I biofilm negli ambienti naturali e patologici - ruminantia.it · Professione Allevatore Marzo...

2
DAIRY ZOOM Chimica, biochimica e fisiologia della produzione del latte di ALESSANDRO FANTINI Q uando si pensa ai batteri s’imma- ginano come singole cellule presenti sui vari tessuti dell’organismo mutuando quando si osserva con i micro- scopi nelle coltivazioni in vivo. Con la stes- sa ottica si pensa alla presenza dei batte- ri nelle acque e sulla terra. Questa rap- presentazione è una semplificazione didat- tica e sperimentale di quanto in realtà si trova in natura. Nella realtà molti batte- ri vivono liberi negli ambienti che colo- nizzano e tale tipo di organizzazione si defi- nisce planctonica ricordando come appun- to il plancton vive negli oceani, ossia in forma dispersa e fluttuante nell’acqua. Molti organismi unicellulari come i batteri in realtà vivono organizzati in strutture defi- nite appunto biofilm formando delle vere e proprie comunità miste. Cosa è il biofilm Il biofilm altro non è che una matrice in genere poli- saccaridica, secreta dagli stessi batteri, all’interno della quale possono vivere più specie batteriche in rapporto spesso di mutuo sostegno in un complesso sistema biologico e strut- turale. I biofilm sono delle strutture antichissime ritro- vate fossili in ambienti idro-termali risalenti a 3.3- 3.4 miliardi di anni fa. Le ragioni per cui molte spe- cie batteriche abbandona- no reversibilmente o rever- sibilmente la forma planc- tonica sono molte e non completamente ben note. I batteri che vivono e costruiscono il biofilm hanno un tasso di crescita sicuramente più elevato e ciò deriva dalla stabilità ambientale tipi- ca di queste strutture e per una maggio- re disponibilità di nutrienti. Altra impor- tantissima ragione è il ruolo protettivo che l’organizzazione dei biofim comporta nei confronti dei raggi UV, l’esposizione agli acidi, alla disidratazione e la salinità, alla fagocitosi e agli agenti antibiotici ed anti- microbici. La struttura dei biofilm ricor- da in forma molto primitiva quella degli organismi pluricellulari. All’interno dei bio- film più complessi possiamo trovare più specie batteriche. Taluni li definiscono anche “consorzi batterici” dove possiamo trovare strutture anche canalicolari dove il flusso dei nutrienti, l’eliminazione dei cataboliti ed i segnali chimici possono agevolmente transitare. La matrice del biofilm è prodotta dagli stessi batteri ed è in genere di natura polisaccaridica. È una struttura molto idratata e di tipo anioni- co. Tale matrice può essere talmente “forte” da fossilizzare. Possiamo trovare questo tipo d’organizzazione sessile dei batteri in ambienti tra i più diversi. Fre- quentemente sono riscontrabili negli ambienti acquatici marini e d’acqua dolce, in ambienti acquatici estremi, come le acque geo-termali, ma anche nelle strutture definite “made men”. Que- st’ultime possono andare dagli ambienti industriali, sia metallici che sintetici, dalle protesi utilizzate nella medicina, etc. Oltre a queste localizzazioni si trovano queste strutture coinvolte in patologie molto gravi, soprattutto per medicina umana, ma anche in distretti anatomici molto impor- tanti, per la nostra attività, come il rumi- ne, di cui parleremo più avanti in manie- ra più specifica. Il primo evento, propedeutico alla crea- zione del biofilm, è l’adesione dei batte- ri planctonici ad una superficie, sia natu- rale che artificiale. I primi “coloni” ade- riscono alle superfici attra- verso deboli e reversibili forze di Van der Walls. Successivamente l’anco- raggio avviene con specifi- che molecole di adesione cellulare (polimeri lineari) come i pili, i flagelli che sta- biliscono con le superfici legami molto stabili. Con- testualmente all’adesione inizia la produzione batte- rica della matrice polisac- caridica del biofilm e la replicazione dei batteri. In seguito vengono continua- mente reclutati batteri planctonici che vanno a rendere sempre più com- plessa la neonata struttura. Interessante è il tipo di comunicazione che si sta- bilisce tra i batteri, sia della stessa specie, che di I biofilm negli ambienti naturali e patologici Professione Allevatore Marzo 2010 58 Se nella gestione della produzione del latte la presenza dei biofilm rappresenta un indubbio vantaggio evolutivo così non è per il campo medico, umano e veterinario, in quanto queste comunità sono negativamente coinvolte in gravi patologie, nella resistenza agli antimicrobici e ai disinfettanti.

