle deiezioni verso le strutture di stoc-caggio.

Il movimento alternativo del raschia-tore fa convogliare e scaricare le deiezioniin una canaletta sottostante che le porta,poi, a una vasca di raccolta. Questa solu-zione – richiede 30±40 W/m di lunghez-za di trasporto e si muove a velocità di0,1±0,2 m/s – necessita di attenta manu-tenzione anche se ridotta al minimo. Laproduttività di lavoro sale a 50±60capi/addetto per ora, inclusa la puliziadella parte posteriore delle cuccette.

Separazione delle fasi e ripresa del mate-riale: come accennato, per consentire unabuona gestione di questi prodotti è neces-saria la separazione delle fasi solida e liqui-da possibilmente prima del trasferimentoverso le strutture di stoccaggio.

La separazione può essere fatta almomento della raschiatura, per sgocciola-mento su area con pavimento fessurato oper spremitura meccanica (es. con pistone).

Le opere per lo stoccaggio: se non puòessere realizzata la separazione fra le fasiliquide e solide, la soluzione più adatta è larealizzazione di una idonea fossa. Le deie-zioni solide e liquide vengono spinte nellastessa fossa e ciò creerà problemi almomento della ripresa e dello spandimen-to.

Questa soluzione può convenire a chiutilizza forconi o benne per sollevare illetame. E’ preferibile non vuotare maicompletamente la fase liquida. Questopermette alla fase solida di galleggiare e didistribuirsi meglio su tutta la superficiedella fossa. Per la stessa ragione è preferi-bile riempire la fossa da pareti verticali enon da un piano inclinato (figura 51).

Questo tipo di fossa riceve e trattienele acque di pioggia e presenta un rapportosfavorevole fra volume utile e volumetotale. Esso presenta ugualmente delle dif-ficoltà di realizzazione pratica e di tenutanel caso di volumi elevati.

Il letame paglioso è quello che, postosu letamaia, può essere impilato senzaproblemi fino a oltre 2 m di altezza. Que-sti letami possono provenire: da stalle astabulazione fissa con paglia, da stalle astabulazione libera con lettiera permanen-te, da aree a lettiera inclinata per manze o

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Figura 50 – Fossa di ricevimento dello stallatico e delliquame paglioso

Figura 51 – Modalità per la movimentazione delletame (da BTPL, 2001)

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per bovini da carne; dall’area confinantefra lettiera e zona di esercizio; dalla corsiadi accesso di cuccette groppa a groppa conpaglia (oltre 3 kg/giorno di paglia per cuc-cetta); dalla corsia di cuccette testa a testa,se le deiezioni vengono separate primadello stoccaggio. Tutti i letami produconoliquidi di sgrondo, colaticci, che devonoessere stoccati in apposita cisterna separa-ta (figura 52).

Evacuazione del letame: l’evacuazionedalle aree di riposo e di esercizio si effettuautilizzando caricatori frontali o lame spin-gitrici (queste ultime montate anterior-mente o posteriormente) accoppiabili atrattori. Nel caso delle aree di riposo, tut-tavia, tale operazione viene svolta con fre-quenza molto rarefatta. L’impegno dilavoro relativo (ogni qualche settimana oanche ogni qualche mese), risulta dell’or-dine di 1,0, 1,5 ore-uomo/capo-anno.

Il trattore, munito di raschiatore, vie-ne dedicato a questa funzione per ragioniigieniche e per evitare le manovre di mon-taggio/smontaggio del raschiatore. Mal-grado il maggior investimento iniziale, iraschiatori automatici, ruspette, sono dapreferire perché permettono di effettuarepiù interventi giornalieri senza spostarecancelli e senza disturbare gli animali.Questi raschiatori necessitano, tuttavia, diregolare controllo e manutenzione. Il leta-me paglioso esercita resistenze rilevanti easimmetriche sui bracci del raschiatore. E’dunque meglio scegliere un sistema conasta a moto alternato, mosso da circuitoidraulico.

La scelta si orienterà su un raschiatorea V o su un raschiatore a U con braccioperpendicolare diritto, pesante e con all’e-stremità alette incernierate. Con questotipo di letame diventa problematica l’uti-lizzazione dei raschiatori in tratti di edifi-cio di lunghezza superiore a 80 m.

I raschiatori hanno tendenza a lisciareil pavimento e a renderlo scivoloso. E’consigliabile rigare le aree pavimentateprima della messa in funzione dell’edificio(Figura 53).

Trasferimento verso le aree di accumu-lo: si possono adottare diversi sistemi pertrasferimento: diretto o per ripresa mecca-nica. Il trasferimento diretto in letamaiaposta allo stesso livello del corridoioraschiato necessita una ripresa, con benna

montata su trattore, almeno una o duevolte alla settimana per accumulare cor-rettamente il letame.

La caduta su una letamaia sottostante,se lo permette la orografia del terreno,presenta il vantaggio di una miglior sepa-razione della frazione liquida dalla fasesolida. Essa necessita di interventi diripresa meno frequenti nella letamaia.

I sistemi di ripresa a mezzo di piccoliraschiatori o catene, sono complessi,costosi da mantenere, sensibili al gelo enon esimono dall’intervento periodico inletamaia con il trattore. Essi però permet-tono il trasferimento automatico del leta-me raschiato quando la letamaia non puòessere situata sul prolungamento dellastalla.

I sistemi a pressione con pistone sonomeno delicati di quelli a catena e nonsono sensibili al gelo. Il letame è spinto da

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Figura 52 – Modalità di riempimento della fossa

Figura 53 – Pavimento con rigature per limitare loscivolamento delle bovine

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un pistone idraulico in una condutturasotterranea, che può essere lunga oltre 50m, che arriva in centro alla letamaia. Que-sta installazione lascia una grande libertàdi collocazione delle piattaforme di stoc-caggio e libertà di circolazione attorno adesse. La condotta interrata permette anchel’attraversamento di strade (figura 54).

Flushing: sistema idraulico di evacua-zione che consiste nell’invio periodico diforti flussi di acqua sul pavimento conconseguente elevata diluizione delle deie-zioni. Ciò comporta sovradimensiona-menti delle vasche di stoccaggio. E’ pocoutilizzato perché va adottato solo su edifi-ci appositamente progettati (figura 55). Ilsistema, nel caso di problemi sanitari, puòfavorire la diffusione di germi patogeni.

Fessurato: permette di affrancarsi dalvincolo del raschiamento ma necessita difosse più costose sotto le quali va realizza-to un sistema di canalette che fa spostareil materiale solido per flottazione (figura56).

I sistemi a ricircolo (figura 57) di par-te dei liquami a mezzo di apposite pompecon portate di 50±60 l/s consentono diottenere liquami più concentrati anche sepresentano spesso problemi di intasamen-to. Soluzioni più complete, in merito,prevedono:– un dispositivo ossigenatore sommerso

nella vasca esterna di accumulo, aventeil compito di facilitare il processo didegradazione della sostanza organica(maturazione) con conseguente deodo-rizzazione del liquame;

– una pompa di prelievo del liquame par-te del quale viene riciclato nella cunettadisposta sotto il pavimento della stalla,provvedendo così all’asportazione di unmateriale più o meno concentrato.

Il tutto richiede l’installazione dipotenze di 10±15 W/m3 di vasca. Solu-zioni analoghe possono essere utilizzateanche su pavimenti pieni.

Vasche di stoccaggio: possono avere

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Alta Qual i tà

Figura 54 – Lo stallatico (liquame paglioso o letamefluido) può essere agevolmente pompato verso le operedi stoccaggio, facilitando il lavoro (da BTPL, 2001)

Figura 56 – Il flushing, molto diffuso negli USA,richiede una progettazione specifica della stalla

Figura 58 – Il ricircolo dei liquami è stato più volteproposto come mezzo per la veicolazione delle deiezio-ni, ma presenta problemi manutentivi ancora irrisolti(da Pellizzi, 1996)

Figura 59 – L’agitazione del liquame dovrà protrarsiper periodi più o meno lunghi in relazione alla formadella vasca

Figura 57 – Percorso del liquame sotto il pavimentofessurato (da BTPL, 2001)

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forma diversa (a pianta circolare, ellittica,quadrata, rettangolare, trapezoidale) perragioni aziendali ma occorre considerareche al momento della agitazione del liqua-me, per omogeneizzare il prodotto daspandere, l’operazione potrà protrarsi perun tempo più o meno lungo in relazionealla forma della vasca stessa (Figura 59).

3.3.2.13 –La disinfezione dellesuperfici di allevamento

Le superfici a contatto con gli animalio con i loro escrementi o fluidi organicivanno periodicamente disinfettati perridurre la presenza di microrganismipotenzialmente patogeni. I prodottipotenzialmente impiegabili sono molti eva posta molta attenzione al loro uso(tabella 21)

4 - IL COSTO DELLA STALLA4.1 – Premessa

L’investimento in edifici strumentali,per alcuni tipi di aziende a indirizzo zoo-

tecnico, esclusi i cosiddetti allevamentisenza terra, risulta compreso tra il 30% eil 50% del valore del terreno agrario. Inol-tre, stalle e fabbricati a esse connessi con-dizionano il bilancio aziendale per l’in-fluenza che hanno su:– quantità e qualità della produzione;– indice di trasformazione degli alimenti;– produttività del lavoro di macchine e

impianti;– consumi energetici;– costi fissi di produzione.

La possibilità di risparmiare in modosignificativo solo sul costo delle stalle è,forse, poco realistica e occorre fare atten-zione che strutture edilizie inadeguate,portano a gravi ripercussioni sul bilancioglobale dell’azienda. Infatti, vengonoindirettamente interessati i costi dell’ali-mentazione per la riduzione dell’indice diconversione, i costi della manodopera edelle macchine, per il loro impiego irra-zionale, il valore della produzione, per leprecarie condizioni igieniche e sanitarie eper il calo della produzione.

Ne deriva che il costo per unità di pro-

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Alta Qual i tà

CONDIZIONE O LUOGO PRODOTTI CONSIDERATI Concentra- Impiegozione d’uso

STALLA VUOTA- Disinfezione di base - Derivati fenolici e cresolici 4% Pavimenti

- Derivati aldeidici: soluzione acquosasaponosa di formalina 2% Pareti

- Clorexidina in soluzione acquosa 1%- Disinfezione dopo malattia - Composti dell’ammonio quaternario:

benzoxomio cloruro in soluzione acquosa 1%C.s. C.s. C.s.- Composti a base di esteri fosforici

- Insetticidi a scopoprofilattico 0,5-1% Tutte le superfici

ANIMALI PRESENTI

- Disinfezione in caso di - Iodofori 1% Tutte le superfici 1 o 2pericolo d’infezione volte per settimana

- Lavaggio animali - Sali quaternari d’ammonio 2-4% Mammella prima del parto2% Ogni giorno

- Disinfezione mangiatoie e abbeveratoi - Sali quaternari d’ammonio 1%

- Pulizia e disinfezione attrezzature di stalla - Iodofori 0,5-1% Una volta per settimana

Tutte le superfici- Lotta contro ectoparassiti - Esteri fosforici se necessario

ULTERIORI MISURE

- Lotta ai funghi nei sili Iodofori 2% Superficie interna dei siliogni 6-8 settimane

- Mezzi di trasporto Derivati aldeidici 2% Dopo ogni viaggio- Vasche di disinfezione all’ingresso della stalla Derivati fenolici e cresolici 4% Cambiare ogni 3-6 giorni

TABELLA. 21Basi razionali e metodi d’impiego dei disinfettanti nella lotta contro le malattie trasmissibili (Cancellotti , 1986).

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dotto può aumentare, ai limiti estremi,del 30%.

Occorre ricordare che, per quantoattiene il rapporto fra edificio e ambiente,nei bovini da latte, l’indice di trasforma-zione cala dell’1% per ogni grado diabbassamento della temperatura al di sot-to di quella critica inferiore (che è, però,nelle nostre zone, abbastanza bassa da noncreare problemi) e al di sopra di quella cri-tica superiore.

Considerando che il costo dell’alimen-tazione può rappresentare fino al 50% delcosto totale di produzione, risulta chiaroche variazioni nel coefficiente di trasfor-mazione come quelle indicate possonoavere rilevanti conseguenze sul bilancioaziendale. Va, però, considerata la duratamassima del periodo sfavorevole.

Una voce del costo di produzione sul-la quale i ricoveri hanno diretta influenzaé quella relativa all’impiego di manodope-ra. Infatti, si ha una enorme variazione delmodulo zootecnico (numero di capidominabili da un uomo) considerandoricoveri più o meno sofisticati.

“Capitale sostitutivo” la quantità dicapitale (rappresentato da macchine,attrezzi e impianti) la cui quota annua diammortamento é pari a quella dellamanodopera risparmiata. Si tratta cioè,della cifra massima che si può convenien-temente investire, una volta capitalizzata,in edifici e attrezzature per risparmiareuna certa quantità di lavoro.

I ricoveri incidono direttamente sulbilancio aziendale attraverso la loro quotadi ammortamento.

Il costo d’uso della stalla per vacche dalatte (ammortamento + manodopera +energia + manutenzione), incide sul costodi produzione per l’8-12%.

Orientativamente il costo iniziale del-la stalla deve essere ripagato con la produ-zione ottenibile in 8-12 mesi. Perciò piùcosta la stalla e maggiore deve essere l’am-montare della produzione .

Costruire una stalla rappresenta uninvestimento importante per un alleva-mento da latte. L’incidenza della stalla sulcosto del litro di latte è di 15-40 centesi-mi per la durata del periodo di ammorta-mento (10 e 15 anni ).

E’ dunque importante stimare fin dal-l’inizio l’ordine di grandezza del costo del-

la stalla per definire la capacità massima diindebitamento dell’allevatore e orientarela riflessione verso soluzioni accettabili sulpiano finanziario.

4.2 - Tempi di lavoro

In relazione al tipo di stabulazione e allivello di meccanizzazione, passano da 25a 10 min/capo/giorno (e meno). Ciòsignifica dominare da 15 a 40 capi/giornoper unità lavorativa. Il 50-80% del tempoè destinato alla mungitura. Il 10-20% algoverno degli animali e asportazione deie-zioni e 20-40% all’alimentazione.

I tempi di lavoro e i conseguenti fab-bisogni di manodopera possono esseredisaggregati in relazione alle attività che sisvolgono nell’allevamento. Tempi medi dilavoro indicativi, riferiti ai diversi tipi distalla, sono riportati nella tabella 22.

4.3 - Il costo della stalla nuova

Il costo di una stalla nuova, chiavi inmano, può variare fra 2.500 e 5.000 europer vacca, compresi i sili e le opere per lostoccaggio delle deiezioni. Il prezzo dipen-derà dal tipo di edificio, dalla sua localiz-zazione, dalle scelte tecniche, dai costi disistemazione dei terreni (eventuali terraz-zamenti, allacciamento alla rete idrica,elettrica ecc.).

I valori per capo su cui orientarsi sonoi seguenti:– sala di mungitura: 1.800-2.500 euro

per stallo (considerare che la mungituradovrebbe durare fra 1,5 e 2,0 ore e chenormalmente vi sono da 10 a 12 capiper gruppo di mungitura);

– edificio per la mungitura da 1.800 a2.500 euro per stallo;

– stabulazione animali da 900 a 1.600euro per capo;

– silo da silomais, 30 euro per metro cuboinsilato;

– silo concentrati da 300 a 450 euro percapo;

– cuccette: oltre 250 euro per vacca;– fosse sotto fessurato: circa 300 euro per

vacca;– raschiatore liquami: circa 250 euro per

vacca;– stoccaggio reflui (liquami): da 300 a

600 euro per vacca.

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Stalla Modalità di esecuzione operazioni Tempotot. medio

N. capi Tipo e disposizione Alimentazione Pulizia e governo Mungitura (min/capo-giorno)

10 Fissa, in fila unica, con Manuale Manuale con carriola Con carrello mobile 28-32corsia di alimentazione a un secchio

Fissa, groppa a groppa, Manuale Manuale con carriola Manuale 34-40con corsia unicacentrale

20 Fissa, in fila unica, con Meccanica, Meccanica, Con carrello mobile 22-26corsia di alimentazione con trasportatore con trasportatore a un secchio

Fissa, groppa a groppa, Manuale Meccanica, Con carrello mobile 30-34con corsia unica con trasportatore a un secchiocentrale

40 Fissa, testa a testa, Meccanica, con carro Meccanica, Con carrello mobile 16-20con corsia di autoscaricante con trasportatore a due secchialimentazione o trasportatore

Fissa, testa a testa, Meccanica, con carro Asportazione Con carrello mobile 14-18senza lettiera e autoscaricante idraulica a due secchipavimento fessurato o trasportatore

Libera con lettiera Alla posta, con carro Trattore con pala Con sala a 4 poste 10-12permanente autoscaricante frontale a tandem

o trasportatore

80 Fissa, testa a testa, con Meccanica, con carro Meccanica, con Fissa alla posta con 12-16corsia di alimentazione autoscaricante trasportatore 4 gruppi

o trasportatore

Fissa, testa a testa, Meccanica, con carro Asportazione Sala a spina di pesce 10-12senza lettiera e autoscaricante idraulica a 8 postepavimento fessurato o trasportatore

Libera con lettiera Autoalimentazione Trattore con pala Sala a spina di pesce 6-8permanente pascolo frontale a 8 poste

TABELLA 22Tempi medi di lavoro per differenti tipi di stalle.

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La ventilazione delle stalle

A.1 – Il fabbricatoIl fabbricato all’interno del quale vengono sistemate le bovine (su lettiera o in cuc-cette) deve garantire buone condizioni ambientali, soprattutto per quanto attienealla ventilazione invernale ed estiva, alla luce, alla evacuazione delle deiezioni, almovimento degli animali ecc. In realtà le diverse componenti dei fabbricati devonoessere fra loro armoniosamente correlate per evitare che un singolo fattore possacompromettere il funzionamento dell’intero sistema.Per la definizione planimetrica della stalla, occorre ricordare che per favorire la cir-colazione dell’aria non si devono mettere troppe file di cuccette: meglio 4 file inve-ce che 6 o più. L’effetto della ventilazione di fa sentire sulla frequenza respiratoria:67 cicli/min (con 4 file); 72 cicli/min (con 6 file), e ciò sta a significare una minorepresenza di ossigeno nell’aria e, quindi la necessità di incrementare la ventilazione. In generale, l’edificio deve risultare il più possibile aperto per favorire la circolazio-ne dell’aria. Quindi, niente pareti laterali (o semplici o muretti di arresto per le bovi-ne). Solo il lato nord può essere parzialmente chiuso. Le pareti laterali devono esse-re alte oltre 5 m e aperte per almeno 3,5 m. Il tetto deve avere una pendenza supe-riore al 33%, ovvero deve elevarsi di 1 m ogni 3 m. Il che significa, per una stalla a6 file di cuccette larga circa 38 m, una altezza al colmo di oltre 12 m. Peraltro le stal-le tradizionali presentano tetti con pendenze decisamente più elevate e, dove pos-sibile, si deve far riferimento ad esse. Lo scarico dell’aria al colmo avviene lungo una apertura continua che occupa l’1,7%della superficie coperta. In caso di eccesso di ventosità, le pareti laterali possonoessere protette sia con teli avvolgibili in plastica, sia con reti permeabili (la percen-tuale di apertura va rapportata in modo inverso alla velocità del vento).In pratica, durante l’estate, occorre assicurare 40-60 ricambi all’ora che possonoscendere a 4 nei periodi più freddi.Per favorire la ventilazione estiva per effetto camino occorre che l’aria venga riscal-data anche con il contributo del sole e, pertanto, è opportuno evitare l’isolamentodel tetto, ma ciò può portare a problemi di condensa nel periodo invernale.Migliori condizioni ambientali comportano una maggior ingestione di sostanza sec-ca: ciò si traduce in una maggiore produttività.

A.2 - La ventilazione della stallaServe a modificare il rapporto fra i costituenti dell’aria (problema invernale) e a sot-trarre calore agli animali (problema estivo).La ventilazione può essere:– naturale (se sfrutta il vento o le differenze di temperatura);– meccanica (se utilizza ventilatori).Una vacca di 650 kg in inverno elimina oltre 12 litri di acqua al giorno sotto formadi vapore acqueo, ovvero l’equivalente di 1 mm di pioggia tutti i giorni all’interno del-l’edificio che deve assolutamente essere evacuata per evitare un invecchiamentoaccelerato dell’edificio. Vi sono, inoltre, potenziali gravi conseguenze igienico-sanitarie dovute a:– sviluppo di microrganismi, favorito dall’umidità, che originano mastiti, metriti e

zoppie;– problemi respiratori dovuti a una eccessiva concentrazione di ammoniaca (i bovi-

ni sono molto sensibili alle affezioni polmonari).E’ possibile ottenere una buona ventilazione naturale dell’edificio se si rispettano iseguenti principi:– evacuazione dell’aria calda e umida dal cupolino del tetto;– ingresso dell’aria lungo le pareti e le testate;– corretto orientamento dell’edificio in relazione ai venti dominanti.

A.2.1 - La ventilazione per effetto caminoSi basa sul principio che l’aria fredda esterna, entrando nell’edificio, si riscalda alcontatto con gli animali e la lettiera che emana calore. L’aria diminuisce la sua den-sità (espandendosi) e si sposta verso l’alto caricandosi di umidità, gas e polveri e lisposta fuori dall’edificio. La portata d’aria (m3 evacuati/h) è favorita da:– differenza di temperatura e umidità fra interno ed esterno dell’edificio;– differenza di altezza fra ingresso e uscita dell’aria;

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– rapporto fra le superfici di ingresso e di uscita dell’aria;– influenza dei venti dominanti che investono l’edificio.Per il calcolo della portata si utilizza la seguente formula semplificata:

(m3/h)

dove: Ka = dipende dal rapporto fra le superfici di ingresso e uscita (da figura A.1);Ai = superficie della apertura di ingresso, m2;h = differenza di quota fra ingresso e uscita aria, m;Dt = differenza di temperatura fra interno ed esterno.

A.2.2 – La ventilazione per effetto vento Sfrutta particolari condizioni locali (vicinanza a laghi o mare o aree fondovallive).La ventilazione sarà soprattutto assicurata dal vento che soffia sull’edificio attra-verso elementi permeabili o fessure regolabili (possibilmente in modo automatico)per limitare i rischi di correnti d’aria.

A.2.3 - La ventilazione meccanica Richiede il calcolo delle portate attraverso conoscenze di psicrometriae di fisiologia animale, per quanto attiene al vapore acqueo e al calore prodottodagli animali in condizioni estive e invernali. Si tratta di dati ricavati da prove incamere metaboliche in cui gli animali sono tenuti isolati. Per riportare i valori tabel-lati alle condizioni pratiche di allevamento, occorre moltiplicare tali dati con oppor-tuni coefficienti.Ventilazione meccanica invernale: il calcolo richiede la conoscenza della umiditàemessa dagli animali.Ventilazione estiva: si presuppone che l’aria si riscaldi nel lambire gli animali. Per-tanto, è necessario introdurre un Dt compreso fra 1 e 10 °C come dato di progetto.

Tabella A.1 - Calore e umidità prodotti dai bovini in condizioni invernali ed estive

* I numeri tra parentesi si riferiscono a rilevamenti effettuati a temperature di 16°C

Tabella A.2 – Calore prodotto dai bovini in condizioni estive

Categoria Età Peso vivo Temperatura Calore Umidità(kg) critica sensibile emessa per

interna prodotto respirazione

Vitelli nascita 12 45 16 120 95settimane 90 200 150

135 250 192180 375 (290) 155 (221)226 390 (310) 163 (237)

Manze 272 2 425 (330) 176 (251)317 435 (350) 180 (269)363 445 (370) 185 (279)

Vacche 500 2 900 (633)* 185 (521)

Categoria Età Peso vivo Calore sensibile prodotto(kg) in estate (21°C) (W)

Vitelli nascita 12 45 110settimane 90 170

210180 250

270

Manze 272 280300

363 320

Vacche 500 530

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N.B.: per trasformare i kg/h in m3/h si possono utilizzare i valori del volume speci-fico dell’aria contenuti nel diagramma psicrometrico, figura A.2, (circa 0,75 m3/kgper le basse temperature invernali e 0,87 m3/kg per le elevate temperature estive).

A.2.4 - L’ingresso dell’ariaL’ingresso d’aria: in periodo invernale, in presenza di finestrature o pareti fessura-te, deve avvenire ad almeno 2 m al di sopra dell’area di stabulazione degli animali.Nel caso di lettiera accumulata, si considera come quota di riferimento il livello mas-simo raggiunto dalla lettiera. Gli ingressi d’aria saranno posti sulle pareti e sulletestate. Esse devono preferibilmente essere ripartite su tutta la lunghezza dell’edi-ficio piuttosto che limitarle a certe zone.Il calcolo delle superfici di ingresso è basato sui dati della tabella A.3.

Tabella A.3 - Superfici di ingresso in condizioni invernali in aree potenzialmenteventilate (prossime al mare) (da BTPL, 2001)

Categoria animale Ae (m2/capo) Au (m2/capo)

Vacca da latte > 7000 kg/anno 0,3 0,15 Vacca da latte fra 5000 e 7000 kg/anno 0,3 0,15 Vacca allattante con vitello 0,24 0,12 Torelli di peso max 600 kg 0,24 0,12

Manza da 400 kgVacca asciutta 0,16 0,08 Maschio di peso max 350 kg

Manza da 200 kg Vitello di allevamento da 150 kg in edificio specializzato 0,08 0,04 Vitello da carne bianca di 150 kg

Vitello da ristallo da 50 kg 0,04 0,02

Al fine di evitare le correnti d’aria le aperture saranno dotate di reti antivento perridurre la velocità dell’aria in ingresso. Ciascuna rete frangivento è caratterizzata dadue coefficienti tecnici (Tabella A.4):E, efficacia, coefficiente di riduzione della velocità del vento;CM, coefficiente moltiplicatore, che permette di calcolare la superficie dei frangi-vento in relazione alla superficie di ingresso richiesta.

Tabella A.4 – Coefficienti tecnici e caratteristiche delle reti frangivento (da BTPL,2001)

Efficacia (riduzione della velocità del vento) 50-95%

Coefficiente moltiplicatore CM(equivalente a 1 m2 di ingresso libero) 1,5-7,0

Caratteristiche delle reti frangivento

Protezione contro la pioggia Cattiva

Isolamento termico e acustico Cattivo

Luminosità Buona

Longevità Buona se ben messa in opera

Vantaggi Facilità d’impiegoPossibilità di essere amovibile

Inconvenienti Pessimo isolante termico e acusticoSi sporca facilmente

Costo indicativo (Euro/m2) 3-10 (15-50 se amovibile)

Esempio, 1 m2 di apertura libera corrisponde a 2,6 m2 di rete frangivento con un CMdi 2,6.Esiste in commercio una gamma di prodotti la cui efficacia varia da 0,5 a 0,95 e ilcoefficiente moltiplicatore da 1,5 a 9,0.In estate, nelle regioni calde, queste entrate d’aria sono a volte insufficienti. E’ allo-

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ra necessario utilizzare dei serramenti amovibili o pannelli smontabili o reti frangi-vento che si possono arrotolare.

A.2.5 – Le uscite dell’ariaPer assicurare una ventilazione corretta è indispensabile dotare il cupolino di para-vento. Esso va sempre previsto nelle nuove costruzioni (Figura A.3).La larghezza minima dell’apertura, per essere efficace, deve essere di 15 cm. La suadimensione esatta è funzione del numero di animali e della larghezza dell’edificio (atitolo indicativo, contare da 1 a 10 cm per metro di larghezza).Il cupolino con para-vento ben installato riduce fortemente l’entrata di pioggia nel-l’edificio ma non l’entrata di neve. Le strutture in legno devono essere protette dal-l’umidità. Ristrutturando, nei casi in cui non sia possibile aprire un cupolino, occorre indivi-duare altre modalità per fare uscire l’aria:– l’eliminazione delle lastre del tetto dal lato dei venti dominanti e loro sostituzio-

ne con lastre perforate;– lastre di copertura sollevate e bloccate con tasselli;– feritoie nel senso di ondulazione delle lastre;– la ventilazione con ventilatori, nel caso in cui non sia possibile trovare altre solu-

zioni.Criteri generali di progettazione per la ventilazione: per poter sfruttare l’effettovento o l’effetto camino e, più in generale, per poter creare le migliori condizioniambientali occorre conoscere, innanzi tutto, come si caratterizza, da un punto divista climatico, l’area su cui sorgerà la stalla, tenendo conto del sistema di alleva-mento prescelto (stabulazione per tutto l’anno o stabulazione limitata ai soli perio-di invernali).Per la Lombardia, sono stati raccolti i dati climatici delle principali aree di produ-zione lattiera in zone di pianura (Figura A.4).Confrontando tali dati con le esigenze ambientali dei bovini si può osservare (Figu-ra A.5) come:– non esistano località e periodi in cui le vacche possano essere considerate in con-

dizioni di stress da freddo;

Figura A.1 – Valori di Ka e Kv per il calcolo delleportate sfruttando l’effetto vento (Kv) o l’effetto cami-no (Ka) in relazione al rapporto fra aree di ingresso euscita (da Hoepli, 1997)

Figura A.2 – Diagramma psicrometrico di Carrierche consente di ricavare i principali parametri dell’a-ria conoscendo le temperature a bulbo asciutto e abulbo umido

Figura A.3 – Cupolino idoneo per aree ventose (daArntjen System, 2002)

Figura A.4 – Andamento annuale temperature mini-me e massime a Soresina (da ERSAL, 1997)

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– piuttosto rilevante è, invece, il periodo in cui si superano i valori limite superioriche fanno entrare l’animale in condizioni di stress da caldo;

– la ventosità è piuttosto scarsa e rilevante solo durante fasi temporalesche.Conseguenza di quanto sopra è che, almeno in pianura lombarda, non è necessarioprogettare edifici per la difesa dal freddo ma deve essere data priorità alla difesadal caldo.Dato che non si può contare sull’effetto vento, la progettazione deve basarsi solosull’effetto camino.La formula semplificata, prima esposta, sull’effetto camino mostra chiaramentecome il massimo beneficio si ottenga ampliando al massimo le aperture d’ingressodell’aria. Ciò sta a significare che le pareti devono essere il più possibile alte e libereda serramenti per poter far entrare la massima quantità di aria alla minore velocità.E’ evidente che, in inverno, aumentando la superficie di ingresso e, conseguente-mente, la quantità di aria che lambisce l’animale, si otterranno delle differenze ditemperatura (Dt) piuttosto limitate. E ciò è vantaggioso perché la conseguente velo-cità dell’aria è ridotta e, quindi, non fastidiosa per gli animali. In estate, invece, c’è

bisogno di far circolare aria eoccorre favorire l’aumento dellaventilazione. Ma ciò crea problemiin quanto molto spesso l’ariaesterna è addirittura più calda diquella interna. Ecco, pertanto, lanecessità di sfruttare l’effettosole. Infatti, in un edificio concepi-to come quello riportato in figuraA.6, occorre realizzare tetti nonisolati che assorbono l’energiasolare e, riscaldandosi, trasmetto-no parte della energia all’aria sot-tostante, facendo aumentare con-siderevolmente la temperatura e,quindi, innescando la circolazioneper effetto camino.Analizzando singolarmente le con-seguenze dovute agli effetti della

Figura A.5 – Andamento annuale temperature minime e mas-sime a Soresina e zona di indifferenza termica delle bovine dalatte (da ERSAL, 1997)

Figura A.6 – Stalla progettata per favorire la ventilazione per effetto camino

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geometria delle aperture di ingresso e di uscita e delle differenze di temperatura,come riportato nelle figure A7, A8, A9, A10 si può ribadire l’importanza di realizzarestrutture leggere, semplici ma dalla corretta geometria per ottenere condizioniambientali ideali.Va fatto rilevare che le bovine non rispondono repentinamente a condizioniambientali sfavorevoli, sul piano teorico. Infatti, un conto è superare i 30°C nelmese di maggio e un conto è il farlo nel mese di luglio. La differenza fra le due con-dizioni risiede principalmente nell’escursione della temperatura fra giorno e notte(alta in maggio e bassa in luglio e con forte valore dell’UR dell’aria) e dal fatto cheproprio la presenza degli animali fa aumentare di alcuni gradi la temperatura inter-na rispetto a quella esterna. Ma ciò significa registrare condizioni di stress da caldoper tutto l’arco delle 24 ore. E’, infatti, in questi periodi che si registrano i maggioricali nella produzione di latte (Figura A.11).

Figura A.7 – Soluzioni costruttive confrontate perdeterminare la portata d’aria nel caso di ventilazionenaturale

Figura A.9 – Effetto del variare della dimensione del-la superficie di uscita sulla portata d’aria

Figura A.10 – Effetto del variare di Dt sulla portatad’aria

Figura A.11 – Considerando un incremento di 5°Cdella temperatura interna rispetto all’esterno, si puòindividuare un periodo in cui le bovine sono in con-dizioni di stress termico per tutte le 24 ore, con conse-guente caduta di produzione

Figura A.8 – Effetto del variare del rapporto fra ingres-so e uscita aria nel caso dei due edifici di figura A.7

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AAlllleeggaattoo BB

La gestione dei reflui da allevamento

B.1 – GeneralitàObiettivo è quello di restituire alle colture, attraverso una gestione agronomica-mente corretta, i macro nutrienti (N, P, K) presenti nelle deiezioni animali. Pertantoall’allevamento andrà sempre associata una certa superficie di terreno (di proprie-tà, in affitto o in comodato). Per calcolare l’ammontare della superficie necessaria per un allevamento o, vice-versa, si possono scegliere due strade, basando la distribuzione: sull’N disponibile e accettare un eccesso di concimazione fosfatica e potassica; sul P e provvedere ad una integrazione di N chimico. Nel primo caso, pur con le limitazioni imposte dalle normative vigenti (170 kg/hanelle aree vulnerabili e 340 kg/ha nelle altre), le superfici di spandimento risultanoinferiori a quelle calcolabili nel secondo caso.

