IL GARIBALDINO O VENEZIA E PIU’ NON CANTO DALLE...

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1. IL GARIBALDINO 2. O VENEZIA 3. E PIU’ NON CANTO 4. DALLE BELLE CITTA’ 5. E’ FATALITA’ 6. VERDOLIN, VERDOLINETO 7. OTTO SETTEMBRE BELLA DATA 8. CONTESSA 9. E CAVOUR L’HA DUE DONNE 10. CARA MOGLIE DI NUOVO TI SCRIVO 11. IL DRAGHIN 12. SCARPE ROTTE 13. RE ARDUIN 14. LA VIANDANTA 15. LA LUIGINA 16. LA MUNIGHETTA 17. STROFETTE ANTIFASCISTE 18. NON TI RICORDI IL 31 DICEMBRE 19. COL PARABELLO IN SPALLA 20. LA’ SULLE CIME NEVOSE 21. A BORDEU 22. CANTICO DEI CANTICI- BALLATA DI MAUTHASEN 23. CANZONE DEL 25 APRILE 24. MENELIK E TAITU’ 25. LA RONDINELLA D’ASPROMONTE

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1. IL GARIBALDINO

2. O VENEZIA

3. E PIU’ NON CANTO

4. DALLE BELLE CITTA’

5. E’ FATALITA’

6. VERDOLIN, VERDOLINETO

7. OTTO SETTEMBRE BELLA DATA

8. CONTESSA

9. E CAVOUR L’HA DUE DONNE

10. CARA MOGLIE DI NUOVO TI SCRIVO

11. IL DRAGHIN

12. SCARPE ROTTE

13. RE ARDUIN

14. LA VIANDANTA

15. LA LUIGINA

16. LA MUNIGHETTA

17. STROFETTE ANTIFASCISTE

18. NON TI RICORDI IL 31 DICEMBRE

19. COL PARABELLO IN SPALLA

20. LA’ SULLE CIME NEVOSE

21. A BORDEU

22. CANTICO DEI CANTICI- BALLATA DI MAUTHASEN

23. CANZONE DEL 25 APRILE

24. MENELIK E TAITU’

25. LA RONDINELLA D’ASPROMONTE

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IL GARIBALDINO Da una registrazione originale effettuata da Gianni Bosio a Villa Garibaldi, Roncoferrato (Mantova) il 31/10/1965.

Sandra Mantovani ,LP E per la strada: cantastorie dell’Italia settentrionale- Dischi del Sole ED.DEL GALLO-1967

L’oi bella la va in giardino e la si addormentòL’oi bella la va in giardino e la si addormentòL’oi bella la va in giardino e la si addormentòL’oi bella la va in giardino e la si addormentò

Traverso il suo giardino passò d’un cavalier (4)

L’ha desplicà una rosa poi ghe l’à messa in sen(4)

La rosa l’era fresca l’oi bella si svegliò(4)

Sassin d’un cavaliere com’è-la che sì chì(4)

Mi son vegnù da Roma per dir chi ò massà(4)

E quel che ì massato com’èrelo vestì(4)

L’era vestì di rosso col capelìn turchìn(4)

E quel che ì massato l’era il mio primo amor(4)

Ma non stà a pianger bella che il primo amor son mì(4)

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O VENEZIA Entrata stabilmente nel repertorio delle mondine, alcuni riferimenti del testo sembrano riportarla all’epoca della Repubblica veneta del 1848-49. Cantata su una melodia molto vicina alle “arie” da melodramma, ha conosciuto un alarga diffusione nell’Italia centro-settentrionale ( Note tratte da “CANZONI ITALIANE DI PROTESTA”, a cura di Giuseppe Vettori)

Secondo Giovanna Marini “l’aria” fu scritta probabilmente da Giuseppe Verdi La frase “…e tu Mantova che sei la più forte” , si trova nel disco “Una voce un paese” di Giovanna Daffini e nella raccolta AVANTI POPOLO . Due secoli di canti popolari e di protesta civile.

La seconda strofa è un inedito comunicato a Donata Pinti dalla nonna materna, Silla Storchio ( 1893/1981 MN )

O Venezia che sei la più bella E tu Mantova che sei la più forteGira l’acqua intorno alle porte Sarà difficile poterla pigliar.

E cammina cammina camminaCamminando per mare e per terraPer trovare Venezia sì bellaE non ancora ci siamo arrivà

Un bel giorno entrando in VeneziaTutto il sangue scorreva per terraI soldati sul campo di guerraE tutto il popolo gridava pietà

O Venezia ti vuoi maritarePer marito ti daremo AnconaPer corredo le chiavi di RomaE per anello le onde del mar

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E PIU’ NON CANTO

Canzone narrativa diffusa in tutto il centro –nord, entrata a far parte del repertorio militare e di monda.

E‘ anche nota col titolo “ La prova”, Nigra 54.