Transcript of I biofilm negli ambienti naturali e patologici - ruminantia.it · Professione Allevatore Marzo...

DAIRY ZOOMChimica, biochimica e fisiologia della produzione del latte

di ALESSANDRO FANTINI

Quando si pensa ai batteri s’imma-ginano come singole cellule presentisui vari tessuti dell’organismo

mutuando quando si osserva con i micro-scopi nelle coltivazioni in vivo. Con la stes-sa ottica si pensa alla presenza dei batte-ri nelle acque e sulla terra. Questa rap-presentazione è una semplificazione didat-tica e sperimentale di quanto in realtà sitrova in natura. Nella realtà molti batte-ri vivono liberi negli ambienti che colo-nizzano e tale tipo di organizzazione si defi-nisce planctonica ricordando come appun-to il plancton vive negli oceani, ossia informa dispersa e fluttuante nell’acqua. Moltiorganismi unicellulari come i batteri inrealtà vivono organizzati in strutture defi-nite appunto biofilm formando delle veree proprie comunità miste.

Cosa è il biofilm

Il biofilm altro non è cheuna matrice in genere poli-saccaridica, secreta daglistessi batteri, all’internodella quale possono viverepiù specie batteriche inrapporto spesso di mutuosostegno in un complessosistema biologico e strut-turale. I biofilm sono dellestrutture antichissime ritro-vate fossili in ambientiidro-termali risalenti a 3.3-3.4 miliardi di anni fa. Leragioni per cui molte spe-cie batteriche abbandona-no reversibilmente o rever-sibilmente la forma planc-tonica sono molte e noncompletamente ben note. Ibatteri che vivono ecostruiscono il biofilmhanno un tasso di crescitasicuramente più elevato e

ciò deriva dalla stabilità ambientale tipi-ca di queste strutture e per una maggio-re disponibilità di nutrienti. Altra impor-tantissima ragione è il ruolo protettivo chel’organizzazione dei biofim comporta neiconfronti dei raggi UV, l’esposizione agliacidi, alla disidratazione e la salinità, allafagocitosi e agli agenti antibiotici ed anti-microbici. La struttura dei biofilm ricor-da in forma molto primitiva quella degliorganismi pluricellulari. All’interno dei bio-film più complessi possiamo trovare piùspecie batteriche. Taluni li definisconoanche “consorzi batterici” dove possiamotrovare strutture anche canalicolari doveil flusso dei nutrienti, l’eliminazione deicataboliti ed i segnali chimici possonoagevolmente transitare. La matrice delbiofilm è prodotta dagli stessi batteri edè in genere di natura polisaccaridica. È unastruttura molto idratata e di tipo anioni-co. Tale matrice può essere talmente

“forte” da fossilizzare. Possiamo trovarequesto tipo d’organizzazione sessile deibatteri in ambienti tra i più diversi. Fre-quentemente sono riscontrabili negliambienti acquatici marini e d’acquadolce, in ambienti acquatici estremi,come le acque geo-termali, ma anchenelle strutture definite “made men”. Que-st’ultime possono andare dagli ambientiindustriali, sia metallici che sintetici, dalleprotesi utilizzate nella medicina, etc. Oltrea queste localizzazioni si trovano questestrutture coinvolte in patologie moltogravi, soprattutto per medicina umana, maanche in distretti anatomici molto impor-tanti, per la nostra attività, come il rumi-ne, di cui parleremo più avanti in manie-ra più specifica.Il primo evento, propedeutico alla crea-zione del biofilm, è l’adesione dei batte-ri planctonici ad una superficie, sia natu-rale che artificiale. I primi “coloni” ade-