B.2 - Composizione dei liquamiGli elementi che costituiscono gli effluenti zootecnici sono:

– feci, più o meno consistenti in funzione della specie e del tipo di alimentazione;– urine, prodotte in quantità variabili in funzione dell’alimentazione, della possibili-

tà di accedere agli abbeveratoi, del tipo di allevamento e della stagione;– lettiera, utilizzata in alcune tipologie di allevamento per migliorare il comfort e l’i-

giene degli animali (i prodotti generalmente utilizzati sono: la paglia, gli stocchi dimais, la segatura, le foglie, la torba ecc.), ha la funzione di assorbire la frazionepiù liquida delle deiezioni;

– scarti degli alimenti, la loro presenza dipende dal tipo di stabulazione e dal siste-ma di distribuzione;

– acque di diluizione, costituite dalle acque di veicolazione dei liquami, da quelle peril lavaggio dei locali, da quelle dovute alle perdite degli abbeveratoi automatici eda quelle meteoriche dirette o indirette.

Il prodotto finale può quindi presentare concentrazione e composizione variabili inrelazione a: tipologia di stabulazione; modalità di conduzione dell’allevamento;modalità di trattamento e conservazione delle deiezioni; peso e razza; alimentazio-ne (natura e digeribilità dei foraggi e dei mangimi); additivi: acqua, paglia, residui diforaggio; stato di fermentazione. Valori esatti vanno rilevati analiticamente. Nellatabella B.1 sono riportati valori orientativi, fonte ASAE, di produzione per capo erelativa composizione.

Le deiezioni animali possono essere classificate nel modo che segue.Stallatico: miscuglio di feci, urina e paglia, palabile.– Letame: miscuglio solido di feci, urina e paglia (maturato 3-4 mesi), palabile. – Colaticcio: parte liquida separata dal letame.– Liquame fresco: deiezioni solide e liquide che non hanno subìto fermentazioni

(meno di 2 gg). Pompabile in condutture, diventa palabile quando il contenuto diacqua è inferiore all’85%.

– Liquame liquido: liquame con aggiunta di > 20% di acqua.– Liquame paglioso: liquame mescolato a una piccola quantità di paglia o di residui

di foraggio.

B.3 - La gestione delle deiezioni animaliTutti gli scarti dell’allevamento zootecnico possono essere reimpiegati nella produ-zione agricola ma, se in eccesso, vanno portati in altre aziende per evitare accumulidi sostanze nutritive e conseguenti rischi di ruscellamento e lisciviazione. Se nell’a-zienda non entrano prodotti è evidente che tutto quanto rimane della produzionedeve essere riutilizzato. Solo il quantitativo di nutrienti corrispondente alla produ-zione venduta e agli elementi volatilizzati (NH3, N2O, NO2, ecc.) andrà reintegrata. I reflui zootecnici, più o meno diluiti, per ragioni igieniche ed agronomiche non pos-sono essere scaricati continuamente e direttamente sul suolo, ma devono esserestoccati per un periodo più o meno lungo e subire un trattamento di stabilizzazio-ne (aerobica o anaerobica) eventualmente preceduto dalla separazione solido/liqui-do. I trattamenti di depurazione totale pur ammessi dalla legge, per motivi econo-mici e pratici, dovrebbero essere limitati alle sole acque provenienti dalle sale dimungitura.

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Tabella B.1 - Produzione e caratteristiche delle deiezioni zootecniche frescheprodotte da 1000 kg di peso vivo e per giorno (da ASAE, 1999)

Parametro Unità di misura* Tipo di animali

Vacche Bovini VitelliCarne

Deiezioni totali ++ kg media § 86 58 62 d. s. 17 17 24

Urine kg media 26 18 ** d.s. 4,3 4,2 **

Densità kg/m3 media 990 1000 1000 d.s. 63 75 **

Solidi totali kg media 12 8,5 5,2 d.s. 2,7 2,6 2,1

Solidi vol. kg media 10 7,2 2,3 d.s. 0,79 0,57 **

BOD5 kg media 1,6 1,6 1,7 d.s. 0,48 0,75 **

DOC kg media 11 7,8 5,3 d. s. 2,4 2,7 **

pH media 7,0 7,0 8,1 d.s. 0,45 0,34 **

Azoto kg media 0,45 0,34 0,27 Kjeldal ° d.s. 0,096 0,073 0,045

Azoto kg media 0,079 0,086 0,12 ammoniacale d.s. 0,083 0,052 0,016

Fosforo totale kg media 0,094 0,092 0,066 d.s. 0,024 0,027 0,011

Ortofosfato kg media 0,061 0,030 ** d.s. 0,0058 ** **

Potassio kg media 0,29 0,21 0,28 d.s. 0,094 0,061 0,10

Calcio kg media 0,16 0,14 0,059 d.s. 0,059 0,11 0,049

Magnesio kg media 0,071 0,049 0,033 d.s. 0,016 0,015 0,023

Zolfo kg media 0,051 0,045 ** d.s. 0,010 0,0052 **

Sodio kg media 0,052 0,030 0,086 d.s. 0,026 0,023 0,063

Ferro ° g media 12 7,8 0,33 d.s. 6,6 5,9 **

Zinco ° g media 1,8 1,1 13 d.s. 0,65 0,43 **

Rame ° g media 0,45 0,31 0,048 d.s. 0,14 0,12 **

* Tutti i valori sono al lordo dell’umidità+ Esistono differenze all’interno delle specie in base al tipo di allevamento ma non

sono stati trovati sufficienti dati per giustificare una differenziazione. Le tipichemasse di peso vivo considerate sono: vacche 640 kg; bovini da carne 360 kg;vitelli a carne bianca 91 kg

++ Feci e urine appena prodotte (o al piede dell’animale)§ I parametri medi all’interno di ciascuna specie allevata sono costituiti da varie

popolazioni di dati. Il massimo numero di dati puntuali per ciascuna specie è:vacche 85; bovini da carne 50; vitelli a carne bianca 5

° Tutti i valori relativi ai nutrienti sono dati in forma elementare** Dati non disponibili.

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B.3.1 - Strutture e impianti necessari per la gestione dei reflui zootecniciSono necessarie le seguenti attrezzature:– per la separazione solido/liquido: vasca di bilanciamento, separatore, platea per

accumulo e maturazione del solido separato, condutture per il pompaggio deiliquidi;

– per la stabilizzazione: vasche e lagoni, in grado di contenere il liquame per alme-no 120-180 giorni e più, dotati di pompe per aerazione o omogeneizzazione edeventualmente coperti con manti per il recupero del biogas prodotto, e platee;

– per lo spandimento in campo: impianti fissi o mobili o macchine.Per la depurazione (processi aerobici e anaerobici);Altre considerazioni possono essere effettuate con riferimento:– al tempo di permanenza all’interno dell’edificio (le deiezioni possono essere

asportate frequentemente e accumulate su platee o in vasche poste all’esterno,oppure permanere all’interno dell’edificio per tutto il tempo necessario per con-sentire lo spandimento, > 120 giorni);

– alla consistenza dei reflui che possono essere a basso (letame) o alto (liquame)contenuto di acqua e che vengono rispettivamente accumulati su platee o in va-sche;

– alle modalità di evacuazione che possono essere: meccaniche (uso di ruspette) at-te per reflui a basso contenuto di acqua; idrauliche (uso di acqua o degli stessireflui stabilizzati per veicolare i liquami freschi).

B.3.2 - Separazione dei solidiConsente di rimuovere fisicamente i solidi grossolani dai liquami, una buona partedi nutrienti e gran parte della carica microbica potenzialmente patogena. Si ottie-ne, così, un prodotto palabile facilmente vendibile (dopo maturazione o compo-staggio) in caso di eccedenza di nutrienti rispetto ai fabbisogni delle colture. Laseparazione può essere di tipo: meccanico, fisico, chimico.L’operazione di separazione può precedere quella di accumulo (meglio) o seguireimmediatamente ad essa.Un impianto di separazione prevede: una fossa di bilan-ciamento del liquame in arrivo (per consentire alle macchine di operare in conti-nuo); le macchine per la separazione; una platea, possibilmente coperta, per l’accu-mulo e la maturazione aerobica del solido separato; una conduttura di convoglia-mento dei liquidi di sgrondo alla vasca di accumulo (Figura B.1).Per il dimensionamento della fossa di bilanciamento occorre conoscere la portatadi liquami in uscita dall’allevamento nel corso delle 24 ore e suddividerla per 3 (8 hdi accumulo) o 4 (6 h di accumulo).Le macchine per la separazione delle parti solide, possono essere costituite da sem-plici vagli fissi, rotativi, a spazzola o vibranti.Le portate variano da 10 a 25 m3/h. L’assorbimento di energia è di 1,5-4 Wh/kg disolidi separati.Le macchine per la separazione delle parti solide possono essere costituite da sem-plici vagli fissi, rotativi o vibranti. I modelli rotativi funzionano sul principio di unasuperficie cilindrica filtrante, in metallo, che lascia passare la frazione liquida, trat-tenendo all’esterno quella solida (Figure B.2, B.3). Si tratta di attrezzature semplici che, da un lato, forniscono un prodotto ancora ric-co di umidità (45÷60%) lasciando, dall’altro, un fluido con s.s. £ 3∏4%. La capaci-

tà teorica di lavoro è 6 - 8 l/s per m2 disuperficie filtrante; l’assorbimento dienergia è di 80∏90 Wh/kg di solidi sepa-rati.Macchine più complesse, sfruttano ilprincipio della reazione centrifuga pereffetto della veloce rotazione di un cilin-dro presentante la superficie esternaperforata. La parte solida ricade verso ilbasso e viene poi recuperata. L’efficaciaè, in questo caso, maggiore di quella deivagli; al contrario, la spesa di energiaraggiunge i 15-100 Wh/kg di solidi sepa-rati per portate di 5-6 m3/h.Le prestazioni dei separatori, in terminidi solidi ed elementi nutritivi asportatisono riportate nella tabella B.2.

Figura B.1 – Schema semplificato di un sistema digestione dei reflui zootecnici (da Hoepli, 1997)

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Tabella B.2 – Possibilità di applicazione, efficienze ottenibili nella rimozione del-la sostanza secca e dei nutrienti (N e P) e caratteristiche della frazione solidaseparata con dispositivi diversi (dati CRPA, aggiornati al maggio 1997).

Dispositivo di separazione Efficienza di Frazione solida separata separazione(a)

SS N P SS N P kg(%) (%) (%) (%) (kg•t-1) (kg•t-1) •m-3(b)

Vaglio centrifugo 20-25 4-7 8-12 15-19 3,0-4,5 1,0-2,3 20-40asse verticale 25-30 10-12 20-25 20-22 5,0-6,0 3,0-3,4 110-120

Separatore cilindrico 20-30 5-10 10-17 18-20 4,0-5,0 5,0-8,0 50-60rotante 40-55 25-35 25-40 18-20 3,3-4,5 0,8-1,2 160-320

Separatore a –– –– –– –– –– –– ––compressione elicoidale (c) 30-45 15-25 10-20 20-25 2,9-3,7 0,5-1,0 80-200

Centrifughe ad asse 50-75 20-35 60-70 20-28 7,0-11,0 6,0-10,0 100-200orizzontale (d) –– –– –– –– –– –– ––

(a) kg di sostanza secca (SS), di azoto (N) e di fosforo (P) che rimangono nella fra-zione solida per ogni 100 kg di SS, N e P presenti nel liquame avviato al tratta-mento. I dati quindi forniscono la percentuale in peso di SS, N e P separata nel-la frazione solida.

(b) Quantità (kg) di frazione solida separata per ogni m3 di liquame avviato al trat-tamento di separazione.

(c) I dati riportati si riferiscono a prove condotte con liquame di bovine da latte (6-11% SS), proveniente dalle corsie di alimentazione e riposo e dal paddock incemento di stalle libere (area Parmigiano-Reggiano e Grana Padano).

(d) L’applicazione della centrifugazione ai liquami bovini (da carne e da latte) anchese teoricamente applicabile con buoni risultati, trova raramente giustificazionetecnica ed economica nella realtà padana

La platea per l’accumulo di solidi separati va dimensionata in relazione alla quanti-tà di solidi giornalmente prodotti e al tempo di permanenza nel centro aziendale didetti solidi (generalmente superiore a 3 mesi).Conservazione dei liquami e del letame: per questa materia consultare sempre lalegislazione regionale e i regolamenti d’igiene locali.

Figura B.3 – Separatore a coclea elicoidale checonsente di ottenere solidi separati ispessiti (da Piccini-ni, 2000)

Figura B.2 – Roto-vaglio, si tratta di un’attrezzatu-ra molto diffusa negli allevamenti bovini (da Picci-nini, 2000)

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Nei diversi allevamenti si ottengono i prodotti che seguono, con le caratteristicheriportate in Tabella B.3 e B.4.

Tabella B.3 – Peso medio relativo a ciascuna categoria di animali (da CNR – Reflui,1999)

Categoria animali Limiti di peso o di età Peso vivo (kg)

BOVINI Capo da latte in produzione > 15 mesi 500-600* Vacche da carne 600 Manze e manzette (capo da rimonta) 6-15 mesi 300manzette 6-10 mesi 220 manze 10-15 mesi 380 Vitelloni da ingrasso 6-15 mesi 350 Vitelli in svezzamento 0-6 mesi 100 Vitelli a carne bianca 130 Tori da riproduzione 800

Tabella B.4 - Tipologia di allevamento, produzioni unitarie di reflui e superfici uni-tarie di stabulazione (da CNR – Reflui, 1999)

tipologia di allevamento liquame letame o materiale Quantità sup unitaria dipalabile di paglia stabulazione schema

(l/100kg m3/100kg (kg/100kg t/100kg (kg/100kg (m2/capo) costrut-p.v. giorno) p.v. anno p.v. giorno) p.v. anno p.v. giorno) tivo

BOVINI DA LATTEstabulazione fissa con paglia 2.5 0.9 7 2.6 0.5 n° poste 16 stabulazione fissa senza paglia 9 3.3 n° poste 17 stabulazione libera su lettiera permanente 4 1.46 6 2.2 1.0 6.5 (1) 18 stabulazione libera su cuccetta senza paglia 9 3.3 n° cuccette 19 o 20stabulazione libera con cuccette con paglia(groppa a groppa) 5.5 2.0 4 1.5 0.5 n° cuccette 20 stabulazione libera con cuccette con paglia (testa a testa) 3.5 1.3 6 2.2 0.5 n° cuccette 19 stabulazione libera a cuccette con paglia totale(anche nelle aree di esercizio) 2.5 0.9 7 2.6 0.5 n° cuccette 20 stabulazione libera su lettiera inclinata 2.5 0.9 7 2.6 0.5 5.5 (1) 22

BOVINI DA CARNE, RIMONTA E BUFALINIstabulazione fissa 1.5 0.5 6 2.2 0.5 n° poste 16-17 stabulazione libera su fessurato 7 2.6 2.5(2)-3.0(3) 23 stabulazione libera con lettiera solo in area di riposo 3.5 1.3 4.5 1.6 1 3.5(2)-5.0(3) 18 stabulazione libera su cuccetta senza paglia 7 2.6 n° cuccette 19 o 20 stabulazione libera con cuccette con paglia(groppa a groppa) 4.5 1.6 3 1.1 0.5 n° cuccette 20 stabulazione libera con cuccette con paglia (testa a testa) 2.5 0.9 5 1.8 0.5 n° cuccette 19 stabulazione libera con paglia totale 1 0.4 7 2.6 1.0 4.0(2)-5.0(3) 24 stabulazione libera su lettiera inclinata 1 0.4 7 2.6 1.0 3.5(2)-5.0(3) 22 svezzamento vitelli su lettiera 1 0.4 6 2.2 1.0 2.0 24 svezzamento vitelli su fessurato 6 2.2 1.5 23

(1) solo area di riposo - (2) bestiame da carne - (3) rimonta

Stalle per bovini a stabulazione fissa con lettiera: stallatico che viene portato e fat-to maturare in concimaia (L. n. 1155 del 1927 per stalle con più di due capi).Stalle libere per bovini, a lettiera permanente: si provvede a periodiche aggiunte dipaglia nella zona di riposo in cui avviene la maturazione. Stalle libere per bovini, a cuccette: si ottengono deiezioni fluide, spesso senzaaggiunta di lettiera, da asportare con sistemi meccanici o idraulici.Nella zona di esercizio delle stalle libere si raccolgono liquami, spesso diluiti con ele-vate quantità di acqua. La zona di alimentazione e i corridoi di accesso sono spes-so provvisti di pavimento fessurato con sottostante cisterna di accumulo.

B.3.3. - Strutture per accumulo deiezioni nei diversi tipi di allevamentoConcimaia a piattaforma con pozzetto: costituita da una o più platee impermeabili(limitate da muretti di contenimento alti 30-40 cm) con pendenze del 2-3% siste-

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mate in modo tale che il colaticcio venga convogliato in pozzetto interrato, con pa-reti e fondo impermeabili. Questo liquido non deve mai essere immesso in acquesuperficiali. Le platee, di forma rettangolare, quadrata o semicircolare, devono ave-re larghezza max. 4 m se le operazioni di movimentazione avvengono su un sololato; 6-8 m se la platea è accessibile su due lati dal trattore. Per ubicazione dellaconcimaia, considerare una distanza minima dall’abitazione di 25 m; 10 m per stal-le con meno di 20 capi grossi o che formano un corpo unico con la casa (vedansileggi e regolamenti sanitari R.D. n. 1265 del 27/7/34). Il dimensionamento del poz-zetto viene effettuato raddoppiando il valore delle precipitazioni medie che arriva-no sulla platea.

La letamaia copertaLa copertura della letamaia permette di diminuire le quantità di liquidi di sgrondoda stoccare e da spandere. Il maggior costo dovuto alla copertura sarà compensa-to dal minor volume di fossa e dal minor costo di spandimento e dal maggior con-tenuto di nutrienti.I pilastri della tettoia devono essere assolutamente collocati all’esterno della leta-maia per non creare impedimenti al carico del letame e per evitarne la corrosionerapida. Il lato sottopioggia del letame va eventualmente protetto con un muro.Vasche o cisterne per letame liquido o liquame: occorrono pareti e fondo imper-meabili, resistenti all’azione aggressiva dei liquami.Conservazione sotto pavimento fessurato: fossa profonda 1-2 m e larga quantosuperficie pavimento. A estremità fossa, prevedere saracinesca per scarico periodi-co in altra vasca dove il liquame viene ripreso da carrobotte o da pompa per esse-re sparso. Si possono prevedere anche bocchette laterali di svuotamento per aspi-razione diretta da sottofessurato con carrobotte. Infine, il liquame può essere fattofluire in continuo con opportuno stramazzo verso grande fossa di testata, a fondopiano. Dalle fosse sotto fessurato sono possibili esalazioni di gas tossici (NH3, H2S)a causa di fermentazioni. Prevedere, quindi, sistemi di ventilazione meccanica, confuoriuscita aria dal basso (edifici chiusi o semi-chiusi) o realizzare strutture checonsentano una ventilazione naturale idonea (edifici aperti).Liquami accumulati in fossa a fianco della stalla: soluzione costruttiva indicata perallevamenti dove le deiezioni vengono portate all’esterno a mezzo di sistemi mec-canici o idraulici. La sua funzione è quella di vasca di sollevamento e bilanciamen-to. Nella fossa è generalmente inserita una pompa in grado di trasferire il liquamenella vasca di accumulo vera e propria o consentire il ricircolo. La vasca di accumulopuò essere di tipo interrato profonda 3-4 m, di forma rettangolare in calcestruzzoarmato, riempita per gravità. Quando le falde sono molto alte, la profondità dellafossa è ridotta. Il liquame viene pompato da questa fossa direttamente in vasca diaccumulo fuori terra realizzata in calcestruzzo armato o acciaio (vetrificato).Lagoni: in Italia sono poco diffusi nel settore bovino e si realizzano quando si è inpresenza di liquami molto diluiti. Sono profondi da 1 m (aerobici) a 9 m (anaerobici),scavati nel terreno o ricavati grazie a idonei sbarramenti dove l’orografia lo con-sente. La profondità dei lagoni dipende: dalla quantità di deiezioni e acque di lavag-gio provenienti dall’allevamento, più 0,2 m di liquido che rimane nella vasca dopo losvuotamento, più franco parete per prevenire tracimazioni, più (0,6 m) eventualefranco richiesto per le operazioni di aerazione (si veda figura B.4). Prima dell’im-missione del liquame, la frazione solida grossolana va opportunamente separata daquella liquida. Se il lagone è dotato di troppo pieno, questo deve consentire l’eva-cuazione di > 1,5 volte il flusso massimo influente giornaliero.Prima di realizzare i lagoni sono necessarie indagini preliminari da parte di geologiper stabilire la natura del suolo, che dovrebbe essere a bassa permeabilità. Ècomunque consigliabile rivestire questi invasi con manti impermeabilizzanti e/o allaadditivazione del suolo con materiali quali la bentonite. Il livello di progetto della

Figura B.4 – Schema semplificato di un lagone

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superficie inferiore deve trovarsi ad almeno 0,25 m al di sopra del livello più eleva-to della falda freatica.La durata totale dell’accumulo, per i reflui da allevamenti bovini da latte, va da unminimo di 120 a oltre 300 giorni in relazione all’andamento climatico, alle colture,alle tecniche di distribuzione adottate e al tipo di suolo. Il fattore lettiera consente di stimare l’influenza del volume della lettiera stessa sulvolume totale e dipende dalla quantità di lettiera impiegata, dalle sue caratteristi-che (spazi vuoti, contenuto iniziale di umidità e capacità di assorbimento dell’umi-dità). L’uso di lettiera va eliminato o ridotto al minimo nel caso di sistema basato suliquame. Il fattore di diluizione include l’acqua di veicolazione delle deiezioni, leacque di lavaggio della sala di mungitura, l’acqua persa dai rubinetti e abbeveratoi,acqua meteorica di ruscellamento (da tetti, aree scoperte ecc.). Occorre limitare ladiluizione facendo in modo che la concentrazione dei solidi non scenda al di sottodell’8-10% per ridurre i costi di stoccaggio.Vasche di accumulo e lagoni vanno posti ad almeno 90 m dai pozzi e dalle abita-zioni e opportunamente schermati con alberi posti ad almeno 9 m e recintati persicurezza persone; devono essere collocati sottovento rispetto alle abitazioni (con-sultare regolamenti locali di igiene).

Carichi agenti sui serbatoi interrati di stoccaggio dei liquami:Carico sulle pareti. I carichi di progetto applicati alle pareti sono di tipo idrostatico.La spinta dovuta al terreno nei serbatoi interrati, dipende dal tipo di terreno e dal-la sua umidità. Se non c’è liquame presente, il terreno spinge verso l’interno e per-ciò la parete verrà armata verso l’esterno. La spinta dovuta al liquame viene inve-ce assorbita dal terreno posto all’esterno (profondità max. 2,5 m). Per vasche mol-to profonde l’armatura viene messa su entrambi i lati della parete.Se i veicoli devono muoversi a meno di 1,5 m dalla parete del serbatoio, occorre con-siderare un sovraccarico uniforme di 500 kg/m2 (4,8 kPa) da aggiungere al caricolaterale esterno.Carichi di progetto per le solette di copertura dei serbatoi per liquami: 200 kg/m2(1,9 kPa) più carico neve per solette costruite ad almeno 40 cm da terra e nonaccessibili ad animali o attrezzature; 750 kg/m2 (7,3 kPa) se la soletta deve regge-re il bestiame; 200 kg/m2 (1,9 kPa) se deve reggere piccoli animali o persone. 5000kg (4,8 kPa) di carico assiale se la soletta è accessibile ai trattori e ai carribotte,equivalenti a due carichi concentrati di 2500 kg (2,4 kPa) distanziati di 1,2 m eorientati in ogni direzione dal coperchio del serbatoio.Vasche o serbatoi fuori terra: problema prioritario è quello della tenuta. Le vaschecircolari (o al più quadrate) sono preferibili per periodi di ritenzione molto lunghimentre quelli rettangolari (con rapporto fra i lati fino a 5 a 1) sono preferibili pertempi di ritenzione brevi.Materiali: c.a. gettato in opera o precompresso, acciaio vetrificato, legno. Platea: suterreno buono è sufficiente platea di 12 cm di calcestruzzo su film di polietilene o sutessuto non tessuto. Migliore doppia platea con strato drenante intermedio. Su ter-reni con portanza limitata, è opportuno ricorrere a palificazioni.

B.3.4 - Trattamento dei liquami per l’impiego agronomico Si deve ottenere una stabilizzazione dei liquami (abbattimento di > 60% del BOD5,domanda biochimica di ossigeno in 5 giorni di incubazione) che può essere rag-giunta rapidamente per via aerobica (insufflando aria nella massa) o, più lenta-mente, per via anaerobica (escludendo il liquame dal contatto con l’aria). La frazio-ne solida dei reflui zootecnici può essere sottoposta a compostaggio (fermentazio-ne aerobica di materiali palabili effettuata su platee o in campo). La massa va sem-pre omogeneizzata prima dello spandimento. Per programmare l’ammontare dei reflui da spandere si deve considerare il conte-nuto di azoto nei reflui è riportato in tabella B.5.

a) Omogeneizzazione del liquame. Serve per evitare la separazione fra le diversefasi soprattutto nel caso in cui non vi sia separazione solido/liquido:– paglia e residui grossolani tendono ad affiorare, si asciugano e formano una cro-

sta galleggiante e impermeabile, ricca di sostanza organica;– le componenti pesanti formano un deposito sul fondo della fossa;– le parti solubili, contenenti N (ureico ed ammoniacale) e K sono contenute fra le

due fasi precedenti.L’assenza di aerazione favorisce le fermentazioni anaerobiche che producono gas

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maleodoranti (NH3, H2S ecc.) imprigionati sotto la crosta e che si liberano in occa-sione della prima agitazione. Essa favorisce anche la formazione di gas inodori piùpericolosi quali CH4 e CO2. Questi gas sono più pesanti dell’aria e si accumulano sulfondo delle fosse, chiuse o semichiuse, dove possono provocare la morte quasiistantanea di persone che vi entrano senza adeguate protezioni.L’agitazione del contenuto delle fosse è, quindi, indispensabile per attivare le fer-mentazioni aerobiche e:– rompere la crosta superficiale;– impedire la formazione di depositi sul fondo della fossa, che ne riducono la capa-

cità in tempi più o meno lunghi;– rendere il liquame più omogeneo e più liquido e quindi più facile da spandere;– ripartire gli elementi minerali fra tutto il liquame;– ridurre la produzione di gas maleodoranti o nocivi.Questa agitazione potrà essere realizzata:– regolarmente con un miscelatore o con una pompa di ricircolo, una volta alla set-

timana;– a mezzo di dispositivi specifici di aerazione per iniezione d’aria e agitazione con

piccole eliche.

I miscelatori sono costituiti da un’elica a 2∏3 pale curve, con ∆ = 20∏25 cm, azio-nata da un gruppo motoriduttore di tipo protetto (se opera esternamente al liqua-me) o sommerso. La velocità di rotazione è compresa fra 1500 e 3000 giri/min, conpotenze installate sino a 8∏10 kW. Un miscelatore di questo tipo ha capacità dimovimentazione sino a 1.5 m3/s. Altra soluzione è costituita dalle pompe agitatrici o agitatrici-trituratrici, azionabilida motore elettrico o dalla p.d.p. del trattore. Nel primo caso, l’agitazione della mas-sa è ottenuta a mezzo del ricircolo del liquame che viene aspirato dalla pompa e re-immesso, a elevata pressione, a mezzo di ugelli di grosso diametro opportunamen-te distribuiti all’interno della vasca. Per le pompe agitatrici si hanno modelli: cen-trifughi, caratterizzati da portate fino a 80 l/s con pressioni massime di emissionefino a 12 bar; monovite, con portate fino a 80 l/s e pressioni fino a 70 bar. Le poten-ze richieste sono 50∏70 W per ogni l/s di portata. Le pompe agitatrici-trituratrici(maceratori), invece, pure azionabili da motore elettrico o tramite la p.d.p., hanno lagirante dotata di coltelli di forma appropriata. Questi provvedono, unitamente alla

Tabella B.5 - Azoto prodotto da bovini; valori al lordo delle perdite per emissionidi ammoniaca; ripartizione tra liquame e letame; perdite percentuali conseguen-ti alla rimozione allo stoccaggio e allo spandimento; valori al campo al netto del-le perdite (da CNR – Reflui, 1999)

Categoria animale Azoto escreto Perdite di Azoto Azoto al campo Carico(al lordo delle perdite) (% dell’escreto) (al netto delle perdite) animale(kg N/100 kg p.v. x a) (kg N/100 kg p.v. x a)

nel nel TOTALE Rimo- Stoc- Spandi- TOTALE nel nel TOTALE (q p.v./ha)liquame letame zione caggio mento liquame letame(2) (1) (2) (%) (3) (%) (4) (%) (5) (%) (6) (6) (7)

Bovini da latte 16,40 17 11 17 45 9,0 18,9 - fissa o libera senza lettiera 16,40 9,0 - libera su lettiera perman. 7,30 9,10 4,0 5,0 - fissa con lett., libera con paglia

anche in aree eserc. liberasu lettiera inclinata 4,60 11,80 2,5 6,5

- cuccette groppa a groppa 10,00 6,40 5,5 3,5 - cuccette testa a testa 6,40 10,00 3,5 5,5

Altri bovini 12,40 10 9 14 33 8,3 20,4 - libera su fessurato 12,40 8,3 - fissa con paglia 2,70 9,70 1,8 6,5 - libera con lettiera solo in area

riposo 6,20 6,20 4,2 4,1 - libera con paglia anche in aree

eserc.; libera lettiera inclinata 1,80 10,60 1,2 7,1 - vitelli su fessurato 12,40 8,3 - vitelli su lettiera 2,10 10,30 1,4 6,9

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miscelazione, a triturare le parti più grossolane (paglie, fieno e altri residui vegeta-li). In questo caso, le portate arrivano a oltre 80 l/s con richieste di potenza di200∏220 W per ogni l/s di portata, se di tipo sommerso, e 80∏100 W per ogni l/sdi portata, se di tipo superficiale.La necessità di agitare efficacemente il liquame pone problemi alla tipologia di fos-sa (figura B.5):– la forma deve essere possibilmente circolare;– la profondità non deve eccedere i 4 m;– il sistema di circolazione del liquame sotto il pavimento fessurato deve essere del

tipo a serpentina.Nel caso di fosse di grande capacità andranno previsti molti punti di agitazione.I vari sistemi di agitazione dovranno essere dimensionati correttamente perché pre-sentano un costo elevato che viene spesso sotto stimato.

b) Trattamenti aerobici. Consistono nell’immettere ossigeno atmosferico nei liqua-mi in quantità sufficiente a favorire lo sviluppo dei microrganismi aerobi. L’ossige-nazione può avere lo scopo di deodorizzare i liquami o di stabilizzarli.Deodorizzazione aerobica: la vasca è dimensionata per un tempo di ritenzione di120 gg; è necessaria una potenza installata dell’ordine di 4-7 W/m3 di vasca e l’a-zionamento dell’ossigenatore per 10-20 min/h. La spesa energetica è di 20-40Wh/m3 di vasca per giorno. La quantità di aria immessa è di 20-30 m3/m3 di liqua-me immesso giornalmente. L’efficienza massima di dissoluzione dell’ossigenorispetto a quello contenuto nell’aria immessa è del 10% e l’efficienza di ossigena-zione è di 1,2-1,5 kg di O2 disciolto/kWh. Temperatura raggiunta all’interno dellamassa di liquame è di 30 °C.La spesa energetica può variare da 110 a 270 Wh/capo per giorno rispettivamenteper reflui, da stalle da carne e da latte. Il costo risultante di questo tipo di tratta-menti è tale da consigliarne l’uso solo per la deodorizzazione. Ciò è da attuare soloin vicinanza di centri abitati e per risolvere problemi di contenzioso per molestia daodori.

c) Lagunaggio anaerobico. Vasche e lagoni, grazie alla lunga durata media dellostoccaggio imposta per legge, consentono di effettuare il trattamento anaerobico atemperatura ambiente. È preferibile coprire il lagone con una struttura galleggian-te per permettere il recupero del biogas che si produce naturalmente dalla degra-dazione della sostanza organica in composti inorganici (ione ammonio) e biogas(metano 50-75% e anidride carbonica 20-40%). Il coefficiente di trasformazionedei SV (solidi volatili, ovvero della frazione organica) in biogas è di 0,1 m3 di biogasper kg di solidi volatili immessi.

d) Digestione anaerobica controllata. Avviene in serbatoi a tenuta d’aria in cui iliquami raggiungono temperature di 30-35 °C (mesofilia). I valori di trasformazionedei SV in biogas sono di poco superiori a quelli citati precedentemente per la dige-stione anaerobica a temperatura ambiente (che è meno costosa). In ogni caso, a val-le del digestore va realizzata la vasca di accumulo che consente di ottemperare alledisposizioni di legge.

e) Compostaggio: si hanno modificazioni della sostanza organica che viene umifi-

Figura B.5 – Catena di lavoroper il compostaggio di stallatico

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cata per attività biologica e si ha contemporanea distruzione di batteri patogenicontenuti nelle deiezioni. Viene mantenuto un ambiente aerobico nella massa delprodotto che dopo qualche giorno raggiunge 70-75°C. Gli impianti aziendali sonodel tipo a platea (preferibilmente coperta). L’impianto consente di ridurre l’umiditàa valori del 25-30% in 30-60 giorni. Inconvenienti: emissione di odori e consistentiperdite di N. Il consumo energetico è di 7-15 kWh/t di prodotto immesso nell’im-pianto (figura B.5).

