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Il futuro è competenza: istruzione e formazione

Seconda relazione sulla ricerca sulla formazione professionale in Europa: riepilogo e osservazioni

Pascaline Descy

Manfred Tessaring

Cedefop Reference series

Lussemburgo: Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee, 2002

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Numerose altre informazioni sull’Unione europea sono disponibili su Internet via il server Europa(http://europa.eu.int).

Una scheda bibliografica figura alla fine del volume.

Lussemburgo: Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee, 2002

ISBN 92-896-0022-5

© Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale, 2002Riproduzione autorizzata con citazione della fonte.

Printed in Italy

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Il Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale(Cedefop), istituito nel 1975, forni-sce informazioni ed analisi sui sistemi, sulle politiche e sulla ricerca nel campo dell’istruzione e forma-zione professionale.

Europe 123GR-57001 Thessaloniki (Pylea)

Recapito postale:PO Box 22427GR-55102 Thessaloniki

Tel. (30) 310 490 111Fax (30) 310 490 020E-mail: [email protected]: www.cedefop.eu.intSito web interattivo: www.trainingvillage.gr

Pascaline Descy e Manfred TessaringCedefop

Il documento è stato ultimato nel novembre 2000.

Ringraziamenti

Gli autori ringraziano tutti i ricercatori che hanno contribuito all’elaborazione della relazione di ricerca(cfr. allegato) e coloro che hanno sostenuto attivamente questa pubblicazione, in particolare Johan vanRens, Stavros Stavrou, diversi colleghi del Cedefop e della Commissione europea, nonché il Consiglio diamministrazione del Cedefop.

Gli autori ringraziano inoltre quanti hanno partecipato all’organizzazione e alla preparazione della pre-sente relazione, in particolare:Béatrice Herpin e Litza Papadimitriou-von Herff per l’organizzazione del progetto e il lavoro editoriale;Silvia del Panta per la compilazione dei progetti di ricerca europei;il servizio di traduzione del Cedefop per la revisione e la traduzione del documento;il servizio pubblicazioni del Cedefop per la preparazione della bozza di stampa.

Pubblicato sotto la responsabilità di:Johan van Rens, DirettoreStavros Stavrou, Direttore aggiunto

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Introduzione 3Definizione e ruolo dell’istruzione e formazioneprofessionale 3Funzione e obiettivi della ricerca sulla IFP 3Relazioni sulla ricerca sull’IFP in Europa 3Prima parteSistemi d’IFP, coordinamento con il mercatodel lavoro e gestione 41. Sistemi d’istruzione e formazione:

regolamentazione, coordinamento, gestione e cooperazione 4

2. Finanziamento della formazione 53. Status sociale della IFP rispetto

all’istruzione generale 74. Sistemi di certificazione, valutazione

e riconoscimento delle competenze 85. Operatori dell’IFP, evoluzione dei ruoli,

professionalizzazione e gestione dei sistemi10Seconda parteApprendimento lungo tutto l’arco della vita e competenze: sfide e riforme 101. Apprendimento lungo tutto l’arco della vita:

dalla nascita di un concetto a un nuovomodello educativo 10

2. Competenze, processi di apprendimento e innovazioni didattiche per i nuovi profili professionali 13

3. Personalizzazione e differenziazione deipercorsi di IFP 15

4. L’apprendimento all’interno dell’azienda 16Terza parteFormazione e occupazione nella prospettivaaziendale 171. Fabbisogno di competenze in un’economia

globale 172. Mercati del lavoro professionali, interni

ed esterni 18

3. Ruolo delle PMI nella formazione e occupazione 19

4. Imprenditorialità e strategia occupazionaleeuropea 22

5. Sviluppo e valutazione delle risorse umane256. Analisi del fabbisogno di competenze e di

formazione attraverso le indagini aziendali 25

Quarta parteOccupazione, risultati economici e sfasamentodelle competenze 271. Occupazione in Europa 272. Istruzione, formazione e risultato

economico 273. Dinamica dei mercati del lavoro

e competenze 284. Sfasamento delle competenze sul mercato

del lavoro 295. Fabbisogno futuro di competenze 33

Quinta parteRendimento, transizione alla vita attiva ed emarginazione sociale 341. Formazione e risultati individuali 342. Transizione dal sistema d’istruzione

alla vita attiva 353. Emarginazione sociale e reinserimento

grazie alla formazione 38

Sesta parteRicerca sull’IFP al di fuori dell’Unione europea 411. Ricerca sull’IFP nei paesi dell’Europa

centrale e orientale (PECO) 412. Ricerca nell’ambito della IFP

in altri paesi extra UE 44

AllegatoContributi alla relazione di fondo della seconda relazione sulla ricerca 46

___________________________________________________________________________________1

Indice

AbbreviazioniAbbreviazioni dei paesi

A AustriaAU AustraliaB BelgioBG BulgariaCA CanadaCH SvizzeraCZ Repubblica cecaD GermaniaDK DanimarcaE SpagnaEE EstoniaEL GreciaEng InghilterraEU Unione europeaF FranciaFIN FinlandiaGB Gran BretagnaHU UngheriaI Italia

IRL IrlandaJP GiapponeL LussemburgoLV LettoniaLT LituaniaN NorvegiaNL Paesi BassiNZ Nuova ZelandaP PortogalloPL PoloniaRO RomaniaS SveziaSco ScoziaSK SlovacchiaSL SloveniaUK Regno UnitoUS Stati Uniti

Abbreviazioni più frequenti

(Tranne alcune eccezioni, sono state omesse leabbreviazioni di istituzioni, organizzazioni,progetti, programmi di formazione ecc.,soprattutto a livello nazionale.)

PECO: paesi dell’Europacentrale e orientale

FC: formazione continuaI&F : istruzione e formazioneUE: Unione europeaSRU: sviluppo delle risorse umaneTIC : tecnologie dell’informazione

e della comunicazioneISCED: international standard

classification of education (classificazione internazionale standard dell’istruzione)

FPI: formazione professionale iniziale

ONG: organizzazione non governativaPMI : piccole e medie impreseTSER: ricerca socio-economica

mirata (programma della Commissione europea)

IFP: istruzione e formazione professionale

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Collana di relazioni del Cedefop sulla ricerca nel campo dell’istruzione e formazione professionale in Europa

Prima relazione di ricerca

Cedefop, Vocational education and training. The European research field. Background report 1998, Tes-saring M., ed., documento di riferimento Cedefop, 2 volumi, Lussemburgo, EUR-OP, 1998, 352 pagg.(volume 1), 321 pagg. (volume 2) (solo in inglese).

ISBN 92-828-3612-6 (volumi 1 e 2)

Prezzo (al netto dell’IVA) in Lussemburgo: EUR 19 (volumi 1 e 2)

Tessaring M., Training for a changing society. A report on current vocational education and trainingresearch in Europe 1998,documento di riferimento Cedefop (seconda edizione 1999), Lussemburgo,EUR-OP, 1998, 294 pagg. (disponibile anche in tedesco, francese e spagnolo).

ISBN 92-828-3488-3 (EN)

Prezzo (al netto dell’IVA) in Lussemburgo: EUR 19

Seconda relazione di ricerca

Descy P., Tessaring M. (eds.), Training in Europe. Second report on vocational training research inEurope 2000: background report, collana Cedefop Reference, 3 volumi, Lussemburgo, EUR-OP, 2001,430 pagg. (volume 1), 610 pagg. (volume 2), 460 pagg. (volume 3).

ISBN 92-896-0034-9 (volumi 1, 2 e 3)

Prezzo (al netto dell’IVA) in Lussemburgo: EUR 21 (volumi 1, 2 e 3)

Descy P., Tessaring M., Training and learning for competence. Second report on vocational trainingresearch in Europe: synthesis report, collana Cedefop Reference, Lussemburgo, EUR-OP, 2001, 441 pagg.(nel corso del 2001 disponibile anche in tedesco, francese e spagnolo).

ISBN 92-896-0029-2 (EN)

Prezzo (al netto dell’IVA) in Lussemburgo: EUR 19

Descy P., Tessaring M., Il futuro è competenza: istruzione e formazione. Seconda relazione sulla ricercasulla formazione professionale in Europa: riepilogo e osservazioni,raccolta Cedefop Reference, Lussem-burgo, EUR-OP, 2001, 44 pagg. (disponibile gratuitamente nelle 11 lingue dell’UE).

ISBN 92-896-0022-5 (IT)

Le relazioni di ricerca sono disponibili unicamente presso gli uffici vendita nazionali dell’UE (cfr. penul-tima pagina di copertina).

Alcuni brani della relazione di ricerca e del presente riepilogo sono consultabili sull’Electronic TrainingVillage del Cedefop (www.trainingvillage.gr).

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Il futuro è competenza: istruzione e formazioneRiepilogo e osservazioni

La presente pubblicazione riassume i principali risultati e le conclusioni della seconda relazione sullaricerca sull’istruzione e la formazione professionale (IFP) in Europa intitolata «Il futuro è competenza:istruzione e formazione», che fa parte della collana di relazioni varata dal Cedefop nel 1998. L’obiettivodelle relazioni è quello di offrire una panoramica globale dello stato della ricerca nel campo dell’istru-zione e della formazione professionale in Europa, dei principali approcci teorici e concettuali, nonché deirisultati empirici ottenuti, studiandone l’impatto sulle politiche, la ricerca e le prassi in vigore.

Il riepilogo illustra in linea generale le tematiche, i risultati e le conclusioni più importanti presentatinella seconda relazione di ricerca. Per approfondire alcuni aspetti specifici si consiglia di consultare larelazione di sintesi e/o la relazione di fondo.

IntroduzioneDefinizione e ruolo dell’istruzione e formazione professionaleIn termini generali, per istruzione e formazioneprofessionale (IFP) s’intendono tutte le attivitàpiù o meno organizzate o strutturate (a prescin-dere dal fatto che sfocino nell’acquisizione di unaqualifica riconosciuta) tese a fornire le cono-scenze, le capacità e le competenze necessarie esufficienti per espletare un lavoro o una serie difunzioni. Pertanto coloro che fruiscono di unaformazione iniziale o continua si preparano asvolgere un lavoro o adattano le loro competenzealle nuove esigenze che si manifestano.

L’IFP non dipende dalla sede, dall’età o da altrecaratteristiche dei partecipanti e dal livello di qua-lificazione da essi ottenuto in precedenza. Il con-tenuto dell’IFP potrebbe essere mirato al lavoro orivolto a una più ampia serie di compiti e funzionio alle due cose insieme; l’IFP può comprendereanche elementi d’istruzione generale. Tuttavia, ladefinizione di IFP e di formazione continua (FC)differisce nei vari paesi.

Funzione e obiettivi della ricerca sulla IFPLe politiche d’istruzione e formazione, come lealtre politiche, devono tenere in considerazione icomplessi rapporti esistenti tra istruzione/forma-zione e sistema socioeconomico. È compito dellaricerca far luce su tali aspetti per analizzare, indi-viduare e spiegare questi rapporti, per migliorarela comprensione delle cause e degli effetti, non-ché per individuare i mezzi e le strategie ritenuteefficaci ed adeguate per risolvere un problema.

In particolare, la ricerca sull’IFP è tesa a:

a) descrivere e illustrare i sistemi, le condizionie gli ambiti dei processi coinvolti nell’acqui-

sizione e nell’aggiornamento delle abilità edelle competenze professionali;

b) fornire informazioni sull’interazione tra IFPed altre aree di azione sociale. L’interazioneriguarda il quadro legale e istituzionale, leinterdipendenze con il cambiamento sociale,economico, tecnologico e demografico e ilcomportamento dei diversi attori;

c) dimostrare la propria importanza ai fini del-l’individuazione delle opportunità e del pro-cesso decisionale dei vari attori.

Relazioni sulla ricerca sull’IFP in Europa

Le relazioni in merito alla ricerca sull’IFP inEuropa pubblicate regolarmente dal Cedefopsono volte a migliorare la trasparenza sui temirelativi alla ricerca sull’IFP in Europa, racco-gliendo i risultati delle diverse discipline distudio e trovando la giusta collocazione deglialtri settori di azione sociale rispetto alla forma-zione professionale iniziale o continua. Inoltre lerelazioni evidenziano le implicazioni dei risultatidella ricerca per gli attori interessati — politici,istituzioni, parti sociali, imprese, singoli indi-vidui — ponendo l’accento su alcune aree in cuila ricerca è troppo limitata e dev’essere poten-ziata.

La seconda relazione di ricerca si basa sulla primaedizione pubblicata nel 1998/99. Alcuni argo-menti sono stati ulteriormente sviluppati, altrisono stati aggiornati sulla base di nuovi risultati,mentre altri ancora sono stati introdotti ex novoper rispecchiare il dibattito attuale.

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La seconda relazione di ricerca è costituitada tre pubblicazioni:

a) il presente riepilogo, che si prefigge di offrireuna visione d’insieme dei principali temi,risultati e conclusioni illustrati nella secondarelazione di ricerca;

b) la relazione di sintesi,che offre una visioneglobale dello stato della ricerca sull’IFP inEuropa, dei principali approcci teorici e con-cettuali, dei risultati empirici e delle implica-zioni per i responsabili decisionali e i ricerca-tori;

c) la relazione di fondo(3 volumi che formanola base della relazione di sintesi) che contienecontributi di illustri ricercatori europei suvari argomenti.

L’elenco dei contributi alla relazione di fondofigura in allegato. Per ulteriori riferimenti biblio-grafici che non compaiono nel presente riepilogo, sirimanda alla bibliografia della relazione di sintesi.

Prima parteSistemi d’IFP, coordinamento

con il mercato del lavoro e gestione

La prima parte della relazione tratta del coordi-namento, del finanziamento e della gestione deisistemi di istruzione e formazione professionale(IFP). Dopo una presentazione generale dei prin-cipi alla base del coordinamento e degli attoriinteressati, si descrivono le modalità di finanzia-mento della formazione professionale iniziale(FPI), della formazione continua (FC) e dellaformazione destinata ai disoccupati. Si esami-nano quindi le riforme avviate per aumentare ilprestigio dell’IFP, le nuove forme di certifica-zione delle competenze, nonché l’evoluzione deiprofili professionali dell’IFP.

1. Sistemi d’istruzione e formazione:regolamentazione, coordinamento, gestione e cooperazione

La gestione è tesa a garantire che i sistemi d’istru-zione e formazione si adattino e rispondano adegua-tamente alle esigenze dei singoli, del mercato dellavoro e della società. La funzione fondamentale

del coordinamento è quella di assicurare l’equili-brio tra gli interessi, talvolta opposti, dei vari attori(Stato, mercato del lavoro e singoli individui).

In ogni paese l’IFP è legata da vincoli complessiall’economia, al mercato del lavoro e all’occupa-zione; essa presenta una struttura assai frammen-taria e i numerosi ambiti di specializzazione nerendono difficile il coordinamento.

La gestione pianificata dallo Stato e l’orienta-mento determinato dalla domanda rappresentano idue meccanismi opposti di coordinamento deisistemi di IFP. Entrambi i tipi di gestione sonopresenti nei diversi sistemi, anche se a vari livelli.Nella pratica, la gestione si basa sui due meccani-smi; tuttavia attualmente si vagliano pure metodialternativi di coordinamento, fra cui quello corpo-rativo o l’utilizzo di reti.

• Nella gestione pianificata, le autorità pubbli-che sono competenti sia per l’adeguamento del-l’offerta alla domanda (dei singoli individui e delmercato del lavoro) sia per l’organizzazione dellaformazione. Attraverso la pianificazione centra-lizzata, la gestione statale interviene di norma sul-l’offerta formativa. Tuttavia, i sistemi d’IFP nonpossono essere pilotati unicamente da un sistemastatale, in quanto esso non è in grado di anticiparepiù che tanto le variazioni della domanda.

• La gestione del sistema in funzione delladomanda del mercato del lavoroimplica l’ado-zione dei seguenti principi: decentramento, dere-golamentazione e delega dell’autorità. La regola-mentazione del mercato si basa sul feedbackdegliutenti dell’IFP. Il mercato dell’istruzione e quellodel lavoro sono interdipendenti.

• La dicotomia mercato-Stato è stata per moltotempo considerata (e spesso lo è tuttora) il puntofocale del dibattito in merito al metodo di coordi-namento dei sistemi di istruzione e formazione.Tuttavia, ogni modello di coordinamento ha i suoilimiti: al fine di aumentare la flessibilità e larispondenza del sistema di IFP, è quindi oppor-tuno cercare il miglior compromesso possibile,che permetta di rispondere alla domanda del mer-cato evitando l’eccessiva burocrazia, e ricorrere asoluzioni alternative, come il metodo corporativi-sta o le reti (che mettono in contatto vari attoricon diversi interessi).

Le associazioni professionali e le parti socialiassicurano una funzione di coordinamento, avvi-cinando attori che, in linea di principio, condivi-dono interessi simili. Le associazioni dei datori dilavoro, dei lavoratori, degli insegnanti, dei geni-tori ecc. fungono così da ponte tra i livelli meso e

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macro, tra offerta e domanda di formazione nelsistema di IFP, nonché tra offerta e domanda dicompetenze sul mercato del lavoro (grafico 1).

Le reti assicurano il mantenimento di vincolidiretti ed informali tra i diversi attori. Il buon fun-zionamento di una rete si basa più sulla fiduciache sugli interessi economici o sull’autorità.

eccezione dell’apprendistato, di cui si fanno caricosoprattutto le imprese. In numerosi paesi il bilanciodella FPI è in aumento (in valore reale), anche se inalcuni casi il costo unitario è diminuito.

Malgrado alcune modifiche, il finanziamentodella FPI continua sostanzialmente a basarsi sul-l’ input (2). Tuttavia, per riuscire a contenere icosti, vengono adottati criteri più severi e appli-cate formule di distribuzione più complesse.

Fatta eccezione per il modello basato sulle entrate— il più classico e diffuso —tutti i modelli difinanziamento (finanziamento basato sui risultati,buoni di formazione ecc.) cercano, con più omeno successo, di regolamentare l’offerta di ser-vizi e di ottimizzare alcuni fattori: efficienza, effi-cacia, qualità ed equità. Tali aspetti acquisterannosempre più importanza, poiché, nonostante lariduzione dei costi, i fondi destinati alla FPIsaranno sempre più limitati a causa dell’aumentodi altri tipi di spesa pubblica.

Il varo di strategie di formazione per tutto l’arcodella vita rafforza il ruolo attribuito alla forma-zione continua (FC); i fondi a favore della FCsono aumentati nella maggior parte dei paesi(tabella 1).

I costi diretti della FC sono sostenuti prevalente-mente dalle aziende. Le autorità pubbliche, tutta-

____________________________________________________________________________________Riepilogo e osservazioni

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Grafico 1 — Schema del coordinamento attori-compiti

Sistema IFP Mercato del lavoro

Domanda Offerta Offerta Domandaeducativa/ educativa/ di competenze di qualificheformativa formativa e competenze

Legislazione, partiti politici

Attori del settore educativo/formativo Attori del mercato del lavoro

Macrolivello Organizzazioni Amministrazione, Organizzazioni Organizzazioni(nazionale, regionale, di studenti/genitori organizzazioni di dei lavoratori dei datori di lavorolocale) insegnanti/formatori

Livello intermedio Rappresentanti Erogatori di Rappresentanti Imprese(organizzativo) di studenti/genitori istruzione/formazione dei lavoratori

Microlivello Nuclei Insegnanti, Lavoratori Datori di lavoro(individuale) familiari formatori ecc.

Fonte: Lassnigg, «Steering, networking and profiles of professionals in vocational education and training» in Descy P., Tessaring M.,ed., Training in Europe, I vol., 2001.

La gestione dei sistemi viene effettuata sce-gliendo una strategia consona alle scelte poli-tiche. Esistono tre possibili livelli di inter-vento: suddivisione del potere decisionale(decentramento, coinvolgimento delle partisociali ecc.); modifica della struttura forma-tiva e degli obiettivi curricolari; adeguamentodei processi didattici e di apprendimento.

La scelta del sistema di gestione deve basarsisu un’analisi dei punti deboli e delle strozza-ture del sistema, allo scopo di individuare lesoluzioni più appropriate.

2. Finanziamento della formazione (1)

Il finanziamento dell’istruzione e formazione pro-fessionale iniziale(FPI) è garantito principalmentedallo Stato (comprese le autorità regionali), ad

(1) Le conclusioni di questo capitolo si basano sull’analisidei sistemi di finanziamento dell’IFP in Austria, Dani-marca, Francia, Finlandia, Germania, Paesi Bassi,Regno Unito, Svezia, Spagna (progetto Cedefop).

(2) Finanziamento forfettario che si basa su formule di cal-colo tipiche di ogni paese che tengono conto di diversevariabili: iscrizione e partecipazione, durata e natura delprogramma.

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via, auspicano che gli investimenti da parte deiprivati (imprese e singoli individui) aumentinoulteriormente.

Il meccanismo di finanziamento della FC dipendedal sistema di gestione prescelto: regolamenta-zione statale, regolamentazione mediante accorditra le parti sociali, regolamentazione da parte delmercato. Questi tre tipi di meccanismo formanoun continuum. Tutti sono presenti, in una formapiù o meno combinata, nei paesi studiati: tuttaviauno di essi predomina, influenzando le modalitàdi assegnazione del finanziamento.

È necessario predisporre meccanismi per garantireun’equa ripartizione delle opportunità di forma-zione continua e delle risorse tra le imprese —segnatamente le PMI —, i settori e i singoli indivi-dui, subordinando il finanziamento della forma-zione ai risultati. Occorre altresì dare maggior spa-zio alla concorrenza tra erogatori di formazione.

I fondi riservati alla formazione dei disoccupatisisono sviluppati in proporzione al tasso di disoccu-pazione e dovunque, tranne che nel Regno Unito,le risorse sono in aumento, anche dove la disoc-cupazione è stabile o in flessione. Questo tipo diIFP è finanziato prevalentemente dallo Stato.

Per accrescere l’efficienza della formazione riser-vata ai disoccupati sono state avviate diverseriforme, che possono essere suddivise in tre cate-gorie principali: decentramento verso gli entiregionali e le agenzie per il lavoro; maggiore impe-

gno governativo nel quadro del potenziamentodegli interventi concertati con gli attori regionali elocali; tendenza alla privatizzazione dei servizi.

In sintesi, per contenere i costi dell’IFP, gli Staticercano di introdurre misure volte ad accrescernel’efficienza: decentramento della regolamenta-zione e del finanziamento, nuovi meccanismi diripartizione delle risorse basati su valutazioni piùprecise sia dell’input sia dei risultati (output). Indeterminati casi, tali misure sono associate a unamaggiore autonomia degli enti di formazione,nonché ad una maggiore concorrenza tra gli ero-gatori di formazione.

Il finanziamento basato sui risultati(FBR) èun’innovazione che consiste nel subordinare laparziale o totale assegnazione delle risorse ai varienti al rispetto di determinati criteri legati alleprestazioni e non più ai criteri di input (iscrizionee partecipazione, durata e natura del programma).

Il FBR promuove l’efficienza degli erogatori diformazione, stimolandoli a migliorare la loropolitica ed offerta formativa, nonché ad ottimiz-zare l’impiego delle risorse. Il FBR inoltre puòessere utilizzato dai responsabili delle decisionipolitiche come meccanismo di gestione per con-seguire determinati obiettivi fondamentali.