riscono alle superfici attra-verso deboli e reversibiliforze di Van der Walls.Successivamente l’anco-raggio avviene con specifi-che molecole di adesionecellulare (polimeri lineari)come i pili, i flagelli che sta-biliscono con le superficilegami molto stabili. Con-testualmente all’adesioneinizia la produzione batte-rica della matrice polisac-caridica del biofilm e lareplicazione dei batteri. Inseguito vengono continua-mente reclutati batteriplanctonici che vanno arendere sempre più com-plessa la neonata struttura.Interessante è il tipo dicomunicazione che si sta-bilisce tra i batteri, siadella stessa specie, che di

I biofilm negli ambienti naturali e patologici

Professione Allevatore Marzo 201058

▼ Se nella gestione della produzione del latte la presenza dei biofilm rappresenta unindubbio vantaggio evolutivo così non è per il campo medico, umano e veterinario, inquanto queste comunità sono negativamente coinvolte in gravi patologie, nella resistenzaagli antimicrobici e ai disinfettanti.

Professione Allevatore Marzo 201059

DA

IRY

ZO

OM

specie diverse. Nei batteri gram-negati-vi la comunicazione cellulare avviene tra-mite molecole di omeoserina lattone ace-tilata (AHLS) che vengono rilasciate dallecellule e si accumulano nella matrice delbiofilm. Queste molecole sono in gradod’interagire con dei recettori situati sullasuperficie delle cellule batteriche e con-dizionarne l’espressione genetica e forsequesta è la ragione che induce la tra-sformazione comportamentale delle cel-lule planctoniche in quelle sessile dellamedesima specie batterica. Molecoleanaloghe, ma diverse sono coinvolte nel-l’espressione genetica anche dei batterigram-positivi.

L’esempio del rumine

Un esempio concreto per acquisire il con-cetto di biofilm batterico è l’esempio delrumine e quanto avviene per la fermenta-zione della cellulosa. Nel rumine bovino lamaggioranza dei batteri ruminali e in parteanche i funghi sono organizzati in biofilm.La frazione plantonica è di scarsa entità erappresenta spesso una forma momenta-nea o di passaggio. Si stima che solo il 30-40% dei microrganismi ruminale viva libe-ra nel fluido ruminale. Il biofilm ruminalerappresenta un vero e proprio plus nella fer-mentazione di nutrienti insolubili come lacellulosa. L’efficienza fermentativa deibatteri cellulosolitici in forma plantonicarispetto a quella sessile è di gran lunga menoefficiente. Una profonda conoscenza dellastruttura di queste comunità batteriche èpropedeutica alla possibilità di migliora-mento della digeribilità dell’NDF dellarazione alimentare e quindi di disponibilitàsia di biomassa che di acidi grassi volatiliper i fabbisogni nutritivi della bovina. Quan-do attraverso l’ingestione della razione ali-mentare viene immessa cellulosa nell’am-biente ruminale avviene in pochi minuti lacolonizzazione delle particelle di fibra daparte di quei batteri ruminali in grado diidrolizzarla ossia di trasformarla in mole-cole solubili. I batteri in grado dapprima diaderire alle particelle di fibra e poi idroliz-zarle sono essenzialmente il Bacteroidessuccinogenens (Gram positvi) e il Rumino-coccus albus e flavefaciens, entrambiGram negativi. Il primo di questi è in gradodi secernere, in vescicole, enzimi amiloli-

tici mentre i Gram negativi hanno la neces-sità di una stretta adesione al substrato periniziare ad utilizzare il corredo enzimaticodi cui sono dotati. I prodotti della digestionedella cellulosa di queste tre famiglie bat-teriche sono utili come nutrimento per lorostessi ma di richiamare, per chemiotassi, nel“consorzio microbico” nascente, altri micror-ganismi come il Butyrivibro fibrosolvens, eTreponema bryantii, una spirocheta anae-robia. Quest’ultimo batterio è in grado diconsumare glucosio e anidride carbonicaproducendo, a vantaggio dell’ospite, ace-tati, formiati e succinati. Quando la cellu-losa è stata completamente fermentata ibatteri mutano dalla forma sessile a quel-la plantonica, pronti a colonizzare altra cel-lulosa.

