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Direttore Piero Sansonetti Venerdì 20 marzo 2020 · Anno 2° numero 57 · 2,00 · www.ilriformista.it · Quotidiano · ISSN 2704-6885 Redazione e amministrazione via di Pallacorda 7 – Roma – Tel. 06 32876214 Sped. Abb. Post., Art. 1, Legge 46/04 del 27/02/2004 – Roma € 2,00 in Italia solo per gli acquirenti edicola e fino ad esaurimento copie 9 772704 688006 00320 Uguali nella paura, ma ci salveremo perché siamo diversi La realtà dei nostri corpi che vince sull’ideologia Lezione del virus/1 Lezione del virus/2 Ortensio Zecchino a pagina 10 Lea Melandri a pagina 7 Stampa e regime SE L’IMPUTATO È IL SUPER PM DIVENTANO TUTTI GARANTISTI? A pagina 2 Piero Sansonetti C osa succederebbe se il vicepresidente della Camera, o un ministro, o un sindaco, fosse accu- sato di avere preso a pugni la moglie? Beh, possiamo immaginarlo. È successa l’iradiddio per molto meno. Ci sono membri del governo che son stati messi alla gogna da giornali e Tv e co- stretti a interrompere la loro carriera politica perché sospettati di aver fatto una raccomandazione, o di avere ricevuto un piacere da un imprenditore. E se invece viene accusato dalla sua stessa moglie un altissimo magistrato di Cassazione, per esempio un certo Mario Fresa? Accusato di violenza. Beh, le cose cambiano. Giornali, partiti e colleghi diventano garantisti e abbassano i toni. Qualcuno - per esempio il torchemadista Il Fatto - addirittura non dà la notizia. Giusto, per carità, giusto così. Però almeno adesso sappiamo che esiste una categoria professionale al di sopra della legge. I magistrati. Ritratto di Bill Gates Come puoi parlar male di questo miliardario? Ha abbandonato Microsoft, gli affari, la produzione, il capitalismo. Ora, a quasi settant’anni, ha deciso di fare il filantropo. Senza modelli: né Gesù né Socrate. Solo la scienza e la voglia di fare del bene. Marco Demarco a pagina 3 P ochi braccialetti, ultima parola al magi- strato di sorveglianza, imminente accesso di altri detenuti ai requisiti che prevedono i domiciliari per i detenuti. Sono molte le per- plessità suscitate dalle misure contenute nel decreto Cura Italia per limitare la diffusione del virus nelle carceri. Ma su tutto colpisce che il provvedimento, legato al contesto eccezionale A vete presente Gastone Paperone, il per- sonaggio di Walt Disney? Quello incom- petente ma sempre, sempre fortunato? E avete presente invece l’altro personaggio di Di- sney, quello che qui in Italia si chiama Paperi- no, anche lui incompetente ma sostanzialmente onesto e sfortunatissimo? Beh, non vi pare che assomiglino maledettamente a due personaggi Sei presunto innocente? Allora resti in carcere Conte come Gastone Di Maio come Paperino Giorgio Spangher Paolo Guzzanti dell’emergenza sanitaria, e non a elementi fisio- logici di sovraffollamento, non coinvolge quanti sono in custodia cautelare. Si consideri che, fer- me le cause ostative, legate alla gravità dei reati, si tratta di soggetti non solo presunti innocenti ma per i quali non è escluso il proscioglimento, come i dati statistici evidenziano, con oneri di riparazione a carico dello Stato. nuovi della politica italiana some l’avvocato Giu- seppe Conte e il giovane ministro degli esteri Gig- gino Di Maio? Povero Di Maio, costretto a lavorare tra le feluche, senza sapere nemmeno una lingua, mentre Conte (che le lingue non le sa neanche lui) tutto azzimato se ne sta in Tv, a prendere gloria, e pure se arriva il Coronavirus per lui è un’occasio- ne di successo di aumento del consenso. a pagina 4 a pagina 6

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Direttore Piero SansonettiVenerdì 20 marzo 2020 · Anno 2° numero 57 · € 2,00 · www.ilriformista.it · Quotidiano · ISSN 2704-6885

Redazione e amministrazionevia di Pallacorda 7 – Roma – Tel. 06 32876214Sped. Abb. Post., Art. 1, Legge 46/04 del 27/02/2004 – Roma

€ 2,00 in Italiasolo per gli acquirenti edicolae fi no ad esaurimento copie 9 772704 688006

00320

Uguali nella paura,ma ci salveremo perché siamo diversi

La realtà dei nostri corpi che vince sull’ideologia

Lezione del virus/1 Lezione del virus/2

Ortensio Zecchino a pagina 10 Lea Melandri a pagina 7

Stampa e regime

SE L’IMPUTATOÈ IL SUPER PMDIVENTANOTUTTIGARANTISTI?

A pagina 2

Piero Sansonetti

Cosa succederebbe se il vicepresidente della Camera, o un ministro, o un sindaco, fosse accu-sato di avere preso a pugni la moglie? Beh, possiamo immaginarlo. È successa l’iradiddio per molto meno. Ci sono membri del governo che son stati messi alla gogna da giornali e Tv e co-

stretti a interrompere la loro carriera politica perché sospettati di aver fatto una raccomandazione, o di avere ricevuto un piacere da un imprenditore. E se invece viene accusato dalla sua stessa moglie un altissimo magistrato di Cassazione, per esempio un certo Mario Fresa? Accusato di violenza. Beh, le cose cambiano. Giornali, partiti e colleghi diventano garantisti e abbassano i toni. Qualcuno - per esempio il torchemadista Il Fatto - addirittura non dà la notizia. Giusto, per carità, giusto così. Però almeno adesso sappiamo che esiste una categoria professionale al di sopra della legge. I magistrati.

Ritratto di Bill Gates

Come puoi parlar maledi questo miliardario?Ha abbandonato Microsoft, gli aff ari, la produzione, il capitalismo. Ora, a quasi settant’anni, ha deciso di fare il fi lantropo. Senza modelli: né Gesù né Socrate. Solo la scienza e la voglia di fare del bene.

Marco Demarco a pagina 3

P ochi braccialetti, ultima parola al magi-strato di sorveglianza, imminente accesso di altri detenuti ai requisiti che prevedono

i domiciliari per i detenuti. Sono molte le per-plessità suscitate dalle misure contenute nel decreto Cura Italia per limitare la diffusione del virus nelle carceri. Ma su tutto colpisce che il provvedimento, legato al contesto eccezionale

Avete presente Gastone Paperone, il per-sonaggio di Walt Disney? Quello incom-petente ma sempre, sempre fortunato? E

avete presente invece l’altro personaggio di Di-sney, quello che qui in Italia si chiama Paperi-no, anche lui incompetente ma sostanzialmente onesto e sfortunatissimo? Beh, non vi pare che assomiglino maledettamente a due personaggi

Sei presunto innocente?Allora resti in carcere

Conte come GastoneDi Maio come Paperino

Giorgio Spangher Paolo Guzzantidell’emergenza sanitaria, e non a elementi fi sio-logici di sovraffollamento, non coinvolge quanti sono in custodia cautelare. Si consideri che, fer-me le cause ostative, legate alla gravità dei reati, si tratta di soggetti non solo presunti innocenti ma per i quali non è escluso il proscioglimento, come i dati statistici evidenziano, con oneri di riparazione a carico dello Stato.

nuovi della politica italiana some l’avvocato Giu-seppe Conte e il giovane ministro degli esteri Gig-gino Di Maio? Povero Di Maio, costretto a lavorare tra le feluche, senza sapere nemmeno una lingua, mentre Conte (che le lingue non le sa neanche lui) tutto azzimato se ne sta in Tv, a prendere gloria, e pure se arriva il Coronavirus per lui è un’occasio-ne di successo di aumento del consenso.

a pagina 4 a pagina 6

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ciso, a essere quasi certamente assolti: così dicono le statistiche). Ha fatto be-ne Salvi. E poi? Poi basta. Per Fresa al momento non è prevista nessuna pro-cedura disciplinare. Può restare al suo posto di numero 2 della magistratura italiana. Ben diverse, e più severe, fu-rono le decisioni, quando si scoprì che alcuni magistrati avevano partecipato a riunioni parapolitiche (caso-Palamara). Giusto così: andare a una riunione è del tutto chiaramente una cosa molto più grave che gonfi are di botte una donna.Io sono garantista davvero, e penso che non sia affatto dimostrato che Fre-

Immaginate che l’Ansa diffonda la notizia che il vice presidente del-la Camera, o il vice presidente del Consiglio, o il ministro degli Esteri (o

anche il sindaco, poniamo, di Viterbo o di Caserta), è stato denunciato dalla moglie che sostiene di essere stata pic-chiata da lui davanti al fi glio e alla baby sitter. Cosa succederebbe? A quan-te colonne sarebbe riportata la notizia sulle prime pagine dei giornali? Quan-ti direttori di quotidiano, o segretari di partito, o esponenti politici, o condut-tori di talk show, chiederebbero le di-missioni immediate dall’incarico, e magari anche dal Parlamento, o dal consiglio comunale, o da qualunque altra cosa? Quasi tutti. E sui giornali le colonne in prima sarebbero tantissime.L’altro giorno invece, quando si è sa-puto che la moglie del numero 2 del-la Corte di Cassazione ha accusato il suo rispettabilissimo marito di aver-la percossa, non si è mossa foglia. Re-pubblica ha fatto lo scoop, ma senza esagerare nei toni. Gli altri giorna-li - alcuni - hanno ripreso la notizia con pudore. C’è addirittura un giorna-le - parlo del Fatto Quotidiano, il fo-glio torchemadista di Travaglio - che si è dimenticato di pubblicarla. Escludo, naturalmente, che sia stata una dimen-ticanza intenzionale. So bene quanto il Fatto stia attento a denunciare i cat-tivi comportamenti dei pubblici uf-fi ciali, so come abbia per “bussola” il principio di non guardare mai in fac-cia a nessuno. Deve essere stata una dimenticanza, un equivoco. Curiosa-mente - ma certo è solo una coinciden-za - ripetuto il giorno dopo.Il dottor Mario Fresa non ha dovuto su-bire troppi guai dalla denuncia della moglie, che lo ha accusato di un reato così grave. Niente gogna, grazie ai gior-nali, tutti, giustamente, garantisti, co-me sempre del resto (basta ricordare con quanta delicatezza affrontarono il caso Lupi, o il caso Guidi, o il caso Pe-nati, sempre fermi come rocce sull’i-

dea della presunzione di innocenza e del rispetto della privacy). Niente prov-vedimenti amministrativi, tranne la de-cisione del Procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi - di cui Fre-sa è il vice - di ritirargli l’incarico di rappresentare la Cassazione alla com-missione disciplinare del Csm. Tutto qui. Salvi ha pensato che forse non era il caso di mandare uno accusato di aver picchiato la moglie di fronte al fi glio e la baby sitter, a guidare l’accusa con-tro altri magistrati sottoposti a proce-dimento disciplinare dinanzi al Csm (e destinati, comunque, sia detto per in-

sa sia colpevole. Figuratevi: non è che solo perché è un magistrato allora de-ve essere colpevole per forza. Del resto non è rara la vicenda di qualche ma-gistrato caduto nelle trappole, gene-ralmente organizzate da qualche suo collega. E sono ben contento che Fresa non venga linciato. Andrà provato che la denuncia della moglie corrispon-de al vero, andrà, se necessario, fatto un processo, e poi un appello e poi si andrà in Cassazione. Certo, è curioso pensare che se tutto andrà così come ho detto, e se nessuno chiederà o im-porrà le dimissioni di Fresa, lui, quan-do il suo caso andrà in Cassazione, sarà probabilmente lì nella doppia qualità di imputato e di massimo dirigente della Cassazione che dovrà giudicarlo. Ma lasciamo stare i paradossi. Vorrei so-lo avere alcune risposte alle seguenti domande:1- è vero o no che se un politico viene sospettato di avere commesso un reato, magari una semplice raccomandazio-ne, viene annientato da giornali, magi-strati e politici fratelli, e viene costretto a dimettersi e a concludere la sua car-riera, e se invece un magistrato viene sospettato di un reato parecchio più grave non succede nulla? Cioè: è vero o no che la legge è uguale per tutti, tran-ne che per i politici, per i quali è molto più severa, e per i magistrati, per i quali è sommamente indulgente? E dunque è vero che esiste una casta superiore e quasi divina, cioè quella dei magistrati?2- è vero o no che un reato fi nanziario è infi nitamente più grave, nella gerarchia di valori che ormai l’informazione ha assunto, in gran parte mutuandola dai grillini, di un reato violento? Cioè, è ve-ro che se ti picchio senza lucro econo-mico, in fondo è una marachella?3 - è vero o no che il Fatto è un giornale interamente subalterno alla magistra-tura, in particolare a quel pezzo di ma-gistratura di fede davighiana?© RIPRODUZIONE RISERVATA

Se un politico viene accusato, magari per una raccomandazione, è il fi nimondo. Se invece l’imputato (di violenza contro la moglie) è il numero due della magistratura, cala il silenzio

CHI È IL VICE PROCURATORE GENERALE DELLA CASSAZIONE

Il procuratore generale Salvi gli ha

ritirato l’incarico di rappresentare

la Cassazione nel Csm

Piero Sansonetti

Giovanni Altoprati

In fotoMario Fresa è stato accusato dalla moglie di violenza

Mario Fresa, il magistrato denunciato la scorsa set-timana dalla moglie per averla picchiata, ha sem-

pre avuto una particolare attenzione per i colleghi che “sbagliano”. Prima, da componente della Sezione disci-plinare del Csm, giudicandoli, poi, da sostituto procuratore generale della Cassazione, accusandoli.Entrato in magistratura nel 1988, fu tra i primi a porre la “questione mo-rale” fra le toghe, disse Mario Almeri-ghi, suo magistrato affi datario.Impegnato nell’associazionismo giu-diziario, aderì alla corrente di sinistra Movimento per la Giustizia di cui è stato per anni segretario a Roma.La carriera correntizia di Fresa è quella tipica di tutti i magistrati de-stinati ad incarichi di vertice: do-po l’attività a livello locale, nel 2003 l’elezione nel direttivo nazionale dell’Anm e, nel 2006, il grande balzo come componente del Csm.Terminato l’incarico a Palazzo dei

Marescialli, ecco la prestigiosa Pro-cura generale della Cassazione.Negli anni ruggenti del Berlusconi-smo e dello scontro fra politica e ma-gistratura, Fresa è in prima linea.Plaudeva alla bocciatura del “lodo Alfano” da parte della Consulta, fir-mava appelli di sostengo al giudice milanese del processo del caso Mills, Nicoletta Gandus, appoggiava pan-cia a terra i colleghi che indagavano Marcello Dell’Utri e Ottaviano Del Turco.“Ho contributo alla deliberazione di diverse pratiche a tutela della giuri-sdizione dai continui attacchi e deni-grazioni del Presidente del Consiglio”, rivendicava fi ero in una intervista.“I problemi - aggiungeva Fresa - sor-gono quando una buona parte del-

la politica – da sempre non incline a subire un efficace controllo di le-galità – si rende intollerante verso le decisioni giurisdizionali non gradite e denigra, delegittima dinanzi all’o-pinione pubblica i magistrati che si sono resi responsabili di decisioni non gradite, o la magistratura nel suo complesso”.E ancora: “Il rapporto tra politica e magistratura è particolarmente in-quinato e si caratterizza spesso per la “personalizzazione” delle vicende giudiziarie che porta, a volte, il potere esecutivo ed il potere legislativo ad emettere veri e propri provvedimen-ti legislativi “ad personam”, onde evi-tare non solo il ripetersi in futuro di scomode inchieste giudiziarie, ma addirittura la paralisi dei processi in

corso. E’ questa una anomalia tut-ta italiana, che in Europa ed in altre parti del mondo viene biasimata e condannata”.Tornando alle toghe che “sbagliano”, per Fresa il principale problema sono sempre state le garanzie. “L’effi cacia della giustizia disciplinare – dichiara-va severo - può essere vanifi cata dal concorrente ed a volte pregiudiziale procedimento penale, che può giun-gere dopo anni alla definitiva con-clusione. In questi casi, o si assiste ad una possibile “fuga” dalla giuri-sdizione, mediante le dimissioni del magistrato o, in mancanza dei pre-supposti per l’adozione della misu-ra cautelare della sospensione dalle funzioni, si espone per anni la collet-tività all’esercizio della giurisdizione

da parte di un magistrato-imputato, con perdita della credibilità del ma-gistrato stesso e con grave discredito dell’istituzione giudiziaria”.Nel 2014 si scagliò contro Beppe Grillo, autore di un volgare post su Fb contro la presidente della Ca-mera Laura Boldrini, firmando l’ap-pello di Magistratura democratica, il gruppo che ora con Davigo ha la maggioranza al Csm, in cui si espri-meva “profonda indignazione e grande preoccupazione per le of-fese volgari e sessiste ricevute nei giorni scorsi da donne che rivesto-no cariche istituzionali di massima importanza: il sessismo ha radici in odiosi pregiudizi e arcaici stereoti-pi, si fonda su logiche di controllo e sopraffazione affatto distanti dai fon-damenti della nostra democrazia. Chi ignora decenni di elaborazioni e battaglie contro la violenza, le di-seguaglianze e le discriminazioni ha scelto comunque da che parte stare. Noi stiamo dalla parte opposta per-ché ci riconosciamo nell’art. 3 della Costituzione”. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Se fosse successoa Rampelli o al sindaco di Caserta?

