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1 IL LINGUAGGIO SEGRETO DEL VOLTO “Quando desidero scoprire quanto sia saggia, stupida, buona o malvagia una persona, o cosa stia pensando in un dato momento, atteggio il mio volto, con la maggiore accuratezza possibile, nella stessa sua espressione, quindi aspetto di vedere quali pensieri o sentimenti sorgono nella mia mente o nel mio cuore, complementari o corrispondenti all’espressione.” (Edgar Allan Poe) Quando un ’emozione nasce, dentro di noi si attivano una serie di cambiamenti fisiologici e comportamentali per gestire la situazione che l’ha prodotta, con l’unico scopo di garantire il nostro benessere psicofisico. Le emozioni infatti si sono evolute proprio per aiutarci a controllare con rapidità gli eventi più vitali per la nostra esistenza, cioè tutte quelle situazioni in cui una valutazione razionale sarebbe lenta e quindi inutile ai fini della sopravvivenza. Ogni emozione genera delle sensazioni fisiche caratteristiche ed è accompagnata da segnali specifici involontari nella voce e nel corpo. Per quanto una persona possa essere poco espressiva, le emozioni non restano mai invisibili nè silenziose: chi ci guarda e ci ascolta è in grado di dire come ci sentiamo, a meno che non ci impegniamo consapevolmente a reprimere la nostra emotività. Ma anche in questi casi qualche traccia di essa traspare ed è comunque individuabile. Far capire a chi ci sta intorno cosa stiamo provando è un ulteriore retaggio evolutivo: presumibilmente la capacità dell’uomo di riconoscere gli stati d’animo altrui è stato fondamentale per la sopravvivenza della specie. I segnali emozionali a sè stanti però non indicano mai la fonte dell’emozione: a volte potresti configurarla dal contesto immediato, altre dovrai considerare le possibili alternative evitando di saltare alle conclusioni. L’emozione è una forma particolare di valutazione automatica con la quale si attivano una serie di cambiamenti fisiologici e comportamentali atti a gestire, rapidamente, una situazione importante per il nostro benessere psicofisico.

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IL LINGUAGGIO SEGRETO DEL VOLTO

“Quando desidero scoprire quanto sia saggia, stupida, buona o malvagia una persona, o cosa stia pensando in un dato momento, atteggio il mio volto, con la maggiore accuratezza possibile, nella stessa

sua espressione, quindi aspetto di vedere quali pensieri o sentimenti sorgono nella mia mente o nel mio cuore, complementari o corrispondenti all’espressione.”

(Edgar Allan Poe)

Quando un’emozione nasce, dentro di noi si attivano una serie di cambiamenti

fisiologici e comportamentali per gestire la situazione che l’ha prodotta, con l’unico

scopo di garantire il nostro benessere psicofisico. Le emozioni infatti si sono evolute

proprio per aiutarci a controllare con rapidità gli eventi più vitali per la nostra esistenza,

cioè tutte quelle situazioni in cui una valutazione razionale sarebbe lenta e quindi inutile

ai fini della sopravvivenza.

Ogni emozione genera delle sensazioni fisiche caratteristiche ed è

accompagnata da segnali specifici involontari nella voce e nel corpo. Per quanto una

persona possa essere poco espressiva, le emozioni non restano mai invisibili nè

silenziose: chi ci guarda e ci ascolta è in grado di dire come ci sentiamo, a meno che

non ci impegniamo consapevolmente a reprimere la nostra emotività. Ma anche in

questi casi qualche traccia di essa traspare ed è comunque individuabile. Far capire a

chi ci sta intorno cosa stiamo provando è un ulteriore retaggio evolutivo:

presumibilmente la capacità dell’uomo di riconoscere gli stati d’animo altrui è stato

fondamentale per la sopravvivenza della specie.

I segnali emozionali a sè stanti però non indicano mai la fonte dell’emozione: a

volte potresti configurarla dal contesto immediato, altre dovrai considerare le possibili

alternative evitando di saltare alle conclusioni.

L’emozione è una forma particolare di valutazione automatica con la quale si

attivano una serie di cambiamenti fisiologici e comportamentali atti a gestire,

rapidamente, una situazione importante per il nostro benessere psicofisico.

