IL LAVORISTA - ANNO V N. 4 - 15/11/2013 RIVISTA TELEMATICA DEL CENTRO STUDI DIRITTO DEI LAVORI

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Anno V n. 4 ISSN 1972-7704 15 novembre 2013 www.csddl.it Rivista telematica Diffusione gratuita di Gaetano Veneto* Tante volte si è scritto sulle colonne di questa nostra Rivista in tema di crisi economico- produttiva e, conse- guentemente occupazio- nale, cercando di capire come e perché a fronte della grave situazione dell’intero assetto istitu- zionale e produttivo del nostro Paese siano nate novelle legislative, per tutte l’infelice “legge Fornero”, o si siano svolti dibattiti di basso conio, non solo tecnico- giuridico ma soprattutto di politica del diritto, come nel caso della risi- bile diatriba sull’art. 18 dello Statuto dei Lavo- ratori. A questo proposito, proprio come degna (se può usarsi un tale ter- mine) conclusione di una batracomachia sul- la libertà di licenzia- mento per (udite, udi- te ...) favorire investi- menti stranieri in Italia, non a caso veniva par- torita una legge, la For- nero appunto, che oggi è esecrata da tutte le parti, con l’auspicio di una rapida cancellazio- ne. Oggi, per dirla col miglior Moretti, la ... messa è finita, né ci si può illudere che una “palombella ros- sa” (colore morente), permetta alla nostra e- conomia di realizzare una rete in una partita, non di pallanuoto ma di sopravvivenza dell’intero sistema, che ci vede at- tualmente in condizioni di manifesta inferiorità, per proseguire con una terminologia cara allo sport. Quest’anno si raggiun- gerà, anzi, quasi certa- mente si supererà, l’amarissimo record del miliardo di ore di Cassa Integrazione, per lo più, in deroga al regime ordi- nario, così da segnalare il bisogno di forzare la mano ad ammortizzatori sociali già di per sé di difficilissima copertura finanziaria. Quasi non bastasse, il severissimo richiamo della UE a riportare in binari più corretti il no- stro disavanzo pubblico - per evitare di avvici- narci al default greco, superando, in negativo, il Portogallo che, insie- me alla Spagna sta, vi- ceversa, dando qualche flebile segnale di inver- sione positiva di marcia – non basta, in questi giorni, a por fine ad un macabro balletto all’interno e tra i partiti (se ancora possono chiamarsi tali) con un gioco al rimpallo delle responsabilità, riducen- do così il Governo ad un fantasma istituzionale con capacità di iniziati- va legislativa ridotte so- lo all’ordinaria ammini- strazione o alla decreta- zione d’urgenza. Un appello Un appello Un appello Un appello * Professore di Diritto del Lavoro Università degli Studi di Bari All’interno: 3 … come la crisi del ‘29 4 Infortuni in itinere 5 Appalti e D.U.R.C. 6 Femminicidio e mobbing continua a pagina 2

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Anno V n. 4 ISSN 1972-7704 15 novembre 2013 www.csddl.it Rivista telematica Diffusione gratuita

di Gaetano Veneto*

Tante volte si è scritto sulle colonne di questa nostra Rivista in tema di crisi economico-produttiva e, conse-guentemente occupazio-nale, cercando di capire come e perché a fronte della grave situazione dell’intero assetto istitu-zionale e produttivo del nostro Paese siano nate novelle legislative, per tutte l’infelice “legge Fornero”, o si siano svolti dibattiti di basso conio, non solo tecnico-giuridico ma soprattutto di politica del diritto, come nel caso della risi-bile diatriba sull’art. 18 dello Statuto dei Lavo-ratori.

A questo proposito, proprio come degna (se può usarsi un tale ter-mine) conclusione di una batracomachia sul-la libertà di licenzia-mento per (udite, udi-te ...) favorire investi-menti stranieri in Italia, non a caso veniva par-torita una legge, la For-

nero appunto, che oggi è esecrata da tutte le parti, con l’auspicio di una rapida cancellazio-ne. Oggi, per dirla col miglior Moretti, la ... messa è finita, né ci si può illudere che una “palombella ros-sa” (colore morente), permetta alla nostra e-conomia di realizzare una rete in una partita, non di pallanuoto ma di sopravvivenza dell’intero sistema, che ci vede at-tualmente in condizioni di manifesta inferiorità, per proseguire con una

terminologia cara allo sport.

Quest’anno si raggiun-gerà, anzi, quasi certa-mente si supererà, l’amarissimo record del miliardo di ore di Cassa Integrazione, per lo più, in deroga al regime ordi-nario, così da segnalare il bisogno di forzare la mano ad ammortizzatori sociali già di per sé di difficilissima copertura finanziaria.