E più non canto e più non balloPerché il mio amore l’è ‘ndà soldàE più non canto e più non balloPerché il mio amore l’è ‘ndà soldà

L’è ‘ndai soldato l’è ‘ndai la guerraE chissà quando ritornerà

Ritornan tutti ritornan gli altriMa il mio amore non torna più

Faremo fare ponte di ferroPer traversare di là dal mar

Quando fu stata di là dal mareE d’un bel giovane l’incontrò

Mi ha detto: giovane, caro bel giovane

Avete visto il mio primo amor

Sì sì l’ho visto in piazza d’armiChe lo portavano a seppelir

E la ragazza sentendo questoCascò in terra dal gran dolor

Su bella alzati su su rialzatiChe son pur io il tuo primo amor

Se fossi stato il mio primo amoreDue parole potevi dir

Ho fatto questo per una prova Se sei sincera nel far l’amor.

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DALLE BELLE CITTA’ Uno dei pochi canti partigiani originali sia nel testo che nella musica. Fu composto da Emilio Canalini ” Cini”, comandante partigiano del quinto distaccamento della terza brigata “Garibaldi- Liguria”, sull’appeninoliguro-piemontse. La musica èdi Angelo Rossi “Lanfranco”.

Era cantato anche dai partigiani vicentini.

Dalle città date al nemicoFuggimmo un dì su per l’aride montagneCercando libertà tra rupe e rupeContro la schiavitù del suol tradito.

Lasciammo case, scuole ed officine,mutammo in caserme le vecchie cascine,armammo le mani di bombe e mitraglia,temprammo i muscoli e il cuore in battaglia.

Siamo i ribelli della montagna,viviam di stenti e di patimenti,ma quella fede che ci accompagnasarà la legge dell’avvenirma quella fede che ci accompagnasarà la legge dell’avvenir.

Di giustizia è la nostra disciplina,libertà è l’idea che ci avvicina,rosso sangue il color della bandiera,partigiana è la folta e ardente schiera.

Per le strade dal nemico assediateLasciammo talvolta le carni straziate,provammo l’ardor per la grande riscossa, sentimmo l’amor per la patria nostra.

Siamo i ribelli della montagna,viviam di stenti e di patimenti,ma quella fede che ci accompagnasarà la legge dell’avvenirma quella fede che ci accompagnasarà la legge dell’avvenir.

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E’ FATALITA’ Questa canzone di Dario Fo e Paolo Ciarchi, tratta dallo spettacolo” Ci ragiono e canto” n° 2, è dedicata alle decine di migliaia di vittime di “incidenti” sul lavoro e di malattie professionali. ( da “Canzoni italiane di protesta” a cura di G. Vettori).

( le minime varianti del testo, per facilitare il cantato, sono di Cantovivo ).

Io son metalmeccanico e secondo le statistiche:-è fatalità, è fatalità-e campo cinque o sei anni in menodella media normalità.-è fatalità, è fatalità-Devo prendere o lasciare muoio prima per campare.

SCIOPERO! SCIOPERO!VOGLIAMO UN LAVORO CHE NON CI AMMAZZI PIU’L’IMPORTANTE NON CI BADARE- GUARDA INDIETRO CHI STA PEGGIO DI TECHI PER ESEMPIO? LUI!...CHI IO?...SI’ TU! Io faccio il soffiatore soffiator di vetro a fuoco:-è fatalità, è fatalità-e campo nove dieci anni in menodella media normalità-è fatalità, è fatalità-Devo prendere o lasciare muoio prima per campare. SCIOPERO! SCIOPERO!........ Io faccio il ceramista e mi vien la silicosi:-è fatalità, è fatalità-non arrivo a cinquant’annidella media normalità

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-è fatalità, è fatalità-Devo prendere o lasciare muoio prima per campare. SCIOPERO! SCIOPERO!........ Io faccio il minatore e non arrivo alla pensione:-è fatalità, è fatalità-e per un crollo un’esplosionea quarant’anni son già nei fu-è fatalità, è fatalità-Devo prendere o lasciare muoio prima per campare. SCIOPERO! SCIOPERO!....

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VERDOLIN, VERDOLINETO

Da “ Veja canson popolar piemonteisa”- Ij Brandè- Alfredo Nicola

Na matina bin di bonora, ( ò verdulin, verdulineto!)Na matina bin di bonora, verdulin s’in va al mercà (bis)

Quand l’è stait a metà dla strada so primo amor l’ha riscontrà.

- O fërmeve na minutin-a, che ij pom veuj ricontè

Mentre ij pom a na rincontavo, basin d’amor s’a j’ha donà

- Cos diralo la mia mama, ch’i vad pi nen a ca!

- E voi dije a la vostra mama, che ‘l spos l’eve trovà

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OTTO SETTEMBRE BELLA DATA

Reg. a Groppallo (PC) da M. Di stefano il 17/12/1974, esecutore Firmino Capanna ( anni 44)

Questa ballata, una delle poche che parla della data dell’8 settembre, è una canzone ritrovata a Groppallo ( PC ), molto rara per il tema e richiamante la melodia tradizionale “ Un bel giorno andando in Francia”.