VITA DI MARIO FRESA, IL PM DI FERROSempre in prima linea per impedire ai politici di farla franca. Di sinistra ma davighiano, e anche un po’ femminista

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ucciderà 10 milioni di persone nel-le prossime decadi - conclude - è più probabile che sia un virus molto con-tagioso e non una guerra. Non missili ma microbi”. Quanto basta per riportarlo ancora una volta ad altezze siderali: ma og-gi, beninteso, non allora, non cinque anni fa, quando quelle parole non al-larmarono nessuno, non avendo chi le pronunciava l’espressione corruc-ciata di Greta, né il volto aureolato da treccine. Più recente, ma non separata dalla prima, è invece l’altra proiezione del mito, rivelatesi quando, a pandemia dichiarata, e nel vivo dell’emergen-za sanitaria, Bill Gates ha annunciato che, dopo essersi dimesso dal consi-glio di amministrazione della Micro-soft, aveva lasciato anche la carica di presidente. Insieme con la moglie farà ora il fi lantropo a tempo pieno. E questa volta la ragione è proprio il Co-vid-19. La Bill & Melinda Gates Foun-dation ha investito 10 milioni di dollari quando si è saputo del diffondersi del virus in Cina e poi altri cento quando l’emergenza si è estesa all’Europa e all’America. Complessivamente sono così oltre 45 i miliardi che Bill e Me-linda hanno donato in benefi cenza, la metà dell’intero patrimonio. Perché lo fanno? Per due ragioni, han-

“Ho appena attraversato il mondo per guardare una toilette”. La foto lo ri-trae in un villaggio africa-

no, appoggiato a un piccolo capanno che sembra reggersi per scommessa. Questo è Bill Gates. E questo è quello che scrive sul suo sito uno degli uomi-ni più ricchi del mondo: “I servizi igie-nico-sanitari sono una delle questioni più importanti su cui lavoriamo. Ho anche bevuto acqua prodotta da feci umane un paio di anni fa”. Tutto vero, naturalmente. E a provarlo c’è un’altra foto di lui che sorseggia, ultimo atto di un progetto di ricerca applicata lau-tamente finanziato. Quest’uomo sta mettendo in crisi una radicata visione del mondo. Vediamo perché.“Diventare ricchi è glorioso”, pare abbia detto Deng Xiaoping nel tra-ghettare la Cina dal comunismo al capitalismo. Ma dopo? Quando sei diventato ricco, ma proprio ricco ric-co, come Bill Gates, per intender-ci, che altro puoi fare? Puoi darti al consumo vistoso, regalare una Bir-kin di Hermes al posto di una bor-sa di Carpisa. Ma poi? Puoi dedicarti agli acquisti non ostentativi, maga-ri ai prodotti eco-compatibili e ai ci-bi biologici e non a quelli tipici dell’età dell’abbondanza, così da dare anche un senso morale all’uso della carta di credito. Ma poi? Puoi lasciar perdere i beni tradizionali e dedicarti all’arte, al cinema, alla letteratura, facendo sfog-gio di cultura e conoscenza più che di patrimoni materiali. Ma poi? Insom-ma, se la gloria è l’immortalità degli antichi e dei non credenti, cosa può esserci di “più oltre”?È lo stesso Bill Gates a risponde-re. Oltre c’è solo la filantropia. La fi-lantropia come forza di autogoverno della società, la stessa che fa scat-tare le donazioni - anche quella di Berlusconi - a favore degli ospeda-li lombardi, per esempio. Come pa-rente ricca della solidarietà minuta che si sta stringendo intorno ai me-dici e gli infermieri stremati dal coro-navirus. Come espressione laica della carità. Per cui, passati i tempi mitici degli esordi, quelli dell’Università di Harvard abbandonata per il business, e archiviati quelli d’oro della Micro-soft, la società che gli ha permesso di entrare nel club degli straricchi producendo software, ecco riappa-rire Bill Gates sulla scena mondiale: prima nei panni, insoliti ma como-di, del profeta - di fatto un pantalone dozzinale e un pullover rosa - e poi in quelli - sostanzialmente gli stessi -

del ricco più generoso della contemporaneità.

Più generoso del molto più gio-

va n e Ma rk Zuckerberg,

l ’ i nve n to -re di Fa-c e b o o k , impegna-

to a sostenere piani di assistenza sa-nitaria e di lotta all’analfabetismo. Più di Jeff Bezos, il fondatore di Amazon, particolarmente sensibile alla ridu-zione del consumo energetico. Più di Warren Buffett, investitore sen-za pari al mondo, famoso anche per aver annunciato, nel 2006, che i fi gli avrebbero ereditano solo il 35% del suo patrimonio di 61miliardi di dol-lari, perché il resto sarebbe andato in benefi cenza. E più dello spagnolo Amancio Ortega, dominus di Zara, la catena di abbigliamento, con un patri-monio valutato intorno ai 70 miliardi di dollari, interessato a piani di forma-zione e assistenza sociale.La profezia - anche questa laica- di Gates si è avverata proprio in questi giorni. Era il 2015 e in rete c’è un video che ne certifica la veridicità. Bill sa-le con andatura dimessa sul palco di una Ted conference ed ha l’aria di chi di sicuro annoierà il pubblico. Invece, ecco cosa succede. “Quando ero un ragazzo - comincia - il disastro di cui ci preoccupavamo era la guerra nu-cleare. Oggi la più grande catastrofe possibile non è più questa...”. E mostra l’immagine di una esplosione atomi-ca. “Ma questa...” Cioè la gigantografi a della corona di un virus. Non quel-la del Covid-19, ma qualcosa di stra-ordinariamente simile. “Se qualcosa

no spiegato. “La prima è per senso di responsabilità, perché così dovrebbe fare chiunque ha molti soldi. La se-conda è che ci divertiamo a farlo”. E nel divertimento è compreso anche il succo di stercoIl fi lantropo fa il gioco del sistema ca-pitalistico, ripetevano i marxisti. Ma non è questo che ci racconta la sto-ria di Bill Gates, cioè la storia di uno straricco che aiuta gli strapoveri. Ci dà conferma, piuttosto, di quell’alchimia degli estremi che tiene il mondo an-che se non lo spiega. In questa alchi-mia c’è un po’ di tutto, compreso un pizzico del Brecht di “sventurato quel paese che ha bisogno di eroi”, per-ché Gates è a suo modo un eroe, e il suo attivismo non è che l’altra faccia di un mondo di poveri. E c’è un poco, ma solo un poco, del ricco Tolstoj che se ne andava al mercato Chitrov e nei dormitori dei dintorni per soccorrere gli ultimi. Solo che a differenza di Tol-stoj, Bill Gates non ripudia la proprietà in quanto istituto, non rivendica l’ar-roganza del fi lantropo, non ha model-li da scardinare o altri da proporre e non cita Buddha, Isaia, Lao Tze, Socra-te, Gesù e Giovanni Battista. Bill Gates crede nella scienza e nella ricerca. E gli piace complicarci la vita, perché è ricco, anzi straricco, in un mondo di-seguale, ed è un privato non uno Sta-to, in un tempo in cui solo il pubblico - inteso come sanità pubblica, fi nan-za pubblica, scuola pubblica - sembra legittimato ad agire per il bene della collettività. Ma ciò nonostante è pra-ticamente impossibile metterlo nella colonna dei cattivi.

RITRATTO DI UN PERSONAGGIO STRAORDINARIO

SVENTURATO QUEL PAESE CHE HA BISOGNO DI BILL GATES...

Beh sì, lui è un po’ un eroe. Per lui vale l’aforisma di Brecht. Ha creato l’impero del software, ha accumulato una quantità enorme di dollari, non si è mai chiuso nel profi tto e ora ha abbandonato tutto per darsi alla fi lantropia

Marco Demarco

In altoBill Gates

già nel 2015 aveva lanciato l’allarme: un virus potrebbe

uccidere più di una guerra. E noi non

siamo pronti

A latoIl grande drammaturgo tedesco Bertolt Brecht (1898-1956)

Più generoso del molto più gio-

va n e Ma rk Zuckerberg,

l ’ i nve n to -re di Fa-c e b o o k , impegna-

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4 Venerdì 20 marzo 2020

Nel contesto del decreto legge n. 18 del 2020, noto come “Cura Italia”, tra le varie materie oggetto di intervento d’urgenza ha trovato attenzione anche la condizione del nostro

sistema penitenziario, la cui situazione di degra-do, connessa non solo all’affollamento, era già stata da tempo evidenziata. Esplosa con gli episodi “di di-sordine e sommosse”, la situazione avrebbe dovuto essere affrontata da tempo senza attendere che l’e-mergenza sanitaria fungesse da detonatore.Con gli articoli 123 e 124 del citato decreto si è inter-venuti prevedendo che i condannati, per i quali la pe-na residua, anche se conseguenza di maggior pena, sia non superiore di diciotto mesi possano, a segui-to di istanza, scontarla presso la propria abitazione ovvero in altro luogo pubblico o privato di cura, assi-stenza e accoglienza, che sia effettivo e idoneo anche in relazione alla tutela della persona offesa.Sulla traccia del più volte citato provvedimento del 2010 sono previste specifiche esclusioni soggetti-ve: soggetti condannati per i delitti di cui all’artico-lo 4 bis della legge 354 del 1975; delinquenti abituali e professionali per tendenza (ex art. 102, 105, 108 del codice penale.); soggetti condannati per i delitti di cui agli articoli 572 e 612 bis del codice penale.; detenu-ti soggetti a rapporti disciplinari perché coinvolti nei disordini e sommosse dalla data del 7 marzo 2020 fi -no al momento di entrata in vigore del decreto; de-tenuti che siano stati sanzionati disciplinarmente ai sensi dell’articolo 77 del decreto 230 del 2000; dete-nuti sottoposti al regime di sorveglianza particolare ex art. 14 bis della legge 354 del 1975 (salvo accogli-mento del reclamo).Nei confronti di questi soggetti la misura della deten-zione domiciliare – esclusi i minorenni e i soggetti con pena residua non superiore a sei mesi (comma 3) - saranno sottoposti a controlli elettronici, previo

consenso. Il controllo cesserà quando il condannato ammesso alla detenzione entrerà negli ultimi sei me-si di pena residua.Una previsione specifica è prevista per i minoren-ni (comma 7) nonché per i soggetti sottoposti a pro-grammi di recupero (comma 6).Con l’articolo 124 del decreto legge, il Cura Italia, si di-sciplina la durata delle licenze in itinere al condanna-to in semilibertà che può protrarsi fi no al 30 giugno 2020, con superamento dei limiti ordinari di durata.Le disposizioni opereranno dalla data di entrata in vi-gore del decreto fi no al 30 giugno 2020, ovviamen-te fatta salva – dovendosi ritenere implicita – la protrazione della si-tuazione emergenziale che richie-derà un nuovo provvedimento d’urgenza. Trattandosi di perma-nenza dello stato restrittivo – con conseguente integrazione del rea-to di evasione ex art. 385 del codice penale – il periodo verrà detrat-to dalla pena ancora da scontare e dovrebbe indurre a considerare re-siduali le ipotesi di violazione del-la detenzione domiciliare prevista. Sulla base di queste premesse si è ritenuto di non considerare osta-tivi alcuni elementi di cui alla leg-ge 199 del 2020 (pericolo di fuga e di reiterazione dei reati). Tutta-via, con il comma 2 si prevede che il magistrato di sorveglianza possa escludere il provvedimento qualo-ra ravvisi gravi motivi ostativi alla concessione della misura.Il provvedimento prospetta non poche criticità. In primo luogo, in una materia come quella attinen-te alla libertà personale, governa-ta dal principio di legalità, suscita riserve l’appena riferito potere del magistrato di sorveglianza di precludere l’accesso al-la detenzione sulla base di non meglio precisati gravi motivi ostativi, considerate – come detto – le ampie situazioni di esclusione dall’accesso alla misura de-tentiva alternativa.Si conferirà, in tal modo al magistrato – e all’ammi-nistrazione – un ampio potere discrezionale. Se poi si dovesse trattare del cosiddetto pericolo di recidi-va, il dato confl iggerebbe con quanto detto nella Re-lazione illustrativa, con conseguente superamento della semplifi cazione di quanto previsto dalla legge 199 del 2010.In secondo luogo, non può non essere segnalato co-me il decreto Cura Italia non affronti il tema dei sog-getti ristretti in misura cautelare. L’obiezione che si adduce al riguardo, attiene al fatto che la concessio-ne di misure alternative al carcere (con braccialetto)

sono già previste e se non sono state disposte, vuol dire che non possono essere applicate e che la verifi -ca della fruibilità della detenzione domestica richie-derebbe tempi lunghi, incompatibili con la natura emergenziale del provvedimento e con la citata sem-plifi cazione delle procedure per i condannati rispetto alla disciplina a regime.Va tuttavia considerato che il provvedimento in esa-me si colloca nel contesto eccezionale dell’emergen-za sanitaria, della necessità di allegerire la presenza nei penitenziari, di evitare i contagi e non risulta lega-to a elementi fi siologici di sovraffollamento. Se così è,

una attenzione ai soggetti in custo-dia cautelare, contenuta nel tempo, al pari di quella dei condannati non appare irragionevole. Si conside-ri che, ferme le cause ostative, le-gate alla gravità dei reati, si tratta di soggetti non solo presunti inno-centi ma per i quali non è escluso il proscioglimento, come i dati stati-stici evidenziano, con oneri di ripa-razione a carico dello Stato.In terzo luogo, e si tratta del profi lo di maggior criticità, destinato a cre-are forte tensione dentro gli istituti penitenziari, va sottolineato – co-me già evidenziato da più parti – la questione legata alla disponibilità dei braccialetti.Il provvedimento ne è consapevo-le, ma non del tutto, non essendo suffi ciente affermare che i sogget-ti entro i sei mesi di pena residua ovvero quelli che medio tempore entreranno in questa fascia di resi-dualità della pena non saranno sot-toposti a controllo e che si inizierà a considerare la misura alternativa ai condannati con le pene più vici-ne ai sei mesi.