Quasi non bastasse, il severissimo richiamo della UE a riportare in binari più corretti il no-

stro disavanzo pubblico - per evitare di avvici-narci al default greco, superando, in negativo, il Portogallo che, insie-me alla Spagna sta, vi-ceversa, dando qualche flebile segnale di inver-sione positiva di marcia – non basta, in questi giorni, a por fine ad un macabro balletto all’interno e tra i partiti (se ancora possono chiamarsi tali) con un gioco al rimpallo delle responsabilità, riducen-do così il Governo ad un fantasma istituzionale con capacità di iniziati-va legislativa ridotte so-lo all’ordinaria ammini-strazione o alla decreta-zione d’urgenza.

Un appelloUn appelloUn appelloUn appello

* Professore di Diritto del Lavoro Università degli Studi di Bari

All’interno:

3 … come la crisi del ‘29

4 Infortuni in itinere

5 Appalti e D.U.R.C.

6 Femminicidio e mobbing

continua a pagina 2

ISSN 1972-7704 Anno V n. 4 15 novembre 20132

continua dalla prima pagina

Il mondo del lavoro non può non risentire

di questa drammatica situazione, mentre sem-

pre più urgenti si fanno i problemi della disoc-

cupazione giovanile, femminile in particola-

re, e ancor più specifi-

catamente meridionale. Mentre per gli esodati

si vive alla giornata, sperando di raggranel-

lare le somme, volta a volta necessarie per co-

prire, almeno in pro-spettiva a breve, il fab-

bisogno pensionistico,

la disoccupazione conti-nua a crescere, fino a

far prevedere per l’ormai vicinissimo

2014 la punta massima del 12,5% che ci avvici-

na agli anni più bui del-la crisi degli scorsi de-

cenni. E’ difficile, in

questo clima, proporre figure giuridiche di nuo-

vi contratti di lavoro, pur meritoriamente pre-

figurati nelle novelle le-gislative dei primi anni

del secolo, la Biagi per tutte. Ancor più difficile

flessibilizzare un merca-

to che, ormai, trova nel

precariato il punto cen-trale delle scarse occa-

sioni di lavoro possibili. Grave appare anche la

situazione nel pubblico impiego, dove la notoria

ed incontestabile bassa produttività del lavoro,

insieme al connesso

spreco di risorse finan-ziarie, costringono tutti

a porsi il problema di un indifferibile

“dimagrimento” degli organici, non con gli

stupidi quanto ciechi tagli lineari, quanto con

l’urgente riequilibrio in-

tersettoriale e la altret-tanto urgente esigenza

di operare scelte diffe-renziate, privilegiando

settori oggi incredibil-mente trascurati, quali

la scuola, la ricerca e la formazione continua sul

lavoro, anche con diretti

interventi della mano pubblica in questo ulti-

mo caso. Quale Governo ci sal-

verà? Quale demiurgo (un

eufemismo, questo, per evitare tragici spettri del

passato) potrà interve-

nire con miracolosi toc-

chi di bacchetta magi-ca?

Spetta a noi rimetterci all’opera, tutti indistin-

tamente, per proporre interventi selettivi, an-

che con dibattiti mirati che, senza aggravare

costi ormai insostenibi-

li, aprano spazi per oc-casioni di lavoro ad alto

valore economico e so-ciale aggiunto, sfruttan-

do risorse pur esistenti nei nostri giovani che

hanno poco da invidiare ai coetanei acculturati

degli altri Paesi

dell’Unione europea e dell’intero sistema capi-

talistico avanzato. Questa Rivista vuole

iniziare immediatamen-te a proporre incontri e

a sollecitare contributi volti a trovare e pubbli-

cizzare nicchie, e non

solo queste, pur esi-stenti in questa società

che riesce, e sempre più deve riuscire, a resiste-

re al processo di narco-tizzazione culturale e

morale ostinatamente portato avanti da deboli

ed incapaci rappresen-

tanti, politici e, talvolta,

anche sindacali, dei da-tori di lavoro e degli

stessi lavoratori. Per tutto quanto in-

nanzi, prioritario appa-re un salto di qualità

nella cultura del diritto, del lavoro nel nostro

caso, che finalmente

con un “nuovo umane-simo” si liberi dalle sco-

rie di quel passato che è stato capace di trasci-

narci in discussioni di pessimo conio, su rifor-

me costituzionali o su novelle legislative che,

anziché parlare dei pro-

blemi veri del lavoro, della occupazione, della

produttività, si nascon-devano dietro bizantini-

smi ed orpelli su tema-tiche-paravento (lo scio-

pero, il licenziamento, ecc..), in realtà per ser-

vire inetti e corrotti poli-

ticanti, governanti o non, cercando posti a

tavola. Avanti con le propo-

ste, le provocazioni, per un mondo che riprenda

a lavorare, produrre e sognare un diverso as-

setto di valori indivi-

duali e collettivi.

