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GiovanniArrighi

IllungoXXsecoloDenaro,potereeleoriginidelnostrotempo

PresentazionediMarioPianta

TraduzionediMauroDiMeglio

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LatraduzionedelPoscrittoallanuovaedizioneèdiPaoloOrtelli

Sito&eStore–www.ilsaggiatore.comTwitter–twitter.com/ilSaggiatoreEdFacebook–www.facebook.com/ilSaggiatore©ilSaggiatoreS.r.l.,Milano2014

Titolooriginale:TheLongTwentiethCenturyISBN9788865763667

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Presentazione

Il lungoXXsecolodiGiovanniArrighièunodei testipiù importantideldopoguerranelcampodellescienzesociali.Un«classico»,apparsoininglesevent’annifa,nel1994,chequivienepresentatoinunanuova edizione, ampliata dal Poscritto pubblicato nel 2009, poco prima della morte dell’autore. AlcentrodelLungoXXsecolo c’è l’evoluzionedelcapitalismosuscalamondiale–con il susseguirsidiciclidiaccumulazione–eilsuointreccioconl’evoluzionedelsistemadipotereinternazionale–iciclidi egemonia mondiale. Vi si propone una teoria che unisce processi economici, politici e sociali,integrata in una narrazione storica degli ultimi 500 anni, di cui viene infine esplorata la capacità dianticipareglisviluppifuturi.L’originalità di Arrighi consiste appunto in una visione del sistema capitalistico mondiale come

successione – a partire dal XV secolo – di cicli di accumulazione, che vedono alternarsi fasi diespansioneproduttivaefasidiespansionefinanziaria,ediciclidiegemonia,conl’ascesaeildeclinodiuna potenza dominante. Il ciclo di accumulazione – seguendo Karl Marx e Fernand Braudel – ècaratterizzato al suo avvio da un’espansione materiale, con l’allargamento della produzione e delcommercio di beni; quando poi tale sviluppo incontra il proprio limite, emerge una crisi, a cui il«centro» capitalistico risponde con un’espansione finanziaria che rilancia – temporaneamente –l’accumulazione, fino a una crisi terminale che porta alla riorganizzazione del sistemamondiale delcapitalismo.Arrighiestendelalogicadell’accumulazionedelcapitaledescrittadaMarxconriferimentoaisingoli

investimenti(lasequenzadidenarocomecapitalemonetario,merce,capitalemonetarioallargato)allalogica del capitalismonel suo complesso.Nella prima fase di espansionemateriale l’investimentodicapitalealimentalacrescitadellaproduzione.Ilcapitaleperdelasuaformaliquidaeflessibileevieneimmobilizzato in un particolare insieme di merci e mezzi di produzione. All’inizio l’espansionematerialeproducegrandiprofittimonopolisticipericapitalistichenesonostatiprotagonisti,maconilpassaredel tempoilflussodicapitali investitinellestesseattivitànontrovapiùunparalleloaumentodelleopportunitàdiinvestimentoediprofitto.Emergecosìunamaggioreconcorrenzatracapitali,cheriduceiltassodiprofitto.Ilpuntodisvoltaèdatodauna«crisispia», incui ilcapitale investitonell’espansionematerialesi

riduceeilprocessodiaccumulazionerallenta.Lamancanzadiopportunitàdiprofittospingeicapitalistiamantenereinformaliquidaunapartecrescentedeicapitali.Questocrealecondizioniperunafasediespansione finanziaria, incui i capitalipuntanoaottenereprofitti e accumulazione senzapassareperinvestimentimateriali. In talmodo l’offerta di capitalimonetari si allarga rapidamente, insieme alladomandadiliquiditàeall’indebitamento,ancheperl’effettodellacrisisullefinanzepubblicheeprivate.L’espansionefinanziariaconsenteunperiododirinnovatacrescitaeaccumulazionedelcapitale,maallafine porta a un crollo: le bolle speculative che avevano gonfiato le quotazioni di borsa o i valoriimmobiliariscoppiano,idebitiaccumulati–siadalleimpresechedaigoverni–diventanoinsostenibili,molte banche falliscono, la produzione non ottiene più credito e la caduta dell’economia puòtrasformarsiinunadepressioneprolungata.Èquestala«crisiterminale»delciclodiaccumulazione.Ilprocessodiaccumulazionesiverificasuscalamondialeinbaseallagerarchiachesivieneacreare

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traun«centro»,doveconfluisconol’accumulazionestessaeilpoteredidecisionedigrandiimpreseebanche,euna«periferia»cheassumeunruolosubalternocomefontediforza-lavoroerisorsematerialiefinanziarie,oltrechecomemercatodisboccoedestinazionediinvestimentiesteridiretti.Per Arrighi, la sequenza dei cicli di accumulazione è accompagnata da una successione di cicli

egemonici(unadefinizionechesifondasulconcettodiegemoniadiAntonioGramsci)nellasferadeirapporti politici tra stati.Lo sviluppodell’accumulazione su scalamondiale, infatti, ha bisognodellapresenzadi unpotere politico cheorganizzi imercati, proteggagli investimenti, assicuri i profitti.Èquindi necessaria l’affermazione di un paese capace di esercitare un’egemonia internazionale e didefinireilcentrodelsistemamondialeincuiilcapitalismoèstoricamenteorganizzato;intornoaessosistruttura una periferia di paesi subalterni sul piano politico. Come nella fase ascendente il potereegemonico e l’accumulazione del capitale procedono di pari passo, così la fine dell’espansionematerialeelafinanziarizzazionesiassocianoaunadiminuzionedelpoteredelcentroegemonico:nelleparole di FernandBraudel, l’ascesa della finanza è «il segnale dell’autunno» per il potere del paeseleader.Lefasifinalideiciclisonocaratterizzatedaunatransizioneeconomicaepolitica.L’accumulazione

del capitale tende a spostarsi verso una nuova area, che emerge come centro di un nuovo stadio diespansione materiale; un passaggio alimentato dalla stessa espansione finanziaria precedente, chemuove icapitalidaivecchiainuovicentridiaccumulazione.Nei rapporti interstataliemergecosìunperiododi«caossistemico»,seguitodalprogressivoconsolidamentodiundiversoordinemondiale,conunanuovapotenzaegemone.Lefasidi transizionesonosemprecaratterizzatedaunaforte incertezzaeconomica– sulleattivitàemergenti, suimercatidi sbocco, sugli investimentipiùpromettenti–edaun’elevatainstabilitàpolitica,cherendonoincertaanchel’evoluzionedeirapportitrastatiegliassettiistituzionalidestinatiadefinirelanuovaegemoniamondiale.NelLungoXXsecoloArrighiindividuaquattrociclidiaccumulazioneedegemonia,dalXV secoloa

oggi:unciclogenovese-ibericodalXVsecoloall’iniziodelXVII;uncicloolandesedalXVIIsecoloallametàdelXVIII; un ciclo britannico dallametà delXVIII secolo all’inizio delXX; un ciclo statunitenseapertosiall’iniziodelXXsecolo.Inquest’ultimociclo,gliStatiUnitihannopresoilpostodell’imperobritannicocomepotenzaegemone,inunatransizionechesicompletòconlaSecondaguerramondiale.Taleciclohaavutounalungafasediespansionemateriale–daglianniquarantaagliannisettantadelNovecento–caratterizzatadallaproduzioneindustriale«fordista»,cheèstatamessaincrisidallelottesocialinelcentro,dallacrescentecompetizioneconEuropa,GiapponeeAsiaorientaleedalledifficoltànel controllare i paesi della periferia. Al rallentare dell’accumulazione, a partire dagli anni ottanta icapitalideipaesidelcentrosisonospostativerso investimenti finanziaripiù«liquidi»,alla ricercadirendimentimaggiori.Esattamentecomedurante laBelleépoque,al terminedell’egemoniabritannica,l’espansionefinanziariadaglianniottantaaiprimiannidel2000haconsentitounamomentanearipresadell’accumulazione,mahaancherappresentatoil«segnaledell’autunno»delcicloamericano,finoallacrisiterminaledel2008.IlPoscrittoaquestanuovaedizioneesaminapropriolelezionicheIllungoXXsecolo può offrire per capire la crisi attuale, la complessità della transizione in corso e gli scenaripossibiliperilfuturo.

LacapacitàanticipatricediGiovanniArrighièdigranderilievoeabbracciamolteplicifrontidiricerca.Ilprimoepiùimmediatoelementoriguardal’interpretazionedellacrisiscoppiatanel2008.Negliultimitrent’annilaricercaeconomicamainstreamhapostolacrescitaeconomicacomeorizzonteindiscutibile,unacrescitafondatasull’espansionedellafinanzaesullaliberalizzazionedimercatiritenutiingradodiautoregolarsi.Siè teorizzata la«finedeiciclieconomici»,arrivandoadaffermare– l’hafattoRobertLucasall’AmericanEconomicAssociationnel2003–cheperlamacroeconomia«ilproblemacentraledi prevenire la depressione è stato risolto a tutti gli effetti». Già nel 1999, all’apice dell’espansione

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americanatrainatadalla«neweconomy»edallafinanza,GiovanniArrighieBeverlySilver,inCaosegovernodelmondo,sostenevanoche:

L’espansionefinanziariaglobaledegliultimivent’annicircanonènéunnuovostadiodelcapitalismomondiale,néilprodromodiuna«imminenteegemoniadeimercatiglobali».Piuttosto,èilsegnopiùchiarodelfattochecitroviamonelbelmezzodiunacrisiegemonica. In quanto tale, l’espansione può essere considerata un fenomeno temporaneo che si concluderà più o menocatastroficamente,asecondadicomelacrisisaràaffrontatadallapotenzaegemonicaindeclino[…].L’unicadomandacherimaneapertaaquestoriguardononèse,mafraquantotempoequantocatastroficamentel’attualedominioglobaledeimercatifinanziarinonregolamentaticrollerà(ArrighieSilver,2003,pp.316-317).

La finanziarizzazione dell’economia da cui è scaturita la crisi del 2008 non è dunque una«degenerazione»eccezionaledelcapitalismo,risultatodicomportamentiindividualiscorrettiodierrorinellepolitiche,comehapoiargomentato,acrisiormaiavvenuta,l’economiamainstream.D’altrocanto,leinterpretazioni«keynesiane»dellacrisi–peresempioquelladiPaulKrugman–sottolineanoilruolo,nel caso degli Stati Uniti, dell’eccesso di debito privato provocato dalla deregolamentazione dellafinanza.JosephStiglitzealtriautori,inoltre,chiamanoincausaglisquilibridellebilancedeipagamentiinternazionali,iproblemidelladomandaeglieffettidelledisuguaglianzenelladistribuzionedelreddito.Tutti i«keynesiani»criticanopoi lepolitichediausteritàche, specie inEuropa,hanno trasformato lacrisiinprolungatadepressione.Tuttavia, nell’interpretazione di Arrighi – la più convincente tra lemolte avanzate – l’espansione

finanziarianonèchelamodalitàconcui l’accumulazionecapitalisticasi trasformaquandol’aumentodella produzione di beni non è più sufficiente a sostenere i profitti dei paesi al centro del sistemamondiale.L’espansionefinanziariaportainevitabilmenteallacrisiperchénonpuòsostenereunprocessodiaccumulazioneduraturo; le lezionidella storia insegnanochecon lacrisi finanziariacrolla l’interaorganizzazioneeconomicaepoliticadiunparticolareciclodisviluppodelcapitalismo.Negli ultimi trent’anni i conflitti sociali, l’esaurimento delmodello della grande industria, i limiti

ambientaliallosviluppo,lascarsadinamicadelladomanda–insiemeall’emergeredellegrandicapacitàproduttive dell’Asia orientale – hanno spinto gli StatiUniti e buona parte dell’Europa a spostare gliinvestimentidall’economiarealeallafinanza.Allaperdutacompetitività industrialesièsostituitaunasupremazianeimercatideicapitalisuscalaglobale.MaperattrarreaWallStreetenellaCitydiLondraicapitalidituttoilmondoèstatonecessarioliberalizzareiflussidicapitaledituttiipaesi,allentareleregole per banche, borse e patrimoni, assicurare rendite finanziariemolto elevate, ridurre o aggirarel’imposizione fiscale su di esse. Questo è quanto avvenuto negli ultimi trent’anni: una nuova belleépoque della finanza, destinata a tramontare e a trascinare con sé l’ordine internazionale su cui sisosteneva.Il secondo tema su cui occorre sottolineare la capacità anticipatrice di Arrighi è la dimensione

autenticamenteglobaledellasuaanalisi,fondatasuirapportitracentroeperiferiadelsistemamondiale.Conta qui l’esperienza personale dell’autore – sia professionale che politica – nell’Africa delladecolonizzazione prima, nell’Italia delle lotte sociali poi e, infine, negli StatiUniti, con il gruppo diricerca sul «sistema-mondo» diretto insieme a Immanuel Wallerstein. Un percorso ricostruito nellasplendida intervista autobiografica rilasciata a David Harvey, pubblicata in italiano nella raccoltaCapitalismoe (dis)ordinemondiale (manifestolibri,Roma2010;vedianche l’introduzionediGiorgioCesarale).Dall’iniziodelsuolavorodiricercaArrighihatenutoinsiemeinmanieradeltuttooriginalenonsolo

–comeabbiamovisto–economiaepolitica,maanchel’otticasulcentroesullaperiferiadeiprocessidiaccumulazione e nei rapporti di potere. Per ricostruire l’evoluzione del capitalismo, la sua analisi haintrecciato rotte commerciali e conflitti, imperi e colonie, imprese multinazionali dei paesi ricchi estrutturesocialideipaesipoveri,sempreutilizzandofontidiassolutorilievo,documentazionioriginali,connessioni imprevisteefeconde.Nesonoprova icapitolicentralidelLungoXXsecolo,maanche in

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precedenzalostessosguardosulsistemamondialeerastatoallabasedianalisisull’economiapoliticadell’Africa,sulledinamichedellacrisimondialedegliannisettanta,sulledisuguaglianzemondiali.Così,benprimachesiparlassediglobalizzazione,GiovanniArrighiavevagiàesploratoiprocessidi

accumulazione e i rapporti di dominio su scalaglobale, studiando la complessità dei flussi dimerci,capitali e persone in un sistema mondiale nel quale gli sviluppi della periferia sono essenziali perspiegare le forme di accumulazione e di potere del centro e, viceversa, le forme di integrazionesubalterna delle società ai margini del capitalismo sono il riflesso di ciò che avviene nel cuoredell’egemoniamondiale.Uncontributodiparticolare rilievo riguarda il concettodi«semiperiferia»–cosìperesempioeranodefinitiipaesidell’Europameridionaleneiprimidecennideldopoguerra–,cioèl’area intermedia del sistema-mondo in cui si intrecciano fenomeni di espansione produttiva edipendenza,dimodernitàearretratezza,inunquadroassaiinstabiledegliassettipolitici.IlterzoargomentosucuiArrighihafornitounapportorilevanteèl’ascesadell’Asiaorientaleedella

Cina, che rappresenta il nucleodel suoultimo libro,AdamSmithaPechino (2008).L’attenzione perl’Asia orientale nasce dalle conclusioni stesse del Lungo XX secolo, in cui il successo economicodell’area viene individuato come il più importante tra i fenomeni di espansione produttiva chepotrebberoprefigurareunnuovociclodiaccumulazione.Arrighihaesaminato inprofondità il rapidosviluppodellaCina,sottolineandoilfortecontrollopoliticodeiprocessieconomici.Nellesueriformeeconomiche,ilgovernocineseèpartitodallecampagneedalmiglioramentodiproduttivitàeredditideicontadini; ha rinnovato le imprese di stato e sostenuto le «imprese di municipalità e di villaggio»,programmandounfortesviluppoindustrialeadaltaintensitàdilavoro,chetuttaviahaprovocatogravicosti sociali e distruzioni ambientali. Ha poi attirato le imprese multinazionali e i loro investimentiesteri,malohafattodettandolecondizioniperiltrasferimentodiconoscenzeeprocessiproduttivi,cosìda sviluppare nuove specializzazioni nei settori a tecnologia avanzata. In più, in opposizione alleprescrizioni neoliberiste (il cosiddetto Washington consensus), il governo cinese ha evitato diliberalizzareoltremisuraleattivitàfinanziarie,hamantenutoilcambioancoratoaldollaroeilcontrollosuimovimentidicapitale,creandocosìlacornicedistabilitànecessariaperlastraordinariaespansioneproduttivadegliultimidecenni.OrachelaCinaèlasecondaeconomiamondialedopogliStatiUniti,ilnuovociclodiaccumulazione

imperniato sull’Asia orientale – conPechino al centro – è benvisibile a tutti.Eppure i nuovi assettidell’economia mondiale si differenziano dai cicli di espansione materiale del passato: il paeseemergente–laCina–haunmercatointernodalruololimitatoecontinuaaesportareenormiquantitàdimerciecapitaliversoilpaeseindeclino–gliStatiUniti–prolungandoneilruologuida.Noncisonoancorasegnalichel’ascesaeconomicadellaCinapossafarneunpaeseegemone,capacedisostituiregliStatiUnitialcentrodiunnuovoordinemondiale.ComeArrighisostienenelPoscrittoaquestovolume,oggi la transizione egemonica appare complicata dall’enorme potere militare statunitense, dallepossibilitàdiunrecuperodipoteredell’Occidenteedairischidicaossistemicogeneralizzato.Ma,conl’ascesadell’Asiaorientale,siprospettaancheloscenariodiunriequilibriodipotereericchezzafraleareedelmondo,fondatosurapportidimercatomenoasimmetriciesuunapluralitàdiopzionipolitiche.Laquestione,perArrighi,restaaperta,eilsuoesitodipenderàsìdaiprocessieconomiciepolitici,maanchedallenostreazionicollettive.IlquartotemasucuiArrighihafornitocontributianticipatorièpropriolafunzionedeiconflittinel

sistemamondiale. Analizzare i processi economici e le loro ricorrenze cicliche non significa affattocadere in un determinismo che elimina le possibilità di cambiamento per effetto dell’agire umano.Capireimeccanismidifondodell’accumulazioneedell’egemonianonsignificaescludereilruolochepossono avere i fattori contingenti o l’azione individuale o collettiva. Il capitale in cerca diaccumulazioneeilsistemadeglistatiincercadipoterenonsonoinfattigliuniciprotagonistisullascenamondiale. Lo sviluppo del capitale crea da sé i propri antagonisti: unmovimento operaio che dalla

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«rivoluzione mondiale» del 1848 in poi si è dato strutture organizzative stabili, ovvero sindacati epartiti, sia nella variante socialdemocratica che in quella comunista. Analogamente, la gerarchia delsistema-mondo crea i propri antagonisti nei movimenti di liberazione nazionale e nelle forme diresistenza al dominio della potenza egemonica (gli imperi coloniali europei prima, la superpotenzaamericanapoi).Questerisposte«antisistemiche»sisonoevoluteinunorizzonted’azionediscalanazionaleesisono

postel’obiettivodiconquistareilpoteredellostato,comesisostieneinAntisystemicMovements,scrittoda Arrighi nel 1989 insieme a Terence Hopkins e Immanuel Wallerstein. Tale scelta, sia nellesocialdemocrazie occidentali, sia nei paesi del «socialismo reale» e nel Terzo mondo dopo ladecolonizzazione,haistituzionalizzatoeburocratizzatopartitiesindacati,allontanandolidallerichiestedellabaseeintegrandolinell’ordineinternazionaledefinitodall’egemoniastatunitense.La protesta contro quest’ordine sociale internazionale è venuta con la «rivoluzionemondiale» del

1968, destinata ad alimentare successive ondate di mobilitazioni sociali che hanno avuto perprotagonisti soggetti differenziati: le categorie più deboli dei lavoratori salariati e gruppi di statuscontraddistinti da identità e condizioni sociali diverse, dagli studenti alle donne, dai gruppi etnici ereligiosiagli immigrati.L’obiettivohacessatodiessere lapresadelpoterestataleo lacostruzionediorganizzazioni stabili, e le lotte si sono sviluppate da un lato con l’immediatezza di rivendicazionispecifiche per migliorare le condizioni di lavoro e di vita, e dall’altro su temi globali – la naturadistruttivadelcapitalismo,ilrifiutodellaguerra,ladifesadell’ambiente,lagiustiziasociale–chehannoapertolaviaalegamiinternazionalitramovimentiditiponuovo.Tratteggiando questo scenario,Arrighi ha anticipato lo sviluppo che dalla fine degli anni novanta

hannoregistratoimovimenticontrolaglobalizzazioneneoliberista,enel2003quellicontrolaguerradegli Stati Uniti in Iraq: mobilitazioni di rilievo mondiale e con una diffusione geografica senzaprecedenti.Sitrattavadeiprimipassiversolacostruzionedimovimentiglobalicontrappostiallalogicadelcapitalismoedelpotereegemonico,fautoridiunprogettodi«globalizzazionedalbasso»antiteticaaquellaneoliberista.Unaconfermadellapossibilitàdiorganizzareilconflittosocialeallostessolivello–quellomondiale–incuihannoluogoiprocessidiaccumulazioneedegemonia.Nonècertounasfidafacile,comehamostratolacrisidel2008che,accantoalcrollodellafinanzaeall’instabilitàpolitica,haprodottoanchel’arretramentoelaframmentazionedeimovimenti,riportandolemobilitazionisuscalanazionale, soprattutto in forma di resistenza contro gli effetti della recessione. La crisi del sistemamondialeha finitocosìper logorareanche lecapacitàdi rispostaa livello internazionaledei soggettisociali.PerArrighi,tuttavia,l’azionecollettivarestailprincipalestrumentoperilcambiamentoanostradisposizione.

L’ampiezza dei contributi diGiovanniArrighi, che attraversano di continuo i confini disciplinari, haparadossalmente limitato il suo impatto diretto sugli studi economici, politici e sociali. Le sue operesonostatealcentrodeidibattitidellaNewLeftReview, lamaggiore rivistaculturale in lingua inglesedellasinistra,ehannoinfluenzatoglieconomistiradicalamericanipiùdiquellieuropei.Latradizionediricercasulsistema-mondosièallargataaunavarietàdi lavori,soprattuttosociologici,storiciesuipaesidellaperiferia,ingranpartedebitorineiconfrontidiArrighi.Iproblemiaffrontatidaisuoistudirestano al cuore dell’agenda di ricerca internazionale in molti altri campi. Alla Johns HopkinsUniversityesisteoggiunArrighiCenterforGlobalStudiesdirettodaBeverlySilver,suacompagnadivitaedilavoro.Eppure,lasuainfluenzapotrebbeedovrebbeesserebenmaggiore;lesueanalisisonoricchedi stimoli, tanto importantiquanto spesso ignorati, pergli studiosidi economiaediRelazioniinternazionali, mentre la sua critica del capitalismo ha molto da insegnare alle nuove generazioniinteressateallapolitica.LetesidiArrighinonhannomancatodiscatenaredibattiti,ancheaccesi,sutemichecomprendonola

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rivoluzione industriale e le origini del capitalismo, i rapporti centro-periferia, la definizione dellafinanza, il neoliberismo, la democrazia. Su questi argomenti, molte sue intuizioni meriterebbero diessere sviluppate con analisi più approfondite dei meccanismi economici e politici. Proviamo aesplorarealcunediquestedirezionidiricerca.Una prima questione deriva dal fatto che Arrighi – come tutto l’approccio del sistema-mondo –

ridimensional’importanzadellarivoluzioneindustrialenellanascitadelcapitalismo,concentrandosipiùsuisistemidiscambiochesulprocessodiproduzione,esottovalutando ladiscontinuità rappresentatadallenuovemacchineetecnologie.Unamaggioreattenzionealleformedellaproduzione,alprogressotecnicoeallesueapplicazionipotrebberenderepiùprecisalaricostruzionedicomeiprocessiproduttiviprendono forma, consentono rendimenti crescenti e profitti elevati e alimentano le fasi di espansioneproduttivadeiciclidiaccumulazione.Il secondo tema da approfondire riguarda gli specifici meccanismi economici che consentono

l’accumulazioneneipaesidelcentro,sottraendorisorseesurplusallaperiferia.Ilcontrollodeimercati,laproprietàdelleimprese,leretidiproduzioneinternazionalee,intempidifinanzaglobale,iflussidicapitale e il ruolo del debito estero sono fenomeni chiave in questo senso. Ma sarebbe importanteindividuare più nel dettaglio le forme in cui tutto ciò avviene, le variabili fondamentali di questiprocessielepossibilitàconcretediintervenireperridurreladipendenzadellaperiferia.Il terzo spunto di ricerca attiene alla finanza, che – come hanno osservato alcuni critici –Arrighi

esaminainterminiancoratroppogenerali.Analisipiùapprofonditepotrebberometteremeglioinluceirapportitracapitaleindustrialeecapitalefinanziario,eledinamichedacuinasconoiprofittifinanziari.La complessità dei flussi finanziari, interni e internazionali, è cresciuta in maniera significativa:investimenti diretti e immobiliari, operazioni di borsa e sul debito pubblico, affari sui derivati e sulmercato finanziario «ombra», speculazioni sui cambi e sulle materie prime. Sarebbe importantericostruire i legami di questi fenomeni con le relazioni che si stabiliscono tra grandi banche e altrisoggettieconomici,tracreditoriedebitori,trapaesidioriginedeicapitaliepaesididestinazione.Ilsignificatodelneoliberismoèun’altraquestionechemeriterebbeunapprofondimento.PerArrighi,

cheutilizzailterminesoltantoinalcunisaggipiùrecenti,nonsitrattadiunafasenuovadelcapitalismo,il quale è scandito dalla successione dei cicli di accumulazione e di egemonia. Pur riconoscendo ilmaggiorpoteredeimercatineiconfrontideglistati,el’impoverimentodellaclasseoperaianeipaesidelcentrocomerisultatodelladelocalizzazionedellaproduzioneneipaesi semiperiferici,Arrighisembratrascurarelarotturapoliticarappresentata,neglianniottanta,dall’ascesaalpoterediMargaretThatchereRonaldReaganedallaloroagendadiliberalizzazionedeimercatieriduzionedelruolodellostatoedella politica. D’altra parte, Arrighi coglie bene il riflesso del neoliberismo sul piano internazionalequandoevidenzia il tentativodegliStatiUnitidi risponderealdeclinoegemonicoconunrilanciodelpropriopoterefinanziarioemilitare.Merita infine grande attenzione l’assenza della democrazia nelle analisi di Arrighi. Questa non

comparetraglielementiritenuti ingradodicondizionarel’evoluzionedeirapporti trastatoecapitaleattraversolepolitichepubbliche(peresempio,ladiffusionedeidirittipoliticiesociali,ilwelfarestate,le politiche per l’occupazione), né è affrontata la questione se la democrazia politica abbia qualcherapporto con i cicli di accumulazione e di egemonia. Se è comprensibile ritenere che la democraziainterna agli stati abbia una scarsa influenza sui loro comportamenti nel sistema internazionale,menoconvincenteèescluderladall’insiemedeifattorichiavepercapirel’evoluzionedelmovimentooperaio(anchenell’otticadell’alternativatrariformismoerivoluzione),ladegenerazionedel«socialismoreale»eleopachedinamichedellapoliticacinese.PrevaleinveceinArrighiunarappresentazionedeiconflittiincentratasulloscontro tracapitalee lavoro (dicuiperaltrononsi trascurano lediversità interneallaforza-lavoro)daunlato,etracentroeperiferiadall’altro.Unoschemachefaticaacoglierelaportataconflittualedimovimenti–comelemobilitazioniglobalinateneglianninovanta–chenonpuntanoalla

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presadelpoterestatale,maacondizionareleformediautoritàdelcapitaleedelsistemaegemonico.Perquestimovimenti lademocraziacostituisceunvaloreeunpercorsodipartecipazione,deliberazioneeconflittoingradodimettereindiscussioneilfunzionamentodell’economiaedellapolitica,ediporreconforzaigrandiproblemidiingiustiziasocialeeinsostenibilitàambientaledelcapitalismodioggi.Il rilievodellequestioni ancora aperte, avent’annidallapubblicazionediquest’opera, conferma il

valore del lungo percorso di ricerca di Arrighi, e la vitalità dell’intreccio di orientamenti teorici,interpretazione storica e urgenza dell’azione politica che hanno caratterizzato tutta la sua vitaintellettuale. L’importanza di capire come si evolve il capitalismo, attraverso processi economici erapportidipotere internazionali– tenendoinconsiderazione lepossibilitàdelconflittosociale–,è lalezionedifondocheunlibrocomeIllungoXXsecolopuòoffrireancheailettoridelsecolosuccessivo.

MarioPiantaaprile2014

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IllungoXXsecolo

AimieidottorandipressolaStateUniversityofNewYorkdiBinghamton,1979-1994

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Prefazioneeringraziamenti

Questo librohaavuto inizioquasiquindici anni facomestudio sullacrisi economicamondialedegliannisettanta.Lacrisieraalloraconcepitacomeilterzoeconclusivomomentodiunsingoloprocessostorico, definito dall’ascesa, dalla piena espansione e dal declino del sistema statunitense diaccumulazione del capitale su scala mondiale; gli altri due momenti erano costituiti dalla grandedepressionedel1873-96edallacrisi trentennaledel1914-45.Questi tremomenticonsideratiassiemedefinivano il lungo XX secolo come una particolare epoca o fase di sviluppo dell’economia-mondocapitalistica.IllungoXX secolocostituivaoriginariamente l’oggettodi indagineesclusivodiquesto libro.Certo,

sindalprincipioeroconsapevoledel fattoche l’ascesadelsistemastatunitenseavrebbepotutoesserecompresa solo in rapporto al declino del sistema inglese.Ma non avvertivo alcuna esigenza o alcundesideriodispingerel’analisioltrelasecondametàdelXIXsecolo.Nelcorsodegliannihocambiatoopinione,eillibrosiètrasformatoinunostudiosuquellichesono

statidefiniti«iduefondamentaliprocessiinterdipendentidell’era[moderna]:lacreazionediunsistemadi stati nazionali e la formazionedi un sistema capitalistico di dimensionimondiali» (Tilly, 1984, p.147).Questomutamentofu ispiratodallastessaevoluzionedellacrisieconomicamondialeneglianniottanta.Conl’avventodell’erareaganiana,la«finanziarizzazione»delcapitale,chenegliannisettantaera stata una tra le varie caratteristiche della crisi economica mondiale, ne divenne la caratteristicaassolutamente predominante. Come era accaduto ottant’anni prima durante il declino del sistemainglese,osservatoriestudiosicominciaronoancoraunavoltaasalutare il«capitalefinanziario»comeultimoesupremostadiodelcapitalismomondiale.Fuinquestaatmosferaintellettualechescoprii,nelsecondoenelterzovolumediCiviltàmateriale,

economiaecapitalismodiFernandBraudel,loschemainterpretativochedivennepoilabasediquestolibro. In questo schema, il capitale finanziario non costituisce una specifica fase del capitalismomondiale,e tantomeno lasuaultimaesupremafase.Essocostituisce inveceunfenomenoricorrentechehacaratterizzatol’eracapitalisticasindaisuoiprimipassineltardoMedioevoenell’EuropadellaprimaEtàmoderna.Nel corso di tutta l’era capitalistica le espansioni finanziarie hanno segnalato latransizione da un regime di accumulazione su scala mondiale a un altro. Esse costituiscono aspettiintegranti della periodica distruzione dei «vecchi» regimi e della simultanea creazione di «nuovi»regimi.AllalucediquestascopertahoridefinitoillungoXXsecolocomecompostoditrefasi:

1. l’espansione finanziaria della fine del XIX e degli inizi del XX secolo, nel corso della qualefurono distrutte le strutture del «vecchio» regimebritannico e furono create quelle del «nuovo»regimestatunitense;2.l’espansionematerialedegliannicinquantaesessanta,durantelaqualeildominiodel«nuovo»regimestatunitensesitradusseinun’espansionedelcommercioedellaproduzionedidimensionimondiali;3.l’attualeespansionefinanziaria,nelcorsodellaqualevengonodistruttelestrutturedel«vecchio»

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regimestatunitenseevengonopresumibilmentecreatequellediun«nuovo»regime.

Quelcheèpiùimportante,nelloschemainterpretativochehoderivatodaBraudel,illungoXX secoloapparivaora come il più recentedi quattro secoli «lunghi» strutturati inmodo analogo, ciascunodeiquali costituiva una specifica fase dello sviluppo del moderno sistema mondiale capitalistico. Miapparvechiarocheun’analisicomparatadiquestisuccessivisecolilunghipotevasvelaremoltepiùcoseapropositodelladinamicaedelprobabileesitofuturodell’attualecrisichenonun’analisiinprofonditàdellungoXXsecoloinquantotale.Questariformulazionedell’indaginesuunarcotemporalemoltopiùampiohaportatoaridurreacirca

un terzodel libro lo spazio occupato dall’analisi esplicita del lungoXX secolo.Ho tuttaviadecisodiconservareiltitolooriginariopersottolinearelanaturastrettamentestrumentaledellemieescursioninelpassato. Intendo dire che l’unico obiettivo della ricostruzione delle espansioni finanziarie dei secolipassati è stato quello di approfondire la comprensione dell’attuale espansione finanziaria comemomento conclusivo di una specifica fase dello sviluppo del sistema capitalistico mondiale: la fasecompresanellungoXXsecolo.Questeescursioninelpassatomihannocondottosull’insidiosoterrenodell’analisistoricamondiale.

Nel commentare il magnum opus braudeliano da cui ho tratto ispirazione, Charles Tilly ci hasaggiamentemessiinguardiadairischidell’avventurarsisuquestoterreno.

Selacoerenzaèl’ossessionedellementilimitate,Braudelnonhaproblemiaeluderla.Quandononsgomentalanostraesigenzadicoerenza, Braudel fa sfoggio… di indecisione. In tutto il secondo volume diCivilisationmatérielle si volge ripetutamente adaffrontareilrapportotracapitalistiecostruttoridistati,mapoicambiarotta.[…]Proprioperchéildiscorsocopretemicosìampi,unosguardoagliargomentidelterzovolumegenerastupore.Igranditemidelprimovolume–lapopolazione,l’alimentazione,ilvestiario,letecniche–sonoquasideltuttoscomparsi![…]Cisaremmodovutiaspettarequalcosadidiversodaunuomodellasuatempra? Braudel affronta un problema enumerandone gli elementi; vezzeggiandone gli aspetti ironici, le contraddizioni e lecomplessità;mettendo a confronto le varie teorie proposte dagli studiosi; e riconoscendo imeriti storici di ciascuna teoria.Ma,ahimè,lasintesidituttequesteteorienoncidàalcunateoria.[…]SeBraudelnonèstatoingradodiportareasegnoilcolpo,chilosarà? Forse altri riusciranno a scrivere una «storia globale» che renda conto dell’intero sviluppo del capitalismo e della pienaespansionedelsistemadistatieuropeo.Perilmomento,sarebbepiùopportunoconsiderareilgigantescosaggiodiBraudelcomefontedi ispirazionepiùchecomemodellodi analisi.SenzaunBraudel aconferirgliulterioreenergia,unvascellocosìgrandeecomplessosembradestinatoadaffondareprimadiraggiungerelaspondaopposta(Tilly,1984,pp.70-71e73-74).

IlsuggerimentodiTillyèquellodioperareconunitàdianalisipiùmaneggevolidiquantononsianointeri sistemimondiali. Le unità alle quali accorda la sua preferenza sono le componenti di sistemimondialispecifici;peresempio, leretidicoercizione, lacuiaggregazionegeneraglistati,e leretidiscambio, lacuiaggregazionedàorigineamodidiproduzioneregionali.Unconfrontosistematico traqueste componenti potrebbe permetterci di «ancorare la descrizione di strutture e processi specificiall’internodiparticolarisistemimondialiageneralizzazionistoricamentefondaterelativeaqueglistessisistemimondiali»(Tilly,1984,pp.63e74).In questo libro ho cercato una soluzione diversa alle difficoltà presentate dalla comprensione

dell’interosviluppodelcapitalismomondialeedelmodernosistemainterstatale.Invecediabbandonareilvascellobraudelianodell’analisistoricamondiale,visonorimastoabordoperrealizzarequelgeneredicoselontanedaltemperamentointellettualedelcapitano,maallaportatadeimieipiùdeboliocchiedelle mie gambe più incerte. Ho lasciato che Braudel solcasse per me il mare aperto della storiamondiale,ehoriservatoamestessoilcompitopiùmodestodielaborarelasuaimmensaprovvistadicongettureedi interpretazioni inunaspiegazioneplausibile,coerenteeponderata,dell’ascesaedellapienaespansionedelsistemacapitalisticomondiale.È stato così che l’idea braudeliana delle espansioni finanziarie come fasi conclusive di importanti

sviluppicapitalisticimihaconsentitodisuddividerel’interaesistenzadelsistemacapitalisticomondiale(la longue durée di Braudel) in unità di analisi piùmaneggevoli, che ho chiamato cicli sistemici di

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accumulazione.Sebbeneladenominazionediquesticiclisiastataderivatadacomponentispecifichedelsistema(Genova,Olanda,InghilterraeStatiUniti),iciclistessisiriferisconoalsistemanelsuoinsiemeenonasuecomponenti.Sonolestruttureeiprocessidelsistemacapitalisticomondialenelsuoinsiemeeinfasidifferentidelsuosviluppochequestolibrometteaconfronto.Lanostraattenzioneallestrategieeallestrutturedegliagentigovernativie imprenditorialigenovesi,olandesi,britanniciestatunitensièdovutaesclusivamentealsuccedersidellalorocentralitànellaformazionediquestefasi.Si tratta senza dubbio di una prospettivamolto limitata. I cicli sistemici di accumulazione, come

spiegonell’Introduzione,sonoprocessidei«vertici»dell’economia-mondocapitalistica,«ilcampopereccellenzadelcapitalismo»secondoBraudel.Grazieaquestaprospettivalimitatahopotutoarricchirel’indagine braudeliana del capitalismomondiale di una certa coerenza logica e di un tratto di stradaaggiuntivo: i due secoli che ci separano dal 1800, dove Braudel termina il suo viaggio. Ma ilrestringimento della prospettiva presenta anche grandi costi. La lotta di classe e la polarizzazionedell’economia-mondo inzonecentralieperiferiche–chehannoentrambesvoltoun importante ruolonellamiaoriginariaconcezionedellungoXXsecolo–sonopressochéscomparsedalquadro.Moltilettorisarannosconcertatidaquestacomedaaltreomissioni.Tuttociòchepossodireèchela

costruzionechepresentoquièsolounatravariepossibilistoriedellungoXXsecolo,egualmentevalidesebbenenonnecessariamentedipari rilevanza.Hopresentatoaltroveun’interpretazionedel lungoXXsecolochesiconcentrasullalottadiclasseesuirapporticentro-periferia(Arrighi,1990b).Allalucedelsuccessivolavorosonomoltelenuoveintuizionichevorreiaggiungereall’interpretazioneprecedente.Nondimeno,sonopoche lecosechecambierei.Credodipoteraffermareche,dalsuoangolovisuale,essa sia ancora valida. Ma la storia presentata in questo libro, come indica il sottotitolo, è la piùpertinenteaunacomprensionedelrapportoesistentetradenaroepoterenellacostruzionedellanostraepoca.Percondurrelamiapiùagileversionedelvascellobraudelianofinoallelontanespondedellafinedel

XXsecolo,misonosforzatoditenermifuoridaidibattitiedallepolemichecheinfurianonelleisolediconoscenza specialistica che ho visitato e saccheggiato. Proprio come Aldo Mayer (1994, VIII),«ammetto senza esitazioni né pentimenti di aver lavorato con categorie di grana grossa, e di averpuntatoacostruire,anzichéspaccareilcapelloinquattroodemolire».E,comelui,tuttociòchechiedoècheillibrovengaascoltatoconpazienzaegiudicatonelsuoinsieme,nonnellesingoleparti.L’idea di scrivere un libro sul lungo XX secolo non è stata mia, ma di Perry Anderson. Dopo

un’animatadiscussioneapropositodiunodeivariarticolidamescrittisullacrisieconomicamondialedegli anni settanta, egli mi persuase, nel lontano 1981, che solo un intero libro sarebbe stato ladimensioneadeguataalgeneredicostruzionecheavevoinmente.Eglihapoimantenutounosguardoattento suimiei vagabondaggi attraverso i secoli, dandomi semprebuoni consigli su cosa fare o nonfare.Se Perry Anderson è colui che mi ha maggiormente spronato a imbarcarmi in un progetto così

ambizioso, è su Immanuel Wallerstein che ricade principalmente la responsabilità di aver reso ilprogetto ancora più ambizioso di quanto non fosse in origine. Erano sue le orme che seguivo nelprolungarel’orizzontetemporaledellamiaanalisicosìdacomprenderelalongueduréebraudeliana.Lasuainsistenza,nelnostrolavoroquotidianoalFernandBraudelCenter,sullapossibilitàcheletendenzee le congiunturedelmio lungoXX secolopotessero riflettere strutture eprocessi operanti sindalXVIsecolomihacolpitoalpuntodaindurmiaverificarelavaliditàdellesueaffermazioni.Questaverificamihacondottoavederecosediversedaquelledaluiscoperteeanchequandoeranolestesse,hodatoloro un trattamento e un’applicazione diversi da quelli da lui dati nelModern World-System. Manell’insisteresulfattochela longueduréedelcapitalismostoricofosse l’arco temporalepertinentealtipodicostruzionecheavevoinmente,eglieraassolutamentenelgiusto.Senzailsuostimoloelasuaprovocazioneintellettualenonavreipotutoneppureimmaginarediscriverequestolibronelmodoincui

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l’hofatto.Trailconcepireunlibrocomequestoescriverlorealmentevièunabissochenonavreimaicolmato

senza l’eccezionale comunità di dottorandi con cui ho avuto la fortuna di lavorare durante i mieiquindici anni alla State University of New York di Binghamton. Consapevolmente oinconsapevolmente, imembridiquestacomunitàmihanno fornito ledomandeemoltedelle rispostechecostituisconolasostanzadiquestolavoro.Collettivamente,essisonoilgigantesullecuispallehoviaggiato.Ealoroillibroègiustamentededicato.In quanto ideatore del dottorato in sociologia alla State University of New York di Binghamton,

TerenceHopkins è in largamisura responsabile di aver fatto diBinghamton l’unico luogo nel qualeavrei potuto scrivere questo libro. Ed è anche responsabile di tutto ciò che vi è di valido nellametodologiachehoimpiegato.Altempostessoilcriticopiùseveroeilsostenitorepiùdeciso,BeverlySilver, ha svolto un ruolo cruciale nella realizzazione di questo lavoro. Senza il suo orientamentointellettualemi sarei smarrito; e senza il suo sostegnomorale sarei rimasto al lavoromoltomeno alungodiquantoindefinitivanonabbiafatto.Una precedente versione del primo capitolo è stata presentata alla seconda ESRC Conference on

StructuralChangein theWest tenutasiall’EmmanuelCollege,aCambridge,nelsettembre1989,edèstatasuccessivamentepubblicatasuReview(estate1990)epoiinGill(1993).Sezionidelsecondoedelterzo capitolo sono state presentate alla terza ESRC Conference sullo stesso argomento, tenutasiall’Emmanuel College nel settembre 1990. La partecipazione a queste due conferenze, così come aquellaprecedente svoltasinel settembre1988,ha ridato spinta almiovascello inunmomento incuiavrebbepotutoaltrimentiaffondare.SonomoltogratoaFredHallidayeaMichaelMannperavermiinvitatoall’interaseriedelleconferenzeESRC,aJohnHobsonperaverleorganizzate,ea tuttiglialtripartecipantiperlediscussionistimolanticheabbiamoavuto.PerryAnderson,GopalBalakrishnan,RobinBlackburn,TerenceHopkins,ResatKasaba,RaviPalat,

ThomasReifer,BeverlySilvereImmanuelWallersteinhannolettoecommentatoilmanoscrittoprimadellatornatafinaledirevisioni.Lelorodiversespecializzazionieprospettiveintellettualimisonostatedienormeaiutonelmettereperquantopossibileordinenelfruttodiquestaimpresaazzardata.ThomasReifermièstatod’aiutoanchenellaverificafinaledellabibliografiaedellecitazioni.Nonritualmente,mi assumo la piena responsabilità per quanto ancora vi è di incerto o di non verificato. Infine, unringraziamento particolare va a mio figlio Andrea. Quando ho iniziato questo lavoro stava percominciarelescuolesuperiori.Mentrenescrivevol’ultimastesura,hacompletatolasuatesidilaureainfilosofia all’UniversitàStatalediMilano.Durante tuttoquesto tempo, è statodavvero ilmiglioredeifigli. Ma a mano a mano che questo lavoro giungeva a termine, si è rivelato anche un preziosoconsigliereeditoriale.Se il libro troverà lettorialdi fuoridellacerchiadegli storiciedegli scienziatisociali,saràingranpartemeritosuo.

GiovanniArrighimarzo1994

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Introduzione

Nel corso degli ultimi venticinque anni sembra essere avvenuto un cambiamento fondamentale nelmododioperaredelcapitalismo.Negliannisettantafuronoinmoltiaparlaredicrisi.Neglianniottantasipreferìparlarediristrutturazioneeriorganizzazione.Neglianninovantanonvièpiùlacertezzachelacrisi degli anni settanta sia statamai davvero risolta, e ha cominciato a diffondersi l’opinione che lastoriadelcapitalismopotrebbetrovarsiaunpuntodisvoltadecisivo.Lamiatesièchelastoriadelcapitalismositroviineffettiaunpuntodisvoltadecisivo,machela

situazione attuale non sia poi così nuova come potrebbe apparire a prima vista. Nella storiadell’economia-mondo capitalistica, i lunghi periodi di crisi, ristrutturazione e riorganizzazione – inbreve, di cambiamento discontinuo – sono stati molto più comuni dei brevi momenti di espansionegeneralizzata lungounbendefinitopercorsodi sviluppo,qualequello cheha avuto luogonegli annicinquantae sessantadiquesto secolo.Nelpassato,questi lunghiperiodidi cambiamentodiscontinuosonosfociatiinunaricostituzionedell’economia-mondocapitalisticasunuoveepiùampiefondamenta.Lamiaanalisimirasoprattuttoaidentificarelecondizionisistemichesottolequalipotrebbeavereluogounanuovaricostituzionediquestogeneree,qualoraciòdovesseavvenire,quale formaessapotrebbeassumere.A partire dal 1970 cambiamenti nel modo in cui opera il capitalismo sono stati diffusamente

osservati, a livello sia locale sia globale, anche se la loro precisa natura è ancora argomento didiscussione.Chequesticambiamentirappresentinoqualcosadifondamentaleètuttavialatesicomunediunaproduzionedistudiinrapidacrescita.Cambiamenti si sono verificati nella configurazione spaziale dei processi di accumulazione del

capitale. Nel corso degli anni settanta la tendenza dominante sembrò essere quella verso unariallocazionedeiprocessidiaccumulazionedelcapitaledapaesieregioniadaltoredditoversopaesieregioniabasso reddito (Fröbel,HeinrichseKreye,1980;BluestoneeHarrison,1982;Massey,1984;Walton,1985).Nelcorsodeglianniottanta,alcontrario, la tendenzadominantesembròesserequellaverso la ricentralizzazione del capitale all’interno dei paesi e delle regioni ad alto reddito (Gordon,1988).Maqualechesialadirezionedelmovimento,apartiredagliannisettantasièavutaunatendenzaverso una maggiore mobilità geografica del capitale (Sassen, 1988; Scott, 1988; Storper e Walker,1989).Ciòèstatostrettamenteassociatoatrasformazioninell’organizzazionedeiprocessidiproduzioneedi

scambio.Alcuni autori hanno affermato che la crisi della produzione dimassa «fordista», basata susistemi di macchine specializzate, operanti all’interno delle sfere organizzative di imprese gigantiintegrate verticalmente e gestite burocraticamente, ha creato opportunità uniche per una rinascita deisistemidi«specializzazioneflessibile»,basatisullaproduzioneartigianaleinpiccolequantità,realizzatainunitàimprenditorialidipiccoleemediedimensionicoordinatedaprocessidiscambiosimiliaquellidelmercato(SableeZeitlin,1985;PioreeSable,1987;HirsteZeitlin,1990).Altrisisonoconcentratisullaregolamentazionegiuridicadelleattivitàproduttricidiredditoehannoosservatocomelacrescente«formalizzazione» della vita economica – vale a dire la proliferazione di vincoli legaliall’organizzazionedeiprocessidiproduzioneediscambio–abbiageneratounatendenzaoppostaverso

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l’«informalizzazione», una proliferazione di attività generatrici di reddito che aggirano laregolamentazione legale mediante ogni genere di imprenditorialismo «personale» o «familiare»(Lomnitz,1988;Portes,CastellseBenton,1989;Feige,1990;Portes,1994).Sovrapponendosi parzialmente a questa letteratura, numerosi studi hanno seguito le orme della

«scuoladellaregolazione»franceseehannointerpretato leattuali trasformazioninelmododioperaredel capitalismo come una crisi strutturale di ciò che essi definiscono «regime di accumulazione»fordista-keynesiano(perunarassegnaBoyer,1990;Jessop,1990;TickellePeck,1992).Questoregimeèconcettualizzatocomecostitutivodiunaparticolarefasedellosviluppocapitalisticocaratterizzatadainvestimentiincapitalefissochegeneranoilpotenzialepercostantiincrementidellaproduttivitàedelconsumo di massa. Perché questo potenziale si realizzi, occorrono politiche e azioni governative,istituzioni sociali, norme e consuetudini di comportamento adeguate (il «modo di regolazione»). Ilkeynesismo è visto come il modo di regolazione che ha permesso al regime fordista emergente direalizzareappienoilsuopotenziale.Equestoèasuavoltaconsideratocomelacausachestaallabasedellacrisidegliannisettanta(Aglietta,1979b;DeVroey,1984;Lipietz,1985,1988).Nel complesso i «regolazionisti» sono indifferenti rispetto al possibile successore del fordismo-

keynesismo, o per meglio dire rispetto alla possibilità che possa esservi un altro regime diaccumulazioneconunmododiregolazioneappropriato.Conunadisposizioneanaloga,maconl’usodiundifferenteapparatoconcettuale,ClausOffe(1985)e,inmodopiùesplicito,ScottLasheJohnUrry(1987) hanno parlato della fine del «capitalismo organizzato» e dell’emergere del «capitalismodisorganizzato».Lacaratteristicafondamentaledel«capitalismoorganizzato»–l’amministrazioneelaregolazioneconsapevoledelleeconomienazionalidapartedigerarchiedimanagerefunzionaristatali–èmessaincausadauncrescentedecentramentospazialeefunzionaleedaunadecentralizzazionedeipoteri delle grandi aziende, che lasciano i processi di accumulazione del capitale in uno stato di«disorganizzazione»apparentementeirrimediabile.In disaccordo con questa enfasi sulla disintegrazione, piuttosto che sulla coerenza del capitalismo

contemporaneo, David Harvey (1993) suggerisce che, in realtà, il capitalismo potrebbe trovarsi nelmezzodiuna«transizionestorica»dalfordismo-keynesismoaunnuovoregimediaccumulazione,chechiama provvisoriamente di «accumulazione flessibile». Egli sostiene che, tra il 1965 e il 1973, ledifficoltà incontrate dal fordismo e dal keynesismo nel tenere sotto controllo le intrinsechecontraddizioni del capitalismo divennero sempre più evidenti: «Apparentemente queste difficoltàpotevanoesserebendefiniteconunaparolasola:rigidità»(Harvey,1993,p.181).Vieranoproblemidirigiditànegliinvestimentialungotermineesulargascalaneisistemidiproduzioneinserie;vieranoproblemidirigiditàacausadellaregolamentazionedeimercatidellavoroedeicontrattidilavoro;evieranoproblemidirigiditàdegliimpegnistatalidovutiallacrescenteonerositàdegliinterventisulpianodellasicurezzasocialeedeidirittipensionistici.

Dietrotuttequesterigiditàspecifichevieraunaconfigurazionemacchinosaeapparentementefissadelpoterepoliticoedeirapportireciproci che univano i lavoratori organizzati, il grande capitale e il governo in ciò che sembrava sempre più una difesacontroproducentediangustiinteressiparticolari,taledaminarepiuttostochegarantirel’accumulazionedicapitale(Harvey,1993,p.183).

Il tentativodapartedelgovernostatunitenseediquellobritannicodimantenere loslanciodelboomeconomicodeldopoguerragrazieaunapoliticamonetariastraordinariamentedisinvoltaebbeuncertosuccessoverso la finedegli anni sessanta,manei primi anni settanta produsseun effetto contrario aquello desiderato. Le rigidità aumentarono ulteriormente, la crescita reale si arrestò, le tendenzeinflazionistiche sfuggirono al controllo e il sistema dei cambi fissi, che aveva sostenuto e regolatol’espansionedeldopoguerra,crollò.Apartiredaquelmomentotuttiglistatisisonotrovatiallamercédelpoterefinanziario,siaattraversoglieffettidellafugadicapitali,siaattraversopressioniistituzionali

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dirette.«Naturalmentec’èsemprestato,nelcapitalismo,undelicatoequilibriofraipoterifinanziarieipoteristatali,mailcrollodelsistemafordista-keynesianosignificavachiaramenteunospostamentodipoteriavantaggiodelcapitalefinanziariorispettoallostato»(Harvey,1993,p.206).Questospostamento,asuavolta,haportatoauna«esplosionedinuovistrumentiemercatifinanziari,

associata alla nascita di sistemi estremamente sofisticati di coordinamento finanziario su scalamondiale».Èquesta«straordinaria fioriturae trasformazionedeimercati finanziari»cheHarvey,nonsenza esitazioni, considera come la vera novità del capitalismo negli anni settanta e ottanta e comecaratteristicaessenzialedelregimeemergentedi«accumulazioneflessibile».Ilrimescolamentospazialedei processi di produzione e di accumulazione, la ripresa della produzione artigianale e di reti diimpresepersonali/familiari,ildiffondersidiformedicoordinamentosimiliaquelledelmercatoaspesedella pianificazione a opera delle grandi imprese e dei governi – tutti questi sono, secondoHarvey,aspettidifferentidelpassaggioalnuovoregimediaccumulazioneflessibile.Tuttavia,eglièpropensoaconsiderarlicomeespressionidella ricercadi soluzioni finanziariealle tendenzeverso lacrisipropriedelcapitalismo(Harvey,1993,pp.239-244).Harvey è pienamente consapevole delle difficoltà implicite nel teorizzare la transizione

all’accumulazione flessibile – ammesso che sia questo ciò che il capitalismo sta effettivamenteattraversando–eindicaalcuni«dilemmiteorici».

[…]Possiamocogliere,dalpuntodivista teorico, la logica,senon lanecessità,della transizione?Inchemisura le formulazioniteoriche passate e presenti della dinamica del capitalismo devono essere modificate alla luce delle radicali riorganizzazioni eristrutturazioni che stanno coinvolgendo le forze produttive e le relazioni sociali? E siamo in grado di rappresentare l’attualesituazione abbastanza bene da poter prevedere il corso probabile e le implicazioni di quella che sembra essere una rivoluzionepermanente? La transizione dal fordismo all’accumulazione flessibile ha […] posto serie difficoltà alle teorie di ogni tipo […].L’unicopuntosulqualevièconsensoèquesto:vièstatouncambiamentosignificativonelfunzionamentodelcapitalismoapartire,pressappoco,dal1970(Harvey,1993,p.217).

GliinterrogatividacuièpartitoquestostudiosonosimiliaquellidiHarvey.Malerispostesonocercateinun’indaginedelle tendenzeattualialla lucedimodellidi ricorrenzaedevoluzionecheabbraccianol’intera esistenza del capitalismo storico in quanto sistema mondiale. Una volta allargato in questomodo l’orizzonte spazio-temporale delle nostre osservazioni e congetture teoriche, tendenze chesembravanooriginalieimprevedibilicomincianoadapparirefamiliari.Piùinparticolare,ilpuntodipartenzadellanostraricercaèstatalatesidiFernandBraudelsecondo

cuilecaratteristichefondamentalidelcapitalismostoriconellalonguedurée–valeadirelungol’interaduratadellasuaesistenza–sonostatela«plasticità»el’«eclettismo»delcapitale,piuttostocheleformeconcreteassuntedaquest’ultimoindifferentiluoghieinepochediverse.

Insistiamosuquestaqualitàessenzialeperunastoriad’insiemedelcapitalismo: la suaplasticitàa tuttaprova, la suacapacitàditrasformazioneediadattamento.Seesiste,comecredo,unacertaunitàdelcapitalismo,dall’ItaliadelsecoloXIIIfinoall’Occidented’oggi,èquicheoccorreinprimaistanzacollocarlaeosservarla(Braudel,1981-82,vol.II,pp.434-435).

In alcuni periodi, anche lunghi, il capitalismo sembra «specializzarsi», come accade nel XIX secolo,quando «si lancia in modo tanto spettacolare nell’immensa novità dell’industria». Questaspecializzazionehaindotto«lastoriagenerale[…]apresentarel’industriacomelarealizzazioneultimacheavrebbedatoalcapitalismoilsuo“vero”volto».Maquestaèunaprospettivadibrevetermine:

[Dopo] ilprimoboomdelmacchinismo, il capitalismopiùaltoè tornatoall’eclettismo,aunaspeciedi indivisibilità, comese ilvantaggio caratteristico di trovarsi in quei punti dominanti consistesse proprio, oggi come ai tempi di Jacques Cœur, nel nonrinchiudersiinunasolascelta:nell’essereeminentementeadattabile,equindinonspecializzato(Braudel,1981-82,vol.II,p.384).

MisembrachequestibranipossanoessereinterpretaticomeunariformulazionedellaformulageneraledelcapitalediMarx:D-M-D’. Il capitalemonetario (D) indica liquidità, flessibilità, libertàdi scelta.M

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indicacapitaleinvestitoinunaparticolarecombinazionediinput-outputinvistadiunprofitto.Significaquindiconcretizzazione,rigiditàeriduzionedelleopzioniaperte.Dindicaliquidità,flessibilitàelibertàdisceltaallargate.Intesainquestomodo,laformuladiMarxcidicechegliagenticapitalisticinoninvestonodenaroin

particolaricombinazionidiinput-outputcomeunfineinsé,conlaconseguenteperditadiflessibilitàedilibertàdiscelta.Alcontrario,lofannocomeunmezzoperassicurarsiunaflessibilitàeunalibertàdisceltaancoramaggioriinunmomentofuturo.LaformuladiMarxcidiceanchechequaloranonvisiaalcunaaspettativadapartedegliagenticapitalisticidiunaumentodellalorolibertàdiscelta,osequestaaspettativa è sistematicamente insoddisfatta, il capitale tende a fare ritorno a forme più flessibili diinvestimento,soprattuttoallasuaformadidenaro.Inaltritermini,gliagenticapitalistici«preferiscono»la liquidità,eunapartestraordinariamentealtadelle lorodisponibilità finanziarie tendea rimanere informaliquida.Questa seconda lettura è implicita nella caratterizzazione cheBraudel fa del «rigoglio finanziario»

come sintomo della maturità di un particolare sviluppo capitalistico. Nel discutere l’allontanamentodegliolandesidalcommercioallametàdelXVIII secoloperdivenire i«banchieridell’interaEuropa»,Braudelsuggeriscecheuntaleallontanamentorappresentaunatendenzaricorrentenelsistema-mondo.La stessa tendenza si eramanifestata in precedenza nell’Italia del Quattrocento, quando l’oligarchiacapitalisticagenovesesispostòdallemercialleattivitàbancarie,enellasecondametàdelXVI secolo,quando i «nobili vecchi» genovesi, i prestatori accreditati del re di Spagna, si allontanaronogradualmentedalcommercio.Dopogliolandesi, la tendenza fuconfermatadagli inglesi alla finedelXIXeagliinizidelXXsecolo,quandolafinedella«fantasticaavventuradellarivoluzioneindustriale»creòunasovrabbondanzadicapitalemonetario(Braudel,1981-82,vol.III,p.235).Dopol’avventuraegualmentefantasticadelcosiddettofordismo-keynesismo,ilcapitalestatunitense

seguì un percorso simile negli anni settanta e ottanta. Braudel non discute dell’odierna espansionefinanziaria,chehaacquistatovigorequandolasuatrilogiasuCiviltàmateriale,economiaecapitalismoera già compiuta. Tuttavia, possiamo riconoscere senza difficoltà in questa ultima «rinascita» delcapitale finanziario un ulteriore esempio di quell’inversione verso l’«eclettismo» che nel passato erastataassociataallamaturazionediunimportantesviluppocapitalistico:«[Ogni]evoluzionecomplessivadi tale ordine sembr[a] annunciare, con lo stadio del rigoglio finanziario, una sorta dimaturità; è ilsegnaledell’autunno»(Braudel,1981-82,vol.III,p.235,corsivoaggiunto).LaformulageneraledelcapitalediMarx(D-M-D’)puòdunqueessereconsideratadescrittivanonsolo

della logica dei singoli investimenti capitalistici, ma anche di unmodello ricorrente del capitalismostorico come sistemamondiale. L’aspetto principale di questomodello è costituito dall’alternanza diepochediespansionemateriale(lefasiD-Mdell’accumulazionedicapitale)ediepochedirinascitaediespansionefinanziaria(lefasiM-D’).Nellefasidiespansionematerialeilcapitalemonetario«metteinmovimento»unacrescentemassadimerci(inclusalaforza-lavoromercificataeledotinaturali);nellefasidiespansionefinanziariaunacrescentemassadicapitalemonetario«silibera»dallasuaformadimerce, e l’accumulazione procede attraverso transazioni finanziarie (come nella formula marxianaabbreviataD-D’).Insieme,ledueepocheofasiformanouninterociclosistemicodiaccumulazione(D-M-D’).Lanostra indagine costituisce essenzialmente un’analisi comparata dei successivi cicli sistemici di

accumulazioneneltentativodiidentificare:

1.modellidi ricorrenzaedievoluzione riprodottinell’attuale fasediespansione finanziariaediristrutturazionesistemica;e2.leanomaliedell’attualefasediespansionefinanziariachepossonocondurreaunarotturaconipassatimodellidiricorrenzaedievoluzione.

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Saranno identificati quattro cicli sistemici di accumulazione, ciascuno caratterizzato da unafondamentaleunitàdell’agenteprimarioedella strutturadeiprocessidi accumulazionedicapitale suscalamondiale:unciclogenovese,dalXVsecoloagliinizidelXVII;uncicloolandese,dallafinedelXVIsecolofinoabuonapartedelXVIII;unciclobritannico,dallasecondametàdelXVIIIsecoloagliinizidelXX;unciclostatunitense,chehaavutoinizioallafinedelXIXsecoloedèproseguitonellaattualefasediespansione finanziaria. Come questa periodizzazione approssimativa e preliminare implica, ciclisistemicidi accumulazioneconsecutivi si sovrappongonoe, sebbenedivenganoprogressivamentepiùbrevi,ciascunodiessihaunaduratasuperioreaunsecolo;diqui l’ideadel«lungosecolo»,chesaràconsideratocomel’unitàtemporalefondamentalenell’analisideiprocessidiaccumulazionedicapitalesuscalamondiale.Questiciclisonodel tuttodiversidai«ciclisecolari»(o logisticideiprezzi)edaipiùbreviciclidi

Kondratieff ai quali Braudel ha attribuito così tanta importanza. Sia i cicli secolari che i cicli diKondratieff sono costrutti empirici dall’incerta condizione teorica, derivati dall’osservazione difluttuazionidi lungoperiodoneiprezzidellemerci(rassegnedella letteraturasull’argomentopossonoessere trovate in Barr, 1979 e Goldstein, 1988). I cicli secolari presentano alcune straordinariesomiglianzecon inostri cicli sistemici.Sonoquattro;hanno tuttiunadurata superioreaun secolo; ediventano progressivamente più brevi (Braudel, 1981-82, vol. III, p. 59). Tuttavia, i cicli secolari deiprezzieiciclisistemicidiaccumulazionenonsonoaffattosincronizzati.Un’espansionefinanziariapuòaverluogoconegualeprobabilitàall’inizio,allametàoallafinediunciclosecolare(deiprezzi)(vedipiùoltre,fig.9).Braudelnoncercadicomporrequestodisaccordofralasuadatazionedelleespansionifinanziarie–

sucuièbasatalanostraperiodizzazionedeiciclisistemicidiaccumulazione–equelladeiciclisecolari(deiprezzi).Néciproveremonoi.Messidifronteaunasceltafraquestiduetipidicicli,abbiamooptatopericiclisistemicipoichéessisonoindicatori–digranlungapiùvalidieattendibilideiciclisecolariodeiciclidiKondratieff–diciòchevièdispecificamentecapitalisticonelmodernosistemamondiale.Ineffetti,nonesistealcunaccordonellaletteraturaesistentesuchecosaindichinolefluttuazionidei

prezzisullungotermine,chesitrattidiciclilogisticiodiciclidiKondratieff.Dicertoessenonsonoindicatori attendibili delle contrazioni e delle espansioni di nulla di specificamente capitalistico nelsistema mondiale moderno. La redditività e il comando del capitale sulle risorse umane e naturalipossonodiminuireoaumentaretantoinunafasediscendentedeiprezziquantoinunafaseascendente.Tuttodipendedaqualetipodiconcorrenzastaspingendoiprezziversol’altooversoilbasso.Sesonogli stessi «capitalisti», comunque definiti, che competono conmaggiore (minore) intensità di quantonon facciano i loro fornitori e clienti «non capitalisti», i profitti diminuiranno (aumenteranno),indipendentementedalfattochelatendenzaglobaledeiprezzisiaversol’altooversoilbasso.Inoltre, né i cicli logistici dei prezzi né i cicli di Kondratieff sembrano essere fenomeni

specificamentecapitalistici.ÈinteressantenotarechenellasintesicheJoshuaGoldsteinhafornitodeirisultati empiriciedei supporti teoricidegli studi sulleonde lunghe, lanozionedi«capitalismo»nonsvolgealcunruolo.Statisticamente,egliriscontracheleondelungheneiprezzienellaproduzionesono«spiegate»principalmentedallaviolenzadiquellecheeglidefinisce«guerrefralegrandipotenze».Perquantoriguardailcapitalismo,laquestionedelsuoemergereedellasuaespansioneèpostachiaramentealdilàdellaportatadellasuaindagine(Goldstein,1988,pp.258-274e286).Il problema della relazione tra l’emergere del capitalismo e le fluttuazioni dei prezzi sul lungo

terminehainteressatosindall’inizioglistudisulsistemamondiale.NicoleBousquet(1979,p.503)haconsiderato«imbarazzante»ilfattocheiciclilogisticideiprezzirisalisseroamoltoprimadel1500.Perlastessaragione,AlbertBergesen(1983,p.78)sièchiestoseiciclilogisticideiprezzi«descrivanoladinamica del feudalesimo o del capitalismo, o di entrambi». Persino la Cina imperiale sembra aversperimentato fenomeni di carattere ciclico dello stesso tipo di quelli dell’Europa (Hartwell, 1982;

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Skinner,1985).Quelchepiùsconcerta,BarryGillseAndréGunderFrank(1992,pp.621-622)hannoaffermatoche«andrebbericonosciutal’esistenzadeiritmiciclicifondamentaliedelletendenzesecolaridelsistemamondialelungol’arcodi5000anni,invecechedeisoliti500annipresiconvenzionalmenteinconsiderazionenell’approcciodelsistema-mondoeinquellodelleondelunghe».In breve, il nesso fra i cicli secolari diBraudel e l’accumulazione capitalistica di capitale non ha

alcunchiarofondamentologicoostorico.Ilconcettodiciclisistemicidiaccumulazione,alcontrario,deriva direttamente dalla concezione braudeliana del capitalismo come livello superiore «nonspecializzato»nellagerarchiadelmondodel commercio.Questo livello superioreè il luogo incui sirealizzano «grandi profitti». Qui i profitti sono grandi non solo perché lo strato capitalistico«monopolizza»isettoridiattivitàpiùredditizi;ancorapiùimportanteèilfattochelostratocapitalisticodisponedellaflessibilitànecessariaaspostarecontinuamenteipropriinvestimentidaisettoridiattivitàchesperimentanouncalodeiprofittiaquellicheinvecenonlosubiscono(Braudel,1981-82,vol.II,pp.22,231e428-430).Comenella formulagenerale del capitale diMarx (D-M-D’), così nella definizione braudeliana dei

capitalismo, ciò che rende capitalistico un agente o uno strato sociale non è la sua propensione ainvestire in una particolare merce (per esempio la forza-lavoro) o sfera di attività (per esempiol’industria).Unagenteècapitalistico invirtùdel fattoche il suodenaroèdotato, sistematicamenteecostantemente,della«facoltàdiprocreare» (l’espressioneèdiMarx), indipendentementedallanaturadelle specifiche merci e attività che ne costituiscono incidentalmente lo strumento in ogni datomomento.L’ideadeiciclisistemicidiaccumulazionederivatadall’osservazionestoricadiBraudeldellericorrenti espansioni finanziariederiva logicamentedaquesto rapporto rigorosamente strumentaledelcapitalismo con il mondo del commercio e della produzione, e lo enfatizza. In altri termini, leespansioni finanziarie sono considerate sintomatiche di una situazione nella quale l’investimento didenaronell’espansionedelcommercioedellaproduzionenonassolvepiùalcompitodiincrementareilflussodidenaroversolostratocapitalisticoconlastessaefficaciadelletransazionifinanziarie.Inunasituazionedelgenere, ilcapitaleinvestitonelcommercioenellaproduzionetendearitornareallasuaformadidenaroeadaccumularsiinmanierapiùdiretta,comenellaformulaabbreviatadiMarxD-D’.Iciclisistemicidiaccumulazione,adifferenzadeilogisticideiprezziedeiciclidiKondratieff,sono

dunquefenomeniintrinsecamentecapitalistici.Essi indicanounafondamentalecontinuitàneiprocessidiaccumulazionedelcapitale suscalamondialenell’epocamoderna.Macostituisconoanche fratturefondamentalinellestrategieenellestrutturechehannodatoformaaquestiprocessinelcorsodeisecoli.AlparidialcuneconcettualizzazionideiciclidiKondratieff,comequellediGerhardMensch(1979),DavidGordon (1980) eCarlotaPerez (1983), i nostri ciclimettono in evidenza l’alternarsi di fasi dicambiamentocontinuoefasidicambiamentodiscontinuo.Quindi, la sequenza ipotizzata di cicli sistemici parzialmente sovrapposti presenta una stretta

somiglianza formale con il «modello dellemetamorfosi» dello sviluppo socioeconomico proposto daMensch.Mensch(1979,p.73)abbandona«l’ideachel’economiasisiasviluppataattraversoonde, infavore della teoria secondo cui essa si sarebbe evoluta attraverso una serie di impulsi innovativiintermittenti che assumono la forma di cicli successivi a forma di S» (vedi fig. 1). Il suo modellodescrivefasidicrescitastabilelungounpercorsobendefinito,alternateafasidicrisi,ristrutturazioneeturbolenzachericreanoinfinelecondizioniperunacrescitastabile.IlmodellodiMenschsiriferiscesoprattuttoallacrescitaealleinnovazioniinparticolariindustrieo

in particolari economie nazionali, e in quanto tale non ha alcuna rilevanza immediata per la nostraindagine.Tuttavia,l’ideadiciclicompostidafasidicambiamentocontinuolungoununicopercorsochesi alternano a fasi di cambiamento discontinuo da un percorso a un altro è alla base della nostrasequenzadiciclisistemicidiaccumulazione.Ladifferenzastanelfattoche,nelnostromodello,ciòchesi«sviluppa»nonèunaparticolareindustriaoeconomianazionale,mal’economia-mondocapitalistica

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nel suo insiemenel corsodi tutta la sua esistenza.Le fasi di espansionemateriale (D-M) risulterannodunque composte da fasi di cambiamento continuo, durante le quali l’economia-mondo capitalisticacresce lungo un unico percorso di sviluppo. Le fasi di espansione finanziaria risulteranno invececompostedafasidicambiamentodiscontinuodurantelequalilacrescitalungoilpercorsostabilitoharaggiunto, o sta raggiungendo, i suoi limiti, e l’economia-mondo capitalistica «si sposta», medianteristrutturazionieriorganizzazioniradicali,suunpercorsodiverso.

Storicamente,lacrescitalungoununicopercorsodisviluppoeglispostamentidaunpercorsoaunaltro non sono stati semplicemente la conseguenza non intenzionale delle innumerevoli attivitàintraprese autonomamente inognidatomomentodagli individui edallemolteplici comunità in cui èdivisa l’economia-mondo. In realtà, le periodiche espansioni e ristrutturazioni dell’economia-mondocapitalisticahannoavutoluogosottolaleadershipdiparticolaricomunitàeblocchidiagentigovernativie imprenditoriali, che si trovavano in una posizione unica per volgere a proprio vantaggio leconseguenze non intenzionali delle azioni degli altri agenti. Le strategie e le strutture attraverso cuiquesti agenti dominanti hanno sostenuto, organizzato e regolato l’espansione o la ristrutturazionedell’economia-mondo capitalistica è ciò che intenderemo per regime di accumulazione su scalamondiale. L’obiettivo principale del concetto di cicli sistemici è quello di descrivere e spiegare laformazione, il consolidamento e la disintegrazione dei successivi regimi attraverso cui l’economia-mondocapitalisticasièespansaapartiredalsuoembrionesubsistemiconelbassoMedioevofinoallasuaattualedimensioneglobale.L’intera costruzione poggia sulla concezione braudeliana del rapporto che lega la formazione e la

riproduzione allargata del capitalismo storico come sistemamondiale ai processi di formazionedeglistatidaunlato,eallaformazionedelmercato,dall’altro.Nellescienzesocialicomeneidiscorsipoliticieneimassmediasiritienecomunementecheilcapitalismoel’economiadimercatosianopiùomenolastessa cosa, e che il potere statale sia antitetico a entrambi. Braudel, al contrario, considera ilcapitalismocompletamentedipendente, nel suoemergere enella sua espansione,dalpotere statale, edunquel’antitesidell’economiadimercato(Wallerstein,1995b,capp.14e15).Più in particolare,Braudel concepiva il capitalismo come il livello superiore di una struttura a tre

piani,unastrutturanellaquale,«comeinognigerarchia,[…]ilivellisuperiorinonpotrebberoesisteresenzaquelliinferiori,sucuipoggiano».Illivelloinferiore,efinoatempirecentipiùesteso,èquellodiun’economiaestremamenteelementareeperlopiùautosufficiente.Inmancanzadiunaespressionepiùadeguata,eglilodefinìillivellodellavitamateriale,«ilpianoterrenodellanon-economia,unasortadihumusincuiilmercatoaffondaleradici,masenzaafferrar[ne]lamassa»(Braudel,1981-82,vol.II,pp.XXe217).

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Aldisopra[di tale livello], lazonapereccellenzadell’economiadimercatomoltiplica i suoicollegamentiorizzontalmente fra idiversimercati: un certo automatismo vi coordina solitamente offerta, domanda e prezzi. Infine, accanto omeglio sopra questostrato, lazonadelcontromercatoè il regnodell’arrangiarsiedeldirittodelpiù forte.Quisicollocapereccellenza ilcampodelcapitalismo,iericomeoggi,primacomedopolarivoluzioneindustriale(Braudel,1981-82,vol.II,p.217,corsivoaggiunto).

Un’economiadimercatomondiale,intesacomeunamolteplicitàdicollegamentiorizzontalitramercatidiversi, emerse dalle profondità del livello sottostante della vita materiale molto prima che ilcapitalismo-come-sistema-mondosielevassealdisopradellivellodell’economiadimercato.Comehamostrato Janet Abu-Lughod (1989), un sistema di collegamenti orizzontali vago ma nondimenochiaramentericonoscibilefraiprincipalimercatidell’Eurasiaedell’AfricaesistevagiànelXIIIsecolo.E,perquantonesappiamo,GillseFrankpotrebberoesserenelgiustonelsostenerechequestosistemadicomunicazioniorizzontalisiainrealtàemersodiversimillenniprima.Comechesia,laquestionecheriguardadirettamentelanostraindaginenonèrelativaalquandoeal

come un’economia di mercato mondiale emerse al di sopra delle strutture primordiali della vitaquotidiana; è invece relativa al quando e al come il capitalismo emerse al di sopra delle strutturedell’economiadimercatomondialepreesistentee,coniltempo,acquisìilpoteredidarenuovaformaaimercati e alle vite umane nel mondo intero. Come fa notare Braudel (1981-82, vol. III, p. 77), lametamorfosidell’Europanell’«attrezzomostruosodellastoriadelmondo» incuisi trasformòdopo il1500noncostituìunasemplicetransizione.Sitrattòinvecedi«unaserieditappeedipassaggi,iprimitraiqualisonomoltoanteriorialclassicoRinascimentodellafinedelsecoloXV».Ilmomentopiùdecisivodiquestaserieditransizioninonfuilproliferaredeglielementidell’impresa

capitalisticaintuttaEuropa.Elementidiquestogenereeranogiàpresentiintuttoilsistemacommercialedell’Eurasiaenoneranoaffattocaratteristicidell’Occidente.

Ci troveremosempredi fronte, inEgitto come inGiappone, adautentici capitalisti, grandimercanti all’ingrossocheprosperanosullerenditedegliscambi,emigliaiadiausiliari,commissionari,mediatori,cambiavalute,banchieri.Inoltre,dalpuntodivistadeglistrumenti, delle possibilità o garanzie dello scambio, nessuno di questi gruppi mercantili ha nulla da invidiare agli omologhioccidentali.InIndiaefuori,imercantitamil,bengalesiegujaratiformanoassociazionicompatte,icuiaffariecontrattipassanodaungruppoall’altro,comeavviene inEuropa tra i fiorentinie i lucchesie igenovesi,o i tedeschidelSudogli inglesi.Nell’altoMedioevocisonostatiancheredeimercantialCairo,aAdeneneiportidelgolfoPersico(Braudel,1981-82,vol.III,pp.507-508).

In nessun luogo, salvo l’Europa, questi elementi si fusero nella potente miscela che spinse gli statieuropei verso la conquista territoriale del mondo e verso la formazione di un’economia-mondocapitalisticaonnipotenteedavveroglobale.Daquestaprospettiva,latransizionerealmenteimportanteche esige una spiegazione non è quella dal feudalesimo al capitalismo, ma quella da un poterecapitalisticodiffusoaunoconcentrato.El’aspettopiùrilevantediquestatransizione,peraltrotrascuratadaglistudiosi,èlasingolarefusionedistatoecapitale,cheinnessunluogofurealizzatainmodotantofavorevolealcapitalismocomeinEuropa.

Ilcapitalismopuòtrionfaresoloquandosiidentificaconlostato,quandoèlostato.Nellasuaprimagrandefase,checoincideconl’ascesadellecittà-statoitaliane,aVenezia,Genova,Firenze,èl’élitedeldenarochedetieneilpotere.Nell’OlandadelXVIIsecolo,l’aristocraziadeireggentigovernasecondogliinteressiepersinosecondoledirettivedegliuominid’affari,mercantiofinanzieri.InInghilterra,laGloriosarivoluzionedel1688segna,auntempo,l’avventodiunnuovocorsopoliticoel’affermazionediunnuovomododicondurregliaffari,simileaquelloadottatodagliolandesi(Braudel,1981,pp.76-77,corsivoaggiunto).

La concorrenza fra gli stati per il capitalemobile è stata il complemento di questo processo. ComeWeber sostiene nella sua Storia economica, nell’antichità, così come nel tardo Medioevo, le cittàeuropeeeranostateilvivaiodel«capitalismopolitico».Inentrambiiperiodil’autonomiadiquestecittàfuprogressivamenteerosadastrutturepolitichedidimensionimaggiori.Tuttavia,mentrenell’antichitàquestaperditadiautonomiaavevasignificatolafinedelcapitalismopolitico,nellaprimaetàmoderna

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essasignificòl’espansionedelcapitalismoinunnuovotipodisistemamondiale.

Nell’antichità la libertàcittadinaèscomparsaafavorediunimperomondialeorganizzatoburocraticamente,all’internodelqualenon vi era più spazio per un capitalismo politico. […] [A] differenza di quanto era avvenuto nelle fasi precedenti, [nell’epocamodernalecittà]cadderosottoildominiodistatinazionaliinconcorrenzatraloro,eincostanteconflittoperilpotere,siainformapacifica sia in forma bellica. Questo conflitto concorrenziale determinò le massime opportunità per il moderno capitalismooccidentale.Ilsingolostatodovevacompetereperilcapitale,chepotevaspostarsiliberamenteegliprescrivevalecondizioniacuiera disposto a dargli l’aiuto necessario per diventare una potenza. […]È dunque lo stato nazionale chiuso ciò che assicura alcapitalismoleopportunitàpercontinuareasussistere:finoachenonfaràpostoaunimperomondiale,dureràancheilcapitalismo(Weber,1993,pp.292-294,corsivoaggiunto).

Nell’affermarelastessatesiinEconomiaesocietà,Weber(1995,vol.II,pp.50-51)sostenneinoltrechequesta concorrenza per il capitale mobile fra «le grandi formazioni puramente politiche, di forzaall’incircauguale»condusse

aquellacaratteristicaalleanzatraipotericostitutivideglistatieleforzecapitalisticheprivilegiate,chefutraipiùimportantifattoridello sviluppo capitalistico moderno […]. Sia la politica commerciale che la politica bancaria degli stati moderni […] non sipossonocapire[…]senzaquellaassaipeculiaresituazionepoliticadiconcorrenzaedi«equilibrio»cheèoffertadallacostellazionedeglistatieuropeinell’ultimomezzomillennio.

Lanostraanalisiconvalideràquesteosservazionimostrandochelaconcorrenzainterstataleèstataunacomponente decisiva in ciascuna fase di espansione finanziaria e un fattore fondamentale nellaformazione di questi blocchi di agenti governativi e imprenditoriali che hanno guidato l’economia-mondocapitalisticaattraversolesuesuccessivefasidiespansionemateriale.Ma,aparzialeprecisazionedella tesi diWeber, la nostra analisi mostrerà anche che la concentrazione del potere nellamani diparticolariblocchidiagentigovernativie imprenditorialièstataaltrettantocrucialedellaconcorrenzatra formazioni politiche «di forza all’incirca uguale» per le ricorrenti espansioni materialidell’economia-mondocapitalistica.Generalmente leprincipali espansionimateriali si sonoavute soloquandounnuovobloccodominanteavevaaccumulatounpoteremondialesufficientedaessereingradononsolodiaggirareosituarsialdisopradellaconcorrenzainterstatale,madiporlasottocontrolloediassicurare un livello minimo di cooperazione interstatale. A sostenere la prodigiosa espansionedell’economia-mondo capitalistica negli ultimi cinquecento anni, in altre parole, non è stata laconcorrenza interstatale in quanto tale, ma la concorrenza interstatale combinata con una crescenteconcentrazionedelpoterecapitalisticonelsistemamondialenelsuoinsieme.L’idea di una crescente concentrazione del potere capitalistico nel sistema mondiale moderno è

implicita in un tratto osservato da Marx nel Capitale. Al pari di Weber, Marx attribuiva grandeimportanzaal ruolo svoltodal sistemadeldebitopubblico, introdottodaGenovaeVenezianel tardoMedioevo,nelsostenerel’espansioneinizialedelcapitalismomoderno.

Ildebitopubblico,ossial’alienazionedelloStato–dispotico,costituzionaleorepubblicanochesia–imprimeilsuomarchioall’eracapitalistica. […] Come con un colpo di bacchetta, [il debito pubblico] conferisce al denaro, che è improduttivo, la facoltà diprocreare, e così lo trasforma in capitale, senza che il denaro abbia bisogno di assoggettarsi alla fatica e al rischio inseparabilidall’investimentoindustrialeeanchedaquellousuraio.InrealtàicreditoridelloStatonondannoniente,poichélasommaprestataviene trasformata in obbligazioni facilmente trasferibili, che in loro mano continuano a funzionare proprio come se fosseroaltrettantodenaroincontanti(Marx,1978,libroprimo,pp.926-927).

L’attenzione che Marx prestò agli aspetti interni dell’accumulazione del capitale gli impedì diapprezzarelapersistenteimportanzadeldebitopubblicoinunsistemadistatiincostanteconcorrenzareciproca per la conquista del sostegno dei capitalisti ai loro obiettivi di potere. Secondo Marx,l’alienazione del patrimonio e dei redditi futuri degli stati era semplicemente un aspettodell’«accumulazioneoriginaria»–«previousaccumulation»inAdamSmith–«un’accumulazionechenon è il risultato,ma ilpunto di partenza delmodo di produzione capitalistico» (Marx, 1978, libro

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primo,p. 879).NondimenoMarx riconobbe lapersistente importanzadeldebitopubblico,noncomeespressione della concorrenza tra gli stati, ma come mezzo di una cooperazione «invisibile» tra icapitalisti che «avviò» ripetutamente l’accumulazione di capitale attraverso lo spazio-tempodell’economia-mondocapitalisticadallesueoriginifinoaisuoigiorni.

Conidebitipubblicièsortounsistemadicreditointernazionalechespessonascondeunadellefontidell’accumulazioneoriginariadi questo o di quel popolo. Così le bassezze del sistema di rapina veneziano sono ancora uno di tali fondamenti arcani dellaricchezzadicapitalidell’Olanda,allaqualeVeneziaindecadenzaprestòfortisommedidenaro.Altrettantoavvienefral’Olandael’Inghilterra.Già all’inizio del secoloXVIII […] l’Olandaha cessatodi essere la nazione industriale e commerciale dominante.Quindiunodeisuoiaffaripiùimportantidiventa,dal1701al1776,quellodelprestitodienormicapitali,chevannoinparticolareallasuaforteconcorrente,l’Inghilterra.QualcosadisimilesihaoggifraInghilterraeStatiUniti(Marx,1978,libroprimo,p.928).

Marx, tuttavia, non si accorse che la sequenza degli stati capitalistici dominanti delineata in questobranoècompostadiunitàdidimensioni,risorseepoteremondialecrescenti.Tuttiequattroglistati–Venezia,leProvinceUnite,ilRegnoUnitoegliStatiUniti–furonolegrandipotenzedellesuccessiveepochedurantelequaliilorogruppidominantisvolseroallostessotempoilruolodileaderneiprocessidi formazionedello statoedi accumulazionedel capitale.Considerati in sequenza, tuttavia, iquattrostatiappaionocomegrandipotenzediunlivelloassaidiversoecrescente.Comeesporremoindettaglionelcorsodiquestaindagine,ilterritoriometropolitanodiciascunodeglistatichecompongonoquestasequenzaèpiùvastoecomprendeunamaggiorevarietàdirisorserispettoalpredecessore.E,quelcheèpiùimportante,amanoamanochelasequenzaèprogreditasonoaumentateledimensionielaportatadelle retidipotereedi accumulazionechehannoconsentitoagli stati inquestionedi riorganizzareecontrollareilsistemamondialeall’internodelqualeessioperavano.Possiamo dunque osservare che l’espansione del potere capitalistico nel corso degli ultimi

cinquecento anni è stata associatanon solo alla concorrenza fragli stati per il capitalemobile, comesottolineatodaWeber,maancheallaformazionedistrutturepolitichedotatedicapacitàorganizzativesemprepiùampieecomplesseperilcontrollodellecondizionisocialiepolitichedell’accumulazionedicapitalesuscalamondiale.Nelcorsodegliultimicinquecentoanni,questeduecondizionifondamentalidell’espansione capitalistica sono state continuamente e parallelamente ricreate. Ogniqualvolta iprocessi di accumulazione del capitale su scalamondiale hanno raggiunto i loro limiti, sono seguitilunghi periodi di lotta fra gli stati, durante i quali lo stato che controllava le fonti più abbondanti dicapitalieccedentitendevaadacquisirelecapacitàorganizzativenecessarieapromuovere,organizzareeregolare una nuova fase di espansione capitalistica di dimensioni e portata maggiori di quellaprecedente.Generalmente,l’acquisizionediquestecapacitàorganizzativefuassaipiùlaconseguenzadivantaggi

posizionali nella mutevole configurazione spaziale dell’economia-mondo capitalistica chedell’innovazioneinquantotale.Braudel(1981,p.78)sispingefinoadaffermarechel’innovazionenonha giocato alcun ruolo nei successivi spostamenti spaziali del centro dei processi sistemici diaccumulazione: «Amsterdam ricalca imodelli diVenezia, comeLondra copierà a sua volta quelli diAmsterdame,inseguito,NewYorkquellidiLondra».Comevedremo,questoprocessodiimitazionefudigranlungapiùcomplessodiquantononimplichi lasemplicesequenzaquidelineata.Appariràcheogni spostamento è stato associato a una vera e propria «rivoluzione organizzativa» nelle strategie enellestrutturedell’agentedominantedell’espansionecapitalistica.Tuttavia,latesidiBraudel,secondocuiglispostamentiriflettevano«iltrionfodinuoveregionisullespogliedelvecchiomondo»associatoa«unvastomutamentodiproporzioni»,rimarràvalida.IflussidicapitalidaicentriindeclinoversoquelliemergentirilevatidaMarxfuronolostrumentodi

tentativi operati dai centri in declino di rivendicare una parte delle enormi eccedenze che siaccumulavanoneinuovicentri.Flussidiquestogenerehannocaratterizzatociascunapassataespansionefinanziaria.L’attualeespansionefinanziaria,alcontrario,sembradivergeredaquestoschema.

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Comedocumenteremonell’Epilogo,l’attualeespansionefinanziariahavistolacrescitaesplosivadelGiapponeedeglistatiminoridell’Asiaorientalecomenuovocentrodeiprocessidiaccumulazionedelcapitalesuscalamondiale.Tuttavia,neglianniottantavifuronopochetraccediunflussosignificativodi capitali dal centro in declino verso questo centro emergente. Al contrario, come hannomesso inevidenzaJoelKotkineYorikoKishimoto(1988,p.123),dopoavercitatoilbranoincuiMarxdescriveilsostegno«segreto»accordatodaileaderindeclinodeiprocessidiaccumulazionedelcapitaleailorosuccessori, «con uno sbalorditivo capovolgimento della tesi di Marx, gli Stati Uniti non stannoseguendo ilmodello degli altri imperi esportatori di capitali (Venezia,Olanda eGranBretagna),mastanno ora attraendo una nuova ondata di investimenti dall’estero». A loro avviso, questocapovolgimentoèdovutosoprattuttoallaspintaesercitatasulcapitalestranierodallarelativaassenzadicontrollo da parte degli Stati Uniti sulle attività imprenditoriali straniere, dalla crescita dellapopolazione, dallo spazio fisico, dalle sue enormi risorse e dalla sua «condizione di più ricca e piùsviluppata potenza continentale». A parziale sostegno di questa tesi, essi riferiscono l’opinione diHiroshi Takeuchi, capo dell’ufficio studi di una banca giapponese e «noto nazionalista economico»,secondocuigliStatiUnitidispongonodidimensioniedirisorsecheilGiapponenonpossiederàmai.Diconseguenza, leeccedenzedicapitalegiapponesisi sonoriversateversogliStatiUniticosìcomeeraavvenuto alla fine delXIX secolo per le eccedenze di capitale britanniche. «Il ruolo giapponese saràquellodisoccorreregliStatiUnitiesportandoilnostrodenaroperricostruirelavostraeconomia.Questaèladimostrazionedelfattochelanostraeconomiaèfondamentalmentedebole.Ildenarosidirigeversol’Americaperchévoisietefondamentalmenteforti»(citatoinKotkineKishimoto,1988,pp.122-123).Il punto di vista di Takeuchi sul rapporto tra il potere giapponese e quello statunitense è

essenzialmente identico a quello espresso da Samuel Huntington in occasione di un seminario sulGiappone tenutoaHarvardnel1979.BruceCumings (1987,p.64) raccontache,quandoEzraVogelaprìilseminariodicendo:«Sonodavveromoltoturbatoquandoriflettosulleconseguenzedellacrescitadel potere giapponese», la risposta di Huntington fu che il Giappone era in realtà «un paesestraordinariamente debole». «Energia, fabbisogno alimentare e sicurezza militare» ne costituivano iprincipalipuntideboli.Questa valutazione si basa su una visione convenzionale del potere interstatale, che prende in

considerazionesoprattuttoledimensionirelative,l’autosufficienzaeleforzemilitari.Unaprospettivadiquesto genere ignora completamente il fatto che la «tecnologia del potere» del capitalismo – perprendere in prestito un’espressione di Michael Mann (1986) – è stata del tutto diversa dalterritorialismo. Come Weber sottolinea nel brano citato in precedenza, e come la nostra indagineproverà, la concorrenzaper il capitalemobile tra strutturepolitichedigrandidimensionimadi forzaall’incircaugualeèstatailfattoremaggiormenterilevanteeduraturonell’ascesaenell’espansionedelpotere capitalistico nell’epoca moderna. Se non si prendono in considerazione gli effetti di questaconcorrenza sul potere degli stati rivali e su quello delle organizzazioni statali e non statali che liassistonoeconomicamentenelconflitto,lenostrevalutazionideirapportidiforzanelsistemamondialesono destinate a risultare essenzialmente viziate. Le capacità di tenere a bada militarmente e diinfluenzarepoliticamentelegrandipotenzeterritorialideltardoMedioevoedell’Europadellaprimaetàmodernadimostratepersecolidaalcunecittà-statoitalianerisulterebberoaltrettantoincomprensibilidelcrollo e della disintegrazione improvvisi, tra la fine degli anni ottanta e i primi anni novanta, dellaseconda maggiore potenza militare dei nostri tempi, nonché del paese più vasto e autosufficiente:l’UnioneSovietica.Nonèuncasochel’apparentecapovolgimentodella tesidiMarxosservatodaKotkineKishimoto

siaavvenutonelmezzodiun’improvvisaescalationdellacorsaagliarmamentiedelconflittopolitico-ideologico tra Stati Uniti e Unione Sovietica, quella che Fred Halliday (1986) ha definito secondaguerrafredda.Néèuncasochel’espansionefinanziariadegliannisettantaeottantaabbiaraggiuntoil

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suomomento dimaggiore splendore proprio all’epoca di questa improvvisa escalation. ParafrasandoMarx,fuinquestoperiodochel’alienazionedellostatostatunitenseprocedettepiùcelermentediquantononfossemaiavvenutoinprecedenza;e,parafrasandoWeber,fuinquestoperiodochelaconcorrenzaperilcapitalemobiletraleduemaggioriformazionipolitichedelmondocreòunanuova,straordinariaopportunitàperl’autoespansionedelcapitalismo.IlflussodicapitalidalGiapponeversogliStatiUnitidell’iniziodeglianniottantavaconsideratoin

questocontesto.ConsiderazionipoliticheispiratedalladipendenzaedallasubordinazionedelGiapponeal poteremondiale statunitense hanno svolto senza dubbio un ruolo decisivo nell’indurre il capitalegiapponeseadaiutaregliStatiUnitinellafasediintensificazionedelconflittodipotere,comesembraimplicare Takeuchi. Tuttavia, come gli eventi successivi hannomostrato, le considerazioni politicheeranoinseparabilidaconsiderazionidiprofitto.Sotto questo aspetto, il flusso di capitali dalGiappone agli StatiUniti non fu così anomalo come

Kotchin e Kishimoto ritengono. Esso fu in qualche modo analogo all’assistenza finanziaria che lapotenza capitalista emergente (gli Stati Uniti) accordò alla potenza capitalista in declino (il RegnoUnito)duranteledueguerremondiali.Ilconfrontoanglo-tedesco,adifferenzadiquellotraStatiUnitieUnioneSovieticaneglianniottanta,fu«caldo»,non«freddo».Malenecessitàfinanziarieneiduecasieiprofittichecisipotevaattenderedallo«scommettere»sulvincitorefurononondimenoparagonabili.Laprincipaledifferenza tra l’assistenza finanziariachegliStatiUniti fornironoallaGranBretagna

durante le due guerre mondiali e l’assistenza finanziaria giapponese agli Stati Uniti nel corso dellasecondaguerrafreddarisiedenelleconseguenze.MentregliStatiUnitinericavaronovantaggienormi,ciònonèavvenutonelcasodelGiappone.Comevedremonelquartocapitolo,ledueguerremondialiele loroconseguenze furonomomentidecisivinella redistribuzionedi risorsedallaGranBretagnaagliStatiUniti che accelerò il cambiamento della leadership nei processi sistemici di accumulazione delcapitale. Durante e dopo la seconda guerra fredda, al contrario, non vi fu alcuna redistribuzioneparagonabile.IlGiapponeprobabilmentenonriebbemaiindietroilsuodenaro.Le perdite maggiori derivarono dalla caduta del dollaro dopo il 1985. Questo significava che il

pagamentodegliinteressielarestituzionedeiprestiti,contrattiindollarinotevolmentesopravvalutati,avevano luogo in dollari sottovalutati. Le perdite inflitte al capitale giapponese dalla svalutazionefurono tali che le imprese e il governo giapponesi revocarono il loro fino ad allora incondizionatosostegno finanziario al governo statunitense.Allametà del 1987, per la prima volta dall’inizio deglianniottanta,gliinvestitoriprivatigiapponesiinvertironoilloroflussodicapitaliversogliStatiUniti.E,dopoilcrollodellaborsadell’ottobredel1987,ilministrodelleFinanzegiapponesenonfecenullaperincoraggiaregliintermediarifinanziariasostenerel’importanteastadititolidistatoamericanitenutasinelnovembredel1987(Helleiner,1992,p.434).Ledifficoltà incontratedalGiapponenell’esercitare ilsuocrescentecomandosuicapitalieccedenti

per trasferire attività finanziarie dal controllo statunitense a quello giapponese non furonosemplicementelaconseguenzadelpotere–storicamentesenzaprecedenti–dicuigliagentipubblicieprivati statunitensi, agendo di concerto, disponevano per manipolare domanda e offerta, saggi diinteresseecorsideicambisuimercatifinanziarimondiali.L’acquisizionediattivitàmaterialinegliStatiUniti presentavapeculiari difficoltà.Nellamisura in cui era interessato il capitale giapponese, la piùricca e più sviluppata potenza continentale del mondo si dimostrò non così priva di controllo sulleimpresestranierecomepensavanoKotkineKishimoto.Questo«controllo»èstatopiùinformalecheformale,manonperquestomenoreale.Visonostate

barriereculturali,incarnatedallareazioneistericascatenatasineimediastatunitensi,egrazieaessi,inoccasione dell’acquisto del Rockefeller Center a New York da parte del capitale giapponese. Dalmomentochegliacquistigiapponesidibeniimmobilistatunitensiimpallidivanoalconfrontodiquellieuropei, canadesi eaustraliani, ilmessaggioadacquirenti eavenditori erache,quandosi trattavadi

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acquistareattivitàpatrimonialistatunitensi,ildenarogiapponesenonavevaglistessi«diritti»diquelloprovenientedapaesiesteridelceppoeuropeo.Se imassmedia sono stati i principali protagonisti nell’alzarebarriere culturali all’acquisizionedi

attivitàstatunitensidapartedelcapitalegiapponese, ilgovernohafatto lasuaparteerigendobarrierepolitiche. Ha accolto con favore il denaro giapponese quando andava a finanziare il disavanzo e ildebito pubblico e a creare attività produttive in grado di generare posti di lavoro o di ridurre ildisavanzo della bilancia dei pagamenti statunitense.Ma ha scoraggiato fortemente le acquisizioni diimpreseredditiziemastrategicamentecruciali.Fucosìche,nelmarzodel1987,leprotestedelministrodellaDifesa,CasparWeinberger,edelministrodelCommercio,MalcolmBaldridge,convinseroFujitsudell’opportunità di rinunciare al tentativo di acquisire il controllo della Fairchild SemiconductorCorporation.Eppure,comehaosservatoStephenKrasner(1988,p.29),«laproprietàdellaFairchilderadellasocietàfranceseSchlumberger;ilproblemadunquenonriguardavalaproprietàstraniera».Quello che le barriere culturali e politiche non furono in grado di fare fu ottenuto dalle barriere

all’entratainsitenellastessastrutturadelcapitalismomanagerialestatunitense.Lecomplessitàdellavitadelle grandi imprese statunitensi si rivelarono per il denaro giapponese barriere più insormontabilidell’ostilitàculturaleedelladiffidenzapolitica.LemaggioriacquisizionigiapponesinegliStatiUniti–quelladellaColumbiaPicturesaoperadellaSonynel1989,equelladellaMCAaoperadellaMatsushital’anno successivo –mancarono completamente il loro obiettivo. Quando fu scoperto l’affare Sony imedia ebbero una reazione eccessiva e la copertina diNewsweek parlò di «invasione» giapponese aHollywood. Tuttavia, come scrisse Bill Emmott nella pagina dei commenti delNew York Times (23novembre1993,A19),

trascorseromenodidueanniprimachedivenissechiarocheitimoriel’iperboleeranofuoriluogo[…].[L’]«invasione»giapponesedelle imprese statunitensi non era stata poi gran cosa. Persino le migliori società giapponesi avevano commesso straordinari ecostosierrori.Nonfuronodunqueingradodiassumereilcontrolloneppuredelleimpresecheavevanoacquistato,pernondiredellaculturaedellatecnologia(vediancheEmmott,1993).

In breve, la vera anomalia delle relazioni tra Stati Uniti e Giappone durante l’attuale espansionefinanziarianonrisiedenelfattocheilcapitalegiapponesesièdirettoversogliStatiUnitineiprimianniottanta; l’anomalia consiste invece nel fatto che il capitale giapponese ha tratto un vantaggio esiguodall’assistenza economica concessa agli Stati Uniti nella escalation finale della guerra fredda conl’UnioneSovietica.Vièinquestaanomaliailsintomodiuncambiamentofondamentaleneimeccanismidellaconcorrenzainterstataleperilcapitalemobilechehannomossoesostenutol’espansionedelpoterecapitalisticonelcorsodegliultimiseicentoanni?Questimeccanismihannounevidente limite intrinseco.Ilpoterecapitalisticonelsistemamondiale

nonpuòespandersiindefinitamentesenzaminarelaconcorrenzatraglistatiperilcapitalemobilesucuipoggial’espansione.Primaopoisigiungeràaunpuntonelqualelealleanzetrailpoteredellostatoequello del capitale formatesi in risposta a questa concorrenza diverranno talmente formidabili daeliminare la stessa concorrenza e, dunque, la possibilità per le nuove potenze capitalistiche di faremergere un ordine superiore. Le difficoltà incontrate dalle strutture emergenti del capitalismogiapponeseneltrarreprofittodallaconcorrenzatraglistatiperilcapitalemobilesonounsintomodelfatto che questo punto è stato raggiunto o sta per essere raggiunto? In altri termini, le strutture delcapitalismo statunitense costituiscono il limite estremo di un processo durato sei secoli attraverso ilqualeilpoterecapitalisticoharaggiuntoledimensionielaportataglobalichelocaratterizzano?Per trovareplausibili risposte aquestedomande, le intuizioni complementari diWeber eMarx sul

ruolodell’altafinanzanell’epocamodernadevonoessereintegratedalleintuizionidiAdamSmithsulprocessodi formazionedelmercatomondiale.ComepoiMarx,Smith vide nelle «scoperte» europeedell’Americaediunpassaggioper le IndieOrientaliviaCapodiBuonaSperanzaunpuntodisvolta

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decisivonellastoriadelmondo.EglifututtaviadigranlungamenofiduciosodiMarxsuibeneficifinalidiquestieventiperl’umanità.

Leconseguenzesonogiàstateenormi;manelbreveperiododeidueotresecolitrascorsidaquandoquestescopertesonostatefatte,è impossibile che sia stata valutata l’intera portata di quelle conseguenze. Non c’è saggezza umana che possa prevedere qualibeneficioqualidisgrazieperl’umanitàpossonoderivared’orainpoidaqueigrandieventi.Riunendoinqualchemisuralepartipiùlontane delmondo,mettendole in grado di alleviare l’una i bisogni dell’altra, di aumentare l’una il benessere dell’altra, la lorotendenzaingeneralesembrerebbebenefica.Tuttavia,perinativisiadelleIndieOrientalichediquelleOccidentalituttiibeneficicommerciali chepossono aver seguito quegli eventi sono andati sommersi e perduti nelmare delle terribili disgrazie chehannocausato.Comunquequelledisgraziesembrasianodovutepiuttostoalcasocheaunacausainsitanellanaturadeglieventiinsé.Nelmomentoparticolareincuivennerofattelescoperte,lasuperioritàdiforzedapartedeglieuropeicapitòchefossetantogrande,chepoterono commettere impunemente ogni sorta di ingiustizia in quei paesi lontani. D’ora in avanti, forse, i nativi di quei paesipossonodiventarepiùfortiequellidell’Europapossonodiventarepiùdeboli,eagliabitantidituttiidiversiangolidelmondosaràpossibileraggiungerequell’equilibriodicoraggioediforzeche,ispirandoreciprocotimore,puòdasolotenereafrenol’ingiustiziadelle singole nazioni in una specie di rispetto reciprocodei diritti.Ma sembra cheniente abbiamaggiori probabilità di stabilirequesta eguaglianza di forze, della scambievole diffusione delle conoscenze e di tutti i tipi dimiglioramento che un commercioestesodatuttiipaesiversotuttiglialtrinaturalmente,opiuttostonecessariamente,siportadietro(Smith,1976,vol.II,pp.355-356,corsivoaggiunto).

Il processo delineato in questo brano presenta alcune straordinarie somiglianze con la visionebraudeliana della formazione di un’economia-mondo capitalistica: le fortune dell’Occidenteconquistatore e le sventure delle zone non occidentali conquistate come esiti congiunti di un unicoprocesso storico; il lungo orizzonte temporale necessario a descrivere e valutare le conseguenze diquestounicoprocessostorico;e,quelchepiùcontaperinostriscopiattuali,lacentralitàdella«forza»neldeterminareladistribuzionedeicostiedeibeneficitraipartecipantiall’economiadimercato.Smith,naturalmente,nonusavail termine«capitalismo»,introdottonel lessicodellescienzesociali

solo nelXX secolo. Eppure, l’opinione secondo cui la «superiorità di forze» costituiva il fattore piùimportantenelpermettereall’Occidenteconquistatorediappropriarsidellamaggiorpartedeibenefici–e di imporre al non-Occidente conquistato lamaggior parte dei costi – della più ampia economia dimercato costituitasi come risultato delle cosiddette scoperte, è l’equivalente dell’opinione diBraudelsecondocuilafusionedistatoecapitalecostituìl’ingredientefondamentalenell’emergerediunlivellochiaramentecapitalistico,situatoaldisopradellivellodell’economiadimercatoeinantitesiconesso.Come vedremo nel terzo capitolo, nello schema di Smith i grandi profitti possono esseremantenutiindefinitamentesolomediantepraticherestrittive,sostenutedalpoterestatale,chelimitanoeinfrangonol’operare«naturale»dell’economiadimercato.Inquestoschema,comeinquellodiBraudel,illivellosuperioredeimercantiedegliindustriali«chedisolitoimpieganoicapitalimaggiori,echeperlalororicchezza si attirano la partemaggiore della considerazionepubblica» (Smith, 1976, vol. I, p. 301) èdavveroil«contromercato»,ilcontre-marchédiBraudel.Le ideediBraudel ediSmith sul rapporto tra l’economiadimercatoe la sua antitesi capitalistica

differiscono tuttavia sotto un aspetto importante. Secondo Braudel il rapporto è fondamentalmentestatico.Eglinonvede,nésiattende,l’emergeredialcunasintesidall’opposizionedi«tesi»e«antitesi».PerSmith,alcontrario,talesintesirisultadall’eliminazionedell’ineguaglianzadiforzesottol’impattodello stessoprocessodi formazionedelmercatomondiale.Egli, come indica l’ultima frasedelbranocitato in precedenza, riteneva che l’ampliamento e l’approfondimento degli scambi nell’economia dimercato mondiale avrebbero agito come un equilibratore inarrestabile dei rapporti di forza tral’Occidenteeilmondononoccidentale.Unaconcezionepiùdialetticadeiprocessi storicinonènecessariamentepiù accuratadiunameno

dialettica. A conti fatti, per più di centocinquanta anni, dopo che Smith ebbe avanzato la tesidell’impatto corrosivo dei processi di formazione del mercato mondiale sulla superiorità di forzedell’Occidente,l’ineguaglianzadiforzetral’Occidenteeilmondononoccidentaleaumentòinvecedidiminuire. La formazione del mercato mondiale e la conquista militare del mondo non occidentale

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procedetterodiparipasso.Negli anni trentadelXX secolo solo ilGiapponeavevacomplessivamenteevitato gli svantaggi derivanti dalla conquista occidentale, ma solo a patto di diventare esso stessomembroonorariodell’Occidenteconquistatore.Poi,duranteedopolaSecondaguerramondiale,lafortunagirò.Intuttal’Asiael’Africaleantiche

sovranitàvenneroristabilite,efuronopostelecondizioniperlacreazionedinuovesovranità.Certo,lamassicciadecolonizzazione fu accompagnatadalla costituzionedell’apparatodi forzaoccidentalepiùvastoepotenzialmentedistruttivocheilmondoavessemaiconosciuto.ComeosservaKrasner(1988,p.21),lavastaretedibasimilitariquasipermanentiall’estero,postainesseredagliStatiUnitiduranteedopo laSecondaguerramondiale,«nonavevaalcunprecedentenellastoria;nessunostatoavevamaistanziatosulterritoriosovranodialtristatiproprietruppeinnumerocosìvastoeperunperiododipacecosì lungo». E tuttavia, sul campo di battaglia dell’Indocina questo apparato militare di dimensionimondiali si dimostrò del tutto inadeguato al compito di piegare ai suoi voleri una delle nazioni piùpoveredellaterra.La vittoriosa resistenza del popolo vietnamita segnò il culmine di un processo avviato con la

Rivoluzionerussadel1917,unprocessograziealqualel’OccidenteeilmondononoccidentalevennerorimescolatiinuntripliceraggruppamentocompostodiunPrimo,unSecondoeunTerzomondo.Mentreilmondo storicamente non occidentale finì per essere compreso quasi interamente nelTerzomondo,l’Occidentestoricofudivisointrecomponentidistinte.Lesuecomponentipiùprospere(AmericadelNord,EuropaoccidentaleeAustralia)assiemealGiappone,venneroacostituireilPrimomondo.Unadelle sue componenti meno prospere (l’Unione Sovietica e l’Europa orientale) costituì il Secondomondo, e un’altra (l’America Latina), assieme al mondo non occidentale, venne a formare il Terzomondo.Inpartecomecausaeinpartecomeeffettodiquestatriplicedivisionedell’Occidentestorico,lefortunedelmondononoccidentale,apartiredallafinedellaSecondaguerramondialeefinoallaguerradelVietnam,sembraronoessereinascesa.Scrivendo in occasione del bicentenario della pubblicazione dellaRicchezza delle nazioni, e poco

dopo la decisione degli Stati Uniti di ritirarsi dal Vietnam, Paolo Sylos Labini (1976, pp. 230-232)meditava sull’eventualità che la visione di Smith stesse per realizzarsi: che fosse infine giuntaquell’epoca in cui «agli abitanti di tutti i diversi angoli del mondo sarà possibile raggiungerequell’equilibrio di coraggio e di forze che, ispirando reciproco timore, può da solo tenere a frenol’ingiustizia delle singole nazioni in una specie di rispetto reciproco dei diritti». La congiunturaeconomicasembravaancheindicare l’imminenzadiunqualchelivellamentodelrapportodiforzenelsistemamondialenelsuoinsieme.LerisorsenaturalideipaesidelTerzomondoeranomoltorichieste,cosìcomeillorolavoroabbondanteeabassoprezzo.IrappresentantideibanchieridelPrimomondofacevano la fila nelle anticamere dei governi del Terzo (e del Secondo)mondo offrendo a prezzi dioccasioneilcapitalesovrabbondantechenonpotevatrovareinvestimentiredditizineipaesidiorigine.Irapporti di scambio si erano volti chiaramente a sfavore dell’Occidente capitalistico, e il divario interminidiredditotraipaesidelPrimoequellidelTerzomondosembravasistesserestringendo.Nel giro di sei anni divenne tuttavia evidente che qualsiasi speranza (o timore) di un imminente

livellamento delle opportunità dei popoli del mondo di trarre vantaggio dal perdurante processo diformazionedelmercatomondialeera,adirpoco,prematura.Laconcorrenzastatunitenseperilcapitalemobile sui mercati monetari mondiali, necessaria a finanziare sia la seconda guerra fredda chel’«acquisto»disuffragiinpatriaattraversolariduzionedelleimposte,esaurìimprovvisamentel’offertadi fondi ai paesi del Terzo e del Secondo mondo e provocò una contrazione del potere d’acquistomondiale.Irapportidiscambiosivolserodinuovoafavoredell’Occidentecapitalisticoconlastessarigidità edecisioneconcui si eranovolti a suo sfavorenegli anni settanta, e il divariodi reddito tral’Occidentecapitalisticoeilrestodelmondodivennepiùampiochemai(Arrighi,1991b).Tuttavia,questaviolentareazionenonripristinòlostatusquoante.Daunlato,lasuperioritàdiforze

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dell’Occidentesembròesseredivenutapiùgrandechemai.Disorientataedisorganizzatadallacrescenteturbolenzadell’economia-mondo,eindifficoltàacausadellasecondaguerrafredda,l’UnioneSovieticavenneesclusadal«clubdellesuperpotenze».Inluogodiduesuperpotenzedaporrel’unacontrol’altraaproprio vantaggio, i paesi del Terzo mondo dovevano ora competere con i frammenti dell’imperosovieticoperguadagnarsil’accessoaimercatieallerisorsedell’Occidentecapitalistico.El’Occidentecapitalistico,sottolaleadershipstatunitense,simossevelocementepertrarrevantaggiodallasituazioneerafforzareilproprio«monopolio»globaledefactodell’usolegittimodellaviolenza.D’altrolato,lasuperioritàdiforzeel’accumulazionecapitalisticadelcapitalesembraronodivergere

geopoliticamente come mai in precedenza. Il declino del potere sovietico fu accompagnatodall’emergere di quello che Bruce Cumings (1993, pp. 25-26) ha definito in modo appropriatol’«arcipelagocapitalistico»dell’Asiaorientaleesudorientale.Questoarcipelagoècompostodidiverse«isole»dicapitalismo,cheemergonoaldisopradiun«mare»discambiorizzontalitramercatilocaliemondialiattraversolacentralizzazioneall’internodeipropriterritoridigrossiprofittiediattivitàconunaltovaloreaggiunto.Aldisottodiquestomaresitrovanoleimmensemassedilavoratoriabassocostoe altamente industriosi dell’intera regione orientale e sudorientale dell’Asia, nella quale le «isole»capitalisticheaffondano le loro radici senza tuttaviadar loro imezzinecessari a elevarsi finoo aldisopradel«livellodelmare».Il Giappone è di gran lunga la più grande di queste «isole» capitalistiche. «Isole» minori

dell’arcipelago capitalistico sono le città-stato di Singapore e Hong Kong, lo stato-guarnigione diTaiwanelostato-nazionedimezzatodellaCoreadelSud.Nessunodiquestistatièpotente,qualoralisiconsideri in base ai criteri convenzionali. Hong Kong non ha mai conseguito – né probabilmenteconseguiràmai–unapienasovranità.Itrestatipiùgrandi–Giappone,CoreadelSudeTaiwan–sonototalmentedipendentidagliStatiUnitinonsoloperlaprotezionemilitaremaanchepergranpartedellorofabbisognoenergeticoealimentare,cosìcomeperlavantaggiosacollocazionedeipropriprodottiindustriali. Eppure, collettivamente, la competitività dell’arcipelago capitalistico dell’Asia orientale esudorientale come nuova «officina del mondo» è il fattore più importante tra quelli che stannocostringendoicentritradizionalidelpoterecapitalistico–EuropaoccidentaleeAmericadelNord–aristrutturareeriorganizzareleproprieindustrie,leproprieeconomieeipropristilidivita.Chegeneredipotereèmaiquestoseancheunocchioespertoèingradoamalapenadidistinguerlo?

Si trattadi unnuovo tipodi «superioritàdi forze»o, piuttosto, l’iniziodella finedella superioritàdiforze su cui, nel corso degli ultimi cinquecento anni, sono state edificate le fortune capitalistichedell’Occidente? La storia del capitalismo sta per concludersi, comeMaxWeber sembrava presagire,attraverso la formazionediun imperomondiale realmenteglobale fondato sulla stabile superioritàdiforze dell’Occidente? O, come sembrava prevedere Adam Smith, sta giungendo al termine con laformazionediun’economiadimercatomondialeincuilasuperioritàdiforzedell’Occidentesvanisce?Nel cercare risposte plausibili a queste domande procederemo per approssimazioni successive. Il

primocapitolosiconcentreràsulprocessodiformazioneedespansionedelmodernosistemainterstatalecome principale sede del potere mondiale. Le origini di questo processo saranno fatte risalire allaformazione nell’Europa del tardoMedioevo di un sottosistema di città-stato capitalistiche nell’Italiasettentrionale. Questo sottosistema era e rimase un’enclave del modo di governo in via didisintegrazionepropriodell’Europamedievale,unregimedi«signoridellaguerra»soggiogatoetenutoassieme dal potere sistemico dualistico di papa e imperatore. Nondimeno esso prefigurò, e creòinintenzionalmentelecondizionidacuiemerse,duesecolidopo,ilpiùampiosistemadistati-nazionediVestfalia.L’espansioneglobalediquestosistemasaràpoidescrittacomeunaserieditransizioni,nelcorsodelle

quali il sistemaprecedentemente istituitocrollò, soloperessere ricostituito subasi socialipiùampie.Questaanalisipreliminareterminaconlacrisi,allafinedelXXsecolo,delpiùampioeprofondamente

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trasformato sistemadiVestfalia.Neldiagnosticare i sintomidell’attuale crisi, formuleremounnuovoprogrammadiricercachesiconcentreràpiùdirettamentesullo«spazio-di-flussi»delleorganizzazioniimprenditoriali che non sullo «spazio-di-luoghi» dei governi. È a questo punto che avrà inizio lacostruzioneelacomparazionedeiciclisistemicidiaccumulazione.L’analisi comparatamediante la quale saranno costruiti i cicli sistemici di accumulazione segue la

procedura che PhilipMcMichael (1990) ha definito incorporating comparisons. I cicli non vengonosupposti ma costruiti, sia di fatto che teoricamente, con lo scopo esplicito di conseguire unacomprensionedellalogicaedelprobabileesitodell’attualeespansionefinanziaria.Lacomparazioneèincorporata nella stessa definizione del problema di ricerca: costituisce la sostanza piuttosto che lacornicedell’indagine.Iciclicheemergonodall’indaginenonsononépartisubordinatediunatotalitàconcettualizzatainanticipo,nécasiindipendentidiunacondizione;sonoinvececasiinterconnessidiunsingoloprocessostoricodiespansionecapitalisticacheessistessicostituisconoemodificano.Il secondo capitolo elabora i primi due casi di questo singolo processo storico di espansione

capitalistica:ilciclogenoveseequelloolandese.Ilterzocapitoloaggiungeunnuovostadioalprocesso,delineando il terzo ciclo (quello britannico) e mettendolo a confronto con i primi due. La sezioneconclusivadelcapitolorendeesplicito,evaallaricercadiqualchespiegazioneplausibileperilmodellodiricorrenzaedevoluzionecheemergedall’analisicomparatadeiprimitrecicli.Lascenaèprontaoraperlacostruzione,nelquartocapitolo,delquartociclosistemicodiaccumulazione(quellostatunitense),presentato come un prodotto dei cicli precedenti e come lamatrice della nostra epoca.Nell’EpilogoritorneremosullequestionisollevateinquestaIntroduzione.Questaricostruzionedellastoriadelcapitalismohaisuoilimiti.Abbiamoosservatocheilconcettodi

ciclo sistemico di accumulazione deriva direttamente dalla concezione braudeliana del capitalismocomelivellosuperioredellagerarchiadelmondodegliscambi.Ilnostrocostruttoanalitico,dunque,siconcentrasuquellivellosuperiore,eoffreunavisionelimitatadiciòcheaccadenellivellointermediodell’economiadimercatoenel livelloinferioredellavitamateriale.Ciòcostituisceauntempoilsuoprincipalepuntodiforzaelasuaprincipaledebolezza.Neèilprincipalepuntodiforzapoichéillivellosuperioreè«pereccellenzailcampodelcapitalismo»edèallostessotempomenotrasparenteemenoindagatodellivellointermediodell’economiadimercato.Latrasparenzadelleattivitàchecostituisconoillivellodell’economiadimercatoelaricchezzadeidati(inparticolaredeidatiquantitativi)generatidaqueste attività hanno fatto di questo livello intermedio l’«oggetto di osservazione privilegiato» dellascienzastorico-socialeedellascienzaeconomica.Ilivellisituatialdisottoealdisopradell’economiadi mercato costituiscono invece «zone di opacità» (zones d’opacité). Il livello inferiore della vitamateriale è «difficile da osservare per difetto di una sufficiente documentazione storica». Il livellosuperiore,alcontrario,èdifficiledaosservareacausadell’effettivainvisibilitàodellacomplessitàdelleattivitàchelocostituiscono(Braudel,1981-82,vol.I,pp.XIX-XX;Wallerstein,1995b,p.224).

Aquestopianoelevato,alcunigrossimercantidiAmsterdamnelSettecento,oppurediGenovanelCinquecento,sonoingradodisovvertireda lontano interi settoridell’economiaeuropeao addiritturamondiale.Così alcunigruppidi attoriprivilegiati si sonoimpegnati incircuiti ecalcoli che i comunimortali ignorano.Peresempio, il cambio, legatoaicommerci lontanieai complessigiochidelcredito,èun’artesofisticata,apertaalpiùadalcuniprivilegiati.Questasecondazonadiopacitàche,aldi sopradellechiarezzedell’economiadimercatonecostituisceinqualchemodoillimitesuperiore,rappresentaperme,comesivedrà,ilterrenopereccellenzadelcapitalismo.Senzadiessa,questoèimpensabile:lìabita,èincasasua,elìprospera(Braudel,1981-82,vol.I,p.XX).

I cicli sistemici di accumulazione sono diretti a far luce su questa zona di opacità senza la quale ilcapitalismo«èimpensabile».Nonmiranoaraccontarciciòcheaccadeneilivelliinferiori,aeccezionediciòcheattienedirettamentealladinamicadegli stessi cicli sistemici.Conciò,naturalmente,moltecoserestanolontanodallavistasenonaddiritturaalbuio,inclusigliambitiprivilegiatideglistudisuisistemimondiali:irapporticentro-periferiaequellitralavoroecapitale.Manonèpossibilefaretutto

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allostessotempo.Marx (1978, libro primo, p. 212), ci ha invitato a «[lasciare] questa sfera rumorosa che sta alla

superficieedèaccessibileatuttiglisguardi,perseguire[ilpossessoredidenaroeilpossessorediforza-lavoro]nelsegreto laboratoriodellaproduzione sulla cui soglia sta scritto:Noadmittanceexceptonbusiness».Qui,egliassicurò:«Cisidovràsvelarel’arcanodellafatturadelplusvalore».AncheBraudelcihainvitatoadaccomiatarciperunpo’dallasferarumorosaetrasparentedell’economiadimercato,eseguireilpossessoredidenaroinunaltrolaboratoriosegreto,doveadmittanceisonlyonbusiness,macheèsituatoalpianosuperiore,piuttostocheaquelloinferiore,rispettoalmercato.Qui,ilpossessoredidenaro incontra non il possessore della forza-lavoro, ma quello del potere politico. E qui, assicuraBraudel,sveleremol’arcanodellaproduzionediqueiprofittienormiecostantichehannopermessoalcapitalismodi prosperare e di espandersi «incessantemente» nel corso degli ultimi cinque o seicentoanni,primaedopolesueavventureneisegretilaboratoridellaproduzione.Si trattanondiprogetti alternativibensìdiprogetti complementari.Tuttavia,nonpossiamoandare

contemporaneamentealpianosuperioreeaquelloinferiore.Generazionidistoriciediscienziatisocialihanno raccolto l’invito di Marx e hanno esaminato ampiamente il piano inferiore. Nel far questo,possonononaversvelatol’arcanodellaproduzionedelplusvalorenellafaseindustrialedelcapitalismo,ma hanno certamente scopertomolti dei suoi segreti. I teorici della dipendenza e quelli dei sistemi-mondocihannopoiinvitatoagettareunaltrosguardoalpianointermediodell’economiadimercatopervederecomelesue«leggi»tendanoapolarizzareisegretilaboratoridellaproduzioneinlocalitàcentralieperiferiche.Questocihapermessodisvelareulteriorisegretidellafatturadelplusvalore.Mapochisisonoavventuratialpianosuperioredel«contromercato»dovesitrova,perusareleparoledell’iperbolediBraudel,«ilregnodell’arrangiarsiedeldirittodelpiùforte»edoveegliritienechesinascondanoisegretidellalongueduréedelcapitalismostorico.Oggi che il capitalismo mondiale sembra prosperare non affondando più in profondità le proprie

radicineilivelliinferioridellavitamaterialeedell’economiadimercato,bensìsganciandoledaessi,èilmomentoidealeperraccoglierel’invitodiBraudel,edesplorareilcampopereccellenzadelcapitalismoalpianosuperioredellacasadegliscambi.Questo,esoloquesto,èciòchestiamoperintraprendere.Da ciò deriva che la nostra costruzione è sia parziale che alquanto indeterminata. Parziale, perché

muove alla ricercadi una comprensionedella logicadell’attuale espansione finanziaria astraendodaimovimenti che avvengono autonomamente, e in base a proprie leggi, ai livelli delle economie dimercatoedelleciviltàmaterialidelmondo.Ealquantoindeterminataperlastessaragione:lalogicadellivello superiore è solo relativamente autonoma dalle logiche dei livelli inferiori e può esserepienamentecompresasoloinrelazioneaquesteultime.Certo,manmanochelanostracostruzioneprocederà,ciòcheinizialmentepotràsembrareunamera

contingenza storica inizierà ad apparire come il riflesso di una logica strutturale. Nondimeno, uncompletochiarimentodellatensionetraiduetipidiimpressionenonpuòaverluogoentroilimitidelprogrammadellanostra indagine.Unapienasoluzionediquesta tensione,ammessochesiapossibile,richiedechesiridiscendaaindagarei livelli inferioridell’economiadimercatoedellavitamateriale,unavoltachesidispongadelleconoscenzeedelledomandegeneratedalviaggionellivellosuperioreintrapresodaquestolibro.

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1.Letreegemoniedelcapitalismostorico

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Egemonia,capitalismoeterritorialismo

IldeclinodelpoteremondialedegliStatiUnitiapartiredal1970circahageneratoun’ondatadistudisull’ascesa e sul declino delle «egemonie» (Hopkins e Wallerstein, 1979; Bousquet, 1979; 1980;Wallerstein, 1984), degli «stati centrali egemonici» (Chase-Dunn, 1989), delle «potenze mondiali oglobali» (Modelski, 1978; 1981; 1987; Modelski e Thompson, 1988; Thompson, 1988; 1992), dei«centri» (Gilpin, 1975) e delle «grandi potenze» (Kennedy, 1993a). Questi studi differiscononotevolmente per quanto concerne l’oggetto, la metodologia e le conclusioni, ma hanno duecaratteristiche in comune. In primo luogo, quando usano il termine «egemonia» essi intendono«dominio» (Rapkin, 1990), in secondo luogo,mettono in rilievo lapresunta fondamentale invarianzadelsistemaalcuiinternosorgeedeclinailpoterediunostato.Lamaggiorpartediquestistudisibasasuqualchenozionedi«innovazione»edi«leadership»nel

definire le capacità relative degli stati. SecondoModelski le innovazioni sistemiche e la funzione dileadershipnellalororealizzazionesonodaconsiderareleprincipalifontidel«poteremondiale».Maintutti questi studi, incluso quello di Modelski, le innovazioni sistemiche non alterano i meccanismifondamentaliattraversoiqualiilpoterenelsistemainterstatalesorgeedeclina.Ineffetti,l’invarianzadiquesti meccanismi è generalmente considerata una delle caratteristiche essenziali del sistemainterstatale.Ilconcettodi«egemoniamondiale»quiadottato,alcontrario,siriferisceinparticolarealpoteredi

unostatodiesercitare le funzionidi leadershipedigovernosuunsistemadi stati sovrani. In teoria,questo potere può implicare solo la gestione ordinaria di tale sistema secondo lemodalità proprie diciascunaepoca.Storicamente,tuttavia,ildominiosuunsistemadistatisovranihasemprecomportatoqualche tipo di azione trasformatrice che hamutato inmaniera fondamentale ilmodo di operare delsistema.Questopotereèqualcosadipiùedidiversodal«dominio»puroesemplice.Èilpotereassociatoal

dominio, accresciuto dall’esercizio della «direzione intellettuale e morale». Come ha sottolineatoAntonioGramsci:

lasupremaziadiungrupposocialesimanifestainduemodi:come«dominio»ecome«direzioneintellettualeemorale».Ungrupposocialeèdominantedeigruppiavversarichetendea«liquidare»oasottomettereancheconlaforzaarmataedèdirigentedeigruppiaffiniealleati.Ungrupposocialepuòeanzideveesseredirigentegiàprimadiconquistareilpoteregovernativo(equestaèunadelle condizioni principali per la stessa conquista del potere); dopo, quando esercita il potere e anche se lo tiene fortemente inpugno,diventadominantemadevecontinuareaessereanche«dirigente»(Gramsci,1975,pp.2010-2011).

Si tratta di una riformulazione della concezione machiavelliana del potere come combinazione diconsensoecoercizione.Lacoercizioneimplical’usodellaforza,ounacredibileminacciadelsuouso;ilconsensoimplicaladirezionemorale.Inquestadicotomianonvièalcunospazioperlostrumentochepiù di ogni altro caratterizza il potere capitalistico: il controllo sui mezzi di pagamento. Nellaconcettualizzazione gramsciana del potere l’area grigia situata tra coercizione e consenso è occupatadalla«corruzione»edalla«frode».

Tra il consenso e la forza c’è la corruzione-frode (che è caratteristica di certe situazioni di difficile esercizio della funzioneegemonica, presentando l’impiego della forza troppi pericoli) cioè lo snervamento e la paralisi procurati all’antagonista o agliantagonisticonl’accaparrarneidirigentisiacopertamentesia,incasodipericoloemergente,apertamente,pergettareloscompiglioeildisordinenellefileantagoniste(Gramsci,1975,p.1638).

Nel nostro schema, nell’area grigia tra consenso e coercizione troviamomolto di più della semplicecorruzioneedellafrode.Mafinoachenoninizieremoaesplorarequest’areamediantelacostruzione

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deiciclisistemicidiaccumulazione,assumeremochetracoercizioneeconsensononvisiaalcunafonteautonoma del potere mondiale. Mentre concepiremo il dominio come basato principalmente sullacoercizione,l’egemoniasaràintesacomeilpotereaggiuntivochederivaaungruppodominantedallasuacapacitàdiporresuunpiano«universale»tuttelequestioniintornoallequaliverteilconflitto.

Lostatoèconcepitosìcomeorganismopropriodiungruppo,destinatoacrearelecondizionifavorevoliallamassimaespansionedel gruppo stesso,maquesto sviluppo e questa espansione sono concepiti e presentati come la forzamotrice di una espansioneuniversale,diunosviluppoditutteleenergie«nazionali»(Gramsci,1975,p.1584).

Lapretesa da parte del gruppodominante di rappresentare l’interesse generale è sempre più omenoingannevole. Tuttavia, seguendo Gramsci, parleremo di egemonia solo quando ciò sia almenoparzialmente vero e aggiunga qualcosa al potere del gruppo dominante. Definiremo fallimentodell’egemonialasituazioneincuilapretesadelgruppodominantedirappresentarel’interessegeneralesiasemplicementefalsa.Inquanto il termineegemonia,nel suo significatoetimologicodi«direzione»enel suo significato

derivatodi«dominio», si riferisce solitamenteai rapporti tra stati, è senz’altropossibilecheGramsciusasseilterminemetaforicamenteperchiarireirapportitraigruppisocialimedianteun’analogiaconirapporti traglistati.Nel trasporreilconcettogramscianodiegemoniasocialedairapporti interniaglistatiallerelazioni interstatali–comeArrighi(1988)fa implicitamente,eCox(1983;1987),Keohane(1984a), Gill (1986; 1993) e Gill e Law (1988), tra gli altri, fanno esplicitamente – possiamosemplicementeripercorrerearitrosoilprocessomentalediGramsci.Nelfarquestocisipresentanodueproblemi.Ilprimoriguardailduplicesignificatodi«direzione»(leadership),inparticolarequandosiaapplicato

allerelazionitraglistati.Unostatodominanteesercitaunafunzioneegemonicaseguidailsistemadeglistatiinunadirezionedesideratae,nelfarquesto,èpercepitocomeseperseguisseuninteressegenerale.Èquestotipodileadershipcherendeegemonicolostatodominante.Maunostatodominantepuòancheguidare nel senso di attrarre altri stati sul proprio percorso di sviluppo.Mutuando un’espressione daJoseph Schumpeter (1977, p. 99), questo secondo tipo di leadership può essere designato come«leadership che si realizza contro la sua stessa volontà» poiché, nel corso del tempo, accresce laconcorrenza per il potere invece che il potere della potenza egemone. Questi due tipi di leadershippossono coesistere, almeno per un certo periodo. Ma è solo nel primo dei suoi significati che laleadershipdefinisceunasituazionecomeegemonica.Ilsecondoproblemaèconnessoallamaggioredifficoltàdidefinireuninteressegeneraleallivellodel

sistemainterstatalepiuttostocheallivellodeisingolistati.Aquestosecondolivello,unincrementodelpotereditalunistatirispettoadaltrièunacomponenteimportanteeinsestessounamisuradelsuccessonel perseguimento di un interesse generale (cioè nazionale). Ma il potere così inteso non può, perdefinizione,aumentareperilsistemadeglistatinelsuoinsieme.Può,naturalmente,aumentareperunparticolare gruppo di stati a spese di tutti gli altri,ma l’egemonia del leader di quel gruppo è nellamiglioredelleipotesi«regionale»,o«dicoalizione»,nonunaveraegemoniamondiale.Leegemoniemondialicosìcomesonoquiintesepossonoavereoriginesoloseilperseguimentodel

potere da parte degli stati non costituisce l’unico obiettivo della loro azione. In effetti, la ricerca delpotereall’internodelsistemainterstatalecostituiscesolounodeidueaspetticheinsiemedefinisconolastrategiaelastrutturadeglistatiinquantoorganizzazioni.L’altroècostituitodallamassimizzazionedelpotere nei confronti dei cittadini.Uno stato puòdunque conseguire l’egemoniamondiale perchépuòcredibilmente affermaredi essere la forzamotricedi un’espansionegeneraledel poterecollettivo deigovernanti nei confronti dei cittadini. O, invece, può conseguire l’egemonia mondiale perché puòcredibilmenteaffermarechel’espansionedelpropriopotererispettoadalcunistati,opersinorispettoatuttiglialtristati,ènell’interessegeneraledeicittadinidituttiglistati.

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Rivendicazioni di questo genere hanno maggiori probabilità di essere veritiere e credibili nellecondizioni di «caos sistemico». «Caos» non è sinonimo di «anarchia». Sebbene i due termini sianospesso usati in modo intercambiabile, una comprensione delle origini sistemiche delle egemoniemondialirichiedechetraessivengaoperataunadistinzione.«Anarchia»indica«assenzadigovernocentrale».Inquestosensoilsistemamodernodistatisovrani,

comepure il sistemadidominiodell’Europamedievaledalqualeessoèemerso, siqualificanocomesistemi anarchici. Eppure, ciascuno di questi due sistemi ha posseduto o possiede princìpi, norme,regole e procedure, impliciti o espliciti, che gli sono propri e che giustificano il fatto che si facciariferimentoaessicomead«anarchieordinate»o«ordinianarchici».Ilconcettodi«anarchiaordinata»fuintrodottoperlaprimavoltadagliantropologichecercavanodi

spiegare la tendenza osservata nei sistemi «tribali» a generare ordine attraverso il conflitto (Evans-Pritchard, 1975; Gluckman, 1963, cap. 1). Questa tendenza è stata presente anche nel sistema didominiomedievaleeinquellomoderno,poichéancheinquestisistemil’«assenzadigovernocentrale»nonhasignificatomancanzadiorganizzazione,eanzi,entrocertilimiti,ilconflittohatesoagenerareordine.«Caos»e«caossistemico»,invece,rinvianoaunasituazioneditotaleeapparentementeirrimediabile

mancanza di organizzazione. È una situazione che emerge quando il conflitto si intensifica fino asuperare quella soglia prima della quale esso genera vigorose tendenze compensatrici; o quando unnuovoinsiemediregoleedinormedicomportamentosiimponesuquelloprecedente;oquandoemergedalsuointerno,senzasostituirlo;oquandosiverificaunacombinazionediquestecircostanze.Amanoamanocheilcaossistemicoaumenta,larichiestadi«ordine»–ilvecchioordine,unnuovoordine,unordinequalsiasi!–tendeadiveniresemprepiùgeneralizzatatraigovernanti,otraicittadini,otragliunieglialtri.Qualsiasi statoogruppodi stati si trovi incondizionedi soddisfarequesta richiestadiordinesuscalasistemicapotràconquistarel’egemoniamondiale.Storicamente,glistatichehannocoltoconsuccessoquestaopportunitàlohannofattoriorganizzando

ilsistemamondialesubasinuoveepiùampie,ripristinandointalmodoalcunemisuredicooperazioneinterstatale. Inaltri termini,ascesaedeclinodelleegemonienonsicollocano inunsistemamondialeautonomamente in espansione sulla base di una struttura invariante, comunque definita. Piuttosto, lostesso sistema mondiale moderno si è formato attraverso periodiche fondamentali ristrutturazioniguidateegovernatedaisuccessivistatiegemonici,esudiessehabasatolapropriaespansione.Questeristrutturazionisonounfenomenocaratteristicodelmodernosistemadidominioemersodalla

decadenzaedalladisintegrazionedefinitivadiquellodell’Europamedievale.ComehaaffermatoJohnRuggie, vi è una differenza fondamentale tra il sistema di dominio moderno e quello medievale(dell’Europa). Entrambi possono essere definiti «anarchici»,ma l’anarchia, nel senso di «assenza digoverno centrale», significa cose differenti, a seconda dei princìpi sulla base dei quali le unità delsistema sono separate l’una dall’altra: «Se anarchia ci dice che il sistema politico è un insieme disegmenti, differenziazione ci dice suquali basi sono determinati i segmenti» (Ruggie, 1983, p. 274;corsivonell’originale).Il sistema di dominiomedievale era costituito da catene di relazioni signori-vassalli, basate su un

amalgamadi proprietà condizionata e di autorità privata.Di conseguenza, in esso «erano intessute estratificate geograficamente istanze giuridiche differenti, mentre abbondavano sovranità dai confiniasimmetrici,doveridifedeltàversosignoridiversi,zoneanomale»(Anderson,1980,p.37).Inoltre,leélite dominanti erano estremamente mobili attraverso lo spazio di queste giurisdizioni politichesovrapposte, ed erano in grado di «viaggiare e assumere il governo da un estremo all’altro delcontinentesenzaesitazioneodifficoltà».Infine,questosistemadidominioera«legittimatodacorpidileggi,religionieusanzecomunicheesprimevanoidirittinaturalicomplessiviappartenentiallatotalitàsocialeformatadalleunitàcostitutive»(Ruggie,1983,p.275).

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Si trattava in sostanza di un sistema di dominio segmentato. Era anarchia.Ma si trattava di una forma di dominio territorialesegmentato che nonpossedeva nessunodei connotati di possessività ed esclusività trasmessi dalmoderno concetto di sovranità.Esso rappresentava un’organizzazione eteronoma di diritti e di rivendicazioni territoriali sullo spazio politico (Ruggie, 1983, p.275).

Adifferenzadelsistemamedievale,«ilmodernosistemadidominioconsistenell’istituzionalizzazionedell’autorità pubblica all’interno di domini giurisdizionali mutuamente esclusivi» (Ruggie, 1983, p.275). I diritti alla proprietà privata e i diritti del governo pubblico divengono assoluti e separati; legiurisdizionipolitichedivengonoesclusiveesonochiaramentedemarcatedaconfini;lamobilitàdelleélitedominantiattraversolegiurisdizionipolitichesiriduceeallafinecessa;lalegge,lareligioneeleusanze divengono «nazionali», vale a dire soggette a nessun’altra autorità politica che quella delsovrano.ComehaaffermatoEtienneBalibar(1990,p.337):

la corrispondenza tra la forma nazione e tutti gli altri fenomeni verso cui essa tende ha come suo prerequisito una divisionecompleta (senza«omissioni»)esenzasovrapposizionidel territorioedellepopolazioni (edunquedelle risorse)delmondo tra leentitàpolitiche[…]Aciascunindividuounanazione,eaciascunanazioneisuoi«cittadini».

Questo «divenire» del moderno sistema di dominio è stato strettamente associato allo sviluppo delcapitalismo in quanto sistemadi accumulazione su scalamondiale, come sottolineaWallerstein nellasuaconcettualizzazionedelsistemamondialemodernocomeeconomia-mondocapitalistica.Nellasuaanalisi,l’ascesael’espansionedelmodernosistemainterstatalecostituisconosialacausaprincipalesiaun effetto dell’incessante accumulazione di capitale: «Il capitalismo ha potuto fiorire proprio perchél’economia-mondo ha racchiuso al suo interno non unama più giurisdizioni politiche» (Wallerstein,1978,p.449).Allostessotempo,latendenzadeigruppicapitalisticiamobilitareipropririspettivistaticonl’obiettivodimigliorarelapropriaposizionecompetitivanell’economia-mondohacontinuamenteriprodottolasegmentazionedeldominiopoliticoingiurisdizioniseparate(Wallerstein,1979,p.188).Nello schema qui proposto, lo stretto legame storico tra il capitalismo e il moderno sistema

interstatale è tanto contraddittorio quanto unitario. Occorre tenere in considerazione il fatto che «ilcapitalismo e gli stati-nazione sono cresciuti assieme, e presumibilmente sono in qualche mododipendenti l’unodagli altri, sebbene i capitalisti e i centridi accumulazionedel capitaleopponesserospessouna resistenza concertata all’estensionedelpotere statale» (Tilly, 1984b,p. 140).Nellanostrainterpretazione, la divisione dell’economia-mondo in giurisdizioni politiche rivali non giovanecessariamenteall’accumulazionecapitalisticadelcapitale.Ilfattocheciòavvengaomenodipendeinlargamisuradallaformaedall’intensitàdellaconcorrenza.Dunque, se laconcorrenza interstataleprende la formadiprotratti conflitti armati,nonvièalcuna

ragioneper cui i suoi costiper le impresecapitalistichenondebbano superarequellidiuneventualegoverno centralizzato di un impero mondiale. Al contrario, in queste circostanze la redditivitàdell’impresa capitalistica potrebbe senz’altro essere minata, e infine distrutta, da una diversionecrescente delle risorse verso l’attività bellica e/o da una disgregazione sempremaggiore delle reti diproduzione e di scambio attraverso cui le imprese capitalistiche si appropriano delle eccedenze e letrasformanoinprofitti.Allo stesso tempo, la concorrenza tra imprese capitalistiche non favorisce necessariamente la

continuasegmentazionedellospaziopoliticoingiurisdizioniseparate.Ancoraunavolta,ciòdipendeinlargamisuradallaformaedall’intensitàdellaconcorrenza,inquestocasotraimpresecapitalistiche.Sequesteimpresesonoavviluppateindenseretitrans-statalidiproduzioneediscambio,lasegmentazionedi queste reti in giurisdizioni politiche separate può avere un’influenza nociva sulla posizioneconcorrenziale di tutte le imprese capitalistiche rispetto alle istituzioni non capitalistiche. In questecircostanze, le imprese capitalistiche possono senz’altromobilitare i governi per ridurre, invece cheaccrescereoriprodurre,ladivisionepoliticadell’economia-mondo.

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Inaltritermini,laconcorrenzainterstataleequellatraleimpresepossonoassumereformedifferenti;e la forma che di fatto assumono ha importanti conseguenze sul modo in cui il sistema mondialemoderno – come modo di dominio e come modo di accumulazione – funziona o meno. Non èsufficientemettereinevidenzaillegamestoricotralaconcorrenzainterstataleequellatraleimprese.Dobbiamo anche specificare la forma che esse assumono e il modo in cui cambiano nel corso deltempo.Soloinquestomodopossiamoapprezzarepienamentelanaturaevolutivadelsistemamondialemodernoeilruolosvoltodallesuccessiveegemoniemondialinelcreareericreareilsistemaalloscopodi risolvere la ricorrente contraddizione tra una «incessante» accumulazione del capitale e unaorganizzazionerelativamentestabiledellospaziopolitico.Per comprendere tuttoquesto è essenzialedefinire«capitalismo»e«territorialismo»comemodidi

governoologichedipotereopposti.Igovernantiterritorialistiidentificanoilpotereconledimensioniela popolosità dei loro domini, e considerano la ricchezza (o il capitale) come uno strumento o unprodotto secondario dell’espansione territoriale. I governanti capitalisti, invece, identificano il poterecon ilgradodel lorocomandosulle risorse scarseeconsiderano leacquisizioni territoriali comeunostrumentoounprodottosecondariodell’accumulazionedicapitale.ParafrasandolaformulageneraledellaproduzionecapitalisticadiMarx(D-M-D’),possiamorenderela

differenzatraleduelogichedipotererispettivamenteconleformuleT-D-T’eD-T-D’.Inbaseallaprimaformula,ilcomandoeconomicoastrattoodenaro(D)èunmezzoounanellointermedioinunprocessochemiraall’acquisizionediterritoriaggiuntivi(T’-T=+ T).Inbaseallasecondaformula,ilterritorio(T)è unmezzo o un anello intermedio in un processo chemira all’acquisizione dimezzi di pagamentoaggiuntivi(D’-D=+ D).Ladifferenzatraleduelogichepuòancheessereespressapermezzodellametaforachedefiniscegli

staticome«contenitoridipotere»(Giddens,1987).Igovernantiterritorialisti tendonoadaccrescereilpropriopotereestendendoledimensionidelpropriocontenitore.Quellicapitalisti,alcontrario,tendonoad accrescere il proprio potere accumulando ricchezza all’interno di un piccolo contenitore e adaccrescerneledimensionisoloseciòègiustificatodalleesigenzedell’accumulazionedelcapitale.L’antinomiatraunalogicadipoterecapitalisticaeunaterritorialistanonvaconfusaconladistinzione

tracciatadaCharlesTillytraunmododiformazionedellostatoediconduzionedellaguerra«aintensitàdicoercizione»,uno«aintensitàdicapitale»,eunmodointermediobasatosulla«capitalizzazionedellacoercizione».Questimodi, come spiega Tilly (1990, p. 30), non rappresentano «strategie» di poterealternative,quantoinvecedifferenticombinazionidicoercizioneecapitaleneiprocessidiformazionedello stato edi conduzionedellaguerra, combinazioni chepossonoessere indirizzateverso lo stessoobiettivoperquanto riguarda il controllo sul territorio/popolazioneo suimezzidipagamento.Questi«modi»sononeutralirispettoall’obiettivodelprocessodiformazionedellostatoacuiprendonoparte.Capitalismo e territorialismo così come vengono qui definiti rappresentano, al contrario, strategie

alternative di formazione degli stati. Nella strategia territorialista il controllo sul territorio e sullapopolazionecostituisce l’obiettivo, e il controllo sulcapitalemobile ilmezzo,della formazionedellostato e delle attività belliche.Nella strategia capitalistica la relazione tra fini emezzi è capovolta: ilcontrollo sul capitale mobile è l’obiettivo, e il controllo sul territorio e sulla popolazione il mezzo.Questaantinomianonimplicanullainmeritoalgradodicoercizioneimpiegatanellaricercadelpoteremediantel’unaol’altrastrategia.Comevedremo,alculminedelsuopoterelaRepubblicavenezianaeraallostessotempolapiùchiaraincarnazionediunalogicadipoterecapitalisticaediunpercorsoversolaformazionedellostatoaintensitàdicoercizione.Questaantinomiaimplicainvecechel’aspettodavveroinnovativo del processo di formazione dello stato veneziano e del sistema di città-stato del qualeVenezia faceva parte non è da ricercarsi nel grado in cui questo processo faceva affidamento sullacoercizione, bensì nel grado in cui esso era orientato verso l’accumulazione di capitale piuttosto cheversol’incorporazionediterritoriepopolazioni.

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La struttura logica dell’azione statale inmerito all’acquisizione territoriale e all’accumulazione dicapitale non va confusa con i risultati reali. Storicamente, la logica di potere capitalistica e quellaterritorialistanonhannooperatoseparatamentel’unadall’altramainrelazionereciproca,all’internodiun dato contesto spazio-temporale. Di conseguenza, gli esiti effettivi si sono allontanati in misurasignificativa,talvoltadiametralmente,daciòcheèimplicitoinciascunalogicaconcepitainastratto.Storicamente,latendenzapiùenergicaversol’espansioneterritorialehaavutooriginenelvivaiodel

capitalismopolitico(l’Europa)invecechenellasededell’imperoterritorialistapiùsviluppatoemeglioconsolidato (laCina).Questadiscrepanzanon fudovutaadifferenzenelle rispettivecapacità iniziali.«Daciòchestoriciearcheologipossonodirciapropositodidimensioni,potenzaecapacitàditenereilmare della flotta di Cheng Ho» osserva Paul Kennedy (1993a, pp. 39-40) «i cinesi sarebbero statifacilmenteingradodicircumnavigarel’Africae“scoprire”ilPortogalloparecchidecenniprimachelespedizionidiEnricoilNavigatoreiniziasseroaspingersiseriamenteasuddiCeuta.»Dopoleriuscitespedizioni dell’ammiraglioChengHo nell’oceano Indiano, tuttavia, laCinaMing ritirò la sua flotta,limitò il commercio marittimo e interruppe i rapporti con le potenze straniere. Secondo Janet Abu-Lughod,ilfattochelaCinaMingabbiadecisodifarquesto,invecediintraprendereipassiconclusiviper conseguire una vera egemonia nel sistema mondiale eurasiatico, «ha creato sconcerto, se nonaddirittura sgomento, in molti autorevoli studiosi almeno da cento anni a questa parte». Più inparticolare,essendogiunta

vicinaaesercitareildominiosuunapartesignificativadelglobo,egodendodiunvantaggiotecnologicononsolonellaproduzionedeltempodipacemaancheinquellanavaleemilitare[…]perchémai[laCina]fecemarciaindietroeritiròlasuaflotta,lasciandoinquestomodounenormevuotodipoterecheimercantimusulmani,prividelsostegnodiunapotenzanavalestatale,eranodeltuttoimpreparatiaoccupare,macheilororivalieuropeisarebberostatipiùchedesiderosieingradodiriempiredopounintervallodicircasettantaanni?(Abu-Lughod,1989,pp.321-322)

Spiegare perché la CinaMing si astenne fermamente dall’intraprendere il genere di «scoperta» e diconquista delmondo nel quale vari stati europei cominciarono di li a poco a concentrare le proprieenergieeleproprierisorseèinrealtàabbastanzasemplice.EricWolfhamessoinevidenzache,sindaitempidell’imperoromano,l’AsiaèstataunafornitricedibenipregiatiallaclassedeipercettoriditributiinEuropaehaintalmodoesercitatounaforteattrazionesuimetallipreziosieuropei.Questosquilibriostrutturaledelcommercioeuropeoconl’Orientecreòfortiincentiviperigovernieleimpreseeuropeiacercare modi e mezzi, mediante il commercio o la conquista, per recuperare il potere d’acquistospostatosi inesorabilmente daOccidente aOriente. ComeCharlesDavenant osservò nelXVII secolo,chiunque avesse controllato il commercio asiatico sarebbe stato in grado di «dettar legge a tutto ilmondocommerciale»(Wolf,1990,p.198).Da ciò deriva che i benefici attesi dal Portogallo e dagli altri stati europei dalla scoperta e dal

controllodiunarottadirettaversol’Orienteeranoincomparabilmentemaggiorideivantaggichelostatocinesepotevaattendersidallascopertaedalcontrollodiunarottadirettaversol’Occidente.CristoforoColombo si imbatté nelle Americhe perché lui e i suoi sponsorizzatori castigliani avevano tesori daritrovareinOriente.ChengHononfualtrettantofortunato,nonessendoviinOccidentealcuntesorodainseguire.In altri termini, la decisione di astenersi dal fare ciò che poi avrebbero fatto gli europei è

perfettamente comprensibile nei termini di una logica di potere territorialista che soppesavaattentamenteibenefici,icostieirischidell’impegnosupplementaredirisorsenelleattivitàbellicheediformazione dello stato imposte dall’espansione territoriale e commerciale dell’impero. A questoproposito va osservato che la tesi di Schumpeter (1974, p. 69) secondo cui le formazioni stataliprecapitalistichesonostatecaratterizzatedaforti«tendenze“privedioggetto”all’espansioneviolenta,ignare di limiti utilitaristicamente definiti, cioè da inclinazioni arazionali e irrazionali, puramente

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istintive,allaguerraeallaconquista»,nonstainpiedinelcasodellaCinaimperiale.ConbuonapacediSchumpeter,unalogicadipotererigorosamenteterritorialistacomeèstataquiconcettualizzata,echeèidealmentesimboleggiatadallaCinaimperialenell’epocapremodernaeinquellamoderna,nonènépiùnémeno«razionale»diunalogicadipotererigorosamentecapitalistica.Sitrattapiuttostodiunalogicadiversa, una logicanellaquale il controllo sul territorio e sullapopolazione è in se stesso l’obiettivodella formazione dello stato e delle attività belliche, piuttosto che essere un semplice strumento nelperseguimentodelprofittomonetario.Ilfattopoichequestocontrollosiaricercatocomeunfineinsénonsignificache l’espansionenonsiasoggettaa«limitiutilitaristicamentedefiniti».Nésignificachel’espansionesiaintrapresairragionevolmenteoltreilpuntoincuiibeneficichecisiattendedaessainterminidipoteresianonulli,opositivimacomunqueinsufficientiagiustificareirischiimplicitiinuntipoonell’altrodi«eccessivaestensioneimperiale».In effetti, lo stato imperiale cinese costituisce l’esempio storico più chiaro di un’organizzazione

territorialista che non cadde mai nella trappola di quel genere di eccessiva estensione a cui PaulKennedy(1993a)attribuisceilcrollodefinitivodellesuccessivegrandipotenzeoccidentali.Ciòchepiùlasciaperplessi,neiterminidiunalogicadipotererigorosamenteterritorialista,nonèl’assenzadiunaspinta espansionistica nella CinaMing, quanto l’espansionismo apparentemente privo di limiti deglistati europei a partire dalla secondametà delXV secolo.Gli straordinari vantaggi che i governi e leimpreseeuropeefuronoingradodicogliereimpadronendosidelcontrollosulcommercioconl’Asia,esuquellointernoaquest’ultima,fornisconopartedellaspiegazione.Essituttavianonfornisconoalcunarispostaatredomandestrettamenteconnesse:

1.perchéquestoespansionismosenzaprecedentiebbeinizioproprioallora;2.perchéessocontinuò,senzaesserefrenatodallacadutadiunapotenzaoccidentaledopol’altra,finoachequasituttalasuperficiedellaterrafuconquistatadapopolidiorigineeuropea;3.seecomeilfenomenoèstatolegatoallacontemporaneaformazioneeall’espansionealtrettantoesplosivadelcapitalismocomesistemamondialediaccumulazioneedidominio.