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LE ESPRESSIONI FACCIALI

Il volto, costituito da 22 muscoli mimici bilaterali, è la parte più espressiva del

corpo ed emette il maggior numero di segnali emozionali. Non a caso rivolgiamo

naturalmente lo sguardo verso di esso nelle interazioni con gli altri. Imparare a leggere i

segnali delle emozioni sul volto delle persone può aiutarti a riconoscerne gli stati

d’animo e quindi a gestirle.

Lo psicologo americano Paul Ekman è uno dei pionieri dello studio e della

catalogazione delle espressioni ed è considerato uno dei massimi esperti di mimica

facciale. Le sue ricerche, condotte tra popolazioni indigene culturalmente isolate, hanno

dimostrato che le espressioni del viso sono segnali involontari che rappresentano dei

veri e propri vocaboli di un linguaggio innato ed universale. A conferma delle teorie

darwiniane, è’ ormai un dato di fatto che non differiscono da cultura a cultura e non

sono frutto di un apprendimento.

Paul Ekman e il suo collega Wally Friesen hanno individuato sette emozioni di

base universalmente diffuse (gioia, sorpresa, dolore, paura, disprezzo, disgusto e

rabbia) di cui hanno isolato le espressioni caratteristiche. Dopo sette anni di ricerche

hanno stilato un sistema di codifica delle espressioni facciali: il Facial Action Coding

System (FACS) che rappresenta il primo e unico atlante anatomico del volto, standard

di riferimento per tutti coloro che si occupano di mimica. Si tratta di un metodo

scientifico atto a misurare ciascun movimento facciale relativo ad una determinata

espressione, scomponendolo nelle sue componenti (Action Units) fondamentali.

I due pscicologi hanno inoltre dedicato molto tempo allo studio del rapporto

reciproco tra mimica ed emozioni. L’esito del loro lavoro conferma che se da una parte

le emozioni sono in grado di condizionare la mimica facciale è anche vero che le

espressioni del viso possono influenzare a loro volta lo stato d’animo. Dopo aver

passato giorni seduti l’uno di fronte all’altro a provare espressioni di collera e

sofferenza, infatti i due studiosi si sentivano effettivamente più pessimisti e di cattivo

umore alla fine della giornata. Come abbiamo già visto, la mente non è una strada a

senso unico: il modo di muoversi, il portamento e quindi anche le espressioni facciali

influenzano i pensieri e le emozioni allo stesso modo in cui questi agiscono sul corpo.

Le espressioni facciali sono segnali involontari, innati e universali.

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Le espressioni facciali delle emozioni non si esprimono sempre nella stessa

maniera ma variano per grandezza, intensità e velocità.

Le espressioni manifestate più frequentemente sono le MACROESPRESSIONI, che

durano da 0,5 a 4 secondi, coinvolgono l’intera faccia e usualmente sono coerenti con

gli altri segnali della CNV dato che l’interlocutore non cerca di nascondere nulla. Le

ESPRESSIONI SOTTILI invece sono quelle per così dire “incomplete”, cioè che

coinvolgono un solo distretto del volto (sopracciglia, occhi o bocca). Sono molto veloci e

possono indicare un’emozione celata o di bassa intensità. Infine le

MICROESPRESSIONI sono espressioni velocissime che coinvolgono l’intera faccia ma

durano da 1/25 a 2/25 di secondo e sono molto difficili da cogliere ad occhio nudo. Le

microespressioni sono fughe di informazioni quando si tenta di reprimere un’emozione

sia inconsapevolmente che deliberatamente e sono usate come possibili rivelatori di

menzogna. Sul sito www.paulekman.com sono presenti due programmi interattivi che ti

aiutano a riconoscere i segnali sottili delle emozioni e le microespressioni sul volto delle

persone :il Subtle Expression Training Tool (SETT) e il Micro Expression Trainig Tool

(METT).

Esiste comunque un'altra categoria di espressioni: le cosiddette ESPRESSIONI

FALSE, che servono a nascondere ciò che si prova veramente o a mostrare qualcosa

che non si sente, indossando volontariamente una “maschera”. Generalmente è più

facile fingere emozioni positive piuttosto che negative: per questo motivo usiamo

spesso un sorriso di circostanza per nascondere il nostro vero stato d’animo. Secondo

Ekman la falsa mimica facciale viene smascherata principalmente da due

caratteristiche: la durata dell’espressione e la sua collocazione nel discorso.