LA CRISI, IL LAVORO ED IL PAESE: PER UNA NUOVA IDENTITA’

Anno V n. 4, 15 novembre 2013 ISSN 1972-7704 3

di Daniela Cervellera

Lavoro e rischio d’impresa

Tutta l’Europa - e non solo - è attanaglia-ta nella morsa della grave crisi finanziaria. Alcuni paesi ne risultano maggiormente colpiti e le cause, come nel caso del Porto-gallo, dell’Italia, della Spagna, della Grecia e dell’Irlanda, sono da ricercare nella per-dita di competitività dei prodotti interni sul mercato internazionale oltre che al ri-corso al debito pubblico ed agli insosteni-bili costi sostenuti in favore dello stato sociale. Partendo dall’analisi di quest’ultimo ci si accorge di entrare in un circolo vizioso senza fine nel quale l’aumento delle spese sociali in misura nettamente superiore alla crescita econo-mica ha fatto lievitare il debito pubblico; di conseguenza per tenere sotto controllo il debito pubblico è stato necessario aumen-tare le imposte fino a raggiungerne il limi-te di insostenibilità. Questo ha comportato il fallimento per le imprese che hanno do-vuto licenziare i lavoratori, aumentando gli oneri a carico dello Stato il quale, per poterli sostenere ha dovuto, a sua volta, continuare ad aumentare le imposte, stran-golando l’economia e provocando ulteriori default per le imprese. Il superamento dell’impasse del debito pubblico si può ot-tenere attraverso due alternative: il taglio della spesa pubblica ovvero l’aumento delle entrate. Tuttavia quest’ultima solu-zione è solo a breve termine in quanto l’aumento delle imposte riduce gli investi-menti e provoca, come poc’anzi detto il fallimento delle imprese e può essere so-stenuta solo attraverso la promozione del-la crescita economica, favorita non dalla immissione di denaro nell’economia ma dall’aumento della produttività. Aumenta-re la produttività significa, da un lato, ren-dere i prodotti nazionali di maggior pregio per il mercato internazionale e, dall’altro, aumentare gli investimenti privati.

Un altro elemento che sbilancia l’economia è dato dal problema demogra-fico. La popolazione è diminuita in tutta Europa, a fronte del calo delle nascite, mentre è aumentato il numero dei pensio-nati. Questo ha comportato la contrazione della popolazione attiva che produce ric-chezza, che viene ridistribuita a favore del maggiore contingente “anziano”.

Non deve trascurarsi che le basi dello Stato sociale sono state poste negli anni ’50 quando l’aspettativa di vita non superava i 65 anni ma, con il prolungamento della stessa in ragione del miglioramento delle

condizioni di vita e dei progressi della medicina, unitamente alla diminuzione della natalità, il sistema sociale sta collas-sando.

Unitamente alla crescita economia - o in mancanza di questa - il contenimento del deficit può essere sostenuto attraverso la riduzione delle spese. Nei paesi scandina-vi ed in Germania - in cui, tra l’altro, mag-giore è la natalità nonché la produzione di ricchezza - sono già state adottate soluzio-ne drastiche consistenti in tagli allo stato sociale ed agli stipendi.

A parere di chi scrive il peggio deve an-cora venire in quanto alla crisi strutturale delle economie dei paesi dell’Europa meri-dionale si stanno aggiungendo quella fi-nanziaria americana e quella dell’euro. Ed il tutto non sembra diverso dal quello che è accaduto nel ‘29. Percorrendo a ritroso la storia, infatti, ci si accorge che, nel corso del decennio che precedette la “grande depressione” il mantenimento dei tassi di interesse alquanto bassi da parte della Fe-deral Reserve indusse le banche a prestare denaro anche a condizioni rischiose indu-cendo, da un lato, all’indebitamente e cre-ando, dall’altro, una bolla di consumo in borsa e nel settore immobiliare. L’aumento della domanda determinò l’aumento dei prezzi e, quindi, dell’inflazione, costrin-gendo la Federal Reserve ad aumentare gli interessi. Questo determinò una difficoltà nell’accesso al credito da parte dei consu-matori con conseguente difficoltà delle banche di riavere il denaro prestato e delle imprese di vendere i beni prodotti. I bassi consumi provocarono perdite nelle impre-se ed il loro conseguente fallimento con l’inevitabile caduta in borsa. Da qui il col-lasso di Wall Street. Il crollo della borsa destabilizzò la liquidità delle banche che avevano investito in maniera cospicua in azioni le quali, sfiduciate dai correntisti ed a fronte del mantenimento degli alti tassi di interesse, fallirono. La crisi americana dilagò, quindi, in Europa. Infatti la prima

guerra mondiale fu combattuta grazie ai finanziamenti richiesti alle banche ameri-cane da parte degli alleati europei, che dovettero ricorrere a nuovi prestiti per pagare quelli vecchi al termine del conflit-to. Il collasso delle banche americane de-terminò la paralisi delle economie europe-e, globalizzando la crisi.