Otto settembrebella datan’armistizia fu firmatami credevi congedato dalla mamma ritornò.mi credevi congedato dalla mamma ritornò.

Dopo quel sogno lusinghieroio fui fatto prigioniereo io fui fatto prigionieroin Germania mi han portò.

E non piangere cara mammae non aver per me gli affanninon saranno tanti gli anniche vivrò lontan da te.

Se la mia bella forse piangeme la dovete consolarela potrò riabbracciaredal bel dì che tornerò.

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CONTESSA

Scritta da Paolo Pietrangeli, in occasione della prima occupazione studentesca dell'università a Roma, in seguito all'assassinio da parte fascista di Paolo Rossi. Nell’ Pietrangeli Paolo, Mio caro padrone domani ti sparo, Edizioni del gallo, Milano, 1969

"Che roba contessa, all'industria di Aldo

han fatto uno sciopero quei quattro ignoranti;

volevano avere i salari aumentati,

gridavano, pensi, di esser sfruttati.

E quando è arrivata la polizia

quei pazzi straccioni han gridato più forte,

di sangue han sporcato il cortile e le porte,

chissa quanto tempo ci vorrà per pulire...".

Compagni, dai campi e dalle officine

prendete la falce, portate il martello,

scendete giù in piazza, picchiate con quello,

scendete giù in piazza, affossate il sistema.

Voi gente per bene che pace cercate,

la pace per far quello che voi volete,

ma se questo è il prezzo vogliamo la guerra,

vogliamo vedervi finir sotto terra,

ma se questo è il prezzo lo abbiamo pagato,

nessuno piu al mondo dev'essere sfruttato.

"Sapesse, mia cara che cosa mi ha detto

un caro parente, dell'occupazione

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che quella gentaglia rinchiusa lì dentro

di libero amore facea professione...

Del resto, mia cara, di che si stupisce?

anche l'operaio vuole il figlio dottore

e pensi che ambiente che può venir fuori:

non c'è più morale, contessa..."

Se il vento fischiava ora fischia più forte

le idee di rivolta non sono mai morte;

se c'è chi lo afferma non state a sentire,

è uno che vuole soltanto tradire;

se c'è chi lo afferma sputategli addosso,

la bandiera rossa ha gettato in un fosso.

Voi gente per bene che pace cercate...

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CAVUR L’HA DUE DONNE

Questo canto presenta vari motivi di interesse. Esso infatti proporre nella prima parte un’immagine di situazione risorgimentale modellata evidentemente su certi esempi di iconografia ottocentesca. Ci presenta il conte di Cavour fra due donne, come in certe stampe in cui appare fra Venezia e Roma in sembianze di dame.

Il finale, invece, si collega in tutt’altro livello e restituisce il canto al mondo rappresentativo della ballata. E precisamente alla ballata nota come “ Le due tombe” ( Nigra 18), in cui sulle tombe dei due amanti crescono due alberi, di solito un melograno ( o un gelsomino ) e un mandorlo ( o un nocciolo ).

Questi alberi crescendo, fanno ombra a tre città ( Alessandria, Valenza e Casale; Valenza, Firenze e Torino; e altre).

Del canto come nell’esecuzione raccolta a Castelnuovo Nigra non conosciamo lezioni pubblicate.

In: Leydi R., Vigliermo A. (a cura), LP Canti popolari del Piemonte 1. Il Canavese 1973, Vedette Albatros VPA 8146

E Cavur l’à due donneBun bun bunE Cavur l’à due donneTrallalà E Cavur l’à due donneÜna dza e l’auta ‘t là.

La Venesia è la più bella E Cavur sa i fa l’amur

La Vanesia l’è maladaE Cavur l’è muribund

Dove l’àn seppellì VanesiaSa i è nà trei pum granà.

Custi pum l’à ‘l föie largheCa i fan umbra a la città. Trad .

E Cavour ha due donne/ una di qua e l’altra di là/mLa Venezia è la più bella/ e Cavour le fa l’amore/ la Venezia è malata / e Cavour è moribondo 7 Dove hanno seppellito Venezia / Sono nati tre melograni/ Questi melograni hanno foglie larghe/ che fanno ombra alla città.

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CARA MOGLIE, DI NUOVO TI SCRIVO

Canto dell’emigrazione frontaliera del primo Novecento

Raccolta nel Bresciano, fa parte del repertorio della Famiglia Bregoli di Pezzae ( Brescia), minatori della Valtrompia.

Questa è l’unica canzone sull’emigrazione che conosciamo in cui si affronti in termini espliciti e con rabbia l’argomento sessuale.