Biofilm e resistenze ad antimicrobicie disinfettanti

Se nella gestione della produzione del lattela presenza dei biofilm rappresenta unindubbio vantaggio evolutivo così non èper il campo medico, umano e veterina-rio, in quanto queste comunità sono nega-tivamente coinvolte in gravi patologie,nella resistenza agli antimicrobici ed aidisinfettanti. Per meglio comprendere lagravità del fenomeno basti pensare allaplacca dentale prodotta nel cavo oraledallo Streptococcus sanguinis e al suogrado di resistenza meccanica e chimicae ai danni che questo può creare a dentidell’uomo. Altro esempio piuttosto notosono le infezioni da Pseudomonas aeru-ginosa e Staphilococcus aureus dell’epi-telio polmonare in grado di complicare ildecorso di pazienti con fibrosi cistica acausa della forte riduzione del ruolo deileucociti nel fagocitare questi batteri pato-geni resistenti all’interno dei biofilm.Accanto a questo ruolo patogeno speci-fico l’organizzazione in biofilm dei bat-teri su superfici artificiali come ambien-ti, protesi, lenti a contatto, etc. compli-ca, rendendo a volte molto difficile le pra-tiche di disinfezione di questi manufat-ti. I biofilm sono inoltre coinvolti in alcu-ni fenomeni di resistenza batterica agliantibiotici e ai disinfettanti nonché alsistema immunitario sia umorale che cel-luolo-mediato alterando o aggravando ilcorso e la prognosi di patologie anche

banali. Al di la delle problematiche pato-logiche legate all’organizzazione in bio-film che se pur importantissime in alcu-ne gravi malattie umane, in medicinaveterinaria i biofilm batterici esercitanoun ruolo marginale. La ragione di questoè la breve durata della vita di un animaleda reddito che impedisce la cronicizza-zione di alcune malattie e dallo scarsoruolo che hanno alcune patologie dege-nerative nella vacca da latte. Di enormeinteresse è invece la conoscenza dei bio-film ruminali.

Biofilm e fabbisogni nutritivi della bovina

È noto che con il progredire della selezionegenetica i fabbisogni nutritivi della bovi-na al picco produttivo sono in crescitacostante se non addirittura esponenzia-le. È altrettanto noto che ragioni fisio-logiche, ma anche di tipo economico, lega-no il successo produttivo, riproduttivo esanitario della vacca da latte ad una otti-male attività fermentativa del rumine. Perragioni essenzialmente didattiche e spe-rimentali si è abituati a pensare ad unrumine che ospita un gran numero di spe-cie batteriche, fungine e protozoarie ineterna lotta tra di loro ma in un sostan-ziale equilibrio, che assicura alla bovinaun apporto nutritivo mai soddisfacente.Testimonianza ne è che tutte le bovine,a vario livello, dimagriscono dopo il parto.Molte delle nostre conoscenze di nutri-zione sono basate su questa necessariasemplificazione. La realtà è invece di com-plessi biofilm di specie diverse che sonoallo stesso tempo in competizione e inmutuo sostegno. Dalla competizione/coo-perazione di queste specie batteriche sca-turisce una buona parte del nutrimentodella bovina da latte. La nutrizione delfuturo sarà basata sulla possibilità di“addomesticare” i biofilm per produrre piùnutrienti possibile per l’ospite. Il nutri-zionista dei ruminanti dovrà acquisire unlivello adeguato di conoscenze di micro-biologia della fermentazione per capirecome uscire dalla semplificazione che unarazione alimentare e tanto più “ buona”più energia riesce a calcolare un’ equa-zione residente su un software di razio-namento. ■