L’impasse americano fu superato con l’adozione di un quadro di regolamenta-zione del mercato da parte del Governo ed, in particolare, con l’adozione nel ‘33 delle legge Glass-Steagall che differenziò le banche commerciali da quelle di investi-mento limitando le attività di rischio.

Tale regolamentazione ha funzionato per un quarto di secolo fino al collasso del 2008 causato dall’aumento della flessibilità di alcune norme finanziarie, a partire dagli anni ‘70 e la conseguente generalizzazione del comportamento di rischio, fino alla abrogazione nel ‘99 della legge Glass-Steagall per effetto della legge Gramm-Leach-Bliley. La deregolamentazione del mercato finanziario comportò la concen-trazione del credito in mano a pochi, tra cui, la Lehamann Brothers. Il suo collasso paralizzò l’economia in quanto, ingeneran-do nelle banche dubbi sulla solvibilità di altre banche, ne determinò il blocco dei prestiti … come la crisi del ‘29.

Con il taglio del credito verso l’Europa, anche le banche europee cominciarono a bloccare i finanziamenti causando la crisi delle imprese e l’aumento della disoccupa-zione. Al debito pubblico si è così aggiunto quello dei privati e delle imprese non più competitive sul mercato in ragione dell’afflusso dei prodotti provenienti da paesi in cui il costo del lavoro è alquanto basso.

Una soluzione per salvare la competiti-vità delle nostre imprese sarebbe quella di tagliare i salari, ma questo innescherebbe un’altra reazione a catena ovvero la dimi-nuzione dei consumi e, quindi della pro-duzione. Certo che diventa determinate individuare non solo le ragioni della crisi che, con questo contributo in parte si è cercato di fare, ma anche e soprattutto ac-certare le responsabilità della crisi.

Tali responsabilità, si ritiene, non ricado-no solo in capo ai politici - incapaci o con-niventi che siano - ma su tutti noi che, di-sinteressati delle politica o forse anche disgustati, non facciamo nulla per cambia-re le cose.

Siamo di fronte alla seconda grande depressione delle economie mondiali. Al già gravoso debito pubblico si aggiunge quello privato delle imprese e delle famiglie. La diminuzione della produzione mette a rischio l’occupazione … e i politici si preoccupano solo della rielezione, condizionando le scelte governative al finanziamento delle rispettive campagne elettorali.

ISSN 1972-7704 Anno V n. 4, 15 novembre 20134

Con la circolare n. 52 del 23 ottobre 2013 l’Inail ha fornito chiarimenti operativi sulla quali-ficazione degli infortuni in itinere ed in attualità di lavoro nel particolare caso della missio-ne o trasferta.

Secondo quanto si legge nel predetto documento, per l’indennizzabilità di un infortu-nio in itinere rimane essenziale che esso si sia verificato durante l’iter ossia nel tragitto casa lavo-ro e che tale percorso venga ef-fettuato a piedi, con mezzo pub-blico o mezzo privato, se neces-sitato e, soprattutto - ex art. 12 d.lgs. n. 38/2000 - che il com-portamento del lavoratore sia giustificato da una esigenza fun-zionale alla prestazione lavorati-va tale da legarla indissolubil-mente all’attività di locomozio-ne. Il lavoratore sarà indennizza-bile qualora non abbia aggravato per particolari motivi o esigenze personali i rischi della condotta extralavorativa connessa alla prestazione per ragioni di tempo e luogo, interrompendo così il collegamento con la copertura assicurativa.

E’ chiaro che elemento utile per la qualificazione dell’infortunio in itinere sarà il luogo ove il lavoratore abbia deciso di fissare il centro dei propri affari o interessi personali o familiari che, mentre nella nor-male prestazione lavorativa è scelto liberamente dal lavoratore, nei casi di trasferta o missione è imposto dal datore non potendo il lavoratore decidere nulla sulle modalità di svolgimento della stessa.

Secondo quanto precisato dall’Inail, nei casi di trasferta o missione, non si può parlare di infortunio in itinere, ma solo di infortunio in attualità di lavoro non solo perché non sussiste un percorso da casa (da intendersi come centro dei propri interessi scelto dal lavoratore) al lavoro in senso proprio, quanto anche per il fatto che nella trasferta o mis-sione tutte le azioni e le attività svolte o gli eventi accaduti dal momento in cui si lascia la pro-pria dimora finchè non vi si fa ritorno devono intendersi rien-tranti nella “attività lavorativa”.

