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Anno II N. 3 ISSN 1972-7704 20 maggio 2010 www.csddl.it Rivista telematica Diffusione gratuita di Gaetano Veneto Nel discorso che chiude- va il dibattito al Senato pri- ma della definitiva ratifica del testo che sarebbe stato poi approvato e trasformato nella legge 20 maggio 1970 n. 300, nella seduta pubblica del 9 dicembre 1969 il Mini- stro del Lavoro del tempo, Carlo Donat-Cattin così si esprimeva: “… (questa leg- ge) è un provvedimento che 20 anni fa, o anche 15 o 18 anni fa era difficilmente concepibile tanto che nella stessa presentazione dello “statuto dei lavoratori” al Congresso della CGIL del 1952 l’Onorevole Di Vittorio ne parlava come di un testo di accordo tra le parti … piuttosto che come un prov- vedimento legislativo …”. Nella stessa seduta, qual- che minuto prima, la di- scussione in aula si era con- clusa con l’intervento di colui che aveva apposto la sua firma nel dicembre del 1947 per la promulgazione della Carta Costituzionale, Umberto Terracini. Potenza della storia, po- tenza dei tempi! Non a caso molti, giuristi, politici, ope- ratori del diritto, hanno feli- cemente usato la frase che sintetizzava e ancora vale per leggere nel suo più pro- fondo significato lo Statuto del 20 maggio 1970, quella che parla di questa Novella legislativa come di un “ingresso della Costituzione nelle fabbriche, meglio, in tutti i posti di lavoro”. Terracini diceva: “… sorge qui la questione se la Costitu- zione, così permeata di que- sto momento sociale, si sia proposta di regolare soltanto i rapporti tra lo Stato e i citta- dini o non anche i rapporti dei cittadini fra di loro”. Il Padre della Costituzio- ne continuava: “… esistono nell’area di imperio delle norme costituzionali ampie soluzioni di continuità che spesso coincidono come nella materia che abbiamo in esame (quella del lavoro subordinato), con determi- nati ambiti territoriali, quel- li appunto nei quali sorgono le imprese produttive. Na- turalmente penso, con que- ste parole, ai grandiosi com- plessi della moderna indu- stria che recingono le loro terre in maniera più ermeti- ca ed invalicabile di quanto gli stessi Stati non facciano con le proprie frontiere. Ora in questi ambiti, in queste soluzioni di continuità, non vige la volontà della colletti- vità nazionale: questa vo- lontà non ha preminenza su quella individuale del “signore del loco” (il datore di lavoro). Per ottenere questo … sono stati necessari degli interventi specifici di legge corredati da sanzioni contro gli inosservanti”. Così Terracini, uno dei più grandi Padri della Pa- tria, che l’anno prima, nel 1968, aveva presentato, a vent’anni dalla Costituzio- ne, un suo progetto di legge a nome del P.C.I., largamen- te anticipatorio degli stessi temi poi trasfusi nella legge successivamente promulga- ta nel 1970, leggeva ed in- terpretava per tutta l’Assemblea di Palazzo Ma- dama il valore epocale dello Statuto dei lavoratori. All’interno: 3 Primi commenti al Collegato lavoro 5 Assenza del lavoratore nelle fasce orarie di reperibilità 7 Il fenomeno del mobbing nella sanità pubblica Nel quarantennale dello Statuto dei Lavoratori il Direttore del Centro Studi offre un contributo di ricostruzione storica di questo fondamentale strumento di democrazia nel nostro Paese attraverso significativi e puntuali riferimenti al dibattito politico e parlamentare che si svolse al Senato alla fine degli Anni Sessanta Nella foto il Prof. Gaetano Veneto Continua al pagina 2

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Anno II N. 3 ISSN 1972-7704 20 maggio 2010 www.csddl.it Rivista telematica Diffusione gratuita

di Gaetano Veneto

Nel discorso che chiude-va il dibattito al Senato pri-ma della definitiva ratifica del testo che sarebbe stato poi approvato e trasformato nella legge 20 maggio 1970 n. 300, nella seduta pubblica del 9 dicembre 1969 il Mini-stro del Lavoro del tempo, Carlo Donat-Cattin così si esprimeva: “… (questa leg-ge) è un provvedimento che 20 anni fa, o anche 15 o 18 anni fa era difficilmente concepibile tanto che nella stessa presentazione dello “statuto dei lavoratori” al

Congresso della CGIL del 1952 l’Onorevole Di Vittorio ne parlava come di un testo di accordo tra le parti … piuttosto che come un prov-vedimento legislativo …”. Nella stessa seduta, qual-

che minuto prima, la di-scussione in aula si era con-clusa con l’intervento di colui che aveva apposto la sua firma nel dicembre del 1947 per la promulgazione della Carta Costituzionale, Umberto Terracini. Potenza della storia, po-

tenza dei tempi! Non a caso molti, giuristi, politici, ope-ratori del diritto, hanno feli-

cemente usato la frase che sintetizzava e ancora vale per leggere nel suo più pro-fondo significato lo Statuto del 20 maggio 1970, quella che parla di questa Novella legislativa come di un “ingresso della Costituzione nelle fabbriche, meglio, in tutti i posti di lavoro”. Terracini diceva: “… sorge

qui la questione se la Costitu-zione, così permeata di que-sto momento sociale, si sia proposta di regolare soltanto i rapporti tra lo Stato e i citta-dini o non anche i rapporti dei cittadini fra di loro”. Il Padre della Costituzio-