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Leoriginidelsistemainterstatalemoderno

Risposte preliminari a queste domande possono essere cercate e trovate in un’indagine sulle origini,sullastrutturaesull’evoluzionedelsistemainterstatalemoderno.Caratteristichefondamentalidiquestosistemasonostatelacostanteopposizionetralalogicadipoterecapitalisticaequellaterritorialista,elaperiodica soluzione delle loro contraddizioni mediante la riorganizzazione dello spazio politico-economico mondiale da parte dello stato capitalistico dominante dell’epoca. Questa dialettica tracapitalismo e territorialismo precede la costituzione, nel XVII secolo, di un sistema interstatalepaneuropeo.Lesueoriginirisiedononellaformazione,all’internodelsistemadidominiomedievale,diunsottosistemaregionaledicittà-statocapitalistichenell’Italiasettentrionale.Inizialmente,ilsottosistemaregionalecheemersenell’Italiasettentrionalenoneraaltrocheunadelle

«enclave autonome» che, come ci rammenta Perry Anderson nel brano citato in precedenza,abbondavano nello spazio politico del sistema di dominio medievale. Ma, a mano a mano che ildisfacimento del sistemamedievale progrediva, l’enclave capitalistica dell’Italia settentrionale venneorganizzandosiinunsottosistemadigiurisdizionipoliticheseparateeindipendenti,tenuteassiemedalprincipiodell’equilibriodelpotereedaampiee fitte retididiplomaziapermanente.ComeMattingly(1988),Cox (1959),Lane (1966; 1979),Braudel (1981-82, vol. III, cap. 2) eMcNeill (1984, cap. 3)mettonoinevidenzainmodidiversimacomplementari,questosottosistemadicittà-stato,imperniatosuVenezia,Firenze,GenovaeMilano–le«quattrograndi»,comelehadefiniteRobertoLopez(1975,p.99) – anticipò di due secoli e più molte delle caratteristiche fondamentali del sistema interstatalemoderno.ComehaaffermatoRuggie(1993,p.166),glieuropeiinventaronolostatomodernononunamaduevolte,«unavoltanellecittàdominantidelRinascimentoitaliano,eunasecondavolta,qualchetempodopo,neiregnianorddelleAlpi».Quattrocaratteristicheessenzialidiquestosistemafuronoprefiguratenel sottosistemadicittà-stato

dell’Italia settentrionale. In primo luogo, esso era la quintessenza del sistema capitalistico quanto aconduzionedellaguerra e formazionedello stato.Lo statopiùpotentedel sottosistema,Venezia, è ilveroprototipodellostatocapitalistico,nelduplicesignificatodi«esempioperfetto»edi«modelloperilfuturo».Un’oligarchiamercantile capitalistica deteneva saldamente il controllo del potere statale. Leacquisizioni territoriali erano sottoposte ad attente analisi costi-benefici e, generalmente, furonointrapresesolocomeunmezzoconl’obiettivodiaccrescere laredditivitàdelleattivitàdell’oligarchiacapitalistacheesercitavailpoterestatale(Cox,1959,capp.2-5;Lane,1966;Braudel,1981-82,vol.III,pp.120-121;ModelskieModelski,1988,pp.19-32).ConbuonapacediSombart,semaièesistitounostatoilcuigovernofosseconformeaicriteridello

stato capitalistico enunciati nelManifesto del Partito Comunista («nient’altro che un comitato cheamministragliaffaridituttalaclasseborghese»,MarxeEngels,1974,p.102),quellostatoeraVenezianel XV secolo. Da questa prospettiva, gli stati capitalistici dominanti delle epoche successive (leProvince Unite, il Regno Unito, gli Stati Uniti) appaiono come versioni sempre più diluite deglistandardidealtipicirealizzatidaVeneziasecoliprima.Insecondoluogo,l’operaredell’«equilibriodelpotere»svolseunruolodecisivoatrediversilivelli

nel favorire lo sviluppo di questa enclave di dominio capitalistico all’interno del sistemamedievale.L’equilibrio del potere tra le autorità centrali del sistema medievale (il papa e l’imperatore) favorìl’emergerediun’enclavecapitalisticaorganizzatanell’Italiasettentrionale,lasedegeopoliticadiquestoequilibrio.L’equilibriodelpoteretralestessecittà-statodell’Italiasettentrionalecontribuìasuavoltaaconservare la loro separazione e autonomia reciproche. E, ancora, l’equilibrio del potere tra gliemergenti stati dinastici dell’Europa occidentale fu strumentale nell’impedire che la logica delterritorialismo troncasse sul nascere l’emergere di una logica capitalistica all’interno del sistema didominioeuropeo(Mattingly,1988;McNeill,1984,cap.3).

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L’equilibrio del potere fu dunque sempre essenziale allo sviluppo del capitalismo come modo digoverno.Ineffetti,l’equilibriodelpoterepuòessereconsideratocomeunmeccanismoattraversocuiglistaticapitalisticipossonoridurre,separatamenteocongiuntamente,icostidiprotezione,siainterminiassoluti che rispetto ai loro concorrenti e rivali. Tuttavia, per far sì che l’equilibrio del potere sia, odivenga,unmeccanismodelgenere,lostato(glistati)capitalistico(capitalistici)deve(devono)trovarsiin posizione tale da alterare l’equilibrio a suo (loro) vantaggio piuttosto che essere ingranaggio(ingranaggi)diunmeccanismochenessunocontrollaochealtricontrollano.Sel’equilibriodelpoterepuòesseremantenutosolomedianteguerreripetuteecostose,alloraparteciparvivanifica ilpropositodello stato capitalistico (degli stati capitalistici), poiché i costi monetari delle guerre tendonoinevitabilmente a superarne i benefici monetari. Il segreto del successo capitalistico consiste nel farcombattereadaltrileproprieguerre,sepossibilesenzacostie,altrimenti,alminorcostopossibile.In terzo luogo, nello sviluppare rapporti di lavoro salariato in quella che Frederic Lane (1979) ha

appropriatamente chiamato «industria produttrice di protezione», le città-stato italiane riuscirono atrasformare almeno parte dei propri costi di protezione in entrate, e dunque a far sì che le guerre sifinanziasserodasole.

[N]ellecittà italianepiùricchecircolavaabbastanzadenarodapermettereaicittadinidiautotassarsiediservirsidelricavatopercomprare i servigi di stranieri armati. Poi, già soltanto spendendo la paga, i mercenari rimettevano in circolazione il denaro,intensificando quegli scambi di mercato che consentivano alle città stesse di commercializzare la violenza armata. Emergeva,insomma,unsistemachetendevaadautoalimentarsi(McNeill,1984,p.65).

In realtà, il sistema emergente fu in grado di autoalimentarsi solo in parte. Secondo questacaratterizzazione,lecittà-statoitalianestavanoseguendounaspeciedi«keynesismomilitare»supiccolascala, la prassi grazie alla quale le spesemilitari accrescono i redditi dei cittadini dello stato che lesostiene,incrementandointalmodogliintroitifiscalielacapacitàdifinanziarenuovetornatedispesemilitari.Comeintuttiitipisuccessividikeynesismomilitare,tuttavia,la«valorizzazione»dellespesemilitari fu gravemente limitata dalle continue fughe di domanda effettiva verso altre giurisdizioni,dall’inflazione da costi e da altri effetti redistributivi delle sempre crescenti spese militari cheriducevanolapropensionedeglistraticapitalisticiatassaresestessioaesseretassatiaquestoscopo.In quarto e ultimo luogo, i governanti capitalistici delle città-stato dell’Italia settentrionale (con

Venezia ancora al primo posto) furono tra i primi a sviluppare ampie e fitte reti di diplomaziapermanente. Attraverso queste reti essi acquisivano le conoscenze e le informazioni relative alleambizionieallecapacitàdeglialtrigovernanti(inclusiigovernantiterritorialistidelpiùampiosistemadi dominiomedievale al cui interno essi operavano) necessarie ad alterare l’equilibrio del potere perminimizzare i costi di protezione. Proprio come la redditività del commercio di lunga distanzadipendeva in maniera decisiva da un controllo quasi monopolistico delle informazioni relative allospazio economico più vasto possibile (Braudel, 1981-82, vol. II), così la capacità dei governanticapitalisticidimanovrareapropriovantaggiol’equilibriodelpoteredipendevainmanieradecisivadaunaconoscenzaquasimonopolisticadeiprocessidecisionalideglialtrigovernanti,edallacapacitàdicontrollarli.Questaeralafunzionedelladiplomaziapermanente.Rispettoaigovernantiterritorialisti,igovernanti

capitalistici possedevano sia motivazioni che opportunità maggiori per promuoverne lo sviluppo:maggiorimotivazioniperchéunasuperioreconoscenzadelleambizioniedellecapacitàdeigovernantieraessenzialeallagestionedell’equilibriodelpotere,asuavoltafondamentaleper larealizzazionedirisparminelleattivitàbellicheeinquellediformazionedellostato;mamaggioriopportunitàperchéleretidelcommerciodilungadistanzacontrollatedalleoligarchiecapitalistichecostituivanounsupportobell’efatto,echesifinanziavadasé,sucuicostruireleretidiplomatiche(Mattingly,1988,pp.58-60).Sia come sia, i successi della diplomazia nel consolidamento del sistema di città-stato dell’Italia

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settentrionale–einparticolarelapacediLodi(1454)–fornironounmodelloperlaformazione,duesecolidopo,delsistemaeuropeodistati-nazione(Mattingly,1988,p.178).L’accumulazionedicapitalederivantedalcommerciodilungadistanzaedall’altafinanza,lagestione

dell’equilibrio del potere, la commercializzazione della guerra e lo sviluppo della diplomaziapermanente si integrarono dunque a vicenda e, per un secolo o più, favorirono una straordinariaconcentrazionedella ricchezzaedelpoterenellemanidelleoligarchiechegovernavano le città-statodell’Italiasettentrionale.Nel1420circalecittà-statoitalianedominantinonsolosvolgevanoilruolodigrandipotenzenellapoliticaeuropea(McNeill,1984,p.78),magodevanodientratechereggevanoilconfrontoconquelledeglistatidinasticidimaggiorsuccessodell’Europaoccidentaleenordoccidentale(Braudel,1981-82,vol. III, p.104).Essemostrarono in talmodocheanchepiccoli territoripotevanodivenire immensi contenitori di potere perseguendo unilateralmente l’accumulazione di ricchezzepiuttosto che l’acquisizione di territori e sudditi.Da allora in poi, in tuttaEuropa «considerazioni diabbondanza»sarebberodivenuteprioritarierispettoa«considerazionidipotenza».Le città-stato italiane, tuttavia, non tentarono mai, individualmente o collettivamente, una

trasformazione intenzionale del sistema di dominio medievale. Per ragioni che diverranno chiare inseguito,essenonebberonéildesiderionélecapacitàdiintraprendereunataleazioneditrasformazione.Civolleroaltriduesecoli–dal1450circaal1650circa(il«lungo»XVIsecolodiBraudel)–primacheun nuovo genere di stato capitalistico, le Province Unite, si trovasse di fronte all’opportunità ditrasformareilsistemadidominioeuropeoperadattarloalleesigenzedell’accumulazionedicapitalesuscalamondiale,elacogliesse.Questa nuova situazione ebbe origine come risultato di un enorme balzo in avanti nel conflitto di

potereeuropeo,acceleratodaitentativideigovernantiterritorialistidiincorporareneipropridomini,odi evitare che altri incorporassero, la ricchezza e il potere delle città-stato italiane.A conti fatti, unaconquista completa si dimostrò impossibile, soprattutto a causa della concorrenza tra gli stessigovernantiterritorialisti.Inquestoscontroperl’impossibile,tuttavia,alcunistatiterritoriali–SpagnaeFranciainparticolare–svilupparononuovetecnichebelliche(i tercios spagnoli,esercitiprofessionalipermanenti,artiglieriamobiledaassedio,nuovisistemidifortificazioneecosìvia),chediederolorounvantaggiodecisivonei confronti degli altri governanti, incluse le autorità sovrastatali e substatali delsistemadidominiomedievale(McNeill,1984,pp.79-95).L’intensificazionedelconflittodipotereeuropeo fuprestoseguitadallasuaespansionegeografica,

poichéalcunigovernantiterritorialistiandaronoallaricercadimodipiùindirettiperincorporareneilorodominilaricchezzaeilpoteredellecittà-statoitaliane.Inalternativaoinaggiuntaall’annessionedellecittà-stato,questigovernantitentaronodiimpossessarsidellefontistessedellalororicchezzaedelloropotere:icircuitidelcommerciodilungadistanza.Più in particolare, le fortune delle città-stato italiane in generale, e di Venezia in particolare, si

basavanosoprattuttosulcontrollomonopolisticodiunnodocrucialedellacatenadiscambicommercialiche univa l’Europa occidentale all’India e alla Cina attraverso il mondo islamico. Nessuno statoterritorialeerasufficientementepotentedaacquisirequelmonopolio,maungrupposceltodigovernantiterritorialisti sarebbe stato in grado, e in effetti tentò, di stabilire un legame più diretto tra l’Europaoccidentale e l’India e la Cina per dirottare i flussi monetari e gli approvvigionamenti dal circuitocommercialevenezianoversoipropri.PortogalloeSpagna,guidateeassistitedagliagenticapitalisticigenovesicheVeneziaavevaesclusodaitrafficipiùredditizidelMediterraneo,assunserolaleadership.MentreilPortogalloebbesuccesso,laSpagnafallì,masiimbattéinunafontediricchezzaedipoterecompletamentenuova:leAmeriche.L’intensificazionee l’espansioneglobaledel conflittodipotereeuropeosi alimentaronoavicenda,

generandouncircolovizioso/virtuoso–viziosoperlesuevittime,virtuosoperisuoibeneficiari–cheportò all’impiego nel conflitto di potere di risorse sempre più massicce e di tecniche belliche e di

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formazionedellostatosemprepiùsofisticateecostose.Letecnichesviluppatenelconflittointraeuropeofurono impiegate per soggiogare territori e comunità extraeuropei; e la ricchezza e il potere chederivaronodall’assoggettamentodiquesti territoriediquestecomunità furono impiegatinelconflittointraeuropeo(McNeill,1984,pp.94-95e100sgg.).Inizialmente fu la Spagna a trarre ilmaggior beneficio da questo circolo vizioso/virtuoso; essa fu

l’unicostatoaessereprotagonistadelconflittodipotereallostessotemposulfronteeuropeoesuquelliextraeuropei.PertuttoilXVIsecoloilpoteredellaSpagnafudigranlungasuperioreaquellodituttiglialtristatieuropei.Questopotere,tuttavia,lungidall’essereusatoperguidareunatranquillatransizionealmodernosistemadidominio,divenneunostrumentodellacasaimperialedegliAsburgoedelpapatopersalvareilsalvabiledelsistemadidominiomedievaleinviadidisintegrazione.Inrealtà,pocoonullapotevaesseresalvato,poichél’enormesaltodiqualitàcompiutodalconflittodi

potere europeo a partire dalla metà del XV secolo aveva condotto la disintegrazione del sistemamedievale oltre il punto di non ritorno. Da quel conflitto erano emerse nell’Europa nordoccidentalenuoverealtàdipotereche,invariamisura,avevanosussuntolalogicadipoterecapitalisticaall’internodiquella territorialista. Il risultatofu laformazionedimini-impericompatti–dicuiglistatidinasticifrancese, inglese e svedese costituirono gli esempi migliori – che individualmente non potevanouguagliare il potere dellaSpagna,ma che collettivamente non potevano essere subordinati ad alcunaautoritàpoliticacentrale,vecchiaonuovachefosse.IltentativodellaSpagna,assiemealpapatoeallacasaimperialedegliAsburgo,didistruggereosubordinarequestenuoverealtàdipoterenonsolofallì,masitradusseinunasituazionedicaossistemicochecreòlecondizioniperl’emergeredell’egemoniaolandeseelaliquidazionedefinitivadelsistemadidominiomedievale.Ilconflittosiintensificòrapidamenteoltrelecapacitàregolativedelsistemadidominiomedievalee

trasformòlesueistituzioniinaltrettantenuovecausediconflitto.Diconseguenza,ilconflittodipotereeuropeodivennesemprepiùungiocoasommanegativa,dalcuiperduraretuttiigovernantieuropei,oalmenolamaggiorpartediessi,cominciaronoadaccorgersidinonaverenulladaguadagnareetuttodaperdere.Ilfattorepiùimportanteinquestocasoful’improvvisaintensificazionesuscalasistemicadelconflittosociale,chedivenneinfineunaseriaminacciaalpoterecollettivodeigovernantieuropei.ComescrisseMarcBloch:«[le]rivoltedeicontadinieranotantocomuninell’Europadellaprimaetà

modernaquantolosonooggigliscioperinellesocietàindustriali»(citatoinParkereSmith,1992).MaallafinedelXVIsecoloe,soprattutto,nellaprimametàdelXVII,questesommosseruralisicombinaronoa rivolte urbane di dimensioni senza precedenti, rivolte dirette non contro i «padroni»ma contro lostesso stato. La rivoluzione puritana in Inghilterra rappresentò l’episodio più drammatico di questacombinazione esplosiva di rivolte rurali e urbane,ma quasi tutti i governanti europei furono toccatidirettamenteosisentironoseriamenteminacciatidalsollevamentopopolare(ParkereSmith,1992,pp.12sgg.).Questaintensificazionesistemicadelconflittosocialefuunadirettaconseguenzadellaescalationdei

conflittiarmatitragovernanti.Dal1550circaal1640circa,ilnumerodisoldatimobilitatidallegrandipotenzeeuropeeaumentòdipiùdeldoppio,mentredal1530al1630ilcostoperschierareciascunodiquesti soldati sul campo di battaglia aumentò di cinque volte (Parker e Smith, 1992, p. 14).Questoincrementodeicostidiprotezioneportòaunmarcatoaumentodellapressionefiscalesuisudditiche,asuavolta,scatenòmoltedellerivoltedelXVIIsecolo(Steensgaard,1985,pp.42-44).Accanto a questo incremento dei costi di protezione, si verificò un’intensificazione del conflitto

ideologico. Il crollo progressivo del sistema di dominiomedievale aveva condotto a unamiscela diriformeedirestaurazionireligiosedall’alto, inbasealprincipiocuiusregioeiusreligio,cheprovocòrisentimentoeribellionipopolari(ParkereSmith,1992,pp.15-18).Quandoigovernantitrasformaronolareligioneinunostrumentodeilororeciprociconflittidipotere,isudditiseguironoilloroesempioetrasformaronolareligioneinunostrumentodiinsurrezionecontroigovernanti.

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Infine, l’intensificazione dei conflitti armati tra i governanti disgregò le reti di commerciotranseuropeedallequaliessidipendevanoperottenereimezzidiguerra,eilorosudditiperlapropriasussistenza. I costi e i rischi del trasporto dellemerci attraverso le giurisdizioni statali aumentaronoenormemente,eall’approvvigionamentodeimezzidisussistenzasisostituìquellodeimezzidiguerra.È ragionevole supporre che questa disgregazione e questa diversione dei flussi commercialicontribuisseroinmanieraassaipiùdecisivadeifattoridemograficieclimaticialbruscoaggravarsidelproblema del vagabondaggio e alla «crisi di sussistenza» che costituiscono lo sfondo sociale edeconomicodellacrisigeneraledilegittimazionedelSeicento(BraudeleSpooner,1975;Romano,1962;Goldstone,1991).Quali che fossero i processi all’origine dell’insurrezione popolare, il risultato fu un’accresciuta

consapevolezzadapartedei governanti europeidel loro comune interessedi poterenei confronti deirispettivi sudditi.Come affermòGiacomo I nella prima fase della crisi generale, esiste «un implicitolegametraisovranichelicostringe,sebbenepossanonesservialcunaltrointeresseoobbligospecifico,arestarfedeliesostenersil’unl’altrodifronteall’insurrezionedeisudditi»(citatoinHill,1958,p.126).In circostanzenormali, questo«implicito legame»avevapocaonessuna influenza sulla condotta deigovernanti.Mainquelleoccasioniincuil’autoritàdituttiigovernanti,odellamaggiorpartediessi,eraseriamente contestata dai loro sudditi – come accadde verso la metà del XVII secolo – l’interessegeneraledeigovernantiapreservareilpropriopoterecollettivorispettoaisudditinerisolseidissidieireciprociantagonismi.Fu in queste circostanze che le Province Unite divennero egemoniche, capeggiando una vasta e

potente coalizione di stati dinastici verso la liquidazione del sistema di dominio medievale e lacostituzionedelsistemainterstatalemoderno.Nelcorsodellaloroprecedentelottaperl’indipendenzanazionale dalla Spagna, gli olandesi avevano già stabilito una forte leadership intellettuale emoralesugli stati dinastici dell’Europa nordoccidentale, che erano tra i principali beneficiari delladisintegrazione del sistema di dominio medievale. Quando, durante la guerra dei trent’anni, il caossistemicoaumentò,«[i]filidelladiplomaziasiintreccia[vano]edipana[vano]all’Aia»(Braudel,1981-82,vol. III, p. 190) e le proposteolandesi per un’importante riorganizzazionedel sistemadi dominiopaneuropeo trovarono sempre più sostenitori tra i governanti europei, fino a che la Spagna fucompletamenteisolata.ConlapacediVestfaliadel1648emersedunqueunnuovosistemamondialedidominio.

L’ideadiun’autoritàodiunaorganizzazionealdisopradeglistatinonesistepiù.Aprenderneilpostoè l’ideachetuttiglistatiforminounsistemapoliticodidimensionimondialioche,comunque,glistatidell’Europaoccidentaleforminounsingolosistemapolitico.Questonuovosistemasibasasullaleggeinternazionaleesull’equilibriodelpotere,unaleggeeunpoterecheoperanotraglistatiinvecechealdisopradiessi(Gross,1968,pp.54-55).

Il sistema mondiale di dominio creato a Vestfalia aveva anche un fine sociale. Man mano che igovernantilegittimaronoilororispettividirittiassolutidigovernosuterritorimutuamenteesclusivi,fustabilitocheicivilinoneranoparteincausanelledisputetrasovrani.Lapiùimportanteapplicazionediquesto principio si ebbe nel settore del commercio.Nei trattati che seguirono la pace diVestfalia fuinseritaunaclausolachemiravaaristabilirelalibertàdicommercioabolendoquellebarrierecheeranostate elevate nel corso della guerra dei trent’anni. Gli accordi successivi introdussero regole per laprotezione della libertà e del commercio di coloro che non partecipavano ai conflitti. La limitazionedelle ritorsioni nell’interesse del commercio, tipica del sistema di città-stato dell’Italia settentrionale(Sereni,1943,pp.43-49),trovòdunquespazionellenormeenelleregoledelsistemaeuropeodistati-nazione.Fucosì istituitoun regime interstatalecheminimizzòglieffettidelleguerre tra i sovranisullavita

quotidianadeisudditi.

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IlXVIII secolohavistomille guerre;maper quanto riguarda la libertà e i buoni rapporti tra le classi colte dei principali paesieuropei, con il francese come lingua comunemente riconosciuta, fu il periodopiù«internazionale»della storiamoderna. I civilipotevanomuoversietrattareaffariliberamentegliuniconglialtrimentreilororispettivisovranisifacevanoguerra(Carr,1945,p.4).

IlcaossistemicodegliinizidelSeicentofucosìtrasformatoinunnuovoordineanarchico.Lanotevolelibertà accordata all’iniziativa privata per organizzare pacificamente il commercio attraverso le variegiurisdizionistataliancheintempodiguerrariflettevanonsolol’interessegeneraledeigovernantiedeisudditi a disporre di affidabili fonti di approvvigionamento di materiale bellico e di generi disussistenza, ma anche gli interessi particolari dell’oligarchia capitalistica olandese perun’accumulazione di capitale priva di restrizioni. Questa riorganizzazione dello spazio politico infunzionedell’accumulazionedicapitalesegnalanascitanonsolodelmodernosistemainterstatale,maanche del capitalismo come sistemamondiale. I motivi per cui ciò avvenne nel XVI secolo sotto laleadershipolandese,invecechenelXVsecolosottolaleadershipveneziana,sonoovvi.Ilmotivopiùimportante,checomprendetuttiglialtri,èchenelXVsecoloilcaossistemicononaveva

raggiunto quelle dimensioni e quell’intensità che due secoli dopo indussero i governanti europei ariconoscere un comune interesse nella liquidazione del sistema di dominio medievale. La stessaoligarchia capitalistica veneziana si era destreggiata così bene in quel sistema da non avere alcuninteresse alla sua liquidazione. In ogni caso, il sistema italiano di città-stato era un sottosistemaregionalecontinuamentelaceratodallegrandiepiccolepotenzedelpiùvastosistemamondialedicuifaceva parte. Le rivalità politiche e le alleanze diplomatiche non potevano essere confinate alsottosistema, ma mettevano sistematicamente in gioco i governanti territorialisti che costringevanoperennementesulladifensivaleoligarchiecapitalistichedell’Italiasettentrionale.AgliinizidelXVIIsecolo,alcontrario,laripresadelcaossistemicogeneròsiauninteressegenerale

per una fondamentale razionalizzazione del conflitto di potere da parte dei governanti europei, siaun’oligarchiacapitalisticadotatadellemotivazioniedellecapacitànecessarieadassumereunruolodicomandoalserviziodiquell’interessegenerale.L’oligarchiacapitalisticaolandeseera,peralcuniaspettiimportanti,unareplicadell’oligarchiacapitalisticaveneziana.Alparidiquest’ultima,eraportatricediuna logica di potere capitalistica e, come tale, leader nella gestione dell’equilibrio del potere e nelleiniziativeeinnovazionidiplomatiche.Adifferenzadiquest’ultima,tuttavia,fupiùunprodottocheunfattore dell’enorme salto qualitativo generato nel conflitto di potere europeo dall’emergere di staticapitalisticinell’Italiasettentrionale.Questadifferenzaebbealcuneimportantiimplicazioni.Inprimo luogo, la scaladelleoperazioni, edunquedelpoteredell’oligarchiacapitalisticaolandese

nellapoliticaeuropeaemondiale,fudigranlungasuperioreaquelladiVenezia.IlcircuitocommercialesucuisibasavanolaricchezzaeilpoterediVeneziaerasolounanellodiuncircuitomoltopiùlungocheessanoncontrollava.Comeabbiamovisto,questoanellolocalepotevaesseresostituito,eineffettivennesostituito,dacircuiticommercialipiùindiretti.Laricchezzaeilpoteredell’Olanda,alcontrario,erano basati su reti commerciali e finanziarie che l’oligarchia capitalistica olandese aveva ricavatodall’imperomarittimoedaquellocolonialegrazieaiqualiisistemiterritorialistidelPortogalloedellaSpagna, alleati con l’oligarchia capitalistica genovese, avevano superato la ricchezza e il potere diVenezia.Questereticingevanoilmondoenonpotevanoessereaggirateosostituitefacilmente. Ineffetti, la

ricchezza e il potere dell’oligarchia capitalistica olandese si basavano sul controllo più delle retimondiali della finanza che di quelle commerciali. Ciò significa che essa era meno vulnerabiledell’oligarchia capitalistica veneziana alla creazione di rotte commerciali alternative o all’accresciutaconcorrenzasudiunaparticolarerotta.Conl’intensificarsidellaconcorrenzanelcommerciodi lungadistanza, l’oligarchia olandese fu in grado di rifarsi delle perdite e di trovare nella speculazionefinanziaria un nuovo, redditizio settore di investimento. Aveva dunque il potere di imporsi alla

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concorrenzaedivolgerlaapropriovantaggio.In secondo luogo, gli interessi dell’oligarchia capitalistica olandese si scontrarono con quelli delle

autoritàcentralidelsistemadidominiomedievaleinmodomoltopiùdeterminantediquantononfossemaiavvenutoagliinteressidell’oligarchiacapitalisticaveneziana.Comedimostralastoriadel«lungo»XVI secolo, la ricchezza e il potere di Venezia furono minacciati assai più seriamente dal crescentepotere degli stati dinastici dell’Europa meridionale e nordoccidentale, che stavano emergendo dalladisintegrazionedelsistemadidominiomedievale,chenondalpotereindeclinodelpapatoedellacasaimperiale.L’oligarchiacapitalisticaolandese,alcontrario,avevaincomuneconglistatidinasticiemergentiun

forteinteresseallaliquidazionedellerivendicazionidelpapaedell’imperatoreperun’autoritàmoraleepolitica sovrastatale come quella incarnata nelle pretese imperiali della Spagna.Come risultato dellaloroottantennaleguerradiindipendenzacontrolaSpagnaimperiale,gliolandesidivenneroipaladiniegli organizzatori delle aspirazioni protonazionaliste dei governanti dinastici. Allo stesso tempo, essicercaronocontinuamenteimodieimezziperevitarecheilconflittosiintensificasseinmisurataledaindebolire seriamente le basi commerciali e finanziarie della loro ricchezza e del loro potere. Nelperseguireipropriinteressi,l’oligarchiacapitalisticaolandesefinìdunqueperesserepercepitacomeilpaladinononsolodell’indipendenzadalleautoritàcentralidelsistemadidominiomedievalemaanchediuninteressegeneraleallapacechequesteultimenoneranopiùingradodigarantire.In terzo luogo, le capacità belliche dell’oligarchia capitalista olandese superavano di gran lunga

quelle dell’oligarchia veneziana. Le capacità di quest’ultima erano strettamente legate alla posizionegeografica di Venezia ed erano di scarsa utilità al di fuori di essa, in particolare dopo i grandiperfezionamentinelletecnichebellichedel«lungo»XVIsecolo.Lecapacitàdell’oligarchiaolandese,alcontrario, erano basate su una vittoriosa partecipazione in prima linea a quel processo. In effetti, gliolandesi erano leader non solonell’accumulazionedi capitalema anchenella razionalizzazionedelletecnichemilitari.Riscoprendo e perfezionando tecnichemilitari romane dimenticate da tempo,Maurizio diNassau,

principe di Orange, fece per l’esercito olandese agli inizi del XVII secolo quello che lo scientificmanagement avrebbe realizzatoper l’industria statunitensedue secoli dopo (McNeill, 1984, pp. 127-139; van Doorn, 1975, pp. 9 sgg.). Le tecniche d’assedio furono trasformate in modo da: 1)incrementare l’efficienza della forza-lavoro militare, 2) ridurre i costi in termini di perdite e 3)agevolareilmantenimentodelladisciplinanellefiledell’esercito.Lamarciaeleoperazionirelativealcaricamentoeall’usodellearmidafuocovennerostandardizzate,el’addestramentodivenneun’attivitàregolare. L’esercito fu diviso in unità tattiche di dimensioni ridotte, fu aumentato il numero degliufficialiedeisottufficialielelineedicomandovennerorazionalizzate.

In tal modo l’esercito si era trasformato in un organismo articolato, con un sistema nervoso centrale che permetteva reazionisensoriepiùomenointelligentiaognistimoloesterno,ancheseimprevisto.Ognimovimentoavevaconseguitounlivellonuovodiesattezza e di rapidità. Sia gli spostamenti dei battaglioni sul campo, sia imovimenti e il fuoco dei singoli soldati diventavanocontrollabili e prevedibili più che in qualsiasi esperienza precedente. Un reparto ben addestrato, sfruttando ogni gesto, potevaaumentare il volume di piombo scaricato alminuto sul nemico. La destrezza e la risolutezza del singolo fantaccino contavanosempremeno,l’ardimentoeilcoraggiopersonalescomparveroquasideltuttosottounacompattaarmaturaprotettiva.[…]Eppureletruppeaddestratealmodomaurizianodavanoprovaautomaticamentedellalorosuperioreefficaciasulcampo(McNeill,1984,p.110).

L’effettodiquestainnovazionefudineutralizzareivantaggidiscaladicuigodevalaSpagna;equindidi livellare le capacità militari in Europa. Incoraggiando fattivamente l’adozione di queste nuovetecnichedapartedeglialleati,leProvinceUnitecrearonolecondizioniperunarealeuguaglianzatraglistati europei, premessa del futuro Sistema di Vestfalia. E naturalmente, nel far questo, rafforzò laproprialeadershipmoraleeintellettualesuqueigovernantidinasticicheaspiravanoallalegittimazione

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deilorodirittiassolutidigoverno.In quarto e ultimo luogo, le capacità di formazione dello stato caratteristiche dell’oligarchia

capitalistica olandese superavano di gran lunga quelle dell’oligarchia veneziana. L’esclusività degliinteressicapitalisticinell’organizzazioneenellagestionedellostatovenezianofulaprincipalefontedelsuopotere,ma insiemenecostituì ilprincipale limite,poichéquestaesclusivitàmantenne l’orizzontepoliticodell’oligarchiaveneziananeilimitidell’analisicosti-beneficiedellacontabilitàapartitadoppia.Vale a dire che tenne lontani i governanti veneziani dalle questioni politiche e sociali che stavanolacerandoquelmondoalcuiinternoessioperavano.Lecapacitàdiformazionedellostatopropriedell’oligarchiacapitalisticaolandese,alcontrario,erano

stateforgiateinunalungalottaperl’emancipazionedaldominioimperialespagnolo.Peraveresuccessoinquestalotta,essadovetteallearsi–edividereilpotere–coninteressidinastici(lacasadegliOrange)ecavalcare la tigredella ribellionepopolare (il calvinismo).Diconseguenza, ilpoteredell’oligarchiacapitalisticaall’internodellostatoolandeseeradigranlungamenoassolutodiquantononfossestatoall’interno dello stato veneziano. Ma per la stessa ragione il gruppo dominante olandese sviluppòcapacitàdiporreerisolvereiproblemiintornoaiqualiinfuriavailconflittodipotereeuropeosuperioriaquellemaipossedutedaigovernantiveneziani.Fuinvirtùdelloroesseremenocapitalistiche,enonpiùcapitalistichediVenezia,cheleProvinceUnitedivenneroegemoniche.

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L’egemoniabritannicael’imperialismodelliberoscambio

Gliolandesinongovernaronomaiilsistemacheavevanocreato.NonappenailSistemadiVestfaliafuistituito, le Province Unite cominciarono a perdere quello status di potenza mondiale che avevanoappena acquisito. Per più di mezzo secolo gli olandesi continuarono a guidare gli stati del neonatoSistemadiVestfaliainunacertadirezione:quelladell’espansionecommercialeall’esterosostenutadallapotenza navale e dalla formazione di compagnie per azioni privilegiate. Ma questa leadership futipicamenteciòcheabbiamodefinito«leadershipchesi realizzacontro lasuastessavolontà»,poichéindebolì, invece che accrescere, il potere olandese. L’egemonia mondiale olandese fu dunque unaformazioneestremamenteeffimerachesidissolsenonappenacreata.In termini di poteremondiale, i principali beneficiari di questo nuovo sistema di dominio furono

colorocheinprecedenzaeranostatialleatidelleProvinceUnite,cioèFranciaeInghilterra.Nelsecoloemezzo successivo–dallo scoppiodelle guerre anglo-olandesi nel 1652 (appenaquattro anni dopo lapacediVestfalia)allafinedelleguerrenapoleonichenel1815–ilsistemainterstatalefudominatodallalottatraquesteduegrandipotenzeperlasupremaziamondiale.Questoconflittoprolungatosisviluppòintrefasiparzialmentesovrapposteche,sottoalcuniaspetti,

riproponevanoquelledellalottadel«lungo»XVIsecolo.Laprimafasefucaratterizzataancoraunavoltadai tentativi dei governanti territorialisti di incorporare nei propri domini lo stato capitalisticodominante.PropriocomelaFranciaelaSpagnaavevanotentatodiconquistarelecittà-statodell’ItaliasettentrionaleallafinedelXVsecolo,cosìallafinedelXVIIsecolol’Inghilterrae,soprattutto,laFranciacercaronodiincorporareneipropridominileretidicommercioedipoteredelleProvinceUnite.ComesottolineavaColbertinqualitàdiconsiglierediLuigiXIV,«[se]ilresottomettesseallapropria

autoritàtutteleProvinceUnite,illorocommerciodiventerebbeilcommerciodeisudditidisuamaestà,e più nulla rimarrebbe da desiderare» (citato in Anderson, 1980, p. 36). Il punto debole delsuggerimento stava ovviamente in quel «se». Benché le capacità strategiche della Francia del XVIIsecolo,comepuredell’Inghilterra,superasserodigranlungaquelledeiloroanaloghidelXVsecolo,lecapacitàstrategichedelleProvinceUnitesuperavanodiunmargineancoramaggiorequelledeglistaticapitalisticidominantidelXV secolo.Purgiungendo,perbreve tempo,aunire i lorosforzi,FranciaeInghilterranonriuscironoasoggiogaregliolandesi.Ancoraunavolta, laconcorrenzatragliaspiranticonquistatorisirivelòunostacoloinsormontabilesullastradadellaconquista.Quandoquesti tentativi fallirono, la lottaentrò inunasecondafase,nellaqualeglisforzidelledue

potenzerivalifuronodirettisemprepiùall’incorporazionedellefontidellaricchezzaedelpoteredellostatocapitalistico,piùchedellostatostesso.CosìcomeilPortogalloelaSpagnaavevanolottatoperilcontrollo del commercio con l’Oriente, così la Francia e l’Inghilterra lottarono per il controllodell’Atlantico.Tuttavia,ledifferenzetraleduecontesesonoaltrettantoimportantidelleanalogie.Sia la Francia che l’Inghilterra erano latecomers nel conflitto di potere globale. Ciò conferì loro

alcuni vantaggi, il più importante dei quali fu che, nel momento in cui intrapresero l’attività diespansione territoriale nel mondo extraeuropeo, la diffusione negli eserciti europei dello «scientificmanagement» diMaurizio diNassau stava iniziando a trasformare il loro vantaggio comparato suglieserciti extraeuropei in un abisso incolmabile. La potenza dell’impero ottomano si avviava verso undeclinoirreversibile.

Ancorpiùaestilnuovostileaddestrativosirivelòintuttalasuaimportanzaallorchégliistruttorimilitarieuropeicominciaronoacreare eserciti inminiatura, reclutando forze locali per la protezione degli scali commerciali francesi, olandesi e inglesi lungo ilitorali dell’Oceano Indiano. Entro il XVIII secolo queste forze, benché di minuscole proporzioni, avevano già fattomostra diun’evidentesuperioritàneiconfrontidelleeterogeneearmatecheipotentatilocalieranosolitimettereincampo(McNeill,1984,p.115).

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Certo,fusolonelXIXsecolochequestasupremaziadivennesufficientementeschiacciantedatradursiinsignificativeconquisteterritorialinelsubcontinenteindianoenellasottomissionedellaCinaimperialeal dominio dell’Occidente. Ma già nel XVIII secolo la superiorità era sufficiente da consentire ailatecomers – e allaGranBretagna in particolare – di conquistare alcune delle più doviziose fonti ditributi dell’impero Moghul in rovina – in particolare il Bengala – e di andare così oltre la meracostituzionediunimperomarittimoinAsia,comeinveceerastatofattodaiportoghesiedagliolandesi.L’abisso che andavaaprendosi tra le capacitàmilitari dell’Occidente equelledel restodelmondo fututtaviadiscarsoaiutoailatecomersnelloscalzareiportoghesi,glispagnolie,soprattutto,gliolandesidalleposizioniacquisitealcroceviadelcommerciomondiale.Percolmareildivarioesuperareiprimiarrivati,ilatecomersdovevanoristrutturareradicalmentelageografiapoliticadelcommerciomondiale.EdèproprioquantofuconseguitograzieallanuovasintesidicapitalismoeterritorialismooriginatadalmercantilismofranceseebritanniconelXVIIIsecolo.Tre furono le principali componenti strettamente connesse di tale nuova sintesi: il colonialismo

stanziale,cioèconinsediamentodicoloni,laschiavitùcapitalisticaeilnazionalismoeconomico.Tutteetrefuronoessenzialiallariorganizzazionedellospaziopolitico-economicomondiale,mailcolonialismostanziale fu probabilmente l’elemento dominante. I governanti britannici in particolare confidavanomoltonell’iniziativaprivatadeilorosudditipercompensareivantaggideiprimiarrivatinell’espansioneoltreoceano:

sebbenenonfosseroingradoditenertestaagliolandesiperquantoriguardaval’acumenelcampodellafinanzaeledimensioniel’efficienzadellaloroflottamercantile,gliinglesiritenevanoimportantefondarecoloniestanzialienonsoloportidiappoggiosullaviadelle Indie. […]Oltreallesocietàperazionieallecompagnieprivilegiate,gli inglesisvilupparonosistemidicolonizzazionequali le colonie date in proprietà a persone o compagnie, simili ai capitanati portoghesi del Brasile, e le colonie della corona,nominalmentesottoildirettocontrolloreale.Lecarenzedellecolonieinglesid’Americadalpuntodivistadellerisorsenaturaliedell’uniformitàfuronocontrobilanciatedalnumeroedall’industriositàdeicolonistessi(NadeleCurtis,1964,pp.9-10).

Laschiavitùcapitalisticafuinparteunacondizioneeinparteunrisultatodelsuccessodelcolonialismostanziale.Poiché l’espansionedelnumeroedell’industriositàdei coloni fu continuamente limitatadaunacarenzadiforza-lavoro,chequestaespansioneasuavoltaricreavacontinuamente,echenonpotevaessere soddisfatta facendo affidamento esclusivamente, o anche principalmente, sull’offerta generataspontaneamentedall’internodellepopolazionidicolonioppurericavataconlaforzadallepopolazioniindigene. Questa carenza cronica di forza-lavoro accrebbe la redditività delle imprese capitalisticheimpegnatenell’approvvigionamento,neltrasportoenell’usoproduttivo(soprattuttonelleAmeriche)dellavorodeglischiavi.ComenotaRobinBlackburn(1988,p.13),«laschiavitùnelNuovoMondorisolseilproblemadellavoronellecolonieinunmomentoincuinonsiintravedevaalcunaaltrasoluzione».Lasoluzione del problema del lavoro nelle colonie, a sua volta, divenne il fattore principalenell’espansionedell’infrastrutturaedeglisbocchinecessariasostenereglisforziproduttivideicoloni.Ilcolonialismostanzialee laschiavitùcapitalistica furonocondizioninecessariemanonsufficienti

perilsuccessodelmercantilismofranceseebritanniconelristrutturareradicalmentel’economiapoliticaglobale. Il terzo ingrediente fondamentale, il nazionalismo economico, aveva due aspetti salienti. Ilprimoeral’incessanteaccumulazionedieccedenzemonetarienelcommerciocolonialeeinterstatale–un’accumulazione con la quale il mercantilismo è spesso identificato. Il secondo aspetto fu lacostruzione dell’economia nazionale, o meglio, dell’economia interna. Gustav von Schmoller hasottolineatoche«nellasuapiùintimaessenzailmercantilismononfualtrochelaformazionedellostato–nonformazionedellostatoinsensostretto,bensìformazionedellostatoedell’economianazionalealtempostesso»(citatoinWilson,1958,p.6).Lacostruzionedell’economianazionaleperfezionòsuscalaassaipiùampialaprassichemiravaafar

sìcheleguerresifinanziasserodasole,trasformandoicostidiprotezioneinentrate,attivitànellaqualelecittà-statoitalianeeranostateall’avanguardiatresecoliprima.Avvalendosiinpartedelleburocrazie

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statalieinpartediincentiviall’iniziativaprivata,igovernantidiFranciaeRegnoUnitoincorporarononeipropridomini ilmaggiornumeropossibiledellesemprepiùnumeroseattivitàche,direttamenteoindirettamente,eranocoinvoltenellaconduzionedellaguerracomenellaformazionedellostato.Intalmodoessiriuscironoatrasformareinintroitifiscaliunaquotadeicostidiprotezioneassaimaggiorediquanto non avessero mai fatto, o potuto fare, le città-stato italiane, o anche le Province Unite.Spendendo questimaggiori introiti fiscali all’interno delle proprie economie nazionali, essi crearononuovi incentivi e nuove opportunità per la costituzione di nuovi collegamenti tra le varie attività edunqueperfarsìche,semprepiù,leguerresifinanziasserodasole.Quello che accadde invece fu che un numero crescente di civili venne mobilitato per sostenere

indirettamente,espessoinconsapevolmente,glisforzibellicideigovernanticosìcomequellirivoltiallaformazionedellostato.Guerraeformazionedellostatostavanodiventandoaffarisemprepiùcomplessi,coinvolgendo un numero, una gamma e una varietà sempre crescenti di attività apparentemente noncollegate. La capacità dei governanti mercantilisti di mobilitare le energie dei loro sudditi civilinell’intraprendere e nello svolgere queste attività non era illimitata. Al contrario, essa dipendevastrettamentedallelorocapacitàdiappropriarsideivantaggidelcommerciomondiale,delcolonialismostanziale e della schiavitù capitalistica, e di trasformare questi vantaggi in adeguate ricompense perl’imprenditorialitàeglisforziproduttivideisudditicherisiedevanonellamadrepatria(Tilly,1990,pp.82-83).Nel superare questi limiti i governanti inglesi eranonettamente avvantaggiati rispetto a tutti i loro

rivali,inclusiifrancesi.Questovantaggioerageopolitico,ederasimilealvantaggiorelativodiVeneziaalculminedelsuopotere.

Nelcommerciooltremareenellapotenzasulmarel’Inghilterraconseguìlachiarasupremazia,favoritacomeVeneziadaduefattoriinteragenti: la sua posizione insulare e il ruolo toccatole, di intermediaria tra due mondi. A differenza delle grandi potenzecontinentali,essapotevarivolgerealmarelasuaforzaindivisa;adifferenzadeiconcorrentiolandesi,noneracostrettaadifendereunfronteterrestre(Dehio,1988,p.80).

Comevedremonelterzocapitolo,l’Inghilterra/GranBretagna«divenne»unapotenteisolaattraversounfaticoso processo «di apprendimento», durato due secoli, su come trasformare il fondamentalesvantaggio geopolitico nel conflitto di potere continentale nei confronti di Francia e Spagna in undecisivovantaggiocompetitivonellalottaperlasupremaziacommercialemondiale.AllametàdelXVIIsecolo,tuttavia,questoprocessoeravirtualmenteconcluso.Daallorainavanticonvogliareleenergieelerisorsebritannicheversol’espansioneoltreoceano,nellostessomomentoincuileenergieelerisorsedei rivali europei erano impegnate in lotte vicino casa, generò un processo di causazione circolare ecumulativa. I successi britannici nell’espansione oltreoceano accrebbero le preoccupazioni degli statidell’Europa continentale per il crescente potere mondiale della Gran Bretagna. Ma questi successidotarono la Gran Bretagna anche dei mezzi necessari a gestire l’equilibrio del potere nell’Europacontinentale in modo da tenere i suoi rivali occupati vicino casa. Col tempo, questo circolovirtuoso/vizioso pose la Gran Bretagna in una posizione che le permise di eliminare tutti i rivalidall’espansioneoltreoceano e, allo stesso tempo, di diventare la padrona indiscussadell’equilibrio dipotereeuropeo.Quando laGranBretagnavinse laguerradei sette anni (1756-1763), la lotta con laFranciaper la

supremazia mondiale ebbe fine, ma ciò non significò immediatamente la conquista dell’egemoniamondiale. Al contrario, non appena quella lotta ebbe termine il conflitto entrò in una terza fase,caratterizzatadauncrescentecaossistemico.ComeeragiàaccadutoalleProvinceUniteagliinizidelXVIIsecolo,laGranBretagnadivenneegemonecreandounnuovoordinemondialeapartiredaquestocaossistemico.PropriocomeagliinizidelXVIIsecolo,ilcaossistemicofuilrisultatodell’intromissionedelconflitto

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socialenellelottedipoteretraigovernanti.Vieranotuttaviaimportantidifferenzetraleduesituazioni.Lapiùimportanterisiedenell’autonomiaenell’efficaciadigranlungamaggioridimostratedaisudditiribelliallafinedelXVIIIeagliinizidelXIXsecolorispettoagliinizidelXVIIsecolo.Certo, lanuovaondatadiribellioneattraversol’interosistemaaveva,comevedremo, lesueorigini

più profonde nella lotta per l’Atlantico. Eppure, una volta esplosa, essa creò le condizioni per unarinascitadellarivalitàanglo-francesesubasicompletamentenuove,perpoicontinuareaimperversarepercircatrent’annidopochequest’ultimagiunsealtermine.Considerandoilperiodo1776-1848nelsuoinsieme, questa nuova ondata di ribellioni si risolse in una profonda trasformazione dei rapporti tragovernanti e sudditi in tutte le Americhe e in gran parte dell’Europa e, in secondo luogo, nellacostituzione di un genere completamente nuovo di egemonia mondiale (l’imperialismo del liberoscambio britannico) che riorganizzò profondamente il sistema interstatale in risposta a quellatrasformazione.Leoriginipiùprofondediquestaondatadiribellionipossonoesserefatterisalireallaprecedentelotta

perl’Atlantico;suoiarteficifuronoinfattiproprioleforzesocialichequellalottaavevageneratoepoitemprato in comunità: i coloni, gli schiavi delle piantagioni e le classi medie metropolitane. LaribellioneebbeinizionellecolonieconlaDichiarazionediIndipendenzaamericananel1776etoccòperprimo il Regno Unito. I governanti francesi colsero immediatamente l’opportunità di avviare unacampagna revanscista, che tuttavia gli si ritorse rapidamente contro con laRivoluzione del 1789.Leenergie liberate dalla rivoluzione vennero indirizzate conNapoleone verso un raddoppio degli sforzirevanscistifrancesi.Equesti,alorovolta,portaronoaunageneralizzazionedelleribellionideicoloni,degli schiavi e delle classimedie (Hobsbawm, 1963;Wallerstein, 1995a; Blackburn, 1988; Schama,1989).Nel corsodi queste lotte – lotte interne agli stati e tra di essi – numerose furono le violazioni dei

princìpi,dellenormeedelleregoledelSistemadiVestfalia.LaFrancianapoleonicainparticolareviolòl’assolutismo dei regimi europei, sia fomentando la rivolta dal basso sia imponendo un dominioimperialedall’alto.Allostessotempoessainfranseidirittidiproprietàelelibertàdicommerciodeinonbelligeranti mediante espropriazioni, embarghi e un’economia dirigistica che abbracciava gran partedell’Europacontinentale.Il Regno Unito divenne, in un primo tempo, egemonico guidando una vasta alleanza di forze

essenzialmente dinastiche nella lotta contro queste violazioni dei regimi assolutistici e per larestaurazionedelSistemadiVestfalia.QuestarestaurazionefurealizzataconilCongressodiViennadel1815 e poi con quello di Aquisgrana del 1818. Fino a questo punto l’egemonia britannica era unareplica dell’egemonia olandese. Proprio come gli olandesi avevano guidato con successo il sistemainterstatalenellalottacontrolepreteseimperialidellaSpagnadegliAsburgo,cosìgliinglesiguidaronocon successo il sistema interstatalequasidistruttonella lotta contro lepretese imperialidellaFrancianapoleonica(Dehio,1988).AdifferenzadelleProvinceUnite,tuttavia,ilRegnoUnitocontinuòagovernareilsistemainterstatale

e,nelfarquesto,neintrapreseunafondamentaleriorganizzazioneconl’obiettivodiadattarloallenuoverealtà di potere generate dal perdurante sollevamento rivoluzionario. Nasceva il sistema che JohnGallagher eRonaldRobinson (1953) hanno definito «imperialismo del libero scambio»: un sistema-mondodidominiocheampliòesuperò ilSistemadiVestfalia.Tuttociòèbenvisibilea tre livellidianalisidiversimaconnessi.Inprimo luogo,unnuovogruppodistati siaggiunseaquellodeglistatidinasticieoligarchiciche

avevano formato il nucleo originale del Sistema di Vestfalia. Questo nuovo gruppo era compostoprincipalmentedastaticontrollatidacomunitànazionalidiproprietaricheeranoriuscitiaconquistarel’indipendenzadavecchienuoviimperi.Lerelazioniinterstataliiniziaronodunqueaesseregovernatenondagli interessi, dalle ambizioni e dai sentimenti personali deimonarchi,madagli interessi, dalle

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ambizioniedaisentimenticollettividiquestecomunitànazionali(Carr,1945,p.8).Questa «democratizzazione» del nazionalismo fu accompagnata da una centralizzazione senza

precedenti del poteremondiale nellemani di un unico stato, il RegnoUnito. Nel più vasto sistemainterstatale che scaturì dal sollevamento rivoluzionario del 1776-1848, solo il Regno Unito erasimultaneamentecoinvoltonellapoliticaditutteleregionidelmondoe,cosapiùimportante,occupavaunaposizionedicomandonellamaggiorpartediesse.Perlaprimavolta,l’obiettivodituttiiprecedentistaticapitalisticidiessereipadroniinvececheiservitoridell’equilibriodipotereglobalefurealizzatopienamente,sebbenetemporaneamente,dallostatocapitalisticodominantedell’epoca.Al finedigestireconmaggioreefficacia l’equilibrioglobaledelpotere, ilRegnoUnitoassunseun

ruolodiguidanelrafforzamentodell’incertosistemadiconsultazionetralegrandipotenzeeuropeeinvigoredallapacediVestfalia. Il risultatofu ilConcertoeuropeo,che,sindalprincipio, fusoprattuttounostrumentodellagestionebritannicadell’equilibriodipoterecontinentale.Percircatrent’annidopolapacediViennailConcertoeuropeosvolseunruolosecondarionellapoliticadell’Europacontinentalerispetto alle «gerarchie del sangue e della grazia» che avevano formato la Santa Alleanza.Ma nonappenaquest’ultimasidisintegròsottolacrescentepressionedelnazionalismodemocratico,ilConcertoemerse rapidamente come il principale strumento di regolazione delle relazioni interstatali inEuropa(Polanyi,1974,pp.10-13).Insecondoluogo,ladisintegrazionedegliimpericolonialinelmondooccidentalefuaccompagnatae

seguitadallaloroespansionenelmondononoccidentale.AgliinizidelXIXsecologlistatioccidentaliavanzavano rivendicazioni territoriali sul 55 per cento della superficie del globo, sebbene nepossedesseroinrealtàcircail35percento.Nel1878quest’ultimapercentualeerasalitaal67percento,e nel 1914 all’85 per cento (Magdoff, 1978, pp. 29 e 35).Come osservaEdward Said (1995, p. 8),«nessunaltroinsiemedicolonienellastoriafualtrettantovasto,dominatoinmodocosìassoluto,ecosìprivodipotererispettoallemetropolioccidentali».LaGranBretagnaebbe lapartedel leone inquestaconquista territorialeeconciòfecerisorgere il

sistemaimperialesuunascalacheilmondononavevamaiconosciutoinprecedenza.Questarinascitadell’imperoèdifattolaragioneprincipaleperdesignarel’egemoniamondialedellaGranBretagnanelXIX secolo con l’espressione «imperialismo del libero scambio»: un’espressione che viene usata persottolinearenonsoloilgovernodelsistemamondialedapartedellaGranBretagnaattraversolapraticae l’ideologia del libero scambio, come fanno Gallagher e Robinson, ma anche e soprattutto le basiimperiali del regime britannico di dominio e di accumulazione su scala mondiale. Nessun potereterritorialistaavevamaiinprecedenzaincorporatoneisuoidominitantiterritoripopolosievasticomeilRegnoUnitonelXIX secolo.Néalcunpotere territorialista avevamaiottenutoprimadi allora con laforzaeincosìbrevetempountributo–interminidiforza-lavoro,risorsenaturaliemezzidipagamento–pariaquelloconseguitonelcorsodelXIXsecolodallostatoingleseedaisuoiclientinelsubcontinenteindiano.Partediquestotributofuusataperrafforzareedespanderel’apparatocoercitivograziealqualeun numero sempremaggiore di sudditi veniva annesso all’impero territoriale britannico.Ma un’altraparte,egualmenterilevante,fudirottatainunaformaonell’altraversoLondra,peresserericiclataneicircuiti della ricchezza attraverso cui il potere inglese nel mondo occidentale veniva continuamenteriprodotto e ampliato. La logica di potere territorialista e quella capitalistica (T-D-T’ e D-T-D’) siinfluenzaronoesisostenneroavicenda.Il riciclaggio del tributo imperiale estratto dalle colonie in capitale investito in tutto il mondo

aumentò ilvantaggiocomparatodiLondracomecentrodellafinanzamondialerispettoacentri rivalicomeAmsterdameParigi(Jenks,1938).QuestovantaggiocomparatofecediLondraladimoranaturaledella haute finance, un corpo estremamente compatto di finanzieri cosmopoliti le cui reti globalivennerotrasformateinunulteriorestrumentodeldominiobritannicosulsistemainterstatale.

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Lafinanza[…]agivacomepotenteelementomoderatoreneiconsiglienellapoliticadidiversitraglistatisovraniminori.Iprestitieilrinnovodeiprestitidipendevanodalcreditoeilcreditodalbuoncomportamento.Poichésottoungovernocostituzionale(quellinoncostituzionalieranoseveramenteriprovati) ilcomportamentosi riflettenelbilancioe ilvaloreesternodellamonetanonpuòessereseparatodaunavalutazionedibilancio,convenivaaigovernidebitorisorvegliareaccuratamenteil lorobilancioedevitarepolitichechepotessero riflettersi sullasoliditàdellasituazionedibilancio.Questautilemassimadivenivaunaregoladicondottaassaiconvincenteperunpaesecheavesseadottatolabaseaureachelimitavaaunminimolefluttuazioniammissibili.BaseaureaecostituzionalismoeranoglistrumentichefacevanoascoltarelavocedellaCitydiLondrainmoltideipaesipiùpiccolicheavevanoadottatoquestisimbolidiadesionealnuovoordineinternazionale.Lapaxbritannicamantenevailsuodominiotalvoltapermezzodella minacciosa presenza dei grossi cannoni della marina ma più spesso prevaleva tirando tempestivamente un filo nella retemonetariainternazionale(Polanyi,1974,pp.18-19).

Infine,l’espansioneeilsuperamentodelSistemadiVestfaliatrovaronoespressioneinunostrumentodigovernomondialedeltuttonuovo.IlSistemadiVestfaliaerabasatosulprincipiosecondocuinonvieraalcuna autorità operante al di sopra del sistema interstatale. L’imperialismo del libero scambio, alcontrario, affermòche le leggioperanti all’internodegli stati enei rapporti tradi essi erano soggetteall’autorità superiore di una nuova, metafisica entità – un mercato mondiale governato da «leggi»proprie – ritenuto dotato di poteri sovrannaturali, superiori a quelli mai posseduti dal papa edall’imperatore nel sistema di potere medievale. Presentando la propria supremazia mondiale comel’incarnazionediquestaentitàmetafisica,ilRegnoUnitoriuscìaestendereilpropriopoterenelsistemainterstatale ben al di là di quanto assicurato dalle dimensioni e dall’efficacia del proprio apparatocoercitivo.Questo potere fu il risultato dell’adozione unilaterale da parte del Regno Unito della pratica e

dell’ideologiadelliberoscambio.Unregimediliberoscambiomultilateraleebbeiniziosolonel1860con la firma del trattato commerciale anglo-francese e, a tutti gli effetti, terminò nel 1879 con il«nuovo» protezionismo tedesco.Ma, a partire dalla metà degli anni quaranta dall’Ottocento fino al1931, laGranBretagnamantenne il suomercato internounilateralmente aperto ai prodotti di tutto ilmondo(Bairoch,1976a).Combinataconl’espansioneterritorialeoltreoceanoeconlosviluppoinpatriadi un’industria di beni capitali, questa politica divenne un potente strumento di governo dell’interaeconomia-mondo:

Lacolonizzazionedeglispazivuoti[sic],losviluppodell’industriamossadallemacchineedipendentedalcarboneel’aperturadicomunicazionisuscalamondialegraziealleferrovieeaitrasportimarittimiprocedetterodibuonpassosottolaleadershipinglese,estimolarono ovunque la nascita e lo sviluppo di nazioni e di coscienze nazionali; complemento di questa «espansionedell’Inghilterra» fu, apartiredagli anniquaranta, l’esistenza,proprio in Inghilterradiun liberomercatoper iprodottinaturali, igenerialimentarielematerieprimedelrestodelmondo(Carr,1945,pp.13-14).

Aprendo il proprio mercato interno, i governanti inglesi crearono reti mondiali di dipendenzadall’espansione della ricchezza e del potere del RegnoUnito, e allo stesso tempo di fedeltà a esso.Questocontrollosulmercatomondiale,assiemeallasupremazianell’equilibriodelpotereglobaleeauno stretto rapporto di mutuo aiuto con la haute finance, consentì al Regno Unito di governare ilsistemainterstataleconlastessaefficaciadiunimperomondiale.Ilrisultatofu«unfenomenoineditonegli annali della civiltà occidentale e cioè una pace [europea] di cento anni, dal 1815 al 1914»(Polanyi,1974,p.7).CiòriflettevalecapacitàegemonichesenzaprecedentidelRegnoUnito.Ilsuoapparatocoercitivo–

soprattutto la sua flotta e i suoi eserciti coloniali – e la sua posizione insulare le concessero senzadubbio un vantaggio comparato decisivo rispetto a tutti i suoi rivali nella lotta per il potere su scalaeuropeaesuscalaglobale.Ma,perquantogrande,questovantaggiononpotevainalcunmodorenderecontodellastraordinariacapacitàchelaGranBretagnadimostròallametàdelXIXsecolodiristrutturareilmondo–enonsoloilsistemainterstataleeuropeo–peradattarloaipropriinteressinazionali.Questa straordinariacapacità fuunamanifestazionediegemonia,cioèdellacapacitàdi rivendicare

concredibilitàchel’espansionedelpoteredelRegnoUnitogiovassenonsoloalsuointeressenazionale

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maancheauninteresse«universale».Centraleinquestarivendicazioneegemonicaeraunadistinzionetra il potere dei governanti e la «ricchezza delle nazioni», abilmente tracciata nell’ideologia liberalediffusadall’intellighenziabritannica.Inessa,l’espansionedelpoteredeigovernantibritannicirispettoaquellodeigovernantideglialtripaesierapresentatacome la forzamotricediun’espansionegeneraledellaricchezzadellenazioni.Illiberoscambioavrebbepotutoindebolirelasovranitàdeigovernanti,maallostessotempoavrebbeaumentatolaricchezzadeisudditi,oalmenodeisudditiproprietari.Laforzadiattrazioneelacredibilitàdiquestarivendicazionesibasavanosullecondizionisistemiche

create dai sollevamenti rivoluzionari del 1776-1848, poiché le comunità nazionali che grazie a esseerano salite al potere nelle Americhe e in molte parti dell’Europa erano soprattutto comunità diproprietari,lacuipreoccupazioneprincipaleriguardavailvaloremonetariodeiloropatrimonipiuttostoche il potere autonomo dei loro governanti. Furono queste comunità a costituire la base «naturale»dell’egemoniadelliberoscambiobritannica.Allostessotempo,isollevamentirivoluzionaridel1776-1848avevanoindottoall’internodellostesso

Regno Unito cambiamenti che accrebbero la capacità dei suoi governanti di soddisfare la richiestasistemicadidemocratizzazionedella ricchezza.La rivoluzione industriale, chedecollò sotto la spintadella guerra rivoluzionaria francese e delle guerre napoleoniche, fu il più importante di questicambiamenti.Perquantociriguarda,ilsignificatoprincipalediquestarivoluzionerisiedenelfattocheessarafforzònotevolmenteilrapportodicomplementaritàcheunivaleiniziativedeisudditibritanniciaquelle dei sudditi degli altri stati, e in particolare degli stati sorti dalla ribellionedei coloni contro ildominiobritanniconell’AmericadelNord.Igovernantiinglesicominciaronodunquearendersicontoche essere all’avanguardia nella costruzione di un’economia interna dava loro un considerevolevantaggionell’usodeirapportitrasudditiappartenentiadiversegiurisdizionipolitichecomestrumentoinvisibile di dominio sugli altri stati sovrani. Fu questo riconoscimento che, più di ogni altra cosa,persuase i governanti britannici a sostenere e proteggere dopo le guerre napoleoniche le forze delnazionalismodemocratico, primanelleAmeriche e poi inEuropa, contro le tendenze reazionarie deiloroalleatidinastici(Aguilar,1968,p.23).E,assiemealpoterenazionalediquesteforze,aumentaronoanche le capacità dei gruppi dominanti inglesi di guidare e governare il sistema interstatale perespandereulteriormentelalororicchezza,illoropotereeilloroprestigio,siainpatriacheall’estero.IsuccessiinterminidipoteremondialeconseguitidallaGranBretagnanelXIXsecolofuronosenza

precedenti. Nondimeno, la novità del percorso di sviluppo che condusse a queste conquiste non vaesagerata. L’imperialismo del libero scambio della Gran Bretagna si limitò a fondere in una sintesiarmoniosa due percorsi di sviluppo apparentemente divergenti, apertimolto tempo prima dai gruppidominanti di altri stati. La novità risiedeva nella combinazione di quei percorsi, e non nei percorsistessi.UnodiquestipercorsierastatoapertodaVeneziasecoliprima.Ineffetti,esserelaVeneziadelXIX

secolo costituiva ancora l’obiettivo che, alla finedelle guerrenapoleoniche, auspicavanoper laGranBretagna imembripiùeminentidella suacomunitàd’affari.E la stessaanalogia fuancoraevocata–sebbene con connotazioni negative quando l’espansione della ricchezza e del potere della GranBretagnanelXIXsecolocominciòaraggiungereiproprilimiti(Ingham,1984,p.9).Se concentriamo l’attenzione sui dominimetropolitani e sui rapporti tra gli stati europei, questa è

senza dubbio un’analogia appropriata. Il territorio relativamente piccolo dellaGran Bretagna, la suaposizioneinsulareall’incrocioprincipaledelcommerciomondiale,lasuasupremazianavale,lastrutturadella sua economia interna basata sul commercio di transito, tutte queste caratteristiche la facevanosomigliareaunareplicasuscalapiùampiadellaRepubblicaveneziana,oanchedelleProvinceUnite,alculmine della loro potenza. Certo, i territori metropolitani della Gran Bretagna erano più vasti, ecomprendevano risorsedemografiche enaturali di gran lungamaggiori dei territorimetropolitani deisuoi predecessori veneziani e olandesi. Ma possiamo ritenere che questa differenza corrisponda

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approssimativamente alle accresciute dimensioni e risorse dell’economia-mondo capitalistica nelXIXsecolo,rispettoalleprecedentiepochecheavevanovistol’ascesaeildeclinodelpoterevenezianoediquelloolandese.Il secondo percorso di sviluppo era del tutto differente, e può essere riconosciuto solo allargando

l’angolo visuale in modo da includere i territori d’oltreoceano e i rapporti tra strutture politiche didimensionimondiali.Daquestoangolovisualepiùampio,laGranBretagnadelXIXsecolononsembraaver seguito le ormediVenezia o delle ProvinceUnite,ma quelle della Spagna imperiale.Comehaosservato Paul Kennedy (1993a, p. 93), al pari del sistema asburgico di tre secoli prima, l’imperobritannicodelXIXsecolo«erauninsiemediterritorisparpagliati,untourdeforcepolitico-dinasticocherichiedevacontinue,enormirisorsematerialieinventivapercontinuareaesistere».Come vedremo in dettaglio nel terzo capitolo, questa somiglianza tra la configurazione spaziale

dell’imperobritannicodelXIXsecoloequelladell’imperospagnolodelXVIsecolotrovavariscontroinunastraordinariasomiglianzatralestrategieelestrutturedellereticosmopolitedelcommerciodilungadistanza e dell’alta finanza che secondavano le politiche di potenza dei gruppi dominanti delle dueformazioni imperiali.Né queste erano le uniche somiglianze. Persino la nozione di sistemadi liberoscambio comprendente una molteplicità di stati sovrani sembra aver avuto origine nella Spagnaimperiale(Nussbaum,1950,pp.59-62).In breve, l’allargamento e la sostituzione del Sistema di Vestfalia da parte dell’imperialismo del

libero scambio inglese, e attraversodi esso, non comportarono semplicementeuna«progressione» indirezionedistrutturepolitichepiùgrandiepiùcomplesselungoilpercorsodisviluppoapertoeseguitodaglistaticapitalistidominantidelleepocheprecedenti.Ciòcomportòancheuna«regressione»versostrategieestrutturedidominioediaccumulazionesuscalamondialechesembravanoesserestatereseobsoletedaiprecedentisviluppi lungoquelsentiero. Inparticolare, lacreazionenelXIX secolodiunastruttura imperiale inpartecapitalisticae inparte territorialista, ilcuipotereglobalesuperavadigranlungaqualsiasialtropotere ilmondoavessemaiconosciuto,mostrache la formazionee l’espansionedell’economia-mondocapitalisticahacomportatonontantounasostituzione,quantounaprosecuzioneattraversomezzidifferentiepiùefficacidegliobiettiviimperialidelleepochepremoderne.Equestoperché l’economia-mondocapitalistica ricostituitadurante l’egemoniabritannicaera tanto

un «imperomondiale» quanto un’«economia-mondo»: di certo un genere del tutto nuovo di imperomondiale,ma nondimeno un imperomondiale. La più importante e originale caratteristica di questoimperomondialesuigenerisfuillargouso,dapartedeisuoigruppidominanti,diuncontrolloquasi-monopolistico sui mezzi di pagamento universalmente accettati («moneta mondiale») allo scopo diotteneredocilitàaipropricomandi,nonsoloall’internodei loroampiedispersidomini,maanchedaparte dei governanti e dei sudditi di altre aree politiche. La riproduzione di questo controllo quasi-monopolisticosuldenaromondialefuestremamenteproblematicaenonduròmoltoalungoalmenoinbase al confronto con gli imperi mondiali premoderni di maggior successo. Ma finché durò, essoconsentì al governo britannico di governare con grande efficacia su uno spazio politico-economicomoltopiùvastodiquellisucuiavevanogovernato,oeranostatiingradodigovernare,tuttigliimperimondialiprecedenti.

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L’egemoniastatunitenseel’emergeredelsistemadiliberaimpresa

Il Regno Unito esercitò le funzioni di governomondiale sino alla fine del XIX secolo. Dal 1870 inavanti, tuttavia, esso cominciò a perdere il controllo dell’equilibrio di potere europeo, e di lì a pocoanchedell’equilibriodipotereglobale.Inentrambiicasi,l’ascesadellaGermaniaallostatusdipotenzamondialecostituìlosviluppodecisivo(Kennedy,1993a,pp.209-213).Allo stesso tempo, la capacità del Regno Unito di occupare il centro dell’economia-mondo

capitalisticaveniva indebolitadall’emergerediunanuovaeconomianazionaledotatadi ricchezza,didimensioniedirisorsemaggioridellesue.SitrattavadegliStatiUniti,chesisvilupparonoinunasortadi «buco nero» dotato di potere di attrazione nei confronti del lavoro, del capitale edell’imprenditorialitàeuropei,econcuiilRegnoUnito,pernonparlaredeglistatimenoricchiemenopotenti,avevapochepossibilitàdicompetere.Lasfidatedescaequellastatunitensealpoteremondialebritannico si rafforzarono a vicenda, compromisero la capacità della Gran Bretagna di governare ilsistemainterstataleeportaronoinfineaunanuovalottaperlasupremaziamondialediunaviolenzaeunaferociasenzaprecedenti.Nel corso di questa lotta, il conflitto attraversò, se non tutte, alcune delle fasi che avevano

caratterizzatoleprecedentilotteperlasupremaziamondiale.Lafaseiniziale,caratterizzatadaltentativodeigovernantiterritorialistidiincorporarelostatocapitalisticodominante,vennedeltuttoignorata.Inrealtà,lafusionedellalogicadipotereterritorialisticaediquellacapitalisticaaoperadeitreprincipalicontendentiallasupremaziamondiale(GranBretagna,GermaniaeStatiUniti)sieraspintaatalpuntodarenderedifficileunadistinzionetragovernanticapitalistieterritorialisti.Durante tutto il confronto, i governanti tedeschi che si susseguirono mostrarono tendenze

territorialiste assai più accentuate di quelle degli altri due rivali. Ma queste più vigorose tendenzeriflettevano il loro arrivo tardivo alla corsa verso l’espansione territoriale. Come abbiamo visto, ilRegnoUnitoerastatotutt’altrocheparsimoniosonellesueacquisizioniterritoriali,elacostruzionediun impero nel mondo non occidentale era stata un aspetto integrante della sua egemonia mondiale.QuantoagliStatiUniti,illorosviluppocomeprincipalepolodiattrazioneperillavoro,ilcapitaleelerisorse imprenditoriali dell’economia-mondo fu strettamente connesso alla portata continentaleraggiunta dalla loro economia interna nel corso delXIX secolo. Come ha osservatoGareth StedmanJones(1972,pp.216-217),

gli storici americani che parlano con compiacimento dell’assenza del colonialismo stanziale caratteristico delle potenze europeenascondonosemplicementeilfattochel’interastoriainternadell’imperialismodegliStatiUnitifuunvastoprocessodiacquisizionie di occupazioni territoriali. L’assenza di un territorialismo «all’estero» era fondata su un territorialismo «in patria» senzaprecedenti.

Questo territorialismo interno senza precedenti era totalmente inscritto in una logica di poterecapitalistica.Ilterritorialismoeilcapitalismobritannicisieranoinfluenzatiavicenda.Mailcapitalismoe il territorialismo statunitensi erano indistinguibili l’uno dall’altro. Questa perfetta armonia diterritorialismo e capitalismonella formazione dello stato statunitense è compendiata nelmigliore deimodidallalorocoesistenzanelpensierodiBenjaminFranklin.MaxWeber (1977,pp.100-105)haasseritoche lo spiritodel capitalismo fossepresentenel luogo

natio diFranklin (Massachusetts) prima cheunordine capitalistico vi simaterializzasse realmente, esuffragò questa tesi citando per esteso da un documento nel quale Franklin sosteneva le virtù di unrisparmioincessante,conl’intentodiguadagnarequantitàsempremaggiorididenarocomeunfineinsé.CiòdicuiWebernonsiaccorsefuchelospiritodelcapitalismoespressoinquestodocumento«conuna purezza quasi classica» si mescolava, nella mente di Franklin, con uno spirito territorialisticoegualmentespiccato.Difatti,inunaltrodocumentoFranklin

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predissechelepopolazionidellecolonie[dell’AmericadelNord]sarebberoraddoppiateogniventicinqueannieammonìilgovernobritannicoafornireunospaziovitalesupplementareperinuoviarrivati,poichéunprincipeche«acquistaunnuovoterritorio,selotrovavuotooserimuovelepopolazioninativeperdareunospaziovitalealsuopopolo»meritalagratitudinedeiposteri(Lichteim,1974,p.51).

Il tentativo,operatodalgovernobritannicodopo lavittoriasui francesinellaguerradeisetteanni,dilimitare l’espansioneversoOccidentedellesuecolonienell’AmericadelNord,eallostesso tempodifarpagarealoroicostidell’impero,scatenòildissensochecondusseinfineallarivoluzionedel1776(Wallerstein,1995a,pp.202-203).Manonappenalarivoluzioneebbeliberatolemanideicoloni,essipartirono alla conquista del continente nordamericano ogni qualvolta lo ritennero vantaggioso, e neriorganizzarono lo spazio in base a modalità squisitamente capitalistiche. Tra le altre cose questorichiese l’«eliminazione degli indigeni» per fare spazio a una popolazione di immigranti in continuaespansione, proprio come aveva auspicato Franklin. Il risultato fu un «impero» territoriale internocompatto–untermine,quellodi«impero»,chenellessicodiWashington,Adams,HamiltoneJeffersonerausatoinalternativaaquellodiunionefederale(vanAlstyne,1960,pp.1-10)–caratterizzatodacostidiprotezioneconsiderevolmenteinferioriaquellidelvastoimperoterritorialed’oltreoceanodellaGranBretagna.LaGranBretagnael’Americafuronoiduemodellidi«impero»cheigovernantitedeschicercarono

diriprodurreconilloroterritorialismotardivo.Inizialmente,essitentaronodiimitarelaGranBretagnaandandoallaricercadicolonieoltremareesfidandolasupremazianavalebritannica.Maunavoltachel’esito della Prima guerra mondiale ebbe dimostrato la futilità di questo obiettivo, così come lasuperioritàdelmodelloamericano,essitentaronodiemularegliStatiUniti(Neumann,1977;Lichteim,1974,p.67).NélaGermanianégliStatiUnititentaronomaidiincorporareall’internodeipropriterritorilostato

capitalisticodominante,comeavevanoprovatoafarelaFranciaelaSpagnanelXVsecoloelaFranciael’Inghilterra nelXVII secolo, il poteremondiale dello stato capitalistico dominante era cresciuto a talpuntorispettoaquellodeisuoiprecursoriedeisuoiattualirivali,chelalottapotevaavereiniziosolocon quella che era stata in precedenza la seconda fase – quella nella quale gli sfidanti cercano diricuperareilvantaggiorelativopossedutodallostatocapitalisticodominanteinterminidiricchezzaedipotere. Sebbene il controllo sul commercio e sulla finanzamondiali continuasse a svolgere un ruoloimportante nel determinare le rispettive chances nel sistema interstatale, nel corso del XIX secolo ilvantaggio decisivo nella lotta per il potere mondiale fu costituito dalla dimensione relativa e dalpotenzialedicrescitadelmercatointerno:quantopiùgrandeedinamicoilmercatointernodiunostatorispettoaquellodeglialtristati, tantomaggiorilepossibilitàperquellostatodiestromettereilRegnoUnitodalcentrodelleretiglobalidellerelazionidisubordinazionechecostituivanoilmercatomondiale(vediilcap.4).Daquestopuntodivista,gliStatiUnitisitrovavanoinunaposizionedigranlungamigliorerispetto

allaGermania.Ledimensionicontinentali,laposizioneinsulareeladotazioneestremamentefavorevoledi risorse naturali, così come la politica, coerentemente seguita dal governo, di chiusura delmercatointernoaiprodottistranieri,madiaperturaalcapitale,allavoroeall’iniziativaprovenientidall’estero,neavevanofattoiprincipalibeneficiaridell’imperialismodelliberoscambiobritannico.Quandolalottaperlasupremaziamondialeebbeinizio,l’economiainternadegliStatiUnitierabenavviataadiventareilnuovocentrodell’economia-mondo–uncentrocollegatoalrestodell’economia-mondonontantodaflussicommercialiquantodatrasferimentipiùomenounilateralidilavoro,capitaleeimprenditorialitàchesiriversavanodalrestodelmondoversolasuagiurisdizionepolitica.LaGermanianonpotevacompeteresuquestoterreno.Storiaeposizionegeograficanefacevanouna

tributaria piuttosto che una beneficiaria di questi flussi di lavoro, di capitale e di imprenditorialità,benché il lungocoinvolgimentodellaPrussia/Germania inprima lineanelconflittodipotereeuropeo

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desseaisuoigovernantiunvantaggiocomparatorispettoatuttiglialtristatieuropei–inclusoilRegnoUnito – nella creazione di un potente complesso militare-industriale. Dagli anni quaranta in poi, leinnovazioniindustrialiemilitaricominciaronoainteragiresemprepiùstrettamenteall’internodell’areageograficacheandavacostituendosicomeGermania.Fuproprioquesta interazionea sostenere sia laspettacolareindustrializzazionesial’ascesaallostatusdipotenzamondialesperimentatadallaGermanianellasecondametàdelXIXsecolo(McNeill,1984,capp.7-8;Kennedy,1993a,pp.187e210-211).Tuttavia, la crescita sia assoluta che relativa delle sue capacità militari e industriali non nemutò

sostanzialmentelaposizionetributarianeicircuitidellaricchezzadell’economia-mondo.Alcontrario,itributi al RegnoUnito, in quanto centro del commercio e della finanzamondiali, si combinarono aitributiagliStatiUnitinellaformadi fughedimanodopera,dicapitaleedi risorse imprenditoriali.LacrescenteossessionedeigovernantitedeschiperunLebensraum(letteralmente«spaziovitale»,cioèunterritorio considerato vitale per l’esistenza nazionale) aveva le sue origini sistemiche in questacondizione di impotenza nel tradurre rapidamente le crescenti capacità militari-industriali in uncorrispondenteincrementonelcomandosullerisorseeconomichemondiali.Comeabbiamodetto,questaossessionespinseigovernantitedeschiacercarediseguiredapprimail

percorso di espansione territoriale britannico e poi quello statunitense. Tuttavia, i loro tentativiscatenaronounarepentinaescalationdiconflitti traglistatichedapprimaminòepoidistrusselebasidell’egemoniabritannica,machenel contempo inflisseundannopersinomaggiore alla ricchezza, alpotere e al prestigio nazionale della stessa Germania. A trarre il maggior vantaggio da questaintensificazione del conflitto di potere interstatale furono gli Stati Uniti, soprattutto perché essiereditaronolaposizioneinsularedellaGranBretagnaalcroceviaprincipaledelcommerciomondiale.Quello che la Manica non bastava a dare in termini di insularità al tempo della Seconda guerra

mondiale,loassicuraval’OceanoAtlantico.GliStatiUnitifuronoalriparodallaguerraegemonicadeltrentennio 1914-45. Inoltre, man mano che l’economia mondiale si sviluppava e l’innovazionetecnologicacontinuavaasuperareilimitidelledistanze,l’economiamondialesiampliòfinoaincluderetuttelezonedelmondo.Laremotaposizionegeograficadell’Americadivennecosì,commercialmente,tutt’altro che uno svantaggio.Difatti, quando il Pacifico cominciò a emergere come zona economicarivaledell’Atlantico,laposizionedegliStatiUnitidivennecentrale–un’isoladidimensionicontinentaliconunaccessoillimitatoaentrambi ipiù importantioceanidelmondo(GoldsteineRapkin,1991,p.946).PropriocomeallafinedelXVIIsecoloeagliinizidelXVIIIilruoloegemonicoeradivenutoeccessivo

perunostatoconledimensionielerisorsedelleProvinceUnite,cosìagliinizidelXXsecoloquelruoloeradivenutoeccessivoperunostatoconledimensionielerisorsedelRegnoUnito.Inentrambiicasiilruoloegemonicoricaddesuunostato–ilRegnoUnitonelXVIIIsecolo,gliStatiUnitinelXXsecolo–cheeragiuntoagoderediunaconsiderevole«renditadiprotezione»,cioèdiesclusivivantaggidicostoassociati,daunlato,aunainsularitàgeostrategicaassolutaorelativarispettoallasedeprincipale(oallesediprincipali)delconflittointerstatalee,dall’altro,aunaprossimitàassolutaorelativaalprincipale(oai principali) crocevia del commercio mondiale (Dehio, 1988; Lane, 1979, pp. 12-13; Chase-Dunn,1989,pp.114e118).Ma inentrambi i casiquello statoeradotatoanchediunpeso tale, all’internodell’economia-mondocapitalistica,dapotermutarel’equilibriodelpoteretraglistatirivaliinqualsiasidirezioneritenesseopportuna.EsiccomenelcorsodelXIXsecolol’economiamondialecapitalisticasiera estesa considerevolmente, il territorio e le risorse necessari agli inizi delXX secolo per divenireegemonieranodigranlungamaggiorichenelXVIIIsecolo(Chase-Dunn,1989,pp.65-66;GoldsteineRapkin,1991;Thompson,1992).Lemaggiori dimensioni territoriali e lemaggiori risorse degli StatiUniti agli inizi delXX secolo,

rispettoaquelledelRegnoUnitonelXVIIIsecolo,noncostituisconoleunichedifferenzenellelotteperlasupremaziamondialechecaratterizzanoledueepoche.Comeèstatogiàosservato,lalottadegliinizi

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delXX secolo non conobbe la fase nella quale le potenze territorialiste rivali cercano di incorporareall’interno dei propri territori lo stato capitalistico dominante, come invece la Francia e l’Inghilterraavevano cercato di fare senza successo alla fine delXVII e agli inizi delXVIII secolo.Di importanzaancoramaggiore,l’escalationdelconflittointerstataleagliinizidelXXsecolofuseguitaquasisubitodauncrescentecaossistemico.NellaprecedentelottaperlasupremaziamondialetraFranciaeInghilterra,fu necessario più di un secolo di conflitti armati tra le grandi potenze prima che l’anarchia nellerelazioni interstatali si trasformasse in caos sistemico sotto la pressione di una travolgente ondata diribellioni popolari. Agli inizi delXX secolo l’anarchia si trasformò in caos sistemico non appena legrandipotenzesifronteggiaronoinunconfrontoaperto.Allavigiliadello scoppiodellaPrimaguerramondiale fortimovimentidiprotesta socialeavevano

cominciato a manifestarsi in tutto il mondo. Questi movimenti affondavano le proprie radici nelladuplice esclusione sulla quale si basava l’imperialismo del libero scambio, quella dei popoli nonoccidentali, da un lato, e dellemasse nullatenenti dell’Occidente, dall’altro, emiravano a sovvertirequestostatodicose.Durantel’egemoniabritannica,ipopolinonoccidentalinonapparivanocomecomunitànazionaliagli

occhidellapotenzaegemonicaedeisuoialleati,chenegodevanolaprotezioneechelasostenevano.L’egemonia olandese, attraverso il Sistema di Vestfalia, aveva già diviso il mondo «in un’Europaprivilegiata e in una zona residuale di comportamenti alternativi» (Taylor, 1991, pp. 21-22).Mentrel’Europaerastatacostituitacomezonadi«amicizia»edicomportamenti«civilizzati»persinointempodiguerra,iterritoriextraeuropeieranoconsideratiunazonaallaqualenonsiapplicavaalcuncriteriodiciviltàenellaqualeirivalipotevanoesseresemplicementeannientati(Herz,1959,p.67;Coplin,1968,p. 22; Taylor, 1991, pp. 21-22). L’imperialismo del libero scambio spinse questa divisione un passoavanti.Mentrelazonadiamiciziaedicomportamenticivilizzativenivaestesainmododaincluderviglistatiamericanineiqualiicoloniavevanodapococonquistatol’indipendenza,eildirittodellenazionioccidentali a perseguire la ricchezza era elevato al di sopra dei diritti assoluti di governo dei lorogovernanti,ipopolinonoccidentalifuronoprivati,siainteoriacheinpratica,deipiùelementaridirittiall’autodeterminazionemedianteundominiocolonialedispoticoel’invenzionediideologieappropriatecomel’«orientalismo»(Said,1991).D’altra parte, quelle nazioni che durante l’egemonia britannica divennero le unità costitutive del

sistema interstataleeranocompostegeneralmentedacomunitàdiproprietaridallequali inullatenentieranodifattoesclusi.Ildirittoalperseguimentodellaricchezzadapartedeicittadiniproprietarifucosìelevatonon soloaldi sopradeidiritti assolutidigovernodeigovernanti,maanchealdi sopradegliantichissimi diritti alla sussistenza delle masse nullatenenti (Polanyi, 1974). Come la democraziaateniesenelmondoantico,anchelademocrazialiberaledelXIXsecoloerauna«oligarchiaegualitaria»,nellaquale«unaclassedominantedicittadinisi spartivaglionorie lecarichedelcontrollopolitico»(McIver,1932,p.352).I popoli non occidentali e le masse nullatenenti dell’Occidente si erano sempre opposti a quegli

aspetti dell’imperialismo del libero scambio che erano in contrasto con i loro diritti tradizionaliall’autodeterminazione e alla sussistenza. Nel complesso, tuttavia, la loro resistenza era stata vana.Questo stato di cose cominciò a cambiare alla fine del XIX secolo, come diretta conseguenzadell’intensificazione della concorrenza interstatale e del diffondersi della costruzione dell’economianazionalecomestrumentodiquellaconcorrenza.Ilprocessodisocializzazionedelleattivitàbellicheediformazionedellostato,chenellaprecedente

ondatadi lottaper la supremaziamondiale avevaportato alla«democratizzazionedelnazionalismo»,feceunaltropassoavanticon l’«industrializzazionedellaguerra»,cioè ilprocessoattraverso ilqualeunaquantitàeunavarietà semprecrescentidiprodottidell’industriavenivano impiegatinelleattivitàbelliche(Giddens,1987,pp.223-224).Diconseguenza,glisforziproduttivideinullatenentiingenerale,

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edelproletariatoindustrialeinparticolare,divennerounacomponenteessenzialedeglisforzibelliciediformazionedellostatodapartedeigovernanti.Ilpoteresocialedeinullatenentiaumentòinproporzione,così come l’efficaciadelle loro lotteperporre lapropria sussistenza sotto laprotezione statale (Carr,1945,p.19).Inquestecircostanze,loscoppiodellaguerratralegrandipotenzeeradestinatoadavereunimpatto

contraddittoriosuirapportitragovernantiecittadini.Daunlato,aumentòilpoteresocialedelleclassipovere direttamente o indirettamente coinvolte nello sforzo militare industriale dei governanti;dall’altro, ridusse i mezzi a disposizione di questi ultimi per soddisfare le loro richieste. QuestacontraddizionesimanifestònelcorsodellaPrimaguerramondiale,quandoalcuniannidiapertaostilitàfurono sufficienti a scatenare la più importante ondata di protesta e di ribellione popolare chel’economia-mondocapitalisticaavessemaisperimentato(Silver,1992;1995).LaRivoluzionerussadel1917divenneprestoilfulcrodiquestaondatadiribellione.Affermandoil

dirittodituttiipopoliall’autodeterminazione(«antimperialismo»)eilprimatodeidirittiallasussistenzarispetto ai diritti di proprietà e ai diritti di governo («internazionalismo proletario»), i leader dellaRivoluzione russa evocarono lo spettro di un coinvolgimento della ribellione popolare nelfunzionamento del sistema interstatale assai più radicale di quanto non fosse mai avvenuto inprecedenza. Inizialmente, l’impatto della rivoluzione del 1917 fu simile a quello della Rivoluzioneamericanadel1776.Incoraggiò,cioè, ilrevanscismodellagrandepotenzaappenasconfittanellalottaper la supremaziamondiale (inquestocaso laGermania)e in talmodoportòaunanuova tornatadiconflittoapertotralegrandipotenze.Il sistema interstatale risultò polarizzato in due fazioni opposte e antagonistiche. La fazione

dominante,capeggiatadalRegnoUnitoedallaFrancia,eraconservatrice,valeadireorientataversoilmantenimentodell’imperialismodel liberoscambio. Inopposizioneaessa, inuoviarrivatinella lottaper il potere mondiale, che non disponevano né di un consistente impero coloniale né delle giusteconnessioni nelle reti del commercio e della finanza mondiali, erano coalizzati in una fazionereazionaria guidata dalla Germania nazista. Questa fazione si presentò come paladinadell’annientamento del potere sovietico che, direttamente o indirettamente, era di ostacolo alle sueambizioni espansionistiche, sia che si trattasse delLebensraum tedesco, del tairiku giapponese o delmare nostrum italiano. Essa tuttavia ritenne che i suoi obiettivi controrivoluzionari fossero meglioservitidaunconfrontopreliminareosimultaneoconlafazioneconservatrice.Questoconfrontoculminònellacompletadisintegrazionedelmercatomondialeeinviolazionisenza

precedentideiprincìpi,dellenormeedelleregoledelSistemadiVestfalia.Quelchepiùconta,alparidelle guerre napoleoniche 150 anni prima, la Seconda guerra mondiale agì da potente cinghia ditrasmissioneper la rivoluzione sociale che,durante edopo laguerra, si diffuseall’interomondononoccidentalenellaformadeimovimentidi liberazionenazionale.Sotto l’impattocongiuntodiguerraerivoluzione le ultime tracce dell’ordine mondiale del XIX secolo vennero spazzate via, e la societàmondiale sembrò trovarsi ancoraunavolta inunostatodi irrimediabiledisorganizzazione.Nel1945,osservaSchurmann,moltifunzionariamericani«eranoarrivatiacrederecheunnuovoordinemondialefosselasolagaranziacontroilcaosprimaelarivoluzionepoi»(Schurmann,1980,p.60).Propriocome ilRegnoUnitoagli inizidelXIX secolo,gliStatiUnitidapprimadivenneroegemoni

guidando il sistema interstatale verso la restaurazione dei princìpi, delle norme e delle regole delSistemadiVestfalia,epoicontinuaronoagovernareearicostruire ilsistemacheavevanorestaurato.Ancora una volta, questa capacità di ricostruire il sistema interstatale era basata su una diffusapercezione,dapartedeigovernantiedeicittadinidelsistema,chegliinteressinazionalidellapotenzaegemoneincarnasserouninteressegenerale.Questapercezionefufavoritadallacapacitàdeigovernantistatunitensidisollevareerisolvereproblemiintornoaiquali,findal1917,imperversavailconflittodipotere tra forze rivoluzionarie, reazionarie e conservatrici (Mayer, 1971, cap. 2, sulla distinzione tra

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questitretipidiforzenelperiodoinquestione).Sin dal principio, le fazioni più illuminate della élite dominante statunitense mostrarono una

consapevolezza di quali fossero queste questioni assai maggiore rispetto alle élite dominanti dellegrandipotenzeconservatriciereazionarie.

Permoltiversi, l’aspettopiùsignificativodeiprogrammidiWilsonediLenineracheessiabbracciavanol’interomondo:cioèsiappellavanoambedueatuttiipopoli.[…]Entrambiimplicavanol’annullamentodelprecedentesistemaeuropeo,siacheessofosselimitatoall’Europa,siachesifossediffuso[…]all’interomondo.Eambedueentraronoprestoincompetizione.L’appellolanciatodaLeninper larivoluzionemondialeprovocòdirimandoiQuattordicipuntidiWilson; lasolidarietàdelproletariatoe larivoltacontrol’imperialismofuronocontrobilanciatedall’autodecisionedeipopoliedelsecolodell’uomocomune(Barraclough,1992,p.124;vediancheMayer1959,pp.33-34e290).

Questa risposta riformista alle sfidepostedall’UnioneSovietica era in anticipo rispetto ai tempi.Maunavoltachelalottatraleforzeconservatriciereazionariedellapoliticamondialeebbeseguitoilsuocorso,risolvendosiinunforteincrementodelpoteremondialetantodegliStatiUnitiquantodell’UnioneSovietica,ilterrenofuprontoperunaricostruzionedelsistemainterstataletaledasoddisfarelerichiestedeipopolinonoccidentaliedeinullatenenti.DopolaSecondaguerramondialeaciascunpopolo,chefosse«occidentale»o«nonoccidentale»,fu

garantito il diritto all’autodeterminazione, vale a dire il diritto di costituirsi in comunità nazionale e,fattociò,diessereaccettatocomemembroapienotitolodelsistemainterstatale.Sottoquestoaspetto,la«decolonizzazione»globaleelacostituzionedelleNazioniUnite,lacuiAssembleageneraleriunìtuttelenazionisuunpianodiparità,sonostateirisvoltipiùsignificatividell’egemoniastatunitense.Allo stesso tempo, provvedere alla sussistenza di tutti i cittadini divenne l’obiettivo principale da

perseguire per i membri del sistema interstatale. Proprio come l’ideologia liberale dell’egemoniabritannicaavevaelevatoilperseguimentodellaricchezzadapartedeicittadiniproprietarialdisopradeidiritti assoluti di governo dei governanti, così l’ideologia dell’egemonia statunitense ha elevato ilbenesseredi tutti icittadini («unelevatoconsumodimassa»)aldi sopradeidirittidiproprietàedeidiritti assoluti digoverno.Se l’egemoniabritannica avevaampliato il sistema interstatale in rapportoalla «democratizzazione» del nazionalismo, l’egemonia statunitense portò quest’espansione ancoraoltre,inmododarispondereselettivamentealla«proletarizzazione»delnazionalismo.Ancora una volta, l’espansione aveva comportato una sostituzione. La sostituzione del Sistema di

Vestfaliaconl’imperialismodelliberoscambiofurealemaparziale.Iprincìpi,lenormeeleregoledicomportamento ripristinate dalCongresso diVienna lasciarono aimembri del sistema interstatale unconsiderevolemargine suimodi di organizzare le proprie relazioni interne e internazionali. Il liberoscambiosiscontravaconlasovranitàdeigovernanti,malepossibilitàperquestiultimidi«sganciarsi»dalle reti di commercio e di potere dello stato egemonico, qualora lo avessero voluto, eranoconsiderevoli. Soprattutto, la guerra e l’espansione territoriale rimasero mezzi legittimi ai quali imembridelsistemainterstatalepotevanofarricorsonelperseguireipropriobiettivi.Inoltre,durantel’egemoniabritannicanonvieraalcunaorganizzazionedotatadicapacitàdigoverno

delsistemainterstataleeautonomadalpoterestatale.Laleggeinternazionaleel’equilibriodelpoterecontinuavanoaoperare,cosìcomeavevanofattodal1650, tragli stati invecechealdisopradiessi.Come abbiamo visto, il Concerto europeo, la haute finance e il mercato mondiale operavano, tutti,scavalcando lamaggior parte degli stati. Disponendo tuttavia di una scarsa autonomia organizzativarispettoalpoteremondialedelRegnoUnito,essieranostrumentidigovernodiunparticolarestatosulsistemainterstatale,piuttostocheorganizzazioniautonomeingradodigovernareilsistemainterstatale.Rispettoall’imperialismodel liberoscambio, le istituzionidell’egemoniastatunitensehannoridotto

notevolmenteidirittieipoterideglistatisovranidiorganizzareapropriadiscrezionelerelazioniconglialtristatieconipropricittadini.Igoverninazionalisonodigranlungamenoliberidiquantononlosianomaistatidiperseguire i loro finimediante il ricorsoallaguerra,all’espansione territorialee, in

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misuraminorema nonmeno significativa, a violazioni dei diritti civili e umani dei propri cittadini.Nella originaria visione rooseveltiana dell’ordine mondiale del dopoguerra queste restrizioniequivalevanoanientemenocheunacompletasostituzionedellastessanozionedisovranitàstatale.LacaratteristicaessenzialedellavisionediRoosevelt

stavanelfattochelasicurezzaperilmondodovevaesserebasatasulpotereamericanoesercitatoattraversoisistemiinternazionali.Maperchéquestomodelloavesseunvastorichiamoideologicopressoipopolidellaterra,essodovevaproveniredaun’istituzionemenoesotericadiunsistemamonetariointernazionaleemenorozzadiuncomplessodialleanzeobasimilitari(Schurmann,1980,p.87).

LeNazioniUnite,conilloroappelloall’universaledesideriodipacedaunlato,eall’aspirazionedellenazioni povere all’indipendenza, al progresso e a una futura eguaglianza con le nazioni ricche,dall’altro, erano destinate a incarnare questa istituzione. Le implicazioni politiche di questa visioneeranorealmenterivoluzionarie.

Per laprimavoltanella storiamondiale si istituzionalizzavaconcretamente l’ideadiungovernomondiale.Mentre laLegadelleNazionieraguidatadaunospiritofondamentalmenteottocentescodiunCongressodinazioni,leNazioniUniteeranoapertamenteguidatedalle ideepoliticheamericane. […]Nonc’eranulladi rivoluzionarionel tipodi sistemamondialecreatodall’Inghilterraattraversol’impero.Dirivoluzionarioc’eraqualcosanelsistemamondialedimercatochesieradiffusoapartiredall’InghilterradelXVIIIsecoloecreòilcapitalismointernazionale.[…]Laveragrandezzaimperialeingleseeraeconomica,nonpolitica.LeNazioniUnite, invece, erano e restano un’idea politica.LaRivoluzione americana ha dimostrato che le nazioni possono essere costruiteattraverso le azioni consapevoli e deliberate degli uomini. Fino ad allora si era creduto che esse crescessero solo naturalmenteattraversounlungoperiododitempo.[…]DallaRivoluzioneamericanainpoi,moltenuovenazionivennerocreate.[…]QuelcheRooseveltebbel’audaciadiconcepireerealizzareeral’estensionealmondonelsuoinsiemediquestoprocessodicostruzionediungoverno.Lapotenzadiquestavisionenonvasottovalutata,ancheconsiderandolabenpiùmodestarealtàchecominciòaemergereancoraprimadellaConferenzadiSanFrancisco(Schurmann,1980,p.90).

La realtà divenne ancor piùmodesta dopo la costituzione delleNazioniUnite, quando la visione diRoosevelt fu ridotta dalla dottrina Truman al progetto politico più realistico incarnato nell’ordinemondialedellaguerrafredda.Ladottrinarooseveltianadi«ununicomondo»–cheincludeval’UnioneSovieticatralenazionipoveredelmondodaincorporarenellanascentepaxamericanaperilbeneficioelasicurezzaditutti–vennetrasformatanelladottrinadel«mondolibero»,chefecedelcontenimentodellapotenzasovieticailprincipioorganizzativofondamentaledell’egemoniastatunitense.L’idealismorivoluzionariodiRoosevelt,chevedevanellaistituzionalizzazionedell’ideadiungovernomondialeilprincipalestrumentodell’estensioneatuttoilmondodelNewDeal,fusostituitodalrealismoriformistadeisuoisuccessori,cheistituzionalizzaronoilcontrollostatunitensesullamonetamondialeesulpoteremilitare globale come principali strumenti dell’egemonia statunitense (Schurmann, 1980, pp. 5, 67 e77).Quandoquestistrumentidipoterepiùtradizionalivenneroaessereimpiegatinellaprotezioneenella

riorganizzazione del «mondo libero», le organizzazioni di Bretton Woods (il Fondo monetariointernazionaleoFMI, e laBancamondiale) e leNazioniUnitedivenneroo strumenti aggiuntivinellemanidelgovernodegliStatiUnitinell’eserciziodellesuefunzioniegemonichemondialio,quandononerapossibileusarliintalmodo,furonoostacolatinell’eserciziodellelorofunzioniistituzionali.DurantetuttigliannicinquantaesessantailFMIelaBancamondialesvolserodunqueunruolominimo,senonnullo, nella regolamentazionemonetaria mondiale a paragone e in rapporto a un gruppo ristretto dibanche centrali nazionali, guidate dalFederalReserveSystemamericano.Fu solo in occasionedellacrisi dell’egemonia statunitensenegli anni settanta e, soprattutto, negli anni ottanta, cheper la primavolta siverificòunaumentodell’importanzadelleorganizzazionidiBrettonWoodsnella regolazionemonetaria globale. Analogamente, nei primi anni cinquanta il Consiglio di Sicurezza e l’AssembleageneraledelleNazioniUnite furonousati strumentalmentedal governo statunitenseper legittimare ilproprio intervento nella guerra civile in Corea, e successivamente persero ogni equidistanza nella

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regolazionedeiconflittitraglistatifinoallalororivitalizzazioneallafinedeglianniottantaeneiprimianninovanta.RitorneremosulsignificatodiquestarecenterinascitadelleorganizzazionidiBrettonWoodsedelle

Nazioni Unite.Ma per il momento ci sia consentito sottolineare che l’uso strumentale e la parzialeatrofia di questi organismi nelmomento dimassima espansione dell’egemoniamondiale statunitensenon implicarono un ritorno alle strategie e alle strutture dell’egemonia mondiale britannica. Aprescinderedalfattoche,rimanendosemplicementealloroposto,leorganizzazionidiBrettonWoodsedelle Nazioni Unite conservavano gran parte del loro valore ideologico nella legittimazionedell’egemonia statunitense – in netto contrasto con l’assenza di organismi trans-statali e interstatalidotati di visibilità, stabilità e legittimità analoghe nell’istituzione e nella riproduzione dell’egemoniabritannica–ladottrinaamericanadel«mondolibero»eratantounaprosecuzionequantounanegazionedell’imperialismo del libero scambio britannico. Una prosecuzione perché, al pari di quest’ultimo,ricostituì e allargò il Sistema di Vestfalia dopo un periodo di crescente caos tanto nelle relazioniinterstataliquantoinquelleinterneaglistati.Maancheunanegazione,perchénonerané«imperialista»né«liberoscambista»,almenononnelsensodell’imperialismodelliberoscambiobritannico.Il ridimensionamento in senso operativo della visione rooseveltiana attraverso l’istituzione

dell’ordinemondiale della guerra fredda, lungi dall’indebolire, rafforzò la spinta «antimperialista» e«antiliberoscambista» dell’egemonia statunitense. Questa riduzione chiaramente istituzionalizzò laconcorrenza ideologica tra Stati Uniti e Unione Sovietica, manifestatasi per la prima volta quandol’appellodiLeninallarivoluzionemondialesuscitòdi rimandolaproclamazione,dapartediWilson,del diritto di tutti i popoli all’autodeterminazione e di quello dell’«uomo comune» a una sussistenzadecorosa.E se l’istituzionalizzazione di questa concorrenza restrinse notevolmente i parametri al cuiinterno l’egemonia statunitense legittimava le richieste di avanzamento dei popoli non occidentali edelleclassinullatenentidelmondo,essaacceleròancheilprocessodiriorganizzazionedell’economia-mondo capitalistica così da soddisfare quelle richieste per quanto era nelle possibilità del governoamericano.Possono esservi dunque pochi dubbi sul fatto che il processo di decolonizzazione delmondo non

occidentalesarebbestatoassaipiùproblematicodiquantononsiastatoinrealtà,osulfattocheilsuocompletamentoavrebbe richiestomoltopiù tempodiquantonon sia in realtà avvenuto, senon fossestatoperl’intensaconcorrenzaideologicaepoliticacheopposegliStatiUnitiall’UnioneSovieticaallafine degli anni quaranta e nei primi anni cinquanta. Senza dubbio, questa stessa intensa concorrenzaindusseilgovernostatunitenseacalpestareildirittodeicoreani,epoiquellodeivietnamiti,acomporre,senza interferenzeesterne, lacontroversiacheavevaspinto igovernidei loro territori settentrionaliemeridionali a muoversi guerra a vicenda. Ma questa violazione dei diritti consuetudinari degli statisovrani non era altro che un aspetto dell’espansione del Sistema di Vestfalia durante l’egemoniastatunitense mediante l’introduzione di restrizioni senza precedenti alla libertà degli stati sovrani diorganizzareapropriopiacimentolerelazioniconglialtristatieconipropricittadini.Al culmine della propria egemonia mondiale, il governo inglese non corse in aiuto della

Confederazione liberista, contro l’Unione strenuamente protezionista, nella guerra civile americana.Lasciòinveceliberelesueexcoloniedimassacrarsiavicendanellaguerrapiùsanguinosacombattutasottol’egemoniabritannicaesiconcentrònelconsolidamentodelpropriocontrollosull’imperoindianoenellapreparazionedellapiùgrandeondatadicolonizzazionecheilmondoavessemaiconosciuto.Alculminedellasuaegemonia,alcontrario,ilgovernostatunitensesisostituìairegimidellaCoreadelSudedelVietnamdelSud, inquantomembridel«mondo libero»,nelle rispettiveguerre contro i regimicomunistidellaCoreadelNordedelVietnamdelNord.Allostessotempo,tuttavia,favorìattivamentela più grande ondata di decolonizzazione che il mondo avesse mai conosciuto. (Sulle ondate dicolonizzazione e decolonizzazione vediBergesen e Schoenberg, 1980, pp. 234-235.)Queste opposte

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tendenzechecaratterizzaronolostatobritannicoequellostatunitenseall’apicedellerispettiveegemoniemondiali fornisconounavivida illustrazionedellespintedivergentidelledueegemonie.Sedefiniamo«imperialistica» la spinta principale dell’egemonia britannica, non ci rimane altra scelta che definire«antimperialista»laspintaprincipaledell’egemoniastatunitense(Arrighi,1978).Quest’ultima, opposta rispetto alla spinta dell’egemonia britannica, riprodusse lo schema

«regressivo»già evidenziatonello sviluppodell’egemoniabritannica.Proprio come l’espansione e lasostituzionedelSistemadiVestfaliadurantel’egemoniabritannicafuronobasatesustrategieestrutturedi governo e di accumulazione su scalamondiale più simili a quelle della Spagna imperiale delXVIsecolo che non a quelle dell’egemonia olandese, così l’espansione e la sostituzione di quello stessosistema durante l’egemonia statunitense ha implicato un «regresso» verso strategie e strutture digovernoediaccumulazionesuscalamondialechesomiglianopiùdavicinoaquelledegliolandesichenonaquellecaratteristichedell’egemoniabritannica.L’«antimperialismo»,cosìinteso,èunadiquestesomiglianze. Sebbene gli Stati Uniti si fossero formati attraverso un territorialismo «interno» senzaprecedenti, né l’egemonia olandese né quella statunitense si basarono sul tipo di «imperomondiale»territorialesulqualeinvecesiressel’egemoniabritannica.E,alcontrario,l’egemoniaolandeseequellastatunitense furono entrambe imperniate sulla leadership dei movimenti di autodeterminazionenazionale–unmovimentorigorosamenteeuropeonelcasodegliolandesi,eunmovimentouniversalenel casodegliStatiUniti – inunamisuramai raggiuntadall’egemoniabritannica.LaGranBretagnaguidòglistatiemersidall’ondataamericanadiautodeterminazionenazionaleversounordinemondialeliberoscambista. Ma quell’ordine era basato sulla piena realizzazione delle inclinazioni«imperialistiche» della Gran Bretagna in Asia e in Africa. Abbandonando il percorso di sviluppoimperiale della Gran Bretagna in favore di un territorialismo rigorosamente interno, gli Stati Unitiriprodussero su scala incomparabilmente più vasta il percorso di sviluppo nazionale dell’egemoniaolandese.Considerazioni analoghe valgono per la spinta «antiliberoscambista» dell’egemonia statunitense.

L’allontanamentodiquest’ultimadaiprincìpiedallaprassidelliberalismoottocentescoinfavorediunamaggioreresponsabilizzazionedeigoverniperquantoconcernelaregolazioneeconomicaeilbenesseredeicittadinièstatoampiamenteosservato(peresempio,Ruggie,1982;Lipson,1982;Keohane,1984b;Ikenberry,1989;Mjoset,1990).Tuttavia,l’enfasisul«liberalismo»deidueordiniegemonicirispettoal«mercantilismo» del periodo intercorso di lotta per l’egemonia, ha teso a oscurare il fondamentaleallontanamentodell’ordinemondialestatunitensedellaguerrafreddadallepoliticheedall’ideologiadelliberoscambiocaratteristichedellaGranBretagnadelXIXsecolo.Laveritàècheilgovernostatunitensenonpresemainemmenoinconsiderazionel’adozionediqueltipodiliberoscambiounilateralechelaGran Bretagna aveva praticato dagli anni quaranta dell’Ottocento fino al 1931. Il libero scambioteorizzatoepraticatodalregimestatunitensedurantetuttoilperiododellasuasupremaziaegemonicaèstato,invece,unastrategiadinegoziazioneintergovernativabilateraleemultilateralediliberalizzazionedel commercio, mirante soprattutto ad aprire gli altri stati alle merci e alle imprese statunitensi. Lafiducia ottocentesca nel «mercato autoregolato» – nell’accezione di Polanyi (1974) – divennel’ideologiaufficialedelgovernostatunitensesoloneglianniottanta,duranteleamministrazioniReaganeBush,inrispostaallacrisiegemonicadegliannisettanta.Ancheallora,tuttavia,lemisureunilateralidiliberalizzazionedelcommercioeffettivamenteintrapresefuronoalquantolimitate.Inogni caso, il libero scambionon svolsealcun ruolonella formazionedell’ordinemondialedella

guerrafredda.LungidalcostituirelapoliticacheunìgliStatiUnitiel’Europaoccidentale,

[illiberoscambio]fulaquestionechelidivise.[…]LacomunitàatlanticadeldopoguerraebbeoriginesolodopochegliStatiUniti,spintidaltimoreperilcomunismorussoeperquellointernoall’Europa,miseroatacereipropriscrupoliliberalinell’interessedella«sicurezzareciproca»edellarapidaripresadell’Europa[…]L’economiaerasubordinataallapolitica.Ilcommercioprendevaordinidalla bandiera.E l’egemonia americana sull’Europa assunse una formapiù visibile rispetto all’imperialismodel libero scambio,

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oltrecheunaformapiùutileeaccettabiledapartedeglieuropei(CalleoeRowland,1973,p.43).

Questa più utile e accettabile forma di egemonia si distaccava sotto diversi aspetti dalla sua formabritannica ottocentesca. In primo luogo, il sistema monetario mondiale veniva regolato dal FederalReserveSystemamericano,cheagivadiconcertoconungrupporistrettodibanchecentralidialtristati,innettocontrastoconilsistemaottocentescodiregolazioneprivatabasatosullereticosmopolitedellahaute finance imperniate su Londra, e da esse controllato. Il sistema del dollaro regolato dai poteripubblicidiedealgovernostatunitenseunalibertàdiazionemoltomaggiorediquelladicuiilgovernobritannico aveva beneficiato con il sistema aureo regolato privatamente nel corso del XIX secolo(Mjoset,1990,p.39).Allafine,ivincolialmercatoridusserodrasticamentequestalibertàdiazione.Mafinché il governo statunitense esercitò un efficace controllo sulla liquiditàmondiale – come avvennedurantetuttigliannicinquantaelamaggiorpartedegliannisessanta–essofuingradodiusarequestocontrolloperpromuovereesostenereun’espansionegeneralizzatadelcommerciomondialeconpochiprecedentinellastoriadelcapitalismo(vedicap.4).Allostessomodo,lostrumentoprincipaledellaformazionedelmercatomondialedurantel’egemonia

statunitense, il General Agreement on Trade and Tariffs (GATT), lasciò nelle mani dei governi ingenerale, e del governo statunitense in particolare, il controllo sul ritmo e sulla direzione dellaliberalizzazione del commercio. Liberalizzando unilateralmente il proprio commercio estero nel XIXsecolo, la Gran Bretagna aveva ipso facto rinunciato alla possibilità di usare la prospettiva di taleliberalizzazionecomeun’armapercostringereglialtrigovernia liberalizzare il lorocommercio.Nonrinunciandomaiall’usodiquestaarmaconun’adozioneunilateraledel liberoscambio,gliStatiUnitiistituironounregimediscambiocheeraassaimeno«generoso»,neiconfrontidelrestodelmondo,diquantononfossestatoilregimebritannico.Ma,comehasottolineatoKrasner(1979),finchéoperaronoaunlivellosuperiorerispettoaiproprialleatinellagerarchiadeibisogni–comefecerodurantetuttiglianni cinquanta e sessanta – gli Stati Uniti poterono permettersi il lusso di accordare priorità agliobiettivi della guerra fredda ed essere generosi nella negoziazione delle successive tornate dellaliberalizzazionedelcommercio.Durante l’egemoniastatunitensefucosìraggiuntounlivellodi liberoscambiomultilateraleassaimaggiorediquelloconseguitodurantel’egemoniabritannica.Tuttavia,ciòcheallafineprevalsenonfuunregimediliberoscambio;sitrattòpiuttostodiun«accordorabberciatoperilcommerciomondialechenonfunédiaperturanédiautarchia»(Lipson,1982,p.446);o,peggioancora,«unasgangheratastrutturapoliticadi relazionidiplomaticheadhoc traGiappone,CEE eStatiUniti,ediaccordibilateralitraquestiealtripaesiminori»(Strange,1979,p.323).Unaterzaeassaipiùfondamentaledifferenzatral’egemoniastatunitenseequellabritannicaèstatala

tendenza,perunaquotasignificativaecrescentedelcommerciomondiale,aessere«internalizzata»eamministrata da grandi imprese transnazionali integrate verticalmente. I dati sul «commercio»internazionale,consistenteinrealtàditransazioniinternealleimprese,nonsonofacilmentedisponibili.Mavariestimeindicanochelacomponentedelcommerciomondialeconsistenteditransazioniinternealle imprese è cresciuta da una cifra dell’ordine del 20-30 per cento negli anni sessanta, a unadell’ordinedel40-50percentoversolafinedeglianniottantaeiprimianninovanta.SecondoRobertReich «nel 1990 più dellametà delle esportazioni e delle importazioni americane, in valore, furonocostituite semplicemente dal trasferimento di tali merci, e dei servizi a esse connessi, all’interno digrandiimpreseglobali»(Reich,1992,p.114).Questacaratteristicadell’egemoniastatunitenseriflettelacentralitàdell’investimentodiretto,piùche

del commercio, nella ricostruzione dell’economia-mondo capitalistica a partire dalla Seconda guerramondiale. Come ha osservato Robert Gilpin (1975, p. 11), l’essenza degli investimenti diretti dellegrandi imprese transnazionali «è stata costituita dal trasferimento del controllo gestionale susignificativisettoridelleeconomiestraniereacittadiniamericani.Lanaturadiquestiinvestitoridiretti

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all’estero è dunque più simile a quella delle compagnie commerciali dell’epocamercantilista, che aquelladeicapitalistifinanziari,sostenitoridelliberoscambio,chedominavanolaGranBretagnanelXIXsecolo». Poiché le compagnie commerciali a cuiGilpin fa riferimento furono il principale strumentoattraversocui,nelXVII secolo, gli agenti governativi e imprenditoriali olandesi trasformarono la lorosupremazia commerciale regionale, basata soprattutto sul controllo del commercio baltico, in unasupremazia commerciale mondiale, l’espansione transnazionale del capitale delle grandi impreseamericanenelcorsodelXXsecolocostituisceunaltroaspettodel«regresso»dell’egemoniastatunitenseversostrategieestrutturetipichedell’egemoniaolandese(vedicapp.2e4).EsistetuttaviaunadifferenzafondamentaletralecompagnieprivilegiatedelXVIIeXVIIIsecolodaun

lato, e le grandi imprese transnazionali del XX secolo dall’altro. Le compagnie privilegiate eranoorganizzazioni in parte statali e in parte imprenditoriali, che si specializzavano territorialmenteescludendo altre organizzazioni simili. Le grandi imprese transnazionali delXX secolo, invece, sonoorganizzazioniesclusivamenteimprenditorialichesispecializzanofunzionalmenteinparticolarilineediproduzioneedidistribuzione,attraversoiconfinidinumerositerritoriegiurisdizioni,incooperazioneeinconcorrenzaconaltreorganizzazionisimili.A causa della loro specializzazione territoriale e della loro esclusività, il numero delle compagnie

privilegiatediogninazionalitàcheebberosuccessofubassissimo.Innessunmomentovenefuronopiùdiundozzina,efuronoancoramenoquellecheebberodavverosuccessocomeimpresegovernativeocomeimpreseimprenditoriali.Tuttavia, individualmenteecollettivamente,questecompagniesvolserounruolodecisivonelconsolidamentoenell’espansionedelladimensione territorialeedell’esclusivitàdelsistemaeuropeodistatisovrani.A causa della loro transnazionalità e della loro specializzazione funzionale, il numero di grandi

impresetransnazionalichehannoprosperatodurantel’egemoniastatunitenseèstatoincomparabilmentepiùalto.Unastimarelativaal1980indicainpiùdi10000ilnumerodigrandiimpresetransnazionaliein90000ilnumerodelleloroaffiliateestere(StopfordeDunning,1983,p.3).Neiprimianninovanta,secondo altre stime, queste cifre erano salite rispettivamente a 35000 e 170000 (TheEconomist, 27marzo1993,p.5,citatoinIkeda,1993).Lungidalconsolidarel’esclusivitàterritorialedeglistaticome«contenitoridipotere»,questacrescita

esplosivadellegrandi imprese transnazionali èdivenuta il più importante fattoredi indebolimentodiquella esclusività. Intorno al 1970, quando ebbe inizio la crisi dell’egemonia americana incarnatanell’ordine mondiale della guerra fredda, le grandi imprese transnazionali si erano sviluppate in unsistema di produzione, di scambio e di accumulazione su scala mondiale non sottoposto ad alcunaautoritàstataleechedisponevadelpoteredisottoporrealleproprie«leggi»tuttiimembridelsistemainterstatale,inclusigliStatiUniti(vedicap.4).L’emergerediquestosistemadiliberaimpresa–libero,cioè,daivincoli impostiaiprocessidiaccumulazionedelcapitale suscalamondialedallaesclusivitàterritoriale degli stati – è stato l’esito che più di ogni altro ha caratterizzato l’egemonia statunitense.Essosegnaunnuovo,decisivopuntodisvoltanelprocessodiespansioneedisuperamentodelSistemadiVestfalia,epotrebbesenz’altroaveravviatol’esaurimentodelruolodelmodernosistemainterstatalecomesedeprincipaledelpoteremondiale.RobertReich(1993,p.3)parladeldeclinodell’importanzadelleeconomieedellesocietànazionali

sotto l’impatto delle «forze centrifughe dell’economia globale che lacerano i legami che uniscono icittadini». PeterDrucker (1993, pp. 141-156) vede un costante deterioramento nel potere degli stati-nazionesotto l’impattocombinatodi tre forze: il«transnazionalismo»dei trattatimultilaterali edegliorganismi sovrastatali, il «regionalismo» dei blocchi economici come l’Unione europea e il NorthAmerican Free Trade Agreement (NAFTA); e il «tribalismo» della crescente enfasi sulla diversità esull’identità.Quale che sia la diagnosi, la sensazione prevalente è che l’utilità e il potere degli stati-nazionesistannoriducendo:

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Ilprincipaleprotagonistadegliaffaripoliticiinternazionalidegliultimisecolirischianontantodiperderesemplicementeilpropriocontrolloolapropriaintegrità,quantopiuttostodisembrareuntipodiorganizzazioneinadeguatoafarfronteallenuovecircostanze.Peralcuniproblemi,è troppovastoperpoteragire inmodoefficace;peraltri,èeccessivamente ristretto.Diconseguenza,moltesonooggi lepressioni inattoperun«trasferimentodiautorità»siaverso l’altocheverso ilbasso,eper lacreazionedistrutturemeglioingradodirisponderealleforzedelcambiamentodell’oggiedeldomani(Kennedy,1993b,pp.173-174).

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Versounnuovoprogrammadiricerca

Terence Hopkins (1990, p. 141) ha suggerito che l’egemonia olandese, quella britannica e quellastatunitense andrebbero interpretate come «momenti» successivi nella formazione dell’economia-mondo capitalistica: «L’egemonia olandese rese possibile un’economia-mondo capitalistica comesistema sociale storico; l’egemonia britannica ne chiarì i fondamenti e la spinse al dominio globale;l’egemonia statunitense ne incrementò il raggio d’azione, la struttura e la penetrazione, e allo stessotempogeneròiprocessichenestannodeterminandolascomparsa».Inquestocapitolovienepropostouno schema analogo, secondo il quale il sistema interstatale istituito sotto l’egemonia olandese si èampliatoattraversoduesuccessiveriduzionidellasovranitàedell’autonomiadellesueunitàcostitutive.L’egemoniabritannicaampliòilsistemaincludendoviglistaticolonialiemersidalladecolonizzazione

delle Americhe, ed elevando i diritti di proprietà dei cittadini al di sopra dei diritti di sovranità deigovernanti.Ilsistemacosìistituitoeraancoraunsistemadisovranitàterritorialichesilegittimavanoesi escludevano a vicenda, al pari dell’originario Sistema di Vestfalia. Ma si trattava di un sistemasoggettoaldominiobritannico–undominiochelaGranBretagnaeraingradodiesercitareinvirtùdelsuocontrollosull’equilibriodipotereeuropeo,suunampioedensomercatomondialecheavevailsuocentronellastessaGranBretagnaesuunproprioimperoglobale.Benchél’eserciziodiquestodominiofosseperlopiùconsideratonell’interessegeneraledeglistatimembridelsistema,essocomportavaunaminore esclusività dei diritti di sovranità di quella effettivamente goduta nell’originario Sistema diVestfalia.Questoprocessoevolutivodisimultaneaespansioneesostituzionedelmodernosistemainterstatale

compì un nuovo passo avanti con la sua ricostituzione su basi più ampie durante l’egemoniastatunitense. Quando il sistema giunse a includere gli stati non occidentali emersi dalladecolonizzazionedell’Asiaedell’Africa,nonsolo idirittidiproprietà,maanche idirittideicittadinialla sussistenza vennero in teoria elevati al di sopra dei diritti di sovranità dei governanti. Inoltre,vincoli e restrizioni alla sovranità statale si concretizzarono in organismi sovrastatali – in particolarel’ONU e le organizzazioni di Bretton Woods – che, per la prima volta nell’epoca moderna,istituzionalizzaronol’ideadiungovernomondiale(e,perlaprimavoltanellastoriadelmondo,l’ideadiungovernomondialecheincludeval’interoglobo).Conl’istituzionedell’ordinemondialedellaguerrafredda, gli StatiUniti abbandonarono la dottrina rooseveltiana di «un unicomondo», in favore delladottrinatrumanianadel«mondolibero»epreseroilpostodelleNazioniUnitenelgovernodelsistemamondiale.Lascala,laportatael’efficaciadelgovernodelmondodapartedegliStatiUniti,cosìcomela concentrazione deimezzimilitari, finanziari e intellettuali impiegati a tal fine, superarono di granlungagliobiettivieimezzidell’egemoniabritannicadelXIXsecolo.Il moderno sistema interstatale ha dunque acquisito le sue attuali dimensioni globali attraverso

successive egemonie di crescente ampiezza, che hanno corrispondentemente ridotto l’esclusività deidirittidi sovranità realmentegodutidai suoimembri.Sequestoprocessodovessecontinuare, solounverogovernomondialecomequelloimmaginatodaRooseveltpotrebbefarsìchelaprossimaegemoniamondialesiaterritorialmenteefunzionalmentepiùcompletadiquelleprecedenti.Siamodunquetornati,seguendounastradadiversaetortuosa,aunadellequestionisollevatenell’Introduzione.Lastoriadelcapitalismo,così strettamenteassociataall’ascesaeall’espansionedelmodernosistema interstatale,èsul puntodi concludersi come conseguenzadel livello di potere raggiunto nelmondodall’Occidentedurantelaleadershipamericana?Alcuniindizirivelanosenzadubbioche,comeconseguenzadellacrisiegemonicadegliannisettanta

e ottanta, ciò rientra nel novero delle possibilità storiche. La rivitalizzazione delle organizzazioni diBrettonWoodsedelleNazioniUniteneglianniottantaeneiprimianninovantamostrache igruppidominantiamericanisonobenconsapevolidelfattochepersinounostatopotentecomegliStatiUniti

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nonpossiederisorsematerialieideologichenecessarieperesercitarefunzioniminimedigovernoinunmondosemprepiùcaotico.Quantoalfattochequestigruppisianoeffettivamentedispostiarinunciareai simboli, per non parlare della sostanza, della sovranità nazionale – una rinuncia necessaria perun’efficaceazionecondottamedianteorganismisovrastatali–osianominimamenteingradodiideareearticolareunobiettivosocialechelegittimitaleazionesuscalamondialeecheneaccrescadunquelepossibilitàdisuccesso,sitrattadiquestionideltuttodiverse,cuiperilmomentononsipuòdarecheunarispostanegativa.Eppure,nonvièalcunaragioneperritenerechenell’attualetransizioneegemonica,cosìcomeinquellepassate,ciòcheauncertomomentoappareimprobabileopersinoimpensabile,nondivenga in seguito, sotto l’impatto di un crescente caos sistemico, probabile ed estremamenteragionevole.L’altrafacciadiquestoprocessodiformazionediungovernomondialeèlacrisideglistatiterritoriali

comeefficacistrumentididominio.RobertJacksonhaconiatol’espressione«quasi-stati»perriferirsiaquegli stati a cui è stata riconosciuta la condizione di stati sovrani, e che sono divenuti in talmodomembridel sistema interstatale,mache sonoprividellecapacitànecessariea svolgere le funzionidigovernoassociatestoricamenteconlasovranitàstatale.Asuoavviso,glistatidelTerzomondoemersidall’ondatadidecolonizzazionesuccessivaallaSecondaguerramondialecostituisconogliesempipiùchiaridiquestogeneredicondizione.

Gli stati ex coloniali sono stati riconosciuti a livello internazionale e posseggono esteriormente gli stessi diritti e le stesseresponsabilitàdituttiglistatisovrani:lasovranitàgiuridica.Allostessotempo,tuttavia,molti[…]rivelanounasovranitàeffettivalimitata:leloropopolazioninonbeneficianodimoltideivantaggitradizionalmenteassociatiallasovranitàgiuridica.[…]Ibeneficiconcreti che hanno giustificato storicamente gli innegabili oneri della sovranità statale sono spesso limitati a élite abbastanzaristrette,enonsonoancoraestesiatuttalacittadinanza.[…]Sitrattadistatiessenzialmentegiuridici.Sonobenlontanidall’essere,percosìdire,completi,elasovranitàdifattodeveessereancorainlargamisuracostruita.Facciodunqueriferimentoaessicomea«quasi-stati»(Jackson,1990,p.21).

Selacondizionediquasi-sovranitàindicaunamancanzapiùomenofondamentaledirealicapacitàdiformazionedellostatorispettoadaspettativeteoricamenteostoricamenteinformate,abbiamoalloraachefareconunacondizionedelsistemainterstatalemodernoassaipiùdiffusadiquantononsuppongaJackson.ComehasottolineatoJohnBoli(1993,pp.10-11),gliaspettiinterniedesternidellasovranitànazionale costituiscono essenzialmente teorie sulla legittimità dell’autorità. Società nazionaliorganizzateinstatisonoteorizzatecomeilculminedell’autoritàlegittima,«nésubordinateallasocietàmondiale,né contrastateda societàoorganizzazioni locali».La teoria, tuttavia,«è spessoviolatadaifatti».CharlesTilly(1984a,p.41)osservache,allaprovadeifatti, lastessastoriadellaformazionedegli

stati inEuropapresentamoltipiùcasidi fallimentochedisuccesso:«Lasproporzionefrasuccessoefallimento ci pone nella scomoda situazione di trattare di esperienze per la maggior parte negative,mentre solo quelle poche riuscite sono ben documentate». Ancor più innegabile, aggiunge Ruggie(1993,p.156)parafrasandoHendrikSpruyt,è il fattoche,«poichéleformedidominiosuccessivealsistemamedievaleediversedaglistatiterritorialisonostatesistematicamenteesclusedallariflessione,nonvièalcunavariazionefondamentaledelleunitàsullatodellavariabiledipendentenelleteoriedellacostruzionedellostato».L’idea di Jackson dei quasi-stati riposa quindi su una teoria della sovranità basata su un numero

ridottodiesperienzestoriche«disuccesso»diformazionedellostato; inesse lostesso«successo»hafinito con l’essere valutato esclusivamente nei termini delle capacità di creare uno stato-nazioneterritoriale autosufficiente, invece che nei termini delle effettive capacità di esercitare l’autorità nelsistemamondialenelsuoinsieme.QuestaduplicedistorsioneèbeneillustratadalruoloeccessivosvoltodallaFrancianelladeterminazionedeicriteridellasovranità,criteri inbaseaiqualièstatavalutata la«completezza»dellealtreesperienzediformazionedellostato.NelXVIIenelXVIIIsecololaFranciaera

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senzadubbiol’organizzazioneterritorialistadimaggior«successo»inEuropaperquantoriguardavalacostruzione dello stato-nazione. In quanto tale, essa divenne un modello da imitare per altreorganizzazioni territorialiste, eunmodelloda studiarepergli storicipolitici. Inbaseaicriteri realioimmaginari di formazione degli stati-nazione fissati dalla Francia, le Province Unite possono essereconsiderate,pertuttalalorobrevevitadisoliduesecoli,unquasi-stato.Ineffettiessenondivenneromaiunveroepropriostato-nazione.Eppure,perquanto riguarda la formazionedelmodernosistemainterstatale–inquantodistintodallaformazionediunadellepiùpotentiunitàcostitutivedelsistema–ilruolosvoltodallabilestatoolandeseèstatoincomparabilmentemaggiorediquellosvoltodallaFrancia,«modello» di stato-nazione. Come vedremo, considerazioni analoghe si applicano all’esperienza –fortemente sopravvalutata – di formazione di una città-stato a Venezia rispetto all’esperienza diformazionedelsistemamondialedellaquasi-città-statogenovese.La questione non è esclusivamente di interesse storiografico. Come è stato osservato

nell’Introduzione, rispetto agli standard reali o immaginari fissati nel corso dell’ultimo secolo dagliStatiUnitiperquantoconcernelaformazionedellostato,pernonparlaredellaconduzionedellaguerra,glistatidell’emergentearcipelagocapitalisticodell’EstedelSudestasiaticosonotuttiinvariamisuraquasi-stati.Trale«isole»dell’arcipelagosololapiùgrande,ilGiappone,èunostato-nazionenelverosensodeltermine,eperdipiùdigrandesuccesso.MaancheilGiapponeèancora,nelsistemamondialenelsuoinsieme,unprotettoratomilitareamericano.Ancheledue«isole»didimensioniintermedie,laCoreadelSudeTaiwan,sonoprotettoratimilitariamericani.Inoltre,nessunadiesseèunostato-nazioneinsensopieno:laCoreadelSudvivenellasperanzaoneltimorecostantidiricongiungersiallasuametàsettentrionale,eTaiwannellasperanzaoneltimorecostantididiventarepadroneoservitoredellaCinacontinentale.Infine,ledue«isole»piùpiccolemanonmenoimportanti,SingaporeeHongKong,sonocittà-statochecombinanotecnologieearchitettureultramoderneeuncapitalismopoliticocherichiamaallamentelecittà-statodelRinascimento:lefunzionidientrepôtcommerciale-industrialeesercitatedaSingaporelafannosomigliareaVenezia,elefunzionidientrepôtcommerciale-industrialeesercitatedaHongKonglarendonosimileaGenova.Una combinazione differente ma egualmente sorprendente di caratteristiche ultramoderne e della

primaetàmodernaèpresenteneiquasi-statisuiqualiRobertJacksonhaconcentratolasuaattenzione.

In regioni del Terzomondo come l’Africa e l’Asiameridionale, uno studioso di storia dell’Occidente non può fare ameno diosservareapparentidisgiunzionitral’esistenzadiesercitisultipodiquellioccidentalidelXXsecolo,daunlato,eilprevaleredipolitichemilitaricheriportanoallamenteilRinascimento,dall’altro;tral’apparatodigovernorappresentativoel’usoarbitrariodelpotere statale contro i cittadini; tra l’insediamentodi burocrazie indiscutibilmente convenzionali e il diffusousodegli organismigovernativiperunprofittoindividuale.NeglistatiuscitidirecentedaldominiocolonialequestedisgiunzionisonopiùvisibilichenelrestodelTerzomondo(Tilly,1990,p.204).

Ilriemergerediformedipoliticamilitarepropriedellaprimaetàmodernainunmondoultramodernoopostmoderno non è confinato alle regioni del Terzo mondo sbarazzatesi di recente dal dominiocoloniale.BenprimacheilSecondomondodeiregimicomunistisidisintegrasseinunamoltitudinedietnonazionidifattoopotenzialmenteinguerral’unacontrol’altra,unrapportodelRANDsottolineavalatendenzaatornareamodellidiguerracaratteristicidellaprimaetàmoderna.

Lemodalitàdellaguerradell’ultimoquartodelXXsecolopotrebberofinirecolsomigliareaquelledelRinascimentoitalianoodegliinizidelXVIIsecolo–primadell’emergerediesercitinazionaliediguerrepiùorganizzateconconflittiarmaticontinuiesporadici,prividichiariconfinitemporaliespaziali,intrapresiadiversilivellidaun’ampiaschieradiforzenazionaliesubnazionali(Jenkins,1983,p.17).

Questarinascitadimodellidiformazionedellostatoediconduzionedellaguerrapropridellaprimaetàmoderna, al termine di un processo di espansione del moderno sistema interstatale della durata ditrecento anni, è stata accompagnata da un’ondata di sfide all’autorità statale che ha pochi precedenti

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nella storiamoderna.Nell’osservarequesta tendenza, JamesRosenau (1990,pp.4-5) sièchiesto«sequesti sviluppi, che si susseguono così velocemente, non costituiscano le prime avvisaglie di svoltestorichenellequali ledinamichedicontinuitàecambiamentodiano luogoanuoveformedi tensioneche,alorovolta,alteranolestrutturefondamentalidellapoliticamondiale».Asuoavviso,dunque,lavitadelpianetapotrebbeessereentratainunperiododi«turbolenza»comenonsierapiùverificatodaquandomutamentifondamentaliintutteledimensionidellapoliticamondialeculminarononeltrattatodiVestfaliadel1648.La «turbolenza» di Rosenau corrisponde grosso modo al caos sistemico che, nel nostro schema

interpretativo,costituisceunacondizionericorrentedelmodernosistemainterstatale.Unacondizionedicaossistemico/turbolenzaeralargamentevisibilealleoriginidelsistema.Maessasièripresentataduevolte, sia come sintomodel crollo del sistema istituito nel corsodi un’egemonia, sia come elementocrucialenellaricostituzionedelsistemasottounanuovaegemonia.Ilcrescentecaossistemico/turbolenzadegliannisettantaeottantasiadattabeneaquestomodellodi

ritorni periodici. Esso può essere considerato come il segno del crollo del sistema istituito durantel’egemonia statunitense, e può essere pensato come componente essenziale di una possibile, matutt’altrochecerta,futuraricostituzionedelsistemasunuovebasi.Tuttavia,ilriemergere,nelmezzodiattacchiall’autoritàstataledidimensionieportatasenzaprecedenti,dimodellidiformazionedellostatoediconduzionedellaguerrapropridellaprimaetàmodernasuggeriscechel’attualecondizionedicaossistemico/turbolenzapossainrealtàessereinqualchemododiversadalleprecedentimanifestazionidelfenomeno. È come se il moderno sistema di dominio, dopo essersi esteso spazialmente efunzionalmente fin dove possibile, non abbia altro luogo dove andare se non «in avanti», verso unsistemadidominiocompletamentenuovo,o«all’indietro»,versomodellidiformazionedellostatoodiconduzionedellaguerrapropridellaprimaetàmodernaoaddiritturapremoderna.Ilsistemasembramuoversi«inavanti»e«all’indietro»allostessotempo.Questoduplicemovimento

è sempre stato una caratteristica fondamentale del sistemamondialemoderno. Nel nostro schema, i«vecchiregimi»nonsilimitanoa«persistere»,comeavvieneinvecenelladescrizionefornitadaArnoMayer (1994) di quella che abbiamo considerato l’epoca dell’egemonia inglese. Essi si sono inveceripetutamenteripropostinonappenal’egemoniacheliharimpiazzatièstataasuavoltasostituitadaunanuova egemonia. Dunque, l’egemonia britannica ricostituì il moderno sistema di dominio su basispaziali e sociali più ampie, facendo rivivere in forme nuove e più complesse aspetti del governoimperiale sostituito durante l’egemonia olandese. E, a sua volta, l’egemonia statunitense ricostituì ilsistemasubasispazialiesocialipiùampie,facendorivivereinformenuoveepiùcomplesseaspettidelcapitalismomanagerialerimpiazzatodurantel’egemoniabritannica.Questoduplicemovimento, inavanti eall’indietronello stesso tempo, sembracaratterizzareanche

l’attualecongiuntura.Ladifferenzarispettoaiprecedentiperiodiditransizioneegemonicastanelfattoche le dimensioni e la complessità del sistemamondialemoderno sono già divenute tanto grandi dalasciare poco spazio a ulteriori incrementi. Il duplicemovimento e la turbolenza che lo accompagnapotrebbero dunque essere sul punto di produrre non una nuova ricostituzione su basi più ampie delsistemadidominiomoderno,malasuametamorfosiinunsistemacompletamentedifferente,capacedirivitalizzareora l’unoora l’altroaspettodeimodidigovernodellaprimaetàmodernaodelleepochepremoderne.Nellostessosenso,JohnRuggie(1993)haaffermatochel’aspettopiùimportanteecaratteristicodel

moderno sistema di dominio è stato la differenziazione della sua collettività di sudditi in spaziterritorialididominiolegittimoseparati,definitiemutuamenteesclusivi.Sebbeneleformeconcreteeletraiettorie individualideglistaticostituitipereffettodiquestadifferenziazionesianovariatenelcorsodeltempo,dalXVIIsecolofinoaoggiilloro«genere»èstatochiaramentedistinguibile.Oggi,tuttavia,questaformaditerritorialitàcomebaseperl’organizzazionedellavitapoliticasembraesseresuperata

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daunospaziofunzionaleenonterritorialecresciutoall’internodelmodernosistemadidominio,machecostituisceunanegazioneistituzionaledell’esclusivitàterritorialediquelsistema.TraiprincipaliaspettidiquestaimplosioneRuggiemenzional’ideadiFredricJameson(1984)diun

«iperspaziopostmoderno»cherisultadall’«internalizzazione»dellerelazioniinternazionalinellestesseformeistituzionalidelcapitalismo.BenchéincertoapropositodiciòcheJamesonintendeesattamentecon il termine «iperspazio», Ruggie lo trova utile per indicare la tendenza per mezzo della quale«legami microeconomici transnazionalizzati […] hanno creato una “regione” non territorialenell’economiamondiale–unospazio-di-flussidecentratoetuttaviaintegrato,cheoperaintemporeale,echeesisteafiancodeglispazi-di-luoghichechiamiamoeconomienazionali».

Questispazi-di-luoghiconvenzionaliseguitanoadedicarsiarelazionieconomicheesternereciproche–checontinuiamoadefinireconiterminidicommercio,investimentoestero,osimili–mediateconpiùomenoefficaciadallostato.Nellaregioneeconomicaglobalenon territoriale, tuttavia, ledistinzioniconvenzionali tra internoedesternosonoestremamenteproblematiche,eciascunostatononèaltrocheunvincoloaicalcolistrategiciglobalidellegrandiimprese(Ruggie,1993,p.172).

Ciòcorrispondeallanostraprecedenteaffermazionesecondocuilacrescitaesplosivadelnumerodellegrandi imprese transnazionaliedelle transazionial loro internoe tradi loro,èdivenuta il fattorepiùdeterminanteneldissolvimentodelruolodelmodernosistemadistatiterritorialicomeluogodelpoteremondiale.Tuttavia,comesottolineaRuggie,l’originalitàdell’«iperspaziopostmoderno»puòfacilmenteessereesagerata,acausadelle insufficienzedellenostreabitudinipercettive.Questeabitudini si sonoformate negli spazi-di-luoghi convenzionali e sono del tutto inadeguate a descrivere, e tanto più aspiegare, lo sviluppo del singolo spazio-di-flussi generato dall’«internalizzazione» delle relazioniinternazionali nelle strutture organizzative del capitalismo mondiale. Data questa inadeguatezza, glispazi-di-flussinonterritorialipotrebberoessereesistitiinosservatiaccantoaglispazi-di-luoghinazionalinelcorsodituttalastoriadelsistemamondialemoderno.Ruggie (1993, pp. 154-155 e 173) accenna in particolare alla somiglianza esistente tra l’odierno

rapporto tra economia transnazionale e giurisdizioni nazionali, e il rapporto tra autorità giuridichemedievaliefierecommerciali.Isignorilocalieranoingradodirevocareinqualsiasimomentoildirittoa tenereuna fieranei loro territori.Manonavevanoalcun interessea farlopoiché le fiereeranounafontedientrateediservizifinanziari(inparticolareilcambiodivalute)chealtrisignorisarebberostatibenlietidiaccogliereneipropridomini.Inquestomodolefiereprosperarono,eperquantononfosserosostitutidelleistituzionidelpoterefeudale,nefiaccaronoinfinelavitalità.

Lanuovaricchezzacheprodussero,inuovistrumentidelletransazionieconomichechegenerarono,ilnuovoethosdelcommerciochediffusero,inuoviaccordisullemodalitàdiregolazionecherichiesero,l’espansionedegliorizzonticognitivicheimposero,tuttocontribuìaindebolireilegamipersonalisticieimodidipensaresuiqualiposaval’autoritàfeudale.

Inmodoanalogo,comesostieneKennethWaltz (1979), leodiernegrandi imprese transnazionalinonpossonosostituire le istituzionigovernativedelmodernosistemadidominio.Eppure,essepotrebberocontribuireallaloroscomparsaattraversoinuovicomportamentichegeneranoeglioriginalicostruttispazio-temporalicheincarnano.TuttoquestoeraimplicitonellatesidiRichardBarneteRonaldMüller(1974,pp.15-16) secondocui«idirigentidellegrandi impreseglobali stannocercandodimettere inpraticaunateoriadell’organizzazioneumanachemodificheràprofondamenteilsistemadistati-nazioneintornoalqualelasocietàsièorganizzataperoltre400anni.Ciòcheinsostanzaessistannochiedendoèildirittodi trascendere lostato-nazionee,nelfrattempo,di trasformarlo».Asostegnodiquesta tesiessi citano un’affermazione di Carl A. Gerstacher, presidente della Dow Chemical, che sarebbe poidiventataunlocusclassicusdellaletteraturasullegrandiimpresetransnazionali.

Hosognatoalungodiacquistareun’isolachenonfossediproprietàdialcunanazione[…]edistabilire,sulsuolodavveroneutraledi quest’isola, la sede centrale mondiale della Dow, esente da obblighi nei confronti di qualunque nazione o società. Se ci

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trovassimosulsuolodavveroneutralediquest’isola,potremmoallorarealmenteoperarenegliStatiUniticomecittadiniamericani,inGiapponecomecittadinigiapponesi,einBrasilecomebrasiliani,invecediesseregovernatiinnanzituttodalleleggidegliStatiUniti.[…]Saremmopersinoingradodiricompensaregenerosamentegliabitantidelluogoperchésitrasferiscanoaltrove(citatoinBarneteMiller,1974,p.16).

Curiosamente, questo sognodi unanon territorialità assoluta evoca il sistemadi «fiere senza luogo»realizzatodalladiasporacapitalisticagenovesequattrocentoannifa.Adifferenzadellefieremedievali,questefiereeranostrettamentecontrollatedaungrupporistrettodimercantibanchieri,cheletenevanodove preferivano fino a quando si stabilirono sul terreno davvero neutrale di Piacenza. «È statoinventatoda’Genovesiunnuovocambio,ch’essichiamanoperlefierediBisenzone,ovedaprincipiosiandava; ora si vanno a fare in Savoja, in Piemonte, inLombardia, aTrento, alle porte diGenova, eovunquevoglionessi;talchéassaimeglioUtopie,cioèfieresenzaluogos’avrianodachiamare»(citatoinBoyer-Xambeau,DeleplaceeGilard,1991,p.123).Laveritàèchelefieregenovesieranounautopiasoloseconsideratedalpuntodivistadeglispazi-di-

luoghi delle città-stato in declino e degli stati-nazione emergenti.Dal punto di vista dello spazio-di-flussidellediasporecapitalistiche,alcontrario,esseeranounpotentestrumentodicontrollodell’interosistemaeuropeodipagamentitraglistati.Iflussidimercieimezzidipagamento«esterni»aglistatiindeclinoeaquelliemergentierano,inrealtà,«interni»allaretenonterritorialedelcommerciodilungadistanzaedell’altafinanzacontrollataegestitadall’élitemercantilegenovesemedianteilsistemadellefierediBisenzone(vedicap.2).Comeneisistemididominiobasatisullaparentelastudiatidagliantropologi,perparafrasareRuggie

(1993, p. 149), la rete di intermediazione commerciale e finanziaria controllata dall’élite mercantilegenoveseoccupava dei luoghi,manoneradefinita dai luoghi cheoccupava.Mercati comeAnversa,Siviglia e le fiere mobili di Bisenzone erano tutti altrettanto fondamentali della stessa Genovanell’organizzazione dello spazio-di-flussi attraverso cui la diaspora di mercanti banchieri genovesicontrollavailsistemaeuropeodipagamentitraglistati.Manessunodiquestiluoghi–inclusaGenova–definivadasoloilsistemadiaccumulazionegenovese.Ilsistemaerainvecedefinitodaiflussidimetallipreziosi, di lettere di cambio, di contratti con il governo imperiale della Spagna e di eccedenzemonetarie che univano questi luoghi l’uno all’altro. Se l’equivalente «premoderno» del sistemagenovesediaccumulazioneècostituitodaisistemididominiobasatisullaparentela,ilsuoequivalente«postmoderno»piùstrettoèilmercatodell’eurodollaro,unanotevolecaratteristicadelquale,secondoRoyHarrod(1982,p.331),«èchenonhaufficicentralioedificipropri. […]Materialmenteconsistesoltantodiunareteditelefonieditelescriventidisseminateperilmondo,telefonichepossonoessereutilizzati anche per scopi diversi dagli scambi in eurodollari». Il sistema genovese non aveva a suadisposizionealcunmodernomezzodicomunicazione.Fisicamente, tuttavia,essoeracostituito,comel’odiernomercatodell’eurodollaro,daunasempliceretedicomunicazionichepotevaessereutilizzataperscopidiversidalcambiodivalute.Igenovesinonfuronoisoliacontrollareretinonterritorialidiquestogenere.Lostessofacevanole

«nazioni»fiorentina,lucchese,tedescaeinglese–comeeranochiamatenelXVIsecololecomunitàdimercanti banchieri residenti all’estero. Nella seconda metà del XVI secolo, tuttavia, la «nazione»genoveseemersedigranlungacomelapiùpotentetradiesse.Nel1617,SuárezdeFigueroasispinsead affermare che la Spagna e il Portogallo erano divenute «le Indie dei genovesi» (citato in Elliott,1970, p. 96).L’iperbole conteneva un importante elemento di verità.Comevedremo in dettaglio nelprossimo capitolo, nel mezzo secolo circa che precede il 1617 la «mano invisibile» del capitalegenovese, operante attraverso il triangolo-di-flussi che univa l’una all’altra Siviglia, Anversa eBisenzone, era riuscita a trasformare gli obiettivi di potere della Spagna imperiale, così come gliobiettiviindustrialidiVenezia,vecchiarivalediGenovaecittà-stato«modello»,inmotoridellapropriavalorizzazione.