Nel consegue che ogni infortunio occorso al lavoratore deve inten-dersi come infortunio svolto du-rante l’attività lavorativa e quin-di “in occasione da lavoro”.

A tal proposito si precisa che gli elementi che determinano l’indennizzabilità e la qualifica-zione di un infortunio in occasio-ne da lavoro - adesso che deve ritenersi superato l’orientamento più restrittivo che imponeva il presupposto che l’evento fosse riconducibile ad un rischio speci-fico proprio dello svolgimento dell’attività dell’assicurato - de-vono ravvisarsi nella strumenta-lità delle attività all’esecuzione dell’attività lavorativa e nella necessità che tali attività risulti-no funzionalmente connesse al lavoro, fatta eccezione per le conseguenze derivanti dalle scel-

te poste arbitrariamente in essere dal lavoratore che “crea e affron-ta volutamente, sulla base di impulsi o ragioni del tutto perso-nali, una situazione diversa da quella inerente all’attività lavo-rativa, ponendo così in essere una causa interruttiva del nesso tra lavoro, rischio ed evento”.

Insomma non sussisterebbe infortunio in occasione da lavoro tutte le volte in cui le scelte del lavoratore possono essere quali-ficate come rischio elettivo.

L’indennizzabilità nei casi di missione o trasferta, così come innanzi specificato, non può es-sere richiesta qualora sia ravvisa-bile “un rischio diverso e aggra-vato rispetto a quello normale, individuato come tale secondo un criterio di ragionevolezza”e tutte le volte in cui non vi sia un

“collegamento finalistico e topo-grafico con l’attività svolta in missione e/o trasferta”.

Pertanto, in presenza di infor-tunio in missione o in trasferta, il lavoratore non potrà richiedere l’indennizzo nelle ipotesi in cui si ravvisi il rischio elettivo (l’evento sia riconducibile a scelte personali del lavoratore, irragionevoli e prive di alcun collegamento con la prestazione lavorativa tali da esporlo a un rischio determinato esclusiva-mente da tali scelte) ovvero qua-lora l’evento si sia verificato “nel corso dello svolgimento di un’attività che non ha alcun le-game funzionale con la presta-zione lavorativa o con le esigen-ze lavorative dettate dal datore di lavoro”.

Così come è facile intuire, per quanto innanzi detto, non deve considerarsi rientrante nell’infortunio in itinere neppure quell’infortunio occorso durante lo spostamento dalla stanza di albergo al luogo di lavoro perché accaduto durante la “attività la-vorativa”.

L’infortunio avvenuto nella camera di albergo, non può nep-pure essere equiparabile a quello accaduto in casa sia perché il lavoratore non può avere nella stanza di albergo quello stesso controllo del rischio che invece può vantare nella sua privata dimora sia perchè il soggiorno in albergo nei casi di trasferta o missione deve considerarsi a tutti gli effetti connesso strettamente all’attività lavorativa.

Pertanto tutti gli eventi occorsi al lavoratore durante la missione e/o trasferta dal momento in cui lascia la sua dimora sino a quan-do al termine della trasferta non vi faccia ritorno - compresi gli atti prodromici e strumentali all’attività lavorativa - sono in-dennizzabili in quanto tutti infor-tuni avvenuti in occasione del lavoro e in attualità dello stesso.

Tale regola di diritto sarà per l’Inail applicabile a tutti i casi futuri ed alle fattispecie in istrut-toria e quelle per le quali sono in atto controversie amministrative o giudiziarie purchè non siano prescritte o decise con sentenza passata in giudicato.

di Clarenza Binetti

L’Inail fornisce chiarimenti sui criteri per qualificare gli infortuniL’Inail fornisce chiarimenti sui criteri per qualificare gli infortuniL’Inail fornisce chiarimenti sui criteri per qualificare gli infortuniL’Inail fornisce chiarimenti sui criteri per qualificare gli infortuni

Anno V n. 4, 15 novembre 2013 ISSN 1972-7704 5

La “calda estate” del lavoro in Italia sembra non volersi proprio concludere. In questo contesto di grandi innovazio-ni annunciate e di poche rea-lizzate, si collocano gli inter-venti in tema di appalti e semplificazioni normative, iniziate con il “decreto del fare” d.l. n. 69/2013 (conv. in l. n. 98/2013) e proseguite con il “pacchetto lavoro” d.l. n. 76/2013 (conv. in l. n. 99/2013). Infatti, se dapprima l’art. 50 del d.l. n. 69/2013 modificava l’art. 35, comma 8, del d.l. n. 223/2006, abo-lendo la responsabilità soli-dale tra committente ed ap-paltatore in relazione al ver-samento della sola IVA, il seguente d.l. n. 76/2013 ha specularmente previsto l’inclusione dei lavoratori autonomi, tra i soggetti per i cui crediti retributivi e contri-butivi è prevista la responsa-bilità solidale. Insomma rifor-me che se per un verso allar-gano le maglie della respon-sabilità solidale nel caso di appalti di opere e servizi quanto all’aspetto fiscale, dall’altro decidono di attuare un sistema di garanzia ad ampio spettro di tutti i lavo-ratori coinvolti nello svolgi-mento dell’appalto, senza distinzioni tra subordinati o meno.