L’espressione relativa a un’emozione che appare dopo averla manifestata verbalmente

e che dura più di 10 secondi probabilmente è falsa. Come regola generale vale

l'assunto che le espressioni non sincronizzate con i movimenti del corpo costituiscono

probabili indizi di menzogna.

In base a grandezza, velocità e intensità le espressioni facciali si dividono in:

Macroespressioni, Microespressioni ed Espressioni sottili.

Le emozioni condizionano la mimica facciale e viceversa le espressioni del

viso influenzano lo stato d’animo.

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Analizziamo quindi la mimica delle emozioni di base, considerando per ciascuna

il tema fondamentale (trigger) in grado di innescarla, la sua funzione e i segnali del volto

caratteristici.

LA TRISTEZZA

Il tema fondamentale che innesca la tristezza è la perdita sotto varie forme:

perdere un amico o un familiare, essere respinti da un innamorato, perdere l’autostima

a seguito di un fallimento sul lavoro, perdere la salute o perdere un oggetto tenuto in

gran conto.

Le espressioni facciali della tristezza possiedono la funzione, legata

all’evoluzione, di richiamare l’aiuto degli altri: hanno il compito di far si che chi le vede si

senta toccato e desideri offrire conforto, di chiedere aiuto, di imporre la propria

sofferenza agli occhi degli altri, in modo che qualcuno venga a sostenerci. Va detto però

che non tutti vogliono essere aiutati nella tristezza: alcuni individui desiderano ritirarsi,

stare da soli, non essere visti, soprattutto se le tradizioni culturali, l’educazione ricevuta

e il temperamento favoriscono questo atteggiamento nei confronti di tali sentimenti. La

tristezza però anche se repressa non lo è mai totalmente: se potessimo eliminarne

completamente i segni in modo da non lasciarne più traccia sul volto, nella voce o nel

corpo dovremmo considerarli inaffidabili quanto le parole che pronunciamo.

Nella tristezza i segnali più caratteristici sono riscontrabili nella voce e nel volto. La

voce diventa più flebile e bassa ma sono soprattutto le espressioni facciali a lanciare i

segnali più forti.

Sopracciglia: sono degli indicatori molto affidabili per la tristezza, poiché assumono

una posizione caratteristica che poche persone sanno produrre volontariamente: le

sole estremità interne delle sopracciglia si sollevano convergendo verso l’alto

(sopracciglio obliquo). Anche quando si cerca di nascondere tale emozione

l’attivazione di questo movimento non può essere inibita e la linea obliqua delle

sopracciglia lascia trasparire i veri sentimenti. Il movimento delle sopracciglia

imprime una forma a triangolo anche alle palpebre superiori: talvolta questo può

Le espressioni false durano più di 10 secondi, si sviluppano dopo che

l’emozione è stata espressa verbalmente e non sono sincronizzate con il resto

della CNV.

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essere l’unico segno della tristezza. Bisogna stare però attenti che se le sopracciglia

sono solo convergenti, senza sollevarsi nella porzione interna, delineano

semplicemente perplessità o concentrazione.

Occhi: lo sguardo è rivolto verso il basso e le palpebre sono abbassate. Il

movimento verso il basso degli occhi ha molteplici significati ma diviene un

indicatore di tristezza solo se è accompagnato dal movimento delle sopracciglia. Le

lacrime invece non sono dei segnali strettamente indicativi dato che la loro

espressione può essere legata ad un fattore culturale e possono comparire anche

durante un’intensa gioia o negli eccessi di riso.

Bocca: gli angoli sono tirati verso il basso, il labbro inferiore è teso e spinto verso

l’alto e può tremare. La pelle fra il mento e il labbro inferiore viene corrugata e spinta

in l’alto dal muscolo mentoniero, che se agisce da solo produce il caratteristico

broncio. L’abbassamento degli angoli della bocca, da solo, non è sempre indice di

tristezza: se il movimento è lieve può esprimere un’ emozione leggera o un tentativo

di nasconderla ma se diviene marcato, e non è accompagnato da altri segnali,

potrebbe indicare semplicemente scetticismo o negazione. Quando ci si trattiene dal

piangere ad alta voce inoltre, le labbra possono restare serrate. Le sole labbra

comunque possono non essere indicative di tristezza.