“…essa è inoltre una precisa denuncia delle difficoltà che incontrano gli emigranti in terra straniera, che spesso si rivela assai meno generosa di quanto non lasciasse sperare.” – Nanni Svampa, “La mia morosa cara”

Da LP, Pianta B. (a cura di ) Regione Lombardia 5 – I minatori della Valtrompia- La famiglia Bregoli di Pezze

Cara moglie, di nuovo ti scrivo che mi trovo al confin della Franciaanche quest’anno c’è poca speranza di poterti mandar del denar.

La cucina l’è molto assai cara e di paga si piglia assai pocoe i Bresciani se ne vanno al galoppoquesta vita la posso più far.

Cara moglie, di nuovo ti scrivodi non darla np a preti né a fratie dalla pure ai più disperatiche nel mondo la pace non han.

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IL DRAGHIN

Da: CD, La ciapa rusa , Stranòt d’amur , Robi Droli, San Germano, 1988

Robi droli : San GermanoS’a vurive dì sentì cantèD’una cansun bubieisaSi l’è ‘l poveru Draghin Che l’à stampala lü

Arivanda ant u MontesöU poveru draghinU ghe mancheiva u cö

Purtem ‘na butta O di vin bonPer il povero DraghinChe l’à da ‘ndà ‘n prigion

Ma il poveru DraghinL ‘à pià ‘l so pinferin ‘n manPer fa stà ‘legriSta signoria de Milan

TI DU-DA DA-DI DU-DAN DA DA DANTAN-DA DA- DI DU-DERUN VANTI DI- DUN- VAN VAVEEN- DIN BUN TI DI-DU DA-DI DU-DAN DA DA DANTAN-DA DA- DI DU-DERUN VANTIRI-DUN-VAN VATI RI –DI RI-DAN Traduzione :

Se volete sentir cantare/ una canzone di Bobbio/ è il povero Draghin/ che l’ha stampata lui./ Arrivando a Pieve di Montarselo / al povero Draghin mancava il cuore./ Portatemi una bottiglia di vino buono/ per il povero Draghin / che deve andare in prigione./ Ma il povero Draghin ha preso il suo iffero in mano/ per far stare allegra questa signora di Milano.

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SCARPE ROTTE(Ivan Della Mea, 1972)

In: Della Mea Ivan, LP La balorda, Edizioni del Gallo, Milano, 1972

O comagno se tu mi chiedi

-cosa vedi- io ti dirò:

Vedo il mondo della paura

E se ho paura la vincerò.

Compagni stiamo uniti

Cantiamo ancor più forte

Scarpe rotte-scarpe rotte

Bisogna andare- bisogna andare

Dove sorge il rosso sole

Dell’avvenire.

O compagno se tu mi chiedi

-cosa senti- io ti dirò

Sento ridere tutti i padroni

e per questo io canterò

Compagni ……

O compagno se tu mi chiedi

- cosa pensi- io ti dirò

Penso a questi giorni fascisti

e per questo io canterò

Compagni ……

O compagno se tu mi chiedi

- cosa speri- io ti dirò

Spero che noi si cresca insieme

e per questo io canterò

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Compagni ……

O compagno se tu mi chiedi

- cosa vuoi- io ti dirò

Voglio l’uomo senza paura

e per questo io canterò

Compagni ……

O compagno se ancora chiedi

- cosa vuoi- io ti dirò

Voglio l’uomo senza paura

Un mondo rosso e io canterò

Compagni ……

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RE ARDUIN

Registrata per Cantovivo da Franco Lucà, nel 1984 ad Aleptte Canavese, esecutore Battista Goglio “ Barba Teck”

( 1898-1985 )

Re Arduin a ven da TurinVen da la guera l’è stai ferìVen da la guera l’è stai ferì

O mamma mia preparmi ‘l letLa certa noira e i linsöi di lin

O mamma mia cosa diranLe fije bele ca na stan lì

O no no no parla en tanLa nostra nora l’à avù n’infan

O mamma mia disimi ‘n po’Che i panatè a na piuren tan

A l‘àn brüsà tüti i biciulanL‘è par sulì c’a na piuren tan

O mamma mia cosa diranPerché da morto na sunen tan

Sarà mort prinsi o quai signorTüte le cioche a i fan unur

Re Arduin a ven da TurinL‘è ndà a la guera l’è stai ferì

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O tera freida apriti quiCh io vada col mio marì Trad:

Re Arduino viene da Torino/ viene dalla guerra è stato ferito/O mamma mia preparami il letto / la coperta nera e le lenzuola di lino/ O mamma mia cosa diranno/ le figlie belle che stanno lì /O non parlar tanto/ la nostra nuora ha avuto un bambino/ o mamma mia ditemi un poco/ perché i panettieri piangono tanto/ Hanno bruciato tutti i “biciulan”/ è per quello che piangono tanto/ O mamma mia cosa diranno/ perché da morto suonano tanto/ Sarà morto il principe o qualche signore/ tutte le campane gli fanno onore/ Re Arduino viene da Torino/ è andato alla guerra è stato ferito/O terra fredda apriti qui/ che io vada con il mio marito.