ne continuava: “… esistono nell’area di imperio delle norme costituzionali ampie soluzioni di continuità che spesso coincidono come nella materia che abbiamo in esame (quella del lavoro subordinato), con determi-nati ambiti territoriali, quel-li appunto nei quali sorgono le imprese produttive. Na-turalmente penso, con que-ste parole, ai grandiosi com-plessi della moderna indu-stria che recingono le loro terre in maniera più ermeti-ca ed invalicabile di quanto gli stessi Stati non facciano con le proprie frontiere. Ora in questi ambiti, in queste soluzioni di continuità, non

vige la volontà della colletti-vità nazionale: questa vo-lontà non ha preminenza su quella individuale del “signore del loco” (il datore di lavoro). Per ottenere questo …

sono stati necessari degli interventi specifici di legge corredati da sanzioni contro gli inosservanti”. Così Terracini, uno dei

più grandi Padri della Pa-tria, che l’anno prima, nel 1968, aveva presentato, a vent’anni dalla Costituzio-ne, un suo progetto di legge a nome del P.C.I., largamen-te anticipatorio degli stessi temi poi trasfusi nella legge successivamente promulga-ta nel 1970, leggeva ed in-terpretava per tutta l’Assemblea di Palazzo Ma-dama il valore epocale dello Statuto dei lavoratori.

All’interno:

3 Primi commenti al

Collegato lavoro

5 Assenza del lavoratore nelle

fasce orarie di reperibilità

7 Il fenomeno del mobbing

nella sanità pubblica

Nel quarantennale dello

Statuto dei Lavoratori il

Direttore del Centro Studi

offre un contributo di

ricostruzione storica di

questo fondamentale

strumento di democrazia

nel nostro Paese attraverso

significativi e puntuali

riferimenti al dibattito

politico e parlamentare

che si svolse al Senato alla

fine degli Anni Sessanta

Nella foto il Prof. Gaetano Veneto

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ISSN 1972-7704 Anno II N. 32

Questo era ed è il senso dello Statuto dei diritti dei lavoratori. Da grande dise-gno e da intuizione che il 3 dicembre 1952 si concretiz-zavano, alla chiusura del terzo Congresso della CGIL a Napoli con la Risoluzione presentata da Di Vittorio ed approvata alla unanimità per stimolare un grande accordo interconfederale che avrebbe dovuto intro-durre nel sistema delle rela-zioni industriali italiane uno “statuto dei lavoratori”, si giungeva ad introdurre questo Statuto come una tra le leggi statali che reggono, nel rispetto della Costitu-zione, il rapporto tra datore di lavoro e lavoratori in un Paese che in poco più di vent’anni era riuscito a se-dersi degnamente nell’arengo delle moderne democrazie industriali, per un capitalismo più maturo, rispettoso dei principi di solidarietà sociale. Nella Risoluzione presen-

tata a Napoli dal grande sindacalista pugliese si leg-

geva: “1) Il rapporto di la-voro tra padrone e dipen-dente non può in nessun modo e per nessun motivo ridurre o limitare i diritti inviolabili che la Costituzio-ne repubblicana italiana riconosce all’uomo sia come singolo, sia nelle formazioni sociali dove svolge persona-lità (Costituzione, art. 2). Perciò, anche nel luogo di lavoro i dipendenti conser-vano totalmente ed integral-mente, nei confronti del pa-drone, o di chi per esso, i propri diritti di cittadini, la loro dignità umana e la li-bertà di poter sviluppare, senza ostacoli o limitazioni, la propria personalità mora-le, intellettuale e politica”. Tuttavia, con l’alto senso di

responsabilità personale e sociale che sempre ha con-traddistinto la sua vita e la sua figura, Di Vittorio, al punto 2 della Risoluzione, aggiungeva: “Il rapporto di lavoro riconosce al padrone (solo) il diritto di esigere dal proprio dipendente una de-terminata prestazione

d’opera, per un determinato periodo di tempo, nel rispet-to di una data organizzazio-ne e disciplina di lavoro ...”. Tutta l’ispirazione, tutto il

contenuto e tutte le finalità della legge 300/70 possono già ritrovarsi in questa diffici-le quanto necessaria e sempre attuale dialettica convivenza tra diritti inalienabili dei la-voratori ed altrettanto indi-scutibili poteri datoriali, in uno sforzo continuo di rag-giungere nuovi e più ricchi equilibri tra diritti dei cittadi-ni/lavoratori e logica e poteri dei datori preposti. Ora come allora lo Statuto

dei lavoratori, anzi oggi lo Statuto dei … lavori (subordinati, autonomi, pa-rasubordinati e/o professio-nali) è la cartina di tornasole di un Paese che, come oggi il nostro, deve saper conser-vare e sviluppare i principi di solidarietà e di democra-zia sociale, facendo i conti e rispettando le dure regole della concorrenza, non solo economica, che il sistema internazionale dei mercati,

non solo del lavoro, sempre più stringentemente pesano sulla economia interna dei Paesi capitalistici. L’accelerazione della sto-

ria, quella del “secolo bre-ve” nel quale è nato lo Sta-tuto, e quella di questi ulti-mi dieci anni che tendono a “precarizzare” tutto e tutti, in particolare i giovani ed il nostro Sud, ci porta a riflet-tere sull’esigenza di conti-nuare nel difficile percorso che, aperto dalla Costituzio-ne del 1948 di Terracini, attraverso il sofferto intrec-cio della Risoluzione della CGIL di Di Vittorio nel 195-2, ha proposto quaranta an-ni fa uno Statuto, oggi at-tempato ma sempre vivo e vitale e perciò appunto a-perto a riletture, critiche ma insieme costruttive, di ap-profondimento e sviluppo per una ancora più parteci-pata Industrial Democracy. A ognuno il suo ruolo,

senza cedere a tentativi di nuovi steccati che sarebbero insieme antistorici e impro-duttivi.