A parte la considerazione che nei prossimi mesi agli stimati 3000 detenuti destinatari della detenzione, si aggiungeranno altri la cui pena residua entrerà sot-to i diciotto mesi, va sottolineato che la mancanza di braccialetti per soddisfare il diritto che – in presen-za delle condizioni – la legge riconosce al condan-nato, creerà non poche tensioni nelle carceri, senza considerare sulla base di quali criteri i braccialetti disponibili saranno distribuiti tra gli uffi ci giudiziari chiamati ad applicare le disposizioni. Si riproducono le questioni che già avevano interessato l’operatività dell’articolo 275 bis del codice di procedura penale in materia cautelare. Una risposta potrà arrivare dalla magistratura di sorveglianza che potrebbe recupera-re la disciplina della legge 199 del 2010, prescindendo dalla necessità del controllo elettronico.© RIPRODUZIONE RISERVATA

POCHI BRACCIALETTI E INNOCENTI IN CELLALA BEFFA DI BONAFEDE

AIZZERÀ LA RIVOLTA

LE MISURE PER FERMARE IL CONTAGIO IN CARCERE SONOPIENE DI FALLE LOGICHE E SONO DISCRIMINATORIE

In altoIl ministro

della GiustiziaAlfonso Bonafede

Si prevedono domiciliari e dispositivi elettronici per chi sconta residui di pena.Ma in realtà decide il magistrato e ci sono poche cavigliere. E si lascia fuori chi è in custodia cautelare, cioè non colpevole

Se il provvedimentonon nasce per

contenere il sovraffollamentoma per attenuare

il rischio di diffondereil virus nelle prigioni

perché quantisono dentro

in forma cautelativadevono essere esclusi?

Parliamo di personeche statistiche

alla mano saranno in gran parte

prosciolte e farannocausa allo Stato

per ingiusta detenzione

La violazione

Giorgio Spangher

«Devono essere organizzati dei luoghi per i senza fissa dimora, lo devono fare i Comuni e le Regioni. So che a Roma si sta affrontando il tema, ne ho parlato con la sindaca Raggi. Se ne stanno occupando con i servizi sociali, e c’è la possibilità di requisire e anche di acquisire le realtà alberghiere, che potranno poi avere il ri-storo per i costi». Lo ha detto il commissario per l’emergenza coronavirus Angelo Borrelli ieri nel punto stampa quotidiano alla Protezione Civile. Il commissario ha reso noto che il numero di vittime in Italia ha superato quel-le complessive della Cina: sono 3.405 i morti, con un incremento rispetto a mer-coledì di 427. In Cina le vittime registrate finora sono 3.245. Complessivamente i malati in Italia sono 33.190, con un incremento di 4.480. Il numero dei contagiati - comprese vittime e guariti - ha raggiunto i 41.035. I guariti sono 4.440.

BORRELLI: ORA LUOGHI PER I SENZATETTO

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5Venerdì 20 marzo 2020

I Radicali denunciano il ministro Bonafe-de e il capo del Dap Basentini per procu-rata epidemia. «Il Partito Radicale - recita la nota - ha oggi inviato a tutte le procure della Repubblica una denuncia nei con-fronti del Ministro della Giustizia, Alfon-so Bonafede e del Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Fran-cesco Basentini. Il reato ipotizzato è quel-lo di procurata epidemia colposa mediante omissione». La denuncia è stata presenta-ta dai dirigenti del Partito Maurizio Tur-co, Segretario; Irene Testa, Tesoriere, Rita

Bernardini e Giuseppe Rossodivita, mem-bri del Consiglio generale. In contrasto con il distanziamento sociale adottato per con-tenere l’epidemia, scrivono i Radicali, il Dap ha ordinato agli agenti penitenziari, di «continuare a prestare servizi (ndr. a con-tatto con i detenuti) anche nel caso in cui abbiano avuto contatti con persone con-tagiate o che si sospetti siano state conta-giate». Il ministro Bonafede invece, «con colpa, dovuta ad imperizia ed impruden-za», «ha scelto di proporre interventi del tutto inadeguati quanto al mondo peniten-

ziario – gli unici adeguati allo stato sono rappresentati dal distanziamento socia-le come la Comunità scientifi ca mondiale sta da settimane ripetendo», «pur di non rinunciare all’identità politico/elettorale del suo partito di riferimento in materia di giustizia».Intanto il disagio per i provvedimenti di Bonafede cresce. Nelle carceri monta la rabbia, soffocata nella violenza. «Grande preoccupazione per le numerose segnala-zioni di violenze e abusi che sarebbero sta-ti perpetrati ai danni di persone detenute a noi arrivate negli ultimi giorni». A dirlo è Patrizio Gonnella, presidente di Antigo-ne. «Le segnalazioni – sottolinea Simona Filippi, avvocato dell’associazione - han-

I RADICALI DENUNCIANO IL GUARDASIGILLI E IL CAPO DAPE Antigone lancia l’allarme: «Pestaggi di massa, pure su

detenuti anziani e malati. Fatto un esposto alla Procura»

«PROCURATA EPIDEMIA, LO HANNO FATTO CON DOLO»

Chiusi ormai da giorni in casa, l’orizzonte sia spa-ziale e sia temporale di ciascuno di noi si è im-

provvisamente ristretto. Così co-me non è più possibile uscire di casa, al tempo stesso è sempre più difficile uscire dalla paralisi pre-sente e fare progetti per il futuro. Il continuo riferimento nei discor-si pubblici alla “guerra”, che il pae-se sta combattendo e che unito può vincere, la comunicazione istituzio-nale sempre più militarizzata, scan-dita dai bollettini della Protezione civile e dalle dirette Facebook del Presidente del consiglio, accentua-no un comune sentimento di vivere “un’ora suprema”. Ma è davvero così? La generazio-ne degli italiani, che hanno vissuto consapevolmente la Seconda guer-ra mondiale con i bombardamenti e la fame, non c’è più, ma c’è ancora quella di coloro che hanno vissu-to il dopoguerra e visto gli immani sacrifi ci che furono dietro il famo-so miracolo economico. E, poi, vi sono i resoconti dai veri teatri di guerra: l’Iran, il confine tra la Gre-cia e la Turchia per fare un esempio. La guerra, insomma, è tutt’altra co-sa dall’attesa su di un divano di ca-sa, e perciò, forse, vi è bisogno di un ridimensionamento, come ha scrit-to Giuliano Cazzola su questo gior-nale. E’ un momento diffi cile, molto difficile, le conseguenze economi-che saranno devastanti, ma non è una guerra.Eppure, va registrato un atteg-giamento delle istituzioni trop-po spesso teso a rappresentare l’emergenza coronavirus come uno stato di guerra. La comunica-

zione delle istituzioni è tutta te-sa a dare l’idea dell’uomo solo al comando. Conte che comunica con le dirette Facebook, in una re-lazione diretta tra il condottiero ed il suo popolo. Conte che scan-disce frasi come “ho deciso”, “mi assumo la piena responsabilità po-litica”, le quali implicitamente si-gnificano l’obliterazione di tutte le procedure democratiche di as-sunzione delle scelte politiche. Contemporaneamente, con un di-sgustoso asservimento di molta

parte dell’informazione, l’accusa di sciacallaggio a qualsiasi critica pos-sa riguardare la condotta del go-verno. Basta considerare il silenzio indecente di larga parte dei mez-zi di informazione su quanto è av-venuto e su quanto sta avvenendo nelle carceri e sulla palese inade-guatezza dell’attuale Guardasigilli.L’impressione, allora, è di una stru-mentalizzazione di questo mo-mento, certamente difficile ed emergenziale, per mandare in sof-fi tta la democrazia e sostituirla con una democratura. Se non nelle for-me, nei fatti, che è quello che al-la fi ne rileva. Ed il pensiero, allora, non può non andare a quel fiume di proclami che si sono costante-

mente levati contro ogni proposta di riforma costituzionale, volta a rafforzare i poteri dell’esecutivo in modo infi nitamente più modesto di quanto la realtà attuale ci consegna.

Oggi stiamo assistendo ad una ra-dicale torsione delle istituzioni democratiche nel senso della esal-tazione dell’uomo solo al comando e chi reagisce è subito accusato di alto tradimento. La responsabilità del sistema dei media, nel suo complesso e salve poche meritevoli eccezioni, è gra-ve: l’informazione da cane di guar-dia della democrazia trasformata in cagnolino del potere. Ma la maggio-re responsabilità non può non esse-re del Presidente della Repubblica e del Partito Democratico. Sono lo-ro che hanno le chiavi per impedire questa degenerazione. Perché non lo fanno?© RIPRODUZIONE RISERVATA

Astolfo Di Amato

Si ha l’impressione di una strumentalizzazione di questo momento, certamente emergenziale, ma in cui si ripetono proclami come al fronte

La responsabilità del sistema dei

media, a parte alcune meritevoli eccezioni,

è grave: sono diventati in molti casi

il cagnolino del potere

Tv e giornali

Fase difficile, ma non è la guerraVogliono uccidere la democrazia? Usano il covid per rafforzare il potere di pochi

no riguardato alcune carceri, tra le quali quella di Milano-Opera. Dove ben otto di-verse persone (madri, sorelle, compagne di detenuti) si sono rivolte ad Antigone rac-contando quanto sarebbe stato loro comu-nicato da congiunti o altri contatti interni. Le versioni riportate, che parlano di brutali pestaggi di massa che avrebbero coinvolto anche persone anziane e malati oncologi-ci e che avrebbero portato a mascelle, setti nasali e braccia rotte, risultano tutte con-cordanti». Tali azioni violente sarebbe-ro avvenute, in tutte le carceri interessate, in momenti successivi a quelli in cui sono stati attuati gli interventi per far fronte al-le rivolte che hanno coinvolto 49 istituti penitenziari.

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6 Venerdì 20 marzo 2020

Avete presente Gastone Pa-perone? Lo inventò nel 1947 Carl Barks per Walt Disney ed è il papero fortunato: az-

zimato, impomatato, sfaticato, di immeritato e insopportabile succes-so. È l’antimateria di Paperino, che è il papero sfortunato, immerso nei guai ma con una fondamentale pa-pera onestà. Paperino, com’è ovvio, odia Gastone perché quello gli vuole fregare la ragazza ed è pieno di sol-di e di fortuna. Nella famiglia pape-ra, Gastone è visto male anche dallo stramiliardario Paperon de Paperoni (Scrooge McDuck, nell’originale con riferimento allo Scrooge di Dickens), un emigrato scozzese che si è fatto da solo partendo dal primo nichelino. Ebbene, guardate: Gastone Papero-ne è Giuseppe Conte e Paperino è ovviamente Giggino Di Maio. Pape-rino Di Maio - almeno - ha traffi cato nella politica universitaria e come si legge ormai anche sull’Enciclopedia Britannica, accompagnava con umil-tà e qualche mancia gli spettatori paganti allo stadio. Ma Giuseppe Ga-stone Conte - lui e solo lui – è il pape-ro fortunato.Gliene vanno bene tutte. Persino la tremenda epidemia è per lui – poli-ticamente parlando – un terno al lot-to. Guardatelo: nei telegiornali non è più soltanto un protagonista. È un salvaschermo. Durante il notiziario il conduttore parla di varia umanità ma dietro di lui, sul grande schermo che fa da sfondo al piccolo schermo, c’è sempre laborioso e taciturno Ga-stone Paperone Conte. Sulla sua scri-vania, non si vede, ma il display del Consensometro Google spara nume-ri milionari in crescita continua per-ché il pubblico è sempre quello del Nerone di Petrolini che si affeziona e applaude: “Bene, bravo, grazie”. Lui, Gastone, è solo. Pensa. Di fronte alla sua enorme scrivania ha un altro schermo suddiviso in tanti altri pic-coli schermi. Chi appare in quei pic-coli lotti elettronici?Loro: i grandi della Terra. Tutti primi ministri, presidenti, eccellenze, scià, califfi , imperatori, zar, dittatori, cau-dillos, eccellenze, eminenze, sono tutti perennemente in fl ebo Wi-Fi per potersi travasare in conferenza pla-netaria congiunta perenne no-stop con Gastone che è serio ma distratto. Annuisce. Un suo impercettibile pic-colo cenno di fastidio equivale a una sentenza. Se dai suoi schermi i gran-di della Terra sono assenti perché so-no andati al bagno, Gastone non dà segni di smania e aspetta. Vive piaz-zato davanti a tutti quegli schermi come un’orchidea di plastica. Paperino , come da copione, ci sfor-ma. Nell’ultima avventura, “Paperino e Gastone nella Nuova Maggioran-za” , Paperino era sempre arrabbiato: si vedeva che rimpiangeva i nemici dell’avventura precedente con Mat-teo Gambadilegno e aveva fatto la grande mossa delle dimissioni da Capo dei Capi, chiudendosi a chiave

GASTONE-CONTEE DI MAIO PAPERINO

(L’INGIUSTALEGGE DEL SUCCESSO)

L’incredibile somiglianza tra il premier di tutte le stagioni e il personaggio inventato nel 1947 da Carl Barks per Walt Disney.

Gli vanno bene tutte. Mentre al povero ministro degli Esteri...

INCOMPETENZA E FORTUNA

Paolo Guzzanti esordi della televisione in bianco e nero quando non c’era la pubblici-tà: fra un programma e l’altro andava in onda un “Intervallo” e si vedevano delle pacifi che pecore in bianco e ne-ro che brucavano un prato in bian-co e nero. Tutti si andavano a lavare i denti e a fare pipì perché c’erano le pecore. Adesso al posto delle pecore c’è la coppia degli anziani signori ci-nesi, malati, salvati, dimessi, rientrati, sostenuti, trattenuti, liberati, salvati di nuovo e poi ancora curati. Ogni volta un titolo a favore di Gastone. Che uo-mo. Che cinesi. Gastone è sempre lì – rassicurante salvaschermo seduto dietro il tavo-lo - mentre osserva l’altro schermo intergalattico del dialogo costan-te. Il consenso – che è una malattia passiva del cervello pigro – cresce a Viagra, perché Gastone è fortunato anche se l’Italia lo è molto meno, vi-sto che il virus ha ormai ridotto l’Ita-lia del Nord a un girone dantesco in cui migliaia muoiono soffocati senza conforto e si fi nisce gettati nelle bare avviate a crematori come mai nem-meno in Cina: dunque, appare proba-bile che qualcuno in qualche modo e da qualche parte debba pur aver infi -lato una serie di grandissime cazzate promosse da un governo di cui lui è il capo. Ma Gastone è fatto così: deve solo aspettare e la fortuna è sempre dalla sua. Un giorno lo chiamò Paperino e gli disse: “Ti va se ti porto dall’uomo sull’alto Colle per proporti come ca-po del governo?”. Lui rispose: “Ma sono vestito bene?”. Sì, lo rassicurò Paperino: hai pochette, ghette, bom-bette, cravatte, sei liscio e pettinato come se t’avesse leccato la vacca. E così diventò primo ministro. Poi, an-che secondo ministro. Continuazione del primo. E Paperino? Livido. Gli hanno sfila-to il diritto di decalcomania televisi-va, può apparire soltanto di rimessa. E deve faticare. Raduna gli ambascia-tori e tutti lo prendono in giro perché non sa le lingue. Nessuna. Gasto-ne, neanche lui. Ma ha savoir faire: è uno che quando andava a lezione al-la New York University per impara-re l’inglese che non sa, se lo iscriveva come titolo accademico. Tanto che l’uomo sull’alto Colle gli disse: fortu-nato, passi. Ma adesso basta stronzate, d’accor-do? Altri tempi, ormai. Oggi Gastone pensa di essere lui un giorno l’uomo del colle, versione maglioncino o in “fracche,” come lo chiamava Ettore Petrolini. Nelle storie di Carl Barks in genere Donald Duck (cui il fascismo impose il ridicolo nome di Paperino) alla fine prevale sull’indecentemen-te fortunato cugino impomatato che raccoglie successo qualsiasi co-sa faccia, specialmente se la fa male. Gastone si è insignito dell’ordine di Grande Salvatore Epidemico mentre persino i cinesi che arrivati a Milano per dare una mano si sono chiesti se è scemo, vedendo la sciatta inconsi-stenza delle misure concepite e at-tuate da una banda di incompetenti, come mostra il record dei morti e dall’infezione.