B.3.5 - Prestazioni e criteri di scelta tecnico-operativaLe macchine destinate all’asportazione delle deiezioni vanno valutate in base alleprestazioni in termini di efficacia di lavoro e di resistenza nel tempo dei materialiutilizzati. Infatti, esse risultano fortemente soggette ad azioni di erosione dovuteall’attrito e all’attacco corrosivo dovuto agli acidi organici liberati durante la degra-dazione delle deiezioni. Vanno pertanto curati la qualità dei materiali e il program-ma di manutenzione. La scelta tecnico-operativa è correlata alla dimensione e al livello di meccanizza-zione adottato per 1’allevamento. Sono, in generale, da preferire le soluzioni di piùelevata automazione perché più affidabili e meno sgradite per la manodopera. Iltempo massimo di lavoro umano da dedicare allo svolgimento di queste operazioninon deve superare 2 min/capo al giorno. Circa, invece, le macchine per il trattamento la scelta deriva dalle soluzioni impian-tistiche the si intendono adottare. Esse, come si è visto, sono basate su due alter-native fondamentali di trattamento: aerobico a anaerobico.Nel primo caso, si debbono realizzare impianti comportanti elevate spese energeti-che e una certa riduzione del potere fertilizzante (N) della massa iniziale.Nel secondo caso, invece, sono possibili interessanti recuperi energetici. La desti-nazione del biogas prodotto è mirata alla produzione di energia sia termica(mediante bruciatori), sia meccanica (o elettrica) mediante 1’alimentazione di moto-ri endotermici opportunamente adattati.Anche con questa soluzione, tuttavia, va tenuto presente il fatto the ti trattamentomira a consentire un’utilizzazione agronomica delle deiezioni con relativa deodo-rizzazione. Pertanto, la produzione di energia va considerata come «sottoprodotto»del trattamento stesso, anche se esso appare di non trascurabile significato econo-mico. In tabella B.6 sono riportati i principali parametri medi operativi delle macchineimpiegate per 1’asportazione a il trattamento delle deiezioni bovine.

Tabella B.6 - Principali parametri operativi delle macchine impiegate per l’aspor-tazione e il trattamento delle deiezioni bovine (da Pellizzi, 1998).

Pompe

Parametri Unità Evacuatori Raschiatori Agitatrici Agitatricidi misura a farfalla trituratrici

Velocità diavanzamento m/s 0,10-0,15 0,10-0,20 - -

Potenza specifica W/m 25-40 25-40 - -richiesta W per l/s - - 50-70 80-220

Capacità operativa capi/h 50-60 40-50 - -di lavoro l/s - - 50-80 50-60

Considerazioni economiche: l’analisi dei costi va definita in relazione ai risultatiottenibili dalla gestione dei liquami, che possono essere solo agronomici o ancheenergetici. Per la sola utilizzazione agronomica, l’unico trattamento è costituto dal-lo stoccaggio, ed è necessaria la presenza di impianti e attrezzature di spandimen-to idonee. I costi relativi all’utilizzazione agronomica sono difficili da determinareperché ci si trova di fronte ad un notevole numero di opzioni (Tabella B.7). Indicati-vamente esso ha incidenza nell’ordine del 3% del costo di produzione, ma può esse-re superiore soprattutto nel caso di impiego di reflui molto diluiti. Nel caso, invece, di produzione di energia, per esprimere un giudizio di convenien-za, occorre determinare il reale livello di utilizzazione dell’energia prodotta, com-parandone il costo con quello delle fonti tradizionali di approvvigionamento.

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Tabella B.7 - Quadro riassuntivo sui sistemi di gestione dei diversi tipi di refluo

Origine Deiezioni Evacuazione Opere di Modalitàdel prodotto da stoccare e trasferimento stoccaggio di ripresa

lettiera letame raschiatore o letamaia coperta spandiletameaccumulata paglioso forcone montato (fossa per liquidi (spandiliquame)

su trattore di sgrondo)

lettiera inclinata raschiatorestabulazione fissa automatico

corridoio fra pistonecuccette groppa spingi letamea groppa

cuccette conmolta paglia idem

bordo dellalettiera idem

cuccette letame fluido raschiatore o letamaia spandiletamepoco pagliate liquame forcone montato in fossa spandiliquame(1-3 kg di paglia paglioso su trattore spandiletame/giorno) con portellone

di tenuta

bordo della zona raschiatore fossa perdi alimentazione automatico liqui-letame

flushing (se nonc’è paglia)separazionenecessaria

cuccette con poca liquame poco raschiatore su fossa con spandiliquamepaglia (< 1 kg/ paglioso trattore maceratoregiorno-capo) raschiatore o miscelatore

automaticoflushingmaceratorecanaletta liquameconduttura digrande diametroin PVC

fessurato con liquame pompa di fossa con spandiliquamecuccette con trasferimento miscelatorematerassino e canaletta liquame (circolazionesegatura o paglia conduttura di liquame)trinciata grande diametro

in PVC

grande area di liquame diluito pompa di fossa di spandiliquameesercizio esterna trasferimento decantazione,

canaletta liquame trattamentoconduttura digrande diametro in PVCsistema di trattamento

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AAlllleeggaattoo CC

Spazio per conservazione alimenti e lettiera

C.1 – PremessaIl complesso zootecnico comprende oltre alle stalle, anche i depositi di foraggi e dimateriale di lettiera.I foraggi essiccati e la paglia possono essere conservati sotto forma di: erba dis-idratata; fieno imballato (grandi balle e balle tradizionali); fieno sfuso; paglia (gran-di balle e balle tradizionali).I foraggi con s.s. 30-75% possono essere conservati in sili verticali o orizzontali.Gli alimenti concentrati possono essere conservati in: sacchi; sili verticali; sfusi aterra (Figura C.1).Il dimensionamento viene fatto in base ai volumi occupati. I fattori più importanti da considerare ai fini costruttivi sono densità e massa volu-mica (Tabella C.1).

Tabella C.1 - Densità e volume relativi adiversi alimenti

Kg/m? m?/t

Insilato in fossa 400-800 1,4 Insilato sciolto 400 2,3 Fieno sciolto 50-100 12 Fieno imballato 130-200 9 Paglia sciolta 40 23 Paglia imballata 70-140 14 Polpa di bietola 660 1,5 Farina di frumento 500 2,0 Frumento macinato 710 1,4 Orzo macinato 450 2,3 Mais macinato 580 1,8 Pellets 650 1,5

N.B. Dato che massa e densità sonoinfluenzate dall’umidità del prodotto, cipuò essere una variazione del 5%rispetto ai dati riportati

C.2 – Sili per foraggiL’insilamento consiste nella conservazione di foraggi con contenuto di sostanzasecca variabile dal 30 al 75%. Più frequentemente, con U > 60% in ambiente acidoe anaerobico. Tale conservazione può essere naturale o orientata; l’anaerobiosi èdifficile da realizzare quando la s.s. è > 50%. I due parametri che qualificano un insi-lato sono: contenuto in s.s. e massa volumica. L’ottenimento di un mezzo acidodipende dal contenuto di s.s. e dal tasso di glucidi del foraggio conservato. Obiettivi da raggiungere e regole da rispettare:- scegliere correttamente i foraggi da insilare;- trinciare uniformemente il foraggio;- riempire rapidamente il silo e comprimere bene il prodotto.- evitare inquinamento con terra;- insilare la massima quantità di s.s. (ovvero con la minore umidità);- ottenere condizioni di anaerobiosi;- raggiungere bassi valori di pH il più velocemente possibile; - ottenere una fermentazione omolattica;- utilizzare con attenzione i conservanti (batteriostatici e acidi); - contrastare lo sviluppo di clostridi, muffe, lieviti;- ottenere un prodotto dalle caratteristiche organolettiche e qualitative compatibi-

li con le esigenze fisiologiche dell’animale;I sili verticali possono essere: ermetici, a compressione, ciclatori. Quelli orizzontali:a trincea, a fossa, a corridoio, a cumulo.Attualmente i sili (quasi tutti di tipo orizzontale), vengono utilizzati per ottenere ilfienosilo (fieno ad elevata umidità circa 50%), il silomais (insilato di mais integrale,circa 65% di umidità), il pastone di mais (insilato della sola spiga, circa 40% di umi-

Figura C.1 – Deposito dei diversi tipi di alimento (daHoepli, 1997)

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dità). Per trasformare le tonnellate di sostanza secca in tonnellate di insilato, si sti-ma la percentuale di umidità dell’insilato di mais e si moltiplica il peso per il fattoresotto riportato:

Umidità dell’insilato (%): 40 45 50 55 60 65 70moltiplicare il peso della s.s. per: 1.6 1.8 2.0 2.2 2.5 2.8 3.3

Il prodotto più importante è l’insilato di mais (di cui vengono distribuiti 10-30kg/capo·giorno). Nel calcolare la quantità di s.s. da insilare per capo si deve tenerconto di perdite di conservazione e spreco normale in mangiatoia (= 10%) (TabelleC.2 e C.3).Le perdite di valore nutritivo dell’insilato sono legate al grado di ermeticità del silo. Il silomais è suscettibile di deterioramento una volta a contatto dell’aria; occorrequindi ogni giorno rimuovere uno strato più grande di quello che può penetrare l’a-ria nello stesso tempo (> 15 cm/giorno). Per ridurre le perdite, importante è il gradodi compattamento ottenibile inizialmente. Massa volumica = 350-900 kg/m3 (media 700). Effluente del silo: è nullo al 62% diumidità. Esso ha pH bassissimo; è corrosivo per i metalli; erode il cemento. Il calce-struzzo deve avere la seguente composizione 1:2:4 con 330 kg/m3 di cemento.

Tabella. C.2 – Razione alimentare giornaliera orientativa per bovine da latte (sen-za impiego di foraggio verde)

Silomais (kg) Fieno (kg) Concentrati (*) (kg)

Vacche in piena lattazione 10-30 2-6 8 Vacche a metà o fine lattazione 15-30 2-6 5

(*) 1 kg di concentrato ogni 3 kg di latte. In totale max 4,0% del peso vivo in sostanza secca

Tabella C.3 - Perdite medie di prodotto (con umidità del 45-60%) in sili orizzon-tali e verticali (da FBIC)

Tipo di silo Perdita percentuale

Ermetico verticale 5 1-11 Verticale in calcestruzzo 6 2-12 Orizzontale a trincea o corridoio 15 10-25 Cumulo (sviluppo orizzontale) 20 12-25

C.2.1 - Sili orizzontali Geometria del silo: le dimensioni dipendono in larga misura dalle attrezzature dicarico e scarico. Benna su trattore: h = 1,8-2,0 m (8-10 t/h). Forcone su trattore: h =2-3 m. Dessilatrice specializzata: 3-5 m (12-15 t/h). Le attrezzature per lo scarico nondevono smuovere la massa e devono lasciare le superfici pulite.

C.2.2 - Pagliai e fienili Paglia e fieno, in grandi o piccole balle, vanno protetti dagli agenti atmosferici perpreservarli dallo sviluppo di muffe. Gli edifici hanno un lato aperto per consentiremigliore circolazione dei mezzi per manipolazione e trasporto. Per consentirne l’es-siccazione, il fieno viene posto sotto tettoie con pavimento fessurato per permette-re ventilazione del cumulo. Fieno sciolto o in balle di medio-bassa densità. Portated’aria indicative = 400-900 m3/h per m2 di superficie. Pressione statica è = 20-70Pa a seconda che si tratti di fieno sciolto o imballato. Altezza cumulo, per sicurez-za, < 6 m; larghezza = 12 m; lunghezza multipla dell’interasse fra i pilastri (4-5 m)(Figura C.3). Pagliai e fienili vanno isolati dagli altri edifici per problemi di incendio.Il consumo di fieno varia in relazione al tipo di alimentazione fra 1 e 5 kg/giorno percapo. Il consumo di paglia medio, (per stalle che ne prevedono l’uso) = 1-6 kg/gior-no per capo.

Figura C.2Caratteristiche del silo

per silomais (da Hoepli, 1997)

Figura C.3 Fienile/pagliaio con

tetto solarizzabile (da Hoepli, 1997)

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AAlllleeggaattoo DD

Rischi e precauzioni nell’allevamento bovino da latte

D.1 - GeneralitàL’entrata in vigore del D.L.vo 626/94 comporta per gli allevatori• la presa di coscienza delle modalità con le quali si opera in azienda, con partico-

lare riferimento, nel nostro caso, alla stalla e alle operazioni vi si svolgono nonchéalle condizioni ambientali;

• l’individuazione di situazioni di pericolo;• 1’ adozione di idonee misure per ridurre i rischi e la qualità dell’ambiente di lavo-

ro;Con riferimento alle operazioni di stalla, i problemi che si possono incontrare sonoi seguenti• rischio biologico: per contatto diretto di estese parti del corpo umano con la bovi-

na e per contatto con escrementi ed urina;• rischio fisico: per calci o calpestamento da parte della bovina;• posizione di lavoro: accovacciata a fianco dell’animale;• movimentazione carichi : per trasporto secchi pieni di latte e/o per spostamento

gruppi di mungitura.Importante è, anche, la Direttiva CEE 92/117 – misure di protezione da zoonosi spe-cifiche, per gli aspetti legati alla manodopera.

D.2 – RumoreNell’allevamento bovino da latte si possono raggiungere pericolosi livelli di rumoro-sità che variano in relazione al grado di meccanizzazione.Non è infrequente, infatti, imbattersi in macchine (trattori, carri unifeed semoventi,trinciapaglia ecc.) caratterizzate da rumorosità compresa fra 90-100 dBA.Gli studi sulla sordità indotta dal rumore nell’ambito dell’allevamento bovino da lat-te sono pochi (ILO, Enciclopedia of Occupational Health and Safety), tuttavia essiconcordano nell’affermare che si riscontrano deficit che influenzano in manierapredominante le frequenze più elevate e interessano soggetti di tutte le età. In alcu-ni studi vengono evidenziate perdite di udito superiori all’orecchio sinistro piuttostoche al destro e ciò è probabilmente dovuto alla posizione prevalente del tubo discappamento.Il calcolo della esposizione viene effettuato seguendo il metodo indicato nel D.L.vo277/92. Se si superano i valori di 85 dBA è obbligatoria una visita specialistica subase annua; se ci si trova al di sotto di tale valore ci si può limitare alle visite di rou-tine dal medico competente.La prevenzione non può che passare attraverso: l’abbattimento dei rumori alla fon-te; la turnazione della manodopera, quando possibile; l’adozione di cuffie o tappiper orecchie.

D.3 - Prodotti chimiciL’allevatore è in contatto con quasi tutti i prodotti chimici utilizzati in agricoltura(fertilizzanti, fitofarmaci ecc.) oltre a quelli specifici della sua attività quali quelli peril lavaggio degli impianti di mungitura. I prodotti per i lavaggi basici contengonogeneralmente il 35% di soda (NaOH) o, nel caso dei lavaggi acidi, il 22,5% di acidofosforico. Il contatto con questi prodotti può causare danni. Sono state osservatescottature cutanee o danni a cornea o congiuntiva ecc. Si tratta di situazioni chepossono essere prevenute utilizzando un sistema automatico di lavaggio a circuitochiuso. In assenza di sistemi automatici occorre impedire, ai non addetti, l’accessoai prodotti citati. I misurini vanno accuratamente sciacquati dopo l’uso.L’esposizione a farmaci, varia da antibiotici a progestinici, a inibitori di prostaglan-dine, a ormoni. L’accesso a questi prodotti va limitato al solo personale qualificato.

D.4 – PolveriLe polveri organiche che si incontrano negli allevamenti danno luogo a reazionicomplesse anche di tipo allergenico. Le polveri contengono, infatti, endotossine,beta-glucani, istamine e altri materiali biologicamente attivi (Olenchock et al. 1990).In certe operazioni si raggiungono livelli di polverosità totale di 50 mg/m3 e di 5mg/m3 di polvere respirabile. Queste polveri sono spesso dovute a foraggi o lettie-re contaminati da microrganismi, movimentati all’interno di spazi chiusi. L’esposi-zione a queste polveri genera spesso polmoniti da ipersensibilità, polmone dell’a-

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gricoltore, asma, bronchiti croniche con frequenza doppia rispetto alla popolazionenon esposta (Rylander e Jacobs, 1994).Le frequenze aumentano quando si è di fronte ad alimenti umidi e nelle stallechiuse.L’essiccazione del foraggio e la distribuzione manuale del fieno e della lettiera costi-tuiscono fattori aggravanti per la comparsa delle malattie professionali associatealle polveri.Per minimizzare l’ammontare, la crescita o la aerosalizzazione dei microrganismi,l’allevatore può, a esempio, ricorrere a materiali di lettiera alternativi alla pagliaammuffita; può stoccare la paglia e il fieno in luogo asciutto, riparato e ventilato,oppure può adottare dispositivi per inumidire la paglia nel momento in cui vienetrinciata. Ma può anche attivare un impianto di ventilazione e, infine, indossare ido-nee mascherine.

D.5 – AllergeniGli allergeni, quali forfora animale e acari che vivono nel fienile, possono costituireun grosso problema per gli allevatori.Uno studio ha evidenziato che le popolazioni di acari si estendono anche alle abita-zioni degli allevatori (Van Hage-Hamasten, Johansson and Hogland, 1985). L’aller-gia da acari e forfora è stata confermata come problema in molte parti del mondodove ha dato luogo a molte reazioni allergiche (Marx et al. 1993). Queste includonola congestione nasale, l’irritazione agli occhi, le dermatiti allergiche e soprattuttol’asma. Quest’ultima può generare attacchi immediati o ritardati (anche di 12 h)anche in individui non considerati asmatici.Dato che il contatto dell’allevatore con gli allergeni è continuo e dura tutta la vita,viene interessato un numero sempre crescente di soggetti.La prevenzione è difficile da mettere in atto.Le terapie adottate sono molto varie e combinano trattamenti antinfiammatori conbroncodilatatori, steroidi topici ecc.

D.6 - Rischio ergonomicoI dati sui problemi muscolo-scheletrici non sono completi.Tuttavia gli allevatori bovini presentano maggiori rischi di artriti ad anche e ginoc-chi se confrontati con la popolazione generica. Anche i rischi per spalle e schienasono più elevati. L’ergonomia costituisce, quindi, un rischio importante. L’allevatore può portare pesi superiori a 40 kg, è esposto alle vibrazioni delle mac-chine agricole ecc. ma è il lavoro di mungitura ad essere più pesante ergonomica-mente. In una stalla a posta fissa l’addetto si piega o si accoscia per 4-6 volte duran-te la mungitura di ogni singolo capo e ciò avviene per tutti i capi a lui affidati perdue volte al giorno, per tutto l’anno e per decenni. Già il trasferimento del gruppodi mungitura da una posta all’altra causa un ulteriore sforzo alle estremità superio-ri. Soluzioni proposte nei paesi scandinavi di realizzare binari sospesi su cui farscorrere il gruppo di mungitura devono ancora trovare idonea diffusione (figuraD.1). In una stalla a stabulazione libera dotata di sala di mungitura, le cose vannodecisamente meglio in quanto l’uomo, se la fossa del mungitore è ben proporzio-nata, lavora in posizione eretta (figura D.2) e non deve trasportare i gruppi di mun-gitura. In questo caso, però, entra in gioco un altro fattore, ovvero la frequenza conla quale viene spostato un carico (il gruppo di mungitura, nel nostro caso) con ilbraccio teso (figura D.3), che fa ulteriormente ridurre l’ammontare del massimocarico movimentabile.

Figura D.1 – Sistema che consentedi ridurre lo sforzo necessario pertrasportare i gruppi di mungitura(da Alfa Laval Agri, 1994)

Figura D.2 – Posizione corretta dilavoro del mungitore che devemantenere la schiena eretta (daAlfa Laval Agri, 1994)

Figura D.3 – L’ammontare delcarico che può essere spostato da unapersona dipende dalla posizione del-le braccia rispetto al corpo (nel dise-gno) e dalla frequenza con la qualei carichi stessi vengono spostati (daHSE, 1998)

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AAlllleeggaattoo EE

L’allevamento biologico della vacca da latte

E.1 PremessaTrattare il tema della “zootecnia biologica” significa non tanto suggerire un diversomodo di produrre ma un diverso modo di vivere e ciò è valido anche per coloro cheacquistano i prodotti biologici, che sono disposti a pagare di più ciò che intrinseca-mente vale di più e costa di più.Le produzioni biologiche non sono una alternativa alle produzioni intensive mabensì il modello verso cui agricoltura e zootecnia devono tendere affinché si pos-sano riaffermare quei valori o concetti, quali quelli di: eticità di produzione; di agri-coltura sostenibile ecc., che si dovranno necessariamente adottare per far fronte aigrandi problemi alimentari e ambientali in cui tutti siamo coinvolti e per i quali l’a-gricoltura gioca un ruolo chiave.Gli ambientalisti affermano che l’agricoltura inquina a causa dei fitofarmaci, dei fer-tilizzanti e dei reflui zootecnici e che distrugge il paesaggio. I salutisti sono preoc-cupati dei residui di fitofarmaci, antibiotici ecc. negli alimenti e della perdita di pro-prietà organolettiche dei prodotti. Le frange estremiste anti-globalizzazione accu-sano le politiche agricole di creare artificialmente surplus.Sicuramente gli agricoltori si trovano a lottare con profitti estremamente ridotti onegativi ma non è certo buttandosi sul biologico che si risolvono i problemi. Infatti,così come non tutti possono diventare buoni imprenditori, non tutti i buoni impren-ditori possono diventare produttori biologici.La produzione biologica è una scelta di vita e, più ancora, una filosofia di vita. L’a-gricoltura biologica aspira ad essere in armonia con la natura. Questa idea pervadetutti gli aspetti dell’attività agricola: dalle modalità di controllo di parassiti e pato-logie al trattamento del bestiame, all’integrazione dell’azienda con l’ambiente natu-rale, alla vendita dei prodotti, ai rapporti di lavoro. L’agricoltura biologica minimiz-za l’uso di forme di energia non rinnovabile. Fertilizzanti chimici e fitofarmaci ven-gono sintetizzati partendo dal petrolio ne richiedono elevate quantità per estrarli olavorarli. Basti pensare, a questo proposito, che per produrre 1 kg di fertilizzanteazotato sono necessari, fra costi diretti e indiretti di energia, oltre 2 kg di petrolio.L’agricoltura biologica non è il mondo del basso input perché non ricorre (o vi ricor-re in modo moderato) a fertilizzanti chimici e fitofarmaci ma è invece un sistemache ricorre in misura ridotta a risorse esterne e cerca di ottimizzare i cicli interniall’azienda.La produttività per addetto e per ettaro non è la più elevata ma lo diventa se ci siriferisce all’unità di mezzo tecnico impiegato.L’agricoltura biologica non inquina perché non vengono utilizzati principi attivi peri-colosi per l’uomo e per l’ambiente. I sottoprodotti che vengono considerati rifiuti dall’agricoltura intensiva sono la basedell’agricoltura biologica.L’azienda deve essere predisposta alla conversione e vi devono essere clima adattoe suolo adatto. Non è possibile mantenere sistemi monocolturali o sistemi intensivi di allevamentosuino o avicolo perché contravvengono ai princìpi dell’agricoltura biologica.Con la pubblicazione del regolamento 1804/99 sulla Gazzetta Ufficiale dell’UnioneEuropea del 24 agosto 1999 e con l’emanazione dei DD.MM. 4 agosto 2000 e 29marzo 2001, colmano in parte, il vuoto legislativo del settore (manca ancora, infat-ti, la regolamentazione regionale).Il testo della normativa è frutto di compromessi per conciliare i diversi sistemi zoo-tecnici esistenti in Europa ed è, quindi, complicato e ricco di deroghe e possibilità diinterpretazione.In definitiva, cardini principali dell’allevamento biologico sono:Rispetto dell’etologia e del benessere animale;Riduzione al minimo dell’impatto ambientale dell’allevamento;Impiego di alimenti biologici.Le indicazioni sulle tipologie stabulative e sui metodi di gestione dell’allevamento,sul rapporto fra superficie agricola aziendale e consistenza degli animali allevati,sulla produzione e somministrazione di alimenti sono di rilevante importanza. Nel-l’allevamento biologico, tutti gli animali, appartenenti ad una stessa unità di produ-zione, devono essere allevati nel rispetto delle norme contenute nel regolamentoCEE 2092/91.

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E.2 - Gestione e strutture di allevamento

E.2.1 - La gestione dell’allevamentoIl regolamento CE n. 1804/99 vincola la gestione dell’azienda zootecnica biologicaad una serie di norme che, per l’allevamento dei bovini da latte, vanno dalla garan-zia del libero movimento per gli animali, alla prescrizione di una superficie stabula-tiva adeguata, dall’assicurazione di una accessibilità a pascoli o aree esterne allapredisposizione di una zona di riposo a lettiera confortevole e correttamentedimensionata, al facile accesso alle mangiatoie e agli abbeveratoi, alla stabulazionein ambienti luminosi e aerati. Come logica conseguenza, non sono proponibili for-me di allevamento in gabbia e la presenza di pavimentazioni totalmente fessurate.Ma non sono neppure proponibili allevamenti senza terra.Nella scelta delle razze occorre tener conto delle esigenze della produzione e dellecapacità di adattamento degli animali alle condizioni ambientali esistenti, dandopreferenza alle razze e ai sottotipi autoctoni. I soggetti per la rimonta possono provenire, in percentuali e con modalità definite, daaltri allevamenti biologici e, solo in casi particolari, da allevamenti convenzionali.Nello stesso allevamento possono coesistere, fino al 2008, animali allevati biologi-camente o no purché appartenenti a specie differenti.La gestione dell’allevamento, soprattutto in termini di alimentazione e condizioniambientali, deve favorire la resistenza alle malattie e alla prevenzione delle stesse.E’ vietato l’uso di trattamenti preventivi allopatici (quelli, cioè, basati sul contrastodell’agente patogeno), di stimolatori della crescita, di ormoni per sincronizzazionedei calori, ecc.. Per la cura degli animali ammalati si deve ricorrere all’omeopatia ealla medicina naturale che stimolano e fortificano le risposte del sistema immuni-tario. L’uso di medicinali di sintesi non viene, però, escluso.L’alimentazione deve rispondere ai fabbisogni degli animali e gli alimenti devonoprovenire da colture biologiche preferibilmente aziendali (almeno il 35% dellasostanza secca) e/o essere sottoprodotti derivati dalla trasformazione di prodottibiologici. Il ricorso ad alimenti biologici extra-aziendali è considerato come integra-zione delle produzioni aziendali.Durante il periodo di conversione le coltivazioni aziendali destinate alla produzionedi alimenti per il bestiame devono seguire le norme dell’agricoltura biologica.I prodotti zootecnici, possono essere commercializzati come biologici solo dopo unperiodo minimo di allevamento degli animali secondo il metodo biologico.Deve essere tenuto un registro con indicati ingressi e uscite di animali, alimenta-zione e profilassi seguita. Tutti gli animali dell’allevamento devono essere identifi-cati singolarmente.Il rapporto fra consistenza del bestiame allevato e superficie agricola aziendaledipende dalla possibilità di distribuire un massimo di 170 chilogrammi ad ettaroall’anno di azoto, proveniente da deiezioni zootecniche. Le aziende che praticano il metodo di produzione biologico possono stabilire con-venzioni con altre aziende e imprese biologiche per permettere lo spargimento del-le deiezioni eccedenti il quantitativo di azoto indicato.Le questioni più spinose sono da risolvere per l’applicazione della direttiva essen-zialmente due: l’apporto massimo annuale di deiezioni animali al campo e il corri-spondente carico di bestiame; le tipologie di allevamento e di stabulazione, legateanche al tipo di refluo che è necessario produrre per rispettare i principi dell’agri-coltura biologica.Fermo restando l’apporto massimo annuale di deiezioni animali al terreno corri-spondente a 170 chilogrammi all’anno di azoto per ettaro di Sau (Superficie agrico-la utilizzata), occorre definire il numero di animali, per le diverse categorie, corri-spondente a questo quantitativo di azoto (l’UE propone l’equivalenza con 2 UBAovvero con 2 vacche o 5 vitelli per ettaro). Trattandosi, però, di azoto al campo e diun sistema che limita il ricorso a mezzi tecnici esterni, va da sé che vi è l’interessead adottare soluzioni che limitano le perdite per volatilizzazione dell’azoto.Per quanto riguarda le tipologie di allevamento e di stabulazione dei bovini da lat-te, le questioni riguardano l’obbligo del pascolo e il divieto di realizzare stalle a sta-bulazione fissa, derogabile solo se sussistono determinate condizioni di benesseree se gli edifici sono stati costruiti prima del 24 agosto 2000 (figura E.1)

E.2.2 - Tipologie di stabulazioneI locali di stabulazione devono rispettare le esigenze degli animali allevati e, in par-ticolare, il loro benessere e la loro libertà di movimento.

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L’animale può, quindi, scegliere, movendosi autonomamente, l’ambiente di volta involta ideale in relazione al clima ma anche ai rapporti sociali.La stalla a stabulazione fissa viene ammessa, previa autorizzazione dell’organismodi controllo, soltanto:– in edifici realizzati prima del 24 agosto 2000 (per un periodo transitorio che sca-

de il 31 dicembre 2010), purché vengano rispettati i requisiti relativi alla ginnasti-ca funzionale (predisposizione di paddock o pascoli accessibili) e al benessere ani-male (pavimentazione della posta realizzata in conglomerati termoisolanti su cuiviene posta la lettiera);

– per un singolo animale per un limitato periodo di tempo e per motivi di sicurezzao benessere dell’animale stesso;

– nel caso di “piccole” aziende (non viene specificata la dimensione), nel caso in cuinon sia possibile allevare gli animali in gruppi adeguati ai requisiti di comporta-mento; in questo caso è necessario prevedere l’accesso a paddock o a zone dipascolo almeno 2 volte alla settimana (se le condizioni climatiche lo consentono).

La stabulazione libera, a lettiera o a cuccette, è invece indicata per la costruzionedi nuove stalle.In queste stalle le vacche devono essere divise in gruppi omogenei: vitelli, manzet-te, manze, manze gravide, vacche in asciutta e vacche in lattazione. Queste ultime,a loro volta, devono essere suddivise in due o più gruppi di produzione, in base allostadio di lattazione e/o al livello produttivo, per differenziare la razione alimentare.E’ necessario predisporre un apposito locale di isolamento per animali malati o feri-ti; tali animali non devono avere accesso a pascoli o paddock riservati ai capi in pro-duzione.Il locale isolamento o infermeria può essere realizzato ex novo o derivare dall’adat-tamento di un locale preesistente

E.2.3 - Paddock e pascoliContrariamente alla tendenza in atto negli allevamenti intensivi e in quelli (per orapochi) dotati di impianti di mungitura robotizzati, tutti i bovini devono poter acce-dere a pascoli o a paddock ogni qualvolta lo consentano:– le loro condizioni fisiologiche;– le condizioni climatiche;– lo stato del terreno (possono essere concesse deroghe per un periodo transitorio

che scade il 31 dicembre 2010 alle aziende aventi edifici costruiti anteriormente al24 agosto 1999).

Se però i bovini sono allevati in stabulazione libera o hanno accesso ai pascolidurante il periodo primaverile-estivo, non è obbligatorio prevedere una zona diesercizio.I paddock, pavimentati hanno il vantaggio di poter essereutilizzati per tutto l’anno, ma andrebbero coperti per evi-tare di dover raccogliere e stoccare anche le acque piova-ne che vi scorrono sopra, mentre i paddock in terra han-no un’agibilità limitata ai mesi primaverili-estivi. La solu-zione ideale è quella di realizzare paddock agibili per tut-to l’anno interponendo, fra corpo stalla e paddock in ter-ra, un’area di esercizio pavimentata (figura E.1).

E.2.4 - Mangiatoie e abbeveratoiGli animali devono disporre di un accesso agevole allemangiatoie e agli abbeveratoi. In stalle a stabulazionelibera è opportuno dotare le mangiatoie di rastrelliereautocatturanti per limitare la competitività alimentare(nel caso di distribuzione contemporanea dell’alimento),per ridurre lo spreco di foraggio e facilitare gli interventiveterinari in genere o riproduttivi in particolare.La stalla va dotata di abbeveratoi a vasca collocati, in rela-zione al tipo di stalla, o nei pressi della zona di alimenta-zione o nei pressi di quella di esercizio (figura E.2).

E.2.5 - Pavimentazione e superficie stabulativaI requisiti fondamentali della pavimentazione delle zonedi stabulazione coperte sono:– elevato potere autopulente, cioè un rapido e completo

Figura E.1 – Il paddock con-sente alle bovine di godere deibenefici dovuti al sole

Figura E.2 – Gli abbeveratoidevono essere del tipo a vasca,meglio se ribaltabili per facili-tare la pulizia (da ArntjenSystem, 2002)

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allontanamento delle deiezioni, in modo da limitare lo sviluppo di microrganismie infezioni;

– superficie di calpestio liscia ma non scivolosa o abrasiva, priva di spigoli vivi oprotuberanze, in modo da limitare i casi di lesioni traumatiche, in particolare agliarti e ai capezzoli;

– essere almeno per metà a pavimento pieno.Nella zona di stabulazione deve essere prevista un’area di riposo - confortevole,pulita, asciutta e correttamente dimensionata – a pavimento pieno con sovrastantelettiera di paglia o di “altri materiali naturali adatti”. Non si possono perciò, utiliz-zare in allevamenti biologici, materiali sintetici, come i materassini e i tappetini ingomma o materiale elastomerico (figura E.3).La superficie di stabulazione per le vacche da latte (ovvero la superficie realmentedisponibile per la stabulazione degli animali) è pari a 6 metri quadrati per capo(superficie di stabulazione coperta) a cui vanno aggiunti almeno 4,5 metri quadra-ti per capo per i paddock; possono essere concesse deroghe per un periodo trans-itorio, che scade il 31 dicembre 2010, alle aziende aventi edifici costruiti prima del24 agosto 1999.La densità del bestiame nei pascoli deve essere sufficientemente bassa in modo daevitare che il suolo diventi fangoso e che il cotico erboso venga eccessivamentedeteriorato.Le superfici di stabulazione del toro riproduttore sono pari a 10 metri quadrati percapo (superficie di stabulazione coperta) e a 30 metri quadra per capo di paddock;anche in questo caso valgono le deroghe citate.