Guance: le guance vengono sollevate e tirate verso l’alto e rappresentano un’altra

componente di una piena manifestazione di questa emozione. Questo movimento

contrasta quello delle labbra e crea una tensione tra le guance tirate verso l’alto e gli

angoli della bocca rivolti in basso, producendo dei solchi (naso-labiali) che dai lati

delle narici proseguono oltre gli angoli della bocca. I muscoli delle guance spingono

verso l’alto anche la pelle sotto gli occhi, che dunque si assottigliano.

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LA RABBIA

Il trigger della rabbia è l’interferenza: ci arrabbiamo quando qualcuno o qualcosa

interferisce con ciò che siamo intenti a fare. Possiamo arrabbiarci quando qualcuno

cerca di farci del male fisicamente oppure quando ci insulta e denigra il nostro aspetto o

le nostre prestazioni. Inoltre possiamo inquietarci perché siamo stati delusi dalle azioni

di qualcuno (specialmente se è una persona a cui teniamo particolarmente) oppure con

chi rivendica azioni o convinzioni che ci offendono (anche se è un totale sconosciuto).

Le espressioni facciali della rabbia servono per comunicare il desiderio di far

allontanare la fonte della rabbia o addirittura di farle del male. A tal proposito alcuni

antropologi sostengono che l’espressione chiusa e corrugata della rabbia serva appunto

a proteggere il viso da eventuali attacchi. La rabbia è un emozione pericolosa perché

genera altra rabbia in un circolo vizioso che diventa spesso un’ escalation. Comunque

raramente da sola dura a lungo, ma perlopiù è associata ad altre emozioni come la

paura (di perdere il controllo o di nuocere all’altro), il disgusto (repulsione verso

l’obiettivo o verso se stessi) o la colpa e vergogna (per i sentimenti negativi provati).

I segnali facciali caratteristici della rabbia sono i seguenti:

Sopracciglia e occhi: le sopracciglia sono abbassate e convergenti (formando

delle rughe verticali caratteristiche sopra il naso), lo sguardo è fisso con le

palpebre superiori e inferiori tese. Queste due caratteristiche insieme definiscono

“l’occhiataccia” tipica di un soggetto arrabbiato. Se sono presenti solo le

sopracciglia abbassate probabilmente si tratta di perplessità, confusione,

concentrazione o determinazione.

Bocca: le labbra possono assumere due posizioni differenti: aperte, prendendo

una forma quadrata o rettangolare; oppure serrate, con il bordo rosato che si

assottiglia. Quest’ultima è un azione diffici lissima da inibire che tradisce rabbia

anche quando non ve n’è altro segno. E’ anche uno dei segnali più precoci, già

evidente quando ancora non ci si è accorti di essere in collera. Un altro segno

comune è la mascella serrata e protesa.

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LA SORPRESA

La sorpresa è la più breve di tutte le emozioni ed è innescata solamente da un

evento improvviso e inaspettato. Dura al massimo pochi secondi, cioè l’attimo in cui ci

figuriamo cosa sta accadendo, dopodiché si mescola con la paura, la rabbia, il

divertimento, il sollievo a seconda di cosa ha prodotto la sorpresa; oppure può non

essere seguita da alcuna emozione. Per essere autentica deve apparire e scomparire

molto velocemente e durare pochi secondi, giusto il tempo di prendere coscienza

dell’accaduto.

L’espressione di sorpresa non è nè positiva, nè negativa. E' il riflesso dell'elaborazione

di un’informazione completamente nuova per il cervello che prende tempo per

interpretare la situazione e poi, se necessario, passare a un'altra emozione più

funzionale per quella determinata situazione.

Il viso manifesta sorpresa attraverso i seguenti movimenti:

Sopracciglia e occhi: le sopracciglia sono sollevate contemporaneamente

formando delle rughe orizzontali caratteristiche sulla fronte. Gli occhi sono sgranati

con le palpebre superiori sollevate. Se le sopracciglia alzate sono l’unico segno

presente probabilmente si tratta di attenzione e interesse.

