Il giglio insanguinato

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Anna Maria Pierdomenico, giallo storico. Parigi, 1601. L’arcivescovo Marconi viene ritrovato assassinato nel suo letto con la gola tagliata e un giglio tra le mani. Per far luce sull’accaduto, da Roma vengono inviate due spie al soldo del papato, Giulio e Fiamma Ranieri, che avranno anche il compito di farsi ricevere dal re di Francia per testarne la lealtà verso il papato. Interrogando Jacques, il segretario dell’arcivescovo, e collaborando con il tenente Saint Martin scoprono che l’arcivescovo trent’anni prima si era macchiato di una colpa che doveva assolutamente restare nascosta. Dagli sfarzi del Louvre di Enrico II allo squallore dei vicoli più poveri di Parigi, Fiamma e Giulio si ritroveranno intrappolati in una rete di silenzi e di sangue, fino scoprire un segreto che potrebbe distruggere l’intera Francia.

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In uscita il 30/4/2014 (14,00 euro)

Versione ebook in uscita tra fine maggio e inizio giugno 2014 (4,99 euro)

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ANNA MARIA PIERDOMENICO

IL GIGLIO

INSANGUINATO

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IL GIGLIO INSANGUINATO Copyright © 2014 Zerounoundici Edizioni

ISBN: 978-88-6307-703-2 Copertina: Immagine Shutterstock.com

Prima edizione Aprile 2014 Stampato da

Logo srl Borgoricco – Padova

Questo romanzo è opera di fantasia. Ogni riferimento a fatti re-almente accaduti o a personaggi viventi è da ritenersi puramente casuale

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A Desio, Marilina, Pina e Manu, che non mi hanno fatto mai mancare il loro sostegno, la loro fiducia e il loro affetto

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Prologo Parigi. Fratello Jacques si era svegliato come al solito prima del sorgere del so-le, si era vestito e aveva recitato le sue preghiere mattutine, poi si era diretto verso la stanza dell’arcivescovo Marconi per destarlo. Bussò alla porta, ma non ottenne risposta. Bussò ancora, ma di nuovo silenzio. Provò allora a chiamarlo ma, nonostante il sonno leggerissimo dell’arcivescovo, non riuscì a svegliarlo. Sentì improvvisamente una goccia di sudore gelido che gli scorreva lungo la fronte e il panico che si stava impadronendo di lui. L’arcivescovo era molto malato, ma da qualche mese aveva preso l’abitudine di chiudersi a chiave di notte. Fratello Jacques gli aveva ripetuto mille volte che se avesse avuto un malore sarebbe stato difficile soccorrerlo, ma non c’era stato nulla da fare. Chiamò a gran voce uno dei servitori ordinandogli di sfondare la porta. Una volta che questa fu aperta il monaco fece pochi passi barcol-lanti e poi cadde a terra in ginocchio, urlando con tutto il dolore di un animale ferito. Si portò le mani al viso per non vedere lo spettacolo orrendo che gli si parava davanti. L’arcivescovo era steso sul letto, il suo corpo composto come se fosse stato in una bara. Il sangue fuoriuscito dalla gola recisa aveva inzuppato le lenzuola, cancellando il loro candore con il suo cupo scarlatto. Tra le mani giunte sul petto l’assassino aveva messo un giglio bianco, i cui petali erano ora screziati di rosso. Roma. Orazio non riusciva a credere alla fortuna che gli era capitata mentre conduceva la sua compagna lontano dalla folla del ballo in maschera. Gli aveva detto di chiamarsi Ecate, come la dea pagana della magia; un nome quanto mai azzeccato, visto che in quelle feste c’era assai poco di cristiano. Nessuno diceva il proprio nome e nessuno mostrava il proprio volto, erano le uniche due regole. Orazio e la donna si fermarono in un

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corridoio semibuio. Lui l’attirò a sé e fece per baciarla, ma lei lo fermò mettendogli un dito sulle labbra. Lo fece accostare alla parete e gli sussurrò nell’orecchio: «Chiudete gli occhi e lasciate fare a me.» L’uomo rimase un attimo incantato sulle labbra scarlatte della donna, pregustandone i piaceri, poi appoggiò la testa al muro e obbedì. La mano che lei gli teneva sulle labbra scese lentamente sul suo petto, mentre l’altra, con un gesto fluido, sciolse i capelli color dell’ebano. Il movimento della donna fu così preciso e veloce che Orazio nemmeno si accorse dello stiletto che gli sprofondava nel collo. Per un istante il corpo rimase appoggiato al muro, poi cadde con un tonfo sordo. La donna estrasse lo stiletto e lo ripulì sulla veste dell’uomo. Il suo era sta-to un colpo perfetto, c’era pochissimo sangue. Infilò l’arma sotto il ve-stito e ritornò verso la festa. Non appena rimise piede nel salone sfiorò il braccio dell’uomo che la stava aspettando, poi insieme si mischiarono alla folla e guadagnarono con calma l’uscita. Si incamminarono senza fretta attraverso i vicoli e si diressero verso una carrozza. Una volta che furono saliti l’uomo ordinò al cocchiere di partire e solo quando i caval-li cominciarono a muoversi la donna si tolse la maschera e la parrucca.

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Capitolo I Era da poco passata la mezzanotte quando una carrozza trainata da quattro cavalli neri si fermò accanto a un’imponente costruzione. La donna velata che ne scese si avvicinò a un’angusta e seminascosta porticina bussando in un modo noto solo a lei. Dall’interno una voce maschile le bisbigliò: «In nomine Christi…» «…vivendi sumus» continuò lei meccanicamente. La donna sentì il pesante chiavistello che veniva tirato e vide la porta aprirsi. Un giovane valletto, che Fiamma conosceva da lungo tempo, le disse gentilmente: «Benvenuta baronessa. Venite, siete attesa con impazienza.» Lei rispose al saluto e lo seguì lungo un angusto corridoio fino ad arri-vare a una porta. Una volta che l’ebbe aperta il valletto scostò l’arazzo che la nascondeva a occhi indiscreti e introdusse Fiamma in un salone luminoso e accogliente. Dopo che il ragazzo li ebbe lasciati soli, Fiamma si avvicinò all’uomo che sedeva allo scrittoio di quercia e gli baciò l’anello. «Benvenuta Fiamma, se siete qui suppongo che il vostro lavoro sia an-dato a buon fine.» Lei annuì. «Orazio Malaspina è morto.» «Molto bene, siete stata come sempre veloce ed efficiente.» Fiamma ebbe l’impressione che il cardinale Scala respirasse a fatica e che ogni parola gli costasse uno sforzo immane. Doveva essere succes-so qualcosa di molto grave; Scala non era tipo da scomporsi e ora sem-brava invecchiato di colpo. «Se non foste venuta questa notte vi avrei mandata a chiamare domani, ho bisogno che facciate un’altra cosa per me.» Il cardinale estrasse da un cassetto un foglio di carta piegato e lo conse-gnò alla ragazza.

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«Un messo ha cavalcato giorno e notte per consegnarlo. Leggete.» Fiamma spiegò il foglio e lesse: Vostra eminenza, mi perdonerete se in questa lettera non seguo il protocollo, ma la natu-ra della notizia che sto per darvi giustifica il mio sconvolgimento e la mia fretta. Tre notti fa l’arcivescovo Marconi, vostro amico di lunga data e uomo molto pio, è stato barbaramente assassinato nella sua stanza da letto. Gli hanno tagliato la gola e, non so se per rispetto o per scherno, hanno lasciato tra le sue mani giunte sul petto un giglio bianco. Le autorità, nella persona del capitano dei moschettieri Claude Saint Martin, ritengono che sia stato un ladro, ma l’ipotesi è evidente-mente ridicola. Vi prego perciò di inviare qualcuno che possa risolvere questo mistero e punire i responsabili di un crimine tanto empio. Il Servo di vostra eminenza, Fratello Jacques Morin Ora Fiamma capiva lo sconvolgimento del cardinale Scala; aveva appe-na ricevuto la notizia che uno dei suoi più vecchi e cari amici era stato assassinato. Non le ci volle molta fantasia per capire ciò che le sarebbe stato chie-sto. «Partirò domani all’alba.» Il cardinale annuì e aggiunse: «Vi darò subito le istruzioni e i salvacondotti necessari per giungere a Parigi con meno disagi possibili. Ovviamente vi farete scortare da vo-stro fratello.» Così dicendo trasse da un cassetto un fascio di documenti e li consegnò a Fiamma. «Qui c’è tutto quello che dovete sapere, per questa e per l’altra missio-ne che devo assegnarvi: voglio che andiate a corte.» Fiamma si disse che se lo sarebbe dovuto aspettare; il cardinale era tri-ste per la perdita dell’amico, ma ciò non aveva certo soffocato il politi-co senza scrupoli che era in lui. «Dubitate forse della lealtà di re Enrico?» «Re Enrico è fin troppo incline ai voltafaccia. La sua conversione al cattolicesimo appare sincera, ma voglio che verifichiate la situazione coi vostri occhi. Se anche la Francia ci abbandonasse, come è già acca-

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duto per l’Inghilterra e la Germania, ci verremmo a trovare in una si-tuazione scomoda, molto scomoda. Per farvi introdurre a corte ho invia-to un messaggero al duca Armand de Clemency, un uomo notoriamente fedele alla chiesa di Roma e molto vicino alla casa reale, soprattutto da-to l’interesse del re per sua sorella Amelie. Potete essere sincera con lui, vi sarà molto utile. È un uomo molto importante e molto scaltro.» «Come desiderate, eminenza. Devo chiedervi un’ultima cosa: quando avrò catturato l’assassino che cosa volete che ne faccia.» Il cardinale rispose con voce fredda e tagliente: «Uccidetelo.» La voce di lei era altrettanto decisa quando rispose: «Sarà fatto.» Dopo aver preso commiato dal cardinale, Fiamma si volse e, scortata dal valletto apparso come per magia, si diresse verso l’esterno attraver-so il passaggio segreto. Mentre vedeva scomparire dietro all’arazzo la sua figura piccola ed esi-le, il cardinale non poté fare a meno di pensare a quanto sembrasse fra-gile e innocente. Aveva ancora il medesimo, solare sorriso di quando l’aveva vista per la prima volta e lo stesso aspetto da bambina. Eppure sapeva bene che Fiamma Ranieri non conosceva né la fragilità né l’innocenza; era stata allevata per essere la sua spia e il suo sicario e lo era diventata. Quando Fiamma rientrò nella carrozza una mano l’aiutò a salire. Il giovane alto e biondo che l’attendeva l’accolse con un largo sorriso. «Il cardinale è soddisfatto?» «Sì, ma ci ha assegnato un’altra missione e questa volta le cose sono maledettamente complicate.» «Cosa dobbiamo fare?» Dopo aver dato ordine al cocchiere di partire rispose: «Andare a Parigi.» Il ragazzo era a dir poco stupefatto. «A Parigi? Che diavolo è successo?» «Ti racconterò tutto nel tragitto fino a casa.»

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Data l’ora tarda molti servi si erano già ritirarti, ma i camerieri persona-li di Fiamma e Giulio erano ancora svegli e, non appena ricevuti gli or-dini, andarono a preparare il necessario per il lungo viaggio. Poi i due fratelli si diressero insieme al piano superiore. Bussarono a una delle porte e, alla risposta che proveniva dall’interno, entrarono. Un’anziana signora dai capelli grigi era coricata in un ampio letto a baldacchino e stringeva un libro aperto tra le mani. «Buonasera zia Augusta» disse Giulio «spero di non disturbarvi.» «Oh no, miei cari, voi non mi disturbate mai. Ma è successo qualcosa? So che prima siete usciti in carrozza.» «Sì zia» disse Fiamma «il cardinale ci ha mandati a chiamare. Vuole mandarci come suoi rappresentanti.» La vecchia signora sorrise e disse: «È un grande onore. Ma dove andrete? E per quanto tempo?» «Andremo a Parigi e temo che staremo via piuttosto a lungo.» Augusta si incupì; aveva ritrovato da poco i nipoti e l’idea di doversi allontanare da loro la rattristava, ma sapeva che non si poteva dire di no al cardinale. «Quando partirete?» «All’alba. Siamo venuti a salutarti.» «Allora salutatemi come si deve e venite ad abbracciarmi.» Fiamma e Giulio salutarono calorosamente la zia, poi lasciarono la sua stanza. Una volta fuori il ragazzo guardò la sorella. «Mi spezza il cuore doverle mentire ogni volta.» «Anche a me, ma non abbiamo scelta. Se sapesse che tipo di missioni svolgiamo per il cardinale ne morirebbe. Non dovrà mai sapere perché il cardinale ha costretto nostro nonno a restituirci l’eredità di cui ci ave-va privato. Mai.»

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Capitolo II Parigi La vettura di Fiamma e Giulio si fermò davanti all’elegante locanda “Falcone d’argento”. Il ragazzo scese per primo, poi aiutò la sorella ed entrarono insieme. All’interno li accolse una giovane donna piuttosto in carne che si presentò come Julie, la proprietaria della locanda. Giulio si esibì in un elegante baciamano e le parlò in perfetto francese. «Buongiorno madame, io sono il barone Ranieri e questa è mia sorella. Vorremmo due stanze adiacenti e stanze comunicanti per i nostri came-rieri personali. Naturalmente vorremmo anche che i nostri cocchieri fossero alloggiati al meglio e che i nostri cavalli fossero nutriti e stri-gliati.» Lei gli rivolse lo stesso sguardo adorante che gli rivolgeva la maggior parte delle donne di età compresa tra i quattordici e gli ottant’anni. «Come desiderate vostra signoria, vi accompagnerò personalmente nel-le vostre stanze e darò disposizioni affinché un facchino vi porti su i bagagli. Vi prego, seguitemi di sopra.» Julie li accompagnò al piano superiore e mostrò loro le stanze raffina-tamente arredate, poi si accomiatò. Dopo aver fatto sistemare le sue cose Fiamma si recò nella stanza del fratello per concordare con lui il da farsi. Non appena fu entrata il fratello le chiese: «Allora mia cara, come hai deciso di muoverti?» «Abbiamo tre priorità: Clemency, fratello Jacques e il tenente Saint Martin. Domattina farò visita da sola al duca. Nel pomeriggio andremo insieme da fratello Jacques, ma dovrai essere tu a interrogarlo. Stando alle informazioni che mi ha dato Scala, odia ferocemente le donne; data la sua misoginia è meglio che mi creda estranea all’indagine, perlome-no all’inizio. Tu che ne dici?» «Ogni tuo desiderio è un ordine» rispose lui melodrammaticamente. «Molto, molto spiritoso!»

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Armand De Clemency era indubbiamente l’uomo più affascinante della corte di Francia. Nonostante la giovane età era da anni al centro degli scandali amorosi e degli intrighi politici. La sua famiglia era sempre stata fedelissima ai Valois, i precedenti reali di Francia, e aveva avuto parecchie tensioni con re Enrico di Borbone, ma queste si erano magi-camente dissolte sia grazie all’abilità diplomatica di Armand sia grazie al recente interessamento del re per Amelie, la sorella minore del duca. Armand era comodamente seduto su una poltrona di velluto con un li-bro tra le mani quando un valletto bussò alla porta della biblioteca. «Vieni pure.» Il valletto entrò e disse: «Signor Duca, la baronessa Ranieri chiede di vedervi.» Armand si raddrizzò, chiuse il libro, lo poggiò sul tavolino di legno di noce e rispose con un sorriso malizioso sulle labbra. «Fatela accomodare subito qui in biblioteca, poi serviteci una tazza di tè.» Il duca stava bruciando dalla curiosità; aveva visto molte donne coin-volte in intrighi politici, ma colei che stava per varcare la sua soglia era niente meno che un’emissaria del cardinale Scala e il cardinale metteva in campo solo giocatori eccezionali. Quando la vide varcare la soglia, tuttavia, fu colto da un vivo disappunto; al posto della sensuale Giuno-ne che si era immaginato, ora si ritrovava davanti Ebe, la dea bambina. In ogni caso Armand non era tipo da far trasparire ciò che pensava, per-ciò si alzò e andò ad accoglierla con un baciamano. «Baronessa, permettetemi di presentarmi; sono il duca Armand de Clemency. Vi prego accomodatevi.» «Vi ringrazio molto duca.» Dopo che si furono seduti, Armand disse: «Vi prego baronessa, ditemi in che modo posso esservi utile.» «Io e mio fratello siamo temporaneamente a Parigi e il cardinale Scala ci ha detto che voi potevate introdurci a corte.» «Se entrare a corte è quello che desiderate vi accontenterò molto presto. Tra due giorni ci sarà un ricevimento al Louvre e sono sicura che la re-gina sarà felice di incontrare un’altra italiana.» «Io e mio fratello ve ne siamo molto grati.» Lui le sorrise di nuovo e, fissando i suoi occhi color indaco in quelli verdi di lei, aggiunse con aria allusiva: «Sarebbe un onore per me se voi foste la mia dama al ricevimento.»

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«Con molto piacere, duca.» «Ditemi, posso fare qualcos’altro per voi?» Fiamma lo guardò con aria divertita e, appoggiandogli la mano sul braccio, aggiunse candidamente: «Ma certo duca; la prossima volta che ci incontreremo evitate di guar-darmi come chi si aspetta di vedere una tigre e si trova davanti un gatti-no.» Armand impallidì visibilmente, ma rispose con voce calma e pacata. «Temo di non capire.» «Mio caro Armand… posso chiamarvi Armand, non è vero?» «Se vi fa piacere, ma…» «Noi, Armand, dobbiamo essere amici ed è per questo che vi consiglio di essere sincero con me. Lo so benissimo che vi ho deluso al primo sguardo e vi ricordo che non è mai prudente giudicare una persona dal suo aspetto.» Armand era sconcertato; era sempre stato un dissimulatore perfetto e non capiva come la baronessa avesse fatto a smascherarlo. Inoltre si rendeva conto di aver fatto un passo falso e sapeva di dover rimediare. Non poteva inimicarsi una donna così vicina al braccio destro del Papa, ne avrebbero risentito i suoi piani per il futuro. «Vi chiedo perdono se vi ho offesa, vi assicuro che non era mia inten-zione.» «Non mi avete offesa, ma mi è stato detto che dovrò fidarmi di voi e volevo solo evitare che in futuro mi mentiste su cose più importanti. Suvvia, non guardatemi con quell’aria accigliata Armand! Piuttosto di-temi; cosa sapete del motivo della mia visita a Parigi?» Armand assunse un’aria più rilassata si appoggiò meglio allo schienale. «Il cardinale nella sua lettera mi ha scritto che voi e vostro fratello vo-levate vedere il Louvre e conoscere il re e la regina.» «E poi?» «E poi c’era scritto che avreste portato i suoi personali saluti a fratello Jacques Morin, quindi mi pare ovvio che voi siate qui per scoprire l’assassino dell’arcivescovo Marconi.» Il cardinale doveva avere davvero fiducia nel duca se era stato così sin-cero. Fiamma si trovò a chiedersi quale fosse il reale peso politico dell’uomo che aveva di fronte. «Avete ragione. Voi cosa sapete dell’arcivescovo e del suo segretario?»

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«L’arcivescovo era un’ottima persona. Era gentile, colto, generoso. Tutte cose abbastanza rare in un ecclesiastico del suo rango. Aiutava chiunque ne avesse bisogno, soprattutto gli orfani. Donava molto dena-ro per un monastero appena fuori Parigi, Saint Lazare, dove vengono allevati moltissimi bambini senza famiglia. Ed è proprio dal monastero che viene anche fratello Jacques. Era uno degli orfani, poi ha preso i voti e ha fatto carriera fino a diventare il segretario dell’arcivescovo.» «Dove si trova questo monastero?» «Aspettate.» Così dicendo suonò la campanella d’argento che stava sul tavolo e, quando un valletto entrò, gli ordinò di spiegare al cocchiere di Fiamma come raggiungere il monastero. La giovane lo ringraziò, poi chiese: «Sul piano personale, che tipo è fratello Jacques?» Armand si mise a ridere: «Sinceramente mi piacerebbe assistere al vostro incontro. Vi consiglio di far parlare vostro fratello quando andrete da lui, è l’individuo più mi-sogino che il buon Dio abbia messo su questa terra! È un fanatico della peggior specie, uno di quelli che considera tutti gli altri uomini peccato-ri e tutte le donne diavoli tentatori. Credo che nella sua vita abbia sti-mato e amato una sola persona, l’arcivescovo. Avrebbe dato l’anima per lui, ne era ossessionato a tal punto che sono sorte molte insinuazioni sui loro rapporti.» «Non sarebbe la prima volta che succede.» «No, direi di no, ma è la prima volta che sento una donna esprimersi così tranquillamente sull’argomento! In ogni caso io lo escludo; l’arcivescovo non avrebbe mai violato i suoi voti. Personalmente vi consiglio di prendere col dovuto riserbo ogni affermazione di fratello Jacques, da quando l’arcivescovo è morto ha perso anche quel poco di ragione che gli era rimasta.» «Credete sia possibile che fratello Jacques lo abbia ucciso perché si è sentito deluso o respinto per un qualche motivo?» «Suppongo che tutto sia possibile, anche se devo dire che l’ipotesi è al-quanto sconcertante.» «Conoscete qualcuno che possa avere un movente per l’omicidio?» Armand rifletté qualche istante, poi rispose con fermezza:

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«Non riesco a immaginare nessuno che avesse un valido motivo per uc-cidere l’arcivescovo. Vecchio e malato com’era non rappresentava un pericolo per nessuno!» «Malato?» «Stava morendo, i suoi polmoni non funzionavano bene da tempo. È per questo che si era trasferito in campagna. Non lo sapevate?» Fiamma scosse la testa. Perché il cardinale Scala non le aveva detto che Marconi stava moren-do? Questo cambiava tutto; per uccidere un uomo che stava per morire lo si doveva odiare o temere moltissimo e si doveva avere molta fretta. Do-veva assolutamente scoprire cosa aveva fatto l’arcivescovo nei suoi ul-timi giorni di vita. La ragazza riprese la parola e chiese: «Voi conoscete il tenente Saint Martin?» L’espressione del duca nell’udire quel nome parlava da sé. «Sì» disse «conosco il tenente, e secondo il mio modesto parere è un arrogante pallone gonfiato troppo sciocco per ricoprire la sua carica. Se l’assassino non è stato preso è indubbiamente colpa sua. È sempre stato convinto che il colpevole fosse un ladro! Un ladro! È semplicemente assurdo! La camera del cardinale era in perfetto ordine e non è stato ru-bato nulla! Le indagini sono state condotte in modo quantomeno vergo-gnoso.» «Siete molto bene informato Armand.» «Come certo saprete, essere informati significa avere potere.» «Il vostro talento nel reperire informazioni mi sarà di grande aiuto. Quanto al tenente dei moschettieri, vi sarei grata se chiedeste al vostro cocchiere di spiegare al mio anche come raggiungere la caserma dei moschettieri, devo decisamente fare due chiacchiere con lui.» «Intendete rivelargli chi siete?» «No, almeno per il momento.» Avrebbe voluto chiedere altre informazioni sul moschettiere, ma si era resa conto che l’astio di Armand gli impediva di essere obiettivo. Deci-se quindi di cambiare argomento. «Visto che intendete condurre me e mio fratello con voi a corte vorrei che mi parlaste delle persone che incontreremo. Dovremo inoltre con-cordare una spiegazione plausibile per la mia presenza.» Armand sorrise e si accomodò meglio sulla poltrona.

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«Sono a vostra completa disposizione» rispose. Quando Fiamma salì sulla carrozza per tornare alla locanda ebbe final-mente modo di raccogliere le idee. Armand de Clemency era indubbia-mente un personaggio notevole e la sua conoscenza dei segreti del Lou-vre le sarebbe stata utilissima. Il suo atteggiamento da uomo irresistibi-le l’aveva sinceramente divertita, ma sperava di avergli fatto capire in maniera chiara e inequivocabile che era totalmente immune dal suo pur notevole fascino. Dal canto suo Armand si era accorto che la sua delusione riguardo la baronessa era del tutto fuori luogo. Se ne era reso conto sempre di più durante la loro conversazione; quella donna era il tipo di predatore più pericoloso, quello che sembra del tutto indifeso. Si chiese se sarebbe riuscito a sedurla. Probabilmente no, ma valeva la pena di tentare; Fiamma non era certo particolarmente avvenente, ciò che lo attirava era l’idea di cimentarsi in una sfida con un avversario al suo livello. Non appena arrivata alla locanda, Fiamma si recò nella stanza del fra-tello. «Finalmente sei qui, cominciavo a essere in pensiero.» «Il colloquio col duca è stato lungo, ma ne è valsa la pena. Siediti ac-canto a me e ti racconto tutto.» La ragazza gli narrò tutto, poi gli chiese se fosse riuscito ad avere qual-che informazione lì alla locanda. Giulio le rispose con un sorriso malizioso: «Ho paura di no! Julie, la nostra simpatica locandiera è una donna mol-to, molto loquace, ma ho paura che sia poco informata! Per avere altre informazioni dobbiamo assolutamente interrogare il segretario di sua eccellenza e il capitano dei moschettieri.» «Direi di sì! Dopo pranzo faremo visita a fratello Jacques e domani a Claude Saint Martin!»

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Capitolo III La villa dove si era ritirato l’arcivescovo dopo essersi ammalato era a due ore di carrozza da Parigi. Quando Giulio bussò alla porta questa gli fu aperta da un anziano servitore che lo accolse gentilmente. «Buongiorno signore, cosa posso fare pere voi?» «Buongiorno a voi. Sono il barone Giulio Ranieri e questa è mia sorella Fiamma, vorrei vedere fratello Jacques.» «Accomodatevi barone, vado a vedere se fratello Jacques può ricever-vi.» Fiamma e Giulio furono introdotti in un salotto elegante ma sobrio e dovettero aspettare solo pochi minuti prima che il monaco facesse il suo ingresso. Fratello Jacques era un uomo alto e curvo sulla trentina, con radi capelli neri precocemente striati di grigio e occhi color del ghiaccio che brilla-vano della luce folle del fanatismo. Si presentò al nobiluomo, ignorando completamente la sorella, e chiese cosa potesse fare per lui. Giulio trasse da una tasca il sigillo papale che aveva con sé, lo mostrò al monaco e disse semplicemente: «Mi manda il cardinale Scala, sono qui per scoprire chi ha ucciso l’arcivescovo Marconi.» Padre Jacques si fece il segno della croce. «Che Dio sia ringraziato, finalmente siete qui! Cosa posso fare per voi?» «Raccontatemi con precisione cosa è successo quella mattina.» Jacques lanciò un’occhiata eloquente a Fiamma e disse: «Credete sia opportuno discutere di argomenti così delicati e riservati davanti a vostra sorella? Se lo desidera, mentre parliamo potrebbe at-tenderci pregando nella cappella.» Fiamma dovette farsi violenza per non rispondergli per le rime e, come concordato, lasciò parlare il fratello.

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«Preferirei che rimanesse qui. Mia sorella è la discrezione fatta persona e gode della completa fiducia del cardinale. Non è la prima volta che la porto con me nelle mie missioni, viaggiando da solo sarei molto più e-sposto ai sospetti.» Il monaco era visibilmente seccato, per non dire scandalizzato, ma non poteva opporsi. «Come desiderate.» «Vi ringrazio. Ora, vi prego, raccontatemi ciò che ricordate.» L’uomo socchiuse gli occhi per un attimo, come per raccogliere le idee, poi iniziò a voce bassa, ma ferma. «Il giorno in cui l’arcivescovo è morto ero andato come al solito a sve-gliarlo poco dopo l’alba. Ho bussato e ribussato e quando non ho avuto risposta mi sono allarmato. Quindi ho fatto sfondare la porta e l’ho tro-vato…» La sua voce si ruppe e per qualche istante non riuscì a continuare. Giulio attese che si calmasse, poi lo invitò a proseguire. «Era disteso sul letto con le mani giunte sul petto a stringere un giglio. La ferita era molto profonda, ma ormai non sanguinava più. Le lenzuola e le coperte erano rosse di sangue. La finestra che dà sul terrazzo era socchiusa, ma non è stata forzata. L’assassino deve essere entrato da lì.» «Come mai l’arcivescovo si chiudeva a chiave?» «Non lo so. Da alcune settimane aveva preso questa abitudine anche se io non ero d’accordo. Era malato e se avesse avuto un malore non a-vremmo potuto soccorrerlo.» «Voi non avevate una copia della chiave?» Il monaco scosse la testa. «Avrei voluto, ma l’arcivescovo non me l’ha permesso. Era nervoso, guardingo, spaventato. Non si fidava nessuno» disse con amarezza «nemmeno di me.» Un uomo che non si fida nemmeno della persona più vicina a lui, pensò Fiamma, non lascia inavvertitamente aperta una finestra in una notte fredda. L’arcivescovo, Dio solo sa perché, aveva aperto al suo assassino. «Quando aveva cominciato a comportarsi in maniera strana?» «Da un paio di mesi.» «Vi ricordate cos’è accaduto subito prima di questo cambiamento?»

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«Sì» rispose con decisione «l’arcivescovo aveva incontrato una donna di nome Jeanne e questo lo aveva turbato profondamente, ma non mi ha voluto spiegare perché.» «Che aspetto aveva la donna?» «Era magra e bruna, con una vistosa voglia sotto l’occhio destro.» «Sapete dove posso trovarla?» Fratello Jacques scosse la testa. «Questa donna poteva avere motivo di nuocere a sua eccellenza?» «Non che io sappia. A dire il vero non conosco nessuno che lo odiasse a tal punto.» «E com’erano i rapporti tra voi?» Il monaco avvampò di rabbia. «Come osate accusarmi? Per me sua eccellenza era come un padre!» Giulio non si scompose e rispose con calma. «Non vi stavo affatto accusando. In ogni caso devo sapere in che rap-porti eravate.» «I nostri rapporti erano ottimi, mai una lite in più di dieci anni!» Giulio non credeva possibile che due persone non avessero neanche un piccolo screzio in tanto tempo, ma finse di prendere per buone le parole del monaco e gli pose un’altra domanda: «Sarebbe possibile esaminare i documenti privati di sua eccellenza?» «No, tutti i documenti trovati nella camera da letto e nello studio dell’arcivescovo sono stati sequestrati dal tenente Saint Martin. Lui e i suoi uomini hanno perquisito le due stanze e portato via tutto.» «Vorrà dire che li chiederemo a lui. C’era qualcuno di guardia la notte del delitto?» «Sì, c’erano Pierre e Gustave.» «Potrei parlare con loro?» «Ovviamente, li mando subito a chiamare. Desiderate parlare loro in privato?» Il ragazzo annuì e fratello Jacques uscì dalla stanza. «Vado nella cappella a pregare, se avrete ancora bisogno di me manda-temi a chiamare.» I due uomini che entrarono nel salone erano visibilmente imbarazzati. Il più vecchio dei due procedeva davanti al compagno tenendo gli occhi fissi a terra, mentre il più giovane girava e rigirava nervosamente il ber-retto tra le mani.

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Giulio parlò loro gentilmente. «Eravate voi di guardia quando l’arcivescovo morì? «Sì, signore» rispose il vecchio. «Come vi chiamate?» «Il mio nome è Gustave e lui» disse indicando il ragazzo «è Pierre.» «Cosa vi ricordate di quella notte? Riferitemi ogni particolare, anche quello che vi sembra più sciocco.» A quelle parole i due impallidirono e Gustave rispose: «Non abbiamo visto niente signore.» «Ne siete sicuri? Avete la mia parola che qualsiasi cosa direte non ci saranno conseguenze per voi.» «Sì, monsieur, ne siamo sicuri.» A quel punto Fiamma, che fino ad allora aveva taciuto, prese la parola. «Allora Gustave puoi andare. Tu no Pierre, vorrei parlare con te.» Il ragazzo obbedì a malincuore e il suo compagno, uscendo, gli lanciò un’occhiata palesemente ammonitrice. «Pierre, sono sicura che tu abbia qualcosa da dirci.» «No madame…» «Ti prego di non mentirmi e ciò che dirai rimarrà tra noi.» «Mi garantite che non saremo puniti? E che non penserete che sono pazzo?» «Ovviamente.» Pierre tacque per qualche momento, poi trasse un profondo sospiro e disse: «Quella notte era fredda e qui non succede mai nulla. Abbiamo pensato che non c’era niente di male a entrare in cucina e bere un bicchiere di vino. Quando siamo usciti lo abbiamo visto. Lì per lì non avevamo ca-pito di cosa si trattava, ma appena abbiamo saputo della morte dell’arcivescovo tutto è stato chiaro.» «Cosa avete visto?» «Il fantasma dell’arcivescovo.» Fiamma per qualche istante si sentì divisa tra la tentazione di mettersi a ridere e quella di dare un ceffone a Pierre. Lui e il suo compagno dove-vano aver bevuto tanto da scambiare l’assassino in fuga per un fanta-sma. «Quanto avevate bevuto?» «Non eravamo ubriachi, Dio ne è testimone.» Il ragazzo sembrava sincero.

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«Che cosa avete visto esattamente?» «Una figura che camminava attraverso il giardino, in direzione della villa. Ci è apparsa solo per qualche istante, poi è sparita.» «Cosa vi ha fatto pensare che si trattasse del fantasma del cardinale?» «Che altro poteva essere?» «Non avete pensato che potesse trattarsi dell’assassino?» «No, non poteva essere!» «Perché?» «Perché l’abbiamo visto in faccia alla luce della luna e siamo sicuri che si trattasse di sua eccellenza.» Fiamma era sconcertata dalla risposta; che diavolo ci faceva l’arcivescovo in giro a quell’ora? C’era un’unica risposta possibile: doveva incontrate qualcuno. «Non avete visto nessun altro?» «No madame, mi dispiace.» «Per adesso è tutto, puoi andare. Ti ringrazio per la tua sincerità.» «Non direte nulla a fratello Jacques, vero?» «Hai la mia parola.» Fratello Jacques, che era stato fatto chiamare, rientrò nella stanza pochi minuti dopo l’uscita di Pierre e chiese ad Giulio: «Vi è stato utile parlare con le guardie?» Il ragazzo non rispose e disse: «Mostratemi la stanza dell’arcivescovo.» Il monaco impallidì. «Prego, venite con me.» Ignorando l’occhiata di rimprovero di Jacques, Fiamma si alzò insieme al fratello e seguì i due uomini al piano superiore. Quando furono entrati nella stanza, Fiamma e Giulio si fermarono a studiarla per qualche istante. Poi, quando la sorella gli fece un imper-cettibile cenno, il ragazzo disse al monaco che avevano visto abbastan-za e che era ora di andare

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Capitolo IV Claude Saint Martin era senza dubbio un uomo fortunato. Figlio di un piccolo borghese, era entrato giovanissimo nel corpo dei moschettieri e aveva fatto una rapidissima carriera, fino a diventare tenente che non aveva ancora venticinque anni. Alto, bruno, di carnagione olivastra, era indubbiamente di bell’aspetto. Ma al di fuori del suo lavoro conduceva una vita piuttosto ritirata, con gran delusione degli amanti di pettegolezzi e scandali. Quando quella mattina sentì bussare alla sua porta rimase per qualche istante stupito di trovarsi di fronte una donna. Una caserma non era po-sto per una donna. Fu notevolmente sollevato quando dietro di lei vide un uomo. Notò subito la somiglianza tra i due, nonostante le corporatu-re diverse. Lei era piccola e sottile, lui alto e atletico, ma gli occhi grandi color della menta, i capelli biondi dai riflessi bronzei e la carna-gione candida che li accomunavano, non lasciavano dubbi sulla paren-tela. Fu l’uomo a parlare per primo: «Buongiorno tenente. Mi dispiace disturbarvi, ma abbiamo necessità di parlarvi. Io sono il barone Ranieri e lei è mia sorella.» «Vi prego, accomodatemi e ditemi in che modo posso servirvi.» Fu Fiamma a prendere la parola. «Giungiamo da Roma e siamo venuti a Parigi per visitare la corte e per portare i saluti del cardinale Scala all’arcivescovo Marconi, ma quando ieri ci siamo recati da lui ci è hanno detto che è stato assassinato. Potre-ste per favore spiegarci cosa è successo?» Claude era visibilmente sorpreso, ma rispose con voce calma e ferma. «Per quanto doloroso, l’accaduto si spiega molto facilmente baronessa: purtroppo un ladro deve essersi introdotto nella villa.» Fiamma lo studiò per un istante; quell’uomo non le pareva uno sciocco, eppure la sua risposta era ovviamente assurda. «Perdonatemi tenente, ma mi sembra quantomeno strano che un ladro entri in una villa ben sorvegliata, si rechi nella stanza del padrone di ca-

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sa attraverso la finestra, gli tagli la gola e si fermi a deporre un fiore sul suo cadavere.» «Non bisogna credere a tutto quello che si sente in giro» la sua voce era gelida. «Tenente, vi prego di non farvi gioco di me e di dirmi cosa realmente sapete sulla morte dell’arcivescovo.» «Col dovuto rispetto madame non vedo come la cosa vi riguardi.» «Col dovuto rispetto tenente noi siamo qui con la benedizione del car-dinale Scala, che vorrà sapere la verità sulla morte di uno dei suoi più vecchi amici. Sua eminenza è un uomo molto influente, credetemi. Non vogliamo sapere cosa è accaduto per farne conversazione in società, ma per poter fornire al cardinale Scala una spiegazione di quanto è accadu-to.» Claude la guardò dritto negli occhi. «Ascoltatemi, ufficialmente l’arcivescovo è stato ucciso da un ladro. Solo io, voi e padre Jacques conosciamo i dettagli del delitto. Per ora è meglio che la gente continui a credere questo e che io possa continuare le mie indagini senza interferenze.» «Perché tanta segretezza?» «Credetemi, ho i miei motivi. Vi prego, non fatemi altre domande e vi prometto che se scoprirò qualcosa di importante ve lo farò sapere.» A Fiamma non andava di rivelare chi era in realtà, ma si era resa conto che per avere informazioni doveva forzare la mano al tenente. «Vi prego ancora una volta, in nome dell’amicizia che legava Scala e Marconi, di dirmi ciò che sapete.» «E io vi prego di non insistere oltre.» A questo punto Fiamma si sfilò l’anello, che aveva portato fino a quel momento col castone rivolto verso il palmo della mano, e lo mostrò a Claude. «Suppongo, tenente, che conosciate questo sigillo.» L’uomo impallidì nel vedere tra le dita della donna il simbolo dell’autorità papale. «Sì, lo conosco.» «Devo confessarvi che vi ho detto una mezza verità. Sono qui, a nome di sua eminenza il cardinale Scala e di sua Santità Clemente VIII, per scoprire chi ha ucciso Marconi. Quindi ho tutta l’autorità di chiedervi ogni informazione in vostro possesso e voi avete il dovere di rispondere alle mie domande.»

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«Questo anello prova solo che siete al servizio del Vaticano.» «Dovrebbe bastarvi.» «Non mi basta, non prova che siate qui per Marconi.» «Non siate sciocco! Se porto questo anello è perché sono abbastanza vicina al Papa e al suo braccio destro da imporvi la mia volontà e voi lo sapete. Ora, tenente, avete intenzione di farmi diventare sgradevole e di costringermi a ricordarvi che ultimamente il vostro re è molto incline ad ascoltare il parere del Papa? Avete fatto una così bella carriera fino a ora, non vorrei che s’interrompesse.» Un lampo d’odio attraversò gli occhi scuri di Claude, che non poté fare altro che cedere. Quando parlò la sua voce fu assolutamente priva di espressione «Ovviamente avete ragione a sostenere che l’ipotesi del ladro sia ridi-cola, ma ho deciso che per ora questa sarà la versione ufficiale. Stando a quello che mi ha detto fratello Jacques, il turbamento dell’arcivescovo è iniziato con la visita di una donna di nome Jeanne. Abbiamo cercato notizie della donna nei documenti privati del cardinale, ma non ne ab-biamo trovato traccia fino a che, incastrata dietro al cassetto dello scrit-toio, abbiamo trovato la minuta di una lettera, anzi, ne abbiamo trovato una parte. Tenete, leggetela.» Così dicendo prese da un cofanetto chiuso a chiave un foglio di carta consunto e ingiallito dal tempo e lo porse a Fiamma. La lettera, datata ottobre 1573, diceva: Mia cara Jeanne, so che è da quella notte terribile che non ci vediamo, ma non posso ac-contentarti, non possiamo incontrarci. Sono consapevole che dopo ciò che è accaduto il nostro destino è unito indissolubilmente, ma per il be-ne di entrambi e per il bene del bambino, dobbiamo dimenticare. Per-ciò ti prego di non chiedermi più sue notizie, ti basti sapere che è stato tutto sistemato al meglio e che prego ogni notte affinché il nostro pec-cato venga perdonato. Io ti consiglio di lasciare Parigi al più presto… La lettera si interrompeva lì. «Direi che il nostro arcivescovo non era poi così irreprensibile» com-mentò Fiamma «a questo punto è possibile che il bambino, ora adulto, abbia scoperto chi è veramente e sia tornato per far pagare ai genitori di averlo abbandonato. O che questa Jeanne si sia vendicata per essere sta-

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ta privata di suo figlio. Capisco perfettamente la vostra discrezione, te-nente. Se si sapesse che Marconi, che è morto praticamente in odore di santità, aveva un figlio, ci sarebbe uno scandalo terribile. Siete già riu-scito a trovare Jeanne?» «No, i miei uomini la cercano da settimane, ma sembra scomparsa nel nulla. Se ha lasciato Parigi non abbiamo speranze di rintracciarla, ma se è ancora qui la troveremo.» «Penso che dovremmo unire i nostri sforzi. Ascoltate tenente, non era mia intenzione minacciarvi, ma non ho avuto scelta. Non intendo sca-valcarvi né ostacolarvi e credo che la cosa migliore sia tenerci recipro-camente informati. Collaborando verremo prima a capo di questa storia, non credete?» Lei gli tese la mano e Claude non ebbe altra scelta che stringergliela. «Avete ragione baronessa. Non appena ci saranno sviluppi vi farò av-vertire. Dove alloggiate?» «Al Falcone d’argento. Ah, tenente, ho un altro favore da chiedervi. Avremmo bisogno di esaminare le altre carte dell’arcivescovo.» «L’ho già fatto personalmente e non ho trovato nulla, ma forse voi a-vrete più fortuna. Chiederò a uno dei miei uomini di portare il baule con tutti i documenti nella vostra carrozza, così potrete esaminarli con calma.» «Ve ne ringrazio molto. C’è qualcos’altro che dovremmo sapere?» «No, baronessa, per ora non c’è altro.» «Allora possiamo salutarci. Aspetto vostre notizie.» Appena furono soli, Giulio disse alla sorella: «Sai mia cara, credo proprio che il tenente ti odi a morte. Speravo non dovessimo arrivare alle minacce per farlo parlare.» «È evidente che non le ha prese abbastanza sul serio.» «Che intendi dire?» «Sono pronta a scommettere che sapesse qualcos’altro!» «Cosa te lo fa pensare?» «Non lo so, ma c’è qualcosa che non mi convince. Devo pensarci. Ora andiamo a dare un’occhiata a quei documenti, anche se cono sicura che non serva a nulla. Se c’era qualcosa di importante, l’avrà sicuramente tenuta il tenente.»

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Fiamma aveva ragione, nei tanti fogli che le erano stati consegnati non c’era niente d’importante. Erano per la maggior parte relativi all’amministrazione della villa dell’arcivescovo e alle donazioni dei cit-tadini per il monastero di Saint Lazare. Saint Lazare. Un orfanotrofio. E se il bambino fosse stato portato lì, anche solo temporaneamente? Forse c’era qualche traccia negli archivi. Inoltre anche padre Jacques vi aveva vissuto per molti anni e avrebbero potuto raccogliere informazioni su di lui. Non c’era dubbio, la mossa successiva sarebbe stata recarsi a Saint Lazare. Fine anteprima.