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LA VIANDATA

(Sondrio, tradizionale, riadattamento di Dina Staro

Santa Lucia l’era ‘na viandanta

Sola soletta e senza compagnia

Il re di Francia un dise la incontria

Vulì ben esser la sposina mia

Pütost che sta a ‘sto mund(1) a maritarmi

Mi butteria nel fuoco e poi bruciarmi

Il re di Francia disse ai suoi baroni

Se nun la völ vegnì la strascinela( 2)

Su la porta del mio castel mi vöi vedela

Su la porta del mio castel mi vöi vedela

Mi dica un po’ mio re

Di che cosa l’è innamorato di me

Mi dica un po’ mio re

Di che cosa l’è innamorato di me

Io sono innamorato dei tuoi begl’occhi

Io sono innamorato dei tuoi begl’occhi

Sondrio

Da precedente registrazione anonima

Canto narrativo a carattere religioso, proveniente dalla Valtellina, derivante da quel folto gruppo di leggende agiografiche penetrate in Italia verso il X° secolo. Nell’ Italia settentrionale, la forte influenza esercitata su questi canti dalla ballata, ha fatto sì che queste due forme differiscano talvolta solamente per il soggetto della storia, presentando altresì molti caratteri comuni.

L’ambientazione, la mancanza del finale moraleggiante (a differenza di altre versioni) ed il saltuario del metro endecasillabo per l’assunzione di una polimetria più consona al cantoepico-lirico, fanno probabilmente risalire questa vesione ad un periodo antecedente la grande diffusione ottocentesca su foglio volante dei maggiori canti agiografici redatti in metro endecasillabo. Altre versioni lombarde della legenda di Santa Lucia sono state raccolte in territorio bergamasco da A. Tiraboschi ed in Brianza da M.A. Spreafico.

Santa Lucia l’era ‘na viandanta

sola soletta senza compagnia

Il re di Francia un dì se la incontra

vull ben esser la sposina ma

a

(1) ‘sto mund = questo mondo

(2) se nun la vol vegnì la strscinela = se non vuol venire trascinatela

(3) su ‘na bazzilla növa j’à meteva = su un vassoio nuovo li metteva

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Santa Lucia allora cosa faceva

Su ‘na bazzica növa j’à meteva

Santa Lucia allora cosa faceva

Su ‘na bazzila növa j’à meteva

Da LP”Musa di pèlle, pinfio di legno nero….”- Barabàn – 1984

Musica Tradizionale dell’Area Lombarda

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LA LUIGINA

Dal repertorio de “ I Musetta, Bani e Tiglion”- I SUONATORI DELLE QUATTRO PROVINCE.

Ettore “Bani” Lesini, Attilio “Tiglion” Rocca, Maria Rosa Mulazzi.

Dove l’è la LuiginaDove l’è la LuiginaDove l’è la LuiginaChe sul ballo la gh’è noChe sul ballo la gh’è noChe sul ballo la gh’è noLa bala pian pian pianLa bala pian pianin

L‘è di sopra in camerellaA cucire e ricamar

Cosa l’è che la ricamaFazzoletto dell’amor

Fazzoletto l’era biancoTutto pien di rose e fior

Vien da basso LuiginaChe è arrivà il tuo primo amor

Se l’è rivà lassè che rivaMi son pronta a far l’amor.

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LA MUNIGHETTA

Raccolta da Maurizio Martinotti, Valle Borbera

In: La ciapa rusa, LP Stranot d'amur - Canti e danze dell'alessandrino, Madau Dischi D014, 1984

La munighetta l’è ‘nt un cantùn

La munighetta l’è ‘nt un cantùn

L’è ‘nt cantùn ca la piula

La g’ha pagüra da durmì sula

Sulin suletta durmöri no

‘ndari durmì cun la serventa

basta che le la sia contenta

Cun la sernenta mi a vöi o ‘ndà

mi vöi andà con la so fia

che la serventa l’è trop ardia

Margaritin visca la lüm

Visca la lüm e la candiletta

Marcia durmì cun la munighetta

Papà e mama guardei xa fì

La g’ha le mani grose grose

La g’ha la cera di un giovanotto

E andando sü per quei scalon

Di questa ballata abbiamo raccolto diverse varianti: quella qui proposta, proveniente dalla valle Borbera, manca dell’abituale incipt “S’a l’era ‘l prinsi ‘d Carignan 2, che identifica il giovane che si traveste da monaca per attentare alla virtù della figlia dell’ostessa con il principe di Carignano, che potrebbe essere , stando al Nigra, l principe “ Tommaso,…molto popolare in Piemonte ai tempi della reggenza di Madama Reale ( 1637- 52)”. Diversamente dalle altre versioni note, in questa lezione il giovane si dichiara, in conclusione, disposto alle nozze riparatrici, in cambio di una buona dote.

