Il management in sanità. Riflessioni per la governance nell'epatite c
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INTRODUZIONE
La modalità di gestione dei pazienti è sottoposta a continui
cambiamenti volti a migliorare l’approccio organizzativo, a limi-
tare il disagio per i pazienti e a perfezionare l’efficacia del per-
corso diagnostico e terapeutico. La gestione dei pazienti affetti
da Epatite C è di sicuro un ambito in cui nei prossimi anni sono
attese importanti modifiche.
L’evoluzione dei modelli organizzativi correnti, necessaria per af-
frontare l’arrivo di nuove tipologie di farmaci, dovrà, infatti, essere
favorita da tutti gli attori coinvolti nella gestione di tale patologia.
Le esperienze pregresse, che le differenti strutture presenti sul
territorio si sono costruite nella gestione dei pazienti affetti
dall’Epatite B, sono destinate a rappresentare un utile punto di
partenza su cui fondare i modelli per il management futuro
dei pazienti affetti da Epatite C. Sono molto eterogenei gli ap-
procci organizzativi possibili. La finalità ultima di un modello
organizzativo è quella di garantire la migliore cura per i pazien-
ti e il più efficace utilizzo delle risorse attraverso la diffusione
delle informazioni necessarie ad applicare i metodi di gover-
nance condivisi dagli stakeholder coinvolti nel processo deci-
sionale.
La diversa organizzazione interna delle strutture ospedaliere, in
previsione del’implementazione dei nuovi modelli organizzativi,
vede la condivisione di protocolli diagnostici, la raccolta di dati-
paziente mediante l’ausilio di software informatici, l’applicazione
di schemi terapeutici comuni e la collaborazione tra i diversi la-
boratori per la gestione delle resistenze, come cardini chiave del
funzionamento del modello.
In particolare, riguardo al management delle resistenze, la colla-
borazione tra gli attori coinvolti, centri clinici, laboratori di viro-
logia clinica ed il laboratorio specializzato, sarà fondamentale
per rispondere in maniera rapida all’evoluzione della storia cli-
nica del paziente.
Per quanto riguarda i cambiamenti all’interno delle strutture
ospedaliere, una maggiore attenzione è da prestare all’aderen-
za alla terapia attraverso strategie volte al miglioramento della
stessa. Ciò dovrà avvenire sia sul piano del management degli
effetti collaterali, che attraverso l’impiego di strumenti pensati
ad-hoc.
Nelle prossime pagine verranno sviluppate ed approfondite le
tematiche appena descritte, affrontando i singoli argomenti da
punti di vista differenti, in modo da fornire una rappresenta-
zione il più possibile esaustiva e multidimensionale sul futuro
della gestione dell’Epatite C dalla prospettiva dei centri spe-
cialistici.
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Hanno collaborato:Alessio Aghemo - U.O Gastroenterologia 1, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano,Università degli Studi di MilanoMassimo Colombo - U.O Gastroenterologia 1, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano,Università degli Studi di MilanoCarlo Ferrari - U.O. di Malattie Infettive ed Epatologia,Azienda Ospedaliero-Universitaria di ParmaAlessandra Orlandini - U.O. di Malattie Infettive ed Epatologia,Azienda Ospedaliero-Universitaria di ParmaEvangelista Sagnelli - Professore Ordinario di Malattie Infettive II Università di Napoli, Direttore Universitario U.O.C.di Malattie Infettive A.O.R.N. di CasertaTiziana Giuberti - U.O. di Malattie Infettive ed Epatologia,Azienda Ospedaliero-Universitaria di ParmaMassimo Levrero - Dipartimento di Medicina Interna Specialità Mediche e Laboratorio LifeNanosciences Sapienza Università di RomaGiovanni Raimondo - Dipartimento di Medicina Interna, Policlinico Universitario, MessinaGiampiero Carosi - Ordinario di Malattie Infettive Università degli studi di BresciaMario Rizzetto - Direttore della divisione di Gastroepatologia, Ospedale Molinette, Università degli Studi di TorinoAlessia Ciancio - Direttore della divisione di Gastroepatologia, Ospedale Molinette, Università degli Studi di TorinoAngelo Andriulli - Scuola di Specializzazione in Gastroenterologia Università Cattolica di Roma (Policlinico Gemelli) Dirigente della Struttura Complessa di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva dell’Ospedale Casa Sollievo della SofferenzaPaolo Cadrobbi - Consulente Infettivologo Istituto Oncologico Veneto I.R.C.C.S, già Primario Divisione Malattie Infettive,Azienda Ospedaliera, Padova
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Stampa:Promografica - Paderno Dugnano
Autorizzazione:Tribunale di Milano n. 451 del 20/09/2002I contenuti della presente pubblicazione nascono dal Progetto Janssen-Cilag/IMS Consulting Group e sono di proprietà di Janssen-Cilag.Immagine di copertina: copyright Vertex
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NETWORK
MODELLI DI NETWORK PER L'HBV: SPUNTI E RIFLESSIONI PER L'HCV IN CHIAVE PROSPETTICA – LOMBARDIA 7Alessio AghemoMassimo Colombo
MODELLI DI NETWORK PER L'HBV: SPUNTI E RIFLESSIONI PER L'HCV IN CHIAVE PROSPETTICA - EMILIA ROMAGNA 9Carlo FerrariAlessandra Orlandini
RETE REGIONALE PER L’EPATITE CRONICA C:VANTAGGI PER I PAZIENTI E CONTENIMENTO DELLA SPESA 4Evangelista Sagnelli
GESTIONE DELLE RESISTENZE
UN PROTOCOLLO PER LA GESTIONE DELLE RESISTENZE NELLA TERAPIA ANTI-HCV 11Massimo Levrero
GESTIONE DELLE RESISTENZE: È UTILE L’ESPERIENZA DI DIAGNOSTICA MATURATA NEL CAMPO DELLE RESISTENZE AI FARMACI ANTI-HBV? 16Giovanni Raimondo
ADERENZA ALLA TERAPIA
PROPOSTA DI ISTITUZIONE DI UN REGISTRO PER LA VERIFICA DELL’ADERENZA E PER L’INDIVIDUAZIONE DELLE CAUSE DI NON ADERENZA ALLA TERAPIA 18Giampiero Carosi
STRUMENTI PER MIGLIORARE L’ADERENZA ALLA TERAPIA: UN CASE HISTORY 21Mario RizzettoAlessia Ciancio
MANAGEMENT DEGLI EFFETTI COLLATERALI: COME PREPARARE I PAZIENTI A PREVENIRE ED AFFRONTARE GLI EFFETTI COLLATERALI 25Angelo Andriulli
MANAGEMENT DEGLI EFFETTI COLLATERALI: LA COLLABORAZIONE CON I CENTRI PERIFERICI 28Paolo Cadrobbi
SOMMARIO
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IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C4
La commercializzazione di farmaci ad azione antivirale diretta
(DAAs) contro il virus dell’epatite C, attesa in Italia per il 2012, di
fatto rappresenterà una rivoluzione nel trattamento dei pazienti
con epatite cronica C. Infatti, a fronte di un incremento significa-
tivo dei tassi di guarigione ottenibili con l’aggiunta degli inibitori
delle proteasi di HCV all’attuale standard terapeutico, ossia Inter-
ferone peghilato e Ribavirina, nuove sfide attenderanno i medici
specialisti impegnati nella gestione di questa patologia.Tra queste,
la corretta applicazione dei complessi algoritmi di selezione del
paziente da avviare al trattamento con DAAs e la gestione degli
effetti collaterali correlati alla terapia stessa, saranno la chiave per
massimizzare l’efficacia di queste nuove molecole, minimizzando-
ne i rischi per il paziente e contemporaneamente contenendo un
ingiustificato aumento della spesa economico-sanitaria. Per questi
motivi, e per confermare nella pratica clinica gli elevati tassi di ef-
ficacia terapeutica riportati negli studi di registrazione, è fonda-
mentale che i percorsi diagnostico-terapeutici dei nuovi DAAs
per i pazienti con epatite cronica C siano condivisi e gestiti in ma-
niera uniforme in tutti i centri epatologici sparsi sul territorio. In
quest’ottica si inserisce il concetto di rete epatologica regionale
per il trattamento dell’epatite C, che si propone infatti lo scopo
di offrire al paziente uniformità di cure su tutto il territorio regio-
nale. Nelle reti loco-regionali, gli specialisti condividono protocol-
li di cura standardizzati e ottimizzati sulla base delle più recenti ac-
quisizioni. Grazie alla “rete”, snodo tra specialista ospedaliero e
specialista del centro di riferimento terziario, anche il paziente più
complicato gode di gestione e supporto tecnologico adeguati, in
ogni area della regione. Nel centro di riferimento le tecniche di
biologia molecolare, che permettono una affidabile valutazione
della risposta virologica ai farmaci e la consulenza di esperti di li-
vello internazionale, garantiscono qualità ed efficacia nella risposta
alle esigenze del paziente. La rete consente di istituire registri di
patologia epatica per rafforzare sia la centralità del paziente che
il bisogno di salute dello stesso, senza costringerlo ad afferire ai
centri di riferimento distanti dalla sede abitativa.
In assenza di una rete epatologica di questo tipo, il rischio è quel-
lo di forzare il paziente a spostarsi dal centro locale a quello di ri-
ferimento con conseguente disagio per il paziente, perdita di ore
o giornate lavorative e inoltre allungamento dei tempi di accesso
alle cure nei centri di riferimento. In campo epatologico è già at-
tiva dal 2007 a livello lombardo una rete per il trattamento del-
l’epatite B, in cui la Unità Operativa di Gastroenterologia 1 della
Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico di
Milano, è centro di riferimento terziario per una ventina di ospe-
dali lombardi che utilizzano antivirali ad azione diretta nel tratta-
mento dei pazienti con epatite cronica B.
La rete afferente alla Fondazione Ca’ Granda Policlinicoper il trattamento dell’epatite B:Un modello da replicare per l’epatite C?I progressi raggiunti in campo terapeutico per l’epatite cronica B
negli ultimi 8-10 anni, sono di fatto simili a quelli prevedibili per
l’epatite C nel 2012. Infatti, l’introduzione di analoghi nucleosidici
attivi contro il virus dell’epatite B ha di fatto soppiantato il prece-
dente standard terapeutico basato sull’Interferone, determinando
elevati tassi di soppressione della replicazione virale a fronte di un
eccellente profilo di sicurezza. Purtroppo però il rischio di svilup-
pare resistenze virali, legato all’utilizzo di questi analoghi, ha pro-
gressivamente incrementato l’afflusso di pazienti con epatite B
verso i centri specializzati, determinando aggravi gestionali ed
economici, legati all’elevato costo dei farmaci anti HBV, ed inter-
ferendo con la qualità della vita dei pazienti costretti a migrare in
centri distanti dalla sede di abitazione/lavoro.
Nel 2007 pertanto, abbiamo dato vita a una rete di 20 ospedali
lombardi che sono collegati funzionalmente con il Centro di Epa-
tologia, 1° Divisione di Gastroenterologia Fondazione Ca’ Gran-
da – Policlinico di Milano per il trattamento del paziente con epa-
tite cronica B.
I pazienti con epatite cronica B rimangono affidati alle sedi peri-
feriche ospedaliere di origine, che prescrivono il trattamento anti-
MODELLI DI NETWORK PER L'HBV:SPUNTI E RIFLESSIONI PER L'HCV IN CHIAVE PROSPETTICA - LOMBARDIA
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Massimo ColomboU.O Gastroenterologia 1,
Fondazione IRCCS Ca’ Granda OspedaleMaggiore Policlinico di Milano,
Università degli Studi di Milano
Alessio AghemoU.O Gastroenterologia 1,Fondazione IRCCS Ca’ Granda OspedaleMaggiore Policlinico di Milano,Università degli Studi di Milano
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HBV. La sede periferica, in caso di risposta virologica parziale o
breakthrough virologico, invia al Centro della Fondazione Ca’
Granda ogni 3 mesi un campione di sangue per la definizione del
profilo di farmaco-resistenza, ottenendo in pochi giorni una rispo-
sta on-line e conseguente consulto clinico. La rete permette quin-
di una sicura ed efficiente gestione di pazienti a rischio di svilup-
pare resistenza al trattamento antivirale, spalmando sul territorio
i costi gestionali ed alimentando una catena virtuosa di perfor-
mance professionale. La rete permette la costituzione di una co-
orte di pazienti con campionatura sufficiente non solo per la ra-
pida valutazione della efficienza terapeutica e sicurezza del farma-
co, ma anche per la misura del ruolo delle co-morbidità e tolle-
rabilità multi organo (scheletro, rene) dei farmaci antivirali in uso
(Entecavir e Tenofovir).Attualmente la rete della Fondazione Ca’
Granda per epatite B assiste oltre 400 pazienti in trattamento
con Entecavir e 200 pazienti in trattamento con Tenofovir. I costi
di gestione della rete epatologica per l’epatite B sono minimi in
quanto i costi aggiuntivi sono limitati all’arruolamento di un bio-
logo, che nel laboratorio della sede centrale esegua le ricerche vi-
rologiche per genotipo e resistenza virale, e alle spese per i ne-
cessari reagenti. Con una spesa globale di circa 30 mila euro l’an-
no, la rete allo stato attuale assiste in 20 centri in Lombardia ol-
tre 600 pazienti. Al momento questi costi sono coperti da un
contributo di ricerca per la Fondazione Ca’ Granda, elargito da
aziende farmaceutiche e gestito dalla Direzione Scientifica dell’Isti-
tuzione.
Il modello di rete della regione Lombardia per il trattamento del-
l’epatite B è pertanto un modello virtuoso da replicare anche
per il trattamento dell’epatite C, sebbene siano necessarie alcu-
ne sostanziali modifiche. Poiché è probabile che i nuovi regimi te-
rapeutici aumenteranno la spesa sanitaria rispetto all’attuale te-
rapia anti-epatite C, sarà fondamentale identificare correttamen-
te i pazienti da avviare a questi regimi, eventualmente identifican-
do coloro che possono essere trattati con l’attuale standard te-
rapeutico senza l’aggiunta dei DAAs. In questo sono di aiuto i
test per la ricerca di polimorfismi genetici associati alla risposta al
trattamento basato su Interferone, che possono già essere ese-
guiti presso i laboratori dei centri di riferimento terziario. La rete
dovrà quindi offrire l’accesso a questi test ai centri sul territorio
oltre ad offrire, ai medici che lo chiedessero, una consulenza cli-
nica su quale regime terapeutico sia quello corretto per il singo-
lo paziente. Inoltre, sebbene i due farmaci ad azione antivirale di-
retta per il trattamento dell’epatite C che verranno commercia-
lizzati nel 2012,Telaprevir e Boceprevir, possiedano un profilo di
sicurezza testato su migliaia di pazienti, essi sono gravati da alcu-
ni effetti collaterali richiedenti specifiche competenze in campo
ematologico e dermatologico. I centri di riferimento della rete
dovranno pertanto offrire le consulenze cliniche specialistiche
anche in questi settori disciplinari, con lo scopo di ridurre i rischi
per i pazienti e limitare il tasso di interruzioni precoci dei farma-
ci antivirali. Con questo supporto scientifico-pratico è probabile
che l’efficacia dimostrata dai DAAs in pazienti altamente selezio-
nati arruolati negli studi di fase III, venga replicata in condizioni
meno favorevoli come quelle della quotidiana pratica clinica, di
fatto annullando la nota differenza tra “efficacy” (efficacia negli
studi randomizzati) ed “effectiveness” (efficacia nella pratica clini-
ca) di un farmaco.
Creare una rete epatologica regionale per il trattamento dell’epa-
tite cronica C con un anno di anticipo rispetto alla commercializ-
zazione delle due nuove molecole, avrebbe l’ulteriore vantaggio
di permettere un fase cosiddetta “di apprendimento” da parte
dei centri di piccole dimensioni. Molti tra i centri di riferimento,
infatti, hanno già partecipato alle sperimentazioni di fase II o III dei
DAAs, e pertanto oltre alle conoscenze scientifiche in merito al-
l’efficacia e alla sicurezza delle due nuove molecole, possiedono
anche l’esperienza clinica necessaria per gestire correttamente i
nuovi regimi terapeutici. Creare una rete che permetta, attraver-
so incontri clinici e teleconferenze per la discussione di casi epa-
tologici, un confronto tra centri di riferimento e centri sul territo-
rio, di fatto porterebbe ad un aumento dell’esperienza clinica dei
piccoli centri. Questo modello si è già dimostrato un successo
economico-sanitario negli Stati Uniti, dove nel Nuovo Messico la
creazione di una rete tra il centro universitario e i centri sul ter-
ritorio e i penitenziari, in cui il centro universitario offriva consu-
lenze cliniche sul web, ha portato ad ottenere tassi di efficacia del-
la terapia antivirale simili tra i vari tipi di centri. Nonostante repli-
care un modello organizzativo di questo tipo possa essere piut-
tosto oneroso in termini di costi e, specialmente, di impegno per
il centro/i di riferimento, è chiaro che esso debba essere una tap-
pa imprescindibile nella creazione di una rete virtuosa mirata a
garantire eguale accesso alle cure mediche epatologiche sul ter-
ritorio.
VANTAGGI DI UNA RETE EPATOLOGICA PER LA CURA DELL’EPATITE CRONICA C
• Uguaglianza di accesso e qualità delle cure mediche sul territorio
• Riduzione dei costi gestionali
• Ridotto disagio per i pazienti in termini di giornate o ore lavorative perse
• Superare la barriera tra efficacia di un farmaco all’interno di studi clinici (efficacy) e la sua efficacia nella pratica clinica (effectiveness)
IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C5
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IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C6
Le infezioni da HCV e da HBV possono considerarsi accomu-
nate dal fatto che per entrambe si sta vivendo una nuova fase
di grande avanzamento delle potenzialità terapeutiche a dispo-
sizione del clinico dovuta all’introduzione nella pratica clinica
corrente di nuove molecole antivirali che hanno enormemente
aumentato la possibilità di controllo dei due virus. Ovviamente,
la disponibilità di un numero maggiore di analoghi nucleos(t)idi-
ci ad altissima efficacia antivirale per l’epatite B e la prossima di-
sponibilità di nuovi antivirali specifici ad effetto diretto sul ciclo
biologico di HCV, ha anche introdotto nella gestione delle epa-
titi un maggiore livello di complessità. Questo ha richiesto per
l’epatite B e richiederà per l’epatite C l’adozione di strategie che
permettano di razionalizzare e ottimizzare l’utilizzo pratico dei
nuovi farmaci nella gestione quotidiana dei pazienti infettati.
Nel campo delle terapie anti-HCV, in particolare, si è assistito
nel corso dell’ultimo ventennio ad un sensibile e progressivo
miglioramento della possibilità di controllo permanente dell’in-
fezione. Dalle più limitate possibilità di successo terapeutico del-
l’interferone alfa naturale e ricombinante, si è passati a livelli
progressivamente più elevati di efficacia garantiti prima dall’as-
sociazione con la ribavirina, fino all’utilizzo più recente di nuove
generazioni di interferoni peghilati, che, in associazione alla riba-
virina stessa, permettono di curare con successo una metà cir-
ca dei pazienti infettati, con efficacia terapeutica ancora più ele-
vata nel caso dei genotipi virali più favorevoli. Oggi, la commer-
cializzazione di nuove molecole antivirali specifiche, capaci di ini-
bire selettivamente l’azione di alcuni enzimi coinvolti nel ciclo
replicativo di HCV, prospetta un nuovo avanzamento nelle pos-
sibilità di cura dei pazienti con epatite cronica C.
Le nuove terapie ad azione anti-virale diretta (DAA) verranno
eseguite in associazione allo standard of care, per cui comporte-
ranno da una parte un sensibile aumento della spesa sanitaria e
dall’altra potranno anche determinare un incremento degli effet-
ti collaterali indotti dalle attuali terapie eseguite con interferone-
alfa peghilato e ribavirina. Questi problemi richiederanno quindi
un utilizzo oculato dei nuovi farmaci a livello dei centri specialisti-
ci che li gestiranno, innanzi tutto per selezionare correttamente i
pazienti che per la loro alta probabilità di risposta al trattamento
tradizionale non avranno bisogno di ricorrere ai nuovi farmaci,
contenendo in tal modo la spesa sanitaria. Inoltre, un monitorag-
gio corretto delle terapie permetterà di gestire adeguatamente
le problematiche legate ai possibili effetti collaterali, rendendo più
tollerabile la terapia stessa per i pazienti e facilitando la possibili-
tà di una sua somministrazione per tempi adeguati.
L’esperienza delle infezioni da HBV in Emilia Romagna.Problemi analoghi sono stati vissuti recentemente nel campo
delle epatiti B con la commercializzazione di nuovi analoghi nu-
cleos(t)idici anti-HBV, che hanno reso più complesse le scelte
terapeutiche e hanno resa necessaria l’adozione di tecniche
molecolari per il loro monitoraggio, tecniche complesse che
non tutti i laboratori utilizzano e la cui interpretazione richiede
competenze virologiche e molecolari che non tutti i Centri cli-
nici che gestiscono le terapie riescono a garantire. Il livello di
complessità è accresciuto in Emilia Romagna dall’elevato nume-
ro di Centri, non solo epatologici o infettivologici specialistici, ma
anche internistici periferici, in cui può essere eseguita la prescri-
zione dei farmaci anti-HBV.Tale situazione contribuisce ulterior-
mente a rendere disomogenee e variabili da centro a centro le
scelte prescrittive dei farmaci, oltre che l’utilizzo e l’interpreta-
zione dei test molecolari di monitoraggio, creando il rischio di
un utilizzo inappropriato dei farmaci disponibili, con possibilità di
selezione di resistenze crociate capaci di rendere il virus rapida-
mente resistente ai farmaci. Per potere ottimizzare e uniforma-
re i criteri di scelta delle terapie da adottare nei singoli pazien-
ti e la modalità di utilizzo e di interpretazione dei test moleco-
lari impiegati nel monitoraggio delle terapie, si è creato in Emi-
lia Romagna un network costituito dagli oltre 40 centri epato-
logici, infettivologici, gastroenterologici e internistici che gestisco-
no pazienti con infezione cronica da HBV in terapia (Figura 1).
MODELLI DI NETWORK PER L'HBV:SPUNTI E RIFLESSIONI PER L'HCV IN CHIAVE PROSPETTICA - EMILIA ROMAGNA
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Alessandra Orlandini Tiziana GiubertiU.O. di Malattie Infettive ed Epatologia,Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma
Carlo FerrariU.O. di Malattie Infettive ed Epatologia,Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma
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Si è inizialmente creato un database informatico, gestito via
web, per raccogliere sia retrospettivamente che prospettica-
mente i dati relativi a tutti i pazienti con infezione da HBV ge-
stiti nei vari Centri della Regione. I dati retrospettivi relativi ai
pazienti sottoposti a terapia nel corso degli ultimi due anni sono
stati analizzati per documentare la modalità di gestione clinica
delle infezioni da HBV in Regione e precisare quindi in modo
più dettagliato le inappropriatezze di prescrizione e di monito-
raggio occorse nei vari Centri.
Si sono quindi elaborate delle raccomandazioni cliniche deriva-
te dalle linee guida correnti e dall’analisi della letteratura sull’ar-
gomento, ad opera di un gruppo di coordinamento costituito
dai referenti dei Centri con maggiore esperienza nel trattamen-
to delle epatiti B in Regione, per generare indicazioni su come
gestire e risolvere le principali criticità identificate. Il documento
è stato condiviso e discusso dal gruppo di coordinamento in
una serie di incontri con i referenti e i clinici dei Centri coinvol-
ti nella gestione delle epatiti. Sempre utilizzando i dati raccolti
nel database informatico, si è passati quindi alla fase successiva
di analisi della modalità di gestione dei pazienti con infezione
cronica da HBV dopo la condivisione delle raccomandazioni cli-
niche, per valutare fino a che punto la loro applicazione abbia
inciso sulla gestione clinica delle epatiti, contribuendo ad una ot-
timizzazione delle prescrizioni terapeutiche e del monitoraggio
dei singoli pazienti.
I risultati di questo percorso dovrebbero impatta-
re positivamente sulla spesa farmaceutica, come
conseguenza di un più oculato utilizzo dei farmaci
disponibili, ed ovviamente sulla gestione clinica dei
singoli pazienti, conducendo ad una più elevata
percentuale di risposte terapeutiche e ad una mi-
gliore gestione degli effetti collaterali in pazienti
destinati ad assumere la terapia cronicamente.
È possibile trasferire l’esperienza dell’epatite B alle infezioni da HCV?Lo stesso modello dell’epatite B potrebbe essere
applicato all’epatite C dato che gli obbiettivi clinici
da conseguire nelle due infezioni risultano molto
simili. La creazione di un network con le caratteri-
stiche di quello già esistente per le infezioni da
HBV potrebbe infatti garantire il raggiungimento di
alcuni importanti obbiettivi quali:
1. razionalizzare e uniformare l’utilizzo dei nuovi
farmaci, garantendo una gestione ottimale del-
le terapie anche in Centri che gestendo un nu-
mero limitato di pazienti potrebbero avere
esperienza più ridotta con possibilità di scelte
inappropriate, permettendo ai pazienti di con-
tinuare ad essere curati nel proprio centro di
riferimento con la stessa probabilità di succes-
so terapeutico dei grandi Centri;
2. evitare quindi sperperi di risorse economiche legati a scelte
inadeguate delle terapie da eseguire (in particolare utilizzan-
do in eccesso i nuovi farmaci antivirali in pazienti che potreb-
bero essere curati con successo con il solo ) o a modalità di
monitoraggio scorretto, con eventuale utilizzo in eccesso di
test molecolari costosi;
3. garantire inoltre in tutti i Centri una gestione ottimale degli
effetti collaterali;
4. sviluppare e centralizzare le competenze laboratoristiche in
sedi di riferimento regionali per potere gestire eventuali pro-
blemi di resistenza alla terapia, soprattutto se i nuovi farmaci
saranno in futuro utilizzati da soli senza lo standard of care at-
tuale;
5. creare un database che includa i dati dei pazienti HCV positivi
trattati nei vari Centri, la cui elaborazione possa far capire me-
glio l’efficacia reale dei nuovi farmaci in regime di pratica clini-
ca corrente e la loro tollerabilità nell’ambito della popolazione
generale, al di là delle indicazioni derivate da studi eseguiti su
popolazioni selezionate nel contesto dei trial clinici registrativi.
FIGURA 1: MODELLO DI NETWORK PER HBV
Analisi gestione clinica delle infezionida HBV in Regione pre-elaborazione
raccomandazioni cliniche
Analisi motivazioniorganizzative/operative
che spieghinola variabilità prescrittiva
Implementazioneraccomandazioni tramiteorganizzazione di incontri
clinici periodici.
Network per le infezioni da HBV in Emilia Romagma:ottimizzazione del governo clinico
2
1
Creazione databaseinformatico
3
Elaborazioneraccomandazioni
cliniche
3
Analisi gestione clinica delle infezionida HBV post elaborazione/implementazione
raccomandazioni cliniche
IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C7
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IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C8
Ancor prima di ipotizzare una rete regionale per l’epatite cro-
nica C è necessario valutarne i possibili vantaggi rispetto alle or-
ganizzazioni vigenti nelle diverse regioni d’Italia, in termini di ef-
ficacia di gestione, buon uso di farmaci costosi e gravati da im-
portanti effetti collaterali, compliance dei pazienti e degli opera-
tori sanitari e contenimento della spesa globale.
Note storiche
Vi sono precedenti esempi in Italia di reti regionali o provincia-
li per altre malattie infettive, che utilizzando anche un forte aiu-
to dello stato, legislativo, organizzativo ed economico, hanno ri-
solto problemi assai complessi, diversamente non affrontabili
con la necessaria efficacia.Tra queste ricordo in primis alla ma-
laria, eradicata dal territorio nazionale già nella prima metà del
secolo scorso con un più facile accesso all’uso del chinino e con
interventi dello Stato, radicali, efficaci e coordinati da reti provin-
ciali operanti nelle zone malariche; non esistevano in quei tem-
pi autorità regionali. Mi riferisco in tempi recenti all’epidemia
HIV/AIDS, finalmente contenuta in Italia dall’introduzione di far-
maci efficaci e da un forte intervento statale, legislativo ed eco-
nomico, coordinato dai Centri di Riferimento Regionale AIDS,
ancora oggi operanti.
Epatite cronica C, considerazioni epidemiologiche e clinicheL’epidemia da virus dell’epatite C in Italia è stata più estesa di
quella malarica e di quella della infezione da HIV, avendo inte-
ressato più del 3% della popolazione dell’intero territorio nazio-
nale, caratterizzata dalla evoluzione in patologie severe nel 30%
circa dei casi, con decine di migliaia di morti per anno.Tuttavia,
sia per le sue caratteristiche di epidemia silente, poco appari-
scente perché i sintomi e la morte insorgono 20-30 anni dopo
l’acquisizione dell’infezione, sia per la tardiva identificazione di
HCV, l’Epatite Cronica C diviene nota al grande pubblico e
quindi ai politici senza la drammaticità che ha caratterizzato la
Malaria e l’AIDS e solo dagli anni 90 in poi, epoca di persisten-
te difficoltà economica per l’Italia. Ciò ha in qualche modo im-
pedito una risposta radicale ad un problema di enorme porta-
ta.Tuttavia, l’utilizzazione di farmaci sempre più efficaci ha pro-
babilmente contribuito in parte a rallentare la diffusione dell’in-
fezione, consentendo oggi il loro impiego l’eradicazione dell’in-
fezione nel 50% circa dei pazienti trattati.
Necessità di un network regionale per l’epatite cronica CÈ necessario analizzare ora su quali basi possano essere consi-
derate utili Reti Regionali per l’ Epatite Cronica C, in una fase
calante dell’epidemia, in parte spontanea ed in parte dovuta alle
attività per la prevenzione dell’AIDS, in un tempo in cui si ottie-
ne l’eradicazione di HCV nel 50% circa dei pazienti trattati e
sono in fase di iniziale applicazione nuovi e più attivi trattamen-
ti terapeutici.
La prima considerazione a tal proposito è che la riduzione del-
l’endemia, per le sopramenzionate caratteristiche di decorso
dell’epatite cronica C, non comporterà riduzione dei problemi
clinicamente, socialmente ed economicamente rilevanti prima
di 10-20 anni.
Esiste anche il grave problema dei pazienti già trattati e non re-
sponder (con i farmaci oggi in uso circa il 55% di quelli con
HCV genotipo 1, il 20% di quelli con HCV Genotipo 2 ed il
35% circa di quelli con HCV Genotipo 3), da rivalutare per i
nuovi schemi terapeutici. Si rammenta che i pazienti con infe-
zione da HCV genotipo 1, rappresentano circa il 65% dei pa-
zienti con Epatite Cronica C in Italia.
Si sottolinea anche che moltissimi pazienti con Epatite Cronica
C, forse più della metà, non conoscono il proprio stato di infe-
zione e di malattia, ma che in futuro il 30% circa di essi andrà
incontro a patologia severa e manifesta.
È necessario inoltre ricordare il fenomeno dell’immigrazione,
diffuso in tutto il mondo, ma con un progressivo considerevole
incremento in Italia.Vivono nella nostra nazione più di 5 milioni
di immigrati la cui presenza è regolarmente autorizzata ed un
numero simile di immigrati che vivono in regime di clandestini-
tà o semiclandestinità. Di questi, la grande maggioranza,pur pro-
venendo da nazioni ove l’infezione da HCV e quella da HBV
sono endemiche, non si è mai sottoposta ad analisi utili ad evi-
denziare patologie epatiche e/o infezioni da virus epatitici.
RETE REGIONALE PER L’EPATITE CRONICA C:VANTAGGI PER I PAZIENTI E CONTENIMENTODELLA SPESA
NE
TW
OR
K
Evangelista SagnelliProfessore Ordinario di Malattie Infettive
II Università di Napoli,Direttore Universitario U.O.C.
di Malattie Infettive A.O.R.N. di Caserta
Interno Janssen N2 xstampa 20-12-2011 14:00 Pagina 8
IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C9
Sarà necessaria una corretta gestione delle prossime innovazio-
ni terapeutiche per il trattamento dell’Epatite Cronica C. Alla
combinazione di farmaci oggi utilizzata sarà infatti possibile tra
breve aggiungere alcuni inibitori delle proteasi (ciò è già possi-
bile con modalità compassionevole o in sperimentazioni clini-
che) e nel prossimo futuro altri inibitori delle proteasi ed ana-
loghi nucleosidici e nucleotidici, con la conseguente necessità di
un più vasto sussidio specialistico, sia per la maggiore numero-
sità degli effetti collaterali, sia per la necessità di monitorare le
resistenze virali ai farmaci. Una Rete di Coordinamento Regio-
nale potrà favorire una gestione saggia ed equilibrata delle ac-
cresciute necessità e della prevedibile lievitazione del costo del-
la spesa farmaceutica.
Punti nodaliIn un momento di seria difficoltà economica globale, per evita-
re possibili futuri tagli che non considerino le necessità dei pa-
zienti, deve essere presa già oggi in considerazione l’esigenza di
un forte, razionale contenimento della spesa per i farmaci e per
la gestione dei trattamenti. Ciò potrà ottenersi attraverso una
serie di misure come la definizione e l’utilizzazione di algoritmi
diagnostici nell’ambito regionale, la corretta identificazione dei
pazienti che possono trarre beneficio dai farmaci e la scelta di
terapie che possano nei singoli casi offrire le maggiori possibili-
tà di successo, la riduzione ove possibile del numero dei centri
prescrittori operanti secondo normativa regionale ed il control-
lo degli stessi. Quest’ultimo è un punto centrale per il conteni-
mento della spesa perché potrà assicurare maggiore esperien-
za, coinvolgimento e responsabilizzazione dei centri prescelti e
semplificazione dei rapporti Regione-Centri.
Altro punto nodale per il buon funzionamento di una Rete Re-
gionale per l’epatite cronica C è l’efficienza della Rete stessa che
dovrebbe prevedere un solido NUCLEO OPERATIVO RE-
GIONALE, costituito da funzionari regionali esperti nei diversi
settori della sanità pubblica, farmaceutico, fasce deboli, legislati-
vo/amministrativo, organizzativo delle attività delle Aziende
Ospedaliere, Universitarie e Sanitarie Locali, operante in con-
giunzione con un GRUPPO DEI CLINICI costituito da Opinion
Leader riconosciuti del settore (curriculum e pubblicazioni
scientifiche) e Direttori di Unità Operative Complesse (almeno
uno per ogni Capoluogo di Provincia per una opportuna distri-
buzione territoriale) ed in collegamento con tutti i Centri Pre-
scrittori identificati sul territorio regionale; questi ultimi, per l’im-
portante ruolo svolto in periferia dovrebbero essere conside-
rati come parte integrante della Rete Regionale e forse in futu-
ro diversamente denominati (ad esempio, CENTRI REGIONA-
LI DI ASSISTENZA E TERAPIA DELLE EPATITI CRONICHE)
(Tabella 1).
TABELLA 1: POSSIBILE ARTICOLAZIONE DI UNA RETE REGIONALE PER L’EPATITE CRONICA C
RETE PER IL COORDINAMENTO REGIONALE DELL’EPATITE CRONICA C
NUCLEODI COORDINAMENTO REGIONALE
ESPERTI DEI SETTORI SANITARI:OSPEDALIERO, FARMACEUTICO,
LEGALE/AMMMINISTRATIVO,FASCE DEBOLI
CONSIGLIO DEI CLINICI
OPINION LEADERS
DIRETTORI DI UNITÀ OPERATIVECOMPLESSE
(almeno uno per capoluogo di provincia)
CENTRI DI ASSISTENZA TERAPEUTICA
(attualmente Centri Prescrittori)
TUTTI I DIRETTORI DI UNITÀ OPERATIVA CUI AFFERISCE UN CENTRO DI ASSISTENZA
REGIONALE
Interno Janssen N2 xstampa 20-12-2011 14:00 Pagina 9
IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C10
Modalità di azione della rete di coordinamento regionale
PROTOCOLLI DIAGNOSTICI CONDIVISI
Uno dei compiti della Rete di Coordinamento Regionale do-
vrà essere la definizione e la validazione di protocolli diagnosti-
ci, clinici e di laboratorio, concordati e tesi alla massima efficien-
za del Sistema nell’ambito di un necessario contenimento del-
la spesa.
Deve essere quindi considerata la necessità di identificare un
algoritmo diagnostico, accurato, completo, ma con l’eliminazio-
ne di ogni spreco. È infatti oggi possibile, e lo sarà sempre di
più in futuro, utilizzare test diagnostici di laboratorio sia per la
identificazione e definizione dei casi, sia per una previsione del-
l’efficacia dei farmaci e quindi per un più preciso indirizzo tera-
peutico. Una Rete Regionale potrebbe contribuire a rendere
uniformi, al più elevato livello di sensibilità, alcune determina-
zioni di laboratorio, almeno presso i laboratori di Aziende
Ospedaliere/Universitarie e Sanitarie Locali, cui i Centri di As-
sistenza e Terapia per l’epatite cronica C dovrebbero riferirsi
come a Laboratori raccomandati. Nello stesso senso si dovrà
operare per ogni analisi virologica e di genetica umana di nuo-
va istituzione e/o di una certa complessità, utili per il corretto
indirizzo della terapia antivirale e/o per la verifica dell’efficacia
del trattamento.
Sarà inoltre indispensabile condividere i criteri per l’identifica-
zione dei pazienti con epatite cronica da HCV meritevoli di
una attenta valutazione finalizzata ad un eventuale intervento
terapeutico, in accordo con le conoscenze consolidate e con i
nuovi più significativi contributi della letteratura internazionale.
Si ritiene utile condividere, all’interno della Rete, una strategia
per l’identificazione dei pazienti con Epatite Cronica C sulla
base di dati epidemiologici regionali, che, vista la frequente era-
dicazione dell’infezione da HCV con trattamenti farmacologici
adeguati, assicurerà a medio e lungo termine riduzione della
spesa per aver evitato numerosissimi casi di Cirrosi epatica, di
complicanze di questa e di Epatocarcinoma. Il contenimento
della spesa sarà rilevante anche in relazione alla prevedibile ri-
duzione delle richieste per trapianto di fegato per Epatite
Cronica C, oggi la più frequente motivazione per tale richie-
sta, soluzione terapeutica estrema e spesso non risolutiva dei
problemi di questi pazienti. Si attende da questa strategia an-
che un marcato snellimento delle liste di attesa per trapianto
di fegato.
ACCREDITAMENTO DEI CENTRI DI ASSISTENZA
E TERAPIA (CENTRI PRESCRITTORI)
La complessità dei nuovi trattamenti farmacologici includenti
inibitori delle proteasi e/o analoghi nucleosidici/nucleotidici, sia
in termini di tollerabilità e management degli effetti collaterali,
sia di necessità di esecuzione di test di laboratorio innovativi per
la determinazione delle resistenze dei virus ai farmaci, rende in-
dispensabile una pluralità di apporti specialistici in assidua colla-
borazione con i Centri di Assistenza e Terapia. Si intravede quin-
di la necessità di accreditare per la gestione dei trattamenti solo
centri che possano affrontare e risolvere tutte le necessità dei
pazienti. Solo per i test di resistenza/sensibilità del virus ai far-
maci sembra invece necessario, almeno in prima applicazione,
identificare uno o più laboratori regionali per la centralizzazio-
ne di queste determinazioni, in considerazione della fase speri-
mentale di molti test, degli elevati costi previsti e della prossima
disponibilità di numerosi farmaci inducenti resistenze numerose
e diverse.
RACCOLTA DATI SU MODELLI INFORMATICI
Una Rete Regionale per l’Epatite cronica C dovrebbe utilizzare,
un supporto informatico per la raccolta ed utilizzazione dei dati
di ogni singolo paziente in trattamento o in follow up post trat-
tamento, concordemente sviluppato nell’ambito della Rete e di
uso comune tra gli utilizzatori della rete stessa; ciò per rispon-
dere alle esigenze di trasparenza, buona organizzazione, vantag-
gio per i pazienti e possibilità di verifica da parte del Nucleo
Operativo Regionale. Nell’ambito di ciascuna Rete Regionale
potranno trovarsi modalità di maggiore integrazione.
APPLICAZIONE DEGLI SCHEMI TERAPEUTICI
Tutti i Centri di Assistenza e Terapia applicheranno schemi tera-
peutici per l’eradicazione della infezione da HCV in linea con le
evidenze che hanno portato alla formulazione delle più aggior-
nate linee guida internazionali o nazionali, ferma restando la li-
bertà nella scelta di ciascun medico proscrittore e quindi la re-
lativa responsabilità. Anche il follow up dei pazienti dovrà esse-
re in linea con le indicazioni delle evidenze scientifiche più ac-
creditate ed aggiornate.
VALIDAZIONE DELLA RETE REGIONALE
Un Sistema così ipotizzato dovrà prevedere un periodo di ro-
daggio, numerose verifiche in itinere e frequenti test di valida-
zione. Dovranno essere identificati gli indicatori di sistema e di
risultato e verificato il raggiungimento degli obiettivi a breve,
medio e lungo termine. Il raggiungimento o la tendenza al rag-
giungimento dell’obiettivo contenimento della spesa dovrà es-
sere valutato in ogni verifica. Dovranno essere anche accertati
periodicamente il livello di gradimento dei pazienti e dei medi-
ci prescrittori e registrati e meditati i loro consigli, al fine di pro-
durre in itinere un continuo miglioramento nella funzionalità
della Rete. A tal fine sembrano anche indicate riunioni seme-
strali di tutti i componenti delle singole Reti Regionali.
Interno Janssen N2 xstampa 20-12-2011 14:00 Pagina 10
IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C11
Lo standard terapeutico (SoC – standard of care) nell’epatite
cronica C è rappresentato dalla combinazione di Interferone-
alfa peghilato (PEG-IFN) e Ribavirina (RBV) per una durata di
16-72 settimane a seconda del genotipo virale e della rispo-
sta virologica valutata alla 4a, 12ma ed eventualmente 24ma
settimana (1). La terapia ha come obiettivo l’eradicazione del
virus e il suo correlato clinico è il raggiungimento di una “ri-
sposta virologica sostenuta” (SVR – sustained virological re-
sponse), definita come negatività dell’HCV-RNA (<50 UI/ml)
24 settimane dopo la fine del trattamento. In considerazione
della durata e dei costi della terapia e della frequenza di effet-
ti collaterali, l’indicazione al trattamento da parte del medico
tiene conto anche dalla valutazione dei diversi fattori che in-
fluenzano la probabilità di risposta alla terapia. I fattori dotati
di maggior potere predittivo di SVR sono i polimorfismi gene-
tici a carico del gene IL28B (IFN3), il genotipo HCV e lo sta-
dio di fibrosi (1). Altri predittori di risposta completa sono la
carica virale, l’età, il sesso, il peso (BMI), la presenza d’insulino-
resistenza, la co-infezione con altri virus epatotropi o con HIV
e l’aderenza alla terapia (1). Con una corretta attuazione di un
ciclo di terapia SoC è possibile ottenere l’eradicazione del vi-
rus dell’epatite C (HCV) complessivamente nel 50-60% dei
pazienti trattati, e più precisamente nel 50% circa dei pazienti
HCV di genotipo 1-4 e nel 70-85% dei pazienti con HCV ge-
notipo 2-3 (1).
Al fine di migliorare i risultati della terapia soprattutto nei pa-
zienti con HCV genotipo 1, che costituiscono oltre il 50% dei
pazienti italiani, la ricerca farmacologica si è concentrata sullo
sviluppo di nuovi farmaci antivirali attivi su HCV e in partico-
lare su farmaci capaci di inibire efficacemente due bersagli vi-
rali fondamentali nel ciclo replicativo di HCV, la proteasi
NS3/4A e la polimerasi NS5b (2,3). Nel loro complesso que-
sti farmaci vengono indicati con la sigla STAT-C (Specifically
Targeted Antiviral Therapy for hepatitis C) o più semplice-
mente DAAs (Direct Acting Antivirals). In aggiunta agli inibito-
ri di NS3/4A e NS5B, sono ad uno stato più o meno avanza-
to di studio non solo inibitori di NS5a, ma anche inibitori di
fattori cellulari coinvolti nella replicazione HCV quali le ciclo-
filine, nuovi tipi di Interferone, nuovi derivati della Ribavirina e
diversi vaccini terapeutici (3).
Tra gli inibitori della proteasi NS3/4 (PI) si distinguono inibito-
ri che legano co-valentemente la serina catalitica S139 [es. Bo-
ceprevir {SCH503034} (BOC) e Telaprevir {Vx-950} (TVR)] e
inibitori “non-covalenti” [es. Danoprevir {R7227 o ITNM
191}]. Gli inibitori della RNA-polimerasi RNA-dipendente
(RpRd) NS5B comprendono inibitori nucleosidici (NI) che
bloccano l’incorporazione dei nucleotidi trifosfato nella cate-
na RNA nascente o “chain terminators” [es. nucleosidi 4’-mo-
dificati {R1626 (pro-farmaco di R1479; discontinuato per tos-
sicità)} e 2’-C-metil nucleosidi {R7128 (pro-farmaco di PSI-
6130) e Valopicitabina (NM283, pro-farmaco di NM107, di-
scontinuato per tossicità)}] ed inibitori non nucleosidici (NNI)
che impediscono i cambiamenti conformazionali dell’enzima
su uno dei 4 siti allosterici identificati, necessari per l’elonga-
zione dell’RNA nascente [es.VCH-759 {derivato tiofenico, ini-
bitore del sito NNI-B} e VCH-796 {derivato benzofuranico,
inibitore NNI-D, discontinuato}] (Figura 1). Gli inibitori di
NS3/4A sono dotati una buona attività antivirale, ma hanno
bassa barriera genetica e la loro somministrazione si associa in
pochi giorni alla comparsa di resistenza farmacologica di “clas-
se”. La sede delle mutazioni di resistenza per gli inibitori di
NS5B dipende dalla struttura del farmaco e dal sito allosteri-
co bersaglio. L’assenza di cross-resistenza tra inibitori NS5B
che legano siti allosterici diversi è alla base dell’utilizzazione dei
diversi inibitori NS5B in terapie di combinazione per ottene-
re un effetto di sinergismo e diminuire il rischio di resistenza.
Tutti i mutanti di resistenza mantengono la loro sensibilità al
PEG-IFN. Nella Figura 1 sono riassunte le principali mutazioni
di resistenza a carico di NS3/4A e NS5B e le loro conseguen-
ze fenotipiche (i.e. livello di resistenza).
La triplice associazione con Peg-IFN e RBV riduce ma non eli-
mina il rischio di resistenza mentre assicura un significativo
vantaggio in termini di efficacia rispetto allo SoC. (2). La pos-
sibilità in futuro di poter utilizzare combinazioni di farmaci
DAA diretti contro più bersagli virali in regimi terapeutici sen-
za IFN e Ribavirina e capaci di garantire un’alta barriera gene-
tica “combinata” viene anch’essa attivamente perseguita e
sono già disponibili i primi incoraggianti risultati (2). Un ulte-
UN PROTOCOLLO PER LA GESTIONE DELLE RESISTENZE NELLA TERAPIA ANTI-HCV
GE
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EL
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SIS
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Massimo LevreroDipartimento di Medicina Interna
Specialità Mediche e Laboratorio LifeNanosciencesSapienza Università di Roma
Interno Janssen N2 xstampa 20-12-2011 14:00 Pagina 11
IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C12
riore ambito di sperimentazione viene suggerito dalla recente
osservazione della capacità di RBV non solo di modulare la ri-
sposta all’IFN esogeno, ma anche di stimolare direttamente
l’espressione di un subset di geni responsivi all’Interferone o
ISGs (4) e dal possibile razionale, quindi, di utilizzare la RBV in
assenza di PEG-IFN in associazione a farmaci antivirali diretti.
L’emergere di varianti resistenti è stata osservata in tutti i trial
clinici con PI [16% (BOC) e 12 % (TVR) nei pazienti naives;
22% (TVR) nei ri-trattati (5), con una maggiore incidenza nei
pazienti con genotipo 1a rispetto a 1b (6) e si associa al falli-
mento virologico ed alla ripresa dell’attività di malattia. In en-
trambi gli studi di fase 3 è stata condotta una analisi delle se-
quenze virali al baseline e in tutti i pazienti che non raggiunge-
vano una SVR.V presenti al baseline nel 7% (BOC) e nel 5%
(TVR) dei pazienti ma non sembrano influenzare la risposta
(7), escludendo l’indicazione clinica all’esecuzione di una ricer-
ca delle mutazioni di resistenza al baseline. La sensibilità indi-
viduale all’IFN influenza l’efficacia della triplice terapia e le va-
rianti resistenti vengono selezionate precocemente durante il
trattamento con BOC o TVR nel paziente naive se Peg-IFN e
RBV non risultano sufficientemente efficaci nella fase precoce
di clearance virale (5). Negli studi di ritrattamento con triplice
terapia dei pazienti non responsivi ad un precedente tratta-
mento con Peg-IFN+RBV, i pazienti che avevano mostrato
una risposta nulla (definita come un declino <1 log dell’HCV
RNA plasmatico) allo SoC presentavano una elevata inciden-
za di breakthrough virologico sotto triplice terapia. Il forte ri-
schio di sviluppare una resistenza contro un’intera classe di
farmaci potrebbe limitare in modo significativo l’uso di questi
farmaci in pazienti precedentemente “null responder” allo
SoC, in quanto in questi pazienti si verrebbe ad effettuare di
fatto una monoterapia funzionale. Il polimorfismo del gene
IL28B rappresenta, come ricordato, il più forte predittore di ri-
sposta nel paziente HCV genotipo 1 trattato con SoC (1) e
mantiene il suo potere predittivo anche nei pazienti trattati
con SoC e un inibitore della proteasi a forte attività antivira-
le, e ancor di più, nei regimi che includono come terzo farma-
co inibitori della polimerasi NS5B dotati di minore potenza.
Tuttavia, in accordo con le nuove raccomandazioni AASLD, un
genotipo IL28B sfavorevole non dovrebbe precludere l’acces-
so alla triplice terapia (2).
Le conseguenze cliniche a lungo termine dell’insorgenza delle
varianti resistenti non sono pienamente definite.Varianti resi-
stenti sono presenti nel 40% (TVR) e nel 43% (BOC) dei pa-
zienti dopo 1-2 anni di follow up. (8) Al fine di minimizzare lo
sviluppo di mutazioni compensatorie capaci di potenziare la
fitness dei virus mutati, vi è largo consenso sulla necessità di
interrompere l’assunzione di PI quando la probabilità di otte-
nere una SVR è troppo bassa [BOC: HCV-RNA >100 IU/mL
o >10-15 IU/mL a 12 e 24 settimane;TVR: HCV-RNA >1,000
FIGURA 1: MUTAZIONI PUNTIFORMI IN NS3/4A E NS5B E PROFILI DI RESISTENZA
Interno Janssen N2 xstampa 20-12-2011 14:00 Pagina 12
IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C13
IU/mL a 4 o 12 settimane e positivo a 24 settimane]. D’altro
canto, le regole di interruzione della terapia in caso di manca-
ta o insufficiente risposta virologica andranno, sempre in con-
siderazione del forte rischio di selezionare una resistenza far-
macologica “di classe” che andrebbe a limitare la possibilità di
ulteriori terapie, rigorosamente osservate.
BOC e TVR hanno completato i trial registrativi e ricevuto re-
centemente l’approvazione da parte di FDA ed EMA per il
loro uso in associazione al PEG-IFN e alla RBV in regimi a tre
farmaci per il trattamento dei pazienti con HCV genotipo 1 sia
naive che relapser/non responder a precedenti trattamenti. In al-
cuni paesi europei in cui i due farmaci sono già disponibili sul
mercato, i pazienti trattati con triplice terapia sono attivamen-
te arruolati in coorti osservazionali per una attenta valutazio-
ne della loro efficacia e tollerabilità in un contesto di “vita rea-
le”. In Italia per entrambi i farmaci sono attive, in attesa della
commercializzazione, procedure di accesso controllato al far-
maco e numerosi studi clinici con altri farmaci DDAs sono in
corso. Diviene quindi importante discutere e definire tutti gli
aspetti relativi all’uso allargato nella “vita reale” dei nuovi DAAs.
Se le più recenti linee guida sulla terapia HCV sottolineano
l’importanza delle resistenze ai DAAs (1, 2) non vi è, anche
per la scarsità di studi e di dati scientifici sull’argomento, alcu-
na indicazione sulle modalità e sui momenti in cui un eventua-
le monitoraggio delle resistenze HCV andrebbe effettuato.
D’altro canto, a causa della maggiore rapidità delle risposte vi-
rologiche in corso di triplice terapia da una parte e della pos-
sibile insorgenza di resistenza anche dopo aver raggiunto una
risposta virologica rapida (RVR), sia il valore dei predittori pre-
terapia sia tutte le definizioni di risposta rapida o precoce e il
loro valore predittivo, andranno riviste sulla base dell’espe-
rienza sul campo. Inoltre, anche se i principi generali sono si-
curamente simili a quanto è ormai ben definito nel caso del-
l’epatite B, anche le definizioni di resistenza ed in particolare
la definizione di breakthrough virologico vanno adeguate alla
terapia di combinazione DAAs/PEG-IFN/RBV.
Le diverse tecnologie disponibili per la rilevazione di varianti
di HCV, resistenti sia in vitro che in vivo, sono descritte nella
Figura 2. È importante sottolineare come l’approccio ottimale
varia a seconda del contesto/fase clinica in cui di opera (Ta-
bella 1) (3, 9). Al di fuori dei programmi di sviluppo dei farma-
ci, il ruolo e l’importanza dell’esecuzione di test per la deter-
minazione delle resistenze genotipiche non è del tutto chiari-
to. Una tempestiva valutazione dell’andamento della carica vi-
rale nel tempo al fine di identificare il momento di break-
through virologico potrebbe essere sufficiente a guidare le
scelte terapeutiche. Alcune considerazioni rendono tuttavia
altamente probabile che i test di sequenziamento diretto ver-
ranno utilizzati per la gestione clinica nelle fasi post-registrati-
ve di seconde o terze linee di terapia con in nuovi DAAs e
delle terapie di combinazione con più DAAs, o con combina-
zioni di DAAs e RBV ma senza PEG-IFN. In generale, i test per
FIGURA 2: WORKFLOW PER LA DETERMINAZIONE DELLE RESISTENZE HCV
Interno Janssen N2 xstampa 20-12-2011 14:00 Pagina 13
IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C14
rilevare le varianti resistenti di HCV dovranno puntare sem-
pre più al miglioramento della sensibilità (mantenendo sem-
pre alta la specificità) e dovranno consentire l’individuazione
delle stesse con notevole tempestività, poiché lo sviluppo del-
le resistenze è molto più rapido rispetto a quanto si verifica
nella terapia anti-HBV. Inoltre, solo l’esperienza “sul campo”
potrà consentire l’individuazione dei valori-soglia clinicamente
rilevanti delle varianti virali.
Alcune criticità nell’organizzazione di un modello per la ge-
stione nella realtà italiana delle resistenze farmacologiche a
nuovi farmaci DAA nell’epatite C sono rappresentate:
a) dai tempi medi di consegna del risultato dei test di virolo-
gia molecolare (quantificazione dell’HCV-RNA) necessari
per la conduzione della terapia (efficacia della terapia 4,
raggiungimento dell’RVR, tempestiva identificazione di un
breakthrough virologico). Una risposta in 3-4 gg lavorativi
con un accesso bisettimanale al test sarebbero in linea con
i migliori standard europei.
b) dalla creazione di una rete cooperante di centri di riferi-
mento su scala sovraregionale/regionale per lo studio e
l’identificazione, tramite sequenziamento delle mutazioni di
resistenza HCV (Figura 3). Propedeutici a questo obiettivo
sono:
o l’omogeneizzazione e la successiva revisione periodica
delle procedure di raccolta, spedizione, manipolazione
ed estrazione del campione e di esecuzione ed inter-
pretazione del test. In un modello organizzativo con una
relativa centralizzazione delle risorse e delle operatività
un aspetto fondamentale per garantire l’accesso al test
sarà l’identificazione e la messa a regime di modalità so-
stenibili (per il paziente e per le strutture sanitarie), re-
lativamente alla raccolta e spedizione dei campioni. In
via teorica un risultato qualitativamente adeguato ed
omogeneo sul territorio può essere raggiunto con un
processo di valutazione/validazione dei risultati e un ac-
creditamento a posteriori, la complessità biologica del-
TABELLA 1: APPROCCIO AI TEST DI RESISTENZA FARMACOLOGICA NEI PAZIENTI HCV: INFLUENZA DELLA FASE CLINICA
FASE PRECLINICA
Studio delle resistenze nei repliconi HCV
• confermare il fenotipo di resistenza associato alle diverse mutazioni [ repliconi HCV ] [ studi enzimatici ]
• effetti delle mutazioni sulla fitness virale[ repliconi HCV ]
FASE CLINICA PRECOCE
Approcci altamente sensibili per la detezione delle mutazioni
• Baseline, trattamento, follow up (per documentare la reversione a wild type, 24 sett.)
• Clonaggio/sequenziamento a tutti i tempi possibili (minimo 35 cloni)[bersaglio e mutazioni note: sequenziamento regione di interesse][bersaglio e nutazioni non note: sequenziamento genoma virale]
• Nuove tecniche di sequenziamento [in evoluzione]
FASE CLINICA AVANZATA
Approcci di sequenziamento diretto (“Population sequencing “)
• Storaggio siero a baseline, in trattamento e follow-up
• Sequenziamento diretto al break-through e comparazione con baseline
• Follow-up per documentare la reversione a wild type
POST-REGISTRAZIONE
Monitoraggio dei break-through virologici (HCV-RNA)[in accordo al farmaco ed all’intensità di esposizione, tentativamente ogni 3 mesi].
Sequenziamento diretto al break-through [confronto con baseline storato routinariamente]
Valutazione profili di cross-resistenza
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IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C15
l’HCV e tecnologica dei test da effettuare, potrebbero
consigliare l’adozione a priori di protocolli e reagenti
condivisi;
o la creazione e mantenimento di un database centralizza-
to di sequenze HCV al baseline e in corso di terapia con
i diversi DAAs che rispecchi l’epidemiologia molecolare
dell’HCV nella popolazione infetta italiana e migrante e
che possa servire da riferimento per la corretta analisi
delle mutazioni e della variabilità genetica nel singolo pa-
ziente;
o se come, già ricordato, l’esecuzione in tutti i pazienti nai-
ves di un test di sequenziamento al baseline, ed il riscon-
tro di mutazioni di resistenza non influenzano oggi la
scelta terapeutica, la corretta interpretazione di un test
di sequenziamento effettuato al momento del break-
through virologico richiede il confronto con la situazio-
ne basale. È importante quindi che siano identificate le
modalità per la raccolta e l’adeguata crioconservazione
di un campione al momento dell’arruolamento di tutti i
pazienti trattati con DAAs;
c) dai costi complessivi del test, che comprendono la raccol-
ta e spedizione dei campioni e l’esecuzione degli stessi.
Non può essere escluso che in un futuro non molto lonta-
no le tecniche di sequenziamento ad alto through-put, op-
portunamente adattate a effettuare molti test contempo-
ranei (multiplexing), sia pure con una potenza e profondità
di sequenziamento più basse del massimo teorico, possano
garantite tempi e costi minori.
Cenni di bibliografia ragionata1. EASL, J Hepatol, 2011, 55, 2 [E-Pub head of pubblication] [EASL Clini-
cal Practice Guidelines; Management of HCV infection]
2. AASLD, Hepatology 2011, 54, 1433 [AASLD Practice Guidelines;Updated
management of HCV infection]
3. Sarrazin C & Zeuzem S. 2010, 138, 447;Thompson AJV & Mac Hut-
chinson JG. Journal of Viral Hepatitis, 2009, 16, 377 [reviews on HCV re-
sistance]
4. Thomas E et al, Hepatology. 2011, 53, 32-41 [30: ribavirina e ISGs]
5. Poordad F et al N Engl J Med 2011, 364, 1195 [BOC in HCV naives, stu-
dio SPRINT]; Jacobson IM et al. N Engl J Med 2011;364:2405 [TVR in
HCV naives, studio Advance]; Zeuzem S et al N Engl J Med 2011, 364,
2417 [TVR in HCV retreatment]
6. Sarrazin C, et al Gastroenterology 2007, 132, 1767 [analysis of HCV re-
sistance in TVR treated pts]
7. Vierling JM et al. Hepatology 2010, 2, 702A. [analysis of HCV resistance
in BOC treated pts] Highlights of Prescribing Information for Incivek.
www.accessdata.fda.-gov/drugsatfda_docs /label/2011/201917lbl.pdf
8. Zeuzem S et al. Hepatology 2010, 2, 436A. [TVR in HCV naives, studio
Extend]
9. HCV Drug Resistance Advisory Group (HCV DRAG) Gastroentero-
logy, 2011;140:755-760 [Sequence and Phenotypic Analysis for Resistance
Monitoring: Recommendations From the HCV DRAG]
FIGURA 3: MODELLO ORGANIZZATIVO GESTIONE RESISTENZE
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IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C16
PremessaGli studi sulla “resistenza” ai farmaci ad azione diretta verso il vi-
rus dell’epatite B (HBV), (Fig. 1), e la loro applicazione in campo
diagnostico rappresentano un patrimonio importante che sarà
certamente utile per affrontare le problematiche relative all’uso
di antivirali anti-HCV.
In altre parole, si può facilmente prevedere che l’esperienza ac-
cumulata negli ultimi dieci anni in ambito HBV rappresenterà -
sia sul piano concettuale che su quello pratico - un fondamenta-
le supporto per la gestione delle “resistenze” in ambito HCV.
Di fatto, la gran parte degli epatologi in campo internazionale
(fatta eccezione per quelli di estrazione “infettivologica” che si
siano occupati anche di HIV) ha avuto le prime esperienze con
gli antivirali nel momento in cui si è trovata a dover trattare
l’HBV attraverso l’uso di farmaci inibitori di un enzima virale (nel-
la fattispecie, la trascrittasi inversa) che potevano indurre la sele-
zione di popolazioni virali geneticamente mutate e resistenti agli
stessi farmaci. Il primo di questi antivirali ad entrare in commer-
cio – alla fine degli anni ’90 – è stata la lamivudina, farmaco do-
tato di buona potenza ma di bassa “barriera genetica” (vedi
dopo) e quindi facilmente predisponente alla selezione di forme
virali resistenti.
Per riassumere quanto sin ad ora detto, la terapia con antivirali
specifici per l’epatite B ha fatto da precursore e ha spianato la
strada a quanto probabilmente accadrà nel campo dell’epatite C.
L’Epatite B e lo sviluppo delle conoscenze teorichesulle resistenzeHBV ed HCV sono entrambi virus a trasmissione parenterale
con tendenza a dare infezione cronica, per cui frequentemente
co-infettano lo stesso individuo (tabella 1).Tuttavia, sul piano bio-
logico questi due virus sono radicalmente diversi, anzi si può af-
fermare che l’unico aspetto che li accomuna è l’epatotropismo,
vale a dire che entrambi riconoscono nell’epatocita la cellula di
elezione per la propria replicazione.
Un aspetto importante da segnalare è che sia le infezioni da
HBV che quelle da HCV – in particolare nelle forme croniche -
sono sostenute da pool di virus geneticamente diversi fra loro
(cosiddetta “quasispecie” virale). Lo studio dei meccanismi di se-
lezione delle varianti virali resistenti ai farmaci anti-HBV ci ha
portato a comprendere alcuni degli aspetti chiave per lo svilup-
po delle resistenze agli antivirali che certamente entrano in gio-
co anche in corso di terapia anti-HCV specifica. In questo ambi-
to un aspetto che appare di particolare importanza è il cosid-
detto “spazio replicativo”, concetto che semplicisticamente può
essere tradotto come lo spazio disponibile per la replicazione
del virus nelle singole cellule epatiche. Somministrando uno spe-
cifico antivirale, tutte le popolazioni “wild” (o “selvagge”) di virus
sensibili ad esso non avranno più modo di replicare. Ciò com-
porterà la liberazione a livello intracellulare di “spazio replicati-
vo” disponibile per la replicazione di forme virali resistenti a quel
dato antivirale ed eventualmente presenti quali forme minori-
tarie nella quasispecie infettante. I primi studi su comparsa e
sviluppo delle varianti virali resistenti agli inibitori della protea-
si di HCV sembrano confermare che i suddetti meccanismi
GESTIONE DELLE RESISTENZE: È UTILE L’ESPERIENZADI DIAGNOSTICA MATURATA NEL CAMPO DELLE RESISTENZE AI FARMACI ANTI-HBV?
Giovanni RaimondoDipartimento di Medicina Interna,Policlinico Universitario,Messina
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FIGURA 1: IMMAGINE DEL VIRUS DELL’EPATITE B
Icosahedral core (C) Small surface protein (S)
Large surface protein(S + PreS2 + PreS1)
Medium surface protein(S + PreS2)
DNA
Polymerase (P)
© 2002 James A. Perkins
TABELLA 1: PRINCIPALI VIRUS CHE SI TRASMETTONO PERVIA PARENTERALE, RESPONSABILI DI INFEZIONI CRONICHE ECHE POSSONO CO-INFETTARE UNO STESSO INDIVIDUO.
HCV Virus dell’epatite C
HBV Virus dell’epatite B
HDV Virus dell’epatite Delta
HIV Virus dell’immunodeficienza acquisita
Interno Janssen N2 xstampa 20-12-2011 14:00 Pagina 16
IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C17
entrano in gioco anche in corso di terapia anti-HCV specifica.
Un altro importante concetto che gli epatologi hanno imparato
a conoscere dallo studio delle resistenze agli antivirali anti-HBV
è che oltre alle mutazioni genetiche “primarie” – che conferisco-
no ai virus la capacità di resistenza agli antivirali ma spesso anche
una minore capacità replicativa (“fitness”) rispetto alle forme
“wild” - esistono anche mutazioni “secondarie” (o “compensato-
rie”) che non sono in grado di per sé di indurre resistenza ai far-
maci ma che se presenti contemporaneamente alle mutazioni
“primarie” conferiscono al virus una migliore “fitness”. A livello
puramente teorico, si può ipotizzare che quando si riuscirà a de-
finire il complesso quadro di mutazioni primarie e secondarie
che contribuiscono a dare resistenza ai diversi antivirali anti-HCV
si potrebbe essere in grado di predire quanto meno quali sog-
getti abbiano una maggiore propensione allo sviluppo precoce
di resistenza ai farmaci.
L’esperienza derivante dall’Epatite B nella gestione pratica delle resistenzeLa routinaria diagnostica di laboratorio nel campo delle epatiti vi-
rali B e C è basata su una rete di laboratori abbastanza ben di-
stribuiti su tutto il territorio nazionale e locati essenzialmente nel-
le strutture pubbliche.Attraverso l’utilizzo di test diagnostici com-
merciali (Fig. 2), questi laboratori forniscono i dati essenziali rela-
tivi alla quantità di virus circolanti e – aspetto fondamentale per
la terapia dell’HCV – al genotipo virale. Con l’avvento delle tera-
pie specifiche anti-HBV si è nel tempo selezionato un numero più
ristretto di laboratori specialistici capaci di affrontare le problema-
tiche – non solo tecniche – legate alla identificazione delle forme
virali mutate e resistenti ai farmaci.Vi è poi da dire che in un nu-
mero ancora più limitato di questi laboratori specialistici (inferio-
re alla decina, equamente distribuiti fra Nord, Centro e Sud-Isole
del nostro Paese) opera personale di alta qualificazione profes-
sionale che è già in grado di mettere a punto le complesse me-
todiche per l’individuazione delle forme virali mutate e resistenti
agli inibitori della proteasi e della polimerasi di HCV.Di fatto,quin-
di, questi laboratori sono già pronti ad affrontare la sfida con la
diagnostica bio-molecolare legata all’uso degli anti-virali anti-HCV.
A questo proposito è di fondamentale importanza sottolineare
che gran parte di questi laboratori ad altissima qualificazione gra-
vitano attorno – o addirittura fanno parte – di centri clinici di ri-
ferimento per la diagnosi e cura delle malattie da virus epatitici.
Si può quindi dire che l’esperienza acquista con HBV ha porta-
to all’individuazione sul territorio dei centri più qualificati nella
diagnostica di virologia molecolare: tali centri svolgeranno vero-
similmente un ruolo nodale anche per le problematiche ineren-
ti alla gestione delle resistenze ai farmaci anti-HCV.
Le principali problematiche nella diagnostica molecolaredell’infezione da HCV rispetto a quella da HBV consistono
nell’individuazione degli approcci tecnici più appropriati (ricor-
diamo che HCV è un virus ad RNA mentre HBV è un virus a
DNA) e nella necessità di differenti tempistiche per l’effettuazio-
ne delle analisi. In generale, i test per rilevare le varianti “resisten-
ti” di HCV dovranno puntare sempre più al miglioramento del-
la sensibilità (mantenendo sempre alta la specificità) e dovranno
consentire l’individuazione delle stesse con notevole tempestivi-
tà, poiché lo sviluppo delle resistenze è molto più rapido rispet-
to a quanto si verifica nella terapia anti-HBV.
Come appena detto, le tecniche per la rilevazione delle varianti
di HCV resistenti ai farmaci saranno altamente sensibili. Un
aspetto di notevole importanza che solo l’esperienza “sul cam-
po” potrà consentire di affrontare è l’individuazione dei valori-
soglia di concentrazione ematica di dette varianti virali a livello
dei quali esse divengono clinicamente rilevanti.
Considerazioni e prospettiveCome appreso dall’esperienza in campo HBV, il farmaco antivira-
le ideale è quello non solo a maggiore potenza e rapida azione sul
virus ma anche dotato della più alta barriera genetica, condizione
solitamente raggiunta quando il farmaco, per indurre resistenza,
deve favorire la selezione di forme virali con plurime mutazioni.Un
altro ideale approccio terapeutico sarebbe quello che prevede
l’uso contemporaneo di due o più farmaci atti a colpire distretti
(e, quindi, funzioni) diversi del virus in maniera tale che un farma-
co riesca a bloccare le forme resistenti indotte dall’altro. Nono-
stante vi siano interessanti studi preliminari in questi ambiti, tutta-
via per il prossimo futuro ci si dovrà basare sull’uso degli inibitori
della proteasi di HCV abbinati alla terapia convenzionale (cioè, In-
terferone peghilato con Ribavirina), combinazione questa che ne-
gli studi clinici ha già dimostrato notevole efficacia terapeutica con
importante rallentamento nei tempi di selezione di forme virali re-
sistenti. Restando in tema di terapie combinate, infine, il futuro
prossimo ci porterà fra l’altro ad affrontare la complessa proble-
matica del trattamento dei pazienti cronicamente co-infetti da due
o più virus (epatitici con l’eventuale coesistenza anche dell’HIV)
ognuno dei quali richiede terapie specifiche: sarà questa una delle
sfide principali per la scienza medica nel prossimo futuro.
FIGURA 2: KIT COMMERCIALE PER LA VERIFICADELLA PRESENZA DEL VIRUS HCV
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IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C18
La necessità di istituire un Registro trova la sua ragion d’es-
sere in vista dell’imminente introduzione di nuovi farmaci
anti-Epatite C che cambieranno drasticamente lo scenario di
trattamento rispetto allo Standard of Care (SoC) attuale. Si
tratta di varie categorie di farmaci, prevalentemente inibito-
ri delle proteasi ed inibitori delle polimerasi.
Focalizzando l’attenzione su due nuovi farmaci il Boceprevir
ed il Telaprevir, inibitori della proteasi la cui introduzione in
terapia è prevista nel 2012, si evidenziano alcune problema-
tiche in quanto, se da una parte certamente migliorano l’ef-
ficacy in termini di Sustained Virologic Response (SVR), dall’al-
tra presentano alcune criticità relative al profilo di tollerabi-
lità e safety. Questi farmaci provocano, inoltre, effetti collate-
rali talvolta cumulativi, per il fatto che debbono essere usati
come terapia aggiuntiva allo SoC costituito da Interferone
peghilato + Ribavirina.
Una seconda criticità si verifica in caso di fallimento della te-
rapia in quanto, in tutti i casi in cui questa non risulti efficace,
si generano ed accumulano mutazioni di resistenza “crociata”,
fra di loro e con farmaci della stessa classe, che persiste per
uno-due anni. Questa resistenza riduce quindi non solo l’effi-
cacia dei farmaci attualmente disponibili, ma potenzialmente
anche l’impiego di quelli in arrivo nei prossimi anni.
Una terza criticità è rappresentata dai costi; sebbene non sia
ancora disponibile una stima definita dei prezzi di tali farma-
ci, si prevede comunque un aumento considerevole della
spesa per il trattamento dell’Epatite C.
Un’ultima problematica è legata alla selettività d’azione; que-
sti nuovi farmaci, infatti, sono mirati esclusivamente al tratta-
mento del genotipo 1 di HCV, con una differente risposta
anche all’interno dello stesso, ad esempio tra il sottotipo 1a
ed 1b. È stato dimostrato inoltre come nel genotipo 1a si ve-
rifichi una maggiore probabilità di sviluppo di resistenza, in
caso di fallimento della terapia.
Le problematiche sopracitate comportano la necessità di va-
lutare e selezionare molto attentamente i pazienti da consi-
derare per il trattamento con la “triplice” terapia, stabilendo
delle precise priorità in termini di appropriatezza d’impiego
e razionalizzazione dei costi. Per tutti questi aspetti, l’allesti-
mento di un Registro risulta essenziale al fine di garantire la
raccolta sistematica di informazioni utili ed una panoramica
completa di tutti i casi in trattamento.
Applicazioni pratiche di un Registro
Il Registro riveste una duplice utilità, sia nella gestione dei pa-
zienti che ai fini della creazione di un Network tra professio-
nisti sanitari.
Mediante il monitoraggio, la registrazione dell’evoluzione
della patologia e della risposta al trattamento, attuata attra-
verso precisi algoritmi di follow-up, è possibile evidenziare i
dati critici al fine di valutare l’efficacia del trattamento. Il Re-
gistro inoltre potrà permettere la costruzione di una banca
dati a supporto del Network, evitando di generalizzare valu-
tazioni individuali ricavate da singoli pazienti (medicina nar-
rativa) e favorendo invece la condivisione e la cooperazione
tramite una visione globale dei dati dei pazienti trattati.
Queste applicazioni consentiranno di orientare sempre più
le valutazioni verso un’ottica basata sull’Health Technology As-
sessment (HTA), con analisi di costo/efficacia relative ai nuo-
vi farmaci e ai nuovi regimi terapeutici.
PROPOSTA DI ISTITUZIONE DI UN REGISTRO PER LA VERIFICA DELL’ADERENZA E PER L’INDIVIDUAZIONE DELLE CAUSE DI NON ADERENZA ALLA TERAPIA
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Giampiero CarosiOrdinario di Malattie InfettiveUniversità degli studi di Brescia
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IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C19
Come deve essere costruito un Registro?
Il Registro deve essere disponibile on-line, costruito elettro-
nicamente con l’obiettivo di permettere l’estrazione dei dati
e la successiva analisi statistica degli stessi.
Dovrebbe assomigliare il più possibile ai software attualmen-
te utilizzati per le valutazione dei trials clinici, le CRF (Case
Report Form), con la possibilità di estrarre i dati tramite ap-
propriate queries, consentendo così anche valutazioni perio-
diche.
Quali sono gli obiettivi del Registro?
Come già anticipato nel titolo dell’articolo, l’obiettivo prima-
rio mira a verificare l’aderenza e ad individuare le cause di
non aderenza alle terapie.
Verificare l’aderenza significa definire e monitorare questo
parametro nei pazienti.
Per la definizione ci si potrebbe riferire alla base di aderen-
za espressa nella formula 80+80+80, ovvero verificare che
vengano utilizzate almeno l’80% delle dosi relative ai farma-
ci prescritti nel ciclo di terapia e espletate in pari misura le
tempistiche programmate.
Un valore che descriva un’aderenza adeguata alla terapia do-
vrà essere uguale o superiore quindi all’80%.
L’aderenza deve essere valutata in termini parametrici cioè
deve essere correlata all’efficacy, alla safety ed allo sviluppo
di mutazioni di resistenza. Con la costruzione di un Registro
che contenga tutti questi dati si potranno valutare recipro-
camente i livelli dell’aderenza rispetto all’efficacia della tera-
pia ovvero come la tossicità, gli eventi avversi e gli effetti col-
laterali, abbiano influito a loro volta sull’aderenza, sull’effica-
cia o sullo sviluppo di resistenze.
Il secondo obiettivo, come abbiamo detto, è quello di indivi-
duare le cause di non aderenza che si potranno correlare, a
monte con condizioni demografiche e socio-ambientali, con
l’emergenza di tossicità e di eventi avversi, e a valle, con i fal-
limenti e lo sviluppo di resistenze.
Elementi costitutivi del Registro
È necessario innanzi tutto distinguere due funzioni del Regi-
stro, la prima si attua mediante la SCHEDA DI PRESCRIZIO-
NE ON-LINE e svolge la sua azione nel processo di eligibili-
tà e di accesso al farmaco; la seconda interviene durante il
trattamento, all’interno del quale, tramite la SCHEDA DI
FOLLOW-UP, si effettua il monitoraggio del paziente.
Un primo aspetto che caratterizza il Registro è l’obbligo da
parte del clinico di compilare la scheda di PRESCRIZIONE
ON-LINE.Tramite questa modalità il prescrittore, per poter
ottenere il farmaco dalla farmacia ospedaliera, deve necessa-
riamente compilare il form on-line.
La scheda prescrittiva prevede degli stringenti CRITERI DI
ELEGGIBILITÀ, che permettono di identificare i fattori chia-
ve del paziente, ad esempio il genotipo: 1a, 1b e interleuchi-
na 28B, lo stadio della fibrosi, le eventuali comorbidità, il li-
vello basale di HCV RNA e delle transaminasi,..
Deve essere definito “a priori” il paziente trattabile conla tri-
plice terapia. Ad esempio, potrebbe essere appropriato trat-
tare un paziente con una fibrosi avanzata F3, o una cirrosi, o
il paziente con malattie renali/epatiche associate e che abbia
una evoluzione rapida della patologia e/o il paziente non re-
sponder a precedenti terapie.
Un altro punto da sviluppare sono i CRITERI DI ESCLUSIO-
NE, quali ad esempio la presenza di diabete, elevato B.M.I.,
sindrome depressiva, anemia/leucopenia, etc..
I fattori di esclusione citati sono “relativi” in quanto possono
essere trattati al fine di allineare il paziente ai requisiti neces-
sari all’eleggibilità. A differenza dei precedenti, vi sono anche
delle controindicazioni “assolute”, rappresentate ad esempio
da epatiti autoimmuni o da malattie tiroidee.
Elementi che necessitano di un’attenta e delicata valutazione
sono, inoltre, la presenza di una tossicodipendenza o di alco-
lismo, infatti se in stato attivo queste condizioni possono es-
sere considerata una controindicazione assoluta, invece in
caso di terapia di disassuefazione l’aderenza prevedibile può
FIGURA 1: SOFTWARE PER LA RACCOLTADELLE INFORMAZIONI ANAMNESTICHE
Interno Janssen N2 xstampa 20-12-2011 14:00 Pagina 19
IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C20
essere sufficiente e quindi permettere l’eleggibilità del pa-
ziente.
Riguardo alla seconda funzione del Registro, ovvero il moni-
toraggio tramite le SCHEDE DI FOLLOW-UP, vengono va-
lutati tre elementi principali: il counselling, la registrazione del-
l’aderenza alla terapia e l’outcome.
Il counselling viene valutato come completezza d’informazio-
ne fornita da parte del medico al paziente; tanto più que-
st’ultimo viene informato sul progetto terapeutico e prepa-
rato su come affrontare i possibili effetti avversi, tanto più
sarà probabile l’aderenza alla terapia.
L’aderenza alla terapia può essere valutata grazie a differen-
ti metodologie. Il primo metodo, facilmente realizzabile, pre-
vede un’intervista al paziente, che riporterà quante volte ha
omesso di assumere i farmaci prescritti ad es. nell’ultima set-
timana, nell’ultimo mese, etc. Per quanto riguarda una secon-
da possibilità consiste nell’effettuare semplicemente il con-
teggio del consumo effettivo di pillole in occasione del refill.
Un terzo metodo di valutazione pone nuovamente l’atten-
zione diretta al paziente che dovrà fornire, in base al suo
punto di vista, la sua posizione in una scala graduata riguar-
do l’aderenza alla terapia prescritta.
Per ultimo, altamente attendibile, rimane il metodo del con-
trollo ematico dei livelli di farmaco.
L’outcome è l’elemento di maggiore importanza in quanto su
di esso possono essere incentrate tutte le valutazioni para-
metriche riguardanti l’impatto dell’aderenza sull’efficacy, la
safety e lo sviluppo di mutazioni di resistenza.
L’efficacy viene valutata come il raggiungimento di alcuni pa-
rametri prestabiliti, evidenziabili tramite la relativa spunta al-
l’interno della casella dedicata nella scheda di follow-up.
Esempi di questi parametri sono il raggiungimento della Ra-
pid Virologic Rsesonse (RVR) ovvero soppressione della vire-
mia alla quarta settimana o della extended Early Virologic Re-
sponse (e EVR) che evidenzia la soppressione sia alla quarta
che alla dodicesima settimana, o ancora della complete Ear-
ly Virologic Response (cEVR) che evidenzia la non negatività
alla quarta settimana ma la negatività alla dodicesima. Il prin-
cipale parametro valutabile è ovviamente quello della Sustai-
ned Virologic Response (SVR) che rappresenta la negatività a
sei mesi dalla fine del trattamento.
Quando questi elementi positivi non si verificano, la scheda
prevede la compilazione di altre voci come per la Partial Vi-
rologic Response (PVR), o la Non-Response (NR)e la recidiva
(RR).
Per quel che concerne invece la valutazione della safety, al-
l’interno della scheda, sono presenti dei campi per la classifi-
cazione della gravità degli eventi avversi come mild, modera-
te, serious e life threatening. Inoltre, una volta evidenziato il
tipo di evento avverso, deve essere riportato il comporta-
mento e gli interventi attuati dal clinico. L’interruzione del
trattamento verrà messa in relazione con l’efficacy nella eve-
nienza di stopping rules ovvero di eventi avversi gravi non ri-
solvibili.
Ultimo parametro da analizzare riguarda lo sviluppo di mu-
tazioni di resistenza; infatti se durante il trattamento non si è
raggiunta una SVR, o è risultato un caso non-responder è tas-
sativo effettuare il test per valutare precocemente se siano
emerse delle mutazioni e monitorarne nel tempo la scom-
parsa.
Grazie all’inserimento di questi dati all’interno del Registro
è così possibile verificare la presenza o assenza di aderenza
alla terapia e, nel caso in cui essa sia stata scarsa o comun-
que insufficiente, è possibile analizzare quali siano le cause
scatenanti e soprattutto quale impatto abbia avuto sull’out-
come.
FIGURA 2: ESEMPIO DI RICHIESTA DI FARMACI TRAMITE LA PRESCRIZIONE ON-LINE
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IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C21
Il trattamento dell'epatite cronica HCV negli ultimi dieci anni
ha subito una radicale rivoluzione grazie all'introduzione di
farmaci antivirali per via orale che aumentano i tassi di rispo-
sta (nei genotipi cosiddetti difficili la risposta sostenuta passa
dal 45% al 70%) (1-7).Tali risultati però sono gravati da un nu-
mero elevato di effetti collaterali, da costi elevati e da schemi
terapeutici che prevedono l’assunzione di un numero elevato
di compresse (dalle 6 alle 12 compresse al giorno che si as-
sommano alla terapia standard (Interferone settimanale e 5-6
compresse di ribavirina al dì) (1-7).
L'uso orale farmaci da assumere al domicilio quotidianamen-
te, a volte con scadenze regolari e con una particolare alimen-
tazione, solleva il problema dell’aderenza alla terapia prescrit-
ta. L’ aderenza alla terapia orale è una questione complessa,
nella quale intervengono svariati fattori, che possono alterare
in modo sostanziale l'esito della terapia ed aumentare consi-
derevolmente i costi completamente a carico del Servizio Sa-
nitario Nazionale (8-9). Il termine Aderenza (sinonimo di
compliance) è stato recentemente definito dalla Società inter-
nazionale di Farmacoeconomia (ISPOR) come la misura in cui
un paziente agisce in conformità ad un regime terapeutico
prescritto, in termini sia di dosaggio sia di intervallo di assun-
zione (10). Un paziente è perfettamente aderente se tutte le
dosi sono state rispettate, senza dosi aggiuntive assunte, o dosi
prese in quantità sbagliata o al momento sbagliato. L'aderen-
za è misurata in un periodo di tempo e riportato come tasso
di aderenza, che è la percentuale della dose assunta in relazio-
ne a quanto prescritto (11). È stato dimostrato che i tassi di
aderenza per molte terapie farmacologiche croniche si aggira
tra 35-70%. Come detto, la conseguenze di una scarsa ade-
renza sono uno stato di salute compromesso e un aumento
dei costi sanitari (8). Nelle terapie croniche, il mantenimento
di alti livelli di aderenza (90% al 95%) è cruciale per il succes-
so del trattamento, e promuovere l'aderenza resta un elemen-
to essenziale della pratica clinica quotidiana (12-16). Nono-
stante consistenti progressi siano stati fatti nella terapia del-
l’epatite cronica HCV per semplificare i regimi e sviluppare te-
rapie di combinazione, i comportamenti associati con l'ade-
renza (ad esempio, assumere dosi alla stessa ora, ogni giorno,
a seguito di restrizioni alimentari, e non saltare le dosi a causa
di irregolarità nella routine quotidiana) rimangono una sfida
per il medico prescrittore.
Ci sono diversi metodi per misurare l'aderenza:
- misure soggettive di aderenza sulla base di self-report
(questionari autosomministrati come il MARS (Medication
Adeherence Report Scale), che contiene domande sul
comportamento di aderenza, l’SF-36 che è un metodo va-
lidato per misurare la qualità della vita, l’IPQ Brief che è un
metodo validato per misurare l'atteggiamento del paziente
verso la malattia e il questionario sulle Credenze circa me-
dicinali (BMQ) (17-22). Il BMQ misura la convinzione del
paziente e l'atteggiamento verso i farmaci in generale);
- misure dirette tramite l’utilizzo di sistemi di monitoraggio
elettronico (ad esempio, conta pillola o sistemi di monito-
raggio elettronico che utilizzano contenitori standard per
pastiglie con un piccolo processore elettronico nel tappo in
grado di registrare i tempi e la frequenza di apertura delle
bottiglie. Rispetto ad altri metodi (ad esempio, i questiona-
ri self-report, le prescrizione), il monitoraggio elettronico é
in grado di mostrare uno scenario più ampio delle dinami-
che del comportamento del nostro paziente rispetto al far-
maco) (23);
- l’analisi di banche dati di erogazione delle farmacie (ad
esempio, report di acquisto/somministrazione delle farma-
cie locali di un determinato tipo di farmaco);
- metodi indiretti tramite valutazione di campioni di sangue
e urine (ad esempio, il livello plasmatico di HCV RNA al di
sotto dei limiti di rilevamento, risultati di test di farmacoci-
STRUMENTI PER MIGLIORARE L’ADERENZA ALLA TERAPIA:UN CASE HISTORY
Alessia CiancioDipartimento di Gastroenterologia,Ospedale Molinette,Università degli Studi di Torino
Mario RizzettoDirettore della divisione di GastroepatologiaOspedale Molinette,Università degli Studi di Torino
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IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C22
netica). Non esiste un gold standard e tutti i metodi hanno
dei limiti. La maggiore limitazione della misura dell’aderen-
za è il cosiddetto effetto Hawthorne: la misurazione del-
l’aderenza influenza l'aderenza stessa, perché la consapevo-
lezza del paziente che l'aderenza venga misurata influenza
il comportamento stesso del nostro paziente.
La durata del trattamento gioca un ruolo importante nella
aderenza al regime terapeutico. Quando un farmaco è assun-
to per un periodo di tempo più lungo, i pazienti diventano
meno aderenti. La non Aderenza sembra essere associata a
tassi peggiori di risposta.
Molti studi condotti sui pazienti con infezione da HIV in tera-
pia antiretrovirale, hanno dimostrato che diversi fattori posso-
no essere associati con l’aderenza alla terapia. Questi includo-
no variabili legate al paziente come fattori demografici, le cre-
denze dei pazienti circa alcuni farmaci e alcune malattie, varia-
bili legate alla malattia stessa, il regime terapeutico, gli effetti
collaterali e la qualità della vita.
Fattori demograficiStudi diversi hanno dimostrato che età, sesso, e razza sono as-
sociati in maniera non significativa all’aderenza alla terapia.
Uno studio condotto su pazienti HIV ha dimostrato che l'età
più giovane è associata ad una più bassa aderenza, mentre al-
tri non hanno dimostrato associazione tra aderenza e non-
aderenza (24-27). Per quanto riguarda il livello d’educazione e
gli indicatori socioeconomici, un più alto livello di scolarità è
stata associato con una migliore aderenza, mentre aver ripe-
tuto un anno scolastico e non avere una fissa dimora sembra-
no essere associati a peggiore aderenza alla terapia nei pazien-
ti giovani (24).
Fattori psicosociali (28-30)
- Fattori familiari: familiari di I° grado o un parente adulto a
supporto del paziente che deve affrontare una terapia aiu-
tano a migliorare l’aderenza alla terapia.
- Sostegno sociale. La discriminazione da parte di amici e fa-
miliari o in ambiente lavorativo, di soggetti affetti da infezio-
ne da virus C é associata con una non aderenza, e in par-
ticolare con l’aver saltato alcune dosi. Questo scenario è
probabilmente legato alla paura che amici e famigliari pos-
sano scoprire la loro malattia.
- Uso di sostanze che creano dipendenza. L’astensione dal-
l’uso di sostanze alcoliche e di sostanze stupefacenti negli
ultimi 3 mesi sono risultati associati ad una miglior aderen-
za. In particolare, nei pazienti affetti da HIV, più giovane era
l’età del primo consumo di marijuana è più bassa era l’ade-
renza. (4) fattori psicologici. Bassi livelli di stress psicologico,
livelli più elevati di soddisfazione della vita, e una più alta au-
tostima, sono stati associati con una maggiore aderenza. È
stato inoltre dimostrato nell’ambito oncologico che la con-
vinzione che i farmaci "debbano sicuramente" migliorare la
qualità della vita è associata con una migliore aderenza. La
depressione e i sintomi depressivi sono stati costantemen-
te e significativamente associati con una minor aderenza.
Sempre nell’ambito dell’infezione da HIV è stato osservato
che i giovani che mostravano una non aderenza alla tera-
pia prescritta avevano più alta probabilità di avere subito
abusi sessuali in età adolescenziale o di aver avuto una sto-
ria in anamnesi di tentativo di suicidio. La "concreta" consa-
pevolezza della propria malattia sembra essere invece as-
sociata con aderenza più alta mentre al contrario la fuga o
il rifiuto della malattia o fenomeni autodistruttivi sono stati
associati con una non-aderenza
Fattori legati alla malattia di base Diversi fattori legati al virus HCV possono essere associati
con l'aderenza alla terapia e tra questi in particolare la cadu-
ta dell’HCV-RNA rispetto ai valori pre-terapia o la completa
negativizzazione del virus sono associati con una migliore ade-
renza. Al contrario, la stadiazione della malattia o una persi-
stenza del virus nel plasma durante la terapia sono associati
con una scarsa aderenza. Il modello sviluppato da Leventhal
(CSM) è un modello teorico comunemente usato per capire
la percezione da parte dei pazienti della propria malattia.
Quello che è emerso è che la percezione e “le credenze” cir-
ca una malattia (specie se virale o a trasmissione sessuale) è
un fattore importante nelle reazioni che il paziente scatena e
i comportamenti adottati verso il proprio stato di salute. La
percezione della malattia da parte del paziente, può inoltre
essere facilmente misurata con il breve questionario sulla Per-
cezioni della Malattia (Brief IPQ) (21).
Regime terapeuticoL’utilizzo nella pratica clinica della terapia dell’epatite C, di in-
terferone Pegylato somministrato settimanalmente rispetto al-
l’interferone standard utilizzato tre volte a settimana, ha ridot-
to notevolmente la complessità del trattamento favorendo
così un’aderenza migliore. Probabilmente con l’arrivo dei i
nuovi trattamenti che prevedono oltre alla terapia con Inter-
ferone Pegylato e ribavirina, l’utilizzo di farmaci antivirali ad
alte dosi (dalle 6 alle 12 compresse in più al giorno), il medi-
co prescrittore dovrà porre molta attenzione al problema del-
l’aderenza. Inoltre effetti collaterali farmaco-correlati sono as-
sociati ad una peggior aderenza. Alcuni studi hanno infatti di-
mostrato che trattare gli effetti secondari porta ad una miglio-
re aderenza alla terapia prescritta. Anche la durata del tratta-
mento é associata a tassi di aderenza diversi: terapia prolun-
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IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C23
gate o terapia croniche mostrano infatti tessi di aderenza più
bassi. Un altro fattore che può influenzare l'aderenza è la con-
vinzione del paziente sul farmaco prescritto. Queste possono
essere valutate – ad esempio - con il questionario sulle cre-
denze del Medicinale (BMQ), che ha dimostrato una stretta
associazione tra aderenza e diversi punteggi del BMQ (22).
Fattori legati al medico prescrittore Pochi studi hanno esplorato i fattori legati al medico. L'unico
studio che ha esaminato questo relazione ha dimostrato che
il mantenimento regolare di visite di follow-up e le visite di
monitoraggio effettuate con lo stesso medico sono associate
ad un aumento dell’aderenza (31).
InterventiGli interventi da effettuare sono volti a migliorare l’aderenza
dei farmaci. Un metodo efficace è l’osservazione diretta della
terapia (DOT). Questo metodo prevede che i pazienti incon-
trino periodicamente il medico che ha somministrato loro il
farmaco. Studi diversi in pazienti HIV, hanno applicato tale me-
todo per promuovere l'aderenza ai farmaci antiretrovirali, ed
hanno dimostrato che la DOT era associata a cambiamenti
sostanziali dei livelli plasmatici di HIV RNA e della conta dei
CD4 + dei pazienti coinvolti, che é indice di una più alta ade-
renza. Allo stesso tempo è stato dimostrato un aumento pla-
smmatico dell'HIV RNA livello quando i pazienti tornavano ad
essere responsabile del proprio trattamento in assenza della
DOT (32-33). Un secondo intervento può essere l'uso di pro-
memoria sul telefono cellulare per aiutare i pazienti a ricor-
darsi di assumere la terapia prescritta. Anche se la tecnica di
intervento è stato segnalato come "fastidiosa" dai pazienti, al-
cuni studi hanno dimostrato diminuzioni clinicamente significa-
tive della carica virale che equivale ad una migliore aderenza
alla terapia (34). Altri studi hanno valutato l’efficacia di un pro-
gramma di 8 settimane che ha coinvolto l'educazione alla te-
rapia antiretrovirale tramite videocassette, opuscoli informati-
vi, e cassette audio per aumentare l'aderenza (35). Rogers ha
dimostrato che la non aderenza è da imputare più alla difficol-
tà di introdurre il regime terapeutico nello stile di vita del pa-
ziente che alla complessità del regime stesso. Così, gli inter-
venti dovrebbero essere volti a istruire il paziente ad assun-
mere i farmaci in un periodo specifico integrato nelle abitudi-
ni quotidiane, come dopo essersi lavati i denti o aver fatto co-
lazione. Un altro metodo molto efficace è la creazione di un
gruppo di sostegno, in cui pazienti trattati in precedenza e pa-
zienti che iniziano la terapia si incontrano per porre doman-
de, discutere di questioni difficili, e di effetti collaterali. Questo
tipo di intervento è quello che ha dimostrato una aderenza
"più" alta per "un tempo" più lungo. Il gruppo si focalizzata sul-
le dinamiche del virus, lo scopo della terapia, le scelte dei far-
maci e la gestione degli effetti collaterali, l’alimentazione, l’eser-
cizio fisico, i trattamenti alternativi, la comunicazione con i me-
dici e gli operatori sanitari.
Conclusione Una miglior aderenza vuol dire una probabilità più alta di gua-
rigione e quindi di controllo della malattia e della spesa pub-
blica. Le strategie più promettenti per migliorare l'aderenza al
trattamento consistono essenzialmente nel ridurre la com-
plessità del trattamento e la gestione degli eventi avversi ad
essa correlati. Poiché spesso, come accade con le nuove tera-
pie antivirali per l’epatite cronica HCV correlata, i regimi tera-
peutici prevedono una triplice terapia con un elevato nume-
ro di compresse da assumere giornalmente, risulta che l’edu-
cazione del paziente e del medico rimane sena dubbio l’inter-
vento più importante e d efficace su cui agire. Fino ad oggi,
nessuno studio ha esaminato l'uso di una equipe multidiscipli-
nare (composta da medici, infermieri, psicologi e pazienti già
trattati); è chiaro che un “continuo supporto” per il paziente
in trattamento è sicuramente un intervento efficace nel mi-
gliorare l’aderenza. Un altro dato importante per migliorare
l’aderenza è il controllo della depressione. Si stima che circa il
2% al 6% dei giovani americani abbiano un disturbo depressi-
vo, e che circa il 15% abbia sintomi legati ad ansia e depres-
sione (36).Tra i pazienti affetti da epatite HCV, sono stati do-
cumentati alti livelli di disagio psicologico, con tassi di sintomi
depressivi che variano tra il 15 % e il 40%. Evidenze prove-
nienti da studi su pazienti affetti da HIV, dimostrano l'efficacia
del trattamento della depressione quale mezzo per migliora-
re l’aderenza (24-28).
Massimizzare l'aderenza nei soggetti HCV in terapia non solo
porta a benefici in termini di risposta alla terapia, ma può an-
che avere un impatto di vasta portata sulla spesa pubblica.
Con l’introduzione dei nuovi trattamenti antivirali, ridurre la
percentuale di non-aderenza vuol dire ridurre la possibilità di
comparsa di resistenza ai farmaci e cross-resistenza che pos-
sono rendere inefficaci i trattamenti. Di conseguenza, una
comprensione più approfondita dei fattori associati all’aderen-
za e alla non-aderenza, quali i fattori demografici, sociali e psi-
cologici, correlati alla malattia, il trattamento, rappresentano un
passo importante per aiutare i pazienti a migliorare il proprio
stato di salute.
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IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C25
I nuovi schemi di terapia antivirale per l’infezione cronica da
HCV hanno dimostrato di poter conseguire una clearance vira-
le definitiva in una consistente proporzione di pazienti infetti dal
genotipo 1 del virus, incrementando le probabilità di eliminare
il virus da percentuali del 40-45% dopo la duplice terapia di
combinazione con peg-interferone e ribavirina, a valori del 65-
72% raggiungibili con l’aggiunta a tali farmaci di un inibitore del-
le proteasi dell’HCV: Boceprevir e Telaprevir, rispettivamente. A
questo indiscutibile guadagno terapeutico si contrappone, però,
un consistente aumento di effetti collaterali dovuti ai nuovi
schemi di triplice terapia.
Di fronte a questo incremento di effetti collaterali, diventa di
particolare importanza il lavoro di counseling per ogni medico
che si accinge a prescrivere ad un paziente con infezione croni-
ca da HCV e genotipo 1, ovvero i nuovi schemi terapeutici
comprendenti un inibitore delle proteasi dell’HCV. Una tale
opera era già necessaria quando si prescriveva, nel passato, la
vecchia terapia di combinazione con peg-interferone e ribaviri-
na, anch’essa gravata da un ragguardevole numero di effetti col-
laterali, specifici a ciascuno dei due precedenti farmaci. La dupli-
ce terapia antivirale viene percepita da tutti i pazienti infetti da
HCV come un trattamento “pesante”, che “fa star male”, e da
alcuni di loro percepita con un timore simile a coloro che si
sono sottoposti a cicli di chemioterapia. È comune esperienza
di tutti coloro coinvolti nella gestione clinico-terapeutica dei pa-
zienti con infezione cronica da HCV, che in una discreta percen-
tuale i pazienti rifiutassero il trattamento loro proposto dato il
timore di incorrere in gravi effetti collaterali. Il “counseling” me-
dico, prima di iniziare tale trattamento, era rivolto innanzitutto
ad affrontare tre aspetti: l’informazione su ciascuno dei possibi-
li effetti indesiderati che potevano insorgere, la confidenza nel
dichiararsi disponibile ad un contatto con il paziente in caso di
problematiche cliniche connesse al manifestarsi degli effetti me-
desimi, e la prospettiva di essere curati definitivamente, cioè di
essere liberati per sempre dal virus, in caso di successo terapeu-
tico. Questi tre aspetti del counseling medico rimangono anco-
ra validi anche di fronte ai nuovi schemi terapeutici della tera-
pia antivirale, anche se diventano ancora più necessari, data la
maggiore frequenza di comparsa di tali eventi avversi. Il medico
dovrà dedicare ancora maggiore attenzione all’informazione il
possibile candidato ad una triplice terapia sul tipo, tempo di
comparsa e di durata degli eventi avversi. Inoltre, sarà anche suo
compito trasmettere la cognizione che nella maggioranza dei
casi tali eventi siano di lieve o moderata entità, e come tali facil-
mente controllabili con specifiche attenzioni comportamentali
e/o terapeutiche, ma non dovrà anche sottacere sul possibile,
ma per fortuna raro, manifestarsi di reazioni severe tali da ne-
cessitare l’interruzione totale della terapia ed eventualmente un
breve ricovero per una vigile osservazione. Sarà, pertanto, op-
portuno non negare o minimizzare alcun aspetto collaterale
della terapia, ma allo stesso tempo rassicurare al paziente sulla
totale disponibilità ad affrontare le problematiche connesse.
Pertanto, si renderà necessario stabilire un più stretto “feeling”
tra paziente e medico, condizione questa indispensabile per
conseguire quelle percentuali di guarigione che i nuovi schemi
terapeutici sono in grado di assicurare. Un’eventuale interruzio-
ne del trattamento terapeutico, che a volte si renderà necessa-
ria per la severità della reazione avversa, non dovrà mai essere
imputabile ad una decisione isolata, presa autonomamente dal
paziente, magari a motivo della impossibilità ad un contatto im-
mediato con lo specialista nel momento in cui l’evento si mani-
festi. Si vuole, nello specifico, ribadire come conseguire l’effetto
desiderato con la terapia antivirale, dovrà essere un progetto di
cura tale da essere vissuto dal paziente come un percorso irto
di difficoltà, ma che vedrà sempre lo specialista al suo fianco. Se
non si raggiunge questo “feeling”, se non si trasfonde nel pazien-
te la tranquillità di poter fare in qualsiasi momento riferimento
allo specialista, è forse meglio desistere dall’intraprendere que-
MANAGEMENT DEGLI EFFETTI COLLATERALI:COME PREPARARE I PAZIENTI A PREVENIRE ED AFFRONTARE GLI EFFETTI COLLATERALI
Angelo Andriulli Scuola di Specializzazione in Gastroenterologia Università Cattolicadi Roma (Policlinico Gemelli) Dirigente della Struttura Complessa di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva dell’Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza
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RA
PIA
Interno Janssen N2 xstampa 20-12-2011 14:00 Pagina 25
sto percorso terapeutico, in quanto la precoce interruzione del-
la terapia porta allo sviluppo di ceppi virali mutanti che hanno,
cioè, sviluppato mutazioni responsabili di resistenza agli inibitori
delle proteasi dell’HCV, giunti appena in commercio. In tal caso,
il paziente rimane veramente orfano di farmaci ed esposto a
tutti i potenziali rischi della infezione virale cronica su un’evolu-
zione negativa della malattia epatica, in quanto lo sviluppo di
mutanti pregiudica sia il riprendere la terapia con lo stesso tipo
d’inibitori, e sia l’impiego dell’altro inibitore al momento dispo-
nibile.
Gli effetti avversi principali, riscontrati nei trials clinici con telapre-
vir, sono un aumento della comparsa di anemia, rash, prurito cu-
taneo e diarrea. Si tratta di eventi di entità lieve o moderata nel-
la maggior parte dei pazienti e che non comportano la cessazio-
ne della terapia. Nei trials clinici che hanno impiegato bocepre-
vir, i principali eventi avversi includono affaticabilità, anemia, nau-
sea, diarrea, disgeusia (alterazione del gusto) e neutropenia.
AnemiaLa triplice terapia, sia che impieghi il telaprevir o il boceprevir, ha
documentato un aumento del manifestarsi dell’anemia e della
sua gravità nei trials clinici di fase 3 (Tabella 1.)
Da notare che al momento della sospensione del telaprevir, alla
settimana 12, i livelli di emoglobina gradualmente migliorano e
raggiungono valori simili a quelli che sono soliti associarsi al solo
uso di peg-interferone e ribavirina.
Effetti avversi sull’apparato cutaneo La frequenza della loro comparsa è superiore negli studi che
hanno visto l’impiego del telaprevir : 55% nel braccio dell’inibito-
re vs 33% nel braccio della sola terapia con peg-interferone e
ribavirina.Tuttavia, la maggior parte di tali eventi (>90%) sono
lievi o moderati, mentre loro progressione a manifestazioni cu-
tanee severe è rara (<10%). La reazione cutanea è di tipo ec-
zematoso, associata a prurito, ed in genere localizzata a meno
del 50% della superficie corporea. Il rash cutaneo è stato causa
di sospensione del telaprevir nel 5.8% dei pazienti, e sia del te-
laprevir che del peg-interferone e ribavirina in 2.6%. Con la so-
spensione del telaprevir il rash cutaneo migliora e scompare
completamente, anche se tal evenienza può richiedere varie
settimane.
La forma tipica della reazione cutanea associata al telaprevir è si-
mile a quella che si manifesta in alcuni casi durante la terapia con
peg-interferone e ribavirina, sia come manifestazione visiva sia
istopatologica: si tratta di una reazione pruriginosa ed eczemato-
sa, sebbene l’intensità della lesione sia maggiore in estensione e
severità.Tuttavia, non va dimenticato che in rari casi il rash può
essere severo, potenzialmente letale e come tale richiedere
l’ospedalizzazione per il suo monitoraggio.Tra le reazioni cutanee
severe vanno annoverate alcuni casi di rash farmaco-indotto con
eosinofilia e sintomi sistemici (DRESS) e rarissimi casi di sindro-
me di Stevens-Johnsons.Tutte queste manifestazioni cutanee si
risolvono con la sospensione di tutta la terapia.
La reazione cutanea su mano-piede è la manifestazione più co-
mune, favorita o dal tipo di lavoro del paziente (mani) o da una
sbagliata postura sulla pianta, che indurrebbero la comparsa di
bolle eritematose a maggiore frequenza in queste due parti del
corpo umano
L’approccio terapeutico a queste manifestazioni cutanee dipen-
de dal loro grado di severità.
Per le forme lievi, intese come eruzioni cutanee localizzate e/o
coinvolgenti fino a sette differenti siti cutanei, si raccomanda so-
lamente un vigile monitoraggio inteso a cogliere segni di un’even-
tuale diffusione ad aree maggiori della superficie corporea.
Le forme moderate si caratterizzano per essere diffuse a <50%
dell’intera superficie corporea. In tali evenienze il monitoraggio
per una possibile maggiore estensione della lesione deve esse-
re ancora più attento, e può essere necessario un consulto con
IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C26
TABELLA 1: INCIDENZA DELL’ANEMIA NEI TRIALS CLINICI RELATIVI ALLA TRIPLICE TERAPIA
Telaprevir BoceprevirVs Placebo Vs Placebo
Incidenza di anemia 32.1% vs 14.8% 49% vs 29%
RIDUZIONE DEL DOSAGGIO
Della ribavirina 21.6% vs 9.4% 26% vs 13%
Uso di eritropoietina non permesso 43% VS 24%
Necessità di trasfusioni 4.6% VS 1.6% 3% VS 1%
Sospensione della terapia 1.9% VS 0.5% 0-3% VS 0-1%
Interno Janssen N2 xstampa 20-12-2011 14:00 Pagina 26
IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C27
lo specialista dermatologico. Nei casi in cui si colga una diffusio-
ne alla progressione della lesione cutanea, si raccomanda di so-
spendere il telaprevir immediatamente, e la ribavirina se dopo
sette giorni il rash non mostra segni di regressione. Si può con-
siderare la possibilità di continuare il peg-interferone in mono-
terapia.
Il rash cutaneo severo viene definito da un’estensione della lesio-
ne ad interessare >50% della superficie corporea, oppure dalla
comparsa di rilevanti sintomi sistemici, ulcere cutanee e/o esfo-
liazione epidermica. In tali casi si rende indispensabile consultare
lo specialista dermatologo e prendere in seria considerazione la
possibilità di sospendere i tre farmaci immediatamente.
Manifestazioni anorettaliIncludono la comparsa di una crisi emorroidaria, discomfort
anorettale e prurito anale. La loro frequenza di comparsa è sta-
ta documentata nel 26.2% dei pazienti che assumevano telapre-
vir, ma anche nel 5.4% dei pazienti trattati con il solo peg-inter-
ferone e ribavirina. Anche per questi eventi, si tratta di forme a
gravità lieve o moderata nella maggioranza dei casi, forme che
recedono completamente al cessare della somministrazione del
telaprevir. Per alleviare tali sintomi si raccomanda l’uso di anti-
emorroidari, cortisoni topici o anestetici locali, o raramente di
anti-istaminici per via generale.
Insegnare ai pazienti dei piccoli accorgimenti per prevenire l’in-
sorgenza di tali reazioni è fondamentale per avere una buona
compliance. Per quanto riguarda le mani, i pazienti dovrebbero
evitare di trasportare pesi eccessivi e si deve consigliare di la-
varle spesso con detergenti o creme non schiumogene in
modo da preservare la morbidezza ed integrità della pelle;
dopo il lavaggio, l’applicazione di un unguento emolliente sareb-
be raccomandato per ottenere un effetto ancor più protettivo.
L’utilizzo di scarpe morbide e di solette in lattice o materiali ana-
loghi, che impediscano un’eccessiva pressione sulla suola e una
volta stringate non siano causa di movimento del piede, dev’es-
sere raccomandato a tutti i pazienti in cura coi nuovi farmaci.
Inoltre, sarebbe bene applicare una crema lenitiva senza vaseli-
na che assorba il sudore e limiti l’intervento dell’attrito prima di
calzare le scarpe, ed una esfoliante nelle ore serali sulle zone
callose. Un altro accorgimento utile è quello di incoraggiare i
pazienti ad indossare calze traspiranti, ancora meglio se senza
cuciture.
In caso si formassero delle bolle, è senza dubbio consigliabile ri-
volgersi ad un medico per la prescrizione del medicinale più
adatto. Questa manifestazione non deve spaventare il paziente,
tipicamente le bolle sono superficiali e la loro comparsa si risol-
ve in poco tempo.
È bene che in ogni caso il paziente venga informato dallo spe-
cialista anche sugli effetti collaterali poco frequenti, anche se non
destano particolari preoccupazioni.
In alcuni pazienti potrebbero insorgere episodi di esantema eri-
tematoso, in assenza di altri e più gravi effetti collaterali, questo
tipo di manifestazione cutanea può essere affrontata semplice-
mente evitando l’esposizione ai raggi solari. Bisogna però ricor-
dare al paziente di non ricorrere al cortisone, poiché questo
farmaco potrebbe contrastare gli effetti favorevoli della terapia.
Il prurito è un altro effetto cutaneo che potrebbe presentarsi in
concomitanza con l’uso di farmaci per la cura dell’epatite C; nel-
la maggior parte dei pazienti l’assunzione di antistaminici per via
orale è in grado di risolvere il problema in breve tempo.
Nell’ipotesi che vi siano pazienti colpiti da rash follicolare, degli
impacchi con acqua fredda a base di Permanganato di potassio
in soluzione e la successiva applicazione di una crema conte-
nente zolfo e acido salicilico (senza vaselina) saranno in grado
di attenuare l’esantema fino a farlo scomparire.
Eventuali episodi di secchezza cutanea, soprattutto nei soggetti
più sensibili, potrebbero essere prevenuti semplicemente attra-
verso una completa asciugatura dopo la doccia, la sostituzione
del sapone con una crema non schiumogena e l’applicazione di
un unguento emolliente una volta al giorno.
Nel caso si manifesti come effetto secondario l’alterazione del
gusto dei cibi bisogna raccomandare di continuare la terapia, in
quanto si tratta di un effetto destinato a risolversi spontanea-
mente senza reliquari al termine del periodo di trattamento
con il farmaco.
Conclusioni- Un attento monitoraggio per la comparsa di effetti collatera-
li legati all’impiego degli inibitori delle proteasi assume un ruo-
lo rilevante nell’ottimizzare il trattamento con questi nuovi
farmaci ed assicurare i benefici al loro impiego associati.
- I principali effetti collaterali evidenziati negli studi registrativi
sia del telaprevir sia del boceprevir sono generalmente facil-
mente controllabili e non richiedono la sospensione di tali
farmaci, sebbene va ricordata un aumento della frequenza
con cui tali effetti, in specie anemia e rash cutaneo, sono
comparsi.
FIGURA 1: RASH IN UNA TIPICA REAZIONE CUTANEAMANO PIEDE
Interno Janssen N2 xstampa 20-12-2011 14:00 Pagina 27
IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C28
Si calcola che nel mondo siano circa 180 milioni gli individui
con infezione cronica da virus C. L’epatite C rappresenta una
frequente causa di epatopatia cronica, inclusi cirrosi epatica ed
epatocarcinoma.
Il trattamento oggi è raccomandato per tutti i pazienti a più alto
rischio di progressione di danno epatico. Le linee guida interna-
zionali indicano, come standard of care, l’uso di Peg-INF α2a o
Peg-INF α2b in associazione alla Ribavirina per la terapia dell’in-
fezione cronica da virus C.Tale terapia garantisce l’eradicazione
del virus nel 40-50% dei pazienti infettati con genotipo 1 e 4, e
nel 75-90% dei pazienti con genotipo 2 e 3.Tuttavia questi far-
maci causano frequentemente eventi avversi tali da compro-
mettere la qualità di vita dei pazienti e, in alcuni casi, portando
a una riduzione della dose o alla sospensione della terapia stes-
sa. Sebbene eventi avversi seri siano rari, è possibile che si veri-
fichino reazioni fatali o che mettano a rischio la vita del pazien-
te portando alla sospensione del trattamento.
Appare quindi fondamentale, in un rapporto rischio-beneficio
e per un’adeguata gestione delle risorse economiche, un cor-
retto management degli effetti collaterali che permetta di limi-
tare al minimo i casi di sospensione terapeutica, garantendo
un approccio comune tra i diversi centri.
Questo permetterebbe inoltre di migliorare la qualità di vita
dei pazienti garantendo un’aderenza alla terapia ottimale. In-
fatti, i progressi nelle conoscenze e nelle tecniche diagnostiche
consentono oggi di ripensare ad un percorso assistenziale che
tenda alla gestione personalizzata degli strumenti di cura.
Gli effetti collaterali della terapia standard con Peg-INF e Ri-
bavirina coinvolgono molti, se non tutti, gli organi. I più fre-
quenti effetti collaterali sono di tipo ematologico con l’insor-
genza di anemia, neutropenia e trombocitopenia; di tipo der-
matologico con alopecia, dermatiti, prurito, xerosi e reazione
in sede di inoculo. Particolarmente frequente, soprattutto con
i nuovi farmaci quali gli inibitori delle proteasi, è il rash erite-
matoso o maculo papulare, l’orticaria, l’eczema e la fotosensi-
bilizzazione. Più raramente si può avere lo sviluppo di necro-
lisi epidermica tossica, sindrome di Steven-Johnson, angioede-
ma ed eritema multiforme. Effetti di tipo neuropsichiatrico
MANAGEMENT DEGLI EFFETTI COLLATERALI:LA COLLABORAZIONE CON I CENTRI PERIFERICI
AD
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PIA
Paolo CadrobbiConsulente Infettivologo Istituto Oncologico Veneto
I.R.C.C.S, già Primario Divisione Malattie Infettive,Azienda Ospedaliera, Padova
FIGURA 1: OVERVIEW DEI PRINCIPALI ORGANI BERSAGLIO DI POTENZIALI EVENTI AVVERSI DELLA TERAPIACON INTERFERONE E RIBAVIRINA
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IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C29
con sindrome depressiva più o meno severa e disfunzione co-
gnitiva acuta o cronica; di tipo infettivo con rischio di sviluppa-
re infezioni anche severe soprattutto al cavo orale, alle vie ae-
ree superiori ed inferiori e all’epidermide; di tipo gastrointesti-
nale includendo nausea, anoressia con calo ponderale, diarrea,
vomito, dispepsia e addominalgie; di tipo immunologico con ri-
schio di slatentizzare patologie autoimmunitarie soprattutto
tiroidee e reumatologiche; di tipo polmonare con tosse e di-
spnea nel 20% dei casi, polmoniti e bronchiti; di tipo cardiova-
scolare; di tipo oculare con alterazioni subcliniche a carico del-
la retina fino alla perdita della vista.
Chiunque si trovasse a leggere gli effetti collaterali della tera-
pia per l’epatite C ne rimarrebbe probabilmente smarrito e
spaventato, finendo col credere che è meglio non trattare l’in-
fezione!
Tuttavia le temute complicanze dell’epatite C ci impongono di
essere preparati ad affrontare anche le più complesse reazio-
ni avverse.
In tale senso è indispensabile sia una corretta educazione dei
pazienti che, soprattutto, un’adeguata preparazione del perso-
nale sanitario impegnato nella gestione del trattamento del-
l’epatite cronica C, in particolare in previsione dell’immissione in
commercio dei nuovi farmaci antivirali i cui effetti collaterali an-
dranno a sommarsi agli eventi avversi della terapia standard.
Sembra pertanto sempre più urgente identificare delle strate-
gie che permettano ai vari specialisti del settore di assicurare
una buona conoscenza degli effetti collaterali più frequenti del
trattamento antivirale in modo da garantire un’adeguata ge-
stione terapeutica e consentire l’aderenza del paziente alla te-
rapia. È indispensabile, infatti, limitare situazioni che possano
scoraggiare i clinici e i pazienti a continuare la terapia, portan-
do alla sospensione del trattamento in casi in cui non sia stret-
tamente necessario, a causa della mancanza di preparazione
necessaria per affrontare e dominare i problemi. D’altra parte
è necessario conoscere bene gli effetti collaterali dei fermaci
per decidere quando la sospensione farmacologica si rende
necessaria, per non mettere a rischio la vita del paziente.
Il trattamento di tali pazienti e la gestione degli eventi avversi,
costituisce un settore di intervento per il quale è importante
garantire una pianificazione delle attività finalizzate al recupe-
ro dei pazienti in un sistema di servizi per la salute a diversi li-
velli e specificità che tenga in considerazione la necessità di
una visione organica e integrata del sistema sanitario.
La programmazione secondo il concetto di rete è una logica
di organizzazione che pone prioritariamente l’attenzione sulle
relazioni funzionali rispetto all’organizzazione interna della sin-
TABELLA 1: EVENTI AVVERSI CHE POSSONO RICHIEDERE LA SOSPENSIONE DEL TRATTAMENTO CON INTERFERONE E RIBAVIRINA
Eventi Commenti
Anemia Sospendere Ribavirina se Hb <8,5 g/dL
Neutropenia Sospendere Peg-INF se PMN <500/mmc
Trombocitopenia Sospendere Peg-INF se PLT <25.000/mmc
Eventi avversi cutanei Incluso necrolisi epidermica tossica, sindrome di Steven-Johnson, angioedema,sarcoidosi cutanea, eritema multiforme
Depressione moderata-severa Può portare ad ideazione suicidaria
Colite ischemica o emorragica Necessario sospendere la terapia; risoluzione in 1-3 settimane
Pancreatite Una pancreatite severa richiede la sospensione della terapia
Aumento delle transaminasi Se le ALT aumentano di 10 volte rispetto al range o se raddoppiano rispetto al basale, bisogna considerare l’aggiustamento della dose o la sospensione della terapia
Epatite autoimmune Lo sviluppo di uno scompenso epatico richiede la sospensione della terapia
Tireotossicosi Sospendere la terapia e consultare un endocrinologo
Flare di patologia autoimmune Sospendere la terapia e consultare un reumatologo
Trombocitopenia idiopatica Sospendere la terapia e consultare un ematologo
Sarcoidosi Molti casi migliorano dopo sospensione dei farmaci
Polmonite interstiziale Iniziare terapia steroidea e consultare uno pneumologo
Patologia oculare Può portare a cecità; danni reversibili con la sospensione della terapia
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IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C30
gola realtà organizzativa e comporta molte implicazioni ge-
stionali a tutti i livelli. Per l’area del trattamento dei pazienti af-
fetti da infezione cronica da virus C, l’attuazione di un model-
lo di rete Hub & Spoke prevede una configurazione organiz-
zativa delle strutture assistenziali e un sistema di governo dei
processi in grado di offrire continuità di cura. Pensando una
riorganizzazione della rete ospedaliera secondo il modello
Hub & Spoke, si possono realizzare specifici sistemi di coordi-
namento e integrazione tra la Struttura Complessa di Alta
Specialità ed i Centri Periferici.
In quest’ottica diventa elemento centrale la definizione delle
relazioni funzionali sia tra il Centro Epatologico di Alta Specia-
lità e i Centri Periferici, sia all’interno di ciascuna struttura, al
fine di combinare le esigenze di qualità e di efficienza operati-
va di ciascun centro operativo con le ragioni dell’efficienza al-
locativa del sistema. Analogamente si può garantire l’equità di
accesso della popolazione a un intervento sanitario di qualità
e appropriato e diventa indispensabile delineare le caratteri-
stiche che devono possedere i vari Centri Ospedalieri per for-
nire una risposta differenziata in relazione alle diverse caratte-
ristiche e complessità della patologia. L’applicazione del mo-
dello hub & spoke nella gestione del paziente con epatite cro-
nica C porterebbe potenzialmente al raggiungimento di tre
obiettivi fondamentali:
- garantire che i singoli centri possano trattare volumi di atti-
vità sufficienti ad acquisire e mantenere la competenza cli-
nica e l’efficienza operativa necessarie per rendere l’assi-
stenza efficace ed economicamente sostenibile;
- costruire rapporti funzionali tra servizi, in modo che i centri
spoke (Centri Periferici) abbiano canali di comunicazione
continuativi con centri hub di riferimento (Centri Epatolo-
gici di Alta Specialità) che garantiscono disponibilità e col-
laborazione;
- favorire lo sviluppo di attività sistematiche e continuative di
audit clinico all’interno e fra i centri, confrontando i risulta-
ti clinici ottenuti e concordando comuni strategie di com-
portamento clinico.
Terminata l’individuazione del modello appropriato per le no-
stre esigenze, crediamo che siano prioritariamente due le mo-
dalità su cui è opportuno lavorare:
1. Creare modelli organizzativi-assistenziali e algoritmi (Figure
2 e 3) idonei a fornire allo Specialista l’opportunità di una
gestione uniforme dei principali effetti collaterali della tera-
pia con interferone e ribavirina.Tali modelli prototipali per-
mettono da una parte la personalizzazione della cura e allo
stesso tempo garantiscono appropriatezza e riproducibilità
di risultati nei diversi contesti organizzativi loco-regionali.
Questo metodo di lavoro potrebbe poi sfociare nella crea-
zione di linee guida regionali relative alla gestione dei prin-
cipali effetti collaterali dei farmaci in oggetto.
2. Di fondamentale importanza sarà poi il potenziamento del-
la comunicazione tra Centri di secondo livello e centri pe-
riferici. Le nuove terapie, infatti, risultano sempre più com-
plesse e sempre più costose. Una corretta gestione risulta
quindi fondamentale anche in termini di farmacoeconomia.
Ma come realizzare tale collaborazione?
Oggi indubbiamente lo strumento migliore e più rapido per la
comunicazione e collaborazione è la rete internet che trami-
te un network di centri specialistici favorisce, attraverso un at-
tivo processo di conoscenza-apprendimento-verifica, lo scam-
FIGURA 2: FLOW-CHART PER IL MANAGEMENT DEGLI AVENTI AVVERSI EMATOLOGICI ASSOCIATI AL TRATTAMENTOCON INTERFERONE E RIBAVIRINA
Step 1: ridurre dose Ribavirina di 200 mg se Hb <10 g/dLStep 2: ridurre ulteriormente di 200 mg se necessarioStep 3: sospendere ribavirina se Hb <8.5 g/dL
Optional: Epoetina α/β può essere utilizzata se Hb <10 g/dL
Step 1: ridurre Peg-INF se PMN <750 mme e/o PLT <50.000 mmeStep 2: sospendere terapia se PMN <500 mme e/o PLT <20.000 mme
L’uso dei fattori di crescita richiede ulteriori approfondimenti prima di entrare nella pratica clinica
Anemia
NeutropeniaTrombocitopenia
Eventi avversiematologici
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IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C31
bio continuo di esperienze necessario ad assicurare la cura e
la gestione degli effetti collaterali migliore.
La possibilità di creare un sito web dedicato, gestito dai prin-
cipali epatologi regionali (infettivologi, gastroenterologi, inter-
nisti), in cui vengano spiegati gli effetti collaterali più rilevanti
del trattamento antivirale e le modalità adeguate per la gestio-
ne, l’elenco e le informazioni di contatto dei medici, compresi
quelli specializzati nella gestione degli eventi avversi, potrebbe
essere un elemento di estremo aiuto anche per quei Colleghi
con meno esperienza nel settore.
Grazie a questo sistema ogni clinico, avendo a disposizione
una lista di colleghi esperti cui rivolgersi, riduce fortemente
l’incertezza e il tempo dedicato a ricercare informazioni, ma-
gari non aggiornate.
Inoltre, dedicare una sezione on-line in cui vengano presenta-
ti dei casi clinici specifici interattivi attraverso i quali è possibi-
le che ogni singolo medico testi le proprie competenze in ma-
teria; aprire un forum di discussione in cui viene data la possi-
bilità di un confronto diretto tra Colleghi; la presenza di un
esperto on-line in grado di rispondere ai quesiti più frequen-
ti, permetterebbe un notevole miglioramento nella gestione
terapeutica fornendo ai pazienti un servizio qualitativo eccel-
lente.
Altra area che dovrebbe essere implementata è l’educazione
continua in medicina (ECM), prevedendo corsi a componen-
te teorica e pratica che aiutino i clinici nella gestione di tali
complessi trattamenti. Potrebbe risultare utile, in queste occa-
sioni, fornire un questionario a clinici all’interno del quale ven-
gono inseriti la descrizione di ogni paziente e della terapia
adottata, per poterla confrontare con quella utilizzata dai col-
leghi di riferimento. La scheda-questionario da un lato funzio-
nerebbe da meccanismo di benchmarking, dall’altro come uti-
le sistema di autovalutazione.
L’ideale sarebbe ovviamente poter condividere quanto appre-
so dalla pratica clinica e dall’interazione con i sopracitati me-
todi in incontri di tipo congressuale su base provinciale, pro-
prio per favorire la conoscenza e la collaborazione tra i diffe-
renti centri clinici.
Per concludere, l’obiettivo di tale collaborazione tra centri pe-
riferici e centri d’eccellenza è quello di migliorare l’aderenza
dei pazienti alla terapia, elemento indispensabile per ottenere
un risultato favorevole e stabile, infatti, solo curando e guaren-
do l’epatite C è possibile prevenire le sue temute complican-
ze.
Bibliografia:1. Mark S. Sulkowski, Curtis Cooper, Bela Hunyady, Jidong Jia, Pavel
Ogurtsov, Markus Peck-Radosavljevic, Mitchell L. Shiffman, Cihan Yur-
daydin and Olav Dalgard. Management of adverse effects of Peg-IFN
and ribavirin therapy for hepatitis C. Nat Rev Gastroenterol Hepatol.
2011 Apr; 8 (4): 212-23.
FIGURA 3: FLOW-CHART PER IL MANAGEMENT DEGLI AVENTI AVVERSI TIROIDEI ASSOCIATI AL TRATTAMENTOCON INTERFERONE E RIBAVIRINA
Disordinitiroidei
Molti esperti raccomandano di proseguire la terapia e somministrare levotiroxina se necessario
Nel morbo di Grave con completa soppressione del TSH bisogna sospenderesubito la terapia e consultare un endocrinologo
Molti esperti raccomandano la sospensione della terapia
Se non ci sono anticorpi antiTPO,la prognosi a lungo termine è buona
Nella tiroidite di Hashimoto è richiesto il trattamento β-bloccanti
Asintomatico
Sintomatico
Ipotiroidismo
Ipotiroidismo Sintomatico
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