E.2.6 - Il controllo ambientalePer ottenere un microclima ottimale occorre agire:– sull’isolamento termico, che riduce l’effetto delle variazioni della temperatura

esterna sulla temperatura dell’aria all’interno del locale d’allevamento;– sulla ventilazione che apporta, in inverno, aria fresca riducendo la concentrazione

dei gas nocivi e del vapore acqueo. In estate, la ventilazione permette di asporta-re il calore sensibile prodotto dagli animali e il calore dovuto all’irraggiamento sola-re. La ventilazione consente di eliminare le polveri e il microbismo atmosferico;

– sul raffrescamento estivo, che sfrutta il principio della sottrazione di calore perevaporazione, nei casi in cui risulti difficile mantenere la temperatura ambiente avalori accettabili;

– sull’illuminazione naturale.

E.2.7 - Stoccaggio delle deiezioniI contenitori per lo stoccaggio del liquame e del letame devono essere dimensiona-ti in modo da ridurre l’inquinamento puntuale e diffuso delle acque superficiali e difalda.La legislazione vigente a livello di bacino del Po stabilisce che i recipienti per lostoccaggio del liquame e del letame devono avere una capacità utile complessivanon inferiore al volume prodotto rispettivamente in 120 e 90 giorni.

E.2.8 - Il trasporto degli animaliIl trasporto degli animali deve avvenire rispettando la normativa nazionale (decre-to legislativo 20 ottobre 1998, n.388 – Attuazione della direttiva 95/29/CE relativa

Figura E.3 – Il materassino in gomma va opportuna-mente coperto con paglia o altro materiale accettatoper l’allevamento biologico Figura E.4 – I vitelli vanno allevati su lettiera

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alla protezione degli animali durante il trasporto) e comunitaria (Direttiva 95/29/CEdel 29 giugno 1995 che modifica la Direttiva 91/628/CEE relativa alla protezionedegli animali durante il trasporto) in vigore.Gli animali, durante il trasporto e la fase che precede la macellazione, devono esse-re trattati in modo da ridurre al minimo l’affaticamento, la sofferenza e lo stress; inparticolare, durante le operazioni di carico e scarico è vietato l’utilizzo della stimo-lazione elettrica.

E.2.9 - Allevamento dei vitelliPer quanto riguarda l’allevamento dei vitelli, a partire dal 24 agosto 2000, valgonole norme definite dalle direttive 91/629/CEE e 97/2/CE sul benessere animale.Le principali disposizioni riguardanti la loro stabulazione sono:– i box individuali, consentiti soltanto per vitelli di età non superiore a 1 settimana,

devono avere pareti divisorie forate, che consentano un contatto diretto, visivo etattile tra i vitelli; un’altezza pari a 0,8 l’altezza al garrese del vitello e una lun-ghezza pari alla lunghezza dell’animale, misurata dalla punta del naso all’estremi-tà caudale della tuberosità ischiatica, moltiplicata per 1,1;

– una superficie minima per capo nei box multipli pari a 1,5 metri quadrati per ognivitello dal peso inferiore a 150 chilogrammi, a 1,7 metri quadrati per un vitello dalpeso compreso fra 150 e 220 chilogrammi e 1,8 metri quadrati per un vitello dalpeso superiore a 220 chilogrammi;

– i locali di stabulazione devono consentire ad ogni vitello di “coricarsi, giacere,alzarsi ed accudire a se stesso senza difficoltà, e di vedere altri vitelli”; se si uti-lizza un attacco, questo deve consentire all’animale tali movimenti;

– la zona di riposo deve essere confortevole, pulita, adeguatamente asciutta e “nondannosa” per i vitelli; nel caso di vitelli di età inferiore a due settimane deve esse-re prevista una lettiera adeguata (figura E.4);

– le pavimentazioni devono essere antisdrucciolevoli, prive di asperità, adeguatealle dimensioni e al peso dei vitelli e costituire una superficie rigida, piana e sta-bile.

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Gestione allevamentovacche da latte

MAURO CODELUPPIZootecnico

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Premessa

Le attuali forme d’allevamento, carat-terizzate da un’impostazione decisamenteintensiva, non devono essere per forza,associate ad un concetto di scarso benesse-re per gli animali che, invece, grazie a solu-zioni gestionali e alimentari più corrette,possono godere di un ambiente che con-sente loro una migliore risposta qualitativae quantitativa. Le soluzioni gestionali e ali-mentari più attente sono in grado di asse-condare i bisogni delle bovine e sono adot-tate da sempre più allevatori. La crescenteattenzione verso le esigenze degli animali èconfermata dalle stesse vacche, attraversouna sempre più efficiente risposta produt-tiva sia dal punto di vista qualitativo chequantitativo. Il formidabile lavoro dimiglioramento genetico ha reso oggi levacche potenzialmente sempre più pro-duttive, se, questo potenziale è espresso,dipende da una corretta e idonea gestionein grado di limitare ogni possibile causa distress, sociale, ambientale e nutrizionale.

Con questi tipi di vacche appare quin-di contro ogni logica fare dei passi indie-tro nelle tecniche d’allevamento, in nomedi un ritorno alla presunta “ naturalità”nella produzione del latte. La piena effica-cia nell’applicazione delle più modernetecniche d’allevamento e alimentazionedelle bovine sono legate al fattore uomo.

Foto 1

Qualsiasi soluzione tecnica proposta permigliorare la produttività e il benessereanimale, non ha alcun valore se il perso-nale aziendale è scarsamente motivato nelproprio lavoro, quindi, non esegue conperizia e cura anche le più semplici e rou-tinarie operazioni di stalla. (foto 1)

1.0 - Le razze vacche da latte

Principalmente si possono considerarela Frisona, la Bruna e la Jersey.

Frisona Italiana. L’Italia, è il primopaese, ad aver iniziato a selezionare il cep-po europeo di razza Frisona con sangueHolstein di provenienza USA e Canada.Nel 1929 iniziarono le prime importazio-ni di riproduttori Holstein dagli USA. Daallora, gli allevatori italiani hanno iniziatoa sostituire il loro patrimonio di frisone,con la linea Holstein. La selezione da oltre50 anni, ha permesso d’essere terzi almondo dopo USA e Canada, per lapurezza del patrimonio di Frisone con lalinea Holstein. La marcata attitudine allaproduzione del latte della frisona italiana,se gestita e alimentata correttamente, instrutture realizzate adeguatamente in basealle esigenze con facilità possono esseresuperati i 100 q.li di latte a lattazione di305 giorni con valori di grasso oltre al3,50% e 3,30 di proteine. Gli obiettivi diselezione possono essere diversi. Ogniazienda di vacche da latte dovrebbe porsii propri. Per produrre latte di qualità nonbisogna dimenticare, le caratteristichemorfologiche delle mammelle, la mungi-bilità, e la percentuale di grasso e proteinenel latte. (foto 2)

Bruna. La razza Bruna allevata in Ita-lia trae origine dal “ceppo” Bruna alpina odi Schwyz, autoctona della Svizzera cen-

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trale rinsanguato con il “ceppo americano“Brown Swiss. La bruna alpina è entratain Italia nel sedicesimo secolo, ma solo nel1850 trova espansione nelle vallate alpine,fino ad arrivare nelle grandi cascine lom-barde. (foto 3)

La selezione dei bovini di razza Brunaha come obiettivo la produzione di sog-getti di buona mole, statura e peso, dicostituzione robusta e corretta conforma-zione, precoci per sviluppo e produttività,fecondi e longevi, di buona nevrilità, conattitudine ad elevate e costante produzio-ne di latte ad alto titolo di grasso e protei-ne, in grado di fornire convenienti produ-zioni di carne, dotati d’alto potere d’assi-milazione per lo sfruttamento di tutti iforaggi aziendali. In condizioni d’alleva-mento normale, la vacca Bruna può pro-durre oltre 80 quintali di latte a lattazionedi 305 giorni, con oltre il 3,90% di gras-so e 3,35 di proteine, con presenza di pro-teine di qualità, la k-caseina BB. Una

caratteristica che consente alla razza d’es-sere competitiva nel panorama nazionale,oltre alla qualità del latte è la sua longevi-tà.Tra i principali obiettivi di selezioneche un allevatore di brune deve porsi èscegliere riproduttori con ottime caratteri-stiche di mungibilità.

Jersey. La razza Jersey, in Italia, ha ori-gini dall’importazione di un nucleo d’ani-mali dalla Danimarca nel 1987. (foto 4)

L’interesse verso questi animali nascedalle particolari qualità del loro latte, cheha suscitato e suscita, in misura sempremaggiore, l’interesse dell’industria. Il latteJersey consente rese più alte rispetto aquello d’altre razze maggiormente alleva-te, avendo un maggiore e migliore conte-nuto in materia utile.

Gli animali dimostrano un’eccezionalenoncuranza a condizioni ambientali cli-matiche umide e ventose, non soffronol’allevamento in compagnia d’altre razze,si adattano facilmente alle nuove tecnolo-gie, ed hanno attitudini alla rusticità delpascolo anche in montagna. La Jersey èentrata nella realtà zootecnica italiana dibuona parte delle regioni italiane, sia installe di solo Jersey, sia come “additivograsso – proteine” in allevamenti d’altrerazze con problemi di titoli, soprattutto diFrisone. La produzione media delle Jersey,in Italia, può raggiungere i 50 quintali alattazione di latte con oltre il 5,80 % digrasso e 4,20% di proteine.

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Foto 3

Foto 2

Foto 4

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2.0 - Il benessere

Le vacche “felici” sono le più sane, piùfertili, più longeve, più produttive (quan-tità e qualità) e quindi più efficienti consoddisfazione, anche economica, dell’alle-vatore. Indipendentemente da questi van-taggi, esiste una direttiva comunitaria la98/58 recepita con decreto, che regola-menta il rispetto del benessere degli ani-mali da reddito. In questa direttiva vengo-no stabiliti i doveri dell’allevatore nei con-fronti degli animali che detiene e sonoindicati con discreta precisione le atten-zioni che egli deve avere: alimentazione,personale, ricoveri ecc.. Secondo D. Sau-vant (1994) gli obiettivi delle produzionianimali nel tempo possono essere cosìelencati. Nel 1960 l’obiettivo principaleera la produzione, poi l’efficienza, la qua-lità dei prodotti, l’ambiente. Intornoall’anno 2000 si è iniziato con il benesse-re animale, poi seguirà la traccabilità. Laposizione di quegli allevatori che altroperseguono il massimo profitto, e ad ognicosto, senza alcun rispetto per la natura eper il benessere animale è certamente cri-ticabile. L’uomo, proprio perché in gradodi scelte autonome e intelligenti, ha ildovere, di esercitare la sua superioritàsecondo la logica del custode della naturae non del profittatore. Ne consegue che idiritti degli animali discendono dai dove-ri che gli uomini hanno nei confronti del-la natura e, l’allevatore deve tenerne con-to. (foto 5)

Esistono un numero elevato di defini-zioni di benessere animali, fra cui la piùnota è quella delle cinque libertà (Fawc,1993), in pratica ogni animale dovrebbeessere libero:

Da fame sete malnutrizione;Da condizioni climatiche avverse;Da dolore, ferite, malattie;Di esprimere un comportamento

naturale;Da paura e da stress eccessivo.L’origine di tali traguardi per gli ani-

mali è verosimilmente l’idealizzazione diquanto si ritiene accadere in natura per glianimali selvatici. La realtà, proprio innatura, è ben diversa giacché esistono inmolti casi difficoltà a trovare alimenti,acqua, e difendersi dai parassiti. Se nededuce che la differenza genetica, l’espe-

rienza maturata, può modificare sostan-zialmente la risposta al medesimo stimolostressante e possono esserci animali felici eanimali che soffrono.

Vi sono diverse modalità per valutarelo stato di benessere delle bovine:

Un approccio basato sulle sensazionidegli animali (dolore, sofferenza, piacere,eccetera..), ma non è certo da utilizzarenella pratica; (foto 6)

Un approccio di tipo funzionale, vale adire basato sulla buon’espressione delleprincipali funzioni biologiche che si con-

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Foto 6

Foto 5

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cretizza nello stato di salute, nella fertilità,nella longevità, nella mancanza di com-portamenti anomali, in sostanza anche inuna buona produttività (per quantità equalità).

Un approccio rivolto a comparare larealtà con la situazione naturale degli ani-mali.

Un approccio dal più ritenuto rispon-dente è quello di valutare:

L’allevamento nel suo complesso:microclima, edifici, attrezzature, manage-ment, ecc in rapporto alle migliori esigen-ze degli animali;

All’alimentazione, vista in termini talida coprire le esigenze delle diverse catego-rie d’animali senza comprometterne lostato di salute;

All’animale stesso e in particolare alsuo aspetto (pelo, stato d’ingrassamento,presenza di ferite, eccetera), alla diffusionedelle malattie, o anomalie metaboliche,alla fertilità, alla quantità e qualità del lat-te, al comportamento generale (timoroso,se lecca inutilmente, se rumina, se èassonnato.

3.0 - La gestione dell’allevamento

L’allevamento delle vacche da latte èsenza dubbio una delle attività più diffici-li che oggi si possono intraprendere. L’al-levatore in diversi casi è contemporanea-mente, agricoltore, imprenditore, operaio,… e deve affrontare ogni giorno problemid’organizzazione del lavoro, di scelte tec-niche agronomiche, di commercializza-zione dei prodotti rapporti con i fornitorie con enti pubblici. Se, non ha una pro-fonda passione per il proprio lavoro, e,non unisce la volontà a migliorare appli-

cando le tecniche della gestione più cor-rette, difficilmente riuscirà ad ottenereun’impresa zootecnica veramente valida,al passo coi tempi e in grado di permette-re un utile economico. (foto 7)

E’ convinzione comune di diversi alle-vatori che l’alimentazione delle vacche siail fattore principale sia fa la differenza trauna azienda con produzioni per capo ele-vate rispetto agli altri. L’alimentazione èimportante, ma non bisogna sottovalutaregli aspetti della gestione della riproduzio-ne e produzione. La gestione e organizza-zione della riproduzione di un allevamen-to di vacche da latte, l’allevatore puòintervenire, può, fare scelte adeguate allenecessità dell’allevamento in base al clima,alla stagione, di conseguenza può interve-nire sulla produttività dell’allevamento edi conseguenza sulla redditività.

Compito dell’allevatore di vacche dalatte per gestire correttamente l’alleva-mento è riuscire ad ottenere le maggioriproduzioni, nella sua realtà aziendale conil minor sforzo economico. Visto che l’al-levamento è costituito da animali doveognuno di loro ha una propria biologia,una propria genetica, una propria morfo-logia, una propria individualità, una pro-pria fisiologia, compito dell’allevatore è diottenere il massimo da ognuna delle suevacche. Per ottenere questo è importanteconoscere ciò che avviene in azienda etentare di prevedere cosa potrà avvenirenel breve e medio termine. Diventa indi-spensabile una corretta registrazione deidati con sistemi attendibili di archiviazio-ni ed elaborazioni dove sia possibile effet-tuare previsioni sia a breve sia medio elungo termine attendibili.

Con i dati di previsioni attendibili, adisposizione, è possibile fare scelte azien-dali, agronomiche, e di mercato consoneall’azienda. Nell’allevamento di vacche dalatte non è possibile improvvisare. Tuttodeve essere programmato. Chi ha provatoad avventurarsi in improvvisazioni, si tro-vato con problemi e difficoltà.

4.0 - L’autocontrollo

La produzione del latte in Italia ha vis-suto nell’ultimo decennio importanticambiamenti che ha coinvolto l’aziendaagricola talvolta in modo talmente radica-

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Foto 7 - L’allevatore molte volte si può trovare smarri-to di fronte a tanti dati. Per gestire correttamente ilproprio allevamento deve iniziare ad utilizzarli einterpretarli in modo corretto.

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le da comprometterne la sopravvivenza.La pressione normativa per una gestionedei pericoli igienico sanitari a livello del-l’industria di trasformazione si estendeprogressivamente all’allevamento dal pun-to di vista di filiera alimentare “ dal cam-po alla tavola”. In questo contesto la red-ditività ed il futuro dell’azienda agricoladipendono dalla capacità di produrre unamateria prima con elevate caratteristicheigienico – sanitarie e merceologiche inmodo economicamente competitivo. Inaltre parole la gestione della stalla deveispirarsi ai principi dell’autocontrollo e diassicurazione della qualità così come giàavvenuto per il caseificio.

In stalla diventa importante conosceregli obiettivi reali, di un sistema di gestio-ne impostato secondo i principi dell’auto-controllo, al di là degli obblighi di legge ocontrattuali. Obiettivo principale è pro-durre latte di elevata qualità, principal-mente igienico sanitaria ma contempora-neamente anche di composizione. Ilsecondo obiettivo, che comincia a diven-tare comune a qualunque sistema digestione basato sulla documentazione, è lacodifica delle attività dell’aziendali cheassumono rilevante importanza ai fini del-la qualità delle produzioni. Il raggiungi-mento di tale obiettivo apre in fine le por-te ai successivi, definendo in manierachiara e documentata i principi da rispet-tare per mantenere da un lato la qualitàraggiunta, obiettivo della costanza di qua-lità, ed evidenziando dall’altro, gli ambitidi miglioramento attraverso l’analisi deidati raccolti. Una volta identificati i pun-ti forti ed i punti deboli dell’allevamentol’intervento mirato nel ridurre eventualisprechi, e nell’ottimizzare le procedureproduttive si tradurrebbe in una maggiorredditività e competitività dell’allevamen-to di vacche da latte. L’impostazione di unsistema documentato di produzione dilatte può successivamente essere utilizzatoper ottenere riconoscimenti di vario livel-lo, dalla certificazione di processo alla cer-tificazione di prodotto o di tracciabilità.

Una ipotesi di documentazione per unallevamento di vacche da latte per il rag-giungimento l’obiettivo “qualità latte”,potrebbe essere:– Introduzione, movimentazione, vendita

e controllo sanitario della mandria,

– Manutenzione e pulizia ambienti di sta-bulazione,

– Manutenzione e pulizia delle attrezzatu-re,

– Mungitura– Alimentazione– Messa in asciutta,– Trattamenti in lattazione.

Tali attività sono quelle ritenute gene-ralmente “determinanti “ per il raggiungi-mento dell’obiettivo di prevenire condi-zioni che possono diventare critiche per lasalubrità del prodotto.

5.0 - Organizzazione aziendale icompiti del personale

Ogni impresa, qualsiasi azienda è indi-spensabile, anche se a gestione familiare,predisponga un mansionario con i compi-ti e le attività di ogni persona. La predi-sposizione del mansionario è ancora piùimportante nell’allevamento di vacche dalatte, in quanto oltre ai lavori e le attivitàdi routine vi sono le attività periodiche olegate allo stato di salute degli animali. Levacche da latte sono esseri viventi, cometali hanno esigenze straordinarie frequen-ti e imprevedibili. Se non ci si organizzacon efficienze, ma si lascia al buon sensodelle singole persone, l’impresa non reggee i problemi aumenteranno in continuo.

In un allevamento di vacche da latte leipotetiche figure professionali con man-sioni tecniche potrebbero essere così iden-tificate:– Addetti all’alimentazione– Addetti alle pulizie e lettiere– Addetti alla mungitura– Addetti ai vitelli e rimonta– Addetti alle cure, mascalcia, insemina-

tore, parti, osservazione calori– Imprenditore o Direttore azienda –

amministrazioneIn allevamenti di modeste e medie

dimensioni la stessa persona svolge tutte lemansioni, oppure la stessa persona coprele attività di diverse figure professionali.

L’allevamento delle vacche da latte èmolto complesso e, se ad ogni personanon è dettagliato il da farsi, per iscritto,oggi più di ieri, con l’ingresso in aziendadi persone con scarsa preparazione zootec-nica, molte attività non sono svolte neitempi utili e questo porta a perdite eco-

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nomiche in quanto non si raggiungono gliobiettivi di qualità e quantità minimi disopravvivenza per l’azienda.

Per l’allevamento di vacche da latte èbasilare anche la scelta delle persone.Devono avere confidenza con gli animali,devono sapersi avvicinare, non devonomuoversi in modo brusco, non devonourlare e non devono maltrattarli.

PPRRIIMMAA PPAARRTTEE1.0 - Il ciclo biologico

Che cosa è un animale? Dal punto divista zootecnico un animale è una mac-china che è impiegata per trasformarealcuni prodotti in altri più utili all’uomo.Una vacca da latte è una macchina allaquale si somministrano alimenti e dallaquale si ricava latte e carne a non volerconsiderare il resto (letame, pelle, ecc). Inche cosa una macchina animale, una vac-ca, differisce da una macchina meccani-ca, un trattore? Entrambi hanno uncosto, sono soggetti a guasti, la vacca siammala e il trattore si rompe la biella, siconsumano, la vacca invecchia, e, quindisi devono rinnovare; entrambi reagisconoagli stimoli: premendo il bottone dell’av-viamento il trattore si mette in moto, cosìla vacca entrando in sala di mungitura sidispone e scarica il latte. La differenzasostanziale e basilare, risiede nel fatto chela vacca è capace di riprodursi e nel farlogenera un essere che gli somiglia moltis-simo, una vacca non partorirà mai unleone o una formica o un pesce, e, se èbianca e nera darà per la sua parte unfiglio con gli stessi colori del mantello, e,se produce molto latte tenderà a darefiglie molto produttive. Un animale nonsi moltiplica agamicamente, in altreparole senza accoppiamento, in altreparole senza unione del gamete maschile(spermatozoo) con il femminile (ovulo),come invece può avvenire in molte pian-te. E’ proprio nei gameti che si devonoricercare i motivi della somiglianza inparte marcata fra genitori e figli e ingenere tra animali imparentati. Si ha unnuovo individuo quando un gametemaschile (spermatozoo) si unisce ad ungamete femminile (ovulo) formando lozigote. Tale unione avviene nel grembomaterno a seguito di un atto fecondativo,

naturale (accoppiamento), artificiale(inseminazione strumentale). Nello zigo-te è già presente il nuovo individuo chederiva dall’unione degli spermatozoo delpadre con l’ovulo della madre con i pro-pri patrimoni genetici.Poiché ogni indi-viduo, per i nostri scopi (la selezione), èdefinibile dei caratteri che presenta, igenitori sono responsabili dei caratteridei figli.

2.0 - Fecondazione

Come sopra esposto l’inizio della nuo-va vita è la fecondazione. Possiamo effet-tuare le fecondazioni delle vacche inmodo strumentale, oggi è la più praticata,oppure naturale con l’accoppiamento deltoro alla vacca. La inseminazione artificia-le ha ottimi risultati, quando all’internodell’azienda è presente un in seminatore,appositamente addestrato e con appositopatentino di autorizzazione. L’insemina-tore aziendale opera sotto la vigilanza diun medico veterinario. L’addetto alle inse-minazioni deve essere persona presente inazienda e disponibile anche nei giornifestivi.

Un allevamento di vacche da latte, didimensioni medio grandi, deve avere ilcontenitore del seme (bidone) con all’in-terno il seme dei tori che si intende utiliz-zare. La scelta dei tori da utilizzare sullediverse vacche deve essere fatta in base alloro patrimonio genetico, e, comunquedeve essere il risultato dell’elaborazione deidati fatti dalle associazioni nazionali di raz-za (piani di accoppiamento). Ogni alleva-mento di vacche da latte avrà i propriobiettivi di miglioramento delle proprievacche. Non bisogna però dimenticare,

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Foto 8

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oggi più di ieri, la qualità del latte, le carat-teristiche morfologiche delle mammelle edei capezzoli, nonché la mungibilità.

3.0 - L’inseminazione

La inseminazione strumentale da otti-mi risultati negli allevamenti dove sonoidentificati con cura e attenzione i calori edove esistono piani di controlli ginecolo-gici sulle vacche accurati e attenti e effet-tuati da medici veterinari specialisti. E’opportuno valutare con attenzione, lasituazione riproduttiva delle vacche chedopo tre interventi inseminativi nonrimangono gravide. Con il proprio veteri-nario, se i casi sono frequenti, è opportu-na identificare le cause e ricorrere ai rime-di, ovviamente per vacche di medio valo-re genetico. Le future vacche dovrebberoessere figlie delle migliori vacche dellastalla. (foto 8)

La tendenza della maggior parte degliallevatori inseminare le manze (frisona)quando hanno raggiunto i 70% del pesoadulto medio delle vacche presenti in alle-vamento circa 420 Kg età 15/16 mesi.Perottimizzare la produzione di latte la man-za dopo il primo parto dovrebbe pesaredal 85 al 90 % del peso che avrà da ani-male maturo. Un parametro demograficomolto importante che l’allevatore dovreb-be sempre tener monitorato nel tempo nelsuo allevamento, è”l’età media al primoparto”. Detto parametro è di particolareinteresse in quanto influenza la riprodut-tività, la produttività e la velocità dimiglioramento. L’età media al primo par-to può essere determinato dall’allevatore.

In merito alla inseminazione delle vac-che è importante fare chiarezza sulla scel-ta degli obiettivi aziendali. In base agliobiettivi scelti si dà una diversa interpre-tazione dei dati e parametri relativi allariproduzione. Le scelte aziendali possonoessere suddivise in tre categorie:– L’allevatore che vuole produrre solo lat-

te “ mandria come unico capo”– L’allevatore che vuole produrre latte e

un po’ di genetica– L’allevatore che vuole produrre genetica

e latte “attenzione ad ogni singolo capo”Ci occuperemo in particolar modo

dell’allevatore che ha scelto di produrrelatte e di qualità, di conseguenza non

accenneremo alle scelte strategiche di chiha scelto di produrre genetica, non accen-neremo ai sistemi rapidi di selezione né aisistemi di miglioramento genetico. Indi-cazioni elementari, per le prime due cate-gorie di allevatori, è porsi obbiettivi dimiglioramento delle proprie vacche sullaqualità del latte, morfologia mammella,mungibilità e non avere problemi al par-to, Una vacca da latte entra in sala dimungitura due volte al giorno, se ha pro-blemi alla mammella di conseguenza nonè possibile utilizzare correttamente gliautomatismi di mungitura, diventa arischi cellule e mastiti, è un grosso peso dagestire all’interno dell’allevamento.

4.0 - Il calore

Una buona pratica e molto utile perevitare problemi di fertilità entro 30 gior-ni dal parto è opportuno far fare a tutte levacche almeno una esplorazione da unveterinario esperto (cisti, piometrie, invo-luzione corretta dell’utero). Se esistonoproblemi effettuare quanto indicato dalveterinario, diversamente si deve osservareil calore evidente tra i 38/50 giorni dalparto. Il segno più affidabile di calore è ladisponibilità della bovina a farsi montare,anche se ci sono altri segni che devonoattirare l’attenzione degli allevatori: la vac-ca muggisce, è nervosa, scala tentativi dimonta e annusa la vulva delle altre vacche.E’ importante registrare questo calore inquanto, il successivo che deve avveniredopo 20+-1 giorno è opportuno insemi-nare artificialmente. Va ricordato che ilcalore dura 12-16 ore e l’ovulazione avvie-ne 14 ore dopo la fine della manifestazio-ne dell’estro. (foto 9)

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Foto 9

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Se dopo 50 giorni dal parto non si èrilevato il calore di una bovina è opportu-no rifarla visitare dal ginecologo.

In questo periodo curare con moltaattenzione l’alimentazione, è una fasemolto delicata.

Un aspetto sempre più presente nellestalle nel ventunesimo secolo, è la difficol-tà nell’identificare i calori. Le cause sonomolteplici, dalla poca presenza di perso-nale in stalla, personale non qualificato,locali stalla di pavimentazioni e dimensio-ni inadeguate, non ultimi gli aspetti ali-mentari legati ai livelli produttivi raggiun-ti. L’allevatore che segue la propria stallaper identificare i calori deve visitare l’alle-vamento nei momenti di tranquillità deglianimali almeno tre volte al giorno per 20minuti: prima delle ore 7, verso le 13, edopo le 18. Tutto il personale che lavorain stalla dovrebbe essere sempre dotato diun foglio e una biro per registrare le vac-che in calore, zoppe ecc. in qualsiasimomento della giornata. Queste informa-zioni all’addetto alle inseminazioni, per-mettono di avere più gravidanze.

Esistono da alcuni anni in commerciodelle apparecchiature più o meno sofistica-te che misurano l’attività delle vaccheall’interno della stalla. Questa attività tra-smessa ad un computer dotato di più omeno sofisticato software è in grado diindicare la mobilità della vacca. Abbinataad altre informazioni come la produzionedi latte o l’ultimo calore registrato, indicail calore della vacca. Dove sono stati intro-dotte queste apparecchiature si è aumenta-to l’identificazione delle vacche in calore econ un numero maggior di gravidanze.

Se non si rilevano calori su alcune vac-che in collaborazione con il veterinario èpossibile l’attuazione di protocolli ormo-nali specifici vi permetterà di evitare unafecondazione alla ceca.

Per produrre latte di qualità è oppor-tuno avere la mandria con un numeromedio di giorni di lattazione compreso da150 a 165 per tutti i mesi dell’anno. Unabuana gestione riproduttiva della mandriaprevede che la prima inseminazione dopoil parto avvenga il primo calore dopo il48° giorno dal parto. Solo per quelle vac-che molto produttive, (il 10 % della man-dria) si aspetta il calore successivo per laprima inseminazione.

5.0 - La gravidanza

Per avere certezza della gravidanza èopportuno effettuare la diagnosi. Il perio-do ottimale di diagnosi è opportuno con-cordarlo con il veterinario aziendale.

Le attenzioni per gli animali gravidisono quelli di evitare stress e colpi di qual-siasi natura, una adeguata e corretta ali-mentazione. Per le manze, oltre alla corret-ta alimentazione (no gli scarti delle vaccheo il capello dell’insilato) e opportuno unambiente e paddock puliti e spaziosi perpotersi muovere. La manza è la futura vac-ca di conseguenza bisogna prestare tutte leattenzioni perché cresca in modo corretto.L’allevatore deve andare periodicamentenel box delle manze parlargli, evitare che sispaventano devono diventare docili emansuete. Particolare attenzione al tipo dilettiera, ai pavimenti per evitare problemiai piedi, le condizioni igieniche. Al sestomese di gravidanza la manza deve iniziarea frequentare l’ambiente della stalla dellevacche da latte. (Foto 10)

Se le dimensioni dell’allevamento per-mettono di avere un gruppo di solo primi-pare sia come partorienti sia in lattazione èuna ottima soluzione. Se invece la dimen-sione dell’allevamento e l’organizzazionedei gruppi impone che le primipare vada-no nello stesso gruppo delle vacche èopportuno mettere le manze gravide appe-na dopo il 6° mese con il gruppo delleasciutte. Questo permette loro di ambien-tarsi, di ricevere la flora microbica del nuo-vo ambiente, evitare stress e colpi dallevacche adulte. Fare il possibile per metterepiù manze nello stesso momento con leasciutte. Alcuni giorni prima della dataprevista del parto è opportuno far passaremanze lasciarle annusare, sia in sala di atte-sa sia in sala di mungitura. Questo gliridurrà il trauma delle prime mungiture.

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Foto 10

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6.0 - L’asciutta

La bovina in condizioni fisiche nor-mali dovrebbe essere messa in asciutta tra212 e 218 giorni di gravidanza. Una bovi-na magra tra 205 e 212. Una bovina a bas-sa produzione tra 200 e 206. Le bovinegrasse si possono mungere oltre i 218giorni di gravidanza.

Un periodo di asciutta troppo cortodetermina una bassa qualità del colostro.Dati indicativi ottimali, della percentualedelle vacche in asciutta in un allevamento,il 5% della mandria dovrebbe avere unaasciutta inferiore ai 40 giorni, il 90% del-la mandria dovrebbe avere una asciuttacompresa tra 41 e 69 giorni e solo il 5 %dovrebbe avere una asciutta superiore a 70giorni.

Le vacche in condizioni fisiche norma-li 14/16 giorni, primipare 14/21 giorni(in funzione del BCS), per le vacchemagre 14/21 giorni, per le vacche grasse4/6 giorni.

Il sistema e il metodo di mettere inasciutta le vacche è opportuno parlarnecon il proprio veterinario, in quanto i fat-tori che intervengono sono diversi e alle-vamento per allevamento va scelto il siste-ma più appropriato.

Non bisogna dimenticare che alla vac-ca dobbiamo dare segnali chiari e precisi.

Perciò diventa basilare non dimentica-re quanto segue:

La vacca che produce oltre 20 Kg dilatte è opportuno metterla per alcuni gior-ni (5/7 giorni) prima della messa inasciutta, a dieta (no concentrati) meglio sein un box a parte o con le asciutte, inmodo che la produzione tenda a calare,continuando a mungerla due volte al gior-no

Il giorno della messa in asciutta, mun-gerla a fondo, controllando bene la mam-mella, che non rimanga latte

Pulire e disinfettare i capezzoli e con lamassima igiene introdurre nel capezzolo,il prodotto consigliato dal veterinario perasciutte

Prendere i capezzoli, uno per volta condue dita chiudere lo sfintere e con l’altramano massaggiare per almeno tre minutidal basso verso l’alto

Mettere il post dipping o meglio queiprodotti filmanti per asciutta

Rimettere la vacca nel box asciutta eandare a verificare dopo 4/5 giorni lo sta-to della mammella.

Nel periodo di asciutta della vacca,come il periodo pre-parto curare con mol-ta attenzione l’alimentazione adeguata ebilanciata.

7.0 Il parto

L’evento di un parto è molto impor-tante, in quanto è il momento “ della vita”dove si costruisce il futuro dell’allevamen-to, come rimonta che produzione di latte.E’ importante la presenza dell’uomo siaper la vacca sia il vitello. L’avvicinarsi delparto l’operatore se deve accorgere ilquanto sulla vacca, oltre al rigonfiamentodella mammella, si notano arrossamenti erigonfiamenti delle labbra vulvari, rilassa-mento dei legamenti che si estendono dal-le vertebre caudali alle punte ischiatiche,dalla vulva fuoriesce filamento vischioso,irrequietezza. (foto 11)

Prima che il parto abbia luogo la bovi-na deve essere messa in un box della stal-la, isolata che potrebbe essere definita“sala parto”. In diverse realtà aziendali levacche partoriscono nello stesso box delleasciutte. I rischi di mortalità sono supe-riori. La sala parto deve essere un box con

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Foto 11 - Curare il vitello appena nato. In alto: accu-rata pulizia del cordone ombelicale; sopra: disinfettareil cordone ombelicale.

