il Cantico · GRAFICA: Maurizio Magli. EDITORE ... PENITENZA E BATTESIMO - Incontro fraterno ... no...

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luglio 2010 il Cantico 1 il Cantico online DIRETTORE RESPONSABILE: Argia Passoni. REDAZIONE: Argia Passoni, Graziella Baldo, Lucia Baldo, Giorgio Grillini, Maria Rosaria Restivo, Lorenzo Di Giuseppe. GRAFICA: Maurizio Magli. EDITORE - DIREZIONE AMM.VA: Società Cooperativa Sociale Frate Jacopa - 00165 Roma- Viale Mura Aurelie, 8 - 9 mail: www.coopfratejacopa.it – [email protected] Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 9717 del 10 marzo 1964. Anno 77 - luglio 2010 - Stampato il 9 luglio 2010 La collaborazione è gratuita. Manoscritti e foto non sono restituiti anche se non pubblicati. SOMMARIO: PERDONO E MEMORIA - p. Luigi Moro 2 SI’ IL BENE COMUNE E’ ANCHE AFFAR NOSTRO - Luca Diotallevi 3 AL BANDO LA PUBBLICITA’AI BAMBINI - Una proposta della Fondazione per il bene comune 4 ESSERE TESTIMONI DI CRISTO - Graziella Baldo 5 S. GIUSEPPE CAFASSO - Dalla Meditazione di Benedetto XVI Udienza del mercoledì 6 SUCCEDE NEL MONDO - Lavoro minorile (Unicef), Tratta (Intervita), Premio Kiwanis a Don Di Noto, A difesa del diritto dell’acqua 8 POVERTA’ IN EUROPA - Da Sir Europa 9 SENZA PROTEZIONE - Giornata Mondiale del Rifugiato - Giancarlo Perego 10 MEETING ATREVI – CASA FRATE JACOPA 11 PENITENZA E BATTESIMO - Incontro fraterno - A cura di M. Rosaria Restivo 12 NON LASCIAMOLI SOLI - Educare ai media e con i media 14 TESTIMONI DIGITALI: DA UN CONVEGNO AD UN CANTIERE - Copercom - Lucia Baldo 15 SUPPLICA ALLA MADONNA DEGLI ANGELI 17

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luglio 2010 il Cantico 1

il Canticoonline

DIRETTORE RESPONSABILE: Argia Passoni.

REDAZIONE: Argia Passoni, Graziella Baldo, Lucia Baldo, Giorgio Grillini, Maria Rosaria Restivo, Lorenzo Di Giuseppe.GRAFICA: Maurizio Magli.

EDITORE - DIREZIONE AMM.VA: Società Cooperativa Sociale Frate Jacopa - 00165 Roma- Viale Mura Aurelie, 8 - 9mail: www.coopfratejacopa.it – [email protected]

Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 9717 del 10 marzo 1964.

Anno 77 - luglio 2010 - Stampato il 9 luglio 2010

La collaborazione è gratuita. Manoscritti e foto non sono restituiti anche se non pubblicati.

SOMMARIO:PERDONO E MEMORIA - p. Luigi Moro 2

SI’ IL BENE COMUNE E’ ANCHE AFFAR NOSTRO - Luca Diotallevi 3

AL BANDO LA PUBBLICITA’ AI BAMBINI - Una proposta della Fondazione per il bene comune 4

ESSERE TESTIMONI DI CRISTO - Graziella Baldo 5

S. GIUSEPPE CAFASSO - Dalla Meditazione di Benedetto XVI Udienza del mercoledì 6

SUCCEDE NEL MONDO - Lavoro minorile (Unicef), Tratta (Intervita),Premio Kiwanis a Don Di Noto, A difesa del diritto dell’acqua 8

POVERTA’ IN EUROPA - Da Sir Europa 9

SENZA PROTEZIONE - Giornata Mondiale del Rifugiato - Giancarlo Perego 10

MEETING A TREVI – CASA FRATE JACOPA 11

PENITENZA E BATTESIMO - Incontro fraterno - A cura di M. Rosaria Restivo 12

NON LASCIAMOLI SOLI - Educare ai media e con i media 14

TESTIMONI DIGITALI: DA UN CONVEGNO AD UN CANTIERE - Copercom - Lucia Baldo 15

SUPPLICA ALLA MADONNA DEGLI ANGELI 17

“Beati quelli ke perdonano per lo tuoamore...”. Non c’è altra motivazioneche quella dell’amore per il perdono.L’amore non fa dimenticare la causadi una conquista così faticosa e con-trocorrente, ma così bella e importan-te come quella del perdono. Il contra-rio comprometterebbe la sincerità delperdono. Del resto un perdono chenon provenisse dall’amore sarebbeuna pura formalità, anzi un atto diipocrisia, una delle tante che costella-no l’agire degli uomini e che spessosono considerate addirittura gestinobili, come il rinunciare alla denun-cia di un male ricevuto, ma nell’ani-mo e nelle chiacchiere con gli amicicontinuare a rimuginare il torto subi-to e a meditar vendetta con qualchepungente ricatto...Ma vi sono anche altri motivi per nondimenticare, specialmente quando sitratta di offese subite da collettività,pensiamo, per esempio, all’olocausto,dove si fondono pregiudizi culturali ereligiosi, odio razziale vero proprio, epretestuosità varie di tipo economicoe sociale. In questi casi il dimenticareequivarrebbe a voler ignorare causeda togliere di mezzo per non ricaderenegli stessi errori. Giustamente fudetto che il cristiano deve perdonare, ma nonpuò dimenticare. La pace sociale se non si reggesu questo principio, scade nella vendetta camuf-fata da giustizia che scava fosse, invece cheriempirle. Di questo andrebbe tenuto contoanche nel formulare le leggi che perseguono lamalvivenza. La repressione non deve esprimerevendetta ma blocco del male. La madre cheinterviene con forza perché il figliolino non siferisca, non si vendica col figlio, ma lo salva.Francesco, predicando la pace e rappacificando lepersone e le parti sociali, suppone il raggiungimen-to di una pace senza remore perché fatta “per amordi Dio”, una pace che non torna indietro perchéricostruisce perfettamente l’armonia perduta. Lamemoria del male fatto serve a piangere di com-mozione per il dono del perdono ottenuto e perdiscernere in quali errori non ricadere. Il suo rico-minciare sempre da capo la via della conversionepuò essere inteso anche come l’aver capito gli sco-gli del passato da evitare per non mettere a repen-taglio la dolcezza del perdono ricevuto. Ciò cheacquisisce nella sua esperienza lo trasmette aglialtri senza esibizione pubblicitaria: il bene ha una

sua capacità di diffondersi. L’efficacia dell’inter-vento di S. Francesco nel caso del Lupo di Gubbioe nei confronti del Podestà e del Vescovo di Assisiè chiaramente frutto di amore fraterno autentico,reso credibile dalla testimonianza di vita cheFrancesco dava. Testimonianza che qualche annoprima lo aveva portato a chiedere al Papa l’indul-genza della Porziuncola per “mandare tutti inParadiso”. L’amore fraterno è il lasciapassare piùsicuro per un perdono da fare, da chiedere e da pro-muovere che sia ristabilimento duraturo dell’armo-nia con Dio, con l’uomo e il creato.La festa del Perdono d’Assisi a tutto questo cirichiama e solo a queste condizioni ci ottienel’indulgenza che manda in Paradiso.

PERDONO E MEMORIAp. Luigi Moro

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Il Perdono di Assisi resta una manifestazioneinfinita di Dio e un segno della passione apo-stolica di Francesco. Il sussidio per promuo-vere la Celebrazione dall’1 al 2 agosto inogni parrocchia può essere richiesto alTerz’Ordine Francescano dei Frati Minorid’Italia - Tel. 06 631980.

Assisi, Basilica di S. Maria degli Angeli - S. Francesco annunzia l’indul-genza della Porziuncola “Fratelli miei, voglio mandarvi tutti in Paradiso”(Tiberio di Assisi).