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Questapotenteretenonterritorialediaccumulazionedelcapitaleeradotatadiunastrutturaediunorientamento essenzialmente capitalistici. Secondo Braudel (1981-82, vol. III, p. 113), l’approcciogenovesealcapitalismo«[era]moltopiùmodern[o]di[quellodi]Venezia»,eGenovacomecittà-stato«forsetrae[va]daquestastessaposizioneavanzataunacertavulnerabilità».SeVeneziafuilprototipodituttiisuccessivistaticapitalistici,comeabbiamosostenutoinquestocapitolo,ladiasporadeimercantibanchieri genovesi fu il prototipo di tutti i successivi sistemi non territoriali di accumulazione delcapitalesuscalamondiale.

Pertrequartidisecolol’esperienzagenovesehapermessoaimercantibanchierilocali,chemaneggiavanoicapitalieilcredito,diesseregliarbitrideipagamentiedelleoperazionifinanziarieeuropee.Taleesperienza[…]ècertamenteilpiùcuriosoesempiodipolarizzazioneedi concentrazionecheabbiaofferto finora la storiadell’economia-mondoeuropea, inquanto ruota intornoaunpuntopressochéinconsistente.Ilpernodell’insiemenonèinfattiGenova,maunpugnodibanchieri-finanzieri(oggisidirebbeunasocietàmultinazionale).Equestononècheunodeiparadossidiquellastranacittà, tantosvantaggiataetuttavia,primaedopoil«suo»secolo,tesaapuntareaiverticidellavitainternazionaledegliaffari.Unacittàche,amiogiudizio,èsemprestataamisuradelsuotempo,lacittàcapitalistapereccellenza(Braudel,1981-82,vol.III,p.141).

Quicomealtrove,illinguaggioeleesitazionidiBraudeltradisconoledifficoltàimplicitenellosvelareun potere capitalistico chenon è «contenuto» in uno stato inteso nell’accezione diGiddens,ma cheracchiude un sistema di stati. Queste difficoltà sono radicate nella distorsione propria del nostroapparatoconcettualeinfavoredellospazio-di-luoghichedefinisceilprocessodiformazionedeglistati,econtrolospazio-di-flussidelcapitalechedefinisceilprocessodiaccumulazionedelcapitale.Eppure,storicamente, il capitalismo come sistema mondiale di accumulazione e di dominio si è sviluppatosimultaneamente in entrambi gli spazi. Nello spazio-di-luoghi – come afferma Braudel in un branocitato nell’Introduzione – esso trionfò identificandosi con particolari stati. Nello spazio-di-flussi, alcontrario, esso trionfò non identificandosi con nessuno stato in particolare, ma costruendoorganizzazioniimprenditorialinonterritorialididimensionimondiali.Questo sviluppo simultaneo in direzioni opposte ha dato origine a due genealogie del capitalismo

moderno strettamente connesse eppure distinte. Nella genealogia delineata in questo capitolo, ilcapitalismo moderno ha origine nel prototipo dello stato capitalistico dominante di ogni epocasuccessiva:lacittà-statoveneziana.Nellagenealogiacheesamineremonelrestodellibro,ilcapitalismomoderno ha origine nel prototipo dell’organizzazione imprenditoriale non territoriale mondialedominantediogniepocasuccessiva:la«nazione»genoveseall’estero.Laprimagenealogiadescrivelosviluppodelcapitalismocomeunasuccessionediegemoniemondiali.Lasecondagenealogiadescrivequellostessosviluppocomeunasuccessionediciclisistemicidiaccumulazione.

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2.L’ascesadelcapitale

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Gliantecedentideiciclisistemicidiaccumulazione

L’emergere del sistema contemporaneo di libera impresa come struttura dominante dell’economia-mondocapitalisticacostituiscelostadiopiùrecentediunprocessodidifferenziazionetraimpreseestatiduratoseisecoli.SeguendoFredericLane,possiamodistinguerequestiduetipidiorganizzazionesullabasedei loroobiettivi,deimetodi impiegatiedelleconseguenzesociali.Glistatisonoorganizzazioniorientate al potere che fanno uso della guerra, delle forze di polizia e dell’amministrazione dellagiustizia, con l’aggiunta di appelli ai princìpimorali, comemezzi caratteristici per conseguire i loroobiettivi,echedannovitaasistemididirittoedifedeltà.Leimprese,alcontrario,sonoorganizzazioniorientatealprofitto,impegnateabitualmenteinattivitàdicompravendita,echedannovitaasistemidiproduzioneedistribuzione(Lane,1979,p.38).

Esaminandoleorganizzazionirealmenteesistentinelmondooccidentaleintornoal1900nonètroppodifficileclassificarleocomestatiocomeimprese.Maseesaminiamol’espansioneoceanicadelXVedelXVIsecolo,troviamochenonèpossibileclassificareinquestomodoleorganizzazioniinizialmentecoinvolte.Siacheconsideriamomoventi,imetodi,oleconseguenze,scopriamocheleprincipaliimpreseinnovatricicombinanogeneralmentecaratteristichestataliecaratteristicheimprenditoriali(Lane,1979,pp.38-39).

Comevedremo,leimpresecheassunseroilcomandodell’espansioneoceanicadelXVedelXVI secolomostravano già una notevole specializzazione nell’esercizio di funzioni statali o imprenditoriali, eintornoal1900ladifferenziazionefraorganizzazionigovernativeeorganizzazioniimprenditorialinoneracosìcompletacomeleconsiderazionidiLanesembranoimplicare.Tuttavia,l’osservazionediLanecoglie la spinta fondamentale dell’evoluzione dell’economia-mondo capitalistica dalle sue origininell’EuropadeltardoMedioevofinoaoggi.Inizialmente, le reti dell’accumulazione di capitale erano completamente incorporate nelle reti del

potere,esubordinateaesse.Inquestecircostanze,ilsuccessonelperseguimentodelprofittorichiedevache leorganizzazionieconomichecoincidesseroconpotentistati,comeè testimoniatodall’esperienzadelle oligarchie capitalistiche dell’Italia settentrionale, che erano leader non solo nei processi diaccumulazione del capitale, ma anche nei processi di formazione dello stato e di conduzione dellaguerra. Tuttavia, quando le reti di accumulazione si estesero fino a comprendere l’intero globo,divennero sempre più autonome dalle reti del potere, e in grado di dominarle. Ne è scaturita unasituazionenellaquale,perperseguireconsuccessoilpotere,igovernidebbonoessereleadernonsolonei processi di formazione statale e nella conduzione della guerra, ma anche nei processi diaccumulazionedicapitale.La trasformazionedell’economia-mondocapitalisticada sistemanelquale le retidi accumulazione

eranocompletamenteincorporateesubordinatealleretidelpotereasistemanelqualeleretidelpoteresono completamente incorporate e subordinate alle reti di accumulazione, è proceduta attraverso unaserie di cicli sistemici di accumulazione, ciascuno dei quali composto da una fase di espansionemateriale (D-M) seguita da una fase di espansione finanziaria (M-D’). Come abbiamo vistonell’Introduzione, l’idea di una successione di cicli sistemici di accumulazione deriva dallaosservazione di Braudel che tutte le principali espansioni commerciali dell’economia-mondocapitalistica hanno annunciato la loro «maturità» raggiungendo lo stadio dell’espansione finanziaria.Con Braudel, identifichiamo l’inizio delle espansioni finanziarie con il momento in cui gli agentiimprenditorialidominantidellaprecedente espansionecommerciale spostano le loroenergie e le lororisorse dalle attività commerciali a quelle finanziarie. E, come Braudel, consideriamo il ricorrereperiodicodiquestotipodiespansionefinanziariacomelaprincipaleespressionediunitàdellastoriadelcapitalismo dal tardoMedioevo sino ai nostri giorni. A differenza di Braudel, tuttavia, concepiamoesplicitamenteleespansionifinanziariecomelunghiperiodidifondamentaletrasformazionedell’agente

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edellastrutturadeiprocessidiaccumulazionedicapitalesuscalamondiale.Daquestopuntodivista,inostriciclisistemicidiaccumulazionericordanoglistadidellosviluppo

capitalisticodiHenriPirenne.Nell’esaminarelastoriasocialedelcapitalismolungounmigliaiodianni,daisuoiprimissimialborinell’EuropamedievalefinoagliinizidelXXsecolo,Pirenneosservache,perciascunodeiperiodi incuiquestastoriapuòesseresuddivisa,vièunaparticolareedistintaclassedicapitalisti.Inaltreparole,

il gruppo dei capitalisti di una data epoca non ha origine dal gruppo dei capitalisti dell’epoca precedente. In effetti, a ognimutamentodell’organizzazionedelsistemaeconomicocorrispondeunafratturanellacontinuitàdellaclassedeicapitalisti,quasichei capitalisti attivi fino a quelmomento si riconoscano incapaci di adattarsi alle condizioni determinate da bisogni fino ad allorasconosciuti, che richiedono strumenti non ancora sperimentati. Essi si ritirano allora dalla lotta e diventano una specie diaristocrazia,chesepurehaunsuoruolo,losvolgesoltantoinmodopassivo(Pirenne,1974,p.129).

Illoropostonelpromuovereun’ulterioreespansioneèrilevatodaunanuovaclassedicapitalisti«chesilascianosospingeredaiventiesannocomemanovrare leveleesfruttarli, finoalgiorno incuia lorovoltacedonoevengonosuperatidanuovinavigatoridotatidienergiefrescheenuoverotte».

Inbreve,nonsipuòsostenere la tesicheattraverso isecoliun’unicaclassedicapitalistisia rimastaaesercitare lasuafunzione,comerisultatodiuncontinuosviluppoeadattamentoallemutatecircostanze:alcontrario,cisonotanteclassidicapitalistiquantesonoleepochedellastoriaeconomica.Elastoriaeconomicanonsipresentaall’occhiodell’osservatorecomeunpianoinclinato,mapiuttostocomeunscala,incuiaogniscalinocisiinnalzabruscamenterispettoaquelloprecedente.Noncitroviamoinpresenzadiun’ascesadolceeregolare,madiunasuccessionedispinteversol’alto(Pirenne,1974,pp.129-130).

Ineffetti, anche inostri successivicicli sistemicidiaccumulazionecostituiscono«unasuccessionedispinte verso l’alto», ciascuna delle quali è il risultato delle attività di un particolare complesso diagenzie governative e imprenditoriali dotato della capacità di spingere l’espansione dell’economia-mondocapitalisticaunpassopiùinlàdiquantononavesseropotutoovolutofarecolorocheavevanopromosso e organizzato la precedente espansione. Ciascun passo in avanti implica un cambio dellaguardianelleposizionidicomandodell’economia-mondocapitalisticaeunaconcomitante«rivoluzioneorganizzativa»neiprocessidi accumulazionedelcapitale:uncambiodellaguardiaeuna rivoluzioneorganizzativa che, storicamente, sono sempre avvenuti durante le fasi di espansione finanziaria. Leespansioni finanziarie sono dunque considerate come l’annuncio non solo della maturità di unparticolare stadio di sviluppo dell’economia-mondo capitalistica, ma anche dell’inizio di un nuovostadio.Ilpuntodipartenzadellanostraseriediciclisistemicidiaccumulazione,chesaràconsideratocomeil

«puntozero»nellosviluppodelcapitalismocomesistemamondiale,èdunquel’espansionefinanziariache decollò al termine dell’espansione commerciale del XIII secolo e degli inizi del XIV. Come hamostratoJanetAbu-Lughod(1989),questaespansionecommercialeinteressòungruppodilocalità(ingranpartecittà)dituttal’Eurasiaedipartedell’Africa.Nessunsingoloagenteocomplessoorganicodiagentipuòessereconsideratocomeilpromotoreol’organizzatorediquestaespansione.Lecittà-statodell’Italia settentrionale, che furono tra i principali beneficiari dell’espansione commerciale e chedivennero leader della successiva espansione finanziaria dell’economia-mondo europea, svolsero unruolo cruciale nella creazione di legami regionali nella catena transcontinentale di transazioni che sistendeva dall’Inghilterra alla Cina. Ma queste città-stato non possono essere considerate, néindividualmente né collettivamente, le promotrici e le organizzatrici dell’espansione commercialetranscontinentale che fece la loro fortuna. Sotto questo aspetto, il loro ruolo fu importante masecondario,sia insensoassolutosiarispettoaquellodialtreorganizzazioni, inprimoluogol’imperomongolo (Abu-Lughod, 1989, cap. 5; Barfield, 1989 sull’impatto dell’ascesa e della scomparsadell’imperomongolosulsistemacommercialeeurasiatico).Poiché i cicli sistemici di accumulazione, come sono qui definiti, sono costituiti da una fase di

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espansionematerialeseguitadaunafasediespansionefinanziariapromossaeorganizzatadallostessoagenteodallostessogruppodiagenti,l’espansionecommercialedellafinedelXIIIedegliinizidelXIVsecolo e l’espansione finanziaria che seguì non possono essere considerate costitutive di un ciclosistemico di accumulazione. Ciò nondimeno, fu nel corso di questa espansione finanziaria che siformarono gli agenti del primo ciclo sistemico di accumulazione e si prefigurarono le principalicaratteristichedituttelesuccessiveespansionifinanziarie.Néleorigininélastrutturadeiciclisistemicidi accumulazione possono essere pienamente comprese senza un’indagine preliminare sulle forzeall’operanell’espansionefinanziariadellafinedelXIVedegliinizidelXVsecolo.La caratteristica più importante di questo periodo – così come di tutte le fasi conclusive dei cicli

sistemicidiaccumulazione–fuun’improvvisa intensificazionedellaconcorrenza intercapitalistica. Innessunluogoquestaintensificazionefupiùevidentedell’enclavecapitalisticadell’Italiasettentrionale,che divenne la sede principale dell’espansione finanziaria. Durante la precedente espansionecommercialeirapportitraicentridiaccumulazionediquellaenclave–cioèlecittà-stato–eranostatiessenzialmentecooperativi.Questacooperazionesibasavasoprattuttosuunadivisionedellavorotraleattivitàcommerciali-industrialidellecittà-stato.Anchele«quattrograndi»occupavano,all’internodelsistemacommerciale,nicchiedimercatonettamenteseparate.SiaFirenzesiaMilanoeranoimpegnatenella manifattura e nel commercio via terra con l’Europa nordoccidentale; ma se Firenze eraspecializzata nell’industria tessile, Milano lo era in quella metallurgica. Venezia e Genova eranoentrambe dedite al commercio marittimo con l’Oriente; ma mentre Venezia era specializzata intransazioni con il circuito dell’Asia meridionale basato sul commercio delle spezie, Genova eraspecializzataintransazioniconilcircuitodell’Asiacentralebasatosulcommerciodellaseta.Questa differenziazione strutturale tra le attività commerciali delle città-stato evitò che le loro

rispettiveespansionicommercialisiostacolasseroavicenda.Manonsolo.Quelchepiùconta,essacreòsolidilegamidicomplementaritàtraleattivitàdellevariecittà-stato,rendendointalmodoilsuccessodiciascun centro dipendente dal successo di tutti gli altri. Come ha rimarcato John Hicks nella suadescrizioneteoricadiciòcheeglidefiniscel’«economiamercantile[…]nellasuaprimaforma,quandosiconcretainunsistemadicittà-stato»,nelcommercio,comenell’industria,visononaturalitendenzeairendimenticrescentigraziealfattocheunagrandequantitàdiscambipotevaesseremeglioorganizzatadi una piccola, così da ridurne i costi. In parte queste economie sono «interne» al singolo centrocommercialeoallasingolaimpresa,nelsensochepossonoesserericondottealledimensionimaggioridelleloroattività.Inparte,tuttavia,corrispondonoaquellecheAlfredMarshallhachiamato«economieesterne»,valeadireeconomiedovuteal fattoche ilsingolocentrocommercialeo lasingola impresatraggonovantaggio«dall’esserpartediunpiùampioaggregato»(Hicks,1971,pp.55e65).Inunsistemadicittà-stato,«unpiùampioaggregato»significaunnumeroeunavarietàmaggioridi

centricommercialipoliticamenteautonomi.Amanoamanocheilnumeroelavarietàdiquesticentriaumenta,lagammadimercicheciascunodiessipuòmobilitareperespandereilcommercioall’internodellaproprianicchiadimercatospecializzatadivienepiùdiversificata;oppuredivienepossibileottenerelastessagammaconcostiinferioriatuttovantaggiodelprofitto.Ancorapiùimportante,sostieneHicks,èridurreirischidelleoperazioni.

Ogni commerciante opera in un ambiente di cui ha adeguata conoscenza soltanto per quel che concerne le parti che sono «piùvicine»;haunaconoscenzamoltopiùapprossimativadipartichepossonoriguardarlointimamente,sebbenesiano«piùlontane».Sarà sempre conveniente per lui trovare imodi di ridurre i rischi che derivano dalla sua imperfetta conoscenza, o direttamenteaccrescendo la conoscenza stessa, o indirettamente escogitando difese, talché le cose che emergono dall’ignoto possano(probabilmente)danneggiarlodimeno.L’evoluzionedelleistituzionidell’economiamercantileèinlargapartelegataallaricercadeimezziperridurreirischi(Hicks,1971,pp.56-57).

Hicksprosegueaffermandoche«quantopiùampioèilnumerodeicommerciantichesonoinrapportireciproci,tantopiùagevolesaràl’acquisizionediinformazioni;e,cosaancorapiùimportante,tantopiù

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agevolesaràtrasferireirischi–rischichesorgonoperilsingolocommerciantedallasuamancanzadiconoscenzesullespalledicolorochedaquestopuntodivistasonofornitidimaggioriconoscenze,opossono ritenere conveniente diventarlo» (Hicks, 1971, p. 57). Le considerazioni di Hicks sui«commercianti»valgonoanchepericentricommerciali,einrealtàfannoriferimentoprincipalmenteaessi. Possono esservi dunque pochi dubbi sul fatto che la specializzazione delle città-stato dell’Italiasettentrionale in circuiti commerciali connessi ma spazialmente e funzionalmente separati aumentòenormementelaloroconoscenzacollettivadell’economia-mondonellaqualeoperavano,eridusseintalmodoirischiderivantidalfareaffariinunambienteessenzialmenteinsicuroopersinoostile.In breve, la prosperità dell’enclave capitalistica dell’Italia settentrionale durante l’espansione

commerciale paneurasiatica delXIII e degli inizi delXIV secolo fu basata sulla proliferazione, al suointerno,dicentricommercialiediaccumulazionepoliticamenteautonomi,esuunadivisionedellavorotra questi centri che riduceva i costi e i rischi delle loro attività.Finché l’espansione commerciale simantennenella sua faseascendente, l’intensificazionedellepressioniconcorrenziali inerenteaquestaproliferazione dei centri non fu altro che una potenzialità. I nuovi arrivati potevano trovareun’abbondanza di nicchie di mercato «vuote», o che i centri tradizionali erano desiderosi diabbandonare.Eamanoamanocheoccupavanoquestenicchieevisispecializzavano,essirendevanopossibile per i centri tradizionali ridurre i costi e i rischi delle operazioni mediante un’espansionemaggiormentespecializzatadelleproprieattività.Maanchequandoivecchieinuovicentrioperavanonello stesso genere di attività, e sembravano dunque trovarsi direttamente in concorrenza l’uno conl’altro,inrealtàessicooperavanonelcreareunvolumediscambisufficientementegrandedaconsentirel’apertura di nuove fonti di approvvigionamento – o di nuovi sbocchi per la distribuzione dellaproduzione–matroppograndeperpoteressereorganizzatoefficientementedaunnumeroinferiorediunità.Nellamisura in cui questi centri erano in reale reciproca concorrenza nell’approvvigionamento di

alcuni fattori produttivi e nella distribuzione di alcuni prodotti finali, questa concorrenza, perparafrasareMarx(1978,libroterzo,p.355),regolavairapportitraimembridi«un’attivafratellanza»dicentricapitalistiinmododarenderelaquotadeiprofittitotalispettanteaciascuncentropiùomenoproporzionale al contributo da esso dato all’espansione globale del commercio. Ma non appenaemergevaunarilevanteeduraturasproporzionetralamassadelcapitalechecercavainvestimentonelcommercio,daunlato,eilcapitalechepotevaessereinvestitointalmodosenzagenerareunadrasticariduzione nei profitti, dall’altro, la competizione tra i centri si trasformava in «una lotta tra fratellinemici». Quando emergeva una tale sproporzione, non si trattava più di distribuire i profitti ma didividere le perdite. Di conseguenza, l’antagonismo tra l’interesse di ciascun centro e l’interessecollettivodell’insiemecostituitodatuttiicentriaffiorò,etrasformòlacompetizioneinunaconcorrenza«spietata»,cioèinuntipodiconcorrenzailcuiprincipaleobiettivoèquellodiescluderedagliaffarialtricentri,anchesequestosignificasacrificare ipropriprofittiper tutto il temponecessarioaconseguirequestoobiettivo.Nonsappiamoesattamentequandoavvenne ilcambiamentodellacongiuntura.Masappiamoche il

valore totale delle tasse sullemerci in transito anticipato dagli appaltatori delle imposte nel porto diGenovacaddeda4milionidiliregenovesinel1293a2milioninel1334,esappiamochenellasecondametàdelsecoloilvaloreinquestioneraramentesuperòquest’ultimacifra(Martines,1981,p.222).Datal’importanza di Genova in quel periodo, sia come centro commerciale che come centro diaccumulazione del capitale – nel 1293 il suo commercio via mare ammontava al triplo del redditocomplessivodelRegnodiFrancia(Lopez,1975,p.94)–possiamoritenereconcertezzacheinqualchemomentoagliinizidelXIVsecolo,macertamenteprimadel1334,l’espansionecommercialeeurasiaticasi ridusse, e le attivitàdelle città-stato italiane furonocolpitedaun cambiamento radicale eduraturodellacongiuntura(Abu-Lughod,1989).Inognicaso,

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il venir meno dell’espansione non significa che l’economia mercantile raggiunga un «equilibrio»: l’equilibrio concorrenzialestazionariotantocaroaglieconomistiteorici.Ciascunodeicentri,nelmomentoincuiintervienel’arresto,cercaancoradiespandereilsuocommercio;malaconcorrenzadeglialtri,cheinprecedenzaerastatatollerata,divieneoraunpericolo.Visonostatisemprecontrasti tra i centri. […] Ma è a questo punto, quando la crescita del loro commercio comincia a contrarsi, che è probabilel’esploderetraicentridicontrastifortissimi.Tale,possiamoragionevolmentesupporre,fulalungaguerratraVeneziaeGenova,chesiprotrassepercircaquarantaanniintornoal1400(Hicks,1971,p.66).

Laseriediguerreche,allametàdelXIVsecolo,contrapposeGenovaeVeneziaterminòdifattoconlapace di Torino del 1381, grazie alla quale Venezia espulse Genova dai mercati più redditizi delMediterraneo orientale.Ma queste guerre costituirono solo episodi di un conflitto assai più lungo egenerale che dilaniò e riorganizzò l’enclave capitalistica dell’Italia settentrionale. Questo conflittogenerale fra città-statodurò circaun secolo ed è ciò cheBraudel hadefinito la guerra«italiana»deicentoanni.DopoaverestromessoGenovadaimercatipiùredditizidelMediterraneoorientale,Veneziaprocedettenell’ampliamentodelsuoentroterra(la«Terraferma»).Allostessotempo,MilanoassunseilcontrollodellaLombardiaeFirenzedellaToscana.LaguerraterminòconlapacediLodidel1454,cheistituzionalizzòl’equilibriodelpoterenell’Italiasettentrionale(Braudel,1976,vol.I,pp.339-388).Fu in questo periodo che, come abbiamo osservato in precedenza, alcune città-stato dell’Italia

settentrionalegiunsero aoperare comegrandipotenzenellapolitica europea.Maquesto fu ancheunperiodonelqualeilorogruppidominantifuronodivisiinfazionicontinuamenteinlottatraloro.Questelotte interne furonobrevi e facilmente ricomposte nelle città-stato che stavanoprevalendonella lottaconcorrenziale, e inparticolare aVenezia,ma furonoviolente e incontenibili inquelle città-stato chestavano soccombendo (in particolare aGenova). In ogni caso, come è stato descritto vividamentedaJacobBurckhardt (1984, pp. 4-64) nel suo studio classico, l’Italia del Rinascimento fu uno dei casistoricipiùlampantidi«guerraditutticontrotutti».Igruppidominantidellecittà-statoeranoperennementecircondatidanemici,elaricercadelprofitto

fuincorporatapiùsaldamentechemainellaricercadelpotere.

Vieranoesiliatiostinati,ileaderdellafazioneesclusadalpotere,chevagavanoappenafuoritiro.Vieranocittàrivali,bramoseditrarreprofittodalledifficoltàdeivicini.Evierano,ingenere,nemicisegretichecospiravanoall’internodelpalazzo.Lostato,lacuisopravvivenzadipendevadalpotere,eradunquecostrettoacercarecontinuamentesemprepiùpotere.[…]Laguerratracittàecittàdivenne dunque endemica in tutta l’Italia settentrionale e centrale. Solo giganti commerciali comeVenezia e Genova potevanopermettersidicombattereleproprieguerresulleviedelmareefartremaremetàdellapenisolaconlelorodispute.Nellamaggiorpartedeicasilaguerraeracontrolacittàindipendentepiùvicina.[…]Lecittàgrandidivoravanolepiccole.[…]Equestevittimeeranostatecittàpotenti,cheavevanoconquistatoiloroviciniprimadiessere,alorovolta,conquistate.Seapparivaimprobabilecheuna qualunque delle città rivali potesse riuscire a divorare tutte le altre, allo stessomodo nessuna città era abbastanza forte dasentirsidavveroalsicuro.Sottolaleggedellagiungla,ilprezzodellasopravvivenzaeraunostatodiallertaincessante(Mattingly,1988,pp.49-50).

È questo il contesto nel quale ebbe origine il capitalismo come sistema storico sociale.L’intensificazione della concorrenza tra i capitalisti e la crescente compenetrazione di questaconcorrenzaconilconflittodipotereall’internodellecittà-statoetradiessenonindebolìmarafforzòilcontrollosuquestistatidapartedegliinteressicapitalistici.Mentrelaguerra«italiana»deicentoanniinfuriava,unadopol’altralecittà-statositrovaronoadaffrontarecrisifiscalisemprepiùserie,dovuteprincipalmenteall’entitàdavveroimpressionantedellespesemilitariedell’interessematuratosuldebitopubblico(Martines,1981,p.233).Ilrisultatofuunacrescente«alienazione»dellecittà-statoallaclassecapitalistica, come Marx definì il fenomeno nella sua analisi dell’accumulazione originaria.L’alienazione fu più completa a Genova, dove nel 1407 le entrate della repubblica e la pubblicaamministrazione furono poste nellemani dellaCasa di SanGiorgio, che incorporò i creditori privatidellostato,eaFirenze,dovelaterribilecrisifiscalecheseguìallaguerraconLucca(1429-33)condussedirettamenteall’assunzionedelgovernodellacittàdapartedellaCasadeiMedici.MaancheaMilano–lameno capitalistica e la più territorialista tra le «quattro grandi» – il tesoro ducale sviluppò stretti

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legamiconlegrandifamiglied’affariefinanziariedellacittà(Martines,1981,pp.179-180).Questorafforzamentodelcontrollodegliinteressicapitalisticisuigovernidellecittà-statocostituisce

unasecondacaratteristicaprincipaledell’espansione finanziarianell’Italiasettentrionaledella finedelXIV secoloedegli inizidelXV.Come in tutte le successiveespansioni finanziarie, l’alienazionedeglistatialleclassicapitalisticheebbeluogoattraversountrasferimentodicapitalieccedenti–cioècapitalichenon trovavanopiùun investimento redditizionel commercioverso il finanziamentodelle attivitàbelliche.Quellocheigruppicapitalisticinonpotevanopiùinvestireconprofittonelcommercio,venivaorainvestitonell’acquisizioneostiledeimercatiodeiterritorideirivali,siacomefineinsé,siacomestrumentoperimpadronirsideipatrimoniedelleentratefuturedellostatoalcuiinternoessioperavano.Per quanto redditizio per i gruppi che risultarono vincitori, questo processo di conquista e

appropriazione fu nondimeno limitato nel tempo e nello spazio dai profitti decrescenti dei capitaliinvestitinellaguerra.Unavoltastrappatiairivaliimercatipiùredditizi,unavoltaincorporatineipropridomini i rivali più vicini, in modo che unità di maggiori dimensioni e più difficili da conquistarecominciassero a confrontarsi, e una volta ipotecati alle classi capitalistiche la maggior parte deipatrimoni e dei redditi futuri delle città-stato in guerra, divenne sempre più controproducente, per igruppi capitalistici giunti a controllare le città-stato sopravvissute, continuare a investire i capitalieccedenti nelle attività belliche.Come osservaHicks (1971, p. 66), la guerra intermercantile, al paridellaconcorrenzaacoltello,distruggeiprofitti.Perchénon«comportarsicomefannoimodernigigantiindustriali quando si trovano in una situazione simile. […] Perché non cercare una via d’uscita permezzo di quello che dopo tutto è il normalemetodomercantile? Perché non giungere a un accordo,tacitooesplicito,perdividereilmercato:pernontagliarsilastradaavicenda?»Nel corso dei conflitti che seguirono all’arresto dell’espansione commerciale cominciò dunque a

svilupparsi un nuovo tipo di cooperazione all’interno dei centri commerciali e tra di essi. Durantel’espansione commerciale, accordi restrittivi della concorrenza non erano sconosciuti, ma la bassaintensitàdellepressioniconcorrenzialilirendevasuperfluisenoninambitiparticolariecircoscritti.Maunavoltachel’espansionedelcentrocommercialeebberaggiuntoisuoilimitieleopportunitàbellichepiùredditiziefuronosfruttate,l’esigenzadiaccordidiquestogeneredivennepiùpressante.

Manmano che talune possibilità si esauriscono, o sembrano esaurirsi, i settori in cui diventa allettante proteggersi con accordirispetto all’altrui concorrenza vengono ad ampliarsi. Gradualmente, in questo modo, l’economia mercantile si converte inconsuetudine;ilmercanteaccettauncompitoinunsistemadidirittiedidovericonsuetudinari.La«gravitazionesociale»,allaquale[altritipidieconomiasonosoggetti],siaffermainquestomodoanchesull’economiamercantile(Hicks,1971,p.67).

La cooperazione tra centri di accumulazione che tende a svilupparsi nelle fasi conclusive delleespansionicommercialidifferiscedunqueradicalmente,nellesueoriginienellesueconseguenze,dallacooperazionechesiaffermanellefasiiniziali.Quest’ultimotipodicooperazioneaffondalesueradiciinunadebolezzastrutturaledellepressioniconcorrenziali,dovutaalfattochel’espansionecommercialediciascuncentrocommercialeèprotetta«naturalmente»dalladistanzaspazialee/ofunzionalecheseparalesueattivitàdaquelledi tuttiglialtricentriedalladivisionedel lavorocherendelaredditivitàe lasicurezzadelle attivitàdi ciascun centrodipendenti dalla redditività edalla sicurezzadelle attivitàditutti gli altri centri. La cooperazione che tende a svilupparsi nelle fasi conclusive delle espansionicommerciali,invece,èradicatainunaintensitàstrutturaledellepressioniconcorrenziali,dovutaalfattochealcuniotuttiipiùpotenticentricommercialicomandanounaquantitàdicapitalemaggiorediquellachepossonoinvestireconprofittonellerispettivenicchiedimercatoesonodunquespintiainvaderelenicchiedimercatodeglialtricentri.Comenelle«crisidisovraccumulazione»diMarx(chediscuteremonelterzocapitolo),cercainvestimentonellacompravenditadimerciunaquantitàdicapitalesuperioreaquella che la struttura del centro commerciale è in grado di accogliere senza provocare una drasticariduzionedellaredditivitàedellasicurezzacomplessivedelcommercio.

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In queste circostanze, la cooperazione tra i centri può accrescere la sicurezza e la redditivitàcomplessivedelcommerciosolo riuscendoa limitare la tendenzadeicentria reinvestire iprofittidelcommercio in una sua ulteriore espansione. Come afferma Hicks, «questo momento, allorchél’espansionesiarresta,puòesseredaaltripuntidivistaunmomentomeraviglioso.Iprofittisonoancoraelevati,maunacondizioneperlaloropreservazioneèchenonsianoinvestitiinulterioreespansione.Una volta che sia accettata questa condizione, vi è ricchezza e vi è sicurezza» (Hicks, 1971, p. 67;corsivoaggiunto).Inaltritermini,unavoltacheleespansionicommercialiraggiungonoiproprilimiti,il benessere e la sicurezza vengono a dipendere da un riconoscimento generale da parte degli agentiinteressati che, nelle circostanze storiche esistenti, questi limiti non possono essere superati, e che itentativiinquestadirezione,invecedisalvaguardare,tendonoadistruggerebenessereesicurezza.Nellamisuraincuiquestoriconoscimentosimaterializzaconcretamentenelcontenimentodellatendenzadeicentricommercialiareinvestireicapitalieccedentiinun’ulterioreespansionedelleloroattività,lelotteconcorrenzialipossonoessere tenutesottocontrolloe icentridiaccumulazionepossonogoderediunperiododiprosperità.

Checosapuòessercidimeglio? Il subbugliodelmercatoè stato ricondottoall’ordine.Lepersonehannounpropriopostonellasocietà,unpostocuidevonoconformarsi,macheèaesseriservatoeprotettocontro l’intrusionealtrui.Mediantecorporazionieassociazionianaloghe,checostituisconoimezziperquestaprotezione,essepossonoricercarenuoveformediconsociazioneumana.[…]Lasituazionepresentaaltrivantaggi.Puòdarsicheilvigorechecontraddistinsel’espansionenonsiaimmediatamenteperduto:deveabbandonareleinnovazionicommerciali,maconlasicurezzaelaricchezzapuòindirizzarsiversoaltricampi.L’espansionecommercialehacostituitounostimolointellettuale;maquandosigiungealpuntoincuiessanonassorbepiùlamedesimaenergia,si possonocoltivare l’arte e il sapere come fini a se stessi.Fual terminedel suoperiododi espansionecommerciale cheAtenedivennela«madredellearti»;efudopoilcompimentodellaloroespansionecommercialecheFirenzeeVeneziadivennerolesedidell’altoRinascimento.Questi sono i frutti in virtù dei quali le ricordiamo;ma la stagione in cuimaturano i frutti è l’autunno(Hicks,1971,pp.67-68).

NonèuncasocheBraudelricorraallastessametafora–«ilsegnaledell’autunno»–percaratterizzareleespansioni finanziarie (vedi l’Introduzione). Difatti, la raccolta dei frutti di una passata fase diespansionematerialeèun’ulteriorecaratteristica tipicadi tutte le fasiconclusivedeicicli sistemicidiaccumulazione,giàprefiguratanell’espansionefinanziariadellafinedelXIVedegliinizidelXVsecolo.Assieme allo sviluppo dell’alta finanza (che analizzeremo tra breve), il consumo vistoso di prodotticulturalicostituìlamodalitàprincipaleattraversocuiquestifruttifuronoraccolti.In parte, questo consumo vistoso di prodotti culturali fu una diretta conseguenza dell’avversa

congiuntura commerciale, che resegli investimenti nel patrociniodelle arti una formadi utilizzodeicapitali eccedenti più utile, o persino più redditizia, del loro reinvestimento nel commercio (Lopez,1962; 1963). E, in parte, fu un fenomeno spinto dall’offerta, associato all’invenzione di identitàcollettivemitiche comemezzi dimobilitazionepopolarenella guerra tra città-stato (Baron, 1970); inparte,fuunadirettaconseguenzadellalottaperilprestigiotrafazionirivalidimercanti,nellaqualelosfarzodivenneunastrategiaperdistinguerelefamiglieleunedallealtre(Burke,1984,cap.9).La particolare combinazione di circostanze che produsse il Rinascimento variò da una città-stato

all’altra, e lo stesso vale per le sue conseguenze.Ma per quanto riguarda il sistema di città-stato, ilconsumovistosodiprodotticulturalifuparteintegrantediunprocessodiformazionedellostato,cioèdellariorganizzazionedell’enclavecapitalisticadell’Italiasettentrionaleinunsistemacompostodaunnumero inferiore di organizzazioni politiche, dotate di dimensioni e di forza maggiori. Il carattereanomalodeigruppidominantidellecittà-statosignificavacheessinonpotevanocontaresulla fedeltàautomatica, consuetudinaria, di cui disponevano forme più tradizionali di autorità. Pertanto, questigruppi «furono costretti a conquistare e conservare quella fedeltà accrescendo l’autoconsapevolezzadellacomunità»(Mattingly,1988,p.49).Leguerrechecontrapposerocontinuamentelecittà-statoconsolidaronolealtàecrearonofedeltà, in

particolareperigruppidominanticherisultaronovincitori.Tuttavia,l’espansionedeidominidellecittà-

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statovincitrici,ottenutamediantel’incorporazionedeiterritoriedellepopolazionidellecittà-statocheda quelle guerre stavano uscendo sconfitte, pose nuovamente, e in forme sempre più complesse, lostessoproblemadi lealtàe fedeltà.Quelchepiùconta,quando lecittà-stato inespansionegiunseroasvolgere il ruolo di grandi potenze nella politica europea, i problemi di legittimazione interna sicombinarono a problemi di legittimazione esterna. Il primato nell’arte e nella cultura era unmezzobuonoquantoqualsiasialtroperconseguirelegittimitàsuentrambiifronti.E fuancheunmezzocheben si adattavaalle abilità e alle inclinazionideigruppidominantidelle

città-stato.

Funaturalepergliappartenentiaigruppidominanti–mercantieprofessionisti–perlamaggiorparteconunaformazionegiuridicaonotarile[…]eper lamaggiorparteespertinellacontrattazionecaratteristicadei tribunaliedelmercato–crederecheleparolepotesseroesserealtrettantopotentidellearmi.Lafiduciadeimercantiedeipoliticantinell’efficaciadellapersuasionediplomaticaeforense,comeelementodisupportoocomesostitutodellaforzamilitare,fuprobabilmenteaccresciutadallarinascitadell’interessenella letteratura classica. A sua volta, senza dubbio, questa fiducia rafforzò il nuovo umanesimo e contribuì a dargli la suapredominanteinclinazioneversolaretoricapubblica.Nonèinalcunmodopossibilevalutareoralarealeefficaciadiquestaformadiguerrapsicologica.Senzadubbio,l’opinionepubblicatraleclassiistruiteerapiùomenosensibileallapropaganda,esenzadubbio,dai tempidiPetrarcaediColadiRienzo inavanti,vi fuunacrescente tendenzaa tentaredimanipolarlacon strumenti letterari(Mattingly,1988,pp.53-54).

La sostituzione crescente,mamai completa, delle parole alle armi come strumenti del potere fu unaspettocrucialedelconsolidamentodelsistemaitalianodicittà-statonelsecolodiguerraincessantecheebbetermineconlapacediLodidel1454.Manéleunenélealtresarebberostatesufficientiacreareilprototipodelfuturosistemainterstataledell’economia-mondoeuropea,senonfosserostateintegrate,omegliofondatesulpoteredeldenaro.Legestaoratorieequelled’armisiricordanoassaipiùdiquelledeldenaro.MailcontributopiùdecisivoeduraturocheilRinascimentoitalianodiedeallosviluppodelcapitalismocomesistemamondialesiebbenellasferadell’altafinanza.Fu,questa,lasfera«invisibile»nellaqualesiformaronogliagentielestrutturedelprimociclosistemicodiaccumulazione.Edèaessichedobbiamoorarivolgerci.

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Lagenesidell’altafinanza

L’alta finanzanella sua formamoderna, capitalistica, è un’invenzionediFirenze.Le suebasi furonogettate durante l’espansione commerciale della fine delXIII e degli inizi delXIV secolo,ma divennematurasolodopochequest’espansioneeragiuntaaltermine.IprimigrandiaccordifinanziarialdilàdelleAlpieranostatiraggiuntidagliuominid’affarisenesi

cheavevanoviaggiatoinInghilterraeneiregnidelNordcomeesattoripapali;equestiaffariconRomae per conto di Roma, che includevano «esportazioni invisibili» come pellegrinaggi, indulgenze edispense, rimasero essenziali per la portata continentale e per la prosperità degli istituti bancarifiorentini e senesi all’epoca del loro pieno rigoglio nel XIV e XV secolo. Questa immensa attivitàrichiedeva una gestione esperta e, come notò Giovanni Villani, mercante e cronista, i fiorentini«riconobbero con prontezza i vantaggi che derivavano dal diventare i banchieri del papa; poiché inquestomodoipiùgrandicapitalicircolantidelmondosarebberodovutipassaretraleloromani»(citatoinCox, 1959, p. 165; vedi anche deRoover, 1963, pp. 1-3 e 194-224;Gilbert, 1980, cap. 4;Burke,1986,p.224).Laleadershipdelleimpresefiorentinenell’altafinanzaeuropeafustabilitacombinandoilcommercio

religioso per conto di Roma e il commercio della lana per conto di Firenze. La rapida espansionedell’industria laniera fiorentina alla fine del XIII secolo comportò un progressivo ampliamento della«zona di raccolta» per l’acquisto delle materie prime e per la vendita dei prodotti finali. Quandol’offertalocaledilanagreggiasiesaurì,grandiquantitàditessutiparzialmentelavoratifuronoimportatiprincipalmentedaiPaesiBassiedallaFranciaperessereulteriormentelavoratieultimatidagliespertiartigianifiorentini.QuandoinSpagna,PortogalloeInghilterrafuronotrovatenuovefonticompetitivedilanagreggia,laproduzioneditessutiaFirenzeaumentò,soloperessereriallocataancoraunavoltasuscalapiùampia,grazieallacostituzionediofficineperleprimeemenosofisticatefasidelprocessodifabbricazioneinBrabante,Olanda,InghilterraeFrancia,dovepotevaesseretrovatalalanadimigliorequalità (Cox,1959,pp.162-163).Sul latodelladomanda,gli sbocchi commerciali negli stati italianifuronointegratidasbocchiinrapidaespansionenelLevante,doveiprodottidilanarifinitidiFirenzeerano scambiati con spezie, tinture e altri prodotti asiatici. E «man mano che la qualità migliorò»,osservava Giovanni Villani, «essi raggiunsero la Francia, l’Inghilterra e gli stessi mercati dai qualiprovenivanoinorigine,edoveeranovendutiincambioditessutinonrifiniti»(citatoinCox,1959,p.162).Laformazioneel’espansionedelleretifiorentinedell’altafinanzafuronoinizialmenteincorporatee

edificatesulvastoedensotessutoditransazionicreatodalcommerciodellalana.

I grandi banchieri erano allo stesso tempo membri delle […] gilde della lana, cosicché l’attività bancaria internazionale e ilcommerciodel tessutosisvilupparonoparallelamente.Comebanchieri,essiconvertivano in lana ildenaroe idebitiesigibilineipaesistranieri;accettavanolalanacomegaranziaperiprestiti;permettevanocheidebitipapalineipaesistranierifosseropagatiinlana; chiedevano concessioni commerciali ai signori feudali, e in particolare ilmonopoliodelmercatodella lana, quandoquestigovernanti sollecitavano favori finanziari. […] [Inoltre] finanziavano la produzione di tessuto in patria e all’estero […] [e]concedevanoprestitiabrevetermineperlacommercializzazionedelprodottofinito(Cox,1959,p.164).

Finché continuò a crescere rapidamente e a fruttare notevoli ricavi, il commercio della lana costituìl’elementopiùdinamiconell’espansionedelleretideibanchierifiorentiniintuttaEuropa.Maquandoiltassodicrescitarallentòeiguadagnidiminuirono,imercanti-banchierifiorentiniandaronoallaricercadiunanuovabase,einfinelatrovarononelladomandadicapitalemobileinrapidaespansionegeneratadal conflitto di potere tra gli emergenti stati territorialisti dell’Europa occidentale. La riduzionedell’espansione commerciale eurasiatica fu infatti associata non solo all’intensificazione delle lotteconcorrenziali all’interno del sistema italiano di città-stato osservata in precedenza, ma anche

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all’intensificazionedeiconflittidipoterenelrestod’Europa.Ilsecolodellaguerra«italiana»deicentoannifuancheilsecolodellapiùnotaguerradeicentoanni«anglo-francese»(1337-1453),delloscismachespaccòilpapato(1378-1417),diperiodicheesplosionidianarchiapoliticaedicaosnellapenisolaiberica,edellalungaseriediguerrenell’EuropasettentrionalenelcorsodellequaliilpoteredellaLegaanseaticadeclinòelefortunedegliolandesiaumentarono.Ilegamicheunivanoquestediversecomponentidell’escalationdelconflittodipotereeuropeol’una

all’altra e alla riduzione dell’espansione commerciale eurasiatica sono troppo complessi per essereesaminatiqui.Tuttavia,perquanto riguarda laguerra«anglo-francese»dei cento anni, che svolseunruolodecisivonello sviluppodell’alta finanza fiorentina, vaosservato chenel corsodellaprecedenteespansionecommerciale l’Inghilterraeradivenuta lamaggioreepiù importantefontedi lanapregiatapericentrimanifatturieriitalianiefiamminghi.ComehamessoinevidenzaBarringtonMoore(1969,p.7), questa espansione del commercio della lana generò «quel forte impulso verso il commercio chedovevaallafinedominarelasocietàinglese».Lesueconseguenze«sifecerosentirenonsolonellecittàmaanchenellacampagna,anziquiancoradipiù,epesaronosenzadubbiosullapoliticadelpaese».L’impulsoversoilcommercioebberipercussioninonsolosulleattivitàdiformazionedellostatoma

anchesulleattivitàbelliche,comeètestimoniatodalfattoche,allavigiliadell’invasionedellaFrancia,igovernantidell’Inghilterraeranochiaramentesuperiorinellacommercializzazionedellaguerraai lororivali,perilrestopiùpotenti(McNeill,1984,pp.81-82).Possiamodunqueipotizzareche,invadendolaFrancia, igovernanti inglesi ritenesserogiunto ilmomentodi trasformare inacquisizioni territoriali ilvantaggio detenuto sui francesi nella commercializzazione della guerra, o che fosse necessario uningrandimento territoriale per compensare le ripercussioni negative del rallentamento e dellacontrazionedelcommerciodellalanasullepropriecapacitàbellicheediformazionedellostato.Ciòchesappiamo è che, durante il quarto di secolo precedente all’invasione della Francia, la bilancia deipagamentiingleseavevasperimentatounaggravamentodrammatico,comeètestimoniatodallabruscadiminuzione,avvenutanegliannidiecieventidelXIVsecolo,delconiodiargentoinInghilterra(vedifig.2).Poichéunaparteconsiderevoledelconioingleseerabattutadamonetestraniererifuse–il90percentoopiùneidecenniinquestione–imutamentinellivellodellaproduzionedellazeccaingleseerano strettamente e positivamente associati ai mutamenti nella bilancia dei pagamenti (Miskimin,1969,p.139).Abituatisi a un’offerta crescente dimezzi di pagamento esteri nell’esercizio delle proprie funzioni

belliche e di formazione dello stato, i gruppi dominanti inglesi reagirono al cambiamento nellacongiunturacercando,conilricorsoallaguerra,ciòchenoneranopiùingradodiottenereperiltramitedel commercio. Testimonianze dirette dell’importanza delle considerazioni relative alla bilancia deipagamenti nell’invasione inglese possono essere ravvisate nel fatto che il primo obiettivo perseguitodagli inglesi sul continente fu quello di spuntare ragioni di scambio più favorevoli dai loro clientifiamminghi. A tal fine, essi dapprima imposero, in collusione con il re di Castiglia, un divietoall’esportazionedi lanaalleFiandre,epoiattaccaronoesconfissero i fiamminghinellabattagliadiv(1337).

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A questo punto le esportazioni inglesi verso le Fiandre ripresero, ma a prezzi di gran lunga piùvantaggiosipergliinglesieacondizionecheifiamminghiconcedesserofinanziamentidirettiaEdoardoIII(Miskimin,1969,pp.92-93).In sé e per sé, l’estorsione di prezzi più alti e di prestiti forzosi dagli acquirenti non era un buon

sistemaperfinanziareunaguerralungaecostosa;unapoliticadelgenereavrebbeprimaopoiuccisolagallina dalle uova d’oro, come infine avvenne con il fallimento dell’industria tessile fiamminga.L’estorsione, tuttavia, fu solo una mossa tattica all’interno di una più ampia strategia che mirava a«internalizzare»l’industriatessileinInghilterra.Dunque,quandoilavoratoritessilifiamminghifuronosottopostiaembarghieall’aggressionemilitare,essifuronoallostessotempoincoraggiatiatrasferirsiinInghilterra.Equando,allafinedelXIVsecolo,l’industriafiammingainfinecrollò,furonoinmoltiaprenderequestastrada(Miskimin,1969,pp.93-99).Ilsuccessodiquestastrategiadelbastoneedellacarota può essere misurato in base alle tendenze descritte nella figura 3, che mostra l’espansionedell’industria tessile durante la guerra dei cento anni e la «parallela» deindustrializzazione forzata diunodeitreprincipalicentridellaproduzionetessilefiamminga:Ypres.Commentandoquestetendenze,HarryMiskiminhasottolineatoil«giocoasommanegativa»chene

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costituivailfondamento:

Il trionfo diEdoardo III nel distruggere l’industria fiamminga e nel trasferire parte di essa in Inghilterra fu straordinario,ma ladepressione fiamminga dovette moderare le rivendicazioni che il successo aveva reso possibili agli inglesi. Il successo ingleseconsistenel trapiantodiun’industriapiuttostochenellacreazionediunanuovaareadi iniziativa industriale. […]Di fronteaunmercatomondiale in declino – il declino nella sola città diYpres fumaggiore dell’intero commercio di esportazione inglese –l’Inghilterra, mediante l’esercizio del potere nazionale e del controllo economico sulle materie prime, aveva raggiunto unaprosperitàeconomicaregionaleaspesedelleFiandre(Miskimin,1969,pp.95-96).

L’espansionedellaproduzionetessileinInghilterranonfunull’altrocheuntrapiantodiun’industria,equesto trapianto fu associato a un complessivo declino della prosperità economica: tale conclusionedivieneancorpiùinevitabilesesiintroducenelquadroladeindustrializzazione«spontanea»diFirenze,cheprecedettequelladiYpresefupersinopiùmassiccia.SecondoGiovanniVillani,nel1338vieranoaFirenze200opiù laboratori cheproducevano tra le70000e le80000pezzedi tessutoperunvalorecomplessivo superiore a 1200000 fiorini d’oro. Trenta anni prima ve ne erano circa 300 cheproducevanopiùdi100000pezzeditessuto,sebbenelaloroqualitàfossepiùscadenteeillorovaloredicircalametà(LopezeRaymond,1955,pp.71-74;Luzzatto,1970,p.106).I mercanti e i fabbricanti fiorentini avevano dunque cominciato ben prima del 1338 a ridurre la

produzioneditessutieaconcentrarsisuarticolidiqualitàsuperioreedimaggiorvalore.Matrail1338e il 1378 questa tendenza divenne spasmodica. La produzione si concentrò quasi esclusivamente sutessutidiqualitàsuperiore–inmediadiunvaloredoppiorispettoaquelliprodottiinprecedenza–efuridottaa24000pezze,pernonsaliremaialdisopradelle30000pezzeannuenelcorsodi tutto ilXVsecolo(Cipolla,1959;Luzzatto,1970,pp.97-98,106e141).La riduzione della produzione di lana a Firenze tra il 1338 e il 1378 fu superiore sia al declino

registratoaYpresdall’iniziodellaguerradeicentoannifinoatuttiglianniottantadelXIV secolo,siaallacrescitacomplessivadelleesportazioniditessutiinglesinelcorsodelXIVsecolo.Tuttavia,questadrasticariduzionedellaproduzioneindustrialeaFirenzenonfuilrisultatodialcunusoominacciadellaviolenza da parte dei governanti inglesi, o di altri. Piuttosto, fu l’espressione della logica di azionerigorosamentecapitalisticacheguidaval’impresafiorentina.Allora come oggi questa logica imponeva che i capitali venissero investiti nel commercio e nella

produzionesolofinoaquandoirendimentidiquesteattivitàfosserostatinonsolopositivi,masuperioriaqualsiasitassochegiustificassel’esposizionedeicapitaliairischieaiproblemiinseparabilidalloroimpiegonelcommercioenellaproduzionee,insecondoluogo,avesserocompensatoiloroproprietarideiguadagnichequesticapitaliavrebberopotutofruttarese impiegati inattività finanziarie.E,alloracome adesso, l’intensificarsi delle pressioni concorrenziali in tutto il sistema commerciale tese adaumentarequestotasso,eintalmodoaprovocareun’importanteriallocazionedeicapitalidall’acquisto,lavorazioneevenditadimerciversoformediinvestimentopiùflessibili,valeadiresoprattuttoversoilfinanziamentodeldebitonazionaleinternoedestero.Questariallocazionenonfuunmovimentoversoqualchesortadi«equilibrio».Alcontrario,fusiaespressionechecausadinotevolidisordinieconomici,politiciesociali.Ildisordineeconomicoculminònel«grandecrollo»deiprimianniquarantadelXIVsecolo,innescato

nel 1339 dall’inadempienza di Edoardo III di fronte agli impegni relativi all’imponente prestito di1365000 fiorini d’oro – superiore, va osservato, al valore complessivo della produzione di tessutifiorentini nel 1338 – con il quale le imprese fiorentine dei Bardi e dei Peruzzi avevano finanziatol’invasione della Francia da parte degli inglesi. Ferdinand Schevill (1936, p. 219) sostiene che ibanchieri fiorentini erano a conoscenza del rischio associato all’investimento, ma erano talmenteinvischiati nelle finanze del trono inglese che gli era impossibile tirarsi indietro. Questo significaprobabilmente che iBardi e i Peruzzi sapevano che l’epoca d’oro di ricavi crescenti nel commerciodella lana era finita per sempre, e che la migliore opportunità per recuperare i fondi concessi in

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precedenzaallacoronaingleseeralaconcessionediunnuovograndeprestito,cheavrebbepermessoaEdoardo III di aumentare le proprie entrate – e quindi la capacità di pagare gli interessi e restituire idebiti – mediante conquiste territoriali o mediante il trapianto dell’industria dei tessuti fiammingaall’interno dei propri territori.A conti fatti si trattò di un grave errore di calcolo, poiché a due annidall’iniziodellaguerraEdoardo IIIsidichiarò insolventee,nel farquesto,scatenòunagravecrisinelsistemacreditizioeuropeo,unassaltoallebancheaFirenzeealtrove, e la rovinadelle impresedeglistessiBardiePeruzzi.Ilgrandecrollodeglianniquarantasconvolselevitedimigliaiadiinvestitoriordinariedilavoratori

di Firenze, e condusse a un’intensificazione degli antagonismi che avevano tradizionalmentecontrappostolediversefazionideigruppidominantidellacittà.Ildisordinenelmercato,accentuatoapartiredal1348dalledevastazionidellaMorteneraedallesuccessiveepidemie,destabilizzòildominiodelleclassimercantiliecreònuoveopportunitàperl’emancipazionepoliticadelleclassilavoratrici.Nel1338,allavigiliadelgrandecrollo,piùdi30000persone,circaunterzodellapopolazionediFirenze,viveva dei salari versati dai produttori di tessuti. Quando, nel corso dei successivi quaranta anni, laproduzione di tessuti crollò, gli strati inferiori della forza-lavoro salariata – che era interessata solomarginalmente alla produzione di tessuti di qualità superiore – insorse a difesa dei propri interessichiedendo salari più alti, la salvaguardia dei livelli di produzione esistenti e il diritto alla liberaorganizzazione.Queste lotte culminarono nella cosiddetta rivolta dei Ciompi del 1378, nella quale ilavoratoritessilicadutiinmiseriasiimpadronironodelpoterestataleepiazzaronouncardatoredilana,MichelediLando,allaguidadelgovernodella repubblica (Cox,1959,pp.152-153;Dobb,1977,pp.157-158;Miskimin,1969,pp.98-99).Questa rivolta proletaria fu prontamente domata dai datori di lavoro mediante una serrata che

trasformò i lavoratori rivoltosi in una massa di disoccupati affamati. E quando questi disoccupatiaffamati decisero di insorgere per il cibo emarciaronominacciosamente sulla Signoria, lo stesso diLando,allatestadeilavoratoridellecorporazionisuperiori,inflisselorounasconfittaschiacciante(Cox,1959,p.153).ComehaosservatoSchevill(1936,p.308),«lalottadelXIVsecoloaFirenzecostituisceunprimocapitolodellostessoconflittomodernotracapitaleelavoro,elavittoriarelativamenteagevoleconseguita dal capitale rivela le difficoltà che a partire da quel momento gli oppositori del capitalehannodovutoaffrontare».Allora,comesempreapartiredaquelmomento,talidifficoltàscaturironodalfattocheilcapitaleera

dotatodiunaflessibilitàediunamobilitàdigranlungamaggioridiquelledeisuoiantagonisti.Quandole pressioni concorrenziali sulle organizzazioni governative e imprenditoriali si intensificarono, leorganizzazionirigorosamentecapitalistichefuronoassaimenovincolatedaconsiderazionidipotereodisussistenzanella riallocazionedelle loro risorsedi quantonon lo fossero lamaggior parte delle altreorganizzazioni, che si trattasse della casa reale britannica, delle corporazioni fiamminghe o dellecorporazionidella stessaFirenze.Per lepiù importanti imprese fiorentineeradunque in largamisurairrilevanteilfattochelavalorizzazionedelcapitaleavvenissemediantel’acquisto, la lavorazioneelavendita di merci o mediante il finanziamento delle lotte che opponevano l’una all’altra le variecomponentidell’economia-mondoalcuiinternoesseoperavano.Eamanoamanochelaconcorrenzafececalarelaremunerazionedeicapitaliinvestitinelcommercioenellaproduzione,mentreilconflittodi potere faceva aumentare i guadagni nell’alta finanza, esse cominciarono a trasferire le eccedenzemonetariedalprimoalsecondogenerediinvestimento:gradualmenteneiprimidecennidelXIVsecolo,precipitosamenteneidecennicentrali.Gli strati della classe lavoratrice fiorentinamaggiormente colpiti da questo trasferimento potevano

fare ben poco per arrestare, e tanto meno rovesciare, la tendenza che stava rendendo la loro stessaesistenza «sovrabbondante» rispetto alle esigenze dell’accumulazione capitalistica del capitale. Perironia della sorte, la loro rivolta e la loro momentanea conquista del potere nel 1378, lungi

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dall’indebolire,rafforzaronoquestatendenzaeportaronoalsuoconsolidamentofinale.Ciòaccadde,daunlato,perchéfuportatoallaluceilfondamentaleconflittodiinteressicheopponevalostratosuperioreequelloinferioredellaclasselavoratricefiorentinae,dall’altro,perchénederivò,perlediversefazioninelle quali era divisa la classe capitalistica fiorentina, un forte incentivo politico a risolvere i lorocontrastieaesercitareildominiosullavoroconilpugnodiferro.Nonfunépercasonéperun’erratapercezionedeipropriinteressicheilavoratoridellecorporazioni

superioriparteciparonoattivamenteallarepressionedellarivoltadeiCiompi.LestessetendenzechenelcorsodelXV secolostavano impoverendoglistrati inferioridellaclasse lavoratrice fiorentinastavanoinfatti facendo la fortuna degli strati superiori. I proventi del capitale non stavano calandouniformemente in tutti i settori della produzione, e in alcuni di essi non calavano affatto. Quando icapitali eccedenti furono trasferiti ancor più massicciamente verso il finanziamento della guerra nelsistemaitalianodicittà-statoenell’economia-mondoeuropea ingenerale,siebbeun’esplosionedellarichiesta di strumenti bellici, a vantaggio degli arsenali di Venezia e ancor più dell’industria degliarmamentidiMilano.Maicapitalieccedentivennerotrasferitiancheindirezionedelconsumovistoso,nonsolodiprodotticulturali,maanchediarticolipiùmondanicomeiprodottitessilidialtaqualità.Diconseguenza, mentre gli strati inferiori della classe lavoratrice fiorentina furono resi sovrabbondantidallariduzionedeiprofittinellaproduzionedeitessutipiùscadenti–lacuirichiestaeranellamiglioredelleipotesistagnanteecheeranoforniti inabbondanzadall’aumentodellaproduzioneinInghilterra,Olanda,BrabanteeFrancia–lecompetenzeeil lavorodeglistratisuperiori trovaronounasollecitaesicuradomandanellaproduzionedeitessutidimaggiorpregio(Miskimin,1969,pp.99e153-157).Lagrandeimpresafiorentinaelericchefamigliedimercantisfruttaronoabilmentelecontraddizioni

create all’interno della classe lavoratrice da queste tendenze divergenti. Quando attuarono la serratacontroilavoratoridellecorporazioniinferiori,essesollecitaronol’appoggiodelgovernodiMichelediLando e dei lavoratori appartenenti alle corporazioni superiori.Dopo che questa politica ebbe dato isuoi frutti con la sottomissione definitiva dei Ciompi, esse estromisero di Lando e dopo il 1382governaronopermezzosecololacittàconun’unitàdiintentiraramentemostrataprimadellarivoltadel1378. Anche allora, tuttavia, riservarono un trattamento assai diverso agli strati inferiori e a quellisuperioridellaclasselavoratrice.L’esistenzadeglistratisuperiorifuprotettainmodopiùattivochenelperiodoprecedenteallarivolta,conilricorsoadaziproibitivisull’importazioneditessutistranierieadaltre misure che miravano a salvaguardare i segreti commerciali e a celare input strategici aiconcorrenti.Gli strati inferiori, al contrario, furono privati di ogni protezione e di ogni diritto a unaliberaorganizzazioneefuronodunquetrasformatiinunamassafluttuantedilavoroeccedentecostrettadall’indigenzaacercareilpropriosostentamentoquotidianonelboomediliziodelRinascimento(Cox,1959,p.154;Miskimin,1969,p.99;Martines,1981,pp.189-190).Ilmezzosecolodigovernooligarchicodapartedelleagiate famigliedimercanti terminònel1434

con l’assunzione del governo e l’insediamento de facto di un dominio monarchico da parte dellafamigliacheinanticiposututtelealtresieramossaversol’accumulazionediricchezzaedicapitale,iMedici. Come abbiamo osservato in precedenza, questa assunzione del governo fu una direttaconseguenzadellaseveracrisifiscalecheavevacolpitolarepubblicafiorentinadopolaguerracontroLucca. Ma se fu la crisi fiscale a creare l’opportunità per i Medici di «acquistare» la repubblicafiorentina a unprezzod’occasione, la capacità di cogliere tale opportunità fu il risultato di un lungoprocessodisviluppo,chepuòesserefattorisalirealgrandecrollodeglianniquarantadelXIVsecolo,enel corso del quale la Casa dei Medici era divenuta l’organizzazione dominante nell’alta finanzaeuropea.Quattroaspettidiquestoprocessosonopertinentiainostriinteressi.Inprimoluogo,lefortunedeiMedicifuronocreatesullerovinedelgrandecrollodeglianniquaranta.

Essendo sopravvissuti a questo crollo, e partendo da origini modeste, i Medici si spostaronorapidamenteariempireilvuotolasciatodalfallimentodelleimpresegigantideiBardiedeiPeruzziedi

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unamoltitudinediprestatoriminori.Alparidimoltialtrimercantibanchieriitaliani,iMedicifacevanoaffidamentosuunaretedicorrispondentichesiestendevaattraversotuttal’economia-mondoeuropea.In aggiunta, tuttavia, essi costituirono filiali estere a Roma, Venezia, Napoli,Milano, Pisa, Genova,Lione,Basilea,Avignone, Bruges e Londra controllate direttamente dalle sedi centrali fiorentine (deRoover,1963,pp.194e225-346).

Insecondoluogo,laprodigiosaespansionetrans-stataledellaCasadeiMedicitralafinedelXIVegliinizi del XV secolo fu basata su una strategia di accumulazione che dava priorità alle operazionifinanziarieconigoverni,macheeraestremamenteselettivanellasceltadiquestigoverni.Nelperiodo1435-50,il90percentodeiprofitticomplessividi289000fiorinid’ororegistratidall’aziendaprovenivadalleattivitàbancarie,eilrimanentedaduelaboratoridilanaedaunodisetaoperantiaFirenze.Lapiùredditizia tra le filiali esteredelladitta fuquelladiRoma, che finoal1434avevageneratopiùdellametà dei suoi ricavi.Affari conRoma e per conto diRoma costituirono in effetti la pietra angolaredell’imperofinanziariodeiMedici,nonsoloacausadelvolumedeiflussimonetaricoinvolti,maancheperché il cronico indebitamento della corte papale nei confronti della Casa dei Medici permise aquest’ultimadimobilitareilpoterespiritualeeorganizzativodellaChiesaperassicurarsilarestituzionedeiproficuiprestiticoncessiagliecclesiasticidituttaEuropa(deRoover,1963,pp.194-224).In terzo luogo, la creazione e l’espansione dell’impero finanziario deiMedici furono strettamente

associateallacreazioneeall’espansionedellecapacitàdiformazionedellostatodellaCasadeiMedici.

Quando,pocodopo il1470,Lorenzode’Medicisiaccinseacalcolare leprincipali spese fattedallasua famiglia fra il1434e il1471,nonsipreseneppureildisturbodidistinguerelespeseperlecommissioniarchitettonicheeartistichedallabeneficenzaedalletasse.Eranomessetutteinsieme,perchétutteservivanoallostessofine:lagrandezzadellasuafamigliaeilsuopoterenellostato.Lungi dal dolersi della somma impressionante (663755 fiorini), concluse: «Non voglio dolermi perché quantunque moltigiudicassimoaverneunaparteinborsa,iogiudicoesseregranlumeallostatonostroetpaiommibencollocati,etsononemoltobencontento»(Martines,1981,p.320).

QuestariflessionemostracheLorenzopossedevaunaconsapevolezzadellasituazioneeconomicanellaqualeiMedicioperavanodigranlungasuperioreaquelladeglistoriciedegliscienziatisocialicheinseguitofrainteserol’indulgeredeiMediciallosfarzoeall’ostentazione,ritenendoloilmotivoprincipaleper il quale il capitale investito nella loro azienda era di gran lunga inferiore ai profitti. In realtà, iprofittideiMedicieranoaltiproprioperché–parafrasandol’affermazionediHickscitatainprecedenza

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–essinonvenivanoreinvestitinell’ulterioreespansionedell’attivitàcheliavevagenerati.SeiMediciavessero reinvestitonelle lorooperazioni finanziarie, commerciali e industriali i 663755 fiorinid’orochetrail1434eil1471speseronelpatronatodeipoveri,delleartiedellostato,ilcapitaled’eserciziodella loro azienda – che secondoRaymond deRoover (1963) raggiunse un valoremassimo di circa72000 fiorini – sarebbe pressoché decuplicato. Con ogni probabilità, un incremento di tale portataavrebbe portato i Medici a impegnarsi in avventure commerciali incerte, forse altrettanto incerte diquellechemandarono in rovina iBardi e iPeruzzi. Inogni caso, avrebbe rischiatodiporre fineallacarenza di capitali che stava tenendo sotto controllo la concorrenza intercapitalistica, la classelavoratrice al suo posto e, aspetto maggiormente rilevante, la Curia romana e diversi altri governieuropeinelcostantebisognodell’assistenzafinanziariadeiMedici.Mentre il reinvestimentodegli immensiprofittidellaCasadeiMedicinell’espansionedelleproprie

attivitàfinanziarie,commercialieindustrialisarebbestatounapessimapoliticaimprenditoriale,laspesaapparentemente«improduttiva»diunalargapartediquestiprofittinellosfarzoenell’ostentazionefuinrealtàun’ottimapoliticaimprenditoriale,senzaconsiderareilpiacereesteticoeglialtribeneficicheciòconferì alla famiglia deiMedici. E questo perché la grande impresa in generale, e l’alta finanza inparticolare, erano coinvolte nelle funzioni di formazione dello stato assai più che nelle epocheprecedenti.ComeosservaMattingly(1988,p.59),lafunzionediplomaticadeiresponsabilidellefilialiestere della Casa dei Medici fu sempre considerevole e, dopo il 1434, «fu sempre più difficiledistinguere tra i rappresentanti locali della banca dei Medici e i rappresentanti politici dello statofiorentino».SfarzoeostentazionefuronoimportantiperlepubblicherelazioniaFirenze,dovelespesevenivanorealizzate,mafuronoancorpiù importantinel fornireaidirigentidellefilialiesterepreziosimezzipsicologicinellelorolottequotidianeperessereaccettatiinunaposizioneparitaria(osuperiore)nelcondurreaffariconlaloroclientelaaristocratica.Dando tutto questo per scontato, vi era tuttavia un quarto aspetto del lungo processo di sviluppo

dell’altafinanzafiorentina,chenonavevanullaachevedereconl’acumenegliaffarideiMediciedeilorodirigenti,esenzailqualequell’acumesarebbeandatosprecato.Questoquartoaspetto,parafrasandoWeber,fulaparticolareconcorrenzapoliticael’equilibriochecominciòaemergerenellasecondametàdelXIVsecolotralemaggioriformazionipoliticheeuropee.CiòchemandòinrovinaiBardieiPeruzzinegli anni quarantanon fu tanto il fatto che essi avevanopuntato tutto suuna carta sola.Acondurlidavveroallarovinafuilfattocheessiavevanotrasferitoilgrossodellelororisorseversol’altafinanza«troppopresto»,cioèprimachelaconcorrenzaperilcapitalemobiletraleformazionipoliticheeuropeeinascesaeindeclinoassumessequelcarattereacutocheebbepoiallafinedelXIVeagliinizidelXVsecolo.Diconseguenza,néessinéilreinglese,lacuiguerraavevanofinanziato,furonoconsapevolidelsottostanterapportodiforzetracapitalismoeterritorialismochestavaperemergereinEuropa.LedueimpresefiorentinepensaronodinonaverealtrasceltasenonquelladicedereallepressionidiEdoardoediconcedergliinprestitoun’enormequantitàdidenaro,mentreinrealtàsarebbestatoassaimeglioperlorotenereduroeattenderecheledifficoltàfinanziariedelregnoinglesesiaggravassero.EEdoardo,daparte sua, ritenne che avrebbe potuto essere inadempiente nei confronti del prestito fiorentino senzapreoccuparsieccessivamentedellafuturasituazionecreditiziadellacoronainglese,mentreinrealtà,pervincerelaguerraappenaintrapresa,lacoronaingleseavevabisognodituttoilcreditopossibile.QuandoiMediciapparverosullascenadell’altafinanzaeuropea,lasituazioneeradeltuttodiversa.

EssipotevanonaturalmentetrarreinsegnamentodalladisastrosaesperienzadeiBardiedeiPeruzziedessere più cauti nel concedere prestiti, come senza dubbio fecero scegliendo Roma come proprioprincipalecliente.Tuttavia, lapiùprudentestrategiadiconcessionedeicreditiseguitadaiMedicinonavrebbedato i risultatispettacolarichediede,senonfossestatoper lecondizionisistemichecheessinonavevanofattonullapercreare.Comeabbiamogiàaccennato,ilcrolloavevacreatounvuotonellastrutturadell’altafinanzacherafforzòilpoterecontrattualedeifinanzierisopravvissuti.Inaggiunta,la

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Morte nera moltiplicò lasciti e donazioni alla Chiesa, dando così un grande aiuto alle disponibilitàfinanziarie diRomapocoprima che iMedici intervenissero per gestirle,mentre lo scismadel 1378-1417,spaccandoilpapatoindueautoritàcontrapposteecomplicandoneletransazionifinanziarie,aiutòsenza dubbio iMedici nell’affermare il proprio dominio sulla corte papale (Favier, 1966;Miskimin,1969,pp.144-147).PerquantoimportantifosseroleentrateinatteseeledifficoltàdellaChiesa,ilmutamentopiùduraturo

ealla finepiù importantenellecondizioni sistemiche,che fece trionfare iMedici laddove iBardie iPeruzzieranocadutiinrovina,fulaconcorrenzaperilcapitalemobiletraFranciaeInghilterrageneratadallaguerradeicentoanni.Comeèpossibileosservarenellafigura2,l’imposizioneaifiamminghidaparte di Edoardo III di rapporti di scambio più favorevoli e di prestiti forzosi, assieme alla suainadempienza nella restituzione del prestito fiorentino, ebbe un temporaneo effetto positivo sullabilanciadeipagamentiesulla liquiditàdelsuoregno,comeè indicatodall’aumentodellaproduzionedellazeccaneglianniquarantaeneiprimiannicinquantadelXIVsecolo.Negliannisessanta,tuttavia,questo effetto positivo era svanito, e fatta eccezione per alcuni temporanei aiuti daCalais negli anniventi del XV secolo, nei restanti novant’anni di guerra l’Inghilterra fu costretta a fronteggiare unacostantecarenzadiliquidità.Alle radici di tutto questo sta il fatto che la guerra stessa, essendo combattuta sul suolo francese,

tendevaadistruggere ilvantaggiochegli inglesipossedevanosui francesinellacommercializzazionedellaguerra.

ComegiàprimainItalia,ancheinterritoriofranceseunesercitocampale,conlasuainsaziabilefamediapprovvigionamenti,nonpotevachecomportarsicomeunacittàinmigrazione:nelbreveperiodol’effettosullecampagnediFranciaeraspessodisastroso,manellungoterminegliesercitielelororazziecontribuivanoadilatarelafunzionedellacompravenditanellavitaquotidiana.

Diconseguenza,quando lamonarchia francesecominciòa riprendersidallo squalloredemoralizzanteindottodalleprimevittorieinglesiedalladiffusadisaffezionecheavevatoccatol’aristocrazia,unapiùlarga base tributaria già consentiva al re di riscuotere somme di denaro sufficienti a mantenere esostenereunaforzaarmatasemprepiùformidabile.Era,questo,l’esercitochenel1453,dopounaseriedioperazionivittoriose,riuscìacacciarel’ultimoinglesedalsuolodiFrancia(McNeill,1984,p.73).

Unavoltacessateleostilità,l’epocad’orodell’altafinanzafiorentinaingenerale,edeiMediciinparticolare,giunserapidamentealtermine.Finoal1470,apropositodellefilialicheiMedicipossedevanoaBrugeseaLondra,ancorasidicevache«governavanoqueste terre,avendonelle loromani ilcontrollodelcommerciodella lanaedell’allumee tutte lealtreentratedellostato,eda lìintrattenevanorapportidiscambioconognimercatonelmondo,maprincipalmenteconRoma,permezzodeiquali realizzavanoenormiguadagni».Manel1485lafilialediBrugeschiuseibattenti,eiMedicisparironobenprestodalmondodell’altafinanzaeuropea(Ehrenberg,1985,pp.196-198).

Finchéduròlaguerradeicentoanni,tuttavia,l’equilibriotraledueorganizzazioniterritorialisterivali,eilcostantebisognodiassistenzafinanziariaimpostoaentrambedallacommercializzazionedellaguerra,crearonoopportunitàsenzaprecedentiperl’intermediazionecommercialeefinanziaria,opportunitàchei Medici e gli altri mercanti banchieri fiorentini erano in buona posizione per volgere a propriovantaggio,siaeconomicamentechepoliticamente.QuesteopportunitàoffrironoaiMedicioccasionidisuccessonegliaffaricheiBardieiPeruzzinonebberomai.FucogliendoquesteoccasionicheiMedicidivennerounadellefamigliepiùpotentiepiùricched’Europa.«IMedici»osservaEhrenberg(1985,p.52)«quasimaiebberoun’influenzasulcorsodellastoriadelmondomaggiorediquellacheesercitarononel periodo delle lotte tra Luigi XI di Francia, Edoardo IV di Inghilterra e Carlo il Temerario diBorgogna.»Nelfarquesto,tuttavia,vennerosemprepiùprofondamentecoinvoltinellefaccendedellapolitica, assunsero una posizione di rilievo tra le fila dell’aristocrazia europea, e con il tempoabbandonaronoleproprieattivitàcommercialiefinanziarie.ConbuonapacediPirenne,questametamorfosinonfuprincipalmentel’espressionediun’incapacità

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di adattarsi allemutevoli condizioni economiche.Piuttosto, essa fu l’espressionediuno straordinariosuccesso nell’adattarsi alle condizioni economiche ancora dominanti nelmomento in cui avvenne lametamorfosi. La carriera deiMedici fu solo l’esempio più evidente di una tendenza che, in diversamisura e con modalità differenti, si stava manifestando anche in altre città-stato italiane. Essa eravisibile conmaggiore chiarezza aVenezia, che tra le città-stato fu anche quella che tenne testa conmaggiorsuccessoall’avversacongiunturacommercialedellafinedelXIVedegliinizidelXVsecolo.

Lepromesseeleopportunitàdell’imperovenezianoditerraferma,acquistatodopoil1406,operaronounprofondocambiamentonelpatriziato veneziano. Offrendogli nuovi interessi – la terra, i governatorati e altre cariche lucrative – la terraferma addormentòl’iniziativa imprenditoriale della nobiltà, rendendola progressivamente più sedentaria. Nell’espressione classica di Pareto, gliimprenditorisitrasformaronoinrentiers(Martines,1981,p.224).

AVenezia,comeaFirenze,lacongiunturadelsecolosuccessivo,allafinedell’espansionecommercialeeurasiatica,imposecheicapitalieccedentifosserotrasferitidalcommercioversoleattivitàbellicheediformazionedellostato.Laprincipaledifferenzatra leduecittà-statofucheaVenezia il trasferimentoavvenneinmodopiùtranquilloefruttòmaggioriricavicheaFirenze,cosicchéunostratodellaclassedeimercantivenezianimoltopiùampiodiquellodellaclassedeimercantifiorentinipotéprenderparteal capitalismo politico e trarre vantaggio da esso. In altri termini, la stessa tendenza verso iltrasferimento di risorse dalle attività del commercio a quelle della politica – che a Firenze simaterializzònella formaestremamente concentratadell’irresistibile ascesadeiMedici a sovrani dellacittà – si materializzò a Venezia nella forma più diffusa, anche se meno spettacolare, di una«rentierizzazione»dell’interostratosuperioredellaclassedimercantidellacittà.Benché a Venezia, come a Firenze, il ritiro dal commercio di un ristretto gruppo di elementi

capitalisticipertrasformarsiinuna«aristocrazia»fuunsegnodellorosuccessonellaricercadelprofittopiuttostochediun fallimentonell’adattarsiallemutevolicondizionieconomiche,è tuttaviaveroche,comesostenevaPirenne,unavoltachelametamorfosi fucompiuta,questielementisvolserounruolopuramente passivo nella successiva espansione dell’economia-mondo capitalistica. Pertanto, quando,allafinedelXVsecolo,l’economia-mondoeuropeaentròinunanuovafasediespansionesottol’impattodellecosiddettegrandiscoperte– l’aperturadiuncollegamentocommercialediretto tra l’Europae leIndieorientali, e l’avviodella conquista e del saccheggiodelleAmeriche– le classi capitalistichediVenezia,FirenzeeMilanononsvolseroalcunruoloattivonelpromuovereeorganizzarel’espansione.Aquel tempo, i loro capitali eccedenti erano stati completamente assorbiti dal processo di formazionedellostatoeavevanodunquepersogranpartedellaloroprecedenteflessibilità.Quelcheèpeggio,comeabbiamovistonelprimocapitolo, il loroconsiderevolesuccessonell’accumulazionedi ricchezzaedipotere indusse leorganizzazioni territorialiste circostanti a seguire il loropercorsodi sviluppomasuscala molto più ampia. Quando queste organizzazioni territorialiste «modernizzate» tentarono didirottareversoipropriterritoriilcommerciodellecittà-stato,odiconquistarle,questefuronocostretteadestinareunaquotacrescentedirisorseallapropriaprotezione.Le grandi scoperte e l’espansione commerciale che esse generarono furono aspetti integranti del

tentativooperatodaigovernantiterritorialistididirottareilcommerciodallecittà-statoitalianeversoipropri territori. Come tali, esse andarono contro gli interessi dei gruppi dominanti e delle classicapitalistichediquestecittà-stato,eavvenneroa loro insaputaocontro la lorovolontà.Un’eccezioneimportanteaquestaregolagenerale tuttaviasiebbe.Difatti, laclassecapitalisticagenovesepromosseattivamente,controllòetrassevantaggiodall’espansionecommercialedall’inizioallafine,dandointalmodooriginealprimodeinostriciclisistemicidiaccumulazione.

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Ilprimociclosistemicodiaccumulazione(Genova)

Comeèstatoanticipatonell’Introduzione,lanostraideadiciclosistemicodiaccumulazioneèderivatadallariflessionediBraudelsecondocuilamaturitàdiciascunprincipalesviluppodell’economia-mondocapitalistica è preannunciata da un caratteristico passaggio da transazioni commerciali a transazionifinanziarie.Braudelcompiequestaosservazioneconriferimentoalpassaggioolandesecheebbeluogo,pressappoco, nel 1740, e che egli paragona a quello britannico della fine del XIX secolo e ai dueprecedentigenovesi, ilprimonelXV e l’altronelXVI secolo.Aprimavistapuòapparire stranoche imercantibanchierigenovesi,invececheipiùfamosifinanzieridiFirenzeodiAugusta,sianostatiscelticome i veri antenati del capitalismo finanziario olandese e britannico.Braudel non rende esplicite leragionidiquestascelta,cheètuttaviagiustificatasuvarilivelli,alcunideiqualiriguardanodirettamentelanostradefinizionediciclisistemicidiaccumulazione.Cominciamoosservandocheilcapitalismofinanziariogenovesesisviluppònellasecondametàdel

XIVsecolosottol’impattodellestessecondizionisistemichedelcapitalismofinanziariodellealtrecittà-stato italiane.Manmanoche lepressioniconcorrenziali si intensificaronoesiebbeun’escalationdelconflitto di potere, i capitali eccedenti che non trovavano più un investimento remunerativo nelcommerciofuronomantenutiinformaliquidaeutilizzatiperfinanziareicrescentidebitipubblicidellecittà-stato, i cui patrimoni e le cui entrate future furono in tal modo alienati più che mai alle lororispettiveclassi capitalistiche.Genovaera all’avanguardiadiquestomovimento, e con la formazionedellaCasadiSanGiorgionel1407creòun’istituzioneperilcontrollodellefinanzepubblichedapartedei creditori privati la cui efficacia e sofisticazione, sotto questo aspetto, non furono eguagliate finquando,quasitresecolidopo,fufondatalaBancad’Inghilterra.Sindalprincipio,tuttavia,losviluppodelcapitalismofinanziariogenovesemostròalcunepeculiarità.

L’acquisizionedel controllodelle finanzepubblichegenovesidapartedei creditori privati uniti nellaCasa di SanGiorgio non segnò l’inizio dell’assunzione del governo della Repubblica da parte degliinteressicapitalisticiel’avviodiunasemprecrescentediversionedeicapitalieccedentiversoleattivitàdiformazionedellostato,comestavaavvenendo,seppureconmodalitàdifferentiaVeneziaeaFirenze.Al contrario, la costituzione della Casa di San Giorgio si limitò a istituzionalizzare un dualismo dipotereeun’intrinseca instabilitàpoliticacheavevacaratterizzatoa lungo,echeavrebbecontinuatoacaratterizzare lo stato genovese fino alle riforme costituzionali di Andrea Doria nel 1528. SecondoJacques Heers, «tutta la storia del Quattrocento genovese è quella di un’ininterrotta crisi sociale epolitica».Ma fu inquesto stessosecolodicrisi socialeepoliticapermanentecheGenovadivenne lacittàincuiilcapitalismosisviluppò

intuttelesueforme,contecnicheappropriateemoderne;incuiilcapitale[giunseacontrollare]tutteleattivitàeconomicheelabanca[venneaoccupare]unpostodiprimopiano.Dunqueunacittàincuisièformatarapidamenteunaclassediuominid’affariricchiepotenti,contemporaneamentegrossimercanti,banchierieindustriali:grandicapitalisti,nelsensopiùmodernodeltermine(Heers,1984,p.360).

Daquestopuntodivista,ilcapitalismogenovesenelXVsecolosistavasviluppandolungounpercorsochedivergevaradicalmentedaquellodituttelealtrigrandicittà-statoitaliane.Invariamisuraesecondomodalità differenti, i capitalismi milanese, veneziano e fiorentino si stavano tutti sviluppando nelladirezionedellaformazionedellostatoedistrategieedistrutturediaccumulazionedelcapitalesemprepiù«rigide».Ilcapitalismogenovese,alcontrario,sistavamuovendonelladirezionedellaformazionedelmercatoedistrategieedistrutturediaccumulazionesemprepiù«flessibili».Questaeccezionalitàavevaprofonderadiciinunacombinazioneunicadicondizionilocaliesistemiche.A livello locale, le radici più profonde dell’eccezionalità di Genova risiedono nelle origini

aristocratichedelsuocapitalismoenellaprecocitàconlaqualelacittà-statogenoveseavevaannessoa

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sé la campagna circostante. Quando Venezia cominciò ad annettersi la «Terraferma», Milano laLombardia,eFirenzelaToscana,GenovaavevadatempoestesolasuagiurisdizionesugranpartedellaLiguria, da PortoVenere aMonaco, e dalmare agliAppennini, come amava proclamare il governogenovese.L’estensionedeiconfinieratuttaviainlargamisuranominale,poichégranpartedelterritorio,lungo, stretto emontagnoso, era diviso in feudi della piccola ed estremamente esclusiva aristocraziaterriera genovese. Questa aristocrazia terriera aveva fornito l’impulso imprenditoriale inizialedell’espansionemercantilediGenova, edera rimastaalla testadelleprincipali iniziativecommercialigenovesialculminediquellaespansioneallafinedelXIIIsecolo.Maquandoirendimentidellerisorseinvestitenelcommercioavevanocominciatoadiminuire,l’aristocraziaterrieragenovesesieraaffrettataa«rifeudalizzarsi», trasferendodinuovoleproprierisorsenell’appropriazionedellospazioruralee laformazionedipotentiesercitiprivati–spazioedeserciticheilgovernogenovesenonavevaalcunmododicontrollare,etantomenocomandare(Heers,1961,pp.538e590-591).AGenova, la riallocazionedei capitali eccedenti dal commerciodi lungadistanza all’investimento

nellaproprietàdellaterraenellaformazionedellostatoavvennedunquesecondomodalitàdifferenti,econconseguenzesocialiopposte,rispettoaVeneziaoFirenze.AVenezia,einmisuraminoreaFirenze,lariallocazionefuincoraggiataeorganizzatadallestesseclassideimercantiurbanicomeunmezzoperilconseguimentodiundupliceobiettivo:trovareunasicurariservadivalorepericapitalieccedenticheessecontrollavanoerafforzareilpropriopoteresiaall’internochealivellointernazionale.AGenova,alcontrario, la riallocazione fu incoraggiata e organizzata da un’aristocrazia terriera rinvigorita dallaprecedenteespansionecommerciale,comeunmezzoperriaffermaresupiùampiascalailsuocontrollomonopolisticosull’usodellaviolenzaesullerisorseterritorialiedemografiche.Lungidalgiovarealleclassi dei mercanti urbani, questo genere di riallocazione creò una barriera sociale insormontabileall’espansione interna della loro ricchezza e del loro potere. Certo, le classi dei mercanti urbanigenovesi avevano tratto un enorme vantaggio dall’unione con un’aristocrazia fondiaria orientata alcommercio.Maquandol’espansionecommercialegiunsealtermineel’aristocraziafondiariatrasformòleproprietàruralidellostatogenoveseinpropri«feudi»,questastessaunionearrestòlatrasformazionedellaclassedeimercantiurbanigenovesi inaristocraziacom’eraavvenutoaVeneziaeaFirenze,e licondannòamantenereinformaliquidailgrossodeilorocapitalieccedenti.

Seèrelativamentefacileaccedereallaclassedeimercantiedeibanchieri,sesipuò[…]assumereabbastanzavelocementeiltitolodi«nobilius»,laclassedeisignori,lanobiltàfondiariaèseveramentechiusa.Trannequalcherarissimaeccezione,nonèdatovederesignori vendere i loro castelli o i loro diritti a dei mercanti. Il regime della comproprietà e dell’amministrazione in comuneimpedisceulteriormentepossibilicontaminazionideilignaggi.[…]Laseparazionetraledue[classi]ènetta:proprietà,stiledivita,aspirazioni. I loro interessi sono spesso completamente opposti. Altrettanto le loro idee politiche. Gli uni vogliono un governoborgheseehannogiàrealizzatoilloroidealeconSanGiorgio;glialtridesideranoconservareiloroprivilegiemirano,sepossibile,a una signoria allamaniera delDucato diMilano. L’opposizione tra queste due classi dirigenti, che dispongono dimezzi assaidifferenti,eppurepotenti,spiegaidisordinipoliticidicuisoffrelacittà(Heers,1961,pp.561-562).

L’istituzione della Casa di San Giorgio nel 1407 può dunque essere considerata come un momentodecisivo nel processo di auto-organizzazione della classe capitalistica genovese, in una situazione difondamentale impasse politica tra il potere del denaro e il potere delle armi. L’intensificazione dellalotta concorrenziale tra le città-stato, gonfiando il debitopubblicodiGenova, rafforzò il poteredelleclassi capitalistiche della città, ma non tanto da rovesciare il potere dell’aristocrazia terriera.Quest’ultimacontrollavaimezzidiviolenzaelefontidellarenditafondiarianellacampagnacircostanteecontinuavaapartecipareaiprocessidigovernoeaquellieconomicidellacittàseequandociòeranelsuointeresse.Nondimeno,ilfattocheilpoteredeldenarononfosseingradodisuperarequellodellearmi non significava che gli interessi capitalistici non fossero in grado di organizzarsi in modo piùefficace per tener testa alla solidarietà dell’aristocrazia terriera. Fu questo in realtà l’obiettivoconseguitoconl’incorporazionedeicreditoriprivatidelgovernogenovesenellaCasadiSanGiorgio.

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L’auto-organizzazione degli interessi capitalistici non fece nulla per stabilizzare la vita politica aGenova.Findal1339–quandounarivoltapopolarecontroilgovernodell’aristocraziaavevainsediatouncittadinocomuneallacaricadidoge–laguidadelgovernogenoveseerastatasceltasempretralefiledel«popolo»,valeadiretraicittadinicomuni.Nominalmenteildogeerailcapomilitaredellostatogenovese,ma il poteremilitare effettivo era rimasto saldamente nellemani dell’aristocrazia terriera.Con la formazione della Casa di San Giorgio l’amministrazione delle entrate dello stato fuprogressivamente assunta da questa organizzazione, cosicché l’impotenza militare del governogenovesesicombinòconlaperditadipotereincampofinanziario.Selaperditadipoterefinanziariodapartedelgovernononservìaportarestabilitànellavitapolitica

di Genova – che rimase turbolenta come sempre – essa tuttavia contribuì a risolvere i problemieconomici della città e a promuovere il virtuosismo tecnico della sua classe capitalistica nelletransazionimonetarie.L’ideologiadella«monetastabile»raggiunseilsuoapogeonellaGranBretagnadelXIXsecoloehatrovatoisuoisostenitoripiùdogmaticineicircoliaccademicistatunitensiallafinedelXXsecolo.MalasuaprassifiorìperlaprimavoltanellaGenovadelXVsecolo.Il principio essenziale di questa prassi era l’idea che la disponibilità di «buona moneta» fosse

essenziale al processo di accumulazione del capitale. Allora, come adesso, le organizzazionicapitalistiche – che si trattasse di imprese, di governi, o di loro combinazioni – avevano bisogno diun’efficace e affidabile unità di conto con cui misurare i profitti e le perdite delle loro operazionicommercialiefinanziarie.Inmancanzadiunataleunitàdimisura,questeorganizzazionieranoindotteaconfondereleperditeconiprofitti,eviceversa,semplicementeacausadellevariazioninelvaloredeimezzidipagamentoconiqualieranoregolati i loroaffari.Eranocioècondannateadiventarevittimedella cosiddetta illusione monetaria. Disponendo invece di una unità di conto in grado di scontareefficacementequestevariazioni,lungidalcaderevittimedell’illusionemonetaria,esseavrebberopotutotrarreabilmentevantaggiodall’illusionemonetariadicolorodaiqualiacquistavanomerciecontraevanoprestiti,eaiqualivendevanomercieconcedevanoprestiti.ImercantibanchieridellaGenovadelQuattrocentocompreserobenissimochenoneranénel loro

potere né nel loro interesse eliminare le variazioni nel valore dellamoneta effettivamente circolante,inclusalamonetachecircolavaaGenova,ciòcheessichiamavano«monetacorrente».Maintornoallametàdelsecoloessiavevanocompresocheerasianellorointeresse,siainloropotere,introdurreunaunitàdicontoinvarianteconlaqualeregolareilororeciprociaffari,stimareaccuratamentelaredditivitàdei loro ampi accordi commerciali e finanziari, e trovarsi in posizione tale da trarre profitto, e nonsubire perdite, dalle variazioni nel tempo e nello spazio del valore della moneta effettivamentecircolante.Nel1447fucosìapprovataunaleggecheimponevachetuttiicontirelativialleoperazionidicambiofosserotenutiinmonetad’orodipesostabile:unaunitàdicontocheinbrevetempodivennelaliradibuonamoneta,talvoltachiamataanchemonetadicambio.ApartiredaiprimiannicinquantadelXV secolo questa «buona moneta» divenne l’unità standard dei conti genovesi, non solo per leoperazionidicambiomapertutteletransazioni,mentrela«monetacorrente»divalorevariabilerimaseilmezzodiscambioabituale(Heers,1983,pp.53-55e80-81).Questa riforma monetaria diede nuovo impulso al continuo fiorire di strumenti e di tecniche

monetarie. Se l’alta finanza moderna fu un’invenzione di Firenze, il vero luogo di nascita delcapitalismofinanziariomodernointuttelesueformefuGenovaallametàdelXVsecolo.

Letecnichegenovesisono,findallametàdelQuattrocento, identicheaquellechecaratterizzanoilcapitalismodell’eramoderna.Assegnieletteredicambiohannousocorrenteeilprincipiodellagirataègiàpresente;lamaggiorpartedeipagamentisieffettuaingirocontoelacittàdisponediunamonetabancariastabileecomoda.Èsenz’altroperquestochesiriducelanecessitàdiindebolirela moneta per aumentare i mezzi di pagamento. […] È un periodo di notevole stabilità monetaria dal momento che Genova,contrariamente alle regioni vicine meno evolute (la Francia soprattutto), dispone di una relativa abbondanza di strumenti dipagamento.Hascopertoilsegretodelregimecapitalisticomodernocheconsistenel«ritardareipagamentieirimborsiefarsìchequesti ritardi si sovrappongano continuamente gli uni agli altri»; un regime «che soccomberebbe se si volessero far quadrare

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simultaneamentetuttiiconti»(Heers,1983,pp.80-81;corsivoaggiunto;citazionidaBloch,1981).

Né idisordinipolitici, né la relativa abbondanzadimezzidipagamento,né, inverità, il virtuosismotecnicodelcapitalismogenovesenelXVsecolo,furonoilrisultatosolodicondizionilocali.Alcontrario,glisviluppiaGenovafuronomodellatidaipiùampicontestisistemiciitaliano,europeoedeurasiatico,chesoloinpiccolaparteeranocreazionigenovesi.LapiùimportantetraquestecondizionisistemichefusenzadubbioladisintegrazionedelsistemacommercialeeurasiaticoalcuiinternoeranostateedificatelefortunecommercialidiGenovaallafinedelXIIIeagliinizidelXIVsecolo.QuestefortunefuronocostruitesoprattuttosullacompetitivitàdellarottacommercialeversolaCina

attraversol’Asiacentraleesulsuccessoconilqualel’iniziativagenoveseriuscìastabilireuncontrolloquasi monopolistico sullo «scalo» del Mar Nero di questa rotta. Finché l’impero mongolo assicuròl’accesso alla rottadell’Asia centrale e la sua sicurezza, e finchéGenovaconservò la sua superioritàmilitarenella regionedelMarNero, il commerciogenoveseprosperò e le dimensioni, la portata e ilnumerodelleimpresegenovesiaumentarono.Manonappenaildeclinodelpoteredeimongolireselarottacommercialeattraversol’Asiacentralemenocompetitivaesicura,el’ascesadelpotereottomanonell’AsiaMinoreindebolìepoidistrusselasupremaziagenovesenellaregionedelMarNero,laruotadellafortunagirò.Laprosperitàdelcommerciogenovesedeclinòel’eccessivoapparatocommerciale-militaresi trovòimprovvisamentedifronteallanecessitàdiunafondamentaleristrutturazione(Heers,1961,pp.366-372;Abu-Lughod,1989,pp.128-129).Inrispostaallapressionesulleprofittevoliopportunitàcommercialilungolarottadell’Asiacentrale,

GenovacercòdirinsaldareilcontrollosullealtreattivitàcommercialichesistavanosviluppandonellaregionedelMarNero:grano, legno,pelli e schiavi.ComeosservaHeers (1961,p.367), laguerradiChioggiacontroVenezia(1376-81)fuessenzialmenteunaguerracombattutaneltentativodiimporreunmonopoliocommercialenellaregionedelMarNero.Ma,comeènoto,iltentativofallì:Genovaperselaguerra, e la pace di Torino sancì un controllo ancor più stretto da parte di Venezia sul commercioasiatico lungo la rotta meridionale. A partire da allora il potere di Genova nel Mar Nero e nelMediterraneoorientaledeclinò rapidamentesotto l’impattodellaveloceavanzataottomana,mentre lepossibilità di dirigere l’espansione più vicino allamadrepatria furono tenute sotto scacco dal poterecatalano-aragonesenelMediterraneonordoccidentale.Ilcommerciogenovesefudunquecolpitoinmodoparticolarmentegrave–piùgravedelcommercio

diqualsiasialtradellegrandicittà-statoitaliane–dell’espansionedelcommercioeurasiatico.LeattivitàdiMilano nel settore dei metalli beneficiarono enormemente dall’escalation della guerra in Europa;dopo la traumaticaristrutturazionedeglianniquarantadelXIV secolo, le impresefiorentine trovarononuovenicchiedimercato,sufficientementeprotetteedestremamenteredditizie,nellaproduzionetessiledi alta qualità e nell’alta finanza; e i vantaggi cheVenezia trasse dalle stesse tendenze e dagli stessieventichecausavanoledifficoltàdiGenovafuronoassaimaggioridelleperdite.ComeaffermaAbu-Lughod(1989,p.129),«la“scommessa”diVeneziasullarottamarittimadelSudsirivelòfortunata».Laviadell’Asiacentrale,controllatadaGenova,equelladell’Asiameridionale,controllatadaVenezia,erano in qualche modo complementari ma per lo più in reciproca concorrenza. L’interruzione e lachiusuradefinitivadellaviasettentrionaleallentaronodunquelepressioniconcorrenzialisulcommerciovenezianoche,naturalmente,siespanseulteriormentequandolapresenzadiGenovanelMediterraneoorientalefuridottadallasuasconfittanellaguerradiChioggia.Tendenze ed eventi a Genova nella seconda metà del XIV e nel XV secolo furono profondamente

influenzatidaquestapressionesulleretigenovesidelcommerciodilungadistanzaedalconcomitantedeterioramento della posizione di potere della città nell’economia-mondomediterranea e nel sistemaitaliano di città-stato. Rapida chiusura della rotta genovese per la Cina attraverso l’Asia centrale,accerchiamento del commercio genovese nelMediterraneo a opera del potere ottomano, veneziano e

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catalano-aragonese,ascesadipotenticittà-statotutt’attornoaiterritorimetropolitanidiGenova:questaconfigurazione di circostanze deve essere apparsa ai genovesi del tutto senza speranze e spiega ladecisione dell’aristocrazia terriera genovese di ritirarsi dal commercio e investirne i profitti in terre,castelliedesercitinellaregioneligure.Per le sue dimensioni, questo ritiro aggravò la crisi di sovraccumulazione che «affliggeva» la

componente borghese della classe mercantile genovese. Come è stato già osservato, ciò ridussenotevolmente leopportunitàaperteallaborghesiadi trovaresbocchi remunerativiper ipropricapitalieccedentinellaproprietàterrieraenellaformazionedellostato.E,quelcheèpeggio,privòlaborghesiagenovesediunaprotezioneassainecessarianell’economia-mondonelsuoinsieme.La borghesia genovese, infatti, a differenza di quella veneziana, non eramai stata autosufficiente

nell’organizzarelaprotezionerichiestadaisuoitrafficidilungadistanza,compitocheerasemprestatosvolto dall’aristocrazia terriera genovese convertitasi al commercio. Finché l’interesse di questacomponente aristocratica nell’iniziativa commerciale rimase forte, l’accordo ebbe i suoi vantaggi,poichépermiseallaborghesiadiconcentrarsiedispecializzarsiinattivitàstrettamenteeconomiche.Maquandoquell’interessesvanìel’aristocraziaterrierasiritiròdalcommercio,laborghesiasiritrovòprivadiprotezioneinunmondosemprepiùostile.In queste condizioni era del tutto naturale che una vasta frazione del capitale e del personale

commercialegenoveseripiegassesull’economiainterna,malgradol’assenzadiallettantiopportunitàdiinvestimentonellaproprietàdellaterraenellaformazionedellostato.Questaimplosionedelregimediaccumulazione genovese fu il fattore più importante alla base delle tendenze che abbiamo vistocaratterizzare Genova nel XV secolo: disordine politico, sovrabbondanza di mezzi di pagamento ecreazionedi nuovi strumenti e tecnichemonetarie.Diper sé, tuttavia, queste tendenzenonpotevanorisolvere,enonrisolsero,lacrisidisovraccumulazionedicuieranoespressione.Persinoilvirtuosismonelle transazioni monetarie, che sarebbe divenuto in seguito una componente fondamentaledell’espansionecapitalisticagenovese,pergranpartedelXVsecolopotéassaipocoperrisolverelacrisidelcapitalismodellacittà.Mainprofondità,inrispostaallacrisi,leretidelcommercioedell’accumulazionegenovesivennero

radicalmenteristrutturate,inunmodoche,coniltempo,trasformòimercantibanchierigenovesinellapiù potente classe capitalistica dell’Europa delXVI secolo. Come osserva John Elliott (1982, p. 38),mentre laguerra tra lostatogenovesee lafederazionecatalano-aragonesefucondottasenzaesitopergranpartedelXV secolo, ilcapitalegenoveseebbe lamegliosulcapitalecatalano in tutta lapenisolaiberica.Laprimissimavittoriafuconseguitanellasferadell’altafinanza.ImercantibanchierigenovesicolseroprontamenteleopportunitàcreatedallarovinadelleprincipalibancheprivatediBarcellonainoccasionedelcrollodeiprimianniottantadelXIVsecoloperdiventareipiùimportantiprestatorinellaregioneiberica,propriocome,suscalamaggiore,iMediciavevanotrattovantaggiodallarovinadelleaziendedeiBardiedeiPeruzzi inoccasionedelcrollodeglianniquaranta.Tuttavia, lavittoriachesirivelò davvero decisiva per le fortune genovesi fu l’acquisizione del controllo del commerciocastigliano.

IlprogressivoaumentodellaproduzionelanieradellaCastigliaavevacreatonuovepossibilitàcommercialicheicatalani,impegnatialottaresutroppifronti,nonebberomododicogliere.Furonoinveceigenovesi,installatisiaCordova,aCadiceeaSiviglia,chestrinserouna robusta alleanzacon laCastiglia e si assicurarono il controllodelle esportazionidi lanadaiportimeridionalidellaSpagna.Unavoltapostosaldamentepiedenellapenisola,igenovesisidimostraronoabilissiminell’insinuarsiinunpuntostrategicodopol’altroall’internodell’economiacastigliana,preparandolastradaallalorofuturapartecipazioneaiproficuitrafficitraSivigliae l’impero coloniale castigliano. Il predominio genovese ebbe un’influenza decisiva sulla storia spagnola nel Cinquecento. Sefosserostatiicatalanienonigenovesiavincerelalottaperentrarenelsistemacommercialecastigliano,lastoriadellaSpagnaunitaavrebbeavutouncorsoprofondamentediversodaquellocheeffettivamenteebbe(Elliott,1982,p.39).

E lo stesso si può dire della storia dell’economia-mondo capitalistica. Per quanto ne sappiamo,

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dovremmoparlarequi di un ciclo sistemicodi accumulazione«catalano»o«spagnolo»o, forse, nondovremmoparlareaffattodi cicli sistemicidi accumulazione.La ragioneper laqualeparliamodiunciclogenovese, tuttavia,nonstanel fattoche inun frangentedecisivo icatalani furono«impegnatialottare su troppi fronti», poiché i genovesi lo furono persino su più fronti. In parte, per parafrasarel’affermazione di Abu-Lughod relativa a Venezia, la ragione è che la «scommessa» genovese sulcommerciocastiglianosi rivelòfortunata.Ancorpiùchenelcasodella«scommessa»venezianasullarottacommercialedell’Asiameridionale,lasortefututtaviasolounaspettodiminoreimportanzadellastoriagenovese.L’aspetto più rilevante fu che i genovesi fecero le loro «scommesse» con molta attenzione e,

soprattutto,puntaronosudiesseconunrepertoriodimezzimonetarieorganizzativiacuipochi,senonnessuno,deiloroconcorrentirealiopotenzialipotevanotenertesta.Inuncertosenso,lamatricedellefortune della classe capitalistica genovese nel XVI secolo furono le sue «sventure» alla fine del XIVsecoloeagliinizidelXV.Quandol’imperocommerciale-militarecheigenovesiavevanocostruitoneisecoliprecedenticominciòadisintegrarsi,el’aristocraziaterrieragenovesesiritiròdalcommercioper«rifeudalizzarsi»,lacomponenteborghesedellaclassedeimercantigenovesisitrovò«afflitta»daunagraveecronicasproporzionetra,daunlato,lesueimmenseriservedidenaro,informazioni,conoscenzeimprenditorialie relazionid’affari,e,dall’altro, lesuescarsecapacitàdiproteggeresestessae i suoitrafficiinunmondosemprepiùcompetitivoeostile.Lapenisolaibericaerailluogoche,pertreragioniprincipali,offrivalemiglioriprospettivediunasoluzioneveloceefavorevolediquestafondamentalesproporzione.Come è possibile osservare nella carta alla pagina seguente, la parte meridionale della penisola

iberica e il vicinoMaghreb furono le regioni delMediterraneo più profondamente «monopolizzate»dall’iniziativa genovese. Era del tutto naturale che le imprese genovesi reagissero alla crescentepressioneinaltrezoneripiegandosuquestaroccaforte.Efuproprioquestochefecero,trasformando,tralealtrecose,nellaprimametàdelXVsecolo,l’ancoraindipendenteRegnodiGranada–digranlungailcentro agricolo-industriale più fiorente della regione – in «una vera e propria colonia economicagenovese»(Heers,1961,p.477;1979,cap.7).

Insecondoluogo,perigenovesilapenisolaibericaeranonsololaroccafortenaturalesucuiripiegare,maanche l’avampostonaturaledacui avanzarealla ricercadegli approvvigionamentidivenuti scarsi.Quando i veneziani rafforzarono il loro controllo sull’argento tedesco e sulle spezie asiatiche, per igenovesidivenneurgente,quantomeno,rafforzareilpropriocontrollosull’oroafricanoportatoaiportidelMaghreblungolecarovanieredelSaharae,possibilmente,trovareunarottacommercialeatlanticaversol’Orienteinsostituzionediquellaattraversol’Asiacentrale,ormaipersa.Daentrambiipuntidivista,unafortepresenzanellapenisolaibericaeradienormeimportanzastrategica(Heers,1961,pp.68-69e473;1979,capp.4e8;Pannikar,1953,p.23).In terzo luogo, soprattutto, lapenisola ibericaera,per laclassecapitalisticagenovese, il luogopiù

promettentedovetrovareciòdicuiessaavevabisognopiùdiognialtracosa:efficientieintraprendentialleati «produttori di protezione» potenzialmente allettati dall’idea di assumere il ruolo svolto inprecedenza dall’aristocrazia terriera genovese. I governanti territorialisti emergenti di Portogallo eSpagna parvero ben presto estremamente adatti allo scopo, grazie alla combinazione di fanatismoreligiosoedi imprenditorialitàpoliticache li faceva somigliaremoltissimoagli aristocraticigenovesiche,inepocheprecedenti,sieranotrasformatiinmercanti.Ilpiùfamosodeiprecursorieispiratoridellescoperteeuropee,ilprincipeportogheseEnricoilNavigatore,eraunafigura«dallospiritosquisitamentemedievale […] [con il]pensierodominantediunacrociata» (Parry;1991,p.52).E l’imprenditoredimaggior successo nel campo delle scoperte, la regina Isabella diCastiglia, fu il leader di una nuovacrociatachemiravaaespandereildominioterritorialedelpoterecristianoecastigliano:

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[L’e]spulsionedegliebreiebattesimoforzosodituttigliarabidiGranada,poteristraordinaridelegatiallanuovaInquisizione[…][r]appresentavano una reazione contro la pressione musulmana, aumentata dopo la caduta di Costantinopoli, ma anche unintensificarsidellozeloedell’intolleranzareligiosainSpagna.Questorinnovatofervorereligioso,questonuovoentusiasmoperleconversioni,sitrasferìrapidamentenelNuovoMondo,dovetrovònuoveedefficacimanifestazioni(Parry,1991,p.43).

Lo spirito della crociata procedeva di pari passo con un’immediata adesione allo spirito delRinascimento, alla promozionedel sapere, al cultodell’individuo e, soprattutto, alla nuova arte dellapolitica.

Come la maggior parte dei principi italiani, anche Isabella di Castiglia doveva il suo trono a un insieme di guerre e di abilidiplomazie.Tra i risultatipiùbrillantidel suo regnovacitato il ripristinodell’ordineedelladisciplina […] Iprincipidi scienzapolitica delMachiavelli non potrebbero trovare un’esemplificazione più chiara dell’esempio offerto da Ferdinando d’Aragona eGiovanni II del Portogallo. […] [Questa] arte di governare i popoli […] aiutò a preparare la mente degli uomini all’immensocompitodiimprovvisazionepoliticaeamministrativachesipresentòdavantialgovernospagnolodelNuovoMondo(Parry,1991,pp.47-48).

HenriPirennehaosservatoinpassatoche,adifferenzadeiveneziani,igenovesinonfurono«mercantisin dall’inizio» e «ricordavano piuttosto i cristiani di Spagna. Proprio come questi ultimi, essimuovevano guerra agli infedeli con un ardente entusiasmo religioso; una guerra santa, per quantoestremamenteredditizia.[…]Inlorolapassionereligiosaelabramadiguadagnosifondevanoinunospirito di impresa» (citato inCox, 1959, p. 181). L’analogia può essere spinta oltre, osservando chel’espansione transoceanicadelcommercio ibericoalla finedelXV secoloeagli inizidelXVI–alparidell’espansionedelcommerciogenovesenelleepocheprecedenti,maadifferenzadell’espansionedelcommerciovenezianoinqualunquemomento–fupromossaeorganizzatadaunagenteimprenditorialedicotomicotenutoassiemedaunrapportoorganicodi«scambiopolitico».Ilrealesignificatodell’espressione«scambiopolitico»,comevienequiusata,èunavariantedellatesi

di Schumpeter (1984, pp. 133-134) secondo cui «senza la protezione di gruppi non-borghesi, laborghesiaèpoliticamenteinerme,eincapacenonsolodiguidarelanazione,maperfinodidifendereipropriinteressidiclasse».AgiudiziodiSchumpeter,laprincipaleeccezionestoricaaquestaregolafurappresentatadallagestionedegliaffaridicittà-statocomelarepubblicavenezianaequellagenovese;un’eccezionecheegliattribuiscealfattoche«[p]rimadell’avventodellametropolimoderna,chenonèpiùunafaccendasoltantoborghese,ilgovernocittadinopresentavachiareanalogieconlaconduzionediun’impresa economica». Persino la repubblica olandese rappresentò solo una parziale eccezione aquesta regola, comeè testimoniatodal fatto che«praticamente in tutte le situazionidi emergenza [laRepubblicadeiMercanti]dovettecedereiltimoneacondottieridioriginefeudale».L’emergeredegli statinazionaliveriepropripose laquestionedella formazionedellostatoedella

conduzionedellaguerraaldilàdellaportatadellaborghesiaegeneròunastrutturadigoverno«anfibia»costituitadaunacomponenteborgheseedaunaaristocratica:«Tuttociònonerasempliceatavismo.Eral’attiva simbiosi di due strati sociali di cui l’uno sosteneva economicamente l’altro,ma ne era a suavolta sostenuto dal punto di vista politico». Che non si trattasse di semplice atavismo ma di attivasimbiosièdimostratonelmiglioredeimodidall’esperienzainglese.

L’elementoaristocraticocontinuòareggerelelevedicomandofinoalterminedelperiododicapitalismointattoevitale.Èverochedovunque[…]essosinutrìdelleideedeglistratisocialicheentravanonellavitapolitica,sifeceportavocedegliinteressiborghesi,combattélestessebattagliedellaborghesiaedovetterinunziareagliultimiprivilegigiuridici;ma,conquestelimitazionieperscopinonpiùsuoi,continuòafornireilmaterialeumanoallamacchinapolitica,alladirezionedellostato,algoverno(Schumpeter,1984,pp.131-132;corsivonell’originale).

La tesi di Schumpeter corrisponde grossomodo alla nostra precedente affermazione secondo cui, inbasealladefinizionedellostatocapitalisticochetroviamonelManifestodelPartitoComunista(«nonèche un comitato che amministra gli affari comuni di tutta la classe borghese»), gli stati capitalistici

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egemonici di dimensioni e complessità crescenti che crearono e ampliarono il moderno sistemainterstatale sembrano essere stati versioni sempre più diluite dei criteri idealtipici dello statocapitalisticorealizzatidaVenezianellaprimaetàmoderna.Inentrambeleaffermazioni,ilrapportodiscambiopoliticochelegalacomponentecapitalisticadeigruppidominantiegemoniciallacomponentenon capitalistica riguarda esclusivamente i processi di formazione dello stato. La tesi qui avanzata,invece, è che anche nei processi di accumulazione del capitale su scala mondiale l’agentedell’espansionehaavutounastrutturadicotomica.Piùinparticolare,riteniamochel’espansionematerialedelprimociclosistemicodiaccumulazione

(quello genovese) fu favorita e organizzata da un agente dicotomico formato da una componenteterritorialistaaristocratica(iberica)–chesispecializzònelfornireprotezioneenellaricercadelpotere–e da una componente capitalistica borghese (genovese) – che si specializzò nella compravendita dimerci e nella ricerca del profitto.Queste specializzazioni si integravano a vicenda, e i loro reciprocibenefici unirono – e, finché durarono,mantennero unite – le due componenti eterogenee dell’agentedell’espansione in un rapporto di scambio politico nel quale, da un lato, la ricerca del potere dellacomponenteterritorialistacreavavantaggioseoccasionicommercialiperlacomponentecapitalisticae,dall’altro, la ricerca del profitto da parte di quest’ultima rafforzava l’efficacia e l’efficienzadell’apparatoproduttorediprotezionedellacomponenteterritorialista.NelXVsecolo,igovernantiterritorialistiibericieimercantibanchiericapitalistigenovesistrinseroun

rapportodiquestogenereperilsemplicemotivocheciascunapartepotevagarantireall’altraciòdicuiessa avevamaggiormente bisogno; e il rapporto durò perché questa relazione di complementarità fucontinuamente riprodotta dalla riuscita specializzazione di entrambe le componenti nel perseguire irispettivi obiettivi. Quello di cui nel XV secolo la classe capitalista genovese aveva maggiormentebisognoeraunampliamentodelsuospaziocommercialetaledaaccoglierelasuaimmensaeccedenzadicapitaleediorganico,edatenereinvitalesuevasteretid’affari.Losfruttamentopiùintensivodellasua nicchia dimercato nelMediterraneo sudoccidentale fu soltanto un palliativo che, nellamiglioredelleipotesi,nerallentòl’implosioneeildeclino.Ciòdicuiessaavevarealmentebisognoperrisolverelasualungacrisieraunasvoltasignificativache,tuttavia,lostatogenovese,impegnatosupiùfrontiedivisoalsuointerno,noneraincondizionediintraprendere.Nétaleimpresarientravanelleprospettiveapertedagliangusticalcolidellasolaclassecapitalistica

genovese.Certo,laricercadelprofittoavevaalungospronatoigenovesiaesplorarelacostadell’Africaoccidentale.

FuallafinedelXIIIsecolo,quandoilvaloredell’oroeraparticolarmentealto,[…]che,daGenova,ifratelliVivalditentaronodicircumnavigare l’Africa. Essi si smarrirono, ma i navigatori inviati alla loro ricerca dall’imprenditore che li aveva finanziati,Teodisio d’Oria, riscoprirono le antiche «isole della felicità», leCanarie. […]Dopo il 1350questi tentativi cessarono, poiché ilrapportotraoroeargentotornòaunlivellopiùnormale,el’attivitàeconomicainEuropasiridusse;quando,intornoal1450,questorapportopreseasalirenuovamenteeilvaloredell’oroaumentò,lespedizionioceanicheeafricanericominciarono(Vilar,1971,pp.47-48).

Fucosìcheicapitalistigenovesipatrocinaronoun’ambiziosaspedizioneattraversoilSaharanel1447edue viaggi lungo la costa africana occidentale negli anni cinquanta – tutti alla ricerca di un accessodirettoall’oroafricano.Ma la scarsa redditivitàdiquesto tipodi impresae, soprattutto, la stessanoncalcolabilità dei probabili costi e benefici finanziari dell’espansione in acquenon esplorate, resero ilcapitale genovese riluttante a continuare in questa direzione con la determinazione e le risorsenecessarie a realizzare una svolta. Con specifico riferimento ai mercanti banchieri genovesi, Heersosservache

esisteunacertapropensioneadescriverel’uomod’affariitalianocomeimpazientedilanciarsiininiziativerischiosemalucrative.NelXVsecololecosenonstannopiùcosì.Néilcommercionélafinanzasonoun’«avventura»,maindustriecheoperanosuscalasempremaggioreelecuitecnichebencollaudatelascianobenpocospazioalcaso(Heers,1961,p.53).

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In sintesi, la classecapitalisticagenovesedelXV secolo appare stretta inuna impasse.Daun lato, laperditadelleopportunitàfornitedalcommerciodilungadistanzadelleepocheprecedentiportòalotteconcorrenzialiinterne,ainterminabilicontesedannoseperiprofittieall’eliminazionediretid’affariedirisorsenonutilizzateononutilizzabilidisseminatelungotuttal’economia-mondo.Dall’altrolato,loschiudersinelcommerciodilungadistanzadinuoveopportunitàsuscalasufficienteainvertirequestetendenze comportava rischi che erano non solo alti ma anche non calcolabili e, come tali, oltrel’orizzonte dell’impresa capitalistica razionale. In altre parole, la stessa logicadella realizzazionedelprofittolimitavalavalorizzazionedelcapitalegenovese,minacciandolointalmododiautodistruzione.L’ovviaviad’uscitadaquestaimpasseerainstaurareunrapportodiscambiopoliticocongovernanti

territorialisti che, come quelli iberici, erano spinti verso l’apertura di nuovi spazi commerciali damotivazionidiversedalprofittocalcolabileeche,inoltre,avevanounenormebisognodiquelgenerediservizi che la classe capitalistica genovese era attrezzata meglio di chiunque altro a offrire, così dalasciarlaliberadiorganizzareisuoitrafficiinvaluteemercinelmodoritenutopiùopportuno.Lospiritodi crociata costituiva un’eccellente garanzia che l’espansione iberica in mari sconosciuti sarebbeproseguita liberadagliostacolipostida continui calcoli razionalidei costi edeibeneficimonetari.El’adesioneallospiritodelRinascimentoeraunagaranziacheipromotorieorganizzatoridell’espansioneavrebbero continuato ad apprezzare i vantaggi che derivavano dall’associarsi con una delle classi dimercanti piùgrandi, solvibili e inserite del tempo,una classe, tra l’altro, giàben radicatanellapartemeridionale della penisola iberica. Quando l’unione si formò e le cosiddette grandi scoperte laconsolidarono,ilcapitalismogenovesefufinalmenteliberatodallasualungacrisiespintoversoilsuomomentodimaggioreespansione.Nel 1519 il potere del capitale genovese era già tale da consentirgli di svolgere un ruolo decisivo

nell’elezionediCarloV,poirediSpagna,altitolodiimperatoreaspesedelrefrancese,FrancescoI.Inquesta occasione, sostiene Ehrenberg (1985, p. 74), i principi elettori tedeschi «non avrebbero maisceltoCarloseiFuggernonavesserosostenutolasuacausaconilpropriodenaro,eancordipiùconilloropotentecredito».Mal’operazionenonavrebbemaiavutosuccessoseimercantibanchierigenovesinon avesseromobilitato le proprie lettere di cambio inmodo da consentire ai Fugger e aiWelser diavereadisposizioneconbrevepreavvisoeinmoltiluoghidiversiildenaronecessarioadacquistareivotideiprincipitedeschi(Boyer-Xambeau,DeleplaceeGuard,1991,p.26).Nelcorsodei successiviquarant’anni le fortunedeiFuggeraumentarono inmodospettacolare,per

poi declinare rapidamente in una palude di crediti inesigibili, di deprezzamento delle risorse e dicrescenteindebitamento.LacentralitàdeiFuggernell’altafinanzaeuropeainquestoperiodoerasimilea quella deiMedici un secolo prima, sebbene le basi papali delle attività deiMedici fossero di granlungapiùsolidedellebasiimperialidelleattivitàdeiFugger.Questacentralitàhaindottoalcunistoriciaparlaredell’epocadiCarloV comedell’«epocadeiFugger».Se tutto ciò che si intende indicare conquesta espressioneè la centralitànell’alta finanza, allora ladesignazioneè accurata.Ma leprincipalitendenze dell’economia-mondo capitalistica in questo periodo non si stavano rivelando nella sferadell’altafinanza.Dietrolequinte,ilpoteremenovisibiledeigenovesicontinuòadaumentareattraversoilconsolidamentoel’ulterioreespansionedellereticommercialisistemiche,finoache,atempodebito,essi si sentirono abbastanza forti da cercare di assicurarsi il controllo delle finanze della SpagnaimperialeaspesedegliesaustiFuggeredeglialtrifinanzieriasburgicicheoperavanofuoridaAnversa.Quello che infine spossò i Fugger e spianò la strada al tentativo dei genovesi fu soprattutto la

limitatezzaspazialeefunzionaledellabasedellelorofortunecommerciali,unalimitatezzachefecediessiiservitoripiuttostocheipadronidelleincessantidifficoltàfinanziariediCarloV.Sindalprincipio,leloroattivitàcombinaronoilcommerciodell’argentoedelrameconiprestitiaiprincipitedeschi.Laloro strategiadi accumulazioneeraabbastanza semplice: i profitti chederivavanodal commerciodeimetallieranoinvestitiinprestitiaiprincipiincambiodidirittioproprietàminerarie,chealorovoltali

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mettevano in condizione di espandere il loro commercio dimetalli e lamassa di profitti che potevaessere trasformata in nuovi prestiti e in nuovi diritti e proprietà minerarie, e così via in una catenaespansionistica«senzafine».AgliinizidelXVIsecolo,lavalorizzazionedelcapitalerealizzatainbaseaquesta semplice formula accelerò improvvisamente e divenne realmente esplosiva in virtù di unacongiuntura eccezionalmente favorevole all’argento tedesco creata dall’arrivo in Europa dell’offertaportoghesedispezieasiatiche.CiòcreòadAnversaunmercatoalternativoperl’argentotedesco,lacuioffertaerastatafinoadallorasottoildominiomonopolisticodelmercatoveneziano.Diconseguenza,ilvalore dei capitali deimercanti banchieri di Augusta si moltiplicò improvvisamente e garantì loro imezzinecessariaeleggerel’imperatoredilorogradimentonell’elezionedel1519(Ehrenberg,1985,pp.64-74;Braudel,1981-82,vol.III,pp.132-134).Poco dopo il 1519, tuttavia, la congiuntura favorevole che aveva fatto la fortuna dei mercanti di

Augustacominciòrapidamenteadeclinare.Nelcorsodeisuccessividieciannicirca,l’arrivoinEuropadell’offertaspagnoladiargentoamericanodirottòversoSivigliabuonapartedelcommercioportoghesedispezieasiatichee,quelcheèpeggio,iniziòaestrometterel’argentotedescodatuttiimercatieuropei,portando a un vero e proprio blocco della produzione nelleminiere tedesche dopo il 1535 (Braudel,1981-82,vol.III,p.133).LacongiunturaavversaindusseiFuggerainvischiarsisemprepiùfortementenelfinanziamentodelleinterminabiliguerredelloroalleato-padroneimperiale.SecondounagentedeiWelsers, allametà degli anni quaranta delXVI secolo «i Fugger non volevano più saperne di prestitiimperiali; eppure si erano lasciati coinvolgere già così profondamente che fu loro necessario moltotempo per poter ricuperare il proprio denaro». Nei primi anni cinquanta, Anton Fugger si lagnòripetutamenteconilsuoagente,MatteoOertel,delfattoche«nessunasoluzionequantoainostricreditiproverràdallaCorte.Invero,inquestitempidifficiliessihannomoltoaltrodafare,maciòècomunquerischioso;sonosituazionifastidiose».Adispettodiquestelamentele,iFuggersilasciaronotrascinareinnuoviemaggioriprestitinelvanotentativodiindurreCarloVarimborsareidebitiinessereo,almeno,a pagare gli interessi. Ed è quanto fecero essi stessi, indebitandosi inmodo sempre piùmassiccio eoneroso,sulmercatofinanziariodiAnversa(Ehrenberg,1985,pp.101e109-114).

Lacosadunqueandòavanti.IFuggernonsividerorestituireiproprianticipi;alcontrario,[nel1556-57]furonocostretti,nelgirodiunannoemezzo,aconcedereprestitiallacasa[degliAsburgo]perunammontaremairaggiuntoinpassatoinunarcotemporalecosì breve. Erasso [segretario dell’Imperatore] li prosciugò completamente; e per tutto questo essi non ottennero alcunringraziamento,nédaluinédalsuoprincipale(Ehrenberg,1985,p.114).

DopoaverestortoaiFuggertuttoilpossibile,neglianniseguentiil1557gliAsburgocessaronodifarricorsoaessiperiprestitinecessari,eaquestoscopofeceroaffidamentosemprepiùesclusivamentesuigenovesi, che «erano stati in grado di rendersi indispensabili alla corte spagnola, laddove i Fugger,vincolatidalloropassatoedall’assenzadiiniziativa,rimaserolegatialleimpresespagnoleeaivecchimercati, il che impedì loro di servirsi dei nuovi centri del commercio e della finanza che si stavanoallorasviluppando»(Ehrenberg,1985,p.119).SebbenealsuoculmineilpoteredeiFuggersomigliassesuperficialmente a quello deiMedici di un secolo prima, la loro storia era dunque una replica dellevicissitudinideiBardiedeiPeruzzididuesecoliprima.AdifferenzadeiBardiedeiPeruzzi,essinonfallironoma,comeloro,siampliaronoeccessivamentealmomentosbagliato,conlaconseguenzacheleloro imprese furono rovinate dalla rescissionedegliAsburgodel 1557 e dalla crisi chenel corsodeisuccessivicinqueanniscossedallefondamentailsistemacommercialeefinanziarioeuropeo.IveriMedicidelXVI secolo furonoungruppo ristrettodimercantibanchierigenovesi, i cosiddetti

«nobilivecchi»,che,nelmezzodellacrisi,abbandonaronoilcommercioperdiventare ibanchieridelgovernodellaSpagnaimperialenellaquasiassolutacertezzacheciòavrebbearrecatoloropiùbeneficichesvantaggi.Questospostamentodei«nobilivecchi»dalcommercioall’altafinanzaèconsideratodaBraudel l’iniziodiquelloche,seguendoEhrenbergeFelipeRuizMartín,eglidefinisce il«secolodei

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genovesi» (1557-1627). Nel corso di questi settant’anni, i mercanti banchieri genovesi esercitaronosulle finanze europee un dominio paragonabile a quello esercitato nel XX secolo dalla Bancainternazionale di Basilea, «un dominio tanto discreto e sofisticato da sfuggire per molto tempoall’osservazionedeglistorici»(Braudel,1981-82,vol.III,pp.140-141).Questodominiovenneesercitatograzieall’organizzazione,alcontrolloeallagestionediunlegame

invisibile tra l’offerta più che mai sovrabbondante di capitale monetario da parte dell’ItaliasettentrionaleelecostantidifficoltàfinanziariedellaSpagnaimperiale.

Grazie al potente sistema delle fiere di Piacenza, i capitali delle città italiane sono attratti versoGenova.E una folla di piccoliprestatori, genovesi e non, affidano i loro risparmi ai banchieri in cambio di una modica retribuzione. C’è anche un legamepermanentetralefinanzespagnoleel’economiadellapenisolaitaliana.QuestospiegaisommovimentichesempreseguonoognibancarottadiMadrid:leripercussionidiquelladel1595costanomoltocareairisparmiatorieaiprestatoridiVenezia.Nellostessotempo,sempreaVenezia,igenovesi,detentoridell’argentocheconsegnanoallaZeccainenormiquantità,sisonoimpadronitianchedelcontrollodeicambiedelleassicurazionimarittime(Braudel,1981-82,vol.III,p.150).

I finanzierigenovesi checrearono,gestironoebeneficiaronodiquesto legamesistemico tra ilpotereibericoeildenaroitalianofuronoessistessicolpitidaunaseriedicrisi–neglianni1575,1596,1607,1627e1647– tuttediorigini spagnole.Adifferenzadi ciò checomportaronoper iFugger, tuttavia,questecrisinoncausaronolalororovinapoichéessiriuscironosempreatrasferireperditeedifficoltàsuclientiorivali.Naturalmente,ildominiogenovesesull’altafinanzaeuropeaallafinesfumò,epoicessòdel tutto.Ma i frutti di quel dominio rimasero intatti, e più di due secoli dopo trovarono un nuovosettore di investimenti nell’unificazione politica ed economica dell’Italia, della quale il capitalefinanziariogenovesefuunodeiprincipalifautoriebeneficiari(Braudel,1981-82,vol.III,pp.144e151-155).Ildominiodeigenovesisull’altafinanzaeuropeamantenneattraversoaltrimezziilrapportoorganico

di scambiopolitico che, a partiredalXV secolo, aveva intrecciato le fortunedella classe capitalisticagenovese con quelle dei governanti territorialisti iberici. La finanza, e non il commercio, era oradivenuta la sede principale del rapporto,ma il secondo continuava ad arrecare benefici a entrambi ipartner.Questo spostamento sostenne non solo la redditività delle attività dei genovesi,ma anche laricercadelpoteredapartedellaSpagnaimperiale.«Quellocherendeindispensabiliimercantigenovesiperirecattolicièilfattocheessi trasformanoinflussocontinuolacorrenteintermittentecheportaaSiviglia l’argento americano.» Dopo il 1567, le truppe spagnole che combattevano nei Paesi Bassichieseroeottenneroregolaripagamentimensiliinmoneted’oro.«Ènecessariodunque,perdipiù,cheigenovesicambinoinorol’argentoamericano»(Braudel,1981-82,vol.II,p.531).ComehasottolineatoEhrenberg,«nonfuronoleminiered’argentodiPotosí,quantolefierediscambiogenovesiafarsìcheFilippo II potesse perseguire, decennio dopo decennio, la sua politica di poteremondiale» (citato inKriedte,1983,p.47).Con il passare del tempo, neppure l’enorme virtuosismo tecnico dei finanzieri genovesi avrebbe

potutotenereabadaglieffettidicondizionisistemichesemprepiùsfavorevoli,che,comevedremo,lestrategie di accumulazione dei genovesi tesero ad aggravare invece che a migliorare. L’eclissi deldominiogenovesenell’altafinanzaeuropea,laprogressivaerosionedelpoteredellaSpagnaimperialeelo scioglimento dell’alleanza tra genovesi e iberici non possono essere compresi se non nel contestodell’intensificata rivalità delle lotte per il potere che fecero la fortuna del capitalismo olandese.Maprima di passare a esaminare l’ascesa di quest’ultimo al ruolo di struttura dominante dell’economia-mondoeuropea,cisiaconsentitodisottolineareciòchevifudipiùoriginalenell’espansionefinanziariaaguidagenovesedellafinedelXVIsecolo.Adifferenzadell’espansione finanziariaaguida fiorentinadella finedelXIV secolo,essacostituì il

culminediunmodellodiaccumulazionedelcapitalediampiezzasistemicaeomogeneoperagentiestruttura. In questo processo un’importante espansione materiale dell’economia-mondo europea,

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realizzata mediante la costituzione di nuove rotte di traffico e l’incorporazione di nuove zone disfruttamentocommerciale,fuseguitadaun’espansionefinanziariacherafforzòildominiodelcapitalesulla più vasta economia-mondo. Inoltre, una classe capitalistica chiaramente identificabile (quellagenovese)–fufavorita,controllataetrassebeneficiodaentrambeleespansioniinvirtùdiunastrutturadiaccumulazionedelcapitalecheingranparteeragiàsortaquandol’espansionematerialeebbeinizio.Questo processo è ciò che intenderemo per «ciclo sistemico di accumulazione». Realizzato per la

primavoltadallaclassecapitalisticagenovesenelXVIsecolo,essofureplicatoancoratrevoltesottolaleadershipeildominiosuccessividelleclassicapitalisticheolandese,britannicaestatunitense.Inquestasuccessione, le espansioni finanziarie sono state sempre i momenti iniziali e conclusivi dei ciclisistemici.Dunque,propriocomel’espansionefinanziariadellafinedelXIVsecoloedegli inizidelXVerastatalaculladelciclogenovese,cosìl’espansionefinanziariadellafinedelXVIsecoloedegliinizidelXVIIfulaculladelcicloolandese.

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Ilsecondociclosistemicodiaccumulazione(l’Olanda)

Comesièsostenutonelleprecedentisezionidiquestocapitolo, l’espansionefinanziariadellafinedelXIV secolo e degli inizi del XV fu associata, da un lato, a un’intensificazione della concorrenzaintercapitalisticacheassunse laformadiguerre tra lecittà-statoediviolenticonflitti interniaquesteultime, e, dall’altro, a una parallela intensificazione del conflitto di potere, sia tra le diverseorganizzazioni territorialistiche che al loro interno. La guerra «italiana» dei cento anni è stataconsiderata come la più chiara e importante espressione della seconda tendenza. L’espansionefinanziariadellafinedelXVIsecoloedegliinizidelXVIIfuassociataancheaun’intensificazionedellelotteintercapitalisticheeinterterritorialistiche,mainformedigranlungapiùcomplesseequindidipiùdifficileidentificazioneperl’osservatore.Una prima difficoltà sorge dal fatto che l’intensità delle lotte interterritorialistiche in realtà non

diminuìmaidopolafinedellaguerra«anglo-francese»deicentoannielapacificazionedeiterritorichedivenneropoilaSpagna.Nonappenacompletatal’unificazionedellaSpagna,ilconflittoanglo-francesefu sostituito da un conflitto franco-spagnolo per il controllo dello spazio politico italiano, dove siconcentravaancoralamaggiorpartedelpoteredeldenaroediquelloreligioso.Questalotta,chegeneròun continuo stato di guerra in Italia e altrove lungo tutta la prima metà del XVI secolo, oscural’escalationdi conflitti della secondametàdel secolo, che ebbe inizio con lo scoppiodelleguerredireligioneinGermaniaallafinedeglianniquarantaenegliannicinquantaedellaguerradiindipendenzaolandeseallafinedegliannisessanta.Questadifficoltàèaccentuatadalfattocheiprincipaliagentidellacooperazioneedellaconcorrenza

intercapitalisticanoneranopiùcostituitidaorganizzazionifacilmenteidentificabilicomelecittà-statoitalianedelleepocheprecedenti.NelsecolocheseguìallapacediLodi (1454), lecittà-statoavevanoinfatti cessato di essere, individualmente e collettivamente, gli agenti principali dei processi diaccumulazione del capitale. Il crescente coinvolgimento delle loro borghesie residenti – in quantooppostealleloroborghesieesiliatenelleattivitàdiformazionedellostato(conl’eccezionediGenova)–le rese riluttanti o incapaci di tenere il passo con i cambiamenti in corso nell’economia-mondocapitalistica.Maquelchepiùconta,comehamessoinevidenzaMattingly(1988,pp.52e86),illorostessosuccessoinquesteattivitàlerese«ciechealfattocheanchelepiùgranditralecittà-statoitalianeeranopigmeiaconfrontodellemonarchied’oltralpe».Essendocresciute«conunafiduciasconsideratanellepropriecapacitàdichiamarearaccoltaibarbariqualorafosserostatiutili,edirispedirliviaunavoltadivenutiscomodi,[…]essenonriuscironoaprevederelacatastrofechestavapersopraffarle»nonappenaFranciaeSpagnasifosserosentitepronteafronteggiarsinell’arenaitaliana.Dellequattrograndicittà-stato italiane,Veneziafu lasolacheriuscìaconservareunconsiderevole

potereinquantostato,durantetuttoilXVIsecolo,nell’emergentepanoramapoliticodell’Europa.Maciriuscì solo alprezzodi rimanere indietro rispetto avecchi enuovi concorrenti nell’accumulazionedicapitale.Naturalmente, fu proprio nel secolo che seguì la pace di Lodi cheVenezia si industrializzòrapidamenteperdiventareilcentroindustrialedominanted’Europa.Questaindustrializzazionetardiva,tuttavia,si limitòacompensareglieffettinegatividellacontrazioneedell’obsolescenzadellesuereticommerciali di lunga distanza, ma non arrestò il suo declino rispetto a centri di accumulazione delcapitalepiùdinamici(Braudel,1981-82,vol.III,p.120).Questicentrimaggiormentedinamicinoneranopiùcittà-stato,poichélastessacittà-statogenovese

avevada tempocessatodiessere la sedeprincipaledellavalorizzazionedelcapitalegenovese.Né loeranocittàqualiAnversa,SivigliaeLione,comespessosiaffermaconfondendocittàinquantoluoghiconcittàinquantoagenti.AdifferenzadiVenezia,Genova,FirenzeeMilanonelXIVsecolo,Anversa,SivigliaeLionenelXVI secolononeranoagenti, eneppurecentri,deiprocessidiaccumulazionedelcapitale. Non erano né organizzazioni statali autonome né organizzazioni imprenditoriali autonome.

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Erano semplicemente i mercati – certamente mercati centrali dell’economia-mondo europea, manondimenoluoghisoggettipoliticamenteall’autoritàdellaSpagnaimperiale(AnversaeSiviglia)odellaFrancia(Lione),edeconomicamentealleattivitàtrans-statalidiorganizzazioniimprenditorialistraniere,chenonrappresentavanolecittàinquestione,néprestavanoalcunafedeltàaesse,senoncomeluoghiconvenientidoveincontrarsiefareaffari.Lapiùimportantetraquesteorganizzazioniimprenditorialiestereeracompostadagruppicapitalistici

espatriatichesiconsideravano«nazioni»,ederanoriconosciuticometalidaigovernidellevariecittà-mercatonellequaliessirisiedevano,stabilmenteotemporaneamente.Comeèstatomostratoingrandedettaglio da Boyer-Xambeau, Deleplace e Guard (1991), queste «nazioni» trans-statali esercitavanoun’influenza davvero dominante sul sistema commerciale e monetario dell’Europa del Cinquecento.Questodominioerabasatosullapadronanzadiunostrumentomonetario–laletteradicambio–inunospazioeconomicopoliticamenteeterogeneoattraversatodaunagrandevarietàdivalutecircolanti,chele «nazioni» dei mercanti banchieri riuscirono a organizzare a proprio vantaggio in uno spaziofinanziarioecommercialeomogeneomediantel’usodiunitàdicontostabili:lemonetedicambio.Sebbenelamaggiorpartedelle«nazioni»fosserocoinvoltenelcommerciodivarigeneridimerci,i

profitti maggiori non venivano realizzati nel loro acquisto e nella loro venditama nello scambio divalute mediante lettere di cambio. E questo perché le lettere di cambio consentivano ai mercantibanchieriorganizzatiin«nazioni»ditrasformareinprofittiledifferenzeesistentitraivaloridellevalutein luoghidiversi inognidatomomento, enello stesso luogo inmomenti diversi. Il fatto chenelXVIsecolo queste differenze fossero enormi faceva sì che altrettanto enormi risultassero i profitti per le«nazioni»chesitrovavanonellaposizionemiglioreperappropriarsene.Contrariamente alle convinzioni piuttosto diffuse a quel tempo, questa attività estremamente

redditiziareseunutileservizioaimercanticomunieaivarisovranisottolecuigiurisdizionioperavanole«nazioni»deimercantibanchieri.Ilservizioconsistevanelliberareipropriclientidairischiedallepreoccupazioniconnessialtrasportodipreziosimezzidipagamentoversoiluoghilontanidoveleloromerci erano acquistate e vendute, nonché alla necessità di scambiare questi mezzi di pagamento incondizioni non familiari e imprevedibili. Una delle ragioni dell’estrema redditività delle attività dicambiavalutedelle«nazioni»staproprionelfattochequestoservizioeradigrandeutilitàperunavastaclientela, sebbene il fornirlo comportasse pochi rischi e poche difficoltà per i mercanti banchieriorganizzatiin«nazioni»vasteecoese.Inprimoluogo,questaorganizzazioneconsentivaaisuoimembridiintraprendereiltrasporto,nondituttiimezzidipagamentodicuigestivanoimovimentiattraversolospazioeiltempo,masolodiunafrazionemoltopiccola,corrispondenteaimovimentinoncompensatidaaltripiùomenoindirettinelladirezioneopposta.Inoltre,lasimultaneapresenzadiuna«nazione»neipiùimportantiluoghidimercatodell’economia-mondoeuropearendevaquestiluoghiambientifamiliarieprevedibilipertuttiisuoimembri,indipendentementedadoveessirisiedesseroooperassero.Inbreve,quellachepericlientidella«nazione»sarebbestataun’avventuracostosaerischiosa,eraperimembridella«nazione»privadicostieprivadirischi,equestadifferenzasitraducevainampiestabiliprofitti.L’entità e la regolarità di questi profitti non dipendevano solo dall’ampiezza e dal grado di

cooperazionerealizzataall’internodiciascuna«nazione».Essedipendevanoanchedallacapacitàdelle«nazioni»piùimportantidicooperaretraloropercoordinarelerispettiveoperazionieperintegrarelerispettivespecializzazionispazialiofunzionali.Èsoprattuttoinquestasferache,apartiredallacrisidel1557-62,èpossibileosservareconmaggiorechiarezzaun’escalationdellelotteintercapitalistiche.Secondo Boyer-Xambeau, Deleplace e Guard (1991, pp. 26-32 e passim), fino a quella crisi la

«nazione» fiorentina,cheaveva ilpropriocentroaLioneecheesercitavaun’influenzapredominantesullesuefiere,fuilgruppopiùimportantenell’organizzazioneenellagestionedelsistemacommercialee monetario europeo. Sorta un secolo prima sotto l’egemonia dei Medici, la «nazione» fiorentinadivennematurasolonelXVI secolo,quando le rinnovatedifficoltàpolitichediFirenzegeneraronoun

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flussocostantediesulichesiinsediaronoinFrancia,einparticolareaLione,chefutrasformatainuna«Toscana francese».Minore,ma in rapidacrescita,era l’importanzadella«nazione»genovese, lecuifortuneaumentaronodiparipassocon l’espansionedelcommercio ibericocon l’Asiae leAmeriche.Altrequattronazionisvolserounruolopiùperifericomanondimenosignificativonellaregolazionedelsistemacommercialeemonetarioeuropeo:quellatedescaequellaingleseadAnversa,quellamilaneseaLione,equellaluccheseprimaadAnversaepoiaLione.Andrebbeosservato,perriferimentifuturi,chenéVeneziané l’Olanda–rispettivamente lamaggiorepotenzacapitalisticadelXVedelXVII secolo–eranorappresentateinquestoconsessocosmopolitadi«nazioni»capitalistiche.PergranpartedellaprimametàdelXVIsecoloirapportitralevariecomponentidiquestoconsesso

cosmopolita furono essenzialmente cooperativi. Ciascuna «nazione» si specializzò in una particolarenicchiadimercatodefinitadaunamerce(prodotti tessilipergli inglesi;allume,argentoe rameper itedeschi; prodotti metallici per i milanesi; prodotti di vario genere per i lucchesi) o da un rapportopredominante di scambio politico con una delle due più potenti organizzazioni territorialistedell’economia-mondoeuropea (con laFrancia i fiorentini, con laSpagna igenovesi).Riunendonellefiere,comeaLione,oinborsemercievalutariedotatediunamaggiorecontinuità,comeadAnversa,lepromesse di pagamento, le informazioni e i rapporti acquisiti grazie a rapporti di affari con clienteledistintemasovrapposte,levarie«nazioni»cooperavanotraloroperconseguiretreprincipaliobiettivi.Inprimoluogo,esseprovvedevanoaffinchéilmaggiornumeropossibiledipromessedipagamentosi

compensasseroavicenda,direttamenteoindirettamente,riducendointalmodoalminimoil trasportoeffettivo di valute che le «nazioni» dovevano intraprendere. In secondo luogo, conseguivano unaconoscenzadellecondizionicheinfluenzavanoletendenzeelefluttuazionineicambimigliorediquellache sarebbero state in grado di acquisire da sole. In terzo luogo, si impegnavano reciprocamente inaccordicommercialiefinanziari,comel’elezionedell’imperatorenel1519,chesarebberostati troppograndiorischiosida intraprendereper imembridiun’unica«nazione»,manonperuna jointventure«multinazionale».Questi risultati della cooperazione erano la ragioneprincipaleper la quale le varie«nazioni»confluivano in luoghispecifici inmomentispecificipercreareemantenerevitali luoghidimercato centrali comeAnversa eLione.Manonappena la rilevanzadi questi risultati perunaopiùdelle «nazioni» centrali diminuì, la concorrenza prese il posto della cooperazione e la centralità deimercaticosmopolitiqualiAnversaeLionevenneprogressivamenteindebolitaeinfinedistrutta.Uncambiamentodi questogenere ebbe inizionegli anni trentadelXVI secolo, quando l’offerta di

argento tedesco fu spiazzata da quella di argento americano distruggendo così le fondamenta della«nazione» tedesca e rafforzando quelle della «nazione» genovese. Fu anche negli anni trenta che igenovesi cominciarono a tenere le proprie fiere in concorrenza conquelle diLione, controllate dalla«nazione» fiorentina. A dispetto di questi primi segni di un’intensificazione della concorrenzaintercapitalistica,irapportitraleprincipali«nazioni»rimaserofondamentalmentecooperativineglianniquarantaeneiprimiannicinquanta.Laveraescalationebbeiniziosoloconlacrisidel1557-62.Comeèstatoosservatoinprecedenza,fu

nelcorsodiquestacrisicheilcapitalegenoveseestromiseilcapitale tedescodall’altafinanza.Ancorpiùimportantefuilfattocheigenovesiintrodusseroilsistemadegliasientos,contratticonilgovernospagnolo chediedero ai genovesi il controllo pressoché completo sull’offerta di argento americano aSiviglia in cambio di oro e di altra «buonamoneta» consegnati ad Anversa, che stava rapidamentediventando il principale centro di operazioni dell’esercito imperiale spagnolo. A questo punto, la«nazione»genoveseperseogniinteresseacooperareconla«nazione»fiorentina,ecominciòafareunuso aggressivo dell’offerta di argento americano per dirottare la liquidità italiana (oro e lettere dicambio) dalle fiere di Lione alle proprie fiere di «Bisenzone». Sebbene portassero ancora il nomeitalianodiBisenzone–dalluogoincuisisvolgevanoinorigine–questeeranoinrealtàfieremobili(sisvolgevanoaChambéry,Poligny,Trento,Coira,Rivoli,IvreaeAsti)persoddisfareigenovesi(Boyer-

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Xambeau,DeleplaceeGillard,1991,pp.319-328e123).Nel1579,quandolefierediBisenzonesistabilironoaPiacenza,nelDucatodiParma,sieraormai

consolidato un triangolo estremamente redditizio e saldamente controllato: i genovesi indirizzavanol’argentoamericanodaSivigliaall’Italiasettentrionale,dovescambiavanol’argentoconoroeletteredicambio, checonsegnavanopoialgovernospagnoloadAnversa incambiodegliasientos chedavanoloro il controllo sull’argentoamericanoaSiviglia (fig.4).Alla finedegli anniottanta, laprogressivacentralizzazione dell’offerta di argento americano e dell’oro e delle lettere di cambio dell’Italiasettentrionale all’internodel triangologenovese rese irreversibile il declinodiLione comeprincipalemercatomonetario. SebbeneAnversa fosse uno dei tre vertici del triangolo genovese, la sua vitalitàcomeprincipalemercatomonetarioedellemercierastatafiaccatamoltotempoprima.L’estromissionedeitedeschielacrescenteesclusivitàdellegametragenovesieibericiemarginaronogliinglesiche,allafine degli anni sessanta, fecero ritorno in patria sotto la guida di Thomas Gresham per convincereElisabettaIdell’importanzadirenderel’Inghilterraindipendentedaglistranierinonsolonelcommerciomaanchenellafinanza(vedicap.3).IlconsolidamentodelsistemadellefierediPiacenzasegnòdunquelafinedelsistemadi«nazioni»

cooperanticheavevagovernatoilmotorecapitalisticodell’economia-mondoeuropeanellaprimametàdel XVI secolo. I genovesi ne uscirono vittoriosi, ma questo primo successo nella battaglia per lasupremazianell’altafinanzafusoloilpreludioaunacontesamoltopiùlunga.Nelcorsodellaguerradiindipendenzaolandeseigenovesilasciaronoaglispagnoli,loroalleati,icombattimentiveriepropri,erimaserodietrolequinteatrarrevantaggiodallaconversionedell’argentoconsegnatoaSivigliainoroein altra «buonamoneta» consegnati adAnversa, nei pressi del teatro delle operazioni. Senza questaguerraprobabilmentenonvisarebbestatoalcun«secolodeigenovesi».Mafuquestastessaguerracheallafinesloggiòigenovesidaiverticidell’economia-mondocapitalistica.

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Quando, nel 1566, le truppe spagnole furono inviate a occupare i Paesi Bassi – essenzialmente pergarantireilprelievofiscale–lamossasiritorsecontrogliinvasori.Iribelliolandesipreseroilmareeinbreve svilupparono una notevole abilità non solo nell’evadere il fisco, ma anche nell’imporre allefinanze della Spagna imperiale una sorta di pressione fiscale «rovesciata» attraverso la pirateria e lacorsa. Per ottanta anni – cioè fino al termine della guerra dei trent’anni – le finanze della Spagnaimperialefuronodunquesottoposteaunrilevanteecrescentedrenaggio,cherafforzòiribelliolandesieindebolì la Spagna sia in termini assoluti che rispetto alle organizzazioni territorialiste subordinate erivali, inparticolareFranciae Inghilterra.Equando ilcentro imperialesi indebolì,guerree ribellioniproliferaronofinchélapacediVestfalianonistituzionalizzòilnascenteequilibriodipotereeuropeo.Nelcorsodituttequestelottelafonteprincipaledellaricchezzaedelpotereolandesifuilcontrollo

sugliapprovvigionamentidigranoediscortenavalidalBaltico.QuestiapprovvigionamentieranostatiresiassolutamenteessenzialiallaconduzionedellaguerraterrestreenavaleinEuropadall’esaurimento,nellaprimametàdelXVIsecolo,deirifornimentialternativiprovenientidalMediterraneo.Quantopiùgli olandesi ebbero successo nel tenere in scacco il potere iberico e nel coinvolgere altri stati nelconflitto, tanto più essi trassero vantaggio dal controllo sul commercio con ilBaltico. Integrati dallapressionefiscalerovesciataimpostaallaSpagna,questiprofittifuronolafonteprincipaleeoriginariadiquell’«imbarazzodellascelta»(Schama,1993)chefindalprincipiocaratterizzòilcapitalismoolandese.