Continua dalla prima pagina

Si è tenuto venerdì 14 maggio u.s. presso l’Archivio di Stato di Bari - Cittadella della Cultura il convegno sulle “Linee guida della riforma del pubblico impiego. Principali riflessi per il comparto dirigenza” organizzato dal CISEM, Centro Studi Alta Formazione e Ricerca in collaborazione con il Ministero per i beni e le attività culturali e con il patrocinio dell’Ordine degli Avvocati di Bari.

All’incontro, introdotto e moderato dal Prof. Gaetano Veneto, hanno partecipato illustri relatori tra cui il prof. Umberto Carabelli (Scuola Superiore Pubblica Amministrazione) il Dott. Rosario Soloperto (Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle P.A.) il Prof. Nicola Costantino, Rettore del Politecnico di Bari il Consigliere di Cassazione Dott. Filippo Curcuruto, il Presidente del T.A.R. Puglia, Dott. Amedeo Urbano ed il Consigliere della Corte di Appello di Bari Dott.ssa Angela Arbore.

LINEE GUIDA DELLA RIFORMA DEL PUBBLICO IMPIEGO

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Anno II N. 3 ISSN 1972-7704 3

di Tommaso Germano

La forza simbolica della ricorrenza è inscindibile dalla memoria del lungo e sofferto cammino attraverso il qua-le le giuste richieste di condizioni di lavoro rispettose della dignità dell’uomo hanno potuto finalmente tradursi in pienezza di diritti”. Le parole del Presidente della Repub-blica, doverose nella circostanza del 1 Maggio, sembrano non tener conto - nel contingente - che, negli anni (a partire dalla raggiunta consapevolez-za della “pienezza dei diritti”) il lavo-ro ha cambiato “faccia” (e la cambia ogni giorno di più) in rapporto diretto con le condizioni economiche, sociali e culturali del Paese. Si percepisce, netta, la constatazione che, ormai da alcuni anni, si registri una lenta, inarrestabile, attuazione di “tutele dimezzate”, secondo l’espressione che il Notiziario INCA-CGIL usò nella Rivi-sta n. 10 del 2008. Già, in quella sede, Raffaele Foglia, consigliere della Corte di Cassazione e presidente rimosso della Commis-sione di studi per la riforma del pro-cesso del lavoro avanzava il dubbio che gli interventi legislativi (L. n. 133/2008) - in tema di processo e di diritto del lavoro - fossero espressio-ne di una “controriforma” in atto. Va detto che questo provvedimento legislativo, è stato presentato alla “cultura del volgo” (“ …al contadino non far sapere…”) sia come un “ pacchetto” di interventi per “modernizzare il mercato”, sia come un nuovo modus operandi per gli utenti del settore (“…e, forse, un nuovo diritto del lavoro”!). La intitolazione della legge è un au-tentico “manifesto”. A vantaggio di quanti non abbiano avuto l’opportunità di approfondirla nella sua interezza, va detto che con-tiene: “deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di Enti, di congedi, aspettative e per-messi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile nonché misu-re contro il lavoro sommerso e dispo-sizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro”. L’obiettivo è quello di cominciare a riflettere insieme in merito ai molteplici aspetti problematici che la semplice lettura del titolo della legge comporta. Da un punto di vista metodologico, si potrebbe pensare di rinviare ad altra occasione le norme che contengono esplicita delega al Governo in quanto, al di là dei “principi e criteri diretti-vi”, sarà più utile andare ad esaminare - in concreto - le disposizioni adotta-te. Si pensi - così - sia all’art. 1, in tema di “ lavori usuranti”; che all’art. 2, in tema di riorganizzazione degli Enti vigilati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dal Ministero della Salute; ma anche all’art. 46, in tema di differimento di termini per l’esercizio di deleghe in materia di ammortizzatori

sociali, di servizi per l’impiego, incenti-vi all’occupazione e apprendistato e di occupazione femminile. Di tutt’altro spessore e rilievo sono le norme, contenute negli artt. 23 (Delega al Governo per il riordino della norma-tiva in materia di congedi, aspettative e permessi) e 24 (“modifiche alla disci-plina in materia di permessi per l’assistenza a portatori di handicap in situazione di gravità”). Le disposizioni ulteriori hanno la comune caratteristica di essere state introdotte in un legge dello Stato per portare a soluzione tematiche – più volte – discusse in sede scientifica e politica ed in attesa di soluzioni in epoca anteriore all’intervento della giurisprudenza. Si pensi - a mero titolo di esempio - alle molteplici innovazioni introdotte al D.lgs. 276 del 10 settembre 2003 (c.d. legge Biagi) sulle quali - perso-nalmente - preannuncio un autonomo intervento a commento in altra sede istituzionale. Riflettendo sulle polemiche sollevate dalle norme (artt. 20-30-31-32-50) rinviate alle Camere dal Presidente della Repubblica, è da riferire – in-nanzitutto che, in data 29/4 u.s., il comma 9 dell’art. 31 è stato approva-to dalla Camera e che è stato aggiunto un comma 9 bis. E’ utile procedere ad una lettura della formulazione più recente di seguito riportata. Allo stato nella formulazione, appro-vata dalla Camera, appaiono le se-guenti modifiche rispetto al testo originario: a) per quel che concerne l’arbitrato