Il documento preparatorio della 46ª settimanasociale è ora a disposizione dell`opinione pubblicaecclesiale e più in generale dell`opinione pubblicadel nostro Paese. Tre elementi possono essere utilialla sua presentazione.Questo testo nasce dall’onestà con la quale si èriconosciuta l`esistenza di una crisi. Il ComitatoScientifico ed Organizzativo delle SettimaneSociali ha cercato di farsi guidare da uno spiritoben espresso nelle parole di esordio dellaCostituzione conciliare Gaudium et spes: le gioiee le speranze, le tristezze e le angosce, degli uomi-ni di oggi, e dei poveri soprattutto, sono le gioie ele speranze, le tristezze e le angosce dei discepolidi Cristo. Se i cristiani e la Chiesa restano fedeli aquesto spirito, non possono mai andare fuori tema.Testi magisteriali come la Caritas in veritate diBenedetto XVI o il recente documento dei vesco-vi italiani sul Mezzogiorno sono esempi di questasemplice verità spirituale e pastorale. Preparandola Settimana di Reggio Calabria il Comitato hacercato di corrispondere a questo spirito. Esso cisuggerisce di riconoscere senza ipocrisie le diffi-coltà serie e profonde del Paese, e che questo rico-noscimento non sia motivo di rimozione o di ipo-crita recriminazione ma di assunzione di responsa-bilità.In secondo luogo il documento preparatorio allegiornate di Ottobre si fa orien-tare dalla nozione di benecomune che l`esperienzasociale dei cattolici e il magi-stero della Chiesa oggi ci pro-pongono. Questa è un’affer-mazione tutt`altro che banale.Complesse ragioni storiche eculturali, sociali ed ecclesiali,hanno fatto sì che si creassenel cattolicesimo italiano unavulgata piuttosto diffusa inragione della quale a occupar-si del bene comune deve esse-re sempre e solo la politica,sempre e solo lo Stato. Bendiversa è però la nozione dibene comune propria della piùantica e solida tradizioneecclesiale e meticolosamenteriproposta dal Magistero dellaChiesa a partire da testi chiavedel Concilio fino alla recenteCaritas in veritate, passando

per il magistero di Paolo VI e per quello diGiovanni Paolo II con particolare riferimento allaCentesimus annus. Il bene comune è affare di tantie diversi soggetti e di tante e diverse istituzioni.Tra queste vi sono certamente anche le istituzionipolitiche, ma a esse non può essere concesso alcundiritto di monopolio. Benedetto XVI nella sua ulti-ma enciclica è ricorso alla nozione di poliarchia edin uno dei suoi ultimi interventi è giunto a parlaredi bene comune composto di «beni comuni»garantiti da istituzioni diverse e distinte. In questidue anni di lavoro noi abbiamo cercato di declina-re la nozione di bene comune all`interno di un pro-cesso di discernimento che aveva per oggetto lasituazione del Paese. Ciò facendo ci siamo resiconto che questa operazione aveva una almeno tri-plice valenza.Corrispondeva all`invito proveniente dal Convegnoecclesiale nazionale di Verona a esercitare la speranzacristiana, offriva al paese uno schema analitico alter-nativo alle vecchie semplificazioni dominanti il dibat-tito pubblico, contribuiva infine a rinnovare la culturasociale e politica del cattolicesimo italiano per tantiversi ancora incapace di recepire le istanze di rinnova-mento introdotte dal più recente Magistero dellaChiesa.In terzo luogo, se abbiamo potuto scrivere un testo delgenere è perché abbiamo ritenuto possibile rispondere

positivamente alla domanda cru-ciale intorno al riprendere a cre-scere. Questa domanda è ultima-mente una domanda sui soggetti.Questo il testo vuole testimonia-re, al mondo cattolico e a tutto ilPaese, che nella nostra comunitànazionale è attivo un numero suf-ficiente di soggetti con la forzamateriale, intellettuale e spiritualenecessaria ad affrontare la sfidadella crescita. Per questa ragioneabbiamo ritenuto realistico porrela questione dell`intraprendere,dell’educare, dell`includere, delloslegare la mobilità sociale, delcompletare la transizione istitu-zionale, e provare a individuarein questa prospettiva una brevelista di problemi cruciali.

*Associato di SociologiaUniversità Roma Tre

Vicepresidente delle SettimaneSociali

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SÌ, IL BENE COMUNE È ANCHE AFFAR NOSTROTre buone ragioni per metterci in gioco

Luca Diotallevi*

La pubblicità fa male. Ha effetti negativi sul benes-sere degli adulti e devastanti su quello dei bambi-ni. Per questo, la proposta di abolire la pubblicitàdiretta a questi ultimi e tassare pesantemente quel-la diretta ai primi non dovrebbe suonare come unaprovocazione, tanto più che in alcuni paesid’Europa già lo si fa.Questi provvedimenti dovrebbero essere applicatia quelle forme di pubblicità più pericolose, comequella televisiva. Molte ricerche mostrano come lapubblicità manipoli valori,desideri, comportamenti, rela-zioni e benessere. Questi effet-ti passano per la promozionedei valori del consumo negliindividui. Gli individui consu-misti sono più stressati e menosoddisfatti della loro vita.Sviluppano la tendenza a con-siderare gli altri come oggetti equesto rende difficile vivere apieno la propria vita relaziona-le.Ma l’aspetto ancora più preoc-cupante è la forte vulnerabilitàdei bambini che interiorizzanopiù facilmente i valori del con-sumo veicolati dagli spot; que-sto li conduce a maggioreansia, minori livelli di auto-stima, rapporti più difficili con i genitori e maggio-re probabilità di fare attività anti-sociali. Proprioloro sono divenuti oggi il principale target dellapubblicità. Negli USA, nell’arco di venti anni, laspesa totale in pubblicità TV diretta ai bambini èaumentata di oltre 150 volte. Inoltre, la raffinatez-za delle strategie pubblicitarie dirette ai bambini haraggiunto livelli impressionanti. Non si bada aspese: un esercito di psicologi, esperti di sviluppoinfantile, sociologi e antropologi offrono le lororaffinate armi all’industria pubblicitaria dietro lauticompensi, mentre un diluvio di ricerche cataloga ipiù intimi dettagli della vita dei bambini.Ma come è possibile che la pubblicità sia divenutail “racconta storie” moderno, l’architetto globaledell’infanzia? Il motivo è che i bambini sono piùfragili di fronte alla pubblicità: sotto i cinque anninon sono capaci di distinguere chiaramente uno

spot da un programma; dagli otto anni su, comin-ciano a sviluppare sì un certo scetticismo, ma leloro richieste di acquisti rimangono fortementedipendenti dal loro consumo mediatico. Un secon-do motivo è legato ai livelli crescenti della loroesposizione televisiva. Uno studio di Nickelodeonmostra che in media un bambino di dieci annimemorizza dalle 300 alle 400 marche. Per questola pubblicità di prodotti per adulti ha invaso anchei canali satellitari di cartoni animati, come unasorta di investimento di lungo periodo. ll cliente sifidelizza meglio da piccolo.Che fare quindi? Né più, né meno di quello chefacciamo in altri mercati che trattano prodotti peri-colosi (alcool, tabacco, armi, ecc.): regolare, tassa-re o, al limite, bandire. Ad esempio, in Svezia, èstata proibita la pubblicità televisiva diretta ai

minori di 12 anni, mentre inNuova Zelanda, quella del cibospazzatura. In Francia la pub-blicità è stata bandita dai cana-li di stato.Come per alcool e sigarette, sipotrebbe tassare la pubblicitàpesantemente. In questo modole grandi imprese ridurrebberola dimensione del bombarda-mento pubblicitario e il relati-vo gettito fiscale potrebbeessere utilizzato a finanziarecampagne mediatiche con con-tenuti positivi.Oltre a vietare la pubblicità abambini e adolescenti, sipotrebbero proibire gli spot dicibo spazzatura; la reclame diprodotti presentati come

mezzo d’inclusione sociale o quella che invade lasfera relazionale (ad esempio quelle che prometto-no sconti a chi convince un amico a sottoscrivereun abbonamento). Infine, proibire la pubblicitànegli spazi scolastici, specialmente per la scuoladell’obbligo e abolire le pubblicità mascherate,cioè non presentate come tali, su internet e nellecommunities virtuali.Esiste qualche controindicazione a queste propo-ste? L’industria pubblicitaria sostiene che il consu-mo può soddisfare il bisogno di autonomia deibambini, che essi sono in grado di gestire il poterepersuasivo degli spot e che la pubblicità crea occu-pazione. Si tratta di argomenti pretestuosi che chia-riscono come non esista nessun vera controindica-zione al bando della pubblicità ai bambini e raffor-zano la perplessità sul perché una simile propostanon penetri la nostra agenda politica.

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AL BANDO LA PUBBLICITÀ AI BAMBINIUna proposta per il Paese promossa dalla Fondazione per il Bene Comune

Di seguito l’articolo pubblicato su Finanzae Mercati, “Quel mostro travestito daCarosello” a firma dell’economista StefanoBartolini.

La nuova laicitàComunemente quando siparla di “laicità” si poneun muro di separazione trapolitica e religione confi-nando quest’ultima nel pri-vato. L’ordine sociale èrealizzato dallo Stato attra-

verso la sola politica, esclusivamente nello spaziopubblico.Ma è ormai tempo di superare questo modo diintendere la laicità dello Stato fondata sull’ideadi “neutralità in cui le soggettività personali equelle dei corpi intermedi non si esprimano. LoStato deve garantire che queste soggettività nonabbiano privilegi; ma sarebbe una diminutiodella densità democratica della società chiede-re a qualcuno di non far valere democraticamen-te la propria posizione. Altrimenti questa neu-tralità finisce col diventare puro formalismo.Parafrasando Hegel, «una notte in cui tutte levacche sono nere»”(A. Scola, La vita buona,Padova 2009, p.23-24).Abbiamo visto che, in nome della neutralità delloStato, è stato messo in campo surrettiziamente ilcriterio pubblico assoluto del «vietato vietare», cheha creato una conflittualità tra credenti e non cre-denti. “Non si può pensare la società civile comepura somma di atomi individuali. Ma, grazie a Dio,il primato della militanza, frutto di una visionedella polis guidata da un’avanguardia che pensaper il popolo, è finita con l’89. Ora si deve costrui-re la nuova laicità, cioè nuove forme di relazionee riconoscimento tra persone e comunità inter-medie” (ivi).Il cittadino deve poter esprimere la sua visione di“vita buona” e porla a confronto con quella di altriproponendo alla libertà di tutti la sua interpretazio-ne di bene comune. “Lo Stato laico, dopo il con-fronto tra le parti e dopo che il popolo sovrano si èespresso, è tenuto ad assumere il risultato” (ivi).