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Inquesto senso, il commerciobaltico fudavvero ilmoedercommercie diAmsterdam: il fondamentoallabasedellefortunedellacittà(Boxer,1965,p.43;Kriedte,1983,p.78).Il commerciobaltico era estremamente redditizioma stagnante.Nel corsodei due secoli durante i

qualilefortunediAmsterdamsisvilupparonoedeclinarono–cioèdallametàdelXVIsecoloallametàdelXVI – il volume delle spedizioni di grano dal Baltico all’Europa occidentalemostra un notevolemarginedifluttuazione,maunatendenzasecolareallastagnazioneeinfinealdeclino.Neiprimicentoanni circa, questa stagnazione fu parzialmente compensata da un aumento nella spedizione di altremerci(comeilferrosvedese)edaunincrementodellapercentualedigranobalticotrasportatodanaviolandesi.Ma pur tenendo conto di questi incrementi, la tendenza complessiva durante tutta l’epocad’orodelcommercioolandesefudistagnazionedelvolumedellemerciscambiateconlaregionebaltica(fig.5).Nonvièalcunacontraddizionetrailfattocheilvolumedelcommerciobalticofossestagnanteeil

fattocheessovengaconsideratoil«commerciomadre»dellefortunemercantilidegliolandesi.Questaespressionesemplicementecidàl’ideacheiprofittidelcommerciobalticoeranoinlargamisuradonidella geografia e della storia: un surplus che fu più la causa che il risultato dello sviluppo delcapitalismo olandese. Come già nel caso dello sviluppo del capitalismo nell’Italia settentrionale tresecoli prima, tutto ciò che i mercanti olandesi dovettero fare per diventare leader nei processi diaccumulazionedicapitale fu«[lasciarsi]sospingeredalventochesoffia[va]e […]manovrare leveleper sfruttarlo», comeha affermatoPirennenella suametaforicadescrizione,già citata inprecedenza,dell’ascesadellenuove«classi»capitalistichedominantiingenerale.ComesostienePirenne,ilsuccessoin questa impresa richiedeva coraggio, capacità imprenditoriali e audacia. Ma come nel caso dellecomunitàdimercantiitalianicheprecedetterogliolandesi–o,quantoaquesto,dellecomunitàinglesionordamericane che li seguirono – coraggio, capacità imprenditoriali e audacia non sarebbero statisufficientiagliolandesiperdiventare lanuova«classe»capitalisticadominantedell’economia-mondoeuropeacontalerapiditàesuccesso,senonavesseroavutolafortunaditrovarsiesattamentenelpostogiustoenelmomentogiustoperlasciarsi«sospingeredalvento».Questo«vento»era sempre stato il risultatodi condizioni sistemichechecostituivano l’effettonon

intenzionaledelle azioni di unamolteplicità di forze, e innanzi tuttodell’agente che stavaper essererimosso dai vertici dell’economia-mondo. Nel caso degli olandesi, queste condizioni sistemicheconsistevanoinunfondamentalesquilibriotemporaleespazialetraladomandael’offertadigranoediscortenavalinell’economia-mondoeuropeanelsuoinsieme.PerlamaggiorpartedelXVIsecoloenellaprima metà del XVII, la domanda fu ampia e in rapida crescita, soprattutto in Occidente, a causadell’afflussodiargentoamericanoegrazieall’intensificarsidellalottaperilpotereterrestreenavaletraglistatidellacostaatlantica.Mal’offertanonpotevaaumentare,enonaumentò,altrettantorapidamentedella domanda; per di più, con l’esaurimento degli approvvigionamenti del Mediterraneo essa siconcentrònellaregionebaltica.Grazie al precedente declino del potere della Lega anseatica e alle proprie tradizioni marinare,

radicatenellapescaeneltrasportodigrandiquantitàdimercanzielungolecostedeimaridelNord,lacomunità mercantile olandese si era trovata in una posizione unica per sfruttare questo cronicosquilibrio temporale e spaziale tra domanda e offerta. Intervenendo nel trasporto degliapprovvigionamenti dalBaltico attraverso l’Øre Sund, e stabilendo su di essi un saldo controllo, gliolandesi erano giunti a occupare quella che nel corso del XVI secolo si trasformò nella nicchia dimercato più strategica dell’economia-mondo europea, divenendo così i beneficiari di un ampio ecostanteflussodieccedenzemonetariecheessiincrementaronoulteriormenteimponendounapressionefiscalerovesciatasullaSpagnaimperiale.Buonaparte,probabilmentelamaggiorparte,diquestisurpluscostituivanocapitali«eccedenti»che

nonpotevanoessereinvestiticonprofittonelleattivitàcheligeneravano.Sequesteeccedenzefossero

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statereinvestitenelcommerciobaltico,laconseguenzapiùprobabilesarebbestataunapressioneversol’aumentodeiprezzidiacquistoe/ounapressioneverso ladiminuzionedeiprezzidivendita,cheneavrebberodistrutto la redditività.Come iMedicinelXV secolo, tuttavia, l’élitemercantilegenerata enutritadall’accumulazionediquesteeccedenze,echeeragiuntaacontrollareilloroutilizzo,sapevafarmegliochereinvestireiprofittinell’espansionedelcommerciobaltico,esiguardòbenedalfarlo.I capitali eccedenti olandesi furono invece utilizzati inmodi analoghi a quelli adottati dalle classi

capitalistichedell’Italiasettentrionalequando,allafinedelXIVeagliinizidelXVsecolo,sieranotrovateinunasituazioneanaloga.Inpartefuronoindirizzativersoattivitàproduttricidirendita,inparticolarelaterra,eversolosviluppodell’agricolturacommerciale.Sottoquestoaspetto,laprincipaledifferenzatragliolandesieiloropredecessoriitalianifularapiditàconlaqualeimercantiolandesisitrasformaronoinunaclassedirentiers.Leclassicapitalistichedellecittà-stato italianeacquisironounospazio ruraleabbastanzagrandeda

permettereinvestimentidiconsiderevolidimensioninellaterraenell’agricolturacommercialesolodopolafinedellaloroespansionemercantile.Gliolandesi,alcontrario,acquisironounospaziodelgenerenelcorso dello stesso processo attraverso cui si costituirono in uno stato sovrano.Gli investimenti nellaterra e in altre attività produttrici di rendita divennero così una caratteristica precoce del capitalismoolandese,comeètestimoniatodalfattochegiànel1652–cioèmoltoprimadellafinedell’espansionecommerciale olandese – ci si lamentava diffusamente, e con autorevolezza, che gli interessi delcommerciofosserotrascurati,inconsiderazionedelfattoche«[ireggenti]Heerennoneranomercanti,ma traevano le proprie entrate da case, terreni e investimenti» (affermazione dello storico LieuweAitzemacitatainWilson,1968,p.44;vediancheBoxer,1965,cap.2).Unasecondaanalogia tra lastrategiaolandesee laprecedentestrategia italianadiutilizzazionedei

capitali eccedenti fu l’investimento nelle attività belliche e in quelle di formazione dello stato. Pocodopo l’iniziodella lotta contro laSpagna, imercantiolandesi strinsero informali rapporti di scambiopoliticocon lamonarchia inglese,che fornì loroprotezione incambiodiunaspecialeconsiderazionenelcommercioenellafinanza.Questoportòpersinoapropostediunionetralapoliticaingleseequellaolandese. «Sotto Elisabetta l’unione era stata prospettata dall’Olanda e offerta di nuovo, in terminimoltovantaggiosiperimercantiolandesi,nel1614-19».Madaquestepropostenonvennefuorinulla(Hill,1977,p.175).Con tutta probabilità, la principale ragione per cui i mercanti olandesi rifiutarono la vantaggiosa

offerta inglese fu che nel frattempo essi erano entrati in un rapporto organico e formale di scambiopoliticoconun’organizzazioneterritorialistalocale,lacasadegliOrange.Lacaratteristicaessenzialediquesto rapporto consisteva nel fatto che la classe deimercanti olandesi forniva liquidità, conoscenzadegli affari e buone relazioni e la casa degli Orange capacità di gestione politica e militare, inparticolarenelladifesadel territorio. Il risultato fuun’organizzazionegovernativa, leProvinceUnite,checombinavaivantaggidelcapitalismoedel territorialismoinmodoassaipiùefficacediquantolecittà-stato dell’Italia del Nord, inclusa Venezia fossero mai riuscite a fare. La protezione inglesesemplicemente non era più necessaria, per quanto vantaggiose fossero le condizioni alle quali essavenivaofferta.Unaterzaanalogiatrailmodelloolandeseeilprecedentemodelloitalianodiutilizzazionedeicapitali

eccedentiful’investimentonelconsumovistosodiprodotticulturalimedianteilpatrociniodelleartiedi altre attività intellettuali. Nonostante la sua supremazia nell’alta finanza, la classe capitalisticagenovesenonsidistinsemai inquestogenerediconsumovistoso,presumibilmenteacausadellasuamancanzadicoinvolgimentonelleattivitàdiformazionedellostato.Noncosìgliolandesi,cheancheinquesta sfera mostrarono la loro precocità indicando la strada verso il consumo di prodotti culturalidurantetuttoil«secolodeigenovesi».PropriocomenelXVsecoloVeneziaeFirenzeeranostateicentridell’altoRinascimentocosìall’iniziodelXVIIsecoloAmsterdamdivenneilcentrodellatransizionedal

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«clima del Rinascimento», che aveva pervaso l’Europa nei due secoli precedenti, al «climadell’Illuminismo»,chesiapprestavaapervaderel’Europaperisuccessivicentocinquantaanni(Trevor-Roper,1994;vediancheWilson,1968,capp.7-9).Datuttiquestipuntidivista, lastrategiaolandesediutilizzazionedeicapitalieccedentisomigliava

più da vicino a quella seguita in precedenza dai veneziani che non alle strategie di ogni altra classecapitalistica dell’Italia settentrionale. A differenza dei veneziani, tuttavia, gli olandesi si spinsero alpunto di diventare i leader di un’espansione commerciale dell’intera economia-mondo europea,trasformandocosìAmsterdamnonsolonella«VeneziadelNord»,comegeneralmentesidice,maanchenella«GenovadelNord».EquestoperchénelXVsecoloivenezianinonfeceronullaperindirizzareicapitalieccedentiverso lacreazionediunnuovoepiùampiospaziocommerciale.Essendo riuscitiaescludere i genovesi dal commercio nel Levante (di Venezia), essi fecero ricorso a una strategia dispecializzazione regionale, nel Mediterraneo orientale, che aveva l’obiettivo di rafforzare il lorocontrollo suquestocommercio;equandoquestapoliticacominciòagenerare rendimentidecrescenti,essisilanciaronoancorapiùdecisamentenell’industria.QuestastrategiaconsentìaVeneziadirimanereper secoli un modello di formazione dello stato ben più delle Province Unite, o della Repubblicagenovese.Tuttavia,questastrategianonschiusedipersénuovevantaggioseoccasionidiinvestimentoai capitali eccedenti che stavano «ingombrando» l’intera Italia settentrionale. Fu lasciato così aigenovesi,piùdebolipoliticamenteemilitarmente,ilcompitoditrasformarel’espansionefinanziariadelXVsecolonell’Italiasettentrionaleinunanuovaespansionecommercialediimportanzasistemica,cosacheessifecerospecializzandosiinattivitàrigorosamentecommercialielasciandoailoroalleatiibericil’incombenzadellenecessarieattivitàbellicheediformazionedellostato.In contrasto con entrambe queste strategie di accumulazione quella veneziana di consolidamento

regionale basata sull’autosufficienza nella conduzione della guerra e nella formazione dello stato, equellagenovesediespansionemondialebasatasuunrapportodiscambiopoliticocongovernistranieri–agliinizidelXVIIsecologliolandesisimosserocontemporaneamenteinentrambeledirezioniefuseroleduestrategie inunasintesiarmoniosa.Questa sintesierabasata suun rapporto internodi scambiopolitico che rese il capitalismo olandese autosufficiente nella conduzione della guerra e nellaformazionedellostato,ecombinòilconsolidamentoregionaleconun’espansionesuscalamondialedelcommercioedellafinanzaolandesi.Inunbranocitatodifrequenteescrittonel1728,quandolafasediespansione commerciale dell’economia-mondo europea guidata dagli olandesi stava giungendo altermine,DanielDefoeindividuòconprecisionel’aspettoprincipalediquestastrategia.

Gliolandesivannoconsideratiperquellochesonorealmente,lepersonealcentrodelcommercio,gliagentieimediatorid’Europa.[…] essiacquistanoper rivendere, ricevonoper spedire, e lamaggior parte del loro immenso commercio consiste nell’essererifornitidatuttelezonedelmondo,perpoterpoialorovoltarifornirle(citatoinWilson,1968,p.22;corsivonell’originale).

Èpossibileconsiderarequestobranocomeconsistentediduepartichefornisconounadescrizione,nonsolodellacaratteristicamaggiormentetipicadelsistemacommercialeolandese,dallasuaascesaaunarilevanzasistemicanelXVIsecolofinoalsuodeclinonelXVIIIsecolo,maanchedell’espansionedelledimensioniedellaportatadiquelsistema.Laprimapartedell’affermazione,chesiriferisceall’Europa,può infatti essere utilizzata per descrivere la funzione originaria degli olandesi come i veneziani delNord, come le«persone al centro»del commerciobaltico, comegli intermediari tra i rifornimenti digranoediscortenavalidall’Europanordorientaledaunlato,elarichiestaditalirifornimentidapartedell’Europa occidentale dall’altro. La seconda parte dell’affermazione, al contrario, si riferisce almondointeroepuòessereutilizzataperdescriverelafunzionematuradegliolandesicomeigenovesidel Nord, come le «persone al centro» del commercio globale, come gli intermediari tra l’offertamondialeingeneraleeladomandamondialeingenerale.Questa interpretazione dell’affermazione diDefoe è implicita nella tesi di Braudel secondo cui la

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prima condizione della supremazia commerciale olandese è stata l’Europa, e il mondo ne è stata laseconda: «Dopo che l’Olanda ha conquistato il commercio europeo, il mondo le si è apertospontaneamente, quasi al di là del mercato. In ogni modo, l’Olanda ha imposto vicino o lontano ilpropriopredominio,omeglioilpropriomonopoliocommerciale,consistemianaloghi»(Braudel,1981-82,vol.II,p.196).Questaespansionedel raggiod’azionedel sistemacommercialeolandeseda regionaleaglobale fu

sospinta e sostenuta dalla combinazione di tre politiche connesse. Una prima politica mirava atrasformare Amsterdam nel principale centro europeo e mondiale del commercio di transito.CentralizzandoadAmsterdamilmagazzinaggioeloscambiodiquelliche,inognimomento,venivanoaesseregliapprovvigionamentipiùstrategicidelcommercioeuropeoemondiale,laclassecapitalisticaolandesesviluppòabilitàsenzaprecedentieineguagliatenelregolareeneltrarreprofittodaglisquilibridell’economia-mondoeuropea.

Laregolaèsemprelastessa:acquistareabassoprezzodalproduttoreindenarocontante,meglioseconanticipi,immagazzinareeaspettareoprovocare l’aumentodeiprezzi.Nonappenasipreannunziaunaguerracapacediprometterealtiprezziper iprodottistranieridestinatiafarsirari,imercantidiAmsterdamriempionofinoafarliscoppiareicinqueoseipianideiloromagazzini,alpunto che alla vigilia della guerra di successione spagnola, per esempio, le navi non riuscivano più a scaricare le merci permancanzadispazio(Braudel,1981-82,vol.II,pp.421-422).

Glistrumentivisibilidiquestapoliticafurono

[i]grandimagazzini,piùvastiecostosidellegrandinavi,dovesi riescea immettereunaquantitàdigranoequivalenteadieciododiciannidelconsumodelleProvinceUnite(1670),aringheospezie,panniinglesiovinofrancese,salnitropolaccoodelleIndieorientali, rame svedese, tabacco delMaryland, cacao delVenezuela, pellicce russe e lana spagnola, canapa delBaltico, seta delLevante(Braudel,1981-82,vol.II,p.421;vediancheBarbour,1950,p.75).

Ma il superiore controllo della liquidità fu un’arma di gran lunga più importante, anche se menovisibile,sfruttatadagliolandesiperdeviareversoAmsterdamiltrafficodellemercicontrollatodaaltridepositi, o composto da scambi diretti tra produttori e consumatori. Grazie a questo controllo essifuronoingrado,decenniodopodecennio,divanificareitentatividirivalirealiopotenziali.Poteronointalmodotrarrevantaggioessisolidallasempremaggiorerichiestadidenarodapartedeiproduttori,eottenere dunque approvvigionamenti a prezzi inferiori contro il pagamento in contanti o di anticipi(Braudel,1981-82,vol.II,pp.422-423).Questo ci porta alla seconda componentedella strategiadi accumulazione che sospinse e sostenne

l’ascesa della classe capitalistica olandese da una supremazia commerciale regionale a una globale:ovverolapoliticaditrasformareAmsterdamnonsolonelmagazzinocentraledelcommerciomondiale,ma anche nel principalemercatomonetario e di capitali dell’economia-mondo europea. Sotto questoaspetto la mossa tattica decisiva fu la creazione ad Amsterdam della prima borsa valori in sedutapermanente.LaBorsadiAmsterdamnonfuilprimomercatodeivalori.Borsevaloridivariogenereeranosortee

avevanoprosperatoaGenova,allefierediLipsiaeinmoltecittàanseatichenelXVsecolo,eititolidelprestitodistatoeranostaticommerciatimoltoprimanellecittà-statoitaliane.TutteleproveindicanonelMediterraneo la culladellaborsavalori. «Maquello chec’èdinuovoadAmsterdamè il volume, lafluidità,lapubblicità,lalibertàdispeculazionedelletransazioni»(Braudel,1981-82,vol.II,p.73).IlpoteredellaBorsadiAmsterdamdiattrarrel’offertaeladomandadicreditoedimonetainattivada

tuttaEuropaascapitodellefieregenovesiaumentòrapidamentetralafinedelXVIsecoloegliinizidelXVII, e divenne irresistibile dopo la crisi del 1619-22 (Braudel, 1981-82, vol. II, p. 64). La giàsovrabbondante liquiditàcomandatadallaclassecapitalisticaolandese invirtùdel suocontrollo sugliapprovvigionamenti dal Baltico e della pressione fiscale rovesciata imposta alla Spagna venne cosìintegratadallamobilitazioneedaldirottamentodicapitalieccedentidatuttal’EuropaversolaBorsadi

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Amsterdam e verso le istituzioni bancarie fondate dagli olandesi per favorirne l’attività, anzitutto laWisselbank, fondata nel 1609 per svolgere funzioni tipiche delle future banche centrali. Il superiorecontrollodellaliquiditàsucuisibasavalasupremaziacommercialedelcapitalismoditransitoolandesevennecosìconsolidato,elevandosibenaldisopradellivelloche,permoltotempoavenire,qualsiasigrupporivalesarebbestatoingradodiraggiungere.LacentralizzazioneadAmsterdamdelletransazioniedellaspeculazioneinmerci,asuavolta,aumentòladomandaeffettivadidenarodellacittàe,dunque,lacapacitàdellasuaBorsaedellesueistituzionibancariediattrarrecapitalemonetario,inattivoomeno,da tutta Europa. Venne così istituito un circolo virtuoso di espansione grazie al quale la crescentecentralitàcommercialeefinanziariadiAmsterdamimponevaatutteleorganizzazioniimprenditorialiegovernative di qualsiasi importanza di essere rappresentate alla Borsa di Amsterdam; e «[g]razieall’incontro di negozianti importanti e di un nugolo d’intermediari, tutto vi viene trattato insieme:operazionisullemerci,cambi,partecipazioni,assicurazionimarittime»(Braudel,1981-82,vol.II,p.72).Il circolo virtuoso di espansione non sarebbe mai decollato, né avrebbe prodotto risultati così

spettacolari, se non fosse stato per una terza politica che integrò e sostenne le due che favorirono latrasformazione di Amsterdam nel principale centro del commercio e della finanzamondiali. Questapoliticaconsistevaneldarevitaagrandicompagnieperazioni,dotatediprivilegidalgovernoolandese,peresercitarediritticommercialiedisovranitàsugliimmensispazicommercialid’oltreoceano.Questecompagnieeranotenutenonsoloaprodurreprofittiedividendi,maancheasvolgereattivitàbellicheediformazionedellostatopercontodelgovernoolandese.Inquestaveste,comehafattonotareMauriceDobb(1977,p.245,citandoSombart), lecompagnie

privilegiatedelXVIIsecolononeranodissimilidallemaonegenovesi,associazionidiindividuicostituiteinvistadiunprofittopersvolgerefunzionibellicheediformazionedellostato,comelaconquistadiCaffa e la colonizzazione di Chio. Queste associazioni avevano svolto un ruolo cruciale nellaformazione originaria della classe capitalistica genovese durante l’espansione commerciale del XIIIsecoloedegliinizidelXIV,mafuronoinseguitosostituitedastruttureorganizzativepiùflessibili,lapiùimportantedellequalifula«nazione»trans-statalegenoveseanalizzatainprecedenza.NelXVIIsecolo,gli olandesi non furono né i soli né i primi a far rivivere la tradizione dellemaone genovesi, dalmomentochelaCompagniaInglesedelleIndieOrientalifufondatanel1600ealtrecompagnieinglesiancora prima. Eppure, nel corso di tutto il XVII secolo la VOC olandese (Verenigde Oost-IndischeCompagnie),fondatanel1602,fudigranlungailprodottopiùriuscitodiquestarinascita–alpuntocheagliinglesifunecessariounsecoloperimitarneeancordipiùperprenderneilposto(Braudel,1981-82,vol.II,pp.449-450).Ineffettilecompagnieprivilegiateolandesitraevanobeneficioederanoallostessotempostrumenti

dellacentralizzazionedelcommercioedell’altafinanzamondialiincorsoadAmsterdam.Netraevanobeneficioperchéquestacentralizzazioneaccordavalorounaccessoprivilegiatoasbocchiremunerativiper i loro prodotti e a fonti economiche per la collocazione o l’approvvigionamento di capitalieccedenti,asecondadellorostadiodisviluppoedelleoscillazioninellelorofortune.Malecompagnieprivilegiatefuronoanchepotentistrumentidell’espansioneglobaledellereticommercialiefinanziarieolandesi, e da questo punto di vista il loro ruolo nella strategia complessiva di accumulazione degliolandesinonpuòesseremaisottolineatoabbastanza.In primo luogo, le compagnie privilegiate furono lo strumento attraverso il quale la classe

capitalisticaolandeseistituìlegamidirettitral’entrepôtdiAmsterdam,daunlato,eiproduttoridituttoil mondo, dall’altro. Grazie a questi legami diretti, la capacità della classe capitalistica olandese dicentralizzare ad Amsterdam le transazioni commerciali che contavano, così come la sua capacità dicontrollare, regolare e trarre profitto dagli squilibri del commerciomondiale aumentarono di molto.Allostessotempo,lecompagnieprivilegiatesvolserounruolodecisivonell’ascesadiAmsterdamallostatus di centro finanziario mondiale, poiché l’investimento e la speculazione nelle azioni delle

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compagnie privilegiate – prima fra tutte la VOC – furono il fattore più importante nella riuscitatrasformazionedellaBorsadiAmsterdamnelprimomercatoazionarioinsedutapermanente(Braudel,1981-82,vol.II,pp.100-106;1981-82,vol.III,pp.224-227;Israel,1989,pp.75-76e256-258).Senzaunasocietàperazionidigrandidimensioni, redditiziae in rapidacrescitacome laVOC,uno

sviluppo del genere non avrebbemai avuto luogo, o quantomeno non in tempo per sconfiggere lavecchiaelanuovaconcorrenza(rispettivamentequellagenoveseequellainglese)nell’altafinanza.MalaVOCfuunsuccessochefeceepoca,elostessoavvenneperlastrategiadiaccumulazionedicuiessafacevaparte.Perpiùdiunsecolo,dal1610-20circaal1730-40circa,gli strati superioridellaclassemercantile olandese rimasero i leader e i regolatori del motore capitalistico europeo. Durante tuttoquesto periodo la Borsa di Amsterdam rimase il principale meccanismo di regolazione attraverso ilqualeicapitaliinattivivenivanodirottativersonuoveavventurecommerciali,alcunedellequalieranocontrollate direttamentedalla cerchia ristretta della classe capitalistica olandese,ma lamaggior partedelle quali poteva essere lasciata senza rischi e vantaggiosamente nellemani di imprese olandesi diminoreimportanzaestraniere(soprattuttoinglesi).Grazie alla Borsa, i capitali venivano riciclati da settori di attività stagnanti o che si stavano

contraendo,comeilcommerciobaltico,asettoridiattivitànuovimapromettenti,evenivanorimescolaticontinuamente tra i governi e le imprese a seconda dei profitti e dei rischi previsti. Promuovendo eorganizzandoquesto riciclaggio equesto rimescolamento, imercanti olandesi, e inparticolare il lorostratosuperiorecapitalistico,potevanotrarreprofittononsolodalleattivitàdaessiavviateocontrollate,ma anche dalle avventure militari, commerciali e industriali promosse e organizzate da altri. Ma lecapacitàdegliolandesidi trasformare le iniziativee leattivitàaltrui inaltrettantimezzidiespansionedellapropriasupremaziacommercialenoneranoillimitate.Lostessosuccessodellastrategiaolandesediaccumulazionegeneròprestoforzeche limitarono, indebolironoe infinedistrussero lecapacitàdelsistemacommercialemondialedegliolandesidicontinuareaespandersiindefinitamente.Questeforzecostituivanodellevariantidiquellochefuinseguitoconosciutocome«mercantilismo».

Queste varianti furono numerose e il loro successo assai diseguale. Ma al di là dei successi e deifallimenti individuali, ladiffusionedinumerosimercantilismialla finedelXVII secoloeagli inizidelXVIIIgenerò,inEuropaenelmondoingenerale,unambientenelqualeilsistemacommercialeolandesenonpotevasopravvivere,indipendentementedalcomportamentodegliolandesi.Tutte le varianti del mercantilismo avevano un elemento in comune: erano tentativi più o meno

consapevoli da parte dei governanti territorialisti di imitare gli olandesi, per acquisire essi stessi unorientamento capitalistico come modo più efficace per conseguire i propri obiettivi di potere. Gliolandesi avevano mostrato su scala mondiale quello che i veneziani avevano mostrato su scalaregionale,valeadirecheincircostanzefavorevolil’accumulazionesistematicadieccedenzemonetariepotevacostituireunatecnicadiaffermazionepoliticamoltopiùefficacedell’acquisizionediterritoriesudditi. Quanto più gli olandesi ebbero successo nella loro incessante accumulazione di capitale, equantopiùquestaaccumulazionefutrasformataincapacitàsemprecrescentidiformareemanovrareilsistema politico europeo, tanto più i governanti territorialisti europei furono attratti dal percorso disviluppoolandese,cioèspintia imitarequantopiùpossibile(oquantopiùritenesserodesiderabile) letecniche commerciali, belliche e di formazione dello stato degli olandesi. La creazione di impericommerciali di dimensioni mondiali, il dirottamento dei flussi commerciali e monetari a entrepôtsottopostiallorocontrolloeallalorogiurisdizione,l’accumulazionesistematicadieccedenzemonetarienella bilancia dei pagamenti con altri domini, furono tutte espressioni di questa predisposizioneall’imitazionedapartedelleorganizzazioniterritorialiste.Mailmercantilismononfusololarispostaimitativadeigovernantiterritorialistiallesfidepostedalle

dimensionimondiali del capitalismoolandese.Egualmente importante fu la tendenza a riaffermare oristabilire ilprincipio territorialistadell’autarchianellanuova formadella«formazionedell’economia

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nazionale»,eacontrapporretaleprincipioaquelloolandesedell’intermediazioneuniversale.L’aspettoprincipale di questa tendenza fu il rafforzamento di «collegamenti in avanti e all’indietro»,nell’accezione di Albert Hirschman (1968), tra i consumatori e i produttori di un dato dominioterritoriale,un rafforzamentochecomportònonsolo lacostituzionediattività intermedie (soprattutto«manifatturiere»)checollegavanolaproduzioneprimariainternaalconsumofinaleinterno,maanchelo «sganciamento» forzato di produttori e consumatori dal rapporto di dipendenza da acquisti e davenditeall’estero(soprattuttoolandesi).Queste due tendenze furono caratteristiche di tutte le varianti del mercantilismo, anche se alcune

varianti – e in particolare quella inglese – furono più inclini a costruire un impero commercialed’oltreoceanochenonun’economianazionaleinpatria,mentrealtre–einparticolarequellafrancese–mostrarono la tendenzaopposta. Inognicaso,alla finedelXVIII secolo il successodelmercantilismoinglese e di quello francese stava già imponendo seri limiti alle capacità del sistema commercialemondialeolandesedicontinuareaespanderelepropriedimensionieilproprioraggiod’azione.Quandol’espansionesiridusse,ilsistemacominciòaincrinarsi.Malagocciachefecetraboccareilvasofuladiffusione del mercantilismo nella regione che aveva alimentato il «commercio madre» del sistemacommercialeolandese.

LaragionefondamentaledelnettodeclinodelsistemacommercialemondialeolandeseneglianniventietrentadelXVIIIsecoloful’ondatadimercantilismonuovamanierachesidiffuserapidamenteinquasituttoilcontinenteapartiredal1720circa.[…]Finoal1720,paesicomelaPrussia,laRussia,laSveziaelaDanimarca-Norvegianondisponevanodeimezzie,conlagrandeguerradelNordincorso,dell’opportunitàdiemulareilmercantilismoaggressivodiInghilterraeFrancia.Maneglianniintornoal1720,unaccresciuto sensodi rivalità tra lepotenzedelNord, combinato alladiffusionedinuova tecnologia edi nuoveabilità, spessodiorigini olandesi o ugonotte, portò a un drammatico mutamento. Nei due successivi decenni, la maggior parte dell’Europasettentrionalefucompresainunacornicedisistematichepoliticheindustrialimercantilistiche(Israel,1989,pp.383-384).

Imercantiolandesinonpotevanofarnullapercontenere,etantomenoperinvertire,lamareamontantedelmercantilismo.Uncontenimentodelgenereeramoltoaldilàdellelorocapacitàorganizzative.Maciòchenonandavaaldilàdiesse,echeineffettieraperlorolastrategiad’azionepiùragionevoledaintraprendereinquellecircostanze,eraritirarsidalcommercioeconcentrarsisull’altafinanzaalloscopodi trarre vantaggio dalla diffusione delmercantilismo, invece che soccombere a essa.Questo perchél’accresciuta concorrenza tra le organizzazioni territorialiste europee, che stavaminando alla base ilfunzionamentodelsistemacommercialemondialedegliolandesi,stavaancheampliandoeaggravandoilbisognodidenaroedicreditodeigoverni ingenerale,unbisognoche le reticommercialiolandesierano in buona posizione per servire e dalla quale potevano trarre vantaggio. La classe capitalisticaolandese colse prontamente questa occasione e, a partire dal 1740 circa, i suoi principali esponenticominciarono a spostarsi dal commercio verso una specializzazione sempre più esclusiva nell’altafinanza.Comenelcasodelleprecedentiespansionifinanziariedelcapitalefiorentinoediquellogenovese,lo

spostamentodegliolandesidalcommercioallafinanzaavvennenelcontestodiun’importanteescalationdellelotteintercapitalisticheeinterterritorialistiche.Questavolta,tuttavia,iduegeneridilottasieranodel tuttofusi inconflitti trastati-nazioneallostesso tempocapitalisticie territorialistici.Alprincipio,l’intensificazione di questi conflitti assunse la forma di guerre commerciali tra Inghilterra e Francia,emersecomeleduerivalipiùpotentinelcorsodell’espansionecommercialedegliinizidelXVIIsecolo.SecondoH.W.V.Temperley,lapartecipazioneallaguerradisuccessioneaustriaca(1740-48),«laprimadelleguerre inglesi in cuipredominaronoassolutamentegli interessi commerciali, in cui laguerra fucondotta esclusivamente per la bilancia commerciale anziché per l’equilibrio delle forze» (citato inWallerstein,1982,p.374),fuprestoseguitadalconfrontodecisivonellaguerradeisetteanni(1756-63).Proprio come nel 1381, con la pace di Torino i veneziani avevano estromesso i genovesi dalMediterraneo orientale, così nel 1763 con il trattato di Parigi gli inglesi estromisero i francesi

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dall’AmericadelNordedall’India.Questavolta, tuttavia, il successoconseguitonel conflitto interstatale fuesso stesso laceratodaun

antagonismo interno.Una disputa tra il governo inglese e i suoi sudditi dell’America delNord sulladistribuzione dei costi e dei benefici della comune vittoria sui francesi degenerò rapidamente nellaguerradiindipendenzaamericana,cheilgovernofrancesetentòprontamentedisfruttareperrecuperarela perdita di potere e di prestigio subita in precedenza.Ma la vittoria nella guerra di indipendenzaamericana fu controproducente.Un conflitto fiscale sulla distribuzione dei costi della guerra scoppiònella stessa Francia e la rivoluzione che ne seguì si ripercosse in una guerra generalizzata in tuttal’economia-mondoeuropea(vedicap.1).Almenoinizialmentequestaintensificazionedellelottetralevarieorganizzazioniterritorialiste,così

comeallorointerno,creòcondizionididomandaestremamentefavorevolialleattivitàfinanziarienellequalisieraspecializzatalaclassecapitalisticaolandese.

Negliannidopoil1760,tuttigliStatisipresentanoaglisportellideiprestatoriolandesi:l’imperatore,l’elettorediSassoniaequellodiBaviera,l’insistenterediDanimarca,ilrediSvezia,CaterinaIIdiRussia,ilrediFranciaepersinolacittàdiAmburgo(chepureeralarivalevittoriosadiAmsterdam),infinegliinsortid’America(Braudel,1981-82,vol.II,p.235).

Inquestecircostanzeeradeltuttonaturalechelaclassecapitalisticaolandesescegliessediprendereledistanzedallelottecheinfuriavanotantotralevarieorganizzazioniterritorialistequantoallorointerno,ediimpegnarsiinveceatrarreprofittodallaconcorrenzaperilcapitalemobilegeneratadaquestelotte.Lacapacitàdegliolandesidicontinuareadapprofittarediquestaconcorrenzamoltotempodopolafinedell’epoca d’oro della loro supremazia commerciale non era naturalmente illimitata. La rinascita delterritorialismo sotto vesti mercantilistiche che stava imperversando in Europa raggiunse infine gliolandesi iquali, sotto lapressionedi interessi territorialistici interni,che lacasadegliOrangeera fintroppodesiderosadiguidareeorganizzare,furonoattrattinellelotteconconseguenzedisastrose.Nellaguerracheseguìallaribellioneamericana,gliolandesisostennerolaFranciacontrolaGranBretagna.ComeanchelaFrancia,tuttavia,neppureleProvinceUnitetrasseroalcunvantaggiodallasconfittadellaGranBretagna.Alcontrario,ibritannicireagironorabbiosamente,enelcorsodellaquartaguerraanglo-olandese (1781-84) annientarono quello che era rimasto del potere navale olandese, sottrassero agliolandesiCeyloneguadagnaronol’accessoalleMolucche.Questa sconfitta, assieme alla successiva rivoluzione «batava» e alla controrivoluzione orangista,

acceleròlasostituzionediAmsterdamdapartediLondracomecentrofinanziariodell’economia-mondoeuropea. Questa sostituzione fu completata nel corso delle guerre napoleoniche, che cancellarono leProvinceUnite dallamappa dell’Europa. Tuttavia era ormai più dimezzo secolo che gli olandesi sieranodisimpegnatidalcommercioperspecializzarsinell’altafinanza;nelcorsodiquelmezzosecoloifinanzieriolandesiavevanoavutoiloro«momentimeravigliosi»duranteiqualisieranopotutigoderelospettacolosenzaprecedenti(eperdipiùredditizio)deigrandigovernantiterritorialistieuropeiinfilaailoroufficiimplorandounprestito.Ancoraunavolta,e supiùgrande scala, una classe capitalistica aveva promosso e finanziato con

successoun’espansionecommercialeche includevaunamolteplicitàdi retidicommercioedipotere,l’aveva controllata traendone profitto e, a tempo debito, se ne era ritirata. Il capitalismo in quantosistemamondiale sieraaffermato.D’ora inavanti, il territorialismoavrebbepotutoconseguire i suoiobiettivi solo «internalizzando» le tecniche di potere capitalistiche. Questa, come vedremo, sarebbestatalacaratteristicaprincipaledelterzociclosistemicodiaccumulazione(quellobritannico).

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Ladialetticadistatoecapitale

Prima di passare a esaminare questo terzo ciclo sistemico di accumulazione, occorre completare ladescrizione del ciclo genovese e di quello olandese con un breve esame della «rivoluzioneorganizzativa»che,adispettoditutteleanalogieesistentitraiduecicli,licaratterizzacomeduediversistadi dello sviluppo capitalistico.Difatti, le strategie che strutturarono il ciclo olandese furono, sottoalcuni importanti aspetti, non solo diverse, ma anche antitetiche rispetto a quelle che avevanocaratterizzatoilprecedenteciclogenovese.Ledifferenzetraidueciclisononumeroseecomplesse,matutte possono essere ricondotte al fatto che il regime di accumulazione olandese, rispetto a quellogenovese,«internalizzòicostidiprotezione».L’ideadell’«internalizzazionedeicostidiprotezione»èstataintrodottadaNielsSteensgaard(1974)

perspiegarelostraordinariosuccessoraggiuntonelcorsodelXVIIsecolodallecompagnieprivilegiateeuropee che operavano nelle Indie Orientali. Essendo autosufficienti e competitive nell’uso e nelcontrollo della violenza, queste compagnie «producevano» la propria protezione, per usare laterminologiadiLane (1979,pp.22-28), a costi inferiori emaggiormentecalcolabilidiquelli impostialle carovane e alle navi dai poteri locali sotto forma di tributi, tasse e vere e proprie estorsioni. Lecompagnie potevano intascare sotto formadi profitti o trasferire sotto formadi prezzi di vendita piùbassi ai loro clienti e/o di prezzi di acquisto più alti ai loro fornitori, quanto imercanti locali eranocostrettiapagaresottoformaditributi,tasseedestorsioni.Seirisparmifosserostatitrasferitiinunadiqueste due forme, le compagnie privilegiate avrebbero visto aumentare i propri acquisti e le proprievenditeaspesedeiconcorrentilocali;incasocontrario,avrebberovistoaumentarelaproprieriservediliquidità o i propri patrimoni, e avrebbero in talmodo accresciuto la propria capacità di eliminare osubordinare i concorrenti locali oltre che quella di tener testa ai rivali nell’economia-mondo nel suoinsieme.Piùinparticolare,comelostessoSteensgaardhaaffermatoinunasinteticaesposizionedellasuatesi,

[al pari] degli imperi commerciali del re portoghese, le compagnie erano imprese integrate e non specializzate, ma con unadifferenza di rilievo. Esse erano gestite come un’azienda, e non come un impero. Producendo da sé la propria protezione, lecompagnienonsolosiappropriaronodeitributi,masireseroanchecapacidideterminarelaqualitàeilcostostessidellaprotezione.Ciò significa che i costi di protezionevennero ricondotti nella sferadel calcolo razionale, invecedi rimanerenell’imprevedibileambitodelle«causediforzamaggiore»(Steensgaard,1981,pp.259-260).

Ilnostrointeresseprincipalequinonètantorelativoaquestoaspettoparticolaredellainternalizzazionedei costi di protezione a opera della VOC, quanto all’aspetto molto più generale di questainternalizzazione che può essere desunto mettendo a confronto il sistema o regime olandese diaccumulazione su scala mondiale e quello genovese. Da questo confronto emerge chel’internalizzazionedeicostidiprotezionesembraesserelosviluppochepermiseallaclassecapitalisticaolandesediportare iprocessi sistemicidiaccumulazioneunpassooltre rispettoaquantoera stata ingradodifarelaclassecapitalisticagenovese.Maappareanchecomeunpassoindietronelprocessodidifferenziazionetraorganizzazionigovernativeeorganizzazioniimprenditoriali.Peridentificarequestoduplicemovimento–inavantieall’indietroallostessotempo–ènecessario

in primo luogo definire le principali caratteristiche del regime di accumulazione genovese rispetto aquelloveneziano.ComehaaffermatoBraudel:«aVenezia,tuttoèperloStato;aGenova,tuttoèperilcapitale»(Braudel,1981-82,vol.II,p.446;ancheAbu-Lughod,1989,p.114epassim).Grazieaquestadicotomia potremo comprendere come,mentre aVenezia la forza del capitale si basava direttamentesull’autonomiaesullacompetitivitàdell’apparatocoercitivodellostato,aGenovailcapitalesireggevasullepropriegambe,eilpoteredellostato,perquellochevaleva,dipendevadalleinclinazioniedallecapacitàdelcapitalegenovese.Ladifferenzapotevaessereosservataavarilivelli.

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Nella lottasuimercati,opersinonelladifesadellastessacittà, lecapacitàbellicheediformazionedellostatodellarepubblicagenovesenoneranocompetitive.GenovanonsoloavevapersolaguerraconVenezia per il controllo sul commercio del Levante; oltre a questo, «Genova continuerà a cedere difronteaterzi,perforza,volontàoprudenza[…]mentre[…]Venezial’inafferrabilecederàperlaprimavoltasolonel1797,davantiaBonaparte»(Braudel,1981-82,vol.III,p.142).Strettamenteconnessoaquesta intrinsecadebolezzadellostatogenoveseera ilsuofaraffidamento

sulcapitaleprivatoperlepropriefinanzeepersinopersvolgerefunzionibellicheediformazionedellostato.Abbiamogiàaccennatoallemaone.Diegualeimportanzainquestarelazioneeranolecompere,prestitidistatogarantitidarenditedelgoverno.Nel1407,«compereemaonesonoriunitenellaCasadiSanGiorgio,unveroepropriostatonellostato,unadellechiavidellesegretissimaeparadossalestoriadellarepubblica»(Braudel,1981-82,vol.II,p.442).A Venezia non esisteva alcuna istituzione del genere. Qui lo stato aveva un saldo controllo sulle

propriefinanzee,lungidalfareaffidamentosuassociazioniprivatepersvolgerefunzionibellicheediformazionedellostato,intervenivaattivamentenelfornireasingolimercantieadassociazioniprivatel’infrastrutturadibasedicuiavevanobisognopersvolgereleloroattività.«Ilsistemadelle“galeredimercato”dipendeappuntodallemisuredi“dirigismoeconomico”cheitempicupiispiraronoalloStatoveneziano.»IlsistemaerabasatosunavicostruitedallaSignoria,disuaproprietàedaessadotatedistrumenti di difesa, ma date in affitto ai mercanti con un’asta annuale, cosicché «[n]e conseguivaun’utilizzazioneprivatadistrumenticostruitiperilsettorepubblico».Grazieaquestosistema,Veneziaestesecostantemente

[la]massaditentacolichelaSerenissimaallungaattraversoilbacinodelMediterraneo,eilbracciochetendeapartiredal1314indirezionediBruges […]con lacreazionedelle«galerediFiandra». […]L’apogeodelsistemaè toccatosenzadubbio intornoal1460,quandolaSignoriacrealasingolarelineadelle«galereditrafego»,cheaccentualasuapressioneindirezionedell’AfricadelNordedell’orodelSudan(Braudel,1981-82,vol.III,pp.111-112).

Ma questo non era tutto. In aggiunta, lo stato veneziano era estremamente attivo ed efficiente nellospingereiflussidimerciversoVenezia.

Tuttiimercantitedeschisonotenutiadepositar[e]leloromerci[inunpuntoobbligatodiraccoltaedisegregazione,ilFondacodeitedeschi],adabitarviinunadellestanzepredisposteaquestoscopo,avendervisottoilcontrollopignolodegliagentidellaSignoria,e a reinvestire il denaro incassato in mercanzie veneziane. […] In cambio, Venezia proibisce praticamente ai suoi mercanti dicomprare e di vendere direttamente in Germania. Il risultato, per i tedeschi, è l’obbligo di recarsi a Venezia di persona peracquistarvi i panni, il cotone, la lana, la seta, le spezie, il pepe, l’oro […] affidando ai mercanti della Serenissima ferro,chincaglierie,fustagno[…]einseguito,dopolametàdelsecoloXV,crescentiquantitàdiargento(Braudel,1981-82,vol.III,pp.109-110).

Ilgovernogenovesenonavevané lavolontàné ilpoteredi imporrequestogeneredi restrizioni alleattività dei propri mercanti e di quelli stranieri. La maggiore libertà nelle transazioni così concessaattrasse alcuni acquirenti tedeschi, ma «essi non possono trovarvi nulla che non trovino anche aVenezia,sortadiemporiouniversalecomesaràpiùtardi(epiùingrande)Amsterdam.Comeresistereallecomoditàealletentazionidiunacittàalcentrodiun’economia-mondo?»(Braudel,1981-82,vol.III,p.110).Da tutti questi punti di vista, il regime di accumulazione veneziano imperniato sullo stato sembra

aver avuto di gran lunga più successo del regime genovese imperniato sui capitale. Questo fucertamente vero sul breve periodo, ricordando che, in queste cose, un secolo è ancor più un «breveperiodo»diquantononcredesseSchumpeter.Masulpiùlungoperiodo,nonfuronoivenezianibensìigenovesi che continuarono a promuovere, controllare e trarre beneficio dal primo ciclo diaccumulazione di capitale che abbracciò il mondo intero. Questo ci porta a considerare un’altraimportante differenza tra i due regimi di accumulazione. Lo stesso successo del regime di

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accumulazione veneziano, assieme al fatto che esso si basava sul potere dello stato, aumentòl’introversione del capitalismo veneziano e la sua mancanza di impulso innovativo. A Venezia, leprincipali personificazioni del capitale tendevano a divenire di vedute ristrette e orientate versol’interno. Banchieri e prestatori erano «assorbiti dalla sola attività del mercato urbano, e non sisentivano attratti da un eventuale trasferimento delle loro attività all’esterno, alla ricerca di unaclientela»(GinoLuzzatto,citatoinBraudel,1981-82,vol.III,p.116).Eccetto che nella formazione dello stato e nella conduzione della guerra, la principale spinta

innovativa del capitalismo dell’Italia settentrionale non giunse da Venezia. Nell’attività industriale,nell’attivitàbancariaenellaformazionedellegrandiimprese,l’iniziativaeravenutatradizionalmentedaFirenzeedaaltrecittà-statotoscane.Nell’aperturadinuoverottecommerciali,inclusequelleaggiuntedal governo veneziano al sistema delle galere, l’iniziativa era venuta dai genovesi. Non turbata dalunghelottediclassecomeFirenze,odafaideinfinitecomeGenovao,comeFirenzeeGenova,daunaprofondainsicurezzaneirapporticommercialiedipotereconilpiùampiomondoall’internodelqualeoperava,Venezia

puòaccontentarsideisistemitradizionaliechehannodatoprovadisé[…][Essa]èfindall’inizioprigionieradellelezionidelsuosuccesso.IlverodogediVenezia,ostileatuttelespintedirinnovamento,èilpassatodellaSignoria,iprecedentiaiqualicisirifàcomealletavoledellalegge.El’ombrachecalasullagrandezzadiVeneziaèquelladellasuastessagrandezza(Braudel,1981-82,vol.III,p.117).

Innettocontrastoconquestomodello,ilcapitalismogenoveseerasoggettoaunafortespintacentrifugae innovativa, che si intensificò con la disintegrazionedell’imperomilitare-commercialegenovesenelMediterraneoenelleregionidelMarNero:

[Genova]fabbrica,maperglialtri;naviga,maperglialtri;investe,mapressoglialtri.[…]Comedunquegarantir[e]lasicurezzaeil frutto [dei capitali genovesi] in casad’altri?È l’eternoproblemadiGenova, chevive edevevivere in agguato, condannata arischiare e al tempo stesso a essere particolarmente prudente. […] Genova ha cambiato rotta più volte, sempre accettando lanecessariametamorfosi.Haorganizzato,perriservarselo,ununiversoesterno,el’haabbandonatoquandoèdiventatoinabitabileoinutilizzabile;nehaimmaginatoecostruitounaltro[…]èildestinodiGenova,corpofragile,sismografoultrasensibilecheregistraognivibrazionedelvastomondo.Mostrodiintelligenza,etalvoltadidurezza,Genovaècondannataaimpadronirsidelmondo,oanonesistere(Braudel,1981-82,vol.III,pp.144-145).

Propriocomel’intrinsecaforzadiVenezianelleattivitàdiformazionedellostatoeinquellebellichefula sua debolezza, così la debolezza di Genova nelle stesse attività fu la sua forza. Nel tentativo disconfiggerelaconcorrenzaveneziana,operchéneeranostatisconfitti,imercantigenovesipenetraronocon la forza in ogni angolo dell’economia-mondo europea e aprirono nuove rotte commercialiall’internoealdilàdeisuoiconfinigeografici.Dall’iniziodelXVsecoloessipossedevanoinsediamenticoloniali in Crimea, a Chio, in NordAfrica, a Siviglia, Lisbona e Bruges. Pur perdendo le stazionicommerciali inCrimea a seguitodell’occupazioneottomanadel 1479, benpresto essi svilupparono iloroaffariadAnversa–ilprincipalemagazzinodelcommerciomondialeiberico–eaLione(Braudel,1981-82,vol.III,p.150;vol.II,p.151).Il risultato fu che la classe capitalista genovese giunse a controllare una rete commerciale e

finanziaria cosmopolita di dimensioni e portata senza precedenti e senza confronti. Ovunquesvilupparono i loro affari, i genovesi furono una «minoranza», ma, come osserva Braudel, unaminoranzachecostituivaunaretesolidaeprecostituita.

L’italiano che arriva a Lione ha bisogno, per insediarsi, soltanto di una tavola e di un foglio di carta, del che i francesi simeravigliano. Il fattoècheeglidisponesullapiazzadisocinaturali,di informatori,dimallevadori,dicorrispondentinellevariepiazzed’Europa; inaltreparole,di tuttociòchefa ilcreditodiunmercanteechespessounoimpiegamesieanniadacquistare(Braudel,1981-82,vol.II,p.154).

Imercantigenovesinoneranoisoliacontrollareegestirevasteretidiquestogenere.Comeabbiamo

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osservatoinprecedenza,essieranosolounodeigruppiimprenditorialiinesilioorganizzatiin«nazioni»e riconosciuti come tali da altri gruppi imprenditoriali e dai governi dei luoghi nei quali essirisiedevano.Vieranoinoltrealtreretidimercantiinesilio,tracuiquelliebreiearmeni,chenoneranoriconosciuti come «nazioni». Ma a causa della lunga storia dei genovesi nel costruire un imperocommerciale dopo l’altro, nel XVI secolo le reti commerciali e finanziarie trans-statali di cuidisponevano conferirono loro un netto vantaggio competitivo, non solo rispetto alle altre «nazioni»trans-statali,maancherispettoairivaliveneziani,chesidistinseroperlaloroassenzanellacreazionediquestogenerediretitrans-statali.In sintesi, nel corso della secolare lotta concorrenziale che li oppose, il regime di accumulazione

veneziano e quello genovese si svilupparono lungo traiettorie divergenti, che nel XV secolo sicristallizzarono in due opposte forme elementari di organizzazione capitalistica. Venezia divenne ilprototipodituttelefutureformedi«capitalismo(monopolistico)distato»,Genovailprototipodituttele future forme di «capitalismo (finanziario) cosmopolita». La combinazione e la contrapposizionesempre mutevole di queste due forme organizzative e, soprattutto, le loro dimensioni e la lorocomplessità sempre crescenti, associate all’«internalizzazione» di una funzione sociale dopo l’altra,costituisconol’aspettoprincipaledell’evoluzionedelcapitalismostoricocomesistemamondiale.Unconfrontotraidueciclisistemicidiaccumulazionedescrittifinquirivelache,sindalprincipio,

l’evoluzione del capitalismo storico in quanto sistema mondiale non ebbe un andamento lineare,caratterizzato cioèdauna serie di semplicimovimenti in avanti nel corsodei quali le vecchie formeorganizzative fossero sostituite una volta per tutte da nuove forme organizzative. Al contrario, ognimovimentoinavantisièbasatosullaricomparsadiformeorganizzativesuperateinprecedenza.Così,mentreilciclodiaccumulazionegenovesesifondòsullasostituzionedelcapitalismo(monopolistico)distato veneziano da parte di un’alleanza del capitalismo (finanziario) cosmopolita genovese con ilterritorialismoiberico,questaalleanzafuessastessasostituitainun’epocasuccessivadallarinascita,aopera degli olandesi, del capitalismo (monopolistico) di stato in una forma nuova, ampliata e piùcomplessa.Questoduplicemovimento–inavantieall’indietronellostessotempo–riflettelanaturadialetticae

autolimitatrice di tutte le innovazioni organizzative che, storicamente, hanno spinto i processi diaccumulazionedicapitalesuscalamondialeversol’esternoeinavantinellospazioeneltempo.NelXVsecolo i genovesi strinsero dunque un rapporto organico di scambio politico con le organizzazioniterritorialisteperchéquestoerailmodopiùragionevole–senonl’unico–peraggirareilimitiimpostiall’espansione dei loro capitali dall’accerchiamento delle loro reti commerciali da parte del potereottomano,venezianoecatalano-aragonese;eabbiamosostenutolatesichequestalineadicondottaebbeungrande successo.Aquesto andrebbeora aggiunto che il prezzodiquesto successo fuunulterioreindebolimento delle capacità belliche e di formazione dello stato del governo genovese. Questoindebolimento, a sua volta, lasciò il capitalismo (finanziario) cosmopolita genovese in ostaggio delletendenzeedellecapacitàterritorialistedeisuoialleatiiberici,evulnerabileallarinascitadelcapitalismo(monopolistico)distatoinformepiùcomplesseepotenti.L’indebolimentoassolutoe relativodelcapitalismocosmopolitagenovese fu l’inevitabileeffettodi

lungoterminedella«divisionedellavoro»inerentealloscambiopoliticotrailcapitalegenoveseeglistatiiberici.Laconvenienzadiquestoscambioconsistevanelfattocheciascunodeiduepartnerpotevaspecializzarsi nell’assolvere a quelle funzioni per le quali era meglio attrezzato, e fare affidamentosull’altro per l’assolvimento di quelle funzioni per le quali era peggio equipaggiato.Grazie a questoscambio e a questa divisionedel lavoro, i governanti iberici potevanomobilitare a sostegnodei loroobiettivi territorialisti le più competitive e potenti reti cosmopolite del commercio e della finanzaesistenti, mentre i mercanti banchieri genovesi potevano mobilitare a sostegno dei loro obiettivicapitalisticiilpiùcompetitivoepotenteapparatobellicoediformazionedellostatoesistente.

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Quali che fossero gli effetti di questa divisione del lavoro sulle inclinazioni e le capacità deigovernanti iberici – che comunque non ci interessano qui – il suo effetto sulla classe capitalisticagenovesefudiindurlaa«esternalizzare»ulteriormenteicostidiprotezione.Inaltritermini,invecediacquisire autonomia e competitività nelle attività belliche e di formazione dello stato necessarie aun’efficace protezione del proprio commercio, i genovesi divennero eccessivamente dipendenti daqualunque«passaggiogratuito»fosseroingradodicarpireall’apparatodifensivodeiloroalleatiiberici.Questo apparve come un buon modo per risparmiare sui costi; e difatti lo fu. In effetti, questaesternalizzazionedeicostidiprotezioneavrebbepotuto senz’altroessere il fattorepiù importantedelsuccessodeigenovesinelpromuovere,controllareetrarreprofittodalciclosistemicodiaccumulazioneacuiabbiamodatoilloronome.Tuttavia, l’esternalizzazione dei costi di protezione costituì anche il limite principale di questo

successo, poiché i genovesi avevano un controllo scarso, se non nullo, sulladirezione nella quale listava conducendo il «passaggio gratuito» fornito dagli stati iberici. Certo, i genovesi potevanoabbandonarela«nave»deigovernantiibericinonappenasifosserivelatosvantaggiosorestareabordo,così come fecero quando si disimpegnarono dal commercio nel 1557 o quando abbandonarono ilsistemadellefierediPiacenzaallafinedeglianniventidelXVIIsecolo.Maeraproprioquestoillimitedel capitalismo cosmopolita dei genovesi. La loro tradizionale versatilità nell’intraprendere enell’abbandonareparticolariiniziativelimiseincondizioneditrarreprofittodalleiniziativeorganizzatedaaltri,maallostessotempolimitòlalorocapacitàdiinfluenzare,emenchemenodideterminare,lastrategiaelastrutturadiciascunainiziativadallaqualeessitraevanovantaggio.Lacrescente,einfinecompleta,esternalizzazionedeicostidiprotezionecostituìillimiteprincipale

del regimediaccumulazionegenovese.Ciòdivenneevidentenonappena il regimediaccumulazioneolandese cominciò a superare le sue dimensioni regionali per diventare un vero sistema mondiale.Poiché la forza di questo regime rispetto al regime genovese, e in rapporto a esso, fu proprio lacompletainternalizzazionedeicostidiproduzionenell’agentedell’accumulazionedicapitale.Il regime olandese, al pari di quello veneziano, si basò sin dal principio su una fondamentale

autonomia e competitività nell’uso e nel controllo della forza. Fu questo che permise alla classecapitalistica olandese di stabilire e riprodurre la sua influenza esclusiva sul commercio baltico e diintegrarneiprofitticonunapressionefiscalerovesciatasullaSpagnaimperialemedianteilsaccheggio:le fonti «originarie» dell’accumulazione di capitale, sul modello olandese. La nostra tesi è che lariproduzione allargata di questo modo di accumulazione poggiò su una strategia composta da treelementi, che trasformò con successo Amsterdam nel principale centro del commercio e dell’altafinanzamondiali ediedevita agrandi compagnieper azionidotatedi privilegi.Neldelinearequestastrategia di accumulazione abbiamo sottolineato il processo di causazione circolare e cumulativaattraversoilqualeilsuccessoinunaqualsiasidelletresferegeneravasuccessonellealtredue.Aquestodobbiamo ora aggiungere che il successo in ciascuna delle tre sfere si basava su una precedente eperdurante internalizzazione dei costi di protezione da parte della classe capitalistica olandeseorganizzatanellostatoolandese.NeldirottareitrafficidaAnversaadAmsterdam,onelfavorirelasupremaziacommercialeolandese,

l’autonomiaelacompetitivitàdell’apparatodellostatofuronocomponentidelregimediaccumulazioneolandesealtrettantoimportantidiquantoloeranostateinquelloveneziano.

Fulostatoolandese[…]chebloccòl’estuariodellaScheldadopoil1585,paralizzandoAnversa,eche,nel1648,obbligòlaSpagnaadaccettare restrizionicommercialipermanenti siasullaScheldachesullacosta fiamminga,oltrecheadaccordareagliolandesifavorevolicondizionidivenditanellastessaSpagna.Fu lostato federaleolandesechecostrinse laDanimarcaamantenere l’ØreSund aperto e i pedaggi bassi, […]Nei 1651 l’Inghilterra stava facendo ricorso all’uso deliberato della forza per distruggere ilcommercioolandese;sologlisforzidellostatoolandeseimpedironochelespedizionimarittimeolandesifosserospazzateviadaimari.[…]Inoltre,gliolandesinonavrebberopotutoimporrelapropriasupremaziacommercialeinAsia,inAfricaoccidentalee,inmodo più sporadico, nei Caraibi e in Brasile, se gli Stati generali non avessero costituito e armato organizzazioni politico-

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commerciali dotate di un raggio d’azione e di risorse senza precedenti, riguardo non solo alle dimensioni delle loro attivitàimprenditorialimaancheallaloropotenzanavaleemilitare(Israel,1989,p.411).

Ilsuccessoolandeseinquestesfereeradiperséunacondizionesufficientealdeclinodellasupremaziagenovesenell’altafinanza.Anchequi,tuttavia,l’autonomiaelacompetitivitàdegliolandesinell’usoenelcontrollodella forzasvolserounruolodirettonelgarantirechesarebberostatigliolandesi,enonaltri,glieredideigenovesi.

Quel che è certo è che laSpagna aveva assolutamente bisognodi un sistema sicuro per trasferire i propri fondi.Alla soluzionegenovese, che consisteva nel servirsi di lettere di cambio – soluzione elegante, ma che implicava la padronanza di una reteinternazionaledipagamenti–,feceseguitol’elementaresistemadiprenderecometrasportatoriqueglistessideiqualisitemevanogli attacchi sul mare e gli atti di guerra o di pirateria. Per colmo d’ironia, a partire dal 1647 o dal 1648 l’argento spagnolo,necessario all’amministrazione e alla difesa dei Paesi Bassi meridionali, non si trasporterà più con navi inglesi, ma con naviolandesi,forseprimaancoradellafirma[…]dellapaceseparatadiMünster(Braudel,1981-82,vol.III,p.152).

All’incirca nello stesso periodo troviamo un’altra dimostrazione, ancora più diretta, dei maggiorivantaggidell’autonomiaedellacompetitivitànell’usoenelcontrollodellaforzarispettoalvirtuosismoeallasofisticazionecommerciale.Estromessidalcentrodell’altafinanza,nel1647igenovesifondaronola propria Compagnia delle Indie Orientali e, con una mossa eccellente il cui obiettivo erapresumibilmentequellodiminimizzareicostioperativi,oltrecheirischidelleaggressivecontromisureolandesi, noleggiarono navi e marinai olandesi e li inviarono nelle Indie Orientali. Per nullaimpressionata da questa mossa, tuttavia, «la VOC rispose impadronendosi delle navi, arrestando gliolandesierispedendoacasaigenovesi»(Israel,1989,p.414;citazionediE.O.G.HaitsmaMulier).L’internalizzazionedei costi di protezione consentì agli olandesidi spingere i processi sistemicidi

accumulazione del capitalemolto più in là di quanto avesse fatto, o avrebbepotuto fare, la strategiagenovesediesternalizzazionedeicostidiproduzione.Certo,propriocomeigenovesieranosaltatisulle«navi»altrui,così«[g]liolandesisonopiùomenosubentratinelleposizionialtrui»(Braudel,1981-82,vol.III,p.204).Inparticolare,segliolandesi,adifferenzadeivenezianiduesecoliprima,riuscironoatrasformaretantorapidamente,econtalesuccesso,lapropriasupremaziacommercialeregionaleinunasupremaziacommercialeefinanziariamondiale,ciòfudovutoalfattochealtriavevanogiàapertounarottadirettaviamareperleIndieOrientali.Quelchepiùconta,questi«altri»eranodivenutiavversari,esin dal principio l’espansione nell’Oceano Indiano e nell’Atlantico fu concepita e condotta dagliolandesicomeun’estensionenellospazioeneltempodellalorolottacontrolaSpagnaimperiale,comeètestimoniatodalfattocheglistatutidellaVOCedellaCompagniaOlandesedelleIndieOccidentali(laWIC)sottolineavanotra i loroscopiprincipali l’obiettivodiattaccare ilpotere, ilprestigioe leentratedellaSpagnaedelPortogallo.Ma questo antagonismo nei confronti del potere iberico è proprio ciò che distinse l’espansione

commerciale degli olandesi da quella dei genovesi, e che permise ai primi di spingere i processisistemicidiaccumulazionemoltopiùinlàdiquantononfosserostatiingradodifareisecondi.Poiché,prendendonellepropriemanil’organizzazionepoliticadellospaziocommerciale,gliolandesifecerosìchelalogicadell’agirecapitalisticopotessesostenersiconicostidiprotezionenelmondoextraeuropeo.Questatendenzafumaggiormenteevidentenell’OceanoIndiano,doveiportoghesiavevanoavutola

megliosiaprimachedopolaloroincorporazionenell’imperospagnolonelcorsodegliannisessantadelXVI secolo. Qui, come altrove, l’iniziativa portoghese portava i segni del fervore e dell’intolleranzareligiosicheavevanoindottoigovernantiibericiaintraprendereperprimil’espansioneoltreoceano.

Leazionidiplomaticheecommercialideiportoghesisitrovavanospessoadoverfareiconticonl’intransigenzadeigesuitieconlalorostessatradizionedipopolocrociato.Lareligioneislamicastavaguadagnandoterrenoanchetraipaganiegliindù,ecapitavamoltospessocheiportoghesisitrovasseroinunclimadiostilitàreligiosaladdoveavevanobisognodistringeresemplicementedeibuonirapporticommerciali(Parry,1991,p.318).

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Cosaancorpiùimportante,letendenzeterritorialistechecaratterizzavanoigovernantiibericiavevanoindottoiportoghesiaspingersinell’Asiameridionale,adaumentareenonaridurreicostidiprotezionenellaregione,earendersivulnerabiliall’arrivodall’Europadirivaliingradodiconseguireunmaggior«risparmio». Impadronendosi delle fonti di approvvigionamento, distruggendo le navi arabe eincrementandoirischidicatturapericommerciantilocaliingenerale,iportoghesiavevanofattosalirenotevolmenteicostidiprotezionedellarottadelMarRosso,riuscendocosìperalcunidecenniacrearegravidifficoltàailoroconcorrentiarabieveneziani.

Ma,allostessotempo,lacoronaportogheseavevageneratoalticostidiprotezioneancheperilcommerciodispeziedellapropriaimpresa, costi necessari a intimidire i principi indiani, a conquistare stazioni commerciali e a conservare il controllo navaledell’OceanoIndiano.[…]NeltentativodiinterrompereitrafficilungolarottadelMarRosso,avevaaccettatodisostenerealticostidi protezioneper la propria impresa.Le sarebbe statodunque impossibile in seguito ridurre inmodo significativo i prezzi dellespezieecoprireancoraipropricosti(Lane,1979,pp.17-18).

Diconseguenza,larottadelMarRossononvennemaichiusacompletamente.Ineffetti,dopounasortadiriorganizzazioneperfronteggiarelanuovaconcorrenza,gliarabieivenezianiriuscironoarecuperarebuona parte del terreno perduto rispetto ai portoghesi. In questo essi furono forse aiutati dalconsolidamento dell’impero ottomano, che non si limitò a imporre tasse, ma incoraggiò anche ilcommercio attraverso i suoi domini assicurando la sicurezza nei suoi porti e sulle rotte terrestri,costruendo e garantendo la manutenzione di strade e ostelli accordando una notevole libertà dicommercio ai mercanti locali e cooperando con i mercanti stranieri (Kasaba, 1992, p. 8). Che ilconsolidamentodell’imperoottomanosiastatoomenod’aiuto, iprodottidell’Orientecontinuaronoaessere trasportati in grandi quantità lungo le vecchie rotte, «e i portoghesi non potevano impedirlo:tutt’alpiùsisfogavanoacompiererazzie»(Parry,1991,p.323).I portoghesi furono dunque costretti a conquistare il proprio spazio, e non nella veste di impero

incontrastato, ma come una delle numerose potenze marittime rivali e belligeranti nelle acquedell’arcipelago indonesiano (Parry, 1991, pp. 315-317). Le loro spedizioni nell’Oceano Indianorimasero «un filo in più nell’ordito e nella trama del commercio tra i vari scali della Malaysia edell’Indonesia» (Boxer, 1973, p. 49). Il loro regime, «fondato sulla guerra, sulla coercizione e sullaviolenza,nonrappresentòmai,perilcommercioasiatico,unostadiodi“superioresviluppo”dalpuntodi vista economico» (van Leur, 1955, p. 118). All’interno della costellazione di forze presentinell’Oceano Indiano, la posizione dei portoghesi comeprimi inter pares, assieme alla redditività delloro commercio, dipendevano esclusivamente dalla loro superiore forza navale. «La comparsa di unnemico capace di sconfiggerli sul mare avrebbe seriamente danneggiato il loro prestigio e il lorocommercio.Iturchiavevanotentatopiùepiùvoltedifarlo,senzamairiuscirvi.Allafineciriuscironoaltrieuropei[laVOC]»(Parry,1991,p.323).LacapacitàdellaVOCdisconfiggereiportoghesisulmareeraunacondizionenecessariamaniente

affattosufficienteallavantaggiosa incorporazionedelleIndieOrientali,odipartidiesse,nell’imperocommerciale olandese. Gli olandesi capirono presto che la proficua espansione del loro commercionell’Oceano Indiano richiedeva una fondamentale ristrutturazione delle reti commerciali e di poterelocali.

Essi capirono subito che le spezie costavano poco, che ce n’erano in abbondanza in tutte le isole, che c’erano diverse fonti dirifornimentoediverserottelungolequalilespeziearrivavanoinIndia,inMedioOrienteepoiinEuropa.Selacompagniaolandesefossediventataunofraitantiintermediari,nesarebberisultatosenzadubbiounaumentodeiprezziinIndonesiaeprobabilmenteunacertasaturazionedeimercatieuropei.Perassicurarsiunrifornimentocostante,unbuonprezzoall’origineeunbuonguadagnoadestinazione,lacompagniadovevastabilireunveromonopolioeriuscirelàdoveavevanofallitoiportoghesi(Parry,1991,pp.323-324).

LacreazionedicondizionidioffertaedidomandafavorevoliallaproficuaespansionedellaVOCnelle

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IndieOrientalicomportòun’ampiagammadiazionimilitariediconquiste territoriali.Alcunefuronovolteaeliminarefontidiapprovvigionamentoalternative,comenelcasodelleisoleMolucche,doveleeugenie furono estirpate deliberatamente, o di Cochin, in India, che fu occupata per impedire allaconcorrenzadiprodurrecannelladiqualitàinferioremapiùabuonmercato.Altreebberoloscopodifavorire e imporre una specializzazione tra le diverse isole, come nel caso di Ambon, che divennel’isoladellaeugenia,delleisolediBanda,leisoledelmacisedellanocemoscata,ediCeylon,l’isoladellacannella.Altreancoramiraronoaescludere iconcorrentidalle fontidiapprovvigionamentochenonpotevanoesserecontrollatedirettamente,comenelcasodelsultanatobatavodiGiava,ilcuipepedivenne monopolio olandese e i cui porti furono chiusi alle navi straniere. Altre, infine, teserodirettamente a eliminare centri rivali, reali o potenziali, nello scambio di merci, come nel caso diMacassar nelle Célèbes, conquistata con la forza per impedire che divenisse una base di liberocommerciodellespezie(Parry,1991,pp.324-326;Braudel,1981-82,vol.III,pp.207-208).In questi e in altri casi, le testimonianze della brutalità degli olandesi nel rendere schiavi

(letteralmente e metaforicamente) i popoli indigeni o nel privarli dei loro mezzi di sussistenza, enell’uso della violenza per piegare la loro resistenza alle politiche della Compagnia, eguagliarono opersinosuperaronoilivelligiàinauditiraggiuntidaicrociatiibericiintuttoilmondoextraeuropeo.Maquestabrutalitàeracompletamente internaauna logicadiazionecommercialee rafforzò, invececheindebolire,laredditività.

Lostorico,anchesesiritraedifronteatantabrutalità,nonpuònontrarredivertimentodalsovrapporsicalcolatoesorprendente,avolte strampalato, degli acquisti e dei carichi, delle vendite e degli scambi.Le spezie fini non si vendonobene solo inOlanda:l’Indianeconsumaildoppiodell’Europa;inEstremoOriente,esserappresentanoun’insuperabilemonetadiscambio,lachiavedimoltimercati,comeinEuropailgranoolealberaturedelBaltico(Braudel,1981-82,vol.III,p.208).

LaVOCcombinavadunqueciòcheiportoghesiavevanogiàportatonell’OceanoIndiano(unasuperioreforzanavaleeunlegameorganizzativodirettoconimercatieuropeiperiprodottiorientali)conciòchemancavaall’iniziativaiberica:valeadireun’ossessioneperilprofittoeperil«risparmio»,piùcheperlecrociate,l’attenzioneaevitaresistematicamenteicoinvolgimentimilitarieleacquisizioniterritorialichenonavesseroqualchegiustificazionedirettao indirettanella«massimizzazione»delprofittoeuncoinvolgimentoegualmentesistematicoinqualsiasiattività(diplomatica,militare,amministrativaecc.)chesembrasseidoneaaconquistareeamantenereilcontrollosugliapprovvigionamentipiùstrategicidel commercio nell’Oceano Indiano. In questo confronto con l’iniziativa portoghese, laVOC più cheinternalizzareicostidiprotezione,economizzòsudiessi.Ridusseicoinvolgimentichenongeneravanosoddisfacentiproventifinanziari,eintegròilpoterevisibileedispendiosodelsuoapparatodiusoedicontrollo della forza con il potere invisibile e, una volta acquisito, autofinanziantesi, generato dalcontrolloesclusivosugliapprovvigionamentidispeziepregiatedallazonadell’OceanoIndiano.In questomodo la VOC «replicò» nell’Oceano Indiano il capitalismo (monopolistico) di stato che

l’élitemercantileolandeseavevagiàpraticatoconsuccessoinEuropa.Nell’OceanoIndiano,comeinEuropa, l’arma decisiva brandita dagli olandesi nella lotta per la ricchezza e il potere fu il controlloesclusivosuun’offertaregionalmentestrategica:granoescortenavalinelcommerciobaltico,speziefininel commercio dell’Oceano Indiano.E in entrambi i casi l’acquisizione e ilmantenimento di questocontrolloesclusivosibasavasull’impiegodiunapparatobellicoediformazionedellostatoautonomoecompetitivo.Fuquestareplicadelcapitalismo(monopolistico)distatocheconsentìall’élitemercantileolandese,

posta ai vertici dello stato olandese e della «parastatale» VOC, di spingere i processi sistemici diaccumulazionedicapitalepiùinlàdiquantononfossestatoingradodifareilcapitalismo(finanziario)cosmopolita dell’élite mercantile genovese. Al pari dei genovesi e a differenza dei veneziani, gliolandesisfuggironoallacamiciadiforzadelcommercioregionaleper«massimizzare»iprofittisuscala

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mondiale.Maalparideiveneziani,eadifferenzadeigenovesi,essinonesternalizzaronomaiicostidiprotezione,efuronodunqueingradodifarsìcheunalogicadell’agireorientataalrisparmioinfluissesull’espansionecommercialenelmondoextraeuropeo.Ancoraunavolta,tuttavia,ilprincipalepuntodiforzadiunregimediaccumulazione(inquestocaso

quelloolandese)rispettoalregimecheessoavevasostituito(quellogenovese)fuanchelasuaprincipaledebolezzarispettoalleforzedaessostessogenerate(ilmercantilismo).Questacontraddizionetrovòlasua più chiara e significativa, espressione nella conseguenza paradossale e non intenzionale delsuccessoolandesenelleIndieOrientali.Gliolandesisieranodirettinell’OceanoIndianopromettendosolennemente a se stessi e agli altri che si sarebbero limitati al commercio e avrebbero evitato didisperdereleproprieenergienellaconquistaterritoriale,unosprecoalqualeessiattribuivanoildeclinodellaricchezzaedelpoteredeiportoghesi.Maallafine«sitrovaronoa[…]acquistar[e]possedimentiterritorialiassaipiùvastidei[portoghesi]»(Parry,1991,p.325).Inparte,questeacquisizioniterritorialifuronounadirettaconseguenzadellaristrutturazionedellereticommercialiedipoteregrazieallequalilaVOCimposeilsuocontrolloesclusivosullespeziepregiateeche,inquantotali,eranonecessariealconseguimentodi vantaggiosi obiettivi commerciali. In parte, tuttavia, esse furono la conseguenzadisviluppifortuitichetrasformaronogradualmentelaVOCinunimperoterritoriale,esottoalcuniaspettiterritorialista.Quantomaggiore fu il successo nella sua ricerca del profitto, tanto più laVOC divenne potente in

quello cheRaviPalat (1988)hadefinito il «sistema interstatale»dell’Oceano Indiano.Questopoterecrescenteaumentòlasualibertàd’azionenonsolonelregolarelecondizionididomandaedioffertadelsuocommercio,maanchenell’imporre tributinella formanoncamuffatadi«contingenze» (tributi innatura) o nella forma camuffata di «consegne forzose» (contratti commerciali eccezionalmentefavorevoli allaVOC).Gradualmente, questedue fonti di reddito finirono con il fornire il grossodelleentrate, confondendosi sempre più l’una con l’altra e con i proventi del commercio abituale (Parry,1991,p.329).La protezione e la riproduzione allargata di questi guadagni richiesero lotte continue con i popoli

soggettialdominiodellaCompagnia,conimoltiprincipimarittimieilorosudditiindottiallapirateriadallepolitichedellaCompagnia (propriocomegli stessiolandesivi erano stati indottidallepolitichedellaSpagna imperiale)econ igovernie le impreseeuropee ilcuipotereera indebolitodai successidellaVOCochequeisuccessicercavanodireplicare.Lentamentemainevitabilmente,lacombinazionediquestelottespinselaVOCadampieannessioniterritoriali,benoltrequalsiasilivellooriginariamentepianificatooritenutodesiderabile(Boxer,1965,pp.104-105).Questosviluppoebbeuneffettosfavorevolesulregimediaccumulazioneolandese.Daunlato,esso

impresseunnuovoimpulsoall’«effettodimostrativo»chestavaattirandounnumerocrescentedistatieuropei sul percorso di sviluppo olandese. Gli olandesi, come i veneziani prima di loro, avevanomostrato che le tecnichecapitalistichedipotere erano ingradodigenerare considerevoli risultati nelcontesto europeo. L’enorme successo conseguito dallaVOC nella secondametà del XVII secolo nellacostruzione,nell’OceanoIndiano,diunimperoassaipiùpotentediquellocheiportoghesieranostatiingrado di realizzare nei 150 anni precedenti, mostrò che, in condizioni favorevoli, le tecnichecapitalistiche di potere potevano superare le tecniche territorialistiche sullo stesso terrenodell’espansioneterritoriale.Seilconcentrarsiunilateralmentesullaricercadelprofittoavevapermessoagliolandesidicreareunpotentemini-imperodalnulla–unaconcessionedapartediungovernochestavaancoralottandoperlapropriasovranità,euna«lineadicredito»apertasulmercatofinanziariodiAmsterdam–checosapotevatrattenereleorganizzazioniterritorialistedaltentaredicostruiredasoleimperiancorpiùpotentiassumendounorientamentocapitalistico?Il successo della VOC nella costruzione di un impero diede così ulteriore impulso all’ondata

mercantilisticachestavaminandolasupremaziacommercialeolandesesiadall’internosiadall’esterno.

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Essoebbe inoltreunaseconda,epiùsfavorevoleconseguenzasul regimediaccumulazioneolandese.ComeinmoltegrandiimpresedelXXsecolo,proprioilsuccessoel’autosufficienzaconseguitidallaVOCincrementarono ilpoteredellaburocraziamanageriale responsabiledellesueoperazioniquotidiane.Equestomaggiore potere venne a essere esercitato a spese non tanto del consiglio di amministrazionedella compagnia (gliHeerenXVII), quanto degli azionisti dellaVOC.Di conseguenza, unapercentualecrescente delle eccedenze reali e potenziali della VOC fu dirottata dal pagamento dei dividendiall’espansione burocratica della compagnia e, soprattutto, al pagamento di compensi leciti e illecitiall’entouragedegliHeerenXVIIeaidirigentidialtolivellodellacompagnia(Braudel,1981-82,vol.III,pp.212-223).L’effettoprincipalediquestatendenza–almenodalpuntodivistachequiciinteressa–fuquellodi

consolidare l’attrattiva relativa degli investimenti e delle speculazioni in valorimobiliari esteri, e inparticolare inglesi, allaBorsavaloridiAmsterdam.«Èdunque in Inghilterrachevannoa riversarsi icapitalieccedentideicommerciantiolandesi»(Braudel,1981-82,vol.III,pp.214-215e251).LaBorsavaloridiAmsterdam,cheagli inizidelXVIIsecoloavevafunzionatocomepotente«pompaaspirante»per l’afflussodicapitalieccedentida tuttaEuropanell’impresaolandese,unsecolodoposi trasformòcosì in una macchina egualmente potente che pompava i capitali eccedenti olandesi nell’impresainglese. Il prodigioso successo dellaVOC nell’Asiameridionale si ritorse dunque contro il regime diaccumulazione olandese, creando per le organizzazioni territorialiste una nuova attrattiva a imitare ecompeterecongliolandesi,espingendopoiicapitalieccedentiolandesiversoilfinanziamentodiquelliche,trainuovirivali,avevanomaggiorsuccesso.

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3.Industria,imperoel’accumulazionedicapitale«senzafine»

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Ilterzociclosistemicodiaccumulazione(l’Inghilterra)

Durante tutto il XVIII secolo Londra guadagnò terreno rispetto ad Amsterdam come centro rivaledell’alta finanza. Ciò fu una conseguenza sia dei successi nella lotta con la Francia e con rivali diminore importanza per il controllo esclusivo del commercio con il mondo extraeuropeo, sia deltrasferimentodeicapitalieccedentiolandesialleimpresebritanniche.Perironiadellasorte,tuttavia,fulasconfittadellaGranBretagnaaoperadeisuoisudditidell’AmericadelNord,spalleggiatidaifrancesiedailoroalleatiolandesi,adareinizioallacrisiterminaledeldominioolandesenell’altafinanza.Comeabbiamoosservatoinprecedenza,larappresagliadellaGranBretagnacontrogliolandesidopo

la guerra di indipendenza americana annientò il potere navale di questi ultimi e inflisse significativeperditealloroimperocommercialenelleIndieOrientali.Diconseguenza,unadelleperiodichecrisicheavevanoindebolitoilmercatofinanziariodiAmsterdamapartiredall’iniziodegliannisessantadelXVIIIsecolonedistrusselaposizionecentralenell’economia-mondoeuropea.Nellecrisiprecedenti,comeunosservatore dell’epoca,M.Torcia, scrisse nel 1782, i «mercanti banchieri [diAmsterdam]dovevano,comelafenice,rinascereomeglioriappariredisottoleloroceneri,eimporsiallafinfinecomecreditoridellepiazzemercantilicaduteinrovina»(Braudel,1981-82,vol.III,p.260).Malafenicecherinacquedalleceneridellacrisiolandesedel1780-83fuLondra,cheemersecomenuovocentrodigovernodellafinanzamondiale.Comenelcasodellafinedellasupremaziafinanziariagenovese160anniprima,einquellodellafine

della supremazia finanziaria britannica 140 anni dopo, la conclusione del dominio olandese nell’altafinanzanonsignificòlarovinadelcapitaleolandese.ComeosservaBraudel(1981-82,vol.III,p.254),Amsterdam «ha continuato a vivere agiatamente, e costituisce ancora oggi uno dei capisaldi delcapitalismomondiale».Malasupremaziafinanziariaolandesesiesaurì.Duranteglianniottanta,e inmisura minore negli anni novanta, il dominio finanziario olandese nell’alta finanza sperimentò unadifficile convivenza con l’emergente dominio britannico, proprio come era accaduto tra il dominiogenoveseel’emergentedominioolandesenegliannidiecieneiprimianniventidelXVIIsecolo.Furonoperiodiditransizione–interregna–caratterizzatidaundualismodipoterenell’altafinanzaanalogoaquello descritto da Charles Kindleberger (1982, p. 28 e passim) con riferimento al dualismo anglo-americanodeglianniventiedeiprimiannitrentadelXXsecolo.Nel corso di ciascuno di questi periodi di transizione la capacità del precedente centro dell’alta

finanzadiregolareeguidareinunaparticolaredirezioneilsistemamondialediaccumulazioneesistentefuindebolitadall’ascesadiuncentrorivaleche,asuavolta,nonavevaancoraacquisitoleattitudiniolecapacitànecessarieadassumereil ruolodinuovo«regolatore»delmotorecapitalistico.In tuttiquesticasiildualismodipotereaiverticidell’altafinanzafuinfinerisoltoconl’escalationversounpuntodimassima tensione (nell’ordine, la guerra dei trent’anni, le guerre napoleoniche, la Seconda guerramondiale) delle lotte concorrenziali che, generalmente, segnano le fasi conclusive (M-D’) dei ciclisistemicidiaccumulazione.Nelcorsodiquesticonfronti«decisivi»ilvecchioregimediaccumulazionesmettevadi funzionare.Storicamente, tuttavia, solodopo laconclusionediquesticonfrontiunnuovoregime si consolidava e i capitali eccedenti ritrovavano la stradaversounanuova fasedi espansionemateriale(D-M).Duranteleguerrefrancesi,laposizionedicomandochelaGranBretagnaavevadirecenteacquisito

nell’altafinanzaeuropeasi tradusseinuncreditovirtualmenteillimitatoper isuoiobiettividipotere.Basti menzionare il fatto che nel 1783 i nove milioni di sterline pagati annualmente dal governobritannico per gli interessi sui debiti assorbivano non meno del 75 per cento del bilancio ed eranol’equivalentedipiùdiunquartodelvaloreannualecomplessivodelcommerciobritannico.Eppure,trail1792eil1815laspesapubblicainGranBretagnapotéessereaumentatadicircaseivolte,da22a123milioni di sterline, in parte grazie a un’inflazione interna indotta indirettamente, ma soprattutto

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mediantenuoviprestiti che,nel1815, fecerosalirea30milionidi sterline la sommanecessariaogniannoapagaregliinteressisuldebito(Jenks,1938,p.17;Ingham,1984,p.106).Per effetto di questa crescita esplosiva dell’indebitamento e delle spese pubbliche, l’industria

britannicadeibenicapitalivisseunafasedifenomenaleespansione.L’industriadelferro,inparticolare,acquisì una capacità che andava ben al di là delle esigenze del tempo di pace, come dimostrò ladepressione del dopoguerra degli anni 1816-20. Tuttavia, questa eccessiva espansione generò lecondizioni per una rinnovata crescita futura, incentivando come non mai i maestri ferrai inglesi aricercarenuoviimpieghiperiprodottiabuonmercatoresidisponibilidalleenormidimensionideiloronuoviforni(McNeill,1984,pp.211-212).Questeopportunitàfuronotrovatenelleferrovieenellenaviinferro.Leferrovie,inparticolare,

furono costruite perché le organizzazioni necessitavanodi lavoro, imaestri ferrai di ordinazioni, i banchieri e gli affaristi di unprogettosucuilavorare.El’industriaferroviariafornìbenprestoservizichelaGranBretagnapotevaespandereall’estero,allorchéilproprioimpiantofinanziarioeindustrialenonpotépiùesserecontenutoinpatria(Jenks,1938,pp.133-134).

Con la simultanea diffusione della meccanizzazione nell’industria tessile, queste innovazionitrasformarono l’industria dei beni capitali in un motore potente e autonomo dell’espansionecapitalistica.FinoaglianniventidelXIXsecolo,leimpresechesispecializzavanonellaproduzionedibeni capitalidisponevanodiuna ridottissimaautonomiadai loroclienti, si trattassediorganizzazionigovernative o imprenditoriali, che, generalmente, subappaltavano o soprintendevano da vicino allaproduzione di qualunque prodotto avessero bisogno e che non producevano da soli. Ma quando lameccanizzazione aumentò il numero, la gamma e la varietà dei beni capitali impiegati, le impresespecializzatenellaloroproduzionecercaronoattivamentenuovisbocchiperipropriprodottitrairivalieffettiviopotenzialidellaloroclientelaabituale(Saul,1968,pp.186-187).All’inizio degli anni quaranta del XIX secolo la produzione di nuovi beni capitali per il mercato

interno cominciò a registrare rendimenti rapidamente decrescenti. Ma grazie alla perduranteliberalizzazioneunilateraledelcommerciobritannicosussistevanolecondizioniperunaconsiderevoleespansione del commercio e della produzionemondiali. I beni capitali britannici trovarono così unapronta richiesta da parte di organizzazioni governative e imprenditoriali da ogni parte delmondo. Equeste organizzazioni, a loro volta, aumentarono la produzione di merci primarie destinateall’Inghilterra,inmododaprocurarsiimezzinecessariapagareibenicapitaliogliinteressideidebiticontrattinelloroacquisto(Mathias,1969,pp.298,315e326-328).L’effettocombinatodiquestetendenzefuun’accelerazionediportatasistemicadelritmoalqualeil

capitalemonetariovenivaconvertitoinmerci–inparticolare,manonesclusivamente,neinuovimezziditrasportoterrestriemarittimi.Trail1845-49eil1870-75,leesportazionibritannichediacciaioediferroperlacostruzionediferrovieaumentaronodipiùdeltriploequelledimacchinaridinovevolte.Nello stesso periodo le esportazioni britanniche verso l’America centrale e meridionale, il MedioOriente, l’Asia e l’Australasia aumentarono di circa sei volte. La rete che univa le varie regionidell’economia-mondo al suo centro britannico si stava visibilmente ampliando e rafforzando(Hobsbawm,1986,pp.38e50-51).Il risultato di questa accelerazione dell’espansione materiale del capitale fu la globalizzazione

dell’economia-mondocapitalistica:

[Le] dimensioni geografiche dell’economia capitalistica poterono bruscamente dilatarsi via via che cresceva l’intensità delletransazionicommerciali:l’interopianetadivennepartediquestaeconomia[…]Guardandosiindietrodalladistanzadiquasimezzosecolo, H.M. Hyndman […] paragonava a giusta ragione il decennio 1847-57 all’era delle grandi scoperte geografiche e delleconquistediColombo,VascodeGama,CortezePizzarro.Benchéinuoviconquistatorimilitarinonfacesserostraordinariescoperte,e le loro conquiste formali […] si riducessero a poca cosa, ai fini pratici un nuovomondo economico venne ad aggiungersi alvecchio,eaintegrarvisi(Hobsbawm,1994,pp.161-162).

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Questaanalogiaconl’epocadellegrandiscoperteeconquistepuòesserespintaancoraunpassooltre.Proprio come l’espansione materiale del capitale di quell’epoca ebbe termine con l’espansionefinanziariadelsecolodeigenovesi,così,apartiredal1870circa,lafasediespansionemateriale(D-M)delXIXsecolosfociòinunafasediespansionefinanziaria(M-D’).Èquesto,naturalmente,ilperiodocheimarxisti, seguendoRudolfHilferding, hanno considerato lo stadiodel «capitale finanziario».Comeprevedibile, Braudel è in disaccordo con la definizione che Hilferding dà del «capitale finanziario»comediunnuovostadiodellosviluppocapitalistico.

Hilferding[…]vedeilmondodelcapitalecomeunventaglioapertonelqualelaformafinanziaria–asuogiudiziorecentissima–tenderebbe a surclassare le altre, penetrandole e dominandole. È una visione che sottoscriverei senza difficoltà, a condizione diammetterechelapluralitàdelcapitalismofinanziariononèilnuovonatodel1900,eanchechegiànelpassato–nonfossecheaGenovaoadAmsterdam–essohasaputo,grazieaunafortecrescitadelcapitalismomercantileeaun’accumulazionedicapitalisuperioreallenormalioccasionidi investimento,conquistare lapiazzaedominare–peruncertoperiodo– l’insiemedelmondodegliaffari(Braudel,1981-1982,vol.III,pp.637-640).

Ilsignificatoprincipaledelpresentelavoro,essostessoderivatodall’ideabraudelianadelleespansionifinanziariecome«segnalidell’autunno»di importanti sviluppicapitalistici, senz’altroavvalora la tesiche«ilcapitalismofinanziariononèilnuovonatodel1900»,maebbeimportantiantecedentiaGenovae Amsterdam. Ma la nostra analisi ci consente anche di tracciare una distinzione tra due opposteconcezionidelcapitalefinanziariocherestringeconsiderevolmentelarilevanzastoricadelconcettodiHilferding. Come ho argomentato altrove (Arrighi, 1979, pp. 161-174), il concetto di capitalefinanziario di Hilferding non solo differisce, ma sotto alcuni aspetti cruciali è l’antitesi dell’idea dicapitale finanziario proposta all’incirca nello stesso periodo da John Hobson nel suo studiosull’imperialismo. Seguendo Lenin (1974), imarxisti (come lamaggior parte dei loro critici) hannogeneralmente ridotto il concettodiHobsonaquellodiHilferdingehannocosìperso l’occasioneperdistingueretraleformeoppostedicapitalismofinanziarioacuiquestidueconcettisiriferiscono,eperscoprireilrapportodialetticochelelega.Indefinitiva,questedueformedicapitalismofinanziariononsonoaltrochevariantiampliateepiù

complesse delle due forme elementari di organizzazione capitalistica che abbiamo identificato comecapitalismo (monopolistico)di statoecapitalismo (finanziario) cosmopolita. Il concettodiHilferdingcorrisponde alla prima forma e fornisce, come vedremo nel quarto capitolo, un quadro abbastanzaaccuratodellestrategieedellestrutturedelcapitaletedescoallafinedelXIXsecoloeagliinizidelXX.Ilconcetto di Hobson, invece, corrisponde alla seconda forma, e coglie le caratteristiche fondamentalidellastrategiaedellastrutturadelcapitalebritannicodurantelostessoperiodo.EssoèdunquedigranlungapiùutilediquellodiHilferdingnell’analisidell’espansionefinanziariadellafinedelXIXsecoloinquantofaseconclusivadelterzociclosistemicodiaccumulazione(quellobritannico).

Secondo Hobson questa espansione finanziaria è stata sostenuta da due forze diverse. La prima ècostituitadaquellicheeglichiama«investitori»,cioèipossessoridei«capitalieccedenti»diBraudel:capitale monetario che si accumula al di là dei normali canali di investimento in merci e crea lecondizioni dell’espansione finanziaria. A giudizio di Hobson, la fonte principale di questi capitalieccedentieracostituitada«tributidall’estero»,sottoformadiinteressi,dividendiealtrerimesse.LelandJenks (1938) ha successivamente documentato che fu questa, in effetti, la fonte «originaria» dellamigrazione di capitali dalla Gran Bretagna nel XIX secolo (anche Knapp, 1957). Inoltre, da quandoLondraerasubentrataadAmsterdamnelruolodiprincipalemercatomonetariodell’economia-mondoeuropea, il flusso di entrate dall’estero era stato integrato da un significativo afflusso di capitalieccedentistranieriallaricercadiinvestimentoattraversolaCity(Platt,1980;Pollard,1985).Tuttavia,questiflussinonpossonospiegaredasolilacrescentealtezzae/olunghezzadelleondatechegiunseroacaratterizzarel’esportazionedicapitalidallaGranBretagnaallafinedelXIXsecoloeagliinizidelXX

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(vedifig.6).Questo andamento degli investimenti britannici può essere compreso solo unitamente al

sopraggiungeredellacosiddettagrandedepressionedel1873-96, laqualenonfualtrocheunperiodoprolungatodispietataconcorrenzasuiprezzi.

Gliannidal1873al1896parveroamolticontemporaneiunasconcertantedeviazionedall’esperienzastorica.Iprezzicadderoinmodoinegualeesporadicomainesorabilmente,inunalternarsidicrisiediimpennatediprosperità,conunamediadicircaunterzoper tutte lemerci. Fu la più drastica deflazione amemoria d’uomo.Anche il saggio di interesse diminuì, al punto che i teoricidell’economiacominciaronoaevocarelapossibilitàdiuncapitalecosìabbondantedaesserequasiunbenegratuito.Eiprofittisicontrassero,mentrequellecheormaieranoriconosciutecomedepressioniperiodichesembravanotrascinarsiinterminabilmente.Ilsistemaeconomicoapparivaindeclino(Landes,1993,p.302).

Inrealtàilsistemaeconomicononera«indeclino»,elagrandedepressionenonfuunadeviazionecosìsconcertante dall’esperienza storica come parve a quel tempo. La produzione e gli investimenticontinuarono a crescere non solo nei paesi di nuova industrializzazione dell’epoca (in particolare inGermaniaenegliStatiUniti),maancheinGranBretagna,alpuntocheunostoricopotéaffermarechela grande depressione del 1873-96 non era nient’altro che un «mito» (Saul, 1969).Nonvi è tuttaviaalcuna contraddizione nel dire che vi fu una grande depressione in un’epoca di continua espansionenellaproduzioneenegliinvestimenti.Alcontrario,lagrandedepressionenonfuunmitoproprioperchélaproduzioneegliscambi,inGranBretagnaenell’economia-mondonelsuoinsieme,avevanoavuto,estavanoancoraavendo,un’espansionetropporapidaperchéiprofittipotesseroesseremantenuti.

Piùinparticolare,lagrandeespansionedelcommerciomondialedellametàdelXIXsecolo,alpariditutte le fasi di espansionemateriale dei precedenti cicli sistemici di accumulazione, aveva portato aun’intensificazionesuscalasistemicadellepressioniconcorrenzialisugliagentidell’accumulazionedicapitale. Un numero crescente di imprese, da un numero crescente di luoghi da un lato all’altrodell’economia-mondoimperniatasulRegnoUnito,siintralciavanoavicendanell’approvvigionamentodeifattoriproduttivienelladistribuzionedeiprodotti,distruggendocosìavicendai loroprecedentierispettivi«monopoli»,cioèillorocontrollopiùomenoesclusivosuparticolarinicchiedimercato.

Il passaggio dal monopolio alla concorrenza fu probabilmente il fattore più importante che determinò gli umori dell’impresaindustrialeecommercialeeuropea.Losviluppoeconomicoeraadessoancheunalottaeconomica:unalottacheservivaaseparareifortidaideboli, a scoraggiaregliuni e a irrobustiregli altri, a favorire lenuovenazioni […]a spesedellevecchie.Allevisioniottimistichediunfuturodiindefinitoprogresso,subentraronol’incertezzaeunostrenuoagonismo(Landes,1993,pp.314-315).

Da questo punto di vista, la grande depressione del 1873-96 non fu affatto una deviazione

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dall’esperienza storica. Come abbiamo visto nel secondo capitolo, tutte le precedenti espansionimaterialidell’economia-mondocapitalisticasfociaronoinun’intensificazionedellelotteconcorrenziali.Certo,percirca trent’anni,quellachesegnò la finedell’espansionecommercialemondialedellametàdelXIXsecolononassunselaformadiun’apertaguerratraglistati,comeeraavvenutosindalprincipionelle precedenti occasioni. Questo ritardo può essere fatto risalire alle due principali condizioni chedistinseroilterzociclosistemicodiaccumulazione(quellobritannico)daiprimidue.Laprimariguardal’«imperialismo»,l’altrail«liberoscambismo»delregimedidominioediaccumulazionebritannico.Nel primo caso, basti dire che all’epoca della contrazione dell’espansione commerciale mondiale

dellametàdelXIXsecoloilpoterebritanniconelsistemamondialenelsuoinsiemeeraalsuoapice.InCrimea,laRussiazaristaerastataperl’appuntoridimensionata,elaFrancia,cheavevapartecipatoallaguerradiCrimea,fuasuavoltaridimensionatasubitodopoaoperadellaPrussia.Ilcontrollobritannicosull’equilibriodipotereeuropeo fu integratoecompletatodalconsolidamentodell’impero territorialedellaGranBretagna in India dopo laGrandeRivolta del 1857. Il controllo sull’India implicava unadisponibilitàdirisorsefinanziarieemateriali–inclusalamanodoperamilitare–acuinessunostato,néalcunaipoteticaalleanzadistati,avrebbepotutotenertesta,echenessungruppodominantepotevaperilmomentosfidaremilitarmente.Allostessotempo,ilregimeunilateralediliberoscambiobritannicounivailmondointeroallaGran

Bretagna.Quest’ultima divenne il «mercato» più conveniente ed efficiente dove procurarsimezzi dipagamentoemezzidiproduzioneedovecollocareprodottiprimari.PerdirlaconMichaelMann(1986),glistativennero«imprigionati»inunadivisionedellavoroglobaleimperniatasulRegnoUnito,cheperilmomentolimitòulteriormentelaloroinclinazioneelalorocapacitàdimuovereguerrasiaallostatocapitalistico dominante sia l’uno all’altro.Non tutte le imprese vennero tuttavia limitate nella stessamisura.LaprolungataegeneralizzataconcorrenzaspietatasuiprezzidellafinedelXIXsecolocostituìdiper sé un’importante intensificazione delle lotte intercapitalistiche, un’intensificazione che alla fineassunselaformaabitualediunaguerrainterstatalegeneralizzata.Inoltre,comein tutti iprecedenticiclisistemicidiaccumulazione, l’intensificazionedellepressioni

concorrenziali causata dalla fase di espansione materiale fu associata sin dal principio con unimportantespostamento,dapartedellaclassecapitalisticabritannica,dalcommercioedallaproduzioneverso la finanza. La seconda metà del XIX secolo fu caratterizzata non solo da grandi ondate diesportazioni di capitali dalla Gran Bretagna, come è stato osservato in precedenza, ma anche daun’espansionedella retebancariaprovincialebritannicaedaunacrescente integrazionediqueste reticon le reti della City (Kindleberger, 1978, pp. 78-81; Ingham, 1984, p. 143). Questo concorso dicircostanze suggerisce l’esistenza di una stretta connessione tra l’intensificazione delle pressioniconcorrenzialisulleimpresebritannicheel’espansionefinanziariadellafinedelXIXsecolo.Finoachel’espansionemercantile si trovò nella fase dei rendimenti crescenti, la principale funzione delle retibancarie provinciali inglesi fu quella di trasferire risorse monetarie – principalmente nella forma dicrediti a tempo indeterminato e in bianco – da imprese locali, perlopiù agricole, che disponevano diliquiditàeccedenti,adaltreimpreselocali,affettedaunacronicacarenzadiliquiditàacausadeiloroaltitassi di crescita o dell’alto rapporto tra il capitale fisso e il capitale circolante, o di entrambi questifattori(Pollard,1964;Cameron,1967;Landes,1993,pp.100-103).Manonappenailgrandebalzoinavantidellametàdel secolospinse l’espansionecommerciale inuna fasecaratterizzatada rendimentidecrescenti e dall’intensificazione delle pressioni concorrenziali, le reti bancarie provinciali inglesivenneroadassolvereunafunzionedeltuttodiversa.Inmisurasempremaggiore,nonfuronopiùsololeimpreseagricoleadaccumulareenormieccedenze

monetarie (in parte da rendite, in parte da profitti) di gran lunga in eccesso rispetto a quelle chepotevano essere reinvestite senza rischi e vantaggiosamente nei settori di attività abituali. Anche leimpresecommercialie industriali,che finoaquelmomentosieranosviluppate tantovelocementeda

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assorbire le proprie eccedenzemonetarie così come quelle di altre imprese, cominciarono a rendersicontocheglienormiprofittiche,complessivamente,sistavanoaccumulandonei lorolibricontabilieneilorodepositibancarinonpotevanoesserereinvestitisenzarischievantaggiosamenteneisettoridiattivitàcheligeneravano.Invecediinvestirequesteeccedenzeinnuovisettoridiattività,neiqualiessenon avevano alcun particolare vantaggio comparato in un periodo di aumento delle pressioniconcorrenziali,odi investirleper intensificare la lottaconcorrenzialeall’internodelpropriosettorediattività,cosaspessoproblematicainconsiderazionedellacompattaorganizzazionesocialedelleimpreseinglesi in «distretti industriali» (vedi cap. 4),molte di queste imprese scelsero una linea di condottaassaipiùragionevole:mantenerecioèalmenopartedellorocapitaleinformaliquidaelasciarechelaCity,attraversolebancheprovinciali,odirettamenteattraversodegliintermediari,siprendessecuradeiloroinvestimenti,sottoqualunqueformaeinqualsiasiluogodell’economia-mondopromettesseprofittipiùsicuriepiùalti:«Unadelleprincipaliattrattivediun’unioneconLombardStreetfulaprospettivadiimpieghipiùcompletiepiùremunerativiperleeccedenzediliquidi»(Sayers,1957,p.269).QuestociportaaciòcheHobsonconsideravalasecondaforzadell’espansionefinanziariadellafine

delXIXsecolo.Asuoavviso,ipossessoridelcapitalemonetariochecercavainvestimentoattraversolaCityerano solo«pedinedellegrandi case finanziarie», aziende finanziarieallequali egli attribuiva ilruolocollettivodi«regolatoridelmotoreimperiale».

Questigrandiinteressifinanziari–leoperazionibancarie,quellediintermediazione,ilrisconto,illanciodeiprestiti,lapromozionedinuovesocietà–formanoilnucleocentraledelcapitalismointernazionale.Unitidaipiùfortilegamiorganizzativi,semprenelpiùstrettocontattol’unoconl’altroeprontiaognirapidaconsultazione,situatinelcuoredellacapitaleeconomicadiognistato[…]questi grandi interessi finanziari sono in unaposizioneunicapermanipolare la politica delle nazioni.Non è possibile utilizzarerapidamente una grande quantità di capitale se non con il loro consenso e tramite le loro agenzie finanziarie. Qualcuno pensadavvero che uno stato europeo potrebbe iniziare una grande guerra, o che un cospicuo finanziamento statale potrebbe venirsottoscrittoselacasaRothschildelesueassociatevisiopponessero?(Hobson,1974,p.52).

Allafine,comelostessoHobsonprevide,ilcapitalefinanziariocosmopolitaavrebbepersoilcontrollodel «motore imperiale» come diretta conseguenza del suo incoraggiamento alle inclinazioniterritorialistedeigruppidominantidellaGranBretagnaimperiale(Arrighi,1978,cap.4epassim).Maper quasi mezzo secolo la cosiddetta haute finance funzionò «come il principale legame tral’organizzazionepoliticaequellaeconomicadelmondo».

I Rothschild non erano sottoposti ad alcun particolare governo: come famiglia essi incarnavano il principio astrattodell’internazionalismo; la loro lealtà era verso una ditta il cui credito era diventato il solo vincolo sovranazionale tra governopolitico e sforzo industriale in un’economia mondiale in rapido sviluppo. In ultima analisi la loro indipendenza sorgeva dallenecessità del tempo che richiedevano un agente sovrano che disponesse della fiducia degli statisti nazionali e degli investitoriinternazionali.Eraaquestanecessitàvitaleche lametafisicaextraterritorialitàdiunadinastiadibanchieriebreidomiciliatanellediversecapitalid’Europaoffrivaunasoluzionequasiperfetta(Polanyi,1974,pp.13-14).

Nonesseresottopostiadalcunparticolaregovernonon implicava,naturalmente,unacompleta libertàd’azione. Ilprincipale limiteall’autonomiadeiRothschilderaquello implicitonello scambiopoliticoche li legava alla Gran Bretagna imperiale per il tramite della Banca d’Inghilterra e del Tesoro. Inquesto scambio politico, come è stato osservato nel primo capitolo, la protezione e il trattamentopreferenzialechelaretefinanziariacontrollatadaiRothschildricevettedalgovernobritannicoebbeilsuo complemento nell’incorporazione di quella rete nell’apparato di potere grazie al quale la GranBretagnagovernavailmondo.Questa rete cosmopolita dell’alta finanza non era, a differenza di ciò che pensava Polanyi, una

caratteristicaesclusivadell’ultimoterzodelXIXsecoloedelprimoterzodelXX.Lesuesomiglianzeconlaretecosmopolitacheavevaregolatoilsistemamonetarioeuropeotresecoliprima,duranteilsecolodei genovesi, sono davvero straordinarie. Possiamo ben dire che i Rothschild furono per la retefinanziariatedesco-ebraicaimperniatasuLondradellafinedelXIXsecoloquellochei«nobilivecchi»

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eranostatiperlaretegenovesedellafinedelXVIsecolo.Entrambiigruppifuronoi«regolatori»,nondel «motore imperiale», ma delle finanze del motore imperiale. Si trattava di ristretti gruppiimprenditorialiche,invistadiunprofittoepermezzodellaretediaffaricosmopolitachecontrollavano,agivanocomela«manoinvisibile»diun’organizzazioneimperiale,rispettivamentedellaGranBretagnaimperiale e della Spagna imperiale. Grazie a questa «mano invisibile», entrambe le organizzazioniimperiali furono in grado di raggiungere e controllare un numero e una varietà di reti di potere e dicreditomaggiori rispetto a quelle su cui avrebbero potuto contare limitandosi a impiegare la «manovisibile»delloroapparatobellicoediquellodiformazionedellostato.L’aiutoerareciproco.NéiRothschildnéi«nobilivecchi»furonomeristrumentidelleorganizzazioni

imperialicheessi«servivano».Entrambiquestigruppiristrettiappartenevanoaunapiùvastacerchiadimercanti banchieri saltati sul carro di un’organizzazione territorialista, e che avevano abilmentetrasformatol’espansionediquest’ultimainunpotentemotoredell’autoespansionedireticommercialiefinanziariecheessistessicontrollavano.Propriocomei«nobilivecchi»facevanopartediunapiùampiacerchiadimercantibanchierigenovesibalzatisulcarrodell’espansioneoceanicaiberica,peremergeremezzosecolodopocomei«banchiericentrali»dellaSpagnaimperiale,cosìiRothschildfacevanopartedi una più ampia schiera di mercanti banchieri ebreo-tedeschi balzati sul carro dell’espansioneindustriale inglese,peremergeremezzosecolodopocome i«banchiericentrali»dellaGranBretagnaimperiale.Entrambiigruppieranopartitidaposizionidirelativadebolezza.I«nobilivecchi»eranofuoriusciti:

uno dei molti gruppi di esiliati costretti a riparare altrove dagli incessanti antagonismi checaratterizzaronoGenovael’ItaliadelNordneltardoMedioevoenellaprimaetàmoderna.IRothschilderanounadellenumerosefamigliedifinanzierifuggitedaun’Europanapoleonicalaceratadallaguerraesempre più «regolata», per cercare rifugio in una Gran Bretagna relativamente pacifica e «nonregolata».Qualeche fosse ilpoteredi cui ciascunodi taligruppidisponeva, esso risiedevanelle reticommercialicosmopoliteallequaliessiappartenevano–cioèsoprattuttonelleconoscenzeeneirapportichel’appartenenzaaquesteretirichiedeva.Propriocomel’«italianochearrivaaLionehabisogno,perinsediarsi, soltantodi un tavolo edi un fogliodi carta», comeaffermaBraudel inunbrano citato inprecedenza, così un tavolo e un foglio di carta era tutto ciò di cui i mercanti ebreo-tedeschi chegiungevanoamanivuoteaManchesternecessitavanoperavviaredazerounacarrierad’affaricoronatadasuccesso.

IlgiovaneRothschilde i suoi compatrioti introdusserounnuovomododi fare affari.Essi,utilizzandouna largadisponibilitàdidanaro liquido sulla piazza diManchester, acquistavano quando il mercato era in ribasso e i margini di profitto erano piccoli,puntandosuunarapidarotazionedelmagazzinoesulvolumedegliaffari.Intalmodoessiattirarononeiloromagazzinilamaggiorparte del commercio proveniente dall’Europa. Sostenuti com’erano dai capitali di Francoforte eAmburgo, le loro risorse eranospessosuperiori aquelledeimercanti locali finanziatidaunsistemabancariononancorapienamente sviluppatocomequellodiManchester(Chapman,1984,p.11;vediancheJenks,1938).

Quando,infine,iRothschildsceserodalcarrodelcommercioperconcentrarsisulleattivitàbancarieesullafinanza–propriocomeavevanofattoi«nobilivecchi»dopoilcrollodel1557-62–riuscironoaoccupareemantenereilcentrodell’altafinanzaperpiùdimezzosecolosoloperchéeranostatiingradoditrarrevantaggiodalboomcommercialedellametàdelXIXsecoloimpadronendosidelcontrollodellarete di affari cosmopolita alla quale appartenevano. A mano a mano che il boom intensificò laconcorrenzaeridusseiprofittinelleattivitàcommerciali,questareteampliataecontrollatadalcentropotéesseretrasformatainunpotentenastrotrasportatorecheattiravaicapitali«inattivi»versolaCitydiLondra solo per rispedirli ancora fuori. Questi capitali inattivi furono attratti non solo dalla GranBretagna,dovesiandavanoaccumulandoagrandevelocità,madatuttal’Europa.Rozenraad,presidentedelleCameredicommercioestereaLondra,osservòunavoltache

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laGranBretagnaagiscesolocomeintermediario,comepuromediatorecheoperaintuttelezonedelmondo,rilevando–inlargamisura con il denaro dei suoi clienti – i prestiti delle altre nazioni. […] In breve, sebbene il potere di investimento dellaGranBretagnasiaenorme,Londraèilprincipaleintermediariotral’Europaelealtrezonedelmondoperlacollocazionedititoliesteri(citatoinIngham,1988,p.62).

Proprio come la caratteristica principale del sistema delle fiere di Piacenza durante il secolo deigenovesi era stata l’accesso diretto ai «capitali inattivi» dell’Italia del Nord, così, secondo StanleyChapman (1984, p. 50), «la caratteristica di rilievo della struttura “rothschildiana” dopo il 1866 ful’accessodirettoaicapitalidell’Europa[continentale]».Visono,naturalmente,importantidifferenzetrailsecolodeigenovesi(1557-1627)equelloche,per

analogia,potremmochiamareilsecolodeiRothschild(1866-1931).Inparte,questedifferenzeriflettonole dimensioni e la portata assai più ampie delle operazioni del capitale finanziario cosmopolita nelsecondoperiodo:ilbacinodiraccoltadellaCitydiLondraall’epocadeiRothschilderadidimensioniediportataincomparabilmentemaggioridelbacinodellefierediPiacenzaall’epocadei«nobilivecchi»trecento anni prima, sia che come termine di paragone si adottino le reti di approvvigionamento deicapitalieccedentiovveroleretiallequaliquestiultimivenivanoriallocati.Inparte, tuttavia, ledifferenze tra il secolodeigenovesi equellodeiRothschild riflettonogli esiti

oppostidellapoliticadiricercadelpoteredei lororispettivipartner territorialisti: laSpagnaimperialenelXVI secolo e la Gran Bretagna imperiale nel XIX. Così, mentre il consolidamento della struttura«rothschildiana» dell’alta finanza fu associato alla «più drastica deflazione a memoria d’uomo», ilconsolidamentodelle fierediBisenzone,unavolta stabilitesi aPiacenza, fuassociatoaun’inflazionetalmentedrasticacheglistoricineparlanocomediunarivoluzionedeiprezzidelXVI secolo.Questoandamentodivergentedeiprezziduranteleespansionifinanziariedelprimoedelterzociclosistemicodi accumulazione (rispettivamente quello genovese e quello britannico) può essere fatto risalire inbuonamisuraalfattoche,nelXIXsecolo,laGranBretagnaebbesuccessonelcostruireconaltrimezziquelgenerediimperomondialeperlacuicostruzione,suscalaminore,laSpagnasierabattutainvanonelXVI secolo.Abbiamo anticipato nel primo capitolo, e analizzeremoulteriormente in vari punti inquestoenelprossimocapitolo,qualifosseroquesti«altrimezzi»:ildominiocoercitivoinOrienteeildominioattraversoilmercatomondialeel’equilibriodelpotereinOccidente.Ciòchequiciinteressaèil rapporto tra guerra/pace e inflazione/deflazione, da un lato, e tra fluttuazioni nei prezzi sul lungotermineeciclisistemicidiaccumulazione,dall’altro.Storicamente, il fattorechepiùdiognialtrohaalimentatotendenzeinflazionistichenell’economia-

mondo europea sono le guerre (Goldstein, 1988). Possiamo dunque ipotizzare che la successione diguerrecombattutedallaSpagnanelvanotentativodistabilireeimporreungovernoimperialeinEuropaspieghiinbuonamisuraperchéilXVIsecolofuunperiododidrasticainflazione,siainterminiassolutisia rispetto al XIX secolo. Al contrario, possiamo ipotizzare che la guerra britannica dei cento anni(1815-1914)spieghi inbuonamisuraperché ilXIX secolo fuunperiododidrasticadeflazione, sia interminiassolutisiarispettoalXVIsecolo.Maggiormenterilevanteperinostriattualiobiettivièilfattocheilcomportamentooppostodeiprezzi

durante l’espansionefinanziariagenoveseedurantequellabritannica–qualichenesianostati i realimotivi–fornisceunasolidatestimonianzaasostegnodellatesiavanzatanell’Introduzionesecondocuiiciclilogisticideiprezzio«ciclisecolari(deiprezzi)»noncostituisconoindicatorivalididiciòchevièdi specificamente capitalistico nei processi sistemici di accumulazione del capitale. Se dunqueprendiamo in considerazione indicatori che riflettano più accuratamente deimovimenti dei prezzi lemutevoli condizioni delle attività commerciali nelle quali gli agenti capitalistici posti ai verticidell’economia-mondoeranopiùdirettamentecoinvolti, il secolodeigenovesiequellodeiRothschildcomincianoadappariremoltosimili.

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Questi indicatori sono mostrati nelle figure 7 e 8. I diagrammi A descrivono gli indicatoridell’espansioneglobaledelcommerciospagnolonelXVIsecolo(fig.7)edelcommerciobritanniconelXIX secolo (fig. 8). I diagrammi B descrivono gli indicatori dell’espansione delle specifiche attivitàcommerciali che fecero le fortune dei genovesi nel XVI secolo e dei Rothschild nel XIX secolo:rispettivamentel’argento(fig.7)eilcotonegrezzo(fig.8).Tuttiequattroidiagrammimostranovariantidiunmodellocomunecompostodaunafasedicrescita

rapida/inaccelerazione,checorrispondeallanostrafasediespansionemateriale(D-M),seguitadaunafase di crescita più lenta/in rallentamento – la nostra fase di espansione finanziaria (M-D’). Neldiagramma 8A, il modello è in parte disturbato dal brusco aumento del valore delle importazionibritanniche nel corso della Prima guerramondiale e negli anni dell’immediato dopoguerra. Tuttavia,anche assumendo come base per il calcolo il livello ancora «insolitamente» alto delle importazionibritannicheneglianni1921-25,iltassodicrescitadelleserieneicinquant’annisuccessivial1871-75èinmediainferioredipiùdellametàaquellodeicinquant’anniprecedenti.Lalogicachestaallabasedelmodellocomunerivelatodaiquattrodiagrammidellefigure7e8sarà

discussa nella sezione conclusiva di questo capitolo. Per ilmomento ci limitiamo a osservare che leespansioni finanziarie del ciclo di accumulazione genovese e di quello britannico furono entrambemomenticulminantidiespansionicommercialimondiali,unaimperniatasullaSpagna,l’altrasullaGranBretagna.Letendenzeoppostenell’andamentodeiprezzitipichedelledueespansionifinanziariecelanoquestomodello comune. In entrambi i cicli, una fase di accelerazione degli investimenti di capitalemonetario nell’espansione del commercio mondiale portò a una intensificazione della concorrenzaintercapitalistica nell’acquisto e nella vendita di merci. In un caso, prevalse il rialzo dei prezzi diacquisto;nell’altro, ilcalodeiprezzidivendita.Maqualechefossel’impattosul livellogeneraledeiprezzi, l’intensificazione della concorrenza portò a un ritiro «precauzionale» o «speculativo» delledisponibilità finanziarie dal commercio. Ciò a sua volta fu sia la causa che la conseguenzadell’emergeredivantaggioseopportunità;furonogruppiristrettidimercantibanchieriedifinanzieri(i«nobilivecchi»genovesiallafinedelXVIsecolo,iRothschildallafinedelXIXsecoloeagliinizidelXX)atrovarsiinposizioneparticolarmentefavorevolepercoglierleepervolgerleapropriovantaggio.Nel far questo, i leader e i regolatori delle espansioni finanziarie provocarono un temporaneo

allentamento delle pressioni concorrenziali che riducevano i redditi dei capitali, e in tal modocontribuironoalla trasformazionedellafinedell’espansionemateriale inun«momentofantastico»per

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unapiùampiacerchiadiaccumulatoridicapitale.«Ladepressione»scrisseThorsteinVeblen(1970,p.196)pocodopolafinedellagrandedepressionedel1873-96«èinnanzituttounamalattianervosadegliuominid’affari.Quistaladifficoltà.Ilristagnodell’industriaeleprivazionisoffertedaglioperaiedallealtrecategoriehannoilcaratteredisintomiedieffetticollaterali.»Pertanto,peressereefficaci,irimedidevonoesseredinatura taleda«colpire l’origineemotivadeldisturboe […] riportare i profitti aunsaggio“ragionevole”».Nell’ultimo quarto del XIX secolo la concorrenza accanita aveva infatti ridotto i profitti a livelli

«irragionevolmente»bassi,el’ottimismoavevalasciatoilpostoall’incertezzaeaunsensodiangoscia.È in questo senso che la grande depressione del 1873-96 non è un mito. Come ha scritto EricHobsbawm(1972,p.139),«se“depressione”staaindicareundiffusoe,perlegenerazionisuccessiveal1850, nuovo stato mentale di malessere e pessimismo circa le prospettive dell’economia britannica,l’espressioneècorretta».Mapoi,improvvisamente,ecomepermagia,

la ruota girò.Negli ultimi anni del secolo i prezzi cominciarono a salire, e con essi i profitti.Colmiglioramento degli affari lafiduciatornò:nonlasporadicaedevanescentefiduciadeibrevisprazzidirigogliocheavevanopunteggiatoletenebredeidecenniprecedenti,maun’euforiageneralecomenonsieraavuta[…][dalla]faseimmediatamentesuccessivail’70.Sembravachetuttoandasse benedi nuovo–nonostante il tintinnare d’armi e imonitimarxisti sull’«ultima fase»del capitalismo. In tutta l’Europaoccidentale,questiannisonorimastinellamemoriacomeilbeltempoandato,l’eraedoardiana,laBelleépoque(Landes,1993,p.302).

Va da sé che non vi fu nulla di magico nell’improvviso ritorno dei profitti a un livello più che«ragionevole»,eancormenonellasuccessiva,rapidaguarigionedellaborghesiaeuropeadallamalattiachel’avevacolpitaallafinedelXIXsecolo.Comenellafasiconclusivedituttiiprecedenticiclisistemicidi accumulazione, gli stati cominciarono a competere intensamente per il capitalemobile ritirato dalcommercioeresodisponibilecomecredito.ApartiredaglianniottantadelXIXsecolo,lespesemilitarida parte delle potenze europee cominciarono ad aumentare esponenzialmente: il totale per GranBretagna,Francia,Germania,Russia,Austria-UngheriaeItaliaaumentòda132milionidisterlinenel1880 a 205 milioni nel 1900 e a 397 milioni nel 1914 (Hobsbawm, 1987, p. 350). E quando laconcorrenzatraglistatiperilcapitalemobilesiintensificò,iprofittitornaronoadaumentare.Da un lato, i capitali eccedenti trovarono un nuovo sbocco in una crescente gamma di attività

speculative che assicuravano un accesso facile e privilegiato ai patrimoni e alle entrate future deigoverniimpegnatinellalottaconcorrenziale.Quantopiùampiaeintensadivennelaconcorrenzatraglistatiperilcapitalemobile,tantopiùgrandisirivelaronoleopportunitàdicogliereguadagnispeculativipercolorochecontrollavano icapitalieccedenti,e tantopiù forte,dunque, la tendenzadelcapitaleaperdere la sua formadimerce.Comeèpossibileosservaredalla figura6, l’ondatadi esportazionidicapitali dalla Gran Bretagna durante l’era edoardiana superò di gran lunga, sia in altezza che inlunghezza, le due precedenti ondate. L’espansione del capitale investito in attività speculative fu ineffettimaggiorediquantoappaiadallafigura6,poichéilflussoeffettivodicapitalichelasciavalaGranBretagnaeraspessosolounapiccolapartedelcapitaleincircolazioneesottoscrittoaLondra.Inognicaso,seinizialmentegranpartediquestaespansionefusenzadubbiofinanziatadalcostanteincrementodell’afflussodall’esterodi interessiedividendiprovenientidaprecedenti investimenti, in seguitounaparte semprepiù significativadi essadovette essere finanziatadaun’accelerazionedella conversioneinternadicapitalemerceincapitalemonetario.D’altro canto, quando i capitali eccedenti si allontanarono in misura sempre più massiccia dal

commercioedallaproduzione,leimpresechenonpotevanoononvolevanoallontanarsidalcommercioedallaproduzionesitrovaronoliberatedallepressioniconcorrenzialicheavevanoridottoiloromarginidiprofitto.QuestaliberazionesimaterializzòapartiredaglianniottantadelXIXsecoloinuncostantemiglioramentodelleragionidiscambiodellaGranBretagna.Malasuamanifestazionepiùimportantefuildeclinoglobaledeisalarirealibritannicidopolametàdeglianninovanta,cherovesciòlatendenza

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rapidamenteascendentedelmezzosecoloprecedente(Saul,1969,pp.28-34;BarrattBrown,1977,tav.14).

Argomentando […] in termini di potere del lavoro organizzato, si potrebbe affermare che nelle condizioni estremamenteconcorrenziali caratterizzatedal ribassodei prezzi, i sindacati furono ingradodi comprimere i profitti grazie a salari stabili e aprezzicontrollatidalmercato.[…]Maquando,nellecondizionidiminorconcorrenzasuccessiveal1900,latendenzadeiprezzifurovesciata, tuttoquello che i potenti sindacati furono ingradodi fare fudi spingereverso l’alto l’intera strutturadei costi edeiprezzi,eiprezzieiprofittiandaronoalpassoconisalari.Scontandol’aumentodegliannidellaguerraboera,dal1896al1914isalarirealidiminuironoleggermente,innettissimocontrastoconitredecenniprecedenti(Saul,1969,p.33).

Inbreve,propriocome lagrandedepressionedel1873-96erastataprincipalmenteunamalattiadegliuominid’affariscoraggiatidaunaconcorrenza«eccessiva»edaprofitti«irragionevolmente»bassi,cosìi«magnificitempi»deglianni1896-1914furonosoprattuttolaguarigionedaquestamalattia,cheseguìaun’attenuazionedellaconcorrenzatraleimpreseeaunconseguenteaumentodellaredditività.Maseragioniamo in termini di espansione del commercio, della produzione e dei guadagni della classelavoratrice,difficilmentepossiamoparlaredimiglioramento.Alparidituttiimomentialticheavevanocaratterizzatolefasiconclusivedeiprecedenticiclidiaccumulazione,ilmomentofusplendidosoloperunaminoranza,eancheperessafudibrevedurata.Inpochianniil«tintinnared’armi»–musicaperleorecchie della borghesia europea finché gonfiava la redditività mediante l’intensificazione dellaconcorrenzatraglistatiperilcapitalemobile–sitrasformòinunacatastrofedallaqualeilcapitalismodelXIXsecolononsisarebbemairipreso.Sotto questo aspetto, la Gran Bretagna edoardiana riproduceva in forma molto condensata e in

circostanzestorico-mondialiradicalmentediversealcunedelletendenzechegiàsieranomanifestateaFirenze durante la prima espansione finanziaria dell’economia-mondo europea. In entrambe lecircostanze, il massiccio trasferimento dei capitali eccedenti dall’industria alla finanza sfociò in unaprosperitàsenzaprecedentiperlaborghesia,inparteaspesedellaclasselavoratrice.NellaFirenzedellaprimaetàmodernalatendenzaportòinfineall’assunzionedelgovernodapartedelcapitalefinanziario;nellaGranBretagnadelXXsecolo,essaportòinfineall’assunzionedelgovernodapartedeilavoratori.Mainentrambelecircostanzei«magnifici tempi»dellaborghesiafuronounsegnodellasostituzionedelcapitalismoesistente.Ancorapiùstrettaèlasomiglianzatral’epocaedoardianaeilcosiddetto«periododelleparrucche»

della storiaolandese:unperiodochecorrispondegrossomodoalla fasedi espansione finanziariadelciclodiaccumulazioneolandese,einparticolareaidueotredecenniconclusividiquestaespansione.Come a Firenze 400 anni prima e in Gran Bretagna 125 anni dopo, l’espansione finanziaria dellaseconda metà del XVIII secolo fu associata in Olanda a diffusi processi di «deindustrializzazione»(maggiormente evidenti nella cantieristica) e a una contrazione dei guadagni delle classi lavoratrici.CharlesBoxer(1965,pp.293-294)osservache«[i]mercantibanchierieirentiersbenestantinonselasarebbero potuta “passare meglio”», ma che, come riferiva un testimone oculare al termine diquest’epoca, «“il benessere di quella classe di individui che conduceva una vita di lavoro declinavacostantemente”».EcomenellaFirenzedelRinascimentoonellaGranBretagnaedoardiana(o,quantoaciò,nell’Americadell’erareaganiana),icapitalisticonvertitisiinrentiersdell’Olanda«delleparrucche»erano interessati esclusivamente albrevissimoperiodo.«Tutti dicono» scrisse il periodicoDeBorgernel 1778 «“duri finché duri e dopo di me il diluvio!”, come recita il proverbio dei nostri vicini[francesi],cheabbiamofattonostroneifattienelleparole»(citatoinBoxer,1963,p.291).Perlarepubblicaolandeseil«diluvio»giunsepocodopoconlarivoluzionedeipatriotidellaprima

metàdeglianniottanta,che«fu–cosamaiabbastanzasottolineata–laprimadelcontinenteeuropeo,ilsegnopremonitoredellaRivoluzione francese» (Braudel, 1981-82,vol. III, p. 264), con la successivacontrorivoluzionedegliOrangeeconilcrollodefinitivodellarepubblicaconNapoleone.Naturalmentenulladelgenereavvenne inGranBretagnadopo labelleépoque edoardiana.Al contrario, la vittoria

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nellaPrimaguerramondiale si tradusse in un’ulteriore espansionedell’impero territoriale britannico.Tuttavia, i costi dell’impero avevano cominciato a superare di un buon margine i suoi benefici,preparandointalmodoilterrenoalsuosmantellamentodapartedelgovernolaburistadopolaSecondaguerramondiale.Maancheprimachel’imperofossesmantellato,ilcrollodellabaseaureadellasterlinainglese nel 1931 segnò la crisi terminale del dominio britannico sulla moneta mondiale. Come haaffermatoPolanyi(1974,p.35),«[l]arotturadelfiloaureofuilsegnalediunarivoluzionemondiale».

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Ladialetticadicapitalismoeterritorialismo(I)

ComeèstatosottolineatodaGeoffreyIngham,seifautoridelleriformechedopolafinedelleguerrenapoleoniche portarono alla costituzione del regime di libero scambio e della base aurea avevano inmente interessi specifici, questi erano gli interessi del commercio di transito britannico, cresciuto eprosperatograzieallaconquistadelcommercioolandeseediquellofrancese.

Huskisson[presidentedelBoardofTrade]ritenevachequestepoliticheavrebberofattodell’InghilterralaVeneziadelXIXsecolo.Ironicamente, coloro che criticavano il ruolo di entrepôt svolto dall’Inghilterra invocarono, in un tempo successivo, lo stessoparagone.Alla finedelXIX secolo,molti osservatori sottolineavanoche il declinoveneziano era stato la conseguenzadell’averbasatolapropriaricchezzaeilpropriopoteresuattivitàmercantilitantoincerteeincontrollabili.Eradigranlungapiùopportuno,sostenevano,costruireunasolidabaseproduttivanazionale(Ingham,1984,p.9).

Sia prima che dopo la grande espansione commerciale della metà del XIX secolo, il capitalismobritannico apparve dunque ai suoi contemporanei come una nuova variante di più antiche forme dicapitalismo di transito. Fu questa in effetti la principale somiglianza tra il regime di accumulazionebritannicoeilprecedenteregimeolandese.Alparidiquelloolandese, ilregimebritannicoeraancorabasato sul principio della intermediazione commerciale e finanziaria, cioè acquistare per rivendere,accogliereperspedirevia,essererifornitidalmondointeroperpoterlopoirifornire.Ilruolodell’Inghilterrainquantopuntodismistamentodell’economia-mondoprecedetteilsuoruolo

di«officinadelmondo»eaessosopravvisse(Rubinstein,1977,pp.112-113).LarivoluzioneindustrialeeilfallimentodelleambizioniimperialidiNapoleonesilimitaronoaconsolidareeampliarelaportatadelcapitalismoditransitoinglese:

[la] combinazione della rivoluzione industriale in patria e della distruzione, dopo Waterloo, di qualsiasi ostacolo o rivalitàall’egemoniaglobaleingleseall’estero,generòunanuovaformadieconomiamondiale,nellaqualeiproduttoribritannicigodevanodi uno schiacciante primato nel libero scambio internazionale generalizzato. Con l’intensificarsi della densità degli scambicommercialitraunnumerosempremaggioredistatiediregioniattratteinunaretecomune,lanecessitàfunzionalediuncentrodidistribuzione per dirigerne i flussi aumentò costantemente. La regolare riproduzione di transazioni multilaterali, in uno spazioeconomicomondiale frammentato in unità politiche indipendenti, dipendeva dall’esistenza perlomenodi un importante punto dismistamentodiportatauniversale.L’industriaelaflottainglesiassicuraronochevenefossesolouno.Amsterdam,isolataepostaaimargini del Sistema continentale, non si riprese mai dal blocco del tempo di guerra. Con lo sprofondamento dell’Olanda e lasconfittadellaFrancia,dopoil1815Londranonebbepiùalcunrivalecredibile(Anderson,1987,p.33;corsivonell’originale).

IndisaccordoconInghameAnderson,checonsideranoilcapitalismobritannicodelXIXsecolodotatodiunastrutturaeunorientamentoprincipalmentecommercialiefinanziari,MichaelBarrattBrownnehasottolineatolebasi imperialieagricolo-industriali.Nelmomentoincui,allametàdelsecolo,ebbeinizio la grande espansione del commercio britannico e mondiale, la Gran Bretagna aveva giàconquistatounimperoterritorialedidimensioniediportatasenzaprecedentiesenzapari:

[Contrariamente] all’opinione sia di Lenin che di Gallagher, Robinson e Fieldhouse, ora riproposta da Ingham e Anderson, lamaggiorpartedell’imperobritannicoeragiàstatacostituitaprimadel1850–nonsoloinCanadaeneiCaraibi,aMadras,BombayelaCostadelCapodalXVIIsecolo,maaGibilterra,nelBengala,aCeylon,ilCapo,BotanyBay,Penang,inGuyanaeTrinidadallafinedelXVIIIsecolo,acuinel1850eranostatevirtualmenteaggiuntel’interaIndia,HongKong,l’Australia,laNuovaZelanda,eilNatal.Ulteriori incrementi si ebbero poi pressoché interamente sul continente africano (BarrattBrown, 1988, p. 32; vedi ancheBarrattBrown,1974,pp.109-110e187).

Inoltre, questo vasto impero territoriale fu più un complesso agricolo-industriale che commerciale-finanziario.

Crederecheilcapitalebritannicosvolsenell’imperounruoloessenzialmentebancarioemercantilesignificherebberitenerechenonsiano esistite piantagioni di zucchero e di cotone, di tè e di caucciù,miniere di oro, argento, rame e stagno, laLeverBrothers,societàpetrolifere,compagnieprivilegiate,laDalgety,ferrovieealtriservizioopificiefabbriched’oltremarediproprietàinglese

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(BarrattBrown,1988,p.31).

Nellaprospettivaadottatainquestostudio,nonvièalcunarealecontraddizionetraletesidiInghameAnderson, da un lato, e quelle di Barratt Brown dall’altro. Come abbiamo sottolineato nel primocapitolo,eancoraneldelineareilterzociclosistemicodiaccumulazione(quelloinglese),nelXIXsecololaGranBretagnaseguìilsentierodisviluppodiVeneziaedelleProvinceUnite;maseguìanchequellodellaSpagnaimperialeo,peresserepiùprecisi,delcomplessoterritorial-capitalisticogenovese-iberico.Una volta riconosciuta la struttura ibrida del percorso di sviluppo del capitalismo britannico delXXsecolo,latesidello«statoguardiano»,cosìcomeèapplicataall’Inghilterravittoriana,divieneinrealtàinsostenibile. «Che genere di “guardiano” eramai questo, che preparava il terreno per ogni singolaattivitàdegliabitantidell’edificio,enonsolovigilavacontroazioniostiliprovenientidall’esternomaesercitavaconefficaciailsuodominiosuisettemarieistituivaavamposticolonialiinognicontinente?»(BarrattBrown,1988,p.35).Tuttavia, l’«industrialismo»e l’«imperialismo»dellaGranBretagnadelXIX secolo erano parti integranti della riproduzione allargata delle strategie e delle strutture delcapitalismodi transitodeivenezianiedegliolandesi.Fupropriograziealsuoindustrialismoealsuoimperialismo,cosìdiversidaquellidiVeneziaedelleProvinceUnite,chel’Inghilterrafuingradodisvolgerelefunzionidicentrocommercialeefinanziariomondialesuscalamoltopiùampiadiquantoavesseromaineppuresognatoisuoipredecessori.Difatti,rispettoalprecedenteregimeolandese,l’«industrialismo»el’«impe-rialismo»delregimedi

accumulazione britannico furono espressioni di un duplicemovimento – in avanti e all’indietro allostesso tempo – analogo a quello che aveva caratterizzato la transizione dal primo ciclo sistemico diaccumulazione(quellogenovese)alsecondo(quelloolandese).PropriocomeallafinedelXVIsecoloeagliinizidelXVIIilregimeolandesediaccumulazionedelcapitalesuscalamondialepreseilpostodelregime genovese grazie a un movimento in avanti costituito da un’internalizzazione dei costi diprotezione,cosìallafinedelXVIIIsecoloeagliinizidelXIXilregimebritannicopreseilpostodiquelloolandese grazie a un’internalizzazione dei costi di produzione di cui l’industrialismo fu la principaleespressione.Eproprio come il regimeolandese aveva internalizzato i costi di protezionegrazie aunmovimento all’indietro costituito da una rinascita delle strutture organizzative del capitalismomonopolistico di stato veneziano, di cui il regime genovese aveva preso il posto, così il regimebritannicointernalizzòicostidiproduzionegrazieaunarinascitadiquellestruttureorganizzativecheerano state tipiche dell’imperialismo iberico e del capitalismo finanziario cosmopolita genovese,entrambisoppiantatidalregimeolandese.Per«internalizzazionedeicostidiproduzione»intenderemoquiilprocessoattraversocuileattività

produttivefuronocondotteall’internodellasferaorganizzativadelleimpresecapitalisticheesottopostealle tendenze al risparmio tipiche di queste imprese. Certo, imprese capitalistiche specializzate inattività produttive erano esistite molto prima dell’avvio del ciclo di accumulazione britannico. Maquestotipodiimpresanonavevasvoltoalcunruoloo,alpiù,avevasvoltosolounruolosecondarioesubordinatonellaformazionedelregimediaccumulazionegenoveseediquelloolandese.Leimpresecapitalistiche dominanti del ciclo genovese e di quello olandese erano generalmente impegnate nelcommercio di lunga distanza e nell’alta finanza – le attività che Braudel (1981-82, vol. II, cap. 4)definisce «casa»del capitalismo– e, per quanto possibile,mantennero le attività di produzione al difuorideiloroambitiorganizzativi.Nelciclobritannico,alcontrario,l’accumulazionedicapitalevennea essere basata su imprese capitalistiche che erano fortemente coinvolte nella organizzazione e nellarazionalizzazionedeiprocessidiproduzione.Nel valutare la natura e le dimensioni di questa nuova «rivoluzione organizzativa» dell’economia-

mondocapitalistica,èimportantetenerpresentecheladistinzionetra«commercio»e«produzione»nonècosìnettacomespessosiritiene.IImovimentodellemercineltempoenellospazio,cheèpoiciòin

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cuiconsisteilcommercio,puòcomportarealtrettantosforzoumanoepuòaggiungerealtrettantovalored’uso(«utilità»)allemercidiquantoèpossibilefareestraendoledallanaturaecambiandolaloroformae la loro sostanza, che è ciò che intendiamoper produzione in senso stretto.Come scrisse unavoltal’abateGaliani,«iltrasporto[…]èunaspeciedimanifattura»(citatoinDockés,1971,p.321).Malostesso vale per lo stoccaggio e per tutte le altre attività connesse al commercio che richiedono unosforzoumanoecherendono,peripotenzialiacquirenti,lemercimovimentatenellospazioeneltempopiù utili di quanto non sarebbero state altrimenti. Pressoché nessuna attività commerciale può essereintrapresasenonincombinazioneconqualchegenerediproduzioneintesainquestosensopiùampio,oanchenelsignificatopiùristrettocitatosopra.Leorganizzazionicapitalistichechesispecializzavanonelcommerciodilungadistanzaeranosempre

coinvolteinqualchetipodiattivitàdiproduzione.Oltrechenell’immagazzinaggioeneltrasporto,esseeranospessoimpegnateinqualchegenereditrasformazionedellemercichecompravanoevendevano,e nella costruzione almeno di alcuni dei mezzi e degli impianti richiesti dall’immagazzinaggio, daltrasporto e dalla trasformazione delle merci. La costruzione delle navi era, tra queste attività,probabilmente la più importante, in particolare per organizzazioni capitalistiche come Venezia e leProvince Unite, autosufficienti nel «produrre» la protezione richiesta dai loro traffici. Inoltre, leorganizzazionicapitalistichechesispecializzavanonelcommerciodilungadistanzaeranoimpegnateosoprintendevano da vicino alla produzione di merci (quali gioielli e monete, prodotti tessili di altaqualitàealtrioggettidilusso,opered’arteecc.)particolarmenteadattecomeesclusivimezzidiscambioocome«depositi»deicapitalieccedentichecompetevanoailoromembri.Maapartequesteattività,leorganizzazionicapitalistichedelciclogenoveseediquelloolandeseevitaronoquantopiùpossibile laproduzione.

Venezia, Genova e Amsterdam si nutrono del grano, dell’olio, del sale e anche della carne ecc., che vengono loro forniti dalcommercioesterno;ricevonodafuoriillegname,lematerieprimeeanchebuonapartedeiprodottiartigianalicheconsumano.Pocoimportachiliproducaeilsistema,arcaicoomoderno,diproduzione:atalicittàbastacoglierliallafinedelcircuito,làdoveiloroagenti, o i mercanti locali, li hanno appositamente immagazzinati. Lamaggior parte – se non la totalità – del settore primariocoinvoltonellalorosussistenzaeanchenellorolussoèlargamenteesterna,elavoraperlorosenzacheessedebbanopreoccuparsidelledifficoltàeconomicheosocialidellaproduzione(Braudel,1981-82,vol.III,pp.298-289).

A parziale precisazione di questa affermazione, Braudel aggiunge immediatamente che queste cittàavevano spesso maggiore consapevolezza dei risvolti negativi che non dei vantaggi di taleesternalizzazionedellaproduzione:«Preoccupatedelladipendenzadaglistranieri(ancheseinrealtàilpoteredeldenarolariducefinquasiadannullarla),lecittàdominantisisforzanoinfattidiingrandireilproprio territorio e di estendere l’agricoltura e l’industria». Di conseguenza, le città-stato italiane, esuccessivamente l’Olanda, vennero a essere caratterizzate da «1) un rapporto molto “moderno” trapopolazioneruraleeurbana;2)un’agricolturache,finchésussiste,privilegialecoltureadaltoredditoed è naturalmente portata all’investimento capitalistico […] [e] 3) industrie di lusso, molto spessoprospere»(Braudel,1981-82,vol.III,p.299).Nonvièinrealtàalcunbisognodiassumerechelecittà-statoitalianeol’Olandafosseropreoccupate

delladipendenzadaglistranieriperspiegarequestogeneredicoinvolgimentonellaproduzioneinterna.Nelcasodelleindustriedigeneridilusso,lalororedditivitàel’assenzadiproblemisocialiassociatiallorosviluppoeranodiperséragionisufficientiperdedicarvisi.Perquantoriguardaiprodottiagricolicommercializzabili, era del tutto naturale che l’enorme ricchezzamonetaria che si accumulava nellecittà capitalistiche generasse nelle aree rurali contigue un’agricoltura commerciale orientata verso laproduzionedigenerialimentariperlapopolazioneurbana.Ederaallostessomodonaturalecheicentricapitalistici incorporassero primao poi questi spazi rurali contigui all’interno delle loro giurisdizionipoliticheperragionistrategicheoeconomiche,favorendocosìlaloroulteriorecommercializzazioneemodernizzazione.

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Inoltre,unavolta incorporatode factoode jure uno spazio rurale all’internodeidominidei centricapitalistici, l’investimentodicapitalinell’agricolturavenneasvolgereunafunzioneanalogaaquellaassolta dagli acquisti di opere d’arte e di altri generi di lusso durevoli; la funzione, cioè, di«immagazzinare» i profitti realizzati nel commercio di lunga distanza e nell’alta finanza, che nonpotevano tuttavia essere reinvestiti in queste stesse attività senzametterne in pericolo la redditività.Alloracomeadesso,unaquota significativadiquesti capitali eccedenti tendevadunquea fluirenelleattivitàspeculativee inconsumivistosi;ealloracomeadesso,gli investimenti inbeni immobilinellestessecittàcapitalisticheeranoilpiùimportantemezzopercombinarelaspeculazioneconilconsumovistoso. Ma gli investimenti nella commercializzazione e nella «gentrificazione» degli spazi ruraliannessi (ochestavanoperesserlo)dallecittàcapitalistichepotevanosvolgere,edi fattosvolsero,unruoloanalogocomecomplementiocomesostitutidegliinvestimentineibeniimmobiliurbani.Leindustriedellacostruzionedinavi,deigeneridilusso,dell’ediliziaedell’agricoltura«moderna»

non furono le uniche eccezioni alla tendenza, caratteristica delle città-stato capitalistiche, aesternalizzareilpiùpossibileicostieconomiciesocialidellaproduzione.Incertiperiodi,anchelunghi,alcunecittà-statosi impegnaronoinungenereonell’altrodiattività industriale.LostessoBraudel facosì notare che dopo il 1450 Venezia cominciò a sviluppare un ampio e diversificato apparatoindustriale,econtinuasuggerendochefuprobabilmenteinevitabilecheiprincipaliemporicommercialisiconvertisseroall’attività industriale.Dettoquesto, tuttavia,eglisiaffrettaadaggiungerechequestatendenza non mise seriamente in discussione la «superiorità del capitalismo mercantile su quelloindustriale,almenofinoalsecoloXVIII».LaveraespansioneindustrialediVeneziasiverificòsolotrail1580eil1620.

Inparolepovere,l’industriasembraintervenirenell’opulenzavenezianaconuncertoritardo,comeunacompensazione,unmododiforzarelecircostanzeostili,secondounmodellocheritroveremoadAnversadopoil1558-59(Braudel,1981-82,vol.III,p.121).

Comevedremo,cisonobuoneragioniperaccettarequestavisionedell’industrializzazioneveneziana.Nondimeno,l’«industria»,intesaabbastanzasemplicementecomeilcoinvolgimentoinattivitàestrattivenonagricoleeditrasformazione,contribuìbenpresto,enonconritardo,allaprosperitàdellealtrecittà-stato;enon fuaffatto il risultatodella tendenzadeipiù importantidepositi commerciali aconvertirsialla manifattura, in primo luogo perché queste altre città-stato non erano importanti depositicommerciali.FuquestoilcasodiMilanoediFirenze,lecuifortunedurantel’espansionecommercialepaneurasiatica della fine del XIII secolo e degli inizi del XIV furono in gran parte basate sullaspecializzazionenellaproduzioneindustriale:MilanonellalavorazionedeimetallieFirenzenelsettoretessile.EmentreaMilanolaproduzionemetallurgicaeradotatadiunastrutturaediunorientamentoingranparteartigianali,laproduzionetessileaFirenzeeracompletamentecapitalistica,essendointrapresaconl’obiettivodirealizzareunprofittoemedianteilmassiccioimpiegodilavorosalariato.Neconseguechelatendenza,riscontratadaBraudel,versol’esternalizzazionedeicostidiproduzione

da parte dei centri dominanti dell’accumulazione di capitale divenne operativa solo alla finedell’espansione commerciale paneurasiatica della fine del XIII secolo e degli inizi del XIV. Prima edurantequellaespansione,tutteleformepiùavanzatediimpresacapitalistica–industriali,mercantiliofinanziarie–sisvilupparonoincentricoinvoltidirettamenteneiprocessidiproduzione,inparticolareaFirenze e in altre città-stato toscane.Ma non appena l’espansione si ridusse, questa associazione tracapitalismoeindustriacedetteilpassoaunadissociazione;efuaFirenze,doveeranopresentitutteleforme più avanzate di impresa capitalistica, che nel XIV secolo il disimpegno dalla produzioneindustrialeprocedettepiùspeditamente.Laconseguenteriduzionedeiguadagnidellaclasselavoratricecondusseaintenseeprotratteondate

dilottediclasse,checulminarononellaconquistadelpoteregovernativodapartedeiCiompinel1378.Ma la ribellionee la rivoluzionedellaclasse lavoratricenonpotevanoarrestare, enonarrestarono, il

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trasferimentodeicapitali fiorentinidall’industriaalla finanza.Semmai,aggravando iproblemisocialiimplicati dall’unione di industria e capitalismo, accelerarono la loro separazione e aprirono la stradaall’ascesadelcapitalefinanziarioalruolodistrutturadigovernodominantedellacittà-statofiorentinaedell’economia-mondo europea nel suo insieme. Il capitalismo storico come sistema mondiale ebbedunqueoriginedaundivorzio,piuttostochedaunmatrimonioconl’industria.La tesi di Braudel va ulteriormente precisata per dar conto del fatto che il disimpegno dalla

produzione, che caratterizzò la nascita del capitalismo storico come sistemamondiale, non interessòognicentrodiaccumulazionedicapitaleoognisferadiattivitàdiquesticentri.L’espansionefinanziariadella fine del XIV secolo e degli inizi del XV avvenne in uno stato di guerra generalizzata sia nelsottosistemaitalianodicittà-statochenelpiùampiosistemapoliticoeuropeo.Questocreòopportunitàestremamente vantaggiose per l’industria degli armamenti e per quella deimetalli, cosicché,mentreFirenze si deindustrializzava, Milano, al contrario, continuò a trarre vantaggio dalla produzione diarmatureperl’Europaintera.Inoltre, lamisura del disimpegno dalla produzione in ogni data sfera di attività spesso dipendeva

dallevicissitudininelle attivitàbellichee inquelledi formazionedello stato.Lacentralizzazionedelcommercio di Levante nellemani dei veneziani a spese dei genovesi dopo la pace di Torino (1381)implicòunacontrazionedellaproduzioneassociataallafunzionedidepositomoltomaggioreaGenovachenonaVenezia.Allostesso tempo, l’incorporazionediunospazio ruraleall’internodeidominidiMilano, diVenezia e di Firenze nel corso della guerra «italiana» dei cento anni significò per questecittà-stato un aumento della produzione agricola, a dispetto delle vicissitudini della produzioneindustriale.Einquellecittànellequaliunaquotacrescentedeicapitalieccedentivennedirottatadallaproduzionedidenaroalla formazionedello stato, comeaVeneziaeaFirenze, si ebbeun’espansionedellaproduzionenell’industriadell’edilizia.Così,l’esercitodilavorodiriservageneratoaFirenzedallacontrazione dell’industria tessile divenne il fondamento del boom «informale» dell’edilizia, cioè delboomnonregolamentatochecaratterizzòilRinascimento.In findei conti, tuttavia, la spintaprincipaledell’espansione finanziariadella finedelXIV secoloe

degliinizidelXVandònelladirezionediunaseparazionedallaproduzionedelleformepiùavanzatediimpresacapitalistica.Questa tendenza fuoffuscatadurante l’espansione finanziariadal fatto cheessanonfusperimentatauniformementeintuttoilsistemadellecittà-stato,eancorpiùdalfattocheessafupiù debole aMilano eVenezia, le due città-stato che stavano emergendo come grandi potenze nellapolitica europea.Ma quando le tendenze dei centocinquanta anni successivi si palesarono, il poterestatale e l’industrialismo furono indicatori non attendibili della valorizzazione del capitale.A partiredall’ultimo decennio del XV secolo, le borghesie organizzate principalmente in città-stato – inclusaquellaveneziana–cessaronodisvolgereilruolodiclassecapitalisticadominantedell’economia-mondoeuropea.Inmisurasempremaggiore,questoruolovenneassuntodalleborghesieinesilioorganizzatein«nazioni» cosmopolite, che si specializzarono nell’alta finanza e nel commercio di lunga distanzalasciando che fossero le organizzazioni territorialiste a occuparsi della produzione. Tra queste«nazioni», la borghesia veneziana spiccò per la sua assenza, e quellamilanese svolse solo un ruolosecondarioedel tuttosubordinato.Ma leborghesieesiliatediFirenzeediGenova,dove la tendenzaverso la separazione del capitalismo dalla produzione era stata più forte, emersero come i due piùimportantimembri del sistema delle «nazioni» che dominò l’alta finanza europea e il commercio dilungadistanzadurantetuttoilXVIsecolo.In queste nuove condizioni sistemiche il coinvolgimento rapidamente crescente di Venezia nella

produzione industriale alla fine delXVI secolo sembra essere stato in effetti, come sostieneBraudel,«unacompensazione»,unindennizzoperl’irrimediabiledeclinocommercialedellacittà.FusoprattuttoinquestoperiododirapidaindustrializzazionecheVenezia, inquantoorganizzazioneimprenditoriale,anchesemenoinquantoorganizzazionegovernativa,divennevittimadeisuoiprecedenti,straordinari

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successi.LevittoriesulmarecontroGenova,laconquistadella«Terraferma»,ildominiosull’equilibriodelpoteredell’ItaliadelNordfuronoaltrettantifattorichemiseroVenezianellecondizionidiassorbiregli effetti della contrazione economicamondiale in corso senza dover riorganizzare e ristrutturare leproprie istituzioni governative e imprenditoriali. Eppure, le istituzioni non riformate del capitalismomonopolistico di stato veneziano erano inadeguate a far fronte con efficacia alle sfide poste dallasuccessiva ascesa dei potenti complessi territorial-capitalistici formati dall’alleanza delle classicapitalistiche cosmopolite altamente specializzate (le cosiddette «nazioni») con stati territorialistiegualmentespecializzati.Ladifferenziazioneeloscambiotraquestiduetipidiorganizzazioneeranobasatisuunadivisione

del lavoro in cuigli stati territorialisti si occupavanodellaproduzione, compresa laproduzionedellaprotezione, e del commercio abrevedistanza,mentre le «nazioni» capitalistiche si occupavanodellaregolazionemonetaria trans-statale e di buona parte del commercio di lunga distanza.All’interno diquestastrutturadominante,Venezianoneranécarnenépesce:néunapotente«nazione»capitalisticanéunpotente stato territorialista.Era un residuodella passata epocadelle città-stato capitalistiche.Allafine delXVI secolo, Venezia, in quanto organizzazione governativa, aveva ancora una considerevoleinfluenzasullapoliticaeuropea;mainquantoorganizzazioneimprenditorialeeradivenutapocopiùcheun ingranaggio nel sistema genovese delle fiere di Piacenza. Questo sistema trasformava infatticontinuamente l’eccedenza della bilancia dei pagamenti generata dalle industrie veneziane in unostrumentoattraversoilqualeigenovesiottenevanoadAnversagliasientoschedavanolorouncontrollosemprepiùesclusivosull’argentoamericanoconsegnatoaSiviglia.Questoasuavoltadavaaigenovesiuna presa sempre più salda sull’eccedenza della bilancia dei pagamenti veneziana; e così via, in unprocessoinfinitodicausazionecircolareecumulativagraziealqualel’espansioneindustrialediVeneziadivennesemprepiùunmezzodellavalorizzazionedelcapitalegenovese(vedicap.2).Fu in questo contesto storico che, per la prima volta, furono poste le fondamenta del capitalismo

inglese delXIX secolo, nel tentativo di liberare la Gran Bretagna da una condizione profondamentefrustrante,similesottomoltiaspettiaquellasperimentatadaVenezia.PoichélaGranBretagna,comeVenezia nel XVI secolo, non era né una cosa né l’altra – né una organizzazione territorialistasufficientementepotentedacompetereconsuccessoconlaSpagnaelaFrancia,néunaorganizzazionecapitalistica sufficientemente potente da competere con successo con la «nazione» genovese e conquella fiorentina.Manonesserenécarnenépescenonsignificavaappartenereallostessogenere.Alcontrario, nel XVI secolo Venezia e Inghilterra costituivano tipi opposti di organizzazioni, che si«muovevano» lungo percorsi di sviluppo radicalmente differenti, ma a cui accadde di incontrarsibrevementenelcamminoversolerispettivedestinazioni.Se Venezia era uno stato capitalistico divenuto vittima dei suoi passati successi, l’Inghilterra era

un’organizzazione territorialista divenuta vittima dei suoi passati insuccessi. I successi veneziani delpassato si erano trasformati in acquisizioni territoriali e nella metamorfosi della borghesia inaristocrazia,ilchereseVeneziasimileaunpiccolostatoterritorialista,qualeeral’Inghilterra;mentregliinsuccessiinglesidelpassatosieranotrasformatiinunconfinamentoterritorialeeinunametamorfosidell’aristocrazia in borghesia che rese l’Inghilterra simile a un grande stato capitalistico, quale eraVenezia.LesomiglianzetraVeneziael’Inghilterrafuronoulteriormenteaccresciutedalfattoche,allafine del XVI secolo e agli inizi del XVII, entrambi gli stati sperimentarono una rapida espansioneindustriale.Matuttequestesomiglianzeeranoestremamenteingannevoli,comeètestimoniatodalfattochenelcorsodeitresecolisuccessivil’Inghilterracontinuòaridisegnarelamappadelmondoedivenneallostessotempoilpiùpotentestatoterritorialistaecapitalisticocheilmondoavessemaiconosciuto,laddove Venezia perse ogni forma di potere e di autorità fino alla sua cancellazione dalla mappadell’Europa,primaconNapoleoneepoiconlapacediVienna.QuestadivergenzaradicaletralatraiettoriavenezianaequellainglesenelXVIIenelXVIIIsecolofuin

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parte dovuta alle condizioni geografiche. Lo spostamento del crocevia del commercio mondiale dalMediterraneoorientale allaManica,dovegli approvvigionamenti americani e asiatici si incontravanoconquellidelBaltico,aprironoperl’Inghilterra,eallostessotempochiuseroperVenezia,opportunitàunicheperl’espansionecommercialeenavale.«Toccaperòallastoria»hascrittoBraudel(1981-82,vol.III,p.542)«accettareonolepossibilitàoffertedallageografia.»Appropriarsideibeneficidovutiallapropria posizione geografica privilegiata significò, per l’Inghilterra, passare attraverso un lungoprocesso storico nel corso del quale i suoi gruppi dominanti dapprima appresero a trasformare unosvantaggiogeopoliticoinunvantaggio,epoicominciaronoasfruttarequestovantaggioperspazzarviatuttiiconcorrenti.Questolungoprocessostoricoebbeinizioconlesanguinoselotteconosciutecomeguerradelledue

rose(1455-85),cheseguironoall’espulsionedegliinglesidallaFranciaalterminedellaguerradeicentoanni. «Quandomancò l’autorità di un re vittorioso che tenesse unita la nobiltà, la macchina bellicatardomedievalesivolseversol’interno,mentrelelottemagnatiziescatenavanonellecampagneseguaciinferocitiebandeimpegnateacontratto,eusurpatoririvalisidilaniavanonellalottaperlasuccessione»(Anderson,1980,p.110).Lapiùimportanteconseguenzainternadelbagnodisanguecheseguìfuunfondamentale indebolimento dell’aristocrazia terriera e il consolidamento del potere monarchicoall’epocadellavittoriosadinastiaTudor(Moore,1969,p.8).Ma questo consolidamento non fu accompagnato da un corrispondente aumento nel potere

complessivodellamonarchia inglese.Alcontrario,unavoltacompletato il consolidamento sul fronteinterno,lamonarchiainglesesitrovòirrimediabilmenteemarginatadaglisviluppisulcontinente.