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tanta paglia pulita di superficie tale che lavacca possa avere libertà di movimento. Ilbox deve essere attrezzato con armadiettodisinfettanti, saponi, e medicinali per leprime cure al vitello, cordino da tiro e unrotolo di carta per asciugarsi e pulire lemani.

Il (La) vitello (a) è un giovane organi-smo debole e indifeso al quale si debbonoprestare le massime cure per assicurarglila migliore crescita. (rimando a testi spe-cifici le cure e le tecniche corrette per ilvitello appena nato). In un allevamentoben condotto e dove si è attenti ai parti,la perdita di vitelli dovrebbe rimanere aldi sotto del 5%. L’ottimale per il vitellosarebbe poterlo lasciare con la madrealmeno per qualche ora così può prende-re al più presto il colostro.In genere, sitende a somministrare una quantità dicolostro pari al 5-6% del peso vivo delvitello entro le prime sei ore di vita, o il10-12% entro le 24 ore. Vitelli di mediao grande taglia dovrebbero ricevererispettivamente 1,5 –2 litri di colostro,con il primo pasto, e continuare ad assu-merlo per i primi tre – quattro giorni divita due volte al giorno. Un aspettoimportante è quello igienico: il colostroassunto direttamente dalla bovina puòessere contaminato da batteri tra i qualiE.coli, che sono assorbiti a livello intesti-nale da parte del vitello con seri proble-mi.

Al momento del parto preoccuparsianche della vacca (foto 12). È un momen-to di stress, di conseguenza è opportunopredisporre con l’alimentarista aziendaleuna integrazione particolare, per rimetterein moto il rumine senza razioni eccessiva-mente acidogene e garantire un apportodi energia by-pass elevato.

8.0 La vitella

Nell’allevamento di vacche da latteperò, dobbiamo fare delle considerazioniin quanto le vitelle saranno le future vac-che, di conseguenza dobbiamo evitare cheeventuali germi contagiosi dalla madrepossano essere trasmessi alla figlia. (foto13) Sempre più allevatori, per essere cer-ti di poter produrre latte di qualità, e perarrivare a non avere in stalla vacche conmicrorganismi contagiosi (aureus, agalac-tiae…) e con cellule elevate, già dallanascita del vitello adottano le seguentiprocedure:

Se all’interno dell’allevamento sonopresenti vacche con aureus o agalactiae èopportuno evitare che le figlie delle vac-che infette prendano il colostro dallemadri. In questi casi è opportuno che l’a-zienda si organizzi con la banca del colo-stro. In pratica il colostro in surplus dellevacche sane è conservato a uno – 2° C peruna settimana, oppure congelato a – 20°C per un anno in bottiglie da uno – 2 litri.Al momento dell’utilizzo si scongela len-tamente con acqua < 50°C evitare il surri-scaldamento e si porta alla temperatura di36/ 37°C per l’utilizzo. I vitelli maschipossono bere il colostro direttamente dal-

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Foto 13 - Somministrazione del colostro subito dopola nascita, appena il vitello è in grado di assumerlo

Foto 14 - Stoccaggio del colostro congelato in bottiglieo buste di nylon con data e numero della vacca

Foto 12 - Il veterinario dovrebbe eseguire una visitapost partum per assicurarsi che non ci siano lesioniinterne

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la madre anche se con contagiosi, perciòpossono rimanere con la madre almeno 4/6 ore. (foto 14)

Se all’interno dell’allevamento non cisono vacche con contagiosi, meglio se ivitelli sia femmine sia maschi possonorimanere 4 / 6 ore con la madre a prende-re al più presto il colostro.

Il (La) vitello (a), una volta separatodalla madre, è condotto in una area appo-sitamente adibita alla sua stabulazione.Particolare attenzione è rivolta alla “sani-tizzazione” dell’ambiente prima dell’intro-duzione del neonato, e, alla pulizia e alladisinfezione delle attrezzature utilizzateper la somministrazione dell’alimento. Iresidui di feci ed urine che si sono accu-mulati nel ciclo precedente e che nonsono adeguatamente rimossi costituisconouna fonte di patogeni per l’apparato dige-rente e respiratorio.

Il vitello neonato è consigliabile met-terlo in box singoli opportunamente pro-gettati e predisposti, meglio se i luoghifuori dalla stalla e con pavimenti lavabili.(foto 15)

Alla vitella, la futura vacca, è opportu-no effettuare controlli e interventi chirur-gici

Se esistono capezzoli soprannumerari,è opportuno toglierli con i corretti sistemiappena dopo la nascita. Mentre la decora-zione va fatta tra la seconda e sesta setti-mana con un normale brucia corna. Se siutilizzano stick e pastiglie caustiche ingenere provocano maggior disagio dei 15s del brucia - corna. Il (la) vitello (a) appe-

na dopo la nascita va identificato conmetodi temporanei o permanenti permezzo di targhette applicate all’orecchio,catenelle, collari, strisce sugli arti, coninchiostro sulla cute. L’identificazionepermanente prevede il tatuaggio, mar-chiatura sulla pelle a caldo o a freddo, chi-miche, fotografie, impianto di microchipa livello sottocutaneo, bolo.

E’ indispensabile registrare i dati rela-tivi al vitello compilando apposite schede.Alle vitelle, future vacche da latte, èopportuno che il personale durante la dis-tribuzione dell’alimento tocchi, accarezzi,parli con tono calmo, porre le dita persucchiare, sono associati a minori manife-stazione di timore. Importante che sianosempre le stesse persone ad occuparsi deivitelli, meglio le donne, poiché la presen-za di sconosciuti innalza il livello di ansia.

Come già detto i vitelli devono esseretenuti in ambienti diversi rispetto a quelliche ospitano le lattifere al fine di evitare ildiffondersi di diarree da coliformi e danon deprimerne l’accrescimento. Le solu-zioni di stabulazione ottimali per i vitellisono:

Fino a 30-45 giorni di età collocazionein box singolo, o in apposito locale pulito,meglio all’esterno riparato dalle correntidi aria, vento e pioggia. I box devono esse-re dotati di abbeveratoi e mangiatoia.

Da 30-45 giorni fino a sei mesi in boxcollettivo.

La manzetta di 300 Kg box a lettierapermanente meglio se anche il paddockper aumentare il movimento.La manza da450 Kg box a lettiera permanente conzona di riposo distinta da quella di ali-mentazione, con paddock per mantenereil movimento. Se da vacca vanno su cuc-cette, meglio abituarle in questa fase concuccette adeguate.

Tutta la rimonta deve avere ambientipuliti, acqua potabile e pulita a volontà.

Oltre a una corretta alimentazionebisogna seguire l’incremento giornaliero(dai 550 ai 750 grammi giorno) e presta-re attenzione a qualche soggetto con vizi(succhiare) che possa compromettere lafutura vacca. Mantenere osservato i calorie registrarli per scegliere il momento piùcorretto per la inseminazione.

A titolo esemplificativo e perché siaargomento di discussione si riporta un

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Foto 15 - Allattatrice per vitelli

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semplice calcolo delle esigenze in capi dirimonta di un allevamento di 100 vacchein produzione e con rimonta interna. Nel-l’esempio seguente si sono considerate

Percentuali di aumento del 15% Per le manze e del 20% per le vitelleInterparto medio = 390 Numero medio parti/vacca per anno

=365/390 =0.94Numero medio parti/vacca per carrie-

ra = 3,5Quota media di rimonta = (0.94X

100) /3,5 = 27%Vacche riformate per anno = 27Fabbisogno manze da 12 a 29 mesi =

27x 1,15 =31Fabbisogno vitelle manzette da zero –

12 mesi = 31x 1,2 = 37L’allevatore attento e diligente (tranne

per fatti eccezionali o straordinari),dovrebbe essere in grado di avere larimonta interna con la possibilità di sele-zionare (eliminare le vacche problema)senza dover attingere con frequenza dalmercato. Diventa importante riuscire aprevenire e programmare il futuro. Meglioacquistare vitelle o manzette che vacche inlattazione.

9.0 Organizzazione aziendale

Quando è possibile sia nei medi siagrandi allevamenti di vacche da latte,poter suddividere le diverse categorie dianimali in due grandi categorie:

La rimonta suddivisa in:Vitelle fino a 50 giorniVitelle da 50 giorni a sei mesiManzette da sei mesi circa 330 Kg Manze da oltre 330 kg a 450 kg Manze gravideLe vacche suddivise in:Asciutte (tre gruppi)In lattazione almeno tre gruppi (fre-

sche, gravide, fine lattazione)Gli allevamento di dimensioni medio

– grande è opportuno creare il gruppodelle primipare

Le vacche con determinati problemisanitari, alla mammella, o, in cura èopportuno che siano raggruppate in ungruppo a parte e che entrino in sala dimungitura per ultime. (vedi manuale delmungitore “Granlatte”). (foto 16)

Queste sono indicazioni di massima in

quanto la suddivisione in gruppi dellevacche è legata a diversi fattori, in partico-lare alla disposizione e superficie dei loca-li stalla, alla tecniche di alimentazioneall’impostazione dell’allevamento. Se lasuddivisione delle vacche in funzione delloro stato di lattazione e in gruppi di ali-mentazione, ne esalta la produzione indi-viduale, ma è necessario una maggioreattenzione e maggior lavoro per spostarele vacche da un gruppo all’altro. I cancelliseparatori che possono essere introdottiall’uscita della sala di mungitura sono unvalido aiuto per chi deve movimentare levacche.

La suddivisione in gruppi delle vacche,oltre a tenere come riferimento di base lostato di lattazione e le esigenze alimentari,nelle stalle dove sono presenti vacche conmicrorganismi contagiosi nel latte(Aureus e Agalactiae), e che intendonorisanare l’allevamento, devono avere ilgruppo delle infette (queste problemati-che sono state ampiamente trattate nel“manuale del mungitore” pubblicato daGranlatte).

Una attenzione particolare va riservataalle primipare, almeno fino all’ingravida-mento, cioè tenerle in un gruppo a par-te.La primipara è meno stressata, non va

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Foto 16

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in competizione, con le altre vacche, per-ché è rimasta con le stesse compagne concui aveva già stabilito una gerarchia dimandria fin dai box delle manze, mangia-no di più, si riducono i problemi di che-tosi a tutto vantaggio della fertilità.

Al fine di evitare lo stress alle vaccheda latte è importante organizzare le visitedel veterinario in modo tale da evitare chele vacche rimangono bloccate per diverseore in piedi in rastrelliera senza avere lapossibilità di poter andare a bere. Questoepisodio, abbastanza frequente, si eviden-zia in diverse stalle. Per porre rimediobisogna concordare la presenza del veteri-nario in azienda ad orari stabiliti, in cui levacche sono ad alimentarsi in rastrelliera.

SSEECCOONNDDAA PPAARRTTEE1.0 Le patologie podali

Le patologie podali costituiscono unnotevole problema economico all’internodell’azienda di vacche da latte, poichédetermina la riduzione di produzione, lat-te di scarsa qualità, con aumento di cellu-le e mastiti, sino all’eliminazione e ildeprezzamento a volte totale degli anima-li. Oltretutto le sindromi riguardano spes-so gli animali appena entrati in produzio-ne, limitando quindi la potenzialità pro-duttiva dell’intero allevamento. Se le cau-se delle patologie podali sono molteplici, ifattori predisponenti sono più ristretti; traquesti principalmente s’individuano iltipo di pavimentazione, la tipologia distabulazione; il pareggio funzionale, nonfatto o malfatto; fattori alimentari collega-ti a mancanze, soprattutto minerali, vita-miniche e ammino-acidi oppure squilibria livello di salubrità delle proteine, deicarboidrati e della fibra. La presenza d’a-flatossine, micotossine, nei prodotti utiliz-zati per l’alimentazione anche in quantitàammesse, portano a problemi podali allevacche. (foto 17)

Le lettiere sovraccariche e umide,come le corsie bagnate costringono lo zoc-colo a rimanere continuamente nell’umi-dità per questo diventano limitato il suoindurimento. (foto 18)

Le cause predisponenti e dirette legateall’alimentazione possono così elencarle:– Alimenti altamente fermentescibili;– Amidi e zuccheri in eccesso e sbilanciati;

– Proteine in eccesso e sbilanciate;– L’acidosi; – La chetosi;– Le razioni povere di fibra a lenta fer-

mentazione– L’ingestione di sostanze tossiche vegeta-

li (tossine) e chimiche (conservantipesticidi);

La presenza delle problematiche sopraesposte richiede interventi particolari daparte dell’alimentarista che oltre a correg-gere la razione e a conoscere meglio laqualità dei prodotti oltre ad imporre imetodi corretti di distribuzione degli ali-menti, deve intervenire con un maggiorutilizzo di tamponi (bicarbonato di sodio,carbonato di calcio, ossido di magnesio,acetati, propinati e lieviti) e alti dosaggid’elementi ad azione sequestrante (bento-nite, sepiolite, zeoliti, estratti di jucca, allapresenza d’alimenti contaminati da tossi-

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Foto 18

Foto 17

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ne, oppure alte concentrazioni d’azotoammoniacale.

Le cause predisponenti, l’acidosi cro-nica, la sindrome della vacca grassa e vac-ca magra, gli squilibri alimentari, le man-canze di vitamina A, Zinco, Rame, erratorapporto Ca/P, accadono sintomatologiede d’immunodepressione e alla predispo-sizione all’attacco dei batteri.

Responsabili delle lesioni ai tessutimolli e al cheratogeno. Queste problema-tiche si risolvono correggendo la razionenei momenti di stress.

Un grosso aiuto, sia come prevenzionesia cura, è l’effettuazione di routine dibagni podalici con prodotti disinfettanti eindurenti. Esistono in commercio prodot-ti opportunamente formulati. Una solu-zione di solfato di rame al 5%, o di for-malina al 5% una volta la settimanagarantisce la giusta consistenza dei tessutidegli zoccoli. I bagni podali, vanno fatticon un certo metodo. La soluzione disin-fettante deve essere pulita (80 litri, 50 pas-saggi). In base alla capacità della vasca sicalcolano i passaggi. Non serve far passarele vacche in una soluzione sporca e per piùgiorni. Meglio un solo passaggio quandoancora la soluzione provvista di disinfet-tante possa arrivare ai tessuti del piede, èsbagliato far passare le vacche nella vasca,quando la soluzione è eccessivamenteinquinata. L’assenza, del lavapiedi in salad’attesa e la presenza di grigliato nelle cor-sie può portare ad avere sullo zoccolo unostrato secco impenetrabile dalla soluzionedisinfettante di sterco secco.

In queste condizioni i bagni podalinon hanno risultato se non si ammorbidi-sce lo strato di sostanza organica.

Per le stabulazioni fisse come in sala dimungitura per i piccoli allevamenti è pos-sibile disinfettare gli zoccoli, irrorandolicon l’utilizzo di pompe a spalla con le solu-zioni sopra citate.

Il piede della bovina ha solo quattroossa per piede protette da tessuto corneale,simile a quello delle unghie umane. Imovimenti bruschi sono ammortizzati datessuti molli, i tendini, e i muscoli e dallearticolazioni delle ossa. La pianta del piedeleggermente arcuata e l’unghione, hannola funzione di ammortizzare e togliere lapressione dai tessuti duri.

Noi dobbiamo cercare di eliminare le

eccedenze di corno, ristabilire l’equilibriotra i due unghioni e riportare il piede aduna forma che rientri nella gamma cosid-detta “normale”, sperando che la bovinapossa adattare la sua andatura ad unoschema meno doloroso. La maggior partedei problemi ai piedi sono dovute allelesioni che si verificano sul corno dell’un-ghione, dovute a cause infiammatorie,tranne le dermatiti.

Per verificare i problemi ai piedi èopportuno è quello di riconoscere le ano-malie:– Le lesioni al corno dell’unghione posso-

no includere la colorazione gialla dellasuola

– La separazione della linea bianca– L’emorragia della suola– Le ulcere della suola– L’erosione del tallone– L’increspatura orizzontali della parete

dell’unghione– La doppia suola– Le laminiti

Per avere sempre vacche da latte nonstressate e che con maggiore facilità pro-ducono latte di qualità e in quantità, èopportuno intervenire in prevenzione.Diventa importante provvedere al pareg-gio funzionale almeno due volte all’anno. Iperiodi consigliati sono in prossimità dellamessa in asciutta, dove si effettua l’inter-vento più importante e significativo. Ilsecondo intervento di pareggio funzionale,per correggere eventuali errori commessinell’intervento precedente, e, per affinarecorrezioni necessarie nei primi venti giornisuccessivi al parto.

Il pareggio funzionale deve essere effet-tuato da personale qualificato, deve cono-scere il piede.

Nella scelta della nuova stalla valutateil tipo di pavimento adeguato per le vostrevacche.

2.0 - Body Condition Score (BCS)negli allevamenti di vacche dalatte

Il Body Condition Score (BCS) è unamisura soggettiva delle riserve corporee digrasso.

Le vacche sono valutate con sistemiche esprimono un punteggio che copre

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una scala che va da uno a cinque. Una vac-ca con BCS=1 è considerata smunta, pati-ta, emaciata, con BCS=2 è magra, conBCS=3 è in media, con BCS=4 è grassa,con BCS=5 è da considerare obesa.

Questa scala è ulteriormente suddivisain quarti di punto.

Sulla ripetibilità del BCS esistono alcu-ni dubbi in quanto essendo una valutazio-ne soggettiva, il punteggio può variare infunzione dell’operatore. Diversi ricercatorihanno individuato che un punto di diffe-renza nel BCS, può essere equivalente a 56Kg di peso.

Il punteggio BCS ottimale per unavacca al parto dovrebbe essere tra 3 e 3,5.

Per l’allevatore di vacche per produrrelatte di qualità superiore deve seguirecostantemente la mandria e deve aver pre-sente costantemente le condizioni corpo-ree.

Il BCS e un sistema di punteggiaturariconosciuto tra tecnici ed è di valido aiu-to se realizzato con metodo. Altro sistemaoggi in uso in diverse aziende è la pesaturadelle vacche. Diventa importante, trovareil tempo per analizzare e interpretare i dati.Se si rilevano dati e poi non si trova il tem-po per interpretarli, per decidere le solu-zioni a i problemi. Si sono fatti investi-menti in tecnologie che non portano nes-sun vantaggio.

L’interpretazione del punteggio delpeso corporeo delle vacche all’interno del-la mandria può essere visto in diverse pro-spettive.

Una prima prospettiva, può essere datadal cambiamento di condizioni a secondadello stadio di lattazione. Una secondaprospettiva da una condizione corporeadella mandria in questo mese rispetto aquella del mese precedente. Una terza pro-spettiva si riferisce al confronto tra diversigruppi di animali della stessa azienda. Ladifferente condizione corporea, tra ungruppo e l’altro, può essere un riflesso del-lo stadio di lattazione e dal criterio secon-do il quale sono costituiti i gruppi.

Per ogni singolo animale la condizionecorporea può essere seguita dall’asciutta equindi attraverso la lattazione. Per averemaggiori dettagli sul BCS si rimanda aJames D. Ferguson University of Pennsyl-vania; School of Veterinary Medicine “Introduzione di un programma di control-

lo del Body Condition Score negli alleva-menti di vacche da latte”.

3.0 - I dati negli allevamenti divacche da latte

L’imprenditore zootecnico, più deglialtri imprenditori, ha bisogno di avereinformazioni sulle vacche del proprioallevamento per valutare, prevedere,gestire e decidere le scelte. L’allevatore divacche da latte, rispetto ad altri impren-ditori, ha bisogno di maggior dati. L’alle-vatore opera con animali, che hanno unloro ciclo biologico, per avere un vaccache produca latte dalla fecondazione del-la madre passano oltre 30 mesi. Gliimprenditori dell’industria o del com-mercio per produrre o commercializzareun bene non devono attendere così tantotempo. L’allevatore ha a che fare con esse-re viventi, dove le variabili che interven-gono sono certamente superiori, rispettoad un progetto per la fabbricazione di unbene o alla programmazione di una mac-china. (foto 19)

L’attività zootecnica, quindi, consistenell’utilizzazione degli animali quali mez-zo per la trasformazione di alcuni prodot-ti in altri più consoni alle necessità del-l’uomo. L’animale impegnato in produ-zioni zootecniche latte carne uova, eccete-ra, può essere visto come una vera e pro-pria macchina, il cui rendimento deveessere ottimizzato.

La vacca si differenzia di una qualun-que altra macchina per almeno due aspet-ti essenziali. Il primo, la vacca non è unprodotto di serie, (nessuna vacca è uguale

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Foto 19

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ad un’altra), la vacca ha la capacità diriprodursi e quindi di protrarsi nel tempo.Questa ultima caratteristica rende possibi-le il perfezionamento sia naturale sia conl’intervento dell’uomo. L’uomo, quindi,allevatori tecnici, ricercatori, con le loroscelte, possono ottimizzarne il rendimen-to e perfezionarle secondo le esigenze pro-duttive.

All’allevatore, nasce quindi l’esigenzadi effettuare scelte le più appropriate pos-sibili per il proprio allevamento di vaccheda latte. Le scelte meno avventurose sonoquelle risultanti dal frutto di esperienze econoscenze precedenti. Ecco la necessitàdi avere in ogni allevamento dati storiciper analizzare ciò che è avvenuto e in basea determinati criteri statistici analizzare eprevedere ciò che potrà avvenire a breve amedio e lungo termine.

In questi ultimi tempi un valido aiutoagli allevatori sia di piccola sia grandedimensione aziendale, la stà dando l’infor-matica con personal computer di costiaccessibili e facili da utilizzare, con even-tuali palmari, per raccogliere e verificare idati direttamente in stalla in mezzo aglianimali. I software disponibili sono diver-si, al momento dell’acquisto è importanteconoscerne l’analisi e quello che realmen-te fanno. In molti casi sono solo degliarchivi e non fanno nessuna elaborazione.Molti di questi programmi sono stati rea-lizzati all’estero e i termini utilizzati nelletraduzioni non permettono di capire cor-rettamente il significato.

Le aziende di vacche da latte sprovvi-ste di computer aziendale, possono avere idati elaborati sottoponendo il proprioallevamento ai controlli della produttivitàe iscrizione dei soggetti ai libri genealogi-ci. In questo secondo caso l’allevatoredovrà organizzarsi per registrare a manosu registri gli eventi che si verificano nelperiodo dell’intercontrollo e attendere l’e-laborazione.

L’allevatore non solo deve alimentare emungere le vacche, ma deve dedicare tem-po alla registrazione dei dati, elaborarli einterpretali per fare scelte le meno avven-turose possibili. Ogni tanto deve fermarsia ragionare per scegliere.

Le registrazioni che l’allevatore devefare per ogni singola vacca e manza in etàfertile, o con sistemi manuali o con stru-

menti automatici per permettere successi-ve elaborazioni possono così essere identi-ficate:– Data parto con identificazione figlio/a– Body Condition Score (BCS) (secondo

il criterio scelto)– Visite ginecologiche– Calori sia delle vacche sia delle manze– Inseminazioni sia delle vacche sia delle

manze con data e toro– Diagnosi di gravidanza positive / nega-

tive– Produzione di latte giornaliera o mensi-

le – Grasso e proteine del latte– Cellule – Soggetti venduti con la causa di elimi-

nazione– Soggetti acquistati– Malattie– Riepilogo analisi latte di massa– Scheda con data di nascita genealogia

valutazioni morfologiche e indici gene-tici

– Scheda riproduttiva riepilogativa – Scheda produttiva riepilogativa – Scheda sanitaria– Scheda manzette con valutazioni– Eventi stalla straordinari

Registrando con metodo o su suppor-to cartaceo per poi passarli ad un centroper l’elaborazione oppure registrare diret-tamente sul proprio computer è possibilemantenere monitorato l’andamento del-l’allevamento. Di seguito cerchiamo didare alcune indicazioni del significato deidati essenziali per gestire un allevamentodi vacche da latte.– L’età al primo parto– L’età al parto

Sono informazioni utili per verificarese sono entro i valori programmati e diconfronto con le altre aziende. Valori sod-disfacenti sono 26 +- due mesi al primoparto, più tredici mesi per ogni parto suc-cessivo; – Numero medio lattazione, indicano se

la mandria in produzione è giovane ovecchia, valore indicativo ottimale 2,8-3,0

– Numero medio giorni di lattazione,l’ottimale da 150 a 165 giorni. Valorisuperiori indicano vacche che si mun-gono da tanto tempo, presenza di unnumero maggiore di cellule.

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4.0 - I dati produttivi

I dati quantitativi di latte, come lapercentuale di grasso e proteina deve esse-re analizzato con particolare attenzione.Oltre alla quantità, come valore assoluto,è legata a fattori genetici, alimentari,ambientale eccetera, è importante seguirela curva di lattazione di ogni singola vaccao di un gruppo di vacche. Il latte prodot-to nei primi 100 giorni di lattazione, da101 a 240, quando avviene il picco massi-mo di produzione dopo il parto, la persi-stenza della produzione, il calo di produ-zione giornaliero, la quantità di latte pro-dotta al momento dell’asciutta, sono tutteinformazioni che permettono all’allevato-re di capire quali errori stà commettendonella gestione del suo allevamento.

Per aiutare a comprendere meglio leinformazioni sopra esposte esistono deiprogrammi che in automatico esprimonoqueste informazioni produttive. Mi riferi-sco alla previsione di latte prodotto a 305giorni di lattazione, che in anticipo consi-derando i fattori ambientali che possonointerferire sulla produzione di latte, tipo,mese del parto, il numero delle lattazione,età al parto e livello produttivo, prevedo-no il latte grasso e proteine che produrràla vacca a 305 giorni di lattazione. Vistoche il dato crea con particolari coefficien-ti matematici, la curva prevista di produ-zione, diventa quindi facile confrontarlacon la produzione reale sia per il periododi lattazione che per la produzione gior-naliera, e con segni quantitativi in positi-vo e in negativo mantengono monitoratola produzione della singola vacca, o, delgruppo di vacche, o, dell’intera mandria.Resta all’allevatore o ai tecnici aziendalivalutare i segni negativi o positivi presen-ti se corrispondono alle aspettative oppu-re diventano necessari interventi permigliorare.

5.0 - I dati delle cellule individuali

Una attenzione particolare, quando inpossesso, dei dati relativi al numero dellecellule per vacca. Devono essere analizzaticon molta attenzione, in particolare quan-do esistono elaborazioni fatte da alcuneAssociazioni Allevatori che riportanoanche il numero di cellule dei mesi prece-

denti con a fianco indicazioni dello statodi salute della mammella. Per meglioapprezzare l’importanza della necessità dimantenere le cellule nel latte a valori mol-to bassi (< 100.000 cellule), ed è possibi-le, in diversi stampati sia per vacca sia peril totale vacche in lattazione presenti inallevamento, sono riportati i Kg di lattepersi a causa del numero di cellule (linearscore). Il linear score è un parametronumerico progressivo da uno a otto cuicorrispondono valori di cellule. Ad ognipunto di score corrisponde il raddoppiodi cellule: score 1 = 25.000 cellule, score 8= 3.200. 000 cellule. Sono espressi altri9indicatori relative alla stato della mam-mella. In particolare: a = bovina asciutta;Cr = bovina cronica, cioè con almeno treconte di cellule mensili superiori alle400.000; C = bovina clinica, ultima con-ta cellulare oltre 800.000; N = normale,nessuna conta oltre le 300.000 cellule.Ottimi indicatori per evidenziare lo statodi salute delle mammelle sono i dati rela-tivi alla conducibilità elettrica del latte.Esistono diversi sistemi, più o menoattendibili. Diventa importante per l’alle-vatore saper leggere le informazioni che lestrumentazioni rilevano e trasmettono.Ogni allevamento, ogni vacca, ogniimpianto, ha dati individuali diversi. L’a-bilità resta nel saperli interpretare inmodo corretto.

Il tecnico, l’allevatore dovrebberomeditare di più questi dati e attuare tuttigli accorgimenti indispensabili per le vac-che da latte per mantenere le mammellesane. Dall’analisi dei dati delle cellule pos-sono essere evidenziate problematiche didiversa natura, dallo stress di alcuni ani-mali, al non corretto sistema di mungitu-ra, all’ambiente stalla non idoneo, ad unaalimentazione con foraggi e mangimi inuno stato di conservazione inadeguato.Avendo a disposizione il numero di cellu-le individuali è possibile elaborarli perraggruppare le vacche in base al numerodi cellule e ipotizzare le cellule del latte dimassa escludendo le vacche con le cellulepiù alte. Con l’eliminazione di questepoche vacche o la messa in asciutta, si puòritornare ad avere latte con cellule moltobasse.

Gli allevamenti di vacche da latte,anche quelli che non usufruiscono dei ser-

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vizi delle Associazioni Allevatori almenotre volte l’anno dovrebbero effettuare unprelievo individuale di latte e determinar-ne la percentuale di grasso e proteine e laconta cellulare. I dati dovrebbero essereconservati o su carta, meglio se su suppor-to informatico con possibilità di elabora-zioni.

Per mantenere monitorato la razioneche è distribuita alle vacche in termini dibilanciamenti energetici in funzione dellivello produttivo, una analisi da farealmeno una volta al mese o sul latte dimassa, meglio se possibile, sul latte deisingoli gruppi, in particolare il gruppo deiprimi 100 giorni di lattazione, è la quan-tità dell’urea nel latte.

6.0 - I dati riproduttivi

Per ottenere i migliori risultati in ter-mini di quantità e qualità del latte, di cel-lule somatiche e di carica batterica oltre

alla dotazione genetica delle vacche ènecessaria una corretta gestione dell’alle-vamento, in particolare la situazioneriproduttiva. Quando si parla di utilizzodei dati per fare analisi e valutazioni tec-niche devono essere di qualità, attendibilie completi, le approssimazioni non servo-no a nessuno e portano a decisioni errate.Ogni allevamento di vacche da lattedovrebbe avere i propri registri opportu-namente predisposti per registrare corret-tamente tutti gli eventi riproduttivi,meglio se dotati di strumenti informaticicon appositi programmi di gestione azien-dale. Tutti i dati riproduttivi che sonoespressi sottoforma di medie aziendali del-le singole bovine possono nascondere alloro interno, a parità di valore, situazionidifferenti dovute all’ampiezza della distri-buzione dei singoli valori. E’ importanteinterpretare anche la distribuzione dei dati(deviazione standard). Il primo parametroin termini di importanza per capire la

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S T A M P A S I T U A Z I O N E R I P R O D U T T I V A - 14/11/02 Pag. 1 —————————————————————————————————————————————————————————————————-N.Az. Matr.bovina D.nascita Data n. Aborto gg par par Ultima t par n. Data r. gg ippppx marcabovina /Matr.padre parto p. /Asc. part /ca /pf fecond f /uf f diagnosi dg lt p.i.man-ze anagrafe—————————————————————————————————————————————————————————————————-M 37 IT031000216350 02 31/12/00

02 BS G 40155 BRADAMANTE 02 MO E 2467 96* M 38 IT018000216353 02 10/03/01 16/08/02 A 2 1257 93

02 IT024PV003C646 PIROCCO DEMAND COATTO IT 027 MN 107 C 047 102 02 BS I 19264AQUILA NICK GLEN ET TLM 39 IT069000216354 02 16/03/01 11/09/02 A 3 742 73

02 IT097500000316 GHEZZI LAREDO UNIVERSO 02 RC E 10394 100* 02 VI B 46842ATREIUS CUBE M 40 IT036000216355 02 02/05/01 16/07/02 A 1 839 79

IT 020 500006611 103* 02 CR S 21701 CASELLE DAVON ET M 41 IT089000216358 02 05/09/01 1207 92

02 IT019500041738 MONDIAL FELITE ET 02 RC E 2465 94 M 42 IT069000216359 02 27/10/01 1033 87

02 PV C 39282 DADO LUKE MONTU’ TL 02 RC 41132 88 M 43 IT083000216360 02 16/10/01 1104 8902 BS H 7603 AQUILA MASCOT DREAMER 02 MO D 49944 92 V 84 02BAD31913 03/09/94 08/11/01 5 371 60 20/05/02 A 193 3 371 370476

02 US000002018759 DRENDEL MELVIN GRANT T 02 MO 117420 58* 68 TC 68 BLUBELGA (TORO CARNE)V 85 02RAD33592 03/01/95 Asciutta 5 364 88 11/02/02 A 88 1 276 342 371

02 RE D 19141 PAPEN 02 MO C 30351 59* 02 BS H 17670 OLMO PRE-LUDE TUGOLO MFV 88 02MOD41132 10/10/95 27/10/01 5 383 62 07/06/02 A 223 4 383 363506

02 BO D 24569 MARCO 02 MO C 38830 61* 02 IT098500085305 GEABRETT PILADE ET

FAC-SIMILE

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situazione riproduttiva di un allevamentodi vacche da latte è l’interparto medio. Inpratica quanti giorni trascorrono media-mente su tutte le vacche dell’allevamentoda un parto all’altro. Se riusciamo a fecon-dare le vacche dopo il parto mediamente a85 giorni, ne deriva che riusciamo ad ave-re un vitello all’anno per vacca (escluso leprimipare). Sarebbe un buon risultato uninterparto medio di 365 giorni. Le varia-bili che intervengono a modificare questiparametri, sono molteplici, dalla dimen-sione dell’allevamento, al livello produtti-vo, alle scelte alimentari alle scelte geneti-che, ma principalmente dalle scelte mana-geriali.

La lunghezza dell’interparto è influen-zata da un altro parametro molto impor-tante chiamato parto/concepimento. Inpratica quanti giorni trascorrono tra l’ulti-mo parto e l’inizio della nuova gravidanza.