Malgrado gli evidenti vantaggi in termini digestione e di efficienza, il FBR può avere effettinegativi: «scrematura» degli individui più pro-mettenti, distorsione dell’offerta a favore di pro-

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Tabella 1 — Variazioni nei livelli di finanziamento della FC

Livello comparativo di finanziamento (1996/97)

Paese Periodo Spesa Spesa Spesa(primo anno = pubblica aziendale individuale/

base 100) familiare

Austria 1986-97 188 — —

Danimarca 1985-96 263 162 —

Inghilterra 1986/7-96/7 261 — —

Francia 1987-96 174 187 206

Finlandia (1) 1986-96 — 143 700

Spagna (2) 1995-96 — 142 —

Paesi Bassi 1986-96 — 161 110

(1) A differenza di altri paesi, la Finlandia ha indicizzato tutti i dati anteriori al 1996 al livello del 1996.

(2) Finanziamenti basati sui contributi alla formazione versati dai datori di lavoro e dai lavoratori, escluse le sovvenzioni comunitarie.

Fonte: Elson-Rogers S., Westphalen S-Å., Financing training in the European Union, documento di lavoro, Cedefop, Salonicco, 2000.

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grammi con un’elevata percentuale di successo,eccessiva semplificazione dei contenuti, aumentodei costi di valutazione e di follow-up, abbassa-mento dei criteri di valutazione per aumentare laquota di successo, eccessiva concentrazione sul-l’ottenimento di risultati a breve termine.

I buoni formativimirano a stimolare la domandapiù che l’offerta formativa; i beneficiari possonousufruire dei buoni presso l’ente d’istruzione eformazione prescelto.

I buoni formativi finanziati dallo Stato perse-guono prioritariamente i seguenti obiettivi: stimo-lare la domanda di formazione incoraggiando isingoli individui a intraprendere una formazione efavorendo la scelta da parte del consumatore;migliorare l’accesso ai servizi privati; garantireuna migliore qualità (poiché i beneficiari sonoconsapevoli del valore dell’investimento realiz-zato).

I buoni formativi richiedono tuttavia un sistemaaltamente flessibile (organizzato in moduli forma-tivi, ad esempio) e servizi di orientamento peraiutare a definire un percorso formativo coerente.I buoni formativi possono generare effetti «pesomorto» ed elevate spese amministrative.

• Nei paesi in cui sistema d’istruzione e mer-cato del lavoro sono strettamente connessi(Austria, Danimarca, Germania, Paesi Bassi,Repubblica ceca, Ungheria), per aumentare il pre-stigio dell’IFP è necessario, da un lato, migliorarele prospettive di carriera ad alto livello per i tito-lari di diplomi di scuola secondaria superioregenerale o professionale e, dall’altro, favorirel’accesso all’istruzione superiore dei diplomatidella formazione professionale.

• Nei paesi in cui il rapporto tra sistema d’istru-zione e mercato del lavoro è limitato (Australia,Canada, Giappone, Stati Uniti) bisogna rafforzare ilegami tra i due sistemi, al fine di coinvolgere mag-giormente i datori di lavoro nell’istruzione e forma-zione: ad esempio, con partenariati scuola-aziendao modelli di collocamento durante la formazione.

• Nei sistemi contraddistinti da relazioni varia-bili (secondo i modelli) tra sistemi d’istruzione emercato del lavoro (Estonia, Finlandia, Francia,Grecia, Inghilterra, Norvegia, Portogallo, Scozia,Spagna, Svezia) occorre creare una struttura omo-genea per l’istruzione secondaria superiore.

L’analisi condotta in alcuni paesi (Austria, Bel-gio, Estonia, Finlandia, Francia, Grecia, Inghil-terra, Norvegia, Scozia, Spagna, Ungheria) hapermesso di individuare quattro strategie diriforma dei sistemi d’istruzione secondaria supe-riore (tabella 2).

La strategia della valorizzazione professionalemira a promuovere la natura distinta della IFP,che offre curricoli specifici e crea stretti rapportitra datori di lavoro ed erogatori della formazione(Austria, Estonia, Spagna, Ungheria).

L’arricchimento reciprocoè teso a creare legamipiù stretti tra i vari tipi di scuola, incoraggiandonela cooperazione, nella salvaguardia della specifi-cità (Finlandia, Norvegia).

La strategia di collegamentointroduce una strut-tura di qualificazione, certificazione e riconosci-mento comune che consente di collocare l’IFP el’istruzione generale su un piano di parità teorica(Francia, Inghilterra).

Nella strategia di unificazione, istruzione profes-sionale e generale vengono inglobate in un unicosistema secondario superiore. Tutti i discentiseguono un curriculum comune di istruzione. Talesistema assicura una maggiore equità per quantoconcerne la prospettiva di proseguire gli studi(Scozia, Svezia).

Ogni programma di riforma può mutuare ele-menti da diverse strategie e gli orientamenti delle

____________________________________________________________________________________Riepilogo e osservazioni

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Le innovazioni nel campo del finanziamentodella formazione sono ancora di portata limi-tata e i dati disponibili risultano assai incom-pleti; pertanto, la valutazione della loro effi-cacia e del loro impatto è ancora difficile.L’esistenza di dati più precisi a livello nazio-nale e internazionale e uno studio più siste-matico dell’impatto dei nuovi meccanismi difinanziamento permetterebbero di monitorareadeguatamente la spesa legata all’IFP e divalutare le innovazioni e le riforme istituzio-nali. La ricerca di maggiore efficienza edefficacia si deve basare su misurazioni piùaffidabili del rapporto costi-benefici dellaformazione.

3. Status sociale della IFPrispetto all’istruzione generale

Il fascino della formazione professionale dipendein larga misura dal riconoscimento sociale di cuigode e dalle possibilità che offre sul mercato dellavoro in termini di occupazione, retribuzione,prospettive di carriera e contenuto dell’attivitàprofessionale. Lo status dell’IFP, quindi, varia neidiversi paesi.

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politiche nazionali si evolvono col tempo. Tutta-via, le riforme hanno un punto in comune: rispon-dono — o anticipano — le tendenze del mercatoe dell’organizzazione del lavoro, che richiedonocambiamenti qualitativi a livello di conoscenze ecompetenze. Pertanto, le riforme sono tese arafforzare i legami tra mercato del lavoro ed IFP,potenziandone la capacità di risposta.

Le qualifiche duali rappresentano un ulterioreelemento di riforma: si tratta di qualifiche profes-sionali che danno accesso sia a impieghi qualifi-cati sia all’istruzione superiore, segnatamenteuniversitaria. Nei paesi in cui esistono, le qualifi-che duali si conseguono nel quadro dell’istru-zione scolastica a tempo pieno.

Le qualifiche duali sono più atte a migliorare ilriconoscimento sociale dell’IFP rispetto aimodelli tradizionali: abbinano l’acquisizione dicompetenze allo sviluppo individuale, favori-

scono la mobilità sia nel sistema educativo sia sulmercato del lavoro, nonché agevolano il passag-gio dal sistema dell’istruzione a quello del lavoro.Tuttavia, tale successo è accompagnato da unanotevole scrematura degli studenti più brillanti.Le qualifiche duali devono quindi far parte inte-grante di un sistema educativo flessibile e traspa-rente: devono essere accessibili da diversi per-corsi professionali e generali e inoltre devonoconsentire di proseguire gli studi nell’istruzionesuperiore.

Il futuro è competenza: istruzione e formazione_________________________________________________________________

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Tabella 2 — Strategie di riforma dell’IFPnell’istruzione secondaria superiore per migliorarne lo status rispetto all’istruzione generale

Perfezionamento Insiste sulla natura distinta professionale della IFP, propone curricoli

specifici e assicura il collegamento tra datori di lavoro ed erogatori di formazione (A, E, HU, EE)

Arricchimento Mira ad avvicinare tutti i tipi reciproco di scuole, incoraggiandone

la cooperazione, nella salvaguardia del carattere specifico (FIN, N)

Collegamento Attuazione di un sistema comune di qualificazione, certificazione e riconoscimento che consente di collocare IFPe istruzione generale a un livello di parità teorica (Eng, F)

Unificazione IFP e istruzione generale vengono inglobate in un unico sistema secondario superiore. Tutti i giovani seguono quindi un curriculum comune (Sco, S)

Fonte: Lasonen J., Manning S., «How to improve the standingof vocational compared to general education. A collaborativeinvestigation of strategies and qualifications across Europe» inDescy P., Tessaring M., ed., Training in Europe, I vol., 2001.

A prescindere dalla strategia adottata, è diffi-cile modificare l’immagine dei sistemi di for-mazione professionale che, in molti paesieuropei, accolgono gli studenti che nonhanno avuto successo nell’istruzione gene-rale. Sono comunque stati compiuti notevoliprogressi e l’IFP trova ora una nuova collo-cazione sia in seno ai sistemi d’istruzione siain relazione al mercato del lavoro.

4. Sistemi di certificazione, valutazione e riconoscimento delle competenze

I nostri sistemi di certificazione sono in fase ditrasformazione; si mette in discussione la capacitàdel diploma tradizionale di attestare delle compe-tenze individuali; nascono nuovi modelli di certi-ficazione, in particolare sistemi di convalida del-l’apprendimento informale.

In un mercato del lavoro contraddistinto da unacrescente mobilità, le «credenziali» acquistano unvalore intrinseco sempre maggiore. Allo stessotempo, l’inflazione dei diplomi comporta l’au-mento della domanda di qualifiche.

Attualmente, la certificazione diventa un ele-mento a sé della formazione, da cui è sempre piùindipendente («autonomizzazione»). La ricerca distrumenti per misurare le competenze pone l’ac-cento più sulla capacità dell’individuo di mobili-tare le proprie competenze che sul modo in cuiesse sono state acquisite. Tale approccio sfocia innuove forme di riconoscimento (in particolare perl’apprendimento informale).

Inoltre, l’attuazione di una strategia di apprendi-mento lungo tutto l’arco della vita esige che sitenga conto dei metodi alternativi per accederealle competenze e sviluppare legami tra le variefasi dell’apprendimento in diversi momenti dellavita.

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Se la trasparenza delle competenze certificate e laloro pertinenza per il mondo del lavoro rappre-sentano un fattore di flessibilità, la loro legittima-zione su larga scala è legata all’accettazione dicriteri. Occorre quindi cercare il giusto equilibriotra un grado di precisione che consenta di identi-ficare facilmente le competenze di un individuo eun livello di generalità sufficiente per permettereil riconoscimento delle competenze nel più ampiospettro possibile.

Attualmente vengono proposti nuovi modelli dicertificazione che enfatizzano percorsi alternativiper acquisire conoscenze, in particolare la forma-zione sul lavoro, durante il tempo libero o nellavita privata. La valutazione verte sulle compe-tenze acquisite, indipendentemente dal metodo diacquisizione.

I paesi europei possono essere suddivisi in cinquegruppi in funzione dell’importanza attribuitaall’apprendimento informale, alle iniziative istitu-zionali e/o metodologiche adottate e, infine, allesperimentazioni avviate.

a) Il primo gruppo è composto da Austria eGermania. L’atteggiamento di questi due paesinei confronti dell’apprendimento informale puòessere definito cauto. La necessità di nuove meto-dologie di valutazione non è riconosciuta dadiversi attori della formazione. Tuttavia, sonostati lanciati alcuni progetti sperimentali.

b) Il secondo gruppo comprende i paesi medi-terranei: Grecia, Italia, Portogallo, Spagna. Que-sti paesi non vantano una lunga tradizione alivello di IFP; pertanto, l’apprendimento infor-male è la forma dominante per quanto riguarda latrasmissione e l’aggiornamento delle competenze.Sono poi state fornite varie risposte metodologi-che e istituzionali. Sebbene il settore pubblico eprivato abbiano sottolineato l’utilità di ricono-scere l’apprendimento informale, non sonoancora stati adottati adeguati passi concreti in talsenso.

c) Nei paesi nordici (Danimarca, Finlandia,Norvegia, Svezia) vanno distinti due sottogruppi.In Finlandia e Norvegia, l’apprendimento infor-male è al centro del dibattito sull’istruzione e laformazione e dà vita ad importanti esperienze eriforme istituzionali. Finora gli altri due paesi(Svezia e Danimarca) hanno manifestato un inte-resse limitato per tale tematica.

d) Il quarto gruppo rispecchia l’influenza dellequalifiche professionali nazionali nel processo diapprendimento reciproco internazionale; essoinclude Irlanda, Paesi Bassi, Regno Unito. In

questi Stati membri l’importanza dell’apprendi-mento al di fuori dei sistemi formali è ricono-sciuta quasi unanimemente. Anche altri paesi ten-tano di adottare un sistema basato sul predettomodello delle qualifiche professionali nazionali(ad esempio, alcune regioni autonome spagnole).

e) L’ultimo gruppo, formato da Belgio e Fran-cia, risponde maggiormente a un criterio di ordinegeografico. La Francia ha svolto un ruolo d’avan-guardia a livello di identificazione, valutazione ericonoscimento delle competenze informali. Tutta-via, sebbene il paese vanti l’esperienza più lunga epiù ampia in questo settore, il riconoscimentosociale di questo tipo di apprendimento è limitato.Invece in questo campo il Belgio si trova allo sta-dio embrionale e non ha ancora optato per una stra-tegia chiara.

Altre iniziative adottate a livello di settore o diramo professionale contribuiscono a rendere piùcomplesso e articolato questo tema.

L’ Unione europea (cfr. libro bianco sull’insegna-mento e l’apprendimento del 1995 e programmicomunitari) ha contribuito a meglio focalizzare laquestione e ha sostenuto le iniziative lanciate alivello nazionale. Tuttavia, l’intensa attivitànazionale è più motivata dalle sfide concreteposte dalla creazione dei vincoli tra apprendi-mento formale e informale che dalla volontà dicreare sistemi trasparenti e armonizzati sul pianoeuropeo.

Le poche misure adottate su scala relativamenteampia rivelano che l’apprendimento informale èancora trattato come una sottocategoria dell’ap-prendimento formale. La natura di questo tipo diapprendimento, che sfocia nell’acquisizione dicompetenze specifiche, non è riconosciuta. Ciò èdovuto in parte al fatto che le qualifiche formalicontinuano ad essere alla base delle relazioniindustriali in termini di attribuzione dei livelliprofessionali e retributivi, nonché di contratti col-lettivi.

____________________________________________________________________________________Riepilogo e osservazioni

___________________________________________________________________________________9

Per quanto concerne l’apprendimento infor-male, l’affidabilità e la validità sono garantiteda criteri tecnici e strumentali, mentre laregolarità e la legittimazione devono essereassicurate da una base normativa. Una meto-dologia, per quanto perfetta, non ha alcunvalore senza un quadro istituzionale e poli-tico adeguato. Anche se le strutture istituzio-nali possono fornire una soluzione parziale,tale dimensione non va trascurata.

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5. Operatori dell’IFP, evoluzione dei ruoli, professionalizzazione e gestione dei sistemi

L’ evoluzione dei profili professionali dell’IFP ècondizionata da tre elementi nuovi dello scenarioformativo: lo sviluppo di organizzazioni di appren-dimento; l’accento posto sulle competenze e sull’ap-prendimento informale; l’impatto delle nuove tec-nologie informatiche e della comunicazione (TIC).

Le sfide cui deve far fronte l’IFP rendono neces-saria una maggiore professionalizzazione degliattori della formazione. È quindi opportuno esa-minare in che misura tale professionalizzazionepossa incidere sulla gestione dell’IFP e su un suopiù stretto legame con il mercato del lavoro.

Tradizionalmente, la professionalizzazione delruolo di docente e di formatore si basa sul conso-lidamento delle qualifiche pedagogiche, soprat-tutto per migliorare il ruolo d’istruttore/promo-tore. Questo metodo sfocia nell’allineamento pro-gressivo della funzione degli operatori dell’IFPcon quella dei docenti dei percorsi generali.

Ad ogni modo, l’ampia diffusione delle cono-scenze pedagogiche dev’essere associata all’intro-duzione di programmi di formazione continua chepermettano agli operatori di prepararsi per lenuove funzioni da svolgere (amministrazione,pianificazione, ricerca ecc.).

L’elevato grado di frammentazione delle categoriedi operatori — insegnanti, formatori, tutor, respon-sabili dello SRU, addetti all’organizzazione dellaformazione ecc. — è accompagnato dalla crescenteconvergenza delle loro funzioni. L’integrazioneformale delle varie categorie sembra tuttavia diffi-cile da realizzare. Si possono valutare diverse solu-zioni alternative: sviluppare elementi comuni intermini di formazione dei docenti (livello, metodoe contenuto) e nuove funzioni (ricerca, collega-menti IFP-SRU), accrescere la cooperazione con ilmondo del lavoro e le parti sociali, introdurre pro-grammi incentrati sul discente e ambienti formativiricchi, in particolare nell’ambito della FC.

Seconda parteApprendimento lungo tutto

l’arco della vita e competenze:sfide e riforme

In questa sezione l’apprendimento lungo tuttol’arco della vita viene affrontato sotto l’aspettopedagogico analizzando gli elementi di questastrategia: le competenze da sviluppare, le didatti-che e i metodi da applicare, le riforme da intra-prendere a livello di sistemi d’istruzione e forma-zione per garantire percorsi personalizzati e fles-sibili. Vengono inoltre esaminati i nuovi metodid’acquisizione delle competenze all’interno delleaziende collegati alla loro ristrutturazione inorganizzazioni di apprendimento.

1. Apprendimento lungo tutto l’arcodella vita: dalla nascita di un concettoa un nuovo modello educativo

In una società dove globalizzazione, progressotecnico e tecnologie della comunicazione sottoli-neano il valore fondamentale del capitale umano,l’avvento del concetto di apprendimento lungotutto l’arco della vita si accompagna a una gra-duale presa di coscienza dell’importanza dei pro-cessi di acquisizione e di aggiornamento delleconoscenze e delle competenze.

L’apprendimento lungo tutto l’arco della vita è unconcetto comparso negli anni 70, che all’epocas’incentrava su una visione dell’istruzione e for-mazione sistematica e istituzionalizzata. Il valoredelle competenze acquisite al di fuori delle istitu-zioni scolastiche era scarsamente riconosciuto(tranne in alcuni paesi, cfr. per esempio il sistemaduale tedesco). Gli operatori erano consapevoliche occorreva andare al di là della semplice esten-sione dell’istruzione tradizionale a tutto l’arcodella vita e che era necessario introdurre nuovimetodi; ciononostante si continuava a porre l’ac-cento sui contenuti oggetto di apprendimento,anziché sul processo o sul fruitore dell’apprendi-mento.

Da allora il mercato del lavoro e i sistemi educa-tivi hanno subito profondi cambiamenti, legati inparticolare ai mutamenti socioeconomici, al pro-gresso tecnologico e all’evoluzione demografica,il che ha comportato, tra l’altro, un considerevoleaumento del tasso di partecipazione degli adulti ainiziative di formazione (grafico 2).

Il futuro è competenza: istruzione e formazione_________________________________________________________________

10 __________________________________________________________________________________

La gamma dei compiti e delle funzioni delloSRU può fungere da base per la professiona-lizzazione degli attori dell’IFP. Si può preve-dere di diversificare il ruolo delle categorie dioperatori dei vari campi organizzativi dellaformazione (istruzione e luogo di lavoro) perarricchire le funzioni di educatore aggiungen-dovi quelle di responsabile dello SRU.

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Tali trasformazioni hanno evidenziato l’impor-tanza dell’impiegabilità, che implica la necessità disviluppare e di mantenere le competenze dei lavo-ratori, fornendo loro le conoscenze e le capacitànecessarie per conservare il posto di lavoro pertutta la vita professionale. A tale fine, occorre che isingoli individui possano assicurare la propriaimpiegabilità diventando «autodidatti» per tuttol’arco della vita. Dal punto di vista dell’impiegabi-lità, l’apprendimento lungo tutto l’arco della vitarisulta un’esigenza e un diritto per tutti. Lo Stato ele altre istituzioni responsabili dell’istruzione edella formazione devono quindi garantire le condi-zioni e le strutture adeguate per l’apprendimento.

La definizione degli aspetti centrali del nuovoconcetto di apprendimento lungo tutto l’arco dellavita contribuisce a individuare le sfide che gliStati, i sistemi d’istruzione, le imprese e i singoliindividui devono affrontare.

a) L’istruzione e formazione iniziale devonoassicurare l’acquisizione di una base di apprendi-mento minima. La formazione iniziale dev’essereconsiderata uno strumento che prepara i singoli

individui ad acquisire un grado sufficiente diadattabilità e di attitudine a occupare un posto dilavoro, fornendo le capacità e le competenzenecessarie per orientarsi e adeguarsi nell’arcodella vita ai cambiamenti che si manifestano alivello professionale e dell’ambiente di lavoro.

La fase iniziale dell’istruzione e della formazioneè di cruciale importanza, in quanto rappresenta un«investimento» nella creazione di quelle compe-tenze su cui l’individuo potrà fare affidamentonell’arco della vita. I giovani devono poterdisporre almeno di una «base minima d’istruzionee formazione», costituita da competenze e cono-scenze chiave su cui ancorare e fondare ciò cheapprenderanno successivamente.

b) Le imprese e i singoli individui svolgono unruolo chiave nella strategia dell’apprendimentolungo tutto l’arco della vita. Devono investirenello sviluppo delle loro potenzialità con il soste-gno di politiche pubbliche volte a creare unambiente economico e sociale favorevole.

L’aumento dell’investimento nella formazionedipende dall’iniziativa privata, comprese le

____________________________________________________________________________________Riepilogo e osservazioni

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Grafico 2 — Partecipazione all’istruzione e formazione lungo tutto l’arco della vita, paesi campione,1994/95, % (1)

(1) % di ogni gruppo che partecipa all’istruzione formale (3-29 anni) e all’istruzione e alla formazione per adulti (16-65 anni); medianon ponderata di 9 paesi (B, CA, IRL, NL, NZ, S, CH, UK, US).

(2) Eccetto gli studenti a tempo pieno di età inferiore ai 24 anni.

Fonte: OCSE, Education policy analysis, Parigi, OCSE (CERI), 1998.

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Età

Partecipazione all’istruzione formale (1995)

Partecipazione all’istruzione e formazione per adulti (1994/95) (2)

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imprese. I governi devono quindi stimolare leaziende e i singoli individui a investire nella for-mazione.