nella Farnesina sotto una feluca, spe-rando prima o poi di tornare protago-nista. Ma era andato tutto male.L’unica cosa che era riuscito a fare per avere visibilità nei notiziari era stato il tormentone sul povero studente ita-liano in Cina che non aveva il Corona virus, che non ha mai avuto il Coro-na virus, ma che aveva qualche linea di febbre – i test confermavano - e nessun corona virus. Un grande ca-so. I cinesi non lo volevano sui loro aerei perché avevano vietato gli ster-nuti. Le loro regole sono rigide. Allora

sottoposto a tampone

che conferma che era sempre stato

sano come un pesce”. Un piccolo momento di gloria. Nulla a confronto di quanto poteva schiera-re il tele-giornalismo di Gastone che ha trasformato in romanzo a lieto fi -ne continuo la vicenda della famosa Coppia di Coniugi Cinesi in Italia che ancora reggono banco: i poveretti co-me tutti sappiamo erano malati ma, sottoposti ad attente e lodevoli cu-re, sono guariti. Alleluja. Però resta-no in ospedale. Si devono rimettere in salute. Allora non sono guariti? Sì, ma sono come le pecore che si usavano agli

nella Farnesina sotto una feluca, spe-rando prima o poi di tornare protago-

sottoposto a tampone

che conferma che era sempre stato

sano come un pesce”. Un piccolo momento di gloria. Nulla a confronto di quanto poteva schiera-

Paperino ne aveva fatto un grandis-simo caso e mandato un aereo mi-litare per riportare a casa il povero ragazzo col raffreddore che non ave-va mai avuto il corona virus, ottenen-do – caso straordinario ma non unico di giornalismo italiano contempora-neo – più volte il servizio di apertu-ra nei telegiornali: “Studente italiano sano e senza Corona virus, fatto rien-trare con aereo militare dalla Cina e

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7Venerdì 20 marzo 2020

Il “partire da sé” nasce come pra-tica femminista di riscoperta del-la cultura che è rimasta sepolta per secoli nei vissuti personali,

in particolare per quanto riguarda il rapporto tra i sessi, ma, più in gene-rale, ha signifi cato riconoscere che sono le vite, nella loro singolarità, a spingere l’agire politico “alle radici dell’umano”.Riportato al presente dell’emergen-za che stiamo vivendo e col dub-bio purtroppo che durerà a lungo, in quanto legata alla crisi del mo-dello di civiltà conosciuto fi nora, il “sé” con tutte le sue risorse di crea-tività e limiti può essere il luogo at-traverso il quale si incontrano senza farsi la guerra opinioni, scelte diver-se, e, per un altro verso, brevi trac-ciati di un sentire comune. Non ne usciranno saggi né teorie di sistema, ma notazioni sparse, balbettamenti, come del resto sono già i commenti che escono in questi giorni sulle pa-gine dei social.Alla particolarità delle nostre vite, più che ai nostri saperi e alle nostre

competenze professionali, appar-tengono sicuramente alcune delle contraddizioni e dei confl itti che si stanno addensando intorno al co-ronavirus, dai provvedimenti di va-ria natura, giuridica e politica, con cui le istituzioni lo affrontano, alla risposta dei cittadini. Mi limito ad alcune considerazioni che mi sem-brano incontestabili.Se è vero che il timore del contagio e la permanenza obbligata nelle ca-se sta facendo nascere comunione di sentimenti e solidarietà inaspet-tate, è altrettanto vero che mai co-me in questa calamità emergono differenze signifi cative, di età, clas-se sociale, condizione famigliare e abitativa (per chi una casa ce l’ha).Non è la stessa cosa:-appartenere alla categoria dei “vul-nerabili”, cioè alle persone di età avanzata e con altre malattie, o a generazioni più giovani;-essere garantite economicamente o essere invece dipendenti da un la-voro che è venuto a mancare o che devi continuare a fare a tuo rischio;

-abitare da soli o condividere la casa con famigliari e amici;

-essere uomini o donne in una si-tuazione in cui la cura della casa e dei bambini sono raddoppiate, do-ve le relazioni di coppia già com-promesse rischiano di sfociare in violenza;-avere una abitazione che permette, in caso di quarantena, spazi separa-ti, o invece piccoli appartamenti do-ve ci si muove a mala pena. Per non parlare del carcere, dei centri di ac-coglienza, dei senza casa, delle ca-se di riposo, e di tutti i luoghi dove la convivenza e l’affollamento sono inevitabili.Le teorie hanno piedi, mani, volti, e rispecchiano nel loro confrontar-si, spesso aspramente, la difficol-tà a entrare nei panni dell’altro e mettere in primo piano ciò che ci accomuna. In questo drammatico passaggio di vita, personale e socia-le, le abitudini possono cambiare in meglio, ma si possono anche per-dere affetti e amicizie, se non se ne ha cura. Le solidarietà che nascono impreviste tra sconosciuti, in modi che non avremmo mai immaginato

– il saluto da fi nestra a fi nestra, torce che si accendono alla medesima ora

sopra strade deserte la sera, musica e canti inaspettati dai balconi - di-cono che in parte siamo già diversi da un mese fa, che abitudini con-solidate dal quieto vivere possono eclissarsi all’improvviso e aprire la strada al dubbio come alla speranza, al dolore della perdita come all’inte-resse per nuove opportunità. Non per questo tuttavia scompaio-no, dietro l’illusione di una comu-nità ideale a venire, le differenze di sesso, razza, classe, che già c’e-rano e che oggi fuoriescono con la spigolosità e la ruvidezza dei vissu-ti reali, anche se appannati dal bi-sogno di muoversi in concordanza contro il nemico comune . Se siamo stati a lungo spettatori dei mali de-gli altri, attenti nella lontananza ai dolori di umani vittime di ogni fl a-gello – dalle guerre, alle migrazioni, alle catastrofi naturali -, combatti-vi nell’affi ancarli con le manifesta-zioni nei nostri paesi, oggi siamo noi, per una sorta di contrappasso, al centro di un assalto che entra in-visibile nei nostri corpi, passando paradossalmente dai gesti dell’a-more e dell’amicizia, come i baci e

le strette di mano. Si potrebbe di-re che il corpo, e la natura a cui ap-partiene, si prende la sua rivincita e in questo modo presenta il con-to della violenza, dello sfruttamen-to e dell’uso che ne abbiamo fatto, delle ingiustizie che vi sono passa-te sopra. D’ora innanzi non potremo più limi-tarci a gridare slogan anticapitalisti, antipatriarcali, antirazzisti, quan-do è l’ordine sociale e politico a la-sciare allo scoperto, nel momento del suo crollo, il posto che vi han-no occupato le nostre vite. Se pos-siamo immaginare all’orizzonte un “altro mondo possibile”, sarà solo perché avremo dato corpo, senti-menti, pensieri alle tante “differen-ze” prodotte da millenarie logiche di dominio.© RIPRODUZIONE RISERVATA

Lombardia cavia. Il tragico nu-mero dei contagi da coro-navirus è piombato con un pesante carico di morte sul-

la Regione capitale della libera scel-ta, dell’innovazione, della ricerca. Il famoso sistema sanitario lombardo che dal 1997, per iniziativa del Presi-dente Roberto Formigoni, ha creato un capolavoro costruito sull’allean-za tra il sistema pubblico e il privato accreditato. 200 ospedali pubblici e privati accreditati, 19 IRCCS ( Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scien-tifico), 650 Residenze per anziani e 2.500 farmacie, oltre a 130.000 opera-tori sanitari qualifi cati e una valanga di volontari del Terzo Settore si pren-dono cura dei dieci milioni di lombar-di e dei tanti che fanno i “viaggi della speranza” dal resto d’Italia per avere il meglio dell’assistenza.Casualità ha voluto che proprio qui, prima nel lodigiano e in seguito a Ber-gamo e Brescia, si sia accanito il vi-rus, provocando un contagio a catena che pare ancora inarrestabile a tragi-co, non solo sul piano sanitario. An-cora ieri sul giornale locale di Brescia le pagine dei necrologi erano dieci e

si imprimevano nella nostra memo-ria le immagini dei camion dell’eser-cito che trasportavano bare, mentre giungeva notizia che nei cimiteri non c’erano più posti e neppure nei for-ni crematori. Intere famiglie distrutte, donne e uomini morti abbandona-ti senza nessuno che tenesse loro la mano, mentre il Sistema Lombardia, con l’eccellenza del suo personale, continua a lavorare con i motori al massino, inarrestabile.Lombardia cavia. E meno male, vien da dire in modo paradossale, che questa tragedia è piombata proprio qui. Se proprio doveva esserci. Non solo perché qui c’era e c’è l’eccellen-za della sanità italiana ed europea. Ma anche perché quel che sta acca-dendo qui, con la richiesta ossessiva e pervicace di tutti i sindaci e dei go-vernatori del nord perché si chiuda il più possibile, perché le persone non abbiano contatti tra loro visto che il Covid-19 va molto veloce, sta aiutan-do le altre Regioni con la prevenzione.Sono gli stessi governatori delle Re-gioni del sud Italia a dirlo con onestà: pensate che disastro, se fosse capi-tato qui, dicono in coro. Ma c’è qual-cuno cui non basta neppure che la Lombardia faccia da cavia. Deve es-sere punita anche di più. E chi può

esserne il censore, il giudice e anche l’esecutore della sentenza se non il Fatto quotidiano? E’ toccato a Gianni Barbacetto ieri rispondere a una va-langa di critiche rivolte al quotidiano da parte dei medici degli ospeda-li lombardi, quelli che con abnega-zione stanno passando i giorni e le notti a cercare di salvare vite, e che si erano sentiti offesi dal quotidiano. Perché pare che al Fatto quotidia-no piacciano solo quelli che lavora-no nelle strutture pubbliche, il che è imbarazzante per lo stesso Barbacet-to, che vive a Milano. E da lombardo ha sicuramente usufruito, negli ultimi vent’anni, dell’eccellenza voluta da Roberto Formigoni. Infatti non può che ammettere che “è indubitabi-le che Humanitas e San Raffaele, co-me altre strutture private, offrano ai cittadini cure di ottima qualità”. Così come non può negare che, specie al sud d’Italia, ci siano ospedali pubbli-ci “scandalosamente ineffi cienti”. Ma non riesce a fare un passettino in più, per certificare l’eccellenza dell’inte-ro sistema, come ogni anno certifi ca-no i diversi Ministeri della salute, che mettono la Lombardia costantemen-te al primo posto della graduatoria. E’ diffi cile capire, quando si hanno pre-giudizi ideologici spesso nutriti da

una rabbietta che pare una costante di vita, che aver messo in competizione il settore pubblico con quello privato ed essere poi riusciti e creare un siste-ma che dà il meglio del pubblico e il meglio del privato insieme, è stata una genialità di Formigoni nel 1997.Per Barbacetto quel Presidente della Regione Lombardia era ed è tuttora il diavolo, quello che una legge incosti-tuzionale come la “spazzacorrotti” ha voluto mandare in carcere nonostan-te l’età e senza nessuna necessità “rie-ducativa”. Quello che ha pagato i suoi comportamenti, che nella sua cultura potevano essere considerati al mas-simo peccati, come se fossero reati, e che oggi il milanese Barbacetto, frui-tore della rivoluzione sanitaria formi-goniana, qualifi ca come “distorsione del sistema”. Ma in definitiva, visto che “la crescita dei privati ha portato effi cienza nel servizio” (vabbè, ma an-che “concentrazione sulle prestazioni più redditizie”: una piccola critica bi-sognava pur farla) e che la Lombardia, oggi costretta al ruolo di cavia, è pur sempre l’eccellenza in Europa, che senso ha l’articolo di Barbacetto? Un modo per tener buoni i medici-eroi o la scusa per tirare un po’ di fango con-tro Formigoni e il centrodestra?© RIPRODUZIONE RISERVATA

MEDICI LOMBARDI CONTRO IL “FATTO”Barbacetto si scaglia contro le strutture private e contro Formigoni. La rabbia degli operatori sanitari ora in prima linea

Virus e identità: le ideologiealla prova del corpo

IL GIORNALE ATTACCA IL SISTEMA SANITARIO DELLA REGIONE

Tiziana Maiolo

Lea Melandri

La pandemia crea un nuovo senso di solidarietà ma è anche un esaltatore di differenze. Oggi il fl agello riguarda noi

In alto L’ex governatore della LombardiaRoberto Formigoni

A sinistraAlcuni dei tanti ragazzi alla fi nestra che lanciano messaggi contro il virus

Page 8: Venerdì 20 marzo 2020 · Anno 2° numero 57 · € 2,00 ... · grazioni del Presidente del Consiglio”, rivendicava fi ero in una intervista. “I problemi - aggiungeva Fresa -

8 Venerdì 20 marzo 2020

FOLLE CORSA ALLE ARMI: «I CITTADINI TEMONO DISORDINI»

Contro il Covid tante pallottolePaura e delirio in America

cialista – l’aumento dell’affluenza al voto di giovani radicalizzati e di lavoratori delle industrie – ha fatto cilecca ben prima dell’arri-vo di Covid-19. Ma il virus, impe-dendo lo svolgimento dei grandi raduni, non potrà che peggiora-re la situazione. C’è il rischio che le primarie democratiche finisca-no come potrebbero finire parec-chie competizioni sportive: senza svolgere le gare rimanenti. E con l’assegnazione del titolo al primo classificato: in questo speciale ‘campionato’, Joe Biden.© RIPRODUZIONE RISERVATA

governi locali, statali e federa-li potrebbero fallire di nuovo», ricorda Frank Miniter, caporedat-tore di Americas First Freedom, la rivista della NRA, la National Rifle Association, la più famosa lobby americana delle armi. «Ec-co perché, durante le emergen-ze nazionali, le vendite di armi e munizioni aumentano. È un fatto pratico. Le comunità di cittadini si basano sull’autosufficienza. L’au-mento delle vendite di armi è la natura pratica degli americani che viene fuori».Chi invece sembra ormai sul pun-to di deporre le armi è Bernie Sanders, il leader della sinistra americana, che nell’ultimo mar-tedì delle primarie democratiche è stato di nuovo sconfitto dal cen-trista Joe Biden, che ha dominato in Florida, Illinois e Arizona. L’ar-ma più potente del senatore so-

In altoIl presidente

degli Stati Uniti,Donald Trump

In bassoBernie Sanders, ormai prossimo al ritirodalle primarie demper la presidenza

L’avvento della pandemia fa impazzire gli States: nell’ultima settimana le vendite di armi schizzate a +40%. E lo stop ai raduni segna l’addio di Bernie che contava sul supporto dei giovani. Biden ormai senza rivali