La testimonianza nella società post-secolareNella struttura dialogica della società civile il cre-dente si deve poter porre in relazione con il noncredente senza considerarlo un nemico, anzipensando di poter imparare qualcosa anche da lui.In questo modo non si impone la verità ma la sipropone attraverso la testimonianza con tutti irischi che comporta la reciprocità.Il confronto non è solo tra il credente e il non cre-dente, poiché si va configurando una società “post-secolare” in cui sta tornando l’interesse per ilsacro, ma in modi molto diversi.Dopo il fallimento delle previsioni fatte da alcu-

ni sociologi negli anni 60 circa la morte di Dio,oggi “il religioso si ripresenta sulla scena dellastoria da protagonista accompagnato dal graverischio di un’estrema soggettivazione dell’espe-rienza religiosa progressivamente privata diogni contenuto reale: prima si nega la Chiesa,poi Cristo, successivamente Dio, infine la reli-gione stessa fino a rimanere appesi ad una spiri-tualità vuota di ogni contenuto effettivo e carat-terizzata da un approccio fortemente individua-listico al sacro”. C’è anche da considerare “ilcarattere fondamentalista di talune correnti reli-giose, soprattutto quelle legate all’Islam e allasua presenza massiccia in Europa, attraversol’immigrazione” (A. Scola, Fine della moderni-tà: eclissi e ritorno di Dio, dal Convegno CEI“Dio oggi. Con Lui o senza di Lui cambiatutto”, Roma, dic. 2009).In tale situazione diventa ancora più importante ecomplesso dare una testimonianza che non dialuogo ad ambiguità.

L’identificazioneRicordando la parola di Gesù a Pilato: “Io sonovenuto per dare testimonianza alla verità”, com-prendiamo che, seguendo il suo esempio, la nostratestimonianza non può ridursi a dare il buon esem-pio, né ad una serie di norme da seguire o di nozio-ni da conoscere.Occorre porsi la domanda: “perché Cristo si èincarnato?” Secondo la teologia francescana lacausa dell’incarnazione non è stato il peccato,ma l’eccessiva misericordia (“superexcedensmisericordia”) di Dio, che si è manifestata inCristo. Egli è disceso sulla terra per incontrare ilpiù piccolo, l’uomo in cui si è identificato.Ecco allora che, per seguire Cristo, il francescanodeve esercitare l’eccessiva misericordia di Dio nelpiù piccolo identificandosi con esso. L’identificazione manca quando ci si rivolge alprossimo pensando che lui abbia solo bisogno dinoi, ma che sia un diverso da noi. In questo modolo strumentalizziamo per la nostra soddisfazionepersonale ed abbiamo già ricevuto la ricompensaper la nostra buona azione. L’identificazione manca quando manca la passioneper il piccolo. Come dice S. Paolo, anche se distri-buissimo tutti i nostri beni, se consegnassimo ilnostro corpo per essere bruciato… ma non avessi-mo la carità, a nulla ci servirebbe.S. Francesco incontrando il lebbroso si identifi-cò in lui, gli usò misericordia, cioè esercitò ediede testimonianza alla carità di Dio che avevapreso dimora in lui.

Graziella Baldo

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RIPENSIAMO LA LAICITÀEssere testimoni di Cristo

… Abbiamo da poco con-cluso l’Anno Sacerdotale:un tempo di grazia, che haportato e porterà frutti pre-ziosi alla Chiesa … Cihanno accompagnato inquesto cammino, comemodelli e intercessori, ilSanto Curato d’Ars ed altrefigure di santi sacerdoti, vere luci nella storia dellaChiesa. Oggi, vorrei ricordarne un’altra, che spiccasul gruppo dei “Santi sociali” nella Torinodell’Ottocento: si tratta di san Giuseppe Cafasso.Il suo ricordo appare doveroso perché proprio unasettimana fa ricorreva il 150° anniversario dellamorte, avvenuta nel capoluogo piemontese il 23giugno 1860, all’età di 49 anni…. Si tratta di circo-stanze che ci offrono l’occasione per conoscere ilmessaggio, vivo e attuale, che emerge dalla vita diquesto santo. Egli non fu parroco come il curatod’Ars, ma fu soprattutto formatore di parroci epreti diocesani, anzi di preti santi, tra i quali sanGiovanni Bosco. Non fondò, come gli altri santisacerdoti dell’Ottocento piemontese, istituti reli-giosi, perché la sua “fondazione” fu la “scuola divita e di santità sacerdotale” che realizzò, conl’esempio e l’insegnamento, nel “ConvittoEcclesiastico di S. Francesco d’Assisi” a Torino.Giuseppe Cafasso nasce a Castelnuovo d’Asti, lostesso paese di san Giovanni Bosco, il 15 gennaio1811. E’ il terzo di quattro figli. L’ultima, la sorel-la Marianna, sarà la mamma del beato GiuseppeAllamano, fondatore dei Missionari e delleMissionarie della Consolata.Nasce nella Piemonte ottocen-tesca caratterizzata da graviproblemi sociali, ma anche datanti Santi che si impegnavanoa porvi rimedio. Essi eranolegati tra loro da un amore tota-le a Cristo e da una profondacarità verso i più poveri: la gra-zia del Signore sa diffondere emoltiplicare i semi di santità!… Nel 1833 venne ordinatosacerdote. Quattro mesi piùtardi fece il suo ingresso nelluogo che per lui resterà la fon-damentale ed unica “tappa”della sua vita sacerdotale: il“Convitto Ecclesiastico di S.Francesco d’Assisi” a Torino.Entrato per perfezionarsi nellapastorale, qui egli mise a fruttole sue doti di direttore spiritua-

le e il suo grande spirito dicarità. Il Convitto, infatti,non era soltanto una scuoladi teologia morale, dove igiovani preti, provenientisoprattutto dalla campa-gna, imparavano a confes-sare e a predicare, ma eraanche una vera e propria

scuola di vita sacerdotale, dove i presbiteri si for-mavano nella spiritualità di sant’Ignazio di Loyolae nella teologia morale e pastorale del grandeVescovo sant’Alfonso Maria de’ Liguori. Il tipo diprete che il Cafasso incontrò al Convitto e che eglistesso contribuì a rafforzare – soprattutto comeRettore - era quello del vero pastore con una riccavita interiore e un profondo zelo nella cura pasto-rale: fedele alla preghiera, impegnato nella predi-cazione, nella catechesi, dedito alla celebrazionedell’Eucarestia e al ministero della Confessione,secondo il modello incarnato da san CarloBorromeo, da san Francesco di Sales e promossodal Concilio di Trento…San Giuseppe Cafasso cercò di realizzare questomodello nella formazione dei giovani sacerdoti,affinché, a loro volta, diventassero formatori di altripreti, religiosi e laici, secondo una speciale ed effi-cace catena. Dalla sua cattedra di teologia moraleeducava ad essere buoni confessori e direttori spiri-tuali, preoccupati del vero bene spirituale della per-sona, animati da grande equilibrio nel far sentire lamisericordia di Dio e, allo stesso tempo, un acuto evivo senso del peccato. Tre erano le virtù principa-

li del Cafasso docente, comericorda san Giovanni Bosco:calma, accortezza e prudenza.Per lui la verifica dell’insegna-mento trasmesso era costituitadal ministero della confessione,alla quale egli stesso dedicavamolte ore della giornata; a luiaccorrevano vescovi, sacerdoti,religiosi, laici eminenti e gentesemplice: a tutti sapeva offrireil tempo necessario. Di molti,poi, che divennero santi e fon-datori di istituti religiosi, egli fusapiente consigliere spirituale.Il suo insegnamento non eramai astratto …, ma nascevadall’esperienza viva della mise-ricordia di Dio e dalla profondaconoscenza dell’animo umanoacquisita nel lungo tempo tra-scorso in confessionale e nella

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SAN GIUSEPPE CAFASSODalla meditazione di Benedetto XVI all’Udienza generale di mercoledì 30 giugno 2010

Alla luce dell’Anno Sacerdotale appe-na concluso ricordiamo con le paroledel Santo Padre la figura di un grandesacerdote torinese, terziario francesca-no, S. Giuseppe Cafasso, di cui ricorreil 150° anno della morte.