Bocca: nella sorpresa spesso la bocca è aperta con la cosiddetta “mascella che

cade”. Quando al movimento delle palpebre si associa quello della bocca,

quest’emozione si può manifestare anche senza l’intervento delle sopracciglia.

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LA PAURA

Il tema della paura è il pericolo di un danno fisico o psicologico. Possiamo aver

paura di pericoli reali come qualcosa che attraversa lo spazio a tutta velocità, la perdita

improvvisa di un sostegno che ci fa cadere nel vuoto; oppure di pericoli immaginari

come ad esempio il buio. Possiamo inoltre aver paura davanti alle minacce di dolore

fisico, sebbene mentre lo si prova si possa non provare tale emozione, come ad

esempio dal dentista.

Le espressioni facciali della paura hanno la funzione di comunicare agli altri che

è in pericolo l’incolumità del gruppo e quindi di richiedere aiuto. L’evoluzione, durante

uno stato di profonda paura, favorisce due azioni molto diverse: fuggire o combattere.

Nel momento cruciale, il sangue affluisce ai muscoli larghi delle gambe,

predisponendoci a correre. Ciò non significa che correremo, ma solo che l’evoluzione ci

ha preparati a fare ciò che, nell’adattamento della specie, si è rivelato più favorevole

alla nostra preservazione. Se non fuggiamo, la reazione più probabile è arrabbiarci con

ciò che ci minaccia. Questa emozione farà fluire il sangue ai muscoli dell’addome e

delle braccia facendoli contrarre come una corazza e preparandoci al combattimento.

I segnali tipici della paura sono:

Sopracciglia e occhi: le sopracciglia sono alzate come nella sorpresa ma, a

differenza di essa, sono anche convergenti. Gli occhi sono sgranati con la

palpebra superiore alzata (come nella sorpresa), mentre la palpebra inferiore è

tesa.

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Bocca: le labbra sono tese e ritratte verso gli occhi. Quando al movimento delle

palpebre si associa quello della bocca, quest’emozione si può manifestare anche

senza l’intervento delle sopracciglia.

IL DISGUSTO

Il tema scatenante del disgusto è l’idea di incorporare oralmente qualcosa che è

considerato ripugnante e contaminante. Si può provare questa emozione anche verso

qualcosa che non è alimentare. Può essere un oggetto, un odore, un sapore o un

pensiero, a volte solo il ricordo di ciò per cui si é provato disgusto può far riprovare

questa sensazione. In tutte queste occasioni la prima reazione è quella di allontanarsi o

liberarsi da ciò che ci infastidisce.

L’espressione facciale del disgusto un tempo possedeva la funzione sociale di

comunicare che un determinato cibo non era commestibile. Al giorno d’oggi indica

anche che una persona, un’ idea o un discorso non sono “commestibili” per il cervello.

Ci sono casi però in cui possiamo sospendere il disgusto: ad esempio quando si

stabilisce un’intimità, segno di impegno personale, come avviene tra due amanti o tra

madre e figlio coinvolti in attività fisiche che per chiunque altro sarebbero disgustose.

I segnali tipici sono:

Sopracciglia e occhi: la parte superiore del viso non partecipa attivamente

all’espressione del disgusto tranne quando l’emozione diventa molto forte e si

assiste ad un abbassamento delle sopracciglia simile a quello della rabbia. Ma se

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nella rabbia tipicamente le sopracciglia convergono e le palpebre superiori sono

soillevate, questo non avviene invece nel disgusto.

Bocca: il labbro superiore è sollevato il più possibile e le guance si alzano

provocando l’innalzamento delle palpebre inferiori. La ruga che da sopra le narici

scende sotto l’angolo delle labbra è profonda e ha la forma di una U rovesciata. Le

narici sono dilatate.

IL DISPREZZO

Il disprezzo, a differenza del disgusto, è un’emozione rivolta esclusivamente

verso le persone. Non si prova disprezzo nei confronti di oggetti od odori ma piuttosto

verso situazioni ritenute immorali, che fanno provare superiorità rispetto a coloro che le

hanno compiute. Si può provare disprezzo quando si vede maltrattare una donna, un

bambino o anche un animale; quando il proprio consiglio o la propria opinione vengono

contraddette o non ascoltate da qualcuno che occupa un grado superiore ma è ritenuto

inferiore.