Le novità più importanti riguardano l’ambito fiscale se si considera la previsione di responsabilità solidale tra appaltatore e subappaltatore, in riferimento al versamento degli oneri tributari, derivan-ti dalle ritenute fiscali sui redditi da lavoro dipendente e nel limite del corrispettivo dovuto, con decorrenza dal 22 giugno 2013.

Quanto all’estensione del regime di solidarietà anche per i lavoratori autonomi, la previsione, di cui alla l. n. 99/2013, è stata oggetto di successivo chiarimento della circolare n. 35/2013 del Mini-stero del Lavoro. Difatti, la circolare specifica quali cate-

gorie di lavoratori possano farsi rientrare nel regime di solidarietà retributivo-contributiva, ossia co.co.co. e co.co.pro impiegati nell’appalto, escludendo i lavoratori autonomi che deb-bano assolvere in via esclusi-va ai relativi oneri, in quanto un’interpretazione differente condurrebbe ad un’illegittima sovrapposizione tra soggetto tutelato e trasgressore. Tutta-via, si precisa che, allo stato attuale, l’unica via per vince-re la responsabilità solidale resta l’acquisizione da parte del committente, o appaltato-re, dell’idonea documentazio-ne attestante l’assolvimento degli oneri di versamento erariali prima del pagamento delle spettanze. In merito, degne di nota sono le novità in tema di acquisizione e du-rata del DURC, il Documento di Regolarità Contributiva, la cui disciplina regolatoria è stata anch’essa oggetto di modifiche dall’art. 31 del d.l. n. 69/2013 e successiva legge di conversione n. 98/2013. E difatti, la nuova normativa sposta l’obbligo della acquisi-zione del DURC sulle stazioni appaltanti, sia negli appalti pubblici sia privati, esoneran-do le imprese dal presentare la documentazione a suppor-to di quanto autocertificato e ne estende la durata da 90 a 180 giorni nella prima formu-lazione, ridotta poi a 120 dal-la l. n. 98/2013, con decorren-za dal 28 agosto 2013. Intento primario dell’intervento è semplificare soprattutto i rap-porti tra privati e pubblica amministrazione, ma anche dare la possibilità alle impre-se di poter esercitare la pro-pria mission operativa seppu-re con parziali situazioni d’irregolarità nei versamenti, specie se in presenza di credi-ti da vantare nei confronti della PA.. Tuttavia le proble-matiche interpretativo-applicative della novella han-no determinato l’intervento a chiarimento dapprima delle

comunicazioni del 5 luglio e del 5 settembre e di seguito della circolare n. 36 del 6 set-tembre 2013 del Ministero del Lavoro e delle Politiche So-ciali. Tra le specificazioni in esse contenute vi sono: dura-ta di 120 giorni del DURC anche per contratti diversi da quelli per i quali è stato ri-chiesto, nonché la validità del documento per la verifica della dichiarazione sostituti-va relativa alla sussistenza del requisito generale di cui all’art. 38, comma 1, lett i), del d.lgs. 163/2006, che de-corre dalla data indicata nel certificato di verifica anziché da quella del rilascio, copren-do sia la fase di aggiudicazio-ne sia di stipula del contratto. Da ultima, si segnala la re-cente circolare dello scorso 21 ottobre n. 40 dello stesso Mi-nistero del Lavoro d’intesa con gli istituti previdenziali, che ha fornito le prime indi-cazioni operative per la cor-retta applicazione dell’art. 13-bis, comma 5, del d.l. n. 52/2012 e d.m. 13.03.2013, in tema di DURC, in presenza di una certificazione che attesti la sussistenza ed importo di crediti certi, li-quidi ed esigibili, pari agli oneri contributivi ac-certati e non an-cora versati dall’impresa nei confronti della PA.. In tal caso, gli enti preposti al rilascio del DURC, quali isti-tuti previdenziali e Casse edili, ai sensi dell’art. 2 del decreto, do-vranno rilasciare tale attestazione di regolarità con-tributiva anche in presenza di debi-ti previdenziali e/o assicurativi e/o premi e/o relativi accessori, salvo sussistenza

dei predetti crediti certificati e su richiesta del soggetto titolare degli stessi. Dunque, si preannuncia un “autunno caldo” per il nostro legislato-re, che ha imparato come l’arte della “legiferazione in via d’urgenza” richieda parti-colare destrezza ed abilità, ma soprattutto lungimiranza nel prevedere i correttivi qua-si sempre necessari per chia-rire, a sé stesso, agli operatori del settore ed agli utenti, le proprie determinazioni.