Prendendo a prestito le parole di F.B. PRATELLA( Udine 1938), spesso “motivi melodici ed arie (…) si adattano formalmente a poesie vecchie e nuove, di diverso soggetto e di differente misura “: l’uso di innestare parole nuove su una melodia “ tolta ordinariamente da una canzone anteriore” pratica assai diffusa nella tradizione popolare. Curiosamente lo studioso alessandrino G. Ferraro ( Palermo 1888) proprio nel soffermarsi su tale questione, cita i seguenti versi, tratti da una canzone, che rimandano proprio a questa ballata: “ La canson parchè sia bela / S’a l’è vegia la và scartà/ Bisogna ben sercà d’ cambiala / E buteje lò ch’a j và. / E ans’l’aria ‘d la munighetta / a l’han fala tre bei fiò/ A j an fat la poesia / Par cantala sutta i pugiò” ( La canzone perché sia bella/ se è vecchia va scartata/ Bisogna ben cercare di cambiarla/ E metterci ciò che serve/ E sulla melodia della Munighetta/ l’hanno fatto tre bei giovani/ Hanno fatto la poesia/ per cantarla sotto i balconi.)

Sulla immedesimazione del cantore, o dell’ascoltatore, con la vicenda narrata, si legga quanto racconta la testimone che ci ha trasmesso questo brano: “ Mi facevo davvero, lo sa com’è, le mie immaginazioni, no? Per esempio, non so, quando quella là, la Margherita è andata alla guerra, eh? Che poi è andata alla guerra al posto del padre ( si riferisce alla ballata nota come “ La guerriera”) sa, si immagina di veder tutto. E io sono sempre stata così davvero.”

TRADUZIONE:

La monachella è in un angolo/ è in un angoloche piange/ha paura di dormire sola./ Solin soletta non dormirete/ andrete a dormir con la serventa / basta chesia contenta./ Con la serventa non ci voglio andare/ voglio andare con vostra figlia/ perché la serventa è troppo sfacciata./ Margheritina accendi il lume/ accendi il lume e la candeletta / vai a dormire con la monachella/ Papà e mamma guardate questa ragazza/ ha le mani grosse grosse/ ha lacera di un giovanotto/ E andando su per quegli scaloni/ andando su per quelle scale7 la figlia dell’oste le ha visto i calzoni./ Che monachella siete mai voi/ siete una monaca al contrario/ sotto la

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Andanda sü per quelle scale

La filia ‘d l’ost al g’ha vist i brai

Che munighetta ca sì mai vui

Vul sei ‘na monica al incontrari

Sutta la vesta la portn-i brai

O l’è l’üsansa del me pais

Che quando i doni fan viagi

Sutta la vesta i portn-i brai

O si non ven a la matin

La munighetta l’è diventà ‘n fratin

L‘ ‘ndai gridare sü la porta

C’ lè ‘ndai durmì con la filia ‘d l’osta

Madama ‘d l’osta pruntì pruntì

Pruntì ‘d l’arjan e la biancheria

Sa vurì ca spusi la vostra fia

vesta portate i calzoni./ O è l’usanza del mio paese/ che quando le donne fanno dei viaggi/ sotto la vesta portino dei calzoni./ E viene dunque la mattina/ la monachella è diventata un fratino/ è andata a gridare sulla porta/ che è andata a dormire con la figlia dell’ostessa./ Madama ostessa preparate del denaro e della biancheria/ se volete che sposi la vostra figlia

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STROFETTE ANTIFASCISTE

Si tratta di strofette e parodie di diverse canzonette d'epoca e di inni fascisti, raccolti da vari ricercatori (Cesare Bermani, Roberto Leydi, Mimmo e Sandra Boninelli, Riccardo Schwamenthal, ) in Lombardia e Piemonte

Quand ca ‘s cantava la bela Gigugin.

Là ‘nsima le taule ‘s mangiava i tabarinAdes ca i’è Lilì MarlènLe panse vöide e i tubu piènMa mi lulì marvènMa mi lulì marvèn……………………….Tütte le sere ‘ndà lètt sensa mangiàLa matin bunura andà a lauràDopo mes dì patati e risE ‘l noster düce ‘l fa ‘n suisEviva l’italianCun ‘etu e mes de pan.……………………………….Addio panini imburratiSalami affettati vi devo lasciarE adesso che siam tesseratiAbbiamo finto così di mangiarLa gioventù non sta più suSi sente un certo languorIn Italia si vive d’amorNon ti potrò scordare o bella pagnottella Tu sei la viva stella che brillerà per meRicordi le patate piantate al ValentinoCi manca pure il vinoDi fame ci fan morir.