E’ difficile dire quale sia la funzione del disprezzo. Sicuramente rappresenta

un’affermazione di potere e di status con cui segnaliamo di essere superiori, e di non

aver dunque bisogno di scendere a compromessi nè di impegnarci in qualcosa.

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Tra le emozioni di base, il disprezzo è l’unica che si presenta in modo

asimmetrico, ovvero su un solo lato del volto. Compare solo nella parte inferiore del viso

dove un angolo la bocca si tende verso l’esterno e verso l’alto.

LA FELICITA’

Le emozioni piacevoli motivano la nostra vita: spingono a fare cose che in

generale ci fanno bene e a cimentarci in attività necessarie per la sopravvivenza della

specie, come le relazioni sessuali e la cura della prole. Esistono moltissime emozioni

positive e la felicità fa parte di esse. La felicità è l’emozione che tutti vogliono provare e

sentire il più spesso possibile. E’ l’emozione più piacevole perché quando si prova si sta

bene, tanto che si preferisce frequentare persone che ridono e sono felici piuttosto di

altre che non lo sono. Esistono moltissimi temi universali per la felicità: ad esempio

stare con le persone care, oppure la nascita di un figlio, o ancora i successi lavorativi e

sportivi.

Il sorriso è un segnale facciale spesso associato alla felicità (così come di tutte le

altre emozioni piacevoli), ma non è caratteristico di questa emozione dato che può

essere usato anche quando non si prova alcun piacere, ad esempio per educazione.

Esistono però delle discriminanti per distinguere un sorriso vero da un sorriso di

circostanza. Duchenne, il primo studioso del sorriso, ha scoperto che quando si sorride

in maniera sincera, si attiva sia il muscolo zigomatico che tira gli angoli della bocca, sia

il muscolo orbicularis oculi che crea delle leggere zampe di gallina attorno agli occhi e

abbassa leggermente le soparacciglia. L’obicularis oculi è un muscolo che difficilmente

obbedisce alla volontà e per questo è usato come fattore discriminante tra un sorriso

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vero e un sorriso finto. Infine se il sorriso è frutto di un’ emozione vera appare più

velocemente e impiega più tempo a scomparire, a differenza di quello di circostanza

che ha un’evoluzione più irregolare.

Non bisogna dimenticare però che, proprio per il suo forte significato emotivo, il sorriso

è anche la maschera maggiormente usata per dissimulare le vere emozioni. Esistono

infatti diversi tipi di sorriso di non piacere (di paura, di disprezzo, di tristezza, di

disgusto) che sono però facilmente riconoscibili poiché manifestandosi solo nella parte

inferiore del viso, lasciano trasparire segnali sottili del vero stato d’animo nella parte

superiore.

IL DOLORE

Il dolore non è un’ emozione e non fa parte

delle espressioni di base, ma è anch’esso innato e

universale. La mimica è caratteristica: il naso è

arricciato e tirato verso l’alto, le sopracciglia sono

convergenti, gli occhi si costringono fino alla chiusura

totale, il labbro superiore si alza, quello inferiore si

abbassa e a volte anche la mandibola si abbassa.

Come per il sorriso anche l’espressione del dolore può

essere reale o simulata. Ben Craig e collaboratori nel

1991 hanno messo a confronto le espressioni di dolore

vero con quelle di dolore falso. Nelle false il soggetto

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tende a esagerare i movimenti stirando la bocca verso le orecchie oppure tirandone

eccessivamente gli angoli verso l’alto, quasi a sembrare una sorta di caricatura.