Vittorio Ferla

Di fronte alla minaccia di Covid-19 ogni popolo si difende come sa. Temen-do il peggio, gli italiani

riempiono le dispense di pasta, pane e farina. D’altra parte, è no-to, i carboidrati sono degli antide-pressivi naturali. Dal canto loro, i francesi proteggono la grandeur acquistando chilometri di rotoli di carta igienica: stare chiusi in ca-sa per mesi è davvero complicato per chi non ha il bidet. E gli ame-ricani? Eccoli in fila nei negozi di armi, pronti a sparare - contro non si sa cosa - nel caso in cui la situa-zione dovesse precipitare.Le vendite di armi aumentano in-fatti in molti Stati americani, spe-cialmente in quelli colpiti più duramente dal coronavirus: Ca-lifornia, New York e Washington. Ma l’aumento è generalizzato. «I nuovi acquirenti, quelli che ac-quistano armi da fuoco per la pri-ma volta perché hanno paura che l’ordine sociale vada in tilt, sono sempre più numerosi», avverte Kurtis Lee, giornalista del Los An-geles Times. «Inoltre – aggiunge – alcuni proprietari di armi temo-no che, approfittando dello sta-to di emergenza, il governo possa limitarne l’acquisto». Bisogna ri-cordare, infatti, che negli Usa la detenzione di armi rientra nel no-vero dei diritti civili al punto da essere tutelata dal secondo emen-damento della Costituzione ame-ricana. Possedere una pistola, per gli americani, è come organizza-re il proprio matrimonio o aprire un’attività commerciale.Secondo i dati di vendita di Am-mo.com, un noto rivenditore online di munizioni, nel periodo compreso tra il 23 febbraio e il 4 marzo, le transazioni sono au-mentate del 68% rispetto agli un-dici giorni prima del 23 febbraio. Perché proprio il 23 febbraio? Per-ché è il giorno in cui gli america-ni hanno appreso dello scoppio di un tremendo focolaio di corona-virus in Italia. Le immagini di una lunghissima coda, che gira intorno all’isolato, fuori dal negozio di ar-mi Martin B. Retting a Culver City, California, durante il fine setti-mana scorso, han-no fatto il giro del mondo. Tra gli ac-quirenti più spa-ventati - si legge nel reportage del Los Angeles Times- ci sono soprat-tutto gli americani asiatici, timorosi di subire, nel folle cli-ma della pandemia, u n ’ a g g r e s s i o n e a sfondo razzia-le. Quando si sep-pe del virus, d’altra parte , g l i i ta l ia -ni cominciarono a disertare i ri-storanti cinesi fino a provocarne la chiusura. Oggi Donald Trump parla ormai esplicitamente di “vi-

rus cinese”. E in America qualche matto potrebbe pensare di vendi-carsi di Xi Jin Ping per interposta persona.Ma la clientela dei negozi di armi è ben più ampia, non ci sono so-lo gli americani asiatici. E le armi vanno via come la carta igieni-ca. «Le famiglie stanno adottando il distanziamento sociale, rifor-nendosi di cibo e di altri generi di necessità. Ma l’epidemia crea molta ansia nelle nostre comuni-tà. E così le famiglie vogliono es-sere attrezzate per proteggersi da eventuali saccheggiatori o da vio-lenze». Così dichiara a Fox News Robyn Sandoval, istruttrice di tiro a capo della A Girl & A Gun Wo-men’s Shooting League, con sede a Austin: una pistolera texana che manco nei film.I dati della National Shooting Sports Foundation (NSSF), elabo-rati con la consulenza del Natio-nal Instant Criminal Background Check System (NICS), dicono che,

a livello nazionale, dal 15 marzo 2020 le vendite di armi da fuoco sono au-mentate del 17% rispetto allo scor-so anno. «Questa p e rce n t u a l e a u -menterà dramma-ticamente prima della fine di mar-zo. I rivenditori e i produttori di armi da fuoco non sono preparati a soddi-sfare una doman-da così sostenuta

a lungo termine”, ammonisce Eric Poole, direttore della rivista Guns and Ammo.Dalle interviste ai venditori di

negozi di armi realizzate da Fox News nei giorni scorsi emerge che le vendite di questo mese sono aumentate in media tra il 30 e il 40 per cento, rispetto a un perio-do normale. I cittadini intervistati dall’emittente spiegano quest’on-da di acquisti con la previsione di un aumento dei tassi di crimina-lità, la paura di essere vittima di un’irruzione in casa nel caso in cui il cibo e i beni essenziali do-vessero esaurirsi, la necessità di essere pronti a proteggere la pro-pria famiglia, la paura di essere poco difesi: anche i dipartimenti di polizia potrebbero essere de-cimati dall’epidemia, con il crollo conseguente dell’ordine pubblico e dei servizi.«L’incapacità del governo di sal-vaguardare le vittime dell’uraga-no Katrina nel 2005 è un ricordo ancora vivo. La gente teme che i

A fare incetta di pistolee fucili sono

soprattutto gli asiaticitimorosi di subire

ritorsioni dai bianchi,che potrebbero

accusarli di essere gli untori globali

La polveriera

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9Venerdì 20 marzo 2020

Petrolio e virus non perdonanoTrema la Russia autarchica

Borsa giù di oltre il 20 per cento dall’inizio dell’anno e rublo an-che peggio: per ora il

contagio fi nanziario non sem-bra risparmiare la Russia, no-nostante la forza dei suoi conti pubblici e l’isolamento della sua economia. Anzi, il crollo dei prezzi petroliferi, a cui pa-radossalmente proprio Mosca ha direttamente contribuito, secondo alcuni analisti crea il rischio di una recessione più lunga e penosa che altrove. La politica economica “so-vranista” e ispirata alla sta-bilità introdotta a partire dal 2014 - quando l’annessione della Crimea e le conseguen-ti sanzioni hanno distan-ziato Mosca dall’Occidente - in questi giorni è sottopo-sta a un test cruciale. Men-tre nel mondo si chiudono i confini, si alzano barriere e si approntano misure per il contenimento del virus e per la sopravvivenza economi-ca, il dibattito sull’efficien-za del modello isolazionista e politicamente autoritario del-la Russia al tempo della pan-demia diventa quantomai interessante. “La Russia deve confrontar-si con gli stessi problemi di ogni altro Paese, in questa situazione”, dice al Riformi-sta il fi nanziere e accademico moscovita Andrei Movchan, titolare di una società che ge-stisce asset privati per l’equi-valente di oltre 100 milioni di euro. “Tutto dipenderà da quanto si diffonderà il virus tra la popolazione, da qua-li saranno le misure di soste-gno economico del governo e da come verranno imple-mentate». A questo propo-sito, Movchan ritiene un vantaggio il fatto che in Rus-sia il 38% degli occupati la-vora per lo Stato. Gente che anche se le cose si mettes-sero al peggio non rimar-rebbe senza stipendio né

peserebbe sull’ammontare degli ammortizzatori socia-li straordinari. Da molti punti di vista, alla “guerra del coro-navirus” l’economia russa ci arriva preparata. Gli indicato-ri economici sono invidiabi-li: surplus di bilancio, debito basso, riserve in valuta forti. Alla stabilità si sono però sa-crificati crescita e tenore di vita delle famiglie: lo scor-so anno le riserve hanno su-perato i 170 miliardi di rubli (circa 2 miliardi di euro) co-prendo completamente il de-bito estero, mentre il Pil ha avuto un’espansione limita-ta all’1,3%, a fronte di un au-mento dei redditi reali pari allo 0,8%. I redditi sono più bassi rispet-to a otto anni fa. Intanto, il go-verno ha cercato di sfi lare la Russia dall’economia glo-bale, per minimizzare i dan-ni delle sanzioni, rafforzare l’ industria e rendere le attivi-tà finanziarie meno sensibi-li all’andamento dei mercati internazionali. “E la manovra è riuscita”, sottolinea da Mo-sca il capo della società di

investimenti Macro-Advi-sory Chris Weafer: “Il Paese è senz’altro in una situazione migliore per affrontare que-sta crisi rispetto a quanto lo sarebbe stato qualche anno fa», spiega Weafer al Rifor-mista. “È me-no esposto a l l ’ e c o n o -mia globale, e co n a g -giustamenti minimi po-trà far fronte all’emergen-za anche per un anno sen-za indeboli-re le proprie p o s i z i o n i fi nanziarie”. Il problema per la Rus-s i a è c h e d i p e n d e dall’esporta-zione di gas e p e t ro l i o per circa la metà delle proprie entrate fi -scali. E il prezzo del greggio è in caduta libera, a causa del-

la drastica riduzione della do-manda globale provocata dal diffondersi del Coronavirus. Ma anche per effetto della decisione di Mosca di far sal-tare, proprio in questi giorni di caos, gli accordi con l’Opec

per stabiliz-zare i cor-si petroliferi. Una mossa a lungo chie-sta a Vladimir Putin da uno dei suoi con-siglieri più potenti: Igor Sechin, capo della società petrolifera di Stato Rosneft. Obiettivo, re-c u p e r a r e quote di mer-cato sottra-e n d o l e a i c o n c o r r e n -ti Usa. “Una p e s s i m a scelta, dovu-

ta a un errore di calcolo: non si pensava che l’Arabia Saudi-ta avrebbe accettato la sfi da

commerciale iniziando una guerra al ribasso. Alla Rus-sia questo errore costerà ca-ro”, dice Weafer. Il governo, comunque, ritiene di esse-re in grado sostenere prez-zi petroliferi inferiori ai 40 dollari il barile anche per tre o quattro anni, grazie alle ri-serve accumulate. “Tecnica-mente è possibile, anche se si creerebbe un defi cit di bi-lancio pari al 6/7% del Pil”, secondo Andrei Movchan. Il direttore del Centro studi post-industriali di Mosca, l’e-conomista Vladislav Inozem-tsev, sostiene che, a causa della sua dipendenza dall’in-dustria petrolifera, la Russia “potrebbe diventare di nuo-vo un ‘anello debole’ come nella recessione globale del 2009 e nella crisi anti-ciclica del 2015”. I prezzi del greg-gio restano una forte criticità, per l’economia russa. “Per-ché tornino a salire, sarebbe necessaria una crescita acce-lerata a livello mondiale, cosa al momento del tutto impen-sabile”, ha scritto Inozemtsev in un rapporto del suo istituto.

“La Russia continuerà a esse-re un paese soggetto ai cicli dell’economia globale e ai declini tattici dei prezzi del-le materie prime, e quindi più vulnerabile - in termini eco-nomici - rispetto ai Paesi più industrializzati“. Non c’ è dubbio che la pan-demia stia alimentando la voglia di isolazionismo eco-nomico sviluppatasi un po’ dappertutto da qualche anno a questa parte. E anche quella di autoritarismo politico. I modelli autoritari capaci di azioni decisive e di rapide mobilitazioni - come avvenu-to in Cina - sembrano avere maggiore effi cacia, in casi di forza maggiore come questo in cui ci ritroviamo.La Russia di Vladimir Pu-tin è un faro, per chi vuole la de-globalizzazione e con-sidera desueto il liberalismo. “Non è detto però che sia meglio equipaggiata di altri, nell’affrontare l’emergenza Covid-19”, dice al Riformista Andrei Kolesnikov, politolo-go del think tank Carnegie di Mosca.“Che il governo sia autoritario o meno, i problemi di fronte a un’epidemia sono gli stessi, e le stesse sono le decisioni da prendere come le risposte da dare. In Russia, semmai, la natura egoistica del regi-me potrebbe portare a una minore accuratezza negli in-terventi rispetto ad altrove: il Cremlino non vuole spostare il referendum costituziona-le fi ssato per il 22 aprile, per esempio.E le forze armate si stanno esercitando per la parata del-la festa nazionale del 9 mag-gio, che a quanto pare si terrà nonostante in teoria a Mosca siano stati vietati gli assem-bramenti di oltre 50 persone”. Riguardo poi all’economia, “quella creata dal capitali-smo di Stato in Russia non è stabilità, ma solo stagna-zione permanente”, sostiene Kolesnikov. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Putin

COSÌ MOSCA

COMBATTE IL COVID

In Russia il 18 marzo erano stati accertati 147 ca-si di coronavirus dopo che sono stati eseguiti circa 120.000 tamponi. Il rapporto è il più basso fra tut-ti Paesi toccati dall’epidemia. Con ogni probabilità, però, il dato è falsato e i contagiati sono molti di più, ha ammesso un deputato della commissione Sani-tà, Alexei Kurinny. Finora, l’unico sistema di test uti-lizzato in Russia è quello sviluppato da un centro virologico di Novisibirsk, a bassa sensibilità e in due fasi - il che aumenta il rischio di errore.Il presidente Vladimir Putin ha defi nito “sotto con-trollo” la situazione. Fra le misure di contenimento prese, il bando all’entrata di cittadini stranieri fi no al 1° maggio. A Mosca, vietato ogni evento pubblico con più di 50 partecipanti fi no al 10 aprile. Chiuso il Bolshoi e gli altri teatri. nei cinema si vendono so-lo 50 biglietti per ogni spettacolo. Scuole e univer-

sità chiuse dal 23 marzo al 12 aprile. Niente eventi sportivi almeno fi no al 10 aprile: sospesi anche i campionati di calcio, hockey e basket. La Chiesa Ortodossa Russa ha messo a punto nuove regole di igiene per chi partecipa ai riti. Ai giornalisti accredita-ti al Cremlino viene misurata la febbre per tre volte prima che possano avvicinarsi al presidente Putin. Il governo ha predisposto l’inizio del-la produzione di mascheri-ne di protezione da parte dei carcerati. Per combattere le conseguenze economiche dell’epidemia, il governo co-stituirà un fondo anticrisi da

300 miliardi di rubli (circa 3,6 miliardi di euro). Per le industrie del turismo e dell’aviazione verrà appli-cato un differimento fi scale, quindi questa misura può essere estesa ad “altre industrie e imprese in-

teressate”. Prestiti agevolati ai commercianti per favorire la creazione di scorte ampie di beni essenziali, per i quali saranno istituti corridoi doga-nali preferenziali. Da martedì, nei supermercati delle gran-di città è iniziata la corsa ai rifornimenti. Molti scaffali di grano saraceno (il più popo-lare cibo delle famiglie), pasta e carta igienica sono rimasti vuoti.

VladimirPutin,67 anni, è presidente della Federazione russa dal 2012

Riccardo Amati

CRISI NEL REGNO DI PUTIN

Il modello antiglobalista, antiliberale e

autoritario non regge. Nessuno può più evitare

di essere connesso.Parlano gli esperti Andrei Movchan, Chris Weafer e

Andrei Kolesnikov

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10 Venerdì 20 marzo 2020

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Ricchi e poveri: come nella Livella siamo tutti sotto attacco. Ma il virus ci insegna che la società funziona solo se c’è cooperazione tra diversi

è preteso di far passare “antivacci-nismo” e “vaccinismo” come posi-zioni “ugualmente” legittime.Uno = uno è verità indiscutibile dal punto di vista del valore digni-tà, ma non è principio adottabi-le nell’organizzazione delle nostre società complesse, dove ognu-no per rendere un valido servigio a tutti deve avere competenze ac-quisite nella progressione di espe-rienze e di studi: in politica, nelle scienze, nelle attività produttive, nelle professioni (come faremmo senza personale sanitario all’altez-za delle sfide che stiamo vivendo? E potremo mai vincere il virus sen-za affidarci alle élites della ricerca biomedica?). Verità, queste, che la saggezza an-tica aveva condensato nel cosid-detto Apologo di Menenio Agrippa.