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NON TI RICORDI IL 31 DICEMBRE

Scritta da E. Macario e G.Maccario sulle note di una canzone della Grande Guerra (Addio padre e madre addio) , racconta del famigerato eccidio di Boves (CN) e della distruzione del paese il 31 dicembre 1943-

Non ti ricordi il 31 dicembreQuella colonna di camion per BovesChe trasportava migliaia di tedeschiContro sol cento di noi partigian

E tra san Giacomo e poi la RivoiraE Castellar e Madonna dei BoschiLà s’infuriava la grande battagliaContro i tedeschi e i fascisti traditor

Dopo tre giorni di lotta accanitaTra tanti incendi e vittime borghesiNon son riusciti coi barbari sistemiNoi partigiani a poterci scacciar.

Povere mamme che han perso loro figliPovere spose che han perso i maritiPovera Boves che è tutta distrutta Per la barbarie del vile invasor ( 2 v)

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COL PARABELLO IN SPALLA Cantato soprattutto nel Veneto, in Liguria e in Piemonte.

Le “bombe scippe” erano ordigni in uso nella prima guerra mondiale, prodotti dalla SIPPE ( Società Italiana Per Prodotti Esplosivi)

Sulla melodia della canzonetta d’ellepoca E con lo zigo zago

Col parabello in spallaCaricato a pallaSempre bene armato paura non hoQuando avrò vintoQuando avrò vintoCol parabello in spallaCaricato a pallaSempre bene armato paura non hoQuando avrò vinto ritornerò.

E allora il capobandaGiunto alla pattuglia mi vuol salutareE poi mi disseE poi mi disseE allora il capobandaGiunto alla pattuglia mi vuol salutareE poi mi disseI fascisti son là

E a colpi disperatiMezzi massacratiDalle bombe scippe i fascisti sparivanoGridando RibelliGridando RibelliE a colpi disperatiMezzi massacratiDalle bombe scippe i fascisti sparivanoGridando RibelliAbbiate pietà

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LA’ SULLE CIME NEVOSE L ‘autore del testo è rimasto sconosciuto. La melodia è quella del noto vanto friulano Ai preà le biele stele e le sant del Paradis

Là sulle cime nevoseUna croce sta piantàNon vi son fiori né roseE‘ la tomba d’un soldàD’un partigian ( d’un partigian)Che il nemico ucciseD‘un partigianChe tra il fuoco morì

La mamma tua lontana ti piange sconsolataMentre una campanaIn ciel prega per te

E noi ti ricordiamoO partigiano ce guardi di lassùMentre scendiamo al pianoTi salutiamo caro compagno

Non pianga più la mammaIl figlio suo perdutoSull’Alpe sconosciutoUn altro eroe sta Vi vedo e penso ancora Nell‘ora dei tramontiAl sorger dell’auroraMontagne del mo cuor

Questo dolce ricordoMi fa sognare mi fa cantare

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Tutta la melodiaChe riempie il cuore di nostalgia

Vi vedo e penso ancoraNell’ora dei tramontiAl sorger dell’auroraMontagne del mio cuor

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A BORDEU

A bordeu que i a nàu damasPomas arazina hgos i castanhasA bordeu que i a nàu damasPomas arazina hgos i castanhas

Tam ben dancen au builonPomas arazina hgos i melonsTam ben dancen au builonPomas arazina hgos i melons

-uèit – sèt- seis- cinq- quate- tres- duas- una dama

PRONUNCIA :

A burdeu che a i nau damosPumos arasins higos i castagnosA burdeu che a i nau damosPumos arasins higos i castagnos

Tan ben dansun au biulunPumos arasins higos i melunTan ben dansun au biulunPumos arasins higos i melun

Ueit- set- seis- sinc- cat- tres- düs- üo damo

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TRADUZIONE.

Nel bordello ci sono nove dameMele, acini, fichi e castagneCosì bene danzano al suono del violinoMele, acini, fichi e castagne

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BALLATA DI MAUTHASENCANTICO DEI CANTICI

Jacobus Kambanellis, drammaturgo e regista greco, fu deportato a Mauthausen e compose al ritorno quattro poemetti. Col primo, Il Cantico dei cantici, egli inseriva la composizione biblica nell’orrore dei lager, col secondo e il terzo raccontava due esperienze da lui vissute, col quarto narrava il suo sogno di deportato quando – la domenica- donne e uomini prigionieri si guardavano attraverso il filo spinato.

Era bello e dolce il mio amorecol suo vestito bianco della festae un fiore rosso tra i capelli.Nessuno può sapere quanto fosse belloNessuno può sapere quanto fosse belloNessuno può sapere quanto fosse belloRagazze di Auscwitzragazze di Dachau.

Avete visto il mio amoreAvete visto il mio amoreAvete visto il mio amore.

L’abbiamo visto in quel lungo viaggioma senza il suo vestito della festasenza il fiore rosso tra i capelli.

Era bello e dolce il mio amorecoi capelli lunghi e nericresciuti tra le mie carezze.Nessuno può sapere quanto fosse belloNessuno può sapere quanto fosse belloNessuno può sapere quanto fosse belloRagazze di Mauthausenragazze di Belsen.

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Avete visto il mio amoreAvete visto il mio amoreAvete visto il mio amore.

L’abbiamo visto in uno spiazzo vuotoUn numero marchiato sulla manoEd una stella gialla sopra il cuore

Era bello…

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CANZONE DEL 25 APRILE

Questo singolare canto nacque nei giorni caldi della lotta armata, quando i partigiani entrarono in Milano.

Basato su una melodia albanese intonata dal pittore Ibrahim Kodra, difronte ad un gruppo di artisti ed intellettuali, in un bar del quartiere di Brera a Milano.

Fra questi vi erano Bruno Tassinari, Ennio Borlotti, Mario De Micheli, i quali poi su quelle note improvvisarono il testo.

In seguito, il regista Aldo Vergano, li utilizzò nella colonna sonora del film:” Il sole sorge ancora”, del 1947

Quando il grano maturòTutta Italia si levòL’Italia dai monti ai pianiPiena di partigiani ohèEhi ehi compagno attentoQuesto è il tuo momento ohè.

Il tuo sole di lassùL portasti anche quaggiùEhi ehi ehi compagno attentoQuesto è il tuo momento ohèEhi ehi avanti partigianoE’ un pugno la tua mano ohè.

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MENELIK E TAITU’

Testo e note tratti da: Svampa N., La mia morosa cara, Lampi di stanmpa, Milano2001 e dalle note a Nuovo Canzoniere Milanese, 2LP Il bosco degli alberi, 1971, Dischi del Sole DS 307/09 - 310/12

E’ questa una delle tante strofette ispirate alla fantasia popolare dal Negus d’Abissinia Menelik e ad sua moglie Taitù all’epoca della prima guerra d’Africa.

E Menelik, taflik taflikCon la Taitù, taflik taflucL’è la rovina, l’è la rovinaE Menelik, taflik taflikCon la Taitù, taflik taflucL’è la rovina della nostra gioventù. Un’altra versione se la prende direttamente col generale Baldissera, comandante delle truppe e del governo della” Colonia Eritrea” del 1888 e ’89:

Menelik col frik col frikE la Taitù col fruk col frukBaldissera Baldissera

Menelik col frik col frikE la Taitù col fruk col frukBaldissera al brigulùn*.

* a rotoloni in dialetto cremonese

Nel 1895 invece le truppe in Africa sono al comando del generale Barattieri e una strofetta che termina col solito Menelik inizia con “ Barattieri rovina l’Italia / ingaggia battaglia” ( v. “ Il bosco degli alberi” ). Le diverse versioni di questo tema sono entrate nel repertorio delle mondine e in quello dei soldati. Sono inoltre cantate ancora oggi nei vari “risotti” d’osteria.

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LA RONDINELLA D’ASPROMONTE

Dalle note a: Nuovo Canzoniere Milanese, 2LP Il bosco degli alberi, 1971, Dischi del Sole DS 307/09 - 310/12:

“Questo canto garibaldino è la trasformazione di un precedente canto risorgimentale : La rondinella di Enrico Mayer (Livorno l802-Livorno 1877), uno tra i principali esponenti del movimento per I'educazione popolare, che svolse in Toscana una viva attività. Di sentimenti liberali, egli scrisse La rondinella nel 1840 mentre si trovava incarcerato in Castel Sant'Angelo a Roma per sospetto di propaganda rivoluzionaria.

Nel 1862, dopo il fatto di Aspromonte (29 Agosto), divenne popolarissimo un adattamento di tale testo, cui furono aggiunte tre strofe finali. Del canto di solito indicato col titolo di Rondinella d'Aspromonte, viene considerato autore tale Angiolo Talli. Il canto si diffuse anche attraverso numerosi fogli volanti.”

O rondinella che libere I'ali - spieghi or fuggendo or tornando ver me, Deh, se pur senti pietà dei miei mali - vai dove andare è negato al mio piè.Tu déi volar da Aspromonte al CiminoE dal Cimino all’Amiata passar. Poi dell'Etruria nel dolce giardino, sui freschi margini d'Arno posar

E di volare t'arresti il desìo, lì ti riposa in I'etrusco terren: quello è il mio cielo, il mio suolo natìo - e di mia madre ti posa sul sen Dille “ son io di color messaggera'' Che giuro fean d'aver Roma o morir, Ma pur la sorte si rese a noi fera - pur troppo il giuro ho dovuto fallir.

L'empio ministro che serve al tiranno - e della Senna il volere segnò E provocando con I'armi a noi danno - di sangue il suol d'Aspromonte bagnò.Si, ma dell'italo sangue ogni stillache fu versata un torrente daràQuando a riscossa, imitando Balilla , l’itala tromba I'appello farà.

E detto questo se al primo barlume - io ti vedrò alla prigione venir,raccoglierò sulle molli tue piume - I'aure d'Etruria e i materni sospir.E detto questo se al primo barlume Io ti vedrò alla prigione venir Raccoglierò sulle molli tue piume - l'aure d'Etruria e i materni sospir.

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