[A]l’iniziodelCinquecento, l’equilibriodi forze tra i principali stati occidentali eraormai totalmentemutato.Spagna eFrancia,entrambevittime,nelperiodoprecedente,dell’invasioneinglese,eranooramaimonarchieaggressiveedinamiche,inlottatraloroper la conquista dell’Italia. L’Inghilterra era stata improvvisamente distanziata da entrambe. Tutte e tre le monarchie avevanoraggiuntoungradodiconsolidamentointernoaundipressoequivalente:mafuproprioquestolivellamentoafarsìcheivantagginaturalidelleduegrandipotenzecontinentalidell’epocadivenisseroperlaprimavoltadecisivi.LapopolazionedellaFranciaerada4 a 5 volte quella dell’Inghilterra. Per tacere dell’impero americano e dei possedimenti europei, la Spagna disponeva di unapopolazionedoppiadiquelladell’Inghilterra.Questasuperioritàeconomicaedemograficaeraaccentuatadallanecessitàgeograficadi entrambi i paesi di svilupparemoderni eserciti di terraferma su base permanente, atti all’endemico stato di guerra dell’epoca(Anderson,1980,pp.113-114).

Lamonarchiainglesenonsirassegnòmaiaquestacondizionedimarginalitànellapoliticaeuropea.ConEnricoVIIprevalseunprudenterealismo,chetuttavianongliimpedìdiravvivarelerivendicazionideiLancastersullamonarchiafrancese,dicombattereperbloccarel’annessionedellaBretagnaaoperadeiValois, e di tentare di ottenere la successione al tronodiCastiglia.Manon appenaEnricoVII salì altrono, si impegnò in uno sforzo deciso e prolungato per recuperare il terreno perduto. Dopo averarruolatoungrannumeroditruppemodernedallaGermania,ilnuovoreavviòunacampagnacontrogliscozzesi e intervenne militarmente nei conflitti tra Asburgo e Valois nella Francia settentrionale.Quandolesuccessivecampagnedel1512-14,del1522-25edel1528nonprodusserorisultati,inpartecomeconseguenzadella frustrazione,e inpartecomeconseguenzadierroridicalcolo,egli inciampònella rottura con Roma. La lotta franco-spagnola per il possesso dell’Italia aveva ridotto ai marginil’Inghilterra: spettatrice impotente, i suoi interessi avevano poco peso nella Curia. «La sorpresa diquestascopertadovevaspingereilDifensoredellafedeallaRiforma»(Anderson,1980,p.115).La rottura con Roma rafforzò ulteriormente il potere regio all’interno. Sul piano politico, gli

ecclesiastici di rango più elevato, che erano grandi proprietari terrieri, detentori di franchigie e diprivilegi, divennero funzionari regi. «L’autorità del re sulla Chiesa divenne l’autorità dei re inParlamento»(Hill,1977,p.31).Dalpuntodivistafinanziario,leentratecheinprecedenzaprendevanolaviadiRomafuronotrasferiteallacoronainglese:primizie,decimeeproprietàmonasticheaumentaronodipiùdeldoppioleentrate

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realiannuenette,el’incrementosarebbestatoassaimaggioreseleterremonastichenonfosserostatevendute(Dietz,1964,pp.138-140;Hill,1977,p.31).Per quanto vasta, questa fortuna inaspettata fu immediatamente dissipata in una nuova avventura

militare.L’ultimoimportanteattodiEnrico–leguerrecontroFranciaeScoziadeglianniquarantadelXVIsecolo–furonoun’impresadispendiosa,delcostosbalorditivodi2135000sterline.Pergarantirnelacoperturalacoronainglesefucostrettaafarricorsoaprestitiforzosieaunmassicciodeprezzamentodeiconii,oltrecheaun’accelerazionedell’alienazionesottocostodelleproprietàdellaChiesa(Kennedy,1993a, p. 109; Dietz, 1964, capp. 7-14). La conseguenza immediata fu un repentino regresso dellastabilitàpoliticaedell’autoritàdeiTudordurantelaminoreetàdiEdoardoVIeilbreveregnodiMariaTudor.Inuncontestosocialeinrapidodeterioramento,caratterizzatodagraviagitazionicontadineedaripetutecrisireligiose,lalottaperilcontrollodellacortetraimaggiorisignoriterritorialisirianimò,el’ultimapropaggineinglesesulcontinente(Calais)fuperdutaavantaggiodeifrancesi(Anderson,1980,p.118).Tuttavia,ilregressofusolotemporaneoefornìlostimolonecessarioacompletareilprocessograzie

alqualel’Inghilterraarrivòariconoscere,easfruttareappieno,ivantaggidellasuaposizioneinsularealprincipale crocevia del commercio mondiale. Nella seconda metà del secolo, l’«avventurismo» diEnricoVIII fu sostituito dal «realismo» di Elisabetta I, che riconobbe prontamente i limiti del potereinglese.«Dalmomentocheilsuopaesenonpotevacompetereconnessunadellevere“superpotenze”europee,Elisabettacercòdiconservarel’indipendenzainglesetramiteladiplomaziae,anchequandolerelazionianglo-spagnolepeggiorarono,difareinmodochela“guerrafredda”conFilippoIIsisvolgessesulmare,chealmenoerapococostosoe,talvolta,vantaggioso»(Kennedy,1993a,p.110).La tendenza risparmiatrice di Elisabetta nella conduzione della guerra non escludeva interventi

militari sul continente. Questi interventi continuarono, ma il loro obiettivo cambiò, assumendoconnotazioni rigorosamente negative, come impedire la riconquista spagnola delle Province Unite,l’insediamentodeifrancesineiPaesiBassioilsuccessodellaLegainFrancia(Anderson,1980,p.120).LapreoccupazioneprevalentediElisabettaeraquelladisalvaguardare,piùchemodificare,l’equilibriodel potere continentale, anche se questo significava rafforzare il potere di vecchi nemici come laFrancia, poiché, «allorquando venisse l’ultimo giorno per la Francia, sarebbe anche la vigilia delladistruzioneperl’Inghilterra»(citatoinKennedy,1976,p.28).Néil realismoe laprudenzadiElisabettanellaconduzionedellaguerraattenuaronole inclinazioni

territorialistedellostatoinglese.Ilterritorialismofusemplicementereindirizzatopiùvicinoacasa,dovecompletò la fusione delle diverse comunità politiche in cui erano ancora divise le isole britanniche.Laddove i rapporti di forza rendevano la conquista militare costosa e rischiosa, come in Scozia, lafusionefuperseguitaattraversomezzipacifici,valeadireattraversol’unionepersonalecheallamortediElisabettaavrebberiunito l’Inghilterrae laScozia.Madove i rapportidi forzaeranofavorevoli, ilricorsoaimezziviolentiavvenivasenzalimiti.L’espansionismo elisabettiano, incapace di un progresso frontale nei riguardi delle principali

monarchie di terraferma, lanciò i propri eserciti più numerosi contro la società irlandese fondata suiclan, povera e primitiva. […] Alle tattiche di guerriglia adottate dagli irlandesi si fece fronte conpratichedispietatosterminio.Laguerradurònoveanni,primacheogniresistenzavenissepolverizzatadal comandante inglese Mountjoy. Alla morte di Elisabetta, l’Irlanda venne annessa militarmente(Anderson,1980,pp.121-123).Mal’espansionismoinglesefureindirizzatoancheversoglioceanieilmondoextraeuropeo.Sindal

principio l’Inghilterra era stata all’avanguardia nell’introduzione delle grandi navi da guerraequipaggiateconarmidafuocoche,intornoal1500,rivoluzionaronoilpoterenavaleinEuropa(Lewis,1960,pp.61-80;Cipolla,1965,pp.78-81).MafuronogliinfruttuositentatividiEnricoVIIIdidiventareunprotagonistanellalottacontinentaleperilpoterechefecerodellaflottaingleseunaforzarispettabile

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(Marcus, 1961, pp. 30-31). Elisabetta ampliò e razionalizzò ulteriormente la flotta reale, appena intempopergarantirsilasicurezzacontrol’Armadaspagnola.Quando,nel1588, l’Armadafusconfitta,«ElisabettaIeraormaipadronadellapiùpotentemarinamilitarechel’Europaavessemaiconosciuto»(Mattingly,1959,p.175).Questarapidaespansionedellapotenzanavaleinglesenonsarebbestatapossibilesenzailcontributo

deimercanti, dei pirati e dei contrabbandieri inglesi, che erano poi spesso le stesse persone.Questeforzeprivate«irrupperonelleestesissimevied’accessoagliimpericolonialistranieri,conquistaronounbottino fantastico e svilupparono nella costruzione di navi e nella navigazione una superiorità daautentici discendenti dei vichinghi. Elisabetta, destreggiandosi prudentemente, li sconfessavaall’occorrenzaelifavorivainsegreto»(Dehio,1988,pp.66-68).

Questotacitosostegnoall’usoprivatodellaforzasuimaridiedeisuoifruttineldecisivoconfrontoanglo-spagnolodel1588.Nellabattagliacontrol’Armada,Elisabettapotevacontareperlasuadifesasuespertiequipaggiprivati,quasicinquevoltepiùnumerosideipropri:«[questiequipaggi]cementatiincentoavventure[…][eranol’]avanguardiadellanuovaInghilterraoceanica,aventeallatestaFrancisDrakequalepersonificazionedelpassaggiodallapirateriaallagrandepotenzamarinara»(Dehio,1988,p.69).

Elisabetta incoraggiò attivamente questa transizione, non solo ampliando e razionalizzando la flottareale e sostenendo tacitamente la pirateria e la corsa. Ancor prima degli olandesi, fece rivivere latradizionegenovesedellemaone,costituendocompagnieperazionidotatediprivilegi,chedivenneroilprincipale fondamento della successiva prodigiosa espansione delle reti del commercio e del potereinglesi.Ancheinquestasfera,ilcontributoinizialedeifilibustierifudecisivo.ComehaosservatoJohnMaynardKeynes, i ricavidelbottino riportatodaDrakenelGoldenHind

(valutati in 600000 sterline) consentirono a Elisabetta di estinguere interamente il suo debito conl’estero,einaggiuntainvestirecirca42000sterlinenellaCompagniadelLevante.Fusoprattuttodagliutili della Compagnia del Levante che provenne il capitale iniziale della Compagnia delle IndieOrientali, «i cuiutili durante ilXVII e ilXVIII secolocostituironoa lorovolta labaseprincipaledellerelazioni estere dell’Inghilterra» (Keynes, 1979, vol. II, pp. 375-376). Assumendo un saggio direndimentoannuodel6,5percentoeuntassodireinvestimentodiquestirendimentidel50percento,osserva Keynes, le 42000 sterline del 1580 sarebbero state sufficienti a generare l’intero valore delcapitale della Compagnia delle Indie Orientali, della Royal African Company e della Hudson BayCompanynel1700,eunasommaprossimaai4000milionidisterlinechecostituivanol’interovaloredegliinvestimentiesteribritannicinel1913(vediancheKnapp,1957,p.438).Le osservazioni di Keynes sulle origini e sulla «valorizzazione» degli investimenti britannici

all’estero non ci dicono come, storicamente, le condizioni interne e sistemiche di quella espansionefurono riprodotte nel corso dei tre secoli ai quali quelle osservazioni si riferiscono. L’idea di unafondamentalecontinuitàdelprocessodiespansionemondialedelcapitaleinglesedaitempidiElisabettaatuttoilXIXsecoloècomunquepreziosa,inconsiderazionedelfattochequestoprocessononfulasolacaratteristicadelcapitalismobritannicodelXIXsecolocheebbeoriginedurante il regnodiElisabetta.ComelostessoKeynesosservanelbranoappenacitato,menodel10percentodelbottinodiDrakefuinvestitoperavviarelavalorizzazionedell’investimentobritannicoall’estero.LamaggiorpartediessofuusatadaElisabettaperripagareilsuodebitoestero.Inoltre,sisupponechelemaggiorpartedell’oroinlingottiperunvaloredi4milioniemezzodisterlineconiatoduranteilregnodiElisabettaprovenissedalbottinocarpitodallaSpagna(Hill,1977,p.82).Questo riciclaggio del bottino nel rafforzamento delle finanze del governo inglese diede inizio a

un’altragrandetradizionedelcapitalismoinglese:quelladella«monetastabile».

[Lasterlinaera]una«monetadiconto»ugualeamoltealtre.Ora,mentrequesteultime,manipolatedallostatoecompromessedallecongiunture ostili, subiscono variazioni continue, la sterlina, stabilizzata nel 1560-61 dalla regina Elisabetta, nonmuterà più econserveràilpropriovaloreintrinsecofinoal1920,oaddiritturafinoal1931.Vièinquestoqualchecosadimiracoloso[…][La]

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sterlina,perpiùditresecoli,traccianelquadrodellemoneteeuropeeunasorprendentelinearetta(Braudel,1981-82,vol.III,pp.363-364).

Questa stabilitàmonetaria di lungo periodo, continuaBraudel (1981-82, vol. III, p. 364), «è stata unelementocrucialedellagrandezza inglese.Senzastabilitànell’unitàmonetarianonesistonofacilitàdicreditonésicurezzaperchipresta ilpropriodenaroalprincipe,nécontrattineiqualisipossariporrefiducia.Esenzacreditononc’ègrandezzanésuperioritàfinanziaria».Braudelmetteancheinevidenzache la stabilità di lungoperiododella sterlina «simantiene attraverso tutta una serie di crisi – 1621,1695, 1774, nonché 1797 – che avrebbero potuto farle mutare decisamente rotta». Va da sé checonsiderazioni analoghe si applicano alla parallela osservazione diKeynes sulla valorizzazione degliinvestimentiesteribritannici.Eppure,dopoognicrisiciascunavicendariprendevailsuoimperturbabilecorsofinoallacrisiterminaledell’ordinemondialebritannicoottocentesconeglianniventietrentadelXXsecolo.Propriocomegli investimentiesterieunabasemonetariametallicastabile, lostessoindustrialismo

noneraunanovitàdelcapitalismoinglesedell’Ottocento.SitrattadellanotatesidiJohnNef,unatesituttaviaspessotrascurata,secondocuiilconcettodiuna«rivoluzioneindustriale»comespiegazionedeltrionfo dell’industrialismo è «particolarmente inadatta» al caso della Gran Bretagna, poiché «dàl’impressione che il processo fu particolarmente repentino, quando con tutta probabilità esso fu piùprolungato che in qualsiasi altro paese» (Nef, 1934, p. 34). Secondo Nef, l’espansione«prodigiosamente rapida» dell’industria inglese alla fine del XVIII secolo e agli inizi del XIX fueguagliata in almeno un periodo precedente, (il secolo precedente la guerra civile inglese) daun’espansioneegualmenterapida.Nelcorsodiquestosecolo,einparticolaredurantelasecondametàdel regno di Elisabetta e durante il regno di Giacomo I, l’importanza dell’industria mineraria edell’attivitàindustrialenell’economiainternadelpaeseaumentòpiùvelocementecheinqualsiasialtromomentodellastoriainglese(Nef,1934,pp.3-4).Inoltre,anchesel’espansionedell’industriaingleseprocedettepiùlentamentenelsecolosuccessivo

chenelsecoloprecedenteal1640,ladiversificazionedelleattività,icambiamentinellatecnologiaelaconcentrazione del capitale industriale che ebbero inizio nell’era elisabettiana furono basi nonmenoimportantidiqualsiasialtradellasuccessiva«rivoluzioneindustriale».

L’ascesadell’industrialismopuòessereconsideratapiùcorrettamentecomeunlungoprocessocherisaleallametàdelXVIsecoloecheproseguefinoaltrionfoconclusivodellostatoindustrialeversolafinedelXIXsecolo,piùchecomeunfenomenoimprovvisoassociatoallafinedelXVIIIeagliinizidelXIXsecolo.Nonèpiùpossibiletrovareunapienaspiegazionedelle«grandiinvenzioni»edellenuovefabbrichedellafinedelSettecentoinunaprecedenterivoluzionecommercialecheaumentòledimensionideimercati.Larivoluzionecommerciale,sequestoèiltermineappropriatodaadoperareperriferirsiaunarapidacrescitanelcommercioesteroe interno nell’arco di due secoli, ebbe un’influenza costante, il cui inizio può essere fatto risalire allaRiforma, sulla tecnologiaindustrialeesullascaladelleattivitàminerarieediquellemanifatturiere.Mapropriocome,asuavolta,ilprogressodell’industriaaveva continuamente stimolato in una varietà di forme il progresso del commercio. Il primo progresso fu altrettanto«rivoluzionario»delsecondo,eresponsabileinmodoaltrettantodirettodella«rivoluzioneindustriale»(Nef,1934,pp.22-23).

Riformulate nella prospettiva sviluppata in questo studio, le tesi di Keynes, di Braudel e di Nefconsiderateassiemeidentificanol’epocaelisabettianacomeunpuntodisvoltadecisivoneirapportitracapitalismoeterritorialismonell’economia-mondoeuropea.Nelnostroschema,ilregnodiElisabettaI(1558-1603) e quello di Giacomo I (1603-25) corrispondono esattamente a quello che Braudel hachiamatoil«secolodeigenovesi»(1557-1627),cioèaunafasediespansionefinanziariadell’economia-mondo europea e di intensificazione delle lotte concorrenziali tra le organizzazioni capitaliste eterritorialiste di quella economia. Fu questo il periodo in cui il potere del complesso territorial-capitalistico genovese-iberico raggiunse il suo culmine; ma fu anche un periodo di transizione neiprocessisistemicidiaccumulazionedicapitaledalregimegenoveseaquelloolandese.LaristrutturazioneelariorganizzazionedellostatoingleseavviateconElisabettafuronounaspetto

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integrante di questa transizione. Al pari della formazione dello stato olandese, esse furonoun’espressioneeunfattoredellecontraddizionicheportaronoinfinealdeclinodelcomplessogenovese-iberico. E sebbene a quel tempo lo stato inglese non possedesse né le inclinazioni né le capacitànecessarieasfidarel’ascesadell’egemoniaolandese,laristrutturazioneelariorganizzazionedell’epocaelisabettiana diedero all’Inghilterra un vantaggio su tutti gli altri stati territorialisti – compresa laFrancia,stato-nazione«modello»–nellalottaperlasupremaziacommercialemondialecheebbeiniziononappenalostessoregimeolandesecominciòaesserepiegatodallepropriecontraddizioni.Questovantaggioeradovutoprimadi tuttoalla riorganizzazionedelle finanzestataliattraversocui

Elisabetta I cercòdimettereordinenel caosmonetario lasciatole in ereditàda suopadre. Il tentativooperatodaEnricodiprocurarsi imezzinecessaria finanziare lecostoseguerrecontro laFranciae laScozianelcorsodeglianniquarantadelXVIsecolomedianteilricorsoaprestitiforzosieunamassicciasvalutazionemonetariaera fallito. Iprestiti forzosi infastidivanogli interessi capitalistici, e lagrandesvalutazione,chetrail1541eil1551ridusseiltitolodellemoneted’argentoincircolazionedal93percentocircaal33percento,provocòun«indescrivibilecaos»:levaluteemessedallacoronacessaronodiessere accettate comemezzi di pagamento edi scambio; il commercio fudisgregato e la produzionetessile drasticamente ridotta; in pochi anni i prezzi raddoppiarono o persino triplicarono; le valutepregiatesparironodallacircolazioneeilcambioinglesesuAnversasideterioròrapidamente(Braudel,1981-82, vol. III, p. 365; Shaw, 1896, pp. 120-124). Il caos economico e l’instabilità politica sialimentarono a vicenda, costringendo la corona inglese a trasferire nelle mani di privati e a prezzid’occasionegranpartedelleproprietàagrarieacquistatedaimonasteri–nellamisuradiunquartodellaterra del regno – per far quadrare il bilancio, o solo per guadagnare tempo e benevolenza. Comeconseguenzadiquestamassicciacessionediproprietà, lamonarchiaingleseperseunadelleprincipalifontidientrateindipendentidallatassazioneparlamentare,mentreilpoteredeiprincipalibeneficiaridiquestotrasferimento–lagentry–conobbeunincrementosensazionale(Anderson,1980,pp.24-26).Elisabettaereditòcosìunasituazioneincuilacoronainglesedovevanegoziarecontinuamenteconla

gentry e congli altri interessi capitalistici imodie imezzidel suoperseguimentodelpotere. Inunasituazione del genere, la prudenza e la parsimonia di Elisabetta nella conduzione della guerra eranosenza dubbio unmezzo per ridurre, o almeno evitare, l’ulteriore inasprimento dei vincoli imposti daquestoprocessoallasualibertàdiazione.Mafuronoancheespressionedellarigiditàdiquestivincoli(Mattingly,1967,pp.189-190).Per riconquistare una certa libertà di azione, Elisabetta presemisure più costruttive che quella di

adattarsisemplicementeallasituazione.Unadiquestemisurefu,nel1560-61, lastabilizzazionedellasterlinachefissòilsuotitolod’argento,perisecoliavenire,all’ancientrightstandarddi11oncee2dwtper12oncedimetallomonetario.ComesottolineaBraudel(1981-82,vol.III,pp.355-357),nonsitrattòdiunsempliceadattamentostrutturaleaicomandidellanascenteeconomia-mondocapitalistica.Alcontrario,fuuntentativodiliberarsidaivincoliimpostiallaricchezzaealbenesseredell’Inghilterradalleristrettecerchiecosmopolitechecontrollavanoeregolavanoilsistemamonetarioecommercialeeuropeo.Neiprimissimiannidel suo regno,Elisabettaerastatamessa inguardiadasirThomasGresham–

potente mercante e finanziere che operava a quel tempo ad Anversa e che ispirò la stabilizzazionemonetariadel1560-61–delfattochesoloimercantiinglesipotevanosalvarladalladipendenzadaglistranieri,avendoessi«ildoveredisostenerviinognivostrocasodinecessità»(Hill,1977,p.53).FinquandoAnversaoperòefficientementecomeunveroepropriomercato«internazionale»,nelquale la«nazione»inglesecontrollavaunaspecialeborsaperloscambiodimerci,GreshamcontinuòaoperareadAnversaeilsuosuggerimentononebbealcunseguito.ManonappenaadAnversairapportitralevarie«nazioni»divenneroestremamentecompetitiviinseguitoalcrollodel1557-62,Greshamavviòlacreazione a Londra di una borsa simile a quella di Anversa, con l’intento dichiarato di rendere

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l’Inghilterra indipendente dalle «nazioni» straniere, sia nel commercio sia nel credito. Una voltacompletata lacostruzionedellaborsa,egliespresseancora inuna letterascrittanel1569, ildesiderioche «SuaMaestà in questa occasione non faccia uso di alcuno straniero bensì dei propri sudditi inmodoche [ilucadiAlva]e tuttiglialtriprincipipossanovederequaleprincipedipotenzaLei sia»(Ehrenberg,1985,pp.238e254;corsivonell’originale).El’annosuccessivo,nelcorsodiunavisitaallaborsa,Elisabettabenedissel’iniziativadiGreshambattezzandolaRoyalExchange(Hill,1977,p.53).DovetteropassaredecenniprimacheilRoyalExchangepotesseeffettivamentesoddisfareleesigenze

finanziarie del governo inglese, e occorsero più di due secoli perché Londra potesse competere conAmsterdaminquantomercatomonetariocentraledell’economia-mondoeuropea.Malastabilizzazionedella sterlina nel 1560-61 e la successiva istituzione del Royal Exchange, parafrasandoMaxWeber,segnaronolanascitadiunnuovotipodi«memorabilealleanza»trailpoteredeldenaroeilpoteredellearmi,l’iniziodelnazionalismonell’altafinanza.AllafinedelXIVsecoloeagliinizidelXV,quandol’altafinanzanacquenelcontestoesottol’impatto

diunacrescenteconcorrenzatraglistatiperilcapitalemobile,isuoiquartierigeneralisitrovavanoincittà-stato scelte, e in particolare a Firenze,ma la sua clientela e la sua organizzazione avevano unastrutturaeunorientamentocosmopoliti.Iltermine«alleanza»ètroppoforteperdescriverelerelazioniincerte e instabili esistenti a quell’epoca tra le organizzazioni dominanti dell’alta finanza e ciascunsingolo elemento della loro diversificata clientela. Ma il termine descrive abbastanza bene la piùimportantediquesterelazioni:ilrapportoconilpapato,chefecelafortunadeiMedici.L’altafinanzarinacquenelXVIsecolocomesistemadi«nazioni»cosmopolite inesilio. Ilpoteredi

queste organizzazioni scaturiva ancora dall’intensa concorrenza per il capitale mobile checontrapponevaglistatiemergenti.Mapersfruttarequestaconcorrenza,erafforzareallostessotempolapropria posizione competitiva, queste «nazioni» furono attratte in vere e proprie alleanze con unparticolarestato:traqueste,lepiùmemorabilivideroigenovesiallearsiconlaSpagnaeifiorentiniconlaFrancia.Ilprincipalefondamentodell’altafinanzaaquell’epocaeradunqueun’alleanzatrastatichestavanoperdiventarenazioni,daunlato,e«nazioni»stranierecheatuttiglieffettiavevanocessatodiesserestati,dall’altro.Quello che Gresham propose a Elisabetta all’inizio dell’espansione finanziaria della fine del XVI

secolofudiforgiareunnuovogeneredialleanza:unbloccodavveronazionaletrailpoteredeldenaroeil potere delle armi, un’alleanza tra la «nazione» inglese che si stava ritirandodaAnversa e lo statoinglese.Ilcrollodel1557-62avevarivelatolafondamentaledebolezzasiadellamonarchiainglesechedel capitale mercantile inglese nelle rispettive sfere di azione di fronte allo schiacciante potere delbloccogenovese-iberico.LavalutazionediGreshamfucheunapiùstrettaalleanzaavrebbeconsentitodisconfiggerelaconcorrenzainentrambelesfere.Quandoegliscrissecheun’alleanzadiquestogenereavrebbeconsentitoaElisabettadidimostrareilsuoeffettivopotereatuttiiprincipistranieri,Greshamsenza dubbio pensò anche, senza tuttavia esprimerlo, che questa alleanza gli avrebbe permesso didimostrareilsuoeffettivopotereatuttiimercantistranieri.ComesottolineaBraudel (1981-82,vol. III, pp. 365-367),Greshamera convinto che imercanti e i

prestatori italiani e tedeschi che controllavano il mercato del denaro e del credito ad Anversa siappropriassero in largamisuradeibeneficigeneratidalcommercioedall’abilità tecnicadegli inglesi.L’espansione commerciale degli inizi del XVI secolo aveva integrato più saldamente che mail’Inghilterra nell’economia-mondo europea. In quanto importante esportatrice di tessuti, l’Inghilterra«eraunanavemercantileancorataall’Europa;tuttalasuavitaeconomicadipendevadataleormeggio,dalcorsodelcambionelladecisivapiazzasullaSchelda».Siccomeicambieranodeterminatisupiazzecontrollateda«nazioni»italianeetedesche,lepiùimportantidellequalicooperavanostrettamenteconisovrani di Spagna e Francia, era naturale percepire la dipendenza dai mercati esteri per quantoriguardava il denaro e il credito come fonte di gravi minacce alla sovranità e alla sicurezza

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dell’Inghilterra. E fu in risposta aminacce di questo tipo – «che non sempre sono immaginarie,maspessoingigantite»–cheunaggressivonazionalismoeconomicogiunseacaratterizzarelaricercadelpoteredapartedell’Inghilterra.

ImercantibanchieriitalianivengonoeliminatinelsecoloXVI;glianseaticisonoprivatideiloroprivileginel1556,edespropriatidelloStahihofnel1595;ècontroAnversacheGreshamfonda,nel1566-68,quellochesaràilRoyalExchange;ècontroglispagnolieiportoghesichevengonodifattolanciateleStockCompanies;ècontrol’Olandachevieneemessol’Attodinavigazionedel1651;è contro la Francia che sarà condotta l’accanita politica coloniale del secoloXVIII. L’Inghilterra è così un paese teso, attento,aggressivo,cheintendedettareleggeefareserviziodipoliziadentroefuorideisuoiconfini,viaviachelasuaposizionesirafforza(Braudel,1981-82,vol.III,p.363).

La stabilità di lungo periodo della sterlina e la «valorizzazione» degli investimenti esteri britannicifurono essenziali al conseguimento del potere nazionale, sia durante l’iniziale fase «nazionalista» –quandoilprincipaleobiettivofuquellodi«sganciarsi»dalleretidell’alta finanzaedelcommerciodilungadistanzacheavevanoilpropriocentroadAnversa–,siadurantelasuccessivafase«imperialista»– quando il principale obiettivo fu quello di eliminare tutti gli ostacoli alla determinazionedell’Inghilterradienunciareeimporrelaproprialeggeatuttoilmondo.DopoaveresaminatolecrisiricorrentichecostellaronolastabilitàdilungoperiododellasterlinanelXVIIenelXVIIIsecolo,Braudelcosìconclude(1981-82,vol.III,pp.371-372).

Bisognaalloraconsiderarl[a]piuttostolareiteratarisultanzadellatensioneaggressivadiunpaesecondizionatodallasuainsularità–l’isola da difendere –, dallo sforzo per aprirsi un varco nel mondo, dalla chiara nozione dell’avversario da battere: Anversa,Amsterdam,Parigi?Inquestocaso,lastabilitàdellasterlinasarebbestataunostrumentodilotta.

Inquesta lungaguerradiposizione–cheèpoi ciòchequesta«lotta» fu in realtà– la stabilitàdellasterlinanonful’unicaarma.Lofuanchel’industrialismo.Aquestoriguardoricordiamochelarapidaespansionedell’industriainglesedurantel’espansionefinanziariadellafinedelXVIsecoloedegliinizidelXVII–cheNefpresentacomeunimportanteantecedentedellasuccessiva«rivoluzioneindustriale»–ebbe essa stessa un antecedente importante, anche semeno rilevante, nel trasferimento dell’industriatessilelanierasulsuoloinglesedurantel’espansionefinanziariadellafinedelXIVsecoloedegliinizidelXV.Comerilevatoinprecedenza,questotrasferimentoerastatoilrisultato,daunlato,dell’usodellaforza

militareedelcontrollo sullematerieprimedapartediEdoardo IIIper incorporareneipropri territoril’industriatessilefiammingae,dall’altro,dellaspontaneaesternalizzazionedellaproduzionetessiledapartediFirenzeedialtrecittà-statocapitalistiche in rispostaa indicazionidimercatoeadagitazionioperaie.Cometale,questaprimaespansionedell’industriainglesefuunfattoreeun’espressionediunacrescentedifferenziazione strutturale traorganizzazioni territorialiste, che teseroa specializzarsinellaproduzione, e organizzazioni capitalistiche, che tesero a specializzarsi nell’alta finanza; per quantoriguarda il commercio, esso veniva intrapreso da ciascun tipo di organizzazione a seconda dei suoirapporticonlealtredueattività.Nontuttalaproduzionefututtaviaesternalizzatadalleorganizzazionicapitalistiche o si trovava nel raggio d’azione delle organizzazioni territorialiste; né l’effettivaespansione della produzione all’interno dei domini delle organizzazioni territorialiste ridusse la lorodipendenzadall’assistenzadelleorganizzazionicapitalistiche.A questo proposito è particolarmente significativo il fatto che le città-stato conservarono quelle

industriedivenutemaggiormenteredditizienellacongiunturadellafinedelXIVsecoloedegliinizidelXV, vale a dire l’industria deimetalli e quella degli armamenti, che continuarono ad avere il propriocentroaMilano,eleindustriedigeneridilusso,chesisvilupparonoindiversecittà-stato.L’isolamentodell’Inghilterra era ancora tale da impedirle di competere efficacemente in queste industrie piùredditizie,non solocon l’ItaliadelNord,mapersinoconaltre regionidell’economia-mondoeuropeacomeleFiandreelaGermaniameridionale.L’Inghilterrasistavadunquespecializzandonelleindustrie

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menoredditizie.Quelcheèpeggio,per trasformare iprodottidell’industria tessilenegliarmamentienegli altri approvvigionamenti necessari a combattere la guerra sempre più commercializzata con laFrancia, i gruppi dominanti inglesi furono costretti a rivolgersi ai mercanti banchieri italiani, che siappropriavano,sottoformadiprofitticommercialiofinanziari,diunaquotanontrascurabiledelvaloredimercatodellaproduzioneprimariaesecondariainglese.AllafinedelXVsecoloeagliinizidelXVI,laripresadelcommerciodellalananell’economia-mondo

europea e il consolidamento del potere reale in Inghilterra diedero nuovo impulso al commercio eall’industriainglesi(Cipolla,1900,pp.276-296;Nef,1968,pp.10-12,71-73e87-88).Maallavigiliadell’espansionefinanziariadellafinedelXVIsecolo,dalpuntodivistaindustrialel’Inghilterrasitrovavaancora«inunastatodi isolamentorispettoall’Italia,allaSpagna,aiPaesiBassi,aglistatimeridionalidellaGermania, epersino rispettoallaFrancia.Gli inglesinonavevanopressochénullada insegnareagli stranieri in fatto di conoscenza della meccanica, eccetto che per la produzione di stagno e lamanifatturadelpeltro»(Nef,1934,p.23).Il rovesciamento di questa posizione nella seconda metà del XVI secolo è ciò che induce Nef a

sceglierel’eraelisabettianacomeilveropuntodisvoltanell’ascesadell’industrialismobritannico.Mase ci concentriamo sull’ascesa dell’industrialismo non in quanto tale, ma come strumentodell’accumulazionedicapitale,ilrecuperoeilsorpassooperatodall’Inghilterraaidannideglialtripaesinell’estrazione del carbone, nellametallurgia e in altre industrie su larga scala, non costituiscono latendenza realmente significativa emersa nell’era elisabettiana. In sé, questa tendenza fu unariaffermazione sotto nuove forme dello stesso modello già emerso nella precedente espansionefinanziariadell’economia-mondoeuropea,cioèilmodelloattraversoilqualel’Inghilterrarilevòattivitàa basso valore aggiunto specializzandosi in esse, mentre i principali centri dell’accumulazione dicapitale si riservarono attività ad alto valore aggiunto e in esse si specializzarono. Ma questo nonesaurisceciòcheaccaddenell’eraelisabettiana.L’aspettopiùsignificativodell’industrialismoingleseinquesto periodo fu che esso stava cominciando a rilevare attività ad alto valore aggiunto; si trattava,comenellaprecedenteespansionefinanziaria,delleindustriedeigeneridilussoedegliarmamenti.Il timore di disordini sociali rese Elisabetta ancormeno propensa dei Tudor, suoi predecessori, a

concedere un sostegno incondizionato a un processo di espansione industriale che già di per sépossedevaunnotevoleslanciograziealledotazioninaturalidell’Inghilterra(inclusivastigiacimentidicarbone) e a un costante afflusso di imprenditori e forza-lavoro olandesi, francesi e tedeschi, checercavanorifugioacausadegliscontrireligiosiincorsosulcontinenteocheeranosemplicementeallaricerca di un investimento redditizio. Semmai, la sua principale preoccupazione fu di limitarel’espansione e di ridurne al minimo gli effetti socialmente disgreganti. Lo Statute of Artificiers del1563, che estese l’ordinamento delle corporazioni dimestieri all’intero paese e limitò efficacementel’espansione dell’industria tessile alle città, fu il principale strumento di questa azione. Oltre alleindustriedeigeneridi lusso,comelaseta, ilvetro,olamanifatturadellacartadiqualitàsuperiore, leunicheindustriechevenneroattivamentefavoritefuronoquelle legateagliarmamenti,conil risultatoche,quandoilregnodiElisabettaebbetermine,icannoniprodottiinInghilterraeranorichiestiintuttaEuropa(Hill,1977,pp.63e71-75;Nef,1934,p.9).Questotipodipoliticaindustrialefudigranlungapiùragionevolediquantocriticiestoricisianostati

in seguito disposti a riconoscere. Innanzitutto, come ha sostenuto Polanyi (1974, pp. 50-52) conspecifico riferimento alla spinta regolamentatrice di questo periodo, un rallentamento nel ritmo delcambiamento può essere il modomigliore per far sì che esso proceda in una certa direzione senzacausare degenerazioni sociali che arrecherebbero caos invece che cambiamento. Aspetto altrettantoimportante per ciò che qui ci interessa, il nuovo indirizzo dell’espansione industriale dall’industriatessileaquelledeigeneridilussoedegliarmamentiindicacheElisabettaeisuoiconsiglieriavevanouna percezione dei rapporti che legano, in un’economia-mondo capitalistica, l’espansione industriale

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all’espansione della ricchezza e del potere nazionali più esatta di quella di molti dei nostricontemporanei.Questoperchéinun’economia-mondocapitalistical’espansioneindustrialesitraduceinunaespansionedellaricchezzaedelpoterenazionalisoloseassociataaunprogressonelleattivitàadaltovaloreaggiunto.Questoprogressodeveinoltreesseretaledaconsentirealcapitalediaccumularsipiùvelocementeneglistatichesistannoindustrializzandochenonneglistatirivali,ediriprodurreneiprimistrutturesocialiasostegnodellasuavalorizzazione.L’espansionedelleindustrieinglesidurantelaguerra«anglo-francese»deicentoanninonportòauna

tale svolta. I problemi della bilancia dei pagamenti inglese si aggravarono, la soggezione inglese alcapitalestranieroaumentò,letruppeinglesifuronocacciatedallaFrancia,elostatoinglesesprofondònelcaos.L’espansionedelleindustrieinglesinelsecolosuccessivoalloscioglimentodeimonasteri,alcontrario,registròsignificativeincursioniinindustrieadaltovaloreaggiunto.MaquesteincursioninonfuronosufficientiaffinchéilcapitalesiaccumulasseinInghilterrapiùvelocementecheneglistatirivali–inparticolareleneonateProvinceUnite–o,ancora,riproducesseunastrutturasocialedisostegno.Fupertantonecessariounaltrosecoloprimachel’unionenazionaledicapitalismoeterritorialismoavviataconElisabettainiziasselasuairresistibileascesaaldominiomondiale.

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Ladialetticadicapitalismoeterritorialismo(II)

Il lungo periodo di gestazione che separa la ristrutturazione e la riorganizzazione dello stato inglesedella finedelXVI secoloe lasuasuccessivaascesaaunaposizionedidominionell’economia-mondoeuropeafudovutosoprattuttoalfattochenellasintesidicapitalismoeterritorialismoideatadaGreshamedElisabettamancavaancorauningredienteessenziale:lasupremaziacommercialemondiale.DurantetuttoilXVIIsecoloessarimaseprerogativadelcapitalismoolandese.Efinoachelasituazionefuquesta,l’espansione industriale e la stabilità monetaria, per quanto significative, non furono sufficienti aconsentireall’Inghilterradiassumerelaguidadeiprocessisistemicidiaccumulazionedicapitaleinveceche esserne al servizio. Proprio come l’espansione industriale diVenezia in questo stesso periodo fuassociataallasubordinazionedellavecchiacittà-statoalregimediaccumulazionegenoveseindeclino,cosìl’espansioneindustrialedell’Inghilterrafuassociataallasubordinazionedelneonatostato-nazioneingleseall’emergenteregimeolandese.Tale subordinazione è illustrata, meglio che da ogni altra cosa, dall’esito della controversia

commerciale che scoppiò nel primo decennio del XVII secolo, quando il governo inglese vietò leesportazioniditessutinontinti.L’obiettivodiquestodivietoeraquellodicostringereiproduttoriinglesia concludere il processo di lavorazione in patria, allo scopo di incrementare il valore aggiunto dellaproduzione tessile inglese e di liberare il commercio dell’Inghilterra dai vincoli imposti alla suaespansionedall’intermediazionecommercialeolandese.ComespiegaJonathanIsrael(1989,p.177)«lasuperioritàolandesenellatinturaenella“rifinitura”[…]nonfusemplicementeunmezzoperdirottareuna buona parte dei profitti della produzione inglese (lamaggior parte dei benefici che spettavano acoloro che erano impegnati nel processo di rifinitura e di distribuzione), ma anche un mezzo perinsidiareilcommercioingleseconilBalticoingenerale».SecondoBarrySupple (1959,p.34), ildivieto inglesefuun«azzardoenorme»cheperdipiùfallì

completamente (Wallerstein, 1982, p. 57). Poco dopo, infatti, l’Olanda reagì proibendo ogniimportazione nelle Province Unite di tessuti stranieri tinti e rifiniti. L’effetto sull’Inghilterra fudevastante.

Ilcrollodelleesportazioniditessutiinglesiversoleprovinceolandesi,eversobuonapartedelloroentroterratedesco,potéesseresoloparzialmentecompensatodall’incrementonellevenditeditessutifinitinelBaltico.L’inevitabileconseguenzafuunarecessioneparalizzante,assiemeagrandidifficoltàinterne.Nel1616,conl’aggravarsidellerecessione,iministridiGiacomoIeranosulpuntodiarrendersi(Israel,1989,p.119),

Essicapitolaronodi fatto l’annoseguente,dopoaver tentato invanodipersuaderegliStatigenerali arevocare il divieto all’importazione dei tessuti finiti inglesi. Il tentativo di migliorare la propriaposizionenellagerarchiadelvaloreaggiuntodellaproduzionetessileediaggirarel’entrepôtolandese,dunque, fallì, e l’economia inglese entrò in una lunga depressione che aumentò l’instabilità politicainternaeletensionisociali.Comevedremofrapoco,lacausaprincipalediquestainstabilitàediquestetensioni era in realtà un’altra.Ma il loro sviluppo catastrofico, anche se emancipatorio, nei decennicentrali del secolo fu profondamente condizionato dalla perdurante supremazia del capitalismomercantilesuquelloindustrialenell’economia-mondocapitalisticaeuropeanelsuoinsieme.Il capitale olandese poté impadronirsi dei profitti dell’abilità tecnica inglese non grazie alla sua

superioritànellaproduttivitàindustrialeinquantotale,magrazieallasuacentralitànell’intermediazionecommercialemondiale. La superiorità olandese nella tintura e nella «rifinitura», che svolse un ruolocosì determinante in questa controversia, era essa stessa principalmente un riflesso del ruolo diAmsterdamcomeprincipaleentrepôtdelcommerciomondiale.Periricchitrafficieperleindustriefinalidallequaliessidipendevano,

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l’accumulodi scortedimercida tutto ilmondo inunmagazzinocentrale […] fuun fattoredidecisiva importanza.Eradifficilesfidarelasuperioritàolandesenellatintura,nelcandeggio,nellasmerigliaturaenellarifinitura,dalmomentocheeranopropriogliolandesiadisporredellescortedistoffetinte,diprodottichimici,dellesostanzeedellematerieprimeraredallequalidipendevanotuttiquestiprocessi.Vieradunqueunaltogradodiinterdipendenzatrailcommercioolandeseinmercidigrandevaloreel’industriaolandese,chesirafforzavanocontinuamenteavicenda(Israel,1989,p.410).

In questo rapporto di sostegno reciproco, la supremazia commerciale mondiale olandese costituival’ingrediente decisivo. Fu relativamente semplice per i produttori inglesi portare a termine lalavorazione dei propri tessuti con capacità tecniche sufficienti per poter essere poi in condizione divenderlidirettamenteeaprezzicompetitivineimercatidelBaltico.Maquando,alla resadeiconti, iloro tessuti finiti furono esclusi dall’entrepôt commerciale olandese, le capacità tecniche e lacompetitività nella produzione non furono di alcun aiuto. Al contrario, finché Amsterdam rimase ilprincipale entrepôt del commercio mondiale – vale a dire il luogo in cui i prodotti provenienti dalBaltico,dalMediterraneo,dall’Atlanticoedall’OceanoIndianosiincontravanoevenivanoscambiati–fu relativamente semplice per i mercanti e i produttori olandesi acquisire l’abilità tecnica e lacompetitivitàeconomicainqualsiasiattività industrialefossecrucialeper lariproduzionesuscalapiùampiadellapropriasupremaziacommerciale.Manonappena il ruolodiAmsterdamcomecentrodelcommerciomondiale cominciò a essere sfidato con successo dall’emergere dientrepôt rivali– comeaccaddeall’iniziodelXVIIIsecolo–lasupremaziaindustrialeolandese,perquantogrande,declinòconlastessavelocitàallaqualeeraemersa.L’Inghilterrafulaprincipaleprotagonistaelavincitricefinaledellalottaperallontanareitrafficida

Amsterdam.Isemidiquestosuccessofuronosparsinell’epocaelisabettiana.Maifruttipoteronoessereraccoltisolodopol’emergeredicondizioniinterneesistemicheappropriate.Sul fronte interno, il principale problema lasciato in eredità da Elisabetta era la fragilità

dell’incorporazione delle isole britanniche in una singola organizzazione territoriale. Ciò pregiudicònotevolmente le capacità della monarchia inglese sotto gli Stuart di perseguire con la necessariadeterminazionegliinteressidelleclassicommercialiinglesiinunperiodoincuiiconflittitraglistatisiandavanointensificandorapidamente. Icontrasti tra il ree ilparlamentoapropositodell’imposizionefiscale e dell’uso delle risorse giunsero a maturazione sotto l’impatto dell’invasione militaredell’InghilterradapartedegliscozzesiedellarivoltacattolicainIrlanda.

La lotta per il controllo di quell’esercito inglese che era ora indispensabile apprestare per reprimere l’insurrezione irlandese,condusse re e parlamento alla guerra civile. L’assolutismo inglese fu messo in crisi dal particolarismo aristocratico e dalladisperazione dei clan periferici: forze che, storicamente, aveva dietro le spalle. Ma, al centro, esso fu abbattuto da una cittàcapitalista, da unagentryormai dedita ai commerci, da un artigianato e da un ceto di contadini agiati (yeomanry) composti dicomunicittadini:forzechespingevanooltreisuoilimiti(Anderson,1980,pp.131-132).

Anderson osserva che le stravaganze della politica estera inglese indebolirono sin dal principio ildominiodegliStuart (Anderson,1980,p.129).Tuttavia,questestravaganzenoneranodovutesoloailimitisoggettividellesuccessiveamministrazionidicorteinuncontestointernospaccatoesemprepiùturbolento. Esse furono dovute anche alla difficoltà oggettiva di identificare l’interesse nazionaledell’Inghilterra in un’epoca di transizione nell’economia-mondo da un sistema di dominio e diaccumulazione a un altro. Era ancora l’impero spagnolo in declino il principale avversariodell’Inghilterra? O lo erano invece l’Olanda e la Francia, che rivaleggiavano con l’Inghilterra perappropriarsidellespogliedell’imperoiberico?Neiduedecennicheprecedetterolaguerracivileinglese,fu pressoché impossibile decidere se l’interesse nazionale dell’Inghilterra fosse meglio servito daun’alleanza con i rivali per annientare il potere iberico, o dal lasciarli da soli a sostenere i costi diquest’impresa, e cercare invece dei vantaggi nella lotta futuramediantemezzi diplomatici o di altrogenere.Quando la guerra civile inglese ebbe completato il processo di formazione dello stato-nazione

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lasciatoincompiutodaElisabetta I, laneutralizzazionedelpotereibericoel’istituzionedelSistemadiVestfalia avevano eliminato tutte le difficoltà oggettive nell’identificazione dell’interesse nazionaledell’Inghilterra.L’amara esperienzadella controversia commerciale con l’Olandanel primodecenniodelSeicentononeraandatapersanellamemoriacollettivadelleclassicommercialicheavevanoassuntoposizioni di rilievo in seguito ai sovvertimenti rivoluzionari degli anni quaranta. E non appena lecondizioniinterneloreseropossibile,questeclassisiaffrettaronoasfidarelasupremaziacommercialeolandese.

Nel 1651 l’ambasciatore veneziano aveva riferito che i «mercanti e il commercio stanno facendo notevoli progressi, in quantogovernoecommerciosonogestitidallestessepersone».Questidominatoriinunprimotempoofferseroall’Olandadiassociarsialoro,interminicheavrebberodatoaimercantiinglesiilcommercioconl’imperoolandeseetrasferitoilcommercioditransitodaAmsterdam a Londra. Quando il governo olandese […] rifiutò, venne dichiarata la guerra. […] Le guerre olandesi (1652-74)rupperoilpredominiodell’Olandasulcommerciodischiavietabacco,zucchero,pellamiemerluzzo,eposerolefondamentaperl’instaurazionedelpotere territoriale inglesesull’India.Anche ilcommercio inglesecon laCina risaleaquestianni. […][enel]1655laconquistadellaGiamaicafornìlebasiperilcommerciodischiavisulqualeimercantiinglesisiarricchirono(Hill,1977,pp.174-175).

Nell’opera di costruzione di un impero commerciale inglese, il dispiegamento di mezzi militari fuintegrato e completato dal dispiegamento di mezzi diplomatici e contrattuali. La protezione deiportoghesidagliolandesie il sostegnoalla loro indipendenzadallaSpagnaprepararono il terrenoperl’alleanzaanglo-portoghese,cheatempodebitoavrebbetrasformatoilPortogalloeilsuoimperoinunprotettorato inglesede facto. IlmatrimoniodiCarlo II conCaterina diBraganza – senza dubbio unacondizionedellasuarestaurazione–consentìl’acquisizionedapartedell’Inghilterradinuoviimportantipossedimenti e legami. «Con Caterina si conquistò il mercato di Bombay, il commercio diretto conl’Africa occidentale portoghese (di schiavi) e con il Brasile (zucchero, oro e – parzialmente –riesportazioni),comepureTangeri,primabaseinglesenelMediterraneo»(Hill,1977,p.182).Furono così gettate le fondamenta di quell’«impero di avamposti» dal quale scaturì l’«espansione

continentale interna» dei due secoli successivi (Knowles, 1928, pp. 9-15) e l’incorporazionenell’economia-mondocapitalisticaimperniatasullaGranBretagnadelcontinenteamericano,dell’India,dell’Australia e dell’Africa. Sul breve periodo, tuttavia, il vantaggio più importante conseguito dagliinglesi fu quello che derivò loro dal subentrare agli olandesi nel cosiddetto commercio triangolareatlantico,chedivenneprestoperl’InghilterraquellocheilcommerciodelLevanteerastatoperVeneziaeilcommerciobalticoperl’Olanda:ilsuo«commerciomadre».Come ha sostenuto EricWilliams (1971) in uno studio ormai classico, il circuito del commercio

attraversocui1) imanufatti inglesivenivanoscambiaticonglischiaviafricani,2)glischiaviafricanivenivano scambiati con i prodotti tropicali americani, e 3) i prodotti tropicali americani venivanoscambiati con i manufatti inglesi, incrementò in una congiuntura decisiva la domanda effettiva e lerisorsedicapitalenecessariealdecollodella«rivoluzione industriale» inglese.Sebbene ilcommerciotriangolareatlanticofornisseineffettiaimanufattiinglesiunodeglisbocchimaggiormenteprotettieinpiù rapida espansione (Davis, 1954; 1962), il suo più importante e caratteristico contributoall’espansionedellereticommerciali,diaccumulazioneedipoteredell’InghilterrafuquellodifavorireiltrasferimentodelcommercioditransitoeuropeodaAmsterdamallecittàportualiinglesi.Ancoraunavolta, il commercio di transito e tutti i vantaggi che esso comportava – inclusa la competitivitàindustriale– seguironoalcontrollodegliapprovvigionamentimaggiormente strategicidelcommerciomondiale.EpropriocomeallafinedelXVI secolo ilcontrollosugliapprovvigionamentidigranoediscortenavalidelBalticoavevaportatoilcommercioditransitoinOlanda,cosìagliinizidelXVIIIsecoloil controllo sugli approvvigionamenti provenienti dall’Atlantico di tabacco, zucchero, cotone, oro e,soprattutto,deglischiavicheneproducevanolamaggiorparte,fudecisivoneldirottareilcommerciodaAmsterdamaidepositiinglesi.

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Viè tuttaviaunadifferenza essenziale tra l’istituzionedella supremazia commercialeolandese allafinedelXVIsecoloequelladellasupremaziacommercialeingleseagliinizidelXVIIIsecolo.Mentrelaprimaerabasatasuunarigidaadesioneaunalogicadipoterecapitalistica(espressadallaformulaD-T-D’),lasecondaerabasatasuunasintesiarmoniosadellalogicadipotereterritorialista(T-D-T’)conquellacapitalistica.Èquestadifferenzache,piùdiognialtracosa,spiegaperché,storicamente, le istituzionigovernativeeimprenditorialiinglesisitrovaronoincondizionedipoterspingereiprocessisistemicidiaccumulazionedelcapitalemoltopiùinlàdiquantoavesserofatto,ofosseromaistatiingradodifareiloropredecessoriolandesi.Sin dal principio, l’impero commerciale olandese si formò e si ampliò grazie all’investimento in

acquisizioni territoriali estremamente selettive e parsimoniose dei profitti che derivavano dalcommercio baltico e dalla pressione fiscale rovesciata imposta alla Spagna imperiale mediante lapirateriaelacorsa.Laconquistael’incorporazionediterritorineidominidellostatoolandeseedellesue compagnie privilegiate furono limitate a ciò che era assolutamente essenziale alla vantaggiosaespansionedelleimpreseolandesi.Grazieaquestastrategiadipotere,gliolandesiricavaronodalvastoimperoterritorialeibericodapprimaunapiccolaesicurapatrianeiPaesiBassi–un’«isolafortificata»,come Braudel ha definito le Province Unite (1981-82, vol. III, p. 192) – e in seguito un imperoestremamenteredditiziodiavamposticommercialichesiestendevaattraversotuttol’OceanoAtlanticoequelloIndiano.Il principale vantaggio di questa strategia risiedeva nella sua flessibilità. Essa mantenne i gruppi

dominanti delle Province Unite liberi dalla responsabilità, dalle preoccupazioni e dagli impegnicomportatidall’acquisizione,dalgovernoedallaprotezionedivasti territoriepopolazioni,eassicuròlorouncostanteflussomonetariochepotevaessereutilizzatonelleattivitàmaggiormenteredditizieinogniparticolaremomentooluogo.Ilrovesciodiquestalibertàdiazioneediquestosuperiorecomandosulcapitalemobileeranaturalmenteladipendenzadall’imprenditorialitàedallavorodeipaesistranieridotatidisuperioririsorseterritorialiedemografiche.Commentando il fallimento delle grandi imprese olandesi nel Nuovo Mondo rispetto ai successi

conseguitinell’OceanoIndiano,Braudel(1981-82,vol.III,p. 223) riferisce la malevola affermazione di un francese secondo cui i leader delle Province Uniteavevano«consideratolefatichestraordinarieelenotevolispesecheglispagnolieranostaticostrettiadaffrontareperinstaurareillorocommercioeilloropotereinpaesifinoadallorasconosciuti;eavevanodeciso di fare soltanto lo stretto indispensabile per imprese del genere» – in altre parole, aggiungeBraudel, essi preferirono di gran lunga «cercare paesi da sfruttare, non da popolare e sviluppare».L’affermazioneèmalevolapoiché lacolonizzazionedi regioniappropriateeraesplicitamenteprevistadallo statuto della Compagnia Olandese delle Indie Occidentali (WIC) del 1621. Controllata dallacomponente territorialista invece che da quella capitalista del blocco olandese dominante – cioè dal«partito»degliorangisti,calvinisti,zelandesieolandesidelSudstabilitisialNord,invecechedall’élitedeimercantidiAmsterdamchecontrollavalaVOC(Wallerstein,1982,p.64)–laWICfuprestocoinvoltain sforzi chemiravano a conquistare tutto il Brasile, o almeno parti di esso.Anche laWIC, tuttavia,mostrò scarsa pazienza nell’impresa brasiliana. Quando i suoi costi aumentarono fino a superare iprofitti commerciali, la Compagnia abbandonò la conquista territoriale e la colonizzazione nelleAmericheinfavorediunamaggiorespecializzazionenell’intermediazionemercantile(Boxer,1965,p.49).In seguito a questo fallimento, nel 1674 la WIC venne riorganizzata come impresa dedita al

commerciodi schiavicon redditizieattività secondariecostituitedal commerciodi contrabbandoconl’AmericaspagnolaedallaproduzionedizuccheronelSuriname.Questacombinazionericondussegliolandesi a svolgere il ruolo a loro più congeniale di intermediari che esternalizzavano quanto piùpossibile i costi di produzione, concentrandosi allo stesso tempo sull’acquisizione di un controllo

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esclusivosugliapprovvigionamentimaggiormentestrategicidelcommerciodi lungadistanza.Propriocomelespeziepregiateeranogliapprovvigionamentimaggiormentestrategicidelcommerciobaltico,così gli schiavi africani lo eranoper il commercio atlantico.Razionalizzando leprocedure seguite inprecedenza dai portoghesi nell’approvvigionamento, nel trasporto e nella commercializzazione deglischiavi africani, laWIC raggiunse una posizione d’avanguardia nel commercio triangolare atlantico(Emmer,1981;Postma,1990).Comeabbiamoosservatoinprecedenza,tuttavia,ful’impresaingleseenonquellaolandesechealla

finebeneficiòmaggiormentediquestoinfametrafficocommerciale.Nell’Atlantico,comenell’OceanoIndiano,gli olandesi avevano rimpiazzatogli iberici.Maal contrariodiquanto avvennenell’OceanoIndiano,doveallaCompagniainglesedelleIndieOrientalifunecessariopiùdiunsecoloperoscurareilpredominio della VOC e ancor di più per escluderla dagli affari, il controllo olandese sugliapprovvigionamentichiavedelcommercioatlanticononfumaisaldoepergliinglesifurelativamentesemplice prendere il posto degli olandesi non appena le circostanze interne e sistemiche lo reseropossibile.Questodiversorendimentodell’impresaolandeserispettoaquella inglesenell’OceanoIndianoe in

quello Atlantico era strettamente collegato a una differenza cruciale tra le due zone di espansionecommerciale.Braudel(1981-82,vol. III, p. 517) ha osservato che la disinvoltura con la quale il capitalismomercantile europeo fu ingradodimantenerel’assedioaimercatidell’EstremoOrientee,«servendosidelleloroforze,manovrarlia proprio vantaggio», fu dovuta al fatto che questi mercati già «formavano una serie di economiecoerenti, legate da un’economia-mondo efficace». La riflessione di Braudel ricorda quella di MaxWeber(1993,p.215),secondocuiintraprendereun’espansionecommercialeinregionidianticaciviltàconunaeconomiamonetaria riccaebensviluppata,comenelcasodelle IndieOrientali,eracosadeltuttodiversadal farlo in terrescarsamentepopolatedove losviluppodiun’economiamonetariaeraamalapenacominciato,comenelcasodelleAmeriche.Probabilmente ben consapevole di questa differenza, la classe capitalistica olandese si concentrò

sull’OceanoIndianoinvecechesull’Atlanticoindividuandovil’arenapiùadattaperreplicarelefortuneraggiunte nel Baltico, e in tal modo rafforzare ed estendere il ruolo di Amsterdam come principaledeposito del commercio e della finanza mondiali. Come è noto, l’azzardo rese molto bene. Lostraordinario e immediato successo con cui gli olandesi assunsero l’iniziativa nel riorganizzare ilsistema commerciale dell’Oceano Indiano, con l’obiettivo di ottenere e rafforzare il controllosull’offertadispeziefini,centralizzòadAmsterdamuntrafficochenelXVIsecoloeraancoracontesodadiversidepositi:Anversa,Venezia,LisbonaeSiviglia.Cosaancorapiùimportante,quelsuccessoreseititolidellaVOCla«bluechip»chepiùdiognialtracontribuìallefortunedellaBorsadiAmsterdam.Lariproduzioneallargatadelcapitalismoolandeseeradunquebasatasullavitalitàdeimercatiasiatici.Malo era anche sulla determinazione unilaterale con la quale la classe capitalistica olandese, grazie allaVOC,feceusodiquellavitalitàpervolgereimercatiasiaticiapropriovantaggio.La WIC era un’impresa di diverso tipo. Essa fu avviata quasi venti anni dopo la VOC più con

l’obiettivodiattaccareilpotere,ilprestigioeiguadagnidellaSpagnaedelPortogallo,cheperportaredividendiaipropriazionisti.Inizialmente,essaebbesuccessosuentrambiifronti.Dunque,quandonel1628PietHeyncatturòlaflottachetrasportaval’argentomessicano,laWICfuingradodidichiarareunodeipochissimidividendieccezionalidellasuastoria(Boxer,1965,p.49).Manonappenalaguerrasulmare si trasformò in una guerra terrestre che mirava alla conquista di vasti territori portoghesi inBrasile,laCompagniasitrovòindifficoltà.Avendoriottenutol’indipendenzadallaSpagna,iportoghesiriconquistarono i propri territori brasiliani, mentre l’aumento dei costi della colonizzazione e dellaguerraterrestre,chearrivaronoasuperareiprofitticommercialidellaWIC,indebolìirrimediabilmentelaposizione economica e finanziaria dellaCompagnia. In occasione della riorganizzazione nel 1674, la

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WICfudotatadiunastrutturapiùsimileaquelladellaVOC;ma,malgradoquestariorganizzazione,nongiunsemaineppurevicinaaripeterneisuccessi(Boxer,1957).LedifficoltàincontratedagliolandesinelreplicareconlaWICnell’Atlanticoisuccessiottenuticonla

VOC nell’Oceano Indiano sono sintomatiche dei limiti imposti all’espansione commerciale olandesedalla stessa razionalità capitalistica. Nelle circostanze del tempo, la razionalità capitalistica nellaformazione dello stato implicava una inesorabile subordinazione dell’espansione territoriale alconseguimentodiunguadagnomonetario.Larigidaadesioneaquestoprincipioavevafattolefortunedegliolandesisianelcommerciobalticocheinquellonell’OceanoIndiano.Maavevaanchepostouninsormontabilelimitespazio-temporaleall’espansionediquellefortune.Questolimiteconsistevanellaristrettabaseterritorialeedemograficadelpotereolandese.PertuttalaprimametàdelXVIIsecolo,unaristrettabaseterritorialeedemograficanoncostituìaffatto

unproblemaperl’espansionecommercialeolandese.Unsuperiorecontrollosulcapitalemobilepotevaessere agevolmente trasformato nei mezzi di protezione (quali fortificazioni e armamenti) e nellamanodoperanecessari adacquisire emantenere il controllo suunabase territoriale internadipiccoledimensioni. In questo mercato europeo della forza-lavoro militare, che godeva di una libertà maiconosciutainprecedenzaemaipiùeguagliatainfuturo,l’ottimareputazionedegliolandesicomedatoridi lavoro solvibili garantiva loro un’offerta di lavoro praticamente illimitata. Pertanto, delle 132compagnie che nel 1600 costituivano l’esercito «olandese», solo 17 erano in realtà olandesi; le altreeranoinglesi,francesi,scozzesi,valloneetedesche(Gush,1975,p.106).Nell’industriainternaenelleattivitàcollateralil’offertadilavorononsoloeraillimitata,maeraun

benepressoché libero.Laconquistae il saccodiAnversadapartedelle truppespagnolenel1585, lasostituzione di Anversa da parte di Amsterdam come fulcro del commercio mondiale e latrasformazionedeiterritorichestavanoperdiventareleProvinceUniteinunrifugiosicuro,furonoleprincipali cause di unamassicciamigrazione di commercianti e artigiani dalla zonameridionale deiPaesi Bassi verso quella settentrionale. Di conseguenza, la popolazione di Amsterdam aumentò dai30000abitantidel1585ai105000del1622el’industriatessilediAnversafutrasferitaquasiinbloccoaLeida(Taylor,1992,pp.11-18;Boxer,1965,p.19;Israel,1989,pp.28e36).Poiché il fabbisognomilitare e industriale internodi forza-lavoro era abbondantemente soddisfatto

dallamanodoperaprovenientedaipaesiedaiterritorivicini,illavoroolandesepotèesseremobilitatoininiziativeall’estero. Inciascunanno tra il1598e il1605,gliolandesi inviarono inmedia25navi inAfricaoccidentale,20inBrasile,10nelleIndieorientalie150neiCaraibi.Etrail1605eil1609furonogettatelefondamentadell’imperocommercialedellaVOCnell’OceanoIndianomediantel’istituzionedicolonie,industrieeporticommerciali(Parker,1977,p.249).Nel corso della tregua del 1609-21 nella guerra con la Spagna, gli olandesi consolidarono

ulteriormente la propria supremazia navale nell’Oceano Atlantico e in quello Indiano. E quando leostilità con la Spagna ripresero, il perdurare della guerra dei trent’anni permise agli olandesi di fareaffidamento sugli alleati svedesi, francesi e tedeschi per neutralizzare la forza militare terrestrespagnola;intalmodoessipoteronoseguitareaconcentrarsisullaguerramarittima,conformementeallamassima«guerraterrestreconsuma,guerradimarenutre»(Dehio,1988,p.71).Lacatturanel1628,dapartedellaWIC, della flotta che trasportava l’argentomessicanoassestòun

colpo definitivo al già teso rapporto tra genovesi e iberici e lasciò gli olandesi unici arbitri dell’altafinanza europea. La dipendenza iberica dalle reti commerciali controllate dagli olandesi (unacaratteristicadurevoleanchesediscontinuadell’ottantennaleconflittotraolandesiespagnoli)divennepiùgrandechemai.Nel1640,lenaviolandesitrasportavanoitrequartidellemercidistribuiteneiportispagnoli,enel1647onel1648,forseancorprimadellapacediMünster,lamaggiorpartedell’argentospagnolo(Braudel,1981-82,vol.III,p.152).Il trionfo della logica di potere capitalistica olandese su quella territorialistica della Spagna non

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avrebbe potuto essere più completa. Tuttavia fu proprio in questomomento di trionfo che la logicavincente cominciò amostrare i suoi limiti.Difatti, non appena il suo trionfo fu istituzionalizzato daitrattati di Vestfalia, le energie e le risorse degli stati territorialisti furono liberate dal precedentereciproco impegno in Europa e poterono essere impiegate per sfidare la supremazia commerciale enavaledegliolandesi.Epropriocomenellafaseprecedentedilottagliolandesiavevanoefficacementemobilitato il loro superiore controllo sul capitale mobile per neutralizzare la supremazia territorialeiberica,cosìoragliinglesi,ifrancesieglistessiibericifuronopiùliberichemaidimobilitareilpropriosuperioredominiosullaterraesullavoroperminarelasupremaziacommercialeolandese.Questa supremazia era più vulnerabile nell’Atlantico, dove, a differenza che nell’Oceano Indiano,

non poteva essere riprodotta grazie al semplice controllo dei porti commerciali. Nel commercioatlantico il controllo sulle zone di produzione era importante almeno quanto quello sui porticommerciali;eperstabilirloeconservarloilcontrollosullezonediproduzione,ilcontrollosullavoroeccedentecontavapiùdiquellosuicapitalieccedenti.L’ampiaoffertadimaschigiovanienonsposati,ancoradisponibiliaqueltemponelleProvinceUnite–un’offertachecomprendevatedeschi,francesi,scandinaviebaltici–fuperlamaggiorparteassorbitadallamarinamilitare,dallamarinamercantileedallaVOC.Quellirimastieranotroppopochiperchégliolandesipotesserocompetereefficacementeconl’indenture system inglese dei contratti d’apprendistato e con il sistema francese degli engagé nelcolonizzare le zone di produzione atlantiche. Né l’Olanda era dilaniata da quel genere di violentedispute religiose e politiche che, alla metà del XVII secolo, stavano provocando il trasferimentospontaneo o forzato da una parte all’altra dell’Atlantico di parti non trascurabili della popolazioneingleseediquellafrancese(Emmer,1991,p.25).Lastessarigidaadesioneallalogicadipoterecapitalisticacheavevaprodottoiltrionfoolandesesul

territorialismo iberico impediva ora agli olandesi di competere efficacemente nella lotta per lasupremaziacommercialenell’Atlantico.Ilfallimentodell’avventurainBrasileerastatounpresagiodisventure ancora più grandi. La peggiore di tutte giunse con iNavigationActs del 1651 e del 1660,grazieaiqualiilparlamentoingleserafforzòilpropriocontrollosullecolonieinglesieconferìallaflottaingleseilmonopoliodelcommercioconquesteultime.Nelleguerreanglo-olandesicheseguirono,gliolandesi riaffermarono la propria superiorità sui mari, ma non poterono impedire che gli inglesiimponessero i Navigation Acts e edificassero in tal modo un proprio impero commerciale inconcorrenzaconquelloolandese.Certo,lafinedellasupremaziacommercialeolandeseeraancoradilàdavenire.Imaggiorisaggidi

profittoeranoancorarealizzatinelcommercioasiatico,el’erosionedellacentralitàdiAmsterdamcomeentrepôtcommercialeefinanziarioeraappenaall’inizio.Malaruotastavagirando.Inmisurasempremaggiore,ipiùaltisaggidiprofittorealizzatidallaVOCnelcommerciodispezienell’OceanoIndiano,ilcui volume era basso, erano più che compensati dalla maggiore massa di profitto realizzatadall’iniziativaingleseinsettoridiattivitàadaltovolume,nonsolonelcommercioatlantico,maancheinquellodipezzeditessutodell’Indiaorientale(Arrighi,BarreHisaeda,1993).Quelchepergliolandesifuancorpeggio,chefosseomenovantaggiosa,chefosseinglese,francese

o iberica, l’espansione del commercio atlantico ad alto volume e degli insediamenti e dellacolonizzazioneche laaccompagnaronocominciòa renderemanifesta la latente scarsitàdi lavorocheminacciavalavitalitàdell’iniziativaolandese.NegliannisuccessivialtrattatodiUtrechtilnumerodeimarinaiolandesidisponibiliaprestareservizionellamarinamilitareeneiviaggioceanicicominciòadiminuire.Nonsitrattavadiuncaso.Nelcorsodellaguerradisuccessionespagnola,iltrattatodiLordMethuen(1703)avevaconcessoall’Inghilterraunaccessoprivilegiatoalmercatointernoeaimercaticoloniali portoghesi e agli approvvigionamenti in rapida espansione di oro brasiliano, e il trattato diUtrecht (1713) le aveva garantito il controllo esclusivo sul commercio degli schiavi con l’Americaspagnola. L’età d’oro dell’espansione atlantica inglese era cominciata; e quando gli altri stati

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territorialistisisforzaronoditenereilpassodell’Inghilterra,larichiestaeuropeadimarinaicominciòasuperarel’offerta.I circa trent’anni di pace tra le grandi potenze europee che seguirono la fine della guerra di

successione spagnola mitigarono in parte la conseguente scarsità di manodopera, soprattutto per gliolandesi,coinvoltisolomarginalmentenell’espansionedelcommercioedellacolonizzazioneatlantici.Ma quando, intorno al 1740, la lotta tra gli stati europei si intensificò improvvisamente, la scarsitàdivenneacuta,soprattuttopergliolandesi,chedisponevanodiunabasedemograficainternaecolonialelimitata.ComeebbealamentareStavorinus,

findall’anno1740,lenumeroseguerrenavali,ilragguardevoleaumentodelcommercioedellanavigazione,inparticolareinmoltipaesidoveinprecedenzasieraprestatapocaattenzioneaquestiobiettivi,el’esigenzavastaecostantedicapacimarinai,perlenavidaguerracomeperlenavimercantili,nehannopertantoconsiderevolmenteridottol’offerta;nelnostropaese,dovesierasolitiinprecedenzadisporrediunagrandeabbondanzadimarinai,oraècongrandedifficoltàealticosticheciascunvascellopuòdotarsidelnumeroappropriatodimaniabilichelogovernino(citatoinBoxer,1965,p.109).

Persino la VOC fu colpita da questa acuta scarsità di marinai. Nel XVII secolo, i suoi successicommercialiavevanoattrattoungrandeflussodiimmigrantiolandesiversoleIndieOrientali(Braudel,1981-82,vol. III, p. 232).Manegli anniquarantadelXVIII secolo, la generale emanifesta scarsità dimarinai ebbe ripercussioni negative sulla VOC, così come su tutti i settori dell’impero commercialeolandese.«Hotimoreneldirecomestannolecose»scrisseilgovernatoredellaVOC,ilgeneraleBaronvanImhoff,nel1744«poichéc’èdavergognarsene. […]Manca tutto;navi robuste,uomini,ufficiali.UnodeiprincipalifulcridelpoteredeiPaesiBassi,dunque,vacilla»(Boxer,1965,p.108).Il1740ènaturalmentel’annoche,seguendoBraudel,abbiamosceltocomeilmomentoincuilafase

diespansionemateriale(D-M)dell’economia-mondocapitalisticaimperniatasugliolandesisitrasformòinunafasediespansionefinanziaria(M-D’).Anchesefusoloinquestoperiodochelafugadeicapitalieccedenti olandesi dall’investimento in patria verso l’Inghilterra divenne massiccia, il trasferimentoavevagiàavutoiniziocircatrent’anniprima,allafinedellaguerradisuccessionespagnola.Laguerraaveva mostrato senza ombra di dubbio che l’ascesa del potere navale inglese e del potere terrestrefrancese avevano creato condizioni tali per cui gli olandesi non disponevano di alcun margineconcorrenzialenelconflittodipotereeuropeo.Laconcorrenzacheoppose lapotenza ingleseequellafrancese lasciò gli olandesi con un abbondante spazio di manovra per conservare la propriaindipendenza politica e la propria libertà di azione economica,ma si tradusse anche in una notevoledilatazionedeicostidiprotezioneedeldebitopubblico.Al termine della guerra di successione spagnola il debito pubblico della repubblica olandese era

superiorediquasicinquevoltealsuoammontarenel1688(Boxer,1965,p.118).IldebitoinsolutodellaProvincia diOlanda era cresciutodi 6-8volte rispetto agli anni quaranta.Epoichénel frattempogliintroiti fiscali erano al massimo raddoppiati, la Provincia si stava rapidamente avvicinando a unacondizionedicollassofinanziario.Icosticomportatidalladifesasimultaneadiunafrontieraterrestreedi una frontiera sulmare erano diventati proibitivi per il piccolo stato olandese (Riley, 1980, p. 77;Brewer,1989,p.33).Allo stesso tempo, la guerra di successione spagnola aveva ulteriormente accentuato il vantaggio

competitivodegliinglesinellalottaperlasupremaziacommercialenell’Atlanticoeperilcontrollosuunaquotamaggioredelcommercioditransito.Nonvieranullacheilcapitaleolandesepotessefareperimpedireagliinglesidisfruttareasuespesequestovantaggioconcorrenziale.Mapotevarivendicare,esi affrettò a farlo, il diritto a una parte dei redditi futuri generati dall’espansione commerciale eterritoriale inglese, investendo nel debito pubblico inglese e in quote del capitale delle compagnieinglesi.La tendenzadel capitaleolandesea spostare lepropriepuntatedagli investimentiolandesi aquelli

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inglesifurafforzatadalrapportodinasticoistituitosifral’InghilterraeleProvinceUnitenel1689conl’ascesa al trono inglese diGuglielmo d’Orange. SottoGuglielmo III i rapporti anglo-olandesi eranodiventatipiùstrettiepiùamichevolidiquantononfosserostatidalunghissimotempo.Cosaaltrettantoimportante, la tradizionedella«monetastabile»avviataconElisabettafuriaffermata inunperiododiinflazione sfrenata, e ai creditori privati fu concesso il controllo della gestione del debito pubblicomediante la loro incorporazionenellaBancad’Inghilterra pressochénello stessomodo in cui ciò eraavvenuto a Genova con la loro incorporazione nella Casa di SanGiorgio; e il silver standard dellasterlinainglesefuconvertitodefactoinunabaseaurea,traendovantaggiodallarecenteconquistadiunaccessoprivilegiatoairifornimentidiorobrasiliano.Vierapocoaltrocheuncreditorepotessechiedere.EfucosìchenelprimodecenniodelXVIIIsecoloi

capitali eccedenti olandesi cominciarono affannosamente ad abbandonare la superaffollata «nave»olandeseea salire suquella inglese,nella speranzadiunpassaggiogratuitoverso il commercioe lacolonizzazione atlantica in via di espansione. Già nel 1737 si riteneva che gli olandesi detenesseroaddirittura10milionidisterlinedeldebitopubblicoinglese,piùdiunquintodeltotale,eunammontaresufficientemente grande da far temere al governo inglese che un’eventuale riduzione del saggio diinteresse sul debito pubblico potesse provocare una fuga dei capitali olandesi, con conseguenzedisastroseperlefinanzeinglesi(Boxer,1965,p.110;Wilson,1966,p.71).Aqueltempo,tuttavia, laconcorrenzialitàdegliolandesistavarapidamentedeclinandoanchenellesferenellequalierastatapiùsolida,comeebberoalamentareStavorinuse l’amministratoregeneraledellaVOC,BaronvanImhoff.Piùchemai,gliinvestimentiinazionietitolidistatoinglesicostituivanolamigliorescommessapericapitali eccedenti olandesi. E questo perché i rendimenti degli investimenti in titoli olandesi eranoinferiori, e gli investimenti in titoli di altri stati (inclusa la Francia) erano assai più rischiosi. Lungidall’esseredirottatolontano,pressappocodopoil1740ilflussodicapitaliolandesiversol’Inghilterrasperimentò all’improvviso un netto incremento. Nel 1758 si riteneva che gli investitori olandesidetenessero addiritturaun terzodelle azionidellaBancad’Inghilterra, dellaCompagnia InglesedelleIndie Orientali e della South Sea Company. Nel 1762 un banchiere di Rotterdam bene informatostimavachegliolandesipossedesserounquartodeldebitoinglese,cheaqueltempoammontavaa12milionidisterline(Boxer,1965,p.110;Carter,1975).Il momento di massima espansione degli investimenti olandesi in titoli inglesi si ebbe durante la

guerradeisetteannidel1756-63.SiccomequestaguerracostituìunpuntodisvoltadecisivonellalottaperlasupremaziacommercialemondialetraInghilterraeFrancia,vièunapartediveritànellatesidiCharlesWilson (1966, p. 71), secondo cui senza il contributo del capitale olandese la vittoria finaledell’Inghilterra sulla Francia avrebbe potuto essere più difficile di quanto non fu in realtà. Eppure,sostanzialmentegliolandesi si limitaronoadassistereal completamentodiun lungoprocesso storicocheessinonavevanoiniziatoechenonpotevanoarrestare,comepureavrebberopotutodesiderareinconsiderazione del fatto che la vittoria inglese avrebbe poi comportato il proprio declino dai verticidell’economia-mondocapitalistica.Come abbiamo osservato, le origini immediate di questo lungo processo storico risiedono nella

formazione, nella secondametà delXVI secolo, di un nuovo genere di organizzazione governativa eimprenditoriale.Eralostato-nazioneinglese,ristrutturatodall’alleanzatraimercantibanchieriinglesi–chenellaprimametàdelsecoloeranostatiunacomponentesubordinatadell’insieme«cosmopolita»dinazionicheregolavanoilsistemamonetarioecommercialeeuropeodaAnversaedaaltrimercatidelcontinente–edElisabetta–cheallametàdelsecoloavevaereditatoungovernomandatoinrovinadaivani tentativi da parte della dinastia Tudor di restituire all’Inghilterra una posizione di rilievo nellapoliticaeuropea.Questaalleanzafuunadellediversecombinazionidicapitalismoeterritorialismochescaturirono dall’obsolescenza delle città-stato come principali centri dell’accumulazione di capitaledell’economia-mondo europea e dall’incessante concorrenza tra gli stati per il controllo del capitale

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mobile.Durante tutto il XVI secolo, le più importanti e potenti tra queste combinazioni furono le vaghe

alleanzetrale«nazioni»capitalisticheeglistatiterritorialisti,alleanzechecaratterizzaronosiailbloccogenovese-iberico che quello fiorentino-francese. Verso la fine del secolo, tuttavia, il loro potere fuprogressivamente indebolito dalla loro reciproca concorrenza e ostilità, così come dall’emergere diblocchi nazionali più coesi e agili costituiti in opposizione antagonistica al dominio finanziario epolitico del complesso genovese-iberico. Il blocco olandese e quello inglese erano, tra questi, i piùimportanti. Sebbene fossero entrambi formati dall’unione di una componente capitalista e di unaterritorialista, lastrutturae l’orientamentodellostatoolandeseeranodigran lungapiùcapitalisticidiquellidellostatoinglese,chepurefuronosindalprincipio,erimaseronelXVIIenelXVIIIsecolo,digranlungapiùcapitalisticidiquellidiqualsiasialtrostatoterritorialistad’Europa.Nel XVII secolo, la struttura e l’orientamento più rigorosamente capitalistici dello stato olandese

diederoallacapitaleolandeseundecisivovantaggioconcorrenzialenellalottaperl’appropriazionedellespoglie dell’impero territoriale iberico in via di disintegrazione. Ma non appena gli stessi statiterritorialisti seguirono ilpercorsodi sviluppoolandese,dotandosidiuna strutturaeunorientamentomaggiormente capitalistici e condividendo la loro sortenell’espansione commerciale all’estero, comefecero a partire dalla fine del XVII secolo, la struttura eccessivamente agile dello stato olandese sitrasformòdanettovantaggioconcorrenziale inostacolo insormontabile.Nella lottaper la supremaziacommercialemondiale che seguì, il vantaggio concorrenziale fu trasferito agli stati territorialisti chestavano internalizzando il capitalismo. Fu a questo punto che lo stato inglese, che aveva spinto ilprocessodi internalizzazionepiùavantidiqualsiasialtrostato territorialista,eavevareindirizzatomanonperdutoleproprieinclinazioniterritorialiste,ebbelameglio.Cain e Hopkins (1980, p. 471) hanno messo in evidenza che il saccheggio perpetrato dalla

Compagnia delle Indie Orientali dopo la sua vittoria militare a Plassey nel 1757 «non avviò larivoluzioneindustriale[comesostengonoalcuni],maaiutòlaGranBretagnaaricompraredagliolandesiilpropriodebitopubblico».Lanostraanalisisuffragapienamentequestatesi,maviaggiungeunaltrotassello.Plasseynonpotevaavviare,edifattononavviò,la«rivoluzioneindustriale»perlasempliceragione

checiòchevasottoquelnomefuilterzoeconclusivomomentodiunprocessostoricocheavevaavutoinizio secoli prima.Tutti e tre imomenti di questoprocesso storico furono, in Inghilterra, periodi dirapidaespansioneindustriale–almenoinbaseaglistandarddelleepocheinquestione–ediespansionefinanziaria nell’economia-mondo capitalistica nel suo insieme. Il primomomento fu costituito dallarapidaespansionedell’industriatessileinglesedurantel’espansionefinanziariaaguidafiorentinadellafinedelXIVsecoloedegliinizidelXV;ilsecondomomentofucostituitodallarapidaespansionedelleindustrie metallurgiche inglesi durante l’espansione finanziaria a guida genovese della fine del XVIsecolo edegli inizi delXVII e il terzomomento– la cosiddetta rivoluzione industriale – fu costituitodalla rapida espansione dell’industria tessile e di quella metallurgica inglesi durante l’espansionefinanziariaaguidaolandesedelXVIIIsecolo.Nefhasottolineatocheinquestoterzomomentofufattousodiunrepertorioditecnicheindustrialie

imprenditorialimesseapuntonelsecondomomento;econ tuttaprobabilità lostessosipotrebbediredelsecondomomentorispettoalprimo.Tuttavia,lanostratesiècheiprincipalilegamistoricitraitremomenti dell’espansione industriale inglese furono sistemici più che locali. Vale a dire che ciascunmomentodell’espansioneindustrialeinInghilterrafuparteintegrantediun’espansione,ristrutturazioneeriorganizzazionefinanziariaincorsonell’economia-mondocapitalistica,dicuil’Inghilterrafecepartesindall’inizio. I periodidi espansione finanziaria furono invariabilmentemomentidi intensificazionedellepressioniconcorrenzialisulleistituzionigovernativeeimprenditorialidelsistemacommercialeediaccumulazioneeuropeo.Sottopostaaquestepressioni, laproduzioneagricolo-industrialedeclinòin

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alcuniluoghieaumentòinaltri,principalmenteinrispostaairispettivisvantaggievantaggiposizionalinellamutevolestrutturadell’economia-mondo.Eintutteetreleespansionifinanziarie,i«doni»dellastoriaedellageografia resero l’Inghilterraun luogoparticolarmenteadattoperungenereo l’altrodiespansioneindustriale.I gruppi dominanti inglesi non furono destinatari passivi di questi doni e dei periodici scatti

dell’espansione industriale che li accompagnavano. Distruggendo con la forza l’industria tessilefiamminga, Edoardo III diede un grande impulso all’espansione della produzione tessile inglese nelcorsodellaprimaespansione finanziaria,nel tentativodimigliorare laposizionedell’Inghilterranellagerarchiadelvaloreaggiuntodell’economia-mondoeuropea.ElisabettaIcercòdiraggiungerelostessoobiettivo, ma rallentando l’espansione delle industrie tessili e favorendo quella delle industrie degliarmamenti e dei generi di lusso. Tuttavia, né la politica espansiva di Edoardo, né la politicaselettivamenterestrittivadiElisabettapoteronofarmoltopersuperarelafondamentalesubordinazionedell’industrialismoinglese,dapprimaalcapitalismoitalianoepoiaquelloolandese.Ciò che alla fine consentì all’Inghilterra di superare questa subordinazione per divenire il nuovo

guidatore e organizzatore dell’economia-mondo capitalistica non fu il nuovo scatto dell’espansioneindustrialedecollatanelcorsodelleguerrenapoleoniche,bensìilprecedentetrasferimentodelleenergieedellerisorseinglesidall’industrialismoversol’espansionecommercialeeterritorialed’oltreoceano.Lapausacentennalechel’espansioneindustrialeinglesefeceregistraredopoil1640(echesconcertaNef)fuinparteunriflessodellamutatacongiunturanell’economia-mondoeuropeadopoVestfalia.Maessariflettevaanchelaconcentrazionedelleenergieedellerisorsedell’Inghilterranell’impresaditrasferireil controllo sul commercio di transito dalle mani olandesi alle proprie, in modo da trasformare unimportante ostacolo all’espansione della propria ricchezza e del proprio potere in un formidabilestrumentodiquellastessaespansione.FinoacheAmsterdamrimaseilcentrodelcommerciomondiale,fu facile per le imprese olandesi eccellere nelle industrie ad alto valore aggiunto, persino rispetto aiproduttori degli stati maggiormente industrializzati come Venezia o l’Inghilterra. Ma quandol’Inghilterra–chegiàeralostatopiùindustrializzatodell’economia-mondoeuropea–sitrasformònelprincipaleentrepôtdelcommerciomondiale,esuunascalamaiconosciutaprima,lacompetitivitàdelleimpreseinglesidivenneinsuperabileinunagammaassaipiùampiadiindustriediquantononfossemaiavvenutoperleimpreseolandesi.Retrospettivamente,ladecisionediElisabettaIdiinvestireilbottinoconquistatoaspesedellaSpagna

perconseguirelastabilizzazionedellasterlinaepervararecompagnieperazionidotatediprivilegialloscopodifavorirel’espansionecommercialeeterritorialed’oltreoceano,parveunasceltaparticolarmenteindovinata. Sebbene per circa un secolo il denaro così investito sembrasse a molti sprecato, inconsiderazione degli insuperabili svantaggi rispetto agli olandesi, nelXVIII secolo la lungimiranza diElisabetta(odiGresham)ebbelasuaverifica.Lariaffermazioneeilconsolidamento,conGuglielmoIII,della tradizione della moneta stabile avviata da Elisabetta fecero sì che i capitali eccedenti inglesicontinuasseroaessereinvestitineldebitopubblicoinglesee,inoltre,attrasserocapitalidall’Olandaneimomentimaggiormentedecisividellalottadipoteretraglistati.Equandol’oneredegliinteressipagatiagli investitori interni ed esteri sul bilancio e sulla bilancia dei pagamenti inglesi sembrò esserediventatoeccessivodifrontealrapidoaumentodeicostidiprotezione,unfruttodelle42000sterlinedibottino investite daElisabetta nellaLevantCompany– laCompagnia Inglese delle IndieOrientali –cominciòagenerareentrate,sottoformadisaccheggietributidall’India,chenessunaltroinvestimentodidimensioniparagonabili,industrialeodialtrogenere,avrebbemaipotutogenerare.Risiede qui il vero significato storico del bottino di Plassey. Quando l’Inghilterra subentrò ad

Amsterdam come principale entrepôt del commercio mondiale, le industrie inglesi cominciarono ageneraredisponibilitàliquidesuperioriaquellecheeranoingradodiriassorbirevantaggiosamente;nonvieradunquel’esigenzaeneppurelospazioperilbottinodiPlasseynellaloroprodigiosaespansione

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della finedelXVIII secolo.Maeranell’alta finanzabritannicachevi eraungranbisognoe spazio inabbondanzaper ilbottinodiPlasseyeper ilcostanteflussodi tributi imperialideiqualiessocostituìsolounanticipo.RafforzandolaposizionecreditiziadellaGranBretagnainunfrangentecrucialedellalotta per il potere in Europa, e liberando inoltre la Gran Bretagna una volta per tutte dalla suadipendenzadaicapitalistranieri,itributiimperialiprovenientidall’Indiaedaaltrefonticolonialifeceroinmodo che il sogno diGreshampotesse realizzarsi. Lo stato e il capitale inglesi erano in grado dimostrarealmondointeroqualegenerediforzaciascunodiessi traessedall’appartenenzaaunblocconazionalecoeso.ChelefondamentaprincipalidelpoterediquestoblocconazionalefosseroimperialiècosachecertononavrebbesorpresonéaddoloratoGresham,etantomenoElisabettaI.Quando, alla finedelleguerrenapoleoniche, ilministrodel commercio,Huskisson, affermòche la

ricostituzionedellabaseaureasospesaduranteleguerreavrebbefattodellaGranBretagnalaVeneziadelXIX secolo, egli fece ricorso a un simbolo insuperato di successo governativo e imprenditoriale.Sebbenelarepubblicavenezianafossestatacancellatadirecentedallamappadell’Europa,lasuaquasimillenaria storia di stabilità politica, sia in epoche favorevoli sia in periodi avversi, e di fusionearmoniosadi ragioni governative e imprenditoriali, evocava ancoranellementi dei contemporanei diHuskissonun’immaginedisuccesso,allostessotemponellaformazionedellostatoenellacreazionediricchezza, a cui nessuna città-stato (certo non la caotica Genova) o stato-nazione (certo non lastravagante Spagna) poteva tener testa. Parlare di Genova o della Spagna, o anche del quasi-stato-nazione olandese come modelli che la Gran Bretagna avrebbe dovuto imitare nel secolo a veniresarebbestatadavverounapessimapubblicitàperlepolitichepropugnatedalBoardofTrade.Eppure, alla fine delle guerre napoleoniche lo stato e il capitale britannici avevano sviluppato

caratteristicheche,accantoallignaggioveneziano,tradivanoresistenzaallorointernodilignaggimenorispettabili, come quello di Genova e della Spagna del XVI secolo. Per più di un secolo la Bancad’InghilterraavevariprodottoleprincipalicaratteristichedellaCasadiSanGiorgio.MafusoprattuttoduranteleguerreconlaFrancia,allafinedelXVIIIsecoloeagliinizidelXIX,cheillignaggiogenovese-iberico acquistò risalto nelle strategie e nelle strutture delle istituzioni governative e imprenditorialibritanniche.Daunlato,latendenzadellaGranBretagnaa«spenderenellaguerracifresproporzionaterispettoal

proprio gettito fiscale, così da introdurre nella lotta contro la Francia e i suoi alleati quel marginedecisivointerminidinaviediuomini»(Dickson,1967,p.9),significòche«lanazionefuipotecataaunanuovaclasse sociale, i rentiers, i detentori dei titoli di stato, peruna cifra annuale […] trevoltesuperiore alle entrate pubbliche prima delle guerre rivoluzionarie» (Jenks, 1938, p. 17). QuestamassicciasubordinazionedellostatoainteressirigorosamentecapitalisticireselaGranBretagnasimile,assai più che a Venezia, a una combinazione di elementi spagnoli e genovesi. Cosa ancora piùimportante,lamassicciaspesaindisavanzodeltempodiguerra,eladistribuzionegeograficadiquestaspesa, dotò la City di una rete di connessioni imprenditoriali all’estero che ne fece l’erede della«nazione»cosmopolitagenovesedelXVIsecolo.Lacrescitadell’entitàdellaricchezzaconsolidata,daunlato,eilpoterecrescenteesercitatodaiflussi

didenaroedimercichesiandavanoconcentrandosullapiazzadiLondraaseguitodicontrattielicenzelì stipulati, dall’altro, provocarono forti tensioni sulla disponibilità a breve delle risorse della Bancad’Inghilterra.L’incapacitàdiquest’ultimadifarfronteallasituazionecostrinseilgovernobritannicoa«rivolgersi conmaggior fiducia alle banche private e a queimercanti londinesi che cominciarono aessere conosciuti come “mercanti banchieri”» (Jenks, 1938, p. 18). In particolare, questi mercantibanchieridivenneroassolutamentedecisivinellagestioneenellaregolamentazionedellespesediguerrainglesi.

Quasi l’intero costo della guerra fu reperito all’estero. I proventi dei prestiti o delle imposte, che si trattasse di oro o di

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approvvigionamenti,andavanomessiadisposizionedellaGranBretagnaedeisuoialleatisulcampodibattaglia.Soloimercanti,grazie ai loro corrispondenti esteri, erano nella condizione di predisporre questo servizio. Essi erano in grado di far fronte alpagamentodilavorinelleFiandre,scambiandodollarimessicaniottenutiinpagamentodicarichiditeladicotonespeditiinSpagna.EranoingradodiassemblareabitiprovenientidalloYorkshire,sciaboleemoschettidiSheffield,ecavallidell’Irlanda,einviarliaTriesteperun’eventualeoperazionemilitare inAustria.Epoiché talimercantidesideravanostipularecontratticon igovernialloscopodifarsiaffidaredenaroperchédessepiùfrutti,illoroaiutonelraggiungeretaleobiettivoerainestimabile.Conibanchieriessicostituivanodei«consorzi»perspuntarecondizionipiùfavorevolinellaconcessionediprestitipubblici.Quandociòriusciva,essine godevanogli interi vantaggi. […] I proventi dall’estero […] si univano a quelli realizzati all’interno.Entrambi crebbero concontinuitàecontemporaneamenteall’aumentodeicontrattiedellecommissionistipulatipersoddisfarelarichiestadimerciinunmercato nel quale la domanda «di guerra» era il fattore trainante. E ciò era strettamente connesso al flusso degli scambi, allacircolazionedellacartamoneta,eiltuttoallacrescitaealdeclinodelladisponibilitàdirisorsemonetarie(Jenks,1938,pp.18-19).

Inquestobranovièmoltodidéjàvu.Imercantibanchierigenovesi,lecuifiereconsentironoaFilippoIIdicondurrelesueinterminabiliguerrenellasecondametàdelXVIsecolo,sisarebberotrovatideltuttoa proprio agio nello spazio-di-flussi qui descritto da Leland Jenks. Anche sotto questo aspetto, lastruttura delle imprese inglesi emersa dalle guerre napoleoniche somigliava assai più a quella delleimpresegenovesinelXVIsecolocheaquelladelleimpresevenezianeinqualunquemomentodellalorostoria.Vi sono,ovviamente, importanti differenze tra lo spazio-di-flussi genovesedelXVI secoloequello

britannicodelXIX secolo, al di là delle dimensioni e delle complessitàmaggiori di quest’ultimo. Lospaziogenoveseera«esterno»,quellobritannico«interno»alleretiimperialidipotererispettivamenteservite inpacee inguerra.Lospaziogenoveseeraesternoall’imperospagnolo:dapprimanelle fieremobili di Bisenzone, e in seguito nelle fiere di Piacenza. Il centro dello spazio-di-flussi britannico,invece, era aLondra e coincidevacon il centrodell’imperobritannico.Questadifferenza rifletteva ilfatto che il regime genovese era basato su un rapporto di scambio politico tra due organizzazioniautonome: la«nazione»capitalistagenovesee lo«stato» territorialista spagnolo. Il regimebritannicoera invece basato su un rapporto di scambio politico tra la City e il governo britannico, entrambiappartenentiallostessostato-nazione,ilRegnoUnito.Unadifferenzaèriscontrabileanchetralafunzionedellareted’affaricosmopolitagenoveseequella

della rete britannica: entrambe furono create al servizio della guerra. Ma mentre la rete genovesemantenne questo ruolo durante tutta la sua esistenza, la rete britannica passò al servizio della paceinglesedeicentoanni.Braudelsembrasuggerirechelaretegenoveseavrebbepotutofarelostessoseleambizioniimperiali

dellaSpagnafosserostatecoronatedasuccesso.Èproprioquestochesembranoimplicareduedellesuenumerosedomanderetoriche:

Ma supponiamo pure che Carlo V avesse trionfato, come gli auguravano i più illustri umanisti del suo tempo: forse che ilcapitalismo,giàinsediatoneiluoghidecisividell’Europaingestazione[…]nonsarebbestatoattrattodall’avventura?Igenovesinonavrebbero dominato altrettanto bene il movimento delle fiere europee occupandosi delle finanze dell’«imperatore» Filippo II,anzichédelreFilippoII?(Braudel,1981-82,vol.III,p.36).

Non sapremo mai quale concorso di circostanze storiche avrebbe potuto sospingere e sostenerel’autoespansione delle reti d’affari genovesi sotto una pax hispanica che non si verificò. SappiamotuttaviachenelXIXsecoloilmutamentonellafunzionedelleanalogheretibritanniche,chedopoesserestate al servizio della guerra passarono al servizio della pace, avvenne mediante una rilevanteristrutturazione delle loro operazioni.E sappiamo anche che, in questa ristrutturazione, il ruolo dellaGranBretagnacomeofficinadelmondofudecisivo.ComeriferisceStanleyChapman(1984),l’ascesadei Rothschild al ruolo di gruppo imprenditoriale dominante della City ebbe origine non nella Citystessagrazieallagestionedellefinanzepubblichebritanniche,manelpiùdinamicodistrettoindustrialeinglese, grazie alla gestione dell’approvvigionamento dall’estero di fattori produttivi (in particolarecotonegrezzo)edellavenditaall’esterodeiprodotti.

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Lungidall’essere in contraddizione l’una con l’altra, la funzionedi «officina» equelladientrepôtesercitate dalla Gran Bretagna nel XIX secolo costituirono aspetti opposti, e che si rafforzarono avicenda, dello stesso processo di formazione delmercatomondiale. Questo processo, che è stato lafontee lamatricedellanostraepoca,costituirà l’argomentodellasezione inizialedelquartocapitolo.Primadiproseguire,tuttavia,soffermiamociasvelarelalogicachesembraessereallabasedelricorreredeiciclisistemicidiaccumulazioneedellatransizionedauncicloall’altro.

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Riepilogoeprospetto

JosephSchumpeter(1984)haosservatoche,perquantoriguardalosviluppocapitalistico,unsecoloèun«breveperiodo».Acontifatti,perquantoriguardalosviluppodell’economia-mondocapitalistica,unsecolononcostituisceneppureun«breveperiodo».Così,ImmanuelWallerstein(1978;1979a)hapresoinprestitol’ideadiBraudeldiun«lungoXVIsecolo»(1450-1640)comeunitàdianalisiappropriataperquelloche,nelsuoschema,èilprimostadionellaformazionedell’economia-mondocapitalistica.EricHobsbawm (1987, pp. 8-9) parla allo stessomododi un «lungoXIX secolo» (1776-1914) come arcotemporaleappropriatoperl’analisidiquellocheegliconsideralostadioborghese-liberale(inglese)delcapitalismostorico.Inmodoanalogousiamoquil’ideadiun«lungoXXsecolo»aindicarel’arcotemporaleappropriato

perl’analisidell’ascesa,dellapienaespansioneedellasostituzionefinaledegliagentiedellestrutturedelquartociclosistemicodiaccumulazione(quellostatunitense).Inquantotale,illungoXXsecolononènientealtrochel’ultimoanellodiunacatenadistadiparzialmentesovrapposti,ciascunocontenutodaun lungo secolo, attraverso i quali l’economia-mondo capitalistica europea è giunta a incorporarel’intero globo in un denso sistema di scambi. Gli stadi, e i lunghi secoli che li contengono, sisovrappongonopoiché,generalmente,l’agenteelestrutturedell’accumulazionetipicidiciascunostadiohanno conseguito la loro superiorità nell’economia-mondo capitalistica durante la fase di espansionefinanziaria (M-D’) dello stadio precedente. Da questo punto di vista, il quarto ciclo sistemico diaccumulazione (quello statunitense) non costituisce un’eccezione. Il processo attraverso cui leistituzionigovernativeeimprenditorialicaratteristichediquestocicloediquestostadiofuronocreateera parte integrante del processo attraverso cui furono sostituite le istituzioni governative eimprenditorialidelcicloedellostadioprecedenti(quellobritannico)–unasostituzionecheebbeiniziodurante la grande depressione del 1873-96 e la concomitante espansione finanziaria del regimebritannicodiaccumulazionedicapitale.Lafigura9rendeesplicitoloschemadidatazioneadottatonell’analisideiprimitreciclisistemicidi

accumulazione,eloampliaperincluderequellapartedelquartociclo(ilciclostatunitense)realizzatasifinoaoggi.Laprincipalecaratteristicadelprofilotemporaledelcapitalismostoricoquidelineatoèlastrutturaanalogadituttiilunghisecoli.Ciascunodiessiècompostodatresegmentioperiodidistinti:

1.unprimoperiododiespansionefinanziaria(chevadaSn-1aTn-1),nelcorsodelqualeilnuovoregimediaccumulazionesi sviluppaall’internodiquelloprecedente, e incui tale sviluppoèunaspettointegrantedellacompletaespansioneedellecontraddizionidiquest’ultimo;2.unperiododiconsolidamentoediulterioresviluppodelnuovoregimediaccumulazione(chevada Tn-1 a Sn), nel corso del quale i suoi agenti dominanti promuovono, controllano e traggonoprofittodall’espansionematerialedell’interaeconomia-mondo;3. un secondo periodo di espansione finanziaria (che va da Sn a Tn), nel corso del quale lecontraddizioni del regime di accumulazione pienamente sviluppatosi creano lo spazio e sonoaggravate dall’emergere di regimi rivali e alternativi, uno dei quali, infine (cioè al tempo Tn),diverràilnuovoregimedominante.

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Mutuando un’espressione diGerhardMensch (1979, p. 75), chiameremo l’inizio di ogni espansionefinanziaria,edunquediciascunlungosecolo,«crisispia»(s1,S2,S3eS4nella figura9)del regimediaccumulazione dominante. È infatti a questo punto che l’agente dominante dei processi sistemici diaccumulazionecominciaaspostaresemprepiùipropricapitalidalcommercioedallaproduzioneversol’intermediazioneelaspeculazionefinanziaria.Lospostamentoèl’espressionediuna«crisi»,nelsensochesegnaun«puntodisvolta»,un«momentocrucialediscelta»,incuil’agentedominantedeiprocessisistemici di accumulazione del capitale palesa, mediante lo spostamento, un giudizio negativo sullapossibilità di continuare a trarre profitto dal reinvestimento dei capitali eccedenti nell’espansionemateriale dell’economia-mondo e, insieme, un giudizio positivo sulla possibilità di prolungare neltempoenellospaziolasualeadership/dominiograzieaunamaggiorespecializzazionenell’altafinanza.Questacrisiè la«spia»diunapiùprofondaefondamentalecrisisistemica,che lospostamentoversol’altafinanzaperilmomentopreviene.Inrealtà,lospostamentopuòfaremoltopiùdiquesto:essopuòtrasformare, per chi lo promuove e lo organizza, la fine dell’espansione materiale in un «momentomeraviglioso» di nuova ricchezza e di nuovo potere, come è avvenuto, inmisura diversa e secondomodalitàdifferenti,intuttiequattroiciclisistemicidiaccumulazione.Tuttavia, per quanto meraviglioso possa essere questo momento per coloro che traggono

maggiormente vantaggio dalla fine dell’espansione materiale dell’economia-mondo, esso non è maistato l’espressione di una soluzione durevole della crisi sistemica sottostante.Al contrario, è semprestatoilpreludioaunaggravamentodellacrisiealladefinitivasostituzionedelregimediaccumulazioneancoradominanteconunonuovo.Definiamo«crisiterminale»(T1,T2,T3nellafigura9)delregimediaccumulazionedominantel’eventoolasequenzadieventicheportanoaquestasostituzionedefinitiva,eloutilizziamoperindicarelafinedellungosecolochecomprendel’ascesa,lapienaespansioneeilcrollodiquelregime.Alparidituttiilunghisecolichelohannopreceduto,illungoXXsecoloècompostodatresegmenti

distinti.IlprimohainizionegliannisettantadelXIXsecoloearrivafinoagliannitrentadelXXsecolo,vacioèdallacrisispiadelregimediaccumulazionebritannicofinoallasuacrisiterminale.Ilsecondosegmentovadallacrisiterminaledelregimebritannicoallacrisispiadelregimestatunitense,unacrisiche possiamo collocare intorno al 1970 circa. Il terzo e ultimo segmento va dal 1970 fino alla crisiterminale del regime statunitense. Siccome, per quanto ci è dato di sapere, quest’ultima crisi non è

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ancoraavvenuta,analizzarequestosegmentosignificainrealtàindagaresulpresenteesulfuturocomepartediunprocessostoricoincorsochepresentasiaelementidinovitàsiadiripetizionerispettoallefasiconclusive(M-D’)dituttiiprecedenticiclisistemicidiaccumulazione.Ilnostrointeresseprincipaleinquestaindaginestoricasulpresenteesulfuturosaràquellodifornire

alcunerisposteplausibiliaduedomandestrettamenteconnesse:

1.Qualiforzestannoaffrettandolacrisiterminaledelregimediaccumulazionestatunitense,etraquantotempopossiamoattendercichequestacrisiavràluogoeillungoXXsecolosichiuderà?2.Qualipercorsidisviluppoalternativisiaprirannoall’economia-mondocapitalisticaallorquandoillungoXXsecolosaràgiuntoaltermine?

Nelcercarerisposteplausibiliaquestedomandeciserviremodiunasecondacaratteristicadelprofilotemporaleraffiguratonellafigura9;l’accelerazionenelritmodellastoriadelcapitalismoacuiabbiamogiàaccennatonell’Introduzione.Sebbenetuttiilunghisecolidescrittinellafigura9sianocompostidatresegmentianaloghi,elalorolunghezzasiasempresuperioreaunsecolo,nelcorsodeltempoessisisonoaccorciati.Valeadireche,procedendodaiprimiagliultimistadidellosviluppodelcapitalismo,èstatonecessariountemposempreminoreaffinchéiregimisistemicidiaccumulazioneemergessero,sisviluppasseroappienoefosserosostituiti.Disponiamo di duemodi per misurare questo fenomeno. Il primo consiste nel misurare la durata

stessadeilunghisecoli.CiòchedefiniamolungoXV/XVIsecolocomprendepressochél’interalunghezzadel«lungoXVIsecolo»braudelianoewallersteiniano,piùilsecolodellaguerra«italiana»deicentoanniediquella«anglo-francese»,durantelequalil’espansionefinanziariaaguidafiorentinaraggiunseilsuoapogeoesiformaronolestrategieelestrutturedelfuturoregimediaccumulazionegenovese.EssovadunquedalgrandecrollodeiprimianniquarantadelTrecentoallafinedelsecolodeigenovesicirca290annidopo.È, questo, di un buonmargine il più lungo dei tre interi lunghi secoli raffigurati nella figura 9. Il

lungoXVIIsecolo,chevadallacrisispiadelregimegenoveseintornoal1560finoallacrisi terminaledel regime olandese negli anni ottanta delXVIII secolo, è lungo solo 220 anni circa. E il lungo XIXsecolo,chevadallacrisispiadelregimeolandeseintornoal1740finoallacrisi terminaledelregimebritanniconeiprimiannitrentadelXXsecoloèancorapiùbreve:«solo»190anni.Unaltromodoperstimarel’accelerazionenelritmodellastoriadelcapitalismoconsistenelmetterea

confronto i periodi che separano le successive crisi spia. Questometodo ha due vantaggi. In primoluogo,ladatazionedellecrisispiaèassaimenoarbitrariadiquelladellecrisiterminali.Questeultimehannoluogoinperiodididualismodipotereediturbolenzanell’altafinanza.Nonèfacilescegliere,trale successive crisi che segnano la transizione da un regime a un altro, la «vera» crisi terminale delregime in declino. Le crisi spia, invece, hanno luogo in periodi di governo relativamente stabiledell’economia-mondocapitalistica,einquantotalisonopiùfacilidaidentificare.Unamisurazionechecomprendasololecrisispiaèdunquepiùattendibilediunachecomprendasialecrisispiachelecrisiterminali.Inoltre,confrontandoiperiodicheseparanolesuccessivecrisispia,evitiamodiconteggiareduevolte

lefasidiespansionefinanziariaecièpossibilericavareun’ulterioreconsiderazione.PoichéillungoXXsecolo non è ancora terminato, la storia del capitalismo comprende finora solo tre lunghi secoli.Masiccomelacrisispiadelregimediaccumulazionestatunitenseègiàavvenuta,abbiamoquattrocrisispiaaindicareperiodidicrisi.Questiperiodimisuranoiltempocheèstatonecessarioaisuccessiviregimidiaccumulazione per divenire dominanti dopo la crisi spia del precedente regime, e per raggiungere ilimitidellepropriecapacitàdi continuarea trarrevantaggiodall’espansionematerialedell’economia-mondo.Comepossiamoosservaredallafigura9,questotemposièridottocostantemente,dai220anni

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circa del regime genovese, ai 180 anni circa del regime olandese, ai 130 anni circa del regimebritannico,aicirca100annidelregimestatunitense.Mentre il tempo impiegato dai successivi regimi di accumulazione per divenire dominanti e

conseguire la loromaturità è andato diminuendo, le dimensioni e la complessità organizzativa degliagenti dominanti di questi successivi regimi sono invece aumentate. È possibile distinguere conmaggiorchiarezzaquest’ultimatendenzaconcentrandol’attenzionesui«contenitoridelpotere»(valeadire sugli stati) che hanno ospitato i «quartieri generali» degli agenti capitalistici dominanti deisuccessiviregimi:laRepubblicadiGenova,leProvinceUnite,ilRegnoUnitoegliStatiUniti.All’epocadell’ascesaedellapienaespansionedelregimediaccumulazionegenovese,laRepubblica

diGenovaeraunacittà-statodipiccoledimensioni,conun’organizzazionesempliceedotatadifattodiunoscarsopotere.Profondamentedivisadalpuntodivistasocialeescarsamenteaffidabiledalpuntodivistamilitare, inbaseallamaggiorpartedeicriteriessaeraunostatodebolerispettoa tutte legrandipotenzedeltempo,inclusal’anticarivaleVenezia,ancoranelnoverodellemaggioripotenze.Tuttavia,grazieallesuevastereticommercialiefinanziarie,laclassecapitalisticagenovese,organizzatainuna«nazione» cosmopolita, era in grado di trattare alla pari con i più potenti governanti territorialistid’Europa,editrasformarelaspietataconcorrenzaperilcapitalemobiletradiessiinunpotentemotoredellavalorizzazionedelpropriocapitale.All’epoca dell’ascesa e della piena espansione del regime di accumulazione olandese, le Province

Unitecostituivanoungenerediorganizzazioneibrida,checombinavaalcunedellecaratteristichedellecittà-stato che stavano scomparendo e alcune delle caratteristiche degli stati-nazione emergenti. Didimensioni e di complessità assai maggiori rispetto alla Repubblica genovese, le Province Unite«contenevano» un potere sufficiente a conquistare l’indipendenza dalla Spagna imperiale, a ricavaredall’impero navale e territoriale di quest’ultima un impero estremamente redditizio di avamposticommercialieatenereabadalasfidamilitarenavaleingleseequellaterrestredapartedellaFrancia.Ilmaggiorpoteredello statoolandese rispettoaquellogenovesepermisealla suaclassecapitalisticadifare quello che i genovesi avevano già fatto – trasformare la concorrenza tra gli stati per il capitalemobile in un motore per la valorizzazione del proprio capitale – senza tuttavia dover «acquistare»protezionedaglistatiterritorialisti,comeerainveceaccadutoaigenovesi.All’epoca dell’ascesa e della piena espansione del regime di accumulazione britannico, la Gran

Bretagna non solo era uno stato-nazione pienamente sviluppato e, come tale, un’organizzazione piùvasta e più complessa di quanto le Province Unite fossero mai state; in più esso si accingeva aconquistare un impero commerciale e territoriale di dimensioni mondiali, che avrebbe dato ai suoigruppi dominanti e alla sua classe capitalistica un controllo senza precedenti sulle risorse umane enaturalidelmondo.Ciòpermiseallaclassecapitalisticabritannicadifarequellochegliolandesieranogiàstatiingradodifare:volgereapropriovantaggiolaconcorrenzatraglistatiperilcapitalemobilee«produrre» tutta laprotezione richiestadallavalorizzazionedel proprio capitale, senza tuttaviadoverdipenderedaorganizzazioniterritorialistestraniereespessoostiliperprocurarsilamaggiorpartedellaproduzioneagricolo-industrialesucuisibasavalaredditivitàdelleproprieattivitàcommerciali.Infine, all’epocadell’ascesaedellapienaespansionedel regimedi accumulazione statunitense,gli

StatiUnitieranogiàqualcosadipiùdiunostato-nazionepienamentesviluppato.Eranouncomplessomilitare-industriale di dimensioni continentali, dotato di un potere sufficiente a garantire a un grannumero di governi subordinati e alleati un’efficace protezione, e a rendere credibili le minacce distrangolamento economico o di annientamentomilitare rivolte a governi ostili in qualsiasi parte delmondo.Assiemealledimensioni,all’insularitàeallaricchezzanaturaledelsuoterritorio,questopoterepermise alla classe capitalistica statunitense di «internalizzare» non solo i costi di protezione e diproduzione,comeavevagiàfattolaclassecapitalisticabritannica,maancheicostiditransazione,valeadireimercatidacuidipendevalavalorizzazionedelsuocapitale.

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Questocostanteaumentodelledimensioni,dellacomplessitàedelpoteredegliagentidominantidellastoriadel capitalismoè inparteoscuratodaun’altra caratteristicadella sequenza temporaledelineatanella figura 9. Si tratta del duplicemovimento – in avanti e all’indietro allo stesso tempo – che hacaratterizzato la sequenza di sviluppo dei cicli sistemici di accumulazione. Come è stato messo inevidenza nell’analisi dei primi tre cicli, ciascun passo in avanti nel processo di internalizzazione deicostiaoperadiunnuovoregimediaccumulazionehacomportatolarinascitadistrategieedistrutturegovernativeeimprenditorialigiàsuperatedalregimeprecedente.Dunque, l’internalizzazionedei costi di protezione a opera del regimeolandese, rispetto al regime

genovese,avvennemediantelarinascitadellestrategieedellestrutturedelcapitalismomonopolisticodistatovenezianogiàrimpiazzatedalregimegenovese.Inmodoanalogo,l’internalizzazionedeicostidiproduzioneoperatadalregimebritannico,rispettoalregimeolandese,avvennemediantelarinascitainformenuove,piùampieepiùcomplesse,delle strategieedelle strutturedel capitalismocosmopolitagenovese e del territorialismo globale iberico, la cui combinazione era stata superata dal regimeolandese.Comeè statoanticipatonelprimocapitolo, e comeverràdiscussoulteriormentenelquartocapitolo,lostessomodellosièripropostoinoccasionedell’ascesaedellapienaespansionedelregimestatunitense,cheinternalizzòicostiditransazioneriportandoinaugeinformenuove,piùampieepiùcomplesse, le strategie e le strutture del capitalismo manageriale olandese già superate dal regimebritannico.Questa periodica rinascita di strategie e di strutture di accumulazione precedentemente superate

genera un movimento di tipo oscillatorio tra strutture organizzative «cosmopolitico-imperiali» estrutture«managerial-nazionali»,leprimecaratteristichedeiregimi«estensivi»,comequellogenovesee quello britannico, le seconde dei regimi «intensivi», come quello olandese e quello statunitense. Ilregime«cosmopolita-imperiale»genovese equellobritannico erano regimi estensivi, nel senso che aessivaattribuitalaresponsabilitàdellamaggiorpartedell’espansionegeograficadell’economia-mondocapitalistica. Durante il regime genovese il mondo fu «scoperto», sotto quello britannico fu«conquistato».I regimi«managerial-nazionali»olandeseestatunitense,alcontrario,erano intensivi,nelsensoche

sono stati responsabili del consolidamento geografico piuttosto che dell’espansione dell’economia-mondo capitalistica.Durante il regime olandese, la «scoperta» delmondo, che ebbe come principaliprotagonistigli iberici,alleatideigenovesi, fuconsolidata inunsistemadidepositicommercialiedicompagnieperazionidotatediprivilegiconcentroadAmsterdam.Eduranteilregimestatunitensela«conquista» del mondo, operata principalmente dagli stessi inglesi, fu consolidata in un sistema dimercatinazionaliedigrandiimpresetransnazionalicheavevailpropriocentronegliStatiUniti.Questa alternanza di regimi intensivi ed estensivi rende ovviamente confusa la percezione della

sottostante e fondamentale tendenza di lungo termine verso l’aumento delle dimensioni, dellacomplessità e del potere degli agenti dominanti dei processi sistemici di accumulazione del capitale.Quandoilpendolooscillaindirezionedeiregimiestensivi,comenellatransizionedalregimeolandeseaquellobritannico, la tendenzasottostantenevieneesaltata.Equandooscilla indirezionedeiregimiintensivi,comenelletransizionidalregimegenoveseaquelloolandeseedalregimebritannicoaquellostatunitense,latendenzasottostanteapparemenosignificativadiquantononsiastatainrealtà.Nondimeno,severifichiamoquesteoscillazionimettendoaconfrontoidueregimiintensivieidue

regimiestensivi–quellogenoveseconquellobritannico,equelloolandeseconquellostatunitense–latendenzasottostantedivieneinequivocabile.Losviluppodelcapitalismostoricocomesistemamondialesièbasatosullaformazionediblocchidiorganizzazionigovernativee imprenditorialicosmopolitico-imperiali o managerial-nazionali sempre più potenti, dotati della possibilità di estendere (oapprofondire) la portata funzionale e spaziale dell’economia-mondo capitalistica. Eppure, quanto piùquestiblocchidivenneropotenti,tantopiùbrevefuilciclodivitadeiregimidiaccumulazioneacuiessi

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avevanodatoorigine–tantopiùbreve,cioè,fuil temponecessarioperchéquestiregimiemergesserodallacrisidelprecedente regimedominante,divenisseroessi stessidominantie raggiungessero i lorolimiti,comeèsegnalatodall’iniziodiunanuovaespansionefinanziaria.Nelcasodelregimebritannicoquestoperiodofudi130anni,ossiapiùbrevedicircail40percentorispettoalregimegenovese;nelcasodelregimestatunitensefudi100anni,ossiapiùbrevedicirca il45percentorispettoalregimeolandese.Questomodellodisviluppocapitalistico,permezzodelqualeunincrementodelpoteredeiregimidi

accumulazioneèassociatoaunariduzionedellalorodurata,richiamaallamentelatesidiMarxsecondocui «[i]l vero limite della produzione capitalistica è il capitale stesso», e secondo cui la produzionecapitalisticasuperacontinuamentequestilimitiimmanenti«unicamentecondeimezzichelapongonodi fronte agli stessi limiti su scala nuova e più alta» (Marx, 1978, libro terzo, pp. 350-351; corsivonell’originale).

La contraddizione, esposta in termini generali, consiste in questo: la produzione capitalistica racchiude una tendenza verso losviluppoassolutodelleforzeproduttive,indipendentemente[…]dallecondizionisocialinellequaliessafunziona;manellostessotempo taleproduzionehacomescopo laconservazionedelvalore-capitaleesistentee lasuamassimavalorizzazione(valeadirel’accrescimentoacceleratodiquestovalore).[…][I]lcapitaleelasuaautovalorizzazioneappaionocomepuntodipartenzaepuntodiarrivo,comemotivoescopodellaproduzione;che laproduzioneèsoloproduzioneper ilcapitale, enonalcontrario. […] Ilmezzo – lo sviluppo incondizionato delle forze produttive sociali – viene permanentemente in conflitto con il fine ristretto, lavalorizzazionedelcapitaleesistente.Seilmododiproduzionecapitalisticoèquindiunmezzostoricoperlosviluppodellaforzaproduttivamaterialeelacreazionediuncorrispondentemercatomondiale,èaltempostessolacontraddizionecostantetraquestosuocompitostoricoeirapportidiproduzionesocialicheglicorrispondono(Marx,1978,libroterzo,pp.350-351).

Ineffetti,questacontraddizionetralavalorizzazionedelcapitale,daunlato,elosviluppodelleforzematerialidiproduzioneediuncorrispondentemercatomondiale,dall’altro,puòessereriformulata interminiancorpiùgenerali.Ilcapitalismostoricoinquantosistemamondialediaccumulazionedivenneun«mododiproduzione»–valeadireinternalizzòicostidiproduzione–solonelsuoterzostadiodisviluppo(quellobritannico).Eppure,ilprincipiosecondocuiilverolimitedellosviluppocapitalisticoèil capitale stesso, e la valorizzazione del capitale esistente è in tensione costante, ed entraperiodicamente in palese contraddizione, con l’espansione materiale dell’economia-mondo e con lacreazionediuncorrispondentemercatomondiale–tuttoquestoeragiàall’operaneiprimiduestadidisviluppo, nonostante il perdurare dell’esternalizzazione della produzione agricolo-industriale da partedegliagentidominantidell’accumulazionedicapitalesuscalamondiale.In entrambi gli stadi, il perseguimento del profitto come un fine in sé, da parte di un particolare

agente capitalistico, costituì il punto di partenza e quello conclusivo dell’espansione materialedell’economia-mondo. Nel primo stadio, quello delle «grandi scoperte», l’organizzazione delcommerciodilungadistanzaall’internoeattraversoiconfinidelvastoimperoiberico(odegliimperiiberici),elacreazionediun«mercatomondiale»embrionaleadAnversa,LioneeSiviglia,furonoperilcapitalegenovesemeristrumentidellapropriaespansione.Equandonel1560circaquestimezzinonservirono più allo scopo, il capitale genovese si disimpegnò immediatamente dal commercio perspecializzarsi nell’alta finanza. Allo stesso modo, il trasporto tra giurisdizioni politiche separate espesso distanti, la centralizzazione del commercio di transito adAmsterdam e delle industrie ad altovaloreaggiuntoinOlanda,lacreazionediunaretemondialediscambiediavamposticommercialiela«produzione» di qualsiasi genere di protezione fosse richiesta da tutte queste attività, furono per ilcapitale olandese puri e semplici strumenti della propria valorizzazione.E ancora, quando intorno al1740questimezzinonservironopiùalloscopo,ilcapitaleolandese,comegiàilcapitalegenovese180anniprima,liabbandonòinfavorediunamaggiorespecializzazionenell’altafinanza.Daquesta prospettiva, nelXIX secolo il capitale britannico si limitò a ripetere unmodello che era

stato istituito molto tempo prima che il capitalismo storico comemodo di accumulazione divenisse

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anche un modo di produzione. L’unica differenza consisteva nel fatto che, nel ciclo britannico, inaggiunta al trasporto, all’immagazzinamento e ad altri aspetti del commercio di lunga e di brevedistanzaeallerelativeattivitàdiprotezioneediproduzione,leattivitàestrattiveequelleindustriali–cioèquellecheabbiamodefinitoinprecedenzacomeproduzioneinsensostretto–eranodivenutemezziessenziali della valorizzazione del capitale. Ma quando, intorno al 1870, la produzione e le attivitàcommerciali a essa connesse non servirono più a questo scopo, il capitale britannico si specializzòvelocemente nella speculazione e nell’intermediazione finanziaria, proprio come il capitale olandeseavevafatto130anniprimaeilcapitalegenovese310anniprima.Come vedremo, lo stessomodello fu ripetuto 100 anni dopo dal capitale statunitense. Questo più

recente spostamento dal commercio e dalla produzione alla speculazione e all’intermediazionefinanziaria,alparideitreanaloghispostamentiregistratisineisecoliprecedenti,puòessereconsideratoil riflesso della stessa contraddizione fondamentale tra la valorizzazione del capitale e l’espansionemateriale dell’economia-mondo, che nel nostro schema corrisponde allo «sviluppo delle forzeproduttive sociali [mondiali]».Lacontraddizione risiedenel fatto che sebbene l’espansionematerialedell’economia-mondofosse,inciascuncaso,unpuroesemplicestrumentodisforzitesiprincipalmenteaincrementareilvaloredelcapitale,nelcorsodeltempol’espansionedelcommercioedellaproduzionecondussealladiminuzionedelsaggiodelprofittoedunquealladecurtazionedelvaloredelcapitale.L’ideachetutteleespansionidelcommercioedellaproduzionetendesseroadabbassareilsaggiodel

profittoe,dunque,aminareilproprioprincipalefondamento,nonfudiMarxmadiAdamSmith.Laversione di Marx della «legge» della caduta tendenziale del saggio del profitto mirava in effetti adimostrare che la stessaversionediSmith era troppopessimisticaperquanto attiene al potenzialedilungoterminedelcapitalismonelpromuoverelosviluppodelleforzeproduttivesociali.Nellaversionesmithianadella«legge», l’espansionedelcommercioedellaproduzioneè inseparabiledauncostanteaumentodellaconcorrenzatraisuoiagenti–unincrementochefacrescereisalarirealielerendite,espingeversoilbassoilsaggiodelprofitto.MarxseguìAdamSmithnell’assumerechel’espansionedelcommercioedellaproduzione fosse inseparabiledauncostanteaumentodellaconcorrenza tra i suoiagenti.Egliritenevatuttaviachequestoaumentodellaconcorrenzafosseassociatoaunaumentodellaconcentrazione del capitale che frenava la crescita dei salari reali e apriva nuove opportunitàall’espansionecommercialeeagricolo-industriale,adispettodellacadutadelsaggiodelprofitto.Certo,nelloschemadiMarxquesta tendenzadivienepoi lafontedicontraddizioniancoramaggiori.Manelfrattempol’accumulazionedicapitalehapromossoun’espansionedelcommercioedellaproduzionedigranlungamaggiorediquantoSmithritenessepossibile.Nelnostrodiscorso,laversionedella«legge»fornitadaSmithèpiùutileperspiegareladinamicainternadeiciclisistemicidiaccumulazione,mentrequelladiMarxloèperspiegarelatransizionedauncicloall’altro.PaoloSylosLabini (1976, p. 219) ha osservato che la tesi diSmith sulla tendenza alla caduta del

saggio del profitto fu delineata in un brano che sia Ricardo che Marx accettarono in pieno e cheanticipavalatesidiSchumpetersulleinnovazioni.

La promozione di una nuovamanifattura, di un nuovo ramo di commercio o di un nuovometodo in agricoltura è sempre unaspeculazione dalla quale chi la intraprende si ripromette profitti straordinari. Tali profitti, a volte, sonomolto alti e a volte, piùspessoforse,nonlosonoaffatto;maingeneralenonhannounrapportonormalerispettoaquellidialtreattivitàtradizionalidellazona. Se il progetto ha successo, essi da principio sono di solitomolto alti. Quando l’attività o il metodo nuovo si affermanocompletamenteediventanobennoti, laconcorrenza li riportaal livellodiquellidellealtreattività(Smith,1976,vol. I,pp.164-165).

Il livelloalquale iprofittivengonoportatipuòesserealtoobassoa secondache le imprese sianoomeno in grado di limitare l’accesso alle loro sfere di azionemediante accordi privati omediante laregolamentazionegovernativa.Qualoraessenonsianoingradodifarlo,iprofittiscenderannoallivelloritenuto«tollerabile» inconsiderazionedei rischi implicatidall’impiegodelcapitalenelcommercioe

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nella produzione.Maqualora esse riescano a limitare quest’accesso e amantenere ilmercato in unacondizione di offerta insufficiente, i profitti saranno significativamente più alti del loro livello«tollerabile».Nelprimocaso,l’espansionedelcommercioedellaproduzionegiungealtermineacausadei bassi profitti; nel secondo caso, a porvi fine è l’orientamento delle imprese capitalistiche amantenerequantopiùaltopossibileillivellodeiprofitti(SylosLabini,1976,pp.216-220).Smithformulòquestatesiconspecificoriferimentoalleespansionicommercialicheavevanoluogo

all’interno di una data giurisdizione politica. Ma la tesi può essere agevolmente riformulata conriferimento all’espansione di un sistema commerciale composto da molteplici giurisdizioni; ed è inquestocheconsisteilresocontoteoricodiHicksdell’espansionemercantilediunsistemadicittà-stato.Egli sostiene che un commercio vantaggioso fornisce continuamente l’incentivo al reinvestimentoabituale dei profitti nella sua ulteriore espansione. Tuttavia, per ottenere dai fornitori un maggiorvolumedifattoriproduttivimaterialigliagentidell’espansionedevonooffrirelorounprezzopiùalto;eperaumentarelevenditeall’altroestremoessidovrebberoaccettareunprezzoinferiore.Quindi,quandounamassacrescentediprofitticercaunreinvestimentonelcommercioenellaproduzione,ildivariotrail prezzo di vendita e quello di acquisto tende a diminuire e il ritmo al quale il commercio puòespandersirallenta(Hicks,1971,pp.52-53).Storicamente, le principali espansioni commerciali hanno avuto luogo solo perché un agente o un

insieme di agenti trovarono i modi e i mezzi per evitare o compensare la riduzione dei margini diprofitto che segue inevitabilmente all’investimento di una crescentemassa di denaro nell’acquisto enella vendita dimerci lungo gli abituali canali commerciali.Generalmente, la principale soluzione èconsistitainungenereonell’altrodidiversificazionedelcommercio;secondoHicks(1971,p.53)«losforzospecificamentecaratteristicodelmercantediricercarenuovioggettidiscambioenuovicanaliditraffico, [è] l’attività che fa di lui un innovatore». La diversificazione del commercio previene lacontrazione dei margini di profitto poiché le eccedenze reinvestite nell’ulteriore espansione delcommercio non vanno ad accrescere la domanda dello stesso genere di input dallo stesso genere difornitori (e dunque non esercitano una pressione verso l’aumento dei prezzi d’acquisto) e/o nonconducono a unamaggiore offerta dello stesso genere di output agli stessi acquirenti (e dunque nonesercitano una pressione verso la riduzione dei prezzi di vendita). Piuttosto, l’espansione procedemediantel’introduzionenelsistemacommercialedinuovigeneridiinputedioutput,e/odinuoveunitàin veste di fornitori o di acquirenti, cosicché una crescente massa di profitti può essere investitanell’espansionedelcommercioedellaproduzionesenzaesercitarealcunapressioneversolariduzionedeimarginidiprofitto.La diversificazione del commercio, sottolinea Hicks, non è semplicemente una combinazione di

commerci più semplici. Innovazioni negli oggetti e nei canali di commercio trasformano la stessastruttura del sistema commerciale, cosicché i ricavi del reinvestimento dei profitti nell’ulterioreespansione del commercio, anziché diminuire, potrebbero anche aumentare. Proprio come «non ènecessariamenteveroche,nellacolonizzazionediunpaesenuovo,laterramiglioresiaquellachevieneoccupata per prima», così «non è affatto detto che le prime opportunità di commercio da esploraredebbanoesserequellecherisultanopiùconvenienti;possonoesserviopportunitàpiùredditiziequalchepassopiùinlàchenonsarannoscopertesenonquandosarannostateesploratelepossibilitàpiùvicine»(Hicks,1971,p.55).In altri termini, spingendo sempre più lontano nello spazio i confini del sistema commerciale, gli

agentidell’espansionecreano lecondizioniper scoprire leopportunitàpiùconvenientichesi trovanopiùlontano.Storicamente,questoampliamentospazialedeiconfinidell’economia-mondocapitalisticaèavvenuto soprattutto sotto il regime genovese e quello britannico. Grazie all’espansione geograficasperimentatadall’economia-mondocapitalisticasottoquestidueregimiestensivi,ilnumero,lagammaelavarietàdellemercinellequaliilcapitalepotevaessereinvestitosenzaprovocareunariduzionedei

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marginidiprofittosimoltiplicaronoimprovvisamente,efuronointalmodocreatelecondizioniperlegrandiespansionicommercialidegliinizidelXVIsecoloedellametàdelXIX.La redditività del commercio e lo stimolo a reinvestire i profitti nella sua espansione può tuttavia

aumentareancheseilmarginetraiprezzidivenditaequellidiacquistosirestringe.Quandoilvolumedel commercio aumenta, tra i vari centri commerciali, così come nell’ambito di un singolo centrocommerciale, si sviluppanonuovedivisionidel lavoro,conunaconseguente riduzionedeicostiedeirischidellelorooperazioni.Lariduzionedeicostiunitaritendeatenerealtiiprofittiancheseilmarginetraiprezzidivenditaequellidiacquistosirestringe,elariduzionedeirischitendeastimolareicentrial reinvestimento dei profitti nell’espansione del commercio anche se i guadagni netti si stannoriducendo.Sottoiregimiestensivileeconomiepiùrilevantierano«esterne»aicentri,eranocioèdovuteaivantaggichederivavanolorodall’appartenereaunpiùampioaggregatocommerciale;sottoiregimiintensivi queste economie erano perlopiù «interne» ai centri, erano cioè dovute ai vantaggi derivantidalla crescita delle dimensioni dei centri stessi. In entrambi i casi, è necessaria una qualchecombinazione di economie esterne e interne perché abbia luogo una qualunque espansionecommerciale,qualechenesialadurata(Hicks,1971,pp.55-56).Da ciò deriva che tutte le espansioni materiali dell’economia-mondo capitalistica sono state la

risultante di due tendenze contrastanti.Da un lato, vi era la tendenza di base verso la riduzione deimarginidiprofittosottol’impattodelreinvestimentoabitualediunamassacrescentediprofittiinunasfera spaziale limitata dalle capacità organizzative dell’agente dell’espansione. Che sia stata omeno«visibile», questa tendenza ha esercitato sulla redditività, e dunque sulle forze dell’espansione, unaspintacostanteversoilbasso.Dall’altrolato,vieralatendenzaallariduzionedeicostiedeirischidelleoperazioni dovuta alle economie interne ed esterne generate dal volume e dalla densità crescenti delcommercio. È stata questa la tendenza che ha determinato l’espansione in avanti nello spazio e neltempofacendoaumentarelaredditività.«Èattraente supporre» sottolineaHicks (1971,pp.65-66)«chevidebbaessereuna fase in cui sia

dominante una delle forze, seguita da una fase in cui sia dominante l’altra: una fase di espansione,seguitadaunafasediristagno.»Hicksèrestioacedereaquestatentazioneemetteinguardia«controuna identificazione troppo faciledeiprocessi logici con le sequenze temporali».Sebbeneuna fasediristagno possa senz’altro seguire una fase di espansione, «può anche accadere che, dopo una pausa,sianoscopertenuoveopportunità,inmodochel’espansioneriprenda».Nelsuoschemailristagnoèsolounapossibilità.Quellocheèinevitabileèchevisiano«pause».Secondo questa concettualizzazione, le espansioni materiali dell’economia-mondo possono essere

descrittemedianteunaopiùtraiettorieaformadiS(icosiddetticiclilogistici),ciascunadellequaliècomposta da una fase A di profitti crescenti e da una fase B di profitti decrescenti; quest’ultima sitrasforma in «ristagno» quando l’espansione si approssima al suo asintoto superiore (vedi fig. 10).Hicks mostra una predilezione a considerare le espansioni commerciali come composte dallacombinazionedi una seriedi curve a formadiS, separateda«pause»piùomeno lunghedurante lequali l’espansione rallentao si arrestadel tutto (vedi fig.11).Sequesta serie di traiettorie congiunteabbiaessastessaunasintotosuperioreèunaquestionerispettoallaqualeHicksnonprendeposizione,comeindicailpuntodidomandamessotraparentesinellafigura11.LariluttanzadiHicksaidentificareilprocessologicoconlasequenzatemporaleèsorprendentesesi

considerachel’economia-mondo(lasuaeconomiamercantile)«nellasuaprimaforma,quandoessasi[eraconcretata]inunsistemadicittà-stato»,acuisiriferiscelasuaconcettualizzazione(Hicks,1971,p.65),nonhapiùconosciutoun’espansionematerialeglobaledopol’espansionefinanziariadellafinedelXIVsecoloedegliinizidelXV.Quando,allafinedelXVsecoloeagliinizidelXIV,l’economia-mondoentròinunanuovafasediespansionemateriale,nonsiconcretòpiùinunsistemadicittà-stato,mainunsistemadi«nazioni»chenoneranopiùstatiedistatichenoneranoancoranazioni.Equestostesso

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sistema cominciò a essere sostituito da una nuova struttura organizzativa non appena l’espansionematerialesitrasformòinun’espansionefinanziaria.

In termini generali, la nostra analisi dei cicli sistemici di accumulazione hamostrato che ciascunaespansione materiale dell’economia-mondo capitalistica si è basata su una particolare strutturaorganizzativa,lacuivitalitàfuprogressivamenteminatadaquestastessaespansione.Taletendenzapuòessere fatta risalire al fatto che, inunmodoonell’altro, tuttequeste espansioni furono limitatedallestesseforzecheleavevanogenerate,cosicchéquantopiùfortiessedivennero,tantopiùfortedivenneanche la tendenza dell’espansione ad arrestarsi. Più in particolare, a mano a mano che la massa dicapitalichecercavaunreinvestimentonelcommercioaumentavasottol’impattodirendimenticrescentioalti,unapartesempremaggioredellospazioeconomiconecessarioamantenere i rendimentiaqueilivellivenivaconsumatoo,perprendereinprestitoun’espressionediDavidHarvey,veniva«annullataattraversoiltempo»(1993,p.140).Equandoicentridelcommercioedell’accumulazionetentaronodiopporsiallariduzionedeiprofittiricorrendoalladiversificazionedelleproprieattività,essiannullaronoancheladistanzaspazialeefunzionalecheavevapermessolorodinonintralciarsiavicendaoperando

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innicchiedimercatopiùomenobenprotette.Pereffettodiquestaduplicetendenza,lacooperazionetraicentri fusostituitadaunacompetizionesemprepiùferoce,cheridusseulteriormente iprofittiecheinfinedistrusselestruttureorganizzativesullequalisieranobasateleprecedentiespansionimateriali.Generalmente,ilpassaggiodallafaseA,caratterizzatadarendimenticrescentiedaun’accelerazione

dell’espansione, alla fase B, caratterizzata da rendimenti decrescenti e da una decelerazionedell’espansione,nonèstatoprovocatodaunacarenzadicapitalichecercavanoinvestimentonellemerci– come nelle «crisi di sovrapproduzione» diMarx –ma da una sovrabbondanza di questi capitali –comenelle«crisidisovraccumulazione»diMarx.Cisiètrovaticioèinpresenzadiun’eccedenzaouneccessodicapitaliinvestiti,ochecercavanoinvestimentonell’acquistoenellavenditadimercioltreillivellodiinvestimenticheavrebbeevitatolacadutadelsaggiodelprofitto.Efinchéunapartediquesticapitalieccedentinonneèstataesclusa,ilsaggiodelprofittocomplessivohatesoacadere,portandoaun’intensificazione della concorrenza all’interno delle varie località e dei vari settori di attività, cosìcometradiessi.

Inognicaso,unapartedell’anticocapitaledovrebbeesserelasciatainattiva.[…]Edèlaconcorrenzachedecidequalealiquotadiessodebbainparticolareesserecondannataall’inoperosità.Finoachegliaffarivannobene,laconcorrenzaesercita[…]un’azionedifratellanzasullaclassecapitalisticachepraticamentesiripartisceilbottinocomune,inproporzionedelrischioassuntodaognuno.Appenanonsitrattapiùdiripartireiprofittimadisuddividereleperdite,ciascunocercadiridurreilpiùpossibilelapropriaquotaparte della perdita, e di riversarla sulle spalle degli altri. La perdita per la classe nell’insieme è inevitabile,ma quanto di essaciascuno debba sopportare, in quale misura debba assumersene una parte, diventa allora questione di forza e di astuzia, e laconcorrenzasitrasformainunalottafrafratellinemici.L’antagonismofral’interessediognisingolocapitalistaequellodellaclassecapitalistica simanifestaalloranello stessomodo incuinelperiododiprosperità sierapraticamenteaffermata,permezzodellaconcorrenza,l’identitàditaliinteressi(Marx,1978,libroterzo,pp.354-355).

SecondoMarx,propriocomesecondoHicks,vièunadifferenzafondamentaletra,daunlato,iltipodiconcorrenzacheprevaletraicentridiaccumulazionequandoiprofitticomplessividelcapitalecresconoo,ancheseindeclino,sonoancoraalti,e,dall’altro,iltipodiconcorrenzacheprevalequandoiprofittiscendonoaldisottodiquellochesiconsideraillivello«ragionevole»o«tollerabile».Ineffetti,ilprimotipo di concorrenza non è affatto tale. Si tratta piuttosto di unmodo di regolare i rapporti tra centriautonomicheinrealtàcooperanotradiloronelsostenereun’espansionecommercialedallaqualetuttitraggonobeneficio,enellaqualelaredditivitàdiciascuncentroècondizionedellaredditivitàdituttiglialtri. Il secondo tipo di concorrenza, invece, è concorrenza nel senso che una sovraccumulazione dicapitaleinduceleorganizzazionicapitalisticheainvaderereciprocamenteirispettivicampidiattività;ladivisionedellavorocheinprecedenzadefinivaiterminidellalororeciprocacooperazionevienemeno;e,semprepiù,leperditediun’organizzazionesonolacondizioneperiprofittidiun’altra.Inbreve,laconcorrenzasitrasformadaungiocoasommapositivainungiocoasommazero(opersinoasommanegativa). Diviene concorrenza spietata, il cui obiettivo principale è il fallimento delle altreorganizzazioni, sebbene ciò implichi il sacrificio dei propri profitti per tutto il tempo necessario araggiungerel’obiettivo.QuestelotteconcorrenzialifratricidenoneranoaffattounanovitàdelXIXsecolo,comeMarxpensava

osembròpensare.Alcontrario,essecontraddistinsero lostesso iniziodell’eracapitalistica.SeguendoHickseBraudel,abbiamofattorisalirelaloroprimafaseallaguerra«italiana»deicentoanni.Nelcorsodi questo lungo conflitto, le organizzazioni capitalistiche dominanti del tempo, le città-stato italiane,passarono dai rapporti di fratellanza intrattenuti durante la precedente espansione commercialepaneuroasiatica,allacondizionedifratelliostilichelottavanoperscaricarsiavicendaleperditedovutealladisintegrazionedelpiùvastosistemacommercialecheavevafattolelorofortune.Lafinediciascunasuccessivaespansionematerialedell’economia-mondoeuropeafucaratterizzata

da lotte analoghe. Al termine dell’espansione commerciale degli inizi del XVI secolo, le città-statoavevanocessatodiessereleaderneiprocessisistemicidiaccumulazionedelcapitale.Illoropostoera

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stato preso da «nazioni» cosmopolite di mercanti banchieri che operavano da città-mercato comeAnversa e Lione. Fin quando l’espansione commerciale si trovò nella sua fase ascendente, queste«nazioni»cooperaronocomeuna fratellanzanella regolazionedelmercatodeiprodotti edelmercatomonetariopaneuropei.Manonappena i rendimentidel capitale investitonel commerciodiminuironobruscamente,laconcorrenzadivenneostileelafratellanzasidissolse.Alterminedell’espansionecommercialedellafinedelXVIIsecoloedegliinizidelXVIII,iprotagonisti

del dramma capitalistico erano cambiati ancora una volta. Erano, ora, gli stati-nazione e le relativecompagnie privilegiate. Ma il copione era assai simile a quello delle precedenti fasi della lottaintercapitalistica. I rapporti sufficientemente armoniosi della prima metà del XVIII secolo sideterioraronorapidamentenellasecondametà.AncorprimadellafinedelleguerrenapoleonichelaGranBretagnaavevacentralizzatonellesuemaniilcontrollodelcommercioditransito,elaCompagniadelleIndieOrientaliavevacausatoilfallimentodituttiisuoirivali.L’unica novità dell’intensificazione della concorrenza intercapitalistica che caratterizzò il

rallentamentodell’espansionecommercialedellametàdelXIXsecolofuche,percircaventicinqueanni,laconcorrenzaaccanitasuiprezzitraleimpreseoccupòilcentrodellascena,mentreigovernirimaserodietro lequinte.Acavallodeiduesecoli, tuttavia,unacorsaagliarmamenti,dapartedeigoverni,didimensionieportatasenzaprecedenticominciòaprendereilpostodell’accanitaconcorrenzasuiprezzitraleimprese.EtraloscoppiodellaPrimaelafinedellaSecondaguerramondiale,ilvecchiocopionedellaguerra«italiana»deicentoannifurecitatoancoraunavolta,suunarcotemporaleassaipiùbreve,masuunascalaeconmezzicosìabbondantieterrificantiqualimaiiprecedentiprotagonistiavrebberopotutoimmaginare.Le espansioni finanziarie di Braudel furono aspetti integranti di tutte queste intensificazioni nelle

lotte competitive intercapitalistiche. Ineffetti esse furonoal tempostessoprincipale espressioneeunfattore di una crescente contraddizione tra la valorizzazione del capitale e l’espansione materialedell’economia-mondo.Questacontraddizionepuòesseredescrittacomeunabiforcazionedellalogisticadell’espansione commerciale (vedi fig. 12). In questa rappresentazione, la curva (D) che precede labiforcazione, assieme alla diramazione superiore (MM’) che la segue, descrivono l’espansione dellaquotadicapitalemonetarioinvestitanelcommercio,nell’ipotesichetuttiiprofittidelcommerciosianoabitualmente reinvestiti nella sua ulteriore espansione. In questa ipotesi di una logica di espansionepuramentecommercialeomercantile–unalogicanellaqualel’espansionedelcommercioèunfineinsé, cosicché iprofittivengonoabitualmente reinvestiti inesso– il ritmoalquale laquotadi capitaleaumentanelcorsodel tempo ( D/ t, cioè l’inclinazionedella logistica) rappresentaanche il tassodirendimentodellaquotadicapitaleinvestitonelcommercio,il«saggiodelprofitto»diAdamSmith.