Il periodo, parto/concepimento vaanalizzato con molta attenzione, in quan-to deve essere scorporato dai seguenti fat-tori che devono far meditare i tecnici e gliallevatori. Il primo fattore e il periodo diattesa volontaria, è la decisione dell’alleva-tore ad attendere un certo numero di gior-ni prima di inseminare la vacca. Se ilperiodo è inadeguato è facile intervenire amodificarlo. Come già detto la primainseminazione al calore successivo ai 48giorni dopo il parto (vacche normali). Ilsecondo fattore è il tasso di rilevamentocalori. Se le vacche non si vedono in calo-re, consultare il veterinario per effettuarevisite ginecologiche, l’alimentarista percontrollare la razione del gruppo delle fre-sche, stare in stalla per 20 minuti tre vol-te al giorno (ore 7, 13, 20) per osservare icalori. Installare dispositivo di misura atti-vità vacche. Il terzo fattore, il tasso di con-

—————————————————————————————————————————————————————————————————- S T A M P A S I T U A Z I O N E R I P R O D U T T I V A - 14/11/02 Pag. 2

—————————————————————————————————————————————————————————————————-N.Az. Matr.bovina D.nascita Data n. Aborto gg par par Ultima t par n. Data r. gg ippppx marcabovina /Matr.padre parto p. /Asc. part /ca /pf fecond f /uf f diagnosi dg lt p.i.man-ze anagrafe—————————————————————————————————————————————————————————————————-V 102 IT027MN107C047 02 27/11/98 08/10/02 2 37 37 577

02 MI O 11718 02 MN M 34298 V 104 IT0TO000202719 02 15/09/99 Asciutta 1 404 133 16/02/02 A 133 1 373416

02 MI I 35736 DEL SANTO CORSARO 02 MO D 27823 82* 02 IT019500187438GO-FARM LANTZ CAVALIERV 105 IT063000202720 02 27/09/99 23/10/01 1 387 223 03/06/02 A 223 1 387506

02 PV C 19649 PIROCCO LEADMAN BONITO 02 MO D 31913 84 68 TC 68 BLUBELGA (TORO CARNE)V 106 IT034000202723 02 18/11/99 18/10/01 1 392 148 15/05/02 A 209 2 392492

02 TO A 4817 02 MO D 49944 92 02 IT098500085305 GEA BRETTPILADE ET _

Stampa eventi riproduttivi - gg. 45

* Calore/ * gg. * n. * Ult. * Calore probabile * Evento osservato * Matricola e nome toro ** Fecondare * part * fc * cal. * * Data ! Tipo * Data ! Tipo * sg lt ! Numero ! Nome **————————————————————————————————————————————————————————————————** M 37 * E 22 * * * * ! * ! * ! ! ** * * * * * ! * ! * ! ! ** M 41 * E 14 * * * * ! * ! * ! ! ** V 102 * 37 * * * * ! * ! * ! ! ** * * * * * ! * ! * ! ! ** V 93 * 41 * * * * ! * ! * ! ! ** * * * * * ! * ! * ! ! ** V 91 * 258 * * * * ! * ! * ! ! ** * * * * * ! * ! * ! ! *

FAC-SIMILE

FAC-SIMILE

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cepimento, in pratica quante volte inse-minare per avere il concepimento. Unvalore medio sulle vacche di due interven-ti inseminativi per concepimento è accet-tabile. Se superiore è opportuno meditaresu alcuni aspetti, la qualità del seme, letecniche di fecondazione, la gestione del-l’asciutta, il post partum, migliorare lagestione alimentare in particolare il bilan-cio energetico, non deve essere negativo,aiutandosi con il Body Condition Score.Se una percentuale elevata di vacche nonrimane gravida dopo il 3° intervento inse-minativo, bisogna intervenire con rapiditàa risolvere il problema, in quanto il peg-gioramento delle condizioni produttive equalitative del latte, avviene dopo alcunimesi.

Per produrre latte di qualità e a bassocontenuto di cellule dove l’uomo intesocome imprenditore, allevatore, tecnicopuò intervenire a creare le condizioni otti-mali, oltre a curare gli aspetti alimentarideve porsi come obiettivi di avere lattazio-ni non eccessivamente lunghe di conse-guenza deve avere parti con periodicitàmedie poco superiori all’anno.

Diventa indispensabile tenere monito-rato i diversi fattori, per intervenire inanticipo quando si intravede qualche datoanomalo. Alcuni fattori da monitorare siariferiti alle vacche che alle manze sono:– Vacche non inseminate numero e per-

centuale, giorni dal parto (misura l’atte-sa)

– Vacche con osservato calori numero epercentuale giorni dal parto

– Vacche non osservato calori numero egiorni dal parto

– Vacche con prima inseminazione giornidal parto

– Vacche con seconda inseminazioni gior-ni dal parto

– Vacche con tre e oltre inseminazionigiorni dal parto

– Vacche non gravide totale e percentuali– Vacche gravide dopo diagnosi– Numero medio interventi inseminativi

per concepimento (ottimale 1,5- 2)– Numero medio parto concepimento

giorni (80)– Previsione messa in asciutta vacche

(ottimale 15 - 16 %)– Previsione parti, numero medi giorni di

*————————————————————————————————————————————————————————————————** Asciutta * gg.al * Giorni * Asciutta * Data evento * N o t e ** * parto * latt. * dopo il * * **————————————————————————————————————————————————————————————————** V 92 * 35 * 346 * 10/09 * * ** * * * * * ** V 106 * 100 * 392 * 14/11 * * ** * * * * * **————————————————————————————————————————————————————————————————*

*————————————————————————————————————————————————————————————————** Osservare * gg. * n. * n.gg. * Ritorno * Evento osservato * Matricola e nome toro ** ritorni * part * fc * feco. * * Data ! Tipo * Data ! Tipo * sg lt ! Numero ! Nome **————————————————————————————————————————————————————————————————** M 39 * E 20 * 3 * 64 * 10/11-16/11 * ! * ! * ! ! ** * * * * * ! * ! * ! ! ** V 90 * 233 * 2 * 64 * 10/11-16/11 * ! * ! * ! ! ** * * * * * ! * ! * ! ! ** * * * * * ! * ! * ! ! ** V 90 * 233 * 2 * 64 * 26/10 * ! * ! * ! ! ** * * * * * ! * ! * ! ! *

*————————————————————————————————————————————————————————————————** Parto * N.az. * gg. * Parto probabile * D a t i d e l n a t o * Diff. * ** * vacca * grav. * * Data ! sx ! vm ! n.az ! sg lt ! numero ! peso * parto * **————————————————————————————————————————————————————————————————** V 97 * ——- * 301 * 17/10-06/11 * ! ! ! ! ! ! * * ** * * * * ! ! ! ! ! ! * * ** V 101 * ——- * 297 * 21/10-10/11 * ! ! ! ! ! ! * * ** * * * * ! ! ! ! ! ! * * **————————————————————————————————————————————————————————————————*

FAC-SIMILE

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Alta Qual i tà

lattazione (ottimale 152) – Previsione percentuale vacche in latta-

zione (ottimale 84%)– Lunghezza media asciutta giorni– Vacche vendute cause – Primipare entrate– % primipare secondipare terzipare e

oltre– Età media mandria – Numero medio di parti

Tutte queste informazioni e come tan-ti altri indici che misurano il patrimoniogenetico dell’animale confrontati conl’anno precedente, o, a cinque anni fa, oconfrontati con gli allevamenti con le stes-se caratteristiche della zona permettono dicapire quali sono gli errori eventualmentee come correggerli per il futuro.

Non meno importanti sono le liste diattenzione che con vari modi o sistemiall’interno di un allevamento di vacche dalatte devono circolare. Ci si riferisce a listegiornaliere sia per gli operatori di stallache per il veterinario dove sono indicatisecondo parametri scelti dall’azienda, levacche da effettuare le visite post partume ginecologiche, da osservare calori, dafecondare, effettuare diagnosi di gravidan-za, da effettuare BCS, da asciugare, dacambiare gruppo, prossime al parto. Letecniche gestionali dell’allevamento dellavacca per latte di qualità sono a livelli di

conoscenze molto elevati e devono rispon-dere a determinate regole. Gli spazi perallevatori avventurieri occasionali sonosempre più ridotti. Ogni giorno l’allevato-re che desidera produrre un latte di quali-tà almeno il 50% delle informazioni soprariportate deve averle in mente o poterleleggere e dedurne l’andamento. Se cosìnon è non potrà mai produrre latte di altaqualità o biologico.

Vista l’importanza dell’autocontrollonegli allevamenti di vacche da latte,potrebbe essere un motivo per incomin-ciare ad educare gli allevatori a rimaneremeno tempo sul trattore e di più ad unatastiera di un computer per registrare emeditare dati elaborati del proprio alleva-mento.

Per produrre latte di qualità e lattebiologico, non bisogna eccedere e chiede-re troppo alla natura. Bisogna rispettarnei suoi ritmi con le attenzioni le più corret-te. Se da una mandria di 100 vacchenascono all’anno 48 – 50 femmine. Alme-no 40 – 42 devono arrivare al parto e 38– 40 devono diventare vacche in produ-zione. Questo significa che la natura cimette in condizioni di ricambiare le vac-che. Nella sostituzione, esiste si, la possi-bilità di eliminare quelle con problemiproduttivi riproduttivi e sanitari, maanche mantenere la mandria molto giova-

*————————————————————————————————————————————————————————————————** A n i m a l i u s c i t i *** E v e n t i s t r a o r d i n a r i ** N.aziendale * Num.matricola * Data * Causa *** N.aziendale * Num.matricola * Descri-zione evento **————————————————————————————————————————-

*————————————————————————————————————————————————————————————————*_ Stampa eventi riproduttivi - gg. 45 *————————————————————————————————————————————————————————————————** Parto * N.az. * gg. * Parto probabile * D a t i d e l n a t o * Diff. * ** * vacca * grav. * * Data ! sx ! vm ! n.az ! sg lt ! numero ! peso * parto * **————————————————————————————————————————————————————————————————** V 95 * ——- * 293 * 25/10-14/11 * ! ! ! ! ! ! * * *! ! * * ** * * * * ! ! ! ! ! ! * * *

_ Stampa scheda ginecologica - 14/03/2003 - gg. 30 *——————-*—————————————————————————————————————————————————————*

* V 91 * Non fecondata - Parto: 01/03/2002 ( 258 gg) ** * ** V 93 * Controllo post parto - Parto: 04/10/2002 ( 41 gg) ** * ** V 102 * Controllo post parto - Parto: 08/10/2002 ( 37 gg) ** * **——————-*—————————————————————————————————————————————————————*

FAC-SIMILE

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ne con una genetica migliore. Il latte adalta qualità e biologico, non bisognadimenticare, che si inizia a produrlo nel“momento in cui assistiamo a un parto” eche “permettiamo ad una vitella di cresce-re bene”, di non morire, con una alimen-tazione adeguata e con prodotti sani perdiventare una ottima vacca.

Troppo di frequente ci si dimenticache la qualità del latte si ottiene anchegestendo in modo naturale e corretto lariproduzione e, avere, una mandria convacche giovani.

Non bisogna dimenticare che l’uomointeso come allevatore, può modificare laproduzione di latte delle proprie vaccheintervenendo sui seguenti fattori ambien-tali:– Foto - periodo (rapporto ore di luce /

ore di buio)– Micro - ambiente termico interno ed

esterno al ricovero

– Il vento– Foraggio umido, ammuffito, terroso– Errori alimentari– Cambiamento improvviso della dieta– Variazione rapida del numero dei pasti

giornalieri– Variazione orario di distribuzione della

razione– Spostamento da un box all’altro– Cambiamento del personale– Variazione orari di mungitura– Trattamenti profilattici– Gestione corretta della riproduzione– Gestione corretta dell’asciutta– Gestione corretta degli ambienti

In conclusione, si può affermare che,se si lavora in prevenzione, tranne per icasi eccezionali, con le attuali conoscenzee possibile produrre latte di alta qualità ebiologico, senza la necessità di continuespese per cure od altro.

Azienda: Pinco via Strada Nazionale

Vacca 19/06 18/07 14/09 17/10 %1 %2 lt gg RNK IGV ILQ IGVg IGVp Punt. Giudizi g. EVM305 c.p. Marca

84 14,00 17,60 13,20 12,00 -10,0 5 371 16 253 -161 -7,00 -1,00 78 B + + B 7041 6956 -10,002BOD000031913* 85 18,00 19,80 5 276* 23 -494 -34 -10,00 -8,00 82 + + M + 7949 7860 0,602MN0000033592

88 20,00 17,40 15,20 12,20 -24,6 5 383 29 209 82 1,00 -4,00 82 B M + + 8901 865313,6 02BO0000041132

90 28,00 30,60 18,80 13,00 -44,6 5 233 17 -756 -142 -34,00-16,00 82 + M + + 93 33,60 4 41 25 -88 8 10,00 80 B + + B 02TA000000102394 14,00 18,00 14,00 6,00 3 435 53 315 430 -3,00 13,00 81 B M M + 8752 8130

11,7 02MIE000002465* 95 16,00 18,40 4 263* 28 -120 60 5,00 79 B + M + 7203 6997 -8,702MNE000002466

M KG/L 17,69 19,69 13,92 16,60 288,3 163 232 4,06 6,93 43,9

%1: differenza tra penultimo e ultimo controllo; %2: differenza tra primo e ultimo controllo

Primipare 3 Media EVM 7975 +1,86% capi 3 Media punti 80 -0,43% capi 2Secondipare 4 Media EVM 8107 +3,56% capi 3 Media punti 80 +0,61% capi 3Pluripare 9 Media EVM 7670 -2,03% capi 8 Media punti 80 -0,12% capi 8Media AIA 16 Media EVM 7829 capi 16 Media punti 80 capi 13

FAC-SIMILE

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Alta Qual i tà

RIEPILOGO DATI AZIENDA

n. Data gg n. Latte Latte % Gr. Prot. Cas. Media Cellule Cellule Cellule Cellule Perdi-ta Statoaz. Parto lt lt 14/09 17/10 — 17/10/2002 Cell. (Score) (Score) (Score) (Score) lat-

te san.% % % 4 cnt 19/06/02 18/07/02 14/09/02 17/10/02 gg. u.c.

84 08/11/2001 343 5 13,20 12,00 -10,00 3,26 3,29 2,53 449 400 (5) 396 (4) 414 (5) 624 (5) **2,84 93,73 C 85 A 15/11/2001 5 49 47 (1) 51 (2) —- —- 88 27/10/2001 355 5 15,20 12,20 -24,59 3,47 3,63 2,79 760 524 (5) 762 (5) 1004 (6) 838 (6) **3,17 104,68 C 90 26/03/2002 205 5 18,80 13,00 -44,62 3,63 3,60 2,77 1681 1384 (6) 1400 (6) 2481 (7) 1826 (7)4,05 133,61 C 94 05/09/2001 407 3 14,00 6,00-133,33 3,62 3,95 3,04 614 395 (4) 559 (5) 606 (5) 1305 (6)*** 3,67 121,13 N.Campioni 10 10 10 10 10 10 15 15 10 10 Media 260 13,92 16,60 3,58 3,35 2,57 328 570 647 414

Dati num. num. Primipare Pluripareriassuntivi vacche vacche 1 (2) 3 (8)

————————————————————————————————————————————————————————————————Cellule: 0-300 4 40% Proteine: 0-3.00 1 10% Stato san. C (Clinico) 338%

301-600 2 20% 3.01-3.40 3 30% Cr (Cronico) 601-900 2 20% 3.41-.... 6 60% N (Normale) 1 50% 901-... 2 20%

Valor medio linear score 3,58 6,66 Grasso: 0-3.20 0 Caseina: 0-2.30 1 10%

3.21-3.70 6 60% 2.31-2.60 3 30% 3.71-.... 4 40% 2.61-.... 6 60%

Campione 19/06/2002 Gr.: 4,03 (PV 4,15) Prot.: 3,13 (PV 3,22) Caseina: 2,41 Cellule: 331 Lattosio:4,70 Urea: Campione 18/07/2002 Gr.: 3,55 (PV 3,66) Prot.: 3,36 (PV 3,46) Caseina: 2,59 Cellule: 600 Latto-sio: 4,67 Urea: Campione 14/09/2002 Gr.: 3,66 (PV 3,77) Prot.: 3,41 (PV 3,51) Caseina: 2,63 Cellule: 712 Lattosio:4,43 Urea: Campione 17/10/2002 Gr.: 3,64 (PV 3,75) Prot.: 3,39 (PV 3,49) Caseina: 2,61 Cellule: 547 Lattosio:4,49 Urea: _Le medie di: grasso, proteine, cellule sono ponderate rispetto alla quantita’ di latteLinear Score: Parametro numerico progressivo da 1 a 8 a cui corrispondono valori di cellule; a ognipunto di score corrisponde il raddoppio di cellule: Score 1 = 25000 cellule, Score 8 = 3200000 cellu-le

A = Bovina asciutta Stato salute Cr = Cronico: almeno tre conte oltre 400E = Bovina eliminata C = Clinico: ultima conta oltre 800

N = Normale: nessuna conta oltre 300

FAC-SIMILE

FAC-SIMILE

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L’alimentazione delle bovinee la qualità del latte

PAOLO PEZZIDipartimento di Morfofisiologia e Produzioni Animali

Facoltà di Veterinaria, Bologna

Introduzione

Il latte è un alimento fondamentaleper l’alimentazione umana di tutte le etàper le sue molteplici proprietà nutriziona-li ma anche per i derivati che si possonoottenere fra cui spiccano molti formaggirinomati (Parmigiano Reggiano, Mozza-rella, Caciocavallo, Gorgonzola) ma ancheprodotti fermentati come yogurt, kefyrecc…

Al fine di rispondere al meglio alle esi-genze del consumatore per qualsiasi dellesue destinazioni è importante che il pro-dotto sia di elevata qualità. Ma cosa s’in-tende per qualità? La qualità del latte è unconcetto complesso che può essere distin-to in diversi aspetti:– quello nutrizionale (contenuto di gras-

so, proteine, lattosio, minerali, vitamineecc…),

– quello igienico sanitario (carica micro-bica, germi coliformi, batteri sporigeni,presenza di sostanze inibenti ecc…),

– quello organolettico (colore, odore,sapore).

Anche se da soli non bastano, il benes-sere e la buona salute dell’animale sononecessari per l’ottenimento di un prodot-to di qualità assoluta. Per questi scopibisogna quindi curare l’alimentazione e lagestire al meglio l’ambiente in cui vivonole bovine ed in particolare quello in cuivengono munte. Sarà poi altrettantoimportante l’attenzione al rispetto dellediverse condizioni igieniche e di tempera-tura per la manipolazione stoccaggio econservazione del latte.

La nutrizione degli animali è unascienza affascinante e, per quanto notevo-li siano le conoscenze fino ad oggi acqui-site, è ancora ricca di interrogativi. È

infatti assai difficoltoso lo studio dell’im-portanza di ogni singolo nutriente inquanto sono numerose e complesse leinterazioni fra gli stessi principi nutritivi,così risulta spesso impossibile determinar-ne l’esatto fabbisogno per ogni animale.

Purtroppo, la crescente competitivitàeconomica dei mercati globali obbliga iproduttori di qualsiasi bene a ridurre icosti per rimanere sugli stessi mercati.Nella nostra realtà nazionale la riduzionedel costo del litro di latte passa obbligato-riamente per una elevata produzione diogni animale che si accompagna ad unaumento parallelo dei fabbisogni nutrizio-nali. Tanto più tali fabbisogni sono rag-guardevoli e maggiori saranno le difficoltàdi soddisfarli a pieno. Le bovine da lattead alta produzione essendo fra gli animalicon la più elevata efficienza di conversio-ne dell’alimento in derrate alimentari, enella fattispecie di latte, sono quindi assaiesposte a rischi di pericolose patologie dis-metaboliche e carenziali. È quindi fonda-mentale mantenere un’elevata capacitàd’ingestione e somministrare alimenti sanie ricchi di proprietà nutritive.

PPAARRTTEE PPRRIIMMAAGli alimenti

Gli alimenti per i bovini possono esse-re distinti schematicamente in due grandicategorie: foraggi e mangimi (o concen-trati). Anche se non sempre è facile classi-ficare un alimento in una delle due sud-dette categorie si può affermare che iforaggi rappresentino la componente piùnaturale dell’alimentazione degli erbivorie sono caratterizzati dalla ricchezza difibra mentre i mangimi servono essenzial-

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mente per apportare molti principi nutri-tivi in poco spazio come richiesto daglianimali più selezionati. (foto 1)

1 - I foraggi

I foraggi sono costituiti dalle essenzebotaniche, coltivate o spontanee, che inparte o come insieme di fusto foglie edeventualmente anche fiori e frutti vengo-no somministrate agli animali. Comesopra accennato la caratteristica nutrizio-nale tipica dei foraggi è la ricchezza difibra, presente in forma fisicamente perce-pibile sia alla vista che al tatto: la cosid-detta “fibra lunga”. (foto 2) Gli altri prin-cipi alimentari: proteine, vitamine eminerali sono presenti in quantità assaivariabili mentre i grassi ed i carboidraticon funzione energetica (amido) sonosempre piuttosto scarsi. In funzione delmetodo di conservazione i foraggi posso-no essere distinti in:– verdi,– insilati,– affienati e– disidratati.

1.1 - I Foraggi verdi

Le erbe che gli animali assumono neipascoli sono quelle più tenere e giovani edapportano gran parte dei nutrienti di cuiabbisognano: energia, proteine, minerali evitamine. Gli animali allevati in stabula-zione, e quindi non mantenuti al pascolo,possono essere alimentati con i foraggiverdi qualora i prati o gli erbai venganosfalciati ed immediatamente portati aglianimali in allevamento. Tuttavia, questaideale forma di somministrazione deiforaggi non è attuabile nella pratica quoti-diana e quindi occorre che le caratteristi-che dei foraggi verdi siano conservate almeglio nel tempo e nello spazio. Le tecni-che di raccolta, conservazione ed imma-gazzinamento dei foraggi devono trasferi-re nel tempo la loro disponibilità per glianimali, ma al contempo devono anchepermettere la migliore conservazione pos-sibile di tutte le proprietà nutrizionali deiforaggi verdi. A tal fine i principali meto-di di conservazione utilizzati sono:– l’insilamento,– la fienagione, – la disidratazione.

1.2 - Gli insilati

L’insilamento è certamente la tecnicapiù economica di conservazione del forag-gio, ma comporta la necessità di sottopor-lo ad una serie di processi fermentativi chene modificano numerose proprietà chimi-co-nutrizionali ed organolettiche. L’insila-

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Foto 2 - Sorgo in collina.

Foto 1

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mento viene eseguito soprattutto nelle areea clima umido dove non è possibile essic-care i foraggi naturalmente, a causa appun-to delle frequenti precipitazioni atmosferi-che e delle temperature relativamente bas-se. Nella pratica la tecnica di insilamentocomporta l’accumulo, in tempi rapidi, diforaggio con contenuto di umidità variabi-le dal 40% al 70% all’interno di appositestrutture chiamate “sili”, occorre quindicomprimere per eliminare l’aria e chiuderenel più breve tempo possibile la massa. Ènecessario poi attendere lo sviluppo diopportune fermentazioni (la lattica in par-ticolare) che si completano nell’arco di cir-ca 3-4 settimane. Il principio utilizzato conl’insilamento è infatti l’acidificazione conacido lattico prodotta dalla fermentazioneomonima a partire da zuccheri semplicipresenti nei foraggi verdi.

Con l’insilamento, oltre a questa tra-sformazione riguardante i glucidi, vengo-no modificate numerose altre sostanze edin particolare una porzione variabile delleproteine può subire degradazioni a fontidi azoto più elementari quali amine bio-gene ed ammoniaca. Queste ultime pos-sono risultare tossiche per gli individuiche le assumono. Inoltre si possono taloraverificare fenomeni putrefattivi (quandola massa foraggiera è troppo umida e/oricca di proteine) o di eccessiva respirazio-ne e produzione di acido acetico ed alcooletilico (quando la massa è troppo seccae/o la temperatura ambientale troppo ele-vata). A ciò si aggiunge che gli insilati,una volta sottoposti alla fermentazionelattica ed atteso il tempo necessario alladispersione del calore prodotto, sonosuscettibili di ripresa di fenomeni fermen-tativi durante l’utilizzo. Queste problema-tiche sono la conseguenza del fatto che ilforaggio viene utilizzato umido e quindil’acqua in esso contenuta può permetterea batteri, a funghi o a entrambi di origi-nare ulteriori e deleteri processi fermenta-tivi. La stessa ossidazione che si verificaquotidianamente nelle parti più periferi-che come il fronte di avanzamento dellamassa stoccata è un fenomeno inevitabilee tanto più dannoso quanto minore sarà lavelocità di consumo del foraggio. Unavolta aperta una trincea di insilato l’alleva-tore è quindi obbligato ad utilizzarne unadeterminata quantità con regolarità pena

appunto la rapida degradazione del pro-dotto stesso. Queste caratteristiche costi-tuiscono spesso vincoli non trascurabiliper la praticità d’uso dell’insilato.

Gli insilati quindi, dovendo fermenta-re per essere preparati, e soprattuttopotendo subire ulteriori processi fermen-tativi indesiderati, sono spesso trattati conadditivi con funzione stimolante la cresci-ta batterica (per lo più biologici) oppurecon funzione più semplicemente conser-vante (ad esempio acido propionico, for-mico, sorbico, benzoico, o loro sali). Que-ste sostanze possono agire sia come anti-batterici che come antifungini.

Nel caso del fieno-silo realizzato conballoni fasciati è opportuno ricordare cheogni unità fa storia a sé e quindi è beneaprirli ed ispezionarli uno per uno primadi immetterli nel carro miscelatore. (foto3)

Principali aspetti degli insilati– sono economici,– permettono basse perdite di raccolta,– consentono di essere preparati in minor

tempo rispetto ai fieni (minore interfe-renza agenti atmosferici e più precocestadio vegetativo di raccolta),

– sono rischiosi per la salute animale inquanto umidi:

– ospitano spesso fermentazioni anomaleal loro interno ma soprattutto

– vanno consumati in tempi rapidi penala pericolosissima ripresa dei processifermentativi indesiderati (e ciò è verosia nella massa conservata che sull’ali-mento distribuito in greppia).

– sono più ricchi di spore di clostridi (lafamiglia del botulino) e pertanto vietatinell’alimentazione delle bovine il cui

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Foto 3 - Carro semovente mentre carica insilato

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latte venga destinato alla trasformazionein formaggi tipici a lunga stagionatura,

– sono più ricchi di amine biogene (cada-verina, putrescina, istamina e tiramina)ed ammoniaca che si formano in conse-guenza delle fermentazioni di cui alpunto precedente,

– sono più poveri di proteina vera (inquanto essa viene in parte degradatadurante i processi fermentativi) e dizuccheri semplici, anch’essi degradatidurante i processi fermentativi,

– sono meno appetibili per gli animali (aparità di stadio vegetativo di raccolta)rispetto ai fieni od ai disidratati,

– nel caso dei balloni fasciati è bene sem-pre aprirli ed ispezionarli prima diimmetterli nel carro miscelatore,

– sono più difficili da trinciare rispetto aifieni in quanto umidi

1.3 - I fieni

La fienagione è tradizionalmente uti-lizzata per conservare i foraggi nelle areetemperato-secche, mediterranee, comenella maggior parte del nostro Paese. Sitratta di una tecnica di conservazionemediante essiccazione naturale all’aria edal sole. Il foraggio sfalciato viene lasciatoessiccare al sole e quindi raccolto secco dalterreno previa pressatura sotto forma diballe. Quest’ultima pratica, pur non stret-tamente necessaria, viene attuata nellastragrande maggioranza dei casi per ridur-re i tempi e la manodopera di raccolta e ditrasporto e per ridurre altresì gli spazi diimmagazzinamento. L’essiccazione delforaggio lo preserva da fenomeni di altera-zione senza che si debbano utilizzare,come spesso si fa con gli insilati, conser-vanti chimici. La fienagione rispetto all’in-silamento causa purtroppo un aumentodelle perdite meccaniche di raccolta: ilforaggio essiccato è assai più friabile diquello umido e buona parte delle foglie(soprattutto nel caso delle leguminose)cade a terra durante le operazioni di fiena-gione. La perdita è grave se si considerache è nelle foglie che si concentranonumerosi nutrienti a cominciare dalle pro-teine.

Il foraggio affienato subisce perditelievi, soprattutto di zuccheri solubili perfenomeni di respirazione, immediatamen-

te dopo lo sfalcio, mentre è all’internodelle balle pressate (di forma cilindrica odi parallelepipedo) che si possono verifica-re le perdite più ingenti. Infatti l’umiditàresidua (20%-30%), a causa della com-pressione cui viene sottoposto il foraggio,determina l’avvio di fenomeni di fermen-tazione, detti volgarmente “cottura”, chepossono raggiungere intensità notevole.Inoltre nel caso di pressatura ad umiditàsostenute non sono infrequenti episodi diammuffimento che rendono inutilizzabileil fieno per l’alimentazione. La fienagionequindi è il classico sistema di conservazio-ne del foraggio nei climi aridi o comun-que non piovosi; infatti la pioggia è laprincipale nemica della buona riuscita ditale pratica. Purtroppo il rischio di piog-gia è sempre presente nella maggior partedelle realtà italiane per cui un accorcia-mento dei tempi di esposizione alleintemperie sarebbe quanto mai utile.

Principali aspetti dei fieni:– sono, se ben prodotti, sicuri in quanto

secchi e quindi i processi fermentativiindesiderati sono ostacolati al meglio,

– richiedono più tempo e manodoperaper la preparazione e quindi sono piùsoggetti agli agenti atmosferici,

– sono più poveri di nutrienti nobili chesi concentrano nelle foglie in quantoqueste subiscono perdite più o menoevidenti,

– nel caso dei balloni (la norma) è benesempre aprirli ed ispezionarli prima diimmetterli nel carro miscelatore perscartare quelli soggetti ad eccessiva “cot-tura” o addirittura all’ammuffimentood ancora ad difetti diversi,

– la trinciatura per la realizzazione delpiatto unico è più semplice rispetto aiballoni fasciati ma è comunque assai piùlunga e costosa rispetto ai disidratati.

1.4 - I foraggi disidratati

La disidratazione, è la tecnica piùrecente delle tre ricordate, è quella che per-mette di mantenere al meglio le proprietàchimico-nutrizionali ed organolettiche deiforaggi verdi di partenza. Trattandosi di unprocesso industriale è facilmente attuabilenelle più diverse realtà climatiche, anche seun certo grado di pre-essiccazione in cam-po dei foraggi è indubbiamente utile per

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ridurne i costi energetici. Le aree che tra-dizionalmente producono fieni sono quin-di quelle che meglio si adattano anche aquesto tipo di processo: i principali pro-duttori in Europa sono soprattutto i Paesilatini (Spagna Francia e Italia). Questametodologia di conservazione prevedegeneralmente, una prima fase di campoche riduce il contenuto di umidità da cir-ca l’80% originario al 50-60%. Questafase è quindi assai più breve di quella pre-vista dalla fienagione e spesso anche diquella che si effettua per l’insilamento. Irischi di esposizione alle intemperie sonoridotti al minimo ed anche le perdite difoglie per movimentazione sono minime.Il foraggio immesso nell’impianto di dis-idratazione, viene portato in pochi minutiad un’umidità del 10% circa, minimizzan-do i rischi di ripresa di qualsiasi tipo diattività fermentativa post-trattamento.

L’elevato peso specifico dell’erba medi-ca disidratata in balloni o pellet (varia da450 a 700 chilogrammi/m3), a differenzadel fieno, consente quindi di immagazzi-nare grandi quantità di prodotto secco inuno spazio minore. L’erba medica disidra-tata così “confezionata”, facilita la movi-mentazione, il trasporto, la distribuzioneoltre a ridurre al minimo gli sprechi infase di somministrazione agli animali e ildispendio di tempo e di energia per latrinciatura del foraggio. Infine, con l’erbamedica disidratata, l’allevatore può dis-porre di un prodotto costante per tutto lastagione migliorando le caratteristichedelle razioni e riducendo le spese di stoc-caggio dei foraggi.

I prodotti disidratati presentano iseguenti aspetti:– costi superiori– tempi rapidi di preparazione da cui:– ridotte perdite meccaniche di raccolta e– modesti rischi di danneggiamento per le

precipitazioni atmosferiche,– alimenti più stabili e sicuri (i rischi di

alterazione del foraggio (eccessiva tosta-tura, fermentazione pre o post disidra-tazione) sono limitati alla fase di lavora-zione e sono quasi sempre avvertibilidall’esterno del ballone).

– movimentazione, immagazzinamento eutilizzazo semplificati,

– maggiore ricchezza di nutrienti presentinei foraggi verdi,

– maggiore omogeneità e quindi di piùagevole inserimento nel razionamento,

– è sempre buona norma ispezionare iballoni prima di immetterli nel carro,

– è possibile acquistare il prodotto trincia-to nella misura giusta per essere inclusonel piatto unico (riduzione tempi e costidi preparazione).

2 - I mangimi

Come sopra accennato i mangimihanno la funzione di concentrare principinutritivi in poco spazio per andare in con-tro al meglio alle esigenze degli animalipiù produttivi.

A seconda della prevalenza di uno odell’altro principio nutritivo nel mangimesi parlerà di concentrati:– energetici,– proteici mentre alcuni sottoprodotti

possono essere somministrati agli ani-mali come

– fibrosi (cioè ricchi della componentepeculiare dei foraggi ma in forma nonfisicamente percepibile come negli stes-si foraggi).