direzione spirituale: la sua era una vera scuola divita sacerdotale.Il suo segreto era semplice: essere un uomo di Dio;fare, nelle piccole azioni quotidiane, “quello chepuò tornare a maggior gloria di Dio e a vantaggiodelle anime”. Amava in modo totale il Signore, eraanimato da una fede ben radicata, sostenuto da unaprofonda e prolungata preghiera, viveva una since-ra carità verso tutti. Conosceva la teologia morale,ma conosceva altrettanto le situazioni e il cuoredella gente, del cui bene sifaceva carico, come il buonpastore. Quanti avevano lagrazia di stargli vicino neerano trasformati in altrettantibuoni pastori e in validi con-fessori. Indicava con chiarezzaa tutti i sacerdoti la santità daraggiungere proprio nel mini-stero pastorale…. Quantisacerdoti furono da lui formatinel Convitto e poi seguiti spiri-tualmente! Tra questi emergesan Giovanni Bosco, che loebbe come direttore spiritualeper ben 25 anni, dal 1835 al1860: prima come chierico,poi come prete e infine comefondatore. Tutte le scelte fon-damentali della vita di sanGiovanni Bosco ebbero comeconsigliere e guida sanGiuseppe Cafasso, ma in unmodo ben preciso: il Cafassonon cercò mai di formare indon Bosco un discepolo “a suaimmagine e somiglianza” edon Bosco non copiò ilCafasso; lo imitò certo nellevirtù umane e sacerdotali -definendolo “modello di vitasacerdotale” -, ma secondo le proprie personaliattitudini e la propria peculiare vocazione; unsegno della saggezza del maestro spirituale e del-l’intelligenza del discepolo: il primo non si imposesul secondo, ma lo rispettò nella sua personalità elo aiutò a leggere quale fosse la volontà di Dio sudi lui. E’ questo un insegnamento prezioso per tutticoloro che sono impegnati nella formazione ededucazione delle giovani generazioni ed è anche unforte richiamo di quanto sia importante avere unaguida spirituale nella propria vita, che aiuti a capi-re ciò che Dio vuole da noi. Con semplicità e pro-fondità, il nostro Santo affermava: “Tutta la santi-tà, la perfezione e il profitto di una persona sta nelfare perfettamente la volontà di Dio (…). Felici noise giungessimo a versare così il nostro cuore den-tro quello di Dio, unire talmente i nostri desideri, lanostra volontà alla sua da formare ed un cuore eduna volontà sola: volere quello che Dio vuole,volerlo in quel modo, in quel tempo, in quelle cir-

costanze che vuole Lui e volere tutto ciò non peraltro se non perché così vuole Iddio”.Ma un altro elemento caratterizza il ministero delnostro Santo: l’attenzione agli ultimi, in particolare aicarcerati, che nella Torino ottocentesca vivevano inluoghi disumani e disumanizzanti. Anche in questodelicato servizio, svolto per più di vent’anni, egli fusempre il buon pastore, comprensivo e compassione-vole: qualità percepita dai detenuti, che finivano peressere conquistati da quell’amore sincero, la cui ori-

gine era Dio stesso. La semplicepresenza del Cafasso faceva delbene: rasserenava, toccava icuori induriti dalle vicende dellavita e soprattutto illuminava escuoteva le coscienze indifferen-ti. Nei primi tempi del suo mini-stero in mezzo ai carcerati, egliricorreva spesso alle grandi pre-dicazioni che arrivavano a coin-volgere quasi tutta la popolazio-ne carceraria. Con il passare deltempo, privilegiò la catechesispicciola, fatta nei colloqui enegli incontri personali: rispetto-so delle vicende di ciascuno,affrontava i grandi temi dellavita cristiana, parlando dellaconfidenza in Dio, dell’adesionealla Sua volontà, dell’utilitàdella preghiera e dei sacramenti,il cui punto di arrivo è laConfessione, l’incontro con Diofattosi per noi misericordia infi-nita. I condannati a morte furonooggetto di specialissime cureumane e spirituali. Egli accom-pagnò al patibolo, dopo averliconfessati ed aver amministratoloro l’Eucaristia, 57 condannatia morte. Li accompagnava con

profondo amore fino all’ultimo respiro della loro esi-stenza terrena.Morì il 23 giugno 1860, dopo una vita offerta inte-ramente al Signore e consumata per il prossimo. Ilmio Predecessore, il venerabile servo di Dio PapaPio XII, il 9 aprile 1948, lo proclamò patrono dellecarceri italiane e, con l’Esortazione apostolicaMenti nostrae, il 23 settembre 1950, lo proposecome modello ai sacerdoti impegnati nellaConfessione e nella direzione spirituale.San Giuseppe Cafasso sia un richiamo per tutti adintensificare il cammino verso la perfezione dellavita cristiana, la santità; in particolare, ricordi aisacerdoti l’importanza di dedicare tempo alSacramento della Riconciliazione e alla direzionespirituale, e a tutti l’attenzione che dobbiamo avereverso i più bisognosi. Ci aiuti l’intercessione dellaBeata Vergine Maria, di cui san G. Cafasso eradevotissimo e che chiamava “la nostra cara Madre,la nostra consolazione, la nostra speranza”.

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LAVORO MINORILE: UNICEF, ANCORA150 MLN BIMBI SFRUTTATI NEL MONDONel mondo ci sono ancora 150 milioni di bambi-ni tra i 5 e 14 anni d’età intrappolati e sfruttatinella rete del lavoro minorile. La denuncia arrivadall’Unicef che nella 11ª Giornata Mondiale con-tro il Lavoro Minorile, chiede a governi donatorie settore privato un rinnovato impegno per elimi-nare le peggiori forme di lavoro minorile.“Sappiamo che i progressi negli Obiettivi diSviluppo del Millennio sull’istruzione, la povertà,l’uguaglianza di genere e l’Hiv/Aids vengonosistematicamente minati dal lavoro minorile e chenessuna politica da sola puo’ unilateralmenteporre fine al lavoro minorile”, ha sottolineatoSusan Bissell, capo della protezione dei bambiniper l’Unicef. “È dimostrato che una risposta effi-cace coerente sul lavoro minorile richiede unacombinazione di misure concernenti condizioni dilavoro dignitose, sistemi di protezione socialeattenti all’infanzia e l’estensione dei servizi dibase ai piu’ vulnerabili”. Le ultime stime a livelloglobale parlano di una diminuzione in tutto ilmondo del lavoro minorile, ma i progressi sonopiu’ limitati nell’Africa sub-sahariana, dove anzi idati piu’ recenti indicano un peggioramento, conun bambino su 4 coinvolto nel lavoro minorile (lapercentuale piu’ alta al mondo), rispetto a uno su8 in Asia e nella regione del Pacifico, uno su 10 inAmerica Latina e nei Caraibi. Il numero di bam-bini che unisce il lavoro alla scuola in alcuneregioni e’ aumentato anche del 300%. Ma anchequesti dati possono essere fuorvianti, in quantofigli di migranti, orfani, bambini vittime di trattae, soprattutto ragazze sono troppo esclusi dalleindagini, che si basano su dati riguardanti le fami-glie.È necessario sviluppare nuovi sistemi di raccoltadati per garantire che questi bambini invisibilidiventino visibili e vengano aiutati. Alla recenteConferenza mondiale contro le peggiori forme dilavoro minorile dell’Aia, l’Unicef si è impegnato asviluppare nuove metodologie di raccolta dati perrendere visibile il lavoro ‘invisibile’ delle ragazze. Illavoro minorile è un meccanismo di compensazionedel reddito familiare cui le famiglie ricorrono spes-so in situazioni di crisi. Mentre gli studi dimostranoche l’istruzione per le ragazze è tra i migliori inve-stimenti che un paese possa fare per il suo sviluppo,le ragazze sono le prime a essere tolte da scuola emandate a lavorare nei momenti di difficolta’. Perquesto l’Unicef esorta governi e donatori ad aumen-tare gli investimenti per una istruzione accessibile edi buona qualita’ e a sostenere misure di protezionesociale per tutti i bambini.L’Unicef invita inoltre il settore privato e le azien-de ad utilizzare la propria capacita’ di innovazioneper garantire che i diritti dei bambini siano tutelatiin tutta la catena dei fornitori.

A DIFESA DEL DIRITTO DELL’ACQUARiflettendo con... Un premio Nobel Africano

“La più efficace strate-gia per garantire forni-ture di acqua alle popo-lazioni africane è quelladi difendere gli ecosiste-mi naturali, in particola-re le foreste e le paludi…in questo modo l’acquadiventerebbe una risorsadi valore da poter gesti-re in maniera più effica-ce e responsabile… maanche in questo caso,

l’accesso all’acqua deve essere considerato undiritto umano. Negare acqua potabile significacondannare a morte intere popolazioni”. Da un discorso della keniana Wangari MutaMaathai, biologa, premio Nobel per la Pace nel2004 e fondatrice del ‘Green belt mouvement’,intervenuta alla XV conferenza dell’Associazioneafricana dell’acqua conclusa il 18/3/2010 aKampala, in Uganda.La motivazione del Premio Nobel attribuito perla prima volta ad una donna africana: “La pacenel mondo dipende dalla difesa dell’ambiente”, maanche per il suo operato nel campo dei diritti delledonne, perché il suo lavoro ha ispirato moltissimialtri attivisti, perché ha saputo conciliare la scienzae il lavoro democratico.Wangari Maathai fu la prima donna nativa del cen-trafrica a laurearsi, nel 1971 presso l’Università diNairobi, in biologia, lavorandoci poi fin dal 1979presso la facoltà di veterinaria. Ora è sottosegretarionel Ministero dell’Ambiente e delle Risorse natura-li del Kenya. È una signora di 64 anni con un lungoimpegno politico e scientifico: ha fondato nel 1977il “Movimento cinture verdi” Green Belt un movi-mento formato da donne che hanno piantato in que-

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SUCCEDE NEL MONDO

sto tempo più di 20 milioni di alberi in Kenya e inaltri paesi africani: in particolare Tanzania, Uganda,Malawi, Lesotho, Etiopia e Zimbawe. L’idea le era venuta mentre lavorava al ConsiglioNazionale delle Donne keniota per coniugare ilproblema ecologico e quello occupazionale, incre-mentando la centralità della figura femminile nelmondo rurale. Più recentemente si è occupataanche di diritti civili perché, come ha dichiarato leistessa in un’intervista: “Quando cominci a lavora-re seriamente per la causa ambientalista ti si pro-pongono molte altre questioni: diritti umani, dirittidelle donne, diritti dei bambini… e allora non puoipiù pensare solo a piantare alberi”.

TRATTA: INTERVITA “IN CAMBOGIA 1VITTIMA SU TRE È UNA BAMBINA”In Cambogia una vittima su tre del traffico ai finidi sfruttamento sessuale è una bambina. E’ quantoemerge dalla ricerca sul traffico di esseri umani inCambogia nel 2009, presentata oggi a Milano dallaong Intervita, attiva in progetti di preven-zione per i minori in Asia, Sud America eAfrica. I 109 casi analizzati nella ricerca,grazie alle segnalazioni di una rete di 27organizzazioni non governative presenti inCambogia, hanno permesso di ricostruire ilprofilo delle vittime: tutte donne sotto i 39anni, per il 37% bambine (la più piccola ha7 anni). Circa la metà delle vittime provie-ne da famiglie disgregate e instabili econo-micamente, il 36% è analfabeta, molte diloro sono state costrette ad abbandonare lascuola e il 12% sono state coinvolte nel traf-fico con le proprie sorelle. “E’ uno scenarioagghiacciante, ha commentato DanielaBernacchi, direttore generale di Intervita -.Il 76% delle vittime sapeva che sarebbestata coinvolta in attività legate alla prosti-tuzione. Una conferma che nel Sud delmondo la tratta è purtroppo sempre di piùuna scelta obbligata per chi vuole fuggireda povertà e analfabetismo”. Rispetto al2008, la ricerca evidenzia una crescita espo-nenziale della tratta con un incremento del49% dei casi. Solo il 10% delle vittime ha avuto unavvocato, tutti appartenenti alle ong presenti inCambogia.Su 53 vittime che hanno sporto denuncia alle auto-rità, solo in 15 casi sono state condotte indagini chehanno portato all’arresto di 13 trafficanti. Il 26%delle vittime sono state costrette a entrare nel girodella prostituzione, nei centri massaggi e nei localinotturni come ragazze karaoke. “Il turismo occi-dentale in Cambogia sta crescendo rapidamente -prosegue Bernacchi -. Sugli 83 trafficanti oggettodella ricerca, per la prima volta si registra la presen-za di due occidentali. Un dato che ci preoccupamolto”. Nel 2009 gli italiani che hanno visitato laCambogia sono stati 17.154. Di questi il 63% eranouomini, a fronte di una media degli arrivi da tutti i

Paesi del 58%. L’Italia, tra i paesi dell’Unione euro-pea, è il quinto paese per flussi turistici verso laCambogia, preceduta da Olanda, Germania,Francia e Regno Unito. Intervita opera in Cambogiacon centri di accoglienza e recupero per minori vit-time della tratta e svolge attività di prevenzione: peril 2010 è prevista la sensibilizzazione del 20% deituristi e del 10% della popolazione cambogiana,tramite una rete di 100 conducenti di motorisciò(tuk tuk), servizi di “help line” telefonica, cartello-ni informativi e libretti in inglese e kmer. Si stimache ogni anno, nel sud-est asiatico, siamo almeno200-250.000 le donne e i bambini coinvolti, unterzo dell’intero traffico mondiale.

PREMIO KIWANIS A DON DI NOTO“In verità vi dico se non vi convertirete e nondiventerete come i bambini, non entrerete nelregno dei cieli” (Matteo 18,3) e don Fortunato DiNoto, fondatore di Meter, ha realizzato in se stes-so, con la Sua Associazione Meter, nella Chiesa e

nella SocietàItaliana, Europea eMondiale questodetto di Gesù: “Unsacerdote padre ditanti bambini biso-gnosi di aiuto e disperanza”. È questala motivazione dellaconsegna delPremio Europeodella FederazioneK i w a n i sInternational a donFortunato Di Noto,durante la 43aConvention Europeadi Taormina (sabato5 giugno). Il Premioè stato consegnatoda Paul Palazzolo,presidente interna-zionale Kiwanis(venuto dagli Stati

Uniti d'America per l’occasione) e da GianfilippoMuscianisi, presidente europeo, alla presenza deidelegati di 20 nazioni europee. Francesco Alecci,prefetto di Messina, ha manifestato “l’onore el’orgoglio di aver scelto questo sacerdote, esem-pio luminoso di speranza per tutti”. Don Di Notoricevendo il premio ha detto tra l’altro: “Questasera ho solo un unico desiderio: parlare al vostrocuore raccontandovi dei bambini che ho e abbia-mo incontrato in questo grande dono di Dio che èl’Associazione Meter, da 20 anni impegnata atutelare l’innocenza dei piccoli”. KiwanisInternational è un club fondato nel 1915. La sedeprincipale è a Indianapolis (Indiana), negli StatiUniti d'America, con 8.000 clubs in 96 nazionicon più di 260.000 aderenti.

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Nell’Ue 80 milioni di personein difficoltà economica. Ipoveri in Europa sono, standoai dati ufficiali dell’Ue, circa80 milioni, pari al 16-17% del-l’intera popolazione comunita-ria. Per “poveri” si intendonole persone, e dunque le fami-glie, che vivono “alla soglia dell’indigenza”, conun reddito troppo modesto – in base al costo dellavita, che varia da Paese a Paese – per assicurarsibeni materiali, una casa dignitosa, istruzione, curesanitarie, opportunità professionali e sociali. Idati, diffusi all’inizio del 2010 (non a caso procla-mato Anno europeo della lotta contro la povertà el’esclusione sociale), continuano a rimbalzare daun convegno all’altro, dalle pagine dei giornalialle sedi politiche e decisionali nazionali edell’Ue.

Obiettivo prioritario oppure no? Durante ilsummit del 17 giugno, l'argomento è tornatoall’ordine del giorno, richiamato dal fatto che icapi di Stato dei Paesi aderenti all’Ue dovevanofissare gli “obiettivi concreti” della strategiaEuropa 2020 per la crescita e l’occupazione. Nelle“Conclusioni” del vertice in effetti si legge che ilcontrasto all’indigenza figura tra i 5 “impegniprioritari” di tale strategia: i 27 si impegnano a“promuovere l’inclusione sociale, in particolareattraverso la riduzione della povertà, mirando aliberare almeno 20 milioni di persone (entro il2020) dal rischio di povertà e di esclusione”.Peccato che in una nota a piè di pagina si leggache si lasciano “gli Stati membri liberi di fissare ipropri obiettivi nazionali in base agli indicatoripiù appropriati, tenuto conto delle priorità e circo-stanze nazionali”. Ovvero, ciascuno farà a modosuo.

Indigenza in aumento. Eppure, proprio in vistadell’approvazione e della traduzione in pratica diEuropa 2020, l’Esecutivo aveva commissionato aEurobarometro un’indagine sulla povertà nell’Uee l’istituto demoscopico aveva effettivamenteprovveduto, nel maggio scorso, a intervistare uncampione di 25mila cittadini dei diversi Stati, sag-giando attese e angosce di svedesi e ciprioti, por-toghesi e britannici, passando per i cittadini diFrancia e Germania, Estonia o Ungheria. Dallaricerca, presentata il 22 giugno a Bruxelles, appa-re che la percezione che gli europei hanno in que-sto momento della propria condizione sociale èfortemente segnata dalla recessione. “Un europeosu sei afferma di essere sempre in difficoltà per ilpagamento delle fatture domestiche – spiega

Eurobarometro – e tre quartidegli europei ritengono che lapovertà sia aumentata nel loroPaese durante l’ultimo anno”.

“Risposte visibili”. Gli esitidel sondaggio confermano“l’importanza della tematica

della povertà nell’Ue e il continuo aggravarsi dellasituazione a causa dell’attuale crisi economica efinanziaria”, ha subito commentato László Andor,commissario per l’occupazione e gli affari sociali.“Le sfavorevoli conseguenze della crisi si stannosentendo e molti europei devono lottare per arriva-re a fine mese”. Il commissario ritiene che con lastrategia Europa 2020 gli Stati e l’Ue fornirannodelle “risposte visibili” alla situazione. Ma, nelfrattempo, Eurobarometro attesta che “in generalei cittadini intervistati ritengono che la povertà siaaumentata nell'anno che precede l'indagine”, “atutti i livelli”. “Sei europei su dieci sono convintiche la povertà sia aumentata nella loro zona, trequarti ritengono che la povertà sia aumentata nelloro Paese e il 60% che sia aumentata in tuttal’Unione”. La situazione appare differenziata asecondo della nazionalità: ad esempio “in Grecial'85% degli intervistati ritiene che la povertà siaaumentata” a livello nazionale; “l’83% dei france-si, l’82% dei bulgari, il 77% dei romeni e il 75%degli italiani condividono tale opinione in meritoai loro Paesi”.

Sorprese e conferme. Non mancano le sorpreseoppure i segnali di lieve ottimismo: “Solo il 23%(rispetto al 65% nel luglio 2009) del lettoni ritieneche la propria situazione finanziaria peggiorerà,così come il 32% dei lituani (rispetto al 58% nelluglio 2009) e il 20% degli ungheresi (rispetto al48% nel luglio 2009)”. È pure “diminuito il nume-ro di persone che pensano di restare disoccupatequalora dovessero perdere il loro lavoro inLettonia, in Polonia, nel Regno Unito, in Belgio ein Finlandia”. Ma subito si torna alle “ombre”:infatti un europeo su sei afferma di non aver avutoi soldi per pagare le bollette o per fare la spesaalmeno una volta durante lo scorso anno e il 20%ha segnalato difficoltà nel pagare le rate del mutuoper la casa. Tre europei su 10 spiegano di averemaggiori difficoltà nel sostenere i costi dell’assi-stenza sanitaria. Se poi lo sguardo si proietta avan-ti nel tempo si arriva alle pensioni: secondoEurobarometro, “il 73% dei cittadini dell’Unioneo si aspetta chiaramente prestazioni pensionisticheridotte o ritiene di dover posticipare la propriapensione o risparmiare di più per la vecchiaia”.

Da Sir Europa

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POVERTÀ IN EUROPAImpegno prioritario

La Giornata mondiale del rifugiato 2010 riporta alcentro dell’attenzione anche delle nostre comunitàcristiane il tema dei richiedenti asilo, dei rifugiati edelle altre categorie beneficiarie della protezioneinternazionale, sempre più all’ordine del giorno inun contesto internazionale in cui guerre, contrap-posizioni politiche, religiose, etniche, di genere,come anche disgrazie ambientali, costringono ecostringeranno ancora un gran numero di persone aspostarsi dalla propria terra. Attualmente sono piùdi 15 milioni i rifugiati e più di 40 milioni gli sfol-lati interni nel mondo. Lo scorso anno sono rientra-ti a casa e al proprio Paese solo 250.000. L’Italiacome Paese di accoglienza può svolgere un compi-to ridotto rispetto a questo immenso flusso di per-sone bisognose, ma deve saper rispondere con unamaggiore attenzione e una più ampia disponibilità.Purtroppo, invece, in Italia sono presenti poco piùdi 50.000 rifugiati e le domande di asilo - anche acausa della politica dei respingimenti - sono passa-te dalle 30.000 del 2008 alle 17.000 del 2009.In questi ultimi anni sono stati notevoli i cambia-menti normativi e procedurali nell’ordinamentogiuridico italiano in materia di immigrazione e diasilo. Dopo il 2008, anno in cui è entrata in vigorela normativa europea in materia di protezioneinternazionale, è stata introdotta la nuova figuragiuridica del beneficiario di protezione sussidiariaampliando i casi di riconoscimento e, quindi, diattribuzione di uno status giuridico di tutela.Inoltre, alle due figure di status principali (lo statusdi rifugiato e di beneficiario di protezione sussidia-ria) oggi, si associano altre due figure di tutela: laprotezione umanitaria e la protezione temporanea,che non sono armonizzate a livello europeo ma che

comunque allargano le maglie della protezione adaltre categorie di individui altrimenti non assistiti.In realtà, la protezione umanitaria non è equipara-ta a un diritto soggettivo ma si tratta di una sempli-ce autorizzazione al soggiorno per motivi di carat-tere umanitario. Manca una normativa nazionalespecifica che tuteli i diritti che ne conseguono.L’agenzia Onu per i rifugiati ha ricordato che “ilrespingimento indiscriminato non può essere adot-tato come misura per contrastare l’immigrazioneirregolare via mare” anche perché “tale pratica vaa minare la fruibilità del diritto di asilo in Italiacome si evince dal drastico calo delle domanded’asilo pervenute nel 2009 (circa 17.500 a frontedelle oltre 31.000 nel 2008)”. Riguardo al numerodei rifugiati in Italia l’Unhcr stima che in Italia vene siano meno di 50.000, “mentre in altri Paesidell’Unione europea si passa dai 600.000 dellaGermania ai 300.000 del Regno Unito”.Diventa importante, allora, allargare ogni forma diprotezione umanitaria che possa affrontare il dram-ma di milioni di persone in movimento perchécostrette da situazioni drammatiche, evitando diabbandonare queste situazioni in due modi: o rifiu-tando l’incontro, respingendo le persone; o abban-donandole in situazioni di impossibilità di tuteladella stessa vita oltre che dei diritti fondamentali (ilcaso di rimpatri in Libia da parte dell’Italia o inAfganistan da parte della Gran Bretagna). Ogniforma di abbandono, di respingimento e di rifiutonon può che essere contestato culturalmente e poli-ticamente, con la preoccupazione di mettere al cen-tro la dignità della persona.

Tratto da un resoconto di Giancarlo Peregodirettore generale Migrantes

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SENZA PROTEZIONEGiornata mondiale del rifugiato (20 giugno)

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CASA DI ACCOGLIENZAE SPIRITUALITÀ FRATE JACOPA

Vuoi trascorrere qualche giorno a Roma in pellegrinaggio,per itinerari formativi, per studio o ricerca di spiritualità?Desideri recarti in visita a S. Pietro o presso i fondamenta-li luoghi sacri della Città Eterna?"Casa Frate Jacopa" in Via delle Mura Aurelie, 8 si trova a duepassi dalla Basilica di San Pietro, ben servita dai mezzi pubbli-ci: apre le proprie porte a tutti coloro che desiderano conoscereil carisma francescano o godere di un tempo di riflessione.Una ospitalità "familiare" a singoli e gruppi (fino a 18 per-sone):* camere singole, doppie e triple* sale adeguate per incontri* cappella* spazio verde e attrezzatoPER INFO E PRENOTAZIONI: Telefono 06 631980 -Fax: 06 632494 - E-mail: [email protected] -www.coopfratejacopa.it

ESTATE 2010

Meeting in Umbria a Trevi“Il Vangelo della fraternità”21-25 agosto 2010Il principio di fraternità che la Chiesaoggi ci chiede di rimettere al centrodella vita sociale e civile interpella ilcarisma francescano e coloro cheintendono accoglierne la feconditàevangelica. L’incontro, promossodalla Fraternità Francescana e dallaCooperativa Sociale “Frate Jacopa”assieme all’Ente Terz’Ordine Fran-cescano dei Frati Minori d’Italia, attra-verso momenti di riflessione, di dialo-go e di preghiera itinerante, intendeoffrire, con l’accompagnamento diesperti, vie di ripensamento per incar-nare oggi il dono della fraternità “peruno sviluppo autenticamente umano”(CV). Il Meeting si svolge pressol’Hotel La Torre, che offre un’acco-glienza adeguata anche alle famiglie,con spazi verdi per l’intrattenimentodei bambini che saranno seguiti comesempre da un’apposita equipe.Per informazioni e prenotazionirivolgersi a: Cooperativa SocialeFrate Jacopa – tel 06631980 – fax06632494 – www.coopfratejacopa.it– [email protected]

I lavori sono stati fraternamenteintrodotti da Argia Passoni laquale ha chiarito il senso del pro-fessare una Regola, delineandocome con la professione si mani-festa e si attua il battesimo, l’of-ferta della nostra vita viene unitaall’offerta di Cristo e l’apparte-nenza al popolo di Dio si realiz-za in modo specifico attraversola forma della vita fraterna. Laprofessione ci mette innanziall’apertura totale al mistero diDio e nasce dalla certezza che lanostra vita non dipende da noima si realizza nell’affidamento aDio. Oggi il nostro sentirci chia-mati a “riparare la chiesa” vuole partire dal focaliz-zare la riflessione sul rinnovo delle promesse batte-simali nel rapporto con la professione e con le fontivitali del vivere la penitenza evangelica.“Professione e rinnovo delle promesse battesima-li” è il titolo della relazione di Don Massimo Serretti(docente di Teologia Dogmatica Università delLaterano). Il mistero di Cristo nella sua trasfigura-zione sull’alto monte ci aiuta a comprendere il lega-me tra la “Lettera di San Francesco ai fratelli e sorel-le della penitenza” e la scelta di professare unaforma di vita. La trasfigurazione non è il divenire diCristo quel che prima non era, poiché Gesù era ilfiglio di Dio da sempre, ma è una rivelazione di quelgrande mistero che lui già era e che viene partecipa-to e si mostra per grazia in quel modo, potentemen-te. Pietro dirà per tutta la sua vita: l’abbiamo vistosul monte manifestarsi in tutta la sua gloria.Il nesso tra la professione e il battesimo chiede chequalcosa che c’è, ed è interamente presente, si svelie si mostri. Nell’incipit della Lettera, S. Francescosi esprime chiamando beati “tutti quelli che amanoil Signore con tutto il cuore, con tutta l’anima econ tutta la mente, con tutta la forza, ed amano ilprossimo come se stessi ed odiano il proprio corpocon i suoi vizi e i peccati, e ricevono il corpo e ilsangue del Signore nostro Gesù Cristo e fannodegni frutti di penitenza” (FF 178,1).Francesco parte dall’Amore ed identifica i suoi inter-locutori come coloro che sono nell’amore e cheamano. Non solo con tutto il cuore, il centro del pro-prio essere, la sede della percezione e dell’affezione,la sfera dei sentimenti. ma con tutta l’anima. I mae-stri della traduzione ebraica lo traducono dicendo “tuamerai il Signore quand’anche ti prendesse la vita”.Nella richiesta di offerta della vita c’è l’implicazionedel dono di sé con tutto il proprio essere, corrispon-dente alla santificazione del nome, che è anche nelPadre nostro, e significa amare il Signore fino a dare

la vita. La vita di Francesco nellasua interezza è l’esplicazione diquesta totalità di amore nell’of-ferta della vita. Il santo è coluiche viene separato e lasciatocompletamente per il Signore. Inquesto è una verità antropologica.L’espressione con tutta la forza,nel Vangelo di Marco viene inte-so come con tutta la mente, e contutto ciò che è tuo, con la tua pro-prietà, cioè le tue sostanze, lequali non possono rimanere fuoridall’amore. Nell’uomo c’è unarichiesta di totalità e ciò determi-na con precisione l’essere umano.Laddove non ci sia questa totalità

c’è il nulla, il nichilismo, che nasce qualora l’uomonon s’incontri con la totalità dalla quale è fatto il Dioamore, il tutto dell’amore. Francesco dice, infatti:“mio Dio, mio tutto”.Il contesto dell’Alleanza è quello delle Dieci Parole.Il Signore libera dalla schiavitù, con una azione fortee unilaterale. Libera, salva e vuole stringere un pattocon il suo popolo. L’atto fondativo è quello che ilSignore ha preceduto dando amore, e all’amore sirisponde con amore. Francesco scrive a coloro chehanno accettato l’Alleanza. Noi uomini d’oggi chenon abbiamo attraversato il deserto, entriamo in que-sta Alleanza e siamo liberati dal peccato, che aveva-mo come figli di Adamo, attraverso il battesimo. Tuamerai il Signore Dio tuo con tutto… significa accet-tare di vivere il battesimo.Il battesimo nella professione si manifesta e siattua pienamente in maniera sempre più feconda efruttuosa. La logica è la stessa della manifestazio-ne che si attua nella trasfigurazione. La trasfigura-zione è un mistero straordinario poiché non è unateofania: nell’imminenza della passione e morte diCristo aveva un intento preparatorio e di chiamataad essere partecipi della sua gloria. Nella tradizio-ne rabbinica si dice che Dio creando l’uomo l’harivestito di oro, brillante di luce; ma dopo il pecca-to l’uomo è divenuto opaco, non più luminoso.Quando verrà il Messia e riporterà l’uomo alla suanobiltà originaria, alla dignità con la quale ilCreatore l’ha creato, sarà tolta la velatura e resonuovamente luminoso. La trasfigurazione di Gesùè segno che lui è il Messia, è segno dell’inizio diun’epoca nuova. Coloro che partecipano di luianch’essi cominciano a risplendere. “Brilla neinostri volti la brillantezza che risplende nel voltodi Cristo”, scrive S. Paolo nella I Lett. ai Corinzi.Per grazia, senza nessun merito, siamo stati resipartecipi del mistero di Dio, della vita e della gra-zia di Dio, questi sono i sacramenti.

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PENITENZA E BATTESIMOIncontro fraterno - Roma, 5-7 marzo 2010

Nel rito del battesimo c’è la catechesi, l’ingressodella luce e l’esorcizzazione del principe del male.Il battesimo è il sacramento della fede. Con la tri-plice immersione si dice il nome e si battezza nelnome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.San Paolo scrive che noi mediante il battesimosiamo stati “con-sepolti con Cristo e risuscitaticon lui”, mediante la gloria del Padre, affinchécamminassimo come lui in novità di vita.L’unzione col sacro Crisma è molto importantepoiché è l’olio sacerdotale. Con il battesimo siamoresi partecipi della dignità sacerdotale, regale, pro-fetica di Cristo.Attraverso la professione simanifesta l’essere partecipi delsacerdozio di Cristo e con lapreghiera ilbattezzato è mediatore tra ilcielo e la terra. Essere re signi-fica essere riportati col battesi-mo alla dignità originaria dipersona. Il profeta è colui cheannuncia a tutti. La professionesi attua nei tre aspetti del ritodella purificazione, rigenera-zione e illuminazione che sideclinano come aspetti d’in-corporazione a Cristo e confor-mazione a lui. Da qui il nessodi co-essenzialità tra il battesi-mo e la professione. L’aspettofondante è già posto poichél’essenziale nella nostra vita èciò che Dio ha operato secondo la dinamica di gra-tuità assoluta con la quale ci ha amato.L’intervento di P. Lorenzo Di Giuseppe (docente diTeologia Morale) “La via della Penitenza” si èaperto con l’analisi dei due termini, conversione epenitenza: entrambi indicano una trasformazione esegnano un cammino. Il battesimo è un germe, unapianta nuova che deve indurci a questa conversio-ne che si fa, poi, penitenza.Guardando alla predicazione di Gesù la conversio-ne è legata all’accoglimento del Vangelo, comebuona notizia del Padre. L’uomo, infatti, è peccato-re e ha bisogno di essere rinnovato. Dio ha decisodi scrivere una storia di salvezza per noi tramite lapassione, morte e risurrezione del suo figlio perliberarci dal peccato e convertirci. L’opera di GesùCristo è volta a sanare il modo d’operare dell’uo-mo. San Francesco rivolto al Padre, dice spesso:“per la sola tua grazia”, Dio infatti non abbando-na mai l’uomo anzi vuole riportarlo al suo stato dicreatura. In segno di riconoscimento della miseri-cordia di Dio l’uomo è chiamato a convertirsi, acambiare il proprio cuore, il proprio modo di senti-re se stesso, gli altri e Dio, il modo di vivere. Lariconciliazione che Dio opera è impensabile senzala penitenza. L’uomo deve con la penitenza rispon-dere alla chiamata di Dio, essa è quindi dono digrazia ma anche atto di libertà.

Nella conversione viene toccata la coscienzaumana nel suo rapporto vero e vivo con Dio, e sirende necessaria la volontà di riavvicinamento aifratelli, per ristabilire la relazione d’amore origina-ria. Il Padre va incontro al peccatore, la conversio-ne e la penitenza sono, infatti, doni della Grazia.All’inizio del Testamento Francesco dice: “IlSignore dette a me, frate Francesco, di incomincia-re a fare penitenza così: quando ero nei peccati misembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi, e ilSignore stesso mi condusse tra loro e usai con essimisericordia. E allontanandomi da loro, ciò che mi

sembrava amaro mi fu cambia-to in dolcezza di animo e dicorpo. E in seguito, stetti unpoco e uscii dal secolo”(FF110).Tommaso da Celano raccontache all’inizio della sua conver-sione Francesco dopo averascoltato il brano relativo almandato affidato agli apostolidi predicare, disse: “Questovoglio, questo chiedo, questobramo di fare con tutto ilcuore!” (FF356).Innocenzo III nel momentodell’approvazione della Regolaincoraggiò i frati, li benedisse,li inviò e disse loro: “Andatecon il Signore fratelli e, comeEgli si degnerà ispirarvi, pre-dicate a tutti la Penitenza”.

Questa è la missione che il Papa dà a Francesco.Per Francesco fare penitenza è il convertirsi a Dio,in senso propriamente evangelico, nello spirito diobbedienza incondizionato e nel costante supera-mento di se stessi. Nella Lettera ai Fedeli (prologoalla Regola del Terz’Ordine) vi è proprio la defini-zione di penitenza che Francesco definisce gioiosa-mente “cosa gloriosa e santa” poiché dà dignitàalla vita dell’uomo. La penitenza ci fa entrare inrapporti nuovi con la Trinità, in quanto, diveniamoabitazione e dimora dello Spirito, figli del Padre dicui dobbiamo fare le opere, come sposi, fratelli emadri, del nostro Signore Gesù Cristo. L’augurioche ciascuno di noi rivolge a se stesso e ai fratelliè che sappiamo annunciare la penitenza e la con-versione nella Chiesa per collaborare alla vita ealla riedificazione della Chiesa che è sempre daaccogliere, vivere e riformare.La mattinata di domenica è stata scandita dagliinterventi personali relativi ai vari contenuti dellerelazioni e delle riflessioni dei singoli partecipantiche hanno condiviso i comuni intenti nella prose-cuzione del cammino a cui siamo stati chiamatidall’Altissimo in questo momento di prova.Il Signore ci ha resi suo popolo, lo stare insiemedei fratelli – la fraternità – è per tutti noi luogo dibenedizione e fonte di vita.

A cura di Maria Rosaria Restivo

luglio 2010 il Cantico 14

La volta scorsa abbiamo evidenziato la pervasivi-tà dei media soprattutto tra gli adolescenti i cuicomportamenti e lo stesso sviluppo intellettivosono plasmati dall’influenza dei media ai qualisono esposti per parecchie ore al giorno.Ora ci chiediamo: come adulti che non voglionorinunciare al loro compito educativo (di genito-ri, insegnanti, catechisti) né attardarsi su formerigide di educazione troppo strettamente ancorateal passato, come dobbiamo interporci tra i mediae gli adolescenti per esercitare il ruolo irrinuncia-bile di guide capaci di accompagnarli quotidiana-mente nel loro percorso formativo a cui i media, secriticamente decostruiti, possono dare un apprez-zabile contributo? Prendiamo il caso dei telefilmalla cui visione da parte degli adolescenti deveaffiancarsi una presenza degli educatori, alloscopo di contrastare gli effetti negativi che essipotrebbero provocare sulla psicologia ancora informazione dei giovanissimi telespettatoriLe proposte che seguono partono dal presuppostoche i telefilm odierni toccano questioni psicologiche,sentimentali, sessuali che vent’anni fa nessuna pro-duzione si sarebbe sognata di affrontare, perché affe-renti l’affettività profonda della persona. In esse gliadolescenti si imbattono spesso senza avere la dovu-ta preparazione e competenza, quindi senza essere ingrado di fruire positivamente dei messaggi veicolatidai telefilm e di comprenderne i contenuti.Determinante, allora, sono il filtro e la mediazio-ne esercitati dall’adulto che, di fronte a contenutidelicati è chiamato ad attuare una pedagogia deco-struttiva del messaggio che sia articolata neiseguenti punti d’intervento suggeriti dallo studiosoPaolo Braga:

a) guadagna-re una mini-ma compe-tenza suitelefilm daanalizzare.Vedere, cioè,un po’ dipuntate deititoli più invoga. Nontutti e nontutte le pun-tate, ma unpo’ sì (quat-tro per titoloè un numeroragionevo-le); b) rivedere insieme con i ragazzi una o due punta-te; c) frenare il comprensibile moto a sanzionare subi-to, negativamente, certi passaggi del racconto; d) limitarsi a punzecchiare i ragazzi sui puntidolenti, e valorizzare gli aspetti divertenti delleserie – ce ne sono sempre –; e) a volte ci sono anche aspetti umanamente posi-tivi: valorizzare anche quelli; f) le quattro puntate visionate in preparazione allalezione avranno chiarito la dinamica del racconto –i temi dei telefilm sono gravi, ma la formula concui sono trattati è molto ripetitiva: portarla agliocchi dei ragazzi, anche facendosi aiutare da lorostessi –; g) inquadrare secondo quanto il senso comune sug-

gerisce quello chesi è visto: discutere,cioè, su cosa succe-de nella realtà seuno fa la vitadescritta nei tele-film; h) “controprogram-mare”, cioè vedereinsieme con iragazzi film moral-mente positivi suglistessi argomentitoccati dal telefilm,seguendo lo stessometodo, per riequi-librare il gusto deigiovani telespetta-tori.È solo un’ipotesi dimetodo. Altre viesono perseguibili.L’importante è nonlasciarli soli.

giugno 2010 il Cantico 15

NON LASCIAMOLI SOLI

Mercoledì 23 giugno u.s.si è riunito il Comitatodei Presidenti Copercom(Coordinamento per laComunicazione) coordi-nato dal PresidenteFranco Mugerli e dalVicepresidente PaoloBustaffa. Sul tema della giornata -“Testimoni digitali: daun convegno a un can-tiere” – i presenti sisono espressi risponden-do alle seguenti doman-de: • Quali riflessi in associazione da “Testimoni digi-tali” e come l’associazione intende continuare?• Quali suggerimenti e quale disponibilità aCopercom per continuare “Testimoni digitali”?Dopo aver interloquito con i presenti, il dott.Mugerli ha invitato le associazioni a segnalare sulsito del Copercom, recentemente rinnovato, le ini-ziative promosse nel campo della comunicazio-ne in modo da valorizzarle e condividerle con lealtre associazioni, avendo sempre di mira la testi-monianza della fede piuttosto che la promozione diuna progettualità fine a se stessa. Il Vicepresidente dott. Paolo Bustaffa ha postol’accento sulla necessità di trovare una comunitàdi intenti che dia maggior visibilità all’impegnodel Copercom che è sempre stato rivolto al servi-

zio della formazionedella coscienza dellapersona, in modo cheemerga il legame pro-fondo tra fede e vita vis-suta.Successivamente è inter-venuto mons.Domenico Pompili, sot-tosegretario CEI e diret-tore dell’Ufficio nazio-nale per leComunicazioni socialiche ha invitato a darecontinuità al Convegnodel 22-24 aprile scorso

“Testimoni digitali. Volti e linguaggi nell’era cros-smediale” per non disperdere la ricchezza degli sti-moli ricevuti. Alla fine dell’anno uscirà una pub-blicazione che riproporrà i nodi centrali emersi dalConvegno. Mons. Pompili ha sollecitato le associazioni ade-renti al Copercom a comunicare messaggi positi-vi che mettano in piena luce le caratteristichedella missionarietà propria di ciascuna associa-zione e gli obiettivi che non possono essere sogget-ti ad automatismi, ma devono essere continuamen-te riproposti e richiamati all’attenzione.Infine il Presidente Mugerli nel saluto conclusivoha dato appuntamento al prossimo autunno per ilrinnovo delle cariche del Consiglio Copercom.

Lucia Baldo

luglio 2010 il Cantico 16

TESTIMONI DIGITALI:DA UN CONVEGNO A UN CANTIERE

Comunicazioni dal Copercom

IL CANTICO CONTINUA“Il Cantico” continua la sua storia a servizio del messaggio fran-cescano nella convinzione di poter offrire così un servizio per lapromozione della dignità di ogni uomo e di tutti gli uomini.Per ricevere “Il Cantico” versa la quota di abbonamento di €

20,00 sul ccp intestato a Società Cooperativa Sociale FrateJacopa – Viale delle Mura Aurelie 8-9 – 00165 Roma IBAN IT-37-N-07601-02400-000002618162. Riceverai anche Il Cantico online! Invia la tua email a [email protected] l’abbonamento sostenitore di € 40,00 darai la possibilità didiffondere “Il Cantico” e riceverai in omaggio l’interessante volu-me “La custodia dei beni di creazione”, Ed. Società CooperativaSoc. Frate Jacopa, Roma 2009.

luglio 2010 il Cantico 17

SUPPLICA ALLA MADONNA DEGLI ANGELI

Vergine degli Angeli, che da tanti secoli avete posto il vostro trono di misericordia alla Porziuncola,ascoltate la preghiera dei figli vostri che fiduciosi ricorrono a voi.Da quella valle, così gioconda agli occhi di Francesco, avete sempre mostrato di vigilare e proteggerela nostra patria, centro del Cattolicesimo e di richiamare tutti gli uomini all’amore.I vostri occhi, colmi di tenerezza, ci assicurano una continua materna assistenza e promettono aiutodivino a quanti si prostrano ai piedi del vostro trono, o da lontano si rivolgono a voi chiamandovi inloro soccorso.Voi siete veramente la nostra dolce Regina e la nostra speranza. Madonna degli Angeli, otteneteciper la preghiera di S. Francesco il perdono delle nostre colpe, aiutare la nostra volontà a tenerci lon-tano dal peccato e dalla indifferenza, per essere degni di chiamarvi sempre nostra madre.Benedite le nostre case, il nostro lavoro, il nostro riposo; dandoci quella pace serena, che si gusta fraquelle mura vetuste, dove l’odio, la colpa, il pianto, per il ritrovato Amore, si trasformano in canto diletizia, come il canto dei vostri Angeli e del serafico Francesco.Aiutate chi non ha sostegno e chi non ha pane, coloro che si trovano in pericolo o in tentazione, nellatristezza o nello scoraggiamento, in malattia o in punto di morte.Benediteci come vostri figli prediletti e con noi vi preghiamo di benedire, con uno stesso gesto mater-no, gli innocenti e i colpevoli, i fedeli e gli smarriti, i credenti e i dubbiosi.Benedite l’intera umanità, affinché gli uomini, riconoscendosi figli di Dio e figli vostri, ritrovino nel-l’amore la vera Pace e il vero Bene. Così Sia.

(Tratto dalla Liturgia della Festa del Perdono di Assisi)