*Ex ministro Università e Ricerca© RIPRODUZIONE RISERVATA

ferte dalle teorizzazioni populiste dell’uno = uno. Assolutizzando il concetto di uguaglianza, queste te-orizzazioni hanno preteso di decre-tare un indifferenziato livellamento, in sé negatore d’ogni diversità, an-

che di quelle fondate sulle compe-tenze, in politica, a torto ritenuta mestiere improvvisabile, e finan-che nella scienza, anch’essa regno di un auspicato ugualitarismo, in cui ogni voce dovrebbe avere pari diritto di cittadinanza, tanto che si

A latoIl busto

di Menenio Agrippa

In altoIl principe Antonio De Curtis,

in arte Totò

Ortensio Zecchino*

Mai l’uomo si è trovato così uguale a ogni altro, co-me in questa circostanza: uguaglianza nell’apparte-

nenza alla specie umana. La morte, si dice, rende uguali e La livella di Totò ce lo ricorda. Ma la morte induce so-lo un astratto pensiero di uguaglian-za, perché è evento troppo singolare, che non si può condividere con chi ormai non c’è più. Vivere il tempo di un’epidemia globale ci fa invece sen-tire uniti tutti come anelli viventi del-la catena umana. Per sconfi ggere il virus siamo costretti a isolarli mate-rialmente, ma gli anelli restano ancor più uniti virtualmente e, aggiungerei, spiritualmente, come ben dimostra l’esperienza di questi giorni.L’umanità nella sua storia ha vissu-to tante epidemie. Le due più note e, forse, più gravi, la pe-ste nera del 1348 e la spagnola del secolo scor-s o , p a re che siano v e n u t e entram-be dal-la Cina. A n c h e allora il

virus viaggiava, se pur con minore velocità ma, dove arrivava, si dif-fondeva facilmente per le cattive condizioni igieniche, e non solo.Ma allora ogni realtà viveva la “sua” epidemia inconsapevole di quanto fosse accaduto o accadesse altrove.Oggi siamo tutti nell’inedita con-dizione di vivere tutto in assoluta contemporaneità e condivisione. La pandemia mondiale ci rende tutti sempre più uguali e contigui perché le interconnessioni sono ta-li che ormai nessuna barriera può spezzarle e assicurare chiusure er-metiche. Tutto ciò deve indurci ad alcune considerazioni.Le esperienze passate, pur diversis-sime, possono insegnarci qualco-sa. La terribile peste del 1348 – che ebbe una diffusione larga, ma non planetaria - trovò terreno facile in realtà afflitte non solo da catti-ve condizioni igieniche, ma ancor più da una grave carestia causata dall’instaurarsi, agli inizi del seco-lo, di quella che è ormai definita

“piccola era glaciale”. Questa condizione fece sì che, do-

ve penetrata, l’epidemia si diffondesse con ir-refrenabile velocità e virulenza. Nel mon-do “interconnesso” di oggi, se dovessero re-

alizzarsi condizioni climatiche avverse (e la prospettiva non è solo fantascienti-

fica) l’insorgenza di pandemie, oggi inevi-

tabilmente planetarie, potrebbe insidiare l’esi-

stenza stessa dell’umani-tà, come non avveniva nel

mondo “sconnesso” di un tempo. E questa considerazione, ba-

nalmente evidente – ma, almeno in apparenza,

ignorata dall’obnubi-lamento di popoli e

governanti – dovrebbe da sola ba-stare a farci capire che le singole, piccole realtà nazionali sono im-pari rispetto alle sfide globali, di fronte alle quali, ineluttabilmente e implacabilmente, saremo posti con sempre maggiore frequenza. Un’ultima considerazione, in tema di uguaglianza, s’impone guardan-do alle vicende di questi giorni. Le nostre democrazie sono entrate in affanno perché i loro meccanismi sembrano non reggere di fronte alle pressanti esigenze, molto in-dotte dalla rete, di più alti livelli di uguaglianza. Queste esigenze sono sempre state presenti e vive nella storia dell’umanità. La modernità per soddisfarle è approdata prima al modello di Stato liberale e, più recentemente a quello di Stato so-ciale, che ha reso più sostanziale l’uguaglianza, aprendo la stagione dei diritti sociali. Oggi anche que-sto assetto è diventato precario, senza che all’orizzonte se ne intra-vedano nuovi e più adeguati. Ma la pandemia una cosa sta mostrando: la pericolosa inconsistenza di ta-lune scorciatoie, come quelle of-

La paura ci dice che siamo ugualima che ci salveranno le differenzeL’emergenza pone fi ne al falso mito dell’uno vale uno

RITORNO ALLE COMPETENZE DOPO L’UBRIACATURA GRILLINA

e, forse, più gravi, la pe-ste nera del 1348 e la spagnola del secolo scor-s o , p a re che siano v e n u t e entram-be dal-la Cina. A n c h e allora il

dall’instaurarsi, agli inizi del seco-lo, di quella che è ormai definita

“piccola era glaciale”. Questa condizione fece sì che, do-

ve penetrata, l’epidemia si diffondesse con ir-refrenabile velocità e virulenza. Nel mon-do “interconnesso” di oggi, se dovessero re-

alizzarsi condizioni climatiche avverse (e la prospettiva non è solo fantascienti-

fica) l’insorgenza di pandemie, oggi inevi-

tabilmente planetarie, potrebbe insidiare l’esi-

stenza stessa dell’umani-tà, come non avveniva nel

mondo “sconnesso” di un tempo. E questa considerazione, ba-

nalmente evidente – ma, almeno in apparenza,

ignorata dall’obnubi-lamento di popoli e

La politica riscopreoggi l’Apologo

di Menenio Agrippa:ciascuno può dareun vero contributo

solo se sorrettoda studi

ed esperienze

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11Venerdì 20 marzo 2020

La prima pandemia dell’era globale è scoppiata in un quadro economico e politico già molto instabile in quan-to segnato dalla lunga stagnazione

europea, dal rallentamento della crescita ci-nese a da una crescita americana troppo de-bole. Ha colpito prima la Cina e ora l’Europa e gli Stati Uniti e così sta trascinando nella recessione l’intera economia mondiale fa-cendo saltare ogni certezza, ogni equilibrio, anche quello che sembrava più stabile. Ine-vitabilmente sarà necessario un lungo e se-rio ripensamento dei modelli, o meglio, del modello di sviluppo che ha segnato gli ulti-mi 40 anni dell’Occidente e che oggi mostra una disarmante fragilità dinanzi a un virus. Così il termine pandemia diventa sinonimo di trasformazione nel signifi cato di passaggio da una società all’altra con la rimessa in di-scussione del rapporto tra l’utile del singolo e il benessere collettivo, tra la ricchezza privata e la pubblica utilità, tra le libertà individuali e le esigenze generali della comunità. Un’eco-nomia diversa, più giusta, inclusiva è invocata ormai quasi unanimemente. Intanto però in Italia, come nel resto del mondo, mentre ogni giorno si contano drammaticamente i morti, si annunciano incalcolabili e immediati dan-ni occupazionali, reddituali e sociali e nessu-no è in grado di fare previsioni sul come e sul quando se ne uscirà. Ognuno è chiamato a fare la propria parte, ognuno si sente parte di una comunità, ognuno riscopre le proprie ra-dici e il proprio radicamento. All’appello non mancano certo le Banche po-polari e del territorio che fi n da subito hanno messo in atto specifi ci e concreti interventi in favore delle aziende, del commercio e delle famiglie. Provvedimenti dagli effetti imme-diati per contribuire a garantire la sopravvi-venza del tessuto produttivo e la sussistenza delle persone e delle famiglie. Interventi che tutti gli istituti della categoria stanno rea-lizzando ovunque e non solo nelle aree più colpite, a conferma del loro essere parte in-tegrante delle comunità nelle quali operano. Le iniziative di sostegno decise autonoma-mente dai singoli istituti bancari hanno pre-ceduto anche i provvedimenti del Governo e, per questo, sono già operative. Hanno diversa natura e sono state adottate dalla totalità del-la categoria. La Banca di Piacenza ha istituito una procedura di istruttoria veloce (una sem-plice pec) per sospendere le rate di fi nanzia-mento. La Banca Valsabbina, che opera in una delle aree più colpite, ha aderito alla mo-ratoria per le PMI che prevede la sospensione del pagamento delle rate dei finanziamen-ti, oltre a donare 300.000 euro agli ospeda-li bresciani. La Banca Popolare del Cassinate ha introdotto linee di credito dedicate met-tendo a disposizione liquidità per circa 100 milioni di euro. La Banca Popolare Pugliese e la Banca Popolare di Puglia e Basilicata han-no sospeso i mutui o proposto una loro rimo-dulazione. CiviBank ha dato, a tutte le micro, piccole e medie imprese e di tutti i settori, la possibilità di sospendere il pagamento delle rate dei fi nanziamenti o di allungarne la sca-

Èuna guerra non convenzionale. Da un lato il virus, dall’altro la competizione tra Stati e tra modelli di governance. Del virus che furbescamente s’insinua

nei polmoni sappiamo poco, così poco che, per ora, non riusciamo né a sconfi ggerlo né ad ammaestrarlo. Della competizione tra sta-ti sappiamo qualcosa di più. Partiamo dalla Cina, la grande potenza dove è iniziato tutto questo. Come avevamo anticipato la tenden-za è che la Cina da causa diventi la soluzione. Autorevoli commentatori hanno iniziato a re-citare il mantra “la Cina è la locomotiva della ripresa”. L’immagine che sta passando è quel-la dell’Italia questuante in cerca di carità, pie-gata scientificamente e materialmente agli aiuti provenienti da Pechino. Sono arrivati i medici e gli infermieri dall’estremo Oriente, sono arrivate (pagate o donate?) mascherine, grembiuli ed altro materiale sanitario. Una copertura mediatica a tutto tondo per farci sperare e sognare. Atteggiamento finanche comprensibile: quando il dolore è così forte si è pronti a tutto. Dalla Cina una decina, tra medici ed infermieri, e due pallet di presidi sanitari sono diventati un fenomeno parago-nabile solo al vecchio post bellico Piano Mar-shall. Naturalmente dobbiamo essere grati alla Cina, e a qualsiasi altro paese che s’ado-pera a portare aiuto. Senza dimenticare che si tratta di buoni azioni già contraccambiate: il 15 febbraio scorso dall’aeroporto di Brindisi è partito un carico di mascherine diretto in Ci-na. Così le cronache locali descrivono il pac-co dono: «È partito questo pomeriggio dalla Base di pronto intervento della Nazioni Uni-te di Brindisi un volo umanitario diretto in Ci-na per fronteggiare l’emergenza sanitaria del Coronavirus. Il volo è decollato alle 14.50 ed è diretto a Pechino. Sul velivolo sono state im-barcate diciotto tonnellate di materiale medi-co-sanitario di protezione personale donato dalla Cooperazione Italiana e dall’Ambascia-ta cinese in Italia. Si tratta di mascherine, tute, occhiali protettivi, guanti e termometri». Che cos’è il soft power? Per il vocabolario Treccani: “l’abilità nella creazione del consen-so attraverso la persuasione e non la coerci-zione” e per coercizione s’intendono anche le bombe i cannoni. Soft power è il termine an-glosassone, senza dubbio più elegante e dotto dell’italianissimo imbonire, nel senso di ren-dersi favorevole a qualcuno. Non con le sber-le e i calci, ma con gentilezza e fermezza. La pubblicazione, nel circuito cinese, della clip che mostra l’Italia sostenuta da due infermie-re cinesi ben rappresenta una distorsione del-la realtà. Altri messaggi (a volte ambigui) li troviamo in newsletter diffuse da associazioni cinesi con sede in Italia. Qual è il confi ne tra innocente beneficenza e collaborazione-aiuto interes-sato? Huawei Italia, per contribuire alla lot-ta contro il Coronavirus, ha offerto non solo di donare apparati di protezione, ma anche la possibilità di collegare in cloud gli ospedali italiani tra loro comunicando con le unità di crisi. Senza dubbio gesti apprezzabili, ma il collegamento fra ospedali e unità di crisi non

può forse essere inserito in un contesto di “si-curezza nazionale”? In questo periodo così importante la conoscenza, il conoscere co-me in realtà si sia propagato il Coronavirus è un elemento imprescindibile. Avere a dispo-sizione un chiaro panorama di come si è svi-luppato e diffuso è fondamentale per aiutare tutti, soprattutto i medici e i ricercatori. Il fa-moso virologo Roberto Burioni nel libro a sua fi rma appena uscito non lascia spazio ad in-terpretazioni: “dei dati cinesi c’è davvero po-co da fi darsi”. A supporto della tesi due recenti importanti articoli apparsi sul South China Morning Post. Il primo raccoglie la testimonianza di Ai Fen, direttore del dipartimento di emergenza del Whuan Central Hospital che conferma quan-to condiviso dal defunto “eroe nazionale” Li Wenliang, (il medico che anzitempo condi-vise mezzo WeChat con i colleghi il timore della presenza di un virus simile alla SARS, venne severamente ammonito dalle autorità locali e costretto a fare pubblica ammenda), cioè di avere notato «un fl usso di pazienti da polmonite settimane prima che i funzionari confermassero che la trasmissione del virus da uomo a uomo era possibile». L’intervento del medico Ai Fen originariamente è appar-sa su un settimanale cinese, prima di essere censurata. Il secondo articolo racconta co-me il primo caso di Coronavirus risalirebbe a metà novembre, quindi due settimane pri-ma del 1 dicembre: data indicata dalla rivista medico scientifi ca The Lancet come quella dell’apparizione dei primi sintomi del conta-gio. Anche una superfi ciale lettura del triste bollettino di guerra giornaliero impone alcu-ne riflessioni. Arrotondiamo. Perché in Ci-na si contano “solo” 3.300 deceduti e in Italia superano i 3.000? Non vi è proporzione tra il numero dei deceduti,il numero di abitanti, la densità abitativa, la dimensione geografi ca e il periodo intercorso dal primo caso tra Italia e Cina. Sembra che noi siamo particolarmente vulnerabili al vi-rus. Muoriamo molto di più dei cinesi. Per-ché? Siamo vulnerabili come lo è la nostra borsa, i cui titoli fortemente castigati dagli eventi diventano appetibili. Siamo sul mer-cato a basso prezzo. L’Europa ha, ancora una volta, dimostrato la fragilità e la frammenta-zione. Non esiste uno spirito europeo, ma nazionale. Ogni nazione pensa a sé, al suo tornaconto economico. Poi, forse, c’è anche chi ha pensato di fare un po’ di speculazione. Il Coronavirus è una cartina di tornasole: evi-denzia latenti scontri culturali. L’Italia è stata in Europa la prima nazione ad essere colpi-ta, la prima che ha dovuto fare i conti con il Coronavirus, la prima che ha adottato alcu-ni drastici provvedimenti. Chiudere le scuo-le, i locali pubblici, limitare i contatti, cantare insieme al pomeriggio, ora che il contagio si diffonde provvedimenti e atteggiamenti vengono copiati da altri Paesi che fi no a po-chi giorni fa li giudicavano esagerati. L’Italia è stata criticata e derisa, forse per esorcizza-re il male che era già arrivato ma che non si voleva vedere. Ed ora che la Cina può (deve?) diventare la “locomotiva della ripresa” forse occorre una seria rifl essione sul modello di globalizzazione in vigore fi no ad oggi.© RIPRODUZIONE RISERVATA

Di fronte ai danni dell’epidemia, le banche territoriali hanno da subito messo in atto misure a sostegno del tessuto produttivo. Un contributo anche alla società che verrà quando il Covid-19 sarà stato sconfi tto

La Cina locomotiva della ripresa e l’Italia questuante. È l’immagine che sta passando ora che siamo i più colpiti dal virus. Ma è aiuto sincero o interessato quello dei cinesi? Di certo dei loro dati non ci si può fi dare, parola di Burioni

Famiglie e aziende impegno concreto delle Popolari

Fidarsi o no di Pechino che ci tende la mano?

INTERVENTI

Giuseppe De Lucia Lumeno* Antonio Selvaticidenza con un iter semplifi cato e accelerato. La Banca Popolare di Lajatico ha erogato contri-buti agli ospedali di Pisa e Pontedera per at-trezzature e presidi sanitari, oltre a prevedere un supporto fi nanziario straordinario per soci, imprese e famiglie del territorio utili ad assi-curare il sostegno al tessuto economico loca-le. Sono soltanto alcuni esempi delle misure messe in atto da tutte le Banche popolari uti-li a rendere evidente l’elevato grado di consa-pevolezza di un’intera categoria e la modalità attraverso la quale contribuisce concretamen-te a “vincere il virus” e a prefi gurare la società che verrà dopo che esso sarà stato sconfi tto.Se per il Credito popolare il sostegno alle fa-miglie e alle piccole e medie imprese è una regolare e quotidiana modalità di operare, es-so assume signifi cato e valore particolari nel-la drammaticità di questi giorni. Poter contare sulla propria banca, sapere che essa ti è accan-to e non è una controparte, continua a fare la differenza.