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La logistica inferiore (DD’), composta dalla stessa curva (D) precedente alla biforcazione e dalladiramazioneinferiore(MD’)chelasegue,descriveanchel’espansionedellaquotadicapitalemonetarioinvestita nel commercio. Tuttavia, descrive quest’espansione nell’ipotesi che il reinvestimento deiprofitti del commercio segua una logica rigorosamente capitalistica, una logica, cioè, nella qualel’obiettivodiquestoreinvestimentoèl’espansionedelcapitalemonetarioenonquelladelcommercio.Unagentechereinvesteabitualmenteiprofittidelcommercionellasuaulterioreespansione,econtinuaa farlo fino a quando i rendimenti del capitale così investito sono positivi, non può essere definito«capitalista»,perquantograndesialosforzodiimmaginazione.Unagentecapitalistico,perdefinizione,èinteressatoprincipalmente,senonesclusivamente,all’incessanteespansionedellasuaquotadidenaro(D) e, a questo scopo, metterà continuamente a confronto i rendimenti che può ragionevolmenteattendersidalreinvestimentodelsuocapitalenelletransazioniinmerci(cioèdall’aumentodivaloreinbase alla formula D-M-D’), con i rendimenti che può ragionevolmente attendersi dalla scelta diconservare in forma liquida le eccedenzemonetarie per essere poi pronto a investirle in transazionifinanziarie(cioèdall’aumentodivaloresecondolaformulaabbreviataD-D’).Inquesto contesto è stranoche,nelle concettualizzazionidimolti seguacidiMarxediWeber, gli

agenti capitalistici siano stati definiti come caratterizzati da propensioni a-razionali e irrazionali alreinvestimentodeiprofittinelleattivitàcheliavevanogenerati,einparticolareinimpianti,attrezzaturee lavoro salariato, senza curarsi affatto dei più elementari calcoli costi-benefici e di considerazioniutilitaristiche.Questacuriosadefinizionenontrovadifattoalcunacorrispondenzanell’esperienzarealediimpreseproduttricidiprofittodisuccesso,inqualunqueepocaoluogodellastoriamondiale.Essahaprobabilmente origine dalla facezia marxiana (Marx, 1978, libro primo, p. 730): «Accumulate,accumulate!QuestaèlaLeggeequestodiconoiprofeti!»,odallatesiweberianasecondocuil’essenzadellospiritocapitalisticoè«ilguadagnodeldenaroedisemprepiùdenaro[…]pensatointantapurezzacomefineasestesso,chedifronteallafelicitàeall’utilitàdelsingoloindividuoapparecomequalchecosa di interamente trascendente e persino di irrazionale». Qui non siamo interessati allo scopo diqueste affermazioni nei contesti in cui esse furono formulate. Va tuttaviamesso in evidenza che, inquanto caratterizzazioni del comportamento effettivo di agenti capitalistici di rilevanza storico-mondiale, queste affermazioni sono altrettanto infondate della caratterizzazione schumpeteriana degli

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agenti territorialisti precapitalistici, considerati spinti da propensioni a-razionali e irrazionaliall’espansioneviolenta,ignaredilimitiutilitaristicamentedefiniti(vedicap.1).Pocoprimadiproferirelamassima«Accumulate,accumulate!»,lostessoMarx(1978,libroprimo,p.

728)sottolineò«labramadidominiocomeelementodell’istintodell’arricchimento».Eglipoicontinuòosservandoche:

Ilprogressodellaproduzionecapitalisticanoncreasoltantounmondodigodimenti:apreanche,conlaspeculazioneeconilcredito,millefontidiarricchimentoimprovviso.Auncertolivellodisviluppoungradoconvenzionaledisperpero,cheèallostessotempoostentazione della ricchezza e quindi mezzo di credito, diventa addirittura necessità di mestiere per il «disgraziato» capitalista(Marx,1978,libroprimo,p.729).

Tuttoquestononèmenoveroperl’odiernocapitalestatunitensediquantononlofosseperilcapitalefiorentinodelXVsecolo.Unagentedell’accumulazionedelcapitaleècapitalisticoproprioperchétraeprofittiampiecostantidall’investimentodellasuaquotadidenaronelcommercioenellaproduzione,onellaspeculazioneenelsistemacreditizio,asecondadiqualeformula(D-M-D’oD-D’)conferiscaaqueldenaro lamaggiore facoltà di riprodursi. E, come osserva lo stessoMarx, la stessa espansione dellaproduzionecapitalisticacrealecondizioniperilvantaggiosoinvestimentodidenaronellaspeculazioneenelsistemacreditizio.Nellamisuraincuilefacoltàriproduttivedelledueformulesonoripetutamenteedestesamentemesse

a confronto – nellamisura in cui, cioè, quell’investimento nel commercio è dominato da una logicacapitalistica–leespansionicommercialisonodestinateadaveretermineconun’espansionefinanziaria.Quandoirendimentidelcapitaleinvestitonelloscambiodimerci,perquantoancorapositivi,cadonoaldi sotto di un certo tasso critico (Rx), che rappresenta ciò che il capitale può fruttare se investito intransazionimonetarie,unnumerocrescentediorganizzazioni capitalistiche si asterràdal reinvestire iprofittinell’ulterioreespansionedelloscambiodimerci.Leloroeccedenzemonetariesarannodirottatedalle transazioni in merci a quelle monetarie. È a questo punto che la traiettoria delle espansionicommerciali mondiali si «biforca» in due diramazioni idealtipiche: una diramazione superiore chedescrive l’espansione dello scambio di merci nel caso in cui essa fosse guidata da una logicarigorosamentemercantile,eunadiramazioneinferiorechedescrivel’espansionedelloscambiodimercinelcasoincuiessafosseguidatadaunalogicarigorosamentecapitalistica.Lafigura12cidicechenellafaseAdelleespansionimercantilisia leorganizzazionicapitalistiche

che quelle non capitalistiche sono indotte dai rendimenti crescenti e dai rischi decrescenti degliinvestimenti nel commercio a reinvestirne i profitti nella sua ulteriore espansione.Ci dice anche cheentrambiitipidiorganizzazionecontinuanoareinvestireiprofittidelcommercionellasuaespansioneanchenellefasiB,masolofinoaquandoirendimenti,sebbenedecrescenti,sianoancoraalti.Amanoamano,però,chei rendimenticontinuanoadiminuire, leorganizzazionichesi trovanonellaposizionepiù adatta, o che sono più propense a seguire una logica di espansione puramente capitalistica,comincianoadisimpegnareleeccedenzedalcommercioeamantenerleinformadidenaro(cosicchéilcapitale investito nel commercio smette di aumentare) mentre le organizzazioni non capitalistichecontinuanoareinvestireiprofittinell’ulterioreespansionedelcommerciofinoacheirendimentisonopositivi.Secondo una lettura smithiana-hicksiana di questa descrizione delle espansioni commerciali, la

biforcazionehaluogoprincipalmentecomeconseguenzadiaccordirestrittividellaconcorrenza,favoritieimpostidalleorganizzazionicapitalisticheadifesadellaredditività.Valeadirechelabiforcazioneèun’espressione,daunlato,dellatendenzadelleespansionicommercialiaridurreiprofittie,dall’altro,della controtendenza delle organizzazioni capitalistiche a limitare l’accesso al mercato riproducendosistematicamenteunasituazionedioffertainsufficiente,inmododaportarelaredditivitàaldisopradellivello altrimenti raggiunto. Se a prevalere è la prima tendenza, l’espansione commerciale giunge al

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termine lungo la traiettoria superiore (MM’) perché i profitti sono ridotti a un livello appena«tollerabile»; ma se a prevalere è la seconda tendenza, sono le restrizioni imposte all’espansionecommerciale dal vittorioso tentativo delle organizzazioni capitalistiche di mantenere i profitti a unlivello superiore a quello appena «tollerabile» che vi pongono termine lungo la traiettoria inferiore(MD’).Quest’ultimasituazionecorrispondeallamassimadiHicksallaqualeabbiamofattoripetutamenteriferimento nella nostra analisi storica, e secondo la quale nelle fasi conclusive delle espansionicommerciali i profitti possono rimanere elevati solo a condizione che essi non vengano reinvestitinell’ulterioreespansionedelcommercio.Puòessereragionevolesupporreche,all’internodialcuneparticolarigiurisdizionipolitiche,le«classi

dipersonechedi solito impiegano i capitalimaggiori, e cheper la loro ricchezza si attirano lapartemaggioredellaconsiderazionepubblica»,comeSmith(1976,vol.I,p.301)descrisseilbigbusinessdelsuo tempo,disponganodiunpotere sufficiente a stabilire e imporrequelgeneredi accordi restrittivinecessariamanteneresaldamentel’economiasulpercorsoinferiore(MD)distagnazionemateriale.Main un’economia-mondo composta da molteplici giurisdizioni politiche un’ipotesi del genere non èaffatto ragionevole.Storicamente,nessungruppocapitalisticohamaidispostodelpoterenecessarioaimpedirealleorganizzazionicapitalisticheenoncapitalisticheoperantisottoaltregiurisdizionipolitichediaumentareiprezzidiacquistodeifattoriproduttivi,accrescendoneladomandamondiale,odiridurreiprezzidivenditadeiprodottifinali,accrescendonel’offertamondiale.Tuttavia,rifacendosiaWeber,lanostraanalisihamostratocheèproprioladivisionedell’economia-

mondo in molteplici giurisdizioni politiche in reciproca concorrenza che ha fornito agli agenticapitalistici lemaggioriopportunitàdicontinuareaespandere ilvaloredel lorocapitale inperiodidistagnazionematerialeglobaledell’economia-mondoaltrettantovelocemente,oanchepiùvelocemente,chedurante iperiodidiespansionemateriale. Ineffetti,senonfosseper laricercadelpoterechepersecoli ha alimentato la concorrenza tra gli stati per il capitale mobile, la nostra ipotesi di unabiforcazionenellalogisticadell’accumulazionedicapitalenonavrebbealcunsenso.Comenelmondoimmaginario dell’economia teorica, l’offerta sovrabbondante di capitale monetario generata dairendimentidecrescentinell’acquistoenellavenditadellemercispingerebbeversoilbassoirendimentiancheneimercatifinanziari,eliminandointalmodol’incentivoatrasferireledisponibilitàliquidedalloscambiodimercialletransazionimonetarie.Manelmondorealedelcapitalismo,dall’epocadeiMedicifinoaigiorninostri,lecosefunzionanoinmododiverso.Inognifasediespansionefinanziariadell’economia-mondo,lasovrabbondanzadicapitalemonetario

generata dai rendimenti decrescenti e dai rischi crescenti del suo impiego nel commercio e nellaproduzione è stata eguagliata, o persino superata, da un’espansione più o meno simultanea delladomandadicapitalemonetariodapartediorganizzazioniperlequaliilpotereeilprestigio,invececheilprofitto,costituivanoiprincìpiguidadell’azione.Generalmentequesteorganizzazioninonvenivanoscoraggiate quanto le organizzazioni capitalistiche dai rendimenti decrescenti e dai rischi crescentidell’impiego del capitale nel commercio e nella produzione. Al contrario, esse lottarono contro irendimentidecrescentiprendendo inprestito tutto ilcapitalepossibile,e investendoloperconquistareconlaforzamercati,territoriepopolazioni.Questacorrispondenzaapprossimativama ricorrentedellecondizionidioffertaedidomandadelle

espansioni finanziarie riflette la simultanea tendenza alla caduta dei rendimenti del capitale investitonell’espansionedelcommercioeall’intensificazionedellepressioniconcorrenziali,checolpisceinparimisura le organizzazioni capitalistiche e quelle territorialiste. Questa combinazione di circostanzeinducealcuniagenti(inparticolarequellicapitalistici)atrasferirelepropriedisponibilitàfinanziariedalsistema commerciale a quello creditizio, aumentando in talmodo l’offerta di fondimutuabili, e altriagenti (in particolare quelli territorialisti) a cercare, attraverso il prestito, quelle risorse finanziarieaggiuntive necessarie a sopravvivere in un ambiente maggiormente competitivo, accrescendo in tal

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modoladomandadifondimutuabili.Daciòderivachelediramazioninellequalisiritienesibiforchinolelogistichedell’espansioneeconomicamondiale,unadiramazionedimassimizzazionedelleentrateeuna diramazione dimassimizzazione dei profitti, non descrivono le traiettorie reali. Esse descrivonoinvece un campo di forze definito dalla coesistenza di due percorsi idealtipici di accumulazione delcapitalealternativiechesiescludonoavicenda,lacuiunitàeopposizionecostituisconolafontedellaturbolenzaedell’instabilitànelsistemamondialedelcommercioedell’accumulazione.Unsingolopercorsoindicachelalogicadimassimizzazionedelprofittopropriadell’accumulazione

dicapitaleelalogicadimassimizzazionedelricavopropriadelleespansionicommercialicoincidonoesisostengonoavicenda.L’economia-mondopuòcontareperlapropriaespansionesulsemprecrescentevolume di denaro e sugli altri mezzi di pagamento che cercano investimento nel commercio. E ilcapitale può contare per la propria valorizzazione sulla disponibilità di un numero e di una varietàsemprecrescentidinicchiedimercatospecializzate,nellequaliunamassacrescentedimercipuòesserecomprataevendutasenzacheilsuovaloresiriduca.L’accumulazionedelcapitalelungoquestosingolopercorso è radicata tanto saldamente nell’espansione materiale dell’economia-mondo quanto ilterrapieno di una ferrovia lo è nel terreno. In queste circostanze il ritmo al quale sia il volume delcommerciocheilvaloredelcapitaleaumentanononèsolorapidomaanchecostante.Quando i due percorsi si biforcano, invece, la logica dell’espansione commerciale e la logica

dell’accumulazione di capitale divergono; l’accumulazione di capitale non è più radicatanell’espansione dell’economia-mondo e il ritmo di entrambi i processi non solo rallentama divieneincerto.Labiforcazionecreauncampodi turbolenzealcui internoilcapitaleeffettivamenteinvestitonel commercio è soggetto a forze contraddittorie di attrazione/repulsione verso/da i due percorsialternativi che potrebbe in teoria seguire: un percorso superiore dimassimizzazione del valore degliscambiedeiricavi,eunpercorsoinferioredimassimizzazionedellamassadeiprofittiedelvaloredelcapitale. La propensione delle organizzazioni non capitalistiche a spezzare i limiti imposti alla lororicerca di prestigio e di potere dal rallentamento dell’espansione del commercio tende di continuo aspingereversol’altolamassadelcapitaledicreditoinvestitonell’acquistodimerci.Laredditivitàdeicapitali investiti nel commercio e nella produzione è così ridotta a un livello appena o meno che«tollerabile», mentre i rendimenti del capitale investito nelle attività creditizie e nella speculazionesalgono vertiginosamente. La propensione delle organizzazioni capitalistiche a ritirare le eccedenzeliquidedalcommercioedallaproduzioneinrispostaallacadutadeiprofittieallacrescitadeirischi,alcontrario,tendedicontinuoaspingereversoilbassolamassadelcapitaleinvestitoinmerci;questofasìche iprofittidelcommercioedellaproduzionesalgano,echequellidelleattivitàcreditizieedellaspeculazionecalino.Inbreve,quando l’accumulazionedelcapitaleentra inuna fase (M-D’)di espansione finanziaria, la

suatraiettorianonsegueunpercorsocostante,madivienesoggettaaperiodidiflessioneediripresadimaggiore o minore intensità, che ricreano e distruggono ripetutamente la redditività del capitaleinvestitonelcommercio.Questa instabilitàdeiprocessidiaccumulazionedelcapitalepuòesseresololocaleetemporanea,opuòesseresistemicaepermanente.Nelmodellorappresentatonellafigura13,lefasi di flessione edi ripresanell’ammontaredel capitale investitonel commercio sonoconfinate allagamma di valori compresa dai percorsi di espansione, quello di massimizzazione delle entrate e ilpercorso di massimizzazione dei profitti, e alla fine riportano l’economia-mondo su un percorso diespansionestabile.Nelmodellomostratonella figura14,alcontrario, le fasidi flessioneedi ripresanon sono circoscritte alla gamma di valori racchiusa dai due percorsi idealtipici, e non riportanol’economia-mondosuunpercorsodistabileespansione.Inquestosecondomodellol’instabilità tendeadautorafforzarsi,eponetermineinmododefinitivoall’espansionedell’economia-mondo,cosìcomeèorganizzata in quel particolare periodo, anche se, in teoria, l’espansione stabile potrebbe riprendere,comeèindicatodallelineetratteggiatenellafigura14.

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La distinzione tra questi duemodelli di instabilità può essere considerata una specificazione delladistinzionecheHickstracciatrapureesemplicipausenelprocessodiespansionedell’economia-mondoesuoeffettivoarresto.Inquestaspecificazione,ilmodellodellafigura13corrispondeaunapausa.Laturbolenza è soltanto locale, e non appena viene superata, l’espansione stabile può riprendere. Ilmodello della figura 14 corrisponde invece a un genuino arresto dell’espansione. La turbolenza è«sistemica», e l’economia-mondo, così come è organizzata in quel periodo, è incapace di far ritornosullatraiettoriadell’espansionestabile.La nostra indagine è stata limitata alle espansioni finanziarie di quest’ultimo tipo.Delimitando in

questomodoilnostrooggettodianalisiabbiamoseguitoleormediBraudel,chehasceltosoloalcuneespansioni finanziarie come il «segnale dell’autunno» di importanti sviluppi capitalistici. Nel darerilievoaquestofenomenoricorrente,Braudelsiconcentròsuglispostamentidalcommercioallafinanzadapartedicomunitàcapitalistichemoltoparticolari:quellagenovese,quellaolandeseequellainglese.Questa sceltapuòesseregiustificata induemodi: inprimo luogo,all’epocadel loro spostamentodalcommercioallafinanzaquestiagentioccupavanounaposizionedicontrollosullepiùimportantiretidelcommerciodi lungadistanzaedell’alta finanza– le reti,cioè,chepiùcontavanonel rimescolamentodelle merci e dei mezzi di pagamento attraverso l’intero spazio dell’economia-mondo; in secondoluogo,questiagentiavevanosvoltounruologuidanelleespansionicommercialicheavevanosegnatoun’epocaechestavanocominciandoafruttarerendimentidecrescenti.Grazieallaposizionedicontrolloedileadershipnelsistemacommercialeemonetariomondialidellelororispettiveepoche,questiagenti(oparticolarigruppiristrettiallorointerno)eranoingradodisaperemegliodichiunquealtroquandoeragiuntoilmomentodidisimpegnarsidalcommercioperevitareuncrollocatastroficodeiprofitti,eanchechecosafarepertrarrevantaggio,enonsvantaggio,dallaconseguenteinstabilitànell’economia-mondo. Questa superiore conoscenza – radicata nella loro posizione piuttosto che in «capacità diintellettoevolontà“supernormali”,comeSchumpeter(1977,p.92)avrebbevolutofarcicredere–dàall’azionediquestecomunità,nelmomentodeilororispettivispostamentidalcommercioallafinanza,unduplicesignificatosistemico.Daunlato,questolorospostamentopuòessereconsideratocomeilsintomopiùevidentedelfattoche

fossedavverogiuntoilmomentodiporretermineall’espansionecommerciale,inmododaimpedirledidistruggerelaredditività.Inoltre,gliagentiinquestionesitrovavanoinunaposizionemigliorerispettoa chiunque altro per controllare e influenzare le tendenze complessive dell’economia-mondocapitalistica, cioè per operare come intermediari e regolatori dell’espansione dell’offerta e delladomanda di capitale monetario. Che fosse o meno «il momento giusto», quando questi agenticominciaronoaspecializzarsinell’altafinanzafacilitaronol’incontrodidomandaeofferta.Intalmodorafforzarono la tendenza delle organizzazioni capitalistiche a trasferire le proprie disponibilitàfinanziarie dall’acquisto di merci verso il prestito di denaro, e, allo stesso tempo, quella delleorganizzazioni non capitalistiche a ottenere, con il ricorso al prestito, il denaro necessario alla lororicercadipotereediprestigio.

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Inquestaveste,lecomunitàdimercantifinanziericheoccupavanoipostidicomandodell’economia-mondoregistraronotendenzecheessinonavevanocreato,esilimitaronoa«servire»leorganizzazionicapitalisticheequellenoncapitalistichenelperseguimentodeirispettiviobiettivi.Allostessotempo,lasuperioreconoscenzadellecondizionidelmercatomondialeeilsuperiorecontrollosullaliquiditàdelsistema commerciale consentì a queste comunità di trasformare l’instabilità dell’economia-mondo inuna fonte di considerevoli e sicuri profitti speculativi. Pertanto, esse non avevano alcun interesse amoderarel’instabilità:anzi,alcunediessepotrebberodifattoavercercatodiaggravarla.Macheciòsiaavvenutoomeno,gliagentidominantidelleespansionifinanziarienonfuronomaila

causa principale del crollo definitivo del sistema che essi regolavano e sfruttavano. L’instabilità erastrutturale, e tendeva ad acquisire un proprio slancio che andava al di là del potere di controllo deiregolatoridelmotorecapitalisticodell’epoca.Coltempo,sostenerequestoslanciodivenneuncompitoeccessivoperleesistentistruttureorganizzativedell’economia-mondo;equando,infine,questestrutturecrollarono,ilterrenoeraprontoperl’iniziodiunnuovociclosistemicodiaccumulazione.Laricorrenzadeiciclisistemicidiaccumulazionepuòdunqueesseredescrittacomeunasuccessione

difasidiespansionestabiledell’economia-mondocapitalisticachesialternanoafasiditurbolenza,nelcorso delle quali vengono distrutte le condizioni di una espansione stabile lungo un determinatopercorsodi sviluppoevengonocreatequellediunanuovaespansione lungounpercorsodi sviluppodiverso(vedifig.15).Inquantotali,lefasiditurbolenzasonomomentidiripiegamentoedicrescentedisorganizzazione, oltre che di dislocazione e riorganizzazione dei processi di accumulazione delcapitale suscalamondiale.Lecrisi spia (S1,S2,S3eS4), che annunciano il raggiungimentodei limitidell’espansionestabilelungoilvecchiopercorsodisviluppo,segnalanoanchel’emergerediunnuovo

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percorso di sviluppo, come è mostrato nella figura 15 con l’emergere di una traiettoria punteggiatainferioremaascendente.L’emergerediunnuovopercorsodisviluppo,dotatorispettoalvecchiodiunmaggiorepotenziale,è

un aspetto integrante della crescente turbolenza sperimentata dall’economia-mondodurante le fasi diespansionefinanziaria.EssacorrispondeallatesidiMarxdiunriciclaggiodelcapitalemonetariodallestrutture organizzative che hanno raggiunto i limiti della loro espansione materiale alle struttureorganizzativechestannoappenacominciandoarealizzareilloropotenzialedicrescita.Comeabbiamovisto nell’Introduzione, Marx accennò a questo riciclaggio nella sua analisi dell’accumulazioneoriginaria,quandoriconobbe laperdurante rilevanzadeldebitopubblicocomemezzodiun’invisibilecooperazione intercapitalistica che avviava ripetutamente l’accumulazione del capitale attraverso lospazio-tempodell’economia-mondocapitalistica,daVenezianellaprimaetàmoderna,passandoperleProvinceUniteeilRegnoUnito,finoagliStatiUnitinelXIXsecolo.Eaccennòancoraaunriciclaggiodel capitale monetario da una struttura organizzativa a un’altra nella sua analisi della crescenteconcentrazione di capitale, che costituisce invariabilmente il prodotto e la soluzione delle crisi disovraccumulazione:

[s’]accentua la concentrazione perché, oltre certi limiti, un grande capitale con un basso saggio del profitto accumula piùrapidamentediuncapitalepiccoloconunelevatosaggiodelprofitto.Lamassadeipiccolicapitalifrantumativienecosìtrascinatasulla via delle avventure: speculazione, imbrogli creditizi e azionari, crisi. Quando si parla di pletora di capitale ci si riferiscesempreoquasisempre,insostanza,allapletoradicapitaleperilqualelacadutadelsaggiodelprofittononècompensatadallasuamassa[…]oallapletorachequesticapitali,incapacidioperareperproprioconto,mettono,sottoformadicredito,adisposizionedeidirigentidellegrandiimprese(Marx,1978,libroterzo,pp.351-352).

Marxnonstabilìunnessotralesueriflessionirelativealriciclaggiodelcapitalemonetarioattraversolospazio-tempodell’economia-mondo capitalistica e quelle relative a un analogo riciclaggio dalle sfereorganizzative di imprese «incapaci di operare per proprio conto» a quelle di organizzazioniimprenditoriali più potenti. Se egli avesse poi scritto il sesto volume del Capitale, descritto nelcompendioinizialecomeil«volumesulmercatomondialeesullecrisi»,avrebbeforseavutobisognodistabilire questo nesso. In ogni caso, l’utilità delle sue riflessioni è maggiore qualora le si consideriassieme, per riconoscere nella concentrazione del capitale che ha luogo mediante un’espansionefinanziaria il meccanismo fondamentale attraverso il quale la fine di un particolare ciclo diaccumulazionesuscalamondialevienetrasformatonell’iniziodiunnuovociclo.Incorporandoquestaipotesinelnostroapparatoconcettuale,dobbiamotenerebenpresentiidifferenti

generi di «concentrazione del capitale» affiorati nella nostra indagine storica sui cicli sistemici diaccumulazione. Il verbo «concentrare» possiede due significati pertinenti ai nostri interessi: 1) «farconvergereinoversouncentrocomune»,e2)«aumentarelaforza,ladensitàol’intensità».Varieformediconcentrazionedelcapitale,inunaoinentrambequesteaccezioni,sisonoverificateintuttelefasidiespansione finanziaria dell’economia-mondo capitalistica. Eppure solo alcune forme divennero ilfondamentodiunnuovociclosistemicodiaccumulazione.Nell’espansionefinanziariadellafinedelXIVsecoloedegliinizidelXV l’accumulazionedicapitale

venneaessereconcentratainunnumerominoredicittà-stato,lacuiforzaelacuidensitàaumentaronocon la sottrazione ai rivali delle attività di scambio di merci e delle transazioni monetarie e conl’assunzione del controllo dei territori e delle popolazioni delle città-stato più deboli. Questaconcentrazione di capitale ebbe luogo all’interno delle strutture organizzative del sistema delle città-stato.Essaaumentòledimensionielaforzadelleunitàsopravvissutee,almenosulbreveperiodo,dellostessosistema.Tuttavianonfuquestoprimotipodiconcentrazioneagettarelefondamentadelprimociclosistemico

diaccumulazione.Essefuronoinvecegettatedaunsecondotipodiconcentrazione,conlaformazione

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diunanuova strutturaorganizzativacheuniva le energiedelle retidi accumulazionecosmopolite (inparticolarediquellagenovese)conquelledellapiùforteretedipoteredisponibile(quellaiberica).Analogamente, durante l’espansione finanziaria della fine del XVI secolo e degli inizi del XVII,

l’allontanamentodei traffici dalle fierediLione e la subordinazionediAnversa eSiviglia al sistemadellefierediPiacenzacostituironosenzadubbiounaformadiconcentrazionedelcapitaleindirezione,eall’interno, della sfera organizzativa della «nazione» genovese, a spese di tutte le altre «nazioni»capitalistiche.Eppure,ancoraunavolta,nonfuquestogenerediconcentrazionedelcapitale,internaallestrutture preesistenti, a divenire il fondamento del secondo ciclo sistemico di accumulazione. Lodivenneinvecelaconcentrazionedelcapitalecheposenellemanidell’élitemercantileolandeseimezzinecessari a sostenere i costi della formazione di un nuovo genere di stato (le ProvinceUnite), di unnuovo genere di sistema interstatale (il Sistema di Vestfalia), di un nuovo genere di organizzazioneimprenditoriale (le compagnie per azioni dotate di privilegi e di un mercato azionario in sedutapermanente).Laconcentrazionedel capitale cheebbe luogodurante l’espansione finanziariadella secondametà

delXVIII secolo fu un processo assai più complesso di quello verificatosi nel corso delle precedentiespansioni finanziarie, a causa dell’intromissione di organizzazioni territorialiste che avevano avutosuccesso nell’internalizzare il capitalismo. Una tendenza analoga può nondimeno essere osservataconcentrandosi sulle organizzazioni imprenditoriali dominanti del ciclo olandese: le compagnie perazionidotatediprivilegi.Allafinedelsecoloilcapitaleinvestitoinquestecompagnievenneaessereconcentratoquasiinteramenteinunasoladiesse,laCompagniainglesedelleIndieOrientali,mentrelamaggior parte delle altre compagnie erano fallite.Anche se le conquiste territoriali dellaCompagniainglesedivennerounacomponentefondamentaledellebasidelterzociclosistemicodiaccumulazione,lesuesortifuronodiverse.Lestruttureorganizzativedell’imperialismodelliberoscambiobritannicosibasavano tanto sulla formazione di un impero britannico in India, quanto sulla progressiva«deregolamentazione»,einfinesullaliquidazione,delleattivitàdellaCompagniadelleIndieOrientali.Interminigenerali,dunque,ladocumentazionestoricamostrachenellefasidiespansionefinanziaria

dell’economia-mondo capitalistica si sono verificati contemporaneamente due tipi differenti diconcentrazione di capitale. Il primo si è avuto all’interno delle strutture organizzative del ciclo diaccumulazionechesistavaconcludendo.Generalmente,questotipodiconcentrazioneèstatoassociatoa un «momento meraviglioso» finale di rinascita (R1 R2, R3, R4, nella figura 15) del regime diaccumulazioneancoradominantemasemprepiùinstabile.Tuttavia,questomomentomeravigliosononèmai stato, per quel regime, l’espressione di rinnovate possibilità di generare una nuova tornata diespansionemateriale dell’economia-mondo capitalistica.Al contrario, è sempre stato l’espressionediun’intensificazionedellalottaconcorrenzialeedipoterecheerasulpuntodicausarelacrisiterminaledelregime(T1,T2,T3nellafigura15).L’altro genere di concentrazione del capitale che si è verificata nel corso delle fasi di espansione

finanziaria dell’economia-mondo capitalistica può aver contribuito omeno alla ripresa del regime diaccumulazioneesistente.Inognicaso, lasuaprincipalefunzionestoricaèstataquelladiaggravarelacrisidelsistemadandovitaastruttureregionalidiaccumulazionechedestabilizzaronoulteriormenteilvecchioregimeeprefiguraronol’emergerediunnuovoregime.Unavoltacrollatiivecchiregimisottoil pesodelleproprie contraddizioni, il terreno fuprontoperchénuovi regimidivenissero a lorovoltadominanti,ricostituisserol’economia-mondosunuovefondamentaorganizzativeepromuovesserounanuovatornatadiespansionematerialedell’economia-mondocapitalistica.Ilprofiloascendentedellasuccessionedeiciclisistemicidiaccumulazionemostratanellafigura15

indicaquestosecondotipodiconcentrazionedelcapitale.Spessomenospettacolaredelprimo,èstatoquest’ultimo a svolgere il ruolo più significativo nello spingere l’economia-mondo capitalistica, dalfondodiciascunacrisisistemica,versol’esternoeinavantinellospazioeneltempo,inunprocessodi

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espansioneapparentementesenzafine.RaccontarelastoriadellungoXXsecoloconsiste ingranpartenelmostrarecomeeperchéilregimediaccumulazionestatunitense:

1. emersedai limiti, dalle contraddizioni edalla crisi dell’imperialismodel libero scambiodellaGranBretagnacomestrutturaregionaledominantedell’economia-mondocapitalistica;2. ricostituì l’economia-mondo su basi che resero possibile un’altra tornata di espansionemateriale;3. ha raggiunto la propriamaturità e sta forse preparando il terrenoper l’emergeredi unnuovoregimedominante.

Nelquartocapitolociconcentreremodapprimasullecontraddizionidelregimebritannicochecrearonolecondizioniperl’emergeredelregimediaccumulazionestatunitense.Passeremopoiadanalizzarelaformazione del regime statunitense e il ciclo sistemico di accumulazione che ne è derivato. Nellasezione conclusivadel capitolo indagheremo sulprocesso attraverso il quale la crisi spiadel ciclodiaccumulazionestatunitensesitrasformòinunanuovabelleépoqueche,sottomoltiaspetti,richiamavaallamentel’epocaedoardianaequella«delleparrucche».Nell’Epilogo,infine,descriveremolestrutturediaccumulazione regionali (dell’Asiaorientale)emersenelcorsodellacrisidel regimestatunitenseeche hanno acquisito sempremaggiore rilevanza nel modellare il presente e il futuro dell’economia-mondocapitalistica.

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4.IllungoXXsecolo

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Ladialetticadimercatoepianificazione

Le strategie e le strutture di accumulazione del capitale che hanno dato forma alla nostra epocaemersero per la prima volta nell’ultimo quarto del XIX secolo. Esse ebbero origine da una nuovainternalizzazionedeicostiall’internodellalogicadirisparmiodell’impresacapitalistica.Propriocomeil regimeolandeseavevaportato iprocessidiaccumulazionedelcapitalesuscalamondialeunpassooltrerispettoaigenovesiinternalizzandoicostidiprotezione,eilregimebritannicoliavevaportatiunpasso oltre rispetto agli olandesi internalizzando i costi di produzione, così il regime statunitense hafattolostessorispettoagliinglesiinternalizzandoicostiditransazione.L’ideadiun’internalizzazionedeicostidi transazionecomecaratteristicadistintivadelquartociclo

sistemicodiaccumulazione(quellostatunitense)èricavatadallostudioteoricopionieristicodiRichardCoase (1937) sui vantaggi competitivi delle organizzazioni imprenditoriali integrate verticalmente,dall’ampliamentodell’analisidiCoasedapartediOliverWilliamson(1970)edall’indaginestoricadiAlfredChandlersullacomparsaesullarapidaespansionedellemodernegrandiimpresestatunitensiallafinedelXIXsecoloeagliinizidelXX.Chandler(1980;1981)hamostratochel’internalizzazioneinunasingola sfera organizzativa delle attività e delle transazioni svolte in precedenza da unità separatepermisealleimpresemultiunitàintegrateverticalmentediridurreedirenderemaggiormentecalcolabiliicostidi transazione,cioè icostiassociatial trasferimentodegli input intermediattraversouna lungacatenadisfereorganizzativeseparatechecolleganolaproduzioneprimariaalconsumofinale.Leeconomiecreateintalmodoerano«economiedivelocità»inveceche«economiediscala»:

[Le]economiederivaronoinmisuramaggioredallavelocitàdirealizzazionedell’outputchedalledimensionidelleimprese.Nonfuronotantoledimensioni[diuno][…]stabilimentointerminidinumerodiaddettiedidisponibilitàevaloredegliimpianti,quantol’accelerazionedelprocessodiproduzionee il conseguente aumentodel suovolume iveri fattori che fecerodiminuire i costi eaumentarel’outputperlavoratoreepermacchina[…]Essenzialiaifinidellarealizzazionedelleeconomielegateallavelocitàeranola messa a punto di nuove macchine, l’impiego di materiali migliori e un’applicazione più spinta dell’energia uniti a modelliorganizzativieaprocedureoperativepercoordinareeregolareilflussodiquantitativielevatiattraversolevariefasidilavorazione(Chandler,1981,p.411).

Leeconomiedivelocitàgeneratedall’internalizzazionedeicostiditransazionenonfuronolimitateallesole impresemanifatturiere;né, ineffetti, ebberoorigine inesse.Furono lecompagnie ferroviarieadaprire la strada alla maggior parte delle innovazioni organizzative che avrebbero rivoluzionato lastruttura di accumulazione negli Stati Uniti; assieme a quelle innovazioni si ebbe una profondariorganizzazione della distribuzione attraverso l’emergere delle imprese di distribuzione di massa(grossisti, agenzie pubblicitarie, case di vendita per corrispondenza, catene di negozi) cheinternalizzaronounelevatovolumeditransazionidimercatoinunasingolaimpresa.

Mentreleferrovieeiltelegrafoassicuravanoilcoordinamentodelpassaggiodellemercidallastazionediuncentrocommercialeaquelladiunaltro,lenuoveimpresedidistribuzionedimassaprovvedevanoasvolgerelamiriadedioperazionioccorrentiperfarsìche un ingente flusso di prodotti potesse arrivare direttamente damigliaia di produttori a centinaia di migliaia di consumatori(Chandler,1981,p.401).

L’integrazionedeiprocessidellaproduzionedimassaconquellidelladistribuzionedimassaall’internodiunasingolaorganizzazionediedeorigineaunnuovotipodiimpresacapitalistica.Internalizzandounaintera sequenza di sottoprocessi di produzione e di scambio, dall’approvvigionamento degli inputprimarialladistribuzionedeiprodotti finali,questonuovo tipodi impresacapitalistica fu ingradodiassoggettare i costi, i rischie le incertezzechederivavanodal trasferimentodellemerci lungoquellasequenzaallalogicaeconomizzantedell’agireamministrativoedellapianificazionedilungoterminedapartedellegrandiimprese.

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Grazieall’internalizzazione,l’impresadidimensionipiùampievenneagoderedinumerosivantaggi.Peresempio,routinizzandoleoperazioni tra le unità, i costi si abbassarono e, così pure, collegando la gestione delle unità produttive con quella delle unitàpreposte agli approvvigionamenti e alla distribuzione, le spese per informarsi sui mercati e sulle fonti di approvvigionamentosubironounasostanzialeriduzione.Assaipiùimportante,semprecomeeffettodell’internalizzazione,fulapossibilitàdicoordinaresottoilprofilogestionaleilflussodellemerciedeiprodottidaun’unitàaun’altra:grazieaunaprogrammazionepiùefficacedeiflussi si potè utilizzare più intensamente gli impianti e il personale impiegato nella produzione e nella distribuzione, con unconseguenteincrementodellaproduttivitàeunariduzionedeicosti;siottenne,inoltre,unandamentopiùcontinuativodelleentrateepagamentipiùrapidideiserviziprestati(Chandler,1981,p.50).

Quando gli enormi e costanti flussi di cassa generati da questo tipo di concentrazione delle attivitàcommerciali furono reinvestiti nella creazione di gerarchie di dirigenti di alto e medio livellospecializzatinelcontrolloenellaregolazionedeimercatiedeiprocessilavorativi,leimpreseintegrateverticalmentegiunseroagoderedidecisivivantaggiconcorrenziali rispettoalle impresecompostedauna singola unità o alle impresemultiunitàmeno specializzate.Questi vantaggi si tradussero in unacrescita e in una diffusione sorprendentemente rapide della nuova struttura organizzativa. «[Q]uasiinesistenti alla fine degli anni settanta, arrivarono a dominare molti settori vitali [dell’industriastatunitense]inmenoditredecenni»(Chandler,1981,p.469).Lacrescitanonriguardòsoloilmercatointernostatunitense.«Nonappenaebberocompletatolaloro

integrazionesulpropriocontinente, legrandiimpreseamericanecominciaronoafarsiavantineipaesistranieri. […]Nellostessomomentoincuidivenneroimpresedirilevanzanazionale,appreserocomeoperare su scala internazionale» (Hymer, 1972, p. 121). Nel 1902 gli europei già parlavano di una«invasioneamericana»,enel1914gliinvestimentidirettistatunitensiall’esteroammontavanoal7percentodelPNL statunitense: la stessa percentuale del 1966, quandogli europei si sentironominacciatiancoraunavoltadauna«sfidaamericana»(Wilkins,1970,pp.71e201).L’espansione all’estero incrementò ulteriormente le capacità organizzative delle gerarchie

managerialistatunitensidicontrollare imercatie iprocessi lavorativi inqueisettoridiattività,sia inpatria sia all’estero, che esse avevano individuato come obiettivi da occupare, o che avevano giàoccupato,ediregolarlialorovantaggio.Ancheinquelleindustrieincuiletecnichedellaproduzionedimassa erano decisive per il successo, l’organizzazione, e non la tecnologia, costituì la vera barrierad’ingresso.

Labarrierapiùarduachelenuoveimpresedovevanosuperareperaccederealmercatoeraildarsiunastrutturasimileaquelladelleimprese che per prime si erano organizzate per commercializzare e distribuire i prodotti ottenuti con i sistemi di produzione dimassa.Un’impresaconcorrente,purpotendoacquisire la tecnologia,dovevapoicrearsiun’organizzazionedidirigenti,diespertinegliapprovvigionamentiedivenditori, sevolevasottrarreunaquotadimercatoall’unaoduesocietàchegià locontrollavano.Inoltre,mentre l’impresapionierapoteva finanziare la creazionediquesteorganizzazionigrazie al flussodi cassa resopossibiledall’elevatovolumedellaproduzione,quellachesiaffacciavasuccessivamentesulmercatodovevainvececreareun’organizzazionedi vendita analoga prima ancora che la produzione in quantità elevata le consentisse di ridurre i costi unitari e di avere unconsiderevole flusso di cassa.Durante questo periodo, la nuova impresa doveva tener quindi testa a un concorrente al quale leeconomie rese possibili dalla celerità delle sue azioni consentivano d’abbassare i prezzi pur continuando a realizzare un buonmarginediutile(Chandler,1981,p.488).

La spettacolare espansione interna e trans-statale delle imprese statunitensi multiunità integrateverticalmente, e le barriere organizzative all’ingresso da esse create, furono associate a una crescitaegualmente spettacolaredellegerarchiemanageriali edelle struttureburocratiche.Unavolta formate,questestessegerarchieestrutturedivennero«unafontedipermanenza,dipotereedicrescitacontinua».

SecondounafrasediWernerSombart,l’impresamodernaassunse«unavitapropria»,incontrapposizioneaquelletradizionaliche,dinorma,avevanounabrevedurata[…].Viceversa,legerarchiemanagerialichehannoassuntolaguidadellenuoveimpresehannouncaratteredipermanenzachevaaldilàdeisingoliindividuiodeigruppidacuisonoformate[…].Gliuominisiavvicendano,mentrel’istituzioneeisuoiufficirimangono(Chandler,1981,p.52).

Chandler ritiene che lo sviluppo delle gerarchie manageriali abbia segnato il culmine di una

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«rivoluzioneorganizzativa»cheavevaavutoinizionegliannicinquantadelXIXsecoloconleferrovieeche nel primo decennio del XX secolo aveva trasformato, rendendoli irriconoscibili, i metodi didirezione e di gestione delle imprese capitalistiche e i modi in cui erano strutturate le attivitàeconomiche. Come conseguenza di questa rivoluzione organizzativa, «un operatore economico deinostrigiornisisarebbetrovatoasuoagionelmondodegliaffaridel1910mentreavrebbeconsideratoestraneo, arcaicoe incomprensibilequellodel1840; a suavoltaun imprenditoreamericanodel1840avrebbe giudicato l’ambiente dell’Italia del XV secolo più familiare di quello degli Stati Unitisettant’annipiùtardi»(Chandler,1981,p.706).A questo possiamo aggiungere che gli alti dirigenti delle odierne grandi impresemultinazionali si

troverebberopiùa loroagio tragliHeeren delle societàper azioniolandesidelXVII secolochenelleimpresefamiliarichecostituivanolaspinadorsaledelcapitalismobritannicodelXIXsecolo.EglistessidirigentidimediolivellodellaVOCallafinedelXVIIsecoloavrebberotrovatopiùfacileguadagnarsidavivere e far carriera nelle multinazionali di oggi che non nel mondo degli affari dell’Inghilterradell’Ottocento.Equestoperchél’emergeredell’impresacapitalisticaperazioni,integrataverticalmenteegestitaburocraticamente,comeunitàdominantedell’accumulazionedelcapitalesuscalamondialehariportato il mondo degli affari, sotto più di un aspetto, alle strategie e alla strutture del regime diaccumulazioneolandese.Comeèstatogiàsottolineatonelprimocapitolo,leanalogietrailsistemadellecompagnieperazioni

dotatediprivilegidelXVIIedelXVIIIsecoloequellodellegrandiimpresetransnazionalidelXXsecolononvannoesagerate.Lecompagnieperazionidotatediprivilegieranoorganizzazioniinpartestatali,inparte private, specializzate territorialmente a esclusione di altre organizzazioni simili. In quanto talierano poco numerose ed erano parte integrante del consolidamento e dell’espansione dell’esclusivitàterritorialedelsistemaeuropeodistatisovrani.LegrandiimpresetransnazionalicheemerseroallafinedelXIX secolo e agli inizi delXX, invece, erano organizzazioni esclusivamente imprenditoriali che sispecializzavano funzionalmente in uno specifico settore di attività, attraverso numerosi territori egiurisdizioni.Inquantotaliessesonostateincomparabilmentepiùnumerosediquantononfuronomailecompagnieperazionidotatediprivilegi,ehannoprogressivamenteminatolacentralitàdelsistemainterstatalecomesedeprincipaledelpoteremondiale.Per quanto questa differenza sia un importante indicatore dell’evoluzione dell’economia-mondo

capitalistica nel corso degli ultimi trecento anni, non le si dovrebbe consentire di celare il fatto chequestaevoluzionenonhaavutounandamentolineare,maèprocedutaattraversoun’alternanzaditipiopposti di strutture organizzative, nella quale la forma manageriale dell’impresa si è dapprimapresentata,èpoiscomparsa,esièsuccessivamenteriproposta.Unmovimentooscillatoriodiquestotiponell’evoluzionedelcapitalismostoricocomesistemamondialefuosservatoperlaprimavoltadaHenriPirenneottantaannifa.Nellasuaindaginesullastoriasocialedelcapitalismochehaispiratolanostraconcettualizzazione dei cicli sistemici di accumulazione, Pirenne osservò anche una «sorprendenteregolarità»nell’alternarsidifasidi«libertàeconomica»edi«regolamentazioneeconomica».Laliberaespansionedelcommerciocedetteilpassoallospiritodicontrollocaratteristicodell’economiaurbana,seguito, a sua volta, dall’ardore individualistico del Rinascimento. Quest’ultimo raggiunse il suoculmine nella secondametà delXVI secolo, quando il pendolo cominciò a oscillare ancora una voltanelladirezioneopposta.Propriocomelospiritodicontrollodell’economiaurbanapreseilpostodellalibertàdelXII secolo,«così ilmercantilismosi imposenelcommercioenell’industriadelXVIIeXVIIIsecolo»(Pirenne,1974,p.139).Latendenzaversolaregolamentazioneeconomicaeradestinataaduraresolofinoaquando,allafine

del XVIII secolo e agli inizi del XIX, «l’invenzione di certe macchine e l’applicazione del vaporeall’industria manifatturiera modificarono radicalmente le condizioni dell’attività economica». Ifenomeni osservati nel XVI secolo si riprodussero, «ma con intensità molto maggiore». Ancora una

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volta, «il credo è l’individualismo e il liberalismo». Con il motto laissez faire, laissez aller, leconseguenzedellalibertàeconomicafuronoportateall’estremo,generandounanuovaoscillazionenelladirezioneopposta.

Una concorrenza senza limitazioni […] contrappone [i capitalisti] l’uno all’altro, e ben presto determina, nel proletariato chesfruttano, forme di resistenza […] Ementre si organizza questa resistenza al capitale, quest’ultimo, indebolito a sua volta perl’abusodiquellalibertàchegliavevainizialmenteconsentitodisvilupparsi,cominciaadisciplinarsi.Siorganizzanocartelli,trust,sindacati di produttori, mentre i governi si rendono conto che è impossibile lasciare più a lungo datori di lavoro e lavoratoriaffrontarsiincontrollatamente,edelaboranounalegislazionesociale(Pirenne,1974,p.139).

Le oscillazioni secolari attraverso cui si è realizzata l’alternanza di fasi di «libertà economica» e di«regolamentazione economica» teorizzata da Pirenne corrispondono in linea di massima alla nostrasuccessione di cicli sistemici di accumulazione. Il regime genovese fece oscillare il pendolo lontanodallospiritodicontrollodellecittà-statocapitalistichedellafinedelXIVsecoloedegliinizidelXV(chehalasuamigliore incarnazionenelcapitalismomonopolisticodistatoveneziano)e indirezionedellarelativalibertàeconomicadelsistemadi«nazioni»capitalistichechenelXVIsecoloregolavailpiùvastosistemamonetario e commerciale europeodapiazze scelte – dapprimaAnversa eLione, poi le fieremobilidi«Bisenzone»,finquandoessesistabilironoaPiacenza.Ilregimeolandese,dalcantosuo,feceoscillare il pendolo nella direzione di un coinvolgimento diretto dei governi nella promozione enell’organizzazione dei processi di accumulazione del capitale su scala mondiale, direttamente oattraverso la formazione di compagnie per azioni dotate di privilegi delegate a esercitare funzioni digovernonelmondoextraeuropeo.La nuova oscillazione causata dall’ascesa e dalla piena espansione del regime britannico – che in

effetti riprodusse i fenomeni delXVI secolo «con intensitàmoltomaggiore» – riguarda direttamentel’argomentoinquestione,poichécreòlecondizionisistemichesottolequaliilcapitalismomanagerialestatunitense fu dapprima creato, e divenne poi la struttura di accumulazione dominante dell’interaeconomia-mondo.Contrariamente all’idea di Pirenne, la «rivoluzione industriale» della fine delXVIIIsecolo diede nuovo impulso all’oscillazione, ma non la avviò. In fin dei conti, La ricchezza dellenazioni,cheinseguitodivenneilmanifestodelcredoliberaledelXIXsecolo,fupubblicataquandola«rivoluzione industriale»eraappena iniziata.Eprincipaleobiettivodel suoappelloal liberoscambiononeratantoilbiggovernmentquantoilbigbusinessdel tempo,valeadiresoprattuttolecompagnieperazionidotatediprivilegi.«Questecompagnie»,civienedetto,

ancheseforsepossonoesserestateutiliperchéhannointrodottoperprimealcuniramidicommercio,conducendoapropriespeseun esperimento che lo stato avrebbe potuto ritenere imprudente tentare, alla lunga si sono dimostrate universalmente onerose oinutili,ehannogestitomaleolimitatoilcommercio(Smith,1976,vol.III,p.50).

Per ironia della sorte (una tragica ironia per i popoli dell’Africa), i primi passi del movimentoottocentesco per il libero scambio possono essere fatti risalire al commercio atlantico degli schiavi.Comeèstatoosservatoinprecedenza,laWICfuall’avanguardianelcommerciotriangolarecheportòiltraffico degli schiavi a livelli storicamentemai raggiunti,ma non poté prevenire l’ingresso di nuoviconcorrenti,comeerastatainveceingradodifarelaVOCnelcommerciodispeziepregiatedalleIndieOrientali. Alla fine del XVII secolo, una compagnia inglese, la Royal African Company (dotata diprivilegi nel 1672), era divenuta la più potente e la più efficiente tra tutte le compagnie europeecostituiteespressamenteperilcommercioatlantico.Maanchequestacompagnianonpotevacompetereefficientementeconimpresepiùagiliepiùflessibili.«AgliinizidelXVIIIsecolovieranochiariindiziche le compagnie per azioni dotate di privilegi non rappresentavano più la soluzionemigliore per lagestione del commercio degli schiavi; nei trent’anni successivi i paesi maggiormente coinvoltipassaronoauncommercioconcorrenzialecondottodamercantiedaditteprivate.»Consentendoalla

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WOC di conservarepiù a lungo il suomonopolio (fino al 1734), gli olandesi di fatto accentuarono latendenzaallacontrazionedellapropriaquotadicommercio(Davies,1957;1974,p.127).Ilprincipaleproblemaperlecompagnieprivilegiateconsistevanelfattochenelcommercioatlantico

in generale, e in quello africano in particolare, era difficile far rispettare il proprio monopolio.L’approvvigionamento di schiavi richiedeva la costruzione e ilmantenimento di costose difese sullacosta occidentale dell’Africa, strumenti comunque inefficaci per presidiare la costa contro laconcorrenza; i coloni americani, le cui capacità imprenditoriali furonoessenzialiper l’espansionedelcommercioatlantico,silamentavanocontinuamentedeiprezziedellaquantitàdell’offerta;idebitipergli schiavi comprati a credito si dimostrarono difficili o impossibili da recuperare; i mercanti nonautorizzati simobilitarono ripetutamente per ottenere un riconoscimento governativo, che il governofrancese e quello inglese furono prontissimi a concedere; i dipendenti delle compagnie spesso siappropriavanoindebitamentedellemerci,facevanoaffariconimercantinonautorizzatietrascuravanogliinteressidelleimprese;infine,laconcorrenzatracompagniedotatediprivilegidagovernidifferentiaggravòquestiproblemiperciascunadiesse(Davies,1974,pp.117-131).

Il liberoscambiosidimostròdunquepiùefficientedelmonopolio. […]Eppure, ilmonopolioerastatoutilenelpromuovereunatradizioneinglesenelcommerciodeglischiavi,enell’accumulareleconoscenzenecessarieasvolgereun’attivitàche,piùdialtre,richiedeva abilità ed esperienza. Fu così che l’efficienza delle compagnie inglesi impegnate nel commercio degli schiavi fumaggiore di quella delle compagnie francesi, e i coloni inglesi, malgrado le loro lamentele, furono salvati dalla «spaventosacarenza»dilavoroche,nelXVIIsecolo,affliggevalaMartinicaeGuadalupa(Davies,1974,p.118).

Questo primo successo del libero scambio nell’Atlantico prefigurò le dinamiche che avrebberodeterminatolasuccessivaderegolamentazioneeladefinitivascomparsadelsistemadellecompagnieperazionidotatediprivilegi.InInghilterra,manoninOlanda,lecompagnieperazionidotatediprivilegisimuovevanosempreinbilicosuunafune,dallaqualepotevanocaderepereffettosiadeilorosuccessisiadei loro fallimenti. Quando le considerevoli spese sostenute per l’apertura di un nuovo ramo dicommerciosirivelavanononredditizie,questecompagniesemplicementecessavanola loroattività,etuttofinivalì.Maanchequandogliinvestimentisifosserorivelativantaggiosi,laloroesistenzapotevaessere tormentata o persino arrestata dall’erosione o dalla revoca, minacciata o reale, dei privilegi,generalmente vitali per la loro stessa esistenza in quanto imprese parzialmente governative eparzialmenteimprenditoriali.La struttura sbilanciata e oligarchica della classe capitalistica olandese protesse le compagnie

olandesidairischidientrambiigeneridicaduta.Perquantograndifosseroleprotestecontroiprivilegidiunacompagniadi successocome laVOC, lepiccole impreseolandesinonebberomai alcuna realepossibilitàdivederlirevocati.MapersinounacompagniarelativamentediscarsosuccessocomelaWICpotécontaresuuncostantesupportogovernativoneimomentidinecessità.La struttura più democratica della classe capitalistica inglese, e la sua base più ampia, esposero

invecelecompagnieperazioniinglesialrischiocostantedivedersiprivatedeipropriprivilegiunavoltasvolto il compito di aprire un nuovo ramodi commercio. Fu così che, allorquando laRoyalAfricanCompany istituì la presenza inglese nel commercio triangolare atlantico, la Glorious Revolution del1688 incoraggiò i mercanti non autorizzati, che irruppero senza ostacoli nel commercio dellaCompagnia.Quelcheèpeggio,nel1698ilparlamentoinglesericonobbelaloroposizioneeconferìloroildirittodiutilizzarelestazionicommercialidellaCompagniaafrontedelpagamentodel10percentodelleloroesportazionidall’Inghilterra.Autorizzatiacompeteresuunpianoquasidiparitàconlegrandiimpresepubbliche,lepiccoleimpreseprivateebberolameglio(Davies,1957,pp.122-152;1974;pp.117-118).Fu necessario un tempo assai più lungo perché il movimento del libero scambio arrivasse a

promuoverelaliquidazionedelleimpresepubblichenelleIndieOrientali.Permoltotempodopolasua

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costituzioneduranteilregnodiElisabetta I, laCompagniadelleIndieOrientalicondusseun’esistenzapiuttostoprecaria.Essadapprimaottennesignificativirisultatiimpiantandoalcunemanifattureealcuneroccaforti e anche sottraendo ai portoghesi parte dei loro territori. Tuttavia sopravvisse a stentoall’avversa congiuntura del secondo quarto del XVII secolo, allorquando la maggioranza dei suoiazionisti cominciò a dubitare della possibilità di proseguire l’attività di fronte a enormi rovesciimprovvisamenteaggravatidaun’acutacarenzadiliquidità(Chaudhuri,1965,capp.2e3).CiòfudovutosoprattuttoallagiàconsolidatacentralizzazionenellemanidellaVOCdelpiùredditizio

commercioconleIndieOrientali.IncapacedisottrarreilcommerciodellespeziealcontrollodellaVOC,la Compagnia inglese delle Indie Orientali fu costretta a specializzarsi in attività meno redditizie,ovveronelcommercio,direttoinpatriaointernoall’Asia,dipezzeditessuto.Questaindustrianonsoloeramenoredditiziadiquelladellespezie,maeraanchedigranlungapiùdifficiledadominare.

L’attività tessile, in effetti, non era facile da dominare, in quantonon si inquadrava, come inEuropa, in un’unica rete; settori ecircuitidiversipresiedevanoallaproduzioneealcommerciodellamateriaprima,allafabbricazionedelfilatodicotone(operazionelungasoprattuttosedovevadarluogoaunfilatomoltosottileetuttaviaresistente,comequellodellemussoline),allatessitura,allosbiancamentoeapprettodeitessutieallalorostampa.QuellocheinEuropacostituivaun’organizzazioneverticale(eragiàcosìaFirenze nel secolo XII) è qui suddiviso in compartimenti stagni. […] L’India intera lavora infatti la seta e il cotone, esportaun’incredibilequantitàditessuti,daipiùcomuniaipiùlussuosi,elidiffondeintuttoilmondo[…].Nonc’èdubbioche,finoallarivoluzione dellemacchine in Inghilterra, l’industria indiana del cotone è stata la prima nelmondo, sia per la qualità sia per laquantitàdeiprodottieperilvolumedelleesportazioni(Braudel,1981-82,vol.III,pp.526-529).

Questo apparato commerciale-industriale estremamente differenziato, decentralizzato ed efficiente fuprobabilmente il più vasto e complesso esempio di «specializzazione flessibile» di ogni tempo. Pervolgerequestoapparatoapropriovantaggio,laCompagniadelleIndieOrientalinonpotevafarealtroche usare le reti d’affari locali. Sebbene necessario, questo adattamento alla struttura decentralizzatadell’industria tessile indiana lasciò la Compagnia esposta alla concorrenza delle altre compagnieeuropee, dei liberoscambisti europei, dei commercianti arabi e di quelli del luogo, e di mercanti inesilio, tra cui quelli armeni. Questa concorrenza fece sì che una costante pressione verso il bassogravassesuimarginidiprofittodelcommerciodipezzeditessuto.Equestapressioneversoilbassofuasuavoltaresponsabiledellaprecarietàdell’esistenzadellaCompagniadurantetuttoilXVIIsecoloeagliinizidelXVIII,cosìcomedeisuoicontinuitentatividicompensareibassimarginidiprofittoattraversol’espansionedelleproprieoperazioni(Arrighi,BarreHisaeda,1993).Con il passar del tempo, tuttavia, questa espansione spostò il fulcro delle attività europee inAsia

dalle spezieallepezzedi tessuto, edall’arcipelagodellaMalaysiaal subcontinente indiano, enel farquesto ribaltò le fortune di inglesi e olandesi nelle Indie Orientali. In tale gravosa impresa, laCompagniainglesedelleIndieOrientaliebbescarsoappoggiodallamadrepatria.Laconcessionediunprivilegioaunacompagnia rivalenel1698non fucertamentedi aiuto, anche se la fusionedelleduecompagnie nel 1709 preparò il terreno alla successiva ascesa della nuova Compagnia allo status diagente capitalistico e territorialistico europeo dominante in Asia. Ma per tutto il XVIII secolol’imposizione di dazi sempre più severi sul commercio della Compagnia verso la madrepatria, aprotezione delle industrie inglesi ancora incapaci di competere con le manifatture indiane, dovettecostituireunimpedimentorilevanteallosforzodellastessaCompagniadiaffermareilpropriocontrollosull’offertadipezzeditessutoindiano.Inognicaso,a far infinegirare la ruotadella fortunaper laCompagnianon fu l’aiutoproveniente

dalla madrepatria, ma la propria capacità sui campi di battaglia dell’India. In risposta alladisintegrazionedell’imperoMoghul, ledimensionielaportatadelleforzemilitarineglianniquarantadelXVIIIsecolocominciaronoaespandersieaessereriorganizzateinbaseacriterieuropei.AllavigiliadiPlasseyibattaglioniindianieranostatiformatielaCompagniagiunsecosìacombinarelesuperioritecnicheeuropeenell’usoenelcontrollodellaforzaconunusoestensivodellamanodoperalocale.È

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questacombinazionechepiùdiognialtracosaspiega il successodellaCompagnianello sconfiggerel’interaconcorrenzalocalenellalottaallasuccessioneMoghul(McNeill,1984,p.135;Wolf,1990,pp.349-352;Bayly,1988,p.85).Unavolta divenutaunapotente«azienda-stato» (Marshall, 1987) essa ebbe campo liberonon solo

all’appropriazionemassiccia di tributi e al loro trasferimento «nellemani di azionisti inEuropa, permezzo di esportazioni non ripagate», come scrive D.K. Fieldhouse (1967, p. 159), ma anche alrafforzamentodelsuocontrollosull’industriatessileindiana.Laprecedentestrategiadiadattamentoallepreesistentistrutturediproduzioneediscambiodecentralizzatefusemprepiùsostituitadaunastrategiadisubordinazioneforzatadiquellestrutturealcontrollocentralizzatodellegerarchiemanagerialidellacompagnia(Wolf,1990,pp.245-6).Anchesenelfrattempol’industriatessileindianapersegranpartedellasuaflessibilità–econessapartedellasuacompetitività–ledimensionielaregolaritàdeiflussidicassaderivatidalcommerciodipezzeditessutoaumentaronofinoal1780circa,quandol’espansionecominciòadaccusareunabattutad’arresto.Il successo raggiunto in quanto organizzazione governativa e imprenditoriale non portò alcun

beneficio alla Compagnia delle Indie Orientali. Al contrario, il successo nel subentrare alla corteMoghul nel ruolo di organizzazione redistributiva dominante dell’Asiameridionale, e quello nel farfallirelaVOC,furonoimmediatamenteseguitidaunacrisifiscaleedaunfortemovimentoinpatriaperprivare la compagnia dei suoi privilegi commerciali. Un primo presagio degli eventi futuri fu iltriplicarsi del debito dellaCompagnia tra il 1798 e il 1806,malgrado enormi acquisizioni territoriali(Bayly,1988,p.84).Unaltro,piùinfaustopresagiogiunsealcuniannidopo,quandoBirminghamealtricentri di produzione provinciali lanciarono una campagna per l’abolizione del monopolio dellaCompagniasulcommercioindiano,chefuineffettiabolitonel1813(Moss,1976).Percircaventiannidopoquest’abolizione,laCompagniapotécompensareleperditesfruttandocon

maggioreefficienza il suoperdurantemonopoliodelcommerciocinese.Sebbene il commerciodel tèconlaCinafossestato,sindall’iniziodelXVIIIsecolo,un’attivitàsecondariaestremamenteredditizia,lasuaespansioneerastata inprincipioseriamente limitatadall’assenzadiunadomandacinesedimercieuropeeedallaconseguentenecessitàdell’inviodioroinlingottiperl’acquistodeltè.LaCompagniainglese delle Indie Orientali aveva ereditato l’antico problema di uno squilibrio strutturale nelcommercio tra Occidente e Oriente. Come è stato osservato in precedenza, questo squilibrio potevaessere fatto risalire all’epoca romana. Le grandi scoperte e l’appropriazione europea dell’argentoamericano non corressero lo squilibrio; esse si limitarono a consentire all’Europa, per il tramite delregime di accumulazione olandese, di sostenere un disavanzo di dimensionimaggiori, al punto che,comeaffermòLouisDermigny,laCinadivenne«latombadeltesoroamericano»(citatoinWolf,1990,p.363).Quando,nel1776,«laRivoluzioneamericanaallontanògliinglesidalleriserved’argentomessicane

[…][l]asoluzioneaibisognifinanziaridellaCompagniaful’oppiodell’India»(Wolf,1990,p.365).Equando la Compagnia cominciò ad allargare la vendita di oppio in Cina e a monopolizzarne laproduzione inBengala, il commercio cinese divenne rapidamente assai più redditizio e dinamicodelcommerciodipezzedi tessuto.Questa tendenzaeragiàpresenteprimadell’abolizionedelmonopoliodellaCompagniasulcommercioconl’India.Maunavoltaabolitoilmonopolioindiano,ilfattochelaCompagniasiconcentrasseinquestogenerediattivitàportòaunacrescitaesplosivadellespedizionieaun’inversionedeldisavanzocronicodellabilanciadeipagamenticonlaCina(Wakeman,1975,p.126;Greenberg,1979,cap.5eappendice I;Bagchi,1982,pp.96-97).«Glieuropei»osserva ironicamenteEricWolf«avevanofinalmentequalcosadavendereaicinesi»(Wolf,1990,p.366).Per quanto vantaggiosa, i benefici che la Compagnia poté trarre da questa crescita esplosiva non

durarono a lungo, poiché essa era afflitta dallo stesso genere di contraddizione che un secolo primaavevaminatolefortunedellaRoyalAfricanCompany.AgliinizidelXVIIIsecolo,lapromozionediuna

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tradizioneinglesenelcommercioafricanodeglischiaviesposequestaprimacompagniaprivilegiataallaconcorrenza di una moltitudine di piccole imprese non sottoposte a controllo, che sfidarono consuccesso i privilegi delle grandi imprese sia nelmercato atlantico sia nel parlamento inglese.E, allostessomodo,agliinizidelXIXsecololapromozionediunatradizioneinglesenelcommerciodell’oppioin Cina espose la compagnia dotata di privilegi che per prima intraprese questa attività allo stessogenerediconcorrenzaeallostessogeneredisfide.PoichélaCinaimperialeavevaimpostoilbandoalcommerciodi oppio, laCompagnia fu costretta a far ricorso amercanti privati europei e asiatici percontrabbandare questa droga in Cina, concentrando i suoi sforzi sul monopolio dell’offerta e sullaregolamentazione dei prezzi (Bagchi, 1982, p. 96). Ma con l’espansione del commercio, le attività«informali»deimercantieuropeiprivatisuperaronorapidamentelecapacitàdellaCompagniaditenerlesottocontrollo,e il liberoscambiovenneaesserepercepito inpatriacomeunmezzopiùefficacedelmonopolioperl’accrescimentodelpoterenazionale.L’abolizionedelmonopoliocommercialeinCinanel1833segnòl’iniziodellafinedellaCompagnia

inglese delle Indie Orientali. Privata di tutti i privilegi commerciali, le sue capacità di assolvereefficacementelesuepiùampiefunzionibellicheediformazionedellostatodiminuironoulteriormente,fino a che essa apparve, sia agli amici che ai nemici, totalmente incapace di governare l’impero cheaveva conquistato. E quando, nella scia dellaGrandeRivolta del 1857, il parlamento intervenne per«nazionalizzare»quell’impero,furonoinpochiapreoccuparsideldestinodellaCompagnia.Ciòdicuitutti, in Inghilterra, si preoccuparono, era che l’impero in India fosse amministrato e sfruttatoefficacementeedefficientementenell’interessenazionale.In breve, le compagnie per azioni dotate di privilegi erano organizzazioni imprenditoriali a cui i

governieuropeiavevanoconferitoilpoterediesercitarenelmondoextraeuropeofunzionibellicheediformazionedellostato,siacomefiniinsésiacomemezzidell’espansionecommerciale.Finquandolecompagnieassolseroquestefunzioni inmodopiùefficientediquantononfosseroingradodifareglistessi governi, furono loro accordati privilegi commerciali e protezione in misura più o menocommisurataall’utilitàdeiloroservigi.Manonappenalecosecambiarono,essefuronoprivatedeiloroprivilegi,elelorofunzionibellicheediformazionedellostatofuronoassuntedirettamentedaigovernimetropolitani.Nel far questo il governo britannico divenne il governo imperiale dell’India. L’affrancamento del

commerciodaiprivilegidellegrandicompagnieelacostruzionediunimperonelmondoextraeuropeofuronodunquegliaspettioppostidellostessoprocessodisostituzionedelsistemadellecompagnieperazionidotatediprivilegi.Tuttavia,laliquidazionediquestecompagniefuunadecisionerigorosamentepragmaticachevennerevocatanonappenalecondizionisistemichegeneraronolapercezionecheessepotessero tornare ancora utili. Dunque, verso la fine del XIX secolo il governo e le imprese inglesilanciarono una nuova intera generazione di compagnie per azioni dotate di privilegi, autorizzate adampliareulteriormente(soprattuttoinAfrica)laportataspazialedellelororeticommerciali,dipotereediaccumulazione.Anchesealcunediquestecompagnieottennerorisultatilusinghieri–inparticolarelaBritishSouth

Africa Company – questo risveglio non poteva riportare in vita, come di fatto non riuscì a fare, ilvecchio sistema corporativo delle compagnie per azioni dotate di privilegi come agenti dominantidell’espansione commerciale e territoriale dell’economia-mondo capitalistica. L’avvento del vapore edelle macchine – la cosiddetta industria moderna – aveva completamente riorganizzato le reti delcommercio, del potere e dell’accumulazione su scala mondiale. E quando, nel corso della grandedepressione della fine del XIX secolo, l’espansione dell’imperialismo del libero scambio della GranBretagna raggiunse i suoi limiti, questa riorganizzazione diede origine, nell’Europa continentale enell’AmericadelNord,anuovitipidigrandiimpresechesoppiantaronolecompagnieperazionidotatediprivilegicomeprincipaliagentidell’espansionecapitalistica.

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Le osservazioni di Pirenne relative all’impatto dell’industria moderna sull’attività economica«regolamentata»echeggianola tesidiMarxsecondocui l’avventodelvaporeedellemacchineavviòunacatenaapparentementeinfinitadirivoluzioniinterconnessenelmododiproduzioneediscambio,attraversolospazio-tempodell’economiamondialedelXIXsecolo.

Larivoluzionedelmododiproduzione inunasferadell’industriaportaconsé la rivoluzionedelmododiproduzionenellealtresfere.Questovale inprimoluogoperquellebranchedell’industriachesonosì isolateacausadelladivisionesocialedel lavoro,cosicché ognuna di esse produce una merce indipendente, ma tuttavia s’intrecciano l’una con l’altra come fasi d’un processocomplessivo. Così la filatura meccanica rese necessaria la tessitura meccanica, e l’una e l’altra insieme resero necessaria larivoluzionechimico-meccanicadellacandeggiatura,dellatinturaedellastampaturadeitessuti.Così[…]larivoluzionenellafilaturadel cotone rese necessaria l’invenzione del gin per la separazione delle fibre del cotone dal seme, con il che divenne possibilefinalmentelaproduzionesulargascalacom’èorarichiesta.Larivoluzionenelmododiproduzionedell’industriaedell’agricolturaresenecessaria, in ispecie,ancheunarivoluzionenellecondizionigeneralidelprocessosocialediproduzione,cioèneimezzidicomunicazione e di trasporto. […] [I] mezzi di comunicazione e di trasporto tramandati dal periodo della manifattura sitrasformarono presto in impacci insopportabili per la grande industria, con la sua febbrile velocità di produzione, con la suaproduzionesuvastissimascala,conilcostantelanciodigrandimassedicapitaleedioperaidaunasferaall’altradellaproduzioneeconinuovinessidaessacreatisulmercatomondiale.[…][I]lsistemadellecomunicazioniedeitrasportièstatoquindiadattatoapocoapoco,conunsistemadibattelliavaporefluviali,ferrovie,battelliavaporetransoceanicietelegrafi,almododiproduzionedellagrandeindustria.Maleterribilimassediferrocheorasitrattavadifucinare,saldare,tagliare,forare,modellare,esigevanoalorovoltamacchineciclopiche[chepotevanoessereprodottesolomediantealtremacchine](Marx,1978,libroprimo,pp.468-470).

Questobranodescriveneidettagliilprocessomedianteilquale,comeMarxhaaffermatoaltrove,«[l]agrandeindustriahacreatoquelmercatomondiale,ch’erastatopreparatodallascopertadell’America».Le «grandi scoperte», la penetrazione dei mercati delle Indie orientali e di quelli cinesi, lacolonizzazione delleAmeriche e il commercio coloniale, tutto questo assieme creò le condizioni perl’emergeredell’industriamoderna,dandoalcommercioeall’industria«unoslanciofinoadalloramaiconosciuto».Ma una volta che il vapore e le macchine rivoluzionarono la tecnologia industriale, lastessaespansioneindustrialedivenneilprincipalefattorediintegrazionedeimercatidelmondointeroinununicomercatomondiale(MarxeEngels,1974,pp.101-102).La formazione di un unico mercato mondiale influì a sua volta sull’estensione dell’industria

conferendoallaproduzioneealconsumodituttiipaesiun’«improntacosmopolita».

[Laborghesia]ha toltodi sotto i piedi all’industria il suo terrenonazionale, congran rammaricodei reazionari.Leantichissimeindustrienazionalisonoandatedistrutte,eancoraadessovengonodistrutteognigiorno.Vengonosoppiantatedaindustrienuove,lacuiintroduzionediventaquestionedivitaodimortepertuttelenazionicivili,daindustriechenonlavoranopiùsoltantomaterieprimedelluogo,madellezonepiùremote,eicuiprodottinonvengonoconsumatisolonelpaesestesso,maancheintuttelepartidelmondo.Aivecchibisogni, soddisfatticon iprodottidelpaese, subentranobisogninuovi,cheperesseresoddisfattiesigono iprodottideipaesiedeiclimipiùlontani.All’anticaautosufficienzaeall’anticoisolamentolocalienazionalisubentraunoscambiouniversale,unainterdipendenzauniversalefralenazioni(MarxeEngels,1974,pp.104-105).

Dunque,l’integrazionedeimercatidelmondointeroinununicomercatomondialepresentòaigovernie alle imprese opportunità, e allo stesso tempo sfide, senza precedenti. Le opportunità derivavanoprincipalmente dalla portata della divisione sociale del lavoromondiale al cui interno stava avendoluogo l’integrazionedelleattivitàgovernativeediquelle imprenditoriali egrazieallaqualepotevanoessere conseguite economie esterne di tutti i generi. Qualunque organizzazione governativa eimprenditorialeavesse trovatounasicuranicchiadimercatoall’internodiquestadivisionedel lavoromondiale poteva fare affidamento sulla cooperazione spontanea di numerose altre organizzazioninell’approvvigionamento di una gamma e di una varietà di prodotti a prezzi accessibiliincomparabilmente più ampie di quelle che era possibile ottenere mediante l’isolamento el’autosufficienzanazionali.Leopportunità che derivavanodalla cooperazione erano tuttavia inseparabili dalla concorrenza sui

flussidicassaesullerisorsemateriali.Questaconcorrenzaspinseciascunaorganizzazioneintegratanel

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mercato mondiale a trasferire le proprie risorse dalle combinazioni di input-output esistenti versoqualsiasialtracombinazionepromettessedi fruttare rendimentipiùalti,comeafferma il«principiodisostituzione» di AlfredMarshall (1972). Le organizzazioni che non tenevano il passo nel sostituirecombinazioni di input-outputmeno efficienti con altre più efficienti si sarebbero trovate primao poisvantaggiate nel competere con le altre organizzazioni, tanto nell’approvvigionamento degli inputcruciali quanto in termini di entrate. Però, mano a mano che i partecipanti al mercato mondialesostituirono combinazioni di input-outputmeno efficienti con altre più efficienti, essi si privarono avicendadientratee/odiapprovvigionamentimaterialifondamentali,esiostacolaronol’unl’altronellarealizzazionedeirispettiviprogrammidiproduzioneediconsumo.Questaprivazioneequestointralcioalorovoltaminacciavanocontinuamentedicomprometterel’integritàorganizzativadeigoverniedelleimprese, e in talmodomoderavano il loro entusiasmonei confronti di un’integrazione troppo strettanelleretieneicircuitidelmercatomondiale.La tensione tra le tendenzecooperativee le tendenzeconcorrenzialideiprocessidi formazionedel

mercato mondiale hanno preceduto di molto l’emergere dell’industria moderna. In effetti, la nostraanalisihasottolineatocheunatensionediquestogenereèstataallabasedelritornoperiodico,apartiredal bassoMedioevo, di fasi di espansionemateriale dell’economiamondiale capitalistica nelle qualiprevalevanotendenzecooperative,edifasidiespansionefinanziarianellequaliprevalevanotendenzeconcorrenziali.Ma l’emergere dell’industriamoderna aggiunse a questa tensione una dimensione deltutto nuova. Le risorse di un gran numero di organizzazioni governative e imprenditoriali venneroinvestitepiùomenostabilmente in impianti industriali e infrastrutturali costosie specializzati, lacuiproprietàelacuigestioneeranoseparatemacheeranotuttavialegatigliuniaglialtridaunacomplessacatenadiprocessitecniciinterconnessi.

Nessunprocessomeccanicosvoltomediantel’usodiundatocorredodistrumentièindipendentedaglialtriprocessichesisvolgonoaltrove.Ciascunocondizionaepresupponeilcorrettofunzionamentodimoltialtriprocessidianalogocaratteremeccanico.Nessunodei processi […] è autosufficiente. Ciascuno segue e precede altri processi in una successione infinita, in cui ciascuno trova ilpropriopostoeallecuiesigenzeciascunodeveadeguareilpropriofunzionamento.L’interoconcertodelleoperazioniindustrialivaintesocomeunprocessomeccanicocostituitodaparticolariprocessi interdipendenti, anzichécomeunamolteplicitàdi strumentimeccanicichesvolgonoilpropriolavoroindipendentementel’unodall’altro.Questovastoprocessoindustrialeattiranellapropriaorbitaemetteaprofittotuttiiramidelsapereaventiachefareconlescienzeapplicate,eiltuttoformauninsiemedisottoprocessidall’equilibriopiùomenodelicato(Veblen,1970,p.48).

Inbreve,conl’emergeredell’industriamodernairapportidicomplementaritàchelegavanolesortidiunità produttive separate divennero incomparabilmente più forti che in precedenza e costrinserociascuna unità a ricercare la cooperazione delle altre unità per assicurarsi fonti affidabili di fattoriproduttiviesicurisbocchiperiprodottifinali.Eppure,questorafforzamentodellecomplementaritànonfuassociatoaunindebolimentodellepressioniconcorrenziali.Alcontrario,comemetteinevidenzalostesso Veblen (1970, pp. 57-59), con lo sviluppo dell’industria moderna la forza del principio disostituzione di Marshall divenne più forte che mai. La stessa integrazione e ampiezza del sistemaindustrialeesaltòiguadagnieleperditesperimentatidaiproprietarideisottoprocessiinconseguenzadiun qualsiasi disordine nell’equilibrio industriale. Inoltre i disordini tesero a cumularsi, paralizzandoseriamentealcunisettoridell’industriaeinducendonelfrattempol’eccessivaespansionedialtri.In queste circostanze, all’interno delle imprese si sviluppò una forte tendenza a controllare la

congiunturamedianteunapronta redistribuzionedegli investimentida iniziative imprenditorialimenoremunerativeadaltrepiùremunerative.Leimpreseparticolarmentecoinvolteinundatosottoprocessoeprive delle inclinazioni o delle capacità dimobilitare i capitali eccedenti posseduti da altre unità nelsistemapotevanosolo resistereallacongiuntura.Maquelle impresechedisponevanodelcontrollodiabbondanti flussidi cassa, e cheerano liberedidispornea loropiacimento,potevanodominare, edifattodominarono,lacongiuntura.

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Ilmaggiorbenessereeconomicodellacomunitànelsuoinsiemeèraggiuntoattraversol’armoniosaecostanteinterazionedeivariprocessichecostituisconoilsistemaindustrialecomplessivo;manonèdettocheilcostantemantenimentodell’equilibrioindustrialecostituiscalacondizionemiglioreperilsoddisfacimentodegliinteressipecuniaridegliuominid’affariinbaliadeiqualirisiedeilpoterediscrezionaleinquestione.Ciòèverospecialmenteperquantoriguardaipiùimportantiuominid’affariicuiinteressisonomolto estesi. Le loro operazioni finanziarie sono di vasta portata, e in genere le loro fortune non sono permanentemente legateall’armonicofunzionamentodiundatosottoprocessodelsistemaindustriale.Lelorofortunesonoinvececonnesseconlepiùampiecongiunture del sistema industriale nel suo insieme (aggiustamenti interstiziali), o con le congiunture che influenzano ampieramificazionidelsistema(Veblen,1970,pp.60-61).

Sequestaclassedi«più importantiuominid’affari»nonavevaalcunaltroobiettivostrategicooltreaquelloditrarreprofittodaidisordinidelsistema,eradeltuttoindifferenteperisuoimembrisequestidisordinifosserod’aiutoodiintralcioalsistemanelsuoinsieme.Maseobiettivodellelorotransazionieraquellodiacquisireilcontrollodiunarilevanteporzionedelsistemaindustriale, l’indifferenzaaglieffettideidisordinicessavanonappenaquestocontrollofossestatoraggiunto.

Quandopoiegliabbiaconseguitotalecontrollo,puòesseresuointeresse[dell’investitore]creareemantenerecondizioniaffaristichetalidafacilitareilfunzionamentoarmoniosoedefficientediquantoèvenutoacaderesottoilsuocontrollo[…];poiché,aparitàdicondizioni,iguadagniderivantidaciòcheèvenutoacaderepermanentementenellesuemanisottoformadiimpiantoindustrialesonotantopiùrilevantiquantopiùneèelevataecostantel’efficienzaindustriale(Veblen,1970,p.62).

Questo contrasto tra una logica d’affari rigorosamente pecuniaria, indifferente ai disordininell’equilibrio industriale, e una logica d’affari tecnologica, interessata a una costante efficienzaindustriale, è stato utilizzato da molti per descrivere le diverse risposte della comunità d’affaribritannica e di quella tedesca alle sfide e alle opportunità poste dalla ricostituzione del mercatomondiale su basi industriali nel XIX secolo. David Landes ha così contrapposto la «razionalitàpecuniaria»dell’impresainglesealla«razionalitàtecnologica»dell’impresatedesca.Mentregliinglesitendevano a considerare la tecnologia come un mero strumento nel perseguimento del massimorendimentomonetariodelcapitale,itedeschitendevanoafaredeimezziilfine.

Ilsignificato[della]impostazionepecuniaria[degliinglesi]apparepiùchiaramenteselaconfrontiamoconilcriteriotecnologicodeitedeschi.Quivalevaun’aritmeticadiversa,chemassimizzavanoniprofitti,mal’efficienzatecnica.Perl’ingegneretedesco,eperl’industriale e il banchiere che stavano dietro di lui, il nuovo era desiderabile non tanto perché rendeva,ma perché funzionavameglio.C’eraunmodogiustoeunosbagliatodifarelecose,eilmodogiustoeraquelloscientifico,meccanizzato,adaltaintensitàdicapitali.Imezzieranodiventatifine(Landes,1993,p.462).

Non abbiamo bisogno di alcun particolare assunto sulle differenze psicologiche esistenti tra gliingegneri, gli industriali e i banchieri tedeschi, da un lato, e i loro colleghi britannici, dall’altro, percomprendereladifferenzatralerispettiverazionalitàd’affarinellasecondametàdelXIXsecolo.Questadifferenza è perfettamente comprensibile nei termini delle differenti posizioni delle due comunitàd’affariedei loro rispettivigoverninazionali rispettoalprocesso incorsodi formazionedelmercatomondiale. La razionalità pecuniaria dell’impresa britannica era soprattutto un riflesso del controlloesercitato dallo stato britannico su questo processo. La razionalità tecnologica dell’impresa tedesca,invece, era principalmente un riflesso delle serie sfide che lo stesso processo poneva all’integritàdell’appenacostituitostatotedesco.Piùinparticolare,leduerazionalitàeranoilatioppostidel«duplicemovimento»versol’estensionee

lasimultanealimitazionedeimeccanismidelmercato«autoregolato»chePolanyihasceltocome«unacaratteristicagenerale»dellastoriadellafinedelXIXsecoloedegliinizidelXX.ComeVeblen,Polanyisottolinea i rischi impliciti nell’intraprendere la produzione in un sistema di impianti industrialicomplessi, specializzati e costosi. L’avvento di questo genere di impianti cambiò completamente ilrapporto fra il commercio e l’industria. «La produzione industriale cessò di essere un elementoaccessorio del commercio, organizzato dalmercante come una questione di compravendita; esso oraimplicavainvestimentialungotermineconirischiaessicorrispondenti.Amenochelacontinuitàdella

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produzione non venisse ragionevolmente assicurata, un rischio del genere non era sopportabile»(Polanyi,1974,p.97).Un rischio del genere sarebbe stato sopportabile solo a condizione che tutti gli input richiesti

dall’industriafosserostatiprontamentedisponibilinellequantitànecessarie,doveequandorichiesti.Inuna società commerciale, questo significava che tutti gli elementi dell’industria dovevano esseredisponibiliper l’acquisto.Traquesti elementi, treavevanoun’importanzaeccezionale: lavoro, terraemoneta. Ma, non essendo prodotti destinati alla vendita sul mercato, nessuno dei tre poteva esseretrasformatoinmerce.Il«lavoro»rappresentaFattivitàumana,un’entitàinseparabiledallavitastessa,laquale a sua volta è prodotta non per essere venduta sulmercatoma per ragioni del tutto diverse; la«terra»rappresental’ambientenaturaledellavitaedell’attivitàumana,undonodellageografiaedellastoriae,cometale,qualcosachelegenerazioniattualiereditanopiùcheprodurre;ela«moneta»èunsimbolodelpotered’acquisto(imezzidipagamento)che,diregola,ècreatoattraversoimeccanismidellabancaedellafinanzadistatoe,cometale,è«prodotto»solometaforicamente.Inbreve,lanaturadimercediterra,lavoroemonetaèpuramentefittizia.Sottomettereildestinodiquestemercifittizie–cioèdegliesseriumani,delloroambientenaturaleedeimezzidipagamento–aicapriccidiunmercatoautoregolatoporterebbeallademolizionedellasocietà.

La presunta merce «forza-lavoro» non può infatti essere fatta circolare, usata indiscriminatamente e neanche lasciata priva diimpiego, senza influire anche sull’individuo umano che risulta essere il portatore di questamerce particolare. […] Privati dellacopertura protettiva delle istituzioni culturali, gli esseri umani perirebbero per gli effetti stessi della società,morirebbero comevittime di una grave disorganizzazione sociale, per vizi, perversioni, crimini e denutrizione. La natura verrebbe ridotta ai suoielementi, l’ambientee ilpaesaggiodeturpati, i fiumiinquinati, lasicurezzamilitaremessaarepentaglioe lacapacitàdiprodurreciboematerieprime,distrutta.Infine,l’amministrazionedapartedelmercatodelpotered’acquistoliquiderebbeperiodicamenteleimpresecommercialipoichélecarenzeeglieccessidimonetasidimostrerebberoaltrettantodisastrosiperilcommercioquantolealluvioni e la siccità nelle società primitive. Indubbiamente imercati del lavoro, della terra e dellamoneta sono essenziali perun’economiadimercato,manessunasocietàpotrebbesopportareglieffettidiunsimilesistemadirozzefinzionineancheperilpiùbreveperiododitempo,amenochelasuasostanzaumanaenaturale,oltrechelasuaorganizzazionecommerciale,fosseroprotettedalledistruzioniarrecatedaquestodiabolicomeccanismo(Polanyi,1974,pp.94-95).

Ed esse furono protette. Non appena gli effetti distruttivi del mercato autoregolato cominciarono aessereavvertiti,sisviluppòunpotentecontromovimentochemiravaalimitarneleoperazioni.Fucosìdato inizio a un «duplice movimento» per mezzo del quale l’estensione del mercato autoregolatorispettoallemercivereeproprieeraaccompagnatadauncontromovimentoadifesadellasocietàchelimitaval’operaredeimeccanismidimercatorispettoallemercifittizie.

Mentredaunlatoimercatisiestendevanosututtalasuperficiedelgloboelaquantitàdimercicheinessicircolavanosisviluppavain proporzioni incredibili, d’altro lato una rete di provvedimenti emisure politiche si integrava in potenti istituzioni destinate acontrollarel’azionedelmercatorelativamenteallavoro,allaterraeallamoneta.Mentrel’organizzazionedeimercatimondialidellemerci,deimercatimondialidelcapitaleedeimercatimondialidellamonetasottol’egidadellabaseaureadavanounimpulsosenzaparialmeccanismodeimercati,unmovimentodotatodiprofonderadicisorgevaperresistereaglieffettiperniciosidiun’economiacontrollatadalmercato(Polanyi,1974,p.98).

Polanyifarisalireleoriginidiquestoduplicemovimentoall’emergereinGranBretagna,sottol’influssodi David Ricardo, della fede utopistica «nella salvazione secolare dell’uomo attraverso un mercatoautoregolato».Nata inepocapreindustrialecomepuraesemplicepropensionepermetodidigovernononburocratici,questafedeassunseunfervoreevangelicodopoildecollodellarivoluzioneindustrialeinGranBretagna,quando,neglianniventidelXIXsecolo,giunsearealizzarsipienamenteneisuoitreclassiciaspetti:«cheillavorodovrebbetrovareilsuoprezzosulmercato,chelacreazionedellamonetadovrebbe essere sottoposta a un meccanismo automatico, che le merci dovrebbero essere libere dipassaredaunpaeseall’altrosenzaostacoliopreferenze;inbreve:unmercatodellavoro,labaseaureaeilliberoscambio»(Polanyi,1974,p.173).Negliannitrentaequarantalacrociataliberaleafavoredeiliberimercatiportòaunaseriedimisure

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legislativechemiravanoadabrogareleregolamentazionirestrittive.LemisureprincipalifuronoilPoorLawAmendmentActdel1834,chesottopose l’offertadi lavoro internaaimeccanismidimercatodiformazione del prezzo; il Peel’s Bank Act del 1844, che sottopose la circolazione monetarianell’economia interna aimeccanismi autoregolati della base aurea inmodo più rigido di quanto nonavvenissegià; l’Anti-CornLawBilldel1846, cheaprì ilmercatobritannicoall’offertadi cerealidalmondo intero. Queste tre misure, che formavano un insieme coerente, costituirono il nucleo di unsistemadimercatoautoregolatocheavevailpropriocentronellaGranBretagna.

Seilprezzodellavoronondipendevadaicerealipiùabuonmercatochefosserodisponibili,nonvieragaranziacheindustrienonprotettepotesseroevitaredicadereinpoteredelcontrollorevolontariamenteaccettato,l’oro.L’espansionedelsistemadimercatonelXIXsecoloerasinonimodelsimultaneoampliamentodelliberoscambiointernazionale,diunmercatoconcorrenzialedellavoroedellabaseaurea;essiformavanountuttounico(Polanyi,1974,p.178).

Secondo Polanyi, imbarcarsi nell’impresa di formazione del mercato mondiale richiedeva unconsiderevole atto di fede, poiché le implicazioni del libero commercio internazionale «eranoassolutamentestravaganti».

Illiberocommerciointernazionale[…]volevadirechel’Inghilterraavrebbedovutodipendereperisuoirifornimentialimentaridafontid’oltremare;cheavrebbe,senecessario,sacrificatolapropriaagricolturaechesarebbeentratainunanuovaformadivitanellaquale sarebbe stata parte di qualche unitàmondiale vagamente concepita per il futuro; che questa comunità planetaria avrebbedovutoesserepacificaochealtrimentiavrebbedovutoessereresasicuraperlaGranBretagnadallapotenzadellaflotta;inoltre,chelanazioneingleseavrebbeaffrontatoleprospettivedicontinuetrasformazioniindustrialiconfermafiducianellapropriasuperioreinventiva e capacità produttiva. Si credeva tuttavia che soltanto se i cereali di tutto ilmondo potevano giungere liberamente inInghilterra,lesuefabbrichesarebberostateingradodisvendereatuttoilmondo(Polanyi,1974,pp.176-177).

Per quanto riguarda la Gran Bretagna, non vi era in realtà nulla di dogmatico, e tanto meno distravagante,nell’adozioneunilateraledel libero scambio.Comeebbeadichiararenel1846BenjaminDisraeli, leader dei protezionistiTory, lo stessoCobden sapeva che «non vi era alcuna possibilità dicambiare la legislazioneinglesesullabasediunadottrinaastratta».Vierabisognodiqualcosadipiùconsistente di una verità «scientificamente» dimostrata per convertire il Parlamento britannico aiprincìpidelliberoscambio(Semmel,1970,p.146).La ragione principale della liberalizzazione del commercio estero e di quello coloniale britannici

risiedeva nel fatto che il protezionismo era divenuto un ostacolo all’efficace mobilitazione dellecapacitàindustrialidapocoacquisitedallaGranBretagnaavantaggiodellesueclassidominanti.

IgrandisignoriWhig(ancheselostessononeraaltrettantoveroperigentiluominidicampagnaTory)sapevanobenissimochelapotenzadel paese, e la loro stessa potenza, si basava sulla sollecitudine a guadagnare denaro con le armi e il commercio.Eccoperchénel1750noneranoancoramoltiiprofittichesipotevanoottenereconl’industria.Quandoinvecel’industriasiimpose,glioligarchinontrovaronodifficileadeguarsiallanuovasituazione(Hobsbawm,1972,p.26).

NéigrandisignoriWhignéigentiluominidicampagnaToryottennerograndiprofitticon l’industria.Manonappenasipresentòl’occasionedimobilitarel’industriacomestrumentodell’accrescimentodelpotere nazionale, essi la colsero con prontezza. Perlopiù ciò non comportò nessun rilevanteallontanamentodalletradizioniconsolidate.Comeabbiamosostenutoinprecedenza,labaseaureadellasterlina inglesenelXIX secolo fu semplicementeunaprosecuzionemediante altrimezzidiunaprassiistituita secoli prima durante il regno di Elisabetta I. Polanyi sottolinea lo stretto rapporto diinterdipendenza che, negli anni quaranta dell’Ottocento, venne a legare la basemetallica fissa dellamonetabritannicaalliberoscambiounilateraleeall’autoregolazionedelmercatodellavorointerno.Maper due secoli e mezzo, prima che questi tre elementi del libero scambio ricardiano giungessero acostituireuninsiemecoerente,labasemetallicafissaavevaformatountuttocoerenteconqualcosache,assai più dei liberimercati, era essenziale al suo armonioso funzionamento: la vittoriosa espansioneoltreoceanodellostatoedelcapitalebritannici.

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Quantomaggiorefuilsuccessodiquestaespansione,tantomaggioreepiùcostantedivennelamassadi capitali eccedenti che, sotto forma di interessi, profitti, tributi e rimesse, pervenne ai sudditi o airesidenti inglesi, e che poté esseremobilitata a salvaguardia della stabilità della basemetallica dellasterlina britannica. E al contrario, quanto più a lungo e con quanto più successo questa base fupreservata,tantopiùagevoledivenne,perilgovernoepergliagentiimprenditorialibritannici,otteneresuimercati finanziari delmondo tutto il credito e la liquidità di cui avevano bisogno per espandereall’esterolelororetidiaccumulazioneedipotere.L’espansioneindustrialedellaGranBretagnaduranteleguerrenapoleonichenonmutòilfondamentaleinteressedellesueclassidominantiallaprosecuzionediquestocircolovirtuosotralasottomissionevolontariadellamonetanazionaleaivincoliimpostidaunsistema metallico, da un lato, e l’espansione oltreoceano delle reti di potere e di accumulazionebritanniche, dall’altro. Al contrario, ne intensificò il bisogno e moltiplicò i mezzi utilizzati per ilconseguimentodiquestodupliceobiettivo.L’aspetto centrale dell’espansione industriale del tempo di guerra fu la creazione di una industria

autonomadibenicapitali.L’industriadeibenicapitali, inGranBretagnacomealtrove,avevagodutofino ad allora di scarsa autonomiadai settori dell’economia cheusavano i suoi prodotti.Lamaggiorparte delle imprese producevano o subappaltavano la produzione degli impianti e delle attrezzatureimpiegatinelleloroattività.Ilfulcroelaspinadorsaledell’industriabritannicadibenicapitalinelXIXsecolo – ferro e industrie collegate – erano ancora, a tutti gli effetti, nulla più che una brancasubordinatadell’esercitoedellamarinabritannici.

Leguerre furonocertamente lepiùgrandiconsumatricidi ferro, eaziendecome laWilkinson, laWalkerse laCarrondovetterol’ampiezzadeiloroimpiantiinparteaicontrattistipulaticolgovernoperlafornituradicannoni,mentrel’industriasiderurgicadelGallesmeridionaledipendevadagliscontriafuoco.[…]HenryCort,cherivoluzionòlamanifatturadelferro,cominciònegliannisessantadelsecoloXVIIIcomeincaricatodellamarina,ederaansiosodimigliorarelaqualitàdelprodottoinglese«considerateleforniture di ferro destinate allamarina». HenryMaudsley, il pioniere dellemacchine utensili, iniziò la carriera nell’arsenale diWoolwich e le sue fortune (come quelle del grande ingegnere Mark Isambard Brunel, già della marina francese), rimaserostrettamentelegateaicontrattinavali(Hobsbawm,1972,p.47).

Quando,allavigiliaenelcorsodelleguerrenapoleoniche,lespesegovernativeaumentarono,illivellodella produzione e il ritmo delle innovazioni di prodotto e di processo nell’industria del ferroaumentarono nettamente, e l’industria dei beni capitali divenne un «dipartimento» dell’economiainternabritannicadigranlungapiùautonomocheinprecedenza,odiquantofosseancorainqualunquealtro paese. La proliferazione di imprese specializzate nella produzione dei mezzi di produzioneacceleròilritmodell’innovazionetraifruitoridiquestimezziestimolòiproduttori,icommerciantieifinanzieribritanniciatrovaremodiemezzipertrarrevantaggiodalnumero,dallagammaedallavarietàdeibenicapitalidisponibilisulmercato(vedicap.3).Le esigenze militari imposte all’economia britannica furono quindi determinanti per l’avvio delle

successive fasi della rivoluzione industriale, consentendo il miglioramento dei motori a vapore erendendopossibili innovazioni importantissimecome la ferroviae lenavi in ferro inunperiodoe incondizioni che semplicemente non sarebbero esistiti senza la spinta alla produzione siderurgica delperiodobellico(McNeill,1984,p.176).

Lo sviluppodi un’industria autonomadi beni capitali pose alla classe dominante nonmenoproblemi che opportunità. In primoluogo, non fu facile conservare i vantaggi conseguiti grazie a questo sviluppo nella lotta di potere e nella concorrenza che liopponevano alle classi dominanti degli altri stati. Le innovazioni incorporate nei nuovi beni capitali erano tecnologicamentepiuttostoprimitive.Eranoilprodottodellementidiuominipratici–«artigianiingegnosi,alcorrentedeiprocedimentiinuso»,comefuronodescrittidaSerjeantAdairnellasuadifesadiRichardArkwrightnel1785(Mantoux,1971,p.246)–chemettevanoafruttounaconoscenzamoltodiffusaper risolvereproblemipratici in circostanze eccezionalmente favorevoli (Hobsbawm,1972,p. 59;BarrattBrown,1977,pp.75-76).

Unamoltitudinedipersoneugualmentepraticheebeneinformate,inEuropaealtrove,fucosìingrado

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di appropriarsio anchedi apportaremiglioramenti aqueste innovazioni,unavolta chene fosse statadimostratal’utilità.Elaloroappropriazionedivenneancorapiùsempliceunavoltacheleinnovazionivennero a essere incorporate nei beni capitali venduti sul mercato. Pienamente consapevole delladifficoltà di precludere ai concorrenti effettivi o potenziali l’uso delle nuove tecniche, a partire dallametà degli anni settanta del XVIII secolo e per l’intero corso delle guerre napoleoniche, il governobritannico fece ricorso all’imposizione di un numero crescente di restrizioni all’esportazione distrumentiemacchinarieall’emigrazionediartigianietecniciqualificati.Maquesterestrizionifuronopiùefficacinell’impedireaiproduttoribritannicidibenicapitalidisfruttareappienoladomandaesterachenelconseguirel’obiettivoperilqualeeranostateapprovate(Kindleberger,1975,pp.28-31).Ivantaggichederivaronoall’Inghilterradallasuarecenteacquisizionedinuovecapacitàindustriali

non solo erano difficili da conservare, ma furono un dono ambiguo, sia internamente che a livellointernazionale.Inpatria,l’introduzionedellemacchinefufontediconsiderevoleturbolenzaeconomicae sociale.Quanto più l’industria dei beni capitali si rendeva autonoma dai settori dell’economia cheutilizzavano i suoi prodotti, tanto più le sue capacità tendevano a espandersi oltre il livello chel’economia interna era in grado di reggere vantaggiosamente. Forti aumenti dei prezzi, dei redditi edell’occupazione furono seguiti da flessioni altrettantomarcate.Assiemealladistruzionedeimodidiesistenza e di lavoro abituali, dovuta all’uso dei nuovi beni capitali, questa turbolenza economicaprovocòimportantiagitazionisocialiegeneròlasfidacartistaalleistituzionipoliticheesistenti.Sul versante internazionale, l’introduzione delle macchine rese l’economia interna britannica

dipendente in misura senza precedenti non solo dalle esportazioni, dalle quali già dipendevastrettamente sin dal XIV secolo, ma anche da fonti estere quanto ad approvvigionamenti essenziali.Sebbene ancora autosufficiente per quanto riguarda i generi alimentari essenziali, per la prima voltanella storia della Gran Bretagna un’industria vitale per le esportazioni e per l’occupazione venne adipendere da fonti esterne per la disponibilità di un fattore di produzione cruciale, il cotone grezzo.All’inizio delle guerre napoleoniche la maggior parte delle importazioni di cotone proveniva dallecolonie britanniche, e in particolare dalle Indie occidentali, ma nel 1800 esse provenivano in largamisura da un paese straniero, gli Stati Uniti. Inoltre, la riduzione dei costi unitari che sostennel’espansionedell’industriadelcotonebritannicadipendevainmododecisivodall’aumentodellevenditesui mercati esteri, inclusi, e anzi principalmente, quelli dell’Europa continentale e degli Stati Uniti(Farnie,1979,p.83;CaineHopkins,1980,pp.472-474).Inbreve,sindalprincipioilsettoredominantedella«rivoluzioneindustriale»britannicadellafinedel

XVIIIsecolofuun’industriaglobale,lacuicompetitivitàelacuicontinuaespansionedipendevanodalleeconomie esterne permesse dall’approvvigionamento dei fattori produttivi e dalla collocazione deiprodottisuimercatiesteri.Quelcheèpiùimportante,sottol’impattodellespesedeltempodiguerra,ledimensionidell’industriabritannicadeibenicapitalieranodivenuteassaimaggioridiquantoleattivitàcommerciali interne fossero in grado di sopportare in circostanze normali; e quando queste spesecominciarono a stabilizzarsi, e poi a contrarsi, l’industria dei beni capitali poté conservare le suedimensioni e la sua specializzazione solo acquisendo essa stessa una portata globale. Negli anniconclusivi delle guerre napoleoniche e durante il periodo di crollo dei prezzi e della produzione cheseguìlafinedelleostilità,laclassedominanteinglesesitrovòafronteggiareunasituazionenellaqualel’espansioneindustrialedeitrent’anniprecedentiminacciavalasicurezzainternaedesternadellostatobritannico, a meno che non si fossero trovati modi e mezzi per consolidare la portata globaledell’industriadelcotoneedell’ampliamentodelmercatodell’industriadeibenicapitali.Qualoraquestimodi e questi mezzi fossero stati trovati, entrambe le industrie avrebbero allora potuto esseretrasformatedafonti realiopotenzialididisordinisocialiepolitici inmotoridell’ulterioreespansionedellaricchezzaedelpoterebritannici.Aprevalere inizialmentenellapercezionedeipropri interessidapartedella classedominante fu la

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preoccupazioneperlasicurezzainternaedesterna,efuproprioquestapreoccupazionechediedeinizioal movimento per la liberalizzazione del commercio. Un obiettivo primario dell’abolizione delmonopolio commerciale della Compagnia delle Indie Orientali in India nel 1813 fu dunquel’allargamentodell’occupazioneelasalvaguardiadella«tranquillitàdellapopolazioneindustriale»dopola comparsa del luddismo (Farnie, 1979, p. 97). Le questioni di sicurezza interna erano, tuttavia,indissolubilmente intrecciate a questioni di sicurezza esterna. Quando nel 1806-1807 il decreto diBerlinoequellodiMilanochiuserogranpartedell’Europaalleesportazionibritanniche,laperditapotéesserecompensatamedianteunapenetrazionepiùconcertataneimercati latinoamericani.Maquando,nel1812,scoppiòlaguerracongliStatiUniti–principalefontedicotonegrezzodellaGranBretagnaoltrecheimportantesboccoperimanufattidicotonebritannici–leprecariefondamentainternazionalidell’espansione industriale britannica furono completamente svelate. L’abolizione del monopolioindiano della Compagnia delle Indie Orientali, e altre misure che aprirono la strada aun’amministrazione completamente imperiale dell’India, vanno considerate come un tentativo dirisolveresimultaneamenteiproblemidisicurezzainternaedesternadell’Inghilterra.Pocodopolaliberalizzazionedelcommercioindiano,lafinedelleguerrecongliStatiUnitieconla

Francia resemenopressanti i problemidi sicurezza esterna. I problemidi sicurezza interna, tuttavia,nonsolopermaseromafuronoaggravatidalcrollodellaproduzioneedell’occupazionesuccessivoalleguerre.Adaggravarelecose,l’esportazionedisemilavoratiinglesi,comeilfilato,assiemeallebreccenelmurodelleproibizionierettodalgovernobritannicoper impedire la fugadi tecniciemacchinari,favorì gli sforzi di sostituzione delle importazioni operati dalle imprese e dai governi europei eamericani,esirisolseinperditeconsiderevolisuimercatiesteriperleindustrieinglesidellatessituraedellarifinituradelcotone(Jeremy,1977;Davis,1979,pp.24-25;Crouzet,1980,p.66).Fuinquestecircostanzecheilcontrollopoliticosuvastispazieconomicidivennelafonteprincipale

delleeconomieesternedell’impresabritannica.Ilsubcontinenteindiano,conlasuaimmensaindustriatessile e con la sua agricoltura commercializzata, era di gran lunga il più importante di questi spazieconomici. Fino al 1813 sbocco trascurabile per i prodotti di cotone inglesi, nel 1843 l’India eradivenutailprincipalemercatopertalimerci,assorbendofinoal23percentodelleloroesportazioninel1850eal31percentodieciannidopo(Chapman,1972,p.52).La diffusione di macchinari industriali nella filatura e nella tessitura risale a questo periodo di

crescentedipendenzadell’industriacotonierabritannicadalmercatoindiano.Nel1813questaindustriaimpiegavaancoramenodi3000telaimeccaniciepiùdi200000tessitoriamano.Maintornoal1860itelaimeccanici in funzione erano più di 400000 e i tessitori amano erano ormai una specie estinta(Wood,1910,pp.593-599;Crouzet,1982,p.199).È difficile immaginare come questo grande balzo in avanti nella meccanizzazione dell’industria

tessilebritannicaavrebbepotutoverificarsi, inunperiododidomanda internaedestera stagnante, senonattraversolaconquistadelmercatoindianoelaconseguentedistruzionedell’industriatessilelocale.Proprio come nella secondametà delXIV secolo la nascita dell’industria laniera inglese ebbe il suocomplemento nella distruzione forzata dell’industria tessile fiamminga e nella deindustrializzazionespontaneadiFirenze,cosìdagliiniziallametàdelXIXsecololafioriturafinaledellameccanizzazionenell’industria cotoniera britannica ebbe come suo complemento la parallela distruzione dell’industriatessile indiana. In entrambi i casi, l’espansione industriale in Gran Bretagna fu il riflesso di unimportante trapianto di attività. La principale differenza riguardò le dimensioni, la velocità e lasofisticazioneincomparabilmentemaggiorideimezziimpiegatinelsecondotrapianto.Come ha sottolineato Polanyi (1974, pp. 205-206), «[i]l termine “sfruttamento” descrive solo

parzialmenteunasituazionechediventòveramentegrave[periproduttoriindiani]soltantodopochelospietatomonopoliodellaEastIndiaCompanyfuabolitoe inIndiafu introdotto il liberoscambio».IlmonopoliodellaCompagnia era statouno strumentoper sfruttare l’industria tessile indiana; equesto

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sfruttamento, a sua volta, aveva logorato la vitalità di quell’industria e preparato in talmodo la suasuccessiva distruzione a opera dei prodotti più economici del Lancashire.Ma, durante il monopoliodella Compagnia, «la situazione era stata tenuta bene sotto controllo con l’aiuto dell’organizzazionearcaicadellacampagna[…]mentreconilliberoscambiogliindianimorivanoamilioni».IlLancashirefecequalcosadicompletamentediversoedibenpiùgravechesfruttarelemasseindiane:leprivòdeiflussi monetari indispensabili alla loro riproduzione. «Che questo fosse l’effetto delle forze dellaconcorrenza economica, e cioè della permanente vendita sottocosto di merci prodotte per mezzo dimacchine inconcorrenzacon ilchaddar tessutoamano, è indubbiamentevero; ciòdimostra tuttaviaanche il contrario dello sfruttamento economico poiché il dumping implica il contrario delsovrapprezzo.»Ladistruzionedellebasidellosfruttamentodellavoro,dell’imprenditorialitàedellerisorsenaturali

dell’Asia meridionale da parte della Compagnia delle Indie Orientali fu solo il preludio al lorosfruttamento su nuove e più ampie basi. Come osservò Marx nel 1853, «quanto più gli interessiindustriali dipendevano dal mercato indiano, tanto più, dopo aver rovinato l’industria locale, essisentironoilbisognodisuscitareinIndianuoveforzeproduttive».Leferrovie, lenaviel’aperturadelcanalediSueznel1869trasformaronol’Indiainun’importantefontediprodottialimentariedimaterieprime a basso costo per l’Europa – tè, grano, semi oleosi, cotone, iuta – nonché in un importante evantaggioso sbocco, protetto dall’azione del governo, per i prodotti dell’industria britannica dei benicapitali e per le imprese britanniche.Quel che più conta, alla fine delXIX secolo e agli inizi delXXl’enormeeccedenzanellabilanciadeipagamentiindianadivenneilcardinedellariproduzioneallargatadei processi di accumulazione del capitale su scala mondiale inglesi e del dominio sulla finanzamondialedapartedellaCity(Saul,1960,pp.188-194;BarrattBrown,1977,pp.133-136;Tomlinson,1975,p.340;Bairoch,1976a,p.83;Crouzet,1982,p.370;DeCecco,1979,pp.29-38).Egualmente decisivo fu un altro cardine della riproduzione allargata della ricchezza e del potere

britannici: l’eccedenza indianadi lavoromilitare chevennea essereorganizzatanell’esercito indianobritannico.

Non era, questo, un esercito designato principalmente alla difesa interna e a compiti di polizia in India. Si trattava, piuttosto,dell’esercito dell’imperialismo, formale e informale, della Gran Bretagna; un esercito che operava in tutto il mondo, aprendomercati ai prodotti della rivoluzione industriale, subordinando le forze-lavoro al dominio del capitale e portando alle civiltà«arretrate» i valori illuminati dellaCristianità e dellaRazionalità.L’esercito indiano fu il pugno d’acciaio nel guanto di vellutodell’espansionismovittoriano[…]Inoltre,poichél’imperobritannicofuinquestoperiodoilprincipaleagentedelfunzionamentodel sistema mondiale, l’esercito indiano fu, nel vero e proprio senso del termine, la principale forza coercitiva a sostegnodell’internazionalizzazionedelcapitalismoindustriale(Washbrook,1990,p.481).

Alla luce della centralità delle eccedenze di denaro e di lavoro indiani nella formazione enell’espansione del regime britannico di dominio e di accumulazione su scala mondiale, non èsorprendente che, come affermaHobsbawm (1972, p. 166), «nemmeno i paladini del libero scambiodesiderasserovederesfuggirealcontrollopoliticobritannicounasimileminierad’oro,echelapoliticaesteraequellamilitareonavalebritannicafosseroingranpartevolteaconservareunsaldocontrollo».Aquestoandrebbeaggiuntochesenzailcontrollopoliticosuquestaminierad’orolaconversionedelleclassidominantibritannichealladottrinaricardianadelliberoscambiosarebbestatadavvero«deltuttostravagante».Mailcontrollopoliticosull’Indiaresequestaconversioneunalineadicondottadeltuttoragionevolenelperseguimentodelpotereedelprofitto,equestoperdueragionistrettamenteconnesse.In primo luogo, gli effetti distruttivi dei mercati autoregolati potevano essere scaricati sull’India inmodo damitigarne l’impatto in Gran Bretagna. In secondo luogo, le distruzioni in India liberaronoimmense eccedenze di risorse umane, naturali e monetarie che diedero alla Gran Bretagna unastraordinaria libertà di scelta nell’approvvigionamento su scala mondiale dei propri mezzi disostentamento,diaccumulazioneediprotezione.

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Un flusso di approvvigionamenti quanto più libero possibile da tutto il mondo era essenziale perridurreicostidiproduzioneinterni,eallostessotempoperfornireaiclientistranieriimezzinecessariad acquistare i prodotti inglesi. La risolutezza degli interessi industriali provinciali e la paura delcartismo svolsero un ruolo decisivo nello spingere i gruppi dominanti della Gran Bretagna versol’adozione unilaterale del libero scambio, ben oltre e più velocemente di quanto non avrebbero fattoaltrimenti(CaineHopkins,1986,p.516).Maoltrecheperlapacificazionedegliinteressiindustrialiedelle classi subalterne, tale libero flusso di approvvigionamenti da tutto il mondo verso il mercatointernobritannicofuessenzialeancheall’efficaceeserciziodapartedeigruppidominantiinglesidellaloroeccezionalelibertàdisceltainunmercatomondialesemprepiùintegrato.Ivantaggidell’adozioneunilateraledelliberoscambiodapartedellaGranBretagnaimperialefurono

talicheilcontromovimentoprotezionistanonebbemailapossibilitàdidivenireegemoneneppuretraleclassi subalterne. La Gran Bretagna era e rimase a oltranza l’epicentro del movimento per il liberoscambio.Per parafrasareHobsbawm (1972, p. 207), essa in realtà non abbandonòmai il sistemadelliberoscambiocheavevacreato;fuinveceilmondocheabbandonòlaGranBretagna.Il mondo cominciò ad abbandonare il sistema di libero scambio britannico subito dopo la sua

istituzione.

[L]’aumentonelritmoenelvolumedelcommerciointernazionaleelamobilitàgeneraledellaterraconnessialtrasportodigrandiquantitàdicerealiedimaterieprimeagricoleauncostoridotto[…]cambiòlavitadidecinedimilionidiuomininellecampagneeuropee.[…]Lacrisiagrariaelagrandedepressionedel1873-96avevanoscossolafiducianelmeccanismodell’autoregolazioneeconomica.Daallorainpoiletipicheistituzionidell’economiadimercatopoteronoessereintrodottesoltantoseaccompagnatedamisureprotezionistiche,eciò inmisura tantomaggiore inquantonegliultimianni settantaeneiprimianniottanta lenazioni siandavano costituendo inunità organizzate chepotevano risentire gravementedegli sconvolgimenti indotti daqualsiasi repentinoadattamentoallenecessitàdelcommercioesteroedeicambiesteri(Polanyi,1974,p.272).

L’epicentro del contromovimento protezionista si localizzò nella Germania imperiale, costituita direcente.Quandolacadutadeiprezzidel1873-79vi fecesentire isuoieffetti, ilcancelliereBismarckcredeva nei poteri autoregolatori deimeccanismi dimercato inmodo altrettanto fermodi tutti i suoicontemporanei.Inizialmenteeglitrovòconsolazionenellaportatamondialedelladepressioneeaspettòpazientementechelacadutadeiprezziraggiungesseilsuopuntopiùbasso.Quandotuttavia,nel1876-77, ciò avvenne, egli si rese conto che il verdettodelmercato sull’autosufficienzadello stato edellasocietàtedeschieratropposeveroperessereaccettatoeche,inoltre,lacadutadeiprezziavevacreatoopportunitàunicheperlaprosecuzioneconaltrimezzideisuoisforzidirettiallaformazionedellostato.Ladiffusionedelladisoccupazione,delle agitazionioperaie edelle rivolte socialiste, lapersistenza

dellarecessione industrialeediquellacommerciale, ilprecipitaredelvaloredella terrae,soprattutto,unacrisifiscalecheparalizzòilReichfuronoifattoricheindusseroBismarckaintervenireaprotezionedellasocietàtedescaneltimorecheidannidelmercatoautoregolatodistruggesserol’edificioimperialecheegliavevaappenacostruito.Allostessotempo,lacrescenteconvergenzadegliinteressiagrariediquelli industriali nel sollecitare una protezione governativa dai concorrenti stranieri gli facilitò larepentina conversione dal libero scambio e dal laissez faire a un atteggiamento estremamenteprotezionista e interventista. Tale conversione non fu solo un cedimento alle pressioni sociali edeconomiche, ma anche una scelta strategica per consolidare i poteri del Reich tedesco (Rosenberg,1943,pp.67-68).ABismarck non eramai piaciuto un sistema che ponesse l’autorità centrale allamercé degli stati

federali.

Nel1872affermòalReichstag:«Unimperochedipendadaicontributideisingolistatièprivodellegaranziefornitedaunasolidaecomuneistituzionefinanziaria».Enel1879dichiaròcheeraavvilentechel’autoritàcentralefossecostrettaapassareconilpiattodelleoffertedaunostatofederaleall’altroperassicurarsileentrateindispensabiliallesueesigenze(Henderson,1975,pp.218-219).

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In armonia con questi sentimenti, l’intervento del governo a protezione della società tedesca non siarreseagliinteressiparticolaristici.Alcontrario,fuunostrumentoperrafforzarel’autoritàgovernativaelasovranitàdelReich.

Il potere politico conferito al governo del Reich sarebbe stato usato per contribuire a superare la contrazione e la stagnazioneeconomicadi breve termine;ma in cambiodei suoi servigi lo stato avrebbe realizzato durature conquiste politiche. […]GrandiprogettisiprofilaronoallavistadiBismarck;larealizzazione[…]dell’inattaccabileindipendenzafinanziariadelReichedellasuamacchina militare, fuori dal controllo parlamentare, manipolando la richiesta da parte dei produttori di protezioni tariffarie eriformandolatassazioneinmododaridurreicostigenerali.Olosfruttamentopoliticodidisadattamentieconomiciefiscalicosìdaassicurarsi un nuovo equilibrio di potere tra il Reich e gli stati […] e completare l’unificazione nazionale cementandola conindistruttibililegamieconomici(Rosenberg,1943,p.68).

Fu così istituito un organico rapporto di «scambio politico» tra il governo tedesco e un gruppo diimpresescelte.Mentreilgovernofecetuttoquellocheerainsuopotereperagevolarel’espansionediqueste imprese, esse fecero tutto ciò che poterono per assistere il governo nel cementare l’unitàdell’economia interna e nel dotare lo stato di un potente apparato militare-industriale. I partnerprincipalidelgovernotedescoinquestorapportodiscambiopoliticofuronoquelleimpreseindustrialiparticolarmente coinvolte nella «industrializzazione della guerra» in corso e, soprattutto, sei grandibanche.QuesteGrossbanken erano emerse dalla struttura personale e interfamiliare delle attività bancarie

tedesche,ancoraprevalentenegliannicinquantadelXIXsecolo,soprattuttograzieallapromozioneealfinanziamento delle compagnie ferroviarie e delle imprese dell’industria pesante coinvolte nellacostruzionedelle ferrovie (Tilly,1967,pp.174-175e179-180). Il lorodominio sulla finanza tedescaaumentòulteriormenteduranteladepressionedegliannisettanta.Equando,neglianniottanta,unalargaparte delle loro risorse imprenditoriali e monetarie fu resa disponibile dalla nazionalizzazione delleferrovie, esse simossero velocemente per controllare, integrare e riorganizzare l’industria tedesca incollusione con un ristretto numero di potenti aziende. «Grandi imprese e cartelli operanti in strettaassociazione con le grandi banche – erano, questi, i due pilastri dell’economia tedesca nell’ultimoquartodelXIXsecolo»(Henderson,1975,p.178).Mentre alla vigilia della grande depressione, in Germania come in Gran Bretagna, il capitalismo

familiareeraancoralanorma,primadellafinedelsecoloilsuopostoerastatopresodaunastrutturamanageriale estremamente centralizzata. Nel corso dei due decenni successivi la centralizzazioneaumentòulteriormente,soprattuttomediantel’integrazioneorizzontale.Lepiccoleemedieimpresechesopravvissero–e furonomolte–dovetteroadattarsial rangodimembrisubordinatidiunaeconomiadirigistica privata, controllata da un gruppo ben saldo di finanzieri e di industriali che operava permezzo di burocrazie manageriali sempre più ampie e complesse. L’economia interna tedesca, perparafrasareEngels(1976),cominciavaineffettiasomigliarea«un’unicaenormefabbrica».Hilferding (1961), e dopo di lui generazioni di pensatori marxisti fino agli attuali teorici del

capitalismo «organizzato» e «disorganizzato», hanno interpretato questo sviluppo come l’indizio piùchiaro che la previsione di Marx di una sempre maggiore centralizzazione del capitale stesse perrealizzarsi, e come il segnale dell’inizio di un nuovo stadio del capitalismo caratterizzato dallaprogressiva sostituzione dell’«anarchia» nella regolazione del mercato a opera di una pianificazionecapitalista centralizzata (Auerbach, Desai e Shamsavari, 1988). Favorendo la formazione di cartellicomprendenti interi settori dell’industria, le grandi banche facilitarono l’armonioso ed efficientefunzionamento delle imprese che erano giunte a controllare.Quando la redditività di queste impreserispettoaquelleancorasoggetteaicapriccidelmercatoaumentò, lebancheacquisirononuovimezzicon i quali estendere ulteriormente il loro controllo sul sistema industriale, e così via, fino a che uncartellogeneralecontrollòl’interaeconomianazionale.

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Tutta la produzione capitalistica viene consapevolmente regolata da un organismo, che decide del volume complessivo dellaproduzioneintuttiisettori.Aquestopuntoladeterminazionedeiprezzidivienepuramentenominale,eimplicaormaisoltantoladistribuzionedelprodottototaletraimagnatidelcartello,daunaparte,elamassadituttiglialtrimembridellasocietà,dall’altra.Ilprezzononèquindipiù la risultantediun rapportotracosesubito dagli uomini,maunpuro e semplicemetododi calcolo perl’attribuzionedicosedapersonaapersona.[…]Ilcapitalefinanziario,asviluppoultimato,sisradicadalterrenochelohanutrito.[…][L]’incessanterotazione[deldenaro]haraggiuntoilsuoscopo:lasocietàregolata(Hilferding,1961,pp.308-309).

All’inizio del XX secolo questo processo si era spinto abbastanza in là da consentire alle impresetedeschediperseguirel’efficienzatecnicaconunadeterminazionesenzaprecedentie,permoltiaspetti,senzaconfronti.Risiedequilaradiceprincipaledella«razionalitàtecnologica»delleimpresetedescheche, seguendo David Landes, abbiamo contrapposto alla «razionalità pecuniaria» delle impresebritanniche. Poiché questa razionalità tecnologica delle imprese tedesche era associata a indici dicrescitaindustrialeassaipiùaltieaun’applicazionepiùsistematicadellascienzaall’industriachenelcasodellarazionalitàpecuniariadelleimpresebritanniche–duecaratteristichechefecerodell’industriatedescala«meravigliadelmondo»–noncivollemoltoperchéimarxistipensasserocheilsistemadiimpresa tedesco, più consapevolmente e centralmente pianificato, avesse preso il posto di quellobritannicocomemodellodelcapitalismoavanzato.Inverità,ilsistematedescostavaprendendoilpostodiquellobritannicosoloperquantoriguardava

leprestazioniindustriali.Relativamenteallaproduzioneeall’appropriazionedivaloreaggiunto,invece,essostavariducendoastentoilgrandedivariocheseparavaGermaniaeGranBretagnaall’iniziodellagrandedepressione.Landes(1993,p.430)osservache

la differenza degli indici generali di sviluppo fra [Germania eGranBretagna] era notevolmenteminore di quanto avrebbe fattosupporreildivariodegliindicidisviluppoindustriale.Mentrelaproduzionedimanufatti[…]aumentavadipocopiùdeldoppiofrail 1870 e il 1913, di fronte a un aumento tedesco di quasi sei volte, i redditi dei due paesi, calcolati in aggregato o pro capite,aumentaronoconunrapportofralorodell’ordinedi0,7-0,8a1.

Inaltri termini, lacomunitàd’affari tedescafucostrettaaespandere lapropriaproduzione industrialealmeno trevoltepiùvelocementediquellabritannicaperconseguireunmiglioramento relativamentepiccolo in termini di valore aggiunto. Dal punto di vista economico, questo risultato appare unsostanzialeinsuccesso,enonilgrandesuccessocheancoramoltiritengonosiastato.È possibile obiettare che il valore aggiunto non è un criterio adeguato per valutare i risultati del

sistemadi impresa tedesco,poiché ilprincipaleobiettivodiquelsistemaerasocialeepolitico.Comeabbiamovisto,questoèsenzadubbiovero.Maèpropriosulterrenopoliticoesuquellosocialechelaprestazione tedesca rispetto a quella britannica fu particolarmente disastrosa. Quanto più il Reichtedescodivennepotente,tantopiùessoentròinrottadicollisioneconilpotereegliinteressidellaGranBretagna imperiale (vedicap.1).Quando leduegrandipotenzesi scontraronorealmentenellaPrimaguerramondiale,tuttiivantaggiincrementaliinterminidipoteremondialeconseguitidallaGermaniaimperiale nel corso delmezzo secolo precedente si trasformarono improvvisamente in una immensaperdita.LaGermaniaimperialenonsopravvissealladisfattanellaguerra,el’imposizionedeldisarmoediingentirisarcimentidiguerraridusselarepubblicachenepreseilpostoallostatusdiun«quasi-stato»tributario, nei confronti non solo della Gran Bretagna ma anche della Francia. Inoltre, le agitazionisociali senza precedenti che seguirono al collasso politico ed economico dello sforzo diindustrializzazione gettarono le classi dominanti e la comunità d’affari tedesche nel più totalescompiglio,spingendoleversoiniziativeimprenditorialiancorpiùdisastrosedeiduedecennisuccessivi.Lungidalprendereilpostodelcapitalismodimercatobritannico,ilcapitalismomanagerialetedesco

fu, dal punto di vista economico, un discreto fallimento, e, da quello politico e sociale, un colossalefallimento. Nondimeno, il suo sviluppo ebbe l’effetto di affrettare la crisi terminale del regime diaccumulazionebritannico,avviandoinquestomodolatransizionealregimestatunitense.Ilcapitalismomanageriale tedesco fu solo l’antitesi dell’imperialismo del libero scambio britannico.La sintesi che

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infine trascese entrambi fu un genere di capitalismo manageriale tanto diverso dal sistema diaccumulazionetedescoquantodaquelloinglese.

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Ilquartociclosistemicodiaccumulazione(gliStatiUniti)

Labelleépoquedell’eraedoardianasegnòilculminedell’imperialismodel liberoscambiobritannico.La ricchezza e il potere delle classi possidenti, non solo della Gran Bretagna ma anche dell’interomondooccidentale,avevano raggiuntovette senzaprecedenti.Eppure lacrisi sistemicadel regimediaccumulazionebritannicononerastatarisolta,enelcorsodiunagenerazioneavrebbeportatoalcrollodell’interoedificiodellaciviltàdelXIXsecolo.Tra i problemi di fondo affrontati dal regime britannico, il più serio rimase l’intensità della

concorrenzaintercapitalistica.Comeèstatoosservatoinprecedenza,ilrialzodeiprezzidellametàdeglianninovantadell’Ottocentocuròlamalattiadellaborghesiaeuropeainvertendolapressionesuiprofittidel quartodi secoloprecedente.Con il tempo, tuttavia, la cura si rivelòpeggioredelmale.Equestoperchéilrialzofudovutosoprattuttoaun’ulterioreescalationnellacorsaagliarmamenti tra legrandipotenze europee. In quanto tale, esso rifletteva non un superamento dell’intensa concorrenzaintercapitalisticacheavevacaratterizzatolagrandedepressionedel1873-96,maunospostamentodellasuasedeprincipaledallasferadellerelazionitraleimpreseaquelladellerelazionitraglistati.Inizialmente,perparafrasareancoraunavoltaMaxWeber,ilcontrollosull’offertadicapitalemobile

diedealleclassicapitalistichedell’Europaingenerale,edellaGranBretagnainparticolare,lacapacitàdi dettare agli stati rivali le condizioni alle quali esse avrebbero fornito il loro aiuto nel conflitto dipotere.Fuquestoche,piùdiognialtracosa,permiseallaborghesiaeuropeanonsolodiriaversidallagrandedepressione,madigoderedicircaunventenniodigrandesplendore.Ilconflittodipoteretraglistati,tuttavia,tendeva,pertuttiglistatieuropeiinclusalaGranBretagna,arendereicostidiprotezionesuperiori ai benefici e allo stesso tempo a minare, nella maggior parte dei paesi, le capacità dellaborghesia di esternalizzare gli oneri della lotta.Quando la lotta giunse al suo culmine con la Primaguerramondiale,ildestinodelregimediaccumulazionebritannicoerasegnato.

L’impalcaturadiaccordimultilaterali,cheprimadel1914tenevaassiemelastrutturadelcommerciointernazionale,riposavasudueprincipalipilastri. Ilprimoeracostituitodaldisavanzodellabilanciadeipagamenti indiananeiconfrontidell’Inghilterra,edagliavanzi con altri paesi che permettevano la copertura del deficit; il secondo era costituito dai saldi commerciali tra Inghilterra,Europa e America del Nord. La cornice di accordi così gradualmente formata fu gettata nello scompiglio dalla Prima guerramondiale,elaSecondaguerramondialenecompletòladistruzione(Milward,1970,p.45).

Nei cinquanta anni che precedettero la Prima guerra mondiale, l’impero d’oltremare della GranBretagna, e l’India in particolare, era divenuto più che mai essenziale alla valorizzazione su scalamondialedelcapitalebritannico.MarcelloDeCecco(1979,pp.54-56)hamostratocome,potenziandola capacità del proprio impero di ottenere valuta estera mediante l’esportazione di prodotti primari,l’Inghilterrariuscìaresisteresenzadoverristrutturarelapropriaindustriaefuingradodiinvestireneipaesidovemaggioreera la remunerazionedelcapitale (ancheSaul,1960,pp.62-63e88).AgliStatiUnititoccòlasortediessereilpaesecheaccolselamaggiorpartediquestiinvestimentiecheoffrìagliinvestitori inglesi i più ampi diritti su attività e redditi futuri all’estero. Tra il 1850 e il 1914 gliinvestimentiesterieiprestitialungotermineconcessiagliStatiUnitiammontaronocosìa3miliardididollari.MainquestostessoperiodogliStatiUnitieffettuaronopagamentinettidiinteressiedividendi,perlopiùallaGranBretagna,peruntotaledi5,8miliardididollari.Laconseguenzafuunincrementodel debito estero statunitense dai 200milioni di dollari del 1843 ai 3700milioni di dollari del 1914(Knapp,1957,p.433).Idirittiinglesisuattivitàeredditistatunitensifuronodifondamentaleimportanzanell’economiadel

dominiobritannico,dalmomentochegliStatiUnitieranoingradodiassicurareallaGranBretagna,conprontezzaedefficienza,tuttelefornituredicuiquest’ultimaavrebbepotutoaverbisognoperladifesadelsuovastoimperoterritorialeinunaguerraglobale.Nel1905laRoyalCommissionontheSupplyof

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Food andRawMaterials inTimeofWar riferiva che, disponendodi denaro e navi a sufficienza, gliapprovvigionamentiincasodiguerrasarebberostatigarantiti,echeunascarsitàdidenarofosseassaipoco probabile. In modo analogo, quando scoppiò la Prima guerra mondiale il cancelliere delloScacchierestimòche iproventidegli investimentiesteribritannici sarebberostati sufficientiapagarecinqueannidiguerra.MassiccimovimentidivalutaindirezionediLondraeunaumentodicircail300percentodelleriserveaureedellaBancad’Inghilterratral’agostoeilnovembredel1914sembraronoconfermarequesteottimisticheprevisioni(Milward,1970,pp.44-46).Nel 1915, tuttavia, la domanda di armamenti, macchinari e materie prime da parte della Gran

Bretagna superava già di gran lunga quella programmata dalla Royal Commission nel 1905. Buonapartedeimacchinari necessari potevanoessere forniti solodagliStatiUniti, e fu il loro acquisto cheavviòl’erosionedeititoliinglesisuiredditiprodottinegliStatiUnitiel’aumentodeititolistatunitensisuiredditiesulleattivitàinglesi.NeiprimiannidellaguerraleattivitàinglesinegliStatiUnitifuronorealizzate alla Borsa di NewYork a prezzi fortemente scontati. Quando gli Stati Uniti entrarono inguerraeabolironolerestrizioniaiprestitiall’Inghilterra,

ilgovernoinglese,conimpegninegliStatiUnitipercentinaiadimilionidisterline,eraallostremodelleforze,privodiqualsiasimezzoperfarvifronte.Daquelmomentoefinoall’armistiziocontrasseprestitidalgovernoamericano,«peribisogniessenzialidelvivereedellaguerra»,perunacifranondimoltoinferioreai1000milionidisterline(R.H.Brand,citatoinMilward,1970).

Al termine della guerra, dunque, gli Stati Uniti avevano ricomprato a prezzi d’occasione parte deimassicciinvestimentichenelXIXsecoloavevanocostituitol’infrastrutturadellaloroeconomiainterna,e,inaggiunta,avevanoaccumulatoimmensicreditidiguerra.Inoltre,neglianniinizialidelconflittolaGranBretagna avevaconcesso crediti ingrandequantità ai suoi alleati piùpoveri, inparticolare allaRussia, mentre gli Stati Uniti, ancora in posizione neutrale, ebbero mano libera nel sostituire conmaggiore celerità la Gran Bretagna come principale investitore estero e intermediario finanziario inAmerica Latina e in alcune zone dell’Asia. Al termine della guerra questo processo era divenutoirreversibile.Lamaggiorpartedei9miliardididollaridicreditidiguerranettidegliStatiUnitigravavasupaesirelativamentesolvibili,comeGranBretagnaeFrancia;mapiùdel75percentodei3,3miliardidi dollari di crediti di guerra netti della Gran Bretagna gravavano su una Russia insolvente (erivoluzionaria),efuronoinlargamisuracancellati(Fishlow,1986,p.71;EichengreenePortes,1986;Frieden,1987,pp.27-28).L’ampiezzadiquestoprimocapovolgimentodelle fortunefinanziariedegliStatiUnitiedellaGran

Bretagna fu ragguardevole,manondeve essere sopravvalutato.Le riserve auree aLondranegli anniventieranosuperioriaquellediprimadellaguerraesembraronogiustificare,nel1926,ilritornodellasterlina alla base aurea alla parità dell’anteguerra; i titoli inglesi sui redditi esteri, per quanto ridotti,eranoancoraconsistenti;sistimavacheilpagamentodelleriparazionidiguerradapartedellaGermaniapotesse coprire almeno parte dei costi necessari a servire i debiti di guerra nei confronti degli StatiUniti; e, soprattutto, l’impero coloniale e semicoloniale della Gran Bretagna si era ulteriormenteampliato,ecostituivaunaretedisicurezzaacuilaGranBretagnacolonialepotevafarricorsoincasodibisogno, come in effetti avvenne negli anni trenta. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, la fine dellaguerra riportò l’eccedenza commerciale grosso modo al livello precedente al 1914. La principaledifferenza rispettoallasituazionedell’anteguerrastavanel fattocheora i titoli statunitensi sui redditiprodottiall’esterocompensavanoi titolistranierisuiredditiprodottiall’interno,alpuntochel’avanzocommercialesitradusseinunsignificativoavanzocorrentenetto(fig.16).

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Grazieaquestaeccedenzaeaicreditidiguerra,gliStatiUnitisiunironoallaGranBretagna,senzatuttavia soppiantarla, nella produzione e nella regolamentazione del denaro mondiale. Il dollarostatunitensedivenne,alparidellasterlinainglese,unavalutadiriservaapienotitolo.Manéildollaroné la sterlina da soli rendevano conto della maggioranza delle riserve di valuta estera delle banchecentrali(Eichengreen,1992,p.358).Quelchepiùconta, lacapacitàdegliStatiUnitidigovernareilsistemamonetariomondialerimase

nettamenteinferioreallestesseresiduecapacitàdellaGranBretagna.Daquestopuntodivista,comehaaffermatoGeoffreyIngham(1984,p.203;1989,pp.16-17),deveesserericonsiderata la tesisecondocui nel periodo tra le due guerre il sistema monetario mondiale fu reso instabile dall’incapacitàbritannica e dalla riluttanza statunitense ad assumersi la responsabilità di stabilizzarlo (Kindleberger,1973, p. 292). Il controllo su unaquota ragguardevole della liquiditàmondiale nondiede infatti agliStati Uniti la capacità di governare l’intero sistema monetario mondiale. Dal punto di vistaorganizzativo, le istituzioni finanziarie statunitensi semplicemente non erano all’altezza del compito.Neglianniventi, ilFederalReserveSystem,istituitosolonel1913,eraancoraunorganismononbendefinitoeprivodiesperienza,incapacediesercitareconunminimodiefficaciapersinolesuefunzioniinterne.Perquantoriguardairapporticonl’estero,soloNewYork,traledodicibancheregionalidellariservafederale,possedevaqualcheesperienzasignificativa.NewYorkstessarimaseinteramentesubordinataaLondrasiadalpuntodivistaorganizzativocheda

quellointellettuale.Certo,l’enormeerapidoaumento,durantelaguerra,dellaquotastatunitensedellaliquiditàmondialedeterminòun incrementoegualmentesignificativodelpotereedell’influenzadellacomunitàfinanziariadiNewYorkingenerale,edellacasadeiMorganinparticolare,all’internodelle

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retidellahautefinancecontrollatedaLondra.Questaredistribuzionedipotereeinfluenza,tuttavia,nonmutòilmododioperaredelsistemamonetariomondiale.WallStreetelaFederalReservediNewYorksemplicementesiunironoallaCitydiLondraeallaBancad’Inghilterranelmantenereenelrafforzarelabase aurea internazionale, il cui principale beneficiario era e rimase la Gran Bretagna. In unadescrizione di parte,ma nondimeno accurata, degli accordimonetari degli anni venti, JacquesRueffscrissenel1932:

[l]’applicazionedelgold-exchangestandardpresentòperl’Inghilterrailconsiderevolevantaggiodimascherarnepermoltiannilareale posizione. Durante l’intero periodo del dopoguerra, l’Inghilterra fu in grado di concedere in prestito ai paesi dell’Europacentralefondichecontinuavanoarifluire inInghilterrapoiché,nellostessomomento incuifacevanoingressonell’economiadeipaesi contraenti, erano nuovamente depositati a Londra. Pertanto, proprio come dei soldati che marciano sulla scena di unacommedia musicale, essi potevano riemergere indefinitamente e permettere ai loro possessori di seguitare a concedere prestitiall’estero,nello stessomomento in cui, in realtà, l’afflussodivaluta estera, che inpassato li aveva resipossibili, si era esaurito(Rueff,1964,p.30).

Con il suo sostegno alla base aurea internazionale, dunque, la comunità finanziaria di New Yorkincoraggiò e sostenne i tentativi, in fin dei conti vani, di Londra di rimanere al centro della finanzamondiale.NewYorknon fu solanel sostenerequesto tentativo londinesedi far ritornoalmondodel1913. Nel corso di tutti gli anni venti la maggior parte dei governi occidentali condivideva ilconvincimento che solo la ricostituzione del sistemamonetario precedente al 1914, «questa volta susolide basi», avrebbe potuto ristabilire la pace e la prosperità. Quale che fosse il loro orientamentoideologico, i governi nazionali adattarono le loro politiche fiscali emonetarie alla salvaguardia dellamoneta,einnumerevoliconferenzeinternazionali,daBruxellesaSpaeaGinevra,daLondraaLocarnoeaLosanna,furonoconvocatepercreare lecondizionipoliticheper larestaurazionedellabaseaurea(Polanyi,1974,p.34).Per ironia della sorte, tuttavia, questo sforzo concertato, invece di riportare in vita il sistema

monetariomondialeprebellico,neaffrettòlacrisifinale.Tutticonvenivanochelastabilitàdipendeva,inultima analisi, dalla liberalizzazione degli scambi. Eppure, «l’incubo dell’autarchia aleggiava sullemisurepreseaprotezionedellamoneta».Alloscopodistabilizzarelepropriemonete,igovernifeceroricorso a quote di importazione, moratorie e accordi di congelamento, sistemi di compensazione etrattati commerciali bilaterali, accordi di scambio, divieti di esportazioni di capitale, controlli sulcommercioesteroefondidistabilizzazionedeicambi:tuttemisurecheinrealtàtendevanoalimitareilcommercioe ipagamentiesteri.«Se l’intenzioneera la liberalizzazionedelcommercio, l’effetto fu ilsuostrangolamento»(Polanyi,1974,p.34).Laricercadimonetestabilisottolapressionedella«fugadicapitali»trasformòinfinelastagnazione

delcommercioedellaproduzionemondialidegli anniventinellacrisideiprimianni trenta.Durantetutti gli anni venti la produttività continuò ad aumentare negli Stati Uniti più velocemente che inqualsiasialtrodeipaesidebitori,incrementandoulteriormenteilvantaggioconcorrenzialedelleimpresestatunitensi e le difficoltà dei paesi debitori a pagare gli interessi sui loro debiti – figurarsi poi aestinguerli. E a mano a mano che la dipendenza del sistema di pagamenti mondiale dal dollaroamericano aumentò, gli Stati Uniti acquisirono attività sull’estero con una rapidità che «non haprecedentinell’esperienzadialcungrandepaesecreditoredeitempimoderni»(Dobb,1977,p.375).Allafinedeglianniventi,iprestitiegliinvestimentidirettiesteristatunitensiavevanoportatoapiùdi

8miliardi di dollari le attività nette registrate sui conti dei privati. In definitiva, tuttavia, i crescentisquilibristrutturalideipagamentimondialieranodestinatiapregiudicarelaprosecuzionedelprocesso,in particolare in considerazione degli sforzi generalizzati da parte dei governi di ripristinare la baseaurea delle loro monete. I movimenti di capitale attraverso i confini statali assunsero un caratteresemprepiùspeculativoedibrevetermine.

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Questimovimentidi«capitalivaganti»,comevennerochiamati[…]rimbalzavanotraicentrifinanziarimondialiallaricercadiuninvestimentotransitorioodiprofittispeculativi,eaintervalliregolariesercitavanounapericolosapressionesulleriserveaureeesuquellevalutariedell’unoodell’altropaese(Arndt,1963,p.14).

Inquestecircostanze,unarapidaespansioneounastasidell’attivitàspeculativainternaagliStatiUnitisisarebberorisolteinunainterruzionedeiprestitiesterienelcollassodituttalacomplessastrutturasucuierabasatoilripristinodelcommerciomondiale.Edèproprioquestociòcheinfineavvenne.Versolafinedel1928, ilboomdiWallStreetcominciòadirottare i fondidalprestitoesteroallaspeculazioneinterna.Quandolebanchestatunitensichieseroilrimborsodeicreditieuropei,leesportazioninettedicapitalidagliStatiUniti–cheeranosalitedamenodi200milionididollarinel1926aoltreunmiliardonel1928–ridisceseroa200milionididollarinel1929(Landes,1993,p.485).Ilbloccodeiprestitiedegliinvestimentiesteristatunitensifuresopermanentedall’esaurimentodel

boomdiWallStreet e dalla conseguente recessionedell’economia americana.Di fronte a inaspettaterichiestedirimborsieafughedifondiabrevetermine,unpaesedopol’altrofucostrettoaproteggerelapropria moneta mediante il ricorso alla svalutazione o al controllo valutario. La sospensione dellaconvertibilità in oro della sterlina inglese nel settembre del 1931 portò alla definitiva distruzionedell’unicareteditransazionicommercialiefinanziariemondialisucuieranobasatelefortunedellaCitydi Londra. Il protezionismo imperversò, l’obiettivo della stabilità dellamoneta fu abbandonato e «ilcapitalismo mondiale si chiuse negli iglù delle sue economie di stati-nazione e relativi imperi»(Hobsbawm,1992,p.156).Èquestala«rivoluzionemondiale»lecuioriginiKarlPolanyifarisalirealla«rotturadelfiloaureo»

(vedi cap. 3). La scomparsa della haute finance dalla politicamondiale, il crollo della Società delleNazioni a vantaggio degli imperi autarchici, l’ascesa del nazismo inGermania, i piani quinquennalisovieticieillanciodelNewDealstatunitensenefuronolecaratteristicheprincipali.«Mentreallafinedella Grande guerra – e per tutto il decennio successivo – gli ideali del XIX secolo erano ancoradominanti,conil1940ognitracciadelsistemainternazionaleerascomparsaeapartepocheenclaveslenazionivivevanoinunasituazioneinternazionalecompletamentenuova»(Polanyi,1974,pp.30e35).Inrealtàlasituazioneinternazionalenel1940noneradeltuttonuova,poichélegrandipotenzedel

sistema interstatale erano coinvolte in un ulteriore confrontomilitare che, fatta eccezione per le suedimensioni, la sua ferocia e la sua capacità distruttiva senza precedenti, riproduceva un modelloricorrente dell’economia-mondo capitalistica. Presto, tuttavia, questo confronto si tradusse nellacostituzionediunnuovoordinemondiale,cheavevailpropriocentronegliStatiUnitiechedaquestiultimi era organizzato: differente sotto alcuni aspetti cruciali dal defunto ordinemondiale britannico,essodivenneilfondamentodiunanuovariproduzioneallargatadell’economia-mondocapitalistica.AlterminedellaSecondaguerramondiale i suoiprincipalicontornieranogià tracciati:aBrettonWoodserano state gettate le basi di un nuovo sistemamonetariomondiale, aHiroshima eNagasaki i nuovimezzi di distruzione avevano mostrato quali sarebbero stati i supporti militari del nuovo ordinemondialeeaSanFranciscoeranostateformulate,nellaCartadelleNazioniUnite,lenormeeleregoleperlalegittimazionedellaguerraedellaformazionedeglistati.LaformulazioneinizialediquestoordinemondialeconRoosevelt,elasuasuccessivarealizzazione

su scala ridotta con Truman, riflettevano la concentrazione senza precedenti del potere mondialeprovocatadallaSecondaguerramondiale.Militarmente,persinoalculminedellaguerra,

[a]lcunegrandipotenzeeranogiàinombra,comelaFranciael’Italia.Ildesideriotedescodidominarel’Europasistavasfaldando,così come avveniva per le analoghe mire giapponesi sull’Estremo Oriente e il Pacifico. Il mondo bipolare, previsione tantofrequentenelXIXeall’iniziodelXXsecolo,erafinalmentearrivato;l’ordineinternazionale,comedisseDePorte,passavaora«daun sistema all’altro». Solo gli StatiUniti e l’URSS contavano […]E delle due, la «superpotenza» americana era enormementesuperiore(Kennedy,1993a,p.492).

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La centralizzazionedel potere finanziariomondiale fu persinomaggiore.Comeèpossibile osservaredalla figura 16, l’impatto della Seconda guerra mondiale sulla bilancia commerciale statunitenseriprodussesuscalaallargatal’impattodellaPrimaguerramondiale.Ilpiccoèsiapiùaltochepiùlungo.CiòriflettelamaggiormisuraincuigliStatiUnitifunserodaofficinadellosforzobellicodeglialleatiedagranaioeofficinadellaricostruzioneeuropeaneldopoguerra.Inoltre,perlaprimavoltanellastoriadegliStatiUniti,ititolistatunitensisuiredditiprodottiall’esterosuperaronodiunbuonmargineititoliesteri sui redditi prodotti negli StatiUniti; questo fece sì che dopo la guerra l’avanzo corrente fosseassaimaggioredell’avanzocommerciale.Pereffettodiquestonuovoepiùvastoaumentodelloroavanzocommercialeediquellocorrente,gli

StatiUnitigiunseroagoderediunmonopoliovirtualesullaliquiditàmondiale.Nel1947lelororiserveaureeeranoil70percentodeltotalemondiale.Inoltre, l’eccessodidomandadidollaridapartedelleimpreseedeigovernistranieri facevasìche ilcontrollostatunitensesulla liquiditàmondiale fossedigranlungamaggiorediquantoquestagiàstraordinariaconcentrazionedioromonetarioimplicasse.Egualmenteimpressionantifuronolaconcentrazioneelacentralizzazionedellacapacitàproduttivae

delladomandaeffettiva.Nel1938ilredditonazionalestatunitenseeraall’incircaugualeallasommadeiredditinazionalidiGranBretagna,Francia,Germania, ItaliaeBenelux,equasi trevoltemaggiorediquellodell’UnioneSovietica.Manel1948essoerapiùchedoppiorispettoaquellodelgruppodipaesidell’Europaoccidentalesopracitato,epiùdiseivoltemaggiorediquellodell’UnioneSovietica(calcolidiWoytinskyeWoytinsky,1953,tavv.185-186).Il crollo definitivo dell’economia-mondo imperniata sul Regno Unito arrecò dunque un beneficio

enormeagliStatiUniti.MenodiventiannidopoilGrandeCrollodel1929ilmondositrovavainunasituazione di grande confusione,ma la ricchezza e il potere nazionali statunitensi avevano raggiuntovette senza precedenti e senza confronti. Gli Stati Uniti non erano il primo stato a trarre unostraordinario vantaggio dai disordini dell’economia-mondo, di cui costituivano una componentefondamentale.La loroesperienzaerastataprefiguratadaVenezianelXV secolo,dalleProvinceUnitenel XVII e dal Regno Unito nel XVIII. E proprio come in tutti i precedenti casi di prodigiosoarricchimentoeaccrescimentodipoterenelmezzodiuncrescentecaos sistemico, ilgrandebalzo inavantidellaricchezzaedelpoteredegliStatiUnititrail1914eil1945fusoprattuttol’espressionedellarenditadiprotezionedicuiessigodevanograzieaunaposizionestraordinariamenteprivilegiatanellaconfigurazione spaziale dell’economia-mondo capitalistica. Quanto più il sistema mondiale divenneturbolentoecaotico,tantomaggiorifuronoibeneficichenederivaronopergliStatiUnitiinvirtùdelleloro dimensioni continentali, della loro posizione insulare e del loro accesso diretto ai due principalioceanidell’economia-mondo(vedicap.1).Eppure,lamisuraincuilaricchezzaeilpoterediunparticolarestatopotevanotrarrevantaggiodal

caossistemicoerapiùchemailimitata.Quantomaggioreeralaquotadicuiessosiappropriava,tantominoreera laquotadisponibileperessereredistribuita,e tantomaggioriglieffettidistruttividelcaosmondiale sugli investimenti e sul commercio esteri. Di rilevanza più immediata era il fatto chel’industrializzazione del tempo di guerra aveva trasformato le guerre globali in potenti motori diinnovazioneneimezziditrasporto,dicomunicazioneedidistruzioneche«rimpicciolivano»ilgloboeminacciavanolasicurezzapersinodeglistatipiùforti.LaSecondaguerramondialeavevamostratochepergliStatiUnitierapossibileaccrescerelapropria

ricchezzaeilpropriopoterenelpienodiuncrescentecaossistemico,maavevaanchedimostratocheilloro isolazionismo politico aveva raggiunto la fase dei rendimenti decrescenti. La posizioneisolazionista derivava dalla convinzione dell’inviolabilità della propria sicurezza. Quando ilbombardamentodiPearlHarborfeceapezziquestaconvinzione,ilpresidenteRooseveltseppesfruttareabilmenteisentimentinazionalistisuscitatidalprimoattaccostranierosulterritoriodegliStatiUnitidal1812perinnestarenelNewDealism lasuavisionediununicomondo.«Lavisionedelnuovoordine

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mondialediRoosevelteraun’estensionedellasuafilosofiadelNewDeal.Ilpernodiquellafilosofiaeral’idea che solo un governo forte, benigno e tecnico poteva assicurare al popolo ordine, sicurezza egiustizia.[…]PropriocomeilNewDealavevaportato“sicurezzasociale”all’America,così“ununicomondo”avrebbeportatosicurezzapoliticaalmondointero»(Schurmann,1980,pp.56-58).