volontario: il testo, modificato dalla Camera e che ora passa al Senato, sancisce che le Commissioni di certificazione accertano la effettiva volontà delle parti di devolvere ad arbitri le controversie insorte in relazione al rapporto di lavoro (e non “che dovessero insorgere in relazione al rapporto di lavoro”);

b) per quel che concerne la clausola compromissoria, la stessa non può essere pattuita e sottoscritta prima della conclusione del periodo di prova, ove previsto, ovvero in tutti gli altri casi, se non siano trascorsi almeno trenta giorni dalla data di stipulazione del contratto di lavoro;

c) per quel che concerne il licenziamento (art. 32), lo stesso

deve essere impugnato entro 60 giorni dalla sua comunicazione in forma scritta, ovvero dalla comuni-cazione dei motivi, ove non conte-stuale, sempre in forma scritta, con qualsiasi atto scritto, anche extragiu-diziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore, anche attra-verso l’intervento della organizza-zione sindacale, diretto ad impugna-re il licenziamento stesso.

La forma scritta rappresenta la novità. Condividendo - in partenza - la critica di Epifani: “…mettere sullo stesso piano chi non è uguale (chi lavora e chi assume) è il fondamento stesso degli attacchi alla condizione di chi lavora” (!), è da riferire la posizione di chi - in data 11 marzo - ha sottoscritto l’accordo con oltre trenta OO.SS. nel quale sul tema dell’applicazione dell’arbitrato ha rinviato ad un accordo interconfederale (da sottoscriversi entro un anno da varo della legge), indirizza-to ad aree di controversia da definirsi. L’arbitrato avrebbe ottenuto una nuova “ forza giuridica” e si sarebbe offerto quale opportunità a vantaggio di lavora-tori che non sono “tutelati da altre norme del nostro ordinamento”. Più pragmatica la posizione di chi ha auspicato un “tavolo tecnico” tra i prota-gonisti del mondo del lavoro per stilare linee guida di chi opererà come arbitro. Nel procedere verso la fine della presente relazione, è opportuno che si avanzino alcune conclusioni che - si spera - intro-duttive ad un proficuo dibattito. Non può essere avanzato il minimo dubbio che il diritto del lavoro del terzo millennio sia indirizzato a rivestire panni diversi da quelli del passato. E’ ferma convinzione che la carenza che - allo stato - si avverte, con maggio-re urgenza e pressione, è quella di uno Statuto del Lavoro Autonomo (del quale, ad esempio, la Spagna si è dotata

dall’11/7/2007 con la legge n. 20). La fondamentale linea guida nei rap-porti contrattuali è quella della buona fede e correttezza che, purtroppo, hanno conosciuto significative incri-nature nelle pieghe della legislazione della crisi (da troppo tempo perduran-te) e che quotidianamente dà luogo a misfatti inenarrabili. Non può che convenirsi con chi ha considerato “inutili ” le polemiche sollevate sull’arbitrato (VENETO). Pare a chi Vi parla che - però - il motivo della inutilità è da riportare a fatti storici ed istituzionali di diffe-rente matrice culturale. Attualmente, non possono che indurre a riflettere le parole conclusive del Ministro del lavoro (10-4) in sede di Confindustria. A suo avviso, infatti, “…La libertà economica si realizza solo in un con-testo stabile in cui ci sia una giustizia giusta e certezze chiare. Le riforme istituzionali e le riforme economiche sono - dunque - due facce della stessa medaglia che riguarda la libertà…”. Per rispetto al ruolo istituzionale del Ministro, mi astengo da qualsivoglia notazione, specie in tema di “giustizia giusta” e “certezze chiare”. La motivazione unica è nella scom-parsa (voluta) del Giudice dei lavora-tori: non il carico di lavoro, ma la progressiva assuefazione ad un pre-sunto “stato di necessità” hanno in-dotto (ed inducono quotidianamente) i Magistrati togati a far prevalere - comunque - le ragioni di quanti po-trebbero (ma, non vogliono), specie nel Mezzogiorno, far pervenire il Paese al superamento di una crisi (determinata da un ormai eccessivo anelito di “libertà e dignità”). Questo potrebbe essere l’unico (e vero) motivo della necessità della riscoperta dell’arbitrato.