I principali mangimi energetici sonocostituiti dalle granelle di cereali (mais,orzo, frumento, sorgo, avena, segale, riso)che sono ricche di amido non bisognacomunque dimenticare gli olii vegetali(palma, cocco, soia) utilizzati per grassarei mangimi. (foto 4)

I cruscami e gli altri sottoprodotti del-l’industria molitoria si possono anch’essiconsiderare facenti parte dei concentratienergetici ma sono sicuramente inferioriai cereali d’originei in quanto a contenutodi amido (e quindi di energia) mentresono più ricchi di fibra. (foto 5)

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Foto 4

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I mangimi proteici sono invece classi-camente rappresentati dalle leguminose ingranella (soia, pisello, fava, cece, lupino).Tuttavia sul mercato mondiale sonoessenzialmente i sottoprodotti derivatidall’estrazione chimica o talora meccanicadell’olio dai semi di soia che fanno la par-te del leone. Dai sopra menzionati proces-si si ricavano rispettivamente farine diestrazione e panelli. Oltre a farine di estra-zione e panelli di altre oleaginose esistono,quali fornitori di proteine anche i sotto-prodotti della distillazione dei cereali mala loro disponibilità sul mercato è ovvia-mente inferiore. Esistono infine altrimangimi proteici, quali i sottoprodottidelle amiderie (ad esempio la semola glu-tinata di mais) e dell’industria enologica(vinacce, vinaccioli).

I mangimi proteici sono purtroppocaratterizzati, più facilmente di altri, daproblematiche igienico-sanitarie in dipen-denza della loro origine, spesso extraeuro-pea. I tempi di trasporto particolarmentelunghi pongono quindi problemi di con-servazione (soprattutto qualora provenga-no o attraversino aree caratterizzate da cli-

mi caldi e/o caldo umidi). Sono quindipiù soggetti a contaminazioni da micotos-sine prodotte da aspergilli quali le aflatos-sine (le più temibili e quelle per le qualisono previsti i limiti più severi).

Occorre infine precisare che qualsiasisottoprodotto dell’industria agroalimenta-re, come ad esempio gli scarti dell’indu-stria biscottiera possono costituire partedei mangimi composti per gli animali.(foto 6)

3 - La scelta degli alimenti

È pleonastico dire che la buona quali-tà degli alimenti per il bestiame è la carat-teristica principale per poter fornire allebovine la migliore alimentazione. Perpotersi definire di buona qualità gli ali-menti devono essere:– sani e ben conservati,– nutrienti ed– appetibili.

3.1 - Sanità e stato di conserva-zione

Con l’aggettivo “sano” si intendeessenzialmente l’assenza di qualsiasisostanza, residuo, microrganismo patoge-no o suo metabolica che possano causareintossicazioni, tossinfezioni, avvelena-menti o semplicemente patologie da partedi molecole pericolose per la salute umanaoltre che per quella animale. Fra gli esem-pi più comuni ricordiamo:– le muffe e le micotossine da esse deriva-

te,– i pesticidi (esteri fosforici, carbamati,

organoclorurati ecc…),– i clostridi,– i nitrati ed i nitriti,– l’ammoniaca, le amine biogene ed altri

cataboliti delle proteine,– i perossidi (indice di ossidazione per

irrancidimento dei grassi),– i metalli pesanti (piombo, cadmio, mer-

curio ecc…),– altri inquinanti ambientali come il ben-

zene, – certi conservanti vietati (parabeni ad

esempio).Per quanto riguarda l’aspetto della

sanità gli alimenti da preferire saranno:– secchi anziché umidi (freschi o insilati)

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Foto 5

Foto 6 - Fibrometro

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perché l’acqua è fonte di vita per i bat-teri e le muffe e quindi ogni alimentoumido è notevolmente più rischioso perl’apporto di micotossine, ammoniaca,nitriti, perossidi ecc…Inoltre i prodottiumidi sono più spesso trattati con con-servanti proprio per evitare pericolosefermentazioni;

– puliti e non imbrattati con terra, cola-ticcio, polvere, smog (ricco di piomboe/o benzene);

– poveri di grassi, la grassatura delle razio-ni è bene che sia effettuata, quandonecessaria, con prodotti specifici, bencontrollati e soprattutto con elevato tur-nover, vale a dire che devono essere con-sumati in breve tempo e controllati adogni approvvigionamento.

A proposito delle modalità di accerta-mento delle eventuali presenze di sostanzeindesiderate occorre precisare che gliaccertamenti di laboratorio per la presen-za di:– micotossine (aflatossine, fumonisina,

vomitossina, zearalenone ecc…),– nitrati,– metalli pesanti– ammoniaca, acido butirrico ecc… (insi-

lati),– non sostituiscono mai, ma completano

soltanto l’esame visivo ed olfattivo rea-lizzato in campo dall’allevatore e daltecnico nutrizionista. L’esame di labora-torio sui foraggi non deve essere quindimai visto come un alibi di eventualiproblemi riscontrati sugli animali. Que-sti sono invece molto più spesso dovu-ti a carenze nutrizionali che non adeccessivi apporti di sostanze tossiche.

3.2 - Concentrazione e biodispo-nibilità di nutrienti

Gli alimenti più nutrienti sono quelliche riescono ad apportare all’animale lemaggiori quantità di principi nutritivinell’unità di peso. È ovvio quindi che, aparte la ricchezza intrinseca dell’alimentoin tali principi, è fondamentale la digeri-bilità e quindi la loro biodisponibilità.Siccome questa caratteristica è inversa-mente correlata con l’abbondanza di fibraed in particolare di lignina, tanto minoresarà il contenuto di lignina di un alimen-

to e tanto più quest’ultimo sarà nutriente.Questo discorso non è valido soltanto peri mangimi ma anzi lo è soprattutto per iforaggi. I mangimi sono infatti caratteriz-zati da una vastissima varietà di origine ecomposizione mentre i foraggi che classi-camente provengono tutti dalla parteaerea delle piante mostrano le seguenticaratteristiche comuni:– il contenuto di proteina è inversamente

correlato a quello di fibra e di lignina,– il contenuto di zuccheri solubili è inver-

samente correlato a quello di fibra e dilignina,

– il contenuto acidi organici è inversa-mente correlato a quello di fibra e dilignina,

– il contenuto vitamine è inversamentecorrelato a quello di fibra e di lignina.

Dal momento che la quantità disostanza secca ingerita è inversamente cor-relata al quantitativo di fibra (almeno perla maggior parte delle razioni per bovini)ne consegue che i foraggi con basso con-tenuto di componenti fibrose e di ligninain particolare verranno assunti in quantitànettamente superiori rispetto a quelli piùmaturi (cioè provenienti da piante raccol-te ad uno stadio vegetativo avanzato).

Si può quindi affermare che nutrienteper un alimento è quasi sempre sinonimodi povero di fibra ed in particolare per iforaggi significa originato da pianta giova-ne.

3.3 - Appetibilità

Oltre che dal gusto delle bovine, l’ap-petibilità degli alimenti è determinata,dalle loro caratteristiche organolettiche.Alcuni concetti espressi a proposito dellasanità dei prodotti possono chiaramenteriguardare anche l’appetibilità, ad esem-pio l’imbrattamento con colaticcio, terra epolvere o l’odore di ammoniaca, di protei-ne degradate, di perossidi (grassi rancidi)od ancora il sapore di certe micotossine(vomitossina).

Tutte queste caratteristiche negative èbene che siano ovviamente assenti mentresoprattutto per quanto riguarda i foraggisono da considerare anche le qualità posi-tive rappresentate da olii essenziali oltreche ai sopra citati zuccheri solubili ed aci-di organici. Anche sotto l’aspetto dell’ap-

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petibilità i foraggi giovani sono superiori aquelli maturi.

Obiettivo Foraggi– Cercare di anticipare al massimo gli

sfalci.– Le leguminose sono più proteiche ma

anche più lignificate delle graminacee– Controllare le concimazioni minerali in

terreni sottoposti a spandimento diliquami.

– Sconsigliare la pratica dell’insilamentoqualora i tempi di lavoro previsti sianotroppo lunghi.

– Acquistare soltanto foraggi super per lebovine in lattazione (bassa fibra ed altaproteina).

– Normalmente e consigliabile usare mol-ti foraggi giovani e pochi mangimi mol-to “concentrati” piuttosto che moltimangimi fibrosi.

4. I foraggi giovani

Per quanto si è detto fino ad ora iforaggi raccolti ad un precoce stadio vege-tativo, con qualsiasi tecnica vengano con-servati purché ben eseguita, meritano unacitazione particolare. Essi non sarannomai abbastanza riconosciuti per la ricchez-za in nutrienti indispensabili per gli ani-mali. Sicuramente una parte più o menoimportante di tali apporti non è ancorastata adeguatamente studiata e capita. Inparticolare, oltre alle proteine ed alle loro

frazioni andranno considerati gli apportiin peptidi ed aminoacidi, quelli di vitami-ne, quelli degli acidi organici, la biodispo-nibilità dei minerali, ecc…

Tuttavia, vale la pena di ricordare chel’enorme divario nutrizionale fra i foraggimolto giovani e quelli maturi implicaovviamente l’inserimento nella razionedelle bovine in maniera assai differente; inparticolare, volendo fornire all’animale glistessi apporti nutrizionali con foraggimolto giovani piuttosto che maturi occor-rerà:– impiegare quantità di foraggio netta-

mente superiori– utilizzare quantità di concentrati netta-

mente inferiori– utilizzare un concentrato con tenore di

proteine e di fibra inferiore– utilizzare un concentrato con livello di

amidi e di zuccheri solubili superiore– saranno inoltre necessarie minori inte-

grazioni minerali e vitaminiche.In altre parole il migliore mangime da

accoppiare ad una razione caratterizzatada foraggi giovani è basato sui cereali chefra l’altro sono ormai da anni assai piùeconomici delle materie prime proteiche.Infine occorre ricordare che le bovine piùproduttive estrinsecano al meglio le loropotenzialità con i foraggi giovani perchéquesti consentono di realizzare le razioniapportanti la maggiore quantità dinutrienti. Queste diete sono caratterizzateda relativamente elevati livelli di mangimi

Figura 1. Variazioni dei contenuti delle componenti fibrose, della proteina e del valore nutritivo relativo nell’er-ba medica in funzione dello stadio vegetativo della pianta.

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oltre che di foraggi e questo è possibilesoltanto se l’ingestione da parte degli ani-mali è veramente notevole. ( foto 7)Elevata ingestione – apporti nutrizionali –produzione di latte – qualità del latte –elevato benessere

Un altro aspetto fondamentale, oltre aquello nutrizionale, per il quale i foraggigiovani sono insostituibili nelle razioni èquello organolettico; sicuramente questoaspetto è di difficile studio ed infatti assaipoco conosciuto. Gli olii essenziali conte-nuti nelle essenze foraggere conferisconosicuramente peculiarità organolettichedifficilmente imitabili dall’industria (sitratta spesso di molecole chimiche astruttura terpenica assai complesse) equindi non disponibili nei prodotti com-merciali. Le componenti in zuccheri solu-bili (saccarosio, fruttosio) ed in acidiorganici (malico, citrico, fumarico ecc…)che condizionano notevolmente il saporedell’alimento sono anch’esse poco cono-sciute anche se si tratta di frazioni relati-vamente voluminose nella composizionechimica dei foraggi verdi.

PPAARRTTEE SSEECCOONNDDAALLaa ggeessttiioonnee ddeellll’’aalliimmeennttaazziioonnee

1 - Massima ingestione permigliori apporti nutrizionali

L’alimentazione della bovina in latta-zione ad alta produzione, come accennatoin introduzione, contrappone le necessitàfisiologiche di mantenimento dell’anima-le a quelle della mammella che drenaquantità imponenti di nutrienti dal tor-rente circolatorio. Visto che occorre mas-simizzare l’ingestione di alimento l’appa-rato digerente è quindi messo a dura pro-va e sia il rumine che la restante porzionedel tratto gastrointestinale devono lavora-re con elevata efficienza oltre che ovvia-mente con celerità.

Indipendentemente dal tipo di ali-mentazione adottato nell’allevamento(sistema tradizionale o secondo il piattounico, con tutte le possibili varianti) lebovine devono quindi assumere l’alimen-to il più spesso possibile e comunque avolontà (della vacca e non dell’uomo).

Principi fondamentali della tecnica dialimentazione delle bovine da latte1. Alimentare a volontà le bovine in lat-

tazione con foraggi (o con alimentonel caso del piatto unico)

2. Frazionare al massimo i pasti di man-gime nell’arco delle 24 ore (automati-co con il piatto unico)Al fine di massimizzare l’assunzione di

sostanza secca si può intervenire su diver-si fronti:– sulla scelta accurata degli alimenti,– sul buon bilanciamento della razione,– sulla tecnica di preparazione e di som-

ministrazione degli alimenti,– sul management aziendale,– sulla struttura dell’allevamento.

Già si è accennato all’importanza del-l’appetibilità degli alimenti, sia dei forag-gi che dei mangimi e quindi oltre allacura della scelta dei prodotti di cui appro-vigionarsi sul mercato può essere talorautile spendere qualcosa in più per diffe-renziare gli apporti di materie primeanche con l’obiettivo di migliorare l’ap-petibilità della razione: ad esempio è con-sigliabile inserire fra i cereali una certaquota di orzo in contrapposizione alladiffusa pratica monocereale basata sulsolo mais.

L’alimento assunto dovrebbe essere ilpiù possibile equilibrato nel senso dellaproporzione dei vari nutrienti rispetto aifabbisogni dell’animale e nel tempo(principalmente nel rapporto energia eproteine) questo concetto è particolar-mente importante per la massimizzazionedel lavoro del rumine chiamato a produr-re acidi grassi volatili assorbiti dall’anima-le già nei prestomaci e proteine microbi-che digerite ed assorbite a livello intesti-nale.

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Foto 7 - Campo di medica pronta allo sfalcio

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1.1 - La gestione dell’alimentazio-ne col sistema tradizionale

Nell’alimentazione tradizionale i con-centrati vengono somministrati separata-mente dai foraggi, questa situazione ècontraria alle esigenze del rumine di averea disposizione contemporaneamente sub-strati proteici ed energetici a grado didegradabilità omogeneo. Ne consegue cheè bene suddividere i pasti di mangime inpiù frazioni opportunamente distanziatenel tempo durante tutte le 24 ore. È chia-ro che l’impiego di autoalimentatori per-mette di raggiungere i migliori risultati inquesto senso. I foraggi dovrebbero inveceessere sempre a disposizione non soltantoper raggiungere l’obiettivo di massimizza-re l’ingestione di sostanza secca ma perevitare che l’animale assuma mangimi chenon siano “tamponati” dall’effetto dellafibra dei foraggi. Gli sbalzi di pH, ammo-niaca e quant’altro indotti nel rumine dai

concentrati vengono infatti ridotti dallapresenza di foraggi ben strutturati neglistessi prestomaci.

Dopo un lungo periodo di digiuno,come può succedere in alcuni allevamential mattino, è bene somministrare all’inizioforaggio lungo anche non molto appetibi-le. I foraggi più appetibili andranno inve-ce somministrati dopo i pasti di mangimequando l’appetito tende a decrescere.

Da quanto appena accennato sull’ali-mentazione tradizionale si evince che nonesiste uno schema rigido ottimale mentresarà sufficiente rispettare alcuni principi.

Principi da rispettare nel caso di alimen-tazione a tecnica tradizionale1. Somministrare prima il fieno al matti-

no è utile soprattutto laddove i foragginon vengano lasciati a disposizione avolontà;

2. L’amido velocemente fermentabile(fiocchi, orzo, pastoni) e le fonti diproteina poco degradabile (Soia tratta-ta, farine di origine animale) possonoessere convenientemente somministra-ti subito dopo il fieno;

3. A rumine vuoto sono da preferire iconcentrati con minore contenuto diamido o con carboidrati meno fer-mentabili e si possono usare conve-nientemente anche fonti proteiche adelevata degradabilità;

4. I foraggi più appetibili è bene che ven-gano somministrati immediatamentedopo i concentrati;

5. I foraggi meno appetibili è bene chevengano somministrati lontani dalpasto di mangime quando l’appetitodell’animale è massimo.

1.2 - La gestione dell’alimenta-zione col piatto unico (Unifeed)

Il piatto unico è la tecnica che più sipresta al rispetto delle necessità fisiologi-che dell’animale tuttavia è importante chesiano ben compresi, da parte dell’allevato-re gli obiettivi, le tecniche di preparazionee di gestione di questa tecnica. (foto 8)

Ad esempio, il fatto che questa tecnicapermetta di raggiungere rapporti forag-gi:concentrati più bassi e quindi piùrischiosi implica il rispetto della continuadisponibilità di alimento oltre che della

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Foto 8 - Mais in zona montana

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buona omogeneità dello stesso. I rischisono quelli dell’aumento di incidenza dipatologie digestive quali: blocchi rumina-li, dislocazioni dell’abomaso, enteriti divario genere ecc… Infatti, se l’animaleeffettua cernite nell’unifeed o rimane sen-za poter mangiare per diverse ore assume-rà troppi concentrati in un ridotto lasso ditempo. (foto 9)

Gli obiettivi fondamentali da perse-guire con il piatto unico sono quelli di ali-mentare a volontà l’animale con un ali-mento omogeneo (e quindi con lunghez-ze di taglio dei foraggi e umidità dellamassa opportunamente combinate).

Obiettivi del piatto unico– Fornire la massima quantità di alimento

all’animale– Evitare che l’animale sia impossibilitato

ad alimentarsi per lunghi tratti dellagiornata

– Massima omogeneità dell’alimento(impedimento alla cernita) grazie aregolazione di

– lunghezza di taglio del foraggio– umidità della massa

La tecnica del piatto unico presentauna serie di vantaggi a carico delle neces-sità fisiologiche dell’animale che può ali-mentarsi in maniera migliore e più equili-brata ma sicuramente vi sono anche van-taggi pratico-applicativi quali la possibili-tà di preparare il mangime in azienda per-sonalizzandolo al meglio e consentendocosì di fare economia sull’acquisto dellematerie prime. D’altro canto gli svantaggiriguardano soprattutto i piccoli alleva-menti dove la necessità di manodopera(rispetto all’uso degli autoalimentatoripuò aumentare) e non è sempre possibilediversificare l’alimentazione fra gli anima-li con diverse necessità.

Vantaggi del piatto unico rispetto all’ali-mentazione tradizionale1. Massimizzazione dell’ingestione di

mangimi con minori rischi di disfun-zioni ruminali e quindi maggioriapporti nutrizionali

2. Massimizzazione del lavoro del rumineper maggiore sincronismo di apporti disubstrati per le fermentazioni

3. Riduzione delle problematiche relative

alla diversa appetibilità dei componen-ti della razione

4. Possibilità di preparare il concentratospecifico in allevamento e di aggiunge-re integrazioni mirate, anche di quellenon appetibili

5. Massima economia di acquisto deimangimi (materie prime)

Svantaggi del piatto unico rispetto all’a-limentazione tradizionale con autoali-mentatori1. Diversificazione delle razioni soltanto

per gruppi (problematico nei piccoliallevamenti)

2. Impiego di manodopera non indiffe-rente (rispetto agli autoalimentatori)

3. Aumento dei costi energetici per latrinciatura del foraggio

La preparazione del piatto unico (foto10) può essere effettuata in diversi modima sicuramente lo schema che segue è ilpiù razionale e quasi obbligato per i carrimiscelatori verticali che altrimenti hannodifficoltà a trinciare il fieno. In ogni modo

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Foto 10Carro per piatto unicosemovente.

Foto 9 - Pisello proteico

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è fondamentale che la lunghezza di tagliodel foraggio lungo sia omogenea e quindinecessariamente ridotta: non più di 2-4cm. Se così non è sicuramente tale lun-ghezza sarà disomogenea e quindi il piat-to unico permetterà agli animali di effet-tuare cernite.

Schema di preparazione del piatto unico1. Caricamento dei concentrati2. Caricamento dei foraggi lunghi3. Trinciatura degli stessi4. Caricamento dei foraggi trinciati5. Miscelazione (possibilmente senza

trinciare: carri con controcoltelliretrattili),

6. Eventuale aggiunta di acqua7. Scarico in greppia.

2 - Massimizzare la quantità e laqualità del latte

La produzione del latte dipende, oltreche dalle potenzialità produttive degli ani-mali anche dalla disponibilità di nutrientinecessari alla sua sintesi e quindi è fonda-mentale, come già accennato, massimizza-re l’ingestione di sostanza secca. I fattoriin grado di influenzare tale assunzione dialimento tuttavia, non riguardano soltan-to gli alimenti ma anche la gestione dell’a-limentazione, il management dell’alleva-mento e la struttura dello stesso alleva-mento.

Obiettivo ingestione di sostanza secca1. Fornire alle vacche in abbondanza

foraggi il più possibile:a) giovani,b) ben conservati,c) sani.

2. Fornire sempre foraggi (tradizionale) oalimento (piatto unico) a volontà

3. Non eccedere con gli apporti di man-gimi

4. Attenzione impiego grassi by-pass(appetibilità).

5. Somministrare ben distribuiti nel tem-po i mangimi (alimentazione tradizio-nale).

6. Bilanciare bene la razione7. In caso di obbligo di uso di foraggi

vecchi e/o poco appetibili trinciareparticolarmente corto (piatto unico).

8. Ottimizzare il management e la strut-tura dell’allevamento:a) curare l’igiene delle greppie (pia-

strellate o verniciate)b) fornire posti greppia confortevoli e

adeguati al numero di animali(non meno del 90% dei capi)

c) ridurre le attese per la mungitura(suddivisione in gruppi della man-dria, e/o adeguato numero digruppi mungitori: almeno 1 perogni 9-10 capi)

d) ridurre le distanze fra la zona diriposo e la corsia di alimentazione,

e) ridurre gli stress termici ed in par-ticolare mantenere fresca la corsiadi alimentazione,

f ) curare con tempestività le patolo-gie podali (soprattutto nellastabu-lazione libera).

Tuttavia non è sufficiente che l’ali-mentazione sia– abbondante, deve essere al contempo– equilibrata nei diversi apporti nutrizio-

nali e– costante durante l’arco della lattazione.

Infatti, va osservato che l’aspetto tem-porale è altresì fondamentale per massi-mizzare la quantità e la qualità del latte.In sintesi occorre dare fiducia all’anima-le per tutta la lattazione (Figura 2).

Tutto ciò sarà possibile soltanto se l’a-nimale sarà mantenuto in condizione daassicurargli una buona salute nel sensodell’assenza di patologie ma anche unaccettabile stato di benessere e comfortdell’ambiente in cui vive. Oltre all’atten-zione che si deve porre alla gestione del-l’alimentazione è quindi importante chevenga posta attenzione alla confortevolez-za delle aree di riposo comunque esse sia-no strutturate. Nel caso della lattiera per-manente lo spazio deve essere adeguato(almeno 7 m2 per animale) ed il rinnovodella lettiera deve essere frequente inmaniera da garantire l’igiene (dovrà esse-re più ravvicinato se la struttura prevedepaddock scoperti sui quali piove o nevica.La soluziuone a cuccette, assai più diffusaper i più ridotti costi di gestione, deveinvece innanzitutto prevedere un correttodimensionamento in funzione della tagliadegli animali poi deve essere realizzatacon una superficie sufficientemente soffi-ce per evitare lesioni agli arti ed infine

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essere mantenuta pulita con la necessariafrequenza.

Obiettivo quantità latte1. Nell’alimentazione delle bovine da lat-

te ad alta produzione si deve massi-mizzare l’ingestione di sostanza secca.

2. Nel valutare una razione consideraresempre prima l’ingestione di alimentoe successivamente gli apporti energeti-ci e proteici. Prima in termini assolutie successivamente percentuali

3. Occorre sempre garantire una buonasalute ed un elevato benessere agli ani-mali

Non è facile rispettare in maniera dura-tura nel tempo le condizioni sopra esposteper il mantenimento di un’elevata produ-zione quantitativa, è sicuramente ancorpiù difficile accoppiare a tale situazioneanche una elevata qualità del latte. Tutta-via non è affatto vero che elevata quantitàsignifichi al contempo scarsa qualità, anzi,nella maggior parte delle realtà il titolo diproteine (uno dei più apprezzati e remu-nerati parametri) è superiore negli alleva-menti più produttivi e questo perché inquesti ultimi le bovine sono alimentate dipiù ed, evidentemente, meglio.

Per ottenere una buona qualità del lat-te e sicuramente fondamentale oltre alrispetto della salute e del benessere dell’a-nimale anche massimizzare il lavoro delrumine. Questo aspetto è vero soprattuttoin funzione del titolo proteico. Anche permigliorare la percentuale di grasso del lat-te le fermentazioni ruminali sono fonda-mentali ma oggi sappiamo che alcuni lipi-di insaturi (detti CLA) possono determi-nare un abbassamento di questo parame-tro in presenza di un rumine perfettamen-te funzionante.

Obiettivo qualità latte1. Massimizzare il lavoro del rumine per-

mettendo all’animale di assumere fre-quentemente fonti di energia e protei-ne velocemente degradabili.

2. Flate-rate feeding: quantità fissa dimangimi per tutta la lattazione, inparticolare è fondamentale non ridur-re eccessivamente la somministrazionedi mangimi nella seconda fase di latta-zione. Questo errore provoca unacarenza energetica e proteica che con-duce a:a) riduzione della persistenza di latta-

zioneb) peggioramento della qualità del

Figura 2.

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latte in termini di titoli proteici,caseinici, lipidici, del livello acidità(inferiore) e dell’indice lattodina-mografico (coagulazione lenta).

3. Foraggi giovani a volontà4. Mantenimento di una buona salute

dell’animale e del suo fegato in parti-colar (epatoprotettori).

2.1 - Massimizzare il lavoro delrumine

Il lavoro del rumine può essere massi-mizzato grazie alla presenza contempora-nea, al suo interno di fonti energetiche eproteiche fermentescibili e complementa-ri per le esigenze della mcropopolazionepresente. I foraggi giovani, le polpe di bar-babietola ed il pastazzo d’agrumi sonosicuramente fra i migliori apportatori difibra velocemente degradabile; i cereali,specie se umidi o trattati termicamente(fioccati, estrusi ecc…), sono invece i clas-sici apportatori di carboidrati non fibrosi,anche se non bisogna dimenticare ilmelasso (ricchissimo di zuccheri solubili equindi immediatamente disponibili per lefermentazioni); infine sul versante protei-co, oltre alle materie prime già trattate, frale quali spicca per importanza commercia-le la farina di estrazione di soia, non biso-gna dimenticare di nuovo i foraggi giova-ni, specialmente di leguminose.

Obiettivo fermentazioni ruminali1. Il lavoro del rumine dipende dalla

presenza di substrati energetici e pro-teici che devono essere presenti con-temporaneamente al suo interno.

2. La massima efficienza si ottiene conapporti continui (pasti frequenti) disubstrati energetici e proteici facil-mente fermentiscibili.

3. I foraggi giovani sono classicamente imigliori apportatori di proteina fer-mentescibile.

4. In generale la proteina richiesta deveessere nobile e facilmente degradabile.

5. I cereali sono i classici apportatori dienergia fermentescibile.

6. La granella umida (pastoni) è più fer-mentescibile di quella secca.

7. Le granelle secche di mais e sorgo(amido “lento”) traggono notevolegiovamento dalla macinazione fine o

da trattamenti ancora più energici:fioccatura, estrusione.

PPAARRTTEE TTEERRZZAAAlcuni consigli

Un problema che si può presentareall’allevatore è la presenza di aflatossinenel latte. Infatti, la Comunità Europea,con regolamento CE 1525 del 16 luglio1998, ha stabilito tenori massimi ammis-sibili per alcuni contaminanti presenti neiprodotti alimentari. In particolare il legis-latore si è soffermato a considerare lapericolosità della presenza di aflatossineM1 nel latte. dal primo gennaio 1999, lasoglia massima di aflatossina M1 nel lat-te è stata fissata a 50ppt (parti per trilio-ne o nano grammi/chilo), pena la noncommerciabilità del latte.

Dal punto di vista scientifico le mico-tossine sono prodotti del metabolismo dialcuni tipi di funghi. I ceppi fungini ingrado di produrre questi metabolismisono numerosi e numerose sono le tossineidentificate fino ad oggi.La zona di possi-bile contaminazione degli alimenti, chepuò iniziare dal campo e perdurare duran-te le fasi di coltivazione e raccolta senzasubire modifiche (anzi spesso rinforzarsidurante la posa in magazzino e nellediverse fasi di trasformazione, di stoccag-gio, e di trasporto, rendono obbligatoriol’attenzione ad ogni fase della produzionee di trasformazione di un alimento. Inol-tre l’elevata stabilità termica di questimetabolici fa sì che i processi di trasfor-mazione (pellettatura, fiaccatura, tostatu-ra, eccetera) non siano in grado di ridurnela tossicità.

ppm (parte per milione = mg/kg (milligrammo/chilo)ppb (parti per bilione = mg/kg (microgrammi/chilo)ppt (parti per trilione) = ng/kg ( nanogrammi/chilo)equivalenze: uno ppm = 1.000 ppb = 1.000.000 ppt

In molti allevamenti, la presenza del-l’aflatossina B1 negli alimenti sono lemaggiori responsabili del passaggio diaflatossine M1 nel latte.

La sensibilità e la volontà dell’allevato-re, collaborando con il proprio tecnico ali-mentarista di fiducia e disponibile ad eli-minare il proprio mais se contaminato o

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ad un rapporto di massima chiarezza conil proprio fornitore di mangime, il proble-ma può essere corretto.

Quindi il problema della contamina-zione da aflatossine nel latte, è un proble-ma gestibile, perché una volta rilevatorisulta di facile e veloce correzione. Ladifficoltà maggiore è di tipo diagnostico,cioè individuare in modo rapido gli ali-menti contaminati nella razione dellebovine da latte. Ciò impone un monito-raggio continuo, del latte prodotto, oltreche una azione di controllo delle fornitu-re di alimenti in stalla, sia esse prodotte inazienda sia acquistate per prevenire l’im-missione nel processo produttivo di ali-menti contaminati da aflatossine B1.

Il problema delle aflatossine nel latte èun problema di filiera e, come tale vaaffrontato.

Nel caso di alimenti acquistati vannoperciò tenuti sottocontrollo i fornitori,verificandone la capacità di eseguire con-trolli a monte sulle derrate in entrata e agestire la derrata in modo adeguato (stoc-caggio, essiccazione, manipolazione delprodotto, trasporto ecc.), mentre per glialimenti prodotti in azienda sarebbeopportuno mettere in atto una serie dimisure preventive per garantirne la qualità.

Se viene riscontrato un livello superio-re ai valori ammessi nel latte di massa ( 30–40 ng/kg), livello di attenzione), di afla-tossine M1 nel latte l’allevatore deve dar-ne comunicazione immediata a chi ritira illatte.

In azienda deve:– Considerare i componenti a rischio nel-

la razione – Rilevare se sono state introdotte nella

razione nuove partite di mangime sem-plici o composti negli ultimi giorni edeventualmente sostituirli

– Far analizzare immediatamente i com-ponenti più a rischio della razione pres-so un laboratorio affidabile . Eventual-mente farsi assistere da persona compe-tente

– Se le aflatossine M1 nel latte di massasuperano i 50 ng/kg, togliere immedia-tamente dalla razione i concentrati arischio aflatossina e sostituirli con unmangime sicuro...

– Per tentare di inattivare le micotossinepresenti negli alimenti sono stati messi

in atto diverse tecnologie di caratterefisico (pulitura, lavaggio, setacciaturaapplicazione del calore....,) chimico,(ammoniaca idrossido di calcio, formal-deide) biologico, (allumina, silice, zeoli-ti carbone attivo, eccetera), ma la mag-gior parte delle tecniche sono poco pra-tiche, inefficaci, costose e potenzial-mente pericolose.

1 - I correttori dietetici

La grande lattifera in molte situazioninon ce la fa a nutrirsi a sufficienza e,volendola soccorrere si interviene conconcentrati, di conseguenza, è espostamaggiormente all’acidosi. Per abbassare ilrischio dell’acidosi non rimane che utiliz-zare gli alcalinizzanti, gli stimolatori deibatteri e gli erogatori di energia. Tra que-sti elenchiamo:– Bicarbonato di sodio– Carbonato di calcio– Ossido di magnesio– Lieviti– Glicole propilenico

2 - I lieviti

Appartengono alla grande famiglia deiprobiotici. Sempre più sono utilizzati nel-l’alimentazione animale. Sono prodottibiologici e naturali. Sono microrganismiviventi che, ingeriti in quantità sufficien-te, esercitano un effetto positivo sullasalute: colonizzazione del tratto gastro –intestinale, normalizzazione del transito,stimolazione delle difese immunitarie del-l’intestino e apporto di nutrienti benefici.I lieviti vanno utilizzati nei momenti e lesfide difficili del rumine della vacca da lat-te. Da quindici giorni prima del partofino al terzo – quarto mese di lattazione,quando la produzione di latte è elevata edi fabbisogni alimentari sono importanti.L’aggiunta di lievito tende a far aumenta-re l’ingestione e a tamponare eventualisquilibri nella razione. In razioni ricche dicereali e amido, per limitare i rischi di subacidosi, i lieviti esercitano una azione pro-tettiva, mantenendo stabile il ph e l’attivi-tà ruminale. In periodi di stress (cambioalimentazione, periodi di forte caldo,modifiche alle strutture eccetera) i lievitilimitano i disturbi digestivi.

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3 - Vacche in transizione

La vacca che si trova nei giorni imme-diatamente successivi al parto è conosciu-to come Transitin Cow ed il periodo èchiamato Transition period. In questa fasel’animale subisce i maggiori problemi,alcune delle principali dismetabolie cui vaincontro, sono:– Chetosi e fegato grasso– Dislocazione dell’abomaso– Acidosi ruminali e laminiti– Caduta del grasso del latte

Una richiesta elevata di energia nelleprime fasi della lattazione è fisiologica. Indiversi casi la vacca non riesce a coprire ilsuo fabbisogno, con ciò che ingerisce. Diconseguenza utilizza il grasso di riserva.Dall’incompleta ossidazione dei grassi(NEFA) si formano i corpi che tonici.

Come si previene – Risulta essenzialeuna adeguata alimentazione alla prepara-zione al parto e i primi 10 giorni successi-vi al parto. In particolare, massimizzarel’ingestione, evitare rapidi cambi di dieta,evitare alimenti poco appetibili, non pro-vocare stress ambientali (box e sala parto),controllo BCS. Con il proprio tecnico ali-mentarista valutare se è necessario in que-sta fase interventi straordinari con sommi-nistrazioni di glicole e o sodio propinato osimilari.