L’essenzadelNewDealera laconcezionesecondocuiungovernoconvastipoterideveattuareunaspesapubblica liberale tesaversoilperseguimentodellasicurezzaedelprogresso;così,lasicurezzapostbellicaavrebberichiestodapartedegliStatiUnitispesegenerosealloscopodisuperareilcaoscreatodallaguerra.[…]Gliaiuti[…]allenazionipovereavrebberoavutolostessoeffettodeiprogrammidiassistenzasocialenegliStatiUniti:avrebberoportatolacertezzadisuperareilcaoseavrebberoevitatocheessisitrasformasseroinpaesiviolentementerivoluzionari.Nelfrattempo,essisarebberostatiirreversibilmenteattiratiall’internodelrinatosistemamondialedimercato.Unavolta inseritinelsistemagenerale,sarebberodiventatiresponsabili,propriocomeeraaccadutoper il sindacato americano durante la guerra. Aiutare l’Inghilterra e il resto dell’Europa significava riaccendere la crescitaeconomica che avrebbe stimolato gli scambi oltreatlantico e avrebbe aiutato così, a lungo termine, l’economia americana.L’Americaavevaspesosommeenormi,accumulando rapidamentedebitigiganteschi,allo scopodi sostenere lo sforzobellico. Ilrisultato fu una crescita economica stupefacente e inaspettata. La spesa postbellica avrebbe prodotto lo stesso effetto su scalamondiale(Schurmann,1980,pp.85-86).

Edèquestochepoidifattoavvenne,masolodopochel’ideologiarooseveltianadiununicomondofuresa operativa dalla dottrina di Truman di due mondi irrimediabilmente contrapposti: un mondocomunistaaggressivamenteespansionista,daun lato, eunmondo libero,dall’altro, che sologliStatiUnitipotevanoorganizzareemettereincondizionedidifendersidasolo.EquestoperchélavisionediRooseveltdiununicomondononeraabbastanzarealisticaperottenereilsostegnonecessariodapartedelCongressoedelleimpresestatunitensi.Ilmondoeraunluogotroppograndeetroppocaoticoperchégli Stati Uniti potessero riorganizzarlo a loro immagine e somiglianza, soprattutto se questariorganizzazione doveva essere realizzata, comeRoosevelt aveva immaginato,mediante organismi digovernomondialealcuiinternogliStatiUnitisarebberodovutiscenderecontinuamenteacompromessicon ipuntidivistaparticolaristicisiadegliamicichedeinemici. IlCongressoe lacomunitàd’affaristatunitenseeranodigranlungatroppo«razionali»nelcalcolodeicostiedeibeneficifinanziaridellapoliticaesterastatunitenseper renderedisponibili imezzinecessariaportarea termineunpianocosìirrealistico.Roosevelt sapeva chegliStatiUniti non avrebberomai adottatounilateralmente il libero scambio,

comeinvece laGranBretagnaavevafattoneglianniquarantadelXIX secolo,enonproposemaiunapolitica del genere. Ma anche la sua proposta meno radicale di creare una International TradeOrganization (ITO) dotata dei poteri necessari per ricostruire un sistema di scambi multilateralicompatibile con l’obiettivo di promuovere e sostenere un’espansione economica globale non ottennemai l’assenso del Congresso. Quest’ultimo semplicemente si rifiutò di cedere la sovranità sullequestioni commerciali, anche a un organismo che nel prossimo futuro sarebbe stato controllato dapersonale,interessieideologiastatunitensi.Comeèstatoosservatoinprecedenza,ciòcheallafinenescaturì–l’Accordogeneralesulletariffedoganalieilcommercio(GATT)creatonel1948–noneranullapiù che un foro per la negoziazione bilaterale e multilaterale delle riduzioni delle tariffe e di altrerestrizionialcommerciointernazionale.IlGATTconsegnòilritmodellaliberalizzazionedelcommercionellemani dei governi nazionali.Per quanto esso senzadubbio abbia favorito la ricostituzionedi unsistema commerciale multilaterale, la liberalizzazione degli scambi seguì, invece che guidare,l’espansione economicamondiale degli anni cinquanta e sessanta, laddove l’adozione unilaterale dellibero scambio da parte della Gran Bretagna aveva preceduto e favorito in modo determinantel’espansionedelcommercioedellaproduzionemondialiallametàdelXIXsecolo.Anche se il commercio internazionale fosse stato liberalizzato più speditamente, mediante

un’adozioneunilateraledel liberoscambiodapartedegliStatiUniti,oattraverso ilprogetto,peraltrofallito, dell’ITO, l’estrema centralizzazione della liquidità, della capacità produttiva e del potered’acquisto mondiali all’interno della giurisdizione statunitense avrebbe costituito un ostacolo

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all’espansione economica mondiale assai più grave delle barriere tariffarie e delle altre restrizionicommerciali imposte dai governi. A meno che la liquidità mondiale non fosse stata distribuita conmaggiore equità, il mondo non avrebbe potuto acquistare dagli Stati Uniti i mezzi di produzionenecessari a offrire i prodotti richiesti dai consumatori statunitensi, nelle cui mani era concentrata lamaggiorpartedelladomandamondialeeffettiva.Maanche inquestocaso ilCongressoamericano fuestremamente riluttante a rinunciare al controllo sulla liquidità mondiale come mezzo per sostenerel’espansioneeconomicamondiale.A talepropositoandrebbesottolineatoche il sistemamonetariomondiale istituitoaBrettonWoods

eramoltopiùcheuninsiemediaccordi tecnicimirantiastabilizzare leparità traungrupposceltodimonete nazionali e ad ancorare l’insieme di queste parità ai costi di produzione per mezzo di unrapporto di cambio fisso tra il dollaro e l’oro. Se tutto si fosse ridotto a questo, il nuovo regimemonetario avrebbe semplicemente ristabilito la base aurea internazionale della fine del XIX secolo edegliinizidelXX,con ildollaroe ilFederalReserveSystemarilevare il ruolosvoltodallasterlinaedallaBanca d’Inghilterra.Ma c’era di più. Tra le pieghe di questo vecchio drappeggio tecnico ebbeluogo una fondamentale rivoluzione nell’agente e nel modo di «produzione» del denaro mondiale(Cohen,1977,pp.93,216sgg.).In tutti i precedenti sistemi monetari mondiali – incluso quello britannico – il circuito e le reti

dell’alta finanza erano stati saldamente nelle mani dei banchieri e dei finanzieri privati, che leorganizzavano e gestivano a scopo di lucro. Il denaro mondiale era dunque un sottoprodotto delleattivitàdirealizzazionedelprofitto.NelsistemamonetariomondialeistituitoaBrettonWoods,invece,la «produzione» del denaromondiale fu assunta da una rete di organizzazioni governativemotivateprincipalmente da considerazioni di benessere, sicurezza e potere: in teoria il Fondo monetariointernazionale e la Banca mondiale, in pratica il Federal Reserve System statunitense che agiva diconcerto con le banche centrali dei più stretti e più importanti alleati degli Stati Uniti. Il denaromondiale divenne così un sottoprodotto delle attività di formazione degli stati.Come affermòHenryMorgenthau nel 1945, la sicurezza e le istituzionimonetarie del nuovo ordinemondiale erano tantocomplementariquantolelamediunpaiodiforbici(citatoinCalleoeRowland,1973,p.87).RoosevelteMorgenthau,comeaffermòunavoltaquest’ultimoconorgoglio,eranodavveroriuscitia

trasferireilcontrollosullaliquiditàmondialedamaniprivateamanipubbliche,daLondraeWallStreetaWashington.SottoquestoaspettoBrettonWoodsfuunaprosecuzioneconaltrimezzidellaprecedenterotturadiRooseveltconlahautefinance.Malgrado il suopedigree internazionalista,che includeva ilservizionell’amministrazioneWilsoneilsostegnoallaLegadelleNazioni,loscopoprincipaledelsuoNewDealeraquellodiliberarelepoliticheamericaneorientateallaripresaeconomicanazionaledallasubordinazioneaiprincìpidellastabilitàdellamonetasostenutidaLondraeNewYork.Unadellesueprime decisioni da presidente fu la sospensione della convertibilità in oro del dollaro, che distrussequellocheancorarimanevadellabaseaureainternazionale.Inseguitoeglimobilitòilsuogovernonelfavorireeneldirigere la ripresaeconomicanazionalee rinnovò il sistemabancario statunitense.Unadelle più importanti riforme – il Glass-Steagall Act del 1933 – separò l’attività bancaria puradall’attivitàdicollocamento,eintalmodoassestòuncolpodecisivoaldominiodellacasadeiMorgansuimercatifinanziaristatunitensi(Frieden,1987,pp.54-55).La rottura con lahaute finance fu quasi completa quando, nel luglio del 1933, Roosevelt attaccò

duramente i «vecchi feticci dei cosiddetti banchieri internazionali» e boicottò la London EconomicConference, che stava cercando di riportare un po’ di ordine nella regolamentazione del denaromondiale. Wall Street ne fu sconvolta. Ed egualmente sconvolto ne fu James Warburg, influentebanchiereeconsulentedeldipartimentodiStato,cherassegnòlesuedimissioni.Alcunimesidopo,asostegno dei prezzi agricoli statunitensi, l’amministrazione Roosevelt violò ulteriormente i princìpidellastabilitàdellamonetaedellacooperazionefinanziariainternazionalesvalutandoildollarorispetto

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all’oro, una misura che portò alle dimissioni di Dean Acheson, segretario del Tesoro ad interim eavvocatodispiccodiWallStreet(Frieden,1987,p.55).A mano a mano che le preoccupazioni dell’economia statunitense si attenuarono e la situazione

internazionale si deteriorò ulteriormente, le inclinazioni internazionaliste di Roosevelt riemersero eportaronoaunariconciliazioneconWallStreet.ManonostantelastrettacooperazionetraWashingtoneWallStreetdurantelaSecondaguerramondiale,aBrettonWoodsbanchieriefinanzierispiccaronoperlaloroassenza.Washington,enonNewYork,fuconfermatacomesedeprincipaledella«produzione»del denaromondiale, e le considerazioni di sicurezza rimasero supremenella formazione dell’ordinemondialemonetariodeldopoguerra.IlfattochelaliquiditàmondialefosseoracentralizzatanelsistemabancariodegliStatiUniticonsentì

tuttavia alla élite finanziaria statunitense di trovare, tra i fautori del nazionalismo economico aWashington,unsostegnosufficienteaimporrealleistituzionidiBrettonWoodslapropriaincrollabilefedenellevirtùdellastabilitàdellamonetaingeneraleedellabaseaureainparticolare(VanDormael,1978,pp.97-98e240-265).Diconseguenza,l’originarioconsensotraKeyneseWhitesullanecessitàdieliminare la tendenza deflazionistica della base aurea internazionale e di generare un clima diespansionemondialecompatibilecongliobiettivisocialiedeconomicidelNewDeal,ebbeunimpattodi scarso rilievo sulle politiche monetarie degli Stati Uniti (Gardner, 1980, pp. 71-100 e 112-114).Anchesel’automaticitàdellavecchiabaseaureanonvenneristabilita,leistituzionidiBrettonWoodssidimostraronodeltuttoinadattealcompitodiriciclarelaliquiditàmondialeinunarinnovataespansionedelcommercioedellaproduzionemondiali(Walter,1991,pp.152-154).L’unicaformadiredistribuzionedellaliquiditàmondialeanonincontrarealcunaopposizionedaparte

del Congresso fu l’investimento estero privato. Furono in effetti adottati numerosi incentivi perincrementare il flusso di capitali statunitensi verso l’estero: agevolazioni fiscali, progetti diassicurazione,garanziedicambioecc.Maciònonostanteicapitalistatunitensinonmostraronoalcunapropensioneaspezzareilcircoloviziosochenestavalimitandol’espansioneglobale.Un’insufficienteliquidità all’estero impediva ai governi stranieri di abolire i controlli valutari, i controlli valutariscoraggiavanoilcapitalestatunitensedaldirigersiall’estero,eflussipocosignificatividi investimentiesteriprivatistatunitensimantenevanolaliquiditàall’esteroinsufficiente.Propriocomenelcasodellaliberalizzazione del commercio, gli investimenti statunitensi privati all’estero seguirono invece cheguidarel’espansioneeconomicamondialedegliannicinquantaesessanta(Block,1977,p.114).Come riferivaallametàdegli anni cinquantaungruppodi studiopresiedutodaWilliamY.Elliott,

l’integrazionedelsistemaeconomicomondialenonpotevaesserenuovamenteconseguitaconglistessistrumenti dell’Ottocento. «Proprio come laGranBretagna nelXIX secolo» sostenevano inmolti «gliStatiUniti sono un “creditorematuro”; devono dunque aprire spontaneamente la loro economia alleimportazionieimpegnarsiainvestireannualmenteall’esteroconsiderevoliquantitàdicapitaleinmododabilanciare,aunlivelloalto,leesportazionidibenieservizi»(Elliott,1955,p.43).Perquantoquestaricetta apparisse in teoria plausibile, il gruppo di studio ritenne che essa non teneva conto di unadifferenzafondamentaletrailrapportochelegavalaGranBretagnaall’economia-mondodelXIXsecoloequellochelegavagliStatiUnitiall’economia-mondodelXX.

Ilruolodell’Inghilterraeraquellodiun’economialeaderpienamenteintegratanelsistemaeconomicomondiale,delqualerendevain largamisura possibile il funzionamento a causa della sua dipendenza dal commercio estero, del dilagante influsso delle sueistituzioni commerciali e finanziarie e dell’essenziale coerenza tra le sue politiche economiche nazionali e quelle richiestedall’integrazioneeconomicamondiale.Alcontrario,gliStatiUniti sonoun’economiadominante, integrata soloparzialmentenelsistemaeconomicomondiale,rispettoalqualesitrovanoparzialmenteinconcorrenzaedelqualetendonoperiodicamenteaturbarelemodalitàeilritmoconsuetidifunzionamento.Nonesistealcunaretediistituzionicommercialiefinanziariechetengauniteechegestisca leoperazioniquotidianedel sistemacommercialemondiale.Perquantocrucialipossanoesserealcune importazioni,nelcomplesso l’importanza del commercio estero per l’economia americana non è fondamentale (Elliott, 1955, p. 43; corsivonell’originale).

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Lasceltadeiterminièinfelice,poichéilrapportodell’economiabritannicaconl’economia-mondodelXIX secolo e quello dell’economia statunitense con l’economia-mondo del XX erano, entrambi, allostessotempodidominioedileadership.Malasostanzadelladistinzioneèesatta.Essacorrispondealladistinzione tra economie nazionali «extravertite» e «autocentriche» introdotta con propositi del tuttodiversidaSamirAmin.NelloschemadiAminleeconomiedeipaesicentralisono«autocentriche»nelsensocheiloroelementicostitutivi(settoriproduttivi,produttorieconsumatori,capitaleelavoroecc.)sonointegratiorganicamenteinunasingolarealtànazionale,innettocontrastoconla«extraversione»degli elementi costitutivi delle economie periferiche: «in un’economia extravertita, [l’unità dei suoielementicostitutivi]nonpuòesserecoltaall’internodelcontestonazionale:questaunitàèspezzata,epuòessereriscopertasolosuscalamondiale»(Amin,1974,p.599).Nel nostro schema, la distinzione tra un’economia nazionale extravertita e una autocentrica è

estremamente utile al fine di identificare una fondamentale differenza strutturale, non tra economiecentrali e periferiche, ma tra il regime di accumulazione britannico del XIX secolo e il regimestatunitensecheneprese ilposto.Nel regimebritannico, l’extraversionedellaprincipaleedominanteeconomianazionale(appuntoquellainglese)divennelabasediunprocessodiformazionedelmercatomondiale nel quale i settori più importanti dell’attività economica britannica svilupparono con leeconomiedeipaesicolonialiestranierilegamidicomplementaritàpiùfortidiquellichesvilupparonotra loro stessi. Nel regime statunitense, invece, la natura autocentrica della principale e dominanteeconomianazionale(quelladegliStatiUniti)divennelabasediunprocessodi«internalizzazione»delmercatomondialeneglispaziorganizzatidellegrandicorporations,mentreleattivitàeconomichenegliStatiUnitirimaseroorganicamenteintegrateinunasingolarealtànazionaleinmisuraassaimaggiorediquantononaccaddemainellaGranBretagnadelXIXsecolo.Ladifferenzatraidueregimifuilrisultatodiunlungoprocessostorico,nelcorsodelqualeilregime

statunitense nacque come componente integrante e subordinata delle strutture di accumulazione delregimebritannicodominante,econtribuìpoialladestabilizzazioneealladistruzionediquestestrutture,per emergere infine come il nuovo regime dominante. Come è stato osservato in precedenza, nelcinquantenniocheseguìlaguerracivileamericanaleimpresestatunitensiintrapreserounarivoluzioneorganizzativa che diede origine a un gran numero di grandi imprese integrate verticalmente e diretteburocraticamente,checominciaronoaespandersitransnazionalmentenonappenaebberocompletatolaloro integrazione su scala continentale all’interno degli Stati Uniti. Questo sviluppo costituìun’inversionesostanzialerispettoallaspintaprincipaledelregimediaccumulazionebritannicoancoradominante.Fino alla sua crisi terminale, il regime britannico rimase principalmente un sistema di imprese di

piccole emediedimensioni.Unavolta che legrandi compagnieper azionidotatedi privilegi ebberosvoltoilcompitodiaprireall’iniziativabritannicanuovesferedicommercioediinvestimentiall’estero,esse furono liquidate. E la loro rinascita alla fine del XIX secolo e agli inizi del XX con l’obiettivodell’apertura dell’Africa non fu accompagnata in patria da una riorganizzazione manageriale delleimpreseinglesiparagonabileaquellasperimentatadalleimpresestatunitensiotedesche.SecondoR.L.Payne (1974, p. 20), «vi fu un movimento limitato verso la differenziazione della gestione dallaproprietàeversol’allungamentodellegerarchieorganizzative»(vediancheChandler,1990,capp.7-9).In particolare, l’integrazione verticale dei processi di produzione e di scambio – che divenne la

caratteristicapiù importantedel regimedi accumulazione statunitense–non svolse alcun ruolonellaformazione enell’espansionedel regime inglesedelXIX secolo.Al contrario, la spintaprincipaledelregimeinglesefuversolascissione,piuttostocheversol’integrazione,dellacatenadisottoprocessidiproduzione e di scambio che legavano la produzione primaria al consumo finale. Abbiamo giàaccennatoallaseparazioneorganizzativadellaproduzioneedell’usodeibenicapitalicomecaratteristicacentraledella«rivoluzioneindustriale»britannica.Questaseparazionefuaccompagnatadaun’analoga

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tendenza per quanto riguarda l’approvvigionamento di materie prime e la commercializzazione deiprodottifinali.Apartiredal1780circa,efinoalterminedelleguerrenapoleoniche,iprincipaliproduttoriindustriali

di Londra e della provincia si erano avventurati nel commercio d’oltreoceano, spesso a partire dagliStati Uniti e dalle Indie Occidentali, dove ci si riforniva della maggior parte del cotone grezzo perl’industria tessile inglese.Durante ladepressioneeconomicacheseguì lafinedellaguerra, tuttavia, ilfenomeno fu reso di scarsa importanza dall’intensificazione della concorrenza nel commerciod’oltreoceano e dall’aumento della specializzazione nell’industria britannica. A mano a mano che imercati di esportazione divennero più dispersi, e che gli approvvigionamenti dai quali dipendeva inmododecisivolacompetitivitàdelleindustriebritannichefuronoresipiùconvenientidall’acquistopercontantiall’ingrosso,iproduttoriinglesiperserolacapacitàdicompeterenelcommerciod’oltreoceano,einveritàanchel’interesseafarlo.Lelorocapacitàeilorointeressisiconcentraronoinvecesemprepiùsaldamentenellaproduzionespecializzatainnicchiedimercatointerne,mentrel’approvvigionamentoela collocazione dei prodotti furono lasciati vantaggiosamente e senza rischi nelle mani di case diaccettazioneegualmentespecializzate,chepromosserolaformazioneefinanziaronolacrescitadiretidicommissionari edi piccolimercanti generici che abbracciavano i cinque continenti (Chapman,1984,pp.9-15).Persinonellaproduzionedimassameccanizzatafulascissionepiuttostochel’integrazioneverticalea

diventare la regola. La rapida diffusione dei macchinari industriali dalla filatura alla tessitura nelsecondoquartodelXIXsecolofuassociataaunacertaintegrazioneverticalediquestisottoprocessi.Madopo il 1850 la tendenza fu rovesciata. La filatura, la tessitura, la finitura e la commercializzazionedivennero sempre più sfere di attività separate e specializzate, proprie di imprese differenti, spessoestremamente localizzate e specializzate persino all’interno di ciascun settore. Di conseguenza,nell’ultimoquartodelXIXsecoloilsistemadiimpresabritannicoerapiùchemaiuninsiemediaziendedi medie dimensioni altamente specializzate, tenute assieme da una complessa rete di transazionicommerciali:unareteimperniatasullaGranBretagnamacheabbracciavailmondointero(Copeland,1966,pp.326-329e371;Hobsbawm,1972,pp.47-48;Gattrell,1977,pp.118-120;Crouzet,1982,pp.204-205e212).La struttura estremamente extravertita, decentralizzata e differenziata delle imprese britanniche

costituì un importante ostacolo alla loro riorganizzazione manageriale sul modello tedesco ostatunitense.Essanonsoloresedifficiliaccordiorizzontalirestrittividellaconcorrenza,comegiàavevaosservatoHilferding(1961),mapergiuntaimpedìalleimpresebritannichedicogliereleopportunitàdiridurreicostiunitarimedianteunapiùattentapianificazioneeintegrazionedellaseriediattivitàincuieranodivisiiprocessidiproduzioneediscambio.

Nuove tecniche di montaggio, per esempio, possono richiedere nuovi standard di precisione e quindi nuove attrezzature negliimpiantideisubfornitori;attrezzaturedicaricamentopiùrapidepossonorendereassaimenodiquantosarebberoingradodifare,seivettorinonadattanoilorometodialnuovoritmo.Inquesticasiladeterminazionedeicostiedeirischiponeseriedifficoltà,nonsolo perché il calcolo è oggettivamente difficile, ma perché gli esseri umani si rivelano particolarmente sospettosi e ostinatisoprattuttoinunasituazioneconcosìtantinodidasciogliere(Landes,1993,pp.437-438).

SecondoLandes,questi«fardelliimpostidall’interrelazione»,comeeglilidefinisce,gravaronoassaidipiù sui pionieri di successodell’industrializzazione e furonounadelleprincipali ragioni per cui, allafine del XIX secolo, le imprese britanniche furono superate sia dalle rivali tedesche sia da quelleamericanenell’adozioneditecnichediproduzioneedigestionepiùefficienti.Ironiavollechelarecenteriscoperta dei vantaggi dei sistemi di produzione flessibile inducessemolti studiosi a scorgere nellastruttura decentralizzata e differenziata delle imprese britannicheuna fonte di vantaggio competitivo,piuttostocheunostacolo.Essenzialeinquestocasoèstataunarinascitadell’idea,avanzatadaAlfred

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Marshall, di «distretti industriali». Questi distretti consistono in raggruppamenti spaziali di impresecomposte da una singola unità, che operano nello stesso settore di attività, ma che nondimenocooperano reciprocamente nell’attingere da un repertorio locale di conoscenze tecniche e di legamiimprenditoriali, e nel riprodurlo incessantemente.Grazie a questo repertorio comune, le imprese cheoperanoinundistrettoindustrialebeneficianodieconomieesternelocalizzate,checonsentonolorodisopravvivere e di avere successo come aziende composte da una singola unità, malgrado i continuimutamentinellecondizionididomandaeoffertanelpiùampiomercato internoe inquellomondialeall’internodeiqualiesseoperano(Marshall,1919,pp.283-238;Beccattini,1979;1990;SableeZeitlin,1985).Marshallritienecheivantaggiderivantidall’appartenenzaacomunitàimprenditorialilocalidiquesto

genere furono tali da spiegare la persistenza di imprese di piccole e medie dimensioni come unitàtipichedell’industria tessiledelLancashireedell’industriametallurgicadiSheffield.Lanostraanalisisuggerisce che l’intero regime di accumulazione britannico nelle sue ramificazioni interne, estere ecolonialiandrebbeinrealtàconsideratocostitutivodiunsistemamondialedispecializzazioneflessibile,formato mediante la scissione verticale dei processi di produzione e di scambio, e che generacontinuamente per le proprie unità costitutive economie esterne di portata globale. Riconsiderate inquesta più ampia prospettiva, la formazione e la piena espansione del sistema di specializzazioneflessibilebritannicosembranoesserestateilrovesciodelprocessodiconsolidamentodellafunzionedientrepôtediquellaimperialedellostatoinglese.Nel divenire il principale entrepôt commerciale e finanziario del mondo, lo stato inglese creò

opportunitàunicheaffinché le imprese insediatenei suoidomini si specializzassero inattivitàadaltovaloreaggiunto,disponesserodifattoriproduttividovunquenelmondoiloroprezzieranopiùbassi,esmerciassero i prodotti finali dovunque nel mondo era possibile spuntare il prezzo più alto. Losfruttamento completo di queste opportunità richiedeva che la specializzazione delle impresebritanniche fosse estremamente flessibile: che fosse tale, cioè, damantenere le imprese specializzatepronteaspostarsiconunbrevepreavvisodaungeneredicombinazionediinput-outputaunaltro,inrisposta a cambiamenti nella gerarchia del valore aggiunto delle attività economiche e nei vantaggicomparatidelledifferentizonedell’economia-mondocomefontidi fattoriproduttivio sbocchiper laproduzione.Questaflessibilità,naturalmente,mantennelastrutturaindustrialeinunpermanentestatodiflusso, e in tal modo impedì alle imprese inglesi di sviluppare una «razionalità tecnologica»paragonabile a quella delle imprese tedesche o statunitensi. Ma per le imprese inglesi non eraovviamentepossibile ottenere tutto, e la loro razionalità rigorosamente«pecuniaria» era, e rimase, lamigliorestrategiadaseguireperunacomunitàimprenditorialeabbastanzafortunatadatrovarsialcentronevralgicodelcommercioedellafinanzamondiali.Questa era inoltre la migliore strategia per una comunità imprenditoriale situata al centro di un

imperoterritorialedidimensionimondiali.L’accessoprivilegiatoagliapprovvigionamenti,aimercatiealla liquiditàdel suo imperoconferì allaGranBretagnaun’enorme flessibilitànell’investire i capitaliovunque nel mondo essi promettevano di fruttare i rendimenti maggiori. La flessibilitànell’investimentodicapitalisuscalamondiale,asuavolta,consolidòulteriormenteilruolodellaGranBretagnacomeprincipalecentrodelcommercioedella finanzamondiali.Quando le industrie inglesicominciaronoaperdereterrenosuimercatimondialirispettononsoloallaGermaniaeagliStatiUniti,ma a unamoltitudine di altri paesi – inclusa l’India, che cominciò a «reindustrializzarsi» durante lagrandedepressione–«lasuafinanzatrionfava.Isuoiservizinelcampodellespedizionimarittime,delcommercio e delle mediazioni nel sistema mondiale dei pagamenti diventarono più che maiindispensabili.Ineffetti,seLondrasitrovòmaiaessereilpernoeconomicodelmondo,eselasterlinanecostituìlefondamenta,questoavvennefrail1870eil1913»(Hobsbawm,1972,pp.168-169).In breve, la specializzazione flessibile e la razionalità pecuniaria del capitalismo di mercato

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britannico erano espressione della funzione di entrepôt mondiale e di quella imperiale dello statoinglese.Laredditivitàdelleunitàcostitutivedelsistemadipendevainmododecisivodalfattocheessepotevanorifornirsinelmondointeroperpoirifornirloalorovolta,eanchedalcontrollopoliticosuunimpero territoriale che forniva i mezzi necessari – la liquidità, i mercati o gli approvvigionamentimaterialiasecondadeicasi–amantenereilmondolegatoall’entrepôtbritannico.Nellamisuraincuil’intermediazionecommercialeefinanziariamondiale,sostenutadaitributiimperiali,erapiù,oalmenoaltrettantoredditiziadellaproduzione industriale, l’emergeredinuovicentri industrialinonponevadiper séalcunaminacciaallacomunitàd’affaribritannicanel suo insieme.Enellamisura incuiquestinuovicentriindustrialisicontendevanoleprestazionidelleimpreseinglesinell’approvvigionamentodeifattoriproduttivionelladistribuzionedeiprodotti–come ineffetti accadevaper lamaggiorpartediesse a cavallo del secolo – la loro comparsa e la loro espansione beneficiarono, più di quanto nonpenalizzarono,leimpresebritanniche.In un discorso all’Institute of Bankers nel 1899, il geopolitico Halford Mackinder sintetizzò

egregiamenteilvantaggioposizionaledelleimpresebritannichenellamutevoleconfigurazionespazialedelleattivitàindustrialiecommerciali:

Malgradosembrichel’attivitàindustrialeeilcommerciovadanoindirezionedelladecentralizzazione,l’importanzadell’esistenzadi una singola stanza di compensazione diverrà sempremaggiore. […] Questo non significa che vi debba essere, assieme alladecentralizzazione,uncrollototaledell’attività[industriale]nellenostreisole;mauncrolloparzialeappareinevitabile.Lastanzadicompensazionemondialetendetuttavia,persuastessanatura,aconservarelasuasingolarità,eatrovarsisemprelìdovemaggioreèlaproprietàdicapitali.Èquiche risiede lachiaveper lacomprensionedelloscontro tra lanostrapoliticadi liberoscambioe lapoliticaprotezionisticadeglialtripaesi:siamonoi, infondo,adisporredeicapitali,e ilpopolochesi trova inquestacondizionepartecipasempreall’attivitàdeicervelliedeimuscolideglialtripaesi(citatoinHugill,1993,p.305).

Al pari di quella tedesca, la variante statunitense del capitalismomanageriale si sviluppò in rispostaall’intensificazionesuscalamondialedellepressioniconcorrenzialiscatenatedallapienaespansionediquesta economia di mercatomondiale imperniata sul Regno Unito. Non è un caso che entrambe levarianti emersero contemporaneamente nel corso della grande depressione del 1873-96. Come inGermania,anchenegliStatiUniti l’intensificazionedellepressioniconcorrenzialiconvinsegliuominid’affari,ipoliticiegliintellettualicheunregimediconcorrenzaprivodirestrizionitraunitàatomizzatenonavrebbegeneratonéstabilitàsocialenéefficienzadimercato.

Ilmercatoconcorrenziale,lasciatoasestesso,nongeneravanélearmoniediFrédéricBastiat,négliequilibridiJean-BaptisteSay,néun’accumulazionee investimentidicapitalicostanti,nél’equilibriodidomandaeoffertaadalti livellidiutilizzodel lavoroedelle risorse, bensì disorganizzazione di mercato, «sprechi dovuti alla concorrenza», insuccessi imprenditoriali, periodichedepressioni, scioperi e serrate, disordini sociali e sconvolgimentipolitici. […]Allametàdegli anninovantadelXIXsecolo,nelmezzodellaterzalungadepressioneintresuccessividecenni,sidiffuse,tralaborghesiadituttiiprincipalisettoridell’economia,un’avversionealmercatononregolato.Aldilàdellelorodifferenzeprogrammatiche,agricoltori,industriali,banchieriemercantisiunirono ai già disincantati imprenditori delle ferrovie e trovarono una posizione comune nell’idea che l’attività del mercatoconcorrenziale non regolato generasse una produzione di beni e servizi in eccesso rispetto alla domanda effettiva a prezzi chefruttasseroguadagniragionevoliaqueiproduttoricheoperavanoaunlivellodiefficienzanormale(Sklar,1988,pp.53-54).

Proprio come Adam Smith aveva previsto un secolo prima, l’intensificazione delle pressioniconcorrenziali insite nei processi di formazione delmercato stava riducendo i profitti a un livello amalapena«tollerabile».Che l’esito fosse statoprevistonon funaturalmentedi alcunconfortopergliuomini d’affari statunitensi. Gli industriali in particolare, scrisse Edward S.Meade nel 1900, erano«stanchidilavorareabeneficiodellacomunità».Duranteiperiodididepressionepersinoleimpresepiùsolide conseguivano a stento un margine di profitto tollerabile. In simili circostanze, era del tuttonaturale che gli industriali cercassero di «porre termine a questa fastidiosa lotta, della quale iconsumatori si appropriano, sotto forma di prezzi più bassi, di pressoché tutti i benefici. […] Essiambisconoaprofittimaggiori senzadover lottaredisperatamenteperottenerli» (cit inSklar,1988,p.

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56).Inizialmente, il tentativo di arrestare la lotta concorrenziale sfociò, negli Stati Uniti, in una

ristrutturazionedelleimpresenellastessadirezioneseguitainGermania,valeadireconlaformazionedi combinazioni orizzontali restrittive della concorrenza e con un crescente dominio di un piccologruppodi istituzioni finanziarieprivatecresciutemediante investimentinelle compagnie ferroviarieenelle iniziative industrialiaesseassociate.NegliStatiUniti, tuttavia,questeassociazioninazionalidiindustrialimancaronoinlargamisuraipropriobiettivi,moltoprimache,nel1890,venisserodichiarateillegalidalloShermanAntitrustAct;ecomunqueildominiodelleistituzionifinanziarienonandòmaimoltoaldilàdellacostruzioneedellaconduzionedeisistemiferroviari(Chandler,1981).Dunque,negli anniottantaenovantadelXIX secolo lemutevoli strutturedell’impresa tedescaedi

quella statunitensecominciaronoadivergere radicalmente. Inentrambi ipaesi lacentralizzazionedelcapitale acquistò slancio. In Germania le opportunità di perseguire l’integrazione verticale – cioèl’integrazionedelleattivitàdiun’impresaconquelledeisuoifornitoriedeisuoiclienti–siesaurironorapidamente, e la spinta principale della centralizzazione del capitale puntò verso l’integrazioneorizzontale(Landes,1966,pp.109-110),cioèversol’integrazionediimpreserivali.NegliStatiUniti,ecome è stato sottolineato da Chandler (1980; 1981; 1990), le integrazioni orizzontali, inefficaci,impopolari e infine illegali, vennero invece abbandonate e, in una branca dopo l’altra dell’economiainterna, dal tabacco ai cibi in scatola, dallemacchine per ufficio ai macchinari agricoli, un ristrettogruppodiimpresesimosseversol’integrazione,all’internodeiproprispaziorganizzativi,deisegmentidel processo di produzione e di scambio che collegavano l’acquisizione degli input primari alladistribuzionedeiprodottifinali.Icostiditransazione,irischieleincertezzeconnessialtrasferimentodiinput-output lungo la sequenza di questi subprocessi furono così internalizzati in singole impresemultiunità, e sottoposti alla logica economizzante dell’azione amministrativa e alla pianificazioned’impresadilungotermine.Contrariamenteall’opinionediffusa,lavariantedelcapitalismomanagerialeemersanegliStatiUniti

nel corso della grande depressione del 1873-96 costituì un distacco dal regime dominante delcapitalismo di mercato britannico molto più efficace e radicale di quello conseguito dalla varianteemersa pressappoco nello stesso periodo in Germania. Entrambi i tipi di capitalismomanageriale sisvilupparonoinrispostaallaconcorrenza«eccessiva»ealledistruzionicheseguironoaldispiegarsidelprocesso di formazione del mercato mondiale imperniato sul Regno Unito. Ma, mentre la variantetedescasilimitòasospendereilprocesso,quellastatunitenselosuperòrealmente.La differenza tra un vero superamento e una mera sospensione del processo di formazione del

mercatomondialepuòesserechiaritariformulando,nellaprospettivadelsistemamondiale,l’analisidiJohn K. Galbraith sui vari modi in cui organizzazioni industriali operanti su larga scala gestiteburocraticamente(lesue«tecnostrutture»)possonotutelarsidalleturbolenzeprovocatedallaformazionedeiprezzidapartedelmercato.AlparidiVeblen,Galbraithindividuaunacontraddizionefondamentaletralarazionalitàpecuniariaimplicitanellamassimizzazionedelprofittoinunmercatoautoregolatoelarazionalitàtecnologicaimplicitanell’usodipersonaleediimpiantiindustrialicostosiespecializzati.

Ilmercatohaunsolomessaggioperl’impresaeconomica:lapromessadiunmaggioreguadagno.Sel’impresanonhanessunpoteresui prezzi […] le è preclusa ogni scelta sugli obiettivi che persegue.Deve cercare di guadagnare e, in pratica, deve cercare diguadagnare ilpiùpossibile.Lealtre fannocosì.Senonsiadegua, siesponeaperdite,al fallimentoeall’esclusionedalmercato(Galbraith,1968,p.96).

Tuttavia,l’industriamoderna,conlasuatecnologiaspecializzataeirelativivincolidicapitaleetempo,costringevaleimpreseaemanciparsidalleincertezzedelmercato.Iprezzieiquantitatividavendereeda acquistare a quei prezzi dovevano essere sottoposti in un modo o nell’altro all’autorità dellapianificazionedellegrandiimprese.Altrimenti,

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c’èilrischiocheincontrollatimovimentideiprezziprovochinodelleperdite,enonc’èalcunsicurocoefficienteperilqualeleunitàdiproduzioneedimaterieprimepossanoesseremoltiplicateperottenere il redditoe laspesaprevisti.Sequestestimenonsonoeffettuabiliinmodoattendibile,c’èunnotevoleelementodicasualitànelledecisionirelativeachecosaprodurre,econchecosaeamezzodichecosaprodurlo,ec’ètotaleincertezzarelativamentealrisultato,secioècisarannoprofittioperditeeinqualmisura(Galbraith,1968,p.172).

Lasostituzionedelmercatomedianteladeterminazionedall’altodeiprezziedeiquantitatividavendereedacomprareaqueiprezzi,cosìessenzialeperlapianificazioneindustriale,puòavvenireintremodi:«controllando»,«sospendendo»e«sostituendo» ilmercato. Ilmercato è controllatoquando la libertàd’azione di coloro ai quali l’unità pianificatrice vende o dai quali acquista è ridotta o eliminata.Formalmenteilprocessodiacquistoedivenditarimaneinvariato,malagrandequotadimercatodiunaparticolareunitàodiparticolarigruppidiunitàassicuraunatteggiamentoestremamentecooperativodapartedeifornitorie/odeiclienti.«Lafacoltàdisostituireunmercatoèun’importantefontedipotereaifinidelsuocontrollo»(Galbraith,1968,p.28).Ilmercatoèsospesoquandol’unitàpianificatricestipulacontrattichefissanoiprezzieiquantitativi

dafornireodaacquistareperlunghiperiodiditempo.Hacosìorigineunaretedicontratti«attraversoiquali ciascuna impresa elimina l’incertezza del mercato a vantaggio di altre imprese e, a sua volta,ripartisce tra loro parte della propria». Sebbene le imprese stipulino accordi palesi o taciti di questogenereinogniluogoeinognimomento,sonostatigoverniimpegnatinell’approvvigionamentoenellosviluppodimezzibelliciediformazionedellostatoiprincipalipromotoridiformedisospensionedeimercati. «In questi casi lo stato garantisce un prezzo sufficiente a coprire i costi, con un adeguatomargine, e s’impegna ad acquistare quanto viene prodotto o a versare un risarcimento integralenell’ipotesidiannullamentodelcontratto.Intalmodovieneineffettiasospendereilmercatocontuttal’incertezzaaessoassociata»(Galbraith,1968,p.29).Infine, il mercato è sostituito dall’integrazione verticale. «L’unità di pianificazione rileva la fonte

dell’offertaolosboccodelprodotto;intalmodo,unatransazionecheerasoggettaacontrattazionecircaiprezzie lequantitàvieneaesseresostituitadaunmerotrasferimentoall’internodellastessaunità.»Questainternalizzazionenellaunitàpianificatricedelletransazionisvolteinprecedenzanelmercatononeliminacompletamentel’incertezzadelmercato,perchél’unitàpianificatricedeveancoracompeterepergli inputprimarichenonpuòprodurredasolaeper ilpotered’acquistodeiconsumatori finali.Essanondimeno sostituisce l’enorme e incontrollabile incertezza associata alla regolazione da parte delmercato della successione di sottoprocessi di produzione, con leminori e più governabili incertezzeassociateall’approvvigionamentodegliinputprimariealladistribuzionedeiprodottifinali(Galbraith,1968,pp.26-27).NelloschemadiGalbraith, ilcontrollo, lasospensionee ilsuperamentodeimercatisi rafforzanoa

vicendapergarantirealletecnostrutturedellegrandiimpresemodernequellaprotezionedalleincertezzedelmercatocheèessenzialeallalorostessaesistenzaeallalororiproduzioneallargata.Comevedremo,un rafforzamento reciproco di questo genere è in effetti stato all’origine dell’ascesa al predominiomondialedellavariantestatunitensedelcapitalismomanageriale.Tuttavia,nellaprospettivadelsistemamondiale,ladifferentiaspecificadelcapitalismomanagerialestatunitensenonèstatanéilcontrollosulmercatonélasuasospensione,bensìlasuasostituzione.Ilcontrollosulmercatomondialefulaspecificitàdelcapitalismobritannico.Ilmercatomondialedel

XIX secolo fu una creazione della Gran Bretagna: le imprese e il governo inglesi ne controllaronocongiuntamenteilfunzionamentodalmomentodellasuacostituzione,duranteeimmediatamentedopoleguerrenapoleoniche,finoalmomentodelsuodisfacimento,duranteeimmediatamentedopolaPrimaguerra mondiale. In ultima analisi, la ragione principale per la quale il capitalismo britannico nonintrapreseuna riorganizzazionemanagerialedel tipodiquella tedescaodiquella statunitense stanelfatto che una tale riorganizzazione non era né realizzabile né opportuna. E questo perché la

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valorizzazionedelcapitalebritannicofusempreincorporatainunprocessodiformazionedelmercatomondialecherendeva tutti isuoisettoripiù importantidipendentidagliapprovvigionamentie/odaglisbocchi esteri e coloniali. Sganciarsi da questi approvvigionamenti e da questi sbocchi in favore diun’integrazioneorizzontaleoverticale interna, anchequalora fosse statapossibile, avrebbeprivato leimpreseinglesidellaprincipalefontedellalororedditivitàeilgovernobritannicodellaprincipalefontedelsuopotere.Il termine controllo non è troppo forte per indicare il rapporto esistente tra laGranBretagna e il

mercato mondiale nel corso del XIX secolo. In effetti, se per mercato intendiamo il luogo in cui siincontrano la domanda e l’offerta, allora la Gran Bretagna era il mercato mondiale, poiché le sueistituzioni governative e imprenditoriali costituivano i principali intermediari tra i produttori e iconsumatori del mondo. Quanto più intensa la concorrenza tra i produttori di tutto il mondo per imercati (o tra i consumatoripergli approvvigionamenti), tantomaggiori lealternativeadisposizionedelle imprese britanniche per sostituire le fonti di approvvigionamento (o imercati), e dunque tantomaggiorelalorocapacitàdicontrollosulmercatomondiale.Adifferenzadegliindustrialiamericani,leimprese britanniche non divennero mai «stanche di lavorare a beneficio della comunità», poiché ilmondointerolavoravaperloro.Va da sé che il potere della Gran Bretagna di controllare il mercato mondiale non era infinito.

Innanzitutto esso era limitato dal potere compensativo, proprio di alcuni stati, di sospendere ilfunzionamento del mercato mondiale. Questa sospensione fu in effetti la specificità della variantetedescadel capitalismomanageriale.L’integrazioneorizzontaledelle industrie nazionali tedesche e ilfattivo intervento del governo centrale a sostegno della coesione, della modernizzazione edell’espansionedellaconseguentetecnostruttura,trasformaronolaGermaniaimperialenelmodellodelcapitalismo(«organizzato»)pianificatocentralmente.MacomelostessoHilferdingfuattentoametterein evidenza, la riorganizzazione delle imprese tedesche, anziché puntare al superamento dellaconcorrenzadimercato,silimitòasospenderla.Da«armadifensivadeideboli»idaziprotettivisitrasformaronorapidamentein«armaoffensivadei

forti»:mezziperrealizzareextraprofittisulmercatointernoconcuisovvenzionareildumpingall’estero,opernegoziaredaunaposizionediforzal’aperturadeimercatiesteri.L’apparentesuperamentodellaconcorrenzanelmercatointernoelasuaintensificazionenelmercatomondialefuronoiduelatidellastessamedaglia:«Il capitale […]aborrisce l’anarchiadellaconcorrenzaepromuove l’organizzazionesoloperpotercondurrelaconcorrenzainambitisemprepiùvasti»(Hilferding,1961,pp.406e440).Questaconcorrenzainambitisemprepiùvastiteseadivideresemprepiùprofondamenteilmercato

mondiale in distinti domini territoriali e dunque ad accrescere l’importanza delle dimensioni dellospazioeconomicocompresoinciascundominioneldeterminarel’esitodellalottaconcorrenziale.

Quantopiùestesoepopolatoèlospazioeconomico,tantomaggioresaràl’unitàd’esercizioequindiproporzionalmenteinferioriicostidiproduzione:piùaltopotràessereancheilgradodispecializzazionenell’ambitodellostessoesercizio,cheèunaltromezzoperridurreicostidiproduzione.Sel’areaeconomicaèpiùvasta,piùfacilepuòessereiltrasferimentodelleindustrieneiluoghiincui le condizioni naturali sianopiù favorevoli emaggiore la produttività del lavoro: anche la produzionepotrà esserepiùvaria,cosicchéiramiproduttiviriuscirannoaintegrarsimeglioavicendapermettendoilrisparmiodispeseditrasportoperleimportazionidall’esterno(Hilferding,1961,p.407).

In altri termini, le imprese che operavano all’interno dei domini di uno stato che controllava unterritorio vasto e diversificato avevano migliori opportunità, rispetto alle imprese che operavanoall’internodeidominidiunostatoterritorialmentepiùpiccoloemenodiversificato,ditrarrevantaggiodalle economie interne – dovute, cioè, alla divisione «tecnica» del lavoro all’interno delle stesseimprese – o di compensare leminori economie interne con economie esterne – dovute, cioè, a unadivisione«sociale»del lavoro tra le imprese.Èquesta ineffetti lapiù importantedelle ragioniper lequali il capitalismodimercatobritannico fu infine sostituitonondallavariante tedescamadaquella

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statunitense del capitalismo manageriale. Quale che fosse il livello di centralizzazione e di«organizzazione» raggiunto dal capitale tedesco, esso non poteva compensare lemaggiori economieesternedicuiilcapitalebritannicogodevainvirtùdell’ampiezzaedellavarietàdeidominiterritorialicompresidall’imperoformaleeinformaledellaGranBretagna.SebbenelatrasformazionedellaGermaniain«un’unicaenormefabbrica»nonpotessecompensarele

economie esterne godute dal capitale britannico, essa tuttavia aumentò tremendamente i costi delladifesa dell’impero mondiale su cui queste economie si basavano. Una volta che la Germania ebbemobilitatoilsuopotenteapparatomilitare-industrialeallaricercadelLebensraum,lavitalitàdelregimedi accumulazione britannico fu indebolita irrimediabilmente. Più di ogni altra cosa, la Prima guerramondialedimostròcheilcapitalebritannicoavevapiùchemaibisognodiunimperoterritoriale,echetuttavianonpotevapiùpermetterselo.Il capitale statunitense, al contrario, non aveva bisogno di un tale impero per uscire vittorioso

dall’intensificazione delle lotte concorrenziali. Tra il 1803 e il 1853 le acquisizioni e le conquisteavevanopiùcheraddoppiatoilterritoriodegliStatiUniti,cheassunsedunquedimensionicontinentali.Di lì a poco la guerra civile (1860-65) risolse la contesa tra gli stati del Sud – favorevoli allaprosecuzionedell’espansioneterritorialeneiCaraibieaunapiùstrettaintegrazionedegliStatiUnitinelsistema mondiale di mercato della Gran Bretagna – e gli stati del Nord – che preferivano unriorientamentodegli interessi strategicidall’espansione territorialeverso l’esternoall’integrazionedeiterritoriacquisitiinun’economianazionalecoesa.LavittoriadeglistatidelNorddeterminòunrapidomovimento in quest’ultima direzione. Il principale obiettivo militare del governo divenne quello distrappare il continente alla popolazione indiana nativa, seguendo l’antico suggerimento di BenjaminFranklin,mentreleleggiapprovateduranteosubitodopolaguerracivilefavorironolacentralizzazionedelleattivitàbancarie,laprotezionedelleindustrieinternemedianteundecisoaumentodelletariffe,lacolonizzazione e lo sfruttamento della terra, la formazione di sistemi ferroviari e telegraficitranscontinentaliel’afflussodiimmigratidall’Europa(Williams,1969,pp.185-193).La conseguenza fu un’occupazione di territori da parte di agricoltori, allevatori di bestiame e

speculatorichenei trent’anni successiviallaguerracivile fumaggiorediquellaavutasinei tre secoliprecedenti.Laconseguente,rapidaespansionedellaproduzioneprimaria,asuavolta,creòlecondizionidioffertaedomandaperlaformazionecomplementarediunapparatoindustrialenazionalepiùvastoediversificato.Ancheseleindustriecheproducevanoperilmercatointernoestremamenteprotettoeinrapida espansione divennero le sedi principali dell’accumulazione di capitale negli Stati Uniti, lacontinua espansione di questomercato dipendeva inmaniera cruciale dalla vendita all’estero di unagrandeecrescentequantitàdieccedenzeagricole.

Nel1870l’economiaamericanaeratalmentedipendentedaimercatiesteriperlacollocazionedelleproprieeccedenzeagricolechegli alti e bassi dei successivi trent’anni possono essere fatti risalire al successo o al fallimento nella commercializzazione delraccoltodigranoedicotonediciascunanno.Perquantonumerosi,siaveval’impressionecheimercatiadisposizionenonfosseromaisufficienti(LaFeber,1963,pp.9-10;vediancheWilliams,1969,p.201).

Allavigiliadellagrandedepressionedel1873-96ilrapportodell’economiainternastatunitenseconilsistema di mercato mondiale britannico era dunque analogo a quello che con tale mercato aveval’economia interna tedesca, poiché fino a quel momento anche l’espansione economica tedesca eradipesainmododecisivodall’esportazionedelleproprieeccedenzeagricole.Eppure,durantelagrandedepressione questi due rapporti cominciarono a divergere radicalmente.Ciò avvenne perché gli StatiUnitiracchiudevanounospazioeconomicononsoloassaipiùvastoediversificato,maanchemoltopiùmalleabilediquellodellaGermaniaimperiale:unospaziochepotevaesserespopolatoeripopolatoperadeguarsi alle esigenze della produzione agricola ad alta tecnologia più facilmente dello spazioeconomicotedesco,piùpiccoloepiùdensamentepopolato.Nelcorsodellagrandedepressionequesto

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vantaggiocompetitivositradussenellaprogressivasostituzionesulmercatomondialedelleeccedenzeagricoletedeschedapartediquellestatunitensi,cosicchélegiàgrandidimensionidelmercatointernostatunitenseaumentaronomoltopiùvelocementediquelledelmercatotedesco.Aparitàdicondizioni,ilcontrolloelasospensionedellaconcorrenzainunmercatovastoedinamico

sonopiùproblematicicheinunmercatopiùpiccoloemenodinamico.Maunmercatovastoedinamicoche dispone della piena dotazione delle risorse naturali necessarie a soddisfare le esigenze deiconsumatorioffremaggioriopportunitàdisuperarelaconcorrenzamediantel’integrazioneverticalechenonunmercatopiùpiccolo,menodinamicoechedisponediunaminordotazionedirisorsenaturali.Ineffetti, in alcune industrie statunitensi il successo nel superamento del mercato fu una direttaconseguenza delle difficoltà incontrate nel controllare o sospendere la concorrenza. Secondo unarelazione annuale di una compagnia nata dalla fusione di tre concentrazioni regionali, la NationalBiscuitCompany,

quandovennecostituitalanostracompagnia,eravamoanchenoidell’ideacheavremmodovutocontrollarelaconcorrenzaecheperriuscireinquestointentoavremmodovutocombatterlaoppurerilevareleimpresecheavesserodisturbatolanostraazione.Laprimasoluzioneavrebbesignificatounaguerradeiprezzirovinosaeunafortediminuzionedegliutili;lasecondauncostanteaumentodeicapitali investiti e l’esperienza ci dimostrò ben presto che se avessimoproseguito lungo una o l’altra di queste strade saremmoarrivati al disastro. Di qui la nostra riconsiderazione della necessità di tenere sotto controllo la concorrenza […]Ben presto ciconvincemmocheilsuccessoandavaperseguitooperandoall’internodellanostrastessacompagnia(Chandler,1981,p.543).

Perseguireilsuccessoall’internodellapropriacompagniasignificavasoprattuttosostituirsialmercatonell’integrazioneenellacoordinazionedelflussofisicodimercidall’acquistodegli inputprimariallavendita dei prodotti finali. Questo era vero non solo per le imprese che avevano avuto origine daconcentrazioniorizzontali,comelaNationalBiscuitCompanyolapotenteStandardOil,maancheperun vasto numero di imprese individuali che operavano in industrie nelle quali le concentrazioniorizzontalinonfeceromaimoltastrada.ComeèstatosottolineatodaAlfredChandlerneibranicitatiall’iniziodiquestocapitolo,questainternalizzazioneinunasingolasferaorganizzativadellacatenadisottoprocessi di produzione che legavano particolari input primari a particolari prodotti finali generòconsiderevoli«economiedivelocità»,chealorovoltafornironoalleprimeimpresemultiunitàintegrateverticalmente abbondanti e costanti flussi di cassa.Amano amano chequesti flussi di cassa furonoreinvestitinellaformazionedigerarchiespecializzatedidirigentidialtoemediolivello, inunsettoredopo l’altro dell’economia interna degli Stati Uniti furono erette imponenti barriere organizzativeall’ingresso di nuovi concorrenti. Le imprese che erano state all’avanguardia nell’eliminazione delmercato mediante l’integrazione verticale acquisirono dunque anche il potere di controllare osospendere la concorrenza nell’approvvigionamento degli input primari e nella distribuzione deiprodotti finali, vale a dire in quei mercati la cui internalizzazione era non vantaggiosa o del tuttoimpossibiledarealizzare.ContrariamentealleprevisionidiHilferding,l’emergerenegliStatiUnitidiquestogeneredistruttura

manageriale – più che l’emergere di un capitalismo monopolistico di stato, sul modello tedesco –divenne il fondamento effettivodi unnuovo stadio del capitalismo su scalamondiale.Naturalmente,come Hilferding aveva teorizzato, l’ascesa al predominio mondiale del capitalismo managerialestatunitensefuunaspettointegrantedelprocessoditrasformazionedellaconcorrenzaintercapitalistica.In particolare, il governo e le imprese statunitensi furono sin dal principio le avanguardie delmovimento protezionista che infine distrusse il sistema di mercato mondiale britannico e spinse ilcapitalismo mondiale a ripiegare negli «iglù» delle sue economie nazionali e dei relativi imperi.L’enorme aumento delle tariffe statunitensi approvato durante la guerra civile fu seguito da ulterioriincrementinel1883,nel1890,nel1894enel1897.Sebbenenel1913ilpresidenteWilsonproponesselieviriduzioni,questefuronotolleratedalCongressosolofinchélaguerraridusselaconcorrenzadelleimportazionidall’esteroesostenneleesportazionistatunitensi.Manonappenalaguerraebbeterminee

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simanifestaronoiprimisintomidiunarecessione,latradizioneprotezionisticastatunitensefuripresainmodo convinto. Consistenti incrementi tariffari furono approvati nei primi anni venti in risposta adifficoltà commerciali, prefigurando l’astronomica tariffa Smoot-Hawley del 1930. Inoltre, cometeorizzòHilferding,ilprotezionismodegliStatiUnitiinquestoperiododivennesemprepiùunmezzoper compensare il dumping all’estero con extraprofitti in patria e, soprattutto, per negoziare da unaposizionediforzal’aperturadeimercatiesteri–soprattuttodiquellilatino-americani–alleesportazionieagliinvestimentistatunitensi.Contrariamente alle generalizzazioni diHilferding, tuttavia, il capitale finanziario statunitense non

era favorevole al protezionismo. La comunità finanziaria di New York, in particolare, esaltòcostantementelevirtùdel liberoscambioefecetuttociòcheera insuopotereper indurre ilgovernodegli Stati Uniti ad assumere la leadership e la responsabilità dell’opposizione alla distruzione delmercatomondiale.«Ilmondoèdivenutocosì interdipendentenella suavitaeconomicache lemisureadottatedaunanazioneincidonosullaprosperitàdellealtre»scrisseallavigiliadelGrandeCrollodel1929 Norman Davis, banchiere di Wall Street e già sottosegretario di stato. «Le componentidell’economiamondiale» egli aggiunse «devono lavorare assieme, o cadranno in rovina ognuna perproprioconto»(citatoinFrieden,1987,p.50).Siaidealmentechedifattoilcapitalefinanziariostatunitensesibattédunquefinoallafineindifesa

del sistemadimercatomondiale britannico inviadi disintegrazione, e nondivennemai l’agentedelsuperamento di quel sistema, come presupponeva Hilferding. L’agente più importante di quelsuperamentonon fu il capitalismo finanziario inquanto tale inunaqualsiasidelle suevarianti,ma ilcapitalismomanageriale che emerse negli Stati Uniti attraverso la formazione di impresemultiunitàintegrate verticalmente e gestite burocraticamente. Una volta che queste imprese si consolidaronoall’internodelvasto,diversificato,autosufficiente,dinamicoebenprotettospazioeconomicoracchiusodallostatostatunitense,essepoteronogoderedinettivantagginell’economia-mondonelsuoinsiemesiarispettoalcapitalismodimercatodistampobritannico,siarispettoallavariantetedescadelcapitalismomanageriale.Nel loro insieme, le grandi imprese statunitensi combinavano, assai più delle imprese inglesi

tradizionali o delle imprese tedesche integrate orizzontalmente, i vantaggi della vasta divisione«tecnica» del lavoro (le economie interne) con quelli della vasta divisione «sociale» (le economieesterne). Lo spazio economico racchiuso dalla Germania imperiale non era sufficientemente ampio,diversificatoodinamicoper consentire alle imprese tedeschedi compensare, conmaggiori economieinterne,lesuperiorieconomieesternegodutedalleimpresebritanniche.LospazioeconomicoracchiusodagliStatiUnitipermiseinvecealleimpresestatunitensidirealizzareunasintesiestremamenteefficacedeivantaggidellapianificazioneediquellidellaregolazionedelmercato.Inoltre,espandendositransnazionalmentenonappenacompletatalapropriaintegrazionecontinentale

interna, legrandi impresestatunitensidivenneroaltrettanti«cavallidiTroia»neimercati internideglialtri stati,mobilitando le risorse e il potere d’acquisto stranieri a vantaggio della propria espansioneburocratica.Ilcapitaledellegrandiimpreseamericanebeneficiòdunqueinduemodicorrelati,echesirafforzavano a vicenda, delmovimento protezionista che stava facendo a pezzi il mercatomondialebritannico: ne beneficiò grazie al controllo della più grande, più dinamica e meglio protetta tra leeconomienazionalinellequaliquestomercatoeradiviso,enebeneficiògrazieallasuasuperioreabilitànelneutralizzareevolgereapropriovantaggioilprotezionismodeglialtristatimediantel’investimentoesterodiretto.Alla lucedi tuttoquesto,nonsorprendeche ilgovernostatunitenseprestassescarsaattenzionealle

richiestedellacomunitàfinanziariadiNewYorkdiabbandonarelatradizioneprotezionistadegliStatiUniti. Norman Davis e altri portavoce diWall Street furono certo estremamente chiaroveggenti nelprevedere che,per effettodella loro riluttanza a«operare assieme» inunmercatomondiale inviadi

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disintegrazione,levarienazionisarebberopresto«caduteinrovinaognunaperproprioconto».Tuttavia,da questa diagnosi non derivava che rientrasse nelle possibilità o addirittura nell’interesse nazionaledegliStatiUnitiarrestarelacadutadefinitivadelsistemadimercatomondialedell’Ottocentoeimpedirechelenazionidelmondocadesseroinrovinaognunaperproprioconto.Ilsistemadimercatomondialestava crollando sotto il peso delle proprie contraddizioni, incluso l’irrinunciabile sostegno alla baseaurea da parte delle comunità finanziarie diLondra e diNewYork.È lecito dubitare che il governostatunitense, come qualsiasi altro governo, avesse la facoltà di salvare il sistema dalla propriaautodistruttività.MaancheammessocheperilgovernodegliStatiUnitifossepossibilefarequalcosa,èancorapiùdubbioselapersistenzadelvecchioregimediaccumulazioneavrebbecondottoaungrandebalzoinavantidellaricchezzaedelpoteredegliStatiUniti,comeineffettirisultòdalsuocrollofinale.Dunque,ilcapitalismomanagerialeamericanocontribuìinmisuradeterminantealladistruzionedelle

strutturediaccumulazionedelcapitalismodimercatobritannicoeallacentralizzazionenegliStatiUnitidella liquidità, delpoteredi acquisto edella capacitàproduttivadell’economia-mondo.Maunavoltacheladistruzioneelacentralizzazioneebberoraggiuntoilloropuntomassimo,leimpresemanagerialiamericane furono incapaci di creare le condizioni della propria autoespansione in unmondo caotico.Nessun sussidio fiscale, progetto di assicurazione o garanzia di cambio fu sufficiente a superare lafondamentale asimmetria tra la coesione e la ricchezza del mercato interno degli Stati Uniti e laframmentazioneelapovertàdeimercatiesteri.Furono queste le radici strutturali dell’impasse che dopo la Seconda guerra mondiale impedì il

riciclaggio della liquidità nell’espansione del commercio e della produzione mondiali. Alla fine,l’impasse fu spezzata con l’«invenzione» della guerra fredda.Quello che i calcoli costi-benefici nonpotevanoconseguire,echedifattinonconseguirono,poté invece lapaura.Finché icapitalieccedentistagnarononegliStatiUnitienelloroentroterraregionale(CanadaeAmericaLatina),ilcaosinEurasiacontinuòadaggravarsieacreareunterrenofertileperl’assunzionedelpoterestataledapartediforzerivoluzionarie. L’idea geniale di Truman e dei suoi consiglieri fu quella di attribuire il risultato dicircostanze sistemiche che nessuna particolare forza aveva creato o controllava alle presunteinclinazioni sovversive dell’altra superpotenza militare, l’Unione Sovietica. Così facendo TrumanridusselavisionerooseveltianadiunNewDealglobaleaunarealtàdifattomoltomodesta,maalmenolareserealizzabile.Lacostruzionedell’EuropaoccidentaleedelGiapponecomebaluardiemodellidelmondoliberoeraunobiettivopiùconcretoeaccessibiledelrifacimentodelmondointeroaimmagineesomiglianzadell’America.Inoltre,ilpresidenteTrumaneilsottosegretariodiStatoAchesonsapevanobeneche il timorediunaminacciacomunistaglobaleavrebbefunzionatomoltomegliodiqualunqueappello alla raison d’état o di qualsiasi calcolo costi-benefici nello spronare all’azione legislatoriconosciutipiùperlaprudenzafiscalecheperl’interesseallevicendemondiali.

LeprimestesuredelmessaggiodiTruman,preparatedaifunzionaridelDipartimentodistato,sottolineavanocandidamenteifattorieconomici.«Leduegrandiguerreel’interporsidiunadepressionemondiale»esordivalaprimastesura«hannoindebolitoilsistema[capitalistico]pressochéovunqueaeccezionechenegliStatiUniti.[…]Se,conilnostrodisinteresse,permetteremochelaliberaimpresa scompaia dagli altri paesi del mondo, la stessa esistenza della nostra democrazia sarà seriamente minacciata.» Sia ilpresidenteTrumanche il sottosegretariodi statoAchesonosservaronochequestastesura«facevaapparire l’interacosacomeunprogrammadiinvestimento».Essidiederocosìaldocumentounanuovastesuraperporrerimedioalsuostileeccessivamenteaspro.[…]QuandounacopiadelmessaggiofinalefuinviataalsegretariodistatoMarshall[…]anch’eglisichieseseiltonodeldiscorsonondessel’impressionedi«gonfiareunpo’lacosa».Nellasuareplica,ilpresidentesidilungòsullagestionedellacrisisulfronteinterno: «era evidente che si trattava dell’unico modo per far sì che il provvedimento fosse approvato». Seguendo il celebreconsigliodiArthurVandenberg,ilpresidenteavevaineffetti«spaventatoamorteilpopoloamericano».CiòcheavevafunzionatoperladottrinaTrumansisarebbedimostratoutileancheperilPianoMarshall(McCormick,1989,pp.77-78).

Il PianoMarshall diede inizio alla ricostruzione dell’Europa occidentale a immagine e somiglianzadell’Americae,direttamenteeindirettamente,fornìuncontributodecisivoal«decollo»dell’espansionedel commercio e della produzione mondiali degli anni cinquanta e sessanta. Tuttavia, il suo stesso

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obiettivodifavorirelaformazionedegliStatiUnitid’Europafuseriamenteostacolatonelcorsodituttigli anni quaranta dalla perdurante penuria di dollari. Le difficoltà della bilancia dei pagamenticombinate a gelosie nazionali sortirono l’effetto di impedire ogni progresso all’internodell’Organizzazione economica per la cooperazione europea (OECE) in generale, e nella cooperazionemonetariatraglistatieuropeiinparticolare(Bullock,1983,pp.532-541,659-661,705-709e720-723).L’integrazioneeuropeael’espansioneeconomicamondialerichiedevanounriciclaggiodellaliquidità

mondiale assai più ampio di quello comportato dal PianoMarshall e dagli altri programmi di aiuto.Questopiù ampio riciclaggio simaterializzò infinenel più imponente sforzodi riarmoche ilmondoavessemaiconosciutointempodipace.Comecompreseroisuoiartefici,ilsegretariodistatoAchesoneilcapodelPolicyPlanningStaffPaulNitze,solounosforzodiquestogeneresarebbestatoingradodisuperareilimitidelPianoMarshall.

[AchesoneNitze] ritenevanochené l’integrazioneeuropeané il riallineamentodellevalute fossero sufficienti a conservareunasignificativaeccedenzacommerciale,oamantenereilegamieconomicitraAmericaedEuropadopolafinedelPianoMarshall.Ilnuovoindirizzopoliticocheessiproposero–unmassiccioriarmodapartediStatiUnitiedEuropa–fornìunabrillantesoluzioneaiprincipali problemi della politica economica statunitense. Il riarmo interno avrebbe fornito un nuovo mezzo per sostenere ladomanda, svincolando l’economia dall’esigenza di mantenere un’eccedenza nelle esportazioni. Il sostegno militare all’Europaavrebbe fornito uno strumento per continuare a garantirle aiuti anche dopo la conclusione del Piano Marshall. E la strettaintegrazionedelle forzemilitari europee e americane avrebbe fornito lo strumentoper impedire che l’Europa, inquanto regioneeconomica,siisolassedagliStatiUniti(Block,1977,pp.103-104).

Questonuovo indirizzopolitico fupropostoalNationalSecurityCouncil all’iniziodel1950,e il suomemorandumdisicurezza(NSC-68)fuvisionatoeapprovatoinlineadimassimadalpresidenteTrumaninaprile. Ildocumentononfornivaalcundatoprecisosuicosti,ma lestimeeranonell’ordinediunaspesaannuatrevoltesuperioreall’ammontareoriginariamenterichiestodalPentagonoperil1950.

OttenerequeldenarodaunCongressoconservatoredalpuntodivistafiscale,ancheseinnomedell’anticomunismo,nonera,perl’amministrazione,un’impresadipococonto.Siavvertival’esigenzadiun’emergenzainternazionale,esindalnovembredel1949ilsottosegretariodistato,Acheson,neavevaprevistauna,nel1950,sullecostedell’Asia:inCorea,inVietnam,aTaiwan,ointuttietre quei paesi.Duemesi dopo che il presidente ebbevisionato l’NSC-68, quella crisi si verificò.ComeAcheson ebbe a dire inseguito:«LaCoreaarrivòecisalvò»(McCormick,1989,p.98).

L’imponenteriarmoattuatoduranteedopolaguerradiCorearisolseunavoltapertutteiproblemidiliquiditàdell’economia-mondodeldopoguerra.Gliaiutimilitariaigovernistranierielespesemilitaristatunitensidiretteall’estero–gliunielealtreaumentaronocostantementetrail1950eil1958eancoratra il 1964 e il 1973– garantirono all’economia-mondo tutta la liquidità di cui avevabisognoper lapropria espansione. E con il governo statunitense che operava come banca centrale mondialeestremamente permissiva, l’espansione del commercio e della produzione mondiali avvenne a ritmisenzaprecedenti(Calleo,1970,pp.86-87;Gilpin,1990,p.188).SecondoMcCormick(1989,p.99)ilperiododi23anniinauguratodallaguerradiCoreaechiusosi

all’inizio del 1973 con gli accordi di pace di Parigi, che posero virtualmente fine alla guerra delVietnam, fu «il più prolungato e proficuo periodo di crescita economica nella storia del capitalismomondiale».SitrattadellostessoperiodocheStephenMarglineJulietSchor(1991),traglialtri,hannodefinito«l’etàd’orodelcapitalismo».

Vi sono pochi dubbi sul fatto che il quarto di secolo successivo alla ricostruzione del secondo dopoguerra fu, per l’economiamondiale,unperiododiprosperitàediespansionesenzaprecedenti.Trail1950eil1975ilredditoprocapiteneipaesiinviadisviluppoaumentòinmediadel3percentoannuo,passandodal2percentodegliannicinquantaal3,4percentodegliannisessanta.Questotassodicrescitaera,perquestipaesi,storicamentesenzaprecedenti,emaggiorediquelloconseguitodaipaesisviluppatiall’epocadella loro industrializzazione.[…]Neglistessipaesisviluppati […]ilPNLe ilPNLprocapiteaumentaronoquasiduevolte più velocemente che in qualunque altro periodo a partire dal 1820. La produttività del lavoro aumentò due volte piùvelocementediquanto fossemaiaccaduto inprecedenza,e siebbeunamassicciaaccelerazionenel tassodicrescitadelcapitalesociale.L’incremento di quest’ultimo indicava un’esplosione degli investimenti di durata e vigore senza precedenti (Glyn et al.,

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1991,pp.41-42).

Ineffetti,vi sonopochidubbi sul fattoche inquestoperiodo il ritmodell’espansionedell’economia-mondocapitalisticanelsuoinsiemefustoricamentestraordinario.Chepoisisiadavverotrattatoanchedellamiglioredelleepochedelcapitalismostorico,alpuntodameritarsil’appellativodietàd’orodelcapitalismo,ètutt’altraquestione.Nonèaffattochiaro,peresempio,sefuun’etàd’oropiùdiquelladel«trionfodellaborghesia»(1848-75)dicuiparlaEricHobsbawmechesecondogliosservatoridellafinedelXIX secolo non aveva precedenti dall’epoca delle grandi scoperte (vedi cap. 3). Se prendiamo inesameitassiannuimedidicrescitadelPNL,odiquell’entitàpiùelusivacheèil«capitalesociale»,nelventicinquennio 1950-75, e li poniamo a confronto con quelli del cinquantennio 1820-70, come faAndrew Glyn, l’impressione che se ne ricava è proprio questa.Ma questi indicatori sono distorti afavore della produzione in senso stretto e a sfavore del commercio. Se scegliessimo indicatori condistorsioniopposte,emettessimoaconfrontoilperiodo1950-75conquellodiegualelunghezza1848-73,leprestazioninelledue«etàd’oro»potrebberononapparirecosìdiverse.Inognicaso,nellaprospettivaadottatainquestolavoro,gliannicinquantaesessantadelXXsecolo,

così come gli anni cinquanta e sessanta del XIX secolo, costituiscono un’altra fase di espansionemateriale(D-M)dell’economia-mondocapitalistica,cioèunperiodonelqualeicapitalieccedentifuronorigettati nel commercio e nella produzione dimerci su scala sufficientementemassiccia da creare lecondizioni di una rinnovata cooperazione e divisione del lavoro tra le diverse organizzazionigovernative e imprenditoriali dell’economia-mondo capitalistica così come al loro interno. Certo, lavelocità,ledimensionielaportatadellaconversionedeicapitalieccedentiinmercifuronomaggiorinelciclo statunitense che in ciascuno dei cicli precedenti. Tuttavia, la fase di espansionemateriale degliannicinquantae sessantadelXX secolo somiglia a tutte le altreperunaspettocruciale: il suo stessosvolgimento innescò una notevole intensificazione delle pressioni concorrenziali su tutte leorganizzazioni governative e imprenditoriali dell’economia-mondo capitalistica e un conseguente,massiccioritirodelcapitalemonetariodalcommercioedallaproduzione.Ilcambiamentoavvennenegliannicruciali1968-73.Fuinquegliannicheidepositinelcosiddetto

mercato dell’eurodollaro o dell’eurovaluta registrarono un improvviso balzo verso l’alto seguito daventiannidicrescitaesplosiva.Efunelcorsodiqueglistessiseiannicheilsistemadelleparitàfissetraleprincipalimonetenazionalieildollaroamericanoetraildollaroamericanoel’oro,invigoredurantetutta la fase di espansione materiale, fu abbandonato in favore del sistema di cambi flessibili ofluttuanti:unsistemachealcuni(peresempioAglietta,1979b,p.831)nonconsideranoaffattotale,masolocomelaformaassuntadallacrisidelsistemapreesistente.Siebberosviluppiopposti,chetuttaviasirafforzaronoavicenda.Daunlato,l’accumulazionediuna

massa crescente di liquidità mondiale in depositi che nessun governo controllava suscitò pressionicrescentiaffinchéigovernimanovrasseroicambidellerispettivemoneteeisaggidiinteresse,inmododaattrarreorespingerelaliquiditàtenutaneimercatioffshorepercontrastarnelecarenzeoglieccessinelle loro economie interne.Dall’altro lato, le continue variazioni dei cambi tra le principalimonetenazionali e dei differenziali dei saggi di interesse moltiplicarono le opportunità a disposizione delcapitaledepositatoneimercatimonetarioffshorediespandersigraziealletransazionieallaspeculazioneinvalute.Come conseguenza di questi sviluppi di vicendevole rafforzamento, a metà degli anni settanta il

volume delle transazioni puramente monetarie realizzate nei mercati offshore superava già di moltevolte il valore del commercio mondiale. Da allora in avanti l’espansione finanziaria divenneinarrestabile.Secondounastima,nel1979ilcommerciodivaluteestereammontavaa17,5trilionididollari,piùdiundicivolteilvalorecomplessivodelcommerciomondiale(1,5trilionididollari);cinqueannidopo,gliscambidivaluteestereraggiunseroi35trilionididollari,cioèquasiventivolteilvalore

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complessivodelcommerciomondiale,cheerasìaumentato,masolodel20percento(Gilpin,1990,p.198).Secondoun’altrastima,letransazioniannualinelsolomercatodell’eurodollarodiLondraeranopariaseivolteilvaloredelcommerciomondialenel1979maacircaventicinquevoltesetteannidopo(Walter,1991,pp.196-197).RobertGilpin (1990,p.198) sostieneche il termine«rivoluzione»potrebbenonessereabbastanza

forte per caratterizzare questo cambiamento nelle condizioni economiche mondiali. Andrew Walter(1991,p.200)nonhaalcundubbiochequestacostituiscaineffettiladefinizionepiùappropriata.Asuoavviso,

quellochepiùcolpisceapropositodegliultimidecennièlaliberalizzazionedeiflussidicapitaletraiprincipalipaesielacrescitainauditadeglieuromercati,cheèprocedutaaunamediaannuadel30percentoapartiredagliannisessanta.Questacrescitaèstatatalmente superiore a quella degli scambi e della produzione globali che al momento, in termini quantitativi, i flussi finanziaridominanocompletamenteiflussirealitraivaripaesi.

Sonoquesticambiamenticiòcheeglidefinisce«larivoluzionefinanziariaglobale».

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Ladinamicadellacrisiglobale

Siamocosìritornatialletrasformazioniapparentementerivoluzionariesubitedalcapitalismomondialeapartiredal1970circa.Riconsideratanellaprospettivaadottatainquestostudio,l’espansionefinanziariadegli anni settanta e ottanta sembra in effetti costituire la tendenza predominante dei processi diaccumulazione di capitale su scala mondiale. Ma non sembra affatto essere una tendenza«rivoluzionaria».Espansioni finanziariedi questogenere si sono ripresentate apartiredalXIV secolocomereazionecaratteristicadelcapitaleall’intensificazionedellepressioniconcorrenzialichehafattoinvariabilmenteseguitoatutteleprincipaliespansionidelcommercioedellaproduzionemondiali.Ledimensioni,laportataelasofisticazionetecnicadell’attualeespansionefinanziariasono,naturalmente,assaimaggioridiquelledelleespansioniprecedenti,mainfondononsonoaltrochelaprosecuzionediuna tendenza ben radicata della longue dureé del capitalismo storico verso la formazione di blocchisempre più potenti di organizzazioni governative e imprenditoriali come agenti dominantidell’accumulazionedelcapitalesuscalamondiale.La formazionedi questi blocchi piùpotenti è sempre stataun aspetto integrantedella crisi e delle

contraddizioni del blocco precedentemente dominante. Per afferrare la logica della trasformazione incorso nel capitalismo mondiale, dobbiamo dunque concentrare l’attenzione sulla crisi e sullecontraddizionidelregimestatunitenseinviadidisintegrazione.Questacrisisièspintamoltopiùinlàdiquantoirecentitrionfidelcapitalismostatunitensesulcomunismosovieticosembrinoimplicare.Questitrionfi appaiono sempre più come un altro di quei «momenti meravigliosi» che generalmente sonointercorsi tra la crisi spia e la crisi terminale di tutti i regimi di accumulazione dominanti. Piùvelocemente che in ciascun precedente regime, la belle époque del regime statunitense – l’erareaganiana–ècomparsaedèpoisvanita,dopoaveraggravato,anziché risolto, lecontraddizionicheeranoallabasedellaprecedentecrisispia.Lacrisi imminentedelregimestatunitensefuannunciatatrail1968eil1973intresferedistintee

strettamenteconnesse.Militarmente,l’esercitostatunitensesitrovòinguaisemprepiùseriinVietnam;finanziariamente, la Federal Reserve statunitense trovò dapprima difficile, e in seguito impossibile,salvaguardare ilmododiproduzioneedi regolazionedeldenaromondiale istituitoaBrettonWoods;infine, sulversante ideologico, lacrociataanticomunistadelgovernostatunitensecominciòaperderelegittimitàsiainpatriacheall’estero.Lacrisisiaggravòrapidamente,enel1973ilgovernostatunitensesieraormairitiratosututtiifronti.Perilrestodegliannisettantalestrategiedipoterestatunitensifuronocaratterizzatedaunsostanziale

disinteresseperlefunzionidigovernodelmondo.Fucomeseigruppidominantiall’internodegliStatiUniti avessero deciso che il mondo dovesse essere lasciato a se stesso, dal momento che essi nonsarebberostatipiùingradodigovernarloalungo.Ilrisultatofuun’ulterioredestabilizzazionediciòcherimanevadell’ordinemondialedeldopoguerraeunvertiginosodeclinodelpotereedelprestigiodegliStatiUniticonlarivoluzioneiranianaelacrisidegliostaggidel1980.Il decollo dell’attuale fase di espansione finanziaria dell’economia-mondo capitalistica imperniata

sugliStatiUnitifuunaspettointegranteeprecocediquestacrisi.Ilsuoiniziorisaleal1968,quandolacrescitadeifondiliquidicustoditinelmercatodell’eurodollaroconcentroaLondrasubìun’improvvisaed esplosiva accelerazione. Come conseguenza di questa crescita esplosiva, nel 1971 il governostatunitense fucostrettoadabbandonare la finzionedelgold-dollarexchangestandard, e nel 1973 laFederalReservestatunitenseelebanchecentraliassociatesivideroobbligateadammetterelapropriasconfittanella lottaperarginare lamareadellacrescentespeculazionecontro il regimedicambi fissiche aveva dominato l’alta finanza durante la fase di espansione materiale degli anni cinquanta esessanta.Daquelmomentoinpoiilmercato–cioèprincipalmenteilmercatodell’eurodollaro–assunseil controllo del processo che fissava i prezzi dellemonete nazionali l’una rispetto all’altra e rispetto

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all’oro.La formazione delmercato dell’eurodollaro o delle eurovalute fu la conseguenza non intenzionale

dell’espansione del regime di accumulazione statunitense. Un embrionale «mercato dei depositi indollari»nacquenegli anni cinquanta comeconseguenzadirettadellaguerra fredda. I paesi comunistieranocostrettiamanteneresaldiindollaripercommerciareconl’Occidente,manonpotevanocorrereilrischiodidepositarlinegliStatiUnitipertimorecheilgovernoamericanolicongelasse.Questifondifuronodunquedepositatinellebancheeuropee (perlopiùaLondra), chealprincipio li ridepositarononellebanchestatunitensi.Presto,tuttavia,lebanchelondinesicompreseroivantaggichederivavanodalconservareifondinellaformachevenneaessereconosciutacomeeurovaluta,cioèvaluta«mantenutaeutilizzataaldifuoridelpaesenelqualeavevacorsolegale»(Versluysen,1981,pp.16e22).I saldi in dollari dei paesi comunisti erano assai poco rilevanti, e i mercati dell’eurovaluta non

sarebberomaidivenutiunfattoredominantenellafinanzamondialesenzalamassicciamigrazionedelcapitaledellegrandiimpresestatunitensiversol’Europaallafinedegliannicinquantaeagliinizideglianni sessanta. Le grandi multinazionali statunitensi erano tra i più importanti titolari di depositi nelmercatomonetariodiNewYork.Eradeltuttonaturale,pertanto,chelemaggioribanchediNewYorkentrassero senza induginelmercatodell’eurodollaro,nonsoloper trarrevantaggiodaiminoricosti edallamaggiorelibertàdiazioneconsentitadalleattivitàbancarieoffshore,maancheperevitarerilevantiperditesuidepositi.Edèquestociòchefecero,giungendoacontrollarenel1961unaquotadel50percentodelleattivitàdell’eurodollaro(DeCecco,1982,p.11).Sisviluppòcosìunastrutturaorganizzativache,atuttiglieffetti,sitrovavaaldifuoridelcontrollo

delsistemadellebanchecentralicheregolaval’offertadidenaromondialeinconformitàconilregimedicambi fissi istituitoaBrettonWoods.Finchéquesto regime fu sostenutodalleampie riserveaureedegliStatiUnitiedaunconsiderevoleattivocorrentenellalorobilanciadeipagamenti,losviluppodelmercatodell’eurodollaroaiutòinvececheostacolaregliobiettividipoteredelgovernoamericano,siainpatria che all’estero. Esso rafforzò il ruolo del dollaro comemoneta mondiale, facilitò l’espansioneglobale del capitale delle grandi imprese statunitensi, e rese questa espansione finanziariamenteautosufficientemediantel’assunzionediprestitiinEuropa.Primaopoi,tuttavia,l’espansionecongiuntadelleattivitàdellegrandiimpresestatunitensiall’estero

edeimercati dell’eurovaluta eradestinata a entrare in contraddizione con i fondamenti nazionali delpoterestatunitense.

Larivitalizzazionedell’attivitàbancariainternazionalestatunitenseminacciavadicomprometteregliaccordipoliticichel’avevanoresapossibile.L’opposizionepolitica interna all’integrazione economicamondiale del dopoguerra era stata tacitata in duemodi:l’internazionalismoeconomicofupresentato,inprimoluogo,comedecisivoperlasicurezzanazionalee,insecondoluogo,comeessenzialeperlaprosperitàinterna.Neiprimiannisessanta,tuttavia,l’integrazionefinanziariainternazionalecominciòaentrareinconflittosiaconlasicurezzanazionalecheconlaprosperitàinterna(Frieden,1987,p.83).

Ilconflittosimanifestòdapprimanel1963,quandol’amministrazioneKennedytentòdicontrastarelapressione esercitata sulle riserve auree in declino degli Stati Uniti dalle passività statunitensi neiconfronti delle istituzioni pubbliche e private straniere, ponendo delle restrizioni ai prestiti e agliinvestimenti americani all’estero. Il totaledellepassività statunitensi nei confronti degli «stranieri»–una cui quota non trascurabile ma comunque ignota era senza dubbio costituita da saldi in dollaridepositati dalle grandi imprese statunitensi nelle banche estere e in quelle offshore – aveva giàcominciato a superare le riserve auree degli StatiUniti alla fine degli anni cinquanta.Ma intorno al1963, come mostra la figura 17, queste riserve auree cominciarono a rivelarsi inadeguate persinorispetto a ciò che era dovuto alle autorità monetarie e ai governi stranieri: una questione più seria,perchéinfluivadirettamentesuirapportidipoteretraigoverni.Il tentativodell’amministrazioneKennedydiaffrontareilproblemamedianteunaregolamentazione

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più stretta dei prestiti e degli investimenti privati statunitensi all’estero fallì. Come spiegò EugeneBirnbaum,dellaChaseManhattanBank,

ilmercatodei finanziamenti internazionali indollari si è spostatodaNewYorkall’Europa. Iprestiti esteri indollari, soggetti inprecedenzaaicriteridicontrollodegliorganismigovernativiamericani,sonostatitrasferiti,ecosìsottrattiall’ambitogiurisdizionalediquestiultimi.Ilrisultatoèstatol’accumulodiunimmensovolumedifondiediattività–ilmondodellerisorsedell’eurodollaro–al di fuori dell’autorità normativa di qualunque paese e di qualunque organismo (citato in Frieden, 1987, p. 85; corsivonell’originale).

Come mostra la figura 17, questo accumulo di fondi liquidi nei mercati dell’eurodollaro divennedavveroesplosivosolodal1968inpoi.Vienequindidachiedersiqualifosserostatelecausediquestaimprovvisaesplosione,chedivennerapidamenteilfattorepiùimportantenelladestabilizzazioneenelladefinitivadistruzionedell’ordinemonetariomondialedeldopoguerra.Siccomeaqueltempolegrandiimpresetransnazionalistatunitensieranoprobabilmenteipiùimportantititolarididepositineimercatidell’eurodollaro, le cause dell’esplosione devono essere fatte risalire a qualche mutamento nellecondizionidellaloroautoespansione.

In effetti, intorno al 1968 queste condizioni mutarono piuttosto profondamente. Crescendo moltorapidamente per più di un decennio, gli investimenti diretti statunitensi all’estero erano più cheraddoppiatitralametàdegliannicinquantaelametàdegliannisessanta,mentregliinvestimentidirettieuropeiall’esteroeranocresciutialpassoconessi,passandodaunvaloremodestoaunoragguardevole(vedi fig.18). Questa rapida crescita fu un’espressione delle nuove frontiere aperte all’espansionetransnazionaledelcapitaledellegrandiimpreseamericanedallaricostruzionedell’Europaaimmagineesomiglianza degli Stati Uniti e dalla concomitante decolonizzazione dell’Asia e dell’Africa. Ma fuancheunfattoredellaprogressivachiusuradiquestenuovefrontiere.

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Finchéilcommercioelaproduzioneneglistatidell’Europaoccidentaleenelleloroexcoloniefuronoorganizzatidallamisceladicapitalismofamiliareedicapitalismodistatoemersadalladisintegrazionedell’economiadimercatomondialedell’Ottocento,ilcapitaledellegrandiimpresestatunitensigodettediunnettovantaggioconcorrenzialenellaconquistadeimercatiperiprodottifinaliedellefontidegliinputprimarimediantel’investimentodirettoel’integrazioneverticaledellacatenadisottoprocessidiproduzioneediscambio.Manmano,però,cheunaquotacrescentedelcommercioedellaproduzioneeuropeaedelleexcoloniefuintalmodoconquistataeriorganizzata,l’ulterioreespansionedellegrandiimprese statunitensi trovò limiti ancor più severi nell’imposizione reciproca di barriere organizzativeall’ingressoda esse stesse create.Quel che è peggio, le imprese europee avvantaggiate da un fattivosostegnopubblicorisposeroentusiasticamenteallesfidepostedaquestaseconda«invasioneamericana»(laprima,siricorderà,eraavvenutamezzosecoloprima)riorganizzandoillorofunzionamentoinbasealmodelloamericanoeimpegnandosinell’investimentodirettoall’esterosuscalasemprepiùmassiccia.In anticipo rispetto a tutte le precedenti fasi di espansione materiale dell’economia-mondo

capitalistica,lacrescitaesponenzialedegliinvestimentinellaproduzioneenelcommercioportòaunaintensificazione delle pressioni concorrenziali sugli agenti imprenditoriali dominanti di questaespansione. Come ha messo in evidenza Alfred Chandler (1990, pp. 615-616), nel momento in cuiServan-Schreiberevocò lospettrodiuna«sfidaamericana»–unasfidachenoneranéfinanziarianétecnologicamaorganizzativa,«l’estensioneall’Europadiunaorganizzazionechepernoièancoraunmistero»(Servan-Schreiber,1968,pp.10-11)–unnumeroeunavarietàcrescentidiaziendeeuropeeavevano trovato i modi e i mezzi per far fronte efficacemente alla sfida e per divenire esse stessesfidantieffettivedellegrandiimpresestatunitensisullorostessomercato.Perilmomento,quest’ultimasfida europea al capitale delle grandi imprese americane era ancora essenzialmente basata sulleesportazionidimercipiuttostochesull’investimentodiretto.Ma,comemostralafigura18,trail1967e

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il1974laquotastatunitensedell’investimentodirettoesterocomplessivodiminuìbruscamente.Le grandi imprese statunitensi non potevano restare inerti lasciando alle concorrenti europee la

conquista delle risorse e dei mercati mondiali mediante l’investimento diretto. «Possiamo dunqueattenderci nel prossimo decennio» scrissero Stephen Hymer e Robert Rowthorn (1970, p. 81) «unperiododiintensificatamultinazionalizzazione(riconducibilepressochétotalmenteafughedicapitali),poichésialegrandiimpresestatunitensichequellenonstatunitensicercherannoognunadiconquistareposizioni sul mercato mondiale e di tutelarsi dalla minaccia delle altre.» La previsione di Hymer eRowthorn fu pienamente confermata da quanto accadde negli anni settanta. Certo, dopo il 1979 larapidaespansionedegliinvestimentidirettiall’esterosisgonfiò:uneventoestremamentesignificativo,come vedremo. Ma il crollo giunse solo dopo una significativa ripresa degli investimenti direttistatunitensi all’estero, che rovesciò temporaneamente l’erosione della quota americana che avevacaratterizzatolafinedegliannisessantaeiprimiannisettanta(vedifig.18).Complessivamente, tra il 1970 e il 1978 il valore cumulato degli investimenti diretti statunitensi

all’esteroaumentòdipiùdeldoppio(da78a168miliardididollari),mentrequellodegliinvestimentidirettiesterinonstatunitensi(principalmenteeuropei)aumentòdipiùdeltriplo(da72a232miliardididollari)facendosalirelaquotanonstatunitensedeltotaledal48al58percento(calcolidiKirby,1983,p.40).Questa più intensa transnazionalizzazione del capitale statunitense e di quello non statunitense

avvennenelcontestodiunafortepressioneversol’aumentodeiprezzidiacquistodegliinputprimari.Trail1968eil1973laprincipalemanifestazionediquestapressioneversol’altofuciòcheE.H.PhelpsBrown (1975) ha appropriatamente definito l’«esplosione dei salari». I salari reali nell’Europaoccidentaleenell’AmericadelNordaumentarononelcorsodituttigliannicinquantaesessanta.Maseprima del 1968 la loro crescita fu più lenta della produttività del lavoro (in Europa occidentale) oprocedettealpassoconessa(negliStatiUniti),trail1968eil1973fumoltopiùveloce,provocandointal modo una significativa contrazione dei rendimenti dei capitali investiti nel commercio e nellaproduzione(Itoh,1990,pp.50-53;Armstrong,GlyneHarrison,1984,pp.269-276;ArmstrongeGlyn,1986).L’esplosione dei salari era ancora in pieno svolgimento quando, alla fine del 1973, una pressione

egualmentepotenteversol’aumentodeiprezzid’acquistodimaterieprimepregiatesimaterializzònelprimo «shock petrolifero». Tra il 1970 e il 1973 questa pressione verso l’alto aveva già portato alraddoppiodelprezzodelpetroliogreggioimportatodaipaesidell’OCSE.Manelsolo1974quellostessoprezzotriplicò,aggravandoulteriormentelacrisidiredditività(Itoh,1990,pp.53-54,60-68etav.3.3).Analizzati gli elementi a disposizione, Makoto Itoh (1990, p. 116) conclude che «la

sovraccumulazionedicapitalerispettoalladomandainelasticasiadimanodoperachedimaterieprime[…]fupiùdeterminantedell’erratagestionedellepolitichemacroeconomicheneldareinizioall’attualegrande depressione». Possono in effetti esservi pochi dubbi sul fatto che la crisi spia del regime diaccumulazione statunitense alla fine degli anni sessanta e nei primi anni settanta fu dovuta a unasovrabbondanzadi capitali checercavano investimento inmerci, più cheaun fallimentodeigoverninazionali – edi quello americano inparticolare–nel compensare le inadeguatezzedell’investimentoprivatoconlepropriespese.Quandoscoppiòlacrisi,siailkeynesismomilitarechequellononmilitaredel governo americano erano in piena azione, sia in patria che all’estero, creando tutta la domandaeffettivanecessariaperchél’espansionematerialedell’economia-mondocapitalisticaproseguisse.Unavoltadettoquesto,va tuttaviamesso inevidenzache,apartiredal1968, l’iniezionedipotere

d’acquisto nell’economia-mondo, invece di portare alla crescita del commercio e della produzionemondiali, come era accaduto negli anni cinquanta e nei primi anni sessanta, generò un’inflazione dacostisuscalamondialeeunamassicciafugadicapitaliversoimercatimonetarioffshore.Questoeffetto«perverso»dell’espansionedelpotered’acquistomondialeoperatadaigoverni fudovutonon tantoa

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un’errata gestione delle politiche macroeconomiche quanto all’emergere di una contraddizionefondamentale tra l’espansione transnazionale del capitale delle grandi imprese statunitensi e ifondamentinazionalidelpoteremondialedegliStatiUniti.Comeèstatoosservatoinprecedenza,adareinizioallafasediespansionematerialedell’economia-

mondocapitalisticaneldopoguerranonfuilcapitaledellegrandiimpresestatunitensi,mailkeynesismomilitareglobaledelgovernoamericano.Tuttavia, l’espansionetransnazionaledelcapitaledellegrandiimpresestatunitensifusiaunmezzodecisivocheunesitoestremamentesignificativodellaricercadelpoteremondialedapartedelgovernodegliStatiUniti.

Assiemeallaposizioneinternazionaledeldollaroeallasupremazianucleare,legrandiimpresemultinazionalidivennerounadellepietreangolaridell’egemoniaamericana.Questitreelementidelpotereamericanointeragironoesirafforzaronoavicenda.[…]LasupremaziapoliticaemilitareamericanacheemersedallaSecondaguerramondialeeraunaprecondizionenecessariaallaposizionedominante delle grandi impresemultinazionali americane nell’economiamondiale.Ma è vero anche l’inverso: l’espansionismodellegrandiimpreseasuavoltadivenneunsupportoallaposizionepoliticaemilitareinternazionaledell’America(Gilpin,1975,p.140).

Il rapporto di complementarità che legava l’espansione globale delle reti di potere del governodegliStatiUniti all’espansione transnazionale delle reti di accumulazionedelle grandi imprese statunitensinon escludeva conflitti di interesse e contraddizioni. Gilpin (1975, p. 145) osserva che il più serioconflitto di interessi risiedeva nella politica del governo degli StatiUniti nei confronti delGiapponedurantetuttigliannicinquantaesessanta.Nell’interessedellasicurezzanazionale,ilgovernoamericanoincoraggiò le esportazioni giapponesi verso il propriomercato interno e, quel che più conta, tolleròl’esclusionedegliinvestimentistatunitensidalGiappone,un’esclusionechecostrinselegrandiimpresestatunitensi che cercavano accesso almercato giapponese a concedere la loro tecnologia alle grandiimpresegiapponesi.SolodopoilritirodalVietnameilriavvicinamentoallaCinailgovernoamericanodivenne maggiormente sensibile alle proteste delle grandi imprese statunitensi a proposito dellepolitichecommercialiediinvestimentodelGiappone.Paradossalmente, tuttavia, la più grave contraddizione tra gli obiettivi di potenza del governo

americanoel’espansionetransnazionaledelleattivitàdellegrandiimpresestatunitensisisviluppònondovelalorocomplementaritàerapiùdebole,cioènell’Asiaorientale,madoveerapiùforte,valeadirenell’Europaoccidentale.Qui ilgovernostatunitenseusò ilPianoMarshalle il riarmocomestrumentiperintegrareinununicomercatolediverseeconomieinternedeglistatieuropeieinsistetteperchélefilialistatunitensifosserotrattatenelnascenteMercatocomunecomegrandiimprese«europee».Graziea queste politiche, l’Europa occidentale divenne presto il terreno più fertile per l’espansionetransnazionaledellegrandiimpresestatunitensi;equestaespansione,asuavolta,rafforzòulteriormentel’integrazionedell’Europaoccidentalenelregimedidominioediaccumulazionestatunitense.Secondo Gilpin (1975, p. 141), questo rapporto di complementarità tra agenzie governative e

imprenditorialistatunitensi«nonèdissimiledaquellocheesistevatrailgovernoeleimpresemercantiliinglesi chedominarono l’economiamondialenelXVII enelXVIII secolo».Nel rilevarequest’analogiaGilpincita,ritenendolacorretta,latesidiKariLevittsecondocui

leconsociateeglistabilimentidistaccatidellegrandiimpresemultinazionaliconbaseinAmericahannorimpiazzatoleoperazionidelle antiche compagniemercantili conbase inEuropanella estrazionedei prodotti di base e nell’organizzazionedell’offerta dimanufatti.Nelnuovomercantilismo, così comenelvecchio, lagrande impresa conbasenellametropoli esercitadirettamente lafunzioneimprenditorialeeraccoglieun«profittodirischio»dalsuoinvestimento.Organizzalaraccoltaol’estrazionedellematerieprime essenziali richieste dalla metropoli e rifornisce l’entroterra di beni manufatti, prodotti in patria o «sul posto» nel paeseospitante(Levitt,1970,pp.23-24).

Comeèstatosostenutoinprecedenza,l’analogiatralegrandiimpresemultinazionalidelXXsecoloelecompagnieperazionidotatediprivilegideisecoliprecedentièimportantemanonandrebbeesagerata.

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Perquantoci riguarda, laprincipaledifferenza tra idue tipidiorganizzazione imprenditorialestanelfatto che, a differenza delle imprese transnazionali delXX secolo, le compagnie per azioni dotate diprivilegi erano strumenti estremamente malleabili dell’espansione del potere statale. Le impresemultinazionali del XX secolo, invece, lungi dall’essere strumenti malleabili del potere statale, sitrasformaronobenprestonellimitefondamentalediquellostessopotere.Nulla illustraquestadifferenzamegliodiunconfronto tra l’incorporazionedell’Europaoccidentale

nelleretidipoterestatunitensidopolaSecondaguerramondialee l’incorporazionedelsubcontinenteindiano nelle reti di potere della Gran Bretagna alla fine del XVIII secolo e agli inizi del XIX.Quest’ultimaincorporazionefuoperadiunasingolaimpresa,parzialmentegovernativaeparzialmenteimprenditoriale (laCompagniadelle IndieOrientali), istituitadalgovernobritannicoperaprire l’Asiameridionale all’espansione commerciale e territoriale inglese in cambio di privilegi commerciali; larevocadiquestiprivilegidapartedelgovernobritannicopotevaavvenireinqualunquemomentofossestato ritenuto opportuno. La Compagnia svolse un eccellente lavoro nell’adempiere ai suoi compitiistituzionalima,fattoquesto,isuoiprivilegicommercialifuronogradualmenterevocatifinoacausarnelascomparsa.IlgovernobritannicoereditòdunqueunimperoterritorialeeunafonteditributisenzaiqualiLondranonsarebbemaistataingradodiriprodurrelapropriasupremaziafinanziariamondialeinmodocosìassolutoepercosìlungotempo.L’incorporazionedell’Europaoccidentaleall’internodelleretidipoteredellostatoamericanodopola

Seconda guerramondiale, invece, fu intrapresa dallo stesso governo degli StatiUniti.Una volta chel’azione governativa ebbe preparato il terreno per il vantaggioso trasferimento delle grandi impresestatunitensi,questeultime invasero ingrannumero l’Europa; il loro ruolonel consolidare ildominiostatunitense fu tuttavia limitato all’internalizzazione nelle loro tecnostrutture delle componentiessenziali del mercato e della forza-lavoro europei. Sebbene il governo americano cercasse diconservare un certo controllo su questo trasferimento delle attività statunitensi sul suolo europeo,assoggettandolefilialiesteredellegrandiimpresestatunitensiallalegislazionecommercialeamericanaeassumendomisureperregolareildeflussodeicapitalistatunitensi,questotrasferimentoacquisìquasisubito una propria dinamica, che il governo americano, agendo da solo o anche di concerto con igovernieuropei,nonfuingradodicontrollare.Quelcheèpeggio,quantopiùquestadinamicadivenneautonoma, tantopiùlacentralitàdiWashingtonnellaregolamentazioneenellaproduzionedeldenaromondialerisultòindebolita.Iltrasferimentodelcontrollosullaliquiditàmondialedamaniprivateamanipubbliche,edaLondrae

New York a Washington, realizzato da Roosevelt e Morghentau, fu una condizione necessaria delsuccessivokeynesismoglobalemedianteilqualeilgovernoamericanotrasformòilcaossistemicodegliannitrentaequarantaneldisciplinatocondominiodelpoteremondialetraStatiUnitieUnioneSovieticadegli anni cinquanta e sessanta.Ma quando il capitale delle grandi imprese statunitensi si indirizzòversolenuovefrontiereapertedaquestatrasformazione,ilcontrollosullaliquiditàmondialecominciòaritornare dalle mani pubbliche a quelle private, e da Washington a Londra e New York. Come haaffermatoAndrewWalter (1991,p.182):«Londrariconquistò lasuaposizionedicentrodelleattivitàfinanziarieinternazionali,maquesteattivitàeranooraimperniatesuldollaro,elebancheamericaneeiloroclientineeranoiprincipaliprotagonisti».La risposta immediata del governo statunitense al riemergere dell’alta finanza privata nella

produzione e nella regolazione del denaro mondiale fu di riaffermare con forza la centralità diWashington nell’offerta di liquiditàmondiale.Non essendovi alcuna alternativa praticabile al dollarocomeprincipalevalutadiriservainternazionaleecomemezzodiscambio,l’abbandonodelgold-dollarexchangestandardportòall’istituzionedelpuredollarstandard.Invecedidiminuire,l’importanzadeldollarocomemonetamondialeaumentò,eciòcheinprecedenzaeraesistitoinformalmentevenneoraistituitoformalmente(Cohen,1977,pp.232-238).

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Percircacinqueanni,dal1973al1978,questopuredollarstandard sembròconcederealgovernodegliStatiUnitiunalibertàdiazionesenzaprecedentinellaproduzionedeldenaromondiale.

Il sistema a cambi fluttuanti ha […] eliminato ogni necessità per gliUSA di controllare il proprio disavanzo della bilancia deipagamenti,prodottodaqualsiasipartita,grazieallapossibilitàpergliUSAdiimmetterenellacircolazioneinternazionalequantitàillimitatedidollariinconvertibili.Pertanto,purcontinuandoadeprezzareildollaroneltentativodirecuperareconcorrenzialitànellaproduzionedimerci,gliUSAnonhannoavutoilproblemadigenerareunavanzocorrenteconcuifinanziareildisavanzoincontocapitale.[…]Interminipraticièscomparsoilproblemastessodell’aggiustamentodellabilanciadeipagamentiamericana(Parboni,1985,p.62).

Lacontinuaespansionedeimercatidell’eurodollarocreònaturalmenteunafonteaggiuntivadidenaromondiale, che il governo statunitense non controllava e che gli altri governi potevano sfruttare. Leassunzioni di prestiti nelmercato dell’eurodollaro erano tuttavia soggette a condizioni di affidabilitàcreditizia che, generalmente, includevano restrizioni nella gestione dei disavanzi nella bilancia deipagamenti e un’adesioneminima ai princìpi della stabilità dellamoneta. Solo per gli StatiUniti «lapossibilità di attingere alle risorse del resto delmondomediante l’emissione della propriamoneta èpressochéillimitata»(Parboni,1985,p.22).Comevedremo frapoco, i privilegi di signoraggiodegliStatiUniti non erano così illimitati come

potevaapparireallametàdegliannisettanta.Maperalcunianniquestiprivilegigarantironoalgovernoe alle imprese statunitensi importanti vantaggi concorrenziali nell’intensificazione della lottaintercapitalistica su scalamondiale per imercati e le fonti dimaterie prime. Le politichemonetarieespansivedegliStatiUniti indirizzaronorisorseenergetichedall’esteroversoilmercatostatunitenseefornironosbocchiperiprodottiamericanisiainpatriacheall’esteroaspesedeiconcorrentieuropeiegiapponesi. Inaggiunta,garantironoalle impresestatunitensi tutta la liquiditàdicuiavevanobisognoper conservare lo slancio della loro espansione transnazionale mediante l’investimento diretto e laconcessionediprestitiall’estero.Ilprimovantaggioerastrettamenteassociatoall’autocentricitàdell’economiainternadegliStatiUniti

rispetto all’extraversione delle economie dell’Europa occidentale e del Giappone. La dipendenza diqueste ultime dal commercio estero, misurata dal rapporto tra il totale delle importazioni e delleesportazionie il redditonazionale, erapiùdi trevolte superioreaquelladegliStatiUniti.PoichégliStatiUniti erano essi stessi uno deimaggiori produttori di petrolio, contrariamente alGiappone e aipaesi dell’Europa occidentale (con le successive eccezioni costituite dalla Norvegia e dalla GranBretagna), le differenze nella dipendenza dalle fonti di energia estere erano naturalmente moltomaggiori. Stimolando una rilevante espansione delle importazioni nette di petrolio e di prodottipetroliferi da parte degli Stati Uniti, che passarono da una media di 2100000 barili giornalieri nelperiodo 1960-69 a una di 6900000 barili giornalieri nel periodo 1973-78, le politiche monetarieespansiveamericaneteseroadirottaregliapprovvigionamentiversol’economiainternaintensificandointalmodolepressioniconcorrenzialisulleeconomiedell’Europaoccidentaleesuquellagiapponese.Questatendenzafurafforzatadallapoliticadeltwo-tierpricing,grazieallaqualeilgovernostatunitenseimposeuntettoalprezzodelpetrolionazionaleestrattodaipozzigiàattivinel1972.Nellaprimametàdel 1979 il costomedio del petrolio negli Stati Uniti era dunque inferiore di un buon 40 per centorispettoailivellidelmercatomondiale(Parboni,1985,pp.10-13e27-30).Questovantaggiodicostosicombinòconiricaviaggiuntivifruttodeisuccessivideprezzamentidel

dollaro, generati dall’abbondante espansione dell’offerta di denaro da parte degli StatiUniti. Questesvalutazioni aumentarono di molto le esportazioni e le entrate statunitensi riducendo il prezzo deiprodottiamericanisuimercatiesterierendendoiprodottiesteripiùcostosisulmercatostatunitense.Inun’economia più extravertita di quella americana – com’era quella britannica nel XIX secolo –l’incrementodeiprezzidelleimportazioniimplicitonellasvalutazionedellamonetanazionaleavrebbeaumentatoicostidiproduzioneinterniequindi iprezzidelleesportazioni,compensandolariduzione

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implicita nella svalutazione. Ma l’autocentricità dell’economia interna degli Stati Uniti assicurò unforte,anchesetemporaneoeffettopositivodellasvalutazionedeldollarosullaproduzioneesulvaloreaggiunto statunitensi. Di conseguenza, nel periodo 1973-79 la performance relativa dell’economiastatunitense rispetto a quella dell’Europa occidentale, e in misura minore del Giappone, migliorònotevolmente(Parboni,1985,capp.3-4;Calleo,1982,p.139;StrangeeTooze,1982;Boltho,1993).Questi migliori risultati non furono associati a una contrazione della portata globale delle reti di

accumulazione statunitensi.Al contrario, come è stato osservato in precedenza, tra il 1974 e il 1979l’erosione della quota statunitense degli investimenti diretti totali all’estero fu rovesciata. A ciò vaaggiuntocheinquestoperiodol’espansionedellebanchestatunitensineimercatioffshore,perquantoimpossibiledaquantificare,fuprobabilmentepersinomaggiore.Sostenutadallacompletaeliminazione,nelgennaiodel1974,deicontrollisuimovimentideicapitaliesteri,l’offertasovrabbondantedidollarigeneratadalleautoritàmonetariedegliStatiUnitifornìdunqueimezziperlavalorizzazionedelcapitalestatunitensenonsoloinpatriamaancheall’estero.LalibertàdiazionedelgovernodegliStatiUnitinoneraillimitata.Ilpassaggioaunsistemadicambi

flessibili lo aveva liberato dai vincoli di bilancia dei pagamenti inerenti al precedente impegno amantenereunregimedicambifissi.Essoimposetuttavianuovivincoli,cheilgovernostatunitensenonpotevaignorarealungosenzaindebolireseriamentelasuaposizioneprivilegiatanelsistemamonetariomondiale.Da un lato, la caduta del sistema di cambi fissi diede nuovo slancio all’espansione finanziaria,

incrementando i rischi e le incertezze delle attività commerciali-industriali delle grandi imprese. Inregimedi cambi fissi il capitaledellegrandi imprese eragià impegnato in transazioni e speculazionivalutarie.«Maperlopiùl’assunzionedapartedellebanchecentralidellaresponsabilitàdimantenere icambifissidisimpegnòidirigentifinanziaridellegrandi impresedallanecessitàdipreoccuparsidellevariazioni giornaliere» (Strange, 1986, p. 11). Sotto il sistema di cambi flessibili, invece, lo stessocapitale delle grandi imprese fu costretto a fare i conti con gli spostamenti quotidiani dei cambi. Icontinuimovimentimonetari indifferentivalute registratidallecorporatebankscostrinsero legrandiimpreseadedicarsiatransazionivalutarieatermine,alloscopodiproteggersidaammanchineicontidovutiavariazionideicambidellevalutenellequalieranoquotatipagamentianticipatiedentrateattese.Inoltre, le fluttuazioni dei cambi divennero un fattore rilevante nella determinazione delle variazioninella situazionedei flussi di cassa, delle vendite, dei profitti e delle attività patrimoniali delle grandiimpreseindiversipaesievalute.Perproteggersidaquestevariazioni, legrandi impresenonavevanopressochéalternativeal ricorsoaun’ulteriorediversificazionegeopoliticadelleproprieoperazioni.Sicreòcosìunacircolaritàpereffettodellaquale

lefluttuazioniel’instabilitàdeicambi,aumentandoirischiperlemultinazionali,leresero,perreazione,ancorpiù«multinazionali».Maquestarisultantestrategiadilungotermine[tese],asuavolta,adaccrescerelaloroesigenzadiproteggersisulbreveterminedairischideicambi,incrementandoulteriormenteilvolumedelletransazioninelcasinòfinanziario(Strange,1986,pp.12-13).

Perquantoimportantesiastatoilcontributodiquestoprocessocircolarenelpromuoverelacrescitadeimercatidell’eurovaluta,sottoilregimedicambiflessibilientròinazioneunmotoreancorpiùpotente.L’instabilità dei cambi aumentò i rischi e l’incertezza non solo per le finanze delle grandi impresetransnazionalimaancheperlefinanzedeigoverni,einparticolarediquellicheavevanoachefareconeconomie interneestremamenteextravertite. IgovernidelTerzomondo furonocolpitipiù seriamentedegli altri dal nuovo regimemonetario. Come osserva Susan Strange (1986, p. 13), l’instabilità deicambiaumentòilororischielaloroincertezza«ancorpiùcheperlecompagniemultinazionali.Questeultimeperlomenodisponevanodiunavarietàdiprodotti,diunavarietàdipaesiincuioperareediunesercito di consiglieri fiscali e di esperti finanziari ben equipaggiati e ben pagati per affrontare iproblemi».

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Nei paesi del Terzo mondo il valore dei pagamenti connessi al flusso delle importazioni e delleesportazioni, quello del reddito nazionale e quello delle entrate pubbliche presero a oscillarevistosamentepereffettodellevariazionideicambitraildollaroamericano(inbasealqualeèquotatalamaggiorpartedelle loroesportazioni), lealtreprincipalivalute(inbaseallequalisonoquotatemoltedelle loro importazioni), e le loro monete nazionali. In effetti, a partire dai primi anni settanta levariazionideicambisonostateilfattorechepiùdiognialtrohaconcorsoadeterminarelaposizionedeipaesi del Terzo mondo nella gerarchia del valore aggiunto dell’economia-mondo capitalistica. Lamaggior parte di questi paesi semplicemente non disponeva delle risorse finanziarie necessarie percoprirsidai rischidelle fluttuazioni. Il loroprincipalecontributoallacrescitadel«casinòfinanziario»sui mercati dell’eurovaluta si è espresso dunque sul lato della domanda, piuttosto che su quellodell’offerta, dell’equazione, vale a dire sotto forma di richiesta di fondi per compensare i devastantieffetti delle crisi finanziarie, invece che di depositi volti a prevenire queste stesse crisi o a trarnevantaggio.Tuttavia, l’intensificazione della concorrenza intercapitalistica negli anni settanta trasformò un

ristrettonumerodistatidelTerzomondononsemplicementeinpossessorididepositi,maneiprincipalipossessorididepositisuimercatidell’eurovaluta.Manmanochelalottaperlefontimondialidienergiasi intensificò, i capitali eccedenti furono trasferiti ancor piùmassicciamente dalle mani degli agentigovernativieimprenditorialistatunitensi,dell’EuropaoccidentaleedelGiappone,aglistaticheavevanolafortunadipossedereneipropriterritoririserveconsistentieabuonmercatodipetroliogreggio.Dalmomentochesolounapartediquestaenormeecrescentemassadi«renditapetrolifera»potevaesserereimpiegata immediatamentedai suoidestinatari in impreseproduttiveoutili, buonapartedi essa fu«parcheggiata»oinvestitanelmercatodell’eurovalutadovebeneficiòdirendimentiediunalibertàdiazionerelativamentealti.Questatendenzacominciòasvilupparsiall’iniziodegliannisettanta,quando,nelvolgeredipochianni,ilprezzodelpetroliogreggioraddoppiò.Mailprimoshockpetrolifero,cheallafinedel1973quadruplicòilprezzodelpetroliogreggionelgirodipochimesi,

nonsologenerò80miliardidi«petroldollari»destinatialriciclaggiodapartedellebanche,dilatandointalmodol’importanzadeimercati finanziariedelle istituzionicheoperavano inessi,ma introdusseancheun fattorenuovo, talvoltadecisivoesolitamenteimprevedibile,cheinfluìsullecondizionidellabilanciadeipagamentitantodeipaesiconsumatori,quanto,coniltempo,deipaesiproduttori(Strange,1986,p.18).

I principali paesi consumatori di petrolio erano, naturalmente, proprio i principali stati capitalistici. Itentativi di salvaguardare le loro economie interne dalla crescente incertezza relativaall’approvvigionamentodienergiamediantepolitichedeflazionisticherivolteagenerareun’eccedenzacommerciale nelle bilance dei pagamenti, o mediante l’assunzione di prestiti nel mercatodell’eurovaluta, intensificò ulteriormente la concorrenza intercapitalistica e diede nuovo alimentoall’espansione finanziaria in corso. Inoltre, comehamesso in evidenzaMarcelloDeCecco (1982,p.12),ilmutamentonellanaturadeipossessorididepositiineurovaluta,daistituzioniprivateepubblichedei principali paesi capitalistici a istituzioni private e pubbliche dei paesi esportatori di petrolio, fuaccompagnatodaunulterioremovimentoversol’esternodelmercatodell’eurovaluta.Unavoltacheilregimedi cambi fissi fu sostituitodai cambi fluttuanti, i governi e lebanchecentralidelGruppodeiDieci (i dieci più importanti stati capitalistici) cercarono di esercitare un certo controllo suimercatidell’eurovaluta, o perlomeno di vigilare su di essi. A questo scopo essi concordarono di non«parcheggiare» più eccedenze non desiderate delle loro riservemonetarie ufficiali in questimercati,comeavevanofattoinprecedenza,eaffidaronoallaBancad’Inghilterrailcompitodiagireconillorosostegno come prestatore di ultima istanza per le banche impegnate nel mercato dell’eurodollaro.Perché la Banca d’Inghilterra potesse agire in questa veste, occorreva introdurre qualche genere diregolamentazione governativa delle attività bancarie private. Ma proprio come dieci anni prima le

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banchediNewYorkavevanoreagitoaitentatividell’amministrazioneKennedydiregolamentarelelorooperazioniall’estero trasferendoquesteultimesulmercatodell’eurodollaro–privodicontrolli–concentroaLondra,così, allametàdegli anni settanta, l’associazionedibancheaguida statunitensechecontrollavailpiùvastomercatodell’eurodollaroconbaseaLondrarisposeaitentativiassaipiùblandidiregolamentazionedapartedelGruppodeiDiecitrasferendoancorpiùlontanoleproprieattivitàversomercatimonetaridavverooffshore,moltideiqualisituatiinexcoloniebritanniche.Inaltritermini,lasostituzionedeicambifissiconquelliflessibilifuassociatanonauncontenimento

maaun’accelerazionedellatendenzadeigovernideipiùpotentistaticapitalisticiaperdereilcontrollosulla produzione e la regolamentazione del denaro mondiale. In queste circostanze, il tentativo delgoverno statunitense di usare l’emergente pure dollar standard a sostegno della valorizzazione delcapitale statunitense in patria e all’estero non valse a ripristinare il primato diWashington nell’altafinanza.Alcontrario,essoindebolìulteriormenteilpoteredell’insiemedellebanchecentralinazionalicheerastatoallabasediquelprimato.Dunque, lepolitichemonetarie espansivedegli anni settanta, combinate con il two-tierpricing del

petrolio greggio nelmercato interno statunitense e alla completa liberalizzazione dei prestiti e degliinvestimentiprivatistatunitensiall’estero,rafforzaronolestessetendenzechealimentavanolacrescitaesplosivadeimercatimonetarioffshore.Fornendoalleimpresestatunitensimezzimonetarieincentiviaggiuntivipercompetereconmaggiorprobabilitàdisuccessodeirivalinellalottaperl’appropriazionedellefontimondialidienergiaenellatransnazionalizzazionedeiprocessidiproduzioneediscambio,queste politiche gonfiarono le rendite petrolifere e le disponibilità liquide delle grandi imprese chesostenevano l’espansione delle attività dell’eurovaluta. Questa espansione, a sua volta, divenne unanuovasignificativafontediinflazionemondiale.

Inpassato,paesidiversidagliStatiUnitidovevanomantenerelelorobilancedeipagamentiinsostanzialeequilibrio.Dovevanocioè«guadagnare»ildenarochedesideravanospendereall’estero.Orapotevanoprenderloinprestito.Inpresenzadiunaliquiditàcapaceinapparenzadiun’espansioneillimitata,ipaesigiudicatimeritevolidicreditononeranopiùsottopostiadalcuncontrolloesternosullalorospesaall’estero.[…]Inquestecondizioni,undisavanzonellabilanciadeipagamentinonfungevapiù,dipersé,dafrenoautomaticodell’inflazioneinterna.Ipaesiindisavanzopotevanoattingerecreditosenzalimitiallamacchinamagicadellaliquidità.Numerosipaesi[…]siunironodunqueagliStatiUnitinell’evitarequalsiasirealeadeguamentoall’aumentodeiprezzidelpetrolio.Comeeraovvio,l’inflazionemondialecontinuòadacceleraredurantetuttoildecennio,eitimoridiuncrollonelsistemabancarioprivatodivennerosemprepiùforti.Unaquantitàsempremaggioredidebitivenne«rinegoziata»,euncertonumerodipaesipoveridivenneromanifestamenteinsolventi(Calleo,1982,pp.137-138).

Al di sotto dell’accelerazione dell’inflazione e del crescente disordine monetario degli anni settantapossiamo scorgere, in forme nuove e più complesse, la dinamica tipica delle crisi spia di tutti iprecedenticiclisistemicidiaccumulazione.Comeintuttiicicli,larapidaespansionedelcommercioedellaproduzionemondialiavevaportatoaun’intensificazionedellepressioniconcorrenzialisugliagentidominanti dell’espansione e al conseguente declino dei proventi del capitale. E come in tutte leprecedenti fasi di rendimenti decrescenti, ci ricorda Hicks, condizione del ristabilimento o dellasalvaguardiadialtiprofittiècheessinonvenganoreinvestitinell’ulterioreespansionedelcommercioedellaproduzione.Lepolitichemonetariestatunitensidegliannisettantastavanocercandoinvecediindurreilcapitalea

continuareasostenerel’espansionematerialedell’economia-mondocapitalisticaimperniatasugliStatiUniti, sebbene tale espansione fosse divenuta la causa principale dell’aumento dei costi, dei rischi edell’incertezzaper ilcapitaledellegrandi imprese ingeneraleeperquellostatunitense inparticolare.Com’era prevedibile solo una parte della liquidità creata dalle autorità monetarie statunitensi venneutilizzataperlacreazionedinuoviimpianticommercialieproduttivi:lamaggiorpartefutrasformatainpetroldollari edeurodollari che,dopoessersi riprodottipiùvolte attraverso imeccanismi interbancariprivatidicreazionedimoneta,riemerseroprontamentenell’economiamondialecomerivalideidollari

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emessidalgovernoamericano.Inultimaanalisi,questacrescenteconcorrenzatraildenaroprivatoequellopubbliconongiovònéal

governoné alle imprese statunitensi.Daun lato, l’espansionedell’offerta privata di dollari liberòungrupposemprepiùnumerosodipaesidaivincolidellabilanciadeipagamentinellalottaconcorrenzialeperimercatielerisorsemondiali,einquestomodominòiprivilegidisignoraggiodelgovernodegliStati Uniti. Dall’altro lato, l’espansione dell’offerta pubblica di dollari alimentò i mercati monetarioffshore con un ammontare di liquidità maggiore di quello che era in fondo possibile riciclarevantaggiosamente e senza rischi, costringendo così i membri dell’associazione di banche a guidaamericana che controllavano le attività dell’eurovaluta a rivaleggiare ferocemente tra di loronell’indirizzareildenaroversopaesiritenutisolvibili,edifattoarenderemenoseveriicriteridiquestavalutazione.Sespinta troppooltre,questarivalitàavrebbepotutosenzadubbiosfociarenellacomunerovinafinanziariadelgovernoedelleimpresestatunitensi.Nel 1978 il governo degli StatiUniti fumesso di fronte alla scelta tra portare il confronto con la

comunità finanziaria cosmopolita che controllava il mercato dell’eurovaluta a una decisiva resa deicontiperseverandonellepropriepolitichemonetarieespansive,ocercare inveceunaccordomedianteunapiùstrettaadesioneaiprincìpieallapraticadellastabilitàdellamoneta.Larazionalitàcapitalisticainfineprevalse.Apartiredall’ultimoannodellapresidenzaCarter,econmaggioredeterminazionesottola presidenzaReagan, il governo statunitense optò per la seconda linea di condotta.Equandovennesiglata una nuova «memorabile alleanza» tra il potere dello stato e quello del capitale, le politichemonetarie espansive degli Stati Uniti che avevano caratterizzato l’intera epoca della guerra freddalasciaronoilpostoapoliticheestremamenterestrittive.Il risultato fu la belle époque dell’era reaganiana. Attingendo a Braudel (1981-82, vol. III),

Hobsbawm(1972)eadaltrefontisucuisièbasatalanostraindagine,KevinPhillips(1993,cap.8)hasottolineato le straordinarie somiglianze che è possibile individuare tra l’influenza cumulativa dellafinanzasugliStatiUnitineglianniottantadelXXsecolo,quellasullaGranBretagnanell’eraedoardiana,quella sull’Olanda nel periodo delle parrucche e quella sulla Spagna nel secolo dei genovesi. «Èevidentechel’eccessivaattenzioneversolafinanzaelatolleranzaneiconfrontideldebitosonotipichedellegrandipotenzeeconomichenelcorsodelleultimefasidellorodominio.Essenepreannuncianoildeclinoeconomico»(Phillips,1993,p.194).Phillips si concentra sui costi che la «finanziarizzazione» implica per gli strati sociali inferiori e

intermedidellapotenzaeconomicacheharaggiuntolostadiodellamaturità.

Lafinanzanonpuòalimentareunavastaclassemedia,poichésolounpiccologrupposceltodiciascunapopolazionenazionale–olandese,ingleseoamericana–puòripartirsiiprofittidellaborsaedell’intermediazionefinanziaria.Lasupremazianell’industria,neltrasportoenelcommercio,alcontrario,fornisceunapiùampiaprosperitànazionalenellaqualesonogliindividuicomuniafarfunzionare le lineedi produzione, leminiere, le fabbriche, amanovrare gli ingranaggi, le velemaestre e le reti.Quandoquestostadio di sviluppo economico cede il passo a quello successivo, con le sue più nette divisioni derivanti dal capitale, dallequalificazioniprofessionaliedall’istruzione, lesocietàconampicetimediperdonoqualcosadivitaleediunico.PropriociòchealcunitemonosistianuovamenteverificandonegliStatiUnitidellafinedelXXsecolo(Phillips,1993,p.197).

Phillips osserva che una tendenza analoga può essere individuata già nella Spagna degli Asburgo.L’ipotecasugranpartedellefutureentratespagnoleafavoredeimercantibanchieritedeschiegenovesifu accompagnata e seguita dalla «finanziarizzazione» della stessa società spagnola. «Una limitataricchezzamonetaria,unafinanzasconsiderataeun’indolenteclassedirentiersfuronoaspettiimportantineldeclinochestavadelineandosiinSpagnacircacento,centocinquant’annidopoiviaggidiColombo»(Phillips,1993,p.205).LaSpagna,sidolevaGonzàlezdeCellorigoneiprimiannidelSeicento,

èdiventataquellaincuisihailmassimocontrastotrairicchieipoverisenzachevisiaalcunmezzoperridurreadarmonialelorodisparità.Lanostrasituazionecipresentairicchicheselaspassanosenzafarnienteeipoverichevannomendicando.Manchiamoinvecedicetiintermedi,aiqualinélaricchezzanélapovertàimpedisconodiperseguirequellalegittimaattivitàeconomicacheè

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volutadallaleggedinatura(Elliott,1982,p.357).

La nostra indagine ha mostrato l’esistenza di un antecedente storico di polarizzazione sociale sottol’impatto cumulativo di un’espansione finanziaria persino precedente alla Spagna della fine del XVIsecolo. In effetti, il più nitido di tutti gli antecedenti è la Firenze del Rinascimento. In nessun altromomento e in nessun altro luogo gli effetti socialmente polarizzanti della «finanziarizzazione» sonostatipiùevidenti(vedicap.2).Daquestopuntodivista,tuttelesuccessiveespansionifinanziariesonostatevariazionisuuncopionerecitatoperlaprimavoltanellacittà-statotoscana.Ma lanostra indaginehaanchemostratoche lepolarizzazioni sociali interneverificatesinel corso

delleespansionifinanziariefuronoaspettiintegrantidiprocessidiconcentrazionedelcapitalesuscalamondiale,concentrazioneintesanelduplicesensodiconvergenzaversouncentrocomune,daunlato,ediaumentodiforza,densitàointensitàdall’altro.Comeèstatoosservatonelterzocapitolo,intutteleprecedenti fasi di espansione finanziaria dell’economia-mondo capitalistica si sono avuticontemporaneamenteduedifferenti tipidiconcentrazionedelcapitale.Unprimotiposièmanifestatoall’interno delle strutture organizzative del ciclo di accumulazione che stava giungendo al termine,l’altrohaprefiguratol’emergerediunnuovoregimeediunnuovociclodiaccumulazione.Tralasciando la questione relativa alla possibilità di scorgere una concentrazione del secondo tipo

nell’attuale congiuntura – questione sulla quale ritorneremo nell’Epilogo – una concentrazione delprimo tipo è stata in effetti una delle caratteristiche maggiormente rilevanti dell’era reaganiana. Ilrepentino passaggio da politichemonetarie estremamente espansive ad altre estremamente restrittiveoperato dalla Federal Reserve statunitense sotto la guida di Paul Volcker nell’ultimo annodell’amministrazioneCarterfusolounpreamboloaunainteraseriedimisurechemiraronononsoloaristabilire la fiducia nel dollaro, ma anche a ricentralizzare all’interno degli Stati Uniti il denaromondialecontrollatodaiprivati.Nelperseguirequestoobiettivo,ilricorsoalrestringimentodell’offertadidenarodapartedegliStatiUnitifuaccompagnatodaaltrequattromisure.

Inprimoluogo,ilgovernostatunitensecominciòacompetereenergicamenteintuttoilmondoperilcapitalemobileelevandoitassidiinteressebenaldisopradelsaggiodiinflazionecorrente.Lafigura

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19 mostra come i tassi di interesse nominali di lungo termine negli Stati Uniti abbiano subito unaumento dalla metà fino alla fine degli anni sessanta. Nondimeno, durante tutti gli anni settantal’inflazione aveva mantenuto con una certa continuità i saggi di interesse reali a un livello basso,spingendoli persino al di sotto dello zero alla metà degli anni settanta. Nei primi anni ottanta, alcontrario, alti saggi di interesse nominali, combinati con le tendenze deflazionistiche generate dapolitichemonetarierestrittive,causaronounrilevantebalzoversol’altodeisaggidiinteressereali.Insecondoluogo,gli incentivimonetariallaricentralizzazionedelcapitalemobilenegliStatiUniti

furonointegratiecompletatidaun’importantespintaversoladeregolamentazione,chediedeallegrandiimpreseealleistituzionifinanziariestatunitensienonstatunitensiunalibertàdiazionenegliStatiUnitivirtualmente illimitata.Particolarmente significativaaquesto riguardo fu laderegolamentazionedelleattivitàbancarieinAmerica.Dopoessere«emigrate»daNewYorkaLondranegliannisessanta,edalìintuttoilmondoversomercatimonetari«realmente»offshorenegliannisettanta,neglianniottantaleoperazionidell’élitefinanziariadiNewYorkpoteronoinfineessericentralizzateinpatria,dovevenneroa beneficiare di una libertà d’azione non inferiore a quella disponibile altrove e, in aggiunta, di unvantaggiodecisivochenessunaltroluogoeraincondizionedioffrire:laprossimitàsocialeepoliticaaquellocherimanevailpiùimportantecentrodipoteremondiale.In terzo luogo, dopo aver vinto le elezioni con la promessa di pareggiare il bilancio pubblico,

l’amministrazioneReagan avviòunadelle più spettacolari espansioni dell’indebitamento statale nellastoriamondiale.QuandoReagangiunseallaCasaBiancanel1981,ildisavanzodelbilanciofederaleeradi 74 miliardi di dollari, e il debito pubblico complessivo di 1000 miliardi di dollari. Nel 1991 ildisavanzodelbilancio si eraquadruplicato, salendoapiùdi300miliardididollari annui, e ildebitonazionale si era quadruplicato giungendo a quasi 4000 miliardi di dollari. Fu così che nel 1992 ilpagamentodegliinteressifederalinettiammontòa195miliardididollariannui,parial15percentodelbilancio complessivo, contro i 17miliardi di dollari (7 per cento) del 1973 (Phillips, 1993, p. 210;Kennedy,1993b,p.297).«Dopoesserestatiinprecedenzailmaggiorepaesecreditoredelmondo,gliStatiUnitiavevanocontrattoprestitiall’esterointalequantità–comegiàl’Inghilterranelperiodo1914-45–dadivenireilmaggiorepaesedebitoredelmondo»(Phillips,1993,p.220).In quarto luogo, questo spettacolare incremento del debito pubblico statunitense fu associato a

un’escalation della guerra fredda con l’Unione Sovietica – principalmente, anche se nonesclusivamente, mediante la Strategic Defense Initiative (SDI) – e a un’intera serie di dimostrazionipunitivediforzamilitarecontroalcuniregimiostilinelTerzomondo:Grenadanel1983, laLibianel1986,Panamanel1989e l’Iraqnel1990-91.Come in tutte leprecedenti espansioni finanziarie,quel«colpodibacchetta»chedàallamonetasterile lafacoltàdiriprodursisenzadoversiassoggettareallafaticaeairischi inseparabilidall’impresaproduttiva–cosìMarxdescrisse l’«alienazionedellostato»medianteildebitopubblico(vedil’Introduzione)–fudunqueancoraunavoltaassociatoaun’escalationdelconflittodipotere tragli stati.E fu laconcorrenzaper ilcapitalemobileprovocatadaquestapiùrecenteescalationnelconflittodipoteretraglistatiche,ancoraunavolta,parafrasandoWeber,creòlemaggiori opportunità perché il capitalismo occidentale beneficiasse di un altro di quei «momentimeravigliosi»diricchezzaedipoteresenzaprecedenti.I denigratori del trionfo capitalistico degli anni ottanta si soffermano, come noi stessi faremo

nell’Epilogo,suisuoilimitiesullesuecontraddizioni.Tuttavia,unapienacomprensionediquestilimitiediquestecontraddizionirichiedeunacomprensionepreliminaredellanaturaedellamisuradiquestostessotrionfo.Equestacomprensionepreliminarepuòpartiresolodalriconoscimentodellospiacevolestatodicosechesuscitòlacontroffensivacapitalisticaaguidaamericanadellafinedegliannisettantaedeiprimianniottanta.Dobbiamoinnanzituttotenerpresenteaqualelivellodigravitàfossegiuntalacrisimonetarianegli

anni settanta. Gli ostinati tentativi di provocare una reflazione nell’economia-mondo capitalistica

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imperniata sugli Stati Uniti, di fronte a rendimenti del capitale rapidamente decrescenti, stavanominacciandodiprovocareuna seria crisi di fiducianeldollaro comepossibilemonetamondiale.Nel1978vi erano chiari indizi cheuna crisi di questogenere fosse sul puntodimaterializzarsi.Qualoraquesta crisi si fosse ulteriormente aggravata, qualunque vantaggio concorrenziale il governo e leimpresestatunitensiavesserotrattodaiprivilegidisignoraggioamericanisarebbestatoannullato.Quelche è peggio, essa avrebbe potuto distruggere l’intera struttura creditizia degli Stati Uniti e le retimondialidiaccumulazionedelcapitaledacui la ricchezzae ilpotereamericanidipendevanopiùchemai(Aglietta,1979b,pp.831sgg.;AgliettaeOrléan,1982,pp.310-312).Vadaséchegli statidell’EuropaoccidentalepotevanopermettersiancormenodegliStatiUnitidi

subireidannidiunaseriacrisidifiducianeldollaro.Lamaggioreextraversioneeleminoridimensionidelle loro economienazionali li rendevano assai piùvulnerabili degliStatiUniti alle fluttuazioni deicambidovuteall’usodeldollarocomemezzodiscambioedipagamentointernazionale(Cohen,1977,p.182;Aglietta,1979b,p.833).Perlimitarequestavulnerabilità,lebanchecentralideglistatimembridellaComunitàeuropearaggiunsero,nell’apriledel1972,unaccordochemiravaacontenereimarginidifluttuazionetralevariemonete,creandointalmodoilcosiddettoserpentemonetario.Laperdurantesvalutazione del dollaro nel corso dei successivi sei anni convinse gli stati membri della Comunitàeuropea dell’esigenza di rafforzare l’accordo.La risoluzione delConsiglio europeo del dicembre del1978 creò il Sistema monetario europeo (SME) e una Unità monetaria europea (ECU), che divenneroentrambi operanti nel marzo successivo. Sebbene l’ECU non fosse una vera e propria moneta, masoprattuttoun’unitàdiconto,essadisponevadelpotenzialenecessarioperassumereilruolodipossibilemoneta mondiale alternativa, qualora la crisi di fiducia nel dollaro si fosse ulteriormente aggravata(Parboni,1985,capp.4e5).Laminacciadelcrollodeldollarocomemonetamondiale(oattraversouncollassocatastroficodel

sistema creditizio statunitense e di quello globale o attraverso l’emergere di una valuta di riservaalternativacomel’ECU)eradiperséunaragionesufficienteperchéilgovernostatunitensemostrasseunmaggiorrispettopericanonidellastabilitàdellamonetadiquantononavessefattonegliannisettanta,omeglio, fin da quando F.D. Roosevelt aveva inveito contro i «vecchi feticci dei cosiddetti banchieriinternazionali». Vi erano tuttavia altre convincenti ragioni per cercare un accordo con la comunitàcosmopolitadibanchieriaguidastatunitensechecontrollavailmercatodell’eurovaluta.Laprimafulamassicciatransnazionalizzazionedeiprocessidiproduzioneediscambioverificatasia

partire dagli anni cinquanta. Nel pronosticare per gli anni settanta un periodo di intensificatatransnazionalizzazione del capitale delle grandi imprese, statunitensi e non,StephenHymer eRobertRowthornsieranospintiasostenerechequesta tendenzanonlasciavapresagirenulladibuonoper ilsistemadistati-nazionealcuiinternoilprocessoerastatofinoaquelmomentoincorporato.

Legrandiimpresemultinazionalirendonoinefficaci,acausadellaloroflessibilitàinternazionale,moltideglistrumentidipoliticatradizionali, la facoltàdi imporre tributi,di restringere il credito,dipianificaregli investimentiecc. […]Esisteun fondamentaleconflitto tra la pianificazione nazionale da parte delle unità politiche e la pianificazione internazionale da parte delle grandiimprese;unconflittocheassumeràdimensionimaggioriconlacrescitadegliinvestimentidiretti.[…]Lapropensionedellegrandiimprese multinazionali a stabilirsi in ogni luogo e a creare collegamenti ovunque, sta dando una nuova natura cosmopolitaall’economia;lepoliticheperfarvifrontenonpotrannochepartiredaqui(HymereRowthorn,1970,pp.88-91;corsivoaggiunto).

La crescita esplosiva, a partire dal 1968, del mercato dell’eurovaluta, fu un aspetto integrantedell’emergere di questa struttura cosmopolita dell’economia-mondo capitalistica. Essa fu siaun’espressionecheun fattoredella flessibilitàconcui ilcapitaledellegrandi impreseera ingradodientrare e uscire dalle giurisdizioni politiche per sfruttare, consolidare ed espandere ulteriormente laportata globale delle proprie operazioni.Ma fu anche un’espressione e un fattore dell’inadeguatezzadelle politiche economiche nazionali nel far fronte a un sistema di imprese sempre più

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transnazionalizzato. Sotto questo aspetto, l’inadeguatezza della politica monetaria statunitense fu digranlungapiùimportante.I tentativi del governo americano di mantenere il controllo sul capitale statunitense

transnazionalizzatomediantemezzi legali epolitichemonetarie espansive furononellamiglioredelleipotesi inefficaci, nella peggiore controproducenti.Allo stesso tempo, il perdurante predominio delleimprese statunitensi nei settori finanziario e non finanziario del capitale transnazionalizzato offrì algovernodegliStatiUnitiun’opportunitàunicapertrasformareilmercato«autoregolato»dell’eurovalutainun’«invisibile»maformidabilearmadellasuaricercadelpotere,siaall’internochesuscalaglobale.Qualorafossestatopossibiletrovareimodiperoperaredicomuneaccordo,esenzafraintendimenti,conleforzetransnazionalizzatedelcapitalestatunitense,ilgovernoamericanononavrebbepotutochiederedimeglio.Ilproblema,naturalmente,risiedevanelfattochetrovarequestimodiequestimezzirichiedevamolto

di più che unmero cambiamento delle politichemonetarie. La propensione statunitense a ignorare iprincìpidellastabilitàdellamonetaapartiredaRoosevelteTrumanavevaunintentosociale:dapprimailNewDealinternoepoiquellointernazionale.Lavoraredicomuneaccordoconl’altafinanzaprivataavrebbesignificato,perilgovernoamericano,rinunciarequasideltuttoaciòcheavevasostenuto,perquasimezzosecolo,nonsolonellequestionimonetariemaancheinquellesociali.Una tale rottura con la tradizionenon era unadecisione facile. Se ciò avvenne con tale velocità e

determinazione tra il 1978 e il 1982, non fu semplicemente per l’approssimarsi di una seria crisi difiducia nel dollaro né per la circostanza che un’alleanza con l’alta finanza privata prometteva diaggiungere all’araldica statunitense un nuovo formidabile strumento di potere mondiale. Con ogniprobabilità,laragionepiùconvincentefuchelaricercadelpotereconaltrimezzidapartedelgovernoamericanostavagenerandorendimentirapidamentedecrescenti.Quando,il6ottobre1979,PaulVolckercominciòaadottaremisureenergicheperridurrel’offertadi

dollari e per rilanciare i tassi di interesse nei mercati finanziari mondiali, la sua fu soprattutto unareazioneallacrisidifiducianeldollaro.

Ilcuoredelproblemaeracheperlasecondavoltainunannolegrandiimprese,lebanchecentraliealtriinvestitori[…]avevanocessato di accettare i dollari comevaluta universale. […]PerVolker divenne ovvio che un crollo del dollaro era un’eventualitàestremamenteconcretacheavrebbeforseportatoaunacrisifinanziariaeapressioniversolarimonetizzazionedell’oro,cosachegliStatiUnitiavevanotenacementeosteggiatoperoltreundecennio(Moffitt,1983,p.196).

Maquando,cinquemesipiùtardi,eglifecericorsoamisureancorapiùsevereperarrestarelacrescitadell’offertadidenarostatunitenseemondiale,lasuafusoprattuttounareazionealla«fugadeicapitalispeculativi arabi verso l’oro» nella scia della crisi degli ostaggi iraniana e dell’invasione sovieticadell’Afghanistan. «Dopo Iran e Afghanistan, i prezzi dell’oro decollarono nuovamente. […] Il 21gennaiolaquotazionedell’ororaggiunseilmassimostoricodi875dollari.[…]BusinessWeekaffermòconcertezzacheeranoitimoridegliarabiapropositodell’Afghanistanedell’Iranasostenereilrialzodeiprezzi»(Moffitt,1983,p.178).Come è stato accennato in precedenza, sin dal principio la crisi dell’ordine monetario mondiale

statunitense del dopoguerra si era sviluppata di pari passo con la crisi dell’egemoniamondiale degliStatiUnitinellasferamilitareeinquellaideologica.Ilcrollodelregimedicambifissicoinciseconlesempremaggioridifficoltàdell’esercitostatunitenseinVietnamdall’offensivadelTetagliinizidel1968finoalsuoritirodopogliaccordidipacedel1973.Allostessotempo,ilcrescentetributoinsangueedenaro richiesto per combattere una guerra persa in partenza e senza alcun rapporto diretto con lasicurezza nazionale degli Stati Uniti sfociò in un’importante crisi di legittimità dell’ideologia dellaguerra fredda. Secondo T.G. Gurr (1989, vol. II, p. 109), è difficile dire se gli anni sessanta furonodavvero«i più tumultuosi nella storia americana».Conogni probabilità le cosenon stanno così.Era

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tuttavia dai tempi della guerra civile che il governo degli Stati Uniti non conosceva una crisi dilegittimità così profonda come quella sperimentata durante l’escalation del suo coinvolgimento inVietnamallafinedegliannisessantaeneiprimiannisettanta.Lacrisimilitaree lacrisidi legittimitàdelpoteremondialedegliStatiUniti eranodue faccedella

stessa medaglia. In parte, esse furono l’espressione dello stesso successo del riarmo statunitense edell’ideologiadella guerra freddanel trasformare il caos sistemicodegli anni trenta e quaranta inunnuovoordinemondialebasatosuuncondominiodelpoteremondialetraStatiUnitieUnioneSovietica,uncondominionelqualeilgovernoamericanopresechiaramenteilsopravvento,comedimostròlacrisideimissili cubana.Allametà degli anni sessanta il successo in questa direzione non sarebbe potutoesserepiùcompleto.MalastessamisuradiquestosuccessoresepiùdifficileperilgovernodegliStatiUniti spaventare il popolo americano per indurlo a sborsare denaro, o addirittura a spargere sangue,nella crociata anticomunista; o convincere gli alleati stranieri che il loro interesse nazionale sarebbestatoservitoalmegliodalconsolidamentoedaun’ulterioreespansionedelpoteremondialedegliStatiUniti.Inparte, tuttavia, lacombinazionedellacrisimilitareediquelladi legittimitàdelpoteremondiale

degliStatiUnitifuancheespressionedell’incapacitàdelloroapparatomilitare-industrialedifarfronteai problemi posti dalla decolonizzazione su scala mondiale. L’inquadramento di dozzine di stati direcente indipendenza nelle rigide strutture di potere dell’ordine mondiale della guerra fredda si erarivelatoproblematicosindalprincipio.L’entratainscena,nel1955aBandung,diunmovimentodistatinonallineatinonfecealtrocheriaffermareildirittoall’autodeterminazionecodificatonellaCartadelleNazioni Unite patrocinata dagli Stati Uniti. Eppure il governo degli Stati Uniti percepì lo spirito diBandungcomeunaminacciaall’ordinemondialedellaguerrafreddao,ancorpeggio,comenull’altrocheuna«cortinafumogenacomunista»(Schurmann,1980,p.339;McCormick,1989,pp.118-119).QuestedifficoltànelfarfronteallaformazionediunTerzomondoaumentaronoanzichéridursi,dopo

che il potere sovietico fu ammansito e dopo il raffreddamento delle passioni anticomuniste. Laprincipale ragione fu che la piena sovranità degli stati del Terzo mondo costituiva una latente ecrescentesfidaalpoteremondialedegliStatiUniti,potenzialmenteassaipiùseriadellostessopoteresovietico. Una sfida allo stesso tempo economica e politica. Economicamente, la ricostruzionedell’Europa occidentale e del Giappone a immagine e somiglianza degli Stati Uniti – vale a dire,principalmente, l’allargamento alle loro classi lavoratrici del «grande consumo dimassa» di Rostow(1962)odiquellocheAglietta(1979a)definisce«modellodiconsumofordista»–assiemealperduraredella corsa al riarmo tra Stati Uniti e Unione Sovietica, determinò un’enorme pressione sugliapprovvigionamentimondiali di prodotti primari.Questa combinazione accrebbe inoltre l’importanzastrategicadelTerzomondocomeriservadirisorsenaturalieumaneperilsoddisfacimentodeibisognipresentiefuturidellesuestesseeconomie.L’espansioneeilconsolidamentodelleattivitàdellegrandiimprese transnazionali statunitensi e dell’Europa occidentale nel Terzo mondo crearono legamiorganizzativi estremamente efficaci ed efficienti tra le merci primarie del Terzo mondo e il potered’acquistodelPrimomondo.Macreòancheulterioripotentiinteressi–gliinteressidellestessegrandiimprese–nelconservarelamassimaflessibilitàpresenteefuturanell’usodellerisorsedelTerzomondoavantaggiodeglistatidelPrimomondo.Èciòchedifattoavvennenegliannisettanta.DopochelaguerradelVietnamavevadimostratoche

l’apparato militare più costoso, tecnologicamente avanzato e distruttivo che il mondo avesse maiconosciutoeradeltuttoincapacedipiegarelavolontàdiunodeipopolipiùpoveridellaterra,ilgovernoamericanopersetemporaneamentegranparte,senontuttalasuacredibilitàcomepoliziottodelmondolibero. La conseguenza fu un vuoto di potere che le forze locali, in aperta o tacita collusione conl’Unione Sovietica e i suoi alleati, sfruttarono prontamente in varimodi: per ultimare il processo diliberazione nazionale dagli ultimi residui del colonialismo europeo (come nelle colonie africane del

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Portogallo e inZimbabwe), permuoversi guerra l’uno contro l’altro nel tentativo di riorganizzare lospaziopoliticodelleregionicircostanti(comenell’Africaorientale,nell’AsiameridionaleeinIndocina)eperestrometteredalpoteregovernisatellitidegliStatiUniti(comeinNicaraguae inIran).Igruppidominantidell’UnioneSovietica,cavalcandoquestamareamontantedidisordinicheessinonavevanocreato e chenonerano ingradodi controllare,madallaqualeguadagnavano inprestigio e inpoterecomeantagonistidesignatidell’ordinedellaguerrafredda,perserodivistalaconfigurazionedipoteresottostanteeinviaronoilloroesercitoinAfghanistanafareciòcheilpiùpotenteesercitostatunitensenonerariuscitoafareinVietnam.QuestoimprovvisocapovolgimentodeirapportidipoterenelsistemamondialeafavoredelTerzoe

del Secondomondo – il «Sud» e l’«Est» – era già di per sé un’esperienza assai deprimente per laborghesiadell’occidenteingenerale,edegliStatiUnitiinparticolare.Malofuancordipiùperchésicombinò con un’escalation egualmente improvvisa della concorrenza intercapitalistica che ridusse iprofittirealidelcapitalealivelli«irragionevoli».Questaconcomitanzanonfuaccidentale.Ilprezzodelgreggioavevacominciatoadaumentaregiàprimadello«shock»del1973.Maful’effettivaammissionedellasconfittainVietnamdapartedelgovernoamericano,subitoseguitadallafrantumazionedelmitodell’invincibilità di Israele durante la guerra dello Yom Kippur, che spinse l’OPEC a proteggereefficacementeisuoimembridallasvalutazionedeldollaroeaimporrealPrimomondounaconsistenterenditapetrolifera.Assiemeallaprecedenteesplosionedeisalari,l’esplosionedeiprezzidelpetroliocostrinseleimprese

del Primo mondo a competere ancor più intensamente di quanto già non facessero per gliapprovvigionamenti di lavoro ed energia dalTerzomondo, così comeper il potere d’acquisto che sistavariversandosualcunipaesidelTerzomondonellaformadiprezzirealipiùelevatiperilpetroliogreggio e per altre materie prime. Ben presto il riciclaggio sregolato dei petroldollari in prestitipressochéillimitatiaungrupposceltodipaesidelTerzo(edelSecondo)mondotrasformòquestoflussoinunapiena.Peralcuniannisembròcheilcapitalefossedivenutocosìabbondantedaesserequasiunbene libero. Il controllo sul potere d’acquisto mondiale – il principio e la fine dell’accumulazionecapitalisticadelcapitale–stavascivolandoviadaglistatidelPrimomondo,persostenere,direttamenteoindirettamente,gliobiettividipoteredeglistatidelTerzoedelSecondomondo.Iltentativodelgovernoamericanodifarfronteallasituazioneconfidandonellamanipolazionedegli

equilibridipotereregionali fuforsediaiuto inalcunicasi,masfociò inundisastropropriodovepiùimportante sarebbe stato il suo successo: in Medio Oriente. Massicci investimenti di denaro e diprestigio per fare dell’Iran la principale leva del potere statunitense nella regione andarono in fumoquandoilregimeamicodellosciàfurimpiazzatodalregimeostiledegliayatollah.Questonuovoscaccoal potere mondiale degli Stati Uniti – che non accidentalmente ebbe come conseguenze la crisi difiducia nel dollaro, il secondo shock petrolifero e l’invasione sovietica dell’Afghanistan – convinseinfineilgovernoamericanocheeragiuntoilmomentodiabbandonarelatradizionediscontroconl’altafinanzaprivata,edicercareinvececontutti imezzidisponibili l’aiutodiquest’ultimaperprendereilsopravventonellalottaglobaleperilpotere.L’«alleanza» che ne risultò fruttò rendimenti che andarono al di là delle più rosee aspettative. La

ricentralizzazionedelpotered’acquistoall’internodegliStatiUniticonseguìquasiimmediatamenteciòche la forza militare statunitense, da sola, non poteva ottenere. Gli effetti devastanti delle politichemonetarie restrittive statunitensi, degli alti saggidi interesse reale edelladeregolamentazionemiserorapidamenteinginocchioglistatidelTerzomondo.L’inasprimento delle politiche monetarie americane ridusse drasticamente la domanda di

approvvigionamentiprovenientidalTerzomondo.Fucosìchetrail1980eil1988iprezzirealidelleesportazioni dimerci prodottenelSuddelmondodiminuironodi circa il 40per cento e i prezzi delpetroliodel50percento(UnitedNations,1990).EquandoilLondonInterbankOfferingRate (LIBOR)

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pergli eurodollari salì di colpodamenodell’11per cento allametàdel1977aoltre il 20per centoall’iniziodel1981,ipagamentidegliinteressisuidebitiaumentaronovertiginosamente.Quellideipaesilatinoamericani,peresempio,aumentaronodamenodiunterzodelleloroesportazioninel1977aquasidue terzi nel 1982. La condizione generalizzata di fallimento de facto che seguì completò ilrovesciamentodellefortunedeglistatidelTerzomondosuimercatifinanziarimondiali(Frieden,1987,pp.142-143).Nelriferirediunavisitaaunoperatorefinanziariomessicano,JeffryFrieden(1987,p.143)cidona

unavividaimmaginediquestorovesciamento.«Quando,nelsettembredel1982,glihofattovisita,miha mostrato disperato la sua anticamera vuota. “Sei mesi fa” mi ha detto “qui dentro c’erano tantibanchierichenonsiriuscivaneancheafarsilargo.Oranonrispondononemmenoallemietelefonate”.»Comepermagia,laruotaeragirata.IbanchieridelPrimomondononimploravanopiùglistatidel

Terzo mondo di prendere in prestito i loro capitali sovrabbondanti; adesso erano gli stati del TerzomondoaimplorareigovernieibanchieridelPrimodiaccordareloroilcreditonecessarioperrestareagallainunmercatomondialesemprepiùintegrato,competitivoeincontrazione.ApeggiorarelecoseperilSudearenderleinvecemiglioriperl’Occidente,contribuìilfattocheglistatidelSecondomondosiunironobenprestoaquellidelTerzonellaspietataconcorrenzaperaccaparrarsiilcapitalemobile.Traendovantaggiodallasovrabbondanzadicapitalidegliannisettanta,alcunidiquestistatisierano

rapidamente agganciati ai circuiti globali del capitale assumendo impegni finanziari estremamentegravosi (Zloch-Christy, 1987). Quando si verificò nuovamente una scarsità di capitali, il bloccosovieticonelsuoinsiemesentìimprovvisamentesoffiareilventogelidodellaconcorrenza.ImpantanatenelproprioVietnamesfidatedaunanuovaescalationdellacorsaagliarmamenticongliStatiUniti,lestruttureatrofichedellostatosovieticocominciaronoasgretolarsi.SeperilTerzoeilSecondomondolafestaeradunquefinita,laborghesiadell’Occidentebeneficiòdi

una belle époque che sotto molti aspetti richiamava alla mente i «magnifici tempi» della borghesiaeuropea di ottanta anni prima. La più sorprendente analogia tra le duebelle époques è la pressochétotaleincapacitàdeilorobeneficiaridirendersicontochelaprosperitàimprovvisaesenzaprecedentidicuistavanogodendononsibasavasuunasoluzionedellacrisidiaccumulazionecheavevaprecedutoquestoperiodostraordinario,bensìsuunospostamentodellacrisidauninsiemedirelazioniaunaltro.Lacrisisarebberiemersainformepiùcritiche:erasoloquestioneditempo.