Il tema della responsabilità solidale negli appalti presen-ta implicazioni trasversali, sotto il profilo dei rapporti di lavoro, fiscali ed amministra-tivi considerando la discipli-na degli appalti pubblici, ma anche di sicurezza sociale. Tutto ciò non può e non deve essere trascurato nell’attuale momento storico, in cui sicu-rezza e tutela dei lavoratori, non possono ancorarsi ad un certificato o “bollino” di pre-sunta regolarità, ma bensì la semplificazione degli adem-pimenti formali deve essere la prima chiave di un rilancio della macchina produttiva del Paese.

Le novità legislative ed i dubbi interpretativi Le novità legislative ed i dubbi interpretativi Le novità legislative ed i dubbi interpretativi Le novità legislative ed i dubbi interpretativi

di Pierfrancesco Zecca

ISSN 1972-7704 Anno V n. 4, 15 novembre 20136

di Clarenza Binetti

E’ entrata in vigore il 16 ottobre 2013 la legge n. 119 - modificativa, nella sua prima parte, di molte norme penali e procedurali afferenti ai reati commessi con violenza alla persona (artt. 572, 612-bis, 609-bis e ss. c.p. ecc.). Solo pochi mesi prima, con la senten-za del 3 luglio 2013 n. 28603 la Suprema Corte di Cassazione - non disdegnando il consolidato orientamento che riconduce i comportamenti molesti penalmente rilevanti compiuti dal mobber alla fattispecie di cui all’art. 572 c.p. (maltrattamenti contro fami-liari e conviventi) - riconosceva per la prima volta passibile di tutela penale anche lo straining quale “manifestazione attenuata del mobbing” e, finalmente, si mostrava par-ticolarmente interessata e consapevole della gravità del fenomeno mobbizzante tanto da precisare che la mancata possibilità di sussu-mere i reati posti in essere dal mobber o dal-lo strainer in quello di maltrattamenti, ex art. 572 c.p., non esclude affatto - qualora vi sia stato danno alla persona e sussistano i requisiti prescritti ex lege - la possibilità di poter richiedere il risarcimento per violazio-ne di altre norme codicistiche.

La legge n. 119/2013, con le sue norme di contrasto al femminicidio ed alla violenza di genere - formulate nel rispetto delle linee della Convenzione del Consiglio d’Europa tenutasi ad Istanbul nel maggio del 2011 - si inserisce in un panorama difficile annun-ciando, rectius confermando, cambiamenti importanti in materia e fornendo strumenti validi e più efficaci verosimilmente anche

per la lotta a quei fenomeni quali il mobbing ed il cosiddetto paramobbing (come lo strai-ning, lo stalking occupazionale, ecc.). Tali fattispecie, infatti, non essendo disciplinate dal nostro ordinamento giuridico, trovano sovente tutela attraverso la loro sussunzione a norme “affini” quali il già ricordato reato di maltrattamenti contro familiari e convi-venti ex art. 572 c.p., ovvero i reati di atti persecutori, di violenza sessuale ed altri.

Quello della legge 119/2013 è, invero, un legislatore attento e sensibile al problema della violenza tanto da predisporre una serie di regole tese ad inasprire le pene per i rei e, nel contempo, a tutelare le vittime dei reati di stalking, maltrattamenti, violenza sessuale ecc., con modifiche procedurali importanti finalizzate a preservare e proteggere i sog-getti deboli a cui sarà permesso anche di richiedere il gratuito patrocinio in deroga al limiti minimi di reddito.

Accanto alla possibilità per i testimoni di rendere esame con modalità protette si collo-ca l’inserimento di diverse circostanze ag-gravanti a tutela delle donne gravide e dei minori. Tra le aggravanti comuni viene inse-rita quella della commissione di delitti non colposi contro la vita e l’incolumità indivi-duale, contro la libertà personale e di mal-trattamenti ex art. 572 c.p. in presenza di minori di anni 18 o in danno di persone in stato di gravidanza; tra le aggravanti del reato di violenza sessuale si contempla an-che quella che afferisce la commissione del fatto nei confronti di minori se compiuto da

genitori anche adottivi, tutori, ascendenti, nonchè ai danni di una donna gravida e qua-lora il colpevole sia un coniuge o un ex co-niuge o comunque legato da relazione affet-tiva alla vittima.