IL COMPORTAMENTO EMOTIVO

Quando siamo in preda a un’emozione tutto l’organismo ne subisce l’effetto. Le

espressioni facciali sono i segnali universali più facilmente accessibili ma anche quelli

più facili da camuffare. Accanto ad essi riveste un ruolo fondamentale la voce: ogni

volta che insorge un’emozione c’è un impulso ad emettere un suono. La voce

raramente invia messaggi emozionali falsi poiché pochissime persone sanno simulare

in modo convincente un’emozione che non provano. La voce però rappresenta un

sistema di segnalazione disattivabile, cioè facile da reprimere. Così come Paul Ekman è

il riferimento per le espressioni facciali, Klaus Scherer lo è per i segnali vocali ed ha

dimostrato che anche questi, come le espressioni, sono universali, e potrebbero essere

specifici nel segnalare le singole emozioni. Nonostante l’importanza dell’argomento

però si sa ancora poco data la scarsità di ricerche a riguardo.

Quando un’emozione cresce avvengono anche dei mutamenti biologici interni

cioè dei cambiamenti del sistema nervoso autonomo che influenzano la respirazione,

l’attività cardiaca, la temperatura. Alcuni di essi rappresentano delle “azioni predefinite”

per le singole emozioni: ad esempio l’aumento della frequenza cardiaca nella rabbia e

nella paura, che predispongono la persona a muoversi; l’aumento del flusso sanguigno

alle mani nella rabbia, che predispone a colpire o a entrare in contatto con l’oggetto

della rabbia; il maggiore flusso sanguigno alle gambe nella paura che prepara alla fuga;

l’aumentata sudorazione nella rabbia e nella paura intense; l’aumento della respirazione

nella rabbia, nella paura e nel tormento.

Oltre ai mutamenti biologici interni le emozioni inducono anche dei cambiamenti

interiori nel modo di pensare e interpretare il mondo circostante, che non si possono

udire o vedere. Una ricerca ha dimostrato che vengono recuperati i ricordi collegati

all’emozione che stiamo provando e che valutiamo tutto ciò che sta accadendo in modo

coerente con l’emozione in corso, giustificando ed alimentando dunque l’emozione

stessa.

Tutto il resto di quanto facciamo quando siamo in preda ad un’emozione, come ci

muoviamo e quello che diciamo, sono azioni apprese e non innate e sono

probabilmente specifiche per ogni cultura o individuo. Una volta appresi però questi

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schemi d’azione operano automaticamente, proprio come se fossero innati, ma

possiamo sopprimerli o sostituirli con azioni differenti. Infatti abbiamo un controllo

volontario eccellente sui muscoli scheletrici e sulla parola, ma non sui muscoli facciali o

sulla regolazione del nostro apparato vocale. Proprio per questo è molto più facile

impedirci un’azione piuttosto che eliminare totalmente ogni segno dell’emozione dal

volto o dalla voce

PER RIASSUMERE…

L’emozione è una forma particolare di valutazione automatica con la quale si

attivano una serie di cambiamenti fisiologici e comportamentali atti a gestire,

rapidamente, una situazione importante per il nostro benessere psicofisico.

Le espressioni facciali sono segnali involontari, innati e universali.

Le emozioni condizionano la mimica facciale e viceversa le espressioni del viso

influenzano lo stato d’animo.

In base a grandezza,velocità e intensità le espressioni facciali si dividono in:

Macroespressioni, Microespressioni ed Espressioni sottili.

Le espressioni false durano più di 10 secondi, si sviluppano dopo che l’emozione

è stata espressa verbalmente e non sono sincronizzate con il resto della CNV.

Tristezza: angoli interni delle sopracciglia alzati, angoli interni delle palpebre

superiori alzati, angoli della bocca verso il basso.

Rabbia: sopracciglia abbassate e tendenti a riunirsi al centro, tensione delle

palpebre superiori e inferiori, labbra serrate.

Sorpresa: sopracciglia alzate e curvate verso l’alto, occhi spalancati, bocca

aperta.

Paura: sopracciglia alzate e tendenti a riunirsi al centro, palpebre superiori

alzate, palpebre inferiori tese, bocca aperta e labbra tese verso l’esterno.

Disgusto: naso arricciato e guance alzate, labbro superiore alzato.

Disprezzo: un solo angolo della bocca tirato verso l’alto o l’esterno.

Felicità: rughe attorno agli occhi, palpebre inferiori alzate e guance alte, angoli

della bocca tesi verso l’alto.

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Dolore: naso arricciato e tirato verso l’alto, sopracciglia convergenti,

costringimento degli occhi, labbro superiore alzato, labbro inferiore abbassato e

mandibola abbassata