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Epilogo.Puòilcapitalismosopravviverealpropriosuccesso?

Circacinquant’annifaJosephSchumpeteravanzòladuplicetesisecondocui«ilrendimentoattualeepotenzialedelsistemacapitalisticoètaledasmentirel’ipotesidiuncrollosottoilpesodiunfallimentoeconomico»,e tuttavia«[il suostessosuccesso]minaallabasegli istitutisocialiche loproteggonoecrea “inevitabilmente” condizioni in cui esso non potrà più vivere» (Schumpeter, 1984, p. 59). Perquantooggipossasembrarestrano,quandoquestaduplicetesifuesposta,adappariremenoplausibileera la prima piuttosto che la seconda affermazione. Il capitalismo come sistemamondiale si trovavaallora nelmezzo di una delle più gravi crisi della sua storia, e la questionemaggiormente rilevantesembrava riguardare non tanto la sua possibile sopravvivenza, quanto la combinazione di riforme erivoluzionicheneavrebbedeterminatolascomparsa(Arrighi,1990b,p.72).Inognicaso,pochieranodispostiascommetteresull’eventualitàcheilcapitalismodisponessediuna

residua vitalità sufficiente a generare per un altro mezzo secolo circa gli stessi tassi di crescitaeconomicaglobalegeneratinelmezzosecoloprecedenteal1928–ipotesicheSchumpeterconsideravaunanitidapossibilitàstorica.LatesiallabasediquestolavoroèchelastoriapotrebbedimostrarecheSchumpetereranelgiusto,nonunamaduevolte.Lasuaaffermazionecheunaltroperiodofiorenteerasenza dubbio alla portata del capitalismo storico si è naturalmente dimostrata corretta. Ma vi sonobuoneprobabilitàchenelcorsodelprossimocinquantenniocircalastoriadimostrilacorrettezzaanchedell’altraaffermazione,quellasecondocuiciascunperiododisuccessodelcapitalismocreacondizionichenerendonosemprepiùdifficilelasopravvivenza.Il principalebersagliodell’argomentazionediSchumpeter era l’opinione, aquel tempodominante,

secondocui la sostituzionedella«concorrenzaperfetta»dapartedelle«pratichemonopolistiche»delbigbusiness–odel«capitalismoconcorrenziale»dapartediquello«monopolistico»,comeaffermanoimarxisti – implicasse un fondamentale indebolimento della precedente capacità del capitalismo disuperarelesueperiodichecrisiedigenerareneltemponotevoliincrementisiadelredditocomplessivosia di quello pro capite. Contro questa opinione, Schumpeter sosteneva che, storicamente, la«concorrenzaperfetta»noneraquasimaiesistitaeche,inognicaso,essanonpossedevaalcuntitoloperesseredesignatacomeunmodellodiefficienzanelpromuoverelacrescitaeconomicasullungoperiodo.Alcontrario,unsistemadiimpresacompostodagrandiepotentiunitàdicontrolloavevatuttiipresuntivantaggidella«concorrenzaperfetta»,senzaaverneglisvantaggi.Da un lato, la concorrenza che svolgeva un ruolo realmente importante nel favorire la crescita

economicasullungoperiodo–cioèquellacreata«dallanuovamerce,dallanuovatecnica,dallanuovafontediapprovvigionamento,dalnuovotipoorganizzativo»–erastatapiùintensainpresenzachenonin assenza di grandi unità imprenditoriali. Dall’altro lato, le pratiche restrittive alle quali la grandeimpresapuòfarricorso,comedifattofececonmaggiordisinvolturaefrequenzadellepiccoleimprese,hanno il carattere di strumenti necessari ad assicurare uno «spazio […] a una pianificazione a lungorespiro» e a proteggere le imprese «dalla temporanea disorganizzazione del mercato». Quindi, «le“restrizioni”[…][possono]averepereffettoun’espansionedellaproduzionecomplessivanonsolopiùregolare,mapiùforte,diquellachesiotterrebbeconunrush incontrollatoe fatalmente interrottodacatastrofi»(Schumpeter,1984,pp.79-81e94-98).

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In altri termini, secondo Schumpeter le pratiche «concorrenziali» e quelle «restrittive» noncostituivanocaratteristichemutuamenteesclusivedioppostestrutturedimercato,bensìaspettioppostidello stesso processo di distruzione creatrice, che nel suo schema costituiva l’aspetto essenziale delcapitalismo.

Affermarlononèpiùparadossalechedire:leautomobilivannopiùvelocidiquantoaltrimentiavverrebbe,perchésonodotatedifreni. […] [Gruppi industriali] che lancino sul mercato nuovi beni, o introducano nuovi procedimenti tecnici […] o cheriorganizzinoparzialmenteointotounramodell’industria[…]sonoaggressivipernaturaeimpugnanolearmiveramenteefficacidellaconcorrenza.La lorocomparsa in scenanonmancamai, salvo incasi rarissimi,dimigliorare laqualitào laquantitàdellaproduzione totale, siagrazieallanuova tecnica insépresa–anchesenonsfruttataavantaggiopieno–siagrazieallapressioneesercitatasulledittepreesistenti.Malasituazionediquestiaggressoriètaledarichiedere,aifinidell’attaccoedelladifesa,armichenonpossono ridursi al soloprezzoo alla solaqualità dei prodotti, e che, perdi più, esigonoun impiego strategico, per cui puòsembrare,inqualunquemomento,chesilimitinoarestringerelaproduzioneeatenerealtiiprezzi(Schumpeter,1984,pp.84-85).

Nel sottolineare il potenziale di crescita inerente al capitalismo del big business Schumpeter nonintendeva affermare che questo potenziale si sarebbe inevitabilmente realizzato. «Può darsi che ildecennio1930-40»egliscrisse«sidimostril’ultimorespiroconcessoalcapitalismo.»Asuoavviso,laSecondaguerramondiale,nelcorsodellaqualeegliscriveva,aumentòenormementeleprobabilitàchequesta eventualità simaterializzasseconcretamente inuna transizioneal socialismo;o che l’umanità,comeegli affermò,primadi «soffoc[are] (o respirare]) nellaprigione (onel paradiso)del socialismo[…] bruci negli orrori (o nelle glorie) delle guerre imperialistiche». Tutto quello che Schumpeterdesiderava affermare era che «non esistono ragioni puramente economiche che impediscano alcapitalismodipercorrereconsuccessounaltrotrattodistrada»(Schumpeter,1984,pp.157-158).Chesi siaomenod’accordocon idettagli,oanchecon il sensoprincipaledell’argomentazionedi

Schumpeter, è innegabile che il capitalismo delbigbusiness,malgrado le sue pratiche restrittive, hapercorsoconsuccessonell’ultimocinquantenniountrattodistradanoninferioreaquellopercorsodaogni altro genere di capitalismo precedentemente esistito. Contrariamente alle aspettative diSchumpeter, tuttavia, il capitalismodelbigbusiness ha avuto la possibilità di dimostrare tutto il suopotenzialedicrescitaproprioacausadegliorroriedellegloriedellaSecondaguerramondiale. Ilbigbusiness colse l’occasione, ma questa stessa occasione fu creata dal big government (statunitense),divenutograndegrazieeacausadellaguerra,edivenutoancorpiùgrandeinrispostaallesfidepostedallarivoluzionecomunistainEurasia.Scrivendonellostessoperiodo,KarlPolanyisiconcentròpiùsulgovernochesull’impresa,eavanzò

unatesicheintegraperfettamentequelladiSchumpeter.SeilbersagliodiSchumpetereralapresuntasuperiorità di una mitica epoca del capitalismo concorrenziale, il bersaglio di Polanyi era l’ideaottocentescadiunmercatoautoregolato.Questaidea,egliaffermava,implicavauna«grossautopia».

Un’istituzionedelgenerenonpotevaesistereperunqualunqueperiododitemposenzaannullarelasostanzaumanaenaturaledellasocietà;essaavrebbedistruttol’uomofisicamenteeavrebbetrasformatoilsuoambienteinundeserto.Erainevitabilechelasocietàprendesse delle misure per difendersi, ma qualunque misura avesse preso, essa ostacolava l’autoregolazione del mercato,disorganizzavalavitaindustrialeemettevacosìinpericololasocietàinunaltromodo.Fuquestodilemmaaspingerelosviluppodelsistemadimercatoinunsolcoprecisoeinfineafarcrollarel’organizzazionesocialechesibasavasudiesso(Polanyi,1974,p.6).

Commentandolecatastrofisocialicheaccompagnaronoladefinitivaliquidazione,nelcorsodegliannitrenta,dell’ordinemondialeottocentesco,Polanyi(1974,p.28)sispinseoltre,affermandoche

[l]’unicaalternativaaquestodisastrosostatodicoseeral’istituzionediunordineinternazionaledotatodiunpotereorganizzatochetrascendesselasovranitànazionale.Uncorsodelgeneretuttaviaeracompletamentealdilàdegliorizzontideltempo.Nessunpaesed’Europa,pernonparlaredegliStatiUniti,sisarebbesottopostoauntalesistema.

QuandoPolanyiscriveva,l’amministrazioneRooseveltgiàsponsorizzavalaformazionedegliorganismi

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interstatalicheprefiguravanountaleordine.Acontifatti,négliorganismidiBrettonWoods,néquellidelleNazioniUnite, istituiti allametà degli anni quaranta, furono effettivamente dotati del potere diesercitarelefunzionidigovernodelmondoacuieranodestinatinellavisionerooseveltianadell’ordinemondialedeldopoguerra.Nondimeno,l’eccezionalepoteremondialedegliStatiUnitialterminedellaSeconda guerra mondiale permise allo stesso governo americano di esercitare efficacemente quellefunzionipercircaventianni.Durante tutto questo periodo l’idea di unmercato autoregolato venne respinta, sia in teoria sia in

pratica, dal governo degli Stati Uniti, le cui strategie di potere si basavano invece su premesseradicalmentedifferenti.Laprimaeracheimercatimondialipotevanoesserericostituitieampliatisolomediante la loro amministrazione consapevole da parte dei governi e delle grandi organizzazioniimprenditoriali. Un’altra, che la ricostituzione e l’espansione dei mercati mondiali, così come lasicurezza e la prosperità nazionali degli Stati Uniti, richiedevano una massiccia redistribuzione diliquiditàdall’economiainternaamericanaalrestodelmondo.QuestaredistribuzionefuoriginariamenteimmaginatadaRooseveltcomeun’estensionealmondointerodelsuoNewDeal.Quest’ideasirivelòinanticiposulsuotempo.Nondimeno,laredistribuzionesiconcretizzòdurantel’amministrazioneTrumane quelle successive mediante l’invenzione e l’abile gestione della guerra fredda, come strumentoestremamenteefficaceperottenereilconsensodelCongressoamericanoall’eserciziodellefunzionidigovernodelmondo,sianellasferamonetariacheinquellamilitare.La prodigiosa espansione del commercio e della produzione sperimentata dall’economia-mondo

capitalistica nel suo insiemedal 1950 circa al 1970 circa, e durante la quale l’ordinemondiale dellaguerrafreddadiTrumanrimasesaldamentestabile,fornisceunasolidaprovaasostegnodell’opinionedi Schumpeter sulla superiorità del potenziale di crescita del capitalismo della grande impresa. MafornisceancheunasolidatestimonianzacontrofattualeasostegnodellatesidiPolanyisecondolaqualeimercati mondiali possono fruttare rendimenti positivi, e non disastrosamente negativi, solo se sonogovernati, e l’esistenzastessadimercatimondialiperunperiododi tempoqualsiasi richiedequalcheformadi governomondiale.Alla luce di queste testimonianze, l’improvvisa rinascita nel corso deglianni ottanta della fede ottocentesca in unmercato autoregolato, e la contemporanea riscoperta dellevirtù della piccola impresa da parte dei teorici della «specializzazione flessibile» e della«informalizzazione», possono apparire sorprendenti. Questa tendenza, tuttavia, non è così bizzarra oanacronisticacomepuòapparireaprimavista.Ineffetti,essasiadattabenealmodelloaffermatosidatempo,eosservatoperlaprimavoltadaHenriPirenne,dell’alternanzadifasidi«libertàeconomica»edi«regolamentazioneeconomica»(vedicap.4).Èsenz’altropossibileche la rinascita, caratteristicadegli anniottanta,dicredenzegià superatenel

liberomercatoenell’individualismopreannunciun’ulteriorelungaoscillazionedelpendolodiPirenneversola«libertàeconomica».Lostessosuccessodeimercatiamministratinelpromuoverel’espansioneeconomica degli anni cinquanta e sessanta ha disorganizzato le condizioni della «regolamentazioneeconomica», e allo stesso tempoha creato le condizioniper la riproduzione allargatadel capitalismo«informale»caratteristicodelXVIedelXIXsecolo.Comeintutteleprecedentioscillazioni,unaspintaorganizzativainunadirezionenehageneratounanelladirezioneopposta.Come ha sostenuto Larissa Lomnitz riferendosi alle economie nazionali, «quanto più un sistema

sociale è burocraticamente formalizzato, regolato e pianificato, eppure incapace di soddisfarepienamente le esigenze sociali, tanto più esso tende a crearemeccanismi informali che sfuggono alcontrollo del sistema». Questi meccanismi informali «crescono negli interstizi del sistema formale,prosperanosullesueinefficienze,etendonoaperpetuarlecompensandoneilimitiegenerandofazioniegruppi di interesse all’interno del sistema». Le economie formali creano la propria informalitàsoprattuttoperché, comeaffermaRichardAdams (1975,p.60),«quantopiùorganizziamo la società,tantopiùessadivieneresistenteallanostracapacitàdiorganizzarla»(Lomnitz,1988,pp.43e54).

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Quello che è vero per le economie nazionali è vero a fortiori per le economie-mondo che, perdefinizione, comprendono una molteplicità di giurisdizioni politiche e sono perciò più difficili daorganizzare, regolare e pianificare burocraticamente. Eppure, i tentativi in questa direzione hannosvolto, nella formazione e nell’espansione dell’economia-mondo capitalistica, un ruolo altrettantodecisivodellatendenzaoppostaversol’«informalizzazione».Ilsuccessodellosviluppodelcapitalismoorganizzato e regolato di Venezia generò, come controtendenza, la formazione di una diasporacapitalistica genovese, organizzata e regolata informalmente. La piena espansione del capitalismogenovese,asuavolta,generòinOlandalarinascitadelcapitalismoorganizzatoeregolatoformalmentemediante l’istituzione di potenti compagnie privilegiate. E quando l’espansione di queste compagnieraggiunseiproprilimiti,ilcapitalismoinformaletrionfòancoraunavoltaconl’imperialismodelliberoscambiobritannico,soloperesseresostituitoasuavoltadalcapitalismoformaledelbiggovernmentedelbigbusinessstatunitensi.Ciascuna oscillazione del pendolo ha avuto origine dalle disfunzioni della spinta organizzativa –

formale o informale – dominante all’inizio dell’oscillazione. La spinta «regolativa» del regimestatunitense si sviluppò in risposta alle disfunzioni della spinta «deregolativa» del regimebritannico.Allo stesso modo, l’odierna spinta «deregolativa» può essere senz’altro il segno di una nuovaoscillazione dell’economia-mondo capitalistica verso la «libertà economica», come era statoimplicitamenteprevistodaPirenneottant’annifa.Èanchepossibile,tuttavia,chequestanuovaoscillazioneversola«libertàeconomica»siadistruttain

germedalletendenzecompensatoriechelesuestessedimensioni,intensitàevelocitàstannogenerando.Come la nostra indagine ha mostrato, ciascuna oscillazione del pendolo di Pirenne non riporta lestruttureorganizzativedell’economia-mondocapitalisticaalpuntoincuiessesitrovavanoprimadellaprecedenteoscillazione.Ognivolta,lestruttureemersedaunaoscillazionesonostatepiùgrandiepiùcomplesse di quelle generate dalle precedenti. Ciascuna oscillazione combinava caratteristiche dellestrutturecheavevasostituitoconquelledelle strutturecheaveva fatto rivivere. Inoltre, lavelocitàdiciascuna oscillazione, misurata dal periodo di tempo necessario perché ciascun regime si formasse,divenissedominanteeraggiungesseisuoilimiti,ècostantementeaumentataassiemealledimensionieallaportatadegliagentidominantideiprocessisistemicidiaccumulazionedelcapitale.Nella sezione conclusiva del terzo capitolo abbiamo fatto risalire questo modello alla tendenza

dell’accumulazionecapitalisticadelcapitaleasuperareipropriimmanentilimitiorganizzativicondeimezzi, come scrisse Marx, «che la pongono di fronte agli stessi limiti su scala nuova e più alta».Storicamente, le crisi di sovraccumulazione che hanno segnato la transizione da una strutturaorganizzativa a un’altra hanno creato anche le condizioni per l’emergere di agenti governativi eimprenditoriali sempre più potenti, in grado di risolvere le crisi mediante una ricostituzionedell’economia-mondo capitalistica su basi più ampie e globali. Come abbiamo anticipatonell’Introduzione, tuttavia, questo processo è di necessità limitato nel tempo. Prima o poi essoraggiungerà una fase nella quale la crisi di sovraccumulazione non potrà generare un agentesufficientemente potente da ricostituire il sistema su basi più ampie e globali. O, in caso contrario,l’agentegeneratodallacrisipotrebbeesseretantopotentedaporrefineallaconcorrenzatraglistatiperilcapitalemobilecheapartiredalXVsecolo,secondoWeber,«determinòlemassimeopportunitàperilmodernocapitalismooccidentale».Alcuni indizirendonoplausibile l’ipotesichel’ingressoinquestafasesiagiàavvenuto.Perquanto

parzialesiastatainrealtàl’attualerinascitadiunmercatomondialeautoregolato,essahagiàoriginatoverdetti insopportabili.Comunità,paesi,opersinocontinenti,comenelcasodell’Africasubsahariana,sono stati dichiarati «ridondanti», superflui rispetto alla mutevole economia dell’accumulazione dicapitalesuscalamondiale.Combinandosiconilcrollodellapotenzamondialeedell’imperoterritorialedell’UnioneSovietica,losganciamentodiquestecomunitàediquestiluoghi«ridondanti»dalsistema

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dioffertamondialehageneratoinnumerevolieperlopiùviolentecontesesu«chièpiùsuperfluodichi»,o,più semplicemente, sull’appropriazionedi risorsechequestosganciamentoha reso insufficienti. Interminigenerali,questelottesonostatediagnosticateetrattatenoncomeespressionidell’autoprotezionedella società contro le distruzioni deimodi di vita abituali sotto l’impatto dell’intensificazione dellaconcorrenza sul mercato mondiale, che è poi ciò che in buona parte sono, ma piuttosto comeespressionediodiataviciodilottedipoteretra«despoti»locali,cheinrealtàhannosvoltotutt’alpiùsolounruolosecondario.Visonobuoneprobabilitàche,finquandoprevarràquestotipodidiagnosieditrattamento,laviolenzanelsistemamondialenelsuoinsiemesfuggiràalcontrolloancorpiùdiquantononavvengagià,generandointalmodoproblemidilegalitàediordineirrisolvibiliperl’accumulazionedicapitalesuscalamondiale,inquellocheSamirAmin(1992)hachiamatoImperodelcaos.L’incontenibilità della violenza nel mondo contemporaneo è strettamente associata al declino del

modernosistemadistatiterritorialicomesedeprincipaledelpoteremondiale.Comeabbiamosostenutonelprimocapitolo,laconcessioneaipopolidell’Asiaedell’Africadeldirittoall’autodeterminazioneèstata accompagnata dall’imposizione di restrizioni senza precedenti sui reali diritti di sovranità deglistati-nazione e dalla formazione di aspettative egualmente senza precedenti riguardo agli obblighiinterniedesteriannessiaquestasovranità.Assiemeall’internalizzazionedeiprocessidiproduzioneediscambiosuscalamondialeneidominiorganizzatividellegrandiimpresetransnazionalieallarinascitadimercati finanziarimondiali sovrastatali, queste restrizioni e queste aspettative senza precedenti sisonotradotteinfortipressioniperiltrasferimento,versol’altooversoilbasso,dell’autoritàdeglistati-nazione.Negliannirecenti,lapressionepiùsignificativaaltrasferimentodiquest’autoritàversol’altoèstata

la tendenza a opporsi al crescente caos sistemico con un processo di formazione di un governomondiale. Inmododel tutto imprevisto,esotto lapressionedeglieventi,gliorganismisovrastatali inletargo, istituiti dall’amministrazioneRoosevelt negli anni conclusivi dellaSecondaguerramondiale,sono stati precipitosamente richiamati in vita per assolvere alle più urgenti funzioni di governo delmondo,chegliStatiUnitinonpotevanonédisattenderenéadempieredasoli.GiàdurantelasecondaamministrazioneReagan,econtroisuoiintentioriginari,ilFMIfuautorizzatoaoperarecomeministerodel Tesoro mondiale. Durante l’amministrazione Bush questo ruolo fu rafforzato e, cosa ancor piùrilevante, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite fu autorizzato a operare come ministero dipoliziamondiale.Esottoentrambeleamministrazioni,leregolaririunionidelGruppodeiSettereseroquestoorganismosemprepiùsimileauncomitatod’affaridellaborghesiamondiale.Man mano che queste organizzazioni sovrastatali di governo del mondo venivano rivitalizzate,

l’amministrazione Bush parlò sempre più insistentemente dell’esigenza di creare un nuovo ordinemondialeinsostituzionediquellodefuntodeldopoguerra.Creareunordinemondiale, tuttavia,nonècosìfacilecomedistruggerlo.Acontifatti,lafiduciainapparenzairremovibileneimercatiautoregolatidapartedell’amministrazioneBush,elasuaconseguentenoncuranzaperiproblemieconomiciinterniadispettodiunapersistenterecessione,portaronoallasuasconfittanelleelezionipresidenzialidel1992.MaiproblemicheavevanospintoBushacercareformeinterstatalidigovernomondialepermasero.Evi sono buone probabilità che essi continueranno a spingere gli USA nella stessa direzione,indipendentementedall’orientamentopoliticodell’attualeamministrazioneediquellefuture.Sequestaspintaraggiungeràipropriobiettivi,èquestionedeltuttodiversa.Ladiffusioneeseverità

dell’attualecrisidisovraccumulazione,e l’elevatavelocitàallaqualesistasvolgendo,possonosenzadubbio generare una situazione nella quale il compito di creare strutture minimamente efficaci digovernomondialeeccedalelimitatecapacitàdegliStatiUnitiedeiloroalleati.Questoesitoètantopiùprobabileinconsiderazionedelfattochelacrisièstataaccompagnatadaunfondamentalemutamentospazialenell’epicentrodeiprocessisistemicidiaccumulazionedelcapitale.Mutamentidiquestogeneresisonoavutiinoccasionedituttelecrisieleespansionifinanziariechehannosegnatolatransizioneda

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un ciclo sistemico di accumulazione a un altro. Come suggerì Pirenne, ogni transizione a un nuovostadio dello sviluppo capitalistico ha comportato un cambiamento nella leadership dei processi diaccumulazionedelcapitalesuscalamondiale.E,comehasuggeritoBraudel,ognicambiodellaguardiaaiverticidell’economia-mondocapitalisticaèstatoilriflessodella«vittoria»diuna«nuova»regionesuuna «vecchia». Se stiamo per assistere a un cambio della guardia ai vertici dell’economia-mondocapitalisticaeall’iniziodiunnuovostadiodellosviluppodelcapitalismononèancorachiaro.Ma lasostituzioneodiuna«vecchia»regione(l’AmericadelNord)conuna«nuova»(l’Asiaorientale)comecentromaggiormentedinamicodeiprocessidiaccumulazionedelcapitalesuscalamondialeègiàunarealtà.In prima approssimazione, l’ampiezza del grande balzo in avanti compiuto dall’Asia orientale nei

processidiaccumulazionedelcapitalepuòesserestimatadagliandamentiraffiguratinellafigura20.Lafiguramostraquelliche,apartiredallaSecondaguerramondiale,sonostatigliesempipiùnotevolidirimontadellosvantaggiorispettoal livellodi redditoprocapitedel«centroorganico»dell’economia-mondocapitalistica.Comeèstatodefinitoaltrove,ilcentroorganicoècompostodatuttiglistatichenelcorso dell’ultimomezzo secolo hanno costantemente occupato le posizioni di vertice della gerarchiaglobale del valore aggiunto e, in virtù di quella posizione, hanno fissato (individualmente ecollettivamente)ilivellidiricchezzachetuttiilorogovernihannocercatodiconservareechetuttiglialtri governi hanno cercato di conseguire. Imembri del centro organico durante il ciclo statunitensesonostati l’AmericadelNord, l’Europaoccidentalee l’Australia(Arrighi,1991a;Arrighi,1991b,pp.41-42).La rimonta del Giappone è senza dubbio la più sostenuta e spettacolare. Certo, la traiettoria

giapponeseneglianniquarantaecinquantaèstraordinariamentesimileaquellatedescaeitaliana;tutte,infatti, recuperarono più o meno negli anni cinquanta ciò che avevano perso negli anni quaranta.Nondimeno,apartiredagliannisessanta,l’economiagiapponesecresceassaipiùvelocementediquelladeisuoiexalleatidell’Asse.Nel1970ilPNLprocapitegiapponeseavevasuperatoquelloitaliano;nel1985avevasuperatoquellotedesco;edopopocoquellodelcentroorganiconelsuoinsieme.

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La figura 20mostra anche che il «miracolo economico» regionale dell’Asiameridionale ha avutoinizio solo negli anni settanta, e dunque solo dopo la crisi spia del regime di accumulazionestatunitense.Negli anni sessanta laCoreadelSud era ancoraun«casodisperato» tra i paesi a bassoreddito,comesidicevaabitualmentenellaprimametàdegliannisessantaallaAgencyforInternationalDevelopment (Cumings,1993,p.24).Eperquantonellasecondametàdegliannisessanta ilPNLprocapite sudcoreano aumentasse rapidamente, non recuperò le perdite (rispetto al centro organico) deicinqueanniprecedenti.Leduecittà-statodiHongKongediSingaporeselapassavanomeglio,manonmegliodeglistatiamedioredditoedidimensionimoltomaggiorinonappartenentiall’Asiaorientale,comelaSpagna.Tralefuture«quattrotigri»lamiglioreperformancenelcorsodegliannisessantafuquelladiTaiwan, che tuttavia rimasebenaldi sottodel livello superioredella fasciaabasso redditodell’economia-mondo. Tutto sommato, negli anni sessanta solo la performance del Giappone fueccezionale se misurata in base agli standard mondiali. Come nel modello delle «oche volanti» diKaname Akamatsu (Kojima, 1977, pp. 150-151), il decollo del grande balzo in avanti giapponeseprecedetteeguidòildecolloregionale.Èsolonegliannisettanta,esoprattuttoneglianniottanta,conlacrisi delle politiche di sviluppo in tutte le altre zone del mondo, che la «straordinarietà» dell’Asiaorientalecominciòaemergereintuttalasuachiarezza(Arrighi,1991b;Arrighi,IkedaeIrwan,1993).ComehasottolineatoBruceCumings(1987,p.46),imiracolieconomicidiGiappone,CoreadelSud

e Taiwan possono essere compresi solo prestando la dovuta attenzione alla «fondamentale unità eintegrità dello sforzo dell’intera regione nel corso di questo secolo».Concentrandosi sull’espansione

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industriale, Cumings osserva che la «lunga oscillazione» della crescita industriale giapponesesuccessivaal1955ebbesolomarginalmentepiùsuccessodellaprecedente«lungaoscillazione»degliannitrenta,cheperprimapromosselamassicciaindustrializzazionedellecoloniedelGiappone.

Il Giappone è tra le pochissime potenze imperiali ad avere installato moderne industrie pesanti nelle proprie colonie: acciaio,prodottichimici, impianti idroelettrici inCoreaeManciuria,e, inquest’ultima,peruncertoperiodolaproduzionediautomobili.[…]Nel1941l’occupazionenell’industriaaTaiwan,includendoquellamineraria,eradi181000unità.Durantegliannitrenta,laproduzioneaumentòconunsaggiomedioannuodicircal’8percento.InCorealosviluppoindustrialefuassaimaggiore.[…]Nel1940,213000coreanieranoimpiegatinell’industria,senzaconsiderareiminatori,esenzacontarelecentinaiadimigliaiadicoreaniemigratichelavoravanonellefabbricheonelleminieredelGiapponeeinManciuria.Ilvalorenettodellaproduzioneminerariaeindustrialeaumentòdel266percentotrail1929eil1941.Nel1945laCoreapossedevaun’infrastrutturaindustrialeche,perquantonettamenteorientataafavoredegliinteressidellametropoli,era,nelTerzomondo,tralepiùsviluppate(Cumings,1987,pp.55-56).

Come abbiamo argomentato in tutto questo lavoro, i tassi dell’espansione industriale, o anche dellaproduzione in senso stretto, sono indicatori estremamente inattendibili del successo o del fallimentodegli stati nella lotta per il conseguimento di un vantaggio concorrenziale in un’economia-mondocapitalistica.Dall’InghilterradiEdoardo III allaGermaniadiBismarck,oancheallaRussiadiStalin,l’espansioneindustrialeinquantotale,nonimportaquantorapida,nonèstatamaidigrandeaiutoperascenderelagerarchiadelvaloreaggiuntodell’economia-mondocapitalistica.Storicamente,inassenzadialtriepiùessenziali ingredienti, l’industrializzazionerapidanonsiètradottainunacorrispondenteriduzionedeidivariesistentiinterminidivaloreaggiunto.Anzi,piùdiunavolta,essasiètradottaincompletidisastrinazionali.Così fu, come abbiamo visto, nel caso della spettacolare espansione industriale della Germania

imperiale alla fine del XIX e agli inizi del XX secolo; e così fu, possiamo aggiungere ora, nel casodell’espansioneindustrialemenospettacolare,manondimenopiuttostosignificativa,delGiapponeedelsuoretroterracolonialenegliannitrentadelXXsecolo.Malgradolasuaindustrializzazione,alloscoppiodellaSecondaguerramondialeilGiapponerimanevaunpaeseamedioreddito,conunPNLprocapitepariacircaunquintodiquellodelcentroorganico–inunaposizioneeconomicanonpoicosìdifferentedaquellagiàconseguitaprimadello sforzodi industrializzazionedegli anni trenta.Agiudicaredagliscarsidatianostradisposizione, leprestazionidiCoreaeTaiwannonfuronoaffattomigliori,e forsefuronoaddiritturapeggiori.L’industrializzazionerapidaeilmaggioresfruttamentolasciaronoentrambelecoloniearenatenellostratoabassoreddito,conunPNLprocapitebenaldisottodel10percentodiquellodelcentroorganico(valutazionibasatesuidatiforniti in:Zimmermann,1962;Bairoch,1976b;Maddison,1983).L’industrializzazione rapida, naturalmente, trasformò il Giappone in una potenza militare più che

rispettabile, il che costituiva in fondo il vero obiettivo della spinta verso l’industrializzazione. Maancora una volta, come nel caso prima della Germania imperiale e poi di quella nazista, tutti imiglioramentimarginali in terminidipoteremilitareepoliticomondialechederivaronoalGiapponedallasuarapidaindustrializzazionesitrasformaronoinun’immensaperditanonappenacominciaronoainterferirecongliobiettividipoteredellapotenzaegemone indeclino (laGranBretagna)ediquellaemergente(gliStatiUniti).ComemetteinevidenzalostessoCumings(1987,p.82),nelperiodotraledueguerre«losforzocompiuto[dalGiappone]perconseguirelostatusdipotenzamondialesomigliò,piùchealvolodelleoche,aquellodiunafalenaversolafiamma».Arenderel’espansioneeconomicadell’Asiaorientalenelcorsodegliultimi20-30anniunautentico

successocapitalistico,inantitesialcatastroficofallimentodell’espansionechesiebbeprimaedurantelaguerra,nonèl’industrializzazionerapidainquantotale.Unrestringimentodeldivarionelgradodiindustrializzazionetraipaesiadaltoreddito(ilnostro«centroorganico»),daunlato,eipaesiabassoemedioreddito,dall’altro,èstato,apartiredagliannisessanta,unacaratteristicadell’economia-mondocapitalisticanelsuoinsieme.Ma,comemostralafigura21,questorestringimentodeldivariointermini

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diindustrializzazione–elasuaeliminazioneperquantoriguardailgruppodipaesiamedioreddito–non è stato associato a un restringimento del divario in termini di reddito. Al contrario, la corsaall’industrializzazioneterminòneiprimianniottantaconunnettoincrementodeldivariodeiredditi,inparticolareperilgruppodipaesiamedioreddito.Setuttaviaparliamodimiracoloeconomicoodigrandebalzoinavantidell’Asiaorientale,èproprio

inconsiderazionedellamisuraincuialcunedellegiurisdizionipolitichedellaregionesonosfuggiteaquesta trappola. In questi pochi casi la rapida espansione industriale è stata accompagnata da unamobilitàascendentenellagerarchiadelvaloreaggiuntoeinquelladeicapitalieccedentidell’economia-mondocapitalistica.Daentrambiquestipuntidivista,l’exploitgiapponesesuperadigranlungatuttiglialtri, sia interni che esterni all’Asiaorientale.Lavelocità e l’ampiezzadell’acquisizionedapartedelGiappone di una maggiore quota del reddito e della liquidità mondiali non hanno confrontinell’economia-mondocapitalistica,epongonolaclassecapitalisticagiapponeseinunacategoriaaparte,comeveraerededelleclassicapitalistichegenovese,olandese,ingleseestatunitenseall’epocadeilororispettivigrandibalziinavanticomenuovileaderdeiprocessisistemicidiaccumulazionedelcapitale.Comevedremo,nonèaffattochiarosel’emergenteleadershipgiapponesepossarealmentetradursiin

un quinto ciclo sistemico di accumulazione. Ma che ciò avvenga o meno, la misura dell’avanzatagiapponeseneiprocessisistemicidiaccumulazioneapartiredallacrisispiadelregimestatunitenseèdigranlungamaggiorediquantoimplichinoletraiettorietracciatenellafigura20.Tantopercominciare,letraiettoriemostranoidatiprocapite.MailGiappone,inmedia,hacircaildoppiodegliabitantidellaexGermaniaoccidentale(acuisiriferisceiltrendtedesco)odell’Italia,3-4voltequellidellaSpagnaodella Corea del Sud, e circa 10 volte quelli di Taiwan o di Singapore eHongKong prese assieme.Rispetto agli altri stati che hanno sperimentato una mobilità verso l’alto, l’incremento nella quotagiapponesedelvaloreaggiuntomondialeèstatapiùmassicciadiquantononindichilagiàvertiginosaascesadelsuoredditoprocapiterelativo.

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Quel che è più importante, questo spettacolare avanzamento di una massa demografica diconsiderevolidimensioninellastrutturastratificatadell’economia-mondocapitalisticafuaccompagnatodaprogressiegualmentespettacolarinelmondodell’altafinanza.Bastidirechegiànel1970,secondolestimediFortune,11delle50maggioribanchedelmondoeranogiapponesi.Nel1980illoronumeroerasalitoa14,enel1990a22.Persinopiùspettacolareèstatol’incrementodellaquotagiapponesedelleattivitàpatrimonialicomplessivediquestestesse50maggioribanche:dal18percentonel1970al27percentonel1980,al48percentonel1990(Ikeda,1993; tavv.12e13).Inoltre,allafinedeglianniottantalequattromaggiorisocietàgiapponesidinegoziazionedititolisieranotrasformateneimaggiorisottoscrittoridieuro-obbligazioni,mentre,quantoadimensioni,mercatidelleobbligazioni, ilmercatovalutario e mercati azionari di Tokyo tenevano ormai testa ai loro corrispondenti di New York(Helleiner,1992,pp.426-427).Sebbenemenosensazionaledell’exploitgiapponese,l’ascesadellaCoreadelSud,diTaiwanedelle

città-statodiSingaporeeHongKongèdipersestessaabbastanzaimpressionanteinbaseaglistandard

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dell’economia-mondo contemporanea. Corea del Sud e Taiwan sono gli unici due stati che, sotto ilregimedi accumulazione statunitense, siano riusciti a spostarsi dal gruppodi stati a basso reddito algruppodistatiamedioreddito.ESingaporeeHongKongsono,assiemeallaSpagna,gliuniciaessersispostati inmodo stabile dalla zona inferiore a quella superiore del gruppo di paesi amedio reddito(Arrighi,IkedaeIrwan,1993;efig.20inquestolibro).Nonsiètrattato,èbeneribadirlo,diunaquestionedi«industrializzazione»inquantotale.Neglianni

ottanta altri stati nella regione hanno registrato una rapida industrializzazione, ma nessuna mobilitàverso l’alto nella gerarchia del valore aggiunto dell’economia-mondo capitalistica. I tassi di crescitadella produzione industriale nel Sudest asiatico sono stati tra i più alti delmondo – con un tasso dicrescitamedioannuotrail1980eil1988del6,8percentoinTailandia,del7,3percentoinMalaysiaedel13,1percentoinIndonesia,aconfrontodiuntassodicrescitamedioannuodel3,8percentopertutti i paesi presi in considerazione allaBancamondiale, e del 3,2 per cento per tutti i paesi ad altoreddito(WorldBank,1990,pp.180-181).Eppure,idatidellaBancamondialemostranochenellostessoperiodotuttietreipaesihannopersoterrenorispettoalcentroorganico(pernonparlaredelGiapponeedelle «Quattro tigri») per quanto riguarda i redditi pro capite – il rapporto tra il loro PNL pro capiterispetto alPNL pro capite del centro organicomostra unadiminuzione del 7 per cento nel caso dellaTailandia,del23percentonelcasodellaMalaysia,edel34percentonelcasodell’Indonesia(Arrighi,IkedaeIrwan,1993,p.65etav.3.1).Inoltre,anchenelcasodelle«Quattroyigri»,quellochepiùcolpiscedellaloroespansioneeconomica

apartiredal1970èlamisuraincuiessesonoriusciteadiventaretraipartecipantiattivieiprincipalibeneficiari dell’espansione finanziaria. A partire dalla fine degli anni sessanta, Singapore è statadirettamentecoinvoltanellacreazionedelmercatodell’Asia-dollaroenelcostituireunabaseoffshorealleoperazionidellaretebancariadelleeurovalute.HongKongsièadeguatapocodopo,enel1982èdiventata,dopoLondraeNewYork, il terzocentrofinanziariodelmondointerminidibancheestererappresentate (Thrift, 1986; Haggard e Cheng, 1987, pp. 121-122). Taiwan, dal canto suo, si è«specializzata» nell’accumulazione di riservemonetarie estere.Nelmarzo del 1992 deteneva riserveufficialiper82,5miliardididollari,guidandolagraduatoriainternazionalediunbuonmarginerispettoalGiappone,alsecondopostocon70,9miliardididollari(TheWashingtonPost,29giugno1992,A1).LaCoreadelSud– l’unicadellequattroa indebitarsineglianni settanta–hacontinuatoagoderedicrediti abbondanti negli anni ottanta (Haggard e Cheng, 1987, p. 94) e ha anche sperimentato unacrescita esplosiva del flusso di investimenti esteri diretti, passati da una media annua di circa 100milionididollarinegliannisettantaa170milionididollarinel1984ea625milionididollarinel1987(Ogle,1990,p.37).Inoltre,alparidelletre«tigri»piùpiccole,laCoreadelSudèdivenutaessastessaunodeimaggioriinvestitoriesteridirettinellaregionedell’Asiaorientaleesudorientale.Allafinedeglianni ottanta le «Quattro tigri» comegruppohanno superato sia gliStatiUniti che ilGiappone comeprincipali investitorineipaesidell’ASEAN,con il35,6percentodel flusso totaledi investimentiesteridirettinel1988eil26,3nel1989(Ozawa,1993,p.130).Inbreve,la«singolarità»delGiapponeedell’Asiaorientalenelmezzodellacrisiedell’espansione

finanziariadel regimedi accumulazione statunitensenonèadeguatamenteeattendibilmentemisuratadalla continua e sostenuta espansione industriale della regione. Il segnale più importante dell’ascesadell’Asia orientale a nuovo epicentro dei processi sistemici di accumulazione del capitale è dato dalfatto che alcune delle sue entità politiche hanno registrato rilevanti avanzamenti nella gerarchia delvaloreaggiuntoedellamonetamondialedell’economia-mondocapitalistica.Naturalmente,laquotadivalore aggiunto dell’«arcipelago» capitalistico dell’Asia orientale è ancora notevolmente inferiore aquella delle sedi tradizionali del potere capitalistico (America delNord edEuropa occidentale); e leistituzionifinanziariepubblicheeprivatediquesteseditradizionalidetengonoancorailcontrollodellaproduzione e della regolamentazione della moneta mondiale. Gli stati dell’America del Nord e

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dell’Europaoccidentale spadroneggiano ai vertici dell’economia-mondo capitalistica, com’è del restoevidenziatodalrapporto6:1esistentenelGruppodeiSette.Eppure,perquantoriguardal’espansionematerialedell’economia-mondocapitalistica,ilcapitalismo

dell’Asiaorientaleègiàgiuntoaoccupareunaposizionedominante.Nel1980ilvaloredegliscambidaunaspondaall’altradell’OceanoPacificoiniziòasuperarequellotransatlantico.Allafinedeldecenniogli era superiore di una volta emezza. Allo stesso tempo, il valore del commercio tra i paesi dellaspondaasiaticadelPacificoerasulpuntodi superare ilvaloredelcommercio trans-pacifico (Ozawa,1993,pp.129-30).Questo spostamento della sede principale dell’espansione materiale del capitale dall’America del

Nord all’Asia orientale costituisce un potente stimolo aggiuntivo alla tendenza, sostenuta dagli StatiUniti,versolaformazionedistrutturesovrastatalidigovernomondiale.Etuttaviacostituisceancheunformidabileostacoloallaeffettivarealizzazionediquellastessatendenza.ÈunpotentestimoloperchélaformazionedistrutturesovrastatalidigovernomondialeoffreagliStatiUnitieaisuoialleatieuropeil’opportunità di imbrigliare la vitalità del capitalismo dell’Asia orientale per prolungare l’egemoniaoccidentalenelmondocontemporaneo.Marappresentaancheunformidabileostacolopoichélavitalitàdelcapitalismodell’Asiaorientaleèdivenutaun limite fondamentaleeun fattoredi instabilitàper lestrutturefranantidell’egemoniastatunitense.Unrapportocontraddittoriotralavitalitàdiunagentecapitalisticoemergenteeunordinecapitalistico

ancora dominante ha caratterizzato tutte le transizioni da un ciclo sistemico di accumulazione alsuccessivo. In passato la contraddizione è stata risolta grazie al crollo dell’ordine dominante e uncambio della guardia ai vertici dell’economia-mondo capitalistica. Per valutare le probabilità che siaquesta la prospettiva verso la quale ancora una volta ci stiamo muovendo, occorre analizzarebrevementelefontidellavitalitàdelcapitalismoemergentecomeaspettointegrantedellecontraddizionidelvecchioregime(statunitense).L’ascesa della fenice capitalistica giapponese dalle ceneri dell’imperialismo giapponese dopo la

Secondaguerramondialeebbeoriginedall’istituzionediunrapportodiscambiopoliticotrailgovernoamericano e i gruppi dominanti del Giappone. Grazie a questo rapporto, la classe capitalisticagiapponese, al pari della classe capitalistica genovese quattro secoli prima, è stata in grado diesternalizzare icostidiprotezioneedispecializzarsinella ricercadelprofitto.All’apogeodel regimedel partito liberale democratico (LPD), Franz Schurmann (1980, p. 168) ha osservato: «[c]ome[nell]’AmericadeglianniventisecondoCoolidge,gliaffaridelgovernogiapponesedominatodall’LPDsonoaffari».Assestandouncolpofatalealnazionalismo,almilitarismoeall’imperialismogiapponesi,lasconfitta

nella Seconda guerra mondiale e l’occupazione statunitense furono gli ingredienti essenziali dellostraordinario trionfo postbellico del capitalismo in Giappone, come lo furono, secondo modalitàdifferenti, inGermaniaoccidentale.LasconfittanellaSecondaguerramondialesi tradusse ipso factonelcrollodell’imperialismogiapponese,el’occupazionestatunitensecompletòl’operadistruggendolestrutture organizzative del nazionalismo e del militarismo. Furono questi i prerequisiti del nuovosistemapoliticogiapponesedeldopoguerra,«mailcontestochefinalmentenepermiseilpienotrionfofu la restaurazione di un’economiamondiale da parte degli StatiUniti» (Schurmann, 1980, pp. 168-171).

Liberidalpesodellespeseperladifesa,igovernigiapponesihannoimpiegatotuttelelororisorseedenergieinunespansionismoeconomicochehadatobenesserealGiapponeehapostolesueimpresetraquellepiùgrandidelmondo.Laguerrahacostituitounproblemasolonelsensochepopoloegovernoconservatoresisonooppostiauncoinvolgimentoinguerreall’esterocomequellediCoreaedelVietnam.Facendoleconcessioniimpostedalrispettodeltrattatodisicurezzacongliamericani,ilgovernohacercatodimantenereilcoinvolgimentoneilimitiincuiavrebbecomportatounprofittoperl’industriagiapponese(Schurmann,1980,p.169).

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La stessa protezione statunitense fu inizialmente la fonte principale dei profitti dell’industriagiapponese.Quando«laCoreaarrivòecisalvò»,comesuonavalafamosafrasediAcheson(vedicap.4), «il ci includeva il Giappone» (Cumings, 1987, p. 63). «La guerra di Corea tracciò i confininordorientalidelcapitalismodelPacificofinoaglianniottanta;nelfrattempo,comeun“PianoMarshallgiapponese”,[…]gliapprovvigionamentidiguerraspinseroilGiapponelungoquelsentieroindustrialechesbaragliòlaconcorrenzaintuttoilmondo»(Cumings,1993,p.31;vediancheCohen,1958,pp.85-91;Itoh,1990,p.142).IlprincipaleobiettivoperseguitodagliStatiUnitiinGiapponeprimadell’iniziodellaguerrafreddafu

la demolizione delle sue capacità militari, senza alcuna particolare preoccupazione per la ripresadell’economiagiapponese.LaricostruzioneeraavvertitacomeunbisognourgentesiadalGiapponechedai paesi che ne avevano subito l’aggressione. Nondimeno, come affermava perentoriamente unrapportostatunitensesulleriparazionidiguerra,«nelconfrontocomplessivodelleesigenze,ilGiapponedovrebbeaverel’ultimapriorità»(CalleoeRowland,1973,pp.198-199).Inmenodiunanno,tuttavia,l’avviodellaguerrafreddaportòconséuncompletorovesciamentodiquestatendenzaalloscontro.

LapoliticadicontenimentodiGeorgeKennanfusemprelimitataeparsimoniosa,basatasull’ideachenelmondoesistevanoquattroocinquestruttureindustriali:isovieticinepossedevanounaegliStatiUnitiquattro,elecoseandavanomantenutecosì.InAsia,solo il Giappone attirò il suo interesse. Gli altri erano regimi intemperanti, ed era mai possibile avere contenimento conl’intemperanza?Kennan e il suo Policy Planning Staff svolsero il ruolo decisivo perché si affermasse «inversione di rotta» neiconfrontidelGiappone(Cumings,1987,p.60).

Conloscoppiodellaguerra«calda»inCoreaeconlaguerrafreddacheacquistavavelocitàattraversoilriarmostatunitenseedell’Europaoccidentale,benprestofulostessoregimestatunitenseadiventare,fratutti, quello più «intemperante».Nel 1964 aveva speso, nel soloGiappone, 7,2miliardi di dollari incommesse offshore e altre spese militari. Nel complesso, nel ventennio dal 1950 al 1970 gli aiutiamericanialGiapponeammontaronoinmediaa500milionididollariall’anno(Borden,1984,p.220).GliaiutimilitariedeconomiciaCoreadelSudeTaiwanconsiderateassiemefuronoancorpiùmassicci.Nel periodo 1946-78, alla Corea del Sud toccarono 13miliardi di dollari (600 dollari pro capite), aTaiwan5,6miliardididollari(425dollariprocapite)(Cumings,1987,p.67).Questa «intemperanza» non solo non indebolì ma rafforzò gli interessi statunitensi a sostenere il

potereeconomicoregionalegiapponesecomestrumentodelpoterepoliticomondialedegliStatiUniti.Già nel 1949 il governo degli StatiUniti avevamostrato una certa consapevolezza delle virtù di uncommercio«triangolare»traStatiUniti,GiapponeeSudestasiatico;questocommercioforniva«alcunivantaggi nei costi di produzione di varie merci» (prima versione del NSC-48/1; come è citato inCumings,1987,p.62).Nondimeno,durantetuttigliannicinquantailgovernoamericanoavevaprioritàpiùpressanti del contenimentodei costi.Unadi questepriorità consistevanel ripristinare le capacitàindustriali del Giappone, anche a costo di restaurare una versione riformata delle strutture statali eimprenditorialicentralizzatedegliannitrenta,incluselegrandibanchecheavevanooccupatoipostidicomando (Allen, 1980, pp. 108-109; Johnson, 1982, pp. 305-324). Un’altra priorità era quella dicostringereisuoiriluttantipartnereuropei,elaGranBretagnainparticolare,adaccettarel’ingressodelGiapponenelGATT(CalleoeRowland,1973,pp.200-204).Mauna volta che la ripresa dell’economia interna giapponese fu consolidata e che lamunificenza

finanziaria americana cominciò a raggiungere i suoi limiti, il contenimento dei costi divenne unapreoccupazione e il ruolo del Giappone nell’economia regionale dell’Asia orientale venneprofondamenteridefinito.UnodeiprimiprogettidiWaltW.Rostow,quando,nel1961,entròafarpartedell’amministrazioneKennedy,fuquellodi

indurre laCoreadelSud eTaiwan a adottare politicheorientate verso le esportazioni e di reintegrarle nella dinamica economiagiapponese. Di fronte ai primi disavanzi commerciali, l’amministrazione Kennedy tentò di prendere le distanze dai costosi e

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logorantiprogrammidisicurezzadegliannidiEisenhower,ediindirizzarsiversoprovvedimentidirilancioregionalicheponesserotermineaglienormicontributistatalidegliannicinquantaerendesseropiùautosufficientialleaticomelaCoreaeTaiwan(Cumings,1993,p.25).

NegliannicinquantagliStatiUnitiavevanopromossol’integrazioneseparatadelGiapponeedellesueex colonie all’internodelle proprie reti di commercio, di potere e di protezione.Negli anni sessanta,sotto l’impatto di più severe restrizioni finanziarie, cominciarono a promuoverne la reciprocaintegrazione nelle reti commerciali regionali imperniate sul Giappone. A questo scopo, il governoamericanoincoraggiòattivamenteCoreadelSudeTaiwanasuperareillororisentimentonazionalisticocontro il passato coloniale del Giappone e ad aprire le loro porte al commercio e agli investimentigiapponesi. Durante l’egemonia statunitense il Giappone ottenne così senza costi quell’entroterraeconomicoperilqualeavevalottatocosìduramentedurantel’espansioneterritorialedellaprimametàdelXXsecoloecheavevainfinepersoneldisastrodellaSecondaguerramondiale.Il Giappone in realtà ottenne molto più che un entroterra economico nell’Asia orientale. Grazie

all’intervento del governo statunitense conseguì l’ammissione al GATT e l’accesso privilegiato almercato statunitense e alle spese militari all’estero degli Stati Uniti. Il governo statunitense tolleròinoltreunachiusuraamministrativadell’economiagiapponesealle impreseprivate straniere, chiusurache avrebbe fatto di qualsiasi altro governo un nemico delmondo libero nella crociata della guerrafredda.Va da sé che amotivare il governo statunitense non fu la benevolenza.La logistica, così come la

politica, imponeva che il governo americano sostenesse – se necessariomediante la protezione dallaconcorrenza delle grandi imprese statunitensi – i vari centri stranieri di produzione industriale e diaccumulazionedelcapitalesucuisibasavanolesuperioricapacitàdelmondoliberorispettoaquellocomunista.FucosìcheilGiapponesitrovòaessere,allostessotempo,ilpiùdeboletraquesticentriequello di maggiore valore strategico a causa della sua prossimità al teatro delle operazioni dellaprolungataguerrastatunitenseinAsia–dapprimainCorea,poiinVietnam,edel«contenimento»dellaCina.IlGiapponesi rivelòancheun«servitore»estremamenteefficaceedefficientediquellocheJames

O’Connor (1979, cap. 6) ha definito il «warfare-welfare state». I vantaggi di costo derivantidall’assegnazionealleimpresegiapponesidelruolodiintermediarietrailpotered’acquistostatunitensee il lavoro asiatico a basso costo, come prefigurato nella prima versione del NSC-48/1, divenneroparticolarmenteutilinegliannisessanta,quandol’inasprimentodellerestrizionifinanziariecominciòaminacciareunacrisifiscalenegliStatiUniti.Ful’incomberediquestacrisiche,piùdiognialtracosa,plasmòilcontestonelquale lacrescitadelle importazioniamericanedalGiapponedivenneesplosiva,triplicandotrail1964eil1970,conlaconseguentetrasformazionedelprecedenteattivocommercialestatunitenseconilGiapponeinundisavanzodi1,4miliardididollari.Questacrescitaesplosivadelleesportazionigiapponesiversoiricchimercatistatunitensi,edell’attivo

commercialechenederivò,fuuningredientedecisivonelsimultaneodecollodelgrandebalzoinavantidelGiapponenei processi di accumulazionedel capitale su scalamondiale.Nondimeno, essa non fudovuta affatto a un atteggiamento neomercantilistico da parte del Giappone, bensì alla crescenteesigenzadapartedelgovernostatunitensediridurreilprezzodiapprovvigionamentiindispensabiliperipropriobiettividipotere,sia inpatriacheall’estero. InassenzadelmassiccioapprovvigionamentodimezzidiguerraedisussistenzadafontigiapponesiacostiassaiinferioridiquellichepotevanoessereottenutinegliStatiUnitioaltrove,lacontemporaneaescalationdellespesediwelfareinpatriaedellespesemilitariall’esterodegliannisessantasarebbestata,pergliStatiUniti,finanziariamenteassaipiùdisastrosa di quanto non fu in realtà. Gli avanzi commerciali giapponesi non furono la causa deiproblemifinanziaridelgovernoamericano.Lofuinvecelacrescentestravaganzafiscaledel«warfare-welfare state» americano. La classe capitalistica giapponese colse prontamente l’occasione di trarre

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vantaggio dalla necessità degli Stati Uniti di economizzare sulle forniture dei mezzi di guerra e disussistenza–e,cosìfacendo,agevolòilperseguimentodegliobiettividipoteredelgovernoamericanoaltrettantoefficacementediognialtraclassecapitalisticadelmondolibero.Inbreve, finoallacrisi spiadel regimediaccumulazionestatunitense lapermanenzadelGiappone

nell’esclusivo club delle nazioni più ricche e potenti dell’Occidente fu possibile grazie all’ospitalitàdegliStatiUniti.FuunperfettoesempiodiquellocheImmanuelWallerstein(1979,cap.4)hadefinito«development by invitation». Nel complesso, il Giappone fu anche un ospite molto discreto.L’espansione delle sue esportazioni verso gli Stati Uniti fu sin dal principio regolataamministrativamente,alpuntochenel1971sistimavacheil34percentodelsuocommerciocongliStatiUnitifossecopertodaaccordirestrittivi«volontari»(CalleoeRowland,1973,pp.209-210).Cosaaltrettantoimportante,comemostralafigura18,l’intensificazionedellalottaconcorrenzialeattraversolacrescitadegli investimentidiretti esteri rimase, finoaiprimianni settanta,unaffare rigorosamentestatunitenseedeuropeo.La crisi di sovraccumulazione della fine degli anni sessanta e dei primi anni settanta mutò

radicalmentelasituazione.Ilgovernoamericanononsolocessòdiesercitarepressionisuipropripartnereuropeiesuglistatisatellitedell’Asiaorientaleperfarespazioall’espansionecapitalisticadelGiappone,macominciòaesercitarepressioniperchéilgovernogiapponeserivalutasseloyeneaprisselapropriaeconomiaaicapitaliealcommercioesteri.QuandoilriavvicinamentoconlaCinaegliaccordidipacediParigidel1973posero termineallaguerraamericanacon l’Asia, lepressioni statunitensiperché ilGiappone redistribuisse i benefici della sua espansione economica si intensificarono. Il governoamericanosideciseachiuderelaportadellastalla,maibuoieranogiàfuggiti.O,sesivuole,leocheavevanopreso il volo.La crisi di sovraccumulazione spinse il capitale giapponese su unpercorsodiespansionetransnazionalecheavrebbeprestorivoluzionatol’interaregionedell’Asiaorientalee,forse,prefiguratoilsuperamentofinaledelregimediaccumulazionestatunitense.L’aspettocentralediquestaespansioneècheessaèconsistitasoprattuttonellariproduzioneallargata

delsistemadisubappaltosupiùlivelli.Comeèstatosottolineatodaiteoricidell’«informalizzazione»edella «specializzazione flessibile», sistemi di subappalto di vario genere hanno prosperato in tutto ilmondoapartirepressappocodal1970.Nondimeno,comehosostenutoaltroveinmodopiùesauriente(Arrighi,IkedaeIrwan,1993),ilsistemadisubappaltogiapponese,diffusositransnazionalmentenegliannisettantaeneglianniottanta,differiscesottoalcuniaspetticrucialidatuttiglialtritipidisistemidisubappalto.Inprimoluogo,ilsistemagiapponesehaallabase,etendeariprodurreunastrutturaproduttivapiù

decentralizzata di quanto sia nelle pratiche di subappalto delle grandi imprese degli altri staticapitalisticicentrali.Sitrattadiunsistemaestremamentestratificato,icuimolteplicilivellisonoformatidasubappaltatoriprimari(chesubappaltanodirettamentedallivellosuperiore),subappaltatorisecondari(che subappaltano dai subappaltatori primari), subappaltatori terziari, e così via, fino a che la catenaraggiunge il livellopiùbassocostituitodaunagrandemassadiaggregatidomesticichesubappaltanooperazionisemplici.Senza l’assistenzadi tuttiquesti livellisubordinatidisubappaltatori formalmenteindipendenti,osservalaJETRO(Japan’sExternalTradeOrganization),«legrandiimpresegiapponesisitroverebbero in difficoltà e colerebbero a picco» (Okimoto e Rohlen, 1988, pp. 83-88). Il ricorsoall’approvvigionamentoesternodapartedellegrandi impresegiapponesièdigran lungamaggiorediquellocaratteristicodellegrandiimpresestatunitensiedell’Europaoccidentale.Nel1973,peresempio,ilvaloreaggiuntolordosuiveicolifinitidellagrandeindustriaautomobilisticaeradel18percentoinGiappone,del43percentoper le«tregrandi»negliStatiUniti,edel44percentoperVolkswageneBenzinGermania(Okada,1985,p.391).Ilmaggioreaffidamentosull’approvvigionamentoesterno,asuavolta, fu il fattorechepermisepiùdiognialtroallaToyotaMotorCorporationdifabbricare3,22milioni di autoveicoli nel 1981 con soli 48000 operai, mentre la General Motors ebbe bisogno di

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758000operaiperlaproduzionedi4,62milionidiveicoli(Aoki,1984,p.27).In secondo luogo, le reti di subappalto giapponesi sono strumenti di cooperazione verticale e

orizzontaletraleimpresemoltopiùstabiliedefficacidelleretidisubappaltopresentinegliStatiUnitieinEuropaoccidentale,dove i subappaltatoridevono rinegoziareconuna frequenzamaggiore, e sottomaggioripressioniconcorrenzialiprovenientidaglialtrisubappaltatori;diconseguenza,lacooperazionetra le diverse giurisdizioni organizzative delle imprese integrate nella rete di subappalto, tesa alconseguimentodiunobiettivocomunecome l’altaqualitào il bassoprezzodelprodotto finaledellacatenadisubappalto,èpiùproblematicacheinGiappone.Idealizzatacomeunarelazione«familiare»tra«societàmadri»e«subappaltatorifigli»,nelsistemagiapponeselacooperazionetrapiccoleegrandiaziendeètalmentestrettache«larigidadistinzionetraaziendedivieneestremamenteconfusa,[poiché]troviamo alcune imprese fornitrici ubicate all’interno dello stabilimento della società madre; […]l’impresapiùpiccolaèdirettadaexdipendentidiquellapiùgrande;olagranpartedeimacchinaridellapiccola azienda proviene di seconda mano dai suoi principali acquirenti». Questi accordi dicooperazionetrasocietàmadriesubappaltatorisonorafforzatidaaccordidicooperazionetralestessesocietà madri sotto forma di accordi commerciali semipermanenti e di partecipazioni azionarieintergruppi. La cooperazione orizzontale al vertice agevola l’approvvigionamento degli input e ladestinazione degli output all’interno di ciascuna rete di subappalto; impedisce scalate indesiderate; econsente almanagement di concentrarsi sui risultati di lungo termine invece che sulla redditività dibrevetermine.«Questaprospettivadipiùlungoperiodoèunacaratteristicadelleimpresegiapponesiedè fortementeagevolatadall’esistenzadibanchecapofila all’internodeigruppi affiliati cheassicuranol’accessoaiprestitiancheinperiodiincuiilcreditobancarioèlimitato»(Eccleston,1989,pp.31-34;vediancheSmitka,1991).Gli accordi di cooperazione di lungo termine tra grandi, medie e piccole imprese sono stati

ulteriormenteestesidalleattivitàdipotentisocietàcommerciali,lesogoshosha.Ampliandoglisbocchiperlacrescenteproduzionediindustrieaciclocontinuo,comequelladell’acciaio,deiprodottichimiciepetrolchimici e delle fibre sintetiche, le sogo shosha hanno costruito proprie reti di piccole emedieimprese,acuifornisconomaterialiperlalavorazione,assicuranoladistribuzioneavalle,edestendonol’assistenzafinanziaria,managerialeedicommercializzazione.Alparidelleretiamontecontrollatedaigrandi produttori industriali, queste reti a valle combinano il potere dimercato e finanziario di unagrande impresa con la flessibilità, le conoscenze specifiche e i più bassi salari delle piccole emedieimprese(YoshinoeLifson,1986,p.29).Interzoluogo,einstrettorapportoconquantoappenadetto,ilsistemagiapponesedisubappaltosu

più livelli ha dotato le grandi imprese giapponesi di superiori capacità nello sfruttare, e riprodurre,differenzesalarialiedialtrogenereneicompensidell’attivitàdidifferentisegmentiestratidellaforza-lavoro.Daquestopuntodivista, ilsistemagiapponesedisubappaltosupiù livellinonèaltrocheunaspettodiunapiùgeneralestrategiamanagerialedicooperazionetraleimpresechemiraaminimizzarela concorrenza tra piccole e grandi imprese sul mercato del lavoro. Un altro aspetto strettamenteassociatoèstatalaprassididiscriminazioneneiconfrontidelledonneneilivellisuperioridelsistemadisubappalto,unaprassichecontribuisceariprodurreun’ampiariservadilavoratricidisponibiliaesseresupersfruttate nei livelli inferiori del sistema. Naturalmente questa prassi è diffusissima anchenell’AmericadelNorde inEuropaoccidentale.Ma innessunaltropaese il subappalto, il ritegnonelsottrarre dipendenti ad altre imprese, e la discriminazione contro le donne sono stati perseguiti conaltrettantacoerenzaesistematicitàcomeinGiappone.SecondoRichardHill(1989,p.466),èpressochéunaregolache«quantopiùcisi trova inaltonellacatenadelvaloreaggiunto,equantopiùgrandeèl’azienda, tanto maggiori sono i profitti imprenditoriali, tanto più privilegiate sono le condizioni dilavoroequelleretributiveetantopiùaltaèlaprevalenzadimaschinellaforza-lavoro».Infine,edèquestol’aspettopiùrilevanteperinostriscopi,ilsistemagiapponesedisubappaltosupiù

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livellisièsviluppato internamenteesièestesotransnazionalmente inunostrettorapportosimbioticocon l’offerta di lavoro abbondante ed estremamente competitiva della regione del Sud e del Sudestasiatico.Èdifficilecredereche,senzaquestorapporto,l’accumulazionedicapitaleinGiapponeavrebbepotuto procedere con la velocità sperimentata a partire dagli anni sessanta senza minare e infinedistruggeregliaccordicooperativi tra le imprese, sucui riposano lavitalità internae lacompetitivitàmondialedelsistemagiapponesedisubappaltosupiùlivelli.Inevitabilmente,ilreinvestimentodiunacrescentemassadiprofittinell’espansionedelcommercioedellaproduzioneall’internodell’economianazionale giapponese avrebbe spinto singole imprese o famiglie di imprese (le keiretsu) a invaderereciprocamenteretienicchiedimercatonel tentativodicontrastare lepressioniverso ladiminuzionedeiprezzidivenditae/oversol’aumentodeiprezzidiacquisto.Questareciprocainvasione,asuavolta,avrebbe dissolto la fratellanza cooperante delle imprese giapponesi in un insieme caotico di fazioniprofondamenterivali.Unatendenzadiquestogenereèsembrataemergereallametàdegliannisessantasottoformadiuna

recrudescenzadiquellacheècomunementechiamata«concorrenzaeccessiva»:curiosamente,lastessaespressionecheerapopolareneicircoliimprenditorialiamericaniall’iniziodelsecolo(Veblen,1970,p.180).Questa recrudescenzaeraassociataaunacrescentescarsitàdi terrae lavoro, icuiprezzi–e inparticolareisalarideigiovanilavoratoridifabbrica–cominciaronoacresceresiainterminiassolutisiarispettoaiprezzidivenditadeigruppiindustrialiimpegnatinellaconcorrenza.Inizialmente,ildeclinodeimarginidiprofittofupiùchecompensatodaenormiecrescentiaumentidellaproduttività.Allafinedegliannisessanta, tuttavia,gliaumentidellaproduttivitàcessaronodiesseresufficientementegrandidacompensarelatendenzaallacadutadelsaggiodiprofitto(Ozawa,1979,pp.66-67).Eppure,lacrisidiredditivitàcheseguìall’intensificazionedellepressioniconcorrenzialinonspezzò

gli accordi cooperativi su cui era basato il sistema di subappalto su più livelli. Né pose termineall’espansioneeconomicagiapponese.Alcontrario, isistemidisubappaltosupiù livellicontinuaronoadaumentaredimensionieportata,riversandosiinparticolarilocalizzazioninell’Asiaorientale.Questatracimazionecontribuìinmododecisivoaldecollodelmiracoloeconomicoregionale.Macontribuìinmodoancorpiùdecisivoallatendenzapropriadelsistemagiapponesedisubappaltosupiùlivelli,nonsoloasuperare lacrisidi sovraccumulazione,maa rafforzare lapropriacompetitivitànell’economia-mondo nel suo insieme mediante l’incorporazione nelle proprie reti del lavoro e delle risorseimprenditorialidellaregionecircostante(Arrighi,IkedaeIrwan,1993,pp.55sgg.).Gliinvestimentiesteridirettigiapponesicumulaticominciaronoacrescererapidamenteapartiredalla

metàdegli anni sessanta.Madopo il1967,e soprattuttodopo la rivalutazionedelloyennel1971, lacrescita divenne davvero esplosiva (vedi fig. 22). Ciò fu dovuto principalmente all’espansione oltreconfinedelsistemadisubappaltosupiùlivelli,voltaarecuperareivantaggidicostoperdutipereffettodel restringimento dei mercati del lavoro in Giappone e della rivalutazione dello yen. Si trattò, insostanza, di unmassiccio espianto delle attività a più basso valore aggiunto dell’apparato produttivogiapponese.L’espiantoriguardòprincipalmenteleindustrieadaltaintensitàdilavorocomel’industriatessile,quelladeiprodottimetallici,el’industriadeimacchinarielettrici;fuintrapresosiadallegrandiche dalle piccole imprese; e fu diretto in prevalenza verso l’Asia e, all’interno dell’Asia, verso le«Quattrotigri»emergenti(Yoshihara,1978,p.18;Woronoff,1984,pp.56-58;Ozawa,1985,pp.166-167;Steven,1990,tav.m.3).Legrandicasemadrimanifatturierefuronoseguiteall’esteroperlomenodaalcunideimembridelle

loro«famiglie»di subappalto.Ma il ruolopiùdecisivo in tal senso fu svoltodalle sogoshosha, cheanticiparono parte dei fondi necessari, costituirono joint ventures con partner locali, assunsero lafunzionediagentinell’importazionedimaterieprimeedimacchinarienell’esportazionedeiprodottifinali;esiassicuraronodisolitounruolodurevolenellajointventureacquisendounapiccolaquotadicapitale (Woronoff, 1984, pp. 56-58). Complessivamente, l’espansione all’estero delle imprese

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giapponesinonavvenneattraversoacquisizionidipartecipazionidimaggioranzanellastessamisuraincuiaccadevanelcasodelleimpresestatunitensiodiquelledell’Europaoccidentale.Nel1971,dunque,partecipazioni di minoranza e joint ventures ammontavano all’80 per cento delle consociatemanifatturiereesteredelleaziendegiapponesi,rispettoal47percentoperleaziendefrancesi,al35percentoperquelleitaliane,acircail30percentoperquellebelgheetedesche,eacircail20percentoperquellestatunitensi,delRegnoUnito,olandesi,svedesiesvizzere(Franko,1976,p.121).L’espansione all’estero delle reti commerciali e di produzione giapponesi, in altri termini, è

grandemente sottostimata dai dati sugli investimenti esteri diretti, poiché le imprese giapponesiinvestironodigran lungamenocapitalidelle imprese statunitensiodiquelledell’Europaoccidentalenell’acquisizioneonellacostituzionediimpiantiall’estero.Eppure,fupropriolanatura«informale»e«flessibile» dell’espansione del capitale giapponese nella circostante regione a basso reddito adaumentarnelacompetitivitàsuscalamondialeinun’epocadigeneralizzatainflazionemondialedacosti.I vantaggi concorrenziali caratteristici di queste strategie e di queste strutture di accumulazione delcapitale furono offuscati, durante la prima metà degli anni settanta, dall’intensificazione degliinvestimenti esteri diretti americani e dei paesi dell’Europa occidentale. La quota giapponese degliinvestimenti esteri diretti provenienti dalle cosiddette economie di mercato sviluppate, dopo esserebalzatadamenodel3percentonel1970-71apiùdell’8percentonel1973-74,caddeamenodel6percentonel1979-80(calcolatodall’UnitedNationsCenteronTransnationalCorporations,1983).Inoltre,l’aumentodei prezzi e la crescente incertezzadegli approvvigionamenti di petrolio edi altrematerieprime fece della sicurezza di queste forniture la massima priorità dell’espansione oltreoceano delleimpresegiapponesi.Aquestoscopoilcapitalegiapponesepuntòsupiùfontipercompensareidebolirapporticon ipaesiproduttori.QuestastrategiapermisealGiapponedi resistereallacrisipetrolifera.Masuquestoterrenoglisvantaggiconcorrenzialidellapiùblandaintegrazioneverticaledelleimpresegiapponesieranomaggiorideivantaggi(HilleJohns,1985,pp.377-378;BunkereHearn,1993).In queste circostanze, le particolarità organizzative e ubicative degli investimenti esteri diretti

giapponesi sembravano essere – e in largamisura, di fatto, erano – un’«arma dei deboli» più che lafonte di un netto vantaggio concorrenziale. Non a caso, nel delineare le principali caratteristiche diquellochehadefinito«modellogiapponesedelmultinazionalismo»,TerutomoOzawa(1979,pp.225-229) ha sottolineato come la maggioranza dei produttori industriali giapponesi che investivanoall’esterofossero«immaturi»inbaseaglistandardeuropei;comel’espansioneversol’esternodapartedelle imprese giapponesi fosse la conseguenza di una necessità più che di una scelta, cioè laconseguenza di una lotta per sfuggire alla trappola dell’industrializzazione rapida all’interno di unangustospazioeconomiconazionale;ecomelapropensionedellemultinazionaligiapponesiagiungereacompromessiconlerichiestedeipaesiospitanti(comequelladiaccettarepartecipazionidiminoranza)fossedovutainparteaunadeboleposizionecontrattuale,siarispettoaigoverniospitanticherispettoairivalidell’AmericadelNordedell’Europaoccidentale.Eppure,negli anniottantaqueste«armideideboli» si rivelarono la fontediundecisivovantaggio

concorrenzialenella lotta incorsoper il controllo sulle risorsee suimercatidelmondo.L’ascesadelGiappone nella gerarchia del valore aggiunto e in quella dei capitali eccedenti dell’economia-mondocapitalisticacontinuòinesorabile.Maanchelaquotagiapponesedegli investimentiesteridiretti–chesottovaluta considerevolmente l’espansione transnazionale delle reti imprenditoriali giapponesi –aumentòdipiùdel triplo tra il1979-80e il1987-88(Arrighi, IkedaeIrwan,1993,p.62).Nel1989,questa straordinaria espansione culminò nell’ascesa del Giappone al vertice della graduatoriainternazionaledegliinvestitoriesteridirettiinterminidiflussidiinvestimento(44,1miliardididollari),con un nettomargine di vantaggio sugli StatiUniti (31,7miliardi di dollari) (Ozawa, 1993, p. 130).Comeèstatoosservatoinprecedenza,allafinedeglianniottanta idestinataridiquestaprimatornatadell’espansione industriale esterna giapponese – le «Quattro tigri» – sono divenuti essi stessi, come

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gruppo, i principali investitori esteri diretti nei paesi dell’ASEAN.Manmano che l’aumentodei salariminò i vantaggi concorrenziali delle «Quattro tigri» nei settori a più basso valore aggiunto dellaproduzioneindustriale, leimpresediquestistatisiunironoalleimpresegiapponesinellosfruttamentodelle risorse ancora abbondanti di lavoro abasso costodi ungruppodi paesi vicini piùpoveri e piùpopolosi, in gran parte membri dell’ ASEAN. La conseguenza fu una seconda tornata di espansioneindustrialeregionaleversol’esterno,attraversolaqualefuincorporataunapiùampiamassadilavoroabasso costo.Questa riproduzione allargata di lavoro a basso costo rafforzò la vitalità dell’arcipelagocapitalistico dell’Asia orientale. Ma ebbe anche l’effetto di minare la competitività delle risorse dilavoro su cui era basata. Non appena ciò avvenne, ebbe inizio una terza tornata. Le imprese deidestinatari della seconda tornata dell’espansione industriale regionale (in particolare la Tailandia) siunirono alle imprese giapponesi e a quelle delle «Quattro tigri» nel trapiantare le attività a più altaintensità di lavoro in paesi ancora più poveri e più popolosi (in particolare Cina e Vietnam), chedispongonoancoradiampieecompetitiveriservedilavoroabassocosto(Ozawa,1993,pp.142-143).Ozawariassumepermezzodiundiagrammaquestofenomeno«avalanga»ditornateconcatenatedi

flussi di investimenti in cerca di lavoro a basso costo nella regione dell’Est e del Sudest asiatico(diagramma riprodotto nella figura 23 con alcuni cambiamenti terminologici). Riformulato nellaprospettivastorico-mondialeadottata inquestostudio, lospazio-di-flussi tracciatonellafigura23puòessere considerato costitutivo di un regime di accumulazione emergente. Al pari di tutti i regimi diaccumulazioneemergenticheinfinegeneraronounanuovaespansionematerialedell’economia-mondocapitalistica,quest’ultimoregimeemergenteèunprodottodelregimeprecedente.ComeaffermaOzawa(1993,pp.130-131),lospazioestremo-orientalepergliinvestimentiincercadi

lavoro a basso costo e di esportazioni a intensità di lavoro ebbe origine nel «“magnanimo” regimecommerciale dellapax americana del primo dopoguerra». Fu questo regime «magnanimo» che resepossibile«latrasformazionestrutturaleel’avanzamentofenomenaledell’economiagiapponeseapartiredalla fine della Seconda guerra mondiale». E fu questo fenomenale avanzamento dell’economiagiapponesechedivennel’elementoprincipaledell’espansioneindustrialeedell’integrazioneeconomicadell’interaregionedell’Asiaorientale.

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La perdurante dipendenza dell’arcipelago capitalistico dell’est asiatico dal vecchio regimestatunitenseè indicata,nella figura23,dai flussi«ascendenti»delleesportazionia intensitàdi lavoroche legano le zone delle successive tornate di espansione industriale regionale aimercati del centroorganico e al mercato statunitense in particolare. L’ascesa del Giappone nella gerarchia del valoreaggiuntodell’economia-mondocapitalisticahatrasformatolostessoGiapponeinunimportantemercatocentrale per i prodotti dell’espansione industriale regionale. E l’ascesamenomarcata delle «Quattrotigri»nehafattounosboccoremunerativo,sebbenemenosignificativo.Nondimeno,l’interoprocessodi espansione industriale regionalee laprosperitàdelle sue«isole»capitalistichecontinuanoaesserebasati sull’accesso al potere d’acquisto dei ricchi mercati del «vecchio» centro. Il modello istituitodall’espansionedell’economia«nazionale»giapponesenegliannicinquantaesessantaèstatoriprodottonegli anni settanta eottanta su scala (regionale) allargata.E laprincipale caratteristica strutturaledelregimeemergenterimanel’approvvigionamentodeimercatiricchiconprodotticheincorporanolavoroabassocostodeipaesipoveri.

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Eppure,questastessacaratteristicastrutturalecostituisceunanegazionedelvecchioregime,neicuiinterstizi il regime emergente si è formato e sulle cui inefficienze ha prosperato.Questo aspetto delregimeemergenteèmostratonellafigura23daiflussi«discendenti»diinvestimentiincercadilavoroabassocostocheunisconolezonediciascunatornatadiespansioneindustrialeregionaleallezonedelletornatesuccessive.Naturalmente,gliinvestimentiincercadilavoroabassocostoprovenientidaipaesipiù ricchi e diretti verso quelli più poveri non sono affatto una novità: anzi, costituiscono unacomponente caratteristica degli investimenti esteri diretti statunitensi e dell’Europa occidentale, inparticolare a partire dalla crisi spia del regime statunitense. Nondimeno, l’«informalità» e la«flessibilità» del sistema giapponese di subappalto su più livelli, assieme all’abbondanza di lavoroparsimonioso e industrioso nella regione dell’Asia orientale, diedero ai capitali giapponesi e a quellidell’estasiaticounospecificovantaggionell’intensificazionedellacorsaglobaleversolariduzionedeicostidellavoro.Èproprioinquestosensochel’emergenteregimediaccumulazionedell’Asiaorientalecostituisceunanegazionedelvecchioregimestatunitense.Ilregimestatunitensedivenneinfattidominantemediantel’ampliamentodel«modellodiconsumo»

della forza-lavoro statunitense e l’internalizzazione del potere d’acquisto mondiale nei dominiorganizzativi degli organismi governativi e imprenditoriali americani. Esso promosse un’espansionecommercialemondialeattraversolaredistribuzionediquestopotered’acquistoaungrupporistrettodistati alleati e satelliti e attraverso l’adozione da parte di questi stessi stati del modello di consumoamericano;sostennequest’espansionemedianteun’accelerazionedel trasferimentodiprodottiprimari(einparticolaredipetrolio)daipaesidelTerzoaquellidelPrimomondoaoperadellegrandiimpresemultinazionali.Eraggiunseisuoilimiticonl’enormeinflazionedeicostidiprotezioneediproduzionedellafinedegliannisessantaedeiprimiannisettanta.Fuquestocheportòall’ascesadell’arcipelagocapitalisticodell’Asiaorientaleeallaproliferazionedei

flussidiinvestimentiincercadilavoroabassocostocheleganol’«isola»principaledell’arcipelagoalle«isole»minori, e tutte le«isole»allemasse lavorative«sommerse»dell’intera regione.Questemasseerano, e per la maggior parte rimangono, escluse dall’esorbitante modello di consumo del regimestatunitense: unmodello che divenne insostenibile non appenavenne esteso al 10-15per cento dellaforza-lavoro mondiale. La parsimonia e l’industriosità di queste masse lavorative costituiscono ilprincipale fattore dell’emergente regime di accumulazione dell’Asia orientale. Laddove il regimestatunitense si impose attraverso una fondamentale inflazione dei costi di riproduzione, il regimedell’Asiaorientaleèemersograzieaunafondamentaledeflazionediquestistessicosti.Sottoilregimestatunitense,icostidiprotezionehannocostituitounacomponenterilevantedeicosti

diriproduzione.Risiedequiunaltropuntodiforzadelregimedell’Asiaorientale.Abbiamosostenutoche,storicamente,lamobilitàascendentedell’economiagiapponesenellagerarchiadelvaloreaggiuntodell’economia-mondocapitalistica è stata basata suun rapportodi scambiopolitico chehapermessoallaclassecapitalisticagiapponesediesternalizzareicostidiprotezioneedispecializzarsinellaricercadelprofitto, rifornendo il«welfare-warfarestate»americanodiprodotti industrialiabassoprezzo.LecondizioniallequaligliStatiUnitihannopermessoalGiapponediesternalizzareicostidiprotezioneinterniediavereunaccessoprivilegiatoalpotered’acquistostatunitenserimasero«magnanime»solofin quando durò la guerra degli Stati Uniti con l’Asia. Non appena gli Stati Uniti decisero didisimpegnarsi dal Vietnam e di tentare un riavvicinamento con la Cina, il «prezzo» di offerta dellaprotezionestatunitensealGiapponepreseadaumentaresemprepiùrapidamente.Pergranpartedell’erareaganiana,nelcomplesso,ilGiapponeaccondisceseallerichiestedegliStati

Uniti.Durantelasecondaguerrafredda,all’inizioeversolametàdeglianniottanta,impiegòpertantoenormicapitaliperfinanziareidisavanzineiconticonl’esteroeglisquilibrifiscali internidegliUSA.Destinòinoltregranpartedeisuoicrescentiaiutibilateraliapaesi–comeTurchia,Pakistan,SudanedEgitto – considerati importanti per le esigenze strategiche degli Stati Uniti. Allo stesso tempo, il

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Giapponenonfecenullaperrovesciareildominiostatunitensenell’altafinanza.Quandolaconcorrenzaamericanaperifondimutuabilisuimercatifinanziarimondialicausòilquasifallimentodidiversipaesilatino-americani, nel gestire la risultante crisi del debito le banche giapponesi, secondo B. Stalling(1990, p. 19), seguirono le direttive statunitensi «ancor più scrupolosamente delle stesse bancheamericane». E quando il governo statunitense decise di rafforzare il ruolo del FMI e della Bancamondiale nella soluzione della crisi, il Giappone acconsentì prontamente ad aumentare i propricontributi a queste organizzazioni secondo modalità che non ne alteravano significativamente lastrutturadivotazione(Helleiner,1992,pp.425e432-434).LaremissivitàdelGiapponedifronteallerichiestedegliStatiUnitièpienamentecomprensibilealla

lucedellasuaperdurantefondamentaledipendenzanontantodallaprotezionemilitareamericana–icuilimitieranostatimessianudoinVietnam–quantodalmercatostatunitenseedaglialtrimercaticentraliper la redditivitàdellesue imprese.Se ilvecchio regimefossecrollatoacausadelmancatosostegnofinanziariogiapponese,leimpresegiapponesisarebberostateleprimeasoffrirne.QuestitimorifuronopalesatidaSuzukiYoshio,funzionariodellaBancadelGiappone,inunarticolopubblicatoallavigiliadelcrashdel1987.IsentimentiespressiricordanosottomoltiaspettileesortazioniinternazionalistediNormanDavisallavigiliadelcrollodel1929(vedicap.4).

Lastoriaciinsegnacheogniqualvoltaunanazioneemersadirecenteericcadirisorserifiutadiaprireisuoimercatiaglialtripaesi,o non riesce a convogliare le proprie risorse finanziarie verso lo sviluppo dell’economia mondiale, il risultato è un conflittocrescentetrailvecchioordineeilnuovo.Inpassatoquesticonflittihannogeneratoguerreeladivisionedell’economiamondialeinblocchiprotezionistici.Sial’odiernaintensificazionedellefrizionieconomicheinternazionalicheilcrescenteprotezionismonegliStatiUnitistannoaindicarcicheilmondositrovaancoraunavoltadifronteaunacrisidelgenere(citatoinJohnson,1988,p.90).

Iltimoredifaresplodereunacrisidiproporzioniepocali,tuttavia,agìnelsensodiassicurareilsostegnogiapponese al regime statunitense, ma solo fino a un certo punto. Come è stato anticipatonell’Introduzione,nel1987,primaedopo il crollodell’ottobre, le immenseperdite inflitte ai capitaligiapponesi dalla forte svalutazione del dollaro americano portarono a un’inversione del flusso degliinvestimentigiapponesinegliStatiUniti.Nel1988quest’inversionefuseguitadaunadisputasemprepiù astiosa tra americani e giapponesi sulla questione del debito del Terzomondo. Cosa ancora piùimportante, nel 1989 il nuovo governatore della Banca del Giappone, Yashushi Mieno, rovesciò lepolitiche monetarie espansive seguite a partire dal 1985, rafforzando così la tendenza del capitalegiapponeseadallontanarsidagliStatiUniti;equestosiadirettamente,aumentandoitassidiinteresseinGiappone,sia indirettamente,facendoscoppiare labollafinanziariagiapponeseecostringendocosì leistituzioni finanziarie nipponiche a rientrare nei limiti stabiliti dagli obblighi di riserva loro imposti.L’annoseguenteilGiapponetennetestaconsuccessoall’inizialeopposizionedegliStatiUnitiachelasua quota di partecipazione al voto nel FMI raggiungesse il secondo posto. Ementre nei primi anniottanta avevaceduto allepressioni statunitensiperché indirizzasse i propri aiuti bilaterali versopaesiritenuti importanti per le esigenze strategiche degli StatiUniti, nel 1991 assunse pubblicamente unafermaposizionecontro le svalutazioni strategichedeldebito invocatedagliamericaniperpaesicomePoloniaedEgitto(Helleiner,1992,pp.435-437).Larispostaamericanaallecritichegiapponesifuunrifiutosdegnato,seguitodarichiestesemprepiù

stravagantiperchéilGiapponeoffrisseildenaronecessarioaporrerimedioaldisordineglobalelasciatoinereditàdallabelleépoquedell’erareaganiana.SeconReaganilsostegnodelcapitalegiapponeseagliobiettivi di potere del governo americano era stato cercato attraverso l’assunzione di prestiti el’alienazionedeipatrimoniedeiredditifuturidegliStatiUniti,conBushessofucercatoattraversolarichiestadivereepropriedonazioni(veri«pagamentidiprotezione»),comeavvenneduranteedopolaguerra del Golfo. Allo stesso tempo, non più paga delle restrizioni «volontarie» giapponesi alleesportazioniversogliStatiUniti–einvistosacontraddizioneconladottrinaliberoscambistadellaissez

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faire che predicava al resto del mondo – l’amministrazione Bush iniziò a sollecitare Tokyo perchéintervenissearidurreilproprioattivocommercialecongliStatiUniti.Tuttavia,ancheduranteilregimedelfiloamericanoLPD, ilGiapponetrovòsempremenomotiviper

accondiscendere agli ordini diWashington. E persino quando ciò avvenne, dopo il 1987 la sostanzadellerelazionitraGiapponeeStatiUnitifuunprogressivoriorientamentodegliinvestimentigiapponesidagli Stati Uniti verso l’Asia. Dopo aver subito considerevoli perdite negli Stati Uniti, i capitaligiapponesi scoprirono infine che i maggiori profitti non sarebbero venuti da un vano tentativo diacquisire il controllo della tecnologia e della cultura americana o dal finanziamento del sempre piùirresponsabilekeynesismomilitaredegliStatiUniti.Potevanoinveceessererealizzatiperseguendopiùafondo e più estesamente lo sfruttamento delle risorse lavorative asiatiche.La rivalutazione dello yenrispetto al dollaro, imposta alGiappone alla riunione del 1985 delGruppo dei Sette al Plaza, avevainflittopesantiperditeaicapitaligiapponesiinvestiti indollari.Maebbeanchel’effettononvolutodiaccrescerelacapacitàdelcapitalegiapponesedipiantarepiùinprofonditàepiùestesamenteleproprieradici nell’Asia orientale e sudorientale. Comemostrano le figure 22 e 23, fu dopo il 1985 che gliinvestimenti esteri diretti giapponesi registrarono una nuova accelerazione ed ebbe inizio la secondatornatadell’espansioneindustrialeregionale.Quanto più si mossero in questa direzione, tanto più i capitali giapponesi si liberarono dalla

dipendenza nei confronti della protezione e del potere d’acquisto degli Stati Uniti. Come è statoosservato inprecedenza, ilmercatodell’Asiaorientaledivenne lazonadiespansionepiùdinamica inun’economia-mondocomplessivamentestagnanteesemprepiùdepressa.Ancorpiùimportante,leduenuove tornate di espansione industriale regionale generate dal riorientamento verso l’Asiadell’espansione transnazionale del capitale giapponese hanno legato i vecchi nemici dell’epoca dellaguerra fredda inunavastaedensa retecommercialedi reciproca interdipendenza.Laconseguenzadituttoquestoèstataunabruscadiminuzionedeicostidiprotezionenella regione,euncorrispondenteaumentodeivantaggicompetitividell’Asiaorientalecomenuovolaboratoriodelmondo.È ancora troppo presto per dire quale sarà l’esito finale di questo processo di emancipazione

dell’emergenteregimediaccumulazionedell’Asiaorientaledalvecchioregime(statunitense).IlritirodelsostegnofinanziariogiapponeseallaspesaindisavanzodapartedegliStatiUnitihaaccentuatolatendenza della crisi di sovraccumulazione degli anni settanta a trasformarsi in una crisi disovrapproduzione.Negliannisettanta,iprofittifuronospintiversoilbassosoprattuttodallacrescentemassadicapitalichecercavaunreinvestimentonelcommercioenellaproduzione.Neglianniottanta,essisonostatiridottiprincipalmentedataglisuscalamondialedellespesedeigoverniedelleimprese.Questitaglirendonounnumeroeunavarietàcrescentidiimpiantiproduttiviecommercialiesuberantirispettoalpotered’acquistoincircolazione,eintalmodoprovocanonuovetornateditagliallespeseinuna spirale «senza fine». Nel 1993 questa spirale verso il basso sembrava aver afferrato anche ilGiappone.Sonostatituttaviapochi,finora,gliindizidiunaescalationdeiconflittitralegrandipotenzeodiunadivisionedell’economia-mondoinblocchiprotezionistici,comeSuzukiYoshioipotizzavaallavigiliadelcrollodel1987.Apartiredal1987leguerrecaldesisonoinrealtàmoltiplicate.Maciòèavvenutosoprattuttonella

forma di contese locali innescate da crescenti scarsitàmateriali omonetarie.Questa escalation dellaviolenza ha teso inoltre a unire militarmente gli stati capitalistici dominanti in azioni punitive o dipolizia congiunte, invecedi dividerli in blocchi antagonistici.Quanto ai sentimenti protezionistici, laloro comparsa, sia negli Stati Uniti che in Europa occidentale, è stata significativamente inefficacecontro la marcia dei governi verso l’ulteriore liberalizzazione del loro commercio estero, come ètestimoniatodalla ratificadelNAFTA (NorthAmericanFreeTradeAgreement)dapartedelCongressoamericano e dalla conclusione, coronata da successo, dell’UruguayRound dei negoziati commercialidelGATT.

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LaragioneprincipaleperlaqualeloscenarioipotizzatodaSuzukiYoshiononsièmaterializzato,econtuttaprobabilitànonsimaterializzeràinfuturo,stanelfattochelelezionidellastoriaallequalieglifariferimentosonoquelledellatransizionedalregimediaccumulazioneingleseaquellostatunitense,cioèdaunregimebasatoprincipalmentesull’aperturadelmercatointernodellanazionericcadirisorse(ilRegnoUnito)aunregimebasatoprincipalmentesulconvogliamentodellerisorsefinanziariedellanazioneemersadirecenteericcadirisorse(gliStatiUniti)versolapromozionediungrupporistrettodieconomienazionali.Oggi,tuttavia,aesseresostituitoèlostessoregimestatunitense,eilrapportotralanazioneemersadirecenteericcadirisorse(ilGiappone)elanazionedominantedelvecchioordine(gliStatiUniti)èradicalmentediversodaquellocheintercorrevatraStatiUnitieRegnoUnitonellaprimametàdelXXsecolo.FredBergstensiècosìchiesto(1987,p.771):«Èpossibilechelamaggiorenazionedebitrice del mondo rimanga la potenza mondiale dominante? È possibile che una piccola nazioneinsulare, al momento militarmente insignificante, e assai lontana dai centri di potere tradizionali, siassumaalmenopartedellaleadershipglobalenecessaria?».Questidueinterrogativimostranolapeculiareconfigurazionedelpoteremondialeemersaaltermine

del ciclo sistemico di accumulazione statunitense. Da un lato, gli Stati Uniti conservano un quasi-monopolio dell’uso legittimo della violenza su scalamondiale – un quasi-monopolio consolidatosi apartiredal1987conilcrollodell’UnioneSovietica.Mail loroindebitamentofinanziarioètalechelapossibilità di conservare questomonopolio dipende dal consenso degli organismi che controllano laliquiditàmondiale.Dall’altrolato,ilGiapponeele«isole»minoridell’arcipelagocapitalisticodell’Asiaorientale hanno conquistato un quasi-monopolio della liquidità mondiale, anch’esso consolidatosi apartiredal1987conildeclinodelpoterefinanziariodellaGermaniaoccidentaledopol’assorbimentodiquellaorientale.Ma la loro incapacitàdidifendersimilitarmenteè talecheessipossonocontinuareaesercitare quel quasi-monopolio solo con il consenso degli organismi che controllano l’uso legittimodellaviolenzasuscalamondiale.Questa peculiare configurazione del potere mondiale sembra essere particolarmente adatta alla

formazionediun’altradiquelle«memorabilialleanze»trailpoteredellearmieilpoteredeldenaroche,apartiredallasecondametàdelXVsecolo,hannofattoprogredirenellospazioeneltempol’economia-mondocapitalistica.Tuttequestememorabilialleanze,aeccezionedellaprima–quellatragenovesieiberici –, furono alleanze tra gruppi governativi e imprenditoriali appartenenti allo stesso stato: leProvinceUnite, ilRegnoUnitoegliStatiUniti.Comeèstatoosservato inprecedenza, il rapportodiscambiopoliticochedurantetuttoilciclosistemicodiaccumulazionestatunitensehaunitolaricercadelprofitto da parte delGiappone agli obiettivi di potere degli StatiUniti è stato simile al rapporto tragenovesi e ibericidelXVI secolo.Eorache il regimestatunitense si sta approssimandoalla suacrisiterminale(ammessochenonlastiagiàvivendo),checosapotrebbeimpedirechequestorapportovengarinnovato per promuovere e organizzare una nuova espansione materiale dell’economia-mondocapitalistica?La risposta a questa domanda dipende dall’importanza che attribuiamo al fatto che, come osserva

Bergsten,ilGiapponeè«assailontanodaicentridipoteretradizionali».Èquesta,ineffetti,un’ulteriorefondamentaledifferenza tra l’attuale configurazionedel poteremondiale e quelle caratteristichedelleprecedentitransizioni;nonsolodellatransizionedalregimebritannicoaquellostatunitensemaanchediquelledal regimegenoveseaquelloolandeseedal regimeolandeseaquellobritannico.Per laprimavoltadalleoriginidell’economia-mondocapitalistica,sembracheilpoteredeldenarostiasfuggendo,ochesiasfuggito,dallemanidell’Occidente.Certo,ilGiapponeèdalungotempoun«membroonorario»dell’Occidente.Maquestaappartenenza

onorariaèsemprestatacondizionataaunruolosubordinatorispettoagliobiettividipoteredeglistati«realmente» occidentali. Come osserva Cumings, all’inizio del XX secolo il Giappone era unWunderkindpergliinglesi,maun«pericologiallo»peritedeschi;negliannitrentaeraunWunderkind

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per i tedeschiegli italiani,maunmostroindustrialepergli inglesi;enell’Americadeglianniottantadivenne unWunderkind per coloro che difendevano posizioni internazionaliste, ma un mostro per isostenitoridelprotezionismo.Nelcomplesso,glioccidentalihannosìinvitatoilGiapponeafarsistrada,manontantodaminacciarli,«perchéaquelpuntocisitrasformadamiracoloinpericolo»(Cumings,1993,p.32).Dinuovo,nell’attualeconfigurazionedelpotere,vièilfattocheilGiapponehafattotalmentetanta

strada–specializzandosinellaricercadelprofittonellaregionedell’AsiaorientaleelasciandochegliStatiUnitisispecializzasseronellaricercadelpoteremondiale(incollaborazioneeinconcorrenzaconaltristatiacuiè“capitato”ditrovarsitraivincitoridellaSecondaguerramondiale)–daimpadronirsidiunadelle duepiù importanti componenti delle fortunedell’Occidente nel corso dei cinquecento anniprecedenti:ilcontrollosuicapitalieccedenti.Equestoperchéciascunodeisuccessiviciclisistemicidiaccumulazionechehannofattolaricchezzadell’Occidenteèstatobasatosullaformazionediunbloccoterritorial-capitalisticocompostodaorganizzazionigovernativeeimprenditorialisemprepiùpotenti,epiù capace del suo predecessore di ampliare o approfondire la portata spaziale e funzionaledell’economia-mondo capitalistica. La situazione odierna sembra indicare che questo processoevolutivoabbiaraggiunto,ostiaperraggiungere,iproprilimiti.Da un lato, le capacità belliche e di formazione dello stato dei centri di potere tradizionali

dell’Occidentecapitalisticosonoarrivateaunpunto incuiun loroulterioreaumentoèpossibilesoloattraversolaformazionediunimperomondialedavveroglobale.Conilcrollodell’UnioneSovietica,econ la rivitalizzazione dei Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite come «monopolista» globaledell’usolegittimodellaviolenzainrispostaauncrescentecaossistemico,èpossibilechenelprossimomezzosecolocircataleimperomondialevengadavverorealizzato.Qualesaràlasuarealefunzione–salvareilpianetadall’autodistruzioneecologica;tenereabadaipoveridelmondo;crearelecondizioniper un usopiù equodelle risorse planetarie – è una domanda alla quale questo lavorononpuòdarealcuna risposta significativa.Ma in ogni caso, la realizzazionedi questo imperomondiale richiede ilcontrollosullefontipiùproduttivedeicapitalieccedentimondiali,fontiorasituatenell’Asiaorientale.D’altro cantonon è affatto chiaro conquali strumenti i centri di potere tradizionali dell’Occidente

potrebberoacquisireeconservarequestocontrollo.Essipossono,naturalmente, tentarediristabilireilproprio controllo sui capitali eccedenti seguendo il sentiero di sviluppo del capitalismo dell’Asiaorientale.Edèquantostannocercandodifare,siaaccrescendoipropriinvestimentiinAsiaorientale,siaincorporandopiùafondoepiùestesamenteleriservedilavoroabassocostopiùvicine,comegliStatiUniti e il Canada con ilNAFTA. Nondimeno, questi tentativi intensificano ulteriormente la lottaintercapitalisticaglobale, inun’epoca incui idonidellageografiaedellastoriadicui l’Occidentehagodutoinpassatosisonotrasformatiinostacoli,interminiassolutie,soprattutto,inrelazioneall’Asiaorientale. Nellamigliore delle ipotesi, questa ulteriore intensificazione delle pressioni concorrenzialiglobaliminerà la redditività e la liquidità dei capitali dell’Asia orientale senza accrescere quelle deicapitalidell’AmericadelNord(pernonparlarediquellidell’Europaoccidentale).Nellapeggioredelleipotesi,disgregandolacoesionesocialesucuisonogiunteabasarsilecapacitàbellicheediformazionedellostatodeicentridipoteretradizionali,essapotràsenz’altrodistruggerelaprincipaleresiduafontediforzadiquesticentri.Perché allora non cercare una soluzione a questa lotta concorrenziale autodistruttivamediante una

rinegoziazione dei termini dello scambio politico che ha legato il capitalismo dell’est asiatico alkeynesismo militare globale degli Stati Uniti durante tutta l’epoca della guerra fredda? Perché nonriconoscere i fondamentali limiti che lo spostamento dell’epicentro dei processi sistemici diaccumulazione del capitale verso l’Asia orientale pone alle capacità di formazione statale e diconduzionedellaguerradell’Occidente,indipendentementedalfattochequestegrandicapacitàpossanosembrare,osianoinrealtà,senzaprecedentiesenzaeguali?Perché,inaltritermini,nonconsentireal

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capitaledell’Asiaorientaledidettarelecondizioniallequalisarebbedispostoasostenerel’Occidentealpotere?Infondo,nonèquestoiltipoditransazionedicuièconsistitoilcapitalismostorico?Ancoraunavolta, il limitatopianodiricercadiquestolavorociconsentedisollevaredomandema

non di dare a esse risposte significative. Le risposte vanno cercate principalmente al livello dellestrutture sottostanti dell’economia di mercato e della vita materiale escluse dalla nostra analisi.Possiamonondimenoporretermineallanostraesposizionemostrandoleimplicazioniperilcapitalismocomesistemamondialedeitrepossibiliesitidell’attualecrisidelregimediaccumulazionestatunitense.In un primo scenario, i vecchi centri potrebbero riuscire ad arrestare il corso della storia del

capitalismo.Negli ultimi cinquecento anni essa è stata una successione di espansioni finanziarie nelcorsodellequalisièavutouncambiodellaguardiaaiverticidell’economia-mondocapitalistica.Questosbocco è presente a livello di tendenza anche nell’attuale espansione finanziaria.Ma tale tendenza ècontrastatadallaportatastessadellecapacitàbellicheediformazionedellostatodellavecchianazionedominante,laqualepotrebbesenz’altroessereingradodiappropriarsi,attraversolaforza,l’astuziaolapersuasione,deicapitalieccedentichesiaccumulanoneinuovicentri,ponendocosìfineallastoriadelcapitalismoattraversolaformazionediunimperomondialedavveroglobale.Nelsecondoscenario,lavecchianazionedominantepotrebbenonriuscireadarrestareilcorsodella

storia del capitalismo, e il capitale dell’Asia orientale potrebbe giungere a occupare una posizionedominante nei processi sistemici di accumulazione del capitale. La storia del capitalismo dunquecontinuerebbe,ma incondizioni radicalmentediversedaquelleesistiteapartiredalla formazionedelmodernosistemainterstatale.Lanuovanazionedominanteaiverticidell’economia-mondocapitalisticasarebbeprivadellecapacitàbellicheediformazionedellostatoche,storicamente,sonostateassociateallariproduzioneallargatadiunostratocapitalisticoallasommitàdellivellodimercatodell’economia-mondo. Se Adam Smith e Fernand Braudel erano nel giusto nell’affermare che il capitalismo nonsarebbesopravvissutoaquestadissociazione,alloranonsarà,comenellaprimaipotesi,l’azionediunparticolareagenteaporretermineallastoriadelcapitalismo:essagiungerebbealterminecomerisultatodelleconseguenzenonintenzionalideiprocessidiformazionedelmercatomondiale.Ilcapitalismo(il«contromercato»)siestinguerebbeassiemealpoterestatalechenehafattolefortunenell’eramoderna,eillivellosottostantedell’economiadimercatofarebberitornoaqualchetipodiordineanarchico.Infine,perparafrasareSchumpeter,primadisoffocare(orespirare)nellaprigione(onelparadiso)di

unimperomondialepostcapitalisticoodiunasocietàmondialedimercatopostcapitalistica,l’umanitàpotrebbe bruciare negli orrori (o nelle glorie) della crescente violenza che ha accompagnato laliquidazionedell’ordinemondiale della guerra fredda.Anche in questo caso la storia del capitalismogiungerebbeal termine,maquestavoltaattraversounritornostabilealcaossistemicodalqualeebbeorigineseicentoannifaechesièriprodottosuscalacrescenteaognitransizione.Sequestosignificheràlaconclusionedellastoriadelcapitalismoolafinedell’interastoriadell’umanità,nonèdatosapere.

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Poscrittoallanuovaedizione

LaprimaedizionedelLungoXXsecolo, pubblicatanel 1994, esprimeva tre tesi principali.Scopodelpresente Poscritto è chiarire il significato di quelle tre tesi, valutando in che modo possano aiutarel’osservazionedi comesi è evoluta l’economiapoliticaglobaleneiquindici anni trascorsidaquandofuronoproposteperlaprimavolta.La prima tesi è che l’espansione finanziaria che ha caratterizzato l’economia globale negli ultimi

decenni del XX secolo non è stata un fenomeno isolato, ma una tendenza del capitalismo storicoricorrentefindallesueorigini.Seèverocheinqualchemodoletendenzedelpassatofungonodaguidaper il presente e il futuro, ci saremmo potuti aspettare che l’espansione finanziaria ristabilissetemporaneamentelefortunedelpiùimportanteagentecapitalisticodell’epoca,gliStatiUniti,salvopoiportareauncambiamentodileadershipnelcentrodiaccumulazionedelcapitalesuscalamondiale.Mutuando le parole di Gerhard Mensch (1979, p. 75), ho definito «crisi spia» l’avvio di

un’espansione finanziaria, e «crisi terminale» del regime di accumulazione dominante la finedell’espansione.Nel senso in cui houtilizzato tali espressioni, la «crisi spia»– cioè il passaggiodalcommercioedallaproduzioneall’intermediazionefinanziariaeallaspeculazione–èilsegnalechelapossibilità di continuare a trarre profitto dal reinvestimento di capitale nell’espansione materialedell’economia-mondo ha raggiunto il limite. La finanziarizzazione permette a chi la promuove e laorganizza di prolungare la propria leadership nell’economia-mondo, ma storicamente ha semprerappresentatoilpreludioalla«crisiterminale»delregimediaccumulazioneancoradominante,ossiaalsuocrolloeallasuasostituzioneconunnuovoregime.La seconda tesi è che le espansioni finanziarie non sono soltanto fenomeni ricorrenti (ciclici),ma

anche momenti di fondamentale riorganizzazione del regime di accumulazione. Grazie a successiveriorganizzazionidiquestotipo,ilcapitalismohaottenutoilpredominioglobaleehaprogressivamenteesteso il proprio raggio d’azione e la propria penetrazione. In altre parole, di pari passo con leespansionifinanziariesonoemersiagentidiaccumulazionedelcapitalesuscalaglobalepiùpotentideiloropredecessori,siafinanziariamentechemilitarmente.La terza tesi èche ladinamicadelcapitalismomondialenonsoloèmutatanel tempo,maha reso

anomala,neisuoielementichiave,l’espansionefinanziariadifineXXsecolo.Un’anomaliadecisivaèlabiforcazionesenzaprecedentitrapoterefinanziarioepoteremilitareche,comehosostenuto,potrebbesvilupparsi in una di queste tre direzioni: la formazione di un impero mondiale; la formazione diun’economia-mondononcapitalistica;unasituazionediincessantecaossistemico.

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Lalogicadelleespansionifinanziarie

Nella concettualizzazione delle espansioni finanziarie proposta nel Lungo XX secolo, le espansionimaterialifinisconopercondurreaunasovraccumulazionedicapitale,equindialla tendenza,dapartedelleorganizzazionicapitaliste,asfidarsinelle rispettivesferediazione.Vienemeno ladivisionedellavorocheinprecedenzadefinivaiterminidellalorocooperazione,elaconcorrenza,dagiocoasommapositiva,sitrasformasemprepiùingiocoasommazero(opersinoasommanegativa).Accentuandolatendenza generale alla riduzione dei margini di profitto nel commercio e nella produzione, unacompetizione spietata rafforza l’attitudine degli agenti capitalistici amantenere in forma liquida unaporzionecrescentedeiflussifinanziariinentrata.Intalmodo,consolidaquellechepossiamochiamarele condizioni «di offerta» delle espansioni finanziarie. Così, come hamesso in luce Greta Krippner(2005),laquotacomplessivadeiprofittiaziendalistatunitensirelativiaisettorifinanziario,assicurativoe immobiliare ha quasi raggiunto negli anni ottanta, e superato negli anni novanta, la quotarappresentatadall’industria;ma, inoltre,cosaancorapiù importante, lestesse impresenon finanziariehanno nettamente aumentato gli investimenti in attività finanziarie rispetto a quelli in impianti emacchinari.Le espansioni finanziarie simanifestano inmaniera duratura soltanto quando la preferenza per la

liquiditàdegliagenticapitalisticisicombinaconappropriatecondizioni«didomanda».Storicamente,ilfattore decisivo nella creazione delle condizioni di domanda per le espansioni finanziarie è statol’intensificazione della concorrenza interstatale per il capitale mobile – una competizione che MaxWeber(1961,vol.I,p.357)hadefinito«lacaratteristicaspecifica[dell’eramoderna]nelquadrodellastoria universale». Non è un caso che le espansioni finanziarie si verifichino nei periodi in cui laconcorrenzainterstataleperilcapitalemobileèparticolarmenteintensa.Ilfattoècheleorganizzazioniterritorialiste tendono a reagire alle più severe restrizioni di bilancio, derivanti dal rallentamentodell’espansionecommercialeeproduttiva,conunapiùintensacompetizioneperilcapitaleaccumulatosinei mercati finanziari. Questa dinamica comporta enormi redistribuzioni sistemiche di reddito ericchezza dalle comunità più varie agli agenti che controllano il capitale mobile, così gonfiando esostenendo la redditività di transazioni finanziarie ampiamente separate dal commercio e dallaproduzione.Tuttelebelleépoquesdelcapitalismofinanziario–dallaFirenzedelRinascimentoall’eradiReagan epoi diClinton– si sonodistinteper redistribuzioni di questo tipo (vedi ancheArrighi eSilver,2003,soprattuttoilcap.3;Silver,2003,cap.3).Il concettodi espansioni finanziariedi cui tratta Il lungoXXsecolo si fonda sull’analisi diBraudel

secondo cui tali espansioni rappresentano il sintomo della maturazione di una particolare fase dellosviluppo capitalistico. Esaminando il ritiro dal commercio, con lo scopo di diventare «i banchierid’Europa», degli olandesi intorno al 1740, Braudel suggerisce che questo ripiegamento sia unaricorrente tendenza sistemica mondiale. La stessa tendenza si era già evidenziata nell’Italia del XVsecolo, e di nuovo intorno al 1560, quando i gruppi dirigenti della diaspora degli uomini d’affarigenovesisiritiraronogradualmentedalcommercioperesercitare,nelcorsodicirca70anni,undominiosulle finanzeeuropee«tantodiscretoe sofisticatoda sfuggirepermolto tempoall’osservazionedeglistorici».Dopogliolandesi,gliinglesireplicaronolatendenzaduranteedopolagrandedepressionedel1873-96, quando la fine della «fantastica avventura della rivoluzione industriale» creò unasovrabbondanzadicapitalemonetario(Braudel,1981-82,vol.III,pp.140-141e235).Hosostenutochela«rinascita»delcapitalefinanziarioneltardoXXsecolo–dopol’altrettanto«fantasticaavventura»delcosiddettofordismo-keynesismo–fosseunaltroesempiodiquelricorrenteritornoall’«eclettismo»cheinpassatosiassociavaallamaturazionediunimportantesviluppocapitalistico.Alle analisi di Braudel sulle espansioni finanziarie ho aggiunto l’osservazione diMarx per cui il

sistema creditizio è stato uno strumento cruciale per il trasferimento dei capitali eccedenti dai centri

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capitalisticidicommercioediproduzioneindeclinoaquelliinascesa.PoichénelCapitaleMarxastraeilnucleodellapropriaargomentazionedalruolodeglistatineiprocessidiaccumulazionedelcapitale,idebiti pubblici e l’alienazione del patrimonio e dei redditi futuri degli stati sono relegati alla voce«accumulazioneoriginaria»,cioè«un’accumulazionechenonèilrisultato,mailpuntodipartenzadelmododiproduzionecapitalistico»(Marx,1978,libroprimo,p.879).QuestaconcettualizzazioneimpedìaMarx di apprezzare, come invece feceWeber, la persistente importanza del debito pubblico in unsistemacapitalistacheèintegratoinstaticontinuamenteincompetizionefraloroperilcapitalemobile.Nondimeno,Marxeraconsapevoledelruologiocatodaldebitopubbliconell’«avviare»ripetutamentel’accumulazionedicapitaleattraversolospazio-tempodelcapitalismomondiale,dallesueoriginifinoai suoi giorni. In tal modo Marx individuò una sequenza storica, che partiva da una Venezia «indecadenza», laqualeprestòfortisommedidenaroall’Olanda,eproseguivaconlastessaOlanda,cheprestò«enormicapitali,[…]inparticolareallasuaforteconcorrente,l’Inghilterra»dopoaver«cessatodi essere lanazione industrialeecommercialedominante», e infinecon l’Inghilterra, cheai tempidiMarxstavafacendolostessocongliStatiUniti(Marx,1978,libroprimo,p.928).Marxnonsviluppòmaileimplicazioniteorichedellesueanalisistoriche.Nonostanteilconsiderevole

spazio dedicato al «capitalemonetario»nel terzo libro delCapitale, si limitò sempre a considerare idebitipubbliciel’alienazionedellostatocomemeccanismidiun’accumulazione«chenonèilrisultato,ma il punto di partenza del modo di produzione capitalistico» (Marx, 1978, libro primo, p. 879).Eppure,nellesueanalisistoriche,ciòcheinuncentro(Olanda,Inghilterra,StatiUniti)sipresentacome«punto di partenza» è al tempo stesso il «punto di arrivo» di lunghi periodi di accumulazione delcapitale presso centri affermatisi in precedenza (Venezia, Olanda, Inghilterra). Per ricorrereall’immaginediBraudel,ciascunaespansionefinanziariaè«l’autunno»diunosviluppocapitalisticodirilievostoricomondialecheharaggiuntoiproprilimitiinundeterminatoluogo,econtemporaneamentela«primavera»diunosviluppodirilievoancormaggiore,chestainiziandoinunaltroluogo.Negli ultimi 15 anni si è manifestata una tendenza piuttosto simile. Come ho sottolineato

nell’Introduzione, citando Joel Kotkin e Yoriko Kishimoto (1988, p. 123), «con uno sbalorditivocapovolgimento della tesi diMarx, gli StatiUniti non stanno seguendo ilmodello degli altri imperiesportatoridicapitali(Venezia,OlandaeGranBretagna),mastannooraattraendounanuovaondatadiinvestimentidall’estero».DopocheneglianninovantaeduemilalaCinahascalzatoilGiapponecomeleaderdell’espansioneeconomicainAsiaorientale,ilcapovolgimentosièfattomenoevidente,poichélegrandi impresestatunitensihanno investito inCina inmisurabenmaggiorediquantoabbianomaifattoinGiappone.Restapurvero,tuttavia,cheiflussidicapitaledaicentridiaccumulazioneemergenti(Asia orientale) a quelli declinanti (Stati Uniti) continuano a superare i flussi in direzione opposta:un’anomaliadiquest’ultimaespansionefinanziariasucuitorneremonelleprossimepagine.

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Modellicicliciedevolutividelcapitalismostorico

Leanalogietraiciclisistemicidiaccumulazione–ognunodeiqualiconsistenell’emergerediunnuovoregime nel corso dell’espansione finanziaria del vecchio regime – hanno portato alcuni lettori adattribuirealLungoXXsecolounragionamentopuramenteciclico,incui,secondoleparolediMichaelHardt e Antonio Negri (2002, p. 243), «è impossibile riconoscere alcuna rottura sistemica, unmutamentodiparadigma,unevento.Tuttodeveinveceritornare, intalsensolastoriadelcapitalismodivienel’eternoritornodelmedesimo»(vediancheDetti,2003,pp.551-552).Inrealtà,l’enfasicheillibroponesullaperiodicitàdelleespansionifinanziarienonimpediscediindividuarerotturesistemichee cambiamenti di paradigma, né tantomeno è diretta a raffigurare la storia del capitalismo come uneternoritornodelmedesimo.Alcontrario,essaèintesaadimostrarechenelmomentostessoincui«ilmedesimo»(nellaformadiespansionifinanziariericorrenti)sembraritornare,avvengonofondamentaliriorganizzazionidelsistema.Lacomparazionetrasuccessiviciclisistemicidiaccumulazionepropostanellibromostravacomegli

agenti, le strategie e le strutture di ciascuno di essi fossero differenti; inoltre, la sequenza dei ciclidescriveunmodelloevolutivoversoregimididimensioni,portataecomplessitàcrescenti.Lafigura24riassume questomodello di evoluzione storica, focalizzandosi sui «contenitori di potere» che hannoospitato il «quartier generale» dei massimi agenti capitalistici nei regimi che si sono susseguiti: laRepubblicadiGenova,leProvinceUnite,ilRegnoUnitoegliStatiUniti.Aitempidell’ascesaedellapienaespansionedelregimegenovese,laRepubblicadiGenovaerauna

città-stato. Le sue dimensioni erano modeste e l’organizzazione piuttosto semplice. Profondamentedivisaalivellosociale,epressochéindifesasulpianomilitare,erapermoltiaspettiunostatodebole,inconfrontoatuttelegrandipotenzedeltempo.Alcontrario,leProvinceUniteeranoun’organizzazionepiù vasta e assai più complessa della Repubblica genovese: all’epoca in cui sorse e si espansepienamente il regime di accumulazione olandese, erano abbastanza potenti da conseguirel’indipendenzadallaSpagna imperiale, da ritagliarsiun imperoestremamente redditiziodi avamposticommercialieda tenersiadebitadistanzadallaminacciamilitareportatadaInghilterraeFrancia.Laclasse capitalistica olandese, come in precedenza quella genovese, fu in grado di trasformare laconcorrenza tra stati per il capitale mobile in motore per la valorizzazione del proprio capitale. Gliolandesi,tuttavia,riuscironoafarlosenzadover«acquistare»protezionedaglistatiterritorialisti,comeinveceeraaccadutoaigenovesi,grazieunarelazionediscambiopoliticoconisovraniiberici.Inaltreparole,ilregimeolandese«internalizzò»icostidiprotezionecheigenovesiavevano«esternalizzato»,comeillustralafigura24.

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Aitempidell’ascesaedellacompletaespansionedelregimediaccumulazionebritannico, ilRegnoUnito era uno stato nazionale pienamente sviluppato, con un impero commerciale e territoriale didimensioniglobalicheconferìaisuoigruppidominantieallasuaclassecapitalisticauncontrollosenzaprecedentisullerisorseumaneenaturalidelmondo.Comegliolandesi,ibritannicinonebberobisognodi affidarsi a potenze straniere per la propria protezione, e non dovettero dipendere dagli altri per lamaggior parte della produzione agricolo-industriale, su cui si basava la redditività delle loro attivitàcommerciali. Se il regime olandese, rispetto a quello genovese, aveva internalizzato i costi diprotezione, il regime britannico, rispetto a quello olandese, aveva internalizzato anche i costi diproduzione.Infine,gliStatiUnitieranouncomplessomilitare-industrialediproporzionicontinentali,conpotere

sufficientepergarantireun’efficaceprotezioneaungrannumerodigovernisubordinatiealleatieperrenderecredibilileminaccedistrangolamentoeconomicoodiannientamentomilitarerivolteainemici.Insieme alle dimensioni, all’insularità e alla ricchezza naturale del paese, questo potere permise allaclassecapitalisticadegliStatiUnitidiinternalizzarenonsoloicostidiprotezioneediproduzione,comegià quella britannica, ma anche i costi di transazione, vale a dire i mercati da cui dipendeva lavalorizzazionedelsuocapitale.Ilcostanteaumentodelledimensioni,delraggiod’azioneedellacomplessitàdeisuccessiviregimidi

accumulazione del capitale su scalamondiale è in una certamisura offuscato da un’altra peculiaritàdellasequenzastoricadiquestiregimi.Comemostralafigura24,c’èstataun’oscillazioneinavantieall’indietro,comeinunpendolo,traregimidiaccumulazione«estensivi»e«intensivi»,cuiècorrispostaun’alternanzatrastruttureorganizzative«cosmopolite-imperiali»e«managerial-nazionali».Ognipasso

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avanti nel processo di internalizzazione dei costi da parte di un nuovo regime di accumulazione hacomportato la rinascita di strategie e strutture governative e imprenditoriali già superate dal regimeprecedente.Pertanto, l’internalizzazionedeicostidiprotezionedapartedel regimeolandese, rispettoal regime

genovese,avvenneattraversoilrecuperodellestrategieedellestrutturedelcapitalismomonopolisticodistatovenezianogiàrimpiazzatedallostessoregimegenovese.Analogamente,l’internalizzazionedeicostidiproduzioneoperatadal regimebritannico, rispettoal regimeolandese, siverificòmediante larinascita in forme nuove, più ampie e complesse, delle strategie e delle strutture del capitalismocosmopolitagenoveseedelterritorialismoglobaleiberico.Un terzo elemento del modello evolutivo identificato nel Lungo XX secolo è il progressivo

accorciamento della durata di ciascun ciclo sistemico di accumulazione. Mentre le organizzazionigovernativeeimprenditorialiallaguidadiciascunciclosifacevanosemprepiùpotentiecomplesse,ilciclo di vita dei regimi di accumulazione è diventato più breve. Il tempo necessario perché ciascunregimeemergessedallacrisidelprecedenteregimedominante,perdivenireessostessodominanteepoiraggiungere i propri limiti (segnalati dall’avvio di una nuova espansione finanziaria), fumeno dellametà sia nel caso del regime britannico in confronto a quello genovese, sia nel caso del regimestatunitenserispettoaquelloolandese.Questomodellodisviluppocapitalisticopercuiaunaumentodelpoteredeiregimidiaccumulazione

siassociauncalodellaloroduratarichiamaallamentelatesidiMarxsecondolaquale«[i]lverolimitedellaproduzionecapitalisticaèilcapitalestesso»,elaproduzionecapitalisticasuperacontinuamenteiproprilimitiimmanentisoltanto«condeimezzichelapongonodifronteaglistessilimitisuscalanuovae più alta» (Marx, 1978, libro terzo, pp. 350-351; corsivo nell’originale). Ho sostenuto che questacontraddizione dovrebbe essere riformulata in termini più generali. Marx, infatti, la applicòesclusivamente al capitalismo come «modo di produzione», cioè allo stadio di sviluppo della GranBretagna, che internalizzò i costi di produzione.Ma il principio per cui il vero limite dello sviluppocapitalistico è il capitale stesso era già chiaramente in azione negli stadi di sviluppo genovese eolandese.Sianella fasegenoveseche inquellaolandese, il puntodipartenzaedi arrivodell’espansionedel

commercioedellaproduzionemondialifuilperseguimentodelprofittocomefineinsédapartediunospecificoagentecapitalistico.Nelprimostadio,le«grandiscoperte»,l’organizzazionedelcommerciodilunga distanza all’interno e attraverso i confini del vasto impero iberico (o degli imperi iberici) e lacreazione di un embrionale «mercato globale» ad Anversa, Lione e Siviglia furono per il capitalegenovese meri strumenti della propria valorizzazione. E quando, intorno al 1560, questi mezzi nonfurono più utili allo scopo, il capitale genovese si disimpegnò immediatamente dal commercio perspecializzarsi nell’alta finanza. Allo stesso modo, l’impresa di trasportare merci tra giurisdizionipoliticheseparateespessodistanti,lacentralizzazionedelcommercioditransitoadAmsterdamedelleindustrieadaltovaloreaggiunto inOlanda, lacreazionediuna retemondialedi scambieavamposticommercialiela«produzione»diqualunquegenerediprotezionefosserichiestadatuttequesteattivitàfuronoperilcapitaleolandesepuriesemplicimezzidellapropriaespansione.Equandointornoal1740questi mezzi non servirono più allo scopo, il capitale olandese li abbandonò per una maggiorespecializzazionenell’altafinanza.Inquest’ottica,nelXIXsecoloilcapitalebritannicosilimitòareplicareunmodelloinauguratomolto

primacheilcapitalismostoricocomemododiaccumulazionediventasseancheunmododiproduzione.L’unica differenza risiedeva nel fatto che, oltre al trasporto, all’immagazzinamento e ad altri tipi dicommercio di lunga e breve distanza, e alle relative attività di protezione e di produzione, nel ciclobritannico leattivitàestrattivee industriali–ciòchepotremmodefinireproduzione insensostretto–eranodiventate strumenti essenziali dellavalorizzazionedel capitale.Maquando, intornoal 1870, la

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produzioneeleconnesseattivitàcommercialinonrisultaronopiùutiliatalproposito,allorailcapitalebritannicosispecializzònellaspeculazioneenell’intermediazionefinanziaria,conlastessavelocitàdelcapitaleolandese130anniprimaediquellogenovese310anniprima,oltrechedelcapitalestatunitense100annidopo.L’essenzadellacontraddizioneèche, in tutti i casi storici, l’espansionemondialedelcommercioe

dellaproduzionerappresentaunmerostrumento,direttosoprattuttoadaccrescereilvaloredelcapitale;e tuttavia,nelcorsodel tempo, taleespansione tendea fardiminuire il saggiodiprofitto,decurtandocosì ilvaloredelcapitale.Graziealla loropersistentecentralitànelle retidell’alta finanza, i centridiorganizzazionegiàaffermati sononellaposizionemigliorepervolgereapropriovantaggio lasemprepiùintensaconcorrenzaperilcapitalemobile,cosìdaripristinareipropriprofittieilpropriopotereaspesedelrestodelsistema.DaquestopuntodivistalarestaurazionedeiprofittiedelpoterestatunitensineglianninovantadelNovecentosegueunmodellochehacontrassegnatoilcapitalismomondialefindalle sue origini. La questione tuttora aperta è se a questa restaurazione succederà, come è stato inpassato,unasostituzionedelregimeancoradominante(gliStatiUniti)conunaltro.

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Labiforcazionedelpoterefinanziarioemilitare

Se il futuro del capitalismo mondiale fosse interamente inscritto nei modelli riassunti nelle pagineprecedenti, il compito di prevedere che cosa aspettarsi sarebbe semplice. Per prima cosa, nel giro dicircamezzosecolodopolacrisispiadeiprimiannisettanta,ilregimestatunitensedovrebbeaffrontarelapropriacrisiterminale.Secondo,coniltempo(diciamonelgirodialtriventiotrent’anni)allacrisisubentrerebbe la formazione di un nuovo regime in grado di sostenere una rinnovata espansionematerialedell’economia-mondo.Terzo,l’organizzazionegovernativadominantediquestonuovoregimesi approssimerebbe ai caratteri di uno «stato-mondo»molto più di quanto abbiano già fatto gli StatiUniti. Quarto, il nuovo regime, a differenza di quello statunitense, sarebbe di natura estensiva(«cosmopolita-imperiale») piuttosto che intensiva («managerial-nazionale»). Infine, la cosa piùimportante:ilnuovoregimeinternalizzerebbeicostiperlariproduzionesiadellavitaumanachedellanatura,costicheilregimestatunitensehaavutolatendenzaaesternalizzare.Nonpossiamoescluderechealcunediquesteaspettativesirealizzerannodavvero.InAdamSmitha

Pechinohosostenutochalaprimaprevisionehagiàpresocorpo,echelasecondapotrebbeesseresulpuntodirealizzarsi.Ladisfattadel«Progettoperunnuovosecoloamericano»deineoconservatorisièrisoltonellacrisiterminaledell’egemoniastatunitense–cioènellasuatrasformazioneinpurodominio.Altempostesso,laprincipaleconseguenzaindesideratadell’invasionedell’Iraqèstataunatendenzapiùconsolidata dell’economia globale a spostare il proprio baricentro in Asia orientale, e, all’internodell’Asiaorientale,inCina.Seèverochequestavariazionegeograficadeveancoracrearelecondizioniperunarinnovataespansionematerialedell’economiamondiale,nonsipuòescluderecheprimaopoilopossafare(Arrighi,2007,cap.7).Le transizioni da un regime all’altro, tuttavia, non coincidono in tutto e per tutto con i modelli

prestabiliti.Imodellidiricorrenzaedevoluzionepiùaffermatimostranochelasuccessionedeisentieridisviluppoche,neisecoli,hasospintol’espansionedelcapitalismomondialefinoaraggiungerelesueattuali,onnicomprensivedimensioniglobalinonèstataunprocessocasuale.Mal’emergerediunnuovosentiero di sviluppo nel corso di ciascuna transizione è dipeso, ed è stato plasmato a fondo, da unagammadifattoristoriciegeograficichefuronoalorovoltatrasformatiericombinatidallacompetizioneedaiconflittiallabasedelleespansionifinanziarie.Inaltritermini,imodellicheosserviamoexpostsonoilfruttodicontingenzegeograficheestoriche

tanto quanto di necessità storiche. Speculando ex ante sugli effetti futuri dell’attuale transizione,dunque,dobbiamoprestarepariattenzionesiaaifenomenicherispecchianoimodellidiricorrenzaedevoluzionedelpassato,siaaquellichenonlofanno,valeadireallesignificativeanomaliedacuicisipuò attendere che gli esiti futuri si discostino dai modelli passati. Un’anomalia fondamentale dellacongiunturaodiernaèlabiforcazionesenzaprecedentidelpoterefinanziarioemilitare.Come ho sostenuto nell’Epilogo, benché il collasso dell’Unione Sovietica abbia lasciato agli Stati

Uniti il ruolo di unica superpotenzamilitare, il tramontodel potere sovietico si è accompagnato allacomparsadiquellocheBruceCumings(1993,pp.25-26)hadefinitol’«arcipelagocapitalista»dell’Asiaorientale.IlGiapponeerasenzadubbiolapiùgrandedelle«isole»dell’arcipelago.Tralerestantiisolele più importanti erano le città-stato diSingapore eHongKong, lo stato-guarnigione diTaiwan e lostato-nazionedimezzatodellaCoreadelSud.Secondoicritericonvenzionali,nessunodiquestistatierapotente.SeHongKongeTaiwannonpossedevanonemmenounapienasovranità,iduestatimaggiori–GiapponeeCoreadelSud–erano totalmentedipendentidagliStatiUnitinon soloper laprotezionemilitare, ma anche per gran parte del fabbisogno energetico e alimentare, nonché per la proficuacollocazionedeipropriprodotti industriali.Contrariamenteaquantoasseritodaalcunicritici,nonhomai ipotizzato che uno di questi stati (Giappone incluso) stesse per rimpiazzare gli StatiUniti comepotenza egemone. Nondimeno, il potere economico collettivo dell’arcipelago, in quanto nuova

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«officina» e «salvadanaio» del mondo, stava costringendo i centri del potere capitalistico – EuropaoccidentaleeAmericadelNord–aristrutturareeriorganizzareleproprieindustrie,leproprieeconomieeipropristilidivita.Quandohoscrittolaprimaedizionediquestolibro,noneropienamenteconsapevoledellaportatae

delle implicazionidel ritornodellaCinaalcentrodell’economiapoliticadell’Asiaorientale.Misonoresoconto,ineffetti,chelarinascitacineseharidotto,pursenzaeliminarla,labiforcazionetrailpoteremilitare(statunitense)eilpoterefinanziario(dell’Asiaorientale).(Èquestalaprincipaleragionepercuineglianninovantahospostatoilfulcrodellamiaricercadall’«arcipelagocapitalista»dell’AsiaorientaleallaCina: sivedanoArrighi eSilver2003;Arrighi,2008.)Eppure, comeho sostenutoallorae comepensoancoraoggi,iltipodibiforcazionetrapoteremilitare(statunitense)epotereeconomico(dell’Asiaorientale)cheabbiamopotutoosservaredaglianniottantanonhaprecedentinegliannalidellastoriadelcapitalismo.Labiforcazionehasottrattoall’Occidenteunodeiduefattoribasilaridellasuafortunanelcorsodeiprecedenti500anni:ilcontrollodeicapitalieccedenti.Èaltrettantoimportantenotareche,seinfuturolaCinaol’Asiaorientaledovesserodiventareegemoni,sarebbeun’egemoniamoltodiversadaquellaoccidentaledegliultimi500anni.La premessa di ciascuno dei successivi cicli sistemici di accumulazione è stata la formazione di

blocchidiorganizzazionigovernativee imprenditorialiancorapiùpotenti,edotate, rispettoalbloccoprecedente,dimaggioricapacitàdiincrementareilraggiod’azionespazialeefunzionaledelcapitalismomondiale. Come ho argomentato nell’Epilogo, questo processo evolutivo stava raggiungendo i suoilimiti perché «le capacità belliche e di formazione dello stato dei centri di potere tradizionalidell’Occidentecapitalisticosonoarrivateaunpunto incuiun loroulterioreaumentoèpossibilesoloattraverso la formazione di un imperomondiale davvero globale». Tuttavia, «la realizzazione [di untale] imperomondiale richiede il controllo sulle fonti più produttive dei capitali eccedentimondiali,fontiorasituatenell’Asiaorientale».Nonmierachiaro,enonmièchiarotuttora,«conqualistrumentiicentridipoteretradizionalidell’Occidentepotrebberoacquisireeconservarequestocontrollo».Avevo quindi concluso la prima edizione delineando non uno, ma tre scenari piuttosto differenti,

comepossibiliesitidellacrisiincorsodelregimediaccumulazionestatunitense.GliStatiUnitieiloroalleatieuropeiavrebberopotuto tentaredi ricorrereallapropria superioritàmilitareperotteneredagliemergenticentricapitalisticidell’Asiaorientaleun«pagamentodellaprotezione».Selosforzoavessedatoisuoifrutti,sarebbepotutosorgereilprimoimperoveramenteglobaledellastoriamondiale.Seunsimile tentativo non fosse stato effettuato, o se fosse stato provatoma senza successo, con il tempol’Asiaorientalesarebbepotutadiventareilcentrodiunasocietàdimercatoglobale,imperniatanonsuunsuperiorepoteremilitare,comeinpassato,bensìsulmutuorispettodellecultureedelleciviltàdelmondo.Eraanchepossibile,però,chelabiforcazionesfociasseinunincessantecaossuscalamondiale.ComehoasseritoparafrasandoJosephSchumpeter,primadisoffocarenellaprigione(onelparadiso)diunimperoglobaleconl’Occidentealpropriocentro,oinunasocietàdimercatomondialechehacomecentrol’Asiaorientale,«l’umanitàpotrebbebruciarenegliorrori(onelleglorie)dellacrescenteviolenzachehaaccompagnatolaliquidazionedell’ordinemondialedellaguerrafredda».

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Lacrisidell’egemoniastatunitenseel’ascesadellaCina

Tuttietregliscenaritratteggiatinell’Epilogorestanopossibilisbocchialternatividellacrisi terminaledell’egemonia statunitense. La biforcazione globalizzata del potere militare e finanziario e l’ascesaeconomicadell’Asiaorientaleprocedonospedite.Inunlibroscrittoaquattromani,pubblicatonel1999e intitolato Caos e governo nel mondo, io e Beverly Silver abbiamo sostenuto che l’incapacitàdell’economiagiapponesediriprendersidalcrollodel1990-92elacrisifinanziariainAsiaorientaledel1997-98 non bastavano a suffragare la conclusione che l’ascesa dell’Asia orientale fosse stata unmiraggio.Abbiamomessoinlucechenelleprecedentitransizioniegemonichesonosemprestatiicentridiaccumulazionedelcapitale suscalamondialeappenaemersia sperimentare lecrisi finanziariepiùintense,inquantolaloroabilitàfinanziariasuperavadigranlungalacapacitàistituzionalediregolaregliimponentiflussidicapitalemobileinentrataeinuscitadallelorogiurisdizioni.Ciòèstatoveroperl’InghilterradifineXVIIIsecolo,eancordipiùpergliStatiUnitidegliannitrenta.NessunouserebbeilcrollodiWallStreetdel1929-31elagrandedepressionecheneseguìcomeargomentopersostenerechel’epicentrodeiprocessiglobalidiaccumulazionedelcapitalenonsieratrasferitodalRegnoUnitoagli Stati Uniti. E un’analoga conclusione non può essere tratta neanche con riferimento alle crisifinanziarie dell’Asia orientale negli anni novanta (Arrighi e Silver, 2003, soprattutto il cap. 1 e laConclusione).Ciò non significa certo che i centri finanziari oggi dominanti non possano sperimentare crisi

finanziarie. Da questo punto di vista non sembra possibile generalizzare. Nella transizionedall’egemonia britannica a quella statunitense, ilRegnoUnito non ha affrontato una crisi finanziariaparagonabile a quella del paese nordamericano. Al contrario, durante l’attuale transizione, gli StatiUniti, nel 2000-01 e poi di nuovo nel 2008-09, hanno sperimentato crisi almeno tanto gravi quantoquelledell’Asiaorientaleneglianninovanta.Nel corso delle crisi degli anni novanta e dei primi duemila, l’espansione economica dellaCina è

proseguitaaunritmosenzaparagoninéprecedentiperunterritoriodisimiliproporzionidemografiche.InAdamSmithaPechino hoargomentatocome l’ascesacineseabbia radiciprofonde, cheaffondanononsolonellaricostituzionepoliticaesocialedellaCinasottoilcomunismodurantelaguerrafredda,maanchenei successidellaCina imperialenelcostruireunostatoeun’economianazionale, successicheprecedetterolasuaintegrazione,inposizionesubordinata,nelsistemainterstataleeurocentrico.Piùnello specifico, ho sostenuto che la Cina e la diaspora cinese d’oltreoceano hanno avuto un ruolosempre più decisivo nel promuovere l’integrazione e l’espansione economica della regione. Cosìfacendo,hannointensificatounapraticadilungadatanell’Asiaorientale,risalenteall’epocaimperiale:affidarsifortementealcommercioeaimercatiperlaregolazionedellerelazionitrasovraniediquelletrasovraniesudditi.IntornoallametàdelXVIIIsecolo(conleguerredell’oppio),divennechiarocomequesta pratica di lunga data fosse insufficiente a prevenire la sottomissione del sistema regionaleimperniatosullaCinanelsistemaeurocentrico.NeltardoXXsecolo,tuttavia,questastoricadipendenzadalcommercioedaimercatidiventòilfondamentodiunarinnovatacompetitivitànelmercatoglobalealtamenteintegratocheèemersosottol’egemoniastatunitense(Arrighi,2008,capp.1e12;vediancheArrighieSilver2003,inparticolareilcap.4).LacrescentecentralitàdellaCinanell’economiaglobalehaduerilevantiimplicazioniperilpossibile

esito dell’attuale crisi dell’egemonia statunitense. In primo luogo, ci si può attendere che questacrescentecentralità,nellamisuraincuièradicatanell’ereditàstoricadellaregione,proseguamoltopiùrobustaedesclusivadiquantofarebbesefosseilrisultatodisceltepoliticheeatteggiamentireplicabiliin altre regioni dell’economia-mondo. Inoltre, dato il suo peso demografico, con la sua espansioneeconomica laCinahasovvertito lagerarchiaglobaledella ricchezzamoltopiùdella sommadi tutti iprecedenti «miracoli» economici dell’Asia orientale. Ognuno di questi miracoli (incluso quello

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giapponese) è stato un caso di mobilità verso l’alto entro una gerarchia sostanzialmente stabile. Lagerarchiapotevaeriuscìaconsentirelamobilitàversol’altodiunamanciatadistatidell’Asiaorientale(tracuiduecittà-stato),coinvolgendocircaunventesimodellapopolazionemondiale.Maconsentirelamobilità verso l’alto di uno stato che da solo conta circa un quinto della popolazione mondiale ètutt’altraquestione.Comportauntotaleribaltamentodellastessastrutturapiramidaledellagerarchia.Ineffetti,selerecentiricerchesulledisparitàdiredditomondialihannorilevatountrendstatisticocalantenelledisuguaglianzetrastatiapartiredal1980,ciòsideveinteramenteallarapidacrescitaeconomicadellaCina(vedi,traglialtri,Berry,2005).Avendonotatolanaturastrutturalmentesovversivadellaprolungataespansioneeconomicacinese,in

Caosegovernonelmondoabbiamoindicatodueprincipaliostacoliaunatransizionenoncatastroficaversounordinemondialepiùequo.IlprimoerapostodallariluttanzadegliStatiUnitiall’adattamentoealla conciliazione. Parafrasando David Calleo (1987, p. 142), abbiamo sottolineato che il sistemamondialeimperniatosull’OlandaequelloincentratosullaGranBretagnasisgretolaronosottol’impattodiduetendenze:l’emergeredinuovepotenzeaggressiveeiltentativo,dapartedellapotenzaegemonedeclinante,diimpedirel’adattamentoelaconciliazione,percementarelapropriasupremaziamedianteunadominazionesfruttatrice.Nel1999sostenevamo:

NoncisononuovepotenzeaggressivecredibilichepossanoprovocareilcrollodelsistemamondialeimperniatosugliStatiUniti,ma, rispetto allaGranBretagna di un secolo fa, gli StatiUniti hanno possibilità anchemaggiori di trasformare la loro potenzaegemonicaindeclinoindominazionesfruttatrice.Seallafineilsistemacrollerà,saràprincipalmenteperlarefrattarietàdegliStatiUniti all’adattamento e alla conciliazione. E per converso, l’adattamento e la conciliazione nei confronti del crescente potereeconomicodellaregionedell’Asiaorientaleèunacondizioneessenzialeperunatransizionenoncatastroficaversounnuovoordinemondiale(ArrighieSilver2003,p.336).

L’elezionediBarackObamaallapresidenzadegliStatiUnitieilrelativocambiodirottanellapoliticaestera potrebbe ridurre la durezza di questo primoostacolo a una transizione non catastrofica.Menoimmediato,maaltrettantoimportante,èperòilsecondoostacolo:lacapacità,ancoradaverificare,degliagentidell’espansioneeconomicainAsiaorientaledi«intraprendereunnuovopercorsodisviluppopersestessieperilmondochedivergaradicalmentedaquellocheèattualmenteinunvicolocieco».Ciòrichiederebbe una netta deviazione dal sentiero socialmente ed ecologicamente insostenibile dellosviluppooccidentale,lungoilqualeicostiperlariproduzionedellavitaumanaedellanaturasonostatiampiamente «esternalizzati» (vedi fig. 24), escludendo in larga misura la maggioranza dellapopolazionemondialedai benefici dello sviluppo economico.Si tratta di un compito imponente, cheprocederàsuunatraiettoriaingranpartedefinitadallapressionedalbassoesercitatadamovimentidiprotestaeautodifesa.

Nelle passate transizioni egemoniche, gruppi dominanti intrapresero con successo il compito di modellare un nuovo ordinemondialesolodopo[aversubito]fortissimepressionidapartedimovimentidiprotestaediautodifesa.Questapressionedalbassosièampliataeintensificataditransizioneintransizione,portandoablocchisocialiallargatiaogninuovaegemonia.Possiamopertantoprevederechelecontraddizionisocialigiocherannounruolobenpiùdecisivochenelpassatonell’incidereprofondamentesiasullosvolgersidella transizione sia suqualunquenuovoordinechealla fine emergadall’incombente caos sistemico (Arrighi eSilver,2003,p.337).

Unannodopoquesteparole,scoppiòlabolladella«neweconomy»legataagliStatiUniti.Pocodopoarrivò lo shock dell’11 settembre 2001. Per un momento sembrò che gli Stati Uniti potesserosalvaguardare il proprio ruolo egemonico mobilitando un gran numero di forze governative e nongovernative nella guerra al terrorismo. Ben presto, però, si ritrovarono completamente isolati,ingaggiandounaguerracontrol’Iraqchenellapercezionecomunesembravaaverpocoachefareconlaguerraal terrorismoeviolarenormeeconsuetudinigeneralmenteaccettatenelle relazioni interstatali.Come sia Il lungo XX secolo che Caos e governo del mondo avevano previsto, la belle époque

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statunitenseègiuntaaltermine,econtuttaprobabilitàl’egemoniamondialedelpaesenordamericanoèentratanellasuacrisiterminale.BenchégliStatiUnitirimanganodigranlungalostatopiùpotentedelmondo,oggiquelloche intrattengonocon il restodelpianetapuòesseredescrittoalmegliocomeunrapportodi«dominiosenzaegemonia»(Arrighi,2008;vediancheGuha,1992).Questa trasformazione è nata non dall’emergere di nuove potenze aggressive, ma dalla resistenza

statunitenseall’adattamentoeallaconciliazione.Itentativididipingerel’IraqdiSaddamHusseincomeunanuovapotenzaaggressivanonhannomaiavutograndecredibilità,mentrelastrategiadisicurezzanazionaleadottatadall’amministrazioneBushinrispostaall’11settembreharappresentatounaformadirefrattarietàall’adattamentoeallaconciliazionemoltopiùestremadiqualunquesboccoimmaginatonelLungoXXsecolo e inCaos e governonelmondo. La crisi terminale dell’egemonia statunitense – se,come penso, è quello a cui stiamo assistendo – è un caso di «suicidio» di una grande potenza diproporzionimoltomaggioririspettoatutteleprecedentitransizioniegemoniche(Arrighi,2008).Dunque,ancorprimadeltracollofinanziariodel2008,avevointerpretatoloscoppiodellabolladella

«neweconomy»nel2000-01,unitaalfallimentodellarispostaneoconservatriceall’11settembre,comesintomo della «crisi terminale» dell’egemonia statunitense. Il crollo del 2008 ha semplicementeconfermato la validità di questa interpretazione. Non è chiaro che cosa potrà fare l’amministrazioneObama per frenare la crisi, o addirittura per invertire la rotta. Anche se Obama potrebbe essere unpresidente capace quanto lo fu Franklin Roosevelt, c’è una differenza di fondo tra le situazioniaffrontatedallelororispettiveamministrazioni.MentreconRooseveltgliStatiUnitieranodiventatilaprincipalenazionecreditricedelmondo,ObamahaereditatounasituazioneincuigliStatiUnitisisonotrasformati nella maggiore nazione debitrice. Tale differenza impone dei vincoli alle possibilitàdell’amministrazione Obama di perseguire politiche keynesiane in patria o politiche egemonicheall’estero,vincolimoltopiùrigididiquellisperimentatisottolapresidenzaRoosevelt.Adispettodiquestisviluppi,tuttietregliscenaripost-egemoniastatunitensedelineatinell’Epilogodi

questo librorimangonostoricamentepossibili.Puressendocompletamentefallito, il«Progettoperunnuovosecoloamericano»abbracciatodall’amministrazioneBushnonera ilpianodi imperomondialeprefigurato nel Lungo XX secolo. L’impero mondiale che questo libro ipotizzava come scenarioverosimilepost-egemoniastatunitenseeraunpianocollettivooccidentale.L’ideachegliStatiUnitisisarebberoimbarcatipraticamentedasoli inunprogettodi imperomondialeeragiudicata troppofolleperchévalesse lapenadiconsiderarla.Naturalmente lasconfittadiquesta linead’azionenonescludecheun’alleanzaoccidentaledinuovoconiosipossaimpegnare inunpiùrealisticoprogetto imperialemultilaterale.Anzi,proprioilfallimentodelprogettounilateralestatunitensepotrebbecrearecondizionipiùfavorevoliperlanascitadiunprogettooccidentalecollettivo.Seunimperouniversaledominatodall’Occidenterestaunapossibilitàconcreta,oggiunasocietàdi

mercatomondialeincentratasull’Asiaorientale,comeesitodelletrasformazionidell’economiapoliticaglobale in corso, sembra molto più probabile di 15 anni fa. Come ho sostenuto in Adam Smith aPechino,nellaregioneasiaticaorientale,eanchealtrove,laCinaèemersacomealternativasemprepiùcredibile alla leadership statunitense.MentregliStatiUniti restavano impantanati in Iraq, laCinahacontinuatoacrescereapassospedito,acquisendorisorsefinanziarieealleati inognipartedelmondoallastessavelocitàconcuigliStatiUnitilistavanoperdendo.Nonostanteisettorichiavedell’economiacinesedipendanoancorapesantementedalleesportazioniversoilmercatostatunitense,laprosperitàeilpoteredegliStatiUnitidipendonoinmisuraeguale,senonmaggiore,dalleimportazionidimercicinesiabassocostoedagliacquisticinesidibuonidelTesorostatunitensi.E,quelcheèpiù importante, laCina ha cominciato a sostituire gli Stati Uniti come principale forza motrice dell’espansionecommercialeedeconomicaanchealdilàdell’Asiaorientale(Arrighi,2008,inparticolareicapp.7,10e12).Dipersé,ilpesocrescentedellaCinanell’economiapoliticaglobalenongarantiscelanascitadiuna

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societàdimercatomondiale imperniata sull’Asiaorientale ebasata sulmutuo rispettodelle cultureedelle civiltà mondiali. Come evidenziato sopra, un esito simile presuppone un modello di svilupporadicalmentediverso,che,tralealtrecose,siasocialmenteedecologicamentesostenibileeoffraalSudglobale un’alternativa più equa al persistente dominio occidentale. Tutte le precedenti transizioniegemonichesisonocontraddistinteper lunghiperiodidicaossistemico,equestorimaneunpossibilesbocco.QualedegliscenarifuturialternatividescrittinelLungoXXsecolosirealizzeràrestaancoraunaquestioneaperta,lacuisoluzionesaràdeterminatadall’agireumanoedallenostreazionicollettive.

GiovanniArrighimarzo2009

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Sommario

PresentazionediMarioPianta

PrefazioneeringraziamentiIntroduzione1.Letreegemoniedelcapitalismostorico

Egemonia,capitalismoeterritorialismoLeoriginidelsistemainterstatalemodernoL’egemoniabritannicael’imperialismodelliberoscambioL’egemoniastatunitenseel’emergeredelsistemadiliberaimpresaVersounnuovoprogrammadiricerca

2.L’ascesadelcapitaleGliantecedentideiciclisistemicidiaccumulazioneLagenesidell’altafinanzaIlprimociclosistemicodiaccumulazione(Genova)Ilsecondociclosistemicodiaccumulazione(l’Olanda)Ladialetticadistatoecapitale

3.Industria,imperoel’accumulazionedicapitale«senzafine»Ilterzociclosistemicodiaccumulazione(l’Inghilterra)Ladialetticadicapitalismoeterritorialismo(I)Ladialetticadicapitalismoeterritorialismo(II)Riepilogoeprospetto

4.IllungoXXsecoloLadialetticadimercatoepianificazioneIlquartociclosistemicodiaccumulazione(gliStatiUniti)Ladinamicadellacrisiglobale

Epilogo.Puòilcapitalismosopravviverealpropriosuccesso?Poscrittoallanuovaedizione

LalogicadelleespansionifinanziarieModellicicliciedevolutividelcapitalismostoricoLabiforcazionedelpoterefinanziarioemilitareLacrisidell’egemoniastatunitenseel’ascesadellaCina

Bibliografia

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