Art. 31, co. 9, “Collegato lavoro” In relazione alla materie di cui all’articolo 409 del Codice di procedura civile, le parti contrattuali possono pattuire clausole compromissorie di cui all’art. 808 del Codice di procedura civile che rinviano alle modalità di espletamento dell’arbitrato di cui agli art. 412 e 412 quater del Codice di procedura civile, solo ove ciò sia previsto da accordi interconfederali o contratti collettivi di lavoro stipulati dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamen-te più rappresentative sul piano nazionale. La clausola compromissoria, a pena di nullità, deve essere certificata in base alle disposizioni di cui al titolo VIII del decreto legislativo 20 settembre 2003 n. 276, dagli organi di certificazione di cui all’art. 675 del medesimo decreto legislativo e successive modificazioni. Le com-missioni di certificazione accertano la effettiva volontà delle parti di devolvere ad arbitri le controversie insorte in relazione al rapporto di lavoro. La clausola com-promissoria non può essere pattuita e sottoscritta prima della conclusione del periodo di prova, ove previsto, ovvero se non siano trascorsi almeno trenta giorni dalla data di stipulazione del contratto di lavoro, in tutti gli altri casi. La clausola compromissoria non può riguardare controversie relative alla risoluzione del contratto di lavoro. Davanti alle commissioni di certificazione le parti possono farsi assistere da un legale di loro fiducia o da un rappresentante dell’organizzazione sinda-cale o professionale a cui abbiano conferito mandato. Comma 9 bis: in assenza degli accordi interconfederali o contratti collettivi di cui al primo periodo del comma 9, trascorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali convoca le organizzazione dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappre-sentative, al fine di promuovere l’accordo. In caso di mancata stipulazione dell’accordo di cui al periodo precedente, entro i sei mesi successivi alla data di convocazione, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali con proprio decreto, tenuto conto delle risultanze istruttorie del confronto tra le parti sociali, indivi-dua in via sperimentale fatta salva la possibilità di integrazioni e deroghe deri-vanti da eventuali successivi accordi interconfederali o contratti collettivi, le modalità di attuazione e di piena operatività delle disposizioni di cui al comma 9”.

Nella foto il Prof. Tommaso Germano

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ISSN 1972-7704 Anno II N. 34

di Antonio Belsito

Il cd. “collegato lavoro” ap-provato in via definitiva dal Parlamento il 3/03/2010 e rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica che evidenziava alcuni pro-fili di illegittimità costitu-zionale “in materia di conci-liazione ed arbitrato nelle con-troversie individuali di lavoro e all’articolo 20 relativo alla responsabilità per le infezioni da amianto subite dal persona-le che presta la sua opera sul naviglio di Stato…”, sta per concludere il suo lungo e travagliato iter.

Infatti, prima la Commis-sione del Lavoro della Ca-mera e poi la Camera in se-duta plenaria hanno appro-vato rispettivamente il 21 e 29 aprile con emendamenti apportati al “collegato” che ora dovrà essere riesamina-to dal Senato. Le modifiche apportate

attenuano notevolmente l’originario impianto dell’arbitrato nelle contro-versie di lavoro; preveden-do, ad esempio, che la con-venzione arbitrale possa essere sottoscritta soltanto dopo un mese dall’inizio del rapporto di lavoro e do-

po il superamento del pe-riodo di prova, ed escluden-do il ricorso all’arbitrato per tutte le controversie relative alla risoluzione del rappor-to di lavoro. In sede assembleare la

Camera ha approvato il cd. “emendamento Damiano” ri-guardante la scelta dell’arbitro. Si stabilisce che la clauso-

la compromissoria o la con-venzione arbitrale possano essere anche certificate dalle competenti commissioni ma soltanto dopo l’insorgere della controversia. Desta invece qualche per-

plessità la previsione che permette di sottoscrivere convenzioni arbitrali prima che insorgano le controver-sie pur potendo eventual-mente chiedere la certifica-zione soltanto dopo che la controversia sia insorta. Insomma l’art. 31 di que-

sto “collegato lavoro” così come emendato consente la revoca in qualsiasi momen-to della scelta preventiva del ricorso all’arbitrato ope-rata con la clausola compro-missoria. Ritengo che la confusione

creata negli ultimi tempi, allo stato, non abbia di fatto ra-gion d’essere, considerato che è attualmente vigente la leg-ge n. 533/73 (processo del lavoro) che all’art. 5 prevede espressamente la possibilità del ricorso agli arbitrati irri-tuali nelle controversie di lavoro precisando però che il ricorso all’arbitrato debba avvenire “… senza pregiudi-zio della facoltà delle parti di adire l’Autorità Giudi-ziaria”. Ma allora, perché tanto

clamore se è già da tempo tutto previsto?

Pronto il nuovo numero della rivista telematica www.dirittodeilavori.it 20 maggio 2010

Si è tenuto venerdì 7 maggio u.s. nella Sala Ma-rano dell’Istituto Vittorio Emanuele II di Giovinazzo un interessante incontro di studi sul tema: “Dal Mob-bing al Burnout. Condizio-ne e malattia del nostro tempo”. Alla presenza di un qualifi-

cato pubblico, la Prof.ssa M. Irene Amato, Referente del-la Commissione Legislazio-ne, ha introdotto il tema del-le vessazioni sul lavoro, di seguito approfondi to dall’Avv. Antonio Belsito, Docente di Diritto Proces-suale del Lavoro al Master di I° livello in “Prevenzione e gestione multidisciplinare del mobbing” presso l’Università degli Studi di Bari Aldo Moro. Sono altresì intervenuti il

Dott. Giuseppe Tiani, Se-gretario Generale Naziona-le S.I.A.P. - Sindacato Ita-

liano Appartenenti Polizia e l’On. Avv. Cinzia Capa-no, Parlamentare del grup-po PD - Componente della Commissione Giustizia alla Camera dei Deputati. Il dibattito, preceduto dai

saluti del Presidente della FIDAPA sezione di Giovi-nazzo, Luisa Dagostino, del Delegato del Sindaco d i G i o v i n a z z o , dell’Assessore alla Legali-

tà e Sanità, Cosmo Da-m i a n o S t u f a n o e dall’Assessore alle Pari Opportunità Carolina Se-trrone è stato moderato dalla prof.ssa Irene Amato, Referente della Commis-sione Legislazione che ha altresì introdotto le testi-monianze rese dalle voci dei Sigg.ri Fabiano Aniel-lo, Mariangela di Capua e Franco Martini.

Da sinistra la Prof.ssa M. Irene Amato, l’Avv. Antonio Belsito, l’On.le Cinzia Capano, il Dott. Giuseppe Tiani e la Dott.ssa Luisa Dagostino

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Anno II N. 3 ISSN 1972-7704 5

Il D.L. 12 settembre 1983 n. 463, convertito, con modificazio-ni, in L. 11 novembre 1983 n. 638) ha previsto, nell’art. 5, visite mediche di controllo sullo stato di malattia dei lavoratori subordi-nati assenti dal lavoro per tale causa - e beneficiari dell’apposito trattamento economico di malat-tia - visite da effettuarsi presso il loro domicilio ad opera di medici delle USL o dell’INPS, anche su richiesta del datore di lavoro, durante prestabilite fasce orarie (c.d. di reperibilità) determinate con decreti ministeriali, da ulti-mo, in complessive quattro ore giornaliere, e cioè dalle ore 10 alle 12 e dalle ore 17 alle 19, di tutti i giorni della settimana.

Il comma 14 del predetto art. 5 ha poi stabilito che, ove il lavorato-re risulti assente alla visita di con-trollo senza giustificato motivo, decade dal diritto a qualsiasi tratta-mento economico, per l’intero periodo sino a dieci giorni e nella misura della metà per l’ulteriore periodo, esclusi quelli di ricovero ospedaliero o già accertati da pre-cedente visita di controllo.

L’innegabile flessibilità del criterio adottato dal legislatore (quello del giustificato motivo) che può soccorrere il lavoratore nell’ipotesi di sua assenza in oc-casione del controllo domiciliare ha, nel tempo, inevitabilmente dato luogo ad una consistente giurisprudenza, sia di legittimità che di merito, chiamata ripetuta-mente a pronunciarsi, sul piano ermeneutico, in ordine all’esatto significato di tale locuzione.

Dalle tante pronunce sul punto esistenti possono attualmente ricavarsi, se non un principio rigorosamente definito, quanto-meno alcuni elementi indicatori (ispirati a maggiore o minor rigo-re) per indirizzarne la valutazione di merito, necessariamente legata alla specificità del caso concreto.

La Corte di Cassazione, difatti, pur essendo pressocchè concorde nel ritenere che il concetto di giustificato motivo è comunque - ed ovviamente - più ampio di quello di forza maggiore, ha talo-ra definito tale motivo come un impedimento assoluto, imputabi-le a causa ineluttabile e configu-rantesi solo in presenza di un ragionevole impedimento deriva-to da una situazione sopravvenuta che comporti la necessità assoluta ed improcrastinabile di allonta-

narsi dal luogo nel quale il con-trollo deve essere esercitato.

In un’ottica più estensiva e meno rigorosa si pone, invece, un altro indirizzo della stessa Supre-ma Corte che, ricalcando peraltro una nota sentenza della Corte costituzionale (n. 78 del 1988), ravvisa l’anzidetto giustificato motivo in una ragione “valida e seria”, socialmente apprezzabile - il cui onere probatorio ricade in ogni caso sul lavoratore - per non osservare l’obbligo di reperibili-tà, anche se tale ragione non sia insuperabile nè sia tale da deter-minare, ove trascurata, la lesione di un bene primario; tale motivo ben può essere connesso alla tutela di un interesse apprezzabile sul piano giuridico - sociale che non potrebbe essere utilmente soddisfatto, se non in condizioni di rilevante disagio o di notevole pregiudizio per altri interessi del soggetto, in tempi diversi da quelli corrispondenti alle fasce di reperibilità del lavoratore. E’ chiaro che, in tal caso, la valuta-zione, da parte del giudice, della apprezzabilità del motivo deve essere il risultato di un’equilibrata valutazione com-parativa dell’interesse al control-lo dello stato di malattia, di cui sono portatori il datore di lavoro e l’ente previdenziale, e dell’interesse personale del lavo-ratore che, nei singoli casi, l’assenza dal domicilio tende a salvaguardare. Tale indirizzo può, oggi, ritenersi quello preva-lente in seno alla giurisprudenza di legittimità, la quale è ormai costante nel ribadire che il giusti-ficato motivo che esonera il lavo-ratore dall’obbligo di reperibilità ai fini della visita domiciliare di controllo non si identifica né con lo stato di necessità, nè con la forza maggiore, essendo ravvisa-bile in ogni fatto che, alla stregua del giudizio medio e della comu-ne esperienza, costituisca ragio-nevole impedimento e renda plausibile l’allontanamento del lavoratore dal domicilio durante le fasce orarie di reperibilità.

In tal senso, possono assumere valenza giustificativa la concomi-tanza per il lavoratore di visite mediche, prestazioni sanitarie o accertamenti specialistici (anche finalizzate a far constatare l’eventuale guarigione della ma-lattia, al fine della ripresa dell’attività lavorativa), purchè se

ne dimostri l’indifferibilità rispet-to alle fasce orarie in cui vige l’obbligo della reperibilità.

Tali fattispecie non esaurisco-no certamente il novero delle ipotesi idonee ad integrare la condizione del giustificato moti-vo, ipotesi che la giurisprudenza non ha mancato di volta in volta di individuare; in proposito, un ulteriore ed importante contributo in tal senso proviene proprio da una recentissima sentenza della Sezione lavoro dei giudici di legittimità (Cass. 9 marzo 2010, n. 5718) che, nel solco del predo-minante ed estensivo orientamen-to succitato, ha innovativamente statuito che l’assenza alla visita di controllo può essere giustifica-ta, oltre che dal caso di forza maggiore, da ogni situazione la quale, ancorchè non insuperabile e nemmeno tale da determinare, ove non osservata, la lesione di beni primari, abbia reso indifferi-bile altrove la presenza personale dell’assicurato, per soddisfare “un’esigenza di solidarietà e di vicinanza familiare, senz’altro meritevole di tutela nell’ambito

dei rapporti etico-sociali garanti-ti dalla Costituzione”. Nella spe-cie, la Cassazione ha ritenuto giustificata l’assenza alla visita di controllo di un lavoratore allonta-natosi dal proprio domicilio per recarsi a fare visita alla propria madre, ricoverata in un centro specialistico di riabilitazione; in proposito, è interessante rilevare come il Collegio, nel pervenire all’enunciazione di tale principio, dopo aver naturalmente accertato la coincidenza con l’orario previ-sto per le visite familiari, ha pre-cisato che la valutazione della “cogenza” della situazione giusti-ficatrice dell’assenza del lavora-tore, e quindi dell’indifferibilità dell’incombenza da questi addot-ta, andasse effettuata in relazione a quelle (primarie) esigenze di tutela della famiglia, ossia, nel caso di specie, l’esigenza di so-stegno morale e di vicinanza alla propria madre, che l’allontanamento del lavoratore dal proprio domicilio e la sua presenza presso la struttura sani-taria andavano a soddisfare.

Antonio De Simone

Giustificata l’assenza alla visita di controllo da ogni situazione che abbia reso indifferibile altrove la presenza personale dell’assicurato, per soddisfare un’esigenza di solidarietà e di vicinanza familiare

Assenza del lavoratore nelle fasce orarie di reperibilità

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ISSN 1972-7704 Anno II N. 36

Saranno famosi

Il nostro Centro Studi vede la luce esattamente nel quaranten-nale dello Statuto dei Lavorato-ri, in larga misura elaborato a Bari da Gino Giugni attorniato da “manovali”, allora giovani, come chi scrive queste righe.

Non è un caso. Quarant’anni, troppi forse, ci

hanno indotto a riflettere sulla funzione dell’insegnamento universitario, della ricerca appli-cata, del ruolo dei professionisti (e sono tanti a Bari come a Bi-sceglie, a Trani come in tutto il Nord barese che collaborano col Centro Studi, con le nostre rivi-ste e con le nostre iniziative) che hanno attraversato questi quattro decenni, portandoli sulla propria pelle o iniziando a viverci den-tro, mentre il Mezzogiorno con-tinuava ad allontanarsi dal resto d’Europa, più del Nord del no-stro Paese, sul piano dello svi-luppo economico, del benessere e, purtroppo, dell’occupazione, specialmente intellettuale.

Abbiamo pensato allora di mettere a frutto il nostro impe-gno, inserendo l’iniziativa nel più ampio spettro dell’attività del Centro, proponendo una rubrica nuova, insieme stimo-lante e gratificante per i giovani che presentiamo ed utile per i potenziali fruitori di questi nuo-vi “cervelli arricchiti”, i laureati presso la Cattedra di Diritto del Lavoro con tesi di rilievo ed interesse per la società, in parti-colare meridionale.

Chi scrive ricopre da 35 anni la stessa cattedra che per 15 anni aveva tenuto Gino Giugni, appun-to la Prima Cattedra di Diritto del Lavoro della facoltà di Giurispru-denza. E non è un caso che presso quella Cattedra, regnante Giugni, dai primi Anni Sessanta alla metà dei successivi Settanta, si siano laureati colleghi come Veneziani, Garofalo (ora Preside della Facol-tà), Liso (ora docente a Roma), Sciarra (ora in cattedra a Firenze presso una Facoltà internaziona-le), solo per citare alcuni degli allievi e collaboratori del grande Maestro giustamente ricordato come Padre dello Statuto dei La-

voratori. Tutti abbiamo imparato che lo

studio del diritto, e nel caso speci-fico del Diritto del Lavoro, non è solo funzionale ad una prepara-zione complessiva atta al supera-mento di concorsi o allo svolgi-mento di un’attività professionale libera, ma è soprattutto un grande viatico per un più facile incontro col mercato del lavoro, essendo proprio, per i contenuti e i metodi di quanto insegnato, un naturale punto di collegamento fra ricerca e didattica universitaria e com-prensione dei meccanismi che sono alla base di un matrimonio virtuoso tra domanda e offerta di lavoro, nel caso specifico intellet-tuale, come nel caso dei giovani laureati.

Ci è sembrato così opportuno, per non dir proprio necessario,

presentare una vetrina, da que-sto momento, delle migliori tesi dei laureati in Diritto del Lavoro della Prima Cattedra della Fa-coltà di Giurisprudenza di Bari, segnalando insieme al nome e ad un brevissimo curriculum del giovane, i contenuti dell’elaborato di laurea, così da permettere una preselezione per qualunque potenziale utente. Ci si propone comunque di permet-tere di riconoscere nel giovane e nel suo prodotto intellettuale il risultato di un’attività concertata fra docenti e studenti che fa del-la tesi di laurea non l’ “ultimo peso” da togliersi ma il corona-mento di un corso di studi attra-verso il quale si possa, appunto “virtuosamente”, trovar colloca-zione nel mondo del lavoro mol-to prima di quei due-tre anni che

il più noto Centro di studi e ri-cerche sull’argomento, Alma Laurea di Bologna, ha indicato come periodo minimo per i gio-vani laureati nelle materie uma-nistiche delle facoltà universita-rie baresi per trovare una “sistemazione”.

In questo modo il Centro Stu-di cerca di collegarsi organica-mente col mondo esterno e dare un attestato all’insegnamento universitario e alla cattedra di Giugni, attraverso chi oggi con-tinua a tenerla sempre nel ricor-do del grande Maestro.

E’ un augurio per i giovani, è una prova di impegno del nostro Centro e un segnale di come lo stesso si accinga a cercar nuove rotte nel “mare” delle iniziative volte a ricordare degnamente il quarantennale dello Statuto dei Lavoratori e a permettere al Centro nuovi impegni, e nuovi auspicabili successi, anche attra-verso incontri e sfide che si stanno proponendo con una col-laborazione appena aperta con Centri, geograficamente ed eco-nomicamente più fortunati, del Nord del nostro Paese quali A-dapt di Modena e di Bergamo.

Ad maiora per i giovani, au-guri per loro e per il nostro Sud, per un’Università che voglia, anche per merito e impegno del nostro Centro Studi, essere fun-zionale alla ripresa dell’intero sistema economico e che possa, esportando, o magari più auspi-cabilmente trattenendo, i nostri migliori cervelli che, attraverso le schede che pubblichiamo, si presentano per contribuire anch’essi all’attuazione dell’art. 1 della Costituzione, che con il “diritto al lavoro” collabori ad una Repubblica capace di con-servare e sviluppare democrazia e solidarietà sociale.

Gaetano Veneto

IL CENTRO STUDI, I LAUREATI BARESI

E IL DIRITTO DEL LAVORO

I CERVELLI DEL SUD ED IL MERCATO DEL LAVORO

Questo articolo è tratto dalla introduzione al volume de “Le pubblicazioni del neogiuslavorista”, realizzato dal Centro Studi Diritto dei Lavori

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Anno II N. 3 ISSN 1972-7704 7

Si è tenuto venerdì 23 aprile u.s. nella sala delle lauree G. Con-tento della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro il seminario di studi sul tema “Il rapporto di la-voro nella sanità pubblica: il fenomeno del mobbing” - organizzato dai Direttori del Master in “Prevenzione e gestione multidisciplinare del mobbing”, Prof. Gaetano Veneto e Prof. Giorgio Schonauer, in col-laborazione con la prima Cattedra di Diritto del Lavoro dell’Università degli Studi di Bari, il Centro Studi Diritto dei Lavo-ri e ADAPT, Associazione per gli Studi Internazionali e Comparati sul diritto del lavoro e sulle relazioni industriali nel corso del qua-le è stata presentato il volume “Diritto Sanitario” dell’Avv. Nicola Gasparro, edito dal IlSole24Ore.

Bollettino del Centro Studi Diritto dei Lavori ——————— Anno II n. 3

Supplemento al n. 2 Anno V de

la bilancia Reg. Tribunale Trani n. 14/06

20 maggio 2010 ISSN 1972-7704

Direttore Scientifico Gaetano Veneto

Direttore Responsabile Luca De Ceglia

Direttore Editoriale Antonio Belsito

In Redazione: Daniela Cervellera

Caporedattore

Clarenza Binetti, Fabio Cardanobile, Umberto A. Castellano, Maurantonio

Di Gioia, Domenico Di Pierro

e-mail: [email protected]

stampato da L’editrice s.r.l. - Foggia

Nella foto il momento del simbolico passaggio del testimone tra i partecipanti al primo corso del master di I° livello sul mobbing agli iscritti al secondo anno di corso

Da sinistra il Dott. Emanuele Vinci, l’Avv. Nicola Gasparro, il Prof. Gaetano Veneto, il Prof. Tommaso Germano e l’Avv. Antonio Belsito

Come contrastare il fenomeno del mobbing nel rapporto di lavoro nella sanità pubblica:

analisi del problema, interventi e metodologie di contrasto Presentato il volume “Diritto Sanitario” di Nicola Gasparro

23 APRILE 2010

Nel corso dell’ultima lezione del primo anno di corso del Master di I livello in “Gestione e prevenzione multidisciplinare del mobbing” - tenutasi venerdì 23 aprile u.s. - i partecipanti al primo corso del master hanno simbolicamente ceduto il testimone agli iscritti al secondo anno, consegnando loro una pergamena in cui hanno raccolto i ricordi, le testimonianze e l’esperienza vissuta nel corso dell’anno accademico e l’augurio di tutti per i prossimi frequentanti

Tra i relatori al convegno: il Prof. Gaetano Veneto, Ordi-nario di Diritto del Lavoro presso la Facoltà di Giuri-sprudenza dell’Università degli Studi di Bari, il Prof. Sergio Schonauer. Ordinario di Ginecologia-Ostetricia presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Bari, Il Prof. Tommaso Germano, Titolare di Previdenza sociale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Bari, l’Avv. Nicola Gasparro, esperto di Diritto Sanitario, il Dott. Emanuele Vinci, Presi-d en t e d e l Cons i g l i o dell’Ordine dei Medici di Brindisi e Direttore Sanitario dell’AUSL/BR e l’avvocato giuslavorista Antonio Belsito.

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ISSN 1972-7704 Anno II N. 38