Per il reato di atti persecutori, oltre all’aggravante per il fatto commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione alla persona offesa ovvero se il fatto è com-messo attraverso strumenti informatici o telematici, si prevede la remissione della querela solo ai fini processuali e l’irrevocabilità della stessa, se il reato è per-petrato con gravi minacce.

Non mancano, poi, interventi mirati alla celerità dei procedimenti e capaci di garanti-re tempi diversi (20 giorni) per prendere visione degli atti e proporre le richieste mo-tivate di prosecuzione delle indagini prelimi-nari, regole che impongono obblighi di co-municazione costante sullo stato dei procedi-menti alle persone offese (es. avviso di ar-chiviazione e avviso di conclusione delle indagini preliminari) che, in ossequio alla direttiva europea sulla protezione delle vitti-me di reato, dovranno essere sempre infor-mate sulla possibilità di nominare un difen-sore, come in merito alla eventuale revoca o sostituzione delle misure coercitive o caute-lari concesse al colpevole di violenza alla persona.

Se, dal un lato, fattispecie come il mobbing possono essere penalmente punibili quando i comportamenti vessatori rivestano ipotesi tipiche di reato previste dal codice, quali i maltrattamenti, la violenza, gli atti persecu-tori, dall’altro, non può negarsi come, da questo momento in poi, si dovrebbero poter applicare anche ai casi di mobbing, le norme restrittive poc’anzi illustrate, seppur la legge de quo sia nata per arginare fenomeni di violenza fisica per taluni versi poco parago-nabili alle forme di violenza psicologica tipiche dei maltrattamenti posti in essere da colleghi o datori di lavoro. Verosimilmente ciò che ha spinto il legisla-

tore a promulgare la legge n. 119/2013 -proprio con quei dictat - è la volontà di porre freno ai reati efferati compiuti con violenza bruta ai danni di minori o donne indifese anche gravide, spesso massacrate da fidanzati e mariti.

Ed allora, stante tale ratio, ci si chiede se si potrà ancora far rientrare il mobbing in tali tipologie di reato o se, oggi più che mai, ap-profittando di un legislatore particolarmente sensibile a certi problemi non si debba richie-dere in modo ancor più accorato una normati-va specifica in materia di mobbing e “paramobbing”.

La legge di contrasto al “femminicidio” offre maggiori tutele La legge di contrasto al “femminicidio” offre maggiori tutele La legge di contrasto al “femminicidio” offre maggiori tutele La legge di contrasto al “femminicidio” offre maggiori tutele

anche per il mobbing?anche per il mobbing?anche per il mobbing?anche per il mobbing?

Anno V n. 4, 15 novembre 2013 ISSN 1972-7704 7

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Bollettino del Centro Studi Diritto dei Lavori ——————— Anno V n. 4

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15 novembre 2013 ISSN 1972-7704

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Di Gioia, Domenico Di Pierro

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L’editrice di capitanata s.r.l., Foggia

Di prossima

pubblicazione il volume:

TUTTA COLPA DEL

MOBBING

con gli articoli redatti

dai diplomati al master

d i I I l i v e l lo in

“Prevenzione e gestione

multidisciplinare del

mobbing”

E’ giunto alla sua quarta

edizione il master di II

livello in “Prevenzione e

gestione multidisciplinare

del mobbing” per l’anno

accademico 2013/2014.

Il master universitario,

coordinato dal prof.

Tommaso Germano, si

sviluppa in sinergia tra il

D i p a r t i m e n t o d i

Giurisprudenza e la Facoltà

di Medicina e Chirurgia

dell’Università degli Studi

di Bari ed è volto a formare

figure professionali in grado

di riconoscere situazioni

riconducibili a casi di

mobbing e, quindi, a

promuovere la prevenzione

delle patologie correlate. A

tal fine il corso, che si

articola in 1.500 ore di

lezione, si propone di

analizzare gli aspetti

medico-legali, processuali e

g i u s l a v o r i s t i c i d e l

fenomeno, nonché le

eventuali implicazioni

penali.

A i partec ipanti è

richiesta attività di ricerca

volta alla individuazione ed

alla valutazione di fonti

scientifiche che supportino

strategie e tecniche di

intervento.

I migliori lavori di ricerca

ed approfondimento del

fenomeno presentati dai

partecipanti alle precedenti

edizioni del master sono

stati raccolti in due

pubblicazioni dal titolo:

Mobbing … per tutti

(Cacucci, Bari, 2010) e

Tutta colpa del mobbing.

(Cacucci, Bari, 2013).

L e d o m a n d e d i

partecipazione alla quarta

ediz ione del master

possono essere presentate

fino al giorno 29 novembre

2013.

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