*Segretario Generale Associazione Nazionale fra le Banche Popolari

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Nella foto Giuseppe De Lucia Lumeno

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FIRMA SUBITOla petizione al governo del Riformista e delle Camere Penali

SCEGLI IL DIRITTO ALLA CIVILTÀVai sul riformista.it o inquadra il QR CODE

CORONAVIRUSDRAMMA NEL DRAMMADELLE CARCERI-CARNAIO

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È partita, nell’istituto Pascale, la sperimentazione clinica del To-cilizumab, il farmaco che fi no-

ra è stato usato per la cura dell’artrite reumatoide e che ha poi dato risulta-ti incoraggianti nel trattamento dei pazienti affetti da Covid-19. Si lavo-rerà secondo il protocollo approva-to in tempi record da Aifa e Comitato Etico in una sinergia tra ricercatori e istituzioni di tutta Italia. Coordinato dall’equipe di Franco Perrone, onco-logo del Pascale come Paolo Ascier-to, primo in Italia ad aver intuito le potenzialità del tocilizumab contro il Coronavirus, il gruppo di lavoro ope-rerà attraverso una piattaforma infor-

matica dove vengono raccolti i dati di tutti i pazienti degli ospedali italiani destinati a essere trattati col farma-co off-label. I centri impegnati nella sperimentazione potranno registrare i pazienti da curare. Sempre attraver-so la piattaforma si potrà ordinare il medicinale che la casa farmaceutica Roche consegnerà direttamente alle farmacie dei centri nel giro di 24 ore. Nel frattempo, ieri, due pazienti trat-tati ricoverati in rianimazione e suc-cessivamente trattati col tocilizumab sono stati estubati: ad annuciarlo Vincenzo Montesarchio, infettivologo dell’ospedale Cotugno. Leggi su na-poli.ilriformista.it

FARMACO ANTI-VIRUS AL PASCALE PARTELA SPERIMENTAZIONE

La speranza Al via i test sul tocilizumab

L e suore dei conventi dell’Avel-linese si stanno adoperando per la realizzazione di masche-

rine. “Attualmente sono impegnate le suore Oblate di Avellino e le Be-nedettine di Mercogliano che hanno già realizzate centinaia di mascheri-nada distribuire a quanti ne facciano richiesta nella diocesi”: lo ha riferito a Vatican News monsignor Arturo Aiel-lo, vescovo di Avellino.

Carnaio carceri e Coronavirus: l’appello del Riformista e delle Camere Penali al governo. Vai sul riformista.it per fi rmare la petizione: un impegno per la civiltà

Aveva pubblicizzato sui social la vendita a domicilio delle zeppo-le di San Giuseppe nonostante

l’obbligo di chiusura imposto dal go-verno: denunciato un pasticciere di Marano insieme con tre dipendenti, uno dei quali membro del clan Nuvo-letta. Sequestrato il negozio: al suo in-terno l’occorrente per i dolci.

Anche le suorescendonoin campocontro Covid-19

“Oggi zeppolea domicilio”:scopertie denunciati

ALL'INTERNO

Viviana Lanza a pag 14

Investimenti ad hoccontro il lavoro nero

La ricetta

Matilde de Rossi a pag 15

“I miei consigliper resistere in casa”

La psicologa

I centri impegnati opereranno attraverso una piattaformache consentirà loro di ordinare e ricevere il medicinale in 24 ore Estubati altri due pazienti trattati secondo il nuovo protocollo

ilriformista.it

ilriformista.it napoli.ilriformista.it Venerdì 20 marzo 2020

Ad Avellino

A Marano

I controlli Linea dura contro chi non rispetta i divieti

MISURE ANTI-CONTAGIO, ECCO L’ESERCITOIN CAMPANIA I PRIMI CENTO MILITARI

S ono cento i militari dell’esercito che, già dalle scorse ore, sono impegnati sul terri-torio campano con un unico obiettivo: ga-

rantire l’osservanza delle norme dettate dal governo nazionale e dai vertici della Re-

gione per arginare la diffusione del Co-ronavirus. I contingenti dell’esercito

affi ancheranno le forze dell’ordine e le polizie municipali e saranno dislo-cati nei punti del territorio di volta in volta individuati dalle autorità loca-li, come richiesto dal governatore campano Vincenzo De Luca. Leggi su napoli.ilriformista.it La proposta Parla l’uomo che sfi dò il colera

TARRO: “PER AFFRONTARE IL PICCOREQUISIAMO CLINICHE PRIVATE”Bruno Buonanno

Schierato l’esercito per i controlli sul territorio, come voluto dal governatore Vincenzo De Luca, resta il problema dell’organiz-zazione di una task-force per arginare il picco dell’epidemia di

Coronavirus in Campania. Secondo Giulio Tarro, il virologo divenuto famoso per aver fronteggiato l’epidemia di colera a Napoli, il presiden-te della Regione De Luca ha reagito con determinazione. Ora, però, oc-corre requisire alcune cliniche private per creare presidi specifi ci, cioè esclusivamente destinati ai pazienti affetti da Covid-19. a pag 15

F ranco Pepe, patron della pizze-ria gourmet di Caiazzo “Pepe in grani”, ha chiuso il locale prima

che il governo lo imponesse. Uno dei suoi due forni, però, resta acceso per assicurare un pasto caldo ai clochard e agli anziani ospitate nelle case di ri-poso della zona: per loro pane e piz-ze. Leggi su napoli.ilriformista.it

Il forno di Peperesta accesoper garantirepasti ai bisognosi

La solidarietà Dispositivi sanitari per chi aiuta i più deboli

MASCHERINE AGLI OPERATORI SOCIALI IL REGALO DI ARMENA AL COMUNE DI NAPOLI

Q uattrocento mascherine ffp1 per supportare l’attivi-tà degli operatori socio-assistenziali del Comune di Napoli: Armena Sviluppo, l’azienda che per conto

di Città Metropolitana gestisce servizi come la manuten-zione delle scuole superiori e delle strade provinciali, ha accolto la richiesta di aiuto dell’Assessorato alle Politi-che sociali e ha consegnato ieri mattina 400 disposi-tivi sanitari destinati a coloro che lavorano al fi anco delle categorie più deboli. Imponente, nelle ultime settimane, l’attività di Armena anche al proprio in-terno, con misure adottate fi n da febbraio per tu-telare dipendenti e utenti dal rischio di contagio. Leggi su napoli.ilriformista.it

uattrocento mascherine ffp1 per supportare l’attivi-tà degli operatori socio-assistenziali del Comune di Napoli: Armena Sviluppo, l’azienda che per conto

di Città Metropolitana gestisce servizi come la manuten-zione delle scuole superiori e delle strade provinciali, ha accolto la richiesta di aiuto dell’Assessorato alle Politi-che sociali e ha consegnato ieri mattina 400 disposi-tivi sanitari destinati a coloro che lavorano al fi anco delle categorie più deboli. Imponente, nelle ultime settimane, l’attività di Armena anche al proprio in-terno, con misure adottate fi n da febbraio per tu-telare dipendenti e utenti dal rischio di contagio.

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Ivirologi sapevano tutto da tem-po. “Spillover” è - letteralmente - il “salto di specie” di un agen-

te patogeno dall’animale all’uomo. Un romanzo distopico con questo titolo di David Quammen, pub-blicato in traduzione italiana da Adelphi nel 2004, raccontava che una nuova pandemia - per lo scrit-tore The Next Big - sarebbe sta-ta causata da un virus zoonotico proveniente da un pipistrello e at-traverso la mediazione di un altro animale sarebbe passato agli uo-mini, venuti a contatto con esso in un mercato cinese promiscuo. La fotografia è impressionante per verosimiglianza e capacità predit-tiva, specialmente considerando che era stata scattata più di sedi-ci anni fa. Malefico germe, il Co-ronavirus di malattie non ne porta tuttavia una sola, essendo lo spec-chio della nostra malattia sociale e cattiva coscienza. Caduto il socia-lismo reale, travolto da discredito e insostenibilità, la globalizzazio-ne neoliberista impadronitasi del mondo aveva alimentato una nar-razione a senso unico. Ricordate Francis Fukuyama e la fine del-la storia? Si riteneva che il capi-talismo avesse vinto e si trattasse solo di amministrarne i conflitti locali, sciogliendosi nel vasto ma-re della globalizzazione econo-mica e culturale. Individualismo spinto, elogi per chi aveva vin-to la gara del darwinismo sociale, “magnifiche sorti e progressive”, ma certo non più all’insegna del-la lotta di classe, brutta espressio-ne del passato. La crisi dei mutui subprime, propagatasi dagli Sta-ti Uniti, diede un primo scossone a questa rappresentazione di arti-ficiale ottimismo, poi sono venute le migrazioni, che hanno deter-minato la chiusura in se stessi di molti Paesi occidentali. Altro sin-

tomo che qualcosa si stava sgre-tolando le tendenze secessioniste in molti Stati e dall’Unione Euro-pea, con l’emblematica Brexit. La pandemia ci ha dato dunque so-lo la mazzata finale. Adesso ci di-cono di “aumentare le distanze sociali”, per rallentare l’onda de-gli ospedalizzati. Curioso: non era forse giusto diminuire il costo del-la sanità pubblica? Controllano che si vada al lavoro mantenen-doci a distanza di sicurezza dai più vicini. Finora però anche i tra-sporti pubblici erano stati taglia-ti. Ci raccomandano di tapparci in casa. Giusto, ma chi non ha un’a-bitazione dignitosa? Il Governo promette di soccorrere chi per-de il lavoro per la crisi economi-ca innescata. Ottimo, ma in molti casi il lavoro “non si vede”. Per il 60%, ad esempio, in Campania, è sommerso, alla giornata, non permette a chi ci vive di fermarsi ad attendere che passi ‘a nuttata.Quando tutto sarà alle nostre spal-le, bisognerà ricostruire lo Stato sociale e anche uno Stato che pro-getti lavoro e infrastrutture. Che metta anche chi non ha le carte in regola nella condizione di pro-durre legalmente per contribuire al rilancio della domanda inter-na. Un piano Marshall per il Sud, dunque. E anche i sindaci dovran-no fare la loro parte. Qui però ca-sca l’asino, per chi da due mandati sta combattendo battaglie ideolo-giche, trascurando il fatto che una città si giudica dai servizi che for-nisce a chi ci abita e da una finora negletta (perché ritenuta cosa vile e di minore rilievo) buona ammi-nistrazione, da pratiche di rientro dall’enorme debito locale e dall’il-legalità diffusa. A Napoli, allora, occorreranno meno bandane e più visione e spirito d’impresa.© RIPRODUZIONE RISERVATA

Meno slogan e bandanepiù visione e impresaper Napoli e per il SudSalvatore Prisco

La lezione della pandemia

IN CAMPANIA I PRIMI CENTO MILITARI

S ono cento i militari dell’esercito che, già dalle scorse ore, sono impegnati sul terri-torio campano con un unico obiettivo: ga-

rantire l’osservanza delle norme dettate dal governo nazionale e dai vertici della Re-

gione per arginare la diffusione del Co-ronavirus. I contingenti dell’esercito

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14 IL Venerdì 20 marzo 2020

“Per ripartire, serve un rilancio del sistema Italia su turismo e com-mercio. Si rischia default per

miliardi di euro”. Pasquale Russo, diret-tore generale di Confcommercio Cam-pania (nella foto), mette a fuoco i danni subiti dalla ristorazione a Napoli per il Covid-19: chiusi bar, pizzerie, ristoranti, sale per cerimonie. Crociere annullate con ricaduta sul food. Zero incassi, co-

sti invariati.Oltre dieci giorni di stop, è possibile stimare il danno econo-mico a Napoli e in Campania?“C’è il blocco per le 60mila attività sul territorio. Perdita secca nel fatturato nel momento-clou, con l’avvio della primavera, del flus-so turistico, con matrimoni e altre cerimonie rimandati. A metà febbraio avevamo stimato un danno da oltre un miliardo di euro per l’intero settore, tra turismo (con particolare riferimento alla ri-storazione) e commercio. Dovremo presto rivedere queste previ-sioni. E il decreto ‘Cura Italia’ non sostiene il peso delle perdite”.Cosa non funziona nel Cura Italia? “Bene la cassa integrazione straordinaria, già da ieri dopo la pub-

blicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale, tante aziende da 3-4 dipendenti hanno fatto richiesta di usufruire del provvedimento. Ma andrà prolungata. Il differimento degli adempimenti fiscali e anche il credito di imposta al 60% per gli esercenti è solo una so-luzione-tampone. In generale, dopo la fine dell’emergenza sani-taria servirà un radicale cambiamento nel modo di pensare verso il turismo, il commercio, la ristorazione. La crisi non è partita il 9 marzo, con il primo decreto di Conte, ma settimane prima, con le disdette delle camere d’albergo e delle crociere e conseguente crollo dei consumi, coinvolgendo anche l’agroalimentare. Insom-ma, occorrono provvedimenti choc”.Per esempio? “Stop immediato alla burocrazia, assieme agli aiuti economici che devono arrivare dall’Italia, dall’Europa. Immettere liquidità nel mercato anche con i fondi europei, per esempio quelli previsti per i prossimi anni ma anche gli stanziamenti ancora in cassa per il periodo 2014-2020. I malati gravi devono essere curati in terapie

intensiva con interventi veloci? Lo stesso dovrà avvenire per risto-razione e commercio. Altrimenti il conto sarà saldato da imprese e lavoratori”.Quanti posti di lavoro andranno perduti?“Pensi a questo dato: c’è un calo del 60% della produzione di pata-tine per la chiusura di bar e pizzerie. Impossibile produrre ora una stima sull’occupazione, sappiamo già che alcune importanti strut-ture alberghiere napoletane non apriranno per la stagione estiva”. Una volta battuto il Virus, che strategia andrà messa in campo?“I ristoratori invocano la sospensione dei pagamenti per un lungo periodo, recuperando i costi pesanti per il fitto di locazione e soprat-tutto una grande campagna comunicativa per restituire la fiducia a napoletani e turisti di andare a mangiare una pizza o al ristoran-te, oppure in crociera. I due terzi del Pil della Campania poggiano su servizi, turismo, commercio. Serve visione. Una nuova visione”. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Sono l’altro effetto della pan-demia, le vittime della cri-si di cui meno si parla. Sono i lavoratori in nero, quelli del

cosiddetto “mondo sommerso”, che è una realtà di tutte le società di ca-pitalismo avanzato ma che in Italia, nel Mezzogiorno, ha una sua parti-colare connotazione. “È la forte pre-senza di un’economia di carattere criminale che rappresenta una buo-na fetta di reddito per certi settori sociali, e che spesso addirittura co-stituisce l’unica fonte di lavoro in al-cuni territori” spiega l’economista Rosario Patalano, professore di Sto-ria del pensiero economico all’U-niversità di Napoli Federico II. “Il problema - aggiunge - non è quello che accadrà dopo la pandemia, per-ché è ovvio che ci sarà una ripresa così come accade dopo una guerra, la tragedia si consuma in questi gior-ni di emergenza, quando per queste fasce di lavoratori non è previsto al-cun sostegno, se non quello già sta-bilito del reddito di cittadinanza, che almeno rappresenta un sollievo per chi si trova su questa fascia margina-le del mercato del lavoro. Ma come è noto non tutti accedono a questa for-ma di reddito per varie ragioni. Il li-vello di sofferenza economica per i lavoratori sommersi, quindi, aumen-ta in questo periodo di emergen-za aggiungendo tragedia a tragedia”. E allora cosa fare? “Gli ultimi gover-ni Gentiloni e Conte, seppur in mo-do diverso, hanno adottato misure di contrasto alla povertà nella forma di redditi minimi garantiti, che ele-vano il salario minimo e che quindi disincentivano l’offerta di lavoro ne-ro. Tuttavia bisognerebbe agire an-

che dal lato della domanda attuando provvedimenti fiscali a vantaggio dell’emersione, per esempio attri-buendo alla fiscalità generale gran parte degli oneri sociali che rendono elevato il costo del lavoro legale. Pri-ma della pandemia qualche timido passo in questa direzione si era fat-to, ma sempre entro i limiti stringen-ti imposti dal nostro elevato debito pubblico”. Poi è arrivato il Covid-19, il temuto virus che ha scatenato una crisi non solo sanitaria, imponendo degli stop a cui, quando il pericolo sarà cessato, dovranno seguire nuo-vi progetti. E il rilancio del Sud, co-me in una sorta di piano Marshall,

non potrà prescindere da politiche di emersione. “La pandemia - sotto-linea Patalano - può essere un’occa-sione per cambiare la mentalità neo liberista che è stata egemone negli ultimi decenni. La crisi sanitaria ha restituito un ruolo centrale allo Sta-to che potrà di nuovo svolgere una funzione di indirizzo economico, così come è accaduto dopo la Secon-da guerra mondiale. In questo am-bito è possibile concepire piani di rilancio dell’economia attraverso la spesa pubblica che possono in par-te mitigare la piaga del lavoro nero”. Una piaga, già. Ma quali ne sono sta-te le cause: amministrative o fiscali?

“Direi - commenta il professor Pata-lano - che sono di carattere fiscale per il sommerso che possiamo de-finire lecito, cioè impegnato a pro-durre beni e servizi legali, ma non dobbiamo dimenticare che una par-te del sommerso, rilevante in alcuni territori, è costituito da attività crimi-nali (come lo spaccio di droga) o da investimenti effettuati con denaro ri-ciclato. Il denaro non ha odore, molto spesso ignoriamo che esiste un’eco-nomia criminale che ha un suo ruo-lo sociale”. È la zona grigia, quella “in cui prevale una concezione del lavoro che appartiene al 19esimo secolo più che al moderno capita-

lismo”, spiega l’economista. In ogni caso nel Sud il sommerso è una fi-liera con effetti che non si possono ignorare. Sono tutti negativi? “Sen-z’altro negativi per il fisco - affer-ma Patalano - ma soprattutto per le condizioni di lavoro, per l’alto livel-lo di sfruttamento della manodope-ra al di fuori di ogni controllo legale e sindacale, tuttavia non dobbiamo dimenticare che il lavoro irregolare rappresenta spesso l’unica possibili-tà di ottenere un reddito e non dob-biamo dimenticare il ruolo positivo che la filiera di lavoratori sommersi e irregolari (dalla vendita di tabacchi di contrabbando, ai servizi alla per-sona) ha tradizionalmente esercita-to per certi settori sociali marginali. La cosiddetta “economia del vicolo”” © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Viviana Lanza

Nicola Sellitti

ECONOMIA IN GINOCCHIO

Meno politiche assistenziali: servono provvedimenti fiscali che rendano conveniente operare nel rispetto della legge. Indispensabile ribaltare il rapporto tra sommerso e pil

CAMPANIA, INVESTIMENTI MIRATI PER FAR EMERGERE IL LAVORO NERO

“Bruciato più di un miliardo di euro Studiamo una cura-choc, evitiamo il crac”

Intervista a Pasquale Russo, direttore generale di Confcommercio

“Ci sarà una ripresa come dopo ogni guerra e sarà un’occasione per rompere la morsa dell’economia illegale

“Impossibile negare lo stretto legame tra le filiere produttive e le zone grigie che le alimentano

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Stiamo tutti vivendo giorni molto compli-cati, nei quali si intensificano i rappor-ti personali e ci troviamo a condividere

per molto tempo ogni spazio della casa. Non siamo abituati a passare tante ore in famiglia o con il partner. Dobbiamo sviluppare nuove ca-pacità per adattarci a relazioni interpersonali completamente diverse dalla nostra routine. Il compagno che prima vedevamo poche ore al giorno adesso è una presenza fissa; un genito-re, con il quale condividevamo magari l’ultima parte della giornata, ora ce lo ritroviamo in ogni angolo della casa, semplicemente il sentire di non avere uno spazio e del tempo solo nostro. “E se questo da un lato ci destabilizza - spiega Fausta Nasti, psicologa e psicoterapeuta (nella foto) - dall’altro può rappresentare una grande opportunità. Le reazioni di ansia e stress che stiamo avendo in questo momento sono nor-mali. È l’evento che è straordinario non le no-stre reazioni”. Quale sentimento prevale in questa fase?

“La paura. È un’emozione che chia-ramente attraversa tutti ma a livel-li diversi. La paura è un sentimento che permette di proteggerci, ma se lo proviamo per troppo tempo, prende il sopravvento portandoci ad avere comportamenti irrazionali”. Assistiamo a un uso spropositato dei social. Perché abbiamo così paura di trovarci da soli con noi stessi?“Ci sentiamo più vulnerabili da soli, soprattutto ora che non abbiamo il controllo della situazio-ne. L’uso dei social evidenzia un bisogno di vi-cinanza con l’altro e l’esigenza di sentirsi parte di un’unica rete”. Perché fatichiamo a chiedere aiuto?“Noi siamo le nostre abitudini, stare a contat-to con una comunità lavorativa ci permette di

pensare poco alle nostre emozio-ni. In questo momento i vuoti che sentiamo ci permettono di mette-re a fuoco aree che normalmente trascuriamo”. C’è stato un aumento di pazienti?“Sì. C’è una richiesta di aiuto mol-to alta dettata da questa nuova con-dizione. Cambiano le modalità della seduta, ma in questo momen-to dobbiamo sviluppare capacità di

adattamento”.Può suggerirci tre comportamenti da non adottare?“Non dobbiamo smettere di prenderci cura del-la nostra persona. Non dobbiamo cercare in modo compulsivo notizie. La mancanza di fisi-cità crea aggressività, dobbiamo evitare conflit-ti e discussioni dovute allo stress e alla nostra

libertà limitata”.E tre comportamenti che potrebbero aiutarci?“Rivedere le nostre priorità ed essere centrati su noi stessi. Sentire che in questo momento di emergenza tutti abbiamo un ruolo attivo e non passivo. Restare a casa, per esempio, è un gesto con il quale attivamente contribuiamo alla lot-ta contro il virus. Importante praticare attività fisica, seppure con tutte le limitazioni del caso”. Sul piano emotivo quanto ci cambierà il momento che stiamo vivendo?“Chi ha sviluppato ansia dovrebbe ritornare nel giro di poco tempo alla situazione preceden-te al virus. Per chi svilupperà un disturbo post traumatico da stress invece sarà necessario un supporto psicologico, ma tutto dipende dalla condizione psicologica di partenza”. © RIPRODUZIONE RISERVATA

15Venerdì 20 marzo 2020 IL

Ottantadue anni a luglio. Giu-lio Tarro, il professore Giulio Tarro, è operativo come sem-pre. Lo inseguono da giorni i

mass media di tutta Italia e lui, compia-ciutissimo, ha risposte pronte per tut-ti. “Ho fatto la storia della Sanità, per questo mi assediano. Poco fa ero in collegamento con Sky, poi una diretta con Canale 5”. Ride e si compiace del-la meritata popolarità, anche se da un po’ di tempo ha modificato la sua vi-ta. “Ora abito a casa di mio figlio che ha una villa sulla Cittadella. Ma esco ogni giorno, torno a Posillipo nel mio stu-dio e continuo a lavorare”. È sempre stato in prima linea in tutte le emer-genze sanitarie e segue, da scienziato, l’emergenza da Coronavirus. “Abbia-mo comprato i catenacci per la stalla quando i buoi sono fuggiti o sono stati rubati. Ma va bene così. Meglio ora che mai. Per settimane abbiamo seguito in televisione quello che è successo in Ci-na e subito dopo in Corea. Ci saremmo dovuti preparare quando c’erano voli diretti per l’Italia. Invece misuravamo la temperatura a chi entrava senza ob-bligarlo alla quarantena. Subito dopo ci sono stati migliaia di rientri con scali in altri Stati e anche allora si controllava la temperatura e tutti potevano circola-re tranquillamente”. Una, cinque, cento ipotesi su cosa fare per bloccare il ne-mico Covid. Le persone in fila in ospe-dale o a casa in attesa di un tampone confermano che le risposte arrivano tardi. Anche dopo due, tre giorni con-fermando che la potenza del coronavi-rus è ampiamente sottostimata. Giulio Tarro, grande saggio della Sanità, scuo-te la testa e avverte. “Quello del tampo-ne dovrebbe essere un accertamento precoce: chi si sottopone a questo test dovrebbe sapere in giornata sapere se è positivo o negativo. Mi sembra che ci sia carenza di tamponi e che i diversi laboratori non siano in grado di fron-teggiare la pressione del pubblico. Il tampone mi sembra superato – spie-ga il professore Tarro – perché c’è un nuovo kit diagnostico che misura con un esame del sangue gli anticorpi. È una metodica efficace messa a pun-to in Cina e ceduta ad Israele che può a sua volta autorizzare l’Italia e l’Euro-pa ad utilizzarla. Con la ricerca degli anticorpi si possono individuare quel-li precoci che si identificano come M o, per capirci, quelli IGG”. Lavora sen-za soste la task force sull’emergenza da Coronavirus, si succedono di ora in ora riunioni tecniche di addetti ai la-vori. Il professore chiarisce: “Esiste un valido test sul siero che potrebbe esse-re utilizzato anche da noi. Se c’è biso-

“TRINCEE ANTI-VIRUSORA VANNO REQUISITE LE CLINICHE PRIVATE”

Giulio Tarro, il virologo che fronteggiò il colera: serve uno sforzo logistico estremo Il tampone? Meglio misurare gli anticorpi con un esame del sangue come fanno in Cina

gno della mia collaborazione possono chiamarmi”. Gli interrogativi su questo nuovo virus sono tante e senza rispo-sta. La scienza non è in grado di dirci quanto e perché il Covid-19 si modifi-ca, se è sensibile al freddo, al caldo, al vento o alla pioggia. “Abbiamo visto – ricorda Giulio Tarro – come si sono comportati in Cina e in Corea, distan-ziamento sociale, una lunga quarante-na per milioni di cittadini e disinfezioni a tutto campo. Dobbiamo evitare che si verifichi una “sindrome da panico da virosi respiratoria” che diventerebbe inevitabile non rispettando la quaran-tena e con abitudini alimentari sbaglia-te. Molti politici hanno i loro consigliori, intanto tra il ’97 e il 2015 in Italia sono stati dimezzati i posti letto di terapia in-tensiva, lo confermano le difficoltà che hanno ora perfino in Lombardia. Ri-cordo che molte grandi epidemie so-no sparite sotto forti piogge, pensiamo alle inondazioni di manzoniana me-moria. Intanto lavoriamo”. Si riconver-tono ospedali per offrire posti letto ai così detti “pazienti Covid”, ogni slar-go disponibile accanto alle strutture sanitarie viene utilizzato per sistema-re ospedali da campo. Tarro scuote la

testa. “Siamo italiani, non cinesi che in dieci giorni costruiscono ospedali da mille posti per fronteggiare l’emergen-za. Quelle strutture da campo possono essere una soluzione, ma sarebbe op-portuno programmare la requisizione di case di cura e hospice che abbia-mo in città e in provincia. Credo che quest’ipotesi sia stata prevista dal go-verno e, in un clima di collaborazio-ne, potrebbe essere valutata pure in Campania”. Il curriculum scientifi-co del professore Giulio Tarro è ricco di successi: dal colera al male oscuro che colpiva i bambini da uno-due an-ni, epidemia che l’ex responsabile del-la virologia del Cotugno risolse in sette giorni lavorando su campioni prelevati dai piccoli pazienti del Santobono; stu-di sull’Aids quando per i primi casi non c’erano le terapie odierne (non a caso il professore Montaigner venne nella nostra città), senza trascurare l’epatite C curata con l’ipertermia o l’aviaria. Al-lievo di Albert Sabin, lo scopritore del vaccino per la poliomelite, Giulio Tarro ha ottenuto premi e riconoscimenti: “Il più bello – ricorda – è aver salvato tan-te vite”. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Bruno Buonanno

Matilde de Rossi

CAOS OSPEDALI IN IRPINIA MA RIAPRE AGROPOLI

H anno problemi organizzativi le aziende sanitarie e ospedaliere della Campania

per il controllo con tampone dei cittadini che temono di essere stati contagiati dal Coronavirus. L’Asl Napoli 2 vuol rinforzare con due automezzi il servizio ambulanze per i controlli casalinghi di contagio mentre lo stesso governatore De Luca fa scattare l’allarme dopo aver ricevuto segnalazioni di ospedali in tilt in Irpinia. Il Moscati ha pochi mezzi per il trasporto infermi. Problema serio perché la trasmissibilità del Coronavirus interrompe la corsa delle ambulanze. Infatti, dopo il trasporto di un paziente contagiato o con sospetto Coronavirus, l’automezzo per circa un’ora si ferma per la necessaria sanificazione dell’abitacolo. Sempre in Irpinia ha problemi organizzativi l’ospedale di Ariano. De Luca ha disposto un intervento ad horas per affrontare e risolvere ogni criticità esistente e per l’assunzione di nuovo personale con immediata verifica sull’organizzazione dei servizi. Il tavolo tecnico sul Coronavirus ha intanto disposto l’organizzazione delle Usca (Unità speciali di continuità assistenziale) da far decollare sul modello di quanto già realizzato nelle Marche e in parte nel Veneto. Questa nuova Unità dovrà accorciare le distanze tra ospedale e cittadino frenando gli accessi impropri che provocano un corto circuito in strutture già ingolfate. Le Usca rimandano alle funzioni della medicina del territorio e saranno rese operative dai medici di famiglia, da quelli della continuità assistenziale notturna e festiva, dagli specialisti ambulatoriali, dai pediatri di base e medici in formazione che seguono il corso di specializzazione triennale in medicina primaria. I medici, dopo un corso, si occuperanno dei prelievi e dei tamponi a domicilio evitando che i sintomi accusati dai cittadini diventino più evidenti. Un’altra novità è rappresentata in Cilento dalla riapertura dell’ospedale di Agropoli, chiuso da tempo, che accoglierà i pazienti positivi al Coronavirus.

B.B. © RIPRODUZIONE RISERVATA

In alto posti letto in una struttura sanitaria

“Famiglie nella casa-gabbia: così si sopravvive”

TASK-FORCE SANITARIA

Le due facce dell’assistenza

Parla la psicologa Fausta Nasti

Sopra Giulio Tarro virologo di fama internazionale

Page 16: Venerdì 20 marzo 2020 · Anno 2° numero 57 · € 2,00 ... · grazioni del Presidente del Consiglio”, rivendicava fi ero in una intervista. “I problemi - aggiungeva Fresa -

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Sara, 33 anni, impiegataPRESUNTA SPACCIATRICE

FINO A 50 ANNI�

Mi chiamo Sara

e con la prescrizione infinita sono diventata un’imputata a vita.

Nel febbraio del 2020 avevo diciotto anni. Adesso ne ho trentatré, lavoro e

stamattina ho ricevuto il mio primo avviso di garanzia.

Sono finita in un'inchiesta di droga. Potrei rischiare 20 anni di carcere

per un'intercettazione di 15 anni fa in cui un mio ex compagno di classe

diceva ad un altro che io avevo “tutto quello che gli serviva".

Io? Forse si riferiva alle versioni di greco.

Dov'ero quel giorno? Chi ho visto?

Per quanti anni durerà il processo?

Su Internet gira già il mio nome.

Mi licenzieranno?

La banca mi toglierà il mutuo?

E chi lo dice a mamma?

Ho paura.

So di essere innocente,

ma non mi sento garantita.

CHI LO DICE A MAMMA?