In considerazione dei mutamenti a livello dei pro-cessi commerciali e dell’organizzazione dellavoro, nonché dell’inasprimento della concor-renza — fenomeni causati dalla rapida diffusionedelle nuove tecnologie — le imprese dovrebberoessere consapevoli che la loro sopravvivenza ecompetitività sono subordinate al continuoaggiornamento delle competenze dei loro dipen-denti attraverso la formazione.

c) L’ individuazione, la valutazione e il ricono-scimento dell’apprendimento informale rappre-sentano una tappa cruciale nell’attuazione di unastrategia a favore dell’istruzione e formazionelungo tutto l’arco della vita. È importante colle-gare le varie forme di apprendimento in ogniaspetto della vita (lifewide learning) e nei diversiperiodi della vita (lifelong learning).

d) Il passaggio da un’impostazione «istruttivi-sta» a un approccio «costruttivista», in cui l’indivi-duo è attivo e i contenuti sono inseriti nel contestoe si basano sulla soluzione dei problemi, porta aridefinire completamente le funzioni degli inse-gnanti e dei formatori sia nelle aziende sia neglienti di formazione e nelle scuole. La situazionedidattica è meno prevedibile e include maggior-mente — o addirittura esclusivamente — la dimen-sione pratica. In precedenza, l’insegnante/forma-tore insegnava, dimostrava, spiegava. Ora, nellenuove forme di apprendimento, il suo ruolo èquello di consigliare e strutturare i vari processi.

e) Misure specifiche devono essere destinate aidiversi gruppi svantaggiatiper evitare un’accen-tuazione delle disparità in termini d’accesso all’i-struzione. Questi gruppi sono costituiti, per esem-pio, da:

• giovani che abbandonano la scuola senzaaver terminato gli studi secondari superiori;

• lavoratori non specializzati;

• lavoratori anziani;

• disoccupati o persone a rischio di disoccupa-zione;

• immigrati e minoranze etniche.

f) Se impiegate come supporto didattico, letecnologie dell’informazione e della comunica-zione (TIC) offrono una notevole flessibilità(scelta degli argomenti, dei momenti e dei metodidi studio, in particolare con Internet). Questa èuna delle ragioni per cui l’e-learning è uno dei

principali obiettivi della Commissione europea.Ciononostante le TIC possono determinare nuoveforme di esclusione e di emarginazione, penaliz-zando coloro che hanno un accesso limitato a talistrumenti oppure hanno una minore dimesti-chezza con dette tecnologie (specie quanti hannoparticolari necessità di apprendimento e/o proven-gono da ambienti sociali sfavoriti).

I modelli istituzionali devono essere riformati inmodo da creare o rafforzare i legami tra i vari ele-menti dei sistemi d’istruzione, nonché tra appren-dimento e lavoro (tabella 3):

• legami orizzontali nell’ambito del sistema d’i-struzione, creando collegamenti tra i vari percorsidi istruzione e formazione per agevolare la mobi-lità individuale;

• legami verticali tra i sistemi d’istruzione/for-mazione iniziale e continua per garantire unatransizione agevole tra i due momenti di acquisi-zione delle competenze;

• legami tra politiche educative e politiche delmercato del lavoro per consolidare la coopera-

Il futuro è competenza: istruzione e formazione_________________________________________________________________

12 __________________________________________________________________________________

Tabella 3 — Riforma del quadro istituzionaleper l’attuazione di una strategia di apprendimentolungo tutto l’arco della vita

Tipo di legami Obiettivi perseguitida sviluppare

Legami orizzontali Agevolare la mobilità degli nell’ambito individui creando collegamenti del sistema tra i diversi percorsi d’istruzionedi istruzione e formazione

Legami verticali Garantire una transizione tra i sistemi agevole tra i diversi momenti didi istruzione/ acquisizione delle competenzeformazione iniziale e continua

Legami tra politiche Consolidare la cooperazionedell’istruzione tra i diversi attori (ad esempio,e politiche ministeri dell’Istruzione e del del mercato Lavoro, parti sociali) e la del lavoro coerenza tra le politiche e le

misure attuate

Legami tra sistema Facilitare il passaggio da un dell’istruzione e sistema all’altro, stimolare la sistema produttivo reattività dei sistemi

d’istruzione, attirare l’attenzione delle imprese sui vantaggi a lungo termine della formazione e aiutare i giovani a familiarizzare con il mondo del lavoro

Fonte: autori.

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zione tra i vari attori (per esempio: ministeri del-l’Istruzione e del Lavoro, parti sociali);

• legami tra sistema educativo e sistema produt-tivo per facilitare il passaggio da un sistemaall’altro, stimolare la reattività dei sistemi di for-mazione, attirare l’attenzione delle imprese suivantaggi a lungo termine della formazione e aiu-tare i giovani a familiarizzare con il mondo dellavoro.

scientifiche, ma spesso con connotazioni diverse.In relazione all’occupazione, tende a prevalere suquello di qualifica formale. Nell’istruzione e for-mazione, la sua acquisizione diventa l’obiettivoprioritario. Tale concetto emerge in un contesto dicrisi socioeconomica e di trasformazione dell’or-ganizzazione del lavoro, che giustifica il passag-gio a un nuovo modello di gestione. Si cercaaddirittura di definire le competenze di cui i sin-goli individui dovrebbero disporre per trovare unacollocazione nella società.

Tradizionalmente, nel campo della formazioneprofessionale e dell’analisi del lavoro la compe-tenza era considerata qualcosa di assai specifico elegato al posto di lavoro. I mutamenti tecnici esociali hanno spinto a ricercare, oltre a compe-tenze specialistiche, competenze trasversali.

In Europa sono stati proposti vari modelli peradeguare i contenuti e i curricoli dei sistemi d’i-struzione e formazione professionale. Si possonoindividuare due tendenze principali:

____________________________________________________________________________________Riepilogo e osservazioni

__________________________________________________________________________________13

Dieci anni fa, i vari elementi dell’apprendi-mento lungo tutto l’arco della vita venivanostudiati singolarmente. Oggi la maggior partedei paesi sembra preferire un approccio oli-stico per riunire in un sistema coerente l’i-struzione e formazione iniziali e continue el’apprendimento formale e informale.

2. Competenze, processi di apprendimento e innovazionididattiche per i nuovi profiliprofessionali

Il rapido cambiamento del contenuto dei posti dilavoro è indotto soprattutto da due fattori:

a) l’introduzione di nuove tecnologie che pon-gono l’accento su competenze intellettualianziché su quelle incentrate sull’azione;

b) la diffusione di modelli organizzativi che intro-ducono nuove esigenze in termini di varietà,flessibilità e qualità nella realtà professionale.

Il mercato del lavoro presenta necessità contrad-dittorie: i datori di lavoro cercano persone estre-mamente adattabili (ovvero generici) e immedia-tamente operative (ovvero specialisti).

È probabile che la maggior parte delle personedebba fruire di una formazione e cambi lavoro nelcorso della vita professionale; è pertanto compitodell’IFP offrire al singolo individuo un’ampia basedi competenze tecniche, metodologiche, organiz-zative, di comunicazione e di apprendimento. Inol-tre l’istruzione e formazione professionaledovrebbe portare all’acquisizione di competenzespecifiche per agevolare la transizione dal sistemascolastico al mondo del lavoro. Per affrontare que-sta sfida, è necessario ridefinire l’istruzione profes-sionale e sostituire il concetto di «qualificazione»con quello, più vasto, di «competenza» (tabella 4).

Il concetto di «competenza» è diventato un passe-partout. Viene infatti impiegato in varie discipline

Tabella 4 — Cambiamenti nelle competenze derivanti dalle nuove tecnologie e da nuoveforme di organizzazione del lavoro

Fattori di Vecchio Nuovocompetenza contenuto contenuto

Responsabilità Basata sul Basatacomportamento, sull’assunzionecome impegno di iniziativee disciplina

Perizia Basata Di tipo cognitivo:sull’esperienza individuare

e risolvereproblemi

Interdipendenza Sequenziale, Sistemica;gerarchica lavoro di gruppo

Istruzione Acquisita Continuae formazione in maniera

definitiva

Apprendimento Passivo: Responsabilitàaddestramento personale nel-

l’apprendimento: apprendimentoautodidatta, apprendimento lungo tutto l’arco della vita

Fonte: Green A., Wolf A., Leney T., Convergence and diver-gence in European education and training systems, Institute ofEducation, Università di Londra: Bedford Way Papers,pag. 128, adattato dalla Commissione europea, programmaEurotecnet, 1999.

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a) l’approccio che predilige le competenze dibase e generiche;

b) l’approccio che promuove le competenze tra-sferibili (chiave) e le competenze professio-nali più ampie.

L’approccio che predilige le competenze base egenericheè tipico dei paesi anglosassoni, perquanto sia presente anche in altri paesi, ma inmodo meno marcato (Danimarca, Germania,Paesi Bassi).

Le competenze di cui si dovrebbe favorire l’ac-quisizione sono competenze elementari e/o cogni-tive a carattere generale, necessarie per occupareuna serie di posti di lavoro o, meglio, per svolgereogni tipo di lavoro: matematica, lettura e scrittura,soluzione di problemi, competenze sociali, dicomunicazione e interpersonali. Si tratta, per cosìdire, di «competenze d’ingresso».

L’ approccio che promuove le competenze trasferi-bili (chiave) e le competenze professionali piùampie (che prevale ad esempio in Austria, Dani-marca e Germania) si basa sull’acquisizione di uninsieme di competenze che trascendono la divi-sione del lavoro e i profili professionali tradizio-nali. L’accento è posto sulle competenze sociali edi comunicazione, sull’efficienza strategica con, inparticolare, la capacità di soluzione di problemi,sulle competenze organizzative e sulla leadership.

Tali competenze non sono fondamentalmentediverse da quelle indicate dai fautori dello svi-luppo delle competenze generiche, ma, poiché inquesta sede sono considerate dipendenti da uncontesto o da una serie di situazioni, a differire èla didattica volta alla loro acquisizione.

I problemi dell’esercizio della professione non simanifestano singolarmente, ma in gruppi specificia ogni categoria professionale, per cui si può par-lare di problemi professionali chiave. Quandoquesti si manifestano, il lavoratore deve mobili-tare un insieme di conoscenze e competenze perfornire una risposta adeguata e tempestiva. Taliproblemi sono determinanti in relazione al lavoroe all’efficienza di particolari categorie di lavora-tori qualificati. Per diventare lavoratori qualificatiesperti, i lavoratori alle prime armi devono dimo-strare di essere in grado di affrontare efficace-mente detti problemi. La capacità dimostrata daun individuo nel risolverli determina il suo livellodi perizia.

Durante il processo di apprendimento, i discentipossono utilizzare tali problemi per acquisire glielementi fondamentali delle competenze e delleconoscenze necessarie nella loro professione, maanche per sviluppare competenze più generali,vale a dire la capacità di risolvere problemi e lecompetenze metacognitive. In effetti il discentedeve far fronte ad elementi complessi, contraddit-tori e incerti, che contribuiscono allo sviluppo dicompetenze trasferibili.

I ricercatori e gli insegnanti impegnati nell’IFPsembrano meno divisi sulla natura delle compe-tenze che consentono ai singoli individui di adat-tarsi che sui metodi d’acquisizione di tali compe-tenze e sulla loro applicazione nelle situazioniprofessionali.

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Definizione di capacità/competenza

Capacità: le conoscenze e l’esperienza necessarieper svolgere una mansione o un lavoro specifici e/oil risultato dell’istruzione, della formazione e dell’e-sperienza che, assieme al know-how richiesto,caratterizza le conoscenze tecniche.

Competenza: la comprovata facoltà di utilizzareknow-how, capacità, qualifiche o conoscenze al finedi rispondere adeguatamente a situazioni ed esi-genze familiari e professionali in costante muta-mento.

Competenze generiche: le competenze su cui sifonda l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita,tra cui non soltanto leggere, scrivere e far di conto(capacità di base), ma anche competenze comuni-cative, di risoluzione di problemi, di lavoro digruppo, di assunzione di decisioni, di pensiero crea-tivo, informatiche e di apprendimento continuo.

Competenze trasferibili: le competenze in possessodell’individuo attinenti a mansioni e occupazionidiverse da quelle che egli svolge o ha appena svolto.

Competenze chiave: competenze complementaririspetto alle competenze generiche e di base checonsentono di:

• acquisire più facilmente nuove qualifiche;

• adeguarsi ad un ambiente tecnologico od orga-nizzativo in costante mutamento e/o di

• ottenere mobilità sul mercato del lavoro, ancheattraverso l’avanzamento di carriera.

Fonti: Bjørnåvold J., Tissot P., Glossary on identifi-cation, assessment and validation of qualificationsand competences; transparency and transferabilityof qualifications, documento di lavoro, Cedefop,Salonicco, 2000.

Fondazione europea per la formazione, Glossary oflabour market terms and standard and curriculumdevelopment terms, Torino: ETF (on-line), 1998.Disponibile su Internet all’indirizzohttp://www.etf.it/etfweb.nsf/pages/downloadgen.

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Alcuni ricercatori ritengono che occorra trasmet-tere competenze base (lettura, scrittura, matema-tica) e generiche (risoluzione di problemi, comuni-cazione, imparare a imparare). Altri, invece, purriconoscendo il valore di tali competenze. ricor-dano che la competenza dipende da un contestoeche non può essere sviluppata al di fuori di questo.

della vita renda necessaria la graduale realizza-zione di un sistema modulare, che dovrebbe per-mettere una migliore rispondenza dell’IFP aicambiamenti industriali, creando collegamenti tral’IFP e l’istruzione generale, nonché tra l’IFP inambiente scolastico e l’IFP sul posto di lavoro(formazione in alternanza).

In Francia, l’intercambiabilità tra istruzionegenerale e professionale è stata formalmentegarantita. La flessibilità risulta accresciuta dallaconvalida dell’apprendimento e dell’esperienzaprofessionale, che consente di accumulare creditiformativi. Ad esempio, è stata introdotta una qua-lifica duale: il diploma di maturità professionale.

La Germania ha scelto di applicare una politica didifferenziazione interna, per favorire dinamismo eflessibilità nell’ambito dei programmi. Unsecondo asse di riforma mira a personalizzareulteriormente le qualifiche professionali e ad assi-curare una transizione più fluida tra FPI e FC.

In Danimarcatutti i giovani, compresi quelli chefrequentano l’IFP, fruiscono di un’istruzionegenerale base che consente successivamente unamigliore mobilità tra i percorsi. È stato inoltreintrodotto un sistema modulare che favorisce,grazie alla combinazione personalizzata delleunità didattiche, l’adeguamento dei curricoli alleesigenze di speciali gruppi bersaglio.

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Sono state proposte innovazioni didatticheispirate ad entrambi gli approcci; tutte s’in-centrano sull’apprendimento autonomo, sullosviluppo di competenze mediante la solu-zione dei problemi e si basano su un insegna-mento e una pedagogia più attivi e persona-lizzati in contrapposizione all’insegnamentodi tipo classico (apprendimento frontale tra-dizionale o semplice riproduzione di compor-tamenti sul luogo di lavoro).

3. Personalizzazione e differenziazionedei percorsi di IFP

Per assicurare la varietà e la qualità della forma-zione, garantendo la realizzazione di una strategiadi apprendimento lungo tutto l’arco della vita,l’IFP deve, tra l’altro, adottare nuovi metodi flessi-bili e promuovere una maggiore personalizza-zione. Qui di seguito sono presentati alcuni esempinazionali e vengono suggerite riforme per il futuro.

Per raggiungere l’obiettivo della flessibilità edella personalizzazione, in Europa sono statiseguiti diversi percorsi:

• maggiore coerenzatra istruzione e formazioneiniziale e continua;

• maggiore modularizzazione dei percorsi for-mativi (che consente un approccio più flessi-bile alle competenze);

• creazione di programmi che abbinanocompe-tenze professionali e generiche (tra cui le qua-lifiche duali);

• ampliamento delle possibilità di scelta offertedai programmi di formazione (che facilitano larealizzazione di corsi personalizzati di svi-luppo individuale e professionale).

Le riforme sono tese ad aumentare la flessibilità ela differenziazione dell’IFP; devono inoltremigliorarne l’immagine, rafforzandone la posi-zione rispetto all’istruzione generale (cfr. sopra).

Nei Paesi Bassie nelRegno Unitosi ritiene chel’apprendimento personalizzato lungo tutto l’arco

Per promuovere l’apprendimento lungo tuttol’arco della vita occorre creare qualifiche (par-ziali o totali) intercambiabili che consentanodi muoversi tra istruzione generale, FPI, FC eistruzione superiore nell’ambito di un sistemache non sarà più lineare (una tappa dopo l’al-tra), ma favorirà il passaggio dai vari luoghi edai diversi momenti di acquisizione dellecompetenze, nel quadro di un approccio cheprivilegi l’acquisizione di competenze rispettoall’accumulo di qualifiche.

L’IFP diverrà più interessante consentendo diottenere qualifiche aggiuntive riconosciutenell’ambito della FC e offrendo formazionecontinua nell’ambito dell’istruzione supe-riore ai fini del conseguimento di qualifichedi IFP.

È necessario ampliare le opportunità di FCsul luogo di lavoro. Sembra che le nuoveforme di organizzazione del lavoro offranoopportunità di apprendimento superioririspetto alle forme tradizionali di divisionedel lavoro.

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4. L’apprendimento all’internodell’azienda

I nuovi modelli di organizzazione del lavoromigliorano le possibilità di acquisizione di pro-fessionalità e di apprendimento. Ad ogni modo, laformazione integrata nel processo lavorativomoderno è assai diversa dall’istruzione organiz-zata secondo criteri pedagogici. Nei casi più esa-sperati, le nuove forme di lavoro equivalgono anuove forme di apprendimento.

La formazione legata al lavoro non deve limitarsialla sperimentazione o alla formazione sul luogo dilavoro. Non è possibile acquisire una competenzaprofessionale completa soltanto attraverso l’ap-prendimento informale o non formale, che rappre-senta una situazione ristretta dal punto di vistacognitivo, in quanto non prevede alcun ritorno sul-l’attività. È pertanto necessario integrare forme diapprendimento consapevole, così da portare il pro-cesso al di là del livello caratterizzato esclusiva-mente dal conseguimento di obiettivi tecnici o eco-nomici e da favorire la riflessione e lo sviluppo per-sonale del discente (tabella 5).

Le forme di organizzazione e di apprendimentotipiche dei processi lavorativi industriali modernipossono essere suddivise in due grandi gruppi:

a) le forme di organizzazione d’apprendimento,che si spingono al di là delle necessità direttedel lavoro da svolgere e nelle quali l’appren-

dimento consapevole è sistematicamenteabbinato a quello informale;

b) le forme di organizzazione del lavoro nellequali le competenze sono acquisite in modoinformale e mediante l’esperienza e restanolimitate alle esigenze dettate dalla situazionedi lavoro.

Le forme di apprendimento sul luogo di lavororitenute innovative vanno al di là dell’apprendi-mento informale, in quanto abbinano sistematica-mente apprendimento e lavoro.

Un’organizzazione d’apprendimento è un’impresache mobilita la propria forza lavoro nella crescitadell’efficienza dell’organizzazione e del singoloindividuo, attraverso la riflessione continua sulmodo di eseguire i compiti strategici e quotidiani,nonché creando un ambiente propizio all’apprendi-mento. Il contenuto del lavoro diventa quindi con-tenuto dell’apprendimento. Insieme, essi diventanoelementi di una spirale di miglioramento continuo.

L’attuazione di forme di apprendimento integratenel processo lavorativo e organizzate autonoma-mente risponde anche ad obiettivi economici ed èlegata alla ristrutturazione delle imprese. Tali ini-ziative portano alla creazione di nuove prospet-tive di formazione e soddisfano obiettivi di naturaeconomica e pedagogica contribuendo:

• alla coerenza dei contenuti;

• all’aumento delle prospettive di sviluppo per-sonale e di autonomia dell’individuo;

• all’ottimizzazione della produttività e deirisultati;

• alla comprensione delle riforme organizzativeda parte degli attori coinvolti;

• all’acquisizione di competenze appropriatealle future esigenze del mercato del lavoro.

L’ apprendimento all’interno del moderno pro-cesso lavorativo presenta una serie di vantaggi intermini di orientamento e di motivazione ed assi-cura un legame diretto tra l’acquisizione delleconoscenze e la loro applicazione concreta. Tutta-via questo tipo di organizzazione comporta impli-cazioni non trascurabili per le funzioni e i compitidei responsabili della formazione, dello sviluppodelle risorse umane e dei lavoratori che fungonoda formatori.

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Tabella 5 — Tipi di apprendimento legato all’esperienza

Apprendimento legato all’esperienza

Apprendimento informale: Apprendimento mirato:non comporta un quadro apprendimento organizzativo o formale. mediante il qualeI suoi risultati si manifestano si intende ottenere da soli risultati specifici

Apprendi- Apprendimen- mento basato to mediantesull’esperien- coinvolgimen-za: comporta to: avvieneun processo senza undi riflessione processo

di riflessione o in maniera inconsapevole

Fonte: Dehnbostel P., Dybowski G., «Company-based lear-ning in the context of new forms of learning and differentiatedtraining paths» in Descy P., Tessaring M., ed., Training inEurope, I vol., 2001, adattamento degli autori.

Il riconoscimento del carattere costruttivodell’apprendimento e il rafforzamento deisuoi legami con il processo lavorativo modi-

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Terza parte Formazione e occupazione nella prospettiva aziendale

La terza sezione s’incentra sulle aziende e sulloro ruolo nella formazione e nell’occupazione.Dopo un’analisi delle possibili conseguenze dellaglobalizzazione sull’organizzazione del lavoro esulle competenze, si esaminano le strutture e ilfunzionamento dei mercati del lavoro e dell’occu-pazione interni, nonché la loro influenza sull’ac-quisizione e sull’utilizzo di competenze. Successi-vamente si illustrano le ricerche condotte sullePMI, sul lavoro autonomo e sull’imprenditoria-lità, nonché le implicazioni per la crescita, lacreazione di posti di lavoro e l’arricchimentodelle competenze. Si discutono inoltre gliapprocci allo sviluppo e alla valutazione dellerisorse umane a livello aziendale, nonché lepotenzialità delle indagini aziendali quali inte-grazione delle inchieste sulla forza lavoro.

1. Fabbisogno di competenze in un’economia globale

Non esiste un rapporto chiaro o lineare tra globa-lizzazione, divisione del lavoro ed esigenze diformazione aziendale. I cambiamenti nella divi-sione del lavoro sono dovuti in misura crescenteal processo di globalizzazione che si prevederichiederà ai dipendenti nuove capacità, compe-tenze e atteggiamenti professionali.

La sempre minor specificità legata al luogo e i vin-coli temporali nella produzione di merci e servizicreano nuovi criteri a livello di concorrenza suimercati globalizzati. Per soddisfarli, le azienderiorganizzano la produzione e i processi lavorativi,mentre i lavoratori devono far fronte alla domanda

di nuove competenze. Per quanto i risultati empi-rici sui nuovi concetti di produzione non sianosempre chiari, essi evidenziano un’ampia gammadi scelte dagli approcci più tradizionali, «neotaylo-ristici», ai nuovi approcci organizzativi.

L’« intelligenza di produzione» —una combina-zione di conoscenze teoriche, pratiche, sistemi-che, digitali e del processo lavorativo — e lecompetenze internazionali, manageriali e socialiacquisiranno maggiore importanza. Tuttavia èillusorio credere che ogni posto di lavoro com-porti un livello di nuove competenze altrettantoelevato. A volte la globalizzazione abbinata allenuove TIC crea tipi di lavori che riducono alminimo il fabbisogno di competenze. Inoltre èdifficile credere che ogni singolo lavoratore sia ingrado di soddisfare nuovi e sempre più pressantirequisiti professionali.

Pertanto non sempre si rileva una tendenza gene-rale verso una «riabilitazione» del lavoro. Invece— stimolata dalla globalizzazione — si nota unatendenza alla polarizzazioneprofessionale con, daun lato, attività che richiedono elevate compe-tenze e, dall’altro, funzioni che richiedono unaminore quantità di informazioni e conoscenze.

Ciò implica una sfida di vasta portata per i sistemidi IFP. La formazione dovrebbe contribuire a evi-tare l’esclusione di coloro che non fanno parte delsegmento superiore e intermedio del personalequalificato. Nell’ambito del sistema di forma-zione professionale si dovrebbe dedicare piùattenzione alle applicazioni delle TIC e alle con-seguenti esigenze di qualificazione (per esempiol’ e-learning). Inoltre, lo stesso settore delle tecno-logie di informazione e comunicazione deve farfronte a deficit quantitativi e qualitativi a livellodi qualifiche. La formazione professionaledovrebbe contribuire a ridurre almeno quello qua-litativo.

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ficano le condizioni e i metodi d’interventodel formatore, la cui funzione si orienta versoil coordinamento all’interno dell’organizza-zione d’apprendimento, che è insieme luogodi lavoro e di apprendimento; in questo qua-dro il formatore, oltre a svolgere le funzionitradizionali, diventa capo, portavoce, respon-sabile di progetto, addetto al controllo dellaqualità ecc.; si tratta di un processo che èstato affrontato anche nel contesto dei nuoviruoli degli operatori dell’IFP.

La diffusione delle moderne TIC non solopone ulteriori esigenze di qualifiche e forma-zione, ma influisce anche sull’erogazionedella formazione, per esempio attraverso lacreazione di centri didattici aperti, l’apprendi-mento autogestito a distanza, nonché l’offertadidattica destinata a coloro che non sono ingrado di frequentare regolarmente i corsi. Inquesto senso la «globalizzazione» potrebbeessere sfruttata per migliorare e integrare lecompetenze necessarie nella società globale(tabella 6).

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2. Mercati del lavoro professionali,interni ed esterni

Le discussioni sul contributo della formazionealla crescita economica e all’occupazione interes-sano le politiche pubbliche e il ruolo delleimprese e dei singoli individui in relazione allacreazione e all’accumulo di capitale umano. Ipunti focali riguardano la struttura, il funziona-mento e la mobilità dei mercati del lavoro, internied esterni, nonché le loro implicazioni per l’ac-quisizione e l’impiego di competenze.

Dalle ricerche compiute sul mercato interno e pro-fessionale è emerso che la scelta di un modellosociale, nonché il conseguente nesso retribuzione-lavoro, differiscono nei diversi paesi europei. Gliapprocci economici basati sulla teoria neoclassicadel capitale umano sono controversi, così comequelli sociologici fondati sulle teorie di segmenta-zione e del mercato del lavoro duale.

Tutti questi modelli sono in grado di spiegare sol-tanto in parte il nesso retribuzione-lavoro e, diconseguenza, il nesso competenza-lavoro, cioè il

ruolo dei vari attori (singoli individui, datori dilavoro, parti sociali, enti di formazione, Stato) nelcreare un rapporto tra mercato del lavoro esistema di istruzione/formazione.

Finora le prove empiriche dell’interazione tra ivari tipi di mercati del lavoro — interno, esterno,professionale — e dei loro collegamenti con l’i-struzione, la formazione e le qualifiche sonoalquanto scarse. Le analisi longitudinali, cheassociano singoli individui e aziende, sono ancoraagli esordi. Tali analisi tengono conto delle carat-teristiche istituzionali e dell’influenza di altriattori sulle modalità di formazione e sviluppoaziendali (tabella 7).

Esse dovrebbero permettere di rispondere alladomanda se, e con quali mezzi, gli svantaggiaccumulati nell’istruzione, nella formazione e neiprimi anni di carriera possano essere compensatinella successiva vita lavorativa da una forma-zione continua o da programmi mirati.

Fino ad oggi i modelli e gli approcci sociali sisono tendenzialmente focalizzati sui collegamentiesistenti tra formazione, rapporti di lavoro e

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Tabella 6 — Conoscenze e competenze richieste nell’economia globale

Conoscenze e competenze Motivo soggiacente

Conoscenze

Conoscenze teoriche Lavoro come processo di risoluzione di problemi

Conoscenze tecniche (digitali) Introduzione delle moderne TIC

Conoscenze pratiche, dei processi di lavoro Maggiore incertezza, situazioni a rischio causate dall’integrazione tecnica

Capacità e competenze

Competenze professionali, competenze Integrazione di funzioni, despecializzazione, lavoro di gruppomultiple

Competenze internazionali Globalizzazione dei mercati e della produzione

Competenze sociali Interazione diretta all’interno e tra gruppi di lavoro, adattamento,interazione diretta con i fornitori

Competenze gestionali Gerarchie piatte, decentramento, maggiore scambio di informazioni

Orientamenti lavorativi

Scrupolosità, affidabilità Qualità e tempo: aspetti chiave della competizione globale

Creatività, intraprendenza Innovazione: aspetto chiave della competizione globale

Leadership Coordinamento di gruppi di lavoro autonomi

Nuove qualità lavorative Impegno, fiducia, cittadinanza industriale

Fonte: Schienstock G. e a., Information society, work and the generation of new forms of social exclusion (Sowing): Literature review,Tampere, Università di Tampere, Centro di ricerca sul lavoro, 1999, pag. 83.

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gestione del personale. La maggior parte di questisi limita ad una descrizione delle caratteristichestrutturali, partendo dal presupposto di un mondostabile.

Tuttavia i rapporti tra formazione, mobilità eretribuzione/carriera possono variare a secondadel tipo di mercato, del momento, del paese edella regione. Lo stesso vale per le politicheriguardanti la competitività delle aziende, la fles-sibilità interna ed esterna, la lotta contro l’emargi-nazione sociale e nuove combinazioni di forma-zione e lavoro.

3. Ruolo delle PMI nella formazione e occupazione

Oggi le piccole e medie imprese (PMI) sono con-siderate come la fonte principale di sviluppo eco-nomico, d’innovazione e di creazione di posti dilavoro. I risultati confermano il ruolo decisivodelle PMI nella crescita e nell’occupazione: il99,8 % di tutte le aziende europee ha meno di 250dipendenti e le PMI danno lavoro alla maggiorparte della forza lavoro europea (tabella 8).

Attività autonome e a carattere familiare costitui-scono la maggioranza delle aziende di piccoledimensioni, soprattutto nell’Europa meridionale.Tuttavia si riscontra una tendenza verso una mag-giore dipendenza (o interdipendenze) da altrePMI o da grandi aziende, che coincide con unpassaggio da proprietario-imprenditore a managerdi una piccola o media azienda e con le lorodiverse strategie, per esempio in termini di risul-tati a lungo o a breve termine. Tale evoluzioneinfluisce anche sulla formazione e sulle politichedi assunzione e occupazione delle aziende.

Per quanto in alcuni paesi le PMI siano oggetto diricerca da molto tempo, economisti e sociologihanno «riscoperto» le piccole e medie impresesoltanto negli anni 80. Il declino della produzione

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Tabella 7 — Caratteristiche del mercato del lavoro e del mercato professionale interno

Funzione Mercato professionale Mercato del lavoro interno

Formazione Apprendistato Esperienza acquisita nell’ambito dell’impresa

Natura della formazione Standardizzato secondo i principi Non standardizzata, specifica nell’arco della vita lavorativa professionali della singola impresa

Trasferibilità delle qualifiche All’interno della gerarchia professionale Nell’ambito dell’impresa

Posto occupato Nessun ruolo riconosciuto in termini di Forte accento sull’acquisizione acquisizione di competenze o retribuzione di competenze e retribuzione

Livello di qualifica quando Livello di qualifica invariato Perdita di livellosi cambia azienda

Controllo del contenuto Basato sulla difesa dell’occupazione Basato su un sistema normativo del lavoro applicato a tutti i dipendenti

dell’impresa (ad esempio, sistema di classificazione)

Organizzazione dei lavoratori Basato sull’affiliazione dei lavoratori Basato sull’impresa o sul settore

Principale oggetto dei negoziati Regole di demarcazione tra posti Norme generali applicabili a tuttisulla flessibilità di lavoro i lavoratori

Fonti: Eyraud J.-F., Marsden D., Silvestre J-J., «Marché professionnel et marché interne du travail en Grande-Bretagne et enFrance» in Revue internationale du travail, 4, pagg. 551-569, 1990. Hanchane S., Méhaut P., «Training, mobility and regulation ofthe wage relationship: specific and transversal forms» in Descy P., Tessaring M., ed., Training in Europe, II vol., 2001.

«Scossoni» come l’apertura dell’Europa, laglobalizzazione, la diffusione dell’istruzione,il mutamento delle organizzazioni del lavoroecc. dovrebbero stimolare la nascita dimodelli dinamici, passando così da una meradescrizione degli spazi sociali all’analisidelle modalità di trasformazione (o di nontrasformazione).

Studi comparati che si basano su approcciinterdisciplinari e utilizzano informazioniquantitative e qualitative — in particolare alivello aziendale — rappresentano temi diricerca cui dev’essere rivolta assai più atten-zione.

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di massa, il decentramento, la terziarizzazionedelle economie e la persistente disoccupazionehanno evidenziato la flessibilità delle piccolestrutture che si ritiene siano in grado di migliorarel’innovazione, la competitività e la capacità dirisposta ai mercati in trasformazione. Comunque,la specificitàe la contestuale diversitàdelle PMI— ancor più in un contesto europeo — impedi-scono di effettuare un’analisi globale del ruolodelle PMI nella formazione e nella creazione dioccupazione.

La ricerca ha messo a punto numerosi approcciche riflettono le definizioni, il peso economico elo sviluppo storico delle PMI nei paesi europei.Comunque, fino a poco tempo fa, e con l’ecce-zione di Italia e Germania, le PMI non hannocostituito oggetto di ricerca a sé.

Le PMI rivestono invece crescente interesse perle politiche nazionali e transnazionali in terminidi modernizzazione, innovazione e sviluppo dellerisorse umane. Le ragioni sono ovvie: la crescitadei servizi e la ristrutturazione delle grandiaziende; la crisi delle grosse concentrazioni; ivantaggi offerti dalle unità piccole e flessibili.Alle PMI si associano soprattutto le speranzelegate alla lotta contro la disoccupazione e alrafforzamento della dinamicità economica.

Non sempre è evidente il collegamento tra crea-zione di un’azienda e creazione di posti di lavoro.Tra le PMI la rapida crescita in termini di produ-zione e occupazione costituisce un fenomeno che siapplica soltanto a un numero relativamente limitatodi piccole aziende di successo in forte espansione.La maggior parte delle PMI che registrano ottimirisultati opera nel settore dei servizi e dà lavoro,soprattutto se è passata dal livello di microimpresaa quello di piccola impresa, a una quota di personalealtamente specializzato pari alle aziende più grandi.Invece le microimprese impiegano in misura supe-riore alla media lavoratori (in particolare donne)con qualifiche di livello medio (tabella 9).

Le PMI creano posti di lavoro, ma possono anchedistruggerli. La «distruzione creativa» di Schum-peter, con la comparsa e la scomparsa di aziendee posti di lavoro nel mercato, è un elemento fon-damentale di dinamismo economico, un contri-buto al cambiamento strutturale e alla ripresa deimercati del lavoro. Tuttavia la fluttuazione puòanche rafforzare la precarietà dell’impiego, impe-dendo ai lavoratori e alle aziende di investire nelmiglior modo possibile nelle risorse umane.

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Tabella 8 — Imprese e occupazione (1) in Europa 1994-1996, EU-15, %

Dimensioni Imprese Occupazione(numero didipendenti) (1996) (1994)

0-9 93,0 27,5

10-49 5,9 15,3

50-249 0,9 11,1

0-249 (PMI) 99,8 53,9

250+ 0,2 46,1

Totale 100,0 100,0

(1) Agricoltura esclusa (nota: il settore agricolo occupa il5,4 % del totale della forza lavoro europea).

Fonti: imprese: Trouvé P. e a., «The employment and trainingpractices of SMEs. Examination of research in five EU MemberStates» in Descy P., Tessaring M., ed., Training in Europe, IIvol., 2001, basato su ENSR (1997, pag. 326, agricoltura e set-tori non di mercato esclusi); occupazione: Commissione euro-pea, Employment in Europe 1998, Lussemburgo, EUR-OP,1998 (figura 117, basata su «Enterprises in Europe» e sull’inda-gine relativa alla forza lavoro comunitaria, esclusi agricoltura eservizi domestici, compreso il settore energetico).

Molte ricerche sulle PMI si sono dedicate aisettori produttivi e troppo poche si sono con-centrate sui servizi e sui confronti internazio-nali. La ricerca dovrebbe occuparsi di più deisettori chiave che creano posti di lavoro —per esempio servizi destinati alle aziende e aisingoli individui, ricreazione/turismo, alber-ghi e ristoranti, sanità, istruzione ecc. — non-ché delle competenze richieste.

Il sostegno politico all’avviamento aziendaledeve far fronte al problema di come indiriz-zare adeguatamente gli interventi. Comeindividuare le PMI con i migliori risultati checreano più posti di lavoro? La politicadovrebbe anche focalizzarsi sulla qualità deiposti di lavoroin termini di stabilità, durata econdizioni di lavoro?

Numerose difficoltà sorgono quando si cerca diquantificare il contributo specifico delle PMI allacrescita occupazionale, non soltanto a causa delletrasformazioni economiche in atto, ma anche per-ché i termini «creazione» e «occupazione» sonopiuttosto vaghi.

I problemi riguardano anche il metododi analisiappropriato, per esempio la distinzione tra riservee flussi, tra creazione netta e lorda di posti di

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lavoro, nonché l’impiego di dati trasversali o lon-gitudinali. Un altro interrogativo a cui rispondereè in quale misura la crescita occupazionale èendogena, cioè determinata dalla creazione diimprese e dal loro conseguente sviluppo, oppureesogena, ovvero se è il risultato delle pratiche dioutsourcing delle grandi aziende. Ciò influisceanche sul fabbisogno di qualifiche e sulle diversestrategie di formazione delle PMI.

Vista la diversità delle PMI e il loro radicamentoin ambienti specifici, la ricerca si è concentratasulla valutazione dell’impatto delle pratiche diformazione e occupazionedelle PMI (grafico 3).

Per esempio, dalle ricerche è emerso che:

• in Europa, le PMI assorbono la maggior partedei giovani impegnati nella formazione iniziale,soprattutto attraverso l’apprendistato. Per quantoesistano piccole aziende che assumono giovanipiù specializzati, gran parte delle PMI offre postidi lavoro scarsamente specializzati e precari.Questa è una ragione per cui un numero conside-revole di giovani abbandona le imprese di piccoledimensioni al termine della formazione;

• l’impegno delle PMI nella formazione conti-nua (FC) è di gran lunga inferiore a quello dellegrandi aziende. Ciò dipende anche dall’orienta-mento strategico e dal profilo del proprietario-

manager. Nella maggior parte dei casi, la FCserve per adattare le competenze alla domanda abreve termine e si svolge soprattutto sul posto dilavoro e in modo informale. Tuttavia sono per lopiù le piccole aziende altamente tecnologiche ogestite da un manager ad affidarsi in misura sem-

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Tabella 9 — Livello d’istruzione degli occupati per settore (1) e dimensioni aziendali, EU-15, 1995, %

Livello di istruzione Dimensioni dell’impresa (numero di dipendenti)(ISCED) (2) 1-10 11-49 50+ 1-10 11-49 50+

Tutti i settori Servizi

Uomini

Elevato 18,1 21,4 27,9 34,5 37,3 39,9

Medio 42,3 47,5 45,2 39,6 38,9 37,7

Basso 39,6 31,1 26,9 25,9 23,8 22,4

Tutti i livelli 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

Donne

Elevato 17,2 24,3 24,9 28,0 35,5 35,0

Medio 44,5 44,8 45,1 46,5 39,8 42,1

Basso 38,3 30,8 30,0 25,5 24,7 22,9

Tutti i livelli 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

(1) Settore agricolo escluso.

(2) Elevato: ISCED: 5-7; medio: ISCED 3; basso: ISCED 0-2.

Fonte: Eurostat (Commissione europea, Enterprises in Europe. Fifth report — Data 1994-1995, Lussemburgo, EUR-OP, 1998,pag. 105).

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Grafico 3 — Ruolo dei datori di lavoro nella formazione professionale iniziale e continua

Ruolo del Nella formazione professionaledatore di �� continualavoro�� Scarso Medio Forte

Scarso Spagna Belgio Finlandia,Svezia,

Poco Italia, Regno formalizzato Grecia, Unito

Portogallo

Minoritario Irlanda, Franciaed istituzio- Lussemburgo,nalizzato Paesi Bassi

Dominante Germania, Danimarcaed istituzio- Austrianalizzato

Fonte: Aventur F., Campo C., Möbus M., Les facteurs dedéveloppement de la formation continue dans l’Europe desquinze, Céreq BREF, n. 150, febbraio 1999.

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pre maggiore a iniziative formali di FC oppure acooperazioni, reti, enti di formazione esterni o anuovi tipi di formazione supportati dalle TIC.

Per quanto riguarda le misure politiche a sostegnodella FC nelle piccole aziende, i paesi europeiperseguono approcci diversi, che spaziano daobblighi di legge per l’azienda ad approcci deltipo laissez-faire per i datori di lavoro. Altri paesihanno introdotto una serie di norme intermedienell’ambito dei contratti collettivi o in coopera-zione con le parti sociali.

mercato del lavoro. La crescente disoccupazionepuò «spingere» ad avviare un’impresa. Unanuova domanda di beni e servizi può «tirare» lacreazione di nuove aziende. Tuttavia non vi sonomolte prove che dimostrino l’esistenza del fattore«spinta» e ciò sembra confermare l’importanzadell’altro fattore nella creazione di un’azienda.

La ricerca ha elaborato un quadro complessodella sopravvivenza delle imprese e dei suoieffetti sull’occupazione. In generale, in Europa enegli Stati Uniti la percentuale di sopravvivenzadelle aziende dopo 5 anni dall’inizio dell’attivitàoscilla tra il 50 % e il 60 %, con variazioni in fun-zione del settore, della regione e del paese. Unacrescita rapida in un’impresa appena creata costi-tuisce un’eccezione.

Il processo di sopravvivenza, tuttavia, è più com-plesso di quanto si pensi. Le chiusure non sonosempre un segnale di «fallimento»: spesso avven-gono perché si presentano alternative più favore-voli per il fondatore e molte volte non compor-tano perdite finanziarie. Pertanto affermare che«chiusura = fallimento» non è sempre esatto.

Il concetto di innovazioneè ancora meno chiaro.In generale, le PMI sono tanto innovative quantole grandi aziende. Persino tra le PMI in rapidacrescita soltanto alcune evidenziano una notevoleproduttività oppure realizzano attività innovative.Non esiste determinismo tecnologico, per quanto,nel primo periodo dopo l’avviamento, sia possi-bile riscontrare un rapporto positivo tra innova-zione e sopravvivenza.

In molti casi né la tecnologia né l’innovazionecostituiscono un vantaggio particolare. Fattorideterminanti sono la particolare posizione sul mer-cato e all’interno della catena del valore aggiunto,il radicamento territoriale, gli ambienti innovativi ei contatti con le università e gli istituti di ricerca. Senuove imprese si affacciano su mercati consolidati,la loro sopravvivenza risulta difficile e rischiano diperdere la loro indipendenza.

Il futuro è competenza: istruzione e formazione_________________________________________________________________

22 __________________________________________________________________________________

Le politiche di assunzione e del personale dellePMI risentono spesso della mancanza di unapianificazione del personale a lungo termine, didecisioni di assunzioni a breve termine cheriflettono una domanda temporanea, nonché diprocedure di selezione informali. Dal momentoche, rispetto alle grandi aziende, le PMI for-mano più giovani, danno lavoro a più disoccu-pati (per la maggior parte anziani) e familiari,possono avere la funzione di «mercati dellavoro di transizione» tra formazione, occupa-zione, disoccupazione e lavoro domestico.

È necessario pertanto condurre più ricerche, pren-dendo in considerazione gli aspetti regionali e ladiversificazione delle PMI che si dovrebberispecchiare in iniziative politiche adeguate.

4. Imprenditorialità e strategiaoccupazionale europea

Di norma, gli imprenditori sono considerati«agenti di cambiamento e di crescita». Cionono-stante, non sempre sono chiare le condizioni peravviare un’attività in grado di sopravvivere e ilcontributo delle nuove aziende (in gran partePMI) alla crescita e all’occupazione.

La maggior parte delle ricerche attuali sottolinea il«capitale sociale» dell’imprenditore. Si possonodistinguere quattro categorie di imprenditori,ognuna delle quali evidenzia strategie commer-ciali, di occupazione e formazione in parte diverse:

a) appartenenti ad un ambiente imprenditoriale;

b) imprenditori per necessità;

c) imprenditori per adattamento (per esempio, inquanto senza lavoro o con un impiego precario);

d) imprenditori che hanno colto un’opportunità.

Esistono molte ricerche sui meccanismi alla basedell’avviamento di un’attività e i collegamenti al

Il sostegno pubblico, oggi, non prevede sol-tanto aiuti finanziari e l’assegnazione di capi-tale umano, ma cerca anche di stimolare lo spi-rito imprenditoriale o la «cultura imprendito-riale» riducendo i costi e gli oneri del lavoro,oppure eliminando barriere amministrative efiscali. Tuttavia, misure di sostegno indiffe-renziate possono anche non porre rimedio asviluppi disomogenei e a squilibri in terminisociali e geografici e possono non essere unafonte di creazione di posti di lavoro.

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La ricerca e la politica sono sempre più interes-sate al lavoro autonomocome fonte di nuovi postidi lavoro e come alternativa al lavoro dipendenteo alla disoccupazione. I problemi in questocampo sono strettamente associati ai temi legatialle PMI e all’imprenditorialità.

Tuttavia l’accesso a questo settore di ricerca è dif-ficile, data l’eterogeneità del lavoro autonomo (peresempio, agricoltura, libera professione, lavoro«semiautonomo») e le diverse definizioni giuridi-che e fiscali di lavoro autonomo nei vari paesi.

Il processo di acquisizione dell’indipendenza èstato incoraggiato e promosso con sovvenzionipubbliche per i disoccupati, le persone a rischio e

le donne. L’intenzione era quella di rafforzarel’innovazione e la crescita economica, creareposti di lavoro e ridurre la disoccupazione.

Tuttavia, in base ai dati Eurostat e OCSE, nellamaggior parte dei paesi non è possibile trovareuno stretto rapporto tra questi fattori a livellomacro (grafico 4).

Quasi tutti i paesi industrializzati hanno varato, conun certo successo, programmi destinati ai disoccu-pati — in particolare ai disoccupati di lungoperiodo — per fare di loro dei lavoratori autonomi.Il livello di intensità e successo di tali iniziativenon è uniforme. Il tasso di partecipazione è risul-tato piuttosto basso e si sono riscontrati cosiddetti

____________________________________________________________________________________Riepilogo e osservazioni

__________________________________________________________________________________23

Grafico 4 — Lavoro autonomo, disoccupazione, crescita e creatività in alcuni paesi campione

S D FIN US UK A DK F L NL B E P

0

5

10

15

20

25

30

35

40

45

50Creatività

Lavoro autonomo

Disoccupazione

Crescitadel PILx 10

Lavoro autonomo: percentuale della forza lavoro impiegata in un lavoro autonomo non nel settore agricolo nel 1994.Creatività: domande di marchio depositate nel 1994 su una popolazione di 100 000 persone.Crescita: PIL (tasso di crescita medio 1990-1997 moltiplicato per 10).Tasso di disoccupazione: % nel 1995; classifica dei paesi secondo il coefficiente di creatività.

Fonti: OCSE, Fostering entrepreneurshi, The OECD Jobs Strategy, Parigi: OCSE, 1998; Commissione europea, Employment inEurope 1998, Lussemburgo, EUR-OP, 1998.

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effetti «peso morto», in quanto hanno fruito delsostegno disoccupati che erano comunque inten-zionati a diventare lavoratori autonomi.

Un settore emergente, con stretti legami con lePMI e l’imprenditoria, è la «nuova economiasociale», ossia il settore non-profit tra Stato emercato. Gli imprenditori delle attività a caratteresociale combinano obiettivi economici e sociali epertanto differiscono sostanzialmente dal concettoclassico di imprenditori formulato da Schumpeter.Le imprese a carattere sociale rispondono anecessità che non sono soddisfatte — o lo sonosoltanto in parte — dal settore pubblico o dalmercato. La maggior parte di queste organizza-zioni ha un obiettivo sociale, ovvero aiutano lepersone scarsamente specializzate o disoccupate arientrare nel mondo del lavoro, a diventare lavo-ratori autonomi o, più in generale, mirano arafforzare lo sviluppo locale e regionale.

Un numero crescente di cooperative, associazionie organizzazioni dei consumatori nasce allo scopodi realizzare l’integrazione sociale attraverso illavoro a livello locale, spesso collegato a obiettiviambientali. Di conseguenza, le imprese socialihanno assunto numerose funzioni del settore pub-blico, che si sta ritirando sempre più da alcunisettori della vita sociale.

Le iniziative di ricerca si occupano sempre piùspesso di analizzare i collegamenti tra formazionee risultati degli imprenditoriin termini di soprav-vivenza, redditività, crescita e creazione di occu-pazione. La maggior parte degli studi indica cheknow-how tecnologico, qualifiche elevate ed unaspecifica conoscenza del segmento commercialerappresentano una condizione sine qua non per ilsuccesso, assieme alla conoscenza del mercatolocale e all’integrazione in reti con altre aziendee/o con università ed enti di ricerca.

Tutto ciò richiede una politica di sostegno mirata cheattribuisca all’informazione, alla consulenza, allaformazione e all’insegnamento l’importanza dataall’accesso al capitale (a rischio) e all’abolizionedelle barriere giuridiche e amministrative. Al giornod’oggi, programmi di consulenza e formazione adhoc sono un elemento integrante di quasi tutti i pianieuropei che promuovono l’imprenditoria.

Le basi per il raggiungimento dell’indipendenzadovrebbero essere gettate già nella scuola dell’ob-bligo. La pianificazione e l’esecuzione di piccoliprogetti, in gruppo e con scambio dei ruoli, potreb-bero costituire un primo passo. Questa pedagogiaprogettuale è una delle più utili nell’acquisizione diqualifiche chiave e di competenze sociali.

Prima di intraprendere la formazione professio-nale, si potrebbero stabilire e intensificare i con-tatti con il mondo del lavoro per imparare adagire in maniera autonoma, acquisendo compe-tenze sociali e fiducia in se stessi, oltre che trarreuna prima impressione del mondo del lavoro.

Più tardi, a livello di scuola secondaria superiore,l’«imprenditorialità» potrebbe diventare un obiet-tivo professionale a sé. Alcuni paesi europeihanno sviluppato un’ampia gamma di attività adhoc, per esempio simulazione dell’attività azien-dale, progetti di lavoro di gruppo, esercizi dimappatura o giochi di ruolo, strutture di apprendi-mento, progetti tipo ecc.. A questa età gli aspettiinterni ed esterni dell’imprenditorialità dovreb-bero essere approfonditi mediante un apprendi-mento costruttivo — non istruttivo — legatoall’esperienza al di fuori della classe, al fine disviluppare creatività, motivazione, iniziativa,fiducia in se stessi, temerarietà e cooperazione.

Nella maggior parte dei paesi la consulenza, ilsostegno e la formazione pratica al potenzialeimprenditore sono forniti all’interno dell’istru-zione superiore o dell’attività di formazione con-tinua. Molte di queste iniziative sono sostenutedalla Commissione europea, in particolare nelquadro dei fondi sociali regionali ed europei. Ingenerale si assiste a una trasformazione degliobiettivi dei programmi che, da generici e nonspecifici, stanno diventando misure mirate.

Si possono pertanto distinguere le seguenti fina-lità, che in parte si sovrappongono:

a) promozione dell’imprenditorialità in areeinnovative e altamente tecnologiche, soprat-tutto nel settore dei servizi;

Il futuro è competenza: istruzione e formazione_________________________________________________________________

24 __________________________________________________________________________________

Dal punto di vista educativo e formativo, tut-tavia, l’imprenditorialità e l’autonomiadovrebbero essere inculcate ben prima, nellascuola dell’obbligo e nella formazione ini-ziale. In tutte le sfere della vita lavorativa,«agire in modo indipendente» è una compe-

tenza chiave; ciò vale non solo per i poten-ziali imprenditori, ma per tutti i lavoratori acui si chiede di pianificare, eseguire e con-trollare il lavoro in modo autonomo. Lenuove organizzazioni del lavoro, nonché ilcambiamento delle aspettative e degli obiet-tivi dei singoli in relazione ad attività profes-sionale, carriera e vita hanno fatto sì che ognilavoratore sia «imprenditore della propriacapacità lavorativa».

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b) promozione di giovani adulti, donne, disoc-cupati di lungo periodo;

c) promozione delle categoria sfavorite, tra cuiimmigrati e lavoratori dell’economia som-mersa;

d) promozione degli ambienti favorevoli all’av-vio dell’attività, per esempio parchi scienti-fici, centri tecnologici e di consulenza, finan-ziatori, incubatori, sportelli unici ecc.

5. Sviluppo e valutazione delle risorse umane

Per «sviluppo delle risorse umane» s’intende l’at-tivazione e lo sviluppo di conoscenze e compe-tenze a livello aziendale. Ai valori e alle politichealla base di una vita lavorativa e di una culturadell’istruzione e della formazione di tipo umani-stico «europeo» si contrappone un modello stru-mentale di «gestione delle risorse umane», ches’ispira a principi di organizzazione del lavoro ditipo tayloristico e ad un’economia neoliberale, incui le persone sono considerate «risorse», inquanto utilizzate per incrementare la produttivitàe il risultato economico dell’azienda.

Ciò solleva il problema del ruolo futuro dellepolitiche di «sviluppo delle risorse umane» nelcontesto europeo.

umano è considerato un metodo per valutare ilrisultato aziendale, nonché le strategie future.Questo aspetto è diventato un elemento integrantedella maggior parte degli strumenti di gestionemessi a punto negli ultimi anni. Comunque, sullaquestione regna ancora molta incertezza.

Attualmente emergono nuovi approcci che uni-scono reporting e gestione del capitale umano;essi si concentrano su singoli elementi specifici osulla totalità degli elementi che costituiscono ilcapitale umano e il suo utilizzo.

Per svariate ragioni le imprese mostrano cre-scente interesse nei confronti del reporting delcapitale umano (tabella 10). Pur continuando adoccuparsi principalmente del fattore «input»(costi), alcuni programmi valutano anche il fat-tore rendimento (benefici) in base a un quadrostandardizzato. Le aziende utilizzano sempre piùsistemi di reporting interni/esterni. Finora perònon è stato individuato un metodo comune direporting del capitale umano.

Le organizzazioni internazionali e la maggiorparte dei governi nazionali non hanno ancoraespresso una chiara opinione in merito alla stan-dardizzazione e alla diffusione degli strumenti direporting, ma è probabile che saranno elaboratiquadri ad hoc con un numero minimo di indica-tori standardizzati.

____________________________________________________________________________________Riepilogo e osservazioni

__________________________________________________________________________________25

La sfida della globalizzazione evidenzia lacreazione di quadri sociali che si concentranosu nuove forme di cooperazione interorganiz-zative e su alleanze tra imprese e produttori diconoscenza. In tale prospettiva la soluzioneneoliberale deve lasciare spazio alla promo-zione dell’apprendimento da parte di singoliindividui, aziende, regioni, nonché alla crea-zione di contesti di apprendimento adeguati.

Strettamente collegata con lo sviluppo dellerisorse umane — e addirittura una sua premessaindispensabile — è la valutazione del capitaleumano di un’azienda, cioè delle conoscenze,capacità, competenze e altre qualità degli indi-vidui che la costituiscono. Il cosiddetto «repor-ting» del capitale umano s’incentra sulla misura-zione di valori e processi correlati all’acquisi-zione, allo sviluppo e alla diffusione delle cono-scenze.

Data la crescente importanza della conoscenzacome bene intangibile, il reporting del capitale

A meno che non vengano sviluppati approccigenerali con il sostegno di governi e/o orga-nizzazioni internazionali, il reporting delcapitale umano s’incentrerà sulla prospettivadella gestione, trascurando altri vantaggi, peresempio quello di attirare manodopera quali-ficata. Se invece si fisserà un gruppo di indi-catori minimi, le potenzialità del reportingandranno a tutto beneficio della direzioneaziendale e degli altri attori.

6. Analisi del fabbisogno di competenzee di formazione attraverso le indaginiaziendali

Gli attori del mercato del lavoro e i ricercatorisono sempre più interessati, come complementoalle indagini sulla forza lavoro, a ottenere infor-mazioni concrete sullo sviluppo della domanda dilavoro e sul fabbisogno di competenze a livelloaziendale. Alcuni importanti quesiti cui le inda-gini aziendali devono dare una risposta riguar-dano, per esempio, deficit e fabbisogno di compe-

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tenze, sottoutilizzo delle risorse umane, collega-menti tra competitività e investimenti a favore delcapitale umano, nonché valutazione delle inizia-tive di formazione finanziate con fondi pubblici.

I dati disponibili dal lato della domanda (aziende)sono però scarsi rispetto a quelli riguardanti l’of-ferta (lavoratori). Nonostante la raccolta sistema-tica di un consistente volume di dati aziendali,gran parte di questi non si soffermano — o addi-rittura trascurano — aspetti relativi alla forma-zione e alle competenze.

Lo stesso vale per l’analisi della ristrutturazionedel processo aziendale, che riguarda l’interacatena a valore aggiunto di un’impresa, inclusisubappaltatori e acquirenti, e richiede un miglioreuso delle qualifiche dei dipendenti.

Dai dati integrati, che raggruppano dati sui datoridi lavoro e sui dipendenti, si può ricavare unavisione più profonda della formazione e degliaspetti riguardanti la formazione continua, non-ché un’interessante prospettiva per la ricerca sul-l’IFP. Si tratta di un campo di ricerca emerso rapi-damente negli ultimi cinque anni.

Vi sono importanti ragioni che impongono di con-siderare le preferenze individuali e le strategiedell’impresa in relazione alla formazione. Innan-zitutto non sono indipendenti le une dalle altre: lascelta individuale di formazione tiene conto del-l’offerta esistente e delle conseguenti prospettivesul mercato del lavoro, mentre le imprese, quandodevono adottare decisioni in materia di forma-zione, prendono in considerazione le risorseumane disponibili sul mercato del lavoro internoed esterno.

Restano parecchi interrogativi in merito all’impo-stazione delle indagini aziendali e all’elabora-zione dei dati integrati per i datori di lavoro e i

Il futuro è competenza: istruzione e formazione_________________________________________________________________

26 __________________________________________________________________________________

Tabella 10 — Principali approcci al reporting del capitale umano

Approccio Calcolo dei costi Contabilità del Gestione del Gestionedelle politiche capitale umano capitale umano strategicadel personale

Periodo di origine Metà anni 60 Inizio anni 60 Fine anni 70 Inizio anni 90

Caratteristiche Utilità finanziaria della Valore finanziario Apprendimento e Combinazione di selezione di personale del capitale umano divulgazione delle indicatori finanziari,

delle imprese conoscenze quale capitale umano, strategia di gestione processi interni, interna relazioni

con la clientelae innovazione

Metodologie Analisi di utilità • Contabilità delle • Organizzazione Gestione utilizzate risorse umane dell’apprendimento equilibrata

• Determinazione dei • Gestione dellecosti e contabilità conoscenzedelle risorse umane

Quadro Calcolo dei costi Rendiconti Rendiconti Valutazione deidel reporting e benefici finanziari non finanziari risultati generali

(se del caso)

NB: Il periodo di origine indica a partire da quando è stato adottato l’approccio corrispondente. Le metodologie possono essere per-tanto molto più recenti.

Fonte: Westphalen S.-Å., «Reporting on human capital: objectives and trends» in Descy P., Tessaring M., ed., Training in Europe, IIvol., 2001.

Le indagini aziendali possono far luce sullemisure da adottare per aumentare la flessibi-lità e sul conseguente fabbisogno in terminidi competenze. I cambiamenti apportati allastruttura organizzativa di un’azienda tendonoad aumentare sia la domanda di manodoperaqualificata sia l’esigenza di formazione conti-nua. L’intera struttura dell’impresa — con-cetto di produzione, risultati, risorse umane estrategie — costituisce un elemento determi-nante per l’utilizzo e lo sviluppo dei lavora-tori. Le indagini aziendali dovrebbero occu-parsi di questi aspetti.

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lavoratori, in particolare per quanto riguarda leindagini comparative internazionali.

Dall’esperienza acquisita nelle indagini nazionaliemergono diversi aspetti che dovrebbero essereinclusi nelle indagini di questo tipo:

• l’indagine dovrebbe essere preferibilmentestrutturata come panel, in quanto ciò offre note-voli vantaggi a livello di tecniche di raccolta,d’indagine e di elaborazione dei dati;

• un sondaggio su un gruppo rappresentativo dilavoratori all’interno dell’azienda appare indi-spensabile per otteneredati integrati datore dilavoro-dipendentee per comparare le valutazionie le preferenze di queste due categorie;

• i metodi econometricirisultano i più idoneiper analizzare le indagini aziendali, in particolaregli studi longitudinali. Pertanto occorre includerenell’indagine numerose voci aggiuntive per cono-scere meglio gli aspetti più importanti che inci-dono sull’attività di formazione aziendale e,usando i dati integrati, esaminare i fattori deter-minati dalla domanda e dall’offerta;

• i confronti internazionali —basati su un’atti-vità comune in più paesi — sono utili per valutarele osservazioni nazionali riguardanti, per esem-pio, l’impegno delle imprese in materia di forma-zione, i fabbisogni presenti e futuri in termini dicompetenze, le politiche di assunzione e sviluppoecc. I primi passi in questa direzione sono staticompiuti dai sistemi di formazione continua; ulte-riori potenzialità risiedono nelle statistiche azien-dali Eurostat (3).

Quarta parteOccupazione, risultati

economici e sfasamento delle competenze

La quarta parte tratta una serie di questioni atti-nenti alle competenze, nonché il loro rapportocon l’occupazione e i mercati del lavoro. Par-tendo da una breve presentazione delle recentitendenze dell’occupazione e dall’esame dei van-taggi economici e sociali dell’istruzione e forma-zione, ci si domanda se le definizioni convenzio-

nali delle capacità formali debbano essere inte-grate — o sostituite — dal concetto di compe-tenze che sono «commercializzate» sul mercatodel lavoro. Questa parte tocca brevemente i variaspetti dello sfasamento delle competenze —disoccupazione, eccessiva specializzazione emancanza di qualifiche — esaminati dal punto divista teorico e pratico. L’ultimo capitolo riguardai vantaggi e i problemi connessi alla previsionedelle competenze a livello nazionale, regionale eaziendale e presenta diverse attività a ciò legatein alcuni paesi europei.

1. Occupazione in Europa

Dati recenti indicano che la situazione occupazio-nale in Europa sta migliorando e che si registrauna diminuzione del tasso di disoccupazione. Sirileva una tendenza dell’aumento dell’occupa-zione nel settore dei servizi e in posti di lavoropiù qualificati. Tuttavia le disparità tra i singoliStati membri dell’UE restano enormi e anche idati relativi all’occupazione e alla disoccupazionevariano in modo significativo tra uomini e donnee tra lavoratori giovani e meno giovani.

Anche se in generale la disoccupazione evidenziauna tendenza al calo, il tasso di disoccupati, inparticolare di disoccupati di lungo periodo,rimane alto. Inoltre un cospicuo numero di per-sone non è stato tenuto in considerazione duranteil decennio scorso, caratterizzato da un’elevatadisoccupazione: si calcola che nell’UE la «disoc-cupazione sommersa» riguardi quasi il 40 % ditutti i disoccupati o di coloro che, a certe condi-zioni, vorrebbero lavorare (tabella 11).

Inoltre il tasso di disoccupazione giovanile, perquanto leggermente diminuito negli ultimi anni, èsuperiore al doppio di quello degli adulti (figura8). Quanto sia difficile il passaggio dall’istruzionee formazione al lavoro lo testimonia il fatto chequasi il 50 % dei giovani disoccupati è allaricerca del primo lavoro, con notevoli differenzetra i vari paesi.

2. Istruzione, formazione e risultato economico

Il contributo dell’istruzione, della formazione edel «capitale umano» alla crescita, alla competiti-vità e all’occupazione è uno dei temi più dibattutinella ricerca e nella politica. Inoltre, alle compe-tenze sono associati numerosi vantaggi aggiuntivi

____________________________________________________________________________________Riepilogo e osservazioni

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(3) Queste si basano principalmente sui registri delleimprese e non forniscono indicazioni in merito agliaspetti legati alle competenze e alla formazione.

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o «esterni» — per la maggior parte intangibili —quali, per esempio, benefici per la salute, ridu-zione della criminalità, nonché della disoccupa-zione e dell’emarginazione sociale.

Per molto tempo la ricerca, in particolare quellasulla crescita economica, ha trascurato i fattoriendogeni che incidono sulla crescita e la prospe-rità, ossia il progresso tecnico e il capitale umano,concentrandosi invece sugli investimenti a favoredelle risorse materiali e del «lavoro» in generale.Le teorie sulla crescita endogena e le loro appli-cazioni pratiche hanno evidenziato una nuovaprospettiva. Queste teorie ritengono che laricerca, lo sviluppo, il progresso tecnico, il capi-tale umano e la conoscenza siano vettori di cre-scita economica la cui importanza è almeno pari aquella delle risorse materiali.

Numerosi studi hanno più o meno confermato laconsiderevole influenza positiva che la ricerca elo sviluppo, il capitale umano e la conoscenzahanno sulla crescita. Tuttavia altri studi sonomeno ottimisti. Inoltre i critici sostengono chequesti nuovi approcci non hanno rivelato aspettinuovi dei meccanismi della crescita dinamica.

Tali questioni devono essere oggetto di ulterioriricerche; inoltre è necessario potenziare e renderepiù omogenea la base dati per poter procedere aconfronti internazionali.

Nel considerare gli effetti esterni dell’istruzione,della formazione e delle capacità, numerose ricer-che evidenziano una correlazione positiva (nonnecessariamente un rapporto causale) tra capitaleumano e, per esempio, benefici per la salute, ridu-zione della criminalità ecc.

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Tabella 11 — Composizione della forza lavoropotenziale per categoria, EU-15, 1999

Status 1 000 %

Occupati (1) 155 273 85,5

Lavoratori a tempo pieno 105 901 58,3

Lavoratori autonomi,lavoratori domestici 21 098 11,6

Lavoratori a tempo parziale 27 370 15,1

Disoccupati (2) 16 156 8,9

Disoccupati < 1 anno 8 595 4,7

Disoccupati di lungo periodo 7 309 4,0

«Disoccupazione sommersa» (3) 10 140 5,6

Potenziale totale di forzalavoro (4) 181 569 100,0

(1) Compresi coloro che non sono in possesso di un certifi-cato attestante la condizione di lavoratori.

(2) Compresi coloro che non sono in possesso di un certifi-cato attestante la durata del periodo di disoccupazione.

(3) Persone che vorrebbero lavorare a determinate condi-zioni, ma che non sono registrate come disoccupati.

(4) Anche senza attestato.

Fonte: Eurostat, Franco A., Labour Force Survey. Principalresults 1999, Statistics in Focus, Theme 3–5/2000 (Indagine1999 sulla forza lavoro comunitaria), compilazione propria, 2000.

Tuttavia questi aspetti non sono ancora inte-grati in una valutazione generale della cre-scita, prosperità e qualità di vita. Lo stessovale per quanto riguarda l’impatto delle com-petenze sulla disoccupazione, anche se èdimostrato che il possesso di qualifiche piùelevate riduce notevolmente la possibilità cheuna persona trascorra gran parte della propriavita lavorativa in una situazione di disoccu-pazione. Ciò induce un calo della spesa pub-blica destinata a far fronte alla disoccupa-zione e, indirettamente, influisce sulla cre-scita economica.

3. Dinamica dei mercati del lavoro e competenze

Gli studi sul rapporto istruzione/formazione eoccupazione si riferiscono principalmente allequalifiche formali e pertanto implicano un rap-porto funzionale tra i due sistemi.

Per capire che cosa venga «commercializzato» sulmercato del lavoro e quali siano le implicazionidegli squilibri legati alle competenze, si deveestendere il concetto in due direzioni, ossiatenendo conto della successione temporale in cuiintervengono istruzione, formazione e produzionee considerando le «competenze» come un vettoredi capacità produttive umane, formali e non.

Esistono considerevoli sfasamenti temporali tra ilmomento dell’identificazione di nuove esigenzedi competenze e il momento in cui le riforme del-l’istruzione vengono attuate e laureati con capa-cità al passo con i tempi entrano nel mercato dellavoro. Poiché alle imprese interessa coprire ladomanda di nuove competenze a breve termine,la discronia tra generazione delle competenze eloro utilizzo produttivo può condurre a «circoliviziosi» e diventare controproducente.

Ciò solleva la questione di come riuscire a preve-dere per tempo il fabbisogno di competenze.

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Mentre, infatti, la domanda e l’offerta di qualifi-che formali (per esempio la domanda di assun-zioni e sostituzioni o l’offerta di diplomati delsistema di istruzione/formazione) può essere anti-cipata e compensata a breve e a medio terminebasandosi su delle previsioni, a lungo termine nonè possibile preconizzare le competenze e il lorofabbisogno.

Questo va al di là dei tradizionali problemi legatialle scarse informazioni sulle competenze neces-sarie per svolgere un determinato lavoro e sulfuturo rendimento di un individuo in quel lavoro.Il «valore produttivo» di una persona con certecaratteristiche dipende dalla sua interazione conl’ambiente di lavoro e dalla valutazione delle suecompetenze sul lavoro. Durante la vita professio-nale, i lavoratori attingono alle esperienze acqui-site sul lavoro e nella vita privata per adattare eintegrare il proprio patrimonio di competenze.

Per queste ragioni, la ricerca — compresa quellaempirica — dovrebbe concentrarsi, molto più chein passato, sulle competenze. Tra i problemi daaffrontare vi sono le prospettive a breve e lungotermine, nonché le esigenze di coordinamento deisistemi che generano e utilizzano le competenze.

Urge che la ricerca fornisca informazioni ade-guate su possibili sviluppi futuri e sugli eventuali«squilibri» al di là delle categorie ufficiali didomanda e offerta di forza lavoro. Lo stesso valeper l’analisi delle molteplici interazioni tra offertae domanda di competenze, l’impatto della diffu-sione dell’istruzione e formazione sui mercati dellavoro e sull’impiego delle competenze, nonché ilruolo che le istituzioni e altri attori svolgono inquesto processo.

Il passaggio dalla scuola al lavoro rappresenta unmomento particolare del «confronto» tra i duesistemi. È il momento in cui entrano in gioco i lorointeressi. In tale fase, il sistema di produzione hacon quello scolastico un rapporto cliente/fornitore;quale cliente cerca di ottenere i prodotti migliori aiprezzi più bassi. L’azienda ritiene la competenzaun bene intermedio che deve dare un ritorno per ilcapitale investito dall’impresa.

____________________________________________________________________________________Riepilogo e osservazioni

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La sovrapproduzione e/o il sottoutilizzo dellecompetenze potrebbe sembrare uno spreco dirisorse. Uno dei problemi centrali delle econo-mie moderne è proprio quello di evitare lospreco di risorse. Si tratta di un problema poli-tico nel vero senso della parola, in quanto lascarsità di informazioni e l’incompatibilitàdelle successioni temporali tra la gestazionedelle competenze e il loro impiego produttivoimpediscono di trovare una soluzione basan-dosi solo su dati sociali o economici affidabili.

Le competenze nascono dalla collaborazione edall’interazione tra la sfera dell’istruzione equella produttiva. Ognuno dei due sistemi defini-sce una propria strategia in risposta al modo diagire dell’altro.

Lo scopo del sistema educativo e formativo èquello di consentire a ogni persona di svilup-pare quanto più possibile le proprie potenzia-lità e di diventare — e rimanere — impiega-bile. Pur operando in un contesto di informa-zioni incomplete, occorre adottare una pro-spettiva a lungo termine: la vita di un indivi-duo. Le conoscenze impartite dall’istruzione,dalla formazione e dall’apprendimento nonformale saranno impiegate — tutte o in parte— in una società futura su cui non esistonoinformazioni affidabili.

Un obiettivo, pertanto, dovrebbe consisterenello sviluppare almeno le competenze qua-dro la cui durata nel tempo sembra probabilee che forniscono la base migliore per ilfurther training.

4. Sfasamento delle competenze sul mercato del lavoro

Lo sfasamento delle competenze sul mercato dellavoro è esaminato da tre punti di vista: persi-stenza della disoccupazione, sovraqualificazionee deficit competenze (grafico 5), presenti nellamaggior parte degli Stati membri dell’UE.

a) Per quanto riguarda la disoccupazione, dallestatistiche relative agli ultimi 35 anni emerge chenei paesi OCSE il tasso di disoccupazione ten-deva ad aumentare dopo ogni recessione econo-mica (grafico 6).

La ricerca ha spiegato l’«isteresi» o persistenzadella disoccupazione con la sempre minore pro-babilità di trovare un lavoro data la crescentedurata della disoccupazione («dipendenza dallostato»). I disoccupati di lungo periodo risultanosempre meno impiegabili a causa della perdita odell’obsolescenza di competenze e capacità lavo-rative oppure perché sono ritenuti «meno validi»dai datori di lavoro.

Stando ad una visione opposta, sono la minoredisoccupazione e l’associata perdita d’impiegabi-

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lità a spiegare la disoccupazione strutturale alungo termine. L’elevato tasso di disoccupazionein Europa va attribuito all’eterogeneità indivi-duale — esistente già prima dell’entrata nelleschiere dei disoccupati — in termini di compe-tenze, sesso e altre caratteristiche, nonché ai pro-cessi di selezione dei datori di lavoro.

Ciò è dovuto al cambiamento tecnologico, cheprivilegia le persone più qualificate, alla deindu-strializzazione con l’attuale spostamento versosettori (in particolare quello dei servizi) e occupa-zioni più qualificati, nonché alla concorrenza daparte di paesi a basso salario, che si ripercuotesoprattutto sui lavoratori meno qualificati.

I dati empirici sembrano dare ragione alla tesidell’eterogeneità, per quanto la situazione differi-sca tra i vari paesi (grafico 7). A seconda dellaspiegazione che si adatta meglio a un paese, lemisure politiche da adottare dovrebbero differire.Se la dipendenza dallo stato è il motivo principaledel persistere della disoccupazione, tra le misurepiù idonee vi potrebbero essere il reinserimentodei disoccupati di lungo periodo, abbinato a:offerta di esperienze di lavoro temporaneo, for-mazione per compensare la diminuzione dellecompetenze, sostegno psicologico, riduzione delcosto salariale e campagne informative per idatori di lavoro.

Se invece è più calzante la spiegazione dell’etero-geneità, il compito principale, in particolare per ilavoratori meno qualificati, è affidato alle politi-che d’istruzione e formazione volte a migliorare illivello di qualificazione, insegnare competenzepratiche e trasferibili, sostenere forme di appren-dimento non formali e promuovere un costanteadattamento alle esigenze del mercato del lavoronel quadro dell’apprendimento lungo tutto l’arcodella vita. Si ritiene che il possesso di questecompetenze agevoli l’entrata nella vita lavorativae assicuri l’impiegabilità nel lungo periodo.

Il futuro è competenza: istruzione e formazione_________________________________________________________________

30 __________________________________________________________________________________

Figure 5: Typology of skills gaps

Eccessivaspecializ-zazione:lavoro di

livelloinferiorealle com-petenze

Specializ-zazioneinsuffi-ciente:

lavoro dilivello

superiorealle com-petenze

Qualifiche inade-guate in relazione

ai requisiti occupazionali

Posti di lavoro inadeguati in rela-

zione alle qualifiche

Deficit di competenze(di lavoratori

con competenze od occupazioni

specifiche)

Disoccupazione, disoccupazionesommersa o sottoccupazione

Deficit di competenze, squilibri

«Sotto-impiego»:sottoccu-pazioneinvisibile

«Sovra-impiego»:domandaeccessiva

Disoccu-pazione

som-mersa

(personealla

ricerca diun im-

piego nonregistrate,lavoratorisfiduciati)

Sottoccu-pazione,

ossia orario dilavoro

inferiore a quello

desi-derato

Disoccu-pazione

(regi-strata), inpartico-

laredisoccu-pazionedi lungoperiodo

Deficitquantita-

tivi dilavoratoriqualificati

Deficit di compe-

tenzespecifichetra i lavo-

ratori

Fonte: gli autori.

Grafico 5 — Tipologia dei deficit di competenze

Nella realtà le ragioni alla base del persisteredella disoccupazione — dipendenza dallostato ed eterogeneità — coincidono. Pertantosono necessarie ricerche e politiche coordi-nate che non si concentrino su un unicoaspetto, ma cerchino di integrarli entrambi,tenendo in conto il contesto politico, econo-mico e sociale dei singoli paesi.

b) Il secondo tipo di sfasamento delle compe-tenze riguarda lasovraqualificazione, ossia l’uti-lizzo di un lavoratore al di sotto del suo livello diqualificazione. Come emerge da molti studi, lasovraqualificazione è considerata un fattore sem-pre più rilevante per i mercati del lavoro europei

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e sembra interessare più le qualifiche più basse ointermedie e, in particolare, le donne, che le per-sone altamente qualificate o gli uomini.

Diverse teorie spiegano, almeno in parte, il feno-meno della sovraqualificazione. Le misurazioniempiriche basate su approcci «obiettivi», «sog-gettivi» o «indiretti» presentano vantaggi e svan-taggi (4).

Dai risultati degli studi empirici è difficile acqui-sire un quadro chiaro della situazione per i varipaesi e periodi. Si registrano notevoli differenzetra i vari paesi, tra lavoratori giovani e anziani aseconda della loro situazione (adeguatamenteoccupato, disoccupato, all’inizio della carriera

professionale), nonché tra uomini e donne. Inoltresul problema della sovraqualificazione influi-scono sia l’atteggiamento di datori di lavoro elavoratori sia le disposizioni e la normativa esi-stente (per esempio, in relazione alle indennità didisoccupazione).

Inoltre non è possibile definire in maniera chiarala situazione relativa alla sovraqualificazione acausa dei risultati discordanti dei diversi studi eapprocci, anche nel caso di singoli paesi. Consi-derevoli progressi sono stati ottenuti impiegandodati longitudinali e una serie più ampia di indica-tori per la sovraqualificazione.

____________________________________________________________________________________Riepilogo e osservazioni

__________________________________________________________________________________31

Grafico 6 — Tassi di disoccupazione nei paesi OCSE, nell’Unione europea, negli Stati Uniti e in Giappone,1965/1975 - 1999/2000, %

7,7 8,4

11,1

9,9

7,7

4,0

5,8

9,5

7,4

5,7

2,8

2,0

4,7

2,1

6,8

5,4

3,5

2,6

8,28,6

6,1

0

2

4

6

8

10

12

65 67 69 71 73 75 77 79 81 83 85 87 89 91 93 95 97 99

UE

USA

Giappone

OCSE

Legenda: medie annuali; dati UE, USA, Giappone: % della forza lavoro; dati OCSE: % della forza lavoro, tassi di disoccupazionestandardizzati.

Fonti: OCSE, Economic outlook, vari numeri; UE, USA, Giappone: banca dati Eurostat NewCronos: disoccupazione, tema 3, serieB (vari numeri); Commissione europea, Employment in Europe 1999, Lussemburgo, EUR-OP, 1999.

(4) La base teorica e gli approcci per la misurazione sonoanalizzati in maniera più dettagliata nella relazione dibase e di sintesi.

Il fenomeno potrebbe essere prevenuto olimitato con diverse misure politiche, tra cuisistemi di formazione adeguati che imparti-scano qualifiche più ampie e «commercializ-

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La ricerca dovrebbe fare maggior uso dei dati longi-tudinali che tengono conto del graduale processod’utilizzo (o non utilizzo) delle competenze in pro-spettiva di una carriera professionale. Si dovrebberivolgere maggiore attenzione alle componentiinformali delle competenze: le qualifiche formalisembrano sempre meno in grado di spiegare i com-

plessi processi di assunzione, impiego delle compe-tenze, mobilità, carriera e promozione dei lavoratori.

c) Il terzo tipo di sfasamento del mercato dellavoro trattato nella relazione riguarda il deficit dicompetenze, ritenuto sempre più spesso uno deifattori che inibisce lo sviluppo di una societàbasata sulle conoscenze e sull’informazione.

La maggior parte del deficit di competenze rilevatonegli Stati membri dell’UE concerne la scarsa pre-senza di lavoratori con competenze ingegneristichee a livello di TIC, nonché di economisti, insegnantie operatori sanitari. Inoltre le aziende lamentanol’assenza di competenze base: lettura, scrittura,comunicazione e calcolo e conoscenze base delleTIC. Secondo uno studio europeo, basato sia suinterviste con intermediari e gestori di sistemid’informazione sia su statistiche in materia d’istru-zione e formazione, nel 2003 mancheranno 1,7milioni di operatori delle TIC (tabella 12).

In questo scenario, la politica a livello nazionaleed europeo s’incentra sulla promozione dell’e-

Il futuro è competenza: istruzione e formazione_________________________________________________________________

32 __________________________________________________________________________________

Grafico 7 — Tassi di disoccupazione di lungo periodo per livello di istruzione, EU-15, 1997, % (1)

5,75,65,1

4,44,34,03,9

3,63,1

2,4

1,3

10,6

2,2

1,6

0

2

4

6

8

10

12

A DK NL UK IRL S F P B FIN D EL I E

Istruzione secondaria di primo grado Istruzione secondaria di secondo grado Istruzione superiore

(1) Percentuale della forza lavoro con lo stesso grado d’istruzione che è disoccupata di lungo periodo (durata della disoccupazione:1 anno o più) classificata in base all’istruzione secondaria di secondo grado.

Fonte: Bollens J., «Unemployment and skills from a dynamic perspective» in Descy P., Tessaring M., ed., Training in Europe, II vol.,2001 (basata sull’indagine Eurostat sulla forza lavoro comunitaria, 1997).

zabili». È necessaria una gestione educativa eprofessionale per migliorare l’informazionesulle esigenze di competenze presenti efuture e, di conseguenza, la consapevolezzadei rischi a lungo termine e le possibilitàassociate a una determinata scelta — o pro-mozione politica — di un programma d’istru-zione e formazione. Altre misure in discus-sione sono, per esempio, la promozione dellamobilità regionale, la ridefinizione delleindennità di disoccupazione, la differenzia-zione dei salari e un maggiore coinvolgi-mento individuale nel finanziamento dellaformazione e istruzione superiore.

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learning e di infrastrutture di supporto, sull’inse-gnamento di competenze base e sullo sviluppo diconoscenze pedagogiche relative alle TIC desti-nate a insegnanti e formatori.

Le critiche circa l’asserito deficit di competenzeriguardano non solo scarsa trasparenza dellametodologia d’indagine, ma anche il fatto che inun’azienda la mancanza di personale qualificatorappresenta soltanto un ostacolo — spesso non ilpiù importante — all’innovazione e alla crescitaproduttiva. Un’altra fondata obiezione è che ildeficit può essere di breve o media durata e puòessere colmato in qualche anno. Dato il lungointervallo temporale tra generazione e uso produt-tivo delle competenze, si potrebbero creare «cir-coli viziosi» in grado di causare gravi problemi alungo termine.

Per esempio, in alcuni paesi gli attuali deficit nelsettore delle TIC potrebbero essere una conse-guenza a lungo termine sia dei tagli dei finanzia-menti pubblici per i corsi d’informatica e d’inge-gneria sia dell’elevato tasso di disoccupazioneregistrato in passato tra gli specialisti e i tecnici dicomputer che ha influito sulla scelta del tipo distudio e ha portato, dopo alcuni anni, a una dimi-nuzione del numero di laureati.

5. Fabbisogno futuro di competenze

Anche se non possiamo prevedere con esattezza ilfuturo, bisogna cercare di immaginare le even-tuali opportunità e i rischi e, quindi, le misurepolitiche atte ad evitare squilibri associati al cam-biamento economico, nonché alla domanda eofferta di competenze.

Lo scopo delle previsioni è quello di far cono-scere ai responsabili decisionali di ogni livello leconseguenze delle azioni compiute o meno; essesono in grado di fornire un’indicazione degli svi-luppi a lungo termine, per esempio cambiamentidemografici, e delle loro implicazioni per l’istru-zione, la formazione e l’occupazione. Tuttavia,quanto più rapido è il cambiamento, tanto più dif-ficili e incerte saranno le previsioni.

____________________________________________________________________________________Riepilogo e osservazioni

__________________________________________________________________________________33

Tabella 12 — Deficit di competenze nel settoredelle tecnologie dell’informazione in Europa (1),1998-2003

1998 2000 2003

Domanda (1 000) 8 772 10 421 13 071

Offerta (1 000) 8 313 9 189 11 331

Deficit (1 000) 459 1 232 1 740

Deficit (%) 5 12 13

Tra cui deficit in termini di:

Competenze nell’utilizzo di Internet 14 23 33

Competenze a livello di applicazioni 4 12 10

Competenze distribuite 5 10 10

Competenze tecnologiche neutre 5 9 14

Competenze host 3 3 3

(1) Unione europea e Svizzera.

Fonte: IDC (International Data Corporation), Milroy A., RajahP., Europe’s growing IT skill crisis, 2000, http//www.idc.com.

Ciò impone di rivolgere l’attenzione alle flut-tuazioni cicliche — in particolare relativealle misure di politica dell’istruzione e for-mazione — e ai loro effetti a lungo terminesulle scelte individuali nel campo dell’istru-zione e della formazione, nonché sulla nuovaofferta di competenze.

Le previsioni hanno una funzione di valuta-zione e monito, in quanto segnalano la neces-sità d’intervento o il rischio che si verifichinosviluppi indesiderati; esse non sono in gradodi anticipare le realtà future; possono peròfungere da strumento didattico per migliorarela comprensione e la conoscenza degli attoricirca le possibilità future e le modalità d’in-tervento in tempo utile.

Questa è l’essenza del vasto (e infinito) dibattitosulle previsioni in materia di competenze e occu-pazione, sui loro vantaggi e svantaggi e sul loropossibile impiego nelle decisioni a livello indivi-duale, aziendale e statale.

Vi sono numerosi approccialla previsione dellecompetenze, che spaziano da «rigide» proiezioniquantitative dell’offerta e della domanda,fondate in parte su modelli econometrici, diflusso e di transizione, ad approcci più qualita-tivi, quali scenari, indagini, attività di monito-raggio, benchmarking, panel di esperti eapprocci «olistici».

Diversi Stati membri dell’UE — Germania,Irlanda, Paesi Bassi e Regno Unito, in parte Fin-

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landia e Svezia — effettuano previsioni quantita-tive delle competenze. Numerosi PECO, che van-tano una certa esperienza nella pianificazioneeconomica e della manodopera, si stanno orien-tando verso gli approcci occidentali. Tuttavia, nontutti i paesi europei credono nell’importanza e nelricorso a tali previsioni. In parte anche percarenza di infrastrutture statistiche, preferisconoapprocci più qualitativi e di monitoraggio, checoinvolgono reti e attori a livello regionale olocale. Questi aspetti sono illustrati più dettaglia-tamente nella relazione.

1. Formazione e risultati individuali

È opinione diffusa che l’istruzione e la forma-zione incidano in misura assai positiva sulle pre-stazioni individuali e, di norma, spieghino granparte delle diversità a livello di retribuzione,disoccupazione e altre variabili. Tuttavia, vi sononotevoli differenze nei risultati degli studi sull’in-cidenza e sull’impatto della formazione a secondadel sistema d’istruzione e formazione nazionale edel tipo e della qualità dei dati e dei metodi diricerca.

A livello globale, il rapporto positivo tra istru-zione, formazione e risultati individuali è confer-mato da numerosi studi (cfr. sopra). General-mente chi possiede un’istruzione e una forma-zione migliore ha un lavoro meglio retribuito,partecipa più spesso a iniziative di formazionecontinua, è disoccupato più raramente, ha unamobilità regionale superiore e lavora con attrezza-ture più nuove e high-tech.

Sebbene tali dati indichino chiaramente i vantaggidella formazione, essi non costituiscono di per séun orientamento per la politica. È provato chel’autoselezione, cioè l’impossibilità di compararei risultati della formazione di un singolo indivi-duo con quelli che otterrebbe lo stesso individuosenza formazione (o un gruppo di controllo para-gonabile), può condizionare l’esito della ricerca.

Inoltre, elementi di discrepanza non trascurabilinei risultati della formazione — quali retribu-zione, disoccupazione o carriera professionale —non dipendono soltanto dall’istruzione e forma-zione. Capacità innate, eterogeneità delle abilità edelle preferenze, contesto familiare, avvenimentipolitici, fortuna, nonché sviluppo economico etecnologico sono fattori rilevanti e, se non ven-gono inclusi nell’analisi, incidono sui risultati.

In linea generale, le prove empiriche suggerisconoche i sistemi di formazione strutturati con un ele-vato investimento nella formazione iniziale ten-dono a ridurre il ritorno a livello di formazionecontinua (tabella 13); sembra che ciò avvenga inFrancia e Germania. Invece, dove i sistemi inizialidi formazione (come nel Regno Unito e negli StatiUniti) sono meno strutturati, gli individui rendonomaggiormente nella formazione continua.

Alcuni risultati mettono in discussione il ruolo delgoverno nella formazione. L’istruzione formalenon protegge da tutti i problemi, ma può essereun’arma molto efficace, se impiegata al momentoe nel modo giusto e con il corretto contenuto. Inalcune fasi della vita lavorativa possono rivelarsi

Il futuro è competenza: istruzione e formazione_________________________________________________________________

34 __________________________________________________________________________________

Inoltre la portata delle previsioni si è allar-gata, per esempio introducendo capacità ecompetenze generiche oltre alle qualificheformali (finora prevalenti nei modelli previ-sionali), nonché tenendo conto del livelloaziendale e, in misura sempre maggiore, delpiano regionale e locale.

Analogamente, si elaborano gli sviluppifuturi e le relative strategie a livello europeo.Tuttavia, data la scarsità dei dati e la diver-sità delle economie e dei modelli di compe-tenze, le previsioni sono soprattutto preparatesotto forma di scenari, prospettive, bench-markinge analisi previsionali, includendo inparte l’andamento di indicatori quali: demo-grafia, crescita economica e sviluppo tecno-logico.

Quinta parteRendimento, transizione

alla vita attiva ed emarginazione sociale

La quinta sezione analizza temi più legati al sin-golo individuo. Inizia esaminando la ricerca suideterminanti della partecipazione alla forma-zione e il suo impatto sui risultati a livello indivi-duale, come retribuzione, disoccupazione, produt-tività e mobilità; prosegue ricordando le recentiricerche sulla transizione dal sistema educativoalla vita attiva, tema che richiama sempre l’atten-zione dei ricercatori e dei responsabili politici;infine descrive i fattori di esclusione dal mercatodel lavoro e dalle iniziative di formazione, nonchéla situazione dei lavoratori scarsamente qualifi-cati.

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più utili altre strategie, quali l’apprendimentoinformale, nonché la mobilità regionale, aziendaleo professionale.

La ricerca comparata sull’istruzione e formazioneprofessionale basata su microdati è — o può essere— assai migliorata con il regolare apporto di dati alivello europeo, quali indagini sulla forza lavoronell’UE, sulle famiglie nell’UE, sulla formazionecontinua, sull’alfabetizzazione degli adulti. Anchese permangono alcuni problemi metodologici, leindagini internazionali dovrebbero definire inmodo comparabile il capitale umano e le variabilidi formazione più rilevanti. Inoltre, occorre miglio-rare notevolmente l’accesso alle basi dati.

2. Transizione dal sistema d’istruzionealla vita attiva

La fase di transizione dal sistema d’istruzione eformazione alla vita attiva richiama l’attenzionedei ricercatori e dei politici da 10-20 anni. In

____________________________________________________________________________________Riepilogo e osservazioni

__________________________________________________________________________________35

Tabella 13 — Tassi annuali di ritorno all’istruzione in alcuni paesi campione dell’OCSE per sesso, 1995, %

Istruzione Istruzione Istruzione Istruzione Istruzione Istruzionesecondaria non universitaria secondaria non universitariadi secondo universitaria di secondo universitaria

grado grado

Donne Uomini

Australia 12,5 7,9 6,7 7,5 9,7 10,4

Canada 16,1 28,1 28,5 12,5 23,0 16,5

Danimarca 11,8 5,1 9,2 10,4 5,2 11,0

Finlandia 8,1 12,2 14,3 10,4 10,5 14,8

Francia 14,1 20,1 12,7 14,2 17,6 14,1

Germania 5,5 8,7 8,2 5,7 16,6 10,9

Irlanda (1) 28,8 8,2 17,4 18,6 11,7 14,0

Italia 9,5 — 4,6 10,4 — 9,9

Norvegia 17,3 7,8 13,3 11,3 9,4 11,6

Paesi Bassi 24,4 — 10,5 14,1 — 10,8

Portogallo 32,4 — 28,3 33,3 — 27,3

Regno Unito 19,1 13,7 19,1 14,3 4,8 12,7

Stati Uniti 22,9 10,5 12,6 26,3 8,9 12,6

Svezia 9,9 4,2 5,3 10,9 6,5 8,2

Svizzera 22,1 17,7 5,2 19,0 27,1 5,5

Media (2) 16,4 (0,44) 11,1 (0,68) 12,5 (0,56) 14,9 (0,46) 10,7 (0,89) 13,6 (0,30)

(1) I dati si riferiscono al 1994.

(2) Media non ponderata (tra parentesi: variazione).

Fonte: OCSE, Human capital investment. An international comparison, Parigi, OCSE/CERI, 1998, tabella A4.4.

Per attuare politiche d’istruzione e forma-zione professionale utili, è necessario un pro-getto di ricerca ex anteadeguato, sistematicoe regolare per comprendere meglio i molte-plici rapporti tra le attività d’istruzione e for-mazione professionale e i relativi risultati. Infuturo, bilanci pubblici sempre più limitatiindurranno a cercare le prove dell’impatto edell’efficacia dei programmi formativi. Larealizzazione di un progetto di ricerca ad hoc,preferibilmente basato su dati longitudinali,che tenga conto delle varie situazioni, dell’e-terogeneità individuale, delle diversità trasistemi di formazione, governi, mercati ecc.,è costoso e richiede tempo.

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effetti, la comprensione delle dinamiche alla basedi questa fase è indispensabile per meglio mirarele politiche.

Sul mercato del lavoro i giovani sono relativa-mente svantaggiati rispetto agli adulti sia in ter-mini di volume che di qualità del lavoro e nono-stante un certo numero di parametri congiunturalifavorevoli: riduzione graduale della schiera digiovani nella maggior parte dei paesi europei,aumento generale del livello di istruzione, allun-gamento della scolarità, crescita relativa più con-sistente nei settori maggiormente suscettibili adassumerli, attuazione di numerose misure attivedestinate ad agevolare la loro integrazione nelmercato del lavoro.

I giovani, in particolare quelli meno qualificati,sono colpiti dalla disoccupazione più degli adulti(grafico 8); svolgono lavori più precari e cono-scono periodi di transizione sempre più lunghidall’uscita dal sistema d’istruzione all’otteni-mento di un impiego stabile.

A livello individuale (all’uscita dall’istruzione), latransizione può essere considerata una fase dicambiamento di condizione in cui il giovanepassa dall’istruzione/formazione iniziale a tempo

pieno a un inserimento stabile (o abbandono) nelmercato del lavoro.

Nel quadro dello studio dei fattori della transi-zione, la ricerca comparata è uno strumento assaiutile che consente di valutare le differenze e le ana-logie dell’istruzione e formazione (qui di seguitoI&F) tra i vari paesi, raffrontare i processi d’inte-grazione sul mercato del lavoro (qui di seguitoML) ed individuarne gli aspetti determinanti.

In Europa la natura dei sistemi di I&F (grado dinormalizzazione e differenziazione o stratifica-zione) e dei ML (predominanza dei mercatiinterni, portata del sistema che disciplina l’ac-cesso ai posti di lavoro, per esempio mercati pro-fessionali) varia, così come i legami che li uni-scono (che vanno dall’assenza totale di vincoli aduna fitta rete di collegamenti). Inoltre è chiaro chele particolarità istituzionali nazionali hanno unimpatto significativo sul modo in cui le disegua-glianze socioeconomiche si riflettono sulla riu-scita scolastica, sull’integrazione nel ML, nonchésui percorsi individuali.

La strutturazione del mercato del lavoro non pre-senta un rapporto diretto con i sistemi di I&F, mapuò avere un impatto sul passaggio dei giovanidal sistema educativo a un impiego stabile.

Il futuro è competenza: istruzione e formazione_________________________________________________________________

36 __________________________________________________________________________________

Grafico 8 — Evoluzione dei tassi di disoccupazione 1990-1999: raffronto tra popolazione giovane e adulta,EU-12/EU-15, %

19,4

21,221,8

21,222,0

20,8

17,616,8 18,3

16,4

7,07,7

8,99,7

9,1 9,3 9,38,9

6,8

8,2

0

5

10

15

20

25

1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999

Età 15-24

Età 25-64

NB: I dati anteriori al 1995 si riferiscono all’EU-12.

Fonte: Eurostat: indagine sulla forza lavoro comunitaria.

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In Europa i giovani si trovano in condizionidiverse al momento dell’ingresso nel mercato dellavoro. In base al rischio di disoccupazione ipaesi europei possono essere divisi nei tre gruppiseguenti:

a) Austria, Danimarca, Germania e Paesi Bassi,dove nel primo anno sul mercato del lavoro i tassidi disoccupazione giovanile sono relativamentebassi (tra l’8 e il 14 %);

b) Belgio, Francia, Irlanda, Regno Unito, dovei tassi di disoccupazione a inizio carriera possonoessere considerati medi (dal 18 al 36 %);

c) i paesi mediterranei (Grecia, Italia, Spagna),dove nel primo anno sul mercato del lavoro siregistrano i tassi di disoccupazione più elevati(dal 21 al 49 %). In Portogallo si registra una ten-denza analoga a quella del gruppo b).

Nel corso dei primi dieci anni sul ML, le diffe-renze tra i vari paesi si attenuano notevolmente edopo dieci anni appaiono assai ridotte (grafico 9).

Condurre uno studio sulla transizione dei «gio-vani» basandosi solo sull’età, equivale ad affer-mare che tutti i coetanei presentano un comporta-mento omogeneo in termini di livello di studi e dietà d’ingresso nella vita attiva. I giovani di unacerta fascia d’età possono invece versare in situa-zioni assai diverse (prosecuzione degli studi, ripe-tizione di classi, servizio militare, inattività, vitaattiva: lavoro e disoccupazione). Pertanto è piùopportuno studiarne la transizione in funzionedell’anzianità sul ML, ovvero del tempo passatodall’uscita dal sistema d’I&F.

Per esempio, è più probabile che ai giovani alprimo impiego venga offerto un contratto a tempodeterminato. C’è da chiedersi se la precarietà piùmarcata dei posti di lavoro occupati da giovanisia legata alla mancanza di esperienza oppure allascarsa anzianità all’interno dell’impresa.

____________________________________________________________________________________Riepilogo e osservazioni

__________________________________________________________________________________37

Se i sistemi di I&F hanno un orientamentopiuttosto generale e il ML è dominato dai mer-cati interni, i giovani acquisiscono le compe-tenze soprattutto sul lavoro. I giovani, quindi,sono più inclini a entrare nel ML a livelli pro-fessionali bassi e risultano svantaggiati in ter-mini di accesso a posti migliori (sotto il profilodella carriera, della sicurezza dell’impiego) sedevono competere con persone già impiegatenell’azienda. Nei mercati professionali dellavoro, invece, i giovani hanno buone possibi-lità di trovare un lavoro corrispondente allaloro qualifica professionale specifica.

Grafico 9 — Tassi di disoccupazione in funzionedella potenziale esperienza sul mercato del lavoro dei diplomati dell’istruzione secondaria di secondo grado (ISCED 3)

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

Anni di esperienza sul mercato del lavoro

B IRL F UK

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

Anni di esperienza sul mercato del lavoro

EL I P E

70%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

Anni di esperienza sul mercato del lavoro

A D DK NL

NB: Gli indicatori mostrano i valori attuali, le linee mostranoinvece le tendenze (logaritmiche).

Fonte: Gangl M., European perspectives on labour marketentry: A matter of institutional linkages between trainingsystems and labour markets?, documento di lavoro MZES,n. 24, Mannheim, Centro di studi per la ricerca sociale euro-pea, 2000.

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In quest’ultimo caso, anche ai lavoratori esperti dinuova assunzione si dovrebbero offrire soprattuttocontratti a tempo determinato. Se si considerano leultime assunzioni, emerge che i vantaggi dei lavo-ratori con maggiore anzianità aziendale in terminidi status lavorativo sono limitati (tranne in Svezia).È sui nuovi assunti in generale — e non solo suigiovani — che grava il peso della flessibilità.

Le analisi dei dati trasversali non consentono diesaminare in modo dettagliato il processo di tran-sizione che precede l’ottenimento di un impiegostabile. Solo le inchieste longitudinali permettonodi condurre questo tipo di analisi, ma a livelloeuropeo non esiste una ricerca longitudinale dacui trarre dati comparabili sulla transizione.

Il progetto TSER Catewe (Comparative analysis oftransitions from education to work in Europe) riu-nisce le analisi di dati trasversali, provenienti daindagini sulla forza lavoro, e i dati temporali(flusso) ottenuti attraverso le indagini sulla transi-zione realizzate in alcuni paesi (Francia, Irlanda,Paesi Bassi, Scozia). All’atto della stesura dellapresente relazione, erano disponibili soltanto risul-tati parziali del progetto. Essi confermano che i datilongitudinali (anche se riferiti soltanto a qualchepaese), uniti ai dati trasversali, forniscono un’ana-lisi abbastanza completa della transizione dalsistema d’istruzione alla vita lavorativa in Europa.

Secondo la ricerca, attualmente i modelli europeiche danno i risultati migliori sono caratterizzati daun alto livello d’integrazione e coordinamento traStato, erogatori di I&F e datori di lavoro. Apparedunque essenziale costruire legami forti tra ilsistema d’I&F e i principali attori economici, inparticolare a livello settoriale, regionale e locale.

La ricerca sulla transizione vanta un’esperienzasuperiore ad altri campi di studio che si occupanod’I&F; ad ogni modo i dati comparabili attualmentedisponibili sono scarsi. Essi si limitano a quellidelle indagini sulla forza lavoro dell’Unione euro-pea [che non si occupano di questo argomento (5)] ealle basi dati longitudinali comparate, realizzatecon la cooperazione tra i ricercatori di alcuni paesi efinanziate in parte dalla Commissione europea.

La ricerca sulla transizione è caratterizzata dallascarsità di informazioni sulla domanda; perciò laricerca si orienta verso il livello individuale el’offerta. Occorre quindi condurre maggiori studiaziendali (cfr. sopra).

3. Emarginazione sociale e reinserimento grazie alla formazione

I cambiamenti strutturali che hanno modificatol’economia dei paesi industrializzati negli ultimi20-30 anni hanno provocato modifiche sostanzialidella struttura del mercato del lavoro e delleclassi sociali, aumentando il numero di persone arischio di emarginazione sociale.

L’ esclusione sociale si manifesta con la creazionedi linee di frattura tra alcuni gruppi e il resto dellapopolazione. Sesso, età, condizioni di salute,livello d’istruzione e nazionalità costituiscono fat-tori determinanti per spiegare la non partecipa-zione al mercato del lavoro e ai programmi diformazione.

Quando si studia il rapporto tra disoccupazione edemarginazione, si rileva che vi sono differenzesostanziali a seconda che i sistemi di previdenzasociale in Europa siano in grado di assicurare omeno un certo tenore di vita ai disoccupati: ipaesi nordici garantiscono condizioni di vita rela-tivamente soddisfacenti a gran parte dei disoccu-pati, mentre alcuni paesi dell’Europa meridionaleoffrono ai senza lavoro un sostegno finanziariominimo.

Se si definisce l’esclusione sociale come unasituazione in cui la povertà è abbinata all’isola-mento sociale e alla mancata realizzazione deiprogetti di vita, la disoccupazione rappresentauno dei più importanti fattori di emarginazione.Ad ogni modo, nei paesi del Sud, dove il tasso dipovertà è più alto rispetto a quello dei paesi nor-dici, i disoccupati sono salvaguardati dall’emargi-nazione da saldi legami con la famiglia e gliamici. Il rischio di emarginazione è superiore inpaesi come Francia, Germania o Regno Unito,dove il sistema di indennità è esteso (anche se tal-volta a livello basso o irregolare), ma i rapportisociali sono meno intensi.

Il futuro è competenza: istruzione e formazione_________________________________________________________________

38 __________________________________________________________________________________

(5) Nell’indagine 2000 sulla forza lavoro comunitaria èstato inserito un modulo ad hoc sulla transizione. I primirisultati dovrebbero essere disponibili nel secondosemestre del 2001.

Agevolare la transizione dal sistema d’istru-zione alla vita attiva è un obiettivo politicod’importanza prioritaria. Tuttavia, vista l’in-sufficienza dei dati e la mancanza di analisicomparate, per il momento non vi è alcunabase solida di dati empirici su cui gli Statimembri e l’UE possano poggiare per deciderele misure da attuare. Tali lacune devono esserecolmate creando banche dati ad hoc e svilup-pando la ricerca comparata sul loro impatto.

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In alcuni casi, però, la disoccupazione è determi-nata da scelte e comportamenti individuali:

a) una persona può ritenere più vantaggioso dalpunto di vista economico essere disoccupato; intal caso la «trappola della disoccupazione» è ilrisultato di un calcolo economico;

b) l’impatto della «trappola della formazione»è ancora più marcato, in quanto chi cerca lavoro epartecipa ad un corso di formazione deve non sol-tanto accollarsi un onere finanziario (trasporto,custodia dei figli, materiale didattico ecc.), maanche rinviare la ricerca di un’occupazione. Laformazione pertanto è considerata un’attività «arischio», con riscontri (immediati) ben lungi dal-l’essere certi.

Dai dati empirici ottenuti non si può desumereche i disoccupati siano meno motivati a lavoraredi chi lavora. Inoltre l’indennità di disoccupa-zione non intacca la volontà di lavorare (6)(tranne forse nel caso delle donne dei paesi in cuiesistono ancora le tradizionali differenze culturalitra i sessi) (tabella 14).

Nella maggior parte dei paesi europei solo idisoccupati che ricevono un’indennità possonoaccedere alla formazione finanziata dallo Stato(tale criterio può essere integrato dal vincolo diun periodo minimo di disoccupazione, talvoltaininterrotto). In questo caso si assiste all’esclu-sione istituzionale di tutti i disoccupati che nonappartengono a questa categoria, in particolare idisoccupati non iscritti alle apposite liste.

Se gli erogatori della formazione sono liberi didefinire i criteri di selezione, a prevalere è quellodella motivazione (volontà di migliorare la pro-pria situazione personale); esso può sfociare inuna «esclusione psicologica», in quanto la moti-vazione e le necessità del disoccupato condizio-nano non solo la sua volontà di partecipare, maanche il suo accesso e la sua riuscita nella forma-zione.

____________________________________________________________________________________Riepilogo e osservazioni

__________________________________________________________________________________39

In tale contesto non si deve dimenticare chela disoccupazione e l’emarginazione dalmercato del lavoro sono due aspetti più legati alla carenza generale di posti dilavoro e/o ai comportamenti dei datori dilavoro a livello di assunzione che ad atteg-giamenti, fallimenti o caratteristiche indivi-duali. Pertanto, non è sufficiente che l’I&Fmigliori il capitale umano degli emarginaticon misure d’I&F; per eliminare la distanzache separa le persone integrate nel mercatodel lavoro da quelle che non lo sono, occorreabbattere le barriere strutturali e istituzio-nali.

Tabella 14 — Confronto tra la motivazione allavoro di lavoratori e disoccupati (a prescinderedalle esigenze finanziarie), EU-15, %

Paese % di disoccupati % di lavoratorimotivati motivati

DK 82,8 76,3

NL 80,4 67,3

S 78,7 75,9

UK 78,3 53

I 75,6 42,7

EL 74,8 49,4

IRL 71,4 62,1

P 707 58,8

D (Øst) 69 61,2

A 66,7 54

B 60,4 44,4

F 59,4 36,9

FIN 57,5 55,2

E 51,7 35,8

D (Vest) 48,7 43,2

EU-15 63,7 48,0

Fonte: Gallie D., Unemployment, work and welfare, documentopresentato in occasione del seminario «Towards a learningsociety: innovation and competence building with social cohe-sion for Europe», 2000, seminario sulla ricerca socioeconomicae la politica europea, Portogallo, Cascais, 28-30 maggio 2000.

(6) Occorre precisare che il concetto presenta varie sfaccet-tature e che alcuni possono dichiarare di «essere moti-vati a lavorare», ponendo però condizioni o non renden-dosi disponibili.

In caso di restrizioni ai bilanci pubblici, iprogrammi di formazione devono dare provadi efficienza economica, giudicata in base airisultati (tasso di partecipanti che ha trovatolavoro). Più si pone l’accento sull’efficienza,più i programmi sono mirati agli individuiche hanno maggiori probabilità di raggiun-gere gli obiettivi fissati (scrematura) e quindipiù selettivi (esclusione economica).

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Una formazione che non si prefigge di colmare ildivario tra la cultura individuale e quella domi-nante sul mercato del lavoro può portare all’e-sclusione di coloro la cui cultura s’identificameno con quella prevalente sul mercato dellavoro (esclusione culturale).

Le misure attive sono sempre più in voga. L’attiva-zione sociale e le misure adottate mirano a unrapido reinserimento sociale degli individui esclusidal mercato del lavoro e che dipendono dall’assi-stenza sociale. La maggior parte dei programmiprevede che ciò avvenga attraverso il mercato dellavoro. Negli anni 90 è stato introdotto il work-fare (7), che condiziona la concessione dell’assi-stenza finanziaria ai disoccupati all’accettazione diun eventuale lavoro. In caso di rifiuto di un’offertadi lavoro, vengono applicate sanzioni che possonogiungere fino al ritiro totale dell’indennità di disoc-cupazione (esclusione politica).

La valutazione dei risultati del workfare devebasarsi su vari criteri e non solo sull’ottenimentodel lavoro; vanno infatti considerate le caratteri-stiche — ossia la «qualità» — del posto di lavoroe la sorte di chi non partecipa all’iniziativa.

La formazione sembra una misura attiva validaper combattere la disoccupazione; essa ha unimpatto positivo per i più svantaggiati, in quantol’aumento del numero di partecipanti alla forma-zione comporta criteri di selezione più flessibili.

Alcuni paesi europei si orientano verso quello chepotrebbe essere definito learnfare(8): il beneficia-rio è obbligato a seguire un corso di formazionese vuole continuare a percepire le indennità didisoccupazione. In tale caso occorre informare idisoccupati dei vantaggi in termini di possibilitàdi trovare un’occupazione (al fine di aumentarnela motivazione e di giustificare il carattere coerci-tivo dell’iniziativa).

In un contesto di elevata disoccupazione e d’in-flazione di qualifiche, un basso grado d’istruzioneè sempre più spesso sinonimo di una posizioneprecaria sul mercato del lavoro. La definizione di«gruppo a rischio» è legata al quadro socioecono-mico e al sistema d’I&F di ciascun paese. Ciono-nostante in Europa è sempre più diffusa la con-vinzione che il grado d’istruzione secondariosuperiore (ISCED 3) sia il minimo indispensabileper un buon inizio nella vita attiva.

Esistono più ipotesi che spiegano il deterioramentodelle condizioni di lavoro delle persone meno qua-lificate, la cui percentuale è in diminuzione:

• la ridistribuzione settoriale dei posti di lavoro:i posti di lavoro poco qualificati sono concentratiin alcuni settori in declino;

• la preferenza per le persone più qualificatelegata alle nuove tecnologie (skill-biased techno-logical change), che si traduce in una polarizza-zione o in squilibri nel mercato del lavoro (sovra-qualificazione, sottoqualificazione);

• la sostituzione nel mercato del lavoro: in uncontesto di sovrabbondanza di diplomati, i postiriservati normalmente ai lavoratori scarsamentequalificati sono occupati da persone in possessodi qualifiche superiori; di conseguenza, i menoqualificati sono esclusi dal mercato del lavoro;

• la segmentazione del mercato del lavoro sitraduce in una suddivisione tra uno zoccolo duroe un corpo flessibile (ossia marginale) di lavora-tori. La prima categoria è strettamente legata alposto di lavoro con contratti stabili e vantaggiosi.La seconda è assunta con contratti a tempo deter-minato o temporanei e occupa soprattutto postiche necessitano di qualifiche inferiori.

Il futuro è competenza: istruzione e formazione_________________________________________________________________

40 __________________________________________________________________________________

Gli approcci che ignorano il contesto econo-mico rientrano in un modello che tiene contodelle carenze individuali: essi partono dalprincipio che la disoccupazione è una conse-guenza della mancanza di certe «qualità». Sitrasferisce quindi sul singolo la responsabi-lità dei successi e degli insuccessi. Secondo

(7) L’espressione è una combinazione dei termini inglesiwork e welfare ed in alcuni paesi esiste da parecchiotempo.

(8) Applicata all’apprendimento, questa espressione indical’introduzione di un sistema obbligatorio d’istruzione eformazione.

tale visione, il ruolo dello Stato consiste nelfornire opportunità di formazione; si ritieneche le persone che ciononostante continuanoa essere disoccupate non vogliano lavorare one siano incapaci.

In linea generale e per evitare l’esclusionedei lavoratori meno qualificati dalla forma-zione, le politiche di IFP e occupazionalidevono concentrarsi sulle strategie e suglistrumenti che possono favorire il loroaccesso alle opportunità di apprendimento:politiche mirate, intervento delle parti sociali,orientamento e consulenza, riconoscimento eimpiego dell’apprendimento non formaleecc.

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Il miglioramento della situazione dei lavoratorimeno qualificati e delle loro prospettive d’im-piego è necessario per mantenere il livello dicompetitività dei paesi europei e prevenire l’e-marginazione e l’esclusione di una parte signifi-cativa della forza lavoro.

La ricerca comparata comincia a interessarsi aiprocessi di formazione che potrebbero essere i piùefficaci. Il programma TSER ha finanziato un pro-getto che studia la validità delle formazioni pro-poste ai disoccupati di lungo periodo in settepaesi: Belgio, Danimarca, Grecia, Irlanda, Norve-gia, Paesi Bassi, Regno Unito.

Lo studio ha evidenziato il ricorso alla scrematurae il suo effetto positivo sull’efficacia dei sistemidi formazione, favorendo i partecipanti con il ren-dimento migliore e trascurando i veri emarginati.Un’eccessiva scrematura rafforza l’emarginazionedei gruppi più svantaggiati, il che comporta unelevato costo sociale.

In futuro occorrerà esaminare i fattori che deter-minano l’efficacia delle formazioni fornite, svi-luppando modelli più diversificati per individuarel’impatto dei vari programmi.

L’attuale invecchiamento della forza lavoro deter-minerà una forte domanda di manodopera; per farfronte a tale richiesta sarà ancor più importantereintegrare i disoccupati e gli inattivi — preferi-bilmente dopo aver erogato loro una formazioneadeguata — e aggiornare le competenze di tutti ilavoratori. Se la domanda non verrà soddisfatta,la disparità tra offerta e domanda sul mercato dellavoro potrebbe portare alla recessione econo-mica. Proporre ai disoccupati una formazione chenon è volta a una vera riqualificazione, ma silimita a una impiegabilità immediata, rischia dicompromettere le prospettive d’integrazione incaso di ripresa della crescita economica e di cam-biamenti nella domanda di competenze. Pertantole iniziative nel campo della formazione devonoessere «durature», ovvero valide a lungo terminee per condizioni di lavoro mutevoli.

L’ assistenza finanziaria da parte dello Stato deveconsentire ai disoccupati di evitare, da un lato, lapovertà e, dall’altro, di essere sollevati dai pro-blemi quotidiani di «sopravvivenza» sociale emateriale per potersi concentrare sulla ricerca diun impiego stabile, più adeguato alle loro compe-tenze e ambizioni. Incoraggiare i disoccupati adaccettare un lavoro qualsiasi riduce le loro possi-bilità di inserimento (lavoro sottoqualificato,poco stabile, rischio di ritorno alla disoccupa-zione).

Le misure di sostegno devono assicurare la parte-cipazione dei disoccupati alla vita della colletti-vità per ridurre i rischi d’isolamento che portanoa una perdita dell’identità sociale.

____________________________________________________________________________________Riepilogo e osservazioni

__________________________________________________________________________________41

Dal punto di vista del singolo individuo, èessenziale considerare la motivazione, l’atti-tudine all’apprendimento e la valutazione deipotenziali vantaggi della formazione. I disoc-cupati desiderano innanzitutto lavorare. Aiprogrammi obbligatori di formazione, va pre-ferita una politica a lungo termine per reinte-grare e motivare i disoccupati, che abbinilavoro e formazione.

Sesta parteRicerca sull’IFP al di fuori

dell’Unione europea

La prima parte fa il punto della situazione relativaalla ricerca sull’IFP in undici paesi dell’Europacentrale e orientale (PECO); si cerca di valutare lareattività della ricerca di fronte alle principalisfide socioeconomiche lanciate dal passaggio daun’economia pianificata dallo Stato all’economiadi mercato. L’obiettivo consiste nell’individuare leprincipali debolezze della ricerca sull’IFP neiPECO e nell’aumentarne la trasparenza, analiz-zando i risultati e gli insuccessi registrati.

La seconda parte esamina la ricerca sull’IFP,segnatamente il ruolo degli enti di ricerca e gliaspetti principali di cui essi si occupano, in altripaesi che non fanno parte dell’Unione europea.Viene inoltre brevemente analizzato il ruolo delleorganizzazioni internazionali.

1. Ricerca sull’IFP nei paesi dell’Europacentrale e orientale (PECO) (9)

In generale, la ricerca sembra aver reagito benealle principali sfide del periodo di transizione.Nel corso degli ultimi anni, la ricerca a livellonazionale ha dato prova di una crescente maturitàe ha svolto un ruolo sempre più preponderante nelprocesso di riforma. Ciononostante, ostacoli siste-mici (organizzativi, istituzionali, finanziari) fre-nano il suo sviluppo.

(9) Albania, Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia,Repubblica ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia eUngheria.

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Oltre ai problemi specifici della transizione eco-nomica, i PECO devono far fronte ai problemiche devono affrontare anche gli Stati membri del-l’UE: globalizzazione dell’economia, cambia-menti tecnologici e avvento della società del-l’informazione. La sfida più importante di questa«doppia trasformazione» per i PECO consiste nelportare a termine il passaggio all’economia dimercato, creando nel contempo posti di lavorosufficienti per evitare un livello eccessivo didisoccupazione e inattività.

Il cambiamento di regime ha avuto un profondoimpatto sulla comunità di ricerca. Nel regimesocialista, la ricerca era dominata dalla retoricapolitica dettata dal regime. La ricerca applicataera trascurata, in quanto il regime non avvertival’esigenza di suffragare le proprie argomentazionipolitiche con dati empirici.

È indispensabile che la ricerca abbia una com-prensione globale del sistema e delle dinamichedi cambiamento. La ricerca sull’IFP nei PECOs’incentra sull’analisi di elementi isolati delsistema, senza cercare di acquisire una visioned’insieme del sistema stesso e capire le intera-zioni che ne governano il funzionamento. Laframmentazione della ricerca si riflette nella divi-sione delle strutture istituzionali, ognuna «specia-lizzata» nello studio di un singolo elemento delsistema e poco informata sui risultati ottenutinegli altri campi.

Un ulteriore punto debole è rappresentato dallamancanza di studi teorici sul contesto socioeco-nomico (in senso lato) dell’IFP. La partecipazionealla ricerca delle parti sociali è limitata. Il ruolodelle imprese private o delle associazione non ascopo di lucro è assai ristretto, mentre la ricercasulla società civile non è ancora in atto.

La ricerca sull’IFP è finanziata principalmente confondi pubblici, assegnati in primo luogo ai princi-pali istituti. La ricerca sul mercato del lavoro èfinanziata soprattutto dal ministero del Lavoro,mentre quella sull’IFP dal ministero dell’Istru-zione. Questo comporta una frammentazione dellaricerca e una mancanza di collaborazione interset-toriale e di prospettive contestuali, in quanto icampi di ricerca sono definiti in modo ristretto.

La ricerca sull’IFP nei PECO si concentra su duegrandi campi: la ricerca sui sistemi di IFP e laricerca contestuale.

Per quanto riguarda la ricerca sui sistemi è possi-bile sottolineare alcuni aspetti:

• in previsione della realizzazione di una strate-gia di apprendimento lungo tutto l’arco della vita,è importante che i ricercatori precisino la lorovisione della IFP e collochino i loro lavori in rela-zione ai vari elementi del sistema d’istruzione edi formazione. Da subito occorre favorire unaricerca multidisciplinare per evitare analisi — epratiche — frammentate (caratteristiche del pro-cesso di riforma nei PECO). Sfortunatamentequesta frammentazione è attualmente convenientee la FPI è studiata separatamente dalla FPC e dalresto del sistema, spesso senza alcun riferimentoparticolare al mercato del lavoro o al contestosocioeconomico;

• le ricerche sul finanziamento della IFPdevono adoperarsi per trovare dei mezzi per sti-molare la partecipazione dei datori di lavoro alfinanziamento e all’organizzazione della forma-zione. La ricerca deve inoltre proporre soluzionivolte a migliorare l’efficacia del finanziamentodella IFP;

• la ricerca non è interessata in modo sistema-tico alla FPC. Mentre la FPI è studiata relativa-mente bene, la ricerca sulla FPC non dispone didati e di indicatori in grado di attestare lo svi-luppo di alcuni sottosettori. I risultati della ricercasono scarsi anche per quanto riguarda lo sviluppodelle risorse umane (SRU) nell’impresa;

• la ricerca su metodi di insegnamento innova-tivi (progetto, lavoro di gruppo ecc.) dovrebbeessere coordinata con le attività recentementeintraprese sulla formazione degli insegnanti e deiformatori. I vari elementi di questa formazione(trasparenza, normalizzazione, aggiornamento

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42 __________________________________________________________________________________

In un periodo economico difficile, il sostegnofinanziario alla ricerca da parte delle istitu-zioni internazionali è indispensabile. NeiPECO il suo impatto, in particolare nelcampo della ricerca sull’IFP, è enorme. Tutta-via alcune modifiche permetterebbero di

migliorare l’efficacia degli aiuti internazio-nali, adattandoli di più alle esigenze nazio-nali: segnatamente occorrerebbe concentrarsisu progetti di follow-up, finalizzati all’appli-cazione dei risultati della ricerca e delle rac-comandazioni. A livello nazionale, è necessa-rio adottare meccanismi di coordinamentoper accrescere la trasparenza dei progetti diricerca intrapresi grazie all’aiuto internazio-nale ed evitare così la duplicazione delle ini-ziative, assicurando nel contempo la conside-razione delle priorità nazionali.

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ecc.) non possono essere dissociati dai cambia-menti che riguardano il sistema educativo nellasua interezza (integrazione tra insegnamento emondo del lavoro, evoluzione della funzione diinsegnante/formatore nel processo di apprendi-mento, nuovi metodi flessibili di apprendimento,apertura della scuola all’ambiente esterno nonchéil ruolo del sistema educativo nell’apprendimentolungo tutto l’arco della vita);

• la riabilitazione delle organizzazioni dellasocietà civile (ONG, associazioni pubbliche eprofessionali, sindacati), screditate dal regimeprecedente, dovrebbe essere esaminata dai ricer-catori in una prospettiva sociologica più ampia.

In merito alla ricerca contestualesi possono for-mulare le seguenti osservazioni:

• tutti i paesi possiedono una copertura analiticae statistica della disoccupazione migliore di quellasul lavoro. Sarebbe utile svolgere analisi supple-mentari sulla disoccupazione e sull’impatto dellemisure per l’occupazione, nonché sul loro ruolo nelprocesso di transizione, al fine di disporre di una

base di raffronto per valutare i cambiamenti inter-venuti nell’ultimo decennio nei PECO;

• l’emarginazione sociale, fenomeno nuovo neiPECO, è un tema attualmente poco trattato;

• la ricerca sulla transizione si limita troppo alladimensione scuola-lavoro e trascura altri aspetti,come la transizione tra disoccupazione e lavoro, ilpassaggio da un lavoro a un altro, da una profes-sione all’altra ecc.;

• gli studi che analizzano le esigenze dei datoridi lavoro in termini di qualifiche e competenze,nonché il loro impatto sull’istruzione e forma-zione, non sono molto numerosi nei PECO, prin-cipalmente a causa dell’elevato costo. Nelle eco-nomie in transizione, i profili professionali cam-biano più rapidamente dei relativi criteri. Il valoreaggiunto di una ricerca su particolari conoscenzeo competenze è evidente, così come la ricostru-zione dei profili professionali per adeguare glistandard professionali;

• nei PECO le previsioni a breve termine sonopiù diffuse delle ricerche a medio e a lungo termine.

____________________________________________________________________________________Riepilogo e osservazioni

__________________________________________________________________________________43

Grafico 10 — Livello di istruzione dei giovani con età compresa tra 25-29 anni, 1997, PECO e EU-15, %

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

PL LT EE BG SL HU LV RO SK CZ EU-15

ISCED 0-2 ISCED 3 ISCED 5-7

Fonti: PECO: FEF, osservatori nazionali; EU-15: Eurostat.

NB: Ordinati per ISCED 3 (istruzione secondaria superiore).

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Il risultato più convincente finora conseguitodalla ricerca è l’elaborazione concettuale di unsistema di sviluppo delle risorse umane a livellonazionale, nel contesto dell’apprendimento lungotutto l’arco della vita.

Tuttavia la ricerca nell’ambito dell’IFP presentaancora alcuni punti deboli, come un campo d’in-dagine troppo limitato, qualità insufficiente,approccio metodologico di scarso spessore eorganizzazione inefficace in alcuni ambiti:

• le sfide globali imposte dallo sviluppo diimprese fondate sulle conoscenze, il settoredei servizi, le PMI, le questioni di accesso allaconoscenza, alle informazioni e alle TIC;

• la ricerca concettuale e teorica sui processi e irisultati dell’IFP;

• le esigenze dei discenti nell’ambito della FC edello SRU aziendale;

• la divulgazione e l’applicazione dei risultatidella ricerca;

• la ricerca multidisciplinare e la collaborazionetra istituzioni.

Il sostegno di reti tematiche e l’offerta di informa-zioni (banche dati, risultati di studi ecc.) hannosempre maggiore importanza. La collaborazione ela raccolta di esperienze e suggerimenti di altripaesi sono due aspetti tenuti in alta considerazionenella promozione e nello sviluppo dei sisteminazionali di formazione professionale. Allo stessomodo le organizzazioni internazionali o sovrana-zionali (in particolare Commissione europea, UIL,OCSE, Unesco/Unevoc) sono importanti fornitoridi informazioni, documentazione e cooperazione.

Breve descrizione della ricerca sulla IFPnei paesi campione

In seguito alle riforme apportate al sistema di IFPdall’inizio degli anni 90, in Australia la ricercasull’istruzione e formazione professionale haregistrato un notevole sviluppo con il coinvolgi-mento di numerose istituzioni a livello nazionalee regionale. Le ricerche condotte, per esempio,dal National Centre for Vocational EducationResearch (NCRV) s’incentrano, tra l’altro, sulleimplicazioni economiche, sociali e occupazionali,sul passaggio scuola-lavoro, nonché sulla qualitàdell’offerta di IFP.

Negli Stati Uniti, il sistema federale e le svariateattività di formazione e ricerca non permettono diformarsi un quadro generale dell’IFP. A livellonazionale, il National Centre for Research inVocational Education (NCRVE), per esempio, sioccupa dell’istruzione e formazione professio-nale, concentrandosi, tra l’altro, su: modi innova-tivi di collegare istruzione e lavoro, ricerca suicurricoli e gli standard attinenti alle qualifiche,prestazioni sul posto di lavoro e sviluppo di com-petenze tecnologiche collegate al lavoro.

Il Canada partecipa a numerosi progetti di svi-luppo, ad attività di ricerca internazionali sull’IFP,nonché alla cooperazione e allo scambio con ricer-catori stranieri. Le transizioni dalla scuola allavoro, le riforme dell’istruzione professionale edel further training, gli standard concernenti lecompetenze, la ricerca politica e sociologico-indu-striale del mercato del lavoro, nonché la creazionedi reti di ricerca sono alcuni dei principali argo-menti della ricerca sull’IFP in questo paese, svolta,per esempio, dalla Human Resources Develop-ment Canada (HRDC) e da comitati di settore.

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44 __________________________________________________________________________________

Sarebbe necessario sostenere la ricerca nazio-nale e transnazionale nei campi che eviden-ziano alcuni punti deboli. Nella stessa ottica,occorre fornire un aiuto nei settori dellaricerca che, anche se più trattati, non dispon-gono di una concettualizzazione sufficiente odi una metodologia adeguata.

2. Ricerca nell’ambito della IFPin altri paesi extra UE

Il capitolo fornisce una breve visione d’insiemedella ricerca nell’ambito dell’IFP in alcuni paesiextra UE. Tuttavia, al di là delle limitazioni ditempo e di bilancio, la realizzazione di un’inda-gine completa è ostacolata dalle demarcazionimolto diverse dell’IFP (e della ricerca sull’IFP),dall’orientamento multidisciplinare e interdisci-plinare della ricerca sull’IFP, nonché dall’eteroge-neità delle istituzioni, delle associazioni e deiricercatori operanti nei vari paesi.

In generale, la ricerca sull’IFP si concentrasempre più sulle correlazioni tra sviluppoeconomico, esigenze del mercato del lavoro eformazione professionale. Un altro campo di

ricerca è quello pragmatico o orientato allostudio della politica che riguarda la valuta-zione o lo sviluppo di riforme del sistema.Altri principali campi sono la ricerca sui cur-ricoli, la didattica, le metodologie e i mezzidi comunicazione nella formazione.

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Il Sud America, con Brasile, Argentina e Uruguay,presenta sistemi di formazione e, di conseguenza,una ricerca in materia di IFP alquanto eterogenei.

In Brasile la trasformazione economica è caratte-rizzata da elevati tassi di abbandono della scuolae da un elevato tasso di analfabetismo. Pertanto iprimi punti nell’agenda della politica e dellaricerca sull’IFP, di cui si occupa, per esempio, ilCentro internazionale per l’istruzione, il lavoro eil transfer tecnologico (CIET), sono la riforma delsistema di formazione, la creazione di legami piùstretti tra istruzione, formazione, lavoro e tecno-logia, la formazione lungo tutto l’arco della vita ela reintegrazione di adulti e giovani.

Gli stessi problemi si riscontrano in misura mag-giore in Argentina, dove la formazione iniziale èquasi esclusivamente di competenza dello Stato.L’accresciuta concorrenza internazionale e il fattoche il livello di qualificazione non era più ritenutosoddisfacente dalle aziende hanno portato aldecentramento delle competenze nell’istruzione enella formazione professionale, con un maggiorecoinvolgimento delle parti sociali. I rapporti traistruzione, crescita, mercato del lavoro e istru-zione/formazione, sviluppo delle risorse umane etecnologia delle informazioni sono alcuni temiesaminati di recente dal Centro nazionale diricerca per lo sviluppo umano (CENEP).

In Uruguay l’istruzione e la formazione godonodi un’elevata considerazione e la percentuale dianalfabeti è tra le più basse al mondo. Gli aspetti,di cui si occupa il Centro interamericano per laricerca e la documentazione (Cinterfor/Cinter-net), sono analoghi a quelli citati per altri paesi.

In Giappone l’Istituto giapponese del lavoro(Nikon Rôdô Kenkyû Kikô)e il Politecnico(Shokygyô Nôryoku Kaihatsu Daigakkô)(sotto l’e-gida del ministero del Lavoro) svolgono numeroseattività di ricerca anche nel campo dell’istruzione edella formazione professionale. Aspetti economicie del lavoro, studi sulla vita lavorativa, sviluppodelle qualifiche professionali, nonché studi sull’in-segnamento e l’apprendimento sono soltantoalcuni dei numerosi programmi di ricerca.

Dall’inizio degli anni 80 la riforma del sistema diformazione professionale nella Repubblica popo-lare cineseha aumentato la domanda di ricercasulla gestione, le strategie di riforma e le misure dicontrollo. Tuttavia, solo un numero relativamenteristretto di ricercatori opera nel campo della ricercasull’istruzione e formazione professionale. Alcunicentri di ricerca sono l’Istituto centrale per la for-mazione professionale (CIVT) e l’Autorità di veri-fica e delle capacità lavorative (OSTA). La ricerca

applicata all’istruzione e alla formazione professio-nale è estremamente valida, per esempio per quantoriguarda lo sviluppo economico e sociale, i curri-coli e gli insegnanti, la gestione dell’istruzione,nonché l’informazione e il sostegno. Si ritiene chela base teorica della ricerca relativa all’istruzione eformazione professionale sia tuttora sottosvilup-pata e che la ricerca sia ancora troppo legata all’ap-plicazione diretta di temi politici.

La Russia vanta una lunga tradizione nella «for-mazione professionale», tra cui lo sviluppo dimetodi di insegnamento e di attività di consulenzasulla politica del settore ad opera, per esempio,dell’Accademia russa per l’istruzione e dell’Ac-cademia per l’istruzione professionale. La ricercarelativa all’istruzione e la formazione professio-nale è prevalentemente legata ai vari livelli diistruzione professionale, base e media. Allaricerca partecipano numerosi dipartimenti specia-lizzati, che sono sempre più gestiti dalle regioni.

In Svizzeraci sono numerose istituzioni, per lamaggior parte di piccole dimensioni, coordinate daun’apposita unità, che operano nel campo dellaricerca sull’istruzione/formazione e sullo svilupposcolastico. Nella primavera 2000, l’Ufficio federaleper l’istruzione professionale e la tecnologia (BBT)ha individuato numerose aree di studio cui verrannodati priorità (e finanziamenti) in futuro. Tra i temi dirilevanza per la ricerca sull’istruzione e la forma-zione professionale vi sono: sistemi di istruzione eformazione professionale; formazione continua;costi e benefici dell’istruzione e ella formazioneprofessionale; valutazione, orientamento, qualità,innovazioni; nuovi tipi di lavoro, nonché ricerca suigiovani, sui due sessi e sulle categorie svantaggiate.

La relazione termina con una panoramica delleattività di ricerca correlate all’istruzione e alla for-mazione professionale da parte di associazioni set-toriali e di organizzazioni internazionali, in parti-colare gruppo della Banca mondiale, Unesco/Une-voc, UIL e OCSE (10). Queste organizzazioni sioccupano di numerosi aspetti della ricerca, oltre afornire documentazione e statistiche complete par-ticolarmente utili per i confronti internazionali.

____________________________________________________________________________________Riepilogo e osservazioni

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(10) Per ulteriori informazioni cfr. la relazione di sintesi (Descy& Tessaring, Training and learning for competence), non-ché il contributo di Lauterbach e altri alla relazione difondo (Descy & Tessaring, ed., Training in Europe, vol. 3).Le attività di ricerca della Commissione europea, in par-ticolare quelle condotte nel quadro del programma Leo-nardo e del programma TSER, sono integrate nei relativicapitoli della relazione di sintesi. Lo stesso vale per lericerche realizzate dall’OCSE. Tavole sinottiche dialcuni progetti (relativi ai programmi) Leonardo e TSERsi trovano nella relazione di fondo (op. cit., vol. 3).

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AllegatoContributi alla relazione di fondo della seconda relazione sulla ricercaPubblicato nel: Descy P., Tessaring M., 2001, Training inEurope. Second report on vocational training research inEurope 2000: background report(3 volumi), Lussemburgo,EUR-OP, ISBN 92-896-0034-9.

Prima parteSistemi di IFP, coordinamento con il mercato del lavoro

e orientamento

Steering, networking, and profiles of professionals in vocationaleducation and training (VET)Lorenz Lassnigg

Financing vocational education and trainingAndy Green, Ann Hodgson, Akiko Sakamoto, Ken Spours

How to improve the standing of vocational compared to generaleducation. A collaborative investigation of strategies and qualifi-cations across EuropeJohanna Lasonen, Sabine Manning

Certification and legibility of competenceAnnie Bouder, Laurence Coutrot, Édith Kirsch, Jean-Louis Kirsch, Josiane Paddeu, Alain Savoyant, Emmanuel Sulzer

The changing institutional and political role of non-formal lear-ning: European trendsJens Bjørnåvold

The problems raised by the changing role of trainers in an Euro-pean contextMara Brugia, Anne de Blignières

Seconda parteApprendimento lungo tutto l’arco della vita e competenze:

sfide e riforme

Lifelong learning — How the paradigm has changed in the1990sMartina Ní Cheallaigh

Training for new jobs: contents and pilot projectsJeroen Onstenk

Vocational training and innovative practices in the environmen-tal sector. A comparison of five EU Member States, with speci-men casesRoland Loos

Company-based learning in the context of new forms of learningand differentiated training pathsPeter Dehnbostel, Gisela Dybowski

Terza parteFormazione e occupazione nella prospettiva aziendale

Globalisation, division of labour and training needs from a com-pany viewJohan Dejonckheere, Geert Van Hootegem

Training, mobility and regulation of the wage relationship: spe-cific and transversal formsSaïd Hanchane (con l’assistenza di Philippe Méhaut)

The employment and training practices of SMEs. Examinationof research in five EU Member StatesPhilippe Trouvé e al.

Human resource development in Europe — at the crossroadsBarry Nyhan

Reporting on human capital: objectives and trendsSven-Åge Westphalen

Vocational training research on the basis of enterprise surveys:An international perspectiveLutz Bellmann

Quarta parteOccupazione, risultati economici e sfasamento delle competenze

The skills market: dynamics and regulationJordi Planas, Jean-François Giret, Guillem Sala, Jean Vincens

Economic performance of education and training: costs andbenefitsAlan Barrett

Unemployment and skills from a dynamic perspectiveJoost Bollens

Overqualification: reasons, measurement issues and typologicalaffinity to unemploymentFelix Büchel

Forecasting skill requirements at national and company levelsRobert A. Wilson

Quinta parteRendimento, transizione alla vita attiva

ed emarginazione sociale

Training and individual performance: evidence from microeco-nometric studiesFriedhelm Pfeiffer

The effect of national institutional differences on education/trai-ning to work transitions in Europe: a comparative researchproject (CATEWE) under the TSER programmeDamian F. Hannan e al.

Education and labour market change: The dynamics of educa-tion to work transitions in Europe. A review of the TSER Pro-grammeDamian F. Hannan, Patrick Werquin

Selection, social exclusion and training offers for target groupsJan Vranken, Mieke Frans

Training and employment perspectives for lower qualified peopleJittie Brandsma

Sesta parteRicerca sull’IFP al di fuori dell’Unione europea

Research on vocational education and training at the crossroadsof transition in Central and Eastern EuropeOlga Strietska-Ilina

VET research in other European and non-European countriesUwe Lauterbach e al.

AllegatoRicerca collegata all’IFP svolta per la Commissione europea

Research on vocational education and training in the currentresearch framework of the European CommissionLieve Van den Brande

Synopsis of selected VET related projects undertaken in the fra-mework of the Leonardo da Vinci I programmeCedefop

Targeted socio-economic research (TSER): Project synopsesCedefop

Il futuro è competenza: istruzione e formazione_________________________________________________________________

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Cedefop (Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale)

Il futuro è competenza: istruzione e formazioneSeconda relazione sulla ricerca sulla formazione professionale in Europa: riepilogo e osservazioni

Pascaline DescyManfred Tessaring

Lussemburgo: Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee

2002 — VI, 46 pagg. — 21 x 29,7 cm

(Cedefop Reference series; 18 – ISSN 1608-7089)

ISBN 92-896-0022-5

Gratuito – 4009 IT

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