Non bisogna dimenticare che si posso-no evitati i problemi sopra citati se è cura-ta una buona ingestione di fibra lunga daparte della vacca durante il periodo di veraasciutta. Se nel periodo di asciutta nellarazione è frequente una presenza di con-centrati eccessiva, soprattutto amidi, limi-ta l’assunzione di sostanza secca, con unariduzione della capacità investiva e un rela-tivo ingrassamento non desiderato dellavacca. Nell’asciutta la fibra lunga è essen-ziale per garantire la maggior distensionepossibile del rumine, contrastata dallo svi-luppo del feto. La ridotta ingestione disostanza secca dopo il parto, in diretta rela-zione alla minore ingestione durante l’a-sciutta, sopratutte nelle ultime fasi, è lacausa di chetosi e dislocazioni, che riduco-no moltissimo il potenziale produttivodell’animale. Risulta essenziale che gli ali-menti che forniscono fibra, siano di quali-tà e privi di aflatossine, vomitossine, giac-ché ne limiterebbero l’assunzione.

3.1 - Riducono l’ingestione deglialimenti:

– Acidi grassi derivanti dalle fermentazio-ni anomale degli insilati e fasciati(esempio l’acido butirrico)

– L’eccesso di ammoniaca– Prodotti contaminati da fusariosi nel

mais, come vomitossine– Durante la conservazione attacchi da

funghi e quindi contaminazione conmicotossine

– Le ossidazioni a carico di farine, granel-le e foraggi

– Il sapore sgradevole dei prodotti ricor-rente nei grassi e negli alimenti oleosi,perciò è basilare l’integrità dei semi disoia, cotone, ma anche mais

– Miscelate conservate e trattate non cor-rettamente. Evitare fermentazioni eaumenti di temperatura

– La corretta umidità della miscelata– Nel piatto unico evitare la separazione

tra concentrati e le fibre meno appetibi-li (verificare lunghezza taglio fibra e lasostanza secca)

– Il numero ridotto di posti in mangiatoiaostacoli e percorsi difficoltosi

4 - La somministrazione deglialimenti

La somministrazione degli alimentipuò influenzare di per se le fermentazioniruminali e di conseguenza il rendimentodegli alimenti, soprattutto con elevatiimpieghi di concentrati. L’ingestione dialimenti comporta, a livello ruminale, unabbassamento del Ph conseguente allaproduzione di acidi grassi volatili. L’entitàe la durata di questa flessione sono legatealla velocità con cui sono attaccati i sub-strati da fermentare. I concentrati hannotempi più lunghi dei foraggi.

4.1 - La distribuzione del piattounico

Il sistema più sicuro per evitare fer-mentazioni il piatto unico dovrebbe esse-re distribuito due volte il giorno. Diventaindispensabile la distribuzione due volte ilgiorno nei periodi più caldi dell’anno enelle zone di forte ventosità, poiché il ven-to asciuga e fa perdere appetibilità.

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La distribuzione del piatto unicodovrebbe avvenire in corrispondenza del-l’uscita degli animali dalla sala di mungi-tura. Se in questo momento non c’è ali-mento somministrato fresco, oppure nonè possibile accedere alla mangiatoia, levacche si coricano, oltre al contatto deicapezzoli ancora aperti, con la lettiera, masoprattutto nei periodi caldi e freddi acce-dono successivamente ma in modo limita-to alla foraggiata. Nei periodi più criticipuò essere utile movimentare gli animali eavvicinare più volte nella giornata l’uni-feed alla mangiatoia. Se la distribuzionedel piatto unico è effettuata una sola vol-ta il giorno, all’uscita della sala di mungi-tura le vacche dovrebbero trovare l’uni-feed avvicinato alla mangiatoia. Per rende-re veloce questa operazione esistono mac-chine, appositamente studiate, da applica-re ad un normale trattore agricolo dotatedi spazzole circolari, che dopo aver raccol-to le vacche in sala di attesa qualsiasi ope-ratore in pochi minuti può avvicinare lastrisciata alla mangiatoia.” Non dimenti-care mai di aprire la rotoballa di fieno oaltro a terra, rimuovere il foraggio primadi introdurre nel carro”. Se sono presenti,terra pietre, parti ammuffite, od altroimpurità, possono essere separate e nonintrodotte nel carro.

4.2 - La tecnica tradizionale

L’assenza di sistemi meccanizzati,diventa basilare accertare quanti pasti diconcentrati possono essere realizzati nelcorso della giornata e curare l’ordine didistribuzione degli alimenti. In particola-re i pasti a base di mangimi superiori a 2,0 kg ognuno è bene far precedere la dis-tribuzione di foraggi di buona qualità emolto appetibili. Questo ordine di distri-buzione si è rilevato capace di migliorare ititoli lipidici del latte e l’utilizzazionedigestiva della fibra. (foto 11)

Foto 11 - Stalla con corsia di alimentazione.

Foto 12 - Abbeveratoio a bacinella

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5 - Abbeverata

Nei periodi più caldi o i più freddil’assunzione di acqua può limitare l’inge-stione.

Con il caldo, maggiore sudorazione,ed eccessiva perdita di sali minerali,Quantità abnorme di acqua a discapitodella sostanza secca. Rimedio. Integrazio-ne minerale per riequilibrare il livello sali-no. Con il freddo , acqua a temperaturebasse, perciò si rallentano le fermentazio-ni ruminali. (foto 12)

E’ indiscutibile l’elemento più impor-tante per la vacca da latte e può condizio-narla sia per indisponibilità, che per scar-sa qualità.Il consumo di acqua di una vac-ca cambia in funzione della temperaturaambientale. Per una vacca che produce 28kg il giorno, il consumo di acqua a tem-peratura ambiente di 37°c è doppiorispetto ad un ambiente con temperaturadi 10°c . per ogni kg di sostanza seccaingerita una vacca può consumare da 3 a6 l di acqua in funzione della temperaturaambiente.Le vacche più produttive posso-no consumare 180 l di acqua il giorno.

Suggerimenti– Mettere abbeveratoi in sala di attesa e

all’uscita dalla sala di mungitura– Gli abbeveratoi devono essere posti

all’ombra e visibili– Velocità di erogazione > di 20 litri il

minuto– Livello acqua non < a 8 –9 cm – Un abbeveratoio ogni 20 vacche– Temperatura acqua 18 - 22 °c– Pulire e disinfettare abbeveratoi con

soluzioni disinfettanti (cloro) una voltaogni 15 giorni

6 - Il carro del piatto unico

Il carro unifeed è utilizzato tutti i gior-ni. le vacche devono essere alimentate inmodo corretto tutti giorni. Diventa quin-di basilare, dopo un ’acquisto fatto secon-do criteri tecnici corretti e legati alle esi-genze dimensionali e caratteriali dell’a-zienda, mantenerlo efficiente e in sicurez-za. Il principale aspetto da non dimenti-care è evitare di eliminare le protezioniche evitano all’operatore di essere inavver-titamente fresato dal gruppo desilatore,

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Classificazione Lunghezza Graminacee Graminacee Insilato Medica Medica Concen- teorica Fieno Insilato di mais fieno insilato tratiTaglio

Lungo Lungo

Trinciaturagrossolana 4,8-8,0 Grossolano Grossolano Lungo

Trinciaturamedia grossolana 2,4-4,0 Medio Medio Grossolano Grossolano

Trinciaturamedia 1,2-2,0 fine fine medio Medio grossolano

Trinciaturamedio fine 0,6-1,0

Trinciaturafine 0,3-0,5

Macinato 0,15–0,25 Macinato Macinatoo pellettato pellettato pellettato

Schiacciato

Macinaturagrossolana 1,25

Macinatura media 0,90 Mix

Macinatura fine opellettatura 0,63 pellettato

SISTEMA DI CLASSIFICAZIONE DELLE CARATTERISTICHE FISICHE DEL FORAGGIO(Mertens, 1997)

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evitare di legare i portelli di protezione algruppo fresa e organi in movimento.Oltre alle manutenzioni di sostituzioneolio, secondo le indicazioni del costrutto-re, perché con il tempo si danneggiano iparti dei riduttori e si può arrivare al grip-paggio. Questo oltre al forte costo dellariparazione, non è possibile alimentare levacche per alcuni giorni, se non si trovaun altro carro.

Una particolare attenzione che l’alle-vatore, o l’incaricato all’utilizzo del carro,è il costante controllo dell’usura dei col-telli. Diventa difficile dare indicazioni,dopo quante ore devono essere sostituiti,giacché la loro usura è legata dalle caratte-

ristiche e dalla tipologia degli alimenti uti-lizzati in razione. In condizioni normali sipuò in ogni caso indicare che i coltelli del-la coclea centrale in un carro orizzontale,devono essere sostituiti dopo 300 ore dilavoro. Per avere una buona qualità ditaglio, e, che il foraggio non si scaldi erimanga soffice periodicamente è oppor-tuno correggere e tarare i coltelli, mante-nendo la parte affilata verso il foraggio datagliare e a giusta distanza dal fondo. Evi-tare che sulle coclee rimangano impigliatemetri di reti e fili di roto balle. E’ consi-gliabile effettuare giornalmente la puliziadel carro.

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Granarolo e la passioneper l’alta qualità

ANDREA BORSARIDirettore Ricerca Sviluppo Assicurazione Qualità Granarolo Spa

Profilo del Gruppo GranaroloS.p.a.

Il gruppo Granarolo è un’impresa lea-der in Italia nel settore lattiero-caseario,primo nel latte fresco pastorizzato con cir-ca il 30% di quota di mercato e secondonel latte UHT a lunga conservazione conquota di circa il 12%. Capofila del grup-po e principale azionista è il ConsorzioCooperativo Granlatte costituito da unarete di produttori di latte associati sia sin-golarmente che come cooperative di rac-colta latte. Fanno parte del gruppo Gra-

narolo le società controllate Sail sita aGioia del Colle (Bari), Centrale del Lattedi Milano, Calabria Latte (Cosenza),Vogliazzi (Caresanablot - Vercelli), azien-da produttrice di specialità gastronomichee piatti pronti, Agriok società che gestisceun portale agricolo su internet per la for-nitura di prodotti e servizi per le impreseagricole.

I nove stabilimenti, dislocati in variearee del territorio italiano, utilizzano inprevalenza latte crudo locale e delle regio-ni limitrofe e sono situati a:

Novara (latte fresco e UHT), Milano

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(latte fresco e UHT), Mogliano Veneto(latte fresco), Soliera (latte UHT, pannaUHT e latti speciali); Bologna (latte epanna freschi; caseificio), Rimini (lattefresco), Castel S. Pietro Terme (yogurt);Anzio (latte e panna freschi), Gioia delColle (latte fresco e UHT).

La gamma dei prodotti lattiero-casearirealizzati negli stabilimenti sopra citati èmolto ampia e comprende latte frescopastorizzato di Alta Qualità, latte e pannafreschi, latte pastorizzato a temperaturaelevata (linea Più Giorni), latte PrimaNatura Bio da Agricoltura Biologica, lattee panna UHT a lunga conservazione,mozzarelle, stracchini, squacquerone,ricotta, mascarpone, yogurt di vario tipo,latti speciali dietetici, latte ad Alta Digeri-bilità, dessert.

La Mission di Granarolo

La Granarolo di oggi porta con sébuona parte dei valori e degli obiettivi del-le Cooperative, degli agricoltori, dellemaestranze che l’hanno via via costruitanell’arco di alcuni decenni, fino a farladiventare una società primaria e di altareputazione nel settore lattiero-casearioitaliano.

La Mission di Granarolo è di crearevalore per gli attori del processo di filieraagroalimentare e lavorare per sviluppare iseguenti obiettivi:– Soddisfazione del consumatore, con la

fornitura di prodotti salubri, genuini,freschi, naturali, tipici;

– Soddisfazione del cliente, tramite quali-tà del servizio e dei prodotti, l’innova-

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zione e il dialogo;– Soddisfazione del produttore socio,

valorizzando la produzione di latte sicu-ro e di qualità e l’impegno a valorizzarla;

– Soddisfazione del personale, con il rico-noscimento della competenza e la pro-fessionalità;

– Soddisfazione dell’azionista, con l’equaremunerazione del capitale investito.

Granarolo vuole essere l’impresadell’“Alta Qualità” e della “filiera agroali-mentare”, che lavora nel modo migliore illatte crudo fornito da Granlatte per otte-nere prodotti freschi, sicuri, buoni, e diAlta Qualità, da distribuire sul mercatoitaliano e internazionale; tutte queste atti-vità vengono svolte salvaguardando l’am-biente e riducendo gli impatti sulla natura,rispettando le persone e utilizzando com-portamenti etici e di responsabilità sociale.

Politica della Qualità del latte

Granarolo si è distinta da molto tem-po nel praticare una politica di migliora-mento continuo della qualità del latte perottenere sia un latte crudo migliore, piùigienico e sicuro, sia per ottenere da talemateria prima dei prodotti lattiero-casearimigliori per competere sul mercato conqualità superiore e riconoscibile. Questapolitica è stata attivata con gli allevatorigià in tempi lontani a partire dalla secon-da metà degli anni ’70, tra i primi in Ita-lia, con l’attuazione di grandi piani direfrigerazione capillare del latte alla stallaed estesi programmi di profilassi dellamastite bovina e di assistenza e manuten-zione degli impianti di mungitura; inparallelo si svolgevano incontri e corsi diformazione per tecnici e allevatori.

Nel 1984 è sta intrapresa, dopo alcunianni di sperimentazione e rodaggio, laremunerazione differenziata della qualitàdel latte (pagamento latte a qualità) sullabase della determinazione di parametrianalitici obiettivi di composizione del lat-te, caratteristiche microbiologiche e sani-tarie.

Questo meccanismo ha incentivatoprogressivamente la produzione di lattecon caratteristiche qualitative miglioripremiandolo rispetto a latte più scadente,che deve essere sottoposto a detrazioni diprezzo.

Tali anni di miglioramento hannoconsentito a Granarolo di iniziare subitonel 1992 a produrre latte fresco di AltaQualità, quando è entrata completamentein vigore la legge n° 169 del 1989.

Nel corso del tempo la crescita quanti-tativa è stata imponente e oggi il latte diAlta Qualità rappresenta oltre il 52 % deltotale del latte fresco pastorizzato prodot-to da Granarolo.

Ai fini del pagamento a qualità, l’ana-lisi completa del latte crudo dei singoliallevatori e quello delle masse su autoci-sterna alla consegna alle banchine deglistabilimenti, viene eseguita nel laborato-rio centrale a Bologna, che è dotato dimodernissimi strumenti per il controlloautomatico dei campioni di latte e per l’e-missione rapida dei risultati di analisi e deicertificati e l’invio su rete internet dei datiper l’Alta Qualità.

Il laboratorio Centrale è stato accredi-tato fin dal 1993 e ha un sistema di gestio-ne della qualità certificato, a garanzia del-l’affidabilità, competenza e indipendenza.

In tale laboratorio si eseguono anche leanalisi periodiche per la ricerca di aflatos-sina M1 nel latte e analisi particolari per ilmonitoraggio di varie famiglie di antibio-tici, eventuali residui di trattamenti confarmaci delle bovine.

Politiche di qualità e sistemi digestione certificati

In parallelo agli impegni e alle attivitàsvolte nella produzione primaria di latte,si è svolta nel tempo una progressiva eintensa attività di creazione dei sistemi diGestione e di Assicurazione Qualità, neglistabilimenti di trattamento del latte, conlo scopo di garantire il mantenimento del-le caratteristiche qualitative della materiaprima e la regolarità, affidabilità e sicurez-za del processo produttivo, dagli ingressinegli stabilimenti fino alla distribuzionedei prodotti.

In pratica è stato applicato progressi-vamente un sistema basato in prevalenzasu buone pratiche di lavorazione e con-trollo qualità, dapprima non completa-mente formalizzate e integrate tra loro, eche successivamente è stato trasformato insistemi organizzati e conformi alle normeinternazionali della serie ISO 9000, certi-

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ficati da Enti di Certificazione indipen-denti e accreditati.

I certificati dei Sistemi di Qualità sonoriconosciuti a livello internazionale e per-mettono di attribuire, con dichiarazione,alle aziende una capacità di gestire com-pletamente i requisiti della qualità e diconseguenza la produzione di prodotticonformi a livelli di qualità prestabiliti ecostanti.

Il processo produttivo nei vari stabili-menti di trattamento termico e confezio-namento, o nella trasformazione caseariao nella produzione di yogurt, è inquadra-to in un metodo di valutazione dei rischi,di individuazione dei punti critici e dicontrollo e gestione di tali punti allo sco-po di assicurare l’ igenicità e la sicurezzaalimentare.

Questo metodo chiamato HACCP(Hazard Analysis Critical Control Point =Analisi dei Pericoli e dei Punti Critici diControllo) è usato in tutti gli stabilimentiGranarolo, in quanto obbligatorio perlegge, ed è inserito nel sistema di gestionedella qualità. Gli obiettivi principali sonodi ricevere latte, materie prime, ingredien-ti, e materiali di confezionamento in con-formità ai requisiti di legge e agli standardaziendali di qualità; tutte le forniture sonosottoposte a un controllo di qualità.

Tutto il processo produttivo, nellevarie fasi e stadi di lavorazione, e gli stoc-caggi e movimentazioni vengono tenutisotto stretto controllo per evitare difetto-sità e raggiungere le specifiche aziendali; iprodotti forniti, opportunamente cam-pionati, sono sottoposti a numerosi con-trolli e analisi per accertare il rispetto deirequisiti.

Alcune speciali linee di prodotto comeil latte fresco di Alta Qualità e i suoi pro-dotti derivati come yogurt e mozzarella eanche la linea Prima Natura Bio (latte adalta pastorizzazione, stracchino, mozzarel-la, yogurt, ottenuti con latte da agricoltu-ra biologica), sono lavorate in modo sepa-rato e in tempi distinti rispetto al lattecomune, per garantire l’individuazione ela rintracciabilità ed impedire miscelazio-ni ed eventuali contaminazioni.

Granarolo ha un settore di Assicurazio-ne Qualità che presidia varie aree quali: – Progettazione e revisione dei piani

Haccp;

– Progettazione e implementazione deiprocessi di certificazione:

– Coordinamento delle procedure di con-trollo qualità e di controllo del processoproduttivo;

– Gestione dei reclami;– Attività di ispezione sui siti produttivi e

di distribuzione e i trasporti.Tutti gli stabilimenti del gruppo Gra-

narolo hanno già ottenuto una certifica-zione ISO 9000 o hanno in corso l’im-plementazione del sistema qualità certifi-cabile.

Nella tabella sono presentate le certifi-cazioni dei siti produttivi al 31/12/02.

Granarolo, in coerenza con la propriamissione, si è anche impegnata sul versan-te della protezione dell’ambiente e dellariduzione degli impatti industriali, anchecon lo scopo di assicurare il rispetto delleleggi ambientali; ha introdotto sistemi digestione ambientale in tutti i siti produt-tivi, ottenendo già alcune certificazioni diconformità alla norma internazionale ISO14001 e in alcuni stabilimenti anche lacertificazione europea EMAS: lo stabili-mento di produzione dello yogurt aCastel S. Pietro Terme è stato il primo inItalia ad ottenere la certificazione EMASnel settore agroalimentare.

Gli stabilimenti sono impegnati nelcontrollare e ridurre tutti gli impatti sul-l’ambiente e nell’impiegare le miglioripratiche per la gestione di acqua, energia,depurazione, rifiuti ecc…

Granarolo e Granlatte hanno giàeffettuato alcune ricerche per la valutazio-ne degli impatti ambientali nell’attivitàagricola e di allevamento del bestiame per

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la produzione di latte: tali attività hannoun impatto importante che dovrebbeessere conosciuto e gestito dagli agricolto-ri.

In un prossimo futuro è stato previstodi attivare iniziative di sensibilizzazione edi formazione degli operatori agricoli suitemi di gestione ambientale in modo datrasferire su tutta la filiera di produzionedel latte metodi di gestione razionale esicura che tutelino l’ambiente, l’uomo e illatte prodotto.

Filiera controllata e rintracciabi-lità di filiera

Nel corso degli anni Granarolo hasempre sviluppato una politica industrialedi collaborazione e legame con le struttu-re zootecniche di produzione del latte nel-le varie aree territoriali dove sono presentigli stabilimenti di produzione e dove si èricollocato tale latte sottoforma di prodot-ti finiti. In pratica un sistema di filieraagricola dalla stalla alla tavola del consu-matore che è stato proposto su gran partedel territorio nazionale.

Il Consorzio Granlatte e Granarolohanno lanciato nell’autunno del 2000un’importante progetto per le due filieredel latte di Alta Qualità e Biologico: crea-zione e applicazione di un sistema Haccpdi prevenzione dei rischi e di gestione del-la sicurezza alimentare e della rintracciabi-lità delle materie prime nelle varie fasi del-

l’allevamento delle bovine da latte, dellarefrigerazione e raccolta, del controllo edella lavorazione del latte e della distribu-zione primaria dei prodotti.

Tutte queste attività sono svolte nelrispetto di un disciplinare tecnico eseguendo procedure e istruzioni operativeche comportano anche la necessaria edimportante registrazione su moduli o sufogli elettronici dei controlli e azioni effet-tuate; inoltre tutte le materie prime e iprodotti in lavorazione sono completa-mente identificabili e rintracciabili neivari spostamenti e nelle varie fasi dellafiliera.

La partenza del progetto ha visto all’i-nizio il coinvolgimento di un gruppo disette stalle pilota su cui è stato messo apunto il sistema; poi il sistema è stato pro-gressivamente ampliato a tutti i produtto-ri delle due filiere specializzate e infine nelsettembre del 2002 il Consorzio Granlat-te e poi Granarolo hanno ottenuto perprimi in Italia nel settore lattiero-caseariola completa certificazione per la filieracontrollata e la rintracciabilità del lattefresco di Alta Qualità e del latte PrimaNatura Bio e di alcuni loro prodotti deri-vati; la certificazione è stata conferita daCSQA (Certificazione Sistemi QualitàAgroalimentari) organismo riconosciuto alivello internazionale.

La certificazione di Filiera Controllatasi estende su 297 aziende agricole, distri-buite in 11 regioni, con un volume com-

Sito produttivo ISO ISO ISO EMAS Certificato Certificazione Certificazione9001 9002 14001 di Prodotto rintracciabilità filiera controllata

di filiera

BolognaPastorizzato 25/07/02 31/07/02 30/10/02 18/10/02 18/10/02

BolognaCaseificio 14/07/01 31/07/02 30/10/02 18/10/02 18/10/02

Bologna 19/05/93laboratorio 25/05/01

Castel S. Pietro 13/12/96 13/12/00 21/03/01 22/12/00 18/10/02 18/10/02

Anzio 11/07/97 02/05/00 18/10/02 18/10/02

Novara 11/02/00 18/10/02 18/10/02

Soliera 14/04/99 28/12/01 16/10/01

Centrale di Milano 20/07/98 18/10/02 18/10/02

Vogliazzi 24/05/02

CERTIFICAZIONI SITI PRODUTTIVI GRUPPO GRANAROLO

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plessivo di 209 milioni di litri all’anno, parial 15 % della quota nazionale del latte.

Nella filiera controllata le principaliattività messe in campo per il controllodei punti critici sono:– Valutazione, controllo e rintracciabilità

degli alimenti zootecnici sia acquistatisia autoprodotti;

– Identificazione e conservazione dei pro-dotti disinfettanti, farmaci e detergenti;

– Controllo e registrazione dei trattamen-ti di profilassi e di cura eseguiti sullebovine;

– Registrazione del piano alimentare edella razione per i vari gruppi di bovinee la rintracciabilità degli alimenti zoo-tecnici usati;

– Identificazione dei siti di stoccaggio epreparazione degli alimenti e controllodella pulizia dei contenitori;

– Controllo dell’igiene, sicurezza ed effi-cienza della mungitura, e della tempera-tura e funzionamento dei frigoriferi dellatte;

– Controllo delle caratteristiche igieniche,sanitarie e di composizione del latte diogni allevamento.

La rintracciabilità e la separazione fisi-ca del latte è garantita durante le fasi diraccolta e trasporto fino agli stabilimenti.

Ad ogni consegna di latte crudo allostabilimento, viene identificata la prove-nienza e vengono prelevati campioni per ilcontrollo qualità e accettazione del latteverificando: composizione del latte, even-tuali residui di sostanze antibiotiche, cari-ca batterica totale e cellule somatiche.

Inoltre viene applicato un programmadi controlli specifici cadenzato nel tempoper il controllo di agenti contaminantiquali aflatossina M1 (proveniente damangimi contaminati da aflatossine B1 eB2), che viene ricercata ogni mese su tut-te le raccolte di latte e dal cui esito scatta-no eventuali controlli mirati per la ricercadi singoli allevamenti con problema. Altricontrolli vengono eseguiti sulle masse diraccolta per l’analisi di contaminantiambientali quali metalli pesanti, PCB eresidui di prodotti usati in agricolturaquali antiparassitari organofosforati, orga-noclorurati, diserbanti, insetticidi.

Nel corso del processo industriale svol-to negli stabilimenti, viene mantenuta larintracciabilità del latte e delle materie

prime seguendo e registrando gli sposta-menti e le fasi di lavorazione nei reparti;inoltre tutti i punti vengono accurata-mente sorvegliati e controllati dagli opera-tori e da strumenti di misura e registrazio-ne continua; in alcune fasi si effettuanoanche campionamenti di prodotti e semi-lavorati per eseguire opportune analisi.Naturalmente il sistema è regolato inmodo che in caso di eventuali malfunzio-namenti o irregolarità immediatamentescattono contromisure di ripristino deglistandard o di blocco del processo produt-tivo o di separazione di materiali.

Sui prodotti finiti eseguiamo un inten-so controllo qualità per accertare la sicu-rezza dei nostri prodotti, tramite analisi diroutine chimiche, microbiologiche, fisi-che e sensoriali; inoltre vengono periodi-camente effettuate le analisi speciali diricerca dei contaminanti ambientali.

La permanenza dei prodotti nelle cellefrigorifere di stabilimenti e depositi, lacontinuità della catena del freddo e le fasidi trasporto con automezzi refrigeratisono sottoposte a sorveglianza della tem-peratura con controlli puntuali e con ter-moregistrazione continua.

Gli ispettori di Granarolo tengonosotto controllo, oltre alle temperature,anche le condizioni igieniche di magazzi-ni e automezzi di trasporto primario esecondario in tutte le regioni italiane doveil Gruppo distribuisce tutti i giorni i suoiprodotti.

Granarolo deve garantire al consuma-tore finale la sicurezza, l’igiene, genuinitàe bontà dei propri prodotti lattiero-casea-ri: il metodo di lavoro usato nella filieracontrollata comporta condivisione diobiettivi tra i vari operatori e rapporti sta-bili lungo tutta la filiera e permette così diaffrontare il mercato in modo più compe-titivo con un offerta di prodotti di elevataqualità ed eccellenza.

Ricerca e Sviluppo e Innovazionitecnologiche

Granarolo ha da molto tempo ricono-sciuto l’importanza e la rilevanza strategi-ca della ricerca applicata nel proprio setto-re per innovare in termini di nuovi pro-dotti e nuovi processi di lavorazione econfezionamento.

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Come risaputo il sistema di ricerca ita-liano pubblico e privato purtroppo daparecchio tempo non riesce a ottenererisorse, investimenti e a tenere il passo dicrescita dei principali paesi industriali;Granarolo, comunque, ha sempre dedica-to delle risorse proprie e di finanziamentipubblici, ottenuti per progetti specifici,con la finalità di progettare e realizzareprodotti nuovi per il mercato o nuovi pro-cessi per ottenere gli stessi prodotti connuove tecniche e migliori caratteristichequalitative.

Nel periodo dal 1990 al 2002, sonostati realizzati ben 37 prodotti nuovi edalcuni di questi sono in pratica i caposti-piti di una gamma di ulteriori referenzedifferenziate per gusto.

Tralasciando la linea Granarolo che hauna gamma completa di prodotti freschi ea lunga conservazione, si ricordano breve-mente le altre principali linee di prodotti:– Alta Qualità: latte fresco pastorizzato,

yogurt, mozzarella, stracchino, Burro,dessert;

– Prima Natura Bio: latte, yogurt, strac-chino, mozzarella, uova;

– Vivi Vivo: latte e yogurt con caratteri-stiche dietetiche, contenenti il probioti-co LGG;

– Accadì: linea dietetica con latte ad altadigeribilità UHT e latte a basso conte-nuto di lattosio e con vitamine ad altapastorizzazione e media conservazione;

– Linea ad alta pastorizzazione ESL: lattePiù Giorni, latte Leggero, panne damontare, bevande golose a base di latte.

Le linee di azione nell’ambito dellaricerca e sviluppo di Granarolo hannocome premessa fondamentale la valorizza-zione della qualità naturale originale dellatte e delle materie prime.

I procedimenti di lavorazione applica-ti da Granarolo sono stati quindi studiati,ammodernati e ottimizzati per impiegaremodalità di trattamento, impianti e mac-chine che, nel rispetto di elevate condizio-

ni igieniche, garantiscono la salvaguardiadei sapori e dei valori nutrizionali in equi-librio con appropriate durate nella fase dicommercializzazione e consumo dei pro-dotti.

Principi di base sono la nostra sceltadi escludere sostanze quali conservanti,coloranti ed additivi che hanno la funzio-ne di coprire o correggere carenze e difet-ti delle materie prime, e di ricorrere a par-ticolari ingredienti solo per avere partico-lari prestazioni funzionali; inoltre nonapplichiamo trattamenti termici o fisicidrastici, al di sopra dello stretto necessa-rio, che hanno solo lo scopo di prolunga-re di più la durabilità a scapito dell’inte-grità dei prodotti lattiero caseari.

Alcuni esempi di applicazione deiprincipi sopra esposti sono le modalità diselezione del latte e delle materie prime ei delicati trattamenti di pastorizzazioneper la produzione della linea Alta Qualità( latte fresco, mozzarella, yogurt ). Grana-rolo per prima in Italia ha sperimentato epoi applicato, a partire dal 1996, il nuovoprocedimento di pastorizzazione ad altatemperatura, in infusione di vapore, perun tempo inferiore a un secondo, in cui siottiene una elevata riduzione della caricabatterica del latte mantenendo le caratte-ristiche sensoriali e nutrizionali, senza sot-toporre il latte a varie manipolazioni e aintensi stress fisici, che sono usati in altriprocessi impiegati di recente da altreindustrie in Europa.

La tecnologia ESL (extended shelf life)per l’aumento della durabilità si ottieneapplicando inoltre modalità innovative diconfezionamento ultra clean e mantenen-do la distribuzione refrigerata.

Per Granarolo i trattamenti industrialie le trasformazioni debbono pertanto esse-re effettuati in modo delicato e non inva-sivo o drastico, valorizzando le caratteri-stiche originarie e la genuinità del latte,ingrediente fondamentale per tutti i nostriprodotti.

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Abbeveratoi 26, 36, 42, 60, 76, 122;

Aerazione 62, 65, 66;

Allevamento dei bovini 9, 76, 81, 90, 129;

Ammuffimento 109;

Animale 54, 70, 81, 86, 101, 105, 119;

Appetibilità 111, 115, 120;

Asciutta 19, 77, 87, 97, 120;

Attacchi 74, 120;

Autocontrollo 13, 84, 101;

Battifianchi 33, 36;

Benessere 12, 17, 37, 75, 79, 83, 105, 113;

Biogas 62, 68;

Body Condition Score 94, 100;

Calore 21, 23, 44, 54, 78, 87, 107;

Clostridi 71, 108, 110;

Compostaggio 62, 68;

Concimaia a piattaforma 64;

Correttori Dietetici 119;

Corsia di alimentazione 23, 30, 39, 116;

Cuccette 17, 29, 35, 48, 54, 75, 91, 116;

Cottura 108;

Cunetta 30, 33, 50;

Dati Cellule 97;

Dati Produttivi 97;

Dati Riproduttivi 98;

deiezioni animali 60, 76;

Digestione anaerobica 68;

Dimensioni animali 19;

Epato Protettori 118;

Feci 60, 91;

Fecondazione 86, 95;

Fessurato 11, 26, 35, 50, 64, 72;

Fieno sciolto 72;

Fienosilo 71;

Foraggi verdi 106, 109;

Grassatura 111;

Gravidanza 88, 96, 101;

Illuminazione 22, 26, 43, 78;

Inseminazione 28, 47, 86, 87, 98;

Lagoni 62, 65;

Letame 60, 65, 78, 86;

Lettiera 17, 28, 34, 47, 54, 60, 66, 71, 88,

116;

Lieviti 71, 93, 119;

Liquame 28, 38, 47, 60, 65, 68, 78;

Locale latte 30, 39, 44;

Locale mungitura 39;

Mangiatoia 28, 31, 36, 72, 91, 120;

Mangimi 10, 60, 97, 105, 110, 115;

Materiali 24, 36, 43, 64, 66, 128;

Mungitura 10, 23, 31, 39, 45, 52, 73, 97,

116;

Pagliai e fienili 72;

Parto 19, 31, 46, 87, 89, 98, 119;

Patologie 75, 93, 105, 110, 115;

Perossidi 110;

Piedi 38, 46, 88, 94;

Posta 15, 26, 31, 74;

Razze di vacche da latte 81;

Recinzioni elettriche 24;

Rimonta 11, 19, 76, 85, 91;

Riscaldamento 15, 44;

Sfalcio 108;

Sili 24, 52, 71, 107;

Spore 108;

Vitella 26, 90, 102;

Vitellaie 26;

Zona di esercizio 29, 34, 37, 49, 64, 77;

“Parole chiave”

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Finito di stampare nel mese di marzo 2003presso la Tipografia Altedo

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Granlatte Consorzio Cooperativo Soc. Coop a r.l.Via Cadriano 3640127 BolognaTel. 051.4170711Fax 051.505